Tutto è diverso

di Ale_LoveBS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** cap. 1 ***
Capitolo 3: *** cap. 2 ***
Capitolo 4: *** cap. 3 ***
Capitolo 5: *** cap. 4 ***
Capitolo 6: *** cap. 5 ***
Capitolo 7: *** cap. 6 ***
Capitolo 8: *** cap. 7 ***
Capitolo 9: *** cap. 8 ***
Capitolo 10: *** Cap. 9 ***
Capitolo 11: *** Cap. 10 ***
Capitolo 12: *** Cap. 11 ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Una ragazza, dai lunghissimi capelli dell'insolito colore rosa confetto, raccolti in un'acconciatura fatta di incastri vari, era chiusa in uno studio da ormai 6 ore; non aveva fatto altro che leggere fino a quel momento, non aveva neanche pranzato, e tutto questo solo per capire come risolvere il suo problema. Era stranamente reattiva anche se ferma da molto tempo, difatti, quando il campanello del suo appartamento suonò; andò rapidamente alla porta con l'espressione di una donna spensierata. Cioè quello che non è, che non è stata anche non sarà mai. Quando aprì la porta di casa, le si presentò davanti un ragazzo che doveva avere qualche anno più di lei, circa 27. Sul suo viso era presente un sorriso smagliante, a trentadue denti, che erano bianco candido, in netto contrasto con la carnagione abbronzata e i capelli ramati che aveva. Oltre a quel sorriso, si notano subito i suoi occhi, verde smeraldo, dove potevi morirci dentro da quanto erano limpidi e sinceri. La ragazza lo fece accomodare i salotto, che stranamente era in ordine. Il giovane si sedette sul morbido divano color antracite, con davanti un tavolino altro pressappoco 50 centimetri, laccato di bianco, e cominciò a chiaccherare con la padrona di casa. "Allora Amu, come stai? Ti vedo bene." La ragazza non rispose subito, si limitò inizialmente a fissare il suo ospite inatteso con un espressione felice. Era da tanto tempo che non rivedeva quel ragazzo, e doveva ammettere che la sorpresa le era piaciuta, anche se l'aveva disturbata in un momento non molto opportuno. "É vero Kukai, sono messa abbastanza bene, anche se la mancanza di Ran, Miky, Su e Dia la sento molto. Noto con piacere che nonostante gli anni tu però non sei cambiato, sempre allegro eh?!" fa un breve sorriso sotto i baffi, accompagnato da una piccola risata per poi riprende "E a te, come va? È vero quello che si dice in giro, che sei entrato nella polizia?" Amu tempo addietro, era rimasta un po' perplessa da questo fatto, credeva che Kukai Soma, il grande capitano della squadra di calcio della Seiju, sarebbe sicuramente diventato un professionista, invece, con gli anni aveva cambiato strada, scegliendo la strada della legge. Era contenta per lui, logicamente, ma non aveva previsto che un giorno lui la sarebbe venuta a trovare. Non si vedevano ormai da molto tempo, da quando avevano finito le elementari. Quello era stato il periodo più gioioso che Amu avesse mai vissuto, aveva trovato degli ottimi amici, e aveva imparato molte cose. Il giovane poliziotto intanto aveva risposto, ma avendo notato che l'amica non lo badava, ripeté. " Hehe, hai proprio ragione. Anche a me manca molto Daiki." fece una piccola pausa prima di riprendere, però il suo sguardo, da allegro, si incupí un una maniera inverosimile. Amu non lo aveva mai visto così serio e afflitto in tutta la sua vita. Le dispiaceva un sacco, perché in fondo, Kukai era diventato il fratelli maggiore che non aveva mai avuto, almeno in teoria. Soma riprese "Amu, vedi, non sono qui solo per una visita di cortesia, ma perché c'è una cosa che devi sapere: Tadase è stato ucciso..." Lo aveva detto con il tono più distaccato possibile, anche se si vedeva lontano un miglio che era molto abbattuto. Amu a quelle parole si sentì casere un macigno grande come una montagna sulle spalle, aggiungendosi a quelli già numerosi che si portava a presso. Aveva intuito che la frase non era conclusa, e che quello che ne avrebbe seguito sarebbe stato ancora peggio. Infatti "... Vedi Amu, tu sei stata una delle ultime persone a vedere in vita Hottori, quindi devi venire con me alla centrale."

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Capitolo 2
*** cap. 1 ***


Erano stati una tortura i minuti dell'interrogatorio. Quella stanza a vetri oscurati, con le pareti grigiastre, avente come unici mobili di arredamento un tavolo laccato di grigio, una lampada stile Pixar e le sedie dove venivano fatti sedere i malcapitati e gli inquirenti. Per fortuna, l'avevano scagionata, anche perché ripresa da più telecamere la sera prima al supermercato, proprio l'ora del delitto. La morte di Hottori, intanto aveva fatto il giro del paese, anche perché la notizia era girata sulle principali reti televisivi, essendo diventato il giovanissimo presidente giapponese. È già, il piccole re delle elementari era diventato il presidente, ed aveva realizzato in parte il suo sogno. Finalmente, Amu era uscita da quella stanza deprimente, ma quello che vide fuori, nel corridoio, la pietrificò. Un uomo di circa 30 anni la perforò con il suo sguardo, al contempo triste e malinconico quanto felice come un bambino. Quegli occhi blu-violetti, che non avrebbe mai dimenticato in tutta la vita, quegli stessi occhi che sperava di non rivedere più, per il timore di spegnerli. In cuor suo lei voleva rivederlo, parlargli, stare con lui, ma non poteva, non Doveva, non Ne Aveva Il DIRITTO; ora più di prima, perché lui privo di difese, e lei troppo potente e incontrollabile. Fissò ancora per qualche secondo i suoi lineamenti, quelli che aveva sognato numerose volte, quelli che aveva desiderato toccare anche solo una volta ancora; poi, come ripresasi dallo stato di trance in cui era caduta temporaneamente, si girò e si diresse verso l'uscita del commissariato. Non ebbe neanche il tempo di compiere due passi, che il suo braccio fu afferrato da una presa ferrea, che non accennava a sciogliersi. Si impose di non voltare il capo, ma una mano, la sua mano le toccò il mento e con una lieve pressione glielo rivolse verso di se. Ikuto, non aveva immaginato una scena del genere per il suo incontro con Amu. Avrebbe voluto che gli saltasse addosso, che lo baciasse, che gli dicesse di amarlo. Cercava di autoconvincersi del fatto che fosse colpa sua, che era stato un suo errore far perdere le proprie tracce, che era stato un suo sbaglio il fatto di non andarla a trovare dopo essere tornato dal viaggio per la ricerca del padre. Ci stava provando, ma quegl'occhi caramello, ai quali aveva pensato da sempre, fin dal giorno stesso che l'aveva abbandonata, gli dicevano tutto e niente. Esprimevano voglia e dolore, amore (forse per lui), ma anche un'immensa paura. La sua presa di dissolse, come ti sei appena scottato. Il suo sguardo vagò per il viso di lei, per vedere quanto fosse cambiata, per vedere un minimo cambiamento nell'espressione. Appena ebbe finito di osservarla, disse solo una parola, tre lettere, ma quel singolo vocabolo voleva intendere un mondo intero "Amu...". Lasciò la frase in sospeso, ma lei rispose molto freddamente, per non cedere, per non lasciare quella maschera che ha portato a presso da sempre, da quando ha capito quanto fosse realmente pericolosa, quanto potesse ferire le persone a cui voleva bene. "Salve Detective Ikuto Tzukyomi.". Quel aspetto da indifferente, che un tempo usava per nascondersi per la timidezza, e che invece ora sfruttava per non far soffrire gli altri, fece molto più male di quanto non si aspettasse il giovane. La ragazza, fece una mezza giravolta su se stessa e si diresse a passo veloce verso il portone d'uscita. Ora il suo obbiettivo era quello di smascherare la persona che aveva ucciso Tadase. Mentre camminava per la strada affollata, pur non essendo un ora particolarmente trafficata, pensava a quando biazzarre potessero essere le coincidenze della vita. In poco meno di mezza giornata, aveva rincontrato Kukai, Ikuto (che era diventato un detective molto rinomato dopo gli studi di giurisprudenza) e aveva appreso la morte del King's Chair, che proprio 3 giorni prima si era fatto vivo perché voleva parlarle. Tutto era troppo sospetto, e lei, come tutti, voleva capite la verità. Ma non sapeva che tutto questo era solo l'inizio con un finale assai tragico

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Capitolo 3
*** cap. 2 ***


Erano passati soli due giorni dal ritrovamento del cadavere; rinvenuto rinchiuso nell'ufficio della sede centrale, con porte e infissi ben sigillati. Sembrava un suicidio, ma sia secondo la polizia, che Amu, questo non era possibile. In parte perché non era nel carattere di Hottori, un po' perché c'erano alcuni elementi che non quadravano. Ad esempio non era stata ritrovata l'arma del delitto, in teoria una pistola con calibro 7. In più, sul corpo sono state trovate forti tracce di colluttazione, presumibilmente dovute per un corpo a corpo. Ultimo particolare, che nessuno riesce ancora a spiegarsi, è il ritrovamento di una rosa color confetto, con legato un nastro giallo, e un biglietto stampato a computer, con su scritto il numero 4 a cifre romane. Queste ipotesi le avevano elaborate durante il giorno trascorso, poi, si erano arenati, in un punto morto. Sia Amu che Ikuto lavoravano a questo caso, 23 ore su 24 (Una la usufruivano mangiando o dormendo). Intanto, mentre tutto ciò accadeva, il colpevole, nascosto nell'ombra di alcuni vicoli deserti, camminava divertito e premeditava il successivo colpo. Sapeva già le vittime designate, doveva solo pensare ad un modo creativo di mettere in difficoltà la polizia, e far soffrire di più il suo obbiettivo. Se Ne portava sempre una foto a presso, un po' per scrupolo, un po' per colmare quel vuoto che lo aveva da sempre corroso e che sperava di eliminare con i delitti. _________________________________________________________________________________________________ In una villa, ad est della città di Tokyo, due ex guardiani, trascorrono la loro vita in pace, tra tour mondiali e spettacoli di beneficenza. Uno il danzatore più famoso del Giappone, l'altra, la comica più piccola della TV nazionale. Tutti i media li avevano definiti come la coppia più stravagante del mondo dello spettacolo, ma anche come la più tenera e la più solida. La loro relazione era nata dagli antichi tempi delle elementari. Quando si erano conosciuti in realtà non andavano un granché d'accordo, anzi, tutt'altro. (😅). Dopo aver appreso la tragedia, si erano chiusi nella loro casa, l'uomo recluso nella palestra, la donna, rannicchiata in salotto. Proprio in quei momenti di silenzio assoluto, si sentiva maggiormente la mancanza dei piccoli shugo chara, compagni di mille avventure. Erano sempre loro che riuscivano a tirarti su di morale, loro che non ti abbandonavano mai, loro che ti volevano bene incondizionatamente. Nel nulla assoluto, Rima Mashiro, dedise di alzarsi da quel ammasso di stoffa che la avvolgeva, e si dirigersi verso lo studio di musica, per rilassarsi un poco. Si tolse le coperte e i cuscini inzuppati dalle sue lacrime e si stropicciò gli occhi ancora appannati, causa del continuo pianto. Un ragazzo, di circa 23 anni, le apparse di fronte, nel momento esatto in cui la vista le tornò lucida. I suoi a occhi si sgranarono, e la sua faccia si tese in un espressione di puro terrore nel vedere i suoi occhi. Un urlo strozzato vibrò in tutta la casa, in ogni parete, in ogni angolo, fino a raggiungere le orecchie del marito. Poi di nuovo il silenzio piombò nella residenza, uccidendo quel suono inquietante, terrorizzante e non desiderato. Nagiiko Fujisaki, si pietrificò nell'udirlo,;quella voce stridula e impaurita gli fece accaponnare la pelle. Si avviò deciso verso la porta d'uscita, preso da mille pensieri e preoccupazioni. 1 secondo prima di appoggiare la mano sulla maniglia di acciaio, la porta-finestra si spalancò a causa di una folata di vento violenta e improvvisa. Il braccio si ritrasse automaticamente, e con passo macchinoso si diresse verso il serramento. Senza che si rendesse conto, una sagoma era entrata furtiva nella sala, silenziosa e agile come lo sbattere d'ali di una farfalla. Pedinò la sua preda sfoggiando un'andatura felina e al momento opportuno, la fulminò. La vittima ebbe appena il tempo di vedere gli occhi azzurro ghiaccio del suo assassino. Freddi, impassibili, rabbiosi, delusi, ma soprattutto vendicatori, quello era il sentimento che esprimevano più di ogni cosa al mondo. È stata quella semplice scintilla a farlo preoccupare maggiormente, perché gli ha fatto capire che lui era solamente una delle tante pedine che doveva sfruttare per uno scopo ben maggiore e pericoloso. Poi, nel giro di qualche attimo, la vista si appanna, i sensi precipitano; si sente sprofondare in un abisso oscuro, opprimente, percepisce una pesantezza avvolgerlo... Poi il buio e tutto termina così, in uno schiocco di dita; la sua vita finisce. I suoi ultimi pensieri vanno a Tamari, Ritmo, Amu, i guardiani, e a sua moglie, che ha capito essere morta. Spira con la consapevolezza e la speranza di rivederla, di trovarla. Il serial-killer, sfoggia un sorrisetto beffrado, è consapevole di aver svolto un ottimo lavoro. Fa cadere un'alta rosa confetto, e se ne va come è entrato, in un colpo di ciglia. _____________________________________________________________________________________________ Ore dopo, al commissariato, una chiamata anonima annuncia il misfatto. Kukai, è sconvolto, Ikuto è confuso, Amu è tremante, confusa... Crede di essere precipitata in un mondo fatto di tristezza, di malinconia, di dolore. È tutto troppo strano, troppo diverso per essere reale.

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Capitolo 4
*** cap. 3 ***


Ciò che fu ritrovato nella residenza Fujisaki, non avrebbe mai dovuto essere visto. Uno spettacolo inquietante, da film dell'orrore... Rima era a terra, in una pozza di sangue color rosso scuro. La testa reclinata in una posizione innaturale. Vicino, vi era ancora quella maledetta rosa, intrisa del liquido. Le parole, sul biglietto erano illeggibili. Il corpo del marito, invece sembrava essere uscito da una stufa, da quanto era carbonizzato. Kukai, non resse e si inginocchiò davanti all'amico, in lacrime... Ora il suo obbiettivo era scovare quel malvivente e farlo fuori. Era una promessa, e l'avrebbe mantenuta a tutti i costi. ____________________________________________________________________________________________ I funerali si svolsero due giorni dopo. Era stata imposta una cerimonia intima, per tutte e tre le vittime. C'erano i famigliari, gli amici, e tutti i guardiani. Tra cui anche Yaya, l'eterna bambina, che piangeva a dirotto, peggio di una fontana. Sarebbe potuta sembrare una piccola che fa i capricci per un gioco che non poteva avere, ma con indosso l'abito nero in segno di lutto, anche lei sembrava adulta. Si vedeva essere dispiaciuta, anche da un kilometro di distanza. Mise una strana tristezza ad Amu. _____________________________________________________________________________________________ Si erano riuniti in un bar, i rimanenti guardiani, per fare due chiacchiere. Non si incontravano da così tanto tempo... Ma nessuno di loro immaginava che lo scopo sarebbe stato questo. Alla rimpatriata c'era anche Utau, affiancata da Kukai e Ikuto. Ora stavano rivangando i vecchi tempi, tutti partecipavano al racconto, chi per contraddire, chi per ridere, chi per negare l'evidenza e per fare battute di spirito. Solo Amu si era estraniata dalla conversazione... Persa nei suoi pensieri. Era dal giorno precedente, che un chiodo fisso le martellava in testa... 'Non è che sia io, il vero obbiettivo?'. Aveva sempre saputo di essere una bomb pronta ad esplodere, e che chiunque le girasse intorno ne avrebbe sofferto. E questi avvenimenti etano la prova inconfutabile del pericolo che presentava per gli altri. Adesso, più di prima doveva sbrigarsi a trovare le informazioni che le mancavano. Sapeva che era solo questione di tempo. Neanche finito il ragionamento, che con i suoi sensi, percepì la presenza di un cacciatore. I suoi occhi vibrarono, il suo corpo ebbe un fremito di paura. Il cambiamento d'umore, non passò inosservato a Ikuto, ancora più preoccupato di lei. Aveva capito che le nascondeva qualcosa... Qualcosa di molto importante, sia per le indagini che per la propria incolumità. La ragazza, venne riportata nel mondo umano, dalla voce acuta di Yaya, che non aveva smesso un secondo di raccontare vecchi aneddoti. "Amu,... Amu!!!! Amuuu??!!!!" "Si? Dimmi, scusa... Mi ero distratta." Aveva cercato di sembrare il meno tesa possibile, anche se con ben poco risultato. Passarono così ore di divertimento e allegria. 'Da quanto non parlava con qualcuno per così tanto tempo?' Non se lo ricordava nemmeno più. Stavano uscendo dal pub, quando Amu si sentì afferrare per un braccio e trascinare in una vietta dietro il locale. Si ritrovò spalle al muro, gli occhi serrati, contratti, nell'attesa di un colpo che non arrivò. Il corpo era paralizzato. Socchiuse leggermente un occhio, per sbirciare il suo aggressore. Un alone bluastro, contornò leggermente la sua iride, che cambiò sfumatura, diventando ghiacciata. Stava per cominciare la trasformazione, ma un corpo asciutto, con indosso una maglia viola-nera, dei jeans strappati e i capelli bluetti, che non avrebbe confuso con niente al mondo, la tranquillizzarono, interrompendo il mutamento. Ikuto la guardava con sguardo indagatore, misto a preoccupazione e con una vena di terrore. Alla sua reazione, che giudicò anche trattenuta, rimase impassibile, e con tutto l'autocontrollo che possedeva disse solo una frase. Poi, sotto lo sguardo esterrefatto del detective, scomparve nel nulla. "Non lascerò che altri miei cari muoiano per causa mia."

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Capitolo 5
*** cap. 4 ***


Amu era tornata nel suo appartamento, e si era rinchiusa nuovamente nella libreria. Sfogliava le pagine ad una velocità inaudita, era così concentrata da non rendersi nemmeno conto che qualcuno era entrato di soppiatto in casa sua. A passo felpato avanzava per i locali, silenziosamente apriva e chiudeva le porte che incontrava. Si affacciò allo stesso modo anche nella mini biblioteca. Si avvicinò alla ragazza. Lei, anche con i sensi sviluppatissimi che le avevano donato, non se ne rese conto fin quando le mani dell'intruso non le sfiorarono le spalle. Le passò la vita davanti in meno di un secondo. Il periodo con i guardiani, la morte di ''lei'', la separazione, la scoperta del suo potenziale, la paura di ferire chiunque. La morte, se doveva essere sincera connse stessa, non le faceva timore quanto quella di perdere qualcun'altro a cui voleva bene. Il suo istinto invece la pensava in maniera differente. Nel giro di qualche attimo prese il sopravvento, gli occhi mutarono in color ghiaccio, i capelli si sciolsero e divennero viola scuro. La sua volontà scomparve, risucchiata dalla sua stessa essenza. Il pavimento cominciò a tremare, come sotto l'effetto di un terremoto. L'ospite fece fatica a mantenere l'equilibrio, e cadde sul morbido tappeto della stanza. Alcuni libri si alzarono dal tavolo e fluttuarono attorno ad Amu. Il corpo di ella si mosse, si girò verso il poveretto. Nulla poté fare la piccola volontà della ragazza, succube degli avvenimenti, per fermarsi. Si scagliò contro la preda, sconvolta. Con una prontenza ,non irrilevante di riflessi, schivò l'attacco e tirò fuori la piccola arma che teneva nella tasca posteriore destra dei pantaloni neri sbiaditi. Durante lo scontro, i due non si scambiarono una parola, troppo intenti nel combattere. Negli occhi di lui, però era inconfondibile la tristezza, mista a preoccupazione, ansia e paura. Lei invece aveva uno sguardo pieno di rabbia repressa, duro come l'acciaio. Un taglio, non molto profondo, si formò sul braccio della donna. Osservò, il suo sangue, colare giù per l'avambraccio, aveva un espressione indecifrabile in volto. Ikuto, non capì mai perché Amu se ne andò dalla finestra, senza ucciderlo, forse perché qualcosa di lei l'aveva fermata, o a causa di quella piccola ferita, fatto sta che lo lasciò nel suo appartamento, scomparendo come il giorno precedente. Finalmente rimasto solo, Ikuto si lasciò andare alla fatica, si appoggiò alla parete e lentamente scivolò verso il pavimento. Non combatteva così dai tempi della Easter. Dopo un tempo infefinito, riuscì a reggersi sulle gambe, così si alzò, anche se ancora dolorante, e si avvicinò al tavolo dove prima stava studiando Amu. Ikuto, non avrebbe mai pensato che la sua Amu, sarebbe potuta cambiare tanto in pochi anni. Chissà cosa le era successo in quel lasso di tempo che non si erano visti. Sembrava averne passate veramente tante per ridursi così, e soprattutto trasformarsi in quel qualcosa. Pensa questo mentre distrattamente guardava quei tomi aperti. La sua scia di pensieri però si bloccò radicalmente non appena lesse il titolo, scritto in una calligrafia antica, piena di abbellimenti, e in inglese: " separation of a core and a body in several parts. FORBIDDEN MAGICS." ******************************************************************************************************************************************************************************** Angolo dell'aurtice Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia. In particolare a vxwin118, Pandi fuori binario, che hanno recensito, e kakka_chan che ha inserito la storia tra le preferite. Mi piacerebbe sapere come la pensate sui risvolti che sta prendendo la storia, magari dandoli anche consigli. (Accetto anche critiche negative😊) Infine mi scuso per il ritardo. Ho avuto qualche problema. Ciao e grazie a chiunque legga. 😋

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Capitolo 6
*** cap. 5 ***


Camminava con passo pesante, per i marciapiedi ormai deserti, della piccola cittadina nella quale era capitata. Non si ricordava come ci fosse arrivata, l'ultima cosa che aveva visto era una mano appoggiata sulla sua spalla,... Poi più nulla, vuoto totale. Le sembrava quasi di essere caduta in un buco nero, che risucchia tutto quello che gli sta intorno. Ormai, da un po' di tempo, diciamo pure anni a questa parte, le sembrava di vivere una vita non sua. Come essere la controfigura di un'attrice famosa, che tutti scambiano per lei, ma che in realtà non sai minimamente a chi si stiano riferendo. Formulando questi pensieri, si era resa conto, di come si sentisse infelice, di come tutto non avesse più un senso proprio. Aveva passeggiato inconsciamente fino ad arrivare in un posto a lei fin troppo famigliare, e fin troppo intriso di ricordi per tenerli a mente tutti. Le si stagliava davanti, una casetta a due piani. Aveva un cancello, e un piccolo giardino sul davanti. Esso era molto curato, fin nei minimi particolari; la siepe che la contornava era liscia, senza un ramo fuori posto; le aiuole, definite dai ciottoli grigiastri presi dal fiume, rendevano il tutto molto elegante ma allo stesso tempo rustico (insomma un controsenso formidabile); all'interno, fiori di ogni genere, piantati secondo uno schema preciso. Sull'altra metà, invece, c'era un piccolo orto, molto fiorente e sano, (si vedeva alla prima occhiata), e al certo di tutto questo c'era un piccolo albero,... più che albero in realtà era una piantina che in un futuro sarebbe divenuta un albero forte e imponente. Legato al suo piccolo e esile tronco, c'era un nastrino rosa, con alle estremità del pizzo, e sulle sue corte e fragili radici vi erano un microfono giocattolo e due elastici molto frivoli. (Come quelli che si mettono in testa alle bambine piccole per fargli le codicce.). Sull'insegna attaccata al cancelletto, c'era scritto: "coniugi Hinamori". Un colpo al cuore, che la fece tremare la pervase e gli occhi le divennero lucidi. Da quanto tempo non entrava o solo scorgeva da lontano quella dimora? Un altro tuffo al cuore la fece piegare in due e appoggiare con la schiena al muretto poco distante. Ormai era sull'orlo di una crisi isterica. Voleva andarsene, si era ripromessa di non passare più vicino a quell'abitazione, ma il suo subconscio non le era molto d'aiuto. Si inclinò un poco, giusto per dire addio un'ultima volta a quella famiglia, ma la porta della casa si aprì proprio in quel momento, mostrando una donna sui 50 anni, che stava uscendo. La ragazza si ritrasse immediatamente, sperando di non essere stata vista, e di essersi mimetizzata nel migliore dei modi, spalmandosi letteralmente sulla parete. Proprio quando si stava per tirare un respiro di solievo, perché orma sicura di averla scampata, ecco arrivarle addosso un pallone da calcio che la fece sbilanciare all'indietro e cadere rovinosamente, con il fondo schiena, sul morbido asfalto. Imprecò contro quella palla bianco-nera, che le aveva procurato anche un bel bernoccolo, oltre all'essersi fatta riconoscere dalla signora. La donna sgranò gli occhi che le si inumidirono immediatamente. Si portò una mano alla bocca e inconsapevolmente le chiavi di casa le caddero sul vialetto che divideva in due il pezzo di verde anteriore all'abitazione. Amu non sapeva come comportarsi, era indecisa sul da farsi... Andarle incontro dopo essere scappata e aver scoperto la sua natura come niente fosse e instaurare una conversazione basata su rimproveri e compassionevoli frasi o scappare via a gambe levate come un coniglio davanti a un cacciatore?... Le sembrava di vivere in prima persona il pezzo scritto da Shekspear dell'Amleto: "Essere o non essere... Questo è il dilemma", logicamente la sua indecisione era un po' diversa, ma le assomigliava parecchio. Il suo sguardo vagava incerto su tutto il paesaggio, frenetico come quando gli studenti scrutano imperterriti l'orologio che segna le 12.59. Cosa avrebbe dovuto fare? Incrociò per un millesimo di secondo gli occhi della "madre". Non resistette al vederla così, decise di andarle incontro. Attraversò con passo estremamente lento il terreno in pietra contornato da rose ancora in boccoli, e si chinò stringendo in un abbraccio caloroso la donna di fronte a lei. Senza parlare, attraverso un semplice e sincero scambio di sguardi, entrarono insieme in quella casa. Appena aperta la porta, il profumo di fiori d'arancio inebriò i sensi alla ragazza. Subito i suoi occhi guizzatono, da un angolo all'altro, per vedere tutti i particolari che erano cambiati,... praticamente nessuno, tranne... : Sia sulle pareti, che sul comodino dell'entrata, che sopra le scale, c'erano delle foto tutte diverse, che ritraevano una bambina. Aveva il sorriso dolce e un energia che usciva anche da quei semplici quadretti sparsi per tutta l'abitazione. Due occhi grandi e furbi color ambra dorata, capaci di vedere tutto. Un sorriso amaro comparve sulle labbra di Amu, mentre la signora Hinamori la portava in soggiorno, facendola accomodare sul divano color vaniglia in pelle insieme ai cuscini rosso magenta che lo abbellivano.

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Capitolo 7
*** cap. 6 ***


L'aria era leggermente pesante... A spezzare il silenzio che governava nella stanza, fu la signora "Amu... Come stai?" la sua voce era incrinata da una vena di emozione. La ragazza, di tutte le frasi che si era preparata di sentire, non aveva calcolato questa, Pensava l'avrebbe sgridata... Pensava che non l'avrebbe nemmeno fatta entrare... Invece, le fa una domanda come se l'avesse vista il giorno prima e non anni addietro. "Sto bene, grazie." aveva proferito lei imbarazzata, cercando di non mostrare il lieve rossore creatosi sulle sue gote. La donna la osservava ancora con occhi indagatori, per capire ciò che pensava. Dopo altri momenti interminabili, Amu decise di chiarirsi un minimo le idee "Allora, come state voi? Come va dopo la SUA morte?" La donna sorrise fra se e se, in fondo non era cambiata, sempre schietta e senza mezzi termini... Poi si incupí di colpo... La sua domanda non le aveva fatto particolarmente piacere. Le rispose comunque, anche se solo per educazione che per altro... "Noi stiamo bene grazie... E i nostri lavori vanno a gonfie vele." Amu si accorse immediatamente del cambio d'atteggiamento, da caloroso e cordiale a freddo e distaccato con l'obbiettivo di ferire. La ragazza ci rimase un po' male, sperava in una reazione diversa da quella che si era sempre immaginata, ma incassò il colpo. Nella sua mente comparirono nitide le immagini di quella notte, di quella sera tragica nella quale si è commesso un misfatto troppo grande da vedere, figurarsi da tenersi dentro per una vita intera ed esserne incolpati ingiustamente. Flashback • Era notte fonda, forse le 2, a causa del temporale una piccola bambina di circa 6 anni teneva gli occhi sbarrati per i lampi accecanti e per i tuoni assordanti... Tremava, aveva paura... Decise così da andare dalla sorellona che sicuramente l'avrebbe confortata. Scese dal letto, ormai sfatto, con passetti leggeri si diresse, quasi alla ceca, nella camera da letto di una ragazza di 14 anni dai capelli confetto e gli occhi ambrati, risplendenti dell'oscurità, quasi confondibili con quelli di un gatto. La più giovane, si intrufolò nel morbido covo della maggiore, si rannicchiò su di lei e la chiamò piano piano, in un sussurro. La ragazza si girò lentamente, abbracciò la sorellina, che le sembrava tanto indifesa e la coccolò. Stava per addormentarsi quando un ombra aprì la portafinestra. Un vento gelido entrò fino nelle sue ossa, si strinse di più alla minore, sia in cerca di calore, sia per ripararla e proteggerla da chiunque fosse entrato. Sul tappeto affianco al letto, piccole gocce di pioggia lo bagnarono. Una mano si poggiò sul soffice copriletto a quadri. Dalla nicchia sopra il cuscino, dove erano appoggiate le shugo chara, le fragili uova si schiusero e dal sottile spionciono creatosi 4 paia di occhiucci guardavano la scena impaurite, ma pronte a intervenire. Intanto la sagoma stava risalendo con lo sguardo le figure snelle delle sorelle. Due tocchi su una spalla fecero voltare Amu. Davanti a lei si stagliava una persona sicuramente atletica, con indosso un mantello che gli copriva il viso e attimi di silenzio tombale calarono nella stanza. Un lampo spezzò gli indugi... Amu vide finalmente l'aggressore con stampato sulla faccia un ghigno malefico e con occhi parlanti di morte; l'uomo prese il suo braccio e con una spinta la trasse a se. Gli spiritelli stavano per entrare in azione, ma una cosa le bloccò... Il sorriso straffotente dell'essere scomparve, cambiando in un'espressione mista di terrore e stupore. Anche il suo sguardo, da pazzo e omicida a preoccupato e disperato. La presa che prima era ferrea sul braccio di lei si affievolì. Il corpo del giovane stava lentamente appassendo, come risucchiato da un buco nero che toglie energia; la pelle, da lattea, liscia e sana divenne secca, raggrinzita, brunastra, i muscoli scolpiti sul suo corpo si trasformarono in cenere e si seccarono appiccicandosi alle ossa sempre più visibili. Amu non sapeva cosa stava facendo, lo stava solamente fissando negli occhi e immaginava mille torture da infliggergli. L'uomo con le sue ultime energie si scagliò verso di lei, si aggrappò al suo corpo, gli spuntarono due canini, ancora bianchissimi, ai lati della bocca e li conficcò nel suo collo. Poi, senza che Amu se ne rendesse conto, tirò fuori da una tasca nascosta una pistola, la puntò sulla sua vittima e sparò. Il vampiro non si capacitò dell'accaduto che avvenne davanti ai suoi occhi. Il torace di lei si aprì in due, come per magia, il proiettile sfrecciò dall'altra parte e andò ad incastonarsi nel immobile petto di quella piccola creatura dormiente. Lacrime salate scendevano dagli occhi stranamente argentei di ella, nel vedere la ferita che sgorgava liquido rosso e andava a macchiare anche tutto il lenzuolo rosato. La creatura della notte nel frattempo si era accasciata al suolo, ormai morente. Amu, per vendetta, prese l'arma da fuoco posata ai suoi piedi; dalla canna lucida usciva ancora del fumo e l'estremità scottava, la puntò su di lui e sparò... Sparò tutti i colpi a disposizione e la pozza di sangue si ingrandì, fino a ricoprire l'intero pavimento di esso. • Fine Flashback Si ridestò da quel macabro incubo ad occhi aperti, per vedere la 'madre' guardarla torva. Decise di andarsene, si era resa conto di non essere un'ospite non molto gradita. Si dileguò dalla casa d'infanzia con un semplice "Devo andare. "Spero di rivederti presto" e scappò via, correndo a perdifiato per dimenticare attraverso tutti i vicoli della periferia.

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Capitolo 8
*** cap. 7 ***


Aprì lentamente gli occhi topazio, ancora offuscati dal sonno. I capelli sparsi per il cuscino con la fodera violetta in seta finissima. Si stiracchiò appena, per sgranchire i muscoli atrofizzati... Nel muoversi, sulla pelle sentì lo scorrere dal lenzuolo caldo, morbido, confortevole. Dopo i primi attimi di smarrimento, si guardò attorno e si sorprese nel vedere quanto rilassante fosse quella camera. Le pareti tinte di un leggero azzurro cielo, mentre il soffitto, color notte, rispecchiava la sfera celeste... Delle piccole stelle, create dai minuscoli faretti inseriti sulla volta della stanza, le conferivano una sensazione di serenità e libertà inimmaginabile. Soffermò la sua attenzione sul tendaggio nero, che copriva una portafinestra che si affacciava ad un terrazzo. Da essa riuscivano a penetrare piccoli raggi lunati di color bianco latte, parevano eterei, e rendevano il buio del posto quasi affascinante, surreale. Poi, alla destra dell'infisso, c'era una scrivania in mogano abbinata al massiccio armadio di fronte a lei e alla porta che aveva alla sua sinistra; proprio quest'ultima richiamò la sua attenzione scricchiolando appena. Dalla fessura che si creò, l'attraversò una figura longilinea, magra e dal passo felpati, che la richiuse senza far il minimo rumore... Poi, imitando l'andatura di un gatto, si avvicinò al giaciglio della giovane, che impaurita aveva chiuso gli occhi fingendo di dormire ancora. Sentiva il suo sguardo profondo anche a occhi serrati, sentiva che stava risalendo il suo corpo. Poi, la sua voce la tranquillizzò quanto la irritò. "Non serve che fingi con me". Poche parole che a lei parvero pronunciate da uno strumento dal timbro più armonioso esistente... Quando ebbe anche recepito il loro significato però aprì di colpo gli occhi, si rizzò sull'attenti e lo guardò in modo torvo... "Ma come ti permetti!!!" aveva risposto lei, gonfiando leggermente le guance. Di colpo le si scatenò un mal di testa infernale, che la fece ributtare all'indietro sprofondando tra le soffici coperte, con un braccio a parlarle la visuale. "Ti senti ancora male Amu?" le chiese lui dolcemente. Per risposta ricevette solo un grugnito, e un broncio che a lui parve infantile ma estremamente provocante e adorabile. "Mi pare che dopo la sbronza di ieri, comunque non sei in condizioni terribili" aveva continuato lui. "Ah, ora ricordo..."aveva solo detto lei, anche se ad un tono così basso che sembrava parlare più con se stessa che con il suo interlocutore. Ikuto si sedette sul bordo del suo letto e le si avvicinò con calma estenuante. "Cosa stai facendo?" gli chiese lei. "Bhe, mi metto a dormire sul mio letto" In effetti non aveva tutti i torti, era lei l'intrusa... "Se la mettiamo così, me ne vado io." aveva semplicemente affermato lei; Non aveva proprio voglia di complicarsi la vita. Con un colpo d'anca si diede la spinta necessaria per alzarsi dalla branda, ma un braccio (chissà di chi) le impedì di mettersi seduta. "Ma che fai?" chiese la ragazza. "Oh scusa, mi stavo solo stiracchiado" si era scusato lui, nascondendo un sorrisetto sornione. 'Si certo come no' pensava Amu, ma decise di lasciar perdere, tanto il finale della partita era già scritto, come sempre. Si schiacciò su un lato, per stare almeno il più lontano possibile da lui. Il ragazzo di sdraiò molto comodamente, occupando tutto il posto disponibile. Alla giovane una vena pulsava in fronte tra il frustrato, l'arrabbiato e anche il divertito. L'altro si stava sfilando la maglia, rimanendo in pantaloni, insomma si stava preparando per dormire. Alla vista di quel corpo, scolpito ma non troppo, tonico, flessuoso, in conclusione perfetto Amu dovette distogliere lo sguardo per non rimanerne incantata. Era arrossita violentemente al pensiero di dover dividere lo stesso spazio con il suo ragazzo. In quegli attimi si stava sistemando sotto il piumone, ancora intriso del suo odore. * * * * Non riusciva a prendere sonno, era una situazione troppo imbarazzante. Ogni volta che stava per sgattaiolare fuori, stranamente lui si muoveva, o le metteva un braccio sull'addome, era come essere collegati da fili invisibili, che "costringono" l'uno ad assecondare i movimenti dell'altro, vista dall'esterno potevano sembrare anche scenette comiche (come quelle che si vanno a vedere a teatro). Ikuto non riusciva a prendere sonno, era preoccupato, forse addirittura terrorizzato, all'idea che lei potesse andarsene. Ogni volta che si muoveva, per "sbaglio" si appoggiava a lei. Tutto era colcolato nei minimi dettagli, anche se proprio gli occhi non avevano la minima intenzione di chiudersi. Mentre stava canticchiando mentalmente una sinfonia per concigliarsi il sonno, sentì il respiro di lei farsi più pesante; forse si era finalmente addormentata... Doveva andare a bere un buon bicchiere di latte per riuscire a calmarsi e a fare mente locale tra tutti i suoi svariati pensieri... Ora era in cucina, davanti al frigorifero aperto, che emanava una luce molto soffusa quanto candida e un fraddo anche piacevole sotto certi punti di vista. Si intravedevano solo le ombra di quelli che dovrebbero essere il piano cottura, il lavandino, un piano ad isola molto brillante perché laccato posto al centro della sala, gli sgabelli alti dove sedersi, ancora piuttosto nuovi, in stile bar americano. La sua casa si poteva definire moderna e vintage allo stesso tempo perché ci convivevano insieme oggetti futuristici ed altri "d'antiquariato" come il il vaso all'entrata, l'armadio nella sua camera, o il quadro in salotto. Si sentiva in pace, era pronto per tornare sotto le coperta quando un urlo acuto e straziante si udì provenire proprio dalla stanza in questione. Camminò molto velocemente, aprì frettolosamente la porta, fregandosene dello sbattere di essa sul muro. Sia avvicinò ad ella, che stranamente dormiva ancora. 'Ma come, me lo sono sognato?' si chiese tra se e se. 'Non è possibile...' era visibilmente confuso... Due pietre congelate gli perforarono il cuore nella frazione di tempo che impiegò a materializzare le ipotesi... Ma non erano impiastrate dalla'odio e dal risentimento, solo dalla paura, dallo sconforto e dall'angoscia di perdita. Le aveva riconosciute quelle emozioni che anche lui aveva vissuto anni addietro, che lo avevano spinto all'interno di una spirale di solitudine e tristezza dalla quale non credeva di poter uscire. Le sue iridi erano così espressive che il ragazzo non poté che abbracciarla di slancio, l'unica mossa che era riuscito a compire che avesse senso compiuto. La giovane tremava, ogni sua fibra era in movimento, tesa e allerta sul minimo cambiamento avvertibile. Dopo qualche minuto, si accasciò sul suo petto, si raggomitolò tra le sue forti braccia, si lasciò andare ad un pianto che non mostrava mai in pubblico, eppure con lui non aveva mai potuto fare a meno di mostrarsi per quello che era, senza maschere o altro a coprirle il volto, solo Amu, quella vera, fin da quando si erano conosciuti... Continuava a sobbalzare e singhiozzare a bagnargli il petto, in quegli istanti così caldo, così vivo, così essenziale, e lui non si scomponeva, si limitava a stringerla a se più forte che mai, a portarsela sempre più vicino per farle capire che lui era lì e che non sarebbe scappato, che avrebbe fatto di tutto per aiutarla... Un idea veloce le passò nel cervello, senza aspettare nemmeno una sua risposta, si rizzò e in meno di uno centesimo di secondo gli appoggiò le labbra sulle sue, in un piccolo bacio che per lei rappresentava la gratitudine, la speranza e la consapevolezza... Ikuto non si scandalizzò più di tanto, al contrario trasformò il piccolo sfioramento in qualcosa di più... Non si pose la domanda se Amu in quel momento era ancora sotto effetto dell'alcol come ore prima o meno... Lui la baciò semplicemente per farle capire che a lei non aveva e non avrebbe rinunciato facilmente... Le avrebbe chiesto dopo dell'incubo e di qualsiasi altra cosa si trattasse, le avrebbe posto dopo le domande sul perché fugge da lui, sul perché era come scomparsa, sul perché di quella strana trasformazione, ora il tempo doveva essere vissuto, il presente andava sfruttato, per il futuro si sarebbe pensato dopo...

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Capitolo 9
*** cap. 8 ***


Intanto una ragazza, dalle lunghe code ramate, legate da due fiocchi piuttosto infantili, ondeggiavano a destra e a sinistra; e camminava per le vie affollate della famosa capitale giapponese. Tutto il brio di quella donna era racchiuso nei suoi occhi... Esprimevano la sua ilarità, la sua dolcezza, la sua voglia di vivere ed erano gli specchi della sua anima... Quegl'occhi grandi color cioccolata dai riflessi rubino, non avevano perso la loro trasparenza e la loro visione del mondo... Erano rimasti quelli di una bambina... Quella piccola e cocciuta, che andava sempre a cercare aiuto, che piangnucolava sempre in cerca di attenzioni, che aveva con sé la sua amata Pepe... Si girava intorno gustandosi le luci natalizie che addobbavano la città. Luccichii di tutti i colori le riempivano le iridi, giocavano con il suo sguardo, si combinavano alle altre creando emozioni e disegni... Il grande albero che si stagliava in mezzo alla piazza era imponente e la faceva sentire ancora piccina... Erano solo le 4 del pomeriggio e pregustava il senso di spensieratezza e divertimento pazzo (a causa delle compere che avrebbe fatto durante la gionata) invaderle la mente... Cominciò a saltellare su se stessa e molti passanti le lanciavano uno sguardo fugace per poi ridere sotto i baffi e continuare il loro giro cercando di sembrare indifferenti... Altri non la badavano proprio, e ancora c'era chi era intenzionato ad unirsi a lei pensando di fare un ballo o i bimbi la guardavano perplessi, indecisi sul da farsi... Se unirsi a saltare o farle domande sul suo comportamento, (per loro normali ma in realtà inopportune secondo gli adulti anche se non di poteva definire Yaya un'adulta....). Sentì una mano poggiarsi sulla spalla destra, dei capelli mori e liscissimi passarle davanti, fino a che non focalizzò e riconobbe la persona che aveva di fronte a sé... "Kairi!!!!! Che bello!!!!! Finalmente.... Ma dove eri sparito?!... Credevo ti avessero rapito gli alieni...." Ecco... Al solito.... Gli occhiali dalla fine montatura facevano riflesso ai vari ornamenti che 'vestivano' Tokyo, e lo sguardo tra il divertito e lo sconvolto era celato alla giovane che continuava a parlare (più che altro borbottare...) al ragazzo che le si era parato dinnanzi... Lei non poteva essere che felice... Aveva una cotta segreta per lui da non si sa quanti anni, ma era brava a fingere anche se i suoi occhi si sarebbero potuti trasformare in cuori rossi entro poco tempo... Di colpo il moro (che in realtà aveva i capelli di un verde scuro, come quello degli alberi di Natale dicevano tutti, o come preferiva definirli lui color ardesia scuro scientificamente parlando...), si sentì pendere per mano e trascinare... Nei primi istanti rimase perplesso,... Non sapeva se essere più interdetto dal comportamento che aveva assunto l'amica o se stupirsi del fatto che non lo avesse lasciato parlare o accennare un minimo saluto. Ma poi, come realizzato con chi aveva a che fare, tutto gli sembrò più che lampante, quasi ovvio e prevedibile... E sommessamente, senza farsi vedere da nessuno gli sfuggì un leggero sorriso fatto di pura dolcezza, che subito mascherò con dei piccoli colpi di tosse... Troppo presuntuoso e calcolatore per lasciarsi andare, anche se solo ad un accenno, di emozione... Passarono l'intero pomeriggio a fare spese per trovare gli ultimi regali per amici e parenti, anche se tutto il lavoro lo aveva fatto Yaya, mentre l'uomo si era limitato a seguirla e di tanto in tanto consigliarla o addirittura (più unico che raro come avvenimento) anche a comprare qualche sciocchezza. Il cielo ormai lasciava il suo colorito azzurrino del giorno, e la palla gialla che è appesa ad esso è scomparsa sotto l'orizzonte, ancora avente un colorito roseo e arancionato... Dalla parte opposta, a est, invece la notte scura si stava via via impadronendo di tutto, catturando dentro si sé ogni centimetro di superficie disponibile... Solo i lampioni e gli addornamenti che ricoprono le case e gli edifici la rischiarano. In quel momento Kairi decise di andarsene, mostrando i suoi ossequi alla maggiorenne, che come sempre rimase incantata dal suo modo di parlare, in stile quasi ottocentesco occidentale. "Mi scuso con lei madmoiselle ..." 'chissà perché mi sta dando del lei' pensò la giovane "...ma è giunta sera e devo recarmi a casa per non dare inutili preoccupazioni alla mia cara sorella che mi ospita... " fa una breve pausa per comporre in quello strano dialetto la frase che vuole dire. "... Mi farebbe molto piacere rincontrarvi nei giorni di permanenza che mi rimangono prima della mia nuova partenza per l'estero..." 'che strano.... Non è che si stia sciogliendo?' sperò la ragazza. "...bene allora. Che ne dici di domani sera per le otto? Scegli pure tu il luogo, ma spero che accetterai..." la frase la lasciò appositamente in sospeso, per far trapelare il suo senso di dubbio. Forse fu troppo sfacciato, con quel linguaggio così inusuale per lui, forse lei aveva anche già un fidanzato ed era dunque già impegnata per la sera della vigilia... Forse si era esposto troppo, aveva fatto vedere una parte del suo carattere, nascosta perfino a se stesso, quella dolce e spensierata, come dovrebbe essere l'intera vita di un giovane della sua età, perdutamente innamorato da secoli... Poi ritrova il suo comportamento da nobiliare, rimette la maschera di indifferenza e freddezza che lo contraddistingue, riflette sulle sue azioni e calcola le varie possibilità, fino ad arrivare alla soluzione, positiva, (perché a suo favore)...: È stato, nonostante tutto molto discreto, gentile e non invadente; non ha dato l'impressione di essere agitato o in fermento o preoccupato per l'esito della sua proposta; deduce quindi, aggiungendo anche le minime conoscenze in fatto di rapporti col genere opposto che Yaya abbia mai avuto... il risultato che la mente gli suggerì è: non ha capito niente. Lo dimostravano il suo sguardo perso e l'espressione pensierosa che aveva in volto. Tirò un sospiro di sollievo. Poi le prese la mano, che era riparata da un paio di guanti in pelle beige, trapuntati e con un fiocchettino che li impreziosiva e che volgeva verso l'esterno dei polsi, perfettamente abbinati al suo autfit (non so se si scriva così) dai colori caldi, studiato fin nei minimi particolari... Le face un leggero baciamano, come un vero signore d'altri tempi e senza aspettare una risposta si voltò e con passo svelto si mescolò tra la folla e prense la metropolitana per tornare alla sua provvisoria dimora. La dama, ancora rintontita, eta rimasta ferma, impalata, ipnotizzata dal comportamento particolarmente inusuale del amico. Un lieve rossore le imporporava le gote, già arrossate a causa del freddo che le graffia le guance scoperte, e mentre cercava di immagazzinare tutte le azioni avventure in quel breve lasso di tempo, fissava stupita la sua mano, rimasta in sospensione, nella posizione in cui lui gliela aveva baciata elegantemente come segno di congedo. Nei sui vetri cioccolato, ci si poteva rispecchiare non solo gioia, ma anche elettrizzante trepidazione e impazienza, (dovute alla futura sera) una piccola venatura di paura e tensione che era comprensibile e naturale, e ancora incredulità e spensieratezza fuse insieme per creare una combinazione al dir poco improponibile, come lo erano loro due, il giorno e la notte, l'allegria e la tristezza, la fanciullezza messa a confronto con la serietà, il divertimento contrapposto alla severità, l'istinto e la ragione... Ora Yaya, quasi correva per un vicolo buio nella periferia della città, nel quartiere dove si trovava la sua abitazione, che anche se modesta era pur sempre bella, confortevole e nulla invidiava alle case dei ricchi, piene di sfarzo e nulla di piú... Stava ancora trotterellando felice quando a dieci metri di distanza dall'entrata del suo condominio, compare, immersa nell'oscurità, un'ombra su un albero del viale. Scruta la esile figura che cammina, con in mano buste di diversa grandezza e colore. Il sui occhi sono indifferenti e assassini, non fanno traspirare sensazione, né dalla paura all'allegria folle di un pazzo, né dalla frustrazione alla tristezza che quel individuo poteva provare. Appoggiò sul ramo, dove era accovacciato, una custodia, la quale di apreí dando vita a un suono metallico di chiusura, come quando spingi la porta di casa, o metti dentro la serratura la chiave e la giri così che i meccanismi si attivino e si sblocchino man mano che continui... Il rumore venne sentito dalla ragazza, che presa alla sprovvista e sentendosi osservata entrò in panico, che con difficoltà riuscí a controllare... Intanto la sagoma estrasse dalla borsa rettangolare e rigida una specie di lungo tubo, che, causa sfondo nero non si capí di che materiale fosse... La giovane intanto si eta nuovamente messa in marcia, ma con un passo che lasciava trasparire la sua inquietudine. All'interno dell'oggetto cilindrico fu messa una specie di freccetta. In un attimo tutta la scena prense un senso, ma con una fine brutale... La cerbottana, precisa e quasi indolore colpì il bersaglio, che cadde a terra intontito, sotto la potente droga che bagnava la punta dell'arma... Il ragazzo, che sotto la luce dei lampioni che illuminano la via, fece intravedere il suo profilo, con un salto portentoso scompare dileguandosi nella tetra e cupa notte invernale portando a spalla la vittima... Dove il buio e il freddo pungente ne fanno padroni, posto dove le paure, i tormenti e le angosce che attanagliano ogni individuo, sbocciano come margherite d'estate, nelle povere menti dei malcapitati era il luogo nel quale l'Oscuro uomo la stava conducendo. Solo una cosa era imasta come traccia del passaggio dei due, i regali che erano caduti sull'asfalto biancheggiato... Ora, quella stessa persona, ghignava fra sé e sé, facendo venire i brividi persino alla luna che aveva sempre assistito a tutto, fin dalla notte dei tempi.... I suoi occhi si accesero di una luce folle e piena di risentimento, rabbia e dolore... Sentimenti mescolati e ben legati fra loro, che formano Un cocktali micidiale, mortale e irreparabile quale era l'animo di quell'essere spietato dagli occhi freddi e inespressivi che aveva rapito la "piccola", ucciso il presidente e i coniugi Fujisaky... 💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙💙 Angolo "autrice": Chiedo infinitamente scusa a tutti per l'ncommensurabile ritardo con il quale aggiorno, non vi spiego i perché o cose del genere, non ne varrebbe la pena. Comunque... Volevo ringraziare chiunque abbia letto fino a questo punto, e avvisare che al 90%, d'ora in poi sarà sempre così l'aggiornamento... Vi chiedo ancora scusa già in anticipo...😔😔 Un bacio a tutte. Grazie Ale_LoveBS

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Capitolo 10
*** Cap. 9 ***


CAPITOLO 9 Un urlo agghiacciante squarciò l’aria… In una capanna, non molto lontana dalla città, racchiusa da una fitta boscaglia, era stata rinchiusa una ragazza, dove veniva torturata da un’ombra malvagia e sadica… L’esile corpo, nel mezzo dell’unico locale esistente, era scosso dai continui singhiozzi dovuti al dolore incessante e alla disperazione, incatenato al terreno: sul pavimento di legno formato da assi sconnesse e ammuffite che era ghiaccio puro a contatto con la pelle bollente, candida e vellutata della piccola vittima… Il predatore era in disparte, vicino ad un tavolo cadente a pezzi, dove vi erano deposti un mucchio di utensili contundenti, utilizzati per la tortura di povere vittime obbligate a patire immense sofferenze, creature indifese che cercano, come la giovane in questione, di ribellarsi al proprio carnefice e al loro infame destino, di liberarsi dalla morsa delle manette cha ad ogni movimento arrossavano e ferivano la nivea epidermide già sfregiata da tagli e frustate, sporca di terra e circondata dal freddo polare dell’inverno inoltrato e da alcuni schifosi insetti quali blatte, ragni e cosi striscianti non definibili. L’uomo la guardava compiaciuto; era divertito dalla situazione, adorava uccidere con morti dolorose gli innocenti… La “bimba” piangeva silenziosamente, cercando di non mostrare il dolore, voleva solo che qualcuno la trovasse… In fin dei conti era pur sempre il giorno di Natale, il giorno dei miracoli, dove il bene sconfigge il male, dove in ogni cuore si risvegliano i sentimenti più dolci e tutti tornano bambini, dove ci si scambia i regali con un caldo sorriso sulle labbra e c’è la bellissima atmosfera di pace e serenità che lo contraddistingue dalle altre festività… Lei voleva solo essere salvata da quell’incubo infernale nel quale era stata catapultata, che sperava essere solo un brutto sogno e non la cruda realtà. La voce sprezzante e roca dell’individuo le spezzò il filo dei pensieri e dei ragionamenti, facendole tagliare il filo con la mera e effimera speranza che teneva nel piccolo cuore: “Cara ragazzina, non riuscirai a sfuggirmi e nessuno verrà ad aiutarti… Quindi Urla… Urla te ne prego –lo proclamava con tono mellifluo e cadenzale, come credesse veramente nelle sue parole e in ciò che le chiedeva- Urla fino alla morte; più urli e più la mia vendetta sarà piacevole ed appagante… Qui non ti troveranno, o almeno non viva, dunque smettila di pregare la buona stella che credi di avere e dimostrami quanto dolore provi!!” Le parole in sé facevano venire i brividi lungo la schiena martoriata della fanciulla, ma l’intonazione erano talmente pregne di cattiveria che le fecero spalancare le orbite tanto da farle male e parere un personaggio dei cartoni animati che spesso guardava ancora; la sua vista era annebbiata dalla tremenda paura e dalla terribile consapevolezza della sua più che prossima morte e che da essa quella sottospecie di uomo ne provava gusto… La bocca le si asciugò e si chiuse, con l’intento di non far uscire più un suono,a anche perché sarebbe risultato troppo fioco, terribilmente stridulo e stozzato; il respiro era mozzato e accelerato segno dell’immane timore e dell’adrenalina mista a sconforto… Attraversò con la mente tutta la sua vita: dai momenti più lontani e passati a quelli più recenti (come quelli delle poche ore prima dove era insieme al suo amato Kairi), da quelli tristi ai gioiosi, e con accettata rassegnazione la fine… Osservò meglio il luogo dove sarebbe perita, e se ne rammaricò notandolo spoglio, anonimo e insignificante, decisamente non adatto a lei, lo trovava addirittura miserabile… La tenue luce di un tramonto, già filtrata dalla spesso strato di nubi grigie che adombravano il suo ultimo giorno della sua vita, dalle quali cadevano qualche fiocco di neve, che danzava libero e leggiadro nel fumoso cielo, cercava di insinuarsi dal tetto della catapecchia già scossa dal forte vento che imperversava sulla città e smuoveva le spoglie frode degli alberi scuri e inanimati, unici spettatori oltre alle casupole e all’omicida della sua infausta fine. Scrutò quelle lame affiliate macchiate ancora del proprio sangue che le avevano infero una infinita moltitudine di supplizi, che avevano svolto il loro terrificante lavoro con puntigliosità e maestria orribile… sul banco legnoso non ve ne era nessuna che non fosse stata usata: dalla pistola alla spada, dal seghetto a denti acuminati agli spilli da lana… I lunghi capelli aranciati erano unti e impiastrati di cremisi e sparsi ovunque sul parquet, non erano più raccolti nelle due caratteristiche code ordinate e sbarazzine, ora simboleggiavano il suo stato di sfinimento e debolezza totale, che per versava su tutte le fibre del povero corpo. Posò infine lo sguardo timido e sulla sagoma ancora perfettamente eretta e composta del ragazzo… fissò le sue iridi nocciola in quelle di lui e lo perforò, voleva capire il perché di tutto questo… Con un coraggio che non pensava di possedere, tenta una domanda, alla quale vuole una risposta a tutti i costi: “Chi sei e per quale motivo lo fai?” era un sibilo il suo, debole ma inquisitore ed accusatorio. Egli non sembrò sorpreso e controbatté prontamente: “Sono colui che uccide per vendetta; che è resuscitato dopo una morte fatta di abbandono; sono colui che metterà il punto conclusivo alla storia della bontà e della felicità di una persona a voi cara e lo farò nel migliore dei modi, non unica maniera che conosco: la farò morire… Ma non con un semplice scontro fisico… oh no.. sarebbe troppo facile e troppo poco indolore… lei cesserà di vivere dal momento in cui capirà cosa significhi sofferenza, cosa vuole dire solitudine e quanto importi vincere, perché il peso della sconfitta, ancor di più se esso è la morte di tante persone a te care, è un macigno incredibilmente enorme e impossibile da portare… voglio che venga uccisa dai sensi di colpa, deve morire da sola, e solo al termine delle sue pene arriverò io che le infliggerò il colpo di grazia, ma molto lentamente… Io sono la persona collegata indissolubilmente ai guardiani e al vostro destino…” Il monologo professato con tanto astio, incommensurabile rabbia e infinita crudeltà e malignità si concluse con una risata sguaiata, al limite dell’umano e della perfidia esistente nel mondo, seguito da uno sputo, che rimarcava il disprezzo provato per la reale vittima… Si… Perché Yaya aveva capito che lei non era altro che una delle tante pedine di una partita, un insignificante pedone sacrificabile per raggiungere il proprio scopo… Non era altro che un mezzo utilizzato per arrivare al centro di una lunga spirale, troppo grande per lei… Aveva compreso di essere solo uno dei tanti giocatoli vecchi, da riesumare solo quando si ha voglia perché quelli nuovi non valgono più per poi essere rimesso in un angolo e dimenticarsene… Era solo una delle tante comparse usate per uno spettacolo che attende solo l’avvenuta del grande finale dove la protagonista entrata in scena e in questo disegno così perfetto lei non era altro che un insignificante personaggio secondario, non utile alla vera missione… Comprese, in un abbaglio di razionalità di aver sbagliato tanto nella sua brave vita, troppi errori ai quali non potrà più porre rimedio… Ingoiò un flotto amaro composto da rammarico e tristezza e decise di squadrare con fierezza il suo avversario, almeno per non dargli un’ennesima soddisfazione… Attese l’inevitabile con fermezza… L’assassino finalmente decise di finirla, si trasformò sotto l’espressione basita ed allibita “dell’eterna bambina”. I piccoli raggi sole calante riuscirono a sconfiggere per pochi istanti le fitte nubi, permettendole di vedere perfettamente cosa avvenne, lasciandola sgomenta e sconcertata. Era incredibilmente bello, quasi un adolescente, forse poteva avere 18 anni: una carnagione lattea; occhi oro liquido che pian piano mutarono in ossidiana nera; capelli, dalla tinta incredibilmente rosso fiammante, che sembravano estremamente morbidi e lucidi, diventarono azzurri, un celeste chiarissimo simile al cielo d’inverno o alla neve, ed essi non sembravano risentissero della forza di gravità dato che fluttuavano come immersi in acqua; il corpo era proporzionato, muscoloso sui punti giusti, ma non pompato, quel tanto che bastava a far risaltare la sua siluette, dava l’impressione di non essere pericoloso anche perché i lineamenti erano ancora molto semplici… Quanto le prime impressioni possono trarre in inganno… Una luce evanescente, limpida e intensa gli delineava tutto il perimetro del corpo, energia purissima del colore della notte più nera mai esistita, dove stelle, luna e il resto non esisteva, come il buoi dello spazio, la tenebra dell’universo prima ancora della creazione… Dalle lunghe dita affusolate ne scaturì un’onda che prese sembianze di laser, longilinea ed elegante come uno stiletto ma resistente e trasparente come il diamante, essa andò a conficcarsi dritta della gola della ragazza che esalò il suo ultimo respiro. L’ultima immagine che vide furono solo dei capelli petrolio, quelli che amava tanto, e il suo viso e il suo animo ebbero pace, si distesero in una minuscola incurvatura delle labbra piena di sollievo. L’adolescente no si fece scrupoli a deteriorare ulteriormente l’esile cadavere e soddisfatto lo portò in un parco giochi poco distante… Lo depositò sotto uno scivolo giallo, all’interno di una costruzione arcobaleno a castello, fatta di piccole guglie e vari percorsi, con tante piccole stradine (come le vie di corda intrecciata o la scaletta messa parallela al terreno), man mano più complicate, quelle che a tutti i bambini piace imboccare per divertirsi… Egli poi scomparve dissolvendosi nel nulla, come nebbia. Tornò in quella specie di baracca, prese la propria artiglieria e la pulì accuratamente, la ripose altrettanto minuziosamente nelle carie custodie ed infine, spegne una videocamera ancora appesa ad un angolo del monolocale, non prima di lasciarvi dentro un messaggio: “Cara sorellona… Siamo ancora solamente a 4.” In volto un ghigno che deturpava la fisionomia dolce e delicata… A velocità inumana volò via nuovamente, facendo catapultare in un silenzio opprimente e in desolazione irreali il piccolo abitacolo. ∞∞∞∞∞ Angolo della pseudo scrittrice: chiedo infinitamente scusa a tutti per l’ennesimo ritardo… spero che il capitolo vi piaccia, sono curiosa di sapere ciò che ne pensate, quindi recensite per favore. Un bacio a tutti. Ale_LoveBS

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Capitolo 11
*** Cap. 10 ***


CAP. 10 Come era potuta accadere una cosa del genere ancora non riusciva a spiegarmelo. Tutti gli ex guardiani e combattenti della Easter erano stati affidati a due agenti scelti che dovevano sorvegliarli 24 ore su 24, invece, sotto i loro occhi, era scomparsa una delle più probabili vittime, lasciando come sua unica prova della propria esistenza le borse dei regali di natale comprati quel fatidico pomeriggio. Erano due giorni che giravano la città, pattuglia nella da nord a sud, da est a ovest, senza però alcun risultato. Non aveva informato Amu per non farla preoccupare, ma aveva la brutta sensazione che presto sarebbe successo qualcosa di veramente poco piacevole. Kairi, l'unico agitatissimo dato che Yaya non rispondeva quando cercava in qualsivoglia modo contattarla, era stato messa al corrente da poche ore e già stava perlustrando a destra e a manca Tokyo. Un turbine rosa, entusiasta ed energico, con un sorriso smagliante a impreziosire quel viso delicato che lui tanto amava, aveva varcato la soglia del suo ufficio saltellando (quasi) e beccandolo stravaccato, con i piedi sulla scrivania, intento a mangiucchiare in tappo di una penna intanto che osservava la lavagna in vetro piena di scarabocchi indecifrabili che dovevano essere le informazioni del famoso caso che lo impegnava da quel poco tempo a questa parte. "Gattatico, come stai?" Chiese divertita avvicinandosi seducente. "Confettino, non provocare potresti scottarti. " ribattè malizioso. "Ma il fuoco poco sempre spegnerlo con l'acqua". Continuò imperterrita. "Certo, ma il danno sarebbe comunque già fatto." Asserì con un ghigno soddisfatto in volto mentre, alzatosi dal proprio giaciglio si dirigeva con passo felpato verso la novella fidanzata. "Allora non toccherò il fuoco e me ne andrò" rise soddisfatta la donna. "Mi spiace per te bambolina, ma ormai hai acceso la miccia." Produce lui. "E non mi chiamare con questi assurdi nomignoli, ho un nome sai, anche se tu questo lo ignori da quando ci conosciamo." Quando mancavano solo pochi centimetri di distanza a separarli, una figura spalancò l'infisso entrando indisturbato, leggendo ad alta voce i nuovi dati scoperti, interrompendo così il momento idilliaco e privato dei due piccioncini che tornarono alla realtà dopo che la loro bolla era scoppiata a causa di quell'impiastro, provocando l'ira di entrambi, che però venne subito spazzata via perché quelle sventurate notizie fecero crollare il terreno sotto i piedi della fanciulla. "Bene capo, è appena stato trovato un cadavere che corrisponde al'89% a quello di Yaya, nei pressi di un parco giochi a circa 5 chilometri da qui, più precisamente dentro una delle giostre che lo compongono. Sembra sia stata torturata come tutte le altre vittime. Il riconoscimento lo ha effettuato Sanjio, che poi è svenuto da quanto sconvolto era ed è subito stato portato in ospedale. Cosa strana per lui, non è vero I-" Quando alzò gli occhi smeraldini dal foglio, rimase di sasso vedendo la giovane nella stanza, bloccandosi preoccupato. "Yaya. .. Era lei il fulcro del caso che ti sta tanto assorbendo?" Domandò adorata ma sull'orlo di un crisi isterica. "Emm. .. Amu, fammi spiegare..." provò incerto Ikuto. "Perché non me lo hai detto, potevo aiutarvi... Cos' è non ti fidi di me?" "Ma che ti salta in mente... Ovviamente no, ti ho già dato nelle mani il mio cuore, non avrei nessun problema ad affidarti la mia vita, solo non volevo farti preoccupare." "Sì, certo, non ne dubito. Ora vado a casa per rilassarmi e riflettere." E si incamminò traballante. "Aspetta, ti accompagno. Non sei nelle condizioni ottimali di guidare." "Non si scomodi ispettore, mela so cavare anche autonomamente. " soffiò piccola. "Sarò in appartamento tra meno di 30 minuti." "Ok." Mentre la ragazza usciva dalla questura, nella sala so rischia di commettere un omicidio. "Soma, quante volte devo ancora dirti di bussare prima di entrare e di pensare e solo poi parlare?" Gracchiò furibondo il superiore con sguardo che sputava fiamme da quanto carico e profondo fosse. "Scusa Ikuto, non lo farò più, promesso." Sbraitò impaurito mettendosi in ginocchio, non appena fu liberato dalla morsa d'acciaio nella quale era stato costretto, implorandolo. "Sarà meglio per la tua incolumità. " Sbuffò l'altro. Dopo questo breve battibecco a senso unico, il lavoro continuò pacificamente così che il moro poté partire per tornare dalla propria Bella. 'Spero sia a casa.' Rimuginò sconsolato. ******* "Ottimo, eccellente... tutto va come previsto; mancano ancora poche persone e finalmente la mia vendetta sarà completa e potrò ritenermi soddisfatto." Alitò una voce, pregna di malmenato odio e risentimento repressi, proveniente da un'ombra appollaiata sul cornicione di un tetto mentre con vista aquilina scrutava attentamente la città. Tra le sue mani scorrevano, come carte da gioco magistralmente mosse da un coupier di Black Jack, le fotografie raffiguranti i propri obbiettivi. Con abile ed esperto gesto le lanciò in aria, intanto esraé da uno dei suoi alti anfibi neri e borchiati, che racchiudevano gli stretti jeans antracite, un pugnale dal manico intagliato, con inciso un solo ed unico nome: Hydo. Lo scagliò contro le immagini che leggiadre svolazzavano, colpendone una in piena fronte. Lei sarebbe stata il suo prossimo bersaglio. Con sguardo folle emise un'agghiacciante e cupa risata, di pura e maligna cattiveria. ******* Amu, uscita dalla centrale di polizia era andata a rifugiarsi in un vicolo non molto lontano, dove, nascosta da occhi indiscreti, aveva spiccato un balzo impressionante, cominciando così a sorvolare la capitale nipponica dirigendosi spedita verso quel giardino pubblico, nella speranza di trovare quale altro indizio sfuggito agli investigatori lasciato dal killer seriale, senza però ottenere risultati. 'Deve essere un assassino senza emozioni, dal cuore di ghiaccio, di spettrale bravura ed grande intelligenza purtoppo.' Rifletté. Svolazzò ancora un po' per poi decidere di intraprendere la traiettoria verso l'appartamento di Ikuto, atterrano in soggiorno qualche secondo prima che egli aprisse l'uscio emettendo un sospiro di sollievo nel vederla lì, al sicuro. Lei non lo calcolò nemmeno, dirigendosi spedita verso la camera che da qualche giorno condividevano, per arrangiare quei pochi oggetti che vi aveva immesso, ammassati malamente in fondo alla propria borsa; ora voleva solo scappare e rinchiudersi nel proprio rifugio per buttare giù quelle confuse idee che si era fatta per districare il caos che le affollata il cervello. "Hei, hei, hei... Cosa stai facendo? Cosa ha elaborato la tua mente... metti subito giù quella sacca e respira. Prima parliamo, poi potrai scomparire" affermò determinato. "Io non ho nulla da riferire" obbiettò contrita. "Allora ascolterai semplicemente." "No, voglio solo abbandonare queste 4 mura." "Siediti! Se sei arrabbiata perché ti ho omesso la scomparsa di Yaya ti chiedo scusa, volevo solo far in modo che tu non soffrissi. So come sei, conosco il tuo carattere, e potendo prevedere le tue azioni impulsivo che questa rivelazione comportava no, ho preferito stare zitto." L'apostrofò dolcemente. "No, tu non mi conosci, tu mi ritieni ancora la ragazzina che hai conosciuto tempo addietro, ma non è così... o per lo meno non più. Non puoi nemmeno immaginare ila mia metamorfosi, se ti respingo è solo per farti del bene, ti faccio un favore, la mia ingarbugliata vita è impossibile."Concluse acida ma con un retrogusto d'amare frustrazione. "Amu, guardami. Sono qui, per te... per supportati (e sopportati), per comprenderti, per amarti come non ho fatto anni or ' sono preferendo mio padre ( il mio sconnesso passato) a te (il mio splendido e rassicurante futuro) e non credermi se vuoi, ma quella è stata il mio errore peggiore. Giuro che ti confiderò ogni segreto, nella ad intralciare il nostro rapporto, noi, insieme, saremo felici... ti prego, resta." Sviolinò il giovane, sfoderando l'asso. "Ikuto, non fare promesse che non puoi mantenere- iniziò- ma rimarrò..." Cedette con occhi divisi tra sofferenza e stanchezza. "Perfetto. Ora ti accompagno a letto in modo che ti riposi, va bene amore mio?" Le sussurrò all'orecchio, morendolelo subito dopo. "Brutto Gattatico pervertito che non sei altro! Piantala immediatamente!" Non badandola di striscio la prese in braccio, schiacciandola contro il proprio petto, e baldanzoso la buttò (letteralmente) sul morbido copriletto color della notte. "Principessa, il suo principe la porterà in paradiso." Pigolò solennemente mentre si distendeva al fianco della rosa, cingendola in un protettivo e possessivo (quanto provocante) abbraccio. " Solo per sapere, cos' hai tu e il principe azzurro delle fiabe?" Esclamò divertita. "Preferisci che io sia il diavolo tentatore?" Scherzò lui (forse). "Oh, no... tu sei il mio gatto nero dal cuore di cristallo, un paladino della giustizia." "Quindi sono il tuo eroe... non un futuro re?" "No, tu sei il mio angelo delle tenebre." Concluse lei è per interrompere quel discorso che di sensato aveva ben poco, gli intrappolò le labbra in un bacio, che era talmente coinvolgente, da catapultarli nel loro mondo parallelo, quello che da sempre custodivano gelosamente infondo alle loro anime. ******** In una villa, nei paraggi del quinto distretto, un uomo con ancora la divisa addosso faceva ritorno nella propria lussuosa abitazione dove ad attenderlo c'era una donna dai luoghi capelli biondissimi (stranamente sciolti), che reggeva tremante una busta. Preoccupato percorse velocemente quei metri che li dividevano; la salutò con un buffetto affettuoso sul naso che la fece sciogliere in un microscopico sorriso. Utau chiuse la pesante porta d'ingresso in quercia dopo aver consegnato a Kukai la lettere binaria ricevuta quella stessa sera. * Dolce cantante, Sono un tuo accanito ammiratore fin dal tuo debutto, quando eri sponsorizzata dalla Easter... Molti mi fanno pubblicità con pettegolezzi e voci, e dato che io so che tu sei una ragazza coraggiosa, ti mando questo biglietto solo per avvisarti, per iniziare la tua tortura fatta di inquietante oblio e terrore. Entro questo fine settimana tu raggiungerci i tuoi amici ed insieme perirete all'inferno. A presto. Tuo Killer. P.s Kukai Soma, sarai il successivo, ma se vuoi ti faccio la proposta di ucciderti insieme alla tua sposa, così non vi separarete nemmeno nel regno dell'altra tomba... * ♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢♢ Chiedo infinitamente scusa per la formattazione e per il ritardo. Un bacio a tutti e grazie mille a chi legge e chi recensisce. ♡♡♡ 🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷🔷😅

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Capitolo 12
*** Cap. 11 ***


<big><b>Cap. 11</b></big>

Le nuvole si stavano tingendo di rosa con spruzzi gialli e arancio , segno che l'alba era alle porte e che la luna ormai tramontata dietro l'orizzonte lasciava il posto al tiepido sole mattutino.

Utau decise finalmente  di alzarsi dal letto matrimoniale dove aveva passato una notte insonne, costellata da fantasie orribili che la ritraevano in punto di morte in seguito all'aver subito le  peggiori torture.

Dopo aver preso un bicchiere di thé si era diretta nella sala musica, unica stanza che riusciva a farla davvero rilassare. Si sedette sul seggiolo del piano  e si mise a sfiorare con delicatezza i tasti bianchi e neri della tastiera di quello strumento laccato in bianco che aveva comprato tempo fa inseme a suo fratello. Una dolce melodia si propagò leggiadra nell'aria, timida e malinconica, con qualche assolo di bassi, a contrasto, per rispecchiare l'inquietudine del suo animo a causa di quella maledetta lettera anonima. 

Era così presa dalla sinfonia che neanche si rese conto della nuova presenza entrata nella sala.

L'uomo aveva tentato di fare il più silenziosamente possibile, ma a quanto pareva non era bastato: era stato battuto dall'acutissimo udito della moglie.

Le si avvicinò cautamente, non voleva interromperla, e le mise le mani sulle esile spalle facendovi una leggera pressione per distendere quei muscoli in tensione che non erano riusciti a trovare pace.

Le sfiorò il collo con i polpastrelli, sostituendoli poi con le labbra che lasciarono qualche sporadico bacio.

Era una scena terribilmente dolce e perfetta che doveva, per l'appunto, essere troncata perché i due protagonisti tornassero nella dura e insaziabilmente infida realtà.

L'alta finestra scorrevole che dava sul giardino, appena risvegliato dal tepore solare, venne mandata in frantumi da un oggetto (o meglio da qualcuno) indistinto, dai colori bui, che atterrando perfettamente in piedi si spazzolò i pochi rimasugli di polvere vetrata rimastigli addosso per poi alzare i suoi occhi gelati e fissarli in quelli dei due coniugi.

Kukai si era prontamente piazzato davanti alla bionda, a mo' di scudo e quel gesto tanto coraggioso quanto disperato fece ghignare sadicamente l'intruso. Non servivano presentazioni, era chiaro come le stelle che fosse lui lo spietato killer che disseminava zizzania ...

Il castano si era messo in posizione di difesa e aspettava che l'altro si avvicinasse; Utau intanto, da dietro la sua forte schiena, scriveva silenziosamente e con una frenesia che avrebbe bruciato i circuiti del cellulare se avesse mantenuto quella velocità ancora un po', un messaggio al fratello, avvisandolo della tragedia e sperando facesse velocemente. Lo inviò, e facendo sbucare gli occhi da dietro il braccio, si mise ad osservare quell'individuo:  vestito con quello stile pank-gotico, che qualcuno avrebbe definito anche satanista, gli occhi di un nero cosmico, freddissimo quanto i confini dell'universo, dovuti sia al colore sia alle emozioni che trasmettevano (il nulla, che era ancor più raggelante del trovarvici follia o rabbia), un mantello con cappuccio (rigorosamente nero) e da esso vi prese (non si sa come) un piccolo oggetto non identificabile, per nulla rassicurante...

Egli ghignò, alzando solamente un estremità delle labbra incolori mostrando appena un canino troppo appuntito. Aguzzò l'udito e puntò le sue iridi metalliche in quelle della donna che giocava a nascondino, come se fosse possibile scappare da lui, e con voce sottile disse:" É ora". Due paroline che farebbero tremare chiunque se pronunciate da quel ragazzo.

Con uno scatto non umano si slanciò contro la preda ma prima di afferrarla e farle provare quanto più dolore poteva sopportare, una mano pallida lo bloccò a mezz'aria scagliandolo dall'altra parte della stanza, vicino all'alta finestra ancora aperta.

Davanti a loro si presentava una giovane dai capelli violacei e gli occhi argentei. Assomigliava paurosamente ad Amu, ma la stretta tuta in pelle rossa con in vita un'alta cintura, gli stivali alti e la maschera nera in pizzo che nascondeva in parte il volto, rendevano difficile l'identificazione, nonostante la conoscessero da una vita. Intanto il maschio si era rialzato e non appena aveva identificato la sfidante gli si illuminarono le iridi di follia...

"Finalmente ci incontriamo, vero sorellona? Speravo di prolungare la tua sofferenza, ma a quanto pare dovrò cambiare programma... Mi rechi un grande dispiacere, avevo un piano così ben congegnato... Ti avrei tolto tutte le persone alle quali ti sei affezionata per renderti pan per focaccia, per farti sentire sola, per darti un assaggio del dolore che io ho provato... Ti ho cercata tanto a lungo, dopo le ultime parole di mia madre, e quando ti ho riconosciuta non ho osato avvicinarmi, così dopo averti studiata, aver visto che non ti importava l'aver  lasciato la tua famiglia, l'averti vista ridere, meditare sogni, vivere una vita normale e serena con dei nuovi genitori, con degli amici, ho provato così tanto rancore che ho deciso il mio obbiettivo di vita: vendicarmi! Mi hai abbandonato, fregandotene del tuo piccolo r unico parente... La mamma mi aveva avvisato che tu eri diversa, eri un mostro che era meglio non averci nulla a che fare, ma io avevo bisogno di conoscerti, di capire... E la mia delusione è tanta..." aveva parlato con gli occhi rivolti verso il pavimento, studiandone a fondo le irregolarità, le imperfezioni, le varie sfumature, sembrava triste nel raccontare la sua storia, ma era tutta una farsa... Su quelle labbra fine e pallide (quasi fossero di un morto) era sempre più lampante la presenza di un ghigno deforme...

"Adesso comunque -riprese a parlare puntando lo sguardi dritto sulla sua nii-san- ti farò pentire, ti torturerò per giorni, mesi o anni, con ogni sorta di arma, in una qualunque maniera, ti sconfiggerò ora, davanti agli occhi dei tuoi amici e del tuo ragazzo, che sta arrivando grazie alla dolce biondina... E mentre tu impotente, urlerai e implorerai, io li ucciderò tutti davanti ai tuoi occhi... Non ti pare fantastico? Conoscerai la straziante presenza del rimorso, della paura e proverai odio nei miei confronti... Non potrai cancellarmi più dalla tua vita e fino alla fine sei tuoi giorni rimarrai sempre al mio fianco, cara Amu..."

Alla conclusione del proprio monologo scattò velocemente in avanti per assestare il primo attacco prontamente bloccato dalla donna, che parò anche un calcio diretto al suo ventre. Si sussegiurono una serie infinita di pugni finché la monotonia non venne spezzata dallo sbattere della porta dalla quale entrò un affannato e armato Ikuto. Questa distrazione fu fatale perché permise all'assassino di prendere il suo pugnale personalizzato e colpire la ragazza.

"Amu!!!!" gridarono all'unisono i tre spettatori mentre con un'espressione trionfante il giovane estraeva la lama con movimenti fluidi e oscillatori dallo stomaco della vittima facendo fuoriuscire un'ingente quantità di liquido vermiglio che si andava confondendo con l'abito cremisi...

❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤Chiedo infinitamente scusa a tutti per questo ritardissimo, spero comunque che il capitolo vi piaccia e che mi diciate come vi è parso. Se qualcuno vuole proporre qualcosa sono tutt'orecchi. baci a tutti e grazie a tutte le persone che seguono la storia, che l'hanno recensita e tutto il resto. Ale

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