Mia di Jessica Fletcher (/viewuser.php?uid=117300)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mia ***
Capitolo 2: *** ELLIOTT ***
Capitolo 3: *** I miei gioielli ***
Capitolo 4: *** Una dolce bambolina ***
Capitolo 5: *** Chi sono io? ***
Capitolo 6: *** Tre colpi sul muro ***
Capitolo 7: *** Click ***
Capitolo 8: *** Ti voglio tanto bene ***
Capitolo 9: *** Il mio bambino perduto ***
Capitolo 10: *** Il babbo dello sposo ***
Capitolo 11: *** Dirà di sì ***
Capitolo 12: *** Cuccioli ***
Capitolo 1 *** Mia ***
mia
Mia
Ho sei anni e da
due vivo con la
mia nuova famiglia in una bella casa grande, molto grande. Voglio tanto
bene a mamma Grace, per me lei è un angelo del
paradiso:
è buona, dolce, sa di buono, è sempre
gentile e premurosa, anche
con me che non me lo merito. Però
non voglio affezionarmi troppo a lei ..... prima o poi
capirà
che
sono un bambino molto cattivo e non ne vorrà più
sapere
di me..... sì, sì ne sono sicuro. Lei ora non lo
sa
ma lo verrà a sapere che io sono veramente cattivo,
anche
se adesso non fa che ripetermi che sono
buono, tanto buono.
Papà, invece ..... non lo
so se gli voglio bene...... Anche lui mi sembra buono e gentile e ha
una voce dolce, mi
legge le fiabe,
a volte gioca con me, ma mi fa anche un po' paura, non so
perché. Forse perché è sempre
così serio,
così severo, o forse è perché
è un uomo e
io mi ricordo ancora di......oddio.....No! Non voglio ricordarlo....No!
Ho tanto da mangiare e non
ho
più avuto fame da un sacco di tempo. Grace mi da' da
mangiare la
pasta col formaggio, l'hamburger con le patatine la pizza. Mi da'
sempre il gelato o il dolce. Ho
anche un sacco di giocattoli.....bei giocattoli: l'elicottero, il
trenino, la pista di Indianapolis, il Nintendo.
Ma sono due anni che non parlo, non ci riesco.....ho
perso le parole quando è morta la mamma e non le ho ancora
ritrovate. Le ho tutte nella mia testa, lì riesco a fare
discorsi lunghi e anche complicati....ma non riesco a fare uscire le
parole.
Parlo attraverso la musica, la mia nuova mamma
mi fa prendere lezioni di pianoforte e mi piace tantissimo suonare. La
mia maestra dice che sono molto bravo e sono contento di
questo.....anche se non so se è vero o se lo dice solo per
far
piacere ai miei nuovi genitori. Io sono solo che quando suono, allora
va tutto bene, sono in un mondo tutto mio dove nessuno mi
può
fare male e, forse, sono felice......però la mamma,
papà e Lelliott dicono che suono solo musica triste, allora
forse sono anche triste....non lo so.
Quello che so è che io ho paura.
Ho paura che
questo sia solo un sogno, un bel sogno dal quale un giorno mi
risveglierò e mi ritroverò da solo in quella casa
buia e sporca.....ma che non ci sarà la mia mamma
perché
lei è morta.....sarò solo con lui e
mi farà male, di nuovo e ancora e ancora.......come mi ha
già fatto.....
No!
non devo pensarci! Non ci voglio pensare!
Non è vero!
Questa con Grace e Cary e
Lelliott è la realtà, ed
è invece lui
che mi
sogno la notte, lui che mi picchia e poi sogno la mia mamma
che non si sveglia più. E
allora mi sveglio urlando e sono tutto sudato .......e arriva Grace, mi
tiene per mano, mi dice di stare tranquillo che è solo un
brutto
sogno, mi canta una bella canzone e si sdraia con me per farmi
compagnia, per mandare via i brutti sogni.
Da qualche giorno ho una
nuova
sorellina, oltre al mio fratello maggiore Lelliott e a me,
c'è
una bambina piccola piccola. Si chiama Mia e ha sei
mesi.....è
così bella! E' perfetta, lei sì che è
perfetta e
dolce e buona, non come me che sono brutto e cattivo. Ha la pelle rosea
e delicata, due occhioni azzurri, una piccola bocca a forma di cuore,
le manine e i
piedini paffuti. Sembra una bambola.....quando l'hanno portata a casa e
l'ho vista per la prima volta, quello è stato senza alcun
dubbio
il momento più bello della mia vita. A volte resto ore e ore
a
guardarla nella culla, entro
nella sua stanza e resto ad ammirarla incantato.
Ma oggi, proprio oggi
è successa
una cosa strana.....eravamo tutti insieme nel grande soggiorno: io, la
mamma con Mia in braccio, il papà e Lelliott.
La mamma mi ha
chiesto se volevo tenere la mia sorellina in braccio, le ho fatto segno
di sì con la testa e lei, con tanta attenzione, mi ha fatto
sedere e me l'ha
posata sulle gambe. Poi mi ha fatto vedere come reggerla
perché
non cadesse; per un po' è rimasta vicinissima a noi poi si
è scostata un pochino, così la tenevo in braccio
tutto da
solo......che bello che è stato tenerla stretta,
sentire il suo cuoricino battere e vederla
respirare e fare quegli strani versi che fanno i bambini piccoli. A un
certo punto si è mossa, si
è mossa tanto e io ho avuto paura di non riuscire
più a
tenerla. Avevo paura che cadesse, che cadesse e si facesse male e non
sapevo come fare e mi è venuto di chiamarla.....
"Mia!" si è sentita una voce;
"Mia!!!" ancora una
volta......di colpo tutti si sono girati verso
di me e mi hanno guardato....è stato un attimo, poi la mamma
è venuta verso di me, ha ripreso la mia sorellina in braccio
ma continuava a guardarmi.
Non l'ho fatto apposta, giuro,
non
l'ho fatto apposta...lei si è mossa ......perché
continuate a guardarmi così, che cosa ho fatto? Non
è
stata colpa mia!!!
"Non l'ho fatto
apposta.....mamma, te
lo giuro.....non mi guardare così" .... ora mi sento .....
la voce è la mia!!! chi parla, sono io!
"Christian, tesoro!",
mamma Grace ha le
lacrime agli occhi; mi viene vicina mentre regge Mia col braccio destro
e cerca di mettermi l'altra mano sulla spalla, ma io mi
irrigidisco subito. Le lacrime scendono giù forte dai suoi
occhi
mentre sposta la mano e la posa, piano, sulla mia, stringendola.
Papà sospira, continua a guardarmi, ma non dice niente;
mentre è Lelliott che dice una cosa stupida:
"Ma allora tu parli?" mi
chiede;
"Sì" rispondo e quasi non mi sembra vero di sentire la mia
voce;
"Ma non è che facevi finta di non riuscire a parlare?" altra
cosa stupida e anche cattiva;
"No....proprio .....non avevo la voce";
"E com'è che ti è ritornata?";
"Non lo so!";
"Non lo sai? Ma è roba tua! Ma sei deficiente o cosa?"
"Lelliott!!!" ora sono veramente arrabbiato e vorrei picchiarlo "vuoi
un calcio, per caso?";
"Provati!" mi sfida;
"Guarda che non ci metto niente!" lo
minaccio e andrei veramente a darglielo un bel calcione sugli stinchi o
nel sedere ma la mamma mi stringe ancora più
forte la mano e non mi fa avvicinare.
Lelliott mi fa una
boccaccia, io cerco di liberarmi dalla mamma; ci riesco e sto
per lanciarmi contro di lui ma una mano forte mi ferma.....
"Adesso basta!" dice il
papà, arrabbiato "Elliott, credi veramente tuo
fratello fosse contento di non riuscire a parlare? Come puoi essere
così cattivo da pensare una cosa del genere? Non
è da te, lo sai che non si devono fare pensieri cattivi. E
tu, Christian, quante volte ti ho detto che
non devi picchiare tuo fratello? Lo sai che non tollero la violenza.
Ora ve ne andate tutti e due nelle vostre camerette, ognuno nella
propria, in
castigo e scenderete solo a cena".
Mentre salgo le scale
sento che lui e la mamma parlano a voce
bassa, mi sembra che lei stia piangendo oh, mamma, non volevo farti
piangere.....lo so sono cattivo, lo so. Lelliott
è davanti a me, ha finito di salire le scale, non si volta a
guardarmi e entra nella sua camera.
Me ne vado per i fatti miei e entro anch'io nella mia cameretta.
Mi sembra una cosa strana
di riuscire a parlare, voglio farlo di nuovo.
Guardo in giro e vedo quella foto, la
sua foto sull'angolo della
bacheca. Mi fermo e la guardo. Sento qualcosa qui in gola, una cosa
che mi strozza e
ho paura di avere perso le parole un'altra volta.
ma no, non conta...lei non c'è più, non
conta......non significa niente, devo pensare ad altro
Guardo fuori dalla
finestra il sole tramonta sul mare e il
cielo è tutto rosso....faccio un sospiro e riprovo a parlare:
"Mi chiamo Christian Grey, ho sei anni, vivo in una grande casa sul
mare con
mia mamma Grace, mio papà Cary, il mio stupido fratello
Lelliott e la
mia dolce sorellina Mia e....ho trovato le parole"
Allora: ho cercato di immaginare
la prima volta che Christian ha parlato dopo la morte di Ella, la sua
madre naturale. Devo dire che non è stato facile cercare di
immedesimarsi in un bambino di sei anni, soprattutto per il linguaggio
che ho cercato di fare il più semplice possibile, ma non
troppo infantile dato che abbiamo a che fare con una specie di genio.
comunque accetto osservazioni al riguardo e anche consigli.
Un paio di precisazioni:
ho reso il papà, Cary, piuttosto severo perché
è questa l'impressione che ho avuto leggendo il romanzo e,
naturalmente, per questioni di giustizia dovendo punire Elliott doveva
punire anche Christian anche se, immagino, che lo avrebbe baciato ad
abbracciato volentieri. E comunque entrambi i genitori
hanno un "profilo basso" di fronte al loro figlio, in linea,
questo, con quanto succede la prima volta che lo sentono cantare, come
si legge nel terzo libro della trilogia.
Ho fatto un Christian forse un po' troppo "basso" in autostima
(continua a ripetere che lui è cattivo e crede di avere
sempre la colpa di tutto) perché ritengo che effettivamente
l'autostima di Mr Grey sia veramente molto ma molto bassa .....sia da
adulto sia, soprattutto, da bambino.
Naturalmente non credo veramente che Elliott sia stupido, ma ritengo
che Christina lo consideri davvero un po' stupido, di
sicuro meno intelligente di lui.
Di più non ho da dire, spero che vi piaccia
Fatemi sapere
Buona lettura
Love
Jessie
|
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Capitolo 2 *** ELLIOTT ***
elliott
Elliott
Sono
lì seduto sul letto a pensare quando qualcuno bussa alla
porta
"Sono
Elliot" la voce di mio fratello sembra un po' meno forte del
solito "posso entrare?";
"Va
bene, entra " gli rispondo, ma non so se ho tanta voglia di
vederlo.
Lui
entra e mi guarda con quei suoi grandi occhi azzurri
Vorrei
averli io quegli occhi cosi azzurri, forse mi vorrebbero tutti
più
bene...se avessi gli occhi azzurri...
"Christian;
volevo dirti che mi dispiace tanto di averti detto
quelle cose. Non volevo essere cattivo con te ma davvero non credevo
proprio che ti avrei mai sentito parlare ... ci sono rimasto secco a
sentire la tua voce e così ho detto una
stupidaggine...”
Tace
per qualche minuto, abbassa gli occhi, poi li rialza e mi chiede
“Ma
davvero riesci a parlare?"
"Sì"
rispondo
"Figo!"
dice lui, e poi "dimmi ancora qualcosa"
"Sei
un'idiota,Lelliot. Un' idiota e uno stupido!"
"Ehi,
ti avevo detto di dirmi qualcosa, ma non le parolacce! E, poi, io mi
chiamo Elliott!"
"Sì,
Lelliott" lo prendo in giro,
"Elliott"
ripete arrabbiato
"Lelliott,
Lelliot...Lelliott scemo!" lo canzono
Sembra
ancora più arrabbiato, mi aspetto che mi salti addosso da un
momento
all'altro e così mi preparo a difendermi. Che significa che
lo meno
un'altra volta, tanto da me le prende sempre, anche se sono
più
piccolo.
Però,
poi, rimane fermo, alza le mani, mi guarda negli occhi e mi dice
“Non
è divertente, Christian!”;
“No”
rispondo “non è divertente. Non lo è
stato nemmeno prima, quando
mi hai dato del deficiente davanti a mamma e a
papà”
Lui
diventa rosso e abbassa lo sguardo.
“Ti
ho già detto che mi dispiace. Mi credi?”;
Non
so se credergli o menarlo. Ma gli do' una possibilità.
“Okay”
gli rispondo “ti credo”
Rimane
un po' in silenzio poi mi chiede “Amici? Anzi...”
aggiunge
“...più che amici, fratelli!”
Mi
tende la mano, la afferro un po' incerto e, sempre incerto e a bassa
voce, rispondo “fratelli”
Rimaniamo
per un po' così in silenzio, poi lui mi chiede
“Posso giocare con
te?”
“Va
bene, però non prendere l'elicottero. Quello è
mio” sogghigno,
non voglio che nessuno tocchi il mio elicottero, “prendi le
macchinine”
“Okay”.
Gioco
insieme a lui per un po', è la prima volta che lo faccio con
qualcuno: è
divertente. Non credevo fosse così divertente.
"Dopo cena" mi
chiede "ti va di venire nella mia stanza a giocare con i Lego?"
"Solo se mi
lasci costruire una barca" rispondo;
"Okay" dice lui
"tanto io preferisco fare le case" e, così dicendo, lancia
la macchinina contro al mio elicottero e ride.
Forse
saremo davvero amici, oltre che fratelli.
Forse ...
ma non ci credo.
Sarebbe
troppo bello.
E
le cose belle non accadono a quelli come me.
Allora, dato che non avevo chiuso
la fanfiction su Mia ho pensato bene di aggiungere un capitolo. Questa
volta su Elliott. Mi è piaciuto inserire un momento di
interazione fra i due. Del resto leggendo la trilogia si capisce che
loro si vogliono bene e che sono, in un certo qual modo, uniti.
Penso che continuerò
ad andare avanti inserendo altri momento di vita familiare del piccolo
Christian con i fratelli e i genitori adottivi (che per me sono i veri
genitori)
Non so dove il tutto mi
porterà. Forse a niente, ma mi diverto a scrivere e questo e
l'importante
Spero che voi vi divertirete a
leggere
A presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 3 *** I miei gioielli ***
i miei ragazzi
I miei gioielli
POV
GRACE
Parla.
Mio figlio Christian ha
parlato. Per la prima volta dopo quasi due anni ho potuto sentire la
sua voce, la sua dolce vocina.
Mio Dio, ti ringrazio. Credevo
che non avrei mai potuto sentirlo parlare e, invece, il miracolo
è
avvenuto.
Mi ha chiamato mamma.
Ho sempre
avuto nel mio cuore la paura che lui non riuscisse ad accettarmi come
mamma, che il ricordo della sua madre biologica fosse ancora talmente
vivo da offuscare tutto l'amore e il bene che provo per lui e che cerco
di dimostrare ogni giorno. Invece mi ha chiamato mamma.
Ho cercato di non scoppiare a
piangere davanti a lui, si sarebbe spaventato e non avrebbe capito il
perché delle mie lacrime.
Ma, non appena i ragazzi sono
andati nelle loro camere, lacrime di gioia e di commozione hanno
iniziato a sgorgare dai miei occhi.
Non ho potuto evitarle, ero
tanto felice.
SONO tanto felice, adesso il
mio Christian non è più cosi tanto diverso dagli
altri. Nonostante
molti suoi problemi restino immutati, almeno adesso può
esprimersi,
interagire con me e con suo padre, con i suoi fratelli. Anche
se, come prima cosa, ha finito con il litigare con Elliott.
Sorrido al pensiero dei miei
due ragazzi che litigano fra di loro come due normali fratelli,
forse siamo sulla buona strada.
E mi viene voglia di vederla
subito, questa povera creatura che ha sofferto così tanto.
Voglio
sentire ancora la sua voce, assicurarmi che davvero parla, che non
è stato solo un caso o, peggio ancora, un sogno.
Salgo le scale per andare in
camera di Christian; non appena giunta in cima sento dei passi dietro
di me.
È mio marito, Carrick.
"Vai da lui?" mi
chiede "vengo con te" e non aggiunge altro.
Silenziosamente ci avviciniamo
alla porta che è socchiusa, guardiamo dentro e...
E li vediamo, insieme, che
giocano; la testolina bionda di fianco alla testolina color rame, le
piccole mani che si sfiorano appena.
A un certo punto Christian dice
qualcosa e Elliott scoppia a ridere. Christian lo guarda sospettoso
per qualche minuto, poi sorride. Ma i suoi occhi sono tristi. Lui
è
sempre triste e mi domando quando mai lo vedrò felice.
Quando...
Un
momento, Grace, mi dico.
Oggi è un grande giorno, lui ha fatto un enorme progresso.
Il
resto,
beh, il resto verrà. Prima o poi si aggiusterà
tutto. Si
deve aggiustare tutto. Lo voglio credere: oggi non è la
giornata
per fare brutti pensieri.
E, adesso, non posso aspettare. Voglio
sentire ancora una volta la sua voce, vorrei tanto essere
chiamata "mamma" di nuovo.
Così entro nella stanza.
"Ciao, mamma" mi saluta Elliott,
sorridendo.
"Ciao, mamma" gli fa eco Christian, un po' meno
sicuro e sorridente, anzi oserei dire quasi timoroso, forse distaccato.
Però mi ha chiamato mamma e, comunque,
parla; è a posto, regolare, normale.
Oh
quanto vorrei prenderlo in braccio, stringerlo forte e riempirlo di
baci! Strapazzarlo per gioco, coccolarlo, farlo ridere felice. Ma lui
non vuole essere toccato. Quanto male devono avergli fatto per ridurlo
così? Mio Dio, quanto? Tanto, troppo...troppo.
Ingoio il nodo che mi
è formato in gola e penso che potrei provare
nuovamente a cercare un
contatto, avvicinarmi, scompigliare per gioco i capelli a
tutti e
due e, quasi per caso, provare a scivolare verso la spalla.
Mi avvicino, mi inginocchio davanti a loro e fingo di interessarmi ai
loro giochi. Accarezzo la testa di Elliott e poi quella di Christian.
Cerco di scendere verso la sua spalla ma lui si irrigidisce,
così mi fermo e ritiro la mano. Elliott, invece, viene a
cercare
una coccola di più. Non gliela nego, ma non so se
indugiare a lungo. Non so come la prenderebbe Christian.
Per fortuna Carrick viene in mio aiuto, mi raggiunge e poi dice "Ma che
bravi i miei ragazzi, che giocano insieme! Vedete che è
più divertente giocare insieme, invece che litigare tutto il
giorno? Sono proprio orgoglioso di voi. Anzi, sono così
orgoglioso che vi tolgo il castigo. Potete uscire di qui, se volete"
I due fratelli si guardano per pochi secondi, quasi a cercare un
silenzioso accordo.
"Beh, vedi papà" è Elliott che parla "noi stiamo
giocando, ci divertiamo. Possiamo restare qui fino all'ora di cena?"
"Ma certo che potete!".
"Okay, grazie papà" esclama il nostro figlio maggiore;
"Grazie, papà" gli fa eco, sicuro, Christian.
"Di niente" risponde mio marito, ma la voce gli si spezza.
Prende la
mia mano e mi porta velocemente fuori dalla stanza. Mi volto a
guardarlo: ha gli
occhi umidi.
"Papà" mormora "mi ha chiamato papà. Non lo avrei
mai creduto, mai".
E scuote la testa, ancora incredulo.
Gli asciugo gli occhi con la punta delle dita, gli sorrido e, insieme,
scendiamo al piano inferiore.
Ed ecco il terzo capitolo.
E ho anche altre idee.
Per cui prevedo altri capitoli (non è una minaccia! o la
è?)
Diciamo che ho voluto dare voce alla mamma, e penso proprio
che ormai era ora!
Spero di essere stata abbastanza materna.
E anche realistica, anche se in effetti non saprei proprio cosa farei
se mi trovassi al posto di Grace.
E comunque temo di avere inquadrato meglio il personaggio di Carrick
che non quello di Grace.
Che ne pensate?
Ringrazio maestrina e katiag che mi hanno dato lo stimolo a proseguire
con questa mia idea.
Ma ringrazio anche tutti
coloro che mi seguono e che hanno inserito le mie storie fra le
ricordate e le preferite.
Mi fa piacere che vi
divertite a leggere le mie sciocchezze.
Ora attendo recensioni.
Ah, scusate per
l'impaginazione "strana" purtroppo ne ho scritto parte sul tablet e
parte sul PC.
A presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 4 *** Una dolce bambolina ***
una dolce bambolina
Una dolce bambolina
E' passato
più di un anno da quando ho ripreso a parlare e da
allora non ho più smesso.
Le parole mi sono ritornate come se non fossero mai andate via e ne ho
anche imparate delle nuove. Riesco a parlare senza problemi, non sono
un chiacchierone, però. Non come Lelliott: lui parla sempre!
Io
invece sto spesso in silenzio, ma quando la mamma o il papà
mi
chiedono qualcosa sono più che capace di poter rispondere e
di poter dire
quello che voglio, o se sto male.
Non riesco però a raccontare i miei incubi. Non
ce la faccio, sono troppo terribili, fanno troppo male.
Vado a scuola, ad una scuola privata con pochissimi
bambini. Non mi
piacciono gli altri bambini, non riesco a giocare con loro;
ho
sempre paura che mi tocchino il petto o la schiena, per questo non ho
amici. L'unico mio amico è Lelliott, lui sa benissimo che
non
può toccarmi e così riesco a giocare con lui.
Sono nel salotto di casa, adesso, e sto suonando il piano.
Sono bravo a
suonare il piano, la maestra dice che ho talento, e la mamma viene
spesso a sentirmi. Anche adesso è qui con Mia che ha
appena imparato a camminare e fa dei passetti piccoli piccoli; sembra
sempre sul punto di cadere. E qualche volta cade, ma si rialza subito
ridendo. E' sempre allegra ed è così carina.
Suona il telefono e la mamma va a rispondere lasciando Mia nella stanza
con me.
Lei cammina verso di me e mi chiama "Chitian! Chitian!" ancora non
pronuncia bene il mio nome.
Trotterella nella mia direzione, io scendo dallo sgabello del
pianoforte e mi inginocchio così sono piccolo come lei.
Fa gli ultimi passi, e, una volta di fronte a me, mi mette le braccine
intorno alla vita e appoggia la piccola
testa sopra la mia
spalla.
La abbraccio a mia volta, è tanto tenera.
"Mia!" le dico "sei venuta dal tuo fratellone?"
"Cì" risponde lei in quel modo così buffo che
hanno i bambini piccoli di parlare.
"E cosa facciamo ora? Giochiamo?" le chiedo.
Mentre aspetto la risposta, alzo gli occhi verso la porta e vedo
Lelliott che mi guarda stupito come se avesse visto un marziano. O uno
dei suoi amati dinosauri.
"Chris!" mi chiama con il nome che usa sempre come
diminutivo.
Lo guardo, incuriosito da quello che sta per dirmi,
"Chris!" ripete "lei ti sta toccando!"
"Eh?" chiedo io sorpreso "Come?"
"Lei, Mia, ti sta toccando. Tiene le mani sulla tua schiena e la testa
sulla tua spalla"
"Sì, e allora?"
"Allora: tu non permetti a nessuno di toccarti! Perché a lei
sì?"
Ci penso su un attimo e mi accorgo che è vero: Mia
è l'unica persona che mi
può toccare. Con indosso i vestiti, si capisce,
però di lei non ho
paura. L'ho sempre abbracciata, fin da piccolina, quando ero
più piccolo anch'io e, qualche volta, ho anche provato a
prenderla in braccio. Mi sembra naturale farmi toccare da
lei,
non mi crea problemi.
"Lelliott" rispondo a mio fratello "lei è piccolina,
dolcissima:
una tenera bambolina. Non potrei mai avere paura di lei, non potrebbe
mai farmi del male";
"Ma neppure io ti farei mai del male, lo sai. E papà, la
mamma...davvero pensi che te ne farebbero? "
Mentre mio fratello parla si avvicina a me, viene molto vicino e,
immediatamente, vengo preso dal panico.
"Non toccarmi, Lelliott! Non toccarmi! Se lo fai ti meno,
giuro!" gli grido contro. Sento il cuore
battermi a
mille e quasi mi manca l'aria.
"No, stai tranquillo, non ti faccio niente!" scuote la
testa, mi guarda perplesso "certe volte, Chris, mi riesce
difficile capirti!"
Non so cosa rispondergli, certe volte non mi capisco neanche
io!
Quarto capitolo della
storia di Christian in famiglia.
Che ne pensate?
Più vado avanti con questa storia, più mi rendo
conto di quanto debba essere difficile crescere con un fratello
così traumatizzato. Anche se, forse, sono solo mie
supposizioni.
Vabbè, sono solo fan-fiction, non prendiamole troppo sul
serio!
Un ringraziamento a tutte le mie recensitrici e un ringraziamento molto
particolare a Allison75 per il suo messaggio.
Grazie a tutti
A presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 5 *** Chi sono io? ***
chi sono io?
Chi sono io?
POV Carrick
Sono passati
già otto anni dal giorno in cui Christian è
venuto a stare con noi. Otto anni da
quando quel passerotto impaurito è entrato a fare parte
delle nostre
vite.
Ha dodici
anni, ora, e fisicamente ha fatto enormi progressi.
Una volta risolti i postumi della denutrizione, ha sviluppato una
crescita sorprendente rivelandosi molto alto per la sua età.
Rispetto a suo fratello Elliott appare molto più magro e non
so se
questo sia dovuto a costituzione fisica o sia l'ultima conseguenza
della grave denutrizione cui il suo povero fisico è stato
sottoposto nei primi anni di vita. Grace, mia moglie, dice che
è
ancora troppo presto per poter valutare con esattezza e che dobbiamo
attendere l'età dello sviluppo. Tutto sta nell'aspettare, ma
non è
una cosa che mi impensierisce.
Quello che
veramente mi
preoccupa è la sua situazione psicologica: quasi ogni notte
ha
degli incubi dai quali si risveglia urlando e tremando come una
foglia. Devono essere veramente spaventosi ma non ci è
dato sapere niente circa il contenuto: Christian non
ne vuole
parlare,
almeno non con noi. Credo che dica qualche cosa allo psicologo che lo
ha in cura, ma finora è trapelato pochissimo.
Ha, poi,
sviluppato come una
forte rabbia nei confronti di tutto e di tutti, come se ce l'avesse
col mondo intero.
E non vuole
essere toccato,
continua a non voler essere toccato da nessuno, nemmeno da sua madre,
tanto meno da me. Tollera a malapena che un leggero buffetto sulla
guancia e l'essere brevemente sfiorato sulle braccia e sulle gambe. Ma
va assolutamente in panico ad ogni tentativo di toccarlo
sulle spalle, sulla schiena e sul petto. So perfettamente il
perché e non insisto; vedere il terrore dipinto negli occhi
di
mio figlio è una
cosa terribile, destabilizzante che scuote nel profondo.
Adesso lui
è qui, è entrato
nel mio studio e mi sta guardando.
"Christian"
lo chiamo
"hai bisogno di qualcosa?"
"Ehm,
sì. Cioè, ...ti
volevo chiedere una cosa, papà"
"Dimmi,
figliolo. Cosa
c'è?"
"Ti volevo
chiedere se sai
chi è il mio vero padre...cioè, il mio padre
biologico. "
"Non
l'abbiamo mai saputo,
ma, perché me lo chiedi?"
"Perché
no una
stramaledetta paura che possa essere quel bastardo del protettore di
mia madre."
"No, non
è lui. Non credo
proprio"
"Come fai
ad esserne così sicuro?"
"Beh, tanto
per cominciare
non gli somigli affatto. Quando morì tua madre, lui venne
interrogato, io ero presente, e negò apertamente qualsiasi
legame
di parentela con te. Disse..." e qui mi fermo perché non
voglio
proprio ripetere le parole usate da quell'animale. Fanno troppo male.
Ma
è mio figlio che prosegue al
posto mio:
"Lo
stronzetto non è figlio
mio. Non voglio avere niente a che fare con lui! ... ha detto
così, vero?" mi chiede.
"Esattamente"
rispondo e,
subito, un pensiero atroce mi attraversa la mente.
Guardo
Christian, i suoi occhi
hanno un'espressione dolente e smarrita, un'espressione che mi
strazia l'anima.
"Tu lo
ricordi benissimo. Tu
ricordi i tuoi primi anni di vita, vero?" gli chiedo.
Lui non
risponde, ma fa
ripetutamente cenno di sì con la testa.
Signore,
perché? Perché proprio
questo?
Speravo
proprio che avesse dimenticato, che i suoi incubi
fossero solo un prodotto dell'inconscio, e invece; lui ricorda tutto.
E, per tutto, intendo tutto il male che gli hanno fatto: le botte, la
fame, i maltrattamenti.
Mio Dio:
è terribile. Pensare che lui vive con questo inferno ancora
presente nella mente.
Darei tutto,
la mia stessa vita,
per poterglielo risparmiare anche solo per un minuto, anche se posso
solo immaginare che razza di sofferenza sia.
E non so cosa
fare: se dipendesse da
me lo abbracciare e lo cullerei a lungo per farlo stare un pochino
meglio.
Ma non posso
toccarlo, non posso
fare niente, se non cercare di continuare il dialogo.
"Ne vuoi
parlare?" gli
chiedo.
Non risponde
ma fa segno di no.
Passano
alcuni minuti, poi mi
parla; la sua voce è un sussurro appena udibile.
"Mi ha avuto
da un cliente,
vero? Sono il frutto di...di una botta e via. Mio padre è
uno dei
tanti che sono entrati, se la sono fatta, l'hanno pagata e poi se ne
sono andati per i fatti loro. Chi sono io, papà? Chi sono?
Sono il figlio di nessuno. Di
nessuno e di una puttana drogata. Sono un bastardo, nient'altro che
un bastardo!"
"Christian,
basta, adesso
basta" sbotto, arrabbiato, non posso sentirlo parlare a questo
modo.
Poi
proseguo, più
dolcemente "Figliolo, non torturarti così. Non è
giusto, non
ti fa bene, ti fa solo soffrire e niente altro. Sono io tuo padre, non
ti basta questo?"
"No, non mi
basta" risponde, e il suo
sguardo è cupo, arrabbiato, dolente,
agghiacciante.
Poi scuote la
testa e se ne va.
Pochi minuti
dopo sento suonare il
pianoforte: la Marcia funebre di Chopin. La suonerà due,
tre,
quattro, anche cinque volte, fino a quando porterà un minimo
di
tregua al suo dolore.
Io resto qui
ad ascoltarlo e
soffro come un cane.
Certe volte
fare il genitore è
veramente difficile.
Certa di fare una cosa gradita,
ho inserito un capitolo dal punto di vista di Carrick, il
babbo.
Quello che lui e Christian si
dicono è basato su un paio di spunti che emergono sia dalle
lettura del secondo che da quella del terzo libro della trilogia
originale. Io non ho fatto altro che mettere insieme i pezzi ed ecco
qua.
come sempre, spero che vi piaccia.
Attendo recensioni e ringrazio le
mie recensitrici e tutti coloro che mi seguono
A
presto
Love
Jessie
PS:
se a qualcuno interessa qui c'è la Marcia Funebre di Chopin,
piuttosto cupa, non trovate?
https://www.youtube.com/watch?v=Hgw_RD_1_5I
|
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Capitolo 6 *** Tre colpi sul muro ***
3 colpi sul muro
Tre
colpi sul muro
POV ELLIOTT
Sto uscendo da
scuola, insieme con il mio amico Peter; stiamo organizzando di uscire
con un paio di ragazze, portarle a cena, al cinema e poi, se proprio
ci stanno...beh, sapete come vanno le cose in questi casi.
Insomma sono lì
tutto gasato pensando alla serata che mi aspetta quando ecco che ti
arriva l'altro mio caro amico, George.
"Elliott"
mi dice "Elliott! Corri, stanno picchiando tuo fratello. Lo
stanno pestando di brutto!";
"Chi sono?"
chiedo preoccupato. Non è la prima volta che mio fratello
rimane
coinvolto in una rissa e non sarà nemmeno l'ultima, temo.
C'è qualcosa in lui,
come un lato oscuro, che lo porta a cacciarsi sempre nei guai. Temo
che prima o poi finirà col trovarsi in casini veramente
seri. Io
cerco di stargli dietro più che posso ma più di
tanto non posso
fare. In fin dei conti ho solo 15 anni; sono un ragazzo, non un
adulto. So che papà e mamma fanno del loro meglio. Ma temo
che non
sia abbastanza.
"Chi sono?"
chiedo nuovamente a George,
"I due fratelli
Blake e un altro tizio che non ho riconosciuto. Sono in tre";
"Tre contro uno,
più piccolo, peraltro. Bei vigliacchi! Beh, andiamo!" e,
guidati
da George io e Peter ci avviamo verso il luogo della rissa.
Ed eccoli
lì, Mark e
Michael Blake, insieme all'inseparabile Chad Morgan che se la
prendono con il mio fratellino. Loro hanno la mia età, Chris
è poco
più di un bambino in confronto ma si sa difendere. Ora
però è a terra mentre i tre si accaniscono contro
di lui
prendendolo a calci e a pedate.
Resisti, Chris,
stiamo arrivando.
Capisco che non c'è un momento da
perdere.
Faccio in modo di
trovarmi proprio dietro a Michael mentre alza il braccio per colpire
mio fratello e lo afferro per il polso; giro la presa nel modo giusto
e lui finisce steso a terra. Potenza del judo!
"Ehi, Michael!
Prova a batterti con uno della tua taglia!", lo sfido. Lui si
alza e mi viene contro, ma lo controbatto bene mentre Peter e George
si prendono cura degli altri due e Chris, ripreso fiato, sta facendo
la sua parte. Ha del coraggio, la creatura.
Ne esce fuori una
zuffa di dimensioni epiche, fra schiaffi, pugni, calci e
pestoni, alla fine riusciamo
ad averla vinta.
"Ha cominciato
lui!" ribatte Michael, asciugandosi il sangue dal naso, "tuo fratello
è un vero
attaccabrighe";
"Ah, si? E tu
non hai fatto proprio niente?"
Michael non risponde,
non dice niente, anzi fa la faccia innocente e sorpresa.
Restiamo in silenzio alcuni minuti e
poi sento, fioca e debole, la voce di mio fratello;
"Mi ha detto
figlio di puttana!"
Come???
Lì per lì
penso a nostra madre e mi arrabbio di brutto, ma come osa?
Poi...
Mio Dio,
Christian!
Se a me fa male, a
lui fa male due volte, dato il suo passato. So tutto di lui,
papà e
mamma me lo hanno detto non appena ho avuto l'età per
capire. Ho
assistito ai suoi incubi, ai suoi momenti cupi, ho visto le sue
cicatrici, ricordo i giorni in cui non parlava e posso garantire che
ride molto di rado e che non l'ho mai sentito cantare.
Figlio di puttana,
gli hanno detto, ed è stata una coltellata nel suo cuore.
"Vai via,
Michael! Andate via tutti! Levatevi dai piedi se ci tenete a restare
interi!"
Sono incavolato a bestia; faccio la voce grossa
e so di bluffare.
Ma funziona: i tre, già stanchi e
pesti, battono in ritirata con la coda fra le gambe.
Mi volto a guardare
mio fratello; é seduto a terra, il suo viso é
ridotto a una
maschera di sangue, ha gli occhi gonfi e riesce a malapena a tenerli
aperti.
Mi avvicino, lui alza lo sguardo ad
incontrare il mio, mi inginocchio al suo fianco.
"Hai dolore?",
gli chiedo. Annuisce silenziosamente.
"Ce la fai ad
alzarti in piedi?", quasi in risposta prova ad alzarsi, nel
tentativo fa una smorfia di dolore e un gemito soffocato. Lo aiuto,
si alza ma si vede che sta soffrendo.
"Come ti
senti?", chiedo ancora, preoccupato.
"Ne ho passate
di peggio", alza le spalle.
Quando dice così, so
che si riferisce al suo passato.
Sto male pensando alla sua prima infanzia e mi
viena da maledirli quei due bastardi: come hanno osato fare quelle cose
al
mio fratellino?
Ma poi mi arrabbio e questa volta con lui; come
può avere così poco amore, così poca
attenzione per se
stesso? Perché si chiude sempre a riccio?
"Christian"
lo ammonisco, "si vede che stai male. Dovresti andare al pronto
soccorso";
"Lasciami stare,
Lelliott! Non ho bisogno dei tuoi consigli";
"Lascia almeno che ti aiuti. Ti porto a casa,
vuoi?";
Per tutta risposta
lui cerca di allontanarsi e di andarsene per i fatti suoi ma barcolla
e quasi cade di nuovo a terra.
"Chris!"
Lo afferro al volo e
lo aiuto a sostenersi offrendogli il mio appoggio;
"Adesso ce ne
andiamo a casa, zuccone che non sei altro!" lo ammonisco di
nuovo e lo porto con me.
Siamo soli in casa;
la mamma é di turno in ospedale e rientrerá solo
a tarda notte,
mentre papà e Mia sono andati a Detroit a trovare i nonni
Grey.
In silenzio entriamo
e andiamo in bagno, vorrei poter aiutare Christian almeno a
spogliarsi ma lui non vuole farsi toccare. Così cerca di
fare tutto
da solo, si spoglia e prova a medicarsi anche se gli costa fatica e
dolore. Io mi limito a
preparargli due pasticche di antidolorifico e a cercare di non
sembrare troppo impressionato dai segni rossobluastri che ha sul
corpo.
Ci prepariamo latte e
biscotti per cena e poi lo porto a letto.
"Mettiti sotto
le coperte e cerca di dormire. Domani ci inventeremo qualche fandonia
da raccontare alla mamma, se scopre che hai fatto di nuovo a botte si
arrabbia di brutto"
"Frega niente!
Lo scopra pure...Tanto..."
Non sto nemmeno a
controbattere, sono stanco e amareggiato e non ho voglia di
confrontarmi con la scarsa autostima di mio fratello.
Mi dirigo verso la
porta e proprio prima di uscire gli dico:
"Senti, io sono
nella mia stanza. Se avessi bisogno di qualcosa, stanotte, soprattutto
se ti senti male bussa tre
volte sul muro e io verrò da te. Ok?"
Lui non risponde,
nemmeno cerca di guardarmi. Gemendo di dolore si gira dall'altra parte,
volgendomi la schiena.
Io vado in camera mia, mi spoglio e mi stendo sul
letto.
Sospiro, so che
passerò la notte sveglio ad aspettare tre colpi sul muro che
non
verranno mai.
E non solo perché lui non ne
avrà bisogno, ma perché non vuole farsi aiutare.
Soprattutto non da me, non ora.
Christian è cambiato, sta diventando
cupo, oscuro e io ho paura di perderlo, una fottuta, tremenda
paura.
Ciao
a tutti
che
ne pensate di questa storia e, soprattutto, di Elliott?
A
me sta molto simpatico, nonostante alcune battute di Christian, penso
che sia realmente un bravo ragazzo, altruista e che voglia un mondo di
bene a questo suo fratello così complicato.
E',
semmai, Christian che con il suo atteggiamento, tende ad isolarsi dalla
sua famiglia. Una famiglia che crede di non meritare; così
confonde l'amore con la pietà.
Unica
eccezione, lo abbiamo visto, è Mia.
Attendo
recensioni
A
presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 7 *** Click ***
click
Click
POV Christian
Verso il liquido ambrato
nel bicchiere, ne verso tanto, lo riempio fino all'orlo.
Poi prendo un respiro e lo butto giù tutto di un fiato; il
whisky brucia nella mia gola, si espande bollente nelle mie vene.
Ancora un paio di bicchieri e poi starò bene, ancora un paio
di bicchieri e non mi ricorderò più di niente.
Sparirà tutto, ogni cosa si annebbierà nella mia
mente, finalmente avrò un po' di pace.
Perché la vita è uno schifo, anzi, correggo la mia vita
è uno schifo.
Io sono il figlio imperfetto di una perfettissima famiglia da spot
pubblicitario: la mamma medico sempre bionda e sorridente, il babbo
avvocato severo e signorile, il fratello maggiore capitano della
squadra di football, pieno di amici e, soprattutto pieno di donne, la
sorellina piccola, dolce, buona e bellissima, un angelo del paradiso.
Loro hanno talento, bellezza, bravura e poi ci sono io: la pecora nera,
il brutto anatroccolo, il soldatino senza mostrine, il figlio bastardo,
il figlio della puttana drogata.
Io che non ho amici, che non studio e non vado bene a scuola, che
faccio sempre a botte, che non rido quasi mai, non piango mai, non
riesco a mostrare nessun altra emozione che non sia la rabbia.
Io che, a quasi quindici anni, vorrei avere una ragazza e non posso
averla, perché come potrei anche solo limonarci se non
sopporto
di essere toccato. Eppure le ragazze mi piacciono, mi piacciono molto:
certe volte, guardando una ragazza, l'uccello mi viene tanto duro e
grosso che temo che finisca per scoppiarmi fra le gambe.
Che non riesco quasi
più a
dormire, la notte, perché appena chiudo gli occhi i fantasmi
del
passato ritornano implacabili a perseguitarmi. E a quelli se ne
aggiungono altri, sogni terribili, nei quali perdo la mia
perfettissima, splendida, terribile famiglia adottiva e rimango
orfano e solo al mondo. O nei quali la mia nuova famiglia non
c'è e non c'è mai stata.
Io che bevo per dimenticare.
Perché non è facile essere come me. Avere un
disperato
bisogno di essere amato e rendersi, contemporaneamente conto di non
essere degno dell'amore di nessuno; capire che per tutta la vita si
sarà soli e che, se così stanno le cose, tanto
vale
abituarsi sin da subito. Anche se il solo pensiero ti fa stare male.
E allora mando giù uno, due, tre bicchieri di ... di
qualsiasi
cosa purché sia forte: whisky, bourbon, gin, rum, va bene
tutto,
non mi importa.
Tanto quello che aspetto, che voglio disperatamente è che
arrivi
quel click, quel segnale che spegne il mio cervello e cancella tutto.
Così io, almeno per un po', sto bene. Allora i miei sogni,
le
mie illusioni diventano vere e io sono come tutti gli altri: un
perfettissimo Grey, un figlio buono, volenteroso, degno dell'amore di
mio padre e, soprattutto di mia madre. Un fratello di cui andare
orgogliosi. Un qualcuno che vive solo nei miei sogni più
segreti.
Uno, due, tre, quattro bicchieri e il click ancora non viene.
Ne verso un altro, mi trema la mano, sento le gambe cedere,
sento la testa che diventa sempre più leggera.
Lo butto giù di un fiato.
Ecco ci siamo: è adesso.
Click!
E, come per incanto, sparisce tutto.
Benvenuto oblio!
Triste, vero?
Ho cercato in questo breve capitolo di immaginare i pensieri e le
sensazioni di Christian quando si ubriaca, non so se ci sono riuscita
bene
Spero di sì.
La considerazione sul "click" che spegne il cervello quando si ha
bevuto, non è del tutto mai ma tratta da un bellissimo film
degli anni '50 "La gatta sul tetto che scotta"; non so se l'avere
visto. Se vi capita ve lo consiglio, è veramente molto bello.
Nei prossimi capitoli ritornerò a fare interagire Christian
con la sua famiglia. Non so quanti ne verranno fuori: finché
ne ho voglia vado avanti.
Ringrazio chi ha recensito, chi ha messo questa mia storia fra le
preferite, le seguite e quanto altro.
Vi voglio bene.
A presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 8 *** Ti voglio tanto bene ***
mia2
Ti voglio tanto bene
La stanza
è buia...appena una luce debole debole filtra dall'altra
stanza.
La sento gridare, piangere e poi sento la voce di lui, aspra, violenta,
alterata. Sta urlando e mentre urla la sta picchiando, riconosco
perfettamente il suono degli schiaffi, i gemiti di lei ogni volta che
riceve un colpo.
Vorrei uscire, vorrei poterla aiutare, vorrei potergli dire di
lasciarla stare, ma non ci riesco. Ho paura, ho paura che poi se prenda
con me.
Così resto qui, sono un vigliacco. Lo so. Non sono
in
grado di prendermi cura di lei, della mia mamma, non riesco a fare
quello che dovrei fare per salvarla. Dovrei prendere io le botte al
posto suo, tanto non sarebbe di certo la prima volta. Ma non ce la
faccio, non ci riesco.
Resto qui mi nascondo nell'angolo più buio della stanza e
spero che lui non venga mai a cercarmi.
Tum...tum...tu-tum: il cuore mi batte forte nel petto , lo sento quasi
in gola, per un attimo ho paura, paura che lui senta il mio cuore
battere così forte e mi venga a cercare. Vorrei farlo
smettere,
farlo battere più piano ma non ci riesco...
"Christian!"
Chi è? chi
è che mi sta
chiamando? Sembra la voce di una bambina...dov'è? voglio
mandarla
via, non deve stare qui. Se lui la vede poi picchia anche lei e io non
voglio.
Dove sei? Dove sei, piccolina? Guardo in giro ma non vedo
nessuno, nemmeno un'ombra.
"Christian, svegliati! Svegliati, fratellone! Svegliati!
Christian!!!"
Sento una mano che mi
sfiora. La bambina è qui, ma ancora non la vedo.
Certo che non la vedo: ho gli occhi chiusi. Ora li apro e...
E mi sveglio con un sussulto!
Sono nella mia stanza, è buio, davanti a me scorgo
appena
il poster di Giuseppe di Natale. Sono tutto sudato e ho il cuore in
gola e il respiro corto.
Un piccola mano è posata sul mio viso, mi sta accarezzando.
Mi volto a guardare chi è: è Mia, la mia
sorellina.
Mi sta guardando con gli occhi tristi mentre continua a fare scorrere
la sua piccola
mano sulla mia guancia, fra i miei capelli.
"Cos'era, Christian? un brutto sogno?"
"Sì" le rispondo "un incubo. L'ennesimo, fottutissimo
incubo!"
E scuoto la testa, amareggiato. Quanto vorrei potere dormire tranquillo
e non andare a letto la sera, spaventato al solo pensiero di quello che
la notte può portare.
Ho quindici anni, ormai, le cose che mi sogno sono successe tanti anni
fa, quando smetteranno di tormentarmi?
Mia, intanto, si è seduta sul letto accanto a me e mi ha
preso la mano;
"Non avere paura, Christian!" mi dice "non avere paura, ci sono io con
te. Resto a dormire con te, se lo vuoi. Lo vuoi?"
Annuisco in silenzio e lei si sdraia al mio fianco; non mi tocca, quasi
non mi sfiora, ma rimane con la mia mano nella sua.
Sposta appena lo sguardo verso il mio polso e, improvvisamente, la sua
espressione cambia, sembra incuriosita, quasi stupita, poi diventa
seria.
Sfiora con le dita il mio polso seguendo con la mano il segno blu scuro
e livido delle manette con cui Elena mi ha tenuto legato proprio quel
pomeriggio.
Cazzo! e adesso cosa le dico? cosa le dico se mi chiede qualcosa? Come
posso anche solo immaginare di dirle quello che faccio con Elena? La
sconvolgerei: ha così tanta fiducia in me!
Alza la mia mano per vederla meglio, aggrotta le
sopracciglia, poi mi guarda con aria di rimprovero e mi dice:
"Christian! Hai fatto di nuovo a botte! Guarda qua che segno! Ti fa
male?"
Merda! Lo ha scoperto! E adesso cosa faccio? Che le dico?
Un momento: devo ragionare con calma. Lei, nella sua beata
innocenza,
crede che ho fatto a botte; non può nemmeno sospettare la
verità. E' ancora un bambina, non ne sa niente di certe
cose, almeno lo spero.
Okay, devo stare al gioco.
"No, piccolina, non mi fa male. Non lo sento quasi"
Vedo il suo viso rischiararsi per un attimo, poi il suo dolce visino
farsi quasi severo mentre mi dice "Se lo vengono a sapere
papà e
mamma, saranno guai, lo sai?"
"Sì, ma tu farei la brava bambina e non lo dirai a nessuno!
Vero?" le chiedo con un certo timore, se solo accenna ai nostri
genitori dei segni sulle manette sono cazzi amari.
Mi sorride e lo sguardo si fa un po' malizioso, poi risponde
"Tranquillo, Christian, non lo dirò a nessuno.
Sarà il
nostro segreto"
"Brava bambina. Sarà il nostro piccolo segreto", le
accarezzo la guancia con il dorso della mano.
Restiamo un po' in silenzio, stesi l'uno accanto all'altro,
poi
lei volta di lato, mi guarda e mi chiede "Vuoi che
ti canti
qualcosa per aiutarti a dormire? Come fa la mamma?"
"No" le rispondo "basta
che rimani qui con me. Posso abbracciarti, piccolina?"
"Certo che mi puoi abbracciare, fratellone"
La stringo fra le mie braccia, la sua schiena contro al mio petto,
posso respirare il buon profumo della sua pelle.
Appena prima di lasciarsi prendere dal sonno mormora "Ti voglio tanto
bene, fratellone!"
Anch'io ti voglio bene sorellina.
Lo penso, ma non lo dico.
Non riesco a dirlo, non ce la faccio proprio.
C'è qualcosa in me che blocca ogni manifestazione di affetto.
Le parole mi muoiono in bocca.
Non è una bella cosa, lo so, ma non posso farci niente.
Io sono così; sono tutto sbagliato, lo so.
Sospiro, cerco di rilassarmi nel letto e spero, ardentemente spero, di
riuscire a dormire senza più incubi.
Almeno per questa notte.
Sorpresi? Che io abbia
postato così presto, intendo.
Vi dirò, mezzo capitolo, era già stato scritto
prima del
capitolo 7 "Click", forse anche più di mezzo. Per questo ho
fatto abbastanza presto.
In realtà morivo dalla voglia di scrivere ancora su di
Christian
e Mia, il fatto che siano molto uniti si evince anche da alcune pagine
della trilogia.
E poi volevo trovare un modo per descrivere almeno uno dei suoi incubi,
così ho ideato questo capitolo.
Spero che non vi scandalizzerà il fatto che i due dormano
abbracciati: è assolutamente innocente; si tratta
semplicemente
di conforto fraterno e Christian ha sempre, almeno nella mia storia,
permesso a Mia di toccarlo.
Ok, questo è quanto vi dovevo come spiegazione
Ringrazio chi mi legge (siete molto di più di quanto non mi
aspettavo) , chi mi segue, chi recensisce, chi mette la mia storia fra
le preferite e le ricordate e, infine, chi mi ha indicato fra i suoi
autori preferiti (wow).
Bacioni a tutti
A presto
Love
Jessie
PS: adesso mi metto a lavorare sul prossimo capitolo della mia altra
long: Mrs. Lincoln.
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Capitolo 9 *** Il mio bambino perduto ***
bambino perduto
Il mio bambino perduto.
POV Grace
Scomparso!
Mio figlio è scomparso, anzi forse sarebbe meglio dire
disperso.
Era in viaggio per lavoro sul suo elicottero, sembrava andasse tutto
bene ma ad un certo punto non ha più dato segno di se e
nessun
radar di nessun aeroporto è riuscito a rintracciarlo.
Sembra quasi che si sia volatilizzato nel nulla.
Il mio terrore più grande è che non riescano
più a
ritrovarlo, non comunque in tempi brevi. Se l'elicottero è
caduto e si è schiantato sopra qualche monte scosceso, in un
avvallamento sperduto chissà dove, ci potrebbero volere
giorni
prima di poterlo rintracciare e nel frattempo lui potrebbe essere...
Gesù mio, non ci voglio pensare!
Non può essere, non lui; non il mio Christian.
Dei miei tre figli
è quello che mi ha sempre dato più
pensieri: è stato un bambino bisognoso di cure, un
adolescente
problematico, arrabbiato e rissoso per diventare, poi, un giovane
adulto di successo ma sempre solo e quasi triste.
E ora, che aveva finalmente trovato qualcuno che stesse con lui,
qualcuno a cui vuole bene e che gli vuole bene, adesso che le cose
sembravano andare un po' meglio ecco che gli capita questo.
Signore ma perché? Ma cosa ti ha fatto la mia povera
creatura
per accanirti così contro di lui? Non aveva già
sofferto
abbastanza, nella sua vita?
Dove sarà, dove sarà il mio Christian adesso?
Starà male, sarà ferito? chissà se
starà
chiamando me, la sua mamma, come faceva da bambino? O se invece il suo
pensiero sarà rivolto alla sua ragazza, Ana, l'unica ragazza
che ho potuto vedere al suo fianco.
La ragazza che ora è lì, seduta di fronte a me,
con lo
sguardo perso nel vuoto, le occhiaie e il viso mortalmente pallido.
Dovrei andare a dirle qualcosa, dovrei abbracciarla, confortarla; in
fondo stiamo soffrendo insieme, ma non ci riesco. Non riesco a
condividere il mio dolore con lei. Sono come svuotata.
Non riesco ad essere di conforto a nessuno e mi sento io, invece, ad
avere bisogno di conforto.
Così mi alzo da dove sono seduta e vado vicino
a mio figlio Elliott.
Elliott: il mio primogenito, la mia roccia, la mia ancora di salvezza.
Lui capisce subito cosa deve fare e mi cinge le spalle con il braccio,
in
un gesto affettuoso.
Mi stringo a lui, per riceverne in un certo qual modo la forza, per
aggrapparmi a qualcuno, altrimenti credo che poteri impazzire.
Ma cosa farò, Dio mio, cosa farò se non
potrò mai più rivedere Christian.
Quanto vorrei poterlo abbracciare, stringerlo forte a me...e mi rendo
conto che non ho mai potuto farlo. Se avessi saputo che poteva andare a
finire così, che avrei potuto non rivederlo mai
più, avrei lottato con le unghie e con i denti per
poterlo tenere stretto al mio petto almeno una volta.
Vorrei poter piangere, ma non ci riesco, resto abbracciata ad Elliott,
sempre con questo macigno che mi pesa nel cuore, con questo nodo che mi
strozza la gola.
Improvvisamente il mondo sembra quasi andare al rallentatore:
lentamente la porta si apre e sulla soglia, come in un sogno appare mio
figlio.
Il mio Christian è vivo e vegeto.
Signore, ti ringrazio: è vivo, sta bene, è qui!
E' tutto arruffato, scarmigliato, sporco, persino, ma a me non
è mai sembrato così bello.
Improvvisamente non capisco più niente: grido forte il suo
nome,
quel nome che avevo temuto di non poter più pronunciare se
non
con dolore e rimpianto, e mi lancio verso di lui.
Gli butto le braccia al collo e lo bacio forte sulla guancia;
per un istante appare come stupito, poi mi guarda.
"Mamma?" mi dice, quasi sorpreso di vedermi lì in quel
momento;
"Temevo che non ti avrei mai più rivisto" gli dico e la mia
voce si spezza in mille lacrime;
"Mamma, sono qui"
"Sono morta mille volte, oggi" adesso piango, visibilmente,
intensamente, singhiozzando, non riesco più a trattenermi.
Lui, mio figlio, mi abbraccia, non era mai successo prima; mi stringe
forte a sé mentre piango, sollevata e turbata al tempo
stesso,
appoggiata alla sua spalla.
E poi è un turbinio di voci di persone, non me ne rendo
quasi
conto ma ci ritroviamo tutti allacciati insieme, io, Christian, mio
marito Carrick e mia figlia Mia.
Va tutto bene, va tutto bene, è sano, salvo, sta bene.
E' qui, qui per davvero: non sto sognando.
Ma io non riesco a sciogliermi dal suo abbraccio. Sia mio marito che
mia
figlia dopo un po' si staccano, io resto lì, attaccata a lui.
Scosto la testa dal suo petto per poterlo guardare, per assicurarmi che
sia vero e non un sogno.
E, improvvisamente me ne rendo conto; mi rendo conto di quello che ho
appena fatto.
Io l'ho abbracciato, l'ho toccato sul petto, nella zona proibita.
E lui, strano a dirsi, mi ha lasciato fare. Non si è nemmeno
irrigidito.
"Scusami" gli dico, mi nascondo il viso fra le mani quasi a celare,
in un eccesso di pudore, le lacrime che continuano a scorrere.
"Va tutto bene, va tutto bene, mamma" mi risponde e mi bacia in fronte,
quasi respirando l'odore dei miei capelli.
Continua a tenermi stretta mentre gli chiedo che cosa gli è
successo e incomincia a raccontare, brevemente, le sue vicissitudini.
Poi asciuga le mie lacrime con le dita.
E' dolce, stramaledettamente dolce.
Erano anni che non lo era più, non con me, almeno.
Forse, a questo modo, non lo è mai stato.
Nella sua vita da adulto è sempre stato freddo, controllato,
formale.
Non so se sia perché mi ha visto così disperata o
se davvero sta cambiando.
Mi sorprendo a pensare se sia proprio mio figlio, questo.
Forse è arrivata la fatina buona a rimettere a posto le cose
nella sua vita.
Forse la fatina è quella ragazza, Anastasia, che sta
abbracciando e baciando in questo momento, con gli occhi pieni di amore.
E dalla quale si sta facendo toccare anche nelle zone proibite.
Li guardo, noto la dolcezza che c'è fra loro due, come si
guardano, il modo in cui lei si stringe al suo petto, la delicatezza
con la quale lui le asciuga le lacrime.
Forse mio figlio non è più così solo,
forse ha trovato la persona giusta.
Spero ardentemente che sia così, per lui soprattutto. Se la
merita un po' di felicità.
Oggi ho creduto di avere perso un figlio.
Adesso che l'ho ritrovato, desidero solo che egli sia felice.
Non penso di chiedere, poi, molto. Vero?
E con un salto temporale
di alcuni anni, ritroviamo Christian adulto, in piena trilogia.
Era un po' che desideravo scrivere questa vicenda dal punto di vista di
Grace ma, una volta scritta, mi sono resa conto che i suoi pensieri
somigliano molto a quelli di Ana, nella stessa vicenda. E
penso
che sia giusto così: il dolore e la preoccupazione, per loro
due, doveva essere molto simile.
Almeno fino a quando Christian non compare, quasi miracolosamente. E si
fa toccare, seppur brevemente, da sua madre. E lei
scopre che suo figlio sta cambiando. E spera che sia per
sempre e che la sua amata creatura cominci ad intravvedere
la luce alla fine del tunnel.
Cosa ne pensate di questa mia ricostruzione? Regge?
Attendo recensioni.
Grazie a tutti voi che mi leggete, seguite e recensite.
Un bacio
Love
Jessie
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Capitolo 10 *** Il babbo dello sposo ***
il babbo dello sposo
Il babbo dello sposo
POV Carrick
Oggi mio figlio
Christian si sposa.
Oggi unisce la sua vita a quella di un'altra persona, prendendosi
l'impegno di amarla e proteggerla per tutti i giorni della sua vita. Mi
ricordo quando mi sono sposato io, più di trent'anni fa,
quando
ho unito la mia vita a quella di questa donna straordinaria che
è mia moglie. Ero emozionatissimo e un po' avevo anche
paura;
perché iniziare una vita a due è sempre una sfida.
Ma mi è andata bene.
Spero che anche per il mio (ma che dico? il nostro: mio e di mia
moglie!) Christian sarà così.
Qualche giorno fa ho parlato a lungo con lui.
Volevo sapere il perché ha rinunciato a qualsiasi accordo
prematrimoniale. La cosa mi lasciava molto perplesso e un po' mi
preoccupava, anche.
Voglio dire, mio figlio è straordinariamente ricco. Uno fra
gli
uomini più ricchi di Seattle. E buona parte della sua
ricchezza
è frutto del suo lavoro, del suo ingegno, del suo intuito.
Io e
mia moglie siamo benestanti, ma non così eccezionalmente
ricchi.
Tutto il patrimonio di mio figlio, è merito esclusivamente
suo,
delle sue notti insonni, del suo darsi anima e corpo alla sua
professione e alla sua azienda.
Ora che si è innamorato, ed è cotto come una pera
si
vede chiaramente, temo che l'amore abbia offuscato la sua ragione a tal
punto da non rendersi conto delle intenzioni altrui.
E se per caso Anastasia, la sua futura moglie, fosse una cercatrice di
dote, beh, ho proprio paura che lui non se ne accorgerebbe.
Così come non si è accorto del fatto che Elena
Lincoln ha
abusato di lui per anni. La cosa che mi fa più arrabbiare
è che, ancora adesso, lui sembra non rendersi conto di
quello
che gli è stato fatto.
Ma questa è un'altra storia...
Quello che importa è che sta per sposarsi.
Quando un paio di giorni fa gli ho chiesto la ragione per la quale non
ha nemmeno preso in considerazione di stipulare un accordo
prematrimoniale, dapprima si è arrabbiato e non ne voleva
parlare.
Poi mi ha guardato; uno sguardo cupo, quello stesso sguardo che aveva
spesso da ragazzino e che speravo tanto che non gli avrei
più
rivisto sul volto, e la risposta che ho ricevuto è stata
tale da
farmi accapponare la pelle.
"Vedi, papà" mi ha detto Christian "la mia vita, senza Ana,
non
avrebbe più alcun significato. Da quando sto con lei,
finalmente
sento che il sole splende anche per me. Quello che ho con lei, non lo
avevo mai avuto prima. Potrei tranquillamente dire che quella che
conducevo prima non la si può nemmeno paragonare vita,
rispetto
a ora. Adesso ho qualcuno da amare, da proteggere.
Ora che so cosa vuole dire vivere con qualcuno, per
qualcuno, non potrei più tornare indietro. Se lei mi
lasciasse, sarebbe la fine per me. I soldi? ...cosa vuoi che me ne
importerebbe rispetto al dolore infinito che proverei nel perderla. Per
questo non faccio nessun accordo prematrimoniale, perché
sarebbe inutile. Perché la vita senza di lei non avrebbe
più alcun senso per me. E, poi, non me la sento di ridurre
il
sentimento intenso, puro e profondo che provo per lei ad un mero
contratto, a
una cosa così fredda e impersonale, quando invece conta
così tanto per me. Non so se riesci a capirmi"
Sì in un certo senso lo capisco, ma come genitore non posso
non esserne preoccupato.
Ma non per il denaro, non più.
Sono preoccupato per la salute mentale di un figlio che è
già stato
così duramente provato dalla vita e che mette tutto il suo
avvenire nelle mani di questa ragazza.
Lo guardo mentre prende la mano della sua sposa per pronunciare le
promesse di matrimonio: è raggiante, così felice
come mai
lo avevo visto nella sua giovane e tormentata vita. E le parole che
pronuncia, si capisce che vengono dal cuore :
Prometto solennemente
che proteggerò e che porterò sempre
amorevolmente e profondamente
nel mio cuore la nostra unione e la tua persona.
Prometto di amarti fedelmente, rinunciando a tutte le altre, nella
buona e nella cattiva
sorte, nella salute e nella malattia, indipendentemente da dove ci
condurrà la vita.
Ti proteggerò, avrò fiducia in te e ti
rispetterò.
Condividerò le tue gioie e i tuoi dolori, e ti
consolerò nei momenti di bisogno.
Prometto di
volerti bene, di sostenere le tue speranze e i tuoi sogni e
di tenerti salda al mio fianco.
Tutto quello che è
mio è tuo.
Ti offro la mia mano, il mio cuore e il mio amore da questo momento e
per tutti i giorni della nostra vita.
Ti rispetterò ... quello che è mio
è tuo ... ti offro la mia mano, il mio cuore e il mio amore.
Sono parole bellissime e, nuovamente, ribadiscono la sua
volontà di condividere con lei ogni suo avere e,
forse,
qualcosa di più.
Sento un respiro smorzato vicino a me, un singhiozzo; il
rumore
che si fa quando si tira su col naso, e guardo mia moglie al mio fianco.
E' profondamente commossa.
Credo che questo sia forse l'unico matrimonio nel quale la mamma dello
sposo piange più della mamma della sposa.
Ma la comprendo.
Sono molto commosso anch'io.
Christian è stato il nostro cucciolo smarrito, il nostro
figlio più tormentato e ribelle.
Spero che adesso abbia trovato l'amore.
Lo spero tanto.
Perché sta mettendo tutto se stesso in questa unione e, se
non
dovesse funzionare, mi domando che ne sarà di lui. Finirebbe
a
pezzi. E non so, se questa volta, io e Grace saremmo in grado di
raccoglierne i frammenti e riportarlo nuovamente alla vita.
Non lo so proprio
Signore ti prego, da lassù, guardalo; se la merita un po' di
felicità.
Allora, i pensieri di Carrick mentre suo figlio si sposa, mi sembravano
interessanti da condividere. Soprattutto pensando a tutta la
discussione che c'era stata sul contratto prematrimoniale e tutto il
resto.
Le preoccupazioni di un padre e il suo desiderio di proteggere il
figlio anche da adulto, diciamo che stanno alla base di questa storia.
Che ne dite, vi piace?
Spero di sì.
Fatemi sapere
A presto
Love
Jessie
|
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Capitolo 11 *** Dirà di sì ***
Posso?
Dirà di sì
POV Christian
"Ehi, fratellino!"
Elliott è appena entrato nel mio ufficio e mi sta sorridendo
dalla porta.
Non so se questo nomignolo che ogni tanto ancora mi dà, mi
irrita o mi fa sorridere. Forse tutte e due le cose insieme.
Comunque decido di stare al gioco.
"Lelliott! Che piacere! Qual buon vento ti porta qui?"
"Beh, sono venuto ad offrirti un caffè e a fare due
chiacchiere. Se non sei troppo occupato"
In effetti è un momento piuttosto calmo e una chiacchierata
con
Elliot la faccio volentieri; anche se ho il dubbio che stia
tramando
qualcosa.
In effetti, qualche minuto dopo al bar, dopo avere scambiato i soliti
convenevoli se ne esce con un:
"Posso chiederti una cosa?"
"Spara!" devo confessare che sono veramente curioso;
"Io...ehm...volevo dire...ehm... Vabbè: com'è che
hai chiesto ad Ana di sposarti?"
Cavolo! Come mai mi chiede una cosa del genere? Cosa mai
avrà in
mente, soprattutto adesso che siamo già rientrati dalla luna
di
miele e che le cose vanno abbastanza bene, pur con qualche screzio?
Ci penso un po' sopra, prima di rispondere, poi scoppio a ridere:
"Elliott, meglio che lasciamo perdere! E' una storia piuttosto lunga.
La prima volta che gliel'ho chiesto...beh, diciamo che non ero molto in
me, diciamo pure così.
Però, però lei mi ha promesso
di pensarci sopra e, qualche giorno dopo, ha risposto di sì.
Così gliel'ho chiesto ufficialmente, con l'anello e tutto il
resto"
"Ed è stato quando hai arredato la rimessa delle barche con
i fiori e le candele!";
"Già! Proprio così! L'ho portata lì e
gliel'ho
chiesto, in ginocchio, come un cavaliere d'altri tempi. Poi ci siamo
baciati e..."
Sorrido al solo pensiero di quella sera.
"E avete fatto l'amore, immagino. Che cosa romantica! Non ti facevo
così romantico, fratellino. Devo dire che mi hai stupito.
Anzi in
realtà ci hai stupiti tutti: non ti avevamo mai visto con
una
ragazza e, in pochi mesi, ce la presenti, ti fidanzi e ti sposi!"
Lo guardo di sottecchi; dove vuole andare a parare?
"Ci hai stupito tutti" ripete "Soprattutto perché pensavamo,
beh, pensavamo che tu fossi gay!"
Ecco dove voleva andare a parare.
"Io gay?" rispondo "assolutamente no! Ma come può esservi
venuto in mente?"
"Beh: a 28 anni, non ti avevamo mai visto con una donna! Fai un po'
te..."
Mi viene da ridere, so benissimo che mi credevano gay; gay celibe,
peraltro. Cioè un povero sfigato che nemmeno aveva il
coraggio
di ammettere con se stesso la propria peculiarità. Ma a me,
ai
tempi, serviva. Meglio che mi credessero gay, piuttosto che anche
lontanamente immaginare che razza di vita facevo. Però non
posso
dirlo; così faccio finta di cadere dal pero.
"Ma dove avevate gli occhi? Non vedevate che mi voltavo a guardare le
belle donne? E anche quelle appena accettabili! E poi i miei
modi
di fare, di vestire...dai! era evidente che io non ero gay!"
"Ma sei così elegante, raffinato. Ti piacciono le cose
belle, i
dipinti, i vestiti costosi. Hai le mani curate, l'aspetto di chi
veramente ci tiene alla propria persona. Guarda, lo sembravi proprio."
E qui scoppia a ridere!
Rido anch'io con lui, subito dopo ritorno serio. Vorrei
arrivare al nocciolo della questione.
"Perché mi hai chiesto quella cosa?" gli domando;
"Quale cosa?"
"Di come ho fatto a dichiarami ad Ana. Sono passati alcuni mesi;
perché me lo chiedi ora?"
"Perché vorrei chiederlo a Kate"
Kate! Kate Kavanagh: la migliore amica di mia moglie!
Però anche una ficcanaso, saccente e presuntuosa.
Convinta
di essere chissà che cosa per via dei suoi capelli biondi,
del
suo bell'aspetto e del fatto che è ricca di famiglia.
Non mi sopporta e io non la sopporto, non c'è proprio verso
che possiamo andare d'accordo.
E ora salta fuori che mio fratello la vuole sposare, così
diventeremmo anche parenti.
Cognati, per la precisione!
Che fregatura!
"Senti, Lelliott" ogni tanto anche a me piace chiamarlo col
nomignolo che usavo
quando eravamo bambini "mi vuoi dire che cosa ci trovi in quella donna
lì?"
"E' straordinariamente bella sexy, intelligente, affascinante.
Semplicemente la adoro. Quando sono con lei vorrei che il tempo non
passasse mai, e non riesco a starle lontano nemmeno per un un minuto.
E'
che sono innamorato, realmente innamorato. Kate mi rende felice"
E così, finalmente, Lelliott è cotto a puntino:
non posso
dire di non capirlo perché provo le stesse cose per Ana.
E, anche se a me Kate non piace, se veramente è la persona
che lo rende felice, come potrei ostacolare la loro unione?
"Solo..." continua mio fratello "solo che vorrei trovare un modo carino
e
romantico per dirglielo; ci terrei che fosse veramente speciale.
Però vorrei anche che lei si sentisse tranquilla e a suo
agio,
come in una serata in famiglia o cose del genere. Ma non so se sia il
caso chiederglielo davanti ai nostri genitori, o ai suoi. Cosa mi
suggerisci?"
"Beh" rispondo, e mi scopro stranamente imbarazzato "io, la prima volta
che l'ho chiesto ad Ana era in un momento tutt'altro che tranquillo e
lei non era per niente rilassata. Preferisco non parlarne, ti basti
sapere che era uno dei momenti più incasinati della nostra
vita
di coppia. In quel momento, per la prima volta, ho realizzato che avrei
preferito essere morto piuttosto che perderla. Per questo gliel'ho
chiesto."
Taccio un istante, perso nel ricordo di quella drammatica notte. Poi
sospiro e, nel cercare di riprendere il filo logico del discorso, mi
viene un dubbio, un dubbio che voglio dissipare immediatamente:
"Lelliot, non è per farmi gli affari tuoi; però
dimmi:
sei proprio sicuro? Non è che cambi idea e la pianti qualche
giorno prima di portarla all'altare? E' la migliore amica di mia
moglie, mi metteresti in un bel casino!"
"Chris, ma davvero mi credi capace di una stronzata del genere!"
Elliot è quasi allibito.
"Beh sei sempre stato un gran donnaiolo! Certi dubbi sorgono
spontaneamente"
"Sì, ho avuto molte avventure. Mi sono scopato quasi tutte
le
ragazze di Seattle: loro mi cercavano e io certo non mi facevo
problemi. Ma nessuna è durata molto a lungo, me ne stancavo
presto e le mollavo. Ma con Kate è diverso, lei è
quella
giusta. Ne sono sicuro. Questa volta faccio sul serio, te lo
giuro"
Si ferma per un istante, poi prosegue "Sai perché ho avuto
tante storie di poco conto? Lo sai, Chris, il perché?"
Faccio segno di no con il capo, anche se capisco bene che la sua
domanda è puramente pleonastica.
"L'ho fatto per dimostrare a me stesso di potere attirare la loro
attenzione."
Mi guarda e deve avere letto lo stupore sul mio volto. Così
continua
"Sì, è stato per quello. E anche un po' a causa
tua."
Sono sempre più basito, mentre Elliott continua:
"Vedi, quando eravamo bambini, i nostri genitori rivolgevano la maggior
parte delle loro attenzioni a te."
"Non è vero" bofonchio, un po' irritato
"E' vero, invece. Tu eri il bambino traumatizzato, ferito, quello di
cui avere più cura. Mia era l'angelo che ti aveva aiutato, a
lei
papà e mamma sono sempre stati riconoscenti. E poi c'ero io:
quello a posto, quello allegro, sicuro di sè, forte,
tranquillo.
Quello che non ha bisogno poi di tante attenzioni. Ero molto geloso di
te, da piccolo. E forse anche dopo. Ho creduto di poter trovare altrove
le attenzioni che credevo di non avere avuto in famiglia. Ma mi
sbagliavo, mi sbagliavo amaramente. Ho collezionato una delusione dopo
l'altra. Quando ho incontrato Kate, beh ho capito che era diversa dalle
altre donne che avevo conosciuto fino a quel momento. Lei ha riempito i
miei vuoti interiori. Credo di esserne stato innamorato dal primo
istante che l'ho vista, e col tempo il mio sentimento si è
fatto
sempre più forte e profondo. No, stai tranquillo, non potrei
mai
lasciare Kate!"
Ecco, ora sono sconvolto!
Mai e poi mai avrei creduto che il mio fratellone, così
bello e
vincente, potesse nascondere una simile insicurezza dietro al
suo sorriso.
Mi avvicino a lui e poggio la mia mano sul suo braccio;
"Scusami Elliott, non sapevo, non potevo sapere. Mi dispiace molto"
Lui scuote la testa e mette la sua mano sopra la mia.
Restiamo qualche istante in silenzio, guardandoci negli occhi, forse un
po' commossi.
Poi mi schiarisco la voce: mi è venuta un'idea.
"Sai, allora, cosa potremmo fare?" propongo "potremmo andare
per un
week-end tutti insieme ad Aspen. Io, tu, Ana e Kate, magari anche Mia e
Ethan. Ci divertiremmo e, nel più totale relax, tu potresti
trovare il momento migliore per chiederla in moglie. Che ne dici?"
"Che Aspen mi è sempre piaciuta e che un week-end in
montagna
sarebbe bellissimo, Kate adora le gite. Hai avuto un'ottima idea,
fratellino! Geniale, addirittura!"
Lo guardo con aria condiscendente come per dirgli "lo so!" ma noto il
suo entusiasmo svanire piano piano.
E ritorna serio, quasi cupo mentre, passandosi una mano fra i capelli,
sussurra a bassa voce;
"Sparo proprio che mi dirà di sì.
Perché se
dovesse dirmi di no, Chris credimi, non so proprio cosa ne sarebbe di
me. Realmente, non lo so"
Gli stringo forte il braccio e gli rispondo:
"Dirà di sì. Ne sono sicuro"
Le insicurezza di
Elliott, che ho creduto di captare leggendo fra le righe del romanzo,
le ho messe in questo capitolo.
Spero che vi piaccia! E spero che vi piaccia le versione di Elliott che
ho dato.
E che troviate giusto anche il comportamento di Christian.
Non lo so, non sono perfettamente sicura di questo capitolo...
Fatemi sapre se vi piace
Buon 2015
Love
Jessie
|
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Capitolo 12 *** Cuccioli ***
cuccioli
Cuccioli
Non appena mio figlio mi
ha chiamato
per avvertirmi che sua moglie aveva avuto il bambino e che, quindi, ero
diventata nonna, ho cercato in tutti i modi di liberarmi dal
lavoro per
potere andare a vedere mio nipote.
Ma, sfortunatamente, c'era un'intera scolaresca intossicata con delle
merendine andate a male e ho dovuto rimandare.
Finalmente, dopo più di un'ora e dopo avere
sistemato tutti
i bambini e tranquillizzato tutte le madri, ho potuto
scendere nel
reparto maternità per incontrare il mio primo nipotino.
Ero
così elettrizzata: non stavo più in me
dall'emozione.
Non appena sono entrata nella nursery, ho avuto davanti agli occhi
un'immagine che
credo porterò con me per tutta la mia vita: mio figlio
seduto
sulla poltrona a dondolo con il piccolino fra le braccia!
Il mio cucciolo che teneva in braccio il suo piccolo cucciolino!
Non avevo mai visto niente di più tenero, di più
commovente e di più bello.
Lui, il mio Christian, era tutto intento a cullare il bambino, sembrava
come affascinato e lo guardava
con uno sguardo amorevole come mai gli avevo
mai visto, se non per Ana, sua moglie. E mentre lo cullava
gli parlava
dolcemente:
"Benvenuto, piccolino. Sono il tuo papà"
gli diceva "il tuo papà. Mi prenderò cura di te
e farò in modo che non ti accada mai niente di male. Ti
proteggerò sempre dalle persone cattive e non ti
farò mai mancare nulla. Non soffrirai né la fame,
né il freddo, né la solitudine. E di sicuro
nessuno mai
alzerà una mano contro di te, mai ...nessuno mai. Te lo
prometto"
Immediatamente ho ripensato ai suoi primi anni di vita e mi
sono venute le lacrime agli occhi.
Il mio
povero bambino!
Ricordo ancora, come se fosse ieri, la prima volta che l'ho visto
quando me l'hanno portato in ospedale per visitarlo. Era ridotto pelle
e ossa, uno scheletro, e gravemente disidratato. Era piccolo piccolo,
spaventatissimo, terrorizzato, aveva lividi e segni di maltrattamenti
un po' dappertutto.
E poi aveva quelle cicatrici!
Mio Dio! Sedici
cicatrici rotonde, sette sul petto e nove sulla
schiena, sedici
segni di bruciature da mozzicone di sigaretta.
Mi sono sempre
domandata quale razza di animale possa avere fatto questo ad un bimbo
così piccolo e mi sono sempre domandata quanto deve avere
sofferto lui,
povera stella, quanto male deve avere sentito.
Ricordo perfettamente com'era quando è finalmente venuto a
stare
con noi; non parlava e non sorrideva mai. Non piangeva mai; ed
è strano questo per un bambino. Era sempre triste e non
voleva essere toccato. Di notte aveva incubi che dovevano essere
terribili, così immagino perché non mi
ha mai detto
cosa mai sognasse. Ma erano sicuramente atroci perché si
svegliava sempre urlando e con la maglietta zuppa di sudore e
tremava...oddio quanto tremava.
Ho passato tante notti in bianco a
cercare di farlo riaddormentare; mi sedevo vicino a lui e gli cantavo
una canzone o gli raccontavo una fiaba, gli prendevo la mano
perché non si lasciava toccare da nessun altra parte.
E mai si è lasciato toccare, per anni. Crescendo si
è
trasformato da bambino problematico ad adolescente ribelle fino a
diventare un giovane uomo di successo, sempre freddo e distaccato con
tutti, anche con noi che siamo la sua famiglia e gli vogliamo bene.
Sembrava quasi non sapersene che fare del nostro amore, del nostro
interesse nei suoi confronti.
C'era come una barriera, un muto di cinta che lui aveva creato e nel
quale si era rinchiuso. Per evitare di soffrire, questo lo capisco. Ma
negandosi la possibilità di amare ed essere amato.
Tante volte, quando lo vedevo più triste del solito,
quando capivo che stava annaspando, lottando contro i suoi
demoni, avrei tanto voluto abbracciarlo,
stringerlo forte a me. Ma non potevo e questo mi faceva stare male.
Molto male.
Christian ha cominciato a cambiare, seppure molto lentamente, da quando
ha conosciuto Anastasia, sua moglie. L'ho visto mutare
giorno dopo giorno davanti ai miei occhi, diventare
più comunicativo, quasi solare, per certi aspetti
felice.
Finché un giorno, un bellissimo e terribile giorno, proprio
in
una stanza di questo ospedale, davanti a sua
moglie in
coma, ha finalmente esternato verso di me tutte le sue paure ed
è scoppiato a piangere. L'ho tenuto stretto al mio
cuore,
come avrei voluto fare quando era piccino, e l'ho cullato per
confortarlo. E, in una volta sola, ho confortato sia il giovane uomo
che avevo davanti sia il mio bambino di ventiquattro anni prima.
Tutto in una volta.
Asciugo in fretta una lacrima che ha iniziato a scivolare
giù dal mio viso e mi avvicino.
Mio figlio alza lo sguardo, mi vede e mi sorride.
Guardo il piccolo da vicino, sta dormendo. E' bellissimo, perfetto,
meraviglioso.
"Oddio, Christian!" esclamo "è bellissimo!"
Lui mi sorride nuovamente, orgoglioso, poi mi chiede:
"Vuoi tenerlo?"
Annuisco e prendo la creatura che ha in braccio.
Mio nipote si agita per alcuni secondi, quasi infastidito dal cambio
del braccio, poi, forse, capisce in un certo modo di essere in mani
sicure e si riabbandona al sonno.
Mio figlio gli accarezza la guancia col solo dito indice, che sembra
enorme, paragonato ai minuscoli lineamenti del neonato, poi dice:
"Mamma, ti presento tuo nipote: Theodore Raymond Grey"
Gli ha dato il nome di mio padre!
Ha dato al piccolo il nome di mio padre!
Resto qualche minuto fra l'incredulo e lo sconcertato, poi, con voce
strozzata dall'emozione, mormoro:
"Oddio, Christian, gli hai dato il nome del nonno!"
"Sì, mamma" risponde "e l'ho fatto per te. Non credo che
potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi salvato la
vita,
adottandomi. Se tu e papà non mi aveste preso con voi
adesso..."
si ferma un secondo pensieroso, si passa un mano fra i capelli e posso
scorgere come un brivido che gli attraversa il corpo, poi prosegue, con
voce smorzata, rotta dall'emozione "adesso chissà dove
sarei. Oh,
mamma! Credo che non ti potrò mai ringraziare abbastanza,
per
tutto! Per avermi dato una casa e una famiglia; per avermi curato e
sopportato in tutti questi anni. Soprattutto per avermi amato, anche se
io non lo sapevo, anche se
solo ora me ne sto rendendo conto."
Mi cinge le spalle in un gesto affettuoso stringendo anche
Theodore, unendo così, in un solo abbraccio, le sue radici
e il suo futuro.
Adesso le lacrime scivolano copiose sul mio viso; mi
appoggio
al suo corpo facendomi stringere ancora più forte e mormoro
commossa:
"Bambino mio, per niente al mondo ti avrei lasciato al tuo destino.
Credo di averti amato sin dal primo momento che ti ho visto, col tuo
lutto, il tuo dolore, la tua rabbia e la tua malinconia. Non ho pensato
mai per un momento di abbandonarti, mi sei entrato
dentro e ci sei rimasto. Lo sarai per sempre. Ti voglio bene,
Christian, tanto";
"Ti voglio bene, mamma! Grazie ancora, grazie per tutto".
Ti voglio bene, mamma.
Erano anni che aspettavo queste parole e avevo paura che non
sarebbero mai venute.
E ora che le ho sentite, finalmente ho il cuore in pace.
Temevo che mio figlio non avrebbe mai potuto esternare il suo affetto
per me, ora so che non è così, che era solo
questione di
tempo.
E' stato abbattuto anche l'ultimo brandello di muro.
Sono qui, in una sera di primavera, fra le braccia di mio figlio e con
mio nipote fra le mie braccia e penso di non essere mai stata
tanto felice.
E la mia long finisce qui!
Ho pensato di dare a Grace l'opportunità di esternare i suoi
pensieri, rievocare il passato e assaporare il presente e il futuro.
Chiudo qui anche per non diventare ripetitiva e già questo
capitolo riprende tematiche dei capitoli precedenti e assomiglia a una
one-shot che ho scritto tempo fa (Father and son) sul rapporto
fra Christian e Carrick, per cui meglio fermarsi.
Penso che scriverò altre cose, ho qualche idea che mi balena
in mente, continuate a seguirmi.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito, chi ha
recensito, chi mi ha messo fra le seguite, le preferite ecc. ecc.
Ho cercato di fare del mio meglio e spero di esserci riuscita.
Come sempre attendo recensioni
Baci
Love
Jessie
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