Atonement

di mahidevran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Marriage ***
Capitolo 2: *** Denial ***



Capitolo 1
*** Marriage ***


"Non ho scelta, lo sai."

"Ce l'hai. L'hai sempre avuta.
"

Le splendide iridi verdi di Cersei non erano mai state più lucide ed inorridite.
Jaime dovette ammettere a malincuore che, in fondo, c'era qualcosa che la leonessa temesse.

"Me. Puoi scegliere me."

Avanzò verso la sorella, ma quella indietreggiò, come se il fratello recasse fra le mani un'arma letale.
Invece erano vuote, e cercavano solamente di toccare le sue.

"Non essere sciocco, Jaime. Piantala."

Jaime la cinse con le braccia, nonostante sapesse quale terribile rischio stesse correndo.
Cersei era una belva feroce messa alle strette, una bomba ad orologeria che minacciava di esplodere da un momento all'altro.
Esplodi, allora, e facciamola finita, insieme.
Si dimenò, nel tentativo di liberarsi dalla sua stretta. I loro cuori battevano all'unisono anche nella lotta.
C'era qualcosa che li teneva legati. Qualcosa che era infinitamente più grande di loro, e persino più potente di Tywin Lannister.
Non lo aveva mai detto a Cersei, perché temeva che lei lo avrebbe giudicato troppo melenso e stupido. Inoltre, la sorella non credeva possibile che esistesse qualcosa che suo padre non potesse fermare o controllare.
Cersei non si sarebbe mai arresa all'esistenza di una potenza superiore, un volere che potesse contrastare il suo, quindi Jaime aveva sempre evitato di parlargliene. In certi momenti, tuttavia, quella forza prepotente gli pareva così reale ed innegabile da poterla quasi avvertire nel respiro della sua gemella.

Non ti lascerò nelle mani di un altro uomo.”

Le parole rimanevano intrappolate nei capelli d'oro di Cersei. Jaime riuscì a farsi strada fino alla sua bocca, e la baciò.
Avvertì una certa resistenza all'inizio, ma ben presto la sentì sciogliersi come ghiaccio al sole, e anche le sue labbra si schiusero per accogliere la lingua del gemello.

Quell'uomo sarà mio marito.

I denti di Jaime cozzarono fra di loro quando la sorella parlò, di nuovo libera dal bacio.
L'uomo che il primo ministro del Reichstag, Tywin Lannister, aveva scelto per lei, era un giovane dai capelli scuri come rovi spinosi, una barba folta della medesima tinta, e due occhi blu come zaffiri. Il suo petto era ampio e forte, le mani rudi come quelle di un taglialegna, e Jaime riusciva a malapena ad immaginarsi quelle dita rozze percorrere il corpo di sua sorella senza prendere a pugni la parete più vicina.
Ma Robert Baratheon aveva deposto il vecchio kaiser Targaryen, e suo padre, più simile alla volpe che al leone del suo stemma, si era fatto in quattro per assicurarsi che i Lannister ricevessero dei benefici da quello spargimento di sangue durato un anno.

Era stato proprio Jaime a mettervi fine e, senza saperlo, a consegnare la città nelle mani del rivoluzionario che adesso stava per portargli via Cersei.
Varcò la soglia del palazzo reale con un manipolo esiguo di uomini, poiché non si aspettò di trovare resistenza.
Tywin aveva già preso la città, acclamato come un liberatore, il principe ereditario era morto, e ormai non rimaneva che ucciderne il padre.
L'immagine del demente che lo fissa, coi suoi occhi violacei, mentre si aggrappa con le unghie ai piedi del trono, e implora pietà, ha tormentato i suoi sogni per giorni, e di tanto in tanto, continua a rivedere il fantasma di Aerys Targaryen nei suoi incubi, insieme a quelli del Generale Dayne, della principessa Elia, e dei suoi bambini.
Al diavolo i mocciosi, il loro sangue sporcava le mani di suo padre, non le sue. Non aveva avuto nessuna parte nell'infanticidio, e non c'era nulla che potesse fare per impedirlo.

 
È il prezzo della guerra. Se lo ripeteva in continuazione, e qualche volta finiva per crederci. Se avesse saputo prima che Lyanna Stark aveva seguito il suo amato principe nella tomba, lasciando Robert di nuovo scapolo, avrebbe riflettuto più attentamente prima di trafiggere la schiena del kaiser con una lama.
Aveva amato l'odore del suo sangue, si era goduto ogni istante di quell'espressione atterrita ed incredula sul suo volto decrepito, aveva ammirato a lungo la scia rossa che rigava la sua spada, estasiato, ma mai avrebbe immaginato che un atto così rapido e deciso potesse portare quello che stava accadendo adesso. L'avidità e la lungimiranza di Tywin Lannister non smettevano mai di sorprenderlo.

“Lunga vita all'Impero, e lunga vita a te, sorella.”

Jaime si specchiò nei suoi occhi come se fosse l'ultima volta. La volta successiva sarebbe stata una donna sposata, la legittima imperatrice di Prussia, la consorte del nuovo kaiser.  Cersei non tentò di fermarlo, né di consolarlo con qualche bugia, pur sapendo che Jaime avrebbe volentieri creduto a qualsiasi sciocchezza. Nessuna bugia, nessun addio, solo un ultimo sguardo sull'uscio della camera da letto.
Non aveva potuto impedire che si sposassero, e non aveva neppure potuto uccidere Robert Baratheon nell'istante in cui reclamò Cersei con un bacio, di fronte a Dio e di fronte all'intera nazione.

È giunto per te il momento di prendere moglie e portare lustro alla nostra famiglia, figlio mio.”

Suo padre non aveva mai amato le mezze misure e i giri di parole. Il ricevimento in onore di Cersei e suo marito non era ancora terminato, che già si preoccupava delle nozze successive. Jaime sentiva le tempie andargli a fuoco, mentre guardava sua sorella danzare insieme all'energumeno con la fronte madida di sudore.

Le vene pulsavano più violentemente ogni qualvolta li sorprendeva a ridere insieme, o a sussurrarsi qualcosa, come due giovani amanti. Trattenere la mano dal correre alla spada diventava più difficile che mai quando ripensava alla sera del loro addio.
Cersei gli aveva detto che non aveva avuto scelta, eppure adesso non aveva affatto l'aspetto di qualcuno che obbedisce alla volontà di qualcun altro. Il solo pensiero che lei potesse volere quell'uomo dentro di lei lo mandava in bestia. Riuscì a stento ad udire le parole del padre.

Sposerai la figlia del langravio Hoster Tully, Lysa.
È giovane, e ci garantirà buona parte delle terre in Baviera, oltre che numerosi voti nel Reichstag.


Jaime rabbrividì al solo sentirla nominare. Lysa era indubbiamente giovane, ma non c'era molto altro che si potesse dire in suo favore. Non era neppure lontanamente bella quanto la sua leonessa.
Senza contare che le voci sulla sua schizofrenia avevano scoraggiato pretendenti ben più motivati di lui.
Tywin lo guardava in silenzio, pretendendo l'esplicito ed obbediente consenso del figlio.
Jaime chinò il capo, e finì a fissarsi la punta lucida degli stivali. Non aveva potuto impedire che Cersei sposasse Robert. Molto probabilmente lei stessa non aveva mai realmente desiderato che lo facesse, ma avrebbe certamente potuto impedire il proprio matrimonio con una donna che non sarebbe mai riuscito ad amare.

Non lo farò. Lascia che la sposi Tyrion, se proprio ti occorrono i voti di quei principi.

Il viso del primo ministro rimase impassibile, ad eccezione di un nervo sul lato destro delle sue labbra, che saltò, tradendolo.
Jaime sapeva che avrebbe dovuto temere suo padre più di ogni altro uomo sulla faccia della terra, eppure sentiva inspiegabilmente di essere immune alla paura. Gli avevano portato via Cersei, e suo padre non poteva infliggergli una punizione peggiore di quella.

Fingerò di non averti udito, se ora andrai dritto da lei, ti presenterai, e le chiederai di concederti l'onore di una danza.”

Jaime seguì lo sguardo del padre, proiettato sulla fanciulla dai capelli ramati, dall'altra parte del salone da ballo.
Se ne stava in disparte, e Jaime ebbe l'impressione che anche lei fosse afflitta da qualche faccenda di cuore.
Era divenuto più perspicace e sensibile a questioni simili, da quando lo riguardavano in prima persona.
Sentì la presa di Tywin, ferma e inesorabile, stringersi intorno al suo avambraccio. Il suo fiato, non meno freddo di tutto il resto, sfiorava appena l'orecchio del figlio.

Non farmelo ripetere, ragazzo.

Il giovane Lannister attraversò il salone, dove altre coppie stavano già danzando, ma non furono le minacce del padre a convincerlo. In quel modo avrebbe potuto avvicinarsi a Cersei, e all'uomo che stava danzando con lei in una maniera che pareva sgraziata e maldestra persino ad un pessimo ballerino come lui. Lysa Tully trasalì quando se lo ritrovò davanti.
Probabilmente aveva già smesso di sperare che qualcuno le rivolgesse la parola, o forse era troppo assorta a fissare la pista da ballo per accorgersi di lui.

Jaime compativa le donne stupide come quella.
Qualsiasi uomo, persino uno come Robert, avrebbe potuto sedurle con facilità e prenderle in moglie, incassare la loro generosa dote, giacere con loro una o due volte nel primo anno di matrimonio, per poi lasciarle ad invecchiare in una splendida villa vuota.
Era proprio quello che gli stava chiedendo di fare suo padre, dopotutto.

Milady, siete incantevole questa sera. Io sono-

Lysa spalancò le palpebre e Jaime poté osservare i suoi occhi distintamente; due enormi pozze d'acqua di fiume. Niente a che vedere con gli smeraldi scintillanti nelle iridi di Cersei. La figlia di Lord Hoster era impacciata e fin troppo timida per i gusti di Jaime.
Per poco non si morse la lingua nel tentativo di rispondere al suo complimento.
Ancora una volta, non poté fare a meno di paragonarla alla sua coraggiosa e sfacciata sorella.

“Jaime Lannister, die Königsmörder. Siete più gentile di quanto si dica, milord.”

Jaime percepì la nota di disprezzo che marchiava quell'appellativo come se fosse palpabile. Nonostante tutto, però, ritenne che fosse un bene che lo conoscesse già. Gli avrebbe risparmiato la lunga e tediosa formalità delle presentazioni.
Sembrava che essere un Lannister e aver ucciso il folle Targaryen avesse anche dei lati positivi, alla fine. Limitò la conversazione al minimo, poiché non gli interessava affatto arrivare al cuore della giovane Tully, né conoscerla più a fondo. Arrivò dritto al punto.

E voi sarete così gentile da concedermi l'onore di un ballo?

Lysa sorrise, finalmente, e Jaime tirò un sospiro di sollievo. Persino parlare con lei lo aveva messo a disagio, e non era da tutti mettere a disagio Jaime Lannister. La giovane gli lasciò prendere la sua mano, e si unirono alle altre coppie nella sala da ballo. Notò che non opponeva resistenza, e si lasciava guidare totalmente. Non gli piacque affatto.
Cersei insisteva sempre ad essere lei quella a guidare nella danza, e lui finiva per accontentarla. Si chiese come si sarebbe comportata con Robert. Mentre li guardava danzare, non troppo lontani da lui e Lysa, gli sembrò chiaro che Cersei stesse seguendo Robert anche nella danza. Non aveva scelta, dopotutto, nella danza come nella vita, era sua moglie.
Sentì il cuore andare in frantumi al solo pensiero che un giorno quell'uomo avrebbe trattato sua sorella proprio come i suoi pari trattavano le donne come Lysa.

Cersei era una leonessa, forte e feroce, ma troppi anni di solitudine e sconforto minacciavano di spegnere anche il suo fuoco. Quando il suo sguardo ritornò su Lysa, della quale si era quasi dimenticato, si accorse che anche lei stava guardando qualcun altro, e allora molte cose gli furono chiare. La giovane aveva fissato per tutta la serata sua sorella maggiore, Catelyn, e i due cavalieri con cui quella aveva ballato.
Il primo era Eddard Stark, suo promesso sposo, ed il secondo era stato Baelish, il figlio di un mercenario dell'esercito austriaco che Tywin non si prendeva mai la briga di nominare, o di convocare durante le riunioni infinite in Senato.
Jaime la compatì allora come non mai e, per qualche motivo, gli venne in mente Tyrion.

L'immagine del fratello minore che si sforzava di essere all'altezza del bel primogenito, e che puntualmente falliva, ignorato da suo padre e da sua sorella, gli strappò un sorriso malinconico. Jaime era stato l'unico a riconoscere i suoi sforzi, a lodarli, e a premiarli, ma negare la cruda verità gli pareva una crudeltà nei confronti del suo stesso fratello, così come di Lysa.
La allontanò da sé con calma, mentre osservava lo smarrimento e la disperazione offuscare di nuovo i suoi occhi acquosi.

È stato un piacere, lady Tully.

Si lasciò dietro le danze, le mire egoistiche di suo padre, Cersei, e l'uomo disgustoso che l'avrebbe posseduta nel giro di poche ore. Non era quello il suo mondo. Non avrebbe sopportato di viverci un istante di più, non senza l'altra metà di se stesso.
Mentre camminava da solo per le strade deserte quella notte, prese la decisione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Andava ad arruolarsi, e al diavolo tutto il resto.

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Capitolo 2
*** Denial ***


La parvenza di felicità che le sembrò di aver finalmente raggiunto, si sgretolò come cenere fra le sue stesse mani non molto tempo dopo.
Il suo matrimonio perfetto si rivelò vuoto. Una mera farsa, ed il fatto che suo marito pensasse ad un'altra donna mentre era dentro di lei costituiva soltanto un piccolo atto della vera tragedia. 
Nessuno l'aveva preparata a quello che significava essere la moglie di un uomo come Robert Baratheon, il nuovo regnante dell'impero, ma di fatto solamente il burattino di suo padre.

Era Tywin Lannister a detenere il vero potere, ed era stata lei stessa ad assicurarglielo, nella camera da letto di Robert.
Si sentiva soffocare dal suo stesso corsetto ogni qualvolta si trovava a tavola con loro, e veniva inevitabilmente inghiottita dalle discussioni sulle questioni di stato, costretta ad interpretare il ruolo della spettatrice silenziosa, senza poter intervenire o anche solo aprir bocca in merito. La zittivano prontamente quando ci provava, e quella era l'unica occasione in cui i due uomini sembravano convenire su qualcosa.
A volte aveva l'impressione che persino il Folletto venisse trattato con più riguardo di quanto ne riservassero a lei.
Era un'imperatrice solo nel nome, e non c'era spazio per lei nei giochi di potere riservati soltanto agli uomini.

Neppure quello, tuttavia, era ciò che affliggeva maggiormente Cersei. Nessuno aveva più visto Jaime dalla sera del ricevimento, e cominciavano a diffondersi delle voci sulle sorti del giovane rampollo. Alcune la facevano sorridere per la loro assurdità, altre, però, la facevano rabbrividire. Si diceva che fosse partito alla volta del Nuovo Continente, o delle Indie, alcuni dicevano che fosse stato rapito e che Tywin si fosse rifiutato di pagare il suo riscatto, e altri ancora che era diventato un mercenario, e che rischiasse la vita per chissà quale padrone.

Cersei aveva domandato a suo padre centinaia di volte, lo aveva implorato di sguinzagliare i suoi migliori informatori e di pagare chiunque andasse pagato, pur di riportare Jaime da lei, sano e salvo.
Una parte di lei non voleva credere che si fosse allontanato volontariamente, proprio quando aveva più bisogno di lui, perciò continuava a rinnegare quella possibilità con tutte le sue forze.
Aveva schiaffeggiato Tyrion senza pensarci due volte, quando questo provò a farle capire che “è inutile cercare qualcuno che non vuole essere trovato”.

Jaime non l'avrebbe mai abbandonata nelle mani di un uomo come Robert, le aveva detto proprio così la notte prima delle nozze, e Cersei doveva credere che avrebbe mantenuto la sua promessa. Oh Jaime, pensò, se solo ti avessi dato ascolto.
I mesi trascorsero, tuttavia, senza che Jaime si facesse vivo.
Tywin Lannister smise di nominare il suo primogenito, o di tollerare che qualcun altro lo facesse in sua presenza. Cersei riconobbe quell'atteggiamento. Glielo aveva già visto fare anni addietro, con sua madre.

Quando Joanna Lannister morì, portando con se l'ultima briciola di umanità di suo marito, Tywin bandì il suo ricordo, proibendo persino ai suoi figli di piangere per lei.
Cersei pensò che lo facesse per renderli forti, per insegnare ad entrambi che i leoni non piangono, neppure quando perdono tutto ciò che hanno, così smise di piangere per sua madre, e tramutò il suo stesso dolore in rabbia e odio, puntualmente riversati sul fratello minore, l'unico vero responsabile di quel disastro.
Adesso, però, vedeva come stavano realmente le cose. Non era mai stato per lei e Jaime, non era mai stato per rafforzarli. Tywin lo aveva sempre fatto per se stesso, e nessun altro.

Il solo sentir nominare sua moglie gli mandava il cuore il frantumi, costringendolo ad ammettere la sua stessa vulnerabilità, e questo, naturalmente, era pressoché inaccettabile per un uomo come Tywin Lannister. Le cose non stavano tanto diversamente con Jaime, adesso. 
Cersei decise che non avrebbe accettato quel comportamento una seconda volta. Volle affrontare suo padre.

“Padre, hai notizie di Jaime?”

Il primo ministro non si scompose, sebbene un movimento impercettibile del sopracciglio le fece intuire che non era affatto compiaciuto di ciò che aveva appena udito. Non le importava.
Questa sera l'avrebbe udita, che gli piacesse oppure no.

“Torna da tuo marito, ho questioni più importanti di cui occuparmi.”

“Più importanti del tuo stesso figlio ed erede?”

Il tono incredulo e disgustato di Cersei innervosì ulteriormente Tywin, a cui non erano mai andate a genio le persone troppo testarde, o semplicemente troppo stupide per comprendere quando era il momento di gettare la spugna.
L'uomo alzò brevemente lo sguardo sulla figlia, tenendo fra le mani i documenti che avrebbero mandato in guerra, non solo l'Europa, ma il mondo intero.

“Jaime Lannister non è più mio figlio, non è più il mio erede, e non è più tuo fratello. Dimentica di averlo mai conosciuto.”

Cersei sgranò le palpebre, incapace di credere a ciò che stava udendo. Per anni aveva desiderato che suo padre facesse di lei il suo erede, piuttosto che Jaime, ma sentire quelle parole uscire dalla sua bocca adesso, le arrecava tutt'altro che gioia.

“Perché dovrei? Voglio sapere cosa ne è stato di lui, e non mi alzerò di qui prima di averlo saputo.”

Sentiva di star sfidando l'ira degli déi, e che se ne sarebbe pentita ben presto, ma per Jaime, pensò, ne sarebbe valsa la pena. Un sospiro spazientito di Tywin le fece temere per la sua stessa vita. Strinse le unghie intorno ai braccioli di legno della poltrona.

“Ha tradito la nostra famiglia, abbandonandoci quando avevamo bisogno che facesse il suo dovere.
È tutto quello che devi sapere.”


Quelle parole smorzarono la furia di Cersei. Si fermò, e prese un respiro profondo, che riempì i suoi polmoni di quell'aria carica dell'aroma di libri vecchi e cera sciolta.
Suo padre voleva farle credere che non c'era stato alcun rapimento. Se n'era andato sulle sue stesse gambe. Rifletté sulla possibilità per un istante, prima di rifiutarla nuovamente.

“Non è possibile. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere di sua volontà.
Jaime ama la sua famiglia.”


Jaime ama me, era ciò che avrebbe voluto dire in realtà. Tywin fissò i suoi occhi in quelli della figlia. Cersei si sentì raggelare dal ghiaccio verde che trovò in essi, tuttavia mantenne il contatto visivo, come avrebbe fatto una vera leonessa.

“Le illusioni, per quanto dolci, non cambiano l'amara realtà, Cersei.
Jaime ha scelto la sua strada pensando soltanto a se stesso, per questo nella nostra famiglia non c'è più posto per lui.”


Il peso di un mondo intero le crollò addosso. Fu lieta di trovarsi già seduta, almeno avrebbe evitato di mostrare al padre la sua debolezza cadendo a terra.
Si mise in piedi, quando ritenne di averne la forza, intenzionata ad uscire dalla stanza prima che le lacrime la tradissero in sua presenza. Ma proprio quando aveva già stretto il pomello della porta fra le dita, sentì di nuovo lo sguardo di Tywin trafiggerla, e la sua voce dura e profonda torturarla ancora una volta.

“Devi fare la tua parte, come hai fatto finora. Solo così ai Lannister sarà garantito un posto nella Storia. Lo capisci questo?”

Ad un tratto, Cersei ebbe l'impressione di capire perfettamente come doveva essersi sentito Jaime in quegli ultimi anni. Era convinta di essere l'unica a portare le catene, perché era una donna, ma neanche suo fratello era libero dal potere di Tywin. Annuì sul posto, senza voltarsi a guardarlo.

“Allora come mai non hai ancora dato un figlio al Kaiser?”

Cersei mandò giù un nodo di sangue e bile che si era formato proprio in mezzo alla sua gola.
D'un tratto aveva voglia di vomitare. Il solo pensiero di lasciare che il seme di quel maiale crescesse dentro di lei fino a generare un bambino, le dava il voltastomaco.
D'altra parte, c'era qualcosa che lei sapeva e suo padre invece no, per una volta. Strinse la presa intorno al pomello lucido della porta, mentre un sorriso prendeva forma sul suo viso all'insaputa del padre.

“Presto, padre. Presto.”

Jaime se n'era andato, ma prima le aveva lasciato qualcosa che le avrebbe ricordato di lui fino al suo ritorno, e anche dopo.
Un figlio, un piccolo leone dorato, che non aspettava altro che nascere.

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