Strade diverse, destini incrociati

di Neon5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri dissociati ***
Capitolo 2: *** Approdo ***
Capitolo 3: *** Domande ***
Capitolo 4: *** Tensione ***
Capitolo 5: *** Caos ***
Capitolo 6: *** Intruso ***
Capitolo 7: *** Bastardo ***
Capitolo 8: *** Rapimento ***
Capitolo 9: *** Dolore ***
Capitolo 10: *** Messaggio ***
Capitolo 11: *** Sanatorium ***
Capitolo 12: *** Paura ***
Capitolo 13: *** Istinto ***
Capitolo 14: *** Labirinto ***
Capitolo 15: *** Fiducia ***
Capitolo 16: *** Fuga ***
Capitolo 17: *** Gravissimo errore ***
Capitolo 18: *** Autocontrollo ***
Capitolo 19: *** Dovere ***
Capitolo 20: *** Vacanza ***



Capitolo 1
*** Pensieri dissociati ***


Pensieri dissociati


Esistono miliardi di stelle agglomerate in galassie, in ognuna delle quali c'è un'alta possibilità che qualche civiltà simile alla razza umana si sia evoluta anche miliardi di anni prima che sul nostro pianeta, ipotesi che se si rivelasse veritiera renderebbe il genere umano l'entità meno progredita dell'intero cosmo.
Ma del resto cos'è il nostro pianeta paragonato all'intero cosmo? Come un granello di sabbia in un infinito deserto.
Il genere umano, che da millenni si fregia del titolo di detentore del potere assoluto, si troverebbe in guai seri se una di quelle presunte civiltà extraterrestri con capacità ben più all'avanguardia delle nostre giungesse sul nostro pianeta con intenzioni di dominio.
Beh sì, è la legge del più forte del resto, le nostre gerarchie sociali non fanno altro che mostrarci ogni giorno quanto questa verità sia radicata nel genere umano, decidendone di volta in volta la sua sorte.

La mia mente ha sempre avuto la brutta abitudine di vagare nei pensieri più disparati quando non riesco a prendere sonno, ed era esattamente ciò che stava succedendo anche quella notte. Eh già, perché a me non fregava davvero un accidenti degli alieni, però quella notte ci stavo pensando seriamente.
Mi trovavo distesa sul ponte della mia nave a faccia in su, e guardando le stelle mi era venuto in mente tutto questo scenario, ma presto mi resi conto che la mia trama faceva acqua da tutte le parti; c'era infatti la possibilità che i nostri presunti visitatori/conquistatori dallo spazio avrebbero considerato il nostro pianeta come una sottospecie di discarica intergalattica e non avrebbero avuto alcun motivo di perdere tempo con noi.
« Un momento... trama? » pensai, « ma mica devo farci un romanzo, sto solo delirando come al solito perché non riesco a prendere sonno e ormai il valium non sortisce più l'effetto desiderato ».
Quella sera non avevo neanche bevuto e non ero sotto l'effetto di droghe, anche  se in effetti i miei trip mentali andavano ben oltre l'effetto di qualsiasi stupefacente, e io da medico lo sapevo bene quali effetti esilaranti creavano tali sostanze. Beh sì, lo sapevo solo perché lo avevo letto e avevo esaminato tutti i tipi di funghi allucinogeni sulla mia isola natale, ma non li avevo mai provati. Odiavo l'idea di far dominare la mia mente da qualche sostanza estranea; del resto se facevo qualche cazzata volevo almeno esserne consapevole e non sotto l'effetto di una stupida droga. 
L'ansia, lo stress e l'insonnia giocavano brutti scherzi sulla mia psiche ormai da tempo, ma tenendo conto di ciò che avevo vissuto erano sintomi più che plausibili. Non ero perfetta e lo sapevo, nonostante avessi solo vent'anni anni riuscivo già a scorgere un paio di capelli bianchi in testa, ma la cosa non mi destava preoccupazione, la stanchezza fino ad allora non mi aveva mai preoccupata. Dovevo solo riuscire ad arrivare al giorno seguente e continuare questo ciclo all'infinito. Ma stavolta il giorno seguente sarebbe davvero stato importante.
Io e le ragazze saremmo finalmente sbarcate a destinazione, l'arcipelago Satō , dopo quasi tre settimane di viaggio, dovevo raccogliere tutte le mie energie per questa importantissima missione. Ero il loro capitano e contavano tutte su di me per l'impresa del giorno dopo, impresa che non sarebbe stata facile contando tutti i pirati e i marines che erano riuniti in quel posto tutti per lo stesso identico motivo nostro. Ma io avevo un asso nella manica, qualcosa in più che avrebbe assicurato a me e alle mie compagne la vittoria, però dovevo giocarla con prudenza questa carta vincente.

« Annabel-san, che ci fai sdraiata sul ponte della nave a quest'ora, ti verrà il mal di schiena con questo freddo senza neanche un cuscino... Ti posso preparare un infuso se vuoi... una camomilla, un tè... »
« Sono sdraiata a terra perché... sì, il mio letto è troppo morbido! Ah sì, e poi qualcuno di guardia ci deve pur stare, non credi? »
« Se posso permettermi di dirlo... io so il perché sei qui... soffri ancora d'insonnia, non è vero? Perché non lo dici anche alle altre, se stai male possiamo rimandare la missione di qualche giorno e... »
« Arianna, dai non rompermi le scatole con la tua gentilezza, io sto benone e alla fine se dormo qualche ora di meno non mi sembra un buon motivo per mandare all'aria tutto, non credi? Poi mi dici anche che fa freddo, beh io non lo sento proprio! Dai brutta mocciosa ora fila a letto... »
Arianna rise timidamente come al suo solito, ormai sapeva bene che il mio cinismo era solo una facciata, però su una cosa aveva ragione, stavo male. Le passai la mano tra i capelli e glieli scompigliai per bene, quella mocciosetta in fin dei conti mi stava simpatica. Beh sì, del resto tutte quelle pazze da manicomio della mia ciurma mi stavano simpatiche.
« E adesso, se non vuoi che io ti prenda a calci, fila a letto. Non preoccuparti di svegliare le altre, hanno un sonno così talmente pesante che quando faccio su e giù per la nave nel cuore della notte, mi fermo e le guardo attentamente e mi chiedo se siano in coma profondo o morte apparente. Non si svegliano neanche a cannonate, fidati! » dissi, alzandomi da terra e sistemandomi la maglietta. Rise di nuovo come al suo solito, e timidamente s'incamminò verso la porta.
« Bene e io adesso cosa diavolo faccio » mi chiesi, grattandomi la testa, « dai vado nella mia cabina, almeno su qualcosa di morbido i mie trip mentali hanno maggior riuscita » e così dicendo mi avviai verso la mia camera.
Mi sedetti sul letto, le cui lenzuola erano praticamente senza neanche una piega, « Wow » sghignazzai, « si vede che qui passo la maggior parte del mio tempo » e mi buttai a pancia in giù sul materasso. Dopo una manciata di secondi alzai lievemente la testa e mi voltai verso il comodino, dove si trovava il mio piccolo alberello bonsai. Mi piaceva davvero tanto quella piantina, me l'avevano regalata per il mio ultimo compleanno. Isabel prima di consegnarmela mi aveva più volte rotto le scatole dato suggerimenti utili su come farla vivere a lungo, ripetendomi quanto tempo ci aveva impiegato per farla crescere correttamente. Beh sì, se ci avesse tenuto davvero non l'avrebbe consegnata a me, ma a parte questo come ho già detto prima mi piaceva davvero tanto. Quella sera però guardando quella pianta, i suoi rami in particolare, che si diramavano da uno stesso tronco, cosi perfetti e uguali ma diversi allo stesso tempo, mi era venuta in mente quella similitudine tra i rami degli alberi e i fratelli, ma del resto l'ho già detto prima che con la testa non ci stavo proprio.
Due fratelli sono come due rami appartenenti allo stesso albero, sì sono identici o simili ma allo stesso tempo diversi; è vero, sono percorsi dalla stessa linfa, ma nonostante questa caratteristica che hanno in comune è sbagliato pensare che due fratelli siano identici in tutto e per tutto. I fratelli Donquixote erano uno degli esempi più eclatanti che avevo conosciuto nella mia giovane e sventurata esistenza.
                                                               
                                                    

E fu pensando a quei due che mi addormentai e mi risvegliai il giorno dopo, alle undici, vergognosamente in ritardo per la missione, in stato confusionale e tremendamente incazzata.

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Capitolo 2
*** Approdo ***


Approdo

 

La gente comune la prima cosa che fa appena sveglia è andare in bagno, vestirsi, prepararsi la colazione, mangiare e uscire. La prima cosa che feci io invece appena mi svegliai quella mattina fu rimettere rovinosamente, feci appena in tempo a raggiungere il bagno al piano di sotto.

Christa, la nostra navigatrice ben dieci anni più grande di me, udì i versi soffocati che emettevo mentre ero riversa a terra, e fuori dalla porta mi chiese se andasse tutto bene; dato che non riuscivo a parlare battei tre colpi sulla porta, i quali indicavano un sì.

Beh sì, come stavo dicendo prima la gente normale dopo tale sforzo fisico come minimo avrebbe un capogiro o almeno cercherebbe qualcosa su cui appoggiarsi, io invece guardai la finestra alla mia sinistra. Dalla luce che entrava capii che era giorno inoltrato, al che mi alzai di scatto dalla posizione a carponi sulla quale ero sistemata ormai da una buona mezz'ora, aprii la porta e urlai con tutto il fiato che avevo in gola perché cazzo non mi avessero svegliata prima.

« Andate al diavolo, tutte quante nessuna esclusa. C'è troppa luce là fuori a quest'ora, volete capirlo o no? Dobbiamo agire nell'ombra, quante volte ve lo devo dire, maledizione! Perché diavolo vi avrei procurato a tutte i visori notturni eh, per usarli di giorno?! »

« Annabel ora calmati, sei stata male questi ultimi giorni, abbiamo deciso unanimemente di non svegliarti per il tuo bene» si giustificò Ines, «Christa dice che siamo alla distanza giusta dalla costa per poter avvistare le navi nemiche al porto ».

« È vero », replicò Christa, « a questa distanza siamo in grado di avvistare tutte le navi che sono attraccate al porto, ma loro non possono vedere noi; come avevo previsto la nebbia oggi avrebbe giocato a nostro favore » disse soddisfatta, sistemandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli corvini dietro l'orecchio. « Le navi attraccate sono tutte navi commerciali, sono solo dei scaricatori di porto non ci sono né pirati né marines ».

« Bene, significa che questa zona almeno al momento è sicura, ma sono certa che sono in agguato nascosti da qualche parte, non abbassiamo la guardia neanche per un attimo. Devo forse ricordarvi che per due settimane intere abbiamo avuto alle costole un capitano della Marina con ben tre navi » aggiunsi, « hanno continuato ad inseguirci da Miles Town, e il fatto che siano scomparsi all'improvviso in quest'ultima settimana non è un buon segno, stanno tramando qualcosa, ne sono sicura »conclusi, sedendomi a tavola.

« Annabel, magari hanno avuto paura di noi, non credi? In fin dei conti gliele abbiamo suonate di santa ragione » disse Miriam, mostrando fieramente i pugni, « avrò rotto le costole ad almeno una dozzina di uomini in quell'asta, quei maledetti bastardi se lo sono meritati! Così imparano ad avere timore delle guerriere Kuja! Ci penseranno due volte prima di rapire di nuovo una di noi! »

La piccola Arianna stava lì, seduta in un angolino in silenzio, e quando Miriam pronunciò la parola rapimento rabbrividì visibilmente; erano passate già tre settimane da quando l'avevamo portata via da quell'inferno, ma era ancora turbata, e io non volevo farle ricordare quel dramma.

« Ad ogni modo, sapete bene perché siamo qui oggi, dobbiamo trovare il tesoro del capitano Marlow che è nascosto in questo arcipelago ormai da trent'anni; questa mappa che ho trovato miracolosamente nascosta dietro la tela di un quadro che era all'asta ci condurrà dritte nel posto giusto. Tutte le isole sono collegate tra loro da gallerie sotterranee, senza questa mappa sarebbe praticamente impossibile riuscire a trovare l'uscita ». E alla faccia di quel vecchio ubriacone tirchio del capitano Marlow, le cronache dell'epoca riportavano la notizia che il tesoro che aveva lasciato prima di morire era davvero una gran fortuna, tre miliardi di berry o qualcosa di simile, se me lo fossi lasciata scappare sarei davvero stata una stupida, soprattutto perché avevo avuto la fortuna di ritrovarmi casualmente tra le mani tutte le istruzioni su come trovarlo.

                                                      


« Come facciamo a sapere che quella mappa è davvero autentica » mi fece subito notare Miriam, che aveva preso a toccarsi nervosamente le trecce, « potrebbe essere un falso o una trappola della Marina! »

Ma io sapevo esattamente cosa rispondere. « La mappa è autentica, è scritta con un inchiostro speciale e si può leggere solo con una luce sottostante, ma la cosa che mi dà la certezza assoluta è questa nota scritta in fondo a destra, c'è scritto “Wishy”. Ora forse voi non lo sapete, ma il capitano Marlow iniziò il suo percorso da pirata proprio rubando un enorme carico di Wisky dalla città in cui viveva, che usò per incendiare tutte le navi della Marina attraccate al porto, in assenza di polveri esplosive. Fu da allora che i suoi uomini lo soprannominarono "Wisky", soprannome che con il passare degli anni fu dimenticato. Chiunque abbia scritto questa mappa sa cosa dice » conclusi, soddisfatta. Le ragazze mi guardarono perplesse all'inizio, ma poi si misero ad esultare e a congratularsi per la mia arguzia.

« Annabel tu pensi troppo, ma adesso ti preparo una super colazione-pranzo per rimetterti in forze! » propose Ines, la nostra cara cuoca dai capelli rossi, che cucinava benissimo e picchiava duro peggio di un lottatore di boxe, proposta che non rifiutai visto che avevo una fame allucinante.

Dopo pranzo discutemmo accuratamente i dettagli del piano; la nave sarebbe rimasta nascosta nella nebbia per tutto il tempo necessario per percorrere le gallerie sotterranee, trovare la nave di Marlow, ricoprirla con il rivestimento per farle attraversare parte del fondale marino fino alla nostra nave e infine da lì avremmo potuto tranquillamente scaricare tutto il bottino sulla nostra imbarcazione. Beh sì, piano geniale, però c'era ancora un fattore da analizzare, ovvero passare inosservate su quel gruppo di isole.

« Miriam, per te va bene rivestire la nave là sotto, dico bene? Ci saranno Christa, Ines e Isabel a farti luce se ne avessi bisogno » dissi, anche se sapevo già che Miriam era un meccanico eccellente, e che anche con una scarsa illuminazione avrebbe comunque fatto un lavoro perfetto. Ma Miriam mi guardò sospettosa, aveva intuito che nella mia descrizione non mi ero inclusa.

« Ma perché Annabel, tu che intenzioni hai, dove vuoi andare? Vuoi davvero fare da esca là fuori come hai detto prima, ma è una follia! » replicò evidentemente contrariata. Le ragazze presero tutte a fissarmi con uno sguardo interrogativo, mettendomi a disagio. Volevano farmi il terzo grado o cosa?!

« Ehm ecco io... No, non faccio da esca! Vado solo a farmi un giro per i locali, mi affitto una camera e resto là fino a quando voi non... muovete le chiappe da là sotto. Beh sì, se mi attacca qualche marine o qualche pirata mi divertirò un po' … Ah! Ma voi sapete perché questo arcipelago è così importante? La sua economia è basata principalmente sul commercio di dolciumi, in particolare miele e cioccolato, scommetto che se porto su qualche provvista di queste meravigliose delizie Ines ne sarà entusiasta eh eh...eh ».

In verità le stavo prendendo in giro, facevo davvero da esca, perché non potevano combattere contemporaneamente marines, pirati e possibili cacciatori di taglie; l'unico modo per farle passare inosservate fino al castello di Kohin nelle cui fondamenta si trovava il passaggio segreto per le gallerie era attirare l'attenzione su di me e creare casino. Ecco, quest'ultima conseguenza non mi dispiaceva affatto, anzi, mi eccitava.

Isabel, che fino a quel momento era stata in silenzio così come la piccola Arianna, intervenne, e apparentemente scossa disse: « Annabel devi stare attenta, quando eravamo a Miles Town ho sentito dei pirati che parlavano fra loro terrorizzati, nominavano un tale, un giovane comandante della Marina che ha catturato ben cinquanta pirati in soli due giorni! Molti di loro avevano taglie anche da venti milioni, ma questo tizio pare che sia davvero in gamba: si dice che sia passato dal grado di Tenente a quello di Comandante nell'arco di un solo anno! E se ci stesse seguendo? Magari ha già previsto che la nostra prossima meta sarebbe proprio stata l'arcipelago! »

« Ok Isabel, non preoccuparti e fammi fare un paio di precisazioni: voglio ricordarti che io ho una taglia di cento milioni e modestamente quei “piratuncoli” con una taglia da venti me li mangio a colazione. Beh sì, riguardo quel Comandante... o è così fottutamente bravo come dicono o è solo un raccomandato, come la maggior parte dei suoi colleghi del resto. Se vorrà farsi avanti non sarò di certo io a scappare, piuttosto com'è che si chiama? »

La mia battuta stavolta non le aveva fatte ridere, erano tutte seriamente preoccupate per me era evidente, Isabel poi non si ricordava neanche come diavolo si chiamasse questo maledetto tizio che le stava preoccupando così tanto.
Si erano già fatte le diciotto e il sole stava tramontando, noi cinque avremmo raggiunto l'isola a nuoto e la piccola Arianna sarebbe rimasta sulla nave al sicuro, da dove ci avrebbe avvertite di possibili problemi.

Fu così che raggiunsi la costa a nuoto e dopo essermi asciugata per bene iniziai ad ammirare il paesaggio che mi si presentò davanti: insegne luminose, centri commerciali, parchi divertimento, casette costruite a schiera e costeggiate da lunghe distese di vegetazione...

Accidenti, era un posto da favola quello, una specie di città dei balocchi, avrei davvero tanto voluto vederlo di giorno quel posto. Per non contare il fatto che da qualche parte doveva esserci la fabbrica di cioccolato e quella della produzione del miele, alla faccia di Big Mom... E già, quella culona ha sempre avuto il palato raffinato, non mi stupiva il fatto che quella fosse una delle isole preferite dall'Imperatrice. Ma la cosa bella e che giocava a nostro vantaggio era che al momento della nostra incursione sull'isola quella balena sovrappeso di un migliaio di chili l'Imperatrice si trovava nel Nuovo Mondo, impegnata in una guerra bella pesante, a tal punto da lasciare scoperte dai suoi uomini le isole che più aveva a cuore. Dai, non sarei mai stata così stupida da mettermi contro Big Mom a viso aperto, se volevo fregarla dovevo almeno farlo di spalle e quella era l'occasione ideale, del resto i suoi uomini per trent'anni non erano stati capaci di trovare quel tesoro in tutto l'arcipelago!

Ma non avevo tempo per ammirare ciò che mi stava intorno, né per pensare a Big Mom, dovevo solo accertarmi della situazione e dei possibili nemici nelle vicinanze, trovare una taverna e dare il via alle altre per l'incursione. Il castello di Kohin si trovava su un'isola ormai abbandonata da tempo, nelle zona ad ovest dell'arcipelago, io ero approdata ad est, ero abbastanza lontana e niente poteva andare storto.

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Capitolo 3
*** Domande ***


Domande

 

Finii di mettere i vestiti bagnati all'interno del mio zaino impermeabile e mi strizzai i capelli con un asciugamano, li raccolsi in una coda e la arrotolai diverse volte fino a formare una specie di chignon in cima alla testa. Sapevo benissimo di non essere particolarmente fashion con una roba del genere attorcigliata sulla testa, per giunta nel peggiore dei modi, senza una dannato pettine e in trenta secondi, ma per lo meno avrei evitato i dolori cervicali causati dall'umidità dei capelli sulla schiena.

Per non parlare poi di com'ero vestita, in modo così talmente anonimo, con una canotta nera, camicia di jeans con maniche arrotolate fino ai gomiti, pantaloni verdi e larghi dalle mille tasche e anfibi neri.

Perché continuavo a concentrarmi sul mio abbigliamento? Sapevo bene che non ero lì per divertirmi, piuttosto dovevo tenere a portata di mano Gōsuto, la mia amata katana gendaito che avevo affilato per bene solo due giorni prima.

Finalmente, dopo aver attaccato alla cinta la katana, rialzai gli occhi per guardare quello che mi stava intorno; trovare una squallida taverna in una cittadina che traboccava di rosa, marshmallows, zucchero filato e tanta altra roba iperglicemica era davvero un'impresa da folli, avevo bisogno di informazioni, non potevo continuare a girare a vuoto.

La città era quasi deserta, i locali erano chiusi e i pochi passanti che cercavo di agganciare per chiedere informazioni scappavano via. L'unica attività ancora aperta era una farmacia.

« Wow, almeno qui dentro non troverò cose che possano danneggiare irreversibilmente la salute, visti i quintali di zucchero che sono sparsi in ogni maledetto angolo di questo posto spero almeno che tengano adeguate dosi di insulina eh eh...si, e magari tonnellate di dentifricio... »

Rimasi per un po' sulla porta, ma dopo decisi di entrare per chiedere informazioni.

Era un locale angusto ma molto illuminato, c'erano parecchi scaffali rosa con più ripiani dove si trovavano in esposizione cosmetici di ogni tipo. « Ma questa è una farmacia o una profumeria? Tsk, altro che insulina... vediamo un po'... fondotinta “gusto” fragola, ma che diavolo... si mangiano davvero il fondotinta da queste parti?! Mah... »

Andai alla cassa, ma non c'era nessuno, andai nel retrobottega, stessa cosa. Stavo per uscire, quando all'improvviso sentì qualcuno dietro di me urlare con una voce stridula che mi perforò i timpani :

« Scuuuusami taaaanto tesoruccio, no non te ne andare! Ero in bagno a rifarmi il trucco! Dimmi, in cosa posso esserti utile? Ah guarda, ho un vassoio con delle buonissime paste al cioccolato, serviti pure! Scusa bambina mia, stai bene ? Sembri un po' palliduccia, non è che ti vorresti distendere un attimo?!... »

Io provai a voltarmi, davvero, ma quelle urla improvvise e assordanti mi avevano causato un sussulto tale che l'unica cosa che fui capace di fare fu cadere a terra, sbattendo rovinosamente la faccia contro il pavimento. Per un momento pensai addirittura di aver avuto circa tre infarti simultanei, gravi lesioni dei timpani e una crisi d'insufficienza respiratoria acuta. Che poi come cazzo faceva a sapere se ero “palliduccia” o meno, se non mi aveva neanche vista in faccia?! Strategia di marketing per vendere il suo dannato fondotinta “gusto” fragola?

                                                   

 

Dopo aver constatato che ero ancora viva mi voltai, e finalmente vidi in faccia colui che mi aveva causato tale sussulto. Avrei voluto sputargli in faccia ogni genere di insulto e maledizione, ma non lo feci, e come potevo: un tenero Okama dagli occhioni azzurri con un completino rosa da infermiera mi fissava teneramente, con un vassoio di pasticcini in mano.

« Ehm io... sto bene non si preoccupi, ho solo avuto un capogiro; piuttosto, potrebbe indicarmi per favore dove posso trovare una taverna da queste parti? Visto che lei ha un'attività in questo luogo sono sicura che abbia visto parecchie cose in questi ultimi giorni, tipo brutte facce, pirati, marines...cosa sa dirmi? »

« Ah giovane fanciulla, quelli non sono posti per te! Quei luoghi pullulano di villani, soprattutto da quando la marina ci ha abbandonati al nostro destino! un fiore di ragazza come te sarebbe nei guai all'istante! Dimmi figliola perché, perché vuoi andare proprio lì! » disse, seriamente turbato, continuando a strizzare nervosamente il suo grembiulino rosa con entrambe le mani.

Cosa? La Marina li aveva abbandonati nelle mani dei pirati? Proprio adesso, che Big Mom si trovava impegnata nel nuovo mondo e aveva lasciato scoperte dai suoi uomini quelle isole? Ma era il momento opportuno per liberarle dal dominio di quel mostro, perché, perché non facevano niente?! Stavano lasciando il campo libero ad altri delinquenti di prendere possesso di quelle zone, era assurdo!

La situazione mi aveva fatto venire il mal di testa, avevo troppe domande e neanche una risposta, ma ormai ero lì e dovevo fare il mio dovere.

« E a te che ca... ehm quello che voglio dire è... io sto cercando mio fratello! Lui è scappato di casa per diventare un pirata, temo per la sua vita, la prego mi dica qual'è il luogo più frequentato dai pirati su quest'isola! » dissi, emulando un singhiozzo spezzato e strofinandomi gli occhi con entrambe le mani.

« Povera piccola creatura! Ah, questi uomini, sempre così litigiosi e meschini! La taverna più frequentata dai pirati su quest'isola si trova al di là del ruscello di caramello, sempre dritto e poi a destra! Fa attenzione bambina mia e porta via tuo fratello da qui! »

Mentre mi allontanavo dalla farmacia e continuavo a salutare con la mano quella bizzarra farmacista rimuginavo su quello che avevo appena fatto, ma quant'ero stata bastarda ad ingannarla così, però bisognava anche dire che le mie capacità recitative non erano niente male.

Iniziai ad incamminarmi verso il sentiero che mi era stato indicato, e notai quasi subito che in quel punto della cittadina l'atmosfera era cambiata totalmente. La nebbia, che ricopriva buona parte dell' arcipelago, era diventata più fitta, l'aria molto più pesante. Un improvviso senso d'inquietudine mi pervase, facendomi tremare fino alle ossa; oltre la nebbia infatti si scorgevano le sinistre sagome degli edifici di quella zona, che non erano affatto rassicuranti come le casette a schiera che avevo visto lungo la costa al mio arrivo. Se poi ci aggiungo anche le luci rossastre e lampeggianti che emanavano quelle insegne, l'odore dolciastro che si respirava nell'aria e l'effige di Big Mom piazzata su un palazzo che avevo di fronte direi che lo scenario era proprio da incubo.

Già, ero davvero entrata nell'area dell'Imperatrice, e fortunatamente, proprio come avevo previsto, non c'era neanche uno dei suoi subordinati. Avevano tutti da fare nel Nuovo Mondo d'altronde, meglio così, ma tornando a parlare di ciò che mi stava intorno, continuavo a pensare che quella situazione nel suo insieme era alquanto insolita.

Come ho già detto prima c'era pochissima gente per le strade, e in quel punto non c'era nessuno; precedentemente avevo cercato di fermare qualche passante per strada a cui chiedere informazioni, ma la gente era davvero schiva da quelle parti. Forse stava succedendo qualcosa e io ero l'unica a non esserne al corrente, o forse la gente di quel posto era proprio così, d'altronde cosa si ci può aspettare da un paese sottoposto al dominio dei pirati? La gente ha paura e basta.

Quasi quasi mi pentivo di non aver chiesto maggiori informazioni alla farmacista, ma ormai tornare indietro sarebbe stato inutile, tanto valeva proseguire.

« Il ruscello di caramello, ma che cosa simpatica, fa anche rima... dev'essere questo non c'è dubbio... assaggiamo un po'... gnam, è sul serio caramello, davvero buona questa roba! Ecco, ora come ora se dovessi vedere un pony con le ali di zucchero filato non mi meraviglierei più di tanto...tsk ».

Avevo tante domande, ma su una cosa ero sicura, dovevo andarmene al più presto da quel luogo o avrei perso la testa. Uno stretto e traballante ponticello di legno sovrastava il ruscello, al di là del quale riuscivo a scorgere altre inquietanti sagome.

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Capitolo 4
*** Tensione ***


Tensione

 

Fu solo dopo un lungo girovagare che trovai finalmente la taverna che mi era stata indicata, doveva essere quella senza dubbio, fuori c'era un'insegna luminosa al led che raffigurava una bottiglia e un bicchiere. « Il paradiso degli alcolizzati » dissi, ed entrai spingendo la porta.

Se non me l'avessero detto prima che quella era una taverna, io non ci avrei mai creduto; c'era un grande salone dalle pareti color ocra, decorate con un motivo a nido d'ape, mentre il pavimento aveva delle mattonelle a scacchi rosa, che si distorcevano gradualmente verso il centro, in un vortice psichedelico. Le sedie erano a forma di tazza, rosse e con delle decorazioni blu, mentre i tavolini erano rosa e a forma di fiore. Sul soffitto c'erano incastonate delle lampade di diversi colori a forma di caramella. Dopo aver accuratamente analizzato, toccato con mano e persino annusato le pareti, le sedie e i tavolini che mi circondavano non ero ancora convinta che quella fosse davvero una taverna. Però su una cosa ero certa: l'interior designer che aveva progettato quel posto doveva essersi fottuto irreversibilmente ogni singolo neurone o qualcosa di simile.

Da quando ero entrata non avevo fatto altro che concentrarmi su quell'arredamento bizzarro, al punto tale da dimenticare il motivo principale per cui ero lì. Fu solo dopo alcuni lunghi istanti che ritornai alla realtà, raggiunsi il bancone e mi sedetti su uno sgabello a forma di tappo di sughero, da dove iniziai ad analizzare la gente che mi circondava. Il locale era pieno, stracolmo direi, c'erano tanti uomini seduti ai tavoli che bevevano e giocano a carte, ma avevo come la netta sensazione che in qualche modo il mio ingresso lì dentro avrebbe ben presto scatenato un pandemonio. Sentivo infatti un fastidioso brusio di sottofondo, ma riuscivo a distinguere chiaramente parole parecchio sgradevoli, accompagnate dalle occhiatine provocatore che mi lanciavano. Se si fossero fermati a questo magari e dico "magari" avrei potuto fare finta di niente.

Al bancone c'era un ragazzo, alto, magro, pallido e dai capelli rossi, dall'aria stanca e preoccupata, ma ciò nonostante aveva colto nel mio sguardo il mio evidente smarrimento, si avvicinò e mi rivolse la parola:

« Signorina, è la prima volta che la vedo da queste parti, in cosa posso esserle utile? » disse, in modo molto cordiale e con una flebile voce tremolante.
« Finalmente, qualcuno disponibile a darmi qualche succulenta informazione; bene, tanto per iniziare, sapresti dirmi se qui dentro per caso ci sono dei... pirati? »

L'ultima parola l'avevo pronunciata con un tono più alto, tutti i presenti in sala l'avevano udita e presero a fissarmi assiduamente. Gli occhi del ragazzo divennero all'improvviso colmi di terrore, e fu quel semplice e involontario gesto a farmi capire cosa si celava dietro l'apparente tranquillità di quel locale, chi aveva davvero il controllo della situazione.

Il ragazzo tacque, abbassò la testa e si allontanò sul lato destro del bancone, dove iniziò a strofinare la superficie con un panno. Nel frattempo, da uno dei tavoli in fondo alla sala, si era alzato un tizio che adesso puntava dritto verso il bancone dov'ero io.

« Hey hey bambolina... sai, ero seduto qua vicino e "involontariamente” ho sentito la tua domanda, cerchi un pirata, non è vero? Tu si che sai che tipo di uomo cercare, vedo che te ne indendi... Barman! Brutta schiappa, voglio offrire da bere alla signorina! Muoviti carogna, o ti riempio di piombo! Zuccherino dimmi, qual'è il tuo meraviglioso nome... »

Ogni volta che quella fogna apriva bocca per sbraitare avrei tanto voluto assestargli un calcio sulle gengive, ma volevo ancora aspettare.

« Sei un tipo di poche parole vedo, va bene, dato che non vuoi dirmi il tuo nome provo ad indovinarlo... Forse ti chiami pelle di pesca, o magari nettare di rosa... Sai, sono sicuro che la tua pelle sia più dolce persino del miele di questo posto... »

Eh no, cazzo! Stava oltrepassando i limiti della mia pazienza, non solo non sapeva chi fossi, ci stava deliberatamente provando!

« Billy Red, detto il Sanguinario, originario del Mare Meridionale, taglia cinquanta milioni di berry, davvero non sai chi sono io? » sbottai alla fine, appoggiando la schiena al bancone e reclinando la testa all'indietro.

« Certo che lo so, sei la donna più bella che io abbia mai visto e ti voglio, adesso! »

Che Billy Red fosse un coglione era risaputo per tutti i Sette Mari e anche oltre, era una notizia di dominio pubblico, del resto il suo aspetto da scimmione e il suo ridicolo abbigliamento a righe ne erano una prova inequivocabile. Per non parlare del fatto che come mascotte avesse una gallina. Sì, una gallina, quel simpatico animale da cortile che depone le uova, e la sua non faceva altro che scorrazzare da un angolo all'altro del locale, allietando di tanto in tanto l'atmosfera con i suoi teneri “pop-ghé”.

Era davvero simpatica, molto ma molto di più di quel cretino del suo padrone.

Ma ora toccava a me divertirmi un po'.

« Ok Billy, adesso ascoltami attentamente... Visto che ti piace questo modo di parlare così profondo, anch'io voglio dirti qualcosa » dissi, con aria maliziosa e provocante.

« Bambolina, questo tuo modo di fare mi fa perdere la testa » disse, trangugiando un altro boccale di birra.

Su una cosa aveva ragione, avrebbe perso la testa, o per meglio dire quella scatola cranica completamente priva di materia grigia che annoverava con tale nome.

« Billy, tu sei un uomo molto possente, muscoloso e forte; però sai, a volte sviluppare una singola qualità in modo estremo comporta l'inevitabile arresto, parziale o totale, delle altre potenzialità. Nel tuo caso direi che è totale. Ora, matematicamente parlando, mi sento di affermare che il tuo indice di massa corporea è inversamente proporzionale al tuo quoziente intellettivo, all'aumentare di una grandezza diminuisce l'altra ».

                                          
 

Il brusio, che fino a quel momento aveva fatto da sottofondo alla nostra conversazione, cessò di colpo; anche la gallina, che fino a quel momento aveva scorrazzato felice da un tavolo all'altro si era fermata impaurita.

Lo scimmione posò il boccale vuoto sul tavolo e mi guardò perplesso, per alcuni interminabili secondi. Ecco, quel suo modo di fissarmi in silenzio mi aveva illuso per un' attimo che quell' energumene avesse colto il messaggio di ciò che avevo detto, ma la mia ipotesi fu screditata subito dopo, quando con una sonora risata disse:

« Ah ah ah! Sai bambolina, non ho capito un cazzo di quello che hai appena detto! Ah ah ah! Però sono sicuro che si tratti di qualcosa di bello, d'altronde cos'altro potrebbe uscire da quei due petali di rosa che hai come labbra! So che sei pazza di me... »

« Ho semplicemente detto che sei uno disgustoso scimmione tutto muscoli e niente cervello, aggiungerei anche che sei un ubriacone cronico, dimmi adesso ti è chiaro il concetto? Sembra anche che i tuoi uomini siano parecchio più intelligenti di te, visto che loro lo hanno capito... »

Oh si, l'espressione di Billy Red dopo che terminai la mia frase fu qualcosa di indescrivibile. I suoi uomini, che fino a quel momento erano rimasti seduti ai tavoli si alzarono di scatto, impugnando le loro armi; sapevano che non sarebbe finita bene.

 


Mi ritaglio questo piccolo spazio per farvi alcune precisazioni sui nomi, luoghi e disegni che metto. A parte il fatto che sognare unicorni poco sani di mente è davvero inquietante, volevo iniziare a parlarvi della katana di Annabel, del perché ho scelto questo nome. Gōsuto è il nome romanizzato che sta per la parola “fantasma” in giapponese, io non ho studiato questa lingua però a me piace come suona, vagamente mi ricorda la parola “ghost”/gəʊst/ in inglese, l'ho chiamata così perché rende meglio l'idea di qualcosa di evanescente, veloce e allo stesso tempo temibile.
Esistono diversi tipi di katane, la gendaito che è la tipologia che ho scelto io è una spada moderna, prodotta agli inizi del 900'.
I disegni che sto mettendo... non sono molto elaborati lo so, li disegno al pc in circa 10-15 minuti, beh si so fare di meglio però… non ho tempo XDDD Ma d'altronde è meglio che il poco tempo che ho lo impieghi per rivedere la punteggiatura ed evitare così di farvi leggere uno “stream of consciousness” eheheh...

Bah va bene, come avrete notato il registro linguistico usato da Annabel varia costantemente, e questa cosa mi rende matta... è una psicopatica e l'ho creata io, ma va bene così.
I luoghi che invento... in realtà io li sviluppo in 3d per i videogiochi, anche se ancora non ho creato qualcosa di così talmente folle, ma presto lo farò, devo dare sfogo alla mia mente deviata fervida immaginazione :)

          

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Capitolo 5
*** Caos ***


Caos
 



Si respirava aria di tensione dentro il locale e il caos ormai era inevitabile.
« Hey ma tu... mi stai per caso prendendo per il culo? C- come osi?! »
Oh si, finalmente lo aveva capito anche lui, era ora!

« Ma chi io? No dai, cosa dici... Sai, tecnicamente per poterlo fare dovrei arpionare le mie splendide unghie alle tue luride chiappe, ma cosa ci guadagnerei poi? Molto probabilmente mi verrebbe una reazione allergica o peggio ancora un'infezione, ma d'altronde toccare la spazzatura come te senza le adeguate precauzioni non è mai igienico... Sarebbe più corretto dire che mi sto facendo beffe di te, e alla grande direi! »
Inutile dire che Billy Red stava per esplodere dalla rabbia, non riusciva neanche a parlare, era evidente che avrebbe voluto uccidermi all'istante.
« Tu...eh eh eh... si, t-tu... come osi, maledetta donna! Sei una lurida sgualdrina, ti farò a pezzi! Statene fuori voi, l'ammazzo con le mie mani! No anzi, sai cosa faccio... ti vendo come schiava alla prima asta che trovo, dovranno darmi un bel gruzzoletto di soldi vista la qualità della merce eh eh eh... »
« Per voi uomini è sempre una questione di soldi, non è vero? Hai proprio un cervello da gallina, non pensi ch... »
« Poop- gheeeeee?! »
Mai e dico mai inimicarsi con una gallina, quelle bestiole quando si arrabbiano non mollano l'avversario finché non raggiungono il loro obiettivo. Ecco, quella gallina l'avevo fatta incazzare, no che non avesse ragione, essere paragonati a quel decerebrato doveva essere davvero offensivo. Ad ogni modo, adesso dovevo togliermela dalle scatole.
« Oh, scusami tanto bellissima, quello che stavo cercando di dire è che tu sei molto ma molto più intelligente del tuo padrone! Sì, sei una gallinella tanto bella e tanto intelligente! »
La gallinella mi fissò per qualche istante con aria attonita, poi tornò di nuovo docile ed elegantemente andò ad appollaiarsi al centro di uno dei tavoli, da dove si godeva la scena. Ero salva.

« Maledetta! Osi ancora sfottermi?! Io ti ammazzo! »
Mentre lo scimmione sbraitava dal fondo della sala si alzò un uomo, alto, dall'aria seria e pacata, con dei lunghi capelli neri raccolti in una coda e con una inquietante maschera di ferro sul viso, e avanzando verso il centro della sala cominciò a dire:
« Billy Red, la ragazza ha ragione, sei davvero poco intelligente... come se non bastasse né tu né i tuoi uomini siete stati in grado di riconoscerla! Lei è White, la famosa piratessa Kuja che vale cento milioni! Venderla ad un'asta sarebbe un disonore vista la sua fama, anche consegnarla alla Marina e riscuotere la sua taglia sarebbe un'idea migliore della tua! »
Chi diavolo era quello? Perché aveva detto quella frase, aveva davvero intenzione di consegnarmi alla Marina o lo aveva detto tanto per dire?! Metteva davvero i brividi... Non lo avevo mai visto prima, ma lui sembrava conoscermi abbastanza bene, cosa che mi fece accapponare la pelle ancora di più.

« E tu che diavolo vuoi, faccia di ferro! White? Io me ne fotto se questa puttana si chiama White, ormai è spacciata! »
« Oi oi, brutto gorilla vacci piano con le parole, potrei anche offendermi sai? Se proprio ti senti ferito nell'orgoglio perché non vieni a suonarmele? Io non vado da nessuna parte! »
Ovviamente lo scimmione non tardò ad accettare il mio invito, e si avventò su di me con la sua mazza chiodata.
« Ti ho colpita bambolina, io te l'avevo detto di non farmi arrabbiare! Hey un momento, ma dove cazzo è finita?! »
Quell' energumene era così talmente pompato che non riusciva neanche a voltarsi, era lento, non si era neanche accorto che da diversi secondi gli ero salita in groppa e mi stavo facendo beffe di lui; quando finalmente mi notò cercò di colpirmi con la mazza, ma l'unica cosa che riuscì a centrare fu la sua spalla .
« Argh! Bastarda! »
« Capitano! Capitanoooo! Stai bene?! Arriviamo ad aiutarti! »
« Maledetta! Come osi farti beffe del nostro capitano, morirai per questo! »
« Ti faremo rimpiangere di essere nata! »
E no, su questo si sbagliavano. Avevo già rimpianto anni fa di essere nata, ma ormai che ero al mondo avrei fatto di tutto pur di sopravvivere.

Accidenti, quindi gli uomini che erano lì dentro fino a quel momento erano tutti i suoi sottoposti, certo che ne aveva davvero parecchi per essere solo una schiappa. Sì, parecchi rifiuti umani che messi assieme creavano una ciurma di chiassosi ubriaconi.
Ma adesso volevano giocare con me, mica potevo tirarmi indietro.
« Brrr, che paura! Ragazzi, volete attaccarmi tutti insieme, non è vero? Che ne dite se facciamo un gioco? Guardate qui, questa è la mia katana e si chiama Gōsuto, questo invece è... il mio fazzoletto! Adesso io mi benderò gli occhi con il fazzoletto e vi prometto... che combatterò bendata e senza spada! Se vi sconfiggo tutti voi andate via da qui e lasciate in pace il barista, d'accordo? »

Così dicendo mi sedetti sul bancone e mi legai il fazzoletto davanti agli occhi. Ero proprio curiosa di “vedere” cosa avrebbero fatto ma soprattutto volevo togliermeli dalle scatole il più velocemente possibile, avevo un gran sonno.

                                                     


Iniziarono ad attaccarmi da ogni direzione, destra, sinistra, sopra, sotto, davanti, dietro... oh erano davvero tanti! Già, peccato che nessuno di loro riuscisse anche solo a sfiorarmi. Eppure dalle urla decise che sentivo ero più che sicura che si stessero impegnando al massimo.
« Maledetta, ti ho in pugno! »
« Argh! Brutto bastardo, che cazzo fai, perché hai colpito me? »
« Quella sgualdrina si è spostata all'ultimo momento, non l'ho fatto apposta! »
« Mi hai rotto una sedia sulla schiena, cazzo!»
« Hey ragazzi, ma come diavolo fa ad evitare tutti i nostri colpi se è bendata?! »
« Quella è una strega! Starà usando qualcuno dei suoi poteri per evitare i nostri attacchi! »

Tsk, ai giorni nostri esisteva ancora gente che credeva nella magia, patetico. Quella situazione mi stava annoiando, continuavo a correre e volteggiare da un angolo all'altro del locale da almeno un quarto d'ora ormai, ma non avevano proprio intenzione di colpirmi, eppure ero sicura che ci stessero provando in ogni modo, solo che fallivano miseramente ad ogni tentativo. O magari preferivano scazzottarsi a vicenda nel tentativo di darmi almeno un pugno, bah valli a capire. E dai rumori che udivo se le stavano dando davvero di santa ragione.
« Ok bastardi, il vostro bonus è finito! Adesso mi tolgo il fazzoletto e vediamo quanti di voi sono a terra! »
Wow, in effetti sarebbe stato molto più facile contare quanti di loro fossero ancora rimasti in piedi, forse li avevo sopravvalutati.

Tutti i mobili erano praticamente distrutti, ad eccezione del tavolo dove si trovava la gallina e del bancone, dietro il quale stava nascosto il pavido barista.
« Puttana! Quale stregoneria hai usato per schivare i nostri attacchi?! Ti ammazzeremo! »
« Uffa, ancora con questa storia della strega? Perché non vi fate un bel sonnellino adesso, sarete stanchi dopo tutto questo picchiarvi a vicenda come dei coglioni! »
Non diedi loro neanche il tempo di replicare che la maggior parte dei pochi superstiti caddero al suolo privi di sensi.
« Oh no, cosa diavolo hai fatto ai miei uomini! T- tu sei davvero una strega! »
« Billy Billy... pensavo che fossi più debole, ma vedo che hai resistito... Bravo, allora non sei proprio una schiappa... Oh, sei ferito, certo che dev'essere davvero una brutta cosa farsi picchiare “involontariamente” dai propri uomini... »
In verità avevo deciso di non colpirlo con il mio potere, e visto che lui non aveva la più pallida idea di cosa stessi parlando la situazione era particolarmente divertente. Volevo dargli una lezione con le mie mani.
« Taci, maledetta vipera! Prendi questooo! »
Si avventò su di me con il suo pugnale, ma io evitai il colpo abbassandomi e tirandogli giù i pantaloni. Con un rapido movimento afferrai l'elastico anteriore delle mutande, gli balzai dietro le spalle con una capriola e glielo portai dietro il collo, coprendogli così tutta la faccia.
« Eh ma che caz... »
« Oh Billy! A quest'età sbagli ancora a vestirti, vergogna! Le mutande si usano per coprire le parti basse, ecco tu dovresti metterle proprio qui, visto che hai una faccia da culo! »
« Aaaaah! Non ci vedo più! Strega, cosa mia fattoooo! »
Oh beh, non ci voleva mica la “magia” per capire che gli avessi messo la testa dentro le mutande, ma quel decerebrato non era in grado di capire neanche questo. E per concludere lo spettacolo gli sferrai una gomitata hakizzata nello stomaco, lanciandolo contro la parete di fronte e facendolo arrivare fuori.
« C- capitanoooooo!!! »
« Hey brutti smidollati! L'unico motivo per il quale vi ho lasciati ancora in piedi è per portare via i vostri compagni, muovetevi prima che ci ripensi! Ripulite questo posto su! »
« Andiamocene! Maledetta strega! Ce la pagherai! »
« Si torneremo! E ti ammazzeremo! »
« Ci vendicheremo di questa umiliazione! Maledetta! »

Continuarono a lanciarmi invettive e maledizioni di ogni genere ancora per un po', giusto il tempo di raccattare da terra tutte quelle carcasse e scappare via velocemente. Correvano correvano, e come se correvano!
 

                                              ☠ ☠ ☠

Con tutto quel baccano mi ero quasi dimenticata del tizio con la maschera di ferro; era rimasto in sala a godersi la scena per tutto il tempo e continuava a fissarmi con un'aria agghiacciante. Non sapevo un bel niente di quel tipo, ma una cosa era certa: non era una schiappa come quel Billy, era su tutt'altro livello.

« White, sei davvero brava come dicono, devo dire che questo spettacolo mi ha divertito parecchio... »
Si stava rivolgendo a me adesso, e il fatto che non riuscissi a vedere il suo volto mentre mi parlava mi dava una strana sensazione. Insomma, quale uomo sano di mente andrebbe in giro con una maschera di ferro?
« E tu chi saresti, sentiamo... »
« Il mio nome non ha alcuna importanza, piuttosto sai che hai davvero una bella nave là fuori... Però, quella ragazza dovrà sentirsi triste, l'avete lasciata tutta sola in mezzo a quella nebbia... »

Udire quelle parole mi fece gelare il sangue nelle vene; la testa iniziò a girarmi vorticosamente e il cuore mi batteva all'impazzata. Mi sentivo male, no, non poteva essere vero: stava parlando di Arianna, lui sapeva che era da sola sulla nave! Perché me l'aveva nominata?
« Cosa le hai fatto, brutto bastardo! »
«Ancora niente, ma starà a te decidere il suo destino »
« Cosa vuoi da me, soldi? Posso darti tutto quello che vuoi ma non torcerle un capello!»
« I soldi non m'interessano, io voglio te. Fatti trovare a mezzanotte nell' ex penitenziario di Kama, sii puntuale, mi raccomando, se cerchi di scappare o di avvertire le tue compagne darò l'ordine ai miei uomini di bombardare la tua nave. E adesso continua a goderti la tua permanenza su quest'isola, per il tempo che ti rimane ».

Dopo che mi ebbe fatto quella agghiacciante proposta uscì, lentamente, e io continuai a fissarlo finché non scomparve nella nebbia. Sicuramente non mi aveva invitato ad un appuntamento, quello era un duello e lui mi voleva morta. Ma chi cazzo era, perché ce l'aveva con me? Voleva forse riscuotere la mia taglia? Ma aveva appena detto che i soldi non gli importavano, perché mi odiava tanto? Se poi voleva davvero ammazzarmi perché non lo faceva lì dentro?

Io avevo sbagliato tutto. Avevo sbagliato a trovare quella mappa, avevo sbagliato ad andare in quel posto, ma soprattutto avevo sbagliato a coinvolgere le mie compagne. Non potevo fare niente, ero in trappola; ero stata troppo ingenua a pensare che tutto sarebbe andato bene. L'unica cosa che potevo fare era assecondarlo, o Arianna ne avrebbe pagato le conseguenze.

                                                           

« S- signorina... »

Improvvisamente la flebile voce del barista mi riportò alla realtà dai miei pensieri, mi stava chiamando da dietro il bancone.
« L- lei è davvero White? »
« Hey, guarda che puoi darmi anche del tu... Beh sì, la gente mi immagina più muscolosa, altri mi immaginano più alta, altri ancora pensano che io sia un uomo vestito da donna, sai magari non corrispondo per niente a ciò che s'immagina la gente... Ma ad ogni modo, io sono White... »
« Ho sentito molto parlare di te, anche se sul tuo manifesto non c'è alcuna foto... I- io volevo ringraziarl... ehm ringraziarti per quello che hai fatto, quei pirati non mi pagavano ormai da tre giorni... »
« Cosa? Dare da bere gratis per tre giorni a tutti quegli ubriaconi significa andare in rovina! E la Marina dove diavolo è in tutto questo? »
« Sono giorni che la Marina non fa più niente, siamo disperati, la gente non esce più di casa... non sappiamo più cosa fare! Il sindaco ha stabilito il coprifuoco alle diciotto, ma anche questa misura è inutile, non resisteremo a lungo! »

Allora qualcosa di strano c'era davvero in tutta quella situazione, solo che mi sfuggiva ancora il motivo.
« White... il tipo con la maschera di ferro con cui hai parlato prima è Raoul detto “il Boia”, un sottoposto di Big Mom; fino a qualche tempo fa era lui che si occupava di respingere gli altri pirati, ma ultimamente a smesso di farlo... »

Cosa?! Un sottoposto di Big Mom che non proteggeva il proprio territorio dall'invasione di altri pirati? Se l'avesse saputo la culona se lo sarebbe divorato all'istante, ma che diavolo aveva in mente? È proprio vero, quando il gatto non c'è i topi ballano. Od oppure c'era un'altra ipotesi, ovvero il tizio in questione era così talmente forte che non temeva neanche l'ira di un imperatore. Ecco, quest'ultima prospettiva mi gettava nel panico.
« Tsk, il suo soprannome è davvero rassicurante, non c'è che dire... Scusa come hai detto che ti chiami? Comunque, grazie per l'informazione... Tieni, questi sono per il disturbo ».
« I- io mi chiamo Carlos, grazie per avermi liberato da quei balordi... »
« Non devi ringraziarmi, se né la Marina e né Big Mom fanno qualcosa molto presto ti ritroverai altri ubriaconi incazzati tra i piedi a cui dare da bere gratis... »
« Hey m- ma questi sono... duecento berry! I- io non posso accettarli, davvero... »
« Prendili, ricostruisci il locale ma ad una condizione: assumi un interior designer che sia sano di mente ».
« S-signorina, n- no White, sei davvero generosa, la ringrazio di cuore! »
Generosa? Ma chi io? Volevo solo vedere quel posto arredato come si deve, non c'entrava l'essere generosi o meno.

« Pooop-ghè... »
« Oh ma guarda un po', quel deficiente del tuo padrone è andato via così talmente di fretta che ti ha dimenticata qui... Hey Carlos, prenditi cura di lei, tutto sommato è una brava bestiola... »
« S- si lo farò senz'altro! »
« Molto bene Carlos, ah ancora un paio di cose... Dove trovo il carcere di cui mi parlava quel tizio? »
« È un ex penitenziario ormai in disuso da anni, dicono che sia infestato da oscure presenze che spaventano e aggrediscono chiunque si avvicini al posto. Per raggiungerlo basta attraversare il lungo ponte di ferro che collega l'isola sulla quale ci troviamo a quella dove si trova il penitenziario, appena esci da qui segui il sentiero in discesa, ti porterà dritta al ponte... »

Ah però, quindi anche un posto così apparentemente allegro e solare nascondeva dei lati oscuri, ma d'altronde è sempre così, non c'è di che stupirsi. Ovunque c'è luce c'è anche ombra, tanto più intensa è la luce che illumina gli oggetti in vista, tanto più oscure saranno le ombre che si proietteranno sul lato opposto.
« Bene, dove trovo una locanda? »
« Basta uscire da qui e andare sempre dritto, poi svoltare a sinistra dopo il negozio di caramelle... W-White... »
Il barista prese a guardarmi con un'aria seria e preoccupata, anche se cercavo di nasconderlo lui aveva notato dal mio modo secco di parlare che ero agitata.
« V- vuoi davvero andarci? »
« Non ho altra scelta, devo farlo ».
« Quel posto è immenso, è un labirinto ed è diffic... »
« Carlos davvero, ti ringrazio, ma ho già deciso così. Sai, il giorno in cui diventai capitano decisi che avrei fatto di tutto pur di non far passare dei guai alle mie compagne, anche a costo della mia stessa vita. Se oggi loro sono in pericolo è solo colpa mia, ammetto di aver un po' di paura ma non ho scelta, devo affrontarlo ».
« T- tu sei molto attaccata a loro, alle tue amiche voglio dire, non è vero? »
« Loro sono le uniche persone che mi hanno accettata per quello che sono. Sai, io sono stata odiata, maledetta e discriminata da tutte le donne della mia isola perché mia madre commise quello che secondo la nostra cultura è un errore grave, loro invece mi vogliono bene, credono in me. Finché sarò in vita io le proteggerò, se morirò nel tentativo di farlo io non lo rimpiangerò ».
« C- capisco... White, mi dispiace tanto, devi aver sofferto molto... Io ti auguro buona fortuna e anch... »
« Adesso ho solo bisogno di andare un po' a riposare per mettere a posto le idee, grazie di tutto ».
« W- White.. »
Ma che diavolo mi era saltato in mente, stavo davvero raccontando la storia della mia vita al primo sconosciuto che mi era capitato, assurdo. Sì, magari gli avrei raccontato perché tutti mi conoscevano come White e non come Annabel, dai perché no, potevo anche raccontargli cosa avevo fatto negli ultimi vent'anni. Non ci stavo più con la testa era evidente, ero ancora traumatizzata per quello che avevo tentato di fare a Miles Town a quel tizio che aveva rapito Arianna e non voleva dirmi dove lui e i suoi uomini l'avevano portata. Avevo continuato a seviziarlo anche dopo che mi aveva confessato dove la tenevano prigioniera, se non fosse stato per Christa probabilmente l'avrei ammazzato.

Io ero un mostro, e la consapevolezza di esserlo mi stava letteralmente distruggendo sotto ogni punto di vista. Forse “lui” aveva ragione quando mi diceva che in fondo eravamo simili, forse era quello il pensiero che mi dilaniava il cuore tutte le notti e mi faceva venire quel nodo alla gola. Forse sì e forse no.

«S- signore... va tutto bene?»
Per l'ennesima volta la voce del barista mi riportò alla realtà dai miei oscuri pensieri. Non ci misi molto a capire che non si stava rivolgendo a me, stava chiamando un certo “signore”, cosa normale se non fosse per il fatto che il locale era vuoto, o almeno io fino a quel momento credevo fosse così. Con mia grande sorpresa infatti quando mi voltai sulla mia sinistra vidi un uomo, seduto con le gambe incrociate su un paio di grosse valige. Nonostante fosse seduto potei facilmente constatare che era alto, molto più di me, indossava dei pantaloni scuri, una camicia bianca e una lunga giacca beige appoggiata sulle spalle. Portava degli occhiali da sole dalle lenti scure, mentre i capelli biondi e scompigliati gli arrivavano agli occhi. I suoi abiti e i suoi capelli erano ricoperti da polvere e pezzetti di calce, il che dimostrava che lui era stato presente durante tutto lo scontro, ma non mi sembrava né ferito e né turbato, anzi era silenzioso e tranquillo, si stava addirittura fumando una sigaretta.
Troppo silenzioso.
Guardandolo meglio notai sulla sua spalla quella che sembrava essere una bruciatura, una cosa alquanto strana dato che durante il mio scontro non si era scatenato alcun incendio. Non diedi parecchia importanza a quel piccolo particolare, la cosa che invece non riuscivo a capire era come mai non lo avessi notato prima, ma soprattutto come diavolo aveva fatto a resistere al mio Haki. Beh sì, se era ancora sano e salvo era perché evidentemente non si era buttato nella mischia per attaccarmi, ma non potevo stare tranquilla ugualmente.
Anche se non riuscivo a vedere i suoi occhi sapevo che mi stava fissando; maledizione quella non era proprio la mia giornata fortunata, ce l'avevano tutti con me.

Dovevo andarmene da lì al più presto, avevo già abbastanza guai per le mani e non potevo cercarmene altri.

Con un cenno della mano salutai Carlos, uscii velocemente da quel locale e m'incamminai sulla strada che mi era stata indicata.


 


Ciao ragazzi, rieccoci con il capitolo !

Allora, con questo capitolo scopriamo cose nuove sul passato di Annabel, ma allo stesso tempo si aprono nuovi interrogativi, e il primo che ci poniamo è: ma cosa ha fatto la madre di Annabel di così grave? Ma soprattutto la cosa che ha fatto è davvero grave? Poi perché prendersela con Annabel per qualcosa che non ha commesso lei in prima persona?
Dai ricordi di Annabel sembra anche riaffiorare qualcosa che la tormenta, la sua duplice “natura”, da una parte coraggiosa e leale verso le sue compagne, e dall'altra una mentalità deviata un po' alla “Dexter”, violenta e sadica. Ma sarà davvero così, od oppure qualcuno in passato le ha fatto credere che quella fosse la sua unica e vera natura? Quando con rammarico cita quel “lui”, a chi si riferisce?

Nel locale Annabel incontra due personaggi misteriosi, e posso solo dirvi che nel prossimo capitolo (che non ho ancora scritto eh eh) avrà uno scontro diretto con uno dei due (ma non vi dico chi).
Cercherò di aggiornare la storia il prima possibile, magari faccio un capitolo a settimana.
I miei disegni sono sempre fatti nell'arco di 10-15 minuti (per motivi di tempo), ma prima o poi però ne metterò qualcuno più dettagliato, negli ultimi anni ho sviluppato almeno 4 stili di disegno diversi, provare qualcosa di diverso ogni tanto non fa mai male 
◕‿◕
Ah si, il nome del penitenziario "Kama" altro non è che il nome romanizzato che sta per la parola "falce" in giapponese; ho immaginato infatti un'isola a forma di falce  (o mezzaluna) per un posto pieno di mistero e... morte ... okok ora scappo via XDDD

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Capitolo 6
*** Intruso ***


Intruso

 

Quando ero bambina mia madre mi preparava dei biscotti buonissimi, ricoperti di cioccolato e ripieni di marmellata; al mattino ne mangiavo così tanti che quando arrivava ora di pranzo ero ancora sazia. A mio padre invece i biscotti non piacevano affatto, però ogni tanto qualcuno riuscivo a farglielo mangiare, faceva una faccia strana ogni volta che gliene imboccavo uno, e finiva sempre che scoppiavamo a ridere tutti insieme come tre idioti.

Quello era uno dei ricordi più belli della mia infanzia, ma notavo con rammarico come giorno dopo giorno i loro volti diventassero sempre più sfocati nella mia memoria, temevo che prima o poi li avrei dimenticati del tutto. Non mangiavo un biscotto ormai da tempo, era davvero ingiusto come qualcosa di così dolce mi lasciasse l'amaro in bocca. L'oscurità che albergava dentro di me mi stava privando poco alla volta di tutti i miei ricordi, gli ultimi brandelli di felicità che erano rimasti attaccati al mio cuore. Non volevo che ciò accadesse, ma era inevitabile. 
I ricordi dolci venivano sostituiti da quelli amari, arrivai addirittura alla convinzione che l'unico modo per smettere di avere incubi fosse non dormire più. Ma poi cedevo, mi lasciavo cullare dalle braccia di Morfeo, e riappariva lui nei miei sogni, l'altra grande mia paura.
                                                                                                         
                                          


Se da una parte temevo di dimenticare i volti dei miei genitori, dall'altra avevo paura di ricordare il suo volto, quello di Doflamingo, quel bambino deviato che avevo sfortunatamente incontrato nel periodo più buio della mia esistenza. La sua presenza continuava ad infiltrarsi puntualmente in ogni mio sogno, facendolo diventare un incubo. Lui e la sua maledetta promessa che mi aveva fatto tredici anni prima, quella che saremo stati insieme per sempre, per lui la sua “famiglia” era tutto.
Avevo paura che mi trovasse, che mi riportasse “in famiglia”, perché se fosse successo io non avrei più avuto alcuna possibilità di redimermi.
Le ragazze continuavano a dirmi che non dovevo preoccuparmi, che “quel folle” non mi avrebbe mai trovata. Ma Doflamingo non era un folle, la malvagità non era segno di menomazione mentale, lui era sempre stato lucido, anche quando aveva “giustiziato” suo padre. Doflamingo era solo un mostro, ecco cos'era, e forse lo ero anch'io.

Finalmente dopo un bel po' decisi che era arrivata ora di staccarmi da quella vetrina, contemplare quei biscotti mi stava facendo venire in mente pensieri fuorvianti, non potevo pensare ogni maledetto giorno la stessa identica cosa. Tsk, la mente umana, affidabile congegno d'archiviazione ed elaborazione dati, la mia ultimamente mi stava dando parecchi problemi, tiravo fuori pensieri inutili in circostanze che non lo richiedevano.
Tornai a guardarmi intorno e intravidi tra la nebbia il negozio di caramelle di cui mi aveva parlato il ragazzo, la locanda doveva essere nei paraggi. Appena svoltai l'angolo infatti me la ritrovai proprio d'avanti, una grande costruzione in legno a tre piani, dall'aria accogliente e per niente “bizzarra” come gli altri edifici che avevo incontrato precedentemente.

Infatti all'esterno era apparentemente normale, e con mia grande sorpresa lo era anche all'interno, niente sedie strane né luci multicolor, ma solo normalissime forniture in legno ed eleganti lampadari.
C'era una donna alla reception, elegante, sulla quarantina credo, e appena mi vide entrare mi rivolse la parola:

« Salve signorina, benvenuta, io sono Madame Céline, in cosa posso esserle utile? »
« Buonasera io... vorrei prendere una camera, per qualche ora credo, e vorrei anche mangiare qualcosa... »
« Certamente signorina, ci sono molte camere libere, ultimamente con tutta la brutta gente che c'è in giro i turisti preferiscono stare alla larga da questo posto... anzi, le consiglio vivamente di non abbandonare la locanda nelle ore notturne, purtroppo neanche la polizia locale riesce più a tenere a bada tutti i criminali... »
« Capisco, dev'essere davvero una brutta situazione... è la prima volta che vengo qui, ed evidentemente ho scelto il periodo peggiore dell'anno. Potrebbe togliermi una curiosità? Ho visto molte costruzioni da queste parti, parecchio “colorate” e dalle forme un po'... “originali”, questa locanda invece è alquanto... normale. C'è forse un motivo particolare, spero di non essere troppo invasiva, la mia è solo curiosità... »
Era davvero difficile trovare degli aggettivi che descrivessero quei luoghi in modo non offensivo, ci avevo provato.
« Ah ah! Sì signorina, lei è un'ottima osservatrice, sa? Questa locanda è abbastanza antica, ecco perché non è come tutte le altre costruzioni che si trovano su queste isole, io e mio marito abbiamo deciso di lasciarla così, i clienti la preferiscono... Fino a trent'anni fa tutte le costruzioni della parte occidentale dell'arcipelago erano normali, poi con l'arrivo di Big Mom e l'avvio dell'industria dolciaria anche l'aspetto del paesaggio è cambiato... »
« La parte occidentale ha detto? Cosa sa dirmi invece della parte orientale? »
« Le isole che si trovano nella parte orientale sono sempre state poco abitate, circolano leggende circa presunte oscure presenze che infestano quei luoghi; io personalmente non credo a queste stupide dicerie, piuttosto sono convinta che quelle leggende siano nate solo per tenere lontana la gente dalla verità! Su quelle isole si trovano i nascondigli segreti della maggior parte dei pirati che ci depredano dei nostri guadagni! »

Anche il penitenziario di Kama si trovava nella zona orientale dell'arcipelago, e guarda caso anche il posto segreto dove Marlow aveva nascosto il suo tesoro. Solo coincidenze? O magari Marlow sperava che grazie a quelle dicerie la gente non sarebbe mai andata a cercare il suo tesoro? Mah, poco me ne fregava nella situazione in cui mi trovavo, adesso dovevo andare in camera e telefonare alle ragazze. Non potevo raccontare loro la situazione nella quale mi ero cacciata, dovevo solo cercare qualche motivazione convincente per farle restare là sotto il più a lungo possibile.
Raoul infatti stava usando Arianna per ricattarmi, se non mi aveva nominato le altre era perché evidentemente lui non sapeva dove si trovassero: in altre parole se loro fossero rimaste nascoste là sotto sarebbero state al sicuro. Non avevo la minima intenzione di mandarle a combattere contro un nemico di cui io non conoscevo il potenziale. Ma la mia era solo un'ipotesi, non potevo esserne certa, e non potevo neanche essere certa che avrebbe lasciato stare Arianna. Ero confusa.
« Ecco a lei le chiavi signorina, camera quattordici, salga le scale, corridoio a sinistra ».
« Grazie, vado a fare una doccia e dopo scendo giù per mangiare qualcosa ».
Mangiare? Quella situazione mi aveva fatto attorcigliare lo stomaco, avevo la nausea, ma in qualche modo dovevo mettermi in forze. Non era stata una buona idea usare l'Haki del Re nello scontro precedente, adesso mi girava la testa, non avevo ancora abbastanza esperienza per gestire gli effetti collaterali che quella mossa causava al mio organismo.
Però quando vidi la camera mi rallegrai, era davvero bella, spaziosa, luminosa e con dei graziosi mobili color avorio.

Mi buttai a pancia in giù su quel bel letto in ferro battuto dalle candide lenzuola color lilla e riposai per alcuni minuti. Dopo mi alzai, presi il lumacofono e decisi di chiamare le ragazze.

« Hey ragazze, tutto apposto? »
« Annabeeeel! C- c'è uno scarafaggio! I- io non ho alcuna intenzione di rivestire la nave, c- c'è uno scarafaggio, hai capito! »
« Miriam... passami Christa, per favore ».
Maledizione no, non poteva essere vero. La fobia di Miriam -credo che si chiami entomofobia o qualcosa di simile- è sempre stato uno dei problemi più difficili da risolvere all'interno della mia piccola ciurma. La sua fobia infatti aveva più volte minato l'assetto del nostro piccolo gruppo, basti pensare a quella volta quando trovò un minuscolo scarafaggio sul ponte; non uscì dalla sua cabina per una settimana intera, neanche per riparare il timone che si era guastato durante una tempesta. Tornò ad uscire solo dopo che feci disinfestare la nave da dei disinfestatori professionisti. Eh no, perché a lei non bastava sapere che avessi “accompagnato” fuori la suddetta creatura, -che poi non era neanche uno scarafaggio, ma un comunissimo coleottero-, voleva proprio la certezza matematica che in giro non volasse neanche una mosca. Eh la miseria.
« Annabel... sì, lei ha visto uno scarafaggio, io... »
« Uno solo? Là sotto ce ne saranno almeno a centinaia di scarafaggi! Tsk, questo è un bel guaio adesso, ma comunque, c'è o non c'è questo benedetto tes... »
« Annabel, ascolta, il problema principale non è questo; anche se Miriam riuscisse a rivestire la nave non potremmo portarla via ugualmente. Annabel il tesoro... è la nave stessa il tesoro! »
« Eh? Che significa?! Come la nave stessa è il tesoro, ti sei forse bevuta il cervello? »
« La nave al suo interno è completamente rivestita con dei pannelli d'oro massiccio! »
« Che cooosa? Wow bene, allora basta solo portarla in superficie ed il gioco è fatto! »
« Annabel, insomma mi ascolti! Ti ho detto che non possiamo portarla in superficie! »
« Come no, che diavolo stai dicendo?»
« Significa che non possiamo portare via la nave. Nella grotta sotterranea in cui ci troviamo l'acqua non è abbastanza alta, non riusciamo a disincagliare la nave dalle rocce. Stanotte non c'è luna piena, c'è bassa marea, noi non avevamo calcolato questa probabilità, potrei provare a piazzare della cariche di esplosivo ai lati della cavern... »
« No Christa, ascoltami, potrebbe crollarvi addosso, siete troppo in profondità, non riuscireste ad uscire in tempo. Lasciate perdere tutto, ok? Se proprio volete portare su qualcosa, portate ciò che potete ».
« Sì, pensavo la stessa cosa anch'io, le rocce sembrano friabili, crollerebbe tutto all'istante. Allora ci vediamo sulla nave tra un paio d'ore, va bene?»
« Io... ho da fare adesso, e sarò impegnata anche per le prossime ore. A dirla tutta sono finita nei guai, ma non è niente di grave, non preoccuparti. Ci vediamo domani... »
« Annabel, cosa succede? Ti trema la voce, non sei molto convincente sai... »
« Non succede niente, va bene? Domani all'alba partiremo, ti prego cerca di temporeggiare, inventati qualcosa e distrai le altre ».
« D'accordo Annabel, ma ricorda, domani noi due faremo i conti ».

Christa, quella ragazza non riuscivo mai a raggirarla. Sapeva che le stavo nascondendo qualcosa, ma aveva comunque obbedito ai miei ordini, si è sempre fidata di me. Quella sera avevo una brutta sensazione, da quando ero sbarcata in quel posto tutto era andato storto, e la cosa peggiore era che ancora non era finita. Ma adesso avevo bisogno di rinfrescarmi le idee con una bella doccia.

Entrai nel bagno della mia camera, era molto spazioso, le pareti erano rivestite con delle splendide piastrelle a mosaico color lilla, mentre i sanitari erano bianchi e con delle belle rifiniture color oro. Altro che locanda, quello sembrava un albergo di lusso, beh sì magari era l'unica cosa bella di quella giornata.
Aprii l'acqua calda e diressi il getto dritto in faccia, poi con entrambe le mani iniziai a sfregarmi il collo. Avevo bisogno di massaggiarmi la schiena con la spazzola, ma i miei lunghissimi capelli me lo impedivano; avevo una molletta per capelli dentro il mio zaino e così decisi di andarla a prendere. Uscii dalla doccia e mi legai addosso un piccolo asciugamano, così talmente piccolo che a stento mi copriva la parte superiore. Mannaggia a loro, ma non ne avevano di più grandi? Nonostante mi trovassi completamente da sola mi sentivo davvero poco coperta e la cosa mi imbarazzava, così prima di uscire decisi di mettere anche l'intimo inferiore.

Arrivai di fronte alla porta, stavo per spalancarla, quando mi accorsi che in camera mia c'era un'ombra: sì, qualcuno si era silenziosamente infiltrato in camera mia di soppiatto e stava frugando tra le mie cose!
Presi la mia katana, fortunatamente non mi staccavo mai da lei, neanche quando andavo in bagno, e lentamente aprii la porta. Chiunque egli fosse aveva fatto un gravissimo errore ad infiltrarsi in camera mia come un ratto. Lentamente ero arrivata dietro di lui e adesso gli puntavo la katana alle spalle.
« Hey tu, brutto bastardo! Resta fermo dove sei, se solo provi a muoverti ti ammazzo! E adesso voltati, lentamente! »
Fu quando si voltò che riconobbi chi era. Si trattava del misterioso tizio che avevo incontrato nella taverna, quel ragazzo alto e biondo che aveva assistito al mio scontro. Ma che diavolo ci faceva in camera mia?! Ad ogni modo, qualunque fossero le sue motivazioni adesso dovevo disarmarlo, sicuramente non aveva buone intenzioni.
« Tieni le mani in alto e avvicinati lentamente! Non fare scherzi o ti ammazzo! »
Senza dire una parola fece come gli dissi, e lentamente si avvicinò. Era distante solo pochi passi da me, quando all'improvviso inciampò, non so esattamente con cosa, so solo che mi arrivò addosso violentemente.
« Aaaaah! Bastardo! Lasciami! Lasciamiii! »
Non sapevo se l'avesse fatto di proposito ad inciampare, fatto stava che ne aveva approfittato per disarmarmi e bloccarmi a terra. Stava seduto a cavalcioni sopra di me e mi teneva saldamente entrambi i polsi con le mani, non riuscivo a muovermi neanche di un centimetro.
Da quand'ero approdata in quel maledetto posto non avevo fatto altro che cacciarmi nei guai, e proprio quando credevo che avrei avuto almeno un po' di tempo per riposarmi, era arrivato quel bastardo.

E proprio quando pensavo che peggio di così non potesse andarmi, il bastardo finalmente aprì bocca:

« White, io ti dichiaro in arresto... in nome della Marina! »

 


Salve, rieccoci con il capitolo!

Che casino, eh? Il titolo “intruso” è un po' un doppio riferimento sia all'intruso che Annabel si trova all'improvviso in camera e sia a “quell'individuo” che turba i suoi sogni... ma c'è un collegamento? Uhm chissà...
Oh il prossimo capitolo l'ho già scritto, lo sto rileggendo e posso solo dirvi che mi sono venute le lacrime agli occhi... Per la tristezza? Per le risate? O la mia sarà solo congiuntivite? Mah, vado a mettermi un po' di collirio... XD
Il disegno che ho fatto stavolta è in stile semi-realistico/stilizzato, è un'altra mia tecnica di digital painting che ho migliorato nell'ultimo periodo, è una tecnica che conserva le stesse caratteristiche tipiche del manga (occhi grandi, naso piccolo etc) ma con uno stile di pittura realistico, l'ho fatto in circa ¾ d'ora, calcolo sempre il tempo XD 

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Capitolo 7
*** Bastardo ***


Bastardo

 

Io davvero non riuscivo a capire, non riuscivo a capirci più niente. Giacevo a terra, tra le grinfie di quel bastardo, inerme, bagnata e terribilmente imbarazzata, non solo per il fatto che ero coperta solo da quel misero asciugamano: io mi ero lasciata disarmare con una facilità estrema! Come avevo potuto, perché era successo?
Ho sempre avuto i riflessi pronti, ma allora perché non avevo reagito in tempo, perché non lo avevo trafitto con la mia katana? Era successo tutto in quell'istante, mentre lui si girava, io vidi i suoi occhi, non portava più gli occhiali da sole: c'era qualcosa in lui, non sapevo esattamente cosa, ma era la stessa cosa che mi aveva impedito di colpirlo.
Adesso stava lì, sopra di me, continuava a fissarmi in silenzio, ma io avevo udito bene la frase che aveva pronunciato prima. La mia mente confusa cercava di cogliere nelle sue parole un nesso logico, ma non ci riuscivo. Non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi, ero imbarazzata, frustrata; non poteva davvero finire così, io dovevo andare a combattere contro Raoul, non potevo farmi arrestare proprio adesso! Cosa avrebbero fatto le ragazze senza di me?!

Ogni tentativo di divincolarmi era vano, e dopo un po' mi stancai anche di urlare.

« Che c'è piratessa, già ti arrendi? Ti facevo più tenace... »
« Sta zitto, brutto bastardo! »
« Oh bene, vedo che hai ancora la forza per offendermi; allora White, hai sentito cosa ti ho detto prima? Sei in arresto, ti sbatterò in galera! »
« Tsk, quindi è così che fate voi marines, attaccate i nemici di nascosto come dei codardi! Perché non mi hai attaccata prima, che c'è, hai paura di sfidare qualcuno faccia a faccia?»
« Taci, tu sei solo una ladra! »
« Una ladra io? Cosa diavolo ti avrei rubato, sentiamo... La lingua? Sai, fino a qualche momento fa credevo che te l'avesse rubata il gatto, visto che non dicevi neanche una parola... »
« Davvero non ci arrivi? Se vuoi ti rinfresco la memoria... Tu hai una mappa, e l'hai rubata all'asta di Miles Town! »
« Io non ho rubato quella mappa! Io ho solo preso il quadro e ci ho trovato dentro la mappa, che colpa ho! »
« Quel quadro si dà il caso che sia stato venduto al nobile Ossian per la somma di tredici milioni di berry! »
« Che? Quel quadro orrendo per una cifra così astronomica? Ma questo è un furto! Tsk, ho fatto bene a rubarlo, gli ho evitato un bello spavento! »
« Povera sciocca, ma davvero non ci arrivi neanche a questo? Il nobile Ossian stava comprando quel quadro solo per la mappa! La mappa era stata nascosta dentro al quadro solo per evitare che venisse rubata, poi siete arrivate voi e avete sabotato tutto! »

Isabel e la sua mania di prendere tutto ciò che vedeva; non solo quella ragazza aveva la strana abitudine di dormire quarantotto ore su ventiquattro in posizioni assurde, ovunque andavamo lei doveva portarsi dietro una sorta di “trofeo”, o per meglio dire spazzatura, che accumulava compulsivamente nella sua cabina. La sua cabina era una specie di ripostiglio, quando non trovavo qualcosa andavo sempre lì a cercarlo, e anche se non trovavo esattamente cosa stavo cercando trovavo sempre qualcosa che ci somigliava, insomma meglio di niente.
Il quadro in questione non lo avevo preso io, ma Isabel, per cause a me tutt'ora sconosciute. Era un quadro orrendo, c'era raffigurata una baracca con una vecchia megera che dava da mangiare ad almeno una dozzina di gatti obesi, tutti uno più brutto dell'altro. Avrebbero dovuto intitolarlo “Voracità felina” o “Il trionfo della deformità”, e invece come si chiamava? “Scorcio di vita quotidiana”, stava scritto dietro la tela. Sì, come se capitasse tutti i giorni di vedere qualcosa di così inguardabile. Infatti la prima reazione che ebbi appeno lo vidi fu lanciarlo contro la parete che avevo di fronte, fu così che trovai per caso la mappa al suo interno, dopo che quella tela orrenda era finita in mille pezzi.
Però adesso si spiegava perché quel quadro fosse così orrendo e perché costasse così tanto, si erano accordati prima affinché non lo comprasse nessuno.
Il Governo Mondiale, quali strategie metteva in atto pur d' ingraziarsi i Draghi Celesti, erano disposti anche a perdere tre miliardi di berry. Ecco come portare a termine un affare alla luce del sole senza essere scoperti, geniale come idea.
Già, peccato che non avessero calcolato l'elemento sorpresa, ovvero me e le ragazze.

« Hey marine, ma quindi mi stai dicendo che mi sei stato alle costole per tutto questo tempo solo per riprenderti la tua fottutissima mappa?! »
« La missione mi è stata affidata dal capitano Henrik solo la scorsa settimana, ero nei paraggi e ho deciso di venire in suo soccorso; comunque se proprio vuoi saperlo recuperare la mappa è solo un obiettivo secondario ».
Il capitano Henrik? Quel buono a nulla che avevo incontrato a Miles Town! Ecco perché aveva smesso d'inseguirci l'ultima settimana, aveva affidato la missione al pivello. Tuttavia questa motivazione non spiegava ancora parecchie cose.
« Brutto spilungone, sentiamo, quale diavolo sarebbe la tua missione primaria? »
« Non ti riguarda, tu sei solo un pirata, una criminale! »

Per l'ennesima volta venivo considerata una squallida criminale, una persona senza dignità, una specie di “rifiuto della società”, mentre i veri parassiti del mondo stavano sugli scalini più alti del paradiso, a guardare noi misere creature patire le pene dell'inferno. Mi ribolliva il sangue ogni volta che qualcuno m'insultava, infangava il mio onore.
« I veri criminali sono i Nobili Mondiali! E tu da bravo “cagnolino del Governo” riporti la palla al tuo padrone! Davvero tu sei venuto fin qui per riportare la mappa a qualcuno che ha già tantissime ricchezze?! Avete lasciato quest'isola senza protezione, è imperdonabile! »
Le mie parole avevano avuto uno strano effetto sul ragazzo; la sua espressione cambiò di colpo, divenne molto cupo, e per un attimo allentò la presa sui miei polsi. Io ne approfittai per liberarmi una mano, e riuscii a dargli un pugno allo stomaco. Si contorse dal dolore giusto qualche istante, ma poi tornò subito su di me, mi afferrò con forza un braccio e me lo portò dietro la schiena, mettendomi con la faccia a terra, e come se niente fosse tornò a sedersi su di me.
« Cough! No White, il colpo che hai dato a Billy Red era molto più potente, che c'è, ti sei rammollita? »
Cosa? Non gli avevo fatto niente?! Però forse aveva ragione, non mi stavo impegnando abbastanza, per qualche strano motivo le mie mosse su di lui non erano efficaci. La situazione era chiaramente a mio svantaggio, dovevo liberarmi di lui e alla svelta, non avevo alcuna intenzione di finire in prigione, anche perché se ci fossi finita non sarei sopravvissuta per molto.
« Senti maledetto bastardo! Tu ora mi lasci and... »

Proprio mentre gliene stavo dicendo di tutti i colori entrò la locandiera, senza bussare, e adesso ci stava guardando attonita, e sapevo anche perché...
Oh no, aveva frainteso tutto!

« Oh scusatemi signori, i- io non volevo disturbarvi, ho sentito dei rumori e delle urla e volevo accertarmi che fosse tutto apposto... »
In quel momento mi venne un'idea. Se io avessi accusato quel bastardo di essersi infiltrato in camera mia e mi fossi messa ad urlare e a chiedere aiuto magari avrei scatenato un po' di confusione dentro la locanda, giusto quanto bastava per togliermelo di dosso. Beh si, non era una grande idea fare la vittima, ma perlomeno avrei guadagnato un po' di tempo.

Aprii la bocca per urlare, ma notai subito che qualcosa non andava; provai di nuovo, stesso problema. Sentivo le corde vocali muoversi e l'aria uscire dalla mia bocca, ma non riuscivo più ad emettere alcun suono! Ma che diavolo era successo?!
« Non si preoccupi signora, la mia ragazza è solo scivolata, sa lei è un po' imbranata, la sto aiutando a rialzarsi... »
« E- ehm sì, capisco... allora fate attenzione, divertitevi mi raccomando, se voleste ordinare la cena basta che usiate la radio snail... »
« La ringrazio signora, lo faremo senz'altro ».
Cosa cosa? Cooosa? Divertitevi?! Ma che diavolo... Ero improvvisamente diventata muta e come se non bastasse quel bastardo aveva finto di essere il mio “ragazzo”? No, non poteva essere vero, era sicuramente un incubo.

« E adesso tu vai a letto ».
Così dicendo mi caricò sulle spalle, tipo sacco di patate, e poi mi lasciò cadere di peso sul letto, e prontamente mi ammanettò entrambe le mani alla testiera. Il mio asciugamano continuava a starmi miracolosamente attaccato addosso, avevo già perso la voce e la faccia, se avessi perso anche quello la situazione sarebbe degenerata.

Si sdraiò sul letto accanto a me e continuava a fissarmi, con un'aria compiaciuta. Ma che diavolo voleva da me?
« White... sei diventata alquanto silenziosa, c'è forse qualcosa che non va? »
Che bastardo, sembrava che mi stesse leggendo nella mente! Mi prudevano le mani, avrei voluto prenderlo a sberle e calci, ma non potevo, e non potevo neanche urlagli contro quanto lo odiassi!

Continuavo a provare, ma niente, non mi usciva neanche una vocale!

« Ah! Ho capito qual'è il tuo problema, non riesci più ad insultarmi, non è forse vero? Sai, ti ho solo fatto una piccola “magia”, guarda adesso io schiocco le dita e come per magia la tua voce tornerà! »
Il bastardo schioccò le dita e come per “magia” la mia voce tornò, e io ne approfittai immediatamente per riempirlo d'insulti. Poi il bastardo schioccò le dita di nuovo e la mia voce sparì per l'ennesima volta. No quella non era magia, c'era solo una cosa che era simile alla magia ma non lo era, il potere di un frutto del diavolo. Sapevo della loro esistenza, ma fino ad allora non avevo mai incontrato un possessore di tali abilità, e sinceramente non credevo esistesse un frutto capace di rendere muta la gente.

« White, io adesso ti ridò la parola, ho bisogno che tu risponda ad alcune domande... »
Così dicendo schioccò le dita, tirò fuori dalla tasca un accendino e un pacchetto di sigarette. Prese una sigaretta, la mise in bocca e con l'altra mano aprì l'accendino, ma quando allontanò la fiamma dalla sigaretta la sua spalla iniziò misteriosamente ad andare a fuoco.


                                                        
 

« Hey, maledetto imbranato! La tua cazzo di spalla va a fuoco! »
« Eh? Fuoco? Dove? »
« Cazzo! Il lenzuolo, va in fiamme! Maledetto coglione, fa qualcosa! Spegni quest'incendio! »
« Aaah! Ahio aiii bruciaaaa! »
Si alzò di scatto e si buttò a terra, continuando a rotolare per tutta la stanza nel tentativo di spegnere le fiamme, ma invano.
« Brutto coglione, va in bagno! Prendi dell'acqua, fa qualcosa, il letto va in fiamme! »

Dopo svariati minuti passati a rotolare a terra come una palla infuocata decise finalmente di fare come gli avevo detto. Andò in bagno e ritornò subito dopo con una bacinella d'acqua, ma mentre correva scivolò e cadde a terra come un salame, rovesciando tutta l'acqua.
Si diresse di nuovo in bagno, riempì un'altra bacinella d'acqua e stavolta ero convinta che mi avrebbe salvata. Povera illusa. Quel ragazzo non solo era imbranato, ma aveva anche una mira decisamente di merda! Mi aveva buttato tutta l'acqua addosso!
E le fiamme stavano lì, non le aveva centrate neanche con una goccia d'acqua!

« Vaffanculo! È gelata! Stronzo! Piromane! »
« Hey, sta zitta! Vuoi per caso che ti tolga di nuovo la parola?! »
Maledetto bastardo, dovevo fare per forza come mi diceva e restare in silenzio, con tutto che stavo andando a fuoco. Finalmente al terzo tentativo spense quelle maledette fiamme.

No dai, sul serio, quello era un marine? Io mi ero davvero fatta catturare da un imbecille simile?
« Hey, maledetto imbranato! Bravo, vedo che finalmente hai saputo spegnere quelle fottute fiamme! Senti, perché non vai di sotto a farti dare dalla signora altre lenzuola, magari le spieghi il tuo problemino con gli accendini, chissà magari ha delle lenzuola “speciali”che fanno al caso tuo, delle lenzuola ignifughe o magari fatte di alluminio... »
« Non sei divertente, sappilo... »
« Ah, non sono divertente? Mi dispiace se non ti faccio ridere i... »
« Adesso smettila! Sei davvero insopportabile! Fai troppo baccano, sai? »
« Sei un coglione, un imbranato! Ne basta uno come te per far saltare in aria tutta Marijoa! »
« Posticiperemo il tuo interrogatorio dopo che avremmo finito di cenare, White. Ti consiglio di smetterla d'insultarmi o se n... »
« O se no cosa? Dai picchiami, non vado da nessuna parte! Sono ammanettata a questo fottutissimo letto, cosa vuoi farmi? »

Maledizione a me e alla mia lingua, ma che diavolo gli stavo dicendo di fare, lo stavo provocando? Non mi trovavo nella posizione migliore per poterlo fare, fu solo dopo qualche istante che ebbi detto quelle parole che analizzai la situazione e cominciai ad avere paura.
Adesso si stava avvicinando a me, teneva la sigaretta tra le dita, la testa bassa e continuava a fissarmi; si sedette sul bordo del letto e fu lì che io temetti il peggio. In quel silenzio potevo sentire cuore uscirmi dal petto, stavo sudando freddo, non riuscivo neanche a guardarlo in faccia, non lo volevo così vicino.

« White... sebbene tu sia una criminale io non ho mai detto di volerti fare del male... Tsk, oltre che chiassosa sei anche un po' stupida sai... e poi sei ammanettata, mica sei in grado di difenderti così, non rappresenti una minaccia, sappilo! Sai qual'è il tuo problema? Sei troppo sicura di te stessa, dovresti calmarti un po', ti dai troppe arie... Adesso prenotiamo la cena, ah ti conviene mangiare, visto che sto prenotando tutto con il tuo nome... »
« Che cooosa? Lo stupido sei tu! Ma cos... »
« E adesso sta un po' zitta, vado a farmi una doccia... Sono ancora tutto pieno di calce per causa tua! »

E così schioccò le dita, ammutolendomi per l'ennesima volta. Lui non mi vedeva come una minaccia? Io, la temibile piratessa Kuja White, con una taglia da cento milioni, per lui ero una nullità? Per un coglione che si dava fuoco da solo e continuava ad inciampare e scivolare ad ogni fottuto passo che faceva?
No, non poteva essere vero, speravo di svegliarmi da quell'incubo.
Prese la radio snail della camera e ordinò un sacco di roba da mangiare, ah sì giusto, tanto dovevo pagare tutto io, ovvio no. Maledetto bastardo.

 


Rieccoci con il capitolo!

Povera, povera, povera Annabel! È stata catturata dal marine più imbranato del mondo, che sfortuna! Ma l'avete riconosciuto chi è questo tizio, mi sa di sì XD 
Che dire poi di quel quadro orrendo? Mentre scrivevo il capitolo stavo guardando gli Aristogatti, e mi è venuta in mente la versione“horror”eh eh eh... tutta colpa del panettone, devo mangiarne di meno, così mi evito sti flash mentali orrendi XD
Stavolta ho disegnato il “nostro eroe” alle prese con la sigaretta, i prossimi capitoli li ho già scritti, prima o poi (direi più poi che prima XD) li metto... e ora scappo...

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Capitolo 8
*** Rapimento ***


Rapimento

 

 

I moderni studi ufologici hanno classificato gli incontri ravvicinati con entità provenienti da altri mondi in quattro categorie diverse; il quarto tipo, o abduction è quello che viene considerato il tipo d'incontro più traumatico per lo sfortunato terrestre. Il soggetto infatti viene rapito mentre dorme, viene prelevato dalla propria camera e portato via su una navicella, dove verrà poi sottoposto ad interminabili esperimenti. Tuttavia la vittima al suo risveglio si ritroverà nella propria camera, tra le lenzuola del proprio letto, e non ricorderà più nulla; i ricordi tenderanno a riemergere sporadicamente nel corso dei giorni/mesi successivi, provocando violente crisi d'ansia e profondi stati depressivi.
L'alieno in cui mi ero sfortunatamente imbattuta quella sera continuava a ripetermi di essere un marine, che mi aveva arrestata e che voleva interrogarmi, ma evidentemente non si era ancora abituato alla gravità del nostro pianeta, continuava a scivolare ad ogni fottuto passo che faceva. Chissà, magari sul suo pianeta d'origine la gravità funzionava in modo diverso, magari riscontrava difficoltà ad abituarsi ai sistemi di pavimentazione terrestre...
Adesso stava facendo una doccia, da una buona mezz'ora ormai, e continuava a canticchiare sotto l'acqua un motivetto snervante. Accidenti a lui, ma era davvero necessario cantare? Io speravo con tutte le mie forze di risvegliarmi al più presto da quell'incubo, solo la sera prima avevo postulato l'esistenza di infiniti mondi, ma non avrei mai immaginato che le mie supposizioni potessero avverarsi.
No dai, magari quello non era un alieno, forse era solo un povero coglione, fatto stava che mi ero lasciata catturare da lui. Maledizione.

« Hey White, mi serve un asciugamano! Qui ce n'è uno, ma è tutto bagnato... »
Eh? Si stava davvero rivolgendo a me per un fottuto asciugamano?! Io non potevo neanche parlare, davvero si aspettava che gli rispondessi?!
L'asciugamano bagnato al quale si stava riferendo era quello con cui mi ero strizzata prima i capelli, lo avevo appeso in bagno per farlo asciugare, poi c'era quello che avevo addosso e poi... ce n'era uno asciutto dentro il mio zaino.

Ma sfortunatamente io non ero l'unica a sapere di avere dentro lo zaino un altro asciugamano.
« Prima mentre frugavo tra le tue cose ne ho visto uno, ti dispiace se lo prendo in prestito? Ah vero, dimenticavo, chi tace acconsente! »
No no nooo! Lo stava facendo davvero, stava davvero tornando in camera... nudo! Oh merda, quello era completamente folle!
« Ops, scusa! » esclamò il marine, abbassandosi velocemente a terra dov'era il mio zaino, « beh, se proprio non vuoi guardarmi puoi sempre voltarti dall'altro lato, giusto? Ok, aspetta un attimo... Ah bene, ho finito, adesso puoi voltarti! »
Non riuscivo a guardarlo, mi sentivo tremendamente a disagio, stavo per esplodere. Mentre si legava l'asciugamano avevo provato a voltarmi, ma non ce l'avevo fatta... Beh sì, sapevo com'era fatto un uomo, l'avevo studiato, ma non ne avevo mai visto uno... nudo. Sentivo il viso avvamparmi e non sapevo dove mettere gli occhi!
« White, ho detto che adesso puoi voltarti! Che c'è, qualcosa non va? » chiese il marine, come se niente fosse.
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo, quel bastardo stava davvero varcando i limiti della mia pazienza. Adesso che aveva l'asciugamano a coprirlo iniziai a guardarlo attentamente: aveva un fisico slanciato, asciutto e muscoloso, ma aveva anche molte cicatrici e punti di sutura in diverse zone del corpo, in particolare ne notai una sotto la clavicola destra.

                                      
                                                               
 

Doveva aver affrontato molte battaglie per essersi procurato tutte quelle ferite, ma c'era anche la possibilità che se l'era procurate inciampando.

Mentre lo stavo osservando bussarono alla porta, avevano portato la cena. Il cameriere del servizio in camera era un ragazzetto basso, brufoloso e tarchiato, e quando mi vide ammanettata sul letto restò sul ciglio della porta, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati. Oh no, aveva frainteso anche lui!

« Hey ragazzino, ti ho già dato la mancia, adesso puoi anche andare! » sbottò il marine innervosito.
« Wow! C-che schiiianto! » esclamò il ragazzetto con un sorriso malizioso.
Quel brutto marmocchio brufoloso mi guardava con un'aria a dir poco famelica, con tutto che io continuavo ad osservarlo con uno sguardo minaccioso!
Il marine si girò un attimo verso di me, mi diede una veloce occhiata e poi si rivolse di nuovo al moccioso.
« Eh? Ma chi, quella lì?! » chiese inebetito.
« Certo, e chi se no! Ma sei tonto?! È la tua fidanzata, vero? Che beeella! Una donna vera! »
« Che?! » sussultò il marine, arrossendo violentemente, « ma che di che diavolo stai parlando?! Sho! Va via, brutto marmocchio! »
« Siete due sporcaccioni! Voglio restare a guardare la ragazza! Se non mi fate restare vado a dirlo a tutti! » strillò il moccioso.
« Ho detto vattene! » urlò il marine esasperato.
« No, non me ne vado! Io voglio vedere le sue... »
« Adesso basta! » gridò il marine, agitando i pugni vicino al volto del ragazzino, « ma tu guarda che moccioso di merda! Se provi ad andare a dire in giro ciò che hai visto in questa stanza giuro che ti prendo a pugni! E ora smamma! »
« Aaah! Cattivo! Non è giusto, anch'io la voglio vedere! Aaah non è giusto aaaaaah!!! »
« Non urlare! Guarda che se m'incazzo per te si mette male! »

E proprio mentre il marine parava dei minacciosi pugni in faccia al ragazzo il suo asciugamano si slacciò, cadendo al suolo e facendolo restare completamente nudo. E mentre io mi “godevo” la visuale del suo posteriore scoperto, al marmocchio era capitata la visuale peggiore, e a giudicare dal colorito grigio-tortora del suo viso non doveva essere un bello spettacolo, ma proprio per niente. Il marmocchio restò immobile, silenzioso, e quando il suo viso assunse una tonalità blu-notte ne dedussi che probabilmente non stava neanche respirando. Il ragazzino corse via senza dire neanche una parola, e dal tonfo che si sentì era evidente che le ultime rampe di scale se l'era scese rotolando.
Accidenti, certo che era davvero burbero con i marmocchi!

Si rivestì velocemente, e subito dopo si sedette al mio fianco sul letto. Iniziò ad ingurgitare tutta lo roba che si era fatto portare in camera, ma quanto accidenti mangiava quel tipo?! Io stavo letteralmente morendo di fame, non mangiavo da quando avevo pranzato con le ragazze, e i morsi della fame iniziavano a farsi sentire.

« Hey White, so che sei ammanettata e non puoi muoverti, ma dimmi, hai fame? »
Che bastardo, non potevo parlare, come cazzo voleva che gli rispondessi?! Ma non ebbi neanche il tempo di pormi questo problema che il mio stomaco mi tradì, brontolando sonoramente.
« Wow, direi che questo è decisamente un sì! Dai su, apri la bocca! »

Si era avvicinato a me porgendomi un pezzo di pizza, e attendeva che io aprissi la bocca.
« Dai, non fare la difficile! Se non mangi non posso neanche interrogart... »
« Ptuh! »
« Ough! Accidenti a te! »
Bingo! Che soddisfazione, appena me lo trovai a tiro giusto gli sputai dritto in faccia, beccandolo in un occhio. Però adesso buona parte di me temeva la sua reazione, sicuramente non se ne sarebbe stato tranquillo dopo quello che avevo fatto; sebbene precedentemente mi avesse detto di non volermi fare del male adesso ne dubitavo seriamente.
Forse stavolta avevo esagerato. Si alzò in piedi, con la testa abbassata, e con un fazzoletto si asciugò il volto. Restò in silenzio per qualche istante, dopodiché tornò a chinarsi su di me, mi afferrò violentemente per il mento mentre con l'altra mano prese un pezzo di pizza e me lo ficcò in bocca per intero.
« Ugh... mbh! »
« Ecco, spero che sia di tuo gradimento, White! » 
Quella pizza era davvero deliziosa, era addirittura la mia preferita! Sì, quella con peperoni e funghi porcini, proprio come quella che mi preparava Ines! Già, magari avrei preferito mangiarla poco alla volta, magari avrei potuto distinguere meglio i sapori. Sì, magari.
Quello smidollato se davvero voleva interrogarmi mica doveva soffocarmi, gli servivo viva d'altronde, no? Fu quando mi parò d'avanti un secondo pezzo di pizza che capii che non avevo altra scelta, dovevo mangiare di mia spontanea volontà o quel coglione mi avrebbe soffocata.
Goffo, violento e rude, che uomo! Tsk, un vero marine.

« Brava! Ti piace, vero? Tieni, bevici su! »
Continuò a farmi mangiare e bere finché non finì tutta la pizza che aveva fatto portare. Stavo per esplodere. Chissà, forse se mi avesse picchiata sarebbe stato cento volte meglio, beh sì, almeno non mi sarei sentita un pallone aerostatico.

Appena finita la cena si alzò e schioccò le dita, ridandomi la parola.
« Brutto stronzo! »
« Hey calmati! Fa la brava, o mi vedrò costretto a zittirti di nuovo! »
« Vaffanculo! »

Iniziò a frugare di nuovo dentro al mio zaino, sapevo cosa stava cercando.
« Dove l'hai messa? »
« Vaffanculo ».
« Non sei molto d'aiuto; va bene, significa che continuerò a frugare finché non la troverò ».
Dopo che finì di frugare nel mio zaino andò in bagno, prese i miei vestiti ed iniziò ad analizzarli, finché non la trovò.
« Visto? L'ho trovata ugualmente » disse con aria soddisfatta.
« Hey marine, non prenderla come un'offesa, il mio vuole essere solo un consiglio. Vaffanculo ».
« Allora, dimmi White, le tue compagne sono andate a prendere il tesoro, giusto? Quindi significa che se io riesco a leggere questa mappa troverò anche loro! »
Tsk, aveva detto bene, “se” riusciva a leggerla, mica lui lo sapeva il trucchetto della luce sottostante, o almeno era quello che credevo io.
« Ah ecco! Per leggere questa mappa ci vuole una luce sottostante, sì mi avevano già avvisato di questo trucchetto! Uhm sì, il mio accendino andrà benissimo! »
Non ebbi neanche il tempo di parlare, e non perché non avessi la voce, ma perché in quel lasso di tempo lui lo fece, prese quel maledetto accendino e... lo fece.
Stavo per urlargli di non farlo, quando vidi quel piccolo pezzo di carta infiammarsi, andare in cenere e sgretolarsi miseramente, in un attimo, manco fosse stato imbevuto d'alcol.
« Tu... hai bruciato la mappa del capitano Marlow! L'hai bruciata! Tu l'hai bruciataaaaa! » strillai esasperata.
« Eeeh ecco io... ops! Vabè, fa niente! » disse il marine con molta calma.
« Che cooosa? Quella mappa era sopravvissuta per trent'anni! Trent'anni capisci?! »
« Pazienza, significa che il Nobile Ossian farà a meno dei suoi tre miliardi, ha già abbastanza ricchezze ».
Ma che cazzo stava dicendo? Insomma mi aveva inseguita per la mappa o no? Stava davvero disobbedendo agli ordini di un Nobile Mondiale!
C'era ancora qualcosa che non tornava, quel marine era davvero strano, beh sì magari era davvero un alieno. Ma d'altronde per quella mappa non potevo rammaricarmi più di tanto; fortunatamente ne avevo una copia nascosta nella suola dello stivale e un'altra ce l'avevano le ragazze, Christa le aveva disegnate accuratamente giorni prima. Però se volevo risultare credibile dovevo fingere di essere dispiaciuta.

Adesso aveva preso una sedia e si era seduto accavallando le gambe, mentre con l'altra mano giocherellava con l'accendino.
« White, come ti ho già detto prima la mappa era solo un obiettivo secondario, adesso però facciamo sul serio... Ti dirò il vero motivo per cui io mi trovo qui... »
« Tsk, sentiamo un po', magari la tua missione primaria è far saltare in aria l'arcipelago Satō ... »
« Vedo che non perdi mai il senso dell'umorismo, bene... Mi dispiace contraddirti, ma se io mi trovo qui è per liberare questo posto una volta per tutte dal dominio di Big Mom! Raoul il Boia è l'ultima pedina rimasta ancora in piedi su questo territorio, se riusciamo ad abbatterla finalmente libereremo questa gente dai pirati! È una missione importante, capisci? »
« Scusa, ho sentito bene? Hai appena detto “se riusciamo”? Ma che diavolo significa, che vuoi che me ne fotta a me di te e della tua cazzo di missione! »
« White, ho bisogno di te per poter attuare il mio piano, per qualche motivo a me sconosciuto lui è interessato a te, ti ha dato appuntamento per mezzanotte al penitenziario di Kama; quello sarà il momento migliore per attaccare il suo covo, quando lui si troverà lontano dai suoi uomini e non potrà guidarli! Sono infiltrato in questo posto da un po' di tempo ormai, io e i miei uomini abbiamo localizzato tutti i nascondigli segreti di quei criminali, e stanotte sarà il momento giusto per attaccare!»
« Tu ti saresti “infiltrato”? » chiesi con tono beffardo, « ma che cazzo stai dicendo, non sarai mica una spia! Tu! Lavori per l'Intelligence?! Buahahah ma dai, ma sei serio? Tsk, certo che gli standard della Marina si stanno abbassando di brutto, sono davvero disperati per prendersi un imbranato come te! »
« Taci! » esclamò il marine irritato, « ricordati che questo “imbranato” ti ha appena catturata! Collaborare è il minimo che tu possa fare! »
« Brutto stronzo! Non è dovere mio proteggere questa gente, ma vostro! Avete lasciato questo posto in balia dei criminali, bel piano, complimenti! »
« Sparire dalla circolazione per un po' era l'unico modo che avevamo per poter osservare la situazione senza farci notare! Finalmente stanotte li cattureremo tutti! »
« Giusto marine, ogni grande piano non può essere attuato senza qualche piccolo sacrificio... Per voi i civili non sono altro che “pedine sacrificabili”, voi ve ne fottete della gente... »
« Tu sei troppo orgogliosa per poterlo capire... Guardati, inerme e ammanettata alla sbarra di un letto, ti senti davvero nella posizione migliore per poterti fare beffe di me e della Marina? Guarda che io non sono come quello stupido di Billy Red... »
« Vaffanculo ».
« Con i pesci piccoli si prendono quelli più grossi, e tu sei capitata qui al momento opportuno... »
« Sai marine, il mare è pieno di pesci, così come il mondo pieno di stronzi... fottiti ».


Tsk, davvero quel bastardo pensava che io fossi un pesce piccolo? Si sbagliava di grosso. Me l'avrebbe pagata.
« Ma voi Kuja non avete tutte un serpente che usate come arma? Dov'è il tuo? » chiese il marine, guardando ogni angolo della stanza con molta attenzione.
« Hey brutto fesso, vedi per caso un serpente in questa stanza? » replicai beffarda, « se non lo vedi evidentemente è perché non ce l'ho, non credi? »
« Sei davvero acida... Ad ogni modo, qual'è il tuo rapporto con Raoul il Boia? »
« Il nostro rapporto dici? Siamo migliori amici, sai? Solo che adesso vuole ammazzarmi e io non so neanche perché, che strana la vita, non trovi?! Sul serio, che cazzo di domanda è! Io non l'ho mai visto prima quel tipo, non so chi sia! »
« Lui invece sembra che ti conosca molto bene, se non fosse stato per lui io non ti avrei riconosciuta; mi avevano detto che eri una ragazza alquanto particolare, però non avevo neanche una straccio di fotografia per poterti identificare... »
« Wow, mi stai dicendo che se quel tipo non avesse sbandierato ai quattro venti la mia identità io adesso sarei da sola e in pace nella mia camera? Tsk, dovrei ammazzarlo solo per questo... »
« Vorresti ammazzarlo? Tu? » chiese il marine incredulo, « davvero credi che sia così facile ammazzare quel tipo? Povera sciocca... »
« Senti brutto stronzo, dato che qui “lo stratega” sei tu e sai un sacco di cose, ti dispiacerebbe dirmi chi cazzo è quel tipo una buona volta per tutte?! »
« Oh beh, se davvero ci tieni... Raoul il Boia è un feroce assassino, con una taglia da trecentoventi milioni; è stato rinchiuso ventidue anni fa ad Impel Down, finché otto anni fa riuscì ad evadere... Se si è messo in testa che vuole ammazzarti sappi che lo farà, non avrà alcuna pietà ».
« Ma di che diavolo stai parlando? L'unico prigioniero capace di fuggire da Impel Down è stato Kinjishi il Leone d'Oro, sette anni fa! Il sesto livello? Ma arrivano fino a cinque lo sanno tutt... »
« No White, il sesto livello è dove vengono tenuti i criminali più feroci, e anche se viene tenuto nascosto alla maggior parte dell'opinione pubblica esiste davvero... »
« Io non ho mai sentito parlare di questo tizio... Come diavolo ha fatto ad evadere? »
« Sai White, benché noi della Marina facciamo del nostro meglio per catturare i criminali e assicurarci che stiano al fresco in galera, a volte commettiamo qualche errore, e a volte questi errori sono così stupidi e imperdonabili che la Marina stessa si vergogna di renderli noti all'opinione pubblica. È la stessa cosa che successe con la questione di Raoul, ma quando ci accorgemmo che era riuscito ad evadere rubando l'identità ad un altro detenuto che stava per essere rilasciato, ormai era troppo tardi... »
« Tsk, errori del genere li possono commettere solo dei buoni a nulla come voi della Marina... È solo colpa vostra se adesso quel tizio è fuori e vuole ammazzarmi ».
« Sai perché Raoul porta quella maschera? È completamente ustionato, ho visto delle foto, ti assicuro che non è un bello spettacolo... Il prigioniero a cui aveva rubato l'identità uccidendolo era anche ustionato e irriconoscibile, le due guardie che quel giorno lo rilasciarono erano delle nuove reclut... »
« Stai cercando di giustificarli? Davvero tu riesci a trovare delle giustificazioni ad un errore simile?! Per la miseria, se era ustionato non potevano prendergli le impronte digitali, ma esistono anche altri metodi, come il calco dei denti, ed è una prova inconfutabile per identificare la gente! Tsk, incredibile... che razza di deficienti ».
« No White, non voglio giustificare nessuno, so che il Governo Mondiale non è un organismo di giurisdizione perfetto, so che ci sono parecchie lacune, i-io vorrei davvero... »


All'improvviso smise di parlare, posò l'accendino sul tavolo e, con la testa abbassata, continuava a guardare il pavimento. Ma che diavolo gli prendeva adesso? Era così fiero di essere un marine, perché adesso era diventato così... triste?
« White, ad ogni modo, tu non andrai da sola ad affrontare Raoul, io verrò con te » disse molto serio, senza guardarmi.
« Che diavolo stai dicendo? Io sono solo la tua esca, tu dovr... »
« Io dovrò arrestarlo, ma se vai da sola ti ucciderà; sei la mia esca è vero, ma sei pur sempre sotto la mia custodia e io sono l'unico responsabile che deve farti arrivare viva fino in prigione ».
« Tsk, che senso ha farmi arrivare viva in prigione! » sbottai, « ma non hai letto il mio fascicolo? Sai cos'ho fatto io e che pena mi hanno dato? »
« No, non ho avuto il tempo di tornare al Quartier Generale, però dato che siamo qui potresti dirm... »
« Mi hanno condannata alla pena capitale, se mi porti a Marijoa mi uccideranno ».


Dopo che dissi quella frase ripiombò il silenzio, per alcuni interminabili minuti. Sollevò la testa ed iniziò a guardarmi con un'aria a dir poco agghiacciante, poi subito dopo si alzò dalla sedia e iniziò a guardare fuori dalla finestra. Insomma ma che diavolo gli stava succedendo? Dopo quei minuti di silenzio tornò a parlarmi, con voce bassa e senza neanche guardarmi.
« White, cos'hai fatto di così grave? Io posso aiutarti se mi dici cos'hai fatto... Devi averla combinata grossa per darti la pena di morte, non si da a tutti così, senza motivo... »
Cosa diavolo stava dicendo? Aiutarmi? L-lui voleva togliermi da quella situazione?! Ma perché mai doveva fare una cosa del genere, cosa lo spingeva ad agire contro quella “giustizia” che lui tanto ammirava?
Tsk, povero illuso, la situazione non era per niente facile.
« Tu, aiutarmi?! Nessuno può aiutarmi! Se proprio vuoi sapere cos'ho fatto potrai leggerlo nel mio fascicolo, dopo che mi avranno giustiziata! Fa il tuo lavoro, portami al Quartier Generale, sbattimi in galera! È una cosa che ti gratifica sbattere in galera i criminali come me, no? »
« Stupida! Non ci tieni alla tua vita?! Parla! » esclamò, con tono sempre più esasperato.
« Ho ucciso mio marito! » replicai urlando.


Diamine, l'avevo fatto, gli avevo detto la verità.

 


Rieccoci con il capitolo!
Innanzitutto buon anno! Gente che dire, stamattina c'è un silenzio davvero inquietante! Ma non è che forse il nostro Roci è passato da queste parti e ha ammutolito tutti... uhm ma no, è solo Capodanno eh eh, io stessa ancora faccio un po' di fatica per riuscire a connettere bene XD
Le strade sono così deserte che un po' mi ricorda quel film “Vanilla Sky”, quando il protagonista si sveglia e non trova nessuno, beh sì, fossi stata io al posto suo non mi sarei rammaricata più di tanto oh, un po' di pace na volta tanto ci sta pure bene :D
Il capitolo è lungo, sì ci sono molti dialoghi, scopriamo parecchie cose, e la goffaggine del marine è una cosa così talmente assurda agli occhi della povera Annabel che lo reputa addirittura un alieno!
Ho messo alcuni riferimenti particolari, che ci fanno capire l'arco temporale in cui ho situato la fiction, e alla fine abbiamo questo colpo di scena, Annabel è quindi una specie di “vedova nera”?
Il disegno che ho fatto stavolta... ehm... sì, ho fatto bene a scrivere un tutorial sull'anatomia 3d tempo fa XDDD

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Capitolo 9
*** Dolore ***


Dolore



A volte è davvero difficile decifrare i pensieri e le parole della gente, ma decifrare il silenzio è qualcosa di davvero impossibile. Quel silenzio, che era ripiombato subito dopo la mia sconcertante rivelazione, era durato anche fin troppo, e così, dato che il mio rapitore/interlocutore non diceva più nulla, decisi di continuare con la mia drammatica storia.
Forse era arrivata ora di far scendere quell'alieno sulla terra e di fargli capire come funzionassero le cose sul nostro mondo.

« Hey smidollato, allora, hai sentito cos'ho detto? La gente sulla terra si sposa, giusto? Ci siamo fin qui, no? Due persone decidono di sposarsi perché si amano e vogliono creare una famiglia. Questa è la motivazione che viene data dai due consorti, “l'amore”. Però sai, qui sul nostro mondo ci sono delle persone che vengono considerate “potenti” solo perché hanno moltissimi soldi e vengono anche erroneamente considerate come “gli eredi diretti degli dei”; sono persone come quel grandissimo stronzo del Nobile Ossian, e ce ne sono moltissimi altri, fidati. Questi stronzi colossali vengono chiamati “Draghi Celesti”. Sai cosa fa un Drago Celeste quando vede una donna di suo gradimento? La corteggia? La invita a cena? O forse le porta dei fiori? No, se la compra. Avevo solo quindici anni quando mi vendettero ad una squallida asta, e venni veduta in moglie ad un disgusto Drago Celeste trent'anni più vecchio di me; il bastardo non riusciva a procreare, credeva che il problema fossero le sue mogli , che non fossero abbastanza giovani, così prese me. Romantico, vero? Io ero la sua tredicesima mogliettina, sai cosa ne aveva fatto con le precedenti dodici? Le aveva fatte uccidere. E così, quando arrivò la nostra prima notte di nozze, io gli diedi ciò che si meritava, un proiettile dritto al petto. Dov'è l'amore in tutto questo? Dimmi marine, cosa faceva la giustizia mentre io finivo tra le grinfie di quel verme? »

Continuava a non rispondermi, continuava a guardare a terra, come se stesse cercando qualcosa; beh forse stava cercando la sua lingua, doveva averla persa per l'ennesima volta.

« Ero davvero curiosa di leggere il mio stesso fascicolo, sai? Così ne rubai uno tempo fa, e vidi cosa avevano scritto sul mio conto:“Soggetto mentalmente instabile; ha assassinato brutalmente il Nobile Rasmus, dopo che l'aveva adottata e accolta in casa propria come una figlia. Foto non disponibile. Al momento della fuga indossava un abito bianco.” Lessi solo le prime due righe, dopodiché lo strappai, in mille pezzi. Come vedi, mio caro marine, i tuoi colleghi hanno davvero una grande fantasia quando si tratta d'insabbiare questioni vergognose... Abito “bianco”? Nessuno dei tuoi colleghi citò minimamente che si trattasse di un abito da sposa, ma di un comunissimo abito bianco... lo stesso che tentò di strapparmi di dosso il mio “benefattore”durante la nostra luna di miele. Ti divertirai a leggere il mio fascicolo dopo che io sarò morta, fidati. Mi hanno descritta come un mostro ».

Wow, il marine non dava proprio segno di voler parlare! Per un momento pensai addirittura che si fosse addormentato, chissà, magari si era tolto la parola con il suo stesso potere!
Dato che non voleva dire niente decisi di continuare a parlare e di descrivergli nel dettaglio la mia scena preferita, ovvero quando ammazzai quel lurido verme.

« Il Drago Celeste commise l'errore di togliermi le manette, gli feci credere che ero pazza di lui, che non aveva più bisogno di picchiarmi... Tsk, povero illuso. Sai qual'è stata la cosa bella, marine? Il momento in cui ho estratto la pistola, sì, perché lui fino a qualche istante prima non aveva la minima idea di quali fossero le mie reali intenzioni... I suoi occhi colmi di terrore, il suo viso stravolto dal dolore, mi hanno ripagata di tutte le frustate che mi aveva dato durante la mia prigionia! Vedere il suo sang... »

« Basta! Taci, ti prego! »
Miracolo, stava reagendo. Stava reagendo e voleva che tacessi, qual'era il problema, si stava forse annoiando? O magari stavo facendo troppo baccano e non riusciva ad appisolarsi?
« Perché dovrei stare zitta? Perch... »
« Perché ti stai facendo male, White. Lo sento dalla tua voce, a te fa male parlare di questa cosa! Per quanto tu voglia farmi credere d'essere una sanguinaria assassina io so che tu non lo sei! »
« Tu non sai un cazzo di me, hai capito?! Schifoso bastardo! »

Adesso aveva rialzato la testa, mi stava guardando. Con un balzo saltò sul letto, s'inginocchiò a carponi sopra di me e con entrambe le mani mi afferrò i polsi, nel punto in cui erano tenuti con le manette.
« Che cazzo fai, lasciami! »
« White, i tuoi polsi! Se continui a tirare le manette nel tentativo di liberarti ti lacererai la pelle! Non senti neanche questo dolore?! »

Cazzo, aveva ragione, adesso che me l'aveva fatto notare avevo i polsi arrossati e che sanguinavano un po', e io non me n'ero neanche accorta. Avevo continuato a tirare quelle catene durante tutto il mio racconto. Ero davvero diventata insensibile ad ogni tipo di dolore, sia fisico che morale.
Ma cosa diavolo gliene fregava a lui se io sanguinassi o soffrissi?! Maledetto idiota, qualunque cosa lui facesse non avrebbe mai alleviato le ferite che io mi portavo dentro!

Mentre mi controllava i polsi ne approfittai per dargli una ginocchiata in mezzo alle gambe, facendolo rotolare al suolo dal dolore.

« Ecco brutto stronzo, ti sta bene! Tu devi lasciarmi andare! No, non verrai con me, hai capito? Devo andare da sola! Se Raoul capisce l'inganno ucciderà Arianna! Lei non c'entra niente con questa storia, ha solo undici anni! È solo colpa mia se lei si trova qui! »
« White... no, tu non sei una spietata assassina... I- io non posso arrestarti... »
Stava lì, rannicchiato a terra dal dolore e continuava a ripetere la stessa cazzo di frase! Ma che diavolo stava dicendo, non voleva più arrestarmi?! Mi stava forse prendendo in giro?!
« M- mi dispiace per i tuoi polsi, ma se io ti slegassi adesso tu moriresti... no, non posso lasciarti andare... »
« Perché dici così! Perc... »
« Perché una persona come te che vuole così tanto bene alle proprie compagne non può essere un mostro! Se ti stai lacerando i polsi, se vuoi andare a combattere contro Raoul pur sapendo che non hai alcuna possibilità, è solo perché tu sei una brava persona! Io ti ho ascoltata attentamente dentro quella taverna, mentre parlavi... Se dovessero giustiziarti per causa mia io non potrei mai perdonarmelo! Se io mi sono arruolato in Marina è stato solo per proteggere il mondo dai criminali! White tu... sei una brava persona... nonostante quello che ti hanno fatto io lo so, non sei malvagia... Mi dispiace tanto per tutto quello che hai subito, White... ti prego, smettila di tirare quelle catene, non farti ancora del male... »

Diamine no, perché le sue parole mi stavano facendo sentire in quel modo? Perché mentre mi diceva quelle cose mi sentivo un nodo in gola stringere sempre più forte? Lui non sapeva niente di me, eppure gli era bastato così poco per trarre la conclusione che io ero “una brava persona”.
Come si fa a distinguere una brava persona da una cattiva? Io non lo avevo mai capito, le mie compagne continuavano a volermi bene nonostante il mio caratteraccio, io mi ero sempre considerata una persona deviata, mi odiavo. Tutti mi odiavano, ma loro no. Sapevano tutto di me, conoscevano i miei lati più oscuri, il mio tragico passato e le dicerie sul mio conto, ma ciononostante continuavano a volermi come loro capitano.
Forse era proprio per questo che studiavo medicina, per guarire la gente, per sentirmi la coscienza a posto. Ma avevo un dolore terribile dentro, una rabbia che non riuscivo a sfogare in nessun modo, una rabbia che mi stava trasformando in un terribile mostro. Mia madre diceva sempre di aiutare il prossimo, e che la violenza genera altra violenza, e aveva ragione, questo meccanismo a catena ormai si era radicato dentro di me e non riuscivo più ad estirparlo. Forse per me era troppo tardi.

Finalmente dopo svariati minuti passati a rotolare a terra dal dolore si rialzò, e ancora dolorante si sdraiò a fianco a me.

« Riposiamoci un po' adesso, sono solo le ventuno e trenta, quando sarà ora andremmo insieme. Vedrai White, andrà tutto bene... »
« Vaffanculo. Ti ho già detto che se voglio che vada tutto bene tu devi starmi lontano... »
« Buonanotte anche a te, White » .

Appena appoggiò la testa sul cuscino si addormentò profondamente. Beh sì, doveva essere davvero esausto, d'altronde non era mai cosa facile sostenere un dibattito con me, e le ragazze lo sapevano bene. Mentre dormiva lo guardai attentamente; l'espressione rilassata sul suo volto, il suo respiro regolare, era la prima volta che dormivo accanto un uomo, o per meglio dire che un uomo mi dormiva accanto, perché io ero sveglissima. Continuavo a guardarlo e non sapevo perché, ma più lo guardavo e più lo trovavo interessante, non riuscivo a staccare gli occhi da lui; volevo saperne di più sul suo conto, non sapevo neanche il suo nome, ma su una cosa ero sicura: lui non era come tutti gli altri uomini. Era goffo e imbranato, ma c'era anche qualcos'altro in lui. Beh sì, era anche uno stronzo. Diavolo, ma come accidenti facevo ad averci in testa così tanti pensieri contrastanti?! Che me ne fregava in fin dei conti, dovevo solo trovare il modo di metterlo al tappeto e scappare via il più lontano possibile, quel maledetto piromane era un pericolo pubblico!
Non avevo mai dormito con un uomo, però quella non era la prima volta che dormivo in compagnia di qualcuno; ricordai quando da bambina dormivo insieme a Doffy e Roci, in quel gelido inverno di tredici anni fa, e lo ricordai proprio in quel momento, senza un perché.

Ero esausta anch'io, e così decisi di distendermi un po'. Sebbene soffrissi d'insonnia avevo pur sempre bisogno di rilassarmi, dovevo recuperare le energie e tornare a tirare quelle maledette catene. Il mio rapitore dormiva profondamente, e io ne avrei approfittato per scappare. Dopo un po' che mi ero sdraiata lo sentii muoversi dietro di me, si era sollevato ed ebbi come la sensazione che mi stesse guardando; io continuai a fingere di dormire, lui si avvicinò e mi coprì le spalle con la coperta. Dopo qualche minuto mi addormentai, mandando all'aria il mio piano. Non sapevo perché, mi sentivo stranamente in pace, una pace che non provavo ormai da parecchio tempo.

 



Rieccoci con il capitolo...
Ci siamo resi conto tutti della sconcertante verità che sta sfuggendo agli occhi di Annabel... :o
Secondo me quel vestito bianco c'entra molto con il fatto che lei si faccia chiamare White :D
Il capitolo stavolta è più piccolo, e non ho fatto manco il disegno, sorry, è solo che... non sapevo cosa disegnare XD 

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Capitolo 10
*** Messaggio ***


Messaggio

 

Mi risvegliai all'improvviso, sudata e tremendamente agitata; ma come diamine avevo fatto ad addormentarmi nella situazione in cui mi trovavo?! Ma soprattutto: era tutto vero o era stato solo un sogno? Non riuscivo a regolarizzare il mio battito cardiaco tanto ero agitata, credevo di aver sognato tutto, ma ben presto mi resi conto della tremenda verità. Non era stato un sogno, era tutto reale, e io mi trovavo in quella camera, al buio e ancora ammanettata a quel maledetto letto.
Certo che la mia insonnia funzionava in un modo davvero strano, quando volevo dormire non ci riuscivo e quando invece volevo restare sveglia crollavo, bah.
Mi voltai in cerca del mio rapitore, ma con grande stupore mi accorsi quasi subito che lui non dormiva più al mio fianco, era sparito. Ma dove diavolo era andato? Poco importava, anzi meglio così, ne avrei approfittato per scappare.
Iniziai a tirare quelle catene, che adesso iniziavano finalmente a cedere; continuai a tirare, concentrai l'Haki dell'armatura sui miei avambracci e dopo un po' finalmente i ganci si ruppero. Mi alzai, e appena appoggiai i piedi al suolo le gambe del letto cedettero. Tsk, no dai, sul serio? Si era rotto anche il letto?! Cosa diavolo avrebbe pensato Madame Céline? Beh sì, e chi se ne fregava, quella sera ormai il mio orgoglio era andato al diavolo. Piuttosto, ma che ora era? Dovevo muovermi, non potevo permettermi di arrivare in ritardo, c'era in gioco la vita di quella povera ragazzina.
Avevo fatto un errore a cercare quel tesoro, sarei dovuta tornare ad Amazon Lily subito dopo aver salvato Arianna, ma ormai era troppo tardi per pentirsi. Forse era il mio odio per quel luogo che mi spingeva a non voler tornare, fatto stava che adesso le mie compagne erano in pericolo solo per colpa mia.
Avevo intenzione di scappare dalla finestra, però volevo prima accertarmi se ci fosse qualcuno nel corridoio, magari il marine mi aveva lasciato qualche guardia alle costole. Così dopo essermi rivestita e aver preso la mia roba aprii lentamente la porta, ma prima di proseguire mi resi conto che era caduto qualcosa a terra, qualcosa che evidentemente era incastrato nella porta; mi abbassai e vidi un biglietto.
Raccolsi da terra quel piccolo pezzo di carta arrotolato, lo aprii e vidi delle cifre scritte al suo interno. Inizialmente non capii cosa significassero, però dato l'ordine con cui erano scritte potevano essere solo una cosa:

[18°48'40"N 87°25'1"E]

Sì, quelle erano delle coordinate.

Coordinate ok, ma dove portavano? E poi quel biglietto era per me o per il marine? Dovevo sapere chi era stato e avevo solo un modo per poterlo fare, dovevo scendere al piano di sotto e chiedere alla locandiera.
Iniziai a scendere le scale, lentamente, doveva essere notte fonda perché non si sentiva volare una mosca. Al piano di sotto su un divano vidi due uomini che stavano dormendo profondamente, erano dei marine, dovevano essere gli uomini di quel piromane. Li aveva lasciati lì per me, per avvisarlo se io tentavo di scappare o meno, beh sì, quelli non si svegliavano manco a cannonate.

Proseguii a camminare, e mentre stavo per raggiungere la reception vidi Madame Céline, con una vestaglia da notte rosa e una candela in mano.

« Signorina, va tutto bene? Stavo andando a dormire, è tardi, sono le ventitré e trenta... »
« Madame mi scusi, ecco io... mi sono svegliata e non l'ho trovato accanto a me... lei sa per caso dov'è andato? »
« Ah, il suo ragazzo dice? È uscito giusto venti minuti fa, mi ha raccomandata di non svegliarla per nessun motivo, mi ha detto che lei era molto stanca. È davvero un ragazzo dolcissimo, si vede che le vuole molto bene, fate una bellissima coppia... »
« Ah... eh... sì, ovvio... certamente » .
« Se posso permettermi di dirlo... a me sembra anche molto passionale, vi ho visti prima, sa anche mio marito Alfred era così i primi tempi, beata gioventù... »
« Passionale dice? Sa, più che passionale io direi che il mio è un tipo molto “focoso”, a dir poco infiammabile... un vero piromane! Potrebbe incendiare questa intera locanda senza neanche rendersene conto! Sì, lui è un vero pericolo pubblico! »
« Ah ah! Signorina, lei è molto divertente... Dovreste sposarvi presto, ormai se ne vedono poche coppie così affiatate, e po... »
« Madame, la ringrazio, dico sul serio! Però vede, io ho urgenza di sapere una cosa! Ho trovato un biglietto incastrato nella mia porta, ma non so chi ce l'abbia messo, lei mi saprebbe dire qualcosa a riguardo? »
« Un biglietto dice? Ah, adesso ricordo... è stato mio nipote Paul, ha detto che gli avevano consegnato un biglietto per la signorina bionda della camera quattordici... »
« Bene, dove trovo suo nipote? Devo assolutamente sapere chi l'ha scritto... »
« Mio nipote alloggia nella camera nove, però stia attenta, sa lui... »
« Ok, la ringrazio Madame. Ah sì, paga tutto il mio “ragazzo”, compreso il letto incendiato e distrutto, arrivederci! »

Mentre scappavo via Madame Céline continuava a guardarmi con un'aria sconvolta, beh sì, magari lei e suo marito non erano mai arrivati a rompere il letto durante le loro notti di fuoco. Quel brutto stronzo mi stava facendo fare un sacco di pessime figure, tutte una dietro l'altra, me l'avrebbe pagata cara, beh sì, intanto ero riuscita a scaricare tutti i costi di quella disastrosa serata su di lui. Vendetta.

                                                                                                ***

Camera numero nove, dopo un po' l'avevo trovata, stava in un sottoscala, parecchio strana come posizione. Bussai alla porta per tre volte, e dopo qualche minuto sentii finalmente qualcuno arrivare ad aprire.

No, non poteva essere vero, ma quello era... il marmocchio pervertito del servizio in camera! Ma quindi lui era... il nipote di Madame Céline?! Per la miseria!
Era ancora mezzo addormentato, dopo essersi sfregato gli occhi per diversi secondi finalmente mi guardò in faccia.

« Ehm... Paul, giusto? Tua zia mi ha dett... »
« Aaah! Aiuuuto! No, no! Ti prego, perdonami! Dov'è, dov'è lui? »
« Lui chi?! »
« Il tuo ragazzo! Ho tanta paura, ti prego! I- io non voglio più vedere il suo... »
« Hey! Ma di che diavolo stai parlando?! Ah, quel tipo dici... Se proprio vuoi saperlo lui non è più qui, beh sì, almeno per ora... sta tranquillo, ok? Ma sei davvero un cameriere tu? »
« E- ecco io... i miei genitori mi hanno mandato qui, p- però io non sono un cameriere! Prima ho sentito mia zia che parlava con le cameriere di una coppietta deliziosa nella camera quattordici, così ho preso l'ordine e ve l'ho portato! Volevo vedere anch'io! »
« Ma vedere che? Tsk, ad ogni modo, io sono venuta qui per... »
« Hai detto che lui non c'è, vero? Quindi adesso t- tu potresti anche... »
Quel dannato marmocchio, la sua espressione adesso era cambiata di colpo, aveva assunto un'aria davvero inquietante! Continuava ad avvicinarsi a me, sorridente e con un'aria famelica!

« Hey marmocchio, non farmi arrabbiare, non costringermi a farti del male... »
« Io le voglio vedere, dai un attimo! Alzati la magliet... »
« Bonk! Crash! Aaaio!!! »
Eh no, adesso il marmocchio stava davvero esagerando, aveva davvero dei problemi seri se a quest'età era già così pervertito! Gli diedi un pugno sulla zucca, lanciandolo via lontano da me, e adesso se ne stava lì a terra a piagnucolare.
« Senti moccioso, di questo passo l'unica cosa che io ti farò vedere saranno i tuoi tris-tris nonni, all'altro mondo, sì, ti ci spedisco io, con la posta prioritaria! Se rispondi alla mia domanda però potrei anche chiudere un occhio... »
« Aia! Che male! Senti io non c'entro niente, è stato uno degli uomini del Boia! Mi ha detto di farti trovare il biglietto appena quel tipo alto e biondo si fosse allontanato da te! L'ho visto uscire dalla camera e io ho fatto come mi aveva chiesto! »
Ecco chi mi aveva lasciato il biglietto, q- quindi lui... non voleva che il marine mi seguisse! Ma allora lui sapeva che il tizio che era con me era una marine! E molto probabilmente il luogo indicato dalle coordinate era dove io avrei dovuto incontrarlo! Dovevo muovermi. Entrai dentro la stanza del ragazzetto, una stanza completamente piena di poster e riviste scabrose, totalmente inadatte per la sua età, e saltai giù dalla finestra, non potevo mica usare l'ingresso principale.

Dovevo chiamare Christa e farmi dire dove portavano quelle coordinate, e dovevo farlo al più presto. Mi diressi verso il ponte di ferro che mi era stato precedentemente indicato da Carlos, e nel frattempo tirai fuori il lumacofono.
« Hey Christa, ci sei? »
« A- Annabel, è quasi mezzanotte, sei sempre la solita... dovresti andare a letto ogni sera allo stesso orario, per regolarizzar... »
« Christa, scusa se ti ho svegliata, mi serve un favore... devi dirmi dove conducono queste coordinate: diciotto gradi, quarantotto primi e quaranta secondi Nord, ottantasette gradi, venticinque primi e uno secondi Est ».
« Annabel... mi spieghi cosa accidenti succede? »
« È un casino, domani ti racconto tutto... ti prego fidati di me, hai la mappa dell'arcipelago Satō, giusto? Calcolami le coordinate, per ora non posso dirti altro ».
« Senti Annabel, con questi “segreti” adesso stai davvero esagerando; o mi spieghi le cose come stanno o io non faccio un bel niente » .

                                         
                                                                  


Tsk, maledizione, Christa mi aveva appena messa con le spalle al muro. Non mi piaceva tenere delle cose nascoste alle mie compagne, perché erano le mie amiche, se lo stavo facendo era solo perché ero costretta, non avevo altra scelta.

Christa era come una sorella maggiore, era stata lei a prendersi cura di me quando avevo sette anni, durante il mio esaurimento nervoso. Avevo appena appreso che non avrei mai più rivisto i miei genitori, tutti credevano che non avrei superato quella crisi, che sarei morta entro poco tempo. Ma lei aveva creduto in me, e se io oggi ero ancora viva lo dovevo solo a lei. Mi dispiaceva raggirarla, ma dovevo farlo.
« Cazzo! Mi servono quelle fottute coordinate! »
« Signorina, sappi che il tuo linguaggio da scaricatore di porto non ti aiuterà ad ottenere il mio aiuto » .
« Perché scusa, cos'hai contro gli scaricatori di porto, sono sempre meglio dei marines, non trovi? Io li trovo adorabili! Chissà, magari in una mia vita precedente ero uno scaricatore di porto... »
« Annabel! Maledizione, tutti quei libri sull'ufologia e le vite precedenti ti hanno fatta rimbambire! Per la miseria, sei una ragazza intelligente, studi anche medicina! Perché ti rovini la vita così?! »
« Non ti piacciono i miei libri, d'accordo; quindi, riassumendo, io per te sarei uno paranoico scaricatore di porto, con manie di persecuzione e ossessionato da teorie complottiste sugli ufo, giusto? »
Diamine ce l'avevo fatta, Christa stava ridendo a crepapelle, e anche se si sforzava di non farmelo notare potevo sentirla benissimo, cercava di coprire con dei colpi di tosse le sue risate.
« Hey navigatrice, da medico ti consiglio di smettere di fumare, quella tosse non mi piace per nulla, è davvero strana... »
« Maledizione a te, ho appena immaginato uno scaricatore di porto con la tua faccia... credo che avrò gli incubi » .
« Eh eh eh, te la sei cercata tu, Christa... E riguardo al mio linguaggio, sappi che io parlo come cazzo mi pare e piace, d'accordo? Non le voglio le tue lezioni di galateo, voglio ricordarti che la principessa era mia madre, io non sono come lei, è ora che tu inizi a fartene una ragione. E dilla qualche parolaccia una volta tanto, voglio ricordarti che tu sei un pirata e non una maestrina di bon ton » .
« Ma tu lo sai cosa ti farebbero su Amazon Lily se i membri anziani ti sentissero parlare in questo modo?! »
« Christa, voglio ricordarti che più del novanta per cento delle donne sulla nostra isola non capisce un cazzo di quello che dico, chi diavolo vuoi che mi condanni, le palme? Insomma, io parlo sempre così! »
« Tua zia Annabel, tu non smetti mai d'istigarla... »
« Me ne infischio di lei! Non ne voglio più parlare, d'accordo?! »
« Va bene va bene, è come dici tu, ad ogni modo... Sto quasi finendo di calcolarti le coordinate, e stavolta voglio parlarti di... Isabel; quando le dirai cos'hai fatto al suo amato quadro? »
« Oh Christa, grazie! Lo sapevo che l'avresti fatto! »
« Hey, smettila di fare la lecchina e rispondi alla mia domanda... tu non gliel'hai ancora detto! Devi farlo, sai quanto le piaceva quel quadro! »
« Ehm ecco i-io... »
Proprio in quel momento mi era sfrecciata accanto una pattuglia di marines, e io mi ero velocemente nascosta sul tetto di una casa. Si stava creando parecchio movimento, quel dannato marine imbranato doveva essere un tipo alquanto importante se aveva al suo seguito così tanti uomini.
« Annabel? »
« Sì? »
« Quelle coordinate conducono dritte sull'isola di Kama... »
« Sì lo so già, dimmi, in che punto esattamente? »
« È una zona chiamata “Triangolo della Morte”, corrisponde al sanatorio del carcere di quel posto... l'intera zona sembra essere circondata da un campo minato! »
« Che?! Dove cazzo le vedi le mine, scusa?! »
« Annabel... stanno nella legenda, in fondo la cartina... »
« Ma dai, campo minato... ma dove diavolo hai preso quella cazzo di mappa, sarà falsa! »
Eh no, senza ombra di dubbio la mappa era vera, e le mine ci stavano sicuramente, ma dovevo cercare di sdrammatizzare.
« Annabel... l'ho presa da Tonio il Navigatore, è affidabile al cento per cento! Annabel, ma devi andarci per forza in quel posto? »
« Sì, devo per forza! Dai tranquilla, userò il visore termico per localizzarle ed evitarle! Come diavolo ci arrivo?! »
« Dopo aver oltrepassato il ponte di ferro c'è una fitta boscaglia, all'interno della quale ci sono cinque sentieri; devi prendere il secondo a sinistra, è un sentiero in salita, ti condurrà dritta all'altopiano sul quale si trova situato il sanatorio. È una zona isolata, e dall'altra parte c'è uno strapiombo di almeno ottanta metri che si riversa dritto in mare. Fa attenzione, mi raccomando... »
« Grazie Christa, descrizione dettagliata come sempre. A dopo » .

Beh sì, l'avrei rivista dopo, se un dopo ci fosse stato.

Ero arrivata al ponte di ferro, la nebbia era così talmente fitta che non si riusciva a vedere l'altra sponda. Un brivido mi percorse la schiena, brivido che non cessava di farmi accapponare la pelle, sebbene avessi addosso la giacca. No, quello non era freddo, quella era paura, avevo davvero un gran brutto presentimento.

 


E rieccoci con il capitolo...
Annabel si prepara per la battaglia, e sembra alquanto impaurita... e forse ha ragione di esserlo.
Le coordinate che ho messo esistono davvero, e sono situate più o meno nel bel mezzo del nulla nel Golfo del Bengala, e nella geografia di One Piece quella zona corrisponde (sempre più o meno XD) al... Mare Orientale. Sì, l'arcipelago che mi sono inventata si trova nel Mare Orientale... XD
L'arco temporale, sì penso di poterlo anche dire, (perché nei capitoli precedenti si sarà già capito) siamo esattamente 18 anni prima degli eventi correnti, ovvero un anno prima che Roci ritorni dal fratellone... e quindi stava in Marina!
Stavolta il disegno l'ho fatto con uno stile un po' più fumettistico, volevo farci i retini ma... così mi piace di più XD

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Capitolo 11
*** Sanatorium ***


Sanatorium


 

Avevo finalmente raggiunto l'altra sponda, era davvero buio, riuscivo a stento a vedere dove mettere i piedi. Niente luna piena, niente insegne luminose, ma proprio niente di niente! Non sapevo se settare il mio visore sulla modalità infrarossi o se attivare il rilevatore termico per localizzare le mine, beh sì, forse la seconda opzione era quella più sensata, insomma andare a sbattere contro un albero era sempre meglio che andare a finire sopra una mina! Alla fine optai per la torcia, quel diavolo di visore non lo sopportavo, e comunque le mine dovevano trovarsi più avanti.
Mi addentrai in quella fitta boscaglia, così talmente fitta che per poterci passare in mezzo dovevo tagliare con la mia katana una quantità indecifrabile di arbusti e sterpaglie, una fatica immensa. Dopo un po' miracolosamente le sterpaglie erano finite, e mi ritrovai davanti un sentiero; dovevo prendere il secondo sentiero a sinistra d'accordo, ma come diavolo facevo a sapere se il sentiero che mi trovavo davanti era quello giusto? Beh sì, se era in salita avevo indovinato, in caso contrario sarei tornata indietro, non avevo poi così tante opzioni.
Mentre camminavo continuavo a pensare a quel marine, era davvero raro trovarne uno disposto ad aiutare un pirata; l'unico che avevo conosciuto capace di fare una cosa simile era quel folle del Viceammiraglio Garp, ma se lui lo faceva era solo per la stima che aveva nei confronti di mio padre. Però non era solo questo, c'era qualcos'altro in quel giovane marine, io avevo esitato a colpirlo e ancora non riuscivo a spiegarmi perché.

All'improvviso un urlo agghiacciante mi distrasse dai miei pensieri, proveniva da dietro di me. Vidi in lontananza un tizio che correva a gran velocità, nella mia direzione! E quello chi diavolo era?!

« Aaah! Aiiiuuuto! Lucertole, lucertole giganti! »
« Eh? Ma che diavolo... Hey tu! Non avvicinarti o ti affetto con la mia katana, fermati! Fermati ho detto!!! »
Il tizio non dava segno di volersi fermare! Continuava a correre, lasciandosi dietro un polverone enorme, e continuava a farneticare cose assurde... Che dovevo fare?! Mano a mano che si avvicinava iniziai a distinguere dietro di lui parecchie ombre inquietanti, che sfrecciavano velocemente da un punto all'altro, lo stavano inseguendo! E la cosa peggiore era che venivano nella mia direzione!

Ormai il tizio mi aveva quasi raggiunta, e non ebbi altra scelta se non quella di mettermi a scappare insieme a lui.
« Hey, ma t- tu tu sei Annab... ehm volevo dire White! Che ci fai da queste parti?! »
« E tu chi diavolo saresti, come fai a sapere chi sono? »
« White, sono io, Jeff! »
« Jeff chi? Chi cazzo sei? »
« White! Ci siamo incontrati l'anno scorso al villaggio Foosha, davvero non ti ricordi di me?! »
Correvo così talmente veloce che avevo il fiatone, non riuscivo neanche a girarmi per guardarlo in faccia quel tipo, ma adesso avevo capito chi era. Si trattava di uno svitato dal ciuffo viola, appassionato di botanica e diavolerie varie, lo avevo conosciuto tempo fa, durante una delle mie visite al villaggio Foosha. Questo tipo aveva una cotta atroce per Isabel ormai da tempo, però non avevo idea se lei lo ricambiasse o meno. Sì, ma che diavolo ci faceva lì?! Forse al momento non m'interessava saperlo, non era quello il problema principale.
« White! Io sono qui perch... »
« Senti, non me ne frega un accidenti del perché tu sia qui, dimmi piuttosto cosa diavolo sono quelle cose che ci inseguono!!! »
« Sono delle lucertole giganti! »
« Che?! Senti non scherzare e dimm... »
Non ebbi neanche il tempo di finire la mia frase che improvvisamente una di quelle ombre mi aveva assalita alle spalle, buttandomi a terra. Quella cosa, qualunque cosa fosse, aveva degli artigli lunghissimi, mi avevano arpionato la giacca. Con un rapido gesto me la sfilai, lasciandola fra le sue grinfie, mi girai ed iniziai ad osservarlo: era un lucertolone lungo almeno tre metri, dalla testa piatta e allungata, il corpo ricoperto da squame nere e lucide e una robusta coda, con una strana struttura ossea esterna. Che diavolo era quello?!
« Annabel! Ne arrivano altri, ci hanno circondati! »
« Hey damerino, cerca di starmi accanto e non muoverti, ok? Adesso ci penso io! »

Ma quel rimbambito di Jeff non mi diede ascolto, si era messo a correre a destra e sinistra, agitando la sua sciabola come un idiota, e uno di quei cosi gli era saltato addosso, buttandolo a terra. Io arrivai subito in suo soccorso, presi a calci e pugni quella creatura, e dopo vari tentativi riuscii finalmente a staccargliela di dosso; estrassi la mia katana e con un colpo netto gli tranciai la coda. La creatura provò a rimettersi in piedi, ma cadeva a terra subito dopo, e forse avevo capito perché...
« Jeff, va tutto bene? Ti ha morso? »
« Sì sto bene, grazie! Fortunatamente sei arrivata in tempo! »
« Non ringraziarmi, guarda un po'... ce ne sono tantissimi! Jeff ascoltami, devi tagliargli la coda, ce la fai? »
« La coda? »
« Sì Jeff! È il loro punto debole, perdono l'equilibrio se sono senza coda! »
Dovevo muovermi, non riuscivo a crederci che adesso dovevo vedermela anche con quei lucertoloni disgustosi! Jeff non se la cavava niente male con la sua sciabola, riusciva ad affettare parecchie code, e anch'io mi davo da fare, ma nonostante i nostri sforzi quei mostri spuntavano da tutte le parti. Dovevamo seminarli, e per poterci riuscire dovevo fare quella cosa che odiavo tanto fare, soprattutto se ero stanca e nervosa.
« Jeff, allontanati da me adesso! »
« Cos'hai in mente? »
Mi concentrai, liberando la mente da ogni pensiero, e dopo qualche istante rilasciai le mie onde celebrali. Quei mostriciattoli caddero tutti al suolo, esanimi e innocui come delle brave lucertoline.
« Eeeh.... non mi sento mooolto ben... »
« Jeff, dai cazzo! Non svenire anche tu! »

Ma mentre cercavo di rianimare quel babbeo, ironia della sorte, ebbi un capogiro, vidi tutto nero e caddi in ginocchio.

                                                                                                   ***

Ripresi conoscenza dopo qualche minuto, ero a terra e Jeff mi stava osservando.
Provai ad alzarmi, mi girava ancora la testa, usare l'Haki del Re due volte nello stesso giorno era una follia, ma anche usarlo solo una volta per me era uno stress tremendo, mi faceva consumare parecchie energie e quasi ogni volta arrivavo sul punto di svenire. Dovevo allenarmi di più su quella tecnica.


« Annabel, stai bene? »
« S- sì, adesso ci vedo... ho solo avuto un abbassamento di pressione... »
« Annabel! I- il tuo naso! »
Mi strofinai il naso, e quando guardai la mia mano era coperta di sangue. L'epistassi era un problema sul quale dovevo ancora lavorarci, mi veniva quasi ogni volta dopo aver usato quella tecnica, ma in quel momento non era il problema principale. Mi rialzai in piedi, estrassi la mia katana e la puntai verso il tizio.
« Ehhh? White, che fai! P- perché mi punti la tua spada! »
« Senti brutto stronzo, ho sentito cos'hai detto prima, sai? Tu mi hai chiamata Annabel! Come diavolo fai a sapere il mio nome?! Parla! »
« Ok! Ti dirò tutto, p- però toglimi quella spada dalla gola! »
« Sputa il rospo, non ho molto tempo da perdere... »
« Annabel, anche se noi ci siamo conosciuti nel Mare Orientale, io sono originario del Mare Settentrionale, e lì la tua vera identità non è più un segreto, soprattutto tra i pirati... »
« Chi, quali pirati?! Dimmi, chi! »
« Sto parlando di... Donquixote Doflamingo, quel pirata ha smosso mari e monti per scoprire la tua vera identità... »

No, non potevo credere alle mie orecchie, quando udii quel nome il mio cuore perse un battito.
Per anni avevo cercato di camuffare la mia vera identità, avevo addirittura accettato quel soprannome che tanto mi faceva male, “White”, e in nessuno tra i documenti della Marina figurava il mio vero nome. La Marina aveva cancellato ogni traccia della mia reale esistenza, dell'enorme contributo che aveva dato mio padre al loro sistema, io per loro ero solo una ragazza deviata, un'assassina che al momento della fuga indossava un abito bianco. Ma io l'avevo accettato, avevo accettato tutto pur di non farmi ritrovare da lui, e proprio in quel momento avevo scoperto che i miei tentativi non erano serviti a nulla.

Puntai di nuovo la katana verso Jeff, adesso doveva dirmi tutto ciò che sapeva, per filo e per segno.

« Ahhh! Dai, ti prego, mettila giù! Posso parlare anche senza quella cosa puntata addosso! »
« Ti ha mandato lui? Ti ha mandato per spiarmi?! »
« No no! Hai frainteso tutto! Io non lavorerei mai per uno come lui! Annabel, quel tizio e la sua Family sono dei mostri! »
« Perché mi hai seguita allora? Parla! »
« I- io... voglio sposare Isabel! Sono innamorato di lei, vi ho seguite usando la vivre card che lei stessa mi ha consegnato! »
« Che cooosa? T- tu stai cercando di portare via un membro del mio equipaggio! Come osa quella stupida a dare la sua vivre card al primo pollo che conosce! Questa me la paga... »
« Se l'ha fatto è solo perché mi ama anche lei! Ti prego, non punirla per questo! Pensavo che te ne avesse già parlato... »

Isabel ultimamente era strana, parlava poco e stava sempre chiusa nella sua cabina a telefonare, ecco con chi parlava... Oh beh, se lei era consenziente non l'avrei mica bloccata io. Ma quel tipo faceva sul serio?
« Ok, parleremo con lei di questa situazione, piuttosto... perché vuoi sposarla? Dammi una valida motivazione... »
« Io la amo! Lei è bellissima! »
« Senti smidollato, ci sono tante donne bellissime a questo mondo, d'accordo? Sì, la tua dama dai grandi occhi verdi e i lunghi capelli castani è una bellissima ragazza, disordinata, accumulatrice e dormigliona, ma bella, però non venirmi a dire che vuoi sposarla solo perché è bella! Se tu non fai sul serio e la fai soffrire guarda che io ti inseguo fino in capo al mondo! »
« Io senza di lei potrei anche morire! Non m'interessano altre donne, voglio solo lei! La sogno ogni notte, lei è come l'ossigeno per me! Io voglio stare con lei per semp... »
« Ok ok basta, mi stai facendo salire il diabete! »
« E poi c'è anche un altro motivo... Io voglio portarla via da te al più presto, lei con te non è più al sicuro! »

Ecco, quella motivazione secondaria che mi aveva appena dato mi aveva fatto salire il sangue al cervello; impugnai la katana di nuovo e stavolta gliela puntai al petto.
« Senti un po'... ti dispiacerebbe essere leggermente più chiaro quando parli? Sai, c'è il rischio che io oggi commetta un omicidio, e che lo commetta proprio adesso... Indovina, chi sarà mai la vittima? »
« Ah! No no, aspetta! I- io volevo dire che... lo so che tu non faresti mai del male alle tue compagne, Isabel non fa altro che lodarti! Mi ha raccontato di quella volta nel bosco, quando tu salvasti la vita a lei, Miriam ed Ines! Lei ti stima moltissimo! L'unico motivo per il quale io penso che lei non sia più al sicuro con te è Doflamingo! La mia paura è che Doflamingo ti ritrovi, quel folle sarebbe disposto anche ad uccidere tutto il tuo equipaggio pur di farti ritornare nella sua organizzazione! »
« Eh, che cosa?! Senti un po', tu non sai un bel niente del rapporto che ho avuto con lui in passato, cosa ti fa pensare che lui farebbe tanto pur di riavermi?! »
« Io so tutto, Isabel mi ha raccontato tutto ciò che è successo nel periodo in cui tu hai vissuto nel Mare Settentrionale, quando fosti rapita, all'età di sette anni! Tu eri lì, hai visto l'organizzazione ai suoi albori, hai conosciuto quelli che oggi sono Joker e i suoi quattro Ufficiali! Tu eri un membro della Family! »

Non riuscivo a crederci, Isabel aveva davvero spifferato tutto a quel tizio! Tutti i miei segreti, i miei timori, tutto! Mi sentivo tradita, delusa.
« Senti, che diavolo vuoi da me?! È vero, ok? Sì, è tutto vero! E tu non dovresti esserne a conoscenza! Non mi sarei mai aspettata da Isabel una cosa simile, sono stupita, davvero, non so che dirti... »
« Non sentirti tradita da lei, mi ha raccontato tutto piangendo, e se l'ha fatto è stato solo perché era seriamente preoccupata per te! Io le avevo raccontato che lui aveva scoperto la tua vera identità e che ti stava cercando, lei mi ha solo spiegato il motivo! »
« Ad ogni modo, cosa ti fa pensare che lui sarebbe disposto a tanto per me? Insomma, io non sono l'unico membro della Family che manca all'appello, anche il suo amato fratellino ormai è scomparso da almeno tredici anni e nessuno ne sa più niente... E poi credo che abbia già abbastanza sgualdrine ai suoi piedi, una donna in più o una in meno non gli cambierebbe nulla ».
« Tu gli salvasti la vita quella volta, quando neanche il suo amato fratellino c'era riuscito, si vede che lui non l'ha mai dimenticato... Sei davvero importante per lui, il problema è questo... »
« Quindi Isabel ti ha raccontato anche questo? Tsk, accidenti a lei... Ah vero, lei l'ha fatto solo perché “mi vuole bene”, quindi non mi posso neanche incazzare... »
« Annabel, l'obiettivo di Doflamingo è raggiungere il Nuovo Mondo, e anche se adesso lui si trova nel Mare Settentrionale sappi che arriverà al suo scopo.... La sua organizzazione è sempre più grande, sono sempre più forti e di questo passo lui ti raggiungerà a breve; cosa farai in quel momento? E se tu dovessi scegliere tra andare con lui o restare con le tue compagne? Cosa farai? E se lui non te la desse questa possibilità di poter scegliere? Io non posso correre questo rischio, Isabel starà con me, non voglio perderla! »

Quel ragazzo poteva anche essere uno svitato, però aveva ragione; la situazione era critica, e forse io ero stata egoista, perché fino a quel momento quel pensiero non mi aveva mai sfiorato la mente. Io ero costantemente preoccupata è vero, ma la mia unica preoccupazione era quella di poter diventare un giorno un mostro come Doffy, temevo che prima o poi avrei perso il controllo. Ma non avevo calcolato l'ipotesi che lui potesse privarmi del mio equipaggio per raggiungere il suo scopo, ovvero tornare con me e farmi diventare come lui.
Se Doffy era ancora vivo, se aveva ucciso suo padre e moltissime altre persone era solo colpa mia, perché io quel giorno, spinta dall'affetto che provavo per lui, uccisi quell'uomo, salvandogli così la vita. All'età di soli sette anni io avevo commesso il mio primo omicidio, e l'avevo fatto solo per lui. Rocinante non c'era riuscito, continuava a tremare, impaurito, così presi la pistola e lo feci io al suo posto. Solo oggi però mi rendevo conto dell'enorme errore che avevo fatto, e i rimorsi mi assalivano ogni volta che prendevo il giornale e leggevo in prima pagina quante atrocità commetteva Doffy.

Era un dolore che mi portavo dietro ogni maledetto giorno, sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare quel problema, ma per adesso ne avevo un altro problema da risolvere.

« Senti Jeff, grazie per avermi avvertita, vedrò cosa fare... Adesso però tu devi andartene! Se stai cercando Isabel, sappi che qui sei totalmente fuori strada! Continua a seguire la vivre card, ma fallo bene! Raggiungi Isabel, d'accordo? E sappi che se mi hai mentito su tutta questa storia ti faccio fuori! Adesso io devo trovare un sentiero in salita e... »
« Annabel! Il sentiero che ci siamo fatti correndo era in salita! »
« Ah, dici sul serio? Ero così talmente persa nei miei pensieri che non me n'ero accorta... »
« Hey, guarda laggiù... cos'è quello? »

In lontananza, tra la nebbia, si scorgeva un enorme edificio a forma di parallelepipedo grigio, a quattro piani e dal tetto a spiovente. Presi il binocolo ed iniziai ad osservarlo meglio; era una struttura gigantesca, i muri esterni erano parzialmente distrutti, le finestre erano piccole e con delle sbarre metalliche. Trovai l'ingresso principale, un grande portone arrugginito, al di sopra del quale c'erano dei caratteri in pietra che formavano la scritta “SANATORIUM”.
« Hey! Quello è il sanatorio! M- ma allora... sono già arrivata a destinazione! »
« Che? Un sanatorio? Che c'è, stai male, hai bisogno di curarti da qualche part... »
« Idiota! È disabitato ormai da tempo! Resta qui, non muoverti! »

Tornai a mettere il visore, lo impostai sulla modalità rilevazione termica, guardai il suolo nei dintorni del sanatorio e, con mia grande sorpresa, non rilevai nulla. Ma non dovevano esserci delle mine lì, dove diavolo erano? Mi bastò fare qualche passo in avanti per capire qual'era il problema. Fango. Fango ovunque, quella era... una palude! Ecco perché il visore non rilevava nulla, il fango faceva da termoisolante!

Fantastico, quindi avrei dovuto attraversare quel tratto di strada fino al sanatorio affidandomi solo alla sorte, gran bella idea.

« Hey Jeff, tieni, tanto a me ormai non serve più! »
« Ma questo è... il tuo visore! P- perché me lo stai dando? »
« Ti servirà per riuscire ad andartene via da qui sano e salvo, senza incappare in quelle bestiacce... Sai come si usa, vero? Se vedi delle sagome rosso- arancio scappa via a gambe levate! Riportalo ad Isabel, e portale anche questo biglietto! Ah gusto, se vuoi fare colpo su di lei comprale una scatola di quei buonissimi cioccolatini che producono in questo posto! E se posso darti un altro consiglio... togliti quel cazzo di papillon a pois, non c'entra un accidenti con quella camicia a righe che indossi, sembri un clown! »
« A- Annabel... grazie di tutto... Ma perché non vieni via con me adesso? »
« Ho da fare, mi capisci o no! Va via adesso, se non vuoi che io ti prenda a calci in culo! »
« Ok ok! Me ne vado, basta che non ti arrabbi! »

Jeff non se lo fece ripetere due volte, e in pochi secondi si dileguò in mezzo alla fitta e scura boscaglia. Raccolsi un bel po' di sassi che trovai nei dintorni e li ficcai dentro il mio zaino, avevo un piano per “fregare”le mine, speravo solo che colui che “presumibilmente” mi stava aspettando in quel luogo avesse pazienza.
Era fin troppo chiaro che quella era una trappola, ma come ho già più volte ripetuto io ero pronta a tutto pur di salvaguardare l'incolumità del mio equipaggio, anche finire in una trappola.

 


Tadaan... niente disegno sta volta!( sorry, ma ho davvero troppe cose da finire XD)
In questo capito appare un personaggio inaspettato, ma è solo grazie a lui che finalmente riusciamo a scoprire parte del drammatico passato di Annabel, e diventa anche più chiaro il suo legame con i fratelli Donquixote. Annabel parla infatti di un sentimento di “profondo affetto” verso Doffy, sentimento che sembra essere mutato tredici anni dopo, quando ormai ai suoi occhi lui è solamente un “mostro”; d'altro canto però ci è ancora sconosciuto cosa pensa Annabel di Rocinante.
A turbare Annabel adesso non ci sono solo i suoi ricordi legati al passato, c'è anche la concreta possibilità che Doflamingo la rivoglia nella sua organizzazione; cosa farà Annabel?
Che casino... che poi Annabel che ci faceva nel Mare Settentrionale all'età di 7 anni, chi l'aveva rapita e perché? Chi era davvero il padre di Annabel? Era amico di Garp? Quante domande, ma prima dobbiamo vedere chi è il misterioso tizio con la maschera di ferro, chissà cosa vorrà da lei...

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Capitolo 12
*** Paura ***


Paura

 

 

Molte persone dicono di trarre dei benefici enormi dai bagni di fango, per non dire miracolosi. I fanghi vengono utilizzati sia nell'ambito della medicina, come ad esempio per alleviare i dolori dell'artrite reumatoide, sia in ambito cosmetico, per combattere gli inestetismi della cellulite. Io non ho mai avuto né artrite e né cellulite, eppure in quel momento ero costretta a crogiolarmi nel fango come un maiale, e la cosa non mi faceva affatto piacere. Magari a quel pachiderma di Big Mom avrebbe fatto piacere, ma a me no.
Camminavo lentamente, molto lentamente, e mano a mano che andavo avanti il livello del fango saliva; adesso mi arrivava alle ginocchia, e camminare diventava sempre più faticoso. Fortunatamente ancora non avevo calpestato neanche una mina, ma era troppo presto per poter cantare vittoria, mancavano ancora parecchi metri per raggiungere il portone principale.
Stavo per fare un altro fatidico passo, quando all'improvviso sentii che qualcosa si era impigliato alla mia gamba destra; mi abbassai, infilai una mano dentro al fango e afferrai il misterioso “oggetto” che si era attaccato ai miei pantaloni. Provai ad estrarlo, ma era come se fosse saldamente attaccato a qualcos'altro. Feci più forza, e alla fine lo tirai fuori, tutto per intero. Non l'avessi mai fatto.
Avevo afferrato un omero, umano, e le ossa della mano si erano impigliate nei miei pantaloni, bucandoli. Lo gettai a terra e istintivamente mi misi a correre, beh sì, la mano si era staccata però... però adesso avevo messo il piede su qualcos'altro, una specie di pulsante. Restai immobile, dopo qualche secondo aprii lo zaino e presi una grossa pietra. Adesso era il momento di vedere se la mia idea funzionava o meno, in passato aveva funzionato, e doveva farlo anche in questa occasione.
Mi abbassai di nuovo, così talmente tanto che il mio viso sfiorava il fango, e mano a mano che spostavo il piede dal pulsante lo sostituivo con il sasso, molto lentamente. Mi allontanai un po' e aspettai qualche minuto: sì, la mia idea funzionava! La mina non era esplosa! Tirai un gran sospiro di sollievo e continuai ad andare avanti.
Durante il mio tragitto ne trovai almeno altre cinque mine, e seguii lo stesso procedimento per ognuna. Ero abbastanza sveglia ok, me la cavavo egregiamente, però neanche così andava bene. Dovevo fare in fretta, ma io stavo perdendo davvero troppo tempo; fu in quel momento che vidi la ringhiera del secondo piano e mi venne in mente un'idea. Ormai ero distante circa otto- dieci metri, distanza ideale per sparare la mia fune e farla agganciare alla ringhiera, sperando che quest'ultima avrebbe retto il mio peso. Presi la mira e sparai la fune; come previsto il gancio si attaccò saldamente alla ringhiera, premetti il pulsante di trazione e mi feci un bel volo di parecchi metri, fin dentro il balcone.

Ero arrivata, finalmente. Ero già al secondo piano, appena entrai guardai al piano inferiore e vidi due grandissime rampe di scale, che portavano fino al piano dov'ero io. Parte del soffitto era crollata sulle scale, il passaggio era bloccato e non potevo scendere al piano di sotto.
Camminai per un po', poi trovai un grande portone in legno; lo aprii, e mi ritrovai di fronte un enorme corridoio, così talmente buio e lungo che non riuscivo a vederne la fine. Quel posto metteva i brividi, sul serio, se quel tizio aveva intenzione di impaurirmi ci stava riuscendo. Paura o meno io dovevo affrontarlo, o perlomeno provarci, e così, dato che non volevo perdere altro tempo, mi misi ad urlare a squarciagola di uscire allo scoperto. Silenzio. L'unica cosa che si sentiva era il vento, che ululava minacciosamente da dietro la vetrata che era alle mie spalle. Oltre ad essere spaventoso quel posto era davvero freddo, così decisi di fare qualche passo saltellando per riscaldarmi. L'oscurità di quel luogo era così talmente fitta che la luce della mia torcia sembrava solo una flebile fiammella, beh sì, meglio di niente.
C'erano parecchie stanze, dovevano essere le stanze dei pazienti, ma più che alloggi per persone malate sembravano delle celle di isolamento; lì ci portavano i malati della prigione d'accordo, però quelle stanze erano così piccole e claustrofobiche che qualsiasi essere umano rinchiuso là dentro avrebbe sofferto tantissimo.
Cosa diavolo era sul serio quel posto? Entrai in una stanza, e in un angolo, in mezzo a pezzi di calcinacci e mattoni crollati, vidi uno strano lettino, con delle robuste cinghie di cuoio... Non volevano farsi scappare i pazienti per nessun motivo, eh? Avevano dei modi davvero strani però, non del tutto ortodossi. No, quella non era una normale struttura ospedaliera, sembrava più un manicomio, o per meglio dire un luogo di tortura.
All'improvviso sentii la porta alle mie spalle chiudersi, con un sonoro tonfo. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che improvvisamente iniziò a tremare tutto, le mattonelle si creparono velocemente, il pavimento sotto i miei piedi si spaccò, e in pochi istanti crollò tutto.

                                                                                                  ***

Persi conoscenza per qualche minuto, o almeno così credo, e quando riaprii gli occhi mi ritrovai in mezzo a un cumulo di macerie. Dai, quel giorno avevo perso i sensi già... due volte! Eh sì, soffrivo di pressione bassa in “quel periodo”, certe volte essere donna era una gran rottura di scatole. Mi rialzai, fortunatamente ero del tutto illesa, e iniziai a guardarmi intorno. Mi ero fatta un bel volo, di almeno due piani, dovevo trovarmi nei sotterranei adesso. Il posto in cui ero finita stavolta era una stanza molto grande, sembrava essere una sala operatoria: c'erano infatti il tavolo operatorio, una lampada d'emergenza, una macchina per anestesia con connessioni a filodiffusione, un monitor e il tavolo degli strumenti. Non era male come attrezzatura, ne avrei voluta una simile anche sulla mia nave, ma ero sempre al verde, quella vipera di mia zia pretendeva ogni centesimo di berry dalle mie missioni. Maledetta strega.

Mentre continuavo ad osservare estasiata quell'attrezzatura sentii una presenza alle mie spalle, mi voltai e lo vidi. Era Raoul. Stava lì, nell'oscurità, in silenzio, continuava ad osservarmi. Era arrivata l'ora della resa dei conti adesso.

« Eccoti qui... stavo cercando proprio te... Sai, pensavo che fossi scappato via a gambe levate... »
« Scappare dici? Proprio adesso che ti ho qui davanti a me e posso vendicarmi? Sono ventidue anni che aspetto questo momento, non lo farei neanche per sogno... »
« Vendicarti di cosa? Chi diavolo sei?! Io ventidue anni fa non ero ancora nata, tu sei completamente pazzo! »
« E così sarei io quello pazzo? Secondo quello che dice la Marina sei tu quella con “gravi problemi psichici”, è quello che hanno scritto sul tuo fascicolo, Annabel! »
« Anche tu conosci il mio vero nome?! Tsk, incredibile... Che c'è, non sarai anche tu del Mare Settentrionale?! »
« E anche se fosse? Che c'è ragazzina, perché temi così tanto il Mare Settentrionale? Fossi in te avrei paura di qualcos'altro, tipo delle persone che ti stanno intorno... »
« Dove vuoi andare a parare? Cosa stai cercando di dire?! Parla, cazzo! »
« Vedo che ti stai innervosendo, bene, l'avevo sentito dire in giro che sei una testa calda e alquanto pare è vero... Però sai Annabel, ci sono anche altre cose che ho scoperto sul tuo conto, cose su di te che molto probabilmente neanche tu conosci, cose che magari meriteresti di conoscere prima di... morire ».

Fantastico, quindi non mi ero sbagliata sul fatto che quel tipo volesse ammazzarmi, beh sì, magari se mi avesse detto il motivo mi avrebbe davvero tolto una curiosità. Io già me l'ero fatta una mezza idea, e anche se ventidue anni fa io non ero ancora nata sapevo chi avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote. Però adesso si stava riferendo a qualcos'altro, qualcosa che io non capivo.
« Tu... Cos... »
Ma proprio in quel momento avvertii che qualcosa stava per colpirmi alle spalle; mi scansai velocemente, mi voltai, presi la mia spada e lo bloccai. Non riuscivo a crederci, quelle erano... delle catene! Sì, erano delle catene di metallo ed erano controllate dal tizio con la maschera di ferro, provenivano dal palmo della sua mano! Che diavoleria era mai quella?!
« Hai i riflessi pronti, molto bene! Questo duello si preannuncia essere divertente! Impegnati, perché questo sarà l'ultimo scontro della tua vita, Annabel! »
« Davvero lo credi? Io non ci spererei poi così tanto... Cosa diavolo è quella roba? »
« Ho i poteri del frutto chēn chēn, un Frutto del Diavolo che mi permette di generare delle catene di ferro e di manipolarle a mio piacimento! Dimmi un po' mocciosa, l'hai capito adesso che sei nei guai? O sei così talmente orgogliosa che continuerai a fingere fino alla fine?! »
« Voglio sapere solo una cosa adesso! Da quanto ho capito tu ce l'hai solo con me... Lascerai stare in pace il mio equipaggio?! »
« Oh sì, certamente, hai rispettato gli accordi e sei venuta da sola, proprio come ti avevo detto di fare... Io mantengo sempre la mia parola, e se oggi tu morirai sarà proprio perché voglio tenere fede alla promessa che mi sono fatto ventidue anni fa! Non preoccuparti per la tua ciurma, non m'interessano i tuoi membri, a loro ci penserà la Marina, arriveranno tra poco... eh eh eh... con un Ammiraglio! »

Cosa? La Marina sarebbe venuta lì, quella notte... con un Ammiraglio?! E lui era davvero così tranquillo? Insomma, anche lui era nei guai, perché invece non gliene fregava niente?! Maledizione, dovevo avvertire le ragazze! Stavo per prendere il lumacofono, ma il mio avversario me lo impedì, e con una delle sue catene lo afferrò e me lo strappò via dalle mani, lanciandolo via lontano.
« Ah! Devi concentrarti con me adesso, lascia stare quel lumacofono! Tanto questo posto diventerà la tua tomba e tu non dovrai più preoccuparti per loro! Rassegnati! »
E così dicendo tornò ad attaccarmi con le sue catene. Era vero che mi trovavo nei guai, però non volevo darmi per vinta. Risposi al suo attacco, sfoderando la mia katana e bloccando tutti i suoi colpi, poi improvvisamente dal palmo della sua mano uscì una seconda catena, e lì le cose iniziarono a complicarsi. Mi accorsi della seconda catena solo quando mi afferrò per una gamba e mi buttò a terra; mi rialzai immediatamente, ricoprii con l'Haki dell'armatura la punta della spada e la tagliai.
« Haki dell'armatura, davvero niente male per una mocciosa... Ma d'altronde cosa si ci potrebbe mai aspettare dalla figlia del grande Comandante Gordon?! Sei davvero abile! Però neanche questo ti salverà dalla mia furia! »
« Quindi il tuo problema è questo, mio padre! Cosa ti avrebbe fatto ventidue anni fa, sentiamo un pò... Ti ha forse sbattuto ad Impel Down? »
« Vedo che oltre ad essere abile sei anche alquanto perspicace... Quel maledetto bastardo di tuo padre all'epoca era solo un moccioso, proprio come lo sei tu adesso, un arrogante marine, lu... »
« Ma ti sconfisse, e tu non l'hai mai accettato! Quindi tu adesso stai pensando che vendicarti su di me sia la cosa migliore da fare... Se mio padre ti sbatté in galera ebbe i suoi buoni motivi, patetico figl... »

Lo ammetto, persi del tutto il controllo, ogni volta che sentivo dei pirati che parlavano male di mio padre lo perdevo. Ero così talmente infuriata da non accorgermi che ben quattro catene erano all'improvviso arrivate alle mie spalle; non ebbi il tempo di girarmi, le catene mi afferrarono braccia e gambe, immobilizzandomi.
« Come stavo dicendo prima sei abile e perspicace, però sei anche una testa calda... Forse sarà proprio quest'ultima tua “qualità” che determinerà la tua fine... Sai Annabel, forse non esiste posto migliore per farti passare a miglior vita; in questo luogo ci rinchiudevano feroci assassini, proprio come me, gente considerata pazza, proprio come te. Trent'anni fa la Marina aveva assoldato da poco un brillante scienziato, il dottor Vegapunk, e avevano bisogno di “carne fresca” su cui testare nuove “cure”, cure atte a diminuire l'aggressività in soggetti potenzialmente pericolosi, o almeno così dicevano... Il loro scopo era quello di reintegrare quella gente nella società, e per farlo erano disposti anche a sottoporre i loro pazienti a delle devastanti lobotomie, ah giusto, sei un medico, dovresti sapere bene di cosa sto parlando... Ma quando non riuscirono nel loro intento decisero di eliminare tutte le cavie, e per farlo usarono i “Draghi Infernali”, un'altra delle creazioni di quello scienziato pazzo... Credo che tu li abbia già incontrati durante il tuo tragitto fino a qui, sono state quelle amabili bestioline ad uccidere la maggior parte dei detenuti di questo posto! Sopravvissero solo i più forti, quelli che oggi sono i membri del mio equipaggio! »
« Fantastica storia, davvero, a tratti commovente, dovrebbero farci un film... Peccato che a me non me ne freghi un bel niente! Va a diavolo! »
« Sai mocciosa, anche tuo padre era orgoglioso, cinico anche, proprio come te, difese quella lurida sgualdrina di tua madre in modo a dir poco eroico... »

No, non riuscivo più a sopportare tutti quegli insulti, i miei genitori erano la cosa più cara che avevo avuto al mondo! Avrei protetto il loro onore, anche a costo della mia stessa vita.
« Brutto bastardo! Ammazzami! Ammazzami su, facciamola finita! Ma non insultare più la mia famiglia, smettila, cazzo! »
Eh sì, in quel momento non dovevo essere molto lucida, insomma lo avevo appena esortato ad ammazzarmi! Si avvicinò a me e con una mano mi afferrò per il mento, mentre con l'altra mi tirò violentemente i capelli, sollevandomi da terra e portandomi alla sua altezza.
« Annabel, io non sto insultando la tua famiglia... Tua madre era una donna bellissima, proprio come lo sei tu oggi... Miranda, la splendida principessa delle Amazzoni che andò contro ogni legge pur di sposare l'uomo che amava, una cosa davvero romantica... Il romanticismo, eh già, è ciò che piace a voi donne... Ma si era innamorata del marine che le dava la caccia, e lui si era innamorato di lei a sua volta, che cosa ridicola... Sì, era proprio una put... »
« Basta! Basta cazzo, basta! »
Mi tirò i capelli con più violenza e con l'altra mano mi sollevò il mento ancor di più, costringendomi a guardarlo negli occhi.
« Tu devi ascoltarmi! Era una puttana! Sì, una maledetta puttana! Finalmente quel giorno stavo quasi per ucciderla, che soddisfazione... Quando all'improvviso arrivò quel bastardo di tuo padre a salvarla! Ho aspettato per anni il momento in cui mi sarei potuto vendicare! Poi tredici anni fa ci fu quell'incidente e i tuoi genitori morirono... Quando riuscii ad evadere otto anni fa ero distrutto, sai? Per tutto il tempo che sono stato rinchiuso in quel posto non ho fatto altro che pensare a quali atroci sofferenze infliggere a quei bastardi dei tuoi genitori, ma non potevo più farlo... Volevo vendicarmi in ogni modo, indagai per anni, poi seppi che avevano avuto una figlia! Sapessi quando ti ho cercata! Tu pagherai per entrambi, e lo farai con la tua insignificante vita! »
« Che c'è, mia madre ti respinse e tu adesso vuoi vendicarti su tutta la sua stirpe? Ah vero, mio padre ti sbatté anche in prigione... Ma che sfortuna! Sai, mi fai un po' pena... »
« Dovresti essere tu ad avere pena, pena di te stessa! La gente della tua isola ti ha sempre evitata come la peste per ciò che fece tua madre, abbandonò la sua gente per andare a vivere insieme a te e quel bastardo di tuo padre! Tu sei la pecora nera! Se ti uccido ti faccio un favore! »
« Lei non li abbandonò! Fu cacciata da quella stronza di sua sorella! Lei amava il suo popolo, ma quelle fottute leggi le impedivano di stare con mio padre! Lei ha solo cercato di darmi un padre! Che cazzo ne sai tu, sei solo un maledetto mostro! »
« Sai bambolina, hai ragione, io sono solo un mostro... »


All'improvviso mollò la presa dai miei capelli e dal mio mento, portò entrambe le mani dietro la nuca e iniziò silenziosamente a slacciarsi la maschera. No, non mi piaceva per niente quello che stava facendo adesso... Che diavolo aveva in mente?!
« Tu sei un medico, dico bene? Ho subito diversi interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, vorrei un tuo parere... »
Tornò di nuovo ad afferrarmi per il mento, voleva che io lo guardassi, anzi lo pretendeva. Quando lo vidi urlai. Urlai a squarciagola, chiusi gli occhi, tremavo, mi sentivo così male che credevo sarei svenuta da un momento all'altro. Provai a voltarmi dall'altro lato, ma lui mi tirò i capelli ancora più forte. Era uno spettacolo orribile, indescrivibile. No, quello non era più un volto, era qualcosa di totalmente disumano.

« Cosa c'è, non ti piaccio? Mi dispiace tanto... Sai, una volta anch'io ero un bel giovane, andavo in giro a rimorchiare donne bellissime, nessuna resisteva al mio fascino... nessuna... tranne quella sgualdrina di tua madre! Facevo parecchie cose quand'ero in libertà, ma la cosa che mi dava più soddisfazione era uccidere... Beh sì, per ammazzare la gente non conta mica l'aspetto fisico! »
« Il tuo viso rispecchia la tua anima! Brutto bast... »
Ma proprio in quel momento avvicinò il suo volto al mio e cercò di... baciarmi. Mi scansai appena in tempo, e subito dopo mollò di nuovo la presa da me.

« Ho capito, ti piace fare la difficile, proprio come la tua adorata madre... Tsk, non sai cosa ti perdi, dolcezza! »

Mi diede un pugno allo stomaco, così talmente forte che caddi a terra all'indietro e sputai sangue. Mi fece male, tanto male, “finalmente” dopo tanto tempo provavo di nuovo dolore. Sentivo il sapore metallico del mio sangue in bocca, proprio come quando mi picchiava il mio “amato” marito. Forse non era il pugno ad avermi fatto male, forse la cosa che mi faceva più male era ritrovarmi per l'ennesima volta legata a delle catene con un uomo che mi picchiava. Era davvero umiliante.
« Non morire così in fretta, dobbiamo divertirci ancora per un bel po'! Tra qualche ora arriverà la Marina, ma io per allora me ne sarò già andato via da qui e per te non ci sarà più niente da fare! Sai, ormai sono settimane che quel giovane marine monitora tutti i movimenti miei e della mia ciurma, sapevo già che avevano i mente di attaccarmi stasera, così come sapevo che tu saresti venuta qui! Questo è un segno del destino, tu stanotte morirai! »

No, non potevo farmi ammazzare da quel tipo, non così, senza neanche combattere, non era da me! Si stava facendo beffe di me e della mia famiglia, dovevo reagire; ma avevo paura, paura di non farcela.
Da bambina sognavo di diventare un Marine un giorno, proprio come mio padre, ma quella maledetta questione del Nobile Rasmus aveva rovinato la mia carriera prima ancora che iniziasse; non ebbi altra scelta se non quella di diventare un pirata. Però tutta la questione dell'insabbiamento del mio caso mi aveva fatto capire che il sistema era corrotto, che non c'erano più i marines onesti come mio padre, e alla fine ero felice di essere diventata un pirata. Io ero libera, ma costantemente ricercata dalla legge. La Marina sapeva chi ero realmente, io ero l' unica figlia del grande Comandante Gordon, e sapevano anche che ero innocente, ma avevano cancellato ogni traccia della mia reale esistenza. Avevano cancellato il tutto con un colpo di spugna. Quella rabbia che mi sentivo dentro era la mia ragione di vita, ed era proprio quella rabbia che mi dava la forza, ma allo stesso tempo mi stava trasformando in un mostro. Anche Doffy aveva sofferto tanto quando me, anche lui era stato rifiutato dalla sua gente come lo ero stata io sulla mia isola, anche io poco alla volta stavo diventando come lui. Forse era così, ma in quel momento l'unica cosa che contava era uscirne viva, e se non volevo vivere per me stessa dovevo farlo per le persone a cui volevo bene. Mi ero allenata ogni giorno, mi ero ferita più e più volte, ma ero diventata più forte; probabilmente non avrei mai raggiunto il livello di mio padre, ma ormai che ero al mondo avrei fatto di tutto pur di sopravvivere.

Ancora dolorante mi rialzai da terra, raccolsi tutte le mie forze e spezzai quelle dannate catene con l'Haki. Mi ferii molto, sentivo le schegge metalliche una ad una penetrare nella mia pelle e lacerarla, ma non avevo altra scelta. Se volevo davvero uscirne viva dovevo smettere di provare paura e dolore, ma soprattutto dovevo giocare d'astuzia e non farmi abbindolare da ciò che mi diceva. Dovevo tirare fuori il peggio che era sepolto in me, dovevo diventare violenta e mantenere il sangue freddo. Non era facile, per niente.

 

 


Primo round del brutale scontro tra Annabel e mister faccia di ferro; chi vincerà? 

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Capitolo 13
*** Istinto ***


Istinto

 


Tempo fa avevo letto un articolo di un neuroscienziato che mi aveva interessato particolarmente. Secondo la sua tesi il cervello umano sarebbe ripartito in tre sezioni differenti, ognuna delle quali ricopre un compito specifico: il cervello limbico, una porzione del telencefalo che si occupa di elaborare informazioni a livello di olfatto, memoria a breve termine e svariate funzioni psichiche, il neocervello, sede di articolazione del linguaggio e della percezione dello spazio e del tempo, e il cervello detto “rettiliano”, sede dell'aggressività e degli istinti più primordiali. Mi affascinava lo studio del cervello, soprattutto la parte del cervello rettiliano, perché riusciva a darmi in parte la certezza che la malvagità era qualcosa di radicato nell'uomo già dalla nascita. Ma allora perché la gente non era tutta malvagia? Forse la malvagità di un individuo non era legata esclusivamente alle sue caratteristiche genetiche, forse era qualcosa più legata all'anima. 
Era quindi corretto accettare il dualismo tra anima e corpo? Erano anni che cercavo disperatamente di darmi delle risposte, e lo facevo anche usando la scienza, ma non ne ricavavo molto. 
Forse le risposte le avevo proprio davanti a me, solo che mi rifiutavo di accettarle. Mi veniva difficile infatti ammettere che avevo avuto una vita di merda, che tutta quella violenza mi aveva stravolto l'esistenza; io ormai ero marchiata. Non ero più quella bambina felice e spensierata che andava insieme alla mamma a raccogliere fiori di campo, che si abbuffava di biscotti e si addormentava sulle gambe di papà; ormai non ero più neanche una bambina. 
Ma allora io da che parte stavo? Io non ero buona ok, ma non ero neanche del tutto malvagia, cosa diavolo ero io? Qualunque cosa io fossi in quel momento non contava, ciò che importava veramente era uscirne viva, e per farlo sarei ricorsa anche alla parte di me che più temevo in assoluto.
L'istinto primordiale più forte è sicuramente quello che garantisce la sopravvivenza, e se io volevo sopravvivere dovevo arrestare tutte le emozioni che provavo, qualunque cosa mi dicesse quel demonio.
« Ma tu guarda, ti sei liberata, ma che brava... credevo che ti fossi già rassegnata ».
« Sta zitto bastardo! Non nominare più mia madre, né mio padre! Il tuo avversario sono io adesso! »
Stavolta fui io ad iniziare, e senza lasciargli il tempo per replicare mi avventai su di lui con la mia spada. Si riparò prontamente il volto con una grossa catena, mentre io continuavo a lanciagli dei fendenti con tutta la mia forza. Ci diedi dentro di brutto, e alla fine la sua massiccia catena di ferro si frantumò in mille pezzi. Stavo finalmente per colpirlo, però mi ero avvicinata troppo per poterlo attaccare, e adesso aveva provato ad afferrami per le gambe con delle catene. Mi scansai in tempo, riuscii ad evitarle, e con un balzo saltai su un grosso cumulo di macerie; gli attacchi ravvicinati con lui non andavano bene, dovevo provare qualcosa di diverso.
Uscii da quella stanza, mi misi a correre a perdifiato lungo quell'immenso e buio corridoio, e finalmente intravidi delle scale. Quel bastardo non aveva smesso neanche per un istante di attaccarmi con le sue catene, continuavano ad inseguirmi, strisciando al suolo come dei viscidi serpenti e mandando in pezzi qualunque cosa gli ostacolassero la strada. Estrassi la mia fune, sparai un colpo e riuscii ad agganciarla alla ringhiera del primo piano. Con un balzo arrivai volando al secondo piano e mi nascosi in una stanza.
« È inutile nascondersi, ti troverò bambolina e ti farò a pezzi ».

Mi ero nascosta sotto una grossa cattedra, o quello che ne restava, e quando lo vidi arrivare decisi che era ora di sfoderare una delle mie tecniche più potenti.
« Lame fantasmaaa! »
Erano anni che lavoravo su quella tecnica per migliorarla, e alla fine ero abbastanza soddisfatta del risultato. Era un colpo molto potente, il risultato della combinazione di dieci rapidi fendenti raggruppati in uno solo: quel colpo aveva una gittata di oltre trenta metri, riusciva a spaccare qualsiasi cosa in pochi istanti. Diressi il colpo verso il soffitto, che si sgretolò velocemente e gli cadde addosso. Avevo fatto un bel lavoro, però sapevo bene che non era sufficiente per batterlo. Dovevo allontanarmi adesso e tornare a cercare il lumacofono.
Credevo che quella tecnica mi avrebbe fatto guadagnare un po' di tempo, ma non fu così. Infatti dopo qualche minuto sentii un boato, era lui che si era liberato dalle macerie. Ero nei guai, e sebbene fossi già stanca non potevo riposarmi neanche un attimo.                                      
« Maledetta puttana! È tutto inutile, tu stanotte morirai! Stai solo ritardando la tua ora! »
Le sue agghiaccianti urla riecheggiavano per tutto l'edificio, facendo tremare le mura. Era davvero incazzato.

Avevo raggiunto il piano sotterraneo attraverso il buco nel pavimento nel quale ero caduta prima; cercai a lungo e finalmente ritrovai il lumacofono.
« Hey ragazze! Pronto, mi ricevete? »
« A-Annabel! Ma perché parli sottovoce?! Che succede? »
« Ah Isabel, sei tu... M-ma ma... che cazzo ci fai sveglia a quest'ora? Tu dormi praticamente sempre! Tsk, ad ogni modo... Devo dirti una cosa... »
« Ma Annabel! I- io devo parlarti, sono io che devo confessarti una cosa... »
« Non ora! Tra poco arriverà il tuo caro Jeff con un biglietto, seguite le istruzioni alla lettera, ok? Niente domande! Sta per arrivare la Marina con un Ammiraglio, siete nei guai! »
« Che cooosa? J- Jeff è qui?! L- la Marina? Un Ammiraglio?! Annabel, che succede? Annabeeeel! Risp... »
Non replicai, chiusi la chiamata e ficcai il lumacofono in tasca.

 

                                                                                     ☠ ☠ ☠

Raoul era sparito, da un buon quarto d'ora ormai, ma dove diavolo era finito? Forse aspettava che io abbassassi la guardia, quel tipo era un vero demonio.

Ero tornata al piano superiore, e adesso ero entrata in una stanza. Era buio pesto, c'erano diversi scaffali pieni di polvere e oggetti strani. Afferrai quello che sembrava essere un barattolo di vetro, lo ripulii dalla polvere e lo osservai attentamente: al suo interno c'era quello che sembrava essere un embrione non del tutto formato, non umano, completamente immerso in una soluzione che sembrava essere formalina. Era qualcosa di raccapricciante. Inutile dire che uscii di corsa da quella stanza, quel luogo faceva accapponare la pelle. Se c'era una cosa che non sopportavo in quanto medico/scienziato era proprio fare manipolazioni genetiche per riportare in vita creature estinte ormai da tempo; la natura è giusto che segua il suo corso, alterarla significa solo creare guai.

Trovai delle scale e iniziai a salirle, ma proprio quando arrivai a metà Raoul mi riapparve di fronte. Con un balzo saltai giù dalla ringhiera e iniziai a correre lungo il corridoio, poi tutt'a un tratto vidi qualcosa che mi bloccava la strada; erano delle catene, tantissime catene, formavano una specie di ragnatela! Venivano verso di me! Iniziai a tagliarle con la spada, ma sebbene ne avessi tagliate moltissime una riuscì ad afferrarmi la mano con cui tenevo la katana. Appena la spada cadde al suolo una moltitudine di catene mi si avvinghiarono attorno al corpo, immobilizzandomi.
« Annabel... Sai che mentre combatti assomigli proprio a tua madre? Così fiera, così bella... Perché non me lo dai un bacio? Cosa c'è, non hai mai baciato un uomo? Nemmeno il tuo adorato maritino? Sei così pura... è un peccato ammazzarti, ci saremmo potuti divertire... »
« Vattene! Non mi toccare, vattene! »
« Oh no, non mi rifiutare di nuovo, mi costringi ad ammazzarti subito così! È davvero un peccato che una ragazza così bella sia così sfortunata... La tua morte sarà una liberazione per la tua gente, pensa questo! Raggiungerai i tuoi amati genitori all'altro mondo! »
« Tu non sai un bel niente della gente della mia isola, ok? Schifoso bastardo! »
Non dovevo pensare, non mi dovevo arrabbiare, lui usava le mie emozioni negative per farmi soffrire ancora di più. Strinsi i denti e riuscii per qualche minuto a sopprimere le mie emozioni, concentrai l'Haki dell'armatura su un unico braccio e, dolorosamente, spezzai velocemente parte di quelle catene.
Ero vicina, molto vicina a lui; raccolsi la spada da terra e, in un batter d'occhio, gliela conficcai al petto. Mi ero ferita molto per liberarmi da quelle catene, soprattutto le braccia, sanguinavo, ma almeno ero riuscita nel mio intento. Eppure qualcosa non andava. Dopo quel colpo ero caduta a terra, non riuscivo più a muovermi, ma la cosa che mi preoccupava era un'altra: il mio avversario era infatti rimasto in piedi, immobile, avevo un brutto presentimento. Avevo ragione, maledettamente ragione.
Dopo qualche minuto alzò un braccio e, come se niente fosse, con un singolo gesto, estrasse la spada fuori dal petto. No, quello non era un essere umano, era decisamente un mostro. Non era solo sopravvissuto, sembrava essere del tutto illeso, nonostante l'avessi centrato in pieno petto con l'Haki! Per me era finita. Si avvicinò di nuovo a me, ma io stavolta non avevo più la forza per poter scappare. Mi afferrò per un braccio, premendo con forza su una delle mie ferite, mi alzò da terra e mi sbatté violentemente contro un muro, facendomi crollare addosso dei calcinacci.
« Annabel... ho indagato tantissimo per trovarti, so parecchie cose su di te, cose che la tua gente ti ha nascosto per anni! »
« Ammazzami, non me ne frega niente! »
« No, non così in fretta! Voglio che tu soffra! Sai chi ti ha rovinato la vita? Sai chi ti ha fatta rapire per ben due volte? Guardami! »
« Non me ne frega niente, ok? Fammi fuori se è proprio quello che vuoi, ma non parlarmi! »
« Amanda! »
Distolsi lo sguardo da lui, guardavo a terra. No, non volevo dargli la soddisfazione di vedermi piangere, mi aveva già sconfitta e stava quasi per ammazzarmi, non gli avrei dato anche quest'altro piacere. Quella rivelazione non mi aveva sconvolta più di tanto, aveva solo confermato ciò che io sospettavo ormai da tempo.

Mi buttò a terra, si mise a cavalcioni sopra di me e mi avvinghiò una mano al collo, mentre con l'altra mi accarezzava delicatamente una guancia.
« Annabel... cosa c'è, perché non parli più, dov'è finito il tuo cinismo? »
« Fottuto bastardo! Ammazzami se è ciò che vuoi! Tanto Big Mom ti farà fuori! »
« Ragazzina, si vede che tu non sai proprio nulla... Io e lei abbiamo obiettivi diversi, da adesso in poi le nostre strade si divideranno! Tu piuttosto, non mi sembri molto sorpresa da ciò che ti ho appena detto, la tua amata zia ti ha fatto rapire la prima volta quando avevi sette anni e la seconda volta quando ne avevi quindici! Davvero la cosa non ti stupisce?! »
« Fottiti! »
« Sai perché l'ha fatto? Sai perché lei ti odia così tanto? Sì, forse lo sai già... Lei ti vuole morta! »
« Sai che sei un maledetto figlio di... »
In quel momento iniziò a stringere la presa sul mio collo, mentre con l'altra mano mi accarezzava i capelli. Non riuscivo a reagire, per quanto cercassi di nascondere le mie emozioni non ce la facevo, e come potevo.

Mia zia Amanda aveva sempre dimostrato astio nei miei confronti, già dal nostro primo incontro, quando avevo sette anni. Sebbene lei e mia madre fossero sorelle gemelle erano due persone completamente diverse, e me ne resi conto fin da subito: lei era una donna crudele e spietata, che pensava solo ai soldi e a come truffare il prossimo. Era stata lei che mi aveva riportata ad Amazon Lily, contro la mia volontà. Era venuta a cercarmi fin dove mi avevano nascosta i rapitori, in quella malfamata discarica del Mare Settentrionale; appena capì che ero la sua amata nipotina mi disse che ero solo una maledetta mocciosa, che aveva perso anche fin troppo tempo per cercarmie che ero la degna figlia di quella sgualdrina di mia madre. 
Sebbene all'epoca avessi solo sette anni e non capivo il pieno significato di “sgualdrina”, capii che era un termine molto negativo; per tutta risposta sfoderai il mio coltello e cercai di colpirla.
Lei mi picchiò violentemente, anzi selvaggiamente, visto che mi fece saltare due denti e mi ruppe il setto nasale, e velocemente, come se niente fosse, mi caricò a bordo della sua sfarzosa nave. Eh sì, “sfarzosa”, non so neanche se si possa usare questo termine per descrivere una nave, so solo che quella più che una nave sembrava una reggia. Ah giusto, lei era la nuova Imperatrice di Amazon Lily, era succeduta al trono dopo che quella sgualdrina di mia madre era stata cacciata via a pedate dall'isola, lei nei soldi ci “nuotava”, mica era al verde come lo ero io. 
Quando ripresi conoscenza, dopo svariati giorni credo, mi fece portare in camera sua e, come se niente fosse, mi disse che quei due bastardi dei miei genitori erano crepati, e che da allora in poi lei si sarebbe occupata di me e mi avrebbe rieducata, con lo scopo di obbedirle fedelmente. La mia reazione? Le sputai in faccia. La sua reazione? Mi picchiò di nuovo, sebbene le mie precedenti ferite non si fossero ancora neanche lontanamente rimarginate. Quella volta mi ruppe due costole. Morale della storia? Mi venne un esaurimento nervoso, tale al punto che mi rifiutavo anche di mangiare e di parlare. Cosa successe quando tornai ad Amazon Lily? Il caos. Mi consideravano pazza, malata, un soggetto da evitare. Sì, io ero pazza, ero pazza perché continuavo a dire che sarei andata via da lì, che quel posto era antiquato, che sarei diventata un Marine proprio come lo era mio padre.
Qual'era il criterio secondo il quale la gente su quell'isola veniva considerata “sana”di mente? Ma ovviamente credere ciecamente a tutte le stronzate che dicevano mia zia, i membri dell'oligarchia e le sacerdotesse, mai e dico mai agire contro la loro sacrosanta volontà. Ma io mi divertivo a farlo, e anche se venivo pestata a sangue appena guarivo tornavo di nuovo a fare ciò che volevo. 
Eh già, loro non volevano ammazzarmi, volevano solo farmi scontare le pene dell'inferno giorno dopo giorno, volevano soggiogarmi, trasformarmi in un burattino.

Capivo perché mia madre era scappata via da quel posto quando io avevo solo un anno, e non la biasimavo per aver abbandonato il trono, lei lo aveva fatto solo perché voleva stare con mio padre. Mia madre era una donna molto colta, a differenza di mio padre le piaceva leggere, e io avevo in qualche modo ereditato questo suo interesse; ma su Amazon Lily non trovavo mai libri interessanti, c'era solo roba noiosa. Ogni volta che tornavo dalle mie missioni portavo un sacco di libri, libri che la nostra cultura considerava “proibiti” solo perché se letti aprivano nuovi orizzonti mentali, libri che potevano mettere seriamente in discussione il loro potere assoluto.

La cosa che mi dava più sui nervi era la gente superstiziosa; si diceva che le Kuja generassero solo figlie femmine, ma cosa succedeva se per caso nasceva un... maschio? La madre e il bambino venivano immediatamente cacciati via dall'isola ovvio, venivano considerati una sorta di maledizione.
Eh no, perché con loro era inutile parlare di genetica, di caratteri dominanti e caratteri recessivi, credevano che “gli spiriti maligni” avessero scatenato la loro ira sull'intera isola. Che palle. Ricordo ancora quella volta quando cercai di farle ragionare, stavano cacciando via dall'isola una povera donna che aveva appena partorito un “bambino” e che aveva una grave emorragia. Quella donna aveva avuto a sua insaputa una gravidanza extrauterina, era in serio pericolo di vita. Avevo intenzione di far venire sulla nostra isola un bravo dottore per tentare di fermare l'emorragia, ma fu tutto inutile. Nonostante mi opposi con tutte le mie forze alla fine la donna morì, e io circa una settimana dopo, “misteriosamente”, mi ritrovai alla casa d'Aste all'Arcipelago Sabaody.
Uhm, chissà come diavolo c'ero finita là...
Mi avevano narcotizzata, non ricordo molto, però adesso i conti tornavano. Era fin troppo chiaro che la mia cara zietta avesse organizzato tutto, sapeva bene che se mi avesse comprata un Drago Celeste pervertito io l'avrei ammazzato; in altre parole era stata lei a rovinarmi la carriera prima ancora che iniziasse. Non sarei mai potuta diventare un marine, ero costretta a farle da schiava. Maledetta stronza.

Cosa mi disse quando ritornai ad Amazon Lily? All'inizio mi guardò esterrefatta, poi si avvicinò, mi prese il mento con due dita, mi guardò intensamente negli occhi e, con molta calma, mi disse semplicemente che se mi avevano scambiata per una puttana era evidentemente perché io somigliavo a una puttana, tutta colpa del mio bel faccino. Aveva il senso dell'umorismo, non c'era che dire, mi amava così tanto che cercava anche di farmi ridere. Però, stranamente, mi fece anche i complimenti, disse che avevo fatto bene ad ammazzare quel tipo.
Cosa feci? Niente, ormai ero stanca, qualunque cosa lei dicesse per me non aveva più la benché minima importanza...

Cosa diavolo mi spingeva allora a non andarmene via da quel cazzo di posto? La mia ciurma ovvio, loro erano le mie uniche e vere amiche, non volevo metterle nei guai per colpa mia. Non eravamo ancora abbastanza forti per andare nel Nuovo Mondo, quindi in un certo senso eravamo costrette a restare lì. Dovevo sopportare.

Ricordo per filo e per segno quando le incontrai, come se fosse ieri. La prima che conobbi fu Christa, che all'epoca aveva solo diciassette anni; era una ragazza sveglia e attiva, con una gran voglia di imparare ma con poche possibilità per poterlo fare. Un giorno io ero seduta da sola, vicino al fiume, lei venne e iniziò a parlarmi. All'inizio io non le rispondevo, mi limitavo ad osservarla sospettosa, poi però iniziò a parlarmi di mia madre; iniziò a vantarmela, a dirmi che era stata una bravissima Imperatrice. Ero scioccata. Lei era la prima persona che avevo incontrato in quel posto che parlava bene di mia madre, l'unica forse. No, non potevo continuare a tacere. Con mio grande stupore, senza neanche accorgermene, tornai a parlare, per la prima volta dopo mesi, e fu così che poco alla volta facemmo amicizia.

Passarono quattro anni, e finalmente un giorno ottenni il permesso per andare in missione; sarei andata con Christa. La verità era che volevano liberarsi di me, i loro tentativi di rieducarmi risultavano vani e speravano che io crepassi. Sì, col cavolo che io crepavo.
Dovevamo andare a recuperare tre bambine che erano state portate via a forza da una delle nostre navi, secondo le nostre fonti erano state deportate all'arcipelago Sabaody.
Dopo qualche giorno arrivammo a destinazione. Christa mi stava costantemente accanto, non mi perdeva d'occhio un attimo, o almeno lei così credeva. Il nostro gruppo stava cercando le bambine alla casa d'Aste, ma lì non c'erano, beh sì, non ce le avevano ancora portate. Mentre le donne discutevano sul da farsi io ero riuscita a sgraffignare una mappa, volevo cercare una biblioteca, e così mi ero allontanata, da sola. La biblioteca non la trovai, e non perché la mappa fosse scritta male, ma perché avevo solo dieci anni e di mappe non ci capivo un corno, ma in compenso avevo trovato qualcos'altro.
Era una baracca, e dentro c'erano cinque uomini che parlavano tra loro; dopo un po' quattro di loro uscirono e ne rimase dentro solo uno, che si era addormentato sulla sedia. Cosa mi aveva incuriosito di tutta quella situazione? Beh sì, forse il fatto che durante il loro discorso avessero parlato di “tre bambine”che dovevano tenere “nascoste”, tre giovanissime “Amazzoni” che valevano una “fortuna”. Ero una bambina okay, però mica ero scema, avevo capito tutto. Beh sì, forse quei cinque mesi che avevo trascorso nel Mare Settentrionale fra assassini e criminali d'ogni genere mi avevano aguzzato l'intelletto, e di tanto anche. Avevo capito che per qualche strano motivo gli uomini erano interessati alle donne, soprattutto se giovani e belle, specialmente le Kuja, pagavano fior di quattrini per averne “almeno” una. Maledetti pervertiti.
Aprii silenziosamente la porta e andai dritta giù per le scale, dove c'era una stanza. Sfondai la porta e nell'oscurità intravidi che c'era qualcuno a terra, in un angolo: erano più di uno, erano tre bambine. Mi avvicinai e vidi che erano tutte e tre legate con delle corde ad un palo di legno, ed erano anche imbavagliate. Le liberai velocemente e le condussi fuori, al sicuro.
Erano tre bambine molto belle, graziose, e anche un po' “bizzarre”, ma simpatiche. La bambina dai capelli rossi disse di chiamarsi Ines, aveva sei anni, era molto loquace e sveglia. Quel giorno indossava un bel completino blu che s'intonava con il colore dei suoi occhi, era davvero carina. Nonostante l'avessi liberata continuava ad essere seriamente preoccupata: continuava a dire di avere paura dei fantasmi, anzi era proprio convinta che gli uomini che l'avevano sequestrata fossero dei fantasmi. Io mi misi a ridere, probabilmente era stata abbindolata dalle dicerie della nostra gente, d'altronde lei un uomo non lo aveva mai visto, invece io sfortunatamente avevo imparato a distinguerli bene. Poi c'era Miriam, la bambina dai capelli e dagli occhi turchesi, aveva otto anni, e anche lei era davvero buffa: sembrava calma, ma non lo era, continuava a scompigliarsi i capelli con le manine, era agitata, credeva di avere dei ragni sulla testa. Io le pettinai i capelli con cura, ma sebbene l'avessi rassicurata che in testa non aveva proprio nulla continuava a non crederci. Povera piccola, io la capivo, chissà per quanto tempo era rimasta in quello maledetto scantinato, così buio e così umido, era ovvio che avesse ancora paura. E infine c'era Isabel, una bella bambina di otto anni anche lei, dai capelli castani e gli occhi verde smeraldo. Parlava poco, molto poco, fui io ad iniziare; all'inizio si limitava a guardarmi, poi dopo un po' estrasse qualcosa dalla tasca, era una specie di bacca o un seme. In un primo momento la guardai un po' perplessa, poi mi accorsi che aveva qualcos'altro nelle tasche del suo vestitino arancione... Diamine quelli erano altri semi, le sue tasche erano piene di semi! Quando le chiesi a cosa le servivano, lei mi disse semplicemente che li aveva presi solo perché voleva avere un ricordo di quel “viaggio”.
Che dire, erano buffe, bizzarre, adorabili. Fin dal primo momento che le vidi capii che non mi sarei mai più separata da loro, loro sarebbero diventate le mie migliori amiche. Io avrei insegnato loro a combattere e a difendersi, loro non avrebbero mai più avuto paura di niente e di nessuno. Di nessuno.
Nessuno le avrebbe mai più rapite, nessuno avrebbe più fatto loro del male, nessuno poteva separarci. Era quello che speravo.

Eppure adesso mi trovavo in bilico tra la vita e la morte, quel bastardo continuava a stringere la sua mano attorno al mio collo; poco alla volta le forze mi stavano abbandonando. Sentivo le sue dita, una ad una premere sul mio collo, il tocco del suo freddo guanto di pelle mi causava dei brividi lungo tutto il corpo. Ero immobilizzata dalla paura.
Sentivo il suo respiro diventare sempre più pesante; era eccitato, era la mia agonia a causare in lui tanto piacere. Con l'altra mano continuava ad accarezzarmi il volto, i capelli, e mano a mano scendeva sempre più giù. Si era soffermato a giocare con il lembo della mia maglietta adesso, voleva alzarmela. Avrei voluto vomitare. Mi sentivo stanca, stavo per perdere i sensi, mancava poco ormai. Se avessi perso i sensi, stavolta non mi sarei mai più svegliata, sarei morta. Cosa voleva farmi? Cosa ne sarebbe stato di me? No, forse in quel momento non erano questi i pensieri che mi giravano in testa. La cosa che davvero mi rammaricava? Io non avrei mai più rivisto le mie amiche, avrei infranto la mia promessa di restare al loro fianco, non sarei più stata il loro capitano.
Ma soprattutto io non avrei mai più rivisto lui, il mio più caro amico d'infanzia che cercavo ormai da anni, Rocinante; sapevo che era ancora vivo, non avevo smesso di sperarlo neanche solo per un giorno, volevo trovarlo ad ogni costo, avevo così tanto da dirgli. In quei cinque maledetti mesi che avevo trascorso nel Mare Settentrionale lui aveva fatto molto per me, la sua presenza era stata la mia unica ancora di salvezza. Se io oggi ero quello che ero lo dovevo solo a lui.

No, non potevo morire, non così, non adesso. Se è vero che il nostro istinto mira principalmente alla salvaguardia di noi stessi, io non avrei dovuto fare altro che seguirlo. Cosa mi stava facendo male in quel momento? Il collo. Cos'era che mi causava quel dolore lancinante e mi impediva di respirare? La sua fottuta mano. Cosa avevo io, guarda caso, attaccato alla cintura dei miei pantaloni? Il mio pugnale. Mi bastava solo fare qualche veloce ragionamento logico, eppure c'era ancora qualcosa che non tornava. 
Lui era troppo concentrato a guardare e accarezzare il mio corpo, a contemplare i miei movimenti; io dovevo distrarlo. Dovevo distrarlo e convincerlo, a sua insaputa, a guardarmi dritto negli occhi. Per quanto la cosa potesse farmi ribrezzo io dovevo farlo, dovevo guardarlo; così mi voltai ed iniziai a fissarlo. Lui allentò immediatamente la presa dal mio collo; ghignava adesso, era eccitato, compiaciuto, distratto.
Si abbassò su di me e, senza togliere la mano dal mio collo, avvicino le sue labbra alle mie; in quel momento afferrai il pugnale, lo estrassi velocemente dalla custodia e glielo conficcai proprio nella mano che mi stringeva il collo. Glielo rigirai un paio di volte, e nel momento in cui staccò la sua mano dal mio collo ne approfittai per alzarmi e scappare via.
Ma appena mi alzai lui mi afferrò per una gamba, facendomi cadere in ginocchio, e mentre cercavo di rialzarmi mi diede un violento pugno in faccia, buttandomi a terra. Era tornato di nuovo sopra di me, mi aveva afferrata per la canotta, continuava a tirarla, mentre portava la sue labbra al mio collo. Ma io stavolta non gli diedi il tempo per posizionarsi sopra di me e afferrarmi saldamente, me lo scrollai di dosso con una ginocchiata allo stomaco e mi alzai di scatto.

Non riuscivo a correre molto velocemente, anzi zoppicavo, però feci del mio meglio; raccolsi la mia spada da terra e lanciai un fendente contro il muro, facendoglielo crollare addosso. Sapevo bene che non era sufficiente per fermarlo, ma almeno avrei guadagnato tempo.

                          

Sentivo Raoul urlare, mi lanciava contro insulti d'ogni genere, quell'uomo era un vero mostro. Lui traeva un piacere immenso dalle sofferenze altrui, era sadico, violento, disumano; mi ricordava tanto qualcuno, qualcuno che in quel momento non dovevo ricordare.

Correvo, non mi fermai neanche per un istante, anche se non sapevo esattamente dove diavolo stavo andando, le sue urla erano più che sufficienti per farmi dimenticare quanto mi sentissi stanca. Arrivai alla fine di quell'immenso corridoio, dove c'era una porta; la sfondai, e al suo interno trovai quella che sembrava essere una biblioteca. Una bella biblioteca, con degli scaffali alti fino al tetto, già, peccato che in quel momento avessi alle costole una maniaco omicida che voleva ammazzarmi! Quello non era proprio il momento adatto per leggersi un libro! Non era neanche il mio giorno fortunato! 
Arrivai in fondo alla biblioteca, dove c'era un'enorme vetrata colorata. La sfondai, riparandomi il viso con le braccia, volevo buttarmi di sotto ma qualcosa mi bloccò proprio sul davanzale della finestra: guardai sotto di me e vidi uno strapiombo altissimo, che si riversava dritto in mare. Io avevo paura delle altezze, beh sì non sempre, però stavolta quelli dovevano essere almeno... almeno... ottanta-cento metri. Beh sì, Christa mi aveva detto che da qualche parte c'era uno strapiombo bello alto, solo che non mi aspettavo di vedermelo là, in quel momento! Ma come ho già detto prima, quello non era il mio giorno fortunato.

E proprio perché quel giorno avevo addosso una sfiga colossale, in quel momento arrivò Raoul. Mi aveva trovata.
« Sai bellezza... più mi fai incazzare e più ho voglia di stringerti le mani al collo! Hai una pelle stupenda, cosa ti farei... eh eh eh... fatti stringere ancora, ti prego... »
« Tu sei malato! Sei un fottuto psicopatico bastardo, va al diavolo! Stammi lontano! »
« Cosa vuoi fare? Vuoi davvero buttarti di sotto?! »
« Non ti avvicinare! Vuoi ammazzarmi con le tue mani, dico bene? Se fai ancora solo un altro passo, io mi butto! No, non ti darò il piacere di morire tra le tue luride mani! »
« Bambolina, non dirai sul serio? Potremmo divertirci un po', non sai cosa ti perdi... No, tu non vuoi davvero morire! Sei troppo attaccata alle tue fottutissime amiche, non faresti mai una cosa simile! »
« A me basta sapere che loro sono al sicuro! Sì, preferisco morire piuttosto che farmi prendere da un lurido bastardo come te! »
« No, no lo farai! Sono sicuro che esiterai anche solo per un attimo, e sarà proprio in quell'attimo che io ti prenderò! »

Avevo paura, mi sentivo male e tremavo come una foglia; il cuore mi stava uscendo fuori dal petto, sudavo freddo e sentivo delle violente vampate di caldo salirmi fino in faccia. Quel bastardo era un demonio, e per quanto potesse farmi male doverlo ammettere era molto più veloce e molto più forte di me, e molto probabilmente se io mi fossi buttata lui mi avrebbe presa all'istante.

Che dovevo fare? C'era solo una cosa che potevo fare, provarci. Senza pensarci due volte, mi lasciai cadere nel vuoto; chiusi gli occhi per un attimo, per poi riaprirli subito dopo e accorgermi che Raoul mi aveva presa con un braccio. Eravamo entrambi sul cornicione della finestra, quel bastardo continuava a strattonarmi per portarmi dentro, ma io mi tenevo saldamente con entrambe le mani al davanzale. Cercò di afferrarmi anche l'altro braccio, ma proprio in quell'istante io mi voltai e gli assestai un calcio in faccia, facendogli perdere l'equilibrio. Mollò la presa da me per aggrapparsi con entrambe le mani al cornicione, e io ne approfittai per tornare dentro; in quell'istante fuoriuscirono dal suo corpo una moltitudine di catene, che cercavano di prendermi.
Io presi la mia spada, e con un colpo netto tagliai tutte le catene, mi affacciai e lo guardai. Adesso la situazione si era capovolta.
Avvicinai la lama alle sue mani, sapeva bene cosa stavo per fare.
« Puttana... vuoi farlo davvero? Dai, fallo! Fallo e giuro che sarò l'incubo peggiore di tutta la tua squallida vita! »
« Secondo te? Addio! »
« Sappi che tornerò! E ti ammazzerò! »
« Vaffanculooo! » gli urlai in faccia, con tutto il fiato che avevo in gola, ferendomi le corde vocali.
Sferrai un fendente e lo colpii su entrambe le braccia; Raoul mollò la presa e subito dopo precipitò in mare. Avevo sentito dire che gli utilizzatori del Frutto del Diavolo non andavano molto d'accordo con l'acqua, beh sì, io speravo proprio che annegasse.
Era morto? Non era morto? Non lo sapevo. Lo vidi cadere fino ad un certo punto, poi scomparve in mezzo alla nebbia. Non sapevo se fosse morto o meno, sapevo solo che me lo ero tolta dalle scatole. Ero distrutta. Che giornata di merda che avevo avuto, ma almeno ero ancora viva. Caddi al suolo, esausta, confusa, sconvolta.

Portai una mano al collo, rabbrividii quando sentii che era ancora bagnato dalla saliva di quel bastardo. Uscii immediatamente da quella stanza e mi misi a cercare dell'acqua, non volevo tenermi addosso il “patrimonio genetico” di quel demonio ancora solo per un'istante in più.
Trovai quello che sembrava essere un bagno, molto malandato, e in una bacinella c'era dell'acqua, piovana probabilmente, visto che il tetto era semidistrutto. 
Mi sfilai la maglietta e iniziai a lavarmi; bruciavo, molto probabilmente avevo la febbre... Insomma, ma che diavolo mi stava succedendo? Ok che ero esausta e traumatizzata, però la febbre era alquanto insolita, inspiegabile. Fu in quel momento che mi accorsi di avere una ferita dietro la schiena che mi bruciava più di tutte; mi avvicinai ad uno specchio, mi guardai attentamente e, con mio grande terrore, realizzai cosa mi era successo. Quella ferita non me l'aveva causata una delle catene di Raoul, quel piccolo “graffio” me l'aveva fatto quella bestiaccia nel bosco, quando mi era saltata alle spalle e mi aveva lacerato la giacca.
Adesso era tutto chiaro, i-io... ero... stata avvelenata!

Uscii di scatto dal bagno, e barcollando mi portai fino al laboratorio dov'ero stata prima. Dovevo trovare un antidoto, e alla svelta anche. Se era vero che quelle fottute creature le avevano concepite là doveva esserci anche un antidoto!
Quando arrivai al laboratorio caddi a terra, mi sentivo davvero male, il veleno ormai mi era entrato in circolo. Ero fottuta.
Mentre giacevo a terra sentii qualcuno arrivare, ma stavolta non riuscivo neanche a girarmi. Poco a poco mi mancò anche la vista, se era di nuovo Raoul stavolta per me era finita davvero.
« White! White rispondi, cosa ti è successo?! White, parla! »
Quando sentii la sua voce mi rassicurai, era il marine imbranato. Magari era venuto per arrestarmi, o forse voleva semplicemente vedermi crepare, ultimamente ce n'era davvero parecchia gente che mi voleva morta. 
Riuscii a farfugliare solo un paio di parole prima di perdere totalmente i sensi, non ricordo esattamente cosa dissi, avevo solo tanto freddo.


 


Salve lettori, come state? Bene spero :)
Finalmente lo scontro tra Annabel e Raul (che fa tanto da film horror) sembra essersi concluso; ma sarà davvero così?
Abbiamo scoperto parecchie cose sul passato di Annabel, anche se ancora restano molti punti da chiarire...
Ma cosa va a pensare Annabel mentre combatte? Ho creato un personaggio dalla personalità alquanto complessa, e la teoria della tripartizione del cervello (il cosiddetto Triune Brain) esiste davvero, ho cercato di spiegarla nel modo più breve e semplice possibile, spero sia chiara :)

Ah il disegno che ho fatto stavolta... spero che vi piaccia, l'ho fatto (come al solito) in poco tempo XD
Quando aggiornerò? Sono tornata a fare il level designer, sto lavorando alla realizzazione di un videogame, ho anche paio di esami che voglio togliermi davanti, se ci arrivo lo pubblico come al solito prox settimana :) 

 

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Capitolo 14
*** Labirinto ***


Labirinto

 

 

La mente umana è qualcosa di straordinario e temibile allo stesso tempo, una sorta di arma a doppio taglio. Avventurarsi nei meandri della propria mente a volte può essere davvero pericoloso, soprattutto quando non si conosce con quale modalità uscire dai propri pensieri. C'è un momento che risulta essere particolarmente pericoloso, dove si rischia di sovrapporre realtà e immaginazione, in maniera così talmente realistica da restarne paralizzati: lo stato di dormiveglia. Perché dico che è pericoloso? Per esperienza personale. Il corpo resta immobilizzato perché si trova in preda di quella che viene chiamata paralisi “ipnagogica”, uno strano stato psico-fisico in cui la mente è già sveglia mentre il corpo non lo è ancora. Secondo alcune credenze popolari si tratterebbe di uno “kanashibari”, ovvero una sorta di entità proveniente da un altro mondo che si diverte a immobilizzare la vittima mentre cerca di svegliarsi, e lo farebbe solo per puro divertimento.

Ovviamente tra le due teorie io optavo per quella scientifica, ero abbastanza “cauta”, e poi era davvero impossibile credere che certe balle colossali potessero essere vere.
Ok lo ammetto, magari era l'ennesima boiata che avevo letto da qualche parte, non ricordo esattamente dove, però mi capitava spesso di restare paralizzata mentre cercavo di svegliarmi. Eh già, spesso.
Gli ultimi tempi riuscivo a dormire solo due-tre ore a notte, e le numerose paralisi che avevo le attribuivo allo stress, così come i miei due capelli bianchi e la continua acidità di stomaco. In altre parole io mi sentivo sempre uno schifo, sempre.


Mi succedeva spesso, e mi stava succedendo anche adesso. Aprii gli occhi e provai a muovermi, ma non ci riuscivo; volevo urlare, ma non mi usciva la voce, volevo piangere, ma non mi uscivano le lacrime. Avevo una forte nausea, volevo vomitare, mi alzai di scatto e... vomitai. Come feci a muovermi? Non ne ho la più pallida idea, forse il ricordo così vivido delle mani di Raoul sul mio corpo era qualcosa di così talmente forte e disgustoso che fu capace di destarmi dal mio stato di dormiveglia. Era come se mi stesse ancora toccando, era una sensazione davvero raccapricciante.

 

Dopo il mio iniziale stato confusionale cominciai a guardarmi intorno; ero distesa su un letto, uno schifoso materasso pieno di buchi e macchie, e mi trovavo in una stanza buia, dalle pareti ammuffite e semidistrutte. Quella era una delle stanze del sanatorio, ciò significava che ero ancora in quel posto. Per quanto mi sforzassi di ricordare cosa era successo dopo che avevo buttato Raoul giù dalla finestra non ci riuscivo, avevo una sorta di blocco mentale.
Provai ad alzarmi dal letto, ma appena appoggiai i piedi a terra le gambe mi cedettero e caddi in ginocchio. Mi sentivo debole, sfinita, e come se non bastasse ero pure... in reggiseno. Dove diavolo era finita la mia canotta?
« No, sta ferma! Non alzarti, sei ancora troppo debole! »
In quel momento mi voltai alla mia sinistra e lo vidi: era il marine biondo, era seduto a terra e mi stava fissando. Iniziavo a ricordare, mi sembrava di aver sentito la sua voce poco prima che perdessi i sensi.
Ma che diavolo ci faceva lì?
No, la prima cosa che pensai appena lo vidi non fu questa, il mio primo pensiero fu... che io ero... mezza nuda. Afferrai velocemente un lembo pulito del lenzuolo sul quale avevo rimesso prima e me lo portai sul petto, cercando di coprirmi.
« Eeeh! Ma che diavolo... vattene! Esci subito, vattene! » gli urlai, stringendomi il lenzuolo al petto.
« No, non preoccuparti, io non ti guardo! Però resta a letto un altro po'! » replicò il marine, voltandosi velocemente dall'altro lato.
Mi guardai le braccia, e solo in quel momento notai che avevo addosso delle fasciature; era stato il marine a curarmi?
« S-sei stato tu? E poi perché sono senza maglietta? »
« Non ne ho idea, i-io quando sono venuto qui ti ho trovata già così... Ma davvero non ricordi niente? »
« No! » sbottai, « Secondo te se lo sapessi verrei a chiedertelo?! »
« Ok, allora ti racconto com'è andata » replicò, incrociando le braccia al petto, « sei stata avvelenata dal siero di un Drago Infernale, me l'hai detto tu stessa prima che perdessi i sensi... Conosco il veleno di quei mostri, durante questi giorni hanno attaccato anche alcuni dei miei uomini, infatti mi porto qualche fiala di antidoto sempre dietro... Io ti ho trovata qua a terra e sono riuscito a dartelo, e visto che sei ancora viva presumo di aver fatto appena in tempo ».
« Cosa? Perché mi hai salvata? »
« Dev'esserci sempre un perché per te, non è così? » disse sospirando, « te l'ho già detto White, io non voglio che tu... ecco, che tu... »
« Che io muoia? » replicai secco. Perché non riusciva a dire quella parolina “magica”? Bah, quel tipo era davvero strano.
                
                                              

« White... dov'è andato Raoul? »
« Ecco, lo sapevo che volevi qualcosa in cambio da me... Senti non lo so, l'ho “defenestrato”, è finito in quell'enorme precipizio che c'è dall'altro lato... Me la sono vista davvero brutta ».
Si voltò per un attimo, mi diede una veloce occhiata e poi distolse di nuovo lo sguardo da me.
« Ti ha fatto del male? » chiese tutt'a un tratto, con aria preoccupata.
Mi stava pendendo in giro o cosa? Cosa diavolo gliene fregava in fin dei conti? Io per lui non ero altro che una squallida criminale da buttare in una cella buia e fredda, perché doveva fregargliene qualcosa di me?
« No sai, ci siamo fatti giusto quattro chiacchiere, ah sì, credo di essere piena di lividi e ferite varie, però sai, cose che capitano mentre si dialoga con un fottuto maniaco omicida del cazzo! Vaffanculo tu e le tue domande del cazzo! » gli urlai, sgolandomi fino allo stremo. Tremavo, non riuscivo a fermarmi, mi sentivo scossa fino al midollo.
« White, calmati adesso! Ero andato via giusto un attimo, un attimo! Perché mi hai disobbedito, non dovevi venire qua da sola! Sai quel tipo quante donne ha ucciso?! Una ragazza come te è la sua “preda” ideale! Quel bastardo è un serial killer, è uno... »
« Sì, grazie per l'informazione, l'avevo capito anche da sola che quello è uno psicopatico! » I tremori aumentavano, non riuscivo a smettere.
« Hey, stai bene? White, t-tu... stai tremando! Fammi vedere se hai ancora febbre... »
« Stammi lontano! » gli urlai, « non mi toccare! Non devi neanche guardarmi, hai capito?! Voi uomini siete tutti dei bastardi! »
Il marine indietreggiò, e silenziosamente tornò in un angolo nell'oscurità. Mi sentivo così talmente a disagio, avevo rischiato grosso con quel tipo, non era mai successo che un uomo mi mettesse le mani addosso in quel senso. Riuscivo ancora a vedere il suo volto deturpato da centinaia di cicatrici, i suoi occhi iniettati di sangue che mi fissavano, ed era come se la sua mano fosse ancora sotto la mia canotta ad accarezzarmi ventre. Ero disgustata, volevo piangere. Portai entrambe le braccia alle ginocchia e abbassai la testa fra le gambe, cercavo di calmarmi, ma non ci riuscivo.


Improvvisamente si sentì un boato assordante, come un colpo di cannone.
« Eh? Ma che cosa... Che succede?! » urlai.
« Sta tranquilla, sono solo i miei uomini che stanno combattendo contro i pirati sulle isole vicine... »
« Cooosa? I tuoi uomini combattono contro i pirati e tu sei qui, ad aiutare un... “pirata”? Scusa, si può sapere che senso ha?! Ma da che mondo vieni tu! Sei completamente svitato! » 
Mi lanciò una veloce occhiata, poi si voltò di nuovo dall'altro lato. Tornò a incrociare le braccia al petto e appoggiò le spalle al muro.
« Vengo esattamente dal tuo stesso mondo, un mondo crudele e spietato... Sai White, sarò anche uno svitato, so bene che sto andando contro la legge, probabilmente ci saranno delle conseguenze per quello che sto facendo oggi... ma almeno sono sicuro che sto facendo la cosa giusta ».
« La “cosa giusta”? Quale diavolo sarebbe la cosa giusta?! Io non ho mai visto niente di giusto nella mia fottuta esistenza! Niente, capisci! Nienteee! »
« La cosa giusta è non far morire un innocente, non potrei mai perdonarmelo ».
« Come diavolo fai a sapere se io sono innocente o meno? Potrei averti raccontato un mucchio di balle, come fai a essere convinto che io non menta! »
« I tuoi occhi parlano White, non ho bisogno di altre testimonianze... Tu hai davvero sofferto sulla tua pelle tutto quello che mi hai raccontato, tu hai bisogno d'aiuto ».
Quando terminò la sua frase sgranai gli occhi; lui mi aveva appena detto che io avevo bisogno... d'aiuto? Un marine voleva aiutarmi? Cos'era, uno scherzo?!
« Hey marine, guardami... » dissi, stringendo il lenzuolo tra le mani, « io non mi fido di voi uomini, siete tutti dei bastardi pervertiti! Ah vero, tu sei un marine, non sei un uomo come tutti gli altri! Sai che cosa? Io non mi fido proprio di nessuno, specialmente di voi del Governo Mondiale! Mi avete rovinato la vita! »
Il marine alzò la testa e mi guardò un attimo, poi tornò a voltarsi velocemente dall'altro lato.
« Ti capisco, so che sei arrabbiata e che non ti fidi di me... Sono un uomo, e come se non bastasse sono anche un marine, hai tutte le ragioni per non fidarti di me, dopo tutto quello che ti han... »
« Bastaaa! Taci, cazzo! Mi stai dicendo che hai pena di me, non è così? Grazie tante, ma la tua pietà non la voglio, okay? Ho una dignità da difendere! Non mi farò mai aiutare da voi del Governo Mondiale, da chi mi ha rovinato la vita! Mai, capito?! Tu non puoi fare niente! Niente! »
« White! Sono in Marina da abbastanza tempo per sapere che il sistema è corrotto, ma abbiamo le mani legate, capisci?! So che purtroppo non posso fare molto, so che non ti fidi di me, ma ti prego... lascia che io ti aiuti... non come marine e neanche come uomo... ma come amico. Adesso devi andartene via da qui, sei in pericolo! »
Cosa cosa? Cosa cazzo mi aveva detto? Voleva che io lo considerassi un “amico”? Sì, quello era decisamente un alieno, o forse era semplicemente pazzo.
« Tu ti sei fottuto il cervello! Com... »
« Devi andare via da qui al più presto! C'è un Ammiraglio che sta cercando sia te che Raoul! »
Oh merda, quindi quando quello psicopatico mi aveva detto che sarebbe venuto un Ammiraglio non stava scherzando! Ero nei guai.
« Che cosa?! Merda! Me l'ero dimenticata! Chi è quest'Ammiraglio? »
« Si tratta di... Sengoku; se riesce a catturarti io non potrò più aiutarti. Sei nei guai, devi andartene! Io sono l'unico che può portarti via da qui sana e salva! »
Merda. Ma avevo davvero sentito bene? Il grande Sengoku quella sera aveva deciso di muovere il culo dal Quartier Generale... per me? Tsk, non sapevo se esserne onorata o se mettermi a imprecare.
« Senti marine » dissi, cercando di restare calma, « quindi tu stai fregando pure il tuo... ehm, capo? Per me? Ah, va bene... Okay vengo con te, però prima... potresti uscire un attimo? Vorrei cambiarmi, e con te davanti non ci riesco, aspettami fuori, faccio presto ».
Il marine mi guardò sospettoso per qualche minuto, ma dopo fece come gli dissi, e silenziosamente uscì. Babbeo. Già, imbranato e babbeo, ma d'altronde tutti gli uomini erano così, crudeli, bastardi ma babbei. L'unico uomo che avevo considerato meritevole del titolo “uomo” era mio padre, lui era sempre stato un idolo per me, era stato semplicemente il migliore. Ma lui non era più con me ormai da molti anni, anni in cui mi ero arrangiata da sola, anni in cui avevo pianto senza sosta, anni che avevano prosciugato i miei occhi da ogni lacrima.

 

Rimasi da sola in quella stanza buia e fredda, certo che non era per niente bello spogliarsi, si gelava. Ah vero, ero già mezza nuda, cosa mi cambiava! Mi misi addosso i vestiti che avevo nello zaino, ormai i pantaloni e la maglietta di ricambio erano completamente asciutti, e subito dopo mi affacciai alla finestra. C'erano delle grosse sbarre metalliche, ma non erano un problema, bastava solo tagliarle con un colpo di spada e il gioco era fatto.
« White, va tutto bene? »
« Ehm, s-sì! Ho quasi finito, ma tu non entrare! »
« D'accordo! »
Era un babbeo okay, però c'era da dire che era educato, se fosse stato un altro uomo non avrebbe esitato un attimo a saltarmi addosso. Ma quello non era il momento per fare considerazioni del genere, dovevo svignarmela. Tagliai silenziosamente le sbarre con un colpo e saltai giù dalla finestra.
Adesso ero finita in quello che sembrava essere un cortile interno, completamente circondato dalla struttura. Tutti i portoni erano bloccati, non riuscivo a entrare, poi in fondo al cortile trovai una piccola e stretta scaletta di ferro che portava fino al piano superiore.

 

                                                                                                ✤ ✤ ✤

 

Camminavo lungo la navata di quel corridoio ormai da almeno... venti-trenta minuti. No, la cosa strana non era questa, la cosa che mi stava letteralmente mandando fuori di testa era la convinzione che io... di lì c'ero già passata prima. In altre parole mi ero persa, continuavo a girare a zonzo ma non avevo la più pallida idea di dove stavo andando. Quel posto era un labirinto, come diavolo dovevo fare ad uscire? Tutti quei cazzo di corridoi erano uguali, non sto scherzando. Mi sentivo stanca, solo qualche ora prima avevo rischiato la pelle, e se tornavo a pensare a quel maledetto mostro mi veniva la nausea. Non dovevo pensare a lui adesso, dovevo trovare piuttosto una pianta dell'edificio, ma dove diavolo dovevo andarla a cercare?

 

Presi una sedia e mi sedetti, le ossa mi facevano un male cane, sentivo le bende tirare ad ogni movimento che facevo. Beh sì, avrei dovuto riposizionarmele, quel marine non era stato molto bravo a bendarmi, però le ferite le aveva disinfettate per bene, non bruciavano più. Lui mi aveva messo le mani addosso, mi aveva curata; perché la cosa non mi faceva né ribrezzo e né rabbia?
Ma soprattutto: perché continuava a venirmi in mente il suo volto? C'era qualcosa in lui, non sapevo esattamente cosa, fatto stava che continuavo a pensarlo. Forse era per via dei suoi occhi, quando mi fissavano notavo che s'illuminavano di mille sfaccettature, anche se evitava di guardarmi dritto negli occhi per troppo tempo, o forse ero io che distoglievo lo sguardo da lui, non lo capivo con esattezza...
No, forse era per via di tutte quelle cicatrici che aveva addosso, a parte quel mostro sfigurato di Raoul non avevo mai visto nessuno con così tanti punti di sutura; ma che diavolo gli era successo?
Cavolo, io non stavo pensando la cosa più strana, ovvero il fatto che era un imbranato cronico, che inciampava e si dava fuoco da solo! Eppure no, non era neanche quella la cosa più strana di quel tipo, la cosa che mia aveva lasciata esterrefatta era ciò che mi aveva detto, lui voleva... aiutarmi! Un marine che voleva aiutare un pirata, una sconosciuta per giunta! Quel tipo era bizzarro, sotto ogni punto di vista. Bizzarro ma... in qualche modo interessante. Ero stanca e iniziavo a dare i numeri probabilmente, avevo la gola terribilmente secca e uno strano retrogusto amaro in bocca. Ah vero, solo poco prima avevo rimesso, beh sì magari era per quello, o forse era per via della gastrite.

 

Ormai era quasi l'alba, l'orizzonte iniziava a colorarsi di quella tipica tonalità arancione-rossastra, e a giudicare dalla posizione del sole dovevano essere circa le sei di mattina. Si gelava dal freddo, continuavo a stringermi nella mia camicia a quadri, speravo che mi riscaldasse almeno un po', ma speravo invano.
I boati non si arrestavano neanche per un attimo, continuavano a far sussultare le mura ad ogni colpo; dovevo andarmene da lì. La cosa che mi faceva più paura non era il fatto che Sengoku fosse lì, ma il timore che Raoul potesse trovarsi ancora su quell'isola, non volevo finire di nuovo tra le sue grinfie.

 

Ero tranquilla però, ormai le ragazze dovevano trovarsi lontano da lì, al sicuro. Loro mi obbedivano sempre, qualunque cosa io dicessi, sapevano che tutto quello che facevo era solo ed esclusivamente per il loro bene. Ero sicura che si sarebbero recate sull'isola di Aiera per come avevo scritto nel messaggio, quell'isoletta si trovava a circa un'ora di distanza dall'arcipelago, lì non le avrebbe trovate nessuno. Tutto quello che dovevo fare adesso era andare via da lì e cercare di raggiungerle.
E proprio mentre ero immersa nei miei pensieri all'improvviso la sedia si ruppe, e io caddi col sedere a terra. Ah, l'ho già detto che sebbene avessi i pantaloni quel pavimento era gelido come un iceberg? Era davvero un toccasana per le mie povere ossa indolenzite, già, accusavo più dolori di un ottantenne.



« Eccoti qui... Sei davvero testarda, sai? »
Oh, sapevo bene di chi era quella voce così profonda e pacata allo stesso tempo, merda. Era imbranato però, sfortunatamente, il senso dell'orientamento ce l'aveva. Mi voltai e lo fulminai con gli occhi.
« E tu lo sai che sei davvero un babbeo? »
« White... » sospirò, « io non so più cosa fare, davvero... Non mi lasci altra scelta ».
Camminava nella mia direzione adesso, veniva verso di me con passi lenti. Che diavolo aveva in mente?
« Senti tu, non so cosa diavolo vuoi da me però ti avviso... stammi lontano! » gli urlai, sfoderando la mia katana.
« Non riesci neanche a stare in piedi, davvero credi di poterti battere contro di me? »
« Oh, senti chi parla, e così sarei io quella che non riesce a stare in piedi? Ma se tu inciampi e cadi ad ogni fottuto passo! »
« White... »
In quel momento si mise a correre, e in un batter d'occhio me lo ritrovai a pochi centimetri dal mio naso. Cercai di colpirlo, ma lui schivò il colpo, e con un rapido gesto afferrò la mano con cui tenevo la spada.
« Lasciamiii! Ahhh! »
« Non voglio farti del male, capisci?! Voglio solo aiutarti! » disse, mentre cercava di disarmarmi. Feci un capriola all'indietro, con un calcio riuscii a colpirlo in pieno volto, e in quel momento mollò la presa dalla mia mano.
Correvo, non mi fermai neanche un istante, e arrivai in una stanza, dove parte del pavimento era crollata e si riusciva a vedere solo un'oscura voragine. Sapevo bene che il marine mi stava raggiungendo, ma per quanto mi sforzassi di trovare una via d'uscita non la trovavo; non potevo né proseguire e né tornare indietro. Ero in trappola.

 

All'improvviso mi voltai e me lo ritrovai davanti, veniva nella mia direzione.
« Hey fermati! Stammi lontano! » gli urlai.
Ma il marine non dava segno di volersi fermare, e adesso era a soli pochi passi da me. Sfoderai la mia katana e gliela puntai al petto.
« Senti marine, sarò pure ferita ma... so come difendermi. Non ho bisogno del tuo aiuto, anzi ti consiglio di starmi lontano ».
In quel momento alzò la testa, e il vento gelido che entrava dalla vetrata semidistrutta alle sue spalle gli scompigliò i capelli. Riuscivo di nuovo a vedere i suoi occhi, rilucevano, pieni di determinazione. Ma fu ciò che fece subito dopo che mi lasciò esterrefatta, impietrita. Tutt'a un tratto afferrò la lama della mia spada e se la portò ancora più vicina al petto, ferendosi entrambe le mani.
« Hey ma cosa... hey! Che diavolo fai?! P-perché, perché! »
« Perché tu non mi credi, White... Non perdiamo più altro tempo, se vuoi ammazzarmi fallo, ora! »
Il sangue vermiglio continuava a traboccare dalle sue mani, colava a terra goccia a goccia; in quel momento mi sarebbe bastato tirare un colpo in avanti per conficcargli la spada dritta al cuore. Al solo pensiero mi tremavano le braccia, le mani iniziavano a sudarmi e non riuscivo più a impugnare la spada saldamente. Indietreggiai, non sapevo davvero cosa fare, quel tipo era completamente pazzo!
« White... tu non sei un'assassina, ecco perché esiti a colpirmi... avevo ragione io alla fine... » disse sorridendo.
« Vaffanculo! Tu sei più pazzo di quel Raoul! »
Continuavo a indietreggiare, poi però arrivai proprio sull'orlo della voragine e dovetti fermarmi. Ero in trappola e non sapevo come comportarmi. Ansimavo, sentivo le gocce di sudore solcare il mio volto, tremavo ma allo stesso tempo non riuscivo a muovermi. Il marine continuava a fissarmi negli occhi, mentre stringeva sempre di più la lama tra le mani.
Feci un altro passo indietro, ma proprio in quel momento quel poco pavimento sotto i miei piedi cedette, e io scivolai dritta dentro la voragine. Chiusi gli occhi, credevo che sarei precipitata fino in fondo, ma improvvisamente sentii che qualcosa mi stava sorreggendo: era il marine, aveva mollato la presa dalla mia spada ed era in ginocchio, mi aveva afferrata con un braccio.
« Lasciami! » urlai, con le lacrime agli occhi.
« No! Io ti salverò, qualunque cosa dovesse costarmi! »
« Perché?! Perché lo fai?! »
Il marine non rispose, mi afferrò l'altro braccio e senza troppa fatica mi tirò su. Eravamo entrambi a terra, io ero sopra di lui e mi tenevo saldamente aggrappata alle sue braccia. Il mio volto era finito nell'incavo del suo collo; potevo sentire il suo respiro affannato, il suo battito cardiaco accelerato e il suo... calore. Già, il suo petto sprigionava un calore straordinario, un tepore così rilassante che mi fece dimenticare per qualche minuto del gelo agghiacciante di quella mattina. Però sentivo anche qualcos'altro vicino a lui: il suo odore. Potevo distinguere perfettamente l'odore di tabacco mescolato insieme a qualcos'altro che non riuscivo a individuare, una leggera fragranza fresca e delicata. Cos'era? Qualunque cosa fosse quell'odore... mi piaceva.
Alzai la testa e lo guardai: aveva gli occhi chiusi e il suo respiro iniziava a regolarizzarsi, mentre continuava a stringermi al petto con entrambe le braccia.
« White, » disse ansimando, « lo faccio perché... è la cosa giusta ».

 

 


Salve :)
Ci sono arrivata a scrivere il capitolo eh eh, lungo ma l'ho scritto...
Devo dire che è parecchio difficile restare concentrati dopo 4-5 ore non stop di modellazione 3d, spero che sia scritto tutto chiaro :)
Ce la farà il nostro eroe a non farsi ammazzare farsi credere da Annabel? Ma soprattutto... qual'è la realtà che sta sfuggendo a entrambi? Riusciranno mai a capirlo? E se sì, quando avverrà?
Volete sapere cos'è uno kanashibari, anzi volete proprio vederlo
? Ve lo faccio spiegare da Gintoki...➡https://www.youtube.com/watch?v=NV3VjZnO0n0

Il titolo è un po' un doppio riferimento, sia al “labirinto” mentale di Annabel e sia al luogo in cui si trova...
Il disegno come al solito l'ho fatto io, non è molto rifinito, è quello che noi disegnatori chiamiamo rough sketch, una bozza da rifinire (anzi da ricalcare su un altro livello) con una linea modulata... Ma per motivi di tempo io non rifinisco quasi mai XD

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Capitolo 15
*** Fiducia ***


Fiducia

 

 

È davvero incredibile come alcune circostanze possano far emergere dal nulla ricordi sepolti ormai da tempo. Parlo di determinate situazioni, emozioni e sensazioni che si provano sulla propria pelle e che in qualche modo vanno ad aprire i cosiddetti “cassetti della memoria,” dove vengono gelosamente conservati i ricordi più cari.

In quel momento mi trovavo tra le braccia del marine e il mio volto era vicino al suo, così talmente vicino che potevo sentire il suo caldo respiro far traballare le ciocche dei miei capelli. Restai lì per diversi minuti, non saprei dire quanti esattamente. Sì, restai lì a farmi cullare dal ritmo del suo petto che si alzava e si abbassava, dal suo calore e dal suo odore; era quest'ultimo che in particolare aveva stimolato la mia memoria, e l'aveva stimolata in un modo che definirei... positivoMi veniva infatti in mente che io quell'aroma così gradevole e rilassante l'avessi già sentito prima, e ricordavo anche quando.
E così, invece di alzarmi e scappare via, avvicinai il mio naso ancora di più al suo collo ed inspirai una profonda boccata: ormai non avevo più dubbi, quello era lo stesso odore che sentivo da bambina ogni volta che mi avvicinavo a mio padre per dargli il bacio della buonanotte. Ma cos'era?

Ero così assorta nei miei pensieri da non accorgermi che il marine adesso aveva riaperto gli occhi e mi stava... fissando. Già, mi fissava silenzioso, con aria attonita. Sgranai gli occhi e mi allontanai di scatto, spostai bruscamente le sue braccia da me con entrambe le mani e mi rialzai. Ma che diavolo mi era preso? Ero imbarazzata a morte.
« Che diavolo hai da guardare, eh? »
« Eh? I-io? Ehm ecco... niente... S-stai bene? » balbettò, abbassando la testa.
« No, mio nonno! »
« Come non detto, » sospirò, « visto il tuo sarcasmo ne deduco che tu stia bene ».
Il marine si rialzò, e in quel momento potei constatare ancora meglio quanto fosse alto, e sebbene io fossi un metro e settantasette dovevo alzare la testa per poterlo guardare in faccia. Restammo a fissarci in silenzio per qualche minuto; ero confusa, imbarazzata, non sapevo davvero cosa fare. Avevo mille pensieri per la testa, ma fra tutti quei pensieri ce n'era uno in particolare che mi premeva più di tutti, un impellente interrogativo che necessitava di una risposta immediata.
« Senti... cos'è... quel profumo sul tuo collo? » chiesi, abbassando lo sguardo a terra. Era una domanda così... stupida, fatta nel momento meno opportuno per giunta. Il marine sbarrò gli occhi e mi guardò perplesso per diversi lunghi istanti. Beh sì, forse la mia domanda era davvero insensata, ma in quel momento era l'unica cosa che volevo sapere.
« White... i-il profumo dici? Ehm ecco... è il mio dopobarba... »
« Dopobarba? Cosa significa? Parli di barba, ma tu la barba non ce l'hai... »
« Me la sono fatta stamattina, ecco perché non c'è... »
« Con “fatta” intendi dire che te la sei tagliata? »

Il marine prese a guardarmi in modo ancor più strano, era letteralmente basito. Ma perché, cosa c'era di così strano nella mia domanda? Sapevo bene che gli uomini avevano la barba, però non la vedevo a tutti, beh sì magari non tutti ce l'avevano e forse lui era proprio uno di quelli senza...
« Wh-White... ma tu... davvero non lo sai? » replicò con voce tremolante, « noi uomini ci tagliamo la barba, dopo usiamo il dopobarba, serve per disinfettare la pelle dopo la rasatura... »
« Ah ehm... certo che lo sapevo, mica sono stupida! »
« No, dalla tua domanda era evidente che tu non lo sapev... »
« Sta zitto! » urlai.
Okay devo ammetterlo, non avevo molta conoscenza delle abitudini maschili, sui miei libri di anatomia non avevo letto da nessuna parte che gli uomini si tagliassero la barba! Mi sentivo una stupida, ma non gliel'avrei data vinta.

« Ad ogni modo, cos'hai deciso di fare... con me? Vuoi ancora ammazzarmi o mi credi adesso? »
Il suo sguardo cambiò di colpo, mi guardava con aria seria e determinata adesso, aspettava una mia risposta. Quello che lui aveva appena fatto per me era stato qualcosa di a dir poco... folle. Cosa dovevo fare? In fin dei conti forse non avevo davvero altra scelta. E poi io... non volevo ammazzarlo, e forse per la prima volta in vita mia dovevo ammettere che magari stavolta mi trovavo di fronte a un bravo ragazzo. Era vero che le Kuja consideravano tutti gli uomini malvagi e meschini, però io avevo avuto la fortuna di conoscere mio padre, e dentro il mio cuore covavo ancora la speranza che gli uomini non fossero davvero tutti uguali. Ciò però non significava che potevo fidarmi ciecamente di quel tipo, non dovevo abbassare la guardia neanche per un attimo.

« Senti marine, » replicai, « facciamo una cosa... io ti “userò” per andarmene via da qui, nonostante tutto devo riconoscere che il tuo aiuto mi sarà utile se voglio scappare via senza farmi notare, però appena mi accorgo che mi hai mentito... giuro che ti ammazzo sul serio ».
« D'accordo, sono felice che tu abbia accettato». In quel momento le sue labbra si allargarono in un sorriso, che gli illuminò il volto. Era un fumatore, ma allora come diavolo faceva ad averci un sorriso così...così... splendido? Restai qualche secondo inebetita a fissarlo, ma subito dopo fui distratta da un ticchettio; abbassai lo sguardo e vidi le sue mani, che ancora grondavano di sangue.
« Dove hai trovato le bende per curarmi?»
« Al piano di sotto, c'è un'infermeria ».
« Bene, » dissi, « andiamoci. Devo arrestare la tua emorragia, perdi sangue e rischiamo di lasciare troppe tracce, non voglio attirare l'attenzione di quelle bestiacce ».

 

                                                                                           ✣ ✣ ✣

 

Dopo aver percorso numerosi corridoi che sembravano non finire mai arrivammo finalmente in infermeria, o per meglio dire quella che una volta chiamavano infermeria, perché adesso era solo una stanza buia e disordinata, dalle pareti ammuffite e con ragnatele disseminate ovunque. C'era un armadietto bianco in un angolo, lo aprii e al suo interno trovai delle candide bende bianche, conservate accuratamente dentro dei sacchetti di plastica sottovuoto. Quel posto faceva schifo, ma almeno le bende erano sterili e sicure, probabilmente erano l'unica cosa buona rimasta in quel luogo. Insieme alle bende trovai anche una bottiglia di disinfettante e del cotone, ancora sigillati.
« Okay marine, adesso siediti sopra quel lettino, ehm... sei davvero alto e non riesco a... »
« Va bene... »

Il marine si sedette, mi porse entrambe le mani e iniziai a disinfettargli le ferite con il cotone e l'alcool. Dovevano fargli un male cane, eppure mentre gli passavo l'alcool non mostrò neanche la minima smorfia di dolore sul suo viso; gliele strofinai con cura e dopo gli fasciai entrambe le mani con le bende.
« Però, sei stata brava, non ho sentito assolutamente niente... »
« Sono un dottore nel caso non lo sapessi, magari quando torni al Quartier Generale te lo leggi il mio fascicolo... Potresti scoprire cose interessanti, chissà... »
« White, » sospirò, « ancora con questa storia... Ascoltami, per me possono averci scritto la qualunque cosa, non m'interessa; io credo solo a ciò che vedo, e sono sicuro che quella che ho visto oggi non è una malata mentale priva di scrupoli... »
Una malata mentale priva di scrupoli. Ecco che descrizione gli avevano fornito sul mio conto. Ma di cosa mi meravigliavo? Insomma, sapevo già come mi definivano, ma allora perché quando udii le sue parole tutt'a un tratto mi sentii così... così... depressa?
« White, va tutto bene? Scusami, forse non avrei dovut... »
« Va bene così, » lo rassicurai, « sto bene ». Mi avvicinai ad uno specchio rotto e iniziai a specchiarmi; quello che vidi mi lasciò sconvolta, amareggiata. Avevo i capelli arruffati ed ero pallida, sciupata, ma la cosa che mi irritò maggiormente fu vedere i segni violacei che avevo sul collo, perché rimandavano la mia mente a quel demonio.
« White... »
« Ho detto che sto bene, cazzo! » urlai, tirando un pugno allo specchio e rompendolo del tutto. La mia mano sanguinava adesso, e alcune schegge di vetro erano penetrate nella mia pelle.
« No, tu non stai bene, per niente! »
« Che importanza può mai avere, » sibilai a denti stretti, estraendo lentamente dalle nocche della mia mano le schegge più grosse, « la gente sarà davvero felice solo quando io morirò. Sai, ricordo bene il giorno in cui giustiziarono Roger; le campane suonavano, la gente festeggiava. Erano convinti che si fossero liberati di un demonio, anzi, del “Re” dei demoni... tsk, poveri illusi. Illusi e ipocriti, temevano Roger, quando invece nessuno di loro osava ribellarsi contro i veri responsabili delle sofferenze umane! Voi della Marina non siete altro che delle marionette, manovrate abilmente dalle mani dei marionettisti bastardi che dirigono questo cazzo di mondo! Non ce l'ho con te marine, davvero, ce l'ho solo... con il mondo intero. Roger ha solo insegnato loro il modo di ribellarsi contro un sistema di cose che non andava, c'è chi ha seguito le sue orme e c'è chi invece continua ad avere paura, e questa storia va avanti già dagli albori dell'Era della Pirateria ».

Il marine restò in silenzio per qualche minuto a contemplare le fasciature sulle sue mani, dopo si alzò dal lettino e mi fissò dritto negli occhi.
« Sai, » disse con voce molto calma, « tu... il tuo modo di parlare... mi piace. So che può sembrarti strano, ma io la penso esattamente come te. Sono in Marina da molti anni ormai, da quand'ero bambino praticamente, e parecchie volte mi sono trovato a dover agire contro la mia volontà, solo perché... avevo le mani legate. Questa invece è la prima volta in cui io posso agire come voglio e fare finalmente la cosa giusta. White, ti prometto che catturerò quel bastardo, lo farò per te, per tutta la gente che ha ucciso e in nome del Comandante Gordon che lo arrestò ventidue anni fa! »

Mentre il marine parlava potevo di nuovo vedere quella luce nei suoi occhi, quella determinazione; dentro di me sapevo bene che quella era la stessa luce che risplendeva negli occhi di qualcuno che era davvero convinto di ciò che stava dicendo. Quel ragazzo stava dicendo davvero ciò che pensava, e aveva anche nominato... mio padre. I miei occhi iniziarono a bagnarsi, non sapevo come, ma in qualche modo le sue parole mi avevano commosso profondamente.
« Hey m-ma tu... White...Va tutto bene? »
« S-sì, » balbettai, strofinandomi gli occhi e girandomi velocemente dall'altro lato, « sappi però che per oggi non potrai più catturarlo, sarà andato via ormai... »
« Sì, molto probabilmente hai ragione... Quel tipo non è uno stupido, avrà sentito parlare dell'arrivo di Sengoku e se la sarà già data a gambe... »
« È solo colpa mia, » sussurrai, abbassando la testa e guardando a terra.
« No White, non è colpa tua, ti sei solo trovata nel posto sbagliato e al momento sbagliato, è già un miracolo che tu sia ancora viva ».
M-ma... avevo davvero sentito bene? Era palesemente colpa mia se lui non aveva acciuffato quel tipo, ma allora perché continuava a non volermi fare sentire in colpa?
« Se scoprono che mi stai aiutando per te sono guai... Nella migliore delle ipotesi ti manderanno davanti alla Corte Marziale e ti condanneranno per tradimento... »
« Brava, vedo che sai bene come funzionano le cose in Marina... Già, potrebbero anche condannarmi a morte ». Quando finì la sua frase tornò a sfoggiare per l'ennesima volta quel sorriso, così caldo e smagliante da far invidia anche al sole. Restai lì a fissarlo, non sapevo cosa dire; per la miseria, quel tipo era pazzo o cosa?
« Questa sarà la mia ultima missione “ordinaria,” » continuò, « dopodiché mi ritirerò e pianificherò finalmente come realizzare il mio sogno ».
« Il tuo “sogno,” » sghignazzai, « che c'è marine, non mi starai mica dicendo che vuoi andare in pensione già così giovane?! So che è il sogno di tutti voi marines essere retribuiti profumatamente senza fare un cazzo, però mi sa che tu dovrai aspettare ancora qualche annetto... »
« White... » sospirò, « io ho un obiettivo da raggiungere, una cosa importante da fare: devo fermare una persona a tutti i costi, una persona malvagia che con la sua follia vuole portare questo mondo in rovina. Io sono l'unico che può fermarla ».
I suoi occhi tornarono a risplendere vividamente, era di nuovo quella luce, quella luce che mi lasciava incantata ad osservarlo. Un momento, ma che diavolo mi stava succedendo? I-io stavo davvero ammirando quel ragazzo, e mentre parlava non riuscivo a staccare gli occhi da lui... M-ma perché ?!
No, non avevo il tempo per contemplarlo, io dovevo trovare un modo per andarmene via da lì, e alla svelta anche!

« Senti marine, grazie per avermi resa partecipe di questi tuoi... ehm, “presunti” piani futuri, però io adesso avrei una domanda: come diavolo facciamo ad andarcene via da qui? »
Il marine mi osservò a lungo, poi si girò dall'altro lato e uscì fuori dalla stanza.
« Seguimi e non fare domande ».
« Che testa di cazzo » mormorai digrignando i denti.
« Guarda che ti ho sentita ».
« Okay, arrestami allora! »
« Ho già detto che non ho intenzione di arrestarti, e sinceramente mi scoccia ripeterti sempre la stessa cosa... Ma se vuoi posso toglierti la parola! » disse, fermandosi e guardandomi dritto negli occhi. Stava sorridendo, di nuovo. Quel maledetto sorriso, che mi lasciava imbalsamata ad osservarlo. Abbassai gli occhi e senza fiatare continuai a seguirlo. Quel tipo iniziava davvero a starmi sulle scatole.

 

                                                                   ✣ ✣ ✣


Camminavamo ormai da diverso tempo, avevamo sceso parecchie rampe di scale e adesso mi aveva portata in quelle che sembravano essere le fondamenta dell'edificio, un vasto piazzale di cui non si riusciva a vedere la fine, sorretto da alcuni pilastri di cemento armato e interamente sovrastato dalla struttura. Era un posto molto buio, molto più tetro delle stanze del sanatorio, e iniziai ad avere paura. Forse avevo fatto male a fidarmi di quel tipo. Indietreggiai verso le scale, che erano ancora illuminate dal lieve barlume dell'alba.

« Va tutto bene? » disse, voltandosi verso di me.
« Dove siamo? » chiesi nervosamente.
« Siamo nei sotterranei del sanatorio ».
« Grazie tante, » sbottai, « ma a questo c'ero arrivata anch'io! »
« Sai, » sospirò, « sei davvero permalosa... So bene che tu ancora non ti fidi di me, guarda che non sono stupido... Se ti ho portata quaggiù è per cercare una botola, attraverso la quale andremmo via dall'isola senza farci vedere! Ci sono dei tunnel sotterranei che collegano tutte le isole, noi useremo questo passaggio segreto e così eviteremo d'incontrare sia quelle bestiacce e sia i miei uomini! Io ho una mappa dei tunnel che portano fino al porto di August, ed è da dove ho intenzione di farti fuggire! »
« Tsk... Sai marine, sarai anche imbranato, però.... sei furbo; un punto a tuo favore. Spero vivamente per te che tutto quello che mi stai dicendo sia la verità ».

Si voltò dall'altro lato e senza replicare continuò a camminare, poi tirò fuori dalla tasca l'accendino. Visto che quel posto era più buio della pece sapevo bene che cosa aveva in mente di fare... Oh no, dovevo fermarlo!
« Hey, aspetta! » urlai, precipitandomi verso di lui.
« Sì? »
« Lascia fare a me, » sospirai, « ho già assistito allo spettacolo della “torcia umana” di ieri sera e sinceramente... non ho voglia di rivederlo. Tengo io l'accendino, se sempre non ti dispiace, tu cerca la botola ».
« Sei davvero acida, è inutile che cerchi di camuffarlo usando un linguaggio cordiale... Comunque va bene, se proprio ci tieni prendilo tu ».

Quel marine mi stava davvero sulle palle, ma se volevo andarmene via da lì dovevo sopportarlo. Io gli facevo luce con l'accendino e lui si abbassò a terra a cercare la botola; dopo diversi minuti di ricerca finalmente trovò quella che sembrava essere una grossa asse di legno, leggermente in dislivello con il resto del pavimento e con un lucchetto sopra . Con un calcio fece saltare via il lucchetto e subito dopo sollevò la botola con entrambe le mani; si calò di sotto e dopo qualche minuto si aggrappò al pavimento e si riaffacciò.
« White, puoi venire! Però è molto profondo, ma ti prendo io! Dai, salta giù! »
« Ehm s-sì, » balbettai, mettendo in tasca l'accendino. Diedi una veloce occhiata all'oscura voragine che si apriva sotto di me, non era esattamente rassicurante, anzi faceva davvero accapponare la pelle, però dovevo farlo. Chiusi gli occhi e saltai giù, senza pensarci due volte. Il marine mi afferrò immediatamente, cingendomi entrambe le mani saldamente alla vita. Io mi aggrappai alle sue spalle e al suo collo con entrambe le braccia, e con una mano afferrai una ciocca dei suoi capelli dietro la testa. I suoi capelli erano così... soffici e morbidi al tatto, così piacevoli da toccare... Dopo un po' iniziai a muovere lentamente le dita in mezzo ai suoi capelli, li tastavo accuratamente, mentre inspiravo delle profonde boccate di profumo di quel suo “dopobarba”...

« White, va tutto bene? » sussurrò all'improvviso al mio orecchio sinistro. Il suono della sua voce in quel momento era così dolce e calmo che mi diede una strana sensazione: sebbene avessi sentito ciò che mi aveva appena detto non riuscivo a rispondergli, il solo sentire le sue labbra sussurrare vicino a mio orecchio mi mandò come... in estasi. L'unica cosa che sentivo adesso erano i bulbi piliferi delle mie braccia indurirsi e alzarsi bruscamente. Non risposi, ero come paralizzata.

 

                                                          

« Potresti ehm... lasciarmi i capelli? Così ti metto a terra... »
« Eh?! » esclamai, « ah, s-sì certo, scusami! » Mollai immediatamente i suoi capelli e con un balzo saltai giù dalle sue braccia. Mi sentivo terribilmente imbarazzata. Quando ce l'avevo vicino il cuore mi batteva a mille, mi sentivo ardere il viso e a stento riuscivo a capire cosa mi diceva; ma che diavolo mi stava succedendo? Mi stavo forse ammalando? O forse era ancora l'effetto di quel veleno di prima? No, non era possibile, quelli non erano i sintomi di un avvelenamento; era qualcosa di diverso, ma cosa? Forse era lui che mi faceva stare in quel modo... La sua presenza mi turbava? O mi piaceva? Non lo sapevo, mi sentivo così confusa.

Tirai fuori l'accendino dalla tasca, accesi la fiamma e iniziai a camminare.
« Seguimi e fa attenzione a non inciampare » mormorai con tono pungente.
« Dovresti essere tu a seguire me, mica sai dove andare... »
« Ti ricordo che sono io quella che fa luce, quindi limitati a starmi dietro e a dirmi da che parte andare ». Mi voltai e gli lanciai un ghigno sarcastico, che lui ricambiò prontamente con un'occhiataccia. Mi piaceva stuzzicarlo.
« Adesso va a destra, e vedi di muoverti ».
« D'accordo, » replicai ironica, « antipatico ». 

 


Salve lettori, perdonatemi per il ritardo atroce (o lapidatemi, a vostra scelta :))...
Dovevo pubblicarlo prima questo capitolo, solo che avere mille cose da fare e poco tempo per farle... è un problema XD

Ma cosa succede ad Annabel, dice di odiarlo ma, per qualche strano motivo, non gli stacca gli occhi di dosso... e... non solo gli occhi eh eh eh XD

Il disegno che ho fatto stavolta è disegnato (come al solito) nell'arco di 10-15 minuti (da notare la mano di Annabel tra i capelli del nostro eroe, ho riso un sacco mentre pensavo a come fargliela)...
Prima o poi lo farò qualche disegno più impegnativo (tipo quelli che ho fatto per i capitoli 6 e 13), e con
più impegnativo intendo dire che io per un disegno posso metterci anche... settimane a farlo, dipende dalla quantità/qualità di dettagli realistici che voglio mettere :)

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Capitolo 16
*** Fuga ***


Fuga

 

Camminammo a lungo, quei tunnel sembravano non voler finire mai. Iniziavo a sentirmi stanca, le mie condizioni di salute erano quelle che erano e avevo già quasi esaurito le poche energie che mi erano rimaste.
« Hey, stai bene? »
« S-sì, » mormorai, « va tutto bene ».
« Se vuoi possiamo fermarci un po' a riposar... »
« Shhh! Hey, l'hai sentito? »
Mi fermai e mi misi ad ascoltare attentamente; sentivo un rumore, era come se là vicino ci fosse una cascata o qualcosa di simile.
« Ah, questo rumore dici? Non preoccuparti, è solo la cascata sotterranea di cioccolato, viene dalla fabbrica... La usano per mescolare il cioccolato ».
« Cosa? Una cascata di cioccolato? Sotto terra? Ma che diavolo... »
« Te la faccio vedere se non mi credi, seguimi e non fare domande ».
Odiavo quando faceva così, ma chi si credeva di essere? Avrei voluto prenderlo a calci sulle gengive.

Senza fiatare obbedii al suo ordine, lo seguii e adesso eravamo arrivati all'interno di una grotta dal soffitto molto alto; guardai avanti e in basso c'era quello che sembrava essere davvero... un luccicante fiume di cioccolata. C'era un odore delizioso, ma quella era davvero cioccolata! Incredibile. Il marine si avvicinò alla riva, infilò un dito nella cioccolata e subito dopo se lo mise bocca.
« Cavolo, è buonissima come sempre! White, vuoi assaggiare? Con questa ti rimetti in sesto di sicuro! Dai, avvicinati! »
« No, » replicai con tono arrogante, « il cioccolato non fa bene alla mia acidità di stomaco, ma tu sei solo uno stupido idiota e questo non puoi saperlo ».
« Tsk, come se di acido ci fosse solo il tuo stomaco, » borbottò con la bocca piena, « sì, avrei fatto meglio a toglierti la parola ».
« Hey tu, come osi?! Sai, ci ho pensato a lungo, ma finalmente credo di aver capito il “trucco” che hai usato per togliermi la voce; hai i poteri di un Frutto del Diavolo, non è vero? »
« Non ti ho “tolto la voce,” ho solo creato una barriera che isola il suono... Comunque brava, ci sei andata vicino... Sapresti anche dirmi che Frutto ho? » chiese con tono di sfida. Stava sorridendo, di nuovo.
« Non ne ho la più pallida idea, non me ne intento di queste diavolerie! E poi non me ne frega niente! » sbuffai arrabbiata, voltandomi bruscamente dall'altro lato.
« Dai, non fare così adesso, posso rivelarti il mio segreto... È il frutto Nagi Nagi... Sai, è davvero molto utile questo potere, soprattutto quando vuoi dormire la notte ma tutti i tuoi compagni di stanza russano terribilmente... »
« Sai, » sbottai, « potrei buttarti proprio adesso in quella deliziosa cascata di cioccolato ora che mi hai detto questo tuo “segreto”; sono sicura che quel liquido è composto per una buona parte da acqua, anzi la maggior parte direi, e so bene qual'è il punto debole di voi utilizzatori del Frutto! »
« Bene, fallo allora, ti aspetto, io da qui non mi muovo ».
Prese di nuovo a guardarmi con
quello sguardo. Distolsi gli occhi da lui e mi allontanai. Me lo faceva apposta o cosa? Forse lui aveva capito che quando mi guardava mi metteva a disagio e gli piaceva farlo! Che bastardo.
« Cosa c'è, ti arrendi così in fretta? » continuò, avvicinandosi a me, « dai fallo, così ci leviamo il pensiero una volta per tutte. Ammazzami ».
« Smettila, » dissi con voce bassa, « tanto non ci casco ».
« Se una cosa non vuoi farla davvero allora non dovresti neanche dirla, » replicò voltandosi dall'altro lato, « voglio solo farti capire la differenza tra dire e fare ».

Volevo replicargli qualcosa, ma proprio in quel momento un boato assordante interruppe la nostra discussione.
« Cos'è stato?! » urlai impaurita.
« Oh no! » esclamò preoccupato, « viene da quelle gallerie a destra! Maledizione, andiamo a controllare, presto! »

Ci precipitammo sul posto, ma quando arrivammo c'era solo un enorme cumulo di macerie.
« Maledizione! » urlò, « queste erano proprio le gallerie che dovevamo percorrere per raggiungere il porto di August! Il passaggio è completamente bloccato, cazzo! Ma che diavolo stanno combinando i miei uomini là sopra?! »
« Tsk, considerando il fatto che i tizi di sopra sono i tuoi uomini non c'è di che meravigliarsi, si vede che sono parecchio più deficienti di te... Forse saresti dovuto restare con loro per evitare... ehm, danni? » sussurrai sghignazzando.
« White, non c'è niente di divertente! Dobbiamo trovare una via alternativa per andarcene! »
« Una “via alternativa” dici? Va bene, a me non cambia niente, tu conosci le gallerie, ma allora di cosa di preoccupi? Usciremo da qui, vero? Perché tu sai come si esce, dico bene?! »

Si sedette a terra ed estrasse dalla tasca una cartina; dopo averla guardata a lungo mi fissò, con aria preoccupata.
« Sì che lo so, il problema non è questo... Significa solo che dobbiamo tornare in superficie... più o meno... in questa zona, proprio sulla piazza di Eira... ed è un po' distante dal porto di August... » disse, indicando con l'indice un punto sulla cartina.
« E allora? Qual'è il problema? Bisogna solo fare un altro po' di strada! »

Il marine si alzò e tornò a fissarmi, con aria estremamente preoccupata; non fiatava, e la sua mancanza di risposta iniziava a farmi innervosire.
« Ti ho chiesto di cosa ti preoccupi?! Allora? Parla, per la miseria! Non ce l'ho il dono della divinazione, non so che diavolo stai pensando! »
« Mi preoccupo perché... quella è la zona di Smoker, un giovane Capitano della Marina, è un tipo abbastanza in gamba... Sai, lui è mio amico ».
« E allora? Se è un tuo amico meglio così, avremmo meno nemici di cui preoccuparci! »
« È mio amico, però... » continuò, « odia tutti i pirati. Forse se gli spiegassi la tua situazione e cosa voglio fare con te lui mi capirebbe, però non voglio metterlo nei guai; già diverse volte ha rischiato di farsi cacciare via a causa della sua condotta, non voglio causargli altri problemi ».
« Sai marine, » replicai con tono tagliente, « tu credi di non avere via d'uscita, ma invece una cosa puoi farla: consegnarmi dritta a Sengoku. Pensaci, è l'unico modo che hai per non passare dei guai e per non farli passare al tuo “amico” ».
« Ma allora sei stupida! Ti ho già detto che non lo farò, » urlò, « e poi... lo faccio più per me che per te, credimi ».
« Ma che diavolo stai dicend... »
« Adesso fa silenzio! » gridò interrompendomi bruscamente, « non farmi innervosire ulteriormente! Per ora seguimi, dopo penseremo come agire ».

Il marine era seriamente preoccupato, e in qualche modo stava riuscendo a far preoccupare anche me. Quando si arrabbiava i suoi occhi brillavano più che mai, e tornava a pervadermi quella sensazione sulla pelle; cos'era? Paura? Rabbia? Eccitazione? Chi poteva dirlo, era qualcosa di strano, qualcosa che non avevo mai provato prima.

 

                                                                                           ✣ ✣ ✣

 

Continuammo a camminare, io come al solito ero passata avanti con l'accendino a fare luce. Arrivammo ai piedi di una grossa rampa di scale, tutta di pietra; la salimmo per intero e in cima trovammo una porta sbarrata da delle grosse assi di legno. Il marine con un calcio la buttò giù ed entrammo. Era un luogo molto buio, disordinato, c'erano delle grosse casse di legno e degli scaffali molto alti. Ma dove diavolo eravamo finiti stavolta?
« White, » sussurrò, « dobbiamo fare piano; molto probabilmente siamo finiti in casa di qualcuno! »
« Molto probabilmente?! Mi stai dicendo che non hai la più pallida idea di dove siamo?! » replicai stizzita.
« Shhh! Sta zitta! Non costringermi a usare il mio potere! »
Maledetto stronzo. Odiavo farmi dare ordini, soprattutto da un marine, e che marine, un deficiente!
« Hey, vieni da questa parte, » sussurrai, « ci sono delle scale! C'è luce al piano di sopra, probabilmente c'è qualcuno! »

Salimmo quelle scale di legno in punta di piedi ed entrammo in una stanza, che io riconobbi al volo. Quel locale piccolo e illuminato, con gli scaffali pieni di cosmetici stranamente “commestibili”... Ero basita, ma quella era... la farmacia dov'ero stata la sera prima! Ma com'era possibile che eravamo andati a spuntare proprio là?!
Me lo stavo chiedendo, ma proprio in quel momento una voce stridula alle mie spalle mi fece saltare il cuore in gola.
« Aaaah carissima, ciaaaaao! Che bello rivederti qui! Oh, chi è questo ragazzo bellissimo che è con te? Fammi indovinare, lui è quel mascalzone di tuo fratello! Ah, sono felice che tu l'abbia trovato! Mascalzone ma bello! »

Come diavolo avevo fatto a dimenticarmi di lui. Già, ma come cazzo avevo fatto a dimenticarmi di quel/la bizzarro/a farmacista okama che solo la sera prima mi aveva fatto venire una serie di infarti simultanei?! Mi girai a stento e lo salutai con un cenno della mano.
« Ahhh tesoruccio, non hai una bella cera, ma proprio per niente! Dimmi, stai bene? »
« Ma vaff... Ehm... ad essere sincera fino a poco fa mi sentivo di merda, » replicai, portandomi una mano al petto, « ma adesso credo proprio che... sto per morire ».
« No piccola mia, no! » sbraitò agitando le mani in aria, « ma cos'è questo pessimismo?! Sei una ragazza bellissima! Sei solo un po' malandata, anzi non un po'... sei davvero uno straccio! Ma cosa ti è successo?! Tranquilla, ho io ciò che fa per te! »
Così dicendo afferrò uno dei suoi fondotinta dallo scaffale e me lo porse.
« Ecco stellina mia, metti questo! Offre la casa, sta tranquilla! C'è un bagno in fondo a sinistra, dove c'è già tutto l'occorrente per farti bella! Va adesso, mentre io penso al tuo bellissimo fratello! »
« Eh? Ma che diavolo... f-fratello?! Ma sta parlando di me?! » balbettò inebetito il marine.
« Sentito, mio “bellissimo fratello”? » ripetei con tono sarcastico, « io vado a farmi bella adesso, tu resta con la mia ehm... amica, lei si prenderà “cura” di te! Faccio presto, sta tranquillo! »
« Hey aspetta! Aspettaaa! Che devo fare?! » urlò il marine esasperato, mentre la farmacista lo tirava a sé con un braccio.
« Lasciati “coccolare” una volta tanto, non devi fare assolutamente niente! » replicai con un sorrisetto malizioso. Il marine mi fissò a bocca aperta, e per un attimo mi sembrò di vederlo... sorridere? Stava davvero sorridendo? Mi voltai di scatto dall'altro lato, sapevo bene cosa mi causava vedere il suo sorriso, ma non volevo darglielo a capire.


Perché avevo accettato la “folle” proposta della farmacista? Nella situazione drammatica in cui mi trovavo per giunta! Per il semplice fatto che il solo pensiero di avere quei segni violacei sul mio collo mi mandava in crisi, e poi stavo tornando dalle ragazze, non potevo farmi vedere in quello stato, anzi non dovevo. Orgoglio? No, non era questione di orgoglio, era questione che... la situazione era difficile. Non era solo difficile, era un casino totale.
Era vero che ero riuscita a sopravvivere, ma ciò non significava che mi fossi liberata di Raoul, e molto probabilmente prima o poi si sarebbe ripresentato per ottenere ciò che voleva, ovvero la mia morte. E come se averci alle costole quel maniaco omicida di Raoul non fosse abbastanza, Jeff mi aveva messa al corrente che Doflamingo mi stava cercando; ma che diavolo voleva da me? Che senso aveva cercarmi dopo tredici lunghi anni? Io non volevo averci più niente a che fare con quel mostro, e il solo pensiero che lui mi stesse cercando mi mandava nel panico. Avevo vissuto insieme a lui e Rocinante per cinque mesi, un breve periodo di tempo che aveva stravolto radicalmente la mia esistenza, e ancora oggi la mia psiche ne pagava le conseguenze.
Ero confusa, non sapevo davvero cosa fare, ma una cosa era certa: le ragazze erano in serio pericolo, restare con me equivaleva a... morire. Io dovevo lasciarle, dovevo lasciarle e andarmene lontano; ma io non volevo abbandonarle, loro erano come delle sorelle per me, loro per me erano tutto. Adesso però non era il momento giusto per riflettere su questini così delicate. In poche parole io adesso dovevo solo pensare a coprirmi quei lividi, e così avrei evitato quest'argomento così spinoso, più che evitato rimandato.


Entrai in quel bagno, cavolo se era splendido... C'era una specchiera enorme, con una grande toeletta bianca e quattro pouf rosa. Sulla toeletta c'erano una serie di spazzole, arricciacapelli, cosmetici e profumi d'ogni tipo; più in là a destra c'erano il lavandino e gli asciugamani. Mi lavai il viso, mi asciugai e poi iniziai a spazzolare i miei lunghi capelli... Lunghi già, e come se erano lunghi, mi arrivavano appena sopra il sedere!
Mio padre quand'ero bambina mi diceva che avevo dei capelli stupendi, ecco perché me li ero fatta crescere... Beh sì, in battaglia erano una gran rottura di scatole, però se me li legavo potevo gestirli; ogni sera le ragazze a turno mi facevano la treccia prima di andare a dormire, così non si aggrovigliavano troppo.
Finii di spazzolarmi e iniziai a spalmare il fondotinta su tutti i lividi che avevo in faccia e sul collo; mi aiutai con una spugnetta, e quando ebbi finito il risultato era a dir poco soddisfacente. Era un fondotinta ultra coprente, la farmacista ci aveva proprio azzeccato! Mi sistemai meglio le bende sulle braccia e mi infilai di nuovo la camicia; adesso nessuno avrebbe più notato che ero ferita, ero come nuova. Beh sì, avevo le ossa più o meno rotte, ma l'avrei nascosto. Certe volte l'apparenza era davvero tutto.

Uscii dal bagno e chiamai il marine una volta; nessuna riposta. Chiamai di nuovo; niente. Ma dove cazzo era andato?
« White! »
« Hey eccoti qui, finalmente! » sbottai, « un momento... la tua faccia! Cos'è quello?! Ah ah ah ah! »
« Eh?! Che c'è, cos'ha la mia faccia che non va? » esclamò il marine, toccandosi spaventato il viso.
« Ahhh cioccolatino, questo make up ti sta benissimo! È l'ultima tendenza sull'isola di Kamabakka! » esclamò la farmacista, fiera del proprio lavoro.
« Che diavolo mi hai fatto?! » urlò il marine, sempre più in preda al panico.
« Hey cafone, tratta bene la mia amica... la mia amica... Scusa, come hai detto che ti chiami? »
« Io mi chiamo Cloe! » rispose la farmacista, sistemandosi elegantemente i capelli con una mano.
« Basta, ne ho abbastanza di tutti e due! » sbraitò il marine infuriato.
« Dai marine, adesso noi andiamo via! » dissi velocemente, afferrandolo con un braccio e portandolo fuori. « Salve Cloe, e grazie di tutto! »
« Ciao pasticcini miei, mi raccomando, tornate qualche volta! »


Finalmente vidi di nuovo la luce del sole. I boati non si arrestavano neanche per un attimo, continuavano a far sussultare il suolo senza sosta.
« White, sei pronta? » mi chiese il marine, afferrandomi per mano e guardandomi dritto negli occhi.
« S-sì, » farfugliai abbassando la testa, « andiamo ».

Correvamo in mezzo alla folla; c'erano civili, marines, pirati, un miscuglio tale di gente che era davvero difficile venirne a galla. Il marine mi teneva per mano, non me la lasciava neanche per un istante, e mi faceva strada strattonando e buttando a terra tutti quelli che ci ostacolavano il percorso. Lui stava davvero rischiando tutto, e lo stava facendo solo per me, per un pirata, per un nemico che avrebbe dovuto consegnare alla legge.
Perché lo faceva? Ma soprattutto... perché la sua mano era così calda? Quella sensazione mi confondeva la mente in modo tale che tutto ciò che avevo intorno perdeva importanza; per me esisteva solo lui, lui e la sua mano calda e forte, lui e il suo sorriso.

« White, ma mi ascolti?! »
« Eh? parli con me? »
« Sono tre volte che ti chiamo, si può sapere che ti prende? »
« Ehm i-o... io... »
« Adesso andiamo in quel vicolo, va bene? »
« S-sì! »
Mi afferrò con forza per il braccio e iniziò a correre ancora più veloce, e in pochi istanti arrivammo in quel piccolo vicolo. Era un viottolo buio e stretto, alla fine del quale si riusciva a vedere il molo e il mare.
« White! » urlò il marine, richiamando la mia attenzione.
« Ma che cazzo hai da urlare! » replicai infuriata.
« Sii sincera... cos'ho in faccia? » disse con voce bassa, guardandomi serio negli occhi.
« Buahah! Ah ah ah! Ma come, tu non lo sai ancora? Ma davvero non ti sei guardato?! »
« Che diavolo hai da ridere! Ti ho fatto una domanda, potresti almeno rispondermi?! »

Smisi di ridere e iniziai a fissarlo con aria seria e scrupolosa, quasi come se mi stessi preparando per dargli una notizia agghiacciante. Il marine mi fissò, e con aria sempre più preoccupata ed impaziente prese a toccarsi nervosamente il volto con ambedue le mani. Io stavo letteralmente per esplodere. E come diavolo facevo a rispondergli. Insomma, mica potevo dirgli che in faccia aveva un make up degno da clown, e che clown!

« White! Per la miseria, dimmi che succede! Perché i miei uomini non mi hanno riconosciuto?! »
« Aspetta, se proprio ci tieni a saperlo ti do il mio specchietto, perché io... non riesco a dirtelo. Sai, ci sono cose che a parole non si possono spiegare, bisogna vederle e basta ». Afferrai il mio zaino e, con molta calma, estrassi lo specchietto, mentre il marine continuava a palparsi il volto nella speranza di individuare il problema. Appena glielo porsi lo afferrò immediatamente e iniziò a guardarsi; restò lì, inebetito a fissarsi nello specchio per diversi lunghi minuti, mentre i suoi occhi si sbarravano sempre di più. Non parlava, anzi neanche fiatava, era letteralmente sotto shock!

« Ehm... scusa, ti dispiacerebbe fare presto? Ti sei guardato, dico bene? Possiamo anche andare adesso! »
Ma il marine non mi rispose, continuava a fissarsi allo specchio, era come se io non esistessi!
« Su dai! Ma porca miseria, mi stai dicendo che mentre Cloe ti passava i pennelli in faccia tu non hai capito un accidenti di quello che ti stava facendo? Sei stupido o cosa?! E poi guarda che è carino quel make up, hai le labbra da clown e una simpatica stellina blu sotto l'occhio, un trucco da vera diva! »
« M-ma questo... è un trucco da okamaaa! Aaah! » esclamò il marine, tirando lo specchietto in aria e iniziando a strofinarsi compulsivamente il volto con ambedue le mani, nella speranza di rimuovere il trucco.
« Se mi riconoscono i miei uomini diventerò lo zimbello del Quartier Generale! White dimmi, c'è ancora? Si è tolto, vero? » chiese il marine, guardandomi con occhi speranzosi. Mi faceva tenerezza, però dovevo dirgli le cose come stavano.
« Ehm... n-no, è ancora lì, non si è tolto neanche un po'... »
« Che cooosa?! Aiutamiii! Toglimi questa roba dalla faccia! » urlò il marine esasperato.
Bagnai l'indice con la saliva e glielo strofinai sulla guancia, ma proprio come sospettavo il trucco non andò via.
« E allora? Si toglie? Ti prego, dimmi di sì! »
« E invece no... » sospirai, « è un trucco waterproof! »
« Water che? »
« Resistente all'acqua, ignorante! »
« Che cooosa?! » esclamò il marine, « oh mio dio! Resterò così per sempre?! »
« No imbecille! Ma davvero voi uomini non conoscete il trucco waterproof?! Senti io lo struccante non ce l'ho, però puoi prendere una bottiglia di vodka o qualunque altro liquore ti pare e piace e lo usi come struccante, certo che voi uomini siete davvero stupidi! »
« Senti chi parla, » sbuffò con tono beffardo, « tu non sapevi neanche che gli uomini avessero la barba! »
« Sai cosa brutto deficiente, mi dispiace solo di non avercela a portata di mano una bottiglia di liquore, perché te l'avrei volentieri rotta sulla tua stupida testa! Guarda che io rispetto alle altre Kuja sono molto più aggiornata! »
« E tu saresti quella più “aggiornata”? Tsk, non oso immaginare come sono le altre allora! »
« Senti brutto idiota, » replicai, impugnando il manico della mia spada e avvicinandomi a lui, « se non riesci ad immaginartele perché non vieni a vederle con i tuoi occhi, sì, vieni a conoscerci sulla nostra isola! Ti sto invitando, capisci? Ti vivisezioneremo come una rana da laboratorio! Sai io sono un medico, potrei darti un'occhiatina più da vicino e capire se sei di questo mondo o meno! »

Il marine prese a guardarmi di nuovo con quello sguardo e, mentre continuava a guardarmi dritto negli occhi, si avvicinava a me, lentamente.
« Bene e allora... perché non lo fai adesso? » disse fissandomi dritto negli occhi, facendomi rabbrividire, « perché devo venire sulla tua isola quando puoi farlo benissimo anche ora, sei un dottore, anzi una “dottoressa,” magari potresti scoprire cosa c'è in me che tanto non ti convince e darmi una diagnosi! Puoi anche ammazzarmi se vuoi, ora! »
Indietreggiai e abbassai lo sguardo a terra; stava di nuovo giocando con la mia pazienza, che bastardo.
« E allora? Che ti prende? Non mi minacci più?! » chiese con tono sarcastico.
« Sei uno stronzo... » sbuffai, mollando la presa dalla mia katana.
« Sto solo cercando di farti capire la differenza abissale tra dire e fare, è inutile che continui a dire di volermi ammazzare, so che in verità non vuoi farlo... »
« Tu non sai un bel niente di me... Vaffanculo ».
« No White, so quanto basta, credimi, e cerca di moderare il linguaggio quando ti rivolgi a me ».
« Perché mai dovrei?! Chi cazzo ti credi di ess... »

« Comandante! »

Stavo per finire la mia frase, quando all'improvviso un urlo richiamò la nostra attenzione; mi voltai e vidi degli uomini correre dov'eravamo noi, e dalla loro divisa quelli sembravano essere proprio dei marines. Un momento, l-loro avevano appena detto... Comandante?! Ma a chi chiamavano? Mi voltai più volte e in ogni direzione, ma non c'era nessuno a parte io e quel deficiente che era con me; si stavano forse rivolgendo al babbeo che avevo di fronte o... ?!
« Comandante?! » urlai con aria sconvolta, « ma che cazz... che significa?! Stanno forse chiamando te? Tu saresti un... Comandante?! »
« Merda! Quello è Smoker con la sua squadra, mi hanno riconosciuto! White presto, tieni questa pistola! » disse sottovoce, tirando fuori dai pantaloni una pistola e porgendomela di nascosto dietro la schiena.
« Che? Che diavolo dovrei farci con una pistol... »
« Puntamela addosso! Prendimi come ostaggio, svelta! »
« Che cosa?! Tu sei malato! Che diavolo hai in ment... »
« White, fa come ti dico! Vuoi andartene da qui, dico bene? Io non voglio mettere Smoker nei guai, e pertanto lui non dovrà mai sapere niente di tutta questa storia! Adesso fa finta di prendermi in ostaggio, presto! Usami per andare fino al molo! Fidati di me! »
Per quanto potesse sembrarmi folle tutta quella situazione dovevo muovermi a decidere, e forse il marine aveva ragione, dovevo accettare tutta quella messa in scena se volevo davvero andarmene da lì. Afferrai la pistola e gliela puntai dritta alla testa, solo che mentre lo facevo mi sentivo terribilmente... male.

« Fermi tutti! » urlai, afferrando il marine con un braccio e tirandolo a me, « se non fate quello che vi dico ammazzerò il vostro amato ehm... Comandante! »
« Brava! » sussurrò il marine, sfoggiando il suo brillante sorriso.
« Smettila di ridere, idiota! Ci scopriranno! » mormorai a denti stretti.

« Oh no! Quella è White, ha preso il Comandante in ostaggio! Maledetta! »
« Comandante! Maledetta bastarda, lascialo immediatamente! »

« State indietro! » urlai a squarciagola, « non avvicinatevi ho detto, lo ammazzo, non ci penso due volte! »
Mentre dicevo quelle parole mi tremavano le mani, stavo per esplodere, perché io non volevo farlo, e sebbene quella fosse solo una farsa mi sentivo terribilmente agitata.
I marines obbedirono immediatamente alla mia richiesta di fermarsi, e adesso stavano lì, immobili e in silenzio, ad osservarmi con occhi pieni di rabbia.

« White... la tua fama ti precede, anche se adesso che ti vedo non sei granché, sei solo una squallida criminale, come tutti gli altri farabutti del tuo calibro d'altronde... »
All'improvviso si era fatto avanti un uomo, che con tono sprezzante mi aveva appena dichiarato che mi considerava solo una “squallida criminale”; beh sì, la cosa non mi era per niente nuova, l'unica cosa che mi era nuova era la sua faccia...
Chi diavolo era quel tipo?

« Senti, chiunque tu sia, ti conviene farti i cazzi tuoi! Ti avverto che se fai solo un altro passo il tuo amico va dritto all'altro mondo! » urlai, agitando minacciosamente la pistola vicino al marine.
Il tizio mi guardava con aria di sfida e, a differenza degli altri, non sembrava per nulla intimorito dalle mie minacce; si atteggiava da duro e continuava a fumarsi con calma ben due sigari. Che sfacciato.
« Rocinante... la tua faccia è davvero ridicola, fattelo dire... Questa scellerata ti ha umiliato per bene, conciandoti come un idiota e puntandoti una pistola alla testa... Non è da te farti prendere in ostaggio come un fesso, ma lei è White, e da quello che ho sentito dire sul suo conto è capace di tutto; saresti dovuto stare più attento, ma ad ogni modo, ti tirerò fuori da questo casino, abbi pazienza ».

Un momento, ma avevo davvero sentito bene? Quel tizio arrogante aveva appena chiamato il mio “ostaggio”... Rocinante? Rocinante?! I miei tremori aumentarono di colpo e le mani mi sudavano a tal punto che non riuscivo più ad impugnare la pistola correttamente... Possibile che avessi sentito male? Possibile che ero così agitata che non distinguevo più le parole? No, eppure avevo sentito benissimo, quel tizio aveva davvero chiamato il marine Rocinante!

« White! » sussurrò all'improvviso il marine, « che diavolo aspetti?! Portami al molo, svelta! »
« Ma t-tu... ti chiami davvero Rocinante? » gli chiesi sottovoce.
« Sì, mi chiamo così, scusa se non mi sono presentato prima, ma adesso non ha alcuna importanza il mio nome! Abbiamo Smoker davanti! Ascoltami, anche lui ha il potere di un Frutto del Diavolo! White, se riesci a salire a bordo su uno di quei motoscafi che sono attraccati al porto lui non potrà più raggiungerti! Sono velocissimi, li usano ogni anno per le gare di velocità! Grazie alla nebbia non saranno più in grado di localizzarti! »
« Rocinante... I-io devo assolutamente chiederti una cos... »
« Svelta! Portami con te! »
In quel momento non riuscivo più a pensare razionalmente; sentire quel nome mi aveva buttata nel panico. C'erano tante persone al mondo che si chiamavano con lo stesso nome, possibile che quella fosse solo una coincidenza? Eppure quel ragazzo somigliava così tanto al Rocinante che avevo conosciuto io da bambina, ma era possibile che si trattasse davvero della stessa persona? Insomma, come dovevo fare per poterlo capire? Forse dovevo chiederglielo, però all'improvviso un altro pensiero pervase la mia mente, e mi fece rendere conto che la mia supposizione probabilmente era errata: lui mi aveva raccontato che era entrato in Marina quand'era bambino, ma il Rocinante che avevo conosciuto io era scomparso all'età di otto anni, dopo che quel bastardo di suo fratello aveva barbaramente ucciso il loro amato padre davanti ai nostri occhi. Lo cercai per giorni, ma non riuscii a trovarlo. Poco tempo dopo venne mia zia e mi riportò ad Amazon Lily, dove sarebbe poi iniziato il mio calvario. Volevo così bene a Rocinante, e il pensiero di averlo perso per sempre mi devastava. Forse era il mio forte desiderio di rivederlo che adesso mi stava sviando, facendomi vedere in quel giovane marine che avevo di fronte qualcuno che probabilmente ormai non esisteva più.

« White, che aspetti, muoviti! » mormorò il marine, riportandomi alla realtà,« sai usare un motoscafo, dico bene? »
« S-sì! Che devo fare? »
« Portami con te! E minacciali, di' loro di non seguirti! »
« E come diavolo faccio a convincerli?! »
« Di' loro che sai usare l'Haki dell'Osservazione! Minacciali di uccidermi se capisci l'inganno! »
« Ok, ora ci provo! »

Quel ragazzo era davvero intelligente, e sebbene la situazione giocava prettamente a suo svantaggio e l'ostaggio era lui aveva tutto sotto controllo. Forse avevo fatto male a pensare che fosse ritardato, quel tipo era davvero in gamba.
« Hey bastardi, ascoltatemi bene! Anche tu, Smoker! » dissi, tornando ad avvicinare la pistola al marine, « adesso vi detto le mie condizioni: io andrò via da qui, il vostro Comandante sarà la mia “garanzia”; se osate seguirmi lo faccio fuori, vi avverto che posseggo l'Haki dell'Osservazione, se mi seguirete me ne accorgerò all'istante! »
I marines mi guardarono esterrefatti, e per qualche minuto rimasero in silenzio. Beh sì, la mia proposta era abbastanza tosta, il marine aveva avuto una gran bella idea! 
La mia condizione aveva sconvolto tutti, eccetto uno; Smoker continuava a fissarmi, impassibile, con la sua solita aria da duro.

« Hey Smoker, guarda che l'avvertimento vale anche per te! » esclamai, guardandolo dritto negli occhi con aria di sfida.
« Io non tratto con i criminali come te! » replicò adirato, stringendo i pugni, « ne vale del mio onore. Puoi dettare tutte le condizioni che vuoi, ma sappi che oggi quella che finirà in galera sarai tu, maledetta donna! »
Accidenti, quel tipo non era facile, ma proprio per niente. Poteva blaterale quanto voleva ma la situazione era a mio vantaggio, doveva accettare e basta.
« White! Non farti intimidire dalle sue parole, sebbene sia orgoglioso e non dà segno di volersi piegare in alcun modo farà come vuoi tu! Non permetterebbe mai che mi succedesse qualcosa! Tieni duro! »
« Va bene “Rocinante” o come diavolo ti chiami, starò al tuo gioco. Tieniti pronto, adesso andiamo a farci un giretto ».

 

Afferrai il marine con forza e, senza dare le spalle a Smoker e al resto degli altri marines, attraversai la passerella di legno, fino a dove erano ormeggiati i motoscafi. Salii a bordo di un motoscafo bianco, e mentre lo strattonavo con forza il marine mi osservava inebetito, era come ammaliato.
« Che diavolo hai da guardare?! » mormorai, picchiettandogli la pistola sulla testa, « forza sali, o ci scoprono! »
« White, sei stata bravissima! » esclamò, facendomi l'occhiolino.
« Smettila, idiota! »
Misi in moto e velocemente mi allontanai da lì. Non sapevo dove diavolo stavo andando, sapevo solo che il piano aveva “apparentemente” funzionato, ed era stato tutto merito di quel... Rocinante. Però tutta quella situazione era davvero strana.
Cosa ci trovavo di strano in tutto questo? Tanto per iniziare il fatto che quel ragazzo che mi aveva appena salvata si chiamasse Rocinante, proprio come il mio amico d'infanzia; non avevo smesso di pensare a questo particolare neanche per un solo istante. Ero assalita da mille dubbi e preoccupazioni, mentre il marine era lì accanto a me, tranquillo e fresco come una rosa.
« White, dove stiamo andando? »
« Non ne ho la più pallida idea! » sbuffai innervosita.
« Hey, calmati! Guido io adesso, se vuoi... Tu riposati un po' ».
« Faccio io, lascia stare... »
Ero così talmente nervosa che sebbene non avessi la più pallida idea di dove diavolo stavo andando mi ostinavo a non voler lasciare il comando. Il marine venne dietro di me e, molto delicatamente, mi afferrò entrambe le braccia e me le tolse dal volante.
« Riposati ho detto... » sussurrò alle mie spalle.
Un brivido in quel momento mi percorse la schiena; mi voltai e lo fissai per qualche istante negli occhi, dopodiché abbassai lo sguardo e mi allontanai di scatto. Quel ragazzo mi dava una strana sensazione, il solo avercelo vicino mi faceva arrivare il cuore in gola, e quando poi mi toccava andavo come fuori di testa. Non stavo male, tutt'altro, quella sensazione... mi piaceva.

Mi sedetti di lato e, nella speranza di calmarmi almeno un po', iniziai a fissare le onde schiumose che si creavano al nostro passaggio, avevano uno strano effetto ipnotico. Percorremmo un bel po' di strada, ed ero così talmente immersa nei miei pensieri da non accorgermi che avevamo appena raggiunto una costa.
« White... siamo arrivati al capolinea, adesso sei salva... » disse il marine sorridendo.
« Dove siamo? »
« Questa è l'isola di Itza, e sebbene appartenga all'arcipelago Satō è alquanto disabitata... »
« Fantasmi? » chiesi con un ghigno sarcastico.
« Sì... » replicò, « sai come sono le dicerie... Una volta che si mettono in giro è davvero difficile estirparle... »
« Sono un po' come le persone malvagie, i rompiballe ecco, » replicai guardandomi intorno, « te li ritrovi ovunque e non riesci mai a liberarti di loro ».
« Esatto... ma adesso tu sei libera, puoi andare dove vuoi... Non hai più nulla di cui preoccuparti ».
« Rocinante, aspetta, i-io... »

Era il mio momento adesso, dovevo fargli la mia domanda, quella domanda; però ero come bloccata, che diavolo mi stava succedendo?
« Sì? » chiese il marine fissandomi dritto negli occhi, « volevi chiedermi qualcosa prima da quanto ho capito, però fai in fretta, potrebbe arrivare qualcuno! »
Continuavo a guardarlo, e più lo guardavo e più pensavo che quel ragazzo... somigliava tantissimo al Rocinante che avevo conosciuto io da bambina. Quanti anni poteva averci quel ragazzo? Poco più di venti, più di venti, poco più grande di me? L'età era quella, coincideva alla perfezione, così come la sua faccia, i suoi occhi e... il suo essere imbranato.
Che dovevo fare? Insomma, potevo davvero, di punto in bianco, dirgli: “ Sai, io sono Annabel! Sì, quella stupida bambina che tredici anni fa salvò quel bastardo di tuo fratello! Sai che se non l'avessi fatto a quest'ora il tuo amato padre sarebbe ancora vivo?! So che mi odi, così come odi lui, e che non me lo dici solo perché sei troppo buono! ”

« White... c'è qualcosa che non va? »
Il marine mi guardava con aria perplessa, sapeva che gli stavo nascondendo qualcosa.
« Ascoltami, » continuò, « mi è piaciuto tanto conoscerti però adesso... tu... devi andare, e sarà meglio per entrambi se... »
« Se? Cosa? » chiesi con voce stizzita.
« Se noi due non ci rivediamo mai più, » disse con voce bassa, distogliendo lo sguardo da me, « perché se dovesse succedere di nuovo potrei anche essere costretto ad... arrestarti, e io non voglio farlo. Dobbiamo dirci addio ».
Udire quelle parole fu un brutto colpo, così talmente brutto che non riuscivo più neanche a guardarlo in faccia. Io mi ero illusa, mi ero illusa che forse anche lui si era ricordato di me, ma se non l'aveva fatto era perché probabilmente io non ero stata poi così tanto importante per lui. In tutti quegli anni non avevo fatto altro che pensare che fine avesse fatto, dove fosse andato e soprattutto se si ricordava di me o meno; ma adesso avevo avuto la conferma, la conferma che lui non mi aveva mai pensata, per niente. Se lui adesso non voleva più saperne di me non sarei di certo stata io a rinfrescargli la memoria, anzi, me ne sarei andata via da lì il più in fretta possibile.

« White... ascoltami, i-io... »
« Rocinante, fa niente, addio ».
Con un nodo in gola e gli occhi pieni di lacrime mi allontanai da lui, così talmente in fretta che per poco non inciampavo. Con un salto salii a bordo del motoscafo, misi in moto e mi allontanai il più velocemente possibile da lì. Afferrai la vivre card di Arianna, la quale mi avrebbe condotta fino all'isola di Aiera, dove si trovava il resto del mio equipaggio. 

 

 

Sì, sono tornata ciaaaao, state bene? Mi auguro di sì :)
Annabel alla fine ha ricevuto una bella batosta (e che batosta!)... Poveraccia :°D
Capitolo luuungo (13 pagine), ma non avrebbe avuto senso dividerlo anche perché... siete curiosi di sapere cosa succede dopo (
o almeno spero)? Beh sì, anch
'io lo sono... XD (oookay, pessima battuta)
Con questo capitolo si conclude un arco della storia, il primo, e ancora parecchie cose non sono chiare e sono solo accennate... Tranquilli, chiarirò il tutto più avanti, dobbiamo solo aspettare che i particolari "emergano" spontaneamente e al momento giusto...
Ma avete visto, ho riutilizzato un personaggio incontrato nel capitolo 3, la farmacista; vi sareste mai immaginati di rivederla qui? Beh sì, manco io l'avevo previsto eheheh, però come vedete ho cercato di dare un po' una sorta di spiegazione per il trucco che userà Rocinante nei panni di Corazòn, perché la prima volta che ho visto questo personaggio a me ha ricordato tantissimo Ivankov (make up da diva!)
Stavolta non ho fatto il disegno, il fatto è che sono un po' stanca, solo qualche giorno fa ho completato un fanart di Corazòn (e che adesso gira su internet un po' dappertutto); mi sono prefissata l'obiettivo di disegnare tutti i personaggi di One Piece con il mio stile, fin'ora ne ho fatti...uhm... 4 mi pare (quanti me ne mancano? taaaaaanti!), ma se volete potete sempre riguardare i disegni dei capitoli precedenti ;)

 

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Capitolo 17
*** Gravissimo errore ***


Gravissimo errore



« Annabel! Dai Annabel, parla! Cosa ti è successo, dove sei stata?! »
« Aaah! Ho tanta paura! »
« Annabel, calmati adesso! Io sono qui vicino a te, ma dimmi, cos'è successo?! »
« Un tizio ha picchiato Roci e ha cercato di rapirmi, ho avuto tanta paura! Menomale che sono riuscita a scappare! »
« Maledetto bastardo! Come ha osato toccare i membri della mia famiglia! Io lo ammazzo! Lo ammazzo! »
« No, no ti prego! Non andare! Resta con noi, non lasciarci! »
« Annabel! Io devo ammazzare quel bastardo, lui ha osato picchiare mio fratello e rapite te, devo andare, lasciami! »
« No, ti ucciderà! Ti prego, lascia perdere! Resta con me... Doffy... »
« Annabel... ti giuro su quello che ho di più caro che ce la pagheranno tutti, ucciderò tutti! Moriranno tutti, tuttiii! »
« Sì Doffy, voglio vederli tutti morti anch'io! Non meritano di vivere! Ma adesso resta qui, ti prego! »
« Annabel, ascoltami... non permetterò che succeda mai niente alla mia famiglia, noi resteremo sempre insieme, sempre! Qualunque cosa accada! Voi siete la mia unica e sola famiglia, non ti lascerò mai, hai capito? »
« Doffy... grazie... ti voglio bene ».


Mi risvegliai urlando; perché i miei sogni erano sempre così talmente vividi da sembrare reali?

Per un momento credetti addirittura che sarei caduta dal letto tanto era lo sgomento, poi però mi accorsi che non ero fra le coperte, ma bensì a terra, nel mio laboratorio. Provai ad alzarmi, ma le ginocchia mi cedettero e caddi al suolo, sbattendo rovinosamente il sedere sul pavimento. Che risveglio di merda.
Alzai gli occhi e diressi lo sguardo dove si trovava appeso l'orologio da parete, fortunatamente era uno di quelli con le lancette fosforescenti, e non ci misi molto a capire che erano le quattro di mattina. Ma che diavolo ci facevo lì? Non ricordavo un accidenti, e con tutto che mi sforzai tantissimo l'unica cosa che riuscii a ricordare fu che mi ero scolata circa una cassa di bottiglie di birra. “Forse” avevo esagerato.
Ubriacarmi non era da me, lo facevo solo quando neanche il valium riusciva a calmare i miei nervi. Sì, ero nervosa, ero nervosa perché mi sentivo presa per il culo dalla mia stessa vita, e sinceramente non sapevo fino a quando avrei retto tutta quella situazione. Io ero solo un essere umano, con i suoi pregi e i suoi difetti, e questi ultimi avevano la tendenza a prevalere sui primi, a partire dal mio disordine mentale.
Da quanti giorni mi trovavo chiusa nel mio laboratorio? Ormai avevo decisamente perso il conto, ero andata a rinchiudermi là dentro il giorno dopo il mio arrivo sull'isola di Aiera, e francamente non sapevo quanto tempo fosse passato da allora.
Le ragazze avevano attraccato la nave nell'insenatura naturale di Gler, nessuno poteva trovarci. Appena arrivai iniziarono ad urlarmi in faccia una marea di domande, del tipo perché diavolo ci avessi messo così tanto e perché avessi staccato il lumacofono; io non avevo molta voglia di parlare, mi ero semplicemente limitata a chiedere loro se stessero tutte bene e cosa c'era da mangiare.
Con mio grande piacere stavano tutte a meraviglia, divinamente bene direi, ed erano felici; erano riuscite ad estrarre dalla nave di Marlow tantissimi pannelli d'oro, per un totale di circa cento chili. Eravamo diventate ricche sfondate.
Le ragazze erano felici, ma non avevano ancora calcolato che dovevamo portare il bottino per intero a “casa” ; sicuramente mia zia era già venuta a conoscenza del fatto che eravamo entrate in possesso di una tale ricchezza, quella vipera aveva occhi e orecchie ovunque, non le scappava mai una notizia, soprattutto se riguardava me.
Ogni volta era sempre così, io e le ragazze facevamo il lavoro “sporco”, portavamo il bottino dritto nelle sue mani e poi ci toccava una percentuale. Inutile dire che la percentuale che ci veniva assegnata variava molto in base all'umore e/o predisposizione dell'“Imperatrice” ; a volte era così talmente “generosa” da farci assaggiare qualche briciola dell'immenso bottino che consegnavamo per intero nelle sue grinfie, altre volte ne sentivamo solo l'odore, altre volte ancora invece non ne vedevamo proprio traccia. In altre parole era davvero una stronza, una maledetta strega con un elevato senso del risparmio, o per meglio dire taccagneria. Era davvero impossibile non odiarla. Sebbene fisicamente fosse praticamente identica a mia madre lei con mia madre non c'entrava proprio niente, ma d'altronde l'esperienza mi aveva già insegnato che a volte il sangue non era un criterio di valutazione universale.

Dall'arcipelago Satō non avevamo portato via solo il tesoro, ci eravamo portate dietro anche, a mia insaputa, quel decerebrato di Jeff; se lo avessi saputo prima l'avrei buttato fuori a calci, peccato che quando me ne accorsi ormai era troppo tardi.
Avevo “raccomandato” sia a lui che a Isabel, nel modo più minaccioso possibile, di dormire in camere separate, ricordando loro che a bordo avevamo anche una minorenne, e che la visione prolungata di certe “effusioni” eccessive avrebbe potuto traumatizzarla. Ovviamente e dico ovviamente la prima notte non mi diedero ascolto, e trovai Jeff in camera di Isabel. Gli intimai più volte di andarsene, ma fu solo dopo che minacciai di evirarlo che Jeff scappò via terrorizzato, ubriaco e in mutande. Il mattino seguente lo trovai aggrappato all'albero della nave, stava dormendo, incredibile. Mi fece pena e così lo feci rientrare, e gli concessi di appisolarsi in un angolino a terra della cucina. Era abbastanza restio nell'addormentarsi, continuava a fissarmi impaurito, e così, tanto per lasciargli un po' di privacy, ero andata nel mio laboratorio.


Ero ritornata a leggere una mia vecchia ricerca che avevo abbandonato ormai da mesi, ultimamente non avevo molta voglia di concentrarmi su qualcosa, mi sentivo esausta, non solo fisicamente, era la mia mente quella che vacillava. Ricordavo che avevo iniziato a studiare le varie sindromi da avvelenamento, avevo stilato un elenco, con tutti i nomi, i sintomi, decorso e prognosi di ogni singola malattia. Era un lavoro enorme, ma c'era un motivo ben preciso se avevo deciso di iniziarlo.
La mia curiosità sull'argomento nacque quando circa quattro mesi prima avevo visto un uomo affetto da una strana malattia, la Sindrome da Piombambra. All'epoca mi trovavo al porto di Krera, ero andata lì insieme alle ragazze per barattare dell'oro, quando all'improvviso arrivò quest'uomo; appena entrò tutti i presenti in sala iniziarono a scappare, manco fosse entrato un mostro. L'uomo in questione doveva essere un mercante o qualcosa del genere, giovane, sulla trentina; aveva l'aria molto sofferente, il suo volto e le sue mani erano ricoperte da delle strane chiazze bianche. Feci il mio scambio e andai via da lì, fu solo quando arrivai al porto che sentii dei tizi che parlavano fra loro, nominavano proprio quel tipo con le macchie bianche, e fu in quel momento che per la prima volta sentii il nome “Piombambra”.
Quando ritornai a bordo iniziai a fare le mie ricerche; perché la gente era così terrorizzata da questa malattia? Cos'era davvero e da cosa era causata?
Finora ero solo riuscita a capire che la questione aveva molto a che vedere con la cittadina di Florence nel Mare Settentrionale, sembrava infatti che tutte le persone affette da questa sindrome provenissero proprio da là, coincidenza? Sinceramente credevo poco alle coincidenze, non sono mai stata una credulona, la cosa che mi stupiva era invece come mai il Governo Mondiale non avesse ancora adottato delle misure “drastiche” per estirpare il fenomeno. Non l'aveva ancora fatto ma ciò non significava che prima o poi non lo avrebbe fatto, forse era solo questione di tempo, quando c'era qualcosa di inspiegabile il mio istinto mi suggeriva che c'era sempre dietro il Governo Mondiale.
Sapevo bene che io non ero in grado di cambiare il mondo, ero solo una ragazza sfortunata, spinta dalla curiosità e dal desiderio di scoprire cose nuove, però cercavo in qualche modo di indirizzare le mie energie e le mie ricerche verso qualcosa di giusto. Cercavo ma non ci riuscivo. Erano tanti i pensieri che affollavano la mia mente, sfogliavo i documenti ma non riuscivo a decifrare una singola parola di tutti gli appunti che avevo scritto nei mesi precedenti, e non perché non capissi la mia stessa scrittura, ma perché la mia mente era altrove.

Quel maledetto sogno che avevo fatto prima mi aveva infatti portata indietro con la memoria a quel giorno di Novembre di tredici anni prima, quando andai al fiume insieme a Rocinante e quell'uomo aveva cercato di rapirmi; ci aveva seguiti per tutto il pomeriggio ed evidentemente aveva notato il fatto che non avevamo alcun adulto a tenerci d'occhio. Quando il rapitore si fece avanti il mio giovane amico cercò di difendermi in ogni modo, ma quell'energumeno non ci mise molto a liberarsi di lui, tirandolo violentemente contro un muro e facendogli perdere i sensi. L'uomo mi trascinò con sé per un bel po' di strada, mi portò al suo covo; quando arrivammo iniziò a fare trattative con i suoi soci circa il mio presunto “prezzo”, ma per qualche strana ragione non si accordarono, e fu così che iniziarono a litigare violentemente tra di loro. Li vidi scannarsi a vicenda come delle bestie, si accoltellarono l'un l'altro e si picchiarono a sangue per ore, al punto tale che si dimenticarono di me.
Io ne approfittai per liberarmi e scappare, e sebbene fossi terrorizzata a morte e le mie gambine tremavano come delle canne corsi con tutte le mie forze; prima di fuggire avevo però raccolto una cosa da terra, uno strano oggetto metallico che era caduto dalle mani a uno di quei tizi, mi sembrò “interessante” e decisi di metterlo in tasca. Avevo fatto un errore, un gravissimo errore.
Raggiunsi di corsa il rifugio segreto sull'albero. C'era Rocinante, che aveva da poco ripreso i sensi, e Doflamingo, che appena mi vide pretendeva delle spiegazioni. Roci non riusciva a spiccicare una parola, e così dovevo essere io per forza a farlo. Ma io ero sgomenta, terrorizzata, Doffy cercò di calmarmi in ogni modo, e quando alla fine ci riuscì iniziai a raccontargli cosa era successo.

                                               

Quando terminai il mio racconto Doffy diventò furibondo, voleva andare al covo per ammazzare quei tizi. Cercai di dissuaderlo, ma proprio mentre gli urlavo in faccia che ormai era tutto finito arrivò lui, lo stesso uomo che qualche ora prima mi aveva portata a forza nel suo rifugio. Urlò che ci avrebbe ammazzati tutti, che quel lavoro di rapire i mocciosi lo aveva fatto esaurire e che per rimediare all'errore di quella sera l'unica alternativa fosse “far sparire ogni traccia”. Tirò fuori un coltello e si avventò su Doffy, il quale aveva iniziato a prenderlo a bastonate e a insultarlo; era chiaramente in svantaggio, e se non avessi fatto qualcosa al più presto l'avrebbe ucciso. Fu in quel momento che mi ricordai di quello strano oggetto che avevo preso prima; ricordavo che quel tizio l'aveva tirato fuori per difendersi e che quando l'aveva fatto tutti i presenti gli avevano più volte intimato di “metterla giù”, ciò significava che quell'affare metteva paura in qualche modo.
Ero solo una maledetta mocciosa di sette anni, fino ad allora una pistola non l'avevo mai vista, ed ero così talmente imbranata che non avevo neanche la più pallida idea di come diavolo si tenesse in mano. La tirai fuori dalla tasca e urlai al tizio di voltarsi, e appena si girò e vide l'affare che tenevo in mano mi intimò impaurito di metterla giù, ciò significava che la mia intuizione era stata giusta. Doffy invece mi urlò di “premere il grilletto”, ma ovviamente io non capivo cosa diavolo volesse dire, e lui mi spiegò furibondo che dovevo semplicemente mettere il dito su quella piccola “leva”.
Esitai un bel po', anche perché la leva non riuscivo ad individuarla e, nella speranza che potesse aiutarmi a farlo, diedi la pistola a Roci, ma lui la buttò subito a terra terrorizzato, urlandomi che non dovevo prenderla. Doffy continuava a dirmi che dovevo prenderla. Cosa diavolo dovevo fare? Dovevo decidere tra loro due, ed era davvero difficile.
Tutta quella situazione si era creata solo per colpa mia, toccava a me salvarli. Riafferrai di nuovo la pistola e stavolta la guardai con più calma, e finalmente trovai il grilletto. Doffy continuava ad urlarmi di premere quella leva, ed era esattamente ciò che avevo intenzione di fare. Ma la piccola “leva” era un po' dura e di abbassarsi non voleva proprio sentirne, e dato che stavo perdendo tempo l'uomo ne approfittò per avvicinarsi e cercare di togliermi quella “cosa” dalle mani; ma fu in quel momento che la levetta venne giù, e senza alcun preavviso il tizio che mi stava davanti si ritrovò con un bel buco in fronte. Alla faccia del colpo accidentale, quel tizio l'avevo davvero centrato in pieno! Avevo salvato me e avevo salvato i miei amici, il tutto con un solo colpo. Ma come ho già detto prima io avevo fatto un errore, un gravissimo errore, solo che allora non potevo saperlo.

Era proprio a causa di quell'errore che io mi sentivo terribilmente in colpa con Rocinante, al punto tale che non avevo neanche avuto il coraggio di rivelargli la mia vera identità.
Che senso avrebbe avuto? Lui era diventato un marine, un Comandante addirittura, giovane, ricco probabilmente e tremendamente... bello. Era bello, non era cambiato di una sola virgola, era una bella persona, in tutto e per tutto, e ciò che aveva fatto per me nonostante non sapeva chi fossi ne era la dimostrazione.
Io invece ero solo una squallida criminale, con una taglia esorbitante sulla testa, un'assassina, e sebbene in tutta la mia vita avessi ucciso solo due uomini erano stati proprio questi due omicidi a segnare e distruggere la mia esistenza. In ambedue i casi ero stata costretta dalle circostanze, ma neanche questo pensiero riusciva a dare pace alla mia coscienza e, soprattutto, non mi rendeva innocente ai loro occhi, gli occhi della “Giustizia” .
In altre parole ero fottuta, a vita.

« Purururu! Purururu! Purururu! »

Proprio mentre ero immersa nei miei pensieri e nella mia disperazione il lumacofono cominciò a suonare, ma chi diavolo era alle quattro di mattina?!

« Got-cha! »

« Pronto? Pronto, c'è qualcuno? Pronto! »
Silenzio. Qualcuno mi aveva telefonato e non voleva parlare, che rottura di scatole! Aspettai qualche minuto ed iniziai a sentire un respiro roco e pesante, la cosa iniziava ad inquietarmi.
« Pronto! Senti chiunque tu sia, non ho voglia di perdere tempo! Va al diavolo! » urlai, decisa più che mai a riagganciare la telefonata.
« Hey dolcezza, hai una voce davvero sexy, scommetto che sei una donna giovane e bellissima! Dimmi, cos'hai addosso in questo momento? »
Non ci misi molto a capire di cosa si trattava, sì, era decisamente un errore, come al solito del resto. All'inizio mi ero preoccupata seriamente perché non conoscevo la voce di quel tipo, poi però quando iniziò a farmi domande “strane” capii tutto: si trattava solo di un altro pervertito che aveva sbagliato numero di telefono. Per qualche strana ragione il numero di telefono della nostra nave era molto simile a quello di una nota linea erotica, e di tanto in tanto capitava che qualche idiota sbagliasse numero e chiamasse da noi. Dovevo decidermi a cambiare numero, solo che ultimamente non avevo avuto molto tempo per occuparmi di questioni come dire... di poca importanza, avevo avuto questioni ben più gravi da risolvere.
« Vuoi sapere cos'ho addosso?! Ma a te che ti frega?! »
« Hai una voce super sexy quando ti arrabbi! Su dai, dimmi le tue misure! » sogghignò con voce malefica.
Che depravato di merda. Gli uomini non riuscivo proprio a capirli, che senso può mai avere farsi dire al telefono da una donna cosa indossa quando non può neanche vederla?
Adesso stava a me togliermelo di torno, e alla svelta anche, ero già abbastanza incazzata.
« Le mie misure? Okay, allora... Peso cinquecento chili, sono alta quattro metri e se proprio vuoi saperla tutta non sono neanche una donna, sono un uomo, uso un simulatore vocale per cambiare la mia voce! Vuoi ancora sapere le mie “misure” ?! Pronto? Hey brutto stronzo, sei ancora lì?! »
Per qualche “strana” ragione il mio interlocutore aveva bruscamente staccato la chiamata, in preda ad un attacco di panico probabilmente, forse avevo leggermente esagerato con la mia descrizione grottesca. Però quella situazione, in qualche modo, era riuscita a strapparmi una risata.


« Annabel, sei sveglia? Ti ho sentita ridere, so che sei sveglia! »
Avevo fatto troppo baccano e adesso Isabel era venuta dietro la porta a rompere le scatole, ma io non avevo voglia né di parlare e né di vedere nessuno.
« Se sono sveglia dici? Dipende da cosa vuoi! »
« Dai Annabel, non fare l'antipatica! Fatti parlare, ti prego! Ti ho già chiesto scusa, non volevo dirti che ero fidanzata con Jeff perché avevo paura della tua reazione! »
« Isabel... sarebbe solo questa la cosa che hai dimenticato di dirmi?! Pensaci bene! »
« Scusami Annabel! Sì, era proprio Donquixote Rocinante il Comandante in gamba di cui parlavano terrorizzati quei pirati a Miles Town, ma non riuscivo a ricordarlo, è un nome così difficile da ricordare! Me ne sono ricordata solo quando ti trovavi sull'isola di Kama e mi hai chiamata, e se tu non avessi staccato il lumacofono io te l'avrei detto! »
« Isabel... non ce l'ho con te, davvero... Ho solo voglia di stare da sola ».
« Sul serio non ce l'hai con me? Annabel, apri la porta allora! Ma che ti succede, Annabel! »

Cosa mi stava succedendo? Assolutamente niente, niente che avessi mai sentito prima, o forse sì, avevo già sentito quella sensazione, la sensazione di non avere più alcun motivo per restare a questo mondo. Non ce l'avevo con Isabel o con le altre ragazze, e sebbene io raccontassi tutto alle mie compagne non ce la facevo a raccontare loro ciò che mi era successo, il mio drammatico scontro con Raoul e il mio incontro con lui, quel ragazzo meraviglioso che mi aveva salvata.

« Annabel, ma allora l'hai visto o no a Rocinante? Quella sera era lì di servizio, possibile che tu non l'abbia visto?! »
« Ti ho già detto di no! »
« Ma Annabel! Christa ha intercettato e decriptato tutte le telefonate segrete della Marina quella sera, e abbiamo proprio sentito il suo nome! Lavora per l'intelligence, è una spia! Era lì, Annabel! »
« Ti ho già detto che non l'ho visto, d'accordo? »
La mia ultima frase non doveva essere stata molto convincente, visto che mentre parlavo singhiozzavo e piangevo, quell'esperienza mi aveva decisamente distrutta.
Qual'era il mio problema? Avevo avuto paura di morire? Avevo avuto paura di Raoul? Ero arrabbiata perché il lavoro che aveva fatto mio padre catturandolo anni prima era stato vano?
Sì, quelli erano pensieri che mi turbavano profondamente, anche se la cosa che mi rammaricava di più era non aver svelato la mia vera identità a Rocinante; io avevo perso la mia occasione, l'occasione di abbracciarlo forte a me, l'occasione di dirgli tante cose. Erano giorni che non riuscivo a piangere, volevo sfogarmi ma non ce la facevo, ci stavo riuscendo solo adesso, proprio mentre cercavo di non farmi scoprire da Isabel! Le emozioni umane sono davvero qualcosa che va aldilà del nostro controllo.

« Annabel! Apri la porta, ti prego! Ti è successo qualcosa mentre eri lì, me lo sento! Vieni fuori e parlane con noi! Siamo le tue amiche! »
« Va' a dormire, sono solo le quattro di mattina! A te piace tanto dormire, dico bene? C'è anche il tuo amato Jeff, come vedi vi sto lasciando liberi di fare ciò che volete, non dovresti avere difficoltà a prendere sonno! »
« Ma Annabel! Come posso pensare a dormire quando tu stai così male?! »
« Sono stata io a distruggere il tuo “amato” quadro con i gatti, davvero non ce l'hai con me? La mappa del tesoro era proprio dentro il quadro, l'ho trovata per caso solo dopo averlo distrutto! »
« No che non ce l'ho con te! Abbiamo trovato quel tesoro solo grazie a te! »
Incredibile, Isabel non ce l'aveva con me per averle distrutto il quadro, quando invece era sempre gelosissima di tutta la roba che si portava a bordo, sicuro che stesse bene?! Sì, probabilmente stava benissimo, forse stava solo iniziando a crescere e a mettere giudizio, cosa che invece io non stavo facendo comportandomi in quel modo.

Forse e dico “forse” stavo peccando di egoismo, dovevo decidermi ad affrontare la situazione, andare a raccontare alle mie compagne cosa mi era successo e soprattutto... metterle al corrente dei nuovi “pericoli”, era un loro diritto.
Aprii la porta e appena varcai la soglia Isabel mi venne addosso violentemente, abbracciandomi e piangendo, stessa cosa che feci anch'io.
Non mi sono mai piaciute le scenette strappalacrime, non mi piaceva nemmeno piangere, eppure in quel momento era l'unica cosa capace di sciogliere quel nodo che mi opprimeva la gola.


 


Ciao a tutti, beh sì, a tutti voi che avete appena aperto questo nuovo capitolo e adesso state leggendo... queste parole, le mie parole, e volevo anche cogliere l'occasione per ringraziarvi :)
(Forse suona un po' inquietante questo mio modo di “salutarvi”, ma sto solo cercando di dire qualcosa di diverso, quindi non inquietatevi XD)

Bene, partiamo dal titolo del capitolo; come potete vedere stavolta ho usato due parole e non una sola come tutte le altre volte, questo perché, come ho già detto la scorsa volta, adesso inizia un altro arco della storia, il secondo per esattezza.
Facendo un riepilogo possiamo dire che ci troviamo nel Mare Orientale, 18 anni prima degli eventi attuali ed Annabel, la nostra protagonista, si trova “ancora” con le sue compagne; ha già incontrato Rocinante, il quale non si è “ancora” infiltrato nell'organizzazione del fratello e, da bravo marine, ha portato a termine la sua missione, ma... non ha voluto catturare Annabel. Perché non l'ha fatto?
Rocinante prenderà i panni di Corazón solo l'anno seguente, e facendo quattro calcoli al momento della nostra narrazione dovrebbe avere circa 21 anni, (perché da quanto ho capito Mingo è 2 anni più grande del suo “amato” fratellino).
Quindi ora cosa succederà? Finalmente i ricordi di Annabel stanno riemergendo, ma forse c'è qualcosa di oscuro in quei ricordi, qualcosa che forse neanche Annabel vorrebbe ricordare...
Il disegno di oggi è... senza colori (come al solito? XD) e senza ombre, ci ho messo solo l'ambient occlusion, ho imparato questa tecnica facendo 3d... :)





 

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Capitolo 18
*** Autocontrollo ***


Autocontrollo 



Il suono della pioggia ha sempre avuto uno strano effetto calmante sui miei nervi, strano ma a dir poco miracoloso: mi basta infatti ascoltare il ticchettio della pioggia per qualche minuto per rilassarmi completamente e dimenticare tutte le pene e i pensieri che affollano la mia mente. Se poi il rumore della pioggia viene accompagnato anche da quello dei tuoni è ancora meglio, si crea una sorta di atmosfera ancora più... più rilassante ecco. Rilassante ma in qualche modo triste.
Erano tante le volte in cui me ne stavo sdraiata sul ponte della mia nave a faccia in su sotto la pioggia, e sebbene avessi un freddo cane non provavo minimamente a ripararmi; amavo il modo in cui le gocce solcavano il mio viso, bagnavano i miei capelli e mi facevano rabbrividire, perché se fremevo significava che ero ancora viva.
Erano davvero poche ormai le cose che mi facessero sentire davvero viva, e mi accorgevo di esserlo solo quando c'era qualcosa che mi dava fastidio, o peggio ancora, che mi facesse male. Non che mi piacesse soffrire, era solo che forse il dolore era diventata la mia unica dimensione cognitiva, e senza di esso avevo quasi paura di smettere di esistere.
Eppure quando pensavo a lui non sentivo dolore, ero felice, e mi sentivo anche tremendamente viva. Ma la mia felicità era terminata troppo in fretta, ed era terminata nel preciso momento in cui lui mi aveva detto quella parola, quella maledetta parola: addio.
Ma forse lui aveva ragione, era meglio non rivederci mai più, anche perché molto probabilmente se lui fosse venuto a conoscenza della mia vera identità gli avrei fatto solo del male, e fare del male a lui era davvero l'ultima cosa che volevo a questo mondo. Lui era una persona speciale, era unico, forse perché era stato proprio lui ad insegnarmi il significato della parola perdono, parola che invece risultava del tutto sconosciuta a quel demonio di suo fratello. Era davvero incedibile come due persone così simili fisicamente fossero così diverse, ma d'altronde l'esperienza me l'aveva già insegnato, il sangue non era un criterio di valutazione universale.

Era proprio la pioggia che adesso stava bagnando il mio viso per l'ennesima volta, mentre mi trovavo sotto quell'albero gigantesco e guardavo amareggiata l'orizzonte, e per l'ennesima volta non provavo a ripararmi. Sentivo le gocce bagnare la mia pelle, rabbrividivo e mi veniva la pelle d'oca, ma quella sensazione mi piaceva; mi piaceva e portava la mia mente altrove, lontano da lì.
Il punto era che non era stato per niente facile raccontare alle ragazze quello che mi era successo, ci avevo provato, e forse ci ero riuscita. Ero riuscita a trasmettere loro il mio disagio, la mia preoccupazione e il mio dolore, non che fosse stato facile, ma ci ero riuscita, e le loro facce terrorizzate ne erano la conferma. Volevano la verità e io gliel'avevo data, forse non sono mai stata brava a mentire, ma in quella situazione non avevo fatto altro che dire la verità, e l'esperienza mi aveva già insegnato che era proprio la verità quella che faceva male.
Avevo raccontato loro tutto, il mio incontro/scontro con quel demonio di Raoul, la “fortuna” che avevo avuto ad incontrare Rocinante e la questione di... Doflamingo; per raccontare il problema che era sorto con quest'ultimo ebbi bisogno anche dell'intervento di Jeff, il quale non fece altro che confermare quanto stavo dicendo alle ragazze, ovvero il fatto che quel mostro fosse sulle mie tracce. Ma con mia grande sorpresa le ragazze sembravano già esserne al corrente di questa faccenda, infatti sembrava proprio che fosse stato lo stesso Jeff a raccontare loro i dettagli; in altre parole tutti sapevano che Doflamingo mi stava cercando, tutti tranne io.
Fu così che dopo quasi quattro ore di animata conversazione in sala da pranzo uscii fuori dalla nave furibonda, urlando e inveendo contro ogni forma di vita esistente su questo mondo. Avevano provato a seguirmi, ma io avevo urlato più forte; era chiaro che ero incazzata a morte e che se ci tenevano davvero alla loro pelle non dovevano seguirmi.
Perché io avevo dovuto dire loro la verità quando invece loro mi stavano nascondendo quella cosa? Forse non potevo più fidarmi davvero di nessuno.


« Annabel-san, s-stai bene? »
Quella mocciosa curiosa era venuta a cercarmi, ma che diavolo voleva da me? Insomma era abbastanza chiaro che fossi incazzata, davvero non aveva paura? Mi voltai di scatto e la guardai minacciosa, troppo minacciosa forse. Arianna stava lì davanti a me, in silenzio e con le braccia conserte, ma che diavolo era venuta a fare? Avrei voluto dirle qualcosa del tipo “va' via o ti gonfio di botte”, ma non ne ebbi il coraggio; Arianna non aveva colpa di niente, aveva già sofferto molto quella povera creatura, era con noi solo da qualche settimana e forse... forse dovevo cercare di controllarmi. Forse neanche le ragazze avevano colpa di niente, e se non me ne avevano parlato prima di tutta quella “questione” era stato solo per non allarmarmi. Loro mi conoscevano bene, tremendamente bene, al punto tale che sapevano con certezza quale sarebbe stata la mia reazione al solo sentir nominare quell'individuo, quel maledetto bastardo. Loro cercavano solo di aiutarmi, ma io complicavo la situazione, come al solito del resto. Forse mi stavo comportando come un'idiota, anzi, come una pazza.

« Arianna, cosa vuoi? » sbuffai annoiata.
« I-io non voglio disturbarti, » farfugliò velocemente, « è solo che... »
« Che cosa? »
« S-sta piovendo, a bordo sono preoccupate per te, ti verrà la febbre così... »
« Non preoccuparti per me, ho già passato l'inferno e sono ancora viva, ho la pelle dura! Tu piuttosto, rischi di ammalarti e poi mi toccherà occuparmi di te... Va dentro, muoviti! » urlai spazientita.
« M-ma Annabel... » sussurrò timidamente, abbassando la testa confusa.
« Scusami se ho alzato la voce, dai se proprio vuoi restare vieni almeno ripararti qui sotto... »
Arianna si avvicinò timidamente e si sedette accanto a me sotto quell'albero gigantesco. Non avevo intenzione di impaurirla, quella ragazzina dopotutto mi stava anche simpatica.
« So che non ripara molto, ma almeno eviterai di inzupparti... Adesso mi dici cosa vuoi? Ti hanno mandata le altre, non è vero? »
Ma Arianna non rispose, continuava a guardare a terra in un punto imprecisato, era come se avesse paura di parlare.
« Hey, c'è qualcosa che non va? A me puoi dirlo, magari avrai notato che non sono proprio dell'umore giusto, ma se c'è qualcosa che non va ho il diritto di saperlo! Dimmi, qualcuno ti ha fatto del male? Sono state quelle persone che ti hanno rapita, ti hanno fatto qualcosa? »
« No, no Annabel-san, io sto bene! » gridò la ragazzina, « è solo che... »
« Che? Cosa? Sei forse tornata nel mio studio a leggere quei libri sugli alieni? Dai, te l'ho già detto, non c'è niente di cui aver paura! Se davvero qualche alieno ha intenzione di rapirti dovrà prima passare sul mio cadavere! »
« No Annabel-san, non è questo... » rispose flebilmente.
In quel momento diventò molto triste, era evidente che c'era qualcosa che la turbava. Si stava comportando in modo decisamente strano, ma che aveva?
In quel momento contemplavo i suoi capelli color pesca e il suo visino delicato, i suoi grandi occhi color nocciola e la sua pelle candida; era davvero incredibile quanto quella ragazzina somigliasse a lei, l'unica persona che aveva cercato di salvarmi quando non c'era stato nessuno ad aiutarmi.

« Sai Arianna, » continuai, « tu mi ricordi tanto una persona, le somigli molto ».
« D-dici davvero? » esclamò sorpresa.
« Sì, » replicai sorridendo, « mi ricordi una ragazza di nome Griselda, era una mia cara amica... »
« Era? Perché, significa che lei non è più tua amica? Avete litigato? »
« No, significa solo... che lei... lei non c'è più, ormai da parecchi anni... »
« È... morta? »
« Sì, » replicai con voce bassa, « ma forse è meglio che io non te ne parli, non voglio farti diventare triste... È solo che tu mi stai molto a cuore, e voglio che tu ti fidi di me e che mi racconti tutto, capito? »
« Annabel-san, forse invece dovresti parlarmene, magari potrebbe aiutarti a stare meglio... Christa dice che se i problemi si tengono dentro finiscono per distruggerti... L'ha detto ieri a pranzo, quando eri chiusa nel tuo laboratorio... »
« L'ha detto Christa? Ah, ma che pensiero profondo, e così le piace “filosofare” alle mie spalle... Chissà a chi si stava riferendo... » mormorai mordendomi il labbro.
« Annabel dai, non tenerle il broncio, non l'ha fatto per sparlare alle tue spalle, lei ti vuole bene lo sai, ma forse non avrei dovuto dirtelo... »
« E invece hai fatto bene, » le dissi sorridendo, « lo so bene che lei sparla di me, tu non sai quante ne abbiamo combinate in questi anni io e lei, e tutti i problemi che le ho causato... Sai, da bambina non ero proprio una santa, non che adesso io sia cambiata, è solo che grazie a lei ho messo più sale in zucca ecco... » conclusi, tirandomi una sonora paccata sulla fronte.
« Annabel, e-ecco io... vorrei chiederti una cosa... » sussurrò timidamente, alzando gli occhi e guardandomi in faccia.
« Finalmente, allora avevo ragione io, c'è qualcosa che vuoi chiedermi... Di cosa si tratta? »
« E-ecco io... »
« Dai, non esitare, parla... » la rassicurai.
« Io... vorrei entrare nella tua ciurma! Voglio diventare un pirata! » esclamò velocemente, guardandomi fisso negli occhi.
Quella mocciosa mi aveva lasciata di stucco, devo ammetterlo, e lì sul momento non sapevo davvero cosa dirle. La cosa che mi aveva lasciata esterrefatta non era tanto la richiesta che mi aveva appena fatto, il punto era che me l'aveva detto con una determinazione tale da non sembrare neanche una bambina di undici anni, sembrava un'adulta ecco, ma non un'adulta qualunque, una con del fegato. Insomma, era stata rapita e portata via a forza da dei criminali solo qualche settimana prima, io e le mie compagne l'avevamo miracolosamente tratta in salvo, una qualsiasi persona normale l'unica cosa che avrebbe voluto a questo punto sarebbe stato tornare a casa, al sicuro, e invece lei cosa voleva? Diventare un pirata! Per la miseria, ma sapeva almeno cosa significava? Voleva davvero quella vita?!
« P-perchè? » riuscii solo a dirle, « perché lo vuoi? »
« I-io... » farfugliò esitante la ragazzina.
« Dimmi, » continuai, afferrandola con entrambe le braccia e guardandola dritta negli occhi, « perché lo vuoi? Dammi una motivazione valida per non scaricarti ad Amazon Lily e continuare a portarti sulla mia nave, ma devi darmela ora! Cosa c'è, fare il pirata ti sembra forse un gioco? Sai che vita faccio io? Sai perché ormai non dormo più? Sai che la Marina potrebbe attaccarci in ogni momento? Sai che quell'uomo... quell'uomo di cui parlavo prima con le altre è sulle mie tracce e che se dovesse trovarmi sarebbero guai per tutte? »
« Sì Annabel-san, ho sentito tutto! » urlò esasperata, « ma io voglio diventare un pirata e voglio che tu sia il mio Capitano! Anche se ti conosco da poco ho visto quanto vuoi bene alle tue compagne, loro per te non sono solo il tuo equipaggio, loro sono le tue migliori amiche! Ti prego Annabel-san, dimmi di sì! »
Ogni attimo che passava quella ragazzina mi sorprendeva sempre di più, ed ero ancora più curiosa di sapere cosa aveva davvero in mente.
« D'accordo, » dissi, allentando la presa dalle sue braccia, « sei riuscita ad attirare la mia attenzione... Ma adesso devi dirmi cosa ti fa credere che diventare un pirata sia la scelta giusta per te... »
Ma la ragazzina non rispose subito, restò qualche minuto in silenzio e abbassò gli occhi a terra, e in quel momento vidi una lacrima scendere giù dal suo viso e bagnare il suolo. E adesso perché piangeva? Non lo aveva fatto in tutti quei giorni, perché lo stava facendo proprio adesso?!
« P-perché io... io... Io voglio diventare più forte! » urlò a squarciagola, « non voglio essere rapita mai più da nessuno! Gli uomini sono malvagi! Ho avuto tanta paura Annabel-san, ma tu mi hai salvata! Ti prego, voglio restare con voi! »
Adesso avevo capito tutto, era tutto chiaro. Senza dire nulla la abbracciai forte a me, tremava, era così scossa. Quella bambina aveva capito tutto, e aveva capito anche che se voleva essere davvero se stessa doveva andare contro tutto e tutti, che quello che gli altri definivano come il male fosse in realtà l'unica via di salvezza, l'unica strada per poter davvero diventare liberi.
« Okay, va bene, » sussurrai al suo orecchio, « puoi restare ma... dovrai fare la brava, e ti assicuro anche... che finché starai con me nessuno ti torcerà mai più un capello ».
« Dici davvero? S-sì Annabel-san, grazie! Farò tutto quello che mi dirai! » esultò festante.
« Hey, non ho mica detto che dovrai diventare il mio cagnolino eheh, » sghignazzai sarcastica, « dovrai solo attenerti a non farmi incazzare, tutto chiaro? »
« S-sì signor Capitano! »
« Va bene così allora, da domani iniziamo l'allenamento, e adesso torna dentro! » le dissi fermamente, scompigliandole i capelli con una mano, « ti voglio al massimo delle forze, e sappi che non sarà facile visto che sei solo una bambina! »
Ma Arianna continuava a fissarmi, non voleva andarsene. C'era forse dell'altro?

« C'è qualcos'altro che vuoi dirmi? » le chiesi gentilmente, afferrandola per un braccio e avvicinandola a me.
« E-ecco... Tu e le ragazze prima parlavate di un ragazzo, e tu ne parlavi bene, poi avete parlato di quell'altro e tu ti sei innervosita e sei scappata, i-io non ci ho capito molto, ho solo capito che quei due sono fratelli e che sono amici tuoi... Annabel-san, le Kuja dicono che gli uomini sono tutti uguali, che sono tutti malvagi, ma allora perché tu hai detto quelle cose belle su quel ragazzo? T-tu sei triste perché vuoi rivederlo ma non puoi, non è vero?! »
Restai inebetita a fissarla per qualche istante, ma che ragazzina sveglia! Sebbene parlasse poco quelle poche volte che lo faceva lasciava il segno, non c'era che dire!
« Tu parli poco e ascolti molto, non è vero? » le dissi con un sorriso, « rifammi la tua domanda... Sai, non ho capito esattamente cos'è che ti interessa sapere riguardo a questa storia... »
« Annabel, t-tu sei innamorata di quel Rocinante? »
E alla faccia della ragazzina piccola e ingenua, quella domanda mi aveva decisamente, letteralmente, brutalmente... spiazzata. Me ne restai lì a boccheggiare come un'idiota, per poco non svenivo tanto era lo shock e l'imbarazzo.
« Ch-che cos-a? » riuscii ad articolare dopo vari tentativi con voce stridula, « t-tu tu! Come diavolo ti viene in mente una cosa simile! D-dove hai sentito parlare di certe cose, eh?! »
« Sei tutta rossa Annabel, stai bene?! Aaah scusami, ma non sono stata io a dirlo, è stata Isabel, dice che lei prova la stessa cosa per Jeff e quindi ha pensato c-che anche tu forse... molto probabilmente... per quel ragazzo... »
« No no e no! » esclamai arrabbiata, « basta ne ho abbastanza! Che impicciona! Torna a bordo! »
« S-sì signor Capitano! » esclamò impaurita, alzandosi di scatto e scappando via a gambe levate verso la nave. Quella ragazzina, sembrava calma e timida, ammazza quant'era curiosa!

La sua domanda mi aveva scossa profondamente, e per alcuni lunghi istanti non riuscii neanche a sbattere le palpebre tanto ero agitata; ma che diavolo mi stava prendendo?! Provai a sedermi di nuovo su quel masso, ma niente, non riuscivo a stare ferma, quelle parole continuavano a frullarmi in testa...
Che diavolo significava essere innamorati? E poi cosa c'entrava tutta quella situazione con me?! D'accordo che Isabel su queste cose ne sapeva più di me dato che lei un ragazzo ce l'aveva, ma come diavolo le era venuta in mente una cosa simile su di me? Perché?!
Forse era stata colpa mia, forse il fatto che parlavo sempre di lui aveva instillato questo dubbio nelle ragazze! Mannaggia a me e a quando non tengo la bocca chiusa! Però era vero, io lo pensavo quasi sempre, soprattutto dopo averlo rivisto; ero felice per lui, per quello che era diventato, ma allo stesso tempo ero triste, perché io... io non dovevo più vederlo se non volevo metterlo nei guai, aveva già rischiato abbastanza quel giorno. Ma io volevo rivederlo, dovevo almeno ringraziarlo per avermi salvata, quello che aveva fatto per me era stato a dir poco... unico.
Rocinante in tutti questi anni non era cambiato per niente, anzi, era decisamente migliorato; lui era diventato semplicemente... semplicemente magnifico. Beh sì, era anche uno stronzo e un imbranato, ma a me erano sempre piaciuti i suoi modi goffi, mi divertivano.
Ricordo quando da bambino cadeva sempre, inciampava praticamente con ogni cosa; quando preparavo il tè per tutti lui riusciva sempre a ustionarsi, non ci stava mai attento. Diamante diceva che era un ritardato, ma io prendevo sempre le sue difese, al contrario di quel degenerato di suo fratello, che continuava a dargli ordini a raffica; cercava di “indottrinarlo”, di farlo diventare malvagio come lui, ma era tutto tempo perso, perché Rocinante era semplicemente se stesso, e non aveva nulla a che vedere con loro. Ma forse lui non aveva nulla a che vedere neanche con me, perché come mi diceva sempre Doffy io e lui eravamo “della stessa pasta”, eravamo uguali, ma il suo amato fratellino era “diverso” da noi; era vero che era diverso, lui era diverso ma era migliore, anzi, il migliore.
Era stato proprio il mio “gravissimo errore”, quello di salvargli la vita quel giorno, a dare la certezza a Doffy che io e lui fossimo uguali, e la certezza anche che io avrei fatto di tutto per lui. Ma lui si sbagliava di grosso, perché io oggi lo odiavo con tutte le mie forze, e per nulla al mondo sarei tornata nella sua stramaledetta “famiglia”. Non mi erano mai piaciuti Diamante, Trébol, Pica e Vergo, e già dal primo giorno in cui Doffy me li aveva fatti conoscere mi erano venuti i brividi, per non dire il voltastomaco. Sebbene mi inquietassero e non mi stessero per nulla simpatici niente e dico niente poteva prepararmi per ciò che sarebbe successo di lì a poco, per ciò che Doffy avrebbe fatto.

Pensavo tanto, troppo forse, così talmente tanto che mi venne un mal di testa atroce. Aveva smesso di piovere già da qualche minuto, e all'orizzonte iniziava a formarsi l'arcobaleno, che andava ad incorniciare la coltre di fumo nero che proveniva dall'arcipelago Satō, ultimo residuo della battaglia che si era consumata solo qualche giorno prima. In radio avevo sentito dire che la Marina aveva catturato la maggior parte dei pirati, e che l'arcipelago non era più sotto il controllo di Big Mom; Rocinante aveva portato a termine la sua missione, aveva liberato quella gente dai pirati. Io avevo fatto un errore ad andare in quel maledetto posto, a incontrare quel mostro di Raoul, ma... ma ero felice di aver rivisto lui, e non riuscivo a pensare ad altro.

Decisi di alzarmi e di tornare a bordo, ormai doveva essere quasi ora di pranzo, gli ultimi giorni non avevo mangiato molto e mi sentivo sfinita, mi ci voleva uno dei super piatti di Ines per rimettermi in forze.

                                                                                          ✣ ✣ ✣

Salii a bordo, ma appena imboccai il corridoio a sinistra vidi nell'oscurità un'ombra sfrecciarmi davanti velocemente; cosa diavolo era? Impaurita, mi sfilai uno stivale e glielo tirai addosso, beccando la sagoma in pieno, e chiunque egli fosse adesso giaceva a terra, proprio di fronte la porta della palestra. Mi abbassai, lo guardai attentamente e, con grande stupore, lo riconobbi...
D'accordo che gli avevo permesso di restare a bordo, ma ciò non lo autorizzava ad andare a zonzo sulla mia nave, nell'oscurità e... in mutande!
« La visione paradisiaca delle tue chiappe rivolte al cielo inebria la mia mente e allo stesso tempo riempie i miei occhi di... di... Okay, non mi viene il termine, sarà lo shock, ti dico solo che messo così come sei adesso mi ricordi tanto il didietro di un cinghiale selvaggio che vidi l'anno scorso sulla mia isola, e credimi, non era un bel spettacolo... D'accordo, ora basta con gli scherzi... piuttosto... Ma che cazzo ci fai tu ancora qui, e soprattutto... per quale cazzo di motivo vai in giro in mutande come un depravato?! Jeff! Parla, cazzo! »
« Ai ai ai! Annabeeel! Maledetta pazza! Mi hai quasi ammazzato! » mormorò quel depravato mezzo tramortito.
« “Quasi” ammazzato? Beh, ti è andata bene, questo significa che devo riprovarci... Sai, si da il caso che io di stivali ne abbia due! Hanno la punta di ferro, ecco perché fanno male! »
« Oi, vacci piano, o mi ammazzi sul serio! Ma che ti ho fatto?! »
« Che mi hai fatto? » urlai a squarciagola, « Bene, tanto per iniziare... Perché cazzo non ti vesti?! »
« Perché tu l'altra notte mi hai buttato i vestiti fuori dalla finestra e io non li trovo più! » cercò di giustificarsi.
« Mi stai dicendo che sei nudo da allora?! E tu perché cazzo te li eri tolti! In camera di Isabel poi! Maledetto pervertito! » replicai adirata.
« Ecco io... sì, no, cioè... non è come pensi! » balbettò confuso, mentre cercava di raddrizzarsi, « Annabel, ti prego! Lasciami a bordo, voglio stare vicino a Isabel! »
« E tu vorresti starci così? Nudo come un verme?! » esclamai su tutte le furie, « va' fuori a cercarti i vestiti, mettiti qualcosa addosso almeno! Sai, se non ricordo male sono caduti proprio in mezzo a quelle “simpatiche” ortiche che sono là fuori sulle rocce... » dissi sogghignando, « non è un problema per te recuperarli, vero? »
« Che cooosa?! Cosa?! » sbraitò preoccupato, « i-io dovrei andare in mezzo alle ortiche? Così?! »
« Sì, nudo devi andarci! Sai, avrei tanto voluto defenestrare te, ma dato che dall'oblò non ci passavi mi sono dovuta accontentare dei tuoi vestiti! »
Ero arrabbiata, esausta, stanca, e Jeff mi era capitato davanti proprio al momento giusto, o per meglio dire... al momento sbagliato, dipende da quale punto di vista viene guardata la situazione.
Non mi era piaciuto quello che mi aveva detto giorni prima, e il fatto che volesse privarmi di uno dei membri del mio equipaggio mi aveva innervosita parecchio. Volevo dargli una lezione. Ma proprio mentre iniziavo ad arrotolarmi le maniche sui gomiti arrivò Isabel correndo, evidentemente aveva sentito tutto quel baccano.
« Annabel! Ma cosa... che cosa succede qui?! » esclamò confusa, abbassandosi a terra ad accarezzare affettuosamente il suo “amato”, « Jeff, cosa ti è successo? Annabel?! » gridò voltandosi verso di me, « Non lo avrai picchiato spero?! »
« È sulla mia nave e finché ci resterà dovrà starci vestito, » replicai molto decisa, « o forse chiedo troppo, mister mutande a pois?! »
« Uffa Annabel! Jeff è il mio ragazzo e voglio che tu lo tratti bene! » sbuffò Isabel arrabbiata, « io lo amo, e tu dovresti capire meglio di chiunque altro di cosa sto parlando! »
« C-che cosa! » urlai, « m-ma ma allora è vero! Sei stata tu a mettere certe “cose” in testa alle altre! »
« Perché, vorresti forse dirmi che non è vero, che tu non sei innamorata di quel ragazzo? » chiese con un sorrisetto malizioso, « dai Annabel, si vede lontano un miglio che tu... »
« Ora basta! » urlai interrompendola, « dovete farvi i cazzi vostri, è davvero così difficile per voi?! »
« Annabel! Se una Kuja s'innamora ma ignora ciò che prova finirà per morire! Hai sentito parlare del mal d'amore o no? Anche tua madre ha... »
« Sono tutte cazzate! » dissi, sbraitando sempre più forte e sempre più in preda al panico, « Vi ho detto mille volte di non credere alle stupide superstizioni messe in giro sulla nostra isola! Non esiste nessuna prova scientifica, nessuna! »
« M-ma quindi è vero, » esclamò Isabel trepidante, « tu sei innamorata Annabel! Sei innamorata ma non credi che ti possa succedere qualcosa! »
« Uffa, ora basta! » urlai stringendo i pugni, « Se non la finisci con questa storia i-io... »
« Annabel, se c'è qualcuno con cui tu devi essere arrabbiata... beh sì, quel qualcuno sono io... » mormorò Jeff, che nel frattempo si era rimesso in piedi, « Non è stato bello quando ti ho detto... quando ti ho detto di voler portare Isabel lontano da te perché avevo paura che Doflamingo vi trovasse... Ho sbagliato, scusami ».
« C-che cosa?! » balbettò Isabel con aria sconvolta, « Jeff... tu... l'hai fatto veramente? Tu hai davvero detto questo ad Annabel?! » chiese amareggiata.
« L'ho fatto solo perché ti amo Isabel! Sono troppo preoccupato per te, mi capisci?! »
« Oh Jeff, » rispose Isabel ansimando, « ma ne avevamo già parlato tempo fa! Io non lascerò Annabel, lei ha fatto così tanto per me in questi anni! Non la lascerò, non scapperò di fronte alla prima difficoltà! Lei è il mio Capitano! I nemici di Annabel sono anche i miei nemici! » affermò con decisione.
« Sì, hai ragione, » replicò Jeff, cingendo delicatamente le braccia attorno ad Isabel, « lei è un ottimo Capitano, adesso capisco perché tu e le altre vi fidate così tanto di lei... Lei è davvero una persona straordinaria, ho fatto male ad essere troppo avventato, mi dispiace... »

Okay, quella situazione era a dir poco... folle, ma che diavolo stava succedendo?! Era tutto così ridicolo, sulla mia nave si stava davvero recitando una sorta di telenovela o cosa?! Dovevo porre fine a quella imbarazzante sceneggiata al più presto, il mio stomaco iniziava già a brontolare sonoramente.
« Va bene, adesso basta, » dissi con voce molto calma, « Tu! Ehm... vestiti immediatamente, anzi no! Tu! Va' fuori a prendere i vestiti del tuo ragazzo, ma sta' attenta, ci sono le ortiche, aiutati con qualche ramo se vuoi, basta solo che non le tocchi... »
« M-ma Annabel... » replicò Isabel con aria attonita.
« Su, muoviti! Ho fame! Dopo andate da Ines e ditele che può preparare da mangiare! Io vado ad asciugarmi, arrivo tra poco! » E così dicendo mi avviai di corsa verso la mia camera, lasciando quei due con delle facce parecchio perplesse e dubbiose. Non volevo impicciarmi nelle loro questioni, e non volevo neanche mettere nei guai le persone che mi stavano vicino, ma la situazione era complicata, cosa diavolo potevo fare io?


Arrivai in camera mia e mi sdraiai supina sul letto; chiusi gli occhi per qualche istante e provai a rilassarmi, tutte quelle grida mi avevano fatta rimbambire. Ma ovviamente non riuscii a rilassarmi, e così decisi di rialzarmi e di andarmi ad asciugare almeno i capelli. Aprii il cassetto del comodino e afferrai uno dei miei asciugamani, mi misi a testa in giù e iniziai a sfregarlo con forza sul cuoio capelluto, facendo attenzione a non scompigliare troppo il resto della capigliatura, con i capelli che mi ritrovavo era meglio non creare troppi nodi. Stavo per afferrare il pettine, quando all'improvviso il lumacofono iniziò a squillare... E adesso chi diavolo era?!

« Purururu purururu purururu purururu purururu purururu purururu purururu! »

Lo lasciai suonare per diversi... minuti, parecchi, interminabili e noiosi minuti, non avevo la benché minima intenzione di rispondere, ero già tremendamente incazzata, non avevo per niente voglia di parlare! Ma proprio quando sembrava che avesse smesso ecco che riprese a squillare, squillava ancora, ancora... e ancora.
Senza pensarci su due volte afferrai violentamene la cornetta e vi urlai dentro la prima cosa che mi venne sul momento. Silenzio. Fantastico, era forse un altro depravato senza nient'altro di meglio da fare?!
« Senti tu, maledetto pervertito! Ti consiglio di non chiamare mai più, okay? »
Riagganciai la cornetta con furia e tornai a tormentarmi i capelli. Passò qualche minuto e il telefono riprese a suonare. Ma che diavolo... qual'era il problema, forse non ero stata abbastanza chiara?
« Senti... chiunque tu sia... va' al diavolo! Non chiamare più! » esclamai adirata.
Ancora silenzio. All'improvviso iniziai a sentire un respiro roco e profondo, che si tramutò ben presto in una risata, una risata a dir poco... diabolica. Era un uomo, ormai era chiaro. In quel momento un brivido mi percorse la schiena, ebbi paura, molta paura; ma che stava succedendo?!
« Sei divertito?! Dimmi un po', cosa cazzo ci trovi di divertente in tutto questo, eh? Parla, bastardo! Voglio ridere anch'io! »
« Sei una donna molto decisa, che sa cosa vuole... » replicò il mio interlocutore con voce profonda e seria, « però non so se la cosa che sto per dirti ti divertirà o meno, ma io spero di sì... eheheh ».
Ogni secondo che passava quella situazione mi agitava sempre di più, avevo un bruttissimo presentimento. Quel tipo non era come tutti gli altri depravati che mi avevano telefonato in passato, aveva qualcosa di diverso, qualcosa di inquietante.
« Spara! Posso pur sempre riagganciarti il telefono in faccia se ciò che mi dici non mi piace, dico bene? »
« Sì, certo che puoi farlo, anche se... non puoi scappare da me, o per meglio dire... non ancora per molto. Riagganciare la cornetta oggi non cambierà ciò che succederà, perché è il tuo destino White, o preferisci che io ti chiami Annabel?! »
Le parole che udii in quell'istante mi sbigottirono, mi sentii male, cercai di reagire, anche se ero sicura che non esisteva medicina al mondo capace di sedare la forte paura che provai in quell'istante.
« Annabel, cosa c'è, perché non parli più? » chiese con tono derisorio, « Ho forse detto qualcosa che non avrei dovuto dire, qualcosa come... la tua doppia identità che mi hai celato per anni?! Dai Annabel, sapevi già che era tutto inutile! Tu non puoi scappare da me! »
« T-tu... chi cazzo sei!? » chiesi sgomenta, « basta adesso! Parla! »
« Hey hey, hai un bel caratterino, direi che con il corso degli anni sei anche migliorata! Sai quanto ho faticato per avere questo numero? Ho visto una tua foto, e da allora non ho desiderato altro che sentire la tua voce... Ma tu non fai altro che urlare e riattaccare, sai che è maleducazione? »
« No... no... no... » mormorai in preda al panico, « non può essere... tu... Cosa vuoi da me, lasciami in pace! Va' via! »
Avevo un terribile presentimento, una paura irrazionale che mi faceva tremare senza tregua, un terrore che mi penetrò fin dentro le ossa.

                                                    

« Annabel... La famiglia è una cosa importante, la più importante, dove ogni singolo membro è funzionale al mantenimento dell'equilibrio del suo ambiente. Annabel... torna da me, lo desidero con tutto me stesso... Ho dei progetti molto importanti per te ».
« Ascoltami bene, » replicai tremando, « tu non devi chiamarmi mai più! Mai più, hai capito! Io non voglio avere niente a che fare con un maledetto mostro come te! »
« Annabel, non dirmi questo, mi deludi... Quello che successe con mio padre tredici anni fa è ormai acqua passata, lui era solo un traditore! Gli ho solo dato ciò che si meritava! Annabel, io e te la pensiamo allo stesso modo, abbiamo gli stessi obiettivi! »
« Basta! Basta, non voglio più ascoltare una sola parola da te, d'accordo?! Va' al diavolo, e restaci stavolta! »
Prima che replicasse afferrai il cavo del lumacofono e lo tirai con forza, staccandolo violentemente dal muro. Caddi al suolo ai piedi del letto e mi aggrappai con il lenzuolo; ero letteralmente sotto shock, mai e dico mai mi sarei aspettata che succedesse davvero, che lui mi trovasse.


 

Salve a tutti, come va? Tutto bene spero :)
Scusatemi tanto per il ritardo, è solo che gli esami mi stanno letteralmente sfibrando, forse dovrei riposare di più (dovrei, sì, in teoria... Ah ma quindi scrivere equivale a riposarsi?! XD)
Allora... ma voi avete capito chi è... il tizio che telefona ad Annabel? °_°
Annabel non sembra per niente felice di questa telefonata, anzi, è decisamente piombata nel panico! L'autocontrollo è proprio una delle capacità che le sfugge molto spesso, soprattutto in questo capitolo (e il povero Jeff ne fa le spese XD)
La volta scorsa mi avete chiesto se potevo farvi vedere il fanart che ho disegnato su Corazón, ovvio che posso, lo trovate proprio 
qui in hd...
Ah sì, riguardo al piano che ho in mente di disegnare tutti (o almeno la maggior parte XD) i personaggi di One Piece con il mio stile...
 Qua trovate Torao e qui invece c'è Nami (che è ancora da finire), invece questa sono io quando non mi funziona la pressione della tavoletta grafica (sì, la sanità mentale non è una caratteristica che eccelle particolarmente tra i numerosi tratti della mia complessa personalità) :)

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Capitolo 19
*** Dovere ***


Dovere



Prima tavola: una radiografia; seconda tavola: un'altra radiografia; terza tavola: decisamente un'altra radiografia; quarta tavola: radiografia; quinta tavola: ancora un'altra radiografia. Stavo per prendere la sesta tavola, ma poi me ne pentii, quel test di Rorschach mi aveva decisamente annoiata. Io ci vedevo solo radiografie, era davvero incredibile quante cose riuscissero a vederci gli altri, ma come diavolo facevano?
Mesi prima me lo aveva proposto lo strizzacervelli, ma io mi ero rifiutata di farlo, lo reputavo una cazzata ecco, forse non era stata una buona idea andare dallo psichiatra. Il dottor Konrad mi aveva detto che non presentavo segni di squilibrio mentale, non gravi almeno, oh beh, aveva fatto davvero una grande scoperta, però mi aveva diagnosticato una sorta di stress post traumatico o qualcosa di simile. Beh sì, sempre meglio che sentirsi dire “schizzata” o “maniaca assassina”.
Sebbene non fossi pazza stavo male ormai da tempo, le ragazze erano preoccupate, dicevano che mi vedevano stanca e volevano che io mi curassi, e così le avevo accontentate. Inutile dire che non avevo proseguito la terapia, perché sapevo già che non mi avrebbe curata, e lo sapevo perché conoscevo bene il motivo dei miei mali. Lui non era solo il motivo dei miei mali, lui era il male, ed era tornato indietro dall'inferno solo per me.
Dovevo esserne onorata forse, il diavolo in persona aveva bisogno di me per portare a termine i suoi piani, già, peccato che io a differenza sua avessi una coscienza, la quale non faceva altro che tormentarmi quotidianamente. Lui non aveva una coscienza, lui non aveva un cuore, perché lui non aveva neanche un'anima, lui era solo un maledetto bastardo che aveva ammazzato anche il proprio padre.
L'unica colpa che aveva avuto quel povero disgraziato di suo padre era stata aver generato un mostro simile, una creatura abominevole che con il corso degli anni non aveva fatto altro che disseminare distruzione, dolore e morte ovunque giungesse, un maledetto mostro che adesso voleva me al suo fianco. La cosa che mi sconvolgeva maggiormente era il fatto che lui e Rocinante fossero fratelli, cosa che la mia mente non riusciva ad accettare in alcun modo: come accidenti facevano due esseri così diversi ad avere lo stesso sangue?! Era più facile che io impazzissi piuttosto che accettassi le cose come stavano. Ma quella era la verità, l'unica e reale verità.
Forse stavo impazzendo davvero, e stare da sola non mi aiutava di certo.

Ero tornata ad esiliarmi nel mio laboratorio, inutile dire che quella maledetta telefonata mi aveva chiuso lo stomaco per l'ennesima volta, ormai mangiare era diventato un optional, potevo farlo come potevo non farlo, tanto quella che ne pagava le conseguenze alla fine ero solo io. Avevo scollegato tutti e quattro i lumacofoni della nostra nave, non volevo rischiare di sentire di nuovo la sua voce.

« Annabel, posso entrare?»
« Miriam... sì entra, la porta è aperta, ti ho fatta chiamare perché devo chiederti una cosa...»
« Di che cosa si tratta? » chiese Miriam timorosamente, facendo capolino dalla porta.
« Dai entra, non ti mangio mica... Nulla di grave comunque... Ah, aspetta un attimo, ti dispiacerebbe guardare questo? »
Afferrai la quarta tavola di Rorschach e gliela mostrai, ero davvero curiosa di sapere cosa riusciva a vederci. Avevo letto che quella fosse la tavola più difficile da interpretare, la “madre di tutte le macchie”, e in effetti quella macchia aveva come qualcosa di... abominevole ecco, mi turbava.
« A me sembra un orso, » rispose senza pensarci su troppo a lungo, « ma cos'è quella roba?! »
« Risposta scontata, » sospirai, appoggiando la tavola sulla scrivania, « ad ogni modo... Voglio che tu più tardi chiami la compagnia telefonica, dobbiamo cambiare numero al più presto... Non li chiamo io perché ho paura di perdere il controllo... Sai come sono io no, se m'incazzo mando tutto all'aria, le questioni burocratiche non fanno per me... » conclusi stringendo i pugni.
« A-Annabel, » replicò affannosamente, « oggi è sabato, e domani è domenica, potrebbero volerci anche settimane per cambiarlo... Ma perché vuoi cambiarlo proprio adesso? E perché hai staccato tutti i lumacofoni?! Potrebbe chiamare tua zia e se... »
« Quella maledetta strega può andare al diavolo! » urlai, stringendo con forza la matita che impugnavo in mano, « vi ho già detto cosa mi ha riferito quel Raoul sul suo conto... Non me ne frega più un accidenti di quello che pensa, né delle sue punizioni! »

« Sì che ce l'hai detto, e tu ci hai anche abboccato all'istante... »

Alzai gli occhi e proprio dietro la porta vidi Christa appoggiata allo stipite che mi fissava.
« Christa... quindi adesso ti metti a origliare dietro la porta, dai allora, di' la tua! » sbottai infuriata, spezzando la matita in due.
« Annabel, anche se questa cosa fosse vera... non capisci che quel tipo ti ha detto questo solo per farti del male!? Lui era nemico di tuo padre, ha cercato di uccidere tua madre e... »
« E adesso vuole ammazzare me, » dissi interrompendola bruscamente, « e voi siete solo delle stupide se continuate a restare al mio fianco. Ho Raoul che vuole ammazzarmi e quel bastardo di Doflamingo che chissà per quale motivo mi sta cercando, e voi volete davvero continuare a stare con me? Perché lo fate?! »
« Perché i tuoi problemi sono anche i nostri, » replicò Miriam con decisione, « è la stessa cosa che dici sempre quando tu ci tiri fuori dai guai Annabel! Tu pensi sempre agli altri, adesso lasciati aiutare! »
« Anche mia zia è un problema, » dissi tornando a sedermi, « sapete adesso cosa succederà se noi non la ricontattiamo entro una settimana? Io non ho più intenzione di tornare ad Amazon Lily, non dopo quello che sono venuta a sapere... Siete davvero consapevoli a cosa stiamo andando incontro? »
« Avremmo dovuto farlo prima, » replicò Christa, scostandosi dallo stipite della porta e avvicinandosi alla scrivania dov'ero io, « Annabel... avremmo dovuto farlo già molto tempo prima. Andare via da Amazon Lily, mandare al diavolo l'Imperatrice! Se non lo abbiamo ancora fatto è perché tu ce l'hai impedito fino ad oggi! »
« E sapete già perché ve l'ho impedito? » ribattei cercando di mantenere la calma, « Non voglio causarvi dei guai, questa è una battaglia tra me e lei, » mormorai digrignando i denti, « e questa battaglia va avanti da prima ancora che io nascessi. Lei ha sempre odiato mia madre come voi già sapete, anche dopo la sua morte, e adesso odia me così come ha odiato lei. Sono più che sicura che lei c'entri molto con il mio rapimento di tredici anni fa e anche con quello di cinque anni fa! »
« Sì, probabilmente, ma Annabel! Guarda il lato positivo della cosa... È stato solo grazie al “viaggio” che sei stata costretta a fare quando avevi sette anni che hai incontrato Rocinante... » disse Miriam sorridendo, « quei criminali ti hanno portata nel Mare Settentrionale dove hai conosciuto lui! »
« E non soltanto lui... » replicai, passandomi stancamente una mano sul volto, « ho conosciuto anche il mio incubo peggiore. E in quello stesso periodo, a mia insaputa, morivano i miei genitori... Non ho avuto proprio una vita felice, ma almeno ho voi, ma come già sapete non mi piace piangermi addosso... Ditemi voi cosa devo fare ».
« Annabel... qualunque decisione tu prenderai noi staremo sempre con te, dico giusto Miriam? » disse Christa cercando lo sguardo di Miriam.
« Certo che sì! » replicò Miriam sorridendo.
« Voi siete pazze... » sospirai, « va bene, come volete voi allora ».

« Certo che quel Doflamingo è un uomo davvero molto sexy... »

In quel preciso momento arrivò Ines, che stringendo fra le mani un manifesto con la taglia di Doflamingo continuava a dire assurdità circa la sua presunta “bellezza”. Ma come ho già più volte ripetuto la mia era una ciurma di pazzi, inutile cercare una spiegazione logica per tutto ciò che accadeva.
« È la stessa identica cosa che hai detto per gli ultimi venti pirati che hai visto in quest'ultimo mese... » sospirò Miriam scuotendo la testa.
« Hey Annabel, ma suo fratello è bello tanto quanto lui? » chiese Ines con aria sognante, « Certo che hai avuto davvero una fortuna sfacciata ad aver conosciuto due figoni come loro! Ah, sapessi quanto ti invidio! »
« Pretendi davvero che io ti dia una risposta?! » ribattei arrogantemente.
« Hey Ines, dai smettila ora! Ma ti sembra questo il momento adatto per sparare idiozie simili!? » sbraitò Miriam arrabbiata.
« Ah Miriam, lasciatelo dire ma i tuoi gusti in fatto di uomini lasciano molto a desiderare... » replicò Ines con arroganza, « come accidenti si chiamava quel tipo? Claude, non ricordo bene... Era davvero poco aggraziato, per non dire che era davvero brutto! »
« Eh no! A te invece piacciono sempre gli squilibrati! » ribatté Miriam con decisione.
« Basta, io mi dissocio... » mormorò Christa passandosi una mano sulla fronte.

« Hey ragazze! Venite su, presto! C'è una nave della Marina! »

All'urlo di Isabel ci precipitammo tutte sul ponte, e proprio come aveva annunciato lei c'era una nave della Marina a pochi chilometri da noi. Ma come diavolo avevano fatto a trovarci?!
Eravamo in guai seri e dovevo inventarmi qualcosa al più presto, avere davanti una gigantesca nave della Marina è sempre un guaio serio.
Stavo per dire alle ragazze di caricare i cannoni, quando all'improvviso vidi una sagoma sporgersi dal ponte della loro nave. Quel tipo stava dicendo qualcosa, ma che cosa?
Afferrai il binocolo e guardai meglio; quando lo vidi lo riconobbi all'istante, mi rassicurai e feci cenno alle ragazze di non attaccare. Che diavolo era venuto a fare lì quel rincitrullito?! E poi come faceva a sapere dove mi trovavo?

« Ragazze, abbassate i cannoni... è Garp! »
« Che cooosa?! » esclamarono le ragazze all'unisono.
« Beh sì, siete sorde o cosa? Quello è Garp, non attaccate! Sono scioccata tanto quanto voi, ma è davvero lui! » ribattei perplessa.

Da bambina mio padre mi parlava di questo suo strano amico, Monkey D. Garp, lo definiva come un uomo in gamba, un tipo abbastanza burbero e poco intelligente, ma con delle qualità fuori dal comune. Ricordo quando mi diceva che lui era l'unico amico del quale si fidava veramente, e che se io in futuro mi fossi mai trovata nei guai non avrei dovuto fare altro che rivolgermi a lui.
Ma con mia grande sorpresa quando ne ebbi bisogno non fui io a cercarlo, ma bensì fu lui a trovare me, in quella sperduta cittadina dell'arcipelago Kenzo; quello fu il nostro primo incontro, e quella volta mi trovavo in guai seri. All'epoca avevo soli diciassette anni ed ero abbastanza sprovveduta, la Marina aveva asserragliato tutte le vie d'uscita e se non fosse arrivato lui a sviare le ricerche mi avrebbero catturata.
Ero grata per quello che aveva fatto per me in tutti quegli anni, però aveva omesso di raccontarmi qualcosa, qualcosa che io avrei dovuto sapere già da anni, e che ero stata costretta a scoprire nel modo più brutale possibile.

L'enorme nave da guerra della Marina si avvicinò alla nostra, e appena fu abbastanza vicina Garp mi fece cenno di salire.
« Da sola?! » chiesi ad alta voce.
« Possono venire anche le tue compagne, basta che non picchino i miei uomini come la volta scorsa! » esclamò.
« Pff, il solito antipatico! » ribatté Miriam, « la volta scorsa un tuo cadetto ha cercato di toccarmi il sedere, ecco perché è iniziata quella lite, o forse l'hai già dimenticato!? »
« Sì, concordo con lei, » aggiunsi, « se osate allungare le vostre luride zampe sulle preziose chiappe anche di una sola di noi sapete già cosa vi aspetta, dico bene?! » esclamai con tono pungente, squadrando da destra a sinistra i marines che stavano sul ponte. Ammazza quant'erano silenziosi, era evidente che non avessero ancora dimenticato l'ultima lite che avevamo avuto in quel sperduto bar sull'isola di Guana! In quell'occasione erano volati per aria parecchi marines, insieme a sedie e pezzi d'arredamento d'ogni genere. Eh già, ci divertivamo da matti a picchiare i marines, soprattutto quelli ubriachi, era un'attività decisamente più divertente di stare a guardare le lugubri cerimonie contro gli “spiriti maligni” che si celebravano sulla nostra isola.
« Dai, basta con le chiacchiere! Annabel, sali da sola, così evitiamo casini! Dobbiamo parlare di cose serie! »
Cose serie... Beh sì, se lo diceva un decerebrato come Garp c'era di che fidarsi... o quasi. Senza pensarci su due volte con un salto salii a bordo della sua nave. I marines si scansavano impauriti al mio passaggio, andando ad ammucchiarsi tutti di lato. Che codardi.

Garp mi condusse nel suo ufficio, dove mi fece segno di accomodarmi su una poltrona nera. Cosa? Dovevo pure sedermi?! Qualunque cosa dovesse dirmi voleva che mi mettessi comoda, evidentemente era qualcosa di lungo, e a me quando le cose si fanno lunghe mi preoccupano.
« E allora? Posso avere l'onore di sapere cosa diavolo vuoi? » chiesi sgarbatamente, accavallando le gambe e poggiando i piedi sul tavolo.
« Intanto metti giù i piedi dalla mia scrivania! Sei sempre la solita selvaggia! »
« Selvaggia io? Da che pulpito viene la predica... Ah vero, mi scusi per la mia arroganza, Viceammiraglio... » mormorai sarcastica, tornando a mettere i piedi a terra, « Piuttosto... dimmi un po', come te la stai cavando nei panni del baby sitter con quel mocciosetto... come diavolo si chiamava... ah sì, Ace! Quel marmocchio ha preso tutto da suo padre, il Re dei Pirati! La volta scorsa ho provato a prenderlo in braccio e lui mi ha dato un calc... »
« Shhh, fa' silenzio, scellerata! Vuoi per caso che ci sentano i miei uomini!? » ribatté Garp con il volto rosso dalla rabbia, « ti ho già più volte ripetuto che nessuno sa della sua esistenza! Comunque se proprio vuoi saperlo è ancora con Dadan e il suo gruppo! »
« Dadan? Non ho mai capito se quell'essere sia un uomo parecchio brutto, un uomo che finge di essere una donna o un gorilla che finge di essere un uomo, ma comunque sia... Tu hai davvero lasciato un bambino di quattro anni insieme ai banditi della montagna?! Mio dio! »
« Non ho avuto altra scelta, » rispose, abbassando lo sguardo sulla scrivania, « ho promesso a suo padre che l'avrei salvato, e farlo vivere in incognito è l'unica alternativa possibile! Quel bambino diventerà un marine! »
« Che cosa? Tu vorresti che il figlio del Re dei Pirati diventi un marine? E per giunta lo fai anche educare da dei criminali?! Hey Garp, inizi a mostrare i sintomi della vecchiaia... » dissi, passandomi una mano in faccia in segno di disagio, « beh sì, forse dopotutto è sempre meglio che ricevere l'educazione direttamente da uno come te ».
« Eh? Dannata ragazzina, come osi criticare i miei metodi d'insegnamento?! Annabel, tu sai meglio di chiunque altro cosa si prova ad essere ricercati ingiustamente... » ribatté Garp cercando il mio sguardo, « Se quel bambino è figlio di Roger non è colpa sua, voglio solo dargli l'opportunità di avere una vita migliore! »
« Garp, non mettere in ballo anche me adesso, » mormorai distogliendo gli occhi da lui, « la mia situazione è diversa... »
« Annabel, se tuo padre fosse ancora vivo oggi sarebbe un Ammiraglio... era un eroe... »
« Sì, se solo lo fosse ancora... ma lui non c'è più, e sai perché? Per il semplice fatto che le brave persone hanno la tendenza a lasciare questo mondo troppo presto, cedendo il posto a degli esseri immondi... » mormorai digrignando i denti, « Garp... cambiamo discorso... Devi darmi un paio di delucidazioni riguardo a una questione... »
« Dai ragazzina, su con il morale! Vuoi una ciambella?! » esclamò, parandomi davanti al naso uno scatolo con delle ciambelle al miele.
« Hey Garp, guardami, » dissi, appoggiando entrambe le mani sul tavolo e mettendomi in piedi, « ti sembra che ho la faccia di una che ha voglia di scherzare? »
« Oh okay, se non ne vuoi fa niente... » disse, afferrando quattro ciambelle e ingurgitandosele in un attimo, « So che sei arrabbiata, ma se non mangi è peggio! Ti vedo un po' sciupata, dovresti mangiare di più! »

Se ero arrabbiata con lui?! No, non ero arrabbiata, ero decisamente fuori di senno, e adesso volevo proprio vedere come avrebbe cercato di giustificarsi riguardo alla questione che stavo per proporgli.

« Garp! Perché non mi hai mai parlato di Raoul il Boia!? » urlai con tutto il fiato che avevo in gola, « sono venuta a conoscenza di tutta la sua storia solo perché l'ho incontrato e ha cercato di ammazzarmi! »
« Che cosa?! H-hai incontrato Raoul il Boia! » esclamò Garp, sputando di getto ciò che aveva in bocca, « mio dio, Annabel! Lui sa che sei la figlia del Comandante Gordon! Quindi ti sei scontrata con lui?! M-ma almeno stai bene?! Accidenti, non doveva succedere! Non saresti mai dovuta andare sull'arcipelago Satō! »
« Non l'avrei mai fatto se tu mi avessi parlato di lui! » urlai, perdendo totalmente le staffe, « era ovvio che tu conoscevi già tutto! Sapevi che quel mostro era libero! »
« Quindi quel bastardo sa chi sei... Maledizione... Annabel, se non l'ho fatto è stato perché non volevo arrecarti altre preoccupazioni e riaprire vecchie ferite, ma forse avrei dovuto metterti in guardia... Quindi ti ha già raccontato tutto?! »
« Forse! » replicai arrogantemente, « ma comunque... sì, sono ancora viva... e sì, mi ha messo al corrente di ciò che successe con i miei genitori prima che io nascessi... »
« Lo sbatteremo in prigione presto e tu non avrai più nulla di cui preoccuparti, » disse, sbattendo entrambi i pugni sul tavolo, « ma tu fino ad allora dovrai fare in modo di non incontrarlo più! L'unica cosa che non riesco a capire è perché Rocinante nel suo rapporto non ha riferito dello scontro avvenuto tra te e Raoul... »
« Il Comandante Donquixote Rocinante? » chiesi, fissandolo con aria interrogativa, « dimmi un po' Garp, cosa sai sul conto di quel ragazzo?! »
« Sì, proprio il tipo che hai preso in ostaggio per scappare via, nel suo rapporto ti ha citato pochissime volte... Poveraccio, non mi sarei voluto trovare al suo posto, con una pistola puntata alle tempie e una pazza furiosa a dargli ordini... » disse scuotendo la testa, « Comunque... mi pare strano che tu t'interessi di un marine, cos'è che vorresti sapere sul suo conto? »
« Tutto quello che sai, » dissi fermamente, « tutto, dal primo giorno in cui l'hai incontrato fino all'ultima volta che l'hai visto ».
« C-cooosa?! » esclamò furibondo, « ma così ci metterò una vita! Annabel, non abbiamo tutto questo tempo! Se sono venuto qui è per dirti che devi andare via il più presto possibile! La Marina sta scandagliando le coste di tutte le isole vicine, devi muoverti! »
« Non m'interessa, devi dirmi tutto ciò che sai di lui! » ribattei con decisione, « e poi ci metteranno ancora del tempo per trovare quest'isola... Non tutti sono a conoscenza del fenomeno di rifrazione della luce che rende quest'isola praticamente invisibile agli occhi di chi passa! Tu sei qui solo perché già conoscevi le coordinate dell'isola! Ma dimmi... come diavolo facevi a sapere che io ero proprio qui?! »
« Perché è l'unico posto sicuro nel raggio di chilometri! Maledizione, ma credi che io sia un idiota totale?! » sbraitò infuriato, « Annabel, devi andartene! Non ci metteranno ancora molto a trovarti! »
« Lo farò, me ne andrò, ma tu prima devi parlarmi di lui! Dimmi, come l'hai conosciuto? Quando? Devi dirmi tutto! »
« Sei davvero testarda, e in questo tu e tuo padre eravate identici... Sai, anche quel ragazzo del quale vuoi sapere tutto quando si mette in testa qualcosa è davvero difficile fargli cambiare idea... Perché t'interessa così tanto? » chiese inarcando un sopracciglio, « non è che forse c'è qualcosa che dovresti dirmi al riguardo? »
« Te lo dirò se lo riterrò necessario, » ribattei, « ma adesso dimmi... quand'è che l'hai conosciuto?! »
« Vedo che è difficile farti parlare... Comunque, se proprio vuoi saperlo quel ragazzo lo ha trovato Sengoku circa tredici anni fa se non sbaglio, era rimasto da solo e così decise di prenderlo con sé... »

C-cosa? Sengoku lo aveva... adottato?! Non riuscivo a credere alle mie orecchie, a-allora ecco perché io quel giorno non ero più riuscita a trovarlo, lo aveva portato via lui!
« Bene, cos'altro sai? » chiesi freddamente, cercando di mascherare le mie reali emozioni, « ricordi qualcos'altro? »
« Qualcos'altro dici? Fammi pensare... Era un bambino molto silenzioso, non parlò per mesi, e ne aveva tutte le ragioni visto ciò che aveva passato... Usava dei foglietti di carta per comunicare, e quando poi finalmente parlò raccontò una cosa assurda... »
« Cosa?! » chiesi trepidante. In cuor mio sapevo già di cosa si trattava, ma volevo sentirlo da lui.
« Annabel... Hai sentito parlare di un pirata del Mare Settentrionale, Donquixote Doflamingo? »
« S-sì, » replicai deglutendo, « sì... »
« Ecco, come già avrai intuito loro due sono fratelli, ma non è tutto... » disse, cambiando tono di voce e reclinando le spalle sullo schienale della poltrona, « Doflamingo quando aveva dieci anni... uccise il padre, gli sparò proprio davanti agli occhi del piccolo Rocinante... »
« Sì, » ribattei stringendo i pugni, « Doflamingo è un vero mostro, ma questo lo so già... Dimmi qualcosa che non so... »
« Quel ragazzo non desidera altro che vederlo finalmente dietro le sbarre, e pur di realizzare il suo obiettivo è disposto a tutto... »
« Cosa intendi dire? » sussultai, « Cos'ha intenzione di fare? »
In quel momento ricordai lo strano discorso che Rocinante mi aveva fatto quand'eravamo nei tunnel sotterranei, quel suo discorso circa la sua nuova “missione”, il suo tentativo di fermare una persona a suo dire “diabolica”; di cosa si trattava? Non aveva mica in mente di... di...
« Vuole fermare suo fratello, ed è proprio per questo che a breve si infiltrerà nella sua organizzazione... »
« Cosa?! » replicai con un urlo, « No, non può farlo! Lo ammazzerà, lo ammazzerà! »
In quel momento il mondo mi crollò addosso, ed ero così talmente arrabbiata che avrei voluto spaccare tutto.
« Annabel, ma che diavolo ti prende adesso? » urlò Garp sbigottito, « Calmati! Lui ha già deciso così e nessuno può fargli cambiare idea! Abbiamo cercato di fargli cambiare idea mille volte, ma se quel ragazzo decide una cosa è impossibile farlo ragionare! Ma è un ottimo dissimulatore, io e gli altri siamo convinti che il suo piano abbia una buona possibilità di riusc... »
« Voi non sapete un cazzo, d'accordo? » urlai, alzandomi di scatto e dirigendomi verso la porta, « Non lo conoscete come lo conosco io! Questa missione è un suicidio! »
« Annabel! Dove stai andando?! » ribatté Garp venendomi dietro.
« Vado a cercare Rocinante! Voglio farlo ragionare! »
« Non puoi, lui è già andato via! Si trova al Quartier Generale adesso! »
« Andrò anche a Marijoa se ciò servirà a fargli cambiare idea! »
« Annabel! Vuoi davvero farti catturare in un modo così stupido e lasciare le tue compagne al loro destino?! » replicò Garp afferrandomi con un braccio, « Ragiona... Non otterrai nulla così! »
Mi fermai e tirai un profondo respiro. Forse dopotutto non aveva torto, dovevo calmarmi e farmi venire in mente qualcosa, anche se in quel momento era davvero difficile ragionare lucidamente.
« Garp... cosa mi proponi di fare? » chiesi dopo qualche minuto di silenzio, « I-io devo assolutamente vederlo, voglio parlargli... Devo togliergli quest'idea dalla testa, devo farlo, capisci?! Io devo! » urlai in lacrime, « Non voglio che gli succeda qualcosa... »
Garp mi fissò per qualche minuto dubbioso, era un tipo poco sveglio ed evidentemente non aveva ancora capito la necessità che avevo di rivedere Rocinante.
« Garp! Di' qualcosa! » urlai, « dimmi quando e dove posso vederlo, possibilmente non a Marijoa o in qualche altro posto infestato da voi della Marina! Credi di riuscirci? Mi terrai informata? »
« S-sì, posso farlo! » replicò senza pensarci su due volte, « ma dovresti accendere quel maledetto lumacofono! Perché l'hai staccato?! Non sai quante volte ho provato a chiamarti prima di venire qui a cercarti! »
« Sono questioni mie, non impicciarti, » replicai sgarbatamente, « stai sempre a ficcare il naso in cose che non ti riguardano ».

Cosa avrei dovuto dirgli? Qualcosa del tipo: “Sai, ho Doflamingo alle costole, ma non so esattamente dove diavolo si trova!”
La cosa più inquietante era proprio questa, io non sapevo da dove diavolo mi aveva chiamata, né se conosceva la mia posizione attuale. L'unica cosa che sapevo era che da quel momento in poi avrei dovuto aumentare la dose dei miei farmaci per riuscire a stare calma.

« Va bene Garp, io adesso vado via, posso fidarmi? Non dimenticherai di richiamarmi, dico bene?! »
« Che fai, scherzi?! Mantengo sempre la mia parola, o non sarei un eroe della Marina! » disse orgogliosamente, « ti ho già raccontato di quella volta in cui... »
« Sì sì, hai ragione tu, » dissi velocemente, « mi hai già raccontato delle vittorie che hai riportato in numerose occasioni, potrei scriverci sopra un libro... Ma ora non ho tempo per mettermi qui ad ascoltarti, scappo! »
« Eh, che cosa?! M-ma io avevo appena iniziato! Davvero non vuoi sapere di quella volta quando ho... »
« No! » replicai secco, « mi hai detto che stanno cercando i pirati reduci dalla battaglia, no? Devo muovermi a scappare, non voglio farmi arrestare! Probabilmente cambierò numero in questi giorni, ti farò sapere! » dissi, mentre mi avviavo di corsa fuori dalla stanza.
« D'accordo allora, stammi bene! »

Quel Garp quando si metteva a raccontare tutte le sue vittorie riportate contro i pirati perdeva decisamente la cognizione del tempo, e la faceva perdere anche agli altri. Tornai di corsa sulla mia nave e avvisai Christa di metterci subito in viaggio, ci mancava solo che la Marina ci trovasse.
Adesso avevo un obiettivo, dovevo ritrovare Rocinante; dovevo ritrovarlo e impedirgli di commettere una follia. Non avrei permesso per niente al mondo che quel bastardo di suo fratello gli facesse del male, anche se ciò avrebbe comportato la rivelazione della mia vera identità. Non potevo più scappare, non dovevo, non adesso che avevo finalmente ritrovato lui.




 

Salve salvino, come va? Yes, I'm still alive XD
Stavolta ho fatto tardi a pubblicare il capitolo perché... naaa, stavolta non c'entra lo studio, è il videogame che sto sviluppando (da sola), mi ha fatto perdere decisamente la cognizione spazio temporale, nonché la maggior parte dei neuroni ancora sani che vivevano tranquilli nel mio cervello... Va bene, okay, ora la smetto. Tornando al capitolo... Non so se avete mai sentito parlare de test di Rorschach, magari lo avrete visto in qualche film, sono praticamente quelle tavole con delle macchie simmetriche dove il dottore (lo psichiatra) chiede al paziente cos'è in grado di vederci, e in base alle risposte date il dottore determina lo stato mentale del paziente.
La quarta tavola è quella che viene definita la “Madre di tutte le macchie”(die Mutter aller Flecken), e sembra proprio che questa tavola sia in grado di descrivere la percezione del rapporto con gli individui maschili (e anche con il padre); quindi qual'è la risposta più corretta in questo caso? La risposta più comune è quella di vederci un comunissimo orso, mentre una risposta più psicotica sarebbe vederci qualcosa di diverso, di ostile, come un mostro. Annabel non vuole pronunciarsi più di tanto su questa tavola, perché secondo voi? Non sarà forse a causa del suo brutto passato e del suo matrimonio forzato? Eppure, nonostante Annabel non veda gli uomini di buon occhio, vuole “salvare” Rocinante, al punto tale che adesso non le importa più nulla di farsi scoprire, ed è decisa a cercarlo ovunque e a rischiare tutto; è il suo dovere, no? Ce la farà?
ps. Stavolta niente disegno perché... mi è deceduta la tavoletta grafica, o forse si sono solo scaricate le batterie, devo controllare meglio XD






 

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Capitolo 20
*** Vacanza ***


Vacanza





Ho sempre avuto la brutta abitudine di non rimettere mai a posto le mie cose dopo averle prese, e per tale motivo la mia camera sembrava più una specie di ripostiglio che una stanza da letto. Ma cosa diavolo pretendevo, ordine? Pulizia? Insomma, era pur sempre la camera da letto di un pirata o no?!
Forse il caos che mi circondava altro non era che l'espressione del disordine che mi portavo dentro, e l'unica cosa che abbelliva un po' la mia camera era quel piccolo albero bonsai poggiato sul comodino. Più lo osservavo e più le mie palpebre diventavano pesanti; quella sera, non sapevo come, ma avevo decisamente più sonno del solito. Forse ero solo un po' più tranquilla, e il fatto che la compagnia telefonica fosse riuscita, sotto minaccia, a cambiare il nostro numero in soli cinque giorni aveva decisamente alleviato parte delle mie preoccupazioni. Eh già, solo in parte, perché sapevo bene che non era una soluzione definitiva, ma almeno avrei guadagnato tempo, tempo che avrei dovuto impiegare per trovare lui e spiegargli tutto prima che fosse troppo tardi.

Stringevo il cuscino forte a me, pensavo a lui, e mentre lo facevo non cessavo neanche per un istante di maledirmi; perché ero stata così codarda quella volta? Perché non ero riuscita a dirgli chi ero veramente?
Io ero sempre stata strafottente con tutto e con tutti, con me stessa in primo luogo, non mi ero mai fatta troppi problemi a dire in faccia alle persone cosa pensavo di loro... Ma allora che cosa mi succedeva quando avevo di fronte lui, perché con lui non ci riuscivo ad essere così?!
Ma forse la risposta ce l'avevo già, ed era anche molto semplice e non aveva nulla a che vedere con il mio essere strafottente o meno: io avevo avuto paura. Paura, ma di che cosa? Di chi? Di Rocinante? Era davvero impossibile avere paura di lui, per il semplice fatto che lui era una persona magnifica, unica, ma c'era un dubbio che mi assillava, lo stesso dubbio che mi aveva bloccata quel giorno e che mi aveva impedito di dirgli la verità: cosa avrebbe pensato se gli avessi detto chi ero? Ne sarebbe stato felice o no? Cosa pensava lui di me, che ricordo gli avevo lasciato? Anche lui, così come suo fratello Doffy, credeva che io fossi malvagia? Non sapevo davvero cosa pensare; no, non avevo paura di lui, avevo decisamente paura di me stessa.

« Annabel, posso entrare? »
« Sì, entra pure Ines, la porta è aperta ». Mormorai con la testa immersa nel cuscino.
« Accidenti, che voce tenebrosa che hai! Ma s-stai bene?! » chiese, sedendosi sul letto dov'ero io e tirandomi via il lenzuolo di dosso.
« Ines, è quasi mezzanotte e io vorrei dormire, quindi se non hai nulla d'importante da dirm... ai! Che cazzo fai?! » urlai sollevandomi di colpo, « p-perché mi hai strappato un capello?! »
« Ma era tutto bianco! » replicò con aria innocente, « e poi guarda, qui ne hai anche altri due... »
« Eh no, sta' ferma ora! Giù le mani! » sbottai alzando mi scatto, « preferisco tenermi i capelli bianchi piuttosto che farmi pelare un capello alla volta! »
« Uffa quanto sei permalosa! » esclamò imbronciata, « Comunque, sono venuta qui per farti assaggiare la mia crostata di mele, e ti ho portato anche questa tisana... Ti farà bene, credimi! » concluse con un sorriso.
Quella ragazza era davvero imprevedibile, aveva la lingua lunga e la delicatezza di un elefante, ma quando voleva lei sapeva tirare fuori una dolcezza unica. Quando voleva lei.
« Hey Ines, non è che c'è qualcosa che dovresti dirmi? » chiesi, inarcando un sopracciglio e scrutandola negli occhi.
« Ehm...sì, ci sarebbe una cosa... » rispose con voce esitante, « Ce l'hai presente il sacco da boxe quello nero che c'è in palestra? Ecco, sono stata io a sfondarlo! »
« Eh eh, dovresti imparare a controllare meglio la tua forza o finirai per sfondare anche la nave, » ribattei con un sorriso, « comunque non è un problema, c'è ancora della sabbia nel magazzino se non sbaglio, si può riparare ».
« Davvero non sei arrabbiata Annabel? » chiese, afferrandomi per i polsi e guardandomi fisso con occhi speranzosi.
« No che non lo sono, hai solo sedici anni... » risposi, districandomi delicatamente dalla sua presa e poggiandole una mano sulla testa, « Sai, anch'io alla tua età facevo fatica a gestire l'Haki dell'Armatura e combinavo parecchi casini, ma sono sicura che se ti alleno ancora alla fine riuscirai a farcela. Guardami, sono qui, ho vent'anni e godo di ottima salute, per quale motivo non dovrei riuscirci con te? Un giorno magari mi raggiungerai... »
« Lo credi davvero Annabel? Ah, menomale allora! Grazie, grazie, ti voglio bene! Sei il maestro migliore che si possa mai avere! » esclamò, buttandosi fra le mie braccia e stringendomi con forza, « tu non sei solo il mio maestro, sei anche l'amica migliore che si possa mai desiderare! »
« Hey, va bene così, » dissi, cercando di scrollarmela di dosso, « non devi ringraziarmi, ciò che faccio per voi lo faccio solo perché mi piace e ho voglia di farlo, e vedo in voi un ottimo potenziale. Va' a nanna adesso, su! »
« S-sì! Buonanotte Annabel! »
« Notte, e chiudi bene la porta per favore! »

Mangiai la crostata di mele e tornai ad accucciarmi sotto le coperte, quella notte faceva decisamente freddo. Il vento ululava da dietro la finestra, e sentivo i rami delle piante che tenevamo sul ponte sbattere contro il vetro senza sosta.
Stavo per addormentarmi, quando all'improvviso il lumacofono iniziò a squillare; chi diavolo era a quell'orario? Avevamo cambiato numero da poco, e l'unico a cui lo avevo dato era Garp. Ma possibile che fosse davvero lui?
Mi alzai dal letto e timidamente mi avvicinai al comodino su quale stava poggiato il lumacofono. Non sapevo se rispondere o meno, e sinceramente quella telefonata improvvisa mi aveva turbata, speravo che smettesse di squillare presto, ma visto che non lo faceva mi presi di coraggio e alzai la cornetta.
« Pronto? » chiesi timidamente.
Silenzio. Non era un buon segno. Quella situazione non mi piaceva per niente, e più il tempo passava e più sentivo il cuore arrivarmi in gola.
« Senti, chiunque tu sia... io non ho tempo da perdere, credo che tu abbia sbagliato numero... » dissi, mentre tremante mi accingevo ad abbassare la cornetta.
« E invece io credo proprio di non aver sbagliato ».
No, non poteva essere vero, non poteva essere davvero lui. In quel momento fui pervasa da una forte ansia, ed ero così talmente agitata che non sapevo neanche cosa dire, non ero più in grado neanche di pensare lucidamente; no, non poteva essere vero, forse era solo un sogno, solo un bruttissimo sogno!
« Annabel, va tutto bene? Perché non rispondi, sei sorpresa? Non dovresti esserlo, ormai dovresti saperlo bene che se io voglio qualcosa non desisto tanto facilmente... »
No, non stavo sognando, quello era davvero lui... Cosa dovevo fare? Dovevo riattaccare, riattaccare e continuare a scappare? No, ero stufa di scappare, e stavolta volevo proprio dirgliene quattro anch'io.
« Sono sorpresa e disgustata, » replicai con tono sprezzante, « Sì che lo so, purtroppo ti conosco bene, so che pur di raggiungere i tuoi obiettivi non ti fai il benché minimo scrupolo... Dimmi, quanta gente hai dovuto corrompere o ammazzare per ottenere questo numero? »
« Non importano i mezzi, conta solo il risultato, mia cara Annabel... Cosa stavi facendo? Visto l'orario presumo che tu sia a letto fra le coperte... Ti ricordi dei vecchi tempi, Annabel, quando dormivamo insieme noi tre e tu ti stringevi forte a me? Ti sentivo tremare per il freddo e io ti riscaldavo... »
« No! » urlai, « Ho dimenticato tutto nel preciso istante in cui hai premuto quel maledetto grilletto! Hai ammazzato anche il tuo stesso padre, tu sei malato! Non voglio avere più niente a che fare con te, niente! Mi dispiace del tempo che ho trascorso con te, credimi, ma ho rimosso tutto dalla mia mente! »
« Annabel dai, non fare così... So che per te è difficile accettare quello che ho fatto, perché tu amavi tuo padre, ma nel mio caso era diverso! Mio padre era solo un traditore che ha condotto la sua stessa famiglia alla rovina! Annabel... in fondo in fondo io e te siamo uguali, abbiamo gli stessi obiettivi! Noi vogliamo che loro paghino per tutto quello che ci hanno fatto! »
« Loro chi? Il mondo intero?! Tu vuoi davvero distruggere il mondo intero! Doffy, tu stai delirando! » urlai esasperata.
« No Annabel, voglio solo riprendermi ciò che è mio, e tu sei una di queste cose... Non riesco a smettere di pensarti, e l'unica cosa che desidero è stringerti forte fra le mie braccia come allora... »
Cosa? Con quale coraggio lui si permetteva di dirmi una cosa simile? Lui era solo un maledettissimo mostro, lui non aveva un cuore, lui non poteva provare dei veri sentimenti! Ero amareggiata, disgustata.
« No... Adesso tu devi smetterla... Devi smetterla, hai capito?! Smettila di prendermi in giro, smettila di perseguitarmi! Smettila, cazzo! » replicai urlando, « Cosa c'è, le tue concubine non ti scaldano il letto abbastanza e così vuoi reclutare anche me?! »
« Cosa c'è Annabel, sei gelosa? » ribatté con tono ironico, « Ho avuto moltissime donne non posso negarlo, ma nessuna donna è come te, nessuna... Io voglio solo te, perché tu fai parte della mia famiglia, ho dei progetti molto importanti per te! »
« Io? Gelosa di uno come te?! Va' al diavolo, e sai cos'altro ti dico? Me ne sbatto di te e dei tuoi progetti che ti sei prefissato per me senza il mio consenso! Tu pensi solo a te stesso, non te ne fotte niente del prossimo! Non mi farò usare da te, hai capito?! Non lo farò mai! »
« Sei una donna difficile, molto difficile, mi piaci quando fai così... Eppure sai cosa ti dico? Sarai tu a tornare da me, e lo farai molto presto! Metterai da parte l'orgoglio e tornerai da me, Annabel! »
« Cosa vorresti dire? » chiesi in preda al panico, « Cos'hai in mente? »
« Lo capirai a tempo dovuto, adesso buonanotte mia cara, dormi bene ».
« Cosa? Che significa? Pronto? Pronto?! Vaffanculo, ha riattaccato! » urlai, lanciando violentemente la cornetta sul pavimento. Che diavolo aveva in mente quel bastardo, perché mi aveva detto quelle cose? Cosa voleva da me?!
Forse aveva ragione lui, era inutile scappare, e la sua mente malata gli faceva credere che io gli appartenevo; qualunque cosa avesse in mente mi terrorizzava, non riuscivo neanche ad immaginare cosa volesse da me.
Mi buttai di nuovo sul letto, tornai ad abbracciare il cuscino e stavolta scoppiai in lacrime; erano lacrime di rabbia le mie, quella situazione mi stava portando sull'orlo di una crisi di nervi.


                                                                                       ✣ ✣ ✣


Il mattino seguente mi risvegliai sul pavimento, non avevo fatto altro che rigirarmi fra le lenzuola per tutta la notte e alla fine, esausta, mi ero addormentata nelle prime ore del mattino. Mi sentivo davvero uno straccio, altro che sonno ristoratore. Mi alzai a fatica, e barcollante mi diressi verso il comodino, afferrai lo specchio e mi guardai; avevo le occhiaie e i capelli arruffati, non avevo un bell'aspetto.
Scesi al piano di sotto, attraversai il corridoio e giunsi in cucina, dove tutti erano seduti a fare colazione. Facevano un baccano terribile, possibile che non riuscissero a mandare giù due bocconi senza schiamazzare in quel modo assordante?!
« Hey Annabel, va tutto bene? » chiese Christa, alzandosi dal suo posto e scrutandomi negli occhi con uno sguardo preoccupato.
« A meraviglia, » replicai a voce bassa, « piuttosto... dove ci troviamo? »
« Siamo diretti verso l'isola di Vulcania... Sai, le ragazze non vedono l'ora di andare a fare shopping, e con tutti i soldi che abbiamo adesso possiamo permettercelo! » disse sorridendo.
« Sì Annabel! » aggiunse Ines raggiante di felicità, « Sai, voglio comprare un sacco di cose! Voglio rifarmi il guardaroba, e stavolta non devo neanche preoccuparmi per il prezzo! Su questo volantino che ho trovato sull'arcipelago Sato ci sono dei trattamenti di bellezza fantastici! Voglio provare quel trattamento per i capelli che c'è in questa pagina, dicono che faccia scomparire le doppie punte! »
« Tsk, ma davvero tu credi che una banalissima maschera per capelli ti faccia sparire quelle orrende doppie punte che ti ritrovi? Sei davvero ingenua, » replicò Miriam con tono derisorio, « quelli fregano solo i soldi alle babbee come te! Lo sanno tutti che le doppie punte si tagliano! »
« Io non mi taglierò mai i capelli, » ribatté Ines infuriata, « e poi chi sarebbe la babbea? Tu l'altra volta hai lavato il mio vestito di seta con l'acqua bollente! Lo sanno tutti che la seta si lava con l'acqua fredda! Me lo hai rovinato, ed è tutta colpa tua! »
« Tu non mi avevi detto che era di seta! Mi avevi detto che era di cotone! »
« No, io ti avevo detto che era l'altro di cotone, quello nero! Ma tu sei sempre distratta e non ascolti mai! »
« Distratta io?! Tu sei... »
« Adesso bastaaa! » urlai, sbattendo entrami i pugni sul tavolo, « E che cazzo! Ma quanti anni avete voi due, quattro o cinque? E poi cos'è questa storia?! Stiamo davvero andando in una fottuta spa?! Ma non abbiamo neanche cambiato l'oro in denaro, come diavolo volete andarci a fare compere?! » chiesi infuriata, « Abbiamo alle costole un casino di nemici che vogliono farci fuori e noi andiamo a rilassarci e fare shopping in una fottutissima spa! Christa, per la miseria, ti sei rincoglionita anche tu?! »
« E dai Annabel, cosa sarà mai prendersi un po' di riposo una volta tanto, ci farà bene, soprattutto a te, credimi! Si vede che sei stressata! »
« Sai cosa mi farebbe bene? No, non lo sai, nessuno di voi lo sa! » dissi, mentre uscivo dalla cucina infuriata.
« Annabel, ma non fai neanche colazione? » chiese Ines con la bocca piena, « tieni almeno questo! » disse, lanciandomi un toast con prosciutto e olive, che io afferrai al volo.
« Ecco, tu sì che ci hai azzeccato, è il mio preferito... Okay, andiamo a Vulcania, non mi sembra che mi avete lasciato altra scelta, però... vi do tre giorni, tre giorni e non di più. Tre giorni per comprare tutto ciò che volete e provare tutte le cazzate che ci sono scritte in quella rivista, va bene? Vi bastano? »
« Sì, sì! » Urlarono le ragazze tutte insieme.
« Eh?! Tre giorni?! Ma sono troppi! Ehm... e io c-cosa faccio? » chiese Jeff balbettando, « mica sono una femmina io! Non m'interessano i trucchi, i vestiti o i massaggi per le rughe! Che diavolo dovrò fare per tre giorni interi?! »
« Dovrai tenere il becco chiuso, credi di poterci riuscire o ti viene difficile? D'altronde sei stato tu a voler venire con delle “femmine” o sbaglio? » Replicai con tono tagliente.
« Jeff, amore mio, mi aiuterai a portare le borse, vero? Voglio comprare tantissime cose ora che siamo diventati ricchi sfondati! » Esclamò Isabel, buttandosi fra le braccia di Jeff.
« Sentito, sembra che avrai mooolto da fare nei prossimi giorni, non rischierai di annoiarti! Auguri sfigato! » dissi ridacchiando.
Presi un paio di toast e mi avviai sul ponte, volevo stare un po' da sola per poter riflettere. Forse dopotutto Christa aveva ragione, quella piccola “vacanza”, se così si poteva definire, forse mi avrebbe fatto bene, e forse chissà, magari sarebbe stata l'ultima che avrei trascorso con loro. Odiavo pensare a questa eventualità.


Sbarcammo su Vulcania nel pomeriggio; un'isola tranquilla, soleggiata, con gente che schiamazzava e ballava a ritmo di odiose musiche caraibiche. Dai, dovevo sopravvivere in quel posto “solo” per tre giorni, ce l'avrei fatta a resistere?
Sì forse, occorreva solo trovare degli ottimi tappi per le orecchie e una postazione all'ombra, dove né i raggi solari e né gli sguardi indiscreti potessero scalfire la corazza che mi ero imposta di portare.



 


Salve lettori, o forse dovrei dirvi buonanotte visto l'orario ihih... :D
Non mi faccio viva da parecchio tempo lo so, e mi scuso per questo, ma sto lavorando su un paio di progetti dove la mia presenza è indispensabile, e quindi vi chiedo ri-perdono...
Voglio portarla avanti questa storia, ho in mente tutto fino alla fine, e poi scrivere mi piace, ma purtroppo (?) sono davvero tante le cose che mi piacciono fare e quindi... e quindi ho poco tempo :)
Grazie per le recensioni che mi avete lasciato, vi risponderò, e grazie anche a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite e/o seguite ;)

 

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