L'altro eroe

di Phantom13
(/viewuser.php?uid=435019)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il disgraziato prescelto ***
Capitolo 2: *** Ma stiamo scherzando?! ***



Capitolo 1
*** Il disgraziato prescelto ***


Davide e Mattia, questa è per voi! :D
 



L’altro eroe
 


Capitolo 1 -Un disgraziato prescelto-

-E vedi di ricordarti di comprare anche il latte, capito?-
-Sì, sì.- fu la svogliata risposta del ragazzo biondo, dalla faccia assai strapazzata, con due occhioni azzurri che comunicavano una sola parola: letargo. Se aveva voglia di andare fuori a fare la spesa a quell’ora? Neanche da discutere.
Ma quando il dovere –o meglio, la mamma- chiama, non ci sono scappatoie. Mai!
Scese le scale per raggiungere il piano terra, abbandonando la dolce protezione rassicurante della sua comoda cameretta. I gradini di legno di lamentarono con un sonoro cigolio, ma il ragazzo cigolò anche più forte di loro. Con uno scrocchio generale d’ossa e giunture, raggiunse con uno sbuffo annoiato il piano terra.
-Datti una mossa, fannullone! E se vuoi mangiare in orari civili, vedi di sbrigarti, o qui non riuscirò a combinare un pasto decente prima che i tuoi fratelli si mettano a strepitare!-
Quella dolce creatura che aveva appena ruggito in quella soave maniera, era la squisita donna che l’aveva adottato. Lui e altri quattro bambini. La chiamava “mamma”, anche se non lo era davvero. L’aveva cresciuto, però, il che avrebbe dovuto includere già di per se una sorta di rispetto e affetto per quella tirannica figura femminile. E quei sentimenti c’erano eccome, caldi e pulsanti nel suo petto, però quando la brava donna esigeva (non chiedeva, esigeva) da lui aiuti in casa, ogni buon proposito crollava. Soltanto perché lui era il più grande! E quelle altre quattro pesti indemoniate sonnecchiavano e giocavano a sbaffo tutto il giorno!
Raggiunta la porta di legno che dava sulla strada, sradicò una sacca per la spesa da uno dei ganci infissi nel muro, requisì la borsa con i soldi, spalancò il suddetto uscio e un’ondata di fresca aria mattutina satura di sole lo schiaffeggiò in piena faccia. Passandosi una mano tra i capelli in quello che avrebbe potuto sembrare a coloro che non lo conoscevano bene un vago tentativo di rassettarsi la chioma irrimediabilmente arruffata, si avviò per la via ciottolata a passo rilassato.
Le guglie del Castello di Hyrule svettavano in tutta la loro maestosità sul cielo azzurro cobalto, sovrastando senza paragone i tetti di tegole delle case del borgo e le relative foreste di comignoli e di abbaini. Alcuni uccellini cinguettavano da qualche parte, mentre un venticello giocherellone correva e soffiava per la via, accarezzando le varie finestre, le intelaiature di legno delle case, i fiori sui davanzali e le vesti dei passanti.
Il ragazzo diede un calcio ad un sassolino aumentando un poco l’andatura, senza però impedirsi di apprezzare l’aria che ancora recava tracce della frescura notturna e ancora libera dal peso afoso del giorno pieno. Andò dritto per qualche minuto, seguendo la via, poi svoltò in una stradina ombrosa a sinistra per poi sbucare nella coloratissima via maestra del borgo. Il lastricato di pietra quasi nemmeno si vedeva, seppellito da decine e decine di piedi e gonne struscianti.
Il vociare della gente, la calca variopinta degli abitanti della città, gli schiamazzi dei venditori, le grida dei bambini. E i profumi! Ah, quelli erano i migliori! Il pane fresco, la frutta colorata, i fiori colti di fresco, le spezie e le erbe.
Camminando in mezzo a tutto ciò, e solo vagamente conscio della lista della spesa che gravava nella sua tasca, il giovane hylian si prese tutto il tempo per sgranchirsi i muscoli assonnati, passeggiando a piacere tra quella chiassosa manifestazione di vita. Se proprio l’avevano buttato giù dal letto, che per lo meno potesse godersela un minimo!
Un massiccio goron gli tagliò la strada, e il ragazzino non potè evitare di rimanere a bocca aperta. Osservò con stupore l’andatura di quell’essere di pietra che si allontanava. Esultando mentalmente, dovette ringraziare sua madre per averlo spedito fuori, oppure si sarebbe perso il passaggio dell’esotico abitante del Monte Morte. Aveva visto soltanto altri due goron in vita sua, ed era una meraviglia ogni volta. Così possenti, forzuti, indistruttibili!
Raggiunse con calma la bancarella di verdure (Verdure! Orrore!) e salutò di malavoglia il venditore.
-Ciao, Rack.- borbottò. –Un quarto di zucca, tre lattughe e otto carote, per favore.-
L’uomo si voltò verso di lui. –Oh, buongiorno.- lo salutò, scoppiando poi a ridere vista la sua espressione da temporale. –Altro minestrone in arrivo, presumo. Vostra madre è saggia a farvi mangiare tanti cibi sani.- aggiunse gratuitamente l’ultimo commento, cominciando a raccattare le verdure richieste.
-Forse ci ha scambiati per mucche.- ruminò il ragazzino, guardando con angoscia quegli obbrobri della natura che sparivano nella sua sacca.
-Dai, su con la vita!- rise ancora Rack, che per essere uno nato e cresciuto in mezzo a cavolfiori e melanzane aveva un senso dell’ironia mostruoso. –Ho notizie di qualcuno di verde che ti farà risorgere la giornata.- disse, ammiccando.
Gli occhi dell’hylian si illuminarono come due soli. –Hai notizie dell’Eroe? Ha fatto qualche altra impresa? Dimmi, ti prego!-
Di tutte le generazioni in cui la sua esistenza avrebbe dovuto cominciare, il fato gli aveva riservato un posto sulla stessa fascia temporale della Leggenda. Si recitavano storie, se ne parlava a scuola, si leggevano racconti, si ascoltavano canti. Ma nessuno si sarebbe aspettato che gli Eventi si ripetessero in quella stessa Era. Tutti avevano tremato all’arrivo delle Orde Oscure. Un esercito di infauste creature mai viste prima erano sbucate da una nebbia color fumo. Razzie e paura erano dilagate ovunque, fortunatamente sempre sufficientemente distanti dal borgo. Tutto ciò  era accaduto una settimana prima. Ma poi, Lui era arrivato. Nessuno sapeva da dove fosse sbucato, né tanto meno chi fosse realmente, restava il fatto che un giovane vestito di verde si era schierato da solo a contrastare quell’avanzata di tenebra. Ed era riuscito ad arrestarne la propagazione.
Si vociferava che la Principessa in Persona fosse in contatto con lui, e che lo sostenesse e lo guidasse con la sua magia. In città si sussurrava che si dovessero recuperare tre antichi artefatti per poter sprigionare appieno la potenza purificatrice della Spada Sacra, che l’Eroe portatore del Coraggio impugnava, poiché da troppo tempo l’arma era rimasta sepolta.
Si parlava anche di Triforza, di Coraggio, Saggezza e Forza. Soggetti tanto astratti che lui non aveva potuto far altro che sognare, al riguardo. Da piccolo era solito immaginare l’eventuale arrivo del misterioso Eroe vestito di Verde che avrebbe sbaragliato il Male. Aveva sognato, nella sua limitata mentalità da bambino, di poter osservare quelle battaglie e magari di potervi partecipare, aiutando il Grandissimo nella sua impresa.
Il fatto che quella stessa leggendaria figura camminasse proprio in quell’istante, proprio in quel tempo, sulla stessa terra su cui ora lui poggiava i piedi lo rendeva a dir poco euforico. Non l’aveva ancora visto, l’Eroe. Ne aveva solo sentito parlare. Sapeva che c’era. Due giorni prima, guardando da una finestra aveva intravisto un cavaliere galoppare a tutta velocità verso il Monte Morte, aveva sperato che si trattasse di Lui, ma non ne aveva la certezza.
-Di meglio, amico!- rispose il fruttivendolo, ridendo. –Ho ben più di qualche voce.-
Gli occhi del ragazzo erano al limite del rotolamento fuori dal cranio. –E parla! Avaraccio che non sei altro!-
L’uomo rise ancora. –Da fonti attendibili, ho la notizia che lui verrà qui, in città. Si dice che abbia trovato il secondo Artefatto, ora deve riporto nel Tempio del Tempo, come ha fatto con quello precedente.-
Il giovane hylian per poco non cascò in schiena.
La prima volta che il Grande Eroe era venuto in citta, lui, povero disgraziato, s’era perso tutto l’evento poichè … era stato costretto a lavare i piatti per conto di tutta la famiglia, che a dir la verità assomigliava di più ad una ciurma di pirati, ma erano dettagli.
Ma ora gli si presentava una seconda opportunità!
Quella volta, cascasse la luna, l’avrebbe visto!
Un boato di voci esplose dalla piazza, quella davanti al castello. Il pensiero della borsa della spesa non passò neanche per l’anticamera del cervello del ragazzo.
Si fiondò come una freccia verso la direzione delle voci, mentre sempre più gente cominciava ad incamminarsi in quella direzione. Fortunatamente, i suoi riflessi fulminei gli avevano fatto guadagnare tempo. Continuò a correre, sterzando tra giacche e mantelli, fino a sbucare direttamente in piazza.
Purtroppo per lui, era assai più vicino del previsto.
L’Eroe era esattamente davanti a lui, voltato pure dalla sua parte, mentre guardava con sorpresa la folla di gente accorsa a rendergli onore.
Il ragazzino fece giusto in tempo a constatare con eccitazione che Lui era esattamente uguale a quello che le storie dicevano. Sfortuna vuole che lo stivale del tarchiato ometto alla sua sinistra gli fece quasi perdere l’equilibrio.
Incespicò, sventolò selvaggiamente le braccia e l’equilibrio, per Grazia Divina, non lo abbandonò. Ma grazie a tutto quell’agitazione, ora gli occhi blu dell’Eroe erano fissi su di lui.
Si sentì avvampare il viso. Non c’era dubbio che fosse arrossito fino alla punta dei capelli. Indietreggiò di mezzo passo, e stranamente non andò a cozzare contro nessuno. Un attimo prima c’era una folla assurda, ora attorno a lui c’era il vuoto.
E l’Eroe lo stava guardando. Gli sorrise, forse divertito dalla scena, mentre un silenzio di tomba assordava le orecchie del giovane impiastro d’hylian.
Loro due avevano gli stessi capelli, riuscì a pensare il poveretto. Stesso biondo chiaro, stessi occhi blu, per giunta. Forse, solo, l’Eroe aveva un qualche anno più di lui, due o tre probabilmente.
L’Eroe era perciò più alto, più muscoloso, vestito di verde, con lo scudo e la Spada Sacra appesi alla schiena, una fatina scintillante gli svolazzava vicino ad una spalla. Lui, invece, mezza calzetta, era magro, tutto ossa, avvolto in classici vestiti marroncini, per di più spiegazzati, e che gli andavano troppo grandi. Niente fierezza nello sguardo, niente maestosità. Solo un ragazzo che aveva l’innata capacità di creare danni dal nulla.
Con notevole ritardo, il giovane hylian notò che l’Eroe aveva in volto un’espressione affaticata, aveva i muscoli tirati, e gli sanguinava un braccio.
Però, nonostante tutto, gli stava sorridendo. E in risposta, non potè fare altro che abbozzare un malriuscito sorriso. Si sentì un idiota, ma gli sorrise comunque.
L’Eroe ridacchiò appena e si voltò, per attraversare la piazza e raggiungere il Tempio, che stava di lato al Castello.
Lui, impiastro vagante, era ancora paralizzato, come di pietra.
-Che stai facendo lì, deficiente!- a risvegliarlo dalla paralisi fu la scrollata di colletto che gli fece una certa persona a lui molto famigliare, purtroppo. Una pulce pulciosa, dai capelli bruno chiaro, che faceva di nome Loom. L’unico altro terremoto oltre a lui che vivesse tra le mura del borgo. L’hylian e l’umano, una doppia minaccia potenzialmente inarrestabile. Inutile dirlo, erano grandi amici.
-Io?- balbettò l’hylian.
-Chi altro qui attorno s’è permesso d’infastidire a quel modo l’Eroe, eh?-
-Mi hanno fatto inciampare.- si difese debolmente, ancora scosso. L’altro fece per rispondere ma venne ammutolito.
Il sole sparì di colpo.
Una nube innaturale, di un malsano color nero violaceo, inghiottì nel giro di qualche secondo l’intera arcata del cielo. L’Eroe, poco più avanti, quasi dall’altro lato della piazza, si bloccò, voltandosi indietro, mano già sull’elsa della spada.
Le forze del Male erano tornate, già si sapeva, ma non s’erano mai avvicinate al Castello, dove regnata la Principessa, che con la Saggezza li avrebbe difesi tutti. Per di più,  ora era presente anche l’Eroe. Dunque, l’idea che un attacco si scatenasse in piena piazza era impensabile, sempre rimasta stranamente distante nelle menti degli abitanti.
-Oh Dee…- ansimò Loom. –Che diavolo è quello?-
Un fulmine rosso si abbattè al centro esatto della piazza, sibilando e scoppiettando. Fu il panico, la gente corse via, urlando. Il ragazzino terremotato fece per voltarsi e fuggire anche lui. Ma le sue aguzze orecchie d’hylian gli fecero udire il gemito soffocato di Loom, colpito alla tempia da una gomitata di un tizio in fuga.
In un attimo di oblio, il giovane hylian vide il suo migliore amico, compagno di mille giochi, cadere a terra, ormai al limitare della folla impazzita in fuga. Oltre di lui, il fulmine rosso che non era ancora svanito nel giro di una frazione di secondo come solitamente i fulmini fanno. Dietro di lui, c’era la salvezza, tra la gente e le case. Dietro, c’era la famiglia.
L’Eroe aveva estratto la spada e lo scudo scintillava ai riflessi di quella sanguigna luce malefica.
La decisione doveva implicare attimi, un secondo per decidere se salvare sé stesso ed eventualmente la famiglia, oppure restare e proteggere l’amico da una delle forze più distruttive di quel mondo.
Scelse ovviamente la seconda. Scagliandosi controcorrente, raggiunse l’amico. Lo scosse, lo chiamò per nome, ma non riprese conoscenza.
Gli occhi dell’Eroe erano di nuovo su di lui, ad osservare, questa volta senza traccia di divertimento, solo urgenza ed angoscia.
Lo schiocco insolitamente lungo della saetta s’interruppe, proprio mentre il giovane ragazzino aveva preso per mano il compagno, trascinandolo verso uno dei tavoli rovesciati dell’osteria abbandonata con tale fretta.
Una risata che pareva provenire dai più neri meandri del Mondo Oscuro invase la piazza, ormai deserta.
Un rumore di magia frizzante,  e una serie di barriere tranciò la fuga al popolo terrorizzato, chiudendo tutti nella stessa area insieme all’Eroe e alla figura nera più della notte che era apparsa dove prima il fulmine aveva colpito. L’urlo di terrore della gente generata la scoperta di non avere più via di fuga fece tremare l’intera città, attirando l’attenzione anche di coloro che stavano fuori.
Una voce profonda, assai peggiore della risata, parlò. –Com’è andata la battaglia contro il Guardiano dell’Acqua? A giudicare dal tuo aspetto non bene, direi.-
La Spada Suprema fendette l’aria, in risposta.
-Non che ciò sia un problema per me. Non ho intenzione di lasciarti scorrazzare per il mio regno ancora per molto. Mi prenderò il tuo Coraggio. Ora! Prima che tu possa tentare un qualche altro tiro mancino.-
L’enorme figura ammantata di nero, dai capelli rosso scuro si scagliò all’attacco. E così cominciò la battaglia.
Il giovane hylian accucciato dietro al tavolo ribaltato, però, era solo parzialmente cosciente del suono metallico dei colpi di spada alle sue spalle. L’unica cosa che i suoi occhi vedevano era il sottile rivolo di sangue sulla tempia del suo amico.
Continuava a scuoterlo, gli diede anche un paio di ceffoni. E finalmente, Loom schiuse gli occhi.
Non ebbero molto tempo per le felicitazioni, una sfera d’energia magica andò a schiantarsi contro il muro, sopra le loro teste. Gridando, si accucciarono, coprendosi la testa con le mani.
-Ma che diavolo succede?!- esclamò Loom.
-Guarda!- disse l’altro, facendo un lieve cenno con la testa verso il centro della piazza. –Stanno combattendo, l’Eroe e il tizio malvagio.-
Ad occhi sgranati, protetti solo dal misero tavolo ribaltato, osservavano increduli lo scontro in atto. Stavano assistendo di persona ad un evento storico, anzi no, leggendario!
Colpi di spada si susseguivano a velocità quasi invisibile per semplici occhi come i loro. Era un duello furioso, in cui spesso intervenivano anche colpi magici da parte dello stregone in nero. Scariche elettriche sulla spada, sfere d’energia sferrate contro l’avversario, semplici saette, fendenti magici…
Era qualcosa di incredibile.
Il petto del giovane hylian si riempì di profondo rispetto per l’Eroe dalla Tunica Verde, ribatteva colpo su colpo con una tale audacia da far venire i brividi. Non demordeva, continuava ad incalzare l’avversario senza dargli tregua, rispondendo fendente con fendente, stoccata con stoccata, tra schivate, parate e balzi. Erano perfettamente pari.
Ma non dovettero aspettare molto per realizzare che non era proprio così.
In un attimo di tregua, in cui i due duellanti si separarono in seguito ad uno scontro particolarmente violento, non fu difficile scorgere che l’Eroe stava ansimano. E tanto, anche. Era quasi piegato a metà dallo sforzo.
La ferita ora sanguinava copiosamente, la fatina che lo seguiva gli vorticava intorno, agitata.
-Non … non sta perdendo, vero?- osò chiedere Loom.
Il compagno non rispose, gli occhi incapaci di scollarsi da quella scena. Il ghigno che si stampò sul volto del nemico, però, pareva una conferma.
Non lasciò il tempo all’Eroe di riprendersi, gli fu addosso in un lampo. La Lama Sacra si interpose al fendente avversario, ma la forza del polso di colui che la reggeva non era più sufficiente. Entrambe le spade gli tornarono addosso.
Riuscì a non gridare, l’Eroe. Cadde semplicemente indietro, ruzzolando a terra. E l’uomo in nero gli fu addosso di nuovo. L’Eroe si rigirò, tirandosi debolmente in piedi, e il ferro cozzò di nuovo contro il ferro. I due giovani osservatori realizzarono di aver smesso di respirare.
Lo stregone evocò un’altra sfera di energia, che rimbalzò contro lo scudo dell’hylian, andando a fiondarsi come una freccia esattamente contro il tavolo ribaltato. I due poveretti li dietro nascosti balzarono uno a destra e l’altro a sinistra. L’hylian se la cavò con una scheggia lunga una spanna conficcata in un polpaccio, Loom con due o tre pezzi di legno infilzati in un braccio ed in un fianco. La gente, alle loro spalle, attonita osservava lo scontro, con crescente orrore.
La chiazza di sangue ai piedi dell’Eroe, ora, era mostruosamente larga. Lo squarcio che aveva sul petto non prometteva vittoria. E Lui lo sapeva. Così come lo sapeva l’altro.
Il mago scattò di nuovo all’attacco, le spade si azzannarono di nuovo. Ma con una gomitata affibbiata a tradimento, l’oppressore colpì l’Eroe in pieno petto, esattamente sul taglio.
L’urlo questa volta ci fu eccome. Il Prescelto cadde indietro, finendo a terra di schiena. L’elsa della Lama Suprema scivolò via dalle dita insensibili del suo portatore, sopraffatto dal dolore dell’attacco inaspettato.
L’orrore che strisciò tra le viscere del pubblico fece rabbrividire fin nell’anima il giovane hylian che osservava.
Le sue orecchie sentirono la risata del Signore Oscuro.
I suoi occhi lo videro piegarsi, piazzandosi a cavalcioni sul corpo ansante dell’Eroe.
Il suo cervello recepì la spada nemica sollevata.
La sua memoria non dimenticò mai l’immagine di quella lama che scorreva sulla gola del Prescelto, né potè scordarsi del flutto rosso che ne sgorgò tra la pelle tagliata, né del gorgoglio strozzato del portatore della Tunica Verde.
Scalciò, per qualche secondo ancora, un debole, inutile tentativo di levarsi di dosso la massa dell’avversario.
-Niente di personale, ragazzo.- disse il Signore Oscuro. –Ma ho davvero bisogno di quella Triforza che ti porti dentro: ho bisogno il Coraggio!-
Nel preciso istante in cui l’ultimo spasmo percorse le membra dell’Eroe, una luce accecante, inguardabile, si accese come un fuoco, anzi, come una stella sulla mano sinistra del Prescelto.
La risata di Trionfo del malvagio stregone Cavalcatore di Fulmini seguì immediatamente quella scintilla, solo per spegnersi di colpo quando la Triforza si librò in alto.
Schizzò verso il cielo, fuori dal corpo orami per sempre immobile di colui che l’aveva custodita fino a quel momento.
Ganondorf rise di nuovo. Si alzò in piedi, senza più badare a chi giaceva sotto di essi. Spalancò le braccia e gridò. –Vieni a me, oh Coraggio! Vieni! Ed unisciti alla Forza! Insieme, domineremo questa Terra!-
La scia di luce che gocciolava dal corpo principale del Coraggio tremò, poi si smosse, come se un qualche vento stesse soffiando, anche se non tirava un solo filo d’aria. Quel flusso divenne più forte, molto più forte. E la coda di cometa del Triangolo Sacro venne sospinta dritta verso lo stregone.
-La sta risucchiando!- sussurrò atterrito Loom. Il giovane hylian aveva le gola troppo secca per parlare. Il suo cervello ancora non riusciva ad accettare ciò che i suoi occhi avevano visto e stavano vedendo ora.
Ma se Ganon si fosse aspettato che la Triforza venisse da lui, s’era sbagliato.
L’Eroe aveva combattuto, il Coraggio avrebbe fatto altrettanto.
Il Triangolo di Luce cominciò a volare dalla parte opposta al risucchio, sfrecciando nell’aria come una sorta di mistico uccello. La forza attirante che lo imprigionava si fece più insistente, l’espressione del mago divenne più corrucciata, ma la volontà del Coraggio e dell’Eroe erano ferree.
Il Coraggio riuscì ad allentare la mano invisibile che lo tratteneva, si fiondò verso il cielo sfuggendo alla presa dello stregone, ma la barriera magica lo respinse indietro con uno schiocco elettrico. Rimbalzato indietro, il Coraggio cominciò a muoversi nervosamente a zigzag sulle teste della gente, che se ne stava con il naso all’insù a guardare a bocca aperta. Qualcuno si coprì la testa con le mani, accucciandosi spaventato.
Poi, qualcosa accadde. Il Coraggio cambiò bruscamente rotta, tornò rapido come una saetta nelle vicinanze della piazza, indugiò sulle teste di Loom e del suo amico e scese in picchiata sulla testa di quest’ultimo.
Un’energia immane, mostruosamente troppa per poter venir contenuta nel suo misero corpo, gli inondò mente e sensi. Per un attimo, rimase come annientato, galleggiante nel niente, vuoto dentro e fuori. Solo quella luce martellante che gli bruciava gli occhi. La sua pelle era come trafitta da schegge di fuoco, o di giacchio, sentiva la stoffa dei vestiti contrarsi e frusciare, cambiando forma e consistenza, molto probabilmente anche colore. Non si accorse di essere caduto in schiena, il suo corpo non era più suo. Quella forza era la padrona, il Coraggio gli stava ardendo nel petto.
Costringere i polmoni a riempirsi di nuovo d’aria fu un’impresa. E la fitta di dolore che ne seguì lo atterrì. Dovette respirare ancora. E ancora. Nonostante il perforante dolore che ne seguiva.
Mentre i suoi occhi si oscuravano, vide distrattamente l’incantesimo che aveva tentato di catturare la Triforza schiantarsi come un elastico tirato troppo. Si tranciò e rimbalzò indietro contro colui che l’aveva creata. Il mago, Ganondorf, si prese il contraccolpo del suo incantesimo in pieno ventre. Schizzò indietro, andando a sbattere contro la sua stessa barriera. Venne bruciato dalla sua stessa magia di contenimento. E con un gemito cade a terra, prima di smaterializzarsi via.
Notò appena la barriera che si infrangeva come vetro. Notò appena l’urlo del pubblico agghiacciato. Aveva attenzioni solo per quella prepotente Forza, anzi, Triforza che lo stava consumando da dentro. Era un dolore profondo più del mare e del cielo messi insieme, un dolore di un rosso tanto intenso da sembrare nero, senza inizio senza fine.
L’ultima cosa che sentì fu la voce del suo migliore amico che lo chiamava per nome. –Link!-
Divenne tutto nero. 







 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ma stiamo scherzando?! ***






Capitolo 2 – Ma stiamo scherzando?


Si svegliò con la cocente sensazione di aver fatto un sogno assurdo.  La sua mente, che già non andava famosa per l’acutezza, aveva osato addirittura sognare di accoppare l’Eroe delle Leggende nella piazza pubblica del borgo e sostituirlo con la mezza cartuccia di Link. Che gran mucchio di scemenze.
Un martellante mal di testa cominciò a risvegliarsi tra i suoi già scarsi neuroni. Pulsava con insistenza contro il cranio fino a quando Link non si decise a ruotare il collo.
A quel punto furono gli occhi a comunicargli che qualcosa non andava. Dal placido, rincuorante e sonnolento nero, il suo mondo divenne vagamente rosato, quasi rosso. Mentre il sole gli scaldava il viso, Link ebbe la netta sensazione che il torpore del sonno lo stesse abbandonando. Tentò di contrastare quell’inevitabile fatto serrando più forte gli occhi e voltando la testa dall’altra parte, costringendo quasi la mente a tornare a sprofondare nei bui meandri dell’incoscienza. Ma orami la nebbia del sonno si stava diradando.
Provò ad allungare il naso fuori da sotto la coperta, per controllare quanto facesse effettivamente freddo là ne vasto mondo crudele. L’esplorazione non portò a grandi risultati. Con il cuore infranto e le speranze agonizzanti, il povero ragazzo si rintanò di nuovo al sicuro, al caldo, compiangendo sé stesso.
Doveva proprio svegliarsi, scendere dal letto caldo, affrontare il gelido pavimento di pietra, recuperare le ciabatte smarrite chissà dove, scendere dalle scale cercando di non uccidersi mancando un gradino, raggiungere la cucina e preparare la colazione per sé e per i suoi fratelli prima che la madre furoreggiasse dicendogli di fare presto.
Mentre l’operazione di reclutamento delle forze necessarie per buttare le gambe giù dal letto, fuori dalle coperte, era in pieno svolgimento, qualcuno lo afferrò per le spalle. Due mani forti, ma stranamente famigliari, lo scossero come un ramoscello. Lo sbatacchiarono con furia e urgenza. Il lampo di allarme sgretolò in una frazione di secondo la dormiveglia del piccolo hylian e gli fece spalancare gli occhi.
La coperta e tutto il calore accumulato andarono a farsi benedire, rotolando via. Con una reazione da sheikah, Link mollò una ginocchiata in avanti senza avere nemmeno il tempo di capire effettivamente cosa stesse succedendo. E come sempre capita quando si scocca la freccia senza prima chiedere “Chi va là?”, successe il disastro.
-Disgraziato deficiente! Che cosa diamine pensavi di fare?!- La voce rabbiosa di Loom riportò il neo-sheikah al qui e al dove.
Sbattè le palpebre un paio di volte, si passò una mano tra i capelli, lottò per liberare le dita da quei biondi rovi voraci, e finalmente si degnò di mettere a fuoco lo sguardo rabbioso nel piccolo umano, sbattuto indietro a terra dal colpo dell’hylian insieme alla coperta.
-Ah, sei tu.- borbottò, stropicciandosi gli occhi. –Cosa ci fai in casa mia…?-
Lo disse nell’esatto istante in cui realizzò la cosa. Il sottofondo di quella conversazione era  sbagliato. Oltre le dita e la manica che gli coprivano parzialmente il campo visivo, non c’erano i muri di legno della sua camera. Non c’erano né il tavolo né la cassapanca con i vestiti. Così come non c’era ombra della finestra che dava sulla via maestra del borgo di Hyrule. I suoi occhi stavano difatti guardando un’elegante parete di pietra lisciata, decorata con un sontuoso arazzo rosso raffigurante un drago rampante dietro ad un tavolino di legno lucidato di fresco sormontato da un luccicante candelabro d’oro.
Rimase interdetto.
Mentre i suoi occhi notavano in ritardo il tappeto frangiato che copriva il pavimento sotto al fondoschiena di Loom insieme ai drappi del baldacchino del letto in cui stava, finalmente, il giovane hylian focalizzò il colore delle vesti che aveva addosso.
Una manica bianca insolitamente curata, bianca con l’orlo ben definito e senza macchie di marmellata o fango. Pantaloni altrettanto bianchi. E la tunica verde foresta che gli arrivava a metà coscia. Giusto per essere sicuro piegò il collo e si controllò anche il torso e la pancia. Verdi anche quelli.
Si accorse poi del peso della cotta di maglia che sbucava sotto al verde delle maniche della tunica. Con una morsa gelida di terrore allo stomaco i suoi occhi notarono la bandoliera con la Spada Suprema e lo Scudo Leggendario appesa al fondo del suo letto.
L’incoscienza che prima aveva a lungo tentato di catturare e trattenere tornò da lui come un cagnolino terrorizzato. Il suo mondo si oscurò di colpo e tornò la pace.
 
Il brusio di diverse voci lo svegliarono di nuovo. Aprì gli occhi con prudenza, mentre i ricordi del trauma di poco prima tornavano vividi alla sua mente.
Con cautela si guardò attorno. E si pentì immediatamente di quello che aveva di fronte.
La principessa in persona, la spocchiosa Zelda, in tutta la sua perfetta figura, che a dir la verità pareva avere la sua stessa età. O, almeno, lui aveva sempre immaginato che le lo fosse. E come non poteva essere così per una ragazza cresciuta nell’agio e nel lusso, che non sapeva assolutamente nulla del duro mondo e del dolore?
Dietro di lei c’erano due inservienti. Il Re di Hyrule. Loom.
Deglutì, gli occhi di tutti si puntarono su di lui. Anche quelli imbronciati di Loom.
-Ben svegliato, Eroe.- lo salutò con un caldo sorriso la Principessa.
-Ma stiamo scherzando?!- replicò lui, tirandosi a sedere con uno scatto.
-Sciaguratamente, no.- rispose il Re. –Due giorni addietro si è verificata una tremenda tragedia. Forse una delle più devastanti che la nostra storia ricordi.- la sua voce era solenne e profonda, non era affatto tranquillizzante. –In un momento di grande crisi come questo, è venuta a mancare la figura principale che avrebbe potuto condurci alla salvezza. Link, il Prescelto, l’Eroe è deceduto.-
L’altro Link sbattè le palpebre. Avrebbe voluto commentare ma aveva la gola talmente arida che non gli venne fuori nemmeno uno squittio.
-Ma- riprese il Re, con l’aria di chi sta per fare una grande rivelazione. –Le Tre Luminosissime Dee non ci hanno dimenticato. Con la loro Infinita Provvidenza hanno provveduto a fornirci un aiuto. Un nuovo Baluardo di difesa contro il Male che insorge e avanza minaccioso, intento a soffocare l’Ultima Luce di Hyrule: tu.-
-Io?- starnazzò.
-Il Coraggio in persona ti ha scelto.- sorrise Zelda. –Davanti a tutto il regno.-
Si sentì le ginocchia di gelatina. Fortuna che era seduto.
-Sì, tu.- continuò il Re. –Come diretto discendente, tu proseguirai l’opera che l’Eroe, il Prescelto, aveva iniziato. Tu porterai a termine la sua cerca. Tu impugnerai la Lama Suprema e sconfiggerai il Male e la persona che lo rappresenta su questa terra: Ganondorf.-
Link boccheggiò. Farfugliò una serie di sillabe sconnesse mentre cercava freneticamente un modo per togliersi di dosso quell’onore, onere nel suo caso, che assolutamente non gli si addiceva. –Non so usare una spada. Non ne ho mai toccata una in vita mia.- riuscì a pigolare.
-Nemmeno l’Eroe dalla Verde Tunica che ti ha preceduto. Ha dovuto imparare tutto quando è stato Chiamato.-
-Questo l’avevamo notato.- sibilò Link con un certo sarcasmo.
-Porta rispetto a chi lo merita, ragazzino.- disse il Re imprimendo al suo tono di voce una velata sfumatura di rimprovero.
-Preferirei non seguire il suo cammino proprio letteralmente, se Sua Maestà capisce quello che intendo.-
-No, non lo capisco. È il tuo Sacro Dovere compiere ciò che sei destinato a compiere.-
Link sentì le lacrime pizzicargli gli occhi. Morire squartato da uno stregone oscuro … non era quello il futuro che aveva immaginato.
-Come ti chiami?- chiese Zelda, strappandolo via dal nero oblio in cui lui s’era affacciato.
-Link.- disse.
-Proprio come l’altro!- rise lei, sorpresa.
Il volto del Re si oscurò. –L’Eroe era alla ricerca di tre magici amuleti che avrebbero permesso alla Spada Suprema di sprigionare la sua massima potenza. Due sono già stati recuperati. L’Amuleto della Foresta e l’Amuleto dell’Acqua. A te resterà il compito di recuperare l’Amuleto del Fuoco dalle fauci del Monte Morte e …-
-… e far fuori il boss finale. Ovvio.- sfoderò tutto il sarcasmo di cui era capace, mentre sentiva una sicurezza fin quasi arrogante, che non era la sua né mai lo era stata, prendere posto e scacciare via il suo stordimento. –Dall’infermeria al vulcano … siete sicuri di volere una vittoria e non un altro funerale?-
-Quale impertinenza!- il Re si gonfiò come un gallo pronto al combattimento. Link era anche più sgomento di lui. Non era stata assolutamente sua intenzione parlare così. Gli occhi di Loom erano al limite dal rotolamento fuori dalle orbite.
-No, chiedo. Giacchè qui a nessuno sembra importare gran che della fine che farà il sottoscritto. A me invece importa, e molto. Siccome, pertanto, ora come ora non riuscirei nemmeno a raggiungere la porta, dubito di poter gloriosamente scalare un vulcano, magari anche attivo.- attaccò di nuovo Link.
-… e di affrontare un drago sputafuoco.- sussurrò Zelda. Link si sentì morire ma la stessa energia che lo faceva parlare gli impedì di fare qualunque movimento o di perdere i sensi di nuovo.
Il Re fece per replicare, ma Zelda intervenne. –Ha ragione, Padre. Non può di certo partire ora! Dobbiamo dargli il tempo per riprendersi, non Vi pare?-
-Di tempo non ne abbiamo, purtroppo.- rispose il sovrano.
-Peccato che né io né l’altro eroe avessimo in tasca un’ocarina magica come quella dei racconti, vero?- lo punzecchiò di nuovo Link, ostentando strafottenza, ma annegando segretamente nell’angoscia di non aver il controllo delle sue stesse parole. Era prepotente, il Coraggio, eh?
Gli occhi del Re si ridussero a due fessure. –Più tempo tu sprecherai qui, più Lui si rafforzerà. In fin dei conti, sarai tu a doverlo affrontare. Fa’ come più ti aggrada.-
Si voltò e se ne andò, con il mantello di orbettino frusciante. I due inservienti lo seguirono ossequiosi.
Aveva appena affrontato e offeso il Re. Il Re. IL RE!!
Avrebbe voluto che il drago dell’arazzo di fronte a lui lo incenerisse all’istante. Ironico, visto che la sua fine sarebbe stata proprio quella, ma dentro al cuore di un vulcano, non di certo in una comoda stanza di castello.
Si accorse solo allora del paio di occhi lucenti che lo fissavano adoranti. Zelda era ancora lì, con quell’intramontabile sorriso.
Link la guardò, interdetto.
-Non ti preoccupare.- disse lei. –Capita spesso anche a me, di dire cose che non capisco davvero.- sorrise ancora. –Il Coraggio ha solo provato a proteggerti.-
Link sentì un’altra battuta pungente affiorare sulla lingua e poi appassire. La presenza se n’era andata. –Ti capita spesso?-
Lei scosse la testa. –Solo nei momenti difficili. O quando sono molto stanca.-
Non era affatto spocchiosa e viziata come l’aveva immaginata. Era semplicemente uguale a come le voci la dipingevano. Per una volta, i pettegolezzi avevano fatto centro perfetto, senza aggiungere fronzoli o ghirlande varie.
Zelda trotterellò fino al margine del letto. Senza chiedere vi si sedette sopra, costringendo Link a spostare le gambe. Gli occhi color primavera dell’hylian sorrisero voltandosi anche a cercare Loom, come a confermare il loro trio.
-Voi due siete amici, vero?-
Annuirono diligentemente.
-Vivete qui nel borgo o venite da fuori?- domandò, con aria sognante. –Lo chiedo perché ho sempre desiderato vedere gli angoli più remoti del mio regno. Ascoltare i viaggiatori è una mia grande passione.-
-Spiacente, Vostra Altezza.- rispose Loom. –Siamo entrambi cresciuti nel borgo.-
-Pare che io avrò molte storielle da raccontare, di qui a breve. Ammesso che sopravviva.-
La sua espressione da funerale fece sprofondare l’intera conversazione.
Zelda parve ricordarsi tutto ad un tratto di una cosa. Si frugò in una borsa che aveva legata in vita e ne estrasse una piccola fatina.
La stessa fatina svolazzante dai vaghi riflessi azzurri che aveva accompagnato l’Eroe in piazza e alla sua morte. Solo che ora non volava, stava semplicemente posata sulla mano della Principessa. Come se fosse molto triste e depressa.
-Questa è Ivvy. È una fata molto saggia, che ti aiuterà nella tua ricerca. Ha accompagnato l’altro Eroe. Aiuterà con piacere anche te.-
Link allungò una mano e Zelda scaricò l’esserino sul palmo del giovane hylian. Non pesava assolutamente nulla ma, oltre l’aura di luce, gli parve di percepire un paio di piedini poggiare sulla sua pelle.
-Piacere di conoscerti, Ivvy. Conterò sul tuo prezioso aiuto.-
La fata rimase in silenzio. –Tanto, il drago lo dovrai comunque uccidere tu.- sbuffò lei, con una lieve vocetta tintinnate, ma ugualmente tagliente.
Link fece una smorfia. –Sento che andremo d’accordo.- disse.
La fata non colse l’ironia e contrattaccò. –Buon per te!-
La mezza risata di Loom fece capire a Link che tutta quella storia era oltremodo cominciata con il piede sbagliato. Quasi letteralmente.
 
In tre giorni, Link era tornato in piedi, fresco come una rosa. Una rosa verde, ma erano dettagli. Con anche una concimatura di base di allenamento di scherma, tiro con l’arco ed equitazione. Erano stati un disastro peggio dell’altro. Inutile dire che dell’enorme entusiasmo misto a rispetto, che aveva caratterizzato l’animo del giovane hylian nei confronti del protagonista incontrastato delle leggende e dei suoi sogni ad occhi aperti, era rimasto ben poco. La Tunica Verde e la Spada avevano provveduto a sbattergli in faccia la realtà senza lo zucchero delle favole per raddolcire il supplizio.
Il maestro di spada di corte si era anche sprecato ad insegnargli le basi della scherma in quel lasso di tempo. Peccato che mancasse l’elemento fondamentale: i muscoli di un guerriero e non quelli di un ragazzino. Per quanto ora sapesse come eseguire affondi, fendenti, finte  e stoccate, sembrava sempre tutto dannatamente troppo poco. Insomma, l’altro eroe era ben capace di difendersi e combattere, giusto? Ma c’era rimasto secco comunque!
Zelda gli regalò anche un cavallo. Inizialmente aveva voluto dargliene uno bianco ma lui s’era categoricamente rifiutato. Troppo appariscente e troppo adatto ad un Eroe che lui non era. Così gliene avevano portato uno color cenere dalla folta criniera nera, con un nobile profilo che incuteva rispetto. Ma il caratterino dell’animale aveva procurato non pochi lividi al novello fantino, alcuni anche in posizioni alquanto particolari, e anche un morso sull’avambraccio destro. Così, anche quella bellezza tonante era stata scartata.
La scelta era infine ricaduta, dopo svariati tentativi più o meno dolorosi, su una placida giumenta riesumata dalle profondità delle stalle. Un cavallo solitamente utilizzato per trascinare carretti da un villaggio all’altro.
Era un animale anonimo, di un color castagna convinto, con una soffice criniera bianca striata di nero sulla frangia e sulla coda. Aveva un aspetto decisamente meno altisonante degli altri due equini ma l’espressione che aveva sul muso la facevano immediatamente sembrare un soggetto molto più affidabile. Link le aveva messo una mano sul naso, aveva guardato in faccia l’animale e la cavalla aveva contraccambiato. Letteralmente. Aveva sferrato una testata dritta sul naso del giovane hylian. Fortunatamente, aveva calibrato bene la forza e non gli aveva fatto poi molto male.
-È lei.- aveva allora annunciato Link all’esasperata Principessa alle sue spalle.
-Davvero vuoi un semplice cavallo da traino e non uno stallone da guerra?-
-Se vuoi che il tuo Eroe venga disarcionato di fronte alla sua nemesi, fa’ pure. Sarebbe la più grande figuraccia che si possa ricordare nella nostra storia e in quelle che verranno.-
Lei sorrise. –Per fortuna che ti abbiamo anche insegnato a cavalcare, un pochino.-
Era stata una serie di scenette abbastanza patetiche, a dire il vero. Tre dei migliori insegnanti impegnati a fare l’impossibile per riuscire a tenere il sella il ritrovato Eroe, con due appassionati spettatori che si spanciavano dalle risate sul bordo del recintato. Loom e Zelda avevano riso con passione fino alle lacrime.
-Come si chiama questo cavallo?- chiese Link allo stalliere che gli aveva fatto fare il giro di tutti gli stallaggi.
-Epona.- borbottò da sotto l’imponente paio di baffi. –Si chiama Epona, credo. È una buonissima cavalla, un amore proprio.-
 
Link aveva invitato molte volte la sua famiglia a palazzo con la scusa di una visita. La verità era che si sentiva troppo spaesato e, sì, voleva la mamma.
Lei e la sua ciurma di cuccioli urlanti che erano i suoi fratellini scalmanati.
Aveva mostrato loro tutto quanto, sapendo bene che quella era un’occasione più unica che rara per loro. Ammirare il Castello dall’interno non era certo un privilegio comune. Aveva presentato loro anche Zelda in persona.
E lui se l’era goduta, osservando i volti delle persone a lui più care pieni di meraviglia, che si guardavano intorno ad occhi sgranati. Conservò gelosamente quei momenti dentro al cuore, ben sapendo che avrebbero anche potuto essere gli ultimi.
Aveva paura? Da morire. Ganondorf avrebbe anche potuto ritrovarsi senza opponente soltanto grazie ad un provvidenziale infarto.
Una cosa era sicura, però. L’orgoglio che illuminava il viso della donna che l’aveva raccolto dalla strada, che gli aveva dato cibo, casa e affetto, era qualcosa di impagabile.
Sorrise mestamente.
 
Epona era sellata. Il cielo scintillava di stelle. Una lieve, sinuosa e gelida brezza spirava da settentrione.
Il palazzo era deserto.
Alla famiglia aveva detto addio a cena. Aveva mangiato con loro. Ma era riuscito a cacciar giù nello stomaco ben poca roba.
Ora si trovava con un cavallo, una fata, due amici e un vulcano con tanto di drago all’orizzonte.
Guardò Zelda e Loom con la morte già nel cuore.
La Principessa era raggiante come il sole. Loom pallido come la luna, roso di preoccupazione.
-Andrà tutto bene!- esclamò Zelda, sfoderando un altro sorriso smagliante. –Non ne dubitare. Ho una sensazione positiva al riguardo, e io non sbaglio mai.-
Loom aveva gli occhi fissi a terra. Ma si sentiva in dovere di dire qualcosa perché infine alzò lo guardo. –Se qualcosa dovesse andare male …- cominciò -…ti vorrò bene anche se torni con i capelli neri.-
Link lo guardò male, sperando vivamente di non doversi prendere una fiammata così vicina. Ben sapendo che sarebbe successo eccome.
-Grazie. Incoraggiamento illuminante. Ti ringrazio, amico.-
Poi non ce la fece più e scoppiò a ridere. Se avesse atteso ancora, però, avrebbe finito per non partire mai più.
Saltò in sella, riuscendo anche ad impigliarsi in una staffa. Arrampicatosi con la grazia di un lombrico sul dorso del fiero animale, con la fatina posata sulla spalla come un falco in miniatura, si voltò di nuovo a guardare i suoi due amici.
-Allora io vado.- proclamò. Con un saluto della mano, affondò i talloni nei fianchi di Epona e la cavalla scattò in avanti, slanciata al galoppo.
Tempo due passi e l’eroe si ritrovò aggrappato al collo dell’animale con entrambe le braccia.
-Ma se non sai cavalcare, per quale oscura ragione sei partito al galoppo?!- lo rimbeccò la fata.
-Per far finta di essere un eroe degno di tale nome.-
-Oh, poveri noi!-
-Fa’ silenzio, tu. O ti imbottiglio in un’ampolla e ti lascio là dentro fino a quando arriviamo al vulcano.-
Lei borbottò ancora qualcosa ma rimase zitta.
-Comunque, perché non voli invece di farti trasportate da me?- domandò, giusto per non lasciare che la nostalgia gli otturasse la gola. Già voleva fare inversione di marcia e tornare a casa.
-E perché tu non vai a piedi invece che farti trasportare dal cavallo?- ringhiò la fata.
-Punto tuo.-
-Almeno hai il buon senso di riconoscere una figuraccia.-
La pianura si srotolava davanti a loro, la morbida erba danzava al vento notturno, imbevuta di luce argentea lunare. Il ritmo di corsa di Epona era ipnotico e, vista l’ora tarda, a Lnk gli si chiusero quasi gli occhi. Marciava verso oriente a ritmo serrato, mentre il suo cuore si ostinava a galoppare verso occidente, indietro a casa, dalla sua famiglia infestata di problemi e di chiacchiere, indietro da quel terremoto di Loom, indietro dal visetto solare di Zelda e dal calore che lei sapeva accendergli nel petto.
Invece, davanti ai suoi occhi aveva soltanto Hyrule in tutta la sua estensione.
Un tuono riscosse l’hylian. Ma non c’erano nubi temporalesche, il cielo era cristallino. L’aria della notte gli si condensava davanti al naso, penetrandogli in profondità fino in fondo ai polmoni, mentre lui cercava di capire. I muscoli di Epona impegnati nella corsa ebbero uno scatto. La cavalla alzò la testa, rallentando un poco l’andatura.
Il boato si ripetè e l’orizzonte davanti a loro esplose. Come se la terra stessa avesse ruggito, il profilo del Monte Morte si stagliò contro la notte, risaltato dal getto di lava e magma che si scagliò abbagliante verso il manto nero trapuntato di stelle della notte.
Il tuono del vulcano si protrasse, così come il getto rosso stillato direttamente dal corpo di Hyrule stesso continuava a zampillare. Era come se il sole fosse sorto prima del tempo.
Le colate di fuoco liquido cominciarono a gocciolare lungo i lati della bocca del vulcano, incorniciando ancora meglio la massa viva del Monte Morte.
Mentre il fumo rosso continuava a salire sempre più in alto, oscurando le stelle, fin quasi a sfiorare la luna, un guizzo luccicante si fiondò fuori dal cratere, battè le ali e tagliò l’esalazione del vulcano. Zigzagò tra le rocce eruttate e i fiotti di lava volante, sterzò bruscamente, compì un giro del monte e poi lanciò il suo ruggito. Il drago stese le ali, riempì i polmoni e sputò un’ondata di fuoco verso l’alto, come a sfidare il mondo e l’universo.
Link si sentì molle come burro. Epona era ferma, orecchie appiattite indietro. E chi aveva ancora lo spirito per continuare ad avanzare verso quello schifo?!
-Ma stiamo scherzando?!- urlò l’hylian, esasperato, per sovrastare il fracasso del vulcano.
-Pare proprio di no.- ghignò la fata. –Forza, Eroe. Fuori la grinta e in alto la spada. Laggiù c’è un drago sulla tua strada.-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2988118