Cuore di ghiaccio

di Malefica5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PARTE 1 ***
Capitolo 2: *** PARTE 2 ***



Capitolo 1
*** PARTE 1 ***


Lucian aveva quasi ultimato le preparazioni a cui si dedicava prima di ogni combattimento e adesso stava lucidando le due singolari pistole da cui non si separava mai.
Era una sorta di rituale, perciò eseguiva il tutto con una precisione maniacale. Nessuno doveva disturbarlo in quei frangenti.
Non era un fissato di dispensatori di morte come Jinx o un sanguinario come Miss Fortune: imparare a combattere con due armi era stato difficile, ma mai quanto arrendersi a lottare da solo.
Tuttora, quando le dita sopra il panno sfioravano l’incisione a “S” sul lato della sua pistola più grande, si sentiva mancare il fiato.

***

La notte era incredibilmente limpida e serena, il cielo era trapuntato da una miriade di stelle che brillavano come diamanti su un prezioso arazzo blu scuro e una piacevole brezza tiepida giungeva dal mare portando con sé l’odore della salsedine.
Era il loro anniversario e lei gli dava le spalle, appoggiata alla balaustra del balcone, intenta a contemplare la bellezza della spiaggia sottostante, delle onde placide che si infrangevano sul bagnasciuga e della luna quasi piena che si rifletteva sull’acqua color pece.
Lucian, invece, non aveva occhi che per lei.
Sebbene si conoscessero da una vita e fossero sposati da cinque anni, per lui lo spettacolo più bello che potesse manifestarsi davanti ai suoi occhi continuava ad essere quella donna.
Gli appariva ancora più splendida quando la convinceva a indossare indumenti femminili come aveva fatto quella sera: l’abito candido in finissima seta di Ionia copriva dolcemente le morbide forme di quel corpo statuario e contrastava con il colore eburneo della pelle, facendola risaltare. Uno spacco generoso su un fianco lasciava scoperta una gamba tornita che continuava a catturare l’imbarazzata attenzione del marito, fortunatamente non visto neppure quando si ritrovava a contemplare la schiena e le spalle, lasciate seminude dal vestito, su cui ricadeva il velo di morbidi boccoli bruni.
Lui stava ancora seduto al tavolo di quel ristorante che vantava di proporre “i piatti di pesce più raffinati di Bilgewater”, indossando un due pezzi grigio decorato secondo la moda della città e scolando un bicchiere di vino frizzante dietro l’altro. Un fazzoletto celeste faceva capolino sotto il colletto inamidato della camicia bianca per scomparire nuovamente sotto la giacca, aggiungendo un tocco di classe all’eleganza che lo contraddistingueva sempre nei modi e nel portamento.
Vedendo che la compagna tardava a voltarsi, si decise a prendere l’iniziativa e, riempiendo due flute di liquido ambrato, si alzò tenendoli uno in ciascuna mano per avvicinarsi a quella che il suo cervello non si dava tregua a definire ora “Regina”, ora “Dea”.
«Senna…»
Si decise a sussurrare, quasi come se le stesse confidando un segreto quando fu al suo fianco, e le porse un bicchiere.
Notò che lo sguardo della compagna era perso in quel punto oltre l’orizzonte dove vanno a nascondersi i pensieri che ognuno conserva come intimi segreti. In quel momento l’uomo si chiese se lo avrebbe reso partecipe delle sue riflessioni.
Ella tardò a voltarsi verso il marito, ma quando lo fece sorrideva.
«A guardarlo così sembra impossibile, vero? Che questo cielo possa essere coperto da nuvole sinistre da un momento all’altro e che dal mare possano giungere le più immonde delle creature».
Lucian aveva immediatamente capito cosa l’amata moglie stesse guardando poco prima e, sebbene le Isole Ombra fossero impossibili da vedere da quel luogo, lontane oltre il Mare del Guardiano, dalla parte opposta di Valoran, anche lui rivolse lo sguardo a nord-ovest.
«Forse è per questo che la Mietitura non giunge mai in estate: le forze oscure che si annidano nella zona più sperduta di questo mondo non si arrischiano a venire allo scoperto quando la Vita è in piena fioritura».
Non voleva affrontare certi argomenti, non quel giorno. Inoltre doveva ancora consegnarle il regalo, per cui era suo interesse che il clima della serata non venisse intaccato dalla tristezza.
Senna era fatta così, le Isole Ombra e i loro terribili abitanti erano un’ossessione difficile da accantonare, ma lui sarebbe riuscito a distrarla.
Le allungò nuovamente il bicchiere che lei ancora non aveva notato e questa volta venne accettato.
«Non lasciamoci oscurare da pensieri oltremodo infelici stasera, vorrei dedicare a noi due questa splendida notte, in più dobbiamo ancora brindare» Il sorriso sulle labbra di Lucian era mite e rassicurante.
Senna scosse il capo e i capelli vaporosi accompagnarono il movimento.
«Non erano pensieri tristi i miei. Stavo riflettendo su quanto fossi fortunata e felice di essere qui con te, quest’oggi». Si poteva leggere la sincerità nei suoi occhi castani, in una misura sufficiente a stregare quelli dell’altro.
«Allora permettimi di brindare alla Dea che stasera si è abbigliata così splendidamente  solo per soddisfare un mio capriccio e che non baratterei mai neppure per mille cieli stellati o per mille mari tranquilli».
Gli occhi di Senna brillarono in un modo che Lucian conosceva bene, capitava solo quando veniva sopraffatta dall’emozione e costituiva un certo vanto per lui constatare di essere l’unica persona in grado di far scaturire quella reazione nell’amata.
«Allora io brinderò all’uomo che mi ha resa quello che sono, una donna piena di speranza, in grado di guardare al futuro invece di lasciarsi deperire fino a diventare né più né meno come gli esseri che si ostina a combattere».
Già, Lucian ricordava bene la giovane Senna. Entrambi appartenevano a delle famiglie che, da generazioni, combattevano contro i non-morti tramandandosi armi arcane, segreti e conoscenze accessibili solo a pochi. Li chiamavano i “Purificatori”. Non erano rimasti molti come loro: le creature provenienti dalle Isole Ombra avevano decimato la maggior parte di quei guerrieri, i restanti si erano ritirati e adesso a continuare il mestiere non erano più di una manciata. Anche i loro genitori vennero trascinati nell’oblio da quegli esseri, una giornata in cui la Mietitura, il periodo in cui i non-morti lasciano le loro dimore per andare a seminare terrore fra i vivi, si era presentata più dura e terribile del solito, lasciando Lucian e Senna orfani quando non erano che ragazzini. Lucian crebbe con lo zio, mentre Senna presso i nonni materni, ma questo non alterò la loro amicizia, già salda sin da quando erano poco più che infanti, correndo solo tre anni di differenza tra i due. Per onorare il ricordo dei loro genitori ne sposarono la causa giurando di estirpare la piaga dei non-morti da Runeterra e di vendicarsi dell’assassino dei loro cari, però da allora in Senna fu come se si fosse rotto qualcosa. Aveva smesso di sorridere, parlava poco e solo di metodi nuovi per distruggere quei mostri, mangiava e dormiva a stento. In poco tempo era diventata l’ombra della ragazza vitale e piena di energia che Lucian conosceva, ma lui non aveva idea di cosa potesse farla tornare come prima. Si limitava ad assecondare ogni sua pazzia, ogni suo piano folle, ogni richiesta, e impiegava tutta la dedizione che possedeva per prendersi cura di quella che considerava la sua unica amica, in quanto fosse la sola a poter capire cosa si provasse a combattere chi non aveva più diritto di esistere.
Il giorno in cui realizzò cosa rappresentasse Senna per lui, fu il giorno in cui le si ribellò. Lei gli stava proponendo il piano più folle e più rischioso che avesse mai progettato, troppe cose potevano andare storte e lui non poteva permetterlo. Sapeva che opporsi alle sue idee poteva voler dire attirare l’odio su di sé, perdere la sua fiducia per sempre, oppure farle prendere la decisione di attuare i suoi progetti da sola. Ma le avrebbe impedito di rischiare la sua vita inutilmente quella volta, fosse l’ultima cosa che faceva. I due litigarono a lungo e Lucian riversò sulla donna tutte le verità che lei cercava di nascondere a se stessa, le sue paure, le sue debolezze. Senna era in lacrime, lui, per impedirle di scappare, dovette inchiodarla al muro e…
Lucian sollevò il bicchiere: «Alla mia metà migliore» disse con un sorriso che non voleva abbandonare le proprie labbra.
«Ti amo, Senna»
«Ti amo, Lucian»
I due bicchieri si toccarono emettendo un tintinnio cristallino ed entrambi bevvero un sorso di liquido ambrato. Poi Lucian appoggiò il suo sulla balaustra e cinse la vita della donna con entrambe le braccia in una stretta dolce e sentita, per portare a contatto le loro labbra.
Da quel litigio che aveva rivelato il loro amore, avevano cominciato ad agire insieme e a muoversi in sintonia come due parti di una stessa entità.
Gli piaceva constatare come, grazie alle sue cure e alla sua perseveranza, fosse riuscito a far sbocciare di nuovo nella donna tutta la sua bellezza, sia interiore che esteriore. Non aveva mai conosciuto altre labbra a parte quelle di lei ma, nonostante l’ostinazione  e la testardaggine impareggiabili della compagna, era convinto che nessun’altra lo avrebbe saputo rendere felice e appagato allo stesso modo.
«Ho un regalo da darti…» disse, interrompendo controvoglia quel momento di intimità.
Fece un gesto al cameriere che era giunto per sparecchiare la tavola e questo tornò poco dopo sorreggendo un grosso cofanetto in legno intagliato, lo consegnò all’uomo dalla carnagione scura e si dileguò velocemente. Lucian non perse tempo ad aprire il coperchio e a rivelarne il contenuto, curioso di scorgere la reazione della sposa «Buon anniversario».
Dapprima ella, trovandosi di fronte le pistole che erano soliti utilizzare ogni giorno nelle loro missioni, sembrò non capire. Poi notò le incisioni sui lati e il suo volto si illuminò.
 Secondo la tradizione dei Purificatori, il momento principale della cerimonia di matrimonio era lo scambio dei cimeli di famiglia, normalmente armi, che si tramandavano di generazione in generazione. Le due famiglie custodivano pistole molto simili imbevute di poteri ancestrali talmente sorprendenti da renderle in grado di avere la meglio su quei mostri, di cui i giovani si servivano in ogni loro missione e che conservavano gelosamente come ricordo dei loro genitori. Così, dopo il matrimonio, avevano finito per combattere ognuno con l’arma dell’altro, più motivati di prima.
Adesso si potevano vedere le loro iniziali abilmente incise sulle loro vecchie pistole.
«Le ho fatte vedere ad un forestiero esperto di minerali che ha riconosciuto il materiale con cui sono state forgiate ed è riuscito a inciderlo senza danneggiarlo. Adesso il pegno del nostro amore è completo, non credi?»
Senna, per tutta risposta, impugnò la pistola più piccola con incisa la “L” e sorrise sorpresa al marito.
«“Ti offro in dono questo cimelio, grazie al quale io sarò sempre al tuo fianco e ti proteggerò nelle notti senza luna e negli inverni più rigidi”» Era parte del giuramento che si rivolsero l’un l’altra alla cerimonia nuziale. Lucian si accorse con vergogna che non si sarebbe ricordato così bene le parole a memoria.
«E’ un regalo stupendo, Lucian, sarò ancora più determinata a riuscire in quello che stiamo per fare».
Infatti l’ultima loro missione li aveva portati a scoprire molte cose su colui che stavano cercando: l’assassino dei loro genitori. Ricordavano poco del giorno in cui erano morti: un suono di catene, un lampo d’acciaio e una risata spettrale, poi era rimasta solo l’immagine dei cadaveri esanimi dei loro parenti a tormentare le loro notti insonni. Dopo aver catturato uno spettro che infestava un’abitazione di Bilgewater rendendo pazzi tutti i suoi abitanti, lo avevano interrogato e avevano scoperto che obbediva agli ordini di un non-morto molto potente e sadico, con l’hobby particolare del collezionismo di anime. Dalla descrizione che lo spettro aveva dato del suo superiore, Lucian e Senna avevano concordato che avrebbe potuto trattarsi del loro bersaglio, ma ciò che li aveva all’inizio sconcertati era stato l’apprendere dove esso risiedesse. Avrebbero dovuto raggiungere proprio le Isole Ombra, quelle terre avvolte nel mistero da cui nessuno era mai tornato vivo, la dimora di ogni terrore e di ogni male, popolate da creature che non dovrebbero più appartenere a questo mondo.
Avevano comunque deciso di passare all’azione: avrebbero attraversato Valoran e trovato il modo per solcare il Mare del Conquistatore fino ad arrivare dritti nella tana del nemico. In fondo combattevano spesso contro orde di non-morti, cosa sarebbe potuto cambiare?  
Avevano fatto un giuramento solenne.    
Ed erano insieme.
Lucian fece riporre alla donna la pistola e appoggiò la scatola a terra per abbracciarla con slancio. Quella notte aveva deciso di non pensare che a lei ed era intenzionato a tenerla sveglia fino all’alba circondandola con le sue più dolci e ardenti attenzioni.


***

«Lucian, fra poco dobbiamo andare».
Un tocco delicato sulla spalla e una dolce voce femminile interruppero il filo dei suoi pensieri.
Si voltò quasi di scatto chiedendosi perché non avesse cambiato nome impedendo ad altri che non fossero Lei di chiamarlo in quel modo, le sopracciglia corrugate rendevano ancora più minacciose le iridi gialle e il taglio affilato dei suoi occhi.
Davanti a lui si trovava un altro Campione della Lega: i lumi grandi e pieni di vita, la pelle coperta di squame verde smeraldo e la coda da sirena non lasciavano nessun dubbio sulla sua identità. Il lungo scettro che impugnava, i gioielli che portava al collo e una sorta di corona che sovrastava una strana chioma composta da pinne ondeggianti aveva sempre fatto sospettare a Lucian che ella fosse una sorta di principessa o comunque un personaggio di rilievo nel posto da cui proveniva, ma, nonostante si ritrovassero spesso a combattere fianco a fianco nella Corsia Inferiore dell’arena, non sapeva abbastanza della sua storia da poterlo stabilire con certezza. Cos’aveva spinto un personaggio dall’aria così nobile e così apparentemente inadatto al combattimento fino in quel covo di pazzi senza speranza? Era una domanda che non le aveva mai posto.
«Perdonami, non volevo disturbarti».
Vedendolo assorto, era con ogni probabilità venuta ad informarlo che la battaglia sarebbe cominciata a breve e non aveva certamente cattive intenzioni visto che quel giorno sarebbe stata il suo Support, ovvero la compagna che avrebbe dovuto proteggerlo secondo le divisioni di ruoli praticate alla Lega delle Leggende.
Un po’ in ritardo, Lucian capì di aver reagito troppo duramente, si pentì di averla trattata con quella freddezza e, mentre lei si stava già ritirando, si alzò dalla sua posizione e la trattenne per un polso.
Lei si voltò e posò gli occhi ambrati che non nascondevano un certo stupore in quelli di lui.
«Nami, io…» ma le parole gli morirono sulle labbra «niente…».
Sconfitto da se stesso, ritrasse la mano con cui aveva bloccato la sirena e abbassò lo sguardo. Non era più in grado di rivolgere gentilezze al prossimo, di scusarsi o ringraziare. Ogni volta dentro di sé qualcosa lo bloccava e gli impediva di sbilanciarsi, di dimostrare che provasse sentimenti umani come tutti. Era come se la dolcezza in lui appassisse prima ancora di germogliare, trovando un suolo troppo arido in cui attecchire. O forse preferiva così, che la gente pensasse a lui come ad un uomo vuoto con cui non valeva la pena di sprecare il proprio tempo, così che lo lasciassero in pace.
«Non ti preoccupare» la donna-pesce sollevò lo sguardo verso il soffitto della stanza in cui usavano prepararsi i membri della Squadra Blu: sopra di loro, gli Evocatori che li avevano scelti stavano radunando le loro energie per la battaglia «sembra che ci aspetterà un bello scontro» disse per cambiare argomento e riempire il silenzio che era sceso.
Sulle dita di Lucian la strana sensazione della pelle oltremodo liscia del suo Support non era ancora scomparsa del tutto. In risposta a quell’affermazione rivolse un istante lo sguardo verso la stessa direzione in cui lo aveva puntato lei e annuì. Conosceva il nome dell’Evocatore che lo aveva richiamato visto che richiedeva spesso di lui e sapeva che era in gamba. Persino colui che controllava Nami non gli era ignoto dal momento che i due usavano spesso duellare insieme e stimava il valore anche di tale individuo. Sarebbe stato uno scontro ad alti livelli, non aveva tempo per distrarsi con ricordi fastidiosi.
Seguì con lo sguardo Nami mentre si dirigeva verso il loro Midlaner per scambiare due chiacchiere. Anche lui proveniva dagli Abissi proprio come la sirena e forse per questo avevano stretto una grande amicizia: sembravano felici quando si ritrovavano insieme in squadra. Era molto più basso dell’altra e l’aspetto ricordava una buffa rana azzurra che si reggeva su due zampe, dai capelli a forma di tentacoli. Anche Fizz (era quello il nome della curiosa creatura) impugnava un’arma che somigliava a un tridente ma, mentre Nami incarnava la marea e sfruttava le proprietà curative dell’acqua, le specialità dell’anfibio ceruleo erano il combattimento uno contro uno e il controllo delle creature marine più pericolose.
Secondo le convenzioni della Lega, fra le quattro corsie in cui bisognava scontrarsi (Corsia Superiore, Centrale, Inferiore e Giungla), solo in quella Inferiore era previsto che si affrontasse una doppia coppia di Campioni, mentre le altre prevedevano esclusivamente duelli uno contro uno. Lucian spesso pensava a quanto fosse ironico il fatto che lui dovesse dirigersi praticamente sempre proprio verso la Corsia Inferiore, visto che il suo ruolo di AD Carry gli imponeva di non potersi facilmente allontanare da tale posizione. A giudicare dall’affinità dei due umanoidi marini, probabilmente la stessa Nami avrebbe preferito fare coppia con Fizz invece che con un uomo taciturno e sgarbato, così come lui avrebbe combattuto volentieri da solo.
Ma questo era impossibile.
In un certo senso, era obbligato a fare affidamento su qualcun altro nei duelli.
Proprio come quando c’era Lei.

***

Il coraggioso e riccamente pagato barcaiolo che li aveva accompagnati sulle Isole Ombra ormai aveva preso il largo da un pezzo, portandosi al sicuro dalle pericolose correnti che circondavano l’arcipelago, e attendeva il segnale per tornare a prelevarli a missione ultimata. Lucian e Senna continuavano a farsi strada passo dopo passo nella fitta nebbia che avvolgeva la costa dove non si poteva scorgere nessuna traccia di vita, animale o vegetale che fosse. Nonostante sapessero perfettamente che ci fosse la luna piena quella notte, i raggi argentei non riuscivano a penetrare la foschia quasi palpabile e loro erano costretti ad avanzare tenendo sollevate le pistole che erano in grado di emettere luce. Il mare plumbeo e un’infinita distesa di rocce e sabbia nere come il carbone sembravano costituire l’unico scenario naturale del posto, come se da quelle parti non vi si trovasse altro che morte. Qualsiasi cosa fossero le Isole Ombra e le creature che le popolavano, sembrava che non avessero niente in comune con ciò che esisteva nel resto del mondo.
Almeno non più.
Avevano deciso di ispezionare la costa prima di addentrarsi nell’entroterra, teorizzando che più fossero andati a fondo in quelle terre sconosciute, più avrebbero potuto incontrare pericoli.
Tuttavia la calma che li avvolgeva  ormai da ore era irreale e sospetta. Lucian strinse saldamente il manico della sua pistola mentre si guardava intorno sempre più dubbioso, tutti i sensi tesi per percepire ogni minimo movimento, ogni più flebile suono.
D’un tratto si udì un rumore inconfondibile di zoccoli che si allontanavano sulla roccia della scogliera, ma nonostante entrambi avessero già assunto la posizione d’attacco, non si verificò nessun altro evento degno di nota, perciò si limitarono a riprendere il cammino ancora più prudenti di prima.
Dopo un paio d’ore arrivarono all’imboccatura di una grotta che si apriva sulla scogliera e si affacciava su una distesa di sabbia nera che veniva inghiottita dalle onde dopo una decina di metri. Quando si avvicinarono, un vento gelido come la morte li investì facendo sventolare i vestiti e scompigliando loro i capelli. La nebbia circostante si diradò rivelando un vasto spiazzo pentagonale delimitato da cinque pietre aguzze che non potevano essere state disposte in quella posizione per caso. Ognuna di esse era collegata a quella successiva tramite una sostanza simile al vetro, ma traslucida e impalpabile e loro si trovavano all'interno del perimetro che delimitavano.
Dopo qualche secondo di silenzio, di fronte all’apertura cominciarono ad innalzarsi dal suolo brullo delle fiamme dal colore verde prive di calore. Una risata agghiacciante riecheggiò fra le pietre nere, seguita da una voce che sembrava provenire da un’altra dimensione.
«Complimenti! Non è da tutti raggiungere la Bocca dell’Inferno! Benvenuti!»
Le fiamme li circondarono completamente, ma rimanevano fredde e morte. Da esse sorse uno spettro terribile: lo scheletro che lo costituiva conservava molto poco delle sembianze umanoidi che un tempo aveva dovuto avere e su di esso erano adagiati abiti grigi e stracciati. Alla cintura che aveva attorno alla vita erano attaccate due catene anch’esse fatte di ossa: una era impugnata dal mostro e terminava con una grossa falce affilata, l’altra aveva all’estremità una lanterna che emanava una sinistra luce verdognola e si sorreggeva da sola a mezz’aria.
«Chi diavolo sei?!»
La voce di Senna era imperiosa e, sebbene avesse alzato il tono per farsi sentire e puntato già la pistola sul nuovo arrivato, non aveva nessuna incrinatura data dalla paura o dalla soggezione.
«Oh, che sgarbato, non mi sono ancora presentato! Il mio nome è Thresh, sono un… Collezionista, ma questo dovreste già saperlo. Voi non vi ricordate di me, ma io conosco bene voi e le vostre armi, Purificatori! A lungo avete indiscriminatamente perseguitato quelli come noi e i vostri parenti  hanno fatto lo stesso…»
Prese una pausa e Lucian potè vedere i muscoli di Senna irrigidirsi. Era lui lo spettro che cercavano e, a quanto pare, li stava aspettando. Il cenno che aveva fatto ai loro famigliari era bastato per mettere la moglie sull’attenti: cosa sapeva qualcosa dei loro genitori?
«Siete stati molto…carini… a venire a trovarmi, ma mi duole informarvi che non riuscirete ad uscire da qui facilmente. Avrete già apprezzato la mia prigione, immagino! La chiamo “la scatola”, sappiate che non potrete attraversare quelle pareti se non a vostre spese…» indicò l’inquietante barriera pentagonale che li circondava «…E adesso che abbiamo finito i convenevoli, perché non parliamo di hobby? Vi hanno già detto che colleziono anime, non è così? Ebbene…» La lanterna si sollevò emettendo un bagliore inquietante fino a portarsi di fronte all’essere «Ne possiedo di tutti i tipi eppure non sono mai soddisfatto del risultato raggiunto. Sapete, oggi ho intenzione di catturarne altre due! Non siete emozionati? Ma non vi preoccupate, sarete in compagnia! Probabilmente riconoscerete qualcuno di loro…»
Il volto del mostro, sebbene ossuto, sembrò contorcersi in un ghigno orribile mentre dalla lucerna si liberava un fumo denso che dette lentamente forma a quattro figure dai lineamenti umani.  A Lucian e a Senna si ghiacciò il sangue nelle vene e tutti i loro dubbi svanirono in un lampo: davanti a loro si trovavano le immagini ectoplasmatiche e inconsistenti dei loro defunti genitori. Era chiaro: tutto era stato architettato da quel non-morto estremamente astuto e dall’aura oltremodo potente e malvagia. Li aveva attirati sull’isola di sua iniziativa e loro erano caduti in trappola; persino lo spettro che avevano trovato a Bilgewater faceva parte del suo piano. Se fosse esistita la possibilità che l’apparizione dei genitori si trattasse di un imbroglio, fu smentita quando quei fantasmi sembrarono riconoscere i figli e le loro espressioni si tramutarono in maschere di terrore.
Erano caduti in un tranello, è vero, ma avevano raggiunto il loro obiettivo.
Adesso non rimaneva altro che far scomparire definitivamente quel mostro dalla faccia della terra e la loro vendetta sarebbe stata compiuta. Ma non sarebbe stato tutto così facile: allo sconvolto Lucian non sfuggì un fruscio proveniente dall’esterno della prigione, dove vide che un gruppo sempre più numeroso di ombre cominciava ad ammassarsi.
«TU!»
L’accusa della donna era un ruggito da leonessa che si dirigeva con la forza di una palla di cannone nella direzione del fantasma che aveva detto di chiamarsi Thresh. Il volto di Senna era irriconoscibile, trasfigurato dalla collera. Strinse la pistola saldamente e balzò in avanti prima che Lucian potesse afferrarla e impedirle di compiere azioni affrettate.
«ORA MORIRAI!» E cominciò a correre verso l’avversario.
Lui, per tutta risposta, si limitò a girarsi e a sollevare la sua arma, con l’intento di coprirle le spalle mentre l’orda di creature immonde si riversava su di loro.


***

«Benvenuti nella Landa degli Evocatori»

Il saluto atono dell’annunciatrice risuonò ovunque nell’Arena. Lucian era sceso in campo da pochi secondi e si stava dirigendo senza troppa fretta verso la sua posizione  nella Corsia Inferiore, le braccia distese lungo i fianchi e le due pistole già strette nei pugni. Nami lo seguiva a poca distanza con la sua strana andatura, sospesa a pochi centimetri da terra, così come se riuscisse a nuotare nell’aria alla stessa maniera con cui lo faceva nell’acqua, ma lui non se ne curava.
Arrivarono all’altezza della seconda torre e attesero sotto di essa, al sicuro, che si palesassero i nemici di cui ancora non conoscevano l’identità.

«Trenta secondi alla generazione dei minion»

L’annunciatrice avvisò i Campioni che la battaglia stava per iniziare: i piccoli mostriciattoli creati dai Nexus (grosse pietre magiche) all’interno delle rispettive basi stavano per giungere a combattere al fianco dei loro alleati.
Il primo avversario a palesarsi fu quella che avrebbe potuto forse definirsi una donna, un tempo: la pelle verdognola e luminescente avvolta da una corazza da guerriera e gli occhi vitrei lasciavano bene intendere che ella non vivesse più da parecchio tempo, sebbene ciò non le impedisse di camminare con un’andatura marziale e minacciosa. Da sotto l’elmo scendeva una cascata di capelli lisci e corvini mentre in mano stringeva una lancia che sembrava anch’essa composta della stessa sostanza che dà forma ai non-morti. Lei era un Tiratore, proprio come Lucian.
«Kalista»
Il sibilo del compagno non sfuggì a Nami che si voltò verso di lui. Il loro avversario si era appena unito alla Lega delle Leggende, ma l’uomo lo conosceva bene: si erano già affrontati diverse volte durante le sue missioni. Gioiva quando entravano nella Lega campioni già affrontati in passato: il loro stile di combattimento gli era noto e aveva la possibilità di massacrarli finché voleva, pienamente legittimato dal luogo in cui si trovava e dalle esigenze degli scontri nella Landa.
«Ben ritrovato, Lucian. Quanto tempo!» Il sorriso obliquo e sprezzante della guerriera non trovò risposta, perché un rumore di passi proveniente dalle sue spalle e una risata ben nota catturò l’attenzione dell’uomo.
«Buonasera Lucian, stavo giusto pensando a quanto sarebbe stato divertente combattere conto di te quest’oggi!» L’aspetto di Thresh non era mai cambiato in tutto quel tempo, come era consuetudine dei non-morti.
Lui, per tutta risposta, tese le braccia di fronte a sé, puntando le pistole direttamente alla fronte dei due avversari. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vedere il minimo cenno di turbamento nel suo sguardo, né di sentire la sua voce incrinarsi. Al contrario, un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto.
«Hai ragione, Thresh, che inestimabile fortuna poter prendere a calci due rifiuti ambulanti allo stesso tempo! La Lega avrà voluto farmi un regalo!»
In quel mentre i minion stavano arrivando in corsia e, giunti di fronte ai loro campioni, cominciavano a scontrarsi tra di loro. Quello era il segnale che lo scontro era iniziato.
Lucian vide con la coda dell’occhio Nami portarsi avanti per impedire a Kalista di dare il colpo di grazia a quei piccoli soldati, atto che le avrebbe garantito esperienza e denaro extra, necessario per guadagnare vantaggio sull’AD Carry avversario. Lo sguardo della donna-pesce era determinato e battagliero, reggeva con entrambe le mani il suo scettro e i suoi movimenti erano studiati e puliti come quelli di una vera guerriera: era sorprendente come il suo atteggiamento dolce cambiasse quando si ritrovava nell’Arena. Si manteneva al riparo dietro i minion alleati, così che la falce di Thresh non potesse raggiungerla senza incontrare ostacoli e, con quella copertura, Lucian si sentì libero di attaccare a sua volta i minion rossi senza paura di essere eccessivamente infastidito dagli avversari.

***

«Non così in fretta, bambola!»
Le apparizioni dei loro genitori si dissolsero in una nube di fumo e le decine di fantasmi che si erano gettate sui due umani giungendo da tutte le direzioni li separarono da quello che sembrava a tutti gli effetti il loro capo.
Senna fu costretta a cambiare il suo obiettivo e, girandosi di lato, sparò dei proiettili luminosi che andarono a freddare sul colpo tre non-morti. Anche Lucian era già passato all’azione e, dopo aver messo a bada alcune creature che si erano avventate su di lui,  ne aveva colpite alla testa due che volevano sorprendere la donna alle spalle. Senza perdere tempo raggiunse Senna e fece aderire la schiena a quella di lei, in modo da avere una visione a trecentosessanta gradi sulla situazione. Erano completamente accerchiati e non si riusciva a vedere la fine dello sciame di creature raccapriccianti di tutti i tipi che si erano radunate attorno a loro. Lei non sembrava impressionata, anzi, l’azione le stava facendo salire l’adrenalina.
«Abbiamo trovato la festa!»
«Saranno duecento…»
«Dì pure trecento!»
«Balliamo?»
«Balliamo!»
La coppia si lanciò all’attacco con foga e non si risparmiò nel combattimento, anche se per ogni nemico abbattuto sembravano comparirne altri dieci. Quelle creature sapevano cosa fosse la morte e non la temevano, per cui non conoscevano la fatica e lottavano fino allo stremo mordendo, graffiando e colpendo con le loro armi fantasma. Presto la fatica cominciò ad avere il sopravvento sulla carne mortale e i movimenti persero fluidità, concedendo ai nemici frazioni di secondo preziose per permettere ai loro colpi di andare a segno. Ferite più o meno profonde cominciarono ad aprirsi sui loro corpi e i loro vestiti presero a tingersi di cremisi, mentre l’orda non sembrava accennare a diradarsi.
Il primo a cadere fu Lucian. Un morso al collo gli aveva fatto perdere parecchio sangue e gli faceva male come se la ferita fosse in fiamme, il corpo era cosparso da un assortimento variegato di tagli. Il colpo di grazia gliel’aveva dato una sferzata sul retro delle ginocchia che gli aveva procurato un dolore tale da farlo urlare e cadere in avanti, carponi, con le mani nella sabbia. Probabilmente i tendini erano stati recisi, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa per accertarsene, una botta bene assestata proprio sul morso dolorante lo costrinse a sottrarsi dalla fonte del dolore, facendolo finire così con la schiena per terra e con le mani a tamponare la ferita. Si accorse troppo tardi di aver lasciato la presa sulla pistola e questa si trovava ormai fuori portata, calciata lontano dai suoi carnefici. La fitta allo stomaco arrivò improvvisa e inevitabile: quando capì cos’era successo e riuscì a mettere a fuoco la scena, poté realizzare che il manico di una picca gli sbucava dal ventre su cui si allargava una macchia rossa e vischiosa.
«LUCIAN!»
L’urlo di Senna lo risvegliò dal torpore a cui si stava abbandonando. Aveva forse dimenticato il giuramento fatto? Avrebbe dovuto proteggerla. Non stava affatto onorando i suoi voti. Riuscì a piegare il collo ignorando la fitta atroce che lo colpì per guardare nella direzione da cui proveniva la voce della moglie. Lei sembrava aver avuto la meglio sui suoi avversari anche se le sue condizioni non erano rassicuranti: era coperta di sangue e si reggeva un braccio con la mano che doveva tenere anche la pistola. Barcollante, si stava avvicinando al marito quando la risata di Thresh sembrò segnalare agli spettri di fermarsi.
«A quanto pare ci siamo già arresi!»
La falce dell’essere venne scagliata con forza nella direzione di Lucian, che ebbe appena il tempo di pensare a quanto duramente avesse fallito.
Sia lui, sia Senna sapevano bene che la morte era una possibilità tutt’altro che remota nel loro mestiere, ma una fine così disonorevole per mano di colui di cui avrebbe dovuto vendicarsi era inaccettabile. Senza contare il fatto che non avrebbe più potuto aiutare la moglie in nessun modo, dovendola lasciare in mano ad una branca di mostri repellenti e sanguinari.
Non poté fare altro che chiudere gli occhi in attesa di sentire la lama affilata dilaniare le sue carni, ma il dolore tardava ad arrivare. Dopo qualche secondo si decise a sollevare le palpebre e, nonostante la vista annebbiata, riuscì a distinguere fin troppo nitidamente la raccapricciante scena che gli si parava davanti.









Ciao a tutti!
Questa ff è nata come un’esercitazione di scrittura, ma poi è diventata una sorta di lavoro mastodontico per mille motivi, fra cui la documentazione, la resa dei caratteri dei personaggi, i vari background, ecc…
Pensavo di scrivere un racconto breve ma, mano a mano che aggiungevo cose, il tutto si è un po’ ingigantito e mi sono venute fuori 17 pagine in Times New Roman 12, per cui ho deciso di dividerlo in due parti per renderlo un mattone un po’ più digeribile.
Avrei molte precisazioni da fare, ma preferirei evitare di scriverle adesso ed elencarle nel prossimo capitolo, per cui, se non vi torna qualcosa domandate pure, sebbene io probabilmente sia al corrente delle perplessità che un giocatore (o un non giocatore) di Lol possa avere. Ho cercato di mettere delle descrizioni veloci riguardo a termini ed elementi propri del gioco, in modo da non annoiare coloro che sono avvezzi alle sue dinamiche e da non lasciare spiazzato il lettore poco documentato. Spero di non essere stata troppo vaga o troppo prolissa, a seconda dei casi.
Mi sono anche sforzata di tradurre in italiano i termini tecnici là dove possibile anche se non l’ho potuto fare sempre (tradurre Midlaner come “Campione che combatte nella Corsia Centrale” mi sembrava un po’ eccessivo).
Che dire, Lucian è un gran bel personaggio, l’unico Campione con una vera e propria storia d’amore alle spalle, nonostante sia veramente cazzuto, per cui si presta bene come soggetto per la scrittura.
Spero che questo esperimento vi piaccia, caricherò la seconda parte entro la prossima settimana!
Cya!

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Capitolo 2
*** PARTE 2 ***


Stavano perdendo.
Kalista era abile nel mandare a segno le sue lance dirette sia sui minion, sia su Lucian e, allo stesso tempo, riusciva facilmente a evitare i contrattacchi grazie alla rapidità dei suoi balzi. Aiutata dalla falce di Thresh, che rimaneva temibile nonostante i suoi poteri fossero ridotti al di fuori delle Isole Ombra e attenuati ulteriormente dalle leggi della Lega così come quelli di molti altri Campioni, riusciva a vincere facilmente ogni duello infliggendo sempre danni più ingenti di quanto non facessero gli avversari. Nami si impegnava con tutta se stessa cercando al contempo di ferire i nemici e curare Lucian grazie al potere unico che possedeva nel manipolare l’elemento dell’acqua, ma ogni suo sforzo sembrava non essere abbastanza.
Il suo AD Carry, per qualche motivo, non riusciva ad essere efficace, sembrava deconcentrato, distratto e continuava a commettere errori stupidi o ad agire in ritardo. Non avrebbero mai vinto in quel modo.
La tensione era alle stelle ed entrambi la percepivano chiaramente: dovevano proteggere la torre, impedire che cadesse dando ampio vantaggio alla Squadra Rossa, ma Lucian cominciava a perdere la pazienza. Lei ebbe paura che stesse per commettere qualche azione avventata: «Dobbiamo tornare in base, non possiamo continuare così!»
Il suo compagno sembrò contrariato, specialmente quando Thresh e Kalista risero per prendersi gioco di loro e dovette trattenere la rabbia digrignando i denti, ma con un cenno secco concordò con il Support. Per fortuna era un valido guerriero e sapeva valutare la situazione con freddezza, mettendo da parte l’orgoglio. I due, quindi, lasciarono i loro minion a fronteggiare da soli i non-morti e tornarono in fretta a recuperare le energie nella loro base. Le ferite guarirono velocemente, ma non sarebbero riusciti a passare in vantaggio senza un buon piano. Pensando a cosa potessero fare, Lucian si avviò subito verso la Corsia, ma qualcosa lo trattene. Questa volta era stata Nami ad averlo afferrato per il polso e adesso sul suo viso era dipinta un’espressione arrabbiata del tutto inusuale per la creatura marina, tanto da farlo rimanere interdetto.
«Cosa stai facendo?! Vuoi forse perdere?!»
Stava per subire una ramanzina dal suo Support? Questo pensiero lo lasciò a metà fra il perplesso e l’indignato, ma Nami sembrava sorpresa come lui per il suo stesso comportamento. Il suo tono tornò calmo e comprensivo quando riprese a parlare.
«Non ti ho mai visto così… E’ successo qualcosa? Non ti stai impegnando al cento per cento e non capisco perché… Non puoi farti vedere in queste condizioni da Thresh!»
Lucian sapeva che i colleghi fossero informati dei suoi trascorsi con il non-morto, gli stessi interessati si scambiavano spesso eloquenti frasi di sfida quando si incontravano, non era un segreto. Tuttavia, sentirsi sbattere in faccia il proprio passato da qualcuno che non lo conosceva affatto gli procurò un dolore sordo e lo fece infuriare. Che diavolo ne sapeva lei?!
«Quello che mi succede riguarda solo me. Smettiamola di perdere tempo».
Si liberò dalla presa femminile che non oppose resistenza e tornò sui suoi passi. Nami non replicò niente e la sua espressione afflitta non poteva essere in alcun modo notata dall’altro, per nulla intenzionato a voltarsi.
Quando riacquisirono le loro posizioni, la torre sembrava rimasta in piedi per miracolo: bastavano ancora pochi attacchi e sarebbe crollata sancendo definitivamente la loro sconfitta.
Lucian, ripensando alle parole di Nami, si decise che aveva ragione: non poteva permettere a Thresh di mantenere quel suo solito ghigno soddisfatto, non senza tentare il tutto per tutto.
Con uno scatto repentino si portò in mezzo ai minion alleati e da una pistola partì un raggio che andò a colpire facilmente Kalista, colta di sorpresa. Subito dopo, un doppio proiettile di luce si liberò dalle sue armi, andando anch’esso a segno.
L’azione sarebbe stata vantaggiosa se Lucian non avesse lasciato troppo indietro il suo Support, che non possedeva la sua stessa rapidità, e adesso non si ritrovasse senza difese in balia dei due non-morti.
La lancia fantasma lo colpì al petto, seguita a ruota da una seconda: Kalista non era rimasta a subire passivamente e adesso era giunto il momento del contrattacco. Le sue armi erano particolari: provocavano dolore ma non causavano ferite, almeno fino a quando non scomparivano o non decideva di…estrarle. E fu proprio quello che successe: serrando il pugno le lance guidate da una forza invisibile uscirono dal petto dell’uomo per poi scomparire, lasciando uno squarcio sanguinolento là dove erano state infilzate. Un rivolo rosso vivo scese dalle labbra del ferito, che venne subito investito in pieno da un fascio di energia spiritica. In quel mentre Nami giunse in suo soccorso: una scia di gocce cristalline si liberò dallo scettro, rimbalzò su di lui per poi scagliarsi contro Kalista. I poteri della donna-pesce erano strabilianti: la sua acqua sembrava incorporea quando colpiva gli alleati, una sensazione fresca li avvolgeva e rigenerava senza tuttavia bagnarli, mentre diventava ustionante quando si riversava sui nemici. Il suo intervento permise a Lucian di riprendersi in parte dal dolore e distrasse Kalista per un istante, ma anche Thresh aveva deciso di entrare in azione. La falce calò su Lucian senza che lui potesse schivarla e gli si agganciò al fianco causandogli un taglio profondo e un dolore acuto. L’essere non perse tempo e lo trascinò verso di sé con uno strattone, liberandolo subito dopo dalla lama affilata solo per scagliargliela di nuovo contro: questa volta una sferzata alle caviglie gli causò la perdita dell’equilibrio e lo fece cadere sull’erba dell’Arena. Thresh lanciò la lanterna verso Kalista e lei, afferrandola, venne attirata al fianco del suo Support, pronta ad accanirsi sul bersaglio finito a terra. Lucian si mise in ginocchio e sollevò le sue armi deciso a vendere cara la pelle, quando un’enorme bolla d’acqua avvolse Kalista e la costrinse a rimanere con il braccio piegato e la lancia sospesa a mezz’aria, impossibilitata a scagliare il colpo mortale. Lucian sapeva che era il momento di reagire: si alzò in piedi e cominciò a sparare quanti più colpi potesse contro la nemica immobilizzata, cercando allo stesso tempo di allontanarsi dai due avversari. Nami gli aveva salvato la vita per l’ennesima volta e non avrebbe gettato alle ortiche quell’occasione. Ad un tratto la bolla esplose e ne affiorò una Kalista più inferocita che mai.
«SMETTERAI DI METTERMI I BASTONI TRA LE RUOTE, DANNATO PESCE!»
 Thresh aveva già preso di mira il suo bersaglio per la seconda volta, ma Lucian schivò la falce con un salto e si lanciò verso la non-morta che, piena di collera, si stava già avventando su Nami, tuttavia non riuscì a raggiungerla. Una forza sconosciuta sembrò schiacciarlo a terra per impedirgli di muoversi: l’Evocatore che controllava Thresh aveva deciso di usare sull’avversario l’incantesimo Sfinimento, che rallentava i movimenti e rendeva più deboli gli attacchi, vedendo il suo Tiratore in una posizione troppo vulnerabile. Kalista stava già afferrando la sirena per il collo con le sue dita artigliate e la teneva sospesa a qualche centimetro da terra, vomitandole addosso i peggiori improperi che le venissero in mente. La compagna non poteva liberarsi: la forza dei non-morti era superiore a quella dai vivi, sarebbe morta soffocata se lui non avesse fatto qualcosa per salvarla. L’uomo impiegò tutta la sua determinazione per opporsi a quell’anomala forza di gravità e riuscì infine a sollevare una pistola per sparare verso Kalista. Il proiettile non era potente ma centrò il braccio teso dello spettro il quale, per il dolore, lasciò la presa sulla preda che stramazzò a terra, ansimante ma viva, anche se il pericolo non era ancora scongiurato del tutto.
Lucian doveva raggiungerla e portarla in salvo finché non si fosse ripresa o gli sforzi fatti fino a quel momento sarebbero stati vani. Quando l’effetto di Sfinimento svanì, era già pronto per correre da lei, ma si ritrovò d’un tratto rinchiuso in una prigione a forma di pentagono le cui pareti erano trasparenti come lastre di vetro e impalpabili come l’aria. Sapeva bene di cosa si trattasse: Thresh aveva fatto ricorso alla sua abilità più potente, la sua Finale: se avesse cercato di attraversare quelle barriere, Lucian avrebbe subito danni e sarebbe stato colpito da un effetto di rallentamento simile a quello appena terminato. Non sarebbe riuscito in nessun modo a raggiungere Nami, diventando allo stesso tempo una facile preda per i nemici. Lanciò uno sguardo disperato al suo Support che stava puntando i gomiti a terra per rialzarsi mentre Kalista tornava a sollevare la lancia per calarla su di lei: non sapeva cosa fare. Lo sguardo della sirena incrociò per un secondo quello del suo Carry, decifrandone con facilità le indecisioni. Come in risposta alla sua muta domanda scosse violentemente la testa e sollevò il busto per far fronte al colpo che stava per subire.
Lucian sfogò la frustrazione della sua impotenza in un ruggito dei rabbia e si rivolse verso il suo carceriere, l’unico bersaglio che potesse raggiungere senza oltrepassare la barriera.
«Preparati, ti ammazzerò per la seconda volta!»
Thresh sembrò divertito come al solito.
«Suvvia, Lucian, non ti alterare! Sai bene che quando ero in vita facevo il secondino… E’ difficile perdere le vecchie abitudini!»
L’uomo non aveva intenzione di stare a sentire certe provocazioni, per cui non perse tempo ad ascoltarle: lasciò partire un proiettile che esplose assumendo la forma di una stella a quattro punte quando entrò a contatto con Thresh e parte della luce causata dall’esplosione rimase sorprendentemente addosso all’essere sottoforma di riflessi iridescenti. Questo effetto permise a Lucian di lanciarsi verso il suo bersaglio con velocità superiore a quella abituale arrivandogli addosso in un attimo e, con il manico della pistola, tentò di colpire il volto ossuto imprimendo tutta la forza che aveva in corpo. Ma, con stupore, non si verificò nessun urto e il suo assalto andò completamente a vuoto: Thresh sembrava improvvisamente svanito nel nulla.
Lucian capì subito cosa potesse essere successo e si voltò verso Kalista. Lo spettro era rivolto verso di lui e lo guardava con un sorriso malefico, ai suoi piedi Nami giaceva priva di coscienza in una pozza di sangue. Non poté fare nulla: Thresh decise di attivare nuovamente la Finale dell’alleata per ricomparire senza preavviso di fronte a lui, lo caricò e lo fece sbalzare via con una spallata per poi catturarlo di nuovo con la sua falce in una morsa letale.
Ormai non aveva più scampo, le possibilità di sopravvivenza con Nami fuori combattimento erano praticamente nulle. L’incantesimo Guarigione scagliato dal suo Evocatore servì solo a impedire al primo assalto di Kalista di essere fatale, ma non lo avrebbe tenuto vivo a lungo.
«Ci vediamo, salutami Senna!»
Thresh lo stava deridendo ancora e lui non aveva più la possibilità di rispondere sullo stesso tono dell’odiato mostro. Non avrebbe neppure raggiunto la moglie: le morti nella Landa erano infinite e mai definitive all’interno di quello strano gioco oltremodo sadico.
Non c’era nessuna gioia per lui, solo la consapevolezza di non essere stato in grado di fronteggiare il suo avversario.
Kalista era pronta a lanciare il suo secondo attacco e lui tese di fronte a sé le sue pistole: in ogni caso avrebbe lottato sino alla fine, era l’unica soddisfazione che gli poteva rimanere.
«ONDE DELL’OCEANO!»
Lo tsunami che travolse i due non-morti sommergendoli e scagliandoli lontano era alto diversi metri, impetuoso e abbastanza ampio da essere difficile da evitare, anche se fosse stato visto in tempo.  Lucian si trovò improvvisamente libero e si voltò verso la direzione da cui proveniva.
Vide Nami che si era rialzata, aveva ripreso possesso del suo scettro e che, nonostante le gravi condizioni in cui versava, era riuscita a lanciare la sua abilità più potente salvandolo e dandogli la possibilità di ribaltare la situazione. La luce che brillava nei suoi occhi gli fece capire che stava facendo sul serio: roteò lo scettro e un nuovo getto d’acqua partì verso Kalista, rimbalzò sul suo AD Carry e quindi su Thresh, sortendo il solito effetto di indebolire i nemici e curare gli alleati. Poi anche Kalista venne schiacciata a terra dall’incantesimo Sfinimento, questa volta azionato dell’Evocatore di Nami. La sirena aveva messo tutta se stessa in quello sforzo disperato di ribaltare la situazione in cui si trovavano, Lucian capì che non c’era momento migliore per contrattaccare e lo colse al volo, animato da nuova speranza.
« FINISCE QUI!»
Una tempesta di proiettili di luce che sembrava non avere fine investì in pieno Kalista senza lasciarle scampo: ogni suo tentativo di fuga venne impedito da una nuova bolla di Nami che la centrò in pieno, immobilizzandola. Quando lo spettro cadde a terra sconfitto, la furia di Lucian si riversò sul suo Support: non lo avrebbe lasciato scappare per nulla al mondo.
Thresh sembrava fuori di sé dalla collera: quella sciocca bestia marina gli aveva rovinato tutti i piani, ma avrebbe trascinato almeno lei con sé!
Nonostante fosse incalzato dai colpi di Lucian, lanciò la falce contro il bersaglio più debole e provato: «Anche stavolta qualcuno sarà costretto a sacrificarsi per te!».
La risata spettrale e folle stava già rimbombando nelle orecchie di Lucian, quando si accorse delle macabre intenzioni dell’avversario.
Assistere a quella scena lo paralizzò mentre riviveva nella sua mente il giorno in cui la moglie era morta per salvarlo.
«SENNA!»
Lucian sembrava in preda al delirio: di fronte a lui l’unica donna che avesse mai amato cadeva a terra esanime per l’ennesima volta, con la falce di Thresh conficcata nel petto, così come capitava sempre nei suoi incubi. Lui si strappava la picca dal ventre incurante del dolore e andava a prendere la sposa esanime tra le braccia, incapace di dire alcunché, congelato, terrorizzato.
Ricordava bene come gli occhi di lei fossero umidi, anche se le labbra sorridevano.
«Grazie per essere stato al mio fianco. Devi continuare a vivere».
Gli aveva detto queste parole prima che le palpebre si chiudessero sui lumi marroni e il suo ultimo respiro si condensasse in una nebbia che dette forma alla proiezione traslucida della sua anima. Le labbra femminili si erano mosse appena per scandire le parole “Ti amo” e “Addio”, poi la lanterna di Thresh l’aveva risucchiata, facendo sparire ogni traccia di lei. A nulla erano servite le grida di disperazione e le lacrime causate da un dolore spirituale ben superiore a quello fisico, ma in quel momento lui non aveva neppure la forza per sollevare un’arma, come avrebbe potuto continuare a vivere nelle condizioni in cui versava? Come avrebbe anche solo potuto pensare di poter esistere privato della sua parte migliore? L’avrebbe certamente raggiunta nel posto in cui ella si trovava, quello era l’unico suo desiderio.
Ma in qualche modo non venne esaudito.
L’unica altra cosa che si ricordava di quella notte nefasta, era solo l’oscurità fredda e profonda in cui era sprofondato.
Adesso, però, lui era lì. Le sue forze erano allo stremo, ma era ancora cosciente e in grado di combattere, sebbene qualsiasi cosa volesse tentare sarebbe stata una lotta contro il tempo e contro le sue capacità. Tuttavia non poteva lasciare che Nami morisse così: non lo meritava. Riconosceva perfettamente che, senza il suo sostegno, lui non sarebbe riuscito a concludere nulla di positivo.
Aveva creduto in lui sino alla fine ed era certo che sarebbe perita volentieri, consapevole di aver comunque fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per proteggere il suo Tiratore.
Ora era il turno di Lucian di dimostrarle la sua riconoscenza. Grazie all’Incantesimo dell’Evocatore Flash, si teletrasportò di fronte al suo Support e, incrociati gli avambracci di fronte a lui, si apprestò a parare il colpo. La falce penetrò a fondo nella carne fino ad intaccare le ossa che non vennero spezzate per miracolo e l’azione sembrò andare a buon fine.
Sulle sue labbra comparve un sorriso soddisfatto quando si accorse dell’espressione esterrefatta del suo acerrimo nemico: in fondo anche lui sapeva bene quanto fosse raro che un AD Carry mettesse a repentaglio la sua vita per salvare un Support. Lui, poi, non aveva mai fatto nulla di simile finora.
Con uno strattone, estrasse un braccio dalla falce e rinfoderò la pistola che teneva per lasciare libera la mano e afferrare la lama in modo da liberarsi completamente. Arrotolò la catena di ossa attorno all’arto che non reggeva l’arma e la tirò verso di sé, facendo sbilanciare l’ex-secondino, poi puntò la pistola con incisa sopra la “S” alla sua fronte.
In quel momento sentì un tocco sulla schiena e tre piccole bolle d’acqua cominciarono a girare attorno a lui: avrebbero potenziato i suoi attacchi e sapeva bene chi le aveva fatte apparire.
Si girò verso Nami e scorse nei grandi occhi ambrati tutta la fiducia e la gratitudine che la paladina del popolo dei Marei riponeva in lui. Lei annuì, così lui tornò a concentrarsi sul suo avversario, la pistola cominciò a brillare mentre canalizzava la potenza ancestrale che scorreva in essa:
«Questa è pietà».





La battaglia era finita e avevano vinto. Nell’anticamera dell’arena tutti gli alleati si stavano complimentando con Lucian, che era stato fondamentale nei momenti più delicati, nonostante l’inizio incerto. Tuttavia solo Fizz, che aveva notato qualche  buona azione di Nami dei combattimenti in gruppo, rivolse un paio di commenti positivi anche a lei. L’ultimo Purificatore sapeva bene che ciò non era giusto, che se non ci fosse stata lei probabilmente avrebbero perso.
Sapeva che sarebbe dovuto andare a dirle qualcosa, ma non riusciva a trovare il momento giusto, per cui alla fine si rassegnò.
Quando andò nel suo camerino a cambiarsi non si sentiva per niente in pace con se stesso. Dopo esserne uscito, trovò con sorpresa la Marai a pochi metri di distanza ferma nell’atrio, che parlava con il suo simile. Colse involontariamente solo pochi stralci di conversazione.
«…Certo, verrò molto volentieri!»
«Perfetto Miss, allora a più tardi» l’anfibio dimostrò di aver appreso bene le usanze umane, infatti si prodigò in un baciamano e in un solenne inchino prima di dirigersi verso il portone che conduceva all’esterno, dileguandosi dietro di esso.
Il rossore sulle guance di Nami voleva lasciare intendere che i due si erano appena dati un appuntamento romantico? In quel caso, era stato decisamente scortese soffermarsi ad ascoltare.
In quel mentre Nami si girò e, scorgendo Lucian, le sue gote si imporporarono ancora di più.
«Non era mia intenzione origliare, io… Mi trovavo qui per caso, credimi» Le scuse che cercò di accampare l’uomo dalla pelle del colore dell’ebano erano un po’ impacciate.
«Non ti preoccupare» Nami tagliò con un colpo secco l’argomento «E’ stata una bella partita, vero? Io… Volevo ringraziarti per avermi slavata e poi anche scusarmi per quello che ti ho detto prima, mi sono intromessa in affari che non mi riguardavano, mi dispiace…»
L’espressione della sirena era sinceramente affranta e i suoi occhioni tristi avrebbero mosso a compassione persino il Signore del Vuoto.
Ma a Lucian tutto quel tormento non sembrò altro che l’ennesima ingiustizia.
«Non devi scusarti, sono io a doverti ringraziare. Senza le tue parole e il tuo sostegno non sarei riuscito a concludere nulla oggi… Ti stavo cercando per dirti questo» prese una pausa, intanto Nami lo guardava a bocca spalancata, senza credere alle sue orecchie. Un uomo così taciturno e orgoglioso che esprimeva gratitudine nei suoi confronti le sembrava più un’allucinazione che la realtà. Lui riprese a parlare, sembrava più serio: «Mi hai chiesto cosa mi fosse successo. Oggi sarebbe stato il nostro anniversario. Mi sono lasciato sopraffare dai ricordi e non mi sono impegnato al massimo, spero di non farti assistere mai più ad uno spettacolo così penoso» parlava con una fredda e inespressiva calma, sebbene non avesse mai trattato con nessuno della sua vita privata, non di persona, almeno.
Nami sembrò indecisa, divisa fra la curiosità di sapere di più su quello strano umano e la paura che indagare ancora sarebbe costato il suo silenzio definitivo.
«Prima… Mi hai chiamata Senna…»
«Sì, era il nome di mia moglie. E’ morta molto tempo fa» si limitò a constatare, ma il suo pensiero rischiò di perdersi nuovamente in momenti e sensazioni lontane dal presente, che si confondevano con i sogni «Perdonami».
Ma Nami sembrava tutt’altro che offesa e i suoi occhi cominciavano a diventare umidi.
«Mi… Mi dispiace…» lei si strinse nelle braccia, come colpita da un’ondata di sconforto  «È così doloroso… Si percepisce chiaramente quanto tu l’abbia amata» sembrava sull’orlo del pianto e tutta quella commozione e quelle parole toccarono sinceramente il cuore di Lucian, ma non sapeva cosa dirle per calmarla. Stava veramente così male per qualcuno che neppure conosceva?
Lei parve trovare da sola un modo per uscire dalla tristezza a cui l’aveva condotta la sua empatia innata e afferrò con dolcezza un braccio di Lucian con entrambe le mani.
«Non devi tormentarti. Avere un marito tanto affezionato non è cosa da tutti i giorni e sono certa che lei sapesse quanto fosse fortunata. Tu non hai niente da rimproverarti». Gli sorrise anche se non sapeva quale sarebbe stata la reazione dell’altro a un simile gesto di incoraggiamento, infatti lo vide piuttosto spiazzato e temette che la situazione sarebbe precipitata da un momento all’altro.
Lui rimase a guardarla inebetito per diversi secondi: sarebbe stato difficile stabilire chi dei due fosse il pesce in quel momento. Senna era rimasta al centro dei suoi pensieri per anni dopo la sua morte e lei pensava che l’infinito dolore provato giorno dopo giorno fosse un merito? Non solo, era come se con la sua voce cristallina lo stesse assolvendo da ciò che considerava il suo peccato più grande, quello di non essere riuscito a salvarla. Ovvio, i due erano consapevoli dei pericoli in cui potevano incorrere nelle loro missioni, ma lei si era sacrificata per lui, era morta al posto suo.
Perché lui era sopravvissuto?
Forse solo per portare a compimento il loro vero giuramento, quello di far scomparire ogni non-morto dalla faccia della terra.
O forse… Forse no?
Il sorriso che Senna gli aveva rivolto durante gli ultimi istanti di vita riaffiorò fra i suoi ricordi.
Lei aveva lasciato questo mondo felice.
Questa rivelazione fu come un fulmine a ciel sereno che rischiarò il caos dei suoi sentimenti.
Si era spenta combattendo, nel tentativo di vendicare i propri genitori, salvando la vita del suo amato e senza rimorso alcuno.
Era questa la verità?
Avrebbe dovuto cessare di tormentarsi?
In fondo Nami sapeva veramente poco del suo passato, probabilmente aveva appreso qualcosa dalle voci che circolavano e aveva azzardato una frase d’incoraggiamento nata dalla compassione. Probabilmente la stava facendo troppo facile, ma la sua voce era sincera e non sembrava affatto che volesse farsi beffe di lui.
Guardò la sirena che ormai stava perdendo le speranze di ottenere una risposta e si liberò dalla dolce presa. Subito vide spegnersi le iridi ambrate e un’ombra calò sul suo viso. Lei aprì la bocca, probabilmente per scusarsi di nuovo per essersi intromessa in affari altrui, ma Lucian la precedette: «Sono delle belle parole, ti ringrazio».
L’uomo piegò il braccio per portarselo al petto e strofinarlo con l’altra mano, ma il contatto che ottenne fu deludente, ben diverso da quello appena rifiutato.
Lei sembrò rincuorata a metà: forse le aveva parlato in quei termini solo per chiudere la conversazione. Prendendo il coraggio a due mani si azzardò a chiedergli: «Senti… Io e Fizz stasera andiamo alla Locanda dell’Impiccato a festeggiare per la vittoria di oggi, vuoi venire anche tu? Ci farebbe molto piacere».
Lucian sembrò sorpreso: «Pensavo che… Non sarò di troppo?» Cercò di rimediare allo strafalcione, ma ci riuscì male poiché aveva praticamente ammesso di averli spiati.
Lei arrossì «Certo che no! Gli altri erano impegnati, per questo eravamo solo noi due…»
Ma era veramente così? Lucian non era certo abituato a frequentare locali o a cimentarsi in attività come la socializzazione, soprattutto se c’era la poco allettante aspettativa di fare il terzo incomodo, ma qualcosa gli fece venire voglia di tentare: «Sai, sono curioso di sapere cosa bevono quelli come voi…». Nami sembrò decisamente soddisfatta dalla risposta «Lo scoprirai stasera! Ci troviamo alle sette!» Detto questo si girò e tornò sui suoi passi (o, meglio, sulle sue pinne) e scomparve dietro il portone prima che Lucian potesse farle notare di non avere ancora ufficialmente accettato l’invito.
Il Tiratore noto fra i Campioni della Lega come “il burbero asociale” scosse la testa e rimase ancora a guardare la porta chiusa per qualche secondo.
Era da tanto che non sorrideva così.

***


Alle prime luci dell’alba un anziano pescatore trovò un uomo di colore dagli indumenti stracciati e macchiati di sangue riverso sulla spiaggia di un paesino sperduto a nord-ovest di Demacia, le onde continuavano a lambirgli le gambe con il loro ritmo ripetitivo. Aveva tutta l’aria di essere morto e accanto a lui giacevano due curiose pistole. Il vecchio, dopo aver verificato che il cuore dello sconosciuto battesse ancora e che sul corpo, come per miracolo, non ci fosse alcuna traccia delle ferite che sospettava avesse, corse a chiamare aiuto.
Nelle orecchie sorde dell’uomo svenuto riecheggiava una sola frase:
“Devi continuare a vivere”

In lontananza, risuonava l’arcano canto di una sirena.





Salve gente!
Spero che vi sia piaciuta questa seconda parte! Il combattimento nelle Landa mi ha impegnata molto e ho tentato di renderlo al meglio, descrivendo le abilità dei personaggi nel modo migliore che potessi, ma cercando di lasciare una naturalezza necessaria per un combattimento verosimile. Insomma, non ho tenuto conto  molto di cooldown o cose tecniche per rendere il tutto più naturale e i personaggi fanno anche mosse che non vengono contemplate nel gioco perché sarebbe risultato tutto troppo meccanico e monotono.
Vi starete chiedendo perché ho scelto Nami come perno un po’ di tutta questa storia e non Leona, Sona, Soraka, Zyra, ecc.
Ebbene, è presto detto.
Perché Nami è BELLISSIMA! MUAHAHAHAH!
Okok, in realtà è solo il mio main support e ce la vedevo bene con Lucian, tutto qui.
Spero che questa mia versione del passato di Lucian sia stata di vostro gradimento, comunque sarò felice se mi scriverete le vostre impressioni!
Se vi è piaciuto, forse potrei scrivere qualcos’altro su League of Legends per esercitarmi con la scrittura, per cui potete suggerirmi qualche personaggio su cui vorreste leggere qualcosa!
Grazie della lettura!
Cya!

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