Sentimenti nascosti.

di OnniL
(/viewuser.php?uid=188445)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 24 Gennaio 2015 ***
Capitolo 2: *** 19 Febbraio 2015 ***
Capitolo 3: *** 4 Settembre 2015 ***



Capitolo 1
*** 24 Gennaio 2015 ***


Lontana da tutto e tutti. Immagino. Mi piacerebbe! E invece, sono qui. Seduta in un panchina di un parco stranamente poco affollato. Meglio così! Mi guardo intorno ed ho come la sensazione di non appartenere a questo mondo. Mi guardo intorno ed è come se fossi lontana da questo mondo. Non appartengo a questo mondo, come non mi sono mai sentita parte di qualcuno o qualcosa. Sono qui, seduta in una panchina di un parco stranamente poco affollato. Mi congelano le mani, ma non mi è facile smettere di gettare su foglio ciò che penso. Forse mi basterebbe una sigaretta, Chesterfield Blue. Mi servirebbe, non per smettere di scrivere, forse anche per questo. Mi servirebbe per svuotare la testa e riempire il cuore. Avrei voglia di urlare. Potrei farlo dato che il parco è stranamente poco affollato. Ma che dovrei urlare? Non lo so nemmeno io. Non so neanche il motivo per il quale mi ritrovo qui. Seduta in una panchina di un parco stranamente poco affollato. Non appartengo a questo mondo. Forse è questo il motivo. Forse è questo che dovrei urlare. Passa la gente e mi guardano tutti sorridendo. Vorrei dire "vaffanculo, non mi sorridete". Vorrei dire che mi ricordano quelle persone che entrano ed escono dalla tua vita, prendendosi pezzi di te, ridendo. Vorrei dire che odio i sorrisi perché mi hanno sempre ingannata, perché sorridevo troppo, anche quando non volevo. Non appartengo a questo mondo, ma ora sono qui, seduta in una panchina di un parco stranamente poco affollato e sorrido, ingannandomi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 19 Febbraio 2015 ***


"Presente!" urlo dopo che il professore, facendo l'appello, pronuncia il mio nome. Fisicamente lo sono. Di testa sono da tutt'altra parte, fuori dal mondo. Non penso che sia per la prima mattinata. I compagni parlano, il professore parla. Non li sento, vedo semplicemente le loro labbra muoversi. È come se fossi rinchiusa in una bolla che non mi permette di sentire nient'altro che i miei stupidi pensieri. Siamo 28 alunni, compresa me, con un professore. È possibile che con 28 persone intorno che parlano, io non senta niente? È come se fossi rinchiusa in una bolla che non mi permette di sentire nient'altro che i miei stupidi pensieri. Seduta con gli occhi fissi in un punto. La mia compagna chiede "hey, a cosa pensi?" A cosa penso? Non saprei. A cosa non penso? Non saprei. Non le risposi, sorrisi e basta. Mi guardò come si guarda un alieno. Sono da tutt'altra parte, fuori dal mondo. Non pretendevo capisse, continuai a sorridere. Non sono stata rinchiusa, mi sono chiusa in una bolla che non mi permette di sentire nient'altro che i miei stupidi pensieri. Qualcuno capirà mai la differenza? Io non voglio essere capita, non voglio sentire nessuno. Potrei uscire da questa bolla e continuare a non sentire nessuno, per volere mio. Sono da tutt'altra parte, fuori dal mondo. A cosa pensi? A cosa non pensi? Chiusa in una bolla che non mi permette di sentire nient'altro che i miei stupidi pensieri. Seduta con gli occhi fissi in un punto e sorrido. Presente!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 4 Settembre 2015 ***


Solito bar, solito cappuccino, solita sigaretta. Una routine, una dipendenza. È compiendo le solite azioni che ci si crea una dipendenza. Come quando vai in un tabacchi, compri le sigarette e poi compi il solito gesto: sigaretta sulle labbra, accendino in mano. Aspiri e fai fuoriuscire il fumo. Come quando vorresti qualcuno accanto perché stai crollando, ma ti limiti a dire le solite parole "sto bene". Ti asciughi le lacrime da sola e fai fuoriuscire un sorriso. Dipendenza. Chiamiamo così tutto ciò che siamo abituati a fare, tutto ciò che siamo soliti dire. Solito bar, solito cappuccino, solita sigaretta. Vorrei qualcuno accanto perché sto crollando, ma mi limito a dire le solite parole "sto bene". Una routine, una dipendenza. È compiendo le solite azioni che ci si crea una dipendenza. Come quando ti asciughi le lacrime e fai fuoriuscire un sorriso, perché al solito bar, col solito cappuccino e la solita sigaretta, non c'è nessuna solita persona che sia la tua routine, la tua dipendenza. E ti limiti a dire le solite parole "sto bene".

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2999974