Cuore di ghiaccio di Malefica5 (/viewuser.php?uid=138315)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PARTE 1 ***
Capitolo 2: *** PARTE 2 ***
Capitolo 1 *** PARTE 1 ***
Lucian
aveva quasi ultimato le preparazioni a cui si dedicava prima di ogni
combattimento e adesso stava lucidando le due singolari pistole da cui
non si separava mai.
Era una sorta di rituale, perciò eseguiva il tutto con una
precisione maniacale. Nessuno doveva disturbarlo in quei frangenti.
Non era un fissato di dispensatori di morte come Jinx o un sanguinario
come Miss Fortune: imparare a combattere con due armi era stato
difficile, ma mai quanto arrendersi a lottare da solo.
Tuttora, quando le dita sopra il panno sfioravano l’incisione
a “S” sul lato della sua pistola più
grande, si sentiva mancare il fiato.
***
La notte era incredibilmente limpida e serena, il cielo era trapuntato
da una miriade di stelle che brillavano come diamanti su un prezioso
arazzo blu scuro e una piacevole brezza tiepida giungeva dal mare
portando con sé l’odore della salsedine.
Era il loro anniversario e lei gli dava le spalle, appoggiata alla
balaustra del balcone, intenta a contemplare la bellezza della spiaggia
sottostante, delle onde placide che si infrangevano sul bagnasciuga e
della luna quasi piena che si rifletteva sull’acqua color
pece.
Lucian, invece, non aveva occhi che per lei.
Sebbene si conoscessero da una vita e fossero sposati da cinque anni,
per lui lo spettacolo più bello che potesse manifestarsi
davanti ai suoi occhi continuava ad essere quella donna.
Gli appariva ancora più splendida quando la convinceva a
indossare indumenti femminili come aveva fatto quella sera:
l’abito candido in finissima seta di Ionia copriva dolcemente
le morbide forme di quel corpo statuario e contrastava con il colore
eburneo della pelle, facendola risaltare. Uno spacco generoso su un
fianco lasciava scoperta una gamba tornita che continuava a catturare
l’imbarazzata attenzione del marito, fortunatamente non visto
neppure quando si ritrovava a contemplare la schiena e le spalle,
lasciate seminude dal vestito, su cui ricadeva il velo di morbidi
boccoli bruni.
Lui stava ancora seduto al tavolo di quel ristorante che vantava di
proporre “i piatti di pesce più raffinati di
Bilgewater”, indossando un due pezzi grigio decorato secondo
la moda della città e scolando un bicchiere di vino
frizzante dietro l’altro. Un fazzoletto celeste faceva
capolino sotto il colletto inamidato della camicia bianca per
scomparire nuovamente sotto la giacca, aggiungendo un tocco di classe
all’eleganza che lo contraddistingueva sempre nei modi e nel
portamento.
Vedendo che la compagna tardava a voltarsi, si decise a prendere
l’iniziativa e, riempiendo due flute di liquido ambrato, si
alzò tenendoli uno in ciascuna mano per avvicinarsi a quella
che il suo cervello non si dava tregua a definire ora
“Regina”, ora “Dea”.
«Senna…»
Si decise a sussurrare, quasi come se le stesse confidando un segreto
quando fu al suo fianco, e le porse un bicchiere.
Notò che lo sguardo della compagna era perso in quel punto
oltre l’orizzonte dove vanno a nascondersi i pensieri che
ognuno conserva come intimi segreti. In quel momento l’uomo
si chiese se lo avrebbe reso partecipe delle sue riflessioni.
Ella tardò a voltarsi verso il marito, ma quando lo fece
sorrideva.
«A guardarlo così sembra impossibile, vero? Che
questo cielo possa essere coperto da nuvole sinistre da un momento
all’altro e che dal mare possano giungere le più
immonde delle creature».
Lucian aveva immediatamente capito cosa l’amata moglie stesse
guardando poco prima e, sebbene le Isole Ombra fossero impossibili da
vedere da quel luogo, lontane oltre il Mare del Guardiano, dalla parte
opposta di Valoran, anche lui rivolse lo sguardo a nord-ovest.
«Forse è per questo che la Mietitura non giunge
mai in estate: le forze oscure che si annidano nella zona
più sperduta di questo mondo non si arrischiano a venire
allo scoperto quando la Vita è in piena fioritura».
Non voleva affrontare certi argomenti, non quel giorno. Inoltre doveva
ancora consegnarle il regalo, per cui era suo interesse che il
clima della serata non venisse intaccato dalla tristezza.
Senna era fatta così, le Isole Ombra e i loro terribili
abitanti erano un’ossessione difficile da accantonare, ma lui
sarebbe riuscito a distrarla.
Le allungò nuovamente il bicchiere che lei ancora non aveva
notato e questa volta venne accettato.
«Non lasciamoci oscurare da pensieri oltremodo infelici
stasera, vorrei dedicare a noi due questa splendida notte, in
più dobbiamo ancora brindare» Il sorriso sulle
labbra di Lucian era mite e rassicurante.
Senna scosse il capo e i capelli vaporosi accompagnarono il movimento.
«Non erano pensieri tristi i miei. Stavo riflettendo su
quanto fossi fortunata e felice di essere qui con te,
quest’oggi». Si poteva leggere la
sincerità nei suoi occhi castani, in una misura sufficiente
a stregare quelli dell’altro.
«Allora permettimi di brindare alla Dea che stasera si
è abbigliata così splendidamente solo
per soddisfare un mio capriccio e che non baratterei mai neppure per
mille cieli stellati o per mille mari tranquilli».
Gli occhi di Senna brillarono in un modo che Lucian conosceva bene,
capitava solo quando veniva sopraffatta dall’emozione e
costituiva un certo vanto per lui constatare di essere
l’unica persona in grado di far scaturire quella reazione
nell’amata.
«Allora io brinderò all’uomo che mi ha
resa quello che sono, una donna piena di speranza, in grado di guardare
al futuro invece di lasciarsi deperire fino a diventare né
più né meno come gli esseri che si ostina a
combattere».
Già, Lucian ricordava bene la giovane Senna. Entrambi
appartenevano a delle famiglie che, da generazioni, combattevano contro i non-morti tramandandosi armi arcane, segreti e conoscenze accessibili
solo a pochi. Li chiamavano i “Purificatori”. Non
erano rimasti molti come loro: le creature provenienti dalle Isole
Ombra avevano decimato la maggior parte di quei guerrieri, i restanti
si erano ritirati e adesso a continuare il mestiere non erano
più di una manciata. Anche i loro genitori vennero
trascinati nell’oblio da quegli esseri, una giornata in cui
la Mietitura, il periodo in cui i non-morti lasciano le loro dimore per
andare a seminare terrore fra i vivi, si era presentata più
dura e terribile del solito, lasciando Lucian e Senna orfani quando non
erano che ragazzini. Lucian crebbe con lo zio, mentre Senna presso i
nonni materni, ma questo non alterò la loro amicizia,
già salda sin da quando erano poco più che
infanti, correndo solo tre anni di differenza tra i due. Per onorare il
ricordo dei loro genitori ne sposarono la causa giurando di estirpare
la piaga dei non-morti da Runeterra e di vendicarsi
dell’assassino dei loro cari, però da allora in
Senna fu come se si fosse rotto qualcosa. Aveva smesso di sorridere,
parlava poco e solo di metodi nuovi per distruggere quei mostri,
mangiava e dormiva a stento. In poco tempo era diventata
l’ombra della ragazza vitale e piena di energia che Lucian
conosceva, ma lui non aveva idea di cosa potesse farla tornare come
prima. Si limitava ad assecondare ogni sua pazzia, ogni suo
piano folle, ogni richiesta, e impiegava tutta la dedizione che possedeva per
prendersi cura di quella che considerava la sua unica amica, in quanto
fosse la sola a poter capire cosa si provasse a combattere chi non
aveva più diritto di esistere.
Il giorno in cui realizzò cosa rappresentasse Senna per lui,
fu il giorno in cui le si ribellò. Lei gli stava proponendo
il piano più folle e più rischioso che avesse mai
progettato, troppe cose potevano andare storte e lui non poteva
permetterlo. Sapeva che opporsi alle sue idee poteva voler dire
attirare l’odio su di sé, perdere la sua fiducia
per sempre, oppure farle prendere la decisione di attuare i suoi
progetti da sola. Ma le avrebbe impedito di rischiare la sua vita
inutilmente quella volta, fosse l’ultima cosa che
faceva. I due litigarono a lungo e Lucian riversò sulla
donna tutte le verità che lei cercava di nascondere a se
stessa, le sue paure, le sue debolezze. Senna era in lacrime, lui, per
impedirle di scappare, dovette inchiodarla al muro e…
Lucian sollevò il bicchiere: «Alla mia
metà migliore» disse con un sorriso che non voleva
abbandonare le proprie labbra.
«Ti amo, Senna»
«Ti amo, Lucian»
I due bicchieri si toccarono emettendo un tintinnio cristallino ed
entrambi bevvero un sorso di liquido ambrato. Poi Lucian
appoggiò il suo sulla balaustra e cinse la vita della donna
con entrambe le braccia in una stretta dolce e sentita, per portare a
contatto le loro labbra.
Da quel litigio che aveva rivelato il loro amore, avevano cominciato ad
agire insieme e a muoversi in sintonia come due parti di una stessa
entità.
Gli piaceva constatare come, grazie alle sue cure e alla sua
perseveranza, fosse riuscito a far sbocciare di nuovo nella donna tutta
la sua bellezza, sia interiore che esteriore. Non aveva mai conosciuto
altre labbra a parte quelle di lei ma, nonostante
l’ostinazione e la testardaggine impareggiabili
della compagna, era convinto che nessun’altra lo avrebbe
saputo rendere felice e appagato allo stesso modo.
«Ho un regalo da darti…» disse,
interrompendo controvoglia quel momento di intimità.
Fece un gesto al cameriere che era giunto per sparecchiare la tavola e
questo tornò poco dopo sorreggendo un grosso cofanetto in
legno intagliato, lo consegnò all’uomo dalla
carnagione scura e si dileguò velocemente. Lucian non perse
tempo ad aprire il coperchio e a rivelarne il contenuto, curioso di
scorgere la reazione della sposa «Buon
anniversario».
Dapprima ella, trovandosi di fronte le pistole che erano soliti
utilizzare ogni giorno nelle loro missioni, sembrò non
capire. Poi notò le incisioni sui lati e il suo volto si
illuminò.
Secondo la tradizione dei Purificatori, il
momento principale della cerimonia di matrimonio era lo scambio dei
cimeli di famiglia, normalmente armi, che si tramandavano di
generazione in generazione. Le due famiglie custodivano pistole molto
simili imbevute di poteri ancestrali talmente sorprendenti da renderle
in grado di avere la meglio su quei mostri, di cui i giovani si servivano in
ogni loro missione e che conservavano gelosamente come ricordo dei loro
genitori. Così, dopo il matrimonio, avevano finito per
combattere ognuno con l’arma dell’altro, più motivati di prima.
Adesso si potevano vedere le loro iniziali abilmente incise sulle loro
vecchie pistole.
«Le ho fatte vedere ad un forestiero esperto di minerali che
ha riconosciuto il materiale con cui sono state forgiate ed
è riuscito a inciderlo senza danneggiarlo. Adesso il pegno
del nostro amore è completo, non credi?»
Senna, per tutta risposta, impugnò la pistola più
piccola con incisa la “L” e sorrise sorpresa al
marito.
«“Ti offro in dono questo cimelio, grazie al quale
io sarò sempre al tuo fianco e ti proteggerò
nelle notti senza luna e negli inverni più
rigidi”» Era parte del giuramento che si rivolsero
l’un l’altra alla cerimonia nuziale. Lucian si
accorse con vergogna che non si sarebbe ricordato così bene
le parole a memoria.
«E’ un regalo stupendo, Lucian, sarò
ancora più determinata a riuscire in quello che stiamo per
fare».
Infatti l’ultima loro missione li aveva portati a scoprire
molte cose su colui che stavano cercando: l’assassino dei
loro genitori. Ricordavano poco del giorno in cui erano morti: un suono
di catene, un lampo d’acciaio e una risata spettrale, poi era
rimasta solo l’immagine dei cadaveri esanimi dei loro parenti
a tormentare le loro notti insonni. Dopo aver catturato uno spettro che
infestava un’abitazione di Bilgewater rendendo pazzi tutti i
suoi abitanti, lo avevano interrogato e avevano scoperto che obbediva
agli ordini di un non-morto molto potente e sadico, con
l’hobby particolare del collezionismo di anime. Dalla
descrizione che lo spettro aveva dato del suo superiore, Lucian e Senna
avevano concordato che avrebbe potuto trattarsi del loro bersaglio, ma
ciò che li aveva all’inizio sconcertati era stato
l’apprendere dove esso risiedesse. Avrebbero dovuto
raggiungere proprio le Isole Ombra, quelle terre avvolte nel mistero da
cui nessuno era mai tornato vivo, la dimora di ogni terrore e di ogni
male, popolate da creature che non dovrebbero più
appartenere a questo mondo.
Avevano comunque deciso di passare all’azione: avrebbero
attraversato Valoran e trovato il modo per solcare il Mare del
Conquistatore fino ad arrivare dritti nella tana del nemico. In fondo
combattevano spesso contro orde di non-morti, cosa sarebbe potuto
cambiare?
Avevano fatto un giuramento solenne.
Ed erano insieme.
Lucian fece riporre alla donna la pistola e appoggiò la
scatola a terra per abbracciarla con slancio. Quella notte aveva deciso
di non pensare che a lei ed era intenzionato a tenerla sveglia fino
all’alba circondandola con le sue più dolci e
ardenti attenzioni.
***
«Lucian, fra poco dobbiamo andare».
Un tocco delicato sulla spalla e una dolce voce femminile interruppero
il filo dei suoi pensieri.
Si voltò quasi di scatto chiedendosi perché non
avesse cambiato nome impedendo ad altri che non fossero Lei di
chiamarlo in quel modo, le sopracciglia corrugate rendevano ancora
più minacciose le iridi gialle e il taglio affilato dei suoi
occhi.
Davanti a lui si trovava un altro Campione della Lega: i lumi grandi e
pieni di vita, la pelle coperta di squame verde smeraldo e la coda da
sirena non lasciavano nessun dubbio sulla sua identità. Il
lungo scettro che impugnava, i gioielli che portava al collo e una
sorta di corona che sovrastava una strana chioma composta da pinne
ondeggianti aveva sempre fatto sospettare a Lucian che ella fosse una
sorta di principessa o comunque un personaggio di rilievo nel posto da
cui proveniva, ma, nonostante si ritrovassero spesso a combattere
fianco a fianco nella Corsia Inferiore dell’arena, non sapeva
abbastanza della sua storia da poterlo stabilire con certezza.
Cos’aveva spinto un personaggio dall’aria
così nobile e così apparentemente inadatto al
combattimento fino in quel covo di pazzi senza speranza? Era una
domanda che non le aveva mai posto.
«Perdonami, non volevo disturbarti».
Vedendolo assorto, era con ogni probabilità venuta ad
informarlo che la battaglia sarebbe cominciata a breve e non aveva
certamente cattive intenzioni visto che quel giorno sarebbe stata il
suo Support, ovvero la compagna che avrebbe dovuto proteggerlo secondo
le divisioni di ruoli praticate alla Lega delle Leggende.
Un po’ in ritardo, Lucian capì di aver reagito
troppo duramente, si pentì di averla trattata con quella
freddezza e, mentre lei si stava già ritirando, si
alzò dalla sua posizione e la trattenne per un polso.
Lei si voltò e posò gli occhi ambrati che non
nascondevano un certo stupore in quelli di lui.
«Nami, io…» ma le parole gli morirono
sulle labbra «niente…».
Sconfitto da se stesso, ritrasse la mano con cui aveva bloccato la
sirena e abbassò lo sguardo. Non era più in grado
di rivolgere gentilezze al prossimo, di scusarsi o ringraziare. Ogni
volta dentro di sé qualcosa lo bloccava e gli impediva di
sbilanciarsi, di dimostrare che provasse sentimenti umani come tutti.
Era come se la dolcezza in lui appassisse prima ancora di germogliare,
trovando un suolo troppo arido in cui attecchire. O forse preferiva
così, che la gente pensasse a lui come ad un uomo vuoto con
cui non valeva la pena di sprecare il proprio tempo, così
che lo lasciassero in pace.
«Non ti preoccupare» la donna-pesce
sollevò lo sguardo verso il soffitto della stanza in cui
usavano prepararsi i membri della Squadra Blu: sopra di loro, gli
Evocatori che li avevano scelti stavano radunando le loro energie per
la battaglia «sembra che ci aspetterà un bello
scontro» disse per cambiare argomento e riempire il silenzio
che era sceso.
Sulle dita di Lucian la strana sensazione della pelle oltremodo liscia
del suo Support non era ancora scomparsa del tutto. In risposta a
quell’affermazione rivolse un istante lo sguardo verso la
stessa direzione in cui lo aveva puntato lei e annuì.
Conosceva il nome dell’Evocatore che lo aveva richiamato
visto che richiedeva spesso di lui e sapeva che era in gamba. Persino
colui che controllava Nami non gli era ignoto dal momento che i due
usavano spesso duellare insieme e stimava il valore anche di tale
individuo. Sarebbe stato uno scontro ad alti livelli, non aveva tempo
per distrarsi con ricordi fastidiosi.
Seguì con lo sguardo Nami mentre si dirigeva verso il loro
Midlaner per scambiare due chiacchiere. Anche lui proveniva dagli
Abissi proprio come la sirena e forse per questo avevano stretto una
grande amicizia: sembravano felici quando si ritrovavano insieme in
squadra. Era molto più basso dell’altra e
l’aspetto ricordava una buffa rana azzurra che si reggeva su
due zampe, dai capelli a forma di tentacoli. Anche Fizz (era quello il
nome della curiosa creatura) impugnava un’arma che somigliava
a un tridente ma, mentre Nami incarnava la marea e sfruttava le
proprietà curative dell’acqua, le
specialità dell’anfibio ceruleo erano il
combattimento uno contro uno e il controllo delle creature marine
più pericolose.
Secondo le convenzioni della Lega, fra le quattro corsie in cui
bisognava scontrarsi (Corsia Superiore, Centrale, Inferiore e Giungla),
solo in quella Inferiore era previsto che si affrontasse una doppia
coppia di Campioni, mentre le altre prevedevano esclusivamente duelli
uno contro uno. Lucian spesso pensava a quanto fosse ironico il fatto
che lui dovesse dirigersi praticamente sempre proprio verso la Corsia
Inferiore, visto che il suo ruolo di AD Carry gli imponeva di non
potersi facilmente allontanare da tale posizione. A giudicare
dall’affinità dei due umanoidi marini,
probabilmente la stessa Nami avrebbe preferito fare coppia con Fizz
invece che con un uomo taciturno e sgarbato, così come lui
avrebbe combattuto volentieri da solo.
Ma questo era impossibile.
In un certo senso, era obbligato a fare affidamento su qualcun altro
nei duelli.
Proprio come quando c’era Lei.
***
Il coraggioso e riccamente pagato barcaiolo che li aveva accompagnati
sulle Isole Ombra ormai aveva preso il largo da un pezzo, portandosi al
sicuro dalle pericolose correnti che circondavano
l’arcipelago, e attendeva il segnale per tornare a prelevarli
a missione ultimata. Lucian e Senna continuavano a farsi strada passo
dopo passo nella fitta nebbia che avvolgeva la costa dove non si poteva
scorgere nessuna traccia di vita, animale o vegetale che fosse.
Nonostante sapessero perfettamente che ci fosse la luna piena quella notte, i raggi
argentei non riuscivano a penetrare la foschia quasi palpabile e loro
erano costretti ad avanzare tenendo sollevate le pistole che erano
in grado di emettere luce. Il mare plumbeo e un’infinita
distesa di rocce e sabbia nere come il carbone sembravano costituire
l’unico scenario naturale del posto, come se da quelle parti
non vi si trovasse altro che morte. Qualsiasi cosa fossero le Isole Ombra e
le creature che le popolavano, sembrava che non avessero niente in
comune con ciò che esisteva nel resto del mondo.
Almeno non più.
Avevano deciso di ispezionare la costa prima di addentrarsi
nell’entroterra, teorizzando che più fossero
andati a fondo in quelle terre sconosciute, più avrebbero
potuto incontrare pericoli.
Tuttavia la calma che li avvolgeva ormai da ore era irreale e
sospetta. Lucian strinse saldamente il manico della sua pistola mentre
si guardava intorno sempre più dubbioso, tutti i sensi
tesi per percepire ogni minimo movimento, ogni più flebile
suono.
D’un tratto si udì un rumore inconfondibile di
zoccoli che si allontanavano sulla roccia della scogliera, ma
nonostante entrambi avessero già assunto la posizione
d’attacco, non si verificò nessun altro evento
degno di nota, perciò si limitarono a riprendere il cammino
ancora più prudenti di prima.
Dopo un paio d’ore arrivarono all’imboccatura di
una grotta che si apriva sulla scogliera e si affacciava su una distesa
di sabbia nera che veniva inghiottita dalle onde dopo una decina di
metri. Quando si avvicinarono, un vento gelido come la morte li
investì facendo sventolare i vestiti e scompigliando loro i
capelli. La nebbia circostante si diradò rivelando un vasto
spiazzo pentagonale delimitato da cinque pietre aguzze che non potevano
essere state disposte in quella posizione per caso. Ognuna di esse era
collegata a quella successiva tramite una sostanza simile al vetro, ma
traslucida e impalpabile e loro si trovavano all'interno del perimetro che delimitavano.
Dopo qualche secondo di silenzio, di fronte all’apertura
cominciarono ad innalzarsi dal suolo brullo delle fiamme dal colore
verde prive di calore. Una risata agghiacciante riecheggiò
fra le pietre nere, seguita da una voce che sembrava provenire da
un’altra dimensione.
«Complimenti!
Non è da tutti raggiungere la Bocca dell’Inferno!
Benvenuti!»
Le fiamme li circondarono completamente, ma rimanevano fredde e morte.
Da esse sorse uno spettro terribile: lo scheletro che lo costituiva
conservava molto poco delle sembianze umanoidi che un tempo aveva
dovuto avere e su di esso erano adagiati abiti grigi e stracciati. Alla
cintura che aveva attorno alla vita erano attaccate due catene
anch’esse fatte di ossa: una era impugnata dal mostro e
terminava con una grossa falce affilata, l’altra aveva
all’estremità una lanterna che emanava una
sinistra luce verdognola e si sorreggeva da sola a mezz’aria.
«Chi diavolo sei?!»
La voce di Senna era imperiosa e, sebbene avesse alzato il tono per
farsi sentire e puntato già la pistola sul nuovo arrivato,
non aveva nessuna incrinatura data dalla paura o dalla soggezione.
«Oh, che
sgarbato, non mi sono ancora presentato! Il mio nome è
Thresh, sono un… Collezionista, ma questo dovreste
già saperlo. Voi non vi ricordate di me, ma io conosco bene
voi e le vostre armi, Purificatori! A lungo avete indiscriminatamente
perseguitato quelli come noi e i vostri parenti hanno fatto
lo stesso…»
Prese una pausa e Lucian potè vedere i muscoli di Senna
irrigidirsi. Era lui lo spettro che cercavano e, a quanto pare, li
stava aspettando. Il cenno che aveva fatto ai loro famigliari era
bastato per mettere la moglie sull’attenti: cosa sapeva
qualcosa dei loro genitori?
«Siete stati
molto…carini… a venire a trovarmi, ma mi duole
informarvi che non riuscirete ad uscire da qui facilmente. Avrete
già apprezzato la mia prigione, immagino! La chiamo
“la scatola”, sappiate che non potrete attraversare
quelle pareti se non a vostre spese…»
indicò l’inquietante barriera pentagonale che li
circondava «…E
adesso che abbiamo finito i convenevoli, perché non parliamo
di hobby? Vi hanno già detto che colleziono anime, non
è così? Ebbene…»
La lanterna si sollevò emettendo un bagliore inquietante
fino a portarsi di fronte all’essere «Ne possiedo di tutti
i tipi eppure non sono mai soddisfatto del risultato raggiunto. Sapete,
oggi ho intenzione di catturarne altre due! Non siete emozionati? Ma
non vi preoccupate, sarete in compagnia! Probabilmente riconoscerete
qualcuno di loro…»
Il volto del mostro, sebbene ossuto, sembrò contorcersi in
un ghigno orribile mentre dalla lucerna si liberava un fumo denso che
dette lentamente forma a quattro figure dai lineamenti umani.
A Lucian e a Senna si ghiacciò il sangue nelle vene e tutti
i loro dubbi svanirono in un lampo: davanti a loro si trovavano le
immagini ectoplasmatiche e inconsistenti dei loro defunti genitori. Era
chiaro: tutto era stato architettato da quel non-morto estremamente
astuto e dall’aura oltremodo potente e malvagia. Li aveva
attirati sull’isola di sua iniziativa e loro erano caduti in
trappola; persino lo spettro che avevano trovato a Bilgewater faceva
parte del suo piano. Se fosse esistita la possibilità che
l’apparizione dei genitori si trattasse di un imbroglio, fu
smentita quando quei fantasmi sembrarono riconoscere i figli e le loro
espressioni si tramutarono in maschere di terrore.
Erano caduti in un tranello, è vero, ma avevano raggiunto il
loro obiettivo.
Adesso non rimaneva altro che far scomparire definitivamente quel
mostro dalla faccia della terra e la loro vendetta sarebbe stata
compiuta. Ma non sarebbe stato tutto così facile: allo
sconvolto Lucian non sfuggì un fruscio proveniente
dall’esterno della prigione, dove vide che un gruppo sempre
più numeroso di ombre cominciava ad ammassarsi.
«TU!»
L’accusa della donna era un ruggito da leonessa che si
dirigeva con la forza di una palla di cannone nella direzione del
fantasma che aveva detto di chiamarsi Thresh. Il volto di Senna era
irriconoscibile, trasfigurato dalla collera. Strinse la pistola
saldamente e balzò in avanti prima che Lucian potesse
afferrarla e impedirle di compiere azioni affrettate.
«ORA MORIRAI!» E cominciò a correre
verso l’avversario.
Lui, per tutta risposta, si limitò a girarsi e a sollevare
la sua arma, con l’intento di coprirle le spalle mentre
l’orda di creature immonde si riversava su di loro.
***
«Benvenuti
nella Landa degli Evocatori»
Il
saluto atono dell’annunciatrice risuonò ovunque
nell’Arena. Lucian era sceso in campo da pochi secondi e si
stava dirigendo senza troppa fretta verso la sua posizione
nella Corsia Inferiore, le braccia distese lungo i fianchi e le due
pistole già strette nei pugni. Nami lo seguiva a poca
distanza con la sua strana andatura, sospesa a pochi centimetri da
terra, così come se riuscisse a nuotare nell’aria
alla stessa maniera con cui lo faceva nell’acqua, ma lui non
se ne curava.
Arrivarono all’altezza della seconda torre e attesero sotto
di essa, al sicuro, che si palesassero i nemici di cui ancora non
conoscevano l’identità.
«Trenta
secondi alla generazione dei minion»
L’annunciatrice
avvisò i Campioni che la battaglia stava per iniziare: i
piccoli mostriciattoli creati dai Nexus (grosse pietre magiche)
all’interno delle rispettive basi stavano per giungere a
combattere al fianco dei loro alleati.
Il primo avversario a palesarsi fu quella che avrebbe potuto forse
definirsi una donna, un tempo: la pelle verdognola e luminescente
avvolta da una corazza da guerriera e gli occhi vitrei lasciavano bene
intendere che ella non vivesse più da parecchio tempo,
sebbene ciò non le impedisse di camminare con
un’andatura marziale e minacciosa. Da sotto l’elmo
scendeva una cascata di capelli lisci e corvini mentre in mano
stringeva una lancia che sembrava anch’essa composta della
stessa sostanza che dà forma ai non-morti. Lei era un
Tiratore, proprio come Lucian.
«Kalista»
Il sibilo del compagno non sfuggì a Nami che si
voltò verso di lui. Il loro avversario si era appena unito
alla Lega delle Leggende, ma l’uomo lo conosceva bene: si
erano già affrontati diverse volte durante le sue missioni.
Gioiva quando entravano nella Lega campioni già affrontati
in passato: il loro stile di combattimento gli era noto e aveva la
possibilità di massacrarli finché voleva,
pienamente legittimato dal luogo in cui si trovava e dalle esigenze
degli scontri nella Landa.
«Ben ritrovato, Lucian. Quanto tempo!» Il sorriso
obliquo e sprezzante della guerriera non trovò risposta,
perché un rumore di passi proveniente dalle sue spalle e una
risata ben nota catturò l’attenzione
dell’uomo.
«Buonasera
Lucian, stavo giusto pensando a quanto sarebbe stato divertente
combattere conto di te quest’oggi!»
L’aspetto di Thresh non era mai cambiato in tutto quel tempo,
come era consuetudine dei non-morti.
Lui, per tutta risposta, tese le braccia di fronte a sé,
puntando le pistole direttamente alla fronte dei due avversari. Non
avrebbe dato loro la soddisfazione di vedere il minimo cenno di
turbamento nel suo sguardo, né di sentire la sua voce
incrinarsi. Al contrario, un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto.
«Hai ragione, Thresh, che inestimabile fortuna poter prendere
a calci due rifiuti ambulanti allo stesso tempo! La Lega
avrà voluto farmi un regalo!»
In quel mentre i minion stavano arrivando in corsia e, giunti di fronte
ai loro campioni, cominciavano a scontrarsi tra di loro. Quello era il
segnale che lo scontro era iniziato.
Lucian vide con la coda dell’occhio Nami portarsi avanti per
impedire a Kalista di dare il colpo di grazia a quei piccoli soldati,
atto che le avrebbe garantito esperienza e denaro extra, necessario per
guadagnare vantaggio sull’AD Carry avversario. Lo sguardo
della donna-pesce era determinato e battagliero, reggeva con entrambe
le mani il suo scettro e i suoi movimenti erano studiati e puliti come
quelli di una vera guerriera: era sorprendente come il suo
atteggiamento dolce cambiasse quando si ritrovava nell’Arena.
Si manteneva al riparo dietro i minion alleati, così che la
falce di Thresh non potesse raggiungerla senza incontrare ostacoli e,
con quella copertura, Lucian si sentì libero di attaccare a
sua volta i minion rossi senza paura di essere eccessivamente
infastidito dagli avversari.
***
«Non
così in fretta, bambola!»
Le apparizioni dei loro genitori si dissolsero in una nube di fumo e le
decine di fantasmi che si erano gettate sui due umani giungendo da
tutte le direzioni li separarono da quello che sembrava a tutti gli
effetti il loro capo.
Senna fu costretta a cambiare il suo obiettivo e, girandosi di lato,
sparò dei proiettili luminosi che andarono a freddare sul
colpo tre non-morti. Anche Lucian era già passato
all’azione e, dopo aver messo a bada alcune creature che si
erano avventate su di lui, ne aveva colpite alla testa due
che volevano sorprendere la donna alle spalle. Senza perdere tempo
raggiunse Senna e fece aderire la schiena a quella di lei, in modo da
avere una visione a trecentosessanta gradi sulla situazione. Erano
completamente accerchiati e non si riusciva a vedere la fine dello
sciame di creature raccapriccianti di tutti i tipi che si erano
radunate attorno a loro. Lei non sembrava impressionata, anzi,
l’azione le stava facendo salire l’adrenalina.
«Abbiamo trovato la festa!»
«Saranno duecento…»
«Dì pure trecento!»
«Balliamo?»
«Balliamo!»
La coppia si lanciò all’attacco con foga e non si
risparmiò nel combattimento, anche se per ogni nemico
abbattuto sembravano comparirne altri dieci. Quelle creature sapevano
cosa fosse la morte e non la temevano, per cui non conoscevano la
fatica e lottavano fino allo stremo mordendo, graffiando e colpendo con
le loro armi fantasma. Presto la fatica cominciò ad avere il
sopravvento sulla carne mortale e i movimenti persero
fluidità, concedendo ai nemici frazioni di secondo preziose
per permettere ai loro colpi di andare a segno. Ferite più o
meno profonde cominciarono ad aprirsi sui loro corpi e i loro vestiti
presero a tingersi di cremisi, mentre l’orda non sembrava
accennare a diradarsi.
Il primo a cadere fu Lucian. Un morso al collo gli aveva fatto perdere
parecchio sangue e gli faceva male come se la ferita fosse in fiamme,
il corpo era cosparso da un assortimento variegato di tagli. Il colpo
di grazia gliel’aveva dato una sferzata sul retro delle
ginocchia che gli aveva procurato un dolore tale da farlo urlare e
cadere in avanti, carponi, con le mani nella sabbia. Probabilmente i
tendini erano stati recisi, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa
per accertarsene, una botta bene assestata proprio sul morso dolorante
lo costrinse a sottrarsi dalla fonte del dolore, facendolo finire
così con la schiena per terra e con le mani a tamponare la
ferita. Si accorse troppo tardi di aver lasciato la presa sulla pistola
e questa si trovava ormai fuori portata, calciata lontano dai suoi
carnefici. La fitta allo stomaco arrivò improvvisa e
inevitabile: quando capì cos’era successo e
riuscì a mettere a fuoco la scena, poté
realizzare che il manico di una picca gli sbucava dal ventre su cui si
allargava una macchia rossa e vischiosa.
«LUCIAN!»
L’urlo di Senna lo risvegliò dal torpore a cui si
stava abbandonando. Aveva forse dimenticato il giuramento fatto?
Avrebbe dovuto proteggerla. Non stava affatto onorando i suoi voti.
Riuscì a piegare il collo ignorando la fitta atroce che lo
colpì per guardare nella direzione da cui proveniva la voce
della moglie. Lei sembrava aver avuto la meglio sui suoi avversari
anche se le sue condizioni non erano rassicuranti: era coperta di
sangue e si reggeva un braccio con la mano che doveva tenere anche la
pistola. Barcollante, si stava avvicinando al marito quando la risata
di Thresh sembrò segnalare agli spettri di fermarsi.
«A quanto pare
ci siamo già arresi!»
La falce dell’essere venne scagliata con forza nella
direzione di Lucian, che ebbe appena il tempo di pensare a quanto
duramente avesse fallito.
Sia lui, sia Senna sapevano bene che la morte era una
possibilità tutt’altro che remota nel loro
mestiere, ma una fine così disonorevole per mano di colui di
cui avrebbe dovuto vendicarsi era inaccettabile. Senza contare il fatto
che non avrebbe più potuto aiutare la moglie in nessun modo,
dovendola lasciare in mano ad una branca di mostri repellenti e
sanguinari.
Non poté fare altro che chiudere gli occhi in attesa di
sentire la lama affilata dilaniare le sue carni, ma il dolore tardava
ad arrivare. Dopo qualche secondo si decise a sollevare le palpebre e,
nonostante la vista annebbiata, riuscì a distinguere fin
troppo nitidamente la raccapricciante scena che gli si parava davanti.
Ciao a tutti!
Questa ff è nata come un’esercitazione di
scrittura, ma poi è diventata una sorta di lavoro
mastodontico per mille motivi, fra cui la documentazione, la resa dei
caratteri dei personaggi, i vari background, ecc…
Pensavo di scrivere un racconto breve ma, mano a mano che aggiungevo
cose, il tutto si è un po’ ingigantito e mi sono
venute fuori 17 pagine in Times New Roman 12, per cui ho deciso di
dividerlo in due parti per renderlo un mattone un po’
più digeribile.
Avrei molte precisazioni da fare, ma preferirei evitare di scriverle
adesso ed elencarle nel prossimo capitolo, per cui, se non vi torna
qualcosa domandate pure, sebbene io probabilmente sia al corrente delle
perplessità che un giocatore (o un non giocatore) di Lol
possa avere. Ho cercato di mettere delle descrizioni veloci riguardo a
termini ed elementi propri del gioco, in modo da non annoiare coloro
che sono avvezzi alle sue dinamiche e da non lasciare spiazzato il
lettore poco documentato. Spero di non essere stata troppo vaga o
troppo prolissa, a seconda dei casi.
Mi sono anche sforzata di tradurre in italiano i termini tecnici
là dove possibile anche se non l’ho potuto fare
sempre (tradurre Midlaner come “Campione che combatte nella
Corsia Centrale” mi sembrava un po’ eccessivo).
Che dire, Lucian è un gran bel personaggio,
l’unico Campione con una vera e propria storia
d’amore alle spalle, nonostante sia veramente cazzuto, per
cui si presta bene come soggetto per la scrittura.
Spero che questo esperimento vi piaccia, caricherò la
seconda parte entro la prossima settimana!
Cya!
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Capitolo 2 *** PARTE 2 ***
Stavano
perdendo.
Kalista era abile nel mandare a segno le sue lance dirette sia sui
minion, sia su Lucian e, allo stesso tempo, riusciva facilmente a
evitare i contrattacchi grazie alla rapidità dei suoi balzi.
Aiutata dalla falce di Thresh, che rimaneva temibile nonostante i suoi
poteri fossero ridotti al di fuori delle Isole Ombra e attenuati
ulteriormente dalle leggi della Lega così come quelli di
molti altri Campioni, riusciva a vincere facilmente ogni duello
infliggendo sempre danni più ingenti di quanto non facessero
gli avversari. Nami si impegnava con tutta se stessa cercando al
contempo di ferire i nemici e curare Lucian grazie al potere unico che
possedeva nel manipolare l’elemento dell’acqua, ma
ogni suo sforzo sembrava non essere abbastanza.
Il suo AD Carry, per qualche motivo, non riusciva ad essere efficace,
sembrava deconcentrato, distratto e continuava a commettere errori
stupidi o ad agire in ritardo. Non avrebbero mai vinto in quel modo.
La tensione era alle stelle ed entrambi la percepivano chiaramente:
dovevano proteggere la torre, impedire che cadesse dando ampio
vantaggio alla Squadra Rossa, ma Lucian cominciava a perdere la
pazienza. Lei ebbe paura che stesse per commettere qualche azione
avventata: «Dobbiamo tornare in base, non possiamo continuare
così!»
Il suo compagno sembrò contrariato, specialmente quando
Thresh e Kalista risero per prendersi gioco di loro e dovette
trattenere la rabbia digrignando i denti, ma con un cenno secco
concordò con il Support. Per fortuna era un valido guerriero
e sapeva valutare la situazione con freddezza, mettendo da parte
l’orgoglio. I due, quindi, lasciarono i loro minion a
fronteggiare da soli i non-morti e tornarono in fretta a recuperare le
energie nella loro base. Le ferite guarirono velocemente, ma non
sarebbero riusciti a passare in vantaggio senza un buon piano. Pensando
a cosa potessero fare, Lucian si avviò subito verso la
Corsia, ma qualcosa lo trattene. Questa volta era stata Nami ad averlo
afferrato per il polso e adesso sul suo viso era dipinta
un’espressione arrabbiata del tutto inusuale per la creatura
marina, tanto da farlo rimanere interdetto.
«Cosa stai facendo?! Vuoi forse perdere?!»
Stava per subire una ramanzina dal suo Support? Questo pensiero lo
lasciò a metà fra il perplesso e
l’indignato, ma Nami sembrava sorpresa come lui per il suo
stesso comportamento. Il suo tono tornò calmo e comprensivo
quando riprese a parlare.
«Non ti ho mai visto così… E’
successo qualcosa? Non ti stai impegnando al cento per cento e non
capisco perché… Non puoi farti vedere in queste
condizioni da Thresh!»
Lucian sapeva che i colleghi fossero informati dei suoi trascorsi con
il non-morto, gli stessi interessati si scambiavano spesso eloquenti
frasi di sfida quando si incontravano, non era un segreto. Tuttavia,
sentirsi sbattere in faccia il proprio passato da qualcuno che non lo
conosceva affatto gli procurò un dolore sordo e lo fece
infuriare. Che diavolo ne sapeva lei?!
«Quello che mi succede riguarda solo me. Smettiamola di
perdere tempo».
Si liberò dalla presa femminile che non oppose resistenza e
tornò sui suoi passi. Nami non replicò niente e
la sua espressione afflitta non poteva essere in alcun modo notata
dall’altro, per nulla intenzionato a voltarsi.
Quando riacquisirono le loro posizioni, la torre sembrava rimasta in
piedi per miracolo: bastavano ancora pochi attacchi e sarebbe crollata
sancendo definitivamente la loro sconfitta.
Lucian, ripensando alle parole di Nami, si decise che aveva ragione:
non poteva permettere a Thresh di mantenere quel suo solito ghigno
soddisfatto, non senza tentare il tutto per tutto.
Con uno scatto repentino si portò in mezzo ai minion alleati
e da una pistola partì un raggio che andò a
colpire facilmente Kalista, colta di sorpresa. Subito dopo, un doppio
proiettile di luce si liberò dalle sue armi, andando
anch’esso a segno.
L’azione sarebbe stata vantaggiosa se Lucian non avesse
lasciato troppo indietro il suo Support, che non possedeva la sua
stessa rapidità, e adesso non si ritrovasse senza difese in
balia dei due non-morti.
La lancia fantasma lo colpì al petto, seguita a ruota da una
seconda: Kalista non era rimasta a subire passivamente e adesso era
giunto il momento del contrattacco. Le sue armi erano particolari:
provocavano dolore ma non causavano ferite, almeno fino a quando non
scomparivano o non decideva di…estrarle. E fu proprio quello
che successe: serrando il pugno le lance guidate da una forza
invisibile uscirono dal petto dell’uomo per poi scomparire,
lasciando uno squarcio sanguinolento là dove erano state
infilzate. Un rivolo rosso vivo scese dalle labbra del ferito, che
venne subito investito in pieno da un fascio di energia spiritica. In
quel mentre Nami giunse in suo soccorso: una scia di gocce cristalline
si liberò dallo scettro, rimbalzò su di lui per
poi scagliarsi contro Kalista. I poteri della donna-pesce erano
strabilianti: la sua acqua sembrava incorporea quando colpiva gli
alleati, una sensazione fresca li avvolgeva e rigenerava senza tuttavia
bagnarli, mentre diventava ustionante quando si riversava sui nemici.
Il suo intervento permise a Lucian di riprendersi in parte dal dolore e
distrasse Kalista per un istante, ma anche Thresh aveva deciso di
entrare in azione. La falce calò su Lucian senza che lui
potesse schivarla e gli si agganciò al fianco causandogli un
taglio profondo e un dolore acuto. L’essere non perse tempo e
lo trascinò verso di sé con uno strattone,
liberandolo subito dopo dalla lama affilata solo per scagliargliela di
nuovo contro: questa volta una sferzata alle caviglie gli
causò la perdita dell’equilibrio e lo fece cadere
sull’erba dell’Arena. Thresh lanciò la
lanterna verso Kalista e lei, afferrandola, venne attirata al fianco
del suo Support, pronta ad accanirsi sul bersaglio finito a terra.
Lucian si mise in ginocchio e sollevò le sue armi deciso a
vendere cara la pelle, quando un’enorme bolla
d’acqua avvolse Kalista e la costrinse a rimanere con il
braccio piegato e la lancia sospesa a mezz’aria,
impossibilitata a scagliare il colpo mortale. Lucian sapeva che era il
momento di reagire: si alzò in piedi e cominciò a
sparare quanti più colpi potesse contro la nemica
immobilizzata, cercando allo stesso tempo di allontanarsi dai due
avversari. Nami gli aveva salvato la vita per l’ennesima
volta e non avrebbe gettato alle ortiche quell’occasione. Ad
un tratto la bolla esplose e ne affiorò una Kalista
più inferocita che mai.
«SMETTERAI DI METTERMI I BASTONI TRA LE RUOTE, DANNATO
PESCE!»
Thresh aveva già preso di mira il suo bersaglio
per la seconda volta, ma Lucian schivò la falce con un salto
e si lanciò verso la non-morta che, piena di collera, si
stava già avventando su Nami, tuttavia non riuscì
a raggiungerla. Una forza sconosciuta sembrò schiacciarlo a
terra per impedirgli di muoversi: l’Evocatore che controllava
Thresh aveva deciso di usare sull’avversario
l’incantesimo Sfinimento, che rallentava i movimenti e
rendeva più deboli gli attacchi, vedendo il suo Tiratore in
una posizione troppo vulnerabile. Kalista stava già
afferrando la sirena per il collo con le sue dita artigliate e la
teneva sospesa a qualche centimetro da terra, vomitandole addosso i
peggiori improperi che le venissero in mente. La compagna non poteva
liberarsi: la forza dei non-morti era superiore a quella dai vivi,
sarebbe morta soffocata se lui non avesse fatto qualcosa per salvarla.
L’uomo impiegò tutta la sua determinazione per
opporsi a quell’anomala forza di gravità e
riuscì infine a sollevare una pistola per sparare verso
Kalista. Il proiettile non era potente ma centrò il braccio
teso dello spettro il quale, per il dolore, lasciò la presa
sulla preda che stramazzò a terra, ansimante ma viva, anche
se il pericolo non era ancora scongiurato del tutto.
Lucian doveva raggiungerla e portarla in salvo finché non si
fosse ripresa o gli sforzi fatti fino a quel momento sarebbero stati
vani. Quando l’effetto di Sfinimento svanì, era
già pronto per correre da lei, ma si ritrovò
d’un tratto rinchiuso in una prigione a forma di pentagono le
cui pareti erano trasparenti come lastre di vetro e impalpabili come
l’aria. Sapeva bene di cosa si trattasse: Thresh aveva fatto
ricorso alla sua abilità più potente, la sua
Finale: se avesse cercato di attraversare quelle barriere, Lucian
avrebbe subito danni e sarebbe stato colpito da un effetto di
rallentamento simile a quello appena terminato. Non sarebbe riuscito in
nessun modo a raggiungere Nami, diventando allo stesso tempo una facile
preda per i nemici. Lanciò uno sguardo disperato al suo
Support che stava puntando i gomiti a terra per rialzarsi mentre
Kalista tornava a sollevare la lancia per calarla su di lei: non sapeva
cosa fare. Lo sguardo della sirena incrociò per un secondo
quello del suo Carry, decifrandone con facilità le
indecisioni. Come in risposta alla sua muta domanda scosse
violentemente la testa e sollevò il busto per far fronte al
colpo che stava per subire.
Lucian sfogò la frustrazione della sua impotenza in un
ruggito dei rabbia e si rivolse verso il suo carceriere,
l’unico bersaglio che potesse raggiungere senza oltrepassare
la barriera.
«Preparati, ti ammazzerò per la seconda
volta!»
Thresh sembrò divertito come al solito.
«Suvvia,
Lucian, non ti alterare! Sai bene che quando ero in vita facevo il
secondino… E’ difficile perdere le vecchie
abitudini!»
L’uomo non aveva intenzione di stare a sentire certe
provocazioni, per cui non perse tempo ad ascoltarle: lasciò
partire un proiettile che esplose assumendo la forma di una stella a
quattro punte quando entrò a contatto con Thresh e parte
della luce causata dall’esplosione rimase sorprendentemente
addosso all’essere sottoforma di riflessi iridescenti. Questo
effetto permise a Lucian di lanciarsi verso il suo bersaglio con
velocità superiore a quella abituale arrivandogli addosso in
un attimo e, con il manico della pistola, tentò di colpire
il volto ossuto imprimendo tutta la forza che aveva in corpo. Ma, con
stupore, non si verificò nessun urto e il suo assalto
andò completamente a vuoto: Thresh sembrava improvvisamente
svanito nel nulla.
Lucian capì subito cosa potesse essere successo e si
voltò verso Kalista. Lo spettro era rivolto verso di lui e
lo guardava con un sorriso malefico, ai suoi piedi Nami giaceva priva
di coscienza in una pozza di sangue. Non poté fare nulla:
Thresh decise di attivare nuovamente la Finale dell’alleata
per ricomparire senza preavviso di fronte a lui, lo caricò e
lo fece sbalzare via con una spallata per poi catturarlo di nuovo con
la sua falce in una morsa letale.
Ormai non aveva più scampo, le possibilità di
sopravvivenza con Nami fuori combattimento erano praticamente nulle.
L’incantesimo Guarigione scagliato dal suo Evocatore
servì solo a impedire al primo assalto di Kalista di essere
fatale, ma non lo avrebbe tenuto vivo a lungo.
«Ci vediamo,
salutami Senna!»
Thresh lo stava deridendo ancora e lui non aveva più la
possibilità di rispondere sullo stesso tono
dell’odiato mostro. Non avrebbe neppure raggiunto la moglie:
le morti nella Landa erano infinite e mai definitive
all’interno di quello strano gioco oltremodo sadico.
Non c’era nessuna gioia per lui, solo la consapevolezza di
non essere stato in grado di fronteggiare il suo avversario.
Kalista era pronta a lanciare il suo secondo attacco e lui tese di
fronte a sé le sue pistole: in ogni caso avrebbe lottato
sino alla fine, era l’unica soddisfazione che gli poteva
rimanere.
«ONDE DELL’OCEANO!»
Lo tsunami che travolse i due non-morti sommergendoli e scagliandoli
lontano era alto diversi metri, impetuoso e abbastanza ampio da essere
difficile da evitare, anche se fosse stato visto in tempo.
Lucian si trovò improvvisamente libero e si voltò
verso la direzione da cui proveniva.
Vide Nami che si era rialzata, aveva ripreso possesso del suo scettro e
che, nonostante le gravi condizioni in cui versava, era riuscita a
lanciare la sua abilità più potente salvandolo e
dandogli la possibilità di ribaltare la situazione. La luce
che brillava nei suoi occhi gli fece capire che stava facendo sul
serio: roteò lo scettro e un nuovo getto d’acqua
partì verso Kalista, rimbalzò sul suo AD Carry e
quindi su Thresh, sortendo il solito effetto di indebolire i nemici e
curare gli alleati. Poi anche Kalista venne schiacciata a terra
dall’incantesimo Sfinimento, questa volta azionato
dell’Evocatore di Nami. La sirena aveva messo tutta se stessa
in quello sforzo disperato di ribaltare la situazione in cui si
trovavano, Lucian capì che non c’era momento
migliore per contrattaccare e lo colse al volo, animato da nuova
speranza.
« FINISCE QUI!»
Una tempesta di proiettili di luce che sembrava non avere fine
investì in pieno Kalista senza lasciarle scampo: ogni suo
tentativo di fuga venne impedito da una nuova bolla di Nami che la
centrò in pieno, immobilizzandola. Quando lo spettro cadde a
terra sconfitto, la furia di Lucian si riversò sul suo
Support: non lo avrebbe lasciato scappare per nulla al mondo.
Thresh sembrava fuori di sé dalla collera: quella sciocca
bestia marina gli aveva rovinato tutti i piani, ma avrebbe trascinato
almeno lei con sé!
Nonostante fosse incalzato dai colpi di Lucian, lanciò la
falce contro il bersaglio più debole e provato: «Anche stavolta
qualcuno sarà costretto a sacrificarsi per te!».
La risata spettrale e folle stava già rimbombando nelle
orecchie di Lucian, quando si accorse delle macabre intenzioni
dell’avversario.
Assistere a quella scena lo paralizzò mentre riviveva nella
sua mente il giorno in cui la moglie era morta per salvarlo.
«SENNA!»
Lucian sembrava in preda al delirio: di fronte a lui l’unica
donna che avesse mai amato cadeva a terra esanime per
l’ennesima volta, con la falce di Thresh conficcata nel
petto, così come capitava sempre nei suoi incubi. Lui si
strappava la picca dal ventre incurante del dolore e andava a prendere
la sposa esanime tra le braccia, incapace di dire alcunché,
congelato, terrorizzato.
Ricordava bene come gli occhi di lei fossero umidi, anche se le labbra
sorridevano.
«Grazie per essere stato al mio fianco. Devi continuare a
vivere».
Gli aveva detto queste parole prima che le palpebre si chiudessero sui
lumi marroni e il suo ultimo respiro si condensasse in una nebbia che
dette forma alla proiezione traslucida della sua anima. Le labbra
femminili si erano mosse appena per scandire le parole “Ti
amo” e “Addio”, poi la lanterna di Thresh
l’aveva risucchiata, facendo sparire ogni traccia di lei. A
nulla erano servite le grida di disperazione e le lacrime causate da un
dolore spirituale ben superiore a quello fisico, ma in quel momento lui
non aveva neppure la forza per sollevare un’arma, come
avrebbe potuto continuare a vivere nelle condizioni in cui versava?
Come avrebbe anche solo potuto pensare di poter esistere privato della
sua parte migliore? L’avrebbe certamente raggiunta nel posto
in cui ella si trovava, quello era l’unico suo desiderio.
Ma in qualche modo non venne esaudito.
L’unica altra cosa che si ricordava di quella notte nefasta,
era solo l’oscurità fredda e profonda in cui era
sprofondato.
Adesso, però, lui era lì. Le sue forze erano allo
stremo, ma era ancora cosciente e in grado di combattere, sebbene
qualsiasi cosa volesse tentare sarebbe stata una lotta contro il tempo
e contro le sue capacità. Tuttavia non poteva lasciare che
Nami morisse così: non lo meritava. Riconosceva
perfettamente che, senza il suo sostegno, lui non sarebbe riuscito a
concludere nulla di positivo.
Aveva creduto in lui sino alla fine ed era certo che sarebbe perita
volentieri, consapevole di aver comunque fatto tutto ciò che
era nelle sue possibilità per proteggere il suo Tiratore.
Ora era il turno di Lucian di dimostrarle la sua riconoscenza. Grazie
all’Incantesimo dell’Evocatore Flash, si
teletrasportò di fronte al suo Support e, incrociati gli
avambracci di fronte a lui, si apprestò a parare il colpo.
La falce penetrò a fondo nella carne fino ad intaccare le
ossa che non vennero spezzate per miracolo e l’azione
sembrò andare a buon fine.
Sulle sue labbra comparve un sorriso soddisfatto quando si accorse
dell’espressione esterrefatta del suo acerrimo nemico: in
fondo anche lui sapeva bene quanto fosse raro che un AD Carry mettesse
a repentaglio la sua vita per salvare un Support. Lui, poi, non aveva
mai fatto nulla di simile finora.
Con uno strattone, estrasse un braccio dalla falce e
rinfoderò la pistola che teneva per lasciare libera la mano
e afferrare la lama in modo da liberarsi completamente.
Arrotolò la catena di ossa attorno all’arto che
non reggeva l’arma e la tirò verso di
sé, facendo sbilanciare l’ex-secondino, poi
puntò la pistola con incisa sopra la “S”
alla sua fronte.
In quel momento sentì un tocco sulla schiena e tre piccole
bolle d’acqua cominciarono a girare attorno a lui: avrebbero
potenziato i suoi attacchi e sapeva bene chi le aveva fatte apparire.
Si girò verso Nami e scorse nei grandi occhi ambrati tutta
la fiducia e la gratitudine che la paladina del popolo dei Marei
riponeva in lui. Lei annuì, così lui
tornò a concentrarsi sul suo avversario, la pistola
cominciò a brillare mentre canalizzava la potenza ancestrale
che scorreva in essa:
«Questa è
pietà».
La battaglia era finita e avevano vinto. Nell’anticamera
dell’arena tutti gli alleati si stavano complimentando con
Lucian, che era stato fondamentale nei momenti più delicati,
nonostante l’inizio incerto. Tuttavia solo Fizz, che aveva
notato qualche buona azione di Nami dei combattimenti in
gruppo, rivolse un paio di commenti positivi anche a lei.
L’ultimo Purificatore sapeva bene che ciò non era
giusto, che se non ci fosse stata lei probabilmente avrebbero perso.
Sapeva che sarebbe dovuto andare a dirle qualcosa, ma non riusciva a
trovare il momento giusto, per cui alla fine si rassegnò.
Quando andò nel suo camerino a cambiarsi non si sentiva per
niente in pace con se stesso. Dopo esserne uscito, trovò con
sorpresa la Marai a pochi metri di distanza ferma nell’atrio,
che parlava con il suo simile. Colse involontariamente solo pochi
stralci di conversazione.
«…Certo, verrò molto
volentieri!»
«Perfetto Miss, allora a più tardi»
l’anfibio dimostrò di aver appreso bene le usanze
umane, infatti si prodigò in un baciamano e in un solenne
inchino prima di dirigersi verso il portone che conduceva
all’esterno, dileguandosi dietro di esso.
Il rossore sulle guance di Nami voleva lasciare intendere che i due si
erano appena dati un appuntamento romantico? In quel caso, era stato
decisamente scortese soffermarsi ad ascoltare.
In quel mentre Nami si girò e, scorgendo Lucian, le sue gote
si imporporarono ancora di più.
«Non era mia intenzione origliare, io… Mi trovavo
qui per caso, credimi» Le scuse che cercò di
accampare l’uomo dalla pelle del colore dell’ebano
erano un po’ impacciate.
«Non ti preoccupare» Nami tagliò con un
colpo secco l’argomento «E’ stata una
bella partita, vero? Io… Volevo ringraziarti per avermi
slavata e poi anche scusarmi per quello che ti ho detto prima, mi sono
intromessa in affari che non mi riguardavano, mi
dispiace…»
L’espressione della sirena era sinceramente affranta e i suoi
occhioni tristi avrebbero mosso a compassione persino il Signore del
Vuoto.
Ma a Lucian tutto quel tormento non sembrò altro che
l’ennesima ingiustizia.
«Non devi scusarti, sono io a doverti ringraziare. Senza le
tue parole e il tuo sostegno non sarei riuscito a concludere nulla
oggi… Ti stavo cercando per dirti questo» prese
una pausa, intanto Nami lo guardava a bocca spalancata, senza credere
alle sue orecchie. Un uomo così taciturno e orgoglioso che
esprimeva gratitudine nei suoi confronti le sembrava più
un’allucinazione che la realtà. Lui riprese a
parlare, sembrava più serio: «Mi hai chiesto cosa
mi fosse successo. Oggi sarebbe stato il nostro anniversario. Mi sono
lasciato sopraffare dai ricordi e non mi sono impegnato al massimo,
spero di non farti assistere mai più ad uno spettacolo
così penoso» parlava con una fredda e inespressiva
calma, sebbene non avesse mai trattato con nessuno della sua vita
privata, non di persona, almeno.
Nami sembrò indecisa, divisa fra la curiosità di
sapere di più su quello strano umano e la paura che indagare
ancora sarebbe costato il suo silenzio definitivo.
«Prima… Mi hai chiamata
Senna…»
«Sì, era il nome di mia moglie. E’ morta
molto tempo fa» si limitò a constatare, ma il suo
pensiero rischiò di perdersi nuovamente in momenti e
sensazioni lontane dal presente, che si confondevano con i sogni
«Perdonami».
Ma Nami sembrava tutt’altro che offesa e i suoi occhi
cominciavano a diventare umidi.
«Mi… Mi dispiace…» lei si
strinse nelle braccia, come colpita da un’ondata di
sconforto «È così
doloroso… Si percepisce chiaramente quanto tu
l’abbia amata» sembrava sull’orlo del
pianto e tutta quella commozione e quelle parole toccarono sinceramente
il cuore di Lucian, ma non sapeva cosa dirle per calmarla. Stava
veramente così male per qualcuno che neppure conosceva?
Lei parve trovare da sola un modo per uscire dalla tristezza a cui
l’aveva condotta la sua empatia innata e afferrò
con dolcezza un braccio di Lucian con entrambe le mani.
«Non devi tormentarti. Avere un marito tanto affezionato non
è cosa da tutti i giorni e sono certa che lei sapesse quanto
fosse fortunata. Tu non hai niente da rimproverarti». Gli
sorrise anche se non sapeva quale sarebbe stata la reazione
dell’altro a un simile gesto di incoraggiamento, infatti lo
vide piuttosto spiazzato e temette che la situazione sarebbe
precipitata da un momento all’altro.
Lui rimase a guardarla inebetito per diversi secondi: sarebbe stato
difficile stabilire chi dei due fosse il pesce in quel momento. Senna
era rimasta al centro dei suoi pensieri per anni dopo la sua morte e
lei pensava che l’infinito dolore provato giorno dopo giorno
fosse un merito? Non solo, era come se con la sua voce cristallina lo
stesse assolvendo da ciò che considerava il suo peccato
più grande, quello di non essere riuscito a salvarla. Ovvio,
i due erano consapevoli dei pericoli in cui potevano incorrere nelle
loro missioni, ma lei si era sacrificata per lui, era morta al posto
suo.
Perché lui era sopravvissuto?
Forse solo per portare a compimento il loro vero giuramento, quello di
far scomparire ogni non-morto dalla faccia della terra.
O forse… Forse no?
Il sorriso che Senna gli aveva rivolto durante gli ultimi istanti di
vita riaffiorò fra i suoi ricordi.
Lei aveva lasciato questo mondo felice.
Questa rivelazione fu come un fulmine a ciel sereno che
rischiarò il caos dei suoi sentimenti.
Si era spenta combattendo, nel tentativo di vendicare i propri
genitori, salvando la vita del suo amato e senza rimorso alcuno.
Era questa la verità?
Avrebbe dovuto cessare di tormentarsi?
In fondo Nami sapeva veramente poco del suo passato, probabilmente
aveva appreso qualcosa dalle voci che circolavano e aveva azzardato una
frase d’incoraggiamento nata dalla compassione. Probabilmente
la stava facendo troppo facile, ma la sua voce era sincera e non
sembrava affatto che volesse farsi beffe di lui.
Guardò la sirena che ormai stava perdendo le speranze di
ottenere una risposta e si liberò dalla dolce presa. Subito
vide spegnersi le iridi ambrate e un’ombra calò
sul suo viso. Lei aprì la bocca, probabilmente per scusarsi
di nuovo per essersi intromessa in affari altrui, ma Lucian la
precedette: «Sono delle belle parole, ti
ringrazio».
L’uomo piegò il braccio per portarselo al petto e
strofinarlo con l’altra mano, ma il contatto che ottenne fu
deludente, ben diverso da quello appena rifiutato.
Lei sembrò rincuorata a metà: forse le aveva
parlato in quei termini solo per chiudere la conversazione. Prendendo
il coraggio a due mani si azzardò a chiedergli:
«Senti… Io e Fizz stasera andiamo alla Locanda
dell’Impiccato a festeggiare per la vittoria di oggi, vuoi
venire anche tu? Ci farebbe molto piacere».
Lucian sembrò sorpreso: «Pensavo che…
Non sarò di troppo?» Cercò di rimediare
allo strafalcione, ma ci riuscì male poiché aveva
praticamente ammesso di averli spiati.
Lei arrossì «Certo che no! Gli altri erano
impegnati, per questo eravamo solo noi due…»
Ma era veramente così? Lucian non era certo abituato a
frequentare locali o a cimentarsi in attività come la
socializzazione, soprattutto se c’era la poco allettante
aspettativa di fare il terzo incomodo, ma qualcosa gli fece venire
voglia di tentare: «Sai, sono curioso di sapere cosa bevono
quelli come voi…». Nami sembrò
decisamente soddisfatta dalla risposta «Lo scoprirai stasera!
Ci troviamo alle sette!» Detto questo si girò e
tornò sui suoi passi (o, meglio, sulle sue pinne) e
scomparve dietro il portone prima che Lucian potesse farle notare di
non avere ancora ufficialmente accettato l’invito.
Il Tiratore noto fra i Campioni della Lega come “il burbero
asociale” scosse la testa e rimase ancora a guardare la porta
chiusa per qualche secondo.
Era da tanto che non sorrideva così.
***
Alle prime luci dell’alba un anziano pescatore
trovò un uomo di colore dagli indumenti stracciati e
macchiati di sangue riverso sulla spiaggia di un paesino sperduto a
nord-ovest di Demacia, le onde continuavano a lambirgli le gambe con il
loro ritmo ripetitivo. Aveva tutta l’aria di essere morto e
accanto a lui giacevano due curiose pistole. Il vecchio, dopo aver
verificato che il cuore dello sconosciuto battesse ancora e che sul
corpo, come per miracolo, non ci fosse alcuna traccia delle ferite che
sospettava avesse, corse a chiamare aiuto.
Nelle orecchie sorde dell’uomo svenuto riecheggiava una sola
frase:
“Devi
continuare a vivere”
In lontananza, risuonava l’arcano canto di una sirena.
Salve gente!
Spero che vi sia piaciuta questa seconda parte! Il combattimento nelle
Landa mi ha impegnata molto e ho tentato di renderlo al meglio,
descrivendo le abilità dei personaggi nel modo migliore che
potessi, ma cercando di lasciare una naturalezza necessaria per un
combattimento verosimile. Insomma, non ho tenuto conto molto
di cooldown o cose tecniche per rendere il tutto più
naturale e i personaggi fanno anche mosse che non vengono contemplate
nel gioco perché sarebbe risultato tutto troppo meccanico e
monotono.
Vi starete chiedendo perché ho scelto Nami come perno un
po’ di tutta questa storia e non Leona, Sona, Soraka, Zyra,
ecc.
Ebbene, è presto detto.
Perché Nami è BELLISSIMA! MUAHAHAHAH!
Okok, in realtà è solo il mio main support e ce
la vedevo bene con Lucian, tutto qui.
Spero che questa mia versione del passato di Lucian sia stata di vostro
gradimento, comunque sarò felice se mi scriverete le vostre
impressioni!
Se vi è piaciuto, forse potrei scrivere
qualcos’altro su League of Legends per esercitarmi con la
scrittura, per cui potete suggerirmi qualche personaggio su cui
vorreste leggere qualcosa!
Grazie della lettura!
Cya!
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