È facile per chi sta al sole predicare a chi rimane nell'ombra.

di dreamyD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due settimane ***
Capitolo 2: *** Back to hogwarts ***
Capitolo 3: *** Nuovo giorno ***
Capitolo 4: *** Normalità ***
Capitolo 5: *** Meglio restare a letto ***
Capitolo 6: *** Credere ***
Capitolo 7: *** Vale la pena tentare ***
Capitolo 8: *** Essere o non essere (alla partita)? ***
Capitolo 9: *** Offrimi una cioccolata calda ***
Capitolo 10: *** Scoperte ***
Capitolo 11: *** Ma qua e là c'è serenità ***
Capitolo 12: *** Nel buio della notte ***
Capitolo 13: *** Decisioni ***
Capitolo 14: *** Tieni gli occhi bene aperti ***
Capitolo 15: *** Ipocrita ***
Capitolo 16: *** E' più facile di quel che sembra (o forse no?) ***
Capitolo 17: *** Tutto ok ***
Capitolo 18: *** Le cose cambiano ***
Capitolo 19: *** Partire di nuovo ***
Capitolo 20: *** Estate ***
Capitolo 21: *** Tornare insieme ***
Capitolo 22: *** Di chiacchiere, scommesse e scoperte ***



Capitolo 1
*** Due settimane ***



 

 

Due Settimane

 

A tutti quelli che hanno avuto
la malsana idea di segurmi anche qui
E alla mia Ale
Vi voglio bene




Un'altra tacca. Probabilmente Kreacher l'avrebbe cancellata quando se ne sarebbe tornato a Hogwarts, ma per ora la parete ricoperta di segni gli dava una bella sensazione.

Era una cosa stupida molto probabilmente, ma almeno era qualcosa.

Sfregiare la carta da parati della sua camera, sgusciare fuori di casa quando era sicuro che nessuno l'avrebbe visto per andare a mangiare il gelato in mezzo ai babbani, starsene chiuso in camera all'ora di cena e sgattaiolare in cucina a mezzanotte...erano piccole ribellioni di cui non importava a nessuno, se non a lui, ma che lo facevano sentire un po' meno intrappolato.

I momenti migliori erano quando riusciva a passare anche un intero pomeriggio fuori da quelle quattro, ormai nauseanti, pareti. Allora correva via, si mescolava ai babbani, prendeva il gelato, si infilava nei caffè, sorrideva alle ragazze carine e si sedeva sulle panchine del parco.

Poi però doveva sempre tornare indietro. Ritornare deliberatamente e di sua volontà dentro a quella prigione che non voleva e non poteva chiamare casa.

Poi c'erano le lettere, che avevano sempre un sapore dolceamaro. Era bellissimo sentire i suoi amici, James, Remus, Peter, Sunshine, persino Frank, ma leggere delle loro belle giornate, dei loro momenti felici, delle loro famiglie, della loro libertà, lo faceva sentire ancora peggio. Però ogni volta rispondeva allegramente e faceva loro credere che tutto fosse apposto, faceva loro credere di stare bene, di essere felice. Nessuno gli credeva mai.

Diede un'altra occhiata alle tacche sulla parete.

Godric, erano passati così tanti giorni? Vederli lì sul muro, quasi materializzati da quei segni fatti con un misero coltellino, li facevano sembrare di più. Nella sua testa erano quasi un unico nebbioso, lunghissimo e noiosissimo giorno. Ogni giornata era uguale all'altra, non succedeva mai niente di speciale, di interessante. L'ozio era faticoso.

Avrebbe accettato qualsiasi cosa pur di interrompere quella snervante monotonia. Una litigata con Regulus? Fantastico! Solo che quel piccolo bastardo non si faceva mai vedere e se lo faceva non si lasciava provocare. Insultare Kreacher? Magnifico! Ma quel viscido stronzo si faceva vedere solo il tempo necessario per avvisarlo del pranzo e della cena, per poi scomparire subito. Farsi torturare da Walburga? Anche questo! Ma nessuno lo stava ad ascoltare, nemmeno se insultava i Black tanto pesantemente da non riuscire neanche più a farsi ridere da solo! Sembrava che tutti cercassero di proposito di farlo morire di noia e inattività!

Ancora due settimane. Due settimane e poi finalmente se ne sarebbe andato.

Odiava quella stanza.

Odiava quella casa.

Odiava quelle persone.

Odiava quella maledetta vacanza che aveva passato senza mai vedere i suoi amici.

Odiava tutto quello e non vedeva l'ora di liberarsi di loro e andare alla stazione e rivedere James e Remus e Peter e Sunshine. E poi di nuovo a Hogwarts.

Sentiva che quell'anno sarebbe stato diverso, ma quando mai non lo era?

Tutto cambiava, loro crescevano e la guerra si stava avvicinando.

L'aveva sentita nelle discussioni di suo padre, i Malfoy e i Lestrange. L'aveva sentita nelle notizie dei giornali, di babbani scomparsi nel nulla, di misteriose esplosioni e di luci verdi nella notte. L'aveva sentita nella tensione che arrivava la sera, quando le madri si affrettavano a portare dentro i bambini e nessuno osava indossare mantelli neri, se non era la sua “divisa di lavoro”. L'aveva sentita anche James, nei sussurri dei suoi genitori.

Ma sarebbe passata anche quella, come ogni altra cosa. Forse era solo una cosa passeggera, forse era solo una tensione momentanea. Non ci credeva davvero. Sperava solo che avrebbe aspettato, almeno un altro paio di anni. Voleva essere felice, per quanto possibile, almeno per un altro po'.

Voleva davvero che quell'anno fosse fantastico.

Lo voleva perchè l'anno precedente era stato duro, difficile, triste.

Lo voleva per Remus, che era già abbastanza depresso per conto suo.

Lo voleva per Sunshine, perchè potesse essere felice ancora.

E lo voleva per sé, perchè ne aveva bisogno.

Quell'estate torrida aveva avuto come unico risultato il far congelare un po' di più il suo cuore. Del resto nessuno si era tirato indietro su quell'incarico.

Walburga e Orion con il loro veleno, il loro disprezzo, Kreacher con i suoi sibili e borbottii, Regulus con il suo sguardo indifferente e insensibile. Oltre che Bellatrix.

Certo perchè, se anche poteva pensare di saltare pranzo e cena per mangiare per conto suo, non poteva certo evitare le cene di famiglia, inutili e irritanti incontri di persone che non sopportava.

La migliore era stata quella in cui erano venuti anche Narcissa e Lucius, che si era messo a fare comunella con Bellatrix.

Parlavano di questo Voldemort, quest'uomo che a quanto pareva era tanto potente da crearsi un esercito di seguaci pronti ad uccidere per lui.

Sirius aveva odiato lo sguardo luccicante di Regulus, quando aveva ascoltato Lucius riferire i grandi pensieri e progetti di quello schifoso razzista, prima che Orion ponesse fine alla cosa dichiarando che non erano discorsi da fare a tavola.

Sirius lanciò il coltellino con precisione, piantandolo sulla parete di fronte a lui, poi si alzò e andò a recuperarlo, osservando la parte rovinata di muro che si estendeva ogni giorno di più.

Ancora due settimane.

Solo due settimane.

Troppo.

Non sapeva quanto sarebbe riuscito ancora a resistere in quella inattività.

Si soffiò via un ciuffo di capelli dagli occhi. Stavano diventando decisamente lunghi, ma non aveva voglia di tagliargli. E poi a Walburga davano fastidio, quindi tanto meglio.

Due settimane.

Poteva farcela. Davvero.

Chiuse gli occhi. Era stanco, anche se erano giorni che quasi non usciva da quella stanza. La noia era pesante.

Di fronte alla sua porta chiusa, Regulus si lasciava cadere seduto lungo il muro, nella penombra del corridoio deserto.

Riusciva a sentire Sirius che lanciava di nuovo quello stupido coltello. Riusciva quasi a sentire come una presenza fisica l'odio che il fratello aveva per quella casa e per tutti quelli che lo circondavano.

Nessuno poteva vederlo, poteva anche concedersi di lasciare da parte il solito muro di ghiaccio e sospirare. Gli mancava avere suo fratello dalla sua parte, gli mancavano i suoi scherzi idioti e la sua risata strana. Ora tutto quello che rimaneva era terra bruciata e sguardi d'odio e disprezzo.

Pessima estate, decisamente, ma perchè aveva l'impressione che potesse solo peggiorare?

Solo due settimane, poi almeno ci sarebbe stato più di un misero corridoio a dividerli.

E poi avrebbe potuto rivedere Jared. Non che gli mancasse, ovvio.

Solo due settimane.

 

**

 

«E poi sai che ha detto? Ha osato dire che era colpa mia! Mia, capite? Oh ma appena torna a casa...»

«Ehi Caro! Caro stop, calma. Ehi.» Cole mise le mani sulle spalle della ragazza infuriata, guardandola negli occhi finchè non ebbe preso un paio di respiri profondi.

«Ok ok, ci sono. Ma questa volta Mark ha proprio esagerato! Lo sapevo che non dovevo portarlo in giro così tanto con voi!» borbottò ancora arrabbiata Caroline, passandosi una mano tra i capelli color carota.

«Ehi! Ora diventa colpa nostra?» esclamò Ethan, fingendosi offeso.

«Non stavo dicendo...oh che scemo che sei!» Caroline scoppiò a ridere, finalmente rilassata, colpendo l'amico su una spalla.

«Violenta!» ribatté quello con una smorfia esagerata.

«Vedrai se sono violenta! Se domani avrete un'amica in prigione saprete il motivo!» Caroline si incupì di nuovo, ma Cole non le permise di ritornare arrabbiata.

«Verrò a trovarti e ti porterò i compiti così dovrai farli anche da dietro le sbarre!»

«Ma che razza di amico! E poi non potrebbero mettermi in prigione, dovrei andare in riformatorio immagino.»

«Se ci arrivi...secondo me tua madre ti uccide prima!»

«Mi soffocherebbe per non sporcare il pavimento di sangue.» fece con una smorfia Caroline.

«E poi nasconderebbe il tuo corpo nell'orto per usarti come concime naturale?»

«No Ethan, figuriamoci se userebbe me per le sue preziose zucchine! Mi getterebbe nel fiume!»

«Non ti sembra di esagerare ora? Ok, magari non sei abbastanza per le zucchine, ma per i pomodori forse puoi ancora andare bene.»

«Idiota!»

Caroline saltò addosso a Cole, prendendolo di sorpresa e facendolo rotolare nell'erba, ma era troppo magra e il ragazzo fece presto a riprendersi e a schiacciarla a terra bloccandole i polsi.

«Ehi avete intenzione di amoreggiare ancora a lungo?» domandò sarcastico Ethan, sdraiato sotto l'albero con un sorriso malizioso in volto.

I due arrossirono e si affrettarono a districarsi e a tornare vicino a lui.

«Ehi Jamie, ma ci sei? Qualcosa non va?» chiese Caro, sedendosi accanto a James che, un filo d'erba in bocca e gli occhiali posati di fianco se ne stava disteso al sole e non sembrava prestare loro attenzione.

Sentendosi chiamare il ragazzo alzò la testa, i capelli più scompigliati che mai e le lanciò un'occhiata confusa e poi un sorriso.

«Eh? Cosa? No no, sto bene. Tutto bene.»

«Stavi di nuovo cercando il tuo secondo neurone, quello perduto?» domandò Ethan pungente.

«No, stavo cercando di immaginare dove fosse finito il tuo, ma immagino si sia nascosto troppo bene per poterlo trovare. Del resto ha avuto anni per trovare il nascondiglio perfetto.» ribatté James con un sorriso, rimettendosi gli occhiali.

Caroline rise, mentre Cole cercava di nascondere il suo divertimento, senza riuscirci.

«Oppure stavi pensando alla tuo fidanzatino lontano? Sirius?»

James mantenne il sorriso sul volto, tranquillo e rilassato e si alzò, spolverandosi la terra e l'erba dai pantaloncini.

«Non potrei mai pensare a lui in tua presenza senza sentirmi un traditore, caro.»

«Oh che dolce che sei.»

«Lo so, tesoro, ti amo anche io. Ci vediamo domani ragazzi.»

«Già te ne vai? È ancora presto.» lo fermò Caroline, un'espressione delusa nascosta malamente sotto una imperturbabile.

«Sì devo fare...delle cose. Ciao Caro. Cole, a domani. Ethan, stanotte sognerò te, dolcezza. E salutatemi Alex se dopo viene!» James si chinò per lasciare un bacio sulla guancia di Caroline, senza notare come la ragazza fosse arrossita, salutò gli altri con un cenno della testa e, mani in tasca e sguardo al cielo, se ne andò verso casa.

Anzi no, che cosa ci andava a fare a casa? In realtà non aveva niente da fare e a casa probabilmente ci sarebbe stata sua madre che gli avrebbe chiesto di aiutarla o peggio, Jo.

Ultimamente Jo era cambiata moltissimo. O forse non ultimamente. Secondo ciò che aveva capito dagli altri, soprattutto da Caroline, era cambiata lentamente.

Prima aveva cominciato a stare di meno con loro, poi si era trovata Jack e quando l'aveva lasciato era diventata ancora più schiva. O meglio, schiva con loro.

Si era fatta delle nuove amiche, dei nuovi amici.

Molti nuovi amici. Molto molto amici.

James non poteva credere che Jo, il maschiaccio che si era tagliata i capelli perchè le davano fastidio, che teneva testa a suo fratello per difendere gli amici, che era scappata di casa e si era trasferita da lui per essere più libera e felice, si fosse trasformata in quella ragazza facile e un po' snob che forse dormiva a casa sua o forse no.

Ormai passava davvero poco tempo a casa Potter, ma c'era sempre la possibilità di trovarsela in giro, con la sua aria da finta gran donna e il suo sguardo duro.

James avrebbe voluto parlarci, aiutarla (perchè di sicuro aveva bisogno di aiuto) ma non era mai stato bravo in quelle cose.

Ci sarebbe voluta Sunshine, o anche Sirius magari.

Già, Sirius.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma il suo migliore amico gli mancava. Erano mesi che non si vedevano e doveva aspettare ancora due settimane per rivederlo. Gli mancavano i loro litigi stupidi, i loro scherzi idioti, le loro discussioni assurde, i loro insulti scherzosi.

Gli mancava anche Remus. E Peter. E Sunshine. E la Evans.

Mocciosus no.

Godric, non vedeva l'ora di tornare a Hogwarts!

Due settimane, ancora due settimane.

Davvero, gli piaceva stare in vacanza, gli piaceva passare il tempo con i suoi amici che non vedeva mai, gli piaceva scherzare con loro, ma trattenersi in ogni momento per paura di dire qualcosa sulla magia di inopportuno? Pesare ogni parola, ogni commento, perchè poteva sfuggirgli qualcosa? Quello era esasperante!

La prima cosa che avrebbe fatto appena tornato a Hogwarts sarebbe stato fare un paio di incantesimi e dire qualcosa di estremamente non-babbano, maledizione!

James si bloccò, rendendosi improvvisamente conto di dove si trovava.

Era di fronte a casa sua.

Oh.

Era arrivato lì senza neanche rendersene conto, perso nei suoi pensieri.

Fico.

Tanto valeva entrare e trovare qualcosa da fare per far passare il tempo.

Magari avrebbe scritto una lettera a Sirius, o magari gli avrebbe detto del libro che aveva scovato nei recessi della sua biblioteca.

No, era meglio aspettare e fargli una sorpresa.

Non credeva di riuscire a resistere per due settimane ancora!

Due settimane e avrebbe rivisto Lily! Chissà se le erano spuntate di nuovo le lentiggini. Erano adorabili, ma non glielo avrebbe detto, ovviamente.

Due settimane.

Con un sorriso felice James entrò in casa canticchiando.

Due settimane.

 

**

 

Remus stava leggendo un libro. Non un libro di scuola o qualcosa di “barbosamente noioso”, come diceva James. Era un bel libro, anche se forse un po' poco realistico. Dava una descrizione dei maghi decisamente sbagliata, ma c'era qualcosa, nel modo in cui era scritto, nella proprietà con cui venivano descritte le altre creature, che gli faceva credere che forse era solo un'altra verità. Forse l'autore si era ispirato a vecchie leggende o forse era un mago che si era divertito in quel modo a fuorviare i babbani. Chissà. Non essendo ad Hogwarts non era riuscito a controllare se quel tizio fosse un mago o no.

«Ancora con quel libro Remus? Da quando te l'ho fatto scoprire l'avrai letto almeno due volte!»

«Ogni volta scopro nuovi dettagli. È davvero bello!»

«Il Signore degli Anelli non è solo bello, Remus, è...»

«Ok ok frena. Me l'hai già fatto questo discorso, Liz.»

Remus alzò lo sguardo dalle pagine del libro per incontrare gli occhi nocciola della ragazza che gli stava davanti, sorridendo.

Aveva un anno in meno di lui, capelli mossi raccolti malamente in una treccia, occhi dolci e sorriso aperto.

«Hai ragione. Da quanto sei qui?» la ragazza si sedette a gambe incrociate vicino a lui, sporgendosi per vedere a che punto era arrivato.

«Non lo so, una mezz'oretta immagino.»

Remus chiuse il libro e lo mise da parte, sorridendo all'amica.

«Allora Lizzie, che mi racconti?»

«Non saprei. Sei tu quello che ha sempre cose interessanti da raccontare! Raccontami ancora del tuo amico James, avanti!» Liz lo guardò implorante, gli occhi luccicanti, facendolo ridere.

«Devo essere geloso, Lizzie? Sembra che ti interessi di più del mio amico che non hai mai nemmeno visto che di me!»

Liz gli tirò una spallata leggera e gli fece una linguaccia.

«Oh e smettila, idiota!»

Risero insieme. Poi calò il silenzio. Un silenzio leggero, rilassato.

Remus non aveva mai avuto problemi stando con Lizzie. Era davvero una ragazza fantastica!
Arrossì al pensiero di che cosa avrebbero potuto dire James e Sirius se l'avessero visto in quel momento, seduto sull'erba con una ragazza carina al suo fianco, spalla contro spalla.

Ancora due settimane e avrebbe rivisto quei due scemi, finalmente.

Le vacanze erano state fantastiche, ma quei due, e Peter e Sunshine, gli mancavano.

Remus si passò una mano sul braccio, dove una benda copriva un lungo taglio rosso. La luna piena era stata solo due notti prima ed era stata una delle peggiori da almeno un anno a quella parte.

Forse perchè non si era preparato adeguatamente, troppo perso nel dolce far nulla delle sue giornate assolate, forse perchè non era nella Stamberga ma nella vecchia cantina vuota di casa sua, dove non aveva nient'altro da dilaniare se non sé stesso, ma restava il fatto che si era svegliato la mattina dopo nel suo letto con quel taglio fasciato sul braccio, una brutta ferita sul costato e la testa dolorante.

Era rimasto a casa tutto il giorno seguente e non aveva visto Lizzie e ora temeva delle domande.

Si sarebbe chiesta il perchè di quella ferita? Si sarebbe chiesta perchè lui non si era fatto vedere il giorno precedente? E lui, lui che cosa le avrebbe detto? Che bugia avrebbe inventato?

Remus aspettò, cercando di non far trapelare la sua tensione, ma non successe niente.

Lizzie si distese al sole e sospirò beata, cercando la sua mano e mettendosela sugli occhi per farsi un po' di ombra.

«Tranquilla, fai come se fosse tua.» fece ironico Remus, senza però spostarla.

«Oh grazie! Come sei gentile.» rispose lei con lo stesso tono.

Inutile, quella ragazza era meravigliosa.

Peccato avere solo altre due settimane prima di dover tornare a scuola.

Ovvio, non vedeva l'ora di tornarci, ma con lei era tutto così semplice!

Non faceva domande troppo complicate, accettava le risposte vaghe che lui le dava senza indagare e era sempre sorridente.

L'aveva incontrata circa un mese prima, in piscina. Lui leggeva e lei lo aveva accidentalmente schizzato. E invece di chiedere scusa gli aveva detto che l'aveva fatto per gentilezza, per rinfrescarlo. Le aveva ricordato così tanto James, con quel sorriso splendente e l'aria malandrina che non aveva potuto fare a meno di diventare suo amico circa cinque secondi dopo, giocando con lei nella vasca affollata.

La cosa fantastica era che, al contrario delle altre ragazze, non si aspettava che lui provasse qualcosa nei suoi confronti che non fosse più di semplice amicizia e non faceva la civetta. Era un'amica perfetta e basta.

Remus scosse la testa tra sé: chissà che cosa avrebbe avuto da commentare Sirius su quell'ultimo pensiero! Di sicuro si sarebbe messo a pensare a qualunque cosa tranne che quella fosse la pura e semplice verità.

«Ehi Rem, qualcosa non va?» domandò Lizzie, aprendo un occhio per squadrarlo con attenzione, posando gli occhi sulla sua aria a metà tra il divertito e lo scocciato, il suo braccio fasciato e le sue occhiaie.

«No Liz, tutto bene. Stavo solo pensando a quell'irritante del mio amico.»

«James?» gli occhi di lei si illuminarono per un attimo.

«No Sirius.»

«Ah.» il luccichio si attenuò.

Era possibile che James riuscisse ad affascinare le ragazze anche senza mai farsi vedere? Mah, misteri della vita.

«E che pensavi?» chiese ancora Liz dopo una pausa.

«Che tra due settimane tornerò a scuola e li rivedrò.»

«Non vedi l'ora.» commentò lei, sentendo la felicità e la trepidazione nella sua voce. «Che caro.»

«Sei invidiosa per caso?» domandò malizioso Remus, trattenendo l'ondata di affetto per la ragazza.

«Ovvio! La mia scuola fa schifo e la tua sembra così fantastica!»

«E poi c'è James. Ammettilo, ti piace.» Remus le afferrò la treccia, tirandola leggermente.

«Oh certo, è l'amore della mia vita che non ho ancora mai visto! Idiota.»

«Sei sempre così adorabile, Lizzie.»

«Sono uno zuccherino, lo so.»

«E così modesta.»

«L'umiltà fatta persona.»

«E così poco sarcastica.»

«Come no? È la mia principale caratteristica, la non sarcasticità.»

«Non sono sicuro si dica sarcasticità.»

«Io lo dico, quindi si può dire.»

Remus rise. Dove aveva già sentito quella frase? Oh, ovvio, nella bocca di James. Quei due erano separati alla nascita!

Però, come sarebbe stato bello se Lizzie fosse andata a Hogwarts con loro!

Due settimane. Due settimane e poi avrebbe rivisto quel castello, anche se senza di lei.

Con i suoi Malandrini e Sunshine.

La ormai familiare morsa di nostalgia gli strinse il cuore. Quanto gli mancavano!

«Mi scriverai ogni tanto dalla tua scuola super divertente?» domandò Lizzie in quel momento, improvvisamente seria.

Non era una buona idea. Per quanto fosse fantastica era una babbana. Che cosa le avrebbe potuto raccontare di vero? E poi lui era un maledetto Lupo Mannaro, non poteva rischiare di affezionarsi così a una ragazza indifesa e fragile come lei. No, non era una buona idea. Come dirglielo?

«O anche no.» aggiunse Lizzie, ora più triste.

Doveva farle credere che non voleva scriverle? Era la cosa migliore da fare.

Non rispose. Dopo un po' Lizzie cambiò discorso e recuperò il sorriso.

Due settimane. Due settimane e poi avrebbe rivisto i suoi Malandrini. Con loro almeno poteva essere sincero.

 

**

 

Peter si stava annoiando da morire. Godric, non c'erano argomenti più interessanti di cui parlare? Anche le storie d'amore della figlia della commessa del supermercato preferito di sua zia sarebbero state più interessanti della storia del soufflè di sua madre! Anche perchè era la quarta volta che la sentiva (e non aveva potuto fare a meno di notare che ogni volta che veniva raccontata qualche particolare cambiava leggermente).

«...e poi mi sono detta: eh no! Questa volta deve riuscire!»

«Mamma, vado a fare una passeggiata.» annunciò Peter alzandosi in piedi.

Aveva calcolato con attenzione il momento: di solito quel punto era quello di maggior suspense e non avrebbe badato troppo a lui.

Infatti lei gli fece un cenno con la mano per fargli capire di aver sentito e poi si rilanciò nel discorso.

Peter non riusciva a decidere se fosse peggio sentire sua madre che raccontava quella storiella, che non faceva nemmeno ridere, per l'ennesima volta o guardare sua zia che l'ascoltava in trepidazione.

Afferrò un biscotto dal contenitore in cucina e uscì nell'aria afosa del pomeriggio.

L'asfalto era bollente ed emanava altro calore, non c'era un filo di vento e anche le cicale che frinivano sembravano affaticate.

Non gli piaceva un granché il caldo, lo faceva sentire sonnolento e appiccicoso, ma apprezzava il fatto che riuscisse a far rinchiudere tutte le persone in casa, lasciando le strade deserte.

Odiava uscire e incontrare le persone. Incontrare le persone significava sentirsi a disagio, balbettare ed essere preso in giro. Orribile.

Non vedeva l'ora di tornare a Hogwarts e rivedere gli altri Malandrini.

Loro erano i primi veri amici che avesse mai avuto e ogni tanto ancora non riusciva a credere di fare davvero parte di un gruppo del genere.

Con loro non doveva avere paura, le loro prese in giro non erano mai fatte per ferire e lo difendevano e aiutavano sempre.

James era sempre pronto a farlo sorridere, Sirius a proteggerlo, Remus ad aiutarlo in qualsiasi cosa. Era così bello avere loro.

Quei mesi trascorsi da solo, con le loro lettere come unica compagnia erano state un vero inferno.

Certo, si era goduto l'ozio e le ore di sonno, ma Hogwarts era la sua seconda casa ormai e voleva davvero tornarci.
Non che fosse ansioso di ricominciare le lezioni, ma il letto a baldacchino della torre era insuperabile e i banchetti...gli facevano venire l'acquolina in bocca anche solo a pensarci!

Godric che caldo che faceva!

Peter si fermò sotto ad un albero, sedendosi su una panchina, cercando di togliersi di dosso la sensazione pesante che gli dava quel caldo opprimente.

Inutile, gli si chiudevano gli occhi.

Del resto non c'era nessuno e non aveva niente di meglio da fare quindi...

«Guarda chi c'è! Palla di lardo ha deciso di fare il barbone! Non ti vuole neanche più tua madre ora?»

Peter spalancò gli occhi al suono della voce velenosa di Tom. Non si era accorto di essersi addormentato, ma evidentemente l'aveva fatto.

Non doveva aver dormito molto, le ombre non si erano spostate più di tanto, ma quanto bastava per non accorgersi dell'avvicinarsi di quelli lì.

Tom, Jack, Maggie, Robert e Laura.

«Ciao ragazzi, come va?» domandò Peter, cercando di mantenere il tono più casuale possibile.

Quelli annusavano la paura come cani e se la sentivano ti saltavano alla gola. Non che facesse molta differenza dato che sembravano avere tutta l'intenzione di farlo comunque.

Quanto avrebbe voluto che James e Sirius fossero stati lì!

«Bene Porky, e a te come va? Il tuo lardo ti tiene ben al calduccio?»

Inutile rispondere. La cosa più intelligente da fare sarebbe stata andarsene, ma come fare dato che si erano schierati di fronte a lui togliendogli ogni via di fuga?

Seppure....poteva provare a scavalcare lo schienale della panchina e scappare via da quella parte, ma sarebbe stata una fuga talmente palese che l'avrebbero perseguitato ancora di più.

Solo per due settimane però. Anzi, se riusciva a farsi invitare da James anche di meno. Tanto valeva provare. Doveva però prima trovare il momento perfetto.

«Oh Rob, lascia stare il cucciolo di elefante, non vorrai farlo piangere?» intervenne Maggie, maligna, mentre Laura ridacchiava.

«Povero bimbo, poi va a nascondersi tra le grosse sottane di sua madre.» rincarò Jack.

Dovevano smetterla. Basta.

Peter si alzò in piedi di scatto, sorprendendo Tom, il più vicino a lui, che fece un passo indietro.

«Finitela! Siete solo degli inutili sacchi di untume e stupidità! Siete talmente inutili che non vi si potrebbe usare neanche per dare il cattivo esempio! Credete di essere tanto furbi e intelligenti? Bè non lo siete. Siete solo una sibilante strisciante setta di sudici serpenti! E ora levatevi di torno e ritornatevene nel vostro sporco buco!» detto questo, Peter si fece strada tra di loro e se ne andò con passo più fermo possibile.

Si fermò appena fuori dalla loro vista, le mani tremanti, le lacrime agli occhi.

Le frasi ascoltate in ogni litigio di James e Sirius con varie persone (la Evans, i Serpeverde, qualche altro malcapitato...) erano tornate utili.

Solo che adesso era nei casini. Seri. Meglio tornare a casa e rimanerci. E magari avrebbe scritto a James e a Sirius. E a Remus. Gli serviva incoraggiamento, qualche lode e un buon consiglio.

Solo due settimane e quell'inferno sarebbe finito.

Due settimane e li avrebbe rivisti, sarebbe tornato con loro a Hogwarts.

Due settimane.

 

**

 

Lily corse via. Non sarebbe rimasta in quella casa un secondo di più. Non con Petunia che strillava in quel modo e con il timore di combinare qualche casino con la sua magia che voleva esplodere.

Corse via, ma si fermò appena fuori dal cancello. Fece qualche passo sul marciapiede e poi si bloccò.

L'unico posto dove poteva andare era il parchetto, lo sapeva, ma avrebbe trovato Severus lì? Erano un paio di giorni che non ci andava e forse lui non ci sarebbe stato.

Forse si sarebbe trovata da sola a dondolarsi sull'altalena scalcinata.

Quanto desiderava che Sunshine fosse lì! Lei avrebbe saputo calmarla, poi l'avrebbe abbracciata e l'avrebbe fatta sentire meglio. Le avrebbe dato delle buone ragioni per non tornare dentro e far diventare il naso di Petunia blu mirtillo.

Ma Sunshine non c'era quindi tanto valeva provare al parco.

Si avviò a passi lenti, la rabbia un po' placata, sostituita da un senso di tristezza e solitudine.

Le mancava Severus. Il vecchio Severus.

Non che i cambiamenti fossero così evidenti, ma c'erano. Per prima cosa c'era tutta la faccenda delle Arti Oscure. Lui si ostinava a negare tutto, ma lei sapeva. Sapeva che cosa leggeva, a che cosa si interessava, che incantesimi provava di nascosto con i suoi amici. I suoi amici poi....Non si fidava per niente di loro. Dei loro ghigni maligni, dei loro pensieri razzisti, dei loro incantesimi malvagi. Stavano facendo diventare Severus una persona che non le piaceva, non le piaceva per niente. Però...però era Severus. Era il suo Severus, quello che le aveva rivelato la sua magia, quello che l'aveva sempre trattata con gentilezza, con affetto, timido, impacciato, goffo, silenzioso, intelligente, scaltro. Come poteva lasciarlo andare dicendo “non mi piacciono i tuoi amici”? Neanche a lui piacevano i suoi, quindi che avrebbero dovuto fare? Salutarsi e non parlarsi più?

La verità era che aveva bisogno di Severus. Perchè era rassicurante avere qualcuno che la conosceva da tanto tempo e sapeva come ci si sentiva a non sentirsi amati dalla propria famiglia. E poi lui c'era sempre. Quando lei aveva bisogno di lui, quando era arrabbiata, quando era triste, quando era felice, le era sempre bastato un cenno e lui era stato accanto a lei.

Negli ultimi tempi, è vero, era stato molto con i suoi compagni, ma era logico! Anche lei era stata molto con Sunshine, quindi perchè biasimarlo?

Con il cuore più leggero, Lily andò a sedersi sull'altalena.

Severus non c'era, ma sarebbe arrivato, ne era sicura. Lui odiava stare a casa sua e prima o poi sarebbe passato di lì. In qualche modo lui sapeva sempre quando lei lo stava aspettando.

Ok, forse non era proprio così, ma restava il fatto che quando lei si sedeva lì e attendeva, lui arrivava sempre.

Lily si diede una lieve spinta sulle punte dei piedi, gli occhi fissi sul cielo grigio.

Faceva caldo, un po' di pioggia sarebbe stata gradita dall'erba secca e dalle strade polverose, ma la cappa di nubi non accennava a lasciarsene scappare nemmeno una goccia. Se ne stava lì, opprimente e cupa, trasformando la giornata già calda in una giornata afosa e pesante.

«Ehi.» la voce di Severus la distrasse dai suoi pensieri.

Non l'aveva sentito arrivare, ma ora era lì, seduto sull'altalena accanto alla sua, con la sua maglia grigia sformata e larga e i jeans strappati sul ginocchio.

«Ehi.» Lily gli sorrise. Era arrivato. Lo sapeva che sarebbe arrivato. Poteva sempre fidarsi di lui.

«Qualcosa non va?»

Lily sorrise di nuovo. Come faceva ad accorgersi sempre di come stava? La conosceva troppo bene.

«Petunia.»

Una ruga si formò tra gli occhi di Severus, mentre lui aggrottava le sopracciglia con una smorfia di antipatia.

«Petunia dovrebbe imparare a starsene zitta ogni tanto.» borbottò contrariato.

Lily sentì l'impulso, che ancora non riusciva a cancellare, di difendere la sorella, ma era ancora troppo irritata per farlo, così sorrise di nuovo.

«Tu?»

«Tutto bene.»

Bugia. Lily poteva vederlo. Non andava mai tutto bene a casa dei Piton, ma aveva imparato da tempo a non fare domande e lasciare perdere. Non avrebbe avuto risposte.

Meglio cambiare discorso.

«Non vedo l'ora di tornare a Hogwarts.» disse con un sorriso, pensando a Sunshine, all'enorme parco, alla Sala Grande, al dormitorio, alle sere con le amiche, alle cose interessanti che si imparavano.

«Ti manca Potter?» le domandò pungente Severus, lanciandole un sorriso che era una smorfia.

«Ovvio, Sev, lo amo così tanto che non riesco a non pensare a lui!» scherzò Lily, per poi incupirsi «Oh ma perchè me l'hai fatto venire in mente? Proprio ora che cominciava a passarmi la rabbia!»

Il sorriso di Severus adesso sembrava più sincero, ma c'era ancora qualcosa di stonato che Lily non riuscì a capire.

«Chissà chi insegnerà Difesa quest'anno.» si chiese il ragazzo, pensieroso.

«Spero che sia qualcuno di bravo.»

«Anche io.»

«A te mancano i tuoi amici?» domandò dopo un po' Lily.

Severus non rispose subito.

«A te?» domandò invece.

«Mi manca Sunshine. E Alice e Marlene. Ho te qui però, no?» Lily si congratulò con sé stessa per il sorriso vero che era riuscita a far fare a Severus. Quanto tempo che non ne vedeva uno così sincero!

«A me non mancano poi così tanto. Ho qui tutto quello che mi serve.» replicò Severus, la fine della frase pronunciata a voce così bassa che Lily non era sicura di aver sentito giusto, arrossendo.

Era raro che lui le dicesse cose del genere, quindi Lily mise subito la frase nella categoria “frasi da ripetersi in testa quando penso male di Sev”.

«Due settimane ancora.» mormorò un secondo dopo il ragazzo.

Lily non riuscì a capire se fosse un ancora di “non vedo l'ora che finiscano” o un ancora di “vorrei fossero di più”.

Due settimane.

Due settimane e poi finalmente sarebbero tornati a Hogwarts, lontani da Petunia, vicino a Sunshine.

E a Potter.

Forse sarebbe stato bello che le due settimane durassero di più.

Però così era. Due settimane.

Le mancava la magia.

Due settimane.

 

**

 

Un campo di grano dorato, macchie rosse di papaveri, un albero in lontananza, verde luminoso, il cielo azzurro, una nuvola bianca, una strada polverosa e una staccionata bianca scheggiata.

«Sunny!»

Una casa, sulla sinistra, con un altro grande albero e qualche cespuglio.

«Sunny!»

Un'altra nuvola, vicino alla casa. Un viottolo tra le spighe.

«Sunny!»

Un sospiro, un sorriso.

Sunshine mise giù il pastello ocra e ripose il foglio, alzandosi dalla sedia e uscendo in giardino.

«Ehi Ang. Che succede?» domandò alla sorellina.

«Mi annoio. Giochi con me e Squid?»

Il cucciolo che era capitato nel loro giardino due estati prima era cresciuto e ora arrivava alle spalle di Angie.

«Ok. Arrivo subito. Tu intanto pensa a cosa vuoi fare.»

Sunshine tornò dentro, mettendo in ordine le sue matite e sistemando i fogli.

«Possiamo fare il bagno a Squid?» le gridò Angela dal giardino.

«Non ci pensare nemmeno!» rispose da dentro Sunshine, già immaginando la guerra saponata che ne sarebbe venuta fuori.

«Possiamo giocare a cercare i grilli?»

Strisciare per tutto il giardino in cerca di buche e di poveri animaletti da disturbare con dei bastoncini? No.

«Che ne dici di fare una passeggiata?» propose invece Sunshine, uscendo di nuovo dalla sorella.

Cinque minuti dopo Sunshine guardava Angela rincorrere Squid per la strada, richiamandola indietro quando si allontanava troppo.

Era un pomeriggio caldo, ma soffiava un allegro venticello e le nuvole nel cielo si rincorrevano veloci. Forse quella sera sarebbe anche potuto venire un temporale.

«Sunny Sunny!» Sunshine riportò lo sguardo sulla sorella che le indicava freneticamente qualcosa a terra.

«Che hai lì, bimba?» domandò avvicinandosi curiosa.

«Una farfalla! È morta, Sunny?»

Se non era scappata quando si erano avvicinati il tornado e il cane probabilmente sì, ma questo Sunshine non lo disse.

Si chinò a guardare le ali bianche immobili e le sfiorò leggermente, coprendosi un dito di impalpabile polvere.

«Credo di sì, Angie. Qualcuno forse l'ha colpita. Vedi come l'ala è spezzata lì? Le manca un pezzetto.»

E così sotterrarono la farfalla.

Poi fu la volta della lucertolina senza coda, poi quella dell'uccellino sul ramo, della margherita gigante, della fila di formiche e della lumachina.

Angela correva di qua e di là dando nomi agli animali (Lucy, Cip, Zip, Molly..) e Sunshine la guardava.

Pensare che mancavano solo due settimane e poi sarebbe dovuta andare via di nuovo le spezzava il cuore.

Non era tanto stare lontana dalla sua Angela, il suo raggio di sole, ma quanto non vederla crescere, perdersi i suoi piccoli momenti, il suo primo dente che ballava, il suo primo test a scuola, il suo primo libro letto tutto da sola. Le piccole cose, i momenti che non sarebbero tornati più. Perdere quelli, era la cosa peggiore.

«Sunny! Ehi Sunny!» Angela corse verso di lei, porgendole un mazzo di fiori «Per la mamma!»

«Vuoi portarglieli?»

«Andiamo?»

«Se vuoi.»

«Vieni Squiddy, andiamo a trovare la mamma!»

E Angela ripartì, veloce come il vento, allegra e libera come un ruscello, pura e dolce come l'aria all'alba.

Sunshine la seguì, correndo anche lei, scappando dalle sue paure, dalla sua tristezza.

«Ciao mamma! Ti abbiamo portato dei fiori!» salutò Angela, sistemando i fiori nel vaso, togliendo quelli vecchi, appena appena appassiti.

Ciao mamma. Sono solo fiori di campo, ma sono per te. Non saranno quelli perfetti di zia Mary, ma sono carini no?

Sunshine si chinò, accucciandosi sull'erba, gli occhi fissi sul volto della madre.

Come sei bella mamma. Te lo dico ogni volta, ma non è mai abbastanza. Zia Mary dice che tu non ti sentivi mai bella, ma come facevi? Guardati sei perfetta! Vorrei essere come te.

«Sunny vado a prendere altri fiori non ce ne sono abbastanza!»

«Non allontanarti troppo.»

Hai visto come cresce in fretta Angie? È grande ormai. Vorrei stare di più con lei, mamma. Due settimane. Due settimane e la lascerò di nuovo sola. Come posso essere così cattiva?

Lily e i Malandrini mi mancano, mamma, davvero. E anche Hogwarts, il dormitorio, la Sala Grande...mi manca tutto. Mi manca la magia.

La cosa giusta da fare però non sarebbe lasciare tutto e stare con lei?

Lei ha bisogno di me, mamma. Ha zia Mary, ha Dorea, ha Squid, ha papà ogni tanto, ma non ha te, mamma. E non ha neanche me.

Chi le legge le storie la sera? Chi la prende nel suo letto quando ha gli incubi? Chi l'aiuta a pettinarsi la mattina e ad allacciarsi le scarpe?

Nessuno, mamma.

Come posso andare via sapendo che lei non ha nessuno a parte me? Non posso costringerla a crescere in fretta, troppo in fretta. Non posso costringerla ad imparare a cavarsela da sola.

Ho due settimane ancora per stare con lei e poi non la vedrò per troppi mesi.

Come posso essere così crudele e egoista?

Chissà se si può lasciare Hogwarts.

Non devo, lo so, ma tu non ci sei, mamma! Lei ha sempre avuto solo me e io l'ho lasciata!

Ogni anno è più difficile, mamma.

Lei sta diventando grande e io...io non la vedo crescere. Dovrei vederla cambiare ogni giorno, vederla imparare cose nuove, vederla diventare grande al posto tuo!

E invece non lo faccio.

Ogni tanto vorrei non essere una strega, mamma. Vorrei solo poter andare a scuola qui e starle vicina.

Mi manca Lily, mamma. E James. E Remus. E Sirius.

Sirius...

Ho paura mamma.

Ho paura di tutto.

Ho paura di andarmene, di restare, di restare sola. Ho paura che Sirius mi piaccia, mamma.

Non posso.

Ho paura mamma, di quest'anno. Ho paura di cosa succederà.

Ho paura e non c'è nessuno qui ad abbracciarmi.

Mi manchi, mamma. Ogni giorno.

Aiutami.

Due settimane e poi....cosa devo fare? Due settimane! Solo due settimane. Ancora due settimane.

Ti prego, dimmi cosa devo fare! Andarmene, restare?

Non voglio fare nessuna delle due cose.

«Sunny! Guarda che bei fiori!»

Sunshine alzò gli occhi, tentando un sorriso. Gli occhi di Angela si incupirono e, messi i nuovi fiori nel vaso con gli altri, la bambina si mise accanto a lei.

«Sei triste Sunny? Dimmi perchè.» ordinò, seria e dolce.

È troppo piccola per capire, mamma. È troppo grande per non vedere. Cosa posso fare?

«Va tutto bene piccola. Solo che...tra due settimane tornerò a scuola e tu rimarrai qui.»

La bambina fece una smorfia, ma poi sorrise rassicurante.

«Non preoccuparti Sunny, ormai sono grande, ce la faccio. Mi manchi sempre, ma ormai so come fare le cose e c'è sempre qualcuno che mi aiuta. Andrà bene.»

Non le diceva che di sera lasciava la luce accesa per paura del buio. Non le diceva che si svegliava nel suo letto, tremante per un incubo, e restava immobile sotto le coperte, senza nessuno da cui andare. Non le diceva che si sentiva sola. Non le diceva che non voleva che lei andasse via.

Sunshine lo sapeva. Sapeva tutte quelle cose. Perchè gliele aveva dette papà o la zia o perchè le aveva indovinate.

«Non voglio lasciarti, angioletto.»

«Andrà bene.» ripeté Angela.

È sbagliato, mamma. Che lei debba rassicurare me. È sbagliato. È una bambina! Dovrebbe pensare solo a farfalle e fiori, non ai mostri da cui nessuno la può difendere!

«Magari possiamo chiedere a Dorea se puoi stare da lei più spesso, ok?»

Angela si illuminò e annuì felice, poi la prese per mano e si alzarono in piedi.

«Ciao mamma! Ti vogliamo bene.» salutò, chiamando poi Squid che annusava in giro.

«Ciao mamma.» le fece eco sottovoce Sunshine, accarezzando il profilo della guancia della donna.

Le due sorelle e il cane si allontanarono, lasciandosi dietro la lapide adorna di fiori, da cui una donna sorrideva dolcemente.

Stringendo la mano di Angie nella sua, Sunshine sorrise.

Aveva ancora due settimane, non le avrebbe sprecate con la sua tristezza.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

E così eccomi di nuovo qui. Già sono tornata a rompere le scatole! Vi sono mancata?? Naaaah non ci credo. Comuuunque questa volta ho poche cose da dire a parte

  1. Yeeeeeee sono felice di essere tornata e mi dispiace averci messo così tanto ma queste settimane sono impossibili. Davvero sono staaaaaaaancaaa ç_____ç

  2. Remus è un cucciolotto punto e basta. E mi dispiace per la mia Lizzie ma è una guest star da un capitolo e basta (neanche supernatural e Doctor Who fanno apparire le loro guest star così poco!)

  3. Sirius è il mio piccolo disagiato, James è il mio idiota e ho lasciato spazio anche a Peter visto??

  4. Un grazie alla mia Ale (il tuo anno amor! Il tuo anno!!) e a quelli che hanno recensito l'ultimo capitolo l'altra volta. 

E poi bo, basta.

Baci

*dD*

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Capitolo 2
*** Back to hogwarts ***


 

 

 

 

Back to Hogwarts

 

 

 

 

 

Sunshine si fece strada tra la folla, guidando con una mano il carrello e tenendo ben stretta Angie con l'altra.

Si guardava attorno ansiosamente, cercando i suoi Malandrini.

«Quando ci verrò anche io con te, Sunny?» domandò per quella che era forse la millesima volta Angela, gridando per superare il caos che le circondava.

«Tra qualche anno, piccola, tra qualche anno.» rispose come sempre Sunshine.

«Potrò portare anche Squid?» chiese all'improvviso la bambina, vedendo una ragazza che stringeva tra le braccia un grosso gatto grigio.

«No piccola, non si possono portare cani. Ma ci penseremo ok? Mi aiuti a trovare James?»

Alzandosi sulle punte Sunshine esplorò la massa di gente che ancora la divideva dal treno.

Ragazzi che strillavano, che si salutavano, che correvano e si abbracciavano, genitori che li rincorrevano porgendo oggetti dimenticati o per gli ultimi saluti, bambini più piccoli che piangevano, gatti che miagolavano, topi che squittivano e gufi che stridevano protestando.

«Lì!» le indicò all'improvviso Angela, puntando il dito verso un gruppetto di ragazzi e genitori che se ne stavano un po' in disparte e chiacchieravano.

Sunshine individuò subito i capelli impossibili di Jamie e il suo sorriso. Lo guardò saltare addosso a Remus che si avvicinava con i suoi genitori e poi tornare indietro per parlare eccitato con Peter e Frank. Notò i capelli schiariti dal sole di Remus e la sua pelle un po' meno pallida del solito. Peter sembrava sollevato e più felice che mai mentre guardava James con occhi adoranti. Frank sorrideva. Era cresciuto durante l'estate, tutti erano cresciuti, perdendo un po' della sua goffaggine.

All'improvviso Sirius spuntò dalla folla, guardandosi alle spalle con sguardo di ghiaccio. Sunshine lo vide illuminarsi quando scorse i suoi amici e vide James correre verso di lui e abbracciarlo, come aveva fatto anche con Remus, scompigliandogli i capelli.

Vide Sirius ridere e poi scrollarselo di dosso, per andare a salutare gli altri.

Sembravano tutti così felici di essere tornati insieme.

Sentendosi il cuore più leggero e con un gran sorriso in faccia, Sunshine avanzò verso di loro, portando con sé Angela che cercava di starle dietro e di non perdersi tra la folla.

«SUNNY!» lo strillo di James fece girare anche tutti gli altri.

Il ragazzo la abbracciò con forza e, da sopra la sua spalla, Sunshine poté vedere il sorriso dolce di Remus, quello sincero di Frank, quello timido di Peter e quello sereno di Sirius.

Chissà quanto tempo era che Sirius non sorrideva così.

«James, soffoco!» rise Sunshine, cercando di liberarsi dalla stretta da orso dell'amico, che la liberò ridendo.

«Ora manca solo la Evans e...EVANS!» James si interruppe, il sorriso sempre più largo e corse via tra la folla, rincorrendo una testa rossa che al suo grido si era voltata e cercava di scappare via, senza troppi risultati.

Scuotendo la testa sorridendo, Sunshine si avvicinò agli altri.

«Ehi ragazzi. Wow siete tutti più alti di me! Che ingiustizia!»

«Sei tu che sei nana.» ribatté Sirius, gli occhi che brillavano.

Da quanto tempo non era così felice?

«Non è vero! Io sono di un'altezza perfettamente normale! Salve signori Lupin. Signori Potter.»

«Ciao cara.» salutò Dorea, abbracciandola.

«Perfettamente normale? La Evans è più alta di te!»

«Non è vero! Solo di qualche centimetro...»

«Sirius, smettila.» ordinò Remus, cercando di suonare convincente pur continuando a ridere, facendosi avanti per abbracciare Sunshine.

«Angela, tesoro!» Angela si liberò dalla stretta di Sunshine e saltò in braccio a Charlus, allungandosi per baciare la guancia di Dorea.

Sunshine sorrise. Sembravano una famiglia, una famiglia vera.

«Mi casa es tu casa.» Sunshine si voltò di scatto al sussurro di James, trovandoselo a pochi centimetri dalla faccia, una guancia arrossata.

«Ti ha già picchiato?» domandò, un po' scherzosa e un po' severa.

«No, mi ha spinto via e sono andato addosso a dei bauli. Sto benissimo!» aggiunse immediatamente sotto lo sguardo di Dorea che lo aveva sentito.

La donna però non fece in tempo a dire niente, mentre il treno fischiava forte annunciando l'ormai imminente partenza.

«Forza è ora di andare!» ricordò loro Charlus, mettendo giù Angela e spingendo i ragazzi verso l'Espresso.

Remus si fermò ad abbracciare sua madre, promettendole che sarebbe stato bene e ricordandole di salutargli Liz. Dorea distribuì baci e abbracci a tutti e Charlus non si risparmiò con gli avvertimenti per James (e Sirius) del genere “guai a voi se vi fate mettere in punizione già nelle prime settimane!” o “lascia in pace quella povera ragazza, James!”.

Sunshine abbracciò stretta Angela, promettendole di scriverle ogni giorno e ordinandole di fare la brava. La bambina non pianse, ma sorrise serena, pur con gli occhi lucidi.

Il treno fischiò di nuovo. Tutti si precipitarono a salire prima che le porte si richiudessero, mentre Charlus aiutava Sunshine con il suo pesante baule.

«Fate i bravi! E studiate! Divertitevi! NON fatevi mettere in punizione! Scrivete!» gridò loro dietro Dorea.

Tutti si sporsero per gli ultimi saluti e Sunshine sorrise a Angela, stretta tra Dorea e Charlus, una mano ad ognuno dei due.

Sarebbe stata bene.

Quando ormai la stazione fu scomparsa dai loro occhi, si avviarono a cercare uno scompartimento.

Sirius scacciò, prendendosi i rimproveri di Remus, un paio di ragazzini del primo anno, mandandoli a cercarsene un altro e tutti si sistemarono.

James sospirò soddisfatto, lasciandosi cadere nel suo sedile.

«Sarà fantastico.» annunciò sereno.

Sunshine invece di sedersi, si avviò di nuovo verso la porta per andare in cerca di Lily. Prima di richiuderla però si voltò indietro.

Sirius, stravaccato sul suo sedile, chiacchierava con James, seduto di fronte a lui. Frank guardava fuori dal finestrino e sorrideva felice, Remus parlava con Peter.

Erano tutti così felici.

Sunshine sorrise. Voleva ricordare quelle espressioni.

Vorrei che tu fossi qui, Sam.

Scuotendo la testa, scacciò via il pensiero triste con decisione. Voleva essere felice, davvero.

Cercando di recuperare il sorriso, andò in cerca di Lily.

 

**

 

«Strillettera!»

«Ippogrifo!»

«Unicorno!»

«Manticora!»

«Quidditch!»

«Pluffa!»

«Godric!»

«Salazar!»

«Che diavolo sta succedendo?»

Sirius e James smisero di urlarsi contro cose a caso e si girarono verso Sunshine che, già in divisa, se ne stava ferma vicino alla porta dello scompartimento con un'aria parecchio confusa.

«Non lo so. James si è messo a dire cose magiche a caso.» spiegò calmo Sirius.

«E tu ti sei messo a fare una gara?» chiese perplessa Sunshine.

Sirius scrollò le spalle e non rispose, mentre Remus riemergeva dal suo libro con un'occhiata di ringraziamento per Sunshine.

«Io ho passato l'estate dovendo stare attento a non dire niente di magico! Volevo solo dire qualcosa di molto magico adesso che posso.» spiegò James con un sorriso.

Sunshine li guardò per un secondo con la bocca spalancata. Stavano davvero...oh Godric.

«Remus ti prego dimmi che non...» supplicò rivolta verso l'amico, che per tutta risposta scosse la testa, arreso.

«Mi dispiace Sun. Sono davvero così idioti.» sospirò.

«EHI! Non vedo che cosa..» prima che James potesse finire la sua protesta però, la porta si spalancò di colpo e un vortice investì Sunshine, facendola quasi cadere.

«Il mio uccellino!! Ti ho mancata prima quando sei stata da Lily e mi ha detto che eri tornata qui e sono venuta a cercarti! Quanto mi sei mancata, fiorellino!»

Sunshine rise e ricambiò l'abbraccio con dolcezza, cercando di non farsi soffocare.

«Anche tu mi sei mancata Alice, sono felice di rivederti.»

«Frank! Ciao!» Alice si staccò da lei e si gettò contro Frank che la prese appena in tempo prima che lei inciampasse sui piedi di Sirius e cadesse lunga distesa a terra.

«Ehi Alice. Stai attenta.» Frank, tutto rosso, si lasciò abbracciare, tirandosi indietro appena possibile e rivolgendo lo sguardo al finestrino ormai buio, cercando di riprendere il controllo sulle sue emozioni scombussolare e ricevendo una pacca di conforto sulla spalla da Peter.

«Ehi Prewett noi siamo invisibili?» domandò un po' offeso James.

«Ciao James. Ehi Sirius. Remus vieni qui!» Alice si sporse per abbracciare un imbarazzatissimo Remus e poi salutò anche Peter.

«Qualcuno sa quanto manca?» chiese Frank, cercando di cambiare argomento.

«Una mezz'oretta credo. Non vedo l'ora di bere un po' di succo di zucca dopo tutte queste cioccorane.» rispose James, calcando sulle parole “magiche” e alzando le sopracciglia in direzione di Sirius.

«Certo se ci fosse anche un po' di burrobirra non sarebbe male.» aggiunse quello, facendogli una smorfia di risposta.

«Il banchetto sarà comunque ottimo, gli elfi sono molto bravi.» ribatté James.

«Chissà se i fantasmi si uniranno a noi o se ne staranno come al solito a discutere di quel poltergeist di Pix.»

«Ragazzi! Per favore, potreste smetterla?» li bloccò Sunshine, fermando le domande di un'Alice piuttosto confusa con un cenno della mano.

James fece per ribattere contrariato, ma qualcosa al di là del vetro della porta dello scompartimento attirò la sua attenzione e, con uno scatto degno di un velocista, si alzò in piedi e la spalancò.

«Mocciosus! Quanto mi sei mancato! Evans cara! Come stai, luce dei miei occhi?»

«Mocciosus! Come splendono unti i tuoi capelli! Mi sembri davvero in forma.»

«Potter. Black. Speravo aveste perso il treno, ma evidentemente non siete ancora a questi livelli.» borbottò gelida Lily, alzando gli occhi al cielo e cercando di proseguire.

«Ma come, Lily cara, già te ne vai? Neanche un bacio non mi dai?» chiese con gli occhi da cucciolo James, voltandosi poi verso Sirius e sillabare “ho fatto la rima! Che poeta!”.

«Non chiamarmi Lily cara. Per te sono Evans, Potter.»

«Vuoi tenere il doppio cognome? Per me non è un problema ma sai, Lily Potter suona meglio che Lily Evans Potter.» fece pensoso James.

«C'era un virgola da qualche parte lì, Potter. Non che io creda che tu sappia come si usano le virgole, ma le persone cerebralmente capaci lo fanno.» ribatté sarcastica la ragazza.

«Ok ok basta così.» Remus intervenne, mettendo una mano sul petto di James e spingendolo fino a farlo cadere seduto su un sedile, poi mandò un sorriso a Lily e richiuse la porta.

«Non me l'hai nemmeno lasciata salutare. Cattivo!» si imbronciò James.

«Vedete di non cominciare da subito, voi due, capito?» minacciò per tutta risposta Remus, rivolto a entrambi.

«Noi vogliamo solo mantenere i nostri solidi rapporti di amicizia con quelle care bestioline dei Serpeverde, Remus, e tu che lo impedisci!» piagnucolò Sirius.

Inutile dire che da lì partì l'ennesima discussione, un po' scherzosa un po' esasperata, che coinvolse lentamente tutti quanti e che tenne loro compagnia finchè il treno non cominciò a rallentare fino a fermarsi con un forte fischio.

Sunshine colse gli occhi che brillavano di Sirius e l'aria eccitata di James prima di perdersi tra la folla di studenti che si accalcavano per scendere dai vagoni e affollarsi sulla banchina, per poi pigiarsi nelle carrozze.

Un lampo rosso attirò la sua attenzione e, spingendo e urtando, Sunshine raggiunse con fatica Lily, che si guardava attorno, probabilmente cercando Severus che non era più al suo fianco.

«Lils!» chiamò Sunshine, cercando di attirare l'attenzione dell'amica.

«Sunshine! Hai visto Severus?»

«No! Hai visto i Malandrini?»

«No! Bè che ne dici di spostarci e trovare una carrozza? Li troveremo prima o poi!»

Senza aspettare una risposta Lily si fece strada tra le persone con Sunshine che camminava nella sua scia.

«Primo anno! Primo anno qui! Primo anno!» Sunshine vide la testa di Hagrid svettare tra la folla e sentì il suo vocione chiamare a raccolta i più piccoli, ma lui non la vide né sentì il suo saluto.

La ragazza continuò a camminare nella folla che man mano si diradava senza prestare troppa attenzione a niente che non fosse cercare i Malandrini, ma quando le carrozze si profilarono davanti a lei si bloccò, interdetta.

«Lils.» chiamò con voce incerta, gli occhi fissi su una carrozza.

«Sun? Qualcosa non va?» fece Lily un po' preoccupata dall'aria confusa dell'amica.

«L-le carrozze.» balbettò Sunshine.

Lily si voltò a guardare le carrozze, poi di nuovo verso l'amica, l'aria sempre più preoccupata e perplessa.

«Che hanno che non va?»

«Sono...loro...quelle cose...i cavalli!»

Lily guardò di nuovo le carrozze.

«Sei sicura di sentirti bene? Di cosa stai parlando?»

«Di quelle specie di cavalli che trainano le carrozze! Sono proprio lì!» indicò Sunshine, puntando con precisione l'animale scuro che batteva uno zoccolo sul terreno in attesa di partire.

«Sun, non c'è niente lì. Sono come sempre.»

«Ma no! L'anno scorso non c'erano!»

«Ci sono sempre stati.» la contraddì una voce diversa.

Le due ragazze si girarono per trovarsi di fronte una ragazza alta e mora, con la divisa di Serpeverde.

Charlotte qualcosa, ricordò Sunshine. La tizia che prendeva in giro Sam.

«Scusa?» chiese Lily, per niente convinta.

«Sono Therstral, trainano le carrozze da...un sacco di tempo e li possono vedere solo le persone che hanno visto morire qualcuno. Prego, non preoccupatevi, sempre felice di aiutare. E ora levatevi di torno.»

La ragazza se ne andò via, infilandosi in una carrozza e lasciandosi dietro Sunshine e Lily che la guardavano stranite.

Le persone che hanno visto morire qualcuno...

Sam.

Il viso del ragazzo si fece strada prepotentemente nei pensieri di Sunshine, portando con sé l'ormai familiare sensazione di nostalgia e la fitta di dolore.

L'aveva visto morire. Era morto tra le sue braccia. E ora poteva vedere...quegli animali?

Sunshine trattenne un brivido. Era davvero..

«Inquietante.» fece una voce, esprimendo il suo pensiero silenzioso.

Sunshine si voltò. Che avevano tutte queste persone che le arrivavano alle spalle e ascoltavano i suoi discorsi?

«Black. Non dirmi che...oh. Ovvio. Potter. Non ditemi che volete salire sulla carrozza con noi.» sospirò Lily, stringendo però un braccio di Sunshine in segno di conforto, avendo intuito i suoi pensieri tristi.

«Sempre lieto di vederti Evans, ma no, Remus e Peter ci hanno preso una carrozza più in là. Volevamo solo vedere dove era finita Sunshine.» fece Sirius, mentre James lo raggiungeva.

Prima che il ragazzo potesse salutarla (di nuovo), Lily afferrò Sunshine e la trascinò via, facendola salire in una carrozza con qualche Tassorosso e un Corvonero, per poi partire. Sunshine si lasciò trascinare via senza dire niente, lo sguardo perso e i pensieri confusi.

Lily le strinse affettuosamente una mano, cercando di evitare gli sguardi curiosi di una delle ragazze Corvonero.

«Non ci pensare, Sun, ok? Dai sorridi.» sussurrò Lily, stretta al fianco dell'amica.

Sunshine le fece una smorfia, cercando di ritornare al presente, per poi ridere con lei.

Aveva ragione. I brutti pensieri potevano aspettare.

Quell'anno doveva essere felice, meglio cominciarlo con un sorriso no?

E poi era davvero davvero contenta di essere di nuovo lì, di rivedere il castello, gli amici, di sentire la magia nell'aria e l'eccitazione di un nuovo inizio.

Doveva solo essere serena e si sarebbe impegnata per questo, anche a costo di rinchiudere Sam in un cassetto.

 

**

 

James si lanciò sul letto, seppellendo il volto nel cuscino e sospirando di piacere.

Sirius lo imitò, lasciandosi cadere sulle coperte rosse, gli occhi chiusi rivolti al baldacchino.

Remus sorrise guardandoli, ma non disse niente. Li capiva perfettamente. Senza fare altrettanto spettacolo, si sedette sul materasso e si guardò attorno.

Peter stava già frugando nel suo baule in cerca di chissà che cosa e Frank stava mettendo in ordine dei libri sul comodino.

James riemerse dal cuscino, sbadigliando sonoramente.

«Voi non trovate assurdo che stare seduti per tutto il giorno e poi mangiare fino a scoppiare sia più stancante che fare un giorno di scuola normale?» domandò, sfilandosi la camicia e infilandosi una maglietta strapazzata.

«Scusa Jamie, ma sono davvero troppo stanco per aver passato l'intera giornata in tua presenza ora che ero fuori allenamento per pensare ad una risposta alla tua domanda filosofica.» rispose Sirius con un ghigno.

«Idiota! La mia presenza corobòrra gli animi!» protestò James.

«Corròbora, Jamie, non corobòrra.» lo corresse sovrappensiero Remus.

«Quel che è!»

«Ah! Questo lo dici tu. Io la trovo piuttosto stancante. Tu che ne dici Pet?» chiese Sirius, voltandosi verso l'amico che alzò lo sguardo di scatto, in trappola.

Gli occhi azzurri del ragazzo volarono da uno all'altro dei suoi due migliori amici considerando le opzioni e cercando di scegliere quella meno pericolosa.

«Stancante non direi, Sirius, ma magari non proprio corrobo-corro-co..curativa.» disse alla fine, cercando di mantenersi neutrale.

«Curativo non è un sinonimo ci corroborante, Pet.» intervenne ancora Remus.

«Io sono molto...» annaspò James, in cerca del termine adatto.

«Irritante? Idiota? Esasperante?» suggerì Sirius.

«Simpatico? Divertente?» mitigò Peter.

«Fondamentalissimo!» ribatté James con una linguaccia.

«Non si dice fondamentalissimo, Jamie e tanto meno molto fondamentalissimo.» precisò Remus.

Gli altri tre si girarono verso di lui, la stessa aria scocciata in viso.

«La smetti?» domandò retorico Sirius, afferrando di nascosto un cuscino.

«Di fare cosa?» chiese fintamente perplesso Remus, cercando di trattenere un ghigno e allungando una mano dietro di sé, intuendo le intenzioni di Sirius.

«Di fare il grammatico.» rispose James, imitando Sirius.

«Non credo che sia la parolaaaaargh!» Remus non riuscì a finire la frase e si difese a malapena dai tre corpi che gli saltarono addosso colpendolo con i cuscini.

«Questa è la punizione che ti spetta Lupi-ahi!» strillò James.

«Strilli come una...Peter!» Sirius si tirò indietro cercando di non essere soffocato da Peter.

«Io non strillo come Ja-aaaahi!»

All'improvviso però tutti si bloccarono nelle loro posizioni, cuscini alzati, respiro mozzo e guance rosse.

Frank aveva afferrato il cuscino e avanzava verso di loro con un sorriso strano.

«Non so perchè state cercando di uccidervi tra voi, ma voglio esserci.»

Con un urlo selvaggio il ragazzo si aggiunse agli altri, facendo cadere James dal letto e colpendo Peter in faccia con il cuscino.

In un istante i Malandrini si ripresero dallo stupore e attaccarono.

Risero fino a non avere più fiato, riempirono la stanza di piume e si procurarono un paio di lividi ciascuno. Quando si fermarono, ansanti, lasciandosi cadere sul pavimento, si guardarono negli occhi e risero ancora.

«Siete dei cretini.» sbottò Remus, spalla contro spalla con Sirius.

«Sei puntiglioso peggio della Evans.» ribatté quello.

«No, peggio della Evans no!» fece James.

«Bè Frank, immagino che questo sia un atto di ribellione che non capiterà mai più.» cambiò discorso Remus, prima che la discussione precipitasse di nuovo sulla Evans.

«Aspettate di ritrovarvi appesi per i piedi sul soffitto e poi ne riparliamo.» obiettò Frank con un ghigno.

Aveva intenzione di divertirsi quell'anno.

Certo, era ancora il ragazzo timido e impacciato di una volta, ma era stufo di lasciarsi condizionare dalle severe regole di sua madre, che lo tormentava anche quando era lontana. Quell'anno avrebbe fatto stupide battaglie con i cuscini con i Malandrini, sarebbe stato sveglio fino a tardi con loro e si sarebbe fatto mostrare la strada per le cucine (sapeva che la sapevano, inutile che negassero).

E magari avrebbe avuto il coraggio di chiedere ad Alice se voleva uscire con lui dato che gli aveva detto di aver lasciato il Tassorosso con cui si era messa l'anno prima.

Sarebbe stato un anno divertente e speciale, doveva esserlo.

Con un ghigno pericoloso, afferrò furtivamente il cuscino di fianco a lui e con un tiro preciso lo lanciò dritto in faccia a James.

 

**

 

Sunshine salì le scale a braccetto con Alice, che evidentemente aveva sentito molto la mancanza di tutte loro dato che non faceva altro che abbracciarle e stringerle.

Lily e Marlene confabulavano poco dietro di loro e Mary stava arrivando in quel momento con Emmeline

La scritta sulla porta della loro camera mise improvvisamente di fronte a Sunshine il fatto che era al quarto anno. Il quarto anno. Quattro anni da quando aveva scoperto di essere una strega e di poter andare ad una scuola di magia, quattro anni da quando aveva varcato per la prima volta il ritratto della Signora Grassa, quattro anni da quando aveva conosciuto Lily, Alice, i Malandrini e tutti gli altri. Le sembrava così strano. Come poteva essere passato così velocemente il tempo? Non ebbe tempo di restare a rimuginare su quei pensieri o a farsi prendere dalla malinconia: con un sorriso Alice aprì la porta, spingendola dentro, e poi si lanciò sul letto, cominciando subito a frugare nel suo baule.

Marlene le salutò dalla soglia e si diresse verso la sua stanza e Mary si fermò a guardarsi attorno prima di sedersi sul suo letto, imitata da Lily, mentre Emmeline si infilava in bagno.

Sunshine invece, appena entrata, aveva subito visto che c'era qualcosa sul suo letto.

Cercando di non farsi vedere dalle amiche, afferrò con delicatezza la lettera che portava semplicemente un “Per Sunshine” scritto davanti e la aprì con un sorriso.

 

Ehi Sunshine,

spero non ti sia dimenticata di me! Non ti ho scritto molto quest'estate, lo so, ma non credere che io abbia intenzione di smettere di fare parte, almeno in questo modo, della tua vita.

Mi sei mancata, Sunshine, davvero davvero tanto. Rivedere il tuo sorriso oggi...non sai quanto mi ha reso felice.

Anche tu sembravi felice, Sunshine, spero che tu lo sia davvero.

Spero che questo sia davvero un anno fantastico, spero davvero che tu ti diverta, spero davvero che tu sia felice.

Non vedo l'ora che arrivi domani. Sapere che rivedrò il tuo volto di nuovo ogni giorno, come non è accaduto per mesi, mi fa sentire al settimo cielo.

Buon inizio anno Sunshine e buona notte.

 

Sunshine si strinse al petto la lettera con un piccolo sorriso.

Le erano mancate quelle piccole lettere, quel suo stalker un po' romantico e sdolcinato, che Lily definiva “inquietante”. Per lei era solo carino. E la faceva sorridere. Un sorriso non poteva portare niente di male no?

I suoi pensieri furono interrotti da Lily, che si avvicinò per vedere che cosa stesse facendo.

Rinunciando a mantenere il segreto, Sunshine le mostrò la lettera facendole segno di restare in silenzio.

Lily scorse veloce le parole e poi sillabò un prevedibile “sdolcinato e inquietante” che fece ridere l'amica, mentre le altre si chiedevano che cosa avessero da confabulare quelle due.

Ci furono le solite litigate “amichevoli” per il bagno (se i Malandrini avessero saputo che le stesse due ragazze che facevano loro la predica per le loro risse infantili si facevano lo sgambetto per arrivare per prime alla porta e si facevano i dispetti quando si lavavano i denti non le avrebbero mai più ascoltate. Non che lo facessero molto comunque), una breve chiacchierata e qualche pettegolezzo già raccolto in giro.

Quando finalmente si infilarono sotto le coperte e Sunshine chiuse gli occhi tre pensieri le attraversarono la mente: era di nuovo finalmente a Hogwarts, le mancava Angie e una frase che la fece addormentare con il sorriso sulle labbra. Buon inizio anno Sunshine e buon notte.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

ok, sono in ritardo ritardissimo ritardatario, ma giuro che non è colpa mia! Se volete qualcuno da cruciare o che so io avete una vasta scelta. Vi do la lista dei miei professori se volete!

Comunque anche se il capitolo è una schifezza, almeno è finito finalmente!! Non sapete che fatica ho fatto a trovare qualche momento per scrivere! Comunque...

  1. questo capitolo è il solito noiosissimo capitolo di transizione, ma capitemi, non posso mica cominciare con i casini fin dal primo giorno no?

  2. non so nemmeno cosa dire da quanto inutile è il capitolo, ma comunque un paio di cose sono successe no? No? Ok :(

  3. no aspettate, un paio di cose sono successe! Sunshine ha visto i therstral e Frank ha partecipato alla battaglia con i cuscini! Riuscirà a mantenere il suo proposito di “vivere” un po' di più? Chi lo sa? Io no di sicuro. Fanno quello che vogliono questi personaggi! >.<

  4. Grazie a quelle sante persone che hanno recensito lo scorso capitolo (appena trovo due minuti giuro che vi rispondo!): ilgladiatore99, Lily non Lilian, krys, Chiaretta97s e le mie irriducibili che continuano a seguire (davvero ragazze voi siete davvero sante!) ovvero Bella _1D, Lisajackson e marauder11. Vi amo tutti quanti <3

  5. Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi mette ansia per farmi finire il capitolo. Sappiate che senza di lei che ogni tanto mi chiede a che punto sono con il capitolo così che io mi renda conto di quanto in ritardo io sia probabilmente questa storia naufragherebbe. O sarebbe naufragata già tanto tempo fa. Ti voglio bene amor <3

Ora me ne vado (a rispondere le recensioni. Prima o poi. Forse.)

baci

*dD*

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Capitolo 3
*** Nuovo giorno ***


 

 

 

 

Nuovo giorno

 

 

 

 

«Buongiorno splendore del sole, alzati alzati!» Sirius spalancò gli occhi di colpo, drizzandosi sul letto e guardandosi attorno sconvolto, cercando l'origine di quelle parole.

Ci volle qualche secondo prima di riuscire ad individuare James, intento a infilarsi un calzino, che lo guardava seduto a terra, pronto a scoppiargli a ridere in faccia.

«Ma sei idiota? Si può sapere che ti è preso?» strillò Sirius alzandosi di malavoglia e tirandogli il cuscino che l'altro schivò facilmente.

«Ma cosa dici, luce dei miei occhi? Volevo svegliarti con dolcezza!» ribatté con voce acuta James, sbattendo le ciglia.

«Sei fumato già di prima mattina, Jamie? Ma che cosa fai di notte? Ti prepari le stronzate da sparare durante il giorno?» sbuffò Sirius, avviandosi stancamente verso il bagno e facendo ridacchiare Peter, che cercò di soffocare il rumore infilandosi i vestiti.

«Uff Sirius, che noia che sei!» brontolò James con voce normale, tirandogli una scarpa che mancò di poco Frank che si era alzato proprio in quel momento dopo aver recuperato una piuma che James aveva “preso in prestito” e che era poi finita sotto il letto di Remus. «Scusa Frankie!»

«Remus esci da questo bagno, ora!» ordinò Sirius, aprendo la porta senza aspettare oltre, senza degnarsi di rispondere a James.

«Sirius! La parola PRIVACY ti dice qualcosa?» domandò seccato Remus sputando il dentifricio che aveva in bocca.

«La frase “non mi sembri una ragazza perchè mai non potrei entrare in bagno tanto ti stai lavando solo i denti mica ti stai facendo la doccia” ti dice niente su quanto mi importa della tua privacy?» ribatté acido Sirius sbattendolo fuori.

«E tu cosa fai di notte, Sirius? Fai scorta di latte inacidito e te lo inietti direttamente nel sangue?» domandò ironico Remus.

Da dietro la porta del bagno arrivò la risata sarcastica di Sirius, unita a qualche borbottio confuso.

«Frankie tesoro, sai per caso dov'è...oh grazie caro!» fece James, recuperando la voce acuta, afferrando al volo la scarpa che aveva tirato qualche istante prima.

«Fai davvero impressione così, lo sai vero James?» fece notare Frank, abbassandosi con disinvoltura per evitare i pantaloni volanti di James, lanciati da Remus al proprietario che li stava cercando sotto al letto.

«Ma che dici, dolcezza? Oggi ho intenzione di parlare così perchè mi sento...» James venne interrotto da Sirius, che ascoltava nonostante l'acqua della doccia.

«Un'inquietante vecchina? O una strana madre zuccherosa?»

«Mi sento gentile e voglio esprimere così la mia gentilezza.» finì la frase James, ignorandolo.

«Hai intenzione di parlare così anche alla Evans e alla McGranitt?» indagò curioso Peter.

James spalancò gli occhi, interdetto.

«Ho finito la mia scorta di gentilezza e voce acuta.» annunciò con voce stranamente profonda, tanto da fare ridere Peter e Frank e far sbuffare Remus.

«Oh certo, la McGranitt desidererà di sicuro appartarsi con te in uno sgabuzzino per le scope se le parli così, James.» lo prese in giro Sirius, uscendo dal bagno avvolto in un asciugamano e gocciolando ovunque per recuperare dei vestiti.

«Idiota!» James balzò in avanti, afferrando un angolo dell'asciugamano e tirandolo, ma Sirius, prevenendo la mossa, aveva afferrato con forza il bordo superiore, riuscendo a tenerlo stretto.

«James, stamattina sei decisamente strano. Se vuoi passare dall'altra sponda e vedermi nudo basta dirlo.» ghignò, liberandosi e infilandosi i boxer.

«E tu lo faresti per me? Che amico disponibile ho!» lo prese in giro James, ricambiando il ghigno.

«Io non...oh maledizione! Mi hai scoperto! Certo, per te farei questo e altro.» Sirius cancellò l'espressione di disappunto che per un attimo aveva cancellato il ghigno e fece l'occhiolino a James.

«Ok ok basta voi due! State diventando decisamente inquietanti e le vostre strane proposte romantico-sessuali potete farle dopo colazione. Ora muovetevi!» si inserì Remus, mettendo fine alla discussione.

Mentre i due cominciavano le loro proteste per la scelta di parole di Remus, Frank, rosso in viso, pensò bene di filarsela, afferrando i suoi libri e correndo giù per le scale, rischiando quasi di inciampare e cadere.

«Ehi Frank! Buongiorno!» Frank alzò gli occhi da terra, arrossendo ancora di più trovandosi di fronte gli occhi luminosi di Alice.

«E-ehi Alice. Tutto bene?» fai la persona normale, sostieni una normale conversazione, non fissarla non fissarla!

«Tutto bene. Tu invece? Si stanno già scatenando?» chiese la ragazza facendo un cenno con la testa verso il dormitorio dei ragazzi.

«Non me ne parlare. Colazione?» fece Frank, congratulandosi con sé stesso per la risatina di Alice.

«Certo. Sunshine stava ancora cercando di tirare giù dal letto Lily. Finché non ci dormi assieme non riesci davvero a capire quanto poco perfetta sia quella benedetta ragazza!» fece Alice, alzando gli occhi al cielo ma ammorbidendo la frase con un tono dolce e affettuoso.

«Il giorno in cui anche James e Sirius lo scopriranno sarà un triste giorno per l'umanità.» rise Frank, aprendo il ritratto e lasciando passare la ragazza che lo ringraziò con un sorriso.

«Te li immagini? Non ci sarebbe più niente a trattenerli.»

«Non che ora ci si possa fare molto, comunque.»

«Quei due sono davvero impossibili!» rise Alice.

«State parlando di me?» domandò allegro James, spuntando alle loro spalle e evitando Remus che cercava inutilmente di afferrarlo e tirarlo indietro, mettendosi tra i due.

«No, James, stavo parlando del tuo fratello gemello.» ribatté scherzosa la ragazza, senza notare lo sguardo depresso che Frank rivolse al suolo.

Lo sguardo di profondo disappunto infuocato che rivolse un secondo dopo a James però venne ben percepito dal ragazzo che fece per domandarne il motivo, quando Remus riuscì finalmente a prenderlo per un braccio e trascinarlo via, rivolgendo uno sguardo di scuse a Frank, che rispose con una scrollata di spalle.

«Ma...ma Remus! Io..perchè...Remus!» protestò James mentre l'amico lo trascinava via per un'altra strada, disposto anche a fare il giro lungo pur di portare via quell'idiota dal povero Frank.

Sirius li seguì con un ghigno stampato in volto, seguito da Peter che trotterellava allegramente, divertito dalla scenetta.

«James ma sei completamente cieco? Perchè sei dovuto andare a rompere le scatole?» sbottò Remus appena furono abbastanza distanti.

«Ma come?! Io volevo solo..»

Sirius fece un passo avanti e scostò Remus, mettendo un braccio attorno alle spalle di James con fare paterno.

«Adesso piccolo Jamie ti spiegherò una cosa. Quando una mamma e un papà si vogliono tanto bene...» cominciò, mentre Peter ridacchiava incontrollabilmente.

James si scrollò il braccio di dosso con aria stizzita.

«Smettila cretino!»

«Ma come, Jamie? Non vuoi sentire la storia? Ok ok non c'è bisogno di diventare violento!! Allora, ricominciamo. Quando una ragazza piace tanto ad un ragazzo e il ragazzo piace tanto alla ragazza allora...»

«Mi stai dicendo che non solo Alice piace a Frank ma Frank piace ad Alice?» interruppe ancora James.

«Potresti lasciarmi finire le storie, coglione! No idiota, ti sto dicendo che dovresti lasciare a Frank l'occasione di provarci con la Prewett e lasciarli in pace senza metterti in mezzo come al tuo solito!»

James spalancò gli occhi con l'aria di chi sta finalmente realizzando qualcosa.

«Loro...oh!»

«Alleluia James Potter finalmente ha capito!» sospirò Remus.

«Devo trovare un nuovo modo per chiedere a Lily di uscire.» commentò pensieroso James.

Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo esasperato mentre Peter ricominciava a ridere, ormai in preda ad un attacco di ridarella.

Nel frattempo nel dormitorio delle ragazze, Sunshine aspettava fuori dalla porta del bagno, battendo nervosamente il piede a terra.

«Ma che state facendo voi due là dentro? Proprio il mercoledì mattina dovete fare gli esperimenti? Esistono il sabato e la domenica per questo!» disse rivolta alla porta chiusa.

«Ssssh mi deconcentri!» rispose da dentro la voce di Mary.

«Ti deconcentro? Che cosa stai facendo per dover essere concentrata? Come la stai conciando? Non sta andando ad una festa, Mary. Solo perchè hai recentemente scoperto come si usa un mascara non vuol dire che puoi tentare di metterlo a qualunque essere dotato di ciglia che ti capita a tiro. E poi non vogliamo che Lily sia ancora più bella del solito altrimenti mi muore James!»

«Non nominare Potter, Sun! Altrimenti mi innervosisci ancora di più! Mary, ricordami perchè ti ho dato la mia faccia.» gemette la voce di Lily.

«Il mercoledì mattina.» aggiunse Sunshine, giusto per ribadire il concetto.

«Ssssh! Non muoverti! E mi hai “dato la faccia” perchè sei una ragazza buona e gentile e che oggi sarà ancora più bella. E mi hai dato anche i tuoi capelli.» rispose dolce Mary.

Per tutta risposta si udì un profondo sospiro di Lily.

«Mary non abbiamo tutta la mattina. Arriveremo in ritardo. E perchè diavolo non posso entrare

«Ho quasi finito, giuro! E ci ho messo solo cinque minuti, rilassati Sunshine!»

«Cinque minuti per fare cosa, tesoro? Farle una treccia e metterle il tuo amatissimo mascara?» chiese sarcastica e un po' irritata la biondina.

«Non essere pesante, Moor!» rise da dentro Mary.

«Sunshine butta giù la porta e liberami! Mi sta mettendo...Mary! Avvertimi prima la prossim....»

«Chiudi quella boccaccia, rossa! Ecco così. Perfetta!»

La porta del bagno si aprì, rivelando una notevole confusione nel piccolo bagno, Mary un po' spettinata ma con aria soddisfatta e Lily che guardava depressa e imbarazzata il suolo.

«Lils, non ho aspettato quasi dieci minuti per non vederti neanche, tira su quel bel visino e fammi vedere come ti ha conciata questa pazza.» la riprese scherzosamente Sunshine.

Con uno sbuffo Lily alzò la testa. Mary le aveva raccolto i capelli in uno chignon un po' disordinato, probabilmente per levarle i capelli dagli occhi mentre “lavorava”, ma non sembrava intenzionata a scioglierglielo. In realtà Mary non aveva poi fatto molto, giusto un tocco di ombretto marrone dorato, l'immancabile mascara e un filo di lucidalabbra, ma con le guance un po' rosse e gli occhi accesi Lily era davvero bella.

«Bè immagino che se James sverrà qualcuno lo prenderà al volo.» fu l'unico commento di Sunshine, prima di esortare le due a prendere le loro borse e andare a colazione.

Camminando o meglio, correndo, verso la Sala Grande la biondina però trovò comunque il modo di avvicinarsi all'orecchio di Lily e sussurrarle un “sei bellissima, anche più del solito, comunque”. Ricevendo in cambio un affettuoso “scema”.

Davanti alle porte della Sala Grande le tre si fermarono per riprendere fiato e sistemarsi. Si guardarono un secondo, tutte e tre leggermente ansimanti e arrossate. Entrarono ridendo.

«Ehi Jam, giusto per informarti, è entrata la Evans, non sbavare.» annunciò Sirius con tono annoiato, pregustando però la reazione di James.

Come previsto infatti quello alzò la testa di scatto, passandosi automaticamente una mano tra i capelli e indossando un sorriso noncurante...che si spense in un'espressione sorpresa e meravigliata quando fissò gli occhi sulle tre che camminavano verso di loro ridendo.

Registrò distrattamente la presenza di Mary, fece appena un cenno a Sunshine e fissò gli occhi su Lily.

Non l'aveva vista per tutta l'estate ed erano tornati a scuola da appena una settimana, ma non gli sembrava che fino al giorno prima fosse così tanto bella. Era sempre stata bella, certo, ma in quel momento con quel sorriso e quel qualcosa di in più che non riusciva a identificare...

«James, chiudi la bocca.» gli ricordò Sirius, alzandogli scherzosamente la mandibola con un dito.

James si riscosse e cercò di recuperare la lucidità, distogliendo gli occhi dalla rossa e fissandosi di nuovo sul cibo. Due respiri profondi e si girò di nuovo verso le ragazze.

«Ehi Sunny! Come va? Ciao Evans, che hai in testa?» domandò con aria più distaccata possibile, facendo ridacchiare Sirius.

«Stai zitto Potter. Non ho niente in testa.» ribatté Lily, nervosa.

«Ma sì quella cosa lì...oh! Sono i tuoi capelli? È una nuova moda?» Remus gli appoggiò una mano sul braccio, cercando di fargli capire di stare zitto, ma ormai era troppo tardi.

«Chiudi quella boccaccia Potter e lasciami stare! Torna a ingozzarti e a fare l'idiota con Black.» scattò Lily, le guance rosse, prima di affrettare il passo e andare a sedersi il più lontano possibile da loro, seguita da Mary.

«Non sei stato carino per niente, Jamie.» lo rimproverò Sunshine, seguendo le amiche con lo sguardo per poi fissarlo severamente su James.

«Ho solo fatto una domanda! Non è colpa mia se lei è isterica già di prima mattina!» si difese James.

«Certo James, continua a ripetertelo.» rispose dura Sunshine, allontanandosi a sua volta.

«Non capisci proprio quando devi stare zitto vero?» domandò retorico Remus.

«Oh certo, è sempre colpa mia! Che ho fatto di male?» si lamentò James, zittendo la rumorosa vocina che gli urlava in testa da almeno due minuti di stare zitto e non rovinare sempre tutto.

«Ora piccolo Jamie ti racconterò una storia. Quando una ragazza...ahi!» Sirius si massaggiò la spalla dove James l'aveva appena colpito.

I due si guardarono in cagnesco per qualche istante, prima di scoppiare contemporaneamente a ridere.

Remus sospirò e desiderò ardentemente di poterli prendere a schiaffi, ma decise che era meglio attaccare la sua colazione che rischiare di finire in punizione per quei due idioti.

Peter, visto che lo spettacolo era concluso, lo imitò serenamente.

Dal tavolo di Serpeverde non arrivava altrettanta vitalità. Probabilmente da nessun tavolo arrivava altrettanta confusione di quello in cui erano presenti i Malandrini e in generale da quello dei Grifondoro, ma quello verde-argento era particolarmente cupo. Un po' per la sonnolenza che ancora riempiva un po' tutti, un po' per il loro naturale malumore mattutino, ben pochi Serpeverde parlavano tra loro, se non per brevi scambi secchi.

Jared masticava da dieci minuti lo stesso boccone, lo sguardo vuoto perso nel nulla e l'aria assente, e non sembrò nemmeno accorgersi di Regulus che si sistemava accanto a lui finchè questo non lo colpì (con ben poca delicatezza) su una spalla, facendolo inclinare pericolosamente vicino al piatto.

«Buongiorno idiota.» lo salutò sarcastico Regulus, servendosi.

«'Fanculo nano.» borbottò Jared scoccandogli un'occhiataccia.

«Ormai sono alto come te Jared, smettila di chiamarmi nano. E smettila di guardarmi così, ti ho solo salvato dal cadere addormentato con la faccia nel piatto.»

«Oh certo, dovrei ringraziarti quindi?»

«Non è necessario, non preoccuparti.» lo schernì Regulus.

Jared sbuffò ma preferì non continuare: non era in grado di vincere una discussione con lui.

«Non hai niente di brillante da dirmi oggi?» domandò beffardo invece, pensando di trovare Regulus impreparato.

«Jessica Moore si è messa con Sam Winton, ma lo tradisce con Mark Lightbearer.» lo informò annoiato Regulus.

«Poco interessante.»

«Qualcuno ha fatto sparire i capelli di Nott e ha dovuto prendere una pozione per farli ricrescere, ma ha avuto un qualche effetto collaterale e ora è in Infermeria.»

«Chi se ne importa. Voglio una brillante deduzione, Black. Sono annoiato.»

«Non posso farti una “brillante deduzione” se non c'è niente da dedurre, idiota. Posso dedurre che vorresti provarci anche tu con la Moore perchè pensi che sia una facile, ma mi dispiace dirtelo, sembra esserlo ma non lo è.»

Jared spalancò gli occhi, ma cercò di nascondere la sua sorpresa.

«Non è vero.»

«Invece sì. Oh guarda, la Evans ha già litigato con qualcuno oggi, scommetto con Potter, probabilmente su qualcosa di stupido. Chissà perchè si è sistemata così bene oggi, di sicuro non per Piton.»

Jared rimase qualche secondo disorientato dal repentino cambio di discorso, ma seguì gli occhi di Regulus fino alla rossa che camminava verso il loro tavolo e si fermava accanto a Severus con un mezzo sorriso.

«Piton dovrebbe smetterla di girare con quella lì.» considerò gelido.

«Che te ne importa di quello che fa Piton?»

«Un Serpeverde che se ne va in giro con una Grifondoro e in più anche mezzosangue non è un vero Serpeverde.»

«Non dovresti chiamarla mezzosangue a voce così alta, Jared.» lo ammonì Regulus, abbassando ulteriormente il tono della conversazione.

«E perchè no? Per paura che Silente tiri fuori il babbanofilo che c'è in lui e che non si nasconde mai troppo bene e mi metta in punizione? Dovremmo smetterla di...» si infervorò immediatamente Jared.

«Dovresti smetterla di parlare.» lo interruppe secco Regulus «Per prima cosa non mi sembra il luogo ideale e per seconda cosa Silente non sarebbe il solo a metterti nei casini. So anche io queste cose, Jared. Anche io vivo in una famiglia di purosangue che hanno queste idee, ma non vengo certo a declamarle in Sala Grande. Se ci tieni tanto ne parleremo più tardi. Ora vado a lezione.»

Jared rimase a guardare l'amico che si alzava veloce e camminava via. Non riusciva a capire se l'avesse fermato perchè non era d'accordo con lui o solo perchè potevano mettersi nei guai.

No, non doveva neanche pensarlo. Con una famiglia come la sua e soprattutto essendo un Black decente, non come il suo fratello traditore, di sicuro approvava. Ne avrebbero parlato più tardi.

Con un sospiro Jared si alzò, seguito ben presto da Avery e Mulciber, che lo affiancarono in silenzio.

 

**

 

Sirius lanciò la bacchetta a terra e si buttò sul divano con uno sbuffo contrariato e stanco.

«Ti arrendi così in fretta?» domandò James, imitandolo però lasciandosi cadere su una poltrona.

«In fretta? Sono ore che proviamo, Jamie, sono stanco!» si lagnò Sirius.

«Ra-ragazzi!» lo strillo di Peter li fece voltare giusto in tempo per vedere l'amico sparire in uno sbuffo di fumo e ricomparire un secondo dopo.

Ci fu un secondo di silenzio e poi James e Sirius scoppiarono a ridere senza riuscire a trattenersi.

«Non è divertente! Che diavolo è successo? James! Sirius! Ditemi che c'è da ridere!» protestò il poveretto.

«Scusa scusa Pet, ma...non vorrei allarmarti ma...fa apparire uno specchio!» ansimò tra le risate James. Rispondendo come sempre ai loro desideri la Stanza Che Appariva E Scompariva (così l'aveva chiamata James) fece apparire in un angolo un grosso specchio dalla cornice dorata.

Peter si avvicinò di corsa e...lanciò uno strillo ancora più acuto del precedente.

«Che cosa mi è successo? Ragazzi come faccio ora? Aiutatemi! Non posso andare in giro così! Ragazzi!»

Con le lacrime agli occhi per il gran ridere, Sirius e James si alzarono e andarono ad affiancare l'amico davanti allo specchio.

«Ti donano.» considerò ironico Sirius.

«Anche questo colore di capelli...ti fa sembrare più maturo.» aggiunse James con un ghigno identico a quello dell'amico.

Peter rispose con un gemito sconfortato.

«Ok ok, scusa Pet. Vediamo di fare qualcosa, Sir! Un libro che ci potrebbe essere utile?»

«Quello verde sulla trasfigurazione umana.» propose Sirius, mettendosi a cercare il grosso volume tra quelli impilati in una grossa libreria.

«E quello sulle trasformazioni accidentali...dove l'ho messo?» James si chinò a frugare in un mucchio su un tavolo.

Entrambi recuperarono i loro libri e si misero a sfogliargli con attenzione, mentre Peter rimirava depresso le sue grandi orecchie simili a quelle di un topo gigante e i suoi capelli grigi.

«Comunque sei riuscito a fare qualcosa, Pet. È un grande passo avanti!» cercò di tirarlo su James, continuando a leggere sfogliare il libro.

«Ma non so come ho fatto James! E non so tornare indietro.»

«Questi sono dettagli. Prova a guardare nel libro sugli Animagus del nostro amico Samuel, James.» fece Sirius, lanciando il volume a James che lo prese al volo.

Dopo una decina di minuti finalmente entrambi avevano qualche idea su come rimediare a quel pasticcio.

Rimboccandosi le maniche e riprendendo in mano la bacchetta, Sirius lanciò l'ennesimo sorrisetto a Peter, scherzando.

«Al massimo potrai lanciare una nuova moda, Pet. Magari piace.»

James nascose una risata.

Passarono i minuti, Peter era sempre più in panico, ma alla fine Sirius gli annunciò che poteva aprire gli occhi.

«Ma come avete fatto?» domandò Peter grato, tastandosi le orecchie finalmente normali.

«Oh abbiamo provato un po' questo e un po' quello. E poi io e James siamo i migliori no?» minimizzò Sirius.

«E ora andiamo a letto?» chiese Peter speranzoso.

«Aspetta, prima voglio provare un'ultima volta. Forse ho capito.» disse James con aria concentrata.

«Meglio di no James. Sono troppo stanco per pensare di toglierti una proboscide o un naso da maiale.» lo contraddisse con uno sbadiglio Sirius, afferrandolo per una manica e trascinandolo via, senza ascoltare le sue lamentele.

«E poi non mi trasformerei mai in un elefante né in un maiale! Non sarebbero animali utili!»

«Neanche tu sei utile, James, quindi taci.»

«Sei sempre così dolce, Sirius.»

«Lo so, sono adorabile.»

«Certo certo. Ora stai zitto.»

Solo dopo qualche metro Sirius e James si accorsero che Peter non c'era.

Si guardarono attorno allarmati, ma non riuscivano a vederlo.

Con uno sguardo d'intesa a Sirius, James tirò fuori il Mantello dell'Invisibilità e lo getto addosso ad entrambi.

«Che sarà successo? È caduto in un passaggio segreto? Lo ha acciuffato qualcuno?» sussurrò preoccupato James, avanzando cautamente.

«Non ho sentito alcun rumore sospetto. Che l'abbiano preso addirittura appena fuori dalla Stanza? Eppure mi sembrava che fosse dietro di noi.»

«Sono sicuro che era dietro di noi fino alle scale perchè stava per cadere come al solito nello scalino truccato e come al solito l'ho preso.»

«E allora dove sarà fini...» Sirius si interruppe di colpo.

«Che cosa c'è?» domandò preoccupato James.

«Zitto!»

Sirius si fermò, socchiudendo gli occhi e ascoltando attentamente.

«Non lo senti anche tu?» domandò dopo qualche istante di attento ascolto.

«Che cosa?»

«Questo rumore. Non so cos'è è come...» un lampo di comprensione passò negli occhi di Sirius, che lasciò l'aria attenta scoppiando a ridere cercando di fare meno rumore possibile. Poi uscì fuori dal mantello e accelerò il passo percorrendo una decina di metri e fermandosi vicino ad una colonna.

James lo seguì, ma ancora prima di arrivare il suono che aveva attirato l'attenzione di Sirius colpì anche lui, rendendogli chiara la situazione.

Seduto per terra con la testa appoggiata al muro e una scarpa allacciata solo a metà, Peter dormiva. Probabilmente si era fermato per allacciarsela e si era addormentato.

I due amici si guardarono, divisi tra il mettersi a ridere ancora o arrabbiarsi. Sirius allungò una mano e scosse rudemente l'addormentato che si svegliò di colpo con un sussulto.

«Che c'è? Che succede? Dove sono?» esclamò incoerentemente Peter, guardandosi attorno confuso.

«Stai zitto, Peter!» rispose solamente Sirius, aiutandolo ad alzarsi e trascinandolo via alzando gli occhi al cielo, mentre James li seguiva ridacchiando.

Quando finalmente raggiunsero la Sala Comune, Peter aveva capito che cos'era successo e si stava scusando per l'ennesima volta.

«Ok ok Pet, basta così. Sono troppo stanco per restare arrabbiato. Dovremmo dormire di più James. È solo la seconda settimana e sono già sfinito.» si lamentò Sirius salendo le scale che portavano al dormitorio.

«Abbiamo troppe cose da fare per curarci di una cosa banale come dormire, Sirius.» replicò scherzosamente James, abbassando la voce a meno di un sussurro mentre si infilavano in camera cercando di non svegliare né Frank né Remus che dormivano beatamente nei loro letti.

«Domani pausa.» decise Sirius, sfilandosi le scarpe con un calcio e gettandosi sul letto, cercando di togliersi i pantaloni da disteso.

«Domani pausa.» approvò James con uno sbadiglio, infilandosi sotto le coperte senza nemmeno togliersi gli occhiali e ricordandosene solo all'ultimo momento.

Il leggero russare di Peter che si era addormentato di nuovo fu l'unica risposta.

«Prima o poi dovremo dirlo a Remus. Non potrà non accorgersene per sempre.» considerò Sirius.

«Ci penseremo quando arriverà il problema. Dormi.»

«Dovremo anche pensare a trovare quel libro su come far muovere l'inchiostro per la mappa o su come fare a metterci tutte le persone.» rifletté Sirius, che ora che era finalmente a letto non riusciva a prendere sonno, la testa invasa da tutti questi pensieri.

«Forse la Stanza può aiutarci.» rispose in un borbottio indistinto James.

«E poi...»

«Taci Sirius. Ho sonno.» protestò James interrompendolo.

«Ok. 'Notte James.»

«'Notte Sir.»

Nella stanza cadde di nuovo il silenzio.

Nel castello tutti dormivano. O quasi.

Fanny stava tornando nell'ufficio di Silente dopo una notte di caccia, dove il preside leggeva un grosso libro dato che ormai non sentiva il bisogno di più di qualche ora di sonno a notte.

Nel dormitorio di Serpeverde un ragazzo del settimo sgusciava via dal letto di una ragazza e se ne tornava in camera sua, dove dormiva tranquillamente il fidanzato della stessa, e una ragazza del quinto anno sedeva alla finestra, guardando la luna, troppi pensieri per la testa e troppa cupa tristezza nel cuore per dormire tranquilla.

Anche nel dormitorio di Tassorosso una ragazza si rigirava nel suo letto, agitata per i sentimenti che provava per una persona che non sarebbe mai stata sua.

In quello di Grifondoro una ragazza si svegliava all'improvviso sentendo qualcosa sotto la guancia e accorgendosi di essersi addormentata con la lettera che stava leggendo la sera prima sul cuscino.

Nel buio, senza poter leggerne le parole, la accarezzò con dolcezza, ripercorrendo quelle righe con la mente, sentendo sotto i polpastrelli i punti in cui la piuma era affondata con più forza nella carta. Era spaventata da ciò che provava. Come si poteva essere emozionati per qualche parola forse sincera, per qualche riga scritta con il cuore, o almeno così si diceva? Come poteva affezionarsi a qualcosa di cui non sapeva quasi niente? Come si poteva sentire il bisogno di qualche lettera, tanto da sentirsi tristi quando non la si trovava?

Era assurdo.

La ragazza mise via la lettera, infilandola in un libro che stava sul comodino. Alla poca luce lunare che entrava tra le tende tirate, guardò le ombre scure delle sue compagne che dormivano tranquille.

Coprì il sentimento confuso che provava con quello sicuro e sincero che sentiva per quelle ragazze.

Con un mezzo sorriso tornò a dormire.

Nell'ora più buia della notte solo Silente vegliava, accarezzando la testolina della fenice che gli si era addormentata in grembo, ascoltando il silenzio e la pace, aspettando il nuovo giorno.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

E il premio per il peggior capitolo scritto con maggior ritardo vaaaaaa...A QUESTO CAPITOLO YEEEE!

Davvero, ormai non riesco neanche più a trovare le parole giuste per scusarmi, ma dovete credermi se vi dico che la scuola mi ha mangiata viva e non ho avuto davvero tempo di scrivere prima. Comunque alla fine eccolo qui e, sebbene sia un po' misero e inutile, può anche fare da regalo di Natale u.u

  1. io davvero non lo so come saltino fuori le cretinate che scrivo, ma arrivano da sole e non ho il coraggio di cacciarle, perdonatemi!

  2. James è un tontolone cieco e che dice le cose sbagliate, ma è dolce quindi perdoniamo anche lui?

  3. Quella storia di Lily e Mary non so da dove sia saltata fuori (di nuovo) ma bo, volevo solo far capire che a) è una ragazza anche lei e può anche divertirsi a farsi carina ogni tanto b) è comunque insicura e timida per questo e quindi il minimo commento può farla scattare quindi c) è come me. Ok questo punto è inutile, dimenticatelo.

  4. Io bo, questo capitolo è così inutile che non so neanche cosa dire, se avete domande fatele pure!

  5. Un grazie grazissime a quelli che hanno recensito lo scorso capitolo: krys, Dreamer_imperfect, Jeis, LisaJackson, Bluelectra, Hermione_Sel1D, Bella_1D e marauder11! Vi amo tutte quante e appena trovo un minuto vi rispondo, giuro!! <3

  6. Un grazie speciale a AleJackson che sclera con me (o meglio, sopporta i miei scleri infiniti). Ti voglio bene amor <3

Non so quanto riuscirò a scrivere in queste vacanze, ma spero davvero di pubblicare il nuovo capitolo presto!
BUON NATALE A TUTTI!!!! <3

*dD*

PS: mi scuso se le parolacce presenti nel capitolo hanno urtato la sensibilità di qualcuno, ma posso solo avvertirvi che ho il linguaggio di uno scaricatore di porto maleducato e che fino ad ora mi sono trattenuta parecchio quindi credo che d'ora in poi potranno solo aumentare. Spero che questo non dia troppo fastidio a nessuno!

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Capitolo 4
*** Normalità ***


 

 

 

Normalità

 

 

 

Sunshine canticchiava tra sé mentre camminava da sola per il corridoio diretta verso la Sala Comune dopo aver spedito alcune lettere in Guferia. Tutta presa nei suoi pensieri e nei suoi programmi di studio per la serata (doveva davvero fare quel tema di due rotoli di pergamena per Ruff!), non si rese conto degli strilli che sentiva finchè non la colpirono con fin troppa violenza quando la Signora Grassa si fece da parte lasciando intravedere il passaggio.

«Sei spregevole, Potter! Spregevole!»

«Ma che paroloni, Evans! Ti sei stufata di dirmi che sono un egocentrico prepotente e sbruffone?»

«Mi sono stufata di te, Potter! Ti credi migliore degli altri? Ti credi più simpatico o magari più intelligente? NON LO SEI!»

«Attenta agli strilli, Evans, non vorrei mai che ti venisse mal di gola per colpa mia.»

«E smettila di avere questo atteggiamento come se non t'importasse niente di nessuno! È Black quello!»

«Non tirarmi in mezzo alle tue urlate come al solito, Evans! Questa volta...»

«Oh non provare nemmeno a dirmi che tu non c'entri niente, Black, perchè non ci casco! Dove c'è uno c'è anche l'altro e solo perchè questa volta è stato solo Potter a...»

«Non siamo gemelli siamesi Evans! Non andiamo in giro appiccicati come te e Mocciosus!»

«Io e Severus non andiamo in giro appiccicati!»

«Sono felice per te, Evans, altrimenti una doccia al giorno non basterebbe per toglierti di dosso tutto l'unto che ti lascerebbe addosso!»

«SMETTILA POTTER!! Stai zitto! Sei sempre tu che...»

«Non dirmi che sono sempre io ad iniziare, Evans! Io stavo solo facendo un innocente commento su...»

«Innocente? INNOCENTE? Se quello era innocente non voglio sapere come sono le vostre prese in giro pesanti! Anzi, purtroppo lo so già!»

«Era un commento del tutto innocuo! E se tu non ti fossi messa in mezzo...»

«Cosa? Se non mi fossi messa in mezzo cosa? Sareste andati avanti a prenderli in giro ancora per molto?»

«Se tu non ti fossi messa in mezzo ora magari non sarebbero in imbarazzo in mezzo alla Sala Comune!»

«Oh certo mi sembra giusto! Ora è colpa mia!»

Sunshine non si scompose troppo e scivolò tra la folla che si godeva lo spettacolo fino a dove Remus osservava con aria di disapprovazione Sirius che se ne stava al fianco di James.

«Che succede questa volta?» domandò.

«Oh ciao Sun. Non ho capito bene, stavo studiando. Pare che Sirius abbia fatto un commento idiota su quelle due povere creature che si baciavano e James sia andato avanti ma con voce un po' troppo alta e pare che Lily li abbia sentiti e li abbia sgridati e bè, sai come va a finire con quei tre..»

«Oh certo, lo so. Tra quanto secondo te Lily esploderà e se ne andrà via e James le riderà dietro?»

«Qualche minuto ancora forse. Certo, se Sirius interviene ancora, immagino accelererà il processo...»

Il tono di Lily si alzò di qualche altra ottava, sfiorando il livello degli ultrasuoni, cosa che Sirius le fece gentilmente notare.

«Mi stai dando del pipistrello, Black?»

«Non oserei mai darti il soprannome di Mocciosus, Evans. E poi sei troppo rossa per essere un pipistrello.»

«Dici che dovrei intervenire?» si chiese distrattamente Remus.

«Immagino che dovremmo, sì. Prima che questa cosa finisca male.»

Con un sospiro Remus si fece largo tra la folla fino ad arrivare nel cerchio lasciato libero per i tre litiganti.

«Ciao Remus, hai deciso di abbandonare il tuo atteggiamento passivo-agressivo e di partecipare alla festa?» lo salutò con un ghigno Sirius.

«Sirius stai zitto. James, ripetimi qual è il problema.»

«Oh certo adesso arrivi tu a risolvere i problemi! Grazie Merlino per averci donato il pacifista!» si lagnò James senza rispondergli.

Remus lo guardò con occhi di ghiaccio.

«Potrei tirarti un pugno, James, davvero. Lily, mi ridici cosa hanno fatto questi due cretini?»

«Stavano prendendo in giro...»

«Non erano affari tuoi Evans!» la interruppe James.

«Stai zitto Potter! Smettila di interrompermi, per la miseria!»

«Perchè?» chiese con aria infantile e petulante l'altro.

«Si chiama educazione, Potter, ma tu non la conosci.»

«Ora basta.» tentò di fermarli Remus, senza troppo successo.

«Io sono molto educato Evans, ma tu sei invadente e irritante e ti credi Miss Perfezione e credi di poter giudicare tutti!»

«Io non mi credo Miss Perfezione e non credo di poter giudicare tutti!»

«Però lo fai!»

«Basta smettetela!» tentò ancora Remus, invano.

«Non vorrai dare ordini a Miss Perfezione, Remus! Come ti permetti! Non conosci l'educazione?» replicò sarcastico e acido James.

«Non osare farmi il verso, Potter!»

«Altrimenti?»

«James, seriamente, basta.» intervenne sottovoce Sirius facendosi sentire solo da James, capendo che la situazione stava andando troppo in là.

«Altrimenti io...»

«20 punti in meno a Grifondoro e se non sparite subito vi metto in punizione.» annunciò una voce severa, mettendo fine alla discussione.

Tutti si girarono: sulle scale che portavano ai dormitori femminili c'era Emily Robinson, Cacciatrice della squadra di Grifondoro e prefetto del sesto anno.

Al suo fianco Sunshine che, avendo capito che l'unico modo per mettere fine alla discussione era quello, era andata a chiamarla.

Lily raccolse la sua borsa e se ne andò impettita e contrariata, le guance in fiamme e lo sguardo furente.

«Sei proprio una guastafeste.» brontolò Sirius rivolto a Sunshine.

«Scusa?» la ragazza non credeva alle proprie orecchie: una guastafeste? Perchè aveva messo fine alla discussione che anche lui voleva si concludesse?

«Effettivamente Sun, ogni tanto potresti lasciarti andare.» gli diede man forte James, corrucciato.

«Ma che avete voi oggi?» chiese sempre più stupita Sunshine.

«Niente. Vai a fare la paladina della giustizia con la Evans e divertiti.»

Sunshine restò immobile, guardando i due che sparivano fuori dalla Sala Comune, seguiti da Remus che le lanciò appena un'occhiata esasperata, prima di seguirli con aria di tempesta.

«Non ascoltarli, Sunshine, hai fatto bene.» la consolò Emily prima di tornarsene a studiare, lasciandola lì ferma sulle scale.

Sunshine rimase ferma per qualche secondo, cercando di capire che cosa diavolo fosse appena successo, ma alla fine scosse la testa con uno sbuffo contrariato e se ne andò in camera. Appollaiato sul davanzale in attesa di lei c'era un gufetto grigio con una lettera legata alla zampa. Appena lo scorse Sunshine si lanciò ad aprire la finestra per farlo entrare e, ancora prima che il povero animale si potesse appoggiare sulla scrivania, afferrò la lettera e la aprì con entusiasmo ed eccitazione, dimentica di ogni altra cosa.

Appena prima di cominciare a leggere però si bloccò, assaporando quella sensazione di leggerezza, aspettativa, allegria che la pervadeva. Era tanto tempo che non si sentiva così, libera ed eccitata per qualcosa di semplice che la faceva stare bene. Non da...

Sunshine cacciò il pensiero di Sam e abbassò gli occhi sulla scrittura che ormai conosceva così bene.

Cara Sunshine,

come va? Non ti ho più chiesto come sono andate le cose quest'estate. Mi avevi detto che non erano state splendide, ma come mai? È successo qualcosa di brutto? Oppure è stato soltanto il pensiero di lasciare di nuovo tua sorella a farti diventare triste? Dovresti goderti le vacanze, piccola Sun, e toglierti quell'espressione preoccupata che hai fin troppo spesso.

Aspetta, sembra che io ti stia dando degli ordini, ora. Non fraintendermi. Anzi, cosa mi avevi detto? Che dovevo essere spontaneo? Bene, sarò spontaneo. Smettila di preoccuparti, Sunshine. Non devi sempre sentirti in dovere di essere quella responsabile, quella che sta attenta agli altri, quella che risolve in casini. Salta una lezione, non studiare per un compito, passa un pomeriggio a passeggiare nel parco, fai visita ad Hagrid, fai una passeggiata con i Malandrini. Divertiti. E quando ti sarai divertita torna da me e dimmi che sei felice. Che vuoi ritornare al tuo ruolo di “mamma protettiva” (che trovo adorabile) perchè lo senti adatto a te e non perchè ti senti costretta a farlo.

Ora non essere arrabbiata con me, ti prego, ma gli amici fanno questo no? Si parlano sinceramente. E volevo sinceramente dirti questo, Sun. E in Sala Grande fai un sorriso anche per me, io lo vedrò e sarò felice. Anche io ho bisogno di un regalo ogni tanto, no?

A presto

Sunshine scosse la testa, per un momento infastidita dalla somiglianza di ciò che le diceva la lettera con quello che le aveva detto Sirius, dandole della guastafeste, ma poi la sensazione passò e tornò il sorriso.

Ehi A,

avevamo stabilito che ti avrei chiamato A giusto? Mi pare di sì. Comunque va tutto bene, non preoccuparti. Le vacanze non sono state splendide. . . sì hai ragione, colpa mia. Mi preoccupavo di lasciare Angie e mi sono dimenticata di godermele.

Sai che mi hai quasi fatta arrabbiare? Quasi però. Non per colpa tua, cioè anche per colpa tua, ma anche per colpa di Sirius e James. Stavano di nuovo litigando con Lily e io li ho fermati e mi hanno dato della guastafeste! Ci sono rimasta male sai? Non mi aspettavo che se la prendessero con me, ma sono sempre così tesi ultimamente. Non dormono abbastanza secondo me. Chissà che fanno in giro di notte. Comunque (divago sempre, sono terribile!) mi hai quasi fatto arrabbiare perchè il tuo consiglio si avvicinava troppo a quello che mi hanno detto loro. Sono davvero così noiosa? Sono davvero così poco. . . simpatica? Ma mi viene naturale, preoccuparmi intendo! Ogni tanto mi piacerebbe abbandonare il mio ruolo, lo ammetto, ma come si fa a lasciare quei due cretini in balia di loro stessi e lasciarli sulle povere spalle di Remus? Ha bisogno anche di me.

Aspetta, so già cosa mi dirai: “non devi sempre essere tu ad aiutare gli altri, Sun, lascia perdere ogni tanto! Possono cavarsela!” ma non ne sono capace, capisci? Mi sono sempre occupata degli altri e ora. . . però apprezzo il consiglio. Non è che per caso vuoi venire a passeggiare con me nel parco? Eddai non fare quella faccia! Non ti sembra arrivato il momento di dirmi chi sei? Ormai non dovresti più avere paura che io ti abbandoni. Ti preeeeeego!

Bè, spero mi dirai di sì. Ci conto. E se mi dirai di sì faremo una passeggiata nel parco, ci fermeremo vicino al lago e parleremo sotto ad un albero e poi ti porterò nelle cucine (vantaggi di avere amici come i Malandrini) e prenderemo cioccolata calda e biscotti.

Sei tentato eh? Ci spero. E non farmi aspettare ancora troppo!!

Sorriderò per te a cena.

Con un sorriso Sunshine chiuse le lettera e riaprì la finestra, facendo uscire il gufo. Rimase così, i gomiti sul davanzale, gli occhi fissi sul cielo che si scuriva velocemente, persa nei suoi pensieri.

Ad un certo punto la porta si spalancò di colpo, facendola sobbalzare.

«Porco Salazar, Sunshine! Perchè diavolo hai la finestra aperta? Si gela qui dentro! Ti congelerai le ali, uccellino, se te ne stai ancora un po' lì! Avanti chiudi quella finestra prima che mi venga il desiderio di buttarti di sotto!»

«Agli ordini!» esclamò Sunshine ridendo, chiudendo la finestra e guardando Alice che reprimeva un brivido. Effettivamente faceva un po' freddino, ma lei, persa com'era nei suoi pensieri, non se n'era accorta e ora aveva le dita e la punta del naso congelata.

«Vieni qui, lucciolina.» sospirò Alice, facendole cenno di sedersi accanto a lei e prendendole le mani tra le sue, decisamente più calde.

«Ehi donzelle, che fate?» domandò Marlene entrando senza bussare, come al solito.

«Amoreggiamo e sparliamo di te, Lene.» rispose pronta Alice.

«E di Lily.» aggiunse Sunshine, vedendo la rossa spuntare alle spalle di Marlene.

«Ecco! Parlate sempre male di me!» si imbronciò quest'ultima, facendo per tornarsene sui suoi passi, ma venendo subito afferrata al volo da Marlene che la trascinò dentro.

«Vieni qua, che tra poco andiamo a cena ma prima ho bisogno di un consulto.» ordinò la più grande, sedendosi per terra a gambe incrociate e aspettando che le altre la raggiungessero.

«Addirittura un consulto da “cerchio satanico”? Che cosa c'è? Problemi con un ragazzo?» chiese subito Alice, sedendosi accanto a lei.

Marlene arrossì, cosa strana per lei, e evitò di rispondere subito.

«Uuuuuh ma guardatela! Non è adorabile?» scherzò maligna Lily, ghignando con le altre due.

«Smettetela! Ok ok ho un problema con un ragazzo, felici?» sbottò Marlene contrariata, mettendo il broncio.

«Biscottino, dicci tutto e ti prenderemo in giro solo alla fine, promesso!» le disse Alice, mentre Sunshine e Lily annuivano.

«Ok, che carogne che siete. Va bene va bene, parlo! Allora, c'è questo ragazzo...»

«Chi è?» la interruppe subito Lily, curiosa.

«Non te lo dico.»

«Stronza.»

«Sguattera.»

«Ragaaaaazze....» le fermò Sunshine prima che cominciassero con la solita sfilza di insulti.

«Giusto. Bè c'è questo ragazzo che è stato molto dolce e carino con me, che mi ha aiutato a fare i compiti...»

«Te li ha fatti copiare? Dolce!» interruppe a sua volta Alice.

«Non me li ha fatti copiare! Mi ha aiutata!»

«Sì certo, ci crediamo proprio. Vai avanti.» ribatté sarcastica Lily.

«Ma guarda che gente! Ok ok! Mi ha aiutata a fare i compiti, abbiamo chiacchierato e...mi ha chiesto di uscire.»

«Dove?» chiese Sunshine.

«Non specificato.»

«E dov'è il problema?» chiese Alice perplessa.

«Che io non ci voglio uscire.» rispose cupa Marlene.

«Ma se hai appena detto che è dolce e carino e blablabla?! E poi dov'è finita la tua solita faccia tosta? Non ti si mai fatta problemi a dire le cose in faccia alla gente!» si sorprese Lily.

«Ma non posso! Cioè lui è stato gentile e io che faccio? Gli dico di sparire? Non si può!»

«Dillo con gentilezza dopo di me, Lene, avanti. “Mi dispiace, mi sei molto simpatico, ma non sono sicura di essere pronta per una relazione con te. Forse in futuro...ma possiamo essere amici se vuoi.”»

«E fu così che sparì per sempre! Che razza di consigli di schifo che dai, Ali!» sbuffò Marlene contrariata.

Alle loro spalle qualcuno si schiarì la voce, facendole voltare di colpo.

Sulla porta c'era Mary con un'aria di scuse e un sorriso.

«Scusate, non volevo origliare, ma sono entrata e nessuno se n'è accorto e non volevo disturbare. Comunque dato che ci sono...se accetti un consiglio...»

Marlene squadrò dubbiosa Mary. Non si era mai fidata troppo dell'improvvisa “bontà” di Mary e non le andava troppo a genio, ma perchè rifiutare un consiglio, soprattutto dato che ormai aveva già sentito?

«Ok, sentiamo.»

Mary si avvicinò e si sedette tra Sunshine e Alice.

«Secondo me dovresti dirglielo, ovviamente. Magari non usando la frase fatta di Alice ma dicendogli la verità, se possibile. Perchè non ci vuoi uscire?»

Marlene le rispose con un'espressione alla “affari miei”, ma un secondo dopo sembrò cambiare idea e con un sospiro rispose.

«Non mi piace. Nel senso, è dolce e gentile e tutto, ma non è il mio tipo! Io voglio qualcuno di energico, di simpatico, che mi faccia ridere e anche arrabbiare così posso menarlo, non qualcuno che mi faccia da schiavetto/cagnolino!»

«E allora diglielo chiaro e tondo. “Mi sei simpatico e sei davvero gentile, ma non sei il mio tipo.»

«Così? E basta?» chiese dubbiosa Alice, poco convinta.

«Così e basta. Se fai giri di parole rischi che sembrino tutte scuse ancora più di questa e potresti dire qualcosa di poco chiaro. Se si offende è un idiota, se non si offende meglio. Punto e fine.»

Marlene rimase un secondo a rifletterci, ma alla fine sorrise.

«Sai, potresti non essere così male!»

Mary sorrise e poi si tirò su con un sospiro.

«Avanti, andiamo a cena e a spezzare qualche cuore!»

Le altre non poterono far altro se non seguirla ridendo.

 

**

 

«Allora Sir, che si fa stasera? Prove?» sussurrò James all'amico seduto di fianco a lui, cercando di non farsi sentire da Remus che parlava con Frank lì accanto.

«Per me si può fare. I compiti li copiamo da Rem?»

«Dovremo farlo di nascosto però, visto quanto si è arrabbiato l'ultima volta.»

«Ragazzi, stasera c'è Mappa.» ricordò Peter, inserendosi nel discorso sussurrato.

«Hai ragione Pet! Remus ha detto che aveva trovato qualcosa giusto?» chiese James.

«Io avevo capito che voleva mandarci nel Reparto Proibito...» lo contraddisse Sirius dubbioso.

«Ne sei sicuro?»

«Sicuro di cosa?» chiese Remus che aveva colto l'ultima domanda di James e si era voltato, lasciando Frank libero di parlare con Alice ed Emmeline.

«Non ci ricordiamo se hai trovato qualcosa per la mappa o ci volevi mandare nel Reparto Proibito.» riassunse Sirius.

«Ho trovato qualcosa per far apparire e scomparire le scritte, anche se dovremo scegliere una frase o una parola d'ordine, ma poi vi spiegherò. Quello che non sono riuscito a trovare è un incantesimo che faccia in modo che sulla mappa ci siano sempre tutti quelli presenti nel castello, senza errori. Quindi pensavo di mandarvi a curiosare nel Reparto Proibito mentre io cerco di fare l'altro incantesimo su un foglio di prova.»

«E come facciamo a fare la mappa? Cioè dobbiamo disegnarla a mano?» domandò Peter.

«Oh no, ho trovato un incantesimo anche per quello e anche per far muovere l'inchiostro, piuttosto semplice tra l'altro. Se riusciamo a trovare quello che ci manca abbiamo tutto.» disse soddisfatto Remus, estraendo una lista dalla borsa e controllandola.

«Che fate ragazzi?» domandò in quel momento una voce alle loro spalle, facendoli sobbalzare.

Sunshine era arrivata alle loro spalle e sorrideva con un'aria alla “dimentichiamo ciò che è successo mezz'ora fa”, che i ragazzi accettarono con piacere.

«Oh ciao Sun! Oh niente. Non mangi?» chiese James cambiando discorso più in fretta possibile.

«Mi sono allontanata da Marlene che non voleva essere osservata e quindi sono venuta a fare compagnia a voi. Mi fate posto?» spiegò Sunshine, accomodandosi tra loro.

«Come va, Sun? È un po' che non parliamo.» fece James, mentre Remus metteva via la lista.

«Va bene. Invece voi non dovete stare troppo bene. Siete relativamente tranquilli da troppo tempo! Qual è l'ultimo dispetto che avete fatto a Severus Piton?» domandò la ragazza, glissando volontariamente sugli avvenimenti del pomeriggio.

Sirius e James si guardarono riflettendo, ben decisi anche loro ad evitare il discorso come se niente fosse successo.

«Quando gli abbiamo tirato la caccabomba a pranzo?» tentò James.

«No no! Quando lo abbiamo fatto inciampare nel suo mantello!» corresse Sirius.

«No aspetta! Quando lo abbiamo Confuso e è andato a sbattere contro la porta per tre volte!» provò ancora James.

«Ok ok, ritiro quello che ho detto! Dovreste lasciarlo in pace, ragazzi! E tu Remus? Non fai niente per fermarli?» li bloccò la bionda, voltandosi poi verso Remus che arrossì e abbassò lo sguardo di colpo, nascondendo lo sguardo perplesso che aveva fino a qualche secondo prima. Ok voler mantenere la pace, ma parlare come se niente fosse successo? Bah, tanto valeva andargli dietro.

«Lo sai che è impossibile fermarli.» si difese con poca convinzione.

«Oh non fare il timido, Remmy! Lo sanno tutti che in fondo ti diverti anche tu!» ghignò Sirius.

«Non è vero! Non mi date nessuno spazio per esprimere la mia opinione!» protestò Remus.

«Oh povero piccolo, è oppresso!» rise James.

Sunshine alzò gli occhi al cielo sorridendo e ricominciando a mangiare, mentre gli altri si cimentavano in una delle solite discussioni infinite.

Non cambiavano mai.

Lasciando vagare lo sguardo in giro per la Sala Grande, l'occhio le cadde su Regulus e Jared, chini su qualcosa, le teste vicine, intenti a confabulare.

«Cazzo Reg! Credi che sia ora?» domandò Jared irritato.

«Non puoi tirarla ancora tanto lunga, Jared. E poi lo scopo l'hai raggiunto no?» ribatté Regulus, mangiando svogliatamente.

«Dici? Dici che si fiderà di me?»

«Oh che caro, preoccupato di perdere la sua piccola amichetta.» lo prese in giro sarcastico Regulus, infilzando con un po' troppa energia una patata.

«Vaffanculo.»

«Non essere volgare.»

«Vaffanculo.»

«Hai intenzione di continuare per molto?»

«Per quanto mi pare. Vaffanculo Regulus.»

«Ok va bene, divertiti. Io me ne vado.» sbottò Regulus, abbandonando il piatto ancora pieno e facendo per alzarsi.

«Aspetta! Dove vai?» lo bloccò Jared prendendolo per un braccio e impedendogli di andarsene.

«Mollami.» disse gelido Regulus, lanciando un'occhiata di fuoco alla mano dell'amico che lo tratteneva, che lo lasciò velocemente andare come se si fosse scottato.

«Ok! Comunque non mi hai risposto.»

«Vaffanculo Jared.»

Poi Regulus si alzò e se ne andò, lasciando l'altro lì a chiedersi che avesse fatto di male questa volta per farlo andare via così.

Andava sempre a finire così. Cominciavano una conversazione più o meno normale, lui si arrabbiava per niente, insultava l'altro che non sembrava prendersela fino a che ad un certo momento, di punto in bianco, si alzava e se ne andava, lasciandolo lì da solo.

«Piccolo stronzetto viziato.» imprecò contrariato Jared sbuffando.

Poi ricominciò con rabbia a mangiare, ignorando i tentativi di Mulciber di fare conversazione.

 

**

 

Sirius alzò un po' do più la bacchetta, cercando di illuminare meglio i dorsi screpolati dei libri per cercare di capirne il titolo.

«Trovato qualcosa?» chiese la voce di Peter, attutita dal tessuto della tasca del mantello.

«No Pet, ancora niente. E non voglio rischiare di prenderne in mano qualcuno per sfogliarlo e trovarmi un libro urlante in mano. Voi?» sussurrò di rimando Sirius, senza accennare a prendere lo specchio da cui proveniva la voce di Peter e lasciandolo lì dov'era. Che Peter rimirasse l'interno delle sue tasche se ne aveva voglia.

«Remus sta cercando di far muovere il disegno di Jamie, ma va a scatti. Però sta facendo progressi.»

«Smettetela di fare confusione voi due. Sirius vieni qui.» intervenne la voce di James, due scaffali più in là.

«Confusione? E tu che mi chiami così non fai confusione? Se arriva Gazza ti do in pasto a Mrs. Purr.» si lamentò Sirius avviandosi verso l'amico che indicava un grosso tomo verde.

Sirius lo osservò per un istante, ma anche se il titolo sembrava interessante (De inacantamenti et magiae aut ad capiendam tempora, homines cogitationesque cum mobile scriptura atramentoque*) aveva un leggero timore di prenderlo in mano. Non avevano avuto buone esperienze con i libri del Reparto Proibito.

Prima c'era stata quella volta in cui uno aveva provato a mordergli la mano. Poi quella in cui James ne aveva toccato uno per poi rimanerci attaccato (avevano dovuto rubarlo e trovare un incantesimo per staccargli la mano). Poi c'era stata quella volta che ne avevano fatto cadere uno e quello si era messo a lamentarsi a gran voce. Per non contare di quella volta in cui un intero scaffale si era messo a sussurrare al loro passaggio parole inquietanti e incomprensibili.

Comunque se volevano combinare qualcosa dovevano prenderlo, tanto valeva rischiare.

Con un sospiro rassegnato Sirius allungò una mano e toccò il libro con esitazione.

Non successe nulla.

Con più decisione lo afferrò e lo estrasse dallo scaffale.

Niente.

«Possibile che questo non faccia niente di strano? Siamo così fortunati?» borbottò quasi tra sé e sé.

«Sssssh non attirare la sfiga verso di noi. E poi non possono mica essere tutti libri assassini qui dentro!» fece James, allungando la mano per toccare anche lui il libro, così, per sicurezza.

Niente.

«Bè pare che sia un libro silenzioso, per fortuna. Vedi se è capibile mentre io cerco qualcos'altro.» ordinò Sirius, sbattendo il libro in mano all'altro e allontanandosi di nuovo.

«Trovato qualcosa?» chiese la voce di Peter.

«Forse sì. Voi come va?» domandò di rimando Sirius, ricominciando a leggere astrusi titoli mezzi screpolati.

«Remus ha fatto muovere il boccino disegnato da James. Ora sta provando con delle scritte.»

«Bravo Remmy. Vediamo se c'è qualcos'altro qui.»

«State attenti.» ammonì la voce preoccupata di Remus.

«Non preoccuparti, al massimo abbiamo il Mantello.» sminuì Sirius, alzando una mano per tastare il dorso di un piccolo tomo rilegato in qualche strano materiale scaglioso.

Quando vide che non succedeva nulla lo prese in mano e lo aprì.

«SALVE FRUITORE FAI LA TUA DOMANDA» una voce piatta, maschile e decisamente troppo alta rimbombò nella biblioteca deserta, facendo sobbalzare Sirius che richiuse la copertina di scatto.

«Che diavolo era quello?» domandò James che era subito corso al suo fianco.

«Non ne ho idea! Non potrebbero scrivere le caratteristiche particolari di questi cazzo di libri da qualche parte?» sbottò Sirius, rimettendo con rabbia il libro al suo posto per poi tendere l'orecchio in attesa di sentire qualche rumore.

«Ragazzi ci siete? Chi era?» domandò Peter dalla tasca.

«Ssssssh!» lo zittirono in coro Sirius e James.

Ripiombò il silenzio, ma ben presto venne interrotto da un respiro sibilante e da passi strascicati.

«Maledizione! È Gazza! Il Mantello James!» esclamò a voce più bassa possibile Sirius, mentre James estraeva il Mantello e copriva entrambi come meglio poteva. Poi si spostarono di qualche scaffale, cercando di non fare rumore.

Il cono di luce gettato dalla lanterna che portava Gazza si avvicinava sempre di più.

«Annusa, tesoro, annusa. Studenti fuori dal letto? Oh li troverò, tesoro, li troverò.»

Sirius e James arretrarono lentamente, ritirandosi fra gli scaffali senza fare rumore. Con un cenno d'intesa fecero un lungo giro, evitando Gazza per un pelo e ritornando verso l'uscita cercando di non urtare niente.

«Prima o poi appendo quella maledetta gatta al lampadario.» brontolò Sirius appena furono lontani dalle orecchie di Gazza.

«E io ti aiuto. E poi prendiamo lui e lo immobilizziamo per il resto della sua vita.» lo appoggiò James con aria cupa.

«Ce l'avete fatta?» chiese preoccupato Remus.

«Ovvio Rem, per chi ci hai preso? Ma abbiamo potuto prendere un solo libro.»

«Cominceremo con quello. Avanti tornate in camera.» li esortò l'altro con voce stanca.

«Agli ordini.» rispose con uno sbadiglio James.

Con passo lento e pesante i due amici si avviarono lungo il corridoio, non badando a niente se non a mettere un piede davanti all'altro, finchè non sentirono un rumore inquietante che veniva verso di loro.

«Che c'è adesso?» fece esasperato James, affrettando il passo verso le scale per cercare di evitare qualunque cosa stesse arrivando.

Sirius tese l'orecchio, bloccandosi a metà scala.

«Credo sia il Barone. Non credo verrà a rompere proprio a noi.» considerò speranzoso, facendo per riprendere il passo e...andando addosso a James.

«Ehi!» protestò quello.

«Ma vuoi muoverti?» si lamentò Sirius dandogli una leggera spinta.

«Vuoi buttarmi dalle scale, idiota? C'è lo scalino ora devo saltarlo!»

«E saltalo no? Che ci vuole?»

«Oh mi scusi non sapevo avessi un appuntamento!»

«Solo con il mio letto, coglione. E adesso cammina.»

«Se sempre così gentile, Sirius. Un amore.»

«Chi è là?» chiese la voce roca e bassa del Barone Sanguinario.

Sirius e James si zittirono di colpo, accorgendosi che il fantasma era ben più vicino di quanto avevano immaginato.

«Chi è là?» chiese ancora il fantasma, guardandosi attorno con i suoi occhi vuoti.

«Ragazzi qualche problema?» chiese la voce di Peter.

Uno “sssssh!” arrabbiato seguì subito quella frase, mentre Sirius tentava invano di soffocare entrambe le voci con il tessuto della tasca, ma senza troppi risultati.

«So che sei lì, vieni fuori.» ordinò il Barone, mentre un brivido scendeva lungo la schiena dei due ragazzi.

«Filiamo?» chiese in un respiro James.

«Filiamo!» annuì Sirius.

Senza più curarsi del rumore, i due corsero via a perdifiato, ignorando i richiami del fantasma (che al dire il vero non cercò nemmeno di seguirli) e pensando solo ad allontanarsi il più possibile.

Unico pensiero nella loro testa: uccidere Peter.

La normalità quindi.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

 

*traduzione un po' scrausa di “di incantesimi e magie o per catturare momenti, persone e pensieri con la scrittura che si muove e l'inchiostro”

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Ok basta, sono una pessima persona che non è in grado di mantenere i suoi propositi. Sapete quando volevo aver finito questo capitolo? Per capodanno! Sono passati altri dieci giorni nel frattempo! Prima sono stata male, poi ho dovuto fare tutti i compiti delle vacanza (ooops) e poi la scuola è ricominciata...sono una pessima persona ç___ç comunque il capitolo è finito e non dirò che fa schifo anche se lo penso perchè me lo avete fortemente proibito ;)

  1. non so cosa dire perchè non succede niente di particolarmente interessante

  2. sì quello è un indizio più che chiaro su chi sia lo stalker irritante di Sunshine

  3. prometto che nel prossimo capitolo succederà qualcosa! Promesso!

  4. Grazie grazissime a chi ha recensito (a cui devo ancora rispondere perchè non solo sono una brutta persona ma sono anche pigra) ossia: Bella_1D, Dreamer_imperfect, krys e Jeis. Vi amo <3

  5. Un grazie speciale a marauder11 che è la dolcezza fatta persona. Io ti amo troppo <3

  6. Un grazie anche alla mia AleJackson che riesce a farmi calmare anche quando sono incredibilmente sclerata e che riesce ad essere la migliore amica del mondo sempre e comunque <3

Vi amo tutti (slanci d'affetto improvvisi xD) <3

*dD*

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Capitolo 5
*** Meglio restare a letto ***


 

 

 

 

Meglio restare a letto

 

 

 

 

Ci sono giornate in cui la migliore cosa da fare per te stesso e per il mondo è restare a letto.

Giornate in cui ti sembra che una forza, una vocina fastidiosa e rumorosa, cerchi di costringerti e rintanarti nelle lenzuola e non alzarti.

Giornate in cui ti accorgi appena alzato che tutto andrà storto e sarebbe meglio fare quello che il mondo ti suggerisce, ovvero correre di nuovo ad avvolgerti nelle coperte e dormire tutto il giorno.

Purtroppo però di solito nessuno ascolta quella povera vocina e tutti, se per volontà o perchè ci si sente in obbligo, si alzano e affrontano la giornata.

Poi si arriva a sera e l'unica cosa che si può pensare è “avrei fatto meglio a restarmene a letto”.

Ecco quella era una di quelle giornate e non solo per una persona, ma per tutta la torre di Grifondoro. O magari, se si vuole restringere il campo solo ai diretti interessati, per i Grifondoro del quarto anno e qualcun'altro.

Tutto era cominciato già di prima mattina, quando Peter si era svegliato, gridando e facendo prendere paura a tutti gli altri ragazzi, strappati dalle dolci braccia di Morfeo dai suoi strilli.

Subito Remus si era alzato, anche se con gli occhi ancora chiusi e rabbrividendo per il freddo, ed era accorso al fianco di Peter, preoccupato.

«Peter! Pet, che succede? Stai male?» chiese ansiosamente.

Peter scosse la testa, le lacrime che gli bagnavano le guance e le membra scosse dai tremiti.

«N-no no. Solo u-un incubo. M-mi dispiace avervi svegliati r-ragazzi.»

Sirius sbuffò: anche se interiormente sollevato perchè non erano sotto attacco e il suo amico non stava morendo, non era certo piacevole essere svegliato alle..

«Sei meno dieci? Sei meno dieci?! Ti sembra l'ora di avere incubi, Pet?» si lamentò a voce alta, gli occhi fissi sulle lancette luminose dell'orologio appeso al muro, rese fosforescenti da un piccolo incantesimo.

«S-scusa, Sirius, n-non l'ho f-fatto d-di proposito!» cercò di difendersi Peter che, ancora scombussolato, si era spaventato per il tono arrabbiato di Sirius.

«Smettila Sirius, non è certo colpa sua!» lo difese Remus con un'occhiata severa.

«Certo che però un'ora migliore la poteva trovare...» borbottò James in sostegno dell'amico.

«James, non si possono scegliere queste cose, lo sai.» cercò di farlo ragionare con voce insonnolita Frank.

«Non essere ragionevole, Frank. È troppo presto per essere ragionevoli.» ribatté James sbuffando e rintanandosi sotto le coperte.

«Sicuro che vada tutto bene, Pet?» chiese di nuovo Remus.

L'altro annuì anche se con un po' di incertezza, asciugandosi le lacrime e forzando un sorriso.

Non si ricordava già più quello che aveva sognato, solo qualche vaga immagine che continuava ad apparirgli sul nero delle palpebre ogni volta che le batteva, ma comunque la sensazione di dolore, di perdita, di paura, che aveva provato era ancora lì, ben ancorata al suo stomaco.

Remus lo osservò per qualche istante ancora, per niente rassicurato dall'espressione di Peter e soprattutto dal suo colorito insolitamente pallido, quasi verdastro, ma alla fine tornò a letto con un sospiro, vinto dal freddo.

«Se ne sei sicuro...dai proviamo a dormire un altro po'.» suggerì, infilandosi di nuovo sotto alle coperte e sospirando di piacere al calore che tornava ad avvolgerlo.

Nonostante le sue parole, però, nessuno sembrava essere in grado di riaddormentarsi.

Peter cercava invano di ritornare tranquillo e di scacciare quell'orribile sensazione alla bocca dello stomaco e la nausea che lo aveva preso, Sirius si rigirava nel letto cercando una posizione comoda, James tentava di immaginare che cosa avesse potuto spaventare così tanto Peter, Remus tentava di scacciare il freddo e Frank era già troppo preso a pensare alla giornata che ormai era iniziata e ai piani che aveva per dormire ancora.

Rimasero tutti zitti però, il silenzio rotto solo dai loro respiri e da qualche sbuffo o sospiro, senza sapere cosa dire.

Il primo ad arrendersi fu Frank, che si alzò e con un borbottio indefinito andò a cacciarsi sotto la doccia.

«Oggi passo la giornata a letto.» annunciò cupo Sirius dopo un po', la testa sotto al cuscino.

Ci fu una serie di mormorii, più o meno di assenso, poi cadde di nuovo il silenzio.

«Remus.» chiamò dopo un po' James.

«Non mi piace il tono della tua voce. Che c'è?» fece l'altro, tenendo un braccio sopra agli occhi per proteggersi dalla luce.

«Se facessi una cosa molto sconveniente e fraintendibile verrei preso in giro per il resto della mia vita?»

«Probabilmente da Sirius sì.»

«Ehi! Se me lo chiedessi con molta gentilezza magari potrei limitarmi a prenderti in giro quando non hai pubblico!» si intromise Sirius.

«Davvero lo faresti? Solo quando non siamo in pubblico?» chiese James speranzoso.

«Sì può fare, sì.» annuì Sirius.

James fece una mezza smorfia, poi si alzò e, correndo il più velocemente possibile, attraversò lo spazio che lo separava dal letto di Remus e ci si infilò dentro, spingendo l'altro da parte per starci più comodamente.

«Scusa?!» esclamò Remus, facendosi da parte e poi provando a farlo scendere, mentre Sirius li guardava con gli occhi spalancati, diviso tra l'impulso di scoppiare a ridere e lo shock.

«Dal mio letto non si vede fuori dalla finestra.» spiegò innocente James, gli occhi fissi sulla pioggia che cadeva pesante e grigia.

«E non ti bastava chiedere che tempo faceva invece di invadermi?» protestò Remus irritato.

«Ma non sarebbe stata la stessa cosa!» si lamentò James, incredulo che Remus non avesse capito le ragioni del suo gesto, del tutto comprensibili e ragionevoli.

«Ok, perfetto. Allora sai che ti dico? Ora ci alziamo e andiamo a fare colazione e oggi niente giornata a letto!» stabilì Remus, alzandosi ed entrando in bagno, lasciando un Frank piuttosto preoccupato a fronteggiare le reazioni degli altri due.

«Niente giornata a letto?!» sbottò Sirius.

«Ci alziamo?!» gli fece eco James.

«Ehm ragazzi comunque non avreste potuto...» cercò di far notare Frank, senza molto successo.

«Io non mi alzo da qui!» si impuntò Sirius, avvolgendosi di più nelle coperte giusto per ribadire il concetto.

«E io neppure!» ribadì James imitandolo.

«Non puoi costringermi ad uscire con questo tempo e senza aver dormito per le ore che sono mie di diritto! Ci deve essere una regola per qualcosa del genere!» continuò Sirius.

«Oggi abbiamo anche Erbologia! Io non ci vado nelle serre con questo freddo e tutta la pioggia! Ci vai da solo!» lo appoggiò James.

«Qualcosa tipo “agli studenti è permesso restare a letto se la giornata non ha le condizioni meteorologiche ideali e se non ha dormito per un adeguato numero di ore”!» andò avanti imperterrito l'altro.

«Come se io avessi le forze per trascinarmi nel fango fino alla Serra numero 3! Sono troppo stanco! Non puoi obbligarmi! È un abuso!» esclamò con tono polemico James.

«Io credo di non sentirmi bene ragazzi.» pigolò Peter, che però venne ignorato da tutti, troppo presi in quella gara di testardaggine.

«Sirius non c'è una regola del genere e James, non sei obbligato a trascinarti nel fango! Puoi benissimo usare le gambe. Remus!» fece Frank, cercando di arginare gli altri due.

«Ci deve essere!» «No che non posso!» «Due minuti, Frank!» strillarono all'unisono gli altri tre, mandando in confusione Frank.

«Ragazzi, credo di aver mangiato troppo o forse ho preso freddo. Non mi sento bene.» disse ancora Peter, sempre pallido e tirato.

Questa volta Frank lo sentì e fece per avvicinarsi a lui, ma venne trattenuto da una cuscinata di James che reclamava a sua volta la sua attenzione.

Fu l'inizio della strage. Risultato?

Naso gocciolante di sangue per Frank che era caduto inciampando nelle coperte che James aveva lanciato a terra, bernoccolo in testa per Remus che era stato colpito in qualche modo misterioso da un libro, capelli pieni di piume per Sirius per un cuscino che era esploso (sommergendone anche la camera, ma quelli erano dettagli), un dito malandato per James che l'aveva sbattuto contro la testata del letto e Peter che vomitava in bagno.

Dopo essere riusciti almeno a vestirsi, i Malandrini portarono gli altri due in Infermeria.

«Dovevamo restare a letto.» brontolò Sirius scendendo le scale.

«Sì. È tutta colpa di James.» rispose irato Remus.

«Non è vero!» protestò James.

«Stai zitto tu!» abbaiarono contemporaneamente gli altri tre, mentre Peter tentava di non ascoltarli e di concentrarsi sugli scalini, cercando di trattenere la nausea.

Alla base delle scale quasi si scontrarono con Alice e Lily che camminavano parlottando tra di loro. Sembravano star discutendo su qualche cosa, ma appena videro i ragazzi si bloccarono a guardarli.

«Ma che diavolo avete fatto?!» sbottò Lily, scoccando un'occhiataccia a James e a Sirius.

«Frank, ti senti bene?» domandò contemporaneamente Alice, scattando verso l'amico e guardandogli il naso rosso e gonfio, ignorando i tentativi dell'altro di scivolare via, rosso d'imbarazzo.

«Sto bene, sto bene. Non è successo niente.» si schermì Frank, riuscendo a sfuggire alla sue grinfie e scostandosi.

«Non è successo niente? Siete conciati uno peggio dell'altro! Potter che hai combinato questa volta?» chiese severamente Lily, le mani suo fianchi e un aria terribilmente simile a quella della McGranitt quando si arrabbiava.

«Potter? Ma perchè dovrei essere stato io? Perchè devo essere sempre io? Non ho fatto niente!» si lagnò James risentito, incrociando le braccia e guardandola in cagnesco.

«Non hai fatto niente?» borbottò scocciato Frank, asciugandosi le gocce di sangue che continuavano a scendere dal naso, anche se decisamente meno di prima.

«Dai sempre la colpa a me, Evans! E poi tu che c'entri? Fatti gli affaracci tuoi per una volta!» continuò James ignorandolo.

«Do sempre la colpa a te perchè è sempre colpa tua! E io mi sto preoccupando per i miei compagni che non sembrano stare bene!» si inalberò Lily offesa.

«Ti preoccupi per loro intralciandoci la strada, Evans?» ribatté Sirius che, per quanto potesse essere di malumore nei confronti di James, non aveva la minima intenzione di restare fuori dalla discussione e di sicuro non aveva intenzione di mettersi contro il suo migliore amico.

«Io non sto...» protestò la ragazza, le guance rosse.

«Che succede ora? Possibile che dobbiate sempre discutere voi! Smettetela, su Sirius, basta.» intervenne in quel momento Sunshine, scendendo le scale con Mary.

«Io smetterla? È la Evans che ha cominciato!» si difese Sirius guardandola male.

«E tu finiscila! Peter, ti senti bene?» chiese Sunshine, notando il colorito pallido dell'altro.

Peter annuì e mugolò una risposta indefinita, ma non sembrava molto convinto.

«Se la Evans non si fosse messa in mezzo in questo momento saremmo già in Infermeria!» fece notare velenoso James.

«Lei cercava solo di essere d'aiuto.» tentò di mediare Sunshine.

«Certo perchè tu sei sempre dalla sua parte! Oh andate tutte quante al diavolo!» sbottò James, prendendo Peter per un braccio e trascinandolo via, seguito da Sirius che lanciò solo un'occhiataccia a Sunshine prima di andarsene.

«JAMES!» cercò di trattenerlo con tono severo Remus, guardando preoccupato l'aria furente di Lily e quella sbalordita di Sunshine, ma senza successo.

«La cosa che vi riesce meglio è litigare eh? Andiamo Frank ti accompagno in Infermeria.» si intromise Alice, spingendo via Frank ignorando le sue proteste e lanciando uno sguardo di biasimo alle amiche.

«Ora è colpa mia?!» strillò Lily arrabbiata.

«No, Lily, lei non...» tentò Remus, ma la ragazza lo interruppe prima che potesse finire la frase.

«Oh smettila di fare sempre il pacifista, Lupin! Lo sanno tutti che sei un Malandrino tanto quanto loro!» lo zittì la rossa, girando sui tacchi e correndo via.

Sunshine e Remus restarono per un attimo a guardarsi, increduli per gli sviluppi che aveva avuto quella breve discussione, poi il ragazzo si tastò il suo bernoccolo sulla fronte con un lamento e sospirò.

«Perchè diavolo non siamo rimasti tutti a letto?» gemette.

Sunshine gli appoggiò una mano sul braccio, solidale, e lo accompagnò verso l'Infermeria, sperando che gli altri non combinassero qualcos'altro, trovandosi di nuovo tutti lì.

Quando entrarono però, la grande stanza era vuota, a parte Peter che, seduto sul letto, stava prendendo la pozione che Madama Chips gli offriva.

«Come sta?» domandò Remus avvicinandosi.

«Oggi starà a letto, ma per stasera sarà come nuovo.» rispose ruvida l'infermiera senza guardarlo. «Oh santo cielo, ma che avete fatto in quel dormitorio tutti quanti oggi?» esclamò però appena vide il bernoccolo di Remus.

«Ci sono stati...degli incidenti.» rispose lui vago.

«Incidenti, ah! Uno peggio dell'altro siete! Vieni qui, mettiti questa pomata e poi filate a fare colazione! Essere dei pericoli ambulanti non vi da il permesso di saltare le lezioni.» disse la donna, sbattendogli in mano un vasetto contenente una pomata rosata per poi rinchiudersi nel suo studio.

Sunshine aiutò Remus a spalmarsi la pomata e poi salutarono Peter, invidiosi non del suo malessere, ma piuttosto della sua possibilità di stare a letto tutto il giorno, dirigendosi verso la Sala Grande.

«Sarà una lunga lunga giornata.» sospirò Remus, sedendosi accanto ad un imbronciatissimo James e ad un più che cupo Sirius, mentre Lily, pochi posti più in là, discuteva sottovoce con Alice che continuava a controllare un imbarazzato e irritato Frank.

Nel frattempo dall'altra parte della Sala Grande, Regulus si sedette vicino ad un insolitamente pensieroso Jared, scoccandogli uno sguardo interrogativo e mormorando un saluto poco convinto.

«Che c'è?» domandò l'altro in risposta alla sua occhiata.

«Da quando in qua pensi di prima mattina?» chiese di rimando il più piccolo in tono a metà tra il beffardo e l'incuriosito.

«Non fa ridere, idiota. Comunque io penso sempre, anche di prima mattina!» ribatté Jared, privo del solito tono irritato, cosa che fece scattare definitivamente sul chi va là Regulus.

«Avanti, che succede? Hai intenzione di uccidere qualcuno oggi? Dimmelo.» ordinò, cercando però di non usare un tono troppo di comando che, lo sapeva, avrebbe fatto solo infuriare l'altro.

«No, oggi non ucciderò nessuno credo.» rispose laconico Jared, senza però aggiungere altro.

Regulus rimase a guardarlo, aspettando una spiegazione più comprensibile, ma alla fine si rassegnò a non avere risposte e si mise a mangiare.

«Niente brillanti deduzioni oggi?» lo schernì qualche minuto di silenzio dopo l'amico.

«No. Credo che tu stia tramando qualcosa, ma non riesco a capire cosa.» rispose l'altro, aggiungendo poi irritato «probabilmente è qualcosa di stupido e dannoso.»

Jared non disse nulla, ma finì la sua colazione e si alzò senza salutare, sparendo via con quell'aria strana ancora in viso.

Regulus lo seguì con lo sguardo, le sopracciglia aggrottate e molte domande vorticose in testa di cui una prevaleva su tutte le altre: che diavolo stava succedendo quella mattina?

 

**

 

«Finalmente! Non ce la facevo più ad ascoltare questa noia.» sbuffò Sirius alzandosi di scatto dalla sedia appena sentì il suono della campana che poneva fine alla solita infinita lezione di Storia della Magia.

«Non dirlo a me. Remus non mi ha lasciato dormire.» si lagnò James sbadigliando e passandosi una mano tra i capelli più spettinati che mai.

«E tu on hai lasciato dormire me, quindi taci.» lo rimbeccò Sirius guardandolo storto.

«Oh state zitti e non cominciate nemmeno.» sbottò Remus con aria stanca, massaggiandosi le tempie che gli dolevano per un forte mal di testa.

«Come sei noioso oggi, Rem!» si lagnò James, dandogli una spallata.

«Come sei irritante sempre, James.» ribatté l'altro, senza la minima voglia di stare al gioco.

James si arrese subito con un sospiro, alzando gli occhi al cielo e lanciando un'occhiata a Sirius che sembrava prestare attenzione a tutt'altro.

«Allora, andiamo a mangiare o no?» chiese poi, facendosi strada tra le persone che affollavano il corridoio.

«Non andiamo a trovare Peter?» domandò a sua volta Remus.

«Voi andate pure. Vi raggiungerò dopo.» intervenne Sirius, facendo già per allontanarsi. James però lo afferrò al volo per un braccio, trattenendolo.

«Dove stai andando? Non vieni con noi?» chiese sorpreso.

«No. Devo fare una cosa.» rispose l'altro, cercando di liberarsi.

«Cosa?» fece Remus, incuriosito e allo stesso tempo sospettoso per quell'atteggiamento insolito.

«Una cosa.»

«Sirius.» lo riprese Remus con tono di comando, guardandolo severamente.

Sirius sospirò e alla fine capitolò.

«Voglio andare da quella Corvonero carina, prenderle i libri e invitarla ad uscire. Contenti?»

James spalancò gli occhi incredulo.

«E lo devi fare ora?»

«Perchè no?»

«Perchè stiamo andando da Peter! Metti una ragazza qualsiasi davanti ai tuoi amici?»

«Non lo sto facendo! Peter sarà ancora lì tra dieci minuti.» si difese Sirius, sorpreso da quell'attacco inaspettato.

«Anche lei! E Peter dovrebbe avere la precedenza!» insistette James.

«Ma a Peter non darà fastidio!»

«Ma non è questo il punto!»

«Ragazzi, smettetela.» ordinò stancamente Remus.

«Ecco Remus, diglielo che non c'è bisogno di prendersela per una cosa del genere!» lo esortò Sirius.

«Remus! Diglielo che non dovrebbe farlo!» esclamò allo stesso tempo James.

Remus aggrottò le sopracciglia e si portò di nuovo le mani alle tempie, zittendoli con un gesto.

«Non me ne frega un cazzo di quello che fa Sirius, ok? Fai quello che vuoi, non possiamo obbligarti. James smettila di essere infantile. Sirius non sta abbandonando Peter, anche se non capisco perchè debba chiedere a quella tizia di uscire proprio adesso. E ora state zitti. Io vado in Infermeria, se volete venire bene, altrimenti ciao.» poi Remus si girò e se ne andò, lasciando gli altri due impalati in mezzo al corridoio.

«Ha detto una parolaccia?» domandò James dopo qualche istante.

«Oh sì, l'ha fatto.» rispose stranito Sirius.

«Quando è la luna piena?» chiese ancora James.

«Tra due settimane.»

«Allora è incazzato davvero. Probabilmente perchè non ha dormito. Maglio andare.» James non aspettò la risposta e corse dietro a Remus.

Sirius rimase per qualche istante combattuto.

Se li avesse seguiti avrebbe perso l'occasione con Shelley che stava già sparendo in fondo al corridoio. Ma se non l'avesse fatto si sarebbero arrabbiati con lui, con tutta quella tensione che girava quel giorno.

Certo, dieci minuti potevano anche aspettare.

Annuendo a sé stesso, Sirius si diresse verso la ragazza, affettando il passo per raggiungerla....solo per poi cambiare strada e correre dietro a James.

 

**

 

«Allora, si può sapere che avevi questa mattina?» domandò Regulus a bruciapelo, sedendosi accanto a Jared.

«Sei curioso eh?» lo provocò beffardo l'altro, passandogli le patate.

«Sono preoccupato per la stupidaggine che potresti avere in mente di fare.» ribatté il più piccolo.

«Sei una piaga, nano. Non si può proprio fare niente!» si lagnò Jared, nascondendo un sorriso soddisfatto. Era piacevole, per una volta, essere lui a tenere sulle spine l'altro e non il contrario. Ormai era stato costretto ad abituarsi ad essere sempre un passo indietro rispetto al più piccolo e, anche se di solito non ne faceva una chissà quale questione di stato, anche perchè non avrebbe potuto farci niente se non peggiorare le cose, era bello potersi prendere una rivincita di tanto in tanto. Guardò con la coda dell'occhio Regulus che mangiava accanto a lui, cercando di sembrare disinvolto ma senza troppo successo, visto come continuava a tenerlo d'occhio aspettando una qualche risposta. Non aveva voglia di chiedere ancora eh? Bè avrebbe aspettato. Così imparava a fare tanto il saputello di solito.

Jared lanciò un'occhiata al tavolo di Grifondoro. Chissà se aveva già ricevuto la sua lettera la piccola bionda. Oh sì ecco, forse la stava leggendo in quel momento.

No, non poteva essere, troppo lunga. Forse era un compito.

E se non avesse risposto? O se avesse risposto negativamente?

Nah, impossibile. Dopotutto glielo aveva chiesto lei.

«Hai intenzione di incontrare la Moor.» disse in quel momento, a voce molto bassa, Regulus.

Jared si voltò di scatto, sorpreso da quella frase.

Maledizione, ma come faceva a capire tutto quanto?

«Non è vero.» rispose.

«Invece sì. È una stronzata.» dichiarò Regulus.

Jared lo guardò male, offeso. Ci aveva pensato tutta la notte e, considerati i pro e i contro, aveva deciso di far felice la piccoletta e incontrarla.

«E per quale motivo, grande saggio?» domandò piccato.

«Per prima cosa perchè poi lei non vorrà più vederti e tutto sarà stato inutile. Per seconda cosa perchè se anche continuasse a scriverti e a vederti non si fiderebbe più di te a tal punto di raccontarti tutto, o almeno non a breve termine. Per terza cosa perchè, se fosse così ingenua da fidarsi di te da subito potrebbe raccontarlo ai suoi amici o i suoi amici potrebbero venire a saperlo e sarà un casino. Per quarta cosa perchè se per caso accettasse di tenere segreta la cosa, prima o poi qualcuno verrà a saperlo e allora non sarà più una cosa tra te, lei e i Malandrini, ma sarà una cosa di cui verrà a conoscenza tutta la scuola. E tu sarai rovinato. Ti sembra abbastanza?»

Jared si bloccò, pensando a ciò che l'altro gli aveva appena detto con tono duro e severo. Ci aveva già pensato, ovviamente. Non a tutto, questo doveva ammetterlo, ma sapeva che il rischio era comunque presente.

«Tu non capisci. Lei comincia ad essere insofferente o peggio, sospettosa. Continua a domandarmi perchè faccio così tanti misteri dato che so già che lei si fida di me e non crede più alla storia della timidezza. Comincerà a fare più domande e sarà più difficile rispondere e non posso tirarla lunga ancora per molto. Si stancherà. E allora sì, tutto sarà stato inutile. E poi tu non hai ancora capito chi è lei. Con tutta la tua intelligenza non hai ancora capito che è quel tipo di stupida ragazzina romantica che crede di potersi fidare di chiunque solo perchè sono gentili con lei o le hanno mandato qualche lettera sdolcinata..»

Regulus sembrò rimanere sorpreso dal suo ragionamento: non aveva torto. Non ne era ancora convinto, ma doveva ammettere che era vero: stava diventando difficile continuare.

«Se mandi tutto all'aria...» iniziò.

«Non lo farò. E anche se dovesse succedere non sarà una catastrofe poi così grande. È solo una ragazzina, Regulus. Andrà bene.» era strano, rassicurare Regulus così. Non era mai stato necessario prima e questo metteva a disagio entrambi, tanto da far loro distogliere lo sguardo per concentrarlo altrove, Jared su Sunshine e Regulus sul soffitto.

«Ok, va bene. Fai quello che vuoi, ma non dire niente di stupido.» acconsentì alla fine, con un sospiro.

«Io non dico mai cose stupide.» ribatté Jared con un ghigno.

«Cominciamo a contarle in ordine alfabetico, cronologico o di grado di stupidità?» domandò beffardo Regulus.

Jared non rispose, facendogli una smorfia e tornando a mangiare.

Regulus spostò lo sguardo sui capelli biondi di Sunshine. La ragazza stava leggendo qualcosa. Anche da laggiù, Regulus vide il suo sorriso farsi man mano più grande, via via che leggeva.

Forse Jared aveva ragione, pensò mentre Sunshine diceva qualcosa alla Evans e poi correva via, stringendo la lettera al petto. Una ragazza così può credere anche alla buona fede di un cattivo bugiardo come lui.

 

**

 

«......e poi la Mc fa “Signor Black! La smetta subito di dormire o sarò costretta a metterla in punizione!”» stava dicendo James, in una cattiva imitazione della McGranitt, piegato in due dalle risate «e Sirius le risponde “Scusi professoressa, ma la sua voce soave mi mette sonnolenza. Dovrebbe farlo come lavoro.”e lei c'è rimasta talmente di sasso che non l'ha nemmeno messo in punizione!»

I Malandrini, riuniti attorno al letto di Peter, scoppiarono a ridere, tutti tranne Remus, che nascose una risata sotto ad una smorfia severa.

«Non fa ridere, James! Ha comunque tolto venti punti a Grifondoro e...» cominciò a protestare, ma venne ben presto interrotto da Sirius.

«Godric Remus, sembri la Evans! Smettila!» esclamò, mentre James lo sosteneva annuendo con partecipazione.

«Se magari faceste un po' meno gli idioti, magari riuscireste a vedere che Lily non è per niente male. Anzi, la maggior parte delle volte che vi urla contro lo fa con una buona ragione.» disse Remus, difendendo la ragazza.

«James attento! Remus vuole rubarti la ragazza!» ridacchiò Sirius, senza prestare la minima attenzione alle parole dell'amico.

«Remus! Come osi! Porremo fine a questa tenzone con un duello!» esclamò con tono pomposo James, estraendo la bacchetta e puntandola scherzosamente contro Remus.

Prima che questo potesse dire niente però, Madama Chips arrivò imbestialita, furiosa per quel fracasso.

«FUORI DI QUI! Questa è un Infermeria e i miei pazienti hanno bisogno di riposo! Via tutti! E metta via quella bacchetta, Potter, se non vuole una punizione!» strillò, le mani sui fianchi.

Sirius lanciò un'occhiata eloquente a tutti i letti vuoti e a Peter, che sembrava stare ormai bene e che non sembrava per niente infastidito dalla presenza dei suoi amici, ma l'infermiera non sembrava disposta ad accettare compromessi.

«Fuori! Andate a fare i compiti! Andate a fare danni da qualche altra parte! Via!» la strega accompagnò le parole con un gesto deciso verso la porta e, loro malgrado, i tre furono costretti a raccogliere le loro cose e ad andarsene.

«Ci vediamo stasera, Pet.» salutarono uscendo, lasciando il povero Peter ad annoiarsi a letto, senza la minima voglia di fare i compiti che erano stati assegnati quel giorno.

«Allora, quando hai l'appuntamento con la Corvonero?» chiese James mentre salivano le scale.

«Quale Corvonero?» domandò di rimando Sirius.

«Quella di cui parlavi oggi, idiota.»

«Oh! Quella a cui dovevo chiedere un appuntamento, ma che non ho potuto invitare perchè altrimenti sembrava fossi un traditore degno della pena capitale? Sabato.» rispose sarcastico Sirius, lanciandogli un'occhiataccia.

«Oh. Ma io pensavo che...» cercò di dire James, sorpreso.

«Non pensare, James, non ti riesce.» lo bloccò Sirius con un ghigno.

A sorpresa però, James gli saltò addosso, strofinandogli un pugno sulla testa.

«Smettila idiota! Che ti è preso ora?» protestò l'altro scrollandoselo di dosso.

«Che sotto sotto sei dolce e adorabile.» rispose serafico James, mentre Remus se la rideva sotto ai baffi.

«No! No no no. Assolutamente no.» si tirò indietro Sirius, come se quegli aggettivi fossero i più grandi insulti che qualcuno potesse rivolgergli.

Prima che James potesse replicare però all'improvviso sbucò nel corridoio Sunshine, che correva diretta chissà dove, la borsa a tracolla che le sbatteva contro le gambe.

«Woah!» esclamò Sirius, afferrandola per un braccio prima che potesse investire Remus. «dove vai così di fretta?»

«Scusa Remus! Scusa Sirius! Scusate ragazzi. Sono in ritardo. Ciao!» Sunshine si liberò dalla stretta e corse via, lasciandoli lì.

Dopo qualche istante James si riprese e lanciò agli altri due uno sguardo confuso.

«In ritardo?» domandò.

Per tutta risposta ricevette un'alzata di spalle.

Nel frattempo Sunshine era arrivata all'Ingresso e si era fermata per riprendere fiato.

Si era distratta facendo i compiti con Lily e non era riuscita a lasciarla lì con una scusa decente molto in fretta e così si era trovata ad essere in ritardo. Maledizione.

Certo se A non le avesse chiesto di non dire a nessuno, almeno per il momento, del loro “incontro segreto” sarebbe stato molto più semplice, ma non aveva certo intenzione di fare qualcosa che avrebbe potuto metterlo a disagio o farlo arrabbiare!

Con un ultimo respiro profondo, la ragazza si sistemo leggermente i capelli e poi si avviò all'esterno.

Stava già scendendo la sera, le ombre erano lunghe. Ottobre era ormai iniziato e le giornate si accorciavano sempre di più. Anche l'aria era più fredda e Sunshine si strinse nel mantello, felice di essersi ricordata di prenderlo.

Camminava velocemente, diretta alle serre. Grazie alla corsa non era più in ritardo, ma l'eccitazione di incontrare finalmente A e l'ansia di scoprire chi fosse la facevano camminare con più fretta.

Non aveva paura di chi avrebbe trovato, però. O almeno non credeva di averla.

Il ragazzo che le scriveva era sempre così dolce, gentile, comprensivo, simpatico, sincero...non poteva essere qualcuno che non le sarebbe piaciuto, di sicuro.

Arrivata alla serra numero 3 si fermò. L'appuntamento era lì dietro. Un improvviso timore la bloccava. E se fosse stato tutto un enorme scherzo? Se avesse fatto un altro passo e avesse scoperto che in realtà era tutta una montatura organizzata da qualcuno? Dai Malandrini magari?

Fu un secondo. Poi Sunshine scosse la testa e riprese con decisione il controllo di sé stessa.

Girò l'angolo.

Il ragazzo era di spalle.

Si prese qualche istante per osservarlo. Non troppo alto, capelli castano chiaro, lisci, spalle larghe, gambe lunghe.

Con un moto di paura un lieve sospetto si insinuò dentro di lei, fino a concretizzarsi quando quello si girò, puntandole in viso gli occhi verde-azzurro.

Sunshine boccheggiò, incapace di parlare, facendo un paio di passi indietro.

«No no! Non andartene! Per favore.» la trattenne lui, allungando le mani avanti come a trattenerla, ma non osando sfiorarla.

«Tu! T-tu. È...è t-tutto uno scherzo vero? E io che...» balbettò Sunshine, sentendo le lacrime salirle agli occhi insieme alla rabbia e all'irritazione. E alla tristezza. E al sospetto.

«No no! Ti giuro, non è uno scherzo! Per favore ascoltami. Sono io ok? Sono io. Adesso capisci perchè non volevo incontrarti? Avevo paura che avresti reagito esattamente così!» disse con forza Jared, gli occhi limpidi e sinceri.

«Mi hai presa in giro per tutto questo tempo! Tutto quello che ti ho raccontato, tutto quello che mi hai detto...tutte bugie!» fremette Sunshine, facendo un altro passo indietro.

«Ascoltami! Non erano bugie! I-io...io...per favore. Guardami negli occhi. Dimmi che riesci a vedere il ragazzo che ti scrive le lettere che ti fanno sorridere anche in me.» la pregò lui, continuando a guardarla.

Sunshine si fece forza e alzò lo sguardo, incontrando gli occhi dell'altro.

Sembrava così sincero! Ma era Jared McCroy maledizione! Lo stesso viscido bastardo Serpeverde che aveva preso in giro lei e i suoi amici per anni! Come poteva credergli?

Ma allo stesso tempo...come poteva essersi inventato tutto? Perchè? E poi, lei che era sempre stata contro i pregiudizi, davvero lo stava rifiutando così solo per un'impressione precedente?

«I-io non lo so. Mi dispiace. Io...devo pensarci, scusa.» sussurrò alla fine, distogliendo lo sguardo e voltandosi.

Lui si sporse in avanti con uno scatto, afferrandola dolcemente per un polso.

«Non andare via.» supplicò. «Sono sempre io!»

«I-io...»

«Per favore, provaci almeno a credermi.»

«Scusa.» Sunshine si liberò e corse via, le lacrime che spingevano per uscire.

«Pensaci almeno! E non dirlo a nessuno, per favore.» le gridò dietro l'altro.

La ragazza non rispose.

Quando la vide sparire, Jared imprecò sonoramente, digrignando i denti. Non si sarebbe arreso così, oh no. Ci fossero voluti anche altri dieci anni non si sarebbe arreso. Anche solo per non darla vinta a Regulus.

Quella sera, Jared fece di tutto per evitare il più piccolo, saltando la cena, chiudendosi in bagno e poi andando subito a letto. Regulus capì che cosa era successo, o almeno lo intuì e lo lasciò in pace. Ne avrebbero parlato il giorno seguente.

Anche Sunshine andò a letto presto e senza cena, troppo spaventata di incontrare Jared in Sala Grande per poter anche solo pensare di scendere a mangiare. Lily non trovò risposta alle sue domande.

Peter tornò nel Dormitorio cupo e di malumore per la cena che era stato costretto a saltare e il pranzo orribile che aveva avuto.

Sirius e James trovarono il modo di discutere ancora con Remus e Frank era ancora arrabbiato con loro.

Anche Alice era ancora arrabbiata, per qualche motivo più o meno conosciuto, con i Malandrini e Lily.

Quando tutti furono a letto, al buio, ognuno di loro si pentì di essersi alzato quella mattina.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Ok non sono mai stata così in ritardo, ma almeno questa volta ho una giustificazione! Sono stata una settimana a Dublino (yeeeeeeeeeee) e quando sono tornata i prof mi hanno investita di verifiche quindi non ho avuto molto tempo per scrivere.

  1. non sono sicura che questo capitolo mi piaccia...nel senso ci sono cose che secondo me so ok, ma per il resto...eeew

  2. ok ora non ci sono più dubbi su chi sia il misterioso corrispondente eh? Delusi? Che cosa vi aspettate per il futuro? Qualche supposizione?

  3. Io non ho seriamente idea da dove mi sia uscita quella cavolata che fa James con Remus, ma bo, si è voluta scrivere e l'ho dovuta assecondare.

  4. E poi bo, sono tutti scazzatissimi in questo capitolo e litigano per niente, ma immagino che succeda anche questo no?

  5. Grazie alle bellissime persone che hanno recensito (a cui prima o poi risponderò, giuro!) ossia: Jeis, Bella_1D, Blueelectra, Lisajackson, krys, Dreamer_imperfect (spero che questo capitolo ti piaccia un po' di più altrimenti mi dispiace) e la mia awwosa marauder 11

  6. Grazie alla mia AleJackson senza la quale sarei distesa per terra a rimpiangere ogni istante della mia misera vita

Spero che non siate troppo delusi da questo capitolo!

Vi amo tanto <3

*dD*

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Capitolo 6
*** Credere ***


 

 

 

 

Credere

 

 

 

 

«Il sole splende! È ora di alzarsi uccellino, avanti!» il cinguettio allegro di Alice si fece strada nei sogni confusi di Sunshine svegliandola.

La ragazza si strofinò gli occhi confusa, cercando di ripararsi dalla luce del sole che entrava dalla finestra con le tende aperte.

«Ma non pioveva fino a ieri?» borbottò con la voce roca.

«Oggi è un altro giorno! Forza o faremo tardi a lezione!» ribadì l'altra mentre si pettinava lanciandole un'occhiata dallo specchio.

Sunshine si rigirò, mettendo la testa sotto al cuscino. Non voleva alzarsi. Non voleva uscire dal calore delle coperte e affrontare una nuova giornata. Non con le lacrime della sera prima che ancora inumidivano il cuscino.

Quando era scappata via, lasciando McCroy dietro alle serre, si era rifugiata in bagno per non dover affrontare lo sguardo delle amiche e poi si era infilata a letto. Quando loro erano tornate lei aveva fatto finta di dormire.

Tutto ciò che aveva detto al suo corrispondente misterioso, tutta la sua dolcezza, la sua gentilezza, il suo romanticismo, le era tornato in mente facendola piangere ancora.

Poi era venuta la rabbia e allora aveva dovuto stringere forte le coperte tra le mani e affondare la faccia nel cuscino per impedirsi di gridare, di alzarsi, mettersi la vestaglia e andare a dirgliene quattro. Infine erano tornate le lacrime e con loro finalmente il sonno.

Si sentiva abbattuta, triste, vuota, tradita, ma c'era anche rabbia, furore e, nonostante tutto, perdono.

Si odiava un po' per questo, ma come poteva non dare neanche una possibilità a quella persona che l'aveva fatta sorridere quando nessun altro sembrava esserne capace, che l'aveva fatta arrossire, che le aveva fatto credere che ci fosse qualcuno, lì fuori, che voleva esserle amico? Certo, McCroy si era sempre comportato in modo antipatico e odioso verso di lei e dei suoi amici: l'aveva presa in giro, insultata e disprezzata. Però...però non poteva non notare che era da molto tempo che non lo faceva più. Cercava di ricordare quando fosse stata l'ultima volta che lui e i Malandrini avevano litigato, ma anche sforzandosi non riusciva a ricordarlo.

Possibile che fosse davvero diverso da quello che mostrava al mondo? Possibile che fosse davvero quel ragazzo sensibile e dolce che le si era rivelato in quelle lettere?

Se fosse stato così...se fosse stato così poteva spiegarsi tante cose. Innanzitutto perchè era tanto restio all'idea di dirle chi fosse.

Sunshine si sentì in colpa e si vergognò pensando che probabilmente aveva fatto esattamente ciò che lui si aspettava e forse temeva. Era così prevedibile che lei non volesse più parlare con lui? Così prevedibile che i pregiudizi fossero più forti delle parole che l'avevano emozionata per mesi?

E all'improvviso Sunshine si accorse di non essere più triste, né arrabbiata. Si sentiva ancora un po' tradita e presa in giro e non era neanche del tutto certa di potersi fidare, ma non era nella sua natura non dare almeno una possibilità di redenzione. E Jared se la meritava dopo tutte le cose carine che le aveva scritto. E lo sguardo nei suoi occhi la sera prima..Sunshine riportò alla mente quegli occhi chiari, che erano sembrati così diversi da quelli beffardi e freddi che aveva di solito. Erano sembrati più grandi, più caldi, più spaventati. E più tristi.

«Uccellino, non riusciremo a fare colazione se non ti sbrighi. E Lily ci ucciderà. Anzi ucciderà me perchè ha lasciato a me il compito di svegliarti. Vuoi per caso avere il mio cadavere sulla tua coscienza?» la voce di Alice le ricordò la presenza dell'amica nella stanza e anche che il tempo passava, ma ormai Sunshine aveva preso una decisione.

Non poteva sopportare di avere quegli occhi tristi che la perseguitavano, non senza aver dato a Jared almeno un'occasione di spiegarsi.

«Non potrei mai, Ali.» sorrise, alzandosi di scatto sorprendendo l'altra e correndo in bagno, fermandosi giusto il tempo di schioccare un bacio sulla guancia dell'amica perplessa.

In dieci minuti era pronta e le due si precipitarono giù dalle scale correndo, sperando di riuscire a fare almeno una colazione veloce prima di dover andare a lezione.

All'improvviso, appena fuori dalla Sala Grande, Sunshine si bloccò di colpo tanto che Alice le andò a sbattere contro e riuscirono a restare in piedi entrambe per poco.

«Sun! Siamo in ritardo!» sbottò Alice contrariata.

«Vai avanti arrivo subito!» rispose sbrigativa l'altra, mettendosi a frugare nella sua borsa e contemporaneamente facendo segno all'amica di precederla dentro.

Con un sospiro Alice se ne andò scuotendo la testa e Sunshine tirò fuori una pergamena e una piuma.

Doveva essere veloce o la pergamena non si sarebbe confusa tra tutte quelle che arrivavano con la posta della mattina. Aprì una boccetta di inchiostro con attenzione, cercando di non rovesciarsela addosso e scrisse qualche parola veloce per poi richiudere la pergamena e entrare nella Sala Grande.

Tempismo perfetto. Proprio in quel momento infatti i gufi cominciarono ad entrare dalle alte finestre, lasciando cadere lettere e pacchetti davanti ai loro destinatari. Sperando di non essere vista Sunshine fece un veloce incantesimo e il foglietto che teneva in mano si alzò e, confondendosi tra un grosso barbagianni e una civetta grigia, volteggiò nell'aria fino a posarsi davanti a Jared.

Con un'espressione soddisfatta e lo stomaco aggrovigliato, Sunshine raggiunse le sue amiche.

Nel frattempo Jared alzò lo sguardo cupo dal suo piatto, che stava fissando intensamente cercando di evitare le domande di Regulus, e lo fissò perplesso su quella piccola pergamena piegata in quattro.

«E questa da dove arriva?» si domandò allungando una mano.

Vieni a parlare con me.

Jared alzò lo sguardo di scatto puntandolo su Sunshine che gli dava le spalle e parlava con la Evans. Che cosa voleva dire? Voleva che andasse lì, davanti a tutti? Preoccupato riportò gli occhi sul foglio notando che c'era un'altra riga.

No, idiota, è inutile che tu mi guardi così, non al tavolo. Se ne hai il coraggio e se hai delle buone ragioni da spiegarmi ci vediamo nel parco a pranzo.

Jared trattenne un ghigno: lui l'aveva studiata bene, ma evidentemente anche lei sapeva quale sarebbe stata la sua reazione alle prime parole.

«Che hai da fare quella faccia adesso?» domandò Regulus, scocciato dal fatto che, evidentemente, l'amico non lo stava più ascoltando. Non che facesse molta differenza, dato che per tutta la colazione non gli aveva detto una sola parola, nonostante tutte le domande che gli aveva fatto riguardo alla sera precedente.

Per tutta risposta, Jared gli porse la pergamena e Regulus la lesse velocemente, aggrottando le sopracciglia.

«Visto? Lo sapevo che sarebbe andata così.» gongolò Jared.

«No, non lo sapevi. Eri convinto fino a qualche secondo fa di avere fallito, di avere rovinato tutto e ti vergognavi come un babbano. Non fare finta di essere intelligente, Jared.» replicò sarcastico Regulus.

«Invece sapevo che alla fine, prima o dopo, avrebbe cambiato idea. Te l'ho detto: è quel tipo di ragazza.» si impuntò l'altro. ben deciso a non cedere.

«Come vuoi. Hai delle buone ragioni da raccontarle?» fece Regulus. Dopotutto era una buona notizia che tutto stesse andando come programmato, no? E allora perchè gli dava così fastidio?

«Ovvio. Ragioni incontestabili e a cui crederà di sicuro.»

«Certo, le ho pensate io.» ribatté Regulus, trattenendosi da alzare gli occhi al cielo e scacciando la sensazione di disagio di qualche istante prima.

Jared lo guardò male, ma si vedeva che era sollevato. Non l'avrebbe mai e poi mai ammesso, ma sapere che la sua mossa della sera precedente, che avrebbe potuto rovinare tutto, invece non lo aveva fatto, lo faceva sentire bene. Non avrebbe dovuto tenere lo sguardo basso per evitare quello alla “te l'avevo detto” di Regulus per tutto il giorno.

Regulus notò la soddisfazione dell'altro, ma per qualche motivo non riusciva a condividerla. Non gli piaceva ciò che stavano facendo, per niente. All'inizio era sembrata una buona idea, una vendetta gustosa, poi si era trasformata in un passatempo quasi divertente, ma ora...ora non riusciva più a trovarci il senso che ci vedeva prima. Non riusciva a ricordarsi perchè era sembrata una buona idea, non riusciva più a condividere l'entusiasmo di Jared, non si divertiva più a scrivere quelle stupide lettere. Guardava Jared diventare sempre più coinvolto, sempre più immerso in quello che considerava solo un gioco, e non poteva fare a meno di essere irritato da questo. Sembrava...possibile che cominciasse ad affezionarsi alle scempiaggini che scriveva quella ragazzina?

Regulus scosse la testa, scacciando quel pensiero. Jared non si affezionava a nessuno e di sicuro non a quella biondina Grifondoro.

«Che cosa state confabulando voi due?» la voce di Avery si inserì tra i due, che si allontanarono di colpo mentre Jared nascondeva nella manica la pergamena.

«Fatti gli affari tuoi, Avery.» sibilò scocciato Regulus, ricevendo in risposta uno sguardo velenoso. Jared però gli lanciò uno sguardo divertito e gli fece un cenno con la testa, facendogli capire di stare in silenzio.

«Aspetta. Al dire il vero mi stava facendo notare come Potter e Black siano stranamente tranquilli in questi giorni e come passino molto tempo in biblioteca.» disse poi.

Avery a quelle parole si illuminò e fece un ghigno, annuendo tra sé e sé.

«Avete ragione. Piton è stato lasciato tranquillo per quasi due giorni ormai. Potrei scoprire cosa stanno facendo!» esclamò, come se avesse avuto lui quella brillante idea.

«Se non ti fai scoprire...» ghignò Jared, cercando di nascondere il suo palese divertimento.

«Oh non lo farò! Andiamo a lezione?» gli assicurò Avery, alzandosi raccogliendo la sua borsa.

«Arrivo subito.» rispose Jared lasciandolo andare avanti per godersi l'espressione di Regulus.

Il ragazzo infatti lo guardava con gli occhi spalancati, sorpreso e impressionato da quello scambio di battute.

«Non esternare così chiaramente la tua ammirazione per la mia furbizia e la mia intelligenza, nano, altrimenti se ne accorgeranno anche gli altri.» lo prese in giro ironico Jared, gongolando.

«Sei troppo sveglio questa mattina. Vattene. Torna idiota.» borbottò di rimando Regulus, distogliendo lo sguardo e cercando di finire la colazione.

«Hai paura di non essere più tu quello intelligente eh?» lo stuzzicò l'altro.

«Anche impegnandoti non potresti più ripetere questo exploit. I tuoi ultimi neuroni sono morti per lo sforzo.» ribatté il più piccolo.

«Vaffanculo.» e con quell'ultimo, dolce e affettuoso saluto, Jared si girò e se ne andò, il ghigno ancora ben fisso sulle labbra.

Regulus scosse la testa. Ogni tanto, non troppo spesso per fortuna, Jared lo sorprendeva davvero. Aveva questi momenti in cui all'improvviso sfoderava un'arguzia e un'intelligenza inaspettata.

Con uno sforzo Regulus tornò al presente, maledicendosi per essersi perso in quei pensieri, e afferrò con rabbia la borsa. Era stupido perdersi nei ricordi così, pensava mentre andava a lezione con lo sguardo fisso a terra. Era stupido sorridere interiormente alla soddisfazione dell'altro, si ripeteva con le sopracciglia aggrottate. Era solo stupido.

Sforzandosi di eliminare quei pensieri una volta per tutte, Regulus si sedette preparandosi ad una mattinata noiosa come tutte le altre.

 

**

 

Sunshine tamburellava nervosamente con le dita sul piano del banco, osservando con irritazione le lancette dell'orologio di Lily che doveva essere rotto visto che si muovevano così lentamente. Non aveva ascoltato praticamente niente di quell'ultima lezione di Incantesimi. Si era dovuta sforzare in tutte le precedenti, ma man mano che l'ora di pranzo si avvicinava il suo stomaco si aggrovigliava in un nodo sempre più stretto e il suo nervosismo saliva.

All'improvviso Lily allungò una mano e la mise sopra alla sua bloccandole le dita.

Sunshine alzò gli occhi e l'amica le lanciò un'occhiata interrogativa.

«Qualcosa non va? Sei stata strana per tutta la mattina.» sussurrò Lily con aria preoccupata, evitando di rivelare a Sunshine che la sera precedente, dopo essere tornata dalla cena, aveva notato non solo che lei era sveglia ma anche le sue lacrime.

«Niente.» rispose Sunshine cercando di ritrovare almeno un po' di calma.

«Avanti, non fare così. Dimmelo.» insistette Lily.

«Non c'è niente che non va.» ribadì testarda Sunshine.

«Silenziò lì, ragazze!» le interruppe la voce acuta di Vitious, in piedi sulla solita pila di libri dietro alla cattedra per cercare di vedere al di sopra di essa.

Lily annuì e tornò a guardare il professore per qualche istante, ma non aveva intenzione di darsi per vinta.

Dimmelo. So che qualcosa non va e tu sai che puoi parlarne con me. Per favore.

Scrisse su un pezzo di pergamena per poi spingerlo verso l'amica.

Va tutto bene, davvero. Smettila di preoccuparti.

Non è vero.

Lily. . . .

Ok, perfetto! Come vuoi! Non parlarmene!

Lily, smettila. Davvero non c'è niente che debba dirti.

Ok farò finta di crederti. Quando vuoi sono qui.

Lo so Lils grazie. E ora prendi appunti, non vorrai mica diventare una malandrina come James e Sirius?

Non cominciare Moor.

Sunshine ridacchiò e poi nascose la pergamena nella borsa, lontana dagli occhi di Vitious.

Incapace di restare concentrata lasciò vagare lo sguardo in giro per la classe.

I Corvonero erano più o meno tutti attenti, intenti a prendere appunti o a seguire con concentrazione le parole del professore, a parte un paio di ragazze che sembravano stare leggendo qualcosa sotto il banco e un ragazzo che era chiaramente addormentato. I Grifondoro invece erano decisamente meno disciplinati: c'era chi ascoltava, chi sembrava intento a studiare qualcos'altro, chi sonnecchiava, chi giocava, chi chiacchierava...

La ragazza fissò gli occhi su i Malandrini, seduti in fondo alla classe lontani dallo sguardo di Vitious. Remus probabilmente stava seguendo, ma non stava prendendo appunti, e lo sguardo un po' perso suggeriva che non fosse del tutto attento. Peter guardava fuori dalla finestra sbadigliando di quando in quando. Sirius e James invece erano spalla contro spalla a confabulare tra di loro con le teste chine. Chissà che stavano dicendo. Probabilmente stavano organizzando la prossima maladrinata o forse la prossima passeggiata notturna. Era un po' di tempo che non faceva un salto con loro nelle cucine o che non si faceva coinvolgere in qualcosa. Le faceva un po' paura questo allontanamento che lentamente li stava separando, la faceva sentire triste e malinconica, ma allo stesso tempo sapeva che non avrebbero mai potuto separarsi davvero. Erano troppo...

«Sun. Aguamenti.» sussurrò in quel momento Lily, riportandola al presente con un leggero colpo di gomito.

«Aguamenti.» ripeté ad alta voce Sunshine, sperando di star rispondendo nel modo giusto ad una domanda che non aveva sentito.

«Bene signorina Moor.» annuì Vitious.

«Grazie.» mormorò un istante dopo Sunshine a Lily lanciandole uno sguardo riconoscente.

«Figurati.»

«Signor Minus?» chiamò Vitious. Peter sobbalzò: nemmeno lui aveva ascoltato la domanda appena posta.

«Cinque.» sussurrò Sirius con un ghigno sospetto, mentre James cercava di nascondere un sorriso identico dietro alla mano. Remus cercò invano di bloccare Peter, ma fu tutto inutile.

«Cinque!» esclamò infatti il poveretto.

Vitious aggrottò le sopracciglia.

«Cinque cosa?» domandò perplesso.

«Ehr...cinque...la sua domanda...io...» balbettò Peter diventando rosso come un pomodoro, in panico.

«La mia domanda? Cinque?» ripeté sempre più confuso il professore.

Fu l'ultima goccia: Sirius e James non riuscirono più a trattenersi e scoppiarono a ridere rumorosamente, picchiando il pungo sul banco uno e asciugandosi le lacrime l'altro, mentre Remus tentava di trovare un modo per limitare i danni. Di nuovo, inutile. Il resto della classe, contagiato da James e Sirius, scoppiò a ridere a sua volta confondendo ancora di più Vitious mentre Peter si faceva piccolo piccolo, quasi a volersi confondere con il banco.

«Non è stato divertente, Black!» insorse Lily in difesa di Peter.

«Non è stato divertente? È stata una delle cose più divertenti di questa settimana, Evans!» rispose tra le risate Sirius, cercando di ricomporsi facendo dei respiri profondi.

«La signorina Evans ha ragione, signor Black! Non è stato divertente! Dieci punti in meno a Grifondoro.» esclamò Vitious, finalmente capito che cosa era successo.

Sirius tentò di protestare, ma lo sguardo assassino di Remus lo fece desistere, anche se continuò a brontolare sottovoce con il supporto di James.

Lily si rimise composta, un'espressione contrariata al posto del sorriso di poco prima.

Sunshine sospirò: quei due avevano davvero talento nel farla innervosire.

Con un gesto ormai meccanico, allungò la mano per alzare la manica di Lily per guardare l'orologio, ma appena vide l'ora il lieve sorriso che aveva ancora in volto scomparve.

Meno di dieci minuti. Meno di dieci minuti e quella lezione sarebbe finita. Poi avrebbe dovuto andare nel parco.

Lo stomaco tornò a contrarsi e un brivido nervoso le percorse la schiena.

Sunshine si sedette più dritta sulla sedia, rigida e tesa, cercando invano di nascondere il suo nervosismo.

«Sun, sei sicura di stare bene?» domandò per l'ennesima volta Lily allungando una mano per metterla sul braccio dell'amica.

«Sto benissimo.» rispose tra i denti Sunshine, gli occhi fissi sull'orologio dell'amica.

Sei minuti.

Quattro minuti.

Tre minuti.

Due minuti.

Un minuto.

Sunshine prese un respiro profondo e mise tutte le sue cose nella borsa, incurante dell'occhiataccia che le aveva lanciato Lily e di quella perplessa di Remus che aveva colto i suoi movimenti.

E poi eccola lì, la campana. Sentendola Sunshine represse un altro brivido e scattò in piedi prendendo la sua borsa e correndo via lasciando Lily con un semplice “scusa, non vengo a pranzo!”.

«Ehi Evans, ma dove va Sunshine?» domandò James, che si era dovuto scostare rapidamente dalla traiettoria della ragazza per non essere investito.

Lily gli lanciò un'occhiata vuota e preoccupata prima di recuperare il solito contegno.

«Non chiederlo a me, Potter. Non ne ho la minima idea.» rispose secca, per poi andarsene con un lampo di capelli rossi.

«Ma che hanno queste ragazze ultimamente?» si lagnò James, rivolgendosi in cerca di aiuto a Remus.

« Non chiederlo a me, Potter. Non ne ho la minima idea» rispose Remus con un ghigno, facendo il verso a Lily e facendo ridere Sirius.

«Lupin, prima o poi la tua natura malandrina si manifesterà anche agli altri oltre che a me e allora non avrai più scampo!» fece James, saltando addosso a Remus che però si spostò, evitando che l'altro gli scompigliasse i capelli, ma non potendo evitare Sirius che riuscì a passargli un braccio attorno alle spalle e a strofinargli il pugno in testa.

«Attento Remus, se perdi la tua buona reputazione poi non potrai più coprirci con efficacia!» lo avvertì ridendo.

«Oh stai zitto, Sirius!» si ribellò con un sorriso Remus liberandosi.

«Andiamo a pranzo?» supplicò Peter che non si era ancora ripreso completamente dal forzato digiuno del giorno precedente nonostante la più che abbondante colazione.

«Andiamo prima che Pet ci svenga tra le braccia. O prima che lo faccia io.» esclamò in modo drammatico James lasciandosi cadere tra le braccia di Sirius.

«Oh Jamie, ti senti bene caro? Sei sicuro di riuscire ad arrivare fino alla Sala Grande?» domandò in falsetto Sirius, falsamente preoccupato.

«Mi sento sempre bene, Sirius, quando sono con te.» ribatté con aria civettuola James.

Remus però fece appena in tempo a prenderlo per un braccio prima che Sirius lo lasciasse piombare a terra di colpo con una risata.

Scuotendo la testa e nascondendo un sorriso, Remus li trascinò via a pranzare.

Non sarebbero mai cambiati.

Nel frattempo Jared aveva raggiunto Regulus fuori dalla classe di Trasfigurazione dove era appena finita la lezione di quest'ultimo e lo aveva preso da parte per un istante.

«Che succede?» domandò Regulus sorpreso.

Jared esitò. Non poteva certo dirgli dell'ansia che inaspettatamente lo stava divorando e della paura di mandare tutto all'aria! Non poteva certo rivelargli che temeva di sbagliare tutto! Non poteva certo chiedergli una qualche rassicurazione!

«Niente. Coprimi a pranzo.» disse quindi soltanto, maledicendosi per non essersi riuscito a trattenere dall'andare a cercare il più piccolo.

«Certo.» assicurò Regulus, cercando di capire quale fosse la vera ragione della presenza dell'altro lì, dato che di quello ne avevano già parlato.

Jared però decise di aver fatto abbastanza la figura dell'idiota per quel giorno e, senza avere il coraggio di aggiungere nient'altro, si girò e scappò via verso il parco.

Quando uscì dal grande portone d'ingresso, l'aria fredda lo investì facendolo rabbrividire e Jared si bloccò, cercando di individuare Sunshine.

Il parco sembrava deserto.

Sunshine, appoggiata ad un muro poco distante vide Jared guardarsi attorno. Prese un respiro, si sistemò con un gesto meccanico i capelli e fece un passo avanti.

«Hai perso qualcosa, McCroy?» domandò secca, provando una sottile soddisfazione nel vederlo sobbalzare. Almeno sembrava nervoso quanto lei.

«Sì, te.» rispose lui con una smorfia triste.

«Non cominciare.» sbottò Sunshine, sperando di riuscire a non arrossire e di riuscire a mantenere quell'aria gelida almeno per il tempo necessario per farlo parlare sinceramente, prima di sciogliersi.

«Ok, come vuoi. Se non posso cominciare però perchè sono qui?» domandò Jared.

«Per parlare con me.»

«Che cosa vuoi sapere?»

«Perchè.»

Jared sospirò, anche se ovviamente si aspettava quella risposta. Per prendere tempo fece un paio di passi e poi si voltò verso Sunshine, ancora ferma dietro di lui.

«Vieni, cammina con me.» propose con una lieve nota di incertezza.

Sunshine guardò quella mano tesa a farle cenno di seguirlo, quello sguardo chiaro e limpido, quell'espressione seria. Maledizione. Perchè doveva essere tutto così perfetto?

Scuotendo la testa, si decise a seguirlo.

«Che perchè vuoi sapere? Perchè tu? Non lo so. Mi piacerebbe saperlo. Non è successo all'improvviso. Non mi sono svegliato una mattina per scoprire che volevo starti più vicino. Non so cos'è successo. Tu eri sempre lì, ma io non ti vedevo mai. Per me eri...insignificante. Scusa, ma è la verità.»

«Non stai aiutando la tua causa.» lo interruppe con aria severa Sunshine.

«Mi hai chiesto la verità e poi non la vuoi sentire? No scusa, non intendevo questo. Comunque...all'inizio non ti notavo mai, ma un giorno tu eri lì e ridevi con Black e Potter. Non so perchè né come, ma da quel momento quando sorridevi non potevo fare a meno di guardarti. All'inizio mi dava fastidio, davo la colpa a te, a qualcosa che dovevi aver fatto, ma poi...poi ho cominciato a prestarti attenzione. E ho scoperto che sei dolce, gentile, divertente, amorevole, generosa e perfetta. E che era colpa tua. Era colpa tua e del fatto che sei meravigliosa se ti avevo notata, se all'improvviso il desiderio di conoscerti di più era diventato troppo forte.»

Sunshine distolse gli occhi da quelli di Jared, bloccandosi. Non poteva cedere subito così, per qualche frase gentile messa in fila. Cercò di pensare a cosa avrebbe risposto a un discorso del genere Lily, ma era impossibile.

«E poi è successo.» Jared esitò, Sunshine strinse le labbra e lottò per mantenere Sam chiuso nel suo cassetto. «Sam se n'è andato e tu non sorridevi più. A quel punto non sono riuscito più a trattenermi e ti ho scritto. Non riuscivo a trovare altro modo per starti vicino senza farmi riconoscere.»

«Perchè?» domandò con un filo di voce Sunshine.

«Secondo te? Avresti reagito come hai fatto, anzi peggio perchè mi avresti visto solo come lo spocchioso, arrogante, maleducato, antipatico Jared McCroy! Non avrei avuto la minima possibilità! E invece così sono riuscito a starti vicino, ti ho fatta sorridere di nuovo, Sunshine! Non intendo prendermi tutto il merito, anzi, ma spero di essere riuscito a contribuire. Ero felice, Sunshine. Come potevo desiderare di rovinare tutto dicendoti chi ero?»

«Non l'avresti fatto. Non avresti rovinato tutto.» si impuntò Sunshine.

«Ah no?» Jared la fissò negli occhi per un istante prima che lei distogliesse di nuovo lo sguardo, incapace di negare. Avrebbe rovinato tutto, sì. Lei non si sarebbe fidata dopo il colpo di Sam, mai.

«Visto? Comunque alla fine non riuscivo più a sopportare l'idea che tu non sapessi chi fossi e quindi te l'ho detto. E ho rovinato tutto.» Jared concluse la frase con un sospiro, girandosi dall'altra parte e facendo qualche passo.

Sunshine lo osservò, cercando di resistere all'impulso incontrollabile di credere. Di credere a tutto ciò che aveva detto, di credere che quel ragazzo fosse davvero migliore di ciò che mostrava agli altri, di credere che potesse aver fatto davvero tutto quello solo perchè voleva farla felice e perchè voleva esserle amico. Ma nonostante tutto doveva fidarsi. Era più forte di lei.

Nonostante tutte le incognite, nonostante tutti i dubbi, nonostante una voce le gridasse che era sbagliato, lei ci credeva e si fidava.

Con un sorriso fece un paio di passi avanti e allungò una mano a prendere quella del ragazzo.

Jared si voltò di scatto, sorpreso.

«Non hai rovinato tutto.» sorrise Sunshine guardandolo dritto negli occhi.

Vide un lampo di comprensione e poi la gioia farsi strada in quelle iridi chiare, poi Jared fece un passo avanti e la abbracciò ridendo, lasciandola andare un secondo dopo, rosso d'imbarazzo.

«Scusa.» mormorò guardando a terra.

Per tutta risposta Sunshine lo abbracciò a sua volta ridendo.

«Ora non dovrò più chiamarti A. Posso trovarti un soprannome?» domandò staccandosi e sorridendogli.

Jared ricambiò il sorriso, mantenendo una dolce presa sulla sua mano.

«Tutti quelli che vuoi.» annuì felice.

«Tutti?» chiese malandrina Sunshine.

«Oh non so se mi piace quello sguardo...»

«Come non ti piace, confettino?» fece Sunshine, pescando tra i soprannomi che dava a tutti Alice.

«Oh non ci provare!» protestò Jared.

Sunshine si staccò dalla sua presa e corse via ridendo. Jared la guardò per un secondo e poi la inseguì, sentendosi stranamente e quasi colpevolmente leggero.

 

**

 

James e Sirius stavano facendo una delle solite passeggiate notturne dopo un veloce passaggio nelle cucine. Ormai credevano di aver esplorato ogni angolo dl castello e questo tornava decisamente utile per il loro progetto di creare una mappa, completa di passaggi segreti.

«Allora la squadra è completa?» domandò Sirius a bassa voce ma senza troppa attenzione.

«Sì. Ci sono Emy e Cori, per lei è l'ultimo anno, Jenelle, Thomas e Gary dall'anno scorso, ma ci mancava il portiere.»

«Uff...certo che la Mc doveva mettermi in punizione proprio il giorno dei provini? Volevo assistere anche io!» si lagnò per l'ennesima volta Sirius. Dopo che Sunshine era corsa via dalla lezione di Incantesimi infatti lui e James si erano dati da fare per capire dove era andata e, casualmente o no, era nato un litigio con alcuni Serpeverde che aveva portato alla punizione di Sirius. Questo infatti, sapendo che l'amico sarebbe stato insopportabilmente arrabbiato per il resto del secolo se avesse saltato i provini per il ruolo di portiere di quel pomeriggio, si era cavallerescamente preso tutta la colpa. Finendo in punizione.

«Ti devo un favore per questo, amico. Comunque abbiamo trovato un tipo del settimo anno, tale Steve.» lo informò James.

«Quello con i capelli troppo lunghi?» chiese Sirius cercando di individuarlo mentalmente.

«Quello.» confermò James.

I due più di una volta si erano fatti vanto di conoscere quasi tutti gli alunni della scuola oltre che ogni angolo della scuola stessa, cosa che aiutava sia quando dovevano salutare le ragazze sia quando dovevano farsi belli agli occhi dei più piccoli, sia quando arrivava il momento di incolpare qualche Serpeverde per qualcosa.

«E è bravo?»

«Non quanto Bob e nemmeno quanto...Sam.» mormorò James.

«Migliorerà.» lo rassicurò Sirius convinto. Tutti miglioravano quando erano in squadra con Corinne e James, se non volevano “cadere” dalla Torre di Astronomia.

«STUDENTI FUORI DAL LETTO!» lo strillo di Gazza li fece sobbalzare entrambi distraendoli dalla loro conversazione. James mise un piede in fallo e fece gli ultimi gradini della scala rotolando fuori dal Mantello.

«Sirius dove sei?» sussurrò ansiosamente, mentre sentivano Gazza ormai vicino.

Una mano spuntò dal nulla, ma prima che James potesse raggiungerla, Gazza sbucò dal corridoio sovrastante con un verso trionfante.

James non riuscì a pensare ad altro se non voltarsi e scappare sperando che Sirius lo seguisse.

Quando però sentì Gazza strillare e prendere un'altra direzione capì che Sirius doveva aver fatto la stupida mossa di attirarlo da un'altra parte.

Con il fiatone, James rallentò, indeciso se tornare al Dormitorio senza l'amico o aspettarlo lì e alla fine si fermò, infilandosi in una classe apparentemente vuota.

I banchi erano illuminati a tratti dalla luce della luna che sbucava dalle nuvole e l'aula aveva un'aria spettrale. Forse fu per questo che quando James vide un'ombra muoversi per poco non morì d'infarto.

«Che cazzo vuoi?» domandò la voce nel buio.

«E tu chi sei?» chiese contemporaneamente James a quella che suonava decisamente e inconfondibilmente come una ragazza, probabilmente in lacrime.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Salve cuccioli sono relativamente non troppo esageratamente (?) in ritardo! Ho cercato di fare il possibile per pubblicare in un tempo decente, ma ovviamente non è il mio forte. Comunque ce l'ho fatta alla fine :) allooooora

  1. Sun alla fine ha ceduto e ha dato una possibilità a Jared (che è il solito sdolcinato ma sssh). Sono pronta ad ascoltare critiche/opinioni su questo :)

  2. I Malandrini (soprattutto James e Sirius) sono dei cretini, ma noi vogliamo loro bene lo stesso vero?

  3. E chi sarà la misteriosa ragazza incontrata nella notte e nel buio da Jamie? Alla prossima puntata :P

  4. Un grazie speciale alle mie belle donne che recensiscono: _tribute_, Jeis, krys e ovviamente la dolcissima e miticissima marauder_11. Vi voglio bene <3

  5. Un grazie speciale alla mia cucciola distratta, AleJackson, che mi fa sorridere anche quando non lo sa <3

Spero di riuscire ad aggiornare presto, approfittando di qualche giorno di pausa che sta arrivando (era anche ora!).

Baci

*dD*

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Capitolo 7
*** Vale la pena tentare ***


 

 

 

 

Vale la pena tentare

 

 

 

 

 

 

«Che cazzo vuoi?» domandò la voce nel buio.

«E tu chi sei?» chiese contemporaneamente James a quella che suonava decisamente e inconfondibilmente come una ragazza, probabilmente in lacrime.

 

James alzò la bacchetta, ma prima che potesse pronunciare anche solo una parola l'altra figura fece un gesto veloce e un lampo di luce lo colpì, mandandolo a sbattere contro il muro in un urto violento.

«Ehi! Cercavo solo di fare un po' di luce!» protestò con un gemito James, massaggiandosi una spalla, preso di sorpresa dal gesto rapido dell'altra.

La ragazza non disse niente per scusarsi, ma si fece da parte, lasciandogli pronunciare un Lumos sottovoce.

Prima però che James potesse guardarla finalmente in faccia per capire chi fosse (la voce gli suonava familiare, l'aveva già sentita da qualche parte, ma davvero non riusciva a collegarla ad un volto), il suo sguardo fu attirato da qualcosa che giaceva a terra, di fianco alla cattedra.

Con un sobbalzo James si fece avanti, la bacchetta di nuovo pronta, i sensi all'erta nonostante il dolore alla spalla, gli occhi fissi sulla bambina distesa a terra, apparentemente senza vita.

«Non la toccare! Vai via!» ordinò la ragazza, che si teneva lontana il più possibile dal cono di luce, la voce rotta.

«Che cosa è successo? Dobbiamo aiutarla! Chi è?» esclamò invece James, ignorando le sue parole e facendosi avanti, abbassandosi per inginocchiarsi di fianco al corpicino.

In un istante registrò i capelli scuri, la pelle pallida, il viso che non dimostrava più di dieci anni e il fatto che non indossava alcuna divisa, ma prima che potesse anche solo pensare di allungare una mano per controllare le sue condizioni, la bambina scomparve con uno schiocco.

«Ma che diavolo...» esclamò James, allontanandosi di scatto.

«Che cosa le hai fatto? Dove l'hai mandata?» strillò la ragazza, il panico nella voce.

«Non sono stato...oh.» James si interruppe, gli occhi fissi nel vuoto.

Non era possibile. Come poteva essere...

James cercò di dare una spiegazione alla figura che gli stava davanti, ma non riusciva a capire. Scuoteva la testa confuso, pietrificato, spaventato. Poi fu proprio quell'ultima emozione a fargli capire che cosa aveva davanti.

Memorie confuse di lezioni solo per metà ascoltate di Difesa contro le Arti oscure, compiti copiati da Remus e poi riscritti cambiando qualche frase, giusto per sviare i sospetti, disegni di creature orrende rese ridicole dalle abili modifiche di Sirius sul libro di testo...all'improvviso James sapeva che cosa doveva fare. Certo, non poteva esserne sicuro al cento per cento, ma non poteva certo fare male provarci. Cercando di non farsi condizionare da ciò che vedeva, si concentrò per un istante e poi alzò di nuovo la bacchetta, pronto.

«Riddikuls!» esclamò. In un lampo di luce, l'ombra scomparve, lasciano il posto a uno spettacolo di ombre cinesi: un cane veniva rincorso da un coccodrillo che a sua volta scappava da quello che sembrava un coniglio. Con un altro gesto della bacchetta James aprì il cassetto della cattedra e ci spinse dentro il molliccio, chiudendolo poi con un incantesimo che aveva usato fin troppo spesso per chiudere le cose di Peter nel suo stesso baule.

Alla fine si girò, ansimando leggermente, verso la ragazza. Con un gesto stanco illuminò di nuovo la punta della bacchetta e gliela puntò addosso. Per un attimo sembrò che lei si volesse nascondere, tanto che portò le mani al cappuccio del suo mantello, quasi fosse tentata di sollevarlo e andarsene, ma alla fine riabbassò le mani e rimase immobile, la schiena dritta e il mento alto, uno sguardo duro negli occhi.

James non batté ciglio quando riconobbe Charlotte Rosier, ma passò con lo sguardo lungo il suo volto e il suo corpo per assicurarsi che stesse bene prima di parlare.

«Ok. Bè ehm...come va?» domandò con aria innocente e un mezzo sorriso.

La ragazza lo guardò con gli occhi spalancati e un'espressione di pura perplessità in volto, prima di indurire lo sguardo e lanciargli un'occhiata gelida.

«Benissimo. Smettila di curiosare in affari che non ti riguardano e vattene.» sbottò.

«Oh scusami! Io stavo solo cercando di evitare Gazza, ma perdonami se ti ho appena salvato da un Molliccio!» si offese James, mettendo il broncio.

«Potevo farcela benissimo da sola, nessuno aveva chiesto il tuo aiuto.» replicò lei piccata.

James si morse la lingua prima di ribattere con una qualche battuta pungente e la guardò solo male. Non sapeva perchè le stava riservando questa gentilezza. Forse perchè era mezzanotte passata ed era stanco, forse perchè lei aveva ancora gli occhi arrossati dalle lacrime, forse perchè c'era qualcosa in lei che lo attirava e gli faceva mettere da parte il trattamento solitamente riservato alle serpi, ma comunque cercò di trattenersi dal rimarcare come lei evidentemente non ce la stava facendo benissimo da sola.

«Ok va bene. Perdonami se sono arrivato in quest'aula apparentemente vuota in cui credevo ci fosse la possibilità di entrare per tutti, ma che a quanto pare è solo tua. Scusa se non lo sapevo. Ora che abbiamo in modo abbastanza insolito scoperto le nostre reciproche paure, cosa che ci porta relativamente avanti rispetto ad una normale partenza per una relazione...» cominciò James, cercando di trattenere senza troppi risultati il suo sarcasmo.

«Una relazione?» domandò pungente Charlotte, sollevando di scatto un sopracciglio.

«Non fare quella faccia, non ci sto provando con te!» anche se non sarebbe male, credo «Una relazione, un rapporto, un...come si chiama quando due persone si conoscono? Quello.»

Charlotte evidenziò la sua espressione di scettica perplessità, ma James decise di ignorarla.

«Comunque, come stavo dicendo, questo ci porta avanti e quindi mi sento nella possibilità di chiederti...»

«Puoi smetterla di parlare così? Mi dai il voltastomaco.» lo interruppe di nuovo lei.

«Pensavo che fosse così che ti parlano di solito.» ribatté un po' offeso e un po' sprezzante.

«No, non mi parlano così. E se vuoi chiedermi perchè ero qui, la risposta è fatti i cazzi tuoi.» sibilò la ragazza.

James rimase per un secondo di stucco, prima di riprendersi e sfoderare il suo solito sorriso.

«Ok, come vuoi. Sicura di stare bene?» chiese ancora, cercando un modo per soddisfare la sua curiosità.

«Sto benissimo, ti ho detto. Vattene.»

«Non sei per niente gentile.» si lagnò James, restando sempre ben fermo appoggiato alla cattedra con la bacchetta alta per fare un po' di luce.

«Sono una Serpeverde, idiota.» fece notare lei indicando la cravatta a strisce, come se questa fosse una scusa sufficiente per tutto.

«Sì sì e allora? Non posso preoccuparmi e cercare di essere gentile con una ragazza che potrebbe appena aver subito un trauma?» chiese James con un ghigno.

«Un trauma? Ma sei completamente andato? Io sto benissimo! Ora potresti cortesemente levarti di torno?» fece Charlotte, con voce così fintamente gentile da non valere nemmeno un “ci hai provato”.

James la guardò con aria di nuovo seria, osservando gli occhi ancora un po' arrossati, le labbra livide e un'espressione stanca. Con un sospiro si alzò e andò a mettersi di fronte alla ragazza guardandola dritto negli occhi.

«Senti possiamo fare una cosa per dieci minuti? Tu non sei più una Serpeverde io non sono più un Grifondoro e tu mi dici cosa c'è che non va, poi io sparisco, dimentico tutto e non ti parlo mai più.» disse piano con voce calma.

Charlotte lo guardò con gli occhi spalancati. James Potter, quel James Potter, quello che faceva di tutto per rendere la vita difficile ai Serpeverde, voleva mettere tutto da parte per un po' per farla stare meglio?

«Non sono una delle tue piagnucolose ragazzine, Potter. Sto bene. Ora te ne vai?» rispose dura.

Vide lo sguardo di James chiudersi, la luce calda sparire lasciando il posto ad un'espressione prima ferita e poi offesa.

«Ok, come vuoi. Cercavo solo di essere gentile. Ci vediamo Rosier.» salutò James, girandosi per andarsene.

«Grazie Potter.» mormorò Charlotte, facendolo bloccare vicino alla porta.

James si girò di nuovo, il sorriso tornato al suo posto, gli occhi di nuovo luminosi.

«Figurati Rosier. Non sei una delle mie “ragazzine piagnucolose”, ma se non sei sicura di volermi mandare via...» insinuò con un ghigno.

«Vattene Potter o ti affatturo!» lo minacciò lei con un pallido sorriso.

James rise e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle, soddisfatto per quel sorriso. Non sapeva perchè aveva agito così. Era una Serpeverde e, nonostante tutto, lui non aveva mai fatto differenze tra i Serpeverde: erano tutti bastardi senza speranza. Tuttavia...tuttavia quando aveva visto quella ragazza lì, al buio, sola, abbattuta, non aveva potuto fare altro se non offrire il suo aiuto.

E poi era dannatamente carina. Quando gli aveva fatto quel pallido sorriso...

«James se sei morto ti ammazzo.» il sussurro di Sirius interruppe i suoi pensieri, uscendo leggermente soffocata dalla sua tasca.

«Non preoccuparti, sono ancora vivo.» rispose subito James, tirando fuori lo specchio e trovandosi davanti la faccia del suo migliore amico.

«Dove diavolo sei? Pensavo di trovarti in Dormitorio, ma non ci sei!» si lamentò Sirius.

«Arrivo, mi sono fermato un attimo.»

«Tutto ok?» chiese Sirius, una sfumatura di preoccupazione nella voce che James seppe cogliere solo perchè lo conosceva dannatamente bene.

«Tutto ok. Arrivo.»

James mise via lo specchio e si avviò con passo lento e stanco, perso nei suoi pensieri.

 

**

 

«Ok Sunshine, noi dobbiamo parlare.»

Sunshine si sentì trascinare giù dal letto dalle mani di Lily e quando aprì gli occhi vide la rossa, Alice e Marlene che le stavano davanti con aria cupa.

«Alle...cinque del mattino, ragazze? Davvero? Cos'è, uno scherzo?» si lamentò Sunshine, stando però attenta a tenere la voce bassa per non disturbare il sonno di Emmeline e Mary.

«No zuccherino.» fece Alice, mettendosi a sedere sul letto di Lily e avvolgendosi più strettamente nella vestaglia.

«E tu che ci fai qui, Lene? E perchè non stiamo dormendo? Non potevate trovare un momento migliore?» chiese ancora Sunshine sbadigliando.

«Effettivamente anche se rimandavamo alle otto non moriva nessuno, Lily.» borbottò Marlene che, nonostante non sembrasse contenta aveva un'aria decisa in volto.

«Smettetela. Sunshine dobbiamo parlare.» ripeté Lily, guardando l'amica dritta negli occhi.

«Ok, di che cosa?» si arrese con un sospiro la ragazza.

«Sei strana in questi giorni e hai saltato almeno quattro pasti ultimamente. Si può sapere che succede?» domandò diretta Marlene, ricevendo l'occhiataccia di Lily che evidentemente avrebbe voluto adottare un approccio un po' più gentile.

«Sì fragolina, lo sai che puoi dirci tutto. C'è qualche problema?» aggiunse Alice, prendendo una delle mani di Sunshine nelle sue.

La ragazza da parte sua le stava guardando con aria perplessa. Non riusciva a capire di che cosa stessero davvero parlando. Aveva saltato il pranzo? No aveva solo...oh.

Aveva mangiato con Jared nel parco, dietro alle serre.

«Non ho saltato il pranzo.» disse, cercando una scusa che potesse reggere senza dover parlare di Jared che ancora voleva che tutto rimanesse un segreto.

Cosa poteva dire?

«Non hai saltato il pranzo? Sei diventata improvvisamente invisibile e incorporea e sei stata con noi senza che noi ce ne accorgessimo?» ribatté irritata Lily.

«Io...ho mangiato nel parco» rispose Sunshine.

«Da sola? Pasticcino, se è successo qualcosa...» si preoccupò Alice.

«No io..ehrr...» incespicò Sunshine cercando disperatamente qualcosa da dire.

Marlene si illuminò all'improvviso, sfoderando un ghigno e allo stesso tempo rilassandosi.

«C'è di mezzo un ragazzo eh? E perchè non ce ne hai parlato, Sun?» disse con aria saputa, mentre anche Alice capiva e si raddrizzava.

Sunshine arrossì e abbassò la testa, maledicendosi un secondo più tardi per quell'azione stupida.

«C'è davvero un ragazzo! Oh mio Merlino, Sunny!» cinguettò Alice che, se fosse stato possibile, si sarebbe fatta venire gli occhi a cuoricino.

«Non c'è nessun ragazzo. Solo un amico.» capitolò Sunshine, arrendendosi di fronte all'impossibilità di trovare qualcos'altro che riuscisse a convincere quelle due.

«Un amico? E chi è questo amico?» domandò ancora Marlene curiosa.

«Un amico. Nessuno. Non ve lo dico.» replicò Sunshine con una linguaccia.

Prima che le due potessero ribattere con qualche minaccia o passare direttamente alla tortura, una lamento le vece zittire.

«Non so a che cosa sia dovuto questo meeting di prima mattina, ma se non state zitte vi soffoco con il cuscino.» le minacciò Mary con voce roca e attutita dalle coperte tirate fino a sopra la testa.

«Scusa Mars.» sussurrò il più piano possibile Alice mentre Marlene ridacchiava piano.

«Meglio che me ne torni a letto dato che Sunshine non sta morendo e non ha nessuna crisi esistenziale. Di questo misterioso amico potremo parlarne in seguito.» aggiunse con un sorriso, facendo l'occhiolino ad Alice che le sorrise di rimando.

«Siete delle spine nel fianco.» si lagnò Sunshine, ringraziando il cielo per l'interruzione di Mary che le dava la possibilità di pensare per qualche altra ora a cosa voleva dire alle amiche.

«Solo perchè ti vogliamo bene, ranocchia. Buonanotte Lene.» Alice diede un bacio sulla guancia a Marlene che salutò anche le altre e poi sparì silenziosa.

Le altre tre tesero l'orecchio per sentire la porta dell'altro dormitorio che si chiudeva con un tonfo soffice e poi il silenzio. Nessuno strillo, nessun grido di dolore, Marlene doveva essere riuscita ad arrivare al suo letto incolume.

«Me ne torno anche io a letto, sono felice che tu non stia facendo cose esageratamente stupide, cocorita.» abbracciò brevemente Sunshine prima di infilarsi sotto alle sue coperte.

«Cocorita?» borbottò Sunshine rivolta a Lily, alzando un sopracciglio e lanciandole un sorriso che l'altra però non ricambiò.

«Ehi tutto ok?» domandò Sunshine allungandosi per distendersi di fianco all'amica.

«Sei sicura di non stare facendo qualcosa di immensamente stupido, Sun?» chiese di rimando Lily, gli occhi verdi seri.

«Abbastanza.» replicò Sunshine, cercando di non lasciare vedere quanto in realtà fosse ben poco sicura di questo.

«Sai che qualsiasi cosa succeda puoi dirmi tutto, vero? Posso facilmente affatturare qualcuno per te, Sun, non c'è problema. Anche se forse potresti chiederlo anche a Potter questo. Per qualsiasi cosa sono qui, lo sai.»

«Lo so, Lils, grazie. Ti voglio bene.» la rassicurò Sunshine, abbracciandola.

«Ti voglio bene anche io, Sun.» disse Lily ricambiando l'abbraccio.

Poi Sunshine se ne tornò nel suo letto.

Era felice che le sue amiche si preoccupassero così per lei e non voleva mentire loro, ma Jared...

«Ehi Lils, a chi è venuta la malsana idea di svegliarsi a quest'ora?» chiese al buio.

Un silenzio più che eloquente fu la risposta.

«E come mai questo brillante lampo di genio, Lils?» domandò ancora con una mezza risata.

«La mattina siamo sempre di fretta e non volevo che saltassi un altro pranzo, quindi doveva essere ora.» rispose la rossa, una sfumatura di imbarazzo nella voce.

Sunshine rise ancora sottovoce, grata ancora una volta per le sue amiche.

 

**

 

Frank fissava la linea di luce sul pavimento che si faceva più luminosa man mano che il sole si alzava dietro alle chiome degli alberi e penetrava nella fessura tra le pesanti tende rosse alle finestre. Probabilmente si sarebbe dovuto alzare, ma a letto si stava così bene, lontani dal freddo umido che entrava con gli spifferi da sotto le finestre.

Perso nei suoi pensieri, all'improvviso si ritrovò a pensare ad Alice. Succedeva sempre così: per un secondo lasciava i suoi pensieri liberi di andare dove volevano e loro tornavano sempre e costantemente su Alice. Dolce, piccola Alice.

Gli occhi di nuovo chiusi, un sorriso lieve sulle labbra, gli sembrava quasi di averla lì davanti, con i suoi capelli castani sempre un po' spettinati, le guance rosse, un'espressione sempre gentile e allegra in viso e quella luce dolce negli occhi che la rendeva così perfetta, così bella da fare quasi male.

Si erano avvicinati molto ultimamente, passavano i pomeriggi insieme a fare i compiti o anche soltanto a chiacchierare passeggiando per il castello, spendevano i momenti liberi uno al fianco dell'altra anche senza parlare, solo per stare uno in presenza dell'altra. Frank non si illudeva: era ben consapevole che mai e poi mai Alice lo avrebbe mai visto come qualcosa di più di un amico, ma questo gli bastava. Certo, non era completamente felice e avrebbe desiderato poterla abbracciare, anche solo prenderla per mano, accarezzare quei capelli e baciare quelle labbra, ma fin tanto che poteva stare con lei e guardarla quando lei era concentrata su qualcos'altro poteva fingere di essere soddisfatto. Quando si concentrava e si mordeva il labbro inferiore, quando era nervosa e continuava a mettersi una ciocca di capelli dietro all'orecchio sinistro, quando si torturava le mani con ansia, quando sorrideva sovrappensiero, quando canticchiava sottovoce, quando accarezzava le pagine del libro che stava leggendo...ogni suo gesto, ogni suo movimento restava imprigionato nelle retine di Frank che poi amava ripercorrerli la notte quando, da solo nel suo letto, poteva appena trattenere il bisogno di urlare di frustrazione e correre da lei e baciarla.

Un fruscio lo fece ritornare al presente, mentre Remus si stiracchiava e lanciava un'occhiata prima all'orologio e poi agli altri Malandrini, come a controllare che fossero tutti nei loro letti. Erano sempre le prime azioni che faceva, ogni mattina. Si svegliava senza bisogno di una sveglia, controllava l'orologio anche se non ne aveva davvero bisogno dato che si svegliava sempre più o meno alla stessa ora e poi guardava che gli altri stessero bene e fossero nei loro letti.

Riscuotendosi, Frank si alzò e si diresse in bagno, in ritardo sulla sua solita tabella di marcia di almeno sette minuti. Come se la tabella di marcia contasse più ormai...Erano giorni che non la seguiva più, anzi più o meno dall'inizio di settembre.

Aveva deciso che quell'anno sarebbe stato diverso e aveva cominciato dalle piccole cose: non sistemava più i vestiti per il giorno successivo perfettamente piegati ai piedi del letto, non si alzava più esattamente all'ora in cui avrebbe dovuto farlo, non si prendeva più avanti di giorni e giorni con i compiti. Piccole cose, piccole ribellioni che nessuno notava e che non facevano male a nessuno, ma che lo facevano sentire più libero. Forse un giorno sarebbe riuscito a trovare il coraggio per prendere in mano anche altre cose della sua vita, magari addirittura per chiedere ad Alice di uscire.

Ed eccolo ritornare con il pensiero ad Alice. Non riusciva proprio a non pensarci. Era come girare intorno: partiva da Alice, cercava di allontanarsene, ma alla fine tornava sempre e comunque a lei.

Se Sirius o James lo avessero saputo sicuramente l'avrebbero preso in giro per il resto dell'eternità per quanto faceva pena, Frank ne era consapevole. Sapeva di essere penoso, di essere senza speranza, di non avere la minima possibilità che Alice notasse e sopratutto volesse stare con qualcuno patetico come lui, eppure non era capace di lasciare perdere. Ogni tanto sentiva l'incontrollabile bisogno di parlarne con qualcuno, di far uscire almeno per un momento ciò che sentiva dentro, ma alla fine si tratteneva sempre. Con chi avrebbe potuto confidarsi? Con Remus? No, Remus era gentile, ma lui era un Malandrino. I Malandrini erano un gruppo chiuso. Nonostante tutto, nonostante loro si comportassero, sopratutto Sirius e James, come se fossero amici di tutti, c'era qualcosa tra di loro che li legava in maniera più forte, qualcosa che allo stesso tempo escludeva tutti gli altri. E così soffocava ogni istinto e stava in silenzio.

Con un sospiro Frank chiuse l'acqua della doccia e si asciugò in fretta, guardandosi allo specchio.

No decisamente, chi mai avrebbe potuto guardarlo e pensare “mi piacerebbe se fosse il mio ragazzo”? Nessuno.

Remus lanciò un sorriso a Frank quando questo gli lasciò libero il bagno, ma quest'ultimo sembrava troppo perso nei suoi pensieri per notarlo. Probabilmente era ancora mezzo addormentato e lui lo poteva capire pensò Remus, lanciando un'occhiataccia alla sua stessa immagine riflessa nello specchio.

Frank intanto era ritornato in camera e finiva di prepararsi cercando di essere pronto psicologicamente per quando Sirius e James si sarebbero svegliati.

Non riusciva davvero a capire dove trovassero l'energia ogni mattina per creare un putiferio degno di un tornado, né dove la trovasse Remus per sopportarli, né tanto meno come facesse Peter a stare dietro a quei due.

Che poi, pensando che ogni notte o quasi li sentiva uscire e ritornare dopo un'ora se non di più, Frank davvero riusciva a capirli ancora meno.

Cosa avevano da fare di notte in giro per il castello? Capiva qualche scappatella in cucina, ma ogni notte? Passeggiate al chiaro di luna? Se fossero stati solo James e Sirius si sarebbe fatto anche venire qualche sospetto, ma in quattro erano ben poco romantiche! Scherzi ai danni di qualche malcapitato? E come? Non è molto divertente fare uno scherzo se chi lo subisce è profondamente addormentato nel suo letto! Mah, seppur dormisse in camera con loro da più di tre anni, i Malandrini per Frank rimanevano per la maggior parte del tempo un grande mistero.

«Buongiorno!» salutò in quel momento con voce allegra James, alzandosi di scatto dal letto e gettandosi su Sirius che si svegliò di colpo con un'imprecazione soffocata.

Ecco, anche quello. C'erano mattine in cui per tirarli entrambi giù dal letto Remus doveva sudare sette camice e poi c'erano mattine in cui si rincorrevano per tutta la camera picchiandosi con i cuscini. Mistero.

«Buongiorno Frank! Dormito bene?» chiese Peter, alzandosi evitando James che cercava sfuggire a Sirius che, caduto per terra, cercava di farlo cadere tenendolo per una caviglia.

«Sì bene, grazie Peter. Tu?» rispose gentile Frank, raccogliendo la sua borsa con i libri prima che finisse sulla traiettoria di Sirius, di nuovo in piedi.

«Abbastanza, grazie. Remus è ancora in bagno?» continuò la conversazione Peter, come se niente fosse, alzando solo leggermente la voce per superare gli strilli indignati di James, appeso al soffitto.

«Credo uscirà tra poco. Io vado, ci vediamo a colazione.» salutò Frank, ansioso di uscire da quel caos. E di vedere Alice. Ma quelli erano dettagli, no?

Scese con trepidazione le scale e poi si fermò sull'ultimo gradino dandosi dello stupido. Perchè diavolo era così agitato solo all'idea di vedere Alice? L'aveva vista la sera prima, maledizione! Un ragazzo non avrebbe dovuto comportarsi così!

E poi Alice non c'era. Forse non era ancora pronta. E ora che fare? Aspettarla? E se poi lei fosse scesa con le sue amiche lui che avrebbe fatto? Si sarebbe messo in mezzo? Avrebbe aspettato i Malandrini? Sarebbe andato a colazione da solo? Maledizione.

«Buongiorno Frank, scusa sono in ritardo.» la voce di Alice lo fece voltare di scatto, le guance rosse e uno stupido sorriso sulle labbra.

«B-buongiorno Alice. I-in ritardo? Ma no, in ritardo per cosa?» smettila di blaterare, idiota! Stai zitto! Si ordinò mentalmente Frank, maledicendo sé stesso e la sua boccaccia.

«Perfetto. Perchè sai, stamattina alle cinque Lily ha svegliato me e Marlene perchè era preoccupata per Sunshine e allora...» Frank sorrise, ascoltandola parlare velocemente senza davvero capire che cosa stava dicendo, solo godendo del suono della sua voce e della sua presenza.

«Frank, biscottino, qualcosa non va?» la domanda di Alice lo colse di sorpresa, insieme al soprannome che lo fece arrossire di nuovo violentemente.

«Io? Sì certo. Cioè, no no! Va tutto bene. Scusa, mi sono un attimo perso nei miei pensieri.» rispose Frank, ormai sul punto di tirarsi un pugno da solo.

Alice però lo guardò per un secondo e poi tornò a sorridere, camminando al suo fianco come un raggio di sole.

«Bene. Comunque ti avevo chiesto se ti andava di studiare con me Trasfigurazione oggi pomeriggio.» ripeté la ragazza.

«Oh certo, va benissimo!» rispose Frank, vergognandosi quasi per aver dato per scontato che avrebbero studiato insieme.

«Hai sentito che c'è la prima uscita ad Hogsmeade il sabato prima di Halloween?» chiese ancora Alice, passando da un argomento all'altro come un uccellino che saltava da un ramo all'altro.

«Davvero?» fece distratto Frank, cercando di ricacciare in fondo alla gola quelle parole che stavano salendo prepotenti sulle labbra. Non poteva farlo, non poteva! Avrebbe rovinato tutto, maledizione. Eppure il desiderio di pronunciarle...

«Già.» rispose Alice, quasi delusa dal poco entusiasmo che mostrava l'altro.

Oh al diavolo! Me ne pentirò per sempre lo so, ma...

«Bene. Ti va di venirci con me?» la domanda uscì così, senza un balbettio, senza un'incertezza, quasi l'avesse preparata per giorni. Alice alzò di scatto gli occhi puntandoli in quelli di Frank che riuscì a sostenere il suo sguardo per qualche breve ma glorioso istante. Poi capitolò e abbassò gli occhi, arrossendo furiosamente. «C-come amici ovviamente. Non ti chiederei mai di uscire nel senso di uscire, perchè lo so che non...ma come amici magari. Non che io voglia chiederti di...»

«Mi piacerebbe molto.» lo interruppe Alice con un sorriso dolce. «Venire ad Hogsmeade con te come amici intendo.»

«Ok. Bene. Ok.» balbettò Frank.

Alice sorrise ancora e poi gli chiese di passarle la marmellata. Fine.

Aveva chiesto ad Alice di uscire.

Aveva chiesto ad Alice di uscire ad Hogsmeade con lei e lei aveva detto sì. E non era morto d'imbarazzo (anche se ci era andato vicino).

Un sorriso cominciò a farsi strada sulle labbra di Frank, sorpreso, felice, vittorioso, incredulo.

Basta, qualsiasi altra cosa fosse successa quel giorno non aveva importanza, purché non ostacolasse i suoi progetti. Aveva uno pseudo-appuntamento con Alice. Questo era tutto quello che importava.

«Ehi Remus, tu sai perchè Frank ha quell'aria ebete?» chiese James all'amico seduto di fianco a lui, indicando con un cenno della testa Frank che guardava il suo piatto come se fosse stata una visione mistica.

«Lascialo in pace, Jamie.» ammonì con un sorriso Remus.

«Io lascio sempre tutti in pace.» si lagnò James offeso.

«Ecco, lascialo di più in pace.»

«Come sei noioso, Remus. Sirius mi annoio.»

Sirius alzò il volto di scatto dal suo piatto, allarmato. James si annoiava. Era una frase da allarme rosso, anzi scarlatto tendente al bordeaux. Lui e Remus si scambiarono uno sguardo di panico, mentre Peter si guardava attorno cercando disperatamente qualcosa da dire.

«Eddai non fate così! Ho solo detto che mi sto annoiando! Non è che ogni volta che mi annoio succeda qualche disgrazia.» sbuffò contrariato James.

«Invece sì. Succede ogni volta. Andiamo a dipingere i capelli di Dean Williams di blu.» propose Sirius.

«Perchè proprio i suoi?» chiese curioso Peter.

«Perchè esce con Shelley il giorno in cui voglio uscirci io, quindi deve pagare.» rispose serafico Sirius, sfoderando però un ghigno pericoloso.

«Shelley è la Corvonero? Non ci sei ancora uscito? E allora chi era la moretta di ieri?» chiese Remus confuso.

«Oh lei era Mel.» fece Sirius, come se quello spiegasse tutto.

James alzò le spalle in risposta allo sguardo perplesso di Remus e poi sfoderò la bacchetta nascondendola però sotto al mantello.

«Andiamo a punire Williams allora!» esclamò entusiasta facendo un passo avanti.

«Non è troppo presto per cominciare già a fare danni?» cercò di fermarli come ultimo tentativo Remus.

«Non è mai troppo presto, Remmy!» rispose allegro James.

I due camminarono lentamente verso il tavolo di Corvonero, consultandosi sottovoce sul piano.

«....e poi tu fai l'incantesimo. James mi stai ascoltando?» chiese Sirius irritato.

James non rispose, troppo preso a fissare la schiena accarezzata dai capelli scuri di una certa Serpeverde. Non le aveva più rivolto la parola e nemmeno la più minima occhiata, o almeno non che lei potesse vedere, ma non aveva potuto fare a meno di pensare a lei ogni tanto. O forse un po' più spesso di ogni tanto. Magari aveva pensato a lei più o meno un centinaio di volte al giorno, ma questo non doveva mica dirlo a nessuno! Era semplicemente curioso comunque, nient'altro.

«James!» sbottò Sirius, tirandogli una pacca sulla spalla per attirare la sua attenzione.

Peccato che James fosse troppo distratto e quel piccolo colpo bastò a farlo inciampare e crollare addosso ad un povero Corvonero del terzo anno che si rovesciò ciò che stava bevendo addosso e con il gomito rovesciò la caraffa, spargendo succo di zucca ovunque. Con un gesto veloce e imprecando tra i denti, Sirius rimise l'amico in piedi e nello steso tempo lanciò un incantesimo verso la testa di Williams, che stava sfortunatamente parlando proprio con la bella Shelley.

Come se niente fosse, Sirius si concentrò poi sul suo amico che rideva incontrollabilmente, si scusava con il Corvonero e cercava di calmare gli animi di quelli che erano stati colpiti dall'inondazione di succo di zucca, tutto allo stesso tempo.

«Perdonate l'incapacità di camminare del mio amico, si è emozionato a vedere tutte voi persone intelligenti, capitelo. Ora dobbiamo davvero andare!» si affrettò a dire Sirius, lanciando uno sguardo con la coda dell'occhio ai capelli di Williams che stavano cominciando a diventare blu a partire dalle punte senza che ancora nessuno se ne fosse ancora accorto.

«Fatto?» domandò sottovoce James per poi aggiungere a voce alta con un sorriso «Scusate amici, davvero, dovete credermi!»

«Fatto.» assicurò Sirius con un ghigno «Su ragazzi, è stato solo un incidente! E poi voi siete così intelligenti che di sicuro conoscerete qualche incantesimo per sistemare tutto!»

La risposta a quella frase furono diverse occhiate offese, qualche occhiata arrabbiata, qualcuna di disprezzo e un paio divertite.

«Dean che cosa ti sta succedendo ai capelli?» la voce di Shelley attirò l'attenzione di Sirius che fece un cenno discreto a James che tentò in tutti i modi di non mettersi a ridere.

«Ai capelli?» domandò perplesso Dean tastandoseli preoccupato, senza poter vedere che ormai erano quasi completamente di un allegro blu elettrico.

«Sono blu...» lo informò lentamente Shelley, coprendosi la bocca con una mano per nascondere un sorriso.

«Sono BLU?!» strillò l'altro afferrando il calice che aveva di fronte e cercando disperatamente di specchiarsi.

«Ehi amico, qualcosa non va?» domandò Sirius facendosi avanti con aria più seria possibile.

«I miei capelli! Che cosa hanno i miei capelli? Che cosa sta succedendo?» strepitò il Corvonero cercando invano aiuto tra i compagni che cercavano di non ridere con risultati più o meno buoni.

«Fossi in te correrei da Madama Chips, Williams. Potrebbe essere contagioso.» si intromise James, puntando al bacchetta sui capelli del suo vicino che si colorarono lentamente di verde acido.

«Li perderò tutti? Morirò? Oh mia Priscilla!» strillò Dean, alzandosi di scatto e correndo via con le mani tra i capelli seguito ben presto dal suo compagno, lasciandosi dietro James che rideva tanto da avere le lacrime agli occhi e in generale uno scoppio di ilarità in tutta la sala.

«Ehi Shelley, tu tutto ok?» domandò Sirius cercando di non ridere e di suonare preoccupato.

«Oh non fare lo gnorri Sirius Black, ho visto il tuo amico fare l'incantesimo a Ferguson.» lo informò la ragazza alzando gli occhi al cielo con un mezzo sorriso.

«James rovina sempre tutto.» sbuffò Sirius, prima di sfoderare di nuovo il suo ghigno «comunque è stato piuttosto divertente, devi ammetterlo.»

«Io non devo ammettere proprio niente, Black. Tu invece potresti ammettere cosa ti ha portato qui a quest'ora del mattino per fare uno scherzo di cattivo gusto a Dean.» fece la ragazza severamente.

«Lo scherzo non era di cattivo gusto! Comunque è servito al mio scopo.» rispose facendo l'offeso Sirius.

«Che sarebbe?» domandò Shelley alzando un sopracciglio.

«Uscire con te, sabato.» rispose sfacciato Sirius, facendola ridere.

«E questo chi l'ha detto? Non me lo hai nemmeno chiesto.» gli fece notare lei.

«Ma te lo chiederò ora e tu mi dirai di sì. Esci con me, sabato.» replicò Sirius.

«Non è una domanda.» puntualizzò la Corvonero

«Ma..?»

«Ma la risposta è sì. Solo perchè sei un idiota sfrontato, Black. E perchè Dean è esageratamente drammatico.» capitolò la ragazza.

«Anche Siriummmm...» cercò di intervenire James, trovandosi con la bocca tappata da un grosso muffin che Sirius aveva provvidenzialmente rubato dal tavolo.

«Lascialo perdere. Ci vediamo, Shell.» salutò questo, facendo l'occhiolino a Shelley e trascinando via James, che cercava di mandare giù il muffin.

«Stronzo.» borbottò alla fine quando riuscì a parlare.

«Taci, idiota.» ribatté Sirius, prima di riunirsi a Remus e a Peter che li aspettavano in Sala d'Ingresso, uno con aria di rimprovero e l'altro con espressione affascinata.

Jared li seguì con lo sguardo digrignando i denti e sputando qualche insulto sottovoce, gli occhi socchiusi e i pugni stretti.

«Che c'è ora?» domandò con un sospiro Regulus, alzando infine gli occhi dal suo piatto.

«Quei due. Mi danno sui nervi.» sbottò secco Jared, staccando gli occhi dai due che sparivano.

«Lo fanno sempre, Jared, ormai dovresti esserci abituato.» gli fece notare Regulus.

«No invece. Li odio.»

«Non mi sembra neppure questa una novità.» ribatté sempre impassibile Regulus.

«Voglio...oh.» Jared si bloccò, allungando la mano verso il biglietto che era appena atterrato di fronte a lui.

Ehi buongiorno musone!

Smettila di uccidere con gli occhi i miei amici e sorridi un pochino! Per me?

Jared sbuffò, ma poi alzò gli occhi al cielo e sorrise, trovando Sunshine pronta a ricambiare con un occhiolino.

«Stai diventando imbarazzante.» disse con un ghigno Regulus

«Sto facendo il mio lavoro, idiota. Mi adora.» replicò Jared con aria saputa.

«Povera ingenua.» fece sarcastico Regulus.

«Cosa stai insinuando? Che non sono adorabile?» scherzò Jared, stranamente di buonumore.

Regulus lo guardò per un istante, con quel sorriso e gli occhi chiari per una volta privi di nuvole, poi tornò concentrato, sfoderando l'ennesima smorfia.

«Assolutamente imbarazzante.»

«Vaffanculo.» nemmeno questo sembrava un insulto questa volta. Non era detto con rabbia né con irritazione. C'era quasi una nota serena in quella parola, amichevole.

«Quella ragazza ti sta rovinando.» lo prese in giro Regulus.

«Ah ah. Non fa ridere. Ci vediamo a pranzo. Anzi no, pranzo con lei. Ci vediamo.» Jared si alzò, saltandolo con un cenno della testa e andando via.

Non se n'era andato furioso. Non se n'era andato con un insulto, con una minaccia.

Quella ragazza ti sta davvero rovinando, Jared pensò Regulus.

Il sorriso di poco prima però premeva ai limiti della sua mente, facendogli chiedere se forse lei non lo stesse invece rendendo migliore.

 

**

 

James camminava attento a non fare il minimo rumore e a non inciampare sugli oggetti che erano sempre sparsi sul pavimento della stanza (di solito per colpa sua), cercando di raggiungere la porta senza che nessuno si svegliasse.

Trattenne il respiro quando spinse la porta che si aprì con un lieve gemito, ma non ci fu nessun cambiamento nel lento ritmo del respiro dei suoi amici addormentati.

Quasi gli dispiaceva, scivolare via così, lasciando Sirius a dormire, ma aveva voglia di stare un po' da solo. Sinceramente odiava quella sensazione.

Non quella di voler stare da solo, no, quella la capiva. Odiava la sensazione di mancanza, di curiosità, di malinconia che lo attaccava quando meno se lo aspettava, accompagnato dagli occhi tristi di Charlotte Rosier.

«Maledizione. Che cazzo mi sta succedendo?» borbottò tra sé e sé, scivolando fuori dal ritratto e avviandosi lungo il corridoio buio e deserto.

Non sapeva nemmeno dove stava andando, voleva solo camminare, cercare di capire.

Perchè si sentiva così in colpa per averla lasciata da sola? Perchè non aveva insistito per rimanere con lei? Perchè non riusciva a smettere di pensarci? Perchè...

All'improvviso era di nuovo davanti a quell'aula.

Si bloccò, scuotendo la testa, cercando di decidersi ad andarsene.

Allungò una mano verso la maniglia e aprì piano la porta.

Nessun suono sembrava turbare il silenzio assoluto.

Gli ci volle qualche istante per individuare la sagoma più nera delle ombre scure addossata al muro in fondo alla classe.

Gli ci volle qualche istante per recuperare il controllo sul suo respiro che era improvvisamente impazzito.

«Neanche di notte si può stare in pace, ora?» sbottò con voce rotta la ragazza.

Era lei. Era decisamente e inconfondibilmente lei.

«Non lo so. Non mi sembra troppo affollato come posto.» ribatté James, recuperando la calma e il sorriso.

Charlotte alzò la testa di colpo, gli occhi che sembravano risplendere nel buio, catturando i raggi della pallida luna.

«Di nuovo tu?» domandò. Non sembrava seccata però, o almeno così si disse James.

«Già.» rispose laconico, sedendosi accanto a lei come se niente fosse e abbandonando la testa contro il muro, senza rinunciare a cercare di guardarla con la coda dell'occhio.

«Nessuno ti ha dato il permesso di restare o di sederti.» sibilò la ragazza.

«Non posso rimanere?» chiese James, assolutamente consapevole che, qualsiasi fosse stata la risposta, non se ne sarebbe andato.

«Perchè dovresti?» ribatté lei.

«Non mi hai detto di no, quindi rimarrò.» la informò lui.

«Perchè?» ripeté lei, una nota strana nella voce. Quasi fosse sorpresa che lui sembrasse davvero voler rimanere con lei.

«Perchè voglio sapere perchè sei sempre qui da sola.»

«Perchè dovrei dirtelo?»

«Perchè la mia promessa di dimenticare e di non guardarti in faccia domani è ancora valida.»

Charlotte trattenne la risposta velenosa che aveva pronta sulla punta della lingua.

Forse per una volta valeva la pena tentare. Forse per una volta valeva la pena cedere.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Salve a tutti cucciolini! Il capitolo era pronto da un po', ma sono riuscita a postarlo solo oggi, ma non sono troppo tanto in ritardo vero? Comunque...

  1. Ecco scoperta la misteriosa ragazza! Chi vi aspettavate? Vi era venuto il dubbio che fosse lei? E ora chissà come andrà a finire, se lei e James diventeranno amici! (io lo so muahahaha) intanto lui però l'ha “salvata” da un molliccio, dolce <3 *si ritira a sclerare in un angolo*

  2. Che dolci le ragazze che si preoccupano per Sun, anche se svegliarsi alle cinque per un “meeting” non è proprio l'idea migliore che potessero avere!

  3. Su Frank non posso dire niente, altrimenti mi metto a spargere cuoricini e arcobaleni ovunque :) però finalmente ha trovato il coraggio di chiedere ad Alice di uscire con lui (“come amici” ma dettagli)! Finalmente un passo avanti??

  4. James e Sirius sono due cretini, basta. Questo ormai lo si sa ;)

  5. e invece di Jared che ne pensate? Che sia sincero con Sunshine o con Regulus?

  6. Un grazie enorme a le persone dolci che hanno recensito: krys, _tribute_, bluelectra, ChihiroUchiha, krys e la mia dolcissima marauder 11 <3

  7. Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi ascolta anche quando parlo della a lei sconosciuta disagiotown <3

Baci e abbracci e coccole a tutti

*dD*

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Capitolo 8
*** Essere o non essere (alla partita)? ***


 

 

 

 

 

Essere o non essere

(alla partita)?

 

 

 

 

«...E siamo 20 a 0 per Grifondoro! Così si fa ragazzi! James smettila di svolazzare come un...»

«Signor Black! Il suo compito è quello di fare la cronaca non di dare istruzioni ai giocatori!» strillò la professoressa McGranitt già irritata dopo solo dieci minuti di partita.

«Professoressa non stavo dando istruzioni ai giocatori! Stavo dando un amichevole consiglio a James! Ehi Emy quello sì che era un lancio! Peccato però che Wilson l'abbia parata!» ribatté Sirius, riprendendo la cronaca che lasciava continuamente in sospeso.

«Deve essere imparziale, signor Black! E perchè c'è lei qui? Non doveva esserci Anderson?» domandò ancora la professoressa.

«Non mi distragga, professoressa! Anderson ha deciso che questo non era un compito per lui e mi ha supplicato di riprendere il mio..ehm il megafono. Su Jenelle passa! Eeeee...no, parata di nuovo! Qualcuno affatturi...ok, come non detto.» si affrettò a fermarsi Sirius, incenerito dall'occhiata della McGranitt.

James rise, continuando a sorvolare il campo in cerca del boccino, senza troppi risultati.

«Ehi Potter, come va?» domandò Philips, il cercatore di Corvonero, affiancandolo.

«Tutto ok, Philips. Buona fortuna, anche se vincerò io.» rispose cordiale James, sorprendendo l'altro, che si aspettava una risposta acida.

«....James, che stai facendo? Conversazione? Godric, che razza di amico! E Harris segna! 20 a 10 per Grifondoro.» un applauso sottolineò le parole di Sirius, lasciando il tempo a James di allontanarsi da Philips per fare l'ennesimo giro del campo.

Faceva freddo e le nuvole grigie sembravano preannunciare pioggia, ma per il momento le condizioni di volo non sembravano compromesse. James rabbrividì leggermente per l'aria fredda ed affilata che gli arrossava le orecchie, pensando che una conclusione veloce della partita, anche se non necessaria, sarebbe stata decisamente gradita. Del boccino però nessun segno.

«20 a 30 per Corvonero. Steve McGalligan se non cominci a fare decentemente il tuo lavoro ti faccio licenziare!»

«Black!» tentò di richiamarlo all'ordine la McGranitt, senza poi grandi speranze.

«Pluffa a Robinson, vai Emily! Passa a Adams, di nuovo Robinson, dai ragazza, tira! E centra! 30 pari! Così si fa, dolcezze!» strillò Sirius nel megafono con un gran sorriso, mentre al suo fianco la McGranitt stringeva le labbra senza però dire niente.

Seduta sugli spalti tra Marlene e Frank, Alice rise e applaudì insieme agli altri, avvolta nella sua sciarpa rossa e oro e con un cappello dello stesso colore calcato sui capelli.

«Lene, ma dove sono finite Lily e Sun?» domandò appena il clamore si fu un po' calmato, voltandosi verso l'amica che seguiva con attenzione il gioco, così presa da muoversi da una parte all'altra al seguito della pluffa.

«Non so. Credo che Lily sia con Piton, come al solito, e Sun aveva detto che faceva troppo freddo o che aveva da fare, non so.» rispose distratta quella, sporgendosi in avanti tesa, mentre i Cacciatori Corvonero si avvicinavano pericolosamente alla porta avversaria, difesa più da Corinne con i suoi Bolidi ben piazzati che da McGalligan, che sembrava non sapere bene che cosa stesse facendo lassù.

«E Ferguson viene fermato da un Bolide ben piazzato da Williams. Così si fa! Quella ragazza è un mito, peccato non voglia uscire con me. Oh professoressa, che ho detto di male questa volta? Pluffa di nuovo ai Grifondoro. Robinson, Adams, ancora Robinson, Garret, Robinson e..tira! 40 a 30 per Grifondoro!» continuò la sua cronaca Sirius, mentre un'altra ondata di applausi e grida saliva dagli spalti rosso-oro.

«Qualcosa non va?» domandò Frank, notando l'espressione perplessa di Alice.

«Mi sembra strano che Sunshine non sia venuta a vedere James giocare. Lily e Severus spesso preferiscono non venire alle partite, ma Sunshine...» rispose pensierosa la ragazza, vagando con lo sguardo attorno a lei cercando di vedere se per caso l'amica non fosse lì da qualche parte.

«Magari oggi non ne aveva voglia.» suggerì Frank, leggermente distratto dalla conversazione dal gioco che si svolgeva in campo.

«Forse.» acconsentì Alice, pur non credendoci affatto, riportando gli occhi sul campo.

E tenendoli per le seguenti due ore.

«Jaaaaames muoviti a trovare quel maledetto Boccino! Ormai mi si sono congelate anche le p..unte delle dita dei piedi!» si lamentò Sirius.

«Black! Provi a dire un'altra volta una cosa del genere e...» minacciò scandalizzata la McGranitt.

«Che ho detto? Punte delle dita? O piedi? O maledetto? 190 a 210 per Corvonero, Ferguson ha segnato di nuovo.» commentò ormai annoiato Sirius.

Dagli spettatori si levò appena un applauso tiepido: nessuno aveva più voce per urlare ad ogni punto.

Faceva sempre più freddo, si era levato un venticello gelido che si infilava tra i vestiti e le nuvole si facevano sempre più scure, eppure il boccino non si vedeva.

«Un altro po' e giocheremo sotto la pioggia! Pluffa a Robinson, Adams, Robinson. Lancaster intercetta la pluffa, passa a Ferguson che tira. Dopo due ore pare che McGalligan stia finalmente imparando come si usano quelle mani. Pluffa di nuovo a Grifondoro. Garret passa a Robinson blablabla sempre la stessa storia. Ormai potete capirlo anche da soli cosa sta succedendo!»

«Black il tuo compito è fare la cronaca!» lo sgridò la McGranitt, ormai al limite sia delle sue energie che della sua pazienza.

«Lo so, professoressa, grazie per avermelo ricordato, mi ero dimenticato dello scopo di questo megafono.» replicò sarcastico Sirius, sollevando un tiepido coro di risate.

«Signor Black io...»

«Sapete qual è il colmo per un troll barbuto?» domandò Sirius, interrompendo l'ennesima minaccia.

«Signor Black!»

«Sto cercando di tenere sveglio il pubblico, professoressa! Il colmo per un troll barbuto è...» prima che Sirius potesse completare la sua barzelletta però, un movimento attirò il suo sguardo.

James, che aveva svolazzato pigramente attorno alla porta di Grifondoro per gli ultimi quaranta minuti, si era improvvisamente abbassato sulla scopa per andare più veloce, sfrecciando verso il centro del campo.

«Potter ha visto il boccino! Forse è la volta buona e questa partita finirà! Intanto Robinson ha segnato di nuovo, 200 a 210 per Corvonero. Forza James!» gridò Sirius, recuperando in un sol colpo la voce, l'entusiasmo e l'energia per alzarsi di nuovo in piedi, gli occhi fissi su James che volava veloce, mentre dalla parte opposta del campo anche Philips si gettava in quella direzione.

«Pluffa a Robinson, Adams, Robinson, Garret, intercetta Ferguson che si avvia verso la porta avversaria. Forza James, ci sei quasi!»

James strinse gli occhi che lacrimavano per il vento gelido e staccò una mano dal manico della scopa, muovendola per cercare di ritrovare la sensibilità. Vedeva il boccino quasi immobile a pochi metri da lui, ma vedeva anche Philips che si avvicinava sempre di più, avvantaggiato dal vento che gli soffiava alle spalle.

Non sentiva più la cronaca di Sirius, non sentiva più il rumore della folla, non c'era nient'altro se non lui, Philips e quella piccola pallina d'oro.

Allungò il braccio, sporgendosi ancora di più per prenderlo, ma Philips era sempre più vicino.

«Forza forza forza! Dai piccola, possiamo farcela.» sussurrò tra i denti James, rivolto alla sua scopa.

«Vincerò io, Potter!» esclamò Philips trionfante.

James sbuffò di frustrazione, sapendo che purtroppo era quasi inevitabile. Non poteva vincere anche contro il vento. Stringendo i denti si sporse pericolosamente in avanti, la scopa che si inclinava leggermente, la mano congelata che faticava a mantenere la presa.

Non poteva cadere, non poteva sbagliare.

Poi all'improvviso una forma scura entrò al limite del suo campo visivo e in un lampo James si abbassò sulla scopa, senza staccare gli occhi dal boccino per non perderlo, arrivando quasi a distendersi su essa.

Il bolide gli passò a pochi centimetri dalla testa e si diresse con forza verso il Cercatore avversario che, vedendolo all'ultimo momento, fu costretto a deviare, lontano dal boccino.

Con un ultimo sforzo, James chiuse le dita attorno alla pallina dorata, sentendo le ali che sbattevano debolmente contro le sue dita serrate.

Sollevò il pugno in aria e sembrò quasi che avesse tolto un incantesimo, facendo tornare il suono.

Il rombo della folla esultate, la voce di Sirius che gridava il risultato finale della partita, Corinne che lo chiamava: ogni cosa lo investì all'improvviso, facendolo quasi barcollare.

«Potter, ce l'hai fatta!» strillò Corinne volando verso di lui.

«Grazie al tuo bolide, Cori. Grazie.» sorrise James, scendendo con gli altri verso terra.

«Oh figurati.» si sminuì la ragazza, arrossendo però compiaciuta, un'espressione più che soddisfatta in volto.

«James Potter, se avessi perso dopo avermi fatto congelare per più di due ore ti avrei ucciso!» il ruggito felice di Sirius raggiunse James solo qualche secondo prima del suo proprietario, che lo salutò con una pacca sulla spalla e un sorriso.

«Io? Perdere? Ma mi hai visto?» replicò ironico James, eliminando anche solo il ricordo di quegli attimi di incertezza di poco prima.

«Sbruffone.» lo rimproverò scherzoso Remus, arrivato con Peter a festeggiar l'amico.

«Antipatico. Andiamo dentro ora? Voglio un po' di Burrobirra.» fece James, facendo l'occhiolino a Sirius che annuì complice.

«Qualcuno ha detto Burrobirra?» chiese Alice, avvicinatasi con Frank.

«Nessuno.» rispose James con una linguaccia.

«Oh andiamo James, sii gentile. Festa per tutti?» propose entusiasta Peter, sempre felice quando si trattava di bere e mangiare.

«Festa per tutti.» acconsentì Remus con un sospiro, lasciandosi però poi coinvolgere dall'entusiasmo generale mentre tutti insieme si avviavano verso il castello.

«Qualcuno ha visto Sunshine?» domandò ad un certo punto James salendo le scale.

Alice non ebbe cuore di dirgli che la ragazza non si era presentata e non aveva visto nemmeno un istante della partita, quindi sorrise rassicurante e fece spallucce.

«Sarà rimasta indietro con Lily oppure si è un po' persa tra la folla. Arriverà presto.» assicurò.

Frank cercò di trattenersi dall'abbracciarla o almeno dal prenderle la mano: come poteva esistere qualcuno così perfetto?

Remus sorrise di nascosto cogliendo l'espressione innamorata dell'amico, ma poi ritornò serio pensando alla bugia di Alice. Sapeva che Sunshine non era stata alla partita: l'aveva cercata e non l'aveva trovata. Ma dove si era cacciata allora?

Proprio in quel momento la ragazza si affrettava a salire le scale, cercando di raggiungere i suoi amici il più in fretta possibile, sperando che non si fossero accorti della sua assenza.

Sapeva che era inutile, ovviamente, come potevano non aver notato che non era stata alla partita? Ma allo stesso tempo, come avrebbe potuto dire di no a Jared che l'aveva supplicata di tenergli compagnia dato che non voleva andare a vederla?

Il giorno prima infatti, pur sapendo che non aveva la minima speranza, aveva chiesto al Serpeverde se voleva andare a vedere la partita con lei, ma invece del secco no che si aspettava, Jared l'aveva guardata con aria malandrina e poi aveva spalancato i suoi occhioni chiari e l'aveva supplicata di non andarci nemmeno lei e di passare con lui la giornata al parco.

Sunshine aveva scosso la testa, aveva tentato di mettere su un'aria come minimo decisa, ma aveva capitolato quasi immediatamente e aveva acconsentito con un sorriso sconfitto.

«Quell'espressione dovrebbe essere illegale.» brontolò Sunshine, dando un colpo sulla spalla a Jared, spingendolo quasi addosso allo scaffale della biblioteca.

Erano in un angolo deserto della parte di Storia della Magia che nessuno visitava mai, a parlare e ridere sottovoce, mentre tentavano, senza neanche troppa convinzione, di fare i compiti.

«Quale?» chiese Jared con un mezzo ghigno, per poi ritornare a spalancare gli occhi con aria innocente.

«Esattamente questa. Idiota.» sbuffò la ragazza, nascondendo il sorriso dietro alla mano.

«Non insultarmi, cattiva.» si lagnò lui, allungandosi per colpirle la spalla con la propria, facendola ridacchiare.

«Se James lo scopre mi ucciderà.» considerò Sunshine sovrappensiero, non vedendo il lampo di rabbia e esasperazione che copriva per un istante la luce giocosa negli occhi di Jared, venendo però subito sostituita di nuovo.

«Non lo scoprirà, tranquilla. E potremo finalmente fare quel picnic nel parco che mi hai offerto qualche tempo fa.» propose il ragazzo, ben deciso ad evitare l'argomento James&Co.

«Speriamo non piova, allora!» sorrise Sunshine, ritrovando in un attimo il sorriso e l'entusiasmo.

Ovviamente le dispiaceva nascondere qualcosa ai suoi amici, mentire, sfuggire alle loro domande, ma non era capace di dire di no a Jared. E poi aveva così paura di poter rompere quell'amicizia che sembrava così forte ma poggiava su basi così fragili...

Così quella sera, quando tornò nel Dormitorio, assicurò a James che sì, ovviamente ci sarebbe stata a vederlo giocare e sì, ovviamente avrebbe fatto il tifo per lui, aveva già pronta la sciarpa! Poi si assicurò di evitare l'argomento con Lily per non farle venire alcun sospetto e andò a letto presto per poter ignorare ogni domanda sul tempo che passava con il suo misterioso amico che avrebbero potuto rivolgerle le sue amiche.

La mattina dopo si alzò presto, si infilò nelle cucine per creare un cestino da picnic perfetto grazie all'aiuto degli Elfi Domestici e poi se ne ritornò in camera. per nasconderlo sotto al letto appena in tempo per il risveglio delle altre.

«Ehi stellina, già sveglia?» domandò Alice, facendo un grande sbadiglio e barcollando verso il bagno.

«Buongiorno. Da un po'.» rispose Sunshine, spingendo con il piede il cestino più sotto al letto. «Adesso credo che andrò da James a vedere quanto è in ansia.»

«Non ho ancora sentito nessuno urlare.» sorrise Alice «Magari questa volta andrà meglio.»

«Non ci sperare troppo. Magari sono tutti morti silenziosamente, soffocati dalle sue chiacchiere nervose. Ci vediamo dopo a colazione.» Sunshine lasciò un bacio leggero sulla guancia che Alice aveva sporto come un chiaro invito e poi uscì dalla porta, felice di essere riuscita a fare tutto senza che nessuno si accorgesse di niente.

In realtà non aveva voglia di andare dai Malandrini, ma era tradizione che lei andasse a salvare Remus e Frank dall'impazzire e Sirius dallo strozzare James e non sapeva tirarsi indietro ai suoi compiti. Non poteva certo lasciarli tra le grinfie nervose di James!

«Buongiorno ragazzi!» salutò serena, spalancando la porta.

All'interno c'era il solito caos, ma non più di quanto non ce ne fosse normalmente. Peter doveva essere sotto la doccia perchè non si vedeva da nessuna parte e gli altri si stavano vestendo più o meno tranquillamente. Le ci volle qualche attimo per accorgersi che tutta quella relativa calma era dovuta al fatto che James non si vedeva da nessuna parte.

«Ciao Sun, già sveglia?» salutò Remus quieto, finendo di allacciarsi le scarpe.

«Ehi Sun, bussare è sempre un optional per te vero?» intervenne Sirius, che stava cercando di infilarsi i pantaloni tenendo in mano la bacchetta. Sunshine lo guardò incuriosita, perchè mai non lasciava cadere la bacchetta? Poi però un dubbio la colse e alzò la testa di scatto puntandola al soffitto.

Immobilizzato e con l'espressione più offesa e sconvolta del mondo, James penzolava nell'aria, trattenuto appunto dall'incantesimo di Sirius.

«Sirius! Che cosa stai facendo?» domandò scandalizzata, estraendo la sua bacchetta e facendo per puntarla su James.

Certo non si aspettava che Remus si mettesse in mezzo, costringendola ad abbassare il braccio!

«Ma che...?!» esclamò sorpresa guardando con gli occhi spalancati l'amico.

«Pensa bene a quello che stai per fare, Sunshine. Se lo liberi poi ricomincerà a muoversi e a parlare! E tu non vuoi questo, te lo assicuro. Non puoi lasciarlo così un altro po'?» chiese supplichevole Remus, cercando di suonare logico.

«Me lo stai davvero chiedendo? No! Tiratelo giù!» ordinò severa la ragazza, lanciando un'occhiata di fuoco a Sirius che ribatté con uno sguardo sdegnato di ghiaccio.

«Non rovinare tutto per una volta, Sun! Solo cinque minuti!» cercò di negoziare, inutilmente.

«Ora, Sirius. Adesso.» ribadì Sunshine, mettendo su l'aria più mcgranitt-esca che sapesse fare.

Ci fu un momento di esitazione, ma alla fine Remus fece un gesto rassegnato a Sirius che, sebbene sbuffando e borbottando un paio di maledizioni sottovoce, liberò dall'incantesimo James, assicurandosi però che cadesse sul letto e non a terra.

«Anche dal petrificus, Sirius.» aggiunse Sunshine, mentre James se ne stava rigido e immobile tra le coperte di Peter.

Questa volte i borbottii di Sirius furono più che udibili, ma Sunshine decise di non ascoltarli, mentre il ragazzo liberava anche da quella fattura il suo migliore amico.

Che appena fu libero di muoversi scatto in piedi e cominciò a sbraitare.

Un minuto dopo c'era James che ancora si lamentava per l'offesa, Sirius che gli urlava di smetterla, Frank che protestava per la confusione, Peter che chiedeva se qualcuno per caso avesse visto il suo cappello e Remus che ordinava a tutti di smetterla.

Sunshine restò a guardarli, cercando di dare un senso a quella scena, di dare un senso a quelle persone, ma come al solito non ci riuscì. Al contrario del solito però non cercò di riportare la pace, non cercò di sistemare le cose, di farli calmare, di aiutare Remus. Girò sui tacchi e uscì, con neanche la più minima intenzione di ritornare indietro.

Quando si sbatté la porta alle spalle il caos cessò all'improvviso: i ragazzi si guardarono, stupiti da quell'atteggiamento. Non si aspettavano che lei se ne andasse lasciandosi alle spalle quell'apocalisse. Lei era quella che riusciva più o meno sempre a dare a quella stanza per almeno un poco la parvenza di tranquilla normalità, contavano su questo. E invece lei se n'era andata.

Poi però Peter annunciò di aver ritrovato il suo cappello, accusando James di averglielo nascosto e il momento passò, mentre ritornava la confusione più completa.

Solo Remus si trattenne ancora per un attimo a guardare la porta chiusa, cercando di spiegarsi quello strano comportamento. Era da un po' di tempo che Sunshine era diversa dal solito: scompariva alle ore dei pasti, evitava le domande e non passava più molto tempo né con loro né con le sue amiche, ma dove andava? E come mai improvvisamente era cambiata così? Che cos'era successo? Non ebbe il tempo però di darsi una risposta perchè una scarpa volante gli sfiorò l'orecchio, facendolo voltare di scatto con la sua migliore aria da battaglia in volto.

Sunshine nel frattempo se n'era andata, infastidita e nervosa, a colazione, senza nemmeno aspettare che le sue amiche la raggiungessero, e si era seduta da sola al tavolo, dritta di fronte a Jared che faceva colazione con Regulus.

Il ragazzo la vide arrivare e la salutò con un lieve movimento della testa e con un sorriso nascosto, che Sunshine ricambiò, anche se aveva paura che fosse riuscito più come una smorfia tesa che come un vero sorriso.

Jared aggrottò le sopracciglia e inclinò la testa di lato, lanciandole un'occhiata: qualcosa non va?

Sunshine scosse la testa e alzò gli occhi al cielo indicando leggermente i posti vuoti attorno a sé: Niente, i Malandrini.

Jared sbuffò e Sunshine ridacchiò piano, nascondendo la bocca dietro alla mano, anche se le poche persone presenti a quell'ora erano tutte troppo addormentate o attente alla loro colazione per prestare attenzione a lei.

«La smettete? Siete imbarazzanti.» sbottò in un sibilo Regulus, attirando l'attenzione di Jared.

«Sei geloso?» ghignò quello, lanciandogli un'occhiata ironica.

«No. Vieni alla partita oggi?» chiese Regulus, cercando di cambiare argomento. Era stufo di dover sempre parlare di lei. Ultimamente sembrava essere l'unica cosa che riusciva a cavare dalla bocca di Jared quando nessun altro ascoltava: Sunshine qui, Sunshine lì, io e Sunshine abbiamo fatto questo e poi quest'altro. Non era geloso, era stufo.

«No, vado con Sunshine nel parco.» ecco, come non detto. Regulus sbuffò, ma poi si lasciò distrarre di nuovo dai segni che si lanciavano quei due.

Jared fece un cenno con il mento a indicare i posti vuoti dei Malandrini con aria interrogativa, ma Sunshine rispose con un gesto della mano ad indicare te lo spiego dopo.

Lui si colpì il polso in un gesto leggero: a che ora?

Lei rispose con un cenno verso le due ragazze del terzo anno avvolte nelle loro sciarpe rosso-oro: alla stessa ora della partita.

Lui alzò tre dita: serra numero 3?

Lei scosse la testa e indicò con un cenno le finestre: qualcuno ci potrebbe vedere.

Lui alzò le spalle e poi scosse la testa: non ci sarà nessuno.

Lei per tutta risposta si versò il succo di zucca, lasciandone cadere fuori apposta: al lago.

Lui ridacchiò e sbuffò leggermente, alzando gli occhi al cielo: esagerata.

Poi alzò un pollice in senso di assenso.

«Avete finito di lanciarvi messaggi segreti? Salazar, sembri un Tassorosso.» sbottò Regulus infastidito.

«Vaffanculo, Regulus.» replicò tranquillo Jared.

«Dico davvero, stai diventando un rammollito. Divertiti al romantico picnic con la tua bella, oggi. Non vorrei mai che piovesse.» e senza un saluto Regulus se ne andò lasciando la colazione a metà. Era stanco di quella sceneggiata. La odiava. Non poteva più sopportarlo.

Il problema era che non riusciva a trovare il perchè tutto ciò lo infastidisse così.

Quando tutti, compreso Regulus, furono alla partita, Sunshine recuperò il cestino e si avviò verso il lago. Stava camminando, cercando di stare attenta a dove metteva i piedi sul terreno reso scivoloso dal fango, quando avvertì una presenza accanto a lei.

Alzò gli occhi di colpo e fece appena in tempo a riconoscere quegli occhi chiari prima di mettere il piede in fallo e scivolare.

Un secondo dopo il cestino era nella mano sinistra di Jared e quella destra la sosteneva per la vita, impedendole di cadere.

«Uh, grazie.» sorrise Sunshine, arrossendo per quel contatto inaspettato.

Jared sembrò accorgersi in quel momento della loro posizione e si allontanò da lei, porgendole poi il braccio con un sorriso sereno.

«Permette, signorina?» domandò, facendo sparire il breve momento di tensione.

«Con piacere.» rise Sunshine, prendendolo a braccetto.

E poi se ne andarono via così, ridendo e spingendosi scherzosamente. Nessuno guardava dalle finestre e nessuno poteva sentire il cuore di Sunshine battere più forte. Nemmeno lei, resa sorda dalla negazione e dalla volontà. Eppure il suono era lì, ad avvertire il pericolo di una nuova caduta.

«Sunshine, sei qui!» Sunshine si sentì chiamare e si volse verso Alice che le si avvicinava, tallonata da Frank.

«Ehi Alice. Che sta succedendo?» domandò la ragazza, indicando con un gesto la Sala Comune più rumorosa che mai.

«Oh i Malandrini hanno recuperato chissà come un po' di cibo e hanno organizzato una festicciola per la vittoria. Come mai non sei venuta alla partita?» chiese a sua volta Alice, cercando di nascondere il tono indagatore sotto uno più casuale.

«Oh non mi andava di uscire al freddo, quindi ho guardato la partita dall'Ala di Difesa. La cronaca di Sirius arrivava fino a lì!» ridacchiò Sunshine, cercando di non notare quanto facile le fosse diventato mentire, persino alle sue migliori amiche.

«Potevi dirmelo, ti avrei tenuto compagnia!» ribatté Alice, spalancando gli occhi, dimentica di ogni minimo sospetto che poteva aver provato fino a qualche istante prima, mentre Frank invece alzava gli occhi al cielo. Poteva essere davvero così candida da credere a tutto quello che Sunshine le diceva (aveva il mantello ancora umido addosso, Godric!) oppure era una splendida attrice?

«Non preoccuparti, Ali. Va bene così. Vado a bere qualcosa e a cercare James, scusa.» Sunshine sorrise ancora e poi scomparve tra la folla, cercando di raggiungere il Dormitorio per liberarsi del mantello e darsi una sistemata.

Purtroppo però James la vide prima.

«Sunshine! Non riuscivo a trovarti! Hai visto che splendida partita?» la salutò entusiasta, porgendole un biscotto.

«Un po' lunga, ma davvero bella. Peccato per quei tiri di Ferguson però.» rispose Sunshine, sperando di non dire niente di sbagliato.

«Già, ma poi ci siamo sempre ripresi! E poi ho preso il boccino!» James quasi saltellava sul posto e assomigliava in tutto e per tutto a un cucciolo felice e Sunshine non riuscì a fare a meno di sorridere e annuire.

«Sei stato bravo.» commentò, non sapendo che altro dire.

Questo però sembrò bastare a James, che ampliò ancora di più il suo sorriso e la baciò su una guancia di slancio, per poi andarsene strillando un “Siriuusss!” in direzione dell'amico che ci provava spudoratamente con Katie, una bella moretta del terzo anno.

Fu con un sospiro di sollievo che Sunshine si chiuse la porta alle spalle e con un sorriso che si infilò sotto la doccia per levarsi di dosso il gelo della giornata, ripensando a Jared.

Se si fosse fermata a pensarci forse si sarebbe accorta e vergognata della facilità con cui aveva mentito, senza nemmeno il minimo senso di colpa, ma tutto quello che fece fu ripercorrere ogni istante della giornata e sentirsi felice.

 

**

 

Severus camminava con passo affrettato per i corridoi dei sotterranei, diretto alla Sala Comune, ripercorrendo con la mente ciò che aveva visto e pensando a ciò che avrebbe detto. Aveva colto segnali strani anche in precedenza, ma dopo la scena che aveva visto non c'erano più dubbi e lui voleva sapere che cosa stava succedendo.

«Allora, che facciamo oggi?» domandò Lily, camminando con calma per i corridoi al fianco di Severus, dondolando leggermente le braccia.

«Quello che vuoi, basta stare lontani dal campo.» rispose il ragazzo, facendo una smorfia al pensiero di Black che faceva i suoi stupidi commenti di cronaca e a Potter che si pavoneggiava sul campo.

«Che ne dici se stiamo in biblioteca a finire quel tema di Storia della Magia e poi ci facciamo un giro nel parco, se non piove?» suggerì la rossa.

Severus annuì, a lui andava bene tutto, l'importante era stare con lei lontano da tutti gli altri e la biblioteca deserta faceva proprio a caso loro.

«Hai già finito?» domandò dopo quasi un'ora Lily, alzando gli occhi dal secondo rotolo di pergamena scritto fittamente, accorgendosi che l'amico non stava più scrivendo da un bel pezzo.

«Uhm..sì.» rispose esitante Severus.

«Non ci credo.» ribatté Lily, allungandosi per rubare i fogli. «Ma l'inchiostro è asciutto!» esclamò sorpresa.

«Potrei...ehm..potrei averlo fatto ieri sera.» fece Severus, nascondendo una scintilla di divertimento per l'aria offesa di Lily.

«E non mi hai detto niente? Se l'avessi saputo non ti avrei tenuto qui ad annoiarti mentre io scrivevo!» esclamò la ragazza, guardandolo con i suoi splendidi occhi verdi contrariati.

«Non preoccuparti, non mi sono annoiato.» rispose arrossendo leggermente Severus. Passare il tempo a guardarla? Come poteva annoiarsi?

«Non ci credo.» replicò Lily, mettendo in ordine le sue cose frettolosamente.

«Non c'è bisogno che tu smetta di scrivere! Davvero, va bene per me aspettare!» si preoccupò Severus, spaventato che lei si fosse davvero infastidita per quello e avesse deciso di continuare a fare i compiti nella sua Sala Comune.

«No, non va bene. Forza Sev, alzati, usciamo!» e con una risata Lily lo trascinò fuori, senza accorgersi del rossore ormai evidente sulle guance dell'amico, che lanciava continue occhiate alle loro mani unite mentre lei lo costringeva a correre verso l'Ingresso.

Un'ora dopo lei aveva le orecchie e il naso rosso e le labbra tendenti al blu, tremava e si malediceva per non essersi ricordata di prendere la sciarpa, mentre lui cercava di restare impassibile sotto il vento gelido, dopo averle ceduto il suo mantello.

«Ti prego, torniamo dentro.» supplicò alla fine Lily, un po' cedendo al freddo e un po' mossa dalla pietà per gli sforzi (inutili) di Severus per non tremare.

«Se hai freddo, per me va bene.» disse il ragazzo a denti stretti, tutti i muscoli contratti per trattenere i tremiti.

«Certo, se io ho freddo!» rise Lily, avvicinandosi di più a lui fino ad arrivare spalla a spalla per stare più al caldo. Cosa che di sicuro funzionò per Severus, vista la vampata di calore che sentì affluire sulle guance.

All'improvviso, però, smise di prestare attenzione a ciò che stava dicendo Lily (qualcosa a proposito di Sunshine, o di Alice o di qualcuna delle sue amiche), distratto da un movimento a qualche metro da loro.

Con fare più casuale possibile si alzò leggermente sulle punte e allungò il collo per cercare di vedere se ci fosse davvero qualcuno lì, ma ciò che vide gli fece perdere per un secondo la compostezza.

Seduti sotto ad un albero, seduti su un mantello steso a terra, lei stretta tra le braccia di lui, probabilmente per stare più al caldo, con un cestino e quelli che sembravano resti di un picnic vicino a loro, stavano Jared McCroy e Sunshine Moor, ridendo e parlando.

Per un momento, tutto quello che Severus riuscì a pensare furono domande confuse: che cosa stava succedendo? Perchè sembravano così amici? Da quanto andava avanti questa storia?

Poi però la mano di Lily si scontrò con la sua e Severus decise in un istante che lei non doveva vedere.

Forse si sbagliava, forse era davvero ciò che sembrava, ma aveva la leggera sensazione che quell'amicizia potesse far parte di qualche contorto piano di Jared e lui voleva sapere di che cosa si trattasse, prima di mandarglielo all'aria accidentalmente.

Cercando di non far capire niente a Lily, recuperò il suo autocontrollo e inciampò sui suoi stessi piedi (non era difficile visto che ormai non li sentiva più, tanto erano congelati), annaspando in cerca di equilibrio.

Ridendo, Lily lo afferrò per un braccio e lo tirò verso di lei, impedendo che l'amico finisse a terra, e non si accorse che la loro traiettoria era cambiata, portandoli verso il portone d'ingresso e allontanando dalla loro vista Sunshine e Jared.

Con un sospiro di sollievo interiore, Severus lasciò che Lily si prendesse gioco di lui e una piccola parte della sua mente ritornò a godere della sua bellezza e compagnia, ma per il resto rimase ben concentrato sul suo obiettivo.

Jared gli avrebbe detto che cosa stava succedendo, volente o nolente.

«Uroboro»

La Sala Comune era affollata, ma Jared non si vedeva, o almeno non sembrava essere con il gruppetto formato da Avery, Mulciber e Nott, quindi Severus si avviò verso il Dormitorio.

«Oh Piton! Dove sei stato tutto il giorno?» chiese Jared, disteso sul letto con una rivista di Quidditch tra le mani.

«In giro. Nel parco. Ho visto una scena interessante, sai?» rispose laconico Severus, godendosi il lampo di panico comparso per un istante negli occhi dell'altro.

«Ah sì?» fece un momento dopo Jared, con l'aria meno interessata che potesse imbastire.

«Già. Tu dove sei stato?» chiese a sua volta Severus.

«Alla partita.» rispose l'altro senza la minima esitazione.

«Oh. Quindi è strano che tu fossi anche al parco con la Moor, vero?» sbottò Severus, consapevole che con Jared l'impatto frontale non aveva mai molto effetto, ma non si sapeva mai. Magari l'avrebbe sorpreso.

«Cosa?» esclamò l'altro, drizzandosi e lanciandogli un'occhiata sorpresa.

«Smettila di fare la recita, McCroy. Se hai un piano voglio saperlo anche io.» lo attaccò Severus, afferrando la bacchetta, pur senza estrarla.

Poteva quasi vedere le rotelline del cervello di Jared girare per cercare di decidersi, ma alla fine il ragazzo sospirò e borbottò qualche maledizione sottovoce.

«Va bene, Piton, ma una sola parola con qualcun'altro e sei morto.»

Severus sfoderò il suo migliore sorriso maligno. Aveva vinto lui questa volta.

 

**

 

James camminava nei corridoi bui, cosa ormai più che abituale negli ultimi tempi.

Senza esitare, si fermò di fronte alla solita porta e la aprì con delicatezza, infilandosi nell'aula molto più oscura del solito, vista la mancanza della luce della luna, coperta dalle nuvole.

«Non pensavo saresti venuto a rompere le scatole anche questa sera, Potter.» lo salutò una voce.

James sorrise e si avviò verso l'angolo da cui proveniva, lasciandosi cadere al fianco di Charlotte.

«Ciao anche a te. Perchè non sarei dovuto venire, scusa?» domandò, appoggiando la testa al muro.

«Speravo che fossi troppo stanco per presentarti e fossi andato a dormire.» rispose con noncuranza lei.

«Il sonno è per i deboli, non sono stanco.» disse con spavalderia James, soffocando un'enorme sbadiglio, facendola ridacchiare.

«Certo, non sei stanco. Soprattutto dopo una partita durata ben più di due ore e una festa rumorosa in Sala Comune...fresco come una rosa.» lo prese in giro la ragazza con ironia.

«Assolutamente.» ribatté James, la voce leggermente strascicata, gli occhi chiusi.

«Certo.» ripeté lei, la voce poco più di un sussurro.

Poco dopo il respiro di lui rallentò, dandole l'impressione che si fosse addormentato.

«Saresti dovuto rimanere a letto. Saresti stato più comodo. Perchè sei venuto nonostante tutto?» mormorò Charlotte, non aspettandosi nessuna risposta. Per questo sobbalzò leggermente quando in un mugugno quasi indistinto James parlò di nuovo.

«Non dovresti rimanere da sola la sera, 'Lot. Diventi triste e non devi essere triste. Non voglio che tu sia triste.»

Charlotte si morse un labbro cercando di non sorridere e strinse le mani a pugno per resistere alla tentazione di avvicinarsi di più a James, sentire il suo calore.

Fu lui ad allungarsi e prenderle una mano, appoggiando la testa sulla sua spalla.

«Non devi essere triste.» ripeté, la voce fioca e quasi infantile, prima di addormentarsi.

«Non sono triste ora.» rispose in un sussurro lei. Ma lui non poteva sentirla.

 

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

 

Spazio dell'autrice

Ok sono definitivamente e assolutamente in ritardissimo ma sono state delle settimane tremende e nei pochi momenti liberi non riuscivo a scrivere più di qualche paragrafo senza poi perdere l'ispirazione quindi la scrittura del capitolo è stata lunga e tediosa. Comunque sono relativamente soddisfatta di cosa ne è venuto fuori quindi...

  1. la mia Ale mi aveva detto che la parte in corsivo, quella dei flashback, poteva risultare un po' pesante a qualcuno, spero davvero che non sia successo altrimenti, perdonatemi

  2. lo so, non sono capace di scrivere di Quidditch, è una della mie grandi (e innumerevoli) debolezze e no, non so qual è il colmo per un troll barbuto, Sirius non me l'ha voluto dire, però alla fin fine spero di non essere andata poi così tanto male

  3. io non so neanche cosa dire su Sunshine e Jared. Esprimetevi voi, non vorrei condizionare le vostre opinioni con il mio blaterare :)

  4. Severus per una volta sembra essere stato capace di prendersi la sua “rivincita” su Jared e ora è parte del “grande piano”. E ora che combineranno?

  5. Alice è un dolce cupcake e Frank è l'amore, scusate ma ogni tanto devo esprimere il mio enorme amore per loro

  6. e poi bo, ci sono James e Charlotte. Non mi esprimo neanche qui, lascio a voi le opinioni :)

  7. Grazie mille alle dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo (giuro che rispondo appena possibile!): _tribute_, ChihiroUchiha e la cara marauder11.

  8. Grazie anche alla mia AleJackson che non mi sta più dietro come una volta ricordandomi che non posso smettere di aggiornare per così tanto tempo. È colpa tua, amor! No dai, scherzo, grazie per le virgole <3

Baci e amore a tutti <3

*dD*

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Capitolo 9
*** Offrimi una cioccolata calda ***



 



Offrimi una cioccolata calda






 

 

Frank fischiettava allegro ed eccitato mentre si sistemava con attenzione il maglione che aveva scelto per quell'occasione speciale, guardandosi allo specchio per l'ennesima volta, cercando di convincersi di non essere per niente male. Inutile: era una missione impossibile. Con quel naso, quei capelli, quelle guance tonde, quella pancia...no, era proprio impossibile sembrare carino.

«Frank smettila di ammirarti allo specchio ed esci da lì! Devo fare pipì.» lo informò molto elegantemente James da fuori la porta, bussando con energia.

«Scusa, James.» sbuffò Frank, dando un'ultima occhiata allo specchio, per poi spalancare la porta e avviarsi verso il suo letto mentre James sfrecciava dentro in bagno e sbatteva la porta.

Al forte suono Sirius, che sembrava dormire in piedi, sobbalzò e lasciò cadere la maglia che aveva in mano, bloccandosi poi a guardarla giacere ai suoi piedi, come chiedendosi come avesse fatto ad arrivare lì.

«Sirius, la maglia la devi mettere, non guardare.» gli disse gentilmente Remus, ridendo sotto i baffi. Per tutta risposta Sirius gli lanciò uno sguardo confuso e assonnato.

«Buona fortuna. Ci vediamo dopo.» salutò Frank, dando una pacca sulla spalla a Remus mentre passava al suo fianco, il mantello sottobraccio.

«A dopo.» gemette in risposta Remus, avvicinandosi a Sirius con un aria pericolosamente malandrina.

Frank non si fermò ad ascoltare le urla.

Nel frattempo nel Dormitorio femminile Alice parlava eccitata a ruota libera, svuotando il baule in cerca di qualcosa da mettersi.

«...e poi voglio assolutamente andare anche da Madame Piediburro!» strillò con voce acuta e una risatina, pescando una gonna a pieghe che venne ributtata nel mucchio di abiti spiegazzati che si stavano accumulando sul letto.

«Da Madama Piediburro? Bleah, Alice!» commentò Lily, che si stava legando i capelli in una treccia di fronte allo specchio.

«Non è così male, Lils.» la contraddisse Sunshine dal bagno.

«E poi il caffè è buono!» aggiunse Mary, intenta a mettersi il mascara.

«Ma è l'atmosfera che rovina tutto! Tutto quel rosa...bleah.» ribadì Lily convinta.

«Oh Lily, sei sempre la solita!» rise Alice, troppo su di giri per prestare davvero attenzione a ciò che dicevano le amiche, per poi aggiungere «Qualcuno ha visto Emm? Volevo chiederle se potevo prendere in prestito quel suo maglione rosa...»

Sunshine, appena uscita dal bagno, guardò con aria eloquente la catasta di vestiti alle spalle di Alice, tra cui si intravedevano almeno due maglie rosa e un maglione fucsia, ma Alice la ignorò bellamente.

«No, è già scesa. Però credo che potresti mettere quello azzurro, Ali. Ti sta così bene!» suggerì Mary, proprio mentre Marlene entrava con aria insonnolita dalla porta.

«'Giorno ragazze. Io approvo quello che ha appena detto Mary.» salutò con un mezzo sbadiglio.

«Sicura? Forse sarebbe meglio il vestito?» fece Alice dubbiosa, salutandola appena.

«Alice, si gela lì fuori.» le fece notare Sunshine.

«Qualcuno mi ricorda perchè Alice si sta facendo tanti problemi?» domandò confusa Marlene, mentre Alice si decideva e prendeva il maglione blu e un paio di pantaloni per poi infilarsi in bagno.

«Deve andare a Hogsmeade con il suo fidanzatino!» ridacchiò Lily, ormai pronta.

«Non chiamatelo così!» gridò dal bagno la voce irritata di Alice, a cui fece eco un coro di risate.

«Giusto! Il fidanzatino! Come ho fatto a dimenticare che doveva uscire con il fidanzatino? Come si fa a dimenticare il fidanzatino!» ridacchiò Marlene, stando ben attenta a calcare con decisione il tono sulla parola fidanzatino.

«Marlene non farmi venire lì fuori tutta insaponata per ucciderti!» minacciò Alice soffocando una risata.

«Non oserei mai!» ribatté ironica Marlene, facendo ridere le altre.

Venti minuti dopo Alice era finalmente pronta e, dopo che la ebbero rassicurata almeno cento volte dicendole che stava benissimo, che il trucco era perfetto e che i capelli erano assolutamente in ordine, le ragazze riuscirono a scendere a colazione.

Al tavolo di Grifondoro c'era il solito chiasso, forse addirittura maggiore del solito, ma ormai tutti c'erano talmente abituati che nessuno se ne lamentava nemmeno più e le ragazze si sedettero senza quasi notarlo. A qualche posto da loro c'erano James e Sirius, che tenevano banco come al solito, raccontando barzellette stupide e mirabolanti e assurde avventure. Lily fece una smorfia quando li notò, ma poi fu coinvolta da Marlene in un'irreale discussione sul succo di zucca che sembrava, secondo la ragazza, più pallido del solito e non ebbe l'occasione di commentare.

Sunshine invece, come mai era usuale, fissò lo sguardo sul tavolo di Serpeverde, cercando Jared con lo sguardo e trovandolo pronto a rispondere al suo sorriso con un cenno di saluto.

Al fianco del ragazzo, Regulus osservava con aria cupa il suo piatto, sforzandosi per cercare di ignorare i gesti che si scambiavano i due, nauseato anche solo dal pensiero delle loro continue smancerie.

«Per favore, smettila.» sbottò ad un certo punto, interrompendo la serie di messaggi in codice che si stavano lanciando i due da una parte all'altra della Sala Grande.

«Non rompere, nano.» lo rimbrottò Jared, senza neanche prestargli molta attenzione, cosa che diede ancora più fastidio a Regulus.

«Salazar, sembrate due Tassorosso innamorati. Mi fate salire il vomito.» sibilò acido Regulus.

«Vattene allora.» ribatté secco Jared, lanciandogli appena un'occhiata dura prima di riportare gli occhi su Sunshine.

Regulus strinse i pugni facendosi diventare le nocche bianche e si sforzò di continuare a mangiare. Era stufo di lasciare sempre la sua colazione a metà perchè quei due dovevano fare i piccioncini. Respirando profondamente cercò di riprendere il controllo e lasciò vagare lo sguardo per la stanza, ma alla fine lo riportò inevitabilmente sul gruppo di ragazze Grifondoro che mangiavano allegre.

Con la coda dell'occhio colse il movimento di un Corvonero che si avviava verso le ragazze al tavolo rosso-oro, contemporaneamente a Paciock, che si stava alzando per dirigersi verso la Prewett.

Regulus affilò lo sguardo cercando di cogliere ogni aspetto di quella situazione potenzialmente interessante, ma era inutile cercare di sentire ciò che veniva detto in mezzo a quella confusione.

Proprio in quel momento infatti Frank era arrivato al fianco di Alice, un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro e il passo baldanzoso, sostenuto dalle parole incoraggianti di Remus, che gli aveva augurato buona fortuna solo qualche attimo prima.

«Buongiorno, Alice.» salutò, attirando l'attenzione della ragazza, che sorrise di rimando.

«Buongiorno, Frank.» rispose lei, finendo di mangiare.

«Sei pronta?» chiese Frank, cercando di celare la sua eccitazione e la sua felicità.

Stava davvero per passare l'intera giornata a Hogsmeade con Alice! Avrebbero riso, chiacchierato, bevuto burrobirra, mangiato dolci da Mielandia, forse avrebbe anche trovato l'occasione per prenderla per mano! Si prospettava il giorno migliore della sua vita.

Certo non si aspettava lo sguardo confuso che gli lanciò Alice.

«Uhm..per andare a Hogsmeade, ricordi?» disse esitante Frank, una preoccupazione sottile che gli si infilava nei pensieri, cercando di disperdere la sua felicità.

No si rifiutò Frank è solo ancora mezza addormentata. Nient'altro.

Alice però spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca con espressione mortificata e sconvolta.

«Oddio Frank! Ti avevo promesso che sarei venuta con te a Hogsmeade! Oh Godric!» esclamò orripilata, mentre il Corvonero individuato da Regulus era ormai arrivato alle sue spalle.

Frank scosse la testa lentamente, rifiutandosi di credere a ciò che stava succedendo.

Quello doveva essere un giorno perfetto, maledizione. Perfetto!

«Sei pronta Alice? Qualcosa non va?» domandò in quel momento il Corvonero, posando una mano sulla spalla della ragazza che si girò di scatto verso di lui, rossa fino alla punta delle orecchie.

«Oh Godric, Thomas! Io...oh sono una stupida!» gemette Alice, attirando l'attenzione delle sue amiche.

«Alice, qualche problema?» chiese cautamente Lily.

«Avevo promesso a Frank di andare a Hogsmeade con lui!» spiegò Alice. Le altre ci misero qualche istante a capire, ma poi la stessa identica espressione di imbarazzato orrore si dipinse sul loro viso, mentre Frank desiderava solo di poter scavare una fossa e sparirci dentro.

«E-ehi Alice, nessun problema. S-se vuoi andarci con T-Thomas non è un problema. Posso andarci con i Malandrini, va benissimo. Anzi davvero, vai con lui.» balbettò Frank, stringendo i denti per ricacciare indietro quella sensazione di essere appena stato pugnalato.

«Sei sicuro? Te l'avevo promesso!» ripeté ancora Alice, sconfortata.

«Davvero, nessun problema. Mi divertirò con i Malandrini.» la rassicurò Frank, soddisfatto almeno del tono deciso che era riuscito a sfoderare.

«Mi dispiace così tanto, Frank! Sarà per la prossima volta, promesso! Grazie, sei il migliore.» Alice si alzò di scatto e abbracciò Frank, baciandolo su una guancia. Poi salutò le altre e se ne andò via con il suo Thomas, lasciandosi dietro un silenzio imbarazzante.

«Frank...» tentò Sunshine, allungando una mano per posarla sul braccio del ragazzo, che però si scostò bruscamente e si sforzò di sorridere.

«Tutto ok, Sunshine. Ci vediamo.» salutò rigido, per poi avviarsi di nuovo verso i Malandrini, il mento alto e la schiena dritta, come gli ripeteva sempre sua madre.

Sentiva la tristezza, il senso di vuoto, la rabbia, il tradimento, investirlo ad ondate che lo scuotevano e lo facevano tremare, ma con uno sforzo di volontà le ricacciò indietro e sfoderò un mezzo sorriso.

«Ehi Frank, che è successo? Non dovevi andare a Hogsmeade con Alice?» chiese Remus sorpreso vedendolo sedersi di nuovo accanto a lui.

«Abbiamo cambiato idea.» rispose Frank con aria vaga, attaccando un muffin con violenza.

«Mi dispiace amico, andrà meglio la prossima volta.» disse soltanto Remus, dandogli una pacca sulla spalla comprensivo.

Frank addentò con rabbia il muffin, felice di aver imparato tanti anni prima come si faceva a non piangere.

I Malandrini non si fecero problemi ad invitarlo ad andare con loro al villaggio e anzi, notando che chiaramente c'era qualcosa che non andava, anche se Remus non voleva dire niente, Sirius e James si sforzarono in ogni modo di riportare il sorriso sul volto di Frank, che arrivò al villaggio ridendo, decisamente di umore migliore.

«Dove volete andare?» chiese Frank, guardandosi attorno, osservando la via principale piena di studenti che chiacchieravano allegri.

«E lo domandi? Dobbiamo fare scorta da Zonko.» rispose James con tono allegro, prendendolo sottobraccio e trascinandolo via.

Frank sorrise e si lasciò tirare, cercando di non pensare a niente.

Sirius canticchiava, Peter faceva la lista di tutto ciò che voleva comprare da Mielandia, Remus cercava inutilmente di farsi ascoltare, sostenendo di dover passare a comprare un libro e della pergamena nuova, James parlava a ruota libera sopra agli altri e Frank sorrideva, il sole tiepido che gli infastidiva gli occhi e i piedi gelati.

Poco dopo erano pressati tra le persone che affollavano Zonko, ma i Malandrini non sembravano curarsene e sgomitavano per farsi spazio, spuntando coscienziosamente le voci della loro lista infinita.

«Hai preso tu le gomme sbeffeggianti?» chiese Sirius, cercando di farsi sentire da James in mezzo a quel caos.

«Le ha Peter. Mancano ancora i puffotti canterini!» gli ricordò l'amico, le braccia cariche.

«Ehi Remus, ma a che cosa servono tutte quelle cose?» domandò piano Frank, sorpreso da tutto ciò che gli altri stavano comprando.

«A fare danni.» fu la risposta coincisa di Remus, chino su un espositore di inchiostri dalle varie caratteristiche (diventare invisibili, cambiare colore, muoversi...)

«Oh giusto.» borbottò Frank, senza nemmeno sapere perchè l'aveva chiesto: fare danni era quello che riusciva meglio ai Malandrini, dovevano essere attrezzati, giustamente.

«Sirius, vieni qui un attimo!» chiamò un secondo dopo Remus, analizzando alla luce una boccettina di inchiostro verde.

L'altro si presentò poco dopo, carico quanto James, e i due si misero a confabulare sottovoce, tanto che Frank rinunciò a cercare di seguire il discorso e si lasciò distrarre dagli oggetti che ticchettavano, sibilavano o facevano altri rumori inquietanti attorno a lui.

Con un moto di stizza pensò alla sua decisione di essere “più ribelle” quell'anno, con la speranza di riuscire anche a trovare il coraggio per chiedere ad Alice di uscire. Aveva trovato, più o meno, il coraggio ed ecco dov'era finito! Lei gli aveva dato buca per uscire con un Corvonero allampanato. A che serviva essere ribelli se quello era il risultato? Per quello che valeva poteva anche tornarsene ai suoi orari di sonno prestabiliti e alle tabelle di studio, abbandonare le battaglie con i cuscini con i Malandrini e ritornare a dormire in Sala Comune.

All'improvviso però James gli si avvicinò e, dopo aver abbandonato ogni cosa che aveva in mano a Peter, che ormai non riusciva quasi a vedere dove metteva i piedi, gli gettò un braccio attorno alle spalle.

«Ehi amico, le facce depresse non sono accettate oggi! Quindi tu ora vieni con me e compriamo un succo singhiozzante per quel Corvonero e magari anche un calice mordinaso.» esclamò, facendogli l'occhiolino.

Frank fu tentato di rifiutare, di fare il bravo ragazzo, ma poi si ricordò che neanche fare il bravo ragazzo aveva mai portato a niente. E almeno divertirsi con i Malandrini lo faceva sentire più felice.

«E una piuma imbrogliona.» aggiunse Sirius, accostandosi dall'altra parte, un sorriso identico a quello di James.

«Shampoo cambiacolore?» suggerì Remus, sollevando una boccetta con aria invitante.

«Ciambelle gonfianti.» propose Peter, indicando con un cenno della testa un espositore.

Frank sorrise e poi si morse un labbro per ricacciare indietro la frase sdolcinata che premeva per uscire.

«Andate a pagare, io arrivo subito.» disse invece, prendendo la boccetta dalle mani di Remus, raccogliendo una scatola di ciambelle gonfianti e dirigendosi con aria decisa verso lo scaffale dei succhi singhiozzanti.

«Così si fa, ragazzo!» gli gridò dietro con tono orgoglioso James.

«E Alice ha appena guadagnato un bel calice mordilingua.» stabilì Sirius, aggiungendo la scatolina al carico di Peter, che riuscì a non sbilanciarsi solo per miracolo.

 

**

 

«Frank Paciock! Mi hai appena rifilato un calice mordilingua? Se non ti volessi picchiare, ora ti abbraccerei!» strillò James, sporgendosi verso l'amico che rideva a crepapelle e colpendolo in testa con uno dei libri che si era comprato Remus.

«Non rovinare il mio libro, Jamie.» lo rimproverò ironicamente quello, prendendo un altro sorso della sua seconda burrobirra.

«Facciamo ubriacare Remus?» domandò Sirius, stravaccato sulla sedia, mezzo girato per sbirciare Rosmerta al bancone.

«Non ci provare.» lo ammonì Remus, stringendo il suo bicchiere al petto.

«Ciao ragazzi, che fate?» la voce di Sunshine fece voltare gli amici, che se la trovarono di fronte accompagnata da Lily e Marlene.

«Oh ciao Sun! Lily, tesoro, dove hai lasciato Mocci? McKinnon.» salutò James, portando la sua sedia più vicina a quella di Sirius per lasciare posto alle ragazze, che si accomodarono solo dopo che Sunshine le ebbe supplicate con lo sguardo.

«Volete qualcosa?» chiese Sirius, alzandosi, già pronto ad andare a prendere da bere.

«No, grazie.» rispose Lily fredda, le braccia incrociate e un'aria infastidita in volto.

«Per me e Sun due burrobirre, grazie Black.» disse invece Marlene, mentre Sirius se ne andava a passo svelto, il suo migliore sorriso ammaliante sulle labbra.

«Che problema ha?» chiese Sunshine, indicandolo con un cenno divertito della testa.

«Ci prova con Rosmerta.» la informò Remus, mentre James si sbellicava dalle risate.

«Non ha speranze.» stabilì Lily categorica.

«Ovviamente.» annuì James, ancora ridendo «Ma non credo che questo lo tratterrà dal provarci.»

«Da quanto siete qui?» chiese Sunshine divertita.

«Da un po'. Sirius ha fatto in tempo a fare già tre giri al bancone, quattro con il vostro. Voi dove siete state?» chiese a sua volta Remus.

«Un po' in giro. Siamo andate da Mielandia, alla Stamberga Strillante, all'Ufficio Postale e alla libreria.» li informò Marlene, nonostante lo sguardo di Lily che, seduta sul bordo della sedia, sembrava già impaziente di andarsene.

«Lily, cara, sicura che non vuoi niente?» domandò James, notando la sua irritazione e quindi calcando più del solito sul tono sdolcinato.

«Non chiamarmi così, Potter. E no, non voglio niente, grazie.» rispose fredda lei, lo sguardo fisso verso la porta e quindi non notando gli sguardi che si stavano scambiando Marlene, Sunshine e Remus.

Sunshine aveva fatto un cenno della testa verso Frank, che guardava Sirius parlare affabilmente con Rosmerta, Remus aveva scosso la testa, ma Marlene l'aveva scossa a sua volta e si era sporta leggermente in avanti, nonostante gli sguardi di disapprovazione degli altri due.

«Ehi Frank, mi dispiace per quello che ha fatto Alice oggi.» disse la ragazza, facendo voltare Frank che arrossì di colpo abbassando la testa.

«Oh, non preoccuparti Marlene. Va bene così, davvero. Mi sono divertito con loro oggi, non so al dire il vero cosa avrei fatto con lei. Ora che ci penso è molto meglio così.» rispose il ragazzo, ostentando un sorriso e annuendo alle sue stesse parole, mostrando sicurezza e convinzione.

«Bè questo non toglie che sia stata una vera...» sbottò Marlene, incrociando le braccia.

«Era una parolaccia quella che stavi per dire, McKinnon?» domandò Sirius interrompendola, porgendole la sua burrobirra.

«Assolutamente sì, Black. Come è andata con Rosmerta?» fece lei, senza battere ciglio.

«Molto bene, le piaccio, ma io non voglio farle illusioni: non posso stare con lei.» ribatté lui, senza nemmeno esitare.

Si guardarono seri negli occhi per un istante e poi scoppiarono a ridere, trascinandosi dietro anche gli altri, escluse Lily e Sunshine, che però sorrideva, alzando gli occhi al cielo.

«Ragazze, dovremmo andare.» sottolineò Lily, picchiettando a terra con un piede.

«Evans, sei pesante.» sbuffò James.

«Solo perchè, al contrario tuo, nella mia testa c'è qualcosa, Potter. E comunque non stavo parlando con te.» replicò secca lei.

«Ok ok, andiamo! Prima che vi scanniate..» affermò Sunshine, lasciando a metà la burrobirra e alzandosi di scatto, prendendo la borsa, imitata con sollecitudine dalla rossa e dopo un sospiro anche da Marlene.

«Ci vediamo a cena.» disse la bionda. I ragazzi salutarono e poi James e Sirius si misero a discutere sopra alla burrobirra lasciata a metà dalla ragazza.

«Mettiamo più distanza possibile tra me e loro, per favore. Un pomeriggio rovinato.» si lamentò Lily, scuotendo la testa e camminando decisa tra le persone che affollavano le strade.

Fu in quel momento che Sunshine scorse Jared tra la folla: con Mulciber, Avery e Regulus si dirigeva lentamente nella loro stessa direzione.

Bastò un sorriso, un gesto e lo vide fermarsi.

«Sapete una cosa? Ho deciso che voglio finirla io quella burrobirra.» disse Sunshine, interrompendo a metà Marlene che cercava di convincere per l'ennesima volta Lily che non era necessario essere sempre così freddi nei confronti dei Malandrini.

«Non credo tu abbia speranze di trovarla ancora, Sun.» considerò dubbiosa Lily.

«Vuol dire che me ne prenderanno un'altra.» replicò la biondina.

«Vuoi che ti accompagniamo?» chiese Marlene, pronta a tornare indietro al caldo.

«Non preoccupatevi, tornerò con loro. Voi andate pure.» le incoraggiò Sunshine.

«Ma..» provò a dire Lily.

«Ciao, a dopo!» salutò Sunshine senza lasciarla finire, girandosi e tornando indietro, lasciando le due amiche a scambiarsi sguardi perplessi.

«Veniamo anche noi.» stava dicendo esattamente nello stesso momento Avery poco più in là.

«Vedi Avery, non volevo dirtelo, ma io, al contrario di te, ho una ragazza che mi aspetta per pomiciare dietro l'angolo, quindi no, non venite anche voi. I Tre Manici di Scopa era solo una scusa. Contento ora? Tornatene al castello.» sbottò Jared, stufo di quell'insistenza.

Avery chiuse la bocca, offeso, mentre Mulciber la apriva, sorpreso. Regulus invece lo guardò male e poi annuì seccato, riprendendo la loro strada, seguito poco dopo dagli altri due senza nemmeno un'altra parola.

Pochi passi e Jared si sentì afferrare una mano e tirare in un vicolo.

«Potresti essere un malintenzionato, Sun, e volermi uccidere in questo vicolo buio.» rise Jared, posandole un bacio sulla guancia.

«Ma io non ti ucciderei mai in questo vicolo buio! Ti ucciderei dove tutti possono vedere la tua sconfitta.» replicò con una risata lei, aggrappandosi al suo braccio, prendendolo a braccetto e pizzicandogli il fianco.

«Sei malvagia.» sorrise lui, stringendola, alzandole il cappuccio del mantello e poi riportandola sulla strada principale.

«Lo so. E in questo momento mi sento anche molto ladra.» sussurrò lei, abbassando la testa quando passarono di fianco ad un gruppetto di ragazzi di Hogwarts.

«Vedi di non farti prendere dal tuo personaggio.» la ammonì scherzoso Jared.

«Cercherò di non farmi prendere la mano.» lo rassicurò lei.

E poi risero insieme, camminarono a braccetto e si sentirono felici per il resto del pomeriggio.

 

**

 

I Malandrini erano seduti in cerchio sul pavimento della camera e parlavano il più piano possibile per non svegliare Frank, che dormiva profondamente nel suo letto.

«Quindi ce l'hai fatta?» domandò James, osservando Remus che sussurrava qualcosa con la bacchetta puntata sulla pergamena.

«Non ancora.» sbuffò quello, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte e scuotendo la testa indispettito.

Sperava che, grazie all'inchiostro speciale che avevano comprato quel pomeriggio a Hogsmeade, far muovere le scritte sulla pergamena esattamente come voleva lui sarebbe stato più facile, ma a quanto pare non era poi così semplice.

«Fammi provare.» disse James, allungando la mano e afferrando la pergamena, su cui un puntino con su scritto Frank Paciock girovagava di sua volontà senza un percorso preciso.

«Ti ricordi l'incantesimo?» domandò dubbioso Remus.

«Ovvio.» ribatté l'altro con un mezzo sorriso, prima di concentrarsi e puntare la bacchetta.

Qualche tentativo dopo lanciò via la pergamena con rabbia, smozzicando maledizioni.

«Andiamo a letto? Ci proveremo domani.» suggerì Peter con un grosso sbadiglio, ma gli altri ormai erano fin troppo decisi a riuscire per rinunciare così.

«James riprendi la pergamena.» ordinò Sirius serio, afferrando la bacchetta con aria decisa.

«Vuoi..?» chiese James dubbioso quando la il foglio fu al centro del loro cerchio, il puntino che continuava la sua corsa senza meta,

«Speriamo di non far saltare in aria tutto.» rispose con un ghigno l'amico.

Si scambiarono uno sguardo e poi pronunciarono insieme l'incantesimo.

Il puntino si bloccò, tremò e poi scattò verso il centro del foglio, fermandosi.

Peter trattenne il respiro, mentre un sorriso trionfante cominciava a formarsi sulle labbra di James.

«Di nuovo.» mormorò Remus, indicando sé stesso.

Gli altri due annuirono mentre Peter scriveva Remus Lupin su un nuovo puntino.

Un respiro, uno sguardo, poche parole e poi il nome si muoveva attorno al nome di Frank, proprio come Remus si spostava attorno al letto dell'amico.

«Non posso crederci.» mormorò in un respiro Peter, gli occhi spalancati.

«Non possiamo farne uno ad uno però.» fece notare Sirius, non ancora convinto, nonostante la luce di soddisfazione negli occhi.

Per tutta risposta Remus gli lanciò un altra pergamena, con su scritta un incantesimo leggermente diversa dal precedente.

«Dovrebbe funzionare, dovete solo cambiare quelle parole.» spiegò.

«Prova con noi.» suggerì James incoraggiante.

Remus esitò, ma alla fine si arrese, sorridendo.

«Limitiamoci a questa camera, ok?» disse però, timoroso che un raggio più ampio avrebbe reso più complicato ancora l'incantesimo.

Pochi tentativi dopo, sulla pergamena c'era la piantina della loro camera con i loro nomi scritti su cinque piccoli cartigli che si muovevano insieme a loro.

«Non posso crederci.» ripeté Peter, saltando in piedi entusiasta.

«Modestamente, è stato grazie al mio contributo.» si vantò felice Sirius, beccandosi un cuscino in faccia.

«Ssssh, sveglierete Frank!» li zittì Remus, soffocando una risata e contemplando orgoglioso la pergamena.

«Potremo fare tutto il castello! Con tutte le persone! Sapremo sempre dove sono i professori, le ronde dei prefetti, Mocciosus...oh sarà stupendo!» esclamò con aspettativa James, un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

«Ma come faremo a fare tutto il castello? E poi servirà...» cominciò Sirius, ma Remus lo interruppe immediatamente.

«Una cosa alla volta. Ora andiamo a letto, domani vedremo.» disse , stiracchiandosi e sbadigliando, aiutando Peter a rialzarsi in piedi raccogliendo l'inchiostro e la pergamena.

«Non voglio andare a letto!» fece con aria petulante James, ma nessuno gli diede ascolto e alla fine rimase da solo, in piedi al centro di una stanza buia.

«Vai a letto, Jamie. Sai che Remus non ti lascerà dormire domani.» borbottò Sirius con voce strascicata.

Era stata una lunga giornata. Anche essere felici era faticoso dopotutto e, anche se passare tutto il giorno ad Hogsmeade era davvero bello, ora che erano a letto sentivano la stanchezza rendere il corpo pesante, le palpebre che si abbassavano e il sonno che si avvicinava, morbido e silenzioso.

Ma James voleva controllare una cosa, prima di lasciarsi avvolgere dalle dolci braccia di Morfeo.

Afferrò il Mantello e scivolò fuori dalla camera, scendendo alla luce fioca del fuoco nel camino della Sala Comune che andava spegnendosi.

Non si aspettava davvero di trovare Charlotte dopotutto, ma ormai andare a sedersi con lei sul pavimento polveroso di quella classe era diventata un'abitudine e gli piaceva, quindi perchè non tentare? Magari non era poi così stanca, magari avrebbe deciso di presentarsi lo stesso, magari l'avrebbe trovata già lì. Ci sperava al dire il vero. Ormai ogni notte aspettava con il fiato sospeso che i suoi amici si addormentassero per sgattaiolare via.

«Ciao.» la voce di Charlotte lo riscosse e lo fece voltare. Lei gli stava di fronte, i capelli raccolti in un ciuffo disordinato, infagottata in un maglione troppo grande e con un lieve sorriso sulle labbra.

Era bella, constatò James, per quella che era forse l'ennesima volta, sorridendo a sua volta.

Era bella, era dolce, aveva quel non so che di misterioso che gli faceva venire voglia di parlare con lei per ore e quell'aria sperduta che assumeva ogni tanto che gli faceva venire voglia di abbracciarla. E poi c'erano i momenti in cui tirava fuori gli artigli e allora voleva solo ridere e giocare con lei. E quando stringeva le labbra con aria pensosa...

Contieniti si ordinò mentalmente, aprendo la porta dell'aula.

«Uhm...non è che mi puoi offrire una cioccolata?» domandò lei esitante.

«E che ne sai che io sappia dove procurarmi una cioccolata a quest'ora?» replicò lui divertito, richiudendo però la porta.

«Per favore! James Potter, ricordi?» sbuffò con una risatina lei, dandogli poi una spinta leggera. «Forza sbruffone, cammina.»

«Come sei imperiosa!» la prese in giro lui, camminando con disinvoltura per i corridoi bui.

La risposta che si aspettava però non arrivò e James si voltò indietro preoccupato: l'aveva per caso offesa? O era rimasta indietro? Ma lei era lì, che camminava, ora con la testa bassa, dietro di lui, le mani infilate nelle maniche del maglione.

Cancellando l'esitazione che lo aveva frenato per un istante (oh avanti, lui era James Potter!), James rallentò leggermente e la prese sottobraccio, sorridendo in risposta al suo sguardo sorpreso.

«Andiamo a prendere quella cioccolata. Così potrai anche raccontarmi che cosa hai fatto oggi.» disse dolcemente, senza smettere per un secondo di sorridere. La sentì irrigidirsi, ma mantenne gli occhi fissi in quelli di lei e alla fine lei si sciolse in un piccolo sorriso.

«Andiamo.» annuì, allungando leggermente il passo.

Trovarono qualche elfo domestico pronto a portare loro la cioccolata e anche dei biscotti e rimasero a parlare fino a quando James non vide sparire completamente le nuvole dallo sguardo di Charlotte e poi fino a quando non riuscì a sostituirle con una luce allegra, poi la prese di nuovo sottobraccio e la accompagnò fino all'ingresso dei sotterranei.

«Non era necessario che mi riaccompagnassi fino quaggiù, Potter. Non sono una ragazzina.» puntualizzò lei, liberandosi dalla sua stretta con delicatezza.

«Lo so, ero io quello spaventato dall'andare in giro da solo.» ribatté lui con voce acuta, facendola ridere.

«Sei un pagliaccio, Potter. Vai a letto prima che decida di farti comparire una parrucca verde al posto di quel tuo cespuglio.» lo minacciò scherzosamente Charlotte.

«Non offendere i miei capelli!» esclamò James, portandosi una mano alla testa come a volerli difenderli, facendola ridere ancora. «Comunque buonanotte.» aggiunse poi.

«Buonanotte.» salutò lei.

James la vide fare qualche passo, poi fermarsi come se avesse cambiato idea e tornare indietro.

«Grazie.» sussurrò la ragazza senza guardarlo, le guance rosse, gli occhi a terra.

«Grazie a te.» replicò lui, poi si chinò in avanti, le lasciò un bacio sulla guancia calda e se ne andò via, le mani in tasca e gli occhiali appannati, sperando che lei non notasse il suo sorriso felice e perdendosi in questo modo il suo.

 

**

 

La colazione al tavolo di Grifondoro si animava sempre di più man mano che l'ora avanzava, facendosi più affollata e rumorosa, ma il vero passaggio da “stiamo ancora tutti dormendo” a “urliamoci da una parte all'altra della Sala Grande” avveniva quando entravano i Malandrini.

Anche quella domenica, quando finalmente si degnarono di unirsi ai loro compagni, si poté registrare un considerevole aumento del caos, cosa che infastidiva notevolmente i Corvonero silenziosi al tavolo vicino, ma ancora di più i Serpeverde, che trovavano molesto qualsiasi rumore la mattina.

Quindi, quando un forte strillo seguito da un'ondata di risate si levò dal tavolo rosso-oro, il resto dei ragazzi non fece niente di più che alzare gli occhi al cielo o sbuffare nervosamente, senza nemmeno degnare di un'occhiata Alice che, aiutata da Mary, si liberava del calice mordinaso.

Frank, seduto tra Remus e Lily, per qualche motivo a diversi posti di distanza da Sunshine, accomodata vicino a Marlene e Mary, rise con gli altri, sentendosi crudele e vergognoso.

Non gli piaceva vedere Alice arrossire tra le risate dei compagni, vederla abbassare la testa imbarazzata, massaggiarsi il naso rosso. Probabilmente Sirius avrebbe detto che era una femminuccia e James gli avrebbe dato del pappamolle, ma Frank non riusciva a starsene lì a ridere di lei, quindi si alzò e fece il giro del tavolo per avvicinarsi a lei.

«Ehi Alice, tutto bene?» domandò piano, accovacciandosi vicino a lei.

«E-ehi Frank. Solo uno stupido scherzo, non preoccuparti.» lo rassicurò con voce incerta lei, prima di riuscire a fargli un sorriso.

«Sicura?» chiese ancora lui, per niente convinto dal suo tono.

«Sicura. Scusa ancora per ieri.» cambiò argomento lei, arrossendo di nuovo.

«Smettila di scusarti! Va bene così, davvero. Tu ti sei divertita?» domandò Frank sorridendo. Come poteva dirle una qualsiasi altra cosa quando lei lo guardava con quell'aria dispiaciuta e imbarazzata?

«Non quanto mi aspettavo. Anzi, in realtà neanche un po'.» confessò Alice.

«Come mai?» si sorprese Frank, pensando allo stesso tempo a come dire a James e Sirius che aveva bisogno di dispetti decisamente più pesanti di uno shampoo cambiacolore se quello stupido Corvonero aveva reso infelice Alice.

«Vieni a fare una passeggiata con me?» domandò invece di rispondere Alice, alzandosi di colpo.

«Certo, come vuoi.» decisamente: qualcosa di molto più pesante.

Qualcosa come una trasformazione definitiva in un viscido verme pensò quando Alice gli rivelò di come Thomas le avesse detto di essere uscito con lei in gran parte solo perchè sperava che lei gli facesse conoscere Mary e mettesse una buona parola per lui, così che ci potesse provare.

«Vedi che succede a dimenticarsi di me, Prewett? Si impone ad un povero Corvonero il destino di una vita da invertebrato.» cercò di scherzare, i pugni stretti.

Poi però sentì Alice ridere e abbracciarlo e allora i pugni si rilassarono e il suo cuore batté più velocemente, per un altro motivo che non fosse la rabbia.

Proprio mentre Frank e Alice se ne andavano dalla Sala Grande, Jared ci stava entrando, andandosi ad accomodare di fianco ad un imbronciato, come sempre del resto, Regulus.

«Passami la marmellata.» ordinò come saluto il più piccolo.

«'Giorno anche a te.» ribatté ironico Jared, porgendogli ciò che gli aveva chiesto. «Qualcosa di interessante?» chiese poi, come ogni mattina.

«Forse. Guarda la Evans.» disse Regulus, indicando la chioma rossa della Grifondoro.

Jared si sforzò di capire che cosa volesse dire l'amico, ma niente: come al solito non riusciva a vedere ciò che poteva vedere l'altro.

«Che ha la Evans?» si arrese alla fine, lanciando anche in automatico un'occhiata a Piton, seduto poco più in là da solo.

«Non è seduta vicino alla Moor.» il nome venne pronunciato quasi come un insulto, ma Jared ci passò sopra senza pensarci.

«E allora?» chiese invece, ancora perso nell'oscurità.

«La Evans, che è amica di Piton, che ha scoperto che te la fai con la biondina, hai presente?» cercò di fargli capire Regulus.

Jared lo guardò per un secondo con gli occhi vuoti, poi però li spalancò improvvisamente, capendo dove l'amico volesse andare a parare.

«Credi che lui glielo abbia detto? Ma l'avevo minacciato! Credevo...» esalò Jared, esterrefatto.

«Non lo so. So solo che è strano e che è arrivata prima delle sue amiche, da sola, e non ha parlato con nessuno, o quasi, da quando si è seduta lì.» lo informò Regulus.

«L'hai osservata per bene.» insinuò l'altro, ritrovando per un attimo il suo solito ghigno e facendo arrossire il più piccolo.

«Vaffanculo. Comunque fossi in te cercherei di informarmi con Piton o almeno di controllare che cosa ha spifferato.» tagliò corto Regulus, ritornando alla sua colazione senza aggiungere altro, mentre l'altro si alzava con un sorriso inquietante e andava a sedersi di fianco a Piton, che sbiancò già dopo il saluto.

Dopo dieci minuti però Jared era di ritorno con aria irritata.

«Dice di non aver detto niente, ma che la Evans è intelligente abbastanza da farsi venire come minimo i dubbi sulle scomparse continue della sua amica.» informò Regulus, che nel frattempo aveva finito di mangiare e guardava con aria arcigna il tavolo rosso-oro.

«Bè allora immagino tu abbia dei problemi. Divertiti a risolverli con la tua biondina.» disse Regulus, per poi lasciarlo lì, deluso e ancora più irritato di prima.

Proprio in quel momento Lily si decise a lasciare da parte i suoi dubbi e di affrontarli, senza lasciare che la consumassero per il resto della giornata.

«Ehi Sun, puoi venire un attimo?» chiese, avvicinandosi all'amica che chiacchierava con Marlene.

«Oh ciao, Lils. Certo.» rispose perplessa lei, salutando l'altra ragazza e seguendo la rossa fuori dalla Sala Grande, seguite dagli occhi preoccupati di Jared.

Lily condusse l'amica fuori dalla Sala d'Ingresso, nell'aria fredda del parco prima di voltarsi, prendere un respiro e guardare l'amica dritta negli occhi.

«Dobbiamo parlare.»

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Non posso crederci di essere riuscita ad aggiornare così in fretta! Ma dopotutto in questa settimana non ho avuto poi molti impegni con la scuola e sono riuscita a scrivere, quindi yay! (Contribuisce anche il fatto che io non abbia una vita sociale, ma yay anche a questo dai) Comunque...

  1. Il mio piccolo Frankieeee! Voglio prenderlo e abbracciarlo per sempre, povero bimbo lui! Per fortuna che alla fine ci pensa Alice ad abbracciarlo....i miei bambini...ma perchè faccio loro del male? Sono cattiva

  2. Anche i Malandrini però hanno il loro grado di cucciolosità quando stanno con Frank <3

  3. Mi piacerebbe sapere che ne pensate del rapporto di Sun e Jared. Lei mente, ma con lui è felice...che sia una cosa buona o cattiva?

  4. Su James e Charlotte non ho niente da dire, a parte che aspetto i vostri scleri su quanto James sia solo di Lily, perchè li adoro ahahahah (*ride malignamente sotto ai baffi*)

  5. E ora che cosa succederà? Che Lily abbia davvero scoperto Sun e Jared?

  6. Grazie mille alle cucciole che hanno recensito lo scorso capitolo ossia: Jeis, elly_everdeen, _tribute_, jily_luma e la mia dolcissima marauder11! Voglio tanto tanto bene a tutte quante <3

  7. Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi fa piangere con i suoi poemi dolcissimi e mi fa dei regali stupendi che mi migliorano la giornata. Prima o poi (più prima che poi visto che adesso sono maggiorenne yay -.-) vengo ad abbracciarti e allora dovrai stare attenta, perchè non ti lacerò tanto presto

Un bacio a tutti quanti <3

*dD*

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Capitolo 10
*** Scoperte ***


 

 

 

Scoperte

 

 

 

 

«Dobbiamo parlare.»

Sunshine sentì un brivido a quelle parole. Non credeva che ne esistessero al mondo di più inquietanti, soprattutto dette con quel tono.

Lily la stava guardando negli occhi, ma Sunshine non riusciva ad interpretare il suo sguardo. Era arrabbiata con lei? Aveva scoperto qualcosa? Oppure aveva solo sospetti? Non lo sapeva.

«Dimmi Lils, qualcosa non va?» domandò con aria più innocente possibile.

La vide esitare, passarsi una mano tra i capelli. Era così grave la cosa?

«Sun, perchè non ti fidi di me?» domandò alla fine, con aria abbattuta, la rossa.

Oh no. Stava tentando l'approccio subdolo, usando i suoi sensi di colpa?

«Lils, lo sai che mi fido di te! Che cosa te lo fa dire?» protestò Sunshine, sorprendendo anche sé stessa per la sua faccia tosta, evidentemente migliorata nel tempo.

«Bè non mi dici che cosa fai quando sparisci e ci abbandoni per andare via con il tuo misterioso amico, mentendoci. Non dovrei cominciare a domandarmelo?»

Oh Lils, fai sparire quegli occhi da cucciolotto abbattuto, per favore! La supplicò con il pensiero Sunshine, ovviamente senza risultato.

«Io non vi abbandono! E comunque questo non vuol dire che io non mi fidi di voi!» cercò di ribattere, anche se ormai aveva capito che negare fino alla morte non era la giusta strategia da tenere contro Lily.

La rossa infatti abbandonò l'aria triste e sollevò la testa, uno sguardo severo negli occhi.

«Smettila di mentirmi, per favore. Credi che non sappia fare due più due? A Hogsmeade ci hai mollate per andare in giro con lui.» sbottò secca.

Sunshine arrossì, ma cercò in ogni modo di non sembrare colpevole.

«Perchè lo dici? Ero con..» tentò di difendersi.

«Non dire con i Malandrini, Moor. Sono tornati almeno dieci minuti prima di te e Peter ha detto che non ti avevano vista. Se devi mentire, almeno fatti coprire bene.» la interruppe Lily, gli occhi verdi taglienti come lame.

«Io non...» balbettò Sunshine, senza sapere cosa dire.

«Perchè fai così Sun? Non dicevi mai bugie una volta e ora le racconti a tutti noi? Ti costringe lui, chiunque sia, a farlo?» chiese Lily, la rabbia improvvisamente scomparsa, sostituita dalla preoccupazione.

«No!» esclamò subito Sunshine, mentre però la consapevolezza che sì, tutte quelle bugie le diceva per Jared, la faceva arrossire di nuovo.

«Sunshine, lo sai che non ho pregiudizi. Chiunque sia puoi dirmelo, non lo dirò a nessuno se non vuoi. Però non posso vederti cambiare così.» mormorò la rossa, allungandosi per metterle una mano sul braccio.

Questa volta però fu Sunshine ad alzare la testa con rabbia.

«Non ti piace come sono cambiata? Mi preferivi quando piangevo per qualsiasi cosa fosse anche solo lontanamente collegabile a Sam?» esclamò con forza, soffocando la consapevolezza della bassezza di quel colpo, così come soffocò il senso di colpa che la assalì quando vide Lily trasalire, colpita.

«No, Sun! Lo sai che non è così! Io sono felice di vederti di nuovo te stessa! Ma mentire, scappare così, tenere segreti...non è da te, Sun.» cercò di spiegarsi Lily, ma ormai Sunshine era arrabbiata e sapere che ciò che stava dicendo l'amica era la pura e fastidiosa verità, la fece solo innervosire ancora di più.

«Io tengo tutti i segreti che voglio, non sono tenuta a dirti tutto, Lily! E forse è così che è la vera me stessa. Lui mi fa sentire felice, se per esserlo devo mentire a voi lo farò.» sibilò velenosa.

«Quindi menti per lui.» poi un'improvvisa consapevolezza colpì Lily, facendola finalmente comprendere «Oh. È il tuo stalker. Ti ha detto chi è.»

«Esatto. E indovina un po'? Tu non lo saprai perchè non sono affari tuoi. Lui è riuscito a rendermi felice come voi non siete riusciti a fare. Ci vediamo a lezione, Lily.» la voce di Sunshine era gelida e tagliente come una lama, piena di una cattiveria che Lily non aveva mai sentito prima e che la fece sobbalzare.

Rimase immobile quando l'altra si girò e se ne ritornò dentro quasi correndo, congelata al suo posto.

Non poteva credere che la dolce, amorevole Sunshine le avesse appena detto una cosa del genere, non voleva crederci.

Le ci volle un attimo per riprendersi, ma poi una ferma decisione prese il posto dello sbalordimento e del dolore: avrebbe scoperto chi era qual verme che costringeva Sunshine a mentire e lo avrebbe appeso al soffitto per le orecchie.

Era quasi certa che fosse un Serpeverde ormai: era da loro ricorrere a certi sotterfugi, a certe menzogne.

Un Serpeverde...come Severus.

Bastò un attimo, una riflessione veloce: qualche minuto dopo arrivava tutta affannata in Biblioteca.

Sapeva che Severus avrebbe studiato quella mattina, sperava di trovarlo al loro solito tavolo per potergli parlare.

«Ciao Lily. Qualcosa non va?» chiese il ragazzo, alzando la testa dal libro che stava consultando, analizzando leggermente preoccupato l'aspetto della ragazza, senza fiato e spettinata.

«Ciao Sev. Devo chiederti una cosa.» ansimò lei, cercando di recuperare un ritmo di respiro normale, mentre l'amico le indicava con un gesto la sedia libera di fianco alla sua.

«Dimmi.» la voce di Severus era calma, con un tono appena interrogativo, ma la mente del ragazzo esaminava frettolosamente tutte le possibilità. Cosa poteva volergli chiedere? Aveva scoperto qualcosa sui libri che si era procurato di nascosto con Avery? Oppure...oh. Quella era l'opzione più probabile: doveva aver scoperto di McCroy e la Moor. E se fosse stato così...che le avrebbe detto? Che non ne sapeva niente, mentendo spudoratamente? O avrebbe inventato qualcosa?

Nel frattempo Lily cercava un modo per chiedere a Severus ciò che le interessava senza essere costretta a spiegargli tutta la storia.

«Allora...non so se ti avevo detto che in questi ultimi tempi Sunshine è un po' strana.» cominciò un po' esitante, gli occhi fissi su Severus per cogliere anche il più minimo cambio di espressione.

«Sì, me ne avevi accennato. Sta poco bene?» chiese il Serpeverde. Aveva indovinato allora, voleva sapere di McCroy. E ora che le avrebbe detto?

«Sì sì, sta bene, ma non vuole raccontarmi una cosa e io ho bisogno di saperlo. Per il suo bene.» disse Lily, sporgendosi in avanti.

«Sicura che sia per il suo bene, Lily? Forse se non vuole raccontartelo una ragione c'è.» cercò di farla ragionare Severus, senza lasciare trasparire neanche un accenno di ciò che realmente stava pensando.

«No, sono sicura che se io lo sapessi tutto andrebbe molto meglio!» si impuntò la ragazza, alzando leggermente la voce e ricevendo un'occhiataccia dalla bibliotecaria.

«E perchè lo dici a me? Non dovresti chiederlo a lei?» sospirò Severus, abbassando ancora di più la voce in risposta a quella più forte di lei.

«Ci ho provato, ma non mi ascolta e si è offesa. Però credo che tu possa aiutarmi.»

Ed eccola la parte difficile. Le avrebbe mentito o avrebbe tradito la promessa fatta a Jared?

«Dimmi.» cedette il ragazzo, chiudendo definitivamente il libro che aveva di fronte.

«Tu sai sempre tutto ciò che succede, non è che hai visto...qualcosa di strano tra i tuoi compagni di Casa?» chiese Lily, pur consapevole che, detta così, quella domanda non aveva molto senso.

«In che senso?» rispose infatti con aria perplessa Severus. Ma...era stata solo una sua impressione oppure Severus era diventato più teso?

Lily sospirò. Doveva entrare più nei dettagli, lo sapeva. Eppure...non sarebbe stato un po' come tradire il segreto di Sunshine? Però doveva farlo. Per lei.

«Sunshine ha un amico Serpeverde, ma non mi vuole dire chi sia. E lui la sta trasformando in una persona che non riconosco più. Quindi voglio sapere chi è che la costringe a mentire e a nascondersi per poterla aiutare.»

Severus dovette usare tutto il suo autocontrollo per non sobbalzare: non credeva che Lily sarebbe stata così diretta e soprattutto non immaginava che avrebbe deciso di raccontarglielo così presto.

«Io non so di che cosa tu stia parlando, Lily. Come dovrei saperlo io con chi va in giro Sunshine?» sperò che niente potesse trasparire dalla sua voce, ma Lily lo conosceva troppo bene per sperare che non avesse sentito il lieve tono di difesa che aveva assunto. La vide infatti stringere leggermente gli occhi e assottigliare le labbra prima di parlare.

«Avanti Sev! Avrai visto qualcosa, sentito qualcosa! Non è poi una cosa che passa inosservata, un Serpeverde che va in giro con una Grifondoro!» insistette Lily.

«Non credo che vadano “in giro”, sai? Per passare inosservati.» la corresse Severus.

«Ma tu devi sapere qualcosa!» sibilò Lily. Se Severus non sapeva davvero niente cosa avrebbe fatto? Aveva bisogno di sapere! E poi aveva la sensazione che in realtà Severus stesse solo mentendo e in realtà sapesse un sacco di cose, ma come fare a fargliele confessare?

«Lily, io non so niente. E, anche se sapessi, non trovo giusto che tu venga a saperlo se Sunshine non vuole dirtelo.» si rifiutò Severus. Solo un secondo troppo tardi si accorse che Lily poteva usare quella frase contro di lui, ma ormai l'aveva detto, non poteva tornare indietro.

«Se sapessi? Quindi ammetti di sapere qualcosa!» disse trionfante Lily.

«Ho detto “se sapessi”! Io non so niente, te l'ho detto.» si impuntò Severus. Non avrebbe detto niente. Anche se gli dispiaceva mentire così spudoratamente a Lily, non aveva intenzione di mettersi contro Jared.

Fu solo quando vide la rabbia farsi strada negli occhi verdi di Lily e le sue guance arrossarsi che si sentì un po' in colpa per quella menzogna. Dopotutto lei voleva solo aiutare la sua amica. Ora però era troppo tardi per ritirare ciò che aveva detto.

«Bene, sai una cosa, Severus? Se non mi vuoi aiutare e Sunshine rimane sulla sua stupida decisione di non dirmi nulla, allora dovrò arrangiarmi. Grazie mille per il tuo aiuto.» sibilò Lily, alzandosi di scatto e andandosene con aria impettita e offesa, senza notare l'espressione impassibile dell'altro cadere, sostituita da un'aria mortificata e stanca.

Lily uscì di fretta dalla biblioteca, irritata. Severus non voleva aiutarla e Sunshine non voleva dirle niente? Perfetto. Avrebbe fatto tutto da sola. Com'era quel vecchio detto? Chi fa per sé fa per tre? Bene. Avrebbe fatto da sola, avrebbe scoperto il misterioso amico di Sunshine e la avrebbe fatta ragionare.

Con gli occhi fissi a terra, persa nei suoi piani, Lily non si accorse di avere qualcuno davanti finchè non gli andò letteralmente addosso.

«Woah Evans, guarda dove vai!» esclamò Sirius, afferrandola per impedire che cadesse dopo essergli praticamente rimbalzata addosso.

«Scusa, Black.» mormorò lei, senza nemmeno guardarlo, liberandosi per riprendere la sua strada.

«Ehi Evans, ti senti bene?» chiese Sirius, sorpreso da quelle parole e dalla sua aria distratta.

«Come? Certo. Devo andare.» rispose Lily.

«Ma Evans...» niente da fare, Lily era già persa nei suoi pensieri e se ne stava andando, le sopracciglia aggrottate e gli occhi vuoti.

Sirius la guardò per un istante, ma poi alzò le spalle: che la rossa fosse pazza l'aveva sempre pensato e non erano affari suoi se oggi lo sembrava più del solito.

«Ehi Sirius, come mai ci hai messo tanto?» domandò Remus, quando Sirius si unì a lui e agli altri ad un tavolo della biblioteca, dalla parte opposta rispetto a quello che era appena stato abbandonato da Lily e ora anche da Severus.

«Ho incontrato la Evans. Non sembrava molto in sé, mi è venuta addosso, ma mi ha detto che stava bene quindi l'ho lasciata andare.» rispose l'altro, sedendosi e suscitando l'occhiata indignata di James.

«L'hai lasciata andare così?» sbottò infatti quello.

«Che dovevo fare, James? Prenderla di peso e portarla in Infermeria? O qui da te? La Evans può cavarsela da sola. Ora, qual è il piano?» tagliò corto Sirius, mentre Remus tirava fuori una lista dalla borsa.

«Voglio cercare una pianta della scuola, deve esserci da qualche parte. Anche incompleta, poi la completeremo, ma sarebbe più facile partire da una già fatta. E poi abbiamo bisogno di un incantesimo che la faccia sparire e ricomparire quando vogliamo noi, come ha proposto Peter. E un incantesimo che ci assicuri che ciò che mostra è sempre la verità.» ricapitolò Remus.

«Io cerco la pianta.» si prenotò Sirius, battendo sul tempo James.

«Bastardo. Allora io cerco quella cosa dello sparire e ricomparire.» sospirò James.

«E io l'altro. E tu che fai, Remus?» fece Peter, alzandosi insieme agli altri due per andare alla ricerca di ciò che serviva loro tra i polverosi scaffali.

«Io cerco un incantesimo per comprendere tutti i presenti con un solo incantesimo senza doverli, che so io, aggiungerli uno ad uno.» rispose Remus, poggiando sopra al tavolo una pila di libri che aveva già cercato.

«Ci vediamo tra un po'.» salutò Sirius, poi si divisero.

Peter raggiunse Remus dopo venti minuti e si seppellirono insieme nelle pagine dei libri, mentre James si unì a loro almeno mezz'ora dopo.

«Non ce la faccio più. Proviamo a vedere in questi, ma non sono molto fiducioso.» sbuffò, appoggiando sei grossi tomi di fianco agli altri che ricoprivano il tavolo e sedendosi con un sospiro.

«Peter ha trovato ciò che ci serviva.» lo informò Remus, senza nemmeno alzare gli occhi da ciò che stava leggendo.

«Buon per lui. Vuol dire che mi aiuterà qui.» ribatté James, spostando alcuni dei libri di fronte al povero Peter, che sperava di aver finito di scartabellare.

«Sirius si è perso?» chiese dieci minuti dopo Remus, alzando lo sguardo per cercare l'amico che non si vedeva da nessuna parte.

«Lo avranno mangiato i ragni.» rispose James con tono indifferente.

«James, è da un'ora che è sparito. Secondo me ci ha mollati.» insistette Remus.

«Ok, controllo, va bene?» cedette James con uno sbuffo, estraendo uno specchietto dalla tasca. «Sirius Black. Ehi Sirius, ci sei?»

«Sto soffocando, ma ci sono. Che succede?» rispose qualche attimo dopo la voce di Sirius.

«Niente, Remus credeva te la fossi svignata. Dove sei?» disse James in risposta, lanciando un'occhiata da “te l'avevo detto” a Remus.

«In qualche parte oscura e polverosa nei meandri della parte di Storia della Magia. Ho trovato qualcosa di interessante. Se mai riuscirò ad uscire da qui non ci ritornerò mai più, sappiatelo.» borbottò Sirius, tossendo.

«Non morire. Ci serve quello che hai trovato.» si raccomandò James, facendo ridacchiare Peter, coprendo così l'insulto di Sirius, per poi chiudere la conversazione.

Qualche minuto dopo Sirius si lasciò cadere sulla sedia di fianco a quella di James, i capelli pieni di polvere e le dita grigie, ma con dei rotoli di pergamena e due libri sotto al braccio.

«Sei sopravvissuto! Visto che succede a rubare il compito che volevo fare io?» lo prese in giro James, mentre Remus gli dava una ripulita con un semplice incantesimo.

«Ti ammazzo stanotte, Potter.» ringhiò Sirius, lanciando in mezzo al tavolo i rotoli di pergamena e un libro e tenendosi l'altro.

«Che c'è lì?» chiese immediatamente Peter, indicandolo.

«Un incantesimo interessante, ma che non ha niente a che fare con questo e che vorrei provare.» rispose Sirius, sfogliandolo in cerca della pagina giusta.

Remus invece si allungò sopra al tavolo per aprire le pergamene. Erano vecchie e rovinate, non erano precise e di sicuro non erano in scala, ma era un punto di partenza.

«Non sono un granché, vero, ma credo che potremmo lavorare su queste e sistemarle.» rifletté Remus, aggiungendo però un attimo dopo «Anche se io non sono molto bravo in queste cose.»

«Ho giocato mille volte a caccia al tesoro, me la cavo.» ribatté con noncuranza James, chino sul libro di Sirius.

«Perfetto. Avanti, che avete lì?» domandò Remus con un sospiro.

«Uhm..un incantesimo. Niente di che.» rispose James, chiudendo il libro di scatto e mettendolo sotto a un altro, impedendo a Remus anche solo di vederne il titolo.

«Che cosa state combinando, voi due?» chiese sospettoso il ragazzo, rinunciando però subito a recuperare il libro, viste le mani pronte di James.

«Niente. Allora, abbiamo tutto ciò che ci serve?» tagliò corto Sirius, prendendo la lista di Remus per controllarla.

«No. Manca l'incantesimo per farla apparire e scomparire quando vogliamo. E non riesco ancora a comprendere più di poche persone alla volta, l'incantesimo è troppo complicato.» si lamentò Remus, contrariato.

«Intanto possiamo metterci al lavoro con la mappa vera e propria però, no?» cercò di tirarlo su Peter, mentre James estraeva la bacchetta di nascosto e, con Sirius che faceva attentamente la guardia, sussurrava un incantesimo veloce.

Un secondo dopo le pergamene rovinate erano diventate quattro, due delle quali finirono discretamente nella borsa di Remus.

«Non credo sia permesso, sapete?» considerò Peter, mentre uno dei libri, quello più sospetto, subiva la stessa sorte. Gli altri li avrebbero presi in prestito.

«Neanche secondo me è permesso, ma neanche copiare in questo modo i compiti di Remus sarebbe permesso eppure lo facciamo lo stesso.» replicò Sirius, alzandosi con aria coraggiosa con le due pergamene in mano.

«Ritorni negli oscuri meandri?» domandò con una risata James.

«Se non tornerò vivo, bruciate le mie cose. Non voglio lasciare niente a nessuno di voi.» salutò con aria drammatica Sirius, prima di avviarsi con passo esageratamente spavaldo, facendo ridere gli amici.

Circa dieci minuti dopo era di ritorno, imprecante contro la polvere e i vecchi libri, ma sano e salvo.

«Proporrei di andare a pranzo e poi il dolce far niente fino a cena.» disse allegramente James, riportando il tono si voce ad un livello normale mentre lasciavano la biblioteca sotto le occhiatacce di Madama Pince.

«Non ci pensare nemmeno, James! Devi anche studiare ogni tanto sai?» lo riprese Remus severamente, sollevando un coro di sbuffi.

«Avanti, Remus! È domenica!» cercò di dissuaderlo Sirius.

«Proprio per questo dovreste studiare! Avete un pomeriggio libero che dovreste sfruttare per questo.» insistette, irremovibile, Remus.

«Ok va bene. Ora andiamo a mangiare, poi ci riposiamo, stai zitto non interrompermi, e poi facciamo un'ora di compiti, contento?» cedette James, ben consapevole della quantità di lavoro che si era accumulata nel corso della settimana.

«Andata.» acconsentì trionfante Remus.

Quando arrivarono nella Sala Grande si sedettero di fianco a Frank, che parlava del compito di Incantesimi con Alice, e non si accorsero nemmeno dell'assenza di Lily.

Sunshine invece, seduta di fianco a Marlene, lanciava sguardi e segni a Jared, accordandosi per incontrarsi quel pomeriggio.

Piton li guardò scambiarsi un ultimo sorriso prima di ritornare ai rispettivi piatti, chiedendosi se per caso non fosse suo dovere avvertire Jared dei sospetti di Lily. Per un secondo pensò di alzarsi e andare da lui, ma poi ci ripensò: non gli doveva un bel niente.

Chiusa in camera, seduta alla finestra, Lily cercava di decidere come muoversi.

Ormai aveva deciso che doveva scoprire chi fosse la persona con cui si incontrava Sunshine, ma come fare? L'opzione che le sembrava più realizzabile era seguirla quando scappava via per incontrarlo, ma non sarebbe stato facile.

Alla fine Lily scosse la testa e si alzò con un sospiro, passandosi una mano tra i capelli e camminando stancamente verso la porta.

Doveva parlare con Potter.

Lo trovò in Sala Comune, stranamente intento a fare i compiti sotto lo sguardo attento di Remus, in compagnia di un confuso Peter e di un più che annoiato Sirius.

«Potter.» chiamò seccamente, odiando lo stalker di Sunshine più che mai perchè la costringeva a fare una cosa del genere.

James alzò la testa di scatto, gli occhi spalancati.

«Non sono stato io.» esclamò senza nemmeno riflettere, con lo sguardo più innocente che riuscì a recuperare con così poco preavviso.

Lily alzò gli occhi al cielo e sbuffò leggermente.

«Non sono qui per questo. Devo chiederti...una cosa.» ribatté, esitando leggermente alla fine.

Se possibile, gli occhi di James si fecero ancora più grandi per la sorpresa.

«Wow Evans, questo è un grande giorno! Sirius segnalo sul calendario.» esclamò appena si fu ripreso.

«Smettila di fare l'idiota, Potter.» sbottò Lily, desiderosa di mettere fine a tutto quello il più presto possibile.

«Come desideri. Allora, di che hai bisogno, Lily cara?» chiese con un sorriso gigante l'altro, girandosi completamente verso di lei.

Lily fece una smorfia per come l'aveva appena chiamata, ma non commentò per non iniziare una discussione che sarebbe sicuramente finita male.

«Prima domanda: hai visto Sunshine?» domandò. Sapeva che era poco probabile che lui sapesse dove fosse o fosse diretta la ragazza, ma tanto valeva provare.

«L'ho vista andare in biblioteca dopo pranzo, ma non ho idea di dove sia ora.» rispose lui.

Lily cercò di ignorare gli occhi degli altri Malandrini fissi su di lei, ma non era molto facile non badare allo sguardo allucinato di Peter.

«Ok, grazie. Seconda domanda: se io volessi, come dire, seguire qualcuno, del tutto ipoteticamente, senza farmi vedere, come potrei fare? Non che io lo voglia mai fare, ma non si sa mai.» Lily sentì le sue guance farsi più calde man mano che si arrossavano sempre di più, accompagnate dallo sguardo divertito di James.

«Vuoi stalkerare qualcuno, Evans? Se vuoi sapere qualcosa su di me basta chiederlo, lo sai.» la prese in giro il ragazzo, che si stava godendo al massimo la situazione.

«Non voglio “stalkerare” proprio nessuno! E di sicuro non te, Potter!» si difese Lily. Se non le avesse dato una risposta chiara nel minor tempo possibile se ne sarebbe andata. E avrebbe trovato da sola il modo per restare nascosta.

«Oh e allora non ti serve nessun consiglio. Per seguire qualcuno in modo del tutto ipotetico non serve nascondersi.» fece James con tono beffardo, sorridendo amabilmente.

«Sai una cosa, Potter? Non mi servono i tuoi stupidi consigli, posso fare tutto benissimo da sola.» la sua pazienza era già stata messa sufficientemente alla prova per quel giorno, Potter poteva anche andare a buttarsi dalla finestra se voleva, lei non aveva bisogno del suo aiuto. Con un lampo di capelli rossi, la ragazza scappò via, ben decisa a non scambiare neanche un'altra parola con quell'invertebrato.

«Se avevi un'occasione per parlare tranquillamente con lei, l'hai persa amico.» disse Sirius, dando una pacca sulla spalla a James, che per tutta risposta fece spallucce.

«Non è colpa mia se è fuori di testa.» borbottò con noncuranza, cercando di non pensare all'aria leggermente sconvolta che aveva Lily. E doveva esserlo davvero, sconvolta, per andare a chiedere aiuto a lui. Chissà chi voleva pedinare.

«In realtà credo che sia un po' colpa tua, sai?» rifletté Remus, con aria fintamente pensosa.

«Remus, non distrarti e fai i compiti. Non vorrai mica trovarti costretto a farli di notte?» lo prese in giro James con voce pomposa, facendo ridere Sirius.

«Oh, taci.» sbottò Remus, abbassando di nuovo la testa sui suoi compiti per nascondere un sorriso.

Nel frattempo Lily si era fermata in un corridoio del secondo piano, cercando di pensare a dove sarebbe stato più facile trovare Sunshine.

Le opzioni erano tre: il parco, la biblioteca o qualche aula anonima che non sarebbe mai riuscita a trovare.

Con un sospiro si sedette sotto ad una finestra.

Vedere i Malandrini fare i compiti, per quanto assurdo potesse essere, le aveva ricordato la sua pila di lavoro che la aspettava. Forse avrebbe dovuto rimandare. Sunshine non avrebbe certo smesso di vedere il suo amico segreto da un giorno all'altro, purtroppo, quindi avrebbe potuto scoprirne l'identità anche un giorno successivo. Magari scoprire come si mettevano d'accordo sul luogo dei loro appuntamenti, oppure seguirla quando usciva da Dormitorio. Probabilmente sarebbe stato più facile agire così eppure....eppure mollare così, anche se si trattava solo di rimandare, le dava fastidio. Era come perdere e lei odiava perdere.

Così restava seduta, senza saper decidere che cosa fare e fu solo in seguito che, ripensandoci, benedì la sua testardaggine e la sua incapacità decisionale.

Perchè se ne stava lì, sola e in silenzio, quando sentì delle voci avvicinarsi.

All'inizio non ci diede peso, probabilmente era solo qualcuno che passava di lì, ma poi qualcuno rise e lei riconobbe Sunshine.

Non era possibile. Queste coincidenze esistevano solo nei libri. Nella vita vera non te ne stavi seduto a rimuginare e all'improvviso le soluzioni ai tuoi problemi ti cadevano in mano. Eppure era così.

Sentiva le voci di Sunshine e di un ragazzo farsi più vicine, tanto da riuscire anche a capire che cosa stavano dicendo.

«Non dovremmo essere qui, chiunque potrebbe vederci.» stava dicendo la voce maschile con tono preoccupato e lievemente pedante.

«Oh andiamo, chi vuoi che ci sia? E comunque non so come fai tu ad arrivare fino al parco, ma io devo camminare per i corridoi, sai?» ribatté Sunshine, a metà tra il divertito e l'esasperato.

«Sì, ma ci saremmo potuti incontrare direttamente lì. Se, come dici, Lily sta cominciando a sospettare forse...» tentò il ragazzo, ma Sunshine lo interruppe e Lily poté quasi immaginarla, mentre alzava gli occhi al cielo e aggrottava leggermente le sopracciglia.

«Smettila, Jared. Non capisco perchè tua sia così tanto preoccupato. Se ci dovesse vedere qualcuno mi urlerai addosso e faremo finta di litigare. Non vedo dove sia il problema.» mentire, fingere...era davvero Sunshine a proporre tutto quello?

«Non mi piace dover litigare con te, nemmeno per finta.» Lily sentì la voce ammorbidirsi e storse le labbra, infastidita dalla frase smielata e dalla risatina di Sunshine.

Con uno scatto si alzò in piedi e si infilò in una porta qualche metro più in là, sperando che i due non l'avessero sentita muoversi, anche se sinceramente sembravano troppo presi da loro stessi per notare il lieve suono dei suoi passi. Eppure...

«Hai sentito?» domandò la voce maschile, mentre Lily sentiva entrambi fermarsi di colpo.

«Io non ho sentito niente. C'è qualcuno?» il sussurro di Sunshine era appena udibile, dovevano essere quasi di fronte a lei ormai.

«Non lo so. Senti, è troppo rischioso, ci vediamo al parco tra poco, ok?» Lily sentì il nervosismo nella voce del ragazzo e si azzardò ad aprire di un pelo la porta. Le sembrava di riconoscerla ma...

«Ti preoccupi troppo, ma va bene. Non farmi aspettare.» acconsentì con un sospiro Sunshine. Lily si sporse leggermente, riuscendo a vedere i capelli biondi dell'amica.

«Non ti lascerei mai ad aspettare da sola al freddo. Ci vediamo dietro alla serra numero 3?» Lily sobbalzò. Non era possibile. Non poteva essere...eppure quella voce, quei capelli...

Girati, girati, maledizione! Esclamò nella sua testa la rossa.

«Va bene.» Sunshine si alzò sulle punte per baciare sulla guancia il ragazzo e poi se ne andò, guardandosi attorno con circospezione.

Appena la ragazza fu scomparsa, Lily vide l'altro muovere la testa, come se anche lui stesse analizzando ogni centimetro del corridoio.

E fu costretta a coprirsi la bocca con le mani quando vide Jared McCroy puntare i suoi occhi chiari dritti su di lei.

 

**

 

Lily se ne stava seduta sul letto, le coperte avvolte attorno alle gambe, raccolte al petto. Il suo stomaco brontolava, ma non aveva voglia di scendere a cena.

Ancora non poteva crederci: Sunshine mentiva e le evitava per andare in giro con Jared McCroy. Quello stesso McCroy che era sempre stato antipatico, se non addirittura crudele, con tutte loro, prendendo soprattutto in giro lei e Severus perchè passavano molto tempo insieme.

Non voleva crederci.

Doveva assolutamente parlare con Sunshine, quel ragazzo non poteva davvero essere sincero con lei, ma allo stesso tempo non aveva avuto il coraggio di vederla a cena.

Ancora non riusciva a capacitarsi di come Jared non l'avesse potuta vedere, quando si era voltato dalla sua parte. Era certa che sarebbe arrivato e l'avrebbe attaccata, o costretta a stare in silenzio, a non dire niente a nessuno, ma invece lui si era voltato dall'altra parte e se n'era andato.

Lily era rimasta immobile per qualche istante, convinta che sarebbe tornato, che l'avrebbe scoperta, ma non era successo niente.

Se n'era andato per davvero.

Non l'avevano scoperta.

Sembrava davvero impossibile, eppure ce l'aveva fatta: aveva scoperto chi era l'amico segreto di Sun e non si era nemmeno fatta beccare.

Eppure non si era sentita felice, né soddisfatta e sicuramente non sollevata.

Jared McCroy.

E ora come avrebbe fatto a parlarne con Sunshine senza litigare di nuovo?

All'improvviso sentì la porta aprirsi e sobbalzò, sorpresa: non si aspettava che arrivasse qualcuno, dovevano essere tutte a cena.

Eppure Sunshine era lì, con un piatto pieno di squisitezze e anche una fetta di dolce.

«Non sei venuta nemmeno a pranzo, non ti senti bene? Oppure hai solo deciso di morire di fame?» domandò dolcemente la ragazza, avvicinandosi e sedendosi accanto a lei, senza guardarla negli occhi.

«Non dovevi...» mormorò Lily, senza rispondere.

«Ero preoccupata. E volevo farmi perdonare per quello che ho detto stamattina, quindi...sì, dovevo.» sorrise Sunshine, arrossendo leggermente e sorridendole.

Lily sentì lo stomaco stringersi al pensiero che l'avrebbe fatta arrabbiare di nuovo molto presto, probabilmente, ma sorrise a sua volta e accettò il cibo con un cenno della testa.

«Bè, grazie allora.»

«Sicura di stare bene?» chiese ancora Sunshine, sedendosi meglio accanto a lei.

«Io..sì, sto bene.» rispose incerta Lily. Forse era meglio non parlarne dopotutto...

«Avanti, di cosa devi parlarmi? Oh, non fare quella faccia, ti conosco!» disse Sunshine, sorprendendola.

Lily esitò: non era pronta, non sapeva cosa dire, non sapeva come dirlo, ma...

«Ti arrabbierai con me probabilmente, ma oggi ho fatto una cosa.» iniziò, mentre Sunshine già si incupiva.

«Che hai fatto?» domandò, non sicura di volerlo davvero sapere.

Lily prese un respiro profondo: tanto valeva dirlo, ormai il danno era fatto. E forse poteva davvero sperare di risolvere qualcosa, o come minimo di far smettere Sunshine di dire tutte quelle bugie.

«Come sta il tuo amico Jared?»

 

**

 

Quella sera la camera dei Malandrini era stranamente silenziosa. Frank era in Sala Comune con Alice, Remus studiava, Peter leggeva un fumetto, James scriveva una lettera e Sirius era disteso a pancia in giù sul letto, intento a esaminare con attenzione una delle pergamene che avevano recuperato in biblioteca.

Cercava di capire se almeno le posizioni delle stanze e dei corridoi fossero precise, ma c'era qualcosa al secondo piano che non lo convinceva per niente.

Sbuffò e si strofinò gli occhi, rotolando sulla schiena e stiracchiandosi.

«Qualcosa non va?» domandò senza nemmeno alzare gli occhi Remus.

«Solo gente incapace di fare mappe.» rispose Sirius, riportando gli occhi sul foglio.

Non era possibile che quel corridoio fosse lì: davanti all'aula di Difesa c'era un solo corridoio, non due. E di sicuro non poteva essere così corto. O....

Sirius si mise a sedere di scatto, colpito da un'improvvisa illuminazione.

Il suo movimento repentino fece alzare la testa a Remus e anche James smise di scrivere, voltandosi verso di lui.

«Qualcosa non va?» ripeté Remus, questa volta con una nota di preoccupazione nella voce.

«No no. Venite qui a vedere una cosa!» esclamò frettolosamente Sirius, gesticolando con aria eccitata.

Gli amici si alzarono e lo raggiunsero, guardando con aria perplessa il punto indicato da Sirius.

«Non dovrebbe esserci un corridoio lì.» disse dopo qualche istante James, senza comunque capire dove volesse portarli Sirius con quel discorso.

«Infatti, non può esserci un corridoio lì. Eppure qui c'è. Quindi, o chiunque abbia disegnato questa mappa penosa ha fatto un errore clamoroso oppure...» Sirius lasciò la frase in sospeso, guardando con aspettativa gli amici per vedere chi ci sarebbe arrivato per primo.

«Oppure è un passaggio segreto!» esclamò James con entusiasmo, gli occhi che brillavano.

«Esatto!» rispose con lo stesso tono Sirius, felice che anche lui avesse avuto il suo stesso pensiero.

«Dobbiamo andare a vedere!» propose di slancio James, alzandosi e andando a recuperare la scarpa che era finita sotto al letto di Peter, mentre anche Sirius si alzava e cominciava ad arrotolare di nuovo la pergamena.

«Ragazzi, siete sicuri che sia una buona idea?» chiese dubbioso Remus, rubando la mappa a Sirius e riaprendola per osservarla meglio.

«La cosa peggiore che può capitare è che non ci sia niente, al massimo avremo fatto solo una passeggiata! Allora, venite?» li esortò Sirius, riprendendosela e tirando in piedi Peter.

Qualche minuto dopo se ne stavano di fronte alla porta dell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure e si guardavano attorno, come aspettando che il passaggio segreto spuntasse fuori di sua volontà da un momento all'altro.

Remus esaminava con attenzione la mappa, mentre Peter faceva il palo e gli altri due camminavano avanti e indietro per il corridoio.

«Dovrebbe essere qui!» sbuffò deluso Sirius, tamburellando su una parete con l'orecchio attaccato al muro.

«Magari questo tipo era solo stupido.» borbottò James, altrettanto abbattuto.

Sempre con gli occhi fissi sulla mappa, Remus fece un paio di passi avanti, fino ad essere esattamente davanti alla statua della strega guercia.

«Dovrebbe essere qui.» disse, mentre Sirius si avvicinava per battere sul pavimento.

«Ma qui non c'è niente.» si lamentò James, appoggiandosi alla statua e cercando di rubare la mappa a Remus, che però la portò lontana dalle sue grinfie senza nemmeno guardarlo.

«Non riesco a capire.» si arrese alla fine, infastidito.

Sirius si allungò per guardare il foglio da sopra la sua spalla.

«James, vieni qui e fai luce con la bacchetta.» ordinò, mentre Remus lo sentiva tendersi, la stretta sulla sua spalla che si faceva più forte.

«Trovato qualcosa?» domandò James, alzando la bacchetta per puntarla sulla pergamena.

«Lì! Cos'è? Prima non c'era.» indicò Sirius, puntando il dito su quella che sembrava una macchiolina dalla forma strana.

«Sembra una parola.» disse esitante James.

«Dis...audiuu?» tentò Sirius.

«Ci sono due esse. Dissaudiuu?» lo corresse James.

«C'è scritto Dissendium.» intervenne Peter, che aveva abbandonato il suo posto da palo per raggiungere gli amici.

Gli altri tre lo guardarono sorpreso e lui sorrise.

«Sono diventato bravo, dopo aver dovuto imparare a capire la scrittura di James.» scherzò, facendo ridere gli altri.

«Bene. E dopo aver scoperto questo talento di Peter e questa parola, che ne facciamo?» domandò Sirius.

«Dissendium.» provò James, guardandosi poi attorno per vedere se fosse successo qualcosa.

Niente.

«Dissendium.» lo imitò Sirius, agitando la bacchetta.

Niente.

«Dissendium.» tentò Remus, picchiettando sulla pergamena.

Niente.

«Dissendium?» disse esitante Peter, puntando la bacchetta verso il pavimento.

Niente.

Dopo aver provato almeno dieci combinazioni di toni di voce e movimenti diversi, Sirius si arrese, appoggiandosi sulla statua con aria irritata.

«Odio già questo passaggio segreto.» sbottò James, lasciandosi cadere a terra.

«Dissendium.» tentò per l'ultima volta Remus, picchiando la bacchetta, forse con fin troppa energia, sulla statua, facendo balzare di lato Sirius.

«L'hai rotta?» domandò, un po' stupidamente Peter, avvicinandosi.

Effettivamente la statua sembrava essersi spaccata in due, aprendosi e lasciando intravedere una fitta oscurità al suo interno.

«L'hai trovato!» esclamò invece Sirius, infilandosi dentro il passaggio senza pensarci due volte, mentre Remus si allungava troppo tardi per riuscire ad afferrarlo.

«Sirius!» lo rimproverò, riuscendo quindi a farsi sorpassare anche da James, che si infilò dietro all'amico.

«James!» chiamò con aria severa.

«Che aspettate?» disse in risposta la voce di Sirius, che rimbombò un poco nel lungo corridoio buio.

Un momento dopo stavano tutti camminando, le bacchette accese per illuminare il percorso, cercando di indovinare dove sarebbero sbucati.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

E finalmente ce l'ho fatta a pubblicare! Io mi dicevo “ci sono le vacanze di Pasqua, riuscirò a scrivere in quei giorni?!” e invece niente...comunque alla fine ce l'ho fatta e sono qui :)

  1. e così Lily dopo aver litigato con Sun (che è stata davvero stronza se posso permettermi di insultare il mio personaggio), con Severus (che povero cristo sceglie sempre di fare la cosa sbagliata) e con James (che brucia ogni possibilità di essere gentile con Lily) finalmente ha scoperto di Jared. Che pensate succederà ora?

  2. Sirius è sopravvissuto alla polvere della biblioteca e ora hanno anche scoperto il passaggio segreto che porta dritto dritto a Mielandia! E la Mappa si fa sempre più completa...

  3. In questo capitolo niente Frank e Alice...già mi mancano :(

  4. Grazie mille alle dolcissime persone che hanno recensito: jily_luma, bluelectra, Miss_Riddle Starkey, _tribute_ e la mia dolcissima marauder11. Grazie a tutte, vi adoro!

  5. Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi mantiene al giusto limite della pazzia senza lasciarmi recuperare abbastanza sanità da rendermi conto delle stupidate che scrivo <3

Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma ho delle settimane tremende che incombono quindi non prometto nulla!

Baci <3

*dD*

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Capitolo 11
*** Ma qua e là c'è serenità ***


 

 

 

 

Ma qua e là c'è serenità

 

 

 

Lily mescolava sovrappensiero il suo caffellatte, gli occhi persi nel vuoto. Non aveva dormito molto quella notte, troppo presa a riflettere su ciò che si erano dette lei e Sunshine.

Avevano parlato a lungo, discutendo, quasi litigando a momenti e rischiando di mettersi a piangere una sulla spalla dell'altra in altri. Quando le altre erano salite avevano fatto di tutto per comportarsi normalmente, con ben pochi risultati, solo per andare poi a parlare nella Sala Comune semi-deserta.

Sunshine le aveva raccontato di come neppure lei si fosse fidata di Jared all'inizio, ma anche di come lui fosse sempre gentile, simpatico e dolce. Lily l'aveva avvertita mille e mille volte del fatto che non ci si potesse fidare così di uno come lui. Sunshine le aveva rinfacciato di essere piena di pregiudizi e le aveva chiesto se avrebbe pensato la stessa cosa anche di Severus se non lo avesse conosciuto. Lily non aveva ceduto, ma alla fine si era lasciata prendere dai dubbi e Sunshine era riuscita a convincerla a non dire niente, a pensarci su e poi parlarne di nuovo.

E Lily aveva passato le seguenti, interminabili, ore a pensarci, finchè non si era addormentata, esausta. Solo il pensiero di doversi alzare da tavola per andare a lezione la faceva sentire spossata.

Si guardò attorno, uscendo per un momento dai suoi pensieri, e si sorprese dal vedere come il tavolo si fosse riempito senza che lei nemmeno se ne accorgesse.

C'erano Mary, Alice e Marlene, che quando lei era scesa non erano ancora pronte, Frank e i Malandrini, che davano fastidio per quanto erano svegli, e anche Sunshine, che invece aveva anche lei un'aria piuttosto assonnata. Non si era nemmeno accorta che Remus si era seduto di fronte a lei e che la ragazzina del primo anno seduta di fianco a lei se n'era andata.

Fu solo un momento di attenzione però, un secondo dopo era ripiombata nella sua personale nuvola di pensieri.

Nel frattempo, Remus aveva appena aperto il giornale che gli era caduto davanti, lasciato da un gufo, mentre Sirius guardava curioso il tavolo dei Corvonero.

«Che succede?» chiese James, accorgendosi degli sguardi dell'amico.

«Qualcosa non va al tavolo dei corvi. Perchè piangono?» fece notare Sirius, indicando con un cenno due ragazze che piangevano, circondate dalle amiche che le abbracciavano e sussurravano tra loro, mentre attorno a loro si spandeva solo un cupo silenzio.

«Prova a guardare qui.» intervenne Remus, lanciandogli il giornale, la cui prima pagina recitava: DUE AUROR UCCISI DA UN GRUPPO DI MISTERIOSI INDIVIDUI.

«Due Auror?» si preoccupò subito James, scorrendo velocemente l'articolo in cerca di nomi.

«Tom McCall e Mischelle Marshall.» lo informò Remus, riassumendo l'articolo «Un gruppo di individui mascherati, coperti da mantelli neri, ha attaccato i due Auror che stavano indagando su delle misteriosi sparizioni e che sono stati uccisi.»

«E questo cosa c'entra?» chiese Peter perplesso.

«Marissa McCall è la biondina alta del terzo anno di Corvonero, Pet. Suo padre?» fece cupo James, richiudendo il giornale.

«Credo di sì. Sono sicuro che la più piccola delle due che stanno piangendo sia sua sorella minore, mentre l'altra deve essere un'amica.» rispose Remus, tenendo il tono di voce più basso possibile.

«E Marissa dov'è? Ci ho parlato a Incantesimi, forse dovrei dirle qualcosa.» rifletté James, allungando il collo, ma non riuscendo a trovare la ragazza da nessuna parte.

«Credo sia nell'ufficio di Silente. Possiamo smetterla di spettegolare, per favore?» chiese frettolosamente Remus, a disagio.

«Non stiamo spettegolando!» insorse James, distogliendo gli occhi dal tavolo dei Corvonero per lanciare un'occhiata sdegnata e quasi offesa all'amico.

«Preferirei comunque smetterla. Invece che ne pensate dei “misteriosi individui”?» domandò Remus, cambiando velocemente il soggetto.

«Penso che quelli della Gazzetta siano troppo codardi per scrivere “Mangiamorte” in prima pagina e che accettino con entusiasmo mazzette e imbeccate dagli interessati.» sbottò James cupo, riprendendo in mano l'articolo per scorrerlo di nuovo con gli occhi.

«Parla piano, James.» intervenne Peter, guardandosi attorno. Nessuno però sembrava stare ascoltando quella conversazione.

«Perchè dovrei parlare piano? Questo affare grida Mangiamorte in ogni virgola e io non dovrei dirlo? Hai paura che qualche viscido Serpeverde vada a dirlo a papino?» insorse James, alzando leggermente la voce, irritato.

«No, ma comunque non dovresti parlarne con così tanta leggerezza, non ne sai abbastanza. Non ne sappiamo abbastanza.» si intromise Remus con tono ammonitore.

James ribatté con rabbia, ma con un tono un poco più basso, e Remus replicò a sua volta, restando più calmo possibile.

Sirius però non ascoltava. Teneva gli occhi fissi sulla figura di Regulus, intento a parlare con Jared, anche lui con un copia del giornale in mano.

Al contrario di suo fratello, che sembrava preoccupato o quantomeno teso, però Jared pareva eccitato e gesticolava leggermente, alzando la voce.

«Jared, abbassa la voce!» ripeté, per quella che forse era la quinta volta, Regulus, gettando un'occhiata ai compagni che li circondavano.

«Smettila, nano! Non sto facendo niente di male. Sto solo dicendo che...»ribatté Jared, irritato dall'atteggiamento dell'amico, che non sembrava preso quanto lui dalla notizia in prima pagina.

«Stai solo dicendo che cosa? Che sei felice che due Auror siano morti? Che stai dalla parte di quei tizi? Che approvi le idee di Voldemort?» sbottò Regulus, sbattendo il giornale sul tavolo.

«E se anche fosse? Le sue idee...» cominciò Jared, ma ancora un volta l'altro non lo lasciò finire.

«Le sue idee ti porteranno come minimo ad una punizione, se non abbassi la voce immediatamente!» sibilò il più piccolo, lanciando un'occhiata significativa agli insegnanti seduti a parlare tra di loro. La McGranitt e Silente sembravano immersi in una profonda e seria conversazione, anche se il mago continuava a mangiare tranquillamente la sua colazione.

Jared si zittì improvvisamente, guardandosi attorno sospettosamente.

«Non sto dicendo che è sbagliato, ma ne parliamo più tardi.» disse Regulus, con tono definitivo, alzandosi e andandosene, con appena un lieve cenno di saluto.

Odiava quando Jared si comportava in modo così sconsiderato. Dire che quegli Auror erano morti perchè si erano impicciati di affari che non li riguardavano? Ma che gli era passato per la testa?

Allo stesso tempo però...doveva ammettere che tutto ciò lo affascinava. Un grande mago con delle grandi idee pronto a dare il posto che spettava loro nel mondo, ai veri maghi purosangue....lo attraeva.

Mentre usciva dalla Sala Grande i ricordi delle conversazioni sentite a casa, tra Bellatrix, suo padre e i vari ospiti, soprattutto Lucius Malfoy, riguardanti appunto quel mago, quel Voldemort, e le sue grandi idee, lo distrassero, non facendogli notare lo sguardo di Sirius, ancora fisso su di lui.

«Ehi, Sirius, ci sei?» la voce di James si intromise nei pensieri di Sirius, che si voltò verso di lui con aria persa.

«Cosa?» chiese perplesso, scuotendo piano la testa e stringendo gli occhi, come per snebbiare la mente.

James lo guardò con attenzione e poi gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli rassicurante.

«Non farà niente di così stupido come appoggiare questa follia, Sirius.» mormorò Remus, che aveva colto anche lui i pensieri dell'amico.

«Oh, eccome se lo farà! Come se non avesse abbastanza esempi da seguire a casa!» sbottò acre Sirius, prima di ritrovare la sua solita aria sprezzante «Comunque non m'interessa. Di cosa stavate parlando?»

«Sirius....» tentò Remus, sporgendosi verso di lui, un po' preoccupato.

«No, Remus. Non mi metterò a preoccuparmi di questo. Non ho intenzione di preoccuparmi per lui.» tagliò corto Sirius, riprendendo la sua colazione.

Remus e James si lanciarono uno sguardo da sopra la sua testa, ma James scosse la testa e Remus sospirò. Non avrebbe mai parlato, e di sicuro non sarebbero riusciti ad avere con lui un discorso serio e profondo su Regulus, soprattutto non con tutte quelle persone attorno: continuare a provarci sarebbe stata una completa perdita di tempo.

Così Remus ficcò il giornale nella sua borsa e James cominciò a parlare a raffica di Quidditch, mentre Peter rinunciava all'ultima salsiccia sotto lo sguardo ammonitore di Sirius, che la rubò svelto.

Non voleva pensare a suo fratello, non voleva aver paura che andasse ancora di più sulla cattiva strada, ma non poteva impedirselo. Nonostante tutto, era ancora suo fratello e si preoccupava per lui.

«Non pensarci, andrà bene. E stasera abbiamo un impegno.» Sirius si girò verso James, che aveva abbassato improvvisamente la voce ad un sussurro, smettendo di parlare di Quidditch.

«Mi stai chiedendo un appuntamento, Potter?» chiese con un ghigno.

«Ovvio, caro. Passeggiare sotto alla luna quasi piena ti piace, no?» rispose James, sbattendo le ciglia esageratamente, ma nascondendo sotto al tono scherzoso una lieve preoccupazione.

«Non può essere già arrivato quel momento del mese.» si accigliò Sirius, lanciando un'occhiata a Remus, che sembrava effettivamente un po' pallido.

«La luna piena è domani. E stasera andiamo di nuovo nella Stanza che Appare e Scompare.» disse James, ritornando serio, mentre Sirius annuiva.

«Se non ce la facciamo in fretta ci rinuncio e mi do alla trasfigurazione umana.» sospirò Sirius, pur sapendo che non sarebbe stata per niente la stessa cosa. Però provare e riprovare senza quasi nessun risultato era dannatamente snervante! E ogni luna rendeva Remus più depresso.

«Oh, non siamo lontani. Hai sentito qualcosa l'altra volta, no?» lo incoraggiò James, ben deciso a non mollare.

«Sì, prurito al braccio, sai che grande miracolo!» si lamentò l'altro, strofinandoselo sovrappensiero.

«Per Remus.» gli ricordò James.

«Come sei dolce stamattina, Jamie. Che cosa c'era nel succo di zucca?» lo prese in giro Sirius, alzando di nuovo il tono di voce e sorridendo, lanciandogli però anche uno sguardo ammonitore, che James colse in tempo per non replicare in modo compromettente con Remus che era ritornato attento su di loro.

«Che avete da confabulare voi due?» chiese il ragazzo, sospettoso. Non era mai un buon segno quando quei due si mettevano a sussurrare così tra di loro: di solito finiva con un preciso Serpeverde ricoperto di schiuma o colpito da incantesimi strani, o con Corvonero urlanti o Tassorosso offesi, per non parlare dei Grifondoro furenti e degli insegnanti tremendamente seccati.

«Jamie mi stava confessando il suo amore. È così dolce che quasi mi dispiace dirgli che non è il mio tipo.» rispose Sirius, senza la minima incertezza.

«Non sono il tuo tipo? Io sono il tipo di tutti!» protestò James, incrociando le braccia offeso.

«Ok, è abbastanza. Andiamo a lezione prima che questa conversazione degeneri.» sospirò Remus, alzandosi in piedi con una smorfia.

«Tutto ok?» si preoccupò Peter, seguendolo.

«Tutto ok, non preoccuparti.» lo tranquillizzò Remus.

Solo la luna che mi maledice ogni mese.

Sirius e James si lanciarono un serio sguardo di intesa alle sue spalle, per poi ritornare a discutere sulla “tipaggine” di James.

 

**

 

James si sentiva troppo nervoso per riuscire a stare seduto con Charlotte e quindi camminava avanti e indietro nell'aula, tamburellando con le dita sui banchi, sfiorandoli piano. La luna piena si prendeva gioco di lui spargendo argento sul pavimento. Era tradizione passare quelle serate insieme a Sirius e Peter, aspettando il momento giusto per sgattaiolare in Infermeria per stare con Remus, ma Peter si era addormentato e Sirius era di un umore tremendo e voleva anche vedere Charlotte e...e si era ritrovato lì, a innervosire l'altra con la sua agitazione.

«Puoi stare fermo, per favore? Mi fai salire l'ansia.» sbottò dopo un po' la ragazza, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al muro.

James fu tentato di risponderle male, ma alla fine fece un respiro profondo e si sedette accanto a lei, continuando a tamburellare le dita, ma questa volta sul pavimento.

«Che cazzo c'è che non va? Non ti va di stare qui? Vattene. Ma per favore, smettila.» scattò Charlotte, riaprendo gli occhi e guardandolo male.

«Non è questo.» ribatté immediatamente James, sforzandosi di stare fermo.

«E che cosa c'è allora? Non hai ancora sparato nessuna battuta idiota come al solito. Sei arrabbiato?» domandò ancora la ragazza.

Sembrava così piccola sotto quegli occhi duri e l'espressione impassibile!

James si sforzò di sorridere e si avvicinò di più a lei.

«Il mio amico Remus non sta bene, sono solo preoccupato, niente di che. Distraimi.» Charlotte alzò un sopracciglio a quelle parole e James si sforzò di non pensare a quello che stava pensando.

«Come?» domandò Charlotte, uno sguardo strano negli occhi, la tensione tra loro che quasi si poteva tagliare.

«Raccontami qualcosa.» rispose in un mormorio James, senza staccare gli occhi da quelli di lei.

«Cosa?» chiese la ragazza in un sussurro ancora più basso.

James non rispose subito, trattenendo quasi il respiro, abbassandosi impercettibilmente verso di lei, sforzandosi di tenere gli occhi fissi in quelli di lei per non guardare le sue labbra rosse, sperando che nessuno dei suoi pensieri si potesse intuire dall'esterno. Alla fine però sbatté le palpebre e distolse lo sguardo. La tensione si spezzò quasi con uno schiocco udibile. La Serpeverde riprese a respirare, emettendo un inudibile sospiro tremante.

James chiuse gli occhi per un secondo, cercando di cancellare il momento appena passato, poi si girò di nuovo verso di lei con un mezzo sorriso.

«Raccontami come mai venivi qui. Prima di avere me come ottimo motivo, ovviamente.» suggerì.

Charlotte rilassò le spalle e gli diede un colpo leggero sul braccio.

«Idiota.» borbottò. Tuttavia non sorrideva, ma sembrava guardare lontano, indecisa se parlare o no.

James la guardò per un attimo ancora, poi distolse lo sguardo e lo puntò sui fasci argentei di luce di luna. Non aveva intenzione di dirle qualcosa di sdolcinato come “solo se te la senti, non devi dirmelo, se non vuoi”, ma non voleva nemmeno metterle fretta. Se avesse parlato, bene, altrimenti avrebbe trovato un altro argomento. O sarebbe tornato dagli altri, aspettando l'alba.

«Volevo restare sola.» disse dopo un lungo momento di silenzio Charlotte.

«Questo lo potevo capire anche da solo, ma perchè non stare da sola al caldo, per quanto possa fare caldo lì, della Sala Comune?» chiese James, sempre senza guardarla.

«Ci sono troppe persone lì. É una Sala Comune hai presente? E poi mi piace stare qui.» spiegò la ragazza, sperando che in qualche modo lui decidesse di lasciare cadere il discorso.

«Gran bel posto, davvero. Il molliccio di compagnia era un vero tocco di classe.» replicò invece sarcastico James.

«Quello non c'era prima. Ed è venuto fuori solo perchè ho sentito dei rumori nel cassetto e l'ho aperto.» puntualizzò piccata la Serpeverde.

«Certo, certo. Comunque non mi sembra un modo molto allegro per passare le serate. Farsi treccine a vicenda parlando di ragazzi non va più di moda?»

«Forse con i tuoi amici, Potter, ma io non ho mai fatto niente del genere.»

«Noiosa.» sbuffò con una mezza risata James.

«Comunque se avessi voluto una serata allegra non sarei venuta qui da sola, no?» fece notare Charlotte, dopo un altro lungo silenzio.

«Mi sembra giusto. Quindi sei stata fortunata che io sia arrivato a sollevarti il morale nelle tristi e solitarie ore notturne.» replicò James, guardandola con un sorriso malandrino sulle labbra.

«Oh sì, come farei senza di te?» chiese con sarcasmo la ragazza, lasciandosi sfuggire però un sorriso.

«Saresti persa, lo so.» rispose James.

Cadde di nuovo il silenzio. Nessuno dei due sembrava troppo propenso a spezzarlo, ma alla fine James parlò di nuovo, ponendo la domanda su cui aveva rimuginato per un po'.

«Vieni qui ancora per restare sola, per passare la serata in un modo non molto allegro?» domandò a bassa voce.

Charlotte esitò, non era sicura di voler dare una risposta a quella domanda. Né a sé stessa né a voce alta.

«Credi di essere così importante, Potter?» chiese, temporeggiando.

«Così e anche di più, ma non è questo il punto. Vuoi che me ne vada?» domandò di rimando lui, serio.

Charlotte ci pensò su. Normalmente la risposta sarebbe stata un fermo e secco “sì”, ma con James era diverso. Con lui non doveva fingere sorrisi.

«No.» rispose dopo un po', evitando il suo sguardo.

«Bene. Non me ne sarei andato comunque, sappilo. Ora è diventato il mio compito fare sì che tu non venga qui per sentirti triste e sola, no?»

«Questo è estremamente sdolcinato, Potter.» lo prese in giro Charlotte, spezzando la tensione.

«Io sono estremamente dolce, zuccherino.» ribatté civettuolo James, facendola ridere.

«Smettila o ti dovrò davvero cacciare.» lo minacciò scherzosamente lei.

«Allora forse dovrei corromperti con una cioccolata?» era un'offerta di pace quella: tu sei felice e io cambio discorso.

«Meglio per te, Potter.» Charlotte accettò la mano che il ragazzo le offriva per aiutarla ad alzarsi.

Già, un'offerta di pace. O qualcosa di più?

 

**

 

Peter trattenne il respiro, Sirius si sporse in avanti per vedere meglio e James sorrise con anticipazione.

Remus, con gesti esasperatamente esagerati e drammatici, aprì lentamente la pergamena che aveva appena estratto dalla sua borsa.

«Remus datti una mossa.» sbottò Sirius, ansioso.

Remus sorrise e poi, con un ultimo colpo secco, aprì completamente la pergamena di fronte agli occhi degli altri tre.

«Finita!» esclamò Peter, gli occhi spalancati.

«Ma quando?» chiese James, afferrandola e rigirandosela tra le mani.

«Ho trovato un ottimo incantesimo ieri in biblioteca e volevo farvi una sorpresa. Così quando siete sgattaiolati per andare nelle cucine senza di me...» spiegò Remus.

«Pensavamo dormissi!» si difese Peter, pensando alla sera prima e alla Stanza che Appare e Scopare.

«Sì certo, come se svegliarmi sia mai stato un problema.» ribatté Remus.

«Ehi, la luna era solo tre giorni fa, pensavamo volessi riposare.» intervenne Sirius a sostegno di Peter.

«Ma gente, state perdendo di vista il punto!» li richiamò James, gli occhi fissi sulla mappa, piena di punti che si spostavano, portandosi dietro il loro cartellino con su scritto il nome di ogni occupante della scuola.

«Il punto?» chiese confuso Peter.

«Alexandra Marget e Miles Garrison sono in uno sgabuzzino insieme! Credete che il suo fidanzato lo sappia?» li informò James, mentre Sirius si sporgeva sopra la sua spalla per adocchiare i due.

«Povero Luke Powert.» ghignò dopo un attimo.

«Oh guarda, la Evans sta facendo i compiti in biblioteca con Mocciosus, che cari.» notò ancora James.

«Questo incantesimo è duraturo, Rem?» indagò Peter.

«Dovrebbe.» rispose quello, più soddisfatto che mai dalle loro espressioni felici.

«Ma non sono sicuro sia perfetto. Non credo mostri sempre la verità.» disse Sirius con un tono di voce strano.

«Sono più che sicuro che mostri la verità, Sirius.» ribatté piccato Remus.

«Allora perchè dice che Sunshine Moor è con Jared McCroy?» domandò Sirius con aria dubbiosa.

I Malandrini si scambiarono uno sguardo, poi Remus sbuffò.

«Ok, va bene, cercherò di sistemarla.»

 

**

 

La neve imbiancava i prati di Hogwarts, incappucciandone i tetti e accumulandosi sugli spalti del campo di Quidditch. Natale era ormai vicino, mancavano solo pochi giorni all'inizio delle vacanze e l'aria festosa si poteva respirare in tutto il castello, addobbato dalle solite magnifiche decorazioni.

Il buio calava presto e, mentre Alice si avviava verso la biblioteca, dove avrebbe dovuto incontrarsi per fare i compiti di Incantesimi con Frank, le torce si erano già accese da un po', illuminando i corridoi con la loro calda luce arancione.

«Ehi, Ali.» salutò Frank, mentre la ragazza si sedeva al suo tavolo. Lei sorrise, pensando a come fosse carino che lui arrivasse sempre prima di lei, le riservasse un posto e la aiutasse con i libri: era sempre così gentile.

«Ciao, Frank. Dobbiamo proprio farli questi due rotoli di pergamena?» si lamentò subito, cercando di fare quegli occhi dolci che a Sunshine venivano tanto bene.

«Temo di sì, Ali.» rise Frank, sperando di non arrossire. O almeno di non arrossire troppo.

Alice sbuffò, ma poi cominciò ad estrarre dalla borsa tutto il necessario per fare i compiti, anche se non ne aveva la minima voglia. Voleva sedersi di fronte al fuoco, mangiando cioccolata e chiacchierando con Frank o le sue amiche, non starsene seduta nella fredda biblioteca a faticare sui libri!

«Manca ancora tanto a Natale?» domandò con un lamento dopo mezz'ora di lavoro, facendo di nuovo ridere Frank.

«L'hai chiesto anche dieci minuti fa, Ali, e mancano sempre tre giorni.» rispose lui, guardandola di sottecchi mentre si scostava una ciocca di capelli dalla fronte, portandosela dietro all'orecchio.

Com'era bella.

«Mi disapproveresti tanto se copiassi la fine da Lily?» chiese dopo un altro quarto d'ora la ragazza, guardando con disperazione i venti centimetri che le mancavano ancora per finire.

«Abbastanza.» scherzò il ragazzo, a cui mancavano solo pochi centimetri.

«E se lo chiedessi a te?» domandò ancora Alice, sbattendo le ciglia e sentendosi immensamente stupida, ma divertita.

«Avanti Ali, finisco qui e poi ti do una mano, ok?» si arrese Frank, maledendo mentalmente i begli occhi di lei e la sua dolcezza.

«Grazie, sei un tesoro!» esultò Alice, sporgendosi per baciarlo sulla guancia, appoggiando la piuma sul tavolo e stiracchiandosi.

Frank non disse niente, abbassando di colpo la testa. Cos'era, un miracolo di Natale? Era il secondo bacio che riceveva da Alice quel giorno e non era sicuro che il suo cuore avrebbe retto. Né lo era di riuscire a non dirle quanto lei gli piaceva, se continuava così.

«Qualcosa non va, fiocco di neve?» domandò dopo un secondo Alice, sottovoce, accorgendosi dell'espressione strana dell'amico.

Frank sollevò lo sguardo, per un attimo confuso e combattuto, ma poi sorrise e scosse la testa.

«Assolutamente niente. Finiamo questo e poi andiamo a mangiare cioccorane davanti ad un camino, avanti.»

Alice sorrise ancora perchè lui era così dolce e gentile e carino.

Ed era splendido, perchè lui sapeva sempre cosa lei voleva sentirsi dire.

 

**

 

Lily se ne stava seduta a leggere, rannicchiata sul davanzale di una finestra del primo piano. Avrebbe dovuto incontrarsi con Severus, ma lui si era ammalato e, dopo averle permesso di restare con lui per più di un'ora, Madama Chips l'aveva cacciata. Sunshine non si trovava (Lily rabbrividì al pensiero che molto probabilmente si trovava da qualche parte con McCroy), Alice era a studiare con Frank, Mary stava facendo i compiti con Emmeline e qualche Tassorosso in biblioteca e Marlene aveva da fare. Così lei si era ritrovata sola soletta nella Sala Comune troppo rumorosa e aveva deciso di trovarsi un bell'angolino silenzioso da qualche parte nel castello dove leggere in pace.

«Ehmm...ciao.» una voce la distrasse dalla lettura e Lily alzò gli occhi, leggermente infastidita, per trovarsi di fronte un ragazzo di Corvonero con cui aveva lavorato per un progetto di Difesa solo qualche giorno prima.

«Ehi, Aaron, come va?» salutò, raddrizzandosi in una posizione più composta, ma tenendo aperto il libro. Non aveva voglia di stare a parlare troppo a lungo.

«Bene, grazie. Tu?» e invece pareva proprio che lui volesse fare conversazione.

«Tutto bene. Posso aiutarti in qualche modo?» chiese Lily, cercando di essere gentile.

«Ecco, io volevo chiederti...non è che ti andrebbe di uscire con me ogni tanto?» domandò Aaron, sorridendo e arrossendo leggermente.

Lily spalancò gli occhi sorpresa. Quello non se lo aspettava.

Caspiterina, e adesso che doveva dire? Le dispiaceva rifiutare Aaron, dopotutto era carino, ma a dire la verità non era neanche poi così convinta di voler accettare.

Magari però conoscendolo...

«Certo, Aaron, mi farebbe davvero piacere.» rispose gentilmente, ricambiando il sorriso.

«Perfetto! Ti andrebbe di vederci domani? Potremmo fare un giro o magari trovare un posto in cui parlare o...» propose entusiasta lui, con un sorriso gigante un volto.

«Va benissimo, scegli pure tu.» lo fermò Lily, già dubbiosa della decisione appena presa.

«Perfetto!» ripeté il ragazzo, anche se ora c'era un lieve nota di incertezza nel suo entusiasmo «A domani, Lily!»

«A domani.»

Lily lo guardò andare via a passo svelto e lo salutò con la mano entrambe le volte in cui lui si girò a guardarla.

Che cosa era appena successo?

 

**

 

Sunshine giocherellava con la cravatta di Jared, mentre questo era impegnato nella lettura di un grosso libro.

O meglio, ci provava, ma la cosa non gli riusciva molto bene visto che Sunshine evidentemente non aveva voglia di studiare.

Jared alzò gli occhi al cielo e sbuffò piano, nascondendo un sorriso.

Sunshine alzò gli occhi e, accorgendosi della sua espressione, lasciò cadere la cravatta stropicciata sul petto dell'altro, allontanandosi.

«Non dovresti studiare anche tu?» domandò Jared, interiormente felice di poter fermare quella noiosissima lettura.

«Dovrei, ma domani è l'ultimo giorno!» si lagnò Sunshine, raccogliendo le ginocchia al petto e gettando un'occhiata sconsolata al libro di Trasfigurazione che se ne stava ben chiuso di fronte a lei.

«Come vuoi. Che hai voglia di fare, allora?» chiese Jared, chiudendo il libro e gettandolo via.

«Tu puoi continuare a leggere, se vuoi.» lo provocò la ragazza, arricciandosi una ciocca di capelli attorno all'indice.

Jared le lanciò uno sguardo sarcastico e la Grifondoro rise, alzandosi in piedi.

«Andiamo a fare un giro?» propose, già più felice.

«In giro?» le fece invece eco Jared, dubbioso. L'aula in cui si trovavano era vuota e tranquilla, ma in giro ci sarebbero state persone, sicuramente. Sunshine voleva davvero rischiare?

«Ok, capito. Che ne dici di andare fuori?» suggerì Sunshine, capendo i dubbi dell'amico.

«Non vorrei fartelo notare, Sun, ma fuori non solo è buio, ma c'è anche un discreto metro di neve.» rifiutò ancora Jared con un mezzo sorriso.

«Uff. E tu, niente da suggerire?» si arrese la ragazza, ripiombando seduta.

«Un'idea ce l'avrei. Pensavo di aspettare fino a domani, ma se non abbiamo nient'altro da fare...» sorrise Jared.

«Cosa?» domandò curiosa Sunshine, già con un mezza idea ed un sorriso.

«Torno subito.» esclamò Jared, alzandosi e correndo via, seguito dall'espressione divertita di Sunshine, che si alzò a sua volta e andò via, seppur con più calma.

Quando Jared tornò, Sunshine era di nuovo seduta esattamente nello stesso punto di prima, ma questa volta aveva un pacchetto ben nascosto nella borsa.

«Buon Natale.» sorrise Jared, porgendole un pacchettino incartato con luccicante carta rossa e verde.

Sunshine lo prese, lo rigirò da una parte all'altra e lo scosse leggermente. Niente, nessun rumore, nessuna impressione.

«Avanti, aprilo che aspetti?» la incoraggiò il ragazzo, divertito dalla sua esitazione.

La ragazza però, prima di scartarlo, alzò lo sguardo e porse un morbido pacchetto avvolto in carta bianca e blu a Jared, che spalancò gli occhi sorpreso.

«Pensavi non avessi niente per te, eh? E invece no, ti becchi anche tu il tuo regalo.» lo prese in giro la Grifondoro, cominciando ad aprire il suo.

Jared la guardò, la bocca semiaperta e il pacchetto (che ci sarà stato dentro? Un maglione?) tra le mani. Non si aspettava davvero che lei gli avesse preso qualcosa, ma evidentemente Regulus aveva avuto, come sempre, ragione: bisognava aspettarselo da lei.

«Non avresti dovuto.» mormorò, quasi timoroso di aprirlo, ma divorato dalla curiosità.

«Nemmeno tu.» replicò lei, togliendo la carta e trovandosi di fronte un'altra scatola.

«Finirà con un fazzolettino e diecimila scatole, vero?» rise, dandosi da fare per aprire anche quella.

«No, non proprio. Ma non volevo indovinassi subito che cosa ci fosse dentro.» rispose Jared con una smorfia.

Il suo pacchetto era quasi aperto e un tremendo, orribile e spaventoso dubbio cominciò ad insinuarsi piano nei suoi pensieri.

La forma, la morbidezza, quello che cominciava ad intravedersi...vuoi vedere che...?

Sunshine aprì la scatola e Jared tolse con un unico gesto la carta. Entrambi si trovarono sulle ginocchia una sciarpa, lei rossa e lui verde.

Si guardarono negli occhi, increduli.

«Non è possibile.» esalò Sunshine.

«Non ci credo.» le fece eco Jared.

Restarono un momento in silenzio, guardando le loro sciarpe e poi Sunshine cominciò a ridere a crepapelle, trascinandosi dietro Jared, nascondendosi il viso tra le mani, imbarazzata e divertita insieme.

«Non ci posso credere!» ripeté la ragazza alla fine, asciugandosi gli occhi lucidi dal gran ridere.

«Non capisco se siamo assolutamente uguali o assolutamente banali.» ansimò Jared, cercando di smettere di ridere.

«La seconda, temo, la seconda.» sospirò Sunshine, avvolgendosi la sciarpa attorno al collo e affondando la faccia nella lana morbida.

«Qualunque sia, mi piaceva la tua sciarpa, quindi sono contento di averne una anche io.» scherzò Jared.

«Idiota. Oddio, siamo due idioti!» gemette con un ultima risata mista ad un sospiro la Grifondoro, passandosi una mano tra i capelli per darsi una sistemata.

Jared però era impegnato a ringraziare mentalmente Regulus, le sue insane idee romantiche e i suoi piani B per prestarle attenzione.

«Avanti, dimentichiamo quest'avventura imbarazzante e vieni con me.» esclamò il ragazzo, alzandosi in piedi e aiutando l'amica a fare altrettanto, mentre metteva con cura la sua nuova sciarpa nella borsa.

«Dove andiamo?» chiese curiosa Sunshine, tenendo ben stretta la sua mano e seguendolo con aria circospetta fuori dall'aula.

«In Sala Grande a ballare sui tavoli.» rispose sarcastico Jared.

«Mi piacerebbe. Prima o poi lo facciamo.» replicò Sunshine, facendogli una linguaccia.

Jared le diede una spinta leggera e lei gli diede una gomitata, poi si affrettarono a fare le scale, prima che arrivasse qualcuno.

Corsero verso la Torre di Astronomia, ridendo e spingendosi, stando attenti ad evitare qualunque corridoio affollato, sfruttando tutte le scorciatoie e i passaggi nascosti conosciuti da Sunshine. Arrivati in cima, si misero a guardare fuori. La notte era fredda e limpida, solo qualche nuvola incupiva l'orizzonte e la neve brillava debolmente alla luce delle finestre.

«È tutto molto bello, ma che ci facciamo qui?» domandò Sunshine, rabbrividendo e stringendosi meglio al collo la sciarpa nuova.

Jared le sorrise e le porse il proprio mantello, che la ragazza accettò con gratitudine, poi appoggiò i gomiti sul davanzale, guardando il cielo.

«Sai la sciarpa non è stata certo la prima cosa che ho pensato di regalarti, per fortuna, ma era quella più semplice e quindi ho optato per quell'opzione. Forse avrei fatto meglio a non farlo, ma ormai è fatta.» mormorò piano.

Sunshine si appoggiò di fianco a lui, stringendosi al suo braccio.

«Non ci pensare, mi piace moltissimo.» lo consolò la ragazza con un sorriso.

«Ne sono felice.» disse il Serpeverde, che dopo un po' aggiunse «Sai, avrei voluto regalarti una stella.»

Sunshine spalancò gli occhi e lo guardò stupita.

«Una stella?» domandò, chiedendosi come ciò fosse possibile.

«Sì, ma poi ho cambiato idea. Anche perchè dopotutto un Raggio di Sole come te potrebbe solo farla scomparire, una stella.» continuò Jared.

«Esagerato.» ridacchiò Sunshine, arrossendo però al complimento, cercando di non fissarsi troppo sul nomignolo che le aveva dato prima suo padre e poi Sirius.

«Non sono mai esagerato quando parlo di te, Sun. Alla fine però, dato che non potevo regalarti una stella e nemmeno l'intero firmamento che meriteresti, ho deciso di portartene solo un pezzetto.» Jared si chinò per togliere una scatolina dalla borsa, che poi porse a Sunshine, che la aprì trattenendo il respiro.

All'interno c'era una collanina d'argento, con un pendente a forma di goccia il cui interno ospitava una pietra blu screziata, identica al cielo che stava sopra alle loro teste.

«Non dovevi, è troppo, io...» balbettò Sunshine, ammirandone la bellezza.

«Niente è mai troppo per te, ricordi? C'è un piccolo incantesimo sopra la pietra, se la strofini cambia.» la informò Jared, prendendole una mano tra le sue e facendole accarezzare un paio di volte la pietra, che un momento dopo non sembrava più un pezzo di firmamento ma un cielo azzurro d'estate, attraversato da un giallo raggio di sole.

«Il tuo firmamento e la tua luce, Sun, nelle tue mani.» concluse Jared.

Sunshine respirava appena, gli occhi spalancati e la bocca aperta a formare una piccola “o”.

«N-non so cosa dire. Io...grazie.» Sunshine abbracciò con forza Jared, commossa, lasciandogli un bacio sulla guancia.

«Buon Natale.» ripeté Jared al suo orecchio, aiutandola ad allacciare il ciondolo.

«Buon Natale anche a te.»

Sunshine lo lasciò andare e i due si appoggiarono di nuovo al davanzale. La ragazza appoggiò la testa sulla spalla del Serpeverde, guardando il cielo e tenendone al collo uno splendido angolo.

 

**

 

James era di buon'umore. In meno di due ore sarebbe stato un nuovo giorno, il che voleva dire che in meno di due ore sarebbe stato ufficialmente in vacanza, Sirius era riuscito a fare progressi nella trasformazione in Animagus (che animale poteva avere peli neri in tutto il corpo? Era stato molto più che divertente) e a lui erano spuntati due zoccoli e non solo erano riusciti a fare sparire tutto, ma ad un secondo tentativo erano riusciti a farli ricomparire di nuovo. E poi Natale lo rendeva sempre felice, con quell'aria di felicità che si spargeva, senza quasi che nessuno se ne accorgesse, per tutto il castello. E infine stava andando da Charlotte.

«Ciao.» salutò allegramente, sedendosi accanto alla ragazza, che lo aspettava dondolando le gambe seduta su un banco.

«Ciao. Come mai tutta questa allegria? Felice di non vedermi per qualche giorno?» chiese lei, facendogli spazio.

«Come no, Rosier. L'unico motivo per cui sono qui è poterti salutare con il pensiero di non vederti per un po'.» ribatté ironico James, stando attento a non sedersi sul pacchetto che teneva nascosto sotto al mantello.

«Lo sospettavo.» rise lei, con una punta di malinconia quasi inavvertibile nella voce.

«Guarda, ne sono così felice che ti ho anche portato un regalo d'addio.» disse James, estraendo con gesto teatrale il pacchetto.

Charlotte spalancò gli occhi, presa assolutamente alla sprovvista.

«Ma cosa...? I-io non..non ho...» balbettò, arrossendo e allontanandolo con una mano, quasi fosse pericoloso.

«Ehi. Non importa, anzi mi sarei arrabbiato se mi avessi preso qualcosa perchè sarei sembrato meno spettacoloso io.» la tranquillizzò James, mettendole il regalo in grembo.

«Ma no, non posso.» cercò di resistere la ragazza.

«Aprilo e capirai che puoi, te lo assicuro. Puoi.» la incoraggio James ridendo.

Esitando, Charlotte disfece il pacchetto, trovando un paio di guanti verdi, viola e gialli e scoppiando a ridere, nonostante l'imbarazzo che ancora la bloccava.

«Che c'è da ridere?» chiese, fingendosi offeso, James.

«Guanti, Potter? Davvero? E di questi colori?» lo prese in giro la ragazza, sventolandoglieli sotto al naso.

«Cosa c'è che non va in quei colori?» ribatté James, incrociando le braccia «E poi ti serve un paio di guanti: hai sempre le mani gelate quando te le tocco.»

«E quando me le toccheresti, scusa?» domandò Charlotte, tuttavia arrossendo di nuovo.

«Tu non te ne accorgi.» si impuntò James, felice di averle fatto dimenticare il fatto che lei non gli aveva preso niente.

«Sono le mie mani, come faccio a non accorgermene?» indagò la ragazza, infilandosi in guanti e ammirandoli, ridendo ancora.

James sorrise e prima di ribattere (come osava offendere i suoi guanti? E dire che non conosceva la temperatura delle sue mani, poi!) pensò ancora che sì, era davvero una sera felice.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Salve :) sono un po' in ritardo, lo so, ma prima sono stata male (ç____ç) e poi queste settimane sono un incubo davvero con la scuola quindi non so neanche quando sono riuscita a trovare il tempo per scrivere e quando riuscirò a trovarlo ancora! Comunque...

  1. Lily ha scoperto di Jared ma le acque sembrano essersi calmate di nuovo. Che sia vero?

  2. Forse è un po' presto per fare cominciare gli attacchi dei Mangiamorte, ma trovo assurdo che a così pochi anni di distanza dall'effettivo inizio della guerra non ci siano quasi segni dell'esistenza di Voldemort e dei suoi compari quindi qualche accenno ogni tanto mi sembra dovuto...e poi è servito a mostrare quanto è cucciolo James quindi... ;)

  3. La Mappa è finita! Cioè non proprio finita finita come la conosciamo noi e come la conoscerà poi Harry, ma siamo già a un buon punto no? E Sun ha rischiato davvero questa volta!

  4. Non m'interessa se non li shippa quasi nessuno qui, Charlotte e James sono cari <3

  5. E anche Frank e Alice

  6. Sunshine e Jared invece sono la sdolcinatezza più zuccherosa dell'universo...voi ce ne pensate di loro?

  7. Un grazie e tanti abbracci alle splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo: bluelectra, Miss_Riddle Starkey, _tribute_, LisaJackson e la mia dolcissima marauder11. Giuro che vi rispondo appena trovo un minuto libero!!

  8. Un grazie speciale alle mia AleJackon perchè è lei e basta <3

Un bacio a tutti <3

*dD*

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Capitolo 12
*** Nel buio della notte ***


 

 

 

Nel buio della notte

 

 

 

 

L'oscurità della notte ricopriva in un gelido mantello Hogwarts. Tutti dormivano.

O meglio, quasi tutti. Un gufo stava uscendo in quel momento dal suo nido su una trave del soffitto della Guferia per cacciare, Pix saltellava sui banchi dell'aula di Incantesimi e Remus Lupin teneva gli occhi fissi sul pavimento dell'Infermeria.

Quell'ultima luna piena era stata tremenda, ancora più dolorosa e stancante del solito. Quando si era risvegliato, raggomitolato, nudo, sul pavimento polveroso della Stamberga, non era riuscito a muoversi per diversi, lunghissimi, minuti, sentendosi come se qualcuno si fosse divertito a spezzargli ogni singolo osso che aveva in corpo. Ogni respiro era un'agonia, ogni movimento una tortura. Inerme, era riuscito solo a coprirsi con il mantello che nascondeva dietro a delle travi smosse insieme alla bacchetta, prima di addormentarsi profondamente, o forse svenendo per il dolore e la spossatezza.

Si era risvegliato attorno all'ora di pranzo, trovando Peter pronto a passargli una pozione per il mal di testa.

Aveva dormito per quasi tutto il giorno e ora non riusciva più a farlo. Madama Chips, contrariamente dal solito, lo aveva costretto a stare un'altra notte in Infermeria.

Remus aveva protestato, ma in fondo era stato grato del silenzio e della solitaria tranquillità del grande locale, occupato solo da lui.

Ora però, dopo aver tentato per diverse ore di convincersi ad addormentarsi, si era arreso e, seduto dritto sul letto con il cuscino dietro alla schiena, lasciava vagare i pensieri, senza soffermarsi su niente in particolare.

Le vacanze erano finite da qualche giorno (chissà se qualcuno si sarebbe chiesto come mai, appena tornato a scuola, fosse subito finito in Infermeria?) e, sebbene fosse contento di essere di nuovo insieme ai suoi amici che, per quanto breve potesse essere stata la separazione, gli erano mancati, i suoi genitori gli mancavano già. Soprattutto sua madre, con i suoi caldi abbracci, il suo profumo e i suoi pranzetti deliziosi.

Era una delle cose che odiava di più dell'essere a Hogwarts, passare così tanto tempo lontano da sua madre. Si ricordava dei tempi felici, prima di essere morso, in cui era molto più unito a suo padre che a sua madre, ma le cose erano cambiate dopo quel terribile avvenimento. Suo padre si era chiuso in sé stesso, roso dal senso di colpa, e sua madre si era fatta sempre più dolce, apprensiva e affettuosa. Quando era a casa non lo lasciava mai un momento, facendosi raccontare ogni cosa della vita lontana del figlio, anche le cose che conosceva già, preparandogli gustosi pranzi e cercando di dargli ogni cosa di cui potesse avere bisogno. Dopo qualche giorno, Remus cominciava a trovare quel comportamento un po' soffocante, ma appena tornava a Hogwarts si rendeva conto di quanto in realtà lo facesse sentire al sicuro e amato.

Con un sospiro, Remus lisciò sovrappensiero le coperte, sentendo crepitare dei fogli tra le lenzuola.

Oh giusto, aveva lasciato cadere lì le lettere che aveva trovato nel libro di Trasfigurazione che aveva aperto dopo cena, ma che non era riuscito a leggere per più di dieci minuti prima di ritrovarsi con i Malandrini ai piedi del letto.

Alla luce debole della luna non riusciva a leggerle, ma le aveva riguardate talmente spesso durante i pochi giorni di vacanza che le sapeva quasi a memoria.

C'era James che scriveva di allegre giornate con la sua famiglia e i suoi amici, anche se con un lieve nota triste: Jo se n'è andata. Una notte non è tornata a casa e nemmeno quella successiva. Ha cominciato a non andare più a scuola e a non chiamare più Caroline. Se n'è andata, forse con qualcuno, e di lei non si è più saputo niente.

Remus si domandò distrattamente, per l'ennesima volta da quando aveva ricevuto quella notizia, dove fosse finita la ragazza. Non erano mai stati molto amici, dopotutto si erano conosciuti molto poco e lei aveva avuto rapporti decisamente più stretti con Sirius che con lui, ma questo non voleva dire che non si preoccupasse un po' per lei, una ragazza sola a vagare per il mondo. Sapeva, dai racconti di James, che già da tempo era cambiata e sapeva che Sirius non aveva più il minimo legame con lei, o almeno questo era quello che diceva lui, ma non riusciva comunque a capire che cosa l'avesse spinta a scappare così, fuggendo da una famiglia affettuosa come quella dei Potter, che l'avevano accolta senza neanche una domanda, senza nemmeno ringraziarli.

Il ragazzo scosse la testa, accarezzando con le dita la lettera di James, sentendo i solchi in cui la piuma era penetrata più a fondo nella carta. Conosceva i suoi amici, le loro famiglie e le loro abitudini così bene che, anche se non le avesse mai tenute in mano prima, avrebbe potuto riconoscere le rispettive lettere a occhi chiusi. James aveva la lettera un po' stropicciata, la pergamena ruvida e le parole quasi incise nella carta, con i punti che quasi bucavano il foglio. Peter invece aveva la pergamena sottile, poco costosa, che ogni tanto aveva un leggero profumo di violetta unito a quello dell'inchiostro, dovuto probabilmente al fatto che la conservava vicino a quella di sua madre. Peter cercava sempre di essere allegro e positivo nelle sue lettere, anche se tra le righe traspariva sempre qualche sentimento nascosto. Ogni tanto era la paura dei suoi coetanei, che lo assaliva quando era lontano da qualcuno che potesse difenderlo come facevano Sirius e James, ma che veniva coperta orgogliosamente. Ogni tanto era la noia e quasi l'irritazione che provava quando era a casa con sua madre, a cui voleva bene, ma che ogni tanto trovava troppo soffocante e banale. Ogni tanto invece era la solitudine, la malinconia. Eppure, tutto quanto veniva nascosto sotto racconti leggeri e divertenti, con molto più coraggio di quanto sembrasse attribuibile a Peter.

Le lettere di Sirius invece erano una contraddizione, quanto la persona che le scriveva. Insulti alla sua famiglia, rabbia a malapena contenuta, noia, malcelata tristezza e tagliente sarcasmo venivano fissati con scrittura elegante sulla raffinata carta da lettere con lo stemma, spesso “corretto” dalla mano di Sirius, dei Black. Sirius ironizzava sulla sua forzata permanenza nella sua camera dicendo che probabilmente lo facevano perchè era troppo bello per loro. Poi scherzava sulla lunghezza dei suoi capelli (“La mia dolcissima madre dice che ho i capelli troppo lunghi e che se non me li taglierò io, lo farà lei e mi troverò pelato. Che cara.”), mescolando alla battuta l'odio che provava per quella casa. Le sue lettere profumavano di Sirius e avevano un gusto dolceamaro.

Remus piegò le lettere e le infilò sotto al cuscino, desiderando di sapere che ore fossero. Doveva essere molto tardi, comunque, forse avrebbe dovuto provare di nuovo a dormire.

Il ragazzo appoggiò la testa al cuscino, si raggomitolò, avvolgendosi strettamente nelle coperte e, riscaldato dalle presenze dei suoi amici, riuscì finalmente ad addormentarsi.

 

**

 

Regulus era in Sala Comune, seduto in una poltrona solitaria con un libro sulle ginocchia. Tuttavia non sembrava molto preso dalla lettura, visto che sollevava gli occhi dalle pagine a intervalli regolari per controllare l'ingresso nascosto nella parete per vedere se per caso fosse entrato qualcuno e sbuffava contrariato ogni volta che non vedeva ciò che voleva.

Ad un certo punto aveva quasi rinunciato e stava per alzarsi e andarsene in camera, quando Severus Piton si sedette nella poltrona vicina alla sua.

«Che vuoi, Piton?» chiese il più piccolo, restando seduto, ma con l'evidente desiderio di andarsene.

«Dov'è McCroy?» domandò a sua volta Severus, neanche lui sembrando troppo felice di stare lì.

«In giro, lo stavo aspettando mezz'ora fa, ma non è ancora arrivato.» rispose irritato Regulus, lanciando un'altra occhiata al passaggio, chiuso.

«Con la Moor?» sibilò Severus, con un mezzo ghigno alla smorfia di Regulus.

«Non dirlo così forte, Piton. Sì, con la Moor. E ora vuoi dirmi che cosa sei venuto a fare davvero?» non si sarebbe certo fatto imbrogliare da due chiacchiere, lui. Era evidente che Piton non poteva essere lì solo per chiedere di Jared. Era noto come al ragazzo non piacesse parlare con le persone e difficilmente avrebbe cominciato una conversazione leggera e senza scopi particolari di sua volontà, quindi doveva esserci qualcosa sotto.

«Lily continua a farmi domande su McCroy e la sua amica e io continuo a mentirle, dicendole che non ne so niente, ma non è proprio così semplice.» iniziò Severus, capendo che era inutile provare a fingere di non essere andato lì con uno scopo ben preciso in mente.

«Che vuoi?» tagliò corto Regulus.

«Un favore.» rispose secco Severus.

Regulus alzò un sopracciglio, leggermente sorpreso. Si aspettava una richiesta del genere, ovviamente, ma non riusciva a immaginare che cosa potesse volere in cambio il ragazzo. Certo non voleva aiuti con i compiti né aiuti di altro genere, quindi che cosa poteva volere?

«Che cosa vuoi?» domandò di nuovo, arrendendosi alla curiosità.

«Per ora una cosa molto semplice. Sono solo dei libri della biblioteca, ma sfortunatamente sono nel Reparto Proibito e io non ho intenzione di farmi beccare lì un'altra volta da Gazza, né di chiederli a Madama Pince.» soprattutto per non permettere a Lily di fare domande, ma questo si poteva evitare di dirlo a Regulus.

Che ovviamente lo capì lo stesso, ma decise di non fare commenti, troppo preso a considerare quella richiesta. Libri? Avrebbe dovuto immaginarlo. Se non stava parlando con la Evans, Piton aveva continuamente il naso immerso in qualche libro, era abbastanza ovvio che avrebbe chiesto una cosa del genere.

«Se non mi dici i titoli, come faccio a procurarteli?» gli fece notare, con voce tagliente, nascondendo la curiosità: chissà che libri voleva perchè fossero nel Reparto Proibito.

Severus però lo guardò, diviso tra lo stupore perchè non si aspettava che la sua richiesta fosse accettata così velocemente e il disappunto di non poterla fare a McCroy.

«Gli fai da segretaria, Black?» domandò, irritato. Avrebbe voluto vedere la faccia di Jared al suo ricatto, avrebbe voluto vederlo costretto a piegarsi al suo prezzo, avrebbe voluto vederlo che si metteva nei guai al posto suo. E ora Regulus gli stava rovinando il divertimento.

Regulus arrossì piccato, ma i suoi occhi rimasero impenetrabili.

«Tu dammi quei titoli e aspetta i tuoi libri senza fare domande.» sbottò, alzandosi in piedi, desideroso di chiudere quella conversazione.

«Come vuoi, Black.» Severus gli porse un foglio con le sue richieste, osservandolo mentre le leggeva con interesse. Libri di magia di alto livello, soprattutto oscura e pericolosa, eppure il ragazzo non lasciò trasparire la minima emozione. Lo confondeva, con il suo aspetto da ragazzino, i suoi occhi antichi e la sua capacità di nascondere ogni sentimento.

«Te li farò avere.» Regulus rialzò gli occhi dal foglietto, gli fece un cenno di saluto e poi se ne andò, portandosi dietro il suo libro.

A che cosa gli potevano servire quei libri? Letture serali?

Regulus scosse la testa, guardando quei titoli oscuri per l'ennesima volta. Severus Piton era un mistero più grande di quello che si aspettava.

 

**

 

Sirius se ne stava disteso sul letto. Era un pomeriggio noioso: Remus studiava con Peter, James era all'allenamento di Quidditch e lui non aveva niente da fare. Certo non si sarebbe messo a fare i compiti, ma sembrava l'unica, triste, prospettiva.

Per evitarla a tutti i costi, frugò nella borsa di Remus, ignorando bellamente le sue proteste, e tirò fuori la mappa, per poi ritornare a buttarsi sul letto. La aprì con attenzione e si mise ad osservare i puntini che si muovevano, cercandone nessuno in particolare (o forse sì).

«Sirius, dovresti davvero finire quel tema per Vitious, non si scriverà da solo, sai?» lo rimproverò Remus, alzando gli occhi dal suo per puntarlo sulla pergamena scritta solo a metà di Sirius.

«Lo farò dopo con James.» rispose distrattamente Sirius.

«Lo sai che se aspetterai James andrà a finire che non lo farete.» sbuffò Remus, cercando di sembrare ragionevole.

«Allora vuol dire che lo copieremo o sorrideremo con aria contrita a Vitious.» replicò imperturbabile Sirius.

«Sirius! Non puoi sempre fare così!» si irritò Remus, incrociando le braccia con aria severa e inducendo Sirius a guardarlo.

«Va bene, mamma. Vorrà dire che lo farò tra un minuto, ok? Voglio solo capire che cosa non va i questa maledetta mappa.» cedette il ragazzo, picchiettando con aria contrariata sulla pergamena, senza che nulla cambiasse.

«Che c'è questa volta che non va?» domandò Remus incuriosito, alzandosi per andare a guardare cosa stava combinando l'amico.

«Non mostra stanze che dovrebbero esserci. Sono più che certo che ci sia una stanza in quel corridoio, ma non la mostra.» spiegò Sirius, indicando il punto in cui ci sarebbe dovuta essere, secondo i suoi calcoli, la Stanza Va e Vieni, ma dove non c'era proprio nulla.

«Che stanza dovrebbe esserci lì?» domandò Remus, aggrottando la fronte, cercando di visualizzare il corridoio, ma non ricordando nessuna porta.

«L'abbiamo scoperta io e James, ma non è questo il punto.» tagliò corto Sirius.

«Proveremo a rifare l'incantesimo, ok? E poi voglio assolutamente trovare un modo per farla apparire e scomparire, è troppo pericoloso lasciarla così.» ripeté, per quella che forse era la centesima volta, Remus.

Sirius annuì e poi sospirò, facendo per chiudere la mappa ed affrontare con coraggio i compiti, quando un nome che si muoveva veloce attirò la sua attenzione.

Perchè Sunshine Moor correva in un corridoio vuoto verso un'aula altrettanto vuota?

Diede di gomito a Remus e senza dire niente gliela indicò con aria interrogativa.

«Non sono affari nostri Sirius, magari è in ritardo per un appuntamento con Lily in quella classe.» ipotizzò Remus.

«O forse...» cominciò Sirius, ma l'altro lo bloccò subito.

«O forse non sono davvero affari nostri, Sirius.» poi Remus afferrò la mappa con un gesto secco e la ripiegò, prima che Sirius potesse aggiungere altro, se non qualche energica protesta e qualche lamento per la tortura che lo aspettava.

Fu solo per puro caso se nessuno dei due vide il puntino di Sunshine Moor che si congiungeva a quello di Jared McCroy in un affettuoso abbraccio.

Circa un'ora dopo, James usciva dalla doccia dello spogliatoio, distrutto dall'allenamento appena fatto. Fuori si congelava, ma Corinne aveva insistito per provare ogni formazione e tattica di gioco, costringendo inoltre James, almeno per la prima mezz'ora, a volare alla ricerca del boccino nel buio quasi completo, per poi capire che c'era davvero troppa poca luce perchè lui potesse vederlo e, dopo essere riusciti a recuperarlo, l'aveva rimesso al suo posto.

James si stiracchiò i muscoli della schiena doloranti e poi afferrò un asciugamano per strofinarselo energicamente tra i capelli.

Quando riemerse, infilandosi gli occhiali per ritornare a vedere il mondo, di fronte a lui stava Charlotte, rossa in viso e con gli occhi bassi.

«Oi!» esclamò James, afferrando l'asciugamano che aveva attorno ai fianchi per impedire che scivolasse a terra al suo sobbalzo.

«Ehm...ciao.» salutò Charlotte, imbarazzata. «Non credevo di trovarti così...»

«Così poco vestito? Nessun problema, ora mi vesto. Qualcosa non va?» chiese James, allontanando la sorpresa e il leggero imbarazzo che l'avevano afferrato, per lasciare il posto alla preoccupazione per quella visita così inaspettata.

«Niente che non possa aspettare che tu sia più vestito.» sorrise Charlotte.

«Ammettilo che in realtà sei venuta qui proprio per questo.» scherzò James, vestendosi mentre la ragazza si girava dall'altra parte.

«Certo, come no. Ho visto di meglio, Potter.» rispose la ragazza, molto più disinvolta ora che non lo guardava.

«Dubito, Rosier, dubito.» rise James. Certo non si aspettava che lei si girasse di colpo, mentre lui era ancora a petto nudo, per squadrarlo con un'occhiata, come per soppesare ciò che vedeva, senza più arrossire. Il ragazzo si sforzò di non arrossire, ma già solo il sobbalzo che aveva fatto doveva aver dato soddisfazione alla Serpeverde, che sorrideva leggermente.

«Decisamente, ho visto di meglio.» ripeté la ragazza, con finta convinzione, annuendo tra sé.

«Bugiarda.» James le fece una smorfia e poi finì di vestirsi in fretta, afferrando la sua scopa e scortandola finalmente fuori dallo spogliatoio.

«Comunque, che ti ha spinto negli oscuri meandri degli spogliatoi di Grifondoro?» chiese curioso, seguendo il suo gesto che indicava le serre e la volontà di fare una passeggiata da quella parte.

«Follia momentanea, immagino. Altrimenti non so proprio che cosa potrebbe avermi convinta ad entrare in quel posto puzzolente in cui si nascondeva un'orrenda creatura come te, Potter.» rispose tutta seria Charlotte, facendo ridere James, che cercò inutilmente di fare un'espressione offesa.

«Avanti Lottie, che succede?» domandò dopo un po' James, tornando serio e fermandosi per poterla guardare negli occhi.

La ragazza abbassò lo sguardo, ma dopo un attimo riallacciò i suoi occhi con quelli di James.

«Avevo voglia di passare del tempo con un amico e non riuscivo a pensare a nessuno che non fossi tu.» confessò.

James spalancò gli occhi, poi sorrise, sentendosi leggero e felice. Le si avvicinò e la prese a braccetto, spettinandole i capelli con l'altra mano, ridendo della sua smorfia.

«E sono felice che tu l'abbia fatto, Lot.»

Quando ritornò in camera, Sirius aveva finito il suo tema grazie alla vigile sorveglianza di Remus e aveva anche fatto i compiti di Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure e ora si annoiava da morire, di nuovo.

«Dove sei stato? Gli altri sono saliti secoli fa!» esclamò il ragazzo con aria accusatoria, appena James entrò nella stanza.

«Ho fatto un giro, non avevo voglia di venire subito a fare i compiti.» rispose quello, mentre Sirius lasciava cadere l'espressione offesa e annuiva partecipe.

«Ti capisco, amico. Remus mi ha tiranneggiato, non ho mai fatto così tanti compiti in vita mia.» sospirò con aria tragica, mentre Remus sbuffava, senza però commentare.

«Quasi quasi mi dispiace averti abbandonato nelle sue grinfie.» ghignò James, infilandosi sotto al letto per recuperare la borsa con i libri, che aveva calciato lì sotto prima di andare agli allenamenti.

«Quasi quasi, gli dispiace. Quasi quasi.» sbuffò cupo Sirius, facendo ridere James, che però perse ogni espressione gioiosa appena Remus gli sbatté sotto al naso il libro di Incantesimi.

«Salvami.» sussurrò rivolto all'amico, che però scosse la testa, godendosi la dolce vendetta. «Bastardo.»

«Anche io ti amo, James.» rispose con tono zuccheroso Sirius, abbassando poi la voce ad un sussurro per mormorare «Stasera Animagus?»

James annuì, imitato da Peter, a cui era stata fatta la stessa domanda, ma poi Remus li riprese perchè stavano distraendo James dai suoi compiti e Sirius tornò a buttarsi sul letto.

«Dove vai?» chiese dopo una ventina di minuti James, vedendolo alzarsi di scatto per avviarsi alla porta.

«Mi annoio. Tu finisci i compiti, James, io vado a fare un giro.» e ghignando per l'ultima volta guardando la pila di compiti che aspettavano l'amico, sparì, lasciandolo lì con aria depressa.

Più tardi quella sera, quando ormai tutti dormivano, o almeno sicuramente Remus dormiva, grazie all'aiuto delle due gocce di pozione sonnifera rubata in Infermeria “cadute” nel suo succo di zucca, come accadeva sempre più spesso quando decidevano di uscire senza di lui, Sirius, James e Peter si ritrovarono nella Stanza che Va e Viene.

Era divertente e allo stesso tempo infinitamente snervante ritrovarsi quasi ogni sera in quella stanza colma di libri letti e riletti, di cuscini e luce, per provare a diventare Animagus. Ciò che dava maggiormente fastidio a Sirius e a James e, in minor parte, a Peter era il provare e riprovare sempre le stesse cose senza fare quasi nessun progresso. Era come cercare di afferrare l'acqua: sembrava che fossero sempre più vicini e poi si ritrovavano a mani vuote. Snervante.

Fu per questo che per un momento, quando Sirius si ritrovò con una lunga coda nera, nessuno rise né si domandò a che animale appartenesse, ma tutti rimasero bloccati sorpresi, non riuscendo a credere che qualcosa fosse davvero successo.

E poi James realizzò che Sirius aveva una coda, nera e pelosa, e lo realizzò anche Sirius.

«Non. Ci. Provare. Potter.» ringhiò Sirius, intuendo dall'espressione di James che cosa stava per succedere. Inutile.

James scoppiò in una fragorosa risata, ansimando le parole “coda” e “peloso”, cercando di non soffocare, tenendosi la pancia e asciugandosi gli occhi che lacrimavano, contagiando anche Peter.

«Siete due bastardi, smettetela.» ordinò seccato Sirius. Di nuovo, inutile.

«M-ma Sirius! La ahahahahaha hai una....» balbettò James, incapace di creare una frase di senso compiuto.

«Intanto io sono arrivato a qualche risultato, idiota.» gli fece notare Sirius, cercando in ogni modo di zittirlo, riuscendo questa volta a raggiungere qualche risultato. Infatti Peter smise di ridere, mentre la risata di James si affievolì piano piano, finchè non ritornò il silenzio.

I tre ragazzi si guardarono per un po', Sirius agitando involontariamente la sua coda e gli altri due senza riuscire a trovare niente da dire. Poi però Peter abbassò lo sguardo sulla coda e sorrise di nuovo.

«Ma ora come facciamo a togliertela?» e questa volta Sirius non riuscì a fermare le risate dei due per molto, troppo, tempo.

........

«Sirius, che hai lì? È una coda quella? E perchè stanno ridendo? Qualcuno mi vuole spiegare che sta succedendo?»

 

**

 

Frank credeva di sognare. O meglio, doveva essere tutto un orrendo, terribile incubo. Non poteva credere che quella fosse la realtà. Tutto stava andando così bene e poi...e poi tutto era precipitato. Era come essere salito senza saperlo su una montagna russa, che l'aveva portato a tradimento in alto, sempre più alto, dandogli l'impressione di poter toccare il cielo, per poi farlo precipitare di nuovo verso il suolo a velocità spaventosa. Solo che questa volta la caduta non sembrava volersi fermare.

Tutto era cominciato quella mattina..

«Buongiorno, Alice.» salutò Frank, sedendosi di fianco alla ragazza. Si sentiva felice quella mattina, forse era dovuto al sole che, seppur appena tiepido, era venuto a far capolino tra le nuvole che avevano coperto il blu del cielo per gli ultimi giorni, o forse era dovuto al fatto che quella mattina Alice sembrava ancora più carina del solito. Comunque, qualunque motivo lo facesse sentire leggero e sorridere così, era il benvenuto.

Certo non sapeva che lo stesso pensiero stava attraversando in quel momento la mente di Alice, che sorrise di riflesso a quello che le sembrava uno dei sorrisi più belli che potessero illuminarle la giornata.

«Buongiorno, Frank. Dormito bene?» rispose al saluto, passandogli la sua marmellata preferita (ai mirtilli).

«Molto bene. Tu?» Frank si morse la lingua, fermandosi appena in tempo dal commettere la prima cretinata della giornata. Perchè diavolo un “tu, tesoro?” gli stava per sfuggire dalle labbra?

«Come un ghiro. Oggi è una così bella giornata, non ti pare?» rispose Alice, alzando gli occhi al soffitto per lasciarsi accarezzare le guance dai deboli raggi solari, che, come notò immediatamente Frank, le illuminarono di mille riflessi i capelli castani.

«Splendida.» annuì il ragazzo, senza essere nemmeno lui ben certo se quel commento fosse rivolto alla bellezza della giornata o della ragazza.

Fecero colazione con calma, chiacchierando, salutando allegramente i compagni che poco alla volta si sedevano attorno a loro, sfoderando identici, ampi sorrisi, per poi andare insieme in classe, ignari delle occhiate divertite che si scambiavano le ragazze guardandoli.

Pranzarono insieme, come erano ormai soliti a fare, intrattenendo una conversazione leggera a proposito dell'interessante lezione di Incantesimi appena svoltasi con Lily e ridendo insieme al racconto di Remus. Anche se, al dire il vero, non avevano capito che cosa c'entrassero Sirius, James e Peter con una coda...

Seduto di fianco alla ragazza in biblioteca, Frank pensò che quello doveva essere uno dei giorni migliori delle ultime settimane. E forse fu proprio quel pensiero a preannunciare l'arrivo della caduta.

Seduti gomito a gomito, cercando di fare i compiti di Trasfigurazione, era ben evidente che nessuno dei due fosse troppo concentrato. Alice mordicchiava la punta della piuma (in modo adorabile, come non esitò a notare Frank) cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Non riusciva a capire che cosa le stesse succedendo negli ultimi tempi: prima notava il sorriso splendido di Frank (cosa che la fece sorridere di nuovo, in modo, secondo Frank, assolutamente adorabile), poi doveva resistere all'impulso di prenderlo per mano (quando mai si era fatta problemi a prendere per mano/abbracciare qualcuno?!), poi non riusciva a restare concentrata sentendo la sua presenza giusto di fianco a lei (adorava il suo odore, ma quando mai aveva cominciato a notarlo?). Sembrava tutto così stupido. Aveva voglia di girarsi, di stringergli la mano, di abbracciarlo, di....

No, dovevano essere gli ormoni che prendevano il controllo del suo corpo.

Non poteva essere. Lei e Frank erano amici. Frank era il suo migliore amico, era dolce, gentile, adorabilmente goffo. Frank non era il suo ragazzo e lei non voleva che lui lo fosse.

Non lo voleva?

No, non lo voleva.

O forse sì?

Ma lui non la voleva, sicuramente. Lei era così normale, chi mai avrebbe potuto desiderare lei?

No, Frank era solo un amico.

E allora perchè sentiva il desiderio di baciarlo?

Frank nel frattempo analizzava ogni singola espressione di Alice. A che cosa stava pensando con così tanta concentrazione da farle aggrottare le sopracciglia e arricciare le labbra? A che cosa stava pensando di così fastidioso da farle spostare una ciocca di capelli dietro all'orecchio con irritazione? E ora perchè aveva quello sguardo confuso, quasi combattuto? Perchè scuoteva la testa? Che ce l'avesse con lui, per caso? Forse si era accorta che lui la stava fissando e voleva che smettesse?

Frank trattenne uno sbuffo di irritazione: conosceva ogni singola espressione di Alice eppure non riusciva a capire che cosa stesse passando per la sua mente in quel momento.

Aveva voglia di prenderle il mento per costringerla a guardarlo e chiederle se ci fosse qualcosa che non andava. Aveva voglia di abbracciarla, di stringere quel piccolo corpicino contro di sé. Aveva voglia di baciarla.

Eppure non poteva e questa dolorosa consapevolezza gli graffiava il cuore, scavando solchi sempre più profondi.

Lei era così bella, gentile, angelica e perfetta! Tutti le volevano bene, tutti la ritenevano (giustamente) una persona fantastica, mentre lui era solo un goffo, stupido e invisibile signor Nessuno. Come avrebbe anche solo potuto pensare di poterle piacere? Già solo sapere di potersi considerare uno dei suoi amici più vicini lo riempiva di tale gioia da dargli la forza di soffocare quei sentimenti e mentire a sé stesso, dicendosi che questo poteva bastargli per essere felice. Però non era così, e trattenere le parole che spingevano sulla punta della sua lingua diventava più difficile ogni giorno.

All'improvviso Alice si girò verso di lui e sospirò, mettendo giù la piuma e arrotolando la sua pergamena, chiudendo il libro con uno schiocco secco.

«Non ce la faccio a studiare.» disse, in risposta allo sguardo interrogativo del ragazzo.

Frank annuì e la imitò, sperando che non si fosse accorta che in realtà neppure lui aveva fatto poi molto.

«Mi accompagni in Guferia? Devo spedire una lettera.» propose Alice, alzandosi e mettendosi la borsa sulla spalla, prima che Frank potesse anche solo trovare il coraggio di chiederle se per caso voleva che gliela portasse lui.

«Certo.» annuì lui, affiancandola, chiedendosi con un sospiro dove fosse finita la leggerezza che sentiva quella mattina, sostituita da un pesante senso di malinconia.

Camminavano in silenzio, nessuno dei due sembrava riuscire a trovare qualcosa da dire, lei persa nei suoi pensieri confusi e lui intento a cercare di capirli.

Arrivati in Guferia, Frank aiutò Alice a legare la lettera alla zampa di un grosso barbagianni della scuola e poi si appoggiò al davanzale della finestra, guardandolo scomparire nel buio della sera.

Avvertì con la coda dell'occhio Alice che si appoggiava di fianco a lui, ma non staccò gli occhi dall'orizzonte, per niente certo di ciò che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca se l'avesse guardata.

Fu lei a parlare.

«Qualcosa non va, Frank?» domandò con voce dolce, come se fosse stato lui quello strano nelle ultime ore.

«No, va tutto bene. Tu, piuttosto? Sei stranamente silenziosa.» rispose il ragazzo, chiudendo gli occhi e stringendo un pugno per trattenersi dall'avvolgerle un braccio attorno alle spalle. Era così piccola.

«Io...sì, sto bene. Solo...cose da ragazze, sai.» disse vaga lei, sapendo che quando si toccava quell'argomento i ragazzi di solito facevano velocemente marcia indietro, cambiando velocemente discorso. Doveva saperlo che Frank non era come gli altri.

Dopo aver fatto una smorfia infatti il Grifondoro si era girato verso di lei con aria leggermente preoccupata.

«Stai bene? Vuoi andare in infermeria?» chiese, cercando di capire se fosse per caso più pallida del solito (difficile da capire con quella carnagione così chiara!) e se fosse quello il vero motivo della sua stranezza.

«Non preoccuparti, sto bene.» rispose Alice, arrossendo e sorridendo suo malgrado. Come poteva essere così dolce?

Il desiderio di abbracciarlo diventava sempre più forte, sentiva il gomito del ragazzo sfiorare il suo, come se invece di maglioni e pelle tra loro ci fosse un fuoco.

«Però forse farei meglio ad andare in camera e stendermi un po'.» aggiunse, desiderosa di andarsene prima che succedesse chissà che cosa.

«Certo, andiamo. Ti accompagno.» e non era giusto che la sua voce fosse così adorabilmente preoccupata, che avesse allungato una mano, come se avesse avuto paura di vederla cadere da un momento all'altro, che la tenesse d'occhio con così tanta attenzione, in cerca di ogni segno di malore.

O forse stava immaginando tutto quanto. Forse Frank si stava solo comportando da buon amico che si preoccupava per un'amica. Del resto, che cos'altro poteva essere?

«Alice, sicura di stare bene?» e il suo tono era così affettuoso e preoccupato, e la sua mano era così calda sul suo braccio e i suoi occhi erano così vicini e la sua bocca era adorabilmente corrucciata e...

E un momento dopo Alice stava premendo le sue labbra su quelle di Frank, senza sapere che cosa stesse facendo.

Lo sentì irrigidirsi, sorpreso. Sentì la presa sul suo gomito che si faceva più forte. Durò solo un secondo.

Poi il cervello decise di ritornarsene dalla sua momentanea vacanza e rientrare nella testa di Alice, urlandole di fermarsi, di staccarsi, di correre via da quell'errore immenso.

E Alice obbedì, facendo un balzo indietro e portandosi le mani alla bocca, orripilata da ciò che aveva fatto.

Sentì le lacrime salirle agli occhi (non mi vorrà mai più vedere), le guance arrossarsi (non potremo più essere amici), le mani tremarle (sono una stupida) e fece un altro passo indietro, quasi inciampando sulla borsa di Frank, abbandonata a terra.

«I-io..scusa io non so cosa mi...io ho sbagliato. È stato un errore. Scusami.» e poi non poté più rimanere lì, si girò e corse via, le lacrime che scendevano bollenti sulle sue guance, sentendosi sommersa dalla vergogna e allo stesso tempo immensamente colpevole, perchè il sapore di quel misero e brevissimo bacio che restava sulle sue labbra la faceva sentire stordita.

Frank la guardò correre via e trattenne le lacrime, sentendosi cadere, cadere e cadere ancora.

 

**

 

James guardava Charlotte che dormicchiava sulla sua spalla, mormorando ogni tanto, persa nel dormiveglia, che no, non aveva assolutamente sonno. Trattenne una risata, ma non poté impedirsi di sorridere.

«No, Lotte, non hai sonno, assolutamente. Sei sveglissima.» sussurrò, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

Ora che ci pensava anche lui era assonnato, ma il pavimento era duro e Charlotte pesava sulla sua spalla. Non l'avrebbe spostata però, questo no.

Sembrava impossibile che avesse un anno in più di lui, quando la guardava così, le labbra socchiuse e le ciglia che le ombreggiavano le guance pallide, bianchissime nella luce argentea dello spicchio di luna che ogni tanto riusciva a farsi strada tra le nuvole.

Si domandò distrattamente quanto ci sarebbero stati gli altri prima di cominciare a fare davvero domande. Per ora si limitavano ad accettare i suoi miseri “non riuscivo a dormire quindi sono andato a fare un giro”, quando se ne accorgevano, ma non dubitava che presto questo non sarebbe più bastato.

Eppure non riusciva davvero a preoccuparsi. Passare le sere con Charlotte gli faceva dimenticare che c'era un mondo al di fuori di quella aula buia e tranquilla, in cui parlavano, ridevano e ogni tanto sonnecchiavano. Il problema più grande che si poneva tra quelle quattro mura era solo come riuscire a far sorridere Charlotte quando aveva una delle sue serate tristi, come fare a sorprenderla per farla ridere, come arrivare fino al limite della sua sopportazione senza farla scattare e andarsene arrabbiata e come riuscire a farsi perdonare quando invece questo succedeva.

Ogni tanto non poteva credere di essere diventato così zuccheroso, ma quando poi si ritrovava di nuovo lì la storia ricominciava e nessuna preoccupazione lo sfiorava più.

Cullato da quei pensieri e dal respiro lieve della Serpeverde, James chiuse gli occhi lentamente, scivolando nel dormiveglia.

Prima di addormentarsi definitivamente, però, un'illuminazione lo colpì, dando senso alla conversazione su un regalo che aveva colto per caso tra Alice (come mai non passava più il tempo con Frank, poi?) e Sunshine: il giorno seguente sarebbe stato il compleanno di Lily Evans.

Il compleanno di Lily Evans e lui non aveva neanche pensato a cosa regalarle.

E la cosa strana, ma su cui non si soffermò, arricciando una lunga ciocca di capelli marroni attorno al suo indice e scivolando nel sonno, era che, per la prima volta, non aveva neanche intenzione di pensarci.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Eeeeeeee...sono in terribile ritardo! Ma che novità, eh? Lo so, lo so, sono una persona tremenda e meriterei una terribile punizione, ma prima c'era la scuola che mi torturava e poi c'era il capitolo che non voleva proprio lasciarsi scrivere e poi c'era la mia maledetta pigrizia che m'impediva di pubblicare...insomma sono stata bloccata u.u Comunque ora sono finalmente qui e anche se questo capitolo non è un granché almeno è finito!

  1. Jo vi mancava? Neanche a me. Però una menzione speciale per lei ci voleva e come potete vedere se tutto va bene (ahahahahaah) ora non ne sentiremo più parlare.

  2. Piton è un subdolo ciclide e Regulus è la segretaria di Jared (Aleeeeee amor pensa agli AU!)

  3. Poi non so, Sunshine ha un sacco di fortuna a non farsi beccare e James e Charlotte checchè ne diciate sono l'amore

  4. Gli aspiranti Animagus fanno progressi...o no?? Mi dispiace un po' non aver raccontato bene la storia della coda, ma forse prima o poi lo farò

  5. E poi Frank e Alice....mi odio per aver fatto questo, ma non tutto il male vien per nuocere ;)

  6. Grazie a tutte le adorabili bimbe che hanno recensito lo scorso capitolo (sono in tremendo ritardo anche lì, ma prometto che vi rispondo!) Lisajackson, _tribute_, ChihiroUchiha, Bluelectra, jily_luma l'adorabile marauder11 e Bella_1D risorta dalle tenebre! Vi adoro! Biscotti e gelato per tutte!

  7. Un grazie speciale alla mia AleJackson che sopporta i miei scleri a tarda sera, dall'euforia iniziale alla semi-depressione finale. Ti amo <3

Baci e amore a tutti <3

*dD*

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Capitolo 13
*** Decisioni ***


 

 

 

 

Decisioni

 

 

 

Lily camminava con Severus, diretti a Erbologia (davvero, non si poteva evitare di farla quando fuori faceva così dannatamente freddo?) e non riusciva a smettere di pensare a quanto fosse strana quella giornata. Era il suo compleanno e non se lo stava godendo nemmeno un po'. E la colpa di chi era? Ma di James Potter, ovviamene. Anche quando non faceva niente, era sempre lui il problema.

In questo caso, in realtà, era proprio la sua inattività il problema.

Lily si era svegliata quella mattina a causa degli strilli di Alice, che aveva cercato di saltare sul suo letto per farle gli auguri prima di tutti, inciampando però su una scarpa (sua) a terra, cercando di aggrapparsi alle tende del baldacchino di Mary per non cadere, riuscendo solo a farle precipitare a terra insieme a lei, con un gran fracasso, svegliando tutte le altre ragazze.

Dopo aver dato una sistemata al caos, finalmente Alice era riuscita ad avvicinarsi all'amica, a saltarle al collo e baciarla sulle guance con entusiasmo, augurandole un felice compleanno.

Poi era stato il turno di Emmeline, di Mary e infine di Sunshine. I rapporti tra Sunshine e Lily ultimamente erano un po' tesi, a causa all'amicizia tra la biondina e Jared, ma il suo abbraccio era stato, se possibile, ancora più caloroso di quello di Alice.

Lily aveva ringraziato tutte gentilmente, aveva accettato i regali, aveva ringraziato ancora e poi aveva cominciato a preoccuparsi. Perchè il suo compleanno, oltre alle gentilezze e ai regali che le sue amiche le riservavano sempre, portava anche alle tremende idee di James Potter. Ogni anno il ragazzo se ne inventava una nuova per “rendere perfetto” il compleanno di Lily, riuscendo sempre e soltanto a farla sentire in imbarazzo e poi a farla infuriare. Era per questo che, quando aveva incontrato i Malandrini a colazione, la ragazza si era irrigidita ancora più del solito, aspettandosi una brutta sorpresa da un momento all'altro. Ma niente era successo.

Remus le aveva fatto gli auguri con gentilezza, imitato da un più timido Peter e poi anche da un riluttante Sirius. James si era fatto avanti, le aveva stretto la mano senza nemmeno provare a rubarle un bacio, aveva mormorato un semplice “auguri” e aveva affrontato la sua colazione (come si potesse mangiare tutto quel cibo in una volta, per Lily era ancora un mistero).

Fine. Nessuna poesia imbarazzante, nessun pacco misterioso, nessuna canzone. Niente.

Eppure Lily non si fidava: certamente la tortura sarebbe arrivata prima o poi, lo sapeva. Magari aveva intenzione di umiliarla a pranzo, o forse l'avrebbe fatta sprofondare sotto terra a lezione.

Eppure, ancora niente.

Quella era l'ultima lezione della giornata e ancora nessuna brutta sorpresa l'aveva raggiunta, sebbene Lily l'avesse cercata con timore ad ogni angolo ogni volta che James Potter era anche solo nei paraggi.

Quello che la faceva imbestialire davvero era che, con la paura di che cosa il ragazzo avrebbe potuto combinare che la distraeva, non era riuscita a godersi neanche un po' le cose belle della giornata. Non aveva mangiato nemmeno una fetta della torta speciale che Marlene aveva fatto preparare dagli elfi domestici apposta per lei (con la mediazione di Sirius, profumatamente pagato in scherzi di Zonko e con un appuntamento con una Corvonero dello stesso anno di Marlene). Non aveva assaggiato neanche uno dei dolci che le aveva regalato Mary e non aveva avuto nemmeno voglia di provarsi i bellissimi stivaletti che aveva ricevuto da Alice. Non aveva neanche letto il titolo del libro che le aveva dato Sunshine (anche se sapeva che era esattamente quello che le aveva distrattamente detto di desiderare moltissimo), come non aveva neanche aperto il pacco ricevuto dai suoi genitori. Aveva anche buttato via le rose che aveva ricevuto da Aaron, prima di rendersi conto che il biglietto diceva che erano da parte sua e non di Potter, insomma!

E ora non riusciva ad ascoltare quello che le stava dicendo Severus (qualcosa a proposito del suo regalo che doveva ancora arrivare per un ritardo di consegna, forse?), mentre guardava con aria arcigna la serra che si avvicinava sempre di più.

Riusciva anche a scorgere il cespuglio di capelli scuri di Potter e quelli lisci di Black (avrebbe dovuto tagliarli di nuovo, tra l'altro, ormai gli arrivavano quasi alle spalle), cosa che la fece agitare ancora di più di quanto non lo fosse fino a qualche secondo prima.

«Lily, non mi stai ascoltando.» protestò in quel momento Severus, fermandosi per guardarla male.

Lily alzò la testa di scatto, accorgendosi dello sguardo dell'amico e arrossendo leggermente.

«Scusa, Sev. Mi sono distratta un attimo. Che dicevi?» domandò, raggiungendolo e prendendolo per un braccio per farlo continuare a camminare.

«Un attimo? È da stamattina che sei strana.» puntualizzò però il ragazzo, un po' offeso.

«Strana come? Io non sono strana. Perchè dici che sono strana?» si allarmò Lily, preoccupata che la sua paura per James fosse trapelata all'esterno più di quanto fosse opportuno.

«Esattamente così. Avanti Lily, che succede?» sospirò il Serpeverde senza guardarla, come accadeva sempre quando cominciavano discorsi del genere.

«Niente. Ero solo distratta, Sev, niente di che. Scusa.» cercò di negare Lily, non volendo parlare di James Potter con Severus. Ne sarebbe uscita l'ennesima lite, come sempre, e lei non aveva intenzione di litigare con nessuno (che non fosse James Potter) il giorno del suo compleanno.

«Non è vero. Avanti dimmelo, così poi forse potrai ascoltare quello che ti dico.» insistette Severus.

Lily esitò ancora per un momento, ma poi cedette. Forse dicendolo a voce alta si sarebbe liberata di quello stupido (ma non proprio ingiustificato) timore.

«James Potter non mi ha ancora regalato niente.» sputò, abbassando di nuovo la testa, imbarazzata.

Severus alzò un sopracciglio con aria sorpresa e dubbiosa insieme.

«Mi stai dicendo che vuoi un regalo da Potter?» chiese, con tono quasi scandalizzato.

«No, no! Ma cosa vai a pensare! Io non voglio un regalo da Potter!» esclamò Lily, agitando le mani, le guance sempre rosse, questa volta per l'imbarazzo causato dal fatto che Severus avesse anche solo pensato una cosa del genere.

«Non capisco.» capitolò infine Severus, scuotendo la testa.

«Io non voglio un regalo da Potter, Sev, te lo giuro, non guardarmi così! Però lo conosco da quattro anni e ogni anno mi ha fatto qualche stupida sorpresa di compleanno, cosa che mi aspetto succeda da un momento all'altro.» spiegò Lily, inciampando sulle parole, le guance sempre rosse.

Alzò la testa appena in tempo per vedere un ghigno sparire dalle labbra di Severus, sostituito da un'espressione che cercava di essere il più impassibile possibile.

«Non ridere di me!» protestò Lily con energia, dandogli una leggera spallata, cercando però di non sorridere.

«Sei stata così tutta la giornata perchè hai paura di cosa farà quel completo idiota di Potter?» rimarcò il ragazzo, facendola ridacchiare imbarazzata.

«Suona così male detto ad alta voce, ma sì. Oh Godric, sono una stupida. Mi ha appena fatto gli auguri stamattina e io ho paura di che cosa possa fare e sto attenta ad ogni suo movimento e...oh, suona davvero davvero male!» gemette Lily, nascondendo la faccia tra le mani, con un sospiro che somigliava ad una risata.

«Non dirlo a voce troppo alta, altrimenti ti sentirà.» le ricordò in quel momento il Serpeverde, dato che ormai avevano raggiunto gli altri fuori dalla serra.

«Non vorrei fargli venire strane idee, peggiori di quelle che ha già.» concordò la ragazza, passandosi una mano tra i capelli per cercare di recuperare un po' di contegno.

Restarono in silenzio per qualche attimo, ma poi Severus diventò serio e le lanciò un'occhiata strana.

«Tu...tu non hai ascoltato niente di quello che ti dicevo perchè pensavi a Potter?» chiese, come se avesse collegato solo in quel momento.

«Non cominciare, Sev. Sai che non è così.» si tese Lily, vedendo avvicinarsi il, purtroppo, molto ben conosciuto litigio riguardo a James Potter.

«In un certo senso è così.» si impuntò però Severus, incrociando le braccia.

«Smettila. Non è andata così, non litighiamo, ok? Almeno oggi.» supplicò la ragazza, abbassando la voce entrando nella serra e salutando la professoressa educatamente.

Severus annuì, ma Lily riusciva a vedere che l'argomento era stato solo rimandato. Dannazione.

Eppure ancora, anche se ne aveva parlato con Severus (e dirlo ad alta voce aveva fatto sembrare tutto ancora più stupido), si guardava alle spalle, aspettandosi che Potter combinasse qualcosa da un momento all'altro. Era più forte di lei: la sensazione non la abbandonava.

E continuò a perseguitarla.

Quando si sedette ad un tavolo in Sala Comune con Alice e Mary era ormai vicina all'isteria. Potter non l'aveva guardata, non le aveva parlato, non aveva fatto neanche un minimo gesto verso di lei, eppure sobbalzava ogni volta che le si avvicinava anche minimamente. Ora lui e i suo amici erano spariti da qualche parte, cosa che la rendeva ancora più nervosa. Che fossero andati a preparare qualcosa? O che fossero andati a recuperare cibo e bevande per farle una terrificante festa a sorpresa.

«Lily, uccellino, hai intenzione di fissare quella piuma ancora per molto?» domandò dolcemente Alice, togliendo la piuma in questione dalla sua stretta e prendendole la mano tra le sue.

«Scusa, Alice.» mormorò Lily, senza neanche pensare al motivo per il quale si stava scusando.

«E per che cosa? Qualcosa non va, fiorellino? Non ti senti bene per caso?» si preoccupò l'altra ragazza, mentre anche Mary lasciava perdere il libro di Incantesimi e si faceva più vicina.

«No, non preoccuparti. Sto benissimo. Sono solo un po' stanca.» mentì Lily, che certamente non voleva confessare anche a loro quale fosse il problema.

«E il fatto che tu faccia un salto ogni volta che pensi, guardi o senti anche solo nominare James Potter non c'entra neanche un po' con il motivo per cui sei così tesa, Lily?» domandò Marlene che, avendo colto la conversazione, aveva deciso di unirsi al gruppetto e sedersi di fianco a Mary.

Lily arrossì e sobbalzò.

«Non è come pensi.» si difese immediatamente, cogliendo già il luccichio negli occhi di Mary.

«E com'è allora?» indagò Marlene.

«Io...niente. Non sono tesa.» Lily si sentiva sull'orlo di una crisi di nervi, era tremendamente stanca e il suo compleanno era stato un completo fallimento, ma no. Non era tesa per niente, proprio no.

Marlene alzò un sopracciglio con aria per niente convinta e stava per replicare quando il buco del ritratto si aprì, lasciando entrare i Malandrini, preceduti dalla fragorosa risata di Sirius e dall'imprecazione di James.

Bastò sentire quella voce perchè Lily sobbalzasse e si girasse di scatto per vedere che cosa stava succedendo.

Niente. I quattro non la guardarono neanche e si diressero verso le scale che conducevano al dormitorio maschile.

E Lily sapeva che era stupido, come sapeva che ciò che stava facendo non aveva il minimo senso logico e che se ne sarebbe pentita per giorni, ma era stanca e non ce la faceva più a sopportare quell'incertezza. Quindi ignorò bellamente gli sguardi sorpresi delle sue amiche e camminò speditamente verso i ragazzi, fermandosi di fronte a loro.

«Ehi, Evans. Qualche problema? Non sembri stare bene.» salutò Sirius, guardandola con aria critica.

«Lily, qualcosa non va?» chiese a sua volta Remus, facendo un passo avanti e allungando una mano per posargliela sul braccio. La ragazza però alzò una mano, bloccandolo con un solo gesto.

«Ce l'hai con me, Evans?» domandò James, perplesso.

«Sì.» sbottò Lily, furibonda, imbarazzata e confusa insieme. Sentiva le guance talmente calde che era sicura ci si sarebbe potuto cuocere un uovo e gli occhi pizzicavano di lacrime spuntate chissà perchè.

«Che cosa ho fatto questa volta?» indagò James, lanciando anche uno sguardo a Sirius in cerca di suggerimenti, ma ricevendo solo una scrollata di spalle.

«Niente, non hai fatto niente! Ho aspettato tutto il giorno che tu facessi qualche stupidaggine come ogni anno, mi sono rovinata il compleanno, ho sprecato tutte le mie energie guardandomi le spalle e tu non hai fatto niente!» strillò Lily, cogliendo con la coda dell'occhio Marlene che si avvicinava insieme alle altre, ma senza prestarle attenzione.

«Scusa? Mi stai gridando contro perchè quest'anno ho deciso che non valeva la pena regalarti niente, visto come mi tratti?» esclamò incredulo James, alzando a sua volta la voce.

«James.» lo ammonì piano Remus, ma James lo scostò con un gesto deciso, facendo un passo verso Lily, che registrò distrattamente il fatto che lui era cresciuto, diventando più alto di lei.

«Potresti avvertirmi quando prendi queste decisioni così non mi rovinerò il compleanno per colpa tua?» replicò gelida Lily, le mani che tremavano, prossima ad urlare o a piangere, non lo sapeva neanche lei.

«Lily, andiamo in camera, su.» intervenne Marlene, prendendola per mano, ma non riuscendo a spostarla di un centimetro.

Ormai c'erano molti occhi posati su di loro.

«Sai una cosa Evans? Puoi andare al diavolo! Se ti parlo mi dici di sparire, se non lo faccio mi insulti comunque, mi dai la colpa di qualsiasi cosa vada male nella tua vita anche se io non c'entro niente perchè ovviamente tutti i mali del mondo devono essere colpa di quel maledetto James Potter, no? Vai. Al. Diavolo.» James la spinse da parte in malo modo e sparì di sopra, seguito da Sirius. Remus lanciò un'ultima occhiata, tra il biasimo e la perplessità a Lily e poi li seguì con Peter.

Lily sentì il peso degli sguardi di tutti quelli che la fissavano, unito a quello delle parole di James, violente come pugni. La mano di Marlene la guidò gentilmente di sopra, senza che lei nemmeno se ne accorgesse, e la sostenne quando inciampò in un gradino. Furono le braccia di Alice però ad accoglierla quando si accasciò sul pavimento e pianse.

Pianse perchè era una stupida. Pianse perchè era stanca e frustrata. Pianse perchè si sentiva in colpa. Pianse perchè le sembrava di essere una persona orribile. Pianse fino a dimenticarne il motivo.

Pianse finchè le mancò il fiato e finirono le lacrime.

Marlene continuò a tenerle la mano mentre Alice la abbracciava e Mary le accarezzava piano i capelli.

Non fecero domande, non la criticarono, non la accusarono di niente. La tennero stretta in silenzio, rimanendo semplicemente con lei e quando Lily finalmente si fu calmata ed ebbe fatto una lunga doccia calda decisero di dormire insieme, facendo un pigiama party tutte insieme.

Quando Sunshine tornò in camera le trovò tutte addormentate, strette nei letti di Alice e Lily, avvicinati grazie alla magia, carte di cioccolatini e briciole di biscotti sparse sulle coperte. Aggiustò le lenzuola addosso a Marlene, a cui erano state rubate da Mary, e tolse i capelli dalla faccia di Lily, sentendoli umidi, un po' per la doccia e un po' per le lacrime.

E poi andò a letto, domandandosi che cosa fosse successo, ma non riuscendo a pentirsi di essere stata con Jared invece che lì.

 

**

 

Frank stava studiando in biblioteca. Da solo. Come era successo negli ultimi tredici giorni. Da tredici giorno quasi non parlava con Alice, a parte qualche saluto e qualche domanda casuale su compiti e lezioni.

Gli mancava terribilmente.

Gli mancava il suo sorriso, il suo modo di arricciare il naso quando rideva, il gesto che faceva sovrappensiero di mettersi i capelli dietro l'orecchio sinistro. La sua sola presenza gli mancava.

Forse fu per questo che per un istante credette di sognare quando Alice in persona si fermò di fronte a lui, salutandolo e chiedendogli di potersi sedere.

Come se niente fosse successo.

«Oh! Uhm...sì, certo. Siediti pure.» balbettò Frank, cercando di ricomporsi e spostando qualche libro da una sedia per farle posto.

«Grazie.» lei si sedette e gli sorrise.

Come se niente fosse successo.

Però il silenzio tra loro ora era teso e imbarazzato, come una volta non lo era, e i loro occhi non si incontravano più.

«Posso aiutarti in qualche modo, Alice?» chiese gentilmente Frank, visto che lei non sembrava decisa a parlare.

«Ecco, io volevo chiederti se per caso potessi aiutarmi con i compiti di Incantesimi.» mormorò lei, la testa bassa, gli occhi fissi sulle sue mani, giunte in grembo.

Sei più brava di me in Incantesimi, Ali voleva risponderle Frank, ma invece sorrise e annuì, perchè almeno si stavano parlando di nuovo.

Tirò fuori dal mucchio il suo libro di incantesimi e lo aprì alla pagina giusta, mentre Alice faceva lo stesso.

Come se nulla fosse successo.

Eppure qualcosa era successo perchè ora non riusciva nemmeno a pensare di avvicinarsi di più a lei, perchè lei non lo guardava e non sorrideva più, perchè le sue mani tremavano e le sue guance erano rosse.

E qualcosa era successo e tra loro non era più come prima.

Durò cinque minuti, poi Alice chiuse il libro e si alzò di scatto, il viso nascosto dai capelli.

«Scusa, mi sono appena ricordata che devo andare...da...Lily.» esclamò, infilandolo nella borsa.

Non ce la faccio, Frank, non ce la faccio.

«Certo, capisco. Bè, se hai bisogno di aiuto in un altro momento, sai dove trovarmi.» annuì con calma Frank.

Resta, Ali. Parliamone.

«Ciao e grazie.» salutò frettolosamente la ragazza, girandosi per andarsene.

Mi dispiace, Frank, mi dispiace così tanto.

«Ciao.» salutò a sua volta il Grifondoro, guardandola uscire dalla biblioteca quasi di corsa.

Ti aspetto.

 

**

 

Sirius se ne stava stravaccato su una poltrona, guardando James che provava e riprovava a trasformarsi in Animagus. Era tardi e lui era stanco, ma a quanto pare il suo migliore amico intendeva andare avanti fino allo sfinimento, quindi si era buttato lì a guardarlo.

Ora che ci pensava la cosa poteva essere vista come un tantino strana, ma gli piaceva guardare come si impegnasse senza riuscire a combinare nulla. Non perchè gli piacesse particolarmente vederlo fallire ripetutamente, ma le espressioni che faceva quando si accorgeva che nulla era successo erano esilaranti.

«Smettila di fissarmi.» protestò in quel momento James, senza nemmeno alzare gli occhi per guardarlo.

«E chi ti fissa?» negò Sirius, puntando lo sguardo al soffitto, appena in tempo per evitare quello di James, che aveva alzato gli occhi improvvisamente.

«Tu mi fissi. Smettila.» ribadì, irritato, strofinandosi gli occhi stanchi con una mano.

Peter se n'era tornato in camera da tempo, garantendo che sarebbe riuscito a ritornare al dormitorio anche senza di loro, anche se riusciva appena a tenere gli occhi aperti. Il pendolo che era comparso un paio di ore prima segnava mezzanotte passata.

«Jamie, sono stanco ed evidentemente non riusciamo a combinare nulla. Andiamo?» sospirò Sirius, sbadigliando e stiracchiandosi.

James si lasciò cadere sull'altra poltrona con aria esausta.

«Perchè non ci riusciamo, Sir?» domandò stancamente.

Erano mesi che provavano e riprovavano, senza arrivare a nessun risultato concreto. Stavano cominciando a perdere la speranza.

«Perchè è dannatamente difficile, perchè le istruzioni sono diverse e poco chiare e perchè ci proviamo sempre ad orari assurdi, immagino.» rispose Sirius, gli occhi chiusi.

«Che facciamo se non ci riusciamo? Mai, intendo.» chiese James, i gomiti sulle ginocchia e il mento appoggiato sulle mani.

Sirius si raddrizzò all'improvviso, facendogli alzare gli occhi e guardandolo con aria decisa.

«Ci riusciremo. Siamo io e te, no? Ci riusciremo, presto. Lo so. Non ho fatto tutta questa fatica per non concludere niente.» esclamò con tono risoluto, facendo sorridere James.

«Ci riusciremo.» ripeté, anche se ancora con poca convinzione.

In quel momento Sirius cominciò a ridacchiare, prima piano, poi sempre più forte, finchè non si ritrovò con le lacrime agli occhi e una grossa difficoltà a respirare, tenendosi la pancia, con James che lo guardava perplesso.

«Che c'è da ridere?» chiese James, l'angolo della bocca sollevato per il sorriso che non riusciva a trattenere del tutto di fronte al suo migliore amico che si sbellicava dalle risate.

«Tutta questa scena...» gesticolò Sirius, indicando la stanza che li circondava, cercando di parlare tra le risate «È così...così...»

Non riuscì a finire la frase, ma James capì ugualmente.

Seduti lì, esausti, a confortarsi su il progetto per rendere più felice uno dei loro migliori amici...era tutto così zuccheroso e da ragazze!

«Oh Sirius, sono così felice di averti qui!» squittì in falsetto James, sbattendo le ciglia e sporgendosi in avanti per raggiungere la mano dell'amico.

Poi vide Sirius stringere le labbra, le guance che si arrossavano e si gonfiavano, le spalle che tremavano. Lo vide resistere stoicamente, ma alla fine cedere, esplodendo in una nuova rumorosa risata, coinvolgendo anche lui.

James si sbilanciò per il gran ridere e cadde dalla poltrona.

Ormai Sirius non respirava più.

Passò un bel po' di tempo prima che potessero di nuovo respirare e guardarsi senza scoppiare a ridere di nuovo, ma alla fine Sirius si rivoltò sul tappeto che copriva il pavimento, girandosi a pancia in su e sospirando, un rimasuglio di risata ancora sulle labbra e le lacrime che gli rigavano le guance.

«Dobbiamo essere proprio sfiniti per uscire di testa così, Jam.» disse, gli occhi chiusi.

«Non ricordo neanche più perchè ridevamo.» ammise James, disteso a pancia in giù, la fronte appoggiata alle braccia incrociate.

«Perchè sei un cretino. Dimmi che stiamo andando a letto.» supplicò Sirius, cercando di trovare la forza per alzarsi.

«No. Dormiamo qui, dai. Scommetto che riusciremmo a far apparire due letti.» propose invece James cercando di riaprire le palpebre pesanti senza troppi risultati.

«E poi domani chi lo sente Remus?» replicò Sirius, facendosi forza e alzandosi faticosamente in piedi.

James si rotolò a terra fino a ritrovarsi supino ai piedi dell'amico e sollevando una mano per farsi aiutare.

«Domani niente.» mormorò Sirius, mentre camminavano con passo stanco per i corridoi deserti e bui.

«Domani ho allenamento.» gli ricordò in un lamento James, passandosi una mano tra i capelli.

«Vuole proprio vincere, Corinne, quest'anno, eh?» disse Sirius con uno sbuffo.

«Perchè, tu no?» indagò l'altro.

«Non cominciare.» Sirius colpì con una spallata James che ricambiò, inciampando e aggrappandosi alla sua spalla per non cadere. Nessuno dei due aveva più la forza per ridere, come non ce l'avevano per convincere la Signora Grassa che non erano ubriachi.

In silenzio, si spogliarono con le ultime energie e poi si buttarono a letto.

«'Notte idiota.» salutò James con voce impastata.

«'tte 'oglione.» biascicò Sirius.

Nel silenzio, Remus giaceva a letto con gli occhi aperti, domandandosi dove fossero stati i suoi amici fino a quell'ora.

 

**

 

Lily si buttò a sedere sulla panca di fianco a Marlene, gettandosi con tanta foga sul cibo da non accorgersi nemmeno dei Malandrini che si sedevano accanto a lei. La sera prima non aveva mangiato perchè si era dovuta prendere avanti con i compiti, quella mattina aveva avuto tempo solo per una colazione al volo e ora moriva di fame.

«Ciao, Lily.» salutò Marlene, divertita dalla sua voracità.

«Ciao, Lene. Scusa, muoio di fame.» rispose Lily, servendosi di un enorme cucchiaio di patate.

«Lo vedo. Come mai ieri non c'eri a cena e nemmeno in camera? Sono stata un po' con le altre, ma non sei arrivata.» chiese Marlene, mentre Mary si sedeva di fronte a lei, tutta presa da una discussione con Alice, che si rifiutava di mangiare dicendo, molto poco credibilmente, di non avere fame.

«Non posso crederci che Alice o Mary non te l'abbiano detto, spifferano sempre tutto!» Lily la guardò spalancando gli occhi e Marlene non poté far altro se non sorridere.

«Ok, mi hai beccata. Come è andata con Aaron?» cedette la ragazza, facendo arrossire Lily. Ma prima che l'altra potesse rispondere, la voce di Sirius si intromise nella conversazione.

«Chi è Aaron, Rossa?» domandò curioso il ragazzo, sporgendosi verso Lily che, non essendosi accorta di chi fosse seduto di fianco a lei, era sobbalzata violentemente.

«Non sono affari tuoi, Black.» sbottò dopo un attimo, riprendendosi e arrossendo ancora di più.

«James, James! La Rossa ha visto un ragazzo ieri!» chiamò Sirius, voltandosi verso James che discuteva di Quidditch con Emily.

«Per Godric! Chi è stato il temerario?» esclamò James, voltandosi di scatto, mentre Lily si seppelliva la faccia nelle mani e Marlene si scusava sottovoce.

«Un certo Aaron. Chi pensi che sia?» continuò Sirius tutto allegro, senza badare a Lily che gli ordinava di abbassare la voce e smetterla.

«Aaron Aaron....mmmm non mi fa venire in mente nessuno, deve essere qualcuno piuttosto insignificante.» rifletté James, mentre Remus veniva ignorato tanto quanto Lily mentre cercava di farli stare zitti.

«Aaron chi, Evans?» la interrogò Sirius con entusiasmo.

«Smettila, Black.» gemette Lily, ben conscia di come il teatrino stesse attirando l'attenzione di diverse persone.

«Non lo conosco.» rise Sirius.

«Ma aspetta...non dirai Aaron Kilgden vero? Quel Corvonero idiota con i capelli orribili?» esclamò James con aria disgustata.

«Non è idiota.» protestò Lily, un attimo prima di rendersi conto del suo terribile errore.

«Godric Evans, sei caduta in basso!» rise Sirius, dandole un colpetto sulla spalla.

Lily però decise di averne avuto abbastanza e rialzò la testa di scatto, fulminando entrambi con un'occhiata di fuoco.

«Andate al diavolo, tutti e due! Siete solo due stupidi, antipatici e maleducati bastardi.» non restò ad aspettare Marlene, né Alice che si era alzata di scatto per seguirla e sfuggire alle grinfie di Mary, né a vedere le facce dei due ragazzi, né tanto meno ad aspettare una loro replica, ma corse via.

Severus alzò lo sguardo quando la scorse con la coda dell'occhio, ma non la seguì, coinvolto in una conversazione da Mulciber, Nott e Avery.

Sunshine la vide passare, nascosta dietro ad una statua a chiacchierare con Jared prima di andare a pranzo, ma non smise di parlare.

Lily decise che, anche se la serata precedente non era stata per niente interessante e Aaron lo era stato ancora meno, lo avrebbe visto di nuovo. Solo per fare dispetto a Potter e a Black.

 

**

 

Remus faceva finta di studiare. Sì, esatto, anche lui ogni tanto fingeva di stare leggendo il libro che aveva di fronte senza leggerlo davvero. Ogni tanto anche lui aveva bisogno di una pausa, dal mondo come dallo studio. Così si apriva un grosso tomo davanti, abbassava la testa, girava le pagine di tanto in tanto e lasciava vagare la mente, senza che nessuno osasse disturbarlo, almeno per un po'.

Non che non gli piacesse studiare e di sicuro non gli dispiaceva stare con Peter, James e Sirius, ma ogni tanto era solo...stanco. Stanco fisicamente e mentalmente. Voleva solo chiudere gli occhi e ascoltare il silenzio, pensando pensieri confusi.

In quel momento in dormitorio regnava uno dei rari momenti di calma assoluta, che capitavano solo quando James e Sirius non erano insieme nella stessa stanza. Questa volta era Sirius ad essersene andato, dicendo di avere un appuntamento con una qualche ragazza, e James se ne stava seduto sul letto, sprofondato in una rivista di Quidditch e ogni tanto muovendo distrattamente dei punti colorati su una pergamena, facendo e disfacendo schemi, scuotendo le testa e distraendosi a guardare fuori dalla finestra.

Peter invece stava studiando, grattandosi la testa con una piuma e pescando gelatine tutti i gusti +1 da un sacchetto, facendo ogni tanto una smorfia quando sentiva un sapore particolarmente pessimo.

Frank invece era uscito solo qualche minuto prima, diretto in biblioteca, alla ricerca di un libro.

Remus aveva notato come non passasse più molto tempo con Alice come succedeva solo qualche settimana prima, ma l'altro non aveva voluto dirgli niente. Neanche una parola.

Un tuono richiamò l'attenzione dei tre ragazzi, che sollevarono la testa contemporaneamente per guardare fuori dalla finestra il parco bagnato dalla pioggia che cadeva fitta dal cielo scuro.

«Era forte questo.» disse casualmente James, seguito dai mormorii vaghi degli altri.

Nessuno sembrava voler distruggere quella momentanea quiete.

L'orologio continuò a ticchettare nel silenzio, James tornò alla sua rivista, Peter al suo libro e Remus ai suoi pensieri.

Chissà con chi era uscito Sirius. L'ultima volta era una Tassorosso del quinto anno, ma gli sembrava di aver capito che questa volta invece fosse una Grifondoro, ma non aveva capito chi, ma era certo di poter escludere quelle del loro stesso anno.

Anche se Mary una volta aveva mostrato una certa propensione a Sirius, ormai neanche lei ci provava più. Da quando i rapporti con le altre sue compagne di stanza erano diventati più stretti, Mary era cambiata molto. Era sempre attenta a ciò che indossava e non si tratteneva dal fare un po' la civetta con i ragazzi, ma era più simpatica, più gentile, più serena. La si vedeva spesso a braccetto con Alice, le teste vicine a chiacchierare o a ridere, oppure con Marlene, che sembrava aver dimenticato ogni loro passata inimicizia.

Quella che si vedeva sempre meno invece, rifletté Remus, era Sunshine. A parte qualche saluto la mattina o a lezione, non si parlavano da secoli. A lezione se ne stava con Lily e le altre, a pranzo non si vedeva quasi mai e così anche a cena, a colazione sembrava sempre distratta e si poteva considerare quasi un miracolo trovarla in Sala Comune. Chissà dove si cacciava.

Era ormai palese che lei stesse nascondendo qualcosa, ma non credeva che fossero affari suoi interessarsi di cosa stesse succedendo. Lei sembrava più felice e serena che mai e, anche se Lily la guardava con preoccupazione ogni volta che se ne scappava via, a Remus non sembrava fosse in qualche genere di pericolo. Certo, quando l'avessero notato, James e Sirius non avrebbero lasciato perdere finchè non avessero scoperto che cosa stava succedendo, ma per fortuna sembravano troppo impegnati nelle loro faccende per accorgersi di ogni altra cosa.

A proposito delle loro faccende...

Prima che Remus però riuscisse anche solo a finire di formulare il pensiero, la porta si spalancò, lasciando entrare Sirius, con un gran sorriso e un'aria parecchio soddisfatta.

«Sirius Black, che cosa hai combinato?» esclamò Remus, alzando un sopracciglio e guardandolo con aria interrogativa.

Sirius si lanciò sul letto di James, che si scansò appena in tempo per non essere schiacciato e sorrise sornione, giocando con il bordo della coperta.

«Vuoi farti pregare, per caso?» insistette James, leggermente irritato da quell'invasione.

«Forse.» sorrise Sirius, sfogliando la rivista che gli aveva rubato di mano.

«Ok. James a te interessa?» chiese con aria fintamente indifferente Remus all'amico, che scosse la testa, riprendendosi la sua rivista dalle mani dell'altro.

«Uff, che noiosi che siete. Ok, allora ero all'appuntamento con Michelle Arwens...» iniziò Sirius, ma James lo interruppe.

«Quella del quinto anno? Ti sei trovato un bel pesciolino, amico.» rise, pensando alle lunghe gambe e alla bocca rossa della ragazza.

«Puoi dirlo forte.» gongolò l'altro, il sorriso sempre più largo.

«Avanti, che hai fatto, Sirius? Non mi interessa sapere del tuo appuntamento.» sospirò Remus, cedendo.

«Oh, te lo assicuro, ti interessa.» ghignò Sirius. «E la domanda non è che ho fatto, ma che abbiamo fatto.»

Ci fu un momento di silenziò e poi James trattenne il respiro.

«Non dirmi che...» boccheggiò.

«Oh, sì.»

«Con Michelle Arwens?»

«Assolutamente.»

«Non posso crederci.»

«Credici.»

James rimase zitto un altro secondo dopo quella rivelazione, ma un secondo dopo scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla a Sirius.

«Avevi ragione. M'interessa.» sorrise, facendogli l'occhiolino.

Remus gemette: a lui non interessava invece.

«Ma io non ho ancora capito...» intervenne Peter.

Remus si alzò, portandosi dietro il suo libro, lasciando James e un più che esaltato Sirius a ridere di Peter.

 

**

 

Alice si stava mettendo attentamente lo smalto sulle unghie del piede destro quando la porta del dormitorio si aprì, lasciando entrare le sue amiche. La ragazza alzò la testa, lanciando un'occhiata perplessa alle ragazze che si sedevano attorno a lei.

«Uhm ciao. Ho fatto qualcosa di male?» domandò, interdetta da quella riunione improvvisata.

«Non lo so. L'hai fatto?» chiese di rimando Lily, le ginocchia raccolte al petto, i capelli rossi che le cadevano sulle spalle ai lati del viso.

«Non lo so.» rispose dubbiosa Alice, cercando di capire se davvero avesse combinato qualcosa, ma senza riuscire a capire a che cosa si riferissero.

«E allora come mai non passi più tanto tempo con Frank? Avete litigato?» domandò più dolcemente Mary, accoccolata di fianco a Marlene.

«Noi...non esattamente.» sospirò Alice, presa un po' in contropiede dalla domanda. Erano passate più di due settimane dal quello che chiamava “l'incidente” e nessuna delle sue amiche aveva fatto molte domande, se non molto vaghe. Come mai ora improvvisamente avevano indetto quella missione di soccorso sentimentale?

Alice guardò le amiche, che ricambiarono il suo sguardo con aria interrogativa.

«Ho...ho fatto qualcosa di male. È stato...un incidente.» cedette alla fine, abbassando la testa sul suo smalto grigio perla. Non si ricordava di averlo scelto di quel colore.

«Che cosa è successo?» domandò cautamente Marlene.

Alice pensò per un attimo di non dire niente, di tenersi tutto per sé. Però era già troppo tempo che si teneva tutto dentro, che soffriva silenziosamente per i suoi sensi di colpa, per la mancanza di Frank e per i suoi sentimenti confusi. Era ora di lasciarsi aiutare.

Contro la sua volontà i suoi occhi si riempirono di lacrime e le sue mani cominciarono a tremare.

«Oh, Ali...» mormorò Mary, abbracciandola, seguita subito dalle altre due.

Alice si lasciò cullare dal calore e dall'affetto delle sue amiche per qualche istante, ma poi si asciugò gli occhi con il dorso della mano e tirò su con il naso, prendendo un respiro.

«Ho fatto un casino.» confessò, tormentandosi le mani, che vennero subito prese tra quelle di Lily.

«Sono sicura che sarà una cosa risolvibile, tesoro.» disse subito Mary con trasporto, ma Alice non sembrò nemmeno sentirla.

«Era tutto così bello tra me e Frank e io sono riuscita a rovinare tutto! Sono una stupida.» gemette, mentre altre lacrime sgorgavano dai suoi occhi e la stretta di Lily sulle sue mani si faceva più forte e dolce.

«Magari se ci racconti che cosa è successo riusciamo ad aiutarti.» la incoraggiò Marlene con un sorriso.

«Allora. Non so quando sia cominciato, forse dalla mattina, ma di sicuro in biblioteca. Ce ne stavamo lì a studiare e io non riuscivo a concentrarmi e lui l'ha notato e mi ha chiesto come stavo, se ci fosse qualcosa che non andava. Oh, è sempre così dolce! Come ho potuto mandare tutto all'aria così?» si lamentò la ragazza.

«Sono sicura che tu non hai mandato all'aria niente, dolcezza. Su, continua.» la esortò Marlene, impaziente.

Un altro profondo respiro, mescolato alle lacrime.

«Poi siamo andati a spedire una lettera e lui era lì, così vicino, e io....l'ho baciato.» confessò infine Alice, la testa bassa, le guance rosse.

«L'hai baciato?» strillò Mary sorpresa.

Alice annuì e poi aggiunse «L'ho baciato, poi mi sono scusata e sono scappata via.»

«Sei scappata?» esclamò ancora Mary, la voce straordinariamente acuta.

«Ti sei scusata?» le fece eco Marlene, più che sorpresa.

«Non guardatemi così, vi prego, lo so già di essermi comportata da stupida!» supplicò Alice, nascondendosi la faccia tra le mani.

«L'unica cosa stupida che tu abbia fatto è stata scappare via dopo esserti scusata! Perchè ti sei scusata, poi?» esclamò Marlene, scuotendo la testa.

«Perchè ho rovinato tutta la nostra amicizia e non so neanche perchè! Frank è dolce, ma io sono solo un'amica...e ora non sono più neanche quello.» pianse Alice, con un piccolo singhiozzo.

Le altre tre si scambiarono uno sguardo, senza riuscire a credere che la loro amica, sempre così pronta a dare consigli agli altri, fosse davvero così cieca.

«Ali, mi stai dicendo che davvero credi di essere solo un'amica per lui?» indagò piano Lily, la voce piena di sorpresa.

Alice alzò la testa di scatto, lanciandole un'occhiata sconvolta.

«Scusa?» boccheggiò, gli occhi spalancati.

Mary sospirò e ridacchio piano, prima di allungare un braccio e circondarle le spalle.

«Alice, sei unica! Aiuti gli altri e poi non sai vedere oltre la punta del tuo naso!» rise, scompigliandole i capelli.

«Tesoro, Frank è cotto di te da secoli, si vede lontano un miglio.» chiarì Marlene, sorridendo alla più che stupefatta Alice.

«C-cotto? Di me? No no, non può essere.» balbettò la ragazza, senza poterci credere.

«Te lo garantisco.» annuì Lily, appoggiata dalle altre due.

«Q-quindi quando l'ho baciato...» iniziò Alice.

«Probabilmente è stato il momento più bello della sua vita e l'hai rovinato scappando via. Dovresti scusarti di questo, non ti pare?» suggerì Mary, interrompendola.

Alice rimase immobile ancora un secondo e poi si alzò in piedi di scatto, facendo quasi cadere Marlene, e corse via, gridando un “torno subito!”.

Frank stava tornando alla Sala Comune, ormai era quasi davanti al ritratto della Signora Grassa, quando questo si aprì.

Ebbe appena il tempo di cogliere la visione di Alice, spettinata, con le guance rosse bagnate di lacrime, gli occhi luminosi e un enorme sorriso, che gli correva incontro, prima di trovarsi le sue braccia al collo.

«Scusa.» mormorò la ragazza.

Frank però non ebbe nemmeno il tempo di registrare quella parola, perchè la sua mente fu sconvolta dalle labbra di Alice che si posavano dolci e morbide sulle sue.

Rimase pietrificato per un momento, ma poi avvolse le braccia attorno alla vita della ragazza e la strinse forte, rispondendo al bacio.

«Scusa per cosa?» domandò quando si staccarono, senza fiato, senza riuscire a crederci, convinto di stare sognando.

«Scusa per essere stata cieca. Scusa per essere scappata. Scusa per non averlo fatto prima.» rispose Alice, incapace di smettere di sorridere.

Frank le asciugò le guance ancora bagnate con una dolce carezza e poi rispose al sorriso.

«Grazie per averlo fatto ora.» disse in un sussurro.

Poi la baciò di nuovo dolcemente e il suo profumo, il suo piccolo corpo, i suoi capelli morbidi, la sua presenza, stordirono tutti i suoi sensi, facendolo perdere in un mondo di luce.

E improvvisamente si sentì completamente felice.

 

**

 

James era in ritardo. Al dire il vero, lui e Charlotte non avevano un orario preciso in cui incontrarsi, ma di solito si trovavano nella loro aula vuota sempre alla stessa ora. E lui era in ritardo. Non solo di qualche minuto, ma di quasi un'ora. L'avrebbe trovata ancora lì oppure se n'era già andata?

Eppure non avrebbe potuto fare più in fretta: gli allenamenti di Quidditch erano durati più del solito e lui doveva ancora fare i compiti. Anche copiarli prendeva del tempo.

Ansimando per la corsa, James aprì la porta dell'aula, ormai convinto di trovarla vuota, ma invece scorse un'ombra, rannicchiata a terra nel solito posto.

«Ehi, Potter. Sei venuto.» mormorò Charlotte, mentre l'altro si avvicinava.

«Ovvio, Rosier.» sorrise James. Fu prima che notasse il segno scuro che aveva sulla guancia e gli occhi lucidi di lacrime trattenute.

Muovendosi veloce, si inginocchiò di fronte a lei e le prese il viso tra le mani.

«Chi è stato?» ringhiò, passandole un pollice sul livido.

«Nessuno.» rispose Charlotte, cercando di evitare il suo sguardo.

«Guardami. Chi è stato?» insistette James, i denti stretti e uno sguardo duro negli occhi che Charlotte non aveva mai visto.

«Nessuno. È stato un incidente.» ribadì Charlotte, ma questa volta la voce tremava troppo per lasciar credere anche solo per un istante che fosse la verità.

«Lotte, guardami, per favore. Chi è stato il bastardo che ti ha fatto questo?» ripeté fermamente James, ben deciso a non lasciare perdere.

«James, per favore....» Charlotte cercò di liberarsi dalla sua stretta, ma James non la lasciò andare. Non prima di aver saputo ciò che voleva.

«Lotte.» disse solamente, fermo e deciso. Alla fine la ragazza cedette.

«Ho insultato, forse un po' troppo, Henry Stafford.» mormorò.

«E lui ti ha colpita?» esclamò James, cercando di inquadrare il proprietario di quel nome, un Serpeverde alto e inquietante.

«No, lui deve essersi lamentato con mio fratello.» aggiunse Charlotte.

«Non capisco.» ammise James, scuotendo la testa, pensando a Evan Rosier, non troppo alto, dall'aria velenosa. «È stato tuo fratello a colpirti?»

«No, è stato mio padre. Doveva parlare con Silente, è passato qui a scuola e mio fratello deve avergli raccontato qualcosa, quel bastardo. Ha chiesto se poteva salutarmi e quando mi ha vista mi ha sgridata e colpita.» ammise alla fine Charlotte, svuotando il sacco completamente.

James strinse gli occhi, i denti che quasi scricchiolavano per quanto li stava stringendo forte, le mani chiuse a pungo.

La ragazza allungò una mano e la posò sopra alla sua.

«Ehi, non fare così. Va tutto bene.» mormorò, cercando di suonare serena. «Ci sono abituata. Dovresti saperlo, essendo amico di Black.»

Se quelle parole erano state dette per cercare di calmarlo, avevano decisamente fallito.

James ringhiò una maledizione sottovoce

«James, James. È tutto ok, davvero.» ripeté Charlotte preoccupata, stringendogli più forte la mano.

«Non va tutto bene, Lotte. Non per loro, almeno.» sbottò con tono rabbioso James.

«Smettila. So cavarmela da sola, non devi farmi da cavaliere dall'armatura scintillante.» esclamò Charlotte, improvvisamente più ferma e sicura.

James alzò lo sguardo, per puntarlo negli occhi di lei. Non c'erano più lacrime, non c'era più paura. Non temeva davvero di affrontare da sola i suoi parenti. Se la spaventavano, sapeva come fare a nasconderlo e a resistere a testa alta.

Era così bella.

James sorrise, abbandonando la rabbia, e allungando di nuovo le mani per accarezzarle il volto.

«Non permettere che ti facciano questo.» sussurrò con dolcezza, passandole un pollice sul livido.

«Un giorno sarò abbastanza forte da impedirglielo.» promise la ragazza, annuendo.

Fu la luce nei suoi occhi, fu la sua aria fragile e forte insieme, furono le sue guance leggermente arrossate, furono le sue labbra piegate in un piglio deciso, fu l'atmosfera del momento, fu un impulso irrefrenabile. Fu quel che fu, ma un attimo dopo stava accadendo.

James si sporse avanti e la baciò con dolcezza, staccandosi dopo appena un secondo per osservare la sua reazione.

Charlotte se ne stava immobile, gli occhi spalancati, le labbra leggermente dischiuse.

Era così bella.

Poi però un sorriso dolce e furbo insieme le illuminò il viso e la ragazza ridacchiò piano.

«E così ci proviamo, eh, signor Potter?» mormorò, mettendogli una mano dietro al collo e avvicinandolo leggermente a sé.

«Sempre.» rispose in tono basso e rauco James, sentendo il desidero di baciarla di nuovo.

Non dovette aspettare molto.

Charlotte ridacchiò di nuovo e poi lo attirò a sé, in un bacio più profondo, un po' maldestro, che finì con James che si sbilanciava troppo in avanti e quasi cadeva addosso alla ragazza, facendola ridere.

«Non posso crederci.» mormorò Charlotte dopo un istante di silenzio.

«Farò meglio a spiegartelo meglio allora.» sussurrò James al suo orecchio, provocandole un forte brivido.

Fu un bacio diverso questo, più consapevole, più caldo.

E in quell'angolo buio, seduti sul pavimento duro e freddo, si sentirono per un momento completamente felici.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

Eeeee finalmente ce l'ho fatta! Lo so, ci sono stata tantissimo anche se avevo detto che ci sarei stata poco, ma si sono intromessi degli impegni che mi hanno portato via diverso tempo e non riuscivo mai a trovare il tempo di mettermi a scrivere! Comunque ora il capitolo è pronto e per farmi perdonare non solo è abbastanza lunghino, ma succedono anche belle cose dai :)

  1. ok cominciamo con un momento non proprio felice...povera Lily si è rovinata il compleanno con le sue paranoie e, ammettiamolo, è diventata piuttosto isterica, ma per fortuna ci sono le sue amiche!

  2. Sirius e James sono l'amore. Non ho altro da aggiungere

  3. e così la storia di lily con Aaron continua! Come andrà a finire??

  4. Poi c'è Sirius che va in giro con ragazze più grandi, ma sorvoliamo.....

  5. ALICE E FRANK!! Qualcuno mi fermi dallo scrivere di loro prima di morire per il diabete! Li amo troppo e ora stanno insieme finalmente e io morirò per colpa loro lo so!

  6. JAMES E CHARLOTTE!! Anche loro, i miei bimbi, finalmente insieme! E so che a qualcuno non piacciono ma sshhhh! Sono bellissimi u.u

  7. Grazie a chi ha recensito ossia: _tribute_, ChihiroUchiha, Bluelectra e le mie due cucciole Bella_1D e marauder11! Vi voglio tanto bene <3

  8. Un grazie alla mia AleJackson, anche se ogni tanto sparisce e non mi risponde! Amor forza dai che mi servi! <3

Baci a tutti e bè....buon inizio delle vacanze!

*dD*

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Capitolo 14
*** Tieni gli occhi bene aperti ***


 

 

 

 

Tieni gli occhi bene aperti

 

 

Era un Febbraio nevoso quello di quell'anno. Il primo giorno del mese era sorto con una tempesta di neve che aveva costretto ad annullare gli allenamenti di Quidditch e le lezioni di Erbologia e aveva costretto Hagrid a chiudersi in casa con una scorta extra di legna per scaldarsi e di cibo, viste le difficoltà di attraversare il prato per arrivare a scuola.

La tempesta di neve era continuata per due giorni e qualcuno aveva scherzato sulla possibilità che non smettesse più, ricoprendo l'intero castello con la sua bianca coltre e seppellendoli lì per sempre (quando ci si metteva Sirius sapeva essere parecchio catastrofico).

Poi però era finita e un pallido sole, incapace di sciogliere quella coperta bianca, aveva fatto capolino tra le nuvole.

Due settimane dopo, precisamente il 14 Febbraio, Hagrid si era avventurato nella Foresta Proibita per controllare come stessero i Centauri e per vedere che danni avesse fatto la neve, mentre il castello si svegliava in un'atmosfera stranamente elettrica. Era una tensione nell'aria che proveniva da chissà dove e portava a cose altrettanto sconosciute, ma si propagava attraverso le risate nervose delle ragazze e nelle occhiate stranite dei ragazzi, nei rimproveri secchi dei professori e nell'espressione corrucciata di Silente.

Remus si era alzato prima del solito, prima anche di Frank, che ancora dormiva profondamente e si era avventurato, ancora a piedi scalzi e in pigiama, nella Sala Comune deserta, illuminata dalla prima luce dell'alba, amplificata dal biancore della neve.

Il pavimento era gelido e il freddo si trasmetteva dalle palme dei piedi per tutto il corpo, ma era tutto così tranquillo, come sospeso, che Remus voleva goderselo ancora un po', prima di affrontare la giornata.

Un giornale, abbandonato su una poltrona, aveva attirato la sua attenzione con il suo titolo preoccupante.

DONNA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA RITROVATA MORTA DA UN BABBANO

Remus lo aveva preso in mano e aveva dato una letta veloce all'articolo. Una giornalista era scomparsa più di una settimana prima ed era stata trovata morta da un postino babbano, abbandonata in un angolo di una sudicia strada, senza apparenti segni di violenza.

Remus aveva rabbrividito: cose del genere gridavano magia oscura da ogni parola, ma nessuno aveva il coraggio di dire “Mangiamorte”.

Nessuno ne sapeva molto, erano solo sussurri e mezze frasi captate da genitori e insegnanti, ma si facevano più rumorose ad ogni articolo del genere, ancora piuttosto radi, per fortuna.

Uno scricchiolio aveva attirato l'attenzione di Remus, ma non aveva visto nessuno. Questo però gli aveva dato la forza di alzarsi dalla poltrona e tornare in camera, trovando il bagno occupato da Frank e Sirius che si rigirava pigramente nel letto, svegliandosi lentamente, alzando un mugugno confuso che forse era un buongiorno, quando si accorse che anche Remus era sveglio.

«'Giorno.» salutò Remus con uno sbadiglio. Forse alzarsi così presto non era stata la migliore idea del mondo, soprattutto dopo la passeggiata della sera prima fino a Mielandia e poi in giro per Hogsmeade, profondamente addormentata, ma ormai era fatta. Non era poi così strano dormire meno ore di quelle di cui avrebbero avuto bisogno per loro.

Sirius si stiracchiò, poi lanciò un cuscino a James, tanto per svegliarlo con dolcezza, ridendo del suo mezzo strillo.

Peter si svegliò di soprassalto al rumore improvviso, esclamando qualcosa di indistinto.

Frank sentì Remus sospirare e poi ridere, ma lui aveva altro a cui pensare. Era San Valentino e tutto doveva essere perfetto. Alice se lo meritava.

A colazione mazzi di rose venivano recapitati alle fortunate fanciulle da ragazzi imbarazzati, mentre le altre guardavano invidiose o, in qualche caso, divertite.

Lily ricevette un piccolo bouquet di rose rosa e bianche da Aaron, Mary ricevette diversi mazzi di rose e altri fiori, mentre Frank, arrossendo fino alla punta delle orecchie, porse ad Alice rose rosse e cioccolatini, mentre Marlene rideva, divertita dall'imbarazzo delle amiche.

Charlotte arrossì e abbassò la testa, evitando le domande delle amiche, quando un gufo lasciò cadere un unica rosa rossa dal lungo gambo senza spine di fianco al suo piatto, mentre James, dall'altra parte della Sala Grande, sorrideva soddisfatto tra sé, senza che i suoi amici riuscissero a capire che cosa diavolo gli prendesse.

Le lezioni vennero spesso interrotte dai rimproveri dei professori, irritati dal chiacchiericcio delle ragazze e dall'arrivo di bigliettini, che planavano di fronte al destinatario emozionato.

Quando scese la sera ormai la gran parte della popolazione di Hogwarts si era stancata di fiori, cioccolatini, poesie, canzoni, regalini e smancerie e ringraziavano che finalmente quel giorno stesse giungendo al termine, mentre qualcun'altro, soprattutto ragazze, esprimevano silenziosi desideri perchè quella giornata non finisse mai, per gustarsi quell'atmosfera più a lungo o forse sperando in qualche regalo che ancora non era arrivato.

Remus cercò di convincere gli altri a saltare la cena e di farla dopo nelle cucine, per evitare di trovarsi ancora una volta in una stanza piena di persone che manifestavano il loro amore, ma Sirius disse che a San Valentino era dieci volte più facile avvicinare le ragazze sole e deluse, convincendo anche Peter a stare dalla sua parte.

James, da parte sua, non sembrava toccato da niente di tutto ciò e aspettava semplicemente che scendesse la notte e tutti si addormentassero per poter incontrare Charlotte.

Quando finalmente raggiunsero insieme la porta della “loro” aula, la baciò con dolcezza e le propose una passeggiata per i corridoi deserti, portandola fino in cima alla Torre di Astronomia.

«Hai freddo?» domandò, vedendola rabbrividire.

Se ne stavano seduti sul davanzale, lui tenendola ben stretta per le spalle con il timore che scivolasse e cadesse, a guardare la neve che copriva ogni cosa e le stelle che cercavano timidamente di farsi strada tra le nuvole. Si congelava e la pietra su cui erano seduti non aiutava di certo a stare più caldi, ma la vista era stupenda e poi James poteva sempre usare la cosa come scusa per tenere la ragazza più stretta.

«No, James, sto morendo di caldo.» rispose sarcastica Charlotte, le guance solitamente pallide arrossate dal freddo.

«Non essere sarcastica con me, Rosier.» le soffiò James, baciandola poi sotto all'orecchio, facendola rabbrividire ancora, se per il freddo o per qualcos'altro non lo sapeva.

«Domani vi allenerete anche con questo freddo?» cambiò discorso la ragazza, incrociando le braccia per stare più calda (e per impedirsi di allungare le mani verso James).

«Ovviamente. Nessun tempo può fermare Corinne.» rispose divertito il Grifondoro.

«Non dirlo come se tu non fossi esattamente uguale.» lo riprese con una mezza risata Charlotte, girandosi per strofinargli il naso congelato sul collo, facendolo sobbalzare.

«Questi sono dettagli assolutamente irrilevanti.» ribatté James, con aria superiore, prima di ridere anche lui.

Era così facile stare con Charlotte in quel modo, da soli, nascosti al mondo. Perchè però allo stesso tempo stare con lei doveva portare anche a tanti problemi? Sarebbe stato bello poter pranzare insieme, andare a prenderla a lezione, parlare di lei con i Malandrini, senza dover temere le reazioni degli altri. Non che a lui importasse, non gli era mai importato di che cosa pensasse il resto del mondo, gli bastava essere felice, ma Charlotte era stata piuttosto categorica. James sapeva che in realtà temeva la reazione di suo fratello e anche quella di suo padre, anche se non l'aveva detto, quindi rispettava la sua richiesta. Non per molto comunque, prima o poi l'avrebbe convinta a non avere più paura.

«A cosa stai pensando?» domandò Charlotte, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

«A quanto sarebbe bello andare a bere qualcosa di caldo ora.» rispose con scioltezza James, abbassando lo sguardo verso di lei, che teneva la testa appoggiata alla sua spalla, ma che la sollevò immediatamente, spalancando gli occhi.

«Andiamo?» chiese subito la Serpeverde, con un entusiasmo che fece sorridere James.

«Non ti piace proprio qui, eh?» la prese in giro, aiutandola però a scendere dal davanzale, per poi seguirla con un salto.

«Non è colpa mia. Se fossi rimasta ancora un po' ferma lì mi sarei trasformata in una statua di ghiaccio!» protestò Charlotte, abbassando la voce quando aprirono la porta della torre per scendere le scale.

«E quale sarebbe stata la differenza dal solito?» chiese James, rispondendo alla sua occhiataccia con un sorriso.

«Taci Potter, non vorrai che Gazza ci senta. Gli potrei dire che mi hai rapita.» scherzò Charlotte.

«Non ci crederebbe nemmeno uno come Gazza. Piuttosto saresti tu ad aver rapito un povero ragazzo indifeso come me!» replicò James, prendendola a braccetto e trascinandola verso una scorciatoia.

Quasi un'ora dopo, James e Charlotte stavano di fronte all'entrata nascosta della Sala Comune dei Serpeverde, dopo aver gustato una cioccolata, aver fatto una passeggiata e aver riso fino alle lacrime.

James guardò la ragazza negli occhi: erano sempre così luminosi e privi di nuvole quando rideva così!

Si sporse in avanti e le rubò un bacio, interrompendola a metà di una frase e facendola imbronciare.

«Non ti interessa proprio quello che stavo dicendo, eh.» si lamentò la Serpeverde, alzando gli occhi al cielo.

«Assolutamente no.» rispose imperturbabile James, baciandola ancora, questa volta con più calma.

«Buonanotte, James, ci vediamo domani.» salutò Charlotte, staccandosi e girandosi per sparire. James però la prese per un polso, la fece girare e la attirò di nuovo a sé, baciandola ancora.

«Buonanotte.» sorrise sornione, lasciandola andare e osservando le sue guance rosse e i suoi occhi spalancati.

«Prepotente.» sbuffò lei, ma poi sorrise anche lei, mormorò la parola d'ordine e se ne andò, silenziosa come un soffio di vento.

James se ne tornò con calma in camera, trattenendo il desiderio di fischiettare, sereno.

Si infilò a letto e, pensando ancora a Charlotte, si addormentò in pochi istanti, senza notare che non tutti i respiri della stanza erano quelli lenti e quieti di chi dorme.

Remus giaceva infatti con gli occhi spalancati, chiedendosi dove fosse stato James senza di lui. All'inizio aveva pensato che fosse in giro con Sirius, ma poi l'altro era tornato da solo (o meglio, accompagnato da una ragazza che ridacchiava e gli arpionava un braccio, spettinata e scomposta) quando tutti erano (o sembravano) addormentati e James non si era fatto vedere.

Che cosa stava combinando?

Tormentato da quei pensieri si alzò per bere un po' d'acqua, dirigendosi verso la finestra sul cui davanzale era posata la brocca, ma quando passò di fianco al letto di Sirius, si sentì afferrare improvvisamente il polso.

Anche Sirius era sveglio e lo guardava con gli occhi spalancati, facendogli segno di stare in silenzio.

Remus gli fece segno di alzarsi e con un sospiro l'altro obbedì, seguendolo in Sala Comune.

«Che succede?» chiese Sirius, lasciandosi cadere su una poltrona e raccogliendo le ginocchia al petto per stare più caldo.

«Speravo che tu avessi la risposta, a dire il vero.» rispose Remus, buttandosi sulla poltrona di fronte alla sua, ma Sirius scosse la testa.

«Io non ne so niente. Oggi non avevamo in programma nessuna..passeggiata.» Sirius sbadigliò, strofinandosi gli occhi.

Se Remus sperava che James gli avesse detto qualcosa a proposito delle sue uscite solitarie (non era la prima volta che le notavano, checché ne pensasse l'interessato) era rimasto deluso: lui non ne aveva la minima idea.

«Quindi che facciamo? Lasciamo che passeggi in solitaria, se lo è davvero, solo intendo, o indaghiamo?» chiese dopo un po' Sirius, gli occhi fissi sulle braci che andavano raffreddandosi nel caminetto.

«Sai cosa potremmo fare? Prendere due piccioni con una fava e usare la Mappa. Così possiamo scoprire come mai non dice sempre la verità e anche magari vedere dove va a cacciarsi James a queste ore della notte.» propose Remus, dopo averci riflettuto.

Sirius approvò con entusiasmo, per quanto potesse essere entusiasta a quell'ora tarda, e i due si fecero forza per tornare a letto.

James e Sunshine dormivano nei loro letti, ignari di quanto i segreti delle loro relazioni fossero improvvisamente in pericolo.

 

**

 

«Ciao.» Jared si voltò, un sorriso già stampato in volto, incontrando gli occhi blu di Sunshine.

«Ciao.» rispose, mentre Sunshine lo abbracciava e gli posava un lieve bacio sulla guancia, prima di sedersi accanto a lui.

Non serviva parlare: si guardarono, controllarono che l'altro sembrasse ok e poi si misero tranquillamente a fare i compiti. Avevano trovato quella stanza per caso. Un giorno cercavano un posto dove poter stare tranquilli senza il timore che qualcuno li vedesse e avevano trovato quella stanza. Sapevano che ci doveva essere di mezzo qualche incantesimo (erano più che sicuri che non ci potesse essere un salotto così e che nessuno ne approfittasse), ma non se ne lamentavano.

C'erano delle morbide poltrone, un divanetto, il camino, una finestra e tavolo con qualche sedia. Era piccolo, ma confortevole e ci passavano volentieri il tempo.

Dopo circa mezz'ora, Jared posò il libro di Incantesimi con uno sbuffo e si girò verso Sunshine, immersa nella lettura di un sottile libretto dalla copertina verde, con una ciocca di lunghi capelli biondi avvolta attorno all'indice e il mento posato sulle ginocchia raccolte al petto. Passò qualche istante, la ragazza girò una pagina, il Serpeverde continuò a guardarla, l'orologio sulla parete ticchettava.

«Avanti, che c'è?» sospirò alla fine Sunshine, alzando lo sguardo e puntandolo con un mezzo sorriso negli occhi di Jared.

«Niente. Mi annoiavo e tu sei interessante.» rispose placido quello, senza muoversi.

«Interessante? Ma se stavo leggendo!» rise Sunshine, arrossendo come se lui la stesse prendendo in giro.

«Saresti interessante anche se stessi immobile con un'espressione vuota, Sun.» sbuffò Jared, alzando gli occhi al cielo, sorridendo al rossore sulle guance dell'altra, per poi aggiungere «Comunque pensavo...»

«Oh Godric...» esclamò Sunshine con aria orripilata, facendolo sbuffare di nuovo.

«Oh, zitta! Comunque pensavo...non è che domani vorresti passare la sera con me? Ultimamente stiamo insieme solo poche ore e studiamo sempre..» suggerì Jared, spalancando gli occhi, assumendo quell'espressione che costringeva Sunshine a concedergli ogni cosa chiedesse.

«Non c'è alcun problema. Cosa vuoi fare?» rispose infatti la ragazza, chiudendo il libro e guardandolo con aspettativa.

«A dire il vero ci devo ancora pensare.» ammise Jared, facendola ridere.

«Ok, hai un intero giorno per pensarci! Ora devo andare, ci vediamo domani.» Sunshine raccolse la sua borsa, lo baciò velocemente su una guancia, sorrise ancora e poi corse via, in ritardo per l'appuntamento che aveva con Mary per studiare.

Quando finalmente arrivò in biblioteca la trovò intenta a chiacchierare con Marlene, che sembrava parecchio stressata.

«Ciao, scusa, sono in ritardo.» salutò Sunshine, sedendosi accanto alle amiche.

«Non preoccuparti.» rispose Mary con un cenno della mano, come a voler scacciare via le sue scuse, senza distrarsi da ciò che le stava dicendo Marlene.

«....quindi mancano ancora mesi ai G.U.F.O. ma per la quantità di lavoro che ci danno tutti quanti sembra siano domani! Io non ce la faccio più!» concluse Marlene, abbandonandosi con la testa appoggiata alle braccia, incrociate sul tavolo.

«Ehi, Marlene, sai cosa potremmo fare per distrarti un po'?» propose Mary, cercando di tirare su l'amica, che sollevò la testa incuriosita.

«Farmi ubriacare?» domandò la ragazza.

«No, fare una bella sera solo per noi. Ci dipingiamo le unghie, facciamo i test del Settimanale delle Streghe, ascoltiamo la radio e prendiamo in giro Alice parlando di Frank. Mangiamo cioccolata e, se vuoi, corrompiamo Black e Potter perchè ci procurino Burrobirra.» disse con entusiasmo Mary, felice di vedere come l'amica si illuminava a quella proposta.

«E firewhisky.» insistette però l'altra, impuntandosi.

«E firewhisky, se ce la fanno.» concesse Mary.

«Ti adoro!» esclamò Marlene, attirandosi l'occhiata di rimprovero di Madama Pince, abbracciando di slancio l'amica.

«Lo so, lo so. Lo diremo anche alle altre dopo. Tu ci sarai, vero Sun? Domani è venerdì, potremo stare alzate fino a tardissimo senza che nessuno muoia poi a lezione il giorno dopo! E Emmeline, se non vuole assistere, può andare nel tuo dormitorio o anche dalle sue amiche Tassorosso.» quello che però disse dopo, non arrivò nemmeno alle orecchie di Sunshine.

Il giorno dopo. Come poteva dire di no alle sue amiche? Passavano così poco tempo insieme ultimamente! Però aveva già detto di sì a Jared e le dispiaceva non passare la sera con lui. Aveva ragione, dopotutto il tempo che passavano insieme lo spendevano per la maggior parte a studiare. Come avrebbe potuto rifiutare, il più gentilmente possibile, la richiesta di Mary senza insospettire nessuno?

«Ehi, Sun, ci sei?» la chiamò Mary, sventolandole una mano davanti agli occhi, riscuotendola dai suoi pensieri.

«Sì, sì, scusa. Cosa stavi dicendo?» rispose Sunshine, cercando di concentrarsi.

«Ti stavo chiedendo se allora ti andava di studiare Pozioni.» ripeté Mary, lanciandole un'occhiata strana che però l'altra preferì ignorare.

«Certo, sono qui per questo.» disse invece, aprendo il libro.

Fu quello a farle venire l'ispirazione. Certo, non aveva mai pensato di poter anche solo concepire una bugia del genere e di certo non le faceva piacere imbrogliare così le sue amiche, ma per non farle insospettire e passare tutta la sera con Jared...poteva farlo.

Doveva solo riuscire a trovare un modo per sembrare abbastanza malata da essere ricoverata in Infermeria.

Una volta avrebbe chiesto aiuto ai Malandrini, che di sicuro erano i migliori in quel campo, ma non riusciva neanche più a ricordare l'ultima vera conversazione che aveva avuto con i quattro e non le piaceva andare da loro, rischiando di suscitare chissà che tipo di domanda. Avrebbe dovuto arrangiarsi.

Poteva sempre fingere un forte mal di pancia, bere tutta la pozione al peperoncino che sapeva che Marlene nascondeva nel suo baule per fare dispetti a Alice e andare in Infermeria con la temperatura alle stelle, la gola in fiamme e gli occhi rossi e lacrimanti. Bastava che poi tutto passasse abbastanza da permetterle di uscire con Jared, ma non abbastanza da farla dimettere dall'Infermeria.

Oh insomma, si sarebbe ingegnata in qualche modo!

Passò il resto della sera a prestare ascolto alle amiche solo con un orecchio, impegnata nei suoi piani, ma nessuno sembrò accorgersi di niente. Sorrise, annuì, rispose quando le veniva fatta una domanda e rise quando le altre ridevano, ma se le avessero chiesto di che cosa avevano parlato non sarebbe riuscita a ricordare una sola parola.

Il giorno dopo mise in pratica il suo piano.

Nella pausa pranzo corse in camera di Marlene per prendere la sua boccetta di pozione al peperoncino e la bevve tutta quanta, per quanto bruciasse, alla fine dell'ultima ora di lezione, per poi farsi accompagnare in Infermeria dalle amiche, gli occhi che lacrimavano, il passo malfermo, un forte bruciore alla gola che le impediva di parlare e un mal di pancia tremendo. Ma per il piano, questo e altro.

Convinse le amiche a fare la loro serata anche senza di lei quando Madama Chips le disse che l'avrebbe tenuta in Infermeria in osservazione per gli strani sintomi del suo malessere e aspettò tranquillamente che la pozione che le aveva dato facesse il suo effetto.

Quella sera non mangiò, parlò appena con le amiche passate a salutare, adducendo come scusa il mal di gola, si mise a letto presto e chiuse le tende attorno, dicendo che la luce le dava fastidio. Madama Chips non replicò e non andò nemmeno a controllarla prima di chiudersi nel suo Ufficio, così che Sunshine poté rivestirsi e sgattaiolare via, un sorriso stampato in volto.

Il piano era riuscito.

«Ciao.» salutò la ragazza, abbracciando da dietro Jared che la aspettava, facendolo sobbalzare e ridendo per questo.

«Ciao. Non ero sicuro saresti venuta. Non eri in Infermeria?» chiese sorpreso il Serpeverde, girandosi per abbracciarla per bene.

Sunshine sorrise soddisfatta, lo prese a braccetto e lo baciò su una guancia.

«Devo raccontarti una cosa.» cominciò.

 

Nel frattempo, nel camera delle ragazze del quarto anno, Alice stava entrando con un sacco rosso tra le mani.

«Oh oh oh!» salutò, facendo la voce profonda, mentre le altre ridevano.

Accomodate a terra, al centro della stanza, c'erano Lily, Mary e Marlene, appoggiate su vari strati di cuscini e coperte piegate. Emmeline aveva preferito spostarsi nel letto lasciato libero da Marlene.

Alice appoggiò il sacco e cominciò ad estrarre teatralmente una cosa dopo l'altra, distribuendola al centro del cerchio approssimativo che si era formato.

«Allora qui abbiamo...smalto rosso, smalto verde, smalto azzurro, smalto cambiacolore e in generale una collezione di qualsiasi colore di smalto voi vogliate, gentilmente offerto da me.» le altre applaudirono per scherzo e Alice si inchinò esageratamente.

«Poi abbiamo un fantastico set di maschere di bellezza, offerte gentilmente da Mary.» continuò la ragazza, mentre questa volta fu l'altra a inchinarsi.

«Io quella roba verde non la metto in faccia.» avvisò Marlene.

«Zitta. Poi abbiamo circa una quindicina di numeri del Settimanale delle Streghe, qualcuno di Teenwitch e un paio di Magic!, raccolti con molto impegno da Mary e Lily, con la gentile collaborazione di altre ragazze.» proseguì Alice, distribuendo ordinatamente una ventina di riviste di fianco alle altre cose, per poi immergere di nuovo la mano nel sacco.

«E ci siamo dovute impegnare davvero!» intervenne Lily con aria teatralmente distrutta.

«Basta interrompere! Poi abbiamo il vero protagonista della serata! Il cibo!» dicendo questo, Alice estrasse dal sacco un cestino, contenente dolci e biscotti, un paio di confezioni di gelatine tutti i gusti +1 e una collezione di varie prelibatezze di Mielandia. «Il buffet della serata è stato organizzato solo grazie alla preziosa collaborazione dell'agenzia di catering Malandrini, con la sovrintendenza di Remus Lupin, ma soprattutto con le abilità di James Potter e Sirius Black (pagati profumatamente).»

Lily sbuffò a quell'affermazione, ma otto bottiglie di Burrobirra che Alice estrasse poi, la zittirono prima ancora che potesse dire qualcosa.

«E, infine, premio speciale per la nostra ospite speciale, Marlene McKinnon, una gemma di inestimabile valore (che deve essere restituita piena a metà ai legittimi proprietari, sempre della ditta Malandrini): firewhisky!» Alice estrasse la bottiglia piena di liquido ambrato e la porse a Marlene, che la sollevò in aria come un trofeo.

La serata sembrava iniziata decisamente bene.

 

In quel momento, molti piani più in basso, Sunshine entrava nelle cucine, sorridendo dell'aria sorpresa di Jared.

«Tu...tu sai..sapevi dove sono le cucine?» balbettò il Serpeverde guardandosi attorno.

«Tu no?» ribatté con aria angelica Sunshine, salutando un paio di elfi domestici che risposero tutti entusiasti, chiedendo cosa potessero fare per loro.

«Tu che ne dici Jared? Io ho saltato la cena, ho una fame...potresti cucinarmi qualcosa!» propose Sunshine, sbattendo le ciglia e guardandolo supplicante e maliziosa insieme.

«Cucinare? Io non so cucinare!» replicò Jared, sorpreso da quella richiesta.

«Non sai cucinare? Niente di niente?» esclamò Sunshine, spalancando gli occhi, incredula.

«Ci sono gli elfi domestici per quello, no?» rispose Jared, come se fosse ovvio.

«Nemmeno un uovo in tegamino? Neanche scaldare il latte? L'acqua per il tè?» Jared scosse la testa a ogni domanda. «Oh Godric, dobbiamo rimediare!»

Sunshine si guardò attorno, fino ad individuare un elfo domestico che indossava un lindo asciugamano azzurro come gonnella e che se ne stava a lavorare all'uncinetto di fianco al fuoco, rammendando qualcosa.

«Ciao, Twinkle, posso chiederti una cosa?» domandò la ragazza, abbassandosi fino ad essere alla stessa altezza dell'altro.

«La signorina può chiedere qualsiasi cosa a Twinkle, signorina. Come può aiutare Twinkle la signorina?» fece servizievole l'elfo domestico, balzando subito in piedi.

«Volevo solo chiederti se fosse possibile lasciarmi un angolino, così che io possa insegnare a questo incapace a cucinare qualcosa. Sarebbe possibile?» Twinkle non sembrava convinto, ma dopo aver consultato qualche altro elfo domestico, annuì, accompagnandola fino ad un angolo fornito di lavandino, forno e fornello.

«Questa è la postazione di Twinkle, signorina. Twinkle cucina bene, dicono, signorina. Twinkle non è così bravo anche a pulire, ma Twinkle cucina. La signorina può usare queste cose e Twinke può dare a signorina tutto quello che serve, signorina. Twinkle è a disposizione.» Sunshine gli sorrise e lo ringraziò, facendolo quasi svenire per l'emozione, poi si voltò verso Jared che la guardava perplesso.

«Non capisco perchè vuoi fare questa cosa.» non sembrava molto entusiasta.

«Perchè sarà divertente, perchè sono affamata e perchè voglio vedere che cosa combinerai. Cominciamo?» al contrario, Sunshine sembrava eccitata e sorrideva da un orecchio all'altro. Le ricordava casa, quando si faceva aiutare da sua sorella Angela a fare la cena, le infilava il cappello da cuoco fatto con la carta e si faceva passare gli ingredienti, lasciandola mescolare.

«E se invece andassimo a fare una passeggiata?» tentò Jared, ma Sunshine scosse la testa con decisione.

«No, meglio di no. Altrimenti finiremo per consumare il castello! Cominciamo?» domandò di nuovo.

«Cominciamo.» si arrese Jared, mentre Sunshine cominciava a dirgli che cosa aveva intenzione di cucinare.

Non l'avrebbe mai ammesso, di certo non con qualcuno che non fosse la ragazza, ma lo incuriosiva quella nuova esperienza, facendolo sentire leggermente elettrizzato.

La serata sembrava iniziata decisamente bene.

 

«Lily, non posso credere che sei uscita per ben tre volte con quell'Aaron solo per fare dispetto a Potter e a Black!» esclamò Mary, con le lacrime agli occhi per il gran ridere, la seconda bottiglia di Burrobirra quasi finita in mano.

«Non solo per fare un dispetto a loro!» protestò Lily, appoggiata con la schiena al letto di Alice, impegnata a fare una treccia all'amica.

«Non mi dirai mica che è bello? O simpatico? Quel povero ragazzo è interessante come il sedere di un troll!» intervenne Marlene, che occhieggiava la bottiglia di firewhisky, ancora chiusa.

«Invece è...è...ok, va bene, lo faccio solo per fare dispetto a Potter e a Black! Contente?» cedette Lily, facendo ridere le amiche.

«Tesoro, non andare oltre il terzo appuntamento, o crederà di avere davvero una possibilità.» la avvertì Alice, finendo l'ultimo sorso della sua Burrobirra, per poi mettere la bottiglia insieme alle altre sei già vuote.

«E tu a quanti appuntamenti sei con il tuo Frankie, Ali?» le chiese Mary, aggiungendo anche lei la bottiglia vuota a quella di Alice.

«Non li ho contati.» ribatté la ragazza, orgogliosamente ostinata.

«Bugiarda! Scommetto che sapresti anche dirmi da quanto state insieme in giorni, ore, minuti e secondi!» rise Marlene.

«Tre settimane e quattro giorni, batuffolina, non ti so dire anche le ore e i minuti.» replicò Alice con una linguaccia, rimirandosi poi le unghie di un bell'azzurro cielo, coordinate con quelle dei piedi.

«Vi prego, se dobbiamo continuare a parlare della coppia felice, lasciatemi aprire il firewhisky.» supplicò Marlene, prendendo amorevolmente la bottiglia, quasi coccolandola.

«Mi dici da quando sei un'alcolizzata?» la prese in giro Lily, ignorando il fatto che non solo le altre, ma anche lei, si erano scolate due bottiglie di Burrobirra a testa.

«Da quando l'ho provato alla festa di capodanno di mio cugino e ho scoperto che è fantasticamente sublime.» rispose candida Marlene, aprendo finalmente il tappo e prendendone un lungo sorso. «Forza, vi battezzo nel nome del firewhisky, del gin, dello scotch, della vodka e cincin!» proclamò la ragazza, passando la bottiglia a Mary, che ne prese un sorso con una smorfia.

«Brucia!» esclamò Alice, quasi sputandolo subito, ma riuscendo ad ingoiare.

«Non sono sicura che questa cosa sia permessa. Anzi, sono sicura che non lo è.» obbiettò Lily quando la bottiglia le arrivò in mano.

«Dovevi pensarci prima di prenderla, tesoro. Ora bevi!» la esortò Marlene.

Lily prese un sorso.

«Bleah, è la cosa più orribile che io abbia mai provato!» esclamò storcendo la bocca e rimandando la bottiglia a Marlene.

«Lo dici ora, dolcezza, lo dici ora.» Marlene prese un altro sorso e poi fece ripartire il giro.

Il secondo di molti.

 

«Non posso crederci di stare davvero facendo una cosa del genere!» ripeté per l'ennesima volta Jared.

«Zitto e mescola.» rise Sunshine, passandogli la farina perchè ne aggiungesse ancora un po'.

«Che poi non capisco perchè dobbiamo fare dei muffin ai mirtilli alle dieci di sera.» continuò a lagnarsi il ragazzo, facendo però come gli era stato detto.

«Perchè è divertente, perchè non l'hai mai fatto prima, perchè preparare i muffin fa bene all'animo, perchè sono buoni e perchè mi diverte vederti coperto di farina.» rispose con noncuranza la Grifondoro.

Jared si guardò perplesso, poi riportò lo sguardo sulla ragazza.

«Ma io non sono coperto di farina.» le fece notare, accorgendosi troppo tardi della scintilla malandrina nei suoi occhi.

«Per ora.» esclamò Sunshine, prima di afferrare una manciata di farina e gettargliela contro, ridendo dello strillo del ragazzo, mentre gli elfi domestici li osservavano perplessi e un po' preoccupati.

«Altro che Grifondoro! Sei una serpe velenosa!» sbottò Jared, prendendo un uovo e lanciandoglielo addosso, colpendola alla spalla.

«Ah! Ma guarda questo infame!» boccheggiò Sunshine, rispondendo al tiro, attenta anche a afferrare al volo la ciotola con l'impasto, lasciata pericolosamente in bilico, ma non riuscendo quindi a schivare il lancio successivo dell'amico.

«Sei fuori di testa.» sospirò circa dieci minuti dopo Jared, in piedi in mezzo a qualche metro quadrato di devastazione, sporco dalla testa ai piedi tanto quanto Sunshine.

«Grazie.» sorrise Sunshine, quasi quello fosse stato un complimento, aggiungendo come se niente fosse successo, i mirtilli all'impasto per poi suddividerlo negli stampi e infilare il tutto nel forno.

Solo quando ebbe finito osò guardarsi attorno, sorvolando con gli occhi il disastro di ingredienti sul pavimento e di cinque o sei pentole, cadute nella battagli, incontrando poi gli sguardi scioccati degli elfi domestici, che non osavano intervenire.

«Sei tremenda.» ribadì Jared, scuotendo la testa.

«Oh zitto. Ammettilo che ti sei divertito.» lo zittì Sunshine, ancora sorridendo.

«Io sì, loro un po' meno.» ridacchiò il Serpeverde, facendo un cenno con la testa verso i loro spettatori.

Per tutta risposta Sunshine fece qualche semplice incantesimo e pochi istanti dopo le pentole arano al loro posto e splendevano, il pavimento era lindo e pulito, così come anche i ragazzi.

«E questo dove lo hai imparato?» esclamò sorpreso Jared.

«Su alcuni libri. E dalla signora Potter.» spiegò Sunshine, girandosi poi di nuovo verso gli elfi domestici, in particolare verso Twinkle.

«Grazie per averci lasciato la tua postazione, Twinkle. Sei stato molto gentile.» ringraziò con un sorriso, riscuotendo dalla sua immobilità traumatizzata.

«Twinkle è felice di aver aiutato la signorina, signorina. I signorini desiderano qualcosa mentre aspettano loro muffin, signorina? Twinkle può offrire cioccolata calda e biscotti, come piace a signorina.» propose Twinkle, già pronto ad aiutare.

«Per me solo un tè, grazie Twinkle.» acconsentì la ragazza, imitata da Jared.

Si sedettero su un paio di sgabelli e aspettarono.

 

Marlene prese un altro sorso di firewhisky, poi Lily le rubò la bottiglia, ne prese uno anche lei e la chiuse, mandandola con un incantesimo dall'altra parte della stanza, lontano dalle mani di tutte loro.

«Nooo Lils, sei cattiva, perchè me l'hai portata viaaa?» si lagnò Marlene, mettendo il broncio.

«Perchè avevamo promesso che ne avremmo bevuta solo metà ed eravamo a metà. E poi sei ubriaca.» rispose con pazienza Lily, sentendosi leggera e allegra, leggermente brilla.

«Non shono ubriaca, Lils. Sono un po' alticcia. Niente di ingestibibile...ingestibile.» ribatté Marlene, incrociando le braccia, con aria lievemente offesa.

«Ragazze, vi voglio bene.» sospirò in quel momento Mary, sorridendo beata e provocando le risate incontrollate di Alice.

«Anche noi ti vogliamo bene, Mars.» rispose Alice, abbracciando l'amica.

«Ho voglia di cantare una canzone. Cantiamo una canzone? Ali, canti una canzone?» domandò improvvisamente Marlene, dimentica del broncio di qualche momento prima.

«Lily ha una voce più bella della mia.» replicò Alice, scuotendo la testa.

«Non è vero.» si schermì Lily, la bocca piena di cioccorana.

«Ti ho sentita cantare sotto la doccia, Ali ha ragione.» intervenne Mary.

«Tutti sono bravi a cantare sotto la doccia, Mars. Qualcuno vuole una cioccorana?» chiese Lily, cercando di cambiare discorso.

«Dai cantiamo una canzone! Nelle scintille dei miei incantesimi vedo i tuoi occhi...» cominciò Marlene, per poi bloccarsi «Non ricordo più come continua!» disse, cominciando a ridere, seguita ben presto anche da Mary e Alice.

«Marlene sei tremenda!» la prese in giro Lily, sorridendo.

«Ah! Stronza.» esclamò Marlene, lanciandole un cuscino.

«Ma guarda che bastarda....» boccheggiò Lily, afferrando un cuscino e tirandoglielo a sua volta, solo per colpire Mary, che si era sporta verso il centro del cerchio per prendere una cioccorana.

«Sei fortunata che ti voglia bene, cagna!» strillò Mary, rispondendo al colpo, mentre Marlene rideva soddisfatta.

«Non credere di essere in salvo, meretrice.» sibilò Lily, colpendola con una cuscinata.

«Non sfoderare così la tua cultura, sbruffona!» la rimproverò Alice, cercando di colpirla, ma sbagliando mira, prendendo di nuovo Mary.

«Oh, ma perchè ce l'avete con me?» si lagnò la ragazza, colpendo in un sol colpo sia Alice che Lily.

Ormai era impossibile fermare la guerra.

 

Era tardi quando Jared e Sunshine si trovarono di fronte alla porta dell'Infermeria, un cestino di muffin nelle mani della ragazza, un paio in un sacchetto in quelle del Serpeverde.

«Allora, ti sei divertita?» chiese Jared sorridendo.

«Assolutamente. E tu?» domandò di rimando la ragazza.

«Assolutamente.» si scambiarono un altro sorriso, poi Sunshine sbadigliò, coprendosi la bocca con una mano.

«Allora prima o poi lo faremo ancora, ma niente elfi traumatizzati questa volta.» Sunshine ridacchiò, scuotendo la testa a quelle parole.

«L'unico traumatizzato eri tu, ammettilo.» lo prese in giro, dandogli una spallata leggera.

«Certo, certo. Ora vai a dormire prima di continuare a straparlare.» ribatté lui con una smorfia.

«Antipatico.»

«Buonanotte, Sun.» mormorò Jared, baciandola su una guancia e stringendola brevemente con una mano sola.

«Buonanotte, Jared. Ci vediamo domani.» salutò Sunshine, poi aprì silenziosamente la porta dell'Infermeria e scivolò dentro, facendo il minimo rumore possibile.

Jared aspettò qualche istante per sentire un eventuale strillo di Madama Chips, ma non sentì altro che il silenzio.

Tornò in camera annusando il profumo dei muffin e cercando di soffocare le emozioni che sentiva.

 

In quel preciso istante, Lily sistemava la coperta addosso ad Alice, distesa di fianco a Mary e a Marlene che dormivano vicine, nei letti uniti di Lily e Alice.

Erano andate a letto qualche minuto prima e si erano subito addormentate, mentre Lily se la prendeva comoda in bagno e poi riordinava un po' la confusione che regnava sul pavimento della stanza.

Si sentiva stanca, ma felice. Era tanto tempo che non rideva così, che non si sentiva così leggera, così unita alle sue amiche. Peccato che Sunshine non ci fosse. Magari in quell'atmosfera sarebbe anche riuscita a farla parlare di Jared, ma questa volta non era stata colpa sua. Chissà come stava.

Lily quasi inciampò nella bottiglia di firewhisky, abbandonata mezza piena in un angolo della stanza. La sollevò e la osservò alla luce della luna, poi alzò le spalle, aprì il tappo e ne prese un altro sorso, assaporando il bruciore, il sapore un po' dolciastro, il calore che si lasciava dietro.

Riusciva a capire perchè fosse piaciuto tanto a Marlene: dopo il primo impatto non si poteva resistergli.

La ragazza richiuse la bottiglia e la appoggiò sopra la scrivania, infilandosi poi sotto le coperte di fianco a Marlene, che mugolò appena quando uno dei suoi piedi freddi le sfiorò la gamba.

Lily si addormentò sorridendo.

 

**

 

«Remus.» Remus alzò la testa, riscosso dalla sua lettura dalla voce di Sirius, un po' sorpreso dal tono basso e serio dell'amico.

Sirius se ne stava seduto sul suo letto, la Mappa aperta di fronte a lui, la bacchetta in mano e un paio di libri di fianco. Aveva le sopracciglia aggrottate e si passava pensieroso una mano tra i capelli, le labbra strette.

Remus si alzò e andò a sedersi di fianco a lui.

La camera era stranamente silenziosa. James era all'allenamento e Peter era in Sala Comune a finire i compiti, Frank era con Alice, come sempre ultimamente.

«Che succede?» domandò, allungandosi per osservare anche lui i nomi spostarsi per stanze e corridoi.

C'era qualcosa di profondamente affascinante nell'avere tutto il castello, tutte le persone che lo occupavano, tra le mani. Certo, non era ancora perfetta, mancavano i sotterranei e buona parte dei passaggi segreti che conoscevano, ma vedere ciò che erano riusciti a fare era già una grande soddisfazione, che riempiva sempre il cuore di Remus di orgoglio.

«Ho provato a rifare l'incantesimo, per vedere se cambiava qualcosa, se finalmente ci avrebbe mostrato la verità, ma non ci riesco.» si lamentò Sirius, passandosi una mano sugli occhi.

«Sai, ci ho pensato: forse è un incantesimo del castello, come quello che lo fa apparire come un rudere pericolante agli occhi dei babbani. Forse ci impedisce di farne una mappa completa e di averne sotto controllo tutti gli abitanti.» suggerì Remus, sfogliando distrattamente Storia di Hogwarts, senza sapere nemmeno lui cosa stava cercando.

«Può essere. Però c'è una cosa che non capisco...» disse ancora Sirius, gli occhi fissi su un punto preciso della Mappa.

«Cosa?» chiese Remus, cercando di capire che cosa ci fosse di strano. Ci arrivò nello stesso istante in cui glielo disse l'amico.

«Anche se fosse un incantesimo stesso del castello, deve essere parecchio strano, o forse si blocca. Come mai altrimenti vedrei per la terza volta Sunshine insieme a Jared McCroy?»

Entrambi rimasero a guardare quei due punti, aspettandosi di vederli allontanarsi, di vederli sparire, di fare qualsiasi cosa che non fosse starsene in un aula vuota, uno di fianco all'altra.

«Sirius...» cominciò Remus, notando i pugni stretti dell'amico e la sua espressione non più perplessa, ma sospettosa.

«No, Remus. Non farò niente di stupido, se è questo che ti preoccupa.» sbuffò Sirius, chiudendo con un colpo della bacchetta la Mappa.

«Al dire il vero ti stavo per proporre di andare a vedere se possiamo scoprine di più, ma, se non ti va, evitiamo.» ribatté con aria fintamente indifferente Remus.

Sirius gli sorrise e gli diede un colpo con la spalla.

«Remus Lupin, dovremmo annoiarci insieme più spesso.» ghignò, raccogliendo la Mappa e alzandosi.

«Io non mi annoiavo!» puntualizzò Remus, seguendolo verso la porta.

«Balle.»

 

**

 

James si asciugava distrattamente i capelli con un asciugamano, massaggiandosi una gamba con la mano libera, sul punto in cui Thomas lo aveva accidentalmente colpito con la mazza da battitore (provocando l'ira non solo del possessore dell'arto offeso, ma anche di Corinne). Finì di vestirsi, prese la sua scopa e poi si diresse fuori, gli occhi rivolti al cielo per controllare che ancora non piovesse. Forse fu per quello che non si accorse di Charlotte, seduta sugli spalti, immersa in un libro. Non doveva essere lì da molto, di sicuro durante gli allenamenti non c'era, e sembrava avere quella naturale abilità di rendersi invisibile che la fecero sfuggire per un primo momento allo sguardo di James.

Solo quando anche lei lo notò e si alzò, James si accorse del suo movimento e quindi anche della ragazza.

«Ciao.» salutò Charlotte, avvicinandosi con un sorriso.

«Ciao. Sei venuta ad uccidermi?» domandò James, sporgendosi per baciarla, facendola arrossire.

«Mi hai scoperta. Vieni a farti uccidere in un posto meno aperto del campo da Quidditch?» suggerì la ragazza, rubandogli la sciarpa che si era appoggiato con noncuranza su una spalla e avvolgendosela attorno al collo.

«Non ti dona.» sei bellissima.

«Nemmeno a te.» non è vero.

«Dai forza, andiamo a uccidermi.» James sorrise ancora e la prese a braccetto, rubandole il libro e aprendolo a caso, chiacchierando, prendendola in giro, scherzando, tutto pur di farla sorridere sempre.

Proprio in quel momento, in un punto indefinito vicino al lago, dopo una lunga passeggiata, Sunshine, naso gelato e guance rosse, si stringeva al braccio di Jared, strofinandogli la punta del naso sulla guancia, facendolo ridere.

«Questo è per caso un modo sottile per farmi capire che hai freddo e vuoi andare dentro?» chiese il ragazzo, sciogliendosi intanto il nodo della sciarpa e avvolgendola al collo della Grifondoro, che aveva dimenticato la sua.

«No! Forse? Sì.» rise Sunshine, ringraziandolo e stringendo un po' più forte la sua mano.

Jared rise ancora e liberò la mano per avvolgerle le spalle con un braccio.

«Come vuoi.» acconsentì di buon grado, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

Continuarono a camminare lentamente, deviando leggermente verso le serre per non dover attraversare il prato dove tutti potevano vederli senza nemmeno doverci pensare, tanto veniva ormai naturale nascondersi.

Fu qualche istante dopo che il fato, il destino o forse solo il caso fecero alzare gli occhi a Sunshine, facendole scorgere due figure che si allontanavano. Forse fu sempre il caso, o forse fu l'istinto, a farle aguzzare lo sguardo e farle riconoscere quei capelli spettinati e forse fu l'istinto, o la volontà?, a spostarsi per far girare Jared in modo che lui non potesse vedere i due, mentre lei poteva continuare a cercare di riconoscerli. E forse fu la volontà di scoprire chi fosse quella ragazza con James o forse fu solo un inaspettato aiuto della memoria a riportarle in mente la figura di Charlotte Rosier.

Che fosse stato il fato, il destino, il caso, l'istinto o la volontà, comunque ora Sunshine non poteva fare a meno di togliersi dalla mente l'immagine di James che baciava Charlotte Rosier, la quale portava al collo una sciarpa dai colori di Grifondoro.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Fine Capitolo

Ehilà belle persone! Come state? Io sono immensamente felice di essere in vacanza, ma ho anche una brutta notizia: sabato prossimo partirò per il mare e, anche se cercherò di scrivere più o meno regolarmente, non so quando riuscirò ad acchiappare un po' di wifi per pubblicare. Quindi già vi avviso: se già normalmente pubblico sempre con un tremendo ritardo, ora potrebbe andare ancora peggio! Comunque, tornando al capitolo

  1. Ma quanto non sono carini James e Charlotte?? So che non piacciono a tutti, ma io li trovo così cutie *^* i miei bimbi belli <3

  2. Ok devo ammettere che mi sono divertita a scrivere del “pigiama party” delle ragazze e spero sia piaciuto anche a voi!

  3. Sirius e Remus passione spie di nuovo al lavoro! E questa volta sembrano fare scoperte davvero interessanti ;)

  4. Così come anche Sunshine! Pare che James e Charlotte siano stati scoperti! E ora che succederà?

  5. Un grazie a tutte le adorabili persone che recensiscono costantemente, ossia lily_livia, _tribute_, krys, Bluelectra, elly_everdeen e poi le mie cuccioline Bella_1D e marauder11: non so che farei senza di voi!

  6. Grazie anche alla mia AleJackson perchè sì <3

Baci

*dD*

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Capitolo 15
*** Ipocrita ***


 

 

 

 

Ipocrita

 

 

 

 

 

 

Remus stava tentando di leggere un libro, ma continuava ad alzare lo sguardo, rivolgendolo nervosamente a Sirius, chino sulla Mappa aperta sul letto di fronte a lui.

Il silenzio nella stanza era assoluto.

Sembrava strano come ultimamente si trovassero sempre da soli in camera, con Frank impegnato a studiare o con Alice, Peter che rimaneva indietro con i compiti e restava in Sala Comune e James che spariva per andare agli allenamenti o chissà dove.

L'unico suono che rompeva il silenzio era il frusciare delle pagine, che Remus girava in realtà solo per dare (anche a se stesso) l'impressione di essere concentrato, anche quando in verità non riusciva a capire il senso di nessuna frase che leggeva, e il tamburellare annoiato delle dita di Sirius sulla pergamena.

Il sole era tramontato da tempo, ma gli allenamenti di Quidditch non erano ancora finiti e non si aspettavano di vedere James ancora per almeno un'ora, anche se ogni tanto Sirius controllava che il suo nome si aggirasse attorno al campo.

Remus cominciava a sentirsi vagamente stupido e Sirius sbadigliava ormai a intervalli sempre più brevi, ma nessuno dei due sembrava intenzionato a staccare gli occhi dalle rispettive occupazioni.

Finché Sirius non si drizzò di colpo, attirando l'attenzione di Remus.

«Si muove.» lo informò Sirius, quando Remus si alzò per andare a controllare i cartigli sulla Mappa.

Il nome di Sunshine non era più di fianco a quello di Lily, ma si spostava lungo il corridoio, allontanandosi dalla Sala Comune.

Remus e Sirius si guardarono, ma era inutile chiedersi che cosa volessero fare: entrambi sapevano benissimo di voler sapere che cosa stesse facendo.

Un momento dopo, la Mappa ripiegata in tasca di Sirius, si affrettavano ad uscire dal buco del ritratto, salutando Peter con un “se torna James inventa qualcosa”.

I corridoi non erano affollati, ma neanche abbastanza deserti da potersi permettere di estrarre la Mappa senza precauzioni, quindi i due ragazzi si dovettero accontentare di seguire una direzione più o meno casuale, fino ad arrivare ad un corridoio nascosto dove riuscirono a riaprire la pergamena e a controllare dove si fosse fermata Sunshine.

Solo che il suo nome non era più sulla Mappa.

«Com'è possibile?» esclamò Remus, controllando ogni stanza e corridoio senza trovarne alcuna traccia.

Sirius scosse le spalle, incredulo tanto quanto lui. Non era possibile che la ragazza fosse uscita dal perimetro della Mappa, né che fosse improvvisamente scomparsa nel nulla! E allora dov'era finita?

«Deve esserci un errore...forse l'incantesimo ha smesso di funzionare correttamente, forse non ha mai funzionato correttamente, forse la sua efficacia va e viene e le persone appaiono e scompaiono e noi non ce ne siamo mai accor...ma cosa..?!» Remus si interruppe a metà frase, sorpreso dal gesto repentino di Sirius, che gli aveva rubato la Mappa che teneva in mano e si era messo a cercare qualcosa con attenzione, percorrendo più volte con il dito il corridoio del settimo piano.

Erano state le parole di Remus a far scattare qualcosa nel cervello di Sirius, più precisamente le parole “va e viene” e “appaiono e scompaiono”. Gli avevano portato alla mente il nome che lui e James avevano dato ad una certa stanza che non era mai riuscito a trovare su alcuna mappa, nemmeno questa che, grazie all'incantesimo che avevano trovato, avrebbe dovuto teoricamente comprendere ogni metro quadrato da loro conosciuto della scuola.

«C'è una stanza, al settimo piano, che appare e scompare, che non si vede sulle mappe...forse non fa vedere neanche se qualcuno è al suo interno.» spiegò frettolosamente Sirius allo sguardo interrogativo di Remus.

«Una stanza? Io non conosco nessuna stanza lì.» replicò dubbioso l'altro, percorrendo quel corridoio con la mente, senza riuscire a trovarci alcuna stanza diversa dalle altre.

«L'abbiamo trovata io e James un giorno...non sappiamo come funziona, ma fa apparire tutto ciò che desideri a quanto pare: libri, poltrone, bagni...» lo informò Sirius, richiudendo la Mappa e avviandosi verso quel corridoio, senza nemmeno assicurarsi che Remus lo seguisse.

«E perchè non me ne avete mai parlato?» domandò un po' offeso Remus, allungando il passo per riuscire a star dietro a quello veloce dell'amico.

«Non so. Non è mai uscito il discorso, immagino. Te la faremo vedere prima o poi.» rispose distrattamente l'altro Grifondoro e Remus rinunciò a fare ulteriori domande fino a quando non si fermarono dietro un angolo da cui avevano la vista su tutto il corridoio deserto.

«E ora?» chiese infine.

«Ora aspettiamo che escano.» disse Sirius, lasciandosi cadere a terra e sistemandosi contro il muro, alzando infine gli occhi verso Remus, ancora in piedi, che lo guardava incerto «Allora, ti unisci a me oppure hai un piano migliore?» domandò con un ghigno.

«I tuoi piani sono terribili.» borbottò Remus, sedendosi accanto a lui con un sospiro.

E aspettarono.

«Come va con Michelle?» domandò dopo un po' Remus, gli occhi sempre fissi sulla Mappa. Aspettavano da circa quaranta minuti e le domande random non erano certo mancate, ma non si poteva dire che avessero fatto molta conversazione. Nonostante tutto non era un silenzio pesante quello tra loro, ma piuttosto quieto, quello di qualcuno che è a proprio agio di fianco all'altro anche se non ha niente da dire.

«Arwens? Bene, immagino.» rispose Sirius, gli occhi chiusi, la testa abbandonata contro il muro.

«Immagini?» fece stupito Remus, alzando la testa.

«Non ci parliamo da un paio di giorni, ma credo che vada tutto bene. L'ultima volta che ci siamo visti non abbiamo litigato, non ci siamo insultati e non abbiamo neanche deciso di non vederci mai più, quindi immagino che si possa dire che va bene, no?» spiegò Sirius, alzando le spalle distrattamente.

Remus alzò un sopracciglio, che l'altro non vide perchè ancora con gli occhi chiusi, ma non aggiunse altro. Quando Peter aveva preso l'ingenua decisione di chiedere a Sirius se ciò che faceva con Michelle volesse dire che ora stavano insieme, si era ritrovato solo con una grassa risata e un secco no come risposta. Remus sapeva che Sirius non voleva avere una relazione fissa, né con Michelle né con qualcun'altro, ma non riusciva comunque a capirlo. Lei era una bella ragazza, intelligente, simpatica, che per qualche assurdo motivo si era abbassata a stare con un cretino come Sirius e lui ancora non voleva saperne di iniziare una relazione più o meno stabile?

Remus sbuffò piano, seguendo il corso dei suoi piano, facendo aprire un occhio a Sirius, che però spostò subito il suo sguardo interrogativo dal viso dell'amico alla Mappa, cogliendo un nome familiare in movimento.

«Dove sta andando James?» mormorò, seguendolo con lo sguardo mentre si allontanava dal campo di Quidditch, staccandosi dal gruppo degli altri suoi compagni di squadra.

Proprio in quel momento però Remus lo colpì con una gomitata, facendogli freneticamente cenno di stare in silenzio e indicando con la testa il corridoio, su cui si era appena aperta una porta che prima non c'era.

Sirius si alzò di scatto, trascinandosi dietro l'amico e nascondendosi meglio dietro l'angolo per essere sicuro che nessuno li potesse vedere, ma che allo stesso tempo loro potessero guardare ciò che stava accadendo.

E ciò che stava accadendo era Jared McCroy che teneva a braccetto Sunshine, che si aggrappava a lui e ridacchiava per qualcosa che l'altro aveva detto, sembrando perfettamente a suo agio.

Remus sentì Sirius irrigidirsi e, per precauzione, gli mise una mano sul braccio, pronto a bloccarlo nel caso volesse fare qualcosa di impulsivo e stupido, tipo attaccare i due.

Sunshine si alzò sulle punte per baciare sulla guancia Jared, evidentemente salutandolo.

Sirius strinse il pungo attorno alla bacchetta, le nocche bianche.

Jared abbracciò la Grifondoro, lasciandole un bacio sulla testa e poi allontanandosi di un passo, sempre tenendola per mano.

Remus afferrò più strettamente il braccio di Sirius, impedendogli di alzarlo, e allo stesso tempo afferrò cautamente la bacchetta a sua volta, pronto a immobilizzare l'amico o comunque a limitare i danni.

Sunshine salutò Jared e poi si allontanò, diretta forse verso la Torre.

Remus dovette trattenere con forza Sirius, per impedirgli di fare qualsiasi cosa stesse pensando di fare, che fosse inseguire la ragazza o attaccare Jared, che si era girato e ora si stava allontanando anche lui.

Solo quando entrambi furono ben lontani dalla loro vista Remus si azzardò a sciogliere la stretta con cui tratteneva Sirius, che si girò di scatto verso di lui, lanciandogli uno sguardo di fuoco.

«Si può sapere che ti è preso? Perchè non mi hai lasciato andare a...» sbottò con rabbia.

«Andare a fare cosa? A lanciare loro una fattura? A picchiare McCroy magari? O forse a fare una scenata a Sunshine nel bel mezzo di un corridoio?» lo interruppe Remus con altrettanta energia.

Sirius sembrava pronto a replicare, ma Remus non gliene diede la possibilità, scuotendo la testa e sospirando, passandosi una mano tra i capelli.

«Senti, capisco che tu sia infuriato o che ti senta tradito o che so io, ma non qui e non ora, ok? Ora aspettiamo James e poi portiamo Sunshine in un posto più privato e parliamo civilmente, ok?» ordinò stancamente, senza sapere nemmeno lui dove trovasse la forza per trattenere non solo i suoi sentimenti, ma anche quelli di Sirius.

Forse era perchè non era molto scuro di ciò che provava in quel momento. Vedere Sunshine con McCroy lo aveva fatto sentire furioso e tradito, sia perchè lei non ne aveva mai fatto parola sia perchè dopotutto era McCroy, però allo stesso tempo aveva notato il suo sorriso, quanto sembrasse felice e a suo agio vicino al ragazzo e non poteva fare a meno di considerare anche questo.

Sirius prese un respiro profondo, contenendo la sua rabbia e poi annuì seccamente, aprendo di nuovo la Mappa.

Se quel confronto fosse durato un paio di minuti di più forse avrebbe visto il nome di James spostarsi insieme a quello di Charlotte Rosier. Forse, se fosse stato un po' meno facile da convincere a calmarsi, avrebbero potuto vedere i due camminare insieme per i corridoi. Forse, se Remus non fosse riuscito a trattenerlo e lui avesse seguito Sunshine o attaccato Jared, quando avrebbe riaperto la Mappa avrebbe visto James e Charlotte seduti vicini in un'aula vuota o forse nella Torre di Astronomia.

Invece Remus era riuscito a farlo ragionare e ora James stava ancora camminando da solo, diretto verso il punto d'incontro con Charlotte, che però non era ancora arrivata, e Sirius non si insospettì più di tanto per quella deviazione dal solito percorso che James avrebbe dovuto fare per tornare alla Torre.

Così, senza dire un'altra parola a Remus, ancora infastidito dal suo comportamento, benché avesse capito che quello era stata la mossa più ragionevole, Sirius si lanciò verso il primo piano, pronto a intercettare l'amico.

E forse le cose sarebbero potute andare diversamente perchè se fosse stato più lento, se avesse aspettato e consultato Remus, se avessero dovuto aspettare il passo più corto di Peter, forse avrebbero trovato James e Charlotte che si salutavano con un bacio e forse se non avessero conosciuto abbastanza scorciatoie avrebbero sprecato più tempo e li avrebbero trovati già insieme, ma le Peter non c'era, Sirius faceva sempre di testa sua e aveva passato abbastanza notti in giro per il castello per arrivare da James prima della Serpeverde.

Ansando, Sirius si bloccò di fronte a James, facendolo sobbalzare.

«Oi, Sirius! Che ci fai qui?» esclamò James, lanciando un'occhiata veloce alle sue spalle, vedendo Charlotte che si avvicinava, ma che si bloccava non appena vedeva che non era solo.

«Devi venire con noi.» ansimò Sirius, mentre Remus cercava di prendere fiato appoggiando una mano al muro e continuando a guardare male Sirius, che non aveva voluto rallentare nonostante i suoi ripetuti richiami.

«È successo qualcosa?» si preoccupò subito James, facendo un cenno impercettibile a Charlotte che lo guardava poco lontano.

«Abbiamo scoperto una cosa. Devi venire.» ribadì Sirius.

«Non è così urgente, Sirius.» borbottò risentito Remus, cogliendo l'incertezza di James.

«No, è tutto ok. Cosa avete scoperto?» indagò James, cominciando a camminare con Sirius, ancora un po' a corto di fiato.

Charlotte non riuscì a sentire la risposta di Sirius: vide il leggero cenno di saluto di James e il suo sguardo di scuse, gli sorrise rassicurante e poi si girò per andarsene.

Forse si sarebbero visti quella sera, dopotutto. E lui sembrava avere cose più importanti a cui pensare.

Quando arrivarono finalmente in Sala Comune, James se ne andò di sopra a cambiarsi, irritato dal fatto che Sirius non gli avesse spiegato con chiarezza che cosa fosse successo di così urgente da fargli saltare il suo appuntamento con Charlotte, mentre l'amico si dirigeva a passo deciso verso Sunshine, seduta con Mary e Lily a fare i compiti.

«Lascia parlare me.» supplicò Remus, bloccandolo con più gentilezza di prima, ma con altrettanta fermezza.

«Smettila, Lupin.» sbuffò Sirius, rimanendo però indietro di qualche passo, le braccia incrociate e un'aria truce in volto, guardando l'altro che si avvicinava alle ragazze.

«Ciao, Sun.» salutò con calma Remus, sorridendo alle altre.

«Ciao, Remus.» rispose Sunshine con una nota di perplessità nella voce, aggrottando leggermente le sopracciglia. Che fosse successo qualcosa? Perchè Sirius aveva quell'espressione strana?

«Puoi venire un attimo? Abbiamo bisogno di parlarti.» domandò piano Remus, lanciando un'occhiata alle sue spalle come per controllare che Sirius fosse ancora lì.

«Io...certo.» Sunshine non era per niente certa di voler andare con loro, oh no, ma come poteva trovare una scusa accettabile per rifiutare? Dopotutto sembravano avere davvero un problema e se avevano bisogno di parlare con lei, magari era importante. Così chiuse il libro, salutò le sue amiche e li seguì nel dormitorio, dove trovò un James piuttosto irritato e un Peter parecchio confuso.

«Allora volete spiegarmi che succede?» domandò, una volta che Remus ebbe chiuso la porta.

Sirius e Remus si scambiarono un'occhiata che Sunshine non riuscì ad interpretare, ma che evidentemente conteneva molte parole, perchè Remus sospirò come cedendo e fece un gesto nella direzione dell'amico.

«A te l'onore, Sirius.» borbottò, una nota di sarcasmo nella voce.

Sunshine vide Sirius prendere un respiro, vide la rabbia nei suoi occhi, vide i suoi pugni chiusi e in un attimo capì.

Sapevano.

In qualche modo dovevano aver scoperto di Jared.

Dovevano averli visti, o forse Lily aveva parlato, anche se riteneva la cosa piuttosto improbabile.

Sapevano.

E ora?

«Vuoi muoverti, amico? Che cazzo sta succedendo?» sbottò James quando il silenzio andò prolungandosi, tamburellando un piede a terra.

«Sirius...» Remus sembrava incerto ora, ma Sirius scosse la testa, facendo un gesto secco con la mano, per poi voltarsi verso Sunshine e guardarla dritta negli occhi. Quando parlò però si rivolse a James e a Peter.

«La nostra amica Sunshine qui ha un nuovo amico, sapete? E noi non lo sapevamo! Non è stato forse scortese da parte sua tenercelo nascosto?» il tono della sua voce era casuale, quasi indifferente, ma il ghiaccio che ricopriva le sue parole era troppo sottile per non lasciare intravedere la rabbia infuocata che si nascondeva al di sotto.

«Sirius, non credo siano affari vostri.» sbottò Sunshine, incrociando le braccia sulla difensiva.

«Sirius, che cazzo stai combinando?» domandò nello stesso istante James.

«Non sono affari nostri?» esplose Sirius, il tono di voce almeno raddoppiato, facendo sobbalzare tutti nella stanza, escluso James.

«No! Io non vengo certo a chiederti conto della tua relazione con Michelle Arwens!» ribatté Sunshine di rimando, alzando a sua volta la voce.

«La mia relazione con Michelle Arwens non c'entra proprio niente qui!» replicò Sirius in un ringhio.

«Che cosa c'entra allora? Di che cosa cazzo stiamo parlando? Spiegati!» ordinò James, facendo un passo avanti quasi a volersi mettere tra i due.

«Sai con chi passa tanto tempo, James? Sai con chi se ne va allegramente in giro tenendolo a braccetto, con tanto di baci e abbracci?» chiese Sirius.

«No, non lo so! Dimmelo!» scattò innervosito James.

«Con Jared McCroy!» il nome sembrò rimbombare nel silenzio improvviso della stanza, quasi rimbalzando tra i presenti immobili. Fu un momento.

«Jared McCroy? Quel Jared McCroy?» sbottò James, voltandosi verso Sunshine, che ricambiò la sua occhiata con una di ghiaccio.

«Esattamente quel Jared McCroy. Qualcosa da ridire?» rispose con voce glaciale la ragazza, la testa alta e le mani sui fianchi, severa e altera.

«Qualcosa da ridire?! Jared McCroy è un viscido essere immondo, privo di spina dorsale, capace solo di rimirare il suo riflesso e di dire bugie!» esclamò Sirius con rabbia.

«E questo tu lo sai perchè...?» indagò con indifferenza Sunshine.

«Perchè è dal primo anno che non fa altro che provocarci, insultarci e sparlare di noi. È un invidioso piccolo figlio di puttana!» rispose Sirius con decisione.

Sunshine strinse i denti a quelle parole e le sue guance si fecero più rosse, ma quando parlò la sua voce era ancora fredda e calma.

«A me risulta che sia passato diverso tempo dall'ultima volta che vi siete anche solo parlati.»

«Sunshine...» cominciò, più tranquillamente possibile, Remus, ma non ebbe la possibilità di continuare perchè James, ripresosi dallo stupore iniziale, lo interruppe.

«Jared McCroy?! Seriamente?» sbottò.

«Che cosa avete contro di lui? È vero avete litigato qualche volta, ma era tempo fa! È una brava persona, è dolce, gentile e comprensivo e mi sta accanto, cosa che nessuno di voi fa!» strillò Sunshine, perdendo definitivamente la calma e facendo un passo avanti.

«Dolce? Gentile?» boccheggiò incredulo Sirius.

«Sì! E quanto a bugie, siete più bugiardi voi di lui!» scattò Sunshine.

«Noi? Lui è solo un piccolo, viscido Serpeverde!» sbottò James.

Questo però era davvero troppo.

Sunshine si voltò di scatto verso di lui, le guance rosse, gli occhi che mandavano lampi, un'aria pericolosamente assassina.

«Tu parli di viscidi Serpeverde, James? Tu?» sibilò. James si accorse un secondo troppo tardi di dove portasse quella strada, ma ormai il danno era fatto. «I tuoi amici lo sanno, ipocrita

«Sanno che cosa?» indagò cautamente Remus.

«Della sua amichetta Serpeverde, ovvio. Oh, non sapete di come si bacia appassionatamente con Charlotte Rosier?» il tono di Sunshine era tagliente come una lama, tagliente quanto il suo sguardo quando lo puntò di nuovo su James «Sei solo un ipocrita.» sputò con rabbia a malapena trattenuta.

James non replicò. Gli altri lo guardavano, uno più stupito degli altri, poi nell'improvviso silenzio si sentì Remus prendere un respiro ansimante.

«CHE COSA?» boccheggiò Remus, attirando gli sguardi su di lui e arrossendo.

Sembrò che un incantesimo si spezzasse e Sirius si sbloccò, voltandosi verso Peter e spaventandolo.

«MA QUI CE LA FACCIAMO TUTTI CON I SERPEVERDE? MI SEMBRA GIUSTO! SU PETER TOCCA A TE, STIAMO ASPETTANDO!» esplose, facendo spaventare ancora di più il povero Peter, che non sapeva più da che parte girarsi.

«Sirius, ora calmati..» cercò di mediare Remus, avanzando verso di lui.

«Esatto Sirius, calm...» si unì a lui James, ma venne bloccato dall'occhiata gelida di Remus, che lo fulminò con lo sguardo.

«OH, TU STAI ZITTO! SERPEVERDE, DAVVERO JAMES?!» gridò il ragazzo, sorprendendo gli altri.

James spalancò la bocca, emettendo un respiro spezzato, mentre Sirius abbandonava la sua espressione corrucciata per un ghigno, che però sparì subito appena riportò gli occhi su Sunshine.

«Da quanto tempo va avanti la tua allegra storiella con McCroy? E da quanto sapevi di James?» domandò in un ringhio minaccioso, che invece di intimidire Sunshine la fece solo stare in piedi più dritta, il mento alto.

«Non sono affari tuoi e...lasciami pensare...non sono affari tuoi.» rispose seccamente la ragazza.

«Sunshine, possiamo evitare?» chiese stancamente Remus, già pentito del suo scatto di poco prima.

«Evitare cosa? Questo processo che mi state facendo solo perchè sono amica di un Serpeverde? Evitare i vostri schifosi pregiudizi? O forse evitare tutta questa stupida conversazione che non porta da nessuna parte?» sbottò la ragazza, troppo furiosa per accettare di essere ragionevole.

«Sai una cosa? Hai ragione! Questa conversazione non porta a niente! Spero che McCroy sia davvero il viscido bugiardo che io penso che sia, spero che tu ti fidi completamente di lui e che poi lui ti faccia a pezzi, come succederà. E quando succederà io sarò lì a dirti “te l'avevo detto”.» sputò Sirius, la voce vibrante di rabbia, con il tono del marmo ghiacciato.

Sunshine sobbalzò, ferita nonostante tutto da quelle parole, ma non abbandonò la sua espressione altera e arrabbiata.

«Divertiti a dirlo ora, perchè non potrai farlo in futuro.» avvertì, prima di voltarsi e andarsene via, senza ascoltare i richiami di Remus e l'insulto di Sirius.

Non voleva più vederli, non voleva più ascoltarli, non voleva più nemmeno pensare a loro.

Quando arrivò alla base delle scale fu raggiunta da Lily, preoccupata dalle urla che erano arrivate fino alla Sala Comune.

«Che è successo?» domandò Lily all'amica, tenuta un po' a distanza dalla sua espressione infuriata.

«Sono degli idioti, bastardi pieni di pregiudizi che si impicciano dei fatti degli altri e posso anche ANDARE AL DIAVOLO!» rispose Sunshine, alzando la voce man mano che proseguiva nella frase e urlando verso le scale le ultime parole, che furono seguite dal rumore di una porta che sbatteva.

«Sun...» fece Lily, guardandosi attorno per cogliere le occhiate sorprese e curiose delle molte persone che ora stavano guardando verso di loro.

«Oh, smettila Lily, tanto lo so che saresti perfettamente d'accordo con quello che hanno da dire loro!» sbottò l'altra.

Lily spalancò la bocca, stupefatta da quelle parole, senza sapere per un attimo come replicare. Peccato che quell'attimo le fece perdere ogni possibilità che avesse di farlo, visto che Sunshine non esitò a spingerla da parte e correre fuori dal buco del ritratto, lasciandola lì da sola.

Nel frattempo nella camera dei ragazzi, il litigio continuava dietro alla porta chiusa.

«Quindi tu pensavi di dircelo quando precisamente?» domandò gelido Sirius.

«Non lo so, non ci avevo ancora pensato, ma ve lo avrei detto di sicuro. Sapete che non vi nasconderei niente!» rispose James, innervosito da quell'interrogatorio.

«Oh guardalo che dolce, Remus! Non ci nasconderebbe mai niente! Com'è carino, vero?» esclamò sarcastico Sirius.

«Sirius, ora basta.» lo fermò deciso Remus, prendendo infine il controllo della situazione che stava per degenerare di nuovo.

«Oh certo, stai dalla sua parte?» chiese Sirius.

«Non sto dalla sua parte, smettila. Sto solo dicendo che forse dovresti calmarti e che forse potremmo parlarne civilmente.» spiegò Remus.

«Non capisco che cosa ci sia da parlare. Sto con Charlotte, è una Serpeverde, è carina, mi piace, punto. Che problema avete con lei?» intervenne James.

Remus lo guardò per un secondo, non credendo a quello che aveva appena sentito e nemmeno Sirius trovò subito le parole adatte per replicare.

«Sai, forse Sunshine ha ragione: sei davvero un ipocrita.» sbuffò Remus, stanco della discussione.
Come si poteva andare avanti con quelli lì? Un ipocrita e un arrabbiato, come ci si poteva ragionare?

Sapeva che quando si sarebbe calmato davvero, non solo quella farsa che teneva in piedi per il bene degli altri, avrebbe capito le ragioni di entrambi, ma ora era solo stanco.

Stanco di discutere, stanco di cercare di mantenere un minimo di pace, stanco di mediare, stanco di tutto.

«Se volete voi potete continuare questa discussione idiota, ma se volete vi posso già anticipare come andrà a finire: vi arrabbierete di nuovo entrambi, vi urlerete addosso e poi uno dei due, probabilmente James, se ne andrà infuriato. Oh e Sirius poi rimarrà del suo umore più nero per qualche giorno e non vi parlerete. Quando io cercherò di portare un po' di pace mi accuserete di stare dalla parte di uno o dell'altro, mentre Peter starà da entrambe le parti. E poi farete pace in qualche modo misterioso e stupido e tutto tornerà come prima. Quindi possiamo evitare tutta la parte centrale e passare direttamente alle scuse?» disse stancamente, ma con decisione, guardando entrambi i suoi amici.

«Sai, a volte Remus sei davvero coglione. E tu Sirius, non lascerò Charlotte per le tue scenate da prima donna, quindi vaffanculo. E se vuoi, Remus, posso davvero passare ad una parte: ciao.» e con queste parole anche James se ne andò senza voltarsi indietro, ma riuscendo comunque a cogliere il borbottio di Sirius “e poi sarei io la prima donna”.

Non riusciva a credere che quella giornata fosse diventata un tale disastro dopo essere andata così bene fino a quel momento.

Non si era fatto mettere in punizione, l'allenamento era filato liscio quasi come l'olio sui capelli di Mocciosus e lo aspettava un'oretta con Charlotte prima di cena e una quando gli altri sarebbero stati addormentati. Magari avrebbe anche trovato tempo per fare i compiti (piuttosto superfluo) e andare nella Stanza che Appare e Scompare con Sirius, per provare ancora una volta a trasformarsi in Animagus.
Com'era potuto succedere che all'improvviso si fosse trovato a vagare da solo per i corridoi, dopo aver litigato non solo con i suoi amici, ma anche con Sunshine, dopo che loro avevano scoperto della sua relazione con Charlotte?

E tutto perchè a quei due era saltato in mente di giocare a Sirius&Remus passione spie!

Sotto la sua irritazione però James non riusciva a non sentirsi un po' in colpa per quello che era successo. Dopotutto era lui quello che aveva nascosto ai suoi amici di Charlotte, dopo aver criticato per tanto tempo Sunshine l'anno prima per aver fatto la stessa identica cosa con Sam, che tra l'altro non era nemmeno un Serpeverde.

Era un ipocrita?

Il pensiero colpì all'improvviso James, facendolo fermare di colpo.

Aveva criticato Sunshine l'anno precedente, l'aveva criticata di nuovo solo qualche momento prima e...si era comportato esattamente nello stesso modo.

Non si era mai ritenuto un ipocrita, anzi andava piuttosto fiero della sua coerenza, anche se non si potevano contare le volte che Lily gli aveva detto il contrario e con lei molti altri, compresi i suoi amici e sua madre, ma ora...

Non poteva crederci.

Era un ipocrita!

«Potter, non che m'interessi, ma ti senti bene?» la voce di Lily lo fece sobbalzare e girare di scatto. «Scusa, ti ho seguito sperando di trovare Sunshine...» spiegò la ragazza, arrossendo leggermente.

«Sono un ipocrita?» domandò James, senza nemmeno ascoltare la sua spiegazione, gli occhi spalancati, fissi sulla grandezza della sua orribile e improvvisa rivelazione.

«Sì, Potter, sei un ipocrita e te lo ripeterò ogni volta che vorrai, basta chiedere. Ora, sai dov'è Sun?» disse spiccia Lily, alzando gli occhi al cielo per lo sguardo immobile dell'altro.

«Non ne ho idea. Sono un ipocrita.» mormorò James, ancora perso.

Lily gli lanciò un'altra occhiata, questa volta più preoccupata, ma poi decise di non aggiungere niente. Se Potter aveva deciso di vedere finalmente tutti i suoi difetti che prima non riusciva nemmeno a scorgere non sarebbe certo stata lei a fermarlo! E poi lei doveva trovare Sunshine. Certo, non era stata molto gentile con lei, ma era sconvolta e Lily non poteva lasciarla andare via così.

Così semplicemente se ne andò, lasciando James lì, immobile in mezzo al corridoio a contemplare il nuovo universo che gli si era aperto davanti, un universo in cui lui era un ipocrita e i suoi amici avevano ragione ad arrabbiarsi con lui.

In quel momento Sirius camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza, mentre Peter, seduto sul letto, annuiva distrattamente a quello che l'altro bofonchiava tra i denti e Remus si nascondeva dietro ad un libro, rifiutandosi anche solo di ascoltare ciò che l'altro diceva.

Come se a Sirius importasse che ci fosse davvero qualcuno che lo ascoltasse!

L'unico che avrebbe dovuto essere lì a sentire che cosa aveva da dire se n'era andato e Sirius non aveva la benché minima intenzione di andarlo a cercare.

Charlotte Rosier? Sul serio?

Non era solo un Serpeverde, era anche una Rosier! Ed era conosciuta per essere una gelida stronza, che andava dritta per la sua strada senza considerare i sentimenti di nessuno.

Non che lui si preoccupasse per i sentimenti di James (gli sarebbe anche stato bene essere calpestato, masticato e poi sputato da quella ragazza), ma...

Non era nemmeno sicuro di che cosa gli desse più fastidio: il fatto che James gli avesse nascosto dove spariva di notte? Il fatto che preferisse sparire con una ragazza piuttosto che andarsene in giro un'ora in più con i suoi amici? O forse il fatto che fosse una Rosier?

Forse ciò che lo faceva arrabbiare era anche il fatto che si rendeva conto di essere più arrabbiato con Sunshine per la storia di McCroy (McCroy!!) che con James per la storia di questa Rosier, perchè gli sembrava che McCroy fosse peggio della Rosier, perchè James era un ragazzo e se voleva baciare una ragazza, Serpeverde o no, poteva farlo. E si rendeva conto che tutto quello era ingiusto nei confronti di Sunshine ed era stupido, ma non riusciva a fare a meno di pensarlo.
E in quel momento era ancora troppo arrabbiato per riuscire anche solo a provarci.

Masticando maledizioni, Sirius stava ritornando verso la finestra, allontanandosi dalla porta del bagno, quando qualcuno bussò per poi aprire subito la porta.

I tre ragazzi alzarono la testa sorpresi, ma non quanto lo furono quando si riconobbero Marlene McKinnon.

«Ciao. Io..ehm vi ho sentiti litigare prima. Non voglio farmi i fatti vostri, figurarsi, ma credo che questa sia vostra.» salutò la ragazza, entrando e sollevando una bottiglia mezza piena di firewhisky.

Sirius sorrise e le si avvicinò a grandi passi, togliendogliela di mano.

«McKinnon, sei una benedizione. Era proprio quello di cui avevo bisogno.» esclamò, aprendo il tappo e annusando il contenuto con attenzione.

«Felice di esserti utile, ma non credo che dovresti berla prima di cena. E da solo per di più» avvisò Marlene, sempre con la sua aria indifferente e il mezzo sorriso sulle labbra, guardando Peter e Remus che evidentemente non erano entusiasti come Sirius per quella bottiglia.

«Sai una cosa? Hai ragione. Non dovrei bere da solo. Bevi con me.» propose Sirius con un mezzo ghigno, prendendo un sorso e schioccando le labbra con aria soddisfatta per poi porgerle la bottiglia.

«Non dovrei, Black...» cercò di rifiutare Marlene, ma Sirius colse il suo sguardo che indugiava sul liquido ambrato nella bottiglia.

«Solo un sorso McKinnon, per farmi compagnia. E io ho appena litigato con quel cretino di Potter...non vorrai lasciarmi a bere da solo?» replicò il ragazzo, porgendole ancora la bottiglia. Questa volta la ragazza la prese.

«Solo un sorso.» avvisò, mentre Sirius la invitava con un gesto galante a sedersi sul suo letto.

«Solo uno.» annuì Sirius con serietà.

Remus sbuffò e se ne andò dopo il terzo.

Peter lo seguì timidamente dopo il quinto.

Dopo il decimo Sirius si sporse e baciò Marlene, che lo spinse via, ridendo.

Dopo il tredicesimo Marlene lo lasciò fare, spingendolo però di nuovo via dopo un po'.

Alla fine la bottiglia rotolò vuota sul pavimento, dimenticata, mentre i due, senza più pensare alla cena, si baciavano, ridendo e parlando piano.

 

**

 

Frank e Alice erano seduti su un divanetto in Sala Comune. Lei studiava accoccolata contro il fianco del suo ragazzo, che le circondava le spalle con un braccio, mentre con l'altra mano teneva il libro che stava leggendo. Non badavano alla confusione che regnava come al solito nella stanza e godevano in silenzio della presenza dell'altro, circondati dalla loro bolla di tranquillità e pace. Quando però cominciarono le urla, di cui un leggero eco scendeva le scale e raggiungeva anche le loro orecchie, entrambi alzarono gli occhi.

Frank era più che sicuro di essere riuscito a riconoscere la voce di Sirius e Alice aveva colto il movimento di Lily, che evidentemente aveva sentito lo strillo di Sunshine tanto quanto lei.

«Che sta succedendo lassù?» domandò piano Frank, senza rivolgersi a nessuno in particolare, allungando il collo per cercare di cogliere qualcosa di più sulla situazione, senza grossi risultati.

Alice alzò le spalle, ignara tanto quanto lui, gli occhi sempre fissi su Lily, che sembrava non essere sicura se andare di sopra fosse una buona idea o no.

Prima che potesse decidersi, però, Sunshine scese le scale con aria tempestosa.

«Hanno litigato? Ma su cosa? Quasi non si parlano...» rifletté ad alta voce Alice.

«Oh smettila Lily, tanto lo so che saresti perfettamente d'accordo con quello che hanno da dire loro!» l'esclamazione di Sunshine attraversò la stanza, facendo sobbalzare non solo Lily, ma anche Alice, che spalancò la bocca, più colpita dal tono di voce dell'amica piuttosto che dalle sue parole, che non aveva compreso completamente.

Fece per alzarsi, ma Frank la trattenne dolcemente, scuotendo la testa piano, mentre Sunshine correva via e lasciava Lily da sola.

«Forse dovresti lasciarle risolvere la faccenda da sole.» suggerì sottovoce il ragazzo, in risposta allo sguardo interrogativo dell'altra.

«Forse dovrei andare da Lily.» replicò invece Alice, liberandosi dalla sua presa e andando verso l'amica, circondandole le spalle con un braccio e parlandole piano all'orecchio.

L'aveva appena fatta spostare dalla scala, conducendola verso il divanetto dove Frank aspettava, chiedendosi se non fosse il caso di salire in camera per vedere se ci fosse qualche cadavere da far sparire, quando si sentì la porta sbattere di nuovo e James scese con aria furente, avviandosi a grandi passi verso il buco del ritratto, seguito da diversi sguardi curiosi, compreso quello un po' lucido di Lily.

«Tesoro, Sunshine non intendeva dire quello che ha detto, ne sono sicura.» stava dicendo Alice in quel momento con tono dolce, ma prima che potesse far sedere Lily, quella si allontanò da lei, annuendo tra sé.

«Hai ragione. Vado a cercarla.» esclamò con decisione, scappando via senza aspettare nemmeno una risposta.

Alice rimase immobile per qualche istante e poi si girò verso Frank, un'aria ferita e insieme perplessa in volto.

«Io non so cosa...» disse piano, scuotendo la testa senza sapere cosa pensare.

Frank sospirò e poi si allungò, prendendole la mano e attirandola verso di lui fino a farla sedere di nuovo dove si trovava prima.

«Tu non c'entri niente con questa storia, ok? Qualsiasi cosa sia successa non è colpa tua e, anche se puoi stare vicina alle tue amiche, non puoi fare niente per rendere tutti quanti meno testardi, ok?» disse il Grifondoro con decisione, guardando la sua ragazza negli occhi.

Alice annuì piano e poi gli sorrise dolcemente, sporgendosi per baciarlo brevemente.

«Grazie.» sussurrò, accoccolandosi di nuovo vicino a lui lasciandosi abbracciare.

«Quando vuoi.» Frank la baciò sulla testa e la strinse più forte.

Si sentì un po' in colpa, pensando a ciò che doveva essere appena successo, quando si rese conto di essere, nonostante tutto, felice.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Salve a tutti bimbi belli! Come va la vostra estate? La mia purtroppo è piuttosto carente di wifi e per quanto io mi impegni, non posso farlo spuntare dal nulla quindi mi dispiace, ma questa volta il tremendo ritardo non è completamente colpa mia! Comunque io ho fatto del mio meglio ed eccomi qui!

  1. Eeeeeee finalmente tutto è saltato fuori! Sirius e Remus hanno fatto il loro bel lavoro da super spie e tutti si sono arrabbiati con tutti...carino no?

  2. Cosa ne pensate della reazione di Sunshine? No aspettate...non so se voglio saperlo xD scherzo scherzo! Parlate, comunicate i vostri pensieri!

  3. Cuccioli che sono Marlene e Sirius! E ora che sono arrivati qui che succederà? Nessuno lo sa! (io lo so :P)

  4. Un po' di dolcezza made in Fralice ci voleva dopo tutto questo e loro non si stufano mai di spargere zucchero in giro <3

  5. Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo ossia: ChihiroUchiha, alessiavictorie, jily_luma e le mie irriducibili _tribute_ e marauder11

  6. Grazie anche al mio amore, AleJackson, che mi manca da morire! Amoooor tornaaaaaaa

Di nuovo, non so quando riuscirò a postare il prossimo capitolo, scusate tanto

Baci <3

*dD*

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Capitolo 16
*** E' più facile di quel che sembra (o forse no?) ***


 

 

 

 

È piu' facile di quel che sembra

(o forse no?)

 

 

 

 

 

Frank mangiava la sua colazione in silenzio, guardandosi attorno, aspettando Alice. Quella mattina l'aveva aspettata alla base delle scale, ma dopo un po' si era arreso al fatto che la ragazza non fosse ancora pronta e si era avviato di sotto.

Il tavolo di Grifondoro era già piuttosto affollato e, stranamente, c'erano già anche i Malandrini che, cosa ancora più strana, non erano seduti tutti assieme. Infatti James se ne stava da solo, la testa china verso il piatto, mentre gli altri tre discutevano a bassa voce tra di loro e nessuno dei quattro sembrava molto allegro.

Certo, Frank li aveva sentiti litigare la sera prima, come li avevano sentiti anche tutti gli altri occupanti della Sala Comune, e quando era andato a dormire James non era ancora tornato, Sirius dormiva con Marlene McKinnon (entrambi vestiti per fortuna), Remus leggeva e non sembrava intenzionato a fare niente per modificare quella situazione e Peter lanciava loro qualche occhiata imbarazzata. Quindi, come era ovvio, Frank era ben consapevole del fatto che i quattro non andassero proprio d'amore e d'accordo al momento, ma credeva che in un paio d'ore al massimo si sarebbe risolto tutto. Invece a quanto pareva la faida era ancora aperta.

Che cosa fosse successo non lo sapeva nessuno, anche se correvano diverse voci, una più assurda dell'altra, ma Frank non aveva ancora il coraggio di chiederlo. Se solo pensava all'occhiata gelida che gli aveva lanciato Sirius quella mattina invece di rispondere al suo buongiorno ancora rabbrividiva.

In quel momento Remus si alzò di scatto dal suo posto di fianco a Sirius, sibilando qualcosa con evidente irritazione, per andare a sedersi di fianco a James, che alzò lo sguardo sorpreso e poi gli chiese qualcosa sottovoce.

Frank li osservò per qualche istante parlare, sperando che finalmente Remus stesse cominciando a tentare di riportare la pace, ma poi un bacio sulla guancia lo distrasse e gli fece sollevare la testa, trovandosi di fronte gli occhi di Alice.

«Buongiorno. Scusa, dramma mattutino.» lo salutò la ragazza con un sorriso, sedendosi accanto a lui e allungando le mani verso la sua colazione.

«Buongiorno. Sunshine?» indagò il ragazzo, osservando con la coda dell'occhio Sunshine e Lily che, rappacificate, erano arrivate subito dopo Alice.

«Anche. Marlene.» rispose Alice, indicando con la testa la ragazza che, con un aria leggermente malaticcia, fissava il suo piatto, con l'aria di chi sta dormendo ad occhi aperti.

«Sta bene?» si preoccupò Frank. Non la conosceva così bene però non aveva proprio l'aria a posto. Che c'entrasse qualcosa con il fatto che lei aveva apparentemente dormito con Sirius?

«Più o meno...scusa Frankie, ma non posso spiegarti. È solo che...» balbettò Alice, arrossendo leggermente, dispiaciuta dal non poter spiegare al suo ragazzo che cosa stesse succedendo.

Frank però le sorrise rassicurante e scosse la testa, decidendo di non farle capire che in realtà probabilmente lui lo sapeva già e passandole il braccio libero attorno alla vita, attirandola più vicina a lui per poterla baciare su una guancia.

«Non preoccuparti, capisco benissimo.» la rassicurò gentilmente.

Per tutta risposta Alice gli mise una mano sulla guancia e gli girò il viso, in modo da poterlo baciare per bene.

In quel momento Sirius distolse lo sguardo, infastidito da tutte quelle smancerie.

Aveva osservato, con un po' di preoccupazione che non avrebbe mai ammesso a nessuno, l'arrivo di Alice, cercando di capire che cosa stesse dicendo a Frank, che cosa le avesse detto Marlene, ma non sembrava che Alice avesse detto niente e nemmeno Frank sembrava voler parlare di ciò che aveva sicuramente visto la sera prima.

Non che la cosa potesse preoccuparlo, certo. Lui e Marlene erano un po' ubriachi, si erano baciati e poi si erano addormentati insieme, non avevano fatto niente di male.

Però era anche consapevole che alla ragazza non sarebbe piaciuto che la voce si spargesse, come non voleva che succedesse nient'altro, come aveva messo bene in chiaro il suo gesto di quella mattina, quando se n'era andata prima che lui si svegliasse, senza neanche una parola.

Gli sarebbe dispiaciuto al dire il vero se Marlene avesse deciso per questo di non parlargli più: era una ragazza simpatica, oltre che carina, e faceva battute niente male.

Possibile che stesse davvero facendo quei pensieri gentili e zuccherosi? Non era possibile che James gli mancasse già abbastanza da renderlo così sentimentale, dannazione!

Sirius sbuffò e ignorò l'occhiata tra lo spaventato e l'interrogativo di Peter, lasciando vagare lo sguardo per la Sala.

Remus stava ancora parlando con James, perchè “certo che dobbiamo parlare con lui, Sirius! Dobbiamo ascoltare anche la sua versione della storia, non possiamo giudicarlo e basta!”. Sirius si trattenne dallo sbuffare di nuovo. Certo, forse Remus poteva anche avere ragione, ma non riusciva a capire perchè non potessero lasciare quel bugiardo traditore di James a macerare nel suo senso di colpa e nella sua solitudine almeno per un paio di giorni!

Che poi solitudine...solitudine era una parola un po' grossa pensando a come sarebbe potuto andare dalla sua Serpeverde in ogni momento.

Sirius setacciò con gli occhi il tavolo di Serpeverde fino a trovare la figura leggermente familiare di Charlotte Rosier, seduta tra le sue amiche, poco distante da suo fratello Evan.

Sirius si ricordava ancora quella volta in cui, durante un ricevimento di Capodanno a casa dello zio Cygnus, Evan, che aveva tre anni in più di lui, lo aveva rinchiuso nello stanzino della caldaia per quasi mezz'ora, finchè Andromeda non lo aveva trovato e lo aveva tirato fuori, semi-svenuto per il calore e la mancanza di ossigeno.

Evan era crudele. Bastava pensare a come andasse d'accordo con Bellatrix, a come i due si divertissero a maltrattare i più piccoli e gli elfi domestici.

Al dire il vero non ricordava un granché di Charlotte. Si ricordava la ragazzina timida che non parlava quasi mai e che spesso non si faceva nemmeno vedere ai ricevimenti, troppo spesso malata. Inoltre i rapporti tra la sua famiglia e quella dei Rosier non erano così stretti come si sarebbe potuto pensare per colpa di alcuni affari che il padre di Sirius aveva soffiato al vecchio Rosier, quindi non aveva poi avuto molte occasioni per conoscerla meglio. Comunque, era una Serpeverde, era una Rosier ed era sorella di Evan Rosier, ragioni più che sufficienti a fargliela stare come minimo antipatica.

In quel momento Charlotte alzò lo sguardo e trovò quello di Sirius fisso su di lei.

Quello che il ragazzo non si aspettava era che lei lo ricambiasse con altrettanta freddezza, senza abbassarlo, senza distoglierlo, quasi sfidandolo.

Era ovvio che James le avesse detto che cos'era successo ed era anche chiaro come lei non apprezzasse niente di tutto ciò.

Gli istanti si tesero tra di loro e nessuno dei due sembrava disposto a cedere, finché Peter non diede un piccolo colpo al braccio di Sirius.

«Attirerai l'attenzione di qualcuno se continuerai a fissarla così e non credo che porterebbe a niente di buono.» sussurrò il ragazzo, guardandosi attorno con circospezione.

Sirius rimase immobile per qualche altro secondo, ma alla fine fulminò un'ultima volta Charlotte con lo sguardo per poi distoglierlo.

Anche se il confronto, grazie a Peter, era durato relativamente poco, però non era sfuggito a Regulus che fissava il fratello e i suoi amici da quando erano scesi a colazione.

Jared gli aveva detto di come Sunshine lo avesse cercato per raccontargli cosa fosse successo, di come fosse preoccupato che la storia venisse raccontata in giro, di come però la ragazza non avesse voluto rivelargli perchè i Malandrini erano arrabbiati anche con James oltre che con lei e Regulus era ben deciso a vederci più chiaro.

E il fatto che suo fratello avesse appena avuto una battaglia di sguardi con Charlotte Rosier doveva sicuramente c'entrare qualcosa.

In quel momento Jared si sedette accanto a lui, ancora più in ritardo del solito, borbottando un saluto e gettandosi subito sul cibo.

Regulus gli lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio, salutandolo con un cenno della testa.

«Sai, alzandoti cinque minuti prima eviteresti questo tentativo di soffocarti con la colazione.» disse sarcastico, vedendolo ingozzarsi.

Jared lo guardò male, ma rallentò un po' la velocità con cui si portava alla bocca il cibo, riportandola ad un livello educato. Poi però spinse lo sguardo fino ai Malandrini e sorrise.

«Ha funzionato, hai visto? Sapevo che avrebbe funzionato.» gongolò il Serpeverde, guardando tutto trionfante l'amico.

Regulus però scosse la testa e sbuffò, per niente convinto.

«Funzionato? Lupin sta già parlando di nuovo con Potter. Entro tre giorni avranno rifatto pace e la tua amichetta sarà l'unica esclusa dall'allegra compagnia.» fece notare, riflettendo su come una volta lui stesso approvasse quello stupido piano.

Come aveva fatto a non accorgersi immediatamente della sua demenzialità? Era assurdamente idiota! Mettersi tra la Moor e i Malandrini...ok e poi? Ora non avevano più neanche un accesso, per quanto improbabile, ai piani e ai segreti di quei quattro!

Che idea maledetta.

In più, non solo il piano era stupido, ma aveva anche lentamente trasformato Jared nell'animaletto da compagnia di quella maledetta ragazzina!

Inoltre, osservando come si comportavano tra loro i Malandrini, non credeva che il loro litigio fosse dovuto al fatto che la loro preziosa amica passasse il tempo con Jared, ma da qualcos'altro. Se fosse stato come pensava Jared, almeno metà di loro sarebbero dovuti andare ancora d'accordo con la ragazza e invece nessuno di loro le parlava e le occhiate le lei aveva lanciato a tutte loro avrebbero potuto ghiacciare il lago a Luglio. Doveva essere sicuramente successo qualcos'altro e lui doveva scoprire cosa.

«Sei sempre il solito pessimista. E non vorrei ricordarti che una volta approvavi il piano, ma hai pensato tu a cosa scrivere il quelle lettere sdolcinate e a cosa fare.» la voce di Jared interruppe il corso dei suoi pensieri, ricordandogli che l'altro era ancora al suo fianco ed era anche piuttosto infastidito.

«Approvavo il piano. Sono secoli che ti dico che non ha senso, ma se vuoi ne riparliamo tra qualche giorno quando tutto tra loro ritornerà come prima. Devo andare a lezione.» Regulus si alzò di scatto e cominciò ad andarsene.

Per un attimo sembrò che Jared lo lasciasse andare via così. Per un attimo solo.

«Oh no, non farai una delle tue uscite teatrali solo per avere l'ultima parola, non questa volta! Torna qua!» la voce di Jared lo chiamò, ma Regulus non si fermò, continuando a camminare.

Sentì un'imprecazione e Jared che si alzava, riconobbe il suo passo anche senza voltarsi.

«Non andartene! Non osare!» lo richiamò Jared, accelerando per raggiungerlo.

Regulus sorrise soddisfatto tra sé e uscì dalla Sala Grande.

Nel frattempo Lily cercava di mangiare e contemporaneamente di convincere Sunshine a fare altrettanto, ignorando le sue insistenti dichiarazioni di non avere fame.

«Sun, smettila. Hai litigato con quei cretini dei Malandrini, ok. E per qualche strano motivo hai litigato anche con Marlene perchè lei non vuole dirci dove ha passato la notte e perchè non è venuta a cena ieri, ok anche questo. Quello che però non riesco a capire è perchè questo dovrebbe impedirti di mangiare? Devi fare colazione, Sun, o a metà mattina sarai svenuta sul libro di Storia della Magia.» disse Lily, china verso la sua amica, cercando di parlare abbastanza sottovoce da non farsi sentire da tutti quelli che sedevano attorno a loro, ma anche abbastanza forte da essere convincente.

«Non ho fame, Lils, te l'ho detto. Non c'entrano niente tutte queste cose.» disse stancamente Sunshine per l'ennesima volta.

«Solo una fetta di pane. O una salsiccia! O un muffin! Mangia qualcosa.» supplicò ancora Lily, ormai quasi arresa.

Sunshine allungò una mano e afferrò di malavoglia un biscotto, prendendone un piccolo morso, giusto per renderla felice e per farla stare zitta. Lily strinse le labbra con disapprovazione, ma non disse altro, preferendo riservare i suoi sguardi truci per la sua colazione.

Qualche posto più in là Marlene prese coraggio e si alzò, dirigendosi verso Sirius.

Non poteva sopportare che ci fosse quella tensione tra di loro. Sirius le stava simpatico e, oltre ad essere incredibilmente bello con quella sua aria cupa e gli occhi grigi, aveva le potenzialità per diventare un buon amico, non voleva che tutto andasse sprecato perchè si era fatta prendere la mano dal firewhisky. Avrebbero parlato che lui lo volesse o no.

Solo che non aveva la minima idea di che cosa dire.

“Ehi Sirius, scusa se ci siamo baciati ieri e poi abbiamo dormito insieme, mi piacerebbe che dimenticassi tutto e restassimo amici”?

“Ehi Sirius, è stato bello baciarti, ma no grazie. Per ora.”?

“Ehi Sirius, per favore torniamo a non conoscerci quasi per niente, senza questo imbarazzo”?

«Buongiorno, McKinnon.» oh. Era già arrivata davanti a lui? Da quanto se ne stava ferma impalata lì? Da un po' forse, visto come la guardava, l'espressione perplessa che per un attimo sostituiva quella cupa e tempestosa.

«'Giorno.» salutò Marlene, impacciata.

Sirius si voltò, tornando a guardare il suo piatto, finchè un secondo dopo Remus non tornò a sedersi al suo fianco, borbottando qualcosa sottovoce alla velocità della luce.

Marlene rimase ferma lì, senza sapere cosa fare. Andarsene, rinunciando alla conversazione che voleva avere? O restare con il rischio di essere di troppo?

Sirius risolse il suo problema per lei, sibilando qualcosa verso Remus con aria furiosa e alzandosi di scatto, quasi travolgendo Marlene che ancora non si era mossa.

Sirius le afferrò un braccio per impedirle di cadere e la guardò, cercando di capire che cosa volesse da lui.

«Scusa.» biascicò, senza staccare gli occhi da lei.

«Problemi in paradiso?» tentò di scherzare Marlene, sforzando un sorriso, anche se la frase venne fuori più come un mezzo squittio soffocato che come una battuta, ma quelli probabilmente erano dettagli su cui si poteva soprassedere.

Un angolo della bocca di Sirius si sollevò nel principio di un ghigno e lui la squadrò da capo a piedi, come soppesando la risposta che voleva dare, per poi scuotere le spalle con aria leggera.

«Tu hai qualche problema, dolcezza?» chiese.

«Tranne il fatto che hai appena osato chiamarmi dolcezza? No.» rispose Marlene, un po' perplessa.

«Allora il paradiso non ha problemi.» Marlene arrossì per un momento, poi però non riuscì a resistere e sorrise, dandogli una pacca sul braccio.

«Idiota.» sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

«Da dove viene tutta questa confidenza, signorina McKinnon? Mi sta dicendo che questo insulto è un'offerta di amicizia?» scherzò Sirius, ma si accorse subito di aver toccato un tasto sensibile perchè Marlene arrossì ancora di più, ritornando seria e goffa.

«Sirius riguardo...» cominciò con imbarazzo.

Sirius però la bloccò con un gesto e un sorriso.

«Tu non ne parli, io non ne parlo. Andiamo in classe?» Marlene sorrise.

Oh sì, non aveva sbagliato a vedere la potenzialità di un buon amico!

Prese il braccio che l'altro le offriva e si allontanarono insieme.

James li seguì con lo sguardo, infastidito perchè non riusciva a capire che cosa stesse succedendo tra i due. Sirius ci stava provando? Marlene ci stava provando? Erano amici? Erano già stati insieme?

Non parlava con il suo migliore amico dalla sera prima e già si perdeva interessanti sviluppi, maledizione!

Spostò lo sguardo lungo il tavolo, sperando di vedere qualcosa che attirasse la sua attenzione abbastanza da distoglierlo dagli altri suoi pensieri, fino a fissarlo su Sunshine, che non mangiava già più, e Lily, che la guardava ogni tanto con la coda dell'occhio, sbuffando di tanto in tanto, arresa però al fatto che l'altra non avesse intenzione di buttare giù altro.

James strinse gli occhi, fissi su una figura che si avvicinava a Lily con un passo goffo e un sorriso esitante.

«Ciao Lily.» salutò Aaron, battendo gentilmente una mano sulla spalla della ragazza per farla voltare.

«Oh, ciao Aaron!» salutò Lily, sorpresa da quella visita, ma anche un po' infastidita. Avanti, non lo aveva trattato con abbastanza indifferenza nei giorni passati da farlo desistere? Doveva davvero esplicitare che tra loro non c'era e non ci sarebbe mai stato niente?

«Ti andrebbe di studiare con me oggi?» domandò il ragazzo, apparentemente inconsapevole dei pensieri che passavano per la mente della Grifondoro.

Lily sospirò e si voltò verso Alice, che la guardava e che sollevò tre dita, scuotendo la testa.

Aveva ragione. Quegli appuntamenti erano durati abbastanza. Non aveva intenzione di proseguire oltre, sia per la sua salute mentale che per i sentimenti del povero Aaron.

«Mi dispiace Aaron, ma non posso.» disse, il più gentilmente possibile.

«Allora domani magari?» chiese Aaron, senza perdere la speranza.

Oh, ma allora proprio non voleva capirlo!

Lily sospirò: a quanto pareva doveva proprio mettere tutto ben in chiaro o il ragazzo non avrebbe capito niente.

«Non credo che studieremo insieme neanche domani, Aaron, e neanche il giorno dopo ancora.» disse decisa, cercando però di non essere dura.

Vide il Corvonero spalancare gli occhi, finalmente comprendendo che cosa stesse succedendo, poi lo vide passare dalla comprensione alla negazione e al ragazzo tornò il sorriso.

«Quando va bene a te, Lily, va bene anche a me.» disse accomodante.

Lily si girò di nuovo verso Alice, ma lei non fece neanche una mossa per aiutarla e anche Sunshine, di fianco a lei, non sembrava voler essere molto d'aiuto, anche se Lily l'aveva supplicata con gli occhi dopo averle dato di gomito.

James continuò a osservare la scena, un ghigno leggero in volto.

«Mi dispiace Aaron, ma non credo di voler studiare con te. Tu sei un bravo ragazzo, ma non credo che ci possa essere niente tra di noi, se non amicizia.» disse chiaramente, guardandolo negli occhi, cercando di non arrossire e di non tirarsi indietro. Era un cosa che doveva fare, non poteva rimandarla ancora.

Aaron invece abbassò gli occhi, come se lei lo avesse colpito, e quando li rialzò erano offesi e feriti.

«Mi stai davvero dicendo che possiamo “restare amici”?» sbottò incredulo.

«C'è qualcosa di male?» domandò dubbiosa Lily, senza poter vedere Alice che scuoteva la testa alle sue spalle, alzando gli occhi al cielo, e James che ormai ghignava apertamente.

«Ciao Lily.» salutò rigido Aaron, girandosi e andandosene, non senza averle lanciato un'altra occhiata risentita e scandalizzata, senza lasciarle aggiungere altro.

Prima che Lily potesse chiedere spiegazioni alle sue amiche però la voce di James la raggiunse.

«Restiamo amici? Seriamente, Evans? Sei una pessima persona.» rise il ragazzo, facendola arrossire.

«Non sono affari tuoi, Potter!» esclamò piccata Lily, accorgendosi infine che sì, da dove si trovava James poteva assolutamente sentire tutto ciò che diceva.

Certo non si aspettava che James stesse davvero zitto, chiudendo la bocca e indurendo lo sguardo, sembrando improvvisamente più triste.

Solo in quel momento si ricordò della spiegazione che le aveva dato Sunshine per la litigata con i Malandrini: “si sono impicciati degli affari degli altri come al solito!”.

Oh. Quasi quasi le dispiaceva aver colpito quella ferita aperta, ma del resto era Potter! Non aveva abbastanza profondità mentale per essere davvero ferito, lei era ancora confusa e dispiaciuta per la faccenda di Aaron, lui aveva fatto infuriare Sunshine e...bè era Potter! Quindi poteva anche tenersi la sua faccia triste per sé, non si sarebbe scusata.

Comunque distolse lo sguardo e con un gesto invitò Sunshine a andare a lezione, anche per farsi dire che cosa ci fosse di male in quello che aveva detto ad Aaron.

James rimase lì, colpito da un'improvvisa rivelazione, la seconda in poco tempo.

Prima aveva scoperto di essere ipocrita e ora aveva realizzato che erano diverse settimane che pensava davvero poco a Lily e che non le chiedeva di uscire.

Tutto preso da Charlotte si era quasi dimenticato di lei e non ne aveva neanche sentito la mancanza, ma quando aveva visto Aaron avvicinarsi a lei e chiederle di studiare con lui (“studiare”, certo!) aveva sentito lo stomaco contorcersi e l'antica gelosia farsi strada per poi trasformarsi nella soddisfazione che lo aveva invaso quando lei lo aveva definitivamente rifiutato.

Non era possibile però che Lily gli piacesse ancora!

A lui piaceva Charlotte, la sua Charlotte, con cui passava sempre un tempo piacevole, che aveva morbide labbra rosse e...e non era Lily.

No.

A lui piaceva Charlotte. Non sarebbe ricaduto nella rete dei capelli fiammeggianti della Evans, che le sfioravano con delicatezza le spalle e si arrotolavano in morbidi ricci sulle punte, sfiorandole la schiena e...

No.

A lui piaceva Charlotte. Non avrebbe buttato all'aria tutto per quegli occhi verdi come foglie illuminate dal sole d'estate, brillanti come pietre preziose e...

No.

A lui piaceva Charlotte. Lui stava con Charlotte. Non avrebbe più pensato a Lily.

Ora sarebbe andato a lezione, avrebbe pensato agli occhi marroni di Charlotte, ai suoi capelli lisci, alle sue mani dalle dita lunghe, alla sua pelle chiara, alle sue lentiggini, alle...

Charlotte non aveva le lentiggini.

Lily aveva le lentiggini. Piccole, adorabili lentiggini sparse sul naso e che sicuramente si allargavano sulle sue spalle e sulle braccia e che...

No no no. Doveva smetterla.

James si alzò di scatto, spaventando i due piccoletti del primo anno seduti accanto a lui senza nemmeno accorgersene. Guardò verso il tavolo di Serpeverde e trovò Charlotte che parlava con una sua amica e mangiava la sua colazione, tranquilla.

Eccola. A lui piaceva lei.

La sua piccola Serpeverde triste. La ragazza che, anche se aveva un anno in più di lui, sembrava averne due in meno quando sonnecchiava sulla sua spalla. La ragazza che gli stringeva la mano con delicatezza quando camminavano insieme. La ragazza che lo baciava con passione, che rideva con lui e che lo prendeva in giro.

A lui piaceva lei e le cose non sarebbero cambiate.

A lui piaceva Charlotte.

James sorrise e annuì tra sé, più tranquillo, certo che il suo piccolo momento di dubbio fosse passato e lui potesse cancellarlo come se non fosse mai avvenuto, andando avanti con la sua giornata, tenendo verso il momento in cui sarebbe potuto andare da Charlotte e baciarla.

Perché a lui piaceva lei.

 

**

 

Sirius era stanco. Nelle ultime notti non era stato esattamente dell'umore giusto per dormire tranquillamente e il sonno tormentato unito alla fatica di restare arrabbiato con James lo stava davvero logorando. Soffocò uno sbadiglio e fissò lo sguardo fuori dalla finestra, pensieroso. Sentiva Remus che parlava con Peter sottovoce, probabilmente spiegandogli qualcosa che non aveva capito, ma non riusciva a seguire le sue parole, come se gli arrivassero attraverso un muro d'acqua, confuse e attutite, come gli erano arrivate le spiegazioni dei professori per tutto il giorno. Non credeva che quella sensazione di essere immerso nell'ovatta, di potersi muovere a velocità limitata, di non riuscire a pensare correttamente, fosse dovuta solo alla mancanza di sonno, ma non voleva ammettere che il litigio con Sunshine e James lo avesse mandato così tanto fuori fase. Era vero, con Sunshine tutto era cambiato già da molto tempo: da troppi mesi non parlavano più come una volta, non veniva a salutarli la mattina, non passava le serate con loro e appena si salutavano, ma erano sempre stati consapevoli che, al momento del bisogno, ci sarebbero stati, loro per lei e lei per loro, che se avesse avuto bisogno di aiuto loro glielo avrebbero offerto, che se avessero avuto bisogno di qualcuno con cui parlare lei avrebbe ascoltato. Ora invece che cosa avevano? Quando lei se n'era andata era stato come lanciare un sasso sul ghiaccio già fragile e coperto di crepe: si era spezzato in tanti pezzetti che ora andavano alla deriva, ognuno per conto proprio. Certo, anche lei ci avevo messo del suo per creare le prime crepe, allontanandosi sempre di più da loro, prima per la storia di Sam, poi per tutto il tempo che preferiva passare con la Evans e in seguito con McCroy, ma comunque vedere la loro amicizia frantumarsi così era doloroso.

In più c'era anche James. Dannazione, doveva prendersi una cotta per una Serpeverde, una Rosier per di più, proprio nello stesso momento in cui Sunshine se ne andava a spasso con McCroy? Non poteva aspettare, trovare un momento migliore? Invece no, tutto doveva sempre accadere insieme e ora non solo non parlava più con Sunshine, ma non aveva neanche più James e, a quanto pareva, nemmeno Remus. Infatti anche quest'ultimo aveva ascoltato James, aveva riflettuto, ed era giunto alla conclusione che non fosse giusto trattarlo in quel modo solo perchè gli piaceva qualcuno. Certo, poteva anche evitare di stare con un Serpeverde, ma dopotutto era solo una ragazza, importava davvero tanto di che colore fosse la sua cravatta? Per Sirius la risposta sarebbe stata sì, ovviamente, ma Remus aveva un'altra opinione e aveva ricominciato a parlare con James, seppur sempre con una punta di irritazione perchè l'altro gli aveva nascosto questa sua relazione. Peter cercava sempre di restare super partes e quindi Sirius si trovava sul suo freddo e offeso fronte da solo, a ruminare sempre gli stessi cupi pensieri.

Con un gesto distratto, senza nemmeno riflettere, Sirius aprì la Mappa, lasciando vagare gli occhi tra i nomi che la affollavano, senza cercare nessuno di preciso.

Magari più tardi sarebbe andato da solo nella Stanza che Appare e Scompare, per provare a trasformarsi in Animagus, giusto per fare qualcosa che non fosse restare disteso a letto, incapace di dormire. Certo, non sarebbe stato divertente come con James e Peter e si sarebbe stancato decisamente più in fretta, ma era sempre qualcosa, meglio di niente.

Seguì distrattamente con gli occhi il nome di Ashley Margeryell che percorreva il corridoio del secondo piano e poi scendeva le scale, probabilmente diretta alla sua Sala Comune, vicino alle cucine. Chissà dov'era stata fino a quell'ora? Che si fosse rimessa insieme a Malcom Pasters, il suo ex Corvonero, che aveva lasciato circa tre settimane prima? Sirius sperava di no: Ashley era carina, sarebbe stato un peccato sprecarla con un tipo come Malcom.

Un altro nome però lo distrasse dal pensiero di Ashley Margeryell: Charlotte Rosier stava uscendo dai Sotterranei e attraversava la Sala d'Ingresso, dirigendosi speditamente verso le scale.

Sirius strinse gli occhi e continuò a seguire quel nome. In un certo senso era strano guardare la Mappa e pensare che quei nomi in realtà fossero delle persone che si muovevano davvero in quel modo, che si trovavano davvero in quei luoghi, che si spostavano davvero in quel preciso istante. Associare un volto, un corpo, una camminata, a quei nomi era ancora più strano, soprattutto quando lo si faceva automaticamente. Ad esempio, ora che Charlotte Rosier si era fermata in una stanza vuota, Sirius poteva guardare la scritta James Potter che usciva dalla Sala Comune e riusciva a immaginare l'amico che si abbassava per passare attraverso il buco del ritratto, che si muoveva lungo il corridoio, con la sua camminata lenta, dalle falcate lunghe. Poteva immaginarlo mentre si passava una mano tra i capelli, forse si sistemava gli occhiali, salutava con un cenno i rumorosi occupanti del quadro vicino alle scale e poi...

Sirius si raddrizzò di colpo, pensando finalmente a ciò che stava guardando e capendo dove stava andando James.

La Rosier lo stava aspettando in quella stanza vuota e James stava andando da lei per vederla. Eccolo, ora avrebbe dovuto prendere quella scorciatoia, se lo conosceva bene lo avrebbe fatto.

Sirius vide il nome di James attraversare un passaggio nascosto da un arazzo.

Stava andando da lei.

Sirius si alzò in piedi, senza nemmeno prestare attenzione agli sguardi interrogativi di Remus e Peter e, abbandonata la Mappa sul davanzale, si lanciò fuori dalla camera.

Per arrivare a quella stanza, se voleva percorrere la strada più veloce, James avrebbe dovuto passare davanti alla statua di Rufus il Maligno e, se prendeva le scorciatoie giuste, Sirius poteva arrivarci prima di lui.

Ignorando i rimproveri della Signora Grassa (“dove credi di andare? Sta per scattare il coprifuoco!”), si avviò con decisione lungo il corridoio.

Un paio di scorciatoie e qualche passaggio segreto dopo, Sirius era nascosto dietro alla statua di Rufus il Maligno.

Non era convinto di ciò che stava per fare, ma era convinto della sua necessità, così quando sentì dei passi, riconosciuti come quelli di James senza nemmeno il bisogno di dare un'occhiata, estrasse cautamente la bacchetta.

«Confundus.» un sussurro, un lieve scintillio che brillò per un secondo negli occhi di James, quasi un riflesso sui suoi occhiali, e poi James si stava girando e stava andando da tutt'altra parte.

Non molto orgoglioso di ciò che aveva appena fatto, ma soddisfatto di essere riuscito nel suo intento, Sirius si avviò con calma alla stanza dove aveva visto Charlotte, sperando che fosse ancora lì.

Quando aprì la porta, la ragazza era di spalle, ma si voltò subito con un sorriso. Sirius sobbalzò alla vista di quel sorriso aperto, luminoso. Doveva piacerle davvero James se gli sorrideva così. L'espressione felice però sparì immediatamente, sostituita da una perplessa e poi gelida, non appena la ragazza si rese conto di non avere di fronte James ma Sirius.

«Che vuoi?» domandò con sospetto la Serpeverde, una mano corsa automaticamente alla tasca nascosta del mantello, dove teneva la bacchetta.

«Tranquilla Rosier, non ho intenzione di attaccarti. Volevo solo parlarti.» la rassicurò Sirius con uno sbuffo, appoggiandosi ad un banco e continuando ad osservarla.

«Parlarmi? Di cosa? Sei venuto per caso ad accusarmi di qualcosa di stupido? Tipo “perchè costringi James a mentirci”?» chiese sprezzante Charlotte, seria e inflessibile, pallida e rigida di fronte a lui.

«Nah, so già che non potresti impedire a James di parlare: se non lo facesse di sua volontà si farebbe scappare qualcosa nel giro di dieci minuti, involontariamente o no.» rispose Sirius tranquillamente.

«E allora che vuoi?» domandò di nuovo Charlotte, presa però un po' in contropiede dall'apparente tranquillità di Sirius.

«Perchè stai con James?» chiese a bruciapelo Sirius. Non era quello ciò che aveva pensato di chiederle, al dire il vero, ma ora che l'aveva detto si rese conto che era in realtà ciò che voleva sapere. Perchè Charlotte Rosier avrebbe dovuto stare con James Potter? Anche escludendo il fatto che lei era una Serpeverde e lui un Grifondoro, cosa che già, almeno secondo Sirius, costituiva un grosso ostacolo, lei non assomigliava per niente al tipo di ragazza che Sirius avrebbe generalmente associato a James. Ossia Lily Evans. Sembrava una persona tranquilla, chiusa, che non desiderava essere messa in mezzo a troppo caos, anche se sotto alla superficie si intendeva una certa forza e energia, la figura pallida e magra e gli occhi tristi non contribuivano certo a metterla in evidenza. E allora che cosa ci trovava James in lei? Certo era carina, ma non era certo così tanto carina!
«E questi sarebbero affari tuoi perchè...?» indagò Charlotte con uno sguardo di sfida, che però non raggiungeva certo i livelli degli sguardi della Evans. Sul serio, che ci trovava James in lei? Le opzioni erano due: o il suo tipo non era davvero la Evans oppure lo era e lui era uscito di testa.

«Primo perchè in questi giorni fin troppa gente mi ha detto che non erano affari miei cose che erano assolutamente affari miei, quindi la frase mi ha un po' stancato. E secondo perchè sono curioso. Non riesco davvero a capire che ci trovi James in te. Senza offesa.» rispose Sirius. Vide la Serpeverde stringere le labbra, forse offesa, ma non se ne curò troppo. Ormai non si curava più di niente, se mai l'aveva fatto.

«Sinceramente? Non ne ho idea. Chiedilo a lui.» voleva essere una risposta sprezzante, ma Sirius intuì l'insicurezza profonda e la tristezza in quelle parole.

E improvvisamente era tutto chiaro.

Era la fanciulla in pericolo, bisognosa del cavaliere scintillante. Era il cucciolo smarrito in cerca di protezione. Era il gattino bagnato, mezzo affogato dalla pioggia, in cerca di calore e sicurezza.

A James allora non piaceva davvero Charlotte. Si sentiva soltanto bene ad essere il protettore di quella ragazza sola e triste, a farla sorridere, ad essere quello che l'aiutava ad andare avanti.

Bè quello poteva essere un problema.

Se Charlotte gli piaceva, Sirius non dubitava che sarebbe trascorso qualche tempo e poi gli sarebbe passata e lui l'avrebbe ritrovato a inseguire la Evans per i corridoi, ma fare il cavaliere dall'armatura scintillante poteva essere un'attività piacevole da portare avanti più a lungo.

E lei poteva avere davvero bisogno di James.

Dannazione! Stava davvero pensando che quella relazione facesse bene ad entrambi? Non poteva essere! Lui doveva essere contrario a tutta quella storia! Doveva....

Ma Charlotte aveva gli occhi pieni di ghiaccio sciolto in una triste pioggia e James magari aveva bisogno di una pausa dalle batoste della Evans.

E lui era stanco di avere sempre tutti contro perchè, ok lo ammetteva, metteva il naso ovunque. Per il loro bene, ovviamente, però....

«James ti piace?» indagò, con ben poca delicatezza.

Charlotte sobbalzò e arrossì, ma ormai non sembrava intenzionata a resistere e annuì.

«Non so davvero perchè te lo dico, dato che non sono affari tuoi, ma sì, mi piace. È gentile, mi fa sentire sicura, mi fa ridere...» Charlotte sorrise leggermente, gli occhi fissi in un qualche ricordo distante.

Sirius agitò una mano, fermandola.

«Non voglio sentire nessun discorso sdolcinato da ragazza, grazie. Va bene.» disse.

Charlotte lo guardò perplessa.

«Va bene cosa?» chiese dubbiosa.

«Va bene, sono disposto a guardare in disparte per quanto tempo durerà questa dubbia relazione.» chiarì Sirius.

«Altrimenti che avresti fatto? Credi davvero di avere abbastanza peso su James da farci lasciare?» eccolo tornato, lo sguardo di sfida, unito questa volta ad un tono sarcastico.

«Oh dolcezza, tu non vuoi davvero saperlo. Però ti assicuro, non sareste durati più di una settimana senza la mia, per quanto precaria, approvazione.» disse Sirius, assolutamente serio. Charlotte sembrò per un attimo tentata di ridere, ma poi qualcosa negli occhi degli altri la fermò, facendo rinascere il dubbio. Forse Sirius non esagerava poi così tanto, chi poteva saperlo? Meglio essere felici che avesse deciso di non immischiarsi e accontentarsi di quello.

«Bene, è stato un piacere parlare con te. James è un po' confuso, ma non preoccuparti, prima o dopo troverà la strada giusta per arrivare qui. Ci si vede.» Sirius tornò al tono leggero e casuale e si staccò dal banco, un sorrisetto tranquillo sulle labbra.

Prima che Charlotte potesse dire niente era già uscito.

Quando arrivò in camera, Sirius trovò Remus che lo aspettava seduto sul letto a gambe incrociate.

«Ciao?» salutò Sirius: e ora che aveva combinato?

«Dove sei stato?» chiese Remus.

Sirius lanciò un'occhiata al davanzale e poi scrollò le spalle: non aveva senso mentire.

«A parlare con la Rosier.» rispose.

Remus fece un mezzo sorriso, tirando fuori la Mappa che teneva nascosta dietro alla schiena.

«Mi domandavo se saresti stato capace di mentire, ma evidentemente non sei così tanto idiota. Allora, dopo farai pace con James?» domandò con aria saputa.

«Al dire il vero pensavo di farlo macerare ancora per qualche giorno.» rispose Sirius con un ghigno malandrino.

«Ma hai intenzione di fare pace.» il sorriso di Remus si allargò: non era una domanda.

«Forse sto facendo un errore, ma purtroppo sono sempre troppo buono, quindi sì.» Sirius sospirò con aria drammatica e poi sorrise a sua volta.

Sentiva una bella sensazione allargarsi nel suo petto, come una bolla di sapone che si allargava e lo faceva sentire più leggero.

Non era del tutto soddisfatto di come si fosse conclusa in fretta tutta la faccenda, ma forse finalmente quella notte sarebbe riuscito a dormire.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

ehilà belle persone! Come state? Finalmente sono tornata a casa dal mio adorato wifi (piccolo mio quanto mi sei mancaaaato!! *^*) e posso postare il capitolo! Come va la vostra estate? Spero non sia noiosa e piovosa come la mia, ma almeno niente scuola no?

Comunque...

  1. Come potete vedere ho risolto la situazione tra Sirius e Marlene e (escludendo possibili ma non probabili “incidenti di percorso”) posso assicurarvi che non ho intenzione di farli stare assieme. Shippo la BlacKinnon con tutto il mio cuore ma non si può avere tutto ;)

  2. Ho (circa) risolto anche la situazione tra James e Sirius e tra Sirius e Charlotte...sono o non sono stata buona?

  3. Grazie alle deliziose personcine che hanno recensito lo scorso (lontanissimo) capitolo: Miss_Riddle Starkey, Lisajackson, alessiavictorie e le due nuovissime aggiunte della lista di persone che adoro cioè Delia_821 e Lils1401.

  4. Un grazie speciale alla mia AleJackson: di nuovo buon nostro anniversario e -1!!! Ti adoro

Baci a tutti <3

*dD*

ps: per Delia che mi aveva chiesto delle immagini a fine capitolo...scusa questa volta non ce l'ho fatta ma cercherò di trovare qualcosa per la prossima volta u.u

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Capitolo 17
*** Tutto ok ***


 

 

 

 

 

Tutto ok

 

 

 

 

Tre figure parlavano piano, le teste vicine, i lunghi capelli che si confondevano nella penombra della stanza, la cui unica fonte di luce proveniva dalla porta socchiusa. Stralci della conversazione arrivavano fino alle orecchie del gatto semi-addormentato, nascosto sotto al letto e, se avesse poi potuto riportare ciò che aveva sentito alla sua padrona, certamente lei ne sarebbe rimasta turbata.

«Secondo me c'è qualcosa di strano.»

«Sparisce sempre senza dire dove sta andando. Una volta era solo di notte, ma ora..»

«Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo.»

«Dovremo tenerlo per noi?»

«Vedremo.»

Il gatto si addormentò definitivamente, per niente interessato ai piani delle tre ombre, ma queste continuarono a sussurrare nel buio ancora per parecchio tempo.

 

 

Charlotte camminava da sola per il corridoio buio e deserto, un mezzo sorriso sulle labbra, più rosse del solito per i tanti baci che avevano scambiato con quelle di James. Cercò di ricordare come si sentisse quando tornava in camera dopo aver passato la serata da sola, nascosta in quell'aula vuota, lontana da tutto e tutti, ma non riusciva a riportare alla mente nient'altro che una sensazione di vuoto. Ora invece si sentiva leggera, serena, calda, quasi come se l'abbraccia di James la accompagnasse anche dopo che le sue braccia si erano allontanate da lei. Da quanto tempo non si sentiva così bene?

Arrivata in Sala Comune si guardò attorno, ma la stanza era deserta, a parte due ragazze che studiavano in un angolo e un ragazzino che si era addormentato davanti al fuoco. Non si era accorta che fosse così tardi, ma il tempo, quando era con James, sembrava smettere di esistere e solo quando si allontanava da lui si rendeva conto di quanto in realtà fosse trascorso in fretta.

Si sfilò le scarpe fuori dalla sua stanza per non fare rumore e aprì appena la porta, scivolando dentro, muovendosi al buio grazie alla conoscenza acquisita con l'abitudine. Maledisse silenziosamente un oggetto trovato sul pavimento, probabilmente un libro, che le aveva appena pugnalato la pianta del piede, ma non fece il minimo rumore. Si svestì sempre persa nei suoi pensieri. Ormai stava con James da circa un mese e e, anche se c'erano stati parecchi battibecchi tra lei e i Malandrini, tra lei e Sirius soprattutto, era riuscita a convincerli a mantenere il segreto e tutto sembrava filare liscio. Lei era felice, James sembrava felice, gli altri sembravano aver accettato la cosa e, anche se non avevano ancora fatto pace con Sunshine, Sirius l'aveva accusata una sola volta di aver provocato quel litigio.

In seguito si sarebbe ripetuta che quella serenità avrebbe dovuto metterla in allarme, che non poteva mai andare tutto così bene, che prima o poi l'universo avrebbe dovuto riportarla con i piedi per terra, ma in quel momento non sospettava ancora niente di ciò che sarebbe arrivato.

Per qualche minuto ancora.

Infatti si stava per infilare sotto le coperte quando si accese la luce.

Charlotte si coprì gli occhi, abbagliata, estraendo la bacchetta e puntandola davanti a sé, pur senza riuscire a capire che cosa fosse successo, disorientata. Fu solo quando una voce parlò che riuscì a capire che no, non la stavano attaccando, erano solo le sue compagne di stanza che avevano acceso la luce. Ma perchè mai erano sveglie? E perchè la stavano aspettando, se la stavano aspettando, con le luci spente, quasi come se le stessero tendendo un agguato?

«Ehi ragazze, che succede?» chiese stancamente Charlotte, riuscendo finalmente ad aprire gli occhi senza essere abbagliata dalla luce, cercando di apparire il meno colpevole possibile. Del resto, come poteva essere sicura che volessero parlare di lei e non solo con lei?

«Dove sei stata?» chiese Stephanie, i lunghi capelli biondi raccolti in una morbida treccia, perfetta come se non fosse andata a letto affatto.

«A fare una passeggiata. Lo sapete che non riesco a dormire.» mentì con disinvoltura Charlotte.

«Nelle tue passeggiate ti scontri spesso con James Potter?» domandò senza mezzi termini Leslie, facendola sobbalzare.

Dannazione allora sapevano! Come avevano fatto a scoprirla? Probabilmente l'avevano seguita senza che lei se ne accorgesse, resa meno prudente dal senso di sicurezza e serenità che le comunicava James e l'avevano vista incontrarsi con lui.

E ora cosa avrebbe dovuto fare? Mentire? Dire che era stato un incontro casuale? E se l'avessero seguita per più di un paio di volte, sapendo quindi benissimo la verità? E se l'avessero raccontato a qualcuno? A suo fratello? O peggio, a suo padre? Avrebbe dovuto pregarle, raccontando loro tutta la verità, rischiando di apparire patetica, pur di farle stare in silenzio? O forse avrebbe dovuto minacciarle? Ma avrebbe funzionato? No no, era troppo rischioso!

Charlotte rifletteva alla velocità della luce, senza riuscire a decidere qualche fosse la mossa migliore da fare.

E se ora avessero provato a ricattarla per mantenere il segreto? Si sarebbe umiliata di fronte a loro?

«Cosa sapete?» chiese con circospezione, lo sguardo dell'animale in trappola, le guance pallide, il sorriso sparito.

«Sappiamo che stai con James Potter e anche da diverso tempo per di più! E che lo incontri in segreto.» rispose Brigitte, con l'aria di chi è immensamente soddisfatto di ciò che dice, evidentemente apprezzando lo sguardo perso di Charlotte.

«Ma non l'avete ancora detto a nessuno.» tirò ad indovinare la ragazza, pensando che, se avessero voluto qualcosa da lei, ogni ricatto sarebbe stato inutile se la voce si fosse già sparsa.

«No, non l'abbiamo detto a nessuno. Perchè siamo tue amiche.» disse con aria decisa Stephanie, anche se non convinse per niente Charlotte.

Certo, sue amiche, come no.

La ragazza però sembrò intuire la sua incertezza e le si avvicinò di più, un'espressione seria in volto.

«Ascolta, Charlotte, non siamo fiduciose Tassorosso che si fidano l'una dell'altra senza alcun dubbio, né siamo Grifondoro che dichiarano il proprio amore l'una per l'altra con il cuore in mano e tanto meno siamo Corvonero che capiscono quando una persona è degna della loro amicizia e poi non la lasciano più, ma solo perchè siamo Serpeverde non vuol dire che non possiamo provare sentimenti, essere amiche. Siamo compagne di stanza da cinque anni, Charlotte, credi davvero che andremmo a raccontare in giro della tua vita privata come se nulla fosse? Credi davvero che tradiremmo quella, seppur lieve, fiducia che si è creata tra di noi? Fidati di noi, Char, almeno un po'.» per tutta la durata del suo discorso Stephanie non distolse mai lo sguardo dagli occhi di Charlotte, che a sua volta continuò a guardarla senza battere ciglio.

Era vero, erano Serpeverde, a loro non veniva facile fidarsi come per gli altri, ma questo non voleva dire che non potessero farlo.

E lei cercava così disperatamente qualcuno con cui confidarsi....

Charlotte sorrise e allungò una mano per afferrare quella di Stephanie e l'altra ragazza gliela strinse con calore, raggiunta poco dopo anche da Brigitte e Leslie. Nessuno si accorse del lampo che passò negli occhi di quest'ultima quando si sedettero insieme e Charlotte cominciò a parlare.

 

**

 

«Ehi, James.» James sollevò gli occhi dal disegno distratto di un boccino che stava comparendo al bordo dei suoi appunti d Trasfigurazione per puntarli in quelli di Sirius che, seduto di fronte a lui, si era girato per parlargli.

«Dimmi.» mormorò James, staccando gli occhi da quelli dell'amico per seguire con lo sguardo i movimenti della professoressa McGranitt, ancora girata per scrivere alla lavagna.

«Lo sai che è passato un sacco di tempo dall'ultima volta che siamo andati nella Stanza che Appare e Scompare? Sei sempre impegnato con la tua ragazza.» sussurrò Sirius con evidente disappunto e marcando con fare indispettito la parola “ragazza”.

«Sei geloso per caso?» lo punzecchiò James con un ghigno, allungando la piuma che aveva in mano per cercare di scarabocchiargli il braccio, senza troppi risultati visto che l'amico si era scostato in tempo.

«Molto, assolutamente, completamente.» snocciolò annoiato Sirius «Soddisfatto ora? Allora stasera?» aggiunse poi, uno scintillio negli occhi.

«Stasera. Avvertirò Charlotte.» James concluse la frase con un calcio alla sedia di Sirius, che aveva alzato gli occhi al cielo alle sue ultime parole.

«Signor Potter! Signor Black! Siete per caso in cerca di una punizione?» la voce della McGranitt li riportò all'ordine, costringendo Sirius a voltarsi, non prima di un ultimo cenno di assenso rivolto a James e un piccolo occhiolino.

Così quella sera Charlotte si trovò costretta ad aspettare in Sala Comune che James si liberasse di quel misterioso impegno che lo teneva occupato e arrivasse l'ora per cui si erano dati appuntamento al solito posto.

La ragazza se ne stava in un angolo del grande sotterraneo, un libro in mano e i capelli sciolti a farle da tenda attorno al viso, la schiena leggermente curva, tutto il suo corpo teso a dare un chiaro segno di non voler essere disturbata. La maggior parte degli occupanti della stanza riuscivano a leggere quella richiesta e la rispettavano senza problemi, ma c'era qualcuno che non si sarebbe lasciato fermare da una cortina di capelli e un libro.

«Ciao, sorellina.»

Charlotte alzò la testa di colpo, sobbalzando, accorgendosi solo in quel momento della presenza del fratello.

«Ciao, Evan.» salutò, irrigidendo istintivamente le spalle e raddrizzando la schiena, osservando con attenzione suo fratello, così simile a lei. Avevano gli stessi capelli scuri e sottili, gli stessi occhi di un marrone scuro e profondo, anche se quelli di Evan erano più freddi e seri di quelli della sorella, gli stessi zigomi pronunciati, la stessa pelle chiara, solo che, se dalla figura di Charlotte si intuiva una fragilità e una dolcezza interiore, quella di Evan comunicava solo freddezza e distacco, che poteva trasformarsi al massimo in disprezzo.

«Cosa fai qui tutta sola?» domandò con tono esageratamente gentile il ragazzo, sorridendole.

Un sorriso da serpente, pensò Charlotte, come faceva spesso: velenoso, freddo, subdolo. Chissà che cosa voleva da lei per arrivare a parlare in quel modo.

«Leggo, Evan. Che cosa ti porta qui?» chiese di rimando Charlotte, cercando di non suonare sospettosa come in realtà si sentiva.

«Mi manchi, sorellina. È passato così tanto tempo dall'ultima volta che abbiamo parlato come bravi fratelli! Hai voglia di fare una chiacchierata con me, Char?»

Serpente bugiardo. Charlotte alzò mentalmente gli occhi al cielo: come se quello fosse il vero desiderio di Evan! Di sicuro voleva parlare di qualcosa in modo decisamente meno piacevole che “come bravi fratelli”. Del resto, l'ultima volta che si erano davvero parlati era stato quando lui l'aveva rimproverata per aver infastidito Henry Stafford, per poi andare a dirlo a loro padre: non aveva troppe speranze di poter avere davvero una conversazione piacevole con lui. Come non l'aveva da più o meno una quindicina di anni.

«Al dire il vero dovrei finire questo libro per...» tentò di svicolare la ragazza, ma la mano di Evan scattò in avanti, afferrando il libro e chiudendolo di colpo, sempre con la stessa espressione gentile, serena e inquietante in volto.

«Oh, sono sicuro che ce la farai lo stesso. Ora, hai voglia di venire in camera mia a parlare con me? Così avremo un po' di privacy.» non era più una domanda ormai, troppo intrisa di un tono di comando per anche solo sembrarlo.

Charlotte fu costretta ad abbassare la testa, annuire in silenzio e seguirlo.

L'agitazione cominciava a farsi strada nel suo petto man mano che si allontanavano dalle altre persone presenti nella Sala Comune. Di che cosa voleva parlare per aver bisogno di privacy? Perchè la stava portando via? Aveva fatto qualcosa di male? La ragazza frugò in ogni angolo della sua mente per cercare qualche azione che avrebbe potuto infastidire il fratello, ma dopo un'affannosa ricerca non le rimase niente tra le mani. Niente a parte....il sorriso di James si fece strada tra ai suoi pensieri confusi, facendole scendere un brivido dalla schiena. James.

No no, non poteva averlo scoperto! Nessuno sapeva di loro, a parte i Malandrini che non avrebbero mai raccontato in giro con così tanta leggerezza un segreto del loro migliore amico. E soprattutto non l'avrebbero raccontato a Evan. Per quanto Charlotte potesse non piacere, non avrebbero mai fatto una cosa del genere a James, ne era sicura.

Ma allora come? Ormai era sempre più certa che Evan volesse parlarle di quello: era una sensazione di gelo che si insinuava nelle vene e le faceva tremare le mani. Ma come? Come aveva fatto a scoprirlo?

Credi davvero che andremmo a raccontare in giro della tua vita privata come se nulla fosse? Credi davvero che tradiremmo quella, seppur lieve, fiducia che si è creata tra di noi? Fidati di noi, Char.

Si era fidata di loro. Aveva raccontato loro di come avesse conosciuto James, di come la facesse sentire felice, di come gli volesse bene. Si era fidata di loro! E loro avevano raccontato tutto a Evan? Oh, appena se le fosse trovate tra le mani gliela avrebbe fatta pagare!

In quel momento Evan aprì la porta della sua camera, “provvidenzialmente” deserta, e la invitò ad entrare. Charlotte camminò fino alla sedia posta vicino al letto di suo fratello, riconoscibile per l'ordine maniacale e la foto di famiglia sul comodino, e si sedette, nascondendo le mani tremanti in grembo, incapace di alzare lo sguardo verso il fratello.

E ora? Cosa sarebbe successo ora?
«Allora Char, che cosa mi racconti di bello?» chiese Evan, sedendosi sul letto accanto a lei, il tono amorevole di nuovo nella voce, il sorriso gentile che faceva accapponare la pelle a Charlotte ancora sulle labbra.

«Non saprei, Evan.» sarebbe servito a qualcosa fingere? Temporeggiare?

Probabilmente no, ma valeva sempre la pena tentare, no?

«Sicura? Non hai fatto niente con le tue amiche? Nessun ragazzo interessante?» un altro brivido percorse la schiena di Charlotte. Evan era già inquietante quando la ignorava, ora che provava a fingere di essere interessato, di voler davvero sapere qualcosa della sua vita, era assolutamente spaventoso. Non era da lui. L'affetto non si adeguava al sibilo della sua voce, né la curiosità al vuoto dei suoi occhi. Le faceva solo venire in mente uno di quegli uomini che, agli angoli delle strade buie, offrivano fiori e complimenti con tono viscido alle ragazze che passavano per poi trascinarle nel fango di un vicolo deserto.

Charlotte scosse la testa, senza parlare, la testa sempre bassa, ma Evan era ben deciso a non lasciarla in pace.

La ragazza sentì un dito gelido alzarle il mento, finchè i suoi occhi non incontrarono quelli inespressivi del fratello.

«Avanti Char, non fare così. Racconta al tuo fratellone qualcosa!» sembrava quasi una minaccia ora, più che un'esortazione.

Charlotte sorrise, nascondendo l'ennesimo brivido.

«Sai che Erbologia mi piace sempre di più? So che papà ha detto che non ho bisogno di trovare un lavoro finita la scuola, ma mi piacerebbe...» la sua voce, forzatamente leggera, venne interrotta da un sussulto e il falso sorriso scomparve, spazzato via dalla mano di Evan, che ora le stringeva il viso con forza.

«Sai benissimo che non è questo ciò che voglio sentire! James Potter, cagna? Sei sempre stata così stupida o lo sei diventata di più ultimamente?» gli occhi del Serpeverde brillavano di disprezzo, la sua mano stringeva sempre più forte, lasciando segni rossi e dolorosi sulle guance di Charlotte, che respirava sempre più velocemente, cercando di mantenere la calma.

«Non so di cosa...» balbettò, tentando l'ultima risorsa: la negazione.

Evan la lasciò andare di colpo, spingendola all'indietro con così tanta forza che Charlotte scivolò a terra, picchiando dolorosamente un gomito sul pavimento di pietra.

«Smettila di mentirmi, stupida. Che cosa ti è passato per la mente? Un Grifondoro Filobabbano figlio di Auror? Potevi fare una scelta più sbagliata?» sibilò Evan. Una delle cose che più le facevano paura di lui era il suo saper mantenere sempre un tono controllato: anche nella sua rabbia non alzava mai la voce (preferiva alzare le mani), i suoi occhi non cambiavano mai espressione, le sue guance restavano sempre mortalmente pallide.

Charlotte si alzò, ignorando il dolore al gomito, fronteggiando il fratello. Di solito si limitava ad abbassare la testa e scusarsi, ma questa volta non aveva niente di cui scusarsi. James non era una scelta e di sicuro non era una scelta sbagliata.

«Non vedo perchè la cosa dovrebbe interessarti, fratellone. Non sono affari tuoi con chi passo le mie serate.» Charlotte vice la mano di Evan fremere e aspettò che la colpisse, ma l'altro si trattenne, stringendo i denti.

«Sono affari miei invece, cagna. Devo forse ricordarti che non hai la minima possibilità di poter scegliere chi sposerai? Papà probabilmente l'ha già deciso, quindi togliti qualunque ragazzo dalla testa. E vedi di non....rovinarti, o potresti perdere parte del tuo valore.» sputò il ragazzo.

Questa volta fu Charlotte a fremere.

«Rovinarmi? Rovinarmi?! Non siamo più nel millesettecento, Evan. Per quanto siate all'antica tu e i nostri genitori non mi costringeranno a sposare proprio nessuno.»

Evan si mosse talmente velocemente che quasi non riuscì a seguirne il movimento e un secondo dopo le stava tenendo il viso come prima, la bacchetta puntata alla gola candida della sorella.

«Possono, eccome se possono. Te lo dirò una volta sola, sorellina: vedi di lasciare quel Grifondoro, e alla svelta. Vedi di non portare disonore sulla nostra famiglia, soprattutto in questi tempi, in cui dobbiamo apparire al meglio per le nostre....alleanze, o sarò costretto a dirlo a nostro padre. E sai che non ne sarà contento. Vuoi davvero costringerlo a farti concludere quest'anno la tua istruzione?» ogni volontà di resistere sparì dagli occhi di Charlotte man mano che il fratello parlava. Sentiva la punta dura della bacchetta appoggiata al di sotto del mento, la mano fredda del fratello sul viso, ma furono soprattutto quelle minacce a farla arrendere. Suo padre, il ritiro dalla scuola, un matrimonio combinato...

Mi dispiace, James.

James la faceva sentire felice, ma non poteva proteggerla dalla sua vita.

«E vedi di farlo in fretta, o potrei...incoraggiare anche il tuo amico Grifondoro.» con quell'ultima minaccia Evan la lasciò andare, le sorrise e uscì dalla stanza.

Charlotte lo seguì poco dopo, tremando, pallida più che mani, e andò a rifugiarsi nel bagno femminile al secondo piano fino a che i segni sulla sua pelle non si schiarirono abbastanza da consentirle di tornare in Sala Comune e poi a letto. Con le sue “amiche” avrebbe parlato il giorno seguente.

James la aspettò fino a notte tarda, invano.

La mattina dopo Charlotte entrò in Sala Grande dietro ad un gruppo di ragazze del quinto anno, cercando di confondersi tra loro in modo da evitare, se possibile, di essere vista da James. Dopo la notte quasi insonne appena passata, e soprattutto dopo i pensieri che l'avevano perseguitata per tutto il tempo, non aveva proprio la forza di vederlo.

Al buio, distesa nel suo letto a baldacchino, con le tende tirate per evitare di essere disturbata, aveva tenuto gli occhi spalancati, la mente vorticante di dubbi e indecisione.

James la rendeva felice, la faceva sentire sicura, l'aveva fatto fin dal primo momento in cui era entrato in quell'aula vuota sorprendendola alle prese con il suo Molliccio.

Non glielo aveva mai detto, ma anche quando cercava di mandarlo via assicurandogli di sapersela perfettamente cavare da sola, in fondo al cuore ringraziava chiunque avesse fatto capitare il ragazzo proprio in quella stanza.

Si ricordava l'imbarazzo, dopo che lui l'aveva lasciata sola, per essere stata vista piangere da un ragazzo sconosciuto. Anzi, non un ragazzo sconosciuto qualsiasi, ma il famigerato James Potter. In quel momento non si sarebbe aspettata niente di meno che una sonora presa in giro, ma il giorno dopo dal Grifondoro non era arrivato nemmeno un fiato. Come se nulla fosse successo. La cosa, anche se l'aveva fatta rilassare, l'aveva fatta anche sentire triste. Perchè non era abbastanza importante neanche per meritare una presa in giro dai famosi Malandrini.

Nel frattempo il cadavere della sua sorellina la perseguitava nella notte e, anche se era ben consapevole che fosse soltanto l'illusione maligna creata da un Molliccio, niente era riuscita a trattenerle dallo scriverle una lunga lettera preoccupata.

Anche mentre ci ripensava, distesa nell'oscurità, Charlotte sorrideva al pensiero della sorellina, l'unica persona che a casa sembrava volerle davvero bene. Peccato che da quando aveva compiuto otto anni, i loro genitori l'avessero mandata ad una costosa scuola francese, prima di farla entrare, tre anni dopo, a Beauxbatons. Ora, una ad Hogwarts e l'altra alla scuola di magia francese, si vedevano sempre più raramente.

Comunque niente era successo finchè James non era tornato da lei.

Come aveva fatto sera dopo sera, guadagnandosi pian piano la sua accettazione, poi la sua amicizia e infine il suo affetto. L'aveva fatta sorridere quando voleva solo piangere. L'aveva fatta andare avanti quando voleva solo rannicchiarsi a letto, nascondere la testa tra le braccia e non alzarsi più. Era stato lì con lei, per lei. Aveva continuato, testardo, a cercare di avvicinarsi a lei anche quando non riceveva in cambio che occhiate fredde e smorfie irritate. E quando stavano insieme ogni suo tocco era come una scossa, ogni sua carezza un brivido.

Le piaceva, per davvero.

Solo che non poteva stare con lui.

Dopo una notte di pensieri riusciva a vedere le cose più chiaramente e, forse fin troppo lucidamente, si rendeva conto che non era una questione di fare la martire, di farsi da parte perchè lui fosse felice: era egoista.

Semplicemente non voleva rischiare che la sua vita diventasse ancora peggiore di quella che già era “solo” per stare con lui. Che senso avrebbe avuto? Se fosse rimasta con James, suo padre avrebbe potuto ritirarla da scuola e allora avrebbe comunque dirgli addio e si sarebbe trovata rinchiusa in casa con sua madre e sua nonna. Prospettiva orribile. Se invece l'avesse lasciato, lui si sarebbe ripreso in fretta, come tutti i ragazzi facevano, magari avrebbe ricominciato a inseguire la testa rossa della Evans (pensiero che la faceva impallidire di rabbia mista a gelosia), e lei sarebbe potuta rimanere a scuola, suo fratello non avrebbe avuto motivo di dirlo a suo padre e nessuno se la sarebbe presa con lei. Certo, avrebbe dovuto sacrificare una delle poche cose che la rendevano felice, ma avrebbe fatto questo ed altro per la sua tranquillità e la sua sicurezza, fisica e mentale. Non era così dipendente da James da non poter andare tranquillamente avanti senza di lui, dopotutto. Sarebbe stato sicuramente difficile e le sarebbero mancate le serate passate a parlare con James sul pavimento polveroso di un'aula vuota, ma sarebbe sopravvissuta anche senza quelle cose.

Sarebbe andata avanti, come faceva sempre.

Ora però, presa la decisione che l'aveva fatta rigirare tra le coperte per tutta la notte, arrivava la parte davvero difficile: dirlo a James.

 

**

 

«Non voglio più stare insieme a te.» la frase venne fuori in un sussurro che interruppe a metà il discorso sul Quidditch di James (di cui Charlotte non aveva sentito neppure una parola), risuonando nell'improvviso silenzio come un'esplosione.

«Scusa?» chiese dopo qualche attimo il ragazzo, guardandola con gli occhi spalancati e increduli.

«Non voglio più stare insieme a te.» ripeté Charlotte, cercando di suonare il più convincente possibile, nonostante si sentisse come se quelle parole le venissero strappate a forza dalle labbra livide.

I due ragazzi si guardarono negli occhi per qualche secondo, l'una cercando di apparire impassibile e l'altro incapace di credere alle parole che aveva appena ascoltato.

«Ti senti bene?» domandò dopo un po' James, allungandosi per sfiorarle la guancia con la mano.

Charlotte però si ritrasse e annuì con irritazione.

«Secondo te solo perchè non voglio più stare con te vuol dire che sto male? Complimenti.» sbottò, gli occhi duri e fieri.

«E allora dammi un altro buon motivo per cui non vorresti più stare con me, così, da un momento all'altro.» insistette James, scuotendo la testa quasi senza accorgersene.

Charlotte strinse i denti, sforzandosi per non lasciar trasparire niente, per non staccare gli occhi da quelli di James, per non arrendersi e abbracciarlo. Si dovette sforzare per ricordarsi che non lo faceva come un gesto gentile e altruista, ma solo per lei e per la propria serenità.

«Non voglio stare con te perchè mi sono accorta che non sei quello che cercavo, quello che pensavo.» era una risposta vaga e banale, questo lo sapeva, ma non sapeva più che dire.

«Non sono...quello che cercavi? E cosa cercavi? Dimmelo, per favore, perchè a me sembrava che tu rimanessi ferma a farti trasportare dagli eventi senza cercare proprio niente.» ribatté James, riscaldandosi.

«Forse quello era il mio metodo di ricerca.» replicò Charlotte, alzando il mento e lanciandogli un'occhiata più che gelida.

«Il tuo..!» annaspò James, incredulo, guardandola come se la vedesse per la prima volta, come se quella che aveva di fronte fosse una persona che non aveva niente a che fare con al Charlotte che conosceva lui.

Charlotte continuò a fissarlo, quasi sfidandolo con lo sguardo.

«Quindi non vuoi più che stiamo insieme.» la ragazza si sorprese all'improvvisa resa di James, il cui tono era diventato calmo e controllato, il suo volto scuro e serio.

«Esatto.» boccheggiò la ragazza, lottando per mantenere in piedi la sua facciata nonostante la sorpresa, nonostante la tristezza perchè lui sembrasse essersi arreso così facilmente.

«Sai che ti dico io invece? Ci vediamo domani, quando forse saprai darmi delle vere ragioni per lasciarmi, se ne avrai.» con un secco cenno della testa come saluto, James si girò e se ne andò, una rigidità nel passo che ne individuava la rabbia e la tensione.

Ma guarda che stronzo.

Charlotte lo guardò sparire, incredula. Aveva appena rifiutato di farsi lasciare? Quel ragazzo meritava una fattura.

Un momento dopo però diverse emozioni la invasero, lottando tra di loro. Da una parte c'era l'affetto, la speranza, che nascevano dalla constatazione di quanto ci tenesse a lei James, tanto da rifiutarsi di accettare le sue parole e di farsi lasciare (anche se la cosa, a ben vedere, aveva qualcosa di veramente irritante). Dall'altra parte tuttavia c'era la paura: paura per le minacce di Evan, paura per il suo futuro, per quello di James, per tutto.

Avrebbe dovuto fargli cambiare idea ad ogni costo.

Pochi minuti dopo James entrava con arai di tempesta nella Sala Comune di Grifondoro, andando a sbattere contro la persona peggiore che potesse incontrare in quel momento.

«Potter! Guarda dove vai! Potresti far male a qualcuno!» esclamò Lily severamente, cercando di mantenere in equilibrio la pila di libri che aveva tra le braccia, sbilanciata dall'urto.

«Togliti dai piedi, Evans.» borbottò James, cercando di schivarla.

«Sempre la gentilezza in persona, eh Potter?» replicò sarcastica, senza spostarsi, ma tuttavia senza neanche facilitargli la manovra di aggiramento.

«Tu invece la simpatia. Vuoi toglierti, Evans?!» sbottò James, prendendola per una spalla e spostandola di lato, con abbastanza forza da farla inciampare e quasi cadere.

«Ehi!» protestò la ragazza, sorpresa però da quella rabbia, inusuale per il ragazzo.

«Oh, e taci! Vai a smaltire la tua acidità da qualche altra parte!» la zittì James, tenendo però la presa ben ferma sulla spalla della ragazza per non farla cadere.

«La mia acidità? Ma ti sei sentito, Potter? Potrei farci qualche litro di limonata con le tue parole!» sibilò Lily, le guance in fiamme.

«Divertiti.» James lasciò la presa e le voltò le spalle, camminando verso le scale che portavano al dormitorio maschile.

«Potresti almeno chiedere scusa!» gli gridò dietro Lily.

James non si girò neppure: le fece solo un gesto vago con la mano e poi sparì, lasciandola lì, arrabbiata e confusa.

Certo, non avrebbe mai dato a James Potter un premio per la gentilezza e le buone maniere, ma nonostante tutto non poteva negare che quel comportamento fosse un po' inusuale, anche per il ragazzo.

La Grifondoro rimase immobile per un altro istante, cercando di immaginare che cosa gli fosse successo per farlo incupire così, ma poi alzò le spalle. Aveva già abbastanza cose a cui pensare senza preoccuparsi anche dei problemi di quell'idiota di Potter.

 

**

 

«.....e poi me ne sono andato. E ho incontrato la Evans.» disse James, finendo il suo racconto.

I Malandrini stavano camminando attorno al lago accompagnati dall'aria frizzante di una sera di Marzo e James stava finalmente dicendo ai suoi amici cos'era successo la sera precedente con Charlotte. Quando era arrivato in camera non aveva avuto voglia di parlarne e, nonostante l'insistenza di Sirius, non aveva detto una singola parola e il giorno dopo si era rifiutato di farlo durante le lezioni, con il rischio che qualcuno li sentisse. Così i tre avevano dovuto sopportare la curiosità e resistere fino a sera quando, abbandonati i compiti, erano andati a fare una passeggiata prima di cena.

«Quindi la Rosier ti ha mollato?» domandò Sirius, nascondendo il principio di un ghigno divertito, che però James colse lo stesso.

«Non c'è niente da ridere, idiota! E no, non mi ha mollato.» sbottò, incrociando le braccia offeso.

«Certo che ti ha mollato, solo che tu non l'hai accettato! Mossa abbastanza fastidiosa se posso dirti la mia.» puntualizzò Remus.

«Non volevo sentirla al dire il vero.» borbottò James, voltandosi verso Peter, come in cerca di supporto.

Peter spalancò gli occhi accorgendosi di ciò che voleva il suo amico e si guardò attorno, cercando aiuto, ma nessuno degli altri due glielo concesse.

«Ehr...ergh...uhm...forse lei...ehi! Non è lei quella?» esclamò Peter, puntando il dito verso una figura che si avvicinava a passo svelto, ringraziando silenziosamente il cielo, Merlino, o chiunque la avesse mandata proprio in quel momento.

Sirius aguzzò lo sguardo e poi ghignò, dando una pacca sulla schiena a James.

«Oh sì, amico, pare proprio lei. Che vorrà ora? Una smielata e lacrimevole riconciliazione o una dolorosa ed eterna separazione?» gli sussurrò all'orecchio, ma a voce abbastanza alta perchè anche gli altri sentissero, facendo sorridere Remus, che nascose la bocca dietro alla mano.

«Taci, Black!» James spinse via Sirius e fece qualche passo avanti, per allontanarsi dagli amici e avvicinarsi alla ragazza.

Oh sì, era decisamente Charlotte, i capelli al vento e l'aria corrucciata, quella che camminava verso di lei e, per quanto James desiderasse il contrario, la sua espressione non preannunciava certo una dolce riconciliazione.

«Ehi, Lotte.» salutò cautamente James, facendosi avanti per baciarla. La ragazza però si scostò con un gesto brusco e alzò una mano, bloccando ogni sua mossa.

«Smettila. Evidentemente ho fatto bene a venire ad assicurarmi che tu avessi capito che non stiamo più assieme dato che tu sembri ancora convinto del contrario.» disse severamente la ragazza, pallida e gelida come una statua di cera.

«Sei venuta a darmi delle buone ragioni?» chiese James, facendo sparire il lieve sorriso con cui l'aveva accolta, sostituito da un'espressione altera.

«Come unica buona ragione dovrebbe bastarti il fatto che io non voglio stare con te.» rispose seccamente la Serpeverde.

James era consapevole dei Malandrini che, qualche metro più indietro, osservavano la scena, anche se probabilmente non riuscivano a cogliere tutte le parole dette, e il pensiero, unito alle parole di Charlotte, lo accesero di rabbia.

«Fino all'altro giorno però mi sembrava che tu fossi ben contenta di stare con me.» sibilò.

«Ma ora non lo sono più. Non voglio più stare con te, Potter. Non voglio stare con un petulante, irritante, ragazzino ribelle. Grifondoro per di più! Basta, è finita.» Charlotte non esitò su nessuna di quelle parole, nonostante avessero fatto sobbalzare James, ma dentro di lei qualcosa si spezzò. Probabilmente la sua vita sarebbe continuata come prima, ma non credeva che il mondo avrebbe potuto riprendersi i colori che aveva quando lei stava con James.

James strinse i pugni e una vampata di calore gli arrossò le guance e gli fece brillare gli occhi.

«Oh certo! Perchè adesso io sono un ragazzino, vero? E il discorso sulla poca importanza delle nostre Case va buttato, vero?» ringhiò, facendo un passo avanti verso Charlotte, che indietreggiò di riflesso.

«James...» la voce di Remus era calma e prudente, ferma come la mano che si posò sul braccio di James, ma tutto ciò non riuscì certo a contribuire a calmare la situazione.

Charlotte guardò James, che ancora sembrava non voler cedere, poi Remus, cerchi scuri sotto gli occhi, cicatrici bianche sulle guance e un'espressione allarmata, poi andò con il pensiero a Evan e a ciò che avrebbe detto lui.

Avrebbe messo fine a quella storia, in un modo o nell'altro.

«Stai fuori da questa faccenda, feccia.» sputò, un'occhiata gelida indirizzata a Remus. Il ragazzo sobbalzò e tolse la mano dal braccio di James, facendo un passo indietro. Charlotte era appena consapevole del ringhio di Sirius e di Peter che gli impediva di sfoderare la bacchetta, gli occhi fissi in quelli di James, in cui non c'era più rabbia, ma un vuoto cupo.

«Sai, forse sei tu a non essere ciò che cercavo. Addio Rosier.» disse il Grifondoro, una dolorosa stanchezza nella voce, una ferma decisione negli occhi.

Charlotte rimase immobile mentre i quattro la sorpassavano e andavano verso il castello, Sirius lanciandole uno sguardo infuocato.

Era libera.

Avrebbe continuato ad andare a scuola, Evan sarebbe stato in silenzio, tutto sarebbe andato bene.

Era libera.

Tutto ciò che aveva fatto, l'aveva fatto per il suo bene, perchè doveva. Non c'era niente di sbagliato in tutto quello, anche se aveva dovuto insultare Lupin per raggiungere il suo risultato. Niente di sbagliato.

Era libera.

E allora perchè non si era mai sentita più in gabbia?

 

Qualche sera più tardi, James rientrò dall'allenamento di Quidditch ridendo. Una risata vera, spontanea e allegra.

Quella notte, distesi sul pavimento, esausti dopo più di un'ora di prove per diventare Animagus (trascorse in realtà per la maggior parte a ridere e scherzare, come succedeva sempre quando non c'era Peter a controllarli), Sirius e James si spingevano, cercando di schiacciarsi a vicenda.

Dopo aver colpito in testa l'amico per ripagarlo di avergli “ghigliottinato una mano con quella maledetta schiena”, Sirius lo guardò seriamente, il sorriso momentaneamente sparito.

«Ehi amico...tutto ok?» chiese.

James si massaggiò la testa e annuì senza alzare lo sguardo.

Sapeva benissimo che non si riferiva al colpo che gli aveva dato, ma a Charlotte. La sera gli mancavano i loro incontri, i suoi occhi dolci e maliziosi, le sue labbra morbide, ma in realtà...in realtà stava bene.

Sembrava triste da dire, ma gli mancava il tempo passato con Charlotte, non tanto la ragazza in sé.

Oh Merlino, suonava davvero malissimo pensata così, ma James non poteva fare a meno di essere onesto, per lo meno con sé stesso.

Charlotte era dolce e simpatica, ma si rendeva conto, ora che non era più con lei, che l'unica cosa che aveva visto in lei era stata una fragile statua di cristallo da proteggere, e sapeva anche che non era questo ciò che doveva essere una relazione.

E poi Lily aveva dei capelli così belli! Charlotte non avrebbe mai potuto competere con lei.

Ma perchè stava pensando a Lily ora?

«Ehi amico, ci sei?» la voce di Sirius lo riportò a terra e James sorrise, lanciandosi sopra di lui, strappandogli un'imprecazione.

«Tutto ok.» rispose James e Sirius, rotolando per toglierselo di dosso, sorrise.

 

Charlotte in quel momento dormiva nel suo letto, tranquilla almeno, se non serena. Tutto era tornato alla normalità, a parte il suo rapporto con Leslie, con cui aveva deciso di non scambiare più una parola dopo aver scoperto che era stata lei a fare la spia con Evan.

Certo, la sua vita aveva perso quella piccola scintilla di felicità che James aveva portato, ma sarebbe andata avanti comunque. Era tutto ok.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Salve personcine! So che questo capitolo arriva un po' in ritardo, ma aspettavo la mia cara beta che invece se ne va a spasso e non beta proprio niente (ti voglio bene amor ahah <3) Comunque

  1. Ok avanti vi lascio festeggiare per la rottura di Charlotte e James prego fate pure! Sono stati insieme poco più di un mese poveri amori ç___ç e sì, forse James non si è comportato proprio nel migliore dei modi ignorando all'inizio il desiderio di Charlotte di lasciarlo, ma glielo possiamo perdonare no?

  2. Capitolo Charlotte-centrico (primo e ultimo) quindi non ho molto altro da dire. Frank e Alice mi mancano.

  3. Il prossimo capitolo potrebbe arrivare relativamente in fretta (in questi giorni scrivo continuamente è una cosa stranissima!) ma poi ricomincia la scuola (piango giusto un po' ç__ç) e la scuola rovina sempre il mio ritmo :(

  4. Grazie a Miss_Riddley Starkey che non manca mai, grazie a Lils1401 (visto che ci sei di nuovo?) e grazie alla mia dolcissima marauder11 a cui perdonerei anche dieci capitoli di assenza perchè le voglio bene. Un grazie anche all'adorabile Crystal25396 che si è da poco aggiunta alla lista delle persone che mi rendono felice recensendo <3 

  5. Un grazie speciale alla mia AleJackson che se ne va in giro con Crippy invece di leggere le cose che le mando (fai benissimo amor u.u)

Un bacio <3

*dD*

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Capitolo 18
*** Le cose cambiano ***


 

 

 

 

 

Le cose cambiano

 

 

 

 

 

I Malandrini se ne stavano distesi a terra al centro della camera, le luci spente e una magica fiammella azzurra che galleggiava tra loro. Peter era disteso a pancia in su, come Sirius e James, mentre Remus se ne stava a pancia in giù, il mento appoggiato sulle braccia incrociate.

Ogni tanto succedeva che avessero quelle serate in cui non avevano voglia di fare niente, né uscire a fare una passeggiata, né preparare qualche scherzo, né tanto meno studiare, e allora si stendevano a terra, parlando o anche solo ascoltando il silenzio.

Di solito comunque quelle pause meditative finivano sempre con qualche epica battaglia con i cuscini o con qualche altra attività che li costringeva a correre per tutta la camera, lanciandosi oggetti, ridendo e gridando.

«Ehi Jam.» disse in quel momento Sirius, gli occhi aperti che seguivano i movimenti della fiammella che volteggiava sopra alla sua testa.

«Ehi Sir.» rispose James, un braccio sotto alla testa per stare più comodo, l'altro sopra al ventre piatto.

«Sai cosa mi è sembrato strano?» fece Sirius.

«Cosa?»
Remus sorrise al tono identico con cui i due parlavano, quieto e sonnolento, così diverso da quello che usavano di solito.

«Che tu ti sia arreso così facilmente con la Rosier. Ok, era una stronza, come io avevo detto fin dall'inizio, e ha insultato Remus, ma tu ottieni sempre quello che vuoi no?» ecco, il tono tranquillo era sparito, veloce come era arrivato, sostituito da uno curioso e vivace, accentuato dal movimento di Sirius, che si sollevò su un gomito per guardare in faccia il suo migliore amico, che invece teneva ancora gli occhi chiusi.

James rimase in silenzio per qualche istante, riflettendo.

Erano passati solo cinque giorni da quando lui e Charlotte si erano lasciati, ma non era poi così strano che Sirius se ne uscisse con queste domande così all'improvviso, anche diverso tempo dopo dall'avvenimento del fatto di cui stava parlando. Almeno questa volta aveva avuto la decenza di specificare ciò a cui si riferiva, senza lasciarlo alla libera interpretazione di chi ascoltava.

Comunque, nonostante la tempistica non fosse proprio perfetta, la domanda di Sirius non era completamente fuori luogo, come fin troppo spesso accadeva.

Perchè aveva lasciato andare Charlotte così?

«Forse....forse non era quello che volevo.» rispose James esitante, immerso nei suoi pensieri, senza notare l'occhiata che si scambiarono Sirius e Remus.

«In che senso?» si azzardò a chiedere quest'ultimo.

«In questi giorni...qualche volta pensavo a lei.» cominciò a spiegare incerto James, senza sapere come riuscire ad esprimere ciò che sentiva in un modo comprensibile «Mi mancava, ma dopo averci pensato credo che non fosse lei a mancarmi. Mi manca ciò che facevo quando passavo il tempo con lei..»

«Niente dettagli, grazie.» lo interruppe Sirius, ma James non sembrò nemmeno sentirlo mentre rincorreva un pensiero, cercando di intrappolarlo in una frase di senso compiuto.

Ogni tanto pensava al sorriso di Charlotte e sentiva una morsa di mancanza, ma non riusciva allo stesso tempo a pensare ai suoi occhi. Come si illuminavano quando rideva, come li socchiudeva prima di punzecchiarlo, come li alzava al cielo quando lui faceva una pessima battuta. Riusciva a ricordare questi particolari, ma non riusciva mai a collegarli a Charlotte. Era come se per lui Charlotte fosse stata un insieme di piccole cose inconsistenti, dettagli, particolari, non una persona vera e propria. Sembrava che il tempo passato con lei fosse stato un sogno: bello, illusorio, ma mai reale. Gli sembrava di non averla mai toccata davvero.

Quando ripensava ai loro baci non sentiva più quel brivido che aveva imparato a riconoscere, ma riusciva solo a ricordarlo. In una nebbia confusa riusciva ad avvertire di nuovo il calore, la morbidezza, la forma di quelle labbra, ma non il modo in cui lo facevano sentire. Riusciva a ricordare la seta della sua pelle di alabastro, ma non la scossa che attraversava i suoi polpastrelli quando la sfiorava. Ripensava al profumo dei suoi capelli, ma non alla dolcezza con cui li accarezzava, come se in realtà non l'avesse mai fatto. Come se Charlotte non esistesse davvero.

Gli sembrava che lei fosse una creatura della notte che lo raggiungeva in sogno, chiudendolo in una dolce illusione che al mattino spariva, portando ogni cosa con sé.

«Mi sento come se...come se niente fosse accaduto. Come se avessi sognato una ragazza che in realtà non ho mai conosciuto davvero. Mi manca il sogno, ma non lei.» mormorò alla fine James, gli occhi socchiusi persi nella fiammella blu.

Il silenzio li avvolse per un momento, profondo, pacifico e pensieroso, accompagnato dai loro respiri leggeri e dal ticchettare dell'orologio.

Poi Sirius sbuffò e si girò sulla pancia.

«Che cosa deprimente, amico.» disse.

«Davvero.» annuì Remus.

«Abbastanza.» si unì Peter.

«E pensare che mi avete insultato per questo. Questo è triste.» borbottò James, aprendo gli occhi e girandosi a sua volta e cogliendo quindi il sorrisetto di Sirius «Che c'è?»

«James è stato mollato dalla ragazza.» ghignò il ragazzo.

«Almeno io ne ho avuta una.» ribatté piccato James.

«James, amico, ti dico una cosa che farai meglio a tenere a mente per il resto della tua vita.» fece con tono esageratamente serio Sirius.

«Sentiamo.» sbuffò l'altro.

«Meglio avere dieci non-ragazze piuttosto che anche una sola ragazza.» concluse solennemente Sirius.

«Che cosa idiota.» sbottò Remus.

«Cosa ti aspettavi da lui? Una cosa davvero intelligente?» chiese James sbuffando.

«Non sapete apprezzare le mie perle di saggezza!» si lagnò Sirius.

«Oh, ma stai zitto!» esclamò James, lanciandogli un cuscino.

«Stai zitto tu!» ribatté Sirius, ributtandoglielo indietro.

«Non cominciate!» esclamò Remus.

Un istante dopo si trovò con due cuscini in faccia.

Frank entrò circa mezz'ora, tenendo per mano Alice a cui doveva prestare un libro (o almeno questo era ciò che aveva detto a Marlene quando aveva rapito la sua ragazza dalle altre), trovandosi di fronte il caos più totale: piume ovunque, un cuscino smembrato che giaceva come una vittima di guerra in mezzo alla stanza, una pozza di inchiostro vicino al letto di Remus, con a fianco i resti infranti della boccetta in cui una volta era contenuto, le lenzuola del letto di Peter completamente all'aria e le tende del baldacchino di Sirius che pendevano da una parte, mezze staccate. E poi c'erano i Malandrini, che mangiavano Cioccorane sul letto di James, spingendosi per farsi cadere a vicenda.

«.....ti va di fare una passeggiata?» chiese Frank.

«Ma è passato il coprifuoco...» gli fece notare Alice.

«Torre di Astronomia?» propose comunque il ragazzo.

Alice annuì senza parlare, gli occhi spalancati, fissi su Peter che rotolava a terra, trascinandosi dietro James e una piccola cascata di figurine.

 

La mattina dopo James entrò in Sala Grande con in mano una rosa rossa, che attirò inevitabilmente lo sguardo di quasi ogni ragazza presente nella Stanza.

Sirius al suo fianco camminava con noncuranza, come se non avesse minimamente notato tutti quegli sguardi, le mani in tasca e gli occhi rivolti alle nuvole che si rincorrevano sul soffitto, ma un piccolo sorriso tradiva il fatto che lui sapesse benissimo per chi fosse quel fiore.

Remus e Peter erano scesi prima di loro, e ora il primo li guardava con aria di muto rimprovero, scuotendo piano la testa, mentre l'altro lanciava piccole occhiate al gruppo di ragazze del quarto anno sedute a poca distanza da loro.

Intanto James aveva sfoderato un sorriso compunto e si era avvicinato alle ragazze, fermandosi vicino ad una ben nota testa rossa.

«Buongiorno Evans.» salutò con gentilezza, mentre Sirius scivolava al suo posto di fianco a Remus, osservando la scena con un sorriso sempre più largo e divertito.

«Potter. Che vuoi?» rispose con freddezza Lily, alzando gli occhi a malincuore per guardare il ragazzo.

«Scusarmi.» fece con naturalezza James.

Quella singola parola però riuscì a far sobbalzare Lily, che aggrottò le sopracciglia, sorpresa e confusa.

«Scusarti? Tu? E di cosa?» chiese.

«Devo scusarmi intanto per averti trattata male l'altro giorno. Ero arrabbiato, ma non con te, e non avrei dovuto spingerti. Perdonami Evans.» spiegò serio James. Lily lo guardava con gli occhi sempre più spalancati, immobile.

«Poi devo scusarmi perchè negli ultimi tempi non ti ho dato le attenzioni che ti meriti. Avevi ragione quando me l'hai ricordato, la sera del tuo compleanno. Ho avuto altre...cose per la mente, ma non devi più preoccuparti: ora ritornerò tutto per te. E per Sirius, che altrimenti diventa geloso.» concluse James, porgendole la rosa «Ti prego, accettala come segno delle mie scuse e come garanzia del fatto che non mi sono dimenticato di te.»

Il silenzio che si era creato attorno a loro venne spezzato nello stesso istante da due suoni molto diversi tra loro: la risata di Sirius, che ormai non riusciva più a contenersi, e lo strillo di Lily.

«Ma...ma Evans! Mi sono scusato, non capisco perchè tu debba essere così arrabbiata! Evans, Evans, smettila! Non devi più essere gelos-auch!» James si spostò per evitare un secondo colpo, allontanandosi dalla ragazza con aria confusa e offesa.

Lily da parte sua aveva le guance in fiamme mentre gli ricordava, a voce sufficientemente alta da raggiungere con facilità l'altra parte della Sala, che lei non era per niente gelosa, che non lo voleva “di nuovo tutto per lei” e che non gli aveva ricordato un bel niente la sera del suo compleanno.

James cercò di difendersi, poi di attaccare e il tutto, almeno secondo gli incoraggiamenti di Sirius, sarebbe sfociato in una rissa coi fiocchi, se non fosse intervenuta la professoressa McGranitt, a ricordare a entrambi i Grifondoro che c'erano persone che desideravano fare colazione e che non si trovavano in uno stadio.

Lily abbassò la testa, imbarazzata e furiosa, quando la strega tolse dieci punti a testa.

James cercò di protestare, offeso, quando Remus lo trascinò via, accompagnato da Sirius che rideva apertamente e da Peter, che cercava invece di controllarsi.

Frank scosse la testa: dopo la strana tranquillità delle settimane precedenti, sembrava che tutto fosse tornato alla normalità.

La rosa finì dimenticata sul pavimento sotto il tavolo di Grifondoro.

 

**

 

«Non ci provare.» James lanciò un'occhiata assassina a Sirius che lo fissava, un ghigno sempre più ampio in volto.

«Non credo di riuscirci.» lo avvisò Sirius, sul punto di scoppiare a ridere, per quanto tentasse di trattenersi.

«Non. Farlo.» sibilò James, alzando un dito e puntandolo con fare minaccioso verso il viso dell'amico.

«Ma...» ridacchiò Sirius, gli occhi fissi su qualcosa poco al di sopra della fronte dell'amico.

«Sirius. No.» ribatté in tono fermo James.

Solo che niente poteva ormai trattenere Sirius, che scoppiò infine a ridere fragorosamente.

«Sirius Black ti ucciderò!» sbottò James, le guance in fiamme.

«Anche tu hai riso della mia coda.» puntualizzò Sirius, per poi aggiungere con un ghigno «Cornuto

«Non osare, Black!» strillò James, un lampo negli occhi.

«E perchè non dovrei? Cosa vorresti farmi? Incornarmi?» ansimò Sirius tra le risate.

«Io mi sono trasformato e tu no!» esclamò James con tono petulante.

«E voglio vedere come farai a ritornare normale!» ribatté un po' piccato Sirius.

James si bloccò per un istante, ma poi afferrò con decisione la bacchetta, che aveva lasciato cadere per la sorpresa di ritrovarsi un palco di corna in testa, lanciando uno sguardo di sfida a Sirius, che diventò improvvisamente serio.

«Non ce la farai.» affermò, ma nella sua voce c'era una nota di incertezza.

«Vedremo.» ribatté James.

Chiuse gli occhi, si concentrò, cercò di ricordare ciò che diceva il libro sul “focalizzare la propria forma umana” e poi....una luce bianca, brillante e fulminea come un lampo, lo avvolse.

Un istante dopo le corna non c'erano più.

«Ce l'hai fatta.» boccheggiò Sirius, gli occhi spalancati, incredulo.

«Certo che ce l'ho fatta! Ne dubitavi forse?» replicò con baldanza James, anche se si passò una mano diverse volte tra i capelli, per assicurarsi di essere davvero tornato normale.

«Non ci posso credere! Non è giusto!» sbottò Sirius, afferrando la bacchetta a sua volta, un'espressione decisa in volto.

«Non tutti possono essere straordinariamente talentuosi come me, Sirius.» ghignò James, lasciandosi cadere con soddisfazione su una poltrona, cercando di nascondere come anche solo quella breve trasformazione lo avesse sfinito.

«Io sono mille volte meglio infatti.» ringhiò Sirius. Poi chiuse gli occhi come aveva fatto poco prima James.

Non sapeva cosa aspettarsi, ma mai si sarebbe aspettato tanto dolore.

Partì come un formicolio alle dita e ai piedi, che poi si espanse in tutto il corpo, dandogli come l'impressione che la sua pelle venisse pizzicata da dita invisibili. Poi divenne una sensazione più forte, come di piccole scosse, fino a diventare come un fuoco liquido che gli ricopriva la pelle, bruciando nelle vene, sbriciolando le ossa.

Sirius gridò.

Era consapevole di James che, inginocchiato al suo fianco, gli chiedeva cosa stesse succedendo, cosa avesse, ma come poteva rispondere quando ogni singolo centimetro del suo corpo stava andando in pezzi? Le ossa si rompevano, cambiavano posizione e forma, la pelle si spaccava, andava a fuoco.

Sirius per un istante cercò di controllarsi, ma era inutile cercare di non gridare. A cosa sarebbe servito fare finta di non soffrire, quando la sofferenza sembrava essere l'unica cosa esistente?

«Sirius! Sirius! Dimmi che succede!» la voce di James gli forava i timpani, ricordandogli che non era solo in quel mare di tortura e Sirius cercò di controllarsi, ancora una volta.

Un piccolo angolo lucido del suo cervello ricordava un avvertimento di un libro, da qualche parte, che avvisava che una trasformazione scorretta poteva anche portare alla morte, ma Sirius lo zittì.

Mordendosi il labbro per zittire le sue stesse grida, prese un respiro secco tra i denti e artigliò con una mano il braccio di James, che si chinò verso di lui.

«L'in..incatesimo. Non riesco a...ah! Fermalo!» riuscì a sibilare, prima che il dolore lo riprendesse.

Come poteva James non accorgersi che l'intero suo corpo era un cumulo di ossa infuocate? Come poteva non vedere la sua testa che si spezzava in due per la sofferenza?

Avvertì l'amico che si alzava di scatto, il tonfo di libri che cadevano in terra, ma nulla aveva più senso.

Poi sentì un'altra voce sovrapporsi alle sue grida spezzate, si sentì sollevare, avvolgere da una luce bianca che sembrò scacciare via le fiamme oscure che lo intrappolavano e poi cadde di nuovo a terra.

Sentiva la voce di James come distante anni luce. Tutto ciò che riusciva ad avvertire era il pavimento freddo sotto le sue mani e l'assenza di dolore.

Certo, gli scoppiava la testa e gli doleva tutto il corpo, ma che cos'era in confronto alla tortura di poco prima? Nemmeno quando Walburga lo torturava giornalmente aveva raggiunto un tale livello.

«Sirius! Dimmi che ci sei.» la voce di James suonava così preoccupata! Quanto tempo era passato? Ore? Giorni?

Sirius aprì gli occhi e vide a pochi centimetri dal suo il viso di James, una profonda ruga tra le sopracciglia.

«Tieni la tua brutta faccia lontana da me, Potter.» boccheggiò Sirius, cercando di sorridergli.

«Tu sei un coglione!» strillò James, respirando forte e allontanandosi di colpo da lui e tirandogli un cuscino, che l'altro non si prese nemmeno la briga di schivare. «Si può sapere che ti è venuto in mente? Di provare a trasformarti così, senza nemmeno prepararti? Potevi morire! E poi io come lo raccontavo a Remus?»

Sirius si alzò su un gomito, e infine si sedette, appoggiando la schiena contro una poltrona. Scosse la testa, pentendosi del movimento un secondo dopo, facendo una smorfia.

«Tutto ok?» domandò James, il respiro più regolare, la voce più calma.

«Non sembra più che qualcuno voglia strapparmi la pelle e bruciarmi le ossa, quindi immagino sia tutto ok.» sospirò Sirius senza guardarlo. «Grazie fratello.»

«Non c'è di che. Tu non farlo mai più però, altrimenti ti uccido con le mie mani. Mi hai fatto perdere dieci anni di vita.» lo rimproverò James, un lieve sorriso sulle labbra.

«Andiamo idiota, aiutami ad alzarmi.» sorrise Sirius, porgendogli una mano, che l'altro si affrettò ad afferrare per aiutarlo a farlo alzare.

«Idiota sarai tu, coglione. Non sono io quello che si contorceva per terra dieci secondi fa.» ribatté James, mettendogli un braccio attorno alle spalle con aria casuale, come faceva spesso, ma mantenendo una presa molto più solida del normale.

«Non sono io il cornuto.» gli ricordò Sirius, grato per il sostegno che gli dava l'altro. Si sentiva ancora le gambe tremare.

James lo guardò immobile per un secondo, poi strinse gli occhi.

«Io non ne parlo se tu non ne parli.»

«Solo se però mi insegni l'incantesimo che hai fatto.» propose Sirius.

«Andata.» accettò James. «Tanto lo so che non riuscirai a resistere e continuerai a ripetermi questa storia all'infinito.»

«Come dici tu, cornuto, come dici tu.»

E i due si allontanarono verso la Sala Comune, James che ancora sosteneva Sirius, sebbene badasse a farlo inciampare in ogni gradino possibile e Sirius che imprecava e lo insultava, sorridendo.

Si addormentarono esausti, senza che nessuno si fosse accorto di niente.

 

**

 

La Pasqua era arrivata e passata, senza che quasi gli studenti si fossero accorti che una vacanza c'era davvero stata e gli esami si avvicinavano sempre di più, spargendo ansia e nervosismo nelle Sale Comuni, nelle classi e nei corridoi.

«Non. Parlatemi!» lo strillo di Marlene attraversò senza problemi le pareti della camera, raggiungendo le ragazze che studiavano in Sala Comune, seguita poco dopo dalla sua proprietaria.

«Qualcosa non va, Mare?» domandò cautamente Alice, mentre l'amica si lasciava cadere tra lei e Lily.

«Zitte.» fu la secca risposta di Marlene, la testa di nuovo sepolta in un libro.

Lily e Alice si scambiarono uno sguardo, poi si voltarono verso Mary, che però scosse la testa. Lily sillabò “G.U.F.O.” alzando le spalle e le altre due annuirono. Nessuno parlò più a Marlene.

Non era certo un episodio d'isteria inusuale in quei giorni che precedevano l'inizio degli esami e non certo il più estremo. Una Corvonero aveva provato a gettarsi da una finestra della sua Sala Comune, un Tassorosso era finito in Infermeria per un crollo nervoso e due Serpeverde erano stati trovati avvinghiati a terra a picchiarsi a sangue perchè uno aveva osato prendere in prestito la piuma dell'altro senza chiedere il permesso. Tra i Grifondoro si respirava un'aria talmente tesa che nessuno si sarebbe sorpreso se anche tra loro non fosse successo qualcosa del genere al più presto, anche perchè da loro la tensione era cominciata presto, con la sconfitta contro i Corvonero, che avevano vinto la Coppa del Quidditch. Per questo tutti quanti, anche i meno propensi a studiare e i più propensi a fare confusione, sembravano aderire al tacito accordo di non disturbare nessuno, soprattutto gli studenti del quinto e del settimo anno. Anche i Malandrini avevano accettato la cosa e non solo limitavano al minimo le chiacchiere e gli scherzi in Sala Comune, ma erano stati persino visti studiare, intenti ad interrogarsi l'un l'altro.

Sunshine e Jared si erano dovuti accordare per tornare ad incontrarsi solo di notte, per evitare qualsiasi motivo di contrasto che poteva portare a conseguenze molto più serie in quel clima. Non che Jared si interessasse di quello, ma per Sunshine non era stato difficile convincerlo che lei non aveva la minima intenzione di ritrovarsi proprio nel mezzo dell'ennesimo scontro. E poi non voleva correre il rischio di essere separata da lui.

Negli ultimi mesi erano cambiate tante cose, solo lui rimaneva costante.

L'amicizia con i Malandrini non era più tornata. Non che James o Remus non avessero provato a parlarle, a chiederle scusa, a chiedere una spiegazione, ma Sunshine non aveva mai concesso nemmeno una tregua. Qualcosa, nella parte di lei propensa a perdonare ogni cosa, le doleva ogni volta che li vedeva e voltava la testa dall'altra parte, ma Jared l'aveva convinta che era meglio così. Che se ne sarebbe fatta di amici che non accettavano le sue scelte? Che la criticavano per le sue amicizie? Che la spiavano? Meglio perderli che ritrovarli, amici così.

Eppure non poteva fare a meno di ripensare a com'era stato. A come si erano promessi di essere l'uno la famiglia dell'altro, di essere sempre lì se qualcuno di loro avesse avuto bisogno, di ascoltarsi, di perdonarsi. Quando era andato tutto storto? Ogni tanto pensava che tutto fosse partito da loro, con la sua esclusione dai Malandrini, ma nemmeno quando l'ira le scorreva ancora nelle vene come fuoco Sunshine riusciva a mentire a sé stessa così. Era stata lei a cacciarli via. Aveva mentito, nascosto le sue relazioni, prima con Sam e poi con Jared, aveva soffocato il suo dolore spingendolo in un luogo dove i suoi amici non potevano vederlo né alleviarlo, aveva allontanato tutti, avvolgendosi il segreto di Jared attorno come un muro.

Quando aveva provato a parlarne con Jared lui aveva minimizzato, dicendole che si faceva troppi problemi, che non era affatto colpa sua, che erano stati i Malandrini a cominciare tutto, ma quando era sola quei dubbi ritornavano. Faceva davvero bene a cancellarli così dalla sua vita? Poi però scuoteva la testa e ricacciava quelle incertezze in un cassetto, vicino a quello in cui era rinchiuso il ricordo di Sam, decidendo di non pensarci più.

Le sue amiche certo non la aiutavano in quel suo proposito di non parlare mai più con i ragazzi visto che, a quanto pare, si erano messe in testa di diventare loro grandi amiche. Certo non Lily, ma le altre, Marlene in testa, si erano avvicinate molto ai Malandrini.

Era cominciato tutto dalla strana amicizia di Marlene e Sirius. Quando li si guardava si poteva quasi scorgere la coppia perfetta che avrebbero potuto formare: belli, simpatici, con un certo disprezzo per le regole (anche se non distribuito in modo omogeneo tra i due) e uno spiccato talento per cavarsela in ogni situazione grazie alla loro parlantina. Eppure i due sembravano non pensarci nemmeno. Andavano in giro a braccetto, lei si faceva portare in spalla giù dalle scale, lui le appoggiava la testa in grembo quando condividevano un divano, ma restavano sempre e solo amici. Marlene si divertiva a prenderlo in giro, dicendo che dopo aver provato a baciarlo non lo aveva trovato alla sua altezza e quindi si era rassegnata a usarlo solo come amico, ma Sirius si limitava a rispondere con una linguaccia e a farle il solletico. I Malandrini sembravano sorpresi quanto gli altri per quell'improvvisa amicizia, ma alla fine la loro sorpresa si era trasformata in divertimento e si erano rassegnati a dover dividere ogni tanto Sirius anche con Marlene. Non che questo desse loro fastidio, anzi non era stato difficile per loro fare amicizia con lei e più tardi anche con Alice e Mary. Alice era stata trascinata nel gruppo un po' da Frank e un po' da Marlene, mentre Mary aveva deciso di mettere da parte le vecchie ragioni di rancore che aveva verso i ragazzi, che a loro volta avevano deciso di dimenticare la ragazza vanitosa e scocciante che era una volta.

Lily si irritava a vederli passare le serate tutti assieme, intenti a giocare a sparaschiocco sul pavimento davanti al fuoco o a chiacchierare occupando le poltrone migliori, ma si limitava a borbottare sottovoce e immergersi nell'ennesimo libro. E poi non poteva neanche lamentarsi davvero: le ragazze riuscivano a limitare leggermente gli impulsi distruttivi di James e Sirius e poi non la lasciavano mai da sola per troppo tempo. Avevano provato più di una volta a convincerla a unirsi a loro, continuando a ripeterle che James e Sirius non erano come lei pensava, ma non erano mai riusciti a smuoverla. Potter e Black erano dei prepotenti ragazzi viziati e lei non aveva intenzione di unirsi al loro (neanche tanto) piccolo fan club.

Così lei e Sunshine avevano finito per avvicinarsi di nuovo l'una all'altra, costrette dalla situazione e spinte dalla nostalgia, ridiventando le ottime amiche che erano prima. Entrambe si sentivano unite per le loro amicizie in Serpeverde e avevano concluso che non potevano giudicarsi a vicenda e ogni motivo di contrasto tra loro, compreso quello che costituiva la vecchia amicizia di Sunshine con i Malandrini, era scomparso.

Erano cambiate davvero tante cose.

Ora l'anno volgeva alla fine e Sunshine non poteva credere a quante cose fossero diverse da quando era iniziato.

Non solo il misterioso ragazzo che le scriveva delle bellissime lettere le aveva rivelato al sua identità, ma era anche diventato il suo migliore amico.

Non parlava più con nessuno dei Malandrini, anzi aveva cominciato a condividere i motivi di disprezzo di Lily verso di loro.

Le ragazze erano passate da ignorarli a passare il tempo con loro, quando non erano impegnati nei loro affari da Malandrini.

Erano cresciuti, erano cambiati, tutti potevano vederlo.

Eppure andavano avanti.

Una sera Remus stava interrogando Marlene, gli appunti della ragazza sulle ginocchia, i libri aperti al fianco, cercando di farle domande corrette nonostante non avesse quasi idea di ciò che stava chiedendo, mentre gli altri sfogliavano pigramente i loro libri, fingendo di studiare.

Frank e Alice sembravano più impegnati a sussurrare tra di loro che a ripassare, Sirius non girava la pagina che stava “leggendo” da almeno dieci minuti, lo sguardo perso nel vuoto, James seguiva con gli occhi i movimenti delle mani di Lily che, seduta ad un tavolo poco distante, si intrecciava i capelli, Peter contava le pagine che gli mancavano ancora da ripassare senza fare niente per farne diminuire il numero e Mary si stava passando lo smalto sulle unghie girando con attenzione le pagine, ma almeno cercavano di dare l'impressione di essere impegnati.

Il giorno seguente sarebbe stato l'ultimo giorno di esami per tutti loro e non aspettavano altro.

All'improvviso James si mise a sedere, distogliendo gli occhi da Lily e spezzando la bolla di tranquillità che avvolgeva il gruppo.

«Ok, ora basta.» sbottò, mentre gli altri alzavano gli occhi su di lui.

«Che succede amico?» chiese Sirius, ben felice di poter chiudere il suo libro con un tonfo.

«Ho deciso che siamo tutti pronti e che quindi possiamo smetterla di studiare. Sì, anche tu Pete.» disse deciso James.

«James Potter! Io non sono per niente pronta! Non so niente. Verrò bocciata! Me lo sento.» esclamò Marlene, passandosi una mano tra i capelli e afferrando un libro, mettendosi a sfogliarlo così velocemente che gli altri dubitarono riuscisse davvero a leggere qualcosa di ciò che c'era scritto.

«No, tu sai tutto.» ribatté James, sfilandole il libro di mano e guadagnandosi un'occhiata disperata e furiosa.

«Non è vero!» strillò Marlene, sull'orlo dell'ennesima crisi di pianto.

«Allora dimmi cos'è...che diavolo c'è scritto qui?» esclamò James, vagando con gli occhi su una pagina coperta di simboli incomprensibili.

«Il mio ultimo esame è Antiche Rune, idiota. E andrà malissimo.» fece Marlene, riprendendosi il libro e scorrendo la pagina con gli occhi per mezzo secondo, prima che James le rubasse di nuovo il libro e lo lanciasse a Sirius, che lo nascose dietro alla sua schiena.

«Ho detto ora basta. Ora facciamo qualcosa di divertente, ci rilassiamo e rimandiamo gli esami dove devono stare: a domani.» ripeté deciso James, ignorando le proteste di Marlene.

«Hai già qualcosa in mente?» sorrise Sirius, sporgendosi in avanti verso l'amico.

«Io pensavo di portare queste belle ragazze a conoscere la Stanza che Va e Viene e vedere che succede.» propose James.

«Non voglio nemmeno immaginare cosa salterà fuori dai desideri della nostra McKinnon.» ghignò Sirius, allungandosi per pizzicare il fianco a Marlene, che ridacchiò e lo colpì alla spalla.

«Se domani non sono in piena forma per gli esami vi ammazzo, sappiatelo.» minacciò la ragazza, puntando un indice minaccioso verso James e Sirius, che sorrisero innocenti.

«Non preoccuparti Mare, li controlliamo noi.» la rassicurò Mary, con uno scintillio negli occhi che però smentiva completamente le sue parole.

«Li controllo io.» stabilì Remus severamente. «Niente feste fino a domani sera.»

James e Sirius si scambiarono un'occhiata abbattuta, ma annuirono.

«Ok, Remmy. Ma domani facciamo ubriacare Alice.» disse James.

«Non farai ubriacare la mia ragazza, Potter.» replicò Frank lanciandogli un'occhiataccia.

«Grazie Frankie, per fortuna ci sei t...» disse Alice, girandosi per baciarlo, ma trovandosi di fronte un ghigno.

«...La farò ubriacare io al massimo.» la interruppe Frank, guadagnandosi una risata e una pacca sulla spalla da parte di Sirius.

Alice si imbronciò e incrociò le braccia, ma poi si arrese a prendere la mano del suo ragazzo e alzarsi in piedi, seguendo gli altri che già si avviavano verso il buco del ritratto.

«Dove state andando? Il coprifuoco è già scattato!» li bloccò Lily, alzandosi per mettersi sulla loro strada.

«Oh Lily, vieni anche tu! A controllarci.» disse Marlene, prendendo l'amica a braccetto e cominciando a trascinarla, ignorando le sue proteste.

«Non ci penso nemmeno! Non finirò in punizione proprio o...ah! Black! Mettimi giù immediatamente!» strillò Lily, battendo i pugni sulla schiena di Sirius che l'aveva presa in spalla come un sacco di patate.

«Zitta Evans! Non vorrai mica farci mettere tutti in punizione con le tue grida, no?» la prese in giro in un sussurro Sirius, ridacchiando quando lei si zittì e si arrese.

«Non preoccuparti Lily, la proteggiamo noi la tua virtù.» ghignò Marlene, dandole un colpetto sul sedere e facendole fare un urletto, soffocato sulla stoffa della camicia di Sirius.

«Io vi ucciderò tutti.» sibilò la rossa.

«Domani, Lils, domani. Ora zitta.» ridacchiò Mary, seguendo James che li condusse fino davanti al muro dove sarebbe apparsa la porta per la Stanza.

«Allora, chi vuole l'onore?» domandò con un mezzo inchino.

«Direi che potreste darmi il diritto di anzianità.» si offrì Marlene.

James si fece da parte e le spiegò brevemente ciò che doveva fare.

Pochi secondi dopo una piccola porta si aprì davanti a loro.

Sirius si fece avanti ed entrò per primo.

Era una stanza ampia, con un paio di finestre ad arco che si aprivano sul parco illuminato dalla luna e sui riflessi argentei del lago. Soffici tappeti e cuscini ricoprivano il pavimento di pietra e degli strumenti in un angolo suonavano da soli una musica quieta e limpida, che ricordava l'estate e il chiaro di luna.

«Non mi aspettavo una cosa così tranquilla, McKinnon.» disse Sirius, mettendole un braccio attorno alle spalle.

«Ho così tanto sonno arretrato, Black, che avresti dovuto immaginare che questo sarebbe stato il mio unico desiderio. Sei fortunato che non ci sia un letto e basta.» spiegò Marlene, lasciandosi cadere tra due cuscini e chiudendo gli occhi.

«McKinnon sei una persona noiosa.» si lamentò James, anche se non riuscì a soffocare uno sbadiglio.

«In effetti un po' di sonno farebbe bene anche a me....» si intromise Alice, mentre un'enorme poltrona dall'aria soffice appariva di fianco a lei.

«Vi odio.» sbottò Sirius, che aveva lasciato cadere Lily su un mucchio di cuscini, da cui la ragazza osservava tutto con gli occhi spalancati.

«In realtà mi ami. Non negare di avere sonno.» mormorò Marlene, la testa che si muoveva piano seguendo la musica.

«Non ho sonno.» ribatté per dispetto Sirius, andando a curiosare dietro ad una porta comparsa all'improvviso. «Qualcuno ha desiderato un bagno?»

«Io. Non ho intenzione di andare a dormire così.» rispose Mary, indicando i suoi occhi truccati e le sue mani schizzate di inchiostro.

«Donna intelligente.» borbottò Marlene, alzandosi in piedi.

«Ragazze.» sbuffò Sirius, lasciandosi cadere su un'amaca.

Certo James e Sirius non si erano aspettati di trascorrere il resto della serata così, a sussurrare guardando le stelle fuori dalla finestra, cullati dalla musica leggera, come ad un grande pigiama party, ma non riuscirono a negare a loro stessi che in realtà fosse proprio ciò che ci voleva: una serata tranquilla per scaricare la tensione e passare il tempo tra gli amici.

Lily si era subito ritirata in un angolo, ma poi si era lasciata attirare da Alice in mezzo agli altri, anche se non partecipò mai alla conversazione, preferendo fingere di dormire.

Quando Marlene decise che era ora di mettersi a dormire nessuno protestò sinceramente. Poco dopo dormivano quasi tutti.

Solo James e Sirius erano ancora svegli: uno intento a guardare gli altri dormire (e specialmente una certa rossa), l'altro a dondolarsi sulla sua amaca.

«Sei inquietante. Smettila di fissarla.» sussurrò Sirius all'amico.

«Non posso farci niente. È bellissima.» sussurrò di rimando James.

«Dormi.» gli consigliò Sirius.

«Come se fosse facile, sapendo che dormirei nella stessa sua stanza.» sbuffò James.

«Smettila di pensarci. Ascolta.» mormorò Sirius, gli occhi chiusi, la mano che sfiorava il pavimento.

«La canzone di mamma.» la voce di James si addolcì insieme alla musica e i suoi occhi si chiusero.

«Che cosa adorabile.» ghignò Sirius, ma non c'era abbastanza sarcasmo nella sua voce, solo pace.

«'Notte idiota.» biascicò James, già mezzo addormentato.

«Notte cornuto.» rispose Sirius.

Quando James però si addormentò pochi istanti dopo, Sirius rimase sveglio, gli occhi chiusi, mentre la musica si trasformava in una canzone malinconica suonata al pianoforte e gli ricordava quando la suonava con Regulus sotto gli occhi vigili di Walburga.

Quante cose erano cambiate i quegli anni, in quei mesi.

Quante cose erano cambiate.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Ok in mia difesa questo capitolo era pronto per essere postato uhmmmm...circa una settimana fa, ma non ho avuto neanche un momento libero per postarlo. Mi perdonate? E so che è un po' corto e insignificante e inutile, ma avevo bisogno di portare a conclusione quest'anno con un capitolo relativamente tranquillo. Sono già successe abbastanza cose a questi poveri ragazzi, non vi pare? Comunque...

  1. Okay d'ora in poi se Charlotte verrà nominata di sfuggita sarà fortunata, quindi ditele ciao ciao. *piange un po'*

  2. Sì James è una persona irritante e poteva risparmiarsi quel discorsetto con Lily, ma non sarebbe stato lui se non l'avesse fatto no?

  3. No comment sul mio Sirius irresponsabile perchè potrei picchiarlo e poi soffocarlo abbracciandolo okay

  4. Lo so, forse non vi aspettavate che i Malandrini potessero godersi una serata tranquilla a chiacchierare con le ragazze, ma pensateci: hanno quindici anni, sono in periodo di esami e hanno mille pensieri per la testa. Una pausa possiamo anche concedergliela no?

  5. Un grazie gigantesco alle dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo: AlexicVictorie, ChihiroUchiha, Lils 1401, Miss_Riddle Starkey, Delia_821, Bluelectra e le adorabili Lisajackson e Bella_1D. Vi adoro, lo sapete vero?

  6. Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi fa morire dal ridere e sopporta gli scleri assurdi sul mio Pulcino. Ti adoro

Sperando di riuscire ad aggiornare presto

Baci

*dD*

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Capitolo 19
*** Partire di nuovo ***


 

 

 

Partire di nuovo

 

 

 

 

 

 

 

Regulus se ne stava seduto su un ramo piuttosto basso di un albero in riva al lago e non aveva la minima idea di come fosse finito lì. Cioè, era consapevole di essere uscito dal dormitorio, dalla Sala Comune, di aver attraversato i sotterranei e poi la Sala d'Ingresso, di essere sceso fino al lago e di essersi arrampicato su quell'albero, ma non aveva la minima idea del perchè lo avesse fatto. Lui, che non si era mai arrampicato, nemmeno quando era un bambino e Sirius lo faceva ridere facendo il pazzo, aveva trovato rifugio a due metri da terra come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Sapeva solamente che ad un certo punto si era reso conto di non riuscire più a restarsene seduto sul letto di Jared a guardarlo finire le valigie e ascoltarlo blaterare sulla sua maledetta Sunshine, quindi si era alzato ed era scappato via, senza nemmeno una spiegazione.

Fuori dalla frescura dei sotterranei il sole caldo avvolgeva ogni cosa, facendo brillare la superficie del lago e gli spruzzi che alzavano le ragazze con i piedi nell'acqua, accarezzando i volti delle persone distese a terra a godersi l'inizio dell'estate, rendendo persino l'aria più luminosa. Regulus si era trovato a cercare un posto isolato, lontano dal sole, lontano dalle chiacchiere e dalle risate, lontano dalle persone, e aveva trovato rifugio solo lì, tra le foglie di quell'albero vicino al limitare della Foresta Proibita. E ora, con un piede che penzolava verso terra e l'altro appoggiato al ramo, cercava di capire le ragioni della sua fuga.

Che cosa gli era preso? Sentiva un dolore sordo al petto, di rabbia unita ad una malinconia sottile. Era diventato così rammollito da sentire improvvisamente la mancanza di Hogwarts, proprio il giorno prima di lasciarla per qualche mese? In realtà doveva ammetterlo: non gli mancava casa. Casa era un posto buio, pieno di minacce e obblighi, dove poteva essere solo e soltanto il figlio perfetto. Casa non era un luogo accogliente, non era dove avrebbe desiderato tornare, ma prima di allora non aveva nemmeno mai sentito nostalgia per Hogwarts, e soprattutto mai prima ancora di lasciarla. E allora perchè si sentiva così?

Non l'avrebbe ammesso mai, nemmeno a sé stesso, ma sapeva che in qualche modo era colpa di Jared. Jared e il suo stupido orgoglio, Jared e le sue irritanti chiacchiere sulla piccola Grifondoro, Jared e i loro litigi, Jared e i suoi sorrisi che erano sempre e solo ghigni, Jared e...

Ma che stava facendo ora? No no, non era assolutamente lui la causa della sua malinconia. Jared non gli sarebbe mancato, come avrebbe potuto? Era solo qualcuno con cui passava la gran parte del suo tempo, qualcuno che ogni tanto lo faceva sorridere, qualcuno che riusciva ogni tanto ad allontanare la sua maschera di ghiaccio. Ma no, no, non gli sarebbe mancato assolutamente.

Era felice di tornare a casa. Lì sarebbe stato da solo, proprio come voleva, nessuno lo avrebbe disturbato, nessuno lo avrebbe tormentato con l'idea di una ragazzina troppo stupida e sdolcinata per accorgersi delle bugie che la circondavano.

Sì, era felice di tornare a casa, niente di tutto quello gli sarebbe mancato. Niente.

E poi l'avrebbe rivisto presto no? Anche se, dopotutto, che importava? Anche se fosse ritornato dieci anni dopo sarebbe stato felice lo stesso.

Regulus annuiva tra sé, una parte di lui che rideva per tutte quelle frottole che si raccontava ogni giorno, ogni minuto, ma lui aveva sempre tutto sotto controllo, anche quella piccola parte sincera di sé stesso che non voleva ascoltare.

Con un balzo scese dall'albero e si sistemò i vestiti.

Non aveva niente da cui fuggire, non aveva niente da cui nascondersi.

Con passo lento, gli occhi fissi sul terreno per non dover incrociare gli occhi di nessuno, nemmeno per sbaglio, si avviò di nuovo verso il castello, lottando per tenere fuori di sé le risate che risuonavano nell'aria.

Nemmeno quando si sentì chiamare e riconobbe la voce di Avery si fermò, né accelerò il passo quando vide uscire dal portone suo fratello con i suoi stupidi amici, accompagnati da tre ragazze. Non li degnò di uno sguardo e non badò agli occhi di Sirius, che si fissarono per un istante di troppo su di lui.

Non aveva bisogno di lui, non aveva bisogno di Jared, non aveva bisogno di nessuno.

E il dolore della parte di lui che continuava a gridare che quelle erano tutte bugie rimase sepolto dal ghiaccio.

 

**

 

«Sirius Black!» lo strillo di Marlene arrivò ben prima della sua proprietaria nel dormitorio maschile, facendo balzare sul letto il povero Sirius, che si guardò attorno con aria persa, ancora intontito dal sonno.

«Che ho fatto ora?» borbottò con voce soffocata dal cuscino su cui aveva di nuovo affondato la faccia.

«Sirius Black alza subito il tuo pigro sedere da quel letto se non vuoi che i tuoi capelli diventino azzurri!» gridò Marlene, la bacchetta già puntata verso la testa del ragazzo, che si strinse i capelli con aria protettiva, alzandosi e guardandola con odio.

«Avanti vipera, che ho fatto?» domandò di nuovo, sempre attento alla bacchetta che l'altra gli puntava addosso.

«Niente idiota! Il tuo baule è ancora da fare e tu sei ancora a letto e partiamo tra mezz'ora! Remus ha detto che hai cercato di soffocarlo con un cuscino quando è venuto a svegliarti! Cosa credi, di riuscire a restare qui per tutta l'estate?» Marlene aveva smesso di strillare, cosa di cui Sirius le fu parecchio grato, ma i suoi occhi mandavano ancora scintille e il suo tono era più serio e minaccioso che mai.

«Uno ci spera sempre.» borbottò Sirius, strofinandosi gli occhi con le mani e dirigendosi verso il bagno.

«Vedi di muoverti perchè non ti aiuterò certo a fare i bagagli, pigrone di un troll!» gli gridò attraverso la porta Marlene, anche se Sirius riusciva già a sentirla borbottare un incantesimo.

La verità era che l'idea di dover tornare a casa non era stata certo un buon incoraggiamento ad alzarsi e Sirius, pur sapendo di non poter rimanere lì, aveva rimandato il momento in cui avrebbe dovuto affrontare la dura realtà il più a lungo possibile. Ora però era lì, che sembrava osservarlo dalla sua immagine allo specchio, riflettendosi nelle sue occhiaie e nei suoi capelli annodati.

Perchè doveva tornare in quella maledetta casa ogni maledetto anno? Perchè non poteva starsene lì, al castello? Non avrebbe avuto bisogno nemmeno degli elfi, sarebbe andato a mangiare da Rosmerta o da Ab ogni giorno, si sarebbe rifatto il letto, avrebbe persino lavato i suoi vestiti se fosse stato necessario! Tutto pur di non ritornare a casa.

Invece doveva tornarci e con l'idea che ci sarebbe restato per tutta l'estate.

«Sirius ci sei?» la voce di Marlene lo riscosse e Sirius scosse la testa, allontanando la sua aria abbattuta e assumendone una irritata, cosa piuttosto facile al dire il vero.

Il ragazzo aprì la porta del bagno, notando come le sue cose fossero tutte stipate nel suo baule, ad esclusione di una maglietta, che si affrettò ad infilarsi.

«Grazie Mare.» borbottò, stringendo brevemente la mano dell'amica, prima di afferrare la sua bacchetta, appoggiata sul letto e dirigersi verso la porta.

Prima che potesse raggiungerla però, la mano della ragazza si insinuò di nuovo nella sua, bloccandolo.

«Ehi.» mormorò Marlene, avvicinandoglisi e guardandolo negli occhi.

«Ehi.» rispose con aria mesta Sirius, la finta irritazione completamente scomparsa.

«Tutto ok?» domandò la ragazza, alzando una mano per posargliela sulla guancia.

«Tutto ok, M. Non preoccuparti, è solo che...» Sirius non finì la frase, soffocandola nell'abbraccio di Marlene.

«Non stare così per loro, capito? Sei mille volte meglio di tutti loro messi assieme e puoi affrontare qualsiasi cosa, ok? E se avrai davvero problemi...tu scrivici e saremo tutti lì in un lampo. Promesso.» disse seriamente la Grifondoro, liberandolo dall'abbraccio e guardandolo di nuovo negli occhi.

«Così mi fai sentire troppo importante, McKinnon. Sai che non voglio montarmi la testa.» scherzò Sirius, pizzicandole una guancia per allontanare quel momento troppo serio.

«Se il tuo ego si gonfiasse appena un po' di più credo che voleresti, Black.» sbuffò Marlene, spingendolo per farlo uscire.

Non aveva più tempo per fare colazione ormai, come gli fece gentilmente notare la ragazza, e raggiunsero gli altri proprio quando ormai la professoressa McGranitt cominciava ad innervosirsi per il loro ritardo.

Prima di scappare via Sirius si premurò di baciarle la mano, riuscendo a farlo solo perchè la prese di sorpresa, dicendole di non preoccuparsi, perchè l'estate sarebbe passata in fretta e lo avrebbe rivisto presto.

Poi corse via prima che lei potesse dire qualcosa, tra le risate dei suoi amici e le occhiate di assoluto orrore di Sunshine e Lily.

«Potter mi devi dieci galeoni!» strillò Sirius quando superò James, infilandosi poi in una carrozza.

Solo in quel momento la McGranitt si riprese, ma ormai il Grifondoro era lontano, altrimenti non sapeva nemmeno lei cosa avrebbe fatto.

Solo quando fu finalmente in salvo sul treno Sirius smise di guardarsi alle spalle, cosa che faceva parecchio ridere i suoi amici, lasciandosi cadere su un sedile con un sospiro di sollievo.

«Cosa non si fa per dieci miseri galeoni.» ridacchiò James, porgendogli le monete con aria schifata.

«Oh taci. L'avresti fatto anche tu.» sbottò Remus alzando gli occhi al cielo.

«Lui l'avrebbe fatto anche per meno.» borbottò Peter.

«Mi stai dicendo che sono in sconto, Minus?» si offese James.

«No James, sei solo a buon mercato.» sorrise Peter.

«Peter Minus! Questo non me lo sarei mai aspettato da te!» strillò James con l'aria di essere stato ferito a morte.

«Ho avuto dei buoni maestri.» ribatté l'altro, guadagnandosi una risata e una pacca sulla spalla da parte di Sirius.

«Ehi ragazzi, avete voglia di un ultimo scherzo? Negli ultimi tempi siamo stati un po' troppo tranquilli per i miei gusti.» propose qualche minuto dopo Sirius, una luce malandrina già accesa negli occhi.

«Dobbiamo fargliela pagare ai Corvonero.» disse James, raddrizzandosi e illuminandosi della stessa luce.

«Perchè hanno vinto a Quidditch, perchè hanno vinto la Coppa delle Case o perchè ti hanno rubato il tuo albero proprio nell'ultimo pomeriggio ad Hogwarts?» domandò Remus.

Il ghigno di James si allargò.

«Oh pagheranno per tutto, Remus, per tutto.»

Remus scosse la testa, ma poi si unì a loro.

Del resto perdere la Coppa delle Case per soli venti punti scocciava pure a lui.

 

**

 

Lily se ne stava seduta nel suo scompartimento assieme alle sue amiche e le guardava chiacchierare e ridere. Da quanto tempo non stavano insieme così? Da quanto tempo non restavano nello stesso posto a parlare tutte insieme per più di dieci minuti?

Ora però le guardava e non riusciva quasi a credere che non fossero sempre così.

Alice, con i suoi lisci capelli castani che le ricadevano sciolti sulle spalle, aveva un braccio attorno alla vita di Marlene, che le solleticava il mento con i suoi ricci biondi e teneva i piedi sul grembo di Mary, seduta di fronte a lei, intenta a intrecciarsi i capelli scuri in una complicata treccia, cercando di insegnare alle amiche come si faceva. Sunshine era seduta di fianco a Marlene e cercava di imitare i movimenti di Mary, senza grandi risultati, mentre i suoi capelli biondo grano si annodavano sempre di più. Marlene rideva dei suoi tentativi, mentre Alice, sorridendo sotto i baffi, cercava di zittirla e di incoraggiare l'amica.

Lily sorrise guardandole, sentendo il suo cuore stringersi, troppo pieno di affetto.

Le sue amiche. Le sue bellissime, splendide amiche, erano tutte insieme davanti a lei, come sarebbero dovute essere sempre.

Desiderava che ogni giorno fosse così: pieno di risate e scherzi leggeri, pieno di abbracci, di frasi affettuose, di libertà.

«Lily, pasticcino, ti senti bene? Sembri qualcuno che ha appena bevuto qualche litro di Amortentia.» la chiamò Alice, voltandosi verso di lei e guardando divertita la sua espressione estasiata.

«Forse è quello che è successo. Altrimenti non saprei spiegarmi come mai voglio così bene a un branco di megere come voi.» rispose Lily con una linguaccia.

«Sei sempre così adorabile!» esclamò sarcastica Marlene, lanciandole un sorriso brillante.

«Anche noi ti vogliamo bene, Lils.» aggiunse Sunshine, gli occhi luminosi e calmi come non erano da molto tempo.

«Io no.» ribatté Marlene con aria convinta.

«Nessuno vuole bene a te, Marlene.» replicò Lily con una smorfia.

«Come potrebbe qualcuno volerti bene, Mare? Sei talmente insopportabile!» rincarò Mary alzando gli occhi al cielo.

«Io le voglio bene!» protestò Alice, stringendo forte Marlene, fino a farle mancare il fiato.

«Mi vuoi talmente bene da uccidermi?» ansimò quella.

«Faresti un servizio prezioso per l'umanità, Ali.» scherzò Lily.

«Siete crudeli.» piagnucolò Marlene, cercando di liberarsi dalla stretta di Alice, che per tutta risposta la strinse ancora più forte.

«E tu sei antipatica.» replicò Mary ridendo.

«Siete tutte talmente infantili!» sospirò Sunshine, alzando gli occhi al cielo e scostandosi i capelli da una spalla con aria da gran donna e facendo ridere tutte le amiche.

«Abbraccio di gruppo!» strillò Alice, afferrando Mary e quasi facendola cadere nel tentativo di tirarla verso di sé.

«Oh no! L'abbraccio di grupp...ahi!» cercò di protestare Marlene, inutilmente.

Poco dopo le ragazze erano un ammasso intricato di braccia e gambe e capelli che finivano negli occhi e nella bocca e nasi che si scontravano e gomitate date per sbaglio.

«Gli abbracci di gruppo sono una pessima idea.» stabilì Lily, quando finalmente riuscì a liberarsi dall'intrico.

«Decisamente.» annuì Marlene, sciogliendosi dalla presa di Alice.

«Invece sono adorabili!» insistette quella, imbronciandosi.

«Sono tremendi, Ali.» rise Mary, cercando di ritornare al suo posto.

«Secondo me dobbiamo solo migliorare la nostra tecnica.» cercò di mediare Sunshine.

«Sei tremenda quanto Ali, Sun.» stabilì Lily.

Prima che una delle due potesse protestare però si sentì uno strillo provenire dal corridoio, seguito ben presto da un altro e poi da un altro ancora, finchè l'intero treno risuono di grida, imprecazioni e maledizioni.

Lily si precipitò verso la porta dello scompartimento, tentando di non inciampare nei piedi delle altre, e la spalancò.

Nel corridoio regnava il caos: da ogni scompartimento i ragazzi si affacciavano per cercare di capire cosa stesse succedendo, unendo le loro domande alle voci che urlavano, così che nessuno riusciva più a capire nulla.

Quando finalmente Lily riuscì ad individuare alcune ragazze che strillavano non le fu difficile capire perchè lo facessero.

I loro capelli, la loro pelle, i loro occhi...erano completamente blu. Sembravano essere state immerse in un enorme vaso di vernice blu oceano e non sembravano per niente contente di questo.

Al loro fianco c'erano dei ragazzi che, al contrario delle ragazze, erano caduti in un altro contenitore, pieno di vernice bronzea.

L'intera Casa di Corvonero erano diventata una parata dei loro colori, appunto blu e bronzo, senza che nessuno sapesse come fosse successo.

Quando finalmente gli altri cominciarono a realizzare cosa era successo però il caos non cessò, ma anzi le domande si trasformarono in risate, provocando reazioni offese e anche qualche pianto nei poveri Corvonero.

Una delle poche a non ridere, anche discretamente come Alice e Mary, era Lily.

Non aveva impiegato molto tempo per unire i puntini: i Corvonero avevano vinto la coppa del Quidditch e delle Case, per soli venti punti rispetto ai Grifondoro. C'erano alcuni Grifondoro che ci tenevano molto a entrambe le coppe e c'erano alcuni Grifondoro che adoravano fare scherzi idioti per ragioni idiote.

E lei sapeva esattamente chi racchiudeva in sé entrambe queste caratteristiche.

Non aveva difficoltà a rappresentarsi quattro ragazzi che pianificavano quell'attacco, ridendo del caos che si sarebbe creato.

E non aveva neanche difficoltà a immaginare che l'idea fosse partita da..

«POTTER!» lo strillo di Lily riuscì a superare anche quelli di un gruppo di Corvonero lì vicino, zittendole.

Come un'onda, il silenzio calò sull'intero vagone, rotto solo da qualche risatina trattenuta e da qualche singhiozzo.

«POTTER! Ti troverò e ti giuro che farò in modo di farti...» il grido di Lily venne interrotto dal colpo di tosse discreto di James, che emerse da uno scompartimento lì vicino con l'aria più innocente del mondo.

«Mi hai chiamato, Evans?» domandò serafico.

Lily riusciva a sentire Sirius sbellicarsi dalle risate il più silenziosamente possibile all'interno dello scompartimento.

«Cosa avete fatto? Sistemate tutto questo!» ordinò Lily, puntandogli la bacchetta contro con aria minacciosa.

«Sistemare? Non ho idea di come si faccia. Non sono stato io.» rispose tranquillamente James.

«Potter io..io ti..» Lily non riusciva nemmeno a trovare le parole per esprimersi, la rabbia che le soffocava la voce in gola.

«Però sarò felice di cercare dei caposcuola e degli studenti più grandi che potrebbero cercare una soluzione.» si offrì con aria servizievole James, cercando di soffocare un ghigno.

Lily lo guardò con gli occhi spalancati.

Cosa aveva fatto per meritarsi tutto quello?

Con un gesto di resa scosse la testa e poi gli fece cenno di andare, ritirandosi nello scompartimento, dove venne accolta dall'abbraccia comprensivo di Sunshine.

Marlene era uscita per andare a parlare con i Malandrini, probabilmente per congratularsi per lo scherzo o qualcosa del genere, seguita poi da Mary.

Alice invece era andata da Frank per sapere se lui sapesse qualcosa della faccenda.

Lily continuava a scuotere la testa, borbottando in modo incomprensibile.

«Mi piacerebbe solo sapere una cosa...» mormorò dopo un po'.

«Cosa?»

«Come diavolo hanno fatto?»

 

**

 

Nello scompartimento dei Malandrini regnava il silenzio.

Era una cosa talmente strana che se avessero provato a dirlo a qualcuno nessuno ci avrebbe creduto, ma invece era proprio così.

Dopo aver aiutato i prefetti e i capiscuola a dare un minimo di ordine al caos che si era creato dopo il loro piccolo scherzo (scherzo di cui andavano immensamente fieri), avevano cautamente suggerito un modo per far ritornare tutti i Corvonero al loro colore normale, anche se erano stati bene attenti a non rivelare troppo, in modo da non essere scoperti, ma anche di far durare quella “punizione” ancora un pochino. Certo però non volevano che scendessero tutti dal treno dipinti di blu e bronzo! C'era voluta qualche ora, ma alla fine sul treno era scesa di nuovo una relativa calma, mentre i Corvonero se ne tornavano ai loro scompartimento, tutti di nuovo del loro colore normale. O quasi. C'erano stati dei piccoli inconvenienti, come capelli che mantenevano una delicata sfumatura azzurrina o punte del naso bronzee, ma non si può avere sempre tutto dalla vita, no?

Quando anche i Malandrini si erano ritirati nel loro scompartimento, dopo essersi goduti ridendo sotto i baffi e ostentando espressioni serie e preoccupate tutto il lavoro, si erano lasciati cadere ai loro posti, liberando finalmente le risate che trattenevano da fin troppo tempo.

Quando però anche le risate e i commenti erano finiti si erano trovati stanchi e senza parole, ognuno perso nei suoi pensieri.

Peter pensava a quanto fosse fiero di essere riuscito anche lui a contribuire al piano, colorando la sua sezione di treno (anche se aveva avuto bisogno di un'oretta di allenamento su Remus prima di poterlo fare). Di solito in questi scherzi lui si offriva per fare il palo, per paura di mandare a monte tutto con la sua goffaggine, ma era felice di essersi rivelato quasi al livello dei suoi amici. Lo faceva sentire bene.

Remus pensava a come fosse liberatorio partecipare attivamente a questi scherzi, senza limitarsi come al solito ad aiutare a pianificarli e basta. Si sentiva più leggero, più vivo, ancora percorso da qualche scossa di adrenalina. Sinceramente non era troppo sicuro di come Sirius conoscesse quell'incantesimo (anche se lui spergiurava di non averlo mai usato prima per colorare i capelli a qualcuno Remus era abbastanza certo che mentisse), ma era stato divertente impararlo. Era stato un po' meno felice quando Peter l'aveva fatto diventare completamente arancione, ma James era stato svelto ad annullare l'incantesimo e a farlo tornare normale, quindi anche quell'incidente si era risolto in un'enorme risata. Si ricordava quando pensava che non avrebbe mai avuto amici per colpa del suo “piccolo problema peloso”, ma non era mai stato più felice di sbagliarsi. Se non avesse avuto i Malandrini...bé non era certo di dove sarebbe stato in quel momento. Forse si sarebbe già arreso da tempo, rinunciando ad andare a scuola e rinchiudendosi in casa, lontano da chiunque non conoscesse il suo segreto. O forse sarebbe stato ancora peggio....Comunque ora aveva i Malandrini e sapeva di non poter desiderare niente di meglio di loro. Tra di loro non si sentiva solo accettato, si sentiva normale. Ed era bellissimo.

Sirius pensava ai capelli di Emmeline Vance che diventavano blu. Perchè erano diventati blu? Lei era una Grifondoro e, anche se passava il suo tempo tra Tassorosso e Corvonero non avrebbe dovuto rimanere vittima dell'incantesimo. Forse indossava qualcosa di Corvonero? Una spilla, una sciarpa? Non riusciva a credere di aver sbagliato lui. Sicuramente era stata colpa sua, in qualche modo aveva aggirato la precisione dell'incantesimo e si era trovata blu oceano. Ben le stava. Certo, la ragazza era carina, ma mancava un po' troppo di orgoglio per la sua Casa e di coraggio Grifondoro per i suoi gusti. Che Casa migliore si poteva sognare di Grifondoro? Lei ne faceva parte e disprezzava la sua fortuna così? Doveva avere qualche problema. Non che ci fosse qualcosa di sbagliato nelle altre Case, escludendo Serpeverde, anzi Sirius, benché non lo ammettesse, sapeva che Tassorosso e Corvonero erano altrettanto valide, ma era convinto che se si faceva parte di una Casa bisognasse dimostrarlo in qualche modo. Non certo andandosene ad amoreggiare con le altre. E poi con delle compagne di casa come Alice, Marlene, Mary e...Sunshine, che bisogno aveva per andarsene a cercarne altre? Già, Sunshine. Da quanto tempo non scambiavano nemmeno una parola? Da quanto tempo non passavano del tempo assieme? Da quanto tempo non lo baciava sulla guancia, rimproverandolo per il suo ritardo a colazione? Da quanto tempo non la chiamava Raggio di Sole? Sarebbero mai tornati com'erano una volta? Amici? Aveva sperato che, andando a scusarsi, lui e James avrebbero potuto come minimo ricominciare a ricevere il buongiorno, ma a quanto pare si era sbagliato. Eppure Sunshine non rifiutava mai di perdonare qualcuno. O almeno, la vecchia Sunshine non lo faceva mai. Quanto era cambiata....Però lui aveva James e Remus e Peter e anche Marlene e sarebbe stato felice lo stesso. Non aveva bisogno di una piccola biondina che amoreggiava con un sudicio Serpeverde per andare avanti. Era felice lo stesso.

James pensava ai capelli rossi di Lily Evans. Sapeva benissimo come era arrivato a pensare a lei, ma non riusciva a capacitarsi comunque del tempo che stava passando a farlo. Aveva pensato a come in poche ore sarebbe arrivato a Londra, a come avrebbe rivisto i suoi genitori, a come avrebbe salutato i suoi amici, a come sarebbe arrivato a casa e sarebbe salito in camera sua, illuminata ormai dal sole al tramonto. E pensando al colore del tramonto era finito a pensare a Lily. La sua bella, crudele Lily. Lily che non credeva che in lui ci fosse qualcosa di più degli scherzi che faceva, Lily che credeva fosse solo un prepotente ragazzino viziato, Lily che lo disprezzava, Lily che lo feriva con l'odio nei suoi occhi verdi. E poi all'improvviso pensò a Charlotte. Era da un po' che non pensava a lei. La Serpeverde era scomparsa dai suoi pensieri, diventando sempre più lieve, come un etereo fantasma, quasi alla stessa velocità con cui c'era entrata. Si era portata via le loro serate insieme, le loro chiacchierate, i suoi sorrisi, i suoi baci. Come in un sogno che svaniva alla luce del giorno. Alla fine James aveva scoperto che si sentiva meglio quando non pensava a lei, quando faceva finta che le loro settimane insieme non fossero mai esistite. Gli faceva male pensare a come tutto fosse svanito come parole nel vento, come se non fosse significato niente. Forse era vero. Forse non aveva avuto alcun significato, ma era triste pensarlo. E James preferiva evitare di essere triste. La sua cosa preferita da fare era ridere insieme ai Malandrini. Neanche organizzare uno scherzo o parlare di qualcosa di divertente, solo ridere. Solo ascoltare le loro risate che si mescolavano insieme: quella bassa e ruvida di Sirius, quella soffocata di Remus, quella un po' ansimante di Peter. Ringraziava Merlino ogni giorno per avere loro. Certo, erano parecchio irritanti e ogni tanto avrebbe desiderato prenderli a pugni, soprattutto Sirius, ma erano i Malandrini. E con loro era felice.

In quel momento Sirius gli passò un braccio attorno alle spalle, mettendo contemporaneamente i piedi in grembo a Remus, che li spinse via con uno sbuffo.

«James, vedo dalla tua faccia che stai pensando a qualcosa di sdolcinatamente sentimentale su di me. Avanti, esprimi il tuo amore per me così ti toglierai quell'aria da babbeo dalla faccia.» lo prese in giro il suo migliore amico.

«Hai rovinato un momento magico, Sirius: finalmente tenevi chiusa la tua boccaccia.» ribatté James, togliendosi il suo braccio dalle spalle.

«Su, dimmi, a che stavi pensando? A quanto sono bello? A quanto sono sexy? A come vorresti abbracciarmi e dirmi che sono la cosa più importante della tua vita?» continuò imperterrito Sirius.

«A quanto vorrei tirarti un pugno.» rispose James.

«Non qui per favore. Uscite in corridoio.» intervenne Remus.

«Hai paura di essere coinvolto, Lupin?» chiese Sirius con un ghigno.

«Non voglio rischiare di sporcarmi con il vostro sangue.» replicò Remus.

«Il suo sangue, vorrai dire! Lui non riuscirebbe nemmeno a farmi un graffio.» si vantò James.

«Come quella volta che ti ha fatto sanguinare il naso?» domandò angelico Peter, guadagnandosi un cinque da parte di Sirius.

«Piccolo traditore! E poi quella volta sono andato a sbattere sul letto, non è stato lui!» protestò James.

«Quindi ti sei fatto sanguinare da solo?» puntualizzò Peter.

«Hai davvero talento, James.» rincarò Sirius ridendo.

«Oh, smettetela! Siete solo invidiosi della mia forza!» strillò James, mostrando un braccio magro e piatto e facendo ridere gli amici ancora più forte.

«Ringraziare Merlino un corno.» borbottò dopo un po' James, voltandosi offeso verso il finestrino dove i campi incolti cominciavano a trasformarsi nella curata campagna inglese.

Qualche minuto dopo Remus riuscì ad ammansirlo con una cioccorana e i quattro ricominciarono a ridere e chiacchierare. Una mezzora dopo le ragazze e Frank si unirono a loro e gli otto trascorsero felicemente il resto del viaggio fino a Londra.

Alla stazione ci fu una gran confusione di abbracci, di baci (soprattutto da parte di Alice) e di prese in giro (soprattutto da parte di Sirius e Marlene). James ricordò all'amico di tenersi in contatto con lui attraverso gli specchi e tutti si promisero di mandarsi molte lettere, mentre Marlene e Mary confermavano ad Alice che sarebbero andate a trovarla, così come anche Lily.

Sunshine, in disparte, cercava con lo sguardo Jared. Quando lo trovò lo salutò con un cenno ed un sorriso, ricordandogli con un gesto di scriverle.

Poi individuò Angela e sua zia che la aspettavano in un angolo e, salutata Lily e le ragazze che ancora parlavano con i Malandrini, andò verso di loro, inconsapevole degli sguardi che la seguivano.

Per la prima volta in quattro anni se n'era andata senza abbracciare nessuno.

 

-Fine Capitolo-

 

 

 

 

Spazio dell'Autrice

*entra sollevando le braccia in segno di resa* okay okay lo so è passato più di un mese dall'ultima volta che ho aggiornato, ma giuro che ho delle ragioni perfettamente comprensibili per scusarmi! Come al solito è colpa della scuola che mi sfinisce (davvero, quando ho finito di studiare sono talmente stanca che non ho la forza di mettere insieme due frasi di senso compiuto), neanche lo facessero apposta per non lasciarmi scrivere! In più ci si è messo anche il peggiore blocco che io abbia mai avuto da quando ho cominciato questa storia. Anche se desideravo davvero scrivere qualcosa, non riuscivo a scrivere più di qualche riga senza irritarmi per la mia incapacità e cancellare tutto. Comunque alla fine sono riuscita a finire questo, anche se un po' penoso, capitolo e ho deciso di postarlo proprio oggi (e sapete bene tutti a cosa/chi mi riferisco...purtroppo).

Ora non so nemmeno io cosa scrivere (due ore di matematica e due ore di latino uccido, gente, soprattutto dopo cinque ore di altre materie -.-) e voglio solo ringraziare le dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che spero ci siano ancora: AlexisVictoire, Lils1401, ChihiroUchiha e la mia Bella_1D. Perdonate se non ho risposto alle vostre dolcissime recensioni del capitolo scorso, prometto che rimedierò questa volta! Vi adoro <3

Un grazie speciale alla mia AleJackson che mi sopporta ancora. Ti voglio bene amor <3

Sperando di riuscire ad aggiornare un po' prima la prossima volta

Baci

*dD*

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Capitolo 20
*** Estate ***


 

 

 

Estate

 

 

 

 

L'estate era molto calda quell'anno, sorprendentemente calda per l'Inghilterra. Per due lunghi mesi da una certa finestra di una certa casa di Londra, una certa testa dai capelli neri aveva potuto osservare le persone che si affaccendavano avanti e indietro sotto i raggi impietosi del sole, cercando sollievo dal gran caldo con inutili ventagli e ancora più inutili fontanelle di acqua fresca. Dopo mesi di allenamento riusciva a capire dove fosse diretta una persona con una sola occhiata, nonché dire da dove venisse, quanto fosse lontana da casa e se fosse diretta a lavoro o ad un appuntamento. Dopo che il gioco di capire se quelli che passavano fossero maghi o babbani era diventato noioso e troppo facile, aveva dovuto trovarsi qualcos'altro da fare e così era passato ad analizzare il passo delle persone, il loro abbigliamento e le loro espressioni.

Non che quello fosse un gioco interessante, ma non aveva niente di meglio da fare, quindi doveva accontentarsi.

Sirius sbuffò, cosa che faceva ormai ad intervalli regolari, annoiato. Di nuovo.

Stava aspettando una “chiamata” di James, ma evidentemente il suo migliore amico aveva qualcosa di meglio da fare, al contrario di lui.

Pensare che i pochi minuti che passava parlando con James e, ora che si erano riuniti a casa Potter, Remus e Peter, erano i migliori minuti delle sue giornate era deprimente. Eppure era così.

Aveva passato la sua estate rinchiuso in camera sua, uscendone solo per andare in bagno e per le poche ore di libertà che riusciva a ritagliare di tanto in tanto. Non provava nemmeno più a mangiare con il resto della sua famiglia: dopo la prima settimana non ne aveva più avuto voglia.

«Sirius Black a rapporto!» la voce allegra di James lo fece sobbalzare e Sirius scese con un balzo dal davanzale, precipitandosi verso il letto su cui aveva abbandonato il suo specchio.

«Ehilà.» salutò Sirius con un largo sorriso.

Dallo specchio il viso abbronzato di James lo scrutava con gli occhi che brillavano e un enorme sorriso, mentre alle sue spalle Peter lo salutava con la mano e Remus lo guardava con aria apprensiva.

«Hai mangiato?» domandò immediatamente quest'ultimo, squadrando preoccupato il volto smunto e affilato dell'amico.

«Sì, mamma. Due ore fa.» rispose con l'ennesimo sbuffo Sirius. Del resto, nonostante si lamentasse, non poteva non capire i suoi amici: era consapevole di avere un'aria tremenda. Stare alla finestra tutto il giorno non aiutava certo ad abbronzarsi, quindi il suo viso era pallido come sempre, ornato anche di due belle occhiaie (regalo della sua incapacità di dormire e dei suoi incubi) e un graffio su una guancia. I suoi capelli poi (i suoi bellissimi, preziosi capelli) erano tagliati malamente e gli ricadevano in ciocche ineguali negli occhi.

Nonostante tutto però Sirius ostentava un sorriso allegro e rilassato, come sempre.

«Allora, che mi raccontate del mondo lì fuori? Che avete fatto questa mattina?» domandò curioso, affamato di libertà, per quanto gli potesse arrivare solo attraverso i racconti degli amici.

«Siamo ritornati in piscina. Remus la adora.» rispose Peter, abbronzato quasi quanto James, i capelli biondi schiariti ancora di più dal sole.

«Secondo me ha adocchiato una ragazza, ma lui non lo vuole ammettere.» aggiunse James passandosi una mano nei capelli più scompigliati che mai e, appoggiando lo specchio contro qualcosa, si stiracchiò, mostrando come indossasse solo un paio di pantaloncini corti.

«Remus non ha adocchiato nessuno. Mi piace la piscina, tutto qui.» specificò piccato Remus, le cicatrici evidenti sulla pelle ambrata.

«Remus devi abbordarla ora, prima che le vacanze finiscano!» esclamò Sirius, ignorando completamente il suo commento.

«Non devo abbordare proprio nessuno.» protestò Remus irritato, alzando gli occhi al cielo.

«Almeno è carina?» continuò imperterrito Sirius.

«Non lo so! Non vuole dirci chi è!» si lagnò James.

«Ragazzi...» sospirò Remus.

«Ce lo dirai quando sarai pronto, Rem.» lo prese in giro Sirius con aria fintamente comprensiva.

«Oh taci!» sbottò Remus, facendoli ridere.

«Oi Sir! Sicuro che non riesci a venire qui un paio di giorni prima di cominciare scuola? Forse passano le ragazze a trovarci.» esclamò all'improvviso James, cambiando discorso.

A quelle parole Sirius si incupì, scuotendo la testa. Sua madre e suo padre erano stati chiari: fino alla fine delle vacanze non sarebbe uscito da quella casa né, se era per quello, dalla sua stanza.

«La mia condanna finisce il primo settembre, mi dispiace ragazzi.» sospirò, lasciando trasparire con quella frase più tristezza di quanto non desiderasse.

Gli sarebbe bastato così poco! Un paio di giorni con James e gli altri, un pomeriggio con Marlene e le ragazze, un paio d'ore lontano da quella casa soffocante...invece doveva rimanere lì.

«Forse se mio padre...» tentò James, ma Sirius lo fermò subito.

«No. Non gli darò l'occasione di rinfacciarmi come mi nasconda dietro a persone più potenti e importanti di me. Come se loro non facessero la stessa cosa del resto.» brontolò il ragazzo, facendo per scostarsi una ciocca di capelli, ma trovandoli molto più corti di quello che si aspettava. Non riusciva ad abituarsi a quel maledetto taglio di capelli.

«Sirius...» mormorò con apprensione Remus, ma Sirius scosse la testa, sforzandosi di sorridere di nuovo.

«Ehi non vi starete mica preoccupando per me, vero? Io sto benone qui, davvero! Posso fare quello che voglio, alzarmi quando voglio, andare a letto quando voglio o anche non andarci affatto, stare tutto il giorno alla finestra...sto benissimo! Completo relax.» mentì con sicurezza, sapendo però che non sarebbe bastato per imbrogliargli.

«Quando vengono le ragazze le porto a salutarti.» promise James.

«Ok. Non è che potresti mandarmi qualche altra rivista babbana? Sono divertenti.» domandò Sirius, facendo ridere gli amici.

«Le andiamo a comprare dopo.» assicurò Peter, sventolandosi con alcune banconote babbane per dimostrare come ci avessero già pensato.

«Oh, ma io non vi ho ancora fatto vedere la mia camera!» esclamò Sirius, balzando in piedi entusiasta. «Sto ridecorando!»

«Ridecorando?» domandò Remus perplesso.

Invece di rispondere, Sirius prese lo specchio e, girandolo lentamente, diede agli amici un'intera panoramica della sua stanza. La vecchia carta da parati grigia argento era ancora largamente evidente, ma era chiara l'intenzione di Sirius di farla sparire completamente. La parete della porta era già in gran parte coperta e i suoi amici non riuscirono a trattenere esclamazioni di stupore alla sua vista. Sirius sospettava che se i suoi genitori si fossero scomodati ad andarlo a trovare in camera sua sarebbero morti sul colpo. E poi avrebbero ucciso lui.

Un grande stendardo di Grifondoro dai colori accesi copriva almeno un terzo della parete, mentre il resto del muro era tappezzato di foto, evidentemente ritagliate dalle riviste babbane che si faceva inviare dai suoi amici: c'erano immagini di spiagge bianche e assolate, di laghi blu, di boschi verdi, ma anche (e qui Remus inorridì per la temerarietà di Sirius) di ragazze in bikini che sorridevano immobili, di ragazze in vestiti leggeri mossi dal vento, di ragazze in sella a Vespe colorate, di ragazze mezzo svestite in pose provocanti...ragazze di ogni tipo.

«Tu sei un genio.» sospirò Peter.

«Tu sei matto.» boccheggiò James ammirato.

«Tu sei morto.» lo corresse Remus.

«Vi piace, eh?» rise allegramente Sirius, fiero del suo lavoro. «Capite ora perchè me ne servano ancora.»

«Ti uccideranno.» ribadì Remus.

«Non se ne accorgeranno fino a quando non entreranno di persona. Cosa che non accadrà mai.» rispose Sirius alzando le spalle.

«E Kreacher?» chiese Peter.

«Oh non può dirlo, gliel'ho ordinato.» fece Sirius, evidentemente soddisfatto della sua furbizia.

«Forse non ti uccideranno. Per ora.» concesse Remus.

«Bé hanno solo altre dodici giorni, credo di riuscire a sopravvivere.» disse distrattamente Sirius, tornando a sedersi guardando gli amici.

Sapeva che quella conversazione non poteva durare in eterno.

Presto loro lo avrebbero salutato e sarebbero andati a divertirsi, mentre lui se ne stava alla finestra ad osservare la vita che scorreva lontana da lui.

Eppure avrebbe voluto poter restare per i seguenti dodici giorni così, a parlare con i suoi amici, a sentirsi un po' meno solo. Ma non poteva.

Anzi intuiva già dalle espressioni degli altri che presto sarebbero andati via.

«Allora, che fate ancora qui? Andate a comprare le mie riviste!» li esortò con un sorriso. Non li avrebbe tenuti rinchiusi come lui solo per fargli compagnia.

«Hai preferenze?» chiese con aria professionale James.

«Conosci i miei gusti, lascio fare a te.» rispose con voce altrettanto seria Sirius.

I due risero, ma poco dopo si salutarono promettendosi di rivedersi quella sera e la stanza ritornò silenziosa.

Sirius lasciò cadere la sua espressione allegra, lasciandosi andare ad una smorfia triste.

Odiava quell'estate. Odiava quella stanza. Odiava quella casa. Odiava la sua famiglia.

L'unica cosa che gli permetteva di andare avanti era la consapevolezza che ogni giorno che passava era uno di meno da trascorrere lì, ma neanche questo riusciva davvero a tirarlo su di morale.

Allora ogni tanto si staccava dalla finestra e cercava qualche altro passatempo: leggeva vecchie lettere inviategli dagli amici, riguardava le riviste ormai mezzo tagliuzzate, apriva addirittura i libri di scuola per mettersi a fare i compiti (inaudito!). Un paio di volte era anche uscito dalla sua stanza per cercare la compagnia di Regulus.

Non era finita bene.

Ogni tanto si dava dello stupido per essere riuscito a rovinare così tanto il rapporto che c'era una volta tra lui e suo fratello, ma ormai che ci poteva fare?

Certo, era consapevole del fatto che la colpa non fosse tutta sua e che certo suo fratello non aveva fatto alcuno sforzo per cercare di mantenere il loro rapporto intatto, ma dopotutto che pretendeva? Regulus aveva solo dieci anni quando lui era stato smistato in Grifondoro, come avrebbe potuto ribellarsi rispetto all'odio dei loro genitori per restare vicino a lui? Un fratello che lo aveva sempre preso in giro, che gli aveva sempre fatto i dispetti, che aveva cercato mille volte di far cadere la colpa dei suoi disastri su di lui?

Di chiunque fosse la colpa comunque il risultato era quello: Regulus non solo non gli parlava, ma cercava anche di non guardarlo, come se non esistesse nemmeno.

Deprimente.

Però così magari poteva unirsi al club delle persone che una volta gli volevano bene e ora non gli parlavano nemmeno più, insieme a Sunshine.

Sirius cercava di pensare il meno possibile alla ragazza, ma ogni tanto lei si insinuava nei suoi pensieri, portando con sé un acuto senso di colpa e una nostalgia ancora più grande.

Anche con lei era riuscito a rovinare tutto. Avevano un'amicizia perfetta e poi BUM! Sparito tutto. Vero, c'era stato un certo periodo in cui erano ancora “amici”, anche se in realtà non si parlavano molto, ma non sarebbe stato difficile allora avvicinarsi di nuovo, recuperare il loro rapporto. Ora invece? Non aveva neppure risposto all'unica lettera che le aveva mandato.

Forse perchè per convincersi a spedirla aveva dovuto sforzarsi per trovare una scusa decente che non fosse “ehi mi mancavi! Hai voglia di tornare a parlarmi?”. Così le aveva domandato di uno stupidissimo libro che sapeva benissimo essere tra le cose di James.

Idiota.

Credeva davvero che lei si sarebbe degnata di rispondere ad una scusa così patetica?

Doveva essersi rammollito davvero a forza di guardare fuori dalla finestra.

Sirius scosse la testa, avviandosi verso la porta e mettendo la testa fuori, controllando che la via fosse libera.

Non si accorse della porta socchiusa della stanza di Regulus dalla quale suo fratello spiava ogni suo movimento, così vedendo che non c'era nessuno in vista si avviò a grandi passi verso la soffitta.

Senza ben sapere che cosa stesse facendo, Regulus lo seguì.

Poco dopo Sirius era sul tetto (grazie ad una serie di equilibrismi decisamente azzardati, un paio di tentativi falliti e qualche graffio) e Regulus osservava le sue scarpe che dondolavano poco al di sopra della finestra dalla quale era uscito.

Sarebbe stato così semplice (più o meno) seguire l'esempio del fratello e raggiungerlo sul tetto.

E parlare con lui.

Regulus odiava ammetterlo, ma si sentiva solo e rinchiuso tanto quanto suo fratello. Se solo si fossero parlati, se avessero potuto passare un po' di tempo assieme....

Però non poteva.

Sirius se n'era andato, l'aveva abbandonato, gettandosi, letteralmente, nella tana dei leoni. Ora soltanto lui poteva, doveva, tenere alto il nome di famiglia.

Non poteva deludere nessuno.

Così si girò e tornò in camera senza far rumore, lasciando suo fratello a godersi la vista senza di lui.

 

-Fine Capitolo-

 

Spazio dell'Autrice

Ehi, non spaventatevi! Questo è un capitolo minuscolo, lo so, ma è solo di passaggio, non preoccupatevi! Mi serviva soltanto da ponte tra il quarto e il quinto anno :) il prossimo (che ho già cominciato a scrivere quindi arriverà presto) sarà di una lunghezza normale, promesso!

 

Detto questo: oooops è di nuovo passato un mese! Io ci provo davvero a ricavarmi del tempo per scrivere, ma diventa sempre più difficile e tra una cosa e l'altra quando arrivo a sera sono talmente stanca che non ho davvero la forza di mettermi a scrivere (e scrivere schifezze come questa che GIURO NON CAPITERA' PIU' PROMESSO).

Anyways, questo capitolo è corto, non succede niente e io faccio schifo, fine.

Ringrazio le anime pie che hanno recensito (un mese fa e a cui devo ancora rispondere...sto decisamente rivalutando la possibilità di prendermi violentemente a pugni in questo momento), ossia AlexisVictorie, krys, Lils1401, ChihiroUchiha, Miss_riddle Starkey, Ilgladiatore999 e la mia adorabile Bella_1D. Vi siete guadagnati il mio amore e un biscotto u.u

Un grazie alla mia AleJackson (visto che non ho pubblicato il 31 Novembre? LoL) ti adoro <3

Ora vado a nascondermi prima che mi uccidiate, bye

Baci

*dD*

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Capitolo 21
*** Tornare insieme ***


 

 

 

 

Tornare insieme

 

 

 

 

 

«Sirius Black! Che accidenti è successo ai tuoi capelli?» lo strillo di Marlene fece voltare di scatto Sirius, che si faceva strada in cerca dei suoi amici tra la folla che riempiva il binario nove e tre quarti.

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli decisamente molto corti, prima di spalancare le braccia e regalare a Marlene un abbraccio spezza-costole.

«La cara Walby pensava fossero diventati troppo lunghi di nuovo durante l'estate. E diceva che comunque il mio taglio faceva schifo, quindi tanto valeva sistemarlo così.» rispose Sirius alzando le spalle, quando si accorse che la ragazza continuava a fissargli la testa.

«Non capisco che cosa abbia quella donna contro i capelli lunghi! Tutti nella tua famiglia li portano lunghi, a parte forse Regulus! Ha per caso visto Lucius “bellicapelli” Malfoy ultimamente? Probabilmente no, altrimenti le sarebbe venuto un colpo!» si lamentò Marlene con aria scocciata.

«Credo abbia a che fare solo con il fatto che io non possa avere i capelli lunghi. Non chiedermi perchè. Comunque perchè ti interessa tanto? Sono stupendamente bello comunque!» esclamò Sirius, sorridendo per mascherare come i suoi capelli mancassero anche a lui.

«Sei molto meno sexy.» lo informò invece la ragazza, squadrandolo con occhio critico «E sei diventato troppo magro.»

«Marlene, stai cercando per caso di portarmi a letto?» domandò per prenderla in giro il ragazzo.

«Neanche tra cent'anni, Black. Vieni, andiamo.» sbuffò la ragazza, prendendolo sottobraccio e trascinandolo verso una colonna attorno alla quale sembravano essersi assembrati tutti i suoi amici.

Sirius scosse la testa, pensando a come lui stesse andando da tutt'altra parte rispetto a loro: senza Marlene non li avrebbe trovati mai.

«Ehilà gente.» salutò con un largo sorriso.

Al suono della sua voce si levò un ululato, che precedette il suo possessore di pochi millisecondi, avvisando appena Sirius della presenza di James, poco prima che il suo migliore amico gli balzasse addosso.

«Non mi sei mancato per niente!» strillò James abbracciando l'amico con forza.

«Neanche tu, Potter.» rise Sirius, ricambiando l'abbraccio prima di staccarsi e abbracciare Dorea, che lo osservava con un occhio critico come e più di quello di Marlene.

«Come te la passi ragazzo?» domandò Charlus, dandogli una pacca sulla spalla.

«Sirius!» l'urlo di Alice impedì a Sirius di rispondere, mentre la ragazza lo stringeva sotto lo sguardo attento di Frank, che salutò Sirius con un cenno.

«Sirius, hai mangiato i capelli?» domandò invece Mary, avvicinandosi per salutarlo a sua volta.

«Per mantenermi in linea.» scherzò Sirius, guardandosi attorno alla ricerca di Remus e Peter.

«Peter non è ancora arrivato, Remus sta salutando i suoi.» rispose James, leggendogli nel pensiero.

«Marlene? Alice?» anche se non avesse riconosciuto la voce, Sirius non si sarebbe dovuto girare per indovinare chi fosse appena arrivato: lo sguardo di James diceva già tutto.

«Lilylu!» strillò Alice saltando addosso all'amica, evidentemente in piena crisi di abbracci.

«Evans! Hai passato una buona estate?» domandò invece James, facendo un passo avanti e scompigliandosi i capelli con una mano.

Lily lo degnò appena di uno sguardo, prima di gettarsi ad abbracciare Marlene.

«Pete!» salutò Sirius, togliendo James dal suo momentaneo abbattimento per non essere nemmeno stato salutato.

«E-ehi ragazzi.» sorrise Peter, sudato per lo sforzo di trascinarsi dietro il suo baule.

«Ed ecco anche Remus! Vecchio lupastro.» ghignò Sirius, dando una pacca sulla spalla a Remus, che si era appena unito a loro e che gli gettò un'occhiata di severo ammonimento.

«Sei incappato in un altro paio di forbici impazzite?» domandò questo, sorridendo intanto cordialmente a Lily, che già si stava allontanando alla ricerca di Sunshine, con la promessa delle amiche di ritrovarsi in treno.

«Ma siete tutti in fissa con i miei capelli? Capisco che siano magnifici, ma insomma! Ci sono anche io sotto di loro!» sbuffò Sirius, con aria talmente irritata da far ridere tutti quanti.

Sirius sbuffò ancora, ma si stava già per unire alla risata generale, quando colse un lampo di capelli biondi che si avvicinavano.

Anche senza vedere la bimba che la accompagnava avrebbe potuto riconoscere Sunshine.

La ragazza un istante dopo era accanto a Marlene e la abbracciava con affetto, senza scambiare neanche un'occhiata con i ragazzi.

«Ehi Sun.» salutò speranzoso James, facendosi avanti con un sorriso.

«Potter.» rispose lei con voce talmente gelida che avrebbe potuto congelarlo lì sul posto.

«Sunshine.» la ammonì sottovoce Alice con severità.

«Ci vediamo sul treno, ragazze. Vieni Angie, andiamo.» disse per tutta risposta Sunshine, tirando la sorellina per mano, senza ascoltare il suo desiderio di salutare anche gli altri.

«Non ci hai raccontato qualcosa, Jamie?» chiese Dorea, osservando la ragazza che si allontanava.

«No mamma, vi racconto sempre tutto come un bravo bambino.» sbottò seccato il ragazzo, scostandosi con aria irritata.

«Ragazzo...» borbottò Charlus, anche se non sembrava davvero sicuro di cosa rimproverargli.

«Dobbiamo andare, o perderemo il treno.» tagliò corto James, lanciando un'occhiata a Sirius, che lo appoggiò immediatamente.

Cercando di lasciare da parte la scena appena avvenuta, ci fu un grande traffico di saluti, baci e abbracci e poi i ragazzi salirono finalmente sull'Espresso.

«Noi andiamo a cercare Lily. Ci vediamo dopo?» domandò Marlene, aggrappata alla mano di Sirius che si faceva strada tra le persone che affollavano ancora i corridoi.

«Portate anche la Evans!» strillò James per farsi sentire al di sopra dei saluti e delle voci che risuonavano ovunque.

«Non credo che ne sarebbe molto entusiasta, James.» gli fece notare Mary.

«Naah, non è vero. Fa finta.» asserì sicuro il ragazzo, mentre gli altri scuotevano la testa.

«Ragazzi, ho trovato uno scompartimento libero.» avvertì Frank, mentre Peter si affrettava ad occuparlo prima che qualcuno lo rubasse.

«Ci vediamo dopo. Non litigate con nessuno senza di noi.» salutò Marlene, lasciando la mano di Sirius e avviandosi con le amiche verso i primi vagoni.

Mentre gli altri si sedevano però Remus rimase incerto sulla porta, evidentemente combattuto.

«Che succede?» gli chiese Frank.

«Ragazzi ehm...io vi ho nascosto una cosa.» confessò il ragazzo imbarazzato.

«Sei gay?» chiese Sirius.

«Hai la ragazza?» esclamò contemporaneamente Peter.

«Sei in punto di morte?» domandò James.

«Cosa? No!» fece Remus scuotendo la testa.

«Ci stai lasciando?» riprovò James.

«No! Sono stato nominato Prefetto.» rivelò il ragazzo, tirando fuori dalla tasca la spilla come se fosse una sostanza altamente illegale.

«Tu cosa?» strillò Sirius.

«Prefetto?» boccheggiò James.

«Non può essere!» esclamò Peter.

«Congratulazioni!» sorrise Frank.

«Grazie Frank. Sono stato nominato Prefetto.» ripeté con voce incerta Remus, come se nemmeno lui potesse ancora crederci.

«Com'è potuto accadere?» mormorò Sirius.

«Bè Remus è un bravo studente e...» cominciò Frank.

«E penso che Silente creda che io possa tenervi a bada in qualche modo.» concluse con un sospiro Remus.

Ci fu un minuto di silenzio, poi James e Sirius scoppiarono a ridere.

«Tu? Tenerci a bada? È impazzito forse?» rise Sirius.

«Ehi! Posso mettervi in punizione ora!» minacciò Remus, anche se sorrideva sotto ai baffi.

«E io posso appenderti al soffitto. Avanti Remus! Non puoi essere serio!» esclamò Sirius.

«No Sirius, pensaci! Con l'aiuto di un Prefetto hai presente quante cose potremo fare? Potrà avvisarci su chi sta facendo la ronda...» cominciò James.

«Non lo farò.» negò Remus.

«...potremo decidere noi quando fare le gite a Hogsmeade..» continuò imperterrito James.

«Neanche per sogno.» continuò a negare Remus.

«...potremo usare il bagno dei Prefetti!»

«Non ci pensare neppure.»

«E poi potremo togliere punti ai Serpeverde!»

«No.»

«E poi...»

«James, no.» lo interruppe seccamente Remus.

«Ma Reeeemus.» supplicò James.

«Non ho intenzione di farmi togliere la spilla o che so io per colpa delle vostre idee stupide, okay?» sbottò Remus deciso.

«Vedremo.» ribatté sornione Sirius, correndo infine in soccorso di James.

«Devo andare alla riunione ora. Frank, puoi per favore controllare che non uccidano nessuno?» sospirò Remus, fissandosi la spilla al maglione.

«Ci proverò. Tu divertiti!» rise Frank.

«E salutami Lily.» gli gridò dietro James.

«Come sai che ci sarà Lily?» domandò Peter.

«Chi altro avrebbero potuto nominare Prefetto? Avanti Pete!» esclamò James.

Remus scosse la testa, richiudendosi la porta dello scompartimento alle spalle e sospirando.

A dire la verità non aveva voglia di andare a quella riunione, come non aveva voglia di essere un Prefetto.

Certo, era un grande onore e lui era fiero che Silente pensasse che se lo meritasse, ma non era sicuro che avesse fatto la scelta migliore.

E non solo perchè non sarebbe mai, in nessuna vita, riuscito a tenere a bada Sirius e James, ma anche perchè...che persona sana di mente avrebbe nominato Prefetto un mostro come lui? Nessuno aveva mai detto che Silente fosse sano di mente, ma non si aspettava che arrivasse a tali livelli di pazzia. Frank sarebbe stato cento volte meglio di lui come Prefetto. Anche Peter sarebbe stato una scelta migliore, cavoli! E invece no, quel pazzo di Silente aveva scelto lui. Inutile cercare di capirlo.

«Remus Lupin! Ehi Remus! Aspettami!» Remus si voltò con un sorriso in volto, salutando con un gesto della mano Lily Evans che si avvicinava a passo svelto, i lunghi capelli rossi raccolti in una coda che dondolava allegramente dietro di lei.

«Ehi Lily.» sorrise Remus, rimettendosi a camminare appena la ragazza gli si fu affiancata.

«Come stai? Hai passato delle buone vacanze? Dal colore della tua pelle sarei pronta a scommettere di sì.» disse allegra Lily, mettendo il suo braccio appena più scuro del solito accanto a quello ambrato dell'amico.

«Abbastanza buona, devo ammetterlo. Tu invece sembri appena uscita dal frigorifero.» scherzò Remus, felice di vederla così spensierata.

«Magari ci avessi passato l'estate! Invece sono riuscita a scottarmi tutte le volte che mettevo il naso fuori di casa. E mi sono spuntate nuove lentiggini.» sospirò Lily, facendo ridere Remus con la sua aria abbattuta.

«Sei splendida come sempre, Lily.» la rassicurò il ragazzo facendola arrossire.

«Oh non prendermi in giro! Tu piuttosto, come hai potuto non dirmi che eri diventato Prefetto? Potevi mandarmi almeno un biglietto!» lo rimproverò la ragazza, dandogli una piccola spinta.

Da quando Lily Evans era così espansiva e spensierata? Era una bella versione di lei, però. James l'avrebbe adorata.

«Non sono ancora certo che non si tratti di uno scherzo.» confessò Remus, abbassando lo sguardo.

«E perchè dovrebbe esserlo?» chiese perplessa Lily, spalancando i grandi occhi verdi.

«Non sono esattamente la persona più adatta da scegliere come Prefetto, andiamo.» spiegò Remus, sorpreso che la ragazza non la pensasse come lui.

«Sei impazzito forse? Sei il più adatto, invece! Sei studioso, vai bene in ogni corso, sei gentile con tutti, stai simpatico a chiunque...» esclamò Lily.

«Ora stai esagerando.» ridacchiò Remus, arrossendo suo malgrado.

«Per niente. Tu sei tutte queste cose e anche di più.» ribatté decisa Lily.

Remus si limitò a scuotere la testa, ma preferì non dire niente per non far iniziare una discussione fuori dallo scompartimento dei Prefetti.

«Allora, entriamo?» chiese invece.

«Certo. Ma ne riparleremo.» asserì Lily, prima di aprire la porta e infilarsi dentro.

Remus prese un respiro profondo e la seguì, desiderando essere da tutt'altra parte.

Nel frattempo, qualche vagone più indietro, Sunshine veniva strangolata dall'ennesimo abbraccio di Alice, mentre Marlene cercava invano di salvarla tirandola per un braccio e Mary rideva, tranquillamente seduta vicino ad un finestrino.

«Alice ti prego lasciami! Mi stai soffocando!» esalò Sunshine, felice però di tutto quell'affetto.

«Mi sei mancata così tanto, Sun! Devi recuperare gli abbracci di un'estate intera!» replicò Alice, lasciandola andare suo malgrado, allontanandosi di un passo tenendole le mani per poterla guardare meglio.

«Sei sempre così asfissiante Ali.» borbottò Marlene, pizzicando il fianco all'amica.

«Zitta tu. Riceverai anche tu la tua parte di abbracci, non serve essere gelosi!» esclamò sorridendo Alice, tenendo gli occhi fissi su Sunshine, che cominciava davvero a sentirsi in imbarazzo sotto quell'analisi ravvicinata.

«Ehm Ali? Cosa stai guardando di preciso?» domandò impacciata.

«Sto cercando di capire se sei diventata ancora più bella durante l'estate o se mi sei solo mancata davvero tanto.» spiegò Alice.

«Oh è diventata certamente più bella, Ali. Diventiamo tutte più belle tranne te.» la prese in giro ancora Marlene, lasciandosi infine cadere accanto a Mary.

«Sempre la solita simpaticona tu, eh?» sbuffò Alice, distogliendo lo sguardo da Sunshine e gettando un'occhiata di rimprovero a Marlene.

«Non potrei migliorare più di così nemmeno volendo, Alice.» sospirò Marlene con aria annoiata «Essere perfetti è così stancate, ogni tanto!»

«Scema.» rise Mary, dandole una spinta con la spalla.

«Diventi violenta, McDonald?» chiese oltraggiata Marlene.

«Oh, non cominciate. Marlene, potresti tentare di essere un po' meno insopportabile? Solo finchè non arriviamo a Hogwarts?» domandò Sunshine, sedendosi di fronte all'amica e rispondendo con una linguaccia alla sua aria offesa.

«Certo, tesoro. Dimmi amorino come hai passato le tue vacanze? Le tue rare lettere mi hanno deliziata, ma non posso certo dire che tu ti sia aperta molto. Sarebbe adorabile se tu ci raccontassi come hai trascorso le tue bellissime giornate.» cinguettò Marlene, il tono affettato in contrasto con il suo sguardo cupo.

«Sei incredibilmente inquietante.» fece Mary scoppiando a ridere, seguita poco dopo dalle altre.

«Comunque la squilibrata qui ha ragione, Sun.» disse Alice, ignorando completamente le proteste di Marlene per quell'appellativo «Non ti sei fatta molto sentire in questi mesi. Che hai fatto di bello?»

«Io...niente di interessante, al dire il vero. Ho passato tutto il tempo con Angela e non ho fatto molto altro.» spiegò Sunshine alzando le spalle. «Tu invece, Mary. Ho sentito che sei stata in Spagna!»

Mary sembrò illuminarsi al ricordo e le labbra le si piegarono in un ampio sorriso sognante.

«Oh sì! È stato splendido! Sole caldo, mare delizioso, cibo da favola, ragazzi stupendi...» esclamò la ragazza, gli occhi persi nel vuoto, come se ancora vedesse ciò che stava descrivendo.

«Ragazzi stupendi? Non avrai mica avuto avventure di cui non ci hai parlato, McDonald!» strillò Marlene, raddrizzandosi e sporgendosi con aspettativa verso l'amica.

«Forse una o due...» rispose sibillina Mary, sorridendo maliziosamente.

«Una o due?» ululò Marlene, gli occhi che splendevano.

«Tu ci racconti tutto, signorina, qui e subito!» esclamò Alice.

Sunshine rise e annuì, appoggiando le ragazze, mentre Mary prendeva un respiro e cominciava a raccontare, agitando le braccia per spiegarsi meglio.

«Tu sei stata con ben tre ragazzi spagnoli senza dirci nulla?» mormorò alla fine del racconto Marlene.

«Oh tu stai zitta! Alice mi ha detto che ti sei divertita pure tu quest'estate!» replicò Mary sorniona.

«Forse mi sono guardata un po' attorno, sì, ma non erano spagnoli!» puntualizzò Marlene, piccata.

«Non mi interessa se non erano spagnoli, voglio sapere tutto.» ribatté Mary.

«Ti sei guardata un po' attorno eh? Devi aver guardato davvero bene per fare tante amicizie.» rise Sunshine quando Marlene ebbe finito di raccontare.

«E tu signorinella? Niente ragazzi dalle tue parti?» chiese Alice.

«E tu, Ali?» ribatté lei.

«Io sono impegnata.» si vantò la ragazza, mostrando con aria altezzosa il braccialetto che le aveva regalato Frank quando erano andati insieme a vedere un mercatino, tanto per passare il pomeriggio.

«Ma sentila, la gran donna! Comunque Sun, niente da dire?» fece Marlene.

«Niente di niente. Se c'erano ragazzi sono stati ben attenti a non farsi vedere da me.» sorrise Sunshine, consapevole del fatto che, se anche qualcuno avesse provato ad avvicinarla, cosa alquanto improbabile visto che passava tutto il giorno con sua sorella, lei non gli avrebbe dato molta corda.

Un po' deluse, le ragazze ritornarono al bracciale di Alice, che si lanciò in un racconto delle giornate trascorse con Frank, di tutte le cose dolci che aveva fatto per lei, di come si fossero divertiti insieme, di come fosse perfetto per lei.

Circa un'ora dopo, quando Lily rientrò nello scompartimento dopo la riunione dei Prefetti, trovò le sue amiche accomodate in varie posizioni sui sedili, intente a ridere di una storiella di Marlene, che comprendeva un gelato, un ragazzo piuttosto irritante e lei stessa.

«Fiorellino! Allora, com'è stata la tua prima riunione da Prefetto?» domandò Alice, vedendola entrare.

«In realtà piuttosto noiosa e inutile, ma immagino che fosse perchè era la prima.» rispose Lily, sedendosi accanto a Marlene.

«Chi c'era?» chiese la ragazza, curiosa.

«Bè c'era Remus...» cominciò la Rossa, contando sulle dita.

«Ovviamente. Frank non era stato nominato e rimanevano Peter, James e Sirius. Silente non aveva molta scelta, dopotutto.» fece notare Mary.

«Remus non è stata una scelta di ripiego, Mary! È un onore ben meritato!» lo difese Lily.

«Lo sappiamo, Lil, lo sappiamo. Vai avanti.» la incoraggiò Sunshine.

«Ok allora, Remus e io, poi c'erano Kate Jett e Roy Harper per Tassorosso, Gabrielle Caillat e Alan Smythe per Corvonero e Will Ansbury e Lucy McHale per Serpeverde.» elencò la ragazza.

«Aspetta..Alan Smythe? Quell'Alan Smythe?» domandò con uno strillo Alice.

«Alan Sono-Un-Bastardo-Idiota-Prepotente-Che-Pomicia-Con-Altre-Ragazze-Mentre-Esce-Con-Te Smythe?» ribadì Marlene.

«Proprio quello.» annuì Lily.

«Perchè non conosco questa storia?» domandò Mary perplessa.

«Perchè ti comportavi ancora da vanitosa arrogante e quindi non ti raccontavamo niente.» spiegò spiccia Marlene.

«Sei sempre così adorabile, Mare.» sbuffò Alice.

«Lascia stare, Ali. Ha ragione.» sospirò Mary, scuotendo la testa. «Comunque avete intenzione di raccontarmela questa storia o no?»

Le ragazze annuirono e poi si lanciarono con entusiasmo nella narrazione di come Alice si fosse presa una cotta per quell'idiota e di come si fossero poi lasciati per...bè il motivo era piuttosto chiaro dal nome che gli aveva dato Marlene.

Finito quel racconto le ragazze si lanciarono in un appassionato elogio di Amos Diggory, il nuovo caposcuola, lodandone non solo l'aspetto “divino”, ma anche l'intelligenza, la gentilezza e l'eleganza.

«....e poi io me ne stavo ferma lì, senza sapere bene cosa fare e lui mi ha chiesto se per caso avessi bisogno di aiuto. È stato così gentile!» sospirò Mary.

«Ti ha aiutata a raccogliere i libri?» domandò Alice con aria sognante.

«Bè ecco, in realtà no. Però scommetto che doveva andare a lezione e non poteva trattenersi!» ammise la ragazza, facendo ridere Sunshine.

«Che cavaliere!» la prese in giro la ragazza, unica tra le amiche a non sembrare affascinata dal Tassorosso. Anche Lily, che di solito cercava di mostrarsi superiore al fascino esercitato da qualunque ragazzo, aveva parlato per cinque minuti buoni di come avesse tenuto una riunione dei Prefetti assolutamente perfetta e di come le avesse sorriso quando lei era stata una delle ultime ad andarsene.

«Non osare, Moor, non osare!» la minacciò Marlene, sventolandole l'indice davanti al naso.

«Non si critica il ragazzo più perfetto che abbia mai camminato su questa terra!» aggiunse Mary.

«State parlando di me?» la voce maschile le fece sobbalzare e le cinque si voltarono di scatto, trovandosi di fronte il sorriso abbagliante di Sirius Black, accompagnato da quello esasperato ma divertito di Frank.

«Decisamente no, Black. Che vuoi?» domandò Lily, improvvisamente scontrosa.

«Ero venuto a chiedere se voi donzelle volevate approfittare del sontuoso banchetto allestito nel nostro scompartimento, ma se cominciate subito a comportarvi male me ne vado.» rispose beffardo Sirius, facendo già per voltarsi e andarsene.

«Banchetto?» chiese Marlene, portandosi le mani allo stomaco.

«Potremmo aver saccheggiato il carrello.» spiegò Sirius alzando le spalle.

«Muoio di fame.» sospirò Mary, con tono quasi colpevole.

«Vi fate corrompere così dal cibo, ragazze?» sorrise Alice scuotendo la testa.

«Tu non vieni?» domandò Frank, spalancando gli occhi con aria abbattuta.

Alice lo guardò per mezzo secondo, poi scattò in piedi.

«Potrei svenire dalla fame.» esclamò, facendo ridere i ragazzi e Marlene.

«Ti fai corrompere così da un ragazzo, Ali?» chiese Mary canzonatoria, facendo il verso all'amica.

«Oh, taci.» rise quella, aggrappata al braccio di Frank che ora sorrideva soddisfatto.

«Voi non venite?» chiese Sirius alle due ragazze rimaste sedute.

«Io aspetto Severus.» disse Lily seccamente, facendo sbuffare Sirius.

«Io non ho fame.» le fece eco Sunshine.

«Neanche per un minutinoinoino? Avaaanti.» supplicò Alice, cercando di fare gli occhi dolci.

Le due però parevano irremovibili e alla fine gli altri le lasciarono sole, facendo risuonare il corridoio delle loro chiacchiere e risate.

«Stai davvero aspettando Severus?» domandò Sunshine dopo qualche attimo di silenzio.

«Davvero non hai fame?» rilanciò Lily.

Sunshine ridacchiò, poi si accomodò meglio sul sedile.

«Spero per loro che non abbiano davvero saccheggiato il carrello, perchè potrei mangiare loro.» borbottò Lily, mentre il suo stomaco brontolava rumorosamente, facendo ridere ancora Sunshine.

«Come vanno le cose con Severus? Mi hai scritto che avevate litigato, qualche giorno fa.» chiese dopo un po' la biondina, guardando fuori dal finestrino.

«Abbiamo fatto pace. O meglio, lui è venuto a supplicarmi di perdonarlo e io l'ho fatto. Non riesco più neanche a contare quante volte sia successo ultimamente. Ogni tanto sono solo stanca.» confessò Lily.

«E hai provato a parlare con lui?» chiese Sunshine.

«Mille volte, ma sembra non sentirmi. Fa sembrare tutto ciò che dico una fantasia, come se la persona di cui parlo non fosse davvero lui. Forse non lo è.» sospirò Lily.

«Mi stai dicendo che pensi che sia bipolare o che pensi abbia un fratello gemello cattivo?» domandò Sunshine, riuscendo nel suo intento di far sorridere l'amica.

«Forse ne ha anche due o tre di fratelli gemelli a questo punto.» rise Lily, anche se nella suo voce rimaneva una nota amara di fondo, come se in realtà desiderasse davvero che fosse quella la spiegazione per i comportamenti strani del suo migliore amico.

«L'hai visto oggi?» chiese Sunshine.

«Prima di salire in treno, ma poi è sparito. Sarà finito in qualche scompartimento con i suoi amici Serpeverde. Tu hai visto Mulciber? È diventato ancora più alto e grosso, mi da i brividi.»

«Non ho visto lui, ma ho visto Nott. Se ne stava in un angolo a parlare con dei ragazzi più grandi con aria sospettosa, come se non volessero essere ascoltati da nessuno. Lui mi da i brividi.»

Le due ragazze rimasero un attimo in silenzio, ognuna persa nelle parole dell'altra, mentre una cupa nuvola di paura e sospetto si faceva strada sopra di loro.

Alla fine Lily scosse la testa come per allontanarla e si sforzò di sorridere.

«Forse stiamo vedendo cose dove non ce ne sono. Non dovremmo preoccuparci. In fondo stiamo andando a Hogwarts no? Cosa mai potrebbe succedere lì? È il posto più sicuro al mondo.» affermò, decisa e rassicurante insieme.

Sunshine annuì, ma non riuscì davvero a crederle e sapeva che nemmeno Lily credeva davvero a ciò che aveva detto. Non erano successe già molte cose a Hogwarts? Gli insulti, i litigi, le tensioni...poteva davvero tutto fermarsi lì oppure prima o poi sarebbe sfociato in qualcosa di più grande, di più grave, di più pericoloso?

Però su una cosa Lily aveva ragione: non dovevano preoccuparsene in quel momento. Stavano tornando a Hogwarts! Si erano riviste dopo mesi! Avrebbero dovuto essere allegre, scambiarsi storie dell'estate e spettegolare su questo o quel ragazzo, non deprimersi con quei discorsi cupi.

«Oh sai una cosa?» esclamò all'improvviso Sunshine, illuminandosi.

«Cosa?» chiese Lily, grata per il cambiamento di argomento.

«Stamattina Angie è scivolata già dalle scale seduta sul mio baule!» disse allegramente Sunshine.

«E non si è fatta male?» fece Lily, cercando di capire perchè Sunshine ne sembrasse tanto entusiasta.

«No, anche perchè il baule era sospeso a qualche centimetro dai gradini!» rivelò l'altra, gli occhi che brillavano.

«Ha fatto un'altra magia? Ma questo è grandioso, Sun!» strillò Lily, un sorriso gigantesco che si faceva strada sul suo volto.

«Lo so! Ormai non ci sono più dubbi che sia una strega e tra un paio d'anni verrà a Hogwarts anche lei!» rise Sun, con aria estremamente felice ed estremamente orgogliosa.

Avendo così allontanato definitivamente i pensieri cupi, le ragazze ricominciarono a chiacchierare allegre. Quando arrivò la strega a chiedere se desiderassero qualcosa dal carrello videro soddisfatte che non era stato per niente saccheggiato, anche se effettivamente la donna si lamentava di aver dovuto far rifornimento già tre volte, al contrario delle solite due.

Stavano confrontando le figurine trovate nelle Cioccorane, quando la porta dello scompartimento si aprì, rivelando Severus, alle cui spalle sbirciava cautamente Jared, cercando di capire chi ci fosse con Sunshine.

«Ciao Lily.» salutò in un mormorio Severus, facendo segno al suo compagno di entrare pure, visto che Lily conosceva la sua amicizia con Sunshine tanto quanto lui.

«Ciao.» salutò Jared, sorridendo all'amica, che balzò in piedi e si precipitò ad abbracciarlo con una risata.

«Mi sei mancato moltissimo!» sussurrò Sunshine, il viso nascosto nell'incavo del collo dell'altro.

«Anche tu.» rispose con lo stesso tono di voce l'altro sorridendo tra i suoi capelli.

«Non mi aspettavo che venissi a trovarmi.» confessò la ragazza, allontanandosi infine da lui.

«Non potevo resistere.» disse Jared scrollando le spalle e facendola sorridere ancora di più.

La ragazza notò con la coda dell'occhio Lily, che parlava con Severus ma allo stesso tempo la teneva d'occhio con aria di leggera disapprovazione e sospetto.

Non si fidava ancora di Jared, anche se Sunshine non riusciva a capire perchè fosse tanto difficile per lei. Dopotutto era lei che combatteva ogni giorno contro i pregiudizi con la sua amicizia con Severus, come poteva non credere che potesse farlo anche qualcun altro?

Lei sosteneva che non fosse per quel motivo, ma per l'aria di subdole bugie che, a suo parere, emanava Jared, ma Sunshine non era mai riuscita ad avvertirla ed era lei a passarci molte ore ogni giorno, quindi non si lasciava intimidire dalla sua migliore amica e proseguiva serenamente la sua amicizia con il Serpeverde.

«Dove sono finite le tue amiche?» chiese Jared curioso, lasciandosi tirare da Sunshine finchè non furono entrambi seduti vicino ai finestrini.

«Fuggite alla promessa di montagne di cibo.» rispose la ragazza. «E i tuoi amici?»

«A parlare di ragazze in uno scompartimento in fondo al treno. Noiosi.»

«Loro parlavano di Amos Diggory.» fece Sunshine, nella sua voce lo stesso tono di annoiata irritazione di Jared.

«Il babbeo di Tassorosso? Quel Diggory?» chiese perplesso il Serpeverde.

«Conosci altri Diggory? Comunque non è un babbeo! È pur sempre uno dei migliori del suo anno e Caposcuola per di più. Silente l'avrà scelto per qualche motivo, no?» ribatté Sunshine.

«Non credo che Silente scelga le persone necessariamente per la loro intelligenza, sai? Di sicuro non ha scelto Allison Aurey per questo.» sbuffò Jared.

«Non essere maligno.» lo rimproverò la ragazza, anche se non riuscì a trattenere del tutto una risatina.

Jared la seguì e ben presto si trovarono a ridere e chiacchierare come se Lily e Severus non ci fossero neppure.

Lily però era ben lontana dal dimenticarsi di loro e, anche se cercava di ascoltare cosa le stesse dicendo Severus, non riusciva a non prestare un orecchio anche ai due seduti vicino al finestrino, cercando di seguire anche i loro discorsi.

Sembrava parlassero di lezioni, di insegnanti, di vacanze...discorsi normali insomma. Allora perchè ogni volta che Sunshine era insieme al Serpeverde non riusciva a togliersi dalla testa che potesse non essere come sembrava? Non era mai riuscita a rubare più di qualche sguardo gelido e qualche smorfia annoiata alla facciata che presentava McCroy, ma continuava a dubitare che lui potesse davvero essere così perfetto. Non si arrabbiava mai, andava d'accordo con qualunque cosa Sunshine dicesse o facesse, le chiedeva di passare del tempo con lui, ma non le permetteva di sottrarlo allo studio e, per quanto possibile, alle sue amiche. Certo, quando lei si era allontanata dai Malandrini lui l'aveva completamente appoggiata, ma l'aveva fatto anche Lily no? O più o meno, comunque. Quindi perchè continuare a sospettare? Magari era davvero perfetto per lei.

Eppure era più forte di lei, continuava a credere che ci fosse qualcosa che non andava in tutta la faccenda.

«Lily, non mi stai ascoltando.» il rimprovero di Severus la riportò alla realtà e Lily staccò gli occhi dal finestrino per portarli in quelli neri del suo migliore amico.

«Certo che ti sto ascoltando, Sev! Mi hai appena chiesto se penso che il professore di Difesa dell'anno scorso ci sia ancora e io ci stavo pensando.» rispose svelta la ragazza, grata alla sua capacità di multi tasking.

Severus borbottò qualcosa a mezza voce, ma Lily non gli badò e riprese la conversazione, dicendo che secondo lei sarebbe cambiato di nuovo.

Si dovette sforzare un po' per coinvolgere l'amico, ma alla fine lui riprese a parlare come prima e Lily poté ritornare a pensare a Sunshine e Jared, annuendo e mormorando qualcosa, giusto per far intendere a Severus di starlo ad ascoltare.

I due ragazzi se ne andarono circa una mezz'ora più tardi, ma le altre ragazze non si unirono a loro fino a quando non arrivò il momento di cambiarsi, quando vennero a recuperare le loro divise.

Entrarono ridendo e il suono improvviso sembrò spezzare la quiete che regnava nello scompartimento, dove Lily e Sunshine leggevano in silenzio.

«Siete noiose.» sbottò Marlene, la voce soffocata dalla maglietta che si stava sfilando.

«Non vi annoiate?» domandò Mary, che non era certo famosa per il suo amore per la lettura.

«Sono passate diverse persone a salutarci! Non ci annoiamo.» rispose un po' piccata Lily che, in realtà, si stava un po' annoiando.

«Vi siete perse delle scene fantastiche! Come quando Peter ha rincorso la Cioccorana che voleva scappargli o quando James si è bucato la lingua con un pallino acido. Sirius stava per soffocare dal ridere.» raccontò Marlene allegramente, cambiandosi senza fretta, come se non fosse in piedi in biancheria intima in mezzo ad uno scompartimento in cui sarebbe potuto entrare chiunque.

«Tesoro, ma non hai un minimo di pudore?» chiese Alice, che aveva preferito cambiarsi in bagno.

«Che ha il mio reggiseno che non va? È giallo ed è bellissimo. Non vedo cosa abbia di diverso da un costume da bagno.» ribatté la ragazza, anche se si affrettò a finire di vestirsi.

In un altro scompartimento nello stesso istante, Sirius si divertiva a sconvolgere i suoi amici cercando di far immaginare a James Lily Evans che si metteva la divisa.

Solo che l'amico sembrava ben deciso a non ascoltarlo e parlava a gran voce di cosa avrebbe desiderato che ci fosse al banchetto che li aspettava.

Peter, rosso fino alla punta delle orecchie per le parole di Sirius, cercava di contribuire all'immagine creata da James, ma il suo balbettio lo tradiva.

Remus scuoteva la testa, anche se un leggero rossore imporporava le guance, cerando di non ascoltare nessuno dei suoi amici.

Frank se l'era svignata dicendo di dover andare in bagno.

«Oh basta!» sbottò alla fine James, colpendo con il libro di Remus la testa di Sirius, che si fermò a metà di una frase con un'esclamazione di dolore.

«Ahi! Idiota, mi hai fatto male!» si lagnò il ragazzo, massaggiandosi il punto colpito.

«Almeno sei stato zitto.» sbuffò Remus, riprendendosi il suo libro e mettendolo al sicuro nel baule.

«Siete così noiosi!» borbottò Sirius.

«Non siamo noiosi, ma di certo non siamo dei pervertiti come te.» precisò Peter.

«Questo è un colpo basso, Pete!» esclamò oltraggiato Sirius.

«Guarda che non te lo dia fisicamente, il colpo basso.» minacciò James.

Sirius si fece indietro, allontanandosi dall'amico, ma venne salvato dal fischio del treno, che sobbalzò, rallentando.

Poco dopo erano tutti seduti in Sala Grande ad abbuffarsi, i nuovi arrivati che si guardavano attorno con meraviglia e i vecchi studenti che salutavano i compagni che non avevano ancora incontrato.

Sirius era immerso in una conversazione con Nick-Quasi-Senza-Testa, impegnato ad inserire quanti più riferimenti possibili alla sua quasi-decapitazione senza che il fantasma se ne rendesse conto, mentre Peter assisteva divertito.

James si era lanciato in un'accesa discussione sul Quidditch e sulla squadra di Grifondoro, che quell'anno aveva bisogno di un battitore, due cacciatori e del portiere, con Steve McGalligan, il nuovo Capitano.

Remus invece stava parlando con il prefetto del sesto anno, Luke Tradewey, di ronde e regolamenti.

Le ragazze erano di nuovo immerse in un'accorata lode di Diggory, cercando di farlo apprezzare anche a Sunshine.

Tutti sembravano felici e neppure Silente sembrava avere cose negative da dire prima di augurar loro la buona notte.

Quell'anno sembrava essere iniziato magnificamente.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

Non sono troppo in ritardo vero? Vero? Okay lo so, avevo promesso che questo capitolo sarebbe arrivato in fretta, ma giuro che volevo postarlo venerdì e non ho avuto un minuto di tempo. Maledetta scuola. Comunque alla fine è qui e anche se non è il migliore capitolo (so che vi aspettavate di meglio ma meh scuola!) ci sono delle cose carine, vero? Spero.

Mi manca un sacco avere tempo per scrivere di questi idioti, ma spero di trovarne un po' quando finalmente questo periodo di verifiche (UNA OGNI GIORNO!! MA SI PUO'?? UGH) sarà finito.

Nel frattempo grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e sono stati così gentili da farmi illudere che non fosse proprio così pietoso: AlexisVictorie, Lils1401, Lisajackson e l'adorabile Bella_1D. Tanti abbracci per voi <3

Un grazie speciale alla mia AleJackson che sparisce, mi fa preoccupare e poi ricompare e mi ricorda che sono stupida <3

Ora ritorno a studiare (ugh), ma prima o poi mi rifarò viva u.u

Baci <3

*dD*

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Capitolo 22
*** Di chiacchiere, scommesse e scoperte ***


 

 

 

 

Di chiacchiere, scommesse e scoperte

 

 

 

Frank e Alice se ne stavano seduti in disparte in un angolo della Sala Comune, troppo intenti a chiacchierare per prestare davvero attenzione ai libri aperti davanti a loro.

Erano passate già quasi tre settimane da quando erano ritornati a Hogwarts e i professori non sembravano voler far loro dimenticare il fatto che quell'anno li aspettavano i G.U.F.O., caricandoli quindi di compiti.

«Sicura che alle tue amiche non dispiaccia se studi con me?» domandò Frank, osservando Lily e Mary che uscivano dalla stanza dirette in Biblioteca.

«Non preoccuparti, a loro va bene così.» lo rassicurò Alice, stringendogli la mano.

«Dove sono le altre?» chiese il ragazzo, guardandosi attorno.

«Marlene è ad un appuntamento. Non chiedermi come abbia fatto a procurarsene uno così velocemente, ma è la verità.» rispose Alice.

«Non vedo perchè un ragazzo dovrebbe aspettare per chiedere di uscire ad una bella ragazza come lei, Ali. È diventata ancora più alta durante l'estate.»

«Devo essere gelosa, Frank Paciock?» ridacchiò Alice, colpendolo ad un braccio.

«Neanche fra cent'anni Alice Prewett.» rispose serio Frank, baciandola dolcemente e facendola arrossire.

«Sunshine invece è sparita, come al solito. Noi sospettiamo a questo punto che abbia una relazione segreta, di cui forse è a conoscenza solo Lily.» proseguì Alice.

«Un'altra? Quella ragazza ha dei seri problemi con la segretezza.» esclamò stupito Frank.

«Non parlare così, Frank! Ogni tanto mi ricordi un po' troppo James, sai?» lo rimproverò Alice, lanciandogli un'occhiataccia.

«Scusami Ali, passo troppo tempo a dormire con loro. Le vibrazioni negative si assorbono di notte.» sorrise Frank.

«E ora sei Sirius. Dov'è finito il mio Frank?» si lamentò la ragazza, imbronciandosi.

«Proprio qui.» mormorò Frank, sporgendosi e baciandola ancora.

«Frank Paciock non so cosa ti sia successo da quando ci siamo messi insieme, ma Merlino non tornare indietro.» soffiò Alice diversi attimi dopo, facendolo sorridere soddisfatto.

«E di Lily? Che mi dici di lei? È cambiata molto anche lei durante l'estate.» rilanciò il ragazzo per cambiare discorso.

«Sembra più felice vero? Non credo sia la verità però, ma credo che stia imparando ad amarsi un po' di più. Sai la situazione con sua sorella...non le rende la vita molto facile, ecco. Però forse sta finalmente imparando a non ascoltarla.»

«Sembra anche più...libera. Il rispetto delle regole è sempre assoluto, ma sembra più aperta.» osservò Frank.

«Oh te lo assicuro, il rispetto delle regole non è mai stato assoluto! Solo che forse si sta davvero lasciando un po' andare.»

«Forse sta crescendo e basta.»

«E forse prima o poi imparerà anche ad apprezzare i Malandrini.» aggiunse Alice.

Frank la guardò per un'istante, ma non riuscì a trattenersi molto prima di scoppiare a ridere.

«Hogwarts senza i loro litigi è inimmaginabile, Ali.» rise il ragazzo.

«Oh, io penso che lei e James sarebbero una coppia dolcissima! E se non fossero tutti così ostinati ci divertiremmo tutti molto di più.» si impuntò la Grifondoro.

«Questo è assicurato, ma non credo avverrà molto presto.» cedette Frank.

«Neanche io, ma non bisogna mai smettere di sperare no? Te lo immagini come sarebbe? Potremmo stare tutti insieme a divertirci con i Malandrini e con le ragazze. Magari Sunshine farebbe pace con loro e Lily diventerebbe più permissiva e si innamorerebbe di James e si sposerebbero e farebbero tanti bambini e...»

«Ali, Ali frena!» la bloccò il suo ragazzo ridendo.

«Scusa, mi sono lasciata trasportare dalla bellezza della scena. Okay lo ammetto, sembra impossibile, ma io so che non lo è. Lo vedrai.» ribadì decisa Alice.

«Scommettiamo?» la provocò Frank.

Solo che con sua grande sorpresa la ragazza accettò.

«Okay. Scommetto che prima della fine del sesto anno sapranno parlarsi civilmente e che prima della fine del settimo saranno insieme.» ribatté con forza la Grifondoro.

«Secondo me invece non andranno oltre le cortesie d'obbligo per il fatto che avranno amici in comune.» replicò Frank. «Dieci galeoni.»

«Venti.» rilanciò Alice.

«Andata.»

«Te lo ricorderò tra due anni, tesoro.» disse sicura Alice, scrivendolo su un pezzo di carta e mostrandolo a Frank prima di infilarselo in tasca.

I due si strinsero seriamente la mano, guardandosi dritti negli occhi, ma poi scoppiarono a ridere.

«Se mai lo scoprirà, Lily mi ucciderà.» esclamò Alice tra le risate.

«Faremo in modo che non lo scopra allora.»

«Ti ricordi com'eravamo cinque anni fa? Eravamo piccoli e sperduti e così diversi!» sospirò Alice.

«Io dormivo in Sala Comune quasi tutte le notti e tu eri amica solo di Mary.» ricordò Frank scuotendo la testa.

«In realtà avevo un po' paura di lei, era tremenda.» confessò Alice con un sorrisetto.

«Anche a me faceva paura, ma a quel tempo mi faceva paura anche Remus, quindi forse non sono un gran parametro di lettura.» rise il ragazzo.

«In realtà era piuttosto spaventosa. Voleva dimostrare dieci anni in più di quelli che aveva, si comportava da gran donna vissuta ed era talmente fissata con i vestiti e il trucco!»

«E con Sirius.» aggiunse Frank.

«Non lo lasciava in pace un secondo!» rise Alice «Però adesso le è passata.»

«A me fa ancora paura.» scherzò Frank, facendo una smorfia divertita quando Alice lo colpì al braccio di nuovo.

«Non essere antipatico, Frank! Ora non fa più paura, è simpatica e dolce e gentile. Ok, forse non proprio dolce e gentile, ma è un'ottima amica!» esclamò la ragazza, lanciandosi alla difesa dell'amica.

«E non le piace più Sirius.» ribadì l'altro.

«Esatto.»

«Sinceramente non capisco come faccia a piacere a tante ragazze. Sirius intendo.» considerò Frank con aria pensierosa.

«Bè è oggettivamente piuttosto bello.» cominciò Alice.

«E questo basta a far cadere tutte ai suoi piedi?»

«Ed è bravo ad affascinare le ragazze con i suoi modi galanti. È piuttosto piacevole quando vuole una ragazza.»

«Devo essere geloso, Alice Prewett?» chiese Frank, ripetendo ciò che aveva detto la sua ragazza pochi minuti prima.

«Neanche fra cent'anni, Frank Paciock.» rispose lei con un sorriso.

Diversi minuti (e diversi baci) dopo, Alice riportò gli occhi al libro aperto davanti a lei, il respiro corto e le guance rosse.

«E i tuoi amici Malandrini? Che fanno?» domandò, cercando di coinvolgere Frank in una conversazione per evitare altre...distrazioni inconvenienti.

«Da quello che ricordo sono anche i tuoi amici, Ali.» fece notare il ragazzo con un sorrisetto.

«Ma io non ci dormo insieme.» sbuffò Alice.

«Spero.»

«Non fare il cretino, Frank.» ridacchiò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.

«Ci proverò. Comunque non so cosa stiano facendo. C'è mai qualcuno che lo sa veramente, a parte loro stessi?» disse il Grifondoro.

«Su questo hai ragione.» gli concesse l'altra, sistemandosi distrattamente i capelli, intenta a guardarsi attorno nella Sala Comune.

Frank rimase immobile ad osservarla, perdendosi nella sua figura. Ogni tanto gli succedeva: si distraeva guardandola, osservandola arricciarsi una ciocca di capelli attorno a un dito, o aggrottare le sopracciglia, persa in un pensiero profondo, o nascondere uno sbadiglio dietro alla mano, sbattendo gli occhi con aria stanca. Era così bella.

«Frank?» il suono del suo nome lo riportò alla realtà e il ragazzo si costrinse a distogliere gli occhi dal dolce profilo del volte della sua ragazza.

«Scusa, mi sono distratto. Comunque secondo Remus qualcosa non va.»

«Qualcosa non va? In che senso?» chiese Alice, improvvisamente preoccupata.

«Dice che ultimamente sono strani, James, Sirius e Peter. Dice che aspettano che lui si sia addormentato e poi sgattaiolano via per andare chissà dove. Altre volte smettono di parlare quando lui entra in camera. Altre ancora si scambiano sussurri e occhiate cercando di non farsi vedere da lui. Remus non lo dice, ma credo che abbia paura che stiano cercando di escluderlo, di buttarlo fuori.» spiegò Frank.

«Ma non lo farebbero mai! Essere un Malandrino è per sempre, no? Non è questo che ha detto James una volta?» protestò Alice, infiammandosi.

«Io lo so questo, ma sai com'è fatto Remus. Sembra avere l'autostima di...bè me al primo anno.» replicò Frank, cercando di farla sorridere.

«Sei migliorato parecchio anche in quel campo, effettivamente.» considerò con tono affettuoso Alice.

«Tutto merito tuo, Ali.» rivelò Frank, sporgendosi per rubarle un bacio e farla arrossire di nuovo.

Era così adorabile.

«Smettila, Frankie. Stiamo parlando di cose serie. Secondo te che sta succedendo allora? Come mai si comportano in questo modo?» domandò Alice, spingendolo via, anche se con una certa riluttanza.

«Non sarò mai capace di entrare nella testa di quei pazzi, Ali. Sono sicuro che non stanno cercando di escludere Remus, ma non giurerei su nient'altro. Forse ora che è un Prefetto vogliono tenerlo fuori dalle loro faccende..meno pulite per non metterlo in difficoltà. O forse gli stanno facendo una sorpresa. O uno scherzo. Sinceramente non so quale sarebbe la cosa peggiore.»

«Se solo voi ragazzi vi parlaste! Magari se faceste come noi ragazze non avreste tutti questi problemi.» sbottò con aria irritata Alice.

«Voi ragazze avete problemi tanto quanto noi, nonostante tutte le vostre grandi conversazioni. Devo ricordarti di Sunshine?» replicò piccato Frank.

«Hai ragione. Siamo tremende quasi quanto voi.» sospirò la ragazza.

«Finirà tutto bene, vedrai.» la rassicurò Frank, attirandola verso di lui e baciandola lievemente su una tempia.

«Lo so. Tu sei qui.» mormorò Alice in risposta, appoggiando la testa alla sua spalla e chiudendo gli occhi.

Sarebbe andato tutto bene finchè lui sarebbe stato con lei.

Lo sapeva.

Lo sentiva e basta.

 

**

 

«Allora, cosa succede?» la domanda di Lily prese Remus alla sprovvista, facendolo quasi inciampare nei suoi piedi.

«Scusa?» balbettò, recuperando l'equilibrio sotto lo sguardo leggermente divertito della ragazza.

«Hai passato tutta la sera a sospirare e inciampare, Remus. Chiunque si accorgerebbe che qualcosa non va.» spiegò Lily con voce dolce, chiedendosi se per caso non si stesse intromettendo troppo negli affari dell'altro.

Certo, non erano mai stati in rapporti troppo stretti, ma non avevano mai nemmeno avuto una relazione tremenda come quella che c'era tra lei e James o Sirius. Avevano studiato spesso insieme, soprattutto quando Sunshine era ancora amica dei Malandrini e aveva imparato ad apprezzarlo: era una persona gentile, riservata, intelligente, disponibile. Aveva sempre una strana nota dolente nella voce, come se si portasse dietro un grande e pesante segreto, ma questo non gli impediva di avere un sorriso aperto e luminoso. Era un bravo ragazzo e Lily sperava di poterlo considerare almeno un po' come suo amico.

E ora lei era preoccupata per il suo amico.

Quando avevano prenotato il turno della ronda insieme, Lily aveva sperato che questo avrebbe reso il nuovo compito meno pesante, più leggero e divertente. Magari girovagare per la scuola al buio in cerca di studenti che violavano il coprifuoco non sarebbe stato così tremendo se avesse avuto un amico di fianco a lei. Certo, non aveva immaginato che avrebbe passato la maggior parte del turno in silenzio, cercando di immaginare che cosa tormentasse Remus e salvandolo da diverse cadute rovinose dalle scale.

Ora erano quasi alla fine del giro e si stavano di nuovo avvicinando alla Sala Comune e lei aveva deciso che valeva la pena provare almeno a chiedere. Al massimo le avrebbe detto di farsi gli affari suoi, no?

«Sono solo stanco, Lily.» mormorò Remus.

Certo, doveva aspettarselo. Non voleva parlarne.

Non c'era alcun problema, davvero. In realtà non le interessava nemmeno poi così tanto. O forse era vero. Dopotutto era piuttosto tardi e forse lui desiderava solo andare a dormire, non sentirsi porre domande invadenti da una ragazza con cui qualche volta si era trovato a studiare.

Certo aveva senso. Era solo stanco.

Certo. Pffh.

«Puoi parlare con me, lo sai vero?» ecco brava Lily, fagli pressione! Così ora lui si sarebbe sentito in obbligo di dire qualcosa e...perchè diavolo non sapeva controllare la sua boccaccia? Era evidente che qualcosa non andava con Remus ed era altrettanto evidente che lui non voleva parlarne, quindi perchè insistere? Era stanca anche lei, lo capiva. Davvero.

«Certo che lo so, grazie Lily, davvero. Sono solo stanco però, sul serio. Ho anche un forte mal di testa, credo che andare a dormire sarà la cosa migliore.» spiegò Remus, pur sapendo che per quel genere di mal di testa una notte di sonno non sarebbe servita a niente. Se anche fosse riuscito a dormire per una quantità sufficiente di ore, la mattina dopo si sarebbe svegliato sentendosi ancora peggio. Maledetta luna piena.

«Vuoi che passiamo da Madama Chips? Potrebbe darti qualcosa per il mal di testa, o per farti dormire.» suggerì Lily ansiosa.

«Non preoccuparti, Lily. Non vale la pena disturbare Madama Chips per questo. Una notte di sonno e sarò come nuovo.» la rassicurò Remus, consapevole di star mentendo. Anzi, era vero che non valeva la pena disturbare Madama Chips, ma di certo non si sarebbe svegliato come nuovo.

«Se i tuoi compagni di stanza ti lasceranno dormire...» borbottò Lily, a conoscenza della confusione che i suoi amici potevano creare agli orari più improbabili.

«Non preoccuparti per loro, Lily. Non mi disturberanno.» sospirò il ragazzo.

Lily aggrottò le sopracciglia, perplessa. Perchè sembrava così abbattuto ora? Qualcos'altro non andava? Aveva per caso litigato con i Malandrini?

No, non poteva intromettersi di nuovo. Aveva già domandato abbastanza e Remus sembrava ancora più stanco di prima mentre si strofinava gli occhi rossi. Aveva davvero una pessima cera.

E lei aveva un autocontrollo tremendo.

«Qualcosa non va con i tuoi amici? Avete litigato?» domandò cautamente.

«Cosa? No.» esclamò Remus, anche se non sembrava convinto quanto avrebbe voluto essere. Allora qualcosa era storto con i Malandrini! Però ora davvero non poteva più fare domande. Non poteva e basta. E poi improvvisamente fu Remus a parlare, anche se la sua voce rimase talmente bassa da far dubitare a Lily che quelle parole fossero davvero rivolte a lei.

«Sono così distanti ultimamente. Scappano sempre appena vado a letto, non mi dicono niente. Vorrei davvero sapere che cosa stanno combinando.»

Potter e Black stavano facendo qualcosa che non volevano che Remus conoscesse? Questa non poteva essere una buona cosa, no no no. Stavano facendo o una cosa tremendamente illegale, troppo persino per loro, o qualcosa ai danni di qualcuno che Remus avrebbe voluto fosse lasciato in pace. Non sarebbe finita bene, per niente, se lo sentiva. Normalmente sarebbe stata preoccupata se avesse saputo che i Malandrini erano all'opera su qualcosa, ma sapere che l'intera faccenda fosse stata privata della ragionevolezza di Remus...bè era un pensiero piuttosto spaventoso. Lily sentì il panico agitarsi dentro di lei, mentre cercava ansiosamente di trovare un modo per scoprire cosa stessero facendo e porre fine al tutto, ma non poteva certo presentarsi dai tre e chiederglielo! E aveva già scoperto di essere una spia tremenda quindi non sarebbe mai stata capace di capirlo per conto suo.

Dannazione, doveva fare qualcosa, ma cosa?

«Remus, se i tuoi amici stanno combinando qualcosa di..» cominciò Lily, cercando di suonare più calma di quanto non fosse davvero, senza molto successo.

«Per favore, Lily, lascia perdere. Davvero. Me ne occupo io di loro. Non metterti in mezzo.» la bloccò l'altro seccamente. Lily rimase qualche secondo immobile, sorpresa per la sua improvvisa durezza. Si era forse arrabbiato con lei? Certo, ne avrebbe avuto ogni diritto, al contrario di lei che si metteva a chiedere tutto ciò che le passava per la testa senza rispettarlo! Doveva essere la stanchezza, decisamente. Non poteva semplicemente essere diventata una persona così maleducata,, da un momento all'altro, senza preavviso.

«Perdonami, non volevo essere invadente.» mormorò contrita, continuando a rimproverarsi mentalmente.

«No, scusami tu. Tu stai solo cercando di essere una buona amica e un buon Prefetto, lo capisco. Sono solo stanco.» sospirò Remus, passandosi una mano sugli occhi stanchi.

Doveva arrivare al suo letto il prima possibile, prima di cadere lì a terra, esausto e dolorante. Quella luna piena si annunciava già tremenda.

«Andiamo a dormire allora.» lo incoraggiò Lily, precedendolo all'interno della Sala Comune deserta.

Era molto tardi e tutti erano probabilmente a dormire, così la grande stanza era vuota e silenziosa, solo i resti del fuoco scoppiettavano piano nel camino.

Remus si guardò attorno. Per un momento aveva sperato che sarebbe entrato e gli altri sarebbero stati lì ad aspettarlo, curiosi di sapere com'era stato fare il suo primo giro di ronda, di cosa aveva parlato con Lily (anche se forse questo sarebbe stato un desiderio solo di James) e se per caso fosse successo qualcosa di interessante o avessero scoperto qualcuno a pomiciare in uno sgabuzzino per le scope.

Invece non c'era nessuno.

Il ragazzo aveva ancora una piccola speranza che i tre fossero i camera a dormire, o magari ad aspettarlo lì, ma ormai non ci credeva più davvero. Chi voleva prendere in giro? I suoi amici si stavano comportando sempre più stranamente ed era evidente come non volessero passare del tempo con lui e probabilmente non aspettassero altro che una scusa per poterlo escludere dal gruppo. Del resto che se ne potevano fare di lui? Prima almeno poteva essere di qualche utilità nella pianificazione delle loro malandrinate, ma ora? Ora che era un Prefetto probabilmente credevano che se l'avessero coinvolto lui avrebbe come minimo spifferato tutto ai professori e magari li avrebbe anche messi in punizione! Se fosse stato in loro, anche lui si sarebbe cacciato.

«Ehi Remus? Ti senti bene?» la domanda sommessa di Lily lo fece sobbalzare e Remus si rese conto di essersi fermato alla base delle scale che portavano al dormitorio dei ragazzi, un piede sul primo scalino e una mano sul corrimano, immobile. La ragazza lo guardava da poco più in alto, sulla scala delle ragazze.

«Sì, non preoccuparti. Buonanotte, Lily.» rispose il ragazzo, riuscendo anche a sfoderare un mezzo sorriso convincente.

«Buonanotte.» forse però non abbastanza convincente da imbrogliare l'altra Grifondoro, che mantenne il suo sguardo preoccupato fisso su di lui finchè non fu scomparso.

Remus si bloccò di nuovo di fronte alla porta del Dormitorio, prendendo un respiro profondo prima di allungare la mano verso la maniglia.

Cosa avrebbe trovato lì dentro? Letti vuoti o i suoi amici? Non sapeva cosa temeva di più, se l'ennesima prova del fatto che stessero portando avanti un qualche tipo di progetto senza di lui o l'agonizzante prolungarsi di una falsa amicizia nei suoi confronti.

«Ehi Remus! Sei tornato finalmente.» il saluto entusiasta di James lo colpì come un pungo e Remus fu tentato di richiudere la porta e scappare via. Sembrava così sincero.

«Te la sei spassata con la Evans, eh?» lo prese in giro Sirius, ottenendo in cambio una cuscinata da parte di James.

«Ci hai messo davvero tanto.» aggiunse Peter con uno sbadiglio. «Frank si è addormentato secoli fa.»

I tre se ne stavano seduti sul letto di Remus, in mezzo a diverse involucri vuoti di Cioccorane e caramelle di altro tipo, un paio di riviste sul Quidditch e la Mappa del Malandrino. Frank invece dormiva nel letto, probabilmente avvolto da un incantesimo insonorizzante.

«Pensavo dormiste già.» considerò cautamente Remus avvicinandosi e sedendosi accanto a Sirius, che si era spostato per fargli posto.

«A letto prima di sapere che cosa ti aveva detto Lily in tutto questo tempo? Neanche per sogno!» disse deciso James, facendo sbuffare Sirius.

«Di certo non ha parlato di te, cretino.» disse quest'ultimo, con il tono di chi lo ripete per la centesima volta.

«Solo perchè sarebbe sembrata troppo ovvia! Aspetterà la prossima occasione, vedrai.» affermò convinto James, cercando di farlo cadere dal letto e riuscendo solo a far precipitare qualche figurina e una delle riviste.

«Se non la smettete, come fa Remus a dirci com'è andata?» li richiamò Peter logicamente, guadagnandosi una smorfia da entrambi gli amici.

«In realtà non ho molto da dire. Non abbiamo parlato molto e non abbiamo trovato nessuno negli sgabuzzini. Solo un paio di ragazzi che sgattaiolavano fuori dal bagno dei Prefetti.» mormorò Remus scrollando le spalle. Voleva solo andare a letto.

«Bagno di cui non ci hai ancora voluto dire la parola d'ordine!» ricordò con tono risentito Sirius.

«Parola d'ordine che non vi dirò. Ora possiamo andare a dormire?» supplicò debolmente Remus.

I tre si scambiarono un'occhiata e poi lo osservarono con la stessa espressione preoccupata in volto.

«É domandi vero?» domandò con tono più sommesso e serio James.

Remus annuì mestamente e poi si alzò, deciso ad andare in bagno e poi dritto a letto.

«Puoi andare da Madama Chips anche ora, se vuoi. Ti accompagniamo.» propose Sirius, seguendo il suo passo incerto con lo sguardo.

«Perdere un giorno di lezioni è già abbastanza, Sirius. Voglio solo andare a letto.» si oppose Remus, anche se il miraggio della pozione sonnifera di Madama Chips lo tormentava incessabilmente.

«Come vuoi.» si arrese Peter, mettendo velocemente a tacere le proteste che di sicuro erano già pronte sulle punte delle lingue di Sirius e James.

Con un cenno di ringraziamento nei suoi confronti Remus si chiuse in bagno, ma anche se una robusta porta di legno e diversi metri lo separavano dagli amici, riuscì comunque a sentirli discutere in sussurri tra di loro, benché non riuscisse a distinguere neanche una parola. Sembrava che Sirius stesse cercando di convincere gli altri due di qualcosa, ma gli altri non sembravano per niente convinti.

Peter parlava con tono lamentoso, quasi come se si stesse scusando di qualcosa, come se si sentisse in colpa, mentre James si opponeva in modo deciso, tanto che Remus riuscì a sentire diversi e chiarissimi “no”.

Solo quando Sirius sembrò ormai prossimo a cedere, Remus decise di aprire la porta e tornare tra loro. Inutile dire che la conversazione cessò all'istante, anche se Sirius non smise di sembrare piuttosto seccato e Peter abbastanza colpevole.

Senza aggiungere una parola però i tre si alzarono dal suo letto, liberandolo dalle loro cose, e gli augurarono in toni leggeri la buonanotte.

Nonostante i dolori che lo affliggevano e le continue domande che gli vorticavano in testa, Remus si addormentò quasi immediatamente, esausto.

James invece, al contrario degli amici, rimase sveglio piuttosto a lungo, gli occhi fissi sul raggio di luce lunare che attraversava il pavimento, arrivando fino ai piedi del letto di Peter.

Era arrabbiato. Arrabbiato con Sirius, arrabbiato con Peter, arrabbiato con sé stesso.

Sapeva che era stupido esserlo, ma non poteva farci niente.

Era arrabbiato con Sirius perchè continuava ad insistere, anche se sapeva benissimo che non erano sufficientemente pronti. Arrabbiato con Peter perchè era così imbranato, anche se non era colpa sua. E arrabbiato con sé stesso perchè nonostante tutti i suoi sforzi non era riuscito a condurre in porto il piano per la sera successiva.

La verità era che aveva desiderato così tanto che il piano Animagus funzionasse e diventasse operativo per quella luna piena ed era frustrante sapere che, nonostante si fossero consumati a forza di provare, non fossero riusciti a portarlo a compimento.

Fin dagli ultimi mesi dell'anno precedente avevano cominciato ad impegnarsi sempre di più, coinvolgendo sempre più spesso Peter, cercando di raggiungere nuovi risultati ogni giorno, ma era da quell'anno che si erano davvero messi all'opera. Si riunivano nella Stanza che Va e Vieni (recentemente rinominata da Peter “Stanza delle Necessità”, perchè aveva detto di aver parlato con un elfo domestico che l'aveva chiamata così) praticamente ogni notte e spesso ci erano rimasti talmente a lungo da riuscire a vedere l'alba dalle finestre dei corridoi lungo il loro ritorno verso la Sala Comune. Non riuscivano neanche più a contare quante volte avevano fatto infuriare la Signora Grassa per averla svegliata ad orari maledetti, né quante volte lei li avesse minacciati di lasciarli fuori. Probabilmente era soltanto grazie al fatto che ogni volta sembrassero completamente distrutti se erano riusciti a tornare in camera prima che Remus si svegliasse e concedersi qualche ora di sonno.

Non che questo avesse impedito a Remus di accorgersi che qualcosa non andava. I tre lo sapevano, non c'era nemmeno bisogno di chiederlo, che l'altro sospettava qualcosa, ma non potevano rivelare niente. Se avessero detto la verità lui avrebbe cercato in tutti i modi di farli desistere, di convincerli che non era necessario, che era una cosa altamente illegale nonché pericolosa, che tutti quegli sforzi erano inutili. Remus era fatto così: credeva semplicemente di non meritarsi questo genere di cose. Idea totalmente stupida, se James poteva dire la sua.

D'altra parte se avessero provato a dire una bugia avrebbero dovuto tenere in piedi non solo il progetto Animagus, ma anche qualche altro finto progetto, che avrebbe potuto anche non funzionare bene come paravento e che avrebbe solo necessitato di tempo ed energie in più che loro decisamente non avevano.

Quindi avevano dovuto optare per la strategia del silenzio che, almeno da quello che poteva osservare James, stava avendo come risultato solo quello di rendere Remus più sospettoso e depresso.

Certo, se l'intera cosa fosse finita la sera successiva sarebbe stato un altro paio di maniche: le bugie sarebbero finite, Remus avrebbe dovuto gestire il fatto compiuto e tutti sarebbero stati felici e contenti.

Invece erano in ritardo e non sarebbero mai riusciti ad unirsi a Remus sotto alla luna piena la notte successiva.

C'erano stati incidenti di tutti i tipo: dai due (potenzialmente mortali) di Sirius e Peter, a mille altri minori.

Come quella volta che James non era riuscito a far sparire le corna per quasi tre ore (tenendo svegli gli amici fino alle quattro del mattino) e anche quando era riuscito finalmente a tornare normale, gli era rimasta la sensazione di avere due rami conficcati in testa, cosa che non solo lo rendeva piuttosto irritabile, ma gli aveva dato anche dei terribili mal di testa per diversi giorni.

O come quella volta che Peter era improvvisamente rimpicciolito fino ad essere non più alto di quindici centimetri ed era quasi morto schiacciato da una pila di libri pericolanti contro cui aveva sbattuto mentre correva in giro in preda al panico. Anche per sistemare quel pasticcio c'era voluto diverso tempo, da sommare a quello per riuscire effettivamente a convincere Peter ad uscire da sotto una libreria e quello per calmarlo dopo che era ritornato della sua taglia.

O come quella volta che per qualche strano motivo James non era riuscito a mangiare della carne senza sentirsi disgustato per quasi una settimana, mangiando soltanto insalata e toast, cosa che ovviamente aveva sollevato diverse domande curiose. Aveva dovuto dire di aver perso una scommessa con Sirius, cosa piuttosto irritante di per sé se non fosse stata da aggiungere al fatto che lui odiava l'insalata.

O come quella volta che Sirius si era svegliato nel bel mezzo della notte con due orecchie pelose sulla testa e lunghi peli neri su tutto il corpo, senza avere la minima idea di come fosse successo. Era stato quasi un miracolo riuscire a sistemarlo prima che si facesse mattino e senza svegliare Remus e Frank.

Insomma, anche se nel ripensarci quegli avvenimenti potevano sembrare divertenti (ed effettivamente James non poteva negare di avere un piccolo desiderio di scoppiare a ridere in quel preciso istante), restava il fatto che li avevano rallentati.

Ora, anche se James e Sirius riuscivano circa otto volte su dieci a trasformarsi senza grossi problemi e a tornare alla loro forma umana, Peter aveva ancora molti problemi. Riusciva a trasformarsi circa la metà delle volte, ma aveva quasi sempre bisogno di aiuto per tornare indietro. E, come James aveva dovuto ricordare a Sirius più volte di quanto non gli facesse piacere, non potevano permettersi scene del genere davanti a Remus. Questo lo avrebbe soltanto spinto ancora di più verso la convinzione che quello fosse solo un gigantesco ed illegale errore.

Purtroppo quindi avrebbero dovuto rimandare tutto al mese successivo, se fossero riusciti a tenere tutto segreto per così tanto a lungo, cosa di cui al dire il vero James non era troppo sicuro.

Alla fine però, stanco e irritato, anche lui lasciò scivolare via i suoi pensieri e cadde in un sonno profondo.

 

**

 

Regulus se ne stava seduto su una delle poltrone più vicine al fuoco nella Sala Comune di Serpeverde e non sapeva quanto ancora sarebbe riuscito a resistere prima di scappare via. O di gettare Jared nel fuoco.

Non riusciva a credere che quel ragazzo non avesse nessun altro argomento di conversazione che non fosse quell'irritante ragazzina bionda! Eppure Jared sembrava essere capace di parlare solo di lei.

Anche in quel momento, nel bel mezzo di una stanza mediamente affollata, continuava a blaterare su cosa avessero fatto quel pomeriggio e su cosa avessero intenzione di fare il giorno seguente.

O magari per il resto della loro vita vista la lunghezza del discorso.

Regulus non stava ascoltando una sola parola, ma era piuttosto convinto di aver sentito distrattamente le parole “pic nic” e “fiori” e “goderci il sole finchè c'è”. Cosa che lo aveva abbastanza disgustato, se doveva dire la verità.

Quando era diventato amico di Jared...cioè quando avevano cominciato a passare una certa quantità di tempo insieme, non pensava che si sarebbe ridotto così: ad ascoltarlo vomitare fantasie romantiche su una biondina Grifondoro, seduto davanti al fuoco in un sabato sera di Settembre.

Al dire il vero, non riusciva nemmeno a capire come mai la cosa lo infastidisse tanto. Certo, vedere Jared ridotto a quel modo era deprimente, ma l'altro aveva sempre un tono di divertito sarcasmo nella voce, quindi Regulus non sarebbe stato pronto a giurare che in realtà tutto quello non facesse solo parte di una complicata messinscena. E allora perchè non riusciva ad ascoltare nemmeno una parola che l'altro diceva senza provare l'intenso desiderio di fargli chiudere la bocca?

Con la sua magari.

No.

Che cos'era quel pensiero? Da dove usciva? Lui non pensava cose del genere, non desiderava niente di tutto quello!

Dovevano essere le stupide chiacchiere di Jared che lo stavano facendo impazzire. Sì, di sicuro.

E dovevano sempre essere le sue melensaggini a farlo arrossire. Non stava pensando a nulla del genere, no no no.

«Mi spieghi una cosa?» sbottò il ragazzo all'improvviso, interrompendo a metà frase Jared, che sembrò sorpreso dalla domanda ma anche un pelino irritato.

«Cos'è, non puoi arrivarci da solo?» chiese Jared con un ghigno.

«No, perchè è una cosa completamente illogica.» rispose Regulus con la stessa asprezza.

«Parla.» lo incoraggiò allora l'altro Serpeverde, interiormente curioso.

Chissà che voleva sapere ora Regulus? Non domandava spesso dei chiarimenti e di certo non a lui. Inoltre aveva un'aria strana, sembrava quasi..imbarazzato?

No, sembrava più arrabbiato che imbarazzato, ma non con lui.

Sì, Jared poteva quasi sentirlo darsi dello stupido internamente. E anche quello non era uno spettacolo molto comune.

«Non riesco a capire perchè tu continui a tirare avanti con questa farsa della Moor. Non ti può più portare ai Malandrini, non ti può più dire niente! Allora perchè non liberarti finalmente di lei?» domandò Regulus, con più rabbia di quanta non desiderasse far intendere. Voleva che Jared si liberasse di Sunshine, o voleva essere lui a liberarsi di lei?

No, non era geloso. Era un pensiero stupido e irrazionale. Lui non era geloso.

«Oh, il mio piano non è finito. Forse si è allontanato dai Malandrini, ma è certamente ancora in corso.» spiegò con aria sorniona Jared.

Regulus aprì la bocca per replicare, ma prima che potesse dire qualcosa Jared cambiò espressione, assumendone una più mesta e quasi malinconica.

«O forse...forse non è più una farsa.» rivelò sottovoce.

Regulus fece un secco respiro veloce, poi imprecò a mezza voce e si alzò di scatto.

Maledetto Salazar, a chi voleva mentire?

Era geloso. Era dannatamente geloso.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

Lo so è passato più di un mese, lo so. Sono terribile e non posso trovare scuse che reggano, ma provate a capirmi. La scuola peggiora sempre di più e cercare di fare mille cose assieme non ha funzionato molto bene, quindi per quanto mi dispiaccia devo lasciare un po' da parte alcune cose “meno importanti”. Non sto dicendo che smetterò di scrivere, ma certamente non aggiornerò a ritmi molto più veloci di così.

In più negli ultimi mesi sono stata circondata da talmente tanto inglese (serie tv, tumblr, fanfiction...) che ho finito per pensare anche in inglese e scrivere in italiano delle scene pensate in inglese...bè non è sempre facile come sembra.

Lo so, sto accampando scuse su scuse ma sono davvero dispiaciuta. Spero solo che capiate, che non mi odiate e che continuerete a leggere. Vi adoro

*dD*

 

ps: il capitolo era pronto da diversi giorni ormai, ma non riuscivo a trovare né il tempo né la forza di aggiornare. Per questo vorrei ringraziare immensamente ILOVENY: grazie alla tua recensione sono riuscita a trovare l'energia e la voglia che ci voleva per postare questo capitolo. Non sai nemmeno quanto tu mi abbia reso felice.

Per le altre adorabili persone che hanno recensito: scusate se non vi ho risposto, sappiate solo che vi adoro. 

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