Cenere

di emily12_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1


La lama rifletté la luce rossastra del tramonto mentre si conficcava nella tela del quadro.

Jonathan riprese il coltello senza riuscire a trattenere un sorriso per aver centrato così facilmente il cuore dell'angelo nel dipinto.

Si lasciò cadere su una sedia e si portò alle labbra il bicchiere di vino appoggiato sul tavolo.

L'ultima lezione di suo padre gli arrivava ancora come un sibilo alle orecchie: “Preferisci essere schiavo in Paradiso o libero all'inferno?”

Il suo sguardo tornò al foro appena fatto con il coltello nel dipinto: lui non aveva mai avuto dubbi sulla risposta.

Aggrottò dolorosamente la fronte: no, non era vero, forse una volta dei dubbi li aveva avuti.

E non riusciva a cancellare nulla di tutto ciò nella sua memoria.

Sul tavolo c'era la copia degli accordi tra Nascosti e Shadowhunters, ormai la conosceva a memoria, ma la prese comunque tra le dita sottili e pallide per leggerla.

La carta gli ferì l'indice e Jonathan si morse il labbro per il bruciore.

Una goccia di sangue scuro cadde sul foglio e coprì la parola “mai”.

Gli tremarono le mani e lasciò di scatto il foglio.

Mai”.

Rivide davanti ai suoi occhi Clary che gli diceva così sicura di sé che mai l'avrebbe perdonato, mai gli avrebbe voluto bene, mai lo avrebbe amato.

Poi rivide Jace, lo sdegno, l'odio, il terrore nei suoi occhi.

Tirò un calcio alla sedia che rotolò a terra rimbombando nel silenzio.

Aprì le ante cigolanti di una finestra e inspirò l'aria fredda chiudendo gli occhi per non guardare il sole, i prati a tratti freddi nell'ombra o caldi nel tramonto.

Chiuse gli occhi come faceva sempre quando non voleva provare nulla, quando aveva paura di quello che avrebbe potuto sentire.

Accanto alla finestra c'era il vecchio pianoforte di suo padre: vedeva ancora le sue dita che si allungavano sui tasti e gli occhi concentrati mentre suonava.

Immaginava come avesse insegnato a Jace a suonare, con quell'amore che a lui non aveva mai mostrato.

Inconsciamente si sedette sullo sgabello trattenendo il fiato.

Premette l'indice sul mi e la nota vibrò solitaria, fino a perdersi nel vuoto.

Ebbe improvvisamente paura di sparire come quella nota, come suo padre e come tutti volevano che lui sparisse.

Rivide lo spacco che il suo coltello aveva provato nel cuore dell'angelo sulla tela e nella sua mente apparve la parola mostro.

Una accordo sulla tastiera ne seguì un altro, una pioggia di note, di rabbia, l'odio che lui avrebbe portato e con cui avrebbe distrutto tutti quelli che non l'avevano mai accettato.

Le note basse si mischiarono a quelle più alte simili a lacrime, lamenti di dolore.

Jace l'aveva capito, era diverso da lui, da Clary, era diverso da tutti, ma l'aveva capito.

Chiuse gli occhi per non far scendere le lacrime: si era rassegnato, aveva soppresso se stesso, quelli che forse erano sentimenti e che l'avevano tanto torturato.

Anche Jace aveva gli occhi chiusi quando l'aveva baciato, infatti Jace dormiva, non se ne era neanche accorto.



Ciao a tutti! Grazie per aver letto questo capitolo..spero che non vi abbia annoiato, lo so che sembra una cosa senza senso (sigh). Tutti i capitoli saranno in parte collegati tra loro, ma se volete potete anche leggerli separatamente. Si parlerà soprattutto di Jonathan (di cui mi sono subito innamorata leggendo i libri :) e che ho deciso di chiamare Jonathan e non Sebastian. A presto! (saluta allegramente con la manina e lancia papaveri)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Questo capitolo è ambientato nell'infanzia di Jonathan; piccolo spoiler del terzo libro.


CAPITOLO 2



Un dolore lancinante al polso, come mille aghi che si spezzavano nelle ossa, mi piegai dal dolore con il respiro spezzato.

Sei debole.” pronunciò queste parole con lo sguardo irritato e la mandibola serrata in una smorfia.

Per un attimo mi sembrò combattuto tra l'idea di sgridarmi ulteriormente o di aiutarmi.

Lasciai che i capelli chiari mi cadessero sugli occhi per creare una barriera tra me e mio padre.

Alzati.”

Mi fa male.”

Hai solo preso una storta.”

Mi misi dritto, impassibile, senza tralasciare alcuna emozione, anche se non ricordo avessi provato nulla in particolare.

Per oggi basta.” sentenziò avvicinandosi a me e prendendomi delicatamente una mano per poi tirare fuori lo stilo e farmi un iratze sul polso.

Il bruciore e il formicolio della runa sulla pelle mi riscossero dal torpore in cui ero caduto non appena mio padre mi aveva toccato il braccio.

Ogni volta era come se forze mi abbandonassero, sentivo qualcosa gonfiarsi nel petto, gli occhi bruciare...cose che non capivo e che forse sono quello che tutti chiamano sentimenti.

Io non provavo alcuna emozione, o almeno nessuna che valesse la pena di essere provata: come la felicità, l'affetto o l'amore.

Sapevo identificare la paura o l'angoscia: avevano sintomi comuni.

Per esempio: se mi tremavano le mani o sentivo il mio corpo irrigidirsi e il respiro farsi affannato, sapevo che quella era paura.

Un mostro con sangue di demone: così mi aveva definito mio padre, così ha pensato mia madre abbandonandomi.

Devo andare via nel pomeriggio, tornerò stasera.” disse mio padre sorridendomi.

Nella mia testa sapevo che invece sarebbe andato dall'altro ragazzo nella villa accanto.

L'altro Jonathan, l'altro me, l'altro me migliore di me.

Sentivo il rombo del sangue nelle orecchie quando pensavo a lui, credo che fosse odio.

Guardai mio padre senza lasciar trapelare nulla: “Va bene.”

Corrugò le sopracciglia alla mia risposta: ogni tanto la mia indifferenza lo inquietava.

Il fatto è che non mi cambiava niente che lui fosse in casa o meno: non mi aveva mai letto una fiaba, non aveva mai riso con me, non mi aveva mai raccontato una bugia per attutire la realtà.

Non potevo sentirne davvero la mancanza.

Mi sedetti sul davanzale della finestra e lo guardai sparire nell'aria grigia del parco.

Ora so che fu la curiosità a spingermi a seguirlo: infilai, la giacca di pelle nera, allacciai in fretta gli stivali con le dita intorpidite e mi chiusi con un tonfo la porta alle spalle.

L'aria umida mi penetrò nei polmoni e l'erba mi bagnò l'orlo dei jeans.

Seguii mio padre a distanza fino a che non giungemmo davanti ad una villa rustica con un grande prato attorno.

Aspettai che entrasse prima di avvicinarmi a mia volta all'edificio.

Una finestra era aperta.

Con un balzo salii sul davanzale e sperando che nessuno sentisse i battiti del mio cuore, scivolai dietro la tenda.

La prima impressione che ebbi fu quella di vedere una famiglia: mio padre non gli si rivolgeva così bruscamente come con me, e quel ragazzetto angelico lo adorava, a discapito della ostentata freddezza di mio padre.

Parlarono. Io non avevo mai davvero tenuto con lui alcuna conversazione che non riguardasse armi o demoni con lui.

Non potevo sopportare oltre quella tortura, sgusciai fuori silenziosamente come ero entrato e corsi via.

Corsi senza mai fermarmi fino a casa e dopo essermi chiuso la porta alle spalle mi accasciai privo di forze a terra.


Tremori e versi strozzati mi riscuotevano la gabbia toracica e dopo un po' vidi delle chiazze più scure formarsi sulla maglietta.

Mi toccai le guance: erano bagnate.

Avevo sette anni e non ricordavo l'ultima volta che avevo pianto, ma decisi subito che era un'emozione che non mi piaceva.

Da quel momento il Jonathan della casa accanto impregnò i miei pensieri: volevo superarlo in tutto, essere migliore di lui, fare sì che mio padre volesse più bene a me, che regalasse a me un falco, che accarezzasse i miei di capelli, che desse a me un bacio sulla fronte.

L'altro Jonathan era semplicemente perfetto, era come se sapessi in partenza che non l'avrei superato.

Era bellissimo e perfetto.

* * *

qualche anno dopo


Mi svegliai di soprassalto con i capelli appiccicati alla fronte e il cuore che mi martellava nel petto.

La stanza era ancora immersa nelle ombre della notte, ma riuscivo a vedere il profilo dei mobili e degli oggetti mescolati alle ombre.

Mio padre mi aveva descritto ciò che avrei dovuto fare con gli occhi che luccicavano e sentivo l'eccitazione nella sua voce mentre mi parlava.

Ero fiero del compito affidatomi: significava che lui aveva fiducia in me.

Avrei dovuto prendere il posto di un ragazzo di nome Sebastian e distruggere le difese di Idris.

Sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene per questo piano apparentemente suicida, mancavano poche ore alla partenza non avrei certo potuto passarle dormendo.

Poche ore e la mia vita sarebbe cambiata, non sapevo se avrei più messo piede in quella casa.

L'idea di rischiare la vita mi era pressoché indifferente, mio padre teneva più di me a tenermi vivo, lui non avrebbe mai voluto sprecare un tale esperimento.

Io però lo sentivo tutte le mattine, tutte le ore, che c'era qualcosa di sbagliato che mi soffocava, ero stanco di sentirmi una larva.

Poi mio padre pronunciò un nome tra quello delle persone che avrei dovuto incontrare: Jonathan.

Ed eccolo di nuovo che appare dal nulla e mi pugnala alle spalle; ma è una pugnalata calda che dallo stomaco manda brividi in tutto il corpo, non è una sensazione brutta.

Improvvisamente non mi sentii più così solo.

Scossi la testa per riscuotermi: non mi ero mai sentito così stupido in vita mia.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


Ambientata durante il quinto libro quando Jace e Jonthan sono insieme in giro per l'Europa.


L'aria pesante della cantina lo soffocava e la polvere che aleggiava negli spazi meglio illuminati dalle lampadine penzolanti dal soffitto rendeva la scena quasi surreale.

Jonathan tossì e Jace si voltò immediatamente verso di lui, era impressionante quanto fossero legati.

Jonathan gli fece cenno che andava tutto bene e l'altro rispose con una smorfia divertita: in effetti non andava affatto tutto bene.

I tre demoni apparsi lungo le pareti scrostate fecero qualche passo avanti e parlarono a Jonathan con voce roca e bassa, appena udibile.

Jace spostò la mano vicino al pugnale pronto a scattare: anche se ora dovevano trattare con i demoni, non significava certo che gli piacessero o si fidasse di loro.

Era snervante stare a guardare quella conversazione senza riuscire a capire nulla di quello che dicevano.

Quei sibili e quei suoni gutturali gli mettevano i brividi.

Jace.” disse Jonathan.

Sì?” rispose l'altro ostentando una falsissima calma.

Abbiamo un problemino. Questi demoni non intendono collaborare. Va bene ragazzi, ora noi andiamo.”

Arrivederci!” esclamò Jace facendo per andarsene, ma sapeva che sembrava fin troppo facile.

Uno di quegli esseri violacei e tumefatti emise un sibilo simile ad una risata.

Jonathan lanciò nella sua direzione il pugnale che teneva alla cintura prima ancora che quello potesse attaccare.

Degli schizzi nerastri macchiarono la parete accanto e il tanfo proveniente dalla ferita mozzò il respiro a Jace che si ritrovò un artiglio del secondo demone a pochi centimetri dal naso.

Schivò ed estrasse la spada angelica.

Michele.” disse, e quella si illuminò rischiarando il pavimento sudicio e facendo strizzare gli occhi al demone che grugnì e mostrò i denti appuntiti.

Si lanciò verso Jace, ma quello schivò agilmente e gli conficcò la spada nella schiena.

Si voltò soddisfatto di sé, ma non fece in tempo a riprendere fiato che il terzo demone era già lì pronto ad avvolgerlo nei suoi tentacoli verdastri.

Trattenne il fiato pronto ad attaccare, ma quell'essere si accasciò a terra con un rantolo, colpito da Jonathan.

Sembri quasi bravino, ma dove hai imparato?” lo prese in giro Jace.

Un semplice grazie, è più che sufficiente. Usciamo di qui, abbiamo già perso abbastanza tempo.”

Il tuo umorismo mi fa sbellicare.” commentò Jace pulendo la spada nella giacca di pelle.

Uscirono dalla cantina e l'aria pulita gli riempì i polmoni.

Aria!” esclamarono all'unisono, ma appena se ne accorsero si lanciarono un'occhiataccia.

Prendiamo qualcosa da mangiare. Ho fame.” disse Jonathan guardandosi intorno per decidere che strada prendere.

Immagino che un giorno chiederai anche il mio parere.” borbottò Jace.

Jonathan lo guardò scoppiando a ridere: “Le va di andare a mangiare, signor Voglio Essere Preso in Considerazione?”

Senti chi parla...a te invece piace che si facciano le cose senza chiedertelo eh?”

Tantissimo.” Jonathan divertito esibì la smorfia peggior riuscita al mondo.

Sei ridicolo.” lo rimbrottò Jace entrando a passo deciso in una panetteria.

Jonathan aspettò fuori poco convinto per la scelta dell'amico.

La ragazza dietro al bancone lo squadrò incuriosita e affascinata allo stesso tempo: da una parte l'abbigliamento di quel cliente era alquanto contestabile, ma allo stesso tempo era bellissimo..sarebbe stato bene con su qualunque cosa.

Emm...potrei ordinare?” chiese Jace, dato che la ragazza non reagiva.

Lei si riscosse e arrossendo gli diede due panini e due lattine di birra.

Jace uscì ridacchiando per la facilità con cui era riuscito a fare colpo.

La conoscevi?” gli chiese Jonathan alzando un sopracciglio.

No.” rispose semplicemente l'altro porgendogli il panino.

Non riuscirò mai a capire perché per te le ragazze cadano dagli alberi.” borbottò Jonathan scocciato bevendo dalla lattina.

Ah, davvero non ci riesci?” disse Jace superandolo e dirigendosi verso un ponte.

L'altro rimase interdetto qualche secondo, poi prese un respiro e lo raggiunse.

Si sta facendo buio.” commentò piatto sedendosi accanto a lui.

La mano di Jace era a pochi centimetri dalla sua, aperta sull'asfalto del marciapiede, mentre guardava, con la schiena alla ringhiera di ferro del ponte, le persone passare e le barche scorrere sotto di loro.

Jonathan rabbrividì prima di distogliere lo sguardo dall'altro e concentrasi sul panino.




Ciao a tutti! Scusate per lo spaventoso ritardo, e anche per questo capitolo che non mi è riuscito come speravo. Volevo ringraziare tutte quelle persone che hanno avuto il coraggio di arrivare a leggere fin qui (vi avrei capiti se aveste smesso dopo due righe), e anche quelli che hanno messo la storia tra le seguite o ricordate.

Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate (scruta tra la folla di persone pregando che qualcuno la ascolti e si prepara a ricevere molte torte in faccia)

Cercherò di postare presto il prossimo capitolo :)

Baci,

Emily

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ambientato durante il quinto libro mentre Jace e Sebastian sono in giro insieme per l'Europa.


CAPITOLO 4


La luce chiara della luna filtrava dalle tende scure della finestra e illuminava un breve spicchio di stanza.

Sebastian si rigirò tra le coperte sbuffando per il caldo e cercando di cancellare le immagini di demoni e sangue che gli affollavano la mente.

Il vento soffiava facendo sbattere i rami degli alberi contro i vetri: tante dita vecchie e rugose che bussavano fino strappare i cardini come stoffa.

Sebastian si raggomitolò su se stesso maledendosi per i pensieri che la sua testa produceva in continuazione.

Si sedette scalciando le coperte in fondo al letto.

Appoggiò le piante dei piedi sulle piastrelle fredde del pavimento.

Si alzò e percorse il corridoio fino alla cucina, spinse la porta ed entrò senza accendere la luce.

Aprì il rubinetto del lavandino e bevve asciugandosi poi la bocca nella manica della maglia grigia.

Gettò un occhiata alla finestra: le ombre e i riflessi bianchi e grigiastri rendevano tutto surreale.

Dava l'idea che qualunque cosa fosse successa in quel momento, non sarebbe mai davvero esistita.

Tornò in corridoio immerso nei propri pensieri, con i piedi ormai ghiacciati e con una strana sensazione di vuoto allo stomaco.

Rallentò inconsciamente arrivando davanti alla porta della camera di Jace.

Trattenendo il fiato appoggiò la mano sulla porta della maniglia e la abbassò mordendosi il labbro per reprimere il desiderio di scappare via.

La porta si aprì senza cigolare.

Rimase sulla soglia a guardare il groviglio di capelli biondi di Jace che spuntava da sotto le coperte.

Non si era mai sentito così stupido e solo come in quel momento.

Fece per andarsene e si chiuse la porta alle spalle, scivolando poi con la schiena contro il muro fissando il vuoto.

La porta della camera di Jace si riaprì.

Sebasian scattò in piedi davanti al ragazzo che lo guardava accigliato.

Che ci fai qui?” gli chiese Jace sbadigliando.

Cercavo un vetro che mi era caduto.”

Un vetro?” fece l'altro divertito.

Sì.” rispose Sebastian con aria di sfida.

Non pensavo di essere un vetro.” buttò lì Jace con un ghigno.

Sebastian sbiancò e rimase con la bocca semiaperta per qualche secondo, poi ricominciò a respirare: “Ma vaffanculo!” Non esisti solo tu sulla terra.”

Sì, ma ciò non toglie che io sia incredibilmente figo.”

Ne ho abbastanza.” borbottò Sebastian voltandosi per andarsene.

Ma prima che potesse allontanarsi si sentì afferrare il braccio da Jace.

Cosa vuoi adesso?” sbottò frustato, perché così erano veramente troppo vicini.

Nulla.” rispose piano l'altro.

Allora potrei andarmene se mi lasci.” disse Sebastian con voce spezzata.

Jace trattenne il respiro e disegnò con il pollice i contorni del viso dell'altro che rabbrividì sorpreso.

Dovremmo andare a dormire. Che ore sono?” chiese Sebastian cercando di riprendere il controllo di sé.

E io che ne so...” rispose Jace tra i denti prima di baciarlo.

Sebastian si irrigidì spiazzato.

Si guardarono in silenzio: gli occhi scuri di uno riflessi in quelli dorati dell'altro.

Hai le dita fredde.” mormorò Sebastian prendendo una mano di Jace nella sua.

Jace sorrise appoggiando la sua fronte a quella dell'altro, i nasi che si sfioravano, la bocca di Sebastian a pochi centimetri della sua.

Perché?” chiese Sebastian.

Perché cosa?”

Perché mi hai baciato?” ripeté il ragazzo arrossendo appena.

Jace esibì un mezzo sorriso divertito: “Ho davvero bisogno di un motivo?”

No.” disse Sebastian lasciandosi scappare un sorriso e baciandolo a sua volta.




Ohi gente! Perdonate questo parto della mia mente malata...prometto che presto troverò un manicomio a basso costo in cui rinchiudermi!

Come avrete notato alla fine mi sono arresa e ho cambiato il nome di Jonathan in Sebastian, perché mi confondevo in continuazione mentre scrivevo...-_-

Spero davvero che vi sia piaciuto, vi sarei terribilmente grata se mi lasciaste un commento anche negativo per sapere cosa ne pensate :)

A presto,

Emily


P.S. Buon Natale e felice anno nuovo! (casomai non riuscissi a pubblicare durante le vacanze mi metto avanti ahah)

Quasi dimenticavo...anche Sebastian e Jace si uniscono agli auguri ;)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5


Sebastians seguì Jace tra la folla di persone che si muovevano al ritmo della musica.

Una vampira inciampò e gli finì rovinosamente addosso sorridendogli stralunata.

Sebastian la prese al volo e dopo averla squadrata la baciò.

Quando hai finito di succhiarle l’anima io sarei qui eh.” lo richiamò Jace.

Sebastian sorrise sulle labbra della ragazza prima di lasciarla facendole l’occhiolino.

La discoteca era gremita di persone e la musica penetrava nel cervello cancellando ogni pensiero.

Sebastian prese la mano di Jace guidandolo attraverso il locale fino al banco degli alcolici.

Si voltò con i gomiti appoggiati al tavolo e si guardò intorno cercando il vampiro che gli aveva chiesto di incontrarsi lì.

Ad un tratto qualcuno gli passò accanto tirandogli una leggera gomitata e facendogli segno con la testa di seguirlo: era lui.

Torno subito.” sussurrò Sebatian all’orecchio di Jace prima di allontanarsi.

Raggiunse il vampiro in un’alcova dietro una tenda.

Hai deciso?” gli chiese una volta raggiuntolo nella penombra.

Sì.”

Bene. Sono sicuro che la tua scelta sia stata la migliore, o sbaglio?”

Ho riflettuto sulla sua proposta Morgestern, e rifiuto.”

L’espressione soddisfatta scivolò via dal viso di Sebastian.

Per un attimo il vampiro tremò sotto la furia sprigionata dagli occhi del suo interlocutore, ma presto si riscosse: “Signor Morgestern, non credo che lei vincerà mai.”

E cosa te lo fa pensare?” sibilò il ragazzo.

La musica riempì il silenzio che ne seguì.

Non otterrà mai un esercito così potente e se anche lo avesse a disposizione, sarebbe troppo debole per servirsene.”

Non mi conosci a quanto pare. Io non conosco debolezza.”

Lei è umano, signor Morgestern. Gli umani sono deboli, e se anche lei non conosce i sentimenti, almeno sa cosa sia la paura.”

Sebastian strinse i pugni.

Sì, la paura. E perderà, figlio di Valentine.”

Taci. Vattene.” Disse sprezzante Sebastian.

Il vampiro sussultò per l’odio contenuto in quelle parole.

O forse lei ha anche dei sentimenti…” il vampiro non pronunciò queste parole abbastanza piano da non essere sentite.

No, io non ho sentimenti.” Rispose secco Sebastian; si voltò per andarsene, ma si bloccò vedendo Jace ballare con una ragazza al centro della pista.

Se lui non aveva sentimenti, allora cosa provava per Jace?

Trattenne il respiro per la frustrazione.

Addio figlio di Valentine.” Disse il vampiro scostando la tenda per andarsene.

Odio. Un odio incontrollato assalì Sebastian.

Sì, ce l’avrebbe fatta, avrebbe messo a ferro e fuoco il mondo, solo il sangue sarebbe scorso per le strade.

Le orecchie gli fischiavano, agì senza pensare.

Prese il coltello dalla cintura e lo lanciò conficcandolo nella schiena del vampiro.

Quello cadde a terra con un rantolo.

Morì nel giro di pochi secondi in una pozza di sangue: il tiro di Sebastian era stato perfetto.

Il ragazzo cercò di controllare i battiti del proprio cuore e i suoi respiri: si sentiva stranamente stordito.

Addio, vampiro.” Disse Sebastian, poi uscì da dietro la tenda per immergersi di nuovo nella folla.

Cercò Jace con lo sguardo e lo raggiunse.

Chi era?” gli chiese il ragazzo riferendosi al vampiro.

Nessuno, non ho neanche capito cosa volesse.” rispose Sebastian alzando le spalle “Ti va di ballare?”

Con te?” chiese Jace ridacchiando.

Certo. Qualcosa in contrario?” lo sfidò l'altro.

No.”

La risposta secca di Jace lo stupì: in realtà c'erano un sacco di motivi per cui non avrebbero dovuto ballare insieme in un locale pubblico, contando anche che lui aveva appena ucciso un vampiro in un alcova.

Cominciarono a muoversi al ritmo della musica nel minimo spazio vitale concesso loro dall'enorme quantità di persone nella sala che continuavano a spintonarli e finirgli addosso.

Senza sapere come, si ritrovarono stretti l'uno all'altro; forse sotto l'effetto della vodka, Jace catturò le sue labbra e cominciò a baciarlo.

La musica si fece un rombo indistinto, e la folla sembrò fondersi insieme lasciando solo lui e Jace al centro di tutto.

Non esisteva più nulla, Sebastian in quel momento era certo che avrebbe distrutto il mondo, sentiva qualcosa ruggirgli nel ventre che gli assicurava che ce l'avrebbe fatta.

Ma sarebbe successo dopo, un altro giorno; ora esisteva solo Jace con i suoi occhi, la sua pelle e le sue labbra.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6


Non aveva nessuno.

Nessuno che gli dicesse che lo amava, e gli era sempre stato insegnato a non desiderarlo.

C'erano sempre state regole non dette con suo padre: leggi da non infrangere che però nessuno gli aveva mai esplicitamente dettato.

Non piangere, non provare pietà, né paura, né amore. Tu non sai provare amore.

Sbuffò.

Era ben consapevole di non amare Jace: lui era ossessionato da Jace, ed era una cosa diversa.

Inoltre Jace non era innamorato di lui, ma di Clary, solo che essendo sotto incantesimo non sentiva più le cose come prima, ma sotto l'influsso di Sebastian.

Sebastian rivide lo sguardo di sua madre mentre pensava a lui, la immaginò piangere sulla spalla di quel suo marito pulcioso e dirgli che sarebbe stato meglio avere ucciso il figlio quando era nato, e poi piangere ancora presa dai sensi di colpa per quei pensieri.

Rabbrividì per l'odio e lo sdegno verso di lei: l'aveva abbandonato, non aveva neanche provato a salvarlo, avrebbe potuto almeno provare a trasformarlo in quel figlio perfetto pieno di sentimenti che lei tanto desiderava.

Se avesse avuto una vita normale ora avrebbe potuto preoccuparsi di dire a sua madre che era attratto da un ragazzo invece che da una ragazza e disperarsi fino a pensare al suicidio.

Invece no, poteva preoccuparsi a proposito del suo esercito di demoni o a come distruggere il mondo.

In effetti era meglio così.

Ehi Sebastian. Uova e pancetta?” chiese Jace entrando in cucina.

A Sebastin andò di traverso l'acqua e cominciò a tossire.

Okay, okay. Niente uova e pancetta...” disse Jace alzando gli occhi al cielo e aprendo le ante della credenza.

Sebastian deglutì a vuoto cercando di distogliere lo sguardo da Jace: ma perché doveva presentarsi a colazione in maglietta e boxer?

Magari sarebbe stato il caso di proporgli di andare a mettersi un paio di pantaloni...

Sollevò poi le sopracciglia valutando che no, Jace poteva stare in boxer quanto voleva, a lui non avrebbe certo dato fastidio.

Hai già mangiato?” gli chiese Jace sedendoglisi difronte.

Sì, ma ti aspetto. Oggi si va a Mosca.”

Sei proprio gentile ad aspettarmi. Sappiamo tutti e due che devi farlo per forza perché non sei in grado di muoverti senza di me.” lo canzonò Jace.

Oh davvero?” chiese Sebastian a denti stretti, non sapendo come interpretare la frase di Jace.

Sì, davvero.”

Mi sa che devi lavarti quel bel faccino per svegliarti e ricominciare a vederci lucido.” disse Sebastian alzandosi da tavola e andando a mettere i piatti nel lavabo.

Lasciò scorrere l'acqua sul suo piatto per qualche secondo e la richiuse.

Sei già stato a Mosca prima?” rabbrividì sentendo Jace sussurrargli all'orecchio e poi baciargli il collo.

Jace...” cercò di dire Sebastian con un orribile senso di colpa che gli attanagliava lo stomaco; sapeva infatti che il Jace reale non avrebbe mai voluto baciarlo.

Si girò verso jace e lo baciò a sua volta.

Aveva bisogno di baciarlo come di respirare, lo faceva sentire più umano, più simile al resto del mondo.

E più debole. Gli sussurrò una vocina nella sua testa.

Il marmo freddo del banco della credenza contro la pelle lo riscosse e rimise a posto la maglietta che stava scivolando via.

Jace lo guardò interrogativo.

Dobbiamo andare a prendere Clary.” disse Sebastian deciso.

Dopo qualche secondo se ne era già pentito e il sorriso comparso sul volto di Jace non appena aveva pronunciato quel nome gli perforò il cuore.

Sentiva un lieve senso di nausea e la testa girare.

Quando?” chiese Jace esaltato.

Anche subito.” rispose Sebastian in un lamento.




Ohilà gente! Credo che questo sarà uno degli ultimi capitoli della storia...spero di non avervi annoiato e vi ringrazio tutti per avermi seguito!

Sebastian ha finito tutti i pacchetti di fazzoletti che avevo in casa a forza di piangere per il dispiacere di lasciarvi...ogni tanto anche lui è sensibile.

Bye, bye!

(salutando distribuisce a tutti dei piccoli Olaf omaggio di cioccolato, mentre Sebastian strabuzza gli occhi scioccato)

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7


Clary era con loro da pochi giorni, e Jace non vedeva altri che lei.

Cosa aveva di tanto speciale quella ragazzina bassa e rossa?

Pochi minuti fa Sebastian li aveva visti uscire insieme e stava cercando in tutti i modi di non chiedersi dove fossero e quando si sarebbero degnati di tornare.

Era stanco di rimuginare sempre sulle stesse cose, ovviamente tristi e depresse.

Eppure lui era così, non poteva continuare a cercare di apparire diverso per qualcun altro.

Quel pensiero gli perforò la mente: vale veramente la pena di sopprimere se stessi per qualcun altro, soprattutto se questo qualcun altro sono tutte persone che ti odiano e disprezzano?

Gli venne quasi da ridere: certo che non ne vale la pena!

Era stato tutto inutile: gli veniva tanto facile essere il mostro che suo padre voleva e che tutti pensavano lui fosse, che tanto valeva accontentarli, no?

Jace non era interessato a lui: ebbene, se ne sarebbe fatto una ragione.

E Clary...

Alzò le sopracciglia ripensando alla ragazza che gli aveva detto il giorno prima che forse sarebbe riuscita a perdonarlo, ma aveva bisogno di tempo e che lui si desse da fare per meritarselo.

Tempo? A lei sembrava forse che ci fosse tempo da aspettare?

Ora capiva che aveva semplicemente trovato un modo carino per non perdonarlo mai.

E lui non si sarebbe certo dato da fare per una cosa così idiota!

Si sentiva ferito a morte, un dolore sotto al petto che gli impediva di respirare e gli faceva lacrimare gli occhi.

Il mondo avrebbe pagato per la sua sfrontatezza.

Ad un tratto sentì il desiderio di baciarla, e subito dopo di tirarle uno schiaffo per cancellare quell'insopportabile sorriso.

Si sciacquò il viso cercando di riprendere il controllo di sé.

Perché mai avrebbe dovuto baciare sua sorella? Tirarle un schiaffo, okay; anche due magari. Ma perché baciarla?

Perché è come se ti appartenesse, disse la vocina nella sua testa.

Siamo tornati!” esclamò Clary rientrando.

Eccola davanti a lui; Sebastian distolse lo sguardo dalle sue labbra picchiettando le dita sul tavolo.

I raggi rossi del sole si riflettevano sulle strade.

Presto non ci sarà bisogno di aspettare il tramonto per vedere il paesaggio tingersi di rosso.” pensò con un ghigno.




Ehi mondo! Questo è l'ultimo capitolo (vi prego non esultate troppo) e vi devo proprio salutare.

Ieri mi sono dovuta mangiare con Sebastian un intero barattolo di nutella nel tentativo di tirarmi su il morale...

Ci terrei davvero tanto a sapere cosa ne pensate di questa storia e se vi è in qualche modo piaciuta.

Ringrazio tutti quelli che l'hanno seguita! :)

Baci,

Emily

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