A Song of Sansa and Sandor

di draconisfirebolt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chiodo scaccia chiodo ***
Capitolo 2: *** Nothing will keep us together ***
Capitolo 3: *** Di Metropolvere e Ardemonio ***
Capitolo 4: *** Sette baci più uno ***
Capitolo 5: *** (Con)dannato ***
Capitolo 6: *** Lovesong ***



Capitolo 1
*** Chiodo scaccia chiodo ***


Chiodo scaccia chiodo

Per DonnieTZ, la mia pazientissima beta, la mia incredibile compagna di ship e di amore incondizionato per Rory McCann, che non perde occasione per promptarmi Sansan - e io la adoro per questo. Un cuore piccoletto (e tanto vinoh) per te, Donnie! 

Prompt: cosa sarebbe accaduto se Sandor non fosse stato il Mastino dei Lannister ma quello degli Stark?
Genere: introspettivo, sentimentale, what if?
Rating: giallo.

903 parole.


Quando si svegliò, il Mastino esitò prima di aprire gli occhi.
Bocca impastata di bile, amara e pungente, accompagnata dall’inconfondibile nota ferrosa del sangue.
Stomaco in rivolta, pronto a contrarsi in un conato da un momento all’altro.
Testa che martellava furiosamente, così forte da sfondargli le tempie, da non fargli sentire altro che quei colpi ritmici e micidiali. Il che, da un certo punto di vista, non era necessariamente un male: il trambusto mattutino di Grande Inverno al confronto suonava quasi come un dolce sussurro.
La giornata non era ancora cominciata che lui era già di pessimo umore.
Non per i postumi - Sandor Clegane era anche troppo abituato a ritrovarseli come compagni di letto  -, quanto perché si trattava di quella merda colossale del suo compleanno.
Doveva alzarsi a pisciare, prima di tutto. E poi trovare altro vino. “Niente di meglio per riprendersi dal solito schifo mattutino da ubriacone. Chiodo scaccia chiodo.”
Grugnì, scostando le coperte con un gesto stizzito e issandosi a sedere.
La stanza vorticava meno del previsto, ma il Mastino si prese comunque qualche secondo prima di alzarsi in piedi. Si passò una mano sulla bocca, come per aiutarsi a ricacciare in gola il rigurgito acido con cui il suo corpo aveva deciso di premiarlo.
Il labbro inferiore era gonfio e spaccato e sanguinolento.
Sandor ricordò.
 
«Domani è il tuo compleanno Clegane, stasera dobbiamo festeggiare!» aveva starnazzato Hallis Mollen, felice di aver trovato un pretesto per ubriacarsi in compagnia.
«Fottiti, Mollen.» aveva ringhiato lui, in risposta.
Ma Jory Cassel, comandante della Guardia di Lord Eddard Stark si era detto subito d’accordo, e gli altri – Desmond, Harwin, Jacks, Porther, Quent, Alyn, Tomard, Varly, Heward, Cayn e Wyl, nessuno escluso –, da bravi pecoroni, avevano accolto la proposta entusiasticamente.
Il risultato era stata una spedizione alla taverna di Città d’Inverno, seguita da un fiume di vino rosso, denso e forte, che ruscellava giù per la gola e si dissolveva in un tepore quieto nel ventre, in una gradevole sensazione di leggerezza.
Quanto ne aveva bevuto? Troppo poco prima di finirlo e dover ricorrere a un piccolo esercito di boccali ricolmi di birra scura, che avevano contribuito a rendere per lo meno tollerabile la presenza dei suoi compagni d’armi, intenti a intonare Un barile di birra.
Tutto sommato, non era stato nemmeno troppo male.
Ma poi Cassel, troppo sbronzo perfino per ricordare il nome di sua madre, aveva preso la parola: «Come tuoi commilitoni, Clegane, abbiamo pensato a un regalo per te. Qualcosa che la tua spada gradirà sicuramente…» sghignazzò, compiaciuto per la sua pessima battuta. Gli altri avevano rumoreggiato in segno di approvazione, e si erano fatti da parte per fare posto a Ros, la più bella puttana di cui il bordello di Grande Inverno disponesse. «Credo di aver scelto bene.» aveva sorriso il comandante della Guardia, sornione. «So quanto ti piacciano le rosse.»
Lui gli aveva risposto con uno sguardo truce, senza staccarsi dal bicchiere. Il sorriso era scomparso dal volto di Jory Cassel.
A quel punto Alyn, da bravo idiota, si era sentito in dovere di sdrammatizzare. «La cara Ros non sarà una certa Lady di nostra conoscenza, ma, dico io, chiodo scaccia chiodo! Va’ e divertiti!» aveva allargato le braccia in un gesto di amichevole incoraggiamento. «Offriamo noi!»
Il Mastino era scattato in piedi e un gancio ben assestato era andato a schiantarsi contro la mascella del giovane. Alyn era rovinato all’indietro, trascinandosi dietro Clegane, in un turbinio di pugni, calci, ginocchiate e imprecazioni.
Quando li avevano separati, Sandor aveva giusto un labbro spaccato e le nocche, ancora tremanti per l’adrenalina e l’alcool che aveva in corpo, tinte del rosso di un sangue non suo.
Cazzo se era stato liberatorio.
 
Sandor stava finalmente svuotando la vescica quando qualcuno bussò alla porta.
Toc toc.
“Non si può nemmeno pisciare in pace…” ringhiò tra i denti, riallacciandosi la patta delle brache con cui dormiva.
Toc toc.
«Arrivo, cazzo, arrivo.» berciò.
Toc…
Il Mastino spalancò la porta, trovandosi davanti Sansa Stark, accuratamente incappucciata, il pugno chiuso ancora sollevato, pronto a colpire nuovamente il legno.
«Oh…» fece, sgranando gli occhioni azzurri alla vista dell’uomo seminudo, le guance percorse da un fremito bollente. Lo sforzo che faceva per guardarlo diritto in faccia era palpabile.
«Beh, hai perso la lingua, Uccellino?» la incalzò, tagliente.
«Io… vi prego di scusarmi, non era mia intenzione disturbare, ma…» estrasse un pacchettino ancora caldo da sotto la cappa che l’avvolgeva e glielo tese. «Non conoscendo i vostri gusti…»
Per una frazione di secondo le loro mani si sfiorarono. In una frazione di secondo le sue terminazioni nervose erano esplose, la sua mente si era completamente svuotata di tutto quello che non fosse stato Sansa Stark. In una frazione di secondo era finito e ricominciato il mondo.
«Tortine al limone.» constatò lui, la voce arrochita, cercando di mascherare un sorriso ebete dietro alla solita espressione dura e sprezzante.
«Le mie preferite.» s’illuminò la ragazza. «Buon compleanno, Sandor.»
Prima che il Mastino potesse dire o fare qualsiasi cosa, Sansa aveva già girato i tacchi.
«La prossima volta una caraffa di vino sarà sufficiente, Uccellino!» le abbaiò dietro, rude.
Sperò con tutto se stesso che si voltasse.
«La prossima volta un ‘grazie’ sarà sufficiente!» gridò lei di rimando, lanciandogli un’occhiata divertita prima di sparire dietro l’angolo.
 
La testa aveva smesso di pulsargli. In compenso, adesso non sentiva altro che tonfi sordi e rapidi nel petto. Chiodo scaccia chiodo.
“Fanculo”, si maledisse, prima di affondare i denti in una di quelle tortine che sapevano d'estate e di lei.
 


 

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Capitolo 2
*** Nothing will keep us together ***


Nothing will keep us together

Per DonnieTZ, che con questo prompt ha voluto male a entrambi i nostri cuoricini.

Prompt: double drabble su queste due immagini: http://fc03.deviantart.net/fs70/i/2013/205/c/1/i_ll_come_back_for_you_by_kallielef-d6ew3d7.jpg http://fc00.deviantart.net/fs71/i/2013/205/3/1/return_to_winterfell_by_kallielef-d6ew373.jpg

Genere: angst, malinconico, sentimentale, what if?
Rating: giallo.
Varie ed eventuali: ispirata a "Heroes" di David Bowie, di cui contiene riferimenti più o meno testuali.

639 parole. 


«Non andare!» piagnucola la bambina, aggrappandoglisi al mantello verde oliva.
«Devo, Uccellino. Un cane deve sempre seguire il proprio padrone.»
Il giovane, il volto duro per metà ridotto a un groviglio deforme di carne arsa dal fuoco, su cui ricadono selvaggiamente lunghe ciocche di capelli neri, la issa sopra un barile di birra in attesa di essere caricato su uno dei carriaggi della scorta di Re Robert. Ha un tuffo al cuore nel vederla sull’orlo del pianto, gli occhi umidi e il labbro inferiore tremolante. Nessuno, ora che ci pensa, ha mai versato per lui una lacrima che non fosse di paura. E invece la piccola, un’inconfondibile chioma fulva a ricoprire una testolina piena di sogni e ballate di fanciulle innamorate di cavalieri valorosi, ha avuto il coraggio di volergli bene.
«Ma… ma tu non sei un cane…» obietta lei, dopo una breve ma acuta riflessione.
«Un mastino è un cane.»
«Ma tu sei un UOMO!» questa conversazione la sta esasperando. Perché non vuole capire che è innamorata di lui? «Se non puoi restare, almeno portami con te. Sarò brava, promesso.»
«Aye, Uccellino, vorrei tanto poterlo fare. Ma tornerò, prima o poi.»
Alla bambina piace come la sua voce roca e ringhiosa si addolcisca quando parla con lei.
«E potrò essere la tua lady?» gliel’ha detto, finalmente! E lui sta sorridendo!
«Sarò il tuo re, e tu sarai la mia regina.» è un sorriso amaro, quello, il sorriso che accompagna una bugia, che nasconde l’impossibile. «Vieni adesso, Uccellino, guardami partire per Approdo del Re.»
 
***
 
Uno sparuto gruppo di confratelli e futuri confratelli dei Guardiani della Notte fa il suo ingresso nella Sala Grande della fortezza degli Stark: avranno ospitalità e un pasto caldo, poi il loro cammino proseguirà verso la Barriera - niente di nuovo, quindi.
Eppure, per Sansa Stark quella visita cambia tutto. Perché tra i ladri, gli stupratori, gli assassini e i fuorilegge costretti a prendere il nero, c'è Sandor Clegane, il Mastino, l'uomo a cui ha giurato il suo amore di bambina.
Né lei né lui toccano cibo, al banchetto: lei paralizzata da un'agitazione, un'ansia, un senso di anticipazione che non sa spiegarsi, lui troppo impegnato a svuotare una coppa di vino dopo l'altra.
 
«Sandor.» lo chiama, nella penombra dei corridoi di Grande Inverno.
«Uccellino.» la voce gli esce in un rantolo profondo, distorto dall'alcool. Le torce illuminano le cicatrici sul suo volto, le animano di vita propria. «Te l'avevo detto che sarei tornato, un giorno.»
«Con i Guardiani della Notte.» non è una constatazione, è un'accusa. «Un confratello in nero non può essere il re di nessuna regina, e tu avevi promesso...»
L'uomo ride, una risata dolorosa e graffiante. «Posso ancora essere il tuo re, puoi ancora essere la mia regina. Solo per un giorno, Uccellino. Da domani e per sempre sarò a congelarmi le palle su quel muro del cazzo ai confini del mondo.»
«Avevi promesso.» sibila Sansa, tornando la bambina piccata che non vuole lasciare andare il suo principe sfregiato.
Istinto animale, rabbia e odio mai sedati che si mescolano al vino rosso, denso e forte, ai capelli di lei rossi come fiamme, le sue più grandi nemiche, il suo peccato originale, e Sandor Clegane si ritrova a baciarla, un bacio senza speranza e senza futuro, una promessa non mantenuta. Si baciano come se niente potesse accadere loro, come se fossero riusciti a rubare un angolo di tempo e non lo volessero più lasciare andare.
"Solo per un giorno", pensa Sansa, aggrappandosi a quelle labbra che non toccherà mai più.
“Solo per un giorno”, pensa Sandor, e sa che la vita ha finalmente saldato ogni debito nei suoi confronti.
«Resta.» implora la ragazza, inseguendo un sogno impossibile.
«Ho ucciso mio fratello, Uccellino. Niente ci potrà tenere insieme.» sussurra il Mastino, prima di sparire nel dedalo dei corridoi di servizio di Grande Inverno.

 

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Capitolo 3
*** Di Metropolvere e Ardemonio ***


Di metropolvere e Ardemonio 

Per DonnieTZ, e chissà che un giorno non mi decida a esaudire il tuo desiderio e trasformare questa storia in una (mini) long!

Prompt: HP!AU, un Mangiamorte redento e una studentessa.

Genere: crossover, generale.
Rating: verde.

734 parole.

Quella NON era Diagon Alley, non c'era bisogno di essere dei Corvonero per capirlo.
Una ragnatela di vicoli bui e sinistri si dipanava senza una logica precisa intorno a Sansa Stark, risputata lì dalla metropolvere.
"Stupido camino, cos'è che non hai capito nel nome 'Diagon Alley'?" inveì nervosamente tra sé e sé.
Possibile che le andasse sempre tutto storto? Doveva trovarsi al Ghirigoro con Margaery Tyrell, la sua migliore amica, per acquistare i libri per l'anno scolastico, e invece era finita in quel posto così inquietante.

«Tutta sola, bambolina?» ghignò un mago lurido e sdentato, con l’alito puzzolente d’aglio, materializzatosi accanto a lei con un sonoro 'crack'. Sansa balzò all'indietro, si cacciò la mano in tasca e istintivamente si aggrappò alla bacchetta. Non le era permesso fare magie fuori da Hogwarts, certo, ma in situazioni come quella...
Un altro 'crack' e una strega con un occhio solo le sbarrò la strada dall'altra parte. «Scommetto che sotto quel bel mantello nascondi un bel gruzzoletto di galeoni, dolcezza. Perché non ne dai un po' a zia Phillys?» chiese, allungando le dita violacee verso di lei con fare minaccioso.
«Lasciatemi stare!» gridò la ragazza con quanto fiato aveva in corpo.
Prima che potesse estrarre la mano di tasca, quelle dita si erano già serrate attorno al suo polso, mentre una mano sudicia era corsa a tapparle la bocca.
Prese a scalciare e dimenarsi convulsamente, ma tutto ciò che ottenne furono una bacchetta putata alla gola e una minaccia di farle saltare in aria la testa se non avesse collaborato.
Poi tutto si fece confuso.

Il mago dall’alito puzzolente d’aglio si contorceva a terra in una pozza di sangue, il corpo costellato da una miriade di macchie rosse via via sempre più ampie. La strega era sparita – fuggita, forse.
Un’ombra massiccia emerse da un angolo, una mano diversa, più poderosa, la sollevò, aiutandola a rimettersi in piedi. Sansa non ricordava nemmeno di essere caduta.
«Cosa ci fa un Uccellino come te in un postaccio come questo?» una voce profonda, gutturale, il rantolo di un ubriaco.
“Non sono un uccellino – avrebbe voluto rispondergli – sono una Tassorosso.” Ma non se la sentì: tremava ancora troppo per lo spavento per farsi valere.
Sansa si costrinse ad alzare gli occhi sul suo salvatore. Se non fosse stato per la morsa ferrea in cui le stringeva ancora la piccola mano, la ragazza si sarebbe nuovamente accasciata sulle pietre fredde del selciato. Il viso duro di lui era devastato per metà da una massa di cicatrici contorte, un labirinto di carne squagliata, disseminata di crateri, di fenditure che a ogni movimento parevano vive, rosse, pulsanti. Ma la cosa peggiore erano gli occhi, due diamanti grigi che illuminavano d’odio il resto del volto.
Il mago rise di una risata metallica e graffiante, carica della nota infuocata del Whiskey Incendiario. «Ti faccio davvero così paura, Uccellino?»
Da qualche parte dentro di sé, trovò il coraggio di rispondergli, in un unico, flebile soffio. «Mi chiamo Sansa, signore.»
«Non sono un signore.» ribatté, secco. «Me ne fotto, io, di questi cerimoniosi appellativi. Tienili da parte per quei rincoglioniti dei tuoi professori su ad Hogwarts.» rise di nuovo. «Anche se, a dirla tutta, non ti basterà pigolare qualche ‘signore’ quando Voldemort spedirà all’altro mondo quel vostro caro, vecchio rudere di Silente.»
Aveva pronunciato quel nome.
«Il professor Silente lo fermerà.» asserì Sansa, rendendosi conto troppo tardi di non suonare per nulla convincente.
«Ah sì, Uccellino?» la schernì lui. «Hai mai visto in faccia in Signore Oscuro?»
Sansa non rispose, pietrificata da quello sguardo d’acciaio.
«Beh, io sì.» grugnì il mago, scoprendosi in un unico gesto, rapido e violento, l’avambraccio, su cui campeggiava, inconfondibile, il Marchio Nero.
Il respiro le si mozzò in gola.
«E credi che lui non l’abbia vista la mia, di faccia?» proseguì, alludendo allo sfregio. Doveva essere stato il frutto di qualcosa di molto, molto grave.
«Non può rimanere qui.» si sorprese a dire Sansa. «La troverà.»
La bocca di lui si deformò in un ghigno divertito. «E cosa intenderesti fare, in merito, Uccellino?»
«Salvarvi la vita, possibilmente. Voi avete salvato la mia.» Non faceva una grinza.
 
Forse per tutto l’alcool che aveva in corpo, forse per il ricordo ancora troppo vivido dell’Ardemonio che gli divorava la carne, forse per lo strano effetto che quella ragazzina piagnucolosa aveva su di lui, il mago accettò.
«Mi chiamo Sandor Clegane, Uccellino. Farai bene a non dirlo in giro.»  
 

 

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Capitolo 4
*** Sette baci più uno ***


Sette baci più uno

Per DonnieTZ, che a questo giro si è scatenata con le fanart. 

Prompt: qualcosa su quest'immagine http://fc05.deviantart.net/fs70/i/2013/226/c/d/kiss_meme_by_kallielef-d6i64dm.jpg
Genere: romantico, erotico, slice-of-life.
Rating: arancione.

394 parole. Severus Piton approves.


La prima volta che Sansa l’aveva baciato, le labbra morbide di lei si erano aggrappate alle sue, ardenti e disperate, pronte a marchiargli a fuoco l’anima. E lui aveva risposto al bacio, come se non ci fosse niente di strano o insolito o sbagliato in quello.
Aveva passato troppo tempo a preoccuparsi che baciare Sansa Stark fosse al di là delle sue possibilità, che sarebbe stato il più grosso errore della sua vita, e invece era stata la perfezione, totale e senza pari. 
 
Adesso, Sandor ha smesso di ringhiare contro tutte quelle assurde manie cavalleresche di Sansa, e, anche se non lo ammetterà mai, ha cominciato a intravedervi qualche pregio. È più che sicuro, infatti, che, quando l’Uccellino lo saluta con un delicato baciamano, ogni particella del suo essere si dissolva in un calore indistinto e cerchi di scivolare verso il sorriso radioso e beffardo che compare sul volto di lei.
 
Adesso, Sandor si sveglia la mattina allo schiocco del bacetto che Sansa gli deposita sulla fronte, proprio nel punto il cui il groviglio della carne cicatrizzata lascia spazio alla pelle sana. Apre gli occhi e si trovava avvolto nella nuvola fulva dei capelli della ragazza che gli ricade disordinatamente sul viso.
 
Adesso, quando meno se l’aspetta, Sandor si ritrova intrappolato tra le esili braccia del suo Uccellino, intenta a percorrere il suo profilo spigoloso, un bacio dopo l’altro, strofinando il naso contro di lui. “Ti respiro”, ride, e lo stringe ancora più forte.
 
Adesso, Sandor ha imparato che niente manda Sansa in un tilt di brividi bollenti e scariche elettriche e suoni incomprensibili quanto le sue labbra dure che le catturano il lobo di un orecchio, che scendono fino alla nuca, che virano davanti fino a raggiungere l’incavo tra il collo e la clavicola in un interminabile, unico, umido bacio carico di desiderio.
 
Adesso, guarda quegli occhi azzurri come il cielo d’estate, dilatati dall’aspettativa e dall’eccitazione, osservarlo mentre scivola verso il basso, tra le sue gambe, mentre le sfila le mutandine senza smettere di baciarle il ventre. La guarda sollevare la testa e poi lasciarla ricadere all’indietro, la guarda mordersi il labbro inferiore nella vana speranza di trattenere un gemito, nella vana speranza di recuperare un minimo di autocontrollo. La guarda contorcersi sotto il tocco della sua lingua e cedere e venire con un sorriso infantile.
La guarda e si riempie di lei. 


 

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Capitolo 5
*** (Con)dannato ***


(Con)dannato


Scritta in occasione del drabblevent di San Valentino (14-15 Febbraio 2015) del gruppo facebook "We are out for prompt".
Per Elisa. 


Prompt: kinda Cowboy!AU, Sandor è il condannato a morte che sta nella cella, Sansa la ragazzina che gli porta i pasti prima dell'impiccagione.
Genere: malinconico.
Rating: giallo.

384 parole. 

Morire impiccati non è un bel modo per morire. È rapido ed efficace, certo. Ma poi te ne resti lì per giorni, appeso come un sacco di patate, il volto che si fa cianotico e gli avvoltoi che ti beccano gli occhi. Perché la gente veda cosa succede ai figli di puttana che piantano una pallottola nel testone vuoto del proprio fratello.
Morire impiccati è proprio una merda, in effetti.
Soprattutto per Sandor Clegane.
Ha vissuto il suo giorno da leone, e adesso non ha la minima intenzione di trascorrerne cento da pecora penzolando esanime da una fottuta forca.
 
«Signore, cosa desidera per cena? È il suo ultimo pasto, può chiedere ciò che preferisce.»
Due trecce ramate hanno fatto la loro comparsa da dietro le sbarre.
«Una bottiglia di whiskey, Uccellino.» ringhia lui.
La ragazza sgrana gli occhi: «Non vuole qualcosa da mangiare?»
«No.»
«Ma… È il suo ultimo pasto, dovrà pur mangiare! Arelle è un’ottima cuoca, signore, e anch’io me la cavo…»
«Non ho voglia di stare a sentire i tuoi cinguettii. Vola via, e torna con i whiskey.» le intima, la voce ridotta a un rantolo metallico.
«Chiedo scusa, signore. Non volevo infastidirla.» sussurra lei, allontanandosi con cautela, quasi si sentisse braccata da quella bestia rabbiosa chiusa in gabbia. «Pregherò per lei.»
“Tieni per qualcun altro le tue preghiere del cazzo, ragazzina. Ho spedito all’inferno mio fratello Gregor, e i Sette Inferi sono troppo piccoli per due Clegane” vorrebbe risponderle, astioso. Ma lei e già sparita.
Ci mancava solo questa. Un’assurda carceriera, timida e innocente e delicata, che chiama ‘signore’ un assassino condannato a morte, che spera di redimere la sua anima nera con qualche parolina vuota.
 
Il whisky ruscella giù per la sua gola, bruciante, vivo.
Riempie lo stomaco e svuota la testa, ti porta lontano dal buio della cella, dalla sensazione del cappio sulla pelle che già ti fa prudere il collo.
Un sorso e un altro e un altro ancora. Se chiude gli occhi, Sandor vede un visino che sa di tutte le cose belle che non ha mai conosciuto, vede due occhi che sanno di estate, vede la nuvola fulva di quei capelli circondarlo, inghiottirlo e portarlo in salvo.
“Non male come addio al mondo” pensa, e la bocca aspra e dura si contrae in un ghigno ubriaco. 


  ANGOLINO!
Tutto ciò si basa su un mio amatissimo quanto irrealizzabile headcanon per cui il Mastino avrebbe ucciso Gregor tra atroci sofferenze *compare zio Vernon che brandisce un cucchiaino al grido di "aaah giustizia!*

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Capitolo 6
*** Lovesong ***


Lovesong

Scritta in occasione del drabblevent di San Valentino (14-15 Febbraio 2015) del gruppo facebook "We are out for prompt".
Per Donnie, 
che, pur non potendo partecipare, ha comunque trovato il modo per sansanizzarmi (?!) E io gliene sono grata.

Prompt: Modern!AU, Sandor non è tagliato per San Valentino, ovviamente, e Sansa di certo non immaginava che...
Genere: slice-of-life, kinda songfic, romantico. Anzi, proprio diabetico.
Rating: verde.

384 parole.
Note:
la canzone in questione è "Lovesong", dei Cure. Ho trovato il testo particolarmente appropriato, visto il personaggio di Sandor!


Sansa occhieggiava da giorni le vetrine piene di cupidi, rose, cioccolatini e invitanti pacchetti a forma di cuore, fantasticava sul San Valentino che non avrebbe mai festeggiato. Perché stare con Sandor Clegane significava, senza mezzi termini, buttare nel cesso una così romantica ricorrenza, tirando più volte lo sciacquone.
 
“Peccato”, sospira per l’ennesima volta la ragazza, di ritorno da lavoro, passando davanti al fioraio sotto casa, un tripudio di fiori, nastri e bigliettini rosa e rossi.
Non ci saranno mazzi profumati, cenette a lume di candela e sdolcinate lettere d’amore per lei stasera, lo sa fin troppo bene. Però, forse, può convincerlo ad andare a mangiare fuori… Sandor adora il cinese, chissà mai che non ne possa nascere una seratina niente male…
Sforzandosi di sorridere come se niente fosse – ci manca solo che la veda imbronciata come una bambinetta capricciosa! –, Sansa gira la chiave nella toppa, entrando nel piccolo appartamento che divide con il suo scorbutico e ringhioso e fantastico uomo.
La ragazza chiude la porta, e una voce profonda, insolitamente calda, la raggiunge dalla stanza da letto.
 
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am home again
Whenever I’m alone with you
You make me feel like I am whole again
 
Lui è lì, l’ampia schiena appoggiata lascivamente ai cuscini, le dita forti e callose corrono sulle corde di una specie di chitarra, dalla cassa armonica simile a un tamburo e dal suono dolce e avvolgente, leggermente nasale.
Increspa le labbra dure in un impercettibile sorriso, presto divorato dalla strofa successiva.
 
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am free again
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am clean again
 
Sansa resta imbambolata a guardarlo, ancora imbacuccata in cappotto, sciarpa e cappellino, i capelli scompigliati dal vento e appiccicati alle guance, rosse per il freddo e l’emozione.
Probabilmente si sta sciogliendo come una noce di burro al caldo, probabilmente sta sfoggiando il sorriso più ebete di questo mondo, probabilmente ha gli occhi pieni di gioia liquida. Ma che importa?
 
However far away
I will always love you
However long I stay
I will always love you
Whatever words I say
I will always love you
I will always love you
 
«Buon San Valentino, Uccellino.» conclude poi, in un rantolo roco. 

 

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