La lista

di iosonolamiagabbia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno ***
Capitolo 2: *** Viva i capelli colorati! ***
Capitolo 3: *** You give love a bad name ***
Capitolo 4: *** Confessioni ***
Capitolo 5: *** Sembri proprio un angelo! ***
Capitolo 6: *** Sei il mio angelo ***



Capitolo 1
*** Primo giorno ***


PRIMO GIORNO

Il primo bacio, che grande emozione! Non che l'avessi mai provato, ma me l'ero immaginato  più di una volta: sono sempre stata molto romantica, perciò mi vedevo seduta in un grande prato col mio lui. Un leggero venticello tipico di una giornata primaverile che mi sfiora i capelli. Lui mi guarda con i suoi grandi occhi brillanti e mi fa un sorriso dolcissimo. Io mi sciolgo. Sento il cuore che mi batte forte, le farfalle impazzite nel mio stomaco e la testa che mi gira perché lui si sta avvicinando. Già lo sto sentendo quel bacio, già sono andata, ancora prima che lui mi sfiori. E poi succede, mi bacia. È come un'esplosione, qualcosa che è esploso al centro del mio petto. Forse è il mio cuore. No, non può essere lui, non sentirei le sue calde labbra sennò. È la felicità che è esplosa dentro di me. Ho gli occhi chiusi, non ho intenzione di aprirli. Giurerei di vedere tanti colori, come un arcobaleno, come quando si è sotto l'effetto di stupefacenti. Solo che un bacio non fa male, non ha effetti collaterali, non ti uccide, no, anzi, il più delle volte ti guarisce. E se poi a baciarti è il tuo grande amore, l'unica ragione per cui hai resistito tanto, allora quel bacio è capaci di farti credere ancora nell'amore, è capace di farti fidare ancora, nonostante tutte le tue batoste. È così che ho sempre immaginato il mio primo bacio: come qualcosa che ti fa pensare che ne sia valsa la pena.

Questo era uno dei miei tanti propositi quando mi iscrissi alla nuova scuola. Un proposito stupido, penserete, ma per una ragazza che è arrivata al diciottesimo compleanno senza mai aver detto 'ciao' ad un ragazzo, non lo è affatto. Ma non era colpa mia, io con i maschi non ci ho mai saputo fare, non sono come le femmine, loro sono complicati. Non si sa mai se preferiscono una ragazza super femminile, tutta tette, tacchi e culo, oppure una più maschiaccio, una come loro, che condivida l'interesse per la birra, le macchine e le moto. Non li ho mai capiti e siccome io non ero né femminile né maschiaccio (non so nemmeno io cosa ero), eravamo due mondi completamente diversi. D'altronde ho sempre pensato che il mio fidanzato dovesse essere colui a cui piacevo per quella che ero, con i miei tremila difetti e i miei due pregi. Non avevo mai preso in considerazione l'idea di cambiare per far colpo su qualcuno, piuttosto sarei cambiata per me stessa, perché mi facevo schifo. Da tutti i punti di vista. Era anche vero, però, che ormai mi ero fatta un'idea ben precisa di me e quella non sarebbe mai cambiata.

Con questi pensieri, arrivai all'ingresso della scuola. Quello era il momento per mettere in atto il piano che facevo ogni giorno da quando andavo alle medie: un lungo sospiro, lo sguardo basso e via, nel corridoio, senza guardare in faccia nessuno. Ero quasi al di fuori del campo visivo degli altri studenti quando sentii una voce che mi costrinse ad alzare lo sguardo da terra: "Signorina! Signorina!" Per un momento pensai di ignorare quella voce e tirare dritto, ma mi feci coraggio e mi voltai. Una donna abbastanza avanti con gli anni, bassa, rotondetta, uno chignon alto sulla testa e un tailleur tutto rosa mi stava guardando contrariata. Molto contrariata. Deglutii ed accennai un sorriso: "Dice a me?" La donna mi guardò quasi sorpresa, forse non si aspettava un 'dice a me', ma un 'sì, mi dica' che di sicuro l'avrebbe fatta sentire più importante. Mi squadrò da capo a piedi, come a dire 'ma da dove viene questa?' e poi disse: "Deve completare la sua iscrizione, lo sapeva?" La guardai perplessa. Era il mio primo giorno di scuola, ero venuta qualche giorno prima per iscrivermi e credevo, anzi, ero totalmente certa, che la mia iscrizione fosse apposto. Se nessuno mi aveva detto nulla, come avrei potuto saperlo? Allora risposi: "Ora lo so, sì.." La donna mi guardò ancor più contrariata di prima e sputò: "E allora cosa aspetta? Vada dal segretario a completarla, si muova!" e se ne andò. Grandioso, una vecchia bacucca era venuta a prendersela con me, appena arrivata, dicendo di completare la mia iscrizione e se ne era andata senza neanche dirmi da chi mi sarei dovuta recare. Ebbi l'impressione che l'anno scolastico sarebbe andato molto diversamente da come lo avevo previsto.

Sospirai, imprecando fra me e me, e cominciai a girovagare per la scuola in cerca di qualcuno che mi potesse aiutare. Girai e rigirai fino a che, arresa, decisi di uscire. Non male come primo giorno: invece di essere in classe a seguire la lezione come tutti gli altri, mi toccava gironzolare per tutta la scuola in cerca di qualcuno che potesse completare la stramaledetta iscrizione. Mi sedetti su di una panchina e mi guardai intorno in cerca di un essere vivente dotato di parola e lo trovai. Era là, appoggiato ad un muro della scuola, come un Adone. Sembrava abbastanza muscoloso ed anche abbastanza rockettaro: indossava una maglietta rossa con un teschio disegnato sopra - 'cominciamo bene' pensai - un paio di jeans neri con una catena, un paio di anfibi e per finire in bellezza, una giacca di pelle nera, in pieno stile rockettaro. Ebbi qualche tentennamento ad avvicinarmi per chiedergli un'indicazione, aveva la faccia imbronciata e dallo sguardo che mi lanciò vedendomi, sembrava proprio che mi volesse dire 'non osare avvicinarti, mordo'. Oh, al diavolo! Se davvero volevo provare l'emozione del primo bacio e, di conseguenza, avere la mia prima storia d'amore, non potevo certo farmi impaurire da un ragazzo che sembrava in piena sindrome pre-mestruale. Mi avvicinai piano, senza fare movimenti bruschi e senza guardarlo troppo negli occhi, proprio come si fa con le bestie feroci e mi fermai un po' lontano da lui. Rimasi sbigottita. Dalla distanza a cui ero prima non li avevo notati. Se la maglia col teschio mi era sembrata troppo, i capelli mi avevano lasciata senza parole. Erano rossi. Ma rossi rossi. Molto rossi. Esageratamente rossi. Ed erano più belli dei miei. Li osservai bene: avevano addirittura i riflessi! Mi chiesi perché mai un ragazzo come lui, sembrava così virile, avesse deciso di conciarsi i capelli in quel modo. Non ero più molto sicura della scuola che avevo scelto di frequentare: prima la donna confetto e ora questo qui coi capelli color estintore. Questa non era una scuola, era un manicomio! Una voce profonda e molto arrabbiata mi destò dai miei pensieri: "Che hai da guardare?!" stava quasi ringhiando. Sussultai e lo guardai, cercando di non farmi prendere dal panico e di rispondere: "Io.. ehm.. stavo... devo completare la mia iscrizione e mi chiedevo se... sai mica indicarmi dove devo andare?" Lui mi guardò come se avessi avuto tre teste e dopo aver sbuffato non so quante volte disse: "Che razza di domanda é? Non ci sei già venuta? Ma guarda questa, oh..." Arrossii. In effetti ci ero già stata e la sua constatazione era più che normale ma se vi dicessi che per imparare il tragitto da casa mia alla fermata dell'autobus ci avevo messo una settimana, dopo essermi persa quattro volte? Lo guardai e risposi: "Certo che ci sono già stata ma se ti sto chiedendo aiuto evidentemente significa che non mi ricordo!" Lui incrociò le braccia palesemente infastidito e ringhiò (questa volta ringhiò sul serio): "Ma non sai leggere?! Ci sono cartelli su ogni porta! Vatti a cercare la segreteria e non mi rompere!" e se ne andò borbottando. Gli urlai un 'grazie, tu sì che sai cos'è la cortesia' prima che sparisse dietro al cancello. Girai i tacchi anche io ed andai a cercare la segreteria.

La trovai quasi immediatamente e mi vergognai per non essere stata capace di trovarla prima. Bussai piano, ormai avevo il terrore di ritrovarmi un carlino arrabbiato e con la testa rossa dietro ad ogni angolo. Non sentii nessuna risposta ma entrai lo stesso. L'ufficio era molto grande e una grossa scrivania, proprio davanti alla porta, era ricoperta di moduli. Da dietro una pila di fogli spuntò un ragazzo. Era biondo, molto ordinato e anche abbastanza timido pensai, visto che arrossì sussultando per non avermi sentita entrare. Cercai di non fissarlo, sapevo come ci si sentiva. Io stessa ero molto timida e provai a toglierci da questo imbarazzo: "Ciao.. Nathaniel, devo completare la mia iscrizione.." dissi socchiudendo gli occhi nel tentativo di leggere il suo nome sul cartellino. Lui mi sorrise e disse: "Certo, devi darmi solo una fototessera e poi abbiamo fatto.." Per fortuna, le portavo sempre con me. Ne presi una dal portafoglio e gliela passai. La pinzò assieme a dei fogli e disse: "Fatto, la tua iscrizione è perfetta!" Sorrise. Lo guardai. Ecco, quello era il sorriso che mi ero immaginata nel mio primo bacio. Quel sorriso assieme al fisico del simpaticone che  avevo incontrato prima. Aveva gli occhi di un colore strano. Erano molto chiari, molto più chiari di un color nocciola. Erano... color miele, ecco. Non era affatto male questo Nathaniel! Lo avrei messo nella lista de "I miei possibili futuri fidanzati". Ritornai alla vita reale e lo salutai. Non ero ancora uscita dalla segreteria che mi ritrovai davanti la donna confetto: "Ah! Eccola qui! Che sta facendo qua in giro?" La guardai e mi chiesi che problemi avesse. "Ho completato l'iscrizione, come ha detto lei..." era rincretinita o cosa? Mi guardò e poi continuò: "Visto che ha perso tempo a gironzolare per i corridoi, visto che fra poco è l'ora di uscita, visto che è obbligata a frequentare un corso in aggiunta all'orario scolastico e visto che tutti i corsi sono al completo, vada al club di giardinaggio a vedere se c'è qualcosa da fare. E non perda tempo a cercarlo!"  Certo che non avrei perso tempo a cercarlo! Lo avevo visto prima: vicino alla panchina su cui mi ero seduta, c'era una breve strada sterrata che portava ad una serra. Mi diressi lì.

Già al di fuori della serra c'erano molti fiori, tutti profumati e bellissimi. Non c'era nessuno e pensai di approfittarne per fare un giro con calma. Guardai i nomi di ogni fiore e provai a pronunciarli. Mi ritrovai a ridere da sola nel tentativo di leggere quello che c'era scritto. La serra era enorme ed altrettanto calda. Dovetti togliermi la felpa per non rischiare uno svenimento. C'erano davvero tutti le specie possibili ed immaginabili di fiori, lì dentro. Alcuni erano pure velenosi. Non che lo sapessi, non distinguevo una rosa da una pianta di zucca, era semplicemente tutto scritto nei cartellini nascosti tra le foglie. Mi premurai di non toccare piante che non conoscevo e tantomeno di annusarle. Non volevo di certo finire in infermeria! Considerando il posto, con tutta probabilità mi sarei ritrovata Joker con una siringa in una mano e il termometro nell'altra. Il mio primo giorno di scuola era passato alla velocità della luce. Suonò la campanella e il cortile si riempì di studenti che si accalcavano ai cancelli per uscire. Mi incamminai anche io. Vidi passare il mio amico estintore (pensai di dover assolutamente scoprire il suo vero nome) e anche il ragazzo della segreteria, Nathaniel, che mi salutò. Mi dileguai prima di incrociare di nuovo la donna confetto.

Il mio primo giorno di scuola non era stato affatto male: uno, non avevo seguito nemmeno una lezione; due, avevo conosciuto due ragazzi che, anche se magari non proprio gentili, almeno mi avevano rivolto la parola. A quel punto, ero davvero curiosa di sapere quale altro strano essere umano avrei incontrato domani, nella mia nuova classe.   

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Capitolo 2
*** Viva i capelli colorati! ***


VIVA I CAPELLI COLORATI!

La mattina dopo mi ritrovai dal cancello, di nuovo. Mi guardai attorno: nessuna testa rossa in vista, bene. Mi avviai verso l'ingresso, cercando di non badare agli altri studenti che mi guardavano. Non mi sembrava di avere niente di strano, mi ero pettinata e avevo pure abbinato i vestiti. Cosa avevano da guardare? Li odiavo. Odiavo essere la 'nuova', decisamente. Passai davanti alla segreteria e mi fermai ad osservare la scritta. Tutti i propositi che mi ero prefissata? Non potevo permettere che andasse come tutti gli altri anni, dovevo cambiare qualcosa. Ci pensai su qualche minuto e prima di farmi venire mille ripensamenti, bussai. Qualcuno mi rispose 'avanti' quasi in un sussurro. Entrai. Mi fermai davanti alla scrivania a guardare Nathaniel imbambolata, mentre lui guardava me. Cosa stavo combinando? Perché ero entrata se non avevo nulla da dire? Be', sì, lo volevo vedere ma potevo almeno pensare a qualcosa da dire prima di entrare. Nathaniel mi guardava impaziente. Probabilmente gli stavo facendo perdere tempo e forse cominciava a pensare che fossi fuori di testa. Cercai di salvarmi in extremis e dissi sorridendo: "Ciao!" Lui mi guardò con un sopracciglio alzato e rispose: "Buongiorno! Posso... aiutarti?" Mi parlava nello stesso modo in cui si parla ad un bambino con problemi mentali. Probabilmente ce li avevo sul serio. Mi sedetti su una sedia e sorrisi: "Be', sono venuta perché volevo salutarti.." La sua espressione si fece sorpresa e le sue guance si arrossarono: "Oh... be'..." balbettò: "..ciao" Lo guardai perplessa. Arrossii anche io. Come mi era venuto in mente di fare una cosa simile? Ci eravamo conosciuti il giorno prima e già mi presentavo nel suo ufficio per dirgli che lo volevo salutare. Probabilmente ora pensava anche che fossi una maniaca, almeno così lasciava intendere la sua faccia. Nathaniel abbassò lo sguardo sui fogli che aveva davanti e poi si alzò, spingendo via la sedia. Fece qualche  passo indietro, come se avesse avuto paura che gli potessi saltare addosso. Mi fissava, naturalmente si aspettava che dicessi qualcos altro. Cercai di portare la conversazione in acque più tranquille: "Come mai non sei in classe? Te ne stai qui tutto il giorno?" Lui mi guardò e prese a lisciarsi la cravatta azzurrina: "Sono il segretario delegato, ho il permesso di saltare le lezioni.. Non che mi piaccia, non è molto entusiasmante stare qui solo tutto il giorno. Però, come puoi vedere, le cose da fare non mi mancano.." disse indicando le pile di moduli che invadevano la sua scrivania. Mi chiesi se stavano cercando di sfruttarlo, poverino. Annuii e dissi: "Dai, non è male saltare le lezioni! Be', certo, significa fare il doppio del lavoro a casa. Comunque, se un giorno avessi bisogno di compagnia..." Perfetto, il mio tentativo di trattare argomenti neutri era fallito miseramente. Sperai di aver colto solo io la malizia della frase che avevo appena pronunciato, ma capii che non fu così quando vidi il suo viso avvampare e i suoi occhi sbarrati. Cercai allora di salvarmi: "No, io... intendevo che se... non so, se avessi bisogno di una mano con tutti questi fogli, puoi chiedere. A me non dispiace dare una mano.." Nathaniel si mise a sedere e mentre ricominciava a compilare i suoi moduli, rispose: "C-certo.. Grazie, me ne ricorderò.." Decisi che era meglio finirla prima di combinare qualche disastro e mi voltai per uscire. Prima di andarmene, però, mi girai verso di lui e dissi: "Io mi chiamo Ivy.." lui alzò lo sguardo e sorrise: "Lo so.." Sorrisi anche io e me ne andai.

Okay, diciamo che questa splendida performance avrei potuto anche risparmiarmela, no? La mia classe era la 5A, poco distante dalla segreteria. Suonò la campanella di inizio lezione proprio in quel momento ed entrai, ma prima che potessi andare a sedermi, il professore mi bloccò: "Aspetti, signorina." Lo guardai ed ebbi un colpo al cuore quando capii cosa aveva intenzione di fare. Aspettò che tutti i miei compagni si fossero accomodati e poi parlò: "Buongiorno, ragazzi. Lei è la vostra nuova compagna, si chiama..." disse voltandosi verso di me. Guardai gli occhi di tutti i miei compagni puntati su di me e poi mi voltai verso il professore: "..mi chiamo Ivy... Ivy Roger.." dissi in un soffio. Il professore sorrise e disse: "Bene, signorina Roger, può accomodarsi laggiù.." indicò un banco vuoto in ultima fila, vicino ad un ragazzo... con i capelli azzurri! Lo guardai: ancora? Ma cosa avevano tutti qua dentro? Pensai che forse in infermeria c'era davvero Joker. Il ragazzo dai capelli celesti, notò la mia espressione ed esclamò dal fondo della classe: "Non preoccuparti, non sono radioattivi! Puoi sederti!" La classe rise all'unisono, lui compreso. Io avvampai e con lo sguardo basso andai a sedermi. Una volta seduta, mi voltai a guardare il mio vicino di banco. Lui mi guardava con aria divertita e allungando una mano verso di me disse: "Piacere, Alexy!" Alexy? Alexy?! Era un nome da donna! 'Oh mio Dio' pensai 'ma dove sono finita?'. Lasciai la sua mano e mi girai verso il professore ma Alexy continuò: "Questa testa di rapa qui.." disse picchiettando sulla testa di un ragazzo seduto davanti a lui, costringendolo a girarsi "..è mio fratello Armin.." Era decisamente più normale, Armin. Aveva i capelli neri scurissimi e gli occhi dello stesso colore dei capelli del fratello. Mi guardò di sfuggita e biascicò un 'ciao' prima di concentrarsi di nuovo sulla sua console che teneva nascosta dietro l'astuccio. Questo Armin mi stava già simpatico. Mi girai di nuovo verso il professore e sentii Alexy sussurrare a suo fratello: "Ma ti sembra il modo?! Ti ho trovato la ragazza!" Armin gli rispose: "Piantala, stupido!" Eh già, ebbi l'impressione che io ed Armin saremmo diventati grandi amici.

Non prestai molta attenzione alla lezione, piuttosto mi guardai attorno. Vidi una ragazza che attirò la mia attenzione: aveva i capelli viola (pure lei?!) e uno sguardo triste. Di tanto in tanto guardava fuori dalla finestra mentre la sua vicina, la pelle molto più scura di lei e gli occhi gialli (li distinguevo perfino da quella distanza), le accarezzava i capelli con un sorriso dolcissimo. Forse era la sua migliore amica, oppure la sua fidanzata. Be', che importanza aveva? La ragazza dai capelli viola sembrava felice di quel contatto e, si sa, qualunque cosa è giusta se ti rende felice.

La giornata passò veloce. Quando suonò la campanella dell'uscita, misi velocemente la mia roba nello zaino e mi alzai per andarmene. Alexy mi prese per un braccio e mi fermò. Mi voltai. Con un sorriso a sessantaquattro denti disse: "Io e mio fratello ci chiedevamo se ti andasse di mangiare qualcosa assieme a noi.." propose dando delle gomitate ad Armin perché si mostrasse partecipe. Guardai prima Alexy e poi suo fratello: mi guardava come a dire 'lo so, è insopportabile, non sei costretta a dire di sì, anzi ti sarei immensamente grato se non lo facessi', ma Armin non sapeva dei miei propositi, non sapeva della mia lista 'I miei possibili futuri fidanzati', quindi accettai. Alexy esultò battendo le mani mentre Armin mise nella tasca la sua console, sospirando.

Andammo in un fast-food. Alexy non stava un momento zitto, mi riempiva di domande, a partire da 'che musica ascolti?' fino ad arrivare a 'dormi col pigiama o senza?'. A quella domanda arrossii e per fortuna ci pensò Armin a salvarmi: "Ma la smetti? Ti sembrano domande da fare?" L'entusiasmo di Alexy si spense e rispose: "Io volevo solo vedere se siete compatibili o no!" A quel punto intervenni io: "Ascolta Alexy, non pensi che dovrebbe essere tuo fratello a scegliere la sua fidanzata?" Lo sguardo di Alexy si riaccese e mi pentii di aver parlato. "Ma lui non sceglierà mai la sua ragazza! Sta sempre chiuso in camera a giocare, non gli interessa del resto del mondo! Non voglio che muoia scapolo!" Armin lo guardò e disse: "Ma che ti importa, smettila!" rispose tirandogli una piccola sberla dietro la testa. Alexy rispose con una gomitata a cui seguì un calcio da parte di Armin, a cui Alexy rispose con un pizzicotto. Li guardai sorridendo e dissi: "Siete così teneri.." Alexy si voltò verso suo fratello e disse: "Visto? Il mio piano funziona!" Allora io mi affrettai a dire: "Ma no, non intendevo che..." Armin mi interruppe: "Tranquilla, io ho capito. Ignoralo." disse sorridendo. Alexy incrociò le braccia imbronciato ed io e Armin scoppiammo a ridere.

Dopo una ventina di minuti, li salutai e mi incamminai verso casa. Si era fatto tardi. Pensai che tutto sommato Alexy aveva ragione, avrei aggiunto anche Armin alla mia lista. Una volta arrivata a casa, passai il resto del pomeriggio a fare i pochi compiti che un professore intraprendente aveva pensato di assegnarci ed esausta andai a letto, saltando la cena. Dovevo ammettere che quella scuola cominciava a piacermi. E inoltre non avevo visto il mio amico rockettaro oggi, un po' mi mancava. Sorrisi a quel pensiero e piano piano mi addormentai.  

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Capitolo 3
*** You give love a bad name ***


YOU GIVE LOVE A BAD NAME

La mattina dopo, mentre mi avviavo verso scuola, vidi una locandina di un'edicola. Mi avvicinai per leggere: "Questa sera alle 21.00, concerto Rock con i The Wings presso il liceo Dolce Amoris." Un po' più in basso, a caratteri cubitali, c'era scritto che i fondi raccolti sarebbero stati devoluti in beneficenza. 'Che cosa carina!' pensai. Poi la mia attenzione fu attirata dalla foto della band, o meglio da una coloratissima chioma rossa. Mi strofinai gli occhi per essere certa di quello che stavo vedendo: era proprio lui. Mi avvicinai per leggere il suo nome scritto in piccolo sotto il suo mezzobusto: 'Castiel'. Allora era così che si chiamava! Castiel! Non avevo mai sentito un nome del genere ma di sicuro suonava meglio di 'il mio amico estintore'. Continuai ad osservare il manifesto e mi soffermai sul suo amico: la prima cosa che mi colpì furono gli occhi: uno color ambra e l'altro color smeraldo. Anche i suoi capelli non scherzavano (bianchi con le punte nere) ma a quello ormai mi ero abituata, finora solo Nathaniel ed Armin avevano i capelli normali. Tornando al ragazzo vicino a Castiel, Lysandre (così c'era scritto sotto la sua foto), notai qualcosa di particolare. Diciamocelo, sia Alexy, sia Armin, sia Nathaniel, sia Castiel stesso erano molto belli, ma lui, questo Lysandre, aveva qualcosa di particolare.

Smisi di fantasticare e corsi verso scuola. Arrivai giusto in tempo e presi posto al mio banco. Salutai Alexy ed Armin, che questa volta ricambiò con un po' più di entusiasmo. Sembrava che si fosse rilassato, che si sentisse più a suo agio. Io ne ero immensamente felice: mi aveva colpito da subito, con quei suoi occhi azzurrissimi e quella sua discrezione che a volte sfiorava il menefreghismo. Forse mi piaceva più di tutti gli altri. Armin non aveva niente a che vedere con suo fratello Alexy, che era suo gemello solo nel fisico. Alexy era più spontaneo, più allegro e sempre sorridente. Era molto coinvolgente e di sicuro l'amico ideale con cui uscire a divertirsi. A questo proposito mi venne un'idea e dissi ai miei due nuovi amici: "Ho letto che questa sera c'è un concerto qui a scuola.." Alexy rispose: "Sì, sono Castiel e Lys che suonano.." Allora io dissi: "Castiel l'ho già conosciuto, ma che mi dite di questo Lys? Frequenta questa scuola?" A quel punto intervenne Armin: "Sì. Lui e Castiel sono amici da sempre. A volte mi chiedo come possano essere amici quei due, sono così diversi! Lysandre è un tipo così raffinato ed elegante, mentre..." - "..mentre Castiel è così mascolino, rozzo e a volte volgare.." continuò Alexy con gli occhi che brillavano. Gli mancavano giusto i cuoricini al posto delle pupille. Mi chiesi il perché di quella reazione ma decisi di indagare più tardi. Mi rivolsi di nuovo ad Armin: "E come mai questo Lys non l'ho mai visto a  scuola?" Armin rispose: "Be', perché lui non è come Castiel. Frequenta ogni lezione e durante la ricreazione va a provare, così come dopo l'uscita." Annuii. Guardai Alexy ancora con aria sognante e poi dissi: "Potremmo andarci, che ne dite? Verreste con me?" Lo sguardo di Alexy si accese di felicità ma poco dopo si spense di nuovo: "Ma come facciamo? Ci vorranno i biglietti, dove li prendiamo?" - "A quelli ci penso io!" affermò Armin. Lo guardammo confusi e allora disse: "Internet, ragazzi, internet." 'Aahh!!' esclamammo io ed Alexy contemporaneamente.

Passammo il resto delle ore a chiacchierare. Ora che anche Armin si era sbloccato un po', era un piacere discutere con loro due, erano così spassosi! Armin mi sorprese enormemente: si rivelò un gran chiacchierone. Tutto era cominciato quando avevo toccato il tasto 'videogiochi'. Da quel momento, era partito per la tangente. Non fraintendetemi, mi piacevano i videogiochi ed era interessante parlarne con qualcuno che se ne intendesse, ma a volte proprio non riuscivo a seguirlo. Non ci muovemmo dai nostri posti nemmeno per l'intervallo, presi come eravamo tutti e tre nella nostra conversazione. Ci fermammo solo verso le ultime ore perché io avevo la gola secca, Alexy si era addormentato miseramente ed Armin aveva preso a giocare con la sua console. All'ultima ora, quando suonò la campanella, Alexy si svegliò di colpo e, non so come, si diede un pugno in faccia da solo. Armin si voltò preoccupato verso il fratello che continuava a ripetere 'ahi' sfregandosi il volto e dopo averlo guardato per qualche secondo, scoppiò a ridere fragorosamente. Aveva le lacrime agli occhi da quanto aveva riso! Mi incamminai verso l'uscita vicino ad Armin, mentre Alexy era intento a stiracchiarsi a suon di 'mmh' e 'ahh'.      

Avevamo appena superato i cancelli quando sentimmo la voce di Alexy: "Alt! Fermi lì, voi due!" Ci voltammo con aria interrogativa mentre Alexy si avvicinava con uno strano sorriso. Armin disse: "Oh no! Ci risiamo..." Alexy si mise in mezzo a noi due, cingendoci le spalle a tutti e due con entrambe le braccia: "Sapete dove andiamo ora?" - "A mangiare..?" dissi io. "Ho l'impressione che la cosa si faccia più seria, Ivy.." disse Armin. Alexy ci guardò entrambi, prima me e poi suo fratello e disse: "Ora andiamo a mangiare, sì, ma dopo... no, non ve lo dico, sorpresa!" Non sapevo cosa aspettarmi da un tipo come Alexy ma, sbirciando la faccia di Armin, sospettai che non fosse nulla di buono.

Mangiammo al fast-food come il giorno prima. Annoiarsi con due come loro era impossibile. Ad un certo punto, dissi: "Siamo amici noi, vero?" Armin annuì cercando di ingoiare due alette di pollo, mentre Alexy esclamò 'certo!' con tono super-squillante. Abbassai lo sguardo sul tavolo in cerca delle parole da dire: "Be', io non ho mai avuto tanti amici, soprattutto maschi. Quando sono venuta qui, ero ricca di aspettative.." non potevo certo dirgli che la mia unica aspettativa era il primo bacio! "..ma non avrei mai immaginato di trovare due persone simpatiche come voi dopo così poco tempo. Sì, insomma, vi voglio bene. E grazie per la vostra compagnia, per la vostra simpatia, per tutto." Li guardai per recepire la loro reazione: Alexy mi guardava con una patatina in mano sospesa a mezz'aria, la bocca spalancata e le lacrime agli occhi. Buttò la patatina nel sacchetto, si alzò e venne ad abbracciarmi (o meglio, a stritolarmi) dicendo: "Oh, tesoro! Ma non dirlo neanche per scherzo! Noi tre siamo il trio perfetto! Ci saremo sempre per te, per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, qualsiasi! Sei importante per noi!" Sorrisi, ricambiando l'abbraccio. Guardai Armin che biascicò un 'come ha detto lui' mentre tentava di infilarsi in bocca tre alette di pollo contemporaneamente. Alexy, di fianco a me, lo guardò scuotendo la testa con le mani sui fianchi e disgustato disse: "Che visione raccapricciante!"

Aspettammo che Armin finisse di mangiare e dopo aver pagato, uscimmo dal fast-food. La sorpresa di Alexy consisteva nel portarci a fare shopping. A detta sua, avevamo bisogno di un outfit adatto ad un concerto. Entrammo in molti negozi. Faceva provare vestiti solo a me e ad Armin, giustificandosi col fatto che lui non aveva bisogno di provarli visto che conosceva bene il suo fisico. Avevamo guardato in talmente tanti negozi che mi girava la testa. Volle comprarmi un sacco di cose (per fortuna riuscii a dissuaderlo dal regalarmi un completo intimo). Verso le sei e mezza di sera, uscimmo dall'ultimo negozio: Alexy sfoggiava i suoi pacchetti bello orgoglioso, mentre Armin... be', lui sembrava uscito da sotto un trattore. Ci accordammo sul luogo e sull'orario in cui ci saremmo dovuti incontrare e andai a casa.

Mangiai velocemente e corsi a farmi la doccia. Mi vestii con i vestiti nuovi e mi truccai, o meglio, ci provai. Alle otto e mezzo uscii di casa e alle otto e cinquanta ero davanti a scuola, come stabilito. Armin ed Alexy arrivarono dopo pochi minuti. Armin era più avanti e si avvicinò sorridendomi. Si chinò per salutarmi con un bacio sulla guancia (per forza, nana com'ero!) e mi sussurrò all'orecchio: "...sei bellissima..." Io arrossii ma lui non lo notò siccome era già buio. Sorrisi e risposi: "Grazie, merito dei vestiti di tuo fratello. E anche tu non sei per niente male!" dissi dandogli un pizzicotto sul braccio. Armin mi guardò con uno sguardo diverso dal solito, uno sguardo vivo, intenso. Stava per dirmi qualcosa ma fummo interrotti da Alexy che irruppe con un 'oh mio Dio! sei uno schianto!" ridemmo tutti e tre, io sempre più rossa in viso. Ci avviammo verso l'entrata, inoltrandoci in uno stormo di persone. Si sentiva una musica provenire dall'interno, probabilmente avevano già iniziato. Armin esibì i tre biglietti ed entrammo. Alexy si dileguò quasi subito con un 'scusate un momento'. Armin mi prese per mano e andammo a sederci al bancone del bar. Ordinò per tutti e due e io mi appoggiai con la schiena rivolta verso la barista. Guardai verso il palco. Castiel era super-concentrato sulla sua chitarra, accompagnando le sue note con la testa. Su quel palco sembrava un'altra persona e, soprattutto, aveva sempre il sorriso stampato sulla faccia. Quel Castiel mi piaceva molto più di quello del mio primo giorno di scuola. Vicino a lui, il suo amico Lysandre aveva una voce incredibile. Cantava una canzone che, con tutta probabilità, si chiamava 'You give love a bad name' (1). Lo intuii dal fatto che era la frase che ripeteva più spesso. La sua bravura era impressionante, la sua voce era melodiosa e non perdeva neanche una nota. Mi persi completamente in quel suono, cullata da quella voce. Era tutto meraviglioso, Castiel e Lysandre erano in perfetta sintonia e le urla della gente che sotto di loro ballava, completava il tutto. Armin mi riportò alla realtà stringendomi la mano. Mi voltai a guardarlo mentre lui mi sorrideva: "Ti stai divertendo?" mi chiese. Annuii convinta: "Sì, molto! Sono bravissimi!" dovevamo urlare per sentirci. Passammo un po' di tempo parlando: mi raccontò tante cose di lui, compreso il fatto che si buttava sui videogiochi perché non si sentiva sicuro con le persone. Risposi che per me era la stessa cosa e scherzai dicendo che, per fortuna, ci eravamo conosciuti. Lui annuì e mi guardò di nuovo con lo sguardo di prima. Lasciò la mia mano e mi strinse a lui. Capii cosa voleva fare. Certo che volevo provare l'emozione del primo bacio, ma non così e in quel posto. Armin mi piaceva, certo, ma lo conoscevo da così poco, non sapevo quasi niente di lui. Lo vidi avvicinarsi alle mie labbra, sentivo il suo profumo e mi piaceva da impazzire ma mi voltai e così Armin finì per darmi un bacio sulla guancia. Mi guardò quasi deluso e allora cercai di scusarmi: "Scusa... io... non posso... ora..." Lui mi sorrise e mi abbracciò: "Tranquilla, hai ragione... Scusami tu..." ricambiai  l'abbraccio e appoggiai la testa al suo petto.  

Nel frattempo erano arrivate le undici a quaranta e Alexy comparve quasi magicamente al nostro fianco. Tutto sorridente disse: "Come è andata? Vi siete divertiti? Io ho conosciuto una persona speciale..." disse con aria sognante. Armin sorrise e disse: "Che dite, andiamo?' io annuii e Alexy ci seguì. Durante il tragitto, Alexy ci raccontò della sua serata e fu allora che venni a conoscenza della sua omosessualità. L'avevo sempre sospettato, ma la cosa non mi disturbò. Ognuno era libero di amare chi voleva, chi ero io per giudicarlo? E poi avevo sempre desiderato avere un amico gay e lui era quello perfetto. Tuttavia, in quel momento ero troppo stanca per intrattenere una conversazione, quindi gli promisi che ne avremmo riparlato l'indomani. Salutai e me ne andai. Una volta a casa, mi fiondai a letto.

Come ogni sera, ripensai alla giornata, al concerto, al bacio mancato con Armin: dovevamo assolutamente parlarne. Il sonno si impossessò presto di me ma prima di cadere tra le braccia di Morfeo, mi ripromisi di fare i complimenti a Castiel.



(1) Questo è il titolo vero di una canzone di Bon Jovi. È ascoltando questa canzone che mi è venuta l'idea per il capitolo. Inoltre, quando ho scoperto che Castiel e Lysandre avevano un gruppo, me li sono immaginati a cantare questa canzone. Vi consiglio di ascoltarla, è molto bella!

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Capitolo 4
*** Confessioni ***


CONFESSIONI

La mattina seguente, per fortuna, era venerdì. Mi svegliai tardi, perciò feci tutto di fretta e corsi a scuola. Una volta arrivata nel cortile, mi guardai attorno in cerca di Castiel. Era là, seduto su di una panchina col suo amico Lysandre. Mi avvicinai sorridente e li salutai. Ricambiarono il saluto e dissi: "Siete stati fantastici, ieri sera!" Castiel mi guardò sorpreso: "C'eri anche tu?" domandò con un mezzo sorriso. "Certo!" risposi "Ho visto il manifesto mentre venivo a scuola. Siete stati molto generosi a fare il concerto per beneficenza, siete delle belle persone." dissi sedendomi per terra sopra il mio zaino, proprio davanti a loro. Castiel mi guardò con un sopracciglio alzato: "Ti sorprendi?" sorrisi. "Certo, con me non sei stato così gentile, il primo giorno di scuola.." - "Lui non è mai gentile con nessuno" intervenne scherzando il suo amico Lysandre. "Ehi! Da che parte stai?!" rispose Castiel spintonandolo. Lys si limitò a sorridere. Lysandre era molto affascinante, non c'era dubbio. E non ero l'unica a pensarlo, viste le risatine delle ragazzine di prima e seconda quando lo incrociavano. Nonostante questo, lui sembrava non sentirle, lui era nel suo mondo. Non era certo come Castiel, che chissà quanto si pavoneggiava quando qualcuna gli faceva un apprezzamento. Mi sembrava di vederlo e sentirlo. Lys era diverso, come aveva detto Armin. Era il suo opposto. Aveva un non so ché di particolare, di bello. Vestiva molto elegante, con quegli abiti vittoriani che sopra a chiunque altro sarebbero stati ridicoli. La sera prima non lo avevo notato, ma anche il suo viso era molto bello: la sua pelle era chiara, i lineamenti molto raffinati. E poi gli occhi. Gli occhi rendevano l'opera perfetta.
Ora che li avevo davanti entrambi, mi saltavano ancora di più all'occhio le loro differenze, a partire dalla postura: Castiel era stravaccato sulla panchina e fumava. Lysandre era seduto composto, la schiena dritta e leggeva. Smisi di fantasticare e mi rivolsi a Lys: "La tua voce è spettacolare, non ho mai sentito nessuno cantare così.." Lys sollevò gli occhi dal libro e mi guardò. Il suo sorriso non era malizioso e il suo sguardo era pieno di gratitudine. Rispose con una voce molto calda e sensuale: "Grazie. Significa molto per me." Sorrisi. A volte non sembrava neanche un essere umano. Sembrava... un vampiro, ecco. Abbassai lo sguardo e mi misi a giocherellare coi lacci delle mie scarpe, in attesa che suonasse la campanella. Tossii un paio di volte: quella canna fumaria di Castiel mi stava intossicando.

Ad un certo punto, riconobbi la voce di Alexy che da lontano mi chiamava. Mi alzai, raccolsi lo zaino e aspettai che mi raggiungesse. Dietro di lui, Armin camminava piano, le mani nelle tasche, lo sguardo basso e il viso affondato nella sciarpa. Li salutai. Prima che mi allontanassi, Lys mi domandò: "Come ti chiami?" Mi voltai e risposi: "Ivy!" 'Ivy..' ripeté lui tra se e se. "Ivy?! Che razza di nome è?! Cosa mi sta a significare?!" disse Castiel a voce alta, con un sorriso strafottente. Allora risposi: "Ha esattamente lo stesso significato di Castiel, cioè nessuno.." Castiel disse: "Non penso proprio, Castiel è... be', è un nome da angelo.." Sentii Lys ridacchiare. "Sì, della morte!" risposi allontanandomi con Armin e Alexy.

Ci accomodammo tutti e tre ai nostri posti, in classe. Armin non ci rivolse la parola, per tutto il tempo. Ero preoccupata. Sicuramente era dovuto a quello che era successo al concerto. Mi sentivo in colpa, ma il mio primo bacio era il MIO primo bacio, non potevo darlo a chiunque. Sapevo bene cosa volesse dire sentirsi rifiutati, lo avevo provato sulla mia stessa pelle. Ricordo che in prima liceo mi ero innamorata follemente di un mio compagno. Mi vergognavo, non volevo dichiararmi ma dopo ripetute pressioni di una mia amica, lo feci. Un giorno, all'uscita da scuola, mi avvicinai a lui e glielo dissi. Lui mi guardò e con totale mancanza di tatto mi rispose: "Ma tu non mi piaci! Lasciami stare!" scatenando l'ilarità di tutti i suoi amici che avevano assistito. Io corsi via profondamente umiliata e piansi a lungo in camera mia. Mi sentivo terribilmente stupida per aver anche solo pensato che lui potesse ricambiarmi. Da quel momento, per i quattro anni successivi, non guardai più nessun maschio. Forse Armin, in quel momento, si sentiva così: umiliato e stupido. E la causa di tutto questo ero io.

Suonò l'intervallo e sia lui che Alexy uscirono in corridoio. Io rimasi in classe. Scambiai due parole con la ragazza dai capelli viola, che neanche a farlo apposta si chiamava Violet.  Non era molto loquace (nemmeno io lo ero), però mi raccontò della sua passione per il disegno e me ne mostrò alcuni: erano tutti molto belli. Quando gli chiesi se uno di quei ritratti fosse davvero Alexy, Violet arrossì. Non approfondii, anche perché dal suo sguardo triste capii che forse era a conoscenza della sua omosessualità. Non mi sembrò carino chiedere altro, perciò proseguii con i disegni. La campanella di fine ricreazione suonò e tornai al mio banco. Armin prese a giocare con la sua console, mentre io ripresi con Alexy la conversazione della sera prima: "Allora, da quanto sei gay?" - "Da un po'.." rispose sorridendo. "E lui come l'ha presa?" chiesi indicando Armin. "Be', lui è mio fratello, non ne fu particolarmente scioccato. E poi è molto intelligente, anche se non sembra." Risi. "Dai, povero! Ammetti che non è facile stare con uno come te!" - "Cosa vorresti dire?!" disse fingendo di essere arrabbiato. "Be', sei un po'.. esuberante.." dissi. Lui rispose: "Certo, non sarei gay, sennò!" Risi e poi continuai: "Chi era quella persona speciale di ieri sera?" - "Oh nulla... Una persona..." disse fingendo disinteresse. "Dai, voglio sapere come si chiama!" insistetti stuzzicandolo. "Be', io... non lo so..." rispose. Lo guardai perplessa: "Come non lo sai? Non gliel'hai chiesto?" dissi. Lui rispose facendo spallucce. "E perché?" chiesi ancora. "Be', non mi interessava. In quel momento ero occupato a fare altro..." e mi fece l'occhiolino sorridendomi. 'Oh' fu l'unica cosa che riuscii a dire. Era strano immaginare Alexy che... no, basta! Non dovevo immaginarlo, infatti! "E dove siete andati?" chiesi titubante.  Lui sorrise: "Oh, be', c'era uno stanzino buio e quasi nascosto. Allora siamo entrati, ci siamo chiusi a chiave lì dentro, lui ha incominciato a baciarmi, io a levargli i vestiti e poi ho cominciato a..." - "Basta, basta!" dissi rossa in viso "Ho capito perfettamente!" Alexy scoppiò a ridere. E poi continuò: "Oggi pomeriggio ci vediamo, comunque.." - "Ricordati di chiedergli almeno il suo nome..." scherzai. Lui annuì ridendo. Mi voltai verso il professore e dopo mi girai di nuovo verso Alexy: "Pensi che potrei venire a casa vostra e stare un po' con lui?" chiesi indicando Armin. Alexy mi guardò e disse serio: "No. Tu devi." Risi e dissi 'okay, papà'.

Dopo scuola corsi a casa. Avevo molti compiti da fare e a casa di Armin ed Alexy volevo prendermela con calma. Andai a casa loro verso le quattro. Suonai il campanello ed Armin venne ad aprire: Alexy era già andato via. Mi accompagnò in camera sua e senza voltarsi andò a sedersi direttamente sul letto. Teneva sempre lo sguardo basso. Mi avvicinai e mi accucciai davanti a lui per poterlo guardare negli occhi: "Armin, sono venuta qui per parlare. Questo è il momento giusto per dire quello che non va." Mi guardò triste. Esitò per qualche minuto e poi, piano parlò: "Io... be', mi piaci!" 'Però, diretto il ragazzo!' pensai. Abbassai lo sguardo, non sapevo cosa rispondere a questo. Allora lui continuò: "Visto che non hai voluto il mio bacio, deduco che per te non è la stessa cosa..." - "Vedi, Armin, è più difficile di quanto pensi..." - "Cosa c'è di difficile? Una persona ti piace o non ti piace..." disse sempre con lo sguardo basso. Mi avvicinai a lui e dissi: "Lo so e non è come pensi. Anche tu mi piaci ma... non ti ho baciato perché non mi sembrava il momento giusto, voglio dire, in fin dei conti non ci conosciamo..." Mi guardò quasi offeso e poi abbassò lo sguardo ancora una volta: "Non c'è chissà che cosa da sapere di me... Non ho una vita super impegnata e super eccitante... Non sono Alexy, quello sempre allegro e attivo... Tutto quello che c'era da dire te l'ho detto..." - "Ma che centra! Tu sei Armin, non Alexy!" - "Se al mio posto ci fosse stato Alexy, ieri sera, lo avresti baciato, vero?" - "Ma che dici! No, certo che no! Io non mi sento ancora pronta. Voglio che quel bacio sia spettacolare e non voglio buttarlo via. Semplicemente ieri sera era troppo presto. Devi darmi un po' di tempo, non sei tu il problema..." Armin mi guardò apparentemente più sollevato e dopo una pausa di qualche minuto disse: "Va bene..." Sorrisi e lo accarezzai. "Io però ho ancora voglia di baciarti..." disse guardandomi dritta negli occhi. Ecco lo stesso sguardo della sera prima. Mi avvicinai, allora, al suo viso e gli diedi un bacio sulla guancia, vicino alle labbra. "Va bene  così?" chiesi sorridendo. Armin sorrise a sua volta e rispose: "Per ora sì..." - "Per ora?" - "Certo, non ho intenzione di arrendermi.." Abbassai lo sguardo. Quella frase mi fece stranamente piacere. "Sei tutta rossa... Significa che non ti sono indifferente..." Lo guardai. Certo che non lo era. Sorrisi e proposi: "Che ne dici se facciamo una partita?" indicando lo schermo appeso al muro ai piedi del suo letto. Lui sorrise e disse: "Certo!" Mi prese per mano e mi fece accomodare ai piedi del suo letto, accanto a lui. Passammo il resto del pomeriggio a giocare e fui immensamente felice di vederlo di nuovo ridere. La nostra piccola e temporanea tempesta sembrò essere finita. 

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Capitolo 5
*** Sembri proprio un angelo! ***


SEMBRI PROPRIO UN ANGELO!

La domenica mattina mi svegliai con un raggio di sole dritto negli occhi. 'Cominciamo bene' pensai imprecando. Mi alzai, mi vestii e scesi a fare colazione. Dovevo fare alcune commissioni, quindi uscii di casa. Controllai più volte di aver chiuso la porta. Abitavo da sola. Ero venuta qualche mese prima del mio trasferimento a vedere la casa con i miei. Loro non si erano trasferiti con me, avevano troppi impegni, tra cui il mio fratellino e il loro lavoro. Non potevano andarsene per così tanto tempo. Mi mancavano tanto e pensavo a loro ogni sera ed ogni mattina.

Fatto sta, che mi incamminai sul marciapiede, per prima cosa dovevo fare la spesa. Entrai nel supermercato e presi velocemente tutto quello che mi serviva: ero già stata lì e ogni sacrosanta volta c'era una marea di gente, 'probabilmente non c'è un supermercato nel raggio di 1500 km' borbottai fra me e me. Riuscii ad evitare la coda grazie ad un anziano signore che mi fece passare. Uscii e ritornai verso casa. Ero quasi arrivata, aspettai pazientemente il semaforo verde ed attraversai. Successe tutto in una frazione di secondo: sentii le gomme di un'auto stridere sulla strada e poi più nulla. Dopo qualche secondo che sembrò un'eternità, sentii l'asfalto freddo sotto la mia guancia e delle urla lontane di qualche passante.

Aprii gli occhi ma non vidi quasi nulla. Riconobbi il mio sacchetto della spesa sparso per tutta la strada. Tentai di alzarmi ma una fitta lancinante partì dalle mie gambe e arrivò fino alla schiena. Mi lasciai cadere di nuovo sulla strada, totalmente bloccata da quel dolore fortissimo. Non sentivo e non vedevo quasi nulla, soltanto suoni e voci ovattati. Tentai di aprire di nuovo gli occhi ma la mia vista annebbiata mi faceva vedere soltanto delle sagome veloci. Mi strofinai gli occhi e quando mi parve di vedere un po' meglio, mi rigirai piano su me stessa, sdraiandomi a pancia insù. Le gambe mi facevano malissimo, così come la schiena. Quel dolore mi toglieva il respiro e mi immobilizzava. I miei occhi e le mie orecchie cominciavano a funzionare normalmente e sentii dei passi veloci avvicinarsi a me. Mi voltai e vidi una chioma chiarissima venirmi contro. La sagoma si inginocchiò vicino a me e vidi la sua testa sopra la mia. Non ero molto lucida, a dire il vero pensavo di essere morta e quella creatura sembrava tutt'altro che terrena. Allungai una mano per toccarla e biascicai: "..un angelo!" Contrariamente a quello che mi aspettavo, la mia mano non passò attraverso quel corpo. La strana creatura mi prese la mano e con voce dolce disse: "Tranquilla, Ivy! Ora chiamo l'ambulanza, andrà tutto bene!" Riconobbi quella voce. La ascoltai e riascoltai nella mia mente. Sbattei le palpebre per vedere meglio e osservai la sagoma che era vicino a me. Mi bastò vedere gli occhi per capire di chi si trattasse e per abbozzare un sorriso. Sussurrai: "Lys..." Due occhi, uno arancione e l'altro verde, mi guardarono felici. Il suo sguardo era pieno di speranza e dolcezza. Lo vidi estrarre il cellulare dalla tasca, comporre veloce un numero e poi allontanarsi un po'. Ma che stava facendo? Non poteva lasciarmi lì! "Non andartene!" urlai cercando di tirarmi su. Fu tutto invano, primo perché quello che a me sembrò un urlo probabilmente era solo un sussurro, secondo per quel dolore tremendo di prima mi costrinse a sdraiarmi di nuovo. Chiusi gli occhi. Possibile che nessuno si fosse fermato ad aiutarmi? Mi avrebbero lasciata lì fino a che non sarei morta? Il mio cuore accelerò, non volevo morire in mezzo ad una strada! Quel maledetto dolore che mi bloccava, non mi permetteva nemmeno di piangere. Sentii qualcuno inginocchiarsi di nuovo accanto a me e aprii gli occhi di colpo. Era tornato! Non mi aveva lasciata lì! D'istinto mi alzai per abbracciarlo ma non appena raggiunsi le sue braccia, il dolore mi fece urlare e dovetti tornare per l'ennesima volta sull'asfalto. Lysandre mi trattenne e mi fece adagiare dolcemente sulla strada.

Il mio cuore batteva all'impazzata, ero terrorizzata. Perché tanto dolore? Perché non riuscivo a muovermi? Cercai lo sguardo di Lys, cercai i suoi occhi. Quando sentii la sua voce, mi calmai un pochino, se lo sentivo voleva dire che ero ancora viva: "Stai buona, non ti muovere! Presto sarà tutto finito, vedrai!" Il suo sguardo correva dalla mia faccia alle mie gambe. Per quanto tentasse di apparire calmo e speranzoso, vedevo nei suoi occhi che era preoccupato. Allungai la mano per afferrare la sua e la strinsi forte. Lys mi guardò e mi accarezzò una guancia cercando di calmarmi. Sentimmo in lontananza le sirene di un'ambulanza. Finalmente qualcuno stava venendo a soccorrermi.  Non sarei morta, perlomeno non sulle strisce pedonali. Strinsi ancora di più la mano di Lysandre che sorridendomi disse: "Ecco, adesso ti portiamo all'ospedale, andrà tutto bene!"
Mentre i volontari mi mettevano sulla barella dissi: "Non te ne andare, non lasciarmi sola!". 'No, non ti lascio!' fu l'ultima cosa che sentii prima di vederlo sparire dietro lo sportellone dell'ambulanza.  

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Capitolo 6
*** Sei il mio angelo ***


SEI IL MIO ANGELO

Mi svegliai all'ospedale. La prima cosa che vidi fu il soffitto, azzurro chiaro. Mi guardai attorno: alla mia sinistra c'era una grossa finestra che dava alla stanza un'aria meno opprimente. Sempre alla mia sinistra, vicino al mio letto, c'era un comodino di legno chiaro su cui era appoggiato il mio cellulare e una lampada. Ai piedi del mio letto, c'era una pianta (probabilmente finta) nell'angolino del muro, e vicino a quest'ultima un tavolino di legno e due sedie, di legno chiaro come il comodino e il tavolo. Però, per essere una stanza d'ospedale era molto bene arredata e molto carina. Venni distratta da un "bip" che veniva dalla macchina alla mia destra che segnava il mio battito. Non avevo nemmeno notato tutti i fili e gli aghi che avevo addosso. Mi rigirai le braccia davanti agli occhi per osservare meglio quei tubicini. Osservai anche la piccola pinza attaccata al mio dito: non ero mai stata all'ospedale così tanto. Per dirla tutta, cercavo di frequentare meno possibile quei posti. L'odore di medicinale, le pareti azzurre, i lettini sparsi per i corridoi, la gente che corre frettolosa da un piano all'altro mi mettevano sempre un senso di nausea, di ansia. La stessa ansia che sentivo mi stava invadendo in quel momento e istintivamente strinsi le mani al petto.

Mi guardai di nuovo attorno e a quel punto vidi la poltrona alla mia destra. Lysandre era lì, con la testa piegata da un lato, la bocca socchiusa. Dormiva beatamente e sorrisi. Lys era un tipo strano, sì, ma la cosa più stravagante era la sua capacità di calmarmi. Quando lo guardavo o semplicemente era vicino a me, sentivo un forte senso di serenità invadermi. L'ultima cosa che ricordavo da quell'incidente era la promessa che Lys mi aveva fatto: 'No, non ti lascio!'. Ed era vero, non mi aveva lasciata. Era rimasto con me. Continuavo ad osservarlo mentre sorrideva nel sonno: era così carino!
In quel momento entrò nella stanza il dottore e vedendomi sveglia mi fece un gran sorriso: "Ivy! Sapevo che ti saresti svegliata!" Sorrisi anche io mentre il dottore si avvicinava per visitarmi. Mi tolse tutti i tubicini e gli aghi che mi immobilizzavano al letto e mi controllò gli occhi con quella piccola lucina che teneva in tasca: a vederla così sembrava una penna, anzi, ero stata sempre convinta che lo fosse. Finì di visitarmi e disse: "Hai superato bene questo mese di coma, brava!" Il mio cuore perse un battito. Coma? Un mese? Ero stata un mese in coma? Guardai il dottore con gli occhi sbarrati. Volevo chiedergli perchè, che cosa era successo, cosa mi ero fatta. Troppe domande che in quel momento non riuscivo a formulare. La mia testa era piena di pensieri, quasi mi girava. Mi voltai verso Lys con le lacrime agli occhi, che nel frattempo si era svegliato.
Vedendomi in quello stato, si alzò dalla poltrona e venne vicino al mio letto. Mi guardò con lo stesso sguardo dolce e rassicurante che avevo visto qualche tempo prima sull'asfalto. Un mese prima, per l'esattezza. Il dottore e Lys si scambiarono uno sguardo veloce e se ne andò dicendo: "Credo che la persona più adatta per spiegarti quello che è successo sia il tuo amico. Torno fra un po' per parlare della tua diagnosi. Vi lascio soli." Annuii senza guardarlo in faccia, mentre una lacrima mi scendeva lungo la guancia. Lysandre mi accarezzò una mano e avvicinò una sedia per sedersi accanto a me. Non lo guardai e chiusi gli occhi. Non volevo vedere nessuno, non volevo sentire nessuno. Avevo sempre avuto paura di morire ma in quel momento avrei preferito essere morta. Lys mi prese il viso con due dita e mi fece voltare verso di lui. Aprii gli occhi e lo guardai. Mi guardò e fece un sorriso rassicurante prima di parlare: "Hai avuto un incidente un mese fa. Sei arrivata cosciente in ospedale ma subito dopo sei andata in coma." Le lacrime scendevano dai miei occhi. "Sono rimasto qui ogni giorno. Ho pensato che dovesse esserci qualcuno nel caso ti fossi svegliata." Già, lui era rimasto con me davvero.  Riuscii solo a dire 'grazie' prima di scoppiare a piangere. Mi nascosi il volto tra le mani. Sentii le sue braccia attorno a me e mi abbandonai sulla sua spalla. Mi accarezzava la testa mentre io continuavo a piangere a dirotto. Mi fermai quando probabilmente non avevo più lacrime da piangere. Mi pulii gli occhi col dorso della mano e chiesi: "Cosa mi sono fatta?" Vidi Lys tentennare un attimo. Abbassò lo sguardo. Insistetti e parlò: "Non penso di essere la persona adatta per dirti questi particolari.." - "Dimmi quello che hanno detto a te.." Fece cenno di no con la testa. Lo sguardo sempre basso. Questa reazione non era quella che mi aspettavo, non era un buon segno. Feci un lungo sospiro e lo pregai di dirmi qualcosa. Alzò gli occhi ed esitò prima di parlare: "Io non sono esperto di queste cose. Parlavano di... trauma vertebrale, o qualcosa del genere..." - "E cosa significa? Potrò camminare ancora?" Lys mi fece un mezzo sorriso: "Certo! Certo che camminerai!" - "Te l'hanno detto i medici?" - "...no" rispose abbassando di nuovo lo sguardo. Mi lasciai andare sul cuscino e mi sfregai il viso con le mani. Cosa avrei dovuto fare ora? Bloccata in quel letto, avevo perso un mese della mia vita. Non che fosse chissà cosa, nella mia vita normale di prima, in un mese non succedeva granché, ma me l'ero comunque perso.

Lysandre si alzò e dirigendosi verso la porta disse: "Vado a chiamare il dottore, lui saprà spiegarti meglio di me. Intanto vado a prenderti qualcosa da mettere sotto ai denti." E sorridendo se ne andò.  Dopo qualche minuto entrò il dottore: "Eccomi, tesoro! Come ti senti?" - "Non lo so. Non so cosa pensare." - "Be', vediamo se posso aiutarti. Hai superato questo breve periodo di coma ed è assolutamente un buon segno." - "Ma..? - "Non c'è nessun ma. Solo..." - "Solo..?" - "Solo hai avuto un piccolo trauma vertebrale..." - "Cosa vuol dire, è tanto grave?" - "Be', vedi... non tornerai a camminare normalmente come se niente fosse. Non hai perso totalmente la mobilità delle gambe ma avrai qualche difficoltà, dovuta all'incidente e anche al periodo di coma." - "Cosa devo fare, allora?" - "Farai riabilitazione qui in ospedale." - "Quando potrò tornare a casa?" - "Per il momento è meglio che tu rimanga, è più sicuro." - "Okay..." Il dottore si alzò e dopo aver controllato la mia cartella clinica, aggiunse: "Comincerei con la riabilitazione fra qualche ora, se te la senti..." - "Certo.." - "Perfetto, allora ci vediamo più tardi.." disse e dopo averlo ringraziato, se ne andò.

Squillò il mio cellulare: erano i miei genitori. Risposi col cuore a mille, come avrei spiegato a loro tutto quello che era successo? Rispose mia madre, mi chiese come stavo e cosa facevo. Io le chiesi come facesse a sapere tutto quello che mi era capitato e disse che l'ospedale li aveva chiamati e li aveva informati. Insistettero per venire da me e fu molto difficile convincerli a non farlo. Non li volevo vedere, non volevo vedere nessuno a cui avrei dovuto dare spiegazioni. Volevo essere lasciata sola nel mio dolore. Salutai mia madre e posai il cellulare sul comodino accanto al letto. Cominciava a diventare straziante stare lì ferma in quel stramaledetto letto. Allora decisi di scendere. Misi le gambe giù dal letto: il dottore aveva ragione, fu più difficile del previsto muoverle. Probabilmente stavo facendo una pazzia. Forse non avrei dovuto sforzarmi ma non mi importava. Non avevo nulla da perdere. Cercai di reggermi sulle gambe ma ero molto debole e dovetti aggrapparmi al letto. Provai ad avanzare verso la porta. Riuscii a stento a fare dei passi, perciò mi tenni a quello che mi capitò a portata di mano. Barcollante raggiunsi la porta. Ero quasi arrivata a toccarla quando le gambe cedettero e persi l'equilibrio. Non toccai mai il pavimento perché qualcuno mi attutì la caduta, anzi, mi trattenne.

Vidi un grosso teschio davanti a me e prima che potessi sollevare lo sguardo per capire chi fosse, qualcuno disse: "Ma allora te le cerchi!" Alzai la testa e mi ritrovai a due centimetri da un paio di occhi color asfalto. Come l'asfalto che mi stava mangiando quel poco di felicità che avevo provato con Armin. Già, Armin. In tutto quel trambusto di emozioni, non mi ero preoccupata di lui. Sapeva di quello che era successo? Era venuto a trovarmi mentre ero in coma? Cosa aveva fatto in quell'ultimo mese? Sapeva che ero sveglia? Mi aveva dimenticata o sarebbe venuto da me? Mi destai da quei pensieri e mi allontanai da Castiel barcollando, tutta rossa in viso. Mi appoggiai al tavolino per reggermi in piedi: "Castiel, che ci fai qui?" - "Sono venuto a cercare Lys, dobbiamo provare..." - "Oh, credo che tornerà presto..." Castiel si sedette sulla sedia vicino alla finestra e mi guardò (o meglio, mi squadrò dalla testa ai piedi) con un sorrisetto strano: "Come sei sexy!" Mi osservai. Fino ad allora, non avevo fatto caso a quello che avevo addosso. Naturalmente non era importante. Non indossavo nulla di strano, solo le solite "camicie da notte" a pois degli ospedali. Lo guardai imbarazzata, senza rispondere. Decisi che era meglio tornare a letto, le gambe cominciavano a farmi male e poi dovevo togliermi da quell'imbarazzo. Castiel capì ciò che volevo fare e si alzò dalla sedia: "Aspetta, ti aiuto.. Non vorrei ti rompessi anche l'osso del collo.." - "Grazie, come sei premuroso!" risposi ironicamente. Sbuffò e mi prese in braccio per mettermi sul letto. Colta alla sprovvista dissi: "Potevo farcela anche da sola, non c'era bisogno che facessi tutto questo sforzo.." - "Ma quale sforzo! Ho i muscoli d'acciaio, baby!" disse con tono orgoglioso mostrandomi i muscoli ben sviluppati delle braccia. 'Sì, sì, certo!' fu la mia risposta. Castiel prese posto sulla poltrona alla mia destra e ricominciò ad osservarmi. Feci del mio meglio per ignorarlo, così controllai il mio cellulare. Quando il silenzio stava iniziando a diventare troppo opprimente e imbarazzante, entrò Lysandre.

"Eccoti, finalmente!" esclamò Castiel alzandosi dalla poltrona. Lys lo salutò e poi venne da me porgendomi una borsa di plastica: "Tieni, ho pensato che qualche dolce potesse sollevarti il morale.." - "Sei un angelo, Lys!" risposi rovistando nella busta della spesa. Mentre stavo armeggiando con un pacchetto di caramelle, Castiel si rivolse a Lysandre: "Dovremmo provare, se ben ti ricordi!" - "Non posso ora, Castiel!" - "È un mese che stiamo fermi, l'hai notato? Non possiamo permettercelo!" - "Lei ha bisogno che io... ha bisogno di qualcuno che le stia vicino!" disse indicandomi. A quel punto intervenni. Non volevo che litigassero per causa mia. Dovevo essere solo io a soffrire, senza trascinare altri con me. "Lys, non preoccuparti! Vai, il peggio è passato.." - "Ma non posso lasciarti sola!" - "Non sono sola, ci sono un sacco di infermieri e medici, andrà tutto bene!" - "Ma io voglio..." - "Devi riposarti e poi un po' di distrazione ti farà bene.." cercai di rassicurarlo. Lysandre si avvicinò e chino su di me disse: "Tornerò presto, Ivy, te lo prometto!" sorrise accarezzandomi una guancia.  

Salutai sia lui che Castiel e ripresi a mangiare dolci. Non capivo questo comportamento protettivo nei miei confronti da parte di Lys. Infondo, non ci conoscevamo neanche! Se eravamo lì era solo perché casualmente era stato il primo a soccorrermi. Mi aveva comunque sorpresa il fatto che mi avesse riconosciuta, che si fosse ricordato di me. Era così premuroso e mi riservava sempre una carezza o uno sguardo dolce. E poi era rimasto con me fino alla fine ed era la cosa che apprezzavo di più. Non potevo negare, però, che quando non c'era la sua mancanza si faceva sentire. In quella stanza ero sola, non c'era nessuno, non c'era Alexy, non c'era Armin. Non avevo avuto il tempo di pensarci e in quel momento mi pentii di aver permesso a Lys di andarsene. Quando ero sola la mia testa si riempiva di pensieri tristi. Non capivo perché cercassi sempre di eliminare Armin dalla mia mente e sentissi, invece, sempre il bisogno di Lysandre. Era strano. Era come se ci conoscessimo da una vita, come se qualcosa ci unisse e che non ci permettesse di stare lontani.

Il pomeriggio era passato molto velocemente e arrivò il momento di fare riabilitazione. Mi portarono al piano inferiore sulla seggiola a rotelle. Durante tutto il tragitto, sperai e pregai di non dover passare il resto della mia vita lì sopra.
La riabilitazione fu più difficile del previsto: non riuscivo a muovere le mie dannate gambe e mi stancai quasi immediatamente. Il dottore mi costrinse a continuare, dicendo che dovevo approfittare del momento di fatica, momento in cui la riabilitazione sarebbe stata più efficace. Fu molto doloroso ed estenuante. Dopo due ore, stavo tornando in camera mia sulla sedia a rotelle. Non sarei riuscita a camminare neanche potendo.

Mangiai nella stanza una cotoletta e basta, non era buona e non avevo fame. Prima di mettermi a dormire, chiamai i miei genitori per tenerli informati sulla mia riabilitazione. Parlai col mio fratellino, che mi raccontò dell'ottimo che aveva preso a scuola e del peluche che mio padre gli aveva regalato per premiarlo. Mio fratello era stato l'unico che mi aveva fatto ridere, l'unico lungo tutta la giornata. Quanto mi mancava! Salutai tutta la mia famiglia e mi misi a dormire. Il giorno dopo sarebbe stato difficile, come del resto tutto il periodo di riabilitazione che avrei dovuto affrontare. La mia permanenza in quell'ospedale si prospettava molto lunga. 

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