Escape From The House la storia di Endzo

di Xebfwalrk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Samhain ***
Capitolo 2: *** Polvere ***



Capitolo 1
*** Samhain ***


 







 
uando partì dalla sede era già il tramonto, a quelle latitudini il sole regalava almenonun'ora in più di luce, ma per Endzo era indifferente. Con qualche falcata delle sue gambe lunghe fasciate da Blu Jeans scoloriti su ginocchia e glutei arrivò alla macchina. Il suo pick up era spazioso, ma con la giacca di pelle aveva sempre guidato peggio. Accese il cruscotto per accendere l'aria calda ma vide che era tardi. Erano già le diciotto e trenta, il suo appuntamento con Adel era fissato per le venti a casa sua.
Endzo mise in moto e senza pensarci ancora partì per la sua ora e mezzo di macchina per arrivare a destinazione. Quando calò l'oscurità inforcò gli occhiali da vista e iniziò a prendere velocità in autostrada.
Quando uscì dal casello la coda era lunga ma scorrevole, attraversò per alcuni minuti strade di periferia con poderi fatiscenti fino a superare il cartello del paese, delle transenne al centro della strada obbligarono Endzo a fermarsi.
«Buona sera» disse il ragazzo con il gilè catarifrangente sopra il maglione.
«Buona sera, vorrei andare in via Betti al civico cinque»
«Lei non è residente? Giusto?»
«Esatto» gli fece l'occhiolino Endzo.
«Mi dispiace, devo chiederle di parcheggiare il suo mezzo nel parcheggio là dietro» rispose indicando una via secondaria.
«Essia» Endzo si mise per fare manovra, poi tornò al finestrino «Sicuro che non posso passare?»
«Mi dispiace»
«Va bene» rassegnato Endzo fece manovra e parcheggiò dove gli era stato indicato.
Spense i fari e scese, si sistemò i Blue Jeans attillati e si mise in cammino verso il paese.
Mentre camminava guardò la luna, era piena e quasi al culmine, quale auspicio migliore.
Uno schiamazzare improvviso gli fece voltare gli occhi davanti a sé, un branco di bambini vestiti da pipistrelli, vampiri e fantasmi gli sciamò fra le gambe, il più alto gli sarà arrivato a metà coscia.
Endzo sorrise alla scena, desiderando di averne uno o due a che lui un giorno, un paio di mostriciattoli da strapazzare di quando in quando.
Proseguì fino a casa di Adel. Arrivò davanti alla porta, al contrario della città non c'erano le tipiche decorazioni di Halloween alla sua porta, bensì uno scaccia spiriti vicino alla porta e una sedia a dondolo e un tavolo con una pianta sopra.
Endzo bussò.
Sentì un lieve scalpiticcio dietro la porta, sentì schiarirsi la voce qualcuno. Con un gracidio sinistro reso comico dalla forte illuminazione del pianerottolo fece dischiudere l'uscio. Endzo fece ber bussare ancora sulla porta socchiusa, ma appena prima che la sua mano a pungo arrivasse a toccare la porta quella si aprì di scatto.
«Woah!» strillò lo zombie «Voglio ucciderti!» rise Adel.
Endzo, non aspettandosi una scena del genere, rabbrividì «Adel, non sei vecchia per queste cose?»
«Oh!» la donna dalla pelle verde mise una mano sul petto con fare offeso «Ma ti sei visto? Vecchio dell'Alpe? Ti manca la barba e il capello bianco, già ne dimostri di più dei tuoi trentadue anni!» proseguì puntando un dito ossuto guantato di seta verde.
«Chi è lo zombie qui?»
«Ah! Ma stai zitto! Vecchiaccio! Ti piacerebbe essere vivo come me alla mia età!»
«Adel? Hai tre anni più di me!»
«Vecchio!» concluse chiudendo la porta in faccia ad Endzo.
Si sentii uno scalpicciare nel corridoio, poi le luci si spensero, Adel aprì ancora una volta la porta, un tintinnio di chiavi baluginò fra le mani della donna che chiuse la porta, rimettendo le chiavi in borsa.
«Vieni conciata così al falò?» domandò Endzo.
«Ti sei visto allo specchio? Lupo Alberto?»
La donna si caricò la borsa in spalla e lo superò portando i suoi centosettanta centimetri verso la foresta dietro casa.
Endzo la seguì con calma.
Dopo qualche metro che camminavano, donna davanti e uomo dietro, Endzo prese parola.
«Sai se ci sono nuovi stasera?»
«Non credo, in questa zona non ci sono molti credenti» Adel allungò il passo.
«Ti senti bene?» le domandò.
«Sono passati otto anni ma ancora Samhain mi ricorda Anna, tutti gli anni»
Endzo le mise una mano sulla spalla.
Dopo altri trenta metri arrivarono su uno spiazzo in cima alla collina, gli alberi crescevano tutto intorno. L'erba era tagliata a quindici centimetri, torce seguivano il perimetro dello spiazzo circolare illuminando abbastanza da vedere quello che ci fosse. Al centro del cerchio un enorme albero di quercia dominava la scena, alcuni dei suoi rami, massicci e pesanti, erano sorretti da travi di legno.
Attorno al tronco c'era un cerchio di pietre tonde e grandi uguali, a distanze regolari erano presenti pietre più grandi, davanti alla quercia era disposta la legna per il fuoco, dietro la quercia si intravedeva la sagoma svolazzante del grande palo di Beltain con qualche lembo di stoffa che svolazzava strappato.
«Siamo tutti?» domandò una voce alle spalle dei due.
«Sediamoci, tra trenta minuti cominciamo la preghiera e poi si accende il fuoco» disse un uomo sotto la quercia.
«E poi si mangia»
«E poi si mangia, si Ed» gli rispose l'uomo.
«Adel, sei morta e non ci hai invitato al tuo funerale?» le chiese una donna mentre portava con altre persone un calderone gigante e pesante verso il falò da accendere. Endzo si precipitò ad aiutare a trasportare il peso.
«No Sara, non sono morta» ridacchio Adel prima di unirsi a noi per trasportare la cena.
Misero il calderone in posizione e si sederono tutti sulle pietre intorno alla quercia. Il grande tronco impediva a tutti di vedersi negli occhi ma era sempre stato così.
Davanti a loro cerchi concentrici più piccoli si aprivano strada fino al tronco dove c'erano solo tre posti, ormai troppo vicini al tronco.
Svolta la cerimonia del capodanno festeggiarono accendendo il falò e mangiando quella minestra, poco gioiosa ma molto buona, il tutto accompagnato da sidro di mele e frutta di stagione.
Un ragazzo si mise all'arpa e suonò alcune melodie tipiche del capodanno.
Mentre si preparavano alle danze dall'entrata al boschetti arrivò una persona, man mano che si avvicinava si delineavano meglio la forma e i lineamenti.
«C'è Bruce Ali» disse una donna.
Tutti si assieparono dietro l'arpista.
«Bruce» disse Endzo «Hai fatto tardi»
«Non proprio, la vostra congrega da strapazzo non mi interessa, adesso sono entrato in una in città, basta con questo borghetto dimenticato»
«Cosa vuoi allora?» gli domandò una donna.
«Sono venuto a dirvi addio, a voi e alla città»
«Bene, ne siamo al corrente puoi andartene» gli fece a muso duro l'arpista.
Dopo poco un boato improvviso interruppe il silenzio.
Alcuni gridavano, poi vennero le grida del luogo dell'esplosione.
«Cos'è successo?» gridò Adel.
«La scuola! È in fiamme!» strillò un ragazzo con un cannocchiale.
«Andiamo ad aiutare» ululò Endzo, nonostante non fosse la sua città si mise a correre come un matto per vedere cosa fosse successo.
Mentre correvano Endzo perse di vista Adel, dopo ancora inciampò e rovinò in un fosso.
Si ritrovò prono, faticosamente si mise carponi e si alzò, ebbe un giramento di testa e si tenne ad un albero.
«Endzo» si voltò fulmineo.
«Bruce»
«Vedo che sei vivo, sai che ti voglio fare un regalo d'addio?»
«Cosa?» Endzo era pronto ad azzuffarsi con quell'attacca brighe.
«Lo stai per sentire»
Endzo sentì un rumore dietro di sé non riuscì a voltarsi e perse i sensi.
Aprì gli occhi, tutto buio, caldo, un ronzio costante. Poi una spinta e si sentì sballottare, era legato per le mani. Provò a sedersi non ci riuscì, batté la testa, mosse i piedi, era tutto incastrato. Cominciò a urlare a pieni polmoni
Si fermò, uno scatto metallico sopra di sé e una debole luce permise ad Endzo di vedere il bagagliaio. Sopra di se si sporse una persona mascherata, mise una benda attorno agli occhi e un bavaglio in bocca. Si sentì sollevare, fu una sensazione strana, era raro che qualcuno lo alzasse. Poi lo scaraventarono a terra. Sentì altre grida, di uomini e di donne, un dolore improvviso al petto, un pugno in faccia.
Poi tutto cessò, silenzio, la benda e il bavaglio gli scivolarono via. Cercò di mettere a fuoco ma non vide nulla.

 
 


Questa storia partecipa al concorso a turni Escape From The House indetto da Raleeshahn e Gnrlove


Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Qualunque somiglianza con luoghi, fatti o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.
 

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Capitolo 2
*** Polvere ***


 




 

ella poca luce si vedevano sagome indistinte, Endzo era nell'atrio di una casa fatiscente, dietro di sé la luce della Luna piena illuminava una scala, sulla destra un comò occupava la parete, era ingombro di soprammobili, bambole, carillon, statuette, tutto ricoperto da uno strato di polvere imbarazzante.
Un tonfo lo fece voltare di scatto.
«Non è divertente!» gridò a gran voce «Uscite fuori! Lo scherzo è bello quando dura poco!»
Un secondo tonfo lo fece rabbrividire. L’eco di un ringhio cupo gli fece venire la pelle d'oca.
«Chi è là!»
«Aiuto.»
Endzo udì la richiesta soffocata. Andò ad indagare a destra dove sentiva i rumori, entrò nella stanzetta, una finestra illuminava malamente l’interno. Guardò in basso: vicino ai suoi piedi c'era qualcosa, era legata come un cotechino.
Endzo impiegò un attimo a delineare la forma di un volto, proteso verso l'alto. Rapidamente mise mano al suo coltellino, che teneva nella tasca posteriore, si avvicinò per tagliare le corde che legavano la donna.
Quando la lama baluginò nella semioscurità la donna iniziò a gridare e a dimenarsi.
Endzo allontanò il coltello e si voltò allarmato, non vide nulla se non la polvere che si muoveva in vortici loschi alla luce della Luna.
Tornò dalla donna, portò la mano per toglierle il bavaglio, con il dorso sentì che la sua guancia era leggermente ruvida. Rimosse il bavaglio.
«Cosa fai con quel coltello!?» sbraitò, Endzo immaginò che lo stesse guardando in volto «È cashmere!» concluse come giustificazione per la sua reazione spropositata. Endzo scrutò quel volto in ombra, dal suo accento si capiva bene da dove venisse ed era sicuramente un ragazzo. «Qualche stronzo mi ha legato, mani e piedi; con la mia sciarpa. Nuova. Per piacere, cerca di scioglierla senza rovinarla.»
Endzo storse il naso e si mise ad armeggiare con il tessuto in tensione.
«Grazie. Mi chiamo Antonio Marell» disse il ragazzo fino ad allora sconosciuto. Endzò notò il vestito elegante che andava poco d'accordo con quella sciarpa bianca, quella combinazione metteva alla prova anche il suo senso estetico pressoché assente.
«Endzo Mavouie. Sai dove siamo?» rispose semplicemente, tenendo per se i suoi pensieri.
«Non ne ho idea. Ero ad una festa in paese, poi è scoppiato il finimondo e…» si interruppe come se non ricordasse «E qualcuno mi ha tirato un colpo in testa, ed eccomi qui» finì di gesticolare per massaggiarsi il retro della testa.
Endzo si sfiorò la guancia dolorante.
Cadde un silenzio improvviso, un velo di inquietudine calò nella stanza. La temperatura fu come abbassarsi, la polvere continuava a volare disordinata nelle lame di luce entranti dalle finestre luride.
Uno scricchiolio da un lato.
«Cosa è stato?» squittì Antonio.
Sopra le loro teste sentirono piedi correre e far cadere polvere, una cascata di polvere. Endzo rabbrividì. L'atmosfera si fece ancora più gelida.
La finestra si aprì d'improvviso. Una folata di vento mosse le tende che sbatterono violentemente, la polvere impazzì e prese le sembianze di una persona, poi animali ed in fine forme oniriche. Per un secondo. Poi tutto cessò.
Un altro tonfo sopra di loro.
Endzo aveva la bocca serrata, il cuore batteva faticosamente: sudore freddo gli colava lungo la schiena.
«Mio, Dio. Dobbiamo andarcene subito di qua!» Antonio era bianco cadaverico in volto.
«Fuggiamo dalla finestra» propose Endzo, prese Antonio per un braccio e lo trascinò; quando fu davanti alla finestra qualcosa gli balzò davanti. Grida disumane e occhi gialli luminosi.
I due urlarono a pieni polmoni e fuggirono in direzioni diverse della casa.
 
Endzo aveva il fiatone, il coltello stretto nella mano destra. Era tornato nell'atrio. Davanti a lui il comò.
Notò altri pochi arredi nel piccolo spazio, un tavoletto vicino alla porta, un tappeto davanti al primo gradino della scala e tanti soprammobili e polvere, polvere spessa e grigia.
Dal comò gli rendevano lo sguardo soprammobili di vetro e fotografie di persone ignote e una bambola di porcellana. Cosa inusuale: rappresentava un uomo, sulla testa aveva una fitta capigliatura scura, gli occhi lucenti e castani, un’espressione seria in volto.
Endzo si avvicinò al comò, allungò la mano e prese la bambola, le braccine e le gambine di porcellana, pesante, si mossero per gravità: inerti.
La prima cosa che notò fu la camicia a quadri che indossava anche la bambola, la seconda, invece: non aveva un granello di polvere, al contrario del resto gli oggetti nella stanza.
Uno scricchiolio alle sue spalle, si voltò di scatto, un’ombra scura si stagliava alle sue spalle. Endzo rabbrividì e sentì i peli della schiena e delle spalle drizzarsi e vibrare, il respiro si fece affannoso, quasi doloroso.
Batté le palpebre, la figura svanì. Nulla più si mosse per un periodo indefinito.
Endzo strinse la bambola tra le mani, la porcellana gemette per la forte presa. Una pressione sulla spalla gli fece cadere la bambola dalle mani.
Quasi accoltellò Antonio.
«Diavolo! Ma cosa fai?» Inveì Endzo.
«Hai visto l’ombra anche te?» Antonio aveva gli occhi fuori dalle orbite, quasi.
«È suggestione, calmiamoci.» Endzo fece per raccogliere i cocci della bambola da terra, ma non vi trovò nulla, rimase chinato per qualche attimo incapace di capacitarsi dove fosse finita. Alzò gli occhi e la cercò nell’atrio.
Sentì lo sguardo di Antonio sulla sua schiena ma non vi dette peso, voleva vedere quella bambola ancora una volta. Infine la trovò, seduta sul secondo scalino. Osservava i due giovani.
Accanto, sdraiata sulla schiena con la testa rivolta verso i due, una seconda bambola vestita di scuro, con una pezza chiara intorno al collo.
«Andiamocene» Disse nuovamente Endzo, la voce incerta.
I due indietreggiarono cautamente verso la porta d’ingresso mantenendo lo sguardo fisso sulle bambole. Quando toccarono con le spalle la porta tentarono di aprirla, Endzo prese il pomello ottocentesco e provò a ruotarlo, ma senza successo: era chiusa a chiave.
Uno scricchiolio dalla scala; si voltarono entrambi, le bambole si erano spostate: erano vicine e in piedi, avevano fatto un paio di passi nella loro direzione.
«Antonio? Le bambole…»
«Si muovono? Sarà uno stupido scherzo» rispose Antonio incrociando le braccia sul petto «Esci, ti abbiamo scoperto!» inveì sbraitando e indicando la scala con movimenti convulsi.
La porta vibrò, sembrava dovesse esplodere. Preso alla sprovvista Antonio sobbalzò, saltò le bambole e salì i primi gradini. Endzo rimase immobile, gli occhi fissi su Antonio, un fruscio e il tocco leggero della mano sulla schiena. Endzo gridò e fuggì lontano dalla porta e dalle bambole. Con la coda dell'occhio notò Antonio salire le scale due gradini alla volta.
 
Una sala da pranzo, otto sedie erano introno ad un tavolo, un arredo molto anni trenta stava a prendere polvere. Il mobilio era pesante e antiquato e colpì Endzo come un pugno nello stomaco: causa, la sua avversione per le cose poco funzionali.
Mentre se ne stava lì, ad osservare la polvere depositarsi sulla mobilia percepì i peli del collo vibrare, si voltò ancora: non vide nulla. Un turbinio di polvere aleggiava nell’aria descrivendo forme astratte e minacciose.
Udì delle grida dal piano superiore. Un tonfo, altra polvere che cadeva a cascata dal soffitto. Silenzio.
Uno strascichio, lo stridere come di cocci che sfregano concitati. Endzo abbassò lo sguardo ai suoi piedi.
La bambola con la camicia a quadri era lì: in piedi, un braccio luccicante a pochi millimetri dalla sua gamba.
Agì d’istinto e le tirò un calcio.
Quella finì contro la parete, ma non andò in frantumi e non si crepò il materiale; rimase sul pavimento di legno sbiadito in una posizione scomposta.
Dopo pochi battiti di cuore, quando l’adrenalina venne meno, sentì una fitta al piede dove aveva colpito la bambola, Endzo cadde tremando, dolori insopportabili invasero il suo piede.
Mentre era accasciato a terra, tra i dolori lancinanti, sentì come se la casa si stesse contorcendo, il legno e i mattoni gemerono. Preso dal terrore Endzo provò ad alzarsi, un dolore fortissimo al piede lo fece rovinare sul tappeto logoro.
Da tutte le direzioni sentì quel rumore di sfregamento.
Reggendosi ad una sedia si alzò gemendo, zoppicò faticosamente verso un’altra porta.
La stanza era buia. Endzo strusciava le mani sul muro freddo per orientarsi. Sentiva come se la stanza fosse piccolissima, un nodo allo stomaco gli fece perdere qualche battito. Il rumore lo seguiva concitato e costante.
Mentre strisciava la mano sul muro piastrellato toccò qualcosa, strusciò l’indice per capire cosa fosse: si tagliò.
Il rumore si fece insistente, poi svanì. Endzo si voltò di centottanta gradi avvertendo una presenza dietro di sé.
In pochi secondi fu sul pavimento, incapace di capire come ci fosse finito. Poi arrivò il dolore, partì dalla gamba destra e stava salendo rapidamente lungo il suo arto. Un lampo improvviso illuminò a giorno la stanzetta per qualche attimo, era in una cucina, al suo fianco: occhietti spalancati e mori, la camicia a quadri e le braccia lucenti di porcellana. La testa si ruotò improvvisamente, un sorriso folle che prima non aveva.
Endzo urlò, allungò la mano sul muro, una seconda scossa di adrenalina gli permise di balzare di qualche centimetro. Afferrò il coltello da macellaio e decapitò la bambola di porcellana.
Il coltello gli scivolò tra le dita, cadendo sulle piastrelle e scheggiandosi.
Una pallida luce illuminava la stanza, Endzo notò un movimento al limite del suo campo visivo, confuso dagli accaduti rimase in ascolto cercando di capire cosa fosse. Vide la testa rotolare placidamente verso il corpo sdraiato sulla schiena, lo sguardo tornato serio ma con un sorriso di folle sadismo sulle labbra.
Preso da una furia ancestrale Endzo raccolse il coltello da macellaio dal pavimento e lo impugnò come fosse un pugnale e cominciò a trafiggere il corpo di pezza ripetutamente.
La punta del coltello si fece sempre più piatta ogni volta che si scontrava con il pavimento.
Quando la testa fu quasi in corrispondenza del collo, Endzo, preso da un moto d’isteria conficcò con tutta la sua forza il coltello nella testa, conficcandolo persino nelle piastrelle, risultate infrangibili fino a quel momento.
La porcellana della testa, dopo pochi istanti, cominciò a creparsi. Un boato assordante seguito da una luce bianca accecante riempirono la stanzetta.
Il pavimento tremò violentemente e con lui tutta la casa.
Quando Endzo riaprì gli occhi la bambola era sparita. Endzo osservò brevemente la stanza, ormai illuminata dalla luce della Luna, cercava la bambola ma non la trovò.
Finita l’adrenalina la gamba destra pulsò violentemente. Si guardò e vide che perdeva sangue, non attese altro tempo, prese il suo coltello dalla tasca del pantalone e strappo una manica della camicia e ci si fasciò stretto il polpaccio.
 
 
 


Questa storia partecipa al concorso a turni Escape From The House indetto da Raleeshahn e Gnrlove


Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Qualunque somiglianza con luoghi, fatti o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.
 

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