Jumping into the past

di Darkovana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jump ***
Capitolo 2: *** Not just a nightmare ***



Capitolo 1
*** Jump ***


time

I professori quando vogliono sanno essere interessanti a volte, sopratutto quando gli argomenti non sono da meno. L'olocausto è uno di quelli, perché è storia così recente che è impossibile rimanerne indifferenti. Ciò che è stato in quegli anni tremendi è ancora così vivido che la storia per alcuni non è solo qualcosa da studiare, sono veri ricordi.
In classe non c'era la solita aria allegra ricca di commenti volanti, c'era silenzio. Anche il tempo sembrava voler dare la sua solidarietà con i suoi cupi toni grigi, niente pioggia, solo un tetro grigiore. La lezione procedeva adagio seguendo i ritmi delle testimonianze di quegli ormai anziani sopravvissuti che erano lì per donare, a chi aveva la voglia di ascoltarli, pezzetti della loro memoria.
Non tutti prestavano attenzione in realtà, ma in fondo non aveva importanza perché quelle parole non sarebbero mai state sprecate. Era importante che si sapesse cosa era accaduto veramente, non sarebbe mai dovuto ricapitare e se la ragione non fosse bastata a prevenire una nuova guerra, la paura forse l'avrebbe fatto.
Seduta al banco nella terza fila accanto alla finestra, Gaia non riusciva a scollare gli occhi da quella vecchietta dalle spalle ricurve e gli occhi acquosi che aveva appena mostrato il numero tatuato sul suo braccio. Era come una calamita per il suo sguardo, così piccola e fragile che Gaia non riusciva proprio ad immaginare come avesse potuto farcela in un Campo.
Il viso dell'anziana signora, solcato da profonde rughe attraverso il quale però si riusciva ancora a scorgere la grazia e la bellezza della giovinezza, si sollevò appena e diresse lo sguardo verso di lei. Gaia si stupì quando le sorrise benevola come per incoraggiarla a fare una domanda o a commentare quanto era stato detto. Non aveva intenzione di dire nulla, ma di pensieri ne aveva tanti, le sarebbe piaciuto parlare in privato con lei, senza nessuno a disturbarle. Non che avesse paura del giudizio di qualcuno o del confronto, semplicemente non le piaceva mettersi in mostra.

Quella notte, stesa sul suo letto, immersa fino al collo nel pesante piumino, le parole che erano state dette a lezione da quei testimoni e poi alla sera da suo nonno mentre cenavano, le rimbombavano ancora nella testa. Il silenzio sembrava innaturale, un altro anno, un altro gennaio, un altro giorno per ricordare ciò a cui nessuno può pensare senza che gli si torcano almeno un po' i visceri. Gaia aveva la bocca dello stomaco sigillata e un leggero senso di nausea. Il sonno era tanto lontano che la sola idea di potersi addormentare le appariva ridicola. Erano ormai le due passate quando il richiamo di una civetta ruppe il silenzio. Gaia si girò e rigirò nel letto cercando una posizione più comoda che le placasse almeno un po' i dolori allo stomaco che erano andati via via aumentando man mano che passavano le ore. Nonostante il malessere fisico però erano altri i problemi a cui era rivolta la sua mente, problemi del passato e del futuro. Sarebbe mai potuto accadere tutto una seconda volta?
Immagini sconnesse e terrificanti le appannarono gli occhi chiusi nel tentativo di addormentarsi. All'improvviso, senza che lei avesse avvertito nulla cambiare attorno a sé, alcune di quelle immagini confuse si distinsero tra le altre raggruppandosi a formare qualcosa simile ad un ricordo, non un sogno, no, ma un vero e proprio ricordo che però non poteva essere suo.
Un connubio di colori vivaci occupò ogni cosa. Ma il verde, quel verde tra tutto padroneggiava sicuro e naturale.
Spaventata, Gaia mise avanti le mani cercando qualcosa di solido al quale aggrapparsi. Era come essere sulle montagne russe, la stessa sensazione di vuoto opprimente che sopraggiunge non appena comincia la discesa. All'inizio tutto le parve immensamente labile e impalpabile, ma presto quelle immagini assunsero anche una sostanza e i suoi piedi toccarono finalmente quella che aveva tutte le sembianze di essere terra.
<< Ma che diavolo... >>
Il suo letto, la sua stanza, la sua casa, tutto scomparso. Attorno a lei solo alberi, cespugli e tanti tanti insetti fastidiosi che le ronzavano nelle orecchie.
<< No, oh cavolo, no, per piacere... non di nuovo. >>
Gaia si alzò sbuffando da terra e si spazzolò via i fili d'erba dal pigiama e dai capelli.
Erano anni ormai che non le accadeva più, non si ricordava nemmeno più quando le fosse successo l'ultima volta, ma non aveva nessuna intenzione di tornare a frequentare il suo team specializzato di neuropsichiatri e psicologi. Aveva dovuto sopportare tutto troppo a lungo prima di imparare che era meglio mentire piuttosto che continuare a raccontare ai suoi genitori quando quel suo piccolo inconveniente puntualmente tornava a ricordarle che lei non era come gli altri bambini. Il suo problema non era la pipì a letto o la paura del buio, no sarebbe stato troppo semplice e meraviglioso potersi preoccupare per cose tanto insignificanti. Gaia viaggiava indietro da quando aveva sei anni. La prima volta era stato un vero shock e quando era tornata non aveva detto una parola per almeno una decina di giorni. Solo allora aveva trovato il coraggio per raccontare quello che le era successo, ma nessuno le aveva creduto, anzi, i suoi l'avevano immediatamente e letteralmente trascinata di peso da un amico di famiglia, uno psicologo, il primo dei tanti che aveva conosciuto fino a che aveva smesso completamente di raccontare ciò che le accadeva durante la notte, mentre dormiva e i suoi sogni la trasportavano lontano, indietro nel tempo, non necessariamente nello stesso luogo dal quale era partita, solo indietro, ovunque. I medici l'avevano monitorata a lungo durante quel periodo, in alcuni casi anche filmandola mentre dormiva, ma nulla. Non era mai saltata quando sapeva di essere osservata, mai nemmeno una volta, indipendentemente dal fatto che lei lo volesse o meno.
Questa volta non sarebbe stato diverso da quando era bambina. L'unica cosa che doveva fare era aspettare, cosa che in teoria non sarebbe dovuta essere affatto difficile.
<< Perfetto... chissà dove e quando caspita sono finita . >> si chiese.
Intorno a lei sembravano esserci solo alberi. Magari sono capitata nel pleistocene, pensò. Per quanto ciò fosse improbabile visto che non era mai andata più indietro di cento o cento cinquant'anni, di fatto non era impossibile. Con ogni probabilità comunque era più facile che si trovasse in qualche foresta o nel bel mezzo di una riserva.
Senza sapere cosa fare Gaia, pronta ad attendere il tempo necessario, si accovacciò in terra e si distese sull'erba soffice resa tiepida dai caldi raggi del sole godendosi quel tepore per qualche istante, una vera e propria gioia dopo il freddo di gennaio del suo tempo. Lì sdraiata, beatamente in pace con il mondo, cercò di non pensare a nulla in particolare, si stiracchiò e diresse lo sguardo verso il cielo che non era mai differente, indipendentemente da quanto indietro saltasse, lui era sempre lì, lo stesso ogni volta, immutabile, per lungo tempo era stato per lei un vero e proprio punto di riferimento ovunque si trovasse. Dopo un tempo che le sembrò lunghissimo, piano piano, si tirò su e si mise a giocherellare con l'erba. Era rimasta in pigiama, un pigiama in cotone pesante, che stava cominciando a farla sudare sotto quei raggi decisamente troppo caldi.
Passarono i minuti, poi le ore. Gaia aveva cambiato almeno un centinaio di posizioni diverse, aveva scortecciato tutti i rametti caduti lì intorno e fatto ghirlande e composizioni coi fiorellini di campo cresciuti a grappoli un po' ovunque.
Alla fine, stufa di rimanere ferma a fare nulla, e sicura che comunque non le sarebbe accaduto niente di male, si decise a spingersi oltre i cespugli, non molto, ma abbastanza da avere per lo meno una visuale diversa da quella che ormai stava contemplando da ore.
Procedette ancora qualche passo, aveva sete e non le sarebbe certo dispiaciuto trovare qualche fresco corso d'acqua. Alla fine però, stanca di camminare, e ormai in ansia per il troppo tempo che era passato dal salto, Gaia cominciò davvero a preoccuparsi. Non era mai stata via così a lungo.
<< E adesso cosa faccio? >> disse quasi rivolgendosi agli alberi intorno a lei.
Nervosa, si rialzò e si appoggiò al tronco di un vecchio olmo frondoso per scavalcare una grossa radice. Qualcosa però la distrasse facendola inciampare rovinosamente. Delle voci venute dal nulla sembravano avvicinarsi in fretta, semplicemente un momento non c'erano e il momento dopo eccole lì, pericolosamente vicine come le persone a cui appartenevano.
Gaia, rimase ferma immobile, in silenzio, le orecchie tese in ascolto. Dovevano essere bambini o ragazzi forse, i toni vivaci e i timbri acuti delle loro chiacchiere parlavano abbastanza chiaro.
In ogni caso decise di rimanere nascosta. I proprietari delle voci si fecero vivi presto, apparvero da dietro un piccolo tumolo, erano in dieci oltre il ragazzo più grande, 6 ragazzi e 4 ragazze tutti coperti di foglie e con i vestiti macchiati di erba come chi è reduce di un grande e avvincente gioco.
I vestiti dicono sempre molto sull'epoca in cui si è e Gaia, dai pantaloncini con le bretelle e dai vestitini in cotone sopra le ginocchia delle bambine, dedusse di trovarsi per lo meno nel novecento, quali anni non avrebbe saputo dirlo, ma per lo meno era certa di non essere finita troppo indietro.
I bambini parlavano italiano e nessuno di loro doveva avere più di tredici o quattordici anni tranne un unico alto ragazzo che doveva essere sui diciassette o diciotto. Erano una decina e nessuno di loro aveva l'aria di chi passa il tempo ad annoiarsi. Gaia sorrise e quasi le dispiacque che presto tutto sarebbe finito e lei sarebbe dovuta tornare alla noia di sempre.
Il gruppetto, a quanto pareva non aveva alcuna intenzione di andarsene dalla piccola radura, e Gaia ne era proprio al limite, accucciata dietro a due grandi cespugli di more, col piede ancora accanto alla radice che l'aveva sbilanciata, iniziava a sentire i muscoli intorpiditi a causa della posizione a dir poco scomoda a cui si era costretta per evitare di fare un qualsiasi rumore. L'ultima cosa che voleva era spaventare i bambini e farsi scoprire.
Purtroppo però la ragazza non aveva fatto i conti con la sua naturale predisposizione alle allergie e nemmeno con l'innocuo grappolo di ambrosia che ora le stava solleticando il naso. Le narici cominciarono a pruderle, la gola a bruciare e gli occhi a lacrimare. Ecco fatto, adesso sì che sono nei guai, pensò poco prima che un poderoso starnuto la facesse sobbalzare.
Tutti i bambini si fermarono all'unisono e puntarono i loro occhi vivaci e un po' sorpresi verso di lei, accovacciata a terra e con un'espressione di puro imbarazzo in viso. Come avrebbe spiegato la sua presenza lì adesso?
<< Ehi, ehi... ragazzi calma... >> il ragazzo più grande, dal corpo di chi non spreca un giorno a crogiolarsi nell'inattività, si avvicinò tranquillamente al cespuglio di more di Gaia e rimase in piedi a fissarla come se fosse una scoperta interessante di cui si sta cercando di indovinare il valore.
<< Chi sei? >> domandò con naturalezza carismatica.
<< Nessuno. >> rispose lei con un lieve sorriso sulle labbra citando Ulisse.
Il ragazzo sorrise di rimando e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi: <> Gaia accettò l'aiuto e aspettò qualche secondo prima di controbattere. Gli altri sembravano pendere dalle labbra del ragazzo e rimasero ad osservare il breve scambio si battute con curiosità.
<< Non vi stavo seguendo, e ad ogni modo non credo di dovere delle spiegazioni né a te né a nessun altro. >> cercò di giustificarsi, e poi: << Ah, per la cronaca, Nessuno è sinonimo di Gaia se ti interessa saperlo. >>
<< Gaia è molto meglio di Nessuno.>> le disse con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. <> le lanciò un'occhiata un po' divertita << Ti sei persa? >>
<< No che non mi sono persa, io sto... sto facendo una passeggiata. >> mentì.
<< Senti noi stiamo andando alla cascatella per una nuotata, non posso fare tardi, devo riportarli indietro prima del tramonto o le loro mamme chi le sente poi, ti va di venire? >> la domanda fu tanto esplicita e veloce che Gaia ne rimase stupita. Era ovvio come il sole che non si trovava nel suo tempo, lì nessuno si sarebbe mai sognato di invitare così una sconosciuta trovata nascosta dietro un cespuglio in un bosco.
<< Non credo sia il caso. Cosa ne sapete voi di me, potrei essere pericolosa. >>
<< Oh, sì certo >> Adam la squadrò dalla punta dei piedi fino alle punte dei capelli e scoppiò a ridere, una risata allegra e solare. << sono sicuro che tu sia pericolosissima. Ma l'invito rimane valido, allora che vuoi fare? >> I bambini più piccoli, tra gli otto e i dodici anni, gli fecero eco nel tentativo di convincerla dicendo che era ovvio che Adam la volesse con loro, in fondo lei era bella e lui era un capo e ai capi non si dice mai di no. Le ragazzine invece misero in campo l'argomento che non c'era nulla di male, e che a controllare che lei e Adam non combinassero nulla di illecito, come dicevano l cosiddetto capo e la supplicarono di andare con loro. Qualcuno dei maschietti cercò di e loro mamme, c'erano loro e che avrebbero tanto voluto giocare con una ragazza una volta tanto, erano stufe di fare sempre giochi da maschi.
<< Ma se nemmeno mi conoscete? >>
<< Sappiamo, il tuo nome... cos'altro c'è da conoscere di una persona? E poi, ti sei guardata bene, hai l'aria di una che si è proprio persa, quindi direi che alla fine della giornata potremmo darti una mano noi a tornare a casa. >> disse uno dei ragazzini cercando l'approvazione nei suoi occhi. Il ragazzo sorrise e rivolse lo sguardo verso Gaia.
In fondo che male ci sarebbe stato, lei e Adam dovevano avere circa la stessa età. E poi in ogni caso tra non molto avrebbe compiuto di nuovo il salto, quindi il problema non sussisteva nemmeno.
<< Va bene vengo... >> acconsentì lei.
Durante il viaggio verso la cascatella Gaia e Adam conversarono a lungo. Lui aveva quasi diciassette anni, lavorava da due anni come assistente di suo padre alla fattoria della sua famiglia e avrebbe tanto preferito andare a scuola piuttosto che continuare quella sua scialba vita noiosa. Gaia scoprì che tutti gli altri bambini erano i suoi cuginetti più i suoi due fratelli Davide e Noah e la sua sorellina Camilla. Era una settimana ormai che la sua famiglia si era riunita per i preparativi del matrimonio della sua sorella maggiore che si sarebbe tenuto l'indomani. A lui e alla sue cugine era stato affidato il compito di occuparsi dei bambini mentre gli altri si curavano del resto, ma le ragazze si erano rifiutate di sporcare i loro adorati abitini insieme ai bimbi e così era rimasto solo lui, l'unico cugino maschio abbastanza grande da poter essere considerato responsabile.
Quando Adam smise di parlare toccò a Gaia portare avanti la conversazione, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era a "quando" caspita fosse capitata. Ci ragionò su un po' prima di riuscire ad articolare qualcosa di minimamente sensato da dire.
<< Adam? Tu credi nelle cose impossibili? >> la stessa domanda suonò ridicola anche a lei.
<< Certo che ci credo. Altrimenti hai idea di quanto sarebbe tutto monotono? Perché ? >>
<< So che ti sembrerà strano, ma mi ricorderesti in che anno siamo per piacere? >>
<< Siamo nel trentotto perché me lo chiedi? >>
<< Millenovecento? Intendi 1938? >> gli occhi di Gaia si fecero grandi al ricordo dei pochi istanti che aveva passato prima di compiere il salto, le tornarono in mente tutti i pensieri diretti alle persone vittime della guerra, a tutto quello era successo in così poco tempo e alla crudeltà di cui tanta gente era stata capace.
<< Gaia ti senti bene? >> la vocina sottile e dolce di Camilla forò il silenzio.
<< Sì, sì tesoro. Sto benissimo stai tranquilla. Sono un po' stanca però, è tutto il giorno che sono in viaggio. Adam che ne pensi di fare una sosta? >> Non era la stanchezza a turbarla però, il problema era un altro.
<< Ma siamo quasi arrivati... >>
<< Ti prego >>
Così si fermarono nei pressi di una piccola grotta dal quale Adam avvertì di tenersi rispettosamente alla larga per evitare di imbattersi in animali poco propensi alle nuove amicizie. Già da quel punto si poteva sentire lo scorrere vitale di quella che doveva essere l'acqua della cascatella, ma nulla di tutto ciò ebbe alcun effetto sull'umore di Gaia.
Indecisa su cosa fare, o meglio su cosa dire, mentre i bambini erano occupati a cercare tra i cespugli di mirtilli quelli più grossi e più blu, Gaia individuò un sasso abbastanza grande e non troppo appuntito sul quale sedersi e, senza avere il coraggio di guardare nessuno di loro negli occhi, prese posto sulla roccia fredda e umida. Quanti di loro sarebbero morti a causa della Guerra?
Adam aiutò i bambini più piccoli a raccogliere delle more da un cespuglio vicino e poi la raggiungesse. Le si sedette a fianco e rimase fermo con la faccia rivolta verso il cielo a godersi il tepore del sole.
<< Sicura che vada tutto bene? >> le chiese a bruciapelo senza spostare gli occhi da una strana nuvola a forma di elefante che aveva attirato la sua attenzione.
<< Sì, certo, te l'ho detto, sono solo un po' stanca, non sono abituata a camminare tanto. >> Gaia sorrise con le labbra, ma tutto il resto di lei emanava ancora un' inquietudine e una tristezza che sembravano esserlesi appiccicate addosso con la colla.
<< Sai, forse se mi dicessi che succede potrei darti una mano. >> finalmente Adam lasciò perdere la nuvola che ormai aveva cambiato forma e tornò a concentrasi su di lei. Aveva capito ancor prima di guardarla, sapeva che qualcosa non andava, forse lo avvertiva inconsciamente. Ci sono persone che non hanno bisogno di usare la vista o l'udito per rendersi conto di certe cose, Adam evidentemente era una di queste.
I bambini correvano allegri qua e là giocando a prendersi e lanciandosi more e mirtilli, alcuni di loro erano ricoperti di macchie rosse e blu dalla testa ai piedi.
Con gli occhi fissi su di loro Gaia non riusciva a né rispondere né a cambiare argomento.
<< Vuoi ancora venire con noi? Perché altrimenti guarda che non devi sentirti obbligata. >> disse Adam un po' sulla difensiva come se si sentisse responsabile del suo cambiamento d'umore.
<< No, davvero, voglio venire. Non preoccuparti, non è niente, solo qualche pensiero cupo, tutto qui. >>
<< Come vuoi... >> per un secondo Gaia pensò che la sua sintetica spiegazione sarebbe bastata a chiudere la questione, l'unica cosa che voleva era smettere di pensare e cominciare a godersi un po' l'improbabile situazione in cui era stata catapultata, ma Adam non era dello stesso avviso. << Senti, lo so che non è affar mio, ma cosa ci facevi in giro da sola per il bosco. Stai scappando? >>
Imbarazzata come non mai, il viso di Gaia cambiò tonalità.
<< No, io...non sto scappando da niente e da nessuno. >>
<< Ma allora cosa ci fai qui? Non c'è niente qui intorno, so che non vivi nei paesini nei dintorni perché conosco praticamente tutti. Tu non sei propriamente una ragazza che passa inosservata. >> questa volta fu lui ad arrossire. << Di solito le ragazze come te hanno altro a cui pensare piuttosto che starsene accovacciate sotto un albero a spiare le persone di passaggio. >>
Gaia si sistemò meglio sulla roccia, doveva pensare in fretta a una frottola sufficientemente plausibile da tenere a freno la disarmante curiosità di Adam. Quando però si rese conto della realtà dei fatti tirò un profondo sospiro e si preparò ad essere presa per una pazza scappata da un manicomio.
Anche se gli avesse detto la verità che cosa sarebbe cambiato? Comunque tra non molto lei avrebbe compiuto il salto che l'avrebbe riportata a casa e lui l'avrebbe semplicemente vista scomparire davanti ai suoi occhi. A quel punto sarebbe stato costretto a crederle.
Gaia aveva letto abbastanza libri e visto abbastanza film per sapere che quello che stava per fare era un azzardo, poteva rischiare di cambiare qualcosa nella storia. Aveva sempre immaginato il continuum spazio temporale come qualcosa di terribilmente delicato, ma per una volta si rese conto che la cosa non le importava, se anche ci fosse stata una minima possibilità di fare una qualche differenza nel destino di quei bambini o di Adam, lei ci avrebbe provato.
Decise che sarebbe bastato un avvertimento, una pulce nell'orecchio a ricordargli di fare attenzione e un monito di speranza così che, anche se le cose si fossero messe male, loro avrebbero saputo che non sarebbe durato per sempre.
<< Sei sicuro di volere la verità? >> lui le lanciò uno sguardo obliquo e fece cenno di sì con la testa.
<< Adam, poco fa ti ho chiesto se credi nelle cose impossibili. Tu hai risposto di sì, non è vero? >> chiese.
<< Sì certo, perché? >>
<< Se ti dicessi che io stessa sono una cosa impossibile cosa penseresti? >>
<< Probabilmente che hai ragione. Sei un po' particolare credo, quante ragazze sconosciute che accettano di seguire un branco di ragazzini al seguito di un diciassettenne grande, grosso e pericoloso conosci tu? >> le rivolse uno sguardo eloquente e divertito << o perché indossi quei vestiti strani o perché hai quell'aria trasognata un po' buffa. >> Gaia non si aspettava nemmeno che lui rispondesse. Santo cielo ma chi è questo ragazzo? Pensò mentre ancora fissava i suoi occhi così scuri da sembrare neri quando non erano illuminati dalla luce diretta. Adam era un ragazzo non da poco: alto e abbastanza muscoloso, i muscoli di chi è abituato a lavorare e un viso sicuramente avvezzo alle risate, i capelli anch'essi di un castano scuro e spettinati erano tenuti corti. Gaia si soffermò un secondo sulle sue orecchie prima di riprendere a parlare, erano leggermente a sventola, ma nel complesso il viso era comunque armonioso.
<< Io ecco... Adam, non so come spiegarti... Non sono qui per una mia scelta, ci sono semplicemente capitata. >>
<< Non credo di capire. >>
<< Lo so, non mi aspetto che tu capisca. >> queste parole le costarono un'occhiataccia, una di quelle che di solito si riservano alle persone snob e un po' antipatiche. Gaia si affrettò a correggere il tiro.
<< L'ultima cosa che ricordo è di essere andata a dormire e poi boom, eccomi qui. >>
Spiegargli come erano andate le cose si stava rivelando molto più arduo di quello che si era immaginata.
<< Hai preso una botta in testa? Forse hai un'amnesia >> Adam si avvicinò alla sua faccia così tanto che lei poté sentire il suo respiro caldo sula pelle, la prese alla sprovvista, il suo cuore accelerò i battiti.
<< Che cosa stai facendo? >>
<< Controllo le tue pupille, spero che tu non abbia un trauma cranico. Non hai idea di quante volte i miei fratelli prendano delle colossali zuccate mentre giocano. Una volta Camilla cadendo ha picchiato la testa contro un sasso ed è rimasta confusa per tutta la giornata. >>
Gaia ristabilì la distanza tra di loro, ma assicurandosi di non perdere il contatto visivo nemmeno per un istante.
<< No Adam, non ho perso la memoria. Non ho mai capito il meccanismo che sta dietro ai miei "salti", so solo che mi succede e basta. Un attimo sono in un certo posto e in un certo tempo e l'attimo dopo sono da un altra parte, in un tempo diverso. >>
Questa volta fu Adam ad allontanarsi, la guardava esattamente come avevano sempre fatto anche tutti gli altri. Pensava che fosse pazza.
<< Gaia, io penso che tu non stia bene, forse dovremmo rimandare la nostra gita alla cascatella e portarti da un medico. >> parlò con un tono seriamente preoccupato. Gaia sentì la rabbia rimbalzarle nello stomaco, di dottori ne aveva già visti più che abbastanza, nessuno poteva aiutarla, a questo si era rassegnata molto tempo fa.
<< Non ho bisogno di nessun medico. Tra non molto te ne accorgerai da te, vorrei proprio vedere la tua faccia quando salterò di nuovo. >> si tirò su dal sasso diventato scomodissimo all'improvviso, non avrebbe sopportato di rimanere lì seduta un secondo di più.
Adam tra il sorpreso e lo sconcertato rimase in silenzio ad osservarla.
<< Quando cosa? >> il ragazzo completamente preso alla sprovvista, si stampò un enorme punto interrogativo sulla faccia.
Nel frattempo i bambini, attirati dalla confusione, avevano smesso di fare quello che stavano facendo. I loro occhi e la loro attenzione adesso erano tutti per Adam e Gaia.
L'ultima cosa che Gaia voleva era spaventarli, loro erano troppo piccoli, non dovevano sentire quello che lei aveva intenzione di dire ad Adam. Fece un cenno con gli occhi verso di lui sperando che capisse.
<< Ragazzi seguite il sentiero, sempre dritto, la cascatella è a cinque minuti esatti da qui. Vi raggiungiamo subito, non entrate in acqua finché non arrivo io, chiaro? >> ordinò con la sua prontezza da leader nato tirandosi in piedi a sua volta.
<< Ma no, dai, vi aspettiamo... >> lo supplicò Davide.
<< Andate, io e Gaia dobbiamo parlare di cose da grandi, vi annoiereste. >>
Volarono proteste e dissensi, ma alla fine Adam ebbe la meglio e affidò il comando a Noah che dopo di lui era il più grande, tredici anni.
Noah, onorato dalla fiducia che il fratello maggiore aveva riposto in lui, non impiegò molto a radunare tutti e a condurli verso la meta, esattamente come avrebbe fatto un buon vice.
<< Dov'eravamo rimasti? Ah sì, a te che blateravi riguardo al saltare da qualche parte giusto? >> disse sarcastico quando ormai gli altri furono abbastanza lontani.
Gaia sbuffò esasperata. Era difficile per entrambi.
<< Non blateravo! Sei liberissimo di non credermi se non vuoi, ma c'è una cosa che voglio dirti prima di chiudere questo discorso definitivamente, probabilmente sarà inutile e la tua vita non devierà di un millimetro dal suo corso, però non mi sentirei mai più in pace con me stessa se non lo facessi. >> Gaia fece una pausa cercando di fare ordine in mezzo ai suoi pensieri, avrebbe voluto raccontargli tutto, ma non poteva, doveva scegliere con cura le parole da usare. << Vengo dal 2011, viaggio nel tempo da quando ero bambina, non controllo questa cosa, non decido io dove e quando andare. Erano anni che non mi succedeva più, questa è la prima volta dopo molto tempo di meravigliosa normalità ed è anche il viaggio più lungo che io abbia mai fatto, non sono mai stava via così a lungo. Sono ore che sono qui ormai. >>
Adam la interruppe << Mettiamo che io ti creda, cosa potresti fare tu per provarmi che non sei solo una squilibrata con dei seri problemi mentali? >> Gaia apprezzò l'impegno e la sincerità.
<< E' proprio qui che volevo arrivare. Se il vedermi sparire non ti dovesse bastare, beh, a questo punto sempre che io riesca a saltare di nuovo, avrai la possibilità di rendertene conto tra qualche anno. >> ecco, ora veniva la parte davvero complicata. << Adam, ci sarà una guerra. Non puoi nemmeno immaginare cosa succederà, moriranno così tante persone. I nazzisti e i loro alleati saranno spietati, non faranno distinzione tra soldati e civili, non importerà se avranno davanti donne, bambini o anziani, chiunque sia ebreo, disabile, omosessuale o nemico politico verrà eliminato. Per un certo periodo anche noi come nazione, con Mussolini e il regime fascista al comando, staremo dalla parte di Hitler. Come al solito gli italiani non azzeccano mai la parte giusta da cui schierarsi. Dovrai fare attenzione, perché anche se qui l'abbiamo sentita meno che in altre parti del mondo, la guerra non si farà attendere e si porterà via troppe, troppe vite innocenti. >> quando ebbe finito Gaia si sentì come svuotata, stanca, ma più leggera.
<< Perché mi stai dicendo tutto questo? >>
<< Perché voglio che tu faccia attenzione, sai quello che deve succedere adesso, fai qualcosa per tenere al sicuro la tua famiglia. Non so, rifugiatevi in svizzera, è rimasta neutrale, non è entrata in guerra, lì correrete meno rischi. >>
<< Se anche quello che tu mi stai dicendo fosse vero, non mi conosci affatto se pensi che scapperei. >>
Esasperata Gaia si arrese, quello che si sentiva di dover fare l'aveva fatto. Non poteva obbligarlo a fare nulla, il destino è pur sempre il destino, a prescindere da quanto lei potesse dire probabilmente le cose sarebbero andate esattamente allo stesso modo.
<< Okay senti, non importa, lasciamo perdere, facciamo finta che questa conversazione non sia mai avvenuta. Giuro che non dirò più una parola a riguardo.>> disse << Abbiamo lasciato da soli i bambini già per troppo tempo, fai strada tu. >>
Adam non aveva nulla da dire evidentemente. Era teso, il suo viso era contratto da chissà quali pensieri. Gli ci volle un minuto buono per elaborare quello che Gaia aveva detto poi, senza aggiungere altro, le voltò le spalle e si incamminò lungo il sentiero.

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Capitolo 2
*** Not just a nightmare ***


time

Gaia capiva come dovesse sentirsi Adam, in fondo lei aveva appena sganciato una bomba su tutte le sue convinzioni su cosa fosse o non fosse possibile, e non si era limitata a questo, no, gli aveva anche comunicato come se niente fosse che presto una guerra avrebbe devastato la vita così come lui la conosceva. Capiva tutto questo, ma avrebbe preferito che lui le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, anche che la mandasse a quel paese, perché la fossa di silenzio che lui si era creato intorno le faceva male.
Quando arrivarono, non appena i bambini li videro, Adam sembrò quasi rianimarsi, cancellò dal suo viso qualsiasi traccia di smarrimento, delusione e preoccupazione e tornò ad essere il solito di sempre, allegro e spensierato con tutti.
Si girò un attimo verso Gaia prima di cominciare a giocare coi ragazzi, le fece capire che lei doveva fare lo stesso. Non avrebbe dovuto permettersi di rovinare il pomeriggio ai bambini, loro dovevano rimanere fuori da quella faccenda.Gaia cercò di resettare il suo cervello e di spazzare via ogni pensiero negativo dalla sua mente. Non ci mise molto e non dovette nemmeno sforzarsi tanto perché in mezzo a quella banda di mezzi uomini e mezze donne scatenate era impossibile rimanere chiusi in se stessi a pensare ai mali del mondo. Per un po' di tempo ci sarebbe stato spazio solo per il divertimento, il sole, l'acqua fresca e il profumo del bosco.
Quel posto era magico, la cascatella sembrava incastonata sulla parete rocciosa della montagna.Gaia non riuscì a reprimere un moto di meraviglia.
<< Wow... che spettacolo. >> ammise. Adam le sorrise come per dirle: “Guarda, come puoi pensare a qualcosa di brutto come la guerra mentre siamo qui?”
Era tutto talmente perfetto che al pensiero di quello che sarebbe successo le vennero le lacrime agli occhi. Quando esiste qualcosa di tanto bello al mondo è impossibile pensare di poterlo rovinare. L'acqua sgorgava da un'insenatura nelle rocce, dritta dalla montagna, limpida e fredda, addirittura gelida e si gettava a capofitto verso il basso in una cascata di spruzzi. Gaia vi immerse le mani, l'acqua era così fredda che quando le tirò fuori le formicolavano. Stare in quel luogo era come sentirsi al sicuro in una bolla cinta dalle innumerevoli sfumature di verdi e marroni degli alberi e della terra che odorava di umido.
Adam, mentre Gaia era persa ad ammirare meravigliata tutto intorno a sé, diede istruzioni ai ragazzini più grandi sul come comportarsi una volta nell'acqua fredda e proibì tassativamente ai più piccoli di andare oltre a quando l'acqua gli sarebbe arrivata alle ginocchia.
<< Ne valeva la pena no? Questo posto è speciale, oserei dire magico, ma... >> Adam fu interrotto dalla voce di una ragazzina sui dodici anni, con gli occhi gialli come quelli di un gatto, così fieri e sicuri che forse la facevano apparire un po' troppo grande per la sua età. << La magia non esiste! La mamma lo dice sempre Adam, non credo che sia il caso di confondere le idee ai bambini. Ma che questo sia un luogo davvero magnifico è innegabile. >> Eva era forse la ragazzina più concreta che Gaia avesse mai incontrato, non lo faceva per cattiveria, era solo assolutamente certa delle sue convinzioni e su questo argomento in fondo avrebbe dovuto avere ragione, d'altronde non era forse lei l'eccezione che confermava la regola?
Gaia rise allegra di quel piccolo confronto tra cugini. Anche gli altri, trasportati dal suo entusiasmo, fecero lo stesso. Tutti tranne Eva, ma non era rabbia quella che passava attraverso i suoi occhi felini in quel momento, anche lei aveva altro a cui pensare, ad esempio come evitare di congelarsi i piedi che erano già immersi nell'acqua terribilmente gelida della cascatella.
<< Adam, non pensi che sia un po' troppo fredda per nuotarci dentro? >> Adam, tenendo fisso lo sguardo su di lei aveva già cominciato a spogliarsi per dare l'esempio, si tolse le scarpe e la camicia rimanendo in pantaloni.
I ragazzini più grandi salirono su una piccola sporgenza formata dalla montagna e uno ad uno si tuffarono, Adam rimase coi bambini per assicurasi che rimanessero sulla riva a bagnarsi i piedi e non andassero oltre. Ma lo sguardo del ragazzo era rivolto verso l'alto, verso uno spiazzo che sarebbe stato perfetto per un vero e proprio tuffo. Intuendo il suo pensiero Gaia si alzò da dove si era seduta per osservare meglio i bambini giocare senza bagnarsi e si avvicinò al ragazzo.
<< Do io un'occhiata ai bambini, tu vai. >> disse indicando lo spiazzo sopra la cascatella. Gli occhi di Adam luccicarono e lui sorrise felice. << Sei sicura? >> lei fece segno di sì col capo e si sedette a terra sull'erba morbida, la sensazione era così piacevole.
In ogni caso lei non poteva fare il bagno, non aveva nulla da togliersi senza rimanere in intimo, non aveva nemmeno il reggiseno sotto la maglietta del pigiama, e in ogni caso quando sarebbe tornata a casa non sarebbe stato facile spiegare, se qualcuno l'avesse vista, perché fosse nuda. Certo, sempre se fosse tornata. Ormai cominciava a dubitare di poter compiere un nuovo salto, era passato talmente tanto tempo dal primo che aveva perfino perso il conto delle ore.
<< Grazie! >> disse felice << Vedi di non “saltare” nel tuo tempo mentre non guardo però, ci tengo a vedere come scompari. >> la stava prendendo in giro, ma in modo scherzoso, non cattivo o derisorio. Il cuore di Gaia si riempì di gioia.
Adam si arrampicò su per la parete di roccia fino allo spiazzo. Era bello da guardare, sembrava un atleta pronto per una gara, con l'espressione spavalda di chi sa di essere un campione e non vede l'ora di dimostrarlo.
<< Siete tutti pronti? >> disse a voce alta per farsi sentire in basso da tutti. Chi stava ancora nuotando si diresse a riva e si avvolse in fretta negli asciugamani che avevano portato per non congelare. I bambini ridevano un po' agitati con gli occhi fissi verso Adam. << Gaia, ci vediamo tra poco. >> le strizzò l'occhio con complicità. Gaia annuì serena, c'era tempo, c'era ancora abbastanza tempo per godersi il mondo ancora per un po'.
Adam si buttò e una miriade di schizzi colpì tutti loro inzuppandoli, dopo soli pochi istanti riemerse tra applausi e risate reclamando gli onori di un eroe. Bagnato fradicio si scosse per liberarsi dalle gocce gelide che gli scendevano dai capelli lungo il collo e non appena fu abbastanza vicino alla sua sorellina Camilla l'afferrò e la fece girare, felice e soddisfatto del proprio tuffo. Gaia applaudì nuovamente.
<< Ottimo tuffo, che ne dici se ora ci provo io? >> al diavolo i vestiti bagnati, si sarebbe tuffata con il pigiama.
<< Gaia, è pericoloso. Rimani qui a giocare coi bambini, loro ti adorano. >> Piccata Gaia, si alzò e con tanto di pigiama si arrampicò agile sulle rocce scivolose, come aveva fatto Adam, fino ad arrivare in cima. Il ragazzo aveva un'espressione visibilmente contrariata, ma non avrebbe potuto importarle di meno. Era sicura riguardo ai tuffi, suo nonno era stato un campione a suo tempo e fin da quando lei era bambina era sempre stato lui il suo allenatore, le aveva insegnato tutto quello che sapeva. Gaia non era mai stata interessata davvero a quello sport, ma la rilassava, era sicura che partecipare alle gare e sottoporsi ad allenamenti estenuanti non facesse per lei, ma non per questo durante le loro lezioni si era applicata meno. Prima di lanciarsi gettò uno sguardo verso Adam in segno di sfida, fece un respiro profondo, tese i muscoli preparandoli al salto e quando si sentì pronta si lanciò in un perfetto tuffo rovesciato. A metà salto però, mentre l'aria le sferzava il viso, un crampo allo stomaco la colse impreparata, Gaia con un'incredibile forza di volontà mantenne la posizione e quando il contatto con l'acqua fredda la investì trascinandola verso il fondo, proprio in quel momento eccola, la sensazione che aveva aspettato per tutto il giorno arrivò come una morsa a stringerle il fianco.

Quando Gaia riaprì gli occhi era ancora in acqua, un'acqua tanto gelida da impedirle quasi di muoversi. Alla fine, vincendo il senso di intorpidimento che le risaliva lungo gli arti, con poche goffe bracciate riemerse.
L'acqua non era più limpida e fresca come quando si era tuffata, era scura e stantia. C'era un forte puzzo di bruciato nell'aria. Uscì dalla pozza, che non era più la cascatella ma uno stagno putrido.
Era riemersa da qualcosa simile ad un piccolo laghetto al lato di una cancellata. Il vento ululava attraverso le sbarre e faceva freddo, il gelo si era impossessato di tutto. Il cielo era grigio e carico di pioggia o, con più probabilità, neve. Gaia, battendo i denti cercò di capire qualcosa in tutto quello che le stava succedendo. Non le era mai capitato di fare un salto dietro l'altro, mai. Tutto era tetro e un velo di cenere bianca rivestiva ogni cosa. All'improvviso capì. Si avvicinò alle sbarre, ma non troppo, perché temeva di sapere cosa sarebbe accaduto se le avesse anche solo sfiorate. Quello che vide non merita di essere raccontato. Scheletri che camminavano frustati e battuti da soldati freddi e malvagi, senza pietà. Morti dappertutto, le mosche volavano ovunque e si posavano sui corpi dei morti e dei vivi senza che questi se ne curassero. Gaia sapeva bene dove era capitata e mai e poi mai avrebbe dimenticato quello che vide al di là di quella alta rete.
Ormai vicina all'assideramento, bagnata fradicia, tremava senza riuscire a controllarsi, il freddo l'era penetrato fin dentro alle ossa mozzandole il fiato. D'un tratto sentì una voce chiamarla debolmente. Con enorme sforzo girò appena la testa quel tanto che sarebbe bastato a vedere chi l'aveva chiamata.
<< Gaia sono io, Adam. >> come scaldata da qualcosa di sconosciuto proveniente dall'interno del suo corpo, gli occhi di Gaia brillarono. Ma, quando lo ebbe guardato veramente, quella piccola fiammella che si era accesa dentro di lei si spense.
<< Non è possibile, non puoi essere tu. >> Davanti a lei, nascosto dietro ad un carro carico di macigni all'interno della rete, non c'era l'Adam che aveva lasciato pochi minuti prima di tuffarsi, c'era un fantasma senza capelli, dallo sguardo vitreo di chi non ha più nulla, nemmeno i pensieri. La sua pelle, che un tempo era stata abbronzata, ora aveva un colorito quasi grigiastro come quella di un cadavere che ha già cominciato a disfarsi. La denutrizione aveva fatto scempio del suo corpo. Gli occhi che erano stati così vitali e vivaci erano ridotti a due fessure infossate nel viso, segnati da molte lacrime non piante. Le ossa sporgevano ovunque. Vedendolo, le sensazioni che avevano investito Gaia nel momento stesso in cui aveva capito dove si trovava si ampliarono a dismisura. Senza più pensare al freddo pianse, pianse perché non poteva trattenere le lacrime.
Consapevole del proprio aspetto Adam non tentò nemmeno di rassicurala, all'inizio la pregò di andarsene via il più velocemente possibile, prima che qualcuno la vedesse, ma quando capì che lei non ne aveva nessuna intenzione e che nulla avrebbe potuto dissuaderla, le spiegò semplicemente come andavano le cose, in fretta, con poche parole, senza dimenticare di scusarsi per non averle creduto fin dal primo momento, le chiese come avesse fatto a finire lì, dietro la rete, bagnata come se avesse appena fatto un bagno; ma Gaia non rispose a nulla, si limitò a rimanere in silenzio con una montagna sul cuore a bloccarle il respiro.
<< Avevi ragione su tutto. Quando mi avevi parlato di quello che sarebbe accaduto una parte di me ti aveva creduto, ma la ragione mi diceva che ciò che mi stavi raccontando doveva essere per forza il delirio di una pazza. Non sapevo ancora quanto le tue parole sarebbero state un nulla in confronto a quello che è accaduto veramente. Tu hai solo sentito raccontare quello che è avvenuto, ma io l'ho dovuto vivere sulla mia pelle, anzi lo sto ancora vivendo. Ho visto chi amavo morire sotto ai miei occhi, gente venir trascinata verso quella costruzione e mai più tornare. Al loro posto solo una coltre di cenere bianca. Le persone camminano per il campo sopra i corpi di coloro che non ce l'anno fatta. La notte si dorme gli uni ammassati sugli altri, divorati lentamente da topi e parassiti che si insinuano infidi nei vestiti leggeri. L'inverno, la neve ed il freddo sono nemici crudeli quanto i soldati, mietono tante vittime quante le malattie e le selezioni. Siamo tutti destinati alla morte. E nemmeno tu potevi prepararmi a tanto. >>
Gaia si avvicinò pericolosamente al cancello tanto che sarebbe bastato un nulla per rimanere folgorata e Adam l'avvertì di stare indietro, se c'era una cosa di cui era sicuro era che non ce l'avrebbe fatta se avesse dovuto avere sulla coscienza la sua vita.
<< Come faccio a tirarti fuori? >> Gaia sapeva benissimo di non avere nessuna possibilità ma non aveva nessuna intenzione di lasciarlo lì, non poteva.
<< Ragiona Gaia, non esiste un modo. Credimi già questa conversazione è una vera e propria iniezione di umanità. Era così tanto tempo che non parlavo con qualcuno se non per chiedere cibo o per le necessità del campo che temevo di non essere più in grado di sostenere un discorso civile. >> eppure ci stava riuscendo benissimo, un anno di campo non era riuscito a privarlo anche di quello e per questo Adam si sentì fiero quanto non era da parecchio tempo.
<< Ma io non posso lasciarti qui, non voglio. Come faccio? Magari se quando salto sei vicino a me io... >> le parole quasi non si distinguevano tra i singhiozzi soffocati tra le sue labbra, avrebbe voluto urlare, ma sapeva di non potere, con ogni probabilità la dea bendata li avrebbe presto abbandonati e qualche guardia li avrebbe notati e allora sì che sarebbe stata la fine.
Senza alcun preavviso, prima che lei potesse aggiungere qualsiasi altra cosa o che Adam potesse controbattere, la sensazione di essere finita sotto uno schiacciasassi, che ormai aveva imparato a riconoscere come l'inizio di ogni salto, le rubò le parole di bocca.
Quando Adam se ne accorse all'inizio pensò che la ragazza si stesse sentendo male per tutto quello che era stata costretta a vedere, lui compreso, e desiderò con tutte le sue forze di non averle mai nemmeno rivolto la parola, ben conscio del proprio aspetto, avrebbe tanto voluto risparmiarle tutto questo, ma ormai era troppo tardi per rimediare.
<< Gaia? Ehi, ti senti bene? >>
<< No, per niente. Adam, non voglio andarmene. >>
<< Non capisco, che ti sta succedendo? >>
Il corpo di Gaia fu scosso da un sussulto. Per quanto si sforzasse di avvicinarsi, Adam sapeva che solo un altro passo in avanti avrebbe determinato la morte. Non voleva morire così davanti a lei.
<< Questo non è un addio Adam, ti prometto che un giorno tornerò a prenderti. Io ti salverò e ti porterò con me. Promettimi di restare vivo fino a quel momento, promettimelo! >>
Poi, senza pretendere nessuna risposta, sapendo di aver esaurito il tempo a disposizione, allungò la mano quanto più la rete lo permetteva, le dita che si protendevano tra le maglie di quella trappola. Non c'era nessuna possibilità di fraintendere quel gesto così spontaneo. Adam la imitò e timidamente senza capire quello che stava accadendo, fece lo stesso e le sfiorò le dita con delicatezza facendo attenzione a non muoverle troppo e toccare la rete. Gaia sparì così come era apparsa e Adam rimase lì, in piedi al gelo, non voleva muoversi, non ce l'avrebbe fatta dopo averla rivista. Aveva tirato avanti nel campo solo al pensiero di lei, della sua fata, quella ragazza che gli aveva intrappolato il cuore in una sola mezza giornata passata insieme e che poi si era dissolta nell'acqua limpida della cascatella. All'inizio non vendendola risalire tutti si erano spaventati temendo che potesse essere affogata, ma il corpo non c'era. Era semplicemente scomparsa come per magia. I bambini era rimasti talmente sbalorditi che per Adam non era stato difficile convincerli a non dire nulla a nessuno di quanto era successo, anzi era bastato raccontargli che Gaia in realtà era una creatura dei boschi che aveva deciso di accompagnarli nella loro avventura e che se gli adulti l'avessero saputo sarebbero sicuramente andati a cercarla e l'avrebbero uccisa, perché gli adulti questo fanno: quando non conoscono qualcosa preferiscono eliminare il problema piuttosto che affrontarlo.
Mentre ancora Adam era perso in quel piccolo lusso che si era permesso di concedersi, quello di pensare a qualcosa che non fosse sopravvivere, una SS lo notò e lo raggiunse a passo svelto urlando in tedesco ordini e minacce e brandendo un lungo e spesso manganello nero. Quando l' SS gli fu vicino e cominciò a batterlo con forza, colpendolo ripetutamente su ogni parte del corpo, Adam non oppose la minima resistenza, aspettò che la guardia si sentisse abbastanza appagata dal suo operato e poi si lasciò rimettere in piedi a strattoni, non emise nemmeno un minimo lamento. Il sangue che gli scendeva da una ferita alla testa cominciò ad annebbiargli la vista, ma ignorò anche questo e senza nemmeno sentire il dolore per le contusioni, troppo intorpidito dal freddo e dalla fame, seguì l'SS che lo riportò al Kommandos a cui era stato assegnato, di nuovo al lavoro tra il fango e la neve. Ora che l'aveva rivista poteva anche morire felice, eppure sapeva di non poterlo fare, glielo aveva promesso, non aveva avuto il tempo di farlo a parole, ma l'aveva fatto, una promessa silenziosa ma ugualmente sincera. Finché gli fosse stato possibile avrebbe resistito, per lei.


Lentamente e faticosamente Gaia aprì gli occhi, le lacrime ancora le scendevano copiose solcandole le guance e arrivando salate alla bocca. Era di nuovo nel suo letto, esattamente nella stessa posizione in cui era prima che accadesse tutto, per un momento temette di aver solo sognato, ma fu subito smentita dal freddo doloroso che i vestiti bagnati e appiccicati alla pelle le stavano procurando. Ecco la conferma di tutto, non ci si infradicia così sotto le coperte mentre si dorme.
Svelta scivolò fuori dal pesante piumone e per prima cosa si spogliò il più velocemente possibile, si tolse tutto finché non rimase col solo vestito che sua madre gli aveva fornito quando era nata, la sua pelle nuda.
Lo specchio era proprio di fronte a lei, il suo viso, il suo corpo, tutto in lei era lo stesso di sempre, però in fondo, forse più in profondità di quanto avrebbe mai creduto possibile qualcosa si era incrinato ed era cambiato irreparabilmente.

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