La tela dell'amore

di MillyMalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Madre e Figlio. Gustav Klimt ***
Capitolo 2: *** Le déjeuner sur l'herbe. Eduard Manet ***
Capitolo 3: *** Ritratto di Famiglia. Rembrandt ***
Capitolo 4: *** Il bar delle Folies-Bergère. Edouard Manet ***
Capitolo 5: *** Amore e Psiche. Antonio Canova ***
Capitolo 6: *** Madre con bambino malato. Pablo Picasso ***
Capitolo 7: *** La Sacra Famiglia. Michelangelo Buonarroti ***
Capitolo 8: *** Il Bacio. Francesco Hayez ***



Capitolo 1
*** Madre e Figlio. Gustav Klimt ***


              La tela dell’amore

 

 

Riassunto:

“Ma tu saresti?” le chiese.

“Hinata, la maestra di Minaku!”rispose lei timida come al suo solito, ma lui le afferrò la mano e la scosse energicamente.

“Piacere io sono Naruto..” incominciò a dire lui, ma Hinata lo interruppe

 

In un asilo due anime sole, ma complementari s'incontrano, ma per imparare ad amare ci vorranno i colori giusti.

 

Scritta per celebrare la giornata di oggi, per rendere onore al NaruHina Day! NaruHina is love!

 

Personaggi: Naruto, Hinata, Minaku (creato da me), e in misura minore, ma sono pur sempre presenti: Sakura, Ino, Sasuke, Tenten, Temari, Tsunade.

Raiting: Giallo

Avvertimenti: Alternate Universe. In questa storia non vi sono ninja.

 

 

Madre e Figlio.  Gustav Klimt

 

 

 

 

“Lasciami stare!” fu il fiero grido di un cavaliere pronto alla sua grande battaglia.

“Minaku” un filo di voce.

Dolcemente, cercò di ammorbidirlo la bella fanciulla venuta a soccorrerlo, a distoglierlo dal suo intento.

“Devi capire che non puoi fare così” cercò di aggiungere lei, ma le peggiori nemiche della logica, in alcuni momenti, sono la rabbia e la vendetta.

“Tu non mi capisci” gridò lui nuovamente, sempre più infuriato, sbattendo i piedi contro il pavimento.

“Ti prego Minaku” tentò nuovamente la ragazza, che era ora al suo fianco, inginocchiata, con le mani sulle sue piccole spalle scosse dai singhiozzi.

“Non ho fatto nulla, io!” esclamò rabbioso Minaku, prima di gettarsi fra le braccia della ragazza.

“Hinata” singhiozzava il piccolo bambino. Il suo abbraccio si strinse forte, intenta a rincuorarlo.

“Shh…!” incominciò a sussurrargli Hinata, cullandolo ritmicamente.

Dopo qualche minuto i movimenti ritmici e il tono calmo della ragazza erano riusciti a calmare il bambino, e fu così che Hinata riuscì a farlo finalmente sedere su di una piccola sedia.

Sempre in ginocchio, si posizionò in modo da essere di fronte a lui, così che i loro sguardi fossero in contatto. Alzò una mano e spostò il ciuffo biondo che ricadeva sulla fronte di Minaku.

“Ora raccontami con calma cosa è successo” disse Hinata.

“Sono stati Nami e Ishi, si sono avvicinati e mi hanno spinto così io gli ho tirato dietro la terra e poi Ishi, è caduto e si è fatto male, e mi ha detto di essere brutto e stupido!” le raccontò il bambino, mentre le lacrime avevano incominciato a inondargli il volto.

 Hinata allora si sedette su una delle piccole sedie per i bambini e dopo qualche attimo, in cui cercò di mettersi il più comoda possibile, sollevò il leggero peso di Minaku e lo posizionò sulle sue gambe, la testa appoggiata al suo petto.

“Calmati Minaku, passerà tutto, andrà via anche la rabbia e tutto sembrerà più chiaro” disse Hinata, sapendo perfettamente che quelle parole erano più per confortare lei che lui, troppo piccolo per capirne il significato.

“Minaku ti piace quando ti tirano la terra?” chiese Hinata continuando a cullarlo e ad accarezzargli dolcemente i capelli.

“No!” rispose deciso il bambino.

“Ti è piace essere spinto? O essere preso in giro dai tuoi compagni?” chiese nuovamente Hinata.

“No!” rispose nuovamente Minaku, questa volta liberandosi dal caldo abbraccio di Hinata per poter osservarla meglio, con la sua piccola manina si asciugò gli occhi.

“Credi che a Nami e Ishi piaccia?” continuò Hinata nella sua logica prosecuzione.

Minaku si fermò per quale attimo a riflettere, e come solitamente faceva quando era concentrato, si morse il labbro inferiore.

“No, non credo!” rispose dopo un’attenta meditazione.

“Quindi concordi di aver sbagliato a reagire in quel modo?” chiese Hinata.

“No!” fu la secca risposta del bambino che aggrottò le sopraciglia, le braccia conserte, e un broncio stampato sulle labbra.

“Minaku, se Nami e Ischi ti chiedessero scusa tu ti sentiresti meglio?” continuò ancora Hinata, paziente come sempre.

“Sì!” ribatté il bambino, allungando le braccia lungo il corpo e aprendo le mani, come per dire: “E’ ovvio!”.

“Bene, quindi puoi capire che probabilmente anche Nami e Ishi vorrebbero poter sentire le tue scuse!” cercò di ragionare Hinata.

“Ma io non ho fatto niente, sono loro che sono cattivi, sono loro che dovresti punire, io non gli chiederò mai scusa!” esclamò tragicamente il bambino.

La reazione esagerata di Minaku strappò un sorriso divertito a Hinata.

“Vedi Momiko ci saranno tante persone che ci feriranno, che a volte ci faranno i dispetti o ci prenderanno in giro, ma noi non possiamo rispondere offendendoli o facendo altri dispetti, proprio perché a nessuno piace riceverne. Quindi Minaku loro hanno sbagliato a farti del male, ma tu avresti dovuto fermarti e non rispondere con la terrà, perché in quel preciso momento hai sbagliato anche tu. Hai fatto una cosa che ha ferito i tuoi compagni e quindi hai fatto qualcosa di male!” gli spiegò Hinata. Un dolce sorriso sul viso, una mano fra i capelli del bambino, un tono lieve e melodioso.

Minkau rimase fermo per qualche minuto con lo sguardo perso nel vuoto e ancora una volta il labbro inferiore torturato dai denti. Dopo qualche minuto di totale inattività, Minaku scese dalle gambe di Hinata per  poi chiederle il permesso di disegnare.

Hinata gli indicò di sì con il capo.

Rimase così incantata dall’innocenza di quel bambino dai capelli biondi, dagli occhi celesti e dalle gote rosse.

Intento a muovere il pennarello avanti e indietro, il solito labbro inferiore tra i denti.

Restò persa in quella visione di purezza e candore, fin quando un ragazzo entrò dalla porta. L’identica copia di Minaku in versione adulta.

Hinata rimase incantata dalla rassomiglianza fra i due, non solo per l’esatta fisionomia e per i medesimi colori, ma per la stessa energia e innocenza che emanavano, per il sorriso allegro e spensierato di chi non si arrende mai, dipinto sul volto.

Il ragazzo si avvicinò a Minaku, che si rese conto della sua presenza, solamente quando era oramai  giunto al suo fianco.

“Campione” disse il giovane ragazzo rivolto a Minaku, che gli si gettò al collo e lo baciò sulla guancia.

Il sorriso del giovane se possibile si illuminò ancora di più.

“Naruto!” gridò Minaku lasciando la presa e mostrando al ragazzo il suo disegno, i due ragazzi si scambiarono qualche parola, ma Hinata non riuscì a comprendere cosa si erano detti.

Improvvisamente arrossì resasi conto in primo luogo di essersi intromessa in fatti che non la riguardavano e soprattutto che i due ragazzi si erano girati ad osservarla.

“Scusatemi” disse Hinata, il suo volto sempre più rosso e la voce sempre più flebile.

“Non volevo intromettermi” si scusò lei.

“Non ti preoccupare!” esordì Naruto sorridendole e grattandosi la testa. “Ma tu saresti?” le chiese.

“Hinata, la maestra di Minaku!”rispose lei timida come al suo solito, ma lui le afferrò la mano e la scosse energicamente.

“Piacere io sono Naruto..” incominciò a dire lui, ma Hinata lo interruppe: “Sì, Minaku mi ha parlato di te!”  .

“Minaku ora andiamo” disse Naruto, senza però distogliere il suo sguardo da Hinata.

“Aspetta un attimo, devo fare una cosa prima” disse Minaku, prima di alzarsi e con un foglio in mano dirigersi verso il tavolo dove Nami e Ishi erano seduti a giocare.

Fra lo stupore dei due adulti presenti a quella scena, si scusò con i due ragazzi e gli regalò il suo disegno, prima di correre verso Naruto e infilarsi la sua giacca per uscire.

Dopo aver salutato Hinata con un bacio sulla guancia, afferrò la mano di Naruto per trascinarlo fuori dalla porta.

Il ragazzo riuscì solo a dire “Ciao Hinata!” prima di sparire dietro lo stipite della porta.

 

 

 

Ecco qui il primo capitolo della mia nuova NaruHina, scritta appositamente per questa giornata di festa: il NaruHina day!!

Spero che vi possa piacere… perché volevo fare un buon lavoro per celebrare degnamente il Loro Amore, ma non sono sicura di essere riuscita a scrivere qualcosa all’altezza.

 

Alcuni appunti: spero che si capiscano bene i passaggi di questa storia.

In primo luogo, spero anche che non sia scritta in maniera troppo infantile, ma non è stato facile immaginarmi di dover spiegare le cose ad un bambino di più o meno cinque anni, come è Minaku.

Probabilmente nel corso della storia Hinata, ma soprattutto Naruto potrebbero risultare OC, ma tenete sempre conto che è un AU oltre al fatto che è nata così la storia nella mia testa, e così si è sviluppata sulla tastiera del computer, quindi chiedo scusa in anticipo-

Tutte le critiche costruttive sono sempre bene accettate!!!

 

Infine la mia correttrice di bozze è super impegnate, e io ho avuto davvero pochissimo tempo per poterla rileggere quindi chiedo scusa anche per tutti gli errori che incontrate durante la storia!

Cercherò di associare ogni capitolo ad un quadro, spero di riuscirci a farlo per ogni capitolo:D!

 

 

Per ultima cosa, ma non meno importante le dediche: a Ayumi che è sempre un ispirazione, grazie alla quale questa storia esiste, grazie alla quale continuo a scrivere, che adoro e stimo infinitamente.

Alla mia Wishful, so che la vita è un casino, ma l’amore per le fanfics non può diminuire!

E a tutte quelle meravigliosi scrittrici che credono e amano questa coppia, che oggi sosterranno l’amore eterno di questa ragazza e di questo ragazzo! Grazie!

 NaruHina is coming!  Naruhina Is Love!!!

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Capitolo 2
*** Le déjeuner sur l'herbe. Eduard Manet ***


 

Le déjeuner sur l'herbe. Eduard Manet

 

 

 

Ogni giorno era sempre diverso, ma al contempo uguale.

Come ogni sera, a scuola, il rituale era sempre il medesimo.

Il sonnellino pomeridiano, la merenda, il gioco e infine l’atteso arrivo dei padri e delle madri per un frettoloso saluto per quelle maestre, che si sarebbero incontrate, di nuovo, il mattino seguente.

Un rapido bacio, un disegno non ancora terminato, un ultima risata, e poi via di corsa fuori dalla porta, dell’aula, giù per le scale e infine fuori dal cancello: libertà.

Così ogni sera, così anche quel giorno.

Minaku aveva incominciato a inserirsi e al momento l’aiuto di Hinata, sembrava più superfluo di quanto non fosse in realtà.

Minaku aveva finalmente deciso di accettare alcune delle regole stabilite dalla sue insegnati, mentre stava ancora  lavorando su un'altra serie di doveri che non riuscivano a vincerlo e convincerlo pienamente.

Hinata sempre presente, al suo fianco, con una pazienza infinita e una dedizione speciale.

Quel bambino le era entrato nel cuore, le aveva rapito una parte di anima, che ora teneva in ostaggio.

I sorrisi sinceri che riusciva a offrirle erano la più grande ricompensa per quella ragazza solitamente taciturna e vergognosamente timida.

I capricci di Minaku riuscivano sempre a stimolarla e divertirla, le maestre della classe di Minaku erano piuttosto stupite dalla passione che Hinata metteva nel suo lavoro.

Non si fermava mai, era sempre attenta alle esigenze dei bambini.

Ino, l’avvenente maestra bionda, era venuta a trovare la sua collega, o meglio la sua migliore amica Sakura.

La scuola stava per chiudere, erano rimasti solo pochi alunni: Minaku, come al solito, e altre due bambine.

Ino seduta su di un tavolo, le lunghe gambe accavallate, fasciate da un paio di aderenti pantaloni neri, alti stivali, un’alta coda bionda, con un ciuffo che le copriva gli azzurri occhi da cerbiatta, un leggero trucco sul volto. Intenta a parlare con Sakura, che a sua volta era impegnata a riassettare la scrivania, senza mai perdere di vista le due bambine rimaste.

“Sakura, sta arrivando Sasuke che ci prenderà e ci porterà da Shika, poi andremo tutti alla festa di Sai, ci meritiamo un po’ di relax, abbiamo lavorato tutta la settimana, e oggi è venerdì!” esclamò Ino.

“Sì, ma tu sai che Sasuke non ama per nulla le feste, bisogna che chieda a lui se ne ha voglia…” cercò di giustificarsi Sakura.

“Spiegami perché ti sei dovuta scegliere un fidanzato così noioso e serio! Sakura siamo belle e giovani dovremmo essere là fuori: a vivere!” concluse  teatralmente Ino.

Appena le parole della bionda insegnante si persero nel vento entrò dalla porta un ragazzo, snello e muscoloso. I capelli neri lisci, ordinatamente pettinati, una pelle bianca e due occhi profondi e neri, affascinante e misterioso. Una maschera imperscrutabile gli copriva il volto.

“Hinata questo è Sasuke!” disse Sakura sorridente rivolta alla nuova collega, al momento seduta vicino a Minaku, intento a disegnare.

“Piacere” disse Hinata alzandosi in piedi e stringendogli la mano, lui ricambiò con un lieve cenno del capo.

Hinata ritornò a sedersi e a focalizzare la sua attenzione su Minaku, ma ammise che fu piacevole finalmente poter associare un volto al tanto citato ragazzo di Sakura.

Un sorriso le era nato sul volto, grazie a quei pensieri.

“Hinata ho finito il mio disegno lo vuoi vedere?” le chiese Minaku.

Hinata rispose: “Certamente!”.

Minaku orgoglioso del suo capolavoro sollevò il foglio e le mostrò tre personaggi sorridenti, seduti su di un prato verde, due adulti e un bambino biondo. “Questo sono io” incominciò a spiegare Minaku indicandosi.

“Siamo a fare un picnic in un prato” continuò indicando questa volta un abbozzo di cestino per la merenda.

“Questi sono Naruto e Sakura, che si amano, e sono il mio papà e la mia mamma”.

Morì rapidamente il sorriso sul volto di Hinata, lo stomacò si ribellò e incominciò a dolerle, la testa leggera e gli occhi deboli. Continuava a fissare la chioma rosa della collega e quella bionda di Naruto nel disegno e non capiva perché una semplice constatazione come quella di Minaku l’avesse così tanto sconvolta.

“Vado in bagno” disse alle sue colleghe ad alta voce, e alzatasi rapidamente uscì dalla stanza senza nemmeno aspettare la risposta.

Minaku confuso allora cercò un minimo conforto da Sasuke, che si trovava alle sue spalle, lo sguardo fermo sul disegno del bambino.

“Che cosa è successo a Hinata?” chiese ansioso Minaku, Sasuke allora si avvicinò e prese posto goffamente sulla piccola sedia affianco al bambino, per poi afferrare il disegno abbandonato sul tavolo.

“Sta bene! Se fossi in te mi preoccuperei di più di ciò che disegni” disse il ragazzo con i capelli corvini, mentre stritolava fra le mani il disegno del bambino.

Ino distratta dalle sue unghie e Sakura impegnata a conversare con una delle madri delle due bambine rimaste, non notarono lo scambio che si stava verificando a pochi passi da loro.

“Sakura è mia! Quello sfigato di Naruto può scordarsela, non gli è nemmeno concesso sognarla” concluse Sasuke prima di lanciare sul tavolo, davanti ad un bambino paralizzato, le macerie di un foglio oramai accartocciato e distrutto.

 

“Hinata” disse Naruto appena entrato dall’ingresso della scuola, riconoscendo la maestra di Minaku dalle spalle. I lunghi capelli neri che le accarezzavano la schiena, morbidi, luminosi e lisci fino in fondo, dove si formavano armoniosi boccoli.

Lei si girò e riconobbe il ragazzo che l’aveva turbata così tanto pochi minuti prima. Divenne rossa, e ancora una volta quella sera si trovò a interrogarsi sul perché di quelle reazioni così evidenti e impulsive.

Così estranee a lei.

“Salve” rispose lei cercando di riconquistare il suo contegno, in fin dei conti era sempre un insegnante, e quello era sempre lavoro, solo e semplicemente lavoro. Lui le sorrise e lei sentì le gambe cederle, ma era solo lavoro, continuava a ripetersi.

“Puoi darmi anche del tu!” esclamò Naruto, raggiungendola. 

Insieme incominciarono a camminare verso l’aula.

“Ok. Ciao come va?” ritentò lei, le sue guance oltremodo rosse dalla vergogna e da una sensazione di calore che non riusciva a distinguere.

“Come sta Minaku?” chiese Naruto.

Finalmente un argomento di cui Hinata poteva parlare senza timore o remore.

“Bene, credo che sia davvero migliorato, credo che stia davvero incominciando a inserirsi e diventa ogni giorno più autonomo e sicuro di sé” spiegò lei, gli occhi illuminati dalla passione per quel bambino.

Varcarono la porta dell’aula e Minaku di scatto si sollevò dalla sedia e corse fra le braccia di Hinata, in lacrime, disperato.

Sakura si girò e incontrò lo sguardo interrogativo di Hinata, ma la ragazza dai capelli rosa, non poté che alzare le spalle.

“Non mi lasciare mai più!” continuava a ripetere Minaku tra le lacrime.

“Non ti preoccupare, io non me ne andrò da nessuna parte” rispondeva lei dolcemente.

Naruto pietrificato dalla sorpresa e dallo stupore. Minaku era un bambino meraviglioso, ma pieno di problemi.

Timido e restio a parlare con altre persone che non conoscesse da sempre, così difficile da consolare quando i suoi attacchi di panico lo coglievano, così irrequieto e irragionevole da diventare perfino ingestibile, eppure quella ragazza così timorosa era riuscita a conquistare la sua fiducia e la sua confidenza. Qualche minuto fra le braccia di quella ragazza così riservata era bastato a Minaku per riacquistare la calma e il sorriso che lo accompagnava solitamente.

Fu così che quella sera Naruto tentando di addormentarsi pensò a quella curiosa maestra, a quella ragazza così dolce e dal sorriso così innocente, dagli occhi così particolari, così graziosa e gentile, e infine entrata così prepotentemente nella sua vita, e in quella di Minaku.

 

 

 

Note:

 

Nella storia non viene specificato, ma credo che sia doveroso aggiungerlo. Sasuke conosce Naruto, ma non sono di certo migliori amici. Quindi quando parla con Minaku si riferisce a Naruto con cognizione di causa, ma nulla più!

Spero di non aver rovinato troppo il povero Sasuke che mi serviva da espediente!

 

Commenti:

 

Ayumi: Ecco qui il secondo capitolo!! Le parole sono tutte vere e sentite! Poi oggi sarà un lungo giorno di lavoro, ma non vedo il momento di potermi godere con calma tutte le vostre bellissime storie e leggerle!!

Ti piace anche questo di quadro? Ammetto che sto facendo fatica a trovare sempre un quadro attinente!

 

Yumi-chan: Hai sicuramente saputo rendere onore a questa coppia, loro si amano tanto e a noi non resta molto più che un piacevole divertimento nel descrivere la perfezione dei loro sentimenti.

 

Star soul: mi raccomando leggi la storia fino in fondo, che oggi sarà un grande NaruHina day!!

 

Evechan: Ecco qui il seguito! Accontenta:D!

 

Stezzietta: Hinata è sempre dolcissima e io l’adoro proprio per questo!!

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Ritratto di Famiglia. Rembrandt ***


 

 

Ritratto di Famiglia. Rembrandt

 

 

 Il tempo ha la proverbiale caratteristica di riuscire a trascorrere così rapidamente, che molto spesso non si riesce nemmeno a ricordare e capire dove si sono sprecate tutte le ore che appartengono ad un giorno.

Così  fu anche per Hinata. Erano oramai passate due settimane dall’ultimo giorno in cui aveva visto Minaku.

 sera in cui si era gettato fra le sue braccia disperato, non si era più presentato a scuola. I primi giorni Hinata sospettava che fosse semplicemente malato, ma più il tempo trascorreva più Hinata si preoccupava.

Sospettava che la prolungata assenza di Minaku fosse causata dalla reazione del bambino.

A scuola cercava di aiutare le sue colleghe con gli altri bambini, ma lei era lì principalmente per il sostegno a Minaku e la sua mancanza la faceva sentire di troppo.

Sicuramente un paio di occhi in più non guastavano alla salvaguardia della saluta di quelle piccole pesti, ma nessun bambino era riuscita a conquistare il suo affetto come aveva saputo fare Minaku in così poco tempo.

“Hinata” la chiamò Ino, fasciata dal suo grembiule rosa, due eleganti scarpe alla moda le ricoprivano i piedi, era davvero una ragazza affascinante e elegante. Hinata si girò verso di lei e le rispose: “Sì Ino?”.

“Ti ricordi che questa sera abbiamo la riunione e che verranno anche l’assistente sociale  e la psicologa?” chiese Ino.

“Sì, mi ricordo” le rispose, confusa sul perché una psicologa e un assistente sociale dovessero partecipare alla riunione. In fin dei conti non vi era nessun caso particolare fra i bambini che accudivano, sì qualcuno più vivace, qualcuno più timido, ma nessun grave caso da presentare all’attenzione di una psicologa e tanto meno di un’assistente sociale, poi  all’improvviso un illuminazione: Minaku.

“Hinata che cosa sai della questione familiare di Minaku?” le chiese Ino, resasi finalmente  conto dell’ingenuità di Hinata e soprattutto della sua ignoranza sul caso Uzumaki.

“So che ha perso la madre, non la disegna mai, e quando lo fa solitamente è una delle persone che conosce, ma mai la sua madre naturale. Poi c’è suo padre Naruto che si prende cura di lui. Devono averlo avuto molto presto i suoi genitori contando che Naruto è così giovane, non avrà più d 24 anni, io credo. Poi c’è Minaku un bambino dolcissimo e intelligente, vivace e divertente. Ma anche solo e ferito, spaventato e insicuro, ma sta migliorando, sta incominciando a socializzare” spiegò Hinata.

Ino le sorrise e le disse prima di dileguarsi oltre la porta del cortile dove oramai i bambini si stavano dirigendo: “Credo che non dovresti proprio mancare questa sera”.

 

Due ore dopo…

 

Il telefono in mano e un agenda nell’altra.

Un sospiro e poi un altro.

Hinata chiusa in bagno, il suo luogo preferito in quella scuola e anche quello più isolato.

Le parole ed il sorriso sconsolato di Ino continuavano a ritornarle in mente e ossessionarla.

Aveva così deciso, o meglio pensato di chiamare Naruto e assicurarsi che Minaku stesse bene, o meglio male. Che la sua assenza da scuola fosse dovuta da un attacco di febbre o da una malattia  contagiosa. Perché questo era meglio di un rifiuto di venire a scuola per paura o ansia, perché questo, avrebbe significato l’annullamento di tutti i progressi che Hinata era riuscita a far fare a Minaku.

Inoltre continuava a domandarsi per quale motivo una psicologa e un assistente sociale fossero così interessate a Minaku e Naruto, ma più di tutto, Hinata sentiva la mancanza dei due.

Decise così finalmente di aprire l’agenda con i numeri dei parenti.

Sfogliò la rubrica fino a giungere alla pagina della lettera “U” e lasciò scorre il dito fino ad incontrare il cognome Uzumaki.

Accese il cellulare e incominciò a digitare il numero.

Uno squillo, poi due, poi tre, al decimo il cellulare fischiò e sullo schermo apparve una scritta: “Chiamata terminata, senza risposta”.

Hinata sospirò, prima di sedersi sul gabinetto e portarsi le mani fra i capelli.

Continuava a non capire perché le mani le tremassero mentre aspettava che qualcuno rispondesse e perché il suo cuore batteva così forte alla sola idea di sentire  quella voce rispondere e perché ora era così delusa da quel fallimento.

Imputò ancora una volta tutto questo alla sua innata insicurezza e al fatto che era terrorizzata di poter sbagliare qualcosa con Minaku e peggiorare una situazione già critica.

 

Quattro ore dopo…

 

“Salve” disse Hinata due volte stringendo la mano di una ragazza dai capelli castani raccolti in due buffi codini, presentatasi come la psicologa, il cui nome era Tenten, particolare come il suo aspetto e il suo abbigliamento. Per poi afferrare la mano di una altra donna più grande, alta e bionda, i capelli crespi, un lungo vestito nero a fasciarle le forme mature, il suo nome era invece Temari ed era l’assistente sociale.

Tutte e cinque le donne presero posto ad un tavolo, ognuna davanti a sé aveva una serie di fogli e biro, nel centro del tavolo un vassoio con una teiera fumante e cinque tazze.

“Ben arrivate” disse allora Ino.

“Credo che ora possiamo incominciare a parlare del caso Uzumaki, per cui vi abbiamo convocate.” disse Sakura, ed Ino aggiunse: “Credo che sia giusto raccontarvi la storia del piccolo Minaku”.

Le due donne si sistemarono sulla sedia, Temari appoggiò i gomiti sul tavolo e con le dita intrecciate posò il mento sulle mani, mentre Tenten appoggiò la schiena alla sedia e pose le braccia sul petto incrociandole.

“Bene, Minaku Uzumaki nato cinque anni fa nemmeno, da Minato  Namikaze e Kushina Uzumaki. Lei una famosa violinista, lui un noto avvocato. Naruto primogenito degli Uzumaki, il cognome lo presero dalla madre entrambi i figli per volontà del padre. Minaku secondo genito.

Sei mesi fa durante un incidente stradale Minato e Kushina sono rimasti uccisi, lasciando così soli i figli.

I nonni materni vivono lontano dai nipoti, anche se cercano di essere il più presente possibile. Naruto ha 24 anni e lavora in un bar che avevano aperto i genitori e che gestiva e gestisce un amica di famiglia, la signorina Tsunade. Naruto cerca di sopperire al meglio la mancanza dei genitori, ma Minaku è un bambino piuttosto problematico, per questo motivo è stata richiesta la presenza di Hinata” spiegò Ino.

Hinata non perse nemmeno una pausa nel respiro di Ino, e finalmente capì quanto la sua fantasia fosse lontana dalla tragica realtà di quei due ragazzi. Alla sola menzione del nome Naruto il cuore di Hinata sussultò, ma cercò di mantenere il contegno e nessuno si accorse del suo leggero rossore.

 “Minaku è un bambino eccezionale, sicuramente bisognoso di attenzione e di aiuto, ma ha già fatto diversi progessi” incominciò a dire Hinata, tornando alla sua carnagione pallida, ma Sakura la interruppe bruscamente: “Sì, vero, ma litiga spesso con gli altri bambini, non instaura rapporti con i suoi compagni e tende a essere umorale e lunatico, ad esempio l’altra sera è scoppiato in lacrime dal nulla, nessun motivo apparente”.“Sì, ma” cercò d’intervenire Hinata, ma Sakura sovrastò le sue parole alzando il volume della voce: “Oltre al fatto che sono due settimane che non si presenta a scuola “.

“Credo che abbiamo sentito abbastanza, entro la fine della settimana faremo una visita al signor Uzumaki e cercheremo di fissare un colloquio con il bambino”esclamò l’assistente sociale, la psicologa al suo fianco allora prese la parola: “Sì esattamente. Non lasceremo nulla al caso” e detto questo la riunione fu sciolta. Hinata disgusta e avvilita dalla sua solita mancanza di coraggio si rivestì velocemente e salutando le colleghe uscì dalla scuola alla volta del suo ordinato appartamento.

Un buon the caldo, un buon bagno caldo avrebbero come sempre sciolto le sue tensioni e l’avrebbero aiutata a chiarirsi le idee.

Ma ogni volta che provava a chiudere gli occhi in cerca di concentrazione vedeva il volto sorridente di Minaku e quello fiducioso di Naruto, sapeva che l’assistente sociale avrebbe messo a dura prova le capacità di Naruto ed era ben consapevole che l’ultima cosa  di cui al momento avevano bisogno i fratelli Uzumaki era di un ulteriore trauma, di un ulteriore attentato di distruzione della loro famiglia.

Hinata  immersa nella schiuma, cullata dal ritmico rumore dell’acqua decise che l’indomani sarebbe andata personalmente a trovare Minaku e Naruto, anche se questo la terrorizzava a morte.

 

 

 

Terzo capitolo, eccolo qui!!!

 

 

NaruHina forever!

 

Stezzietta: Hai ragione non ci si può proprio comportare così con un bambino, ma c’è sempre Hinata a salvare la situazione!!

 

 

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Capitolo 4
*** Il bar delle Folies-Bergère. Edouard Manet ***


Il bar delle Folies-Bergère. Edouard Manet

 

 

 

 

Il sole stava calando dietro i tetti delle case. Mentre lei camminava lungo le tranquille strade di quel quartiere a lei sconosciuto. Un piccolo foglio in mano, un tratto di biro deciso ad indicare l’esatto indirizzo che stava cercando. Il cuore in gola, le mani ghiacciate. Finalmente giunse al civico giusto di quella lunga via.

Un insegna illuminata si rispecchiava nei suoi occhi, talmente chiari da sembrare bianchi.

Mansfield Park” lesse a bassa voce, solo un leggero movimento delle labbra, poi qualcuno aprì la porta e due uomini uscirono dal locale ridendo, distogliendo, così, Hinata dai suoi pensieri, riportandola sulla terra.

Fu allora che la giovane ragazza ebbe l’occasione di guardare dentro il bar, attraverso la vetrina e vederlo.

Luminoso come il sole. Una camicia bianca ad avvolgerli il torace, i primi bottoni aperti.

I biondi capelli sistemati con un filo di gel, il solito bianco sorriso che gli addolciva il viso.

Rimase incantata, persa in quella visione così bella ai suoi occhi.

Lei così timorosa del mondo e del giudizio degli altri, così chiusa in se stessa, aveva incontrato la sua metà opposta, la parte che avrebbe potuto completare la sua anima così delicata e fragile, ma le cose non sono mai semplici, e lei avrebbe continuato ad osservarlo da lontano.

Una mano sulla maniglia, il suoi muscoli si contrassero e aprì la porta del bar.

Come spesso accade quando si entra in un posto, pieno o meno , di altre persone si viene accolti da una marea di sguardi indagatori. Solitamente dopo pochi secondi, alcuni distolgono l’attenzione,  verso più interessanti orizzonti, ma altri sostano indagatori e interrogatori, come a chiedere chi si è, da dove si viene e cosa si fa in quel preciso posto, poi ci sono quelli che ci riconosco e ci accolgono come amici.

Fu così che un paio di occhi azzurri l’accolsero.

“Hinata” disse Naruto appoggiando  il bicchiere che era intento ad asciugare per sollevare il braccio e salutarla.

Lei ingoiò la saliva che per qualche strano motivo si formava copiosa nella sua gola.

Si avvicinò al bancone dietro a cui stava Naruto.

“Salve” incominciò lei, la voce debole e tremante. Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi.

“Cosa la porta da queste parti?”chiese ingenuamente Naruto.

“Minaku” rispose rapidamente Hinata.

Il sorriso di Naruto si spense per pochi secondi, lei non se ne rese nemmeno conto.

“Sono diversi giorni che manca da scuola e volevo sapere come stava, come mai non viene più a scuola, volevo solo passare a sentire come andava” cercò di spiegare lei, ma le parole erano solo farfugliamenti alle orecchie dei presenti nel bar.

“Minaku è andato fuori città qualche giorno, è andato a trovare i nonni. Ma dovrebbe tornare a momenti, se vuoi aspettarlo, ti offro qualcosa da bere. Dimmi tu cosa preferisci?” rispose Naruto sorridendole.

“Grazie, ma non volevo disturbarti!” esclamò Hinata, il suo cuore aveva dimenticato di battere per qualche secondo. Si portò così una mano sul petto e si sedette su uno degli sgabelli: “Grazie, un bicchiere d’acqua” rispose Hinata.

“subito” rispose Nasuto, prima di allontanarsi un po’ e piegarsi per aprire il frigorifero che aveva sotto il bancone, estrarvi una bottiglia di vetro, rialzarsi e incominciare a versare l’acqua in un bicchiere.

Hinata continuava ad osservare ogni più piccolo movimento delle sue mani, che danzavano nell’aria.

Le sue mani forte e graziate nello stesso momento.

“Hinata” gridò una piccola voce dalle spalle della ragazza, la porta si richiuse dietro quelle parole. Naruto e Hinata si voltarono allo stesso momento, appena in tempo per distinguere la forma di Minaku saltare in grembo della ragazza e aggrapparsi al suo collo.

“Minaku” esclamò contenta Hinata mentre cingeva le braccia attorno al torace del bambino.

Un uomo e una donna si presentarono al bancone del bar con uno zaino in mano e un borsone. Li appoggiarono per terra. Naruto uscì allora da dietro il bancone, così che Hinata poté notare i pantaloni che gli aderivano perfettamente ai muscoli delle gambe, e a Naruto di stringere la mano dell’uomo e di lasciarsi abbracciare e baciare dalla donna.

“Devi mangiare di più” lo intimò la donna stringendogli fra l’indice e il pollice la guancia. “Si nonna, lo faccio!” rispose Naruto.

“Minaku è tornato alla base sano e salvo, ma tu hai bisogno di qualcosa?” chiese l’uomo, estraendo il portafoglio dalla tasca.

“No, nonno. Abbiamo tutto io e Minaku, stiamo perfettamente!” rispose Naruto, allontanando da sé la mano del nonno.

“Minaku, chi è questa bella ragazz?” chiese curiosa la nonna, osservando però il suo nipote maggiore, che arrossì e si portò la mano dietro la testa.

“E’ Hinata, una mia amica di scuola” rispose Minaku, sempre avvinghiato alla ragazza.

“Piacere, Sono Hinata Hyuga, una delle maestre di Minaku” si presentò Hinata, sollevandosi in piedi, e stringendo la mano della signora prima e poi del signore, con sempre Minaku in braccio.

“Piacere” risposero i due nonni Uzumaki, prima di congedarsi dai nipoti e ripartire per la campagna.

“Minaku, ora però dovresti lasciare stare Hinata, che è stata fin troppo disponibile e attenta con te” redarguì Naruto suo fratello.

“Ma lei mi vuole bene!” rispose offeso Minaku.

“Sì, ma però tu sei pesante e lei magari è stanca” cercò di ragionare Naruto, ma l’unica risposta che ottenne fu una linguaccia da Minaku che poi nascose il volto dietro il collo di Hinata.

Che scoppiò a ridere vedendo i due fratelli giocare.

“Ora ti prendo” esclamò Naruto, prima di lanciarsi contro suo fratello per fargli il solletico, Minaku incominciò così a dimenarsi per evitare la tortura, causando così che le mani di Naruto ad un certo punto solleticarono la vita di Hinata.

Resosi conto di dove si trovavano le sue mani, Naruto si fermò, immobile, sollevò lo sguardo e incontrò quello di Hinata, solo per pochi secondi, perché lei immediatamente avvampò di rosso e abbassò lo sguardo.

Lui così si allontanò da lei e le prese dalle braccia Minaku, per posarlo sulla sedia di fianco a lei.

“Così non sei più un peso” concluse scherzando Naruto, sperando di riportare il sorriso sul volto di Hinata.

Il suo intervento ebbe successo.

“Allora Hinata ceni con me?” chiese Minaku, innocente come al solito.

“Con molto piacere” rispose Hinata, per poi aggiungere: “Se tuo fratello vuole!”.

“Naruto? Hinata può cenare con  me?” chiese Minaku, le piccole mani congiunte e i grandi occhi azzurri spalancati.

“Va bene, ma ad una sola condizione: deve cenare anche con me!” concluse Naruto prima di ritornare dietro al bancone.

I suoi occhi che cercavano quelli di Hinata, che erano però fissi sul pavimento, un dolce sorriso però le illuminava il viso e non poté passare innoservato.

Naruto sorrise a sua volta e disse: “Fra un oretta chiudo il bar e andiamo a mangiare da qualche parte!”.

Lei finalmente sollevò lo sguardo e poté così vedere l’occhiolino che Naruto le fece, mentre lei annuiva contenta.

 

Due ore dopo…

 

“Scusami ancora” ripetè Naruto per l’ennesima volta quella sera.

“Di nulla” rispose nuovamente Hinata. “sono contenta che siamo venuti qui, io adoro il cibo del MacDonald!” disse lei.

“Sì, ma è che di solito alle ragazze non piace, ma con Minaku è il posto migliore in cui venire, qui mangia tutto e può alzarsi e andare a giocare senza infastidire i vicini di tavolo!” cercò di giustificarsi Naruto.

“Non devi darmi nessuna spiegazione. Adoro venire in questo posto, e mi piace stare in compagnia di Minaku, quindi nessun problema. Dovrei essere io a ringraziarvi per avermi permesso d’intromettermi nella vostra vita, non avrei dovuto, ma ero preoccupata per voi” cercò di rispondere Hinata.

“Nessun problema, è bello avere ogni tanto qualcuno che si preoccupa, che s’interessa” rispose Naruto, ma fu interrotto da Minaku che corse fino al tavolo per arrampicarsi sulla panchina vicino a Hinata e incominciare a raccontarle di tutti gli animali che aveva incontrato in campagna mentre era dai nonni, e di tutte le idee che gli erano venute per dei nuovi disegni da fare a scuola. Hinata lo ascoltava attenta e interessata.

Naruto affascinato da quella visione. Una ragazza come poche, non c’era apparenza in lei, ma solo sostanza.

Due occhi particolari come il suo carattere: dolce e timida, gentile e composta, elegante e disponibile. Una ragazza diversa dalla altre, una pelle bianchissima a ricordare la purezza del suo animo. La osservava affascinato e pensava a quanto tempo aveva perso, prima dell’incidente a cercare una ragazza, a cercare la sua anima gemella, e ora che non poteva permettersi di avere nessuna storia sentimentale, aveva finalmente incontrato una ragazza che valeva la pena conoscere, ma doveva pensare a Minaku e alla sua sicurezza emotiva, non poteva rovinare il rapporto di fiducia che Minaku aveva costruito con Hinata andando a complicare le cose.

Minaku sbadigliò stanco, poggiò la testa di Hinata e le disse: “Portami a letto!” prima di chiudere gli occhi.

Lei rimase così stupita da quella richiesta.

Ebbe qualche secondo di confusione, ma dopo qualche attimo si riebbe e abbracciò Minaku sollevandolo. “Naruto andiamo che devo andare a portare Minaku  letto” esclamò Hinata scivolando lungo la panchina fino alla fine del tavolo per poi alzarsi con il bambino in braccio.

 

“Eccoci arrivati alla nostra modesta dimora” esclamò Naruto aprendo la porta del loro appartamento.

Un ampio salone si presentava davanti ai loro occhi.

Un grande centro della stanza, sparsi per tutti il perimetro giocattoli e fogli, matite e vestiti.

“Scusa per il disordine” disse imbarazzato Naruto ridendo.

“Nessun problema” disse Hinata entrando dentro la casa con sempre Minaku in braccio, era meraviglioso il calore che Minaku emanava. La faceva sentire tranquilla e calma, come mai le era successo.

“Vieni, seguimi” disse Naruto avviandosi verso  la camera di Minaku.

Accese la luce e Hinata poté così vedere la camera dove il bimbo viveva.

Alle pareti diverse foto di quelli che Hinata interpretò come i genitori dei due fratelli.

In una Naruto era piccolo fra le braccia dei due genitori sorridenti.

La madre aveva lunghi capelli rossi, un viso grazioso, il padre era l’identica copia dei suoi eredi.

Capelli biondi, occhi azzurri, un enorme sorriso. Era un bellissimo uomo.

In un'altra Naruto accanto a sua madre incinta.

In un'altra ancora Naruto con in braccio suo fratello neonato.

Le pareti dipinte di azzurro, il letto sulla destra della porta, una grande scrivania sotto la finestra, dove erano sparsi diversi disegni.

Naruto preparò il pigiama per Minaku, e insieme a Hinata, nel più assoluto silenzio, lo prepararono per dormire.

Hinata lo adagiò lentamente sul letto, Naruto lo ricoprì e poi prima lei poi lui gli baciarono la fronte e gli augurarono un sonno tranquillo, per poi uscire da quella camera e richiudere la porta.

Lui le sorrise e lei per la prima volta non abbassò lo sguardo, quella scena l’aveva come rassicurata, confortata, era come se la forza innocente di Minaku l’avesse rinvigorito e le avesse donato una piccola dose di coraggio.

“Vieni che ti offro un the caldo, non so te, ma sono ghiacciato” disse Naruto prima di girarsi e dirigersi verso la sala.

Hinata prese posto sul divano, mentre Naruto le porgeva una tazza contenente acqua calda e le porse poi una serie di bustine di the tra cui scegliere.

Da prima il silenzio calò tra di loro, ma Hinata aveva troppe domande da fare e troppe cose da dire a quel giovane ragazzo così affascinante, così decise che quello era il momento migliore.

“Come avete detto a Minaku dell’incidente?” chiese Hinata, la sua voce sempre dolce, tremava dall’incertezza- Il ragazzo si irrigidì, bevve lentamente un sorso di liquido caldo prima di risponderle: “sono stato io a dirglielo. E’ stata la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare, i suoi occhi così grandi e tristi e spaventati e io dovevo confortarlo, ma come era possibile se anche io avevo … ho una paura tremenda del futuro”.

Abbassò lo sguardo. Lei alzò una mano, avrebbe voluto posargliela sulla spalla, ma ritrasse la mano di scatto e chiuse gli occhi.

“Tu perché hai deciso di fare l’insegnante?” chiese lui, sperando di alleviare il dolore per qualche momento.

“Non lo so in verità, è che amo i bambini e che ho bisogno di aiutare gli altri” rispose Hinata, le mani strette fra le cosce.

“Perché hai bisogni di aiutare gli altri? Non che vi sia niente di male, ma sono curioso” chiese lui.

“Per pagare il mio debito verso il mondo. Sono stata fin troppo fortunata e quindi devo pur dare indietro qualcosa di quello che ho ottenuto” rispose lei, ferma con lo sguardo, la tazza appoggiata sul tavolo di fronte alla poltrona.

“Cosa avresti voluto fare da grande?” chiese lei.

“Non lo so, avevo così tante idee. Volevo diventare un pilota, o diventare un ninja, oppure un esploratore, o anche un archeologo, avrei voluto viaggiare, e avere tante avventure, ma oggi è questa la mia avventura più grande, sono dovuto crescere in una notte, sono diventato adulto in pochi attimi, giusto il tempo che la mia famiglia fosse strappata da me. Ho smesso di sognare e ho accantonato tutte le mie speranze, per incominciare a vivere di realtà e concretezza. Quindi devo dirti che il mio sogno è sempre stato quello di gestire un bar, e di essere un padre single a tempo pieno” rispose Naruto.

I loro sguardi si incontrarono e Hinata vi lesse una grande e profonda tristezza e avrebbe voluto rubargliela e poterla nascondere, distruggerla, avrebbe potuto donargli sollievo e felicità, ma lei non sarebbe mai stata in grado.

“Credo che tu sia un bravissimo fratello maggiore per Minaku, e che i tuoi genitori siano fieri di te, ma credo anche che vorrebbero vederti vivere la tua vita, vorrebbero vederti felice” disse lei.

“Tu credi che possano vedermi?” chiese lui, i suoi occhi si riempirono di speranza e allora lei gli sorrise con tutta la dolcezza che possedeva e gli rispose: “Sì, ne sono sicura”.

Lui le accarezzò i capelli, poi il viso, i loro volti erano così vicini, sempre più vicini, fino a quando le loro bocche si sfiorarono  e lui le portò una mano dietro alla nuca e l’attirò a sé e le loro bocche si unirono e danzarono insieme, all’unisono, e le loro lingue s’incontrarono e si conobbero.

Ma il bisogno d’aria li divise e l’imbarazzo e il senso di colpa lo pervase.

“Scusami davvero, io vedi non posso, non devo, ma tu sei così bella e io così debole” “Sì, ma è…” “Sì, hai ragione non ho nessuna scusante spero che tu possa perdonarmi, ora ti chiamo un taxi” “Naru…” .

“Ti auguro davvero una buona notte” disse Naruto prima di scomparire dietro una porta.

Hinata rimasta sola in quell’appartamento, si alzò e uscì dall’appartamento. Si lasciò scivolare lungo la lunghezza della porta e calde lacrime incominciarono a scenderle lungo le guance.

Naruto dietro la porta di camera sua nella stessa identica posizione, schiena appoggiata contro il legno della porta, sedere appoggiato sul pavimento. Lacrime di rimpianto e di dolore, per quel maledetto incidente, per non essere abbastanza forte da riuscire a rinunciare alla speranza di un futuro con quella ragazza così dolce e gentile che in così poco tempo era riuscita a intrigarlo e conquistarlo, ma doveva pensare al bene di Minaku, Hinata era troppo importante per quel bambino e non poteva permettersi di rovinare anche quel rapporto.

Quella sera nessuno dei due dormì, ma il sole sorse lo stesso.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Amore e Psiche. Antonio Canova ***


Amore e Psiche. Antonio Canova

 

 

 

“Naruto” gridò Minaku dirigendosi verso suo fratello maggiore, in mano un disegno.

Naruto sollevò il bambino e osservò il foglio colorato.

 Ancora una volta una famiglia felice, lui insieme a Naruto e una ragazza dai capelli neri e il sorriso tenero.

Naruto chiuse gli occhi e per qualche secondo il ricordo di quel bacio lo rianimò, il profumo di lei, la sua pelle così liscia e morbida.

Riaprì gli occhi, e osservò la stanza, non vi era il minimo segno di lei. Solo Sakura che sistemava alcuni giocattoli rimasti fuori posto.

“Minaku  vai a prendere la giacca e aspettami lì, devo parlare un attimo con la tua maestra!” disse gentilmente Naruto mentre posava a terra Minaku.

“Ma io non ho fatto nulla di male” incominciò a farfugliare il bambino mentre usciva dalla classe.

“Sakura” disse Naruto richiamando l’attenzione dell’insegnante.

“Sì, signor Uzumaki” incominciò lei, ma lui la interruppe immediatamente: “Naruto”.

“Ok, mi dica signor Naruto”.  I due sorrisero.

“Volevo chiederle una cosa, che magari potrà non capire, ma io ho bisogno di saperlo. C’è un modo, una speranza, anche remota, per cui Hinata possa smettere di occuparsi di Minaku?” chiese Naruto, lo sguardo basso, le dita giocherellavano nervose.

Sulla porta Hinata entrata in silenzio, paralizzata, con la bocca aperta. Spaventata e sconcertata.

Aveva rovinato tutto, si era illusa di aver trovato qualcosa di speciale, invece era semplicemente stata troppo invadente.

“Ha fatto qualcosa Hinata che ha disturbato Minaku? Perché oggi mi sembrava oltre ogni modo felice di vederla!” chiese perplessa Sakura.

“No, lei non ha fatto nulla di sbagliato, sono solo io” ribadì Naruto gli occhi gli bruciavano e la vergogna lo stava divorando, ma Hinata era già scappata via, non era riuscita a resistere oltre.

“No signor Uzumaki, Hinata è una bravissima insegnate e sta solo aiutando suo fratello, quindi non vedo nessun motivo per toglierli Minaku” concluse Sakura, girandosi e dandogli le spalle. Un chiaro segno che la conversazione era finita.

L’unica ragione è che così avrei potuto vederla senza sentirmi in colpa, pensò Naruto prima di uscire anche lui dalla classe.

 

 

 

Il sole splendeva fuori dalle finestre. I bambini seduti attorno ai tavoli a giocare e disegnare, in un angolo dell’aula, un cavalletto sorreggeva un grande foglio, una serie di colori e pennelli sulla destra. Minaku con il suo grembiule da pittura, in mano un pennello più grande del suo braccio. Fissava il bianco del foglio perplesso. Hinata inginocchiata alle sue spalle, un braccio attorno alla sua vita.

“Cosa vuoi disegnare Minaku?” chiese Hinata, la sua bocca vicino all’orecchio del bambino, un sussurro tra il rumore di sottofondo.

“Non lo so” disse lui.

“Una famiglia” rispose lei sorridendo, lui si voltò per incontrare il suo sguardo e le chiese: “Che cos’è l’amore Hinata?”.

Lei si bloccò, era l’ultima delle domande possibili che si sarebbe mai aspettata.

“E’ un sentimento, un’emozione. Non si può descrivere con una sola parola, non è una cosa uguale per tutti, e vi sono diversi tipi di amore, è  impossibile spiegarti cosa sia davvero l’amore Minaku” disse lei.

Nella sua mente si era formata l’immagine di un volto, ma poi le era ritornata alla mente la scena a cui aveva assistito il giorno prima.

“Ma l’amore si può vedere?” chiese perplesso Minaku.

“Certo che si può vedere!” rispose lei.

“Allora puoi mostrarmelo?” chiese lui.

Lei riflette qualche minuto prima di rispondergli.

“Certo, appena troverò il modo te lo mostrerò, te lo prometto” disse Hinata.

“Ma ora pensiamo a cosa dipingere” aggiunse poi invitando Minaku a dipingere qualcosa.

 

 

La sera era calata e come sempre sola nel suo spazioso appartamento. Si versò un bicchiere di vino rosso, e poi si mise a sedere sul suo divano. Un album di foto fra le mani, un pensiero in testa : “Come mostrare l’amore”.

Ad un tratto un idea la illuminò, andò così nella sua stanza e tirò fuori il cavalletto con la tela e la sua tavolozza dei colori e tornata in sala, creò il suo angolo pittura.

Accese lo stereo, e sorseggiando il suo vino incominciò a dipingere, incurante del disastro di colori che stava avvenendo sul suo vestito, o sul suo pavimento, o sulle sue tende.

Il suo mondo era di olio e pieno di colori.

 

 

Commenti:

 

stezietta: Ecco qui il prossimo capitolo! Naruto ogni tanto si comporta così, ma poi lo riprenderemo prima della fine e lo faremo rinsanire.

 

Ayumi: Io sono invece indietro di una recensione!  Spero che ti siano piaciuti gli ultimi capitoli! Mi spiace per Sakura e Sasuke, ma mi servivano proprio due personaggi come loro, oggi li strumentalizzo un po’!

Minaku è un bambino dolcissimo, con una grossa perdita d’affrontare e insieme a Naruto e Hinata supererà tutto.

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Capitolo 6
*** Madre con bambino malato. Pablo Picasso ***


Madre con bambino malato. Pablo Picasso

 

 

 

 

L’inverno tardava a venire quell’anno e il sole continuava a scaldare i bambini che correvano felici lungo il giardino, saltando e ridendo.

Minaku aveva finalmente smesso di restare seduto in un angolo, era stato invitato da un altro bambino a giocare a nascondino.

Hinata seduta sul muretto davanti alla porta della classe. Ino appena arrivata e Sakura seduta accanto a lei.

“Hinata dobbiamo chiederti una cosa?” incominciò l’insegnante bionda, mentre si andava a sistemare accanto alla amica e collega.

Hinata capì immediatamente a cosa si stavano riferendo le colleghe e le mani incominciarono a tremarle. Abbassò lo sguardo e disse: “Ditemi pure”.

“L’altra sera è venuto Naruto il fratello di Minaku e ha chiesto una cosa strana e particolare, voleva sapere se potevamo spostarti da Minaku” disse Sakura, nessun giro di parole, diretta e sincera come era sempre.

“Ci chiedevamo quindi se tu sapessi il perché?” continuò Ino.

Hinata sospirò e pensò a cosa rispondere, dire tutta la verità, parlare alle due colleghe del bacio oppure fingere di non sapere, di non soffrire.

“Io..” “Ahia!” un grido. “Aiuto” un altro urlo. “Maestra” gridarono in coro due bambine correndo verso le insegnanti.

“Minaku” disse una bambina cercando di prender il fiato.

“Ahia” ancora una volta e un pianto disperato.

Hinata riconobbe subito la voce di Minaku e con il cuore in gola si sollevò e incominciò a correre verso la fonte del pianto.

Il piccolo Minaku a terra, il polso piegato in una posizione innaturale.

“Hinata” gridò il bambino in lacrime e lei si lanciò per terra al suo fianco. “Minaku sono qui, con te, stingi forte la mia mano” la testa di Minaku sul suo petto, una mano che gli accarezzava la testa, l’altra stretta nella  mano sana di Minaku.

“Chiamate un ambulanza” disse alle due colleghe appena sopraggiunsero.

“Minaku ora vedrai che lo faremo passare, vedrai che il dolore finirà. Scusami Minaku, scusami tanto” continuava a ripetere Hinata spaventata, disperata.

 

“Capito arrivo subito. Pronto soccorso ortopedico, primo piano sulla destra. Arrivo. Grazie” e sbatté il telefono.

“Naruto dove vai così di corsa, cosa è successo?” chiese una bella donna bionda dietro al bancone.

“Tsunade! Minaku ha avuto un incidente, è in ospedale” il terrore negli occhi del ragazzo.

“Corri!” fu l’unica cosa che la donna gli disse, prima di vederlo sparire dietro la porta.

 

 

Il corridoio era lungo ed infinito a gli occhi di Naruto.

Su una sedia a metà corridoio c’era lei seduta. Le mani sulle gambe, il torace scosso dai singhiozzi, cercò di andare da lei, ma un’infermiera lo fermò e gli chiese se era il padre di Minaku Ukumaki.

“No, sono il fratello maggiore, il suo tutore” rispose lui, e probabilmente questo le bastò, perché lo condusse in una sala dove un medico gli spiegò le condizioni di Minaku.

“Sì è rotto un polso, nulla di grave, dovrà tenere il gesso per tre settimane, poi tornerà qui che valuteremo se l’osso si sarà riformato, e gli toglieremo il gesso” spiegò l’uomo con il camice bianco.

“Ora posso vederlo?” chiese Naruto.

L’infermiera invitò a seguirlo e lo condusse in una stanza adiacente.

Minaku tranquillo, seduto su un lettino, un giocattolo in mano e un infermiera intenta  a parlare con lui.

“Minaku” lo chiamò Naruto.

“Ciao fratellone” rispose Minaku “Hai visto che gesso bello che ho!” esclamò Minaku.

“Lo hai scelto tu il colore blu?” chiese Naruto.

“Sì!” rispose il bambino scuotendo il capo.

“Ora ti va se andiamo a casa?” chiese Naruto.

“No!” rispose Minaku.

“Dobbiamo andare, queste gentili signore hanno molto lavoro da fare” cercò di convincerlo Naruto.

“Sì, ma io voglio vedere Hinata” esclamò Minaku.

“Credo che sia già andata a casa” rispose Naruto. Una bugia per il suo bene.

“Ora mentre tu saluti queste gentili signore, io esco un attimo e ti aspetto qui fuori ok?” disse Naruto.

“Va bene, magari possiamo telefonare a Hinata” cercò di insistere Minaku, ma capì che era tutta fatica sprecata dal volto di suo fratello.

 

“Hinata” la chiamò Naruto, l’espressione del suo volto dura.

“Naruto” le lacrime di Hinata continuavano a scendere copiose e lei non tentava nemmeno di nasconderle.

“Come sta Minaku?” chiese lei, la voce tremante.

“Bene, solo un polso ingessato, ma di certo non per merito tuo!” rispose lui, il suo tono era calmo ma fermo.

“Scusami” cercò di scusarsi lei.

“Non c’è nulla che puoi dire o fare per farti perdonare, il tuo comportamento è imperdonabile, io te lo affido perché tu lo protegga e invece al tuo fianco è in pericolo. Sei una pessima maestra” gridò lui.

Tutta la rabbia e la rassegnazione che aveva in corpo uscirono in quelle parole.

Lei era lì di fronte a lui, distrutta e ferita e lui non riusciva a fare altro che aggiungere senso di colpa a quel fuoco che già la stava divorando.

Avrebbe voluto stringerla a e se, dirle che non era colpa sua, che non era successo nulla di grave, che insieme avrebbero superato anche questo, che le mancava, e l’avrebbe voluta baciare, ma riusciva invece solo a gridarle tuta la sua frustrazione, perché non poteva fare quello che voleva, che desiderava.

“Scusami” cercò ancora una volta di dire lei, il pianto sempre più forte.

“Lasciaci stare” concluse lui. I suoi occhi così grandi e dolci, infuocati, il suo sorriso così luminoso, contratto in una smorfia rabbiosa. Girò le sue spalle e scomparì dietro ad una porta vetri.

Lei sola in piedi in mezzo ad un corridoio bianco, con la sua solita solitudine dentro al cuore.

“Naruto” sussurrò, ma erano parole dette a nessuno, una supplica che mai nessuno avrebbe ascoltato:

“Perdonami”.

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Capitolo 7
*** La Sacra Famiglia. Michelangelo Buonarroti ***


La Sacra Famiglia. Michelangelo Buonarroti

 

 

 

Un foglio di giornale le cadde dalle mani, arrivando a toccare il pavimento.

Si chinò per raccoglierlo. Fu allora che il campanello suonò, una volta.

Lei lo ignorò, continuò a prendere un oggetto dopo l’altro,avvolgendolo nella carta, per poi riporlo dentro uno scatolone.

Il suo appartamento era quasi tutto vuoto, mancavano solo alcune foto, e i suoi quadri. Perché erano ancora incompleti, erano ancora imperfetti.

Il campanello suonò, ancora.

Lei aspettò qualche secondo, ma poi qualcuno bussò e suonò un'altra volta.

Fu allora che decise che era ora di aprire la porta di casa.

Guardò attraverso lo spioncino e lo vide.

Era nervoso, si muoveva avanti e indietro di continuo, si grattava la testa.

Aprì la porta.

“Hinata” fu quello che riuscì a dire.

Poi silenzio. Lei con lo sguardo in basso, lui che osservava al di là della testa di lei, all’interno dell’appartamento. Vide gli scatoloni e gli scafali della libreria vuoti.

Una fitta gli strinse il cuore.

“Hinata” disse nuovamente, ma lei non si mosse.

“Credo di doverti delle scuse” disse lui, e solo allora lei sollevò la testa, sorpresa.

“Sono io”, incominciò lei, ma lui le posò un dito sulla bocca, e disse: “Shh… non dire niente, ti prego, non ora, fammi finire”.

Lei allora aprì del tutto la porta di casa e lo invitò ad entrare.

Presero posto sul divano di pelle nera, che le aveva regalato suo cugino, così poco adatto a lei.

“Hinata” incominciò Naruto una volta che furono entrambi seduti vicini.

“Ho sbagliato, e ora non so come chiederti scusa, ma ho saputo che hai deciso di lasciare la scuola”

“Sì, tornerò a casa dai miei” rispose lei.

“Non puoi” urlò lui.

Era la paura a parlare, sapeva che Minaku avrebbe sofferto troppo della sua mancanza, e anche lui avrebbe sofferto troppo senza di lei, era meglio non poterla avere, ma sapere che era lì.

Piuttosto che saperla lontana da lui, da loro.

“Devo” rispose lei.

Lui si alzò e si allontanò da lei.

Di fronte a lui delle foto di un Hinata bambina, e ragazzina. Insieme a lei un ragazzo dai lunghi capelli e una ragazzina a lei molto simile, ed infine un uomo sulla quarantina, uno sguardo fermo e impassibile.

In nessuna foto era presente una donna ad  addolcire il quadro, tutte tranne una in cui Hinata era appena nata e una donna bellissima, la stringeva a se, e sorrideva.

“Perché te ne vuoi andare?” chiese Naruto, le lacrime vicine a scendere.

“Perché ho fallito come insegnante, avevi ragione! Non ho saputo proteggere Minaku. Torno quindi a casa!” rispose lei.

Lui chiese gli occhi e prese fiato.

“Cosa pensi che farai a casa?” chiese lui.

“Penso che riprenderò a studiare. Tornerò all’istituto d’arte e cercherò di finire almeno quello e di non fallire almeno questa volta” rispose lei, le mani congiunte, i palmi sudati.

“Se ti chiedessi  di restare, tu non ci penseresti, nemmeno un attimo?”  chiese lui disperato.

“Potrei pensarci, ma non cambierebbe quello che ho fatto!” rispose lei, la calma la stava lasciando.

“Sono stato un idiota. Tu non hai nessuna colpa di quello che è successo a Minaku!” gridò lui.

Lei chiuse gli occhi, e si concentrò solo sul respirare. La mente vuota, ma con lui così vicino era impossibile, il suo profumo riempiva ogni sua sensazione.

“E’ stata colpa mia” gridò lei.

 Poi si rese conto di averlo fatto.

Si portò entrambe le mani alla bocca e diventò rossa.

“Hinata” incominciò a dire lui avvicinandosi nuovamente a lei e posandole una mano sulla spalla, ma lei si alzò, aveva troppa paura, troppa vergogna, troppo senso di colpa.

“Scusami” disse alzandosi e scappando verso la cucina. “Preparo un the” disse e le lacrime incominciarono a scendere, ma lui non poteva vederla, lui era rimasto fermo, paralizzato, seduto su quel divano.

Ma dopo qualche minuto si rese conto dei quadri. Così la curiosità lo spinse ad alzarsi e dirigersi verso le tele.

Vide suo fratello bambino, e vide lui stesso bambino,  insieme ai suoi genitori, e sorrise, perché era così simile a tanti dei suoi ricordi più felici.

Poi alzò gli occhi sulla tela che giaceva sul cavalletto. Lui e Hinata stretti in un abbraccio, e Minaku fra di loro, sano e sorridente. Una famiglia felice, una famiglia come quelle che sognava e disegnava in continuazione il piccolo Minaku, ma questa era così reale e possibile.

Questa famiglia avrebbe reso tutti così felici, se fosse funzionata, ma se anche il più piccolo particolare fosse andato storto, la sofferenza avrebbe stroncato tutti.

Così fece l’unica cosa sensata: scappò.

Hinata fece in tempo a vedere la porta chiudersi.

Le tazze le caddero di mano e si ruppero in mille pezzi, le gocce di acqua calda  le caddero sulle gambe bruciandola, ma il dolore dell’ennesimo rifiuto era peggio di qualsiasi ferita fisica.

Anche quella sera nessuno dei due riuscì a dormire, ma solo a piangere e a chiedersi perché amare qualcun altro fosse così difficile e complesso.

Ma poi il sole sorse e un altro giorno incominciò.  

 

 

Allora per oggi abbiamo finito, ho lavorato davvero duro! Alla storia manca ancora un capitolo, che scriverò il prima possibile!

 

Ayumi: spero di non averlo fatto ancora!

 

Stezzietta: Credo che Hinata abbia ragione: inveire contro Naruto potrebbe essere estremamente utile a risvegliarlo!

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto e che leggeranno, il finale giungerà presto!

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Capitolo 8
*** Il Bacio. Francesco Hayez ***


Le dita di lei scorrevano veloci lungo il bordo della scatola, una delle decine che era riuscita a chiudere quel giorno, il suo ultimo giorno

Il bacio. Francesco Hayez

 

 

Le dita di lei scorrevano veloci lungo il bordo della scatola, una delle decine che era riuscita a chiudere quel giorno, il suo ultimo giorno.

Sollevò lo sguardo e incontrò le fredde mura bianche dell’appartamento: non era rimasto molto, mancavano solo gli ultimi scatoloni da impacchettare. Quelli già pronti giacevano immobili in camera da letto.

Avrebbe dormito sul divano, quell’ultima sera, e avrebbe atteso l’alba. Che sarebbe giunta in fretta, in compagnia di un aiuto per caricare la macchina. Prima di ripartire alla volta di casa, prima di abbandonare la sua tanto agognata libertà, e ritornare a vivere nella prigione dorata che era sempre stata la sua casa natia.

Si strinse la mano al petto, come a cercare di toccare quel dolore che le pesava sul cuore: forzandole il respiro e comprimendole il torace.

In quell’ istante il campanello suonò.

Il sole era tramontato da un paio di ore e Hinata si avvicinò alla porta titubante e curiosa; strizzò l’occhio di sinistra e osservò il suo ospite dallo spioncino.

Appena si accorse di chi si trovava davanti alla sua porta, aprì rapidamente ed esclamò sorpresa: “Minaku!”.

Il piccolo bambino era infagottato in un piumino rosso, con un caldo cappello di lana a coprirgli il capo.

Le lacrime lungo il volto gli colavano dalle guance.

“Minaku, cosa ci fai qui?” chiese istintivamente lei, ma i singhiozzi del bambino incominciarono a farsi sempre più prepotenti, fino a diventare continui.

Allora Hinata si lanciò in ginocchio di fronte a Minaku e lo strinse a sé. Le mani gelate del bambino le sfiorarono la pelle e un sussulto la scosse.

“Entriamo” disse Hinata, sollevando Minaku dal terreno, entrando in casa e richiudendosi la porta dietro le spalle.

Minaku continuò a piangere disperatamente per alcuni minuti, ma una volta calmatosi, Hinata riuscì a fargli togliere il giubbotto e il cappello, a farlo accomodare sul divano e a tentare nuovamente di chiedergli: “Minaku come mai sei qui?” .

“Sono scappato” disse innocentemente il bambino.

“Da dove?” chiese incuriosita Hinata.

“Dalla scuola” spiegò lui.

“Perché avresti mai fatto una cosa del genere?” domando lei.

“Perché io devo venire con te” rispose Minaku per poi scendere dal divano e avvicinarsi alla televisione e alle decine di cassette di cartoni animati che Hinata possedeva, una delle ultime cose da inscatolare.

“Posso vederne uno?” chiese Minaku come se nulla fosse successo, come se volesse dimenticare ogni problema.

“Dove devi venire con me Minaku?” continuò curiosa e imperterrita Hinata.

“Dovunque devi andare, io e Naruto veniamo con te” esclamò lui innocentemente, un fattore ovvio ai suoi giovani occhi, per poi aggiungere: “Allora ora posso vedere un cartone?”.

“Sì, certamente” rispose Hinata sorpresa e sempre più confusa, mentre accendeva la televisione e inseriva la cassetta nel videoregistratore.

“Hinata!” la dolce voce di Minaku la scosse, richiamandola nuovamente all’attenzione.

“Hinata” ripeté Minaku ora che lo sguardo della ragazza era su di lui “posso avere un bicchiere d’acqua per piacere?” chiese cortesemente.

“Sì, certamente” annuì vigorosamente la ragazza, mentre una dolce melodia incominciava ad irradiarsi dalla stanza attraverso il televisore.

Versato il bicchiere d’acqua e porto a Minaku, Hinata incominciò a farsi cogliere dal panico.

Cosa dirà questa volta, cosa devo fare? Perché non riesco proprio a non combinare danni!

Sì maledì Hinata afferrando la cornetta.

“Pronto, Ino?” chiese insicura.

“Volevo avvisarti che Minaku è qui da me” disse.

“Non so, ha suonato il campanello, ho aperto e me lo sono ritrovato davanti!” spiegò.

“Va bene, avviso io Naruto!” disse mordendosi il labbro inferiore ferocemente.

“Grazie, Ciao a domani” salutò Hinata per poi posare la cornetta del telefono.

Sospirò, le mani le sudavano e le tremavano, la testa le sembrava volteggiare vorticosamente e non essere più incollata al suo corpo, e le sue membra erano così pesanti, che si accostò al tavolo della cucina, afferrò una sedia e vi si accomodò sopra.

Le mani congiunte, la fronte appoggiata ai polsi, e il respiro sempre più veloce e superficiale.

Forza e coraggio si continuava a ripetere sottovoce Hinata mentre afferrava la sua borsa affianco a lei, mentre cercava il cellulare e incominciava a scorrere la rubrica per trovare il numero di Naruto e effettuare la chiamata.

Uno squillo, poi un altro. Il suo cuore batteva fortissimo, con  la mano libera andò a coprirsi il petto come a volerlo calmare.

“Pronto” disse.

“Naruto sei tu?” chiese debolmente

“Sì sono Hinata” confermò lei.

“vo… volevo di…dirti c..che Minaku è qui…qui.. a casa m…mia e sta b…bene” disse lei balbettando, tremolante e insicura, azzittendosi e attendendo una feroce risposta che però mai avvenne.

“Ok” sussurrò prima di chiudere la conversazione e allontanare da lei il cellulare.

 

Un altro rintocco del campanello e le sue mani tremanti lasciarono cadere sul tavolo il coltello, che raggiunse poi la pace riverso esanime sul pavimento.

“Hinata” un urlo da dietro il portone, una voce stanca e disperata.

La ragazza dai lunghi cappelli neri si avvicina a passi svelti verso la maniglia per girarla e aprire la porta, permettendo così a quella voce così spaventata di gettarsi come una furia all’interno del suo appartamento e di stringere fra le braccia Minaku.

“Naruto” disse il bambino con un filo di voce “mi fai male”.

“Scusami” rispose il ragazzo allentando la presa, le lacrime lungo le guance a rigare e spezzare il rosso delle gote.

“Cosa hai combinato? Perché sei scappato? Non lo sai che mi hai fatto impazzire di paura?” incominciò a dire Naruto, per poi fermarsi all’improvviso davanti allo sguardo tanto innocente e sorpreso di Minaku, lo strinse ancora a sé per poi incominciare a cullarlo, sperando che almeno in quel modo la paura e lo spavento lo abbandonassero.

Hinata richiuse silenziosamente la porta di casa e ritornò nella sua cucina, dove afferrò un altro coltello e riprese a cucinare.

Le lacrime che le cadevano dal volto, a bagnare le mani e il coltello.

“Non lo fare mai più, promesso” continuava a ripetere Naruto impaurito, senza abbandonare nemmeno per un secondo la presa sul bambino.

“Non potevo lasciare andare via Hinata, io devo andare via con lei” spiegò allora Minaku, in modo che anche Naruto potesse capire quello che per lui era così elementare.

“Lei è venuta a scuola per stare solo con me e ora siamo amici e io non posso lasciarla sola, devo andare con lei e tu verrai con noi, ti avrei chiamato, non devi preoccuparti” continuò a spiegare Minaku, liberandosi della presa e ritornando al suo cartone animato e al suo disegno abbandonato sul pavimento.

Naruto paralizzato con le ginocchia a terra, le braccia lungo il corpo, e il nome di Hinata nella mente.

Le mani di Hinata continuavano a bagnarsi e a tagliare imperterrite, senza sosta, senza tregua.

“Hinata” pronunciò una voce dall’ingresso della cucina.

Lei non sollevò gli occhi non avrebbe mai osato.

“Hinata” ripetè lui avvicinandosi e poi bloccandosi.

Allora lei si portò una mano agli occhi e si asciugò il viso

“Perché piangi?” le chiese lui istintivamente.

“Non sto piangendo” mentì lei.

“Ah!” sospirò lui.

“Cosa stai preparando?” chiese lui.

“La cena per noi tre” rispose lei, girandosi e accendendo il fuoco.

“No, non possiamo accettare, ti abbiamo disturbato anche fin troppo, poi immagino che tu abbia anche inscatolato tutto oramai” disse Naruto

“Ho già preparato tutto il necessario per la cena, e non è un disturbo mi farebbe piacere poter salutare Minaku” cercò di spiegare lei

“No, ma grazie…” incominciò nuovamente Naruto che venne però interrotto da Minaku che gridò dall’altra stanza: “ Devo finire di vedere il cartone e non posso andare a casa fino a quando non ho finito il disegno per Hinata, quindi ceniamo qui”.

“Va bene allora” concluse Naruto sorridendo a Hinata che per la prima volta nella serata incontrò lo sguardo del ragazzo, e quando avvenne il mondo si congelò per un breve attimo, così breve che un osservatore inesperto non avrebbe notato nulla di sospetto, ma al contrario un osservatore attento ha letto i loro sentimenti così puri ed evidenti dipinti nei loro occhi.

“Perfetto” riprese lei sorridendo, e passando nelle mani di Naruto i piatti.

“La tavola è pronta per essere apparecchiata, la tovaglia è sulla sedia e queste sono le stoviglie, grazie” illustrò Hinata sempre sorridente.

Naruto si diresse nuovamente in sala e incominciò a preparare la tavola per la cena. Gli bastarono pochi minuti per sistemare tutto il necessario, fu così che allora si fermò ad osservare la familiarità di quella scena e la nostalgia che albergava nel suo cuore.

Alla sua sinistra un piccolo bambino innocente rapito da qualche animale parlante in un mondo pieno di sogni e promesse, l’unica famiglia rimastagli sulla terra, l’ultimo legame con il suo passato.

Alle sue spalle una grande finestra, una sottile lastra di vetro a separarlo, a separargli dal mondo, dalla realtà, dal presente .

Alla sua destra una dolce ragazza, dal candido viso e dall’anima pura.

Una ragazza con cui si era concesso il lusso di sognare un futuro, una donna che desiderava ardentemente poter amare.

Ma quasi mai quello che vogliamo, è quello che possiamo permetterci.

Questo fu l’ultimo pensiero che sfiorò Naruto prima di riemergere in cucina per aiutare Hinata.

“Hai bisogno di aiuto” chiese casualmente lui.

“No grazie, ho quasi finito!” rispose lei, destreggiandosi fra una pentola e l’altra.

“C’è davvero un profumino delizioso” notò lui.

“Grazie” rispose lei, arrossendo deliziosamente e con un veloce gesto della mano portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Poi il silenzio: quello impegnato di Hinata e quello sognatore di Naruto, che si lasciò trasportare in un'altra realtà. In una di quelle impossibili realtà alternative, una felice però.

Lui rientrato dal lavoro dopo una lunga giornata, la sua dolce moglie ai fornelli intenta a preparargli il suo piatto preferito, e Minaku al tavolo mentre fa i suoi compiti.

Una famiglia moderna e bizzarra, ma pur sempre un armonia di anime, una  sinergia di sentimenti.

“Quando partirai?” chiese a bruciapelo Naruto, uccidendo il sorriso di Hinata, rovinando il silenzio.

“Domani” rispose lei, per poi aggiungere: “Pronto”.

Sollevò la pentola e uscì dalla cucina.

“Minaku vieni a cena, spegni la tv e vai a lavarti le mani” disse Naruto.

Il bambino seguì contento Hinata che gli mostrò il bagno e lo aiutò a lavarsi le mani, mentre Naruto continuava ad osservare la complicità fra le due persone che si dividevano il suo cuore e il suo affetto, come ipnotizzato, rapito in un sogno continuo.

“Buon appetito!” esclamò Minaku una volta che tutti e tre furono seduti a tavola, pronti per la cena.

Minaku incominciò a raccontare della sua giornata e dei disastri combinati da lui e dai suoi compagni. Naruto sorridente, osservava Hinata ridere di cuore, cercando di nascondere il suo sorriso luminoso dietro le sue ossute mani, un gesto così semplice che risvegliava in lui sentimenti, così proibiti e conturbanti.

“Davvero buonissimo tutto quello che hai cucinato, sei davvero una cuoca eccezionale” disse Naruto. Hinata arrossì e abbassando il voltò abbozzò una risposta: “Non è vero, cerco solo di non avvelenare i miei ospiti”.

“Hinata c’è la torta?” chiese impertinentemente il bambino.

“Minaku” lo rimproverò Naruto.

“Sì, ovviamente” rispose Hinata sorridendogli e strizzandogli l’occhio.

Hinata si alzò e si diresse in  cucina per uscirvi con una bellissima torta di cioccolato fra le mani.

Minaku eccitato applaudiva, Naruto divertito e affascinato dalla bravura in cucina di Hinata.

Continuarono a mangiare e a conversare, le risate continuavano a riecheggiare fra le pareti dell’appartamento, fino a che non accadde l’incidente.

Fino a quando Hinata non sporse la sua mano per afferrare un piatto e incontrò quella di Naruto, fino a quando le scintille non si dispersero nell’aria, fino a quando il mondo non si fermò e la realtà distrusse la fantasia.

Naruto si paralizzò, un semplice tocco aveva messo in controluce ogni sua decisione, aveva messo in crisi ogni suo buon proposito, aveva compromesso ogni sua inibizione.

“Minaku andiamo” disse scattando in piedi.

“Naruto” cercò di protestare Minaku, ma la fermezza nello sguardo di Naruto e la serietà del suo tono, fecero desistere ogni protesta.

Hinata sorpresa e ferita, si alzò cercando di mascherare la delusione dal suo volto e di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere, aiutò Minaku a vestirsi e lo abbracciò forte, gli baciò il capo e gli sussurrò: “Ti voglio bene, te ne vorrò sempre Minaku. Stai sempre vicino a tuo fratello che ti adora, e mi raccomando non cambiare”.

Minaku uscì dalla porta, con la mano in quella di suo fratello, un espressione triste sul volto e lo sguardo fisso in quello di Hinata.

Nemmeno un arrivederci da parte di Naruto, perché mai addio sarebbe stato più doloroso.

Hinata chiuse la porta e si lasciò cadere sul divano in lacrime.

 

 

“Sei stato cattivo” affermò seccato Minaku, arrotolando le labbra e infilandosi sotto le coperte, coprendosi oltre la testa.

“Minaku, devi capire che era già tardi” cercò d’incominciare Naruto, posandogli una mano sulla schiena, l’unica cosa che s’intravedeva del bambino.

“Lei mi vuole bene” sentenziò Minaku, “lei mi vuole bene?” chiese questa volta titubante Minaku.

“Sì, certo che ti vuole bene, e anche io te ne voglio” cercò di spiegare Naruto.

Fu allora che Minaku decise di scoprirsi, voltarsi e di mostrare gli occhi bagnati al suo fratello maggiore.

“Perché allora mi vuole abbandonare?” chiese con un filo di voce Minaku.

Fu allora che Naruto si vergognò di molte delle sue ultime azioni.

“Credo che sia per colpa… credo che le manchi la sua famiglia” mentì Naruto. Gli occhi chiusi e il viso di lei in mente.

La sua immagine distrutta dall’ennesimo rifiuto, dall’ennesimo imprevedibile cambiamento di umore e di decisione di Naruto.

“Io le voglio bene” disse Minaku.

“Anche io” sussurrò Naruto, stringendo a sé il corpicino di quel bambino così indifeso e così dolce.

“Lo so” rispose Minaku, sorprendendo Naruto, lasciandolo senza ulteriori parole, senza fiato.

“So anche che se tu e Hinata vi sposaste, tu non saresti comunque mio padre, e lei non sarebbe mai mia madre. I nostri genitori sono in cielo e da lì ci proteggono. Tu sei solo il mio fratellone” disse molto semplicemente Minaku, e quelle parole risvegliarono qualcosa in Naruto.

Sempre troppo preoccupato di fare la cosa giusta, e sempre troppo ingenuo per fare la cosa migliore.

“Allora perché insisti sempre con quei disegni di una mamma e di un papà?” chiese confuso, disperato ed estremamente stanco Naruto.

“Perché voglio vederti ridere. E’ da molto che non lo fai, prima io e te lo facevamo sempre” osservò innocentemente Minaku prima di sdraiarsi nuovamente, coprirsi, stringere a sé il suo peluche e attendere il bacio della buona notte, che non tardò ad arrivare.

“Ti voglio bene” sussurrò Naruto accarezzandogli i capelli prima di spegnere la luce, restando però poi ad osservare nella penombra il suo adorato fratellino prendere sonno.

Uscito dalla camera del bambino, prese il telefono e chiamò.

“So che è tardi, ma ho davvero bisogno di te, potresti venire da me” disse

“Grazie” poi chiuse il telefono e aspettò.

Un gentile tocco sulla porta lo destò dai suoi pensieri, andò ad aprire la porta e un affascinante donna bionda entrò in casa.

“Tsunade” incominciò lui, invitandola a sedersi sul divano.

“Credo di aver combinato un gran casino” incominciò a spiegare lui, raccontandole nei minimi dettagli il suo problema, quei sentimenti così puri e così pericolosi che il giovane ragazzo provava per quella maestra così diversa da ogni altra ragazza, così particolare da aver conquistato la sua attenzione, la sua mente e il suo cuore.

“Corri da lei” furono le uniche parole di risposta che la donna offrì all’amico.

“Ma Minaku?” chiese ancora una volta lui.

“Smettila di mentirti e di mentirmi, non usare quell’adorabile bambino per nascondere le tue mancanze. Tu hai paura che possa finire tutto, tu hai paura che anche lei un giorno potrebbe andarsene lasciandoti ancora una volta solo! Svegliati Naruto! Non sei solo, tanto per cominciare, ci sarà sempre tuo fratello e ci saranno sempre i tuoi amici quelli veri! Oltre al fatto che lei se ne andrà via comunque che tu stia con lei o meno, l’unica differenza è che senza di te andrà via di sicuro domani, mentre insieme a te, potrebbe correre il rischio di non andarsene via mai più”.

Naruto non disse null’altro, scattò in piedi e si diresse verso la porta, sì fermò un solo secondo prima di uscire, voltandosi verso l’amica.

“Penserò io a Minaku” disse lei e questo era tutto quello che doveva e voleva sentire, sparì così dietro la porta.

 

 

 

Erano le tre del mattino e lei ancora in piedi, a riordinare casa, a finire di impacchettare la sua libertà, a cercare di calmare il suo cuore e di dimenticare la sua delusione.

Il campanello suonò e lei si avvicinò esitante allo spioncino della porta, spiò e lo vide. Agitato e nervoso, con la mano si grattava la testa, ondeggiando continuamente sulle sue gambe.

Aprì e lui entrò, le corse incontro e l’abbracciò, la strinse a sé e lei si sentì rinascere.

“Scusami” iniziò a ripetere lui, mentre le baciava i capelli, le guance, le mani e infine la bocca. Un delicato contatto, un piacevole brivido, una gioia improvvisa, e poi lei che lo allontanò e gli sussurrò: “Ti prego smettila di farmi del male”. Gli occhi colmi di lacrime, lei che si accomoda sul divano e lui pietrificato dalla più semplice delle verità, dalla richiesta più genuina e legittima di tutte.

 

 

 

 

“Grazie” disse lui prendendo in mano la tazza di te, che lei gli porgeva. Lui seduto sulla poltrona esattamente di fronte a dove lei si sedette sul divano.

“Credo che abbiamo bisogno di parlare!” incominciò lui.

“Sono venuto qui a chiederti scusa, per come mi sono comportato prima, l’altro giorno qui, il giorno ancora prima in ospedale e tutte le altre volte che sono scappato o ti ho confuso”.

“Non ti devi scusare” incominciò lei, lo sguardo basso rivolto alle sue scarpe.

“Forse no, ma credo di doverti spiegare qualcosa di molto importante” riprese lui “sono sempre fuggito per paura, perché nella mia mente noi non potevamo stare insieme, noi non potevamo essere felici, e io non potevo dare nessuna sicurezza a Minaku, e nemmeno a te”.

“Capisco” disse lei, il volto triste e le mani congiunte a reggere la tazza di te che si stava raffreddando lentamente.

“No, non capisci” disse lui improvvisamente animato da un energia sconosciuta.

“Scusa” disse lei sempre più timidamente.

“Maledizione, sono io che dovrei strisciare ai tuoi piedi chiedendoti di perdonarmi, invece sono io che non faccio altro che riversarti parole inutili addosso e ora mi chiedi perfino scusa!” disse lui disperato, si sollevò in piedi e si avvicinò alla finestra.

“L’altro giorno sono scappato perché ho visto quei dipinti, quelle tele cosa significano?” chiese lui.

Lei arrossì e posò la tazza di te.

“Niente” cercò di dire lei, ma lui le fu addosso, i loro visi a pochi millimetri di distanza.

“Dimmelo ti prego” il tono di lui non era altro che una supplica.

“Avevo promesso a Minaku che gli avrei mostrato che cos’è l’amore” rispose lei, gli occhi chiusi, il respiro veloce, il volto rosso dalla vergogna.

“Io ti amo” le disse Naruto.

Lei non riusciva a muoversi, pietrificata.

“Ma avevo paura di dirtelo, avevo paura che tu potessi rifiutarmi. Sono stato un codardo.” continuò lui, accarezzandole i capelli.

Lei incominciò a piangere.

“Avevo così tanta paura che anche tu potessi andartene e lasciarmi ancora una volta solo” disse Naruto anche lui fra le lacrime.

Lei allora si voltò e lui riuscì a stringerla fra le sue braccia, la schiena di lei contro il petto di lui. Le loro mani congiunte.
“Hinata, prometto che io non ti lascerò mai più. Che cercherò in te il mio coraggio” disse lui.

“Prometto che starò sempre al tuo fianco. Cercherò di essere la tua possibilità di felicità. Ti amo” rispose lei.

Lei si voltò e i loro sguardi si trovarono e le loro bocche s’incontrarono per un lungo bacio dolce e appassionato.

Per poi essere stretta fra le braccia di lui, e lasciarsi abbandonare al sonno più sereno che avesse mai potuto sperimentare.

 

The End

 

 

 

Finita, finita, finita!! Dopo mesi di attesa e di lavoro!!

Spero che non deluda le attese e aspettative di nessuno!!

 

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno commentato e letto, ma soprattutto quelli che leggeranno e commenteranno.

 

Spero che il lieto fine abbia messo d’accordo tutti e che potrete perdonare
Naruto per essere stato così insicuro durante il corso di questa storia, ma poverino è così tenero!!

 

 

Ayumi: questa fanfics è tutta per te!!

 

Perché ogni giorno possa essere un NaruHina day!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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