Beacon delle cose sovrannaturali e strane.

di fiore_di_cartapesta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** PRIMA PARTE, Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** PRIMA PARTE, Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** PRIMA PARTE, Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** PRIMA PARTE, Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** PRIMA PARTE, Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** PRIMA PARTE, Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~Prologo~  

“Hey I can’t live in here for another day. Darkness has kept the light concealed grim as ever”


Lo ammetto, ero agitata. Profondamente agitata. Ma non lo avrei condiviso ad alta voce. Tutto quello che volevo, nei mesi precedenti, era stato prendere quel aereo e, adesso, seduta su quella poltrona, -lato finestrino, proprio sulla ala,- tutto quello che volevo era che quello stramaledetto coso non partisse. Non ora, tipo mai.
Ero terrorizzata dalla guida di mio padre tutte le mattine, nove mesi l'anno, figurarsi della guida di un aereo da parte di un estraneo.
Dovevo ammettere anche questo: non avevo mai pensato di aver paura di volare.
Ho sempre sperato che un giorno sarei partita, via da questo posto. Non che sarei stata spaventata dalla partenza, dal viaggio, dall'atterraggio.
In ogni caso strinsi i denti e le mani su braccioli, proprio come facevo prima dei “quasi incidenti” in macchina con mio padre. Avevo ormai imparato, a discapito di mini-infarti e piccoli attacchi di cuore che, nonostante la guida spericolata e imprudente, non ci saremmo mai schiantati; ci sapeva fare al volante.
Sperai di riflesso che il pilota che il pilota sapesse fare lo stesso con quel tipo di volante, quindi aspettai il fatidico momento.
Non sapevo cosa aspettarmi ma conoscevo la dinamica dei fatti.
Prima l'annuncio e il seguente allaccio delle cinture poi la corsa e il distacco dal suolo. Le ali avrebbero dovuto vibrare a livello delle estremità esterne o ci saremmo spiaccicati al suolo. Proprio come la nutella sui toast. A quel pensiero sorrisi. Ero in grado di pensare stupidaggini anche in preda al panico.
Il passeggero al mio fianco non si fece sfuggire l'espressione e commentò quasi istantaneamente.
-Vedrai, sarà bellissimo.- Era eccitata e felice come poche volte accadeva.
Fortuna che esisteva.
Quel passeggero era la mia migliore amica, -nonchè sorella,- Yukiro.
Poche volte esternava i suoi venire sentimenti. Accadeva, più spesso del resto, con me. E con gli aerei, a quanto pareva.
Lo annotai mentalmente e lo archiviai in quella cartella con il suo nome sopra.
L'annuncio sovrastò il borbottio generale e mi perforò timpano e cuore.
Persi un battito.
Persi la capacità di respirare.
Persi persino la vista. Per un attimo vidi tutto bianco poi ritornarono il mondo e i suoi colori.
Poi ci sollevammo.
Fu come sprofondare e sollevarsi senza più alcun peso ormai.
E fu bellissimo.
-Avevi ragione.- Sussurrai meravigliata.
Sentiva sempre quando qualcuno le dava retta, persino se era distratta. Captava la vittoria nell'aria.
Se la partenza mi stupi', la vista mi uccise e portò in paradiso.
Se prima dubitavo della sua esistenza adesso ne ero certa.
Esisteva, ed era proprio sopra le nuvole.
































______________________________________

~Spazio autrice~

Prima di tutto grazie per essere arrivati fin qui, davvero. Spero che il prologo abbia suscitato il vostro interesse.
Vi assicuro che la storia continuerà a diventare sempre più interessante! Presto entreranno in scena i nostri amati personaggi della serie tv.
Continuate a seguirmi, molto probabilmente non ve ne pentirete.
Grazie ancora, lasciate un commento piccino picciò o un messaggio personale! Vorrei la vostra opinione in merito.

 

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Capitolo 2
*** PRIMA PARTE, Capitolo 1 ***


~Capitolo 1~

“The faces of people I'll never see again, and I can't seem to find my way home.”

 
Durante tutto il tragitto non riuscii a prendere sonno o lasciarmi distrarre da qualunque cosa. Persino dalla tv incastrata nel sediolino di fronte al mio nonostante avessi le cuffie sparate al massimo direttamente nel cervello.
Ero aggrappata al bordo al bordo del finestrino come lo era alla mia stessa vita.
Sarei potuta precipitare e trovarlo comunque spettacolare.
 
Saremmo atterrati tra diverse ore e avremmo poi raggiunto il luogo della nostra vacanza studio: Boston, Stati Uniti.
Eravamo state scelte tra centinaia di altre persone per la nostra padronanza della lingua inglese e americana.
Su quell'aereo erano veramente poche le persone che si conoscevano poiché la selezione aveva coinvolto l'intero istituto che frequentavamo: oltre milleduecento tra studenti, insegnanti e collaboratori. Ovviamente le ultime due categorie non erano entrate a far parte della selezione.
In ogni caso non avrei riconosciuto nessuna di quelle facce, esclusa Yukiro, se mi fosse capitato di rivederle in qualsiasi posto. Fatto sta che ero quasi sicura fossero diverse quando atterrammo.
Credevo che il ragazzo dietro di me fosse biondo e avesse lentiggini e occhiali anziché capelli neri e baffi e venti anni di più, come minimo.
Ma probabilmente lo stavo immaginando, dopotutto non avevo prestato particolare attenzione alle persone nemmeno quando avevamo attraversato un brutto temporale completo di lampi, tuoni e turbolenze.
Da mozzare il fiato tanto era bello e spaventoso allo stesso tempo.
Erano cose che ti sopraffacevano, ti travolgevano, come onde nel bel mezzo dell'oceano. E non potevi far altro che guardare, seguire la corrente, e aspettare che passassero.
Alla fine la tempesta passò lasciando spazio ad un nuovo cielo.
Poi atterramo.
Mi aspettavo un aeroporto più grande data la fama di Boston invece atterrammo in un piccolo aeroporto provinciale.
Persino l'aereo sembrava essersi rimpicciolito.   
Ad ogni modo, non ci restava altro da fare che recuperare valigie e borse per conto nostro e cercare la madrelingua che ci avrebbe accolte. E così facemmo.
Restammo a lungo ad aspettare i bagagli sul nastro trasportatore, ma invano.
Probabilmente, -quasi sicuramente, data la nostra solita fortuna,- erano stati persi.
Probabilmente, -quasi sicuramente, per lo stesso motivo,- avevamo perso anche la guida e il resto del gruppo.
Eravamo rimaste sole con i bagagli a mano: i nostri zaini, la borsa contenente una macchina fotografica, e il sacchetto degli snack.
In caso di attacchi improvvisi di fame, sapete.
Decisamente poco rari dalle nostre parti.
-Credo dovremmo aspettare qui che si accorgano di averi lasciate indietro.- Disse tesa Yukiro.
Era improbabile che se ne accorgessero relativamente presto.
Ma probabilmente sarebbe stata la cosa più saggia da fare visto e considerato quello che successe dopo.
-Invece credo dovremmo cercarci un posto migliore dove dormire di un aereoporto.- Dissi irritata.
Era terribile il fatto che fossimo atterrate così presto.
Terribile era anche aver perso tutti i vestiti e i vari contenuti dei bagagli. Fortuna che la maggior parte dei miei vestiti preferiti li avevo addosso.
Persona saggia e prudente sono.
E Yukiro, che aveva osato prendermi in giro per i vari, -e troppi,- stati di vestiti, adesso ne era rimasta quasi privata.
Così impara.
 
Rimisi in spalla lo zaino e mi incamminai senza nemmeno aspettare che mi seguisse.
Sapevo lo avrebbe fatto. Non sarebbe rimasta da sola troppo a lungo. La gente solitamente la spaventava.
Pochi secondi dopo sentii il rumore dei suoi passi che si affrettavano dietro i miei.
-Dove pensi di andare?- Chiese irritata.
-Fuori di qui, in strada.- Affermai determinata. -E poi in un posto dove si dorma per davvero.-

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~Spazio autrice~
Eccolo, il primo capitolo. Inizio di tutto, o la fine di ogni cosa (se non sono riuscita a coinvolgervi).
Grazie per aver letto fin qui. 
Nel secondo capitolo daremo il benvenuto a facce familiari!
Lasciate un commento. A presto!

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Capitolo 3
*** PRIMA PARTE, Capitolo 2 ***


~Capitolo 2~

“But in the end it has to be this way.”

 
Se vi chiedessi di immaginare una tipica strada americana pensereste a quelle immense e immensamente lunghe che attraversano un deserto, una minoranza invece perserebbe a quello piccole che attraversano i boschi. E avreste ragione.
Eravamo, a piedi, priprio in una di quelle strade.
E non sono per niente affollate, sopratutto di notte.
Fortuna che raggiungemmo piuttosto in fretta i primi agglomerati di case o saremmo tornate indietro, di corsa, verso l'aereoporto spaventate a morte. Non che fossimo facilmente impressionabili ma sembrava una tipica scena da film dell'orrore di serie B. Quelli dove muoiono tutti.
Ma proprio tutti. E nessuno ne sa nulla. Per niente. Zero.
Il sollievo fu palpabile quando fummo circondate dalle prime, fioche luci dei lampioni in strada. Ma durò ben poco.
 
Avevamo quasi raggiunto il centro della città quando un profonto quanto spaventoso ringhio squarciò il silenzio.
Proveniva esattamente dalle nostre spalle.
Comparandolo con i diversi ringhi che faceva il mio cane realizzai velocemente che quello non era proprio amichevole e che sarebbe stato meglio allontanarsi il più velocemente possibile.
-Credo sia il caso di correre.- Yukiro confermò i miei pensieri. -Svelta!-
Ma a quanto pareva quel cane, -o qualsiasi cosa fosse,- non sembrava voler desistere dall’ inseguirci e, per giunta, si stava avvicinando.
Raggiungemmo quello che sembrava essere il parcheggio, vuoto, di una qualche scuola. O meglio, sarebbe stato vuoto se non fosse stato per quella jeep azzurra parcheggiata malamente e a caso nel bel mezzo dello spiazzo. Parcheggiata, appunto, era un eufemismo.
Era, persino, ancora in moto.
Sarebbe stato stupido da parte nostra ignorare quel'improvvisato rifugio.
Ci chiudemmo dentro portandoci, per quanto credevamo, al sicuro.
Ci saremmo preoccupate dopo di dare spiegazione al proprietario.
Avrebbe sicuramente capito.
E, strano a crederci, così accadde.
 
Svariati secondi, o minuti, più tardi due tonfi sordi contro il fianco ci fecero sobbalzare.
Alla fine quel cane rabbioso ci aveva raggiunte.
O almeno così credevamo.
Poi li vedemmo.
Fuori dallo sportello del guidatore, -il lato devo ero seduta io,- due ragazzi cercavano di entrare, sconvolti quanto noi nel notarci.
-Apri!- Esclamò prontamente Yukiro.
Era quella che reagiva più velocemente delle due. La ascoltai. Feci scattare la sicura e loro spalancarono lo sportello piombando ansimanti all'interno dell'abitacolo.
Subito dopo aver richiuso la porta un altro tonfo, più violento dei precedenti due, si propagò nell'aria.
Questo doveva essere quel cane.
Aveva la rabbia, di sicuro.
-Che cosa diavolo ci fate nella mia auto?!- Esclamò quello più vicino a me, seduto esattamente al mio fianco.
Potevo sentire il calore emanato dal suo corpo e dal suo respiro. Ma ancora non gli avevo visto il volto.
Non avevo nemmeno guardato l'altro.
-Secondo te?- Indicai fuori, era palese. Capitan ovvio, amico.
Nello stesso momento anche mia sorella rispose: -Cosa credevi, che ci saremmo fatte sbranare?-
Poi vidi i loro volti.
Il ragazzo sul lato più esterno aveva la pelle scura, quasi abbronzata. I capelli erano neri, o castano scuro. Difficile dirlo al buio. Lo stesso per gli occhi; scuri.
Il viso era sottile e magro, i lati della mascella diseguali. Era affascinante, anche se non lo avrei definito esattamente bello.
Il ragazzo al mio fianco, invece, aveva i capelli leggermente più chiari dell'amico.
Gli occhi erano di un dolce color miele d'acero. Persino al buio si distinguevano. Aveva un viso allegro, anche se la sua espressione non lo era affatto. Ispirava istintivamente fiducia.
Aveva una bocca sottile e il viso pieno di nei; uno più scuro degli altri campeggiava sulla sua guancia sinistra. Sul mento un accenno di barba incolta.
E aveva uno dei nasi più belli che avessi mai visto. Era dritto e terminava a punta, nè troppo grosso nè troppo piccolo.
E.. lo stavo fissando decisamente troppo. Iniziavo a sembrare una maniaca.
 
Un altro scossone all'auto da parte di quell'improbabile cane incavolato mi fece distogliere lo sguardo evitandomi di arrossire.

_________________________
~Angolo autrice~

Ebbene si, sono follemente innamorata di Stiles. Non ci posso fare nulla, è troppo aw. Immagino sia successo a parecchi !

Mi ero promessa di pubblicarla ieri ma non ho avuto nè modo nè tempo per farlo.
Credo che per via della scuola pubblicherò un capitolo la settimana, due raramente. Porta via troppo tempo e sono già stressata. Vorrei finisse adesso!

Grazie per essere arrivati fin qui, se lo avete fatto. 
Posto anche il quarto capitolo così inizierete ad entrare un pò di più nella storia. Si, questa è una di quelle rare volte in cui i capitoli disponibili sono due! :3

Saluti. 

 

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Capitolo 4
*** PRIMA PARTE, Capitolo 3 ***


~Capitolo 3~

“Because maybe you’re gonna be the one who saves me?”

 
Mi venne da ridere. Non riuscii a trattenermi.
Probabilmente avevo qualche tipo di disturbo comportamentale. Mi stavano fissando tutti. Tutti.
Yukiro credette fossi impazzita.
-Hai sbattuto la testa?- Sembrava spaventata. Non lo era quasimai, tranne quando si trattava di me.
Non ero proprio una persona che poteva essere definita "pridente".
Scossi la testa. No, non avevo sbattuto da nessuna parte la testa. In compenso il cuore andava a mille.
Il ragazzo abbronzato mi stava scrutando da sotto le folte sopracciglia. Forse lo preoccupavo.
Sembrava come.. in ascolto.
 
Un altro tonfo, ma dall'altro lato della macchina, quello di Yukiro.
-Che cos'ha che non va questo coso?- Quasi urlò dallo spavento, presa alla sprovvista.
Il ragazzo al mio fianco accennò un sorriso.
Quando sorrideva si scavavano delle piccole fossette ai lati delle guance.
 
La voce di Yukiro riportò tutti alla realtà. O quasi. Ero rimasta intrappolata su quella bocca.
 
E il ragazzo dagli occhi chiari si affrettò a far partire l'auto.
-Credevo l'avesse imparato, che sapesse controllarsi!- Esclamò arrabbiato parlando all'amico. -Ho appena riverniciato la corrozzeria!- Era proprio furioso.
-Me la pagherà cara!- Continuò.
Era uno strano modo di parlare di un cane, persino del proprio.
L'altro sembro quasi venire inghiottito da sediolino tanto si fece piccolo. Sembrava sentirsi in colpa.
Un altro tonfo.
-Ohh, si che me la pagherà.- E partì a tutta birra fuori dal pargheggio e lontano dalla città.
Eravamo entrambe troppo sorprese per reagire.
Il secondo ragazzo nel frattempo si ricompose e assunse il controllo della situazione.
-Okay, Stiles,- Che strano nome, pensai. -va alla raduna qui vicino e ci penserò io. Lui ti seguirà solo finchè sarò in auto, è me che vuole.-
Dunque il cane era suo. Complimenti, ottima scelta.
-Dopo porta via le ragazze, non sono al sicuro. Accompagnale dove devono andare.- I due si scambiarono un' occhiata significativa. Poi Stiles, quello al mio fianco, guardò in alto verso luna.
-Oh.- Esclamai, colpita dal mio stesso pensiero.
Solitamente nel mondo normale uno non arriva a pensare determinate cose. Certo, le persone normali non lo fanno. Anche se, alla fin fine la normalità è decisamente relativa.
Fatto sta che credetti di capire stessero parlando di un licantropo, non di un cane rabbioso. Un lupo mannaro in preda al richiamo della luna.
C'era plenilunio quella notte.
-Oh.- Esclamai di nuovo.
Immagino avessi dovuto avere paura di tutta quella storia ma la sola cosa che provavo era stupore.
Uno spera tutta la vita che la magia, le creature sovrannaturali e tutto il resto esistano e poi ci finisce nel mezzo.
Mi girai verso Yukiro e le indicai in alto. Lei guardò e vide. E capì quello a cui mi riferivo, in breve tempo collegò ogni cosa.
Fui felice fosse esattamente in quel modo, che fosse lei. Era come me, folle e arguta.
Ma il nostro gesto non passò inosservato.
-Che cosa siete?- Chiese allora Stiles, un pò deluso e un pò sconvolto.
Prima che avessimo persino il tempo di pensare, Stile parlò un altra volta.
-Scott,- Disse rivolto all'amico. -Devi andare.- Si sentivano rumori nel bosco, e ringhi e latrati.
-Lo so, lo sento.- Rispose l'altro correndo via, non prima di aver detto: -Portale via, domani giocherai a fare il detective.-
-Ehi!- Protestò metendo il broncio.
Colpo al cuore.
Ma fece come gli era stato detto, anche se ocn difficoltà.
Diverse volte durante il viaggio sembrò volesse dire, o chiedere, qualcosa. Si fermò ogni volta.
la lotta interiore visibile sul suo viso.
 
-E va bene.- In uno scatto nervoso picchiò il volante. Rimise in moto e partì.
Yukiro sembrava ancora sconvolta dalla rivelazione assurda. Era quasi in uno stato catatonico.
Lungo la strada, per un attimo, la rabbia ebbe la meglio su Stiles. -Ma cosa vi dice il cervello? Non vi hanno mai detto che non si esce con la luna piena? Gira strana gente.- Poi si zittì rendendosi conto, troppo tardi, di essersi appena definito strano e di aver attaccato delle ragazze senza apparente motivo.
Ci stava davvero facendo la ramanzina?
-E una mazza da baseball aiuta?- Non riuscii a trattenermi dall'essere sarcastica. L'avevo vista prima, sul sedile posteriore.
-Come lo sai?- Mi guardò stupito.
Non ero pronta a reggere il suo sguardo e per un attimo mi sentii stordita e sbattei le palpebre.
Mi ripresi e accennai,muovendo la testa nella sua direzione, al sedile posteriore.
-Ah.- Disse soltanto.
-Insomma, dolci fanciulle, dove andiamo?- Fece poco dopo.
Eccolo, lo Stiles donnaiolo. Ovviamente.
Probabilmente pensava di apparire attraente, -e ci riusciva,- ma non sapeva di essere ancora più buffo del solito.
Era adorabile.
Quel sorriso sbilenco era davvero stupefacente.
Come una droga.
Sbattei le palpebre ancora una volta, e mi girai a guardare la strada, lasciando che a rispondere fosse Yuki.
Ma cosa diavolo mi prendeva?
-Un motel,- disse prontamente. - Uno qualsiasi.- Si era ripresa.
-E così sia.-
E schiacciò l'accelleratore.
Ma un ultima domanda premeva per uscire. -Dove siamo?- Allora chiesi.
Non mi girai a guardarlo.
-Beacon Hills,- Rispose, un pò sorpreso. -Dove se no?-
-Boston, magari- sussurrai.
-Benvenute.-

_____________________________
~Angolo autrice

Grazie per aver letto anche questo capitolo. A presto.

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Capitolo 5
*** PRIMA PARTE, Capitolo 4 ***


~Capitolo 4~

“And the truth's unwinding scraping away at my mind. Erase all the memories, they'll only bring us pain.”

 
-Ci vediamo in giro, ragazze?-
Sorrise di sbieco. -La città è piccola.-
Sembrava proprio una minaccia.
 
-Motel Glen Capri.- Yukiro lesse l'insegna.
-Non mi pare il paese delle meraviglie.- Che brutta situazione. Probabilmente quello stramaledetto college dove saremmo dovute andare non aveva nemmeno i nostri nominativi, ancora. Non si accorgeranno di averci perse. Rimarremmo a lungo in quello schifo.
-Prendiamo una stanza.-
 
-Yukiro.. Beacon Hills non esiste!- Ero sconvolta. Quasi non riuscivo a reggermi da sola sulle mie gambe.
Tutte le ricerche che avevo fatto, tutte le informazioni che avevo mi avevano portato a quella conclusione.
-Non esiste..- Ripetei cercando di farlo sembrare sensato.
Ma niente, non aveva senso. Per quante volte l'avessi detto, non lo avrebbe mai avuto.
-Esiste Beacon Hill, quartiere periferico di Boston. Siamo più o meno atterrate nel posto giusto. Solo che.. credo, che.. in qualche modo..- Cercavo una soluzione coerente. Una soluzione sensata.
Ma non c'era.
Avevo solo una spiegazione. Insensatissima. -E' un altro universo. Siamo nella Beacon delle cose sovrannaturali e strane.-
-Possibile?- Dissi immediatamente dopo.
-Fino a ieri forse no.- Disse Yukiro.
Il fatto che mi stesse prendendo sul serio mi faceva sentire meno pazza. Più sana.
Almeno saremmo finite nello stesso istituto mentale.
-Scommetto che se cerchiamo, da qualche parte c'è Panem(1)! O forse Idris(2), ma, aspetta, a quella non abbiamo accesso perchè non siamo state marchiate dall'angelo(3).- Quello veramente non me lo sarei aspettato da Yuki.
Mi prese talmente alla sprovvista e mi sorprese al punto che mi sembrò la cosa più divertente del mondo.
Risi fino alle lacrime.
-Okay, è assurdo. Da uscir matti.- Ammisi quando alla fine recuperai abbastanza fiato.
-Mi sono mai fatto di alluginogeni, funghi vari o LSD?- Chiesi dubitando di me stessa. -Magari ci sono rimasta, come quando accadde a Charlie(4)...-
-Possiamo cercarlo e chiederglielo personalmente. Magari ci consiglia una clinica per la disintossicazione .. o l'igiene mentale.- Il sarcasmo di Yukiro era tagliente come un coltello.
Faceva così alle volte. Chiudeva il mondo fuori al suo castello di sarcasmo. Chiudeva fuori persino me.
-Prova a chiamare la mamma. In questo universo potremmo non esistere, potrebbe non esistere lei stessa. Potrebbe non avere lo stesso numero almeno. Universo differente, scelte differenti.- Dissi cercando, in questo modo, di trovare una risposta a tutta quella assurdità.
Non riuscivo più a reggermi, mi accasciai sulla prima poltrona nelle vicinanze.
Ero spaventata, se quello che pensavo era vero significava che eravamo completamente sole.
Più che la mamma, mi sarebbe mancato papà. Per Yukiro probabilmente era il contrario.
-Forse non hai del tutto torto...- Fece mia sorella.
Cercò nel suo zaino e scorse la rubrica.
Non impiegò molto al momento che l'unico numero rimasto era il mio.
-Questo è strano.- Voltò il telefono nella mia direzione e vidi quello che aveva visto lei.
Spaventoso direi.
-Forse non ho detto una cavolata grande come il mondo..- Sussurrai.
Se lo avessi detto ad alta voce sarebbe potuto divenire realtà, e non ero sicura che questa situazione mi spaventasse a morte o mi avesse già uccisa.
-Prova comunque a comporre il numero.- Cercai di raccogliere le briciole di lucidità che mi erano rimaste. -Lo conosci, dopotutto.-
Numero inesistente.
Fece lo stesso con il numero di papà.
Inesistente.


(1) Panem = nazione immaginaria dove prendono corpo le vicende di Hunges Games narrate da Suzanne Collins.
(2) Idris = Terra natia dei nephilim, o cacciatori di demoni. Direttamente da Shadowhunters di Cassandra Clare.
(3) marchio dell'angelo = necessario per l'accesso alla città (a meno di poche e rare eccezioni).
(4) Charlie = protagonista di Noi siamo infinito.


________________________________

~Angolo autrice~ 

Ecco qua, adesso sapete il perchè del titolo. Tra l'altro è anche una citazione della nostra Lydia Martin.
Adesso devo scappare, la matematica chiama e, per quanto vorrei scappare, devo rispondere. 
A presto, con un nuovo capitolo. 
Grazie per la lettura, baci.

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Capitolo 6
*** PRIMA PARTE, Capitolo 5 ***


~Capitolo 5~

“Standing here I realize you are just like me trying to make history.”

 
-Abbiamo bisogno di una storia.-
Dal momento che eravamo bloccate lì e nessuno, sul serio questa volta, ci sarebbe venuto a cercare e non sapevamo come tornare nella.. nostra realtà,sì, avevamo bisogno di una storia.
-Siamo qui, godiamocelo.-
Tentai di sembrare ottimista.
Era un modo per iniziare. Per fare qualcosa.
-Sensato.- Condivise mia sorella.
 
-Quindi siamo sorelle..- ripetè ancora una volta Yukiro.
-Si, giusto. Come sempre. Lo siamo per davvero.- Forse aveva perso qualche rotella?
-E siamo qui perchè..?- Domandò per la trentesima volta.
-Perchè siamo in vacanza, in viaggio.- Le risposi ancora una volta.
-Come ci manteniamo?-
-Con i soldi della gita, quelli negli zaini.-
-Nel caso riuscissimo a tornare come paghiamo il campus?-
-Non lo facciamo, ci hanno derubate.-
-Abbiamo soldi per quanto tempo?-
-Dipende da come li usiamo e se restiamo qui.-
-Quindi ci serve un altro posto?-
-Magari.-
-Se incontriamo quei due cosa facciamo, come ci comportiamo? Sospettano che noi sappiamo qualcosa del loro mondo.-
Bisognava effettivamente tenerne conto.
-Wow, questo non me lo avevi ancora chiesto. Mi stupisci, complimenti. Hai riacquistato la ragione.- Le sorrisi finalmente felice di avere qualcosa a cui pensare.
Non che fossi felice di pensare a .. nessuno.
-Io.. proprio non lo so.- Ammisi avvilita.
-Possiamo semplicemente dire che conosciamo delle cose, non saremmo le prime umane, no?-
-Vero, quello.. Stiles,- pronunciò il nome con una smorfia, -mi sembra decisamente umano.-
-Cosa? Chi?- Risposi un pò troppo in fretta e un pò troppo sulla difensiva.
-Hai l'amore facile, non è vero?- Sembrava parlasse ad una bambina.
Probabilmente solo le bambine si fanno incantare dal primo bel tipo che passa.
-Non lo so qual'è il mio problema.- E come una bambina misi il broncio.
Ci abbracciammo, in quel modo in cui sanno abbracciarsi solo i fratelli. Quel modo in cui riusciamo a comunicare, unico, solo toccandoci.
Ci sfioravamo l'anima.
-Mi dispiace, sono un totale disastro.- Sussurrai tra i suoi capelli.
-Lo odierò per te, promesso.-
 
Ci separammo dopo un pò; l'una confortata dalle braccia dell'altra.
-So dove possiamo andare.- Le dissi.
Era l'unica idea che ero riuscita ad avere.
-Sono sicura ce ne pentiremo. Lo faremo vero?- Chiese turbata Yuki.
Ignorai quello che aveva detto e cercai di sembrare entusiasta. -Possiamo stare nella scuola!-
-Lo sapevo, una stronzata.- Disse rassegnata.
-Guarda che è una cosa piuttosto intelligente. Prima di tutto perchè è estate e non ci sono lezioni di alcun tipo, e secondo perchè è gratis.-
La scuole erano chiuse, le lezioni finite, le persone felici.
Beh, quasi tutte.
Probabilmente quel tipetto irascibile e particolarmente peloso che ci aveva inseguite non lo era.
-Come fai a sapere che giorno è qui?- Ribattè Yukiro irritata.
-Sai, tempo fa hanno inventato queste cose; contano i giorni, le settimane e, -fai attenzione,- i mesi! Ce n'è uno alle tue spalle, si chiama calendario.- Glielo indicai.
La data era "sette, Luglio". Proprio come a casa.
 
-E va bene, ma dove staremo di preciso? Le lezioni sono terminate ma gli allenamenti? Qui non fanno quella cosa.. Lacorse..?-
-Lacrosse!- La corressi.
-Non mi hai risposto!-
-E.. uhm.. Potremmo stare nell'aula di chimica! Chi mai ci entrerebbe durante le vacanze o soltanto di propria spontanea volontà?-
Ci guardammo negli occhi.
Entrambe pensavamo alla stessa cosa: la nostra, del tutto fuori di testa, insegnante di scienze. Ridemmo come matte per un pò.
-Hai vinto tutto.- Ammise Yuki quando alla fine riuscì a respirare di nuovo correttamente. -Nessuno ci entrerebbe mai.-
E ridemmo ancora.
-In caso, potremmo fare come Caleb(1) e dormire nelle prese d'aria.- Questo fu il colmo.
Non riuscimmo più a smettere di rotolare dalle risate.
Non ci riuscimmo nemmeno quando il propietario venne ad intimarci, da fuori la porta, in corridoio, di smetterla perchè avremmo disturbato gli altri.
Riuscimmo solo ad abbassare la voce e sghignazzare.

(1) Caleb= Personaggio della serie tv "Pretty Little Liars".

_____________________________________________
 

~Angolo autrice~
E, vabbeh. Nulla da dire.
Il capitolo sei è in arrivo, spero non vi stiate annoiando perchè ancora non è successo molto. Be quite.
Have fun, bye. 



 

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Capitolo 7
*** PRIMA PARTE, Capitolo 6 ***


~Capitolo 6~

“And no one cares, there’s no one there.”

Fummo più che felici, la mattina dopo, di lasciare quel posto.
Eravamo sulla strada per tornare alla scuola.
Alla luce del sole nemmeno il bosco metteva paura. Era tutto più chiaro e nitido. Visibile e innocuo.
La strada all’andata era sembrata così breve in auto.
Eravamo partite presto. Era passata da qualche ora l’alba quando avevamo pagato il conto e adesso, alle nostre spalle, batteva già il caldo sole della tarda mattinata.
Ma si stava bene. Finalmente ce ne stavamo un po’ per conto nostro.
A casa le cose non stavano andando alla grande… ma non era né il luogo né il momento per pensarci.
Era tutto fin troppo bello. E vero.
Così raggiungemmo la scuola.
Il parcheggio, questa volta era completamente sgombro. Nessuna jeep azzurra parcheggiata in malo modo in nessun posto.
Lo spiazzo era completamente libero.
Solo quando mi trovai lì realizzai quanto avessi sperato di trovarlo. Immancabilmente feci una smorfia a metà tra l’addolorato e lo scocciato.
Ma cosa mi stava succedendo?
-Non fare quella faccia. Lo rincontrerai, questa città non è così grande. Ricordi?-
Era così evidente la delusione sul mio viso?
-Se quello fosse stato Billie Joe(1) saresti morta all’istante. Liquefatta per autocombustione.- Sta zitta, Yuki.
Ripresi a camminare sbattendo pesantemente i piedi.
Mi mancava e nemmeno lo conoscevo.
E nemmeno mi conosceva.
Assurdamente odioso.
 
Raggiunsi velocemente le scale che anticipavano l’ingresso.
Quella porta sarebbe stata sicuramente chiusa, ma tanto valeva provarci.
Tredici scalini verso la meta.
Chiusa, ovviamente.
Le finestre del secondo piano, invece, erano aperte. Probabilmente per permettere il cambio d’aria.
Ma erano al secondo piano.
Irraggiungibili a meno che non sapevi volare.
E nessuna delle due ne era in grado.
Probabilmente lì intorno qualcuno sapeva farlo.
In ogni caso avevamo bisogno di una soluzione a portata di umano.
Dovevamo, -dovevo,- pensare come un investigatore.
Le finestre non potevano essere tenute sempre aperte nell’evenienza di un temporale estivo, o per evitare l’entrata di piccoli animali.
Di conseguenza, qualcuno se ne occupava. Un inserviente, magari.
Ergo, vi era una porta di servizio o comunque un ingresso secondario. Probabilmente non era nemmeno chiuso a dovere.
Ottimo, avevo un obiettivo.
Riscesi la scalinata e mi trovai di fronte Yukiro. Se l’era presa comoda.
-Alla buon ora. Non disturbarti ad aiutarmi.- Le dissi pungente.
Non ce l’avevo con lei, certo. Non ne avevo motivo.
Ma era l’unica con cui potevo permettermi di essere interamente me stessa.
Qualsiasi stato d’animo avessi.
Lo stesso era per lei.
-Infatti non lo faccio.- Ammiccò.
Sbuffai, ma le sorrisi.
Avere qualcosa da fare mi impediva di pensare. A qualsiasi cosa, a chiunque.
-Resta qua, faccio il giro e cerco un modo per entrare, poi vengo ad aprirti. Fischia in caso di pericolo, o persona sospetta.-
-Sai che non so farlo.- Ribatté sedendosi sull’ultimo scalino.
Sarebbe rimasta lì.
-Già, nemmeno io.- Avevo sempre voluto impararlo. Che irritazione.
-E allora urla!- Le voltai le spalle e mi incamminai.
Era bella grossa quella scuola. Fortunatamente non dovetti fare tutto il giro a vuoto. Una porta secondaria c’era e nemmeno tanto lontano, ma era chiusa.
La finestra di fianco invece era aperta.
Cioè, non proprio aperta ma chiudeva male. Ci misi poco ad aprirla: anni di fughe segrete alle spalle.
Esultai, godendomi quella piccola vittoria.
Mi ricomposi, scavalcai il bordo, -non troppo facilmente per via della mia bassa statura,- e fui dentro.
In Italia scuole così solo nei film.
Ero entrata in una stanza secondaria, una specie di sgabuzzino per scope e videoregistratori. Dalla porta secondaria però si intravedeva un corridoio fiancheggiato da file e file di armadietti.
Sospirai.
Avrei voluto che i nostri licei fossero così. Ci saremmo andati tutti più volentieri. Utopia.
Varcai la soglia e fui inondata da un odore di fogli, gesso e ammoniaca per pavimenti.
Avevo fatto centro: qualcuno periodicamente si occupava di questo posto.
Gongolai nell’autocompiacimento per un po’ poi mi ricordai di dover aprire la porta principale a mia sorella.
Mi orientai meglio che potei ma mi persi lo stesso un paio di volte.
Difficile da credere ma quella scuola era un labirinto. E la mia scarsa, -quasi inesistente,- capacità di orientamento non aiutava.
Alla fine ci riuscii.
Non impiegai nemmeno troppo tempo.
Era rimasta lì solo una scarsa ventina di minuti. Non ricevetti nemmeno insulti quando arrivai.
-Benvenuta nella Beacon Hills High School!- 

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