Noi giovani soldati

di Roccuncolo
(/viewuser.php?uid=629324)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivano i soldati ***
Capitolo 2: *** Quest'anno niente vacanze. ***
Capitolo 3: *** Il nostro primo bacio ***
Capitolo 4: *** Buio ***



Capitolo 1
*** Arrivano i soldati ***


È inverno. Le giornate si accorciano. Il buio arriva prima. La neve inizia a cadere. Le piante si fanno più grigie ed iniziano a morire. Cala la temperatura. Ed iniziano le vacanze. Sono passati tre giorni da Natale. Bevo un té fumante, cercando di scaldarmi. Guardando fuori dalla finestra colgo una cosa inaspettata: soldati. Un brivido si dirama lungo la mia schiena: non riesco a fare nulla, se non fissarli. Stanno attraversando la strada. - Vengono verso di noi- penso. Cosa sta succedendo? Suona il campanello. Sono solo a casa, quindi decido di non aprire. Mi nascondo sotto le coperte, cercando un motivo per cui quei soldati sono qui. Passa qualche minuto e decido di scendere. Apro la porta, ma se ne sono già andati. Mi rintano in camera mia cercando di togliermi dalla mente la faccia dei due soldati: mento squadrato, labbra sottili e folte sopracciglia. Ascolto della musica, provo a rilassarmi, ma niente da fare. Tornata a casa la mamma corro per dirle che sono terrorizzato, che dei soldati sono venuti qui, che hanno suonato il campanello, ma le uniche parole che mi escono dalla bocca sono ''Ciao mamma.''. Tenni tutto ciò che vidi per me, fino all'indomani. Fa freddo, tanto che nemmeno il mio giubbotto riesce a riscaldarmi. Corro di fretta verso la mia migliore amica, Autumn, che mi stava aspettando fuori dal bar per fare colazione con me.
- Devo parlarti- dico.
Entriamo e prendiamo posto su un tavolo.
Autumn è l'unica persona di cui mi fidi ciecamente, pur conoscendoci solo dall'anno scorso. Come me ha quindici anni, e frequentiamo la seconda superiore. È sul metro e settanta, snella, con folti e lunghi capelli castani e bellissimi occhi grigi. Le basta un sorriso per rallegrare la giornata a qualcuno. Forse è per questo che ha tanti amanti, tra cui me. Non ho mai voluto dirglielo per non spezzare la nostra amicizia, anche se nutro questo amore dal giorno che ci siamo conosciuti.
Ci guardiamo intensamente senza dire una parola, finché non arriva il cameriere che interrompe bruscamente il silenzio.
Cosa volete ordinare, ragazzi?- ci chiede, guardandoci in modo freddo e poco gentile.
Due cioccolate calde e una brioche- risponde Autumn con prontezza.

Appena il cameriere si allontana le dico tutto.
Ho paura – riesco a dire. 
Aspetto che Autumn dica qualcosa, ma rimane immobile. Dopo qualche minuto riesce a dirmi – Sta iniziando una guerra per liberare il nostro stato dalla dittatura, e raccolgono più civili possibili per partecipare alla rivoluzione.

Mi hanno scelto per combattere. Cosa si aspettano da delle persone che non hanno mai partecipato ad una guerra? Che si facciano esplodere per liberare il Paese? No, non l'avrebbero fatto. Dovevano distruggere la dittatura, non crearne un'altra. E se invece... I miei pensieri vengono interrotti bruscamente dal cameriere, che ci serve due enormi tazze colme di cioccolata calda, decorata dalla panna con motivi floreali. La brioche calda, probabilmente appena sfornata, viene subito presa da Autumn che la divide in due, porgendomene una. Non riesco però a mangiare: i volti dei due soldati non mi danno tregua, quindi decido di restituirlo a Autumn. - Tieni, non ho fame.
- È per via dei soldati vero?

Io annuisco col capo, guardando i suoi bellissimi occhi grigi. Mi prende la mano, il che mi dà un certo appoggio. - Vedrai che non passeranno da te, non potranno mica venire due volte, no?
Alla fine riesce a convincermi: anche se poi mi verranno a prendere, devo godermi gli ultimi momenti con Autumn. Bevo la cioccolata fumante e ci inzuppo dentro la brioche morbida. - Usciamo- dico. Mi dirigo alla cassa e pago la colazione, poi girandomi per salutare il cameriere mi accorgo che era uno dei due soldati: stesse sopracciglia, stessi occhi, più un piccolo particolare: una cicatrice che si allungava per tutta la guancia destra fino al labbro. Rimango impietrito. Il suo sguardo mi trafigge, come se volesse avvisarmi che sa chi sono, e che sa dove trovarmi. - Arrivederci- dico. Varco l'uscita e mi incammino con Autumn verso il parco.

La strada che porta al parco è spesso trafficata, in questi giorni, probabilmente per via dei saldi invernali: tutte le persone si radunano davanti alle vetrine per trovare i migliori capi al prezzo più conveniente. Davanti ad ogni negozio riesco a vedere insegne su cui scritto, in caratteri cubitali ''SCONTI FINO AL 70%''. La gente si azzuffa pur di riuscire a comprare un abito, un giaccone o qualsiasi altro indumento ad un prezzo stracciato. Cerco di farmi spazio tra la folla che mi trascina verso le vetrine. Passati i negozi, però, la strada si fa deserta e fredda. Il terreno asfaltato è ricoperto di pozzanghere. Giunti al parco io e Autumn ci sediamo e guardiamo il prato ricoperto di brina: i piccoli fiori sono raggrinziti, i fili d'erba, invece, sono di un verde acceso, che viene però pian piano sostituito da un verde militare per via della brina. Verde militare: il colore delle uniformi che presto indosserò nell'imminente guerra che potrà distruggere la dittatura. Lunghe file di abeti si innalzano per confinare il parco. Ai loro piedi scorgo un piccolo scoiattolo, che cerca tra gli aghi degli alberi qualcosa con cui nutrirsi. Lo indico ad Autumn, che gli si avvicina lentamente. Arrivata a qualche metro d distanza dall'albero si accuccia, e, pian piano, allunga il suo braccio vicino allo scoiattolo: quest'ultimo si lancia con un movimento atletico, che pare un salto, fra le fronde di un abete. Poi, vede qualcosa sulle mani di Autumn: si avvicina con cautela finché non la raggiunge. Allora Autumn mi fa segno con la testa di venire; arrivato accanto a lei vedo il piccolo scoiattolo rosicchiare delle arachidi che Autumn deve aver rubato dal bar. Di scoiattoli non se ne vedono molti in questi tempi: le sue piccole orecchie arrotondate erano ricoperte da un pelo marroncino, simile al colore delle nocciole, che si allunga sulla punta a mo' di triangolo, dando all'orecchio una forma appuntita. Le zampette dello scoiattolo sono fragili e più piccole delle arachidi che tiene in mano. La pancia, invece, ha una peluria tendente al rossiccio, mentre la sua coda, che supera di qualche centimetro la lunghezza del suo corpo, si incurva verso la testa, formando una specie di punto interrogativo. Avvicino la mano al suo docile corpicino, il che fa scattare un specie di allarme nella testa dello scoiattolo: prima che riesca a toccarlo è già scappato oltre al confine del parco.
Non sono bravo a socializzare con gli animali- dico. Ed è vero. Ho un cane da 8 anni e tutte le volte che apro la porta di casa e varco la soglia, anziché trovarmelo lì davanti a scodinzolare, rimane nella sua cuccia, ad abbaiare e a ringhiarmi contro.

Un sorriso si forma sulla faccia di Autumn, e mi sento subito meglio: quando sorride mi sento come se fossi al paradiso. Un calore divampa in me, ed un brivido mi si dirama lungo tutto la schiena. Non posso credere che sia umana. É la perfezione. É un angelo mandato sulla terra per rendermi felice, ma anche per torturarmi: averla nella mia vita solo come amica mi deprime. Io la amo. É solo che non so se prova i miei stessi sentimenti. E questo è peggio di qualunque tortura.
La guardo negli occhi, per cercare una qualsiasi traccia dei suoi sentimenti nei miei confronti. Ma non riesco a capire.
Ti voglio bene - le dico – Se non ci fossi tu la mia vita sarebbe da buttare via.
- Sei dolcissimo Josh! Ti voglio bene anche io, sei la persona più speciale che io conosca! - e mi stringe con un abbraccio. Vorrei dirle che la amo, ma le parole non mi escono dalla bocca. Ho paura. Ho paura di perderla.

Guardo il cielo, cercando di capire il perché di questa tortura. Ma vedo solo nubi sparse e rabbiose, grigie come l'asfalto della strada che passa davanti al parco. Probabilmente sono cariche di pioggia, ma non voglio porre fine al nostro abbraccio. E come previsto inizia a piovere. Una piccola goccia d'acqua cade sulla guancia di Autumn, ma pare che nemmeno a lei importi del temporale. Mi alzo e le stringo la mano, ed insieme andiamo in piazza, sotto ad un porticato. Il pavimento è interamente fatto da piastrelle grandi quanto un piede, di colori caldi e tenui, un po' ingrigiti nel corso degli anni. I portici sono sorretti da colonne doriche e gli archi sono fatti di marmo candido. Le vetrine sono ancora sotto lo sguardo delle persone, che non hanno nemmeno fatto caso alla pioggia che sta accadendo. È come se fossero attratti da una calamita gigante, che porta verso di sé tutti coloro con un po' di denaro in tasca.
Io ed Autumn ci sediamo e guardiamo i fiori del prato, ancora appassiti, ma con una bellezza innaturale.
Appoggio le mie labbra sulla fronte di Autumn.
Da quanto tempo non passiamo una giornata insieme... Mi sei mancata...
Non ti lascerò andare via. Non ti lascerò andare a morire...
Lo so - bisbiglio, pur sapendo che non lo potrà impedire. Pur sapendo che la perderò.

Il tempo passa, e restiamo a guardare le persone che ci passano davanti. Rimaniamo abbracciati, finché non sentiamo un rumore.

Din, don, din, don...

È mezzogiorno. I piccioni appollaiati vicino alle campane volano storditi verso gli alberi. - Devo andare – dico ad Autumn, anche se la lascio a malincuore. Lei mi tiene stretto a sé.
Non andare, per piacere – bisbiglia.
Dopo ci rivediamo, ok bellissima? - le stampo un bacio sulla guancia e mi incammino verso casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Quest'anno niente vacanze. ***


Tornando a casa non vedo nessuno, forse per via dei saldi. Le strade sono deserte. E nemmeno gli animaletti si fanno vedere. I piccoli uccellini e le loro dolci melodie si sono nascosti. I cani dei vicini pure. Arrivo davanti casa e suono il campanello ma nessuno risponde. Sembra quasi sia passato un uragano, anche se non è mai successo dalle nostre parti. Scavalco il cancelletto rosso e mi dirigo verso la porta che da' al salotto. Do' una sbirciata dentro casa e li vedo: due uomini alti, un po' grossi, con delle giacche verde oliva. Scatto indietro per nascondermi. Chiudo gli occhi. “Non posso nascondermi per sempre” penso. E con un gesto avventato apro la porta. Tengo la testa bassa, senza osare guardarli. 
    - Che bel ragazzo che hai, Jenny! - esclama il signore a sinistra, rivolgendosi a mia madre. Come fa a conoscere mia madre? La sua voce è fredda e pungente, come quella che mi ero immaginato. Eppure non è come quella dell'uomo del bar. È più rauca, più forte. Dopo qualche attimo di silenzio decido di guardare in faccia il mio destino: alzo lo sguardo, ma non vedo l'uomo col mento squadrato che avevo incontrato. È paffuto. Le sopracciglia sono nere e folte. Il naso è un po' schiacciato, con dei peli che escono dalle narici. Ha delle labbra grosse ed una barba brizzoluta che gli copre le guance. Ed ha un tatuaggio sul dorso della mano, su cui scritto “I'M A MAN”. Quello non lo negava nessuno. Forse non sapeva cosa scrivere.
 Guardo mia mamma con aria interrogativa ed inarco un sopracciglio, come per chiederle “Perché sono qui questi due?”. Mia mamma mi risponde con uno sguardo d'accusa. Non so perché. Ma non significa
niente di buono. 
Vado in cucina e chiudo la porta. Do' da mangiare al mio cagnolino, che inizia ad abbaiarmi contro. È un cagnolino piccolo, con occhi grandi e marroni. Le orecchie sono dritte per sentire ogni suono. Il pelo morbido, lungo, di un marrone nocciola lo fa sembrare grosso. E, come ho già detto, mi odia. Non so perché, ma tutti gli animali mi “odiano”. 
Dopo avergli riempito la ciotola, il cane mi ringhia contro per qualche secondo, e poi si zittisce abbuffandosi di croccantini. Metto sul fuoco una padella e ci butto sopra della carne. Forse cucinare mi potrebbe aiutare durante la guerra. Prendo un pacchetto di patatine dalla dispensa e mi abbuffo, il che non è un problema: tutto ciò che mangio viene bruciato in fretta, infatti sono piuttosto snello. Aspetto due minuti e prendo la bistecca. Ne sto addentando un pezzo quando entra mia mamma.
- Perché mi hai lanciato quell'occhiataccia? - le chiedo.
- È vero che hai un cinque in pagella? Quando avevi intenzione di
 dirmelo?
Esatto. Mia mamma è una di quelle che non accettano brutti voti. 
- Quindi quell'uomo era...?
- Il nuovo preside, non l'avevi già incontrato?
- Boh, credo di sì... - dico. 
In effetti avevo un vago ricordo di quell'uomo. Ma probabilmente prima ero troppo confuso per ricordarmelo. - Che fortuna – mi sfugge dalla bocca. E non sono ironico. Sono molto preoccupato. Ma soprattutto sono spaventato. Mia mamma capisce all'istante che non stavo parlando con sarcasmo.
- Perché “che fortuna”? Chi credevi che fosse?
La guardo negli occhi. Verdi come i miei. Riesco a vedere la sua preoccupazione. Non posso nasconderle tutto. Almeno non questo. Decido di dirle tutto, di quando erano venuti e di quello che mi ha detto Autumn. 
- Eppure non è venuto nessuno oggi, ad eccezione del preside. - dice mia madre, stringendosi le spalle. 
Non sembra nemmeno preoccupata. Il che mi irrita. Sposto la traiettoria del mio sguardo sulla carne, che inizio a mangiare. Dopo qualche boccone l'ho già finita, così mi infilo la giacca e dico a mia madre: 
- Vado da Autumn, mi sta aspettando...
- Va bene - dice lei, arruffandomi i capelli castani.
In quel momento bussano alla porta.

Toc toc toc

Mi giro di scatto e guardo mia mamma nel profondo degli occhi, e ne vedo la paura.
- Ci penso io – dice.
Mi rannicchio dietro al tavolo bianco che abbiamo in salotto, dato che ha le gambe piuttosto larghe. Sbircio verso la porta.
È mio padre, con la sua divisa da lavoro arancio brillante e un giocattolo in mano per i miei fratellini, Michael e Adam. La sua fronte, priva di rughe, è 
ricoperta da goccioline di sudore. Il suo respiro è affannato. Deve essere tornato a casa di corsa. Ha un sorriso smagliante stampato sulla faccia:  - Ciao amore – dice a mia madre, stampandole un bacio sulla bocca. 
Mia mamma arrossisce, e gli chiede: - Perché tanta felicità? 
- Ho avuto una promozione, quest'anno potremo andare in vacanza all'estero, tipo a Los Angeles! È noioso stare sempre qui a Blackwich! Non possiamo sempre stare qui o in giro per l'Inghilterra, ci abitiamo lì!
Mia mamma lo guarda negli occhi ed io, come d'istinto mi dirigo verso di loro. 
- Papà, devo parlarti
Il suo sorriso si affievolisce ed il suo sguardo diventa serio.
- Cosa c'è? 
- Qualche giorno fa sono passati dei soldati, e cercano qualunque persona possa combattere. Quest'anno niente vacanze.     



 Salve :)
prima di tutto volevo chiedervi cosa ne pensate   della mia storia e come potrei migliorarla.
E poi volevo suggerirvi di leggere le fanfiction di una   mia amica, si chiama IBeliveInMySelf, perché scrive davvero bene :D
Grazie mille a chi recensice  la storia, un saluto a tutti 
Roccuncolo                           

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il nostro primo bacio ***


IL NOSTRO PRIMO BACIO

 

Sono passati ben tre giorni da quella mattina  e i soldati non sono più tornati. Domani è Capodanno e potrò festeggiarlo coi miei amici e, naturalmente, con Autumn. Mi sono svegliato da poco, e sono ancora un po' indolenzito. Anche questa notte i soldati sono entrati nei miei sogni. Le mie gambe tremano, ma riesco comunque a scendere le scale e scaldarmi un buon té in cucina. Guardo fuori dalla finestra, e vedo solo una lieve nebbiolina che avvolge le strade. C'è silenzio in tutta la casa. Mi distendo sul divano, chiudo gli occhi e mi addormento. Quando mi risveglio è circa mezzogiorno. Mi alzo con fatica e mi guardo intorno. Mia madre sta preparando da mangiare in cucina, ed i miei fratellini giocano a nascondino in salotto. Sembra una giornata normale come tutte le altre. Mi sposto lentamente in cucina, e chiedo a mia mamma: - Cosa stai facendo da mangiare?

- Pasta alla carbonara come primo, mentre per secondo spezzatino e carote.

- Nient'altro? - esclamo io, con aria sorpresa.

- Vuoi per caso diventare obeso? - mi chiede lei, strappandomi un sorriso.

Mi siedo sul tavolo, aspettando che il pranzo sia pronto. Apro il mio computer portatile, ed entro nel mio profilo di Facebook. Sto sfogliando delle immagini, finché non arriva Adam che mi salta addosso e mi fa quasi cadere dalla sedia. Allora lo prendo in braccio e lo faccio sedere sulle mie gambe, e gli chiedo, sapendo già la risposta, se vuole giocare col PC.

- E me lo chiedi anche? - mi dice, con un tono ironico.

Apro quindi il suo gioco preferito, chiamato “Banane vs Scimmie”, un gioco dove tu sei delle banane e devi cercare in tutti i modi di eliminare le scimmie prima che ti mangino. È un gioco un po' stupido, ma essendo un bambino di 7 anni non credo che glie ne importi molto. E così inizia a giocare, e d il tempo passa.

- È pronto, mamma??? - chiedo, impaziente.

- Quasi! Stai calmo e prepara la tavola se vuoi mangiare prima!!!

Io mi alzo svogliato facendo scendere dalle mie gambe Adam e apparecchio in fretta e furia la tavola.

- Fatto!

- Di già?!? Non è che come al solito hai dimenticato le posate?

“Le posate!” penso fra me e me.

- Certo che no, mamma! - rispondo io correndo verso un piccolo mobile azzurro dove abbiamo l'argenteria.

Riesco a finire di preparare la tavola un attimo prima che mia mamma arrivi.

- Ecco la pappa bestiolne! - dice rivolta ai miei fratellini.

Mio papà rimane a mangiare a lavoro e lo vediamo solo di sera. Ci accomodiamo a tavola e iniziamo a mangiare silenziosamente. Arrivati al secondo mia mamma mi chiede: - Cos'hai intenzione di metterti questa sera da Rick?

- Una maglietta e dei pantaloni di jeans – rispondo

- Non mi convince come vestiario... piuttosto perché non vai a comprarti una camicetta bianca? Magari fai colpo su qualche ragazza! - mi dice lei, facendomi l'occhiolino.

“L'unica ragazza su cui vorrei far colpo è Autumn, ma non ho speranze.” penso tra me e me.

- Comunque le uniche ragazze single che incontro sono due, una è una grandissima stronza, e l'altra è la mia migliore amica, quindi...

- E la biondina, quella carina... come si chiama?

- Sarah? Ah no, lei è impegnata, si è fidanzata con Rick da qualche giorno... Le ha fatto la dichiarazione mentre passeggiavano al parco e a quanto pare l'amore era corrisposto – rispondo io.

- Ma sei sicuro che non ti piaccia Autumn? Dai, è uno schianto caspita!!!

“Come cazzo fa a saperlo, qualcuno me lo dica!” penso fra me e me.

- Lo so che è bellissima, ma no. Siamo solo amici. - dico.

Sento le guance arrossirmi, così prendo l'ultimo boccone di spezzatino e mi alzo dalla tavola.

- Comunque ne ho già una di camicia, se insisti mi metterò quella.

 

Mancano dieci minuti all'inizio della festa da Rick e sono già davanti l'uscio di casa sua. Non vedo davvero l'ora che arrivi Autumn.

Non faccio tempo a suonare il campanello che Rick apre la porta.

- Hey Sa... Ah, sei tu. Accomodati pure – mi dice lui.

- Grazie per l'entusiasmo! - rispondo io con una risata – Ti ricordo che comunque sono stato io a presentarvi! Quindi non chiedo tanto...

- Hey Josh! - mi urla contro, ridendo – Così va meglio? Comunque, come va con Autumn? - Mi chiede lui.

- Come al solito... - rispondo io, abbozzando un sorriso desolato. Rick è il mio migliore amico, ed è l'unico a sapere della mia cotta, oltre alla nostra nuova compagna di classe Sarah, che si era trasferita all'indirizzo matematico da quello di scrittura.

- Diglielo, caspita! Dai sei un bel ragazzo, dolce e simpatico cosa può volere di più?

- Non lo so! Ma magari non le piaccio! È come se io piacessi alla tua Sarah! Anche lei è bellissima, dolce e simpatica, ma non posso innamorarmi di lei solo perché ha queste caratteristiche! È una questione di cuore!

- Va bene, va bene! Ma non rubarmi la ragazza eh! - risponde lui, strappandomi un sorriso.

Il suono del campanello interrompe la nostra interrogazione.

Rick va ad aprire, trovandosi davanti le ragazze.

- Ciao cucciola – dice a Sarah baciandola dolcemente sulle labbra.

Sta davvero bene: ha un vestito rosa che cade sulle ginocchia, scarpe con tacco corallo ed una borsetta con la bandiera americana. Gli occhi azzurri di lei brillano ogni volta che bacia Rick, come fanno i suoi color cioccolato. Di aspetto sono l'esatto opposto: lei è bassetta, bionda e pallida, con una corporatura piuttosto magra, molto simile ad una bambola di ceramica, fragile ed incantevole. Lui invece è alto, moro, abbronzato e con un fisico molto atletico. Di carattere sono invece piuttosto simili: entrambi simpatici ed un po' pazzi. Eppure, pur essendo diversi si completano. In fondo un puzzle si completa solo con pezzi diversi.

E seguita da lei c'è la mia luce, la mia ancora. La mia Autumn. Indossa un vestito di seta blu, il mio colore preferito, e delle ballerine argento. È truccata leggermente, e sfoggia un sorriso lucente. Quando la vedo mi dirigo subito verso di lei e la abbraccio, stringendomela al petto.

- Hey piccola, stai una favola con questo vestito, va a finire che mi innamoro di te – le dico, baciandola sulla fronte.

- Beh, saresti un ottimo partito - mi dice lei, facendomi l'occhiolino.

Io rido di gusto, sentendo un calore che mi travolge.

- Ci sediamo? - le dico io, prendendola per mano e sedendomi su un soffice divanetto color panna. Lei si siede sulle mie gambe ed appoggia la testa sulla mia spalla.

- Comunque ciao Josh! - mi dice Sarah, ridendo.

- Ciao Sarah – dico io, sorridendole.

 

Mancano una decina di minuti a mezzanotte, e sono arrivati tutti.

Rick allora si mette in piedi sopra un tavolino ed urla: - Vi va di giocare al “Gioco della bottiglia???”.

Tutti urlano “Sì” così ci sediamo in cerchio. Il gioco va avanti da parecchi minuti, e né io né Autumn né Rick abbiamo mai 'partecipato'.

Ad un certo punto la bottiglia mi indica. Io mi alzo in piedi, pronto a 'giocare'. E al secondo giro la bocca della bottiglia la indica. Guardo per un attimo Rick, che mi fa l'occhiolino e poi Autumn. Non riesco a crederci. Mi avvicino a lei. I nostri occhi sono incatenati. Non riesco a levarli dai suoi. Le prendo la mano e sento un lieve sottofondo del conto alla rovescia.

 

“10!!”

“9!!”

“8!!”

“7!!”

“6!!”

“5!!”

Ci avviciniamo.

“4!!”

Le appoggio la mia mano sulla guancia.

“3!!”

La avvicino a me.

“2!!”

Le scosto una ciocca di capelli.

“1!!”

I nostri volti sono lontani di qualche centimetro.

“Buon 2134!!!!!”

Le nostre labbra si toccano, ed io cedo alla tentazione. Assaporo ogni piccolo istante di questo bacio. In questo momento siamo solo noi due. Siamo i due pezzi di un puzzle che combaciano alla perfezione. E posso essere sicuro che d'oggi in poi vedrò solo lei nei miei sogni.

 

 

 

- Spazio dell'autore-

Ciaooo!!! Questo capitolo lo dedico alla mia carissima Sarina (compagna di classe top) dato che le voglio tanto bene <3
Comunque spero che vi piaccia :)
Mi dispiace di averla pubblicata così tardi ma ho avuto il vuoto dello scrittore u.u

P.S.: Sarina, non è una dichiarazione d'amore quando scrivo che sei incantevole/carina u.u TVTTTB :)

UN SALUTONE A TUTTI!!!

Roccuncolo

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Buio ***


Buio.
 

Sono passate due settimane dalla serata di Capodanno, e le forze militari non si sono più fatte vedere. Oggi si torna a scuola, e rivedrò Autumn. Dal giorno del nostro bacio non ho potuto fare a meno di pensare a lei, ai suoi acchi azzurri, ai suoi morbidi capelli, al suo sorriso radioso, alle sue labbra. Alle sue labbra specialmente, che, dopo averle bramate per molto tempo, per una pura casualità si sono scontrate con le mie. E quel bacio mi ha chiarito tutto. Devo dirglielo, devo rischiare. Sono stato tentato varie volte di scriverglielo, ma voglio affrontare la cosa di persona, faccia a faccia con lei.
Mi sveglio con le palpebre pesanti e le gambe rigide, tanto che mi sembra un'impresa alzarmi dal letto e raggiungere il bagno senza cadute comiche. Mi guardo allo specchio: i capelli sono scompigliati e alcuni mi coprono gli occhi, e la mia faccia appare stanca. Mi bagno il volto con dell'acqua gelata, mentre mi sistemo i capelli con del gel. Prendo i primi vestiti che trovo nell'armadio di mogano in camera mia: una maglia blu ed un felpone grigio, abbinati ad un paio di jeans. Mi infilo le scarpe e percorro il corridoio scricchiolante che porta alla cucina. La colazione è veloce: una tazza di caffé e biscotti. Finito di mangiare, mi metto una giacca nera, prendo zaino, cellulare e mi incammino verso scuola. Le strade sono trafficate, piene di automezzi diretti prevalentemente al centro della città, nell'area scolastica. L'aria fredda mi accarezza il viso, irritandomi il naso e provocandomi dei leggeri brividi. Sento le persone e le auto che passano, ma penso solamente al discorso da fare ad Autumn. Penso e ripenso, ma non trovo mai le parole giuste. Non sono mai stato bravo a parlare, non per altro ho scelto l'indirizzo matematico. 
La mia classe è al piano terra, mentre Autumn, dell'indirizzo artistico, si trova nel piano superiore. Le parlerò durante la pausa, penso tra me e me, mentre mi dirigo verso la mia aula. 
Gli ampi corridoi sono ancora addobbati in maniera natalizia, con ghirlande acrifogli e palline variopinte; davanti alla mia classe incontro Richard, che sta parlando con una biondina della classe accanto alla nostra. E' un'odiosa ragazzina viziata con due anni in meno di noi; porta i capelli raccolti in una coda alta, mentre il volto è talmente pieno di trucco da sembrare una bambola, per non parlare di vestiti: indossa una gonna di pelle bordeaux e delle scarpe basse color zucchero filato. La maglia che indossa è nera, con un'apia scollatura e dei motivi floreali, tra i quali spicca la scritta rosa I'm a princessIo sostituirei l'ultima parola con bitch, ma non mi è possibile. 
- Ehi Josh - dice Richard.
- Ciao Ricky - rispondo io, battendogli il cinque.
Richard mi presenta Jasmine, la biondina, ed un dialogo si avvia tra noi tre. La campanella suona. Richard dà un bacio sulle labbra a Jasmine, ed entriamo in classe. 
- Certo che cambi in fretta - gli dico io, con uno sguardo serio e carico di rimprovero. So che non è mai stato un ragazzo serio, ma pensavo che Sarah l'avesse cambiato. Ed invece è rimasto come prima, ancora un po' immaturo ma onesto, e sempre disponibile ad aiutare gli altri. Lui sta per rispondere, ma viene interrotto dalla brusca entrata della signora Rumble, nonché la nostra "simpaticissima" prof di inglese. Mi siedo vicino a Sarah, e guardo la classe: gli addobbi sono stati levati ed ammassati su una cassa di acciaio. Per il resto, la classe è spoglia ed incolora, fatta eccezione per la lavagna a proiezione che illumina la stanza. Torno a guardare Sarah, che mi abbraccia con un dolce sorriso. Io ricambio, e quando ci stacchiamo la guardo meglio: oggi ha una treccia che le cade dolcemente sulla spalla sinistra. Indossa una maglia viola e dei leggins neri, ed emana un profumo alla menta. Ha un po' di trucco solo sugli occhi chiari, che li rende più brillanti. 
- Sarah, ho bisogno di una mano - le dico, forzando un sorriso.
- FINALMENTE! - esclama lei, richiamando l'attenzione della prof.
- Signorina, vuole svolgere l'esercizio alla lavagna? - le chiede, con un tono di voce che suggerisce un rimprovero, come è classico da lei. Infatti, la signora Rumble è sempre stata la tipica insegnante severa e rompiscatole, con un gergo che sembra uscito da un testo di William Shakespeare: una noia soporifera.
Sarah porta prontamente la mano retta davanti alla tesa, alla maniera dei militari.
- Signorsì signora! - esclama lei, recandosi alla lavagna e completando perfettamente l'esercizio. Io soffoco una risata, guardando il volto irritato dellaa professoressa. Le labbra sottili si schiudono, provocando un suono simile ad un grugnito.
- Bene signorina Smith, può tornare al posto.
Sarah si siede, ed io le batto il cinque. È una ragazza perspicace, e soprattutto brava con le parole, quindi sono sicuro che mi potrà aiutare. Mentre la prof inizia una nuova e noiosa lezione, inizio a dire a Sarah cosa voglio fare. Sa della mia cotta per Autumn dall'anno scorso, quando, durante una gita scolastica, gliel'ho confidato in segreto. Oltre a lei ne è a conoscenza solo Richard. Sposto lo sguardo su di lui, e lo vedo fissarci con uno sguardo vacuo. I miei occhi tornano a scontrarsi con quelli chiari di Sarah.
- Allora Josh - sussurra lei - Finalmente hai deciso di dichiararti! E non trovi le parole, quindi la tua scelta non ha potuto fare a meno di cadere sulla tua geniale amica!
Rido un momento: questa ragazza mi sorprende sempre.
- Senti, pensavo di farle un discorso non troppo lungo, ma che sia anche toccante. Ci ho riflettuto tutta la mattina, ma mi è uscito solo questo "Autumn, è da un po' di tempo che devo dirtelo. Io mi sono innamorato di te. Follemente. Mi sono innamorato dei tuoi occhi, delle tue labbra, del tuo sorriso.  Mi sono innamorato della tua risata dolce, della tua allegria contagiosa, della tua forza d'animo. Sono innamorato di te, e tanto. E non voglio negarlo." - faccio una pausa e la guardo - Che ne dici?
- E' dolcissimo Josh... - risponde sorridendo, con le lacrime agli occhi.
- Che c'è Sarah? 
- Niente. Solo ricordi... - mi dice, con un'espressione desolata.
Io la stringo in una abbraccio, e, inaspettatamente, esplode. Inizia a piangere diseratamente, tirandomi dei pugni sulle spalle. La stringo con più forza e guardo con rabbia Richard. Con la coda dell'occhio noto che la prof ci sta guardando, ma probabilmente, colta alla sprovvista ed impreparata, si gira, fingendo di non averci notato. Bisbiglio delle parole alla mia amica, mentre le accarezzo i capelli.  Parole dolci, parole rassicuranti. È orribile vederla star male, vedere il suo sorriso spento, sentirla piangere. Soprattutto perché la colpa è del mio migliore amico. La campanella della pausa suona, ma io resto con Sarah finché non si stacca da me e si asciuga le lacrime, dicendomi di andare; io le stampo un bacio sulla fronte, ed esco dalla stanza. I miei pensieri sono affuscati, finché non vedo Richard parare con la stupida biondina. Una rabbia innaturale mi aggredisce. Corro verso Richard e lo sbatto contro una parete.
- HAI VISTO COSA CAZZO LE HAI FATTO?!? - sbraito , con una voglia incontrollabile di prenderlo a calci.
- Sai benissimo come sono fatto - risponde li alzando le sopracciglia.
Non riesco a trattenermi, e le nocche della mia mano destra colpiscono una sua tempia. Jasmine ha un'espressione di paura dipinta sul volto, ma la ignoro.
- E tu sai benissimo com'è fatta Sarah - sibilo io, spingendolo via. 
Corro verso le scale: ho pochi minuti per trovarla e dirle tutto, e devo raggiungerla al primo piano. Mi sposto frettolosamente nei corridoi dell'indirizzo artistico, decorati con i disegni degli alunni. Mi faccio largo tra gli studenti, ma non la trovo. Mi metto in punta di piedi e mi giro intorno, e riesco a scorgere un suo compagno di classe, un certo Nathan. Gli tocco una spalla e lui si gira.

- Nathan, sai dove si trova Autumn?
- È scesa qualche minuto fa a cercare te
Impreco, e ricomincio a correre. La campanella suona, ed i corridoi si svuotano. Raggiungo le scale e le scendo. Eccola. Urlo il suo nome. Lei si gira, ed i nostri occhi si incontrano. Sorrido. Sorrido finché non sento un rumore assordante sopra le nostre teste, ed il suono di un'esplosione. Le fiamme rosse divorano il corrioio dietro di lei. Autumn si gira, ed un urlo acuto esce dalla sua bocca. Io corro, ma un polverone si erge tra noi due, e l'ultima cosa che vedo è un enorme blocco di cemento che crolla. E poi, buio.




Commento dell'autore

Ciao ragazzi :)
Questo è il nuovo capitolo della mia storia, da ora diventerà una storia
gialla. Questo è tutto, spero solo che vi piaccia ;)

Roccuncolo

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2439457