Ossessione

di IsaMor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ombre nella nebbia ***
Capitolo 2: *** Incubi. ***
Capitolo 3: *** Il quando e il dove. ***
Capitolo 4: *** Il caso Freeman. ***
Capitolo 5: *** L'agente Laing ***
Capitolo 6: *** Telefonata dall'oltretomba. ***
Capitolo 7: *** Emozioni e dolore. ***
Capitolo 8: *** Indagini. ***
Capitolo 9: *** Un passato in comune. ***
Capitolo 10: *** Fuga. ***
Capitolo 11: *** Jenny ***
Capitolo 12: *** Piumino verde. ***
Capitolo 13: *** Dolcezze. ***
Capitolo 14: *** Le indagini di Sif. ***
Capitolo 15: *** Le indagini di Eve. ***
Capitolo 16: *** Fuga, parte II ***
Capitolo 17: *** Interrogatorio. ***
Capitolo 18: *** Una lunga notte. ***
Capitolo 19: *** Tenebre all'alba. ***
Capitolo 20: *** Soluzione ***
Capitolo 21: *** Morte. ***
Capitolo 22: *** Sangue e vampiri. ***
Capitolo 23: *** Amici ed ex. ***
Capitolo 24: *** L'attore e l'agente. ***
Capitolo 25: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Ombre nella nebbia ***


CAPITOLO I

Le ombre proiettate al passaggio delle due figure, sotto la lunga fila di lampioni, si allungavano e accorciavano ad intervalli regolari.
Il passo di entrambi risuonava nella notte nebbiosa di Londra, ma i due sembravano incontrarsi e intrecciarsi solo nelle proiezioni sul marciapiede.
Thomas riguardò quella figura al suolo, sino a quel momento non aveva osato girarsi indietro ad osservare chi fosse il proprietario della forma nera e confusa; ne aveva intuito l'abbigliamento, un lungo cappotto e la figura mascolina e nient'altro. Quando si volto non vide nessuno nella nebbia bassa e fitta. Inghiottì l'ansia che gli saliva dalle viscere e riprese a camminare.
I passi alle sue spalle e le ombre sotto i suoi piedi ripresero il ritmo lento e inesorabile, allora Thomas decise di fare i restanti venti metri a grosse falcate per raggiungere il portone del suo palazzo. Ogni passo sembrò portarlo più vicino al suo traguardo sicuro, ma allo stesso modo anche il misterioso uomo nella nebbia fece passi più veloci e ampi.
A meno di dieci metri iniziò a contare i passi, ne calcolo dieci, le chiavi in mano tintinnarono pronte ad essere infilate nella serratura.
Volle provare a riguardare chi fosse che lo seguiva e si girò di scatto.
Nessuno.
Il nulla.
Il vuoto nella nebbia grigia e quasi soffocante. Cinque passi ricordo a sè riprendendo più a correre che a camminare.
Tre, due, uno e ... Le chiavi cadderò sulle gradinate dell'entrata dell'edificio e per un attimo temette che qualcosa o qualcuno lo afferrasse mentre si chinava a raccoglierle.
Non accadde nulla.
Entro.
Spinse il pesante portone con furia mentre il cuore gli rimbombava nel petto e si lasciò scivolare sul freddo pavimento dell'atrio con un sospiro di sollievo.

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Capitolo 2
*** Incubi. ***


CAPITOLO II

Alle sei Thomas terminò le riprese sul set e decise di non perdere tempo com'era accaduto la sera precedente.
Da quando faceva l'attore ne aveva viste tante, ma ora per la prima volta si sentiva in pericolo.
Voleva evitare la fila di fan in sua attesa all'entrata del set ed andare a casa. Non poteva farlo; sua madre l'aveva educato troppo bene per comportarsi così egoisticamente. Firmò autografi, distribuì abbracci e solo i bambini riuscirono a fargli dimenticare la paura che sentiva nell' anima.
Alle sette e mezza la fila terminò e la paura riprese più forte. Decise di prendere un taxi, anche se, casa sua era distante una buona camminata dal luogo di lavoro. Mentre ne fermava uno libero e si apprestava a salire, sentì una mano ferma posarsi sulla sua spalla: "Signor Hiddleston, mi perdoni se la importuno. Sono un suo ammiratore.
Thomas l'osservò e vide un uomo alto, della sua stessa età, capelli nero corvino legati in un'elegante coda, proprio com'era elegante la sciarpa di seta verde-oro poggiata sotto il bavero del lungo cappotto nero. Aveva un'aria famigliare, pensò.
"Ci conosciamo?", la domanda gli uscì spontanea.
"Sì, io... Ehm... Come posso dirlo? Io sono lei!", indicando Thomas con un dito delicato e stranamente accusatore.
Si divincolò dalla mano ancora posata sulla sua spalla e saltò nel taxi.
Per tutto il tragitto, la sera e la notte, quel dito e quella frase lo tormentarono. Il sorriso sornione del pazzo che aveva lasciato davanti al set lo seguì nei suoi incubi fino all'alba. E con esso delle immagini terrificanti. L'indomani si confidò con Luke, suo amico e agente.
"Questi incubi sono stranissimi! Come ti ho detto, ieri quell'uomo mi assomigliava e poi quella frase..."
"Calmo, calmo. Respira. Sei troppo stressato! Troppo lavoro ed è anche colpa mia.", cercò di rassicurarlo.
"No, non è il lavoro. È qualcos'altro! Come se dovessi ricordare, ma non ci riesco. I sogni sono così reali, ho la sensazione che sia tutto accaduto davvero e io sono...", venne interrotto.
"Tom, smettila! Non dire che credi ad una cosa così assurda?"
Thomas alzò lo sguardo in lacrime e tremante verso l'amico in attesa spasmodica di sentirgli dire quella frase: "Tom, tu non hai ucciso nessuno!"



NOTE DELL'AUTRICE
Breve precisazione. I fatti e gli avvenimenti raccontati in questa storia sono di pura invenzione. Anche se basata su attori reali in maggioranza inglesi, è completamente inventata. Per distinguere le persone reali da quelle immaginate da me, ad alcuni personaggi sono stati modificati i nomi e rimescolati a quelli di personaggi di film interpretati da loro.
Dopo questo breve appunto dovuto, vi dò il benvenuto in questa fanfiction. Spero di cuore che possa piacervi, visto che a qualcuno è già piaciuta e ringrazio per il sostegno e gli incitamenti a continuare. La storia sarà pubblicata in poche settimane, richiede solo qualche breve modifica. Non inserirò molte note in futuro, perché sono dell'idea che sia la storia a dover parlare, ma se serve chiedete precisazioni d'ogni tipo. Luke il personaggio di fine capitolo è Luke Windsor, l'assistente, pubblicitario e agente di Tom, il suo cognome apparirà modificato proprio per dare meno veridicità ai fatti che accadranno. Credo d'aver detto abbastanza per ora. Buona lettura. Un abbraccio.

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Capitolo 3
*** Il quando e il dove. ***


CAPITOLO III

Wanda, truccatrice barra parrucchiera di mezzo cast del film, lo guardò con aria di rimprovero.
"Non capirò mai perché voi attori dovete fare le ore piccole durante la settimana!", così dicendo gli sbattè un panno imbevuto di chissà quale sostanza liquida sugli occhi gonfi dovuti alle ultime notti insonni. Thomas sapeva da tre anni che i rimedi della signora Wanda facevano miracoli; e in quel momento voleva solo poggiare la testa sul divano della roulotte e rilassarsi.
Sperava che il regista Kenneth Branagh non avesse intenzione di girare primi piani quel giorno. Wanda lo lasciò solo per andare ad occuparsi di un altro attore e lui con il panno umido che gli impediva di vedere, iniziò ad indugiare su ciò che ricordava dei suoi incubi, in cui uccideva un uomo, ma non sapeva il quando, il come, il dove e il perché.
Dei suoi deliranti sogni ricordava solo tanto sangue. Tanto da inzuppargli gli abiti. Non sapeva dire neanche chi fosse l'uomo morto che vedeva ai suoi piedi. Mentre ripercorreva i suoi incubi, Thomas sentì dei passi avvicinarsi furtivi nella roulotte, Wanda forse, no non era lei...
Un bacio dolce si posò sulle sue labbra. Thomas non perse tempo ed afferrò l'orecchio della persona china sul suo viso. Diede uno strattone e Benedict urlò.
"No, no... Dai... Wanda mette quella robaccia anche a me se vede l'orecchio rosso."
Thomas lo lasciò, continuando a tenere la pezza sugl'occhi. Benedict Cumberbatch si massaggiò il lobo dolorante: "Come facevi a sapere che non ero una bella ragazza?"
"Metti troppo dopobarba!", rispose risoluto accennando un sorriso.
"Davvero? Comunque mi dici cosa hai fatto durante la settimana per essere finito a farti impiastricciare la faccia con quella roba esoterica?", domandò curioso, pensando che l'amico avesse trovato una dolce compagnia notturna.
"Dormo male!", sapeva di poter parlare con Ben, anche se Luke gli aveva sconsigliato di raccontare quelle cose in giro, però lui aveva bisogno di sapere e Ben era suo amico e spesso collega di set e teatro da anni. Forse, lui ricordava qualche strano particolare della sua vita che gli sfuggiva.
Si tolse lo straccio dagli occhi.
"Senti Ben, per caso, ricordi se mi sono mai ubriacato e dopo ho fatto qualcosa di stupido, tipo guidare?", tentò di cercare una spiegazione a quelle immagini di sangue nei suoi sogni.
"Tu non guidi neanche se hai preso solo l'antibiotico! Figuriamoci ubriaco!", ironizzò.
"Ti sono mai sembrato strano o confuso?", insistette.
"Tom mi stai facendo preoccupare! È per via del tizio che gironzola intorno al set?"
"Quale tizio?", era perplesso.
"La tua pessima copia con la coda di cavallo. Luke ha detto di tenerlo d'occhio. Inquieta anche lui!", spiegò.
Thomas era sbiancato. Da quella sera non l'aveva più visto, però era sempre in compagnia di qualcuno quando lasciava il set. Forse, quell'uomo aspettava di trovarlo solo.
La voce gli tremò: "Cosa ne pensi?"
"Non sono uno Sherlock, ma sembra solo un fan un po’ troppo curioso, nulla di pericoloso. Comunque, tranquillo, domani ti riposi e lunedì ci trasferiamo da qui. Si stancherà e se ne andrà!"
Sospirò un: "Lo spero!"
Benedict riprese il discorso precedente convinto di tirar un po’ su l'amico: "Una volta ti ho visto davvero ubriaco da far paura!"
"Cosa? Quando?", sembrò illuminarsi e allo stesso tempo spegnersi.
"A Dublino, due anni fà, dopo la presentazione del tuo film, quello con i super-eroi, c'era tutto il cast e io mi sono intrufolato alla festa! Ricordo che io e Jeremy Renner avevamo scommesso che tu e Chris Hemsworth sareste finiti a letto insieme per quanto eravate ubriachi!", raccontò divertito.
"Non ricordo!", era pallido in volto, non riusciva a ritrovare quel ricordo nella sua mente.
"Per fortuna! Però eri uno spasso e se Luke non vi avesse portati in albergo, non sò cosa sarebbe accaduto!"
"Io e chi?"
"Tu, Chris e ... Non ricordo. Vi ho perso di vista."
Thomas si rabbuiò. Aveva trovato il "quando" e il "dove" dell'omicidio!

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Capitolo 4
*** Il caso Freeman. ***


CAPITOLO IV

Thomas, scoprì il "chi" era l'uomo ucciso la domenica mattina.
Si alzò presto deciso a dedicarsi alla sua passione preferita dopo la recitazione, la lettura. Dopo aver acquistato dei libri di poesia, si sedette in un locale molto accogliente di fronte casa e s'impose di non pensare ad altro se non ai versi dolci e fluidi che stava leggendo. Sorseggiò un thè e consumò dei pasticcini.
Un colpo di tosse attirò la sua attenzione. Si voltò sollevando la testa e per lo spavento un pezzo di pasticcino gli andò di traverso. Nel tentativo di liberarsi di quel fastidio alla gola, urtò il thè rovesciandolo sul suo maglioncino celeste. Scattò in piedi sentendo il liquido caldo inumidirgli lo stomaco.
L'uomo di fronte vedendolo in difficoltà, gli porse dei tovaglioli presi sul tavolino di fianco, ma Thomas non li prese, un pò per distrazione e un pò per diffidenza.
"Mi scusi. Colpa mia, spavento un pò tutti. Anche l'altra volta, quello che le ho detto...! È stata una pessima battuta. Lasci che l'aiuti...!", la voce era calda e rassicurante con un leggero accento irlandese.
Iniziò a tamponare la macchia sul petto, mentre Thomas era ancora pietrificato. Quando si riprese dallo shock più per il fatto che aveva le mani di uno sconosciuto sullo stomaco e sotto parte del maglioncino, si scostò e continuò da solo ad asciugarsi.
"Non dovrebbe restare la macchia, ma le consiglio di chiudere la giacca quando esce di qui! L'aria è frizzante!", si raccomando premuroso e sorridendo leggermente al suo interlocutore che restava silenzioso.
Quel sorriso lo aveva perseguitato negl'incubi e ora era lì davanti. Si sedettero entrambi al tavolino come se fosse stata una decisione scontata, eppure Thomas restava guardingo.
L'uomo tirò fuori dal taschino interno della giacca un piccolo oggetto piatto per mostrarglielo, ma Thomas notò solo la pistola sotto la giacca. S'irrigidì di colpo.
Un tesserino apparve sul tavolino.
"Agente Will Laing dell' INTERPOL. Credo di doverle delle spiegazioni. L'altro giorno, quando le ho detto che sono lei, l'ho fatto perché i mie colleghi mi prendono in giro per la mia somiglianza con il suo personaggio, quello dei super-eroi!", accennò un ghigno piu simile a quello del personaggio a cui si riferiva l'agente.
Thomas annuì forzatamente, ma la preoccupazione era cresciuta in lui. Stava associando nella sua mente le parole agente, Dublino, INTERPOL e omicidio.
"Ammetto che ero interessato alla sua reazione in caso di pericolo!", disse tranquillamente, mentre un cameriere gli serviva un caffè.
"Cosa significa?", non capiva quell'affermazione.
"Che lei non è un assassino!", quasi sussurrò, girando lo zucchero nel caffè.
"Cosa? Come può crederlo?", lui quasi se ne stava convincendo da un pò di giorni.
"Due anni fà un paparazzo di nome Martin Freeman fù ucciso e solo un mese fà, interrogando un'anziana testimone che vide uno dei sospettati e con cui parlò il mio collega durante le prime indagini che non portarono a nulla, questa si è messa ad urlare non appena mi ha visto."
Thomas intuì: "Per via della sua somiglianza con me?"
"Sì, tranne per gli occhi, miei sono verdi i suoi azzurri e il taglio dei capelli, anche se adesso lei li ha chiari, all'epoca dovevano essere corti e neri per via del film.", indico le due cose con il solito dito che sembrava volerlo accusare.
"Esistono molte persone che somigliano a me e anche a lei!", sostenne nella speranza che le sue associazioni mentali fossero sbagliate.
L'agente sorseggiò il caffè, trattenendolo ad un paio di centimetri dalle labbra quando parlava.
"Sì, ma lei era a Dublino in quel periodo con Chris Hemsworth...", fisso l'attore per vedere la reazione, che non tardò ad arrivare.
"Cosa c'entra Chris?", il cuore accelerò i battiti.
"Ho mostrato delle foto e la donna ha notato Chris e si è ricordata di lui.", continuava a fissarlo insistentemente.
"Può averci visto in televisione per la presentazione del film dopo i fatti..."
"Impossibile!"
"Perchè?", stava pensando al peggio.
"È una suora dedita alla comunità. Quando non si occupa di senzatetto di notte per strada, prega!"
Thomas iniziò a temere la verità.
"Vuole arrestarmi?"
L'uomo si alzò, pose la mano sulla sua spalla provocangli un brivido lungo la schiena.
"No, come le ho detto, non credo che lei sia un assassino signor Hiddleston! Per adesso i miei superiori non sanno nulla delle ultime novità. Ho intenzione d'indagare meglio!", così dicendo uscì, lasciando l'uomo a tribolare.
Il giorno dopo, nella nuova location, Thomas non azzeccò una sola battuta. Benedict non c'era ancora e Luke era solo di passaggio e stava raggiungendo la sua auto. Lo raggiunse con aria sconvolta: "Luke devo parlarti!"
"Sò già tutto! Per caso hai parlato con qualcuno dei tuoi sogni?", chiese il giovane ed elegante assistente.
Thomas stava riflettendo ancora sulla prima affermazione.
"No, anzi, ho parlato con Ben di Dublino, ma tu lo..."
Lo interruppe: "Sapevo tutto, l'ho fatto per te! Ti spiegherò, ma tu tieni la bocca chiusa!"
Lo lasciò lì e andò verso la sua auto. Thomas con aria assente vide che saliva in auto, quando si ridestò dal torpore dovuto all'assurda conversazione, si voltò e si diresse verso il set. Un boato l'investì in pieno e lo scaravento contro un albero. Quando si voltò oramai a terra, vide fiamme e pezzi di metallo di un'auto sparsi. Un rivolo di sangue gli annebbiò la vista, mentre si sentiva svenire.
L'ultimo pensiero fu per Luke, poi il buio.

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Capitolo 5
*** L'agente Laing ***


CAPITOLO V

Thomas aprì gli occhi e si vide riflesso allo specchio, dopo qualche secondo capì che non era lo specchio ma l'agente Will Laing seduto di fianco al letto. Era sbalordito da quanto l'uomo gli somigliasse.
"Thomas. Thomas, come si sente?", gli sussurrò.
Lui tentò di sollevare il busto, ma un dolore lancinante gli attraversò la testa.
"Non si muova troppo in fretta. Ha diversi punti sulla fronte. Aspetti l'aiuto! Lei si trova in ospedale da due giorni!", spiegò con molto tatto.
Thomas si sentiva disorientato e la testa gli pulsava. Will gli passo una mano sotto il collo e una sul fianco e lo accomodò meglio sui cuscini.
"Sua madre è di sotto. L'ho costretta ad andare a pranzo, visto che è rimasta qui tutto il tempo per vegliarla. Credo di averla innervosita con il mio aspetto!", appariva dispiaciuto, anche se non poteva aver colpa di ciò.
Thomas avrebbe voluto assistere all'espressione di sua madre nel vedere quell'uomo così simile a lui. Poi, ad un tratto ricordò, la voce ancora impastata dal lungo sonno: "Luke?"
"Mi dispiace. L'esplosione l'ha ucciso!"
"Ma cos'è successo?", era sempre più confuso e gli occhi s' inumidirono al pensiero dell'amico ucciso così violentemente.
L'altro spiegò: "Un ordigno sotto l'auto. Per fortuna non ci sono altri morti o altri feriti, all'infuori di lei, Thomas!"
Will l'aiuto a bere un sorso d'acqua e la sua voce tornò limpida: "Chi è stato?"
"Non l'ho sò! Non stò seguendo il caso con la polizia locale. Come le ho detto i miei capi non sanno il perché della mia presenza qui. Però, credo sia legato al caso Freeman!"
Entrambi si guardarono negli occhi consapevoli che quello era il momento della verità. "Thomas posso darle del tu?", domandò con cortesia, ma con un tono di voce da agente che non ammetteva sotterfugi.
"Gli amici mi chiamano solo Tom!"
Oramai le distanze verbali erano da considerarsi nulle e anche quelle fisiche persero importanza. Will si sedette sul letto: "Non ti ho chiesto nulla prima, perché ero sicuro che non avresti parlato per paura! Ma ora è diverso, devi dirmi cos'è successo a Dublino..."
L'altro l'interruppe: "Non sò, non ricordo nulla! Ho solo degli incubi. Sogno tanto sangue e un uomo morto ai miei piedi!", tremava, eppure per la prima volta sentiva di poter parlare senza temere ciò che l'altro poteva dire, gli aveva già precisato che non lo riteneva un assassino.
"Credo di saper il perché dei tuoi vuoti di memoria. Freeman era un paparazzo famoso qui a Londra per usare certi trucchetti, in modo da ottenere foto scandalose. Molti dei tuoi colleghi dopo averlo incontrato di sera, si sono svegliati il giorno dopo e non ricordavano nulla delle bravate delle notte. Scoprivano tutto solo dai giornali e dalle foto. Tu sei stato drogato con del GHB da Freeman solo per essere paparazzato e credo che anche qualcun'altro dei tuoi colleghi, tipo Chris, abbiano ingerito la stessa droga. Non sono riuscito a parlare con lui, ma scommetto che ha avuto i tuoi stessi vuoti di memoria in riferimento a quella notte! Luke non mi ha voluto parlare l'altro giorno, forse lui sapeva qualcosa!"
Thomas lo guardò stupefatto. Tutto iniziava ad avere un terrificante senso.
"Quindi potrei aver ucciso..."
"No, impossibile! Forse, eri presente con Chris, ma sei un brav'uomo ed il GHB non fa fare cose contro la propria natura!"
La spiegazione lo risollevò un pò, ma l'idea di essere stato drogato non era piacevole.
"Benedict ha detto che quand'ero con Chris, Luke ci stava portando in albergo, e forse c'era qualcun'altro con noi. Chiedilo a Benedict lui ricorderà più particolari di..."
Venne interrotto da una mano dell'agente sul suo braccio, non era fastidiosa come quando l'aveva posata sulla sua spalla le altre due volte.
"Tom, non sò come dirtelo. Benedict Cumberbatch si è buttato dal tetto di un palazzo questa mattina!"

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Capitolo 6
*** Telefonata dall'oltretomba. ***


CAPITOLO VI

IL GIORNO PRIMA.
Benedict Cumberbatch aveva passato la notte in ospedale in attesa di notizie sulla salute dell'amico. Con lui la madre di Thomas e l'agente Will Laing; aveva scoperto chi era quando s'era presentato di fronte al reparto di rianimazione intensiva mostrando il tesserino dell' INTERPOL alle guardie dell'ospedale, ai poliziotti e ai body-guard, che erano lì per proteggere la difficile situazione dell'attore Thomas Hiddleston. Infatti, i giornalisti come avvoltoii, avevano già occupato il parcheggio e una delle entrate dell'ospedale.
I medici sciolserò la prognosi solo in mattinata e lui decise di andare a casa per poi tornare più tardi. Dopo una doccia e un tentativo di dormire mal riuscito, iniziò a rimurginare su ciò che Thomas gli aveva domandato qualche mattina prima. Avevano parlato molto, senza però trovare una spiegazione agl'incubi di Tom e ora che Luke era morto, quei sogni terribili assumevano un nuovo significato. Non riusciva a stare senza far niente, Tom era la persona più buona e straordinaria che conoscesse. Quasi un fratello. Non meritava tutto ciò.
Decise d'indagare sù quella famosa notte a Dublino. Prese il telefono e con non poca difficoltà rintraccio buona parte degli attori presenti a quella festa. Chris Hemsworth, da Los Angeles, gli disse di non ricordare nulla di quella notte, tanto meno di essere andato via con Thomas e Luke. Altri due non avevano notato nulla, Robert Downey Jr era andato via prima e Scarlett Johansson era stata occupata tutta la sera con un uomo, non sapeva praticamente nulla della sbronza dei due colleghi. Tutti avevano chiesto informazioni sulle condizioni di salute di Thomas. Del resto era ben voluto da tutti. Quando stava per buttare la spugna, ricevette la telefonata di Jeremy Renner avvertito dal suo agente della telefonata di Benedict.
"Ehi, Ben. Che fine avevi fatto?", chiese felice di sentirlo.
"Jeremy, se mai, tu dove sei finito?", aveva avuto difficoltà a trovarlo.
"In capo al mondo! Per trovare un telefono o dovuto contrattare con un pastore e il suo cane. Il cane era più cordiale dell'uomo!", disse ironico.
"Non sai di Tom e Luke?", domandò consapevole che la risposta sarebbe stata negativa.
"No, ho avuto solo la notizia della tua telefonata! Stiamo girando in una zona isolata della Nuova Zelanda e gli apparecchi personali non funzionano bene.", aveva cambiato tono di voce, intuendo qualcosa.
Thomas era uno dei suoi più cari amici, Benedict doveva scegliere bene le parole per dare la notizia.
"Non sò come dirtelo? Luke è morto in una esplosione e Tom è all'ospedale. I medici hanno detto che si riprenderà!", sentì l'uomo emettere un suono di incredulità dall'altra parte del capo del telefono.
"Oh Dio! Non sapevo!", la voce era sinceramente preoccupata.
Un fruscio iniziò a creare problemi alla linea.
"Jeremy, non ti sento bene. Ascolta, è molto importante! A Dublino durante la festa dopo la prima del vostro film, Luke ha portato via Tom e Chris. Ricordi? Chi altri c'era con loro?", fruscio.
Jeremy sembrò rifletterci qualche secondo, per poi dichiarare: "Ben, c'era Kenneth Branagh, ma ..."
La linea caddè. Benedict fece l'ultima telefonata. L'avrebbe fatta comunque dopo le altre, ma ora sapeva qualcosa che cambiava tutto. Kenneth fù evasivo al telefono. Gli diede appuntamento sul set dove lui era caduto da cavallo per la mattina seguente. Non capiva perché fosse così enigmatico.
Il set era un edificio di tredici piani, in una zona di capannoni cinematografici. All'alba non si vedeva nessuno in giro, all'infuori di una guardia notturna mezza addormentata. All'interno dell'edificio avevano dovuto girato delle scene di primi piani, su finti cavalli per colpa del tempo uggioso delle campagne inglesi. Benedict era caduto da una sella fissata su un tronco dopo aver passato settimane a vantarsi della sua bravura come cavaliere. Era la storia preferita da Kenneth e Thomas.
L'appuntamento era all'ultimo piano, sul tetto. Benedict aprì la porta e uscì sul grande spiazzo dell'edificio, trovo un uomo di spalle con il cappuccio. Quando l'uomo si voltò con la pistola in mano, Benedict capì. Non sarebbe sopravvissuto a quell'incontro.



Il medico entrò nella camera d'ospedale di Thomas e chiese a Will di uscire. A malincuore l'agente lasciò l'uomo in uno stato peggiore di quello in cui l'aveva trovato la prima volta in quel letto. Era rimasto sconvolto dalla notizia della morte del suo migliore amico. Era una ferita che non si sarebbe rimarginata come quelle fisiche.
L'agente decise d'andare nel frattempo a prendere un caffè. Mentre girava il liquido caldo e scuro nel bicchiere di plastica non riusciva a non pensare che in parte tutto ciò stava capitando per colpa sua. Aveva il brutto vizio di buttarsi anima e corpo nelle indagini e ciò portava più guai che riconoscimenti. Questa volta doveva aver risvegliato gli istinti latenti di qualche assassino, causando morte e sofferenza. La sofferenza, era in maggioranza di Thomas. Vederlo in quello stato, prima ferito nel corpo e poi nello spirito, gli aveva fatto male al cuore, ma non capiva bene il perché.
Finì il caffè e decise di ritornare in camera di Thomas, trovò la porta aperta e la polizia all'interno della camera. Si poggiò alla parete non visto e ascoltò i due agenti e Thomas parlare.
"Signor Hiddleston, cosa ricorda dell'esplosione?", chiese quello che doveva essere un detective, anche se in abiti civili, era facile riconoscerne il tono da poliziotto.
"Non ricordo molto. Solo Luke che saliva in auto e poi il boato e le fiamme. Nient'altro!", Thomas rispose in modo semplice e preciso senza mostrare alcuna emozione, sembrava in trans, eppure era lucido. Will capì il suo stato d'animo.
"Luke Wilson aveva nemici?"
"No. Era ben voluto da tutti!", un'altra risposta breve e coincisa.
Dopo diverse domande, chiesero di Benedict.
"Sono sicuro che le hanno già parlato del suicidio del signor Cumberbatch. Lei ha mai avuto l'impressione...", Thomas l'interruppe, sapeva già dove volevano arrivare.
"No, non era depresso o altro! Lui non si sarebbe mai suicidato!", iniziava ad agitarsi.
Will capì come si sentisse, ma si trattenne dall'irrompere in camera.
"Forse la morte del signor Wilson l'aveva sconvolto? Non sà di una relazione tra di loro?", l'agente tirava ad indovinare.
"Nessuna relazione! Come le ho detto Benedict non era un suicida. Dev'essere stato spinto giù da qualcuno!", quelle allusioni sul suo amico lo infastidivano.
I poliziotti si scambiarono uno sguardo complice: "Chi sarebbe stato secondo lei?", il detective aveva fatto un passo in avanti verso il letto in cui era seduto l'attore.
Thomas si sentiva quasi minacciato dell'atteggiamento dei due, non poteva raccontare tutta la storia dell'altro omicidio e non era neanche sicuro che fosse tutto collegato.
"Non saprei... Io stò solo tirando ad indovinare! Non si sarebbe mai ucciso e non è caduto dal palazzo accidentalmente, quindi l'hanno spinto!", mise in chiaro risoluto.
Will era stupito di quanto fosse bravo nelle deduzioni.
"Signor Hiddleston, la vittima, ieri ha fatto molte telefonate intercontinentali. Ha idea del perché?".
Non capiva il senso della domanda.
Intanto, sua madre entrò nella camera, dopo aver rivolto a malapena un'occhiata a Will appoggiato al muro di fuori. La donna intuendo lo stato di stress di suo figlio, domandò gentilmente agli agenti di lasciarlo riposare. I due ignorarono la richiesta e incalzarono con le domande: "Dai tabulati telefonici della vittima risultano altre due chiamate. Una a lei e l'altra a Kenneth Branagh. Sà cosa volesse?"
"No, io mi sono svegliato poco fa."
Iniziava davvero ad agitarsi, desiderava che se ne andassero. Sperava nell'intervento di un medico, visto che il tentativo di sua madre di allontanarli era stato vano, ma non c'era nessuno.
"Possiamo vedere il suo cellulare? Forse c'è un messaggio in segreteria?", si avvicinò autoritario al letto.
"Io non sò dove sia e non credo..."
Will irruppe in camera, pronto a dare battaglia: "Agenti, se volete il suo cellulare vi servirà un mandato firmato da un giudice! Qualsiasi cosa contenga la sua segreteria telefonica, il signor Hiddleston non è tenuto a fornirvela!"
I due poliziotti osservarono l'uomo, aveva l'aria da avvocato, anche se l'aspetto era quello di chi la sà lunga. La stranezza principale però restava la fisionomia dei tratti del viso così simili a quelli dell'attore nel letto.
"Lei chi è?", domandò uno dei due
"Agente Laing dell' INTERPOL!", mostrando il tesserino, anche se bastava il tono della sua voce a rimettere al loro posto i due agenti.
Dopo un paio di secondi, uno dei due osò domandare: "Cosa ci fa qui con il signor Hiddleston?"
Non gli avrebbe mai detto la verità. Erano due ufficiali di poco valore ai suoi occhi, raccontargli del caso Freeman era una perdita di tempo.
"Io e Tom siamo amici. E ora lasciatelo riposare!"
Thomas era impressionato e un pò intimorito dal modo in cui Will s'era sbarazzato degli agenti, purtroppo sarebbero tornati con un mandato per il cellulare. La madre di Thomas lo ringraziò per averli mandati via, e dopo un'ora andò a casa a riposare, alla fine s'era abituata anche lei alla sua presenza.
Rimasti soli, Will prese una busta sigillata da un tiretto e tirò fuori il cellulare di Thomas. Glielo passò, lui l'accese e ascoltarono entrambi il messaggio. Benedict sembrava parlare dall'oltretomba.
"Tom ascolta! Ho scoperto che con te, Chris e Luke c'era anche Kenneth quella sera dopo la festa. Domani mattina andrò a parlare con lui sul set dove sono caduto da cavallo, ricordi? Lui sembrava molto enigmatico. Spero di capire la verità sù quella notte e la morte di Luke. Intanto rimettiti in forma. Passerò presto!"
Entrambi si fissarono negli occhi e con un solo nome in mente: Kenneth Branagh.




NOTE DELL'AUTRICE
Salve a chiunque è arrivato fin qui con la lettura. Spero che vi sia piaciuto il tutto. Ho fatto un piccolo salto indietro nel tempo perché Benedict meritava un pò più di considerazione prima d'essere ucciso. Lasciamogli fare un pò lo Sherlock...
Credo che da ora in poi i capitoli saranno più lunghi e più contorti! Sicuramente più contorti! Perdonatemi, è la prima storia che scrivo.
Buona continuazione. Un abbraccio.

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Capitolo 7
*** Emozioni e dolore. ***


CAPITOLO VII

L'agente Will Laing tornò in ospedale solo in tarda ora. La sicurezza era minima intorno alla camera, ma dovette lo stesso farsi riconoscere da alcuni body-guard messi a guardia dell'attore.
Arrivò davanti alla porta della stanza, ma evitò di bussare alla porta convinto che Thomas stesse dormendo, l'aprì e lo vide seduto sul letto, sembrava ansioso.
Indossava una tuta e guardava verso la finestra, con una sola leggera luce ad illuminare l'oscurità intorno a lui e ai suoi pensieri.
"Tutto bene?", lo vide voltarsi.
"Sì, aspettavo che tornassi! L'hai trovato?", era più una preghiera che una domanda.
"No, ho guardato da per tutto e ho chiesto a tutti. Nessuno ha visto Kenneth, neanche sua moglie lo vede dalle sei di questa mattina. Ho chiesto ad un amico della polizia e mi ha risposto che loro non sanno nulla! Anche la polizia lo sta cercando, senza risultati.", nella loro mente iniziarono a temere il peggio.
"La polizia è passata. Aveva un mandato e gli ho dovuto consegnare il cellulare.", credeva di aver fatto male, sapeva che quella era la prova certa della colpevolezza di Kenneth.
Will l'osservò sedendosi accanto sul letto. Lo sguardo di Thomas era quello di un cucciolo ferito, il viso livido ne dava maggiormente l'impressione. Poteva capire bene come si sentisse, impotente e colpevole per qualcosa di cui non aveva responsabilità, c'era passato anche lui.
"Hai fatto bene! Non c'era motivo perché tu facessi diversamente. E poi lui non si trova, con ogni probabilità è colpevole!"
Thomas sembrò riflettere, gli occhi persi nel vuoto della penombra della camera.
"Non credo che Ken possa aver ucciso Ben o Freeman. E poi perché Luke? Lui sapeva tutto, però non capisco perché non l'ha fatto prima? Sono passati due anni da quella sera!", stava dando voce alle sue riflessioni senza badare tanto all'altro.
Domande, domande, la testa gli girava.
Will gli posò una mano sulla spalla e per la prima volta a Thomas sembrò un gesto gentile che lo rincuorava, non come le altre volte.
"Ascolta, io faccio questo lavoro praticamente da sempre, anche mio padre era un agente, puoi credermi se ti dico che non esistono sempre delle risposte al comportamento delle persone. Ci si diventa matti a cercarle. La ricerca della verità è difficile e spesso non si è in grado di sopportare le risposte che si trovano. Io ho seguito le prove fino a te e ho capito che la verità può far uccidere le persone amate. Forse, se non fossi venuto qui, nessuno sarebbe morto. In parte mi sento responsabile.", quasi sussurrò.
Thomas cercò di riprendersi, Will gli stava aprendo il suo cuore. Lo sentiva vicino, non lo temeva più come in quella notte nebbiosa. Voleva tirarlo un pò sù: "Sai, se evitassi di spaventare la gente a morte inseguendola per strada nella nebbia fitta, forse non si sentirebbe in dovere di uccidere per coprire i suoi scheletri nell'armadio!", trovandosi a osservare il suo profilo.
Will non capì, si voltò e puntò gli occhi verdi in quelli azzurri di Thomas: "A cosa ti riferisci?"
"A lunedì sera della settimana scorsa, quando mi hai seguito fino a casa! Non eri tu?"
"Io non ho fatto nulla del genere!"
"Cosa? Se non eri tu chi altri poteva essere?".
Il terrore ritornò in Thomas come quella sera.
"Io sono arrivato a Londra di venerdì e durante quel periodo ho chiesto informazioni in giro su di te, ma mi sono limitato ad osservarti solo quand'eri sul set! Non sapevo cosa pensare finchè non ti ho fermato quel martedì davanti al taxi!", confesso, altrettanto preoccupato.
"Allora, anche io sono in pericolo se mi...", lo sguardo sconvolto.
"Non sò! Chiunque sia stato, forse voleva solo capire se avessi parlato con me, ma per sicurezza è meglio se appena esci di qui aumentassi i body-guard."
Thomas aveva uno sguardo implorante: "Mi fido solo di te in questo momento! Se tu hai parlato con persone con cui io lavoro e una di queste è colpevole dell'omicidio Freeman, allora non sono al sicuro con loro o con questi body-guard! Io non sò perché stai seguendo questo caso così accanitamente, ma ho paura e finchè non si saprà la verità preferisco restare accanto a te!"
Will in quel momento avrebbe voluto raccontare l'intera storia, ma sapeva di perdere la sua fiducia. L'uomo si stava fidando senza saper nulla di lui. Non era ingenuo come poteva sembrare, anzi stava cercando protezione da l'unico che lo poteva aiutare. Era un atto di fede quello.
"Ora devi riposare, ne riparliamo domani!"
Thomas non accennò a muoversi.
"Se vuoi, io resto qui?"
L'uomo s'illuminò, si sentiva al sicuro con Will che riposava nel letto accanto.



Il risveglio fù dolce quella mattina.
Thomas vedeva Will nel letto accanto, e anche se si era addormentato durante la notte, si sentiva lo stesso al sicuro. Neanche l'aspetto così simile al suo l'infastidiva più. Sentiva un'affinità con lui che non aveva mai provato con nessuno. Osservò la pelle pallida del viso perfetto e identico al suo e si soffermò ad ascoltare il suo respiro lento e profondo. Si domandò cosa stesse sognando l'agente Laing, era un enigma ai suoi occhi eppure si fidava e non ne capiva il perché.
Un senso di disagio gli salì dallo stomaco. "Non può essere", si disse, girò il viso dall'altra parte e dopo un pò si assopì nuovamente.
Si risveglio più tardi, davanti a lui i visi piatti dei suoi amici: Luke, Benedict e Kenneth. Will mosse il giornale quando vide gli occhi spalancati di Thomas.
"Buongiorno bell addormentato!", non recepì la battuta, guardava ancora la prima pagina del quotidiano davanti a sè.
"Cosa dice il giornale? Kenneth è morto?", gli occhi supplicavano una risposta.
"No, no tranquillo. È solo...", l'altra opzione non era migliore della morte: "È stato arrestato, si nascondeva in un ufficio vuoto di proprietà di Luke."
Thomas sapeva qual'era. Si trattava del primo ufficio di Luke che aveva tenuto in ricordo degli inizi del suo lavoro.
"L'hanno arrestato per l'omicidio di Ben?", s'informò.
"Sì, ho telefonato ad un amico detective, mi ha detto dei sospetti della polizia nei confronti di Kenneth per via della telefonata. Si parlava già ieri di omicidio, visto che Benedict ha combattuto prima di cadere di sotto. Hanno anche tracce di DNA da confrontare, con ogni probabilità è colpevole!"
Thomas non ci credeva. Scattò in piedi e una fitta alla testa lo fece barcollare. Will l'afferrò e stava per adagiarlo sul letto, quando lui gli strinse le braccia intorno le spalle. Iniziò a singhiozzare e Will non ebbe la forza d'animo di staccarlo da sé.
Sentiva anche lui di non volersi staccare. Lo tenne stretto finchè lui non riprese il controllo e lentamente si lasciò cadere sul letto, sedendosi.
Will si sentiva in colpa per via di quell'abbraccio, sapeva che Thomas non provava certe emozioni per gli uomini, lui invece, le aveva provate e ora erano terribilmente intense. Era tutto sbagliato: il modo il momento e la situazione. Forse in un'altra vita...
Si ridestò anche lui quando vide gli splendidi e limpidi occhi azzurro chiaro di Thomas asciugarsi.
"Perdonami, di solito non piango come un bambino!", si strofinò le ultime lacrime con il dorso della mano, assumendo agli occhi di Will un'aria dolce e quasi fanciullesca.
"Tranquillo, ti capisco Kenneth doveva essere come un secondo padre, saperlo colpevole non è facile!"
"Ora cosa succede? Ken parlerà di quella notte e verranno ad interrogarmi! Cosa dirò? Non crederanno ai miei vuoti di memoria! Mi considereranno complice e Chris cosa farà?"
Altre lacrime bagnarono il suo viso perfetto e Will pensò che stringerlo a sè non era poi così strano. No, non poteva, era un pubblico ufficiale. Doveva mantenere contegno e credibilità. Ci mancava solo che perdesse lucidità per un attore, come una sciocca scolaretta.
"Per ora Chris è al sicuro, legalmente parlando, non andranno fin lì per interrogarlo o arrestarlo. Tu, invece, dovrai rispondere di quella notte, ma il fatto che non eri lucido per via delle droghe di Freeman potrebbe evitarti l'accusa d'omicidio."
"E se Ken desse tutta la colpa a me? Io non saprei cosa dire, cosa fare, in fondo non conosco i fatti. Forse, se tu mi raccontassi qualche particolare dell'omicidio...", si sentì quasi urlare.
"No!", il tono non ammetteva repliche.
Thomas sentì un brivido lungo la schiena.
"È meglio se non ti confondo le idee con particolare macabri! Non ti voglio torturare con le immagini di un uomo ucciso che non sono facili da vedere o da immaginare nei dettagli neanche per me."
Will distorse lo sguardo, non sopportava più quegl'occhi supplichevoli sù di sé. Temeva di iniziare a scoprirsi troppo. Thomas gli faceva un terribile effetto; si sentiva forte per lui e allo stesso tempo debole accanto a lui. Doveva darsi una regolata o quella storia si sarebbe solo complicata.
"Comunque, dobbiamo prima sapere cos'ha detto Kenneth alla polizia. Il mio amico detective mi passerà qualche informazione appena potrà. Non è il suo caso. Ci tocca aspettare!"
"Beh... Io di certo non vado da nessuna parte con questo bernoccolo alla testa, e poi non ho più un lavoro!".
Un sorriso amaro, quasi a volersi consolare, apparve sulle labbra di entrambi.
"Mi dici una cosa?", domandò curioso: "Perche lavori per l'INTERPOL? E non dirmi che è solo perché lo faceva anche tuo padre!"
Will allargò il sorriso: "Perché amo cercare la verità!"
Thomas sembrò apprezzare la risposta, il cellulare suonò. Will rispose uscendò. Tornò con una faccia incredula.
"Tom, a quando pare Kenneth non ha raccontato nulla sù Freeman e Luke, e di Benedict ha solo confermato l'appuntamento, ma non ci è mai arrivato in quell'edificio. Si è risvegliato nell'ufficio di Luke solo quand'è arrivata la polizia sù una chiamata anonima."
Thomas era meravigliato, non capiva: "È stato drogato anche lui?"
"Tom, potrebbe essere solo un alibi, non c'è nessuna prova di ciò che sostiene!", cercò di non dargli false speranze.
"Se io ci parlassi, mi direbbe tutta la verità!", propose ad un tratto.
"Tu non sei al sicuro in questo momento, figurati se ti lascio andare a parlare con un probabile killer. Ed è meglio non rischiare che una tua visita in prigione possa incuriosire troppo la polizia e..."
"Will, io ho bisogno di sapere!"
Si era alzato, l'aveva afferrato per le spalle e spinto senza violenza contro la parete. Nei suoi occhi, Will lesse il desiderio di sapere; nei suoi Thomas avrebbe potuto leggere un altro desiderio. Era così vicino a quel viso tanto uguale al suo. Un'idea gli balenò in testa.
"E se ci andassi io?"
"Ken non si fiderebbe di un agente, ma di me sì!", precisò.
"Infatti, ci vado con la tua faccia!"
Thomas s'incuriosì.



Il giorno dopo, Wanda, raccolse gli attrezzi del mestiere in quella stanza d'ospedale. Le avevano detto che era un espediente per evitare i giornalisti, ma lei ci aveva creduto poco.
"Non grattatevi, mi raccomando", uscì trascinando delle pesanti valige.
Thomas si guardò nello specchio del bagno, aveva i capelli lunghi e neri, gli occhi verdi e i vestiti di Will addosso.
Nella camera Will stava indossando una camicia azzurra. L'attore notò il petto più tonico e muscoloso del suo con un sottile triangolino di peli neri. Non erano proprio uguali, ma una volta chiusa la camicia e infilato il giaccone, sembrava il Thomas che tutti conoscevano solo con qualche livido in più sul volto dovuto all'esplosione.
Thomas si avvicinò per ammirare il lavoro di Wanda a pochi centimetri di distanza dal corpo dell'agente. Gli sembrava normale prendersi quella libertà con Will, in fondo era il suo stesso viso che scrutava minuziosamente.
Will fece lo stesso accarezzandogli la fronte per sistemare una ciocca ribelle che copriva i punti all'altezza dell'attaccatura dei capelli.
"Sei pronto? Tra un paio d'ore andiamo!"
"Sì, mi raccomando non parlare troppo con Ken, o ti scoprirà con la tua pessima dizione!"
Will scoppiò a ridere.
"Facciamo un ripasso nell'attesa?", propose Will, consapevole che non sarebbe mai stato in grado di imitare correttamente l'altro.
Thomas fu accompagnato, dal detective amico di Will, un uomo di origini indiane, sino alla porta della stanza d'albergo dove Will alloggiava. Lì nessuno l'avrebbe cercato.
Quando entrò, la stanza era in penombra. Si avvicinò alla tenda, ma un'ombra si mosse alle sue spalle, lo chiamo con l'altro nome: "Will!"
Si voltò e vide che la persona davanti a lui impugnava una pistola.

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Capitolo 8
*** Indagini. ***


CAPITOLO VIII

L'agente Will Laing (l'originale), attraversò i corridoi delle prigioni, in cui il regista Kenneth Branagh era stato trasferito quella stessa mattina, dopo un interrogatorio inconcludente da parte della polizia.
Accanto a lui l'avvocato del regista, che solo la sera prima aveva parlato al telefono con Thomas procurandogli quell'incontro.
L'avvocato era convinto d'accompagnare Thomas Hiddleston dal suo assistito, ciò significava che il travestimento di Wanda stava funzionando.
Will si domandò se anche il travestimento di Thomas avesse funzionato e se fosse arrivato a destinazione nella camera d'albergo a nome di Will.
Durante la notte, aveva passato tutto il tempo a studiarsi l'un l'altro per poter allestire quella sceneggiata degna di William Shakespeare. Soprattutto Will, aveva studiato ogni singolo movimento dell'attore.
La difficoltà maggiore era per la voce. Dopo diversi tentativi di rendere quella di Will meno dura e più avvolgente e calda come quella di Thomas, alla fine avevano risolto con la scusa che la degenza in ospedale avesse stressato le corde vocali, quindi bastava mantenerla bassa e rauca.
Thomas l'aveva sgridato dolcemente per tutta la notte, per via del suo accento irlandese e lui aveva fatto il possibile per imitare ogni movimento delle sue labbra, in modo da porre almeno le prime domande con una dizione perfettamente corretta. Anche se per Will, fissare a lungo la sua bocca, era stata una vera tortura; desiderava fare una sola cosa, ma non poteva e non doveva.
Non capiva da quando quel desiderio di baciare quella bocca, era diventato così incessante e necessario. In fondo, l'uomo che l'aveva guardato con quegli occhi così bisognosi di protezione e forse, anche d'altro, era solo una celebrità tra le più famose e pagate al mondo, nulla di più. Will non era mai stato interessato ad uomini così importanti a livello di celebrità. Di solito era lui quello che suscitava interesse per il suo lavoro e finiva, sempre vincitore, a sedurre la persona desiderata, perdendo un pezzo di cuore ogni volta che finiva male, anche a causa di terzi.
Per terzi, Will aveva in mente un solo viso, ma questa volta quel viso non avrebbe distrutto nulla tra lui e Thomas, visto che niente ci sarebbe stato tra loro. Eppure, gli occhi di Thomas stavano iniziando a scavare come un tarlo nel cuore di Will per farsi posto e masticando i resti di quell'amore oramai guasto, che ancora tormentava i suoi ricordi e si stava annidando dolcemente, cullato dai battiti più forti di quel cuore.
Non c'era nessuna possibilità che Thomas provasse quel tipo di sentimento per un uomo, pensò. Era etero, almeno per ciò che Will sapeva, quindi non c'era motivo per sperare in una storia.
Doveva smettere di pensare a lui e alle sue labbra o al resto del suo corpo. Era poco serio per un agente.
Mentre rifletteva su ciò, l'avvocato l'accompagnò in una piccola stanza adibita a sala colloqui tra i detenuti e i proprii legali, lì le guardie non potevano restare per via della riservatezza.
Kenneth era già seduto ad un tavolo, davanti a lui una sedia vuota, che Will occupò, l'avvocato rimase fuori e chiuse la porta.
Il sole inondava la stanza dalla finestra. Kenneth ne avvertiva il fastidio, l'altro pensò che fosse un vantaggio per il suo travestimento.
Will non sapeva cosa aspettarsi, sapeva che anche il regista aveva chiesto di vederlo... di vedere Thomas.
"Tom, come stai?", domandò preoccupato vedendo i lividi dovuti all'esplosione o più precisamente al trucco di Wanda.
"Abbastanza bene!", la voce rauca.
"La tua voce?", chiese quasi paterno.
"Tranquillo è temporaneo, nulla di serio.", Kenneth non sembrò avere dubbi sulla sua identità.
"Ken", si ricordò di chiamarlo con il diminutivo del suo nome: "Cos'è successo?"
"Non sò cosa sia successo, sò solo che mi accusano di qualcosa di cui non sono colpevole! Io non avrei mai potuto uccidere Luke e Ben! Tu mi credi?", implorava una rassicurazioni.
Will avrebbe voluto dire ciò che la sua mente analitica era abituata a pensare, ma doveva fingere d'essere qualcun'altro. Qualcuno come Thomas, abituato ad aver fiducia nelle persone e non cinico com'era lui.
"Sì, ti credo!", mentiva piuttosto bene, questo doveva ammetterlo a se stesso.
"Chi credi sia stato e come credi sia andata?", il carattere investigativo venne fuori prepotente.
"Non sò! Un attimo prima ero davanti al cancello della mia abitazione e un attimo dopo sono stato svegliato dalla polizia nel vecchio ufficio di Luke!", era nervoso e spaventato per tutto ciò.
"Qualcuno può averti drogato o altro?"
"Forse, c'era un tipo che girava intorno al set, ma ho scoperto essere un agente dell'INTERPOL quando sei finito all'ospedale!", lo stava fissando nelle iridi coperte dalle lenti a contatto azzurre.
Will temette per un istante che associasse l'assomiglianza dei due visi, ma non accadde.
"Cosa voleva quell'agente?", doveva fare la domanda, forse Kenneth avrebbe risposto a quelle alla quale non aveva risposto la settimana prima, quando si era finto giornalista per raccogliere informazioni su Thomas.
"Sapere di due anni fa. Più precisamente della festa dopo la prima del nostro film. Tu eri ubriaco e anche Chris, c'era un paparazzo che si era infilato alla festa e aspettava di scattarvi una foto in atteggiamenti ...ambigui!", Kenneth sembrava a disagio.
Anche Will, alias Thomas, si finse a disagio per quella rivelazione. Aveva scoperto il piccolo segreto che l'attore manteneva assopito e che s'era svegliato con il GHB la notte della festa. Ciò era a favore dell'agente. Thomas non era così etero come credeva.
"Io non ricordo nulla di quella sera, temo di essere stato drogato con del GHB. Ho bisogno di sapere! Potrebbe essere tutto collegato con l'omicidio di Ben e Luke!"
"Tom, io non posso esserti d'aiuto! Quando Luke vi ha portato via, io gli ho chiesto un passaggio, ma sono sceso dall'auto molto prima di arrivare al nostro albergo!", era terribilmente a disagio.
Will si sporse sul tavolo con fare gentile degno di Thomas.
"Ken, puoi dirmi tutto. Voglio aiutarti!"
"Alla festa ho incontrato una vecchia amica. Quando ho visto il paparazzo, ho temuto che potesse riprendermi con lei. Mia moglie è sempre stata gelosa della nostra amicizia, ma io avevo voglia di parlare con lei e le ho dato appuntamento in un locale lì vicino! Tom, credimi non è successo nulla! Era solo una cosa tra amici.", a Will poco interessavano la vita sentimentale dell'altro.
Sembrava volesse piangere, anche se non aveva fatto nulla di sbagliato.
"Quindi hai lasciato Chris, Luke e ...me?", stava per sfuggirgli il nome di Thomas.
"Sì, stavate andando in albergo. Luke aveva preso un'auto anonima per portarvi via, ecco perché ho preferito venire con voi. Nessuno ci avrebbe riconosciuti e seguiti!"
Will pensò che non era stato proprio così quella notte, Freeman doveva averli seguiti e non solo lui.
"E invece, Ben. Cosa voleva sapere da te? Perché gli hai detto d'andare nel posto dov'era caduto da cavallo? Per caso temevi che qualcuno ascoltasse le tue telefonate?", stava esagerando con le domande, doveva fare attenzione.
"Sono sicuro che quell'agente avesse messo sotto controllo i telefoni di casa mia! Il nostro tecnico del suono del film, tre settimane fa, si è trovato a fare una telefonata da casa e ha riconosciuto degli strani suoni."
Will pensò d'aver davvero complicato le cose andando in giro a fare domande. Se solo fosse rimasto a Dublino, ora non ci sarebbe una tale scia di morti. Però, lui non aveva messo cimici nei telefoni e tre settimane prima non era neanche in città. C'era qualcun'altro che stava spiando le stesse persone su cui lui stava indagando.
"Comunque, Ben mi ha domandato di quella notte. Gli ho dato appuntamento in un luogo che solo in pochi avrebbero intuito, per via delle intercettazioni. Io non avevo fatto nulla a riguardo perché volevo capire chi mi stesse spiando, ecco perché ho chiesto a Ben d'andare in quel posto in modo che solo in pochi capissero. Se solo avessi fatto qualcosa ...", abbassò lo sguardo quasi in lacrime.
"No, non darti la colpa! La colpa è solo dell'assassino! Ken chi credi avrebbe potuto intuire dove fosse quel luogo?"
Will pensò che il killer si fosse limitato a seguire Ben, dopo la telefonata, ma era meglio chiedere.
"Oltre a noi tre, è una storia che conoscevano in pochi, l'abbiamo sempre raccontata noi due davanti a Ben imbronciato come un bambino.", due lacrime scesero dagli occhi tristi di Kenneth.
"Comunque, tu dovresti ricordare chi era presente, Tom!", disse sollevando lo sguardo e puntando i suoi occhi in quelli del falso Thomas.
Era arrivato il momento per Will di andare via. Doveva chiedere informazioni a Thomas su quella storia; come un idiota non l'aveva fatto prima.
Si sarebbe preso a schiaffi per essersi fatto distrarre tutto il tempo dalle sue deliziose labbra, ma prima doveva fare qualcos'altro.



Will lasciò il carcere e Kenneth alle cure dell'avvocato, e prese l'auto che aveva noleggiato quand'era arrivato a Londra.
Per tutto il tragitto desiderava solo telefonare a Thomas, per chiedere informazioni sulla storia della caduta da cavallo di Benedict. Doveva sapere chi la conoscesse, ma si trattenne dal chiamarlo.
I telefoni erano sicuramente sotto controllo da tre settimane o più, quindi rischiava solo di svelare il nascondiglio dell'amico se l'avesse fatto.
Si guardò nello specchietto retrovisore e l'immagine che vide era il viso di Thomas, il trucco stava mantenendo, forse, sarebbe stato meglio rimuoverlo, anche se per i capelli c'era ben poco da fare, Wanda li aveva tagliati e tinti con una certa sadica soddisfazione.
Lasciò tutto com'era, ci avrebbe pensato più tardi, prima d'andare in albergo da Thomas e poi chi sà cosa sarebbe potuto accadere tra loro.
Stava viaggiando con la fantasia, ma Kenneth gli aveva rivelato le tendenze sessuali di Thomas, certo, lui non era sexy come Chris Hemsworth, però la speranza di rimediare almeno un bacio c'era. L'attore l'aveva guardato troppo spesso in modo equivoco quella notte. Nessuno dei due aveva dato molta importanza a quelle sensazioni dovute a sguardi che s'incrociavano, com'erano presi dallo studio delle parti da interpretare il giorno dopo.
Will si dannò per quel pensiero. Si stava distraendo troppo e non era da lui.
Stava diventando un ossessione.
Arrivò davanti alla villetta della famiglia Branagh. I giornalisti erano tutti fermi davanti al cancello dell'entrata principale, lui invece, fece il giro e trovò l'altro cancello d'accesso. L'aveva scoperto una mattina nel tentativo di parlare con Kenneth, mentre si fingeva giornalista.
Parcheggiò poco lontano e si diresse verso le inferiate chiuse, dopo aver messo in tasca del materiale per raccogliere prove che teneva in auto.
Sicuramente, Kenneth era stato aggredito e drogato lì, se si voleva credere alla sua versione.
Osservò il terreno, l'erba era alta vicino al viale d'accesso, e ad un certo punto notò un oggetto viola, intanto un furgone passò lungo la strada.
Will finse di passeggiare, aveva nascosto i capelli sotto il cappuccio del giubbotto, ma i giornalisti potevano scambiarlo ugualmente per Thomas.
Tirò fuori un sacchetto di plastica e si diresse a raccogliere l'oggetto che sembrava un cellulare di quelli con poche funzioni, almeno avrebbe potuto rilevare le impronte digitali. Forse, la fortuna stava iniziando a girare anche per lui.
Si chinò.
Il tempo di sentire dei passi ovattati nell'erba, voltarsi a vedere un viso coperto da una sciarpa e sentire qualcosa che lo colpiva.
Barcollò e poi cadde in ginocchio, incapace di riprendere il controllo del suo corpo, cedette al dolore e si accasciò completamente sull'erba fresca.



Thomas osservò la pistola e la mano che l'impugnava. Ci mise qualche secondo prima di salire con lo sguardo e vedere i lunghi capelli castani e il viso di una donna.
Lei avanzò, sembrava incerta. Allungò una mano ed accese una lampada senza distogliere lo sguardo da lui.
La luce illuminò il viso di una bella donna, capace di incutere terrore.
"Tu chi diavolo sei?", disse infastidita.
Thomas non rispose, non sapeva cosa dire o cosa fare. Anzi, sapeva cosa fare: scappare. Non ci riuscì, era inchiodato al pavimento.
"Non posso crederci! Tu sei Thomas Hiddleston. Perché hai l'aspetto di Will?", la pistola restava puntata.
La donna non si fidava.
"Non dirmi che Will è in giro con la tua faccia in questo momento? Che idiota sei!", solo a quella costatazione abbassò l'arma.
"Perchè sarei un idiota?", l'aveva ferito nell'orgoglio.
"Perché Will a quest'ora o sta uccidendo qualcuno, oppure è in volo con la sua famiglia dopo aver prosciugato i tuoi conti. Gli hai dato i tuoi documenti, vero?", disse con il tono di chi era abituata a non essere contraddetta.
Thomas non sapeva se essere sconvolto perché Will poteva uccidere con la sua faccia o perché poteva aver preso il suo denaro molto facilmente, oppure perché aveva una famiglia.
Del denaro non gli importava, ma se era vero che Will avesse una famiglia, allora lui era un vero idiota. Nella sua mente aveva iniziato ad elaborare nuove emozioni, il giorno prima, e non voleva credere che chi gli scatenata quelle sensazioni particolari, fosse una cattiva persona.
"Tu chi sei?", domandò ancora spaventato e incredulo.
"Agente dell'INTERPOL Jaime Seraphine. Chiamami solo Sif! Forza, muoviti Tom! Forse, siamo ancora in tempo per bloccarlo prima che sia troppo tardi."
Fece segno di dirigersi verso la porta, ma Thomas non capiva perché dovesse andare con lei.
"Non posso lasciare questa stanza! E poi chi mi dice che sei veramente un agente?", era scettico a quel punto.
Sif gli lanciò il tesserino. Thomas lo guardò, poi si ricordò d'avere quello di Will in tasca. Fece per prenderlo, ma Sif gli puntò di nuovo l'arma addosso.
"È solo il tesserino di Will!", non si fidava di lui.
Il sentimento era reciproco.
Li confrontò, erano uguali e lo restituì.
"Adesso muoviti!", ordinò.
"No, chi mi dice che posso fidarmi di te?", non voleva dare ascolto ad un'altro agente sbucato dal nulla.
"Will è il mio partner. Ha mentito a tutti pur di venire qui a Londra a prendersi la sua vendetta e forse anche un bel pò di soldi! Dopo averti osservato per cosi tanto tempo, scommetto conosce i codici dei tuoi conti. Se fossi in te, non mi fiderei di un uomo con tanti segreti com'è lui e mi sbrigherei a trovarlo! Scommetto che non ti ha raccontato molto di sé? Sai perché per lui è così importante questo caso?"
Thomas non sapeva nulla, tranne un accenno al padre del giorno prima.
Aveva rimandato troppe domande.
"Ti ha detto che era ossessionato da Martin Freeman da quasi quattro anni?"
Thomas sbiancò di colpo.
"Come quattro anni?"




NOTE DELL'AUTRICE
Salve a tutti. Spero di essere stata abbastanza chiara nell'esposizione di questo capitolo. Non amo molto le descrizioni da come si evince, ma spero che sia chiaro a tutti chi siano i personaggi presenti? Non voglio dilungarmi troppo per adesso, il meglio deve ancora venire! Voglio di nuovo precisare che alcune cose sono completamente inventate, come la festa a Dublino, ammetto d'aver sostituito il regista di "The avengers". Mi stava più simpatico Kenneth! Spero di leggere le vostre considerazioni, almeno per capire se ci sono incongruenze o errori gravi. Un abbraccio, Francesca.

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Capitolo 9
*** Un passato in comune. ***


CAPITOLO IX

Thomas si lasciò trascinare per un braccio dall'agente Sif, per mezzo albergo.
Nessuno alla reception notò la strana fretta dei due, perché Thomas indossava ancora il travestimento di Will Laing, futuro ex agente e attualmente possibile criminale.
L'attore non capiva dove volesse portarlo, dovevano raggiungere Will, però lui aveva troppe domande ad affollargli la mente e prima di rincontrare l'uomo che gli aveva provacato strane emozioni, doveva ottenere delle risposte.
Sif lo spinse in un'auto a noleggio e solo dopo qualche centinaio di metri Thomas trovò il coraggio di chiedere spiegazioni.
"Per favore.", lei gli incuteva un certo rispetto dittatoriale: "Spiegami la storia di Will e Freeman! Non capisco, hai parlato di quattro anni, perché?"
Lei l'osservò, doveva avere pena per quel povero attore vittima degli eventi e di Will, immaginò l'attore. Lo sguardo fiero e duro di lei si rasserenò.
"Quattro anni fa, a Dublino, un presentatore televisivo molto famoso, ebbe un grave incidente d'auto. Dopo quell'incidente la sua carriera finì a causa delle foto pubblicate su una rivista scandalistica, in quelle foto si vedeva lui particolarmente fuori controllo, in un pub del centro città. Le foto erano state scattate da Martin Freeman!"
Thomas iniziò a capire: "Era stato drogato dal paparazzo?", sospetto.
"Sì. Nello scontro dell'auto del presentatore con un'altra auto, una madre e sua figlia di dodici anni rimasero ferite. La donna si riprese presto, mentre la bambina, purtroppo, perse l'uso delle gambe!", disse con una punta di amarezza.
Thomas pensò a quante vittime Freeman avesse causato solo per puro guadagno. Era incredibile la poca considerazione che quel giornalista avesse per l'incolumità delle persone.
"Will all'epoca era giovane e molto imprudente. Si occupò del caso, anche se tutti glielo avevano sconsigliato, visto che si trattava della sua famiglia ad essere coinvolta nello scontro!"
Thomas rimase di sasso.
Will gli aveva nascosto molte cose, troppe cose. Sua figlia era paralizzata su una sedia a rotelle e ciò era un buon motivo per fare tutto quello che stava facendo e forse anche di piu. Uccidere però, sembrava troppo anche per lui, non riusciva ancora a crederci.
Si era fidato completamente di lui senza saperne il motivo, anche se lo sospettavo. Ora si sentiva tradito, eppure doveva immaginare che quell'agente avesse motivi precisi per occuparsi del caso Freeman e lui era solo una pedina nel suo gioco.
"Dopo aver parlato con il presentatore, scoprì che Freeman era anche un ricattatore, oltre ad essere un criminale per via delle droghe che somministrava. Aveva chiesto denaro all'uomo per non pubblicare le foto. Il presentatore si era rifiutato ed aveva avvisato la polizia, ma senza risultati. Will, invece, aveva scoperto casi simili ovunque Freeman fosse stato. In tutta questa storia aveva coinvolto anche la sorella, agente dell' INTERPOL, nelle indagini. Una volta capito tutto, Will aveva tentato di ottenere una confessione registrata del paparazzo, ma lui era troppo sveglio per cascare in certi trucchi. In seguito, preso dalla frustazione e dalla rabbia, decise di aspettarlo sotto casa nel buio e lo massacrò di botte. Solo il fortuito intervento della sorella che aveva intuito il suo stato d'animo salvò la vita a Freeman. Lui sporse denuncia contro ignoti, non avendo visto il suo aggressore."
Thomas era a bocca aperta per quelle rivelazioni. Fissò Sif che continuava a guidare tra le strade londinesi. Non riusciva a vedere Will, mentre aspettava un uomo sotto casa e lo picchiava a sangue.
"Prima che la polizia arrivasse a Will, sua sorella si dichiarò colpevole. L'INTERPOL limitò i danni e non finì in prigione, ma perse il lavoro. Lui, però ha sempre continuato ad inseguire Freeman, fino a due anni fa, quando lo trovò morto in un vicolo di Dublino!"
Thomas stava sudando freddo: "Cosa? L'ha trovato lui?", ora non sapeva più cosa pensare.
Nella sua mente la parola idiota riecheggiava. Si sarebbe preso a schiaffi.
"Sì, non te l'ha detto?", domandò Sif.
"No", il nervosismo lo stava assalendo.
Quando avevano parlato in ospedale, Will non gli aveva detto che era lì quella notte, nello stesso posto in cui forse, si trovava anche lui.
L'auto si fermò lungo una strada con diverse abitazioni, Sif scese e sollecitò Thomas a seguirla. Lui lo fece, iniziava a sentirsi un burattino nelle mani degli altri, incapace di opporre resistenza.
Bussarono ad una portone. Dopo qualche secondo si aprì.
Thomas vidè davanti a sè una ragazzina di sedici anni sulla sedia a rotelle, dai capelli neri e lunghi e dagl'occhi verdi, doveva essere la figlia di Will. Dopo un pò una donna bionda la raggiunse, la moglie, pensò.
Si sentì a disagio.
L'osservarono, solo allora si rese conto di essere ancora conciato come Will.
La ragazza allargò un sorriso identico a quello del padre: "Tu sei Thomas, vero?"
Tutti lo riconoscevano, era un pessimo interprete di Will.
"Sì, come hai fatto...", venne interrotto.
"Non assomigli per niente a zio Will!"
"Zio Will?", fece un eco quasi silenzioso.
Thomas si sentì cedere le gambe a quell'informazione. Per famiglia, Sif intendeva sua nipote e sua sorella e lui che oramai si stava sentendo male per quelle sensazioni poco chiare provate negli ultimi giorni.
La donna aveva qualche tratto in comune con il fratello, ad iniziare dal pallore del viso e dall'altezza. Era anche molto bella, gli ricordava Will in qualche modo.
Sentì una fitta a cuore.
La donna l'invitò ad entrare con un cenno e con voce calma domandò: "Sif dov'è Will? Cosa stà combinando questa volta?"
Sif entrò in casa e si accostò alla donna dirette verso il salotto, la ragazza seguì le due, ma si voltò a guardare l'attore con un sorriso. Ai suoi occhi doveva sembrare ridicolo in quei panni, suppose Thomas.
"Eve, pensavo l'avessi visto!", restò sorpresa.
"Sì, fino a qualche giorno fa è stato qui, per via dei nuovi risultati medici. Ci sono buone possibilità che Jenny torni a camminare, ma dovrà affrontare un difficile intervento sperimentale molto costoso. Lui voleva essere qui per sapere la decisione dei medici."
Sif sembrava avere un certo rispetto per la donna, erano entrambe agenti, non contava se Eve Laing non lo fosse più.
"Sai cosa sta combinando?"
"No, perché? Cosa ci fa lui vestito così?", fece un cenno nella direzione di Thomas, ancora confuso per tutta quella situazione.
"Will si stà fingendo me, per poter parlare con Kenneth Branagh in prigione!", chiarì l'attore.
Sif lo guardò, non aveva avuto il tempo d'informarla, ma lei non avrebbe creduto ad una tale spiegazione, soprattutto perché considerava il collega un criminale.
Eve, invece, si agitò. Il suo sguardo andò velocemente agli occhi della figlia che sembrò spaventata a sua volta.
Thomas se ne accorse: "C'è qualcosa che non va?"
La donna rispose nervosamente: "Poco fa, il telegiornale ha annunciato la morte di Kenneth Branagh in prigione! Si parla di avvelenamento!"



La stanza era una vecchia sala registrazioni, lasciatagli da un amico cantante trasferitosi in America.
Le pareti, erano perfettamente isolate, con dei pannelli che impedivano ai rumori esterni della città di penetrare e sporcare le registrazioni, ma allo stesso tempo impedivano alla musica di uscire.
In quel momento quella stanza era utilissima per altre esigenze. Qualsiasi urlò, le due persone legate alle sedie avessero emesso, nessuno li avrebbe potuti sentire fuori.
"Sei completamente pazzo!", gridò l'uomo legato, mentre al suo fianco Wanda singhiozzava.
"Non sono pazzo! Quello che ho fatto e servito a proteggere Thomas.", rispose tranquillamente l'uomo in piedi davanti a loro.
"Tom stà soffrendo terribilmente a causa tua, come fai a dire che hai ucciso per lui?", lo riprese la donna con tutta la collera che quell'affermazione le aveva tirato fuori.
"Se nessuno si fosse intromesso, a quest'ora, sarebberò tutti vivi! Ma no...! Vogliono tutti fare gli investigatori ad iniziare da te!", puntò il dito verso l'uomo.
Lui fece un balzo sulla sedia, quanto i polsi legati dal nastro adesivo permettessero. Conosceva fin troppo bene come andavano a finire quelle situazioni.
"Vuoi ucciderci?", domandò con lo sguardo che lanciava lampi d'odio puro.
Wanda smise di piangere per poter meglio comprendere la risposta. Pendevano entrambi dalle sue labbra.
"Non vorrei, ma devo farlo!"
Prese una delle due pistole che aveva temporaneamente poggiato su un piccolo tavolino, accanto c'erano i resti di un cellulare di colore viola fatto a pezzi. Optò per la pistola di Will Laing. Era più pesante della sua; quella con cui aveva minacciato Benedict sul tetto, sembrava passato un secolo.
La guardò, poi si voltò a guardare i due che stavano sudando dal terrore.
Riguardò l'arma, nessuno avrebbe sentito i due spari dall'estero.
Il traffico caotico delle vie cittadine copriva ogni sorta di rumore, anche senza che ci fossero le pareti rivestite.
Prese la sua decisione mentre riguardava Wanda.
Fuori non si sentirono gli spari.




NOTE DELL'AUTRICE
Salve a tutti, spero di non avervi annoiato con questo capitolo. Prometto che i prossimi saranno più movimentati ed eccitanti.
Perdonatemi se Thomas sembra poco sveglio finora, migliorerà!
Cosa ne pensate di Will? Buono o cattivo?
A presto. Un abbraccio, Francesca.

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Capitolo 10
*** Fuga. ***


CAPITOLO X

Will si sentì toccare la fronte diverse volte, ma riuscì ad aprire gli occhi solo dopo qualche secondo.
Un uomo stava parlando, sembrava un medico dal tono professionale.
Si guardò intorno e non vide la camera di un ospedale o dei camici bianchi, ma solo una stanza elegante con mobili di fine ottocento. Una donna parlava con l'uomo, sembravano essere vecchi amici.
Si alzò dal divano e sentì una fitta alla tempia, pulsava dolorosamente.
Quando smise di pensare al dolore, iniziò a pensare a ciò che stava facendo prima di ritrovarsi in quel salotto. Stava raccogliendo un cellulare viola davanti al cancello della famiglia Branagh. In quel momento capì. Si girò verso la donna e ne riconobbe i tratti, era Lindsay, la moglie di Kenneth, era in casa sua, per di più con l'aspetto di Thomas.
Si chiese se l'avessero già smascherato.
"Tom, come ti senti?", no, non l'avevano ancora scoperto.
Mantenne la voce bassa e rauca come aveva fatto con Kenneth in prigione: "Bene, credo... Cos'è successo?"
"Il giardiniere ha visto che un uomo ti stava aggredendo ed è corso ad aiutarti.", spiegò la donna.
"Chi è stato?", aveva bisogno di saperlo.
"Non lo sappiamo, era coperto da una sciarpa ed è scappato via quasi subito."
Will si ricordò del cellulare e iniziò a cercarlo tastando tutte le tasche.
"Avevo un cellulare viola con me! L'avete visto?", il tono speranzoso.
"Non abbiamo trovato nulla fuori dal cancello, forse, ti è stato rubato!"
Era probabile, sicuramente era stato l'assassino di Luke e Benedict.
"Comunque è stata avvertita la polizia, verranno qui per il verbale. Ora mettiti seduto. Ti faccio portare una tazza di thè caldo, ti farà bene. Voglio presentarti il dottor Steel, un caro amico di famiglia, ha detto che la tua ferita alla testa non è grave!"
Ringrazio l'uomo, ma l'idea di parlare con la polizia proprio non gli piaceva. Con quell'aspetto poi, era da evitare.
Il campanello suonò, non erano i giornalisti fermi davanti al cancello, ma la polizia.
"Strano, sono già qui?", domandò la donna senza aspettarsi risposta. Will si innervosì: "Posso usare il bagno?"
Doveva essere sicuro che il suo aspetto fosse passabile. La polizia sarebbe stata più minuziosa di quanto lo erano state le guardie e l'avvocato in carcere, forse, avrebbero controllato la ferita alla testa coperta da un semplice cerotto. Con il dottore era stato fortunato; aveva prestato più attenzione alla ferita recente e non al trucco di Wanda.
Salì di sopra, sperando di trovare la porta del bagno, Thomas l'avrebbe trovata visto che sicuramente conosceva la casa.
La trovò quasi subito. Il fiuto da detective non l'aveva abbandonato del tutto.
Si fermò a guardarsi allo specchio, le due piccole protesi simili a cicatrici non si erano staccate. Il trucco che imitava le ferite recenti non si era ancora sciolto, per sua fortuna era autunno e l'aria fresca non permetteva al sudore di lavare via i finti lividi dell'esplosione.
Uscì dal bagno, sperando di liberarsi presto dei poliziotti ed andare da Thomas.
Sulle scale iniziò a sentire la voce della donna rotta dal pianto e dei poliziotti, l'amico medico si teneva in disparte.
"Signora Branagh, lo sò che è difficile... Deve capire... La morte di Kenneth... Avvelenato... Prigione..."
Sentiva solo dei pezzi della conversazione per via della porta semi-chiusa che attutiva le voci, ma ne aveva afferrato il senso. Kenneth era stato avvelenato in prigione e lui era il penultimo ad averlo visto. Anzì era Thomas ad averlo visto.
"Signora... Ha sentito Thomas Hiddleston...?", domandò uno degli agenti.
"A dire la verità... Sopra...", rispose singhiozzando.
Le cose si stavano mettendo male.
Cercò di capire quale fosse la via di fuga più rapida. Non poteva farsi fermare con quell'aspetto, anche se avesse dichiarato di essere un agente, ci sarebbero volute ore prima che qualcuno riuscisse a identificarlo. Il suo distintivo l'aveva Thomas e il porto d'armi era in auto con la pistola, l'aveva lasciati prima di entrare in carcere.
Doveva correre da Thomas, se il killer era arrivato a Kenneth, nessuno era al sicuro.
Si lanciò verso il portone d'ingresso, lo spalancò convinto che bastasse arrivare alla cinta muraria e scavalcarla, ma si trovò di fronte un poliziotto che piantonava l'entrata.
Lui lo riconobbe e fece per afferrarlo, Will gli sbattè il portone in faccia facendo un tale fracasso che tutti sentirono.
Alla sua destra vide un pannello con il citofono e dei comandi. I comandi dei due cancelli, li schiacciò entrambi e corse di sopra, mentre i poliziotti stavano per avvicinarsi.
Fece i gradini due a due e puntò verso il bagno. Era l'unica stanza che conosceva e sapeva di potersi chiudere a chiave. I poliziotti erano più vicini. Fece in tempo a chiudersi e spalancò la finestra.
Sulla destra c'era un terrazzo, riuscì a salire su un sottile cornicione dall'aria instabile. Lo percorse, ma si sentì cadere. Afferrò appena in tempo il parapetto del terrazzo e si issò sopra.
L'attraversò correndo, fino a raggiungere un groviglio di piante rampicanti sostenute da una struttura di legno. La usò come scala per scendere e si ritrovò vicino all'entrata.
Il poliziotto rimasto fuori lo vide e lo rincorse.
Will scelse di correre verso il cancello principale, che si era aperto, e verso i giornalisti. Fino a quel momento non avevano superato il limite della proprietà, ma quando viderò tutta quella confusione, riconobbero Thomas e gli corserò incontro.
Lui inseguito dalla polizia, aspettò fino all'ultimo prima di fare una svolta a destra evitando un cameraman che colpì con la sua telecamera il poliziotto distratto dalla sua improvvisa svolta.
Saltò con agilità un cespuglio. Evitò due alberi con rami troppo bassi, aveva buoni riflessi, il terzo però lo colpì con la spalla sinistra a causa dell'erba scivolosa.
Il dolore gli tolse il fiato, strinse i denti e riuscì ad arrivare alla cinta muraria che in quel punto era più bassa all'interno e molto alta all'esterno.
Uno dei poliziotti lo stava inseguendo, l'altro era diretto al cancello secondario, pensando di vederlo correre verso una delle due vie d'uscita, troppo lente a richiudersi, mentre il terzo poliziotto era a terra per via dello scontro con la telecamera.
I giornalisti si erano bloccati, incapaci di capire cosa stesse accadendo.
Will balzò sul muro, urlando per il dolore alla spalla. Sotto di lui un salto di quattro metri sull'asfalto. Più in là, vide un furgone della televisione fermo, decise di raggiungerlo.
Come un gatto percorse qualche metro in bilico sul muro, mentre il poliziotto faceva grandi salti nel tentativo d'afferrargli una gamba. Quando ci riuscì, Will era già arrivato al di sopra del furgone e si era lasciato cadere verso l'esterno, sentendo il poliziotto mollare la presa.
Il furgone attutì la caduta, però non la fermò e Will rotolò sul parabrezza per poi schiantarsi sull'asfalto sulla spalla già malconcia, avvertendo un dolore lancinante.
I poliziotti nel tentativo di fermarlo, si erano chiusi all'interno e ora i cancelli tardavano a riaprirsi.
Will corse verso la sua auto a pochi passi e partì a razo, impedendo agli agenti di vedere in tempo la targa.
Will, per stare più tranquillo, abbandonò l'auto.
Perse una decina di minuti nel cercare la sua pistola all'interno del veicolo, trovando solo il porto d'armi.
Qualcuno l'aveva presa e la cosa lo fece infuriare e imbarazzare allo stesso tempo.
Fermò un taxi, sperando di non essere visto dalla polizia.
Doveva andare da Thomas in albergo per spiegargli tutto, prima che le cose peggiorassero. C'era molto che non gli aveva detto e prima che lo facesse qualcun'altro, doveva chiarire tutta la faccenda, ne sentiva la necessità.
Quando arrivò nella camera d'albergo non trovò Thomas, ciò lo spaventò a morte. Temeva che gli fosse successo qualcosa di brutto.
Accese la luce in cerca d'indizi di lotta e vidè un biglietto sullo specchio della camera.
Un solo nome: "Sif".
Will imprecò in un irlandese arcaico.
Le cose si erano già complicate.

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Capitolo 11
*** Jenny ***


CAPITOLO XI

Sif s'era incollata al cellulare, per controllare la veridicità della notizia sulla morte di Kenneth Branagh in prigione.
Thomas era crollato su una sedia, le mani sul viso. Anche il suo amico Kenneth aveva fatto la stessa fine di Luke e Benedict.
Non riusciva a capire cosa stesse accadendo. Tutti intorno a lui cadevano come mosche e la colpa era solo di Will.
Da quando era apparso nella sua vita non c'era un attimo di pace dalla sofferenza, oramai il suo cuore duoleva per tutte quelle perdite, come non aveva mai fatto in tutta la sua esistenza.
Nella sua mente, non c'era posto per il cordoglio, riusciva solo a ripetersi: dannato Will, bugiardo Will, assassino Will.
Ora iniziava ad essere sicuro che lui fosse davvero un criminale, Will voleva solo vendetta.
Thomas, per la prima volta da giorni, iniziava a mettere tutti i tasselli al loro posto e un solo nome gli veniva in mente come possibile, anzi sicuro assassino, quello di Will. Lui aveva l'occasione, le capacità e soprattutto il movente. Se quella notte di due anni prima, in verità fosse stato Will ad uccidere Freeman e poi non soddisfatto, avesse voluto prendersela anche con chi era presente in quel vicolo, o per eliminare testimoni, oppure per puro disprezzo nei confronti di quegli attori strapagati che Freeman inseguiva ad ogni costo e con il sacrificio delle gambe di un'innocente ragazzina.
Thomas guardò verso Jenny. Will sicuramente aveva bisogno di denaro, per l'operazione di sua nipote e in quel momento era in giro con la sua faccia, con ogni probabilità l'avrebbe preteso da lui con qualche forma di ricatto, se già non aveva trovato il modo di svuotare i suoi conti in banca. Non era difficile per uno come Will, pensò.
Guardò meglio Jenny. Lei era preoccupata per lo zio, mentre Eve cercava di confortarla.
Lei non meritava un tale dolore a causa di Will, e neanche lui lo meritava, ma oramai il suo cuore aveva smesso di battere per quell'uomo e sanguinava solo per il dolore.
Decise di mentire a Jenny: "Sono sicuro che stà bene! Sta tranquilla non c'è..."
"Secondo te è stato lui?", lo interruppe
La domanda non ammetteva giri di parole, la ragazza pur essendo giovane, aveva un qualcosa nello sguardo che dimostrava una maturità forgiata dal suo stato fisico.
"Non lo sò! In questo momento non sò darti questa risposta, però lui sta bene, ne sono sicuro!", di questo era certo.
Lei continuò a fissarlo con quegl'occhi verdi come quelli di Will, mentre s'avvicinava con due bracciate alle ruote della sedia.
Eve la lasciò fare e si diresse verso Sif che stava finendo una discussione al cellulare.
Thomas se la ritrovò di fronte.
"Sai, lui ha sempre creduto che tu fossi una brava persona! Dovresti provare a fidarti di zio Will!", dichiarò con un tono sereno, quasi disarmante.
Quasi si vergognava di rispondere a quella ragazza che amava suo zio come un padre.
"Io l'ho fatto! Mi sono fidato di Will, sempre! Ora ho capito che mi ha nascosto delle cose. Poteva parlarmene, ma non l'ha fatto!"
"Forse temeva il tuo giudizio?", suggerì Jenny.
"Mi conosce a malapena da una decina di giorni, perche dovrebbe temere il mio giudizio?", domandò curioso.
"In realtà, lui ha passato più di un mese a studiarti. L'ho capito quando è stato qui la settimana scorsa. Ha un sacco di documenti nascosti in camera sua, su di te e in più abbiamo passato le serate a guardare i tuoi film. Lui era così preso nel dirmi che tu sei così come appari nelle interviste. Io sò che stava indagando su di te, perché ti hanno accusato d'omicidio, ma zio ti ha sempre considerato innocente!"
Non riusciva a crederci. Will lo stava studiando da quando quella suora l'aveva riconosciuto, era passato più di un mese oramai. Però ora gli sembrava più un ossessione che non un'indagine.
Thomas detestava quella situazione, lui continuava a scoprire solo cose di Will che non gli piacevano, mentre lui sapeva tutto della sua vita.
"Prova a fidarti di nuovo di zio Will!", si raccomandò la ragazza.
Voleva piangere alla dolce richiesta di Jenny. S'impose d'essere duro con lui ugualmente. Non poteva permettergli di prendersi di nuovo gioco della sua mente, con altre menzogne e poi restava il fatto, che potesse essere lui l'assassino dei suoi amici.
Sif s'avvicinò: "Will ha chiamato, stà arrivando! Ha detto che i telefoni di alcuni tuoi colleghi erano e sono sottocontrollo. Non sà perché o da chi, però evita di telefonare mentre io non ci sono!"
Jenny s'illuminò, Thomas invece non capiva.
"Come? Stà arrivando! E tu dove vai?", domandò.
"A capire cosa sta succedendo! Se resto qui sono costretta ad arrestare Will e anche te!"
Lui scattò in piedi; non era arrabbiato, solo infastidito.
"Perche dovresti arrestarmi?", quasi urlò.
"Quel genio di Will, è andato da Branagh in carcere, come avevi detto tu, solo che adesso c'è un mandato d'arresto nei tuoi confronti per omicidio. E per non farsi mancare nulla, Will è scappato dalla polizia che lo voleva interrogare! Ti consiglio di non uscire fuori! Qui sei al sicuro dal killer ed Eve ti terrà d'occhio, se tu decidessi di fare qualche stupidagine, tipo scomparire!"
Sif s'avviò verso la porta: "Un'ultima cosa. Eve è la migliore che conosca con la pistola. Ripeto, non fare stupidagini!"
Uscì.
L'idea che la donna fosse armata lo rassicurava e lo spaventava allo stesso tempo.
Will stava arrivando. Era sua intenzione pretendere spiegazioni.
"Eve, posso vedere i documenti di Will su di me che ha in camera sua?"
La donna lanciò un'occhiata d'ammonimento alla figlia, che contraccambio con lo sguardo da angioletto innocente.
"Non mi sembra una buona idea!", spiegò la donna.
"Lui sà tutto su di me! Se devo concedergli un pò di fiducia, ho bisogno di vederli!"
Si sentì addosso gli occhi soddisfatti di Jenny, ma non osò guardarli, in realtà voleva solo capire quanto Will fosse ossessionato da lui. Sentiva la rabbia montargli dentro; non sarebbe stato dolce con lui.
La stanza era semplice e pulita, doveva essere la camera per gli ospiti, trovò subito la borsa con i documenti nell'armadio. Jenny era rimasta in salotto, forse si vergognava d'ammettere daver già visto quelle carte.
Si libero della parrucca e delle lenti a contatto verdi che ancora portava, vedendosi riflesso nello specchio.
Inizio a sfogliare le carte, per lo più era la documentazione di dove si trovava due anni prima e dati generali sulla sua vita, dalla scuola in poi. Qualche multa, qualche causa legata ai contratti di lavoro, una cartella era dedicata a Chris, nulla d'importante. Qualche foglio a Luke, anch'esso di poco interesse.
L'ultima cartellina conteneva appunti e considerazioni di Will. Gli diede un'occhiata veloce, lo descriveva quasi come un angelo.
Gli saltò subito all'occhio un appunto ripassato più volte con la penna, come se Will ci avesse riflettuto attentamente: NESSUNA FIDANZATA IN QUESTO MOMENTO. FORSE GAY???
Thomas sbottò.
Come si permetteva di fare quelle considerazioni. Iniziò ad irritarsi.
Certo, non aveva una ragazza da qualche mese, ma era per colpa del lavoro. Non aveva mai guardato un uomo in quel senso, mai prima di...
Si arrabbiò, lui non poteva aver capito certe cose prima ancora che Thomas le provasse.
S'infuriò e lanciò la cartellina sul letto, qualche foglio si sparse sul morbido piumino verde.
Un campanello suonò. Thomas capì che doveva essere Will, era passata un'ora dalla sua telefonata. Decise d'aspettarlo lì, in camera per dare tempo a Jenny di scambiare qualche parola rassicurante con lo zio e a Eve di rimproverarlo.
Dopo un paio di minuti, entrò in camera e chiuse la porta.
Thomas era rosso in volto dalla rabbia.
Will se n'è accolse subito, e quando si ritrovò le mani dell'altro tra spalle e collo, non reagì.
Thomas lo sbattè al muro con tutta la forza che aveva. Will si limitò a urlare per il dolore insopportabile alla spalla già provata.
Lui non accennava a lasciare la presa e Will strinse i denti.
"Spiegami! E stà bene attento a non mentirmi o ti uccido!"




NOTE DELL'AUTRICE
Eccoci qua! Siamo arrivati al punto in cui Thomas è furioso ed è tutta colpa di Will! Come andrà a finire?
Mi piacerebbe sapere cosa pensate della storia e se avete già individuato l'assassino.
Grazie per essere arrivati fin qui e spero che continuerete a leggere questa storia.
Un abbraccio.

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Capitolo 12
*** Piumino verde. ***


CAPITOLO XII

"Davvero vuoi uccidermi?"
Will sorrise, mentre gli occhi di Thomas saettavano solo odio.
"Will voglio sapere tutto! Sono stanco dei tuoi giochi e delle tue menzogne!", gli sibillo, sbattendolo nuovamente di spalle al muro e provocando un rantolo di dolore.
"Non ti ho mai mentito! Ho sempre detto la verità! E solo, che alcune cose non potevo dirtele, non finchè tu mi guardavi in quel modo... Ti assicuro che non ho mai giocato con te, non so neanche perché tu lo creda!", spiegò.
Thomas era più rosso di prima, sia per la rabbia e sia per la vergogna. Si sentiva preso in giro, ma secondo Will era stato lui a guardarlo in modo particolare, costringendolo a tacere.
"Parla! Cosa sai di quella notte di due anni fa? Tu mi hai visto? Sei stato tu ad uccidere Freeman?", non c'era più pazienza in lui.
Continuava a tenerlo fermo al muro e Will non si ribellava, aveva solo posato le mani sui suoi fianchi all'altezza della vita. Sorrideva, più per non mostrare il dolore che sentiva alla spalla, che no per altro.
"No, non ho ucciso Freeman! E no, non ti ho visto quella sera! Però, ero lì!"
"Perchè eri lì? Come mai non mi hai visto?", lo scosse con forza.
Will lo lasciò fare, poteva scrollarselo di dosso usando un solo braccio, ma in fondo quel contatto gli piaceva.
"Seguivo il GPS del cellulare di Freeman. Sapevo dov'era, ma non sapevo cosa stesse accadendo. Riuscii a rintracciarlo solo quando oramai era a terra, in una pozza di sangue! Se avessi immaginato cosa stesse accadendo in quel vicolo sarei intervenuto! Chiedi a Sif. Lei era con me pochi minuti prima che rintracciassi Freeman e l'ho chiamata non appena ho trovato il corpo. Ti dirà che non ho avuto il tempo per ucciderlo. Lei ha già indagato su di me, anche se quella sera mi mandò via dal luogo del delitto quasi subito, per protergermi. Ero il primo sospettato, ma non l'ho ucciso!", sospirò verso la fine della spiegazione, come se si fosse tolto un peso di dosso.
I suoi occhi supplicavano di crederlo e Thomas sembrò soddisfatto delle risposte di Will, avrebbe chiesto a Sif conferma.
"Devo sapere perché continui a occuparti del caso, se Freeman è morto e tu non puoi più vendicarti?"
Will sorrise, piego la testa per guardare verso il pavimento, poi tornò a puntare i suoi verdi occhi su quelli azzurro chiaro di Thomas.
"Tom, te l'ho già spiegato! Non è per vendetta, semplicemente amo cercare la verità! E poi c'eri tu... Era chiaro che cercassi di ricordare!"
Thomas lo lasciò andare, ma Will non mollo la presa sui suoi fianchi, provocando un brivido lungo la schiena dell'attore.
Strinse di più.
"Mi credi?", voleva sapere se avesse ancora la sua fiducia.
"Questa volta non so se posso fidarmi di te!", rispose imbarazzato per quel tocco.
Will lasciò la presa e Thomas indietreggiò.
Erano entrambi nervosi di stare in quella camera e Will si affrettò a rompere il silenzio: "Se vuoi toglierti quel trucco dalla faccia, il bagno è in fondo al corridoio. Ti cerco dei vestiti più comodi.", suggerì massaggiandosi la spalla.
Thomas indossava ancora il completo con camicia e cravatta di Will. Il cappotto e la sciarpa verde-oro li aveva posati su una sedia della camera. Assecondò il consiglio di Will e si sfilò la giacca e la cavatta. I muscoli sotto la camicia esaltavano ad ogni suo movimento.
Will trattenne il fiato nel vedere quei fianchi tesi dal movimento, sotto la sottile camicia bianca.
Thomas tirò fuori dalla tasca dei pantaloni i documenti dell'agente e glieli passo, le loro dita si sfiorarono.
Will ripetè il gesto per porgere i suoi di documenti e un nuovo sfiorarsi fece rabbrividire Will. Stava perdendo il controllo e restare soli in camera da letto non aiutava.
Thomas lasciò la stanza diretto in bagno.
L'agente cercò di respirare normalmente, però non ci riusciva, un pò per il dolore alla spalla, un pò per altro.
Eve entrò nella stanza: "Hai combinato un bel casino! Tu e il dannato codice d'onore di papà. Quando smetterai di voler essere l'agente perfetto che risolve tutti i casi?", era una delle sue solite ramanzine.
Will la guardò, era l'unica della famiglia a comprenderlo, anche se a volte sapeva essere insopportabile.
"Non l'ho fatto per papà e le sue regole. L'ho fatto per Tom! Merita la verità, come la meritavate tu e Jenny quattro anni fa!", spiegò tranquillamente.
Eve fece un sorriso: "Lui ti piace!", e andò via.
Non lasciò il tempo al fratello di rispondere con un onesto: "Si"



Era passato un bel po da quando Sif aveva lasciato la casa.
Jenny era in camera sua a studiare, dopo che era andata a comprare del colore nero per capelli, all'angolo della strada, da passare sulla testa dello zio.
Eve teneva lo sguardo fuori dalla finestra, mentre preparava uno spuntino.
Thomas era in camera di Will ad asciugarsi i capelli, visto che aveva messo interamente la testa sotto l'acqua, per lavare via il sudore causato dalla parrucca.
Will gli aveva trovato dei jeans e una maglia da indossare, mentre lui cercava di farsi una doccia fredda, per togliersi i residui di trucco, qualche macchia di tinta per capelli e soprattutto rinfrescare la spalla dolorante e il terribile desiderio che provava nei confronti di Thomas.
Si diresse in camera sua mezzo vestito. Aveva poggiato la felpa con cerniera sulla spalla oramai rossa tendente al viola, per non farsi vedere dalla nipote, che si era già preoccupata del continuo contorcersi di dolore dello zio, durante la colorazione dei capelli. Lei gli aveva procurato una pomata per le contusioni che era rimasta sul comodino in camera.
Will sperò, che facesse effetto subito, il dolore era peggiorato dopo l'interrogatorio di Thomas. Però ci sapeva fare il ragazzo, pensò.
Entrando nella sua camera, trovò Thomas occupato a raccogliere i fogli sparsi.
S'irrigidirono entrambi, quei fogli contenevano troppi fatti personali sull'attore.
"L'hai letti?", chiese posando la felpa sul letto.
"Sì", era infastidito, ma nulla che non potesse sopportare.
"Vuoi sapere qualcosa?"
Thomas butto gli occhi sul foglio più imbarazzante. Si limitò ad accennare un no con la testa, in quel momento provava maggiore disagio per il petto nudo dell'altro.
Will chiuse la porta e si sedette sul letto. Prese la pomata sul comodino e cercò di passarla sulla spalla, mentre Thomas finiva di sistemare le carte nella cartella e poi nella borsa.
Notò la fatica di Will nel coprire il retro della spalla con la crema. Per quanto lo detestasse -e lo mettesse a disagio- in quel momento non sopportava di vederlo in quello stato.
"Aspetta. Ti aiuto!"
Il cuore di Will salto un battito a quella proposta inattesa.
S'avvicinò a lui, posando un ginocchio sul letto, di fianco a Will e finì di passare la pomata sulla parte posteriore della spalla.
Will sembrava rabbrividire al suo tocco, anche se era freddo come il ghiaccio per via della doccia.
Thomas s'allungò davanti a lui per prendere altra pomata sul comodino e si sentì afferrare il braccio da Will.
Scattò in piedi seguito da Will che non lasciava la presa, indietreggiando fino ad urtare l'armadio.
Will fece salire la mano verso il viso, mentre il braccio dolorante cingeva la vita che tanto adorava osservare.
"No!", sibilò incerto Thomas.
Si fissarono senza battere neanche una volta le palpebre. Gli occhi dell'attore erano lucidi, come se stesse per piangere di paura. Will gli fece intuire che non c'era nulla di cui aver paura, quando sfiorò le sue labbra con le proprie per un breve istante, per poi allontanarsi dal suo viso.
Non voleva costringerlo a fare qualcosa che non voleva.
Ripetè il gesto, Thomas pronunciò un altro no più deciso.
Will lo lasciò andare, capendo che non era pronto per ricevere un bacio da un uomo. Si voltò e cercò d'infilarsi la felpa, ma il dolore era ancora lancinante.
Thomas si ridestò dal torpore dopo qualche secondo, era completamente di spalle all'armadio. Notò Will fare fatica nell'infilarsi la manica della felpa e per istinto, come se ciò che era appena accaduto non contasse, lo aiuto.
Will rimase sorpreso, si voltò e Thomas gli tirò sù anche la cerniera, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Will lo guardò di nuovo negli occhi, gli accarezzo leggermente il viso e poi andò via.
Thomas rimase stranito, non capiva più nulla di ciò che l'uomo voleva fare e soprattutto non capiva più cosa volesse fare lui. Era tremendamente confuso.
Lo vide avvicinarsi alla porta e invece di aprirla e andare via, la chiuse a chiave.
Tornò da lui, era quasi angosciato, gli stava impedendo ogni via di fuga.
Will si avvicinò, sempre puntando i suoi bei occhi smeraldo in quelli di lui. Lo afferrò con il braccio buono e lo spinse sul letto.
Prima che lui potesse ribellarsi, gli fu sopra. Le ginocchia di Will stringevano i fianchi di Thomas e anche le braccia toccavano le spalle.
Lui dalla posizione inerme, afferrò le spalle sentendolo rabbrividire di dolore. Spostò d'istinto le mani, per non fargli male, e Will ne approfittò per sfiorare di nuovo le sue labbra, come prima.
Quel modo di fare scombussolava completamente Thomas, che si limitava a restare fermo, come una statua.
Will non capiva come mai non si lasciasse andare, continuava a tener ferme le mani contro il suo petto nel tentativo di respingerlo, però c'era poca convinzione in quel gesto.
Lui sfiorò di nuovo le sue labbra e ancora non sentiva quelle dell'uomo schiudersi o solo reagire.
Thomas era sempre più agitato: "Aspetta... Io non sono sicuro... Non mi sembra il momento..."
Non erano delle suppliche, ma solo delle scuse per non ammettere quel desiderio che provava nei confronti dell'agente. Era terrorizzato da tutta la situazione, eppure in lui c'era una punta di eccitazione che veniva stimolata da tutta l'attenzione dell'altro nei suoi confronti.
Will però, si stancò di quel tira e molla, sentiva Thomas tremare di paura o forse per l'eccitazione. Doveva essere lui a prendere l'iniziativa, ma temeva che se ne pentisse subito, se non gli dava l'opportunità di scegliere.
Gli diede un ultimatum: "Ora ti bacio! Deciditi, se non vuoi devi respingermi con decisione!", afferrò la mano destra di Thomas e la posò sulla spalla dolorante.
Lui capì, se avesse fatto pressione su quella spalla, Will si sarebbe fermato dal dolore.
Non voleva fargli male, ma non sapeva cosa provare per lui. Era spaventato o eccitato.
"Will..."
Lui si abbasso di nuovo, il viso sul suo, dandogli un leggero bacio. Mosse lentamente le labbra e dopo un attimo di imbarazzo, Thomas fece lo stesso.
Ci volle un pò, ma entrambi trovarono sintonia nel movimento delle loro bocche.
Will si sollevò e lo fisso divertito: "Non era tanto difficile!"
Thomas era rosso in viso e più tremante di prima. Un nuovo bacio bastò per far scivolare le mani sulla schiena di Will, che tentava di farsi spazio con la lingua tra le sue labbra, ma lui fece ancora resistenza per qualche secondo, per poi accogliere il calore del suo bacio senza alcun timore.
Will era soddisfatto, lentamente gli stava facendo abbandonare ogni tabù e la cosa era estremamente appagante e eccitante.
Fece scivolare una mano sotto la maglia nel tentativo di sfilargliela. La spalla gli fece male, ma Thomas venne in suo soccorso e se la tolse senza provare alcun disagio.
Poi fece lo stesso con la felpa che scivolò via senza dolore.
I loro corpi si strinsero forti l'uno all'altro, potevano sentire i battiti dei loro cuori, senza poterne capire l'appartenenza.
Will fece scivolare la mano sull'addome di Thomas nel tentativo di sbottonare i jeans, ma lui s'irrigidì.
"Non qui! Non ora, ti prego!", aveva gli occhi sbarrati.
"Lascia fare a me! Lo so che è tutto nuovo per te, ma non ti farei mai nulla che ti faccia sentire a disagio!", sussurrò vicino alle sue calde labbra. Thomas insiste: "Non voglio adesso! Questo non è il posto migliore!", spiegò accarezzandogli la schiena.
Will comprese che non era un rifiuto nei suoi confronti e si allontanò, mettendosi a sedere sul letto. Non era il momento migliore per certe cose, gli lanciò uno sguardo comprensivo, mentre l'altro si metteva a sedere ancora un pò agitato.
Un sorriso complice e malizioso apparve sui volti di entrambi, mentre si rivestivano, molto lentamente, visto che ogni attimo era buono per rubarsi un nuovo bacio.

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Capitolo 13
*** Dolcezze. ***


CAPITOLO XIII

Eve osservò Will e Thomas rientrare in cucina, mentre mangiava un tramezzino con sua figlia.
I due uomini si sedettero senza proferire parola.
La donna non capiva se i due avessero risolto i loro battibecchi, il fratello sembrava sereno, al contrario di Thomas che era teso come una corda di violino.
La situazione gli parve strana, tanto da portarla a chiedere ai due: "Tutto bene? Vi siete chiariti?"
Will si lasciò sfuggire un sorriso diretto a Thomas, che reagì arrossendo.
"Sì, abbiamo chiarito tutto, vero Tom?"
Lui divenne sempre più rosso, voleva maledirlo, ma si limitò a rispondere di sì.
Will lo trovava divertente e Eve capì che non si erano limitati a discutere in camera da letto.
Mangiarono tranquillamente in attesa di notizie da Sif, oramai era via da tre ore e Will si stava annoiando. Sua sorella teneva d'occhio l'esterno, temeva che il killer potesse aver seguito Will o Thomas, ma sembrava tutto normale. Jenny era in camera sua e Thomas se ne stava seduto con gli occhi quasi in lacrime.
Will se n'era accorto, ma poté domandargli: "Come stai?", solo quando furono soli nel salotto.
"Bene.", rispose abbattuto.
"Non mentirmi. Non serve con me!"
Thomas lo osservò avvicinarsi. Voleva solo lasciarsi abbracciare e piangere i suoi amici, ma non poteva. Un pò di dignità, si ripetè.
Will si sedette su una sedia di fronte a lui, le gambe si toccarono in un incastro perfetto, che se non fosse stato per la tragica situazione, entrambi avrebbero trovato sensuale.
"Hai paura?", gli chiese, sospettando che fosse uno dei motivi del suo stato d'animo.
"No. Non è questo, mi sento al sicuro qui con te, e solo che Ken, Luke e Ben non ci sono più e forse è colpa mia..."
"Ehi, se proprio devi dare la colpa a qualcuno, dalla a me! Se non fossi entrato nella tua vita, sarebbero tutti vivi. E soprattutto tu non saresti così confuso sui tuoi sentimenti!"
Sorrisero entrambi, infondo Thomas stava scoprendo qualcosa di sé stesso che non avrebbe mai sospettato prima di conoscere l'agente Laing.
Will s'avvicinò alle sue labbra e le baciò. Sentiva il salato delle sue lacrime di dolore scendere.
Lo accarezzò.
"Vedrai che Sif risolverà tutto in poche ore. La conosco abbastanza bene da sapere che troverà il killer, più velocemente di quanto ho impiegato a convincerti a baciarmi!", gli specificò a un centimetro di distanza dalle sue labbra.
Entrambi sorrisero nuovamente e Will asciugò le ultime lacrime di Thomas.
Si scambiarono un nuovo bacio.
"Tom, appena questa storia sarà finita, dovremo decidere cosa fare con la nostra di storia!", dichiarò un pò nervoso. Thomas lo guardò, non riusciva a immaginare come loro due potessero continuare quella relazione che, per quanto eccitante, era ancora strana per lui.
Will era forte, bello e, quando non voleva fare il cinico, anche dolce, mentre lui non sapeva cosa avesse da offrire.
Non riusciva ancora a vedere quella relazione nel tempo, ma per ora lo desiderava e non voleva rinunciare a lui.
Avrebbe accettato qualsiasi tipo di rapporto si fosse creato tra loro, pur di non perderlo.
"Tu, cosa vuoi fare?", domandò quasi imbarazzato.
"Beh, pensavo di continuare come prima in camera per iniziare.", lo guardò sornione.
Thomas arrossì e Will ne sorrise.
"Poi, magari possiamo far diventare tutto ciò una vera relazione? Io dovrò lasciare Londra e forse perderò il mio lavoro. Quindi diventa difficile trovare una scusa per continuare a vederci, se non decidiamo di farlo seriamente!"
Thomas era perplesso.
"Non capisco perché vuoi parlarne adesso? Abbiamo tempo per decidere e poi io non so..."
Will capiva la sua titubanza, c'era una forte attrazione tra loro, ma Thomas non era pronto per quel tipo di relazioni con un uomo.
"Ho bisogno di sapere se vuoi stare con me, altrimenti è inutile continuare!"
Thomas intuì un certo timore, Will doveva già aver affrontato qualche relazione dolorosa, se ora temeva di affrontarne una nuova senza rassicurazioni.
Alla fine, anche Will era insicuro.
Per quanto fosse stato disinvolto solo mezz'ora prima, doveva essere anche nervoso in amore.
Al pensiero della parola amore, a Thomas gli si chiuse lo stomaco.
"Io voglio stare con te, ma non credo di essere pronto ad una relazione duratura! Ho bisogno di capire cosa desidero da te!"
Will gli accarezzò la coscia, quel discorso stava diventando troppo serio. Lasciò salire la mano e Thomas non fece nulla per fermarla.
"Io già sò cosa voglio da te per iniziare e sono sicuro che lo voglia anche tu! Ho intenzioni serie signor Hiddleston!", sospirò sulle sue labbra, mandandolo in un panico controllato.
La mano lo stava accarezzando con decisione, togliendogli il respiro.
Si baciarono, incapaci di resistere a quel sentimento, che non era decisamente amore, ma sicuramente desiderio l'uno per l'altro.
Sentirono dei passi nel corridoio e si fermarono. Will si allontanò con malavoglia dalle labbra dell'altro.
"Will, Jenny ed io usciamo. Sono sicura che non ci saranno problemi, ma sarebbe meglio se tu tenessi la tua pistola di scorta addosso. È ancora nel tuo armadio, se non sbaglio!", il tono era autorevole.
Will e Thomas sembravano confusi.
"Ci lasci da soli? Sif non la prenderà bene!"
Eve si legò i capelli, era una cosa che faceva solo quando si preparava ad affrontare qualcuno, un'abitudine appresa sul campo quand'era agente per impedire che l'afferrassero per i lunghi capelli.
Il fratello riconobbe il gesto.
"Sono sicura che non farete troppi danni se vi lascio soli!", scherzò la donna.
"Eve, dove stai andando davvero?", era sospettoso e in apprensione.
"Tranquillo, devo solo fare una cosa. Occupati di lui, senza esagerare però!", civettò, consapevole che i due da soli, avrebbero trovato come passare il tempo in modo creativo.
Sorrise in direzione di Thomas, che era appena arrossito alla battuta di Eve, però stava iniziando ad intuire qualcosa sulla destinazione della donna. C'entravano Sif e le indagini.
"Lascio Jenny da un'amica e prima di stasera questa storia sarà risolta.", dichiarò Eve. Will si avvicinò a lei.
"Non devi farlo, è pericoloso! Se ti accadesse qualcosa per colpa mia, non me lo perdonerei! Ti prego resta qui, vado io!", la supplicò il fratello.
"Will chi è il maggiore tra noi due?", Will sembrò scocciato.
"Tu, ma non..."
"Ecco! Prova a fare il bravo per una volta e resta qui buono!"
Si rassegnò, Eve l'aveva sempre vinta su di lui, sin da piccoli.
Rimasero soli, dopo che le due donne furono uscite.
"Will, dove va?", domandò, temendo la risposta.
"Credo che stia raggiungendo Sif. Lei deve aver preferito non chiamare dei colleghi dell'INTERPOL. Chi sa cos'è successo?"
Will si diresse verso la sua stanza continuando a parlare.
Thomas lo seguì preoccupato.
"Tom prima che mi dimentichi, ho bisogno di sapere una cosa!", entrarono nuovamente in camera di Will.
"Chiedimi tutto ciò che vuoi!"
Will prese una scatola dal ripiano più alto dell'armadio, tirò fuori la pistola e dopo averla guardata e caricata, la mise nella fondina che sistemo alla cintura.
All'altro fece uno strano effetto, vedere l'uomo sistemarsi la pistola alla cintura.
"Chi conosceva la storia della caduta da cavallo di Benedict?", l'interrogò Will
Non si aspettava quella domanda, riuscì a riportare l'attenzione sulle parole dell'uomo.
"Beh... Era una storia che raccontavamo solo Ken ed io, per far arrabbiare Ben quando faceva troppo il presuntuoso. Quando ciò accaddè non c'era nessuno, visto che stavamo facendo delle prove per conto nostro."
"Credo che alla fine non sia così importante! In fondo, il killer può semplicemente aver seguito Benedict da casa sua."
Parlava più a se stesso.
"Se non ricordo male c'era anche Luke quel giorno, doveva farmi firmare qualcosa, ma non so se fosse presente alla caduta! Comunque lui è morto e non credo..."
Un velo di tristezza coprì gli occhi di Thomas.
Will se ne accorse, ma doveva restare lucido e correre a consolarlo era causa di distrazione. L'agente fece per uscire dalla stanza, Thomas invece si sedette sul letto.
Era stanco.
Non dormiva da troppo tempo ed era ancora convalescente per via dell'esplosione di qualche giorno prima, anche se non si lamentava per il dolore, al contrario di Will.
"Prova a dormire un pò!", consigliò vedendolo distrutto.
"Resti con me?"
Will saltò un battito.
Voleva dire, anzì urlare, di sì e riprendere da dove avevano lasciato, però sapeva che era rischioso in quel momento.
Doveva proteggerlo, non farci sesso.
"Tom riposati...", disse a malincuore.
"Non ci riesco, se tu non ci sei!"
Era vero, l'ultima buona dormita l'aveva fatta quando Will era nel letto accanto al suo, in ospedale.
"Distenditi, faccio un giro di controllo dell'appartamento e vengo da te!"
Thomas obbedì. Si tolse le scarpe e decise di infilarsi sotto il morbido e accogliente piumone verde.
Voleva solo dormire, ma senza Will non ci sarebbe riuscito. Aveva ancora l'eco dell'esplosione nelle orecchie ogni volta che chiudeva gli occhi e lo spavento preso, a causa di Sif, non aiutava i suoi nervi, per non parlare del dolore per i suoi amici.
Will lo faceva sentire protetto e al sicuro, anche se lo spaventava il pensiero di ciò che poteva accadere. Loro due soli in casa, a letto. Ci pensò meglio e si rese conto che Will, in quel momento era concentrato su altro.
Eve e Sif a caccia d'assassini, mentre lui chiuso a casa a fare da baby-siter ad un attore, ciò non favoriva certe situazioni.
Doveva solo dormire.
Chiuse gli occhi, ma i pensieri s'affollavano. Dopo qualche minuto si sentì avvolgere dal braccio protettivo di Will.
Si voltò e incontrò il suo sguardo.
Thomas comprendeva perché se ne stesse buono, ma iniziava a non accettarlo.
Lo desiderava sempre più e gli si strinse al petto, cercando le sue labbra.
"Non si era detti, non qui, non ora?", lo derise dolcemente.
"Questo era prima di restare completamente soli!"
Will rimase piacevolmente sorpreso, iniziava a credere di avere un pessimo ascendente su di lui.
Gli accarezzo i capelli e glieli afferrò per impedirgli di baciarlo, ma la resistenza durò solo pochi secondo. I baci di Thomas erano diversi da quelli di prima, più decisi e vogliosi.
Will si eccitò facilmente e Thomas si distese su di lui.
"Ti fa ancora male la spalla?", riuscì ad informarsi, mentre il respiro diventava più pesante.
"No, non in questo momento!"
Thomas si sentì più sicuro di se, temeva di fargli male.
Will non riusciva a credere a ciò che Thomas stava facendo, si sarebbe aspettato di averlo su di sé solo dopo qualche tempo, ma stavano bruciando le tappe.
"Agente Laing, ho intenzioni serie con lei!", lo imitò, ricordando il discorso di prima.
Will sorrise e capì che tutto quel discorso in salotto aveva sciolto ogni pudore in Thomas.
Si fece sfilare dolcemente la felpa e lo vide baciargli il petto sino ad arrivare alla cintura.
"Cosa fai Tom? Non serve che tu lo faccia se non ti va!", gli sospirò, troppo eccitato all'idea che aveva avuto il suo compagno.
I loro occhi non smettevano mai di cercarsi e Thomas lo zittì con un bacio sulle labbra, mentre sbottonava la cintura e i pantaloni.
La pistola dava fastidio e la tolse appoggiandola sul comodino.
Lo sguardo malizioso di Thomas che tornava a scendere sempre più giù, era tutto un programma. Will si lasciò andare, non c'erano pericoli imminenti e una breve pausa dai suoi doveri gli era concessa.
La voce sensuale di Thomas giunse dal basso: "Ti avverto, non sono bravo in questo!"
L'agente prese fiato qualche secondo per mettere insieme le parole: "Vedremo...", la risposta però giunse strozzata da un gemito causato dal piacere improvviso.
La sua mano si posò delicata sui capelli di Thomas che ad ogni movimento della sua bocca causava fremiti in tutto il corpo dell'uomo.
Quando fu al culmine del piacere, gli afferrò il viso e lo bacio, per poi guardarlo e dirgli esausto: "Avevi detto di non essere bravo, ma a quanto pare non devo insegnarti nulla!"
I baci ripresero dolci e delicati.
Will voleva restituire almeno un pò del piacere causatogli dall'uomo.
Iniziò a togliergli la maglia e a sbottonargli i jeans. Una mano scese e si infilò nei pantaloni.
Thomas tremò, era nervoso nel sentire quella mano stimolarlo, ma dopo un paio di carezze dell'altro si lasciò andare.
Il cellulare di Will squillo.
Thomas si ritrasse controvoglia da Will perché sapeva già che era una telefonata importante, infatti era Eve.
"Eve, cos'è successo?"
"Spero di non disturbare! State facendo i bravi?"
Beccati in pieno, pensò Will.
"Cosa vai a pensare!", era tra l'imbarazzato e l'arrabbiato.
Eve rise dall'altro capo del telefono, poi si fece seria.
"Will continua a tener d'occhio Tom! Abbiamo dei corpi che mancano all'appello qui!"
Will sgranò gli occhi.
"Cosa significa?"
"Forse uno degli amici morti, non è tanto morto ed è particolarmente ossessionato dal tuo ragazzo!"

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Capitolo 14
*** Le indagini di Sif. ***


CAPITOLO XIV

Sif, aveva lasciato la casa di Eve, per dirigersi alla prigione dove era detenuto Kenneth Branagh, prima della sua morte.
Non si aspettava di ottenere molte informazioni, visto che l'INTERPOL non aveva motivo per intervenire in un caso come quello.
Le serviva una mano dall'alto, se voleva risposte e c'era un solo uomo che poteva fornigliela.
Prese il cellulare, mentre guidava a settanta chilometri l'ora in pieno centro abitato, trovò il suo numero in rubrica e controvoglia premette OK.
Rispose dopo uno squillo.
"Vice-capo, sono l'agente Seraphine..."
La interruppe subito: "L'hai trovato?"
"Sì, ma...", la interruppe nuovamente.
"Portalo subito alla sede centrale dell'INTERPOL a Londra!"
Era un ordine.
"Vice-capo, forse dovremmo evitare di esporre così un nostro agente..."
L'uomo non ammetteva mai repliche e per Sif, era difficile controbattere ad un ordine.
"Non permetterò a Will di fare altri danni! Aveva degli ordini e non ha avuto nessun pudore nel disobbedire.", alzò il tono di quel poco che bastava per farsi obbedire, ma Sif non si spaventò.
"Vice-capo, non crede di essere troppo duro con Will per motivi personali, in fondo lui ha seguito una buona pista!"
Sif immaginava di sentirlo urlare, invece sembrò restare tranquillo. Sicuramente non voleva togliere il distintivo a Will. Stava meditando sul da farsi.
"Cosa ti serve Sif?", sembrava più comprensivo del solito.
"L'autorizzazione per le indagini sulle morti di Luke Wilson, Benedict Cumberbatch e Kenneth Branagh. Dietro alle tre morti c'è molto di più di quello che sembra!"
"Avvertirò la polizia locale delle tue indagini. Sii discreta però! E dell'attore cosa mi dici? La polizia londinese lo stà cercando.", Sif s'innervosì tanto da sfiorare un pedone con l'auto.
L'uomo al telefono le metteva già soggezione, senza contare tutta quella maledetta storia personale con Will.
"È con Will a casa di Eve! Comunque non c'entra nulla con Branagh. Quello che l'ha incontrato in prigione non era Hiddleston, ma Will travestito da lui."
Si aspettò delle urla dall'altra parte della linea, invece silenzio tombale per diversi secondi.
"Sif risolvi questa storia ad ogni costo!", era quasi una preghiera.
"È quello che intendo fare!", asserì.
"Will rischia molto e ti prego se ti serve aiuto rivolgiti a tutti tranne all'INTERPOL, rischieremmo solo di perdere la reputazione!"
Chiuse la telefonata.
Sif iniziava davvero a preoccuparsi per il collega. Aveva saputo della sua presenza a Londra, perché due poliziotti si erano lamentati dell'intervento di un agente dell'INTERPOL, incontrato nella camera d'ospedale di Thomas Hiddleston, nel colloquio con lui.
Stranamente, lei sentiva che era innocente su tutta la linea, ma quando aveva a che fare con Will non si sapeva mai cosa aspettarsi.
Lui era un buon collega, di quelli che non si trovavano facilmente in un'ambiente leggermente maschilista come l'INTERPOL, l'unico problema era quella storia di Freeman che spuntava fuori di tanto in tanto e causava problemi anche a lei.
Telefonò ad un amico, il detective Naveen Andrews. Se c'era qualcuno della polizia che capiva quella situazione senza prenderla per matta, era lui.
Non si meravigliò quando il detective le rispose che già sapeva da ore, dello scambio d'identità tra Will e Thomas. Era stato proprio lui ad accompagnare Thomas in albergo, mentre Will faceva visita a Branagh in carcere.
Sif si sentì sollevata, aveva un alleato.
Andrews era stato messo a capo delle indagini per via si quell'informazione, quando la faccia di Thomas -alias Will- era finita in tutti i telegiornali solo un'ora prima.
Dopo aver spiegato lo scambio d'identità ai suoi superiori Andrews, aveva involontariamente trasformato l'agente Laing nel ricercato ufficiale della polizia.
E anche Thomas era ricercato insieme a lui.
Sia Sif e sia Andrews, finsero di ignorare dove fossero i due uomini. Arrestarli non era una buona idea, di questo erano certi entrambi.
Quando la donna arrivò al cancello del carcere, poco fuori città, trovò la stampa nei paraggi in attesa di notizie succulenti sulla morte del regista.
Le guardie non seppero dirle di più di ciò che già conosceva.
Decise di dare un'occhiata alla stanza dove Will, aveva incontrato per penultimo Branagh.
L'ultimo era stato l'avvocato.
La stanza era spoglia come molte altre e la scientifica era già stata lì, ma Sif aveva un modo tutto suo per condurre le indagini.
Si chiuse la porta alle spalle e si sedette prima sù una e poi sull'altra sedia. Non c'era nulla che stimolasse il suo intuito.
Decise di lasciare la stanza e di dirigersi lungo il corridoio dove Branagh s'era accasciato a terra.
Aprì la porta e un rumore cartaceo attirò la sua attenzione. Non vide nulla finchè non mosse la porta più e più volte. Da sotto fece capolino l'incarto di una gomma da masticare, di quelle lunghe.
Sif la raccolse con delle pinzette, prese dalla sua borsa tracolla.
L'osservò, era nuova e pulita, ma avvicinandola al naso sentì un odore di noccioline, forse, misto a quello della gomma stessa.
L'infilò in una busta, l'avrebbe fatta esaminare e lasciò, subito dopo, il carcere, diretta al laboratorio della scientifica.
Una volta lì, venne informata anche sugli altri due casi.
La bomba che aveva ucciso Luke era artigianale, Sif ne guardò la ricostruzione fatta da un artificiere, le ricordava un ordigno già visto in passato.
Durante le indagini su un terrorista dell'IRA poi pentitosi, quando ancora era una novellina in quell'ambiente e non conosceva Will.
Si domandò dove fosse quell'uomo, le bastò una telefonata ad un collega dell'INTERPOL per scoprire che il terrorista era un libero cittadino, grazie al tradimento a spese dei suoi complici e viveva proprio a Londra, dove lavorava con le cariche esplosive, guarda caso, sui set cinematografici.
Era sicura di essere sulla buona strada.
Lasciò la prova raccolta in prigione, raccomandandosi che venisse esaminata con urgenza e si diresse sull'ultimo set in cui l'uomo stava lavorando.
L'uomo lavorava a pochi passi dal luogo della morte di Benedict.
Il luogo era uno spazio chiuso di una delle case di produzione cinematografica, Sif dovette fermarsi a discutere al cancello con uno dei vigilanti.
Una volta entrata, sapeva dove trovare l'uomo: capannone sei.
Era tutto deserto e molto tetro per via dei lutti, che avevano colpito il mondo dello spettacolo.
Trovò l'uomo facilmente all'interno della struttura, intendo a preparare cariche esplosive per un film d'azione.
Quando lui la vide ne riconobbe il portamento dello sbirro e sembrò irritarsi all'istante.
"Cosa stà cercando?"
Erano soli, Sif si avvicino a lui, era il doppio di lei, ma sapeva bene come mettere al tappeto quei colossi.
"Cercavo lei, non dovrebbe evitare di lavorare con gli esplosivi, visto il suo passato?", il tono duro.
L'uomo era infastidito.
"Sono bravo e per ciò continuo a farlo legalmente", rispose aggressivo.
Sif si avvicinò ad un tavolo pieno di carte, progetti di ordigni che servivano per qualche film. Riconobbe uno dei progetti, era simile a quello che aveva ucciso Luke e che le era stato mostrato alla scientifica.
"Questo.", indicò il foglio.
"Ne ha costruito qualcuno negli ultimi tempi?"
L'uomo si avvicinò guardandola negli occhi senza voltarsi verso i fogli.
"Scommetto che vuole accusarmi dell'esplosione dell'auto di quel tizio! Sono l'unico galeotto che lavora qui, quindi sono colpevole? È così?", l'atteggiamento era quello di un toro che vedeva un drappo rosso.
Non erano domande, Sif lo stava provocando e il tipo stava mostrando tutti i segnali di un carattere aggressivo e violento.
"Quindi non è stato lei? Cosa ci faceva allora una bomba come questa sotto quell'auto? È il suo stile, la sua firma!"
L'uomo urlò: "Non è roba mia! Non si permetta di accusarmi di questa...", fece per afferrarla alla spalla sinistra, ma prima che ci riuscisse si ritrovò di faccia contro il tavolo.
Il braccio piegato sulla schiena.
"Ferma! Non può farlo! È un abuso di potere!", ringhiò dolorante.
Un pugno gli si piantò nei reni. L'uomo urlò di dolore, non c'era nessuno a sentirlo.
Sif gli sussurrò: "Ora rispondi alle mie domande o vedrai un vero abuso di potere!"
L'uomo accennò un sì.
"Cosa ci faceva il modello della tua bomba sotto quell'auto?"
"Non è mia... Ahaaa..."
Un altro pugno gli colpì i reni. Le piccole mani di Sif, chiuse a pugno, erano più appuntite ed efficaci di quelle di un qualsiasi uomo.
"Stò dicendo la verità! Il modello è mio, ma io non l'ho costruita!", ringhiò ferito nell'orgoglio di venir pestato da una donna.
"E chi è stato?", sibilò nell'orecchio.
"Io non lo so."
"Chi conosce quel modello di bomba?"
L'uomo aveva ancora la faccia contro il tavolo.
"Solo chi ha indagato su di me all'epoca e ..."
Sif strinse la presa al braccio.
"E chi?"
"Un attore, quattro anni fa. Era curioso e anche molto portato, con lui c'era anche un assistente alla produzione. Ho mostrato ad entrambi come si costruiva!", ammise.
"I nomi?"
L'uomo si rese conto del guaio in cui si trovava solo quando disse: "L'attore è quello che si è buttato dal palazzo qui vicino!"
Sif ci riflettè un attimo.
"E l'altro?", sperava di trovare il colpevole.
"Non ricordo. Non era proprio fisso, c'era tanta gente su quel set. Cerchi negli archivi, nel capannone due. Lo trova sicuro!"
Sif sembrò soddisfatta. Tirò su l'uomo e lo ammanettò ad un tubo. Si fece dare le informazioni sul film e si diresse verso il capannone due.
L'uomo le urlò dietro finchè la distanza annullò la sua voce.
Trovò il capannone e la stanza archivi subito. Aprì la porta con attrezzi da scassinatore. Aveva molti talenti, ma quello migliore era ficcanasare negli affari degli altri.
Gli scaffali erano pieni di scatoloni che contenevano documenti finanziari, prese lo scatolone del film che cercava e iniziò a cercare tra le carte contenute.
Un rumore attirò la sua attenzione. Doveva sbrigarsi, quelle carte richiedevano un mandato, ma non ce n'era il tempo.
Lesse alcune carte, ma non erano quelle che cercava.
La porta dell'archivio sbattè.
Sif afferrò la pistola e andò a controllare la porta, sembrava bloccata dall'esterno. La spinse, ma niente. La prese a spallate, ma non si apriva.
Un odore strano saliva dal basso della porta. Alzò la pistola per sparare ai cardini, però l'istinto la trattenne.
Quello era odore d'esplosivo. Pensò che il bastardo ammanettato si fosse liberato.
Si guardò intorno in cerca di una via d'uscita.
Non c'era scampo.
L'esplosione fu potente, ma non distrusse la struttura del capannone. Le fiamme divagarono, alzandosi al cielo e provocando una colonna di fumo visibile in tutta la città.

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Capitolo 15
*** Le indagini di Eve. ***


CAPITOLO XV

L'esplosione aveva spazzato via le strutture interne del capannone.
Le sottili pareti interne erano state dilaniate dalla forte onda d'urto e ora si levavano le fiamme, che stavano invadendo tutto il capannone e soprattutto gli archivi e i depositi.
Enormi scaffali erano caduti come tessere del domino.
Sif si era rifugiata sotto uno di quegli scaffali. Gli scatoloni per quanto pesanti fossero, avevano attutito l'esplosione. Si trovava ranicchiata contro un muro portante e lo scaffale metallico che si era tirata dietro inclinandolo contro il muro. Era sommersa dalle carte, ma non era ferita.
Le fiamme presero subito forza in ciò che restava dell'archivio; doveva uscirne.
La porta era crollata insieme ad una porzione di parete. Era costretta a passare di lì, attraversare le macerie e sperare che le fiamme non la intrappolassero.
Si tolse con fatica gli scatoloni di dosso, erano incastrati fra loro, e strisciò fuori dal suo rifugio. Il fumo della carta incendiata era terribile, le bruciavano la gola e gli occhi.
Le fiamme si alzavano sempre più.
Corse il più velocemente possibile attraverso l'apertura, ma il fumo peggiorò, una volta fuori da quella stanza.
C'erano abiti di scena, fatti con tessuti di fibre sintetiche, che bruciavano e la sottile polvere nera proveniente da quella combustione era così appiccicosa da chiuderle la gola.
Annaspava, si costrinse a fare in apnea gli ultimi metri verso l'uscita.
Quando fu fuori, cadde a terra stremata. Cercò l'aria pulita, ma non la sentiva arrivare alla gola, tossì cercando di sputare il catrame delle particelle del fumo. Non capiva perché i soccorsi non fossero già arrivati.
Afferrò il cellulare, aveva bisogno d'aiuto e richiamò Andrews continuando a tossire, lui già sapeva dove si trovasse, l'aveva tenuto informato tramite sms.
Si accorse di non riuscire a parlare, la voce e l'ossigeno erano spariti dalla sua gola.
"Sif.", la voce dell'uomo era calma, però alla mancata risposta della donna e al continuo tossire, cambiò in un tono preoccupato.
"Sif, Sif... Arrivo!"
Sif si arrese e crollo al suolo completamente. Nella sua mente aveva fatto il possibile per salvarsi, non c'era più nulla da fare se non aspettare i soccorsi.
Quando riaprì gli occhi era su un lettino rialzato in un'ambulanza ferma con la mascherina dell'ossigeno sul viso.
Il detective Andrews era lì vicino e parlava con degli uomini in divisa.
Sif si levò la mascherina e lo chiamò, ma un colpo di tosse le fece infiammare ulteriormente la gola. Un paramedico accanto cercò di rinfilarle la mascherina, ma lei si rifiuto di metterla.
Andrews notò il movimento e le fu subito accanto.
"Non sforzare le corde vocali. Hai inalato troppo fumo! Ora ti portano in ospedale perché temono una crisi respiratoria. I polmoni sono messi male!", usò il tono più rassicurante che possedeva.
Riuscì a rimetterle la mascherina, ma capì che Sif avesse qualcosa da dire.
Prese una penna e un blocchetto per appunti dalla sua giacca e li passo alla donna. Sif lo ringraziò mentalmente per essere così premuroso.
Iniziò a scrivere nel piccolo blocchetto: CAPANNONE 6 TERRORISTA DELL'IRA.
"L'abbiamo trovato. È morto! Era ammanettato."
Sif spalancò gli occhi: L'HO AMMANETTATO IO PER NON FARLO FUGGIRE! COME È MORTO?
"Colpo d'arma da fuoco alla testa. Cosa facevi nell altro capannone?"
CERCAVO IL NOME DI UNO DEI DUE A CUI AVEVA INSEGNATO A COSTRUIRE LA BOMBA, L'ALTRO ERA CUMBERBATCH.
La mano di Sif tremava. Andrews la prese tra le sue per calmarla dallo shock.
"È meglio se ora vai in ospedale, qui continuo io.", fece segno al paramedico di prepararsi ad andare via.
Non appena le lasciò la mano, lei riprese a scrivere: HAI BISOGNO DI PERSONE FIDATE! CHIAMA EVE! NESSUNO È AL SICURO!
Il detective vide l'ambulanza con Sif andare via. Sul suo taccuino rimanevano impresse quelle frasi preoccupanti.
Tutta quella storia lo preoccupava.
Si chiese, perché fosse stato messo su quei casi così all'improvviso e chi era che andava in giro ad uccidere senza farsi scrupoli.
Era indietro con le indagini, non per colpa sua, semplicemente perché non trovava tutti i rapporti e ciò che gli arrivava in ufficio sembrava essere stato trattenuto o persino modificato.
Una delle prime regole non scritte che aveva imparato, era che non si doveva mai accettare un'indagine già avviata da un altro agente soprattutto se questi era misteriosamente in malattia.
Telefonò a Eve Laing. Aveva davvero bisogno di persone fidate accanto.
Le chiese di non mettere in agitazione Will raccontandogli di Sif.
Eve non ci mise molto ad arrivare.
Si erano incontrati un paio di volte, visto il lavoro d'investigatrice privata che svolgeva da quando era stata espulsa dall'INTERPOL. Si rispettavano molto, ma lei restava sempre una civile e Andrews doveva stare bene attento a come l'impiegava in quell'indagine.

Eve parcheggiò a pochi passi dal palazzo da cui Cumberbatch era caduto, era meglio non farsi notare.
Il detective la raggiunse e le spiegò cos'era successo a Sif e all'ex terrorista.
Finsero, tacitamente, di ignorare dove fossero Will e Thomas.
Eve domandò: "Perchè volevi incontrarmi qui?" Lo sguardo di entrambi salì lungo il palazzo di fronte a loro. "La scientifica si sta occupando della scena del crimine e i vigili del fuoco sono alle prese con l'incendio. Io volevo esaminare questa di scena del crimine!", indico il palazzo con un cenno della testa.
"Non sarà rimasto molto da trovare dopo il passaggio della scientifica!", giudicò la donna.
"Lo so, però ho dei dubbi sul rapporto che mi è arrivato riguardo all'omicidio! Il detective che se n'era occupato prima di me è in malattia, ma non riesco a trovarlo! Sembra partito per chi sa dove!", i dubbi affollavano la mente dell'uomo, mentre si passava una mano tra i ricci neri troppo lunghi per un detective.
Eve corruccio la fronte.
"A cosa stai pensando?"
L'uomo usò una sola parola: "Insabbiamento"
La cosa era seria, se davvero c'era gente capace d'insabbiare delle indagini d'omicidio, significava che avevano anche la possibilità d'arrivare a suo fratello e a Thomas e fargli del male.
Eve usò l'auto per arrivare alle scale antincendio e Andrews la seguì lungo la salita per raggiungere il tetto.
Dalla struttura in metallo viderò le fiamme al capannone numero due e le auto della polizia davanti al numero sei.
Lungo la scalinata, Eve iniziò a notare delle strane macchioline rosse; aveva sempre avuto un certo istinto per il sangue come Will l'aveva per cacciarsi nei guai.
Le goccioline erano tutte sulla scala dal lato in cui Benedict era caduto. Secondo Thomas, era stato spinto, forse aveva sbattuto contro il metallo nella caduta.
Andrews le ricordò che il sangue poteva essere dovuto alla colluttazione avvenuta prima di cadere. Eve ne vide alcune abbondanti, come se il sangue fosse colato dall'alto.
Continuarono a salire e le macchie sparirono.
Sul tetto del palazzo la vista era terribile verso il capannone due. Le fiamme l'avevano completamente divorato.
Osservarono tutto ciò che c'era sul tetto, poi si sporserò dal lato in cui Benedict era caduto, per entrambi non c'erano dubbi, era stato spinto. Si distingueva ancora l'alone di sangue sull'asfalto. Ad Eve pareva molto ampio, si domandò quanto sangue poteva aver perso.
Con ogni probabilità Benedict era ancora vivo dopo aver impattato con il cemento. Tanto sangue significava che il cuore batteva ancora, ma com'era possibile da quell'altezza non lo capiva.
Mise insieme i dettagli delle macchie di sangue sulla struttura metallica delle scale antincendio e: "Naveen, credo che Benedict si sia aggrappato alle scale antincendio mentre cadeva! Forse, è morto dopo un pò, c'è troppo sangue. Tu hai visto il corpo, cosa ne pensi?"
Andrews era nervoso ed imbarazzato.
"Io non ho visto il corpo. Sono subentrato dopo e solo da oggi pomeriggio ho preso il comando. Ho visto solo il rapporto dell'autopsia preliminare e non c'era scritto molto, anzì era strano!"
"Forse è ora di vedere i corpi!"
Eve era sicura, l'intuito non l'aveva mai tradita, qualcosa non tornava.

All'ospedale Sif era stata visitata da mezza dozzina di medici in meno di un'ora. La gola le dava ancora fastidio e aveva ancora problemi a respirare senza tossire, ma per il resto stava bene, riusciva anche a parlare.
Era stata spogliata e pulita dalle infermiere per togliere la fuligine e ora stava sul lettino con una vestaglietta che per sua fortuna si chiudeva bene sul davanti.
Controllò i lunghi capelli scuri per vedere i danni del fuoco, erano solo sporchi.
Iniziava ad annoiarsi.
Non voleva stare ferma a non fare nulla. Un'idea le frullava in testa da quando era arrivata in quell'ospedale, al primo piano c'era l'obitorio in cui si trovano tutti e tre i corpi delle sue indagini.
Si guardò intorno, era sola.
Afferrò suo il tesserino dell'INTERPOL sul mobile di fianco, la pistola l'aveva presa in custodia Andrews sull'ambulanza, viste le sue condizioni, si infilò le scarpe sporche di fumo e si diresse all'ascensore.
Due piani più giù, sentì il freddo entrarle nelle ossa sotto la sottile camicia ospedaliera.
Il dottore che la fermò, credendola una paziente che si era persa si ritrovò, dopo aver visto il tesserino, a farle da guida in quel posto. Non era il suo reparto, ma l'assistette nella ricerca dei tre corpi. Dopo qualche minuto erano in una cella gelida dove due pareti erano ricoperte di cassettoni metallici con alcune etichette con dei nomi.
Il medico cercò i tre corpi, ne trovo solo uno. Luke Wilson, era l'unico che si trovasse ancora lì.
L'uomo aprì quello che sembrava un loculo e tirò fuori una lastra di metallo scorrevole verso l'esterno. Sopra c'erano i pochi restiamo di Luke. Erano alcune ossa carbonizzate.
Sif si sentì gelare il sangue nelle vene al pensiero che stava per fare la stessa fine, e non era per il freddo pungente della stanza.
Dei colpi di tosse tornarono a soffocarla.
Alle sue spalle sentì la porta aprirsi e vide Andrews e Eve entrare.
Rimaserò stupiti vedendo la donna.
"Cosa ci fai già in piedi?"
Il detective la rimproverò con dolcezza e vedendola infreddolita le mise subito addosso la sua giacca.
"Abbiamo avuto la stessa idea a quanto pare. Lui è Luke Wilson!", indicò le ossa davanti a loro.
"E gli altri due?", domandò Eve.
"Non sono qui!"
Andrews apparve confuso.
"Devono essere qui! Nessuno ha dato il via libera alla consegna delle salme alle famiglie. E poi Branagh doveva essere ancora sottoposto ad autopsia!"
"Sei sicuro che non siano stati portati in un'altra struttura per l'autopsia?", Eve cercava una risposta logica.
Iniziava ad avere dei sospetti.
"L'autopsia di Cumberbatch si è tenuta qui da quel poco che c'è sul rapporto in mio possesso, mentre quella di Branagh doveva tenersi qui in questo momento!", la voce gli tremò.
Il medico presente rispose: "Non ci sono autopsie in corso ora!"
Andrews era sconvolto.
Una cosa simile non la credeva possibile, si era appena perso due cadaveri.
Prese il cellulare e chiamò i suoi colleghi in ufficio. Fece ricontrollare i rapporti in suo possesso.
Eve intanto sentì Sif tossire più forte per il freddo secco di quella sala e decise di riportarla nella sua stanza. Andrews le seguì dopo qualche minuto.
Il detective era arrabbiato, i due corpi non si trovavano.
Eve aveva iniziato ad elaborare una sua teoria: "E se Benedict fosse vivo?"
Andrews e Sif la guardarono ancora più confusi di prima.
"Le macchie di sangue sono abbondanti sul luogo del crimine, sicuramente si è aggrappato alla scala antincendio in più punti mentre precipitava. Potrebbe essere sopravvissuto e qualcuno lo sta aiutando.", spiegò.
"Credi che sia l'assassino di Wilson? E poi perché qualcuno l'avrebbe dovuto spingere di sotto?", Sif cercava nuove risposte. "Forse, Branagh è stato davvero su quel tetto e aveva capito tutto. Avranno lottato e l'altro è precipitato!", spiegò la donna, slegando i lunghi capelli biondi.
"Perchè non raccontarlo subito, senza inventarsi quella ridicola storia d'essere stato drogato?", Andrews voleva capire.
"Forse credeva di proteggere Thomas dall'accusa di omicidio..." Solo allora Eve si rese conto d'aver detto troppo.
"Cosa significa?"
Le due donne furono costrette a raccontare tutta la storia del caso Freeman e di come Will e Thomas ne erano coinvolti involontariamente, Andrews non conosceva tutta la storia, ma solo la parte che riguadava l'incidente di Eve e l'aggressione a Freeman da parte di Will.
Alla fine concluse: "Quindi Thomas può aver ucciso Luke con la complicità di Benedict nella costruzione della bomba, perché lui conosceva la verità sull'omicidio di Freeman!", era il movente più logico.
"No, non credo che sia stato lui!", Eve si agitò, credeva nella sua innocenza.
Suo fratello si fidava di Thomas, aveva fatto le normali indagini su di un sospettato e ora si stava anche innamorando del sospettato, impossibile che si fosse sbagliato.
"È la spiegazione più logica, soprattutto perché lui ha le possibilità economiche per nasconde e far curare Benedict e per falsificare rapporti di polizia e far uccidere qualcuno da un sicario, se serve!"
"Naveen, non correre ti prego! È tutto troppo strano e complicato...", cercò di farlo riflettere, ma non aveva nulla che contraddicesse le sue teorie.
"Eve, in questo momento Will è solo con un possibile assassino! Vuoi davvero rischiare la sua vita?!"
Le due donne non riuscirono a nascondere l'atroce sospetto che iniziava a farsi largo nella loro mente.
Andrews aveva bisogno di parlare con i due uomini e capire una volta per tutte la verità.
"Eve telefona a Will. Controlla se sono ancora a casa tua. Non fargli capire i nostri sospetti, Will potrebbe correre dei pericoli! Raccontagli dei due corpi scomparsi per tenerli impegnati, intando mando la polizia a prelevarli!"
Eve prese il cellulare e compose il numero, il cuore le faceva male per quella decisione, ma era giusto così, si disse. Avrebberò capito meglio una volta interrogato Thomas, era la decisione migliore.
Stava per tradire il suo fratellino.




NOTE DELL'AUTRICE
Buon anno a tutti.
Spero che questi ultimi due capitoli pubblicati assomiglino almeno un pò ad un giallo? Se no, vi prometto che ci saranno cose più interessanti da leggere in futuro!
Per precisazione: Eve è la Eve di "Solo gli amanti sopravvivono", Naveen Andrews è il bel moretto di "Lost" e presto conosceremo altri personaggi più o meno sexy!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
P.S. Spero di terminare presto e di poter pubblicare una cosa natalizia che ho scritto in questi giorni e che si ricollega a "Ossessione". Un abbraccio, Francesca

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Capitolo 16
*** Fuga, parte II ***


CAPITOLO XVI

Thomas osservò Will rivestirsi con grande fatica, la spalla gli doveva ancora far male, anche se non l'aveva dato a vedere mentre si godeva le attenzioni di Thomas a letto, sotto il piumone verde.
Sull'altra spalla aveva poggiato il cellulare.
Thomas trovò per un istante divertente vederlo ricomporsi, mentre parlava al telefono con la sorella. Alla fine decise di aiutarlo a rinfilarsi la felpa rendendosi conto che qualcosa non andava.
Subito dopo, Will gli aveva passato la sua maglia e pronunciato con le labbra un muto "Rivestiti".
Lo vide sistemarsi la pistola alla cintura e continuare la conversazione, dall'espressione c'era qualcosa che non andava. Dopo qualche secondo in cui il volto di Will era diventato un fascio di nervi, si ritrovò a infilarsi il proprio giaccone lanciatogli dall'uomo, mentre lui stava prendendo una giacca di pelle nera nell'armadio.
"Eve cosa vuol dire che non trovate i corpi?"
Thomas era sbiancato. Gli sussurò sconvolto: "Will cos'è successo? Corpi?"
Will gli si mise a fianco. "Aspetta Eve, inserisco il vivavoce!"
"Will aspetta..."
Eve si accorse appena in tempo di essere ascoltata anche da Thomas. Aveva chiesto di tenere la conversazione per sè, ma il fratello doveva aver sentito odore d'inganno.
Will passo il cellulare a Thomas che sembrava aver molte domande da porre, nel frattempo riaprì la scatola della pistola e ne estrasse un caricatore pieno di proiettili e un coltellino a scatto.
Thomas iniziò con le domande: "Eve cosa stà accadendo?"
"Tom siamo in ospedale per via di Sif. Lei sta bene, deve solo restare in osservazione per via del troppo fumo che ha inalato durante l'incendio doloso, al capannone dove stava conducendo le indagini."
Will lanciò uno sguardo preoccupato verso Thomas, però si trattenne dal fare domande.
"Qui in ospedale abbiamo scoperto che i corpi di Benedict e Kenneth non ci sono e secondo Andrews, ricordi il detective che ti ha accompagnato in albergo? Adesso ha lui in mano le indagini. Beh, secondo Andrews mancano anche dei verbali e dei documenti riguardanti i tre omicidi. Tom, sospettiamo tutti che Kenneth e più probabilmente Benedict siano vivi!", Thomas non capiva.
Cercava di mettere insieme quelle informazioni, eppure gli suonavano irreali.
Will stava ancora armegiando in giro per la stanza. Vedendolo con lo sguardo perso nel vuoto, mentre Eve continuava a descrivere tutto l'accaduto a Sif, parlando anche di un certo ex terrorista morto, gli levò il cellulare di mano e disse alla sorella: "Eve sento dei rumori in casa! Ci sentiamo dopo!"
Thomas sobbalzò, non aveva sentito nulla.
"Will aspetta...", la chiamata fu interrotta e il cellulare buttato sul letto.
"Will chi c'è...", cercava di percepire qualche rumore, ma non ci riusciva.
"Calmo, non c'è nessuno. Non ancora!"
L'uomo non capiva, era sempre più agitato.
"Eve mi stava dando troppe informazioni e poi non avrebbe mai telefonato, sapendo che io sarei corso ad aiutarli nelle indagini. Se la conosco bene è un modo per trattenerci qui! Temo che Andrews abbia tirato le conclusioni sbagliate e voglia venire a prelevarci. Adesso ascolta Tom!", gli si avvicinò afferrandogli il viso fra le mani. "Io non mi sento sicuro ad andare al distretto di polizia visto che sono arrivati a Kenneth in una prigione, non oso immaginare cosa possa accaderti in un commissariato. Quindi, ora scappiamo!", lo affermò con un sorriso sornione.
Thomas l'osservò incerto.
"Ma Will, saremo ricercati se ora fuggiamo!"
"Ricercati, ma vivi!"
Will tirò fuori dalla tasca un coltello preso prima dalla scatola e lo fece scattare a pochi centimetri dal viso dell'uomo.
La lama era ondulata e sottile, e stranamente la vicinanza al suo viso non gli incuteva timore.
"Sai maneggiare uno di questi? Devi solo farlo scattare e piantarlo nel fianco di chi tenta di farti del male. Se lo giri farai maggiori danni e potrai fuggire!"
"Will non credo di poterlo usare."
Will non ascoltò, era già tardi per perdersi in chiacchiere. Lo richiuse e glielo infilò nella tasca dei pantaloni, mentre gli dava un bacio veloce sulle labbra.
"Andiamo!"
Will osservò la strada da dietro la tenda del salotto. Non c'erano auto sospette in vista. Osservò meglio e vide il riflesso di un'auto della polizia nella vetrina di un negozio. L'auto era parcheggiata dietro l'angolo.
"Di qui non si passa!"
"Will come credi di fare a sfuggire alla polizia?"
Thomas era teso. Will lo prese per mano e lo condusse lungo il corridorio e invece di uscire dalla porta sul retro, scesero delle scale che portavano in cantina.
Will aprì un alto finestrone che dava su un giardino poco curato. La casa di fianco doveva essere abbandonata da più di un anno. Sembrava una buona via di fuga se non fosse stato per le sbarre alla finestra, pensò Thomas.
Will diede due colpi alle sbarre e caddero facilmente.
"Sono mesi che dico a Eve di farle fissare meglio. Poco male!"
Thomas iniziò a pensare che la fuga fosse una cosa fattibile. Aiuto Will ad arrampicarsi per poi tirarsi su senza fare fatica. L'uomo sentiva ancora dolore alla spalla.
Dall'interno della casa provenivano rumori, Will sistemò le sbarre in modo da non far sospettare alla polizia da dove erano fuggiti, poi si allontanarono correndo dietro la casa vuota.
Thomas si era sentito prendere per il polso e condurre da Will. L'avrebbe seguito ovunque.
Si nascosero in un anfratto della casa vuota, ben lontani dalla visuale della polizia che stava circondando la casa di Eve. Thomas sentì il corpo di Will spingerlo al sicuro contro la parete, le sue mani lo stringevano in vita e sembrava divertito da tutta la situazione, mentre Thomas lo guardava con un finto sguardo di rimprovero.
Restarono fermi in attesa del momento più opportuno per correre verso la casa accanto.
Will gli fece notare che c'era da fare un salto e gli disse di restare il più basso possibile dopo aver oltrepassato lo steccato bianco.
Thomas aveva tutti i muscoli in tensione per l'adrenalina e l'ansia, l'altro se ne accorse e sorrise di più.
"Con te è più divertente darsi alla fuga!"
L'attore si limitò a fare una faccia severa, ma si capiva che iniziasse a trovare la situazioni eccitante. Quando fu il momento in cui nessun poliziotto poteva notarli, si lanciarono verso lo steccato. Entrambi saltarono con estrema facilità e si accovacciarono oltre la bianca barriera.
Thomas si senti afferrare con violenza l'avanbraccio, ma questa volta non era Will.
Quando si voltò a guardare, si ritrovò faccia a muso con un grosso cane.
Prima che il cane potesse ritentare nell'affondo, si sentì tirare lontano dalla bestia che si impennò sulle zampe posteriori trattenuto dalla catena. Stava abbagliando.
"Buono Fufi! Sta buono Fufi!", lo sgridò Will.
"Potevi dirmelo del cane! E poi che razza di nome è Fufi per quella belva?"
Will sorrise, mentre lo portava lungo un vialetto, dove un'anziana donna, la padrona di Fufi, s'affacciò dalla finestra.
"Will cosa succede?"
"Nulla signora Brown. Resti in casa, stiamo inseguendo un fugiasco!"
Così dicendo riuscirono ad oltrepassare la casa e si ritrovarono vicino ad un capannone, forse un'officina.
Entrarono al suo interno; sembrava essere vuoto e abbandonato da tempo.
Il quartiere non era un posto dove restare a lungo.
"Come va il braccio? Scusami, mi ero dimenticato di Fufi." "Nulla di grave, ma rivedrei il nome del cane!", affermò irritato.
Continuarono a correre, nell'intento di uscire dall'altra parte, ma arrivati alla fine dello stabile non trovarono un'uscita.
Era tutto bloccato e le sirene si stavano avvicinando, forse su indicazione della signora Brown.
Will trovò una lamiera che sembrava potersi aprire verso l'esterno, gli diede una spinta con le mani e poi una spallata con il lato sinistro del corpo, realizzando subito che era stata una pessima idea. Urlò di dolore per via della spalla.
Thomas prese l'iniziativa e usando il piede diede dei colpi per aprirla il più possibile. Aveva dei buoni muscoli nelle gambe.
Finì di aprirla infilandosi a fatica in mezzo alle lamiere.
Will lo aiutò spingendo il più possibile il pezzo di metallo.
Un'auto della polizia era entrata nel capannone. Le sirene rimbombavano lungo la struttura.
Thomas era riuscito ad uscire e stava tirando la lamiera con tutta la forza che aveva, graffiandosi i palmi delle mani, ma Will non riusciva a passare. La spalla lo stava uccidendo di dolore e la sua muscolatura era più imponente per potersi infilare tra le lamiere.
"Tom, và via! Và!"
Gli occhi di Will imploravano d'ascoltarlo.
"Tom, ti amo! Adesso corri!"
Vide Will venir buttato a terra, mentre urlava di dolore, una mano tentò di afferrare anche Thomas, ma lui scattò velocemente e iniziò a correre.
Correva senza sapere dove andare.
Nessuno lo stava ancora inseguendo.
Continuò a correre finchè non trovò la strada sbarrata da una rete metallica. Le sirene erano tutte molto lontane. Tentò di scavalcarla, ma una mano l'afferrò e sbattè di faccia al freddo metallo.
Le maglie di ferro gli graffiarono il volto e rupperò il labbro superiore.
Il corpo di un uomo lo schiaccio sempre più contro la rete, bloccandogli le braccia e la mano che tentava di cercare il coltello a scatto nella tasca dei pantaloni.
Il terrore lo investì.
Una voce al suo orecchio sussurrò: "Adesso noi due facciamo i conti!"

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Capitolo 17
*** Interrogatorio. ***


OSSESSIONE XVII

Will era seduto in una stanza del commissariato.
Un poliziotto lo teneva d'occhio, visto che il detective Andrews gli aveva tolto le manette per via del dolore alla spalla. Gli aveva anche fatto avere del ghiaccio da metterci sopra e una pillola di antidolorifici.
Aveva infilato il ghiaccio sotto la felpa e ne sentiva le gocce d'acqua scivolargli lungo il petto e la schiena, dandogli solievo. Dopo un'ora andava già meglio, era solo in ansia per Thomas, nessuno gli diceva nulla.
Davanti a lui c'era il tavolo e oltre un vetro, il corridoio e un'altra stanza, le pareti in parte erano delle lunghe finestre dove non erano state tirate le persiane. Fu allora che notò passare due uomini lungo il corridoio, uno era un poliziotto, l'altro Thomas.
Andrews entrò nella stanza. Will lo degnò solo di un breve sguardo per poi tornare ad osservare Thomas, che era stato fatto accomodare nella stanza di fronte.
Ci mise un pò, ma anche lui lo vide.
"Ora che l'hai visto ti senti più tranquillo?", disse serio il detective.
"Cosa ha fatto al viso?"
Dei graffi gli ricopriva la guancia destra, non davano l'impressione a Will d'essere profondi, visto che non sanguinavano.
"Colpa mia!", si giustificò Andrews.
Will lo guardò furioso.
Oramai, era evidente la cotta che avevano l'uno per l'altro anche a Andrews e decise di non infierire più del necessario, decise di dover spiegare la sua aggressione a Thomas.
"Deve proprio piacerti un sacco! Questo è tuo? Stava per tirallo fuori, gli ho fatto un favore a ridurlo in quello stato, prima che i miei colleghi sparassero!"
Gli mostrò il coltello a scatto non appena il poliziotto di guardia fu uscito dalla stanza, voleva passare sopra al fatto che l'attore fosse armato.
"È in arresto?", domandò preoccupato.
"Non per il coltello e non ancora per il resto! Dipende da cosa avrà da dire!", spiegò il detective sedendosi accanto e lasciando la visuale libera ai due uomini.
Thomas fissava Will, non sembrava preoccupato e dopo un pò anche Will si tranquillizzò. Finchè restavano uno di fronte all'altro non c'erano pericoli.
"Will, tu non sei uno che abbassa la guardia in questo modo. Spiegami perché sei sicuro che sia innocente?"
L'uomo portò l'attenzione per un breve istante sul detective per poi ritornare a guardare Thomas.
"Perchè lo è!", rispose sicuro.
"Tutto qui?" Will lo guardò di traverso: "Cosa vuoi sapere?"
"Se può aver ucciso Freeman, Wilson e Branagh con la complicità di Cumberbatch!"
Sorrise: "Sempre affrettato nelle conclusioni Naveen! Quando imparerai che per arrivare alla verità bisogna avere tutte le informazioni? Ho sentito che ti sono spariti dei rapporti!"
Andrews sembrò infastidito dal tono di Will. Erano amici, ma solo quando lavoravano dalla stessa parte. Ora c'era ben poco di amichevole tra di loro.
"Non sono solo i rapporti ad essere spariti! Dopo la morte di Branagh ti ho cercato e ho cercato il suo avvocato, perché eravate gli ultimi ad avergli fatto visita. Tu eri a casa del regista con la faccia di Thomas a combinare guai davanti la polizia e ai giornalisti, mentre l'avvocato è sparito nel nulla!"
Will spalanco gli occhi nella sua direzione. Ricordava d'aver visto l'ultima volta l'avvocato entrare nella stanza colloqui del carcere. Era stato uno dei suoi primi sospettati per quell'omicidio.
"E non è l'unico ad essere sparito. Meno di un'ora fa è arrivata la denuncia di scomparsa di Wanda Fletcher. Se non sbaglio sei stato uno degli ultimi a vederla stamane in ospedale!"
Will iniziò a temere che quello in arresto fosse lui e non Thomas.
"Dimmi cosa devo pensare, perché a me la verità sembra solo una!", domandò nervoso per tutta quella situazione.
"Naveen, davvero vuoi credere ad una cosa simile?"
Will quasi gli sorrise ponendogli quella domanda.
Il detective si alzò e si diresse verso la porta, fermandosi con la mano sulla maniglia.
"Non so a cosa credere! So solo che qualcuno sta cercando di impedirmi di fare il mio lavoro e soprattutto sta facendo ricadere la colpa tutta su di te e il tuo ragazzo!"
Will lo vide aprire la porta.
Da agente capiva i suoi dubbi e non l'avrebbe rimproverato se avesse rinchiuso entrambi in una cella. Tutto era contro di loro.
Riguardò verso Thomas, i suoi occhi azzurri erano fissi su di lui.
"Che fai! Non vieni?"
Guardò l'uomo senza capire.
"Non vuoi stare accanto al tuo bell attore!"
Si ritrovò a pensare, mentre si dirigeva verso la stanza interrogatorii di Thomas, che Andrews era un buon detective, costretto dalle circostanze a fare determinate scelte.
Entrato nella stanza, voleva solo correre ad esaminare ogni graffio, si trattenne.
Si sedettero anche loro al tavolo fissato al centro della stanza. Fu Thomas a rompere il silenzio: "Stai bene? "
Will aveva lasciato il ghiaccio nell'altra stanza per non far preoccupare ulteriormente l'uomo.
"Io sì! Tu?"
"Sì."
L'ho notò massaggiarsi i polsi senza manette.
Andrews era andato troppo sul pesante con lui.
"Il signor Hiddleston ed io abbiamo parlato un pò di tutto venendo qui. L'ho già informato di Wanda e dell'avvocato. Solo una cosa non mi torna..."
Il detective stava sfogliando delle carte portategli da un agente.
"Will non hai detto al tuo amico delle indagini approfondite svolte sul conto di Cumberbatch. Qui ho una copia di tutto il materiale riguardante l'attore che ti ho passato."
Will stava per rispondere, quando Thomas gli domandò: "Indagavi su Ben?", sembrava infastidito, Will non capiva il perché.
"Sì, hai visto le carte nella mia stanza. Era tutto scritto lì!"
"No, non c'era scritto nulla d'importante su Ben!", ora era arrabbiato con Will e lui non capiva il perché.
"Tom erano tutte lì, c'erano diversi fascicoli, per questo che ti ho domandato se volessi spiegazioni!"
"Ti ripeto, non c'era nulla!"
Andrews intervenne: "Può averle prese Eve? Aspetta, le telefono.È rimasta con Sif in ospedale.", si allontanò dal tavolo.
Thomas aveva l'aria furente, ma restava composto.
"Tom sei sicuro che non ci fossero?"
Lui gli sibillò: "Sì, se ci fossero state ti avrei chiesto maggiori spiegazioni, non credi!"
"Sei arrabbiato solo perché non ti ho parlato delle indagini su Benedict?", domandò inarcando un sopracciglio.
"Ben era, anzi è, mio amico. Quando ero in lacrime per lui, nel salotto di Eve, avresti dovuto raccontarmi dei tuoi sospetti!"
"Credevo sapessi già tutto! Comunque il tuo caro amico ti ha nascosto un bel po di cose!"
Ora anche Will era irritato. Stavano litigando a causa di un uomo e non era un bell inizio per una relazione.
Andrews si avvicino a loro.
"Eve sta arrivando! Sif si sente meglio, ma non può ancora lasciare l'ospedale. Per i documenti, tua sorella ha detto di non averli spostati. Sono scomparsi proprio come sono scomparsi i verbali e i rapporti qui in ufficio."
Will intuì: "Qualcuno è entrato in casa e l'ha presi! Forse, non volevano che collegassi Benedict a qualcosa o a qualcuno! Chiunque sia stato è capace di tutto."
Thomas continuava ad essere arrabbiato con lui, ma l'idea che qualcuno potesse fare del male alla nipote per delle stupide carte, lo faceva infuriare ancora di più.
"Mi dite cosa c'è di così importante su quei fogli?"
Andrews gli passo le fotocopie davanti a lui, le aveva fatte fare solo perché conoscendo Will, sapeva bene in quale tipo di guaio stava per cacciarsi. Aveva pensato, meglio essere previdenti e le aveva noscoste nel suo armadietto al commissariato.
"La vita di Benedict Cumberbatch! Solo che non è come l'ha sempre raccontata. Ci sono dei vuoti nella sua storia. Periodi in cui non risulta nei luoghi in cui a studiato e persino la famiglia sembra non essere mai esistita. È come se un giorno fosse apparso dal nulla. Tu ne sai niente?", domandò il detective.
Thomas era incredulo.
"No, so che aveva dei pessimi rapporti con la famiglia, non ne parlava mai e sinceramente non abbiamo mai parlato molto della nostra infanzia e adolescenza. Molti dei discorsi erano successivi al debutto in teatro."
Anche Thomas iniziava ad accorgersi della poca conoscenza riguardo alla vita di quello che chiamava amico. Will aveva ragione ad indagare su di lui, ma restava il fatto che non gliene aveva parlato chiaramente. Iniziava a rendersi conto di quanto poco conoscesse le persone della sua vita.
Mentre sfogliava le carte, senza sapere bene cosa guardare, Eve entrò nella stanza. Will si irrigidì, era arrabbiato con lei. In quella stanza tutti e tre l'avevano tradito in un modo o nell'altro, non riusciva più a fingere professionalità.
"Ho bisogno di un caffè."
Si alzò e uscì.
Andrews non fece nulla per fermarlo, ma fece intedere a Eve di chiarire.
Thomas continuava a tenere gli occhi sulle carte. Era giunto alla conclusione che Benedict gli avesse sempre mentito su tutto.
Eve raggiunse Will nel cucinino alla fine del corridoio.
"Perche mi hai tradito?", non le diede neanche il tempo di avvicinarsi.
"Tutta questa storia non ha senso! Ero preoccupata per te!", non era il tipo da farsi dire cosa pensare o fare, se non per scelta sua.
"Dovevi fidarti di me e del mio giudizio. Davvero pensavi che Tom fosse un pericolo?"
Eve era certa d'aver fatto la cosa giusta, non sentiva di doversi giustificare.
Un telefono suonò, mentre Will la guardava con occhi severi e le mani tremanti su una tazza di caffè che non aveva voglia di bere. Era stato trattato nel peggiore dei modi da un amico, Andrews, da sua sorella e dal secondo uomo a cui aveva detto ti amo.
Chi poteva fargli più male di così, si domandò.
Eve rispose al cellulare: "Sì stiamo bene... Sì, è qui davanti a me!"
Will pensò che ci mancava solo lui per farlo sentire peggio. Eve gli passo il cellulare, lo afferrò.
Con tono sarcastico: "Vice capo!"
"Will, non fare l'idiota adesso! Devi ascoltarmi. Sei finito in un bel casino..."
Will roteò gli occhi: "Sì papà. L'ho capito da un bel po!"
"Dannazione Will, metti da parte i tuoi problemi con me e ascoltami! Kenneth Branagh è vivo!"
"Questo l'avevamo intuito da un sacco di tempo. Il problema è trovarlo!", ghignò.
La voce profonda è inflessibile dall'altra parte della linea disse semplicemente poche parole che fecero tremare Will.
"È qui, davanti a me!"

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Capitolo 18
*** Una lunga notte. ***


CAPITOLO XVIII

Will stava tremando.
Gli sembrava di essere tornato bambino, a quando suo padre era un dio per lui, poi le cose erano cambiate, ma ora a saperlo di fronte a Branagh vivo, era terrorizzato.
"Papà stai bene?", anche Eve si preoccupò a quella domanda.
"Sì. Non sono in pericolo! Branagh è davanti a me in coma."
La notizia era come una secchiata d'acqua ghiacciata in pieno petto.
Decisero di parlarne insieme a Andrews.
Quando rientraronò nella stanza interrogatori, Thomas notò subito l'aria tesa di Will, però non gli interessava più come prima. Da quando aveva a che fare con lui, tutto il suo mondo era andato a pezzi. Aveva perso amici e anche dignità, dopo ciò che aveva fatto con lui in quel letto, solo poche ore prima.
Will posò il cellulare sul tavolo e si sedettero intorno.
"Vice capo Laing può parlare, qui con noi c'è anche il signor Hiddleston.", disse il detective, intuendo chi fosse.
"Mi trovo a Londra. Kenneth Branagh è in coma da quando ha ingerito qualcosa con arachidi. È allergico, ma non molti lo sanno. Lei signor Hiddleston lo sapeva?"
Thomas realizzò con chi stava parlando, era il padre di Will. La notizia di Kenneth in coma era qualcosa che ancora non riusciva a concepire.
"Io lo sapevo e anche alcuni suoi amici. Dove si trova?", domandò, cercando di capire perché venisse ritenuto morto.
"Questo non posso dirvelo, è già stato difficile per me poterlo vedere. Devo ringraziare Damian per l'informazione. Dopo aver visto in televisione le acrobazie a casa di Branagh, ha riconosciuto subito Will travestito da lei signor Hiddleston, e si è messo a chiedere in girò cosa stesse accadendo. È saltato fuori che i servizi segreti avesserò ricevuto l'ordine dall'alto di prelevare e proteggere Branagh, lasciando credere a tutti la sua morte!"
Will dal momento in cui aveva sentito quel nome si era irrigidito ancor di più, Thomas non l'aveva più visto battere le palpebre. Quel nome doveva essere fonte di problemi o altro per lui.
Andrews prese la parola: "E di Cumberbatch cosa si sa?"
"I servizi segreti non c'entrano nulla con lui. Hanno solo modificato i verbali di Branagh, ma quelli dell'altro non li hanno toccati.", era coinciso in ogni sua frase e sembrava freddo e distaccato a Thomas.
"Qui invece mancano! I servizi sanno qualcosa della storia di Cumberbatch? Non sarà mica uno dei loro?"
Il detective cercava risposte plausibili.
"No, Damian sta controllando, ma finora non ha trovato nulla sul conto dell'uomo. È davvero molto strano..."
Will aveva smesso di respirare regolarmente.
Andrews domandò: "Cosa dovremmo fare ora? Hiddleston resta il principale sospettato per gli omicidi di Freeman e Wilson ed il tentato omicidio di Branagh!"
Il vice capo Laing era un uomo che incuteva rispetto e timore solo con la voce.
"Mandalo a casa e metti degli uomini di guardia. Trattenerlo in commissariato è pericoloso sia per lui e sia per tutti voi!", doveva essere un consiglio, ma venne inteso come un ordine.
Parlarono di tutti i particolari del caso durante la telefonata, quando essa terminò, passò un'ora prima che Thomas fosse scortato a casa sua.
Will si era offerto di fargli nuovamente da baby-siter, più per il fatto che non gli andasse di tornare a casa con Eve o di fare tanta strada per alloggiare in hotel.
Nessuno obiettò.
Sull'auto della polizia il silenzio aveva una consistenza e un odore di freddo gelido, entrambi non aveva voglia di parlare.
Arrivati nell'appartamento, Will fece cambiare il codice dell'allarme a Thomas e poi controllo tutte le stanze.
Chiuse le pesanti tende assicurandosi di dove fosse appostata la polizia. Thomas era rimasto in salotto, mentre l'altro controllava ogni angolo dell'appartamento.
In camera da letto lasciò scivolare le dita sul piumone ricoperto di seta azzurra. Era morbido e delicato, proprio come la pelle di Thomas, quella pelle che non avrebbe più accarezzato dopo la lite in commissariato.
Tornò in salotto dove Thomas stava aprendo un cesto di frutta. Un regalo di pronta guarigione da parte di amici, doveva averlo portato sua madre dall'ospedale quella stessa mattina. Doveva assolutamente telefonare, le aveva detto che sarebbe rimasto con l'agente Laing per tutto il giorno, ma ora la sua faccia o più precisamente quella di Will, era su tutti i notiziari. Sicuramente doveva essere in ansia.
"Will posso telefonare a mia madre?", domandò, guardandolo in viso per la prima volta, da quando erano usciti dal commissariato.
"Non ci sono problemi!"
Will lo vide prendere della frutta e sciacquarla, mentre parlava al telefono. Sembrava tutto a posto quando mise giù.
"Will fa pure come se fossi a casa tua! Di là c'è la camera per gli ospiti. Tieni, non credo ci sia molto da mangiare in frigo."
Gli aveva preparato un piatto di frutta mista, mentre lui si stava portando il suo in camera.
"Vado a fare una doccia e a dormire. Se ti serve qualcosa, guarda sempre nella camera degli ospiti, troverai tutto!", spiegò.
"Credo che dormirò sul divano. La camera degli ospiti è troppo lontana dalla tua e non sentirei nulla da lì se dovesse entrare qualcuno!"
"Fa come vuoi!"
Will era irritato dal comportamento dell'uomo. Non capiva come si potesse essere arrabbiati per una svista.
Si distese sul morbido divano di pelle, non gli andava di mangiare, cercò di rilassarsi, ma la spalla si faceva sentire.
Chiuse gli occhi nel tentativo di prendere sonno. La notte precedente non aveva dormito molto per via della preparazione all'incontro con Branagh, anche Thomas doveva essere esausto, pensò.
Dopo dieci minuti la presenza dell'attore aleggiava nel salotto, Will se ne accorse, ma preferì continuare a tenere gli occhi chiusi, nella speranza di addormentarsi.
Thomas era lontano dal divano, di questo n'era sicuro, cosa facesse, non lo sapeva.
"Will scusa se ti disturbo."
Lui emise un suono gutturale per fargli capire che l'ascoltava anche se non lo stava guardando.
"Ho dimenticato di dirti che c'è della pomata per contusioni qui sul tavolo. È più forte dell'altra."
L'aveva presa nel suo bagno e poggiata sul tavolo. L'agente non capiva perché si prendesse tanto disturbo.
"Sai, ho l'abitudine di farmi male sul set. Questa è la migliore!"
Will sbirciò solo per far capire che l'aveva vista.
Aprì gli occhi completamente quando notò l'abbigliamento di Thomas. Aveva i pantaloni del pigiama di cotone grigio che non lasciava nulla all'immaginazione per come vestiva aderenti e morbidi e una maglietta bianca attaccatagli addosso per via della pelle ancora umida dovuta alla doccia. I capelli erano ancora bagnati e delle goccioline gli solcavano il viso e il collo per posarsi sul petto assorbite dalla maglietta.
Era una splendida visione per Will.
Thomas fece per andare via, mostrandogli le spalle e la schiena perfettamente disegnate e dei glutei sodi.
Non voleva che se ne andasse.
"Come va la guancia?" L'uomo si portò due dita sulla piccola ferita alle labbra, doveva essere più fastidiosa di tutti i graffi che aveva sulla guancia, cosa che scombussolò non poco Will.
"Bene, non rovinerà la mia carriera d'attore. Al contrario di ciò che hai combinato tu a casa di Ken, Andrews mi ha mostrato il video che circola in televisione!"
Non capiva se fosse sarcastico o irritato anche per quell'altro suo casino.
"Mi dispiace Tom. Ti prometto, spiegherò tutto, quando questa storia sarà finita!"
Lui sorrise. Uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto.
"Buonanotte Will"
Rientrò nella sua camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Il cuore di Will non smetteva di battere forte, gli ci vollero diversi minuti per ritrovare un po di serenità e tentare di addormentarsi. Il sonno non si fece attendere, gli antidolorifici di Andrews avevano come controindicazione la sonnolenza.
Si svegliò nella penombra dell'unica lampada lasciata accesa, sentendo dei rantoli provenire dalla stanza di Thomas.
Ad un certo punto lo senti chiaramente lamentarsi.
Era in pericolo.
Afferrò la pistola che aveva ancora alla cintura e scattò velocemente verso la sua stanza. Spalancò la porta e accese la luce, mentre puntava la pistola verso il letto.
Non sapeva cosa sarebbe apparso dal buio.
Nulla, solo Thomas mantido di sudore che lo guardava. Era sconvolto, ma non per la pistola, doveva aver fatto un terribile incubo.
"Stai bene?"
Will ripose l'arma nella fondina. L'osservò seduto nel letto.
"Sì, uno dei miei soliti incubi!", respirava a fatica.
"Vuoi parlarmene?"
"No!"
Era una risposta secca, Will allora decise di tornarsene sul divano.
"Will, resti con me?"
Lo stava timidamente implorando.
Lui non se lo fece ripetere due volte. Si diresse verso il letto, infilò la pistola sotto al cuscino e si sfilò la felpa. Non aveva cattive intenzioni, ma Thomas gli aveva sollevato il piumone ed era sicuro che lì sotto sarebbe stato troppo caldo per tenere la felpa.
Si distese accanto a lui un pò nervoso.
Thomas sembrava aver messo da parte la discussione avuta in commissariato, infatti posò il braccio sulla vita di Will che si sentì riscaldare dal calore del corpo sudato di lui. Era una sensazione piacevole sentire quel corpo umido contro il suo e lasciò scivolare la mano sinistra lungo il braccio destro di lui, fino ad arrivare alla spalla e al collo dove si fermò, non riusciva a portalla oltre per via del dolore alla spalla.
Thomas si strinse di più a lui, bloccandogli il braccio destro, aveva richiuso gli occhi più per godersi quella carezza che non per dormire.
"Tom, sei ancora arrabbiato con me?"
"No, non lo sono. Ero arrabbiato con me stesso, Ben, tutta questa situazione e me la sono presa con te. Mi dispiace!", era tornato ad essere la persona dolce che era prima di entrare in commissariato.
"Ti capisco. Ti ho incasinato la vita! Mi vuoi ancora Tom?", la domanda sorprese entrambi, cercò i suoi occhi.
"Sì, Will. Ti ho sempre voluto dal primo momento!"
L'uomo era soddisfatto, gli posò un bacio sulla fronte.
"Will mi racconti di te? Sai, ho notato che l'uomo al telefono ti ha innervosito molto. Solo se vuoi...", disse timidamente.
"Era mio padre. Un tempo era felice che io volessi diventare agente, ora invece sono solo una vergogna per lui. Non ci parliamo molto! Ti lascio immaginare le feste in famiglia...", si incupì.
"Come mai?"
"Non sono come lui vorrebbe."
"È perché sei gay?", chiese quasi ingenuo.
"Sì. Quando avevo vent'anni e andavo all'università, decisi di seguire le orme di mio padre, visto che i mie due fratelli avevano scelto altro e Eve aveva già Jenny, senza un uomo accanto. Mio padre era felice di avere una nipotina, ma si vedeva la sua delusione, è un tradizionalista! Per aiutarmi a superare l'ammissione mi insegnò tutto quello che sapeva di questo lavoro. Era un ottimo insegnante, solo nelle arti marziali aveva qualche lacuna. Il suo partner all'epoca era Damian..."
Thomas sollevò la testa: "Quello che ha trovato Ken?"
"Sì, lui. Aveva trent'anni, capelli di un bel rosso e un fisico perfetto. Lo conoscevo già da un paio d'anni. Rimanevamo per ore soli di sera nella palestra della centrale dell'INTERPOL. Mi ha insegnato davvero tanto. Una sera, eravamo soli, parlavamo tanto e combattevamo, lotta greco-romana. Mi ritrovai sul tappeto, come al solito e lui invece di lasciarmi andare, mi sfiorò le labbra con le sue..."
"Hai fatto la stessa cosa con me!", disse mettendo su il broncio che riuscì a tenere solo per poco.
"Beh, ha funzionato!", sorrisero entrambi.
"Non sapevo neanche che fosse gay, quindi rimasi completamente stordito per ore. Il giorno dopo tornaì in palestra per il nostro allenamento, ma sapevo già che desideravo quel bacio! Lui era sempre stato un buon amico, protettivo e premuroso con me. Feci l'amore con lui solo un mese dopo. Ci misi un pò a capire cosa volessi!", gli occhi erano persi in dolci ricordi.
"Farai la stessa cosa con me? Aspetterai così tanto?", scherzò.
"Dopo oggi in camera mia? Non credo di poterti tenere a bada così a lungo!", riserò di gusto e Thomas notò quant'era bello in penombra.
"Peccato che tutto finì quando mio padre ci trovò abbracciati a baciarci in palestra. Damian decise di andare via per non complicare i rapporti tra me è mio padre. Ogni tanto l'ho visto, solo che non credevo che si parlassero di nuovo."
Will divenne triste.
"Forse, hanno messo da parte le loro incomprensioni solo perché tu eri in pericolo!"
Will gli diede un bacio in fronte. Pensò a quant'era dolce e questo gli piaceva.
"Raccontami della prima volta!", si strinse a Will e chiuse gli occhi.
"Sei troppo curioso Tom! Comunque, ero terrorizzato a morte. Stavo con lui da tanto e avevo ancora paura. Fu davvero dolce e gentile. Perdeva molto tempo a baciarmi, perché sapeva che mi piacesse e rilassasse più di tutto il resto. Parlava in continuazione, ricordo la sua voce calda e avvolgente..."
Will si accorse che Thomas s'era addormentato.
Chiuse anche lui gli occhi.
I sogni di Thomas furono tempestati dalle immagini di Will ventenne e un misterioso uomo, stretti a fare l'amore, nel sogno dopo un pò Will diventava Thomas con le sue paure e le sue ansie e l'uomo di nome Damian si trasformava in Will. Dormì beatamente finchè non sentì il vuoto al suo fianco.
Will non c'era.
Accese la luce sul comodino, la sveglia segna le quattro di mattina.
Vide Will tornare in camera con il piatto della frutta in mano.
"Scusa mi è venuta sete e già che c'ero ne ho approfittato per uno spuntino.. Ti ho svegliato?", masticava gustandosi la frutta.
"No"
Will gli si sedette accanto: "Ho visto che neanche tu hai mangiato!", il piatto di frutta ancora pieno era sul comodino.
"Tieni."
Gli mise un chicco d'uva tra le labbra sfiorandole con la punta delle dita, mentre lui masticava una fragola.
Thomas accettò il frutto.
"Queste fragole hanno un profumo dolcissimo!"
Thomas aspettò che gliene mettesse una in bocca, sentì invece per un istante, le sue labbra al gusto di fragola.
"Sì, è vero! È un buon profumo!", affermò mordicchiando il labbro di Will.
Lasciarono perdere il piatto di frutta e iniziarono a baciarsi con trasporto. Will si ritrovò disteso sul letto, l'altro sembrava non volergli dare tregua, proprio come il giorno prima, infatti gli stava baciando il petto e il collo.
Tra i sospiri riuscì a dire: "Tom fermati!"
"Perchè?", la voce era un sussurrò.
"Perchè così mi fai impazzire dal desiderio di fare qualcosa che, forse, tu non vuoi fare!"
Thomas non gli diede ascolto e gli sbottonò i jeans, per poi sfilarglieli insieme ai boxer e ai calzini.
"Cosa vorresti farmi?"
Ansimava, non ebbe risposta se non quella di ritrovarsi disteso schiena al materasso e Will su di lui. Anche con una spalla dolorante restava il più forte tra i due.
Si baciarono lenti, Will tirò via la maglietta bianca e i pantaloni del pigiama. Thomas era tutto suo, si trovò a pensare.
Tremava ad ogni carezza e ad ogni bacio. Il coraggio e la sfrontatezza erano spariti, non appena Will aveva preso in mano la situazione.
"Tom, fermami pure in qualsiasi momento!", lui annuì poco convinto e sempre spaventato.
Sentiva le sue labbra scendere lungo il corpo finchè il respiro non divenne affannoso.
Will sapeva come dare piacere. Thomas non voleva che si fermasse, invece lo senti tornare con le labbra alla sua bocca. Will si infilò tra le gambe di lui e gliele tirò su per poi sistemargli il bacino in una posizione più comoda.
L'altro capì.
I loro occhi si cercavano sempre e anche le loro labbra. Il respiro di entrambi era fuori controllo, i battiti dei due cuori accellerati e la pelle sembrava in fiamme.
"Tom rilassati, non c'è alcuna fretta!", sussurrò dolce.
"Sono rilassato!"
Will smise di baciarlo e accarezzarlo, lo fisso per qualche secondo.
"Davvero?", fece scivolare una mano sotto la schiena di Thomas, alla base della colonna vertebrale e gli sfiorò quella zona con la punta delle dita.
Lui stava per rispondere qualcosa, invece fece un sussulto al tocco di Will.
"Non mi sembri rilassato!", Will sorrideva, aveva appena scoperto il punto del suo corpo più sensibile.
Uno dei punti più sensibili del suo corpo.
"Non mi sembra il momento per fare questi scherzi!"
Anche se Thomas cercava di fare il serio, era divertito, di lui amava anche quel suo giocare, com'era stato per il primo bacio.
"Sei troppo teso! Dobbiamo fare l'amore non recitare Shakespeare!"
Risero, per poi tornare a baciarsi.
Era più rilassato, mentre le mani di Will toccavano ogni parte del suo corpo, le sue invece si erano fermate per lo più sulla schiena di lui e ogni tanto salivano al viso per cercare altri baci sulle labbra.
Thomas era così eccitato da ogni suo tocco che al dolce sussurro di Will: "Ti voglio!", non ebbe alcun pudore nel rispondere: "Ti voglio anch'io!"
Si sentì afferrare i fianchi dalle grandi mani e con un profondo gemito di Will, lo sentì farsi strada dentro di sé.
Si lasciò sfuggire un lamento e per un secondo tento di respingere il corpo caldo e sudato di Will, ma poi resistette al fastidio che provava.
Era una splendida visione vedere Will provare piacere, mentre si muoveva il più dolcemente possibile.
Non perdeva occasione per accarezzarlo e fermarsi qualche secondo a baciarlo.
Thomas era eccitato, eppure quella sensazione di fastidio stava rovinando il momento.
Will se n'era accorto guardandolo negli occhi tutto il tempo.
Tra un sospiro e l'altro, gli sussurro: "Vuoi che smetta amore?"
Fu la parola amore a far desiderare a Thomas che non si fermasse per nessun motivo.
"Will continua! Sono tuo!", lui non se lo fece ripetere e riprese a muoversi con più dolcezza e trasporto di prima.
Del fastidio che provava, a Thomas, non importava più se poteva avere Will e il suo amore.

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Capitolo 19
*** Tenebre all'alba. ***


CAPITOLO XIX

Fuori dalla grande finestra c'era ancora il buio, le tende chiuse sembravano sigillare quella stanza dalla crudeltà del mondo.
Una piccola abajur al fianco del letto, aveva illuminato fiocamente i loro corpi sudati che ne riflettevano la luce. Ora illuminava soprattutto l'ampio piumone.
Will si era accoccolato sul lato sinistro del corpo di Thomas e l'altro l'aveva coperto con il piumone e stretto a sè per non farlo raffreddare.
Thomas non riusciva a ricordare da quanto tempo Will fosse diventato così dolce e tenero, era sempre stato lui a dare l'impressione del gattino smarrito, invece dopo aver ascoltato la sua storia e aver ricordato quel "ti amo" detto in un momento in cui non era sicuro di poterlo considerare seriamente, visto l'inseguimento da parte della polizia, ora capiva che persona fosse davvero l'uomo con cui aveva fatto l'amore.
Gli accarezzo il braccio fino alla spalla. Lo sentì muovere il viso poggiato tra il suo petto e il suo collo. Era sveglio.
"Come va la spalla?", gli sussurrò Thomas.
"Forse, non dovevo appoggiarmi troppo sul braccio sinistro.", la voce non aveva perso sensualità.
"Vuoi del ghiaccio? Di là c'è anche la pomata che ti ho preso prima, vado..."
"No, resta qui! Passerà."
Will si strinse a lui, non voleva più lasciarlo andare. Il resto del mondo di fuori poteva attendere e anche il dolore non aveva nessuna importanza, finchè erano chiusi in quell'appartamento e stretti al caldo dei loro corpi e della seta azzurra che li circondava.
"Tu come ti senti?"
Thomas sorrise, era a disagio.
Will sollevò un pò la testa, quanto bastava per notare quel sorriso tra il malizioso e l'imbarazzato, sorrise anche lui.
Will sussurrò in modo molto lascivo: "Prometto che non sarà sempre così, e poi quello era solo l'inizio, il meglio deve ancora arrivare!"
Anche se non avesse afferrato il significato di quelle parole, ne avrebbe ugualmente intuito il senso dal tono.
Thomas arrossì mantenendo il sorriso malizioso.
L'altro avvicinò il viso al suo: "Sai, è strano!", lo guardò in quei occhi che potevano chiedergli tutto e lui glielo avrebbe concesso.
"Cos'è strano?"
"Incontrarsi così!"
"Così com'è?", non lo seguiva.
"Così! In un'altra situazione tu non mi avresti neanche guardato e io ti avrei considerato solo un attore belloccio e viziato, invece è servito un omicidio per farci incontrare!"
"Più di uno!", lo corresse.
"Pensi che potremmo stare insieme con tali basi? Freeman era un bastardo e non m'importa della sua morte, ma Luke, forse Benedict e anche Kenneth in quello stato, sono il risurtato delle mie indagini. La morte mi ha seguito da Dublino! Un giorno potresti farmene una colpa e io non lo sopporterei!"
Will sembrava volesse piangere. Era davvero strano vederlo in quello stato.
"Non accadrà! So bene che tu non ne hai colpa se qualcuno ha deciso di far del male alle persone a me più care. Adesso ho te! E ringrazio Dio di averti mandato da me!", sussurrò l'attore.
"Tom, mi ami?"
L'uomo trattenne il respiro per un attimo, era stato preso alla sprovvista, spostò lo sguardo sorridendo. Sapeva bene cosa rispondere, ma non ci riusciva. Scelse la cosa più semplice da fare per evitare di dare la risposta, baciarlo.
Era un bacio delicato che sciolse i timori di Will e ogni tentativo di avere una vera risposta.
Però, inaspettatamente fermandosi a guardare quelle due stelle verde smeraldo, quelle parole gli sfuggirono, semplicemente perché non appartenevano alle sue labbra, ma al cuore dell'altro.
"Ti amo Will!"
Quando realizzò d'aver detto ciò che ancora invano cercava di nascondere, capì d'aver fatto la cosa giusta.
Will s'illuminò e riprese a baciarlo dolcemente.
Thomas sentì il respiro rallentare e il desiderio avvampare, però decise di fermarsi. Will l'osservò incredulo.
"Cosa c'è? Puoi stare tranquillo! Ho intenzioni di farti provare qualcosa di molto piacevole, a differenza di prima.", l'uomo era divertito.
"È per questo che voglio fermarmi! Abbiamo tanto tempo davanti a noi. Voglio godermi tutto con calma! Abbiamo corso già abbastanza, non c'è fretta!"
Will apprezzò la cosa, in fondo, avevano tanto tempo per stare insieme. Godersi le carezze di Thomas, era altrettanto piacevole, però voleva provocarlo: "Peggio per lei signor Hiddleston, è la prima volta che qualcuno mi dice di no ad un'offerta così generosa! Spero non diventi un'abitudine?"
"Non credo accadrà agente Laing!"
Thomas riprese ad accarezzarlo, con la punta delle dita, lungo la schiena, scivolando su un fianco e lo sentì sussultare.
"Non dirmi che sei teso?", ripensando ai giochi di prima.
"No, sei tu che mi fai il solletico!"
"Un agente tosto come te, soffre il solletico!", era divertito.
L'altro lo guardò infastidito: "Non farti venire strane idee! Sono ferito ad una spalla, abbi pietà!"
Thomas lo guardò di nuovo negli occhi con aria di sfida, ma poi si limitò ad una carezza gentile con il palmo della mano che dal fianco terminò sulla schiena, per poi tirarlo al suo petto e stringerlo in cerca di riposo.
Il telefono squillo due minuti dopo. Fu Thomas a rispondere.
"Pronto. Sì detective. Ok, glielo riferisco!", mise giù.
Will non aveva ascoltato la telefonata.
"Cosa succede?"
"Andrews ci vuole pronti tra un'oretta, per farci scortare alla sede centrale dell'INTERPOL. Ha detto che questa storia di Ben, ha incuriosito tutti, compresi quelli dei servizi segreti. Vogliono parlarci!", era preoccupato.
"Ci sarà ben poco da dire!"
Si alzarono entrambi dal letto, Will con fatica, la spalla più passava il tempo e più peggiorava. Si ripromise di starci più attento.
Anche Thomas sembrava avere qualche problemino ai muscoli delle cosce, muscoli che non sapeva neanche d'avere. Will si trattenne dal commentare, il disagio che causava avere quel tipo di rapporto la prima volta era difficile da accettare, lui c'era passato a vent'anni e non immaginava cosa potesse essere per un uomo di trentatre.
"Will, oltre ad Andrews e ai servizi segreti, ci saranno anche tuo padre e Damian."
Will abbassò lo sguardo, chiaramente pensieroso. Poi lo risollevò verso Thomas.
"Mi toccherà darmi una sistemata! Non credo che papà sarebbe felice di vedermi in questo stato."
Aveva tutti i capelli, oramai corti, scompigliati e la barba di un solo giorno, ma quasi sicuramente agli occhi del vice-capo non era ammessa.
"Usa il mio bagno. Troverai tutto a portata di mano, ci sono dei rasorii nuovi nel mobiletto. Io metto su il caffè."
Will gli passo accanto completamente nudo, odorava di sudato e di buono pensò Thomas, ma prima di entrare in bagno, tornò indietro e gli diede uno di quei baci dolci che solo lui sapeva dare.
Entrò in bagno e si infilò sotto la doccia.
Quando uscì mezz'ora dopo, con indosso solo l'asciugamano, era completamente pulito, sbarbato e profumato.
Anche Thomas si era lavato nell'altro bagno e vestito casual, in più aveva una tazza di caffè per Will ed aveva tirato fuori dalla cabina armadio un vestito blu e l'aveva pogiato sul letto oscenamente disfatto. Gli aveva trovato tutti gli indumenti, in fondo portavano quasi la stessa taglia, tranne per il torace e le scarpe, ma per quelle Will aveva le sue nere.
Gli passo il caffè, lui sembrava a disagio.
"Non ti piace il vestito? Ho pensato che fosse il più adatto ad un incontro di lavoro."
"Sì, mi piace e solo che deve valere molto. Non credo di poterlo indossare...",
"Ehi, nessuno penserà che tu sia corrotto se metti per una volta un completo di buona qualità!"
"No, non lo penseranno! Penseranno solo che ho frugato nel armadio del mio ricco ragazzo!"
Thomas gli sorrise, capiva il suo disagio, doveva incontrare suo padre e il suo ex. Era una situazione difficile. Lo lasciò con i suoi timori, mentre cercava un cappotto da abbinare.
Quando tornò, si era infilato quasi tutto tranne camicia, cravatta e giacca. Decise d'aiutarlo per via della spalla, passandogli prima la pomata e poi infilandogli la camicia per poi abbottonargliela, mentre l'altro lo provocava con baci sul collo.
Una volta messo anche il cappotto, Thomas gli concesse un minuto per un bacio così intenso, che l'intenzione di togliersi di nuovo tutto attraversò la mente di entrambi.
Il citofono suonò.
Thomas rispose, era l'agente della polizia addetto al trasferimento.
Sceserò di sotto, e lo trovarono che li aspettava vicino alla volante della polizia con la portiera posteriore aperta.
L'aria era fredda, il sole stava sorgendo, ma ci metteva troppo a penetrare la nebbia. Il buio persisteva.
L'agente si limitò ad un "Buongiorno", che i due ricambiarono. Aveva una mano in tasca e una sulla portiera in attesa che salissero nella parte posteriore dell'auto, divisa da quella anteriore da una rete metallica e un vetro.
A Will non piaceva l'idea d'essere bloccato lì dietro. Lasciò salire Thomas e disse: "Mi siedo avanti!"
L'agente chiuse la portiera e gli apri l'altra, mentre si guardava intorno, senza mai incontrare gli occhi di Will, sembrava molto dedito al suo lavoro.
Will si mise la cintura, mentre l'agente faceva il giro, sempre con la mano in tasca, anche dopo che si fu seduto al volante.
Non poteva essere solo per il freddo e poi ricordava d'aver visto due agenti nell'auto guardando dalla finestra la sera prima.
La cosa gli puzzava, allungò lentamente la mano sulla pistola alla cintura. Prima che potesse fare qualcosa, una mano gli blocco il braccio destro e il sinistro dolorante fu troppo lento a reagire.
Qualcosa gli trafisse il collo dal lato del guidatore.
Thomas vide la scena a rallentatore dal sedile posteriore. Il cuore accelerò i battiti nel vedere quel movimento improvviso verso la gola dell'amato. Sbattè i pugni contro la rete e il vetro che li separava. Will non si muoveva più.
Urlò un "no" disperato, ma oramai l'uomo sembrava aver perso le forze e essersi abbandonato alla morte.
Cerco di uscire dall'auto, ma le portiere erano bloccate.
Continuò a sbattere i pugni contro il divisorio. L'agente si voltò, i suoi occhi erano così famigliari.
Stava per urlare il suo nome con tutto l'odio che gli scaturiva dalle viscere, ma lui parlò per primo: "Fa' il bravo Tom! È quasi tutto finito! Ora dipende solo da te come si chiuderà questa storia."
Will sentiva ancora le voci e le urla intorno a se, ma non aveva forze per muoversi. Le palpebre si chiuserò e il terrore di essere vicino alla morte, fu l'ultima cosa che provò.
Poi più nulla.
La volante della polizia lasciò la strada davanti a casa di Thomas.
In un vicolo lì vicino i corpi di due agenti ben nascosti erano adagiati a terra, uno era stato spogliato della divisa.

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Capitolo 20
*** Soluzione ***


CAPITOLO XX

L'auto attraversò la nebbia che si diradava alle prime luci dell'alba. Imboccò una strada secondaria di un'area industriale ed entrò in una struttura in mattoni, un ex stabilimento abbandonato.
Si fermò al centro di un ampio spazio, il tetto era in parte in rovina e la luce entrava fioca.
Il presunto agente perquisì Will, prese qualcosa, poi abbassò il vetro posteriore e scese dalla volante.
Dirigendosi verso la portiera con il finestrino lievemente abbassato, scagliò il cellulare di Will contro una parete, rompendolo in mille pezzi.
Thomas lo vide fare il giro, il finestrino aperto era dal lato opposto in cui si trovava lui, per tutto il tempo del viaggio aveva guardato Will. Lo aveva chiamato spesso, ma non si era mosso, aveva cercato di vedere se ci fosse sangue al collo, però non sapeva dirlo da lì.
L'uomo gli passò un paio di manette dalla fessura del finestrino: "Mettile!"
La pistola era puntata contro di lui, non aveva altra soluzione se non obbedire. Si strinse le manette intorno ai polsi e dietro la schiena. L'uomo si assicurò di vederle ben chiuse e poi ordinò di scendere, mentre apriva la portiera.
"Cosa gli hai fatto?", l'altro non rispose, proprio come aveva fatto per tutto il tragitto. Thomas si allungò verso lo sportello di Will, ma l'uomo non glielo permise.
L'attore riuscì solo a vedere la testa abbassata e il corpo trattenuto dalla cintura.
L'uomo lo prese per il braccio e lo costrinse ad incamminarsi verso le scale.
Tentò di divincolarsi inutilmente.
"Tom calmati! Agitarti non serve. Rendi le cose più difficili!", disse freddo.
"Non farò nulla di ciò che vuoi, se non mi dici cos'hai fatto a Will!"
L'altro gli si parò davanti: "È proprio da te! Gli altri vengono sempre prima di me, vero?"
Thomas non riconosceva più quegli occhi, anche se erano l'unico particolare che gli aveva svelato la vera identità del tizio vestito da agente.
Era stato truccato e il suo viso modificato da protesi al silicone sul mento e sul naso, ma era lui ed ora gli puntava un'arma contro.
Come aveva fatto a non capirlo prima e quand'era cambiato così tanto si domandò. Nella mente gli frullavano tante domande, gli veniva la nausea a causa di tutta quella storia e del senso d'impotenza.
"Tu eri mio amico! Ci sono sempre stato per te, Luke!", affermò.
"Anch'io ci sono stato!"
Era arrabbiato, mentre Thomas cercava di mantenere tutta la calma possibile.
"Sembra che tu te ne sia dimenticato! In questi anni ho fatto sempre i tuoi interessi e tu cosa fai? Ti fai scopare dal primo che passa!", indicò Will nell'auto.
"Anche quella notte a Dublino ti stavi per portare a letto Chris se io non fossi intervenuto!"
Thomas voleva urlare, ma la situazione era già drammatica e fuori controllo, per rischiare di far agitare ulteriormente Luke. Lui gesticolava con la pistola, mentre lo fissava negli occhi con rabbia.
"Tu sai di Dublino e Freemann vero?"
"Sì!"
Lo prese per un gomito e lo costrinse a salire delle scale, per poi imboccare una porta.
Thomas cercò invano di guardare nell'auto in cui Will era riverso, ogni tentativo gli venne impedito da dei strattoni.
Entrarono in uno stretto corridoio dall'odore disgustoso. Thomas non sapeva cosa avesse in mente di fare Luke, sapeva solo che Will aveva bisogno di soccorsi il prima possibile, se era ancora vivo. Non poteva farsi rapire e lasciarlo agonizzante in un luogo tanto isolato.
Capì di dover far parlare Luke il più possibile e ritardare qualsiasi suo intento, forse qualcuno li avrebbe trovati.
Andrews li stava già cercando, l'aveva capito ascoltando la radio della polizia nella volante. Nessuno sapeva dove fossero finiti i due agenti e i due da scortare. Luke l'aveva tenuta accesa solo per capire come si stesse muovendo la polizia.
"Voglio sapere tutto Luke!", si divincolò.
"È quello che intendo fare. Raccontarti tutta la storia, forse, poi capirai cosa ho fatto solo per te!"
L'afferrò di nuovo per il braccio e uscirono all'aperto.
Davanti a se, Thomas vide il Tamigi più impetuoso del solito. Luke lo portò lungo una piattaforma collegata allo stabilimento, arrivando molto vicino al fiume. La nausea divenne vertigine. Erano più in alto della strada e affacciati praticamente sul fiume.
"Tom, ora dipende tutto da te cosa accadrà!", si fermarono e si guardarono negli occhi.
La mente di Thomas era concentrata su Will e sul freddo fiume.
"Cosa ricordi di Dublino?"
"Il sangue e Freeman morto ai miei piedi. Sono gli incubi più ricorrenti!", ammise, sperando di non scoprire cose peggiori di cui poteva essere lui stesso l'autore.
"Quella sera alla festa, Freeman riuscì a drogare te e Chris con del GHB. Io lo vidi aggirarsi per la festa e sospettai qualcosa dopo averti visto strofinarti addosso a quel cane di attore. Decisi di portarvi via, Ken voleva un passaggio, quindi mi dovetti accollare anche lui! Lo lasciai lì vicino e poi mi diressi verso l'albergo, però tu e Chris vi eravate messi a fare i piccioncini. Lui ti tirava a sè e tu gli sussurravi parole all'orecchio e io non lo sopportavo più!"
Il volto di Luke era infastidito e schifato.
"Chris disse di avere la nausea e io mi fermai in un vicolo appartato. Lui scese a prendere aria e tu ti appisolasti, dopo avermi risposto di farmi gli affari miei e di lasciarvi fare quello che volevate. Allora io scesi dall'auto. Ero furioso con Chris! Lui poteva averti e io no? Presi un pezzo di metallo lungo lì vicino e lo colpii mentre si stava girando verso di me. Solo che un flash mi distrasse e lo colpii male. Lui svenne ugualmente, cercai la fonte di quella luce improvvisa che continuava ad apparire e scomparire ad intervalli regolari e lo vidi!"
"Freeman?", domandò.
"Sì, mi aveva fotografato mentre cercavo di uccidere Chris. Stava sghignazzando. Era contento di avere il suo scoop! Non potevo lasciarlo andare, gli ordinai di darmi la macchina fotografica, ma lui si rifiutò. Voleva pubblicare le foto. Corse via, ma io fui abbastanza veloce da lanciargli la spranga di metallo che gli si infilò tra le ginocchia e lo fece cadere. Era a terra stordito e io ripresi il metallo e lo colpì uno, due, tre, quattro volte alla testa. Tu ti svegliasti e vedendo tutto ciò, cercasti spiegazioni. Ti dissi che Freeman aveva colpito Chris e tu mi credesti! Tu mi hai sempre creduto e ti sei sempre fidato di me, anche quella volta!"
Luke sembrava volergli ricordare tale fiducia.
"Ti inginocchiasti per controllare se l'uomo fosse ancora vivo, tentasti di rianimarlo riempiendoti i vestiti di sangue, ma era già morto! Avevi l'aria dispera, volevi chiamare aiuto. Io ti convinsi a non farlo e ti portai via! Ti dissi che nessuno avrebbe rimpianto Freeman. Caricammo Chris in auto e mentre ci allontanavamo, vedemmo una suora che doveva aver visto qualcosa e si stava allontanando a sua volta e poi quell'uomo, l'agente Laing, andare nel vicolo. Lui non ci vide!"
Thomas capì: "È per questo che i miei incubi sono peggiorati dopo averlo incontrato. Mi ricordavo di lui..."
"Sì, sì... Il giorno dopo credevo che fingessi di non ricordare e Chris non ricordasse per via della botta in testa e della sbronza. Ho sempre creduto di avere un segreto con te, ma tu non sapevi assolutamente niente di quella notte. Finchè non è riapparso il tuo amato agente!", era infastidito.
"Lui poteva farti ricordare tutto, per poi metterti contro di me! Dovevo impedigli di scoprire cos'era successo a Dublino!"
Thomas era sconvolto da tutta quella storia. Aveva messo insieme solo alcuni pezzi del puzzle sino a quel momento.
"Perchè hai finto di farti saltare in aria e come hai fatto? Io ti ho visto..."
"Tu hai visto solo quello che io volevo farti vedere! Sono salito e sceso dall'auto, senza neanche chiudere la portiera. Ero nascosto lì vicino, durante l'esplosione. Tutti guardavano le fiamme, nessuno mi vide andar via!"
Thomas cercò di restare calmo, ma la collera gli stava risalendo dalle profondità della sua anima, quando pose quella domanda: "E Ben? E Ken? Cosa c'entravano?"
Per un attimo Luke, sembrò dispiaciuto, poi l'odio ritornò sul suo volto.
"Ben si era messo a fare le domande alle persone giuste! Chris non ricordava nulla, però Jeremy Renner, quella notte a Dublino aveva ricevuto un sms da lui, dopo che eravamo rientrati nelle nostre camere. Chris si era ripreso, ma era confuso quando lo lasciai solo. Jeremy me ne parlò il giorno dopo e io gli spiegai che Chris aveva sbattuto la testa entrando in auto perché era troppo ubriaco e aveva dato la colpa a me! Il messaggio diceva: LUKE HA TENTATO DI COLPIRMI! VOLEVA UCCIDERMI!!! Per fortuna non ricordava nulla la mattina dopo e io ebbi l'occasione di cancellare l'sms inviato. Avrei dovuto uccidere anche Jeremy, se fosse stato qui!"
Thomas restò allibito per la freddezza di quell'affermazione, per fortuna, Jeremy era lontano.
Tutta quella storia era iniziata solo perché si era strofinato addosso ad un uomo che non era Luke. L'aveva sempre chiamato amico, ma per lui doveva essere qualcosa di più di un'amicizia.
"Come facevi a sapere delle telefonate di Ben a Ken e Jeremy?"
Luke sorrise: "Semplice, ho deviato le chiamate dai telefoni fissi! Tutte le telefonate passavano attraverso ad una centralina che le registrava e le rinviava a me. Sai, s'imparano tante cose se ascolti i tecnici del suono sui set!"
"E non solo quelli, scommetto. Hai imparato anche a costruire bombe artigianali, vero?"
"Sì, era divertente vedere Ben così curioso e mi sono incuriosito anch'io! Quell'esperto di esplosivi sapeva il fatto suo!"
Era soddisfatto di sè.
"È per questo che l'hai ucciso? E hai tentato di far saltare in aria un'agente dell'INTERPOL?", riferendosi a Sif.
"Si stava impicciando troppo, peccato non esserci riuscito! Quell'uomo maneggiava così tanto esplosivo, non ho resistito! Purtroppo non ha funzionato come volevo! Comunque, dove eravamo rimasti? Ah, venni a sapere dell'incontro di Ben con Ken sul tetto di quel palazzo, stranamente Ken era stato criptico al telefono e ci impiegai l'intera notte a ricordare quale fosse il posto a cui si riferisse. Doveva aver scoperto le intercettazioni."
"Non mi hai detto a cosa ti servisse intercettarli?"
Thomas stava tentando di restare calmo e di porrè domande che non facessero arrabbiare Luke. Aveva intuito le sue intenzioni, forse sapeva come uscire vivo da quella situazione.
"L'ho sempre fatto da quando ho intrapreso questo lavoro. Ho anche messo delle cimici in casa tua. Torna utile sapere cosa cercano i registi e quanto possono essere interessati i tuoi colleghi attori ad un ruolo! Poi, la storia di Dublino era una cosa da tener d'occhio! Ben non aveva scoperto molto, ma dovevo essere sicuro. Quando l'incontrai sul tetto del palazzo, credevo che sarebbe bastato sparagli, però il bastardo era armato e non capisco come mai! Abbiamo parlato e dopo lottato. Lui è caduto di sotto, ma mentre precipitava è riuscito a rallentare l'impatto con il cemento aggrappandosi alla scala antincendio. Quando andaì a controllare se era morto, arrivò un'auto con degli uomini e io dovetti scappare prima che mi vedessero!"
Thomas aveva indietreggiato di pochi passi per quanto detestasse ogni singola parola e azione di Luke, però iniziò a pensare di dover recitare se voleva uscir vivo da quella situazione.
Erano troppo vicini al fiume e non era un bene. Fece mezzo passo verso l'uomo, non poteva far nulla con i polsi ammanettati dietro la schiena, nè per Will e neanche per sè stesso.
Poteva solo recitare la sua parte e quella sarebbe stata l'interpretazione della sua vita, per la sua vita.
"Luke, perché hai rubato i verbali del caso di Ben? E lui dov'è?"
L'altro sembrava sinceramente meravigliato.
"Di cosa parli? Io non ho fatto nulla del genere!"
Domanda inutile, pensò Thomas.
"Di chi era il corpo al tuo posto? C'erano delle ossa nell'auto esplosa!"
"Non sai quant'è facile trafugare un corpo alle pompe funebri!"
Thomas fece un altro passo, doveva avvicinarsi a lui, ne valeva la vita di Will abbandonato nell'auto.
"Ingegnoso! Hai davvero fatto tutto ciò per me?"
Conservava ancora l'espressione sconvolta, era difficile cambiarla davanti a tanta violenza, ma riuscì ad accennare un sorriso distratto verso Luke.
"Sì, l'ho fatto per te! In tutti questi anni mi sono preso cura di te in ogni modo possibile."
Sorrise a Thomas per poi tornare ad essere arrabbiato.
"Dopo tanto tempo, tu hai scelto quell'agente, invece di scegliere me! Io ho aspettato che capissi quanto ti volessi bene e tu ti sei portato a letto il primo che ti abbia sorriso..."
Thomas avanzò, erano molto vicini.
"No, non è andata così! Quello che è accaduto con Will è stato tutto uno sbaglio! L'ho capito solo stamane. Lui voleva solo fare sesso con l'attore e non amare la persona che sono. Mi ha usato!"
Thomas si lasciò sfuggire uno sguardo sofferente.Una lacrima si stava affacciando all'occhio destro.
Fu Luke ad avvicinarsi questa volta.
"Scusami Luke. Ho fatto un casino. Potevo stare con te, invece ho scelto di farmi trattare come un oggetto da lui. Se tu mi fossi rimasto accanto, tutto ciò non sarebbe accaduto. Ti avrei aiutato con la storia di Freeman. Insieme potevamo affrontare tutto e tutti!"
La lacrima scivolò lungo il suo viso, Luke s'intenerì.
"C'è ancora speranza. Tom vedi la macchina là giù? La scelta è tua, comunque vada, noi due resteremo insieme!"
Thomas percepì una certa minaccia in quelle parole dal tono dolce.
"Non hai finito di raccontarmi come hai fatto con Ken! Sai, lui è in coma."
La conversazione era civile e tranquilla.
"È stata la parte più divertente. Quel Will è un idiota!"
"Perchè?", trattenne l'irritazione.
Thomas sembrava davvero curioso.
"Ken aveva telefonato alla moglie a casa e aveva detto che il giorno dopo, doveva vedere te e il suo avvocato. Io, naturalmente, ho intercettato la telefonata. Inizialmente volevo solo incastrarlo per aver spinto Ben e dovevo tenerlo in vita finchè la polizia non l'avesse sospettato per via della sua scomparsa. Poi gli avrei fatto scrivere una lettera e l'avrei fatto suicidare dallo stesso palazzo da dove avevo spinto Ben. Tutti avrebbero pensato al suicidio per via dei sensi di colpa. L'avrei costretto a scrivere anche come mi aveva fatto saltare in aria."
"Poi, cos'è andato storto?"
Erano molto vicini, l'uno di fronte all'altro.
"Avevo perso il cellulare che usavo in quei giorni, controllai dappertutto, solo dopo un pò capii che mi era caduto davanti alla villa di Ken, durante il rapimento. C'erano le mie impronte e alcuni numeri di telefono che potevano farmi, o meglio farci rintracciare in seguito."
Le parole farci rintracciare, suonavano positivamente alle orecchie di Thomas, forse, non l'avrebbe ucciso.
"Andaì a casa di Ken troppo tardi per poterlo cercare, i giornalisti avevano saputo della sua scomparsa e si erano appostati davanti alla villa. Potevano notarmi e rimandai la ricerca! Intanto la polizia era stata avvertita di strani movimenti nel mio vecchio ufficio e Ken venne arrestato! Per mia fortuna l'incolparono di tutto! L'unico problema era, se mi avesse riconosciuto mentre era drogato. Dovevo scoprire se avesse parlato!"
"E sei andato alla prigione? Come hai fatto a non farti vedere?", non dovette fingere molto d'essere curioso.
"È questa la parte divertente. Ho usato il tuo stesso trucco, ero travestito come l'avvocato di Ken!"
Thomas mostrò il viso sorpreso, ma un pensiero preoccupato andò a Wanda.
"Hai rapito Wanda? Lei è..."
"No, è viva e pure l'avvocato. Quella mattina ero venuto in ospedale per convincerti a venire via con me, prima che trovasserò il cellulare. Vidì Wanda nel parcheggio con tutta la sua attrezzatura. Pensai di poterti convincere prima di entrare in carcere. Saremmo stati soli, nessuna guardia del corpo armata nei pressi della prigione per protergerti.
Rapii Wanda e anche l'avvocato poco dopo. La convinsi a truccarmi come lui, ci volle un bel pò di trucco e protesi al silicone, ma alla fine l'effetto era ottimo. Ti aspettai davanti alla prigione, ma invece di te si presentò quel Will! Lo riconobbi subito! Lui non sospettò nulla e io dovetti entrare con lui in carcere. Per fortuna il giorno prima mi ero premunito! Sapevo dell'allergia di Ken agli arachidi. Ne avevo una barretta dolce in tasca e ebbi il tempo di sporcarci una gomma da masticare, mentre quei due parlavano. Poi, rimasi solo con Ken, non mi riconobbe, soprattutto perché rimasi davanti alla finestra con il sole che batteva, impedendo a lui di vedermi bene in faccia. Lasciai parlare lui, mi limitai a qualche frase, per non far riconoscere la mia voce. Quando me ne andai, offrii a Ken una gomma, che lui mise in bocca poco dopo. L'allergia gli chiuse la gola, mentre io ero già fuori. Decisi d'andare a cercare il cellulare con quel travestimento. Ci trovaì l'agente davanti al cancello della villa, con in mano il mio cellulare! Il resto lo sai!"
Thomas era sconvolto, ma cercò di fare una faccia affascinata.
"Geniale! Luke, non sapevo quanto fossi intraprendente! Un piano perfetto!"
Thomas gli si avvicinò di più, sentiva i suoi vestiti toccare l'uniforme rubata portata da Luke. S'allungò verso le sue labbra e sussurrò dolcemente: "Tutto ciò solo per me? Solo per avermi? È così terribile e allo stesso tempo così piacevole sapere quanto hai fatto per avere il mio amore!"
Thomas sfiorò le labbra di Luke con le sue un paio di volte, senza mai baciarlo seriamente. Se c'era qualcosa che Will gli aveva insegnato, era come tenere un uomo sui carboni ardenti.
Doveva riuscire a farsi togliere le manette e ad allontanare la pistola. Luke al terzo sfioramento di labbra, ansimò: "L'ho fatto solo perché ti amo Tom!"
"Sì, ora lo so!"
Le labbra dell'uomo non resistettero e si posarono su quelle di Thomas.
Per Luke, fu il bacio più dolce e passionale mai avuto, invece per Thomas fu l'interpretazione migliore mai fatta. Il suo pensiero andò a Will e alle sue labbra, rivoleva baciare solo quelle.
Quando Luke si ritrasse, Thomas finse di volerlo baciare nuovamente, ma l'altro lo fece voltare e dopo aver appeso la pistola alla cintura, gli tolse le manette.
Thomas tornò a guardarlo negli occhi e mise una mano sulla sua guancia, in cerca di un altro bacio.
Il più era fatto, ora doveva solo togliergli la pistola. In tasca aveva il coltello di Will, glielo aveva restituito quella mattina prima d'uscire.
Luke si lasciò baciare, mentre l'altra mano di Thomas scivolava lungo il braccio e intorno alla sua vita. Era vicino alla pistola.
"Tom, verrai con me ora?"
Lo tenne più stretto a sè: "Verrò ovunque vorrai!"
"Tom, mi ami?"
Thomas trattenne il respiro a quella domanda, era la stessa che Will gli aveva fatto solo poche ore prima. Non voleva rispondere. Non sapeva rispondere o mentire. Non era così bravo a recitare.
"Luke non puoi chiedermelo così! Dammi un pò di tempo e sarò io a dirtelo!"
L'altro sembrò amaregiato dalla risposta, ma era più realistica delle altre.
Thomas gli posò un altro bacio sulle labbra, mentre lasciava scivolare la mano leggera lungo la sua vita, avvicinandosi all'arma.
Era il momento giusto, afferrò la pistola, ma le dita di Luke si strinsero in una morsa dolorosa. Sentiva le unghie lacerargli la pelle della mano e perse la presa sulla pistola, lasciandola cadere sulla passerella metallica.
"Tom, davvero mi credi così stupido? Ti conosco troppo bene! Sapevo dal primo momento cosa volevi fare! Però devo ammettere che mi è piaciuto!"
L'altro tentò di colpirlo con un pugno, ma si ritrovò anche l'altro polso bloccato. Si domandò quando Luke fosse diventato così forte. Stava avendo la meglio.
Cercò di calciare, però l'altro l'aveva già bloccato tra la balaustra e il suo corpo, impedendogli ogni movimento.
Dietro e sotto di lui il fiume.
Gli sarebbe bastata una spinta per farlo inghiottire dalle acque.
"Luke, cosa vuoi fare?", gli urlò disperato, cercando di lottare inutilmente.
"Se non posso averti io, non ti avrà nessun altro! Moriremo insieme!"
"No, non vuoi questo! Tu mi ami, l'hai appena detto. Non puoi uccidere la persona che ami!"
Continuava a lottare, ma la presa dell'uomo non lo lasciava mai. Caddè in ginocchio sulla passerella, da lì era più difficile spingerlo oltre la balaustra.
La pistola e il coltello, erano impossibili da prendere se non si fosse liberato una mano.
Erano entrambi in ginocchio.
"Tom è inutile lottare! Resteremo insieme per sempre, cullati dalle acque del Tamigi!"
Luke si alzò, cercò di tirare su Thomas.
"No, no..."
Le urla squarciarono il silenzio, la morte si faceva sentire solo con lo scorrere delle acque.
Ad un certo punto una voce coprì tutto il resto: "Lascialo Luke!"
L'uomo si riparò dietro a Thomas, raccogliendo la pistola dalla passerella. Aveva lasciato la mano dell'attore e puntava l'arma verso il punto di provenienza della voce, continuando a usare l'uomo come scudo.
Thomas ebbe per un attimo un lampo di gioia negli occhi.
Poco lontano c'era Will che avanzava verso di loro. Impugnava la pistola, Luke non gliela aveva tolta di dosso, forse convinto che non si sarebbe svegliato così presto.
"Luke, se lo ami davvero lascialo vivere!"
L'uomo divenne furioso.
"No, non ho intenzione di lasciarlo a te!"
Thomas notò che Will faticava a prender la mira, forse l'effetto della roba iniettatogli da Luke non era ancora svanito. Doveva fare qualcosa.
"Luke non serve uccidermi! Possiamo ancora andarcene insieme! Non vuoi vivere?"
"No, se non posso averti!"
Will aveva la vista offuscata e faticava a stare in piedi.
"Luke, questo non è amore. È un'ossessione malata e perversa!"
Si mosse ancora in avanti, ma inciampò, perse la mira e quando ritrovò l'equilibrio, guardò Thomas che aveva gli occhi sconvolti, mentre un rumore assordante rimbombava nel suo petto.
Provò un dolore terribile.
Si portò una mano al petto e vide il sangue sporcagliela.
Riprese la mira, ma le gambe non lo resserò più. Si accasciò sulla passerella chiudendo gli occhi.
L'ultima immagine che Will vide fu una luce scintillante che si muoveva nella mano libera di Thomas, poi solo il buio.
Luke stava per portare la pistola alla testa dell'amato. Lui si stava agitando, ci mise un pò a capire cosa stesse facendo.
Thomas aveva afferrato qualcosa dalla tasca che fece uno scatto, mentre un bagliore del sole che stava penetrando le nuvole coprì la lama di un coltello.
Thomas, con tutta la collera che aveva, pugnalò Luke all'altezza della vita, poi si voltò a guardarlo e vide la sua faccia incredula.
Senza alcun senso di colpa, girò il coltello nella ferita e sentì il sangue caldo bagnargli la mano. Luke sussurrò: "Tom..."
L'altro ritrasse il coltello e l'uomo ferito indietreggiò fino a toccare la balaustra. Guardò il fiume e per un attimo sembrò scegliere cosa fare, poi si girò a guardare il volto freddo e duro di Thomas e decise di lasciarsi cadere.
L'altro non fece nulla per trattenerlo. Lo vide toccare le acque e sparire nelle profondità del Tamigi.
Ci mise un paio di secondi a riprendersi, poi si voltò e corse da Will.
Si inginocchiò accanto al corpo, il viso era pallido e il sangue sgorgava a fiotti dal petto, poco sotto la spalla sinistra.
Lasciò il cortello e iniziò a premere sulla ferita, mentre con l'altra mano cercava il cellulare nelle tasche di Will, non c'era, Luke l'aveva distrutto.
Sentì Will rinvenire per il dolore causato dalla pressione sulla ferita. Tossì un paio di volte, poi la bocca si sporcò di sangue.
Capì che doveva avere il polmone sinistro perforato.
Lo girò sul fianco sinistro, per permettegli di respirare senza soffocare nel suo sangue.
"Will, devi resistere. Io devo andare all'auto della polizia, lì c'è una radio. Farò arrivare i soccorsi il prima possibile, ma tu..."
"No, resta!", disse con un sibilo di voce.
"Will, devo..."
"Non voglio restare solo Tom. Ascolta, tutto questo non è colpa tua! Devi ricordartelo!", tossì.
"Will non posso perderti!", le parole gli scivolarono dalle labbra, come le lacrime lungo il viso, donadogli quello sguardo lucente che Will adorava.
"Tom, se solo ci fosse stato più tempo, saremo stati felici! Mi dispiace doverti lasciare...", la voce si assottiglio.
L'ultimo respiro, fu anche l'ultima frase: "Tom ti amo."
Chiuse gli occhi.
Thomas urlò con tutto il fiato che aveva in gola: "Will, Will, no! Non puoi morire! Ti prego!"
Lo strinse al petto, continuando a tenere la mano sulla ferita nel vano tentativo che servisse ancora a qualcosa.
Non seppe quando accaddè, ma ad un certo punto si sentì afferrare alle spalle e tirar via dal suo corpo.

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Capitolo 21
*** Morte. ***


CAPITOLO XXI

La pioggia scendeva fitta, l'aria era fredda e cupa. L'odore della terrà smossa riempiva le narici di Thomas.
Tutto gli dava l'idea di morte e non c'era da meravigliarsi visto che si trovava in un cimitero.
Guardava la tomba scavata di fresco davanti a sè, la bara era già stata poggiata al suo interno e una corona di fiori, rose rosse, copriva la lapide di pietra. Aveva una forma strana, non ne aveva mai viste a forma di cuore, con delle rose così rosse che la pioggia contribuiva a renderle di un colore più acceso, quasi sanguigno.
Non era rimasto nessuno con lui e con la bara. La pioggia aveva costretto tutti ad andare via, verso la fine erano rimasti solo lui, Jenny e Eve, ma anche loro erano state costrette a rinunciare ad assistere alla sepoltura, perché i viottoli del cimitero non erano adatti alla sedia a rotelle e l'acqua non aiutava.
Si era offerto di restare, ma l'uomo che doveva ricoprire la bara non si vedeva.
Sentiva freddo fin dentro le ossa ed era fradicio dalla testa ai piedi, eppure l'unico posto in cui voleva essere era quello.
Si sentiva in pace lì, come se tutto ciò che era successo non avesse più importanza. Neanche l'imbrunire lo spaventava, guardandosi intorno vedeva solo lapidi e costruzioni in marmo o mattoni con cancelli elaborati.
Non capiva perché l'uomo ci mettesse tanto a completare la sepoltura.
Una folata di vento fece cadere la corona a forma di cuore che finì nella fossa, appoggiandosi sulla bara. Thomas la guardò e una lacrima scese lungo le guance mescolandosi alla pioggia. Il dolore riesplose di nuovo nel suo cuore, come se stesse ricordando sensazioni che non credeva d'aver provato.
Guardò la lapide, ora visibile e il cuore iniziò a stringersi in petto. Il nome, quel nome, era la parola più dolorosa che riuscisse a pronunciare: "Will".
Scoppiò a piangere, portandosi una mano in viso, mentre qualcosa dietro ad un albero si muoveva. Ne avvertì la presenza prima ancora di vedere un lungo cappotto e la sciarpa verde-oro coperta in parte da dei lunghi capelli nero corvino.
Urlò quel nome: "Will?", ora sembrava meno doloroso, quasi un grido di speranza.
"Will!", corse verso la figura che si allontanava tra i cipressi.
Non lo vedeva bene, ma era certo di chi fosse quel corpo snello e con larghe spalle.
"Aspetta Will!"
Il cuore gli arrivò in gola, mentre l'inseguiva senza riuscirlo a vedere del tutto.
Quando sbucò in un viale del cimitero, dove si affacciavano centinaia di casette con i loro cancelli chiusi e aperti, capì d'averlo perso. Si girò a guardare in tutte le direzioni e non vide nessuno.
Riprese a piangere mentre camminava lungo il viale.
Sentiva la disperazione soffocarlo. Voleva urlare al cielo e lo fece, ma una mano l'afferrò e tirò all'interno di una di quelle casette e contro il cancello aperto.
Sentì delle labbra calde e umide, molto famigliari, posarsi sulle sue e capì d'istinto chi fosse.
Non serviva neanche guardarlo. Si strinse a lui e lo baciò come non aveva mai fatto.
Quando si staccò dalla sua bocca, rivide gli occhi verdi di cui s'era innamorato.
"Will sei vivo?"
"Tom", gli sussurrò.
"Com'è possibile? Io c'ero, ti ho visto morire!", voleva delle risposte, ma lui continuava solo a dire il suo nome.
"Tom"
Al terzo: "Tom", Will svanì, mentre una forte luce gli invadeva la visuale.
Guardò davanti a sè e vide Jenny che lo chiamava.
"Tom, scusa se ti sveglio. Volevo solo dirti che il dottore è uscito dalla sala operatoria."
L'uomo si raddrizzò sulla scomoda sedia imbottita della sala d'attesa, dove aveva passato le ultime otto ore, tanto era durata l'operazione di Will.
Il sole che entrava dalla finestra l'accecava, ma poteva comunque vedere Eve parlare con il chirurgo.
Scattò in piedi e s'avvicinò ai due, affiancato da Jenny. Il medico smise di parlare in sua presenza, questioni di privacy, immaginò. Eve l'incalzò: "Dottore, lui è il compagno di Will. Può dirgli tutto sulle condizioni di mio fratello!"
Era strano per Thomas sentirsi chiamare il compagno di Will, ma non gli creava imbarazzo in quel momento, solo una piacevole sensazione d'appartenenza.
"Come dicevo, abbiamo estratto il proiettile e ricucito tutto. Il polmone era perforato e l'arteria bucata, ci ha dato molti problemi. Abbiamo rischiato di perderlo per ben due volte, ma siamo riusciti a rianimarlo in entrambi i casi. Credo che non ci siano danni al cervello in conseguenza di tutto ciò. Per esserne sicuri dovremmo aspettare il suo risveglio e ci vorrà un pò. Adesso lo stiamo tenendo in coma farmaceutico e gli stiamo facendo delle trasfusioni di sangue, visto che ne ha perso molto. Suo fratello è davvero attaccato alla vita, dobbiamo solo sperare che risponda bene al post-operazione. Non voglio essere precipitoso, ma credo che possa risvegliarsi a giorni!"
"Possiamo vederlo?", domandò Eve.
"Sì, solo in due e per poco. È in rianimazione, non potete avvicinarvi. L'infermiera vi aiuterà!"
"Grazie dottore.", lo videro allontanarsi e tutti e tre ebbero la sensazione che in fin dei conti l'uomo non avesse dato un vero parere sulla ripresa del suo paziente.
"Vi aspetto qui!", disse Thomas con l'aria abbattuta, mentre un'infermiera s'avvicinava.
Jenny lo osservò: "Tom, puoi andare tu al mio posto? Io non me la sento di vederlo in quello stato!"
Thomas accennò un breve sorriso di ringraziamento. Voleva vederlo più di ogni cosa al mondo.
Eve non ebbe nulla da ridire. Lei sentiva di avere meno diritto di tutti di vederlo dopo ciò che era successo il giorno prima.
Vennerò accompagnati in una stanza, indossarono delle protezioni sterili per non inquinare l'ambiente di microbi. Misero anche una mascherina in viso ed entrarono in un lungo corridoio, su cui si affacciavano delle stanze divise dal corridoio da pareti vetrate.
A Thomas quel luogo ricordava il cimitero con le casette e i cancelli, lungo il viale del suo sogno.
Come nel suo sogno, trovò Will in una di quelle stanze. Era circondato da tubicini e macchinari, stava subendo una trasfusione di sangue.
Lo guardò da dietro al vetro, era tutto ciò che gli era consentito.
Eve aveva l'aria distrutta. L'ultima volta che aveva parlato con lui era stato per litigare.
"Sai Tom, lui è sempre stato l'unico della famiglia a sostenermi ed ora potrei perderlo! Jenny lo considera più un padre che non uno zio! Non so come farà senza di lui se..."
"No, non accadrà nulla di brutto a Will! Hai sentito il dottore? È attaccato alla vita!"
Le posò una mano sulla spalla, mentre lei si lasciava andare al pianto.
Doveva essere lui quello forte, anche se voleva piangere come un bambino.
"Senza di lui non so neanche come fare per l'operazione di Jenny. Lei non si lascerebbe mai operare senza poterlo avere accanto!", disse asciugandosi le lacrime.
"Per quando è fissata?"
"In questi giorni, in seguito l'equipe medica si sposterà. Non abbiamo neanche trovato la somma di denaro necessario...", venne interrotta.
"A quella ci penso io!"
Eve lo guardò contrariata.
"No Tom, tu non devi! Non è una tua responsabilità!"
Lui la guardò sicuro di sè.
"Lo è! Non posso stare fermo a guardare mentre la famiglia di Will affronta tutto questo. Lui sicuramente non me l'avrebbe permesso, ma ora non può farci nulla. Non mi costa nessun sacrificio, questo è vero, ma voglio prendermi cura delle persone che ama, perché tengo a lui e quando si sveglierà, non voglio vederlo triste, sapendo che c'era un modo per farlo felice!"
Thomas abbassò lo sguardo, non aveva nessuna pretesa sulla famiglia di Will, ma si sentiva in dovere di fare il possibile in sua assenza per farli stare meglio.
"Ora capisco!", disse vagamente Eve guardando verso il letto di Will.
"Cosa?", era curioso.
"Perchè è così felice da quando ti conosce!"
"Ma se è stato ferito in tutti i modi possibili da quando mi conosce!", disse con un mezzo sorriso amaro.
Eve lo guardò negli occhi: "Questo non importa! Ciò che importa è che lui è innamorato per la prima volta da tanto, troppo tempo!"
Lo lasciò solo a guardare Will.
Si rividero nella sala d'attesa dopo qualche minuto, Eve stava parlando a Jenny dell'operazione.
Ci volle quasi mezz'ora per convincere la ragazza a sottoporsi all'intervento. Le sue opposizioni erano legate solo al fatto di non poter stare accanto allo zio, in quei giorni così incerti.
Alla fine Thomas l'aveva convinta promettendole di prendersi cura di Will ogni giorno.

Lasciate Eve e Jenny, si diresse in un'altra ala dell'ospedale.
Trovò un poliziotto nel corridoio e capì qual'era la stanza di Wanda.
Bussò ed entrò, con lei c'era il detective Andrews.
La donna si trovava sul lettino ben coperta, aveva un'aspetto stanco.
Quella stessa mattina dopo che Andrews l'aveva tirato via dal corpo, momentaneamente, senza vita di Will, per fare in modo che i due paramedici potessero intervenire, gli aveva detto di Wanda e dell'avvocato, mentre lui costringeva il detective ad inseguire l'ambulanza.
Durante l'operazione di Will, aveva potuto raccontare ogni singola parola di Luke.
Andrews era riuscito a trovare i due quasi subito, ora che sapeva chi fosse il colpevole e di conseguenza dove cercare.
L'avvocato era già stato dimesso, mentre Wanda, causa la disidratazione, doveva restare in ospedale.
"Ciao Wanda. Come ti senti?", le prese la mano tra le sue. "Bene Tom, adesso sto bene! Non riesco ancora a credere a tutto quel che è successo!"
Tremava.
"Adesso è tutto finito. Nessuno ti farà più del male!", Thomas seppe essere molto convincente.
Uscì dalla stanza qualche minuto dopo con Andrews per lasciare lavorare il medico e l'infermiera.
Andrews si appoggiò al muro, erano soli.
"Notizie di Will?", domandò.
"Hanno detto che c'è da aspettare, più o meno. Ho avuto l'impressione che il medico non si volesse sbilanciare!"
Anche Thomas si era appoggiato al bordo della finestra di fronte all'uomo.
"Tu come stai?"
"Non lo so!", non sapeva bene come si dovesse sentire, sapeva solo che gli mancava un pezzo d'anima.
"Stiamo cercando il corpo di Luke. Solo che il Tamigi è immenso e non credo ci siano possibilità di ripescarlo!"
L'altro non voleva parlarne e cambiò discorso.
"Hai notizie di Kenneth?"
"Si è svegliato poco fa! A quanto pare, avere amici influenti aiuta! Solo adesso sto iniziando a capirci qualcosa di questa storia. Per nascondere e proteggere Kenneth hanno modificato i verbali e allontanato il medico che stava effettuando anche l'autopsia sui resti di Luke. L'hanno fatto anche con il detective incaricato dei casi prima di me."
Thomas tirò un sospiro di solievo per Kenneth.
"Com'è possibile?"
"Come ti ho detto, amici influenti! Politici importanti, credo. I servizi segreti ne sapevano qualcosa, io preferisco tenermene fuori!"
Thomas comprendeva la sua titubanza.
"E Ben? Cosa hanno fatto di lui?", aveva bisogno di sapere se aveva ancora un amico a questo mondo.
"Non sanno nulla di lui! È questo il problema! Loro non c'entrano nulla con la documentazione rubata in casa di Eve e sono preoccupati!"
"Stamane, i servizi segreti volevano parlarci e anche il vice capo Laing, perché?"
Tralasciò il nome di Damian. Non l'aveva visto in ospedale con il padre di Will quella mattina. Non doveva tenerci poi così tanto a lui se non s'era precipitato in ospedale.
Persino suo padre sembrava preoccupato da quel poco che aveva potuto vedere. Su consiglio di Andrews, non si era avvicinato a lui, mentre era in sala d'attesa.
"Volevano maggiori informazioni su Benedict. Un attore così famoso non appare dal nulla e sparisce così all'improvviso! Sono in allerta e non è un bene. Tom, tu non sai nulla di utile su dove possa trovarsi, vero?"
Si guardarono negli occhi.
"No. So meno di te e Will su di lui! Qualsiasi segreto avesse se l'è tenuto per sè!", era a disagio, si sentiva uno sciocco.
"Se vuoi tornare a casa i miei hanno finito di togliere le cimici. Abbiamo trovato anche le registrazioni telefoniche e ambientali quando abbiamo liberato Wanda e l'avvocato. Una delle microspie era in camera da letto!"
Andrews accennò un sorriso che Thomas ricambiò abbassando subito la testa.
"Che bello! Ora sapranno tutti i miei più intimi segreti, per non parlare della scorsa notte!"
"Tranquillo, mi sono accorto subito di cosa si trattasse e ho preso la registrazione in custodia! Nè io, nè nessun altro l'ascolterà!"
Con quella promessa, lo lasciò con Wanda.
Tornò nella sala d'attesa di terapia intensiva, ma non c'era nulla che potesse fare lì. Will era nelle mani dei medici e di Dio, lui non poteva neanche vederlo.
Decise di tornare a casa.

Erano già le sette quando varcò il portone, un poliziotto era rimasto là per restituirgli le chiavi di casa, l'aveva anche aiutato con un paio di giornalisti che dovevano aver scoperto il suo indirizzo.
Entrò, chiuse la porta e cambiò il codice dell'allarme, come gli aveva insegnato Will.
Fece una telefonata a sua madre e poi controllò com'era stata ridotta casa sua dopo il passaggio della polizia.
C'era qualcosa di spostato, ma nulla di rotto. Trovò il letto tirato lontano dal muro e il materaso spostato e rimesso alla buona. Decise di rifarlo e cambiare le lenzuola, era certo che non avrebbe visto una donna delle pulizie nel suo appartamento per molto tempo, dopo quella storia uscita su tutti i telegiornali.
Non gli andava neanche di cadere in depressione o lasciarsi accudire da sua madre.
Quando finì, scartò la frutta ancora sul tavolo in cucina, ma non mangiò nulla. Si guardò intorno, al resto avrebbe pensato il giorno dopo, voleva solo lavarsi e dormire.
Trovò il giubbotto di pelle di Will, era impregnato del suo odore, lo portò con sè in camera poggiandolo sul letto.
Fece una doccia e s'infilò a letto.
Osservò il giubbotto in penombra e non resistette all'impulso di afferrarlo.
Lo strinse al petto, lasciandosi invadere le narici dal dolce odore di Will e dopo qualche minuto si addormentò, i suoi sogni si trasformavano tutti in incubi.
La corona di fiori a forma di cuore era la peggiore delle immagini che la sua mente potesse partorire. Ogni volta vedeva quella corona cadere nella fossa, sulla tomba di Will.
Iniziava a temere che fosse un sogno premonitore. Will sarebbe morto e si sarebbe portato anche il suo cuore nella tomba.




NOTE DELL'AUTRICE
Eccoci qui! Finalmente sappiamo cos'è successo, chi è il colpevole e cos'è accaduto a tutti o quasi!?
Chi aveva indovinato il killer?
Comunque, spero di non aver mandato troppa gente in ospedale. Non era nei progetti.
I prossimi capitoli saranno un pò deliranti, spero vi piacciano.
Siamo quasi alla fine e sinceramente sono indecisa su cosa accadrà a Will...
Fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto se ci sono errori e sviste!
Grazie per essere arrivati fin qui.
Un abbraccio, Francesca.

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Capitolo 22
*** Sangue e vampiri. ***


Capitolo XXII

Thomas si tirò su dal cuscino, alle prime luci dell'alba. Non aveva dormito molto, incubi e ansie l'avevano tenuto sveglio.
Almeno i sogni erano cambiati, anche se in peggio. Martin Freeman morto era stato sostituito dalla bara di Will, mentre il sangue dalla corona di rose rosse. La sua mente si era data al simbolismo, pensò mentre si faceva la doccia.
Si costrinse a fare colazione con frutta, cereali e latte a lunga conservazione, cioè tutto quello che c'era di commestibile in casa, non voleva rischiare di svenire davanti al letto di Will.
Indossò abiti comodi e prese le chiavi della Jaguard. Non l'usava mai, troppo lussuosa per i suoi gusti, però in quel caso era ottima per spostarsi velocemente in città.
Entrò nel garage da una porta interna al palazzo. C'erano altre auto parcheggiate, erano dei condomini, gente benestante che non c'era mai in casa.
All'esterno non trovò giornalisti per sua fortuna, temeva di investirli per la fretta.
Attraversò mezza città in poco, era troppo presto per il traffico confuso e parcheggiò poco lontano dall'ospedale avviandosi all'entrata.
A quell'ora le visite non erano permesse, ma lui spiegò alla guardia all'ingresso, chi fosse e quale caos si sarebbe potuto scatenare quando si fosse saputo che Thomas Hiddleston era davanti all'entrata dell'ospedale nell'ora delle visite. La guardia sembrò titubante, ma poi si convinse, voleva evitare una tale confusione.
Raggiunse la sala d'attesa del reparto terapia intensiva, sperava di poter parlare, al più presto, con un medico delle condizioni di Will.
Non c'era altro posto al mondo in cui volesse stare.
All'inizio il personale dell'ospedale lo guardò con sospetto, chiedendogli anche spiegazioni della sua presenza. Ogni volta spiegò gentilmente, il patto fatto con la guardia per non creare disagio a pazienti, medici ed infermieri.
Dopo un pò si dimenticarono di lui, lo si poteva scambiare per parte dell'arredamento per quanto stesse immobile su una sedia in un angolo.
Un medico lo raggiunse verso le nove, per digli che Will era stabile e non aveva più bisogno di trasfusioni di sangue. Non era cambiato nulla dal giorno prima. Restava in coma.
"Dottore posso vederlo? Tra un pò arriverà la sua famiglia e non vorremmo creare confusione con le visite.", quasi lo pregò.
"Certo, può entrare già adesso e più tardi i suoi famigliari. Solo non intralciate il lavoro del personale!"
"Stia tranquillo! Grazie."
Un'infermiera l'accompagnò, come la sera prima in una stanza per indossare delle protezioni e poi verso la stanza di Will. A dividerli, sempre, la parete di vetro.
Thomas si soffermò a guardarlo a lungo. Will era più pallido del giorno prima, il contorno degli occhi chiusi, era scuro e scavato, mentre le labbra secche e violacee. Non poteva stare bene se aveva quell'aspetto, si scoprì a pensare.
Jenny gli si avvicinò senza far rumore, dovette chiamarlo: "Tom, buongiorno. Come stai?"
Lui si meravigliò di quella domanda. Lei avrebbe affrontato un'operazione sperimentale tra meno di ventiquattr'ore e chiedeva a lui come stava. Doveva sembrare uno straccio senza carattere.
"Io sto bene, credo... Tu sei pronta per l'intervento?"
La ragazza guardò verso lo zio.
"Sì, sono pronta da tanto! Oggi mi faranno gli ultimi esami. Spero solo che lui si svegli prima dell'operazione. Starei più tranquilla se..."
"Will si sveglierà presto, non devi preoccuparti!", ne era convinto o perlomeno ne voleva dare l'impressione.
"Hai promesso di tenerlo d'occhio! Lo farai davvero?"
Lui sorrise rassicurante.
"Sì. Non voglio perderlo così!"
Si salutarono poco dopo. Lui resto a guardarlo, forse, per ore. Alla fine un infermiere gli diede una sedia e gli disse che se voleva poteva sedersi di schiena ad una grossa colonna da cui era visibile il letto di Will.
Verso mezzogiorno il medico visitò l'uomo e mandò via Thomas. In realtà lo costrinse ad andare a pranzo, visto che era bianco in viso quanto il suo paziente.
Mangiò in sala mensa al piano terra, dove tanta altra gente si era riversata per pranzo, nessuno lo riconobbe. Erano tutti presi dai problemi di salute dei famigliari.
Anche chi lavorava lì non lo notò, forse a causa della pausa pranzo troppo breve per guardarsi intorno.
Un'oretta dopo passò in camera di Jenny.
Più tardi aveva da firmare delle carte e voleva essere sicuro che la ragazza, oltre all'operazione, avesse tutto ciò di cui necessitava.
Trovò una camera più accogliente delle altre. La ragazza sembrava stanca per via degli esami e le tenne compagnia in attesa del ritorno della madre dalla visita a Will.
Eve arrivò poco dopo.
"Tom, sei qui! Ti cercavo!"
"Sì, perché? Qualcosa non va? Will...", in un secondo penso al peggio.
"No, no! Nulla del genere. Solo che mio padre è da Will adesso. Volevo evitarti di averci a che fare!"
Thomas tirò un sospiro di sollievo. Aveva compreso la preoccupazione di Eve, se lui si fosse imbattuto nel vice-capo Laing.
Will gli aveva già spiegato quanto poco apprezzasse le sue scelte di vita. Lui era una di quelle scelte. Però, era felice di sapere che fosse andato a trovare il figlio.
"Capisco. Andrò da Will più tardi!"
"Mi dispiace che tu debba subire anche questo! Nostro padre non è sempre stato così. Dopo la morte della mamma, si è dato tante colpe e qualcuna l'ha data anche a Will. Oggi sembra che le cose stiano cambiando. Quando Will si sveglierà, forse riusciranno a perdonarsi tante cose a vicenda e ad accettare anche te, ma per ora è complicato!"
"Tranquilla non mi devi spiegazioni."
Non sarebbe stato lui a spezzare quell'affetto ritrovato che stava nascendo nel cuore del vice-capo Laing.
Lasciò le due donne e si occupò di scartoffie. Si assicurò che anche Will avesse le migliori cure e attenzioni.
Mentre metteva la centesima firma su dei moduli, un uomo sulla sessantina gli si affiancò. Era di un'eleganza sobria e occhi tanto profondi da scrutare fino in fondo all'animo umano.
"Signor Hiddleston è un piacere fare la sua conoscenza!"
L'aveva visto il giorno prima e ci mise un pò a reagire, mentre lui gli tendeva la mano.
"Vice-capo Laing.", gli strinse la mano, impallidendo.
"Mi dispiace conoscerla in queste circostanze. Sono appena stato da Will, il dottore ed Eve mi hanno raccontato quanto sta facendo, anche per la piccola Jenny!"
Gli stringeva la mano senza mai lasciarla.
Thomas temeva il peggio, fissando il suo sguardo di ghiaccio.
"Voglio rendermi utile! Lo devo a Will!"
L'uomo accennò un sorriso che sembrava più un ghigno, gli ricordava Will.
"Sappiamo bene entrambi perché lo stà facendo!", affermò: "Ma le sono grato lo stesso signor Hiddleston!"
"Tom", lo corresse.
Capiva lo sforzo che stava facendo per parlare all'uomo di cui era innamorato il figlio più giovane.
"Tom, grazie!"
Gli lasciò la mano e andò via. Thomas restò a guardarlo, mentre si allontanava, per poi riprendere a firmare moduli.
Ritornò da Will, nulla era cambiato. Prese posto sulla sua sedia spalle alla colonna e restò ad osservarlo.
Alle sue spalle, sentì un discorso tra due infermiere, che attirò la sua attenzione. Dicevano che delle sacche di sangue zero negativo erano sparite nel corso dell'ultima settimana, in due occasioni diverse.
Una delle due donne scherzò, tirando in ballo i vampiri o la stregoneria, l'altra invece, sembrava credere più alla teoria del criminale ricercato ferito.
Dopo un pò, le due infermiere tornarono alle loro occupazioni. Thomas si domandò di quale gruppo sanguigno era Will e se avesse rischiato la morte per la mancanza di sangue zero negativo. Avrebbe chiesto ad Eve.
In serata venne buttato gentilmente fuori da un infermiere che sembrava aver compreso bene il suo affetto nei confronti di Will.
Aveva davvero bisogno di riposarsi, non poteva passare ogni istante lì.
Andò a fare la spesa e tornò a casa.
Passò la notte stringendo il giubbotto di pelle con l'odore di Will, oramai era come la copertina di Linus.
Gli incubi erano sempre gli stessi: cimitero, bara, corona di rose e, si era aggiunto un particolare, Ben. Lo sognò accanto a lui e alla lapide di Will. Stava dicendo: "Perchè non mi hai cercato? Sai che sarei venuto ad aiutarti!", il tono distaccato.
"Ben, ma tu sei scomparso, forse morto."
"Sarei venuto per te e il tuo amore!", indicò la bara nella fossa, poi si chinò e sollevò la corona a forma di cuore di rose rosse.
Prese una rosa e se la porto all'occhiello della giacca, pungendosi un dito con le spine. Il sangue usciva copioso tanto da cadere sull'asfalto, non erano più nel cimitero, ma di fronte al palazzo da dove era caduto Benedict.
Lui era a terra, si muoveva in una pozza di sangue esageratamente ampia.
Thomas si svegliò sudato.
Per diverse ore, prima di andare all'ospedale, pensò a quel sogno.
Passò prima da Jenny, stava per entrare in sala operatoria. Eve e il nonno erano già lì. Si sedette nella sala attesa a pochi passi dal vice-capo Laing.
Eve era andata da Will ora che poteva ancora allontanarsi, poi sarebbe stato più complicato.
"Le posso chiedere delle indagini su Benedict Cumberbatch?", domandò timoroso Thomas all'uomo.
"Perché vuoi saperlo Tom?", era il tono deciso di un uomo che non aveva altri toni di voce.
"E solo che ancora non si è capito dove sia finito e se sia vivo!"
L'uomo sembrava aver voglia di parlare: "Crediamo che abbia un passato da spia! Il problema è che non è dei nostri, altrimenti a quest'ora l'avremmo saputo! Sicuramente è vivo, visto che non si trova il suo corpo."
"Vivo e ferito.", preciso Thomas.
"Perchè lo credi?" domandò, prestando maggior attenzione all'attore.
"Bhè, ha perso molto sangue e se...", si bloccò.
Il sangue.
Era quello che il suo sogno cercava di dirgli.
"Tom cosa..."
Si ridestò dalle sue riflessioni.
"Vice capo Laing, ho bisogno di sapere il gruppo sanguigno di Ben!"
"Perchè?", era stupito di tale domanda.
"Perche se è zero negativo, allora qualcuno l'ha rubato da questo ospedale per curare Ben!"
L'uomo sembrò incerto. Poi prese il cellulare e si allontanò per fare diverse telefonate.
Quando tornò disse: "Ottima intuizione! Cumberbatch è zero negativo e la polizia sta riprendendo in mano l'indagine rimasta in sospeso, riguardo al furto di sacche di sangue. Avremo presto notizie da Andrews!"
L'uomo si soffermò ad osservare Thomas.
"Gli somigli tanto e non solo per l'aspetto. Hai il suo stesso intuito! Forse, potrei imparare ad accettare..."
Lasciò la frase in sospeso, ma l'altro comprese.
Lasciò Eve e suo padre ad attendere la fine dell'operazione, voleva vedere Will.
Prese il suo solito posto sulla sedia, mentre guardava il volto dell'amato, meno pallido del giorno prima.
Andò via solo diverse ore dopo, quando Eve gli mandò un messaggio sul nuovo cellulare che aveva tirato fuori da un cassetto di casa. L'operazione era terminata.
Uscì dalla sala rianimazione e si trovò davanti Andrews. "Tom ti cercavo, volevo dirtelo io."
"Dirmi cosa?", nella sua mente si prefigurò il peggio.
"Abbiamo scoperto dove è stato Benedict finora!"
I suoi occhi erano spalancati.
"È vivo?"
"Non ne siamo sicuri al cento per cento, ma qualcuno l'ha operato e curato, in una stanza nel centro di Londra. C'erano le sacche di sangue vuote rubate e i suoi effetti personali, compresi i documenti! Dobbiamo aspettare il verdetto dei servizi segreti. Hanno preso loro l'indagine in mano! Vogliono capire, senza intromettersi nelle indagini della polizia!", il detective sembrava che si stesse levando un peso dallo stomaco.
Finalmente Andrews stava capendo qualcosa di tutta quella storia, c'era un certo sollievo in lui, ora che le prove ricomparivano e lui riceveva il materiale necessario a fare bene il suo lavoro.
"Ma lui?"
Era in ansia.
"Lo abbiamo mancato di poco. È stato portato via, forse ieri!"
Thomas non ci credeva, disse tra se e se: "Ben, sei vivo!"

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Capitolo 23
*** Amici ed ex. ***


CAPITOLO XXIII

Il detective Andrews, spiegò a Thomas com'erano arrivati alla stanza sotterranea al centro di Londra, dove era stato tenuto nascosto Benedict Cumberbatch sino a poco tempo prima.
Stavano camminando lungo i corridoi dell'ospedale per raggiungere Eve e il vice-capo Laing. Jenny sicuramente avrebbe impiegato un po' a riprendersi dall'anestesia.
L'uomo spiegò a grandi linee che, riprendendo l'indagine dalle impronte rilevate dopo il furto delle sacche di sangue, avevano trovato due ladruncoli già schedati per altri furti. Di norma, si sarebbero fermati a quei due con le indagini, visto il loro aspetto e abbigliamento in stile gotico che lasciava pensare all'utilizzo del sangue per qualche rituale da pseudo-vampiro.
Però, se si cercava di rintracciare Benedict, bisognava andare oltre. Quindi sia il detective e sia Sif, ritornata in servizio, li avevano messi sotto torchio. Dopo neanche dieci minuti i due avevano spifferato tutto, a iniziare da un uomo che li aveva pagati per prendere quel determinato sangue.
Avevano detto che l'uomo era un grosso trafficante capace di procurarsi di tutto per clienti d'ogni tipo.
A quel punto Sif, con l'aiuto di Damian, avevano trovato il trafficante in un pub e dopo aver creato una tale confusione tanto da riuscire ad allontanarlo dai suoi scagnozzi, l'avevano terrorizzato a morte.
Thomas riflette sul fatto che non aveva visto nè Sif e nè Damian. Dell'uomo non gli importava nulla, anzì preferiva tenerlo lontano da Will, ma Sif, lei era la sua partner. Perchè non era ancora andata a trovarlo, ciò non lo capiva.
Andrews sembrò intuire il suo pensiero: "Sai, quei due hanno messo a ferro e fuoco mezza città solo per Will! Però Sif non sopporta di vederlo così indifeso in un letto d'ospedale, ecco perché non è venuta a trovarlo! È una cosa da agenti. Quella d'essere feriti in servizio è una paura molto comune tra di noi. Vedere un collega in quelle condizioni ci blocca e non ci fa svolgere al meglio il nostro lavoro! Credo che si senta anche un po' colpevole per non averlo sostenuto sin dall'inizio."
"E Damian, perché non è venuto a trovarlo? Lui aveva un motivo più importante per stare qui!"
La domanda gli uscì rabbiosa, il tono era quasi disgustato.
"Tom, a dire la verità, lui è venuto di sera, sul tardi!"
Era stupito e umiliato. Credeva di essere uno dei pochi a dedicargli tutto il suo tempo, invece c'era anche lui. Il primo amore di Will che si aggirava per la sala rianimazione, mentre lui era a casa a stringere la sua giacca, era un pensiero doloroso.
"Ah, davvero?!", abbassò lo sguardo.
"Tom, non farti strane idee sul conto di Damian. È uno dei migliori nel suo lavoro e credo abbia ancora qualcosa in sospeso da chiarire con Will per nostra fortuna! Almeno così è dalla nostra parte, invece di metterci i bastoni tra le ruote com'è tipico dei servizi segreti! In questo momento è una furia solo per Will e a noi ci fa comodo. Quindi, non prenderla male! Era chiaro a tutti cosa tu fossi per Will, dal primo momento che vi abbiamo visto insieme."
L'uomo si era soffermato per rassicurare Thomas.
Era vero, pensò l'attore, dal primo momento tutti avevano intuito cosa stesse sbocciando tra di loro.
"Finisci di raccontare!"
L'altro continuò: "Come stavo dicendo, Damian e Sif hanno interrogato il trafficante. L'uomo era già abituato al terzo grado della polizia e dell'INTERPOL, ma non si aspettava i servizi segreti e Damian furioso. Ciò che ha fatto, preferisco non raccontarlo, persino Sif non ne parla. Alla fine gli ha tirato fuori le informazioni di cui avevamo bisogno. Ha parlato di un medico che l'aveva pagato per procurargli della morfina, anestetici e sangue zero negativo. Abbiamo rintracciato i movimenti di questo medico che operava senza licenza nei bassifondi, sempre grazie a Damian, ma quando siamo arrivati nel sua sala operatoria sotterranea, era già tardi! Non c'era più nessuno. Neanche il medico!"
"Quindi alla fine è stato tutto tempo perso! Se solo avessi intuito prima la connessione tra Ben e il sangue rubato!"
Andrews sorrise. "Che fai? Ci rubi il lavoro!"
Anche Thomas sorrise. L'ultima volta che aveva sorriso davvero, era stato tra le braccia di Will.
Iniziava a capire che non tutto andava per il verso giusto, ma non poteva farsi abbattere ad ogni sconfitta della vita. Ora doveva lottare solo per Will. Benedict se la sarebbe cavata, lo sentiva.
Arrivati davanti alla porta della camera di Jenny, trovarono il vice-capo Laing. Andrews gli dovette ripetere tutto da capo.
Thomas si meravigliò, era andato prima da lui e poi dal vice-capo, aveva tenuto a informare prima l'attore.
Eve era in camera con Jenny che si stava svegliando lentamente, l'operazione sembrava andata bene.
I tre uomini continuarono la conversazione fuori dalla camera per un pò.
Thomas si sentiva osservato e giudicato dal padre di Will, ma in modo positivo, forse le cose sarebbero davvero cambiate tra lui e suo figlio.
Passò il resto della giornata dividendosi tra Will e Jenny; la cosa si ripeté per diversi giorni.
La mattina passava prima da Jenny, che si stava riprendendo dall'operazione splendidamente e non vedeva l'ora di poter andare a trovare lo zio, poi andava da Will, sempre dopo il ritorno di Eve dalla visita al fratello.
Nè Jenny e nè Will restavano soli a lungo.
La sera si addormentava sempre cullato dall'odore che andava svanendo con il tempo dalla giacca di pelle.
Gli incubi erano svaniti, solo la brutta sensazione di sapere di Damian accanto al letto d'ospedale di Will lo infastidiva.
Era passata una settimana dal ferimento dell'uomo e dalla morte di Luke, anche se si rifiutava di pensare a lui.
Aveva parlato con Kenneth al telefono un paio di volte e tra di loro sembrava tutto a posto. Il regista aveva persino riso quando gli aveva parlato del travestimento di Will.
Thomas era felice di sapere dei suoi miglioramenti, ora mancava solo che l'uomo di cui era innamorato si svegliasse.
Quel giorno passo come gli altri. Solo verso sera, l'infermiere che gli aveva procurato la sedia vicino alla colonna, gli propose di entrare con lui dentro la stanza sterile di Will.
"Signor Hiddleston, ora non c'è nessuno! Se vuole questa è un'occasione che non le ricapiterà presto!"
Thomas non se lo fece ripetere, anche se il suo viso si era bloccato in una smorfia di nervosismo. Era ansioso e spaventato di potersi avvicinare a lui dopo tanto.
Quando l'infermiere aprì la porta a vetro, lui avanzò quasi in trance, i suoi occhi si concentrarono solo sul viso dell'uomo.
Era sempre intubato, il viso appariva sereno come se stesse sognando qualcosa di bello.
Gli sfiorò la mano, poi si fece coraggio e la strinse delicatamente.
"Will, Will. Non farmi scherzi. Devi tornare da me. Ho bisogno di te, Will!"
Disse con la voce più dolce che possedeva.
"Avevamo detto che c'era tempo, dimmi che non ci siamo sbagliati! Svegliati! Fa' questa cosa per me! Ti amo."
Dovette uscire dalla stanza prima di essere scoperto dal personale e prima di scoppiare a piangere in modo indecoroso.
Corse fuori dall'ospedale trattenendo le lacrime fino all'auto. Era troppo per lui quella situazione, iniziò a singhiozzare sul volante mentre andava a casa.
Si addormentò di nuovo abbracciato al giubbotto di Will, continuando a versare lacrime.
La mattina dopo andò da Jenny, ci rimase più a lungo del solito, Eve non tornava dalla visita al fratello.
Alla fine Jenny, vedendo la sua impazienza, che stava contagiando anche lei, gli disse: "Va da zio Will! Mamma si dev'essere fermata a parlare con i medici, visto che ci mette tanto."
Lui non se lo fece ripetere. Egoisticamente abbandonò la ragazza per correre dal suo uomo.
Davanti alla sala rianimazione fermò il primo infermiere che incontrò, era quello della sedia e della sera prima.
"Scusi. Posso entrare a fare visita all'agente Laing?"
L'uomo lo fissò.
"Come non glielo hanno detto?"
Thomas sbiancò e una brutta sensazione gli attraversò tutto il corpo.
"Cosa?"
L'infermiere lo guardò e poi accennò un sorriso.
"L'hanno trasferito stamane. Ieri sera dopo la sua visita, ha riaperto gli occhi. Nessuno se l'aspettava così all'improvviso. L'abbiamo trasferito al piano di sopra."
Thomas scattò urlando un grazie all'infermiere. Doveva chiedere informazioni, la nuova camera era allo stesso piano di quella di Jenny.
Chiese a un'infermiera che gli indicò la stanza ventuno.
Camminò quasi correndo, osservando i numeri dispari su un lato del corridoio: diciassette, diciannove e ventuno.
Era arrivato, la porta era aperta, e si affacciò di lato, era teso e ansioso.
Non sapeva cosa dire o cosa fare. Temeva di scoppiare in lacrime e fare la figura dell'innamorato disperato.
Guardò verso il letto e la scena che vide non era proprio ciò che s'aspettava.
Will era seduto, il letto rialzato. Un uomo dai capelli rossi era seduto sul letto. Fin qui non c'era nulla di strano, il problema era che stava baciando le labbra di Will.
Quelle labbra appartenevano solo a Thomas, ma non doveva essere proprio così.
Il bacio continuò per un paio di secondi, poi l'uomo si staccò fissando Will negli occhi.
Lui sembrava non aver risposto al bacio, forse per la mancanza di forze, però si era lasciato baciare.
Quando Will si voltò notando Thomas sulla porta, i suoi occhi s'illuminarono.
L'uomo se ne accorse e si alzo dal letto.
L'altro ci mise un po' a realizzare cosa avesse visto Thomas, rimasto con il viso paralizzato. Fu l'uomo dai capelli rossi a parlare: "Tu devi essere Tom?"
Lui biascicò un "Sì"
"Piacere Damian Lewis! Mi dispiace non poter restare, ma sono sicuro che tu ti prenderai cura del nostro Will!"
Così dicendo si volto un'ultima volta verso Will e andò via lasciando cadere un: "Arrivederci"
Thomas rimase a pochi passi dalla porta, guardava l'uomo nel letto ricambiato e solo dopo qualche secondo Will a ruppe il silenzio.
"Ehi, ciao!"
L'altro ricambiò con un timido: "Ciao"
"Avvicinati."
"No, sto bene qui!", iniziò a muoversi per la stanza come un animale sofferente in gabbia.
"Cosa ti prende? Non sarai geloso di Damian?"
Era irritato: "No!"
"Sapevi di lui!"
Continuava a muoversi nervoso.
"Sapevo che eravate stati insieme e non che...", non trovava le parole senza sembrare davvero geloso, come sosteneva l'altro.
Intervenne Will: "Quello che hai appena visto, era solo un addio! Nulla di più. Dai, avvicinati. Vieni a sederti accanto a me!"
"Sto bene qui, ti ho detto!"
L'altro sorrise e posò la mano nel punto in cui s'era seduto Damian, insistente: "O vieni qui, oppure vengo io lì! E non credo sia una buona idea nelle mie condizioni. Mi vuoi avere sulla coscienza, dopo che hai passato una settimana davanti al mio letto? Eve e Damian mi hanno raccontato tutto durante la notte. Volevano chiamarti, ma io gliel'ho impedito! Non volevo farti fare una notte in bianco senza motivo! Ti volevo in forma per il resto della giornata! Tanto non credo che tu abbia altri impegni."
"Perché mi volevi in forma?", stava cedendo.
"Ho bisogno di te! Adesso vieni qui!"
Quella frase aveva più significati.
Thomas si avvicinò a disagio e si sedette. Il letto sembrava avere i chiodi in quel punto, forse perché c'era stato seduto Damian prima di lui.
Posò la mano sul lenzuolo, mentre guardava di sfuggita Will, non riusciva a fissarlo negli occhi dopo quel bacio.
Il dito indice dell'altro, gli sfiorò il dorso della mano, per poi insinuarsi sotto di essa con il resto della propria mano. Istintivamente si strinsero l'una nell'altra.
Solo allora Thomas si voltò a guardare i suoi occhi smeraldo.
"Era davvero un addio? Se volessi tornare con lui capirei. È stato il tuo primo..."
"Non voglio stare con lui! Era davvero un addio, nulla di più!"
Sorrisero entrambi. "Come stai Will?"
"Abbastanza bene, a detta dei medici! Tu, invece? Ti sei fatto una settimana d'inferno. Ho sentito che ti sei pure messo a fare l'investigatore con mio padre?", sorrise beffardo.
"È stata solo un'intuizione. Tuo padre non è poi così male quando ci passi un po' di tempo insieme! Will, mi sei mancato!", gli sfuggì inavvertitamente quell'affermazione.
"Avevi paura di perdermi?"
"Sì!", gli occhi s'inumidirono.
"Abbracciami!"
Thomas guardò il camice che doveva coprire qualche tubicino oltre alla ferita alla spalla. Poi si avvicino con il busto delicatamente a lui e lo strinse a sè con dolcezza. Senti la mano destra, l'unica libera, posarsi alla base della nuca mentre poggiava il viso sulla spalla buona dell'uomo.
Sfiorò con le labbra il suo collo e respirò il suo odore misto a disinfettante. Non poteva credere di essere tornato fra le sue braccia dopo tanto.
Ora non c'era più niente e nessuno a dividerli, si appartenevano l'uno l'altro.
"Non ti metterai a piangere spero?", gli sussurrò in un orecchio.
Thomas si sollevò dalla spalla con gli occhi bagnati.
"No, non piango!"
"Vedo!", gli asciugò le lacrime con la mano destra.
"Sei bellissimo quando piangi!", l'altro lo guardò confuso.
"Sì, lo so Tom! Suona perversa come frase. Voglio dire che i tuoi occhi sono stupendi in questo momento!"
L'altro sorrise felice. Poteva morire anche in quel preciso momento e non gli sarebbe importato, sapendo che Will stava bene.
L'uomo lo tirò a se con il braccio destro. Thomas si rese conto che sarebbe stata dura tenerlo a bada per il resto della giornata. Ma in quel momento si lasciò baciare senza far resistenza, anche se le labbra di lui erano state su quelle di Damian.
Era felice finalmente.




NOTE DELL'AUTRICE
E adesso cosa può accadere di brutto???
Se siete arrivati fin qui, nonostante il mio modo di scrivere, vi stimo tanto per il coraggio!
Scusate se ci sono tanti personaggi, ma c'è l'intenzione di scrivere un secondo racconto con alcuni di loro, capirete nel caso lo scriva sul serio! Comunque, esiste già una storiella natalizia che segue questa ff, tranquilli nessuno muore o finisce all'ospedale, credo... Sapete come sono certi pranzi di Natale!
Ci avviciniamo alla fine.
Grazie per l'attenzione. Ciao.

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Capitolo 24
*** L'attore e l'agente. ***


CAPITOLO XXIV

Come aveva previsto Thomas, Will non gli permise di stare lontano dal suo letto per troppo tempo.
La mattina era passata tra le visite di routine dei medici, e qualche visita a sorpresa di amici e famigliari.
Andrews e Sif entrarono nella stanza di Will verso le undici. La loro era una visita di lavoro, infatti Andrews fece qualche domanda all'uomo riguardo a tutto ciò che ricordava prima di finire in ospedale.
Thomas rimase stupito e sconvolto da quanti particolari Will avesse memorizzato durante il tragico rapimento da parte di Luke. Lui era stato capace di dirne meno della metà, comunque tutto coincideva con la sua versione dei fatti.
Sif si limitò a poche parole, era tesa e imbarazzata. Aveva supposto il peggio quando il partner era venuto a Londra e si era dovuta ricredere, rischiando pure la vita.
Tra di loro si risolse tutto, quando lei cerco di scusarsi e Will si rifiutò di ascoltare le sue scuse. Erano colleghi e lo sarebbero stati sempre e in qualsiasi situazione, le scuse erano superflue.
Andrews li aggiornò sulle ricerche del corpo di Luke nel Tamigi che ancora non si trovava, ma ciò era normale trattandosi di un fiume di quelle dimensioni.
Andarono via entrambi soddisfatti, lasciando Will a tormentare Thomas.
"Torna qui!", gli ordinò malizioso.
"No, se non la smetti!", si lamentò l'attore sorridendo.
Si stavano divertendo a punzecchiarsi come una vecchia coppia.
"Dai!", Will fece la faccia imbronciata che gli riusciva molto bene, per sfortuna dell'altro.
"Ok. Però, tieni la mano a posto o ti faccio bloccare anche il braccio destro!"
Will si portò la mano al petto per dimostrargli la sua buona fede.
Thomas tornò ad occupare il posto sul letto, dove era stato seduto anche Damian, con il passare del tempo, era diventato il suo posto.
Will non gli diede neanche il tempo di accomodarsi che usò il braccio libero per tirare a sè l'amato e baciarlo aspettandosi una breve resistenza, dovuta più al fatto di trovarsi in una stanza dove il personale entrava ogni mezz'ora circa, senza contare le visite.
Si baciarono dolcemente.
Nessuno dei due voleva rinunciare a quel tempo in più concessogli dal Fato. Se avessero potuto chiudere la porta, non si sarebbero limitati ai baci e alla mano malandrina di Will, che provocava in modo molto esplicito Thomas.
"Fermo con quella mano!"
"Non fare il timido! Lo so che ti piace!"
Thomas l'afferrò e intrecciò le sue dita tra quelle dell'altro. Era l'unico modo per tenerlo buono. Tornò a baciarlo, fu allora che sentirono bussare sulla porta aperta.
"Scusate. Se preferite ripassiamo più tardi!", lo disse in tono scherzoso, ma era chiaro quanto fosse infastidito da ciò a cui aveva assistito il padre di Will.
"Papà! Non ti aspettavo!"
Thomas si allontanò cercando di sembrare il meno affrettato possibile, poi notò l'altra figura sulla porta.
"Mamma, cosa ci fai qui?"
La signora Hiddleston sembrava riflettere sulla scena che si era presentata davanti ai suoi occhi, Thomas non le aveva raccontato proprio tutto al telefono sul conto di Will, ma sicuramente la donna doveva aver iniziato ad intuire qualcosa sul conto del figlio.
"Ero passata a vedere come stavi e come stava l'agente Laing. Hai passato una settimana qui ed iniziavo a preoccuparmi. Qui fuori ho incontrato il signor Laing e abbiamo scambiato qualche parola."
Nè Will e nè Thomas osavano pensare cosa si potevano esser detti.
Thomas riflettè qualche secondo, mentre il vice-capo parlava con il figlio della ferita e della sua salute.
"Mamma, forse è meglio se usciamo."
Will capì.
Quando furono fuori dalla camera, l'uomo guardò la madre e si domandò come si potesse dire alla propria madre, dopo trentatre anni senza mai un dubbio, che era innamorato di un uomo.
Non era gay. Era solo Will la persona che desiderava anima e corpo.
"Tom, come stà il tuo amico?", lei prese la parola in tono dolce e comprensivo, si aspettava la verità.
"Stà meglio e lui non è mio amico!", prese fiato e lo disse: "Lui è... Noi siamo... Noi stiamo insieme!"
La donna non si scompose, lui sudava freddo e non capiva perché.
"Ne avevo avuto il sospetto da qualche giorno."
"Sei delusa?"
"No. Solo un po' sorpresa. Tu stai bene?", era evidentemente nervoso agli occhi della madre.
"Sì, adesso che lui è sveglio, sto bene!"
"Questo è l'importante! Sembra molto innamorato di te?"
Thomas sorrise, era da lei impicciarsi della sua vita sentimentale.
"Lo siamo tutte e due!"
Nella stanza di Will, il discorso non era molto diverso.
"Ti da ancora fastidio, papà?"
"Cosa?", domandò l'uomo avvicinandosi alla finestra e al figlio.
"Io che bacio un uomo!"
"Credo, che dopo tanto mi sono abituato!"
Sembrava tutto più facile da dire tra loro; la paura di perdere Will aveva semplificato le cose.
"Sei un pessimo bugiardo, ma apprezzo il tentativo!"
"Almeno questo è decente!", riferendosi a Thomas.
Will sorrideva, stranamente si sentiva felice di riavere il padre accanto dopo tutto quello che aveva passato.
"Perchè, gli altri com'erano?"
"Degli altri non mi è mai importato, anche se ritenevo che nessuno di loro ti meritasse! L'unico con cui non volevo vederti era Damian!"
Era serio.
"Aspetta. Fammi capire! Tu eri infastidito a causa sua e non mia?", l'illuminazione di quella frase, portò Will a essere confuso.
Aveva passato tredici anni della sua vita a pensare che il problema fosse lui, invece non era così.
"Will, non sono mai stato contento delle tue relazioni. Volevo farti conquistare tutto più facilmente di quanto ci avessi messo io all'INTERPOL, ma se avessero capito che eri gay all'epoca, la tua vita non sarebbe stata semplice, neanche una volta divenuto agente! Damian non era, e non è neanche adesso, una brava persona. Ogni volta che è ritornato nella tua vita, ti ha complicato tutto e poi era anche un sadico e violento!"
Will ricordò alcuni particolari di quella relazione che aveva rimossi dalla mente. Aveva dato troppa importanza alle parole di Damian allora, ma adesso era in grado di comprendere meglio le cose.
"Però, tu ci lavori insieme? Io credevo che non vi parlaste nemmeno!"
"È capitato in questa situazione! Stamani al telefono gli ho detto di lasciare Londra se aveva finito il suo lavoro qui!"
Ora capiva il motivo di quell'addio e di quel bacio. Sorrise: "Hai mandato via lui perché preferivi vedermi con Tom?", sorrise.
"Preferirei vederti far carriera con una moglie accanto e dei figli, ma se non è possibile, mi accontento di vederti con una brava persona come Tom e non con un bastardo come Damian!"
Will era meravigliato.
Dopo anni d'incomprensioni e cose non dette o dette con rabbia dovuta al dolore per la perdita della madre, ora tutto si stava risolvendo. Erano bastati solo un proiettile e il coma per arrivare a tutto ciò.
"Mi hai detto che la mamma era morta per la vergogna! Per colpa mia...", era malinconico.
"Ho dato la colpa a te, perché non volevo ammettere a me stesso che mi aveva tenuto all'oscuro dei suoi problemi di salute! Non voleva essere di peso con noi. Avevamo già troppe cose a cui pensare secondo lei. Era fatta così! Mi dispiace di averti accusato.", gli occhi di ghiaccio si sciolserò in un pentimento sincero.
"È tutto a posto, papà!"
Will era felice, aveva aspettato per troppo tempo quel momento.
"Will possiamo entrare?", Thomas era sulla porta con sua madre.
"Sì. Noi stavamo solo chiacchierando. Tu hai...", si limitò a quell'accenno.
Sperava che non avesse nascosto alla madre la loro storia. Thomas sorrise mentre, sistemava una sedia accanto al letto per la madre, per poi riprendere il solito posto sul letto al suo fianco, girato verso i due visitatori pur guardando negli occhi Will.
Quel gesto e quello sguardo erano un'ammissione.
"Io e mia madre abbiamo parlato e sei invitato a cena appena esci dall'ospedale!", gli prese la mano: "Ti avverto, non so se ti convenga! Ti farà il terzo grado!"
La donna si finse offesa: "Così mi fai passare per un'impicciona, Tom!"
Will prese la parola rivolgendosi a Thomas: "Se mi minaccia di morte e mi sbatte contro il muro, capirò da chi hai preso!"
Thomas ricordò quel giorno, voleva fargli male o qualcos'altro.
"Minacce di morte?", il vice-capo sembrava curioso, ma non preoccupato come lo sarebbe stato nel caso si fosse trattato di Damian.
Nella stanza regnava la serenità.
"Oh, sì! Ha un futuro come sbirro! Riuscirebbe a farti confessare tutto a forza di minacce!"
Risero tutti.
La conversazione continuò su quel tono.
Il vice capo non ebbe necessità di fare domande al figlio, aspettava il verbale di Andrews per chiudere quella storia o almeno parte di essa, c'era ancora Benedict Cumberbatch da trovare.
Lasciarono i due soli, dopo un'oretta.
Will costrinse Thomas ad andare a pranzo. Lui non poteva mangiare, ma aveva da cambiare la medicazione e non voleva che l'altro vedesse la ferita prima di lui.
Quando la vide, capì che sarebbe rimasta una vistosa cicatrice di circa dieci centimetri di lunghezza. I medici avevano dovuto aprire il foro per estrarre il proiettile e ricucire tutti i danni.
Si consolò vedendo che i lividi sulla spalla erano spariti o quasi.
Il medico gli lasciò ancora la flebo nel braccio.
Lui si sentiva bene, anche se il suo stato d'animo era dovuto alla morfina in corpo.
Eve passò a vedere come stava, quando Thomas era ancora via. Durante la notte erano riusciti a parlare della loro lite e con un po' di difficoltà avevano risolto; tutto sembrava tornare al suo posto.
Thomas passo l'intera giornata con lui, poi lo mandò via per la notte. La mattina dopo era di nuovo seduto accanto a lui.
Gli avevano tolto la flebo ed anche se il braccio sinistro appeso al collo era d'impaccio, non si faceva mancare i baci di Thomas.
Quel giorno, tentò di alzarsi dal letto troppo in fretta, per sua fortuna l'altro lo sorresse, conducendolo vicino alla finestra aperta per prendere un po' d'aria rigenerante. Rimasero abbracciati a godersi il tramonto su Londra.
Thomas fece fatica ad andare a casa quella sera.
Il giorno dopo lo passarono tra la camera di Jenny, ancora bloccata a letto e quella di Will. Jenny stava migliorando e in pochi mesi si sarebbe rimessa in piedi. Will era felice come mai l'aveva visto Thomas.
"Domani, forse mi fanno uscire!", annunciò.
"Davvero? Così presto?"
"Sì, ho la pelle dura, lo dovresti sapere? Mi chiedevo, visto che Eve e Jenny staranno qui per un bel po', io sarei da solo a casa loro. Tornare a Dublino finchè non mi rimetto in salute non è necessario e poi sicuramente aspettano che finisca il periodo di malattia per licenziarmi. Bhe, mi chiedevo se posso stare da te?", chiese timidamente.
Thomas rispose con aria seria: "Ma certo! La camera degli ospiti è sempre pronta!"
"La camera degli ospiti? E tu lasceresti un pover uomo convalescente solo per tutta la notte?"
Thomas continuò con la sua farsa.
"La camera degli ospiti è sempre meglio del divano per le tue condizioni!"
"Pensavo che mi avresti ospitato nel tuo letto! Se non vuoi, posso sempre vedere se a Damian avanza un letto!"
Thomas storse il naso a quel nome. Afferrò il viso di Will e lo bacio sulle labbra per poi fermarsi a guardarlo negli occhi: "Il mio letto è tuo! E non solo quello!"
Lo stava provocando dal giorno prima.
"Thomas puoi andare a chiudere la porta?"
Lui obbedì, sapeva cosa volesse fare.
Il medico lo bloccò sulla porta. Occasione persa.
Il dottore visitò Will più accuratamente del solito e poi si raccomando: "Riposo assoluto, nessuno sforzo o movimento brusco con quel braccio o potrebbe riaprirsi la ferita al petto."
Will fece un segno di assenso, ma i suoi occhi erano puntati sul corpo di Thomas.
La mattina dopo la passarono con Jenny.
Thomas parlò al telefono con Jeremy e Chris. Chris era sconvolto per tutta quella storia e ora che conosceva i particolari aveva iniziato a ricordare qualcosa di quella notte a Dublino. Si promisero di sentirsi spesso.
Will venne dimesso solo in tardo pomeriggio. L'infermiera gli consegno le ricette per le medicine e un foglio con tutto l'occorrente da comprare per cambiare la medicazione.
Lasciarono l'ospedale verso le sei di sera. Eve gli aveva portato in un borsone i vestiti che aveva a casa sua.
Will indossò dei jeans, una felpa comoda, scarpe sportive e il giaccone, aiutato da Thomas che fece grande fatica nel resistere alle provocazioni dell'uomo ferito.
Thomas quel pomeriggio aveva parcheggiato la Jaguard più vicino del solito all'entrata dell'ospedale, per non stancare troppo Will, che si ritrovò a guardare l'auto con occhi sognanti.
"Bell'auto!", si lasciò scappare.
"Vuoi guidarla tu?", domandò mostrandogli le chiavi all'altezza del viso.
L'altro sembrava avesse avuto un'apparizione divina dallo sguardo che lanciò alle chiavi.
"Magari la prossima volta! Con quel braccio e gli antidolorifici in corpo, non puoi!", sorrise sadico.
Diede il braccio a Will per aiutarlo a salire, mentre l'altro lanciava saette d'odio con lo sguardo.
Durante il tragitto, dovevano fermarsi in farmacia per prendere l'occorrente per la ferita e le medicine.
"Tom mi dai la lista e una penna per favore?"
L'uomo gli passo le due cose e lo vide aggiungere qualcosa nell'elenco per poi chiudere il foglio in due.
"È davvero una bella auto! Non vuoi proprio farmela guidare? Solo dalla farmacia a casa!"
"Non oggi. Non sei in condizioni!", precisò, meno cattivo di prima.
Trovò parcheggio di fronte a una grossa farmacia e scese prendendo i fogli e le chiavi dell'auto per far un ultimo dispetto a Will.
Lui sghignazzò, mentre lo vedeva entrare e consegnare i fogli al farmacista dietro al bancone.
Si sarebbe accorto dello scherzo giocatogli dall'amato troppo tardi.
Will lo vedeva già diventare rosso come un peperone, ma quando tornò, sembrava sereno e calmo, troppo calmo.
Passò il sacchetto di carta a Will.
"Hai preso tutto?", chiese serio.
"Sì, tutto quello che volevi!", partirono.
Lui aprì il sacchetto e scopri che c'era proprio tutto, anche il gel per massaggi e giochi erotici che aveva aggiunto nella lista per vendicarsi di avergli impedito di guidare la Jaguard.
Scoprì che c'erano tutti e tre i tubetti della lista.
"Bastardo!"
Will scoppiò a ridere di gusto, rischiando di far saltare i punti, seguito dall'attore solo dopo un paio di minuti.
La casa, era come l'aveva vista l'ultima volta, le tende chiuse e la solita desolazione in cucina.
Andò in camera da letto per posare il sacchetto su un comodino, Thomas lo seguì con il borsone.
"Ehi, questo è il mio giubbotto! Perché è così stropicciato?", lo raccolse dal letto: "Dimmi che non ci hai fatto quello che penso?", domandò con aria maliziosa.
"No, c'ho solo dormito!"
Thomas divenne rosso quando capì cosa avesse appena ammesso.
"Ora non ti servirà più! Hai me e io non mi stropiccio così facilmente!"
Era pura malizia quella di Will.
"Devi startene buono per qualche giorno con quei punti!"
"Tom davvero credi che me ne starò buono? Figuriamoci! Solo stasera avrò bisogno del tuo aiuto per farmi una doccia o un bagno come si deve!"
Si divertiva a provocare. Thomas un pò meno, rischiava d'ammazzarlo se si fossero strappati i punti, mentre facevano qualcosa di diverso dal riposarsi.
"Cosa vuoi mangiare?"
"Cosa c'è in cucina?", domandò, consapevole della risposta: "Forse, è meglio ordinare una pizza!"
Thomas si lamentò perché non era un alimento adatto a uno appena uscito dall'ospedale, ma alla fine la ordinò.
Avevano un'ora in attesa della cena.
"Cosa vuoi fare in attesa?"
"È presto per una doccia. Guardiamo un pò di tv?"
Thomas si diresse in soggiorno, senza sospettare che Will si stesse sistemando sul letto davanti allo schermo ultrapiatto, fissato alla parete di fronte.
Tornò indietro e si accomodò anche lui sul letto poggiando la schiena sui cuscini. Si era rassegnato all'idea che l'uomo non gli avrebbe reso le cose facili, neanche per un'oretta.
Inaspettatamente, Will se ne stette tranquillo con il telecomando nella mano destra. Guardarono dei servizi giornalistici proprio incentrati su di loro e su Benedict, Kenneth e Luke.
La storia raccontata variava da giornalista a giornalista. I conduttori già avevano interpellato esperti d'ogni tipo. Nessuno di loro conosceva la realtà dei fatti. Almeno per adesso, presto si sarebbero fatti i nomi di Freeman e del tizio ucciso durante il terribile incendio al capannone.
"Tom, come stai?"
"Io bene! Non sono io quello ferito!"
"Sai cosa voglio dire! Luke..."
Thomas si voltò a guardarlo. Era duro e freddo: "Non ne voglio parlare!"
"Quando ti andrà, io sarò qui ad ascoltarti."
L'altro divenne più dolce: "Lo so Will, ma adesso non voglio!"
L'agente dopo qualche minuto disse: "Basta tv!", spense e posò il telecomando sul comodino.
"Vieni qui!"
Thomas roteò gli occhi e rassegnato s'avvicinò a lui. Will gli accarezzo il viso: "Finalmente soli! Dov'eravamo rimasti signor Hiddleston?"
"Eravamo rimasti al dottore che si raccomandava riposo!"
Si sentì tirare dal solito braccio libero di Will per essere baciato.
Decise di rilassarsi un po', in fondo Will era comodamente adagiato sui cuscini, non poteva far danni in attesa della pizza. Era stato un baciarsi continuo in ospedale, ora erano liberi di lasciarsi andare a qualche carezza più intima.
Il respiro di Will era già spezzato: "Il dottore può dire quello che vuole! Io ti voglio e non ho intenzione di fare il malato nei prossimi giorni!"
Thomas si limitò a baciarlo, sperando che il campanello della porta lo salvasse dal desiderio di strappargli i vestiti di dosso, cosa che anche Will desiderava fare.
L'arrivo della pizza segno la fine del primo match.
Decisero di cenare prima e dopo Will chiese aiuto per farsi un bagno. Dovevano stare attenti a non bagnare la garza che copriva la ferita, mentre sciacquavano i corti capelli neri di Will, che aveva detto di volerli far ricrescere lunghi. L'altro non ne sembrava felicissimo.
Anche il bagno di Will fu una tentazione terribile, l'aiuto di Thomas per insaponare la schiena dell'agente aveva scatenato il desiderio in entrambi. Riuscirono a resistere, promettendosi di rimandare il tutto a dopo il cambio della medicazione, anche se Thomas continuava a far resistenza.
"La trovi orribile? Se vuoi finisco io!", erano seduti sul letto.
Will aveva solo un asciugamano addosso e Thomas, dopo una veloce doccia, si era infilato i pantaloni del pigiama.
"Ho già fatto! E poi non è così brutta! Fa tanto sbirro tosto!"
Posò l'occorrente, imbattendosi di nuovo nei tre tubetti di gel per massaggi e altro e li butto in un cassetto, mentre Will se la rideva nuovamente.
"Ora vieni qui!", l'agente si sistemò sotto il piumone azzurro, sfilandosi a fatica l'asciugamano.
"Continuo a dire, che non mi sembra una buona idea! Hai sentito il medico, devi stare a riposo!"
"Io sono a riposo! Sei tu che dovrai darti da fare!"
Gli sorrise, Thomas si spinse sul suo corpo stando attendo alla ferita.
"Cos'hai in mente Will?"
"Oh, qualcosa che ti piacerà!"
Thomas capì. Il grosso del lavoro sarebbe toccato a lui, ma anche il grosso del piacere, sarebbe stato suo.
"Will non voglio farti male in queste condizioni."
Quello di Thomas fu un sussurro, più che un vero tentativo per convincerlo a rimandare. Il piacere aveva già preso il sopravvento non appena aveva toccato il corpo di Will.
Ogni bacio era sempre più caldo e le carezze si concentrarono sul lato destro del corpo di Will, sino a scendere in basso seguite dalla bocca di Thomas.
Sentiva il corpo provare piacere sotto il suo tocco e i respiri diventare sempre più affannosi, lenti e irregolari.
"Ehi, guarda che non te la cavi con così poco! Togliti quel pigiama e torna qui con le labbra!"
"Davvero non mi sembra una buona idea!"
"Fà come ti ho detto!", fu perentorio.
L'uomo obbedì.
Quando tornò a baciarlo sulle labbra, Will gli aveva già dischiuso le gambe e aspettava che si decidesse a prendere l'iniziativa.
"Per caso non ti piace l'idea di fare l'amore con me?"
"Sì, voglio! Non hai idea di quanto ne ho voglia, ma non sono sicuro di esserne capace!", era rosso in viso.
Will intuì una sorta di timidezza che gli aveva già visto in altre occasioni.
"Devi solo comportarti come hai sempre fatto sesso. Non è poi così diverso da farlo con una donna, credimi!"
Gli accarezzò il viso e lo vide prendere sicurezza tra un bacio e l'altro.
Dopo un po' si abbandonò al desiderio per Will e fece ciò che non aveva mai pensato di fare a un uomo.
Vide l'altro provare piacere ad ogni suo movimento e ogni tanto, lo vedeva sorridere in modo beffardo, senza capire se lo stesse prendendo in giro o fosse piacevolmente divertito.
Per evitare il suo sguardo nei momenti in cui mostrava tutto il suo piacere lo baciava con passione, certo che a Will quelle attenzioni piacessero più del sesso vero e proprio.
Quando raggiunse il culmine, senti Will sussurragli: "Anch'io!"
Non capì finchè non gli domandò qualche minuto più tardi, perché avesse detto quelle parole.
Will lo strinse a se sentendo la loro pelle calda e sudata, bruciata dalla passione appena consumata.
Rispose: "Ti ho risposto anch'io, perché tu mi hai detto ti amo!"


~FINE~



NOTE DELL'AUTRICE
Siamo alla fine o quasi, manca l'epilogo e (visto che sono un po' rompiscatole) poi segue una storiella molto più breve intitolata SFIDA DI NATALE con alcuni personaggi qui presenti!
Domanda: vi è piaciuta? Posso scriverne un seguito meno giallo e un po' più alla 007 ? Fatemi sapere.
Devo ringraziare un sacco di persone per avermi aiutato e sostenuta (minacciata) nella stesura di questa storia e i vari gruppi dedicati a Tommino dove la ff è nata ed è stata ispirata, e in un paio pubblicata.
Spero di averla migliorata un po' nel pubblicarla qui!
Ora vi lascio all'epilogo, ditemi se posso continuare su quell'idea e se siete curiosi di leggere una seconda OSSESSIONE?
UN ABBRACCIO, FRANCESCA

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Capitolo 25
*** EPILOGO ***


EPILOGO

"Signor Cumberbatch o preferisce essere chiamato Lock?"
L'altro lo guardò dal letto su cui era seduto, faticava a respirare, figurarsi a risponde, ma non voleva dare l'impressione a quell'uomo di essere debole.
"Mi chiami come meglio crede! Non cambia nulla a questo punto!"
"Vero. A questo punto lei non è nè Benedict Cumberbatch e neanche Lock. Però...", si muoveva per la stanza con fare scenico: "Lei è sempre uno dei nostri e come tale pretendiamo sempre che sia fedele alla grande madre Russia!"
"Vi ho mai dato motivo di dubitare della mia fedeltà?"
I due si guardarono per qualche secondo.
"Sì. Quando si è esposto per il suo amico attore Hiddleston! Se non si fosse messo ad indagare non saremmo dovuti intervenire, per sua fortuna direi, visto il pericolo a cui si è esposto!"
Lock si alzò dal letto e andò incontro all'uomo elegantemente vestito, ogni volta che l'aveva incontrato a Londra, gli aveva sempre visto tra le mani un ombrello nero con il manico finemente decorato. Aveva qualcosa di signorile nel suo atteggiamento e molto irritante.
"Io ho sempre fatto il mio dovere. Nessuno sospettava che io fossi una spia. Potevo cavarmela anche senza il vostro intervento!"
Era minaccioso ma anche l'altro ne dava l'idea.
"A dire il vero, aveva già un agente dell'INTERPOL alle costole! Quel Laing stava arrivando alla sua vera identità, se non fosse stato distratto dal suo caso d'omicidio, l'avrebbe capito! Abbiamo eliminato il grosso delle tracce, ritardando l'intervento dei servizi segreti di Sua Maesta, altrimenti a quest'ora sarebbe rinchiuso in una cella con dei torturatori, invece di essere qui assistito da un medico!"
"Tracce, quali tracce?", domandò senza far trasparire la sua preoccupazione per le persone della sua falsa vita precedente.
"L'agente Laing aveva raccolto materiale sul suo passato e come lei ben sa è tutto una menzogna! Stava per capire con chi aveva a che fare. Abbiamo portato via dalla centrale della polizia e da casa sua i documenti riguardanti la sua infanzia e adolescenza. Certo, non siamo stati gli unici a farlo, visto che pure i servizi segreti inglesi volevano nascondere informazioni per proteggere il loro illustre cittadino Branagh. Hanno fatto il nostro gioco!", disse tutto ciò con un tono che a Lock dava ai nervi.
Detestava quell'aria da saputello che conosceva da quando era bambino.
"Non avrete fatto del male a qualcuno?", sibilò di fronte a lui.
"No. Questa volta no! La prossima potrebbe non andare così! Ora veniamo agli affari signor Lock. Per adesso deve restare nascosto per la convalescenza, ma presto dovrà tornare sul campo!"
"Con questa faccia mi riconosceranno ad ogni passo!", sostenne.
"Non sopravvaluti la sua celebrità! La gente dimentica presto!"
"Cosa dovrò fare?"
"Usare le sue conoscenze e il suo talento d'attore. Ora che è libero da quella maschera da bravo attore inglese, sono curioso di scoprire cos'è in grado di fare!"
Sorrise e si avviò verso la porta, l'unica apertura in quella stanza.
"Farò solo ciò che riterrò opportuno! Era questo il patto quando ci siamo conosciuti! Non ucciderò, torturerò o sequestrerò nessuno!"
"Vedremo Lock da quant'è bravo!", lasciò la stanza.
L'uomo si accasciò sul letto, era dolorante. Le costole gli erano state risistemate e i tagli ricuciti, ma richiedevano tempo per guarire del tutto.
In cuor suo sperava che quel tempo passasse il più lentamente possibile.



DUBLINO
Il cellulare vibrò nella tasca del cappotto di Will per la centesima volta quel giorno, ed erano solo le dieci di mattina.
COSA HA DETTO TUO PADRE?
Rispose: ANCORA NON SONO ENTRATO NEL SUO UFFICIO. TI FACCIO SAPERE, ORA SMETTILA CON GLI SMS!
Dopo qualche secondo vibrò di nuovo: SÌ, COME NO! SAPEVI CHE SAREBBE ACCADUTO QUESTO DOPO AVERMI TENUTO CHIUSO IN CASA PER DUE SETTIMANE E AVER ABUSATO DEL MIO CORPO!
Will sorrise, immaginava il ghigno divertito di Thomas, mentre scriveva quelle cose.
La segretaria di suo padre doveva aver capito, da quand'era arrivato, che quelli non erano messaggi di lavoro.
NON FARE IL SANTARELLINO! DEVO RICORDARTI IL TAVOLO DA PRANZO!?
"Will vieni!", disse suo padre affacciandosi alla porta del suo ufficio.
Quando entrò rimase stupito di trovare Damian.
"Ehi, cosa ci fai qui?", gli chiese.
Lui non rispose, si limitò a guardare il vice capo Laing prendere posto dietro la scrivania.
"Damian è qui per farti una proposta!"
Proposta era una parola che non osava immaginare quando si trattava di lui.
"Prima di dirti di cosa si tratta, voglio assicurarti che sei ancora un agente dell'INTERPOL! Sembra che il tuo ragazzo abbia chiesto favori molto in alto. Sicuramente andare a scuola con un membro della famiglia reale aiuta nella vita!"
Non riusciva a credere che l'avesse fatto, ne aveva parlato, ma non lo credeva capace di chiedere un tale favore.
Il cellulare vibrò, ma lui non lo tirò fuori dalla tasca.
"E ora arriviamo alla parte più importante. Damian ha bisogno di collaboratori per dare la caccia a Cumberbatch. Sif ha già accettato. Questa è un'occasione a cui non puoi rinunciare per la tua carriera. I servizi segreti vi useranno come collaboratori e non come loro agenti, quindi farete capo alla sede centrale dell'INTERPOL a Londra. Sono sicuro che l'idea di trasferirti lì non sia un problema per te. Come tuo superiore ti dico di accettare, però come padre spero che tu non lo faccia! Cosa decidi?"
Damian guardava il vice-capo di traverso. Quasi sicuramente era stato zittito dall'uomo, affinché Will decidesse liberamente.
"Com'è possibile che serva una squadra congiunta dell'Interpol e dei servizi segreti per quell'uomo?", la domanda era rivolta a suo padre.
"Cumberbatch è una spia. Non sappiamo quasi nulla di lui e di cosa ha fatto mentre fingeva, piuttosto bene, di essere un attore. Dobbiamo saperlo e trovarlo! Ci sarà anche Andrews nella squadra."
Will aveva già deciso quando aveva sentito parlare di Londra. Sarebbe stato accanto a Thomas, l'unico prezzo da pagare era la compagnia di Damian e il fatto di dover dare la caccia al miglior amico del suo amato. Sif aveva deciso per il bene della sua carriera, lui lo fece per il bene della sua relazione.
"Ok. Vado a Londra!"
La risposta fu fredda e rivolta più a Damian, che fu libero di parlare.
"Ci sarà da divertirsi! Non vedo l'ora d'iniziare. Ci vediamo là!"
Così dicendo, lasciò la stanza.
"Pessima idea Will! Se fossi rimasto qui, prima o poi avresti avuto il trasferimento a Londra! Non sono sicuro che tu abbia preso la decisione migliore per te e soprattutto per Tom!"
"Sta tranquillo papà! Troverò Cumberbatch e mi sbarazzerò di Damian una volta per tutte. Ho capito cosa sta facendo! Non glielo permetterò come in passato!"
Lasciò l'ufficio poco dopo, consapevole che lavorare con Damian era davvero rischioso, Thomas non l'avrebbe presa bene.
Il cellulare vibrò di nuovo. Due messaggi: ALLORA, COSA HA DETTO?
Tornò sul messaggio precedente non ancora letto: STAMANE HANNO CONSEGNATO UN TAVOLO DA PRANZO PIÙ ROBUSTO. TI VÀ DI PROVARLO, APPENA PUOI TORNARE? HIHIHIHI...
Will sorrise. Avrebbe dato la notizia una volta a Londra, magari mentre testava il nuovo tavolo con Thomas.
SONO ANCORA UN AGENTE, QUINDI MI LASCIANO ANCORA USARE LE MANETTE! COM'È IL NUOVO TAVOLO?



~FINE~

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