Bambole di gesso

di ivomarianini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritrovamento ***
Capitolo 2: *** Dio ***
Capitolo 3: *** Il sospetto ***
Capitolo 4: *** L'agguato ***
Capitolo 5: *** Ossessione ***
Capitolo 6: *** Al museo ***
Capitolo 7: *** L'appartamento ***
Capitolo 8: *** Senza fine ***



Capitolo 1
*** Il ritrovamento ***


Flora alzò il bicchiere accennando a un brindisi. Dinanzi a lei, il giovane ricambiò il gesto con enfasi sin troppo esagerata.
“Sei stupenda questa sera ma cherìe...” disse con il tipico accento francese.
“Che ne diresti di cenare con me ce soir?” 
Flora inclinò il capo da un lato, quindi gli sorrise.
“Sei molto gentile Francois, ma stasera è proprio impossibile. Sai che domani ho un esame importante, probabilmente starò alzata tutta la notte a ripassare, perdonami”
Francois corrugò la fronte leggermente deluso, ma poi sorrise a sua volta.
“Tres bien Flora. Vorrà dire che l'invito è solo rimandato, sei d'accordo?”
La giovane gli accarezzò una guancia.
“Certo. Anzi, sai che ti dico? Domani festeggiamo insieme la buona riuscita dell'esame, che ne dici?”
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Per un lungo, infinito istante aveva pensato che volesse liquidarlo senza tante cerimonie.
“Ci vediamo domani sera allora. Passo io a prenderti ma cherie, in bocca al lupo” disse stampandole un bacio sulla guancia.

Dopo aver lasciato il locale, la ragazza si avviò lentamente verso casa. Il monolocale in cui viveva si trovava nei pressi della stazione di Santa Maria Novella, a una decina di minuti di strada. Amava particolarmente quel momento della giornata. Firenze, al tramonto, le appariva ancor più bella di quanto già non fosse. Alta e slanciata, Flora attirava l'attenzione degli sguardi maschili indipendentemente da ciò che indossava. Quel giorno ad esempio, portava con estrema eleganza un paio di jeans a vita bassa abbinati a una camicetta color cremisi molto sportiva.
Arrivata davanti al portone, frugò nella borsa alla ricerca delle chiavi. Nemmeno si accorse dell'uomo che, dall'altra parte della strada la stava osservando.

All'alba del giorno dopo, durante un normale giro di controllo, una delle guardie notturne in servizio al Giardino di Boboli si fermò stupito. Proprio nei pressi della Fontana del Bacchino, una delle sculture più visitate, il vigilante notò una cosa strana. Avvicinandosi, scoprì che un'altra statua, più piccola e leggermente defilata rispetto al sentiero, giaceva distesa accanto a quella ben più nota. Strano pensò. Era assolutamente certo che durante il suo primo giro, attorno alla mezzanotte, non ci fosse stata. Afferrando la radio dalla cintola, oltrepassò l'opera più grande salvo fermarsi quasi subito. Incredulo e spaventato, si portò la radio alle labbra.

Accendendosi l'ennesima sigaretta, l'ispettore capo Franco Manuelli si allontanò pensieroso dal luogo del ritrovamento.
Tarchiato e di bassa statura, si passò il fazzoletto sul cranio completamente rasato.
“Interessante, davvero interessante” disse a bassa voce.
Accanto a lui, il vice ispettore Igor Paolucci lo fissò stupito.
“Cosa ci trova di così interessante ispettore? Io credo si tratti di un'efferatezza inaudita” esclamò distogliendo lo sguardo dalla scena.
Prendendolo sottobraccio, Manuelli si allontanò di qualche metro.. 
“Un caso davvero interessante Igor” ripeté ancora. “Credo proprio che ci troviamo di fronte al primo di una lunga serie di omicidi, se non interveniamo prima”
Paolucci, nel frattempo, si rivolse ad alcuni agenti.
“Perlustrate tutta la zona, il corpo non dovrebbe essere troppo distante”
L'ispettore capo scosse il capo lasciandolo fare.
“Visto che siamo qui è giusto farlo, ma non troveremo mai i poveri resti. Almeno non in questo posto” disse dubbioso.
Il giovane subalterno rimase di nuovo a bocca aperta.
“E da cosa lo deduce se posso esserne messo al corrente?”
L'ispettore capo lo fissò serio.
“Non ne sono certo, ma perché non ha fatto ritrovare il corpo accanto alla propria opera Igor? Un vero artista non si comporterebbe mai così. Un vero artista vorrebbe che tutti abbiano la possibilità di ammirare la propria abilità”
Vedendo l'espressione perplessa dipinta sul volto del suo giovane vice, Manuelli si chinò sulla “vittima”
“E che si tratti di un artista non c'è ombra di dubbio” disse passando l'indice sul leggero strato di gesso.
“Non sono un esperto, ma ho sentito che per realizzare una statua a grandezza naturale occorre pochissimo tempo con questo materiale”

Paolucci si chinò a sua volta. La testa della vittima, recisa di netto, andava a completare il resto della “statua”
“E il nostro uomo l'ha realizzata in una sola notte?” chiese distogliendo lo sguardo.
“Non proprio. Penso che l'assassino abbia seguito e studiato questa sventurata per diverso tempo prima di agire. Che abbia preparato una specie di calco insomma. E che solo stanotte, dopo averla rapita, abbia definitivamente completato l'opera. Dobbiamo scoprire al più presto chi era questa poveraccia Igor, solo in questo modo potremo muoverci. In questo stesso istante, armato di blocchetto e matita, l'assassino potrebbe essere ovunque.” disse alzandosi.
“Intento a prendere le misure alla prossima vittima” terminò cupo.

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Capitolo 2
*** Dio ***


Più o meno negli stessi istanti, una donna delle pulizie aprì una porta. E per poco non svenne. Una mezz'ora dopo, l'aula magna dell'Accademia di Belle Arti brulicava di poliziotti. L'ispettore capo Manuelli, avvertito tempestivamente, arrivò da solo. Il vice ispettore Paolucci infatti, era rimasto a coordinare le indagini al giardino di Boboli.
Accompagnato del rettore in persona, si diresse verso il grande tavolo in fondo alla sala. Al posto dei soliti appunti sparsi e tra due microfoni tristemente simili a ceri votivi, un corpo privo della testa spiccava biancastro sul legno scuro.
Il professor Mainardi, un uomo esile e dallo sguardo corrucciato, si fermò qualche metro prima.
“Mi dispiace ispettore, ma proprio non ce la faccio a guardare senza rabbrividire. Non riesco ancora a credere che qualcuno possa aver fatto una cosa simile”
Manuelli annuì comprensivo, quindi si avvicinò al tavolo.
Non si era sbagliato dunque. Identico in tutto e per tutto alla “statua” ritrovata a Boboli, il corpo giaceva sulla schiena, le braccia aperte e distese sul ripiano. Sul ventre, attaccato con del nastro adesivo, un foglio strappato da un'agenda. Indossando dei guanti in lattice, lo staccò con delicatezza spiegandolo dinanzi a se.

Io sono Dio.
Io vedo oltre le ideologie,
le menzogne, il sistema, la politica.
Io sono il bene
e sono il male.
Ciò che faccio non è perversione
o sadismo,
ma lo faccio perché sono
l'apice,
il faro che indica la vera via.
Io ho raggiunto la purezza,
sono gli altri a dovermi raggiungere,
non io a tornare nella polvere.
Questa vittima sacrificale,
questa peccatrice ignara,
rappresenta solo l'inizio di una nuova era.
Io l'ho deciso,
perché io sono
DIO.


L'ispettore capo ripiegò il foglio e se lo mise in tasca. Giunto alle soglie della pensione, non s'aspettava certo d'imbattersi in un killer seriale. Perché di quello, salvo clamorosi colpi di scena, e senza ombra di dubbio, si trattava. Era solo un giovane agente quando le cronache, con ampia enfasi, riportavano le “gesta” del mostro di Firenze e soci. Un periodo nerissimo per la comunità e per le forze dell'ordine in modo particolare. 
Tornando verso il rettore, fece un cenno al medico legale che, solerte, si avvicinò ai due.
“Non ho alcun dubbio che il corpo e la testa appartengano alla stessa persona ispettore. Naturalmente, potrò essere più preciso solo dopo aver effettuato l'autopsia”
Quando il medico se ne fu andato, e il corpo rimosso, Manuelli si rivolse nuovamente al rettore.
“Flora Pandolfi, cosa mi sa dire di lei?”

Il primo passo era stato fatto ormai, lasciato alle spalle, dimenticato. Paure, ansie e preoccupazioni erano del tutto svanite quando, in nome e per conto del supremo, aveva finalmente compiuto il suo primo sacrificio. Si sentiva bene, in pace con se stesso. Il motivo iniziale, pur ben inculcato nella propria mente, era passato in secondo piano di fronte all'estasi del gesto estremo. E sopratutto aveva provato piacere. Un piacere strano e sconosciuto, una sorta di accoppiamento senza sesso ma molto più gratificante e inebriante. Ora avrebbe dovuto stare molto più attento, di questo se ne rendeva perfettamente conto. Ma la nuova consapevolezza di poter pianificare con calma, sorretto dalla fede assoluta, lo confortò e spronò ad agire al più presto. Avvicinandosi al tavolo da lavoro, sistemò gli attrezzi in perfetto ordine, ognuno al loro posto. Quando ebbe finito si stese sul letto, senza preoccuparsi di spogliarsi. L'immagine della prossima vittima, nitida come non mai, gli apparve da sotto le palpebre socchiuse. 
Alzandosi di colpo, prese l'agenda e vergò, con furia ma altrettanta decisione, il proprio sermone.

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Capitolo 3
*** Il sospetto ***


Francois si stropicciò gli occhi sino a farli lacrimare. Da un paio d'ore ormai, si trovava alla centrale di polizia sotto interrogatorio.
“Lei è stato visto in compagnia della vittima poco prima che scomparisse...” lo incalzò l'ispettore Paolucci.
“Dove ha trascorso il resto della serata?”
Il giovane si lasciò andare contro lo schienale. Ancora sconvolto per la morte di Flora, fissò il poliziotto come se lo vedesse per la prima volta.
“Io...io sono andato a casa. L'ho detto e ridetto più volte, cosa vuole insinuare ispettore, non capisco”
Paolucci si alzò. Le mani affondate nelle tasche, si portò alle spalle del giovane che, di contro, rimase immobile.
Non insinuo nulla signor Bertrand. Sto solo cercando di far chiarezza su questa storia. E lei, come ripeto, sembra sia stata l'ultima persona a vedere viva la signorina Pandolfi”
Massaggiandosi il collo indolenzito, Francois annuì con foga.
“Si...si maledizione. Abbiamo bevuto qualcosa insieme, ma nel locale c'erano almeno altre cinquanta persone. Perché non chiedete anche a loro!” sbottò ormai sull'orlo di una crisi di nervi.
Paolucci non si scompose anzi. 
“Abbiamo già provveduto, non si preoccupi. E appunto diverse di queste persone, il barman in particolare, hanno confermato il suo rapporto con la vittima.” Seguì una lunga pausa durante la quale, l'ispettore studiò con attenzione la reazione del giovane francese.
E proprio il barista, un tipo molto loquace, ha confermato che lei stava facendo una corte serrata alla signorina Pandolfi. Attenzioni a quanto pare non corrisposte. Qualcosa è andato storto signor Bertrand?”
Francois lo guardò stranito. Per un lungo istante, parve non aver ben compreso il senso di quella domanda. Quindi esplose.
“Non le permetto insinuazioni del genere ispettore! Se avete delle prove contro di me arrestatemi pure, altrimenti esigo che mi lasciate immediatamente andare!” Nel pronunciare quelle parole, si era alzato sporgendosi sulla scrivania, le braccia ben piantate sul ripiano ingombro di carte.
Inoltre, le ricordo che sono ospite nel vostro paese...” proseguì in tono più conciliante.
Sarò costretto a rivolgermi al mio consolato se questa assurda situazione dovesse protrarsi oltre”
Paolucci sospirò.
“D'accordo signor Bertrand. Ma l'avviso. Non potrà lasciare la città sino a che questa storia non sarà chiarita. In caso contrario...” non ebbe bisogno di terminare la frase, la minaccia appariva più che implicita.

In città non si parlava d'altro. Oltre che per la bellezza, Flora era conosciuta e stimata per la disponibilità verso gli altri e la gentilezza innata.
Al convitto, situato a pochi passi dall'Accademia, l'atmosfera poteva definirsi tetra. Pur vivendo per proprio conto, era lì che Flora aveva le migliori amiche. In una stanza situata al primo piano, Sondra abbracciò Laura, la compagna di camera. Americana di Seattle, Sondra avrebbe dovuto essere con Flora la sera precedente. Ma una banale quanto fortissima emicrania l'aveva messa fuori gioco. Alta e statuaria, aveva capelli biondissimi portati con disinvoltura alla maschio. A lato del collo, un tatuaggio che le aveva procurato non pochi problemi una volta arrivata al convitto, un paio d'anni prima. Essendo gestito dalle suore, la madre superiora aveva storto il naso ma Sondra, grazie alla fluida parlantina e alla promessa di non esibirlo troppo, era riuscita a convincerla.
Tutto il contrario di Laura. 
La seconda, grande amica di Flora, poteva essere facilmente scambiata per una ragazzina al primo anno di liceo. Piccola e minuta, vestiva unicamente jeans a vita alta e felpe sformate. I capelli, neri come la pece, erano raccolti in una lunga treccia che le arrivava sino a metà schiena. Figlia di contadini della provincia toscana, era riuscita ad accedere all'Accademia solo grazie a una borsa di studio. Pittrice dal talento smisurato, il proprio sogno era quello di allestire una personale nella propria città. Ma la timidezza, unita alla scarsa considerazione di se stessa, avevano sino a quel momento giocato a suo sfavore.
“Tu non credi possa essere stato lui vero?” disse Sondra sciogliendosi dall'abbraccio.
Laura, gli occhi ancora gonfi di pianto, scosse la testa con energia.
No, non l'ho mai nemmeno pensato. Francois è un ragazzo tenero e dolce, inoltre era innamorato di Flora, non avrebbe mai potuto fare una cosa simile”
Sondra annuì.
Hai ragione. Un po troppo insistente forse, ma arrivare a...a...mio Dio, non riesco ancora a realizzare che Flora...” un discreto bussare la interruppe nel bel mezzo della frase. La madre superiora, dopo aver aperto la porta, le fissò entrambe.
“La polizia vuole parlare con voi. Un ispettore sta aspettando nel mio studio”

Aveva colpito la bellezza, ora sarebbe toccato all'arroganza, alla superbia. Non aveva mai sopportato le donne troppo sicure di se. Non erano naturali in quel loro patetico tentativo d'imitare gli uomini. Avrebbero sempre perso. Persino il concetto di femminilità, tanto adorato e venerato dal genere maschile, veniva snaturato a fronte di quelle ambizioni senza senso.
Si, un'altra vittima sacrificale avrebbe in parte sopperito a quella mancanza. Tutto era pronto, cambiava solo il luogo. Ma quello non era un problema.

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Capitolo 4
*** L'agguato ***


Testa china, mani affondate nelle tasche e passo svelto. Dopo l'incontro con la polizia, Laura aveva avvertito l'insopprimibile bisogno di respirare aria pura, camminare, distrarsi. La morte di Flora l'aveva sconvolta molto più di quanto avesse dato a vedere, si sentiva a pezzi. Ed era in momenti come quello che, pur non condividendone lo stile di vita, avrebbe dato qualunque cosa per somigliare a Sondra. A differenza di lei, l'americana si era mostrata sicura di se, addirittura spavalda in alcuni frangenti. E l'ispettore, un uomo maturo e perspicace, se n'era accorto sin da subito. Dopo i convenevoli di rito infatti, l'aveva presa di mira ignorando volutamente l'amica. Come se lei, impacciata e titubante dinanzi alle sue pur pacate domande, potesse da sola risolvere quel mistero.
Ed era stato proprio grazie a quelle domande che, stupendo se stessa prima di altri, si era accorta di conoscere molto poco della vita di Flora. A parte Francois, non era stata in grado di rivelare se l'amica, in passato, avesse mai frequentato qualcuno in modo stabile. Così come non sapeva nulla della sua famiglia, se i genitori fossero ancora vivi o meno, se avesse fratelli o sorelle, nulla insomma. Ma che razza di amica era mai stata!
D'altronde, Flora non era mai stata una persona loquace. Aveva sempre preferito i fatti alle parole, su questo non vi erano dubbi. Una magra consolazione comunque. 
Giunta nei pressi della stazione, si accorse che l'abitazione dell'amica si trovava a pochi passi. Spinta da un qualcosa che non seppe spiegare neppure a se stessa, affrettò il passo con l'intenzione di raggiungerla.

L'Arno, a quell'ora, appariva del tutto simile a qualsiasi fiume. Scuro, invisibile e silenzioso, ma sempre implacabile nel suo scorrere. Sondra, dopo aver declinato l'invito di Laura, aveva deciso di concedersi una passeggiata solitaria. Più che dolore, provava una rabbia sorda verso l'autore di quel omicidio apparentemente senza senso. Chi poteva aver potuto solo concepire un'azione talmente efferata? Di quale grave colpa si era macchiata Flora? 
Pur non dichiarandolo apertamente, l'ispettore aveva ventilato un possibile movente seriale. No, si rifiutava di credere a una cosa simile. Ma le parole del poliziotto, pur fastidiose, avevano scavato un solco nella sua pur forte corazza.
Voltandosi di scatto, scrutò la strada con gli occhi fuori dalle orbite, salvo poi darsi della stupida per quella dimostrazione di debolezza. Stringendosi ancor più nel giubbotto, invertì la marcia con l'intenzione di ritornare al convitto. 

Poco lontano, nascosto da un furgone, osservò la ragazza incamminarsi spedita. Non avrebbe potuto sperare di meglio. Non erano trascorse nemmeno ventiquattro ore dal ritrovamento di Bellezza, ma ciò non lo preoccupò minimamente. Ormai, la propria missione aveva avuto il battesimo del fuoco, nulla e nessuno avrebbe potuto fermarlo. Lavorare su Bellezza era stato magnifico, eccitante e gratificante. Mai avrebbe pensato di poter ricreare, grazie al proprio talento, un corpo ancor più perfetto dell'originale.
Ma Superbia era tutt'altra cosa, su di lei avrebbe operato in modo diverso. Avrebbe cercato, attraverso l'arte, di ammorbidire e smussare quelle linee sinuose ma sgraziate. 
Chi troppo e chi nulla. Sorrise ripensando a Bellezza e alla sfortuna, per tutte loro, di aver incrociato la propria strada. 

Stretta e buia, la strada che portava al convitto appariva deserta. Vincendo a più riprese la tentazione di voltarsi, Sondra procedeva velocemente sull'asfalto bagnato da una pioggia leggera. Perché non aveva accettato l'invito di Laura maledizione? Curvandosi ancor più in avanti, accelerò il passo ansiosa di arrivare. Finalmente, la luce posta sopra l'ingresso del convitto si fece più vivida. Ancora pochi passi e...

Buio. Buio completo e un gelo terrificante. Riprendendo lentamente i sensi, Sondra batté i denti con violenza. Dove si trovava? Cos'era successo? La luce del convitto, il sollievo e poi un'altra luce, un lampo nel cervello e il dolore lancinante.
A poco a poco i ricordi riaffiorarono, confusi ma nitidi. L'aveva presa, mio Dio, quel mostro l'aveva catturata!

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Capitolo 5
*** Ossessione ***


Dopo aver sostato qualche istante davanti al portone, Laura si decise a entrare. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto trovare, ma una forza a lei sconosciuta la fece proseguire comunque. L'appartamento di Flora, un piccolo monolocale, si trovava al piano terreno. Dall'ultima e unica volta che vi era stata, Laura non notò nulla di diverso. Le cassette delle lettere, in alluminio scrostato, erano sempre al loro posto. Così come la sedia a rotelle a ridosso delle scale. Sapeva che apparteneva ad una vecchia signora del primo piano, una certa Giuseppina le parve di ricordare. Anche Robespierre si trovava sempre al solito posto. Nonostante la tragedia, sorrise ripensando a quel buffo nomignolo che l'amica aveva dato all'ascensore.
“Se lo guardi bene, sembra una ghigliottina nell'atto di mozzare la testa a qualcuno quando arriva al piano!” le aveva detto ridendo come una matta. Ma quella sera nessuna delle due avrebbe fatto testo. Reduci da una serata al pub, non avevano fatto altro che sghignazzare per tutto il tragitto. Dopo quella volta, Flora non l'aveva più invitata eppure, appena prima che se ne andasse, l'aveva afferrata per un braccio.
“Tieni questa...” disse dopo che le ebbe messo una chiave in mano.
“In caso di bisogno puoi usufruirne se vuoi”
Laura non aveva dato peso alla cosa. Non quella sera almeno. Flora d'altronde, era sempre stata molto riservata e solo poche persone erano entrate in casa sua.
Possibile che già allora avesse avuto sentore di qualcosa o fosse stata spaventata da qualcuno? 
Mettendo una mano in tasca, prese la chiave e l'infilò nella toppa. Un istante dopo si trovava all'interno.

Il terrore negli occhi di Superbia lo eccitò a dismisura. Avrebbe voluto godere subito di quel corpo se solo avesse potuto, ma prima avrebbe dovuto dare la precedenza a qualcosa di più importante. Quello per cui viveva e aveva sempre vissuto: l'arte.
Avvicinandosi, illuminò il viso della donna con una potente torcia. Incrociò uno sguardo fiammeggiante, spaventato ma non totalmente sottomesso. Era come se, pur sapendo di non avere scampo, continuasse a sfidarlo col proprio atteggiamento. Stupida creatura inferiore. Come avrebbe potuto spiegarle che nulla e nessuno, una volta giunti nel proprio sancta sanctorum, avrebbero avuto alcuna possibilità di scelta. Loro erano i designati e non comprendevano, per mera ignoranza, l'alto onore di cui erano investiti.
“Potrei toglierti il bavaglio, ma le tue urla isteriche rovinerebbero la mia concentrazione” disse poggiandole le labbra sull'orecchio.
“La tua amica è stata più fortunata. Lei era la bellezza personificata, la perfezione assoluta. Per tua sfortuna, non possiedi quelle caratteristiche per cui, prima d'iniziare la mia opera d'arte, dovrò lavorare un poco su di te”
Sondra sgranò gli occhi quando quel pazzo, dopo essersi rialzato, prese un bisturi da un tavolino li appresso.
“Penso che perderai i sensi quasi immediatamente. Chiederti di assistere sarebbe decisamente troppo, ma non mi dispiacerebbe sai....ah ah ah...”
La ragazza iniziò a dimenarsi ma i lacci di cuoio, legati saldamente, le impedirono qualsiasi movimento.

L'ispettore capo Manuelli lesse per l'ennesima volta il delirante messaggio.
“Io sono Dio” Si sente molto sicuro di se il bastardo”
Dinanzi a lui, l'ispettore Paolucci annuì.
“Ho appena finito d'interrogare quel Bertrand. Nervoso e titubante, ha ammesso di aver fatto una corte serrata alla vittima. Ma non credo proprio possa essere lui l'assassino. In molti l'hanno visto parlare con lei, ma tutti hanno confermato che la ragazza ha lasciato il locale da sola, e lui è rimasto sino a notte inoltrata”
Depositando il foglio, Manuelli si alzò stirandosi la schiena indolenzita.
“Ma potrebbe essere andato da lei dopo non credi?”
Ancora una volta Paolucci annuì.
“Si certo, lui stesso ha ammesso di essere andato a casa una volta uscito dal locale. Non ha un alibi, nessuno che possa confermare, ma noi non abbiamo prove” disse.
“Hai ragione Igor. Però sarebbe interessante sapere se conosce anche le due amiche più intime della vittima, bisognerebbe verificarlo”

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Capitolo 6
*** Al museo ***


Gli ambienti del museo erano ancora deserti a quell'ora del mattino. Alvaro, uno degli inservienti più anziani, avanzò con passo tranquillo sincerandosi che fosse tutto a posto. Quando giunse alla sala numero dieci-quattordici però, si fermò perplesso. Dalla propria angolazione, non si rese immediatamente conto di ciò che stava osservando. Incuriosito più che preoccupato, dopo un istante d'esitazione si avviò deciso verso la sala. E li si arrestò di colpo. Trattenendo a fatica un conato di vomito, afferrò la radio appesa alla cintura.

L'ispettore capo Manuelli contemplò la “Nascita di Venere” per diverso tempo prima di tornare verso il gruppo di persone poco distanti. L'ispettore Paolucci, le mani affondate nelle tasche, stava parlando animatamente con il medico legale, un corpulento e assonnato signore di mezz'età."Naturalmente sarò più preciso dopo aver effettuato l'autopsia..."
terminò quest'ultimo con un'alzata di spalle.
"Grazie dottore..." disse Manuelli intervenendo tra i due "La pregherei di farlo il più presto possibile se non le dispiace"
Quando il medico se ne fu andato, i due poliziotti rimasero in silenzio ancora per qualche minuto. Poco distante, i paramedici incaricati di portare via il cadavere, o di ciò che ne restava, stavano parlottando tra loro.
"Come ha fatto a entrare in uno dei musei più sorvegliati di Firenze?"
La domanda di Paolucci non sembrò scuotere più di tanto l'ispettore capo.
"Anche coloro che hanno abbattuto le torri gemelle sono riusciti a prendere possesso di aerei di linea. Nulla è impossibile Igor" rispose sibillino.
Ma la risposta, anche se data d'istinto, non diede alcuna soddisfazione al vecchio poliziotto. Paolucci, in fin dei conti, aveva ragione. La galleria degli Uffizi era uno dei musei più sorvegliati non solo di Firenze, ma del mondo intero. Le opere conservate avevano un valore incalcolabile e la sala in cui si trovavano, ossia quella riservata al Botticelli, una delle più blindate. Nonostante questo qualcuno era entrato e, beffandosi di ogni misura di sicurezza, aveva compiuto quello scempio.
Un orrore studiato, al tempo stesso affascinante nella propria malvagità. Un'opera d'arte allo specchio se così la si voleva rappresentare. Perché del killer di Boboli si trattava, su questo non aveva dubbi.
Piegandosi sulle ginocchia, Manuelli osservò ancora una volta i resti stesi a terra. A differenza del primo omicidio, in questa occasione l'assassino aveva aggiunto qualcosa. Il calco in gesso appariva imperfetto, quasi modificato. Piccole ma evidenti cicatrici erano state messe in evidenza, come una firma indelebile. La testa, recisa esattamente come la prima, mostrava lineamenti decisi. Zigomi pronunciati e mascella volitiva, labbra carnose e naso pronunciato. Per finire con quei capelli biondi, rasati sin quasi alla cute. E, quel volto, l'aveva visto solo poche ore prima.
Solo la conchiglia, la stessa che il Botticelli aveva così sapientemente impresso sulla tela, appariva perfetta.
Rialzandosi, incrociò lo sguardo di Paolucci. Anticipando la domanda che vide formarsi sulle sue labbra, annuì lentamente.
"Dove ritroveremo il corpo stavolta?"

Non aveva avuto il coraggio d'accendere subito la luce. Dopo essere entrata nell'appartamento di Flora, Laura era avanzata a tentoni sino al centro della stanza che fungeva da salotto. Nell'angolo più lontano, accanto alla finestra, sapeva che c'era un piccolo angolo cottura. Di fronte, un'unica porta che dava sulla camera da letto con annesso bagno, nulla più. Solo quando varcò quella porta cercò l'interruttore posto alla propria destra. 
Clic. 
Il fascio di luce l'investì in pieno, accecandola per qualche secondo.
Quando le stelline dinanzi agli occhi svanirono, ciò che vide le mozzò il fiato. Iniziando a tremare convulsamente, si appoggiò alla parete improvvisamente priva di forze. Il corpo, privo della testa, giaceva supino sul letto, le braccia spalancate. Un foglio d'agenda spiccava al centro del petto.

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Capitolo 7
*** L'appartamento ***


Per quanto tempo era rimasta svenuta? Non le era capitato spesso. Guardando verso il letto, aveva sentito che le forze la stavano abbandonando ancora una volta. Il foglio al centro del petto sembrava chiamarla, ma non aveva nessuna intenzione di scoprire cosa vi fosse scritto. Distogliendo lo sguardo, si era precipitata verso la porta, decisa ad uscire da quell'incubo orrendo. Ma, non appena aveva appoggiato la mano sulla maniglia, qualcos'altro aveva attirato la sua attenzione. Evitando di guardare nuovamente verso il letto, si era avvicinata al grande cassettone addossato alla parete. Li, tra un portagioie, spazzole e prodotti per il trucco, l'oggetto le era apparso decisamente fuori posto. Afferrandolo con cautela, se l'era rigirato a lungo tra le mani. Avrebbe potuto benissimo appartenere a Flora, ma il fatto di non averglielo mai visto usare l'aveva insospettita. Poi le aveva viste. Le due iniziali, nitide sulla superficie liscia, l'avevano colpita come un pugno nello stomaco. Vincendo la nausea, si era avvicinata al letto e, dopo aver afferrato il foglio con due dita, l'aveva appoggiato sopra il cassettone.
Ma certo! No, non era possibile, non riusciva a crederci!

Un capolavoro che rischiava d'essere rovinato da una disattenzione da dilettante. Imprecando contro se stesso, era tornato immediatamente sui propri passi. L'idea di lasciare il corpo di Superbia nell'appartamento di Bellezza l'aveva elettrizzato sin da subito. La polizia sarebbe impazzita cercando di trovare il nesso. Non appena giunto davanti alla casa però, si era bloccato di colpo. Era certo di non aver lasciato la luce accesa. Eppure, la finestra al piano terreno era chiaramente illuminata. Cercando di non farsi prendere dal panico aveva varcato il portone.

Nonostante il terrore e la voglia di scappar via, Laura aveva deciso di chiamare subito la polizia. Quella scoperta l'aveva lasciata letteralmente senza fiato, non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere. Spostandosi verso l'angolo più lontano della stanza, aveva preso il telefono dalla borsa e, con le mani tremanti, aveva iniziato a digitare.
La porta si era spalancata di colpo, facendole cadere il cellulare a terra.
"Non era questo che avevo previsto per te ragazza mia, ma non tutto è perduto, possiamo ancora recuperare"
Laura aveva sgranato gli occhi cercando di dire qualcosa, ma l'uomo non gliene aveva dato il tempo. Colpendola con violenza al volto, l'aveva fatta stramazzare a terra facendole perdere nuovamente i sensi.

La madre superiora congiunse le mani al petto, lo sguardo allarmato.
"Certo ispettore, le ragazze possiedono tutte la chiave per entrare. Ma perché mi chiede questo, non sarà accaduto ancora qualcosa?"
Dopo aver scambiato un'occhiata col proprio vice, l'ispettore capo Manuelli annuì lentamente.
"Credo che troverà la stanza della signorina Sondra vuota purtroppo"
La suora, un'energica donna di mezz'età, parve afflosciarsi su se stessa.
"Mio Dio! Vuole forse dirmi che...che..."
Paolucci, temendo che potesse svenire, le si portò prontamente accanto.
"Abbiamo ritrovato la testa in una sala degli Uffizi stamani. Il corpo ancora non sappiamo dove possa essere stato collocato. Abbiamo bisogno del suo aiuto madre"
La superiora, facendosi il segno della croce, scosse il capo più volte.
"Ma cosa sta succedendo? Come mai quel...quell'individuo ha preso di mira queste povere ragazze?" balbettò confusa.
"Si tratta di un serial killer madre, e queste persone agiscono con una logica tutta loro. A volte la si scopre solo una volta che vengono catturati, a volte mai" rispose Manuelli.
"Ma ora, avremmo bisogno di parlare con la terza delle amiche, Laura mi sembra di ricordare. Potrebbe essere in pericolo mortale, e intendiamo proteggerla" proseguì Paolucci.
Annuendo, la madre superiora si avviò verso la porta.
"Venite, la sua stanza si trova proprio vicina a quella della povera Sondra"
Una decina di porte, tutte simili, fiancheggiavano un lungo corridoio. Le pareti, tappezzate per lo più da ritratti di santi, apparivano perfettamente candide. Arrestandosi dinanzi alla penultima in fondo, la suora bussò decisa sul legno lucido. Nessuna risposta. Provò a ribussare mentre, nel frattempo, abbassò con forza la maniglia. Chiusa.
"Esiste un passepartout,ma si trova nella mia stanza, dall'altra parte del convitto" esclamò sempre più angosciata.
"Si sposti madre, non abbiamo tempo d'aspettare"
Prendendo una breve rincorsa, Paolucci sferrò un potente calcio a al legno. La porta cedette immediatamente, andando a schiantarsi all'interno della stanza.
Che trovarono vuota. Il letto appariva rifatto alla perfezione, nessun oggetto fuori posto.
"Non ha mai passato fuori tutta la notte..." riuscì solamente a dire la madre superiora.
In quel momento, il cellulare dell'ispettore capo iniziò a suonare. Dopo aver ascoltato in silenzio per qualche istante, il poliziotto chiuse la comunicazione.
"Una telefonata anonima. Chi ha chiamato, ha semplicemente pronunciato una frase, poi ha riattaccato"
La suora e Paolucci lo fissarono, in attesa.
Finalmente Manuelli si decise a proseguire.
"Era lui, ne sono certo" disse cupo.
"Laura...mio Dio...non...non avrà..." bisbigliò la madre.
"Lo sapremo solo quando scopriremo il posto" le rispose Manuelli.
"Ma che frase ha pronunciato? Non teneteci sulle spine ispettore!" 
Manuelli si grattò il mento, quindi fissò entrambi.
"Il treno è ormai lanciato. Nulla e nessuno potrà arrestarlo. Due piccioni con una fava ispettore. Quale sarà la prossima fermata?"
Paolucci rimase immobile mentre la madre superiora, dopo aver rimuginato per qualche istante, disse flebilmente.
"Dovreste esserne già a conoscenza. Ma la povera Flora, abitava nei pressi della stazione, non so se possa esserci una qualche attinenza"

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Capitolo 8
*** Senza fine ***


Arrivarono all'indirizzo in meno di un quarto d'ora. L'ispettore capo Manuelli, seguito da Paolucci, abbassò la maniglia. La porta non era chiusa a chiave. Ricordò che, quando fecero il sopralluogo, l'appartamento era stato posto sotto sequestro e richiuso.
"Mio Dio!" disse una volta varcata la soglia.
Più che convinto di essere preparato dinanzi alle nefandezze umane, ciò che vide lo lasciò ammutolito.
"Ci sta prendendo gusto quel bastardo" Paolucci, alle sue spalle, si tamponò labbra e naso con un fazzoletto. 
Avanzando all'interno del monolocale, l'ispettore capo si diresse con cautela verso il letto.
"Si sta allargando, ormai deve credersi invincibile. Chiama la scientifica Igor" disse con un filo di voce.
Il corpo, mutilato della testa come il precedente, cominciava già ad emanare un cattivo odore. Imitando Paolucci, si tamponò il volto con il fazzoletto, per poi dirigersi verso l'unica finestra. Dopo averla spalancata, tornò sui suoi passi.
Scosso da una rabbia sorda, fissò nuovamente la scena. Quale mente poteva aver partorito una cosa simile?
La mano, mozzata all'altezza del polso, era stata posata in maniera perfetta sull'addome del cadavere. L'indice, oscenamente sistemato ad arte, indicava chiaramente il foglio strappato. Non ebbe alcun dubbio che si trattasse di quella di Laura.
Servendosi del fazzoletto, afferrò un angolo del foglio sfilandolo dai poveri resti.
Tornando verso la finestra, lo spiegò dinanzi a se. Ad una prima occhiata, capì immediatamente che le due scritte erano state vergate a distanza una dall'altra. La prima infatti, appariva molto più scolorita rispetto all'altra. Se avesse usato una biro normale, probabilmente non ci si sarebbe accorti della differenza. Ma era lampante che, chiunque avesse scritto, l'aveva fatto con una penna stilografica. Inforcando gli occhiali, iniziò a leggere.

La bellezza è vita
tutto dev'essere perfetto.
Armonia 
Stile
Femminilità.
Costei era un ibrido
una via di mezzo.
Ma ha trovato Dio
sulla propria strada
ha trovato 
la salvezza. 
Io l'ho rimodellata
Io nella mia grande magnificenza
l'ho mondata dalla superbia
e dal
fisico imperfetto.
Ora VIVE!


A quel punto, l'assassino aveva lasciato un breve spazio. La seconda scritta, oltre che più “fresca” sembrava essere stata vergata in fretta e furia.

L'artista incompresa.
Il brutto anatroccolo
che nessuno vuole.
Poco importa
che sia imperfetta.
Rimodellerò la sua mano
meglio di prima.
Sarà un'opera d'arte.
Mi sto divertendo Ispettore.
Dove ritroveremo la testa
questa volta?
DIO


"Igor. Questo pazzo non è uno qualunque. Oltre che essere un artista, conosce molto bene le vittime e le loro abitudini. Ma non penso abbia premeditato quest'ultimo rapimento. Secondo me, ha sorpreso Laura in questo appartamento, oppure il contrario. E ha dovuto improvvisare sul momento"
Paolucci annuì, quindi indicò il foglio strappato.
"E lavorare sulla scrittura? Questa pagina è del tutto simile a quella trovata a Boboli. Inoltre, anche se non ricordo dove, ho già visto un'agenda con gli stessi fogli"

Dopo aver fermato in qualche modo l'emorragia, l'uomo aveva atteso che in strada non passasse nessuno. Al momento opportuno, aveva afferrato la ragazza per la vita e l'aveva adagiata sul sedile posteriore. Una coperta presa dal baule aveva completato l'opera.
Ora, al sicuro nel proprio rifugio, guardò compiaciuto la sua prossima modella. Ancora sedata dall'iniezione, Artista aveva i lineamenti tranquilli, sembrava dormisse. Una volta che fosse rinvenuta però, il dolore per l'amputazione li avrebbe deformati irrimediabilmente. E lui non voleva, non mentre stava studiando.
Da un cassetto, prese un'altra siringa e la preparò.
Poco più tardi, armato di matita e una serie di fogli bianchi, iniziò lo schizzo di ciò che intendeva fare. Fu solo quando ne ebbe appallottolati una decina che si ritenne soddisfatto. Serrando con maggior forza i legacci di cuoio, si accorse con piacere che Artista si stava riprendendo conoscenza
"Benvenuta nella casa di Dio carissima. Ora puoi pure urlare se vuoi"

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