Interludio

di DoLD_GdR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- POV ACE. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- POV LUKE ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3- POV Ace ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4-POV Luke ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5-POV Ace ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6- POV Luke ***
Capitolo 7: *** capitolo 7-POV Ace ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- POV ACE. ***


*M.A.G.O.
Quella semplice parola, alla fine d’ogni anno, è capace di far impallidire qualsiasi studente che sia arrivato alla conclusione dei suoi studi.
Ma non solo di farlo impallidire. E’ capace, infatti, di ottundere le menti, innestare frenesia nei corpi, infine, rendere pazzi.
Molti sono gli studenti che rendono, alla fine del loro percorso, molto meno di quanto in realtà potrebbero. Fortunatamente, questo non è il caso diAce, che vive l’esperienza dei M.A.G.O. con la stessa, molle, noia che lo attanaglia ogni minuto della sua vita. Il ragazzo è sempre alla ricerca di nuovi stimoli, sempre pronto ad anelare, in qualsiasi semplice, quotidiana azione, qualcosa di più. Qualcosa capace di smuovergli l’attenzione, o meglio, l’animo. Ma questo non lo confessa nemmeno a sé stesso.
E’ proprio il bisogno frenetico di impegnare il resto della giornata, dopo aver affrontati i M.A.G.O. in mattinata, quello che lo spinge a recarsi al Lago Nero.
Il sole è forte, nel cielo. Più forte di quanto possa essere forte un sole nella fredda Scozia, e i raggi infondono calore nell’esile corpo di Ace.
Cammina svelto, il diciottenne, ma non perché vada di corsa. Semplicemente, nei suoi passi si rispecchia quella strana frenesia.
L’erba si abbassa sotto i suoi passi veloci, forse qualche filo si spezza, e a questo pensiero le labbra del Serpeverde si distendono in un sorriso.Sorriso che si fa più ampio, assumendo una venatura maligna, quando scorge la figura di un ragazzo presso la riva del Lago. Che i suoi desideri siano stati avverati?Si avvicina furtivo, cercando di capire se in quella figura risieda qualcuno in grado di soddisfare i suoi strani desideri, e quando riconosce Luke James, si ritiene davvero un ragazzo fortunato.*

James, James, James. Sei qui tutto solo a ripensare alla tua orrida vita?

*Dice a voce alta. Il tono chiaro risuona nell’aria, mentre, agile, si siede accanto a lui.*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- POV LUKE ***


*G.U.F.O. È forse questo ciò che preoccupa? Oh no, il fatto che devo restare altri due anni qua dentro mi preoccupa. No, sono davvero questi esami a preoccuparmi: oggi è stato il turno di Pozioni, non è andato male, sono sicuro che non sia andato male, impossibile che abbia combinato un disastro, ma, ne sono certo, potevo fare di meglio, ero decisamente frustrato e si, mi sentivo stupido, cosa che non ero, come amavano ripetermi in continuazione familiari e non, gli esami, una volta conclusi, ti mandano completamente in tilt.
La giornata era soleggiata, di mettermi a ripetere le restanti materie non se ne parlava per niente, sarei impazzito seduta stante e avrei corso il rischio di bruciare tutto, meglio evitare, meglio scappare dalla Torre dei Corvonero e andare fuori, non so dove, semplicemente fuori, senza nessuno, solo io e i miei pensieri.
Camminai a lungo, in fin dei conti le scalinate da percorrere per arrivare nel giardino esterno del Castello è lunghissima, senza contare il dover aspettare i comodi delle scale stesse, ma prego, signore, gradite anche tea e biscotti nel frattempo?
Magia, andatela a capire, io diventerò matto.
Uno dei miei posti preferiti, a parte tutti quelli in cui trascorro del tempo con Odile, è il Lago.
Beh, si, mi piace e mi terrorizza allo stesso tempo ed ancora non comprendo l'utilità della navigata nelle sue acque durante la prima sera del primo anno, terrore, qua sono tutti matti.
Osservai le acque scure su cui si increspavano leggere onde che brillavano alla lice del sole riflettendola, sapevo che vi vivevano creature stranissime, le ho viste raffigurate su alcuni libri, spaventose, Sirene, Avvincini, ma non sono sicuro sull'esistenza della fantomatica piovra gigante, sarà qualche leggenda che corre tra le mura di Hogwarts, poco ma sicuro.
Un leggero sospiro prima di sedermi poco distante dalla riva ed iniziare a torturare degli innocenti ciuffi d'erba, il vento ogni tanto passava a scompigliarmi i capelli ma neanche vi badavo, ero troppo impegnato nel pensare a nulla, perchè questo succede nella mia testa quando sono stanco: come in disco incantato e rotto, mi fisso su una cosa, un'azione e tutto il resto si spegne, non esiste più.
A meno che una vice conosciutissima e che porta con se solo guai per la mia persona non ti desti da tutto ciò.
Voltai il capo e mi ritrova Kaden seduto di fianco a me, per poco non sobbalzai per lo spavento, odio essere assorbito dal mio nulla quando in giro ci sono persone come lui, li chiamo Puristi, oppure è proprio così che si chiamano?* - Già, la paragono alla tua e sono felice, no, entusiasta di essere me...-* Io, davvero, non lo so, penso una cosa e ne dico un'altra, come quella volta con Malfoy o quella col minore dei Black, dovrei ignorarli, non rispondere così.
Non lo guardo in viso, continuo a scrutate l'acqua senza però distrarmi da questa maledetta Serpe, lui non è Malfoy, non è Regulus Black, mi sarei potuto alzare ed andarmene ma no, lui non aspetta altro che avermi alla sua mercé, si sarebbe divertito a farmi rifinire giù, lui è pericoloso, ed io ero stanco.*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3- POV Ace ***


*Ace ghigna. Ghigna ben sapendo cosa accadrà. Come in una partita a scacchi, lui si figura già ogni mossa, quelle di James e le proprie, che insieme, costituiranno una splendida danza fatta di botta e risposta e, quando lui, e solo lui, lo riterrà opportuno, anche di azioni più divertenti.E’ come assaggiare un nuovo cibo esotico, pensa Ace. Ogni volta che decide di dilettarsi in quel modo, l’eccitazione di vedere le reazioni degli altri è paragonabile all’acquolina in bocca nel momento in cui vede un nuovo piatto, delicato e speziato allo stesso tempo. Il lago non è affatto calmo, quel giorno. Il vento vola sull’acqua scura, increspandola lievemente, e conferisce allo specchio d’acqua le sembianze di un piccolo mare. Oppure inganna lo studente che, desideroso di vacanza, rivede in quella pozzanghera -No, Ace esagera. Il Lago è immenso e lo sa bene, ma è immenso tanto quanto il suo ego, per questo al Serpeverde piace sfidarlo così, paragonandolo ad una piccola pozza d’acqua.- il mare che lo aspetta una volta finiti gli esami. Si prende del tempo, Ace, proprio come un giocatore di scacchi che pensa alla sua prossima mossa. In realtà è una tattica anche quella. Sa bene cosa dirà, ma vuole anche che al suo interlocutore salga l’ansia da attesa. A guardarlo bene, Luke James non sembra un tipo paziente, e Ace ha tutte le intenzioni di farlo morire d’impazienza. La mano destra gioca con un filo d’erba. Lo accarezza, come un cucciolo di cane abbandonato e poi, con forza, lo strappa, beandosi dell’idea di aver illuso anche la flora. Gli occhi cristallini si riempiono dell’azzurro del cielo, che annega nel lago, poi, lentamente -così lentamente che ogni suo spostamento potrebbe essere catturato da una fotografia, Ace volta il viso verso Luke. Il piccolo, innocente, spaurito pulcino dei Corvonero, non ha idea di quanto Ace quel giorno sia annoiato, e nessuno ha idea di cosa sia capace di fare quando è annoiato. Al posto del senso di colpa che dovrebbe comparire insieme ai ricordi che gli riaffiorano alla mente, sulle labbra della Serpe compare un ghigno sottile e che, agli occhi di Luke James, potrebbe apparire sovrappensiero. Ed in effetti lo è. Pensa ad Aaron, in quel momento. E a ciò che è stato capace di fare solo perché ne aveva voglia. La mano che prima era in mezzo all’erba, si solleva a lanciare in acqua il filo strappato, in cui non scorre più linfa. Poi, elegantemente, si ricongiunge all’altra, sulle ginocchia del proprietario di quel corpo esile ma forte.* Entusiasta di essere te, dici? Quindi sentiamo... Sei entusiasta di essere un reietto della società, che per avere una vita decente, una volta uscito da qui, sarà costretto a rinunciare alla Magia o a vivere al buio, per paura di essere ucciso come un sudicio verme, magari senza che il tuo uccisore neanche se ne accorga? *Ad Ace, a differenza dei suoi stupidi, bigotti compagni, della superiorità della razza non interessa nulla. E’ stato il primo a frequentare, nel tentativo di esperire quel sentimento a lui sconosciuto che gli altri chiamano ‘amore’, una nata babbana. Ma sa bene che per i Sanguesporco quello è un punto delicato e per questo, all’inizio di una diatriba, è sempre la prima arma che sfoggia. Sa di colpire, sa di ferire. Riesce a leggere in tutti loro la paura di morire da un istante all’altro, e quello lo eccita. Ecco perché anche con Luke fa la stessa, identica cosa.*

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Capitolo 4
*** Capitolo 4-POV Luke ***


*Ci furono istanti di silenzio, istanti, una manciata di secondi, o ferse meno, ma parvero un’eternità ai miei occhi. 
Kaden aveva sempre quell’aria che lo faceva differire da qualsiasi altra persona presente al Castello, non era come Malfoy che trasmetteva anche col solo guardarlo data la sua stazza un certo senso di inquietudine, non era come il minore dei Black che sapeva disarmarti con i suoi astuti giri di parole e i sorrisi sarcastici, no, lui era differente, dalla corporatura minuta e grandi occhi azzurri non era di certo uno di quegli energumeni che fanno spavento solo a guardarli ed era silenzioso, ma quando parlava lo faceva con estrema attenzione e sapeva dove colpire, una astuto calcolatore che si maschera da normale studente, questo era Kaden, non mi facevo scrupoli ad ammetterlo.
Così come non mi faccio scrupoli ad ammettere che mi terrorizza.
Di cosa è capace una persona dall’aspetto così innocuo quando ti prende di mira? Non avrei voluto scoprirlo di certo.
Come previsto, come da manuale, puntò tutto nell’offendere il mio stato di sangue, iniziavano tutti così, ma lui fu così crudele che riuscì a ferirmi a dispetto di tanti che ci han provato prima di lui: se il pensiero di morire per mano di altri mi aveva sfiorato? Ogni giorno, sempre, sapevo già che avrei rinunciato alla magia e sarei rimasto a Londra nascosto chissà dove, questo è uno dei tanti motivi per cui rispondevo ‘’non so ancora che carriera intraprenderò’’ alla domanda ‘’dove te ne andrai alla fine del Settimo?’’.
Quindi no, non ero di certo entusiasta di essere me quando mi ricordavano tutto questo.
I movimenti del ragazzo seduto al mio fianco erano lenti, flemmatici tanto da essere disturbatori, poteva essere paragonato ad un serpente che si preparava ad attaccare con velocità mirata, come un cobra. 
Ace Sebastian Kaden era un cobra.
Ed io non ero altro che un animaletto finito nel suo campo visivo all’ora di pranzo.
Chiusi gli occhi, respirai lentamente, strinsi l’erba tra i miei pugni, continuavo a tenere lo sguardo fisso sulle lente e ritmate onde del lago dettate dal vento. * - Immagino proprio così la mia morte, in un sudicio vicolo londinese una sera mentre torno a casa dalla mia famiglia, sai per caso leggere nel pensiero? MI inchino ai tuoi poteri paranormali, sir Kaden..-* Il sarcasmo è sempre stata la mia arma migliore, ma allo stesso tempo la mia più grande rovina, non capivo come trovassi il coraggio di dare delle risposte così imprudenti.*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5-POV Ace ***


*Ace sorride. Sorride di un sorriso intriso di soddisfazione. Sorride perché l’ingenuo ragazzo non ha capito che, con il suo sarcasmo da quattro soldi, gli ha fornito un nuovo spunto per attaccare.
Gli avambracci esili e pallidi, su cui mai e poi mai s
piccherà alcun tipo di marchio di appartenenza, sono adagiati sulle sue ginocchia puntute in una posa quasi tattica.
Ace stringe un filo d’erba fra le dita magre, un filo esile e forte, che a spezzarlo ci vuole più forza di quanta uno, a prima vista, mai possa credere. Quell’esile filo d’erba rappresenta lui, rappresenta la capacità che possiede, quella capacità che lo rende letale. Quella natura che è capace di spingersi ogni oltre limite.
Una volta, da qualche parte, ha letto che i babbani assegnano la mancanza di paura a difetti dell’amigdala, una porzione del cervello degli esseri umani.
Ed Ace, da quando l’ha letto, si è sempre chiesto se anche egli sia affetto da questo difetto alla nascita. Di quel difetto che gli ha permesso di uccidere una parte di sé stesso, di devastare i suoi genitori, senza che lui abbia battuto ciglio.
Volta il viso di un quarto di giro, cercando, con gli occhi chiari e penetranti, quelli del suo piacevole passatempo.*

Attento a dire che quello sia un potere paranormale. Si chiama Legilimanzia, James. E chiunque, e dico chiunque, possieda poteri magici sa di cosa si parla.

*Fa schioccare la lingua contro il palato, Ace, mentre porta la mano nella tasca dei pantaloni ed estrae la bacchetta, rigirandosela fra pollice e indice, minaccioso, con il chiaro intento di incutergli terrore.*

E questa è una bacchetta, James. Può fare molto, molto, molto male. Soprattutto quando quelli di Voldemort indiranno un processo contro di te, accusandoti di aver rubato una bacchetta spettante, di diritto, a un altro.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6- POV Luke ***


*Non so come spiegarvi, ma all’improvviso sperai di diventare uno di quei fili d’erba che stava torturando, non quelli che distruggevo io, ma quelli che sradicava lui: io me li rigiravo tra le dita più e più volte, potevo sentire le mani umide per la linfa di quei filetti che andava a perdersi sulla mia pelle, appassivano in maniera lenta, si rovinano fino a divenire poltiglia, lui, al contrario, li sfiorava e li recideva in un unico movimento, con una celata rabbia e crudeltà, sperai di essere quel filo d’erba, lui mi stava trattando nello stesso modo in cui i trattavo quello tra le mie dita. Mi sentivo male, sentivo gravare su di me il peso dei suoi sguardi, leggeri sussulti a tutti i suoi movimenti, ed il pensiero di alzarmene ed andarmene a rafforzarsi sempre di più, avrei ascoltato le sue ultime stronzate e me ne sarei andato, il mio stupido sarcasmo mi ha rovinato nel profondo, avrei fatto meglio a starmene zitto, risparmiandomi anche la figura dell’idiota che non conosce determinate arti, Legilimanzia, non sapevo della sua esistenza, questo mi ricorda sempre quanto io sia fuori luogo, qui, la maggior parte degli studenti, danno per scontato tutto, i quadri che parlano, i fantasmi a piede libero, io sussulto ogni volta che, poggiato tranquillamente ad una parete immerso nei miei pensieri, una signorina dipinta con colori ad olio su una pregiata tela, mi rivolgeva qualche parolina, no, per me era ancora tutto strano, ogni estate un reset nella mia mente, ogni primo settembre uguale al primo in assoluto, e, cosa più importante, passare per un idiota era una delle cose che più mi feriva, non il suo schernirmi mentre prende la bacchetta tra le mani illustrandomi le sue funzionalità, non il nominare il mago oscuro che sta rovinando la vita a centinaia di persone, mi feriva l’avergli dato la possibilità di trattarmi da idiota, non potevo crederci, ero uno stupido, e mi sentii ancora più stupido quando sentii gli occhi inumidirsi, dannato emotivo me, perché devi comportarti così? Sii forte. Inutile. Stanco di tutto quello, mi alzai di scatto sistemando al meglio il mantello della divisa sulle spalle, e prendendo un grosso respiro cercando di ricacciare indietro quelle stupide lacrime che mi rovinerebbero ancora di più se solo gli dessi occasione di fargliele vedere*- È stato un piacere -* Dissi secco e mordendomi la lingua in seguito, il non riuscire a star zitto a causa dell’agitazione mi fece pensare che, si, dovevo essere davvero un idiota, uno stupido, al pari di quei cuccioli che si avvicinano alle fiammelle perché le trovano affascinanti nella loro danza, e proprio come un singolo passo di danza mi voltai verso il castello risalendo a passi incerti la riva in salita di quel lago scuro, testimone di una delle mie peggiori giornate noncurante, o quasi, delle azioni successive del Cobra, azioni che di sicuro non sarebbero state piacevoli.*

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Capitolo 7
*** capitolo 7-POV Ace ***


*Un guizzo infastidito illumina gli occhi color ghiaccio di Ace. Tutti gli esseri umani sono convinti, da tempo immemore, che gli occhi siano lo specchio dell’anima. Ebbene, in quelli di Ace poche cose vi si possono leggere, e di solito sono quelle sensazioni troppo potenti da nascondere nella sua solita, pietrificante, espressione. Sono le sensazioni che hanno violenta natura, quelle impossibili da nascondere. Il fastidio non rientra fra quelle, ovviamente, ed è per questo, infatti, che seppur fuggevole, è voluto. Il ragazzo, abituato a tenere sotto controllo qualsiasi situazione, non ama quando i suoi piani vengono stravolti, e quello stupido di James sta facendo esattamente ciò che non dovrebbe fare: stravolgere i suoi piani. Stringe così forte l’impugnatura levigata della bacchetta, Ace, che sente la pelle diafana sulle proprie nocche tirare così forte da fargli male. Stringe le labbra, già sottili di suo, in una smorfia indispettita. Deve riportare l’ordine. L’ha fatto quando era solo un bambino, e la sua bocca non conosceva altro che il sapore del latte proveniente dal seno della loro madre, e deve farlo ora, reiterando quei gesti abituali, senza i quali, ormai, il suo cervello non sa più discernere ciò che è reale e ciò che non lo è. Cosa fare? Schiantarlo sul posto? No, non soffrirebbe, e il ragazzo deve essere punito. Deve essere punti per quell’intransigenza intollerabile, deve soffrire. Ace deve abbeverarsi delle sue urla, delle sue lacrime, del sangue che, magari, riesce a far scorrere senza subire punizioni. Il cuore gli batte nel petto troppo forte, così forte da risultare terribilmente simile al cuore di una belva che ha appena perso la sua preda giornaliera. E poi, questione di attimi, proprio come una belva che assiste ad una preda troppo poco valida per mettere in moto i muscoli flessuosi del suo agile corpo, Ace emette un respiro profondo. L’ansia abbandona il suo corpo, le dita attorno all’impugnatura della bacchetta si rilassano, gli occhi si perdono nel vuoto, a ricercare la figura del fratello perso tempo addietro. Non lo saluta neanche, il Corvonero di cui ha già dimenticato il nome. Semplicemente, torna ad afflosciarsi fra l’erba, che ora, più che un campo di battaglia, risulta più simile a un morbido cuscino.*

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