Imagine...

di Kitsune Blake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imagine Me &... Him ***
Capitolo 2: *** Imagine Me &... Him! Again. ***



Capitolo 1
*** Imagine Me &... Him ***


Torno ai lidi di Watchmen con una nuova, pensatissima (???) shot. Chiedo perdono per le mie lunghe assenze, purtroppo l’ispirazione da un po’ è quel che è, ma sto facendo del mio meglio per ritrovarla. Intanto ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno sempre seguito e continuano a seguirmi, nonostante i miei continui ritardi. Un ringraziamento a bluemary per avermi dato lo spunto per questa storiella. Ora vi lascio alcuni pomodori marci, in caso la storia faccia proprio schifo. Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

Imagine Me &… Him

 

 

 




“Quindi tu…”
“Sì.”
“E…”
“Esatto.”
C’era stato un momento in cui Dan aveva davvero voluto delle risposte. Ora se ne stava pentendo.
Tutto era iniziato qualche giorno prima, quando, dopo il solito incontro dei Crimebusters, si era accorto di aver dimenticato i propri occhiali nella sala riunioni. Nel momento in cui era arrivato davanti all’ingresso della stanza, però, aveva trovato la porta chiusa. Dall’interno provenivano strani rumori.
Respiri affaticati, aveva osato indovinare. Aveva pensato che fosse solo l’immaginazione.
Poi, però, erano iniziati i gemiti. E lì aveva pensato che non potesse essere vero.
“Avanti” disse Adrian, interrompendo il flusso sconcertante dei suoi ricordi. “Sei sempre stato a conoscenza delle mie preferenze.”
Aveva un lieve sorriso –compiaciuto?- sul volto.
“Non sei tu” tagliò corto Dan.
Il sorriso di Adrian si allargò appena. “Lui?”
Dan rimase zitto per qualche istante. Poi si tolse gli occhiali per pulirli. Quegli occhiali erano nella stessa stanza in cui Adrian e… non poteva pensarlo. Prese a pulire le lenti con più insistenza del dovuto.
“E da quando…” chiese, un po’ rauco. Si schiarì la voce. “Da quando esattamente voi fate… vi vedete?”
Da dietro la scrivania, Adrian accavallò le gambe e intrecciò le dita, i gomiti poggiati sui braccioli della sedia. Eccola, la posizione che assumeva di solito quando stava per raccontare una propria vittoria. Di solito in affari.
“Ho sempre avuto un certo interesse, non posso nascondertelo. Dopotutto, credo che per me fosse anche una sfida.”
Dan non stentava a crederlo. E Adrian doveva averlo notato, perché si interruppe per sondare il suo volto col consueto, enigmatico sorriso.
“Come dicevo” riprese poi “era una sfida. E non posso negare di essere… come dire, soddisfatto della mia vittoria.”
Era il modo cortese di Adrian per dire “lo tengo per le palle”. Lo conosceva bene ormai.
“Quindi ora lo fate… vi vedete regolarmente?”
“Abbastanza.”
“Solo qui?”
“Anche qui.”
“Anche qui?” chiese Dan, indicando la sedia dove si trovava.
Adrian assunse un’aria vagamente pensierosa. “Il più delle volte non mi accorgo di dove siamo, quindi è probabile.”
Dan sentiva l’impellente bisogno di alzarsi. E il suo turbamento doveva essere chiaro, perché le parole di Adrian furono una chiara risposta al suo pensiero.
“La mia assistente pulisce l’ufficio ogni mattina, Dan. Puoi stare tranquillo. E non abbiamo nemmeno sfiorato i tuoi occhiali” aggiunse infine, lanciando un’occhiata eloquente alle sue mani.
“Oh. Certo che no.”
Ci fu qualche istante di silenzio, secondi nei quali Adrian di mise a scrivere qualche appunto sul calendario. Secondi in cui Dan si chiese se alzarsi e andarsene oppure rimanere per sapere di più.
Per qualche insulso istinto di autodistruzione, vinse la seconda opzione.
“Sei proprio certo che lui non ti stia usando?”
Adrian alzò gli occhi su di lui, smettendo di scrivere all’istante. Che davvero fosse fastidio quella punta di freddezza nei suoi occhi?
“Dan, ho mai permesso a qualcuno di usarmi?”
“No.”
“Bene” disse Adrian, tornando a sorridergli, affabile. “In ogni caso, ti posso assicurare che lui non mente quando stiamo…”
Dan si costrinse a spegnere un istante il cervello. Pensa a qualcos’altro, pensa a qualcos’altro.
Pensò al momento in cui sarebbe tornato a casa a lucidare Archie. Le labbra di Adrian si mossero ancora per pochi istanti. Poi fu di nuovo il silenzio.
Non erano passati che pochi secondi, quando il telefono si mise a squillare.
“Sì?” rispose Adrian, con gentilezza.
Mentre la voce di donna parlava dall’altra parte della cornetta, Dan si chiese quante volte l'amico avesse risposto al telefono con quella disinvoltura, mentre era occupato in attività diverse dal lavoro.
“Grazie, Marla” disse poi Adrian “di’ loro che in cinque minuti sarò in sala riunioni.”
Detto questo, riattaccò.
“Perdonami, Dan. I miei azionisti sono in anticipo, e sai che non posso farli aspettare.”
“Ma certo” rispose lui, pensando che in effetti gli azionisti fossero arrivati proprio al momento più opportuno. Ora sarebbe tornato a casa e avrebbe guardato un po’ di tv, magari avrebbe davvero lucidato il già lucidissimo Archie. Oppure avrebbe chiesto a Laurie di uscire.
Sì, avrebbe fatto così. Una cena con Laurie sarebbe stata perfetta, sempre che non fosse impegnata con Jon.
“Nessuno lo sa, a parte me, vero?” chiese poi, ricordandosi all’improvviso di inforcare gli occhiali quando ormai si trovava sulla soglia dell’ufficio.
“Nessuno. E lui non deve sapere che tu ne sei a conoscenza. Ovviamente sai perché.”
Annuì.
Non voleva certo morire per mano del Comico.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Imagine Me &... Him! Again. ***


Eccomi ancora! Ed ecco il seguito (non so da dove sia uscito) della shot. Vi avverto, non voglio avere alcuna responsabilità per eventuali danni ai neuroni causa nonsense.

Buona lettura!







Imagine Me &... Him! Again.









Ovviamente, Dan non aveva raccontato a nessuno di ciò che aveva scoperto qualche giorno prima. Era tornato a casa e aveva lucidato Archie fin quasi a consumarlo, dopo che Laurie aveva gentilmente declinato il suo invito a cena. Rorschach era venuto a trovarlo in tarda serata.

"Il tuo aspetto non mi piace, Daniel" aveva detto il partner, trangugiando un altro cucchiaio di fagioli in scatola.

"Sono solo stanco" si era limitato a dire lui, prendendo il giornale per costringersi a fare qualcosa ed evitare così lo sguardo enigmatico dell'amico, che -lo sentiva- non era affatto convinto della risposta. Rorschach però non gli aveva chiesto altro, e di questo lui gli era stato grato.

Tuttavia, Dan sapeva che non avrebbe potuto evitare a lungo Adrian. E infatti, qualche giorno dopo, si ritrovò in attesa fuori dal suo ufficio: una banda di trafficanti stava crescendo in maniera preoccupante e il solo che avrebbe potuto aiutarli sarebbe stato Ozymandias. O il Comico, ma Dan non aveva una gran voglia di lavorare con lui, perché il solo pensiero faceva sì che immagini sconcertanti gli si affacciassero nitide nella mente.

Si diede dello stupido: non poteva continuare così. Adrian era suo amico, e lui era sempre stato a conoscenza dei suoi gusti. Per quanto riguardava il Comico, non doveva far altro che continuare ad evitarlo, come aveva sempre fatto.

“Ehi, fringuello, mettiti in fila. C’ero prima io.”

Dan sorvolò sulla battuta a sfondo ornitologico, più che altro perché si accorse di chi aveva parlato. In realtà, avrebbe dovuto accorgersi fin da subito dell’odore di fumo acre che riempiva la stanza.

“Beh, che c’è, devo ripetere?” disse il Comico, seduto in un angolo, spuntando ora da dietro un giornale.

“No” si affrettò a rispondere Dan.

Quell’evento cambiava tutto. Il Comico aspettava di vedere Adrian. Ed era arrivato prima di lui. Dan non poteva immaginare un motivo per cui Blake potesse voler vedere Ozymandias, eccetto…

“Anzi, credo che me ne andrò” disse infine, alzandosi dalla sedia.

La risata beffarda del Comico gli trafisse le orecchie.

“Così mi fai pensare che tu non voglia avere a che fare con me” disse, prima di fare un altro tiro dal consueto sigaro. “Devo pensarlo?”

“No, affatto” rispose subito Dan “ma immagino che la vostra sarà una discussione lunga”. Cercò di non soffermarsi su discussione.

Blake esalò l’ennesima nuvola di fumo, il ghigno ancora impresso sul suo volto e il giornale ormai abbandonato sulla sedia accanto.

“Siediti, uccellino. Non ho intenzione di perdere troppo tempo col frocetto là dentro.”

Le sue parole misero Dan in imbarazzo. Magari il Comico non faceva solo quello con Adrian, magari doveva davvero vederlo per questioni serie. Si vergognò di essere saltato a simili conclusioni.

“Allora” riprese il Comico, che era evidentemente in vena di parlare “tu hai questioni urgenti?”

“Una banda fuori controllo” rispose Dan, sentendosi improvvisamente più a suo agio.

Blake fece un altro tiro, guardandolo scettico. “E ti serve l’aiuto di Ozy? Credevo che tu e il tuo compare andaste alla grande da soli.”

“Ci sta sfuggendo di mano. Ozymandias è il solo che…”

“Il solo?” lo interruppe il Comico, fulminandolo.

Dan avrebbe voluto staccarsi la lingua per aver detto una cosa simile, pur sapendo della rivalità storica fra Adrian e Blake.

“Intendevo il solo che abbia tempo da dedicarci” concluse, lui stesso neanche troppo convinto.

Nemmeno Blake aveva accettato la sua risposta, questo era chiaro, perché quando spense il sigaro arrivò quasi a sbriciolarlo nel posacenere.

“Ozy ti ha mai raccontato del nostro primo incontro?” disse, con rabbia mal celata.

“Sì.”

“E ti ha anche detto di come l’ho messo sotto?”

Messo sotto.

Pensieri sbagliati tornarono ad invadere la mente di Dan.

“Mi ha detto che l’hai battuto, sì” disse, accennando un sorriso imbarazzato.

Per tutta risposta, Eddie sbuffò, infastidito.

“Battuto? L’ho fottuto, ecco cos’ho fatto!”

No, decisamente Dan cominciava a non amare quella conversazione. Ma il Comico non aveva ancora finito.

“Te lo dico io, come sono andate le cose: l’ho preso e l’ho sbattuto per bene, e gli ho fatto capire chi comanda. A forza di dargliene gli ho spaccato il culo, ecco cosa. Poi” disse, mentre accendeva un altro sigaro “l’ho lasciato a terra ad implorare. Ma era ridotto così male che non poteva essere buono nemmeno per succhiarmi il cazzo.”

Anche volendo, Dan non avrebbe potuto cancellare quello che aveva sentito. Né poteva evitare la successione di immagini che tornò ad affacciarglisi in mente, più vivida che mai.

Blake doveva essersi accorto dello strano silenzio, perché gli lanciò un’occhiata pericolosa.

“Che c’è, non mi credi?”

Dan si affrettò a scuotere la testa. “Sì, volevo dire no, certo che ti credo.”

Il Comico lo guardò per qualche istante, ma poi parve convinto della sua risposta.

“Fai bene a credermi” disse “quella fighetta non ammetterebbe mai che una volta gli ho aperto il-”

“Cos’avresti aperto, Blake?”

In piedi sulla soglia del proprio ufficio, Adrian guardava Eddie con l’occhiata più gelida del suo repertorio. Dan non gli era mai stato tanto grato come in quel momento.

Ma Blake non sembrava turbato.

“Rilassati, Ozy” rispose, alzandosi e raggiungendolo “stavo solo facendo quattro chiacchiere.”

Adrian tuttavia aveva già distolto l’attenzione da lui.

“Perdonami, Dan. Cinque minuti e sono da te.”

“Certo.”

All’interno dell’ufficio, Blake si era già servito un generoso bicchiere di scotch. Dan sapeva che quei cinque minuti promettevano di essere i più lunghi di tutta la sua vita.

Ne erano passati due quando si alzò, deciso ad andarsene. La porta dell’ufficio chiusa e, dall’interno, il silenzio. Chissà cosa stava accadendo.

Scosse la testa, improvvisamente turbato. Meglio tornare domani, Adrian avrebbe capito.

Magari questa volta Laurie avrebbe accettato l’invito.




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