Donna Sola

di Sirius_01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** un incontro spiacevole ***
Capitolo 3: *** Una donna spregevole ***
Capitolo 4: *** la gioielleria di Firenze ***
Capitolo 5: *** Malori improvvisi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Betty era una donna che pensava solo al suo successo, lavorava come una forsennata. Anche se a dire il vero tutti quei soldi non le sarebbero serviti a niente perché era già ricchissima. Le vecchie del paese dov'era cresciuta, dicevano che la sua famiglia era stata colpita da una maledizione e che quest'ultima provenisse proprio dai soldi.

In giro si diceva che tutti i suoi famigliari sarebbero morti e che i loro soldi sarebbero stati la causa della loro morte. Queste credenze purtroppo non erano infondate perché già una ventina dei suoi parenti tra cucini di primo e secondo grado , zii, prozii ecc.. erano già morti in modo misterioso.

I suoi genitori erano morti in un agguato e lei, poverina era cresciuta in un orfanotrofio. Forse è per questo che era diventata una persona così scorbutica e avara.

Aveva delle gioiellerie sparse per l'Italia. 4 a Firenze, 3 sul Ponte Vecchio una accanto all'altra e un'altra vicino al famoso museo degli Uffizi. 2 si trovavano a Napoli, uno sul Posillipo e un'altra di fronte al duomo di Santa Maria Assunta. Aveva una gioielleria anche vicino al Colosseo e un'altra, sempre a Roma in piazza di Spagna. La più "piccola" si trovava a Venezia in piazza San Marco. Non era affatto piccola, aveva ben due piani. Siccome voleva arricchirsi sempre di più aveva pensato bene di comprarne un'altra sull'isola di Murano per poter usare il pregiatissimo vetro di quell'isola famosa in tutto il mondo. Il suo scopo era quello di poter poi vendere i bei gioielli a prezzi esagerati. Molto tempo fa, circa 30 anni or'sono, si era sposata con un gigante del gas di nazionalità russa. L'uomo tale Sergey Nimudki era una persona molto gentile che dava in beneficenza molti soldi per le famiglie povere del suo paese. Era apprezzato da tutti, era l'esatto contrario della moglie. Il loro matrimonio non fu proprio d'amore ma per unire due famiglie molto ricche. L'uomo aveva però commesso il fatale errore di aver creato un conto in comune.

Stranamente sei mesi dopo scomparve nel nulla e il suo corpo non venne mai ritrovato. La polizia aveva molti sospetti su di lei infatti venne condannata a tre mesi di carcere. Ma poi pagando una cauzione se la cavò. Era una donna che odiava viaggiare ma era costretta a farlo per affari. Odiava anche tutto ciò che fosse bello e innovativo. Aveva avuto molti psichiatri durante la sua tormentata esistenza. Molti psicologi la definivano una paziente " curiosa" perché era diversa dagli altri. Viveva la vita con paura perché era consapevole delle ricchezze che possedeva. Aveva sempre il timore che qualcuno potesse raggirarla in qualche modo e derubarla o peggio ancora ucciderla. Fortunatamente non aveva bambini perché se c'era qualcosa che odiava più dei viaggi quelli erano i bambini. Per loro lei era come la strega del paese, un po' come quelle delle fiabe. Le mamme spesso raccontavano storie su di lei dov'era descritta come un essere maligno e malvagio. I bambini credevano che lei li divorasse. Ma dopo circa 25 anni si era trasferita nella caotica Milano. Fu abbastanza felice per questo perché nel suo paese natale, nelle Marche tutti la prendevano di mira.

Però fisicamente non era tanto diversa da una strega.

Aveva degli occhi molto piccoli e sporgenti che sembravano vuoti come quelli di un morto; aveva un naso appuntito e all'insù che pareva poter tagliare persino la roccia più dura. Aveva delle orecchie molto piccole come del resto la bocca. Aveva un collo lungo, sottile e molto rugoso. Aveva delle braccia cadenti e delle gambe sottili, si vedevano proprio le ossa .

La sede della sua azienda di gioielli era stata spostata da lei dal suo piccolo paese tra le campagne marchigiane, alla grande Milano.

La vicenda dunque si svolge tra le Marche, Milano e un po' in tutta Italia. Ma la parte più interessante si svolge in un luogo che rimarrà per un po' nel mistero.

 

 

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Capitolo 2
*** un incontro spiacevole ***


Era il 20 gennaio, in un tranquillo bar di paese un gruppo di uomini stava discutendo di qualcosa di molto importante.

Il bar era suddiviso in molte piccole sezioni con due tavoli e tre sedie ciascuna. Queste sezioni erano separate da porte abbastanza piccole color nero seppia, come il resto del locale. In questo modo si garantiva la privacy dei clienti. Il locale era famoso per gli "strani" incontri che si avevano.

Il proprietario era un signore grasso con una barba che faceva assomigliare la sua testa a quella di un orso. Portava con sé sempre un piccolo pugnale molto decorato e placcato d'oro.

Tutti in paese lo chiamavano " Botte di Veleno" perché oltre a essere grosso era stata anche una persona poco raccomandabile, di cui non ci si poteva fidare. Aveva anche avuto dei problemi con la polizia. Qualche anno prima era stato condannato agli arresti domiciliari per aver aggredito un poliziotto. Era una persona decisamente molto irascibile. In paese si diceva che continuasse a fare degli affari loschi, ma lui non dava peso a queste parole. Il suo locale era una delle poche cose a cui teneva.

Aveva anche una moglie. Era una signora sulla settantina. Aveva una faccia scarna, come tutto il suo corpo, aveva un occhio cieco a causa di un aggressione subita dal marito.

Era stata costretta dalla sua famiglia a sposare quel uomo rozzo che non la amava. Era la settima di otto figli. La sua era la famiglia più numerosa del paese. Tre dei suoi fratelli erano andati negli Stati Uniti negli anni 50 a 16 anni e nessuno seppe più di loro. Due dei suoi fratelli avevano comprato per alcune migliaia di lire una cava di marmo che stava fallendo. In poco tempo avevano salvato la cava ed erano diventati ricchissimi, a tal punto che esportavano il marmo anche all'estero.

Invece le altre due sorelle avevano fatto la sua stessa fine, avevano sposato degli uomini che non amavano.

Lei era l'ultima rimasta e dopo tre anni dal suo matrimonio i genitori erano morti entrambi di Alzheimer.

Per quanto riguarda invece il passato di " Botte di Veleno" non si sapeva molto. I suoi genitori lo avevano abbandonato in un collegio di suore che lo avevano accudito finché non aveva cominciato un lavoro come minatore in una lurida miniera.

Dopo pochi anni però venne arruolato nell'esercito a causa della seconda guerra mondiale. Per colpa della guerra si ritrovò senza una gamba , rimpiazzata da un pezzo di legno. L'incidente era accaduto durante un bombardamento degli Inglesi. "Botte di Veleno" era solo un soprannome, il suo vero nome era Mario Decondrio, mentre sua moglie si chiamava Maria. Avevano un figlio che gestiva con loro il locale nel tempo libero. Il loro unico figlio si chiamava Teo. Da poco lavorava lì anche la moglie di Teo, Nunzia.

Quella fredda sera d'inverno però successe qualcosa di insolito.

Un gruppo formato da sette uomini, tutti vestiti di bianco stavano parlando tra di loro in una delle piccole sezioni del bar. Quando Nunzia portò loro da bere sentì dire da uno di loro qualcosa di strano.

- Signor Delirius, io sono pienamente d'accordo con lei, ma credo che lei abbia sottovalutato questa persona. Dobbiamo tener conto che possiede un patrimonio immenso e certamente paga qualcuno per proteggerla. Non credo sia stupida, anch'io se fossi al posto suo lo farei.

L'uomo che aveva appena parlato aveva una voce squillante. Nunzia non poté guardarlo perché era seduto in un angolo buio. Incuriosita, continuò ad ascoltare, questa volta parlò un uomo molto alto con un bel cappello bianco.

-Lei ha pienamente ragione signor Farrow, ma io o forse dovrei dire noi, abbiamo tanti collaboratori nel nostro club. Inoltre credo che questo non sia il posto adatto per parlare di qualcosa di così importante, perché vede purtroppo la gente ha il brutto vizio di ficcare il naso ovunque.

S'interruppe un attimo e aggiunse - Agianski fa accomodare la signorina prego! -

Agianski lo guardò stupito perché non vedeva nessuno oltre al suo gruppo. Allora il signor Delarius ripeté - Su stupido scimmione va verso la porta e ti accorgerai che una bella signorina sta orecchiando. Purtroppo nel mondo ci sono solo uomini grossi ma con pochissimo cervello.- disse riferendosi agli altri uomini presenti che presero subito a ridere.

Nunzia capì che era stata scoperta e fece per andarsene ma venne presa di spalle e sollevata di peso da un uomo molto robusto alto quasi due metri. Con una voce profonda e con un forte accento russo disse spavaldo : - Ah! Ma che abbiamo qui - sorrise alla ragazza e lei si accorse che gli mancavano tre denti. Il gigante aggiunse, sempre con il suo ghigno in faccia - Ecco, signore la nostra ficcanaso, vuole che le dia una bella lezione ? -

L 'uomo che aveva parlato prima e che evidentemente era il capo disse - No Agianski non ti hanno insegnato le buone maniere brutto scimmione ? - Agianski guardò male il suo cape ma strinse i denti e cercò di ignorarlo.

Delarius aveva notato la reazione di Agianski ma fece finta di niente. Intanto Agianski prese una sedia e fece accomodare Nunzia.

Il primo a parlare fu Delarius : - Adesso se non le dispiace ci potrebbe spiegare il motivo per cui ci ha disturbato?

Dal tono sembrava una buona persona ma i suoi occhi erano malvagi.

Nunzia non sapeva cosa dire, ma alla fine si fece coraggio e parlò - Ehm... io stavo solo portando da bere a voi, signori.

- Su, su non abbia paura, è da quando si è appoggiata per sentire, che la stavo guardando e sicuramente non stava solo per portarci da bere. Quell'uomo sembrava avere occhi dappertutto. Nunzia fece scena muta. Aveva molta paura, non si era mai sentita così in tutta la sua vita. Per un lunghissimo minuto che sembrava durare un eternità, Nunzia non parlò. Quindi Delarius disse. - Agianski porta la signorina fuori di qui , immediatamente.

Agianski prese Nunzia per un braccio, col suo solito modo rude. Proprio mente Nunzia stava per uscire Delarius aggiunse :- E guai a te se ti fai rivedere, ci siamo capiti ? - adesso il suo tono era cambiato notevolmente.

Con voce tremante Nunzia rispose :- Si certo scusi, signore.

Con un cenno indicò ad Agianski la porta e lui la portò fuori. Appena la vide uscire Teo le chiese :- Ma perché ci hai messo così tanto, è successo forse qualcosa?-

- No, no niente di strano stai tranquillo.- Nunzia sorrise per cercare di nascondere le sue vere emozioni. In realtà quegli uomini le erano sembrati i più strani che avesse mai visto e provava una grande paura. Però alla fine decise che sarebbe stato meglio dimenticare quel brutto episodio e quei brutti tipi. Non voleva creare dei problemi ai suoi suoceri anche perché era stata appena assunta.

"Botte di Veleno" era una persona davvero instancabile ma con l'età, anche spostare degli oggetti abbastanza grandi era diventato molto difficile. Sua moglie Maria, lo aiutava ma non poteva fare granché perché era anche lei piuttosto vecchia.

Il locale era grande e serviva moltissimi clienti, a volte si creava anche una lunga fila, ma con i pochi soldi che avevano non potevano permettersi dei camerieri.

Dopo poco tempo il gruppo guidato da Delarius se ne andò. Nunzia non poté far altro che ripensare a quello che aveva sentito dire riguardo a una signora ricca. Così chiese a Mario: - Mario, ma chi erano quei signori, vestiti di bianco che se ne sono andati poco fa? - Sono cose che non ti riguardano e sono anche troppo complicate. Inoltre non devo dare spiegazioni a nessuno di chi viene nel mio bar. Tu piuttosto sta attenta a non ficcare il naso dove non ti conviene. Dunque Mario conosceva quelle persone. A Nunzia la cosa sembrò molto strana, era, più o meno, la stessa cosa che le aveva detto Delarius. Comunque decise di non fare più domande. A lei parve che parlare dei suoi clienti, rendesse " Botte di Veleno" molto scorbutico. Non poté far a meno di chiedersi il perché. Uno dei pregi, che però a volte diventavano difetti, di Nunzia era il fatto che qualche volta diventava molto curiosa e alla fine riusciva sempre a saper tutto. Arrivata la sera, quando il locale doveva chiudere, siccome non c'erano quasi nessuno Nunzia chiese a Teo

- Ma tu sai qual cosa riguardo ai clienti di tuo padre? Te ne avrà certamente parlato - No papà non parla dei suoi clienti. Lui conosce più o meno tutti qui. Alcuni dicono persino che, una parte dei suoi clienti siano dei pregiudicati e purtroppo arrivano a giudicare male Mario. Questo però non è affatto vero. Nunzia annuì ma non disse niente e se ne andò.

Il giorno dopo, quando Mario aprì il suo bar si ritrovò davanti ai suoi occhi uno scenario spaventoso. Le bottiglie di vino e di birra erano tutte spaccate, sul pavimento erano sparsi moltissimi cocci. Il pavimento aveva assunto un color terra mischiato al rossiccio delle bottiglie di vino. Il locale era tutto sottosopra: i tavoli erano spezzati, per terra c'erano pezzi di legno e il bancone dove Mario serviva i suoi clienti era stato rovesciato e fatto letteralmente a pezzi.

Mario nonostante il suo aspetto rozzo si mise quasi a piangere perché la sua condizione economica dipendeva dal suo amatissimo locale. Quando si calmò, ripensò agli sforzi che aveva fatto per mandare quel bar ereditato dal padre morto di cancro ai reni ben cinquant'anni fa. Rivide davanti ai suoi occhi gli ultimi vent'anni della sua vita: nell'ultimo biennio il locale era diventato sempre più famoso, grande e bello. Mario ne era molto soddisfatto.

Alle sei e mezza del mattino chiamò, preoccupato e un po' triste, suo figlio Teo, per dargli la brutta notizia. Digitò il numero del cellulare ben tre volte. Continuava a sbagliare perché le dita gli tremavano; ma alla fine lo azzeccò.

Teo stava ancora dormendo quando lo squillo del suo telefono lo svegliò.

- Ma chi sarà a quest'ora?- si chiese perplesso- Oh no, è papà, sarà successo qualcosa! - esclamo con voce convinta, ma allo stesso tempo era anche molto preoccupato. Prese i vestiti, andò in soggiorno e si vesti lì per non disturbarla.

Tutti i suoi sforzi però furono inutili. Proprio mentre stava per prendere le sue scarpe, il suo mignolo sinistro andò a sbattere contro un comodino posto in corridoio. Un dolore fastidiosissimo gli attraversò tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Si mise ad urlare e ad imprecare. Finì così per svegliare sua moglie.

- Ma cosa succede? Che ore sono? Ehy Teo che ci fai sveglio torna a letto, saranno al massimo le sei.

- Non posso, mi ha appena chiamato papà ma non so cos'è successo. Non ti preoccupare, torna a dormire.

- No, io adesso vengo con te. Non voglio stare in ansia.

- Va bene ma devi essere veloce.

Mentre Nunzia si stava vestendo, Teo chiamò suo padre che gli spiegò cosa era successo. Teo notò nella sua voce una nota di tristezza e preoccupazione, ma non disse niente. Sapeva che suo padre voleva sembrare a tutti i costi un duro.

- Mi hanno distrutto il bar- disse tra i singhiozzi- Sta mattina, quando ho aperto, ho trovato tutto sottosopra. Le bottiglie erano distrutte e i tavoli spaccati in due. Non ho voluto dire niente a Maria per non farla stare male.

- Questa proprio non ci voleva, mi domando chi possa essere stato a commettere questa vile azione. Ok veniamo subito, viene anche Nunzia.

A sua volta Teo spiegò tutto a Nunzia. Lei appena saputa la notizia, pensò subito a quell'uomo malvagio. Ma ancora non capiva il perché di quest'atto.

Teo prese le chiavi dell'auto e scese velocemente le scale con Nunzia.

Abitavano a due isolati di distanza dal bar. In pochi minuti arrivarono lì e trovarono Mario distrutto che cercava di capire la causa di tutta quell'orrore.

Camminava avanti e indietro. Era evidentemente in stato di agitazione e sudava come un matto.

- Ma papà ma chi può essere stato così disonesto e crudele da fare quest'azione?

- Non ne ho la più pallida idea. Sai bene che noi non abbiamo nessun "nemico" che ci possa aver fatto questo. - poi chiese in tono molto più scorbutico e secco: - Perché hai portato qui anche Nunzia. Non sono affari che la riguardano. Vorrei parlare con te in privato quindi dille di andarsene.

Nunzia non disse una parola e girò immediatamente i tacchi. Teo e suo padre entrarono nel locale, facendosi largo tra le macerie. Almeno in quel luogo potevano parlare lontano da occhi indiscreti.

- Senti figliolo, voglio subito dirti che tra i miei clienti non c'è nessun malintenzionato- esordì Mario

- Di questo ne sono sicuro, ma allora come te lo spieghi l'incidente di oggi? - in quel che aveva detto, c'era una parte di menzogna. Teo infatti dubitava fortemente di suo padre perché era diventato famoso appunto grazie ai suoi affari loschi commessi in passato con criminali di un certo spessore. Teo non ne aveva mai avuto la certezza ma siccome tutti dicevano così anche lui ci credeva.

Mentre i due uomini discutevano e ragionavano sulle possibili cause dell'incidente, Nunzia lasciata sola in disparte perché Mario pensava che non potesse sapere in alcun modo come potesse essere successo, era sempre più convinta che a commettere quell'incidente fossero stati gli uomini che aveva incontrato il giorno prima.

Nunzia si avvicinò cautamente e all'improvviso disse: - Ho la certezza di sapere il colpevole di questo disastro. Adesso se avrete un po' di pazienza vi racconto cos'è successo un giorno fa mentre stavo servendo i clienti.

Però Mario non la fece continuare e con il suo solito tono burbero aggiunse : - No, è impossibile, tu non conosci nessuno qui e poi come fai a essere così sicura di te? Centri forse tu in tutto questo?- la squadrò con i suoi occhietti maligni e con il suo sguardo minaccioso. I due non si erano mai piaciuti. Litigavano spesso. Mario la accusava di essere solo un'estranea e di avergli "rubato" il figlio. Nonostante ciò Teo gli dava torto. Nunzia in quel momento non sapeva se parlare oppure stare zitta. Alla fine optò per la prima opzione. Venne però anticipata da Teo. Lei lo lasciò parlare senza interromperlo. - Non penso che tu abbia ragione, sentiamo prima cos'ha da dire

disse Teo sorridendo a Nunzia.

Dopo che Teo fini lei parlò: - Dunque io penso che gli autori di questo disastro siano stati degli uomini vestiti di bianco, che ho conosciuto purtroppo nel locale. Mi hanno minacciata e mi hanno detto di andarmene

- Allora ci sapresti spiegare il perché di questo incidente, presumo.- adesso Mario aveva assunto un espressione molto seria.

- Questo non lo so.- dichiarò semplicemente Nunzia

- Tu consci queste persone, ti sembrano famigliari?- chiese Teo a suo padre.

- So solo che il loro capo si fa chiamare Delarius e che spesso organizzano delle riunioni nella sala numero ventitré, quella in fondo accanto al retro. Mario indicò la sala - Però l'unica cosa che mi è parsa strana è che loro pretendono la segretezza. In cambio del silenzio offrono anche il doppio del dovuto.

Ci fu un lungo momento di silenzio che alla fine venne rotto da Mario che aggiunse:

- Ma comunque non ci resta che rimboccarci le maniche e rimettere tutto a posto

Dopo circa tre ore dall'accaduto anche Maria venne al corrente dei fatti e fu profondamente dispiaciuta per suo marito.

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Capitolo 3
*** Una donna spregevole ***


Mentre "Botte di Veleno", Teo e Nunzia ricostruivano il locale devastato, dall'altra parte dell'Italia, abitava una persona molto ricca di nome Betty. Viveva nel centro di Milano al quindicesimo piano di un lussuoso condominio ottocentesco. Gestiva un azienda di gioielli e possedeva moltissime gioiellerie sparse per l'Italia.

Si vestiva sempre in modo elegante ma questo non la faceva sembrare più bella, in alcuni casi aveva l'effetto contrario. Viaggiava moltissimo per lavoro. Però Betty odiava moltissimo i viaggi. Secondo lei erano un inutile spreco di tempo e servivano solo scomodare le persone e portarle in qualche posto sperduto chissà dove. Era però consapevole che questi le fruttavano un mucchio di soldi perché le permettevano di fare affari importantissimi con alcuni magnati che provenivano da vari paesi europei: Inghilterra, Germania, Francia,Spagna, Serbia, Russia e persino Kirghizistan. Quest'ultimo paese la affascinava molto. Lei stessa diceva che quello fosse l'unico posto dove sarebbe andata volentieri. Però in generale provava un inspiegabile odio verso i viaggi.

Oltre ai viaggi odiava anche i bambini e in genere tutto quello che piaceva ai giovani. Per questo motivo si era sposata ma non aveva mai voluto avere dei bambini

L'appartamento di Betty era certamente bellissimo e lussuosissimo con tante decorazioni d'oro, d'argenti, d'avorio e persino un favoloso lampadario di diamanti in soggiorno. L'aveva comprato in Kirghizistan. Gliel'avevano venduto tre contrabbandieri al mercato nero di Biškek. L'appartamento era però quasi completamente privo di aggeggi tecnologici. Eccezion fatta per la tv da settantadue pollici e per il suo amatissimo smartphone. La sua abitazione era in stile ottocentesco.

Questo contrastava molto con la modernissima Milano in cui abitava.

 

Viaggiava soprattutto in Svizzera e anche oltreoceano a Panama. Per viaggiare non spendeva mai tanto perché duravano solo pochi giorni, spesso meno di una settimana. Una caratteristica che rendeva Betty unica era il fatto che fosse furbissima e che concludeva affari, anche di una certa importanza, in pochissimo tempo.

Una delle poche cose che le piacevano era il Bingo. Ci andava ogni domenica, non per vincere qualcosa, ma per lo più per incontrarsi con le suo care amiche. La sua più grande amica era Lucia a aveva cinquantasette anni. Apparteneva all'alta aristocrazia e suo padre, un certo Astolfo de Augusti, conosceva tutti i nobili più importanti.

Quando morì alla veneranda età di centocinque anni, al suo funerale parteciparono le più alte cariche dello Stato. Oltre a essi erano presenti anche conti, marchesi, duchi, provenienti da ogni dove.

Un giorno Betty aveva confidato a Lucia che evadeva le tasse da parecchi anni e le aveva consigliato di fare lo stesso. Ma siccome Lucia era una brava e onesta persona aveva detto tutto a chi di dovere.

Senza dire niente alla sua amica, Lucia continuò per un po' a spiarla. Voleva sapere tutto dei suoi affari loschi e delle sue illegali attività.

Dopo un po' di tempo però Betty cominciò a insospettirsi e iniziò a darle delle informazioni sbagliate, per metterla fuori strada. Anche se a prima vista non sembrava era molto furba e intelligente. Chissà perché le persone potenzialmente pericolose per la polizia erano quasi sempre molto astute.

Una domenica mattina doveva andare al Bingo con Anna e Lucia. Quelle due erano le sue migliori amiche ed entrambe avevano un capitale piuttosto ingente.

Si alzò di buona mattina, alle 7.00. Come abitudine anche quella mattina si era alzata presto. Non riusciva mai a dormire tanto, forse a causa dello stress. Si alzò ancora assonnata, andò in cucina, prese una brioche del giorno prima dal frigorifero e cominciò a mangiare. Era freddo, senza sapore, secco. Ma lei non ci faceva mai caso e mangiava sempre con un'aria avvilita, come se per lei mangiare fosse una condanna, anziché un piacere

Dopo una decina di minuti andò in camera sua, prese dall'armadio: una camicetta lillà, una gonna beige, un paio di stivali neri. Andò verso la finestra, sposto leggermente le tende di lino e si rese conto che fuori pioveva. Quella era proprio una giornata grigia e Betty aveva l'impressione che qualcosa dovesse andare storto. Prese anche l'ombrello e si preparò ad uscire. Proprio poco prima di uscire, suonò il campanello. Lei aprì e vide davanti a se il sorridente viso del signor Takawai, l'autista.

- Che ci fai qui Chi Qi?- chiese con il solito tono aspro Betty.

- Buongiorno signora, le volevo chiedere se oggi avesse bisogno di me visto che piove-

- No, no lascia pure la Porsche in garage per oggi. Voglio camminare un po'-

- Come vuole la signora- esclamò Chi Qi- adesso se non le dispiace mi allontano.

- Vai, vai pure tranquillo- Betty cercò di sorridere ma ne venne fuori un ghigno alquanto spaventoso. Chi sa perché ma quando cercava di essere gentile non ci riusciva mai.

Chi Qi era un signore di quarantacinque anni. Veniva dalla Cina e da quindic'anni viveva in Italia con la sua famiglia. Aveva tre figli. Lavorava per Betty da sette anni. Con lei aveva un rapporto piuttosto buono e amichevole. Era un uomo abbastanza basso, aveva dei piccoli occhi, più piccoli del solito, aveva un pizzetto nero e dei capelli brizzolati. Era sempre sorridente ed inoltre molto affidabile.

Quando Chi Qi se ne andò Betty mormorò tra sé - Adesso e meglio che vada, è già tardi. Scese le scale in tutta fretta e all'ultimo gradino inciampò. Per fortuna però non cadde perché un uomo la stava sostenendo. Betty però chiuse per istinto gli occhi. Quando gli riaprì vide davanti a sé un altro uomo. Era biondo, aveva dei bei capelli e degli occhi di un nero quasi terrificante.

- Oh, grazie al cielo.

- Non vi preoccupate, signora niente di che.

La sua, era una vice molto bella e melodica. Sembrava quella di un cantante.,

- Permettetemi di ringraziarvi almeno- insistette Betty.

- Oh ma si figuri è stato un piacere.

- Su, mi dica almeno il suo nome, così da poter ricambiare un giorno, la sua cortesia.

- Mi chiamo Marteen Van Kuum.

- Olandese vero?- domandò Betty

- Si ma da anni vivo in Italia.- disse ancora una volta sorridendo Marteen.

-Bene adesso la devo lasciare- disse Betty - ho delle faccende da sbrigare.

Marteen guardò il suo orologio da polso. Però Betty vide una cosa molto strana. In quel orologio mancava il quadrante, quindi per logica, Betty capii che Marteen aveva solo fatto finta di guardare l'orologio. -Ma perché?- si domandò tra sé Betty.

Siccome non voleva sembrare sgarbata fece finta di nulla. Era già strano che uno sconosciuto le parlasse così gentilmente, lei ovviamente non voleva rovinare tutto per una sciocchezza.

L'uomo si congedò con un delizioso inchino, sembrava essere arrivato dal Medioevo.

Forse perché aveva capito che Betty fosse una signora all'antica.

Betty uscì un po' di fretta, era già in ritardo e non voleva ritardare ulteriormente. Una delle sue poche qualità, era indubbiamente la puntualità.

Fuori pioveva molto, lei indossava delle scarpe abbastanza scomode, che certamente non la aiutavano ad essere più veloce. Cominciava a pentirsi di non aver accettato il consiglio di Chi Qi, adesso era tutta inzuppata d'acqua e le sue scarpe erano diventate pesanti come due grossi secchi d'acqua.

D'altronde Chi Qi l'aveva sempre consigliata bene, a volte sembrava un vecchio saggio venuto apposta per lei. Come quelli che si vedono nei film.

Nel frattempo cominciò a starnutire :- Magra come sono - si diceva tra sé- non riuscirei neanche a guarire da un semplice raffreddore. In più ho anche una certa età.

Però dopo dieci minuti, che a lei sembravano durare un eternità, giunse finalmente al Bingo. Era molto determinata in tutto quello che faceva.

Quando entrò, salutò molto frettolosamente le amiche e si andò a sedere in un tavolo lontano. La sala da Bingo era sufficientemente illuminata. I tavoli erano di marmo e le comode poltrone avevano dei braccioli di legno molto decorati. Quando Betty si allontanò, Anna e Lucia, le sue due amiche cominciarono a parlare di lei.

Nonostante la notevole distanza, Betty riuscì a capire alcune frasi.

- Ma non ti è sembrata un po' strana oggi?

- Si, lo hai notato anche tu? Hai visto com'è pettinata,i suoi capelli sembrano quelli di una strega uscita da qualche film dell'orrore!- esclamò con una palese ironia Lucia.

Anche Anna si mise a ridere.

Verso il pomeriggio, un'ora e mezzo dopo, le signore decisero di andare a casa. Poco prima di uscire, Betty vide con la coda dell'occhio Lucia. Si diresse verso di lei imbufalita, con un ghigno in faccia.

- TU BRUTTA SGUALDRINA, COME HAI POTUTO FARMI QUESTO- era su tutte le furie. La sua voce solitamente acuta si udì a parecchi metri di distanza.

- COME MI HAI CHIAMATA BRUTTA STREGA, DRITTA AL INFERNO DOVRESTI ANDARE - gridò Lucia con la stessa voce forte e convinta di Betty.

- PENSAVO FOSSIMO AMICHE - gridò per l'ennesima volta Betty. Era sul punto di piangere ma non voleva farlo vedere.

- Oh, questo è solo la punta dell'iceberg, ti ho fatto anche cose peggiori, credimi- sogghignò malvagiamente Lucia. Ora sembrava totalmente una persona diversa.

Visto che Betty non la interruppe Lucia continuò con lo stesso tono: - Ti ricordi quel bellissimo giorno in cui mi hai "accidentalmente" accennato il fatto che facevi la furba con le tasse. Beh devo dirti che hai commesso un grandissimo errore.

La faccia di Betty assunse un'espressione disgustata:- Tu, non avrai per caso...- non ebbe la forza di proseguire. Le ultime parole le morirono in gola.

- Oh si, l'ho fatto eccome. Adesso sei nei guai fino al collo e dovrai pagare centesimo per centesimo. Ti consiglio di non continuare con il tuo sporco giochetto; almeno ché

non voglia finire in bancarotta.

- Questa me la pagherai cara.

Betty era diventata rossa di rabbia, pareva pronta ad esplodere. Alla fine se ne andò piangendo.

Era ora di pranzo. Andò da Luigi, il suo pizzaiolo di fiducia. Voleva consolarsi con una pizza ai funghi. La sua preferita.

Entrò. All'interno faceva molto caldo. Vide Luigi che le sorrideva di fronte alla cassa.

- Buongiorno Luigi, come va il lavoro?- esordì lei accennando un sorriso. Tuttavia non riuscì a trattenere un singhiozzo

- Tutto bene, grazie- le rispose allegramente Luigi- ma tu piuttosto, che ti è successo. Sembra che abbia visto un fantasma. C'è qualcosa che non va?

- Ehm...no niente, non ti preoccupare per me!- esclamò lei con aria rassegnata. Luigi era un amico fidato, non certo come Lucia, ma aveva deciso di non dirli niente per il momento.

Dalla sua borsa di pelle di serpente verde smeraldo prese il portafogli. In tutto aveva solo 10€, una carta di credito che quasi non valeva più niente e dei documenti. In un angolo c'erano anche dei fogliettini.

- Betty prendi qualcosa?

- Ehm... si grazie prendo una pizza ai funghi. Mi raccomando mettici una tonnellata di funghi. Sai bene che gli adoro.- anche questa volta cercò di sembrare meno triste possibile ma ci riuscì a malapena.

- Te la preparo subito sono 7,50€, grazie.

Lei pagò e andò a sedersi in un angolo semi nascosto. Ad un tratto però,ritornò al bancone e decise di prendere una Coca-Cola .

Dopo cinque minuti Luigi la servì. Mangiò abbastanza lentamente, anche perché non aveva niente da fare e non aveva voglia di tornare a casa. Sbuffava molto spesso e Luigi, che la stava osservando la sua cliente le chiese:

- Betty, lo sai che di me ti puoi fidare. Sono sicuro che c'è qualcosa che non va. Su sfogati, ti farà bene. Ci conosciamo da tanto tempo ormai.

- Hai ragione Luigi. E vero, sono molto triste. Una persona che credevo essere mia amica mi ha messo in guai molto seri.

- Che tipo di guai?

-Ehm... ha detto delle cose false su di me - . Su questo ovviamente Betty mentì perché non voleva assolutamente che qualcuno venisse al corrente del suo piccolo segreto.

-Oh, capisco.

Finì di mangiare e tornò a casa. Voleva farsi una bella dormita per cercare di dimenticare quell'evento.

Moltissime persone parlavano male di Betty, e sicuramente non avevano tutti i torti.

Era una donna senza sentimenti, pensava solo a se stessa, per lei gli altri non contavano niente, era molto egocentrica. Inevitabilmente tutte le sue amiche, la maggior parte "false" avevano cominciato ad abbandonarla. Betty non ne era tanto dispiaciuta, non le era mai importato granché di loro.

Viveva molto meglio da sola, nella sua grandissima abitazione. Poteva occuparsi di più ai suoi importanti affari, senza qualcuno come amico.

L'unica cosa che le importava davvero era il suo conto in banca.

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** la gioielleria di Firenze ***


Il giorno seguente Betty si preparò una camomilla e dopo aver bevuto con calma , andò in camera a prendere un'agendina rossa.

Sopra il comodino, un vecchio mobile ottocentesco decorato con motivi d'argento, vi era un'agenda con una fodera di un acceso colore rosso. Su di essa erano incise le iniziali di Betty: B.C. " Betty Castelletti". Aveva riacquistato il suo cognome quando Sergey era venuto a mancare. Per un breve periodo periodo era stata la signora Nimudki.

Allungò la mano e cominciò a consultare l'agenda. La sfogliò velocemente, sembrava isterica, era sotto continuo stress e a volte non riusciva ad autogestirsi. Quello non era per niente un bel giorno e quello precedente non era stato certo meglio, anzi. Nella pagina di 25 gennaio erano annotati degli appunti, sembravano scarabocchi, anche Betty faticò a decifrare la propria calligrafia. Visto che le brutte notizie non vengono mai da sole, il giorno prima aveva ricevuto un SMS da Massimo, il cassiere che gestiva una delle sue gioiellerie, quella di Firenze, vicino al museo degli Uffizi. Gli diceva di venire subito lì perché aveva un problema, ma non aveva voluto specificare quale. Betty però si fidava; se Massimo le diceva di venire voleva dire che era successo qualcosa di veramente importante o pericoloso. Erano circa tre ore di treno, Frecciarossa ovviamente. Guardò l'orologio, erano le 12:45 e il prossimo treno partiva alle 2 e 12 minuti. "Dovrei farcela, però è meglio se chiamo Chi Qi" esclamò sbuffando. Prese dalla tasca dei suoi jeans neri il suo smartphone e digitò il numero del suo autista. Il telefono continuava a squillare mentre per il momento non rispondeva nessuna. - Si, plonto- rispose ad un tratto dall'altro capo del telefono Chi Qi - Si ciao Chi Qi, ho bisogno urgentemente che tu mi accompagni fino ad Ancona. Da lì devo prendere il treno per Firenze. Devo andare alla gioielleria, quella vicino agli Uffizi, hai presente? - Si certo signora ma se mi permette vorrei finire di pranzare- chiese umilmente Chi Qi - No, non c'è tempo ti dico, devi venire subito qui!- esclamò con un tono di voce un pochettino alto Betty - senti, ti do 70€ in più ok? Quella era un'offerta che l'autista non poteva permettersi di rifiutare e lei lo sapeva benissimo. Il povero Chi Qi rispose: - Grazie signora, vengo subito, grazie ancora- riattaccò e si vestì in tutta fretta, mangiò un po' e in pochi minuti giunse in garage per prendere la Audi della Signora. La casa di Chi Qi era in periferia,invece quella di Betty era in piena posizione centrale; quindi distava non poco. Tuttavia in una decina di minuti Betty e Chi Qi stavano partendo a tutta velocità verso Ancona. Di solito non guidava molto velocemente ma se Betty glielo ordinava, non ci pensava due volte e partiva subito col pedale a tavoletta. Imboccarono l'autostrada in direzione del capoluogo marchigiano. Ma siccome purtroppo i mali non vengono mai da soli e quella era proprio una giornata storta accadde un inconveniente che mandò su tutte le furie Betty. Aveva sempre avuto un carattere molto irascibile. Mentre erano a poco più di un paio di chilometri dalla loro destinazione la macchina si inceppò. All'inizio avanzò a scatti per poi fermarsi definitivamente.

- Che diamine succede ora. NON HO TEMPO DA PERDERE IO!- esclamo più che spazientita Betty. - Non so signora, il motore potrebbe avere qualche problema; ma di sicuro non può essere grave- disse con il tono più rassicurante l'autista. Purtroppo si sbagliava, e da li a poco l'avrebbe scoperto. -Ma come questo non può succedere proprio oggi dannazione- il suo viso si era contratto in una smorfia. La giornata era cominciata male e lei non ne poteva già più. -Temo che dovremmo lasciare qui la macchina e proseguire a piedi signora. Sono davvero mortificato, ma non dipende da me. - Ma la strada è tutta dissestata non ce la farò mai con i miei tacchi vertiginosi- aveva ragione, la strada non era affatto in buone condizioni - potrei cadere e farmi male. - Non c'è altra soluzione signora. Betty si era messa a pensare ad una soluzione alternativa, così che potesse continuare il viaggio comodamente. - Ma non potresti chiamare il carro attrezzi? - Questo purtroppo non è possibile. Arriverebbe molto tardi e comunque potrebbe solo portare la macchina dal meccanico. Potremmo chiamare un taxi!- esclamò Chi Qi.

- Non se ne parla proprio, non ho intenzione di spendere un solo centesimo in più del previsto!- esclamò molto infastidita Betty. Odiava questo tipo di situazioni. Voleva sempre avere tutto sotto controllo, voleva essere sempre lei a comandare, e quando ciò non accadeva diventava una specie di bomba pronta ad esplodere. - Come preferisce signora. Allora sono costretto a chiederle di proseguire a piedi - disse Chi Qi con il suo perfetto italiano. L'autista cinese aveva sempre pensato che Betty tenesse molto di più ai soldi, Betty era senza ombra di dubbio la persona più avara che avesse mai conosciuto. Per Chi Qi, il fatto che una persona tenesse molto di più alle cose materiali piuttosto che a se stessa, era inconcepibile, essendo lui infatti buddista. - Uff... non potrebbe andare peggio di così- aveva fatto un grossissimo errore a pronunciare quelle parole. Durante il viaggio il tempo non era mai stato bellissimo. C'erano state grosse nuvole grigie. Infatti dopo un po' di minuti cominciò a piovere. - Oh sigh...sigh adesso anche questo - ora Betty stava piangendo come una fontana,era disperata - perché proprio a me, cos'ho fatto di male per meritarmi questo? Bettty e Chi Qi si misero in marcia lasciando la Mercedes nera parcheggiata in una stradina isolata di campagna, a circa cinque chilometri dalla stazione ferroviaria di Ancona. - Mannaggia a quel catorcio, non vale neanche la metà di quel che ho speso per averla.- esclamò stufa Betty. - In realtà non la definirei proprio un catorcio, si tratta di una Mercedes-Benz Classe S. É una macchina di lusso e lei l'ha pagata 55.000 euro. - Sarà pure vero ma se mi lascia a metà strada mentre piove non vale nemmeno un centesimo. I due proseguirono in silenzio e non si rivolsero più la parola. Dopo circa sette minuti si sentì una sonoro "crock"; Betty inciampò e cadde, per poco non si sbucciò un ginocchio. - Oh povera me, oh povera me, tutte oggi mi dovevano capitare!? - esclamò e continuò ad imprecare. - Su dai aiutami invece di startene lì impalato come uno stupido - disse rivolgendosi a Chi Qi. - Subito signora. Chi Qi la aiutò ad alzarsi e ripartirono. - Ma signora potrei far riparare l'auto e portarvi fino a Firenze, per poi riportarvi indietro. Così facendo risparmiereste tempo e fatica. - propose Chi Qi - Costa troppo - fu la secca risposta di Betty. Dopo circa 45 minuti si trovarono alla periferia di Ancona. Avevano percorso la Via Flaminia lungo la costa. Il paesaggio era bello però dopo quella camminata lunghissima erano entrambi stanchi morti. Quando scorsero per la prima volta la stazione di Ancona sui loro volti apparve un leggero sorriso. Una volta entrati in stazione si precipitarono a vedere gli orari dei treni per Firenze. Non sapeva perché stesse andando lì, ma il messaggio di Massimo l'aveva insospettita. Il suo treno partiva alle 2:12, esattamente 12 minuti dopo. Betty comprò il biglietto e si sedette su una panchina della sala d'attesa. - Bene, puoi andare adesso Chi Qi, grazie- con un cenno della mano lo salutò freddamente. - Signora c'è un piccolo problema: io come torno a casa adesso? - chiese prima di andarsene l'autista. Temeva di dover rimanere lì. - Ah, ci avresti dovuto pensare tu, è un tuo problema adesso caro - esclamò con un sorriso malizioso Betty. Chi Qi stava cominciando ad odiare quell'acida signora. Lo trattava quasi sempre come uno suo schiavetto, e come se non bastasse neanche lo ringraziava per quello che faceva. Chi Qi non poteva dirle quello che pensava di lei, altrimenti avrebbe perso il lavoro. Cercò di nascondere il suo sentimento , ma i suoi piccoli occhi a mandorla sembravano bruciare dall'odio. Se ne andò senza dire una parola. Erano partiti da Milano per andare in un paesino nelle Marche perché Betty doveva sbrigare un affare. Poi il messaggio inviato da Massimo aveva cambiato tutto. Chi Qi doveva trovare un modo per tornare a Milano. Pensò di prendere l'intercity delle 16:36. Quindi andò a guardare in quale binario arrivasse il treno e aspettò. Sarebbero state cinque ore di viaggio, ma non poteva certo permettersi un Frecciarossa. Andò al binario 2. Prima che il treno partisse Betty si sedette in un vagone vuoto. Voleva starsene da sola e riposarsi dopo quello che aveva passato. Dalla borsa prese una rivista; la guardò per alcuni secondi e poi la rimise dentro la borsa. Non aveva voglia di leggere. Dopo neanche un minuto arrivò il controllore. Si avvicinò a lei e le chiese molto gentilmente il biglietto. Senza dire una parola glielo mostrò e subito dopo lo rimise nella borsa. Di solito parlava molto poco con le persone, non si poteva certo dire che fosse socievole, per questo molte persone avevano un immagine negativa di lei. Nessuno teneva particolarmente a lei, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine. A volte però questo era molto umiliante.

Dopo che si fu allontanato di qualche metro il controllore mormorò a bassa voce :- Strana donna quella - quelle parole non fecero effetto su di lei e non si sentì affatto offesa. Betty aveva una miriade di difetti ma era sempre stata una donna dal carattere molto forte. Fortunatamente per lei questa fu l'unica nota stonata del viaggio. Quando scese dal treno era riposata e tranquilla, ma subito dopo aver aperto la porta una raffica di pioggia la colpì in pieno viso.

- Oh, porca miseria, anche il meteo c'è l'ha con me oggi!? Si diresse subito verso il Ponte Vecchio, una volta lì si fermò per vedere come andavano gli affari. Da molto tempo ormai lei era diventata un capo del tutto assente. Il suo vice era un altra donna molto più giovane e con molta esperienza nel campo degli affari. Tutto andava per il verso giusto, Almeno il suo lavoro le dava qualche soddisfazione di tanto in tanto. Dopo aver salutato lo staff delle sue tre gioiellerie si diresse vicino agli Uffizi per incontrare Maurizio. Prima di entrare vide che dentro non c'era nessun cliente. - Ah, menomale- disse tra sé - Buongiorno Maurizio, come vanno gli affari. Tutto bene? Maurizio fece di si con la testa e proseguì il suo lavoro. Stava trasportando dei nuovi pacchi di gemme preziose grezze che dovevano essere lavorate. Sopra di essi Betty notò che vi era impressa una scritta: " PROVENIENZA: SIBERIA,RUSSIA". Il suo volto assunse un espressione strana, interrogativa. Non ne sapeva niente. - Maurizio - chiese - chi ha ordinato queste pietre preziose? - - È stata Anna, qualche settimana fa, aveva detto che le servavano urgentemente per un cliente molto facoltoso. Maurizio aveva spostato l'ultimo dei tre pacchi in magazzino, smise di andare avanti e indietro. - Come mai io non ne so niente? - chiese Betty quando vide Maurizio. - Non chiedermelo a me, pensavo ne fossi al corrente. - Va bene, non sono venuto qua per questo. Dimmi piuttosto cosa c'è che non va. Come mai mi hai chiesto di venire qui? - Io? No qua va tutto bene, non so di cosa stai parlando. Betty allora assunse improvvisamente un espressione molto arrabbiata. Questo significava che aveva passato tutti quei guai durante il viaggio per nulla!? No questo non lo poteva accettare. - Ma l'SMS era stato mandato dal tuo numero. - Ma ti ripeto che io non ti ho mandato nessun SMS. Guarda tu stessa se vuoi.- prese il cellulare e fece notare a Betty che effettivamente lui non aveva mandato alcun messaggio. Betty rimase a bocca aperta. Maurizio aveva ragione. - Adesso se non le dispiace ho tantissimo lavoro da sbrigare. Mi sono arrivati degli scatoloni pieni di gioielli dalla Siberia. Ametista per la precisione. Ignorò del tutto Betty e continuò a lavorare come una macchina. Mentre, frettolosamente spostava i pacchi da una parte all'altra, uno cadde per terra. Maurizio sentì un rumore stano; come se la scatola fosse piena di sassi. Per curiosità aprì la scatola e vide che era piena di piccoli, normalissimi sassi. - Uhm... una stranezza dopo l'altra oggi. - esclamò perplessa Betty. - E questo cosa sarebbe, uno scherzo? - Chi ti ha mandato questi pacchi? - Non lo so, dovresti chiederlo ad Anna. Li ho trovati stamattina davanti al negozio, incustoditi. Non c'era nessun biglietto sopra. - Ah, e quindi tu appena vedi dei pacchi per la strada li porti in negozio, perché è così che si fa, vero? - chiese Betty con un tono molto severo. Massimo non rispose e abbassò lo sguardo. - Caro signor Leoni, questo potrebbe nuocere molto al suo lavoro- questo era un brutto segno; quando Betty lo chiamava per cognome significava che erano guai. - No, adesso che ci ripenso, ricordo che c'era un etichetta, ma era scritta in cirillico e non ho capito niente.- detto questo Massimo andò a prendere l'etichetta. Nel frattempo Massimo stava accuratamente raccontando come aveva ricevuto quei pacchi. Betty era più seria che mai. Ascoltava con molta attenzione facendo particolare attenzione ai particolari che lei riteneva importantissimi. Maurizio tornò dopo poco con l'etichetta in mano. La porse a Betty che la posò sl bancone. Come aveva detto Massimo tutto era scritto in cirillico ed era impossibile capire qualcosa.

Sull'etichetta c'era scritto "Сделано в России, содержит драгоценные камни" - Mmm... il cirillico io non lo capisco ma credo che si tratti semplicemente di uno scherzo di cattivo gusto.- mentre diceva quelle parole però Betty pensava invece che potesse essere una minaccia da non sottovalutare. - Io non so che dirle signora - dopo aver detto ciò, Massimo si chinò a raccogliere i sassolini che erano caduti. Quando ebbe finito, alzò la scatola e vide u secondo messaggio. Era scritto in italiano. Il testo sembrava quasi una filastrocca:

" Se tieni alla tua vita dovrai usare mente e matita, con la mente mentir dovrai, con la matita lontano andar potrai" In fondo c'erano due teschi. Maurizio ne rimase notevolmente colpito. Quelle parole lo facevano sentire a disagio. La fece leggere anche a Betty, la quale ebbe la sua stessa reazione. - Proprio non riesco a capire il significato di queste parole - disse tra sé Betty

- Ah, ma guarda, oltre a prenderci in giro, il nostro amichetto russo è anche un simpatico poeta!- esclamò con una nota d'ironia Massimo. Con la coda dell'occhio, Betty notò un altro pezzettino di carta in fondo alla stessa scatola di prima. Lo prese e, con la stessa curiosità di prima cominciò a leggerlo. Anche questo era in rima.

" Se il mistero vuoi svelare il giro per il mondo dovrai viaggiare degli amici non ti fidare saranno loro a tradirti nell'atto finale. Se il nemico vuoi fermare fino ai ghiacci dovrai andare, troverai quel che ti serve, ahimè si scioglierà come neve"

- Uff... queste filastrocche cominciano a darmi terribilmente fastidio. Non riesco a capire se abbiano un senso o meno. Perché non ci chiede semplicemente cosa vuole?- si chiese tra sé Betty. - Ma forse, come ho detto prima, questo tizio vuole solo prendersi gioco di noi. Magari solo per divertimento. - Non riesco a spiegarmelo, ma più tempo passa, e più sono convinta che questo non sia possibile!- esclamò Betty con aria molto seria. Lungo tutta la sua carriera aveva imparato a non sottovalutare nemmeno il minimo dettaglio. - Perché una persona per bene dovrebbe perdere tempo a scrivere delle inutili filastrocche. No sono sicura che non si tratti solo di un giochetto e che ovviamente queste parole abbiano un significato nascosto. - Forse dovremmo lasciar perdere e vedere se ci arrivano altri messaggi del genere. In tal caso faremmo meglio a chiamare la polizia - Su questo ti do ragione Maurizio. È la cosa migliore da fare.

- Bene, adesso che ci siamo chiariti su questa vicenda, io dovrei andare perché ho dei certificati da firmare. - Ok, anch'io ho tantissime cose da fare. Mi sono arrivati dei nuovi pacchi dal Sudafrica; una decina di oro grezzo ciascuno - Mi fa piacere sapere che i lavori vanno a gonfie vele. Uno di questi giorni forse mi conviene scambiare due parole con Anna. Dopodiché Betty se ne andò via con un passo svelto. Proseguì la strada a piedi e dopo 25 minuti giunse alla stazione di Santa Maria Novella. Per lei si trattava di un vero e proprio record: mai in vita sua aveva camminato per ben venticinque minuti. Anche al ritorno prese il Frecciarossa. Una volta salita a bordo prese una rivista di moda e cominciò a sfogliarla senza particolare attenzione. Di solito la sua vita era monotona e priva di particolari soddisfazioni, ma a lei andava bene così. - Ciao Chi Qi, senti tra qualche ora sono ad Ancona e ho bisogno che mi porti fino a Milano.- la sua voce sembrava quella di un generale abituato a dare ordini al suo soldato - anzi no, ho cambiato idea, credo che darò un occhiata al vecchio appartamento di mio padre già che ci sono. - Va bene signora- ora Chi Qi era a Milano e ci avrebbe messo un bel po'. Quel lavoro era terribilmente stressante, si sentiva dire ogni giorno "Fai questo, fai quello".

Dopo un ora e mezzo il cellulare di Chi Qi squillò. Era Betty.  - Si plonto. - Ho cambiato idea. Chi se ne frega di quel lurido appartamento. Io me ne torno in aereo a Milano. Tu puoi anche tornare a casa tua. Scusa, davvero ma sai come sono. - Non si preoccupi, nessun problema.  Arrivata a casa voleva fare una doccia calda.

La doccia l'avrebbe rilassata tantissimo e sicuramente si sarebbe sentita rigenerata. Dopo la doccia si vestì, e con l'asciugamano in mano andò in camera sua.  Per caso, notò che sotto la porta si trovava un minuscolo pezzetto di carta verde. Non l'aveva mai vista prima. Si chinò e la prese. Dopo averlo letto, rimase di stucco. Sul foglietto c'erano due teschi, come nei messaggi che aveva trovato nella gioielleria. Cominciò ad avere paura. Era già la terza volta che riceveva lettere minacciose e ambigue. Su quest'ultimo bigliettino c'era scritto: " Questo è un avvertimento. Devi stare molto attenta. Sappiamo dove abiti e se non farai quello che ti ordineremo, potrebbe essere molto,molto pericoloso per te. Questo non sarà l'ultimo dei messaggi. Gli altri le troverai facilmente. Ti osserviamo da tanto tempo ormai, ma non devi avere paura. Se eseguirai ciecamente i nostri ordini non ti sarà tolto un capello" Infine c'era scritto ironicamente " Con affetto il tuo ammiratore segreto. A fare da cornice vi erano disegnati  dei teschi. Betty era diventata pallida, sembrava essere sul punto di morire, stava cominciando a tremare. Decise che la cosa migliore da fare in questi casi fosse chiamare subito la polizia. Ovviamente temeva per quello che sarebbe potuto succedere in seguito.

Gli avevano ordinato di non dire niente alla polizia. Quello che più la infastidiva però era il fatto che non aveva nessun idea e nessun sospetto su chi potesse essere l'autore di quelle minacciose lettere che la facevano spaventare sempre di più. Aveva però notato un indizio importante: sul pacco dove c'erano i primi biglietti, le scritte erano i cirillico e anche il testo aveva delle parti in cirillico. Quindi l'autore di tutto ciò veniva dall'est Europa o dalla Russia. Però non conosceva nessuno che venisse da quella parte del mondo. -"Ma perché qualcuno mi dovrebbero minacciare?" - si era chiesta Betty tra sé.

Voleva farsi un idea su chi potesse avercela con lei, prima di andare dalla polizia. Era stata solo una volta in Russia, quando si era sposata con suo marito Sergey, un magnate russo del gas. Aveva anche fatto una vacanza in Romania, 12 anni fa. Lì però era andato tutto liscio, non aveva avuto alcun problema.  Era stata "obbligata" da sua cugina con la quale aveva un buon rapporto. Avevano visitato insieme Bucarest, la capitale, Cluj-Napoca e Timisoara. L'avevano colpita maggiormente i monasteri.  Poi però si ricordò che in Romania non usavano l'alfabeto cirillico; quindi il suo "ammiratore segreto" non poteva venire da lì. No, era quasi certa che quella persona venisse dalla Russia, o al massimo dai paesi limitrofi.

- Ma poi quale potrebbe essere il movente di tutto ciò? È davvero strano - si era chiesta. Stava pranzando. Dopo una ventina di minuti si alzò dal tavolo, prese il cappotto di pelliccia perché fuori c'era tanto vento,prese anche la sua inseparabile borsetta e si diresse verso la caserma. Aveva portato con sé anche i messaggi che aveva ricevuto fino ad allora. Temeva che potesse succedere qualcosa di pericoloso per lei; loro le avevano implicitamente detto di non dire nulla alla polizia. Pensava però che la polizia potesse risolvere questo strano e,secondo lei, insensato caso. Ovviamente il fatto di essere presa di mira da dei pericolosi sconosciuti la metteva terribilmente a disagio. Quando uscì, soffiava un forte vento ma in cielo non c'era nemmeno una nuvola e il sole splendeva.

- Almeno il tempo è bellissimo, speriamo che mi porti fortuna. Chissà perché ma quando diceva una cosa del genere, accadeva l'esatto contrario. Non si poteva certo dire che fosse un' indovina. Mentre stava andando verso la caserma, passò vicino al comune. Nell'albo c'era un nuovo messaggio. Dopo averlo letto si arrabbiò molto e quasi imprecò. Il messaggio diceva : "Dal giorno 13, al giorno 21 febbraio la centrale di polizia non sarà disponibile a causa di un incidente che ha causato la morte del maresciallo Roberto Crispi e dei due carabinieri Renato Vinca e Ignazio Disperi. Questo sfortunato incidente è avvenuto durante una breve ma tragica rapina avvenuta in una banca in piazza Duomo, il giorno 12 febbraio. A causa dei taglia al personale, la centrale ora non ha abbastanza personale da poter essere disponibile." Più in basso il messaggio proseguiva " Sono in corso le ricerche dei due uomini che, alle 12:47 del 12 febbraio hanno fatto irruzione, a volto coperto, nella banca di fronte al Duomo. Diversi testimoni hanno affermato che i due malfattori avevano un forte accento dell'est Europa" Quest'ultima frase colpì Betty, che pensò tra sé - Possibile che siano gli stessi che mi stanno alle costole, o è solo una coincidenza? Mah, chi sa; però mi sembra davvero molto strano.

Continuò a leggere l'ultima parte del testo : " I tre agenti della polizia sono rimasti gravemente feriti da diversi colpi da arma da fuoco, che ha poi causato il decesso in ospedale poco dopo. Ci stringiamo alle famiglie delle vittime in questo difficile momento. Sincere Condoglianze" - Che sfortuna - esclamò Betty - dunque oggi è il 17, quindi mi toccherà aspettare altri 5 giorni per poter sporgere denuncia - aggiunse sconsolata. Si diresse, con passo lento, capo chino, verso casa. Era molto demoralizzata.

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Capitolo 5
*** Malori improvvisi ***


Lasciamo Betty alle prese con i suoi problemi e torniamo a vedere cosa succede nelle vita di Mario. Un personaggio strano, burbero, ma in fondo con un cuore tenero. Cosa succederà alla povera Maria?
Lo scoprirete in questo capitolo.

Dopo il misterioso incidente avvenuto al suo bar, Mario era disperato; non sapeva cosa fare. Teo voleva rimediare in qualche modo, ma non sapeva da dove iniziare.

Nunzia, dopo aver detto tutto quello che sapeva, si sentiva in pace con sé stessa. Maria invece aveva saputo del triste accaduto solo qualche ora più tardi. Si era sentita improvvisamente male.

- Non ci posso credere, è la seconda volta che succede una cosa del genere. - disse Mario quasi piangendo - Gli anni si stanno facendo sentire; ahimè non sono più tanto giovane. Stavolta credo proprio che dovrò chiudere il bar per sempre.

Rialzò la testa e si rivolse a Teo, che nel frattempo era rimasto vicino al padre. Anche lui era visibilmente provato.
- Ti ricordi 15 anni fa; stessa cosa. È stata dura. - si guardò la mano, sulla quale c'era una grande cicatrice, ancora chiaramente visibile, che si era procurato quando stava cercando di aggiustare il tetto del bar.

- Come ce l'abbiamo fatta 15 anni fa ce la faremo anche questa volta, ne sono sicuro - in realtà Teo era molto stanco, e non pensava veramente di riaprire il bar. Lo diceva solo per confortare suo padre.

- Purtroppo io non sono più giovane, sono invecchiato molto; e poi tu sei indaffarato con il tuo lavoro e hai già abbastanza problemi. Ti sei appena sposato, goditi la tua vita. - "Botte di velenosapeva che per suo figlio, quell'attività era una sorta di peso. Il suo sopranome rispecchiava solo quello che gli altri pensavano di lui, non quello che lui era veramente.

- Credo che dopo 27 anni di servizio, questo bar debba chiudere.

- Dai, non dire così, vedrai che un modo lo troveremo.
- Ah, voi giovani siete sempre ottimisti.
Se ne andò in cucina a prendere qualcosa da bere. Ritornò con due birre ghiacciate in mano.
- Ne vuoi una? - domandò a Teo. Gliela lanciò. Lui la prese al volo dicendo

- Ok, ma solo una, sai che non ti fa bene bere. Il tuo fegato è a pezzi. Hai sentito il medico cosa ti ha detto a riguardo? Se esageri col bere, rischi di andare in coma etilico.

Bevevo da prima che tu nascessi, cosa vuoi che mi faccia un bicchiere di birra;e poi i medici sono tutti uguali. A noi vecchi ci dicono sempre che siamo sul punto di morire. E se anche fosse, io la mia vita l'ho vissuta
Sono solido come una roccia io - aggiunse con un sorriso beffardo.

Con un dente stappo la birra e ne mandò giù un sorso. 
- Visto, non sono mica morto, ah ah. Non dire cazzate.
Bevve l'ultimo sorso. Dopo pochi istanti avvertì un malore all'addome.
Urlò dal dolore, si accasciò e cadde a terra.

- Dai papà non fare scherzi stupidi
Teo di avvicinò al padre e si accorse che quest'ultimo aveva perso i sensi. Chiamò per nome il padre; invano. Non ricevette alcuna risposta. Teo era sconcertato.

Chiamò l'ambulanza che arrivò in pochissimo tempo.
Intanto Nunzia si era appena svegliata. Maria invece stava ancora dormendo perché aveva preso un potente sonnifero. A causa dell'avanzata età non riusciva a prendere sonno tranquillamente. I medici dicevano che ciò accadeva a causa dei numerosi traumi che aveva vissuto. Per questo Teo, Nunzia e Mario la teneva spesso allo scuro di quello che accadeva. Le raccontavano solo che cose più belle, per non peggiorare la sua salute. Mario era consapevole che la maggior parte di quei traumi gliel'aveva procurato lui; di questo si era amaramente pentito.

Nunzia e Teo, insieme al padre di lui, stavano andando all'ospedale.
- Lo sapevo. Lo sapevo che un giorno sarebbe accaduto - si ripeteva Teo tra sé.

La situazione stava precipitando.
Una volta arrivati all'ospedale Mario fu ricoverato d'urgenza.
Dopo averlo visitato il medico disse : - È una situazione molto grave. Tuo padre - disse rivolgendosi a Teo - rischia l'asportazione del fegato, altrimenti morirebbe nel giro di qualche ora; dobbiamo operarlo.
Il medico entrò in sala operatoria lasciando Teo e Nunzia da soli.
Lui era terribilmente sconvolto. Nel giro di ventiquattro ore era accaduto un disastro dopo l'altro: il bar distrutto da sconosciuti, anni di lavoro andati in fumo e, come se non bastasse, Mario era in fin di vita.
- Ha sempre voluto fare di testa sua e adesso è mezzo morto. Io l'ho avvertito, ma lui si credeva solido come una roccia - parlava come se volesse scusarsi con qualcuno, come se fosse stata colpa sua - É sempre stato cocciuto come un mulo.
Nunzia cercava di confortare suo marito, senza però riuscirci
- Nunzia, tu puoi andare.
- Sicuro? 
- Va, e mi raccomando non dire una parola alla mamma.
- Ok, come vuoi.

Nunzia prese il bus e se ne andò. Una volta a casa telefonò a Teo.
- Come sta Mario? - chiese tutto d'un fiato - Hanno cominciato l'operazione?
- Un gruppo di medici è entrato in sala operatoria, hanno cominciato da qualche minuto - rispose dall'altro capo del telefono, Teo.
Maria intanto si era alzata e chiese stupita : - Perché, cosa è successo a Mario?
Nunzia a quel punto non sapeva cosa fare. Ormai Maria aveva scoperto la verità, o almeno la intuiva. Doveva dirle tutto o mentirle?

Optò per la seconda opzione, non voleva mentirle, in fondo anche lei faceva parte della famiglia.
Cominciò a raccontarle tutto, dall'inizio fino alla fine.

- Non può essere successo, non può, non può - continuava a ripetere Maria in lacrime.
- Calmati Maria, vedrai che guarirà e tornerà più forte di prima -
- Sciocchezze, un uomo anziano come lui non può farcela. Dovremmo preparargli la tomba - disse tra i singhiozzi.
- Su Maria non dire così.
- È la verità, è la verità.

Maria passò tutto il giorno a piangere e si rifiutò di assumere persino le sue medicine, le quali erano fondamentali per la sua debole salute.

Si rifiutò di bere e di mangiare qualunque cosa.

- Voglio morire, voglio morire. Non c'è la farò da sola; ormai la mia vita l'ho vissuta. Moriremo entrambi lo so.

Era visibilmente sotto shock e Nunzia si sentiva molto a disagio, non sapeva cosa fare. Le sue grida non le davano fastidio, bensì la facevano sentire impotente, non poteva dirle di calmarsi; in qualche modo doveva pur sfogarsi

Tutta la mattinata continuò così, tra grida e infinita tristezza

Verso le dodici però accadde qualcosa di molto grave.

Non avendo assunto le medicine, il corpo di Maria era molto debole. Era affetta da anni dalla insufficienza renale e i suoi reni erano in pessime condizioni

Si sentì male e all'improvviso avvertì una dolorosa fitta al fianco.

Si accasciò a terra.

- Aiutooo, non mi sento bene – urlò con quella poca voce che le era rimasta. Fu tutto inutile, dopo qualche attimo svenne. Il suo corpo immobile si trovava in soggiorno.

 

Due ore dopo, Nunzia ritornò dal lavoro. In casa tutto taceva, non sentì volare nemmeno una mosca; questo la preoccupò.

Appese la giacca in corridoio, si tolse le scarpe e andò a vedere in camera di sua suocera. Non c'era nessuno, pensava stesse dormendo, ma si sbagliava.

Quando entrò in soggiorno vide davanti a sé una scena che la terrorizzò.

A terra, in pozione prona c'era Maria. Attorno a lei non c'era nemmeno una goccia di sangue.

Nunzia si avvicinò e si rese conto che non respirava.

Da quel momento il panico si impossessò di lei.

Tentò di rianimare la suocera, ma fu tutto inutile.

Allora pensò di chiamare il suo vicino, un dottore. Pensava che potesse capire quale fosse la situazione. Inoltre in precedenza aveva anche operato Maria mesi fa.

Lui arrivò di corsa con tutti gli attrezzi.

- Vediamo subito cos'è successo alla signora Maria – disse dopo aver salutato frettolosamente con un cenno del capo Nunzia.

Troppo tardi. Il dottor Scarzi non poté far altro che costatare la morte dell'anziana signora.

- La morte è stata causata dall'ipertensione arteriosa che ha causato un danno vascolare e un aumento dei grassi nel sangue. - disse il dottore misurando la pressione con lo Sfigmomanometro. I valori erano schizzati alle stelle.

- Quindi si tratta di una morte naturale? - chiese Nunzia scioccata.

- Assolutamente si ! - esclamò il dottore convinto – Condoglianze. - Aggiunse poco dopo.

Nunzia non avrebbe mai pensato di trovarsi un cadavere in casa sua. Pensava cosa dire a Teo, non sapeva come spiegarglielo. Come se non bastasse anche Mario stava affrontando una delicatissima operazione, quest'altra sconcertante notizia lo avrebbe amareggiato parecchio; in poche ore rischiava di perdere entrambi i genitori.

Se avesse saputo della morte della madre sarebbe caduto in una profonda depressione, Nunzia ne era sicura. Non sapeva cosa fare.

Doveva riferirgli subito la drammatica notizia, oppure aspettare la fine dell'operazione di Mario? Era proprio disperata.

- Cara Nunzia, mi dispiace per quello che è successo, io sono arrivato troppo tardi, non ho potuta fare niente, era già morta. Adesso devi cercare di calmarti, piangere e deprimersi non risolverà la situazione. - le disse il dottore cercando di esserle d'aiuto

- Nunzia mi stai ascoltando? - chiese lui notando l'espressione vuota di Nunzia.

Purtroppo lei era sotto shock e non aveva sentito una parola di quello che aveva detto il dottore; il quale fu costretto a ripetere tutto da capo.

Infine concluse dicendo : - Ora dobbiamo trovare un servizio funebre dove poter conservare il povero corpo di Maria, che riposi in pace, fino al giorno del funerale

Chiamarono subito quelli del servizio funebre, i quali trasportarono il corpo in una camera mortuaria. Avevano portato con loro anche una semplice bara di pino.

Guardando quella fredda bara di legno a Nunzia vennero i brividi, le trasmise una sensazione di profonda tristezza. I suoi occhi avevano cominciato a luccicare e lei non riusciva a parlare

Dopo che il corpo venne spostato dal soggiorno, il dottor Scarzi le disse :- Tu devi cercare di calmarti e di superare al più presto questo trauma. Se vuoi puoi venire da me a prendere un tranquillante o una camomilla, che ne dici?

- La ringrazio dottore, ne ho proprio bisogno, lei è veramente molto gentile.

I due andarono a casa del dottore il quale le offrì una camomilla e, su richiesta di Nunzia, un caffè molto amaro.

 

Intanto, in ospedale Teo stava parlando con i medici che prima dell'operazione avevano operato Mario. Loro erano molto pessimisti riguardo al suo recupero, anche se fosse sopravvissuto non sarebbe mai tornato quello di prima. Stava per morire, Teo pensava proprio questo.
- Ma quando dovrà essere operato? - chiese Teo al chirurgo.
- Sarà operato stasera alle 23.
Voglio arrivare subito al punto: suo padre rischia gravemente la vita, credo che lei sappia in che situazione si trovi. Anche se l'operazione dovesse andare a buon fine.
Teo demoralizzato com'era non riuscì ad alzare la testa da terra.

Quando prese il suo smartphone in mano, si accorse che sua moglie lo aveva chiamato ben quattro volte nelle ultime due ore. 
" Dev'essere successo qualcosa" pensò Teo.
Chiamò Nunzia, la quale rispose dop un attimo. Teo si accorse subito che qualcosa non andava. Nunzia stava ansimando e non sapeva cosa dire.

- Come va Teo? - chiese lei titubante. Voleva prenderla alla larga, non voleva essere diretta.
- Eh, insomma potrebbe andare anche meglio. - Ilsuo tono di voce era molto serio.
- Sai, Maria oggi ha pianto tantissimo, non sta bene.- gli riferì Nunzia. Fece molta attenzione ad usare il presente.
- Come darle torto, è comprensibile. Poi con l'età le persone diventano più sensibili a cose del genere.
- Oggi non ha voluto prendere le medicine che le aveva prescritto il medico, appena una settimana fa.
Per adesso Teo continuava a non capire.
- Questo è molto grave per la sua salute, convincila a cambiare idea. Tutti noi sappiamo che il suo corpo è molto fragile- disse Teo con un filo di voce che celava un profondo sentimento di tristezza e malinconia.

Quest'ultima frase, pronunciata da suo marito, fu per lei come una coltellata, che la colpì tutt'ad un tratto dritto al cuore. Si sentì male, come se avesse qualcosa di strano in gola e sullo stomaco.

- Appunto! - esclamò Nunzia. Il tono della sua voce era lievemente cambiato. Non ce la faceva propio più. Non era mai stata brava a mantenere i segreti.
Infine dovette arrendersi.  

- Senti Teo, ti devo dire una cosa molto importante, non posso dirtela al telefono. Cerca di essere il più calmo possabile. Ti prego torna a casa prima possibile. - dopo un attimo di pausa lei aggiunse - Non è colpa mia.
Aveva fatto il primo passo, ma come avrebbe reagito Teo se avesse scoperto cos'era successo? Non lo sapeva e preferiva non saperlo mai.
- Ma come, non vedi che mio padre sta morendo in un letto d'ospedale, non posso certo lasciarlo da solo! - esclamò arrabbiato Teo
- Senti, devi venire SUBITO! - urlò dall'altro capo del telefono Nunzia.
- MA COME TI PERMETTI, non capisci che mio padre sta per morire?! Tu pretendi che io lo lasci da solo in questo momento? No mi dispaice, non lo farò.- Aveva perso completamente le staffe, ma non immaginava cosa potesse essere successo.

- So benissimo com'è la situazione, ma è successo una tragedia, non ti avrei mai chiamato per una stupidaggine.
- Una tragedia dici, cos'è successo?
- Ti prego vieni subito - Nunzia aveva cominciato a singiozzare e Teo l'aveva capito.
- Ok vengo non ti preoccupare.- Dal altro capo però non si sentì nessun rumore, Nunzia aveva riattaccato prima, non voleva continuare quella conversazione

Teo salutò il padre e salì sulla sua lancia nera. Non era sicuramente l'ultimo modello, ma filava ancora come una meraviglia. Il volante era un po' sgualcito ma era ancora molto sensibile.
L'aveva comprata una quindicina d'anni prima, ma per ben cinque anni era rimasta nel garage ad ad ammuffire,  a causa di un incidente che gli aveva causato una paralisi temporanea degli arti superiori. Dopo essere miracolosamente guarito, non aveva avuto il coraggio di guidare, si sentiva insicuro di sè. Il ricordo della morte sfiorata era ancora vivo in lui, quella maledetta fiat blu che andava a sbattere controun vecchio casolare abbandonato, spuntato chissà come sul suo tragitto. Quel giorno aveva bevuto. L'alcol, prima lo aveva quasi ucciso, adesso li stava portando via suo padre.

In circa quindici minuti arrivò in centro e dopo altri cinque minuti fu a casa.

Era tutta sudata e respirava a malapena ma lui non poteva vederla, non era ancora entrato in casa.
- Cos'è successo Nunzia - gridò prima di oltrepassare la porta. 
La vide con la faccia tra le mani, adesso stava piangendo.
- Ehi, ma che cos'è tutta sta storia? Perché fai tanto la misteriosa? - chiese lui con una chiara espressione interrogatoria. Continuando a singhiozzare Nunzia disse :- Mi dispiace Teo, io non sapevo, io non potevo sapere, io non ero lì in quel momento. NON E STATA COLPA MIA!!
Fiumi di lacrime le rigavano il viso, ma Teo non riusciva a capire cosa fosse successo, era stupefatto.

- Calmati e spiegami cosa ta succedendo, perché ti comporti così?- le disse Teo, voleva tranquillizzarla.
- E morta.- Furono le uniche due parole che lei potè pronunciare.
- Chi è morta, spiegati.
Nunzia non rispose, semlicemente indicò una foto di Maria sul muro, vicino alla porta. In un lampo Teo cpì tutto. Nunzia teneva lo sgurdo basso, era spavantata sembrava avesse paura che Teo la accusasse di qualcosa. 

Lui rimase immobile senza dire assolutamente niente. Era scioccato, sembrava si trovasse in qualche sorta di trance. Dopo qualche attimo sembrava si fosse ripreso ma non fu affatto così.
- No, non può essere vero. Fino a qualche giorno fa stava benissimo. Se ne andrà anche lui me lo sento! - disse riferendosi al padre. Il suo viso sembrava essere mutato in pochissimi secondi, adesso mostrava dieci anni in più, straziato com'era dal dolore. 

-  Raccontami tutto, nei minimi dettagli. Dov'è adesso?
Nunzia li racconto tutto quello che sapeva tra le lacrime e gli disse che il corpo della madre si trovava all'obitorio, vicino all'ospedale. Entrambi decisero di non dire nulla a Mario, per salvaguardare la sua salute. 

Insieme decisero di andare all'obitorio. In meno di venti minuti giunsero lì ed entrambi scoppiarono a piangere. 
La loro vita era cambiata improvvisamente in pochi giorni.


 

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