Mia

di Jessica Fletcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mia ***
Capitolo 2: *** ELLIOTT ***
Capitolo 3: *** I miei gioielli ***
Capitolo 4: *** Una dolce bambolina ***
Capitolo 5: *** Chi sono io? ***
Capitolo 6: *** Tre colpi sul muro ***
Capitolo 7: *** Click ***
Capitolo 8: *** Ti voglio tanto bene ***
Capitolo 9: *** Il mio bambino perduto ***
Capitolo 10: *** Il babbo dello sposo ***
Capitolo 11: *** Dirà di sì ***
Capitolo 12: *** Cuccioli ***



Capitolo 1
*** Mia ***


mia

Mia


Ho sei anni e da due vivo con la mia nuova famiglia in una bella casa grande, molto grande. Voglio tanto bene a  mamma Grace, per me lei è un angelo del paradiso: è buona, dolce, sa di buono, è sempre gentile e premurosa, anche con me che non me lo merito. Però non voglio affezionarmi troppo a lei ..... prima o poi capirà che sono un bambino molto cattivo e non ne vorrà più sapere di me..... sì, sì ne sono sicuro. Lei ora non lo sa ma lo verrà a sapere che io sono veramente cattivo, anche se adesso non fa che ripetermi che sono buono, tanto buono.

 Papà, invece ..... non lo so se gli voglio bene...... Anche lui mi sembra buono e gentile e ha una voce dolce, mi legge le fiabe, a volte gioca con me, ma mi fa anche un po' paura, non so perché. Forse perché è sempre così serio, così severo, o forse è perché è un uomo e io mi ricordo ancora di......oddio.....No! Non voglio ricordarlo....No!

Ho tanto da mangiare e non ho più avuto fame da un sacco di tempo. Grace mi da' da mangiare la pasta col formaggio, l'hamburger con le patatine la pizza. Mi da' sempre il gelato o il dolce. Ho anche un sacco di giocattoli.....bei giocattoli: l'elicottero, il trenino, la pista di Indianapolis, il Nintendo.

Ma sono due anni che non parlo, non ci riesco.....ho perso le parole quando è morta la mamma e non le ho ancora ritrovate. Le ho tutte nella mia testa, lì riesco a fare discorsi lunghi e anche complicati....ma non riesco a fare uscire le parole.

Parlo attraverso la musica, la mia nuova mamma mi fa prendere lezioni di pianoforte e mi piace tantissimo suonare. La mia maestra dice che sono molto bravo e sono contento di questo.....anche se non so se è vero o se lo dice solo per far piacere ai miei nuovi genitori. Io sono solo che quando suono, allora va tutto bene, sono in un mondo tutto mio dove nessuno mi può fare male e, forse, sono felice......però la mamma, papà e Lelliott dicono che suono solo musica triste, allora forse sono anche triste....non lo so.

Quello che so è che io ho paura.
 Ho paura che questo sia solo un sogno, un bel sogno dal quale un giorno mi risveglierò e mi ritroverò da solo in quella casa buia e sporca.....ma che non ci sarà la mia mamma perché lei è morta.....sarò solo con lui e mi farà male, di nuovo e ancora e ancora.......come mi ha già fatto.....

No! non devo pensarci! Non ci voglio pensare! Non è vero! 

Questa con Grace e Cary e Lelliott è la realtà, ed è invece lui che mi sogno la notte, lui che mi picchia e poi sogno  la mia mamma che non si sveglia più. E allora mi sveglio urlando e sono tutto sudato .......e arriva Grace, mi tiene per mano, mi dice di stare tranquillo che è solo un brutto sogno, mi canta una bella canzone e si sdraia con me per farmi compagnia, per mandare via i brutti sogni.

Da qualche giorno ho una nuova sorellina, oltre al mio fratello maggiore Lelliott e a me, c'è una bambina piccola piccola. Si chiama Mia e ha sei mesi.....è così bella! E' perfetta, lei sì che è perfetta e dolce e buona, non come me che sono brutto e cattivo. Ha la pelle rosea e delicata, due occhioni azzurri, una piccola bocca a forma di cuore, le manine e i piedini paffuti. Sembra una bambola.....quando l'hanno portata a casa e l'ho vista per la prima volta, quello è stato senza alcun dubbio il momento più bello della mia vita. A volte resto ore e ore a guardarla nella culla, entro nella sua stanza e resto ad ammirarla incantato. 

Ma oggi, proprio oggi è successa una cosa strana.....eravamo tutti insieme nel grande soggiorno: io, la mamma con Mia in braccio, il papà e Lelliott.

 La mamma mi ha chiesto se volevo tenere la mia sorellina in braccio, le ho fatto segno di sì con la testa e lei, con tanta attenzione, mi ha fatto sedere e me l'ha posata sulle gambe. Poi mi ha fatto vedere come reggerla perché non cadesse; per un po' è rimasta vicinissima a noi poi si è scostata un pochino, così la tenevo in braccio tutto da solo......che bello che è stato tenerla stretta,  sentire il suo cuoricino battere e vederla respirare e fare quegli strani versi che fanno i bambini piccoli. A un certo punto si è mossa, si è mossa tanto e io ho avuto paura di non riuscire più a tenerla. Avevo paura che cadesse, che cadesse e si facesse male e non sapevo come fare e mi è venuto di chiamarla.....

"Mia!" si è sentita una voce;

"Mia!!!" ancora una volta......di colpo tutti si sono girati verso di me e mi hanno guardato....è stato un attimo, poi la mamma è venuta verso di me, ha ripreso la mia sorellina in braccio  ma continuava a guardarmi.

Non l'ho fatto apposta, giuro, non l'ho fatto apposta...lei si è mossa ......perché continuate a guardarmi così, che cosa ho fatto? Non è stata colpa mia!!!

"Non l'ho fatto apposta.....mamma, te lo giuro.....non mi guardare così" .... ora mi sento ..... la voce è la mia!!! chi parla, sono io!

"Christian, tesoro!", mamma Grace ha le lacrime agli occhi; mi viene vicina mentre regge Mia col braccio destro e cerca di mettermi l'altra mano sulla spalla, ma io mi irrigidisco subito. Le lacrime scendono giù forte dai suoi occhi mentre sposta la mano e la posa, piano, sulla mia, stringendola. Papà sospira, continua a guardarmi, ma non dice niente; mentre è Lelliott che dice una cosa stupida:

"Ma allora tu parli?" mi chiede;

"Sì" rispondo e quasi non mi sembra vero di sentire la mia voce;

"Ma non è che facevi finta di non riuscire a parlare?" altra cosa stupida  e anche cattiva;

"No....proprio .....non avevo la voce";

"E com'è che ti è ritornata?";

"Non lo so!";

"Non lo sai? Ma è roba tua! Ma sei deficiente o cosa?"

"Lelliott!!!" ora sono veramente arrabbiato e vorrei picchiarlo "vuoi un calcio, per caso?";

"Provati!" mi sfida;

"Guarda che non ci metto niente!" lo minaccio e andrei veramente a darglielo un bel calcione sugli stinchi o nel sedere ma  la mamma mi stringe ancora più forte la mano e non mi fa avvicinare.

Lelliott mi fa una boccaccia, io cerco di liberarmi dalla  mamma; ci riesco e sto per lanciarmi contro di lui ma una mano forte mi ferma.....

"Adesso basta!" dice il papà, arrabbiato "Elliott, credi veramente tuo fratello fosse contento di non riuscire a parlare? Come puoi essere così cattivo da pensare una cosa del genere? Non è da te, lo sai che non si devono fare pensieri cattivi. E tu, Christian, quante volte ti ho detto che non devi picchiare tuo fratello? Lo sai che non tollero la violenza. Ora ve ne andate tutti e due nelle vostre camerette, ognuno nella propria, in castigo e scenderete solo a cena".

Mentre salgo le scale sento che lui e la mamma parlano a voce bassa, mi sembra che lei stia piangendo oh, mamma, non volevo farti piangere.....lo so sono cattivo, lo so. Lelliott è davanti a me, ha finito di salire le scale, non si volta a guardarmi e entra nella sua camera.

Me ne vado per i fatti miei e entro anch'io nella mia cameretta.

Mi sembra una cosa strana di riuscire a parlare, voglio farlo di nuovo. 

Guardo in giro e vedo quella foto, la sua  foto sull'angolo della bacheca. Mi fermo e la guardo. Sento qualcosa qui in gola, una cosa che mi strozza e ho paura di  avere perso le parole un'altra volta.

ma no, non conta...lei non c'è più, non conta......non significa niente, devo pensare ad altro

Guardo fuori dalla finestra il sole tramonta sul mare e il cielo è tutto rosso....faccio un sospiro e riprovo a parlare:

"Mi chiamo Christian Grey, ho sei anni, vivo in una grande casa sul mare con mia mamma Grace, mio papà Cary, il mio stupido fratello Lelliott e la mia dolce sorellina Mia e....ho trovato le parole"



Allora: ho cercato di immaginare la prima volta che Christian ha parlato dopo la morte di Ella, la sua madre naturale. Devo dire che non è stato facile cercare di immedesimarsi in un bambino di sei anni, soprattutto per il linguaggio che ho cercato di fare il più semplice possibile, ma non troppo infantile dato che abbiamo a che fare con una specie di genio. comunque accetto osservazioni al riguardo e anche consigli.

Un paio di precisazioni: ho reso il papà, Cary, piuttosto severo perché è questa l'impressione che ho avuto leggendo il romanzo e, naturalmente, per questioni di giustizia dovendo punire Elliott doveva punire anche Christian anche se, immagino, che lo avrebbe baciato ad abbracciato volentieri. E comunque entrambi i genitori hanno un "profilo basso" di fronte al loro figlio, in linea, questo, con quanto succede la prima volta che lo sentono cantare, come si legge nel terzo libro della trilogia.
Ho fatto un Christian forse un po' troppo "basso" in autostima (continua a ripetere che lui è cattivo e crede di avere sempre la colpa di tutto) perché ritengo che effettivamente l'autostima di Mr Grey sia veramente molto ma molto bassa .....sia da adulto sia, soprattutto, da bambino.
Naturalmente non credo veramente che Elliott sia stupido, ma ritengo che Christina lo consideri davvero un po' stupido, di sicuro meno intelligente di lui.

Di più non ho da dire, spero che vi piaccia
Fatemi sapere

Buona lettura
Love
Jessie


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Capitolo 2
*** ELLIOTT ***


elliott

Elliott

Sono lì seduto sul letto a pensare quando qualcuno bussa alla porta

"Sono Elliot" la voce di mio fratello sembra un po' meno forte del solito "posso entrare?";

"Va bene, entra " gli rispondo, ma non so se ho tanta voglia di vederlo.

Lui entra e mi guarda con quei suoi grandi occhi azzurri

Vorrei averli io quegli occhi cosi azzurri, forse mi vorrebbero tutti più bene...se avessi gli occhi azzurri...

"Christian; volevo dirti che mi dispiace tanto di averti detto quelle cose. Non volevo essere cattivo con te ma davvero non credevo proprio che ti avrei mai sentito parlare ... ci sono rimasto secco a sentire la tua voce e così ho detto una stupidaggine...”

Tace per qualche minuto, abbassa gli occhi, poi li rialza e mi chiede “Ma davvero riesci a parlare?"

"Sì" rispondo

"Figo!" dice lui, e poi "dimmi ancora qualcosa"

"Sei un'idiota,Lelliot. Un' idiota e uno stupido!"

"Ehi, ti avevo detto di dirmi qualcosa, ma non le parolacce! E, poi, io mi chiamo Elliott!"

"Sì, Lelliott" lo prendo in giro,

"Elliott" ripete arrabbiato

"Lelliott, Lelliot...Lelliott scemo!" lo canzono

Sembra ancora più arrabbiato, mi aspetto che mi salti addosso da un momento all'altro e così mi preparo a difendermi. Che significa che lo meno un'altra volta, tanto da me le prende sempre, anche se sono più piccolo.

Però, poi, rimane fermo, alza le mani, mi guarda negli occhi e mi dice “Non è divertente, Christian!”;

No” rispondo “non è divertente. Non lo è stato nemmeno prima, quando mi hai dato del deficiente davanti a mamma e a papà”

Lui diventa rosso e abbassa lo sguardo.

Ti ho già detto che mi dispiace. Mi credi?”;

Non so se credergli o menarlo. Ma gli do' una possibilità.

Okay” gli rispondo “ti credo”

Rimane un po' in silenzio poi mi chiede “Amici? Anzi...” aggiunge “...più che amici, fratelli!”

Mi tende la mano, la afferro un po' incerto e, sempre incerto e a bassa voce, rispondo “fratelli”

Rimaniamo per un po' così in silenzio, poi lui mi chiede “Posso giocare con te?”

Va bene, però non prendere l'elicottero. Quello è mio” sogghigno, non voglio che nessuno tocchi il mio elicottero, “prendi le macchinine”

Okay”.

Gioco insieme a lui per un po', è la prima volta che lo faccio con qualcuno: è divertente. Non credevo fosse così divertente.

"Dopo cena" mi chiede "ti va di venire nella mia stanza a giocare con i Lego?"

"Solo se mi lasci costruire una barca" rispondo;

"Okay" dice lui "tanto io preferisco fare le case" e, così dicendo, lancia la macchinina contro al mio elicottero e ride.

Forse saremo davvero amici, oltre che fratelli.

Forse ... ma non ci credo.

Sarebbe troppo bello.

E le cose belle non accadono a quelli come me.

Allora, dato che non avevo chiuso la fanfiction su Mia ho pensato bene di aggiungere un capitolo. Questa volta su Elliott. Mi è piaciuto inserire un momento di interazione fra i due. Del resto leggendo la trilogia si capisce che loro si vogliono bene e che sono, in un certo qual modo, uniti.

Penso che continuerò ad andare avanti inserendo altri momento di vita familiare del piccolo Christian con i fratelli e i genitori adottivi (che per me sono i veri genitori)

Non so dove il tutto mi porterà. Forse a niente, ma mi diverto a scrivere e questo e l'importante

Spero che voi vi divertirete a leggere

A presto

Love

Jessie

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Capitolo 3
*** I miei gioielli ***


i miei ragazzi

I miei gioielli

POV GRACE

Parla.

Mio figlio Christian ha parlato. Per la prima volta dopo quasi due anni ho potuto sentire la sua voce, la sua dolce vocina.

Mio Dio, ti ringrazio. Credevo che non avrei mai potuto sentirlo parlare e, invece, il miracolo è avvenuto.

Mi ha chiamato mamma.

Ho sempre avuto nel mio cuore la paura che lui non riuscisse ad accettarmi come mamma, che il ricordo della sua madre biologica fosse ancora talmente vivo da offuscare tutto l'amore e il bene che provo per lui e che cerco di dimostrare ogni giorno. Invece mi ha chiamato mamma.

Ho cercato di non scoppiare a piangere davanti a lui, si sarebbe spaventato e non avrebbe capito il perché delle mie lacrime.

Ma, non appena i ragazzi sono andati nelle loro camere, lacrime di gioia e di commozione hanno iniziato a sgorgare dai miei occhi.

Non ho potuto evitarle, ero tanto felice.

SONO tanto felice, adesso il mio Christian non è più cosi tanto diverso dagli altri. Nonostante molti suoi problemi restino immutati, almeno adesso può esprimersi, interagire con me e con suo padre, con i suoi fratelli. Anche se, come prima cosa, ha finito con il litigare con Elliott.

Sorrido al pensiero dei miei due ragazzi che litigano fra di loro come due normali fratelli, forse siamo sulla buona strada.

E mi viene voglia di vederla subito, questa povera creatura che ha sofferto così tanto. Voglio sentire ancora la sua voce, assicurarmi che davvero parla, che non è stato solo un caso o, peggio ancora, un sogno.

Salgo le scale per andare in camera di Christian; non appena giunta in cima sento dei passi dietro di me.

È mio marito, Carrick.

"Vai da lui?" mi chiede "vengo con te" e non aggiunge altro.

Silenziosamente ci avviciniamo alla porta che è socchiusa, guardiamo dentro e...

E li vediamo, insieme, che giocano; la testolina bionda di fianco alla testolina color rame, le piccole mani che si sfiorano appena.

A un certo punto Christian dice qualcosa e Elliott scoppia a ridere. Christian lo guarda sospettoso per qualche minuto, poi sorride. Ma i suoi occhi sono tristi. Lui è sempre triste e mi domando quando mai lo vedrò felice.

Quando...

Un momento, Grace, mi dico. Oggi è un grande giorno, lui ha fatto un enorme progresso. Il resto, beh, il resto verrà. Prima o poi si aggiusterà tutto. Si deve aggiustare tutto. Lo voglio credere: oggi non è la giornata per fare brutti pensieri.

E, adesso,  non posso aspettare. Voglio sentire ancora una volta la sua voce, vorrei tanto essere chiamata "mamma" di nuovo.

Così entro nella stanza.

"Ciao, mamma"  mi saluta Elliott, sorridendo.

"Ciao, mamma" gli fa eco Christian, un po' meno sicuro e sorridente, anzi oserei dire quasi timoroso, forse distaccato.

Però mi ha chiamato mamma e, comunque, parla; è a posto, regolare, normale.

Oh quanto vorrei prenderlo in braccio, stringerlo forte e riempirlo di baci! Strapazzarlo per gioco, coccolarlo, farlo ridere felice. Ma lui non vuole essere toccato. Quanto male devono avergli fatto per ridurlo così? Mio Dio, quanto? Tanto, troppo...troppo. 

Ingoio il nodo che mi è formato in gola e penso che potrei provare nuovamente a cercare un contatto, avvicinarmi, scompigliare per gioco i capelli a tutti e due e, quasi per caso, provare a scivolare verso la spalla.

Mi avvicino, mi inginocchio davanti a loro e fingo di interessarmi ai loro giochi. Accarezzo la testa di Elliott e poi quella di Christian. Cerco di scendere verso la sua spalla ma lui si irrigidisce, così mi fermo e ritiro la mano. Elliott, invece, viene a cercare una coccola di più. Non gliela nego, ma non so se indugiare a lungo. Non so come la prenderebbe Christian.

Per fortuna Carrick viene in mio aiuto, mi raggiunge e poi dice "Ma che bravi i miei ragazzi, che giocano insieme! Vedete che è più divertente giocare insieme, invece che litigare tutto il giorno? Sono proprio orgoglioso di voi. Anzi, sono così orgoglioso che vi tolgo il castigo. Potete uscire di qui, se volete"

I due fratelli si guardano per pochi secondi, quasi a cercare un silenzioso accordo.
"Beh, vedi papà" è Elliott che parla "noi stiamo giocando, ci divertiamo. Possiamo restare qui fino all'ora di cena?"
"Ma certo che potete!".

"Okay, grazie papà" esclama il nostro figlio maggiore;
"Grazie, papà" gli fa eco, sicuro, Christian.

"Di niente" risponde mio marito, ma la voce gli si spezza.
 Prende la mia mano e mi porta velocemente fuori dalla stanza. Mi volto a guardarlo: ha gli occhi umidi.
"Papà" mormora "mi ha chiamato papà. Non lo avrei mai creduto, mai".

E scuote la testa, ancora incredulo.
Gli asciugo gli occhi con la punta delle dita, gli sorrido e, insieme, scendiamo al piano inferiore.

Ed ecco il terzo capitolo.
E ho anche altre idee.
Per cui prevedo altri capitoli (non è una minaccia! o la è?)
Diciamo che ho voluto dare voce alla mamma, e penso proprio che ormai era ora!
Spero di essere stata abbastanza materna.
E anche realistica, anche se in effetti non saprei proprio cosa farei se mi trovassi al posto di Grace.
E comunque temo di avere inquadrato meglio il personaggio di Carrick che non quello di Grace.
Che ne pensate?

Ringrazio maestrina e katiag che mi hanno dato lo stimolo a proseguire con questa mia idea.

Ma ringrazio anche tutti coloro che mi seguono e che hanno inserito le mie storie fra le ricordate e le preferite.

Mi fa piacere che vi divertite a leggere le mie sciocchezze.

Ora attendo recensioni.

Ah, scusate per l'impaginazione "strana" purtroppo ne ho scritto parte sul tablet e parte sul PC.

A presto

Love

Jessie


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Capitolo 4
*** Una dolce bambolina ***


una dolce bambolina

Una dolce bambolina

 
E' passato più di un anno da quando ho ripreso a parlare  e da allora non ho più smesso.
Le parole mi sono ritornate come se non fossero mai andate via e ne ho anche imparate delle nuove. Riesco a parlare senza problemi, non sono un chiacchierone, però. Non come Lelliott: lui parla sempre!
Io invece sto spesso in silenzio, ma quando la mamma o il papà mi chiedono qualcosa sono più che capace di poter rispondere e di poter dire quello che voglio, o se sto male.
Non riesco però a raccontare i miei incubi. Non ce la faccio, sono troppo terribili, fanno troppo male.

Vado a scuola, ad una scuola privata con pochissimi bambini. Non mi piacciono gli altri bambini, non  riesco a giocare con loro; ho sempre paura che mi tocchino il petto o la schiena, per questo non ho amici. L'unico mio amico è Lelliott, lui sa benissimo che non può toccarmi e così riesco a giocare con lui.

Sono nel salotto di  casa, adesso, e sto suonando il piano. Sono bravo a suonare il piano, la maestra dice che ho talento, e la mamma viene spesso a sentirmi. Anche adesso è qui con Mia che ha appena imparato a camminare e fa dei passetti piccoli piccoli; sembra sempre sul punto di cadere. E qualche volta cade, ma si rialza subito ridendo. E' sempre allegra ed è così carina.

Suona il telefono e la mamma va a rispondere lasciando Mia nella stanza con me.
Lei cammina verso di me e mi chiama "Chitian! Chitian!" ancora non pronuncia bene il mio nome.
Trotterella nella mia direzione, io scendo dallo sgabello del pianoforte e mi inginocchio così sono piccolo come lei.
Fa gli ultimi passi, e, una volta di fronte a me, mi mette le braccine intorno alla vita e appoggia la piccola testa sopra la mia spalla.
La abbraccio a mia volta,  è tanto tenera.
"Mia!" le dico "sei venuta dal tuo fratellone?"
"Cì" risponde lei in quel modo così buffo che hanno i bambini piccoli di parlare.
"E cosa facciamo ora? Giochiamo?" le chiedo.

Mentre aspetto la risposta, alzo gli occhi verso la porta e vedo Lelliott che mi guarda stupito come se avesse visto un marziano. O uno dei suoi amati dinosauri.

"Chris!" mi chiama con il nome che usa sempre come  diminutivo.
Lo guardo, incuriosito da quello che sta per dirmi,
"Chris!" ripete "lei ti sta toccando!"
"Eh?" chiedo io sorpreso "Come?"
"Lei, Mia, ti sta toccando. Tiene le mani sulla tua schiena e la testa sulla tua spalla"
"Sì, e allora?"
"Allora: tu non permetti a nessuno di toccarti! Perché a lei sì?"
Ci penso su un attimo e mi accorgo che è vero: Mia è l'unica persona che mi può toccare. Con indosso i vestiti, si capisce, però di lei non ho paura. L'ho sempre abbracciata, fin da piccolina, quando ero più piccolo anch'io e, qualche volta, ho anche provato a prenderla in braccio.  Mi sembra naturale farmi toccare da lei, non mi crea problemi.

"Lelliott" rispondo a mio fratello "lei è piccolina, dolcissima: una tenera bambolina. Non potrei mai avere paura di lei, non potrebbe mai farmi del male";
"Ma neppure io ti farei mai del male, lo sai. E papà, la mamma...davvero pensi che te ne farebbero? "

Mentre mio fratello parla si avvicina a me, viene molto vicino e, immediatamente, vengo preso dal panico.
"Non toccarmi, Lelliott! Non toccarmi! Se lo fai ti meno, giuro!" gli grido contro. Sento il cuore  battermi a mille e quasi mi manca l'aria.
"No, stai tranquillo, non ti faccio niente!" scuote la testa, mi guarda perplesso "certe volte, Chris, mi riesce difficile capirti!"

Non so cosa rispondergli, certe volte non mi capisco neanche io!


Quarto capitolo della  storia di Christian in famiglia.
Che ne pensate?
Più vado avanti con questa storia, più mi rendo conto di quanto debba essere difficile crescere con un fratello così traumatizzato. Anche se, forse, sono solo mie supposizioni.
Vabbè, sono solo fan-fiction, non prendiamole troppo sul serio!

Un ringraziamento a tutte le mie recensitrici e un ringraziamento molto particolare a Allison75 per il suo messaggio.

Grazie a tutti

A presto
Love
Jessie


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Capitolo 5
*** Chi sono io? ***


chi sono io?

Chi sono io?


POV Carrick


Sono passati già otto anni dal giorno in cui Christian è venuto a stare con noi. Otto anni da quando quel passerotto impaurito è entrato a fare parte delle nostre vite.

Ha dodici anni, ora, e fisicamente ha fatto enormi progressi. Una volta risolti i postumi della denutrizione, ha sviluppato una crescita sorprendente rivelandosi molto alto per la sua età. Rispetto a suo fratello Elliott appare molto più magro e non so se questo sia dovuto a costituzione fisica o sia l'ultima conseguenza della grave denutrizione cui il suo povero fisico è stato sottoposto nei primi anni di vita. Grace, mia moglie, dice che è ancora troppo presto per poter valutare con esattezza e che dobbiamo attendere l'età dello sviluppo. Tutto sta nell'aspettare, ma non è una cosa che mi impensierisce.

Quello che veramente mi preoccupa è la sua situazione psicologica: quasi ogni notte ha degli incubi dai quali si risveglia urlando e tremando come una foglia. Devono essere veramente spaventosi ma non ci è dato sapere niente circa il contenuto: Christian non ne vuole parlare, almeno non con noi. Credo che dica qualche cosa allo psicologo che lo ha in cura, ma finora è trapelato pochissimo.

Ha, poi, sviluppato come una forte rabbia nei confronti di tutto e di tutti, come se ce l'avesse col mondo intero.

E non vuole essere toccato, continua a non voler essere toccato da nessuno, nemmeno da sua madre, tanto meno da me. Tollera a malapena che un leggero buffetto sulla guancia e l'essere brevemente sfiorato sulle braccia e sulle gambe. Ma va assolutamente in panico ad ogni tentativo di toccarlo sulle spalle, sulla schiena e sul petto. So perfettamente il perché e non insisto; vedere il terrore dipinto negli occhi di mio figlio è una cosa terribile, destabilizzante che scuote nel profondo.


Adesso lui è qui, è entrato nel mio studio e mi sta guardando.


"Christian" lo chiamo "hai bisogno di qualcosa?"

"Ehm, sì. Cioè, ...ti volevo chiedere una cosa, papà"

"Dimmi, figliolo. Cosa c'è?"

"Ti volevo chiedere se sai chi è il mio vero padre...cioè, il mio padre biologico. "

"Non l'abbiamo mai saputo, ma, perché me lo chiedi?"

"Perché no una stramaledetta paura che possa essere quel bastardo del protettore di mia madre."

"No, non è lui. Non credo proprio"

"Come fai ad esserne così sicuro?"

"Beh, tanto per cominciare non gli somigli affatto. Quando morì tua madre, lui venne interrogato, io ero presente, e negò apertamente qualsiasi legame di parentela con te. Disse..." e qui mi fermo perché non voglio proprio ripetere le parole usate da quell'animale. Fanno troppo male.

Ma è mio figlio che prosegue al posto mio:

"Lo stronzetto non è figlio mio. Non voglio avere niente a che fare con lui! ... ha detto così, vero?" mi chiede.

"Esattamente" rispondo e, subito, un pensiero atroce mi attraversa la mente.

Guardo Christian, i suoi occhi hanno un'espressione dolente e smarrita, un'espressione che mi strazia l'anima.

"Tu lo ricordi benissimo. Tu ricordi i tuoi primi anni di vita, vero?" gli chiedo.

Lui non risponde, ma fa ripetutamente cenno di sì con la testa.

Signore, perché? Perché proprio questo?

Speravo proprio che avesse dimenticato, che i suoi incubi fossero solo un prodotto dell'inconscio, e invece; lui ricorda tutto. E, per tutto, intendo tutto il male che gli hanno fatto: le botte, la fame, i maltrattamenti.

Mio Dio: è terribile. Pensare che lui vive con questo inferno ancora presente nella mente.

Darei tutto, la mia stessa vita, per poterglielo risparmiare anche solo per un minuto, anche se posso solo immaginare che razza di sofferenza sia.

E non so cosa fare: se dipendesse da me lo abbracciare e lo cullerei a lungo per farlo stare un pochino meglio.

Ma non posso toccarlo, non posso fare niente, se non cercare di continuare il dialogo.

"Ne vuoi parlare?" gli chiedo.

Non risponde ma fa segno di no.

Passano alcuni minuti, poi mi parla; la sua voce è un sussurro appena udibile.

"Mi ha avuto da un cliente, vero? Sono il frutto di...di una botta e via. Mio padre è uno dei tanti che sono entrati, se la sono fatta, l'hanno pagata e poi se ne sono andati per i fatti loro. Chi sono io, papà? Chi sono? Sono il figlio di nessuno. Di nessuno e di una puttana drogata. Sono un bastardo, nient'altro che un bastardo!"

"Christian, basta, adesso basta" sbotto, arrabbiato, non posso sentirlo parlare a questo modo.

Poi proseguo, più dolcemente "Figliolo, non torturarti così. Non è giusto, non ti fa bene, ti fa solo soffrire e niente altro. Sono io tuo padre, non ti basta questo?"

"No, non mi basta" risponde, e il suo sguardo è  cupo, arrabbiato, dolente, agghiacciante.

Poi scuote la testa e se ne va.

Pochi minuti dopo sento suonare il pianoforte: la Marcia funebre di Chopin. La suonerà due, tre, quattro, anche cinque volte, fino a quando porterà un minimo di tregua al suo dolore.

Io resto qui ad ascoltarlo e soffro come un cane.

Certe volte fare il genitore è veramente difficile.

Certa di fare una cosa gradita, ho inserito un capitolo dal punto di vista di Carrick, il babbo. 

Quello che lui e Christian si dicono è basato su un paio di spunti che emergono sia dalle lettura del secondo che da quella del terzo libro della trilogia originale. Io non ho fatto altro che mettere insieme i pezzi ed ecco qua.

come sempre, spero che vi piaccia.

Attendo recensioni e ringrazio le mie recensitrici e tutti coloro che mi seguono

A presto

Love

Jessie

PS: se a qualcuno interessa qui c'è la Marcia Funebre di Chopin, piuttosto cupa, non trovate?

https://www.youtube.com/watch?v=Hgw_RD_1_5I


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Capitolo 6
*** Tre colpi sul muro ***


3 colpi sul muro

Tre colpi sul muro

POV ELLIOTT


Sto uscendo da scuola, insieme con il mio amico Peter; stiamo organizzando di uscire con un paio di ragazze, portarle a cena, al cinema e poi, se proprio ci stanno...beh, sapete come vanno le cose in questi casi.

Insomma sono lì tutto gasato pensando alla serata che mi aspetta quando ecco che ti arriva l'altro mio caro amico, George.

"Elliott" mi dice "Elliott! Corri, stanno picchiando tuo fratello. Lo stanno pestando di brutto!";

"Chi sono?" chiedo preoccupato. Non è la prima volta che mio fratello rimane coinvolto in una rissa e non sarà nemmeno l'ultima, temo.

C'è qualcosa in lui, come un lato oscuro, che lo porta a cacciarsi sempre nei guai. Temo che prima o poi finirà col trovarsi in casini veramente seri. Io cerco di stargli dietro più che posso ma più di tanto non posso fare. In fin dei conti ho solo 15 anni; sono un ragazzo, non un adulto. So che papà e mamma fanno del loro meglio. Ma temo che non sia abbastanza.

"Chi sono?" chiedo nuovamente a George,

"I due fratelli Blake e un altro tizio che non ho riconosciuto. Sono in tre";

"Tre contro uno, più piccolo, peraltro. Bei vigliacchi! Beh, andiamo!" e, guidati da George io e Peter ci avviamo verso il luogo della rissa.

Ed eccoli lì, Mark e Michael Blake, insieme all'inseparabile Chad Morgan che se la prendono con il mio fratellino. Loro hanno la mia età, Chris è poco più di un bambino in confronto ma si sa difendere. Ora però è a terra mentre i tre si accaniscono contro di lui prendendolo a calci e a pedate.

Resisti, Chris, stiamo arrivando.

Capisco che non c'è un momento da perdere.

Faccio in modo di trovarmi proprio dietro a Michael mentre alza il braccio per colpire mio fratello e lo afferro per il polso; giro la presa nel modo giusto e lui finisce steso a terra. Potenza del judo!

"Ehi, Michael! Prova a batterti con uno della tua taglia!", lo sfido. Lui si alza e mi viene contro, ma lo controbatto bene mentre Peter e George si prendono cura degli altri due e Chris, ripreso fiato, sta facendo la sua parte. Ha del coraggio, la creatura.

Ne esce fuori una zuffa di dimensioni epiche, fra schiaffi, pugni, calci e pestoni, alla fine riusciamo ad averla vinta.

"Ha cominciato lui!" ribatte Michael, asciugandosi il sangue dal naso, "tuo fratello è un vero attaccabrighe";

"Ah, si? E tu non hai fatto proprio niente?"

Michael non risponde, non dice niente, anzi fa la faccia innocente e sorpresa.

Restiamo in silenzio alcuni minuti e poi sento, fioca e debole, la voce di mio fratello;

"Mi ha detto figlio di puttana!"

Come??? Lì per lì penso a nostra madre e mi arrabbio di brutto, ma come osa? 

Poi...

Mio Dio, Christian!

Se a me fa male, a lui fa male due volte, dato il suo passato. So tutto di lui, papà e mamma me lo hanno detto non appena ho avuto l'età per capire. Ho assistito ai suoi incubi, ai suoi momenti cupi, ho visto le sue cicatrici, ricordo i giorni in cui non parlava e posso garantire che ride molto di rado e che non l'ho mai sentito cantare.

Figlio di puttana, gli hanno detto, ed è stata una coltellata nel suo cuore.

"Vai via, Michael! Andate via tutti! Levatevi dai piedi se ci tenete a restare interi!"

Sono incavolato a bestia; faccio la voce grossa e so di bluffare.

Ma funziona: i tre, già stanchi e pesti, battono in ritirata con la coda fra le gambe.

Mi volto a guardare mio fratello; é seduto a terra, il suo viso é ridotto a una maschera di sangue, ha gli occhi gonfi e riesce a malapena a tenerli aperti.

Mi avvicino, lui alza lo sguardo ad incontrare il mio, mi inginocchio al suo fianco.

"Hai dolore?", gli chiedo. Annuisce silenziosamente.

"Ce la fai ad alzarti in piedi?", quasi in risposta prova ad alzarsi, nel tentativo fa una smorfia di dolore e un gemito soffocato. Lo aiuto, si alza ma si vede che sta soffrendo.

"Come ti senti?", chiedo ancora, preoccupato.

"Ne ho passate di peggio", alza le spalle.

Quando dice così, so che si riferisce al suo passato.

Sto male pensando alla sua prima infanzia e mi viena da maledirli quei due bastardi: come hanno osato fare quelle cose al mio fratellino?

Ma poi mi arrabbio e questa volta con lui; come può avere così poco amore, così poca attenzione per se stesso? Perché si chiude sempre a riccio?

"Christian" lo ammonisco, "si vede che stai male. Dovresti andare al pronto soccorso";

"Lasciami stare, Lelliott! Non ho bisogno dei tuoi consigli";

"Lascia almeno che ti aiuti. Ti porto a casa, vuoi?";

Per tutta risposta lui cerca di allontanarsi e di andarsene per i fatti suoi ma barcolla e quasi cade di nuovo a terra.

"Chris!"

Lo afferro al volo e lo aiuto a sostenersi offrendogli il mio appoggio;

"Adesso ce ne andiamo a casa, zuccone che non sei altro!" lo ammonisco di nuovo e lo porto con me.

Siamo soli in casa; la mamma é di turno in ospedale e rientrerá solo a tarda notte, mentre papà e Mia sono andati a Detroit a trovare i nonni Grey.

In silenzio entriamo e andiamo in bagno, vorrei poter aiutare Christian almeno a spogliarsi ma lui non vuole farsi toccare. Così cerca di fare tutto da solo, si spoglia e prova a medicarsi anche se gli costa fatica e dolore. Io mi limito a preparargli due pasticche di antidolorifico e a cercare di non sembrare troppo impressionato dai segni rossobluastri che ha sul corpo.

Ci prepariamo latte e biscotti per cena e poi lo porto a letto.

"Mettiti sotto le coperte e cerca di dormire. Domani ci inventeremo qualche fandonia da raccontare alla mamma, se scopre che hai fatto di nuovo a botte si arrabbia di brutto"

"Frega niente! Lo scopra pure...Tanto..."

Non sto nemmeno a controbattere, sono stanco e amareggiato e non ho voglia di confrontarmi con la scarsa autostima di mio fratello.

Mi dirigo verso la porta e proprio prima di uscire gli dico:

"Senti, io sono nella mia stanza. Se avessi bisogno di qualcosa, stanotte, soprattutto se ti senti male bussa tre volte sul muro e io verrò da te. Ok?"

Lui non risponde, nemmeno cerca di guardarmi. Gemendo di dolore si gira dall'altra parte, volgendomi la schiena.

Io vado in camera mia, mi spoglio e mi stendo sul letto.

Sospiro, so che passerò la notte sveglio ad aspettare tre colpi sul muro che non verranno mai.

E non solo perché lui non ne avrà bisogno, ma perché non vuole farsi aiutare.

Soprattutto non da me, non ora.

Christian è cambiato, sta diventando cupo, oscuro e io ho paura di perderlo, una fottuta, tremenda paura. 


Ciao a tutti

che ne pensate di questa storia e, soprattutto, di Elliott?

A me sta molto simpatico, nonostante alcune battute di Christian, penso che sia realmente un bravo ragazzo, altruista e che voglia un mondo di bene a questo suo fratello così complicato.

E', semmai, Christian che con il suo atteggiamento, tende ad isolarsi dalla sua famiglia. Una famiglia che crede di non meritare; così confonde l'amore con la pietà. 

Unica eccezione, lo abbiamo visto, è Mia.

Attendo recensioni

A presto

Love

Jessie




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Capitolo 7
*** Click ***


click

Click


POV Christian


Verso il liquido ambrato nel bicchiere, ne verso tanto, lo riempio fino all'orlo.
Poi prendo un respiro e lo butto giù tutto di un fiato; il whisky brucia nella mia gola, si espande bollente nelle mie vene.

Ancora un paio di bicchieri e poi starò bene, ancora un paio di bicchieri e non mi ricorderò più di niente.
Sparirà tutto, ogni cosa si annebbierà nella mia mente, finalmente avrò un po' di pace.

Perché la vita è uno schifo, anzi, correggo la mia vita è uno schifo.

Io sono il figlio imperfetto di una perfettissima famiglia da spot pubblicitario: la mamma medico sempre bionda e sorridente, il babbo avvocato severo e signorile, il fratello maggiore capitano della squadra di football, pieno di amici e, soprattutto pieno di donne, la sorellina piccola, dolce, buona e bellissima, un angelo del paradiso.
Loro hanno talento, bellezza, bravura e poi ci sono io: la pecora nera, il brutto anatroccolo, il soldatino senza mostrine, il figlio bastardo, il figlio della puttana drogata.
Io che non ho amici, che non studio e non vado bene a scuola, che faccio sempre a botte, che non rido quasi mai, non piango mai, non riesco a mostrare nessun altra emozione che non sia la rabbia.

Io che, a quasi quindici anni, vorrei avere una ragazza e non posso averla, perché come potrei anche solo limonarci se non sopporto di essere toccato. Eppure le ragazze mi piacciono, mi piacciono molto: certe volte, guardando una ragazza, l'uccello mi viene tanto duro e grosso che temo che finisca per scoppiarmi fra le gambe.

Che non riesco quasi più a dormire, la notte, perché appena chiudo gli occhi i fantasmi del passato ritornano implacabili a perseguitarmi. E a quelli se ne aggiungono altri, sogni terribili, nei quali perdo la mia perfettissima, splendida, terribile famiglia adottiva e rimango orfano e solo al mondo. O nei quali la mia nuova famiglia non c'è e non c'è mai stata.

Io che bevo per dimenticare.

Perché non è facile essere come me. Avere un disperato bisogno di essere amato e rendersi, contemporaneamente conto di non essere degno dell'amore di nessuno; capire che per tutta la vita si sarà soli e che, se così stanno le cose, tanto vale abituarsi sin da subito. Anche se il solo pensiero ti fa stare male.

E allora mando giù uno, due, tre bicchieri di ... di qualsiasi cosa purché sia forte: whisky, bourbon, gin, rum, va bene tutto, non mi importa.
Tanto quello che aspetto, che voglio disperatamente è che arrivi quel click, quel segnale che spegne il mio cervello e cancella tutto.
Così io, almeno per un po', sto bene. Allora i miei sogni, le mie illusioni diventano vere e io sono come tutti gli altri: un perfettissimo Grey, un figlio buono, volenteroso, degno dell'amore di mio padre e, soprattutto di mia madre. Un fratello di cui andare orgogliosi. Un qualcuno che vive solo nei miei sogni più segreti.

Uno, due, tre, quattro bicchieri e il click ancora non viene.
Ne verso un altro, mi trema la mano, sento le gambe cedere, sento la testa che diventa sempre più leggera.
Lo butto giù di un fiato.
Ecco ci siamo: è adesso.

Click!
E, come per incanto, sparisce tutto.
Benvenuto oblio!




Triste, vero?
Ho cercato in questo breve capitolo di immaginare i pensieri e le sensazioni di Christian quando si ubriaca, non so se ci sono riuscita bene
Spero di sì.

La considerazione sul "click" che spegne il cervello quando si ha bevuto, non è del tutto mai ma tratta da un bellissimo film degli anni '50 "La gatta sul tetto che scotta"; non so se l'avere visto. Se vi capita ve lo consiglio, è veramente molto bello.

Nei prossimi capitoli ritornerò a fare interagire Christian con la sua famiglia. Non so quanti ne verranno fuori: finché ne ho voglia vado avanti.

Ringrazio chi ha recensito, chi ha messo questa mia storia fra le preferite, le seguite e quanto altro.
Vi voglio bene.

A presto
Love
Jessie

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Capitolo 8
*** Ti voglio tanto bene ***


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Ti voglio tanto bene


La stanza è buia...appena una luce debole debole filtra dall'altra stanza.
La sento gridare, piangere e poi sento la voce di lui, aspra, violenta, alterata. Sta urlando e mentre urla la sta picchiando, riconosco perfettamente il suono degli schiaffi, i gemiti di lei ogni volta che riceve un colpo.
Vorrei uscire, vorrei poterla aiutare, vorrei potergli dire di lasciarla stare, ma non ci riesco. Ho paura, ho paura che poi se prenda con me.
Così resto qui, sono un vigliacco. Lo so.  Non sono in grado di prendermi cura di lei, della mia mamma, non riesco a fare quello che dovrei fare per salvarla. Dovrei prendere io le botte al posto suo, tanto non sarebbe di certo la prima volta. Ma non ce la faccio, non ci riesco.
Resto qui mi nascondo nell'angolo più buio della stanza e spero che lui non venga mai a cercarmi.
Tum...tum...tu-tum: il cuore mi batte forte nel petto , lo sento quasi in gola, per un attimo ho paura, paura che lui senta il mio cuore battere così forte e mi venga a cercare. Vorrei farlo smettere, farlo battere più piano ma non ci riesco...

"Christian!"

Chi è? chi è che mi sta chiamando? Sembra la voce di una bambina...dov'è? voglio mandarla via, non deve stare qui. Se lui la vede poi picchia anche lei e io non voglio.
 Dove sei? Dove sei, piccolina? Guardo in giro ma non vedo nessuno, nemmeno un'ombra.

"Christian, svegliati! Svegliati, fratellone! Svegliati! Christian!!!"

Sento una mano che mi sfiora. La bambina è qui, ma ancora non la vedo.
Certo che non la vedo: ho gli occhi chiusi. Ora li apro e...

E mi sveglio con un sussulto!
Sono nella mia stanza, è buio, davanti a me scorgo appena il poster di Giuseppe di Natale. Sono tutto sudato e ho il cuore in gola e il respiro corto.
Un piccola mano è posata sul mio viso, mi sta accarezzando.
Mi volto a guardare chi è: è Mia, la mia sorellina.
Mi sta guardando con gli occhi tristi mentre continua a fare scorrere la sua piccola mano sulla mia guancia, fra i miei capelli.
"Cos'era, Christian? un brutto sogno?"
"Sì" le rispondo "un incubo. L'ennesimo, fottutissimo incubo!"
E scuoto la testa, amareggiato. Quanto vorrei potere dormire tranquillo e non andare a letto la sera, spaventato al solo pensiero di quello che la notte può portare.
Ho quindici anni, ormai, le cose che mi sogno sono successe tanti anni fa, quando smetteranno di tormentarmi?

Mia, intanto, si è seduta sul letto accanto a me e mi ha preso la mano;
"Non avere paura, Christian!" mi dice "non avere paura, ci sono io con te. Resto a dormire con te, se lo vuoi. Lo vuoi?"
Annuisco in silenzio e lei si sdraia al mio fianco; non mi tocca, quasi non mi sfiora, ma rimane con la mia mano nella sua.

Sposta appena lo sguardo verso il mio polso e, improvvisamente, la sua espressione cambia, sembra incuriosita, quasi stupita, poi diventa seria.

Sfiora con le dita il mio polso seguendo con la mano il segno blu scuro e livido delle manette con cui Elena mi ha tenuto legato proprio quel pomeriggio.

Cazzo! e adesso cosa le dico? cosa le dico se mi chiede qualcosa? Come posso anche solo immaginare di dirle quello che faccio con Elena? La sconvolgerei: ha così tanta fiducia in me!

Alza la mia mano per vederla  meglio, aggrotta le sopracciglia, poi mi guarda con aria di rimprovero e mi dice:
"Christian! Hai fatto di nuovo a botte! Guarda qua che segno! Ti fa male?"

Merda! Lo ha scoperto! E adesso cosa faccio? Che le dico?
Un momento: devo ragionare con calma.  Lei, nella sua beata innocenza, crede che ho fatto a botte; non può nemmeno sospettare la verità. E' ancora un bambina, non ne sa niente di certe cose, almeno lo spero.
Okay, devo stare al gioco.

"No, piccolina, non mi fa male. Non lo sento quasi"
Vedo il suo viso rischiararsi per un attimo, poi il suo dolce visino farsi quasi severo mentre mi dice "Se lo vengono a sapere papà e mamma, saranno guai, lo sai?"

"Sì, ma tu farei la brava bambina e non lo dirai a nessuno! Vero?" le chiedo con un certo timore, se solo accenna ai nostri genitori dei segni sulle manette sono cazzi amari.

Mi sorride e lo sguardo si fa un po' malizioso, poi risponde "Tranquillo, Christian, non lo dirò a nessuno. Sarà il nostro segreto"
"Brava bambina. Sarà il nostro piccolo segreto", le accarezzo la guancia con il dorso della mano.

Restiamo un po' in silenzio, stesi l'uno accanto all'altro,  poi lei  volta di lato, mi guarda e mi chiede "Vuoi che ti canti qualcosa per aiutarti a dormire? Come fa la mamma?"

"No" le rispondo "basta che rimani qui con me. Posso abbracciarti, piccolina?"
"Certo che mi puoi abbracciare, fratellone"

La stringo fra le mie braccia, la sua schiena contro al mio petto, posso respirare il buon profumo della sua pelle.

Appena prima di lasciarsi prendere dal sonno mormora "Ti voglio tanto bene, fratellone!"

Anch'io ti voglio bene sorellina.
Lo penso, ma non lo dico.
Non riesco a dirlo, non ce la faccio proprio.
C'è qualcosa in me che blocca ogni manifestazione di affetto.
Le parole mi muoiono in bocca.

Non è una bella cosa, lo so, ma non posso farci niente.
Io sono così; sono tutto sbagliato, lo so.
Sospiro, cerco di rilassarmi nel letto e spero, ardentemente spero, di riuscire a dormire senza più incubi.
Almeno per questa notte.



Sorpresi? Che io abbia postato così presto, intendo.

Vi dirò, mezzo capitolo, era già stato scritto prima del capitolo 7 "Click", forse anche più di mezzo. Per questo ho fatto abbastanza presto.
In realtà morivo dalla voglia di scrivere ancora su di Christian e Mia, il fatto che siano molto uniti si evince anche da alcune pagine della trilogia.
E poi volevo trovare un modo per descrivere almeno uno dei suoi incubi, così ho ideato questo capitolo.

Spero che non vi scandalizzerà il fatto che i due dormano abbracciati: è assolutamente innocente; si tratta semplicemente di conforto fraterno e Christian ha sempre, almeno nella mia storia, permesso a Mia di toccarlo.

Ok, questo è quanto vi dovevo come spiegazione
Ringrazio chi mi legge (siete molto di più di quanto non mi aspettavo) , chi mi segue, chi recensisce, chi mette la mia storia fra le preferite e le ricordate e, infine, chi mi ha indicato fra i suoi autori preferiti (wow).

Bacioni a tutti
A presto
Love
Jessie

PS: adesso mi metto a lavorare sul prossimo capitolo della mia altra long: Mrs. Lincoln.






  




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Capitolo 9
*** Il mio bambino perduto ***


bambino perduto

Il mio bambino perduto.




POV Grace


Scomparso!
Mio figlio è scomparso, anzi forse sarebbe meglio dire disperso.

Era in viaggio per lavoro sul suo elicottero, sembrava andasse tutto bene ma ad un certo punto non ha più dato segno di se e nessun radar di nessun aeroporto è riuscito a rintracciarlo.
Sembra quasi che si sia volatilizzato nel nulla.

Il mio terrore più grande è che non riescano più a ritrovarlo, non comunque in tempi brevi. Se l'elicottero è caduto e si è schiantato sopra qualche monte scosceso, in un avvallamento sperduto chissà dove, ci potrebbero volere giorni prima di poterlo rintracciare e nel frattempo lui potrebbe essere...

Gesù mio, non ci voglio pensare!
Non può essere, non lui; non il mio Christian.

Dei miei tre figli è quello che mi ha sempre dato più pensieri: è stato un bambino bisognoso di cure, un adolescente problematico, arrabbiato e rissoso per diventare, poi, un giovane adulto di successo ma sempre solo e quasi triste.

E ora, che aveva finalmente trovato qualcuno che stesse con lui, qualcuno a cui vuole bene e che gli vuole bene, adesso che le cose sembravano andare un po' meglio ecco che gli capita questo.
Signore ma perché? Ma cosa ti ha fatto la mia povera creatura per accanirti così contro di lui? Non aveva già sofferto abbastanza, nella sua vita?

Dove sarà, dove sarà il mio Christian adesso? Starà male, sarà ferito? chissà se starà chiamando me, la sua mamma, come faceva da bambino? O se invece il suo pensiero sarà rivolto alla sua ragazza, Ana, l'unica ragazza che ho potuto vedere al suo fianco.

La ragazza che ora è lì, seduta di fronte a me, con lo sguardo perso nel vuoto, le occhiaie e il viso mortalmente pallido.
Dovrei andare a dirle qualcosa, dovrei abbracciarla, confortarla; in fondo stiamo soffrendo insieme, ma non ci riesco. Non riesco a condividere il mio dolore con lei. Sono come svuotata.

Non riesco ad essere di conforto a nessuno e mi sento io, invece, ad avere bisogno di conforto.

Così mi alzo da dove sono seduta e vado vicino a mio figlio Elliott.
Elliott: il mio primogenito, la mia roccia, la mia ancora di salvezza. Lui capisce subito cosa deve fare e mi cinge le spalle con il braccio, in un gesto affettuoso.
Mi stringo a lui, per riceverne in un certo qual modo la forza, per aggrapparmi a qualcuno, altrimenti credo che poteri impazzire.

Ma cosa farò, Dio mio, cosa farò se non potrò mai più rivedere Christian.
Quanto vorrei poterlo abbracciare, stringerlo forte a me...e mi rendo conto che non ho mai potuto farlo. Se avessi saputo che poteva andare a finire così, che avrei potuto non rivederlo mai più,  avrei lottato con le unghie e con i denti per poterlo tenere stretto al mio petto almeno una volta.

Vorrei poter piangere, ma non ci riesco, resto abbracciata ad Elliott, sempre con questo macigno che mi pesa nel cuore, con questo nodo che mi strozza la gola.

Improvvisamente il mondo sembra quasi andare al rallentatore: lentamente la porta si apre e sulla soglia, come in un sogno appare mio figlio.
Il mio Christian è vivo e vegeto.

Signore, ti ringrazio: è vivo, sta bene, è qui!

E' tutto arruffato, scarmigliato, sporco, persino, ma a me non è mai sembrato così bello.
Improvvisamente non capisco più niente: grido forte il suo nome, quel nome che avevo temuto di non poter più pronunciare se non con dolore e rimpianto, e mi lancio verso di lui.

Gli butto le braccia al collo e lo bacio forte sulla guancia; per un istante appare come stupito, poi mi guarda.
"Mamma?" mi dice, quasi sorpreso di vedermi lì in quel momento;
"Temevo che non ti avrei mai più rivisto" gli dico e la mia voce si spezza in mille lacrime;
"Mamma, sono qui"
"Sono morta mille volte, oggi" adesso piango, visibilmente, intensamente, singhiozzando, non riesco più a trattenermi.
Lui, mio figlio, mi abbraccia, non era mai successo prima; mi stringe forte a sé mentre piango, sollevata e turbata al tempo stesso, appoggiata alla sua spalla.
E poi è un turbinio di voci di persone, non me ne rendo quasi conto ma ci ritroviamo tutti allacciati insieme, io, Christian, mio marito Carrick e mia figlia Mia.

Va tutto bene, va tutto bene, è sano, salvo, sta bene.
E' qui, qui per davvero: non sto sognando.

Ma io non riesco a sciogliermi dal suo abbraccio. Sia mio marito che mia figlia dopo un po' si staccano, io resto lì, attaccata a lui.
Scosto la testa dal suo petto per poterlo guardare, per assicurarmi che sia vero e non un sogno.
E, improvvisamente me ne rendo conto; mi rendo conto di quello che ho appena fatto.
Io l'ho abbracciato, l'ho toccato sul petto, nella zona proibita.
E lui, strano a dirsi, mi ha lasciato fare. Non si è nemmeno irrigidito.

"Scusami" gli dico, mi nascondo il viso fra le mani quasi a celare, in un eccesso di pudore, le lacrime che continuano a scorrere.
"Va tutto bene, va tutto bene, mamma" mi risponde e mi bacia in fronte, quasi respirando l'odore dei miei capelli.
Continua a tenermi stretta mentre gli chiedo che cosa gli è successo e incomincia a raccontare, brevemente, le sue vicissitudini.
Poi asciuga le mie lacrime con le dita.

E' dolce, stramaledettamente dolce.
Erano anni che non lo era più, non con me, almeno. 
Forse, a questo modo, non lo è mai stato.

Nella sua vita da adulto è sempre stato freddo, controllato, formale.

Non so se sia perché mi ha visto così disperata o se davvero sta cambiando.

Mi sorprendo a pensare se sia proprio mio figlio, questo.
Forse è arrivata la fatina buona a rimettere a posto le cose nella sua vita.
Forse la fatina è quella ragazza, Anastasia, che sta abbracciando e baciando in questo momento, con gli occhi pieni di amore.
E dalla quale si sta facendo toccare anche nelle zone proibite.


Li guardo, noto la dolcezza che c'è fra loro due, come si guardano, il modo in cui lei si stringe al suo petto, la delicatezza con la quale lui le asciuga le lacrime.
Forse mio figlio non è più così solo, forse ha trovato la persona giusta.
Spero ardentemente che sia così, per lui soprattutto. Se la merita un po' di felicità.

Oggi ho creduto di avere perso un figlio.
Adesso che l'ho ritrovato, desidero solo che egli sia felice.
Non penso di chiedere, poi, molto. Vero?



E con un salto temporale di alcuni anni, ritroviamo Christian adulto, in piena trilogia.
Era un po' che desideravo scrivere questa vicenda dal punto di vista di Grace ma, una volta scritta, mi sono resa conto che i suoi pensieri somigliano molto a quelli di Ana, nella stessa vicenda.  E penso che sia giusto così: il dolore e la preoccupazione, per loro due, doveva essere molto simile.
Almeno fino a quando Christian non compare, quasi miracolosamente. E si fa toccare, seppur brevemente, da sua madre. E lei scopre che suo figlio sta cambiando. E spera che sia per sempre e che la sua amata creatura cominci ad intravvedere la luce alla fine del tunnel.

Cosa ne pensate di questa mia ricostruzione? Regge?
Attendo recensioni.
Grazie a tutti voi che mi leggete, seguite e recensite.
Un bacio
Love
Jessie










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Capitolo 10
*** Il babbo dello sposo ***


il babbo dello sposo

Il babbo dello sposo


POV Carrick


Oggi mio figlio Christian si sposa.

Oggi unisce la sua vita a quella di un'altra persona, prendendosi l'impegno di amarla e proteggerla per tutti i giorni della sua vita. Mi ricordo quando mi sono sposato io, più di trent'anni fa, quando ho unito la mia vita a quella di questa donna straordinaria che è mia moglie. Ero emozionatissimo e un po' avevo anche paura; perché iniziare una vita a due è sempre una sfida.
Ma mi è andata bene.
Spero che anche per il mio (ma che dico? il nostro: mio e di mia moglie!) Christian sarà così.

Qualche giorno fa ho parlato a lungo con lui.
Volevo sapere il perché ha rinunciato a qualsiasi accordo prematrimoniale. La cosa mi lasciava molto perplesso e un po' mi preoccupava, anche.
Voglio dire, mio figlio è straordinariamente ricco. Uno fra gli uomini più ricchi di Seattle. E buona parte della sua ricchezza è frutto del suo lavoro, del suo ingegno, del suo intuito. Io e mia moglie siamo benestanti, ma non così eccezionalmente ricchi. Tutto il patrimonio di mio figlio, è merito esclusivamente suo, delle sue notti insonni, del suo darsi anima e corpo alla sua professione e alla sua azienda.
Ora che si è innamorato, ed è cotto come una pera si vede chiaramente, temo che l'amore abbia offuscato la sua ragione a tal punto da non rendersi conto delle intenzioni altrui.
E se per caso Anastasia, la sua futura moglie, fosse una cercatrice di dote, beh, ho proprio paura che lui non se ne accorgerebbe.
Così come non si è accorto del fatto che Elena Lincoln ha abusato di lui per anni. La cosa che mi fa più arrabbiare è che, ancora adesso, lui sembra non rendersi conto di quello che gli è stato fatto.
Ma questa è un'altra storia...

Quello che importa è che sta per sposarsi.
Quando un paio di giorni fa gli ho chiesto la ragione per la quale non ha nemmeno preso in considerazione di stipulare un accordo prematrimoniale, dapprima si è arrabbiato e non ne voleva parlare.

Poi mi ha guardato; uno sguardo cupo, quello stesso sguardo che aveva spesso da ragazzino e che speravo tanto che non gli avrei più rivisto sul volto, e la risposta che ho ricevuto è stata tale da farmi accapponare la pelle.
"Vedi, papà" mi ha detto Christian "la mia vita, senza Ana, non avrebbe più alcun significato. Da quando sto con lei, finalmente sento che il sole splende anche per me. Quello che ho con lei, non lo avevo mai avuto prima. Potrei tranquillamente dire che quella che conducevo prima non la si può nemmeno paragonare vita, rispetto a ora. Adesso ho qualcuno da amare, da proteggere. Ora che so cosa vuole dire vivere con qualcuno, per qualcuno, non potrei più tornare indietro. Se lei mi lasciasse, sarebbe la fine per me. I soldi? ...cosa vuoi che me ne importerebbe rispetto al dolore infinito che proverei nel perderla. Per questo non faccio nessun accordo prematrimoniale, perché sarebbe inutile. Perché la vita senza di lei non avrebbe più alcun senso per me. E, poi, non me la sento di ridurre il sentimento intenso, puro e profondo che provo per lei ad un mero contratto, a una cosa così fredda e impersonale, quando invece conta così tanto per me. Non so se riesci a capirmi"
Sì in un certo senso lo capisco, ma come genitore non posso non esserne preoccupato.
Ma non per il denaro, non più.
Sono preoccupato per la salute mentale di un figlio che è già stato così duramente provato dalla vita e che mette tutto il suo avvenire nelle mani di questa ragazza.

Lo guardo mentre prende la mano della sua sposa per pronunciare le promesse di matrimonio: è raggiante, così felice come mai lo avevo visto nella sua giovane e tormentata vita. E le parole che pronuncia, si capisce che vengono dal cuore :
Prometto solennemente che proteggerò e che porterò sempre amorevolmente  e profondamente nel mio cuore la nostra unione e la tua persona.
Prometto di amarti fedelmente, rinunciando a tutte le altre, nella buona e nella
cattiva sorte, nella salute e nella malattia, indipendentemente da dove ci condurrà la vita.
Ti proteggerò, avrò
fiducia in te e ti rispetterò.
Condividerò le tue gioie e i tuoi dolori, e ti consolerò nei momenti di bisogno.

Prometto di  volerti bene, di sostenere le tue speranze e i tuoi sogni e di tenerti salda al mio fianco.
Tutto quello che
è mio è tuo.
Ti offro la mia mano, il mio cuore e il mio amore da questo momento e per tutti i giorni della nostra vita
.

Ti rispetterò ... quello che è mio è tuo ... ti offro la mia mano, il mio cuore e il mio amore.
Sono parole bellissime e, nuovamente, ribadiscono la sua volontà di condividere con lei ogni suo avere e, forse, qualcosa di più.

Sento un respiro smorzato vicino a me, un singhiozzo; il rumore che si fa quando si tira su col naso, e guardo mia moglie al mio fianco.
E' profondamente commossa.
Credo che questo sia forse l'unico matrimonio nel quale la mamma dello sposo piange più della mamma della sposa.
Ma la comprendo.
Sono molto commosso anch'io.
Christian è stato il nostro cucciolo smarrito, il nostro figlio più tormentato e ribelle.
Spero che adesso abbia trovato l'amore.

Lo spero tanto.
Perché sta mettendo tutto se stesso in questa unione e, se non dovesse funzionare, mi domando che ne sarà di lui. Finirebbe a pezzi. E non so, se questa volta, io e Grace saremmo in grado di raccoglierne i frammenti e riportarlo nuovamente alla vita.
Non lo so proprio

Signore ti prego, da lassù, guardalo; se la merita un po' di felicità.




Allora, i pensieri di Carrick mentre suo figlio si sposa, mi sembravano interessanti da condividere. Soprattutto pensando a tutta la discussione che c'era stata sul contratto prematrimoniale e tutto il resto.
Le preoccupazioni di un padre e il suo desiderio di proteggere il figlio anche da adulto, diciamo che stanno alla base di questa storia.

Che ne dite, vi piace?

Spero di sì.

Fatemi sapere

A presto
Love
Jessie



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Capitolo 11
*** Dirà di sì ***


Posso?

Dirà di sì


POV Christian


"Ehi, fratellino!"
Elliott è appena entrato nel mio ufficio e mi sta sorridendo dalla porta.
Non so se questo nomignolo che ogni tanto ancora mi dà, mi irrita o mi fa sorridere. Forse tutte e due le cose insieme.
Comunque decido di stare al gioco.
"Lelliott! Che piacere! Qual buon vento ti porta qui?"
"Beh, sono venuto ad offrirti un caffè e a fare due chiacchiere. Se non sei troppo occupato"
In effetti è un momento piuttosto calmo e una chiacchierata con Elliot la faccio volentieri; anche se ho il dubbio che stia tramando qualcosa.
In effetti, qualche minuto dopo al bar, dopo avere scambiato i soliti convenevoli se ne esce con un:
"Posso chiederti una cosa?"
"Spara!" devo confessare che sono veramente curioso;
"Io...ehm...volevo dire...ehm... Vabbè: com'è che hai chiesto ad Ana di sposarti?"
Cavolo! Come mai mi chiede una cosa del genere? Cosa mai avrà in mente, soprattutto adesso che siamo già rientrati dalla luna di miele e che le cose vanno abbastanza bene, pur con qualche screzio?
Ci penso un po' sopra, prima di rispondere, poi scoppio a ridere:
"Elliott, meglio che lasciamo perdere! E' una storia piuttosto lunga. La prima volta che gliel'ho chiesto...beh, diciamo che non ero molto in me, diciamo pure così. Però, però lei mi ha promesso di pensarci sopra e, qualche giorno dopo, ha risposto di sì. Così gliel'ho chiesto ufficialmente, con l'anello e tutto il resto"
"Ed è stato quando hai arredato la rimessa delle barche con i fiori e le candele!";
"Già! Proprio così! L'ho portata lì e gliel'ho chiesto, in ginocchio, come un cavaliere d'altri tempi. Poi ci siamo baciati e..."
Sorrido al solo pensiero di quella sera.
"E avete fatto l'amore, immagino. Che cosa romantica! Non ti facevo così romantico, fratellino. Devo dire che mi hai stupito. Anzi in realtà ci hai stupiti tutti: non ti avevamo mai visto con una ragazza e, in pochi mesi, ce la presenti, ti fidanzi e ti sposi!"
Lo guardo di sottecchi; dove vuole andare a parare?
"Ci hai stupito tutti" ripete "Soprattutto perché pensavamo, beh, pensavamo che tu fossi gay!"
Ecco dove voleva andare a parare.

"Io gay?" rispondo "assolutamente no! Ma come può esservi venuto in mente?"
"Beh: a 28 anni, non ti avevamo mai visto con una donna! Fai un po' te..."
Mi viene da ridere, so benissimo che mi credevano gay; gay celibe, peraltro. Cioè un povero sfigato che nemmeno aveva il coraggio di ammettere con se stesso la propria peculiarità. Ma a me, ai tempi, serviva. Meglio che mi credessero gay, piuttosto che anche lontanamente immaginare che razza di vita facevo. Però non posso dirlo; così faccio finta di cadere dal pero.
"Ma dove avevate gli occhi? Non vedevate che mi voltavo a guardare le belle donne? E anche quelle appena accettabili! E poi i miei modi di fare, di vestire...dai! era evidente che io non ero gay!"
"Ma sei così elegante, raffinato. Ti piacciono le cose belle, i dipinti, i vestiti costosi. Hai le mani curate, l'aspetto di chi veramente ci tiene alla propria persona. Guarda, lo sembravi proprio."

E qui scoppia a ridere!
Rido anch'io con lui, subito dopo ritorno serio. Vorrei arrivare al nocciolo della questione.
"Perché mi hai chiesto quella cosa?" gli domando;
"Quale cosa?"
"Di come ho fatto a dichiarami ad Ana. Sono passati alcuni mesi; perché me lo chiedi ora?"

"Perché vorrei chiederlo a Kate"

Kate! Kate Kavanagh: la migliore amica di mia moglie!
Però anche una ficcanaso, saccente e presuntuosa. Convinta di essere chissà che cosa per via dei suoi capelli biondi, del suo bell'aspetto e del fatto che è ricca di famiglia.
Non mi sopporta e io non la sopporto, non c'è proprio verso che possiamo andare d'accordo.
E ora salta fuori che mio fratello la vuole sposare, così diventeremmo anche parenti.
Cognati, per la precisione!
Che fregatura!

"Senti, Lelliott" ogni tanto anche a me piace chiamarlo col nomignolo che usavo quando eravamo bambini "mi vuoi dire che cosa ci trovi in quella donna lì?"
"E' straordinariamente bella sexy, intelligente, affascinante. Semplicemente la adoro. Quando sono con lei vorrei che il tempo non passasse mai, e non riesco a starle lontano nemmeno per un un minuto. E' che sono innamorato, realmente innamorato. Kate mi rende felice"

E così, finalmente, Lelliott è cotto a puntino: non posso dire di non capirlo perché provo le stesse cose per Ana.
E, anche se a me Kate non piace, se veramente è la persona che lo rende felice, come potrei ostacolare la loro unione?

"Solo..." continua mio fratello "solo che vorrei trovare un modo carino e romantico per dirglielo; ci terrei che fosse veramente speciale. Però vorrei anche che lei si sentisse tranquilla e a suo agio, come in una serata in famiglia o cose del genere. Ma non so se sia il caso chiederglielo davanti ai nostri genitori, o ai suoi. Cosa mi suggerisci?"

"Beh" rispondo, e mi scopro stranamente imbarazzato "io, la prima volta che l'ho chiesto ad Ana era in un momento tutt'altro che tranquillo e lei non era per niente rilassata. Preferisco non parlarne, ti basti sapere che era uno dei momenti più incasinati della nostra vita di coppia. In quel momento, per la prima volta, ho realizzato che avrei preferito essere morto piuttosto che perderla. Per questo gliel'ho chiesto."
Taccio un istante, perso nel ricordo di quella drammatica notte. Poi sospiro e, nel cercare di riprendere il filo logico del discorso, mi viene un dubbio, un dubbio che voglio dissipare immediatamente:
"Lelliot, non è per farmi gli affari tuoi; però dimmi: sei proprio sicuro? Non è che cambi idea e la pianti qualche giorno prima di portarla all'altare? E' la migliore amica di mia moglie, mi metteresti in un bel casino!"
"Chris, ma davvero mi credi capace di una stronzata del genere!"
 Elliot è quasi allibito.
"Beh sei sempre stato un gran donnaiolo! Certi dubbi sorgono spontaneamente"
"Sì, ho avuto molte avventure. Mi sono scopato quasi tutte le ragazze di Seattle: loro mi cercavano e io certo non mi facevo problemi. Ma nessuna è durata molto a lungo, me ne stancavo presto e le mollavo. Ma con Kate è diverso, lei è quella giusta. Ne sono sicuro. Questa volta faccio sul serio, te lo giuro"

Si ferma per un istante, poi prosegue "Sai perché ho avuto tante storie di poco conto? Lo sai, Chris, il perché?"
Faccio segno di no con il capo, anche se capisco bene che la sua domanda è puramente pleonastica.
"L'ho fatto per dimostrare a me stesso di potere attirare la loro attenzione."

Mi guarda e deve avere letto lo stupore sul mio volto. Così continua
"Sì, è stato per quello. E anche un po' a causa tua."

Sono sempre più basito, mentre Elliott continua:
"Vedi, quando eravamo bambini, i nostri genitori rivolgevano la maggior parte delle loro attenzioni a te."
"Non è vero" bofonchio, un po' irritato
"E' vero, invece. Tu eri il bambino traumatizzato, ferito, quello di cui avere più cura. Mia era l'angelo che ti aveva aiutato, a lei papà e mamma sono sempre stati riconoscenti. E poi c'ero io: quello a posto, quello allegro, sicuro di sè, forte, tranquillo. Quello che non ha bisogno poi di tante attenzioni. Ero molto geloso di te, da piccolo. E forse anche dopo. Ho creduto di poter trovare altrove le attenzioni che credevo di non avere avuto in famiglia. Ma mi sbagliavo, mi sbagliavo amaramente. Ho collezionato una delusione dopo l'altra. Quando ho incontrato Kate, beh ho capito che era diversa dalle altre donne che avevo conosciuto fino a quel momento. Lei ha riempito i miei vuoti interiori. Credo di esserne stato innamorato dal primo istante che l'ho vista, e col tempo il mio sentimento si è fatto sempre più forte e profondo. No, stai tranquillo, non potrei mai lasciare Kate!"

Ecco, ora sono sconvolto!
Mai e poi mai avrei creduto che il mio fratellone, così bello e vincente, potesse nascondere una simile insicurezza dietro al suo sorriso.
Mi avvicino a lui e poggio la mia mano sul suo braccio;
"Scusami Elliott, non sapevo, non potevo sapere. Mi dispiace molto"
Lui scuote la testa e mette la sua mano sopra la mia.
Restiamo qualche istante in silenzio, guardandoci negli occhi, forse un po' commossi.
Poi mi schiarisco la voce: mi è venuta un'idea.

"Sai, allora, cosa potremmo fare?" propongo "potremmo andare per un week-end tutti insieme ad Aspen. Io, tu, Ana e Kate, magari anche Mia e Ethan. Ci divertiremmo e, nel più totale relax, tu potresti trovare il momento migliore per chiederla in moglie. Che ne dici?"
"Che Aspen mi è sempre piaciuta e che un week-end in montagna sarebbe bellissimo, Kate adora le gite. Hai avuto un'ottima idea, fratellino! Geniale, addirittura!"
Lo guardo con aria condiscendente come per dirgli "lo so!" ma noto il suo entusiasmo svanire piano piano.
E ritorna serio, quasi cupo mentre, passandosi una mano fra i capelli, sussurra a bassa voce;
"Sparo proprio che mi dirà di sì. Perché se dovesse dirmi di no, Chris credimi, non so proprio cosa ne sarebbe di me. Realmente, non lo so"

Gli stringo forte il braccio e gli rispondo:
"Dirà di sì. Ne sono sicuro"


Le insicurezza di Elliott, che ho creduto di captare leggendo fra le righe del romanzo, le ho messe in questo capitolo.
Spero che vi piaccia! E spero che vi piaccia le versione di Elliott che ho dato.
E che troviate giusto anche il comportamento di Christian.
Non lo so, non sono perfettamente sicura di questo capitolo...
Fatemi sapre se vi piace

Buon 2015
Love
Jessie





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Capitolo 12
*** Cuccioli ***


cuccioli

Cuccioli



Non appena mio figlio mi ha chiamato per avvertirmi che sua moglie aveva avuto il bambino e che, quindi, ero diventata nonna, ho cercato in tutti i modi di liberarmi dal lavoro per potere andare a vedere mio nipote.
Ma, sfortunatamente, c'era un'intera scolaresca intossicata con delle merendine andate a male e ho dovuto rimandare.
Finalmente, dopo più di un'ora e dopo avere sistemato tutti i bambini e tranquillizzato tutte le madri, ho potuto  scendere nel reparto maternità per incontrare il mio primo nipotino.
Ero così elettrizzata: non stavo più in me dall'emozione.

Non appena sono entrata nella nursery, ho avuto davanti agli occhi un'immagine che credo porterò con me per tutta la mia vita: mio figlio seduto sulla poltrona a dondolo con il piccolino fra le braccia!
Il mio cucciolo che teneva in braccio il suo piccolo cucciolino!
Non avevo mai visto niente di più tenero, di più commovente e di più bello.

Lui, il mio Christian, era tutto intento a cullare il bambino, sembrava come affascinato e lo guardava  con uno sguardo amorevole come mai gli avevo mai visto, se non per Ana, sua moglie. E mentre lo cullava  gli parlava dolcemente:
"Benvenuto, piccolino. Sono il tuo papà" gli diceva "il tuo papà. Mi prenderò cura di te e farò in modo che non ti accada mai niente di male. Ti proteggerò sempre dalle persone cattive e non ti farò mai mancare nulla. Non soffrirai né la fame, né il freddo, né la solitudine. E di sicuro nessuno mai alzerà una mano contro di te, mai ...nessuno mai. Te lo prometto"

Immediatamente ho ripensato ai suoi primi anni di vita e mi sono venute le lacrime agli occhi.
Il mio povero bambino!

Ricordo ancora, come se fosse ieri, la prima volta che l'ho visto quando me l'hanno portato in ospedale per visitarlo. Era ridotto pelle e ossa, uno scheletro, e gravemente disidratato. Era piccolo piccolo, spaventatissimo, terrorizzato, aveva lividi e segni di maltrattamenti un po' dappertutto.
E poi aveva quelle cicatrici!
Mio Dio! Sedici cicatrici rotonde, sette sul petto e nove sulla schiena, sedici segni di bruciature da mozzicone di sigaretta.
Mi sono sempre domandata quale razza di animale possa avere fatto questo ad un bimbo così piccolo e mi sono sempre domandata quanto deve avere sofferto lui, povera stella, quanto male deve avere sentito.

Ricordo perfettamente com'era quando è finalmente venuto a stare con noi; non parlava e non sorrideva mai. Non piangeva mai; ed è strano questo per un bambino. Era sempre triste e non voleva essere toccato. Di notte aveva incubi che dovevano essere terribili, così immagino perché non mi ha mai detto cosa mai sognasse. Ma erano sicuramente atroci perché si svegliava sempre urlando e con la maglietta zuppa di sudore e tremava...oddio quanto tremava.
Ho passato tante notti in bianco a cercare di farlo riaddormentare; mi sedevo vicino a lui e gli cantavo una canzone o gli raccontavo una fiaba, gli prendevo la mano perché non si lasciava toccare da nessun altra parte.

E mai si è lasciato toccare, per anni. Crescendo si è trasformato da bambino problematico ad adolescente ribelle fino a diventare un giovane uomo di successo, sempre freddo e distaccato con tutti, anche con noi che siamo la sua famiglia e gli vogliamo bene.
Sembrava quasi non sapersene che fare del nostro amore, del nostro interesse nei suoi confronti.
C'era come una barriera, un muto di cinta che lui aveva creato e nel quale si era rinchiuso. Per evitare di soffrire, questo lo capisco. Ma negandosi la possibilità di amare ed essere amato.
Tante volte, quando lo vedevo più triste del solito, quando capivo che stava annaspando, lottando contro i suoi demoni, avrei tanto voluto abbracciarlo, stringerlo forte a me. Ma non potevo e questo mi faceva stare male. Molto male.

Christian ha cominciato a cambiare, seppure molto lentamente, da quando ha conosciuto Anastasia, sua moglie. L'ho visto mutare giorno dopo giorno davanti ai miei occhi, diventare più comunicativo, quasi solare, per certi aspetti felice. 

Finché un giorno, un bellissimo e terribile giorno, proprio in una stanza di questo ospedale, davanti a sua moglie in coma, ha finalmente esternato verso di me tutte le sue paure ed è scoppiato a piangere. L'ho tenuto stretto al mio cuore, come avrei voluto fare quando era piccino, e l'ho cullato per confortarlo. E, in una volta sola, ho confortato sia il giovane uomo che avevo davanti sia il mio bambino di ventiquattro anni prima.
Tutto in una volta.

Asciugo in fretta una lacrima che ha iniziato a scivolare giù dal mio viso e mi avvicino.
Mio figlio alza lo sguardo, mi vede e mi sorride.
Guardo il piccolo da vicino, sta dormendo. E' bellissimo, perfetto, meraviglioso.

"Oddio, Christian!" esclamo "è bellissimo!"
Lui mi sorride nuovamente, orgoglioso, poi mi chiede:
"Vuoi tenerlo?"
Annuisco e prendo la creatura che ha in braccio.
Mio nipote si agita per alcuni secondi, quasi infastidito dal cambio del braccio, poi, forse, capisce in un certo modo di essere in mani sicure e si riabbandona al sonno.
Mio figlio gli accarezza la guancia col solo dito indice, che sembra enorme, paragonato ai minuscoli lineamenti del neonato, poi dice:
"Mamma, ti presento tuo nipote: Theodore Raymond Grey"

Gli ha dato il nome di mio padre!

Ha dato al piccolo il nome di mio padre!
Resto qualche minuto fra l'incredulo e lo sconcertato, poi, con voce strozzata dall'emozione, mormoro:
"Oddio, Christian, gli hai dato il nome del nonno!"
"Sì, mamma" risponde "e l'ho fatto per te. Non credo che potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi salvato la vita, adottandomi. Se tu e papà non mi aveste preso con voi adesso..." si ferma un secondo pensieroso, si passa un mano fra i capelli e posso scorgere come un brivido che gli attraversa il corpo, poi prosegue, con voce smorzata, rotta dall'emozione "adesso chissà dove sarei. Oh, mamma! Credo che non ti potrò mai ringraziare abbastanza, per tutto! Per avermi dato una casa e una famiglia; per avermi curato e sopportato in tutti questi anni. Soprattutto per avermi amato, anche se io non lo sapevo, anche se solo ora me ne sto rendendo conto."
Mi cinge le spalle in un gesto affettuoso stringendo anche Theodore, unendo così, in un solo abbraccio, le sue radici  e il suo futuro.

Adesso le lacrime scivolano copiose sul mio viso; mi appoggio al suo corpo facendomi stringere ancora più forte e mormoro commossa:
"Bambino mio, per niente al mondo ti avrei lasciato al tuo destino. Credo di averti amato sin dal primo momento che ti ho visto, col tuo lutto, il tuo dolore, la tua rabbia e la tua malinconia. Non ho pensato mai per un momento di abbandonarti, mi sei entrato dentro e ci sei rimasto. Lo sarai per sempre. Ti voglio bene, Christian, tanto";
"Ti voglio bene, mamma! Grazie ancora, grazie per tutto".

Ti voglio bene, mamma.
Erano anni che aspettavo queste parole e avevo paura che non sarebbero mai venute.
E ora che le ho sentite, finalmente ho il cuore in pace.
Temevo che mio figlio non avrebbe mai potuto esternare il suo affetto per me, ora so che non è così, che era solo questione di tempo.
E' stato abbattuto anche l'ultimo brandello di muro.

Sono qui, in una sera di primavera, fra le braccia di mio figlio e con  mio nipote fra le mie braccia e penso di non essere mai stata tanto felice.


E la mia long finisce qui!
Ho pensato di dare a Grace l'opportunità di esternare i suoi pensieri, rievocare il passato e assaporare il presente e il futuro.
Chiudo qui anche per non diventare ripetitiva e già questo capitolo riprende tematiche dei capitoli precedenti e assomiglia a una one-shot che ho scritto tempo fa (Father and son) sul rapporto fra Christian e Carrick, per cui meglio fermarsi.
Penso che scriverò altre cose, ho qualche idea che mi balena in mente, continuate a seguirmi.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito,  chi ha recensito, chi mi ha messo fra le seguite, le preferite ecc. ecc.
Ho cercato di fare del mio meglio e spero di esserci riuscita.
Come sempre attendo recensioni
Baci

Love
Jessie





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