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di Persefone3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gennaio: Ice Skater and Fire Place ***
Capitolo 2: *** Febbraio: Masquerade Ball ***
Capitolo 3: *** Marzo: Seesaw Lullaby ***
Capitolo 4: *** Aprile: Lovely Rainy Days ***
Capitolo 5: *** Maggio: The Product Of Our True Love ***
Capitolo 6: *** Giugno: Sweet Secrets Are Made of This ***
Capitolo 7: *** Luglio: Beach Stuff ***
Capitolo 8: *** Agosto: An Everlasting Love ***
Capitolo 9: *** Settembre: Days of You and Me ***
Capitolo 10: *** Ottobre: Drawing About You ***
Capitolo 11: *** Novembre: The Storm ***
Capitolo 12: *** Dicembre: A Piercing-Eyed Smoldering Pirate Who Loves You ***



Capitolo 1
*** Gennaio: Ice Skater and Fire Place ***


Gennaio: Ice skater and fire place
 
Mentre Emma lo stava facendo entrare in casa, Killian si sentiva uno stupido. Se c’era una cosa che lo infastidiva era fare figuracce davanti a lei. Ma quando la sua Emma faceva quegli occhi non era in grado di rifiutarle niente.
Era tutto cominciato quella mattina. Era pieno gennaio e la notte aveva portato con sé un’abbondante nevicata. Era domenica ed erano soli in casa. Come sempre avevano passato la notte abbracciati, come se avessero paura che al risveglio non si trovassero l’uno accanto all’altra. Erano stati i raggi di sole che filtravano dalle persiane a svegliare il pirata. Da quando si era fermato a Storybrooke aveva preso familiarità con le comodità del XXI secolo, ma tra tutte amava da impazzire quella trapunta di piume d’oca e i termosifoni autonomi. Il calore che si poteva avere in casa e nel letto era tale che permetteva ad Emma di dormire con dei pigiami leggeri e scollati, cosa che lo faceva impazzire ovviamente. Si avvicinò ancora un po’ al corpo addormentato della Salvatrice. La abbracciò ancora più forte e cominciò ad accarezzarle la nuca.

- Killian, sei già sveglio?
- E non sono solo, credimi – disse facendo aderire ancora il suo corpo a quello di lei per farle capire a cosa stava alludendo – e la colpa è solo tua e dei tuoi pigiami
- Sei incorreggibile! Io ho ancora sonno e il perché non dovrebbe essere un mistero per te … visto che ne sei largamente responsabile.
- Uhm, non mi sembra che tu protesti molto per questa mia insistenza … e poi ieri mi hai dato la buonanotte, che ne dici di darmi un bel buongiorno?

Emma sorrise. La sensualità di quell’uomo era davvero disarmante e non ammetteva repliche. Si girò dalla sua parte, pronta a lasciarsi travolgere ancora una volta. Come Killian vide Emma muoversi, sentì la passione accendersi ancora di più. Stava già pregustando i suoi sensuali baci, quando Emma si alzò improvvisamente dal letto.

- Che succede tesoro? Crudelia ha deciso di sfondarci casa con la sua macchina? – disse ironico ma anche un po’ deluso.
- Ma che dici!? Anzi, vieni a vedere quanta neve è caduta!
- Tesoro, sono un pirata! Adoro l’acqua liquida, non congelata!
- Ma dai! Ho un’idea! Scendiamo e facciamo a pallate di neve! Meglio ancora: ho due paia di pattini! Andiamo al lago!
- Hai cosa?

Emma a volte si dimenticava che quello che era scontato per lei, non lo era affatto per il suo uomo.

- Sono una sorta di scarponcini con una lama sotto, servono a camminare sul ghiaccio!
- Emma scordati che io indossi quegli aggeggi.
- Ti prego, io ho sempre adorato pattinare.

E poi aveva sfoderato il suo famigerato sguardo a cui lui non sapeva proprio dire di no. E quella mattina non fece eccezione.
Si erano alzati, avevano fatto colazione ed erano usciti. Dopo la lunga guerra di neve, avevano comprato due panini da Granny e si erano diretti al lago nel primo pomeriggio. Nonostante la diffidenza di Killian, Emma era riuscita a convincerlo a provare. Gli era stata vicina tutto il tempo e poi all’improvviso il suo cellulare aveva iniziato a squillare. Lo aveva lasciato al massimo per due minuti, ma le gambe del capitano, così salde sul ponte di una nave, non lo erano poi altrettanto sul ghiaccio. Era miseramente caduto faccia avanti. Come Emma aveva sentito il tonfo, si era precipitata da lui preoccupata. Killian aveva un taglio sul viso, dolore a una caviglia e al fianco. Lo aveva immediatamente aiutato a sfilare i pattini ed erano tornati alla macchina per rincasare.  Per tutto il viaggio in macchina si era sentita in colpa, in fondo era stata lei ad insistere. Mentre guidava, non poté fare a meno di notare la smorfia di dolore sul volto del pirata.

- Mi dispiace Killian, è tutta colpa mia. Non avrei dovuto lasciarti così nel bel mezzo della pista.
- No, non dovei lasciarmi lì come un broccolo, ma non fa niente.

Più che con lei, Hook ce l’aveva con se stesso, ovviamente, per la figura poco edificante che aveva fatto davanti ai suoi occhi.
Come giunsero a casa, Emma lo aveva aiutato a sedersi sul divano ed era andata a prendere la cassetta del pronto soccorso. Aveva appena rimesso piede nel salone, quando si accorse che qualcosa non andava: faceva troppo freddo in casa. Andò a controllare il termostato dell’impianto di riscaldamento. Era in tilt e lei non sapeva come rimetterlo a posto. Decise di spegnere tutto per evitare di fare ulteriori danni. Tanto c’era il caminetto.

- Killian torno subito – disse infilandosi il cappotto – l’impianto di riscaldamento ha qualcosa che non va. Per stasera dovremmo adattarci e domani chiamo il tecnico. Vado nel capanno a prendere un po’ di legna così possiamo accendere il camino.

Killian accennò un lieve assenso con la testa.

Non appena Emma rientrò in casa, si precipitò in salotto. Accese il fuoco e si dedicò a medicare le ferite del pirata. Killian era ancora scuro in viso. Emma cominciò proprio dal taglio sul viso. Tirò fuori dalla cassetta un batuffolo di ovatta e ci verso sopra un po’ di acqua ossigenata. Cominciò a tamponare il viso del pirata. Ad ogni passata Killian non poteva fare a meno di accennare una smorfia.

- Spero che non rimanga la cicatrice. Non mi perdonerei mai di aver rovinato il tuo viso, è bellissimo …

Killian prese la mano di Emma e ne fermò i movimenti.

- A proposito di farsi perdonare. Siccome s e sono ridotto così lo devo a te, mi pare ovvio che tu sia in debito con me.
- Suppongo di sì – disse Emma non potendo fare altro che stare al suo gioco.
- Bene, perché stamattina abbiamo lasciato un discorso in sospeso e io voglio assolutamente riprenderlo. – disse Killian con voce bassa e suadente.
- Non mi sembra il momento, Killian. E poi questi si chiamano ricatti … - disse Emma ridendo.
- Tesoro, lo sai che sono un pirata scaltro e che ottengo sempre quello che voglio.

Si avvicinò pericolosamente alle sue labbra e la attirò a sé.

- Ma nelle tue condizioni!
- Amore, avrò forse qualche taglio, ma tutto il resto è intatto. Cosa che non ho potuto dire in altre occasioni, quindi …
- Sei tremendo capitano!
- Non sai quanto!

La baciò con passione e la fece stendere sul confortevole tappeto davanti al camino, lasciarono le loro mani libere di cercarsi e di accarezzarsi, avide e frenetiche.
 Emma si era addormentata da pochi minuti. Aveva recuperato una coperta dall’armadio a muro dell’ingresso e l’aveva portata in salotto. Ci si erano avvolti ed erano rimasti davanti al fuoco. Avevano perfino consumato una frugale cena, prima di perdersi ancora l’uno nell’altra. Killian non poté fare a meno di rimirare quella schiena che solo pochi istanti prima si era incurvata così prepotentemente sotto il peso della passione. E dovette proprio ricredersi: anche non avere i riscaldamenti aveva senza dubbio i suoi vantaggi.   

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Capitolo 2
*** Febbraio: Masquerade Ball ***


Febbraio: Masquerade Ball
 
“Cittadini di Storybrooke,
è con grande piacere che questa amministrazione è lieta di invitarvi al Grande Ballo di Carnevale che si terrà, come di consueto, Martedì Grasso. Ci sembrava opportuno, in questo tempo di pace, ripristinare questa tradizione tanto cara nella Foresta Incantata. Vi ricordiamo le regole per partecipare:
1.È necessario indossare un costume e una maschera veneziana integrale che copra anche i capelli.
2.Le coppie che intendono partecipare devono necessariamente arrivare separate al ballo e non devono essere a conoscenza del costume e della maschera del partner.
3.Gli uomini devono tutti indossare guanti neri.
Vi aspettiamo nella sala delle cerimonie del Municipio. L’ingresso è consentito dalle 20 alle 20:30.
 
Cordialmente il Sindaco                                             
Mary Margaret Blanchard”
 

Ogni cittadino di Storybrooke si svegliò con quella lettera nella cassetta della posta. Il Grande Ballo di Carnevale era una delle più antiche tradizioni della Foresta Incantata e anche una delle più attese. Furono davvero tutti felici di poterne prendere parte, tutti tranne una persona: Emma Swan.
Quella mattina la Salvatrice era uscita presto e aveva preso tutta la posta senza badare troppo a quello che era arrivato. Si era diretta nel suo ufficio di sceriffo.
Seduta alla sua scrivania e con caffè fumante tirò fuori dalla tasca della sua giacca quella mole di carta. Tra le varie buste, una in particolare attirò la sua attenzione: era rosso scarlatto. La aprì incuriosita. Era l’invito al ballo che il Sindaco aveva inviato. Si recò immediatamente in Municipio.

- Mamma, ma cosa diavolo ti è venuto in mente? – disse Emma entrando nell’ufficio del sindaco.
- Emma, tesoro, mi hai spaventata! Non capisco a cosa ti riferisci.
- Parlo del Ballo di Martedì Grasso!
- Ahhhh, beh sai è una delle nostre tradizioni più antiche. Mi sembrava carino riprenderla anche qui. Non puoi mancare, vedrai sarà meraviglioso e poi sarebbe il nostro primo ballo tutti insieme! Tutti nella nostra famiglia vi hanno preso parte.
- Io non ci penso proprio! Non mi concerò come Maria Antonietta! Piuttosto tengo il mio fratellino così che tu possa andare.
- Scordatelo! La Fata Turchina si è già offerta di occuparsi del piccolo Neal, quindi non puoi fare altro che venire.

In quel momento il telefono di Emma suonò.

- Sceriffo Swan … Killian … sei nel mio ufficio? Si arrivo subito.
- A stasera Emma. Vedrai che ci divertiremo – disse Snow sorridendo.

Quando Emma tornò alla stazione di polizia, Hook era seduto su una sedia e con la busta scarlatta in mano.

- Vedo che è arrivata anche a te – disse Emma.
- Sì, tesoro, per la prima volta. Ed è tutto merito tuo. – disse facendole l’occhiolino – Sei scappata questa mattina, non ho neanche avuto il tempo di darti un bacio.
- Ed io proprio da quelli scappavo! Non sarei mai arrivata in orario altrimenti!
- Questo non vale però! Fa niente, piuttosto come ci organizziamo per il ballo?
- Io non ho nessuna intenzione di infilarmi in un vestito di una scomodità micidiale!
- Secondo me invece staresti proprio bene. Allora tu ti cambi a casa ed io sulla Jolly Roger?
- Può anche cambiarsi qui, io non protesterei per nulla al mondo! – disse Will Scarlett da dietro le sbarre di una cella.
- Sta zitto Will! Piuttosto smettila di ubriacarti e darti al vandalismo, o dovrò continuare a sbatterti dentro per ubriachezza molesta. – disse Emma.
- Se mi ci sbatti …

Killian si fiondò sulle sbarre della cella.

- Amico, non ti permettere di dire queste cose! – disse afferrandolo, tra le sbarre, per il bavero della giacca – se so che l’hai anche solo sfiorata con un dito, questa cella ti sembrerà un paradiso in confronto a quello che potrei farti sulla mia Jolly Roger! Chiaro?
- Stavo solo scherzando Capitano. Non hai senso dell’umorismo.
- Non quando si tratta di lei. Intesi?

Will fece cenno di sì con la testa e Killian lo lasciò andare. Il pirata si avvicinò di nuovo a Emma, continuando a guardare Will in cagnesco. Quando i suoi occhi si posarono su Emma, però, i lineamenti del suo viso tornarono a rilassarsi.

- Allora vai tu a casa, va bene?
- Bene. Ci vediamo a pranzo da Granny?
- Certo. A dopo. – le sfiorò la guancia con un bacio.

Subito dopo aver finito il pranzo con il suo pirata, Emma stava passeggiando per i negozi. Aveva ancora una mezzoretta prima di rientrare dalla pausa pranzo. Killian si era allontanato perché aveva delle misteriose cose da fare: sicuramente avevano a che fare con il ballo. Meglio. Anche lei avrebbe potuto approfittarne per trovare un costume da indossare. Aveva da poco superato il negozio di Gold, quando si accorse della bottega di vestiti d’epoca. Entrò. Gli abiti erano tutti coperti da teloni. Fu subito raggiunta da una commessa.

- Salve, cerca un abito per il Gran Ballo?
- Sì, ma perché è tutto coperto?
- Ordinanza municipale: nessuno può vedere l’abito di un altro cittadino. Guardi pure. Se ne trova uno lo mette in questa busta – le porse una busta opaca – e a me da solo il cartellino con il prezzo.

Mentre cominciava a scoprire i vari stand, Emma stava cercando di immaginarsi con uno di quei vestiti addosso, ma nessuno la convinceva. Aveva quasi rinunciato, quando intravide quello giusto, sembrava disegnato per lei e anche la maschera veneziana in coordinato era davvero bella.
Uscì dal negozio con due grosse buste. Le mise nel portabagagli del maggiolino e tornò in ufficio per finire il turno. Se tanto doveva partecipare a quello stupido Ballo, allora era meglio predisporsi positivamente e cercare di godersi la serata. Killian sembrava così entusiasta e lei non si sarebbe certo tirata indietro, una volta tanto che aveva l’occasione di fare qualcosa per lui.
Sulla Jolly Roger, Hook stava pensando a cosa indossare. La maschera e i guanti li aveva trovati facilmente, ma l’abito no. Cosa mai avrebbe potuto mettere per non farsi riconoscere? Aprì l’armadio della sua cabina. Da quando si era trasferito da Emma era quasi vuoto ormai. E poi ebbe un’idea: il miglior travestimento era quello di presentarsi esattamente per quello che era, un marinaio. Appesa a una stampella c’era l’alta uniforme da capitano di Liam. Quella avrebbe indossato. Era bianca con dei ricami sulla giacca argentati, fascia nera da stringere sulla vita, pantaloni bianchi e stivali neri lucidi. Per un momento gli sembrò di essere tornato alla scuola ufficiali della marina, era passato tanto di quel tempo.
Doveva solo indossare i guanti neri. Prese la protesi della mano, con il suo uncino sarebbe stato fin troppo riconoscibile. Prima di infilarci il guanto sopra, ci passò sopra un fazzoletto. Ora era davvero pronto.
Arrivò al municipio che erano da poco passate le 20. Hook infilò la maschera e cominciò a confondersi tra gli invitati. Continuava a chiedersi come avrebbe fatto in quel turbinio di colori a riconoscere la sua Emma e si stava chiedendo se anche lei lo stesse cercando. Come furono entrati tutti nella grande sala da cerimonia e furono scoccate le 20:30, le porte si chiusero per dare inizio alla festa. Una figura, mascherata anch’essa, prese la parola.

- Benvenuti al Gran Ballo di Carnevale. Vi rubo ancora qualche minuto per rammendarvi gli ultimi dettagli. Nella prima fase sono gli uomini a scegliere: all’ingresso vi sono state consegnate due bustine con un foglio. Dovrete consegnarli a due dame, ma solo uno conterrà il luogo in cui vi incontrerete prima che le danze inizino. Poiché le dame potranno ricevere più inviti da più cavalieri, spetterà loro scegliere a quale appuntamento recarsi. All’apertura delle danze le coppie dovranno essere formate. Solo a fine serata le maschere potranno cadere e rivelare le identità. Bene, buona serata e buon divertimento.

Fu così che le varie maschere iniziarono ad interagire. Hook si guardava intorno, cercava disperatamente di vedere, in tutte quelle dame appariscenti, un qualcosa che avrebbe potuto ricondurre al suo amore. Si stava dirigendo al tavolo dei cocktail quando vide una snella figura avvicinarsi anch’essa al tavolo cui era diretto. Indossava un abito drappeggiato verde con dei fiori gialli stampati. La stoffa ricamata, con le maniche corte a sbuffo coordinate, era appuntata e drappeggiata con fiocco proprio sotto al seno ed era lunga fino a terra. Lo spacco sotto il seno metteva in mostra una lunga gonna avvitata a tunica bianca. Portava una maschera di uno smeraldo intenso. Si guardarono un momento prima di perdersi di nuovo tra la folla. Hook la seguì con lo sguardo. Altri cavalieri si stavano avvicinando a lei. Sentì la gelosia bruciare dentro: questo voleva dire una sola cosa. Era quella la sua Swan, senza alcun dubbio. Non aveva bisogno di cercare oltre. Prese una delle due bustine che aveva avuto all’ingresso e si guardò intorno. Poi scrisse il luogo dell’appuntamento. L’altro lo buttò in un vaso, non ne aveva bisogno.
Si tuffò tra la folla per raggiungere il suo cigno. Si avvicinò facendole un inchino. Le baciò la mano e poi la attirò a sé per un momento, affinché solo lei potesse udire le sue parole. La maschera attutiva così tanto la voce che non era possibile riconoscerne il tono.

- Ma quanti bei fiori ci sono in questo regale giardino questa sera. C’è l’imbarazzo della scelta: c’è l’ambiziosa Campanula, la dignità della Dalia, la dedizione del Caprifoglio, la presuntuosa Bocca di Leone, la civettuola Bella di Giorno e il dolore dell’Achillea mille foglie per il suo cuore spezzato. Su tutte brillano, però, la regalità del Giglio e la purezza di cuore della Ninfea. Io, tuttavia, non ho occhi che per un fiore solo: l’Orchidea e la sua raffinata bellezza, proprio come voi. – diede alla dama il cartoncino con il luogo dell’appuntamento e poi si allontanò.

Nel suo drappeggiato vestito verde, Emma era un po’ stordita da tutta quella gente: aveva riscosso abbastanza successo. Erano molti i cartoncini tra le sue mani. Bisognava vedere quanti di essi recavano un luogo. Alla fine si era ritrovata con quattro luoghi e una gran confusione in testa. Dei quattro cavalieri, uno solo le era rimasto impresso: era completamente vestito di bianco e la sua maschera era di un azzurro intenso. Era quello che aveva usato quella bellissima metafora sui fiori e l’aveva paragonata a un’orchidea. Aveva subito infilato il suo cartoncino nella borsetta per non confonderlo con gli altri. Lo aprì con mani tremanti.

“Vi aspetto alla porta finestra che da sul giardino.”
 
La figura che aveva fatto gli onori di casa riprese la parola.

- Bene, gentili damigelle recatevi dal cavaliere che avete scelto.

Emma si diresse verso la porta finestra che dava sul giardino con il cuore in gola. Il suo istinto le diceva che quello era Killian. Ne avrebbe avuto la conferma toccando la sua mano sinistra: se era di legno, non v’erano dubbi, era proprio lui. E lei lo sperava davvero tanto.
Quando arrivò nel luogo dell’appuntamento, la bianca figura era lì che l’aspettava con impazienza. Emma prese un bel respiro e si avvicinò.
Come Killian vide la figura drappeggiata di verde avanzare verso di lui, si sentì al settimo cielo: sapeva che era lei e lo aveva scelto per l’ennesima volta.

- Milady, sono davvero felice che abbia accettato il mio invito a ballare e a trascorrere con me la serata.
- Nessuno mi aveva mai paragonato a un’orchidea, non potevo non venire da voi.
- Le danze si stanno per aprire.
- Le devo confessare, però, che non sono molto brava.
- Non vi preoccupate, in questi casi vige una sola regola: scegliere un partner che sappia quello che fa. E ora uniamoci alle danze – disse Hook porgendo alla fanciulla la mano sinistra.

Emma afferrò la mano trepidante, pronta a sentirla fredda e rigida sotto la sua. Quando questo non accadde, si sentì tremendamente in colpa. Quello non era Killian e lei si era fatta bella solo per lui. Dal canto suo, Killian sentì che Emma non lo aveva ancora riconosciuto. Sotto la maschera comparve un largo sorriso, sarebbe riuscito a farle una sorpresa ancora più grande. La condusse al centro della sala. Le afferrò la vita con dolcezza e si prepararono per l’inizio della musica. Emma si lasciò condurre senza opporre troppa resistenza, ma il suo entusiasmo si era smorzato.

- Che vi succede Milady? Ho fatto qualcosa di sbagliato?
- Assolutamente no. Non ancora per lo meno.
- Allora perché siete pensierosa?
- Vi confesserò una cosa: speravo voi foste un altro. Mia madre dice che due persone che si amano sono sempre destinate a trovarsi. Forse si sbaglia.
- Capisco. Facciamo una cosa: vi chiedo solo di rilassarvi e godervi la festa. Se alla fine non sarò riuscito a farvi cambiare idea, avremo passato perlomeno una bella serata.

E così fecero. Ballarono per tutta la sera. Killian le aveva portato da bere e avevano chiacchierato per tutta la serata. Si erano presi una pausa dalle danze, facendo una passeggiata in giardino al chiaro di luna e a braccetto. Emma era combattuta: quell’uomo era davvero affascinante ma non era Killian e provare qualcosa per uno sconosciuto la metteva in imbarazzo. Tornarono in sala giusto prima che il cerimoniere annunciasse l’ultimo ballo.

- Ci siamo Milady, questo è l’ultimo ballo che mi concedete e poi tornerete tra le braccia del vostro uomo.
- Già. Magari anche lui starà dicendo le stesse cose ad un’altra magari convinta che sia io … o forse no, la starà corteggiando e basta proprio come voi.
- Mi permetta di dire che sta facendo una cosa del genere non vi merita minimamente.

La musica si fermò i cavalieri si inchinarono così come le dame per ringraziare del ballo concesso.

- Bene ora potete togliere le maschere.- disse il cerimoniere

Emma e lo sconosciuto si tolsero la maschera contemporaneamente. Come Killian vide le prime ciocche bionde uscire dalla maschera capì che era proprio lei e che non si era sbagliato e che neanche lei si era sbagliata. Probabilmente quando avrebbe capito, lo avrebbe ucciso. Emma aspettò un momento prima di aprire gli occhi una volta tolta la maschera. Aveva paura di scoprire chi aveva davanti e di vedere con chi era Killian. Quando aprì gli occhi e vide il pirata davanti a lei sentì le guance avvampare.

- Mia dolce orchidea …
- Killian, ma … come eri tu … la tua mano sinistra …
- È sempre lei Dolce cigno, Belle mi ha solo dato una pozione di camuffamento per non farti avere gioco facile.
- Dunque mi hai presa in giro!
- No, ho giocato ad armi pari come tutti gli altri. E ci siamo scelti ancora una volta. Tua madre ha perfettamente ragione.
- Fino a che non mi hai dato la mano ero convinta che eri tu, dovevo continuare a fidarmi del mio istinto.
- Lo sai mentre ballavamo, stavo pensando al fatto che, una volta, mi hai detto di non sentirti una principessa.
- Ma davvero? Mi fai fare il mio primo ballo e tutto quello che mi dici è “te lo avevo detto”?
- Quello che sto cercando di dirvi, vostra altezza, è che sembra abbiate un talento naturale.
- Posso farti un’ultima domanda?
- Certamente.
- Come hai fatto a riconoscermi?
- Dal tuo vestito, è da te. Non è appariscente o vistoso, ma semplice, elegante e bello. E poi il disegno sulla tua maschera: sembra un cigno.

La attirò ancora di più a sé e la baciò in mezzo alla sala. Quando lasciò le sue labbra, tirò fuori da sotto la giacca una piccola orchidea.

- Per te mio dolce cigno.
- Attento che ci sto prendendo gusto a tutte queste attenzioni.
- Non chiedo di meglio, credimi.

Mano nella mano si avviarono verso casa, sempre più innamorati e sempre più consapevoli della forza di quello che stavano costruendo insieme, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone.  
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Se state pensando che io abbia una mente disagiata per poter partorire una cosa del genere … beh avete pienamente ragione! Vi giuro che da Marzo torno normale, promesso. Ho una scusante però: Febbraio è il mese del mio compleanno, per questo mi sono lasciata andare un po’ la mano. È un po’ lunghetta, lo so, ma non sapevo proprio dove tagliare e quindi alla fine l’ho lasciata così.
Tornando alle cose veramente serie, lasciate che vi ringrazi per i bellissimi commenti che mi avete lasciato nello scorso capitolo. I grazie non sono mai abbastanza e mi date una grande carica per continuare. Grazie anche a chi ha inserito la storia nelle varie categorie. Se avete voglia e se siete sopravvissuti, fatemi sapere cosa ne pensate. Oddio più che un angolo è diventato un rettangolo. Scusate lo #spiegonepersefone.
Un bacio e a presto
Persefone.        

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Capitolo 3
*** Marzo: Seesaw Lullaby ***


Marzo: Seesaw Lullaby
 
Seduta sull’altalena del parco giochi di Storybrooke, Emma strinse ancora di più a sé la piccola Ginevra. Era metà marzo e finalmente c’era stata la prima vera giornata di sole. E poi quello era davvero un giorno speciale: la piccola compiva il suo primo mese di vita. La bambina si stava stropicciando i vispi occhi blu, eredità paterna, così Emma decise di cullarla aiutandosi con il dondolio dell’altalena. Era un vero vulcano quel fagottino: nonostante fosse così piccola, era già molto vivace e aveva conquistato facilmente i cuori di tutti.

- Sapevo di trovarvi qui – disse una voce maschile sedendosi nell’altalena vicina.

Emma spostò gli occhi dalla sua bambina al suo uomo: Killian stava accarezzando la testa della sua creatura.

- Beh, possiamo dire che è qui che è cominciato tutto quasi un mese fa, proprio su queste altalene. Mi sembrava carino tornarci con lei. – disse Emma.
- Lo so. E da quel giorno io ho finalmente capito che sapore ha il Paradiso.

Killian avvicinò il suo viso a quello della Salvatrice facendo sfregare i loro nasi. Dio era incredibile quanto potesse amare quella donna e il frutto del loro amore.
Da quando Emma era andata in maternità, Killian era più sollevato: saperla in casa a riposo e non nel suo ufficio rendeva le cose più semplici. Nel pieno dell’ottavo mese di gravidanza, non poteva pretendere di lavorare agli stessi ritmi di prima. Da due mesi a questa parte la pancia era lievitata a vista d’occhio, rendendo i movimenti della Salvatrice molto più lenti e goffi. Per rendere più dolci gli impacciati risvegli, Killian aveva preso l’abitudine di farle trovare, tutte le mattine, un mazzo di fiori nel vassoio con il caffè che le portava a letto, mentre lei ancora dormiva. Lo lasciava sul comodino prima di uscire per andare a lavorare: Emma era riuscita a convincerlo a dirigere il porto non senza fatica.

- Killian, il vecchio Jim va in pensione. Ci serve qualcuno che diriga il porto.
- Perché non lo chiedete a Eric?
- Perché lui fa il pescatore e poi non è bravo quanto te …
- No Swan, non saranno le tue lusinghe a convincermi e poi io sono un pirata!
- Ma eri anche un ufficiale di marina!
- Che ha studiato su codici di secoli fa!
- E dai Tenente, fallo per me.
- Capitano! Sono sempre capitano, cara Swan!
- Ti prego, se non nominiamo un sostituto, dovrò occuparmene io finché non troviamo una soluzione. E non credo che tua figlia – disse Emma sfiorandosi la pancia – e la mia povera schiena ne saranno felici.

Killian era capitolato miseramente e da allora si recava tutte le mattine al porto: quel lavoro gli piaceva eccome. Alle 9:00, poi si incontrava con Emma da Granny per fare la seconda colazione insieme.
 
Quella mattina Emma si sentiva particolarmente rallentata nei movimenti, complice anche una notte passata in bianco. Mancavano ormai solo pochi giorni al termine della gravidanza. Non era di ottimo umore e neanche i fiori che Killian le aveva lasciato sul comodino erano riusciti a sollevarle il morale. Aveva avuto per tutta la notte delle piccole contrazioni, ma nessuna che presagisse l’apertura del parto. Si alzò con fatica ed entrò in doccia per poi prepararsi per andare da Granny.
Davanti allo specchio della toeletta, Emma si vedeva uno straccio. Aveva delle occhiaie profonde e i suoi capelli non volevano saperne di sistemarsi. Si sentiva in disordine e brutta, anche se Killian aveva cercato di convincerla in tutti i modi del contrario. E poi le tornò in mente quello che era accaduto il giorno prima proprio da Granny.  
 
Era seduta a un tavolo per pranzare e Dizy, la nuova cameriera, stava parlando con Ella.

- Accidenti quanto è carino il tipo nuovo che dirige il porto! Ella, sai chi è? – aveva esordito Dizy a un certo punto.
- Ma parli di Hook? – rispose Ella.
- Allora è così che si chiama? Quel tipo sarebbe in grado di farti resuscitare anche solo con lo sguardo!

Emma era seduta proprio dietro di loro. Non poté fare a meno di irrigidirsi alle parole di Dizy e, di tutta risposta, la piccola Ginevra, sferrò un forte calcio nella sua pancia.

- Piano piccola, - disse Emma massaggiandosi il ventre – lo so che sei gelosa di tuo padre come me, ma stai tranquilla …
- Sai che ti dico Ella, io mi butto tra le sue braccia e resto a vedere che succede! – disse Dizy
- Dizy! Ma cosa dici! Hook è impegnato con lo sceriffo Swan e aspettano un bambino!
- A maggior ragione! Avrà voglia di svagarsi prima di mettere definitivamente il guinzaglio.

Emma non riuscì a sopportare oltre le allusioni della cameriera. Si alzò rumorosamente e si rivolse a Dizy.

- Ehi tu, smettila di sbavare impunemente dietro al mio uomo, o se non riesci proprio a trattenerti, abbi almeno la decenza di assicurarti di non farlo in mia presenza. Chiaro? Ella ci vediamo in giro.

Dizy aveva taciuto immediatamente ed era diventata rossa in viso.
Quel pomeriggio Killian l’aveva trovata in lacrime nel bagno della loro casa. Emma le aveva raccontato l’inconveniente e lui non aveva potuto fare a meno di ridere, scatenando un’altra crisi di ormoni, cui era riuscito a sopravvivere solo grazie ad una dose extra di massaggi alla schiena della bionda.
Ripensare a quell’episodio non giovò all’umore di Emma, che decise di uscire per non dare tempo al suo cervello di ricamarci ancora sopra. Era arrivata davanti alla porta di Granny, quando si fermò improvvisamente. Killian era seduto al loro solito tavolo, ma non era solo. Dizy stava facendo di tutto per attirare la sua attenzione. Killian le stava sorridendo educatamente e le stava dicendo qualcosa. Emma vide la sua immagine riflessa nella vetrina della tavola calda: era brutta, stanca, le sue forme erano decisamente più burrose ed era tanto che non condivideva con il suo pirata un momento di intimità. Dizy, al contrario, era più giovane, più fresca e più disponibile. Sentì gli occhi inondarsi di lacrime. Non riuscì neanche a entrare per fare una scenata, anzi sfuriata, di gelosia. Con la velocità concessa dal suo pancione, si allontanò verso il parco giochi.
Killian guardò nervosamente l’orologio: Emma era in ritardo e la cosa cominciava a preoccuparlo. Di solito lo avvertiva sempre quando succedeva così e il fatto che non lo avesse chiamato cominciò a metterlo in ansia. Prese il cellulare e compose il numero di casa: nessuna risposta. Provò a chiamare il cellulare di Emma ma anche questa volta senza successo. E poi la sua mente fu attraversata da un pensiero: e se le era successo qualcosa e non avesse la possibilità di chiedere aiuto? Si precipitò fuori del locale con impeto. La prima cosa che vide fu il maggiolino giallo parcheggiato: almeno fin qui era arrivata, doveva capire sole dove. Lo raggiunse a grandi passi: era vuoto e lo sgomento finì di impossessarsi di lui completamente. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Stava per chiamare David e affrontare una sua ramanzina sulla sua incapacità di prendersi cura di Emma, quando Killian vide la bionda seduta sull’altalena. Per un attimo sentì le gambe cedere per il sollievo. Come si fu ripreso si diresse verso la donna.

- Swan! Maledizione! Che fine hai fatto? Mi hai fatto prendere un colpo! Perché non rispondi al telefono? E perché non sei venuta da Granny?
- Non mi pare che ti stessi particolarmente preoccupando per la mia assenza, seduto a quel tavolo! - disse Emma asciugandosi le lacrime.
- Ma cosa stai dicendo? Non mi sono mai spaventato così negli ultimi centocinquant’anni!
- E questo quando? Prima, dopo o durante gli occhi dolci di Dizy? Vi ho visti! Ti stava mangiando con gli occhi e tu non ti stavi tirando indietro!
- Emma ma cosa diavolo dici? – disse Killian avvicinandosi ancora di più – lo sai che per me ci sei solo tu! Non mi sognerei mai di guardare un’altra! E poi Dizy sa perfettamente che amo solo te, la nostra bambina e la nostra famiglia.
- Non penserai che me la beva, vero? Lei è giovane, carina mentre io … beh guardami! Non entro più nei vestiti, sono sempre stanca e mi sento un catorcio!
- Emma calmati! Questi sono gli ormoni che parlano! Sei sempre bellissima, te lo vuoi mettere in testa una buona volta? Ammetto che mi manchi, ma è solo te che voglio! Che me ne faccio di una brutta copia dell’originale?

Killian le accarezzo la testa cercando di calmarla ulteriormente, di solito funzionava sempre.

- Vattene via! Torna a divertirti con la tua nuova e giovane amica!
- Emma sii ragionevole! Facciamo così, ti aspetto alla macchina. Quando ti senti più tranquilla, mi raggiungi lì.

Killian si girò per dirigersi verso il maggiolino nello stesso momento in cui Emma si alzò dall’altalena. Non appena fu in piedi, la donna capì subito che qualcosa non andava in lei. Sentì una contrazione particolarmente forte e poi si ritrovò i pantaloni completamente bagnati. Era alla sua seconda gravidanza e sapeva bene cosa ciò volesse dire: rottura delle acque e travaglio imminente. Alzò la testa in direzione del pirata e pronunciò il suo nome.   

- Killian!

Come il pirata si sentì chiamare, si voltò di scatto. Vide la paura e l’ansia sul volto di Emma e i suoi jeans bagnati. Corse immediatamente verso di lei.

- Tesoro, che succede? – disse prendendola tra le braccia.
- Mi si sono rotte le acque e comincio ad avere le contrazioni.

La donna si aggrappò alle braccia dell’uomo, il dolore cominciava a farsi insopportabile. Aveva dimenticato quanto erano dolorose le doglie.

- Amore, andrà tutto bene, ce la fai ad arrivare al maggiolino? Così posso chiamare tuo padre per andare in ospedale.

E poi accadde tutto molto velocemente: David che si fiondò fuori da Granny non appena ricevette la telefonata di Hook; la corsa in ospedale con Mary Margaret e Henry; la gioia che era esplosa nel cuore dei neo-genitori al primo vagito della piccola Ginevra; l’incontro tra la piccola e il resto della famiglia che era nella sala d’attesa; la spossatezza dopo la grande fatica; la notte passata in ospedale nel letto di Emma, abbracciati, mentre si asciugavano a vicenda le lacrime di gioia; il ritorno a casa; la prima notte passata tutti insieme sotto lo stesso tetto; il ritorno delle appassionate carezze che erano mancate negli ultimi mesi.
Quando Emma fu certa che la bambina stesse dormendo, frenò con i piedi il dondolio dell’altalena. Killian non aveva staccato un momento gli occhi da loro due, come se fosse in trance. Quante notti lo aveva sorpreso a fissare, incantato, la culla della piccola e aveva sentito chiaramente la mano dell’uomo stringere la sua ancora più forte, come per accertarsi che fosse reale e non un’illusione. Da tempo, ormai, si era incondizionatamente arresa all’amore che provava per lui. Era stata una delle decisioni più sensate che aveva preso negli ultimi anni. Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dall’improvviso vento che si era alzato.

- È meglio che torni a casa ora che il sole è calato. Non vorrei che la piccola prendesse troppo freddo. Ci raggiungi più tardi? Tua figlia si è talmente abituata a fare la poppata serale con te, che il biberon da me non lo vuole neanche per sbaglio.

Killian guardò l’orologio da polso. Se una sera staccava un po’ prima non avrebbero demolito il porto, a meno che Pisolo non fosse rimasto da solo con la gru.

- Amore, vengo a casa con voi. Ho troppa voglia di stare con le mie donne e con Henry.

Emma sorrise: anche se ora c’era Ginevra, Killian non aveva smesso di occuparsi di Henry neanche per un momento.

- Dai a me la piccola, tanto poi devi guidare e così ti riposi anche un po’ la schiena.

Emma tolse la copertina dal marsupio in cui Ginevra dormiva. Prese la bambina dal marsupio, la cullò un po’ per assicurarsi che continuasse a dormire, la avvolse nella copertina e la diede al pirata. Killian la prese con delicatezza e la sistemò in modo tale che la bimba fosse al caldo e protetta tra le sue braccia.

- La prima volta che me l’hai messa in braccio, ho avuto paura di non poterla stringere. Invece tu hai insistito e me l’hai affidata come se non avessi un uncino al posto di una mano. Ti devo ringraziare per questo Swan. Non riuscirò mai ad abituarmi alla grande emozione che provo quando la tengo. E senza di te non avrei mai saputo cosa volesse dire tutto questo. Grazie, per avermi permesso di essere un uomo migliore.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Et  voilà la shot che ha come tema Marzo. Spero di essere riuscita a usare i tre prompt nel modo corretto. Che dire, non vedo l’ora di buttarmi a capofitto in questa benedettissima 4b, la cui piega darkettona, per inciso, mi sta incuriosendo assai. Come promesso, sono tornata normale, più o meno. Come dite? Più meno che più? … Ehm sì, la normalità mi riesce davvero difficile a volte, ma che volete farci sono fatta così. Se mi hanno affogato nello zucchero quando era piccola? Nello zucchero non lo so per certo, ma annego nella cioccolata al latte da sempre, vale lo stesso? Lasciatemi ringraziare ancora chi ha speso così tante belle parole per la shot di Febbraio e permettetemi di ringraziare tutti per gli auguri che mi sono stati fatti. Grazie anche a te, che hai avuto la pazienza di leggere fin qui (;D), a chi ha inserito la storia nelle varie categoria e anche a chi legge silenzioso,  al prossimo mese.
Un abbraccio caloroso
Persefone   

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Capitolo 4
*** Aprile: Lovely Rainy Days ***


Aprile: Lovely Rainy Days
 
L’accoglienza che aprile riservò agli abitanti di Storybrooke fu davvero insolita: pioggia a catinelle. Da due giorni non faceva altro che piovere ininterrottamente. Emma e Killian avevano approfittato del primo pomeriggio abbastanza asciutto, ma con un cielo di nubi cariche per rovesciarne ancora, per andare a prendere un caffè da Granny. Avevano passato gli ultimi giorni tappati in casa e un po’ d’aria avrebbe fatto bene a tutti e due. Vivevano sotto lo stesso tetto da un po’ di tempo ormai e gli altri cittadini, con la sola eccezione di David per ovvi motivi, si erano abituati a vederli girare insieme per le strade. Avevano deciso di fare quattro passi con i caffè in mano e quindi, dopo essere usciti da Granny, stavano camminando senza meta. Erano intenti nel loro passatempo preferito: stuzzicarsi come solo loro riuscivano a fare.

- Tu ed Henry – stava dicendo Emma – mi avete fatto morire ieri sera! Non mi piace essere vittima di questa vostra coalizione tra maschietti.
- È stato divertentissimo! Dovevi vedere la tua faccia.
- Smettila! Chi è il bambino dei due? – disse Emma ridendo.

Già perché nonostante le apparenze, che suo figlio e il suo uomo andassero d’accordo, la rendeva davvero felice e le toglieva un gran peso dal cuore. E lo scherzo della sera precedente, in fondo, era figlio di quell’equilibrio che avevano costruito insieme.
 
Da un paio di giorni, Emma aveva notato che i maschietti di casa sua erano particolarmente complici. Passavano molto tempo insieme parlando sotto voce e cambiando discorso come si accorgevano della sua presenza. Tutte le volte che aveva provato ad indagare aveva ricevuto solo risposte vaghe da entrambi corredate da sguardi complici che non promettevano niente di buono. E infatti la sera prima, il grande mistero era stato svelato.
 La serata era perfetta e tanto per cambiare pioveva. Emma, dopo aver staccato dalla centrale, si era subito recata a casa. Quando arrivò davanti alla porta era bagnata come un pulcino: a causa di una improvvisa raffica di vento, il suo ombrello si era rotto e, nonostante la breve corsa verso il portico, non era riuscita ad evitare una doccia gelata.

- Mi ci manca giusto questo! Non vedo l’ora di farmi una doccia bollente, mi sento l’umidità annidata fin dentro le ossa! – disse Emma frugando nelle tasche in cerca di qualcosa – dove diavolo ho messo le chiavi?

Una volta che riuscì a trovarle e a varcare la soglia di casa, fu accolta da un insolito silenzioso buio.

- Henry, Killian, sono tornata! Dove siete? – disse Emma facendo pochi passi in corridoio.

Nessuna risposta. La cosa era alquanto strana e sospetta. Guardò il cellulare in caso le avessero inviato qualche messaggio di testo o nella segreteria telefonica per spiegare quell’assenza. Ancora niente.
Emma fece cautamente ancora qualche passo in avanti per arrivare all’interruttore dell’ingresso. Provò ad accendere la luce, ma il temporale doveva aver causato un calo di corrente.

- Ragazzi, se è uno scherzo mi avete spaventata abbastanza, ora però venite fuori.

Le parole di Emma rimbombarono solitarie in quella che sembrava una casa deserta. La salvatrice si ricordò di aver messo una torcia in uno dei cassetti della cucina. A tentoni si diresse subito lì per cercare di avere un po’ di luce. Stava per aprire il cassetto di uno dei mobili, quando si sentì afferrare il braccio.

- Dove crede di andare milady? Non può fare un passo senza che prima io e il mio compare ne parliamo!

Emma non poté fare a meno di cacciare un urlo per lo spavento. In quel momento tornò la luce e la casa fu invasa dalle risate di Henry.

- Santo cielo ragazzino! Mi vuoi far venire un attacco di cuore?
- Ottimo tempismo Killian! – disse Henry ridendo – mamma è proprio morta di paura.

Dal sottoscala emerse un Killian che a stento riusciva a trattenersi dal ridere.

- Killian! Anche tu? Ma siete impazziti? Non fatemi mai più una cosa del genere!
- Pesce d’aprile mamma!
- Non mi avevi detto di questa divertente usanza di questo secolo, Swan – disse Killian avvicinandosi a lei – fortuna che Henry mi tiene al corrente.
- Ma bravi, ecco svelato il motivo di tutto quel chiacchiericcio alle mie spalle! Stavate pianificando questa cosa fin nei minimi dettagli! Ora se permettete mi vado a fare una doccia – disse Emma stizzita dirigendosi verso le scale che portavano al piano di sopra.
- Credi si sia offesa? – chiese Killian ad Henry quando furono rimasti soli.
- Forse abbiamo un po’ esagerato. Povera mamma, era davvero spaventata.
- Sai che facciamo adesso? – disse Killian in maniera complice – Le facciamo una sorpresa per farci perdonare.

Quando Emma tornò al piano di sotto, per preparare la cena, ce l’aveva ancora un po’ con loro. Passando per il soggiorno, vide Henry e Killian seduti sul divano intenti a guardare una partita di football: Henry stava cerando di spiegare al pirata per la milionesima volta le regole di quello sport. Più Henry le ripeteva più a Killian sembravano assurde. Come Emma mise piede in cucina, trovò la tavola apparecchiata e tre pizze fumanti pronte per essere mangiate. Non fece in tempo a girarsi verso i due compari che se li ritrovò a fianco intenti a stamparle un bacio su ciascuna delle guance.

- Ci sembrava un buon modo per farci perdonare per prima – disse Killian facendo l’occhialino a Henry.
- Sì, - disse il ragazzo di rimando – e poi non preoccuparti per dopo, vai sul divano a rilassarti. Ci pensiamo noi a riordinare una volta finito.
 
Emma e Killian stavano tranquillamente passeggiando per la via principale di Storybrooke quando un nuovo tuono squarciò il cielo.

- Senti che botti, mi sa che ci conviene avviarci verso casa.
- Sicura che era un tuono? Sembrava più il brontolio del tuo stomaco …

Emma lo stava per colpire amorevolmente su una spalla, quando successe qualcosa di imprevisto. Mise un piede su una profonda buca nascosta da uno strato di foglie e cadde rovinosamente a terra. Come Killian sentì quello strano rumore alle sue spalle, si girò immediatamente per capire cosa fosse successo. Non appena vide Emma a terra si precipitò da lei.

- Tesoro, stai bene? Cosa è successo? – disse l’uomo chinandosi su di lei.
- Ho messo un piede in quella dannata buca – disse indicando la voragine nell’asfalto – ahi … la mia povera caviglia
- Fammi vedere – disse Killian sfilandole lo stivale – è bella gonfia in effetti. Nient’altro?
- Ho un po’ male alla mano, ma non credo di essermi rotta niente.

Killian aiutò Emma a rimettersi in piedi e a pulire il suo cappotto dalle foglie che si erano attaccate su di esso. Come la salvatrice poggiò il piede malconcio a terra, una fitta di dolore attraversò il suo corpo, facendola barcollare. Il pirata fu subito pronto a sorreggerla.

- Ti fa tanto male? – chiese preoccupato.
- Da morire, non riesco neanche a muoverla.
- D’accordo – disse Hook prendendola in braccio – ti porto al pronto soccorso così ti fai vedere.

L’ospedale era a pochi passi da dove si trovavano. Rimasero nella sala d’attesa una decina di minuti e poi Emma fu portata in ambulatorio per essere medicata. Quando Hook poté raggiungerla, dopo che era tornata dalla radiologia per fare una lastra di controllo, trovò il dottor Whale intento a studiare le radiografie.

- Che mi dice dottore? – disse un Killian alquanto preoccupato.
- Per fortuna non ha niente di rotto – rispose il medico – ma ha una brutta distorsione alla caviglia, il che porta ad una sola cura possibile: massimo riposo per i prossimi tre giorni.
- Tre giorni? – disse Emma – ma non me li posso prendere tre giorni!
- Devi – replicò Whale prima di uscire dalla stanza – e tanto la tua caviglia non ti permetterà di stare in piedi, credimi.

Quando l’infermiera ebbe finito di fasciarle la gamba, Emma, testarda come sempre, provò a mettersi in piedi da sola. Una nuova fitta la fece vacillare e Hook, per la seconda volta, fu più che pronto a sostenerla.

- Andiamo Swan, sarai anche un’eroina, ma non sei d’acciaio, quindi appoggiati a me per camminare.

Emma lasciò che il pirata le circondasse i fianchi per fare in modo che la aiutasse a sostenere il peso del corpo sulla sola gamba sana. Stavano per uscire dalla stanza quando lei si fermò.

- Ascoltami – disse la bionda – non ce la faccio ad arrivare a casa così e non voglio chiamare mio padre per farci riaccompagnare. Ti va se prendiamo un taxi?
- Non ho la più pallida idea di cosa sia, ma se ci riporta a casa … ogni tuo desiderio è un ordine, principessa. – disse il pirata stampandole un bacio sulla fronte.

Un taxi li lasciò davanti al loro appartamento venti minuti dopo. Hook tornò a cingere la vita di Emma per aiutarla ad arrivare alla porta. Fecero appena in tempo ad entrare all’asciutto che un nuovo temporale si abbatté sulla città.

- Accidenti! – disse Emma sedendosi sul divano – Guarda come piove! Con questa gamba ridotta così non posso neanche andare a prendere Henry di ritorno dalla gita! Speriamo che Regina non abbia preso impegni.

Hook prese i cappotti di entrambi e li andò a sistemare sull’attaccapanni, lasciando ad Emma la possibilità di telefonare tranquillamente. Quando tornò in salotto, la donna aveva appena finito di parlare con Regina.

- Vorrei andare a sdraiarmi un po’ – disse Emma come lo vide entrare – mi accompagneresti di sopra?
- Guarda come sono caduto in basso … una volta ero il pirata più spietato dei sette mari e ora sono stato declassato a infermiere.
- Noto con piacere che ti sei stancato presto di aiutarmi, - disse Emma in tono sarcastico - lascia stare, faccio da sola …

Emma ebbe appena il tempo di finire la frase che Killian la prese con decisione in braccio per portarla al piano di sopra.

- Il mio permaloso cigno, lo sai che non chiedo di meglio che occuparmi di te.

La tenne stretta a sé per tutto il tragitto dal divano al letto, non la mise giù neanche per fare le scale. Aveva una sola mano, ma questo non fu affatto un impedimento ed Emma ebbe un’ulteriore riprova di quanto tenesse a lei e al loro rapporto.
Una volta che furono in camera, Killian la mise a sedere sul bordo del letto e andò verso l’armadio.

- Tesoro, levati questi vestiti e mettiti il pigiama. Hai sentito il medico: riposo assoluto.
- Tutte le scuse sono buone per vedermi nuda! – disse Emma maliziosa.
- Colpito e affondato!

Hook prese un pigiama pulito dall’armadio e lo porse a Emma. La donna iniziò a cambiarsi senza fretta, sotto i vispi e attenti occhi blu del pirata, che trovava i suoi gesti di una sensualità estrema anche in questo frangente. Era talmente preso da questa visione che non sentì minimamente quello che Emma gli stava domandando.

- Killian, pronto? Mi stai ascoltando? – disse Emma piuttosto divertita.
- Scusa tesoro dicevi? Mi sono distratto un momento.
- Alla faccia del momento, ti sto facendo la stessa domanda per la quarta volta!

Emma sorrise: era incredibile il modo con cui Killian si incantasse a guardarla in quel modo anche adesso che vivevano insieme e l’aveva vista nuda un mucchio di volte.

- Mi aiuti a sfilare i jeans, per favore? Non ce la faccio a chinarmi.
- Come desidera signorina!

La aiutò a sfilarsi i jeans facendo particolare attenzione alla gamba fasciata. La sostenne, poi, per alzarsi dal letto e, per essere sicuro che fosse ben salda, la fece appoggiare al comodino. Quando fu sicuro che la donna fosse in grado di reggersi da sola, si chinò per aiutarla ad infilare i pantaloni del pigiama. Emma non poté fare a meno di guardare l’uomo intensamente mentre era intento in quell’operazione. Con la mano libera accarezzò la testa del pirata e fece in modo che la poggiasse delicatamente sulla sua pancia.

- Non lo so – disse Emma sottovoce – perché hai scelto proprio me tra tutte le altre e sono sicura che nei hai incontrate parecchie di donne nei tuoi lunghi anni. Ma qualunque sia il motivo non potrò mai essere abbastanza grata al destino per averci fatto incontrare.

Hook rimase un momento in quella posizione, lasciando che il profumo della sua pelle inondasse il suo naso. Poi con molta delicatezza e cautela, si sciolse dal suo abbraccio per finire di sistemarle i pantaloni sulla vita. Quando tornò a guardarla negli occhi non poté fare a meno di notare come le gote della donna si fossero rosate. Con la mano buona, Hook le sistemò i lunghi capelli biondi dietro l’orecchio.

- Io, invece, ringrazio te per avermi voluto al tuo fianco e perché hai saputo accettare i miei tanti difetti e i miei pregi.

Hook la baciò con passione ed Emma si strinse a lui con entrambe le braccia, lasciando che le sue mani si insinuassero sotto i suoi vestiti. Quando Hook però capì le sue inequivocabili intenzioni, la fermò delicatamente. Emma, dal canto suo, lo guardò perplessa.    

- Non fraintendermi, amore, non è che non ti voglio, anzi. In questo momento ti desidero come non mai, ma le condizioni della tua gamba non ci permettono di divertirci come vorrei e ho paura di farti male. Ti prometto, però, che come sarai guarita riprenderemo questa nostra chiacchierata.

Emma arricciò il naso: ovviamente aveva ragione. Gli passò le braccia intorno al collo prima di parlare ancora.

- Sentiamo capitano, da quando sei diventato un gentiluomo così saggio?
- Un gentiluomo lo sono sempre stato con te, mi pare. E per quanto riguarda la saggezza, credo che sia tutto merito dell’amore che provo per te.

Emma sentì un brivido correrle lungo la schiena.

- Accidenti, ma senti freddo? – disse Hook – cosa aspetti a dirmelo? Ci siamo gingillati qui anche troppo.

Hook tirò via la coperta e sistemò i cuscini in modo tale che Emma potesse guardare la televisione qualora ne avesse avuto voglia. La donna ebbe la chiara sensazione che Killian aveva capito perfettamente l’origine del suo brivido e quella fosse la sua risposta a quell’affermazione. Come il letto fu pronto, Killian la aiutò a mettersi comoda e guardò l’orologio sul comodino di Emma.

- Amore, se non hai bisogno di altro, scendo un momento. Qualunque cosa ti serva, usa il cellulare – disse mettendole accanto il telefonino.
- Wow, servizio in camera, mi piace!

Emma si era appisolata da una ventina di minuti, quando sentì un inebriante profumo di cioccolata e cannella pervadere la stanza. Socchiuse gli occhi e vide il pirata destreggiarsi tra un vassoio e la maniglia della porta per entrare da lei.

- Scusa amore, ho fatto troppo casino vero? Stavi sicuramente dormendo, sono un completo disastro.
- Tranquillo, mi sono appena svegliata – disse Emma, facendo cenno all’uomo di sedersi sul letto accanto a lei.
- Lo so che non è vero. Comunque ti ho preparato una cioccolata calda proprio come piace a te.
- E hai avuto un’ottima idea, ne avevo proprio voglia. Vieni che la beviamo insieme.

Killian posò il vassoio sul letto e porse a Emma la sua tazza fumante.

- Ti va di farmi compagnia, magari davanti a un bel film?

Trascorsero le due ore successive in questo modo, tra risate e confusi tentativi di Emma di spiegare al pirata come si girasse un film. La spensieratezza delle loro risa, però, fu interrotta da un altro tuono. In quel momento Emma si rese conto di che ore erano.

- Accipicchia! Ridendo e scherzando si sono fatte le otto! Vado a prepararti qualcosa per cena, non posso mica lasciarti a digiuno! – disse Emma cercando di alzarsi.
- Tu non ti muovi di qui. – disse Killian bloccandola.
- Ma …
- Niente ma. – Killian prese un volantino che aveva conservato in uno dei cassetti del suo comodino – Proprio ieri ho scoperto che Granny ha inaugurato un servizio di consegne a domicilio curato da Brontolo – porse a Emma il volantino – Facciamo fare una be.lla doccia a quel nano?
- Direi proprio di sì! – disse Emma prendendo il telefono per ordinare la cena.  



ANGOLO DELL'AUTRICE:
E #riecchecesemprequa, pronta la shot di Aprile. chiedo venia su una cosa: il prompt diceva cioccolato e io ho usato LA cioccolatA, ma me ne sono accorta troppo tardi e quello che avevo messo insieme mi piaceva troppo per cambiarlo ;P #persefoneprovaafarelafurbacchiona. Lo so questa raccolta mi sta uscendo di un fluff che non è da me, ma questi due ispirano solo tantissimi zucchero. Non bastavno le vacanze di Natale a tenerci lontano da OUAT ora ci si mette di mezzo anche questa dannata Pasqua T.T. Cioè come possono farci penare fino al 12 aprile? #illoromasochismodovrebbeesseredichiaratoillegale. Spero che la shot sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ve ne pare. Come sempre grazie a tutti per le letture commenti e inserimenti #sietemejodell'ovodepasquaalsupercioccolatoalatte.
Un abbraccio :*
Persefone


 

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Capitolo 5
*** Maggio: The Product Of Our True Love ***


Maggio: The Product Of Our True Love
 
Non era ancora arrivata l’alba che Emma era già in piedi per prepararsi qualcosa di caldo. A dirla tutta, aveva passato l’intera notte in bianco. Cosa poteva aver spinto la Salvatrice a rimanere sveglia per tutto quel tempo? Il suo lavoro di sceriffo? I nuovi piani orditi da Rumple? L’arrivo di una nuova minaccia? No, niente di tutto questo.
Emma era stata impegnata tutta la notte cercando di consolare due occhietti vispi e azzurri come il mare. Ginevra, la sua bambina, non si sentiva molto bene in quei giorni, niente di grave ma le colichette gassose, che spesso colpiscono i neonati, la stavano tormentando impedendole di dormire.
Era tutto cominciato la sera precedente. Dopo che Killian aveva dato la poppata serale alla bambina, l’aveva fatta addormentare nella sua culla come ogni sera da due mesi a questa parte. Dopo aver acceso il walkie talkie nella stanza, aveva raggiunto il resto di quella che ormai era, a tutti gli effetti, la sua famiglia. Emma stava iniziando a servire la cena a tavola e Henry era già seduto. Il pirata, orami pratico, mise il biberon nello sterilizzatore e poi si sedette anche lui.

- Tutto a posto? – chiese Emma.
- Sì, tesoro. Ho acceso anche quella cosa infernale nella stanza della bimba.
- Perfetto – disse Emma controllando che anche l’altro walkie talkie fosse acceso e funzionante – e ora mettiamoci a tavola. 

Stavano mangiando lo spezzatino di carne e stavano chiacchierando amabilmente al tavolo. Una volta tanto Henry era tornato al centro delle loro attenzioni. Non che al ragazzo dispiacesse condividerle con la piccola, ma era tanto che non aveva la sua mamma tutta per lui.

- La mia sorellina è davvero una forza, mamma! Mi sono divertito un sacco ad aiutarti a tenerla oggi pomeriggio!
- Davvero ragazzino? – disse Emma con uno smagliante sorriso
- Sì, e comunque si vede che è figlia tua Killian!

A quelle parole, il pirata si stava quasi per strozzare.

- E come fai a dirlo Henry? – chiese Killian pulendosi la bocca con il tovagliolo.
- Le storie sulle principesse la annoiano mentre quelle sui pirati la tengo sveglia e attentissima.
- Buon sangue non mente … - disse Emma prima di essere fulminata da uno sguardo del suo uomo.
 
Avevano quasi finito di cenare, quando, all’improvviso, dal walkie talkie sentirono Ginevra piangere disperata. Emma si era precipitata immediatamente al piano di sopra, seguita dopo pochissimo da Killian. Come mise piede nella cameretta, accese la luce e si diresse verso la culla per capire cosa stesse succedendo. Scoprì la bambina e la prese in braccio. Cominciò a cullarla nel tentativo di calmarla. Di solito ci riusciva dopo pochi minuti, ma questa volta no. Killian era rimasto sulla soglia della porta e la fissava.

- Ho combinato qualche disastro?
- Assolutamente no, ma non capisco perché stia piangendo. Fammi una cortesia, stendi un asciugamano sul fasciatoio che controllo il pannolino.

Quando Emma mise la bambina sul fasciatoio, il pianto della piccola aumentò notevolmente. Le sfilò la tutina e controllò se fosse asciutta o arrossata.

- Allora? – chiese Killian preoccupato.
- È pulita e non è arrossata. Non capisco proprio da cosa dipenda questo pianto inconsolabile. Come ti è sembrata durante la poppata?
- Famelica, come sempre. Quando si tratta di bere è tutta suo padre – disse l’uomo cercando di alleggerire la tensione.
- Le hai fatto fare il ruttino?
- Ma certo. Non l’avete sentito di sotto? Perché qui sono tremati i vetri.
- Sei sicuro?
- Certo che sono sicuro, lo so che non devo metterla a dormire se prima non l’ha fatto.

Emma continuava a cullare la bambina, ma il suo istinto di madre le stava dicendo che c’era qualcosa che non andava.

- Ora si calma tesoro, vedrai.
- E invece no e ha anche le gambette rigide. No, c’è qualcosa che non va. Chiamo mia madre e poi portiamo Ginevra al pronto soccorso. Resta vicino a lei mentre vado ad avvisare i miei.

Killian si sfilò l’uncino e si avvicinò al fasciatoio. Non voleva darlo a vedere ma era preoccupato: la sua bimba era disperata e non poter fare nulla era terribile.

- Prima piangevi meno, che ne dici se papà ti prende in braccio?

Con un po’ di fatica riuscì a sollevare la bambina e a poggiarla sulla sua spalla. Riprese a camminare per la stanza come aveva visto fare a Emma un sacco di volte. E sembrò che si calmasse un po’ di più.
Emma aveva appena attaccato con Snow: le aveva detto che Ginevra era inconsolabile e sua madre aveva risposto che probabilmente la piccola soffriva di coliche. Non era necessario il pronto soccorso, ma andava portata dal pediatra il giorno dopo. Stava per ritornare nella camera di Ginevra, quando dalla soglia vide Killian cullare la bambina per la stanza. Vederlo intento in quelle premure le creava una gioia indescrivibile. All’inizio aveva temuto che l’uomo si rivelasse piuttosto all’antica in fatto di bambini, ma quando aveva visto cosa fare per occuparsi della sua creatura, si era sempre cimentato e anche con discreto successo.

- Mamma … - la voce di Henry la ridestò – come sta Ginevra?
- Ha un po’ di coliche. Niente di grave
- E allora perché non smette di piangere?
- Perché le deve passare e a sentire mia madre ci potrebbe volere anche tutta la notte.
- Ah ecco …
- So che domani hai un compito importante di aritmetica e devi dormire. Ti porto da Regina se vuoi.

Henry era rimasto a casa di Regina anche quella sera, non c’era alcun motivo che anche lui passasse le notti in bianco. Davanti al suo caffè nero, Emma stava pensando a cosa altro potesse fare per la piccolina. Lei e Killian avevano seguito scrupolosamente tutte le indicazioni fornite dal pediatra: avevano cullato la bimba, l’avevano tenuta prona, le avevano massaggiato la pancia, ma, nonostante tutto, la piccola continuava a piangere e stentava ad addormentarsi. Era stata una nottata decisamente movimentata e Killian si era dimostrato come sempre premuroso e complice. Il loro affiatamento, specialmente dopo la nascita della bambina, era cresciuto in maniera esponenziale. Tirò fuori da un pensile un vassoio: si meritavano entrambi una sostanziosa colazione. Dopo averlo riempito con tazze di caffè e toast con la marmellata, tornò di sopra. Come Emma entrò nella stanza, vide Killian in pigiama, sdraiato nel letto con la schiena appoggiata alla spalliera, che stringeva la piccola al petto. Ginevra sembra essersi calmata un pochino.

- Come va? – chiese la bionda poggiando il vassoio sulle coperte.
- Irrigidisce ancora un po’ le gambine, ma così sembra che senta meno dolore.
- Pensare che fino a due mesi fa, ero io l’unica donna che poteva dormire sul tuo petto …
- Non essere gelosa, sai che c’è sempre spazio per te … - disse Killian attirandola a sé per baciarla.
- Lo spero – disse Emma sciogliendosi dal loro bacio – anche perché non sono minimamente disposta a lasciare il campo libero così facilmente.

Emma porse al Capitano la tazza di caffè. Killian la attirò nuovamente a sé per baciarla ancora. Ginevra, accoccolata tra le braccia del padre, osservava la scena con i suoi vivaci occhioni e come vide le labbra dei suoi genitori sfiorarsi, non poté fare a meno di sorridere.

- Amore di mamma, ti piace quando vizio il tuo papà?
- Pure a papà piace per la cronaca …

Emma non si era mai sentita così a casa come in quel momento, mancava solo Henry e poi sarebbe stato tutto perfetto. Si strinse ancora di più a Killian e alla bambina.

- Capitano, credo si sia addormentata.
- Davvero? Allora provo a rimetterla nel lettino così che noi possiamo riprendere quel discorso sul viziarmi, era moto interessante …

Mentre Emma posava il vassoio sul pavimento, Killian stava cercando di adagiare molto dolcemente Ginevra nel lettino. Dopo essersi assicurato che la bambina stesse continuando a dormire si girò verso Emma.

- E ora sei mia Swan – disse avvicinandosi suadente al letto.

Non fece in tempo a sfiorarla con un dito che la bambina ricominciò a piangere.

- Niente capitano, tua figlia ha deciso che vuole monopolizzare la tua attenzione.

Il pirata tornò immediatamente verso la bambina e la prese in braccio. Dopo aver passeggiato un po’ per la stanza, tornò a sdraiarsi accanto ad Emma mettendo Ginevra tra loro. Nonostante le attenzioni di entrambi, la piccola non voleva saperne di calmarsi.

- Credo che dovresti rimetterti nella stessa posizione di prima.

Emma tenne la bambina ferma mentre Killian tornò nella stessa posizione che aveva quando era entrata con il vassoio della colazione. Poi la donna sistemò Ginevra tra le braccia dell’uomo e la coprì con una copertina.

- Pensi che ci sia sempre un po’ di spazio anche per me?
- Certo, che domande …

Emma si appoggiò a lui e  circondò Ginevra con un braccio così che potesse intrecciare le sue dita con quelle dell’uomo.

- Domani la mia schiena mi rinfaccerà tutti i miei trecento e rotti anni …
- Suvvia e quando ti ricapita di avere due così belle fanciulle strette a te?
- Se le coliche non passano, domani. – risero piano.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti.

- Killian, dormi?
- E come potrei amore? Hai fatto un caffè che era una cannonata!
- Ieri stavo sistemando le cose di Ginevra. Tra tutte le scartoffie sono saltate fuori tutte le ecografie che ho fatto. Ti ricordi quanto eravamo tesi la prima volta? E la tua incredulità davanti al monitor quando Whale ti ha mostrato il feto?
- Mettiti nei miei panni, ai miei tempi i bambini li vedevi solo dopo il parto, interi, non smontati come in questo mondo. Ho anche pensato che mi stesse prendendo in giro ad un certo punto.

Risero ancora piano per non svegliare la loro piccola cantante lirica.

- Stavo facendo un po’ di conti. Ginevra è nata a febbraio, nei tempi previsti, il che vuol dire che l’abbiamo concepita a maggio.
- Maggio?
- Credo proprio quella volta lì … sulla Jolly Roger ... Te lo ricordi?
- Come potrei non ricordarlo …

Era una calda giornata di maggio ed Emma si sentiva di ottimo umore: si erano lasciati alle spalle un periodo piuttosto complicato tra intrighi, segreti, bugie e discutibili manipolazioni da parte di qualche strambo autore. Emma era addirittura riuscita a trovare un punto di equilibrio con i suoi tanto che era tornata a vivere con loro, cosa che era piuttosto dispiaciuta al povero Hook. Il buon umore di Emma era così contagioso che tutti i membri della famiglia ne erano stati investiti. Davanti al suo armadio, aveva addirittura deciso di optare per un lungo, comodo e femminile vestito a fiori al posto dei soliti jeans. Fischiettando era scesa al piano di sotto, dove Snow stava finendo di lavare le tazze della colazione.

- Dovresti vestirti così più spesso – disse Snow non appena vide la figlia scendere le scale.
- Dici?
- Scommetti che nemmeno Hook avrebbe qualcosa da ridire?

La conversazione fu interrotta da alcuni colpi sulla porta.

- Aspettiamo qualcuno? – chiese Emma.
- No, o meglio non io per lo meno.

Emma andò ad aprire e si ritrovò un Hook piacevolmente sorpreso con tanto di zaino in spalla.

- Sei stupenda Swan … dove devi andare? Non da August, spero, o questa città dovrà dire addio a uno dei suoi due cittadini in giacca di pelle

Emma lo colpì amorevolmente su una spalla arrossendo.

- Scemo! Non devo andare da nessuna parte!
- Cioè, ti sei fatta bella per rimanere in casa?
- Io … veramente … – in realtà era proprio da lui che voleva andare, ma come sempre era stata preceduta.
- Hai da fare? – chiese il pirata.
- No, perché?

Emma non fece in tempo a finire la frase che Hook la prese per mano per trascinarla fuori.

- Scusi l’irruenza milady – disse rivolgendosi a una divertita Snow – ma lei mi capirà, quando mi ricapita una giornata tranquilla da passare con sua figlia?

Emma e Killian, dopo aver lasciato il loft, stavano camminando a passo svelto verso il molo.

- Insomma, dove mi stai portando?
- Be’ da quando Ursula ha riportato qui la mia adorata nave, è stata sempre ormeggiata al molo. Volevo portarti a fare un lungo giro in barca! Vedrai come sarà agile nonostante i suoi secoli!

Emma aveva guardato Hook con una dolcezza indescrivibile: sapeva quanto era importante la Jolly Roger ed era contenta di poter condividere con lui quella spensierata tranquilla giornata. Quando raggiunsero la nave, Hook la prese per mano e la fece salire a bordo con un solenne e profondo inchino.

- Benvenuta a bordo, principessa.
- Smettila – disse Emma ridendo – conosco bene la tua nave, non c’è bisogno di tutte queste cerimonie.
- Conosce bene la mia cabina, visto quanto spesso si è fermata a dormire da me e con me, ma non ho mai avuto l’occasione di darle un benvenuto a bordo come si deve.

Prima di mollare le cime e prendere il largo, Hook posò lo zaino vicino al timone e disse ad Emma di rimanere lì finché non fosse tornato. Dopo averla liberata dai nodi che la legavano alla banchina, Hook guidò la nave verso il mare aperto. La giornata era bellissima e il sole era così caldo che sembrava quasi estate. Emma aveva lasciato che il capitano si concentrasse a pieno sulla navigazione. Aveva un’espressione così appagata in quel momento che sembrava ancora più bello del solito.

- Allora – disse Hook attirando a sé il suo cigno e chiudendola tra il suo corpo e il timone – che ne dici di guidare un po’ tu la mia bimba?

Emma rimase piuttosto spiazzata da quel gesto. Hook prese le mani di Emma per appoggiarle sullo strumento di comando e poi le lasciò il timone per far sì che fosse lei a prendere in mano la navigazione.

- Io non ho la minima idea di come si fa! – disse Emma appoggiandosi alla schiena dell’uomo e tornando a stringere la sua mano che era morbida lungo il corpo.
- Sei una donna sveglia, imparerai subito vedrai – disse Hook riportando la mano di Emma sulle maniglie del timone.

Emma si era lasciata dolcemente guidare dai sicuri gesti del capitano ma, per fare in modo che la mano dell’uomo non la lasciasse di nuovo sola al comando, decise di intrecciare le dita alle sue. Sentì un brivido attraversare il corpo dell’uomo e di certo non era a causa del vento o del freddo.

- Lo sai, di solito quando sono al timone della mia nave, niente mi distrae … ma tu … sei decisamente l’eccezione che conferma la regola – le sussurrò all’orecchio e facendo aderire ancora di più i loro corpi.

Hook sentì il corpo di Emma fremere di passione e le dita della donna stringersi ancora di più alle sue.

- Allora – riprese Hook – la parte sinistra si chiama babordo, quella di destra tribordo. Dunque ora vai verso nord in babordo. Da sola.
- Ma …
- Tranquilla, sono proprio qui dietro di te se avrai bisogno – disse il pirata passando un braccio intorno alla vita di Emma.
- Va bene, ma poi non arrabbiarti con me se qualcosa va storto.

Emma fece quello che Killian aveva chiesto.

- Hai visto? L’ho sempre detto che saresti stata un pirata fantastico.
- Mi stai dicendo che sto guidando la nave da sola?
- Come puoi sentire la mia mano è decisamente impegnata a fare altro …       

Emma stava cominciando a rilassarsi, sotto il vigile occhio del capitano, quando sentì il timone farle troppa resistenza.

- Killian … c’è qualcosa che non va …
- Tranquilla tesoro – disse il pirata mettendo le mani sulle maniglie del timone – devi assecondarle le correnti, non opporti ad esse.

Emma approfittò del momento per sciogliersi dall’abbraccio del Capitano e rimanere a fianco a lui.

- Per essere stata la mia prima lezione credo di aver fatto a sufficienza. Allora hai portato qualcosa da mangiare o dobbiamo metterci a pescare?
- Dritta al punto come sempre. Fammi gettare l’ancora e poi ce ne andiamo a mangiare.

Dopo essersi assicurato che la nave fosse ferma, prese lo zaino e condusse Emma sul ponte della nave.

- Hai mai fatto un pic-nic in alto mare?
- Mai – disse Emma sorridendo.

Sistemarono un telo per sedersi e cominciarono a tirare fuori il cibo. Iniziarono a mangiare allegramente: ma era altra la fame che stava crescendo dentro di loro. Fu Emma la prima a cedere alla tentazione. Posò il piatto e si avvicinò ancora di più a Hook. Gli tolse il piatto dalle mani e iniziò a baciarlo con trasporto. Il pirata non si fece pregare e rispose immediatamente al bacio. La circondò con le braccia e iniziò ad accarezzarle la schiena. Erano così presi dalla loro passione che non si erano minimamente resi conto della velocità con cui il tempo era cambiato. Hook sentì Emma tremare.

- Hai freddo?
- Un po’. Mi hai trascinato in mare aperto senza darmi il tempo di prendere una giacca.

Hook fece un fagotto di tutta la tovaglia e di quello che conteneva. Si alzò e porse la mano ad Emma per tirarsi su.

- Scendiamo in cabina, non ti fa bene prendere freddo mentre stai digerendo.

Il pirata mise lo zaino in spalla, legò il fagotto a una delle corde delle vele e poi prese Emma per mano per condurla sotto coperta.
Una volta giunti in cabina, Hook si liberò dello zaino e circondò nuovamente Emma con le braccia.

- Dove eravamo rimasti?
- Proprio qui … - disse Emma riprendendo a baciarlo.

Le carezze di Hook si andavano facendo sempre più intense, profonde, intime così come quelle di Emma.

- Aspetta, tesoro – disse Hook nel suo ultimo barlume di lucidità – fammi prendere quel coso che ci fa essere solo in tre in famiglia, purtroppo.

Il pirata si allungò verso lo zaino nuovamente ma Emma fu pronta a fermarlo. Spiegargli cosa fosse la contraccezione fu una delle cose più imbarazzanti che aveva fatto, anche se necessaria. Il Capitano sembrava aver capito, più o meno, tutto e non si era opposto alle sue richieste, ma si era categoricamente rifiutato di impararne il nome. E poi era stato quel purtroppo ad averla colpita. Sapeva bene a cosa si riferiva: era stato proprio Killian a esprimere il desiderio di paternità qualche giorno prima, lasciandola completamente spiazzata a farfugliare dei pericoli che dovevano affrontare in continuazione.

- Lascia stare … - disse Emma stringendosi a lui.
- Ehi – disse Hook prendendole dolcemente il mento con la mano – non era mia intenzione farti pressioni l’altra sera. Comprendo benissimo la nostra situazione. Ho semplicemente espresso un pensiero a voce alta, senza rendermi conto del resto.
- E hai fatto benissimo, solo non mi aspettavo di sentirtelo dire in quel momento. Ma ci ho rifletto su.  Tutto quello che è successo in questo periodo mi ha fatto capire che ci sarà sempre qualcosa da affrontare o superare. Ma non posso permettere a questi contrattempi di limitarmi. Ora basta: io la mia vita la voglio con te e così come tutto quello che di buono verrà.

Emma poggiò la mano del capitano sulla sua vita e riprese a baciarlo con la stessa foga. Hook sentiva un nuovo sapore sulle labbra della donna che amava: ancora stentava a credere a quante fossero le infinite e intense sfaccettature del suo lieto fine. La travolgente passione che era riuscito a domare fino a quel momento, divenne improvvisamente incontenibile e inarrestabile.
Non era certo la prima volta che l’amava in quella cabina e tra quelle lenzuola, ma per la prima volta la sentì completamente sua e non c’era davvero nulla a impedire quel contatto tra loro. Qualcosa di meraviglioso era sicuramente in serbo per il futuro.
Nudi sotto le coperte, erano ancora stretti l’uno a l’altra.

- Tu preferiresti un maschio o una femmina? – chiese Emma divertita.
- E che ne so, Emma! E poi mi sembra un po’ prematuro pensarci ora.
- Io sono sicura che sarà una femmina – disse Emma portandosi una mano sulla pancia – e mi piacerebbe chiamarla Ginevra.
- Uhm mi piace come nome

Un sospiro della piccola riportò Emma alla realtà. Vide che la bambina, nel sonno, le stava stingendo forte un dito della mano. Sentì anche la mano di Killian allentare la presa, segno che anche l’uomo si era addormentato. Era davvero un bel quadretto ed Emma avrebbe potuto rimanere a guardarli per ore intere. Il frutto del loro amore era proprio lì in carne e ossa, non era una più una fantasia o una mera ipotesi. Facendo attenzione a non svegliarli, prese la coperta dai piedi del letto e ci avvolse due dei tre motivi che l’avevano sorretta nel momento più buio della sua vita.
Era l’alba ormai, ma loro qualche altra ora di sonno se l’erano decisamente meritata.


Angolo dell'autrice:
Sì, lo so benissimo. Questo capitolo è scandalosamente e inappropriatamente lungo. Da quando l'ho finito, cioè circa due settimane fa, non ho fatto altro che cercare di ridurlo. Niente non ci sono riuscita e quindi l'ho postato tutto intero. Grazie di aver avuto la pazienza di leggere fino in fondo. ho ideato questa shot menter scrivevo quella di marzo e visto che la piccolina era piaciuta, ho deciso di renderla protagonista anche a maggio. Sinceramente non so se continuerò su quest'onda nei prossimi mesi o se torneranno solo loro tre.Grazie a tutti per i commenti, le visualizzazioni e gli inserimenti! #veadorodaveronacifra 
Un bacione e al prossimo mese
Persefone

 

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Capitolo 6
*** Giugno: Sweet Secrets Are Made of This ***


      Giugno: Sweet Secrets Are Made Of This
 
Metà giugno. L’estate era ormai arrivata e a Storybrooke cominciava a fare davvero caldo. E questo faceva sentire Emma particolarmente fiacca, complice la sua bassa pressione. Il suo giorno di riposo era capitato durante la settimana e, dopo aver accompagnato Henry a scuola, era andata a fare la spesa. Killian era uscito presto per dare una mano a Jim, l’anziano direttore del porto cittadino. Davanti ai frigoriferi del supermercato, Emma stava comprando le ultime cose per i suoi ometti. Prima di recarsi alle casse però doveva fare ancora un’ultima tappa: il banco della frutta. Aveva preso mele, pere e banane, mancavano solo le ciliegie. Queste erano senz’altro il frutto preferito di Henry che ne consumava quantità industriali, seguito a ruota da Killian. A lei non facevano impazzire, ma una cosa strana era successa la sera precedente. Si era alzata in piena notte senza nessun motivo apparente e, facendo attenzione a non svegliare il suo capitano che dormiva proprio accanto a lei, era scesa in cucina. Il punto era che, nonostante l’abbondante cena, aveva una gran fame e una strana voglia di ciliegie. Dopo aver aperto il frigorifero, non aveva saputo resistere oltre alla tentazione di finire quello che Henry aveva lasciato.
Quando il ragazzino si era svegliato il mattino successivo, per andare a scuola, e non aveva trovato le ciliegie, aveva incolpato il povero pirata della loro notturna sparizione.
 
- Accidenti, non dovevo farle provare a quel pirata, ha fatto una vera e propria scorribanda qui dentro …
 
Emma aveva sentito tutto, ma non se l’era sentita di ammettere che era stata lei a finirle. Per questo si era subito recata al supermercato: sensi di colpa. Davanti a quei succosi cestini la voglia di ciliegie tornò a farsi sentire prepotente. Sul viso della bionda comparve un dolce sorriso, forse iniziava a capire il perché. Prese tre cestini e andò alla cassa per tornare a casa.
Una volta rientrata e dopo aver sistemato la spesa, si era sdraiata sul divano. Per pranzo sarebbe rimasta sola quindi un buon panino e del the freddo sarebbero stati più che sufficienti. 
Era ormai tardo pomeriggio e, sotto la doccia, Emma stava pensando a quello che aveva appena scoperto. Ne era ovviamente felice, ma un istante dopo si era ritrovata a pensare su come l’avrebbero presa tutti gli altri. Soprattutto Henry e Killian. Aveva chiamato quest’ultimo per chiedergli di rientrare un po’ prima se possibile. Alle domande del pirata era stata piuttosto evasiva, non erano cose che si potevano dire al telefono. Fortunatamente lui non aveva insistito troppo.
Prima di entrare nella cabina doccia, aveva osservato a lungo il suo corpo nudo davanti allo specchio. Non riusciva ancora a credere che era successo così in fretta, in fondo era solo da poco più di un mese che ci stavano provando. E se lui avesse cambiato idea? E se avesse iniziato a pensare che in fondo tre era la formazione migliore per la loro famiglia? Emma aveva cercato di scacciare immediatamente questi pensieri negativi. Ci avevano messo troppa passione in quello che avevano fatto e la cosa più bella era che era sempre successo in maniera naturale e senza forzature. E questo trasporto le aveva riempito la vita. Sentì la porta d’ingresso aprirsi e Killian chiamarla.
 
- Emma, amore sono io! Dove sei?
 
Emma si affacciò oltre la cabina per rispondere al suo uomo.
 
- Sono in bagno a farmi una doccia al piano di sopra! – e poi aveva lasciato socchiuso lo sportello della cabina.
 
Tornò sotto il getto dell’acqua. Il problema ora era trovare le parole giuste da dire al pirata. Come poteva fare? Cosa si usava dire? Non voleva sbagliare in nulla. Era talmente assorta nei suoi pensieri che quando si sentì un braccio nudo circondarle la vita, trasalì un momento.
 
- Allora è per questo, che mi hai chiesto di rientrare prima? – disse Killian sensuale abbracciandola.
- Chi ti ha dato il permesso di entrare? – rispose Emma ironica – accidenti Capitano, noto con piacere che non hai perso tempo … - continuò ammirando il corpo nudo del pirata.
- Non mi andava di aspettarti di là e poi ho pensato che magari avresti avuto bisogno di aiuto per insaponare la schiena …
- Non mi sembra che ti stia dando da fare in tal senso
- Dammi tempo e la tua schiena brillerà
 
E poi la voglia di baciarla fu incontenibile. Le braccia di Hook la circondarono completamente e la chiusero in un angolo della doccia.
 
- Ora se permetti, mi occupo di te come si deve.
 
L’afferrò con decisione per i fianchi e fece in modo che i loro corpi aderissero perfettamente l’uno all’altro. L’aveva fatta appoggiare a un angolo della doccia per fare in modo che stesse con la schiena poggiata al muro. E fu allora che Emma disse una cosa che non aveva mai detto prima.
 
- Killian piano, per favore – disse a mezza bocca con un sorriso.
- Piano? Ma come sei tu quella cui piace andare forte. – disse malizioso
- Lo so e mi piace ancora, ma stavolta ho voglia di dolcezza … ho bisogno di dolcezza …
- Come desidera – disse l’uomo accontentandola come sempre.
 
Emma era ancora avvinghiata alle sue braccia quando decise di dirgli tutto. Aveva la testa poggiata su una delle sue possenti e muscolose spalle: i loro respiri così come i battiti dei loro cuori stavano lentamente tornando regolari. Avvicinò le labbra all’orecchio del suo uomo e chiuse l’acqua corrente con la mano libera.
 
- Devo dirti una cosa importante.
 
Killian si scostò leggermente per poterla guardare negli occhi.
 
- Cosa, amore mio?
- Aspettiamo un bambino.
 
Killian la guardò incredulo.
 
- Non dici niente? – chiese la donna timorosa.
 
L’unica cosa che l’uomo riuscì a fare fu guardare con attenzione il ventre ancora piatto di Emma.
 
- Dico che questa è la volta buona che tuo padre mi ammazza per davvero – tornò a stringere Emma con dolcezza – ne sei sicura?
- Ho fatto il test prima di entrare in doccia ed è risultato positivo. Aspetta – disse Emma scrutando il volto del pirata – non sei contento?
 - Ma certo che lo sono! È la cosa migliore che mi potevi dire! – disse il pirata accarezzandole il ventre
- Dobbiamo dirlo agli altri e a Henry soprattutto.
- E quando avresti deciso di mandare la mia testa sulla forca?
- Smettila, nessuna forca! E poi queste cose si fanno in due, quindi se necessario ci andremo insieme!
- Ma quanto ti amo?
- Quanto ti amo io. Comunque, ad Henry lo diciamo stasera e ai miei lo diciamo domani a cena. E ora passami l’accappatoio, per quanto mi piaccia farmi scaldare da te, ho un po’ freddo e le medicine sono off limits per i prossimi otto mesi.
- Sei di un mese quindi.
- Già. Quattro settimane. E da adesso in poi vorrò essere coccolata e viziata sempre più.
- Questa sì che sarà una grande avventura.
 
Seduti a cena, Emma e Killian non sapevano proprio da dove iniziare. Emma teneva nervosamente le mani poggiate sul ventre. Fu colta ancora da una irrefrenabile voglia di ciliegie. Immerse la mano nel cesto della frutta per tirarne su un pugno pieno che cominciò a mangiare di gusto, lasciando gli altri due sbalorditi.
 
- Mamma, da quando in qua sei diventata ghiotta di ciliegie?
 
Tana per Emma, e ora come uscirne? La donna guardò Killian incerta, ormai non poteva fare altro che dire la verità.
 
- Henry ecco, ti ricordi quando ti ho parlato della possibilità di avere una famiglia un po’ più numerosa?
- Sì, me lo ricordo bene e ti ho anche detto che non avevo nulla in contrario.
- Bene, perché ora non è più un’ipotesi, ma realtà – disse Emma stringendo la mano di Killian.
 
Henry era rimasto senza parole.
 
- Ragazzino, ti prego dì qualcosa.
- Non so che dire.
- Lo sai che non cambierà niente tra noi
- Sì Henry – intervenne Hook – non devi preoccuparti, questo non cambierà niente. Saremo solo uno in più.
- È … meraviglioso mamma! – disse Henry gettandosi al collo della madre.
- Piano ragazzino – disse Emma nascondendo una lacrima.
 
Hook accarezzò la testa del ragazzino. Anche se Emma aspettava il suo bambino, lui per Henry ci sarebbe sempre stato. Henry ricambiò quello sguardo affettuoso con totale fiducia.
 
- Che bello! Adesso avrò qualcuno con cui condividere tutto ciò oltre il piccolo Neal! Vado immediatamente a fare ordine nella mia stanza.
 
Per tutto il resto della serata, Emma e Killian sentirono Henry trafficare nella sua stanza. Mentre stava sparecchiando, Emma fu colta dal primo vero capogiro e da un forte senso di nausea. Non riuscì a trattenere il bicchiere nella mano che cadde a terra rompendosi. Killian era accorso immediatamente e l’aveva trovata appoggiata a una sedia.
 
- Amore mio, che succede? – disse inginocchiandosi vicino a lei.
- Niente mi gira un po’ la testa e ho la nausea, ma è normale.- disse Emma sedendosi.
- Finisco io qui.
- Ma no – disse la donna alzandosi e poi risedersi subito a causa di un nuovo capogiro.
- Metto le ultime cose nella scatola magica che lava tutta la roba della cucina e ci andiamo a sedere sul divano.
 
Emma lo aveva lasciato fare e una volta finito, si era lasciata cullare fino al divano. In fatto di vizi nessuno era in grado di fare meglio del suo capitano.
Dopo che Henry ebbe portato di sotto l’ennesima scatola, Killian non poté fare a meno di notare una cosa.
 
- Secondo te che sta facendo in quella stanza?
- Sta semplicemente facendo quello che gli riesce meglio: essere se stesso. Perché la sua qualità migliore è che cerca sempre di vedere il lato migliore delle cose. E spero che possa trasmettere questa sua qualità anche a chi sta per arrivare. Il suo entusiasmo è contagioso.
- Hai ragione – disse Killian accarezzando la pancia di Emma – stai diventando ottimista sai?
- Credi? – disse Emma poggiando la mano su quella di lui che era rimasta sul suo ventre – penso che non abbia avuto molta scelta considerando lui e i miei genitori.
- A proposito, come pensi di dirglielo?
- Nella maniera più naturale possibile. Non c’è niente di male in quello che ci sta succedendo.
- Lo so benissimo ma …
- Niente ma, noi questa creatura l’abbiamo voluta, non ci è capitata per caso. E questo lo capiranno sicuramente.
- Ripeto che è la reazione di David quella che mi preoccupa di più.
- Io sono sicura che non sarà così – disse Emma avvicinandosi al pirata.
 
Le loro labbra stavano per toccarsi, quando Henry scese dalle scale per chiedere loro qualcosa. Aveva le mani dietro la schiena come a voler nascondere qualcosa.
 
- Scusate l’interruzione, ma ho una domanda da fare.
- Spara ragazzino – disse Emma.
- Quando lo diremo ai nonni?
- Pensavamo domani a cena.
- Benissimo, allora Killian ti converrà prendere questo – disse Henry porgendogli un elmetto da minatore.
- E questo dove l’hai preso – disse Emma.
- Me lo ha dato Brontolo, ma non è questo il punto. Avanti Killian prendilo.
- Cosa dovrei farci esattamente?
- Tenerlo a portata di mano quando darete la bella notizia al nonno
- Henry – disse Emma ridendo – ma non ce ne sarà bisogno.
- Non darle retta Killian, tu portalo comunque. In fondo ti ha già fatto fuori una volta e per molto meno.
 
Esplosero tutti e tre a ridere di gusto. Quello era sicuramente il modo migliore per concludere quella particolare e indimenticabile giornata.  


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Allora sapete qual è il mio problema di fondo? Più mi rivedo il finale di stagione (che sto consumando in una maniera a dir poco indegna) più mi escono fuori shot dove tutto quello che voglio è semplicemente lasciare questi due insieme. E li voglio carini e coccolosi a passare la loro quotidianità. Anche per questo mese ho deciso la formazione a quattro visto che era tanto piaciuta. Sì lo ammetto non ho saputo resistere alla tentazione e ci sono ricascata ancora. Per ora posso dirvi che quasi sicuramente ritornerà per la shot di settembre, ma nelle prossime non lo so, dipende da come mi assiste la Musa. Tra poco più di un mese ricominciano le riprese e io sono sempre più curiosa, di capirci qualcosa in più.
Buonanotte Buongiorno o buonpomeriggio a seconda dell'ora (mi sento tipo nel truman show).
Grazie come sempre per le vostre recensioni, per i vosstri inserimenti e le vostre letture silenzione #graziegraziegrazie
Un bacione e a presto :*
Persefone

 

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Capitolo 7
*** Luglio: Beach Stuff ***


Luglio: Beach Stuff
 
Quando Killian scese a fare colazione quella prima mattina di luglio, trovò Emma e Henry in cucina e intenti a preparare dei panini.
 
-Buongiorno Capitano! – lo accolse Henry non appena lo vide comparire sulla porta – Pronto per salpare?
- Buongiorno ragazzo, dopo un buon caffè nero, lo sarò sicuramente – gli rispose scompigliandogli i capelli.
 
Il pirata poi si avvicinò alla sua Emma e le stampò un delicato bacio su una guancia.
 
- Buongiorno anche a voi, amori miei.
- Ben svegliato dormiglione, lì c’è il tuo caffè – disse Emma indicando la tazza sul top della cucina.
- Cosa succede stamattina? – proseguì il pirata dopo aver buttato giù un po’ di caffè – come mai tutto questo fermento?
- Be’ – rispose Emma – visto che è ufficialmente iniziata l’estate e visto che siamo tutti insieme, ho pensato che sarebbe stato carino trascorrere una giornata al mare.
- Esatto! – disse Henry entusiasta – io adoro le giornate al mare! Mamma vado a vedere se abbiamo caricato tutto in macchina e torno!
 
Emma seguì con lo sguardo suo figlio uscire e correre verso il maggiolino. Killian la strinse a sé ancora più dolcemente.
 
- Ne sei sicura? – le chiese accarezzando la sua pancia – Ti sei alzata molte volte per le nausee stanotte e non credo tu abbia dormito molto. Non voglio che ti stanchi.
- Non sono stanca e mi sento bene. E poi lo avevo promesso ad Henry.
- Henry capirà se non te la senti.
- Killian, ti prego. Oggi sarebbe il compleanno di Neal e non voglio che trascorra questa giornata rimuginando sul passato o su quello che sarebbe potuto succedere. So che ti sto chiedendo molto, soprattutto ora, con un pargolo in viaggio, ma voglio che Henry passi una giornata serena, circondato dall’affetto delle persone che lo amano. E sai benissimo che anche tu sei uno di questi.
- Ma certo, tesoro, non avevo collegato che giorno fosse. Solo promettimi che non ti strapazzerai troppo e se non ti senti bene, torniamo a casa in men che non si dica.
- Andata – disse Emma sorridendo.
 
Henry tornò in cucina ancora più eccitato di quando era uscito.
 
- Bene – disse a sua madre e al pirata – in macchina c’è tutto, ombrellone e borsa del mare. Da mangiare è pronto, io sono pronto, mancate solo voi due, cosa aspettate?
- Non capisco cosa vuoi dire Henry e poi perché indossi dei pantaloncini così colorati e corti?
- Quello, - disse Emma ridendo – si chiama costume da spiaggia e ho la vaga sensazione che dovrai indossarlo anche tu.
- Cosa?
- Avanti seguimi di sopra, anche io devo finire di vestirmi.
 
Dieci minuti dopo, Killian si ritrovò nuovamente in corridoio indossando anche lui un paio di pantaloncini corti molto vistosi, una maglietta a mezze maniche e uno strano paio di occhiali scuri sul naso. Ancora perplesso, stava osservando la sua immagine riflessa nello specchio dell’ingresso.
 
- Sappi che mi sento davvero ridicolo conciato così! E poi che razza di scarpe mi hai dato?
- Sono delle ciabatte e ti saranno davvero utili in spiaggia, molto più dei tuoi stivaletti. Davvero ti senti ridicolo? – disse Emma scendendo gli ultimi gradini della scala che portava al piano superiore.
- Incredibilmente
- Uhm – disse Emma avvicinandosi a lui – io invece devo ammettere che se anche il nero e la pelle ti donano ed esaltano il tuo tenebroso piratesco fascino, anche così non sei niente male.
- Wow a cosa devo l’onore di tutti questi complim …
 
Come Hook vide Emma rimase senza parole. Indossava un leggero abito scollato lungo fino al ginocchio e un grande cappello di paglia. Era la prima volta che la vedeva andare in giro così scoperta.
 
- E tu dove vorresti andare vestita così?
- In spiaggia, ovviamente.
- Temo che sarà una lunga giornata per me.
- Ma smettila – disse Emma avvicinandosi alle sue labbra.
 
Le avevano quasi unite quando il cellulare di Emma vibrò per l’arrivo di un messaggio.
“Allora, cosa state aspettando? Io sono già in macchina!”

Emma sorrise.
 
- Henry reclama la nostra presenza.
- Non facciamolo attendere allora.
- Bene muoviamoci prima che ci venga a cercare di persona. Ti dispiacerebbe prendere la borsa dalla cucina? Sai che non posso portare pesi …
- Ma certo amore.
 
Emma aveva guidato il maggiolino per una buona mezz’ora prima di raggiungere la spiaggia. Dopo aver parcheggiato, lasciò che i maschietti di casa si dedicassero a scaricare la macchina.
 
- Ma siamo sicuri che servano tutte queste cose? – chiese Hook perplesso
- Ma certo – rispose Emma – e non scordarti l’ombrellone, nelle mie condizioni non posso espormi troppo al sole.
- Agli ordini capitano – rispose Hook divertito.
 
Quando furono pronti si diressero verso la spiaggia. Il pirata rimase colpito da come tutta quella gente stesse sdraiata al sole … quasi completamente nuda? Sia donne che uomini sembravano così a loro agio. Scelsero un posto vicino alla riva in modo che la brezza marina potesse dare sollievo dalla calura estiva.
 
- Benissimo. È ora di piantare l’ombrellone.
- Di fare cosa? – chiese il pirata
- Bisogna piantare l’ombrellone Killian – ripeté Henry ridendo
- Ti ricordo che a un mozzo non è permesso canzonare il suo capitano, specialmente quando non ha la minima idea di cosa stiate parlando
- Scusa Killian – riprese Henry – è che a volte mi dimentico che hai più di trecento anni e che non sei avvezzo alle stranezze del mondo moderno. Dobbiamo scavare una buca e piantare l’asta dell’ombrellone. Deve essere profonda in modo tale che non possa volare via in caso di vento. Poi lo apriamo e lo infiliamo nell’asta che abbiamo piantato a terra. Guarda ti faccio vedere.
- E tu dove hai imparato queste cose?
- Mai sentito parlare di campi estivi?
- No.
- Lascia stare.
 
Due minuti dopo anche il loro ombrellone era pronto per affrontare l’intera giornata. Emma si era fatta portare un lettino dal bagnino e stava distribuendo gli asciugamani da mettere a terra.
 
- Henry questo è tuo e questo invece è per te, Killian.
- Bene mamma – disse Henry sfilandosi la maglietta – io vado subito a farmi un bagno
- Va bene ma non allontanarti troppo – riuscì a dire Emma prima di vederlo correre verso la riva.
- Amore, gli permetti di andare in girò così? Mezzo nudo.
- Certo Killian, siamo in spiaggia – disse Emma sfilandosi il vestito
 
Come Killian la vide compiere quel gesto e rimanere in quella che per lui era sempre stata la biancheria intima, anche se questa era meno trasparente e più colorata, le si avvicinò velocemente, avvolgendola nel suo asciugamano.
 
- Ehi cosa diavolo stai facendo?
- Come cosa sto facendo?
- Lo so che sono un po’ all’antica, ma credevo che anche in questo mondo alcune cose fossero un privilegio esclusivo della persona con cui si sta. Cosa diavolo ti passa per la testa?
- Killian ma cosa stai dicendo? Tutti qui sono in costume da bagno. Tutte le donne indossano un bikini. Perché non ti togli la maglietta anche tu e ti rilassi?
- Rilassarmi? E come potrei? Non permetterò che qualcun altro possa vedere quello che io ammiro ogni volta che mi stendo al tuo fianco.
 
Emma rise di gusto, Hook era diventato tutto rosso e non sembrava avere la minima intenzione di lasciare l’asciugamano con cui l’aveva avvolta.
 
- Andiamo capitano, tranquillo non c’è niente da temere.
 
Quando Henry tornò dalla riva, vide un corrucciato Killian seduto sull’asciugamano e sua madre, con un pareo in vita, intenta a leggere un libro.
 
- Killian perché non vieni a fare una nuotata con me? Il mare è limpidissimo.
- Sì, vai. Resto io qui a controllare le nostre cose.
- Sicuro?
- E dai! – disse Henry tirandolo per il braccio – scommetto che potresti insegnarmi un sacco di cose sul nuoto. Non farti pregare.
- Vai tranquillo, non mi succederà niente. – lo incoraggiò Emma.
- Bene allora. Ragazzino il tempo di togliermi questo uncino e sono da te. Sai non vorrei mai che si arrugginisse.
- Bene!!!!! Ti aspetto in riva.
 
Hook lanciò un ultimo sguardo in direzione di Emma che ricambiò sorridendo ancora una volta. Non appena vide il suo uomo dirigersi verso suo figlio, si mise gli occhiali da sole per guardare quello che stavano combinando. Li vide schizzarsi d’acqua e nuotare a largo spensieratamente e una mano andò istintivamente sulla sua pancia. Era tutto davvero bellissimo, non poteva chiedere davvero di meglio dalla vita.
 
- Cosa ci fa una bella donzella come voi tutta soletta?
 
Emma vide un uomo pararsi davanti al suo lettino porgendole un bicchiere di margarita.
 
- Ok Henry, mi arrendo, hai vinto!
- E chi lo avrebbe mai detto? Ho sconfitto Capitan Hook! Il più temuto pirata dei sette mari! Camminerai sulla passerella della Jolly Roger che ora è mia!
- Non montarti la testa ragazzino – disse Hook afferrando Henry per la vita e tirandolo su – diciamo che hai vinto il primo round ma non la guerra. Vedremo se riuscirai a vincermi la Jolly Roger! E ora torniamo da tua madre, è meglio non lasciarla troppo sola.
 
Avevano appena messo piede sulla riva, quando Hook vide che qualcuno stava importunando Emma. Era seduto sul bordo del suo lettino e non sembrava minimamente intenzionato ad andarsene.
 
- Chi è quell’uomo Killian? – chiese Henry
- Lo scopriremo presto – disse avvicinandosi a grandi passi verso Emma.
 
Emma stava cercando di liberarsi di quel rompiscatole prima che Hook ed Henry tornassero dalla riva.
 
- Sei sicura che non vuoi bere? Non ci ho messo niente dentro, giuro.
- Sono sicura e ora ti prego di andare via. Sto aspettando qualcuno.
- Non le sai dire le bugie, chi mai potrebbe lasciare uno splendore come te sola?
- Ascoltami sei molto divertente, ma sono sicura che qualcun’altra sarà sicuramente più accondiscendente di me.
- Ma nessuna è bella come te – disse il tipo cercando di sfiorarle una gamba.
- Ti consiglio di tenere le mani a posto, o la collera del mio compagno sarà la cosa meno dolorosa che potrebbe capitarti.
 
Quando Hook vide quello allungare la mano, fece gli ultimi metri che lo separavano da Emma più veloci di un centometrista olimpico.
 
- Che succede qui? – disse in tono imperioso – Cosa vuole questo rompiscatole, Emma?
- Stava giusto andandosene, vero? – disse Emma rivolgendosi allo sconosciuto.
- E questi chi sono, splendore? Tuo fratello e tuo nipote? – disse l’uomo ridendo.
- Fratello? Amico ti consiglio di lasciarla in pace. È della mia donna che stai parlando.
- La tua donna? – ripeté l’uomo confuso
- Sì e per la cronica porta in grembo mio figlio. Non credo che abbia voglia di bere alcolici con una pulce come te e ora vedi di sparire!
- Io … scusate … non avevo … - disse l’uomo allontanandosi.
- Lo vedi Swan, dovrò passare l’intera giornata a farti la guardia. Sei troppo bella in costume.
- Calma capitano, non è successo niente e poi credimi anche tu mieti vittime in costume. Quel gruppo di ragazze non ti schiodava gli occhi di dosso.
 
Arrivò l’ora di pranzo e i tre decisero di mangiare i panini che avevano preparato quella mattina.
 
- Buonissimi questi sandwich Swan – disse Hook addentando il panino.
- Mamma, che ne dici di una partita a racchettoni una volta finito?
- Andata ragazzino.
 
Raccolsero tutti i resti del pranzo in una busta e poi Henry tirò fuori dalla borsa due racchette e una pallina.
 
- Io sono pronto, mamma!
- Arrivo subito ragazzino! – disse Emma alzandosi dal lettino.
 
Stava per muovere il primo passo verso suo figlio, quando si sentì la testa pesante. Killian la vide barcollare e si fece subito vicino a lei.
 
- Ehi, tutto bene?
- Sì, è già passato, ma temo di non poter andare a giocare con Henry.
 
Il ragazzino si avvicinò immediatamente alla madre.
 
- Mamma, che succede?
- Niente tesoro, ma non credo di poter venire a giocare con te. Fa troppo caldo per me a quest’ora.
- Non fa niente, rimani sdraiata all’ombra.
- A proposito – disse Killian – cosa sono questi “racchettoni”?
- Sono una specie di tennis da spiaggia.
- Tennis?
- Si, hai presente gli Us Open del Grande Slam?
- Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando.
- Aspetta ti faccio vedere.
 
Henry cominciò a tracciare sulla sabbia un campo da tennis e iniziò a spiegare al pirata le regole del tennis. Emma si era addirittura prestata a far vedere a Killian quali erano i movimenti che doveva eseguire per prendere al volo la pallina.
 
- A racchettoni funziona uguale, solo che non abbiamo il campo e la pallina va presa al volo, senza rimbalzo.
- Mah, continua a sembrarmi una cosa bizzarra, ma possiamo provare.
- Mamma, guardaci e poi dì al capitano quello che non va.
 
Emma fece un gesto di assenso e lasciò i due allontanarsi verso il bagnasciuga.
Stavano giocando da una decina di minuti e Killian sembrava averci preso la mano, quando qualcosa attirò l’attenzione del pirata.
 
- Che succede Killian? – chiese Henry preoccupato
- Credo che un bel temporale stia per arrivare.
- Ma non ci sono tutte queste nuvole!
- Ascolta tu potrai sapere tutto di Tennis, grande slam e racchettoni, ma io conosco bene il mare e il cielo. Ti dico che tra una decina di minuti un bel temporale estivo ci darà un assaggio della sua forza, meglio andare.
 
Fecero appena in tempo ad arrivare al chiosco del bar con le loro cose che accadde proprio quello che Killian aveva predetto.
 
- Accidenti – disse Emma coprendosi con un asciugamano – ora non possiamo fare altro che aspettare che spiova.
- Pare proprio di sì, amore. Ma dov’è Henry? – disse il pirata guardandosi intorno.
- Era proprio dietro di noi – disse Emma con filo di preoccupazione nella voce
- Guarda, è lì – disse Hook indicando il ragazzino fermo sul ciglio del chiosco osservando la pioggia cadere.
- Oh no – disse Emma – sta pensando a suo padre … quello che volevo esattamente evitare. Devo …
- Emma siediti ci penso io.
- Non posso chiederti una cosa del genere Killian.
- Non me lo stai chiedendo, infatti, ma sono io che lo sto facendo di mia spontanea volontà.
 
Hook fece sedere Emma e poi si diresse verso il bancone del bar.
 
- Se la memoria non mi inganna, il Rocky Road dovrebbe essere uno dei tuoi gusti preferiti – disse Hook porgendo a Henry un cono gelato.
- Vero.
- Cosa succede ragazzo? Come mai sei diventato così silenzioso all’improvviso?
- Veramente …
- Coraggio – disse il pirata sedendosi vicino a lui con e iniziando a mangiare il suo cono – sai che puoi dirmi tutto.
- Lo so, ma questo, non so se …
- Spara senza paura, se posso aiutarti.
- Sai che oggi sarebbe stato il compleanno di mio padre?
- Sì lo so – disse Hook abbassando gli occhi.
- Ho cercato di non pensare a questa cosa tutto il giorno. Ma poi questa pioggia …
- Già la pioggia.
- Mio nonno mi ha raccontato che il giorno in cui mio padre è nato pioveva. Così non ho potuto fare a meno di pensare a lui.
- È vero. Questo particolare me lo ha raccontato anche Milah una volta.
- Posso chiederti una cosa, ora che mamma non può sentirci?
- Certamente.
- Molte cose di papà me le ha raccontate mio nonno. Ma c’è una cosa che mi incuriosisce. Cosa diceva di lui mia nonna Milah?
 
Hook rimase per un momento senza parole, tutto si sarebbe aspettato che quella domanda.
 
- Oddio Killian, scusa. Forse sono stato inopportuno. Perdonami, non volevo riaprire una ferita e so quanto ami mamma, quindi fai finta che non ti abbia chiesto niente.
- Milah mi diceva sempre che Bae era un ragazzino vivace – disse Hook dopo un momento di pausa – era curioso e sveglio proprio come te. Mi ha raccontato che quando era piccolo adorava fare il bagno nel lago vicino casa. Era un ragazzino sveglio e intraprendente. Sapeva sempre ottenere quello che voleva. Milah me ne parlava sempre e anche lei come te, non poteva fare a meno di pensare a suo figlio il giorno del suo compleanno o nei giorni di pioggia.
- Amavi molto mia nonna vero?
- Henry …
- Hai di nuovo ragione, scusami non volevo essere inopportuno. È che so così poco delle mie origini. E a volte so essere un grande egoista perché pur di sapere non mi preoccupo di riaprire quello che il passato ha sigillato.
- Ascolta io ho amato immensamente tua nonna. Quando è successo quel che è successo credevo che non sarei più stato in grado di amare qualcuna. E poi è arrivata tua madre – Hook si voltò verso Emma che era seduta qualche tavolo più in là – è normale che tu voglia sapere. Quello che voglio che tu capisca è che io non ho nessun rimpianto verso il passato, perché adesso siete voi la mia famiglia.
- Anche se non ci fosse la mia sorellina o fratellino in viaggio?
- Ovviamente Henry. Noi tre saremo sempre indissolubilmente legati e la piccola o il piccolo non farà altro che rinsaldare ancora di più questo legame.
- Grazie Killian – disse Henry abbracciandolo – per non essere mai andato via e per tutto quello che fai per noi.
- Henry …
- Non era per niente scontato. E non ho mai avuto l’occasione di dirti che mi è dispiaciuto molto quello che ti ho detto quando ero sotto l’effetto della maledizione dello specchio in frantumi.
 
Tutti e due non poterono fare a meno di ripensare a quell’episodio. Henry era chiuso nell’ufficio di Regina e Rumple aveva ordinato a Killian di portargli suo nipote.
 
- Henry, so che sei lì amico – disse Killian cercando di entrare nell’ufficio di Regina – Ho bisogno che tu venga con me adesso.
- Non esiste che io vada da qualche parte con uno sporco pirata.
- Sporco? Mi lavo molto spesso, grazie tante.
- Non mi sei mai piaciuto e mi piaci ancora meno ora che tu e mia madre state insieme.
- Emma ha usato quella parola? “Insieme”?
- Vattene!
- Ok devo portarti al sicuro. Non mi lasci altra scelta – Hook aveva rovesciato una pozione sulla porta affinché si aprisse – sto entrando.
 
E poi il pirata era scivolato sulle biglie che il ragazzino aveva messo davanti alla porta. Come Hook fu finito gambe all’aria, Henry era scappato fuori.
 
- Henry! – aveva gridato un dolorante Hook mentre stava cercando di rialzarsi – Sto solo cercando di fare ciò che è meglio per te!
 
Si guardarono un momento e poi esplosero in una fragorosa risata.
 
- Non c’è nulla di cui scusarsi Henry. So bene che eri sotto l’effetto della maledizione. E poi credo che sarebbe stata una reazione normale, in ogni caso sono felice di vedere che sono riuscito a farti cambiare idea.
- Voi due – disse Emma – avete finito di parlottare? Il temporale è passato. È meglio tornare a casa per cominciare a farci le docce.
 
Killian ed Henry si voltarono verso Emma.
 
- Bene amore, allora muoviamoci.
- Che ne dite se stasera ci andiamo a fare una mangiata da Granny? – chiese Henry
- Mi pare un’ottima idea! – disse Emma.
- Evvai – disse Henry – dico a mamma di raggiungerci con Robin e Roland. E mamma potresti avvertire i nonni?
- Ma certo.
 
Killian prese Emma per mano e poi si avviarono tutti e tre verso il maggiolino. Il sole si stava per colorare di arancio e il cuore del capitano era gonfio di una gioia che ormai non sperava più di meritare da tempo immemorabile.






ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui anche con la shot di luglio. Stavo finendo di correggere questo capitolo quando mi sono imbattuta nel film il rito e sapete com'è, tra i protagonisti c'è il nostro amato capitano e non ho potuto fare a meno di metterlo come sottofondo. Anche questo mese ho scelto la formazione allargata :D. Niente a me viene solo voglia di roba carina e coccolosa e mi sono arresa al fatto di arrendermi a questa tendenza XD. Lo so che una giornata al mare è un po' scontato ma la prima immagine che mi è venuta in mente era quella di Hook che copriva Emma in costume, mi ha fatto ridere e ho deciso di costruirci intorno l'intera shot ;P. Detto questo come sempre grazie a tutti voi che leggete, recensite e inserite.Spero che sia di vostro gradimento come le altre. Mi metto a lavorare anche al prossimo capitolo della long e spero di postare presto.
Grazie ancora e un bacione grande
Persefone

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Capitolo 8
*** Agosto: An Everlasting Love ***


Agosto: An Everlasting Love
 
Henry, Snow e David sono andati via da pochi minuti. Henry ha chiesto di dormire qui, ma Emma non ha voluto sentire ragioni. Dopo aver cenato con noi, è tornata a chiudersi in camera e da lì gli ha gridato di andarsene quando era salito per chiederle di poter rimanere. Ero andato su anche io per cercare di dare man forte al ragazzo, ma Emma non ha dato ascolto a nessuno dei due. Ho visto bene il rammarico sul suo giovane volto mentre si stava avviando con i suoi nonni verso casa. Appena sono usciti dal viottolo, sono tornato alla sua porta per cercare di farle cambiare idea, ma è stato tutto inutile. Non ha voluto farmi entrare, così sono sceso in cucina a farmi un caffè.
È passata più di una settimana da quando siamo riusciti a estirpare l’oscurità dalla sua anima. Credevo sarebbe tornata la Emma di sempre, la mia Emma, ma, dopo il primo momento di gioia, il peso di quello che ci aveva fatto e il conseguente senso di colpa l’hanno schiacciata completamente. Si è rifugiata in questa villetta che da sulla spiaggia senza voler vedere più nessuno. In un primo momento aveva sbattuto la porta in faccia anche a me e allora io mi sono accampato davanti alla sua porta. Il terzo giorno mi ha aperto e da allora cerco di prendermi cura di lei come posso, quando me lo permette e se me lo permette. Il fatto che mi abbia accettato in casa, non fa di me una persona speciale o più meritevole degli altri: semplicemente sono caduto nell’oscurità con lei, ma in qualche modo sono riuscito a rialzarmi e trascinarla con me in salvo. So bene come ci si sente quando smetti di nutrirti di oscurità e vendetta: il rimorso e il senso di colpa sembrano un buco nero senza fine. So che si sente esattamente così, l’ho letto nei suoi occhi una delle rare volte che mi ha lasciato entrare in camera per consolarla. Diciamo che da quando sto in casa, sono più le volte che ho dormito sul divano che quelle in cui ho dormito insieme a lei, ma va bene anche questo. Ho capito che la mia presenza la rassicura in qualche modo e anche se sono al piano di sotto è per lei un punto fermo. Non mi tiro indietro di fronte a ciò, anzi.
 Pensare che le prime volte si chiudeva a chiave dentro. Mi sono imposto affinché non lo facesse più. La mia paura era di non poter intervenire qualora avesse avuto bisogno di aiuto. Le ho anche esposto le mie paure ma lei ha continuato imperterrita. L’ultima volta che lo ha fatto, le ho detto che avrei buttato giù la porta a spallate se avesse usato ancora quella maledetta chiave. Siamo riusciti a raggiungere un accordo alla fine: lei non chiude a chiave ed io non entro se la porta è chiusa. Il nostro accordo funziona abbastanza bene, ma a me non basta più. Non posso rimanere passivo e guardarla consumarsi in questo modo. Devo fare qualcosa assolutamente: questa storia deve finire. Non è punendo se stessa e le persone che ama, e che la amano a loro volta, che espierà le sue colpe.
Ricordo bene quello che mi ha detto David quando mi ha trovato sconvolto dopo la sua fuga dettata dalla vergogna.
 
- Emma deve capire che è sempre possibile redimersi. Snow ed io lo sappiamo bene, ci siamo passati prima di lei. Tutto quello che deve fare è credere che può guadagnarsi il perdono e non lasciarsi paralizzare dal rimorso. Dopo la faccenda dell’uovo, noi ci siamo riusciti scegliendo di essere la migliore versione di noi stessi e decidendo di diffondere speranza e fede ogni giorno. Questo ci ha dato la forza di ripercorrere la strada indietro, verso quello che eravamo e rappresentavamo per gli altri. Questo, però, lo sai bene anche tu: percorrere quella strada non è facile ma sicuramente non è impossibile.
 
Non sono bravo come David con le parole, sono un pratico uomo di mare che crede innanzitutto ai fatti. Non pretendo di farla guarire in un lampo, quello che vorrei è semplicemente strapparla al suo dolore per un paio di ore, niente di più. Le mie gambe si rifiutano di rimanere ancora in questa cucina, è giunto il momento di agire. Guardo l’orologio sulla parete di fronte a me: mancano pochi minuti a mezzanotte e fuori la notte è tranquilla. Come ho detto la villetta dà sul mare ed è piuttosto isolata: un’idea si sta facendo strada nella mia testa e voglio provare a metterla in pratica. Non so se è una buona idea, l’unica cosa che so è che voglio provarci, devo provarci.
Lascio la tazza di caffè sul tavolo e mi dirigo verso le scale. Le salgo con il cuore in gola. Arrivo davanti alla sua porta e mi preparo a bussare, quando mi accorgo che è socchiusa. Il cuore mi martella ferocemente sullo sterno: se l’ha lasciata aperta vuol dire che posso almeno entrare. Busso lo stesso per annunciarmi nel caso avesse ripensamenti dell’ultimo momento. Non sento nessuna risposta e, dato che chi tace acconsente, mi decido ad entrare. La trovo alla finestra, seduta sulla panca con i cuscini che ho messo sotto di essa proprio qualche giorno fa. Ha il naso all’insù e la sua bionda chioma brilla all’argentea luce della luna. Osserva le stelle in maniera così intensa e concentrata che potrei rimanere a guardarla per ore, è magnifica. Fragile e forte allo stesso tempo. Ho un tuffo al cuore: ho sistemato così quella panca perché nella cabina della Jolly Roger c’è una cosa simile e più di una notte l’ho trovata a rimirare il firmamento con un dolce sorriso stampato sul viso che mi invitava ad unirmi a lei.
Mi avvicino con una calma che dentro non ho. So bene che forzarla o innervosirla sarebbe controproducente, ma voglio sentire la sua melodiosa voce pronunciare anche solo il mio nome di uomo.  Non resisto e mi butto.
 
- Cosa fai Emma? – chiedo cauto.
- Niente di particolare. È una bella nottata e ora capisco bene perché ti piace dormire con il rumore delle onde e il profumo della salsedine. Calma più di qualunque sonnifero inventato dall’uomo.
 
I miei occhi corrono alla boccetta di sonniferi sul suo comodino. Odio quelle dannate pillole, la fanno dormire molto e la stordiscono troppo. Non mi piace quando le prende. Per fortuna non è successo spesso e  Whale mi ha istruito per bene sul loro dosaggio, sui loro effetti e cosa fare in caso di emergenza.
Sento che la connessione tra noi si è in qualche modo ristabilita: è il momento di cercare di mettere in pratica la mia idea cui lei ha involontariamente offerto il fianco.
 
- Che ne dici se andiamo a goderci queste cose dal vivo? – dico tutto d’un fiato per paura che mi manchi il coraggio all’improvviso.
- Io … sai che uscire è l’ultima cosa che voglio.
- Ma l’odore della notte da un tocco ancora più magico alle stelle e al profumo del mare.
- Da quando in qua la notte ha un odore?
- Da sempre. In mare lo senti come cambia e a volte non hai bisogno dell’orologio per capire che ora è. Quindi seguimi e lo scoprirai.
 
Le tendo la mano affinché mi segua fuori. È titubante ma io spero che lo faccia. Quando questo accade, sento la speranza accendersi dentro di me. La tiro su e la guardo un momento prima di trascinarla giù per le scale. Cerca di oppormi una benevola resistenza, ma alla fine mi segue docilmente. Come siamo fuori dalla porta di casa, mi fermo e prendo un respiro profondo. Con la coda dell’occhio vedo Emma fare lo stesso. Nell’aria il profumo della salsedine si mescola con quello della lavanda che cresce nella siepe vicino alla casa.
 
- Allora, è questo il profumo della notte?
- Uno dei tanti.
 
Intrecciamo le dita e comincio a muovermi verso la spiaggia ma sento che Emma non vuole seguirmi.
 
- Coraggio amore, sei uscita dalla porta. Andiamo a fare una passeggiata.
- Lo sai benissimo che non voglio incontrare nessuno in questo momento.
 
 Sento che sta per chiudersi nuovamente a riccio e lasciarmi fuori dal suo guscio. Non posso permetterlo, non ora che ho visto un granello di speranza nei suoi occhi.
 
- È mezzanotte passata – rispondo – chi vuoi che ci sia in giro a quest’ora? Al massimo ci sarà il granchio Sebastian e il pesce Flounder! Scherzi a parte, ci avviamo oltre le siepi di ortensie, dove non ci sono più case. Così non corriamo rischi. Ho le chiavi in tasca e non hai nessuna scusa per dirmi di no.
- Ok, mi arrendo, ma non allontaniamoci troppo.
 
Sulla staccionata che delimita i confini della villetta c’è un telo da mare, Henry deve averlo lasciato ad asciugare oggi. Lo prendo in caso ci sia molta umidità. Emma lo guarda con occhi tristi. Sa che è di Henry e anche se non è voluta scendere oggi, so che ci ha visti dalla finestra.
Non me lo faccio ripetere due volte e comincio a camminare sulla sabbia. È agosto e il caldo si sente. Camminiamo in silenzio per un tratto. Non voglio forzarla ulteriormente: il semplice fatto che mi abbia seguito già è un enorme passo in avanti. Voglio che sia lei a cominciare a parlare, ad aprirsi, a sfogarsi.
 
- Allora, come se la cava Henry con la tavola da surf?
- Ti prego, non trattarmi da stupido. So bene che ci hai guardato dalla finestra tutto il giorno. E comunque gli manchi da morire.
- Lo so. Lo stesso vale per me.
- E allora perché non vuoi che resti?
 
Si ferma e mi guarda negli occhi stizzita.
 
- Killian, dopo tutto quello che ho fatto, il male che ho sparso intorno a me, hai il coraggio di domandare perché? Ancora mi chiedo il motivo per cui anche tu non te la sei data a gambe levate dopo tutto il casino che ho provocato, dopo la voragine in cui ti ho risucchiato.
 
Non le permetto di continuare e la stringo a me senza troppi complimenti. È la prima volta che me lo permette perché, nonostante viva sotto il suo stesso tetto, non ha più voluto essere toccata.
 
- Non le devi neanche pensare queste cose – dico affondando il viso nei suoi capelli e respirandone il profumo – non ti lascio sola in questo momento. So che tolleri la mia presenza perché provi un po’ meno vergogna: io ho scelto di seguirti su quella strada di mia spontanea volontà. Quello che voglio tu capisca bene è che sarai sempre la mia Emma e il mio compito è quello di proteggere il tuo scintillante cuore. Ho giurato a me stesso che non ti avrei mai delusa e non ho la minima intenzione di tirarmi indietro proprio ora. Odiami se la cosa ti fa stare meglio, io non smetterò mai di esserci per te.
 
Sento le sue braccia ricambiare la mia stretta e la maglietta che indosso inumidirsi di lacrime. Sto per parlare ancora ma lei mi precede.
 
- Come potrei mai odiarti Killian Jones? Mi sei sempre stato accanto nel bene e nel male senza paura. Ma mi chiedo, nonostante tutto quello che ti ho fatto vedere, mi vuoi davvero ancora? – ha la voce incrinata.
 
La stringo ancora di più. È ovvio che quello che provo per lei non è stato minimamente scalfito dall’oscurità, anzi a dir la verità si è solo rafforzato.
 
- Io ti vorrò sempre Emma Swan. Io ti amo infinitamente, te lo vuoi mettere in testa una buona volta?
 
Ha il viso affondato sul mio petto, ma non appena finisco di pronunciare queste parole, torna ad alzare lo sguardo su di me. Dio, quanto mi sono mancati i suoi occhi piantati nei miei. È seria ma resoluta.
 
- Anche io ti amo Killian e non so come esprimerti la mia gratitudine nel volermi ancora accanto a te.
 
Torna a poggiare la testa su una delle mie spalle. Rimaniamo fermi per paura che quel selvaggio istante di sincerità possa svanire da un momento all’altro.
 
- So che conosci bene la strada che sto faticosamente percorrendo, quindi dimmi capitano, come superavi questi momenti quando eri solo sulla tua nave nel mezzo dell’oceano?
 
La domanda mi spiazza alquanto, ma la mia testa si mette subito in moto. So esattamente cosa risponderle. Invece di raccontarlo a parole, comincio a togliermi la maglietta a mezze maniche e i pantaloncini. Ho ancora sotto il costume. Mi guarda spaesata. Apro leggermente il telo che ho in mano e ci poggio sopra i miei vestiti e l’uncino. Quando ho finito, comincio a dirigermi verso la riva.
 
- Cosa stai facendo?
- Mi vado a fare un bagno al chiar di luna. Questo facevo quando le notti sulla mia nave sembravano insopportabili. Ti butti con me?
 
Emma mi guarda e solo in quel momento mi rendo conto che potrebbe non avere il costume sotto e quindi non può effettivamente seguirmi in acqua. Sono un grandissimo idiota, avrei dovuto pensarci prima, ma ormai i giochi sono fatti. Con mio sommo stupore la vedo aprire la cerniera del suo vestito e sfilarselo. Ha il costume sotto e le sta benissimo. Posa i suoi indumenti vicino ai miei e poi mi raggiunge sulla riva.
 
- Volevo scendere stamattina – si giustifica – ma poi alla fine mi è mancato il coraggio, non so perché.
 
Le prendo la mano e arriviamo sul bagnasciuga. L’acqua ci bagna i piedi e la sento stringersi al mio braccio.
 
- Non dirmi che è fredda perché è un brodo.
- Un brodo … esagerato … e comunque un po’ freddina è.
- Lo sai cosa mi piaceva fare? Buttarmi senza bagnarmi prima: la sensazione dell’acqua sulla pelle asciutta ha sempre avuto un effetto rigenerante su di me. In un certo senso, mi faceva sentire ancora vivo.
- Non vorrai farlo ora vero?
- E invece sì. Conto fino a tre e poi ci buttiamo nell’acqua. Sei pronta? Uno … due … tre!
 
Comincio a correre per tuffarmi e tengo la sua mano salda nella mia. Si sta fidando e mi segue. Non la lascio nemmeno quando ci buttiamo in acqua. Appena riemergo vedo il suo viso bagnato e i lunghi capelli che le incorniciano il viso dolcemente. È ancora un po’ stordita, ma felice.
 
- Accidenti, è l’ultima volta che ti do retta pirata.
- E dai Swan, che ti è piaciuto – le dico attirandola a me.
 
La prendo per i fianchi e lei allarga le gambe per cingermi la vita con esse. Si stringe al mio corpo che subito risponde al calore che il suo emana nonostante sia bagnato. Non resisto più e la bacio. Il salato del mare si mischia con il salato delle lacrime. Più sento questo sapore più approfondisco il bacio. Emma stringe le braccia intorno al mio collo ed io la voglio più che mai, ma allo stesso tempo mi rendo conto che non posso correre troppo: questa notte è stata fin troppo indulgente con me, non oso chiedere di più.  Lascio la mano libera di correre sul suo corpo e lei me lo lascia fare, anzi ricambia e fa lo stesso. Sono così preso dalla gioia di toccarla, che mi accorgo solo con ritardo che sta effettivamente tremando ma non accenna a staccarsi da me.
 
- Emma, hai freddo?
- Un po’, ma non voglio lasciarti ora che ti ho ritrovato.
- Non essere sciocca, non mi hai mai perso.
 
La prendo in braccio e usciamo dall’acqua. La porto al punto dove abbiamo lasciato i nostri effetti personali. Prendo il telo e la avvolgo in esso. La friziono per fare in modo che senta meno freddo.
 
- E tu? Non hai freddo? – dice aprendo l’asciugamano.
- Io ci sono abituato. E poi ci mettiamo solo pochi minuti ad arrivare a casa. Mi asciugo una volta arrivati.
 
Mi prende di nuovo la mano e mi sorride.
 
- Avviamoci allora, non voglio avere anche una tua possibile polmonite sulla coscienza.
 
Ci abbiamo messo poco a tornare e ora davanti alla porta della sua stanza devo prendere congedo, il divano di sotto mi aspetta. Le stampo un sentito bacio della buonanotte sulla fronte e mi accingo ad andare al bagno del piano di sotto per finire di asciugarmi prima di coricarmi. Emma, però, mi tira per un braccio e mi fa cenno di entrare nella sua stanza. Mi sembra tutto troppo bello per essere vero e se è un sogno spero che nessuno mi svegli, mai più.
 
- Vieni, lascia che ti asciughi e poi perché non rimani qui con me?
 
La seguo docilmente in bagno e lascio che si prenda cura di me. Tira fuori un asciugamano dall’armadietto e comincia a strofinarmi la schiena e i capelli. Continua a sorridermi e a me sembra di toccare il cielo con un dito. Quando ha finito, torna nella stanza e sento che apre l’armadio: mi porta della biancheria pulita e un mio vecchio pigiama. La guardo sorpreso.
 
- Era qui per ogni evenienza sai … - si giustifica.
 
Mi alzo e la bacio ancora sulle labbra: è tornata da me e tutto il resto non conta.
Dopo aver infilato il pigiama, le lascio il bagno e vado a sdraiarmi sul letto. Mi giro dal suo lato e non vedo l’ora che anche lei si sdrai. Allungo la mano sul suo cuscino e lo accarezzo, mi è mancato tutto: anche i calci che involontariamente mi tira quando sta facendo un sogno particolarmente agitato. Ho appena finito di formulare questo pensiero, quando la vedo emergere dal bagno. Senza aggiungere altro si stende nel letto e si stringe al mio fianco. La accolgo tra le mie braccia e lascio che si sistemi in una posizione comoda. La sua pelle odora di lavanda e la cosa è inebriante.
 
- Domani mattina mi ricordi di preparare la stanza degli ospiti per Henry? Se viene voglio chiedergli di restare.
- Non te l’ho detto? Mi ha riferito che sarà qui per le 9 e vuole farti vedere quanto è bravo con il surf.
 
Sta cercando di nasconderlo nel buio ma il suo sorriso lo riesco a vedere chiaramente.
 
- Buonanotte Killian – dice sospirando
- Buonanotte Emma – le faccio eco.
 
Ringrazio la mia buona stella prima di addormentarmi: Emma ha imboccato la strada per tornare da noi. So che ci vorrà un po’ ma io ho tutto il tempo del mondo. Specialmente se si tratta di lei.
 






ANGOLO DELL'AUTRICE:
Devo fare una premessa: nelle mie originarie intenzioni questa raccolta di shot voleva essere carina coccolosa e romantica, cosa che sono riuscita a mantenere fino al mese di Luglio. Ora mi è uscita questa cosa un poì più tormentata: ho immaginato quello che potrebbe essere un post Dark Swan dove Emma deve imparare a vivere con i sensi di colpa per quello che ha fatto. Reagisce da Emma e inizialmente allontana tutti tranne Killian che è caduto con lei nell'oscurità. Le foto e gli spoiler dal set mi hanno influenzata, ma vi prometto che da settembre si torna allo zucchero e alla formazione allargata, ho già in mente cosa architettare :P
Come sempre grazie a chi ha la pazienza di leggere, recensire ed inserire nelle varie categorie #grazieperlassiduità
Un bacione e al prossimo mese
Persefone

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Capitolo 9
*** Settembre: Days of You and Me ***


 
"All the promises  at the sundow I met them like the rest
All the deamons used to come around I'm grateful they've left
So persistent in my ways, Angel I am here to stay"
​(Future Days, Pearl Jam)
 
Settembre: Days of You and Me
 
Casa Swan-Jones si era animata presto quella mattina. La suoneria della sveglia stava ricordando ad Emma che l’ora della poppata di Ginevra era infine giunta. La bambina si stava iniziando a svegliare nel suo lettino che era a proprio ai piedi di quello in cui stava riposando sua madre. Ancora assonnata, Emma allungò un braccio verso il lato di Killian. Era la prima cosa che faceva la mattina: cercarlo nel letto. La sua mano, però, stavolta andò a vuoto. Aprì immediatamente gli occhi e si girò verso la parte intonsa del letto: lui non aveva dormito con lei ed era la prima volta che accadeva da quando avevano iniziato la loro convivenza. Non ebbe molto tempo per soffermarsi sulla sensazione di vuoto causata dall’assenza del suo pirata che la piccola reclamò immediatamente le sue attenzioni materne e il suo biberon. La donna si alzò dal letto per accendere lo scaldabiberon sul comò, dove teneva le cose della piccola. La stanza della bambina era già pronta da un paio di giorni ed era ormai ora di abituarla a dormire sola. Ginevra era stranamente irrequieta, così Emma decise di coccolarla più del solito in attesa che il latte fosse pronto. Strinse la piccola tra le braccia e non poté fare a meno di constatare per la milionesima volta quanto assomigliasse al padre. Le sembrava di sentire gli occhi di Killian intenti a guardarle come faceva ogni mattina da sette mesi a questa parte. Il timer dello scaldabiberon la riportò immediatamente alla realtà. Si alzò nuovamente per andare a prendere un bavaglino e il biberon per poi sedersi nella sedia a dondolo, gentilmente regalata da Marco quando era nata la bambina.

- Bene amore mio, so che di solito sei abituata a fare colazione con tuo padre. Vi trovo sempre a giocare nel lettone quando torno di sopra con la tua colazione fumante. Stamattina, però, dovrai accontentarti di me.

Ginevra non ci mise molto a finire il latte: aveva l’abitudine di bere tutto d’un fiato senza mai mollare la tettarella che stringeva sempre tra le gengive quando qualcuno provava a sfilarla dalla bocca. Dopo un sonoro ruttino, era pronta per un bel bagnetto.
Emma stava finendo di asciugare la piccola, quando qualcuno bussò alla porta.

- Avanti! – disse tenendo ferma la bambina sul letto.

Henry fece il suo ingresso nella stanza con un vassoio colmo di delizie per la colazione. Lo posò sul letto e poi diede un bacio a sua madre e alla sua sorellina.

- Colazione in camera stamattina …
- Sì, al piano di sotto ci siamo dati da fare. Ho già preso la mia razione quotidiana di latte e cereali, mentre tu mangi io mi bevo la spremuta d’arancia.

Emma prese la sua tazza di caffè nero fumante e cominciò bere mentre Henry aveva quasi finito il suo bicchiere di spremuta.

- Ma non mangi mamma?
- Non ho molta fame, tesoro.
- Credo sia normale vista la giornata. Facciamo una cosa, porto giù il vassoio e torno a prendere Ginevra. Così hai il tempo di vestirla e poi puoi dedicarti a te senza pensieri.
- Grazie Henry, sei un tesoro!
- E un fratello maggiore!

Emma vide il suo primogenito sparire dietro la porta e il nodo che aveva in gola si fece più lento. Mise il pannolino alla bambina e un body intimo pulito. La sistemò nuovamente nel lettino per tirare fuori il vestitino che le aveva comprato. Era di tulle bianco con le scarpine in coordinato. Vestì la bambina e proprio mentre Henry stava rientrando, le mise un piccolo cerchietto con orchidee sui capelli color cenere.

- Ecco fatto, tesoro, sei bellissima.
- Davvero mamma!
- Come … procedono le cose sotto?
- Tutto pronto. Porto la bambina giù e poi salgo a vestirmi anche io. Mamma, inizia a prepararti anche tu, mi raccomando, anche se sei l’unica ad avere il diritto di farsi attendere.

Il ragazzo prese la bambina in braccio ed uscì per dirigersi al piano di sotto. Emma si guardò allo specchio della sua toeletta: quel giorno voleva essere davvero bella e quindi la prima cosa da fare era una doccia energizzante. Si avviò in bagno con l’intenzione di lasciare tutti (cioè Killian) a bocca aperta.
Al piano di sotto, Killian stava cercando disperatamente di annodarsi il cravattino dello smoking senza successo. Dopo aver preparato la colazione ad Henry e il vassoio da portare su, il ragazzo era stato così gentile da fermarsi per aiutarlo a prepararsi. Era stato piuttosto calmo fino a quel momento, ma quell’intoppo con il cravattino lo stava esasperando. Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto, alla fine decise di toglierlo: quel coso non gli piaceva proprio. Lo posò sul mobile dell’ingresso e si specchiò un momento. Aprì il colletto della camicia bianca di cui sbottonò i primi due bottoni. Meglio, molto meglio così, senza quella sorta di guinzaglio. Mentre fissava la sua immagine nello specchio, i suoi occhi si soffermarono sul divano su cui aveva passato la notte. Era stato strano svegliarsi senza sentire lo speziato profumo della pelle di Emma accanto a sé. Ma era stato irremovibile su questo e anche piuttosto all’antica: non potevano dormire insieme la notte prima del loro matrimonio. Emma non aveva voluto sentire ragioni però, sul fatto che dormisse fuori casa, non ce ne era alcun motivo e poi la sua presenza da Granny avrebbe insospettito tutti gli altri abitanti. E così Killian si era sistemato sul divano letto del salotto, portandosi giù tutto il necessario per vestirsi e lasciare Emma tranquilla nella camera.
La sera prima si erano salutati sulla soglia della loro stanza: Emma stringeva un’addormentata Ginevra tra le braccia.

- Mi mancherete stanotte – aveva detto lui sfiorando la testa della bambina.
- E allora vieni! Io non credo a queste cose, lo sai.
- Ma io sì e poi per una volta nella mia vita voglio fare le cose per bene. Direi che abbiamo già sconvolto abbastanza le tradizioni – aveva replicato lui con un sorriso.

Emma gli accarezzò dolcemente una guancia.

- Sai che non devi dimostrare niente a nessuno. E ti ho detto di sì a patto che la cerimonia fosse ristretta. Niente pompa magna o ricevimenti regali: solo te, io, i nostri figli, i miei genitori, Regina e Robin con il piccolo Roland.
- E così è stato organizzato amore. Granny ci ha riservato una saletta interna del suo Bed & Breakfast con ingresso indipendente, così da non attirare troppo l’attenzione.
- Bene. Spero che mia madre non si faccia prendere troppo dall’emozione domani mattina. E ora è meglio che vada a mettere questa lenza nel lettino, comincia davvero a pesare.
Non vorrai una sposa col mal di schiena domani mattina, vero?

Hook la baciò sulla fronte augurandole la buonanotte.

Killian vide Henry scendere con la bambina in braccio e dirigersi verso il box per farla stare buona.

- Stai benissimo Hook.
- Dici sul serio?
- Assolutamente. Hai fatto bene a togliere la cravatta, così sembri meno ingessato.
- Meno male perché non la sopportavo proprio.
- Vado a prepararmi io ora. Una cosa, il bouquet di fiori?
- Ci ha pensato tua nonna, ha insistito per regalarlo lei ad Emma. Mi ha detto che me lo avrebbe fatto recapitare a casa, quindi dovrebbe arrivare a momenti.

Proprio in quel momento si sentì qualcuno bussare alla porta.

- Questo deve essere il fattorino del padre di Belle. Vado ad aprire e tu vai a prepararti. Ricorda, tua madre deve essere l’ultima a scendere!

Quando il pirata aprì la porta di casa, si ritrovò davanti Snow nel suo vestito lilla da cerimonia e il bouquet di Emma in mano.

- Lo so – esordì la donna senza preamboli e porgendo i fiori al pirata – aveva detto che si sarebbe vestita da sola, ma io non ci riesco a starmene in macchina fuori senza niente da fare. Fammi provare a salire, è sempre mia figlia e vorrei condividere con lei questo momento.
- Sai com’è fatta Emma, ha il tuo caratterino.
- Fammi solo provare se non mi vuole me ne torno fuori senza discutere, giuro.
- Vai, ma dille che hai trovato la porta aperta, o mi lascerà ancora prima di avermi sposato!
 
Emma era uscita dalla doccia e stava fissando il vestito che aveva scelto con sua madre per la cerimonia. Dopo innumerevoli giri in tutti i negozi della città e quando aveva quasi perso le speranze di trovare il vestito giusto, lo avevano scovato in un piccolo negozio sul confine della città, durante una delle loro lunghe passeggiate pianificatrici. Era entrata nel negozio e aveva chiesto alla commessa di farle provare quel vestito bianco avorio con una vaporosa gonna a ruota che arrivava poco sotto le ginocchia. Mentre si stava cambiando nel camerino, stava esponendo a sua madre i suoi dubbi.
 
- Credi sia troppo semplice? Voglio dire, Killian mi ha vista sempre in jeans e magliette, dovrei indossare qualcosa di più sofisticato?
- Emma devi indossare qualcosa che ti faccia sentire bella e a tuo agio. Se ti sentirai così, Killian rimarrà senza fiato.
- Sto uscendo, mamma. Voglio un parere serio e spassionato.
 
Come Emma uscì dal camerino, Mary Margaret rimase senza parole. Il vestito era perfetto per sua figlia: aveva le spalline in pizzo bianco, tessuto con cui era foderato anche il corpetto. Stretto in vita, finiva con un’ampia gonna a ruota che arrivava fin sotto le ginocchia.
 
- Tesoro è perfetto. Lascerai Killian senza parole.
- Ne sei sicura?
- Assolutamente. Questo vestito sembra disegnato apposta per te.
- Mi piace molto in effetti. Allora lo prendo.
 
Emma aveva appena sfilato il vestito dalla stampella, quando sentì la porta della sua stanza aprirsi.
 
- Insomma Killian, non è carino spiare così! E poi porta male vedere la sposa prima!

Non appena si era voltata verso l’ingresso, vide il volto emozionato di sua madre.
 
- Mamma! Che cosa ci fai qui? Non si era detto che mi avresti aspettato fuori?
- Lo so, ma ti prego … non sono mai riuscita a fare niente per te. Lascia che ti aiuti.
 
Emma vide gli occhi di sua madre farsi lucidi. Non poteva negarle una cosa del genere.
 
- Ma certo, anzi sei arrivata al momento giusto. Aiutami ad infilare il vestito.
 
Dopo averla aiutata a vestirsi e salire sugli alti tacchi delle scarpe, Snow aveva truccato sua figlia con estrema cura: un po’ di matita sugli occhi, tanto rimmel, fard rosato e rossetto rosso. Aveva poi aiutato Emma a sistemare i capelli che decisero di lasciare sciolti.
 
- Ho trovato questo fermaglio – disse Emma tirandone fuori uno a forma di orchidea – è come quello di Ginevra.
- Che bello, si abbina perfettamente con il bouquet di fiori che ti aspetta al piano di sotto.
 
Snow appuntò il fermaglio sulla testa della figlia e si fermò a rimirarla un’ultima volta.
 
- Sei perfetta tesoro.
- Grazie mamma, spero che piaccia anche agli altri.
- Bene, io scendo e avverto tutti che sei pronta.
- Mi spruzzo un po’ di profumo e poi vi raggiungo.
 
Con la bambina in braccio, Killian stava aspettando nervosamente che la sua sposa scendesse. Henry era fermo vicino alle scale nel suo bellissimo vestito da cerimonia nero.
 
- Calmati Killian, mamma è sicuramente quasi pronta e sarà qui a momenti.
 
Come sentirono dei passi nel corridoio al piano di sopra, entrarono subito in agitazione.
 
- Dai a me la bambina. Non vorrai accogliere mamma così.
- Perché scusa?
- Oggi è il vostro giorno e devi avere occhi solo per lei.
 
I due uomini si disposero ai lati della scala in attesa. Quando comparve Snow sbuffarono entrambi per il nervosismo.
 
- Accidenti quanto siete affettuosi!
- Scusa nonna, ma siamo impazienti.
- Lo credo. Emma è pronta e sta per scendere. Dove sono i fiori?
- Eccoli – disse Killian prendendoli dal mobile dell’ingresso.
- Bene – replicò Snow sistemando la giacca del suo futuro genero – vi aspettiamo fuori.
 
La donna era appena uscita che dal piano di sopra si sentì il rumore di tacchi che si avviavano alla scala.
 
- Questa è lei! – esclamò Henry entusiasta.
 
Killian strinse forte il mazzo di orchidee: non era mai stato così nervoso in vita sua, a parte il giorno in cui era nata Ginevra. Come vide la sua figura emergere dalle scale sentì il cuore perdere un battito. Fu in quell’esatto momento che capì quanto fosse solido e profondo l’amore che li legava. Si avvicinò alla scala per porgerle la mano. La aiutò a scendere gli ultimi gradini e la baciò sulle guance.
 
- Buongiorno amore mio. Sei bellissima, un vero sogno.
- Anche tu sei bellissimo capitano e sono contenta che alla fine non hai messo il cravattino, sai che adoro il tuo lato anarchico.
 
Emma si avvicinò a Henry e baciò anche lui.
 
- Perfetto – disse il ragazzo – andiamo, sapete quanto il sindaco odi le lunghe attese.
 
Emma tirò fuori dalla borsetta i guantini di pizzo e poi uscirono di casa. Come furono nel giardino, i suoi e il piccolo Roland le corsero incontro, seguiti poi da Robin.
 
- Emma, sei bellissima – disse David – e ora permettimi di accompagnarti per lo meno alla macchina.
 
Quando giunsero davanti al municipio, Killian si precipitò ad aprirle la portiera. Affidarono Ginevra a Snow e poi si avviarono alla scalinata per raggiungere Regina.
La sala delle cerimonie era inondata da un caldo sole settembrino. Quando giunsero davanti al sindaco e la cerimonia ebbe inizio, si guardarono negli occhi. Per tutta la durata del rito si concentrarono l’uno sull’altra, scordandosi per la prima ed ultima volta di tutti gli altri.
 
- A seguito della vostra risposta affermativa io Regina Mills, sindaco di Storybrooke, dichiaro in nome della legge che siete uniti in matrimonio.
 
Scoppiarono gli applausi e gli abbracci verso i due neo sposi.
 
- Grazie Regina – disse Emma prendendo in braccio Ginevra che si stava agitando in braccio a David.
 
Mentre Emma stava ringraziando Robin e Roland ed Henry si divertiva a scattare qualche foto con Hook e la sorellina, Snow e David erano rimasti un po’ in disparte. C’era una cosa che ancora dovevano fare.
Dopo le foto di rito, la bambina cominciava a dare i primi segni di impazienza.
 
- Sì tesoro, mamma ora ti da il latte.
 - Vado a prendere io la borsa – disse Snow.
 
Emma mise la bambina nel passeggino aspettando il ritorno di Snow. David si chinò sulla sua nipotina e stampò un grosso bacio sulla guancia di sua figlia. Furono ben presto raggiunti da Hook e Henry. David prese la macchinetta dalle mani del nipote.
- Mettetevi in posa! – disse David scattando – questa me la prendo io!
Quando Snow tornò da loro, aveva in mano un biberon e una busta.
 
- Questa è per voi – disse Snow.
- Ma cosa significa?
- Avete detto niente regali. Ci abbiamo provato ma, ecco, alla fine abbiamo fatto i genitori.
 
Emma aprì la busta e ne estrasse una prenotazione a loro nome, per una settimana a partire da quel giorno, in un piccolo albergo sul confine est della cittadina, immerso tra i boschi.
 
- Mamma non possiamo accettare! Non posso partire così su due piedi!
- Perché no?
- Ma come perché? Abbiamo due figli, non possiamo mollarli così su due piedi.
- Henry può dormire da me – intervenne Regina.
- E io posso badare a Ginevra – disse Snow.
- Perfetto vedo che vi siete coalizzati.
- Emma, è tanto che non passate un po’ di tempo da soli e quando l’altro giorno abbiamo per caso sentito che volevate rimandare la luna di miele, non ce l’ho fatta a rimanere con le mani in mano.
 
Emma abbracciò sua madre e poi suo padre.
 
- Grazie, grazie davvero. Ma chiamateci se avete problemi con la bambina o se Henry ha bisogno di qualcosa.
 
Hook si avvicinò a David per stringergli la mano.
 
- Allora Hook, mi raccomando.
- Tranquillo David, nella peggiore delle ipotesi diventi nonno per la terza volta!
 
Esplosero tutti a ridere tranne David: quel pirata non avrebbe mai perso quel piglio da canaglia.
Dopo un’abbondante colazione nella saletta di Granny e la magica apparizione di due valigie nel portabagagli del maggiolino, Emma e Hook erano pronti per partire. Davanti alla tavola calda Emma stava facendo le ultime raccomandazioni a sua madre.
 
- Allora mamma, credo ci sia tutto nella borsa della bimba, mi spiace solo che domani devi andare da me a prendere altre cose …
- Emma, ora basta! Andate e divertitevi! Buon viaggio!
- Ci vediamo tra una settimana – disse Emma salutando tutti dal finestrino.
 
Emma stava guidando da quasi mezz’ora, non doveva mancare molto alla loro destinazione.
 
- Killian, dovremmo esserci, guarda sulla cartina … Killian?
 
Emma si girò verso l’uomo seduto sul sedile accanto a lei. Si era addormentato: la notte sul divano non doveva essere stata poi così comoda come aveva cercato di farle credere. Gli ravviò i capelli e proseguì fino all’albergo. Quando fermò il maggiolino nel parcheggiò, si chinò a svegliare suo marito.
 
- Capitano – disse baciandogli dolcemente il collo – siamo arrivati … svegliati …
 
Killian aprì gli occhi un po’ confuso.
 
- Mi … sono addormentato? …
- Come un sasso.
- Che bella figura …
- Un po’ vecchietto mi sei, te lo concedo.
 
Hook la guardò un momento perplesso. Uscirono dalla macchina e con i bagagli in mano si diressero alla reception dell’albergo. Avevano quasi ultimato la registrazione quando Emma si accorse di aver dimenticato il cellulare in macchina.
 
- Corro a recuperarlo! Per i bambini sai – disse dirigendosi verso l’uscita.
 
Come Hook rimase solo con la receptionist ebbe un’idea.
 
- Tesoro – disse il pirata alla centralinista – credi di potermi fare un favore?
 
Le porte dell’ascensore si erano appena chiuse che Hook si avvicinò invitante a sua moglie.
 
- Killian! Siamo in ascensore!
- Comprendimi tesoro, sono più di dodici ore che non ti ronzo intorno, è quasi un record e una tortura per me.
- Aspetta almeno che arriviamo in camera!
- E perché? Siamo soli qui …
-Il matrimonio ti ha fatto andare fuori di testa? Di solito dovrebbe fartela mettere a posto!
 
E l’apertura delle porte fece desistere Hook dai suoi poco casti intenti.

La loro stanza era davvero luminosa e dava proprio sul bosco. Posarono i bagagli e gli occhi di Emma caddero immediatamente su quello che c’era sul tavolo: una bottiglia di costosissimo vino rosso e una rosa dello stesso colore. Vicino un bigliettino su cui era scritto il suo nome con un’inconfondibile calligrafia d’altri tempi. Lo aprì con mani tremanti.
 
“Avevi una giacca rossa quando ti ho conosciuta, rosso era il vestito che indossavi la prima volta che ti ho fatto danzare un valzer e rossa era la rosa che ti ho portato la prima volta che siamo usciti insieme. Il rosso è il colore del nostro amore e del primo vino che berremo insieme nella nostra nuova vita.
Ti amo da morire,
 Killian”
 
 Emma si girò verso suo marito e corse tra le sue braccia con gli occhi pieni di lacrime.
 
- Accidenti a te, ti amo anche io da morire.
 
Killian andò verso il tavolo per stappare la bottiglia. Versò il vino in due calici e lo lasciò ossigenare per qualche secondo. Porse, poi, ad Emma uno dei calici e brindò con lei.
 
- A noi amore mio e alla nostra bellissima famiglia.
- Cin cin – fece eco Emma facendo tintinnare il calice con quello di Kilian.
 
Dopo che ebbero vuotato i bicchieri, Killian prese entrambi i calici e li posò sul tavolo.
 
- Ora tesoro, sei mia. Nella prossima ora non mi interessa cosa potrebbe succedere, non ti voglio dividere con nessuno – disse prendendola in braccio e facendola sdraiare sul comodo letto della loro stanza.
- Te lo concedo capitano. – rispose Emma attirando a lei il viso dell’uomo - E quando torniamo a casa potremo sistemare la bambina nella sua stanzetta.
- Ma non mi dire, torneremo ad essere solo io e te per un paio di ore a notte? Interessante …
- Dipende da quanto saprai essere convincente … - disse Emma sorridendo.
- Oh saprò esserlo vedrai! – disse lui prima di avventarsi sulle rosse labbra del suo amore.
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE:
Della serie ogni promessa è debito, siamo tornati al Fluff e alla formazione allargata. Non si dica che persefone non mantiene le promesse! Settembre è il mese in cui finalmente ricomincia OUAT e io non vedo davvero l'ora divedere questa nuova stagione. L'ossatura centrale della shot l'avevo elaborata prima delle famose fote a cavallo e l'avevo accantonata perchè non mi convinceva fino in fondo. Poi sono arrivate le iikmagini di quel bacio dal set e ciaone proprio, la shot ha preteso di vedere la luce XD.
Come sempre grazie per tutte le letture e le recensioni del mese scorso, io non so davvero più come ringraziarvi :D
facendo il conto alla rovescia per la Season Premier vi abbraccio forte
Al prossimo mese 
Persefone

BONUS:
https://www.google.it/search?q=vestito+da+sposa+con+gonna+a+ruota&espv=2&biw=1517&bih=714&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0CAYQ_AUoAWoVChMIvPHi34GkxwIVA89yCh0vWQfr&dpr=0.9#imgrc=Po0v2jYsOwUdfM%3A
Questo è il vestito che ho scelto per Emma: trovo che la sua bellezza sia essenzialmente nella sua semplicità, virtù che credo abbia fatto girare incredibilmente la testa ad un noto pirata con una mano sola ...
Bacioni
 

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Capitolo 10
*** Ottobre: Drawing About You ***


Ottobre: Drawing About You
 
Emma stava finendo di lavare i piatti. Per la prima volta, da quando aveva messo piede a Storybrooke, era riuscita a festeggiare il suo compleanno. E sul calendario quel 23 ottobre era stato evidenziato con un vistoso sole giallo.
La sua richiesta di voler cenare tutti insieme per celebrare l’occasione, aveva lasciato i suoi familiari con un palmo di naso. Non aveva voluto regali e alle loro insistenze aveva detto che il miglior regalo che avrebbe potuto ricevere era proprio riunirli attorno ad un tavolo per condividere qualcosa di speciale. Si era presa un giorno di ferie e sin dalla mattina aveva iniziato a pianificare il menù e poi si era recata a fare la spesa. Nel primo pomeriggio si era messa in cucina mentre Killian era andato a prendere Ginevra all’asilo nido. Quando era rientrato, si era messo in salotto con la bambina e aveva con sé due grosse buste. Mentre stava preparando la salsa dell’arrosto, Emma sentì le fragorose risate di suo marito e di sua figlia provenire dall’altra stanza. Erano così contagiose che, più di una volta, aveva avuto la tentazione di mollare tutto in cucina ed unirsi a loro.
 Stava assaggiando la cottura della carne, quando il suo tenebroso capitano aveva fatto capolino in cucina per prendere la merenda della bambina. Si era recato immediatamente all’armadio a giorno vicino alla porta, ma di quei barattolini non ce ne era nemmeno l’ombra.
 
- Tesoro – aveva detto mentre stava continuando a cercare – dove sono finiti quei barattolini con quella strana pappina alla frutta che di solito dai a Ginevra per merenda?
- Li ho dovuti spostare – aveva risposto Emma porgendogli un barattolino di omogeneizzato rimasto sul bancone della cucina – ho pescato la tua piratesca figlia aggrappata al ripiano ieri. Mi ha fatto prendere un colpo! A momenti si tirava dietro tutto quello che c’era a portata di mano.
 
Hook aveva iniziato a ridere mentre cercava un cucchiaino nel primo cassetto delle posate.
 
- Non c’è niente da ridere! È in queste cose che si vede la tua impronta genetica! Comunque … cosa state combinando di così divertente in salotto? Non vi sento fare altro che ridere!
- Le sto facendo vedere come si intagliano le zucche di Halloween.
- Ma cosa vuoi che ne sappia una bambina di 8 mesi di Halloween!
- Punto primo la bimba in questione ha il mio sangue nelle vene ed è, quindi, molto sveglia. Secondo, Henry mi ha detto che a scuola i papà si sono suddivisi gli oneri per gli addobbi del ballo di Halloween e così mi ha chiesto di intagliare qualche zucca così che potesse anche lui contribuire.
- E tu hai accettato?
- Certo, mica poteva essere l’unico a non contribuire. A Ginevra fanno ridere le espressioni delle zucche e ha iniziato a giocare con i pezzi che tagliavo via.
- Intagliavi zucche sulla Jolly mentre eri a spasso con la tua ciurma?
- Il tuo ragazzo mi ha fatto vedere sulla scatola magica come fare. E ora scusami ma tua figlia non ama il boxe ne tantomeno ritardare la sua merenda.
 
Hook era tornato in salotto, lasciando Emma sola in cucina. Era un pirata quell’uomo, ma sapeva fare il padre e lo sapeva fare anche bene. Da quando c’era la bambina, era sempre stato tenero e affettuoso, un filo ansioso a volte, come quando le aveva fatto il bagnetto per la prima volta, ma non sembrava proprio avere sulle spalle più di due secoli di vita.
All’ennesima risata, non aveva più saputo resistere e si era diretta in salotto: guardarlo badare alla bambina, senza che se ne accorgesse, era una delle cose che Emma preferiva fare in assoluto. Dalla porta vide Killian seduto per terra, con la schiena appoggiata al divano e Ginevra sulle gambe. Aveva svitato il vasetto di omogeneizzato e la stava imboccando con calma. Ginevra era completamente rapita dai gesti di suo padre, da tutte quelle attenzioni su di lei e lo guardava con occhi trasognanti. Emma conosceva bene quello sguardo, perché la bambina lo aveva ereditato da lei.
Il resto del pomeriggio era trascorso senza intoppi tanto che Emma non era riuscita a carbonizzare nessuna delle portate. Quando furono tutti riuniti attorno al tavolo, lei, Killian, Ginevra, Henry, Snow, David e il piccolo Neal, l’atmosfera era diventata davvero magica.
Aveva appena finito di scartare il regalo che Henry e Ginevra avevano preparato per lei, un bellissimo vestito rosso, quando Snow era tornata in salotto portando una grossa torta al cioccolato e cannella. Sopra una candelina a forma di stella.
 
- A un anno pieno di successi – aveva detto Snow poggiandola sul tavolo.
 
Non aveva fatto in tempo a spegnerla che tutti gli altri commensali stavano reclamando un discorso da parte sua. Emma aveva deciso di accontentarli subito, altrimenti non l’avrebbero mai finita.
 
- La prima cosa che voglio fare – esordì Emma – è ringraziare ognuno di voi. Siete una parte unica e importante della ma vita da cui, ormai, non posso e non voglio più prescindere. Dato che questo è il mio primo compleanno che riusciamo a festeggiare tranquillamente, mi sembrava giusto creare una serata tutta per noi. Sarò sincera, per molto tempo il 23 ottobre non è mai stato un giorno felice per me. Mi ha sempre dato l’impressione di essere lì a ricordarmi quello che non avrei mai potuto avere. E poi tre anni fa Henry è apparso nella mia vita, proprio nel giorno del mio ventottesimo compleanno. Avevo appena espresso il desiderio di non essere più sola quel giorno e così è stato. Lui ha sempre detto di volermi riportare qui per spezzare una maledizione, in realtà stava facendo molto di più: mi stava riportando a casa, dalla mia famiglia di origine. E fermarmi qui mi ha dato la possibilità di formare anche un’altra splendida famiglia, quella che divido con una persona straordinaria che ha accolto a braccia aperte me ed Henry e mi ha dato una bellissima bimba. Quindi grazie, davvero.

Erano tutti rimasti in silenzio con gli occhi lucidi ad ascoltarla mentre la mano di Hook si era poggiata su una delle sue ginocchia.
Emma posò l’ultimo piatto nella lavastoviglie e fece partire il programma. Il rumore dell’elettrodomestico sembrava conciliarsi perfettamente con il lavorio della sua testa, quando si sentì abbracciare da due possenti e fin troppo familiari braccia.
 
- Dormono? – prima di tutto l’istinto materno.
- Affermativo Capitano: il tenente Henry, dopo essersi lavato i denti, è filato subito nella sua cuccia. La principessina pirata è stata cambiata prima di crollare nel lettino della sua nuova stanzetta.
- Mi fai morire. Come era la cena?
 
Hook la afferrò per la vita, la sollevò e la fece sedere sul top della cucina. Adorava parlare con lei così. La cinse per la vita e si avvicinò alle sue labbra per baciarle.
 
- Ancora buon compleanno, amore mio.
- Grazie – disse Emma sorridendo – ma non è che per caso stai cercando di sviare la domanda?
- Era tutto buonissimo, Swan. Se non fossi stato in casa, avrei sospettato che avessi ordinato la cena da Granny.
 
Il pirata chiuse gli occhi e si ritirò in posizione di difesa, sicuro che un dolce pugno di dissenso per la sua osservazione avrebbe colpito la sua spalla di lì a pochi secondi. Invece Emma posò la fronte sulla sua spalla ed iniziò a ridere di gusto.
 
- Te lo concedo. Le mie nascoste doti culinarie hanno sorpreso anche me. Ma capisci che l’evento andava assolutamente celebrato.
 
Emma ravviò una ciocca ribelle dell’uomo prima di strofinare il naso contro il suo.
 
- A proposito marito, non hai mangiato la torta e si da il caso che io ne abbia una fetta proprio qui vicino a me – disse Emma  indicando un piattino vicino a lei.
- Quando è così …
 
Emma prese una forchetta e tagliò la fetta di torta. La portò all’altezza della bocca del pirata, che la lasciò fare. Ad ogni boccone, Hook non poteva fare a meno di guardarla in maniera sempre più seducente ed Emma era del tutto rapita da quelle effusioni. Dopo che ebbe finito di imboccarlo, posò il piattino sul bancone e pulì gli ultimi residui di cioccolata con un bacio.
 
- Bravo il mio capitano, hai finito tutto.
- Dato che i bambini dormono, che ne dici se io e te finiamo questa conversazione in salotto e magari ne approfittiamo anche per rilassarci un po’?
 
Emma non ebbe nemmeno il tempo di articolare una risposta che Hook la prese per mano e la fece scendere dal bancone della cucina affinché lo seguisse nell’altra stanza.
In salotto troneggiava una grande libreria bianca, i cui scaffali, oltre ad essere pieni di libri, erano pieni anche di fotografie. In bella mostra ce ne era una cui Emma era molto legata: la ritraeva con un camice dell’ospedale e intorno aveva sia Hook che Henry che l’abbracciavano premurosi. Aveva il viso ancora visibilmente stravolto, ma tra le braccia stringeva un piccolo fagottino rosa nato solo un’ora prima. Henry aveva insistito per scattare quella foto con l’autoscatto.
 
- Anche io adoro quella foto – disse Hook facendo accomodare Emma sul divano.
 
Sugli altri ripiani c’erano foto del matrimonio, della luna di miele, delle gite in barca e di mille altre occasioni in cui erano stati insieme, ma nessuna era paragonabile a quella.
Il pirata prese la coperta che era poggiata sullo schienale del divano e sempre pronta per essere usata. Emma si stese e poi aspettò che il pirata la raggiungesse. Quando furono entrambi comodamente sdraiati, si coprirono con la coperta. Rimasero in silenzio, lasciandosi cullare solo dal ritmo dei loro respiri.
 
- Che ore sono? – chiese Hook ad un certo punto
- È mezzanotte in punto.
- Siamo quindi al 24 ottobre.
- Assolutamente.
 
Killian allungò una mano sotto il divano e ne tirò fuori un pacchetto che porse ad Emma.
 
- Avevo detto niente regali.
- Ma questo è un non regalo di non compleanno.
- Da quando in qua conosci il paese delle meraviglie?
- Ho avuto modo di farci una capatina una volta.
- Meglio se non indago.
- Infatti, apri.
 
Emma prese il pacchetto, lo osservò per alcuni istanti e poi lo aprì. Ne tirò fuori una cartellina di pelle.
 
- E questa? Avevi altro oltre le zucche quando sei tornato, allora?
- Forse contiene qualcosa.
 
Emma la aprì e ne tirò fuori un suo ritratto fatto con il carboncino. Indossava un vestito a fiori, lo stesso che aveva durante la loro luna di miele. Sul lato del foglio, tre iniziali colpirono immediatamente la sua attenzione. KJH.
 
- Lo hai fatto tu? – chiese stupita.
- Sì
- Ma è bellissimo.
- A dir la verità ci sono un sacco di imperfezioni. Credo che sia piuttosto normale dopo 150 anni di mancato allenamento.
 
Emma stringeva il foglio nelle mani: il disegno aveva un tratto molto caldo e appassionato, si vedeva che era fatto con il cuore.
 
- Come mai hai smesso di disegnare?
 
Hook distolse immediatamente lo sguardo ed Emma capì che la cosa doveva avere a che fare con la povera Milah.
 
- Quindi le hai fatto tu quel ritratto che conservi nel cassetto della tua scrivania sulla nave.
 
Hook trasalì, come faceva Emma a sapere di quel ritratto di Milah?
 
- L’ho trovato per caso un giorno – si giustificò immediatamente lei – non volevo ficcanasare ma non ricordavo dove avevo messo un cambio di biancheria e mi è capitato per caso in mano.
 
Emma sentì il corpo del pirata irrigidirsi immediatamente.
 
- Emma non voglio che pensi male, ma non sono proprio riuscito a buttare quel ritratto. Scusami.
- Non c’è niente di cui scusarsi. E poi non ti avrei mai chiesto una cosa del genere.
 
Emma lo baciò dolcemente sulle labbra e sentì la tensione abbandonare lentamente il corpo di Hook.
 
- Eri così bella quel giorno durante la nostra luna di miele – disse Hook improvvisamente – L’altra notte non riuscivo a dormire, mi sono seduto al tavolo e disegnare mi è venuto spontaneo.
- Sei bravissimo, adoro questo disegno. Anzi credo tu mi abbia resa ancora più bella che nella realtà. Sai che facciamo? Lo appendiamo subito!
 
Si alzò di scatto e si diresse a una delle ante della libreria. L’aprì e iniziò a tirare fuori tutto in cerca di una cornice a giorno.
 
- Emma, possiamo comprarla domani, non c’è fretta – disse Hook con un filo di nervosismo nella voce.
 
Emma stava rimettendo a posto una pila di carte di cui non ricordava neanche l’esistenza, quando le cadde tutto dalle braccia. Dopo il tonfo tese l’orecchio per paura che la bambina si fosse svegliata, cosa che non accadde per fortuna. Hook le era andato subito vicino per sincerarsi che non si fosse fatta male. Stavano raccattando tutto, quando improvvisamente Emma vide un altro disegno. Raffigurava lei in piedi che cullava una Ginevra neonata. Lo raccolse stupita e poi scovò un’altra cartellina di pelle che conteneva molti disegni di lei, della bambina e di Henry, tutti siglati KJH.
 
- E questi?
 
Hook era diventato visibilmente rosso. Cercò di riprenderli, ma Emma non glielo permise volendo vederli tutti.
 
- Insomma Swan, sono disegni.
- E perché li tenevi qui nascosti?
- In questo mondo ci sono le foto, cosa ci avremmo fatto con quei scarabocchi?
- Ma quali scarabocchi! E poi ti confesso che farmi fare un ritratto era una di quelle cose che avrei sempre voluto fare. Sono incredibili, ho la pelle d’oca. – replicò lei mostrandogli la sua emozione sulle braccia.
 
Emma continuò a sfogliare quelle pagine, seduta a terra con un titubante Killian seduto accanto. Ad un certo punto, trovò una serie di suoi ritratti. Dall’abbigliamento dovevano essere stati tutti momenti su Neverland, fino a quello che la ritraeva sul confine della città prima di dimenticare tutti loro per un lungo anno.
 
- Killian, questi quando li hai fatti?
- Quando ho dovuto dirti addio. Ne ho fatto uno al giorno. Avevo paura che il tuo ricordo potesse sbiadire, ed io volevo fissare ogni particolare del tuo viso sulla carta: mi sembrava di averti ancora vicino. È stata una cosa stupida, lo so, ma mi ha aiutato a sentirmi meno solo. La mia cabina era invasa di tuoi ritratti.
 
Emma si gettò al collo del marito tanto da farlo cadere a terra. Le guance erano inondate da lacrime di gioia.
 
- È la cosa più bella che una persona mi abbia fatto e la più romantica. Perché te la sei tenuta dentro?
- Non lo so bene, forse avevo paura di sembrarti vulnerabile e sdolcinato.
- Killian Jones, sei uno stupido. Come avrei mai potuto pensare una cosa del genere? Il tuo amore mi avvolge e mi scalda l’anima e non smetti mai di avere questo effetto su di me. Domani andiamo a compare un sacco di cornici e ne appendiamo quanti più possiamo.
- Dici davvero?
- Ovviamente.
 
Il giorno dopo Emma trascinò Killian al negozio di cornici per mettere in atto il suo progetto. Una volta finito erano andati da Granny a bere una cioccolata calda prima di andare all’asilo nido a prendere Ginevra.
 
- Tua figlia impazzirà non appena ci vedrà insieme. – disse il pirata – quando la andiamo a prendere scuola tutti e due è davvero al settimo cielo. Anzi, muoviamoci o faremo tardi.
- Aspetta, ho una cosa per te.
 
Emma tirò fuori un album da disegno e un set di carboncini per disegnare nuovi.
 
- Cosa significa?
- Che non devi mai più smettere di disegnare Killian. Non importa quante foto si possano fare, è come ci hai resi sulla carta a renderci davvero speciali, quindi disegna in assoluta libertà.
- Lo farò, ma a una sola condizione.
- Quale?
- Sarai la mia modella e musa.
- Credo che ne sarò davvero onorata.
 
Emma si protese e lo baciò dolcemente: era incredibile come suo marito fosse una scoperta quotidiana e come fosse bello condividere con lui il suo essere così speciale.      



ANGOLO DELL'AUTRICE:

Ottobre: ci siamo. Ouat è ricominciato e sono tutta gasata. Non vedo l'ora che arrivi lunedì prossimo per gustarmi il nuovo episodio. Un compleanno un po' diverso ha avuto la nostra Emma e finalmente ha festeggiato con la sua famiglia. Dedico questa Shot al mio dolce amore che come la cara Swan compie gli anni proprio il 23 Ottobre. 
Come sempre vi ringrazio per le letture, i commenti e gli inserimenti che mai fate mancare.
Un abbraccio enorme
Persefone

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Capitolo 11
*** Novembre: The Storm ***


Novembre: The Storm
 
Seduta alla sua scrivania, Emma aveva lo sguardo perso nel vuoto. Accanto alla sua sedia, Ginevra, nella sua carrozzina, giocava con la sua mano. Era la prima volta che Emma portava sua figlia in ufficio con lei. Da tre giorni viveva nell’ansia più assoluta e solo la presenza della bambina le aveva impedito di andare completamente fuori di testa: la nave su cui viaggiava Killian era dispersa in mare dopo il tremendo uragano che si era abbattuto sulle coste del Maine. Per l’ennesima volta, la donna stava ripensando alla loro ultima conversazione al molo. Lo aveva pregato di non partire, di aspettare, ma il Capitano era stato irremovibile.

- Killian, ti prego. Non puoi rimandare questa consegna? È in arrivo una tempesta, c’è il Ringraziamento, cosa succede se la fai la settimana prossima? Non puoi metterti in mare ora!
- Tesoro, non preoccuparti, ne ho superate di tempeste nella mia vita. Ti prometto che sarò di ritorno ancora prima che ti sia resa conto della mia assenza.

Hook l’aveva afferrata per i fianchi e stretta a sé, prima di riprendere a parlare.
 
- So che ora che ho una famiglia molte cose sono cambiate, ma ti prometto che per il giorno del Ringraziamento saremo insieme a mangiare tacchino e a giocare con i nostri figli. Non me lo perderei per niente al mondo. è il primo tutti insieme e abbiamo molto per cui ringraziare.
 
L’aveva baciata sulla fronte ed era salito a bordo senza lasciarle la possibilità di replicare. Da quando aveva iniziato a dirigere il porto con Eric, non era nuovo a queste brevi assenze. Aveva ormeggiato la “vecchia” Jolly Roger al porto per la famiglia e ne aveva acquistata una “moderna” per la sua ditta di trasporti marittimi in compagnia del fidato Smee.

Lasciando il porto, Emma però aveva una strana inquietudine dentro. Quell’improvviso viaggio non la convinceva del tutto. La ditta di mobili di Marco aveva avuto una grande espansione nell’ultimo periodo e i suoi mobili erano richiestissimi in ogni parte del paese e per le consegne aveva chiesto a Killian di occuparsene. Sapeva che quella consegna era per un’importante cliente che aveva pagato profumatamente sia Marco che Killian affinché la merce fosse consegnata prima del giorno del Ringraziamento. Era questa la cosa che più la tormentava: non avevano bisogno di soldi. Non navigavano nell’oro, ma la loro situazione economica era piuttosto solida e stabile. Certo, c’erano stati l’acquisto della nuova casa, la nascita della bambina e le spese per il matrimonio, ma erano stati molto attenti nella gestione delle finanze. A dir la verità, Killian si era dimostrato più abile e oculato di lei. Dirigere una nave e una ciurma per più di un secolo doveva essere stata un’ottima palestra per fare pratica.
Era tornata in ufficio e aveva cercato di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio anche se i bollettini meteo dicevano che sarebbe stato il novembre più piovoso degli ultimi cinquant’anni. E poi la paternità aveva reso Killian un uomo accorto e attento: se diceva che si poteva navigare doveva fidarsi.

Quando fu lanciato l’allarme meteo, Regina aveva immediatamente convocato Emma nel suo ufficio per concertare il piano di emergenza da attuare in caso di calamità naturale. Stavano mettendo a punto gli ultimi dettagli, quando il suo cellulare iniziò a suonare. Sul display c’era il numero di Killian.
 
- Regina, dammi solo un minuto.
 
La bionda si era alzata ed era uscita un momento in corridoio.
 
- Killian! – disse preoccupata senza neanche dire pronto – stai bene, amore?
- Benissimo Swan! Lo sai che sono un diavolo di Capitano! Ho terminato la consegna, il tempo di rifornire la Jolly e riparto immediatamente per tornare da te.
- C’è una tempesta che sta infuriando qui per le prossime quarantotto ore! Non puoi metterti in mare ora! Riparti quando la situazione si sarà calmata.
- È solo un po’ di pioggia! Ti ho detto che sarei tornato per il Ringraziamento e lo farò!
- No! Ascoltami! Puoi fare per una volta come ti dico, per piacere? Pronto! … Pronto!!
 
La linea era caduta improvvisamente. Emma aveva provato a richiamarlo ma la tempesta aveva già iniziato ad interferire con le linee telefoniche. Prima di rientrare nell’ufficio di Regina si era lasciata andare ad un gesto di stizza.
 
- Che succede? – aveva chiesto Regina
- Questioni personali. Dicevamo?
- Ho diramato l’allarme meteo e ho disposto che tutti i negozi fossero chiusi. La cittadinanza è stata avvisata di rimanere in casa e di uscire solo se strettamente necessario. Rimarranno attivi i numeri di emergenza e quelli dell’ospedale ovviamente.
- Mi sembra la cosa migliore da fare. Finisco le ultime cose alla centrale e poi mi chiudo in casa anche io.
- Emma so che non sono affari miei, ma non credo sia saggio che tu rimanga sola in casa con una bambina così piccola.
- So benissimo badare a me stessa e a lei, non preoccuparti.
- Non lo metto in dubbio, ma tuo marito è fuori e la vostra casa è piuttosto isolata. Se dovesse succedere qualcosa è meglio essere tutti vicini, facili da raggiungere. Perché non vai da tua madre per qualche giorno?
 
Uscita dal municipio, Emma era andata a prendere la bambina al nido e poi si era diretta a casa per preparare una borsa. Regina aveva ragione. Non appena misero piede in casa, un violento temporale condito da una nebbia fittissima aveva iniziato a rovesciarsi sulla città. Ginevra era stranamente irrequieta e continuava a trascinarsi dietro la giacca di pelle nera di Killian. Emma, alla fine, l’aveva sistemata sul lettone mentre metteva in un borsone le ultime cose. La bambina si era avvolta nel giaccone e si era accoccolata sul lato del letto che era solito occupare il padre. Quando Emma si accorse di ciò, si stese accanto a lei per tranquillizzarla.
 
- Amore, papà torna presto, lo sai che non può stare troppo lontano da noi. Lo dice sempre che niente lo rende felice come le sue Swans.
 
Ginevra aveva fissato la mamma con occhi dolci e allo stesso tempo con la giacca stretta in una delle manine. Per calmarla ulteriormente Emma le diede il ciuccio.
 
- Sai dove andiamo, tesoro? Da nonno David e da nonna Snow, almeno non saremo sole in casa.
 
Come aveva parcheggiato il maggiolino davanti al loft, David si era precipitato a raggiungerla con un grosso ombrello aperto.
 
- Prendi la piccola e corri dentro, non è il caso che prenda freddo. Penso io a parcheggiare la macchina e a prendere la borsa.
- Grazie papà.
 
Solo in quel momento David si era soffermato ad osservare meglio sua nipote nel seggiolino.
 
- Gioia del nonno, non è un po’ presto per le giacche di pelle stile pirata? A stento sopporto quelle di tuo padre …
 
Emma aveva reso di gusto e ringraziò suo padre nell’averle strappato un sorriso in quel frangente. Era riuscita a convincere Ginevra ad uscire di casa solo lasciando la bambina avvolta in quell’indumento.

Il resto della serata era stato piuttosto tranquillo nonostante il tempo fuori non aveva minimante accennato a migliorare. Dopo aver messo la bambina nel lettino al piano di sopra, Emma aveva provato a richiamare Killian ma la linea era ancora disturbata. L’ansia in lei continuava a montare silenziosa ma costante. Per cercare di arginarla decise di chiamare Eric al porto.
 
- Eric? Sono Emma. Scusa il disturbo, ma volevo sapere se ci sono notizie della Jolly e di Killian.
- Un’oretta fa il porto in cui era attraccata mi ha comunicato la sua partenza e la rotta. Sei preoccupata?
- Un po’ voglio dire perché si è messo in mare con questo tempaccio! Il cellulare non prende e non ho sue notizie da questa mattina.
- Lo sai meglio di me che quando Jones si mette in testa una cosa non lo smuovi. Vedrai che domani attracca in porto sano e salvo.
- Ma se succede qualcosa?
- Ci sono delle squadre pronte ad intervenire in caso di emergenza. Facciamo così, appena la Jolly Roger ci contatta te lo faccio sapere.
- Grazie, Eric.
 
Dopo aver riattaccato, Emma era salita al piano di sopra per controllare il sonno di Ginevra. La bambina sembrava piuttosto tranquilla malgrado i forti tuoni. Emma si era avvicinata alla finestra per osservare meglio le condizioni del tempo. Si strinse nel suo leggero pigiama di cotone e rimboccò le coperte di sua figlia. Appoggiata su una delle spondine del lettino c’era la giacca di Killian: senza pensarci due volte la infilò e tornò a guardare alla finestra. La strinse ancora di più a sé, come se fossero le braccia di Killian a cingerla. Immediatamente l’olfatto di Emma fu investito dal profumo dell’uomo rimasto ancora sulla giacca. E la nostalgia si era fatta ancora più acuta e quel dannato tarlo dell’ansia era sempre lì a battere dentro di lei. Un improvviso tuono e il pianto di sua figlia la ridestarono dai suoi pensieri.
Il cattivo presagio l’aveva inghiottita palesemente il giorno dopo, quando la nave di Killian non solo non era attraccata in porto ma aveva lanciato un segnale di SOS prima di perderne completamente le tracce. La nave sembrava sparita nel nulla. Alla povera Emma sembrava crollato il mondo addosso. Quando Eric era venuto a comunicarle la notizia, David aveva dovuto sorreggerla e metterla seduta al tavolo della cucina.
 
- Lo troveremo Emma, sono tutti lì fuori a cercarlo. Tutte le squadre sono in costante contatto con me. Torno al porto e lascio il cellulare acceso. Come ho qualche notizia ti prometto che sarai la prima a saperlo.
 
E poi erano trascorsi due giorno d’inferno, di notti in bianco e in lacrime, stringendo a sé Ginevra, l’ultima traccia di lui e del loro amore. Erano stati tutti molto comprensivi con lei, ma dopo il primo giorno in casa le era sembrato di impazzire, per questo era voluta tornare in ufficio: non pensare, avere la mente occupata e la sua bambina accanto. Non la lasciava praticamente mai, neanche con sua madre.
Stava ripensando all’ultima volta che lo aveva visto, alle ultime parole che si erano scambiati, all’ultimo bacio che le aveva rubato a fior di labbra, quando il telefono iniziò a squillare. Lo afferrò frenetica ed avviò la comunicazione.
 
- Pronto?
- Li abbiamo trovati! – disse Eric al telefono – abbiamo individuato la nave e la stiamo rimorchiando verso il molo. Saremo in porto tra un’ora al massimo.
 - Arrivo immediatamente.
 
Quando David rientrò alla centrale, vide sua figlia intenta ad armeggiare con il seggiolino del maggiolino, le mani le tremavano visibilmente, era evidente che fosse molto agitata.
 
- Non ti ci puoi mettere anche tu, maledetto coso!  Ho fretta!
- Emma che succede? Dove stai andando?
 
Non appena la donna si fu resa conto della presenza del padre, si appoggiò alla portiera iniziando a piangere.
 
- Hanno trovato la nave, la stanno rimorchiando al porto.
- Killian?
- Eric non mi ha detto niente, la linea era disturbata. Non so niente di preciso.
- Ora sistemiamo la principessina nel seggiolino e andiamo.
 
Non appena avevano messo piede al molo, Emma non aveva fatto altro che camminare nervosamente sulla banchina con la bambina in braccio. Come videro le navi rientrare, si precipitò sulla banchina per avere notizie. Come la Jolly Roger fu attraccata, Emma salì a bordo nonostante le fosse stato chiesto di rimanere a terra.
 
- Killian! – iniziò a chiamare – Killian, dove sei?
 
Sul ponte c’erano abbastanza feriti e solo in un secondo momento la donna si accorse che la stavano guardando in modo strano. Sapevano tutti che era la moglie del capitano.
 
- Dov’è il capitano Jones? Qualcuno mi risponda! Dov’è mio marito?
 
Nel frattempo David era riuscito a raggiungerla sul ponte. Il tono di voce di Emma tradiva le sue emozioni e lo stato di agitazione che pervadeva la donna. Ginevra, sentendo la madre molto agitata, aveva iniziato a piangere.
 
 - Emma, calmati! Stai spaventando la bambina!
- Perché nessuno mi vuole rispondere? La domanda è semplice: dov’è mio marito?
 
Improvvisamente sul ponte comparve anche Smee con una vistosa fasciatura al braccio, Emma fu subito da lui.
 
- Smee!! Dov’è Killian? Perché non è qui?
- Signora … io … veramente …
- Smettila di balbettare e dimmi dov’è maledizione!
 
L’unica cosa che l’uomo fu in grado di fare fu indicare gli alloggi sottocoperta. Emma guardò il padre con il panico che ormai la dominava completamente.
 
- Tengo io Ginevra – disse David prendendo in braccio la nipote – tu vai a vedere come sta.
 
Emma si precipitò giù per le scale come se avesse le ali ai piedi. Conosceva bene la nuova nave e sapeva perfettamente dove si trovava la cabina di suo marito. Si precipitò subito dentro. Non appena fece irruzione nella stanza, vide il corpo di Killian steso sul letto con una vistosa fasciatura alla testa e privo di sensi. In quel momento perse completamente ogni barlume di lucidità.
 
- No! – iniziò ad urlare sconvolta – Killian!!
 
Prima che potesse intralciare il lavoro dei paramedici e del dottor Whale, Eric si gettò su di lei per bloccarla.
 
- Perché non mi hai detto niente? – ringhiò in faccia a Eric.
- Perché sapevo che avresti reagito così. Potevi aspettarmi fuori?
- Credevo di potermi fidare di te! Killian si fidava di te! Ho il diritto di sapere come sta!
- Calmati per favore e lascia che Whale e la sua squadra si occupino dei feriti.
 
Emma vide il medico in persona occuparsi di suo marito. Si divincolò da Eric e raggiunse il corpo di Killian.
 
-Whale dimmi come sta, senza giri di parole.
-Ha ricevuto un brutto colpo al torace e alla testa. Se passerà una notte senza complicazioni posso sciogliere la prognosi già da domani. Lo trasportiamo in ospedale e lo ricoveriamo.
 
Quando David vide i paramedici portare fuori il corpo di suo genero in barella e Emma che lo teneva per mano con gli occhi inondati di lacrime, capì che la situazione era seria. Si avvicinò per dire a sua figlia di salire in ambulanza e andare con Killian, avrebbe pensato lui ad avvertire gli altri.
Nella sala d’attesa dell’ospedale, c’erano tutti. Quando fu chiaro che la cosa si sarebbe protratta per le lunghe, Snow aveva cercato di convincere sua figlia ad andare a riposarsi qualche ora con la bambina e che l’avrebbe avvisata in caso di sviluppi. Emma era stata irremovibile: avrebbe lasciato quell’ospedale solo in compagnia di Killian. E così alla fine Snow e David avevano portato i loro nipotini a dormire almeno un paio di ore al loft. Da quando era rimasta sola, Emma non aveva fatto altro che recriminare il fatto di non essersi imposta con lui e di averlo lasciato partire. L’alba era sorta da poco quando una mano con un bicchiere di caffè era comparsa dal nulla. Alzò lo sguardo e vide Smee davanti a lei.
 
-Signora Emma, ho pensato volesse qualcosa di caldo.
- Grazie Smee, perché non ti siedi?
 
Iniziarono a bere in silenzio il caffè della macchinetta dell’ospedale.
 
-Come è successo Smee? – chiese Emma improvvisamente
-La tempesta ci ha sorpresi non molto lontano da Storybrooke. Il capitano stava dirigendo le manovre per un attracco di emergenza, quando una forte ondata lo ha sbalzato contro il parapetto. Da lì in poi si è creato il panico a bordo. Mi dispiace.
 
Smee rimase accanto alla donna finché non arrivò il dottor Whale.
 
- Che mi dice dottore? – chiese Emma preoccupata.
- Ha la pelle dura tuo marito. È fuori pericolo.
- Posso vederlo?
- È ancora sotto sedativi Emma. Vai a farti un paio di ore di sonno e una doccia. Quando tornerai sarà già sveglio.
 
Quando Emma rimise piede in ospedale, aveva con sé una grossa borsa. Henry l’avrebbe raggiunta più tardi con Ginevra. Quando arrivò davanti alla porta della stanza in cui era ricoverato, sentì il cuore battere all’impazzata. Bussò. Una flebile voce da dentro le diede il permesso di entrare. Non appena entrò, lui era lì steso nel letto, felice che fosse arrivata. Emma si gettò immediatamente tra le sue braccia.
 
- Accidenti a te Jones! Mi hai fatto morire di paura!
- Scusa amore – disse l’uomo stringendola a sé
- Ho passato due giorni d’inferno, solo per una maledetta consegna!
- Sai che sono un osso duro!
- Ma si può sapere perché non hai voluto aspettare? Perché per una volta non hai fatto come ti ho detto? Non ho mai avuto così paura per qualcuno in tutta la mia vita! non farlo mai più!
- Marco mi aveva promesso un interessante benefit se avessi consegnato quella merce in tempo e così è stato.
 
Aveva ragione allora: era stata una banale faccenda di soldi. Emma sentì la rabbia salire in lei.
 
- Sei uno stupido! – disse con rabbia alzandosi.
 
Il rapido cambio d’umore lasciò Killian spiazzato.
 
- Emma mi spiace di averti fatto preoccupare, ti ho già chiesto scusa
 - Me ne strasbatto delle tue scuse! Non abbiamo bisogno di soldi, e tu non puoi comportarti come se non avessi una famiglia. Hai una vaga di come mi sono sentita? Stavo già immaginando di dover spiegare a nostra figlia come mai suo padre non era più con lei.
- Emma non esagerare ora!
- Non sto esagerando! Ascoltami attentamente: sto già crescendo da sola un figlio, non ho alcuna intenzione di dover fare lo stesso con Ginevra, intesi?
 
Killian si alzò dal letto con fatica e la abbracciò forte.
 
- Hai ragione, assolutamente ragione. Il fatto è che avrei guadagnato la cifra che mi avrebbe permesso di comprarti quella bellissima toeletta che stavi guardando l’altro giorno al negozio di arredi.
- Ti stavi ammazzando per una cosa del genere? Ascolta rischia la vita per salvare qualcuno, per una giusta causa, ma non per queste sciocchezze.
- Ma non ti ho mai comprato nulla, volevo farti un regalo.
- La nostra famiglia è il miglior regalo che potessi ricevere, non mi occorre altro.
- Mi dispiace di aver rovinato la festa del Ringraziamento, so quanto ci tenevi.
- Bene, perché Henry sta venendo qui con Ginevra e io ho portato il tacchino. Mangiamo qui tutti insieme e poi una volta che sarai dimesso nel pomeriggio torneremo tutti quanti a casa insieme.
- Mi piace il programma della giornata.
 
Improvvisamente si sentì bussare alla porta. Come Henry entrò con la sorellina in braccio e vide Killian sveglio si precipitò da lui. L’uomo fu sommerso. Sia Henry che Ginevra erano tra le sue braccia e si stringevano a lui.
 
- Piano, piano e ora prepariamoci per il pranzo. Henry mi aiuti ad apparecchiare?
- Certo mamma, inizio a tirare fuori le cose!
 
Emma rimase ancora un momento seduta accanto al suo uomo che stava ricambiando l’affetto che Ginevra gli stava dimostrando. Lo baciò sulla fronte ed ebbe la certezza di non volere niente altro dalla vita finche le persone che erano i  quella stanza erano con lei.       

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui con Novembre e con il penultimo capitolo di questa bella iniziativa. Io sto cercando di non farmi prendere la mano dall'angst, ma questa stagione mi sta mettendo a dura prova. Per fortuna poi torno in me e li faccio tornare insieme, con qualche scossone, ma tornano sempre insieme XD.
Prendetela così questa storia, mi è uscita dalla testa senza un motivo preciso.
Come sempre grazie a tutti per le letture, le recensioni e gli inserimenti nelle varie categorie.Siete una gioia!
Un bacione
Persefone 
     

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Capitolo 12
*** Dicembre: A Piercing-Eyed Smoldering Pirate Who Loves You ***


Dicembre:  A Piercing-Eyed Smoldering Pirate Who Loves You
 
Dicembre inoltrato e i danni della tempesta di fine novembre non erano ancora stati superati del tutto. La situazione stava lentamente tornando alla normalità, anche  se i danni erano stati ingenti. La rete elettrica era quella che era stata maggiormente colpita e i lavori di riparazione e manutenzione si stavano protraendo più del previsto. Il che voleva dire corrente a sprazzi e quindi candele accese al posto dei lampadari e pesanti coperte per ovviare alla mancanza dei termosifoni.
Emma stava finendo di far addormentare la piccola Ginevra mentre Killian sembrava tranquillo sotto le calde coperte del loro letto matrimoniale. Era stato dimesso il pomeriggio del giorno del Ringraziamento con una sola raccomandazione da parte del dottor Whale: riposo assoluto per almeno tre settimane. Le sue condizioni cliniche erano tornate normali, ma la botta alla testa non era stata uno scherzo e non andava sottovalutata. Su un punto Whale era stato più che cristallino: niente sforzi. E poi aveva aggiunto sibillino guardando Emma e Hook con intenzione: di nessun tipo.
La felicità e il sollievo che Emma aveva provato nel vedere suo marito al sicuro con lei, avevano subìto un ultimo scossone quando erano giunti davanti alla porta della loro casa. Un grosso albero si era abbattuto su di essa provocando dei grossi danni. Si erano tutti affrettati dentro per rendersi conto meglio della situazione. L’albero aveva investito le stanze da letto e quella maggiormente colpita era quella di Ginevra. Ad Emma era gelato il sangue nelle vene, quando si era resa conto che i vetri ed i detriti erano arrivati sin dentro il lettino. Se non avesse dato retta a Regina, anche la bambina avrebbe potuto farsi seriamente male. Il giorno dopo avevano immediatamente avviato i lavori e il lettino della bambina era tornato nella stanza dei suoi genitori.
Avere Killian in giro per casa non era stato poi così male. Era riuscita a convincerlo a rimanere a letto per i primi due giorni e poi lui non aveva voluto sentire ragioni: odiava rimanere fermo e soprattutto solo sotto le coperte. Aveva iniziato, quindi a scendere e occuparsi della sua famiglia. Come era facilmente prevedibile, fu ricoperto dalle attenzioni di tutti. Henry e Ginevra erano sempre intorno a lui a reclamare un po’ dell’attenzione dell’uomo e più di una volta Hook se li era portati sul divano ora a guardare un film, un cartone animato o lo sport.
Dopo essersi accertata che la bambina stesse dormendo pesantemente, Emma la rimise nel suo lettino e la coprì per bene.
 
- Buonanotte angioletto mio – disse baciandole la fronte.
 
Si andò a sedere sul bordo del letto matrimoniale facendo attenzione a non svegliare Killian. Si sentiva ancora un po’ scombussolata per quello che era successo, per la paura che aveva provato. Già una volta aveva rischiato di perderlo per sempre e non aveva nessuna intenzione di ripercorrere quella strada di dolore che l’aveva segnata per un certo periodo non molto tempo prima. La candela sul suo comodino era ancora accesa e illuminava flebilmente le poche cose su di esso: una foto di lei e Killian con i bambini, un libro, la sveglia e un portagioie in argento. La mano di Emma andò subito al coperchio di quest’ultimo per tirarne fuori una lunga collana cui era appeso un anello. Era stato Killian a donarglielo a Camelot, quando l’oscurità la stava lentamente consumando. Nella mente sembrava un ricordo così lontano e invece risaliva a poco più di due anni prima. Emma si infilò immediatamente la collana e lasciò che il freddo metallo argenteo prendesse un po’ del suo calore corporeo. Se lo avesse indossato quei giorni, come sempre faceva quando Killian partiva, probabilmente non gli sarebbe successo nulla. Ricordava fin troppo bene quando e come quell’anello le era stato donato. Chiuse gli occhi per ricordare meglio.
 
- Con un po’ di fortuna, domani potremmo rimettere a posto Excalibur e così, bam, niente più oscurità.
- Fai attenzione Emma.
 
Dopo averla baciata come solo lui sapeva fare, Hook si era sfilato quella collana dal collo e l’aveva porta ad Emma. La donna sentì un brivido correrle lungo la schiena: non era la prima volta che un uomo manifestava la volontà di donarle un anello ma questa volta si sentiva stranamente a suo agio nella situazione.
 
- Wow, wow, wow,
- Calmati Swan, non sto per chiedere la tua mano.
 
Peccato, aveva pensato lei tra sé e sé, ero più che propensa a dire sì lo voglio.
 
- Sai che sono un sopravvissuto. Questo anello è il motivo. Ce l’ho da molti anni. È il motivo per cui sono vivo. O potrebbe esserlo, chi lo sa?
- Non posso morire oggi, sono immortale ora.
- L’Oscuro è immortale, Emma invece no. Riportala a casa da me. Se non altro ti ricorderà che qui c’è un ardente pirata dagli occhi penetranti che ti ama.
 
Emma si stava perdendo nel ricordo di quell’intenso secondo bacio che si erano scambiati, quando si sentì circondare da due calde e assonnate braccia.
 
- Cosa succede amore, non riesci a dormire? Ginevra non sta bene?
- Va tutto bene, non preoccuparti. Sono lontani i giorni in cui invece di riposarmi costruivo acchiappasogni. Mi stendo subito, tu torna a dormire.
 
Hook si girò dal suo lato sotto lo sguardo amorevole di sua moglie. Dopo aver spento la candela, Emma si sistemò sotto le coperte. Il contatto con il freddo delle lenzuola la fece tremare e sentire più freddo del dovuto. Odiava quella sensazione e c’era un solo modo per liberarsene: usare Killian come una stufetta. Adorava stringersi alla sua schiena per scaldarsi e lui tutte le volte non si lamentava mai, neanche quando gli piantava addosso i piedi gelati. Aveva appena deciso di girarsi dalla sua parte, quando lui tornò ad abbracciarla da dietro.
 
- Stai tremando come una foglia, cosa stavi aspettando a venire da me? – disse ancora mezzo addormentato.
- Mi hai preceduto.
 
Killian iniziò a sistemarle la coperta in modo che Emma potesse stare al caldo. La sua mano sfiorò l’anello al collo di Emma.
 
- Lo porti ancora.
- Certo, Killian, è molto importante per me.
- Mi sono sempre chiesto perché non hai mai voluto indossarlo.
- Me lo hai dato così e per un certo periodo, come ben sai, è stata la mia guida per tornare da te, per tornare a prenderti. E poi ne porto un altro di anello.
 
Emma guardò il piccolo cerchio d’oro bianco intorno al suo anulare sinistro. Hook allungò la mano facendo brillare la fede al suo dito con i raggi della luna e afferrò quella di Emma per farla tornare sotto le coperte.
 
- Non ti scoprire, amore mio che prendi freddo. La piccola dorme?
- Sì, ci ha messo un po’ e questo perché la stai viziando facendola addormentare nel lettone con noi.
- Uh qualcuna vuole essere l’unica donna tra queste lenzuola a quanto pare.
- Che male c’è? In fondo questo è l’unico posto dove siamo solo noi due.
- Mi piace come ti sta la fede al dito, ti dona.
- Anche a te, capitano.
- Mi spiace solo di non portarla alla mano giusta.
- A me importa solo che tu la abbia, quale mano poco importa.
 
Hook le accarezzò dolcemente la pancia, in un gesto che aveva manifestato all’infinito quando Emma era incinta di Ginevra.
 
- Che vorrebbe dire questa carezza?
- Come cosa vorrebbe dire?
- Non dirmi che vorresti diventare ancora padre?
- Ad essere onesti non mi dispiacerebbe, anzi. Mi piaceva quando aspettavamo Ginevra.
- Ti piaceva vedermi con le gambe gonfie e la schiena dolorante o andare in giro in piena notte a cercare cibi che non avesti mai potuto trovare in quanto fuori stagione?
- Non pensavo esattamente a questo. Mi riferivo al fatto che mi svegliavi in piena notte perché i tuoi ormoni viaggiavano molto veloci.
- Dovevo immaginarlo che ti riferivi a quello – disse Emma arrossendo.
- Non c’è niente di male, anzi. Mi ricordo anche quello che ti piaceva.
 
Hook la afferrò per la vita e fece aderire ancora di più il suo corpo a quello della moglie.
 
- Non mi sembra il caso ora. Svegliamo Ginevra.
- Non svegliamo nessuno se la smetti di parlare.
 
Hook afferrò il lembo del piumone e lo portò sopra le loro teste in modo da esserne completamente coperti.
 
- È tanto, troppo che non sei sola con me al buio e questo non va bene.
 
La mano di Hook iniziò a correre invitante sul fianco di Emma, cui ben presto si unirono dei roventi e passionali baci.
 
- Killian – disse Emma cercando di fermarne la mano – hai sentito cosa ha detto Whale: niente sforzi.
- Ti assicuro che non mi sto sforzando, mi esce tutto dannatamente naturale con te. Le tre settimane sono praticamente finite e mi manchi.
- Ma …
- Niente ma, fammi fare il marito stanotte.
 
Emma iniziò a voltarsi verso di lui, ma Hook le impedì nuovamente di farlo.
 
- Lasciami fare, mi prenderò cura io di te – le sussurrò nell’orecchio aumentando la stretta sul suo fianco.
 
Emma aveva cercato di contenere l’ondata di piacere per tutto il tempo, ma quell’ultimo gemito di passione si era dimostrato anarchico e stava scivolando dalla sua bocca. Hook si precipitò immediatamente a tamponare quel singulto con un bacio. Non appena sentì Emma rilassarsi tra le sue braccia e dopo essersi deliziato anche lui dei piaceri dell’amore, tirò fuori la testa da sotto le coperte per volgere lo sguardo verso il lettino di sua figlia.
 
- Che padre premuroso – sussurrò Emma quando tornò sotto al piumone – ti assicuri che la nostra bimba dorma beata.
- Sono anche un marito premuroso, mi sto assicurando di poter continuare a dedicarti le mie attenzioni.
 
Emma gli stava accarezzando i capelli e si stava facendo cullare dalle sue carezze, che non erano mai smesse. Il suo corpo caldo e accogliente era sempre pronto a dimostrale l’amore che provava e che lei ricambiava fino all’ultima goccia.
Emma si girò per affondare il viso nel suo petto e respirare l’intenso e inebriante odore della sua pelle.
 
- Mi spiace di aver alzato la voce in ospedale, ma ho avuto davvero paura.
- Non devi giustificarti Emma.
- È che quando ti ho visto steso e incosciente nella tua cabina mi sono sentita morire – continuò Emma passando una mano sulla leggera cicatrice che Hook aveva sul collo – mi era sembrato di tornare in quel campo di camelie. La stessa paura di perdere tutto, di non vedere il nostro futuro, la casa che avevi scelto per noi.
 
Le guance di Emma furono rigate dalle lacrime.
 
- Amore mio – disse lui stringendola – non c’è niente di cui spiacerti. Qui l’unico che dovrebbe farlo sono io: non mi perdonerò mai abbastanza per essere stato così duro con te.
- Killian eravamo d’accordo che non ne avremmo più parlato. Ne siamo usciti insieme e questo basta.
- Tu volevi proteggere me e la nostra vita insieme, io ho scaricato solo la mia rabbia.
- No, non è vero. Ti ho trasformato in qualcosa che non volevi e che avevi paura ad affrontare. Ed io non sono stata in grado di starti vicino. Ho pensato che avrei potuto sistemare le cose e poi restituirti i ricordi. Ho sbagliato, dovevo fidarmi di te, di noi e dirti tutto sin dall’inizio.
 
Hook strinse ancora più forte a sé Emma.
 
- Mi sembra ieri quando mi hai chiesto di venire a vivere qui con te. Eravamo ancora in quella fase in cui quello che era successo avevamo cercato di relegarlo in un angolo e andare avanti. Sono rimasto sorpreso quando mi hai mostrato quale casa avevi affittato. Quella che io avevo scelto per noi. Mi ricordo che la prima sera che abbiamo passato qui, eravamo piuttosto imbarazzati. Henry era salito nella sua stanza a dormire e noi eravamo rimasti seduti sul divano a guardare la tv. Era la prima volta che eravamo soli e io non volevo forzare le cose tra noi. Ad un certo punto hai sbadigliato, mi hai preso la mano e mi hai detto di voler andare a dormire. La prima notte che abbiamo dormito abbracciati in questa stanza ho capito che il mio posto accanto a te potevo ancora meritarmelo. Ho sempre avuto paura di non essere alla tua altezza, di non riuscire ad essere il meglio per te.
- Ehi – lo interruppe Emma alzandosi leggermente per poterlo guardare negli occhi – non lo devi neanche pensare. Nessuno mi è stato accanto come hai fatto tu. Io non cerco la perfezione ma qualcuno che sappia capirmi, stringermi quando ho bisogno di sicurezza e spronarmi quando sto sbagliando. E tu ci sei sempre stato.
- Amore mio – disse Hook baciandola ancora – riattraverserei tutti i gironi dell’inferno per avere quello che abbiamo ora. Quando mi hai detto che aspettavi la nostra bambina mi sono sentito l’uomo più felice del mondo. Finalmente completo. Il solo custode di un tesoro preziosissimo, piratescamente parlando. E sono contento che alla fine questo discorso sia venuto fuori, non volevo fosse una faccenda in sospeso tra noi. Detesto quando ci sono silenzi a tenerci lontani.
 
Emma si sistemò nuovamente sulla sua spalla. Afferrò la mano dell’uomo e se la portò nuovamente sulla pancia.
 
- Mi devi dire qualcosa?
- No niente, ma a me e la piccola piaceva tanto, dovevi sentire come scalciava felice o come si calmava quando era irrequieta. E anche io mi sento bene quando mi accarezzi così.
- Sai che non puoi dire una cosa del genere e sperare che io rimanga impassibile.
 
Emma sorrise maliziosa.
 
- Infatti ti stavo incoraggiando.
- Ah Swan sei la mia dolce tortura – replicò Hook riprendendo a baciarla con ardore.
 
Ma prima di scivolare nuovamente nella passione, c’era ancora una cosa che ad Emma premeva esprimere.
 
- Qualcuno ha detto che i lieti fine non sono sempre come vorremmo. Aveva ragione. Credevo che il mio lieto fine implicasse solo Henry e te, ma mi sbagliavo. Adesso abbiamo la nostra vita, Ginevra e se qualcun altro busserà alla nostra porta, sarà sicuramente il benvenuto. Avevi proprio ragione a Camelot.
- Riguardo a cosa?
- Al non aver paura del futuro. Da quando ho smesso di averne, la vita non ha fatto altro che donarmi felicità incondizionatamente.
- Perché la meriti anche tu amore mio.
- E lo stesso vale per te. Abbiamo creato tutto questo insieme, io e te.
- Ascolta … Che ne dici se diamo una spintarella a questa felicità? 
- Mi stavo chiedendo perché la tua vena di doppi sensi non fosse ancora uscita, capitano.
- Rimediamo subito allora.
 
Hook baciò ancora Emma con trasporto e si portò sopra di lei. Ne era davvero valsa la pena alla fine, perché il loro futuro insieme era davvero musica per le sue orecchie da pirata.
 

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Per fortuna ho scritto questa shot la settimana scorsa ... perchè nelle condizioni in cui sono ora non riuscirei amettere insieme due parole neanche per sbaglio ... manco il mio nome e il mio cognome riuscirei ad accoppiare. Sono letteralmente devastata ... e per quanto Dark Hook sia di una figaggine estrema, lo rivoglio iniseme ad Emma. 
Detto questo mi ritrovo a pubblicare l'ultimo capitolo di questa raccolta che ho amato da impazzire. Personalmente mi sono divertita molto a sciverla e spero di essere riuscita ogni mese a portare alla luce un diverso aspetto di quello che per me rappresentano i CS. SOno davvero affezionata a questi due personaggi, con un trasporto che non sentivo da un sacco di tempo. Grazie quindi al CS Group che ha indetto questa bellissima challenge.
Sto lavorando a qualche nuova idea, quindi magari prima o poi mi deciderò a buttarla giù per bene. 
Nel frattempo io visaluto e vi ringrazio e speriamo che il winter finale risparmi le nostre vite.
Un bacione 
Persefone

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