Over the dose of your love

di stellinasple
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One way or another ***
Capitolo 2: *** Why don't we go there? ***
Capitolo 3: *** Live while we're young ***
Capitolo 4: *** Little black dress ***
Capitolo 5: *** Kiss you ***
Capitolo 6: *** Stole my heart ***
Capitolo 7: *** Same mistakes ***
Capitolo 8: *** Something great ***
Capitolo 9: *** Irresistible ***
Capitolo 10: *** Does he know? ***
Capitolo 11: *** Change my mind ***
Capitolo 12: *** I would ***
Capitolo 13: *** Little white lies ***
Capitolo 14: *** Moments ***
Capitolo 15: *** Heart attack ***
Capitolo 16: *** Magic ***
Capitolo 17: *** Up all night ***
Capitolo 18: *** They don’t know about us ***
Capitolo 19: *** Over again ***
Capitolo 20: *** Viva la vida ***
Capitolo 21: *** Happily ***
Capitolo 22: *** Strong ***
Capitolo 23: *** Hold on ***
Capitolo 24: *** Torn ***
Capitolo 25: *** Don't let me go ***
Capitolo 26: *** Half a heart ***
Capitolo 27: *** My life would suck without you ***
Capitolo 28: *** Alive ***
Capitolo 29: *** Steal my girl ***
Capitolo 30: *** Midnight memories ***
Capitolo 31: *** Rock me ***
Capitolo 32: *** Through the dark ***
Capitolo 33: *** Story of my life ***
Capitolo 34: *** Another world ***
Capitolo 35: *** I wish ***
Capitolo 36: *** Right now ***
Capitolo 37: *** Back for you ***
Capitolo 38: *** More than this ***



Capitolo 1
*** One way or another ***


One way or another

Mai visto niente di più bello. Uno scenario sublime. Uno spettacolo per gli occhi e per l’anima.
Il mare increspato, le onde che si infrangevano contro gli scogli per poi fondersi nuovamente con le acque, rifluendo in quel mare cristallino e tornando al punto di partenza. Il tutto incorniciato dal rosso sole riflesso sul mare all’ora del tramonto.
Un leggero sottofondo musicale accompagnò quello scenario mozzafiato. Dondolata da quelle dolci note mi abbandonai a quelle sensazioni. La musica divenne sempre più forte ed assordante, spazzando via la calma che prima incombeva beata.
Quando aprii gli occhi tutto quel mondo che mi circondava sparì di colpo lasciandomi nella più completa oscurità. Mi guardai intorno e solo allora realizzai che si trattava di un sogno e che quella musica non era altro che la sveglia del mio cellulare, così scesi dal letto ancora un po’intontita.
Un’abbondante colazione ed una doccia fredda erano quello che mi ci voleva per ritornare con i piedi per terra. Appena finii di prepararmi, presi la cartella ed il solito pacchetto che mi portavo sempre dietro ovunque andassi e mi diressi verso scuola.
Oltrepassai il cancello principale e vidi una grande moto nel parcheggio della scuola. Quel veicolo attirò subito la mia attenzione poiché esprimeva forza e potenza. Pensai che le stesse sensazioni le dovesse esprimere il suo proprietario se tra tante aveva scelto proprio quella. Infatti, le mie supposizioni si rivelarono fondate, quando in direzione della moto si avvicinò un ragazzo. E che ragazzo!
Sfoggiava un taglio di capelli corto e ben curato, degli accenni di barba gli contornavano il viso e, anche se indossava degli occhiali da sole, avrei giurato che i suoi occhi fossero profondi e dello stesso colore dei capelli castani. Mi colpii il suo look sportivo che gli conferiva un’aria di durezza e tenebrosità.  Si appoggiò sul fianco della moto, intento nel maneggiare un grande casco nelle mani.
Persa in quella splendida visione, solo dopo alcuni istanti mi accorsi che il ragazzo aveva spostato lo sguardo sulla mia figura, ricambiando la meraviglia facilmente percepibile nei miei occhi con un piccolo ghigno compiaciuto sulle labbra. Forse aveva capito che quello che stavo guardando mi piaceva, che lui mi piaceva. Qualcosa dentro di me scattò come una molla facendomi ritornare al mondo terreno e riacquistare un briciolo di dignità, persa in quegli attimi. Un riflesso incondizionato mi fece automaticamente indietreggiare e proseguire per la mia strada. Non potei però evitare di voltarmi un’ultima volta e vederlo infilarsi il casco scuro che destreggiava nelle mani che rese poi impossibile vedere (ammirare) il suo volto. Montò prontamente sulla moto, seguì un rombo tuonante, della polvere si alzò zampillando dal terreno sotto la potenza delle ruote, dandomi la certezza che si stava allontanando. Il penetrante rumore del bolide si fece sempre più lontano fino scomparire.  La giornata era iniziata alla grande.
 
Stranamente arrivai dieci minuti prima che la campanella suonasse, giusto il tempo di darmi un po’ di carica necessaria a sopportare la giornata. Mi infilai in un bagno di soppiatto e controllai con estrema attenzione che non ci fosse nessun disturbatore. Accertatami d’essere sola aprii l’immancabile sacchetto che mi portavo dietro, cacciai il contenuto posizionandolo con cura su un davanzale e preparai ciò che era la chiave per la felicità.
Mi godetti ogni boccata di quella canna, gustandomi il forte sapore intrinseco, annebbiandomi nella colonna di fumo bianco che si innalzava e adorando ogni singola sensazione di benessere che provocava in me. Il fumo che si annidava e aleggiava nei miei polmoni liberava il mio corpo da ogni pensiero e preoccupazione.
Tutto ad un tratto mi sentivo libera e spensierata, la mente vuota, l’esilarante effetto della mia adorata amica che si faceva spazio in me occupando ogni negatività  e rimpiazzandola con leggerezza dell’anima e del corpo. Amavo quelle sensazioni, mi permettevano di iniziare con il piede giusto ogni giornata e aggiungere un pizzico di esaltazione alla mia ordinaria vita, caratteristica sin troppo affine alle mie giornate quanto distaccata dal mio essere.
 Sì, ero una drogata dalle vane speranze. Ora questa è una parolona, come potevo mai definirmi drogata se mi concedevo il lusso, direi più diritto/dovere, di svagarmi un po’ e fuoriuscire dalla monotonia della mia piatta esistenza?  Mi andava bene così, ma che dico, lo adoravo. Non dico che era una cosa di cui andavo fiera, ma neanche di cui vergognarmi e sentirmi un essere infame privo di amor proprio.
Di solito fumavo prima di andare a scuola per non far sentire l’odore intriso nei vestiti, ma quella mattina volevo riprovare le sensazioni provocate dal sogno.
 
Stavo per godermi l’ultimo tiro quando sentii una voce altisonante provenire da fuori.
“Ma cos’è questo odore?”
“Cazzo!”
 Mi hanno disturbato proprio nel momento migliore, merda!
Spensi il più in fretta possibile la canna sotto all’acqua e cercai di dissolvere quel pesante odore aprendo una finestra.
Mi nascosi in un bagno quando dei passi pesanti si fecero sempre più vicini. Era la Stevens, la mia vecchia cara prof di inglese, la più ficcanaso e rompipalle di tutte. Aprii leggermente la porta vedendola accostata alla finestra nell’intento di associare un’immagine, una spiegazione, all’odore intenso insinuatosi nell’ambiente.
Scappai di soppiatto per non essere vista, ma il mio tentativo risultò vano.
“Signorina Prime!” esclamò sorpresa. “Si fermi”.
Non mi voltai nemmeno che incominciai a correre. Raggiunti i corridoi, mi voltai furtivamente a destra e a sinistra per cercare una via di fuga. Fu allora che vidi la porta che dava accesso alla scala di sicurezza. Percorsi velocemente quella rampa, senza mai voltarmi indietro, fiondata come un razzo, rischiando anche di cadere. Una volta sbucata sul parcheggio, imboccai il vicolo che dava alla strada, sapendo che una volta arrivata lì, sarei stata salva.
Mi fermai un attimo sentendo la stanchezza sopraggiungere, le gambe abbandonarmi da un momento all’altro. Fu proprio in quel momento che mi voltai e vidi rincorrermi da degli uomini in divisa, sicuramente inservienti scolastici.
Riuscii a riprendere solo poco fiato, non sufficiente per continuare ancora a lungo e riprendere a correre. Quegli uomini mi avevano quasi raggiunta, così decisi di non opporre più resistenza e fermarmi ormai stremata.
In quel preciso istante sentii il rombo di un bolide. Non lo vidi avvicinarsi, ma percepivo la sua presenza, lo sentivo vicino.
“Salta su” una voce sconosciuta mi raggiunse alle spalle. Mi girai e il guidatore mi fece cenno di salire.
Indossava un casco scuro che mi rendeva impossibile vedere il suo viso.                                                      
“Non ho bisogno di qualcuno che mi salvi” gli dissi sgarbata.
“Non fare la bambina e sali” mi rispose a tono.
Mi voltai e la quasi nulla distanza che mi separava da quegli uomini mi spaventò.
“Magari per oggi posso fare un’eccezione.”
Una mano mi cinse il fianco caricandomi di peso sulla moto e partendo subito a gran velocità.
 

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Capitolo 2
*** Why don't we go there? ***


Why don't we go there?


Mi voltai indietro notando che la distanza con i tizi si faceva sempre maggiore. Ormai ero riuscita a fuggire e dovevo solo ringraziare quel motociclista sconosciuto.  Quando il mio respiro ritornò regolare e sentii di nuovo le gambe, mi resi conto che quella moto aveva un qualcosa di familiare, di già visto. Quel rombo, quel bolide, quel casco.
Solo allora realizzai che era la stessa moto che avevo visto all’entrata della scuola, di conseguenza il proprietario doveva essere  quel ragazzo. Mi aveva salvato il culo. Mi piaceva l’idea che fosse proprio quel ragazzo misterioso ad avermi aiutata, anche se trovavo il tutto troppo romantico.
“Grazie, comunque” gli dissi. Lui non reagì quindi pensai non mi avesse sentita a causa del rumore della moto.

Dopo esserci allontanati abbastanza, ci fermammo. Lui scese per primo dalla moto e, indossando ancora il casco scuro, mi prese i fianchi aiutandomi a scendere.
Mi stavo sistemando i capelli arruffati dal casco, quando finalmente il ragazzo tolse il suo.
“Sapevo che eri tu” gli dissi sorridendo.
“Anch’io sapevo che eri tu” mi rispose con tono abbastanza ironico.
Gli diedi un leggero pugno sulla spalla per l’ovvia battuta.
“Comunque grazie” gli ripetei.
“Quante volte lo vuoi ripetere ancora?” I suoi occhi marroni incontrarono i miei in una faccia perplessa.
“Se avevi sentito, potevi anche rispondermi invece di farmi fare la figura dell’idiota che parla da sola!”
Un leggero sorriso illuminò il suo volto serio seguito da un silenzio imbarazzante.
“Come ti chiami?” gli chiesi per rompere il ghiaccio.
“Liam, mi chiamo Liam.”
“Liam” ripetei. “Questo non è il classico nome di un cavaliere, è troppo…”
“Troppo?” riprese interrompendomi.
“Non lo so, devo ancora riprendermi da quel fuggi-fuggi di poco fa” dissi stanca.
“Invece qual è il tuo nome principessa?”
“Ah-ah molto spiritoso” gli dissi ironica, storcendo il naso per quella parola che ritenevo infantile e stupida riferita ad una ragazza come me.
“Io sono Clara, comunque” continuai.
“Allora principessa Clara, si può sapere che hai fatto di tanto grave da permettere a due uomini di farti rincorrere per tutta la scuola?” chiese incuriosito, sottolineando ancora una volta la parola principessa. A quel tizio piaceva infastidirmi, insomma.
“Hai dato fuoco alla scuola?” aggiunse ironico.
“No, ma ci mancava poco” risposi con una leggera risata.
Dalla sua espressione capii che non aveva colto l’ironia nelle mie parole.
“Stavo scherzando” dissi con tono più serio.
“Non ti conosco affatto, ma dal poco che ho assistito non mi sorprenderei se l’avessi fatto davvero” disse come per spiegare la sua espressione.
Ci guardammo per alcuni secondi quando una risata da parte di entrambi ruppe il silenzio.
“Andiamo, uragano” mi disse caricandosi la cartella che avevo con me sulle spalle.
“Ti porto a prendere un caffè” continuò notando la mia espressione stranita.
“Preferirei un thè ma accetto l’invito” replicai.
Allontanatici dalla moto parcheggiata, camminammo per cinque minuti nei quali ci scambiammo battute sarcastiche e sorrisi, come se i pochi minuti precedenti fossero bastati per conoscerci ed entrare in sintonia.

Ci fermammo davanti ad un bar e ci accomodammo sui tavolini disposti all’esterno.
“Grazie” gli dissi quando mi accostò la sedia per farmi accomodare per poi occupare il posto di fronte al mio.
“Sono o no un cavaliere?” disse con tono sarcastico mentre un sorriso gli illuminava il viso.
Ridemmo entrambi.
 Un cameriere si allontanò per occuparsi delle nostre ordinazioni lasciandoci soli.
“Che fai nella vita?” gli domandai.
“Cosa ti fa pensare che non sia uno studente come te?”
“La parola studente riferita a me è una caricatura bella e buona. Comunque se tu frequentassi la mia scuola, non ti avrei incrociato all’esterno, ma all’interno, se ricordo ancora come funzionano le cose.”
“Anche tu frequenti quella scuola eppure stavi scappando.”
“Touché.”
“Comunque, oltre a togliere dai guai una principessa come te, mi occupo di moto” continuò. “La moto che ti affascina tanto l’ho montata con le mie mani” aggiunse spavaldo.
“Mhh, complimenti, te la cavi alla grande” esclamai nascondendo la sorpresa per la sua rivelazione.
“Grazie. Sei la prima ragazza che apprezza il lavoro che ho fatto. Ci tengo molto, è la prima volta che assemblo una moto” disse contento del complimento ricevuto. Ancora una volta un sorriso smagliante si accese sul suo volto dando maggiore enfasi alle sue parole.
“Ti intendi di moto?” mi chiese.
“Ho praticamente passato l’infanzia tra oli e motori, invece di giocare con le bambole. Mio padre era un grande appassionato, che dico, era ossessionato” gli dissi sentendo che stavamo entrando sempre più in confidenza.
“Ed ora si è stancato?” disse notando che parlavo di lui al passato.
“Impossibile, erano la sua vita. Credo che le ami ancora e lo farà per sempre, ma è morto due anni fa.”
Il suo volto ritornò serio, come quando lo avevo visto poche ore fa fuori scuola.
“S-scusa, non volevo” disse sinceramente dispiaciuto.
“Non ti preoccupare, non potevi saperlo” risposi assumendo un tono caldo e gentile per sollevarlo.
Ad interrompere la nostra conversazione fu l’arrivo del cameriere con le nostre ordinazioni.
“Grazie” gli dissi ricevendo come risposta un occhiolino dal ragazzo, al che Liam lo fulminò con lo sguardo facendolo allontanare velocemente.
Mi piaceva l’atteggiamento protettivo che aveva dimostrato più di una volta nei miei confronti, stranamente non lo trovavo invadente, anzi, mi sentivo lusingata.
“Vado un attimo in bagno” gli dissi alzandomi.
“Non scappare via però, principessa” mi rispose trattenendomi delicatamente per il polso prima che mi allontanassi.
 
Dopo quella mattinata passata piacevolmente con lui, mi riaccompagnò a casa.
“Grazie di tutto.”
“Spero di non averti rubato troppo tempo” esclamò appena arrivammo fuori il vialetto di casa mia. “Da quando ti ho incontrata è iniziata un’avventura” continuò sorridendo.

Mi sforzai di non sembrare impacciata sentendo quelle parole. Abbassai lo sguardo mentre lui teneva i suoi occhi puntati pericolosamente su di me.
Prima di allontanarmi, gli diedi un piccolo bacio sulla guancia dirigendomi poi verso il portone di casa. Chiusa la porta, scaraventai la borsa per terra raggiungendo di corsa la finestra. Mi affacciai cercando di non farmi notare, per vederlo un’ultima volta. Lo vidi toccarsi delicatamente la guancia inumidita poco fa dalle mie labbra con un dolce sorriso stampato sul volto. Si posizionò poi sulla moto per sfrecciare chissà dove, per incontrare chissà chi, fare chissà cosa. Improvvisamente volevo sapere di più su di lui. Mi piaceva Liam.

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Capitolo 3
*** Live while we're young ***


Live while we’re young

La piacevole mattinata trascorsa con Liam mi aveva lasciato un dolce ricordo. Quel ragazzo mi aveva colpita, i suoi modi gentili a cui non ero abituata, il tono pacato della sua voce che mi tranquillizzava, l’espressione dolce che i tratti del suo viso assumevano quando un sorriso si accendeva sul suo volto, il profumo di avventura che emanava. Decisi che per rendere perfetto quel momento uno schizzo di coca ci rientrava benissimo. Scavai nel cassetto della biancheria dove nascondevo le scorte di droga e solo dopo aver cacciato tutti gli indumenti senza trovare traccia di quel che cercavo, mi resi conto di aver finito tutto. Stavo iniziando a farne un uso sempre più frequente senza rendermene conto.
Stavo esagerando forse? Dovevo piantarla lì prima che la situazione degenerasse?
Nhaa, tutto sotto controllo. Potevo smettevo quando volevo, ora però non era quel momento.
Avevo finito tutto sabato scorso prima di uscire con Beth, la mia migliore amica.
Fu proprio lei ad introdurmi a questo magico mondo privo di  tristezza e dolore. Potevo considerare Beth come una sorella. Lei si drogava da molto più tempo, credo avesse quattordici anni quando iniziò. Rimasi scioccata quando per la prima volta la vidi accendersi una canna in casa sua, eppure lei aveva un atteggiamento così sciolto e rilassato.
 Io mi creavo problemi senza nemmeno toccare un po’ di quella roba mentre lei che ne faceva uso era tranquillissima. Che buffo! Mi tenni lontano da quel mondo di cui non volevo conoscerne i segreti, ma tutto crollò dopo la morte di mio padre. Ero affranta, non riuscivo a riprendermi in alcun modo, sembrava che il mondo si fosse fermato in quel giorno e che niente da lì in poi potesse funzionare o avere senso. Beth era lì accanto a me, non mi avrebbe mai lasciata, figurarsi in un momento così atroce. Un giorno mi venne a trovare urlando a squarciagola che aveva la soluzione, che potevo riprendermi. Mi preparò quel che sembrava apparentemente una sigaretta offrendomela dopo aver dato un tiro. Dopo quella tutto cambiò, non so se in meglio o in peggio, ciò che ricordo e di cui ne ho la certezza, era che iniziai a farmi una ragione di quanto era accaduto a mio padre, lo accettai pian piano ritornando a sorridere come un tempo. Di un sorriso diverso però, non più innocente e spensierato, ma che celava qualcosa di oscuro ed invisibile. Mi sentivo cambiata, improvvisamente cresciuta. Mi vedevo diversa dagli altri ragazzi, con una marcia in più, riconoscevo in me le stesse caratteristiche di superiorità e maturità che rivedevo prima in Beth. Non che una canna ti facesse effettivamente crescere, ma mi sentivo così. Iniziai anch’io con il tempo a fumare marijuana. Avevo quindici anni. La mia fu una scelta, non fui costretta né niente. Ogni giorno la gente fa scelte di cui è convinta o meno, che hanno ripercussioni sul futuro o si dissolvono nel presente non lasciando traccia. La mia fu una come tante, avevo scelto di drogarmi. A chi importava?
 
Dovevo procurarmi altre dosi, fare un ricco assortimento. Approfittai dell’assenza di mio fratello, fuori per lavoro, per prendere dei soldi dal suo portafoglio. Chiamai Beth.
“Pronto?” esclamò una voce addormentata.
“Sono Clara.”
“Mhhh”
“Dormivi?”
“No, ma di certo sto in altra dimensione” esclamò divertita con l’aria spaesata.
“Ahh, immagino dove…”
“E tu? Non vuoi farmi compagnia?” disse con voce rilassata.
Sapevo che si stava riferendo alla droga.
“Vorrei, ma non ho il biglietto d’entrata.”
“Mi accompagni da Zayn?” continuai.
“Ok, aspetto che finisca l’effetto dell’ultima pera e ti raggiungo.”
Mi incamminai verso il Bronx  dove di solito Zayn spacciava. Per strada incontrai Beth, vestita di un’aria disinvolta e felice.
Quattro isolati dopo, entrammo in un edificio abbandonato, luogo ormai ufficializzato per gli ‘affari’ di Zayn.
Zayn era un ragazzo riservato e di poche parole. Di solito non amava perdersi in troppe chiacchiere, ma quando spacciava, sembrava tutt’altra persona: era cordiale ed affabile, credo lo facesse solo per gli affari. Infatti, difficilmente si rendeva disponibile per qualcosa che non fosse la droga, come una passeggiata o due chiacchiere. Era diventato il suo mondo. Lì faceva da padrone assoluto ed era rispettato in quanto tale. Era affidabile, non ti deludeva mai e soprattutto aveva un occhio di riguardo per me e Beth dato che ci conosceva da tempo. Era sempre circondato da persone più disparate, tutti andavano da lui e lui accontentava tutti. Un giusto rapporto, in fin dei conti.
Entrando nella baracca lo vidi impegnato nel contrattare con dei marmocchi, potevano avere tredici-quattordici anni.  Si girò di scatto notando delle ombre farsi spazio nella stanza. Era sempre sull’allerta, nel caso qualcuno gli avesse fatto una spiacevole visita uno di questi giorni, qualcuno con un distintivo e una pistola, per intenderci. Sollevato e contento del fatto che fossimo noi, ci raggiunse immediatamente.
“Ciao principessa.”
Principessa…quella parola risuonò per alcuni secondi nella mia testa. L’ultima volta che qualcuno mi aveva chiamata così era stato Liam quella mattina. Non avevo con me uno specchio, ma se mi fossi guardata in quel momento, avrei notato piccoli luccichii trasparire dai miei occhi.
“Claraa!” esclamò una voce sbiadita.
“S-si?” dissi confusa.
“A cosa stavi pensando?”
“Mhh.. ad un ragazzo.”
“Udite, udite?! La piccola Clara dal cuore freddo ed irraggiungibile che respinge tutti adesso sta pensando ad un ragazzo. Chi è il fortunato che merita tanto onore?” esclamò il moro.
“Si chiama Liam. Ci siamo conosciuti solo stamattina e mi ha offerto un caffè” risposi con occhi sognanti.
“Ah, carino da parte sua offrirti un caffè, dev’essere proprio speciale, allora…”
“Ah-ah Zayn sei proprio simpatico!” si intromise di colpo Beth che stava ascoltando distaccata la conversazione, ancora un po’ intontita.
“Ti ha rubato il cuore questo Liam, vero?”
 Sorrisi.
“Non esagerare, è stato solo un caffè. Comunque spero di non rimanere scottata” dissi lasciando fuoriuscire una leggera risatina.
“Stavolta ho qualcosa di fenomenale, vedrai questa polverina ti andrà alla testa” disse tornando sull’argomento che più gli interessava.
“Così mi piace, ma… devo preoccuparmi?”
“Se prendi questa, nessuna preoccupazione ti assalirà più” disse ammiccando.
Presi la sua speciale dose di coca con delle pasticche di ecstasy e della marijuana.
Salutammo Zayn che ritornò ad occuparsi, o forse a preoccuparsi, dei marmocchi.
Durante il tragitto verso casa ero particolarmente ansiosa, dato il carico pericoloso che mi portavo dietro, ma Beth mi distrasse raccontandomi di Niall, il suo ragazzo praticamente perfetto.
Erano una strana coppia. Lei una drogata dipendente da qualsiasi cosa si potesse sniffare o iniettare, lui un ragazzo con gli occhi azzurri strappati ad un angelo e i capelli biondi di una dolcezza infinita. Erano così diversi eppure insieme tutte le loro differenze si annullavano, rendendoli perfetti l’uno per l’altra, indispensabili per l’integrità dell’altro. Insieme i problemi che li affliggevano scomparivano, disciolti nell’amore che traspariva dai loro cuori.
Penso che la cosa che più amasse di Niall era la sua innocenza, forse perché le dava la consapevolezza che nella vita si può continuare ad essere puri come bambini nonostante i tanti sbagli commessi. Niall la faceva sentire come se esistesse una soluzione per tutto, che la fiamma della speranza potesse sempre brillare di un lieve bagliore, che nulla era perso per sempre e scritto fin da principio. Le dava sicurezza. La faceva sentire all’altezza di quanta bellezza c’è nel mondo, superiore allo schifo che credeva di meritare, migliore di quel che credeva d’essere, perfetta con i suoi difetti e sbagli. Erano inseparabili, qualsiasi cosa si fosse intromessa tra loro non avrebbe vinto, neanche la droga poteva. O almeno così si erano persuasi.
Niall era distaccato dal mondo di Beth, che non condivideva e non accettava che la sua ragazza si drogasse.
A differenza mia Beth si bucava, faceva uso di eroina, destinata non come me a provare emozioni fuori dall’ordinario e sommergermi di un’insostituibile e irraggiungibile beatitudine, ma a colmare il dolore e i suoi vuoti interni.
Ero preoccupata per Beth quanto per Niall, perché sapevo che la situazione della ragazza non era delle più serene.
Una volta Niall mi rivelò quasi piangendo che aveva paura che queste sostanze la allontanassero da lui, voleva farla smettere per strapparla dal quel mondo illusorio e vendicatore. Di fatto notai un lieve cambiamento nelle abitudini di Beth, da Zayn aveva preso qualche grammo di ero in meno rispetto a quanto era abituata, forse voleva disintossicarsi o addirittura chiudere con questa storia e mi piaceva pensare che fosse merito di quel ragazzo. Lui la rendeva migliore.
 
Arrivate fuori al vialetto di casa di Beth la salutai, proseguendo da sola verso casa. Per i due isolati che separavano casa mia dalla sua, i miei pensieri volgevano su Liam. Quel ragazzo mi aveva stregata ed il pensiero che non l’avrei più visto mi faceva star male. Capii che la soluzione a tutte quei pensieri negativi, l’antidoto per scacciarli via crogiolandomi nel piacere dell’oblio, l’avevo appena comprata. Impaziente di arrivare a casa e provare la ‘novità’ di Zayn mi appartai dietro ad un vicolo, trepidante per l’eccitazione e la curiosità preparai la cartuccia e sniffai un po’ di quella polverina e cazzo se il mondo non era diventato tutto ad un tratto meraviglioso.
Ero un corpo assente, amovibile, incapace di intendere e di volere sotto l’intenso trasporto degli stupefacenti.
Non più una persona dotata di piene facoltà fisiche e psichiche, ma un cumulo di sensi alla deriva in un fiume di pericolose sensazioni astratte e meravigliose, irraggiungibili eppure così vicine da poterle toccare.
La mente era annebbiata, svuotata di tutto ciò la rendesse vivida.
Non più paura, solitudine, rabbia si annidavano lì, ma pura felicità ed esaltazione che trovavano risposta non in sentimenti quali amicizia o amore quanto in una fine ma tanto potente polvere. L’io era fuori dal proprio corpo vagando in luoghi tanto stupefacenti quanto pericolosi.
C’ero solo io e basta, io  e quella leggerezza capace di sgrovigliare la pesante e confusa matassa di problemi che gravava in me.
Mi piaceva quella sensazione, oh si non l’avrei scambiata con nulla.

Writer's wall

Ciao gente, questa è la mia prima ff che scrivo e sono davvero molto emozionata, sia perchè l'ho finalmente pubblicata dopo tanto tempo, sia perchè così voi possiate leggerla. Mi auguro che vi piaccia almeno la metà di quanto io la ami. Adoro Clara e Liam, insieme sono una forza della natura e spero che vi emozionano con l'avanzare del loro rapporto. Ho detto quello che dovevo dire, adesso vi lascio con il terzo capitolo. Il prossimo conto di pubblicarlo entro domani ;) Xx stellinasple

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Capitolo 4
*** Little black dress ***


Little black dress

 
Rimasi a ciondolare per le strade deserte del mio quartiere per un po’. In realtà quando mi facevo, la misura del tempo volava via e non avevo più la capacità di quantificare un minuto e differenziarlo da un’ora. Potevo girovagare con l’aria da tossica per quanto volevo, essere sotto gli occhi di tutti e non rendermene conto, questa era la cosa migliore!
Improvvisamente non contava più un cazzo di cosa la gente pensava di te, non ti preoccupavi di come apparire e di essere all’altezza del giudizio di persone delle quali, in realtà, non ti fotte un cazzo e nemmeno tu sai perché lo fai. Forse solo perché è lo stampo che questa società ti imprime addosso tanto da fartelo sentire tuo, da farti credere che ti importa di queste cose quando invece sono solo un mucchio di stronzate, eppure queste stronzate fottono la gente ogni giorno. Per questo la gente poi è depressa, si auto lesiona, ha manie suicide, perché non si sente all’altezza di quanto la società impone sia giusto, quando in realtà è tutto relativo, ognuno decide per sé cosa è giusto o sbagliato, no, la gente che possiede ancora un cervello suo e non permeabile alle influenze merdose del mondo fa questi ragionamenti, gli altri semplicemente si fottono. Benvenuti nel mondo, prego munirsi di indifferenza per sopravvivere, grazie. 
Merda, se solo tutti non si prendessero troppo sul serio, sarebbe meglio.
 
Camminai a lungo e solo quando fece buio, tornai a casa.
 Non appena aprii la porta di casa, la mia attenzione cadde su di un foglio bianco, bloccato tra la porta e lo zerbino. Lo aprii e vidi che era stato scritto da Liam.
 
  -Ciao principessa,
sono Liam, il cavaliere che ti ha salvata. Piccolo riassunto nel caso ti fossi già dimenticata di me.
Il tuo atteggiamento ribelle e la passione che condividiamo per le moto mi fanno impazzire.
Mi piacerebbe farti una sorpresa e portarti fuori. Non mi aspetto una risposta, perché ne accetterò solo una. Ti passo a prendere domani sera alle 20.00. Indossa qualcosa di elegante per me. Ti lascerò senza parole. Liam xx
 
Quel gesto mi sorprese poiché pensavo che la voglia di rivederlo corresse a senso unico, invece era l’esatto opposto. Voleva rincontrarmi tanto quanto lo volevo io.
 
Era stata una giornata sensazionale ed irripetibile, avevo assaporato ogni minuto, ogni secondo, ora stampati indissolubilmente nella mia memoria. Per la prima volta dopo un’indescrivibile quantità di tempo chiudevo gli occhi  contenta, sperando nel meglio, credendo di ricoprirmi di felicità, quella vera e non artificiale, quella che una persona può insinuare in te, quella che ti travolge e fa risplendere.
 
Il giorno seguente mi svegliai ripetendo la solita routine: colazione, doccia, cartella e dritta a scuola.
Per tutta la giornata la mia mente convergeva sempre sul solito pensiero: Liam e l’uscita che mi aspettava quella sera. Ero curiosa di sapere dove mi avrebbe portata, quale luogo misterioso ci aspettava da non poterne rivelare il nome.
Rimbombava nella mente quella frase scritta nella lettera ‘il tuo atteggiamento ribelle mi fa impazzire’.
Sapere che qualcosa di me lo aveva colpito al punto da farlo impazzire e ciò che mi aveva scritto, provocava la stessa sensazione in me.
Dedicai ogni mia attenzione a quello che mi aspettava quella sera. Anche i miei professori si accorsero che i miei pensieri vagavano altrove, su qualcosa distante dagli argomenti trattati durante la lezione, sollecitandomi così a tornare con la mente in classe e ad essere partecipe.
Bastardi, non mi sono mai piaciuti i prof e credo che il sentimento sia reciproco. Oh, quanto mi dispiace. Una beata minchia. Sempre pronti a cogliere i tuoi sbagli usandoli in modo subdolo contro di te, la parola ‘incoraggiamento’ non era concepita dal loro austero e accademico vocabolario. Spesso mi distraevo in classe, poiché sotto effetto di qualche droga, ma adesso la ragione era un’altra e aveva un nome stupendo, Liam.
 
Appena uscita da scuola mi diressi subito verso casa per focalizzarmi sull’abito da indossare. Solo quando aprii l’armadio realizzai di non possedere nulla da registrare sotto la voce di elegante. Ripensandoci quella parola non era contemplata nel mio vocabolario. La disperazione mi colse, mi buttai sul letto fissando il soffitto della mia stanza.
 
“Merda” imprecai quando controllai l’orologio vedendo che erano già le sette, una sola ora mi separava dall’arrivo di Liam. Panico! Mi ero addormentata, come previsto! Non avevo ancora scelto cosa mettermi, ma accantonai momentaneamente quel pensiero fiondandomi sotto la doccia. Appena mi infilai l’intimo iniziai a vagare per la camera di mia madre alla disperata ricerca di qualche idea. Il suo armadio sarebbe stata l’ultima spiaggia conoscendo i suoi gusti, del tutto differenti dai miei. Alla fine non avendo idee migliori lo aprii, consapevole di non trovare niente, quando i miei occhi caddero su un vestito nero. Lo estrassi e indossai. Non so se si poteva definire elegante, ma aveva qualcosa di femminile. Era di pizzo nero, mono spalla, dettaglio che gradii, la lunghezza sfiorava il ginocchio. Niente di troppo volgare o raffinato. In quel momento non ci badai tanto, le lancette dell’orologio che scorrevano mi davano fretta, ma era perfetto, come se fosse stato creato apposta per me. Mi infilai un paio di converse  bianche basse per spezzare tutta quelle serietà e per indossare qualcosa che rispecchiasse il mio stile. Illuminai il tutto con una catenina d’oro a forma di cuore e degli orecchini abbinati. Dopo essermi truccata leggermente ero pronta per quella magica serata. Mi guardai allo specchio per aggiustare gli ultimi dettagli del mio outfit, quando il campanello suonò. Erano le otto e mi sorpresi della puntualità del ragazzo. Presi la borsa e scivolai velocemente fuori alla porta, chiudendola alle mie spalle per poi incontrarmi faccia a faccia con Liam.
“Buonasera principessa” mi salutò dandomi un bacio sulla guancia.
“Ciao mio cavaliere” dissi divertita.
“Ieri eri bellissima, ma adesso … wow!”
“Grazie, anche tu non scherzi.”
Una camicia bianca lo avvolgeva al di sotto di un blazer  blu cobalto, dei pantaloni neri attillati gli scivolavano sulle gambe mentre delle scarpe nere chiudevano l’outfit.
Mi guardai attorno notando che non vi era alcuna moto.
“Niente cavallo stasera?”
“No, ho optato per la carrozza” disse e una risata ruppe l’imbarazzo iniziale.
Amavo questa parte di lui, il fatto che rispondesse a tono alle mie battute.
“Andiamo?” mi domandò porgendomi il braccio.
Annuii leggermente incrociandolo nel suo.
Mi aprii la portiera della macchina, un modello elegante, nera e di una certa lunghezza che le conferiva rispettabilità.
“Grazie” risposi.
Nessuno l’aveva mai fatto con me. Cioè i ragazzi precedenti potevano a stento permettersi una bicicletta, figurarsi fare i galantuomini con una macchina come quella.
“Dovere signorina.”
Durante tutto il tragitto non riuscii a smettere di sorridere per la felicità e le battute di Liam. Era così stupido in certi casi, ma credo lo facesse per mettermi a mio agio.
“Dove mi porti allora?”
“E’ una sorpresa.”
“Io amo le sorprese” gli confidai.
“Allora amerai questa serata.” Per tutto il resto del tragitto, mi affacciai dal finestrino per cercare di capire dove stavamo andando, ma niente, non ne avevo la minima idea.
Dopo poco più di mezz’ora arrivammo in un parcheggio buio. Non mi trasmetteva una bella sensazione. Ero già stata in un posto simile e un ragazzo mi era saltato addosso quasi violentandomi.
Liam notò il mio volto incupirsi, ma non cercò di rassicurarmi.
Allungò una mano verso le mie gambe e subito la respinsi duramente con la mano quasi tremante.
“Rilassati Clara, non sono quel tipo di ragazzo” proruppe con tono calmo.
Allungò nuovamente la mano verso le mie gambe, questa volta lo lasciai fare, una volta arrivato lì si sporse ancora di più afferrando la maniglia. Solo allora realizzai che stava cercando di aprirmi la portiera.
Stupida, stupida, stupida! Avevo rovinato tutto. Come avevo mai potuto pensare che Liam avrebbe fatto una cosa del genere. Mi bastò poco per capire che non era come gli altri.

Writer's wall 
Hola chicaaas, ecco a voi il terzo capitolo, il primo appuntamento di Clara e Liam. Lo adoro particolarmente, anche se il prossimo sarà migliore. Spero di aggiornare ad almeno 2 recensioni. Kisss stellinasple

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Capitolo 5
*** Kiss you ***


Kiss you

 
Image and video hosting by TinyPic Durante il tragitto il mio corpo era divenuto un campo in cui una moltitudine di sentimenti contrastanti si contrapponevano, ero un fluire di ansia, agitazione, emozione, eccitazione. In tal modo non mi accorsi della nostra destinazione.
Giunti in quel luogo non ero del tutto spaesata, posso assicurare che non vi ero mai stata, ma non mi era sconosciuto, lo avevo intravisto più volte in televisione e nelle cartoline. Ci trovavamo su un vasto altopiano, intorno a noi non vi era traccia di cose o persone, ma ciò che rendeva quel luogo magico era proprio questo: l’assenza del mondo. Eravamo solo io e lui e ai nostri piedi si estendeva la meravigliosa Los Angeles vista in tutto il suo splendore. La notte era il momento il cui la città mostrava il suo abito migliore: uno sfolgorio di luci protratte in perfette linee che si accostavano e in altri casi incrociavano accecando i nostri occhi stupefatti. I nostri piedi sovrastavano l’immensità di quella città. Il bagliore di milioni di luci era in perfetto equilibrio con la serenità del cielo che incorniciava perfettamente questo bellissimo quadro. La vita notturna della città era vivida, la si percepiva persino da lassù sebbene non un suono vi giungesse, ma ciò che si mostrava ai nostri occhi parlava per sé.
Mi accorsi che poco distante da noi vi era la famigerata scritta “Hollywood” che dominava con le sue grandi lettere il promontorio che si innalzava alla nostra destra. L’enormità degli spazi che ci circondava mi faceva sentire minuscola, un granello di sabbia, ma nel contempo la città ai nostri piedi mi conferiva forza e potere. Da lassù era come se io e Liam fossimo i padroni del mondo.
Le parole ‘meraviglia e perfezione’ erano riduttive per descrivere le mie sensazioni, ma erano quelle che più si avvicinavano. Desideravo rimanere lì per sempre a contemplare quanto di più bello il mondo potesse offrire, e non mi riferivo solo al luogo o al panorama, Liam infatti faceva parte della perfezione di quel posto. Lui era il tocco in più che lo rendeva fatto apposta per me.
Conoscevo Liam da poco, ma lui sapeva come stupire una ragazza, e lo sapeva fare in modo grandioso ed impeccabile, perché anche io, la ragazza dal cuore di pietra, ne ero stata colpita. Non eravamo amici e nemmeno fidanzati, ma eravamo qualcosa. E quel qualcosa mi piaceva.
Non potei non notare un groviglio di luci simili a lucciole disposto su un albero, così mi avvicinai incuriosita, mi ci volle poco per capire che Liam aveva molti assi nella manica: sotto ad un albero addobbato con luci, che circondavano la sua folta chioma, vi era un tavolino allestito in modo piuttosto sobrio ma nel contempo raffinato: un vaso in porcellana bianca conteneva una rosa rossa pienamente fiorita che emanava un delicato e appena percettibile profumo, due posti a sedere e adagiato al fusto dell’albero un cestino contenente, immaginai, la nostra cena. Rimasi sbalordita dal quel gesto. Ero abituata a ben altro. I ragazzi che avevo frequentato in passato erano dei buzzurri energumeni sfruttatori, per dirla in altre parole dei puri CAZZONI! Non ero psicologicamente preparata ad un qualcosa di così...  romantico. Non credevo che avrei mai utilizzato questa parola e che addirittura potesse adattarsi a me. No, ovviamente non lo era, Liam poteva essere anche il ragazzo più dolce e sensibile del pianeta ma ciò non significava che anche io accanto a lui dovessi esserlo né fingere di esserlo. Avevo sempre disprezzato questi gesti così sdolcinati che mi facevano puntualmente storcere il naso, ma ora considerando la situazione, forse lo pensavo perché nessuno mai si era immaginato di trattarmi in questo modo e quindi mi ero convinta di non essere la ragazza adatta a tali smancerie, giungendo a disprezzarle. Era una conseguenza al modo rozzo con cui mi trattavano. Queste erano le mie opinioni prima di incontrare quest’affascinante ragazzo giunto chissà da dove e perché. Ora nella mia mente aleggiava il vuoto assoluto. Non sapevo che pensare né come comportarmi, così lasciai che fosse il silenzio a parlare per me.
“Hey principessa, stai tremando” mi disse Liam togliendosi la giacca e appoggiandola sulle mie spalle.
Quell’indumento aveva il suo profumo e avrei voluto non togliermelo più. Era come se per tutto il tempo che lo indossai le sue braccia calde mi avvolgessero in modo da proteggermi dal mondo esterno.
In verità quello da cui mi doveva proteggere era il mio mondo interno. Lui invece era reale, mi procurava gioia eppure non era una pasticca che potevo ingoiare o una polvere da inalare. No, un corpo caldo, un’anima, un cuore che pulsava. Tra le tante che avevo assunto, Liam era la droga fatta apposta per me, la mia droga preferita. Stavo iniziando ad esserne dipendente e questo mi spaventava. Ero abituata a non affezionarmi troppo alle persone dato che queste puntualmente mi deludevano o abbandonavano, prima o poi, come aveva fatto mio padre. Stavo attenta a non amare prima di incontrarlo.
“Piccola tutta bene? Non ti piace il posto?” disse avvicinandosi sempre più a me, avendo notato un lampo di tristezza squarciarmi in due.
“Oh no, è perfetto.”
‘Tu sei perfetto’ avrei voluto dirgli, ma il mio orgoglio trattenne quelle parole.
“Dai vieni, so io come tirarti un po’ su. Ho un’altra sorpresa” mi disse prendendomi la mano e facendomi accomodare su una sedia.
“Aspetta qui, torno subito” mi disse prima di sparire nell’oscurità della notte.
Passarono cinque minuti ma di Liam nessuna traccia. All’improvviso un dolore mi assalì al petto. Un dolore che aveva i tratti della paura, paura che mi avesse lasciata lì. Presa d’assalto dalle mie incertezze mi alzai di scatto facendo per andarmene, ma il suono di una chitarra mi bloccò.
In quel momento dal buio ricomparve Liam che pizzicava le corde di quello strumento. Si avvicinava lentamente con il suono gentile della chitarra ad accompagnarlo.
“Ho scritto una canzone per te” disse e un sorriso, quel sorriso che amavo e mi scioglieva ogni qual volta comparisse, gli si piantò sul volto, senza più andar via.
“Mhh, un meccanico canterino. Ho fatto tombola!” gli dissi cercando di affievolire l’entusiasmo che traspariva da tutti i pori.
Quel sorriso si espanse. Si sedette comodo su una roccia e iniziò a cantare.
 
…Oh I will carry you over
Fire and water for your  love
And I will hold you closer
Hope your  heart is strong enough
When the night is coming down on you
We will find a way through the dark…
 
Le note di quella canzone scuotevano il mio cuore, facendolo sussultare, battere più velocemente. Temevo che i miei battiti sovrastassero quelle dolci parole, ma non accadde, accadde invece che uno spirito d’amore si accese in me.
Mi rivedevo in quelle parole e speravo che davvero qualcuno, Liam, mi avesse accolto così. Mi avesse amata da esser capace di tanto. Provai a convincermi dell’esistenza di una persona capace di farmi desiderare solo il suo amore e non altro, provai ad assimilare quelle parole e farle mie. Mi illusi che era possibile, poi quando tutto finì tornai alla realtà.
 Liam cercò per alcuni secondi sul mio volto segni di approvazione, ma ottenne scarsi risultati.
“Non ti è piaciuta?” disse lasciando trasparire un cenno di delusione sul volto.
Nuovamente non ebbe risposta.
“Dimmi qualc…”
Non riuscì a continuare la frase che le parole gli restarono tra le labbra, bloccate nelle mie in un tenero bacio innocente.
“Oh, ti è piaciuta così tanto?” disse appena le nostre labbra si allontanarono.
“No, anche di più” risposi sorridendo restando con la fronte dell’uno appoggiato all’altra.
“Il tuo gesto mi ha sorpreso” mi sussurrò. “Anche se da un ragazza come te mi aspettavo qualcosa di più… forte.”
“… forte?” chiesi riluttante. “Tipo cosa?” continuai.
“Tipo questo” rispose prima di darmi un secondo bacio, niente a che vedere con il primo, poiché più intimo e carico di passione. Sentivo il calore del suo corpo trapassare il mio e scaldarmi in quella fredda serata estiva.
Le sue mani che cingevano delicatamente i miei fianchi, le mie che gli pizzicavano la nuca in una tenera stretta.
Un brivido mi percorse la schiena mentre guardavo il ragazzo negli occhi, affogando nelle sue dolci pupille castane.
 

Writer's wall

Ciao ragazzi, eccomi di nuovo qui dopo alcuni giorni di pausa. Il capitolo era pronto da tempo, ma aspettavo recensioni solo per sapere se vi sta piacendo o no, ma non sono arrivate. Ho deciso di postare lo stesso questo capitolo perchè è stupendo e non volevo farvi un torto così grande. Spero che lo leggiate e che vi piaccia e, se non vi è di troppo disturbo, fatemi sapere che cosa ne pensate. Kisses stellinasple P.S. Se ve lo stavate chiedendo, ecco la mia Clara, è la bellissima Shay Mitchell!

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Capitolo 6
*** Stole my heart ***


Stole my heart

 
Arrivata a casa mi spogliai e mi stesi sul letto, ripercorrendo con la mente tutti i momenti di quella splendida serata. Ad interrompere il flusso dei miei pensieri fu una canzone, la stessa che Liam mi aveva scritto. La stessa che aveva percosso il mio cuore facendolo vacillare.
Era il mio cellulare che squillava. Non sapevo come potessi averla.
Comparve un numero sconosciuto accompagnato da una foto. La riconobbi. Racchiudeva la perfezione di quella serata, tangibile nei nostri occhi luccicanti e pieni di vitalità, le nostre guance vicine accarezzarsi amorevolmente, mentre i nostri sorrisi spontanei e sinceri erano l’immagine chiara della felicità. Una delle tante foto che avevamo scattato per immortalare la magia di quella serata.
“Pronto?” risposi confusa.
“Hey principessa” rispose una voce calda e pacata.
“Ciao Liam” dissi sicura che fosse lui. Come avrei potuto confondere la sua voce con quella di chiunque altro? Non dopo quella canzone. “Sai qualcosa su come questa canzone sia finita sul mio cellulare? E le foto? Come le hai caricate?”
“Spero non ti dispiaccia. Desidero che ricordi per sempre questa serata, perché io non la dimenticherò mai.”
“Non c’era bisogno di disturbarsi tanto. Rimarrà per sempre indelebile nella mia memoria” ammisi. Quando stavo a contatto con lui, sentivo le barriere che mi ero costruita fino a quel momento, sgretolarsi impotenti d’innanzi a tanta dolcezza
“Addirittura?” il suo tono era sorpreso, forse non si aspettava neanche lui una simile dichiarazione da parte mia.
Bastardo, tutto calcolato. Dovevo aspettarmelo!
“Ehmm .. piuttosto come hai fatto ad avere il mio numero?” dissi cercando di cambiare discorso.
“Un mago non svela mia i suoi trucchi.”
“Ah quindi oltre ad essere un cantante adesso ti scopro anche mago? Chissà se sei bravo anche a fare massaggi? Sai ho un dolore lungo tutta la schiena” dissi con fare civettuolo.
“Mhh potrei provare solo per te...  se proprio stai male e mi supplichi così tanto, potrei darti prova delle mie doti di massaggiatore anche ora” disse iniziando a provocarmi.
“Ahah ora non scaldarti troppo Mr. Payne.”
“Mio Dio. Sono passato di livello. Ora sono ‘Mr.Payne’. I miei modi da cavaliere ti hanno stregata vero? Ammettilo!”
“Se aspetti che lo ammetta, puoi considerarti anche morto.”
“Il tempo non mi manca. Penso che per oggi ne abbia abbastanza di me. Ti lascio dormire.”
“Grazie” dissi. “Buonanotte mio cavaliere.”
“Buonanotte, principessa.”
 
Spensi il telefono appoggiandolo sul comodino accanto al letto. Avrei desiderato continuare a parlare con lui ancora un po’, magari per tutta la notte, per sempre. Si sbagliava, non ne avevo abbastanza di lui, credo che non ne sarei mai stata sazia. Il suono della sua voce quella notte mi avrebbe fatto compagnia e avrebbe fatto da scudo da qualsiasi incubo. Con la sua voce vagare nel mio imperscrutabile inconscio niente poteva spezzare la felicità che provavo.
Non riuscivo a smettere di pensare a quel secondo bacio. Quello che mi aveva dato lui, più intenso e deciso del mio. Le sue labbra morbide e rosee si fiondarono sulle mie carnose. Ci fu un attimo di tentennamento da parte mia per la sorpresa, ma subito sparì e ricambiai il bacio. Fu allora che le nostre lingue si toccarono prima delicatamente e man mano più velocemente sotto il trasporto della passione che si accendeva sempre più. Ballarono insieme la più bella delle danze, muovendosi all’unisono, dipendenti l’una dall’altra, proprio come stavamo diventando io e Liam.
Sentivo i nostri petti muoversi velocemente a causa dei respiri irregolari, per riprendere fiato.
Le sue mani accarezzarono delicatamente le mie guance. Sfiorarono il mio collo, la pelle che sotto il suo tatto morbido e quasi impercettibile diventava fragile. Sentivo le sue mani scendere lentamente sempre più giù, accompagnando le curve del mio corpo. Mi cinse i fianchi e accostò i nostri corpi trepidanti di passione, facendomi sentire il suo corpo tonico vicino al mio. Stavo morendo così stretta a lui, incollata al suo torace dal quale potevo udire i battiti del suo cuore. Non volevo farglielo capire, così cercai di rimanere impassibile. Ci riuscii in parte, poiché dal mio volto non traspariva nessuna espressione, ma il cuore mi tradiva, battendo più veloce che mai. Lui lo sentiva, poteva percepire la mia debolezza. Ero vulnerabile, mi aveva abbassato le difese, abbattuto quei muri che gli altri ragazzi si erano limitati a scavalcare, lasciandoli là intatti più che mai, decadenti ma sempre issati, calpestandomi il cuore.
Quella sera scoprii Liam essere un cantante eccezionale. La sua voce calda e rassicurante che penetrava la mia anima, rinforzando le mie fragilità, dando vigore alle mie debolezze, colmando i vuoti lasciati dalle incertezze e abbattendo gli ostacoli delle mie paure. Non potevo chiedere di meglio.
Ero io il problema. Lui era perfetto, io un disastro a piede libero capace di provare emozioni solo attraverso le deformate e distorte vie della droga. Sì, era così, ma prima che incontrassi lui. Solo allora realizzai che quello era stato il primo giorno da anni che mi sentivo viva, capace di provare sentimenti e di trasmettere emozioni percepibili senza drogarmi.
Liam riempiva quei vuoti incolmabili, lacerati dalla tristezza accumulatasi con il tempo, nei quali sprofondavo vertiginosamente ogni qualvolta mi sentissi sola ed incompresa. Così doveva sentirsi Beth, Niall le conferiva questa forza di cui anch’io ora ne beneficiavo, ora apparteneva anche a me. Stavolta non ero solo una spettatrice assente che osservava estasiata, nutrendo un pizzico di gelosia, la meraviglia dello spettacolo di qualcun altro. Ora mi sentivo protagonista, padrona del palcoscenico e regista degli atti. Dividevo la scena e il compito arduo di dirigere con un'altra persona solamente, che rendeva lo spettacolo sublime, godibile prima per gli attori e poi per gli spettatori. Io e Liam, attori impareggiabili e insostituibili, unici e completi, in simbiosi e senza maschere da portare per riprodurre la felicità o l’amore, solo le nostre anime in complicità con i cuori.
 

Writer's wall

Ciao belliiii.
Vorrei ringraziarvi di cuore, perchè è solo grazie a voi che il primo capitolo è arrivato a 100 letture, sono così orgogliosa di questa storia. Parlando del capitolo, non ci posso fare niente, shippo troppo questi dueeee. Piccola anticipazione per il prossimo. Ci saranno più momenti Clara-Beth. Ecco qui la prestavolto di Beth, è stupenda e io amo le rosse. Fatemi sapere se vi piace il capitolo e Beth. Kisses stellinasple Beth: Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 7
*** Same mistakes ***


Same mistakes

 
Non sentivo Beth dal giorno precedente e dovevo aggiornarla sulle ultime novità, così la chiamai.
 
Il telefono squillò a lungo prima che una voce confusa rispondesse cacciando parole poco chiare ed emettendo frasi sconnesse. Sin dai primi squilli a vuoto avevo presagito che qualcosa stava tenendo occupata Beth e ciò a cui pensavo non era sicuramente Niall. Tutto mi fu chiaro quando sentii la cornetta alzarsi e udire farfugliare qualcosa di incomprensibile, ma esitai a rispondere e rimasi ad ascoltare per qualche minuto. Beth aveva una voce distrutta, parlava emettendo lunghi ed affannosi respiri, ripeteva in continuazione e senza riposo nonostante le sue malridotte condizioni “ A-aiuto” e “n-n-n-on res-s-s-is-ster-r-r-ò  an-n-cora al-l-lungo.” Agganciai immediatamente e, nonostante fosse notte inoltrata, mi diressi di gran corsa verso il vecchio cantiere navale, ormai abbandonato ed ora rifugio di barboni, prostitute, drogati e spacciatori. Le mie intuizioni erano più che fondate: Beth era in crisi d’astinenza! Conoscevo troppo bene quella terribile ed asfissiante sensazione di tortura psichica e fisica per poter riflettere un minuto di più. Anch’io ero passata per quella tortuosa strada sconsigliabile anche al peggiore dei nemici. Questo è l’aspetto più beffardo della droga: ne hai bisogno sempre di più per rivivere sempre le stesse esaltanti sensazioni ma questo comporta una sempre maggiore assuefazione del corpo, e se decidi tutto ad un tratto di smettere è lì che la vera lotta ha inizio: dolori articolari, sudorazione eccessiva, mal di testa che trapana  il cervello, fiacchezza, vomito, nausea, crampi. Dovevo porre fine a tutto ciò e l’unica soluzione era procurare ero a sufficienza per Beth. Giunta in quel luogo desolato e squallido, reso ancora più raccapricciante dall’oscurità che incombeva, mi misi immediatamente alla ricerca di Louis. In passato era stato il nostro primo contatto e dato che mi era giunta la soffiata che Zayn stava passando giorni poco felici al fresco a causa di un’improvvisa visita ricevuta dalla polizia, lui rimaneva la mia ultima e vitale speranza. Era sempre stato difficile trattare con Louis a causa del suo comportamento poco professionale, motivo per il quale ci eravamo allontanate. Lui risiedeva nel gradino più basso della piramide sociale degli spacciatori per mancanza di serietà negli affari. Era un eroinomane incallito, assumeva la polvere in tutti i modi conosciuti e non, e questa era la cosa più pericolosa e soprattutto fastidiosa. Immaginate essere costretti a trattare con il tempo che ti corre alle spalle con una persona con un piede già quasi nella fossa.
Nonostante ciò Louis era, a differenza degli altri eroinomani, pacato e tranquillo, quando era fatto sembrava un bambino addormentato, con la piccola differenza che non aveva nulla di così carino e ‘coccoloso’. Avevo perso notizie di lui e in quel momento speravo solo che le sue condizioni non fossero peggiorate. Non mi aspettavo da parte sue che mi riconoscesse e in quel momento era l’ultimo dei miei pensieri.
Lo trovai in un angolo, stravaccato per terra con l’aspetto lercio ed emanava una puzza nauseabonda a causa della scarsa igiene, caratteristica comune per i veterani dell’eroina. Gli abiti luridi, intrisi di sporcizia e sudore, dovevano essere gli stessi da giorni. Mi fu difficile puntare il mio sguardo nei suoi occhi inespressivi, ma dovetti farmi coraggio e parlare. Gli chiesi dell’eroina e sottolineai il fatto che doveva sbrigarsi. I miei frettolosi avvertimenti furono vani, infatti, lui non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Glielo ripetei incalzando la voce, ma solo quando una terza volta gli dissi che avevo i soldi necessari, vidi le sentinelle del suo cervello, ormai in totale disfunzione, allertarsi.
Con il tempo non era migliorato, ma ansi in lui era cresciuto un senso di diffidenza nei confronti dei clienti, d'altronde come biasimarlo se prima tutti lo fregavano. In ogni modo in circa dieci minuti riuscì ad accontentarmi facendomi pagare anche più del dovuto. Lo lasciai e sgattaiolai via da quel posto lugubre.
Ammetto che raggiungendo casa di Beth pensai più di una volta a Louis. Si era ridotto ad un cumulo di ossa e nervi tesi con l’unica ferma intenzione di drogarsi fino allo sfinimento. Pensai che ormai ci avesse rinunciato, aveva mollato tutto per la droga e ciò mi depreva in modo assurdo. Lui in fondo era come tutti noi piccoli ed entusiasti drogati, voleva solo divertirsi, provare qualcosa di nuovo che si scostasse dall’ordinario, poi però qualcosa era andato storto e quello era il risultato.
Mi faceva una pena incredibile perché era solo. O forse perché in lui ci rivedevo me stessa, una piccola parte di me che sarebbe sprofondata nello stesso oscuro abisso senza ritorno. O ci rivedevo Beth? Preferì troncare lì quel pensiero e occuparmi di lei.
Dovetti bussare più volte alla porta per farmi aprire. Credo che non volesse aprirmi, oltre per l’impossibilità di muoversi, anche per la paura che potesse essere Niall sull’uscio della porta. La capivo. Diceva che sarebbe stata capace di combattere contro il mondo con una mano, se solo Niall gli avesse tenuto l’altra, che con lui al suo fianco era sicura di riuscire a smettere. Ci stava provando, ma i risultati non erano quelli sperati.
Ciò che diventi bucandoti dimezza le forze e la volontà che hai in te. Niente è così potente da nutrirti di forza e speranza.
 
Il suo aspetto mi atterrì, non poteva essere la mia Beth quell’essere che giaceva privo di forze dinnanzi a me, no quello era un cadavere resuscitato dalle tenebre. Nei suoi occhi vidi una richiesta esasperata di aiuto, che colsi immediatamente e senza indugio le preparai la roba. Non l’avevo mai fatto prima d’allora, ma avevo più volte assistito alla preparazione dalle sue mani così da essere in grado di provare, in quel caso comunque non c’era da provare, ma da fare necessariamente e velocemente. Non potevo credere che proprio io, che mi ero sempre ostinata a bucarmi ritenendolo un viaggio fin troppo estremo per i miei gusti, le stavo porgendo la siringa. Non l’avrei bucata io, quello no, mai! Fu impressionante il cambiamento che notai in Beth dopo dieci minuti, era rinvigorita ed ora assomigliava più alla mia migliore amica che a quell’orrendo mostro visto precedentemente. Giurai a me stessa che non avrei mai e poi mai fatto la stessa fine, non volevo ridurmi come Beth o Louis, l’eroina era fuori dal mio radar!
Quando si fu ripresa e fu in grado di sostenere una conversazione, mi disse di quanto mi fosse grata per ciò che avevo fatto per lei, che si rendeva conto di avermi messo in una situazione per me scomoda e che ne era profondamente amareggiata. Mi confidò che aveva provato a ridurre le dosi e a non farsi per qualche giorno, ma ciò le richiedeva uno sforzo a sua detta ‘sovraumano’ e che neanche la promessa fatta a Niall le dava forza.  La droga fluiva nelle sue vene annebbiandole i sensi, ma soprattutto indurendole il cuore. Mi disse qualcosa che mi sconvolse e che vorrei poter dimenticare, ma purtroppo è annidata nel mio cervello e non trova via d’uscita.
Si avvicinò a me e, con lo sguardo di una persona intenzionata a tener fede a ciò che proferirà,  mi guardò dritta negli occhi .
“ Smettere, perché dovrei, ma soprattutto perché dovrei volerlo? E’ facile fare la morale quando non sei tu quello con la merda in piena circolazione nelle tue fottute vene, quando non hai mai provato quelle sensazioni che ti saranno per sempre sconosciute. Oh no, io le conosco eccome, perché quindi dovrei volerle lasciarle andare se mi ci trovo bene? Solo perché qualcuno vuole mettersi in mostra provando di riuscire a disintossicarmi? Non è così semplice, non lo è, perché io non voglio che lo sia!”
Rimasi allibita udendo quelle parole, non poteva averle pensate e dette come se niente fosse. Era chiaro che si riferiva anche Niall, parlava di lui in modo freddo e distaccato e non con la solita enfasi. Volevo dirle tante cose, ma che diritto ne avevo io? Non ero poi tanto diversa da lei, anch’io avevo compiuto i suoi stessi sbagli, anch’io mi drogavo, cosa quindi mi permetteva di giudicarla? 
 Questo non toglieva che ci tenevo a lei, che non credevo che quelle parole fossero sue ma conseguenza dell’eroina, che le volevo un bene dell’anima e non volevo che si distruggesse in quel modo, che se non voleva star bene per sé doveva farlo per le persone che la circondavano. Non dissi nulla però. Il perché me lo chiedo ancora. Mi allontanai dal suo sguardo infernale e mi diressi verso la porta.
“C’è troppa bellezza nel mondo per rinunciare” le dissi sull’uscio di casa, amareggiata e delusa.
Chiusi la porta alle mie spalle e, nella cupa notte sormontata da stelle brillanti, mi diressi verso casa.
 

Writer's wall

Ciao a tuttiiii, eccomi qui con il nuvo capitolo della ff. Sono davvero felice di sapere che la leggiate in così tante. Non posso smettere di ringraziarvi. Spero che vi stia piacendo perchè ci ho messo davvero tanto impegno. Che ne pensate di Beth e della sua situazione?? "C'è troppa bellezza nel mondo per rinunciare", quindi se volete non rinunciate a recensire e a farmi sapere la vostra opinione. Vosta per sempre, stellinasple xx

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Capitolo 8
*** Something great ***


Something great

 
Era notte fonda ed ero appena tornata a casa dopo aver assistito Beth. Cercai di fare il più piano possibile volendo evitare di svegliare mio fratello e sorbirmi una volta di troppo le assillanti domande di mia madre, seguite quasi certamente da urla assordanti da entrambe le parti. Il  più delle volte si finiva così.
Mi sdraiai sul letto sentendo la stanchezza pesare gravemente su di me. Controllai il cellulare e notai con gioia un messaggio di Liam. Quella sera eravamo usciti insieme, avevamo parlato al telefono e ancora non era stanco di parlarmi. Mi sa che era lui a non averne abbastanza di me, in realtà!
 
-Hey, Clara. Ti va di uscire anche domani sera? Liam xx-
 
Ero davvero felice di risentirlo ancora una volta e soprattutto sapere che volesse rivedermi. Le forze per quella giornata mi avevano abbandonata, ma se ne avessi avuto anche solo un briciolo non avrei esitato ad esibirmi in uno dei miei indimenticabilmente goffi balletti. Non mi capitava spesso, forse mai in verità, di provare una felicità così pura e semplice, ma nel contempo completa da uscirmene in tali manifestazioni, o almeno nel pensarle. Liam mi faceva questo effetto. Iniziavo a scoprire lati di me stessa sconosciuti  e questo non mi rincuorava troppo, in verità. Quel che ero e di cui ero sicura, pienamente certa che fossi, mi spaventava, figurarsi quel che non conoscevo di me!
 
Pensai che fosse troppo tardi per massaggiarlo, lo avrei potuto svegliare. Gli avrei risposto il giorno dopo.
Spensi il cellulare e caddi nel sonno più profondo che avessi mai avuto. Un sonno ristoratore privo di sogni o pensieri. Tutto ciò che avrei potuto sognare non sarebbe potuto essere classificato propriamente come sogno, ma come ricordo o proiezione di quanto avevo già vissuto, vissuto quella sera. Quella serata era stata come vivere un sogno ad occhi aperti, con la differenza che era reale e non mi avrebbe abbandonata il giorno dopo lasciandomi amareggiata, no mi avrebbe accompagnata ancora per molto!
 
Il giorno dopo non avrei più voluto abbandonare le soffici lenzuola del letto. C’era un’attrazione troppo forte da poter spezzare, una sorta di forza di gravità tutta mia che condividevo con il letto, e che solo un essere estraneo a ciò e insensibile come mia madre, avrebbe potuto rompere con la sua petulanza.  Così mi decisi, ovvero lei si decise a torturarmi per farmi uscire.
Dopo le solite e assolutamente inutili ultime ore scolastiche per quell’anno, uscii dall’edificio con delle compagne di classe. Stavo parlando con loro quando vidi distrattamente una moto. In un qualsiasi altro momento e in un'altra vita soprattutto non ci avrei fatto caso, sarebbe stata una visione come tutte le altre. Una banale moto. Ma, dato che io ero Clara Prime e proprio una moto aveva cambiato radicalmente il corso delle mie insulse giornate, non potei non soffermarmi su quella vista e così, seppure stesse ad una distanza notevole, la riconobbi. Era la sua moto! Fui assalita da un colpo al cuore, ma di lui nessuna traccia.
Forse era solo un’altra moto dello stesso modello, una coincidenza.
Abbandonai l’illusione che fosse lui e proseguii per la mia strada. Imboccai lo stesso viottolo dove quegli inservienti mi avevano seguita pochi giorni prima.  Appena voltai l’angolo Maggie e Luz mi fecero notare una scritta rossa a terra.
Seguendo l’indicazione che rappresentava, alla fine del vicolo ci trovammo sulla strada principale.
Un’altra freccia ci indicò di svoltare a destra in un vialetto. Incuriosite proseguimmo senza sapere cosa aspettarci.
Quell’intera stradina era tappezzata delle foto ingigantite che avevamo scattato durante la nostra cena.
Allora quella era davvero la moto di Liam e tutto questo era una sorpresa per me.
Arrossii, forse per la prima volta in vita mia, davanti a quelle dolci immagini che ci ritraevano in teneri e buffi momenti, mentre le mie amiche restarono a guardarmi sorprese e invidiose.
Poi comparve lui in tutta la sua bellezza, nascosto dietro gli occhiali da sole che gli conferivano un’aria da duro. Impazzivo per quegli occhiali. Si avvicinò a me e alle mie amiche, che fecero qualche passo indietro per lasciarci in intimità.
“Allora noi andiamo, mia madre ci aspetta” dissero rivolgendosi a noi che non reagimmo, perché troppo presi a perderci l’uno nello sguardo dell’altra.
 
Liam’s pov
 
Non riuscii a toglierle gli occhi di dosso. Era bellissima. La sua carnagione olivastra, la forma delle sue labbra, il fisico asciutto e slanciato. I suoi occhi non avevano niente di speciale, erano dei comuni occhi castani come i suoi lunghi capelli mossi. Lei a dire la verità non aveva niente di così particolare da rapire subito il cuore di un ragazzo. Allora come aveva fatto a rubare il mio?
Dal primo momento che l’avevo adocchiata, mi ero subito accorto dal suo sguardo che c’era qualcosa di diverso dalle altre. I suoi occhi mi chiedevano di essere contemplati e fissati, al punto da esserne ipnotizzato e risucchiato al loro interno, le sue labbra di essere baciate. Il suo comportamento dolce, mascherato dalla durezza che usava come corazza per proteggersi della società, mi faceva capire che ne aveva passate tante da non permetterle di innamorarsi facilmente. Forse era proprio questo che mi aveva colpito di lei. Il fascino dell’oscuro, il mistero da rivelare, il segreto da portare alla luce e custodire avidamente per me. Lei aveva bisogno di amore, tanto amore da far schifo.
Volevo abbattere le barriere he la rendevano distaccata da me, quei muri insormontabili che la rinchiudevano nel suo piccolo cerchio costituito da freddezza e durezza, quando invece lei era fragile, proprio come una rosa. Ma ci metteva tante spine attorno a sé per evitare che qualcuno ne venisse a conoscenza. Volevo darle la certezza di aprirsi nella sua unica e profonda interiorità a me, che sarei stato gelosamente protettore dei segreti del suo io più nascosto. Volevo farle scoprire un nuovo mondo, non quello in cui era immersa solitariamente né quello soggettivo che le si mostrava fuori né tantomeno quello oggettivo che era, ma quello che avrebbe osservato incantata attraverso i miei occhi, qualcosa che si scostava da quel che credeva. Così decisi che l’avrei conquistata ogni giorno con dolci sorprese e gesti romantici, lontani dal suo modo d’essere. Avrei anteposto la sua felicità alla mia. L’avrei trattata come ogni ragazza merita, facendola sentire unica e speciale, come veramente era.
“Se non volevi uscire ancora con me bastava dirlo, ma non ignorarmi” le dissi continuandola a guardare negli occhi che abbassò, forse ancora intimidita dalla sorpresa.
“No, mi piacerebbe tanto uscire con te. Ieri non ti ho potuto rispondere perché stavo da un’amica che non si è sentita bene e ho lasciato il cellulare a casa. Quando sono tornata era troppo tardi e non volevo disturbarti” rispose con tono sincero senza incontrare il mio sguardo.
“E io che pensavo non volessi uscire con me” dissi raccogliendo il suo mento nella mano e alzandole il volto in modo che mi guardasse. Quando i nostri occhi si incrociarono nuovamente, le diedi un bacio appoggiando le mie labbra sulle sue e avvicinando i nostri corpi sin troppo distanti per l’intimità del momento.
Durò solo pochi secondi e quando ci separammo lei mi sorrise dolcemente. Quel sorriso era la conferma di cui avevo bisogno. Ci stavo riuscendo, la stavo facendo uscire fuori dal suo mondo freddo per darle il benvenuto nel mio, più dolce e ricco di sorprese. Ma c’era qualcosa che ancora la legava al suo universo, qualcosa che non mi aveva detto, che mi teneva nascosto. Lo dovevo scoprire, solo così avrei potuto conquistare il suo cuore e farlo mio, ed il mio, suo.
“Ti vengo a prendere alle nove, ti voglio far conoscere qualcuno” le dissi vago, ottenendo come risposta la sua espressione curiosa.
“Chi è?” mi domandò senza ottenere risposta.
Le presi la mano e la portai sulla mia moto.
“Ti accompagno a casa, sali principessa” continuai dolcemente.
“Vengo solo se mi dici chi è.” Era una battaglia persa se credeva che le avrei davvero detto di chi si trattava, ma devo ammettere, quando cercava di fare la bambina curiosa, era davvero irresistibile.
“Lo scoprirai stasera.”
Fu tutto quello che ottenne come risposta, infatti poi si rassegnò e salì sulla moto.
Una volta accompagnata Clara a casa, mi diressi in officina dove mi stava già aspettando Harry, il mio migliore amico. Ci conoscevamo da quando avevamo sei anni, eravamo praticamente cresciuti insieme. Ormai lo consideravo mio fratello, quello che non avevo mai avuto poiché figlio unico.

Writer's wall

Ciao belliiii, scusate il ritardo, ma la scuola mi sta letteralmente uccidendo. Comunque ritornando al capitolo, sono davvero eccitata. Questa è la prima volta che compare il punto di vista di Liam e devo dire che è davvero dolcissimo quando parla di Clara. Fatemi sapere cosa ne pensate, nel frattempo di lascio con una foto di Liam e Clara! Xx stellinasple 


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Capitolo 9
*** Irresistible ***


Irresistibile

 
“Hey Leeyum” esclamò Harry appena arrivai in officina.
“Ciao Haz!” continuai. “E’ molto che mi aspetti?”
“No, sono arrivato due minuti fa. Il tempo di chiamare Bree, altrimenti chi la sentiva!”
“Il solito sciupa-femmine! Ma cosa fai tu alle donne?” domandai ironico.
“Io? Qui se c’è uno che sta sciupando una certa ragazza, sei tu! A proposito, com’è andata la sorpresa?” domandò interessato, il riccio. Era fondata la sua curiosità, dato che era stato proprio lui ad aiutarmi ad organizzare tutto, senza di lui non sarei riuscito a combinare niente.
“L’avresti dovuta vedere! Provava la stessa sorpresa e felicità di una bambina il giorno di Natale.”
“Menomale, tanto sforzo ripagato!” disse ridacchiando.
“Già! E comunque grazie dell’aiuto” dissi avvicinandomi a lui ed abbracciarlo.
“Ti pare, tra fratelli questo ed altro!” rispose durante la nostra stretta.
Tra olio e motori, trascorsi l’intero pomeriggio parlando al riccio di Clara, la ragazza dal cuore di ghiaccio che pian piano si stava sciogliendo.
Chiusi l’officina alle sette e mezza per andare a casa e prepararmi per l’appuntamento che mi aspettava.
“Ci vediamo lì, allora” dissi ad Harry prima di salutarlo.
“A dopo.”
 
Clara’s pov
 
La sorpresa di Liam mi aveva lasciata spiazzata. Odiavo sentirmi così perché mi rendeva vulnerabile e lasciava trasparire chiaramente le mie emozioni, come se fossi un libro aperto.                                                                               Non volevo che accadesse con Liam, non volevo rivelargli che l’immagine che mi ero creata della ragazza impenetrabile e distaccata di colpo crollasse mostrando la mia fragilità. Mi ero creata un involucro protettivo che mi difendesse, ma molto probabilmente Liam aveva già visto oltre questo. Non avevo mai incontrato un ragazzo come lui, che mi riempisse di attenzioni, che mi coccolasse anche solo sfiorandomi con lo sguardo. Lui mi faceva sentire libera di essere me stessa, non sentivo la necessità di indossare maschere, ma lasciarmi trasportare e, per la prima volta nella mia vita, mostrarmi in tutta le mie imperfezioni, perché sapevo che non mi avrebbe respinta. No, c’era qualcosa in lui che mi dava la sicurezza che in qualsiasi modo mi fossi mostrata e comportata, lui l’avrebbe accettato, avrebbe accolto con il suo calore ogni mia debolezza e mancanza e spazzata via. Era così che mi faceva sentire nelle sue possenti braccia: leggiadra, priva di dubbi ed incertezze, sentivo solo una sfrenata voglia di renderlo mio, di averlo al mio fianco per sempre. Mi resi conto di provare qualcosa che mai prima d’ora si era fatta spazio nel mio cuore: ero innamorata e la causa di ciò aveva il suo nome.
Questo mi spaventò, forse perché non l’avevo mai provato prima d’allora, eppure era lì, dentro di me, così semplice, mi riempiva. Sentivo di risplendere dentro.
Persa nei miei contorti pensieri mi feci passare il tempo addosso, mi resi conto di essere in terribile ritardo per l’appuntamento. Accidenti alla mia testa, non smetteva mai di tenermi occupata, ma dovevo darmi una sbrigata. Mi preparai il più velocemente possibile. Indossai una maglia bianca corta adornata con scritte nere, una gonna lunga che mi scivolava delicatamente sulle gambe e delle converse bianche. Lasciai i lunghi capelli mossi scivolarmi sulle spalle ed accarezzarmi la schiena. Mi truccai leggermente gli occhi, evidenziando le labbra carnose con un vivace ma non volgare rossetto rosso. Avvisai mia madre indaffarata a non occuparsi minimamente di me ed uscii. L’aria era leggermente fredda e pensai non adatta al mio abbigliamento leggero, me ne feci una ragione e mi diressi al punto d’incontro. Scorsi da lontano Liam ed un leggero tremito corse su per la mia schiena. Potrei dire che era il freddo, ma mentirei spudoratamente a me stessa. Appena mi vide un sorriso radiante gli illuminò il volto e mi si avvicinò aumentando il passo. In quel frangente pensai che al mondo non potesse esistere una creatura più bella. Mi salutò con un tenero bacio.
“Sei splendida stasera” mi sussurrò all’orecchio.
“Solo stasera?” dissi con tono provocatorio, cercando di non mostrarmi intimidita. Lui rise e sul suo volto comparve un’espressione che poteva solo significare “sempre la solita”. Amavo il suo sorriso, il suono che esso produceva mi scaldava, era contagioso, era impossibile mantenere un’espressione seria con Liam.
Mi strinsi forte a lui, conoscendomi sembrò sorpreso da questo mio gesto, quindi ci tenni a sottolineare che ero quasi tramortita dal freddo e avevo bisogno di scaldarmi, se dopo non ci teneva a rianimarmi. Non disse niente, mise un braccio intorno al mio e mi strinse forte.
 
Arrivati fuori la discoteca, avevo l’impressione che Liam frequentasse spesso quel posto, poiché diverse persone lo salutarono più volte, compreso il buttafuori, che ci fece passare senza problemi, lasciando che la folla probabilmente in fila da ore, si lamentasse dell’ingiustizia. “Non tutti hanno Liam Payne come ragazzo!” pensai mentre lui mi prese la mano per entrare.
Solo quando entrai all’interno della sala, realizzai che lì già vi ero stata in passato, in uno dei miei ‘non molto felici’ periodi, ed accompagnata soprattutto da brutte compagnie. Infatti, fu proprio in quella discoteca che presi la mia prima sbornia e persi la verginità. Brutti ricordi, quelli!
“Allora, chi è questa misteriosa persona che mi vuoi presentare?”
“E’ un mio caro amico, anzi, il migliore. Si chiama Harry, ma non è ancora venuto” spiegò Liam.
“Ah, finalmente il mistero è stato svelato” pensai tra me e me.
La musica pompava sempre di più rendendomi impossibile sentire perfino i miei pensieri.
All’improvviso, vidi Liam allontanarsi un momento e lasciarmi da sola, seduta ad un tavolino con una birra tra le mani e la folla di ubriachi di fronte che si muovevano come forsennati. Solo dopo qualche minuto vidi avvicinarsi Liam con un ragazzo affianco. Credo si trattasse di Harry. Era molto affascinante, aveva il classico charm inglese, con i capelli ricci e degli splendenti occhi verdi, in cui mi persi dentro per qualche secondo. Il suo viso era caratterizzato da dei dolci lineamenti, forse fin troppo per un ragazzo, che però mi attrassero non poco. Se non avessi avuto una sottospecie di relazione con Liam, se così si potrebbe definire, non ci avrei pensato due volte a provarci.
“Ciao, sono Harry” esclamò sorridendomi.
“Piacere, Clara” risposi, cercando di riprendermi dopo il piacevole shock  provato non appena visto le stupende fossette del riccio. Non ci posso fare niente, sono il mio punto debole, le fossette.
Dopo dieci minuti di conversazione, Liam si allontanò di nuovo, questa volta per prendere qualcosa da bere, lasciando me ed Harry soli.
“Sai, è la prima volta che vedo Liam così preso da una ragazza. Devi essere speciale” disse quasi urlando a causa della musica troppo alta.
“Ti sbagli, sono una comunissima ragazza.”
Mi fermai a quell’affermazione e pensai: ”in realtà non sono proprio come tutte, a meno che tutte non si droghino e siano sballate come me, ma questi sono dettagli!”
“Sono anch’io abbastanza sorpresa come te di come abbia fatto, un ragazzo dolce e praticamente perfetto come Liam, ad interessarsi ad un disastro come me!” dissi umile ma sincera. Proprio non me lo spiegavo.
“Non ti conosco bene, ma da quello che Liam mi ha raccontato di te, credo che ti sottovaluti.”
“Può darsi. Lui è il primo che vede in me qualcosa che va oltre le apparenze” proseguii.
“E quello che più mi piace di lui è il modo in cui mi guarda. Ha la straordinaria capacità di farmi sentire bella e desiderabile, cosa che non è assolutamente vera.”
“Ok, adesso ti stai proprio sottovalutando” esclamò con un sorriso a trentadue denti, che per poco non mi faceva finire in coma.
“Che intendi?” domandai senza capire dove volesse arrivare.
“Intendo dire che non ci vogliono gli occhi di Liam per farti capire che sei bella e desiderabile. Ci sono milioni di ragazze che farebbero qualunque cosa pur di avere un quarto della tua bellezza e simpatia.”
Dopo quelle parole iniziavo seriamente a pensare che tutta quella dolcezza e simpatia che avevano in comune Harry e Liam, l’avessero presa da un corso fatto apposta.
“Ma se non mi conosci nemmeno. Come fai a giudicarmi simpatica?”
“Non serve conoscerti per vedere che dietro quella corazza da dura, si nasconde una ragazza sensibile” disse Harry lasciandomi attonita. Ok, stavo veramente iniziando ad amare gli amici di Liam!

Writer's wall
Ciao mondoooo! Eccomi con un altro capitolo della storia Cliam. Li shippo troppo, aiutatemii. Spero vi piaccia e se volete, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo. P.S: Già sto scivendo un'altra storia con Zayn, quindi spero che appena questa finisce, la riesca a mettere subito! Baci stellinasple Xx

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Capitolo 10
*** Does he know? ***


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Does he know?

Harry’s pov

Liam aveva ragione. Clara non era come le altre ragazze. La sua simpatia, la sua ironia e la sua dolcezza erano cose che non avevo mai riscontrato in nessun’altra, o almeno non miscelati in questo modo. Lei ispirò in me le stesse sensazioni, e forse sentimenti, che provava Liam.
Improvvisamente un senso di protezione per quella ragazza si insinuò in me, protezione sia da se stessa, che da chiunque le facesse del male. Lo facevo per Liam… o per me? Che cosa mi stava succedendo? I pochi minuti trascorsi con quella splendida ragazza erano stati magici, i più belli dopo tanto tempo.
Capii immediatamente che Clara non mi era del tutto indifferente ed ero abbastanza sicuro che neanche io dovessi esserlo per lei. Ma nonostante ciò, non potevo pensare a lei come una ragazza qualsiasi da poter conquistare. Lei era del mio migliore amico ed io non sarei stato un ostacolo tra loro. Liam ne aveva già passate abbastanza dopo la morte di un suo caro amico, non potevo pure rubargli la prima persona che, dopo tanto tempo, lo faceva sorridere di nuovo. Non la dovevo proteggere dagli altri, ma semplicemente da me stesso e da quell’interesse che si stava facendo sempre più strada nel mio cuore.
Per scacciare tutti quei pensieri che si stavano annidando in me, presi la mano di Clara e la portai al centro della pista, facendole strada tra la folla. Mi sarei goduto la vicinanza di quella ragazza ancora un’ultima volta, prima di lasciarla all’eterna felicità che l’aspettava con Liam.
 
Clara’s pov
 
Inizialmente rimasi sorpresa dal gesto del tutto inaspettato di Harry. Avevo intuito in lui un certo interesse nei miei confronti, ma decisi di ignorarlo pensando che fosse solo una mia impressione, ma forse non mi ero sbagliata del tutto.
Stavamo ballando sulle note di All night delle Icona pop, quando sentii delle mani cingermi i fianchi. Guardai immediatamente Harry attonita, incapace di credere al suo gesto sfacciato, facendoglielo notare dall’espressione della mia faccia. In risposta ricevetti un suo sguardo confuso e solo allora realizzai che non potevano essere le sue mani a tenermi i fianchi, poiché impegnate ad aggiustarsi i ricci ormai disordinati. Mi volati e vidi il dolce e perfetto sorriso di Liam.

“Grazie per averla intrattenuta” esclamò rivolgendosi al riccio.
Prima di voltarmi completamente verso Liam e ballare con lui, rimasi per qualche secondo a guardare Harry. Sul suo volto aleggiava un alone di delusione e dispiacere.
“Ciao principessa” disse Liam attirandomi a sé.
“Ciao” risposi distaccata.
“Hey tutto bene?” domandò prendendomi il mento tra le mani per alzarmi il viso ed incrociare i suoi occhi.
“Si, si. Non ti preoccupare.”
“Dai, fammi uno di quei tuoi sorrisi mozzafiato” esclamò dolcemente.
Lo accontentai cercando di abbozzare un sorriso più credibile possibile, ma non riuscivo a dimenticare l’espressione di Harry. Così per controllare se stesse bene mi voltai nella sua direzione e lo vidi impegnato a baciare appassionatamente una bionda ossigenata, la solita barbie prorompente. Era quello che mi ci voleva per accantonare l’argomento ‘Harry’ e godermi il resto della serata con Liam.

Mentre ballavamo freneticamente per il genere rock della canzone, il dj la sostituì con una più calma, un lento. Liam appoggiò le sue mani sui miei fianchi come fatto in precedenza, ed io dietro al suo collo. I nostri corpi erano uniti ed i petti si muovevano all’unisono, irregolarmente. D’istinto, appoggiai le mie labbra alle sue in un tenero bacio, che immediatamente si trasformò in uno più intenso. Mi morse leggermente il labbro inferiore come richiesta di accesso, che da parte mia non tardò ad arrivare, facendo crescere l’eccitazione in me. Sentii la sua lingua farsi strada tra le mie labbra, ed io felice di ospitarla. Fummo obbligati, a malincuore, a separarci per riprendere aria o saremo morti asfissiati, anche se una morte così in quel momento non mi dispiaceva!
Presi dalla foga del momento, non mi accorsi che quel bacio durò quasi tre canzoni, suppergiù dieci minuti, i più belli della mia vita.
Uscimmo dal locale all’una e mezza, dopo aver salutato Harry, che sfrecciò sulla sua moto insieme alla biondona che aveva rimorchiato al locale, così salii nell’auto di Liam che mi accompagnò a casa. Durante il tragitto, tra una battuta (da parte mia) e una risposta a tono (da parte sua), mi assalì la voglia di ‘conoscerlo’ meglio.

“Ti va un cambio di destinazione?” gli domandai con tono civettuolo.
“Dove vorresti andare alle due di notte?”
“A casa tua darei fastidio?” chiesi maliziosa.
In risposta alla mia sfacciataggine, ottenni un suo sguardo sorpreso durato alcuni secondi, fino a ritornare di nuovo attento sulla strada.
“Ma non ti sembra una domanda troppo sfacciata per una principessa?” mi chiese divertito, rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato.
“Nha! Io mi ricordo di una principessa che una volta si addormentò su un pis…”
Non riuscii a finire di parlare che mi ritrovai una mano di Liam a chiudermi la bocca, di risposta gli lasciai un bacio sul palmo.
“Shh! Non dire cose di cui potresti pentirti” disse imbarazzato, non riuscendo però a nascondere un sorriso malizioso.
“La conosco bene quella storia” continuò.
“Immagino” sussurrai divertita.
 
Liam’s pov
 
Ancora sorpreso per la sua richiesta, arrivammo fuori casa mia. Prima di entrare, con impeto, la spinsi verso la porta di casa e la trattenni in un bacio iniziato come casto, ma poi rivelatosi tutt’altro.
Aprii con difficoltà la porta, poiché impegnato a baciarla senza sosta. Una volta entrati entrambi, ci dirigemmo nella mia camera, non prima di aver sbattuto a destra e a manca, a causa del buio che inondava la casa.
Clara mi spinse sul letto ferocemente e si posizionò a cavalcioni su di me togliendomi la maglietta, senza mai smettere di lasciarmi baci, sulla bocca, sul collo, ovunque. Feci lo stesso con lei lasciandola in reggiseno. Fu allora che mi ricordai di non aver chiuso la porta.
“Aspettami qua, torno subito” le dissi cercando di distaccarmi dalle sue labbra perfette, che mi invitavano a mandare affanculo la porta e fiondarmi su di esse, ma cercai di reprimere quell’istinto. Fu un’impresa ardua, ma alla fine ci riuscii. Corsi subito verso la porta, inciampando anche nei lacci delle scarpe mezze sciolte, e la chiusi. Prima di ritornare da Clara, mi allungai in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Persi poi qualche minuto in bagno, manco fossi una ragazza, ma dovevo prepararmi al meglio per quello che mi aspettava! Dovevo renderlo speciale, per lei.

Qualche minuto dopo, ritornai da Clara, che mi stava aspettando in camera mia. Aprii la porta della stanza e quello che vidi mi lasciò senza fiato.
La ragazza era stesa sul letto senza maglia, indossando un reggiseno nero di pizzo e stava girata dalla parte opposta alla mia. Che visione magnifica!
Mi avvicinai a lei dolcemente per ritornare al punto in cui ci eravamo fermati, ma appena incrociai il suo volto, mi accorsi che stava dormendo.
“No, vabbè, no…” fu l’unica cosa che riuscii a dire. Era uno spettacolo anche mentre dormiva. Ma come poteva essere così bella? Solo lei era la risposta alla mia domanda.
Stranamente non rimasi deluso dal suo stato dormiente, poiché da quando mi aveva chiesto di andare a casa mia, avevo pensato fosse una mossa troppo avventata, anche se non mi dispiaceva. Quello che non volevo, però, era diventare uno dei tanti ragazzi con cui sarebbe andata a letto solo dopo due uscite.
Decisi di addormentarmi sul divano del salotto, senza rischiare di svegliarla. La coprì con un lenzuolo che aveva ai piedi, le lasciai un delicato bacio sulla fronte e le sussurrai ‘buonanotte’, prima di chiudere la porta per lasciarla dormire tranquilla.

Writer's wall
Ciao a tuttiii! Scusate il ritardo che ci ho messo per pubblicarla. Tra la scuola e gli impegni vari, non ho avuto nemmeno un po' di tempo. Spero mi sia fatta perdonare con questo capitolo. Che ne pensate? Allora, Harry sembra essere rimasto scottato anche lui dalla bellissima e misteriosa Clara che nasconde un grande segreto che ne lui ne Liam immaginano. Lei, invece, sembra voler fare un passo avanti nella sua relazione con Liam e "conoscerlo meglio", If you know what I mean... E una volta arrivati a casa di Liam, lei che fa? Si addormentaaa! Noooooo, quando ti capita un'altra possbilità del genere? Se volete scoprirlo, continuate a leggere e se volete, fatemi sapere che ne pensate o semplicemente se vi sta piacendo. La vostra stellinasple vi lascia. Al prossimo episodioooo. Ciaooo xx

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Capitolo 11
*** Change my mind ***


Change my mind

Gli uccellini intonavano un tenero canto mattutino, il sole filtrava dalle tende bianche ed una leggera brezza si faceva spazio dalla finestra aperta. Questo fu quello che percepii appena mi svegliai, il tutto accompagnato da una grande confusione in testa. Dove mi trovavo? Come vi ero arrivata?
 Scesi dal letto e mi accorsi di non avere la maglietta, gettata in un angolo a terra, accanto ad un’altra grigia.
LIAM. Improvvisamente i ricordi della scorsa notte piombarono sfocati, ma riconoscibili nella mia mente. Quel che accadde, o cosa non accadde.

‘TOC-TOC’ Quel suono mi riportò sulla Terra.

“Avanti!?” esclamai esitante.
“Buongiorno principessa, come hai dormito?”
“Benissimo, non dormivo così da anni.”
Era vero, quella era stata la prima volta, dopo tanto tempo, che mi svegliai senza brutte sensazioni causate da incubi o effetti di qualche droga presa la sera prima. Con lui sentivo che nessuna droga poteva essere abbastanza potente da superare quello che c’era tra noi. Pian piano la stavo sostituendo col suo amore: molto meno costoso e più salutare, senza conseguenze per il futuro, o così pensavo in quel momento.
“Ti ho preparato la colazione” disse porgendomi sulle gambe un vassoio imbandito di caffè, biscotti e pasticcini vari.
“Così mi sento viziata. Stai rischiando di avermi qui ogni mattina” dissi scherzosa.
“L’idea non mi dispiace.”
 Si abbassò verso di me e mi diede il bacio del buongiorno che ricambiai volentieri. Quelli erano i miei preferiti, perché è come se significassero che, nonostante quanto accaduto la notte precedente, continui ad essere importante. Quella era la prima volta che ne ricevetti uno, poiché abituata a svegliarmi da sola dopo una notte di sesso.

“Adesso devo andare. Ho un’officina da mandare avanti” disse non appena le nostre labbra si allontanarono.
“Si, devo andare anche io. Beth mi aspetta, è da un po’ che non ci sentiamo”. “Che non la sento in uno stato normale ed accettabile, da essere umano!” avrei dovuto continuare.
“Salutala da parte mia” esclamò quasi fuori alla porta della stanza.
“Ah, stasera preparati che ti porto fuori” disse ritornando indietro e illuminando il suo volto con un sorriso.
“Dove andiamo? Aspetta fammi indovinare, è una sorpresa, giusto?” esclamai mentre masticavo un biscotto al cioccolato.
“Vedo che stai iniziando a conoscermi” mi rispose divertito per poi uscire, non prima di essersi fiondato su di me e avermi dato un ultimo bacio.

Appena varcata la soglia di casa, attraverso la finestra seguii il ragazzo con lo sguardo, mentre si allontanava in sella alla sua moto. Una brutta sensazione mi assalì nel vederlo allontanarsi, forse perché da un momento all’altro mi aspettavo la stessa reazione non appena avesse saputo della mia dipendenza, e a quel punto non ci sarebbe stata droga abbastanza potente da farmi evitare di soffrire. E’ proprio per questo motivo che quel giorno, quel sabato mattina, presi la decisione più significativa della mia vita: smettere di drogarmi  dicendo basta a quella merda. L’avrei fatto per lui, glielo dovevo dopo tutto quello che aveva fatto per me.

Ero da sempre stata convinta che l’unica via di fuga dalla merda di questo mondo fosse assumere droga. Strafarsi fino a toccare con un dito la morte, era diventata per me la porta sul retro per evadere dalla piatta quotidianità. La droga era diventata dall’essere un’eccezione che mi concedevo per sentirmi sollevata dallo schifo che mi circondava, ad un’abitudine, una fedele compagna che nei momenti più tristi e cupi mi porgeva la mano e diceva “ Qui ci sono io, non affliggerti!” Ero arrivata al punto di vivere per la droga, riempiva le mie giornate, era una necessità a cui mi ero piegata a tal punto da diventare una macchina  programmata per compiere sempre le stesse azioni:  procurarmi i soldi, recarmi da Zayn e farmi, farmi , farmi. Mi ero ridotta a tanto. Poi come in uno dei miei sogni, in cui mi sentivo libera di esprimermi come volevo, ho incontrato Liam. Lui non era come gli altri ragazzi, delle meteore, era  diventato parte integrante del mio universo. Era sempre presente: nei miei pensieri, nelle mie parole, nei miei gesti. La mia anima si era ormai fusa con la sua ed eravamo entrati a far parte di un unico corpo, io e lui, in un mondo nostro, costruito dai nostri sogni e speranze, in cui ci immergevamo ogni qualvolta stessimo insieme. Era come se io vivessi per lui e lui per me. Il nostro amore risplendeva nelle giornate più cupe. Ora lui era diventato il mio tutto, era la mia droga preferita, non avevo bisogno d’altro. Sentivo che con lui al mio fianco potevo fare di tutto, perché, a differenza degli altri, da lui non mi sentivo giudicata ed etichettata, ma amata. Riusciva a toccare le corde più profonde del mio essere e scuotermi rendendomi invincibile. Presi la ferma e convinta decisione di smettere con la droga e quella vita pericolosa che mi aveva accompagnata per tutto quel tempo. Era assurdo ed inconcepibile il modo in cui mi ero ridotta con le mie stesse miserabili mani, ma non era tutto perso, avevo lui e questo mi bastava.

Writer's wall 

Ciao a tutti, lo so che questo capitolo è brevissimo rispetto agli altri, ma è solo di passaggio. Da quello successivo, le cose iniziano a diventare più bollenti ed interessanti. *FINE SPOILER* Per continuare a sapere come continueranno le scatenate, improbabili e del tutto improgrammate vicende di questi due pazzi QUASI innamorati, vi invito a seguire la storia e se volete, come sempre potete lasciare una recensione, anche solo per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo o se vi sta piacendo la storia. Ci vediamo al prossimo episodio, o meglio, capitolo. Baciiii stellinasple

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Capitolo 12
*** I would ***


I would

Più tardi ricevetti un messaggio da Liam:

-Alle 20 al luna-park. Liam Xx-

Allora è lì che mi avrebbe portato! Ed io che pensavo non potesse essere più dolce di così, ed invece mi sbagliavo. Per ingannare l’attesa, andai da Beth per vedere come stesse dopo la crisi dei giorni passati.
Appena fuori casa sua, mi fermai un momento prima di bussare. Dovevo prepararmi psicologicamente a quello che avrei visto non appena si sarebbe aperta la porta. Respirai profondamente e suonai il campanello. Quello che vidi mi lasciò senza parole per circa un minuto, a stento non la riconoscevo. Quella era la mia Beth, quella di tanti anni fa, prima che la droga la cambiasse così radicalmente. Non le diedi neanche il tempo di salutarmi che le saltai addosso abbracciandola intensamente.

“Hey, non è passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste” mi disse cercando disperatamente di staccarmi, senza ottenere molto successo. Mi ero accozzata a lei e non l’avrei lasciata facilmente. Infatti, Beth dovette chiudere la porta con me ancora attaccata al ventre. Una scena buffissima, era così tanto tempo che non ci comportavamo come due complete idiote. Per un momento mi sentii come un tempo, come quando da piccole ci rincorrevamo fuori da scuola o sparavamo cazzate su cazzate. Quando eravamo spensierate e non due ragazze catapultate in un mondo di adulte, in un corpo non più riconoscibile, in un tempo non più innocente.
“Hai ragione, ma l’ultima volta stavi quasi con un piede nella fossa ed ora… guardati, sei un’altra persona!” risposi esultante.
“Merito di Niall” mi rispose sorridendo. “E’ da quando me lo presentasti la prima volta, che ho capito che ti avrebbe portato solo del bene”. Ricambiai il sorriso.
“Gli devo molto! Ma adesso basta parlare di me. Come vanno le cose con Liam?”
Solo allora, di fronte a quella domanda, mi staccai da Beth, anche se non avrei mai voluto farlo. Ero rinata nel vederla in salute.
“Non potrebbero andare meglio. Lui è dolcissimo e mi tratta da vera principessa. Stasera dobbiamo uscire insieme.”
“Com’è strana la vita!” esclamò Beth con occhi persi.
“Che intendi?” Non riuscivo a capire a cosa si riferisse.
“Intendo dire che prima eravamo noi due contro il mondo e ora, guardaci. Due anni fa se qualcuno mi avesse detto che ci saremmo innamorate, gli avrei dato del folle” esclamò divertita.
“Già, ed è proprio per questo che ho una paura fottuta. Ho paura di perderlo, scoprendo della droga e del mio passato.”
“Cosa? Vuoi dire che non lo sa ?” mi domandò sbigottita.
“Ma sei pazza? Se glielo dicessi, non capirebbe e mi lascerebbe.”
“Io non credo, guarda me e Niall! Lui sta ancora al mio fianco, nonostante sappia tutto mi ama lo stesso. Forse, non so potrei sbagliarmi, ma questa condizione ci permette di essere più uniti, perché è solo in questo modo che riesco ad andare avanti e Niall lo sa.”
Le sorrisi sforzatamente, poiché sapevo che Liam non era così forte da sopportare tutto questo. Anche se lo nascondeva bene, la sua fragilità mi appariva evidente.
 
Tra un film ed una chiacchiera si fecero le sei del pomeriggio.
“Ok, bella gente, adesso dovrei andare.”
“Ma come, di già?” esclamò Beth dispiaciuta.
“Di già? Siamo state tutta la giornata insieme” continuai. “Devo andare a prepararmi per uscire con Liam.”
“Ok, ok divertiti!”
“Lo farò sicuramente” le risposi contenta, immaginando già l’esito della serata.
 
Ritornata a casa, mi feci una doccia e mi preparai per l’appuntamento. Non indossai niente di elegante, anzi, anche piuttosto semplice. Una maglietta nera con delle borchie sulle spalline ed un fulmine tutto colorato al centro, un paio di jeans aderenti che mi fasciavano perfettamente le gambe e le converse rigorosamente bianche.
Alle otto in punto arrivai sul luogo dell’appuntamento, ma di Liam nessuna traccia.
Dopo venti minuti di attesa, sentii il rombo della sua moto avvicinarsi.
Non riuscivo a vederlo di faccia a causa del casco scuro, ma era impeccabile come sempre. Indossava una t-shirt bianca ed un giubbino di pelle nero che gli conferiva un tocco di durezza sexy, ed un paio di jeans strettissimi dello stesso colore del giubbino. Mi avvicinai per salutarlo, ma mi bloccò le mani. Solo quando si tolse il casco feci un passo indietro. Quello non era Liam, a meno che non gli fossero cresciuti i ricci, spuntati gli occhi verdi ed un paio di fossette. No, quello di certo non era il ragazzo che aspettavo, quello era Harry.

“E tu che ci fai qui?” gli domandai con tono sorpreso.
“Anch’io sono felice di vederti, piccola” mi rispose sorridendo.
“Non chiamarmi piccola e rispondi alla domanda.” Cercai in tutti i modi di mantenere la calma e soprattutto la rabbia che in quel momento era difficile reprimere. Perché c’era Harry e non Liam davanti a me? Perché mi aveva lasciata con lui? E se gli era successo qualcosa?
“Tranquilla, Liam sta bene” esclamò il ragazzo, come se mi avesse letto nella mente. “E’ stato trattenuto in officina e così ha mandato me al suo posto” mi spiegò calmo.
“Bhè, poteva almeno avvertire.” ‘Non no bisogno del baby-sitter, poteva semplicemente dire che non sarebbe venuto, invece di inscenare tutto questo teatrino’ pensai.
“Ok, adesso che facciamo?” chiesi ad Harry, cercando di contenere la delusione e provando a godermi la serata… con lui.
“Ti va di ritornare bambina per una sera?” Non aspettò nemmeno la mia risposta, che mi afferrò la mano e mi trascinò all’interno del parco divertimento.
“Le montagne russe sono le mie preferite!” esclamò il riccio entusiasta.
Già mi sentivo da schifo, ci mancavano solo le montagne russe. Apprezzai comunque il fatto che Harry stesse cercando di farmi divertire, anche se l’unico che si stava divertendo era lui, dato il suo comportamento da bambino.
E dopo le montagne russe, i tappeti elastici e l’autoscontro, non poteva mancare lo zucchero filato che mi comprò. Dovevo essere sincera, mi stavo divertendo veramente tanto con quel ragazzo, era così diverso da Liam. A differenza sua, Harry non cercava di mascherare il suo lato più infantile e tenero. Con il riccio al mio fianco, sembrava veramente di stare sulle montagne russe. Per rimanere in tema, Harry era un’altalena di sensazioni positive.
Uscimmo dal luna-park e continuammo la serata in strada, sfrecciando senza sosta e ad alta velocità sulla moto di Liam. Tutto quel vento nei capelli, quella sensazione di libertà e leggerezza, mischiate all’intenso profumo del ragazzo, mi inebriava la mente, paralizzandomi il cervello. Infatti, solo quando Harry mi prese la mano per aiutarmi a scendere dalla moto, mi accorsi che ci eravamo fermati e che stavamo fuori al vialetto di casa mia.

“Grazie per la bella ser…” Non riuscii nemmeno a finire la frase, che delle morbide e saporite labbra rosa poggiate sulle mie lasciarono che le parole mi rimanessero tra i denti. Mi staccai da lui dopo alcuni secondi di confusione.
“Ma cosa fai?” gli domandai dopo avergli lasciato le mie cinque dita sulla sua soffice guancia, ormai tutta rossa.
“S-scusa, è solo che…”
“E’ solo che sei il migliore amico del mio ragazzo! Vai via Harry, per favore. Questa serata è stata uno sbaglio.” Lo interruppi alzando la voce di qualche ottava.
“Mi dispiace Clara” disse il riccio cercando di prendere la mia mano, al che scostai la sua con freddezza.
“Mi dispiace” ripeté prima di rimettersi il casco e allontanarsi su quella dannata moto.

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Capitolo 13
*** Little white lies ***



Little white lies

 
Harry’s pov
 
“Ma che razza di coglione, stronzo, depravato sono stato! Come cazzo mi è venuto in mente di baciare Clara, la stupenda e bellissima ragazza di Liam, il mio migliore amico? Forse l’unico vero che abbia mai avuto e l’unico che c’è sempre stato per me nei momenti più difficili. L’unico che mi ha consolato quando scoprii il cancro di mia madre e l’unico che si è preso cura di me dopo la sua morte, ospitandomi a casa sua senza mai chiedere nulla in cambio. E io che faccio per ringraziarlo? Bacio la sua ragazza! Devo essermi proprio fottuto il cervello. Ma come ho potuto? Come mi può essere solo vagamente passato per la mente che lei potesse ricambiare il mio interesse. Ma se devo essere sincero, quello è stato il bacio più bello che avessi mai dato. Liam non se la immagina proprio la fortuna che ha avuto a trovare una ragazza così.”
E dopo il danno anche la beffa, pensai quando il mio cellulare squillò e a chiamare era Liam. Non avevo nemmeno il coraggio di risponderlo e dirgli quanto accaduto. In quel momento volevo solo sprofondare in una fossa e sparire dalla faccia della Terra. Avrei lasciato il compito di raccontare tutto a Clara, che a giudicare dalla sua faccia in quel momento, non se lo aspettava neanche lei quel bacio. E quello schiaffo… meritatissimo, non c’era niente da dire, ma era stato così forte che se il segno della sua mano si fosse levato dalla mia faccia in una settimana, sarei stato più che fortunato.
Clara’s pov:
Chiusi la porta di casa a chiave e scappai nella mia camera, nascondendomi in un angolo oscurato dall’ombra.
“Oh mio Dio, cosa ho combinato? Perché l’ho fatto? Cosa mi è passato per l’anticamera del cervello?
Stupida, stupida, stupida! Perché ho fatto questo a Liam? E a Harry, per giunta il suo migliore amico?
Tanti anni di amicizia buttati al vento per un’inguaribile tossica!  
Perché ho baciato quel riccio dagli occhi irresistibili? E per non parlare di quelle fossett… aspetta un momento! Qui il carnefice è lui. Spudorato, si è approfittato della mia ingenuità. Ha saputo cogliere la palla al balzo sfruttando la mia innocenza, stronzo svergognato che non è altro!                                                                                                                        Sì, ok, va bene, ma adesso sto leggermente esagerando. Di certo non sono un angelo, ne sono consapevole, ma non sono io che mi sono avvicinata a lui, non sono che la vittima di questo stupido malinteso!
 Non devo sentirmi in colpa per qualcosa di cui non ho alcuna responsabilità, e visto che lui ha sbagliato, sarà lui a raccontare l’accaduto a Liam. E se prova ad addossarmi in qualche modo una minima colpa, giuro su ciò che ho di più caro (la droga  Liam), che gli taglio le palle! Attenzione Mr. Styles, sei avvisato!!”                                                             

Mentre ero assorta nei miei istinti omicidi, la vibrazione del cellulare mi fece sussultare. Avevo ricevuto un messaggio.

- Hey principessa, spero di non disturbarti. Mi dispiace non essermi presentato, improvvisi impegni lavorativi hanno tenuto impegnato il tuo affascinante cavaliere. Spero comunque che tu abbia passato una piacevole serata con Harry. E’ stata una mia idea a proposito J. Voglio farmi perdonare: ti porterò nel mio posto preferito!
Spero tu sappia nuotare. Non posso rivelarti altro. Spero tu riesca a sopportare l’attesa
J
Alle 10.30 passo a prenderti, piccola. Notte xx

Il messaggio di Liam mi sorprese, ne fui contenta. In quel momento non avrei potuto desiderare altro che accantonare quanto accaduto, e anche solo un suo messaggio mi sollevò. Ora volevo solo abbandonarmi al pensiero che l’indomani avrei trascorso un’altra giornata con Liam, il tutto si prospettava magnifico perché lui sapeva sempre come sorprendermi. Volevo lasciarmi trasportare dalla felicità del momento, perdermi nelle ore di attesa che mi separavano dal domani, ma quell’attimo di spensieratezza durò poco. Qualcosa di negativo mi balenò nella mente provocandomi un forte tremito e un senso di smarrimento. Ebbi improvvisamente bisogno di qualcosa per alleviare l’ansia, il dolore… dolore? Tutto l’accaduto mi aveva veramente così atterrita, o era altro? Per la prima volta dopo aver preso la ferma decisione di disintossicarmi, sentii le conseguenze delle mie azioni salire a galla e impadronirsi del mio corpo. Percepivo un vuoto, qualcosa di astratto, di incolmabile, a cui non sapevo conferire un’immagine o una dimensione, ma mi rodeva dentro. Sentivo quella sensazione crescere, ma nulla che potesse arrestarla . O forse si? La mia mente balzava da un pensiero ad un altro alla ricerca di una soluzione, ma il punto non era mia stato così lontano come allora. Credo che stessi cercando di evitare di guardare in faccia la realtà.
Ero in crisi di astinenza. Avevo bisogno di farmi. Ma non potevo. Dovevo farlo per Liam. Glielo dovevo. Soprattutto dopo quanto accaduto con Harry. Mi procurai del valium, un sostituente alla droga, che inghiottì in più dosi per alleviare il pulsante mal di testa e i dolori fisici che si acuivano con il passare dei minuti. Dovevo superare questo momento e andare avanti. Andare avanti.

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Capitolo 14
*** Moments ***


Moments

Era una bella giornata estiva, la scuola era appena finita e non vedevo l’ora di trascorrere l’intera estate con Liam. Si prospettava la più bella della mia vita. Erano le 10.30 e Liam arrivò in perfetto orario. Non solo l’orario, ma anche lui era perfetto, a bordo della sua rombante moto. Celato sotto quell’ingombrante casco scuro, la mia mente ritornò alla sera precedente, quando davanti alla stessa visione, scambiò erroneamente Harry per Liam. Dubitai inutilmente per un frangente della sua identità, ma mi tranquillizzai solo quando Liam mi si avvicinò salutandomi con un caloroso bacio. Niente di passionale, ma era ciò di cui avevo bisogno per dimenticare gli ultimi avvenimenti e godermi la fantastica giornata che mi aspettava. Le mie aspettative si rivelarono fondate. In sella alla sua moto sfrecciammo a velocità non indifferente verso la destinazione a me sconosciuta.
Il vento mi scompigliava i capelli, avevo i brividi procurati dall’alta velocità, una sensazione di assoluta libertà pervase ogni mio muscolo. Mi strinsi più che potevo al petto atletico di Liam, cercando di assorbirne tutto il calore che sprigionava. Persa nei miei pensieri e nella contemplazione di quel momento non mi accorsi del tempo che scorreva e di quanto in fretta giungemmo a destinazione. Liam mi porse la mano aiutandomi a scendere.
“Questo è il mio posto preferito” mi disse sorridendo entusiasta, rivolgendo lo sguardo all’orizzonte.
Mi voltai per osservare quel luogo rimanendone incantata.
Il sole era ancora alto in cielo, posando i suoi raggi sulle nostre tiepide pelli e riscaldandone ogni punto. All’orizzonte si stagliava un cielo limpido, che rifletteva il suo colore nel mare cristallino che si protraeva dinanzi a noi. Le onde di scagliavano impetuose lungo una schiera di scogli, che dalla spiaggia si inoltravano in mare, così da offrire una solida barriera ai moti agitati del mare in inverno. La spiaggia era ricoperta di una sabbia chiara, morbida al tatto, che emanava una sensazione che coccolava i nostri piedi. Una lunga banchina tinteggiata di bianco si protraeva in avanti, sporgendosi dritta sul mare. Il luogo perfetto per chi cercava tranquillità per riflettere o per chi volesse ammirare con un tocco ravvicinato quella meraviglia. Alcune palme rigogliose ci sovrastavano, disposte ordinatamente in fila, facendoci ombra in quella calda giornata estiva.
“E’ davvero bello qui” dissi rivolgendomi a lui stupita.
“Per questo lo adoro, c’è solo una cosa che lo supera” mi sussurrò dolcemente all’orecchio.
“Addirittura, non credo possa esistere qualcosa di meglio” dissi compiaciuta.
“ Sì, tu” disse girandomi il viso e puntando i suoi occhi fissi nei miei.
“Smettila di fissarmi” dissi non volendo cedere alle sue lusinghe e distogliendo il mio sguardo dal suo.
“Tu rendi difficile non fissarti” rispose prendendo tra le sue mani ancora una volta il mio viso, volto verso il cielo azzurrino e imprimendo le sue morbide labbra sulle mie.
Nuovamente pensai che tutto queste smancerie mi dessero il voltastomaco, ma stavo iniziando ad averne sempre più bisogno grazie a lui. Liam era un mix perfetto di romanticismo, mascolinità e sensualità.
                                 
Stendemmo i nostri teli sulla sabbia e, dopo esserci spogliati velocemente, corremmo subito verso il mare di cui sentivamo il richiamo. L’acqua era pur sì cristallina, ma al contempo gelida, per questo esitai a buttarmi immediatamente, contrariamente a Liam. A facilitare il rapporto ‘acqua-Clara’ ci pensò il moro, che ebbe la brillante idea di rincorrermi bagnato fradicio e prendermi sulla sua spalla, manco fossi un sacco di patate, gettandomi in mare e  buttando nel cesso l’atmosfera romantica poco prima creata.
Dopo un’oretta trascorsa tra schizzi, immersioni e baci subacquei, ritornammo ai nostri teli, permettendoci una tregua.                                                                                                                                                                                                 “Non so te, ma io inizio ad avvertire un certo appetito” disse sfregandosi la pancia.
“Mi hai letta nel pensiero, ora però non dirmi che hai preparato anche il pranzo. Liam passione cucina!” risposi sarcastica.
“Non esagerare. Poi rischieresti di cadere subito ai miei piedi” rispose spavaldo.
“Infatti, ci vuole ben altro per riuscirci, caro”.  
“ Mmhh… posso provare così” disse facendo un fischio stridente.
“ ... e adesso dovrebbe magicamente apparire tutto il pran …”.
Non finii di parlare che da lontano arrivò un ragazzo con in mano un vassoio coperto. Dopo averlo porto a Liam si dileguò, non prima di  essersi girato più volte per costatare la mia espressione.
“Ecco, questo è un buon inizio” dissi ancora un po’ sorpresa. Aveva calcolato tutto. Sempre sorprendente quel ragazzo.
“Ragazza, tu mi sottovaluti” disse alzando un sopracciglio spocchiosamente.
Alzai il coperchio, pregustandomi ciò che credevo dovesse esserci di delizioso e raffinato ma .. tutto ciò che vidi era solo un’enorme fottutissima pizza del cazzo!
“Tataaaan” disse scuotendo le mani in aria come un bambino.
“Se non avessi così tanta fame, mi rifiuterei di mangiarla! Io sono una rispettabile signorina che va trattata con i guanti e tu ti presenti con una pizza?” dissi ironicamente.
“Oh, in questo caso, la mangerò da solo signorina, mi scusi!”
Lo guardai assaporare la prima fetta di quell’invitante pizza con aria di sfida.
“… ripensandoci, fanculo la rispettabile signorina. HO FAME!” dissi strafogando una fetta.
“Apprezzo più questo tuo lato da… camionista affamato che da miss ‘non mangio cibo da plebei’ disse masticando ancora la pizza.                                   
Ridemmo di gusto entrambi e continuammo a prenderci in giro l’uno con l’altra per tutto il tempo. Questo era uno degli aspetti di Liam che preferivo: giocare come se fossimo eterni bambini fregandocene di tante inutili formalità.  Nelle ore successive, distesi sotto il sole rovente, accoccolati l’uno accanto all’altra, ascoltammo della musica. Ci rilassammo così intensamente che caddi in un sonno profondo.

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Capitolo 15
*** Heart attack ***


Heart attack

Liam’s pov:

Mi incantai osservandola mentre dormiva.  Era una cura per l’anima, una visione ancora più bella del mare stesso.
A distogliermi da tanta perfezione fu il trillo di un messaggio. Mi accorsi che non era il mio cellulare, realizzando che era il suo. Un certo Zayn Malik le aveva scritto. Lo riposi nuovamente nella borsa e mi ridistesi al fianco della ragazza. Zayn, Zayn, Zayn… quel nome riecheggiava nella mia mente. Chi era quel tizio ?
Non riuscendo a trattenermi dalla curiosità lessi il messaggio.

-Hey Clara, mi manchi. Non ci sentiamo da molto e spero che tu non ti sia dimenticata di tutto il piacere che ti ho procurato ;) Sai dove trovarmi. Ti aspetto con impazienza. Zayn xx-
 
Deluso. E’ così che mi sentii subito dopo aver letto quel messaggio. Mi pentii subito di averlo fatto, avendo preferito rimanere ignaro di tutto, forse per evitare di guardare in faccia la realtà. D’altronde non eravamo ancora una coppia, non avevo alcun diritto di invadere la sua privacy. Certo però poteva dirmi che si stava sentendo anche con un altro.  Nonostante non fossi un ragazzo geloso, con lei quel sentimento iniziava ad affiorare. 

Clara’s pov

Mi svegliai di colpo, allungando una mano alla ricerca del calore di Liam. Non trovai che il vuoto. Andai in agitazione, cosa lo aveva fatto allontanare? Forse un mio comportamento, una parola fuori posto? Eppure mi sembrava fosse tutto fantastico. Scrutai più attentamente sulla spiaggia, sperando vivamente di incontrare il suo sguardo da qualche parte, che il suo sorriso mi calmasse, ma nulla. Non c’era. A distogliermi dai miei pensieri fu una voce chiamarmi in lontananza. Vidi lo scroscio del mare, delle onde innalzarsi su di una figura intenta a non perdere l’equilibrio su un surf e… il suo sorriso. La sua voce. Mi rasserenai immediatamente e lo raggiunsi.
“Dai vieni, prova anche tu” mi disse porgendomi la mano.
“No, grazie. Non ne sono capace” risposi intimidita. 
“Dai, c’è sempre una prima volta. Ti insegno io, ti fidi di me?” mi domandò.
Quella domanda mi riportò alla mente il nostro primo incontro, quando accettai il suo aiuto fuori scuola. La mia stupidità mi aveva quasi fatto espellere, ma fu solo grazie a quel caos che lo incontrai e niente era stato più come prima, eccetto il fatto che mi fidavo di lui come allora, anzi ancora di più.
“Allora?” mi richiese riportandomi con i piedi per terra.
“Di te mi fido. Sono io il problema, io e la mia goffaggine!” Lui ricambiò le mie parole con una fragorosa risata che percepii come un guanto di sfida.                                                   “Adesso ti prendi anche gioco di me? Va bene, ma te ne pentirai, Payno!”                    
“Non aspetto altro. Vieni qui che ti mostro come si fa” mi disse porgendomi  la mano.  Salii sulla tavola da surf, ma subito scivolai cadendo in acqua.                                                                                               “Cazzo!” esclamai.
“Ed io dovrei aver paura di te? Ceeerto” disse ridendo.
Riprovai a salire, ma caddi di nuovo. Una volta in acqua chiesi aiuto a Liam allungandogli la mia mano.
“Taci e aiutami, almeno” dissi.
Quando lui afferrò la mia mano lo tirai verso di me, facendolo tuffare in acqua.
“Come ci si sente adesso?” gli domandai ironicamente.
“Piuttosto bagnato, direi” disse, rispondendomi a tono.
Salimmo insieme sul surf e dopo innumerevoli tentativi e dispetti l’un l’altra riuscii a mantenere l’equilibrio.
Il tempo passò rapidamente tra numerose cadute, risate e tuffi e così giunse il tramonto.
Quel luogo assunse tutt’altro aspetto, illuminato dal colore carminio del sole che andava scomparendo tra i flutti del mare. Restammo ad osservare quello spettacolo mozzafiato sulla tavola, in mezzo al mare, sdraiati l’una sull’altro.
“Non ho mai visto niente di più bello” affermai estasiata dinanzi a quello spettacolo.
“Neanche io” disse dolcemente guardandomi.
“Ma se non stai nemmeno guardando” sottolineai.
“Infatti non mi riferivo al tramonto” rispose compiaciuto.
Rimasi in silenzio pensando che avesse preso quella frase da un film smielato, così gli risposi sdrammatizzando.
“Fratello, ma hai i saldi? Perché sei troppo scontato!” dissi con una faccia schifata.
“Tu sei l’anti-romanticismo invece. Con te le mie tecniche di seduzione non funzionano.”
“Mi avevi sedotta fino a quando non hai aperto la bocca. Non sono come le altre.”
“Questo è poco ma sicuro, ma è ciò che ti rende speciale.”
“Stai ricominciando? Non ti conviene, Payno” ripetei con tono di sfida.
“No, ci rinuncio. Sei un caso perso” disse con disappunto.
“Vedo che incominci a conoscermi” ribattei.
Il silenzio seguì le nostre parole e rimanemmo a contemplare il paesaggio per un po’.
Il calore del sole si affievoliva sempre di più mentre nascosto tra le nuvole, i suoi raggi creavano un contorno rosso-arancione intorno alle loro figure ridondanti.
“Che piani hai per il futuro?” mi domandò improvvisamente.
Esitai dal rispondere. Non mi ero mai posta quella domanda, sebbene fosse ora, così da rimanere spiazzata.
“Il punto è se vuoi sapere se farai parte del mio futuro o... ?” dissi sdrammatizzando.
“No, intendo davvero” proruppe non lasciandomi continuare.
“In realtà non mi sono mai posta il problema. Vivo la vita al momento, non badando al domani, ma godendomi il presente” risposi “ Sperando nel meglio, ma aspettandomi il peggio” continuai.
“E poi sarei io quello scontato?! E tu che citi gli Alphaville? La conosco quella canzone, tesoro” mi disse spocchiosamente.
“Mi sbalordisci sempre di più, Payno” risposi.
“La finisci di chiamarmi Payno? Ho un nome, cazzo. Dovresti saperlo ormai” disse fingendosi irritato.
"Conosci anche le parolacce, Payno. Che ragazzaccio che sei, P A Y N O” dissi scandendone ogni sillaba e ridendo di gusto dinanzi al suo sguardo infastidito.                                                                                                                                       Per la prima volta, non sapendo cosa rispondere, si vendicò buttandomi giù dal surf. Seguirono schizzi a destra e a manca. Così mentre il sole ricompariva da dietro le nuvole e andava nascondendosi ancora una volta, un’ultima volta per quella giornata, nei flutti del mare, noi eravamo lì a farci i dispetti come due bambini, a ridere e scherzare come se non ci fosse un domani, come se non esistessero spazio e tempo, ma un’unica dimensione, creata dai nostri corpi festosi immersi nell’acqua, che ci circondava facendoci perdere e dimenticare del mondo esterno, come se non esistesse, come se esistessimo solo noi due. Riconoscevamo solo questo in quel momento e ci bastava.
 

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Capitolo 16
*** Magic ***


Magic

Salimmo saturi di stare a mare quando ormai era già calata la sera. Anche i pochi bagnanti rimasti, si dileguarono con il sole e a farci compagnia rimase solo il bagliore della luna.
Ritornammo fradici ai nostri teli, nei quali ci avvolgemmo per combattere il freddo che sopraggiungeva. Non ci furono parole a disturbare quella tranquillità immobile, ma il sibilo dei nostri tremiti era palpitante. Avvolti in quei teli, sentimmo anche il più piccolo lembo di pelle gelarsi.
“Piccola, ma stai tremando!?” mi chiese con tono affermativo.
Non aspettò nemmeno la risposta che cacciò dalla borsa la sua maglietta e me la infilò addosso, proprio come si fa ai bambini.
“Va meglio così?” mi domandò quasi preoccupato.
“Si, grazie. E tu come fai?”
“Non ti preoccupare di me, io sto bene.”
“Ma se stai tremando anche tu” gli risposi notando i suoi tremolii. Per tenere al caldo anche lui, lo abbracciai in una dolce stretta che ricambiò graditamente.
“Meglio?” domandai notando che apprezzò il contatto dei nostri tiepidi corpi.
“Decisamente” fu la sua risposta che accompagnò da un bacio.
Rimanemmo in quella posizione a lungo, anche se il calore che creammo inizialmente, andava scemando.
“Direi che adesso possiamo andarcene, inizio a non sentire le gambe” esclamai con tono quasi supplichevole.
“Direi che sono d’accordo” rispose sorridendo, forse vedendo il mio volto disperato.
In un attimo prendemmo tutte le nostre cose ed arrivammo appena in tempo alla moto, che dei grossi goccioloni d’acqua iniziarono ad inumidire i nostri corpi già abbastanza freddi.
“Merda, ci mancava solo la pioggia” esclamai mentre mi mettevo il casco.
“La tua finezza è sempre in perfetto tempismo” mi disse ironico.
“Tutto calcolato, Payno” risposi avvicinandomi a lui in un tenero bacio.
“Se continui a baciarmi, non partiremo più.” Si distaccò da me e mise in moto il bolide.
 
Per tutto il tragitto chiusi gli occhi e rimasi aggrappata a Liam, approfittai della posizione per sentire sotto le mani tutta la tonicità del suo corpo.
Solo quando sentii la moto rallentare, aprii gli occhi senza sapere dove ci trovavamo.
“Eccoci qua, siamo arrivati” disse aiutandomi a togliere il casco.
“Liam ma non dovevi portarmi a casa?” gli domandai stranita.
“Siamo a casa!”
“Sono ancora piuttosto sicura di riconoscere casa mia, e questa non le somiglia nemmeno lontanamente” dissi osservando l’imponente villa che si ergeva di fronte a noi.
Era una di quelle poche antiche abitazioni rimaste ancora in piedi e, per risalire al XIX° secolo, come diceva un’insegna sul cancello, era tenuta molto bene.
Il colore dominante delle facciate era il bianco, contornato da colonne di marmo e decorato da infissi blu che conferivano un tocco di vitalità a tutta quella monotonia.
“Questa è casa tua?” gli domandai. “Non male per un meccanico, e cosa ne è dell’altra?” dissi alludendo alla casa in cui precedentemente avevamo passato la notte.
“Io vivo nella casa in cui ti ho portato l’altra notte, questa è dei miei genitori che stanno continuamente in viaggio per lavoro” mi spiegò fuori alla porta, dopo aver bussato.
“Allora perché l’officina se i tuoi possono mantenerti? dissi incuriosita.
“Ho davvero l’aria di uno che si fa mantenere? Sono un adulto ormai e devo assumermi le mie responsabilità, come è giusto che sia” disse fiero.
“Hmm … i tuoi ti hanno cacciato di casa, vero?” gli risposi divertita.
“Sei così perspicace che mi spaventi a volte” disse mettendo un braccio attorno al mio e stringendomi affettuosamente a sé.
Percorremmo il viale d’entrata, giungendo così al portone d’ingresso.
Ad accoglierci fu un uomo sulla sessantina, al quale Liam diede ordine di preparare un bagno caldo.
“Subito signorino Payne” disse educatamente prima di allontanarsi.
“Grazie Alfred” gli rispose il ragazzo in egual maniera.
“Se lui è Alfred, allora tu saresti Batman?” gli domandai assumendo un tono da bambina.
“Ahah, non ci avevo mai fatto caso, nonostante i tanti anni di servizio di Alfred. Eppure Batman è il mio supereroe preferito!” esclamò tornando anche lui bambino. Insieme eravamo un caso perso!
“Vieni con me, ti mostro la casa.”
Casa? Quella era tutto il mio vicinato insieme!
“Subito, signorino Payne” risposi ironica imitando le parole del maggiordomo.
“Ma come sei simpatica oggi!” esclamò tentando un finto sorriso offeso.
“Only for you, baby” risposi spingendolo contro  un muro e dandogli un profondo bacio, non prima di essermi assicurata che non ci fosse nessuno.
Capii dalla faccia estasiata e senza fiato di Liam, che aveva gradito molto quel mio gesto improvviso.
“Non è neanche iniziata la ‘visita’ e già ti ecciti così tanto?” disse accennando un sorriso malizioso.
“Non oso immaginare cosa farai dopo averla vista tutta” continuò con tono provocatorio.
Risposi alle sue parole con un sorriso poco innocente.
A destra dell’ingresso si apriva un enorme salone arredato con pezzi d’antiquariato che conferivano un aspetto vintage all’ambiente. La stanza era ampiamente arieggiata e illuminata grazie alla presenza  di alte finestre che affacciavano sull’immenso giardino all’esterno. Persi lo sguardo in quella folta distesa di verde in cui spiccavano i fluorescenti colori dei fiori. Notai che non poco distante da un gazebo adornato con una moltitudine di piante, che conferivano un tocco romantico, vi era un’estesa piscina con tanto di materassini, galleggianti e idromassaggio.
Non potei non soffermare lo sguardo sul vialetto d’entrata ricoperto da tanti curiosi gnometti da giardino. Uno in particolare aveva l’aria simpatica. Ripensandoci assomigliava a Liam.
“Oddio, Payno. Quello gnomo assomiglia a te” gli dissi non riuscendo a trattenere le risate.                                          
“Mi preoccupi, Clara. Mi vedi ovunque” rispose divertito.
Attraversammo un corridoio interminabile sul quale si aprivano innumerevoli stanze diverse, fino ad arrivare al bagno. Era senza dubbio più grande della mia stanza e anche meglio arredato. Marmo verginale e rubinetti in acciaio. La doccia era molto spaziosa, ci sarebbe potuta entrare abbondantemente un’intera squadra di calcio, con tanto di allenatore e riserve. La sua grandezza era quasi imbarazzante. Mi consegnò un accappatoio e qualcosa da indossare, credo fossero i vestiti della madre. Entrò nella doccia con l’intento di spiegarmi il funzionamento. Mi avvicinai come una brava alunna, fingendomi interessata più alla spiegazione che al maestro. Improvvisamente un getto d’acqua bollente mi colpì facendomi sussultare.
“Stron … PAYNO” dissi cercando di contenermi.
“Non mi stavi ascoltando. Ti sei distratta.”
“Ero concentrata su altro... sul maestro” risposi strappandogli con forza il soffione e puntandogli contro il getto d’acqua.
Si dimenò cercando di sfuggire all’acqua, ottenendo scarsi risultati. Mi tirò verso di lui e con la scusa di strapparmi un bacio si impossessò del soffione, mi accostò al muro e mi bagnò completamente.
Continuammo ancora per molto fin quando ci fermammo immobili l’uno di fronte all’altra senza parlare. Non so cosa gli passò per la mente in quel frangente, mentre eravamo entrambi bagnati, in realtà provai ad indovinare e infine dissi:
“Ora direi che puoi andare” segnalandogli l’uscita con un chiaro gesto.
“Ma non dovevi farti la doccia?” mi domandò.
“Sì, infatti. Vorresti rimanere a guardare?”
“L’idea non mi dispiace” disse divertito.
“A me sì, invece” gli risposi gettandogli un asciugamano in faccia.
“Ok. Lo ripeto: con te le mie tecniche di seduzione non funzionano” disse rivolgendomi un ultimo sguardo prima di uscire.

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Capitolo 17
*** Up all night ***


Up all night

Finita la doccia indossai i vestiti della madre. Una camicetta bianca merlettata ai bordi e una gonna nera aderente a vita alta non troppo lunga. Il ragazzo non si era risparmiato nel scegliere i vestiti. In ogni caso aveva buon gusto.
Uscii e lo raggiunsi in salone, dove mi stata aspettando seduto su un comodo divano.
“E io che credevo fosse più corta” disse malizioso, puntando lo sguardo sulle mie gambe.
“Prima mi sono trattenuta, ma ora te lo dico: sei uno stronzo!” risposi nevrotica.
Si alzò avvicinandosi a me, prendendomi per mano e dirigendosi verso la porta.
“Voglio mostrarti una cosa. Vieni” mi disse con un certo bagliore negli occhi che mi incuriosì all’istante.
Uscimmo di casa. All’esterno era notte inoltrata, i lampioni riflettevano la luce sui vialetti indicandoci la via. Mi portò verso una costruzione in cemento piuttosto malridotta. Sollevò una saracinesca e accese una luce.
“Cosa dici in questi casi?” disse riferendosi a quello che si presentò ai miei occhi.
“Merda!” dissi osservando.
“Bingo!”
Più moto si susseguivano disposte ordinatamente in fila. Mi colpì lo scintillio delle carrozzerie lucidate in modo impeccabile e mi affascinarono i minuziosi dettagli che ognuna presentava. Ce n’erano di più dimensioni e forme. I modelli più vecchi risplendevano ancora della loro antica bellezza immutata, mentre i nuovi  sfoggiavano particolarità che non riscontrai nei primi. Si avvicinò fremendo verso una moto, guardandola con una certa ammirazione. Era di un abbagliante colore argenteo, con rifiniture blu e grosse ruote nere. La accarezzò come poche volte fece con me.
“Questo gioiellino è in assoluto la mia preferita” mi disse ammirandola con lo sguardo di un bambino meravigliato. Poi munendosi delle corrispettive chiavi la accese. La sua espressione diventò esterrefatta quando sentì il potente rombo della moto. Era chiaro che la adorava come poche altre cose.
“E’ indubbiamente bella, ma se ti dicessi che preferisco questa qui? Mi rispecchia di più” dissi indicandone una ferma ad un palo.
Era rossa carminio con schizzi bianchi disposti qua e là e affiancata da una sidecar di un raro modello d’epoca. Era piccola con sedili in pelle nera, decorata con un opaco colore rosso e targata BTM.
“Ah sì, ti riferisci alla vecchia Bessy. L’ho ereditata da mio nonno, come anche la passione per le moto. Hai ottimi gusti” disse con fare da intenditore.
“Bessy? Hai dato un nome alla moto? Sono scioccata!”
“Hey, ci tengo alle mie moto. Ci sono anche Mary, Lucy, Carey…” rispose con convinzione.
“… questi sono i nomi di tutte le tue ex? No, perché tra poco ne aggiungerai un altro, il mio” dissi allibita.
“Bha … non puoi capire” disse “E se la provassimo? E’ parecchio che non la prendo e poi vederti nella sidecar sarebbe il massimo” disse emozionato.
“Ottima idea” risposi incurante della tarda ora.
In pochi minuti fummo già in strada, desolata e circondata da imponenti alberi che accingendoci incutevano una certa paura, gironzolando con quella cosa. Se l’avessi chiamata così, Liam mi avrebbe sicuramente fatta scendere e piantata lì. Devo ammettere però che fu originale girare lì dentro. Il vento freddo mi gelava la pelle e scompigliava i capelli ma l’entusiasmo di Liam che traspariva da ogni poro mi accese. Mai era felice come quando portava una moto e la mia presenza in quel momento non fece altro che accrescere questa sensazione.
“Come lo trovi? Non è pazzesco?” mi chiese.
“Lo è, eccome. Anche se penso che guidarla sia più eccitante, o mi sbaglio?” risposi.
“No affatto, ma ti sbagli di grosso se pensi che io ti permetta di guidarla” disse più serio che mai.
Dopo svariati tentativi per convincerlo alla fine riuscii nel mio intento. Si fermò su un promontorio e cambiammo di posto.
Stavo per partire quando mi fermò di colpo dicendomi: “Hai almeno mai guidato una moto? Lo sai che ci tengo … a te.”
“Ovvio... che no” risposi mettendo in moto e accelerando.
Liam in piedi nella sidecar barcollò finendo quasi per cadere. Fu una guida spericolata e a dir poco assurda. Sbandavo e sprofondavo in ogni buca si presentasse, il tutto con il sottofondo delle urla di avvertimento e paura del ragazzo. Fortunatamente era notte e non c’era anima viva, altrimenti più persone  avrebbero avuto uno spiacevole incidente quella sera.
“Sei un pericolo pubblico!” urlò a squarciagola.
Liam mi permise di guidare poco meno di un chilometro promettendo che non mi avrebbe mai più lasciata guidare una moto. Credo che ciò che intendesse dire realmente era che non mi avrebbe mai più fatto guidare una sua moto!
Al ritorno guidò lui, così potei rilassarmi e godermi il paesaggio silenzioso immerso nell’oscurità della notte.  Sentivo gli occhi socchiudersi, era stata una giornata intensa e ora desideravo solo potermi addormentare.
“Piccola, stai quasi dormendo. Stanotte rimani da me e domani ti riaccompagno” disse quasi imponendomelo.
“Ma è una domanda o un’affermazione? Se non volessi?” dissi prendendo in pugno la discussione.
“Entrambe le cose, credo. Hai sonno e casa tua non è a quattro passi. Fidati di me” mi disse rassicurandomi.
Sentendo quelle parole mi rasserenai. Bastava che pronunciasse quel “fidati di me” e improvvisamente non avevo più alcun controllo sulle mie decisioni, ma mi abbandonavo a lui. Insomma mi fidavo!
Giunti a casa si dedicò completamente a me, prima ancora di sistemare la moto, portandomi nella sua stanza.
Era, ovviamente, molto grande e con un arredamento moderno. Non potei non notare i tanti gingilli disposti un po’ ovunque di supereroi, in particolare di Batman. Era davvero ossessionato!
Mi lasciai andare senza alcun freno sul letto, ormai stremata. Sonno. Solo questa parola riuscivo a concepire. Liam si distese al mio fianco fissandomi. Mi addormentai di colpo, ma credo che rimase lì a guardarmi a lungo.
 
Liam’s pov
Guardandola dormire non sentii le solite sensazioni di sicurezza e spensieratezza. Questa visione mi riportò a quella mattina in spiaggia. A quel messaggio. A quel ragazzo, Zayn. La paura che Clara non fosse del tutto mia. Che lei condividesse il suo cuore con qualcun altro. Iniziai ad agitarmi e a pensare all’impensabile, a cose sconnesse e senza alcun senso. Non potevo corrucciarmi con dubbi o congetture infondate. Dovevo sapere. Subito. Svegliai delicatamente Clara. Mi costò molto disturbarla mentre dormiva così beatamente, dispersa chissà in quale sogno, ma avevo bisogno di spiegazioni.
“Clara, svegliati. Ho bisogno di chiederti qualcosa di importante” sussurrai.
Dopo svariati tentennamenti da parte sua, fece uno sforzo e aprì gli occhi.
“E’ così importante da parlarne ora? Non puoi aspettare domani?” farfugliò.
“No, è di vitale importanza.”

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Capitolo 18
*** They don’t know about us ***


They don’t know about us

“Senti Clara, sin da quando ti ho vista la prima volta nel parcheggio della tua scuola ho capito che eri una ragazza speciale, diversa dalle altre, ed ora ne sono proprio certo. Ma sin da quel momento, mi sono anche accorto che eri divisa tra due mondi e più ti conoscevo più cose volevo sapere di te. Volevo sapere che cosa ti rendeva ancora fredda e distaccata nei miei confronti. Decisi così di conquistarti in modo diverso a quello a cui ero abituato, arrivando perfino ad essere smielato e scontato.” Dissi tutto d’un fiato prima di essere interrotto da Clara.
 
“Liam, perché mi stai dicendo tutte queste cose?”
 
“Perché io non sono mai stato quel tipo di ragazzo ossessionato e geloso, ma con te non riesco a non esserlo. Sarà che forse ho troppa paura di perderti e mi sto affezionando a te, o perché sei la prima cosa bella che mi sia successa dopo tanto tempo.”
 
“Liam, adesso mi stai spaventando, arriva al punto.”
 
“Cazzo Clara, mi dispiace. Mi dispiace così tanto, ma ho paura di perderti” dissi sentendo gli occhi inumidirsi.
 
“Perché mi dovresti perdere?” mi chiese quasi spaventata.
 
“Perché ho paura che quello che ti trattiene dall’essere completamente mia si stia mettendo tra noi” sbottai di un colpo.
 
Restammo entrambi in silenzio per alcuni secondi finchè Clara non cambiò espressione.
 
“Oh mio Dio, adesso hai scoperto tutto! Liam, non sai quanto mi dispiace. Da quando ti ho incontrato è cambiato tutto, io sono cambiata e non mi comporto più come prima.”
 
Dopo quelle parole mi sentii un po’ più sollevato, ma sapevo che la faccenda ‘Zayn’ non era ancora finita.
 
“Anche io mi sono affezionata a te e non voglio perderti.”
“Clara, io…”
 
“Liam, sei il primo ragazzo al quale io mi sia aperta così tanto ed hai ragione a dire che non sono come tutte, purtroppo. Tu mi fai vivere ogni momento con te come se fosse una favola ed io non faccio altro che sdrammatizzare momenti romantici con battute idiote. Ma non credere che solo perché mi comporti così voglia dire che non apprezzi quello che fai per me!” disse tutto d’un fiato interrompendomi più volte.
 
“Tu sei un bravo ragazzo, educato e di buona famiglia, è per questo che cerco di tenerti il più lontano possibile da me. Non voglio farti soffrire come ho fatto con gli altri, sei tu quello speciale e hai bisogno di qualcuno altrettanto speciale che ti tratti come meriti” disse aumentando il respiro irregolare.
 
“Io non voglio nessun’altra che non sia tu e solo di questo ho bisogno” le dissi cercando di tranquillizzarla. Tentativi che risultarono vani poiché ebbero perfino l’effetto contrario.
 
“No, tu meriti di meglio. Ma di una cosa ti posso assicurare, che da quando ti conosco, non ho avuto più bisogno di tutta quella merda che usavo prima per sopravvivere, perché tu mi rendi migliore, Liam. Perché tu mi rendi forte e sto lottando con tutte le mie forze per uscire da quel circolo vizioso in cui mi sono ritrovata quando avevo più bisogno d’aiuto, quando avevo più bisogno di te.”
Quando terminò di parlare la guardai per qualche secondo notando che stava ansimando, il suo viso assunse un colorito pallido seguito da tremolii per tutto il corpo.
 
“Ma di che cosa stai parlando?” le dissi non riuscendo più a seguire il suo discorso. “Io ti sto parlando di quel ragazzo. Un certo Zack, Zath…” continuai.                                                          
 
“Zayn!” esclamò quasi urlando.
 
“Si, Zayn. Potevi anche dirmelo che stavi frequentando anche lui oltre a me” dissi iniziando ad assumere modi gelosi.
 
“Cosa? Liam di che cazzo stai parlando? Che c’entra Zayn con quello che mi stavi dicendo?” disse Clara diventando sempre più pallida.
 
“Tu cosa stavi dicendo? Io ti stavo parlando di lui e del fatto che oggi mentre dormivi ho letto il suo messaggio” le dissi lasciando che le parole mi uscissero senza freni.
 
“C-cosa?” dissi realizzando solo in quel momento che quello che lui intendeva non era affatto la droga, ma non riuscii comunque e capire di quale messaggio stesse parlando.
 
“Che cosa hai fatto?? Ma come ti sei permesso?” gli dissi fingendomi arrabbiata nel tentativo di sviare la sua attenzione dall’argomento droga.
 
“Clara, so che non dovevo ma è da quando ho letto quel messaggio che non riesco a pensare ad altro. Se sei innamorata di lui, puoi anche dirmelo, ma ti prego, non continuare ad illudermi ancora di più” dissi lasciando trasparire una volta per tutte i miei sentimenti.
Riuscii a malapena a finire quella frase che mi ritrovai tra le braccia il corpo di Clara quasi privo di sensi.
Il suo aspetto spettrale mi gelò, non sentii quasi più le pulsazioni del sangue che fluiva nelle sue vene. Sembrava avesse le convulsioni. Era estremamente sudata, cosa che non riuscivo a spiegarmi dato che la temperatura era tutt’altro che alta.  Strinsi più forte che potevo le sue braccia cadaveriche nelle mie calde mani, il mio sguardo dritto nel suo assente.
 
“Piccola, che succede? Mi spaventi così. Basta non voglio più parlarne. Lasciamoci quest’assurda storia alle spalle, ma per favore dimmi che succede” dissi sconvolto, cercando a malapena le parole giuste da dire.
Gli occhi di Clara scrutavano nel vuoto alla ricerca di qualcosa, puntavano su tutto meno che me. Iniziai, prima delicatamente poi freneticamente, a strattonarla per riportarla in sé, ma non cambiò nulla. Continuava a peggiorare.
Non volevo che mi abbandonasse da un momento all’altro.
 
“Clara guardami. Voglio aiutarti. Parlami. Dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa” le urlai profondamente scosso.
 
“Lasciami. Non ho bisogno del tuo aiuto. Lasciami ti ho detto” mi urlò dimenandosi violentemente per sfuggire alla mia forte presa.
Decisi di lasciarla. Se era questo ciò che desiderava, perché negarglielo? In quel momento desideravo con ogni fibra del mio essere che si riprendesse. Era uno spettacolo agghiacciante.
Prese di corsa la sua borsa e si dileguò dalla stanza dirigendosi verso il bagno.
 
Clara’s pov
Mi sentivo affaticata, annebbiata, sconvolta, agitata e fuori da me stessa. Ero ridotta in pezzi che sembravano  irricomponibili . Una nausea insopportabile si era impossessata di me, mentre i mal di testa mi rendevano impotente. Ero in panico. Avevo bisogno di qualcosa. Qualcosa. Qualcosa simile ad una pasticca, o una polvere. Dovevo alleviare quella fottutissima distruttiva crisi d’astinenza. Mi ricordai di avere delle pillole di valium in borsa. Fu difficile dimenarmi da Liam. Era così impaurito. Come avrei voluto essere in uno squallido cesso di periferia a commiserarmi e soffrire da sola che essere in sua compagnia e offrirgli questo miserabile spettacolo. Alla fine mi fiondai con quanta forza mi era rimasta in bagno munita delle mie pillole. Aspettai con terribile ansia che facessero effetto. Avevo bisogno che facessero effetto quelle cazzo di pillole. Ne avevo estremo bisogno. Un fottutissimo profondo bisogno. Dopo circa 10 minuti sentii la crisi affievolirsi. I miei sensi trovare pace. Il tremore diminuire. Avevo raggiunto uno stato di lucidità appena sufficiente per rendermi conto del mio aspetto agghiacciante, lontano da tutto ciò potesse essere definito umano. Provai a riprendermi sciacquandomi ripetutamente il viso. Mi stesi supina sul pavimento provando a pensare a qualsiasi cosa per dimenticare quanto era accaduto. Liam, lui era costantemente nei miei pensieri. La sola idea che avesse visto tutto ciò mi atterrì. Mi sentivo un lurido verme. La feccia più schifosa dell’intera umanità. Come avevo potuto? Perché a lui? Perché io? Scoppiai in lacrime. Speravo che il pianto trascinasse con sé tutta la merda dal mio corpo, tutto lo schifo che ero diventata. Volevo scomparire. Per sempre.                                                                                                                               
Credo che mi addormentai quando percepii un dolce suono seguito dalla voce più tenera che avessi mai sentito.                   
 
“ I wish that I could take you to the stars.
 I’d never let you fall and break your heart.
 And if you wanna cry or fall apart
I’ll be there to hold you”
 
Furono le uniche parole che riuscii ad assimilare. Le ripetei instancabilmente fin quando riuscirono a scuotere le corde del mio cuore e infondermi coraggio. Mi diedi una strigliata e uscii dal bagno. Non so quanto tempo ci rimasi. Raggiunsi Liam in camera, trovandolo assorto nella musica che fuoriusciva dalla chitarra che teneva nelle mani. Si ridestò e la mise da parte. Ci guardammo in un frangente nel quale tutto il tempo sembrò cadere. Ci avvicinammo e stringemmo in un disperato e bisognoso abbraccio così intenso da fondere i nostri due corpi e ridargli serenità.
 
“Per favore abbracciami più forte che puoi, da farmi mancare il respiro e dimmi che sono l’unica ai tuoi occhi.
Dimmi che sei felice d’essere qui con me.
Dimmi che tutto andrà bene e che ti rendo felice d’esser vivo.”
 

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Capitolo 19
*** Over again ***


Over again

Mi svegliai circondata dalle sue braccia e da un’aura di tranquillità. Cercai di pensare ad un modo per farmi perdonare per la reazione spropositata che avevo assunto. Decisi così di scendere di sotto e fargli una sorpresa: gli avrei preparato la colazione.
Dopo aver cucinato per una mezz’oretta il risultato furono un paio di uova strapazzate e del bacon croccante. Porsi il tutto su un vassoio, insieme ad un bicchiere di succo di frutta e del pane tostato. Il tutto aveva un profumo delizioso e se non fosse stato per Liam, me lo sarei sicuramente divorato dalla fame.
Raggiunsi la sua camera e aprii lentamente la porta facendo attenzione a non disturbarlo. Il suo risveglio sarebbe stato il più dolce mai provato. Appoggiai il vassoio sul comodino accanto al letto dove mi sedetti accostandomi al caldo corpo del ragazzo.
Rimasi a guardarlo per alcuni istanti prima di svegliarlo, per contemplare tutta quella bellezza racchiusa in un’unica persona. Il mio cuore batteva più velocemente quando lo guardavo.
 Mi avvicinai delicatamente al suo orecchio canticchiando la canzoncina della sera precedente. Mi era rimasta impressa nella mente tutta la notte, diventando il sottofondo di un bellissimo sogno che, per quanto mi sforzassi, non riuscii a ricordare.
 
“Hey Payno, svegliati!” gli sussurrai dolcemente, non ottenendo nessuna reazione. Riprovai.
 
“Dai dormiglione, svegliati. Ho una sorpresa per te” gli sussurrai nuovamente alzando leggermente il tono della voce, accompagnato da tanti teneri baci sulla sua schiena nuda.
 
“Se continui così non mi sveglio più” mugulò Liam cercando di aprire gli occhi.
 
“Non ti ci abituare troppo. Mi volevo fa perdonare per come mi sono comportata ieri sera” gli dissi cercando di mantenere un tono calmo e distaccato.
 
“Sono io che dovrei farmi perdonare. Mi sono comportato da stronzo ossessionato, quando tu non sei nemmeno la mia ragazza” disse Liam cercando un contatto con me.
 
Sapevo qual era la nostra situazione, ma quelle semplici parole mi lasciarono delusa facendomi sussultare.
 
“Vuoi dire che non stiamo insieme?” domandai sperando silenziosamente in una negazione da parte sua.
Liam cambiò subito posizione, passando da sdraiato a seduto di fronte a me con i suoi occhi lucidi piantati nei miei.
Aveva degli occhi meravigliosi, quelli nei quali ti ci puoi perdere. Credo che fu quello che feci.
 
“Non lo so se ci possiamo definire una vera coppia…”
 
“A me non dispiace l’idea” lo interruppi prima che potesse continuare, rischiando di rovinare il momento che si era creato.
 
“Neanche a me” disse il ragazzo sorridendo timidamente e guardando in alto.
 
Non l’avevo mai visto impacciato e devo dire che quando non cercava di nascondere il suo lato più tenero mi faceva impazzire.
 
“Quindi posso considerarmi la tua ragazza?” gli domandai prendendo in mano la situazione.
 
“Solo se io posso essere il tuo ragazzo.”
 
“Affare fatto, ci sto!” dissi fiondandomi sul ragazzo imprimendo le mie labbra sulle sue.
 
“E’ bello fare affari con te” disse ricambiando il bacio.
 
“Clara Prime, la ragazza di Liam Payne” dissi cercando di ripeterlo più a me stessa che a lui.
 
“Mi piace come suona” sussurrò dolcemente.
 
“Ok, adesso basta con tutte queste smancerie o morirò di diabete!” esclamai come al mio solito. “Ti ho preparato una sorpresa” continuai cambiando discorso.
 
“Mi devo spaventare?” chiese ironico.
 
Ricambiai le sue parole ponendogli davanti agli occhi il vassoio con l’invitante colazione.
Apprezzò il mio gesto gustando la prelibata colazione, almeno così sperai.
Ci preparammo velocemente e uscimmo di casa. Liam mi accompagnò da me e prima di salutarci mi abbracciò calorosamente come se in tal modo volesse mettere un punto indelebile alle incomprensioni della notte precedente e soprattutto alle mie azioni velate dal mistero, che credo volesse scoprire, ma che io speravo in cuor mio non accadesse mai.
Ancora molti pensieri aleggiavano nella mia mente: volevo soppesarli, ricomporli, ma soprattutto evitarli. Ero certa che ugualmente stava facendo Liam. Non avevo detto una parola riguardo a quanto accaduto, ma sapevo che voleva ricomporre i pezzi del puzzle e trovare la soluzione. Ero distesa sul letto immersa nei meandri della mia mente quanto vidi la porta aprirsi con irruenza e lasciar passare una figura che doveva essere mia madre.
 
“Dove diavolo sei stata ieri? Perché non sei tornata a casa? Con chi eri?” disse sparando parole a raffica e incrociando accigliata il mio sguardo confuso.Quindi la mia cosiddetta madre si era improvvisamente ricordata di avere una figlia e addirittura aveva provato una sensazione che non immaginavo possedesse: preoccupazione.
 
“Ho trascorso una bellissima giornata a mare con un ragazzo, il mio ragazzo. Già ti aggiorno sui fatti accaduti ultimamente dato che tu non hai abbastanza energie né tantomeno voglia di sapere un minimo su quel che faccio o chi frequento: sono fidanzata. Si chiama Liam. Comunque non credo possa fregartene più di tanto. Ora fingerai di preoccuparti per tua figlia con l’unico scopo di dimostrare a te stessa di non essere poi così terribile come madre, così con la coscienza a posto potrai tornare nel tuo amato rifugio di non curanza. Puoi star tranquilla, non è successo nulla di ciò che sicuramente starai pensando. Con questo credo di averti esaustivamente accontentata. Chiudi la porta uscendo” risposi dicendole tutto ciò che tenevo dentro da fin troppo tempo.                                                        
 
Senza dire niente, uscì sbattendo la porta alle sue spalle.
Mia madre era una di quelle donne rimaste mentalmente all’età della pietra, la classica rompicoglioni a cui importa solo delle apparenze e che si ricorda di avere una figlia solo per darle istruzioni su come comportarsi quando vengono persone a casa. Mio padre, invece, era l’esatto opposto, infatti mi chiedo ancora oggi come potesse stare con lei, una donna tanto diversa da lui. Con lui mi divertivo sempre ed era la prima persona a cui mi rivolgevo se avevo bisogno di un consiglio o semplicemente di fare due chiacchiere. Lo consideravo la mia anima gemella. Mi ricordo che quando da piccola, come tutte le bambine di quell’età, fantasticavo sul mio futuro matrimonio, immaginavo sempre che lo sposo fosse mio padre, o qualcuno di simile. Ma dopo la sua morte cambiarono molte cose. Mia madre si chiuse ancora di più in se stessa fregandosi più di quello che pensavano gli altri che dei suoi figli, cercando, quando stava in compagnia, di mantenere l’idea della famigliola felice, spezzando così i possibili rapporti di ricongiunzione tra me e lei. Restammo così solo io e mio fratello contro il mondo poiché ci consideravamo ormai orfani di entrambi i genitori. Credevo che mia madre ci odiasse, più che altro perché quando ci guardava soffriva vedendo nei nostri volti i tratti del marito. Lei esternava difficilmente le sue emozioni, come me, ma ero convinta che lo amasse veramente, sin da quando lo vide la prima volta su una moto, proprio come io avevo conosciuto Liam. Restai vigile anche quando si allontanò. Era infatti sua abitudine rimuginare dopo i nostri frequenti battibecchi, così avevo imparato a tendere l’orecchio. Stavolta però non sentii una parola, ma sapevo perfettamente che si trovava fuori alla porta. Non so quale parte di me, una sbagliata senza dubbio, iniziò a provare dei sensi di colpa per le parole taglienti appena pronunciate. Ammetto che ero stata dura, ma almeno avevo esternato pensieri ormai acerbi. Mi alzai dal letto dirigendomi verso la porta. Esitai a lungo prima di aprirla mantenendo la mano sulla maniglia. Ero combattuta. Perché mai avrei dovuto provare compassione per qualcuno del tutto indifferente nei miei confronti? … la risposta era chiara: quel qualcuno era pur sempre mia madre. Aprii la porta lentamente trovandola accovacciata sulle scale, le mani a nasconderle le lacrime pesanti come macigni. Rimasi immobile. Non ero abituata a vederla così, lei che era sempre impassibile verso tutto e tutti, così distaccata come .. me. Mi sedetti accanto a lei.
 
“Mamma, io … non volevo..” dissi a voce bassa.
 
“Non so cosa ci stia accadendo, Clara. Cosa ci ha allontanate così radicalmente. Non parliamo mai. Non mi racconti mai niente, vivi la tua vita in disparte ed io ugualmente. Siamo due, tre con tuo fratello, estranei che convivono insieme. Questa casa è vuota. Vuota di storie, confessioni, condivisioni, abbracci. Non c’è amore.
Tutto è così cambiato dopo la morte di tuo padre. Siamo andati avanti, ci siamo ripresi con le nostre uniche forze, senza cercare l’aiuto dell’altro e lentamente ci siamo separati sempre più.  E’ triste pensare che forse prima andava tutto bene solo grazie a lui, come se fosse lui l’unico punto di congiunzione di questa famiglia. Ammetto d’essere stata fredda per tutto questo tempo. Avevate bisogno dell’amore di una madre per superarlo mentre io mi disperavo credendo d’essere l’unica a soffrire. Vi ho trascurati, abbandonati e la cosa peggiore è che l’ho capito troppo tardi.
Ma ora me ne rendo conto e desidero così intensamente ricongiungermi con voi” disse interrompendomi di colpo e singhiozzando violentemente.
 
Non trovai parole di conforto, qualcosa di umano da dire. Niente. Silenzio.
 
“Vi ho lasciati nel periodo più delicato della vostra vita. Non vi ero accanto quando avete provato le prime dolorose esperienze che comporta l’adolescenza. Non mi avete resa partecipe dei momenti più belli. Non posso cambiare il passato, ma posso rimediare accompagnandovi nel presente” continuò straziata.
 
Quelle parole mi scossero. Ancora non sapevo cosa dirle. Capii che l’unica cosa capace di riempire quel silenzio era un lungo, accogliente, rassicurante abbraccio. La avvicinai delicatamente a me, poggiò la sua testa sul mio petto e la racchiusi nelle miei esili braccia. Sentii i suoi lacrimoni bagnarmi la camicia. Non ricordo l’ultima volta che la abbracciai, forse non l’avevo mai fatto, ma in quel momento mi sentii ricolma di amore.
 

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Capitolo 20
*** Viva la vida ***


Viva la vida

“Che cosa vuoi ancora?” mi disse una voce attraverso la porta.
 
“Beth aprimi, sono Clara” le risposi capendo che si riferiva a qualcun altro.
 
“Ah ciao Clara, ti avevo scambiata per Niall. Prego” mi disse facendomi cenno di entrare.
 
Una volta dentro mi accomodai sul divano mentre lei si fiondò in cucina per prendere qualcosa da bere.
 
“Che è successo stavolta?” le domandai appena tornò con un vassoio sul quale erano poggiate due tazze di tè.
 
“Niente, le solite cose. Si ostina a volermi tenere lontana da Zayn e quel suo gruppetto di drogati” disse sorseggiando un po’ della sua bevanda.
 
“Direi che Zayn sta antipatico a troppe persone” dissi ripensando alla discussione avuta con Liam.                          
 
“Che intendi?” mi domandò incuriosita dalla mia affermazione.
 
“Anche a Liam non va molto a genio Zayn, ma è una lunga storia. In realtà sono venuta qui per invitarti al barbecue di domani che sta organizzando mia madre.”
 
“Ma non la odiavi? Com’è che adesso vi mettete pure ad organizzare barbecue insieme?”

“Questo era prima che ci chiarissimo. Le ho raccontato di Liam e adesso vuole organizzare questo barbecue per conoscerlo e stare un po’ con la famiglia e gli amici. E’ stata lei a chiedermi di invitare te e se vuoi anche Niall. Puoi approfittare di questo momento per riappacificarti con lui. E’ tanto un bravo ragazzo e ho come l’impressione che non lo tratti come merita” proposi continuando a sorseggiare la bevanda.
 
“Direi che è un’ottima idea e forse hai ragione su Niall. In fondo si preoccupa solo di me e del mio bene” sentenziò sorridendomi serenamente.
 
“Ok, allora posso dire al buttafuori di aggiungervi nella lista vip” sdrammatizzai per cercar di farle dimenticare il litigio con Niall.
 
“Ci sarà addirittura un buttafuori?” disse provando a trattenere le risate.
 
“Sicuro! I barbecue organizzati dalla famiglia Prime sono eventi unici ed irripetibili” dissi terminando la frase con una fragorosa risata da entrambe le parti. Era da tanto tempo che non sentivo Beth ridere così e questo non fece altro che aumentare lo stato di felicità in cui già mi trovavo. Dopo aver passato un intero pomeriggio a parlare delle nostre rispettive relazioni, ci salutammo e mi diressi verso casa.

Poco prima di arrivare nel cortile della mia abitazione, mi sentii chiamare da una voce roca ma profonda. La riconobbi subito, una voce così non si dimentica facilmente. Non era quella di Liam come avrei voluto. Mi voltai lentamente avendo già un’idea di chi trovarmi di fronte. Non mi sbagliai, era lui. Era Harry. Presa com’ero da come si stavano mettendo le cose nella mia vita, mi dimenticai dell’argomento “Harry”.
 
“Clara, hai un secondo? Ti devo parlare” disse con tono leggermente preoccupato.
 
Quelle parole si fecero spazio dentro di me lasciando che una stretta allo stomaco prese il posto di tutta quella felicità guadagnata difficilmente.
 
“Veramente stavo andando a cas…” dissi non riuscendo a finire il discorso poiché interrotta dal ragazzo.
 
“Ci vorranno solo dieci minuti” rispose facendomi segno di continuare a camminare.
 
Arrivammo ad una panchina non molto lontana da casa mia in modo da poterla facilmente raggiungere se le cose non si fossero messe bene.
 
“Non so nemmeno dove cominciare” disse cercando di prendere un respiro profondo.
 
“In questi giorni non ho fatto altro che pensare a te e a quel bacio. Sono stato proprio uno stronzo ad approfittare della tua ingenuità. Mi dispiace aver fatto una cosa tanto riprovevole proprio a Liam e soprattutto a te. Mi sono sentito così male che non ho avuto nemmeno il coraggio di raccontare l’accaduto a Liam. Mi sono comportato da vigliacco egoista.” Quelle parole gli uscirono tutte d’un fiato visto il fiatone che ebbe non appena le pronunciò, come se avesse appena corso una maratona e a giudicare dalla sua espressione, l’avrebbe preferita a questo discorso.
 
“Harry, dai, non esagerare …” Cercando di comprenderlo, dopotutto anche io ero stata una vigliacca perché, come a lui, anche a me era mancato il coraggio di parlare a Liam del bacio.
 
“Esagerare? Clara, tu sei troppo ingenua. Come fai a dirmi che sto esagerando dopo quello che ti ho fatto. Non solo ti ho offesa in quanto a ragazza del mio migliore amico, ma anche come donna, senza chiederti nemmeno il permesso.” Pronunciò quelle parole con tono seriamente dispiaciuto.
 
“Harry per me questa è acqua passata e sono sicura che dietro quest’aria da duro, si nasconde un ragazzo sensibile che ha bisogno di affetto. Io adesso amo Liam e già ho superato quel bacio, ma desidererei tanto che tu riallacciassi i rapporti con lui senza ch’io sia d’intralcio alla vostra amicizia” gli risposi realizzando solo in quel momento che avevo detto per la prima volta di amare Liam.
 
“Non sai quanto speravo in queste parole, mi sono sentito da schifo tutto questo tempo e non potevo andare avanti così. Quindi tra voi è una cosa seria? Hai detto che lo ami…”
 
“Si, ed infatti sono sorpresa anche io. In realtà è la prima volta che lo dico ad alta voce, anche se provo questo sentimento da tempo” gli dissi tranquilla.
 
“Vuoi dire che non glielo hai mai detto?” disse restando alquanto sorpreso.
 
“No, aspetto il momento adatto, e poi, ad essere sinceri, vorrei che sia lui a dirmelo per primo” gli risposi con il sorriso stampato sulle labbra. Improvvisamente quella brutta sensazione che prima mi aveva assalita, ritornò di nuovo ad essere felicità. Adesso tutti i pezzi della mia vita si stavano ricomponendo e non avrei permesso a niente e a nessuno di distruggerli come se niente fosse.
 
Intravidi chiaramente contentezza nei suoi occhi e nel suo sorriso. Contentezza per aver chiarito con me, per essersi messo l’anima in pace e per aver riacquistato il coraggio di riavvicinarsi a Liam senza pensieri a turbargli l’anima.
 
Ci salutammo come due cari amici. Mi alzai e mi diressi verso casa. Camminando lentamente notai che Harry rimase ancora a lungo seduto sulla panchina, mi voltai e lo vidi con lo sguardo fisso per terra, oltre la punta dei suoi stivali, assorto in qualche suo pensiero. Lo fissai per qualche minuto non avendo il coraggio di riavvicinarmi e rincuorarlo qualsiasi cosa lo impensierisse, né di andarmene fingendo di essere impassibile. Volevo rivolgergli un gesto o dirgli qualcosa per risollevarlo, ma niente. Avevo esaurito le parole o forse non ne avevo da dire a lui, perché non mi spiegavo quell’improvvisa tristezza.
 
“Mi piace pensare che qualcuno, da qualche parte è fatto apposta per te e ti sta aspettando pazientemente per accoglierti nel modo che meriti” gli urlai con tono caldo e con un sorriso stampato sul viso. Desideravo rianimarlo e, pensando che quella tristezza non fosse altro che il frutto dell’acerba solitudine che incombeva come un’ombra buia su di lui, gli dissi quel che speravo per lui, o meglio quel che credevo fermamente.
 
Fu sorpreso dal sentirmi credendo che me ne fossi già andata. Alzò di poco la testa ricambiando le mie parole con un accenno di sorriso, poi si alzò e ancora pensieroso se ne andò. 

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Capitolo 21
*** Happily ***


Happily

“Vi stavamo aspettando, prego entrate” dissi salutando Beth e Niall.
 
“Hai una casa bellissima” esclamò Niall guardandosi intorno.
 
“Grazie, sei molto gentile” gli risposi compiaciuta.
Andammo in giardino e mi avvicinai poi a mio fratello Mark per presentalo a Niall.
 
“Mark lui è Niall. Niall lui è Mark” dissi per farli conoscere.
 
“Tu devi essere il ragazzo di Beth” esclamò Mark stringendogli la mano.
 
Rimasi a parlare con loro del più e del meno quando sentii il campanello suonare.
 
“Vado io” esclamò mia madre quasi urlando per farsi sentire.
 
Passarono dieci minuti ma di lei nessuna traccia. Decisi di andare a cercarla. Percorsi tutta la casa fino ad arrivare in salotto, dove vidi seduti sul divano mia madre ed un ragazzo. Il mio.
 
“Hey Liam. Quando sei arrivato?” esclamai sorpresa da quello che vidi.
 
“Stavamo parlando un po’. Non mi avevi detto di avere un ragazzo tanto bello e simpatico” disse mia madre sorridendo, mentre il viso di Liam si tinse di un rosso intenso. Risi davanti a quella visione.
 
“Penso che avete parlato abbastanza. Se non ti dispiace vorrei stare un po’ con il mio ragazzo” dissi imitando un tono geloso.
 
“Si, hai ragione, vi lascio soli. Ho una mandria di affamati di hamburger da gestire” disse prima di dileguarsi in giardino.
 
“Ciao” mi disse come se mi avesse appena visto. Mi sedetti accanto a lui felice.
 
“Ciao. Finalmente un po’ soli”. Riuscii a malapena a finire la fase che mi ritrovai le sue labbra stampate sulle mie.
 
Sentii le sue mani scivolare lentamente sulle mie gambe e farsi spazio sempre più su. Ci eravamo sempre limitati a dei baci, ma ora notai che la situazione stava cambiando. Non mi dispiaceva. Mi piaceva quella sua sfacciataggine.
 
“Ehmm … perdonatemi, ma fuori c’è bisogno del vostro aiuto” una voce più che familiare ci interruppe. Vidi Mark in totale imbarazzo.
 
“Grazie Liam, mi è passato il dolore ” dissi per sdrammatizzare, guardando divertita Liam.
 
“Ammetto d’essere un ‘ottimo massaggiatore’. Quando ne hai bisogno, basta chiedere” disse ammiccando.  Dall’espressione di Mark capii che non lo avevamo convinto del tutto. Nessuno di noi vi prestò troppa attenzione. Ci alzammo e raggiungemmo gli altri indaffarati con gli hamburger.
Vidi Beth impacciata con il barbecue quasi implorare l’aiuto di Niall, che nel frattempo era occupato a mangiare i primi hamburger. Accortosi della disperazione della sua ragazza, il suo aiuto non tardò ad arrivare e prese in mano la situazione.
 
“Questi hamburger sono ottimi, complimenti signora Prime” disse ad alta voce Niall.
 
“Sono contenta che ti piacciano caro” rispose compiaciuta.
 
“Cosa non trovi ottimo, tu?” sussurrò Beth all’orecchio di Niall, cogliendolo di spalle e stringendolo in un amorevole abbraccio.
 
Il volto di Niall si accese di un sorriso luminoso. Sfregò delicatamente la sua guancia contro quella della ragazza.
 
“Tu lo sei sicuramente di più” le sussurrò raggiante in volto.
 
“Non accendetevi troppo voi due, altrimenti anche gli hamburger faranno la stessa fine” subentrai improvvisamente, cogliendoli in un tenero momento.
Una cortina fumo si alzò offuscandoci leggermente la vista e un appena percettibile odore di bruciato iniziò a disperdersi.
 
“Ahh, toglietevi subito di qui voi due. Sta andando a fuoco il pranzo, cazzo! Via, smammare!” dissi altisonante facendo segno di spostarsi.
 
Tentai di affievolire il fuoco che stava divorando gli hamburger. I miei tentativi furono vani, anzi disastrosi. Le fiamme iniziarono a divampare ed espandersi, mettendoci in pericolo.
 
“Merda! Cazzo, spegnetevi. SPEGNETEVI” dissi in panico compiendo dei gesti poco chiari.
 
Un’ondata d’acqua mi travolse nel tentativo di raggiungere il barbecue e spegnere le fiamme.La mia espressione fu di assoluto sconcerto. Prima tutto andava a fuoco ed ora ero bagnata fradicia. Fanculo tutto.
 
“Oh mio Dio, scusa Clara. Volevo solo spegnere le fiamme, ma ti sei messa di mezzo e … beh questo è il risultato” disse dispiaciuto Liam con un secchio gocciolante nelle mani.
 
Lo guardai con sguardo fulminante. Alla mia vista Niall non poté trattenere una fragorosa risata che contagiò tutti noi.
 
“No, Clara. Non ci provare. Non fare un passo di più. No, n ..” Liam non terminò di parlare che mi fiondai verso di lui stringendolo in un bagnato abbraccio.
 
“Ti sta bene. La prossima volta ci pensi due volte prima di bagnarmi” dissi divertita.
 
“Aspettate. Ritorniamo alle cose serie. Che si mangia ora?” disse Niall seriamente preoccupato.
 
“Non è un problema. Ci sono altri hamburger, solo evitate di fare altri guai. Anzi allontanatevi, ci penso io qui” proruppe Mark proponendosi di cucinare da solo.
 
Io e Liam ci demmo una ripulita mentre gli altri chiacchieravano. C’era una sintonia tra tutti noi mai vista, come se ci fossimo da sempre conosciuti. Era tanto che in questa casa non risuonavano le nostre risate, che si percepiva aria di felicità e questo giovò a tutti noi. In particolare me, mamma e Mark eravamo vicini come mai prima. Era tutto perfettamente in armonia.
Pranzammo prelibando i fantastici hamburger di mio fratello. Non sapevo che cucinasse così bene, in realtà non sapevo nulla di lui. Trascorremmo le ore successive raccontandoci storie passate e presenti, condividendo i nostri sogni e piani per il futuro, cantando e godendoci la felicità di quel momento.
 
“Dovremmo trascorrere più momenti come questo. Siamo stati così bene oggi che non riesco ancora a realizzare quanto le cose stia procedendo finalmente nel verso giusto. Vorrei che questa felicità durasse per sempre” dissi contenta.
 
“Perché no, cioè, potremmo prendere lo yacht dei miei domani. Siete tutti invitati ovviamente” propose Liam.
 
“Oddio sì, sarebbe meraviglioso” dissi sorpresa.
 
“Scusate ragazzi non posso unirmi a voi. Devo incontrare una persona domani” disse sinceramente dispiaciuto Mark.
 
“Una persona?  Mark, cosa ci nascondi? Sarà forse una ragazza?” si intromise mamma.
 
“Mamma non fare la solita. Si, è una ragazza. Ci conosciamo da poco in realtà. Nulla di serio” disse intimidito Mark.
 
“E quando me lo dici, Mark? Alla tua sorellina impicciona puoi dire tutto, lo sai” dissi, dimenticandomi per un momento che in realtà tra di noi non c’era mai stato dialogo, eppure mi sarebbe piaciuto, cioè ora lo desideravo immensamente.
 
“Ok, ok, basta così” disse Mark quasi innervosito. Era un ragazzo introverso e sensibile, non gli piaceva essere al centro dell’attenzione, così si defilò.
 
“Ritorniamo al punto: ci state per domani?” chiese Liam rivolgendosi agli altri.
 
“Non saprei, non sono in vena di una gita in barca. Non credo sia il momento giusto, ecco” disse Beth come se fosse preoccupata per qualcosa.
 
Capii. Sapevo bene a cosa si riferiva. Anche per me era lo stesso, avrei potuto soffrire di un’altra delle mie crisi e non volevo, non in presenza di Liam, ma desideravo ugualmente trascorrere un’altra giornata in loro compagnia, così lasciai correre.
 
“Perché dici così? Sarà fantastico, non sono mai stato in barca e mi piacerebbe tantissimo. E poi non stiamo passando molto tempo insieme, sarebbe un’occasione perfetta” disse Niall incoraggiando Beth.
 
Non volli intromettermi, ma ci pensò Liam al mio posto.
 
“Sì, domani dovrebbe essere bel tempo, dovremmo approfittarne. Dai Beth, credo tu abbia bisogno di svagarti un po’, hai un aspetto … stanco” disse dolcemente Liam.
 
Notai dalla sua espressione che quelle parole la colpirono. Quella merda che si iniettava nelle vene la rendeva apatica, voleva spesso stare sola. “Sì, verremo. Ha ragione Liam. Beth hai bisogno di distrarti da… questo momento delicato che stai (stiamo) attraversando” disse Niall guardandola teneramente, cercando il suo sguardo appassito.
 
“Allora è deciso. Ci vediamo domani alle 10” dissi infine contenta. 

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Capitolo 22
*** Strong ***


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Strong

Io, Niall e Beth ci incontrammo nel punto stabilito il giorno prima, quando sentii la voce di Liam chiamarmi da lontano. Solo allora mi accorsi che ci stava aspettando sullo yacht ancorato al molo. Scese dall’imbarcazione per aiutarci a salire, non prima di avermi salutata con un bacio. In lontananza sembrava uno yacht di modeste dimensioni, ma ancora una volta la realtà superò le mie aspettative. Era enorme e a più piani, delle dimensioni di una casa. Era tinteggiato di un bianco perlato con accenni dorati che gli conferivano maestosità. All’esterno i colori dominanti erano il blu cobalto alternato al celeste cristallino, perfettamente in  armonia con lo specchio d’acqua sul quale ondeggiava. Gli spazi erano ampi e ben arredati. Nulla di troppo vistoso o ingombrante, l’indispensabile per concedersi il giusto relax. All’interno le cabine erano molto grandi, avremmo potuto viverci comodamente. Il  piano “terra” presentava una cucina completamente attrezzata. Il primo piano ospitava una stanza da letto, arredata in stile moderno e dotata di tutti i comfort desiderabili e non. Annesso vi era un bagno estremamente spazioso con tanto di idromassaggio. Al secondo piano albergava una seconda stanza da letto leggermente più piccola ma altrettanto bella, anche questa completa di bagno. Infine sull’ultimo piano si apriva una terrazza dalla quale ci si perdeva ammirando l’immensità del mare ed estasiava contemplando il tramonto.
Sia benedetta la famiglia di Liam. Tutto ciò era assurdo. La meraviglia nei miei occhi era facilmente percepibile, come anche per Niall e Beth.
 
“Pensavo fosse più grande questo yacht. Cioè ha solo una cucina enorme, due stanze da letto, due bagni e una terrazza. Cose da niente insomma” disse Niall fingendosi per niente sorpreso.
 
Ridemmo tutti di gusto.
 
“Voi ragazze sistematevi come meglio credete, noi ci occuperemo di prendere il largo. Vieni Niall” disse Liam mettendoci a nostro agio e dando informazioni su come navigare a Niall, sinceramente interessato.
 
“Porca vacca incinta di nove mesi! Clara, ma dove l’hai trovato Liam?” disse Beth ancora sbalordita.
 
“Sicuramente non in un mercatino delle pulci!” risposi seguita dalla sua risata.
 
Rimanemmo in costume ma prima che potessimo stenderci al sole.
 
“Santo cielo! Beth, sei così fottutamente dimagrita. Sei pelle-ossa” dissi senza aver peli sulla lingua.
 
“Lo so, non me ne fare una colpa. Sai da cosa è dovuto. Non iniziare con la solita tiritera che dovrei smettere, ci pensa già abbondantemente Niall” disse sotto voce, quasi come se volesse evitare l’argomento.
 
Non capivo perché si ostinava a bucarsi se quelle erano le conseguenze. L’eroina. Cosa doveva essere? Che piacere doveva procurare per ridurre una persona in quelle condizioni senza che questa potesse importarsene minimamente?
Mai e poi mai avrei voluto trovare una risposta alle mie domande provando sulla mia pelle. Lo ribadivo: niente eroina. Mai. Niente più droga. La disintossicazione era estenuante, mi distruggeva. Spesso volevo mollare tutto e farmi, farmi fino a sfondarmi e perdere i sensi, crogiolarmi in quel piacere illusorio. Ma non dovevo: persistere, questa era la parola giusta. Persistere per Liam. Senza più droga tutto sarebbe stato migliore con lui. Ne ero certa e questa era l’unica motivazione che mi consentiva di andare avanti.
Perché non era lo stesso per Beth? Non sentiva anche lei questo disperato bisogno? Non desiderava che le cose si mettessero a posto una volta per tutte? Forse per lei  Niall non era una motivazione sufficiente come lo era Liam per me. Quel ragazzo doveva amarla infinitamente per starle ancora accanto e nutrire ancora la speranza che un giorno Beth si fosse pulita. Perché non lo capiva? L’eroina l’aveva cambiata radicalmente, era la sua amante fissa. Non doveva andare così, eppure le cose si stavano evolvendo nel modo più sbagliato possibile. Dovevo persuaderla a smettere o l’avrei persa per sempre.
Una volta a largo, sentii lo yacht fermarsi e ancorarsi. Liam e Niall compiaciuti di averci portati sin lì ci raggiunsero felici e si accoccolarono entrambi vicino a noi ragazze.
Eravamo tutti avvolti da un alone di abbandono, di totale relax. Mi sentivo parte di quell’immensità. Mi riflettevo nel mare limpido, viaggiavo toccando con mano il cielo che ci sovrastava. Mi lasciavo trasportare dal vento che accarezzava i nostri corpi. Ero nel sibilo dei gabbiani. Totale trasporto. Ad interrompere questa simbiosi con la natura fu la voce delicata e gentile di Niall.
 
“Voglio viaggiare fino all’ultimo lembo di terra, identificarmi in nuove culture, perdermi nei misteri dei luoghi più mistici del mondo, assaporare i cibi più prelibati e disgustosi. Imparare di più, soffermarmi sulle piccole e semplici cose della vita, apprezzare di più. Sì, sarà così” disse incantato con gli occhi socchiusi.
 
“Prima però pensa ad iscriverti al college, grande esploratore” proruppe Beth spezzandogli l’entusiasmo.
 
“Sto cercando di andare oltre a ciò, o meglio sto cercando di dimenticarmene completamente. Non sei d’aiuto amore mio. Tu verrai con me, sarai la mia bussola, l’unica al mio fianco a riportarmi sempre sulla giusta rotta, la mia ancora nei momenti di sconforto a ricordarmi che le cose possono sempre sistemarsi” disse poi fermandosi a riflettere.
 
“Io ci credo Beth. Credo in te. Credo in noi. Vedrai il nostro amore avrà la meglio. Staremo insieme e nulla al mondo potrà separarci. No, non più. Nessun altro ostacolo” continuò assorto, tenendo le mani tremanti di Beth chiuse nelle sue e guardandola dritta negli occhi, infondendole coraggio e speranza.
 
Beth sembrò cedere a quelle parole. Percepii il suo sconforto. Niall ci credeva così tanto da illudersi realmente che tutto fosse già sistemato. Non era mai stato più lontano di così dalla realtà. Vidi gli occhi di Beth inumidirsi, le lacrime affiorare e bagnare il suo volto distrutto. Niall era la sua salvezza. Lui e nessun altro, Beth doveva solo lasciarsi salvare. La abbracciò forte, accarezzandole dolcemente i capelli, mentre lei si abbandonava in un pianto contenuto nelle sue braccia. Vidi Liam perplesso, d'altronde era fuori da questa tragica situazione e non volevo che vi entrasse.
Era troppo struggente vedere Niall ridursi così per solo amore di lei per poter auspicare una cosa simile anche a lui.
Liam si avvicinò a me sussurrandomi all’orecchio cosa stesse succedendo. Non volli dirgli molto, mantenendo così la risposta sul vago.
 
“Io invece ho intenzione di correre con le moto. Sono la mia più grande passione. Tra qualche settimana riprenderò gli allenamenti e tra un anno mi iscriverò al campionato regionale. Inizierò così, puntando poi più in alto e vedremo dove arriverò” disse Liam quando la situazione ritornò serena.
 
Io invece stetti zitta, non avendo nulla da dire in merito.
Avevano tutti un sogno ed un obiettivo da raggiungere , io invece? Fino a qualche settimana fa avevo solo accumulato miseria su miseria, mi stavo distruggendo. E’ questa la realtà di chi sceglie di drogarsi. Non ti poni più degli scopi nella vita, non pensi più a come migliorare il domani. Ti concentri sul momento presente e a come renderlo sensazionale esaltandoti, quando in realtà tutto ciò che stai facendo è rovinarlo. Niente più famiglia, amici, hobby, impegni, frivolezze, dubbi o certezze. Non ti soffermi su queste cose. Non contano più, quindi perché preoccuparsi? E poi quando cerchi di smettere, eccole lì. Tutte insieme che ti assalgono. Così devi improvvisamente ripensare ad avere rapporti sociali, a mantenere gli impegni presi, a non deludere le aspettative, capire cosa fare della tua vita. Tutte cose che ti stressano e deprimono, quando invece puoi eliminarle drogandoti. Ho capito che però la droga non è la risposta a tutto. Anzi non lo è per niente. Finisce solo per demolirti ancora di più , ridurti a brandelli fin quando l’unica speranza che puoi avere è continuare così fino a farla finita. Per sempre. E’ questo che stava accadendo a Beth, è quello che sarebbe accaduto a me se non avessi incontrato Liam. Lui è stato il mio angelo custode, eppure era all’oscuro di tutto.
Improvvisamente Beth si staccò da Niall, prese la borsa che aveva sempre sott’occhio e che custodiva avidamente e si dileguò di colpo. Vidi il volto di Niall incupirsi. Capii, così decisi di seguirla. Prima che potesse chiudere la porta del bagno mi ci intrufolai, cogliendola di sorpresa.

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Capitolo 23
*** Hold on ***


“Che cazzo ci fai qui? Esci Clara. Non mi sento bene” disse estremamente stizzita.
 “Ti senti male? Cos’hai mal di testa, forse un mal di pancia oppure … ah necessità di bucarti? Aspetta, ho indovinato vero?” sparai andandole contro.
 “Cosa puoi mai saperne tu? Non sai nulla di me Clara, quindi continua ad esserne all’oscuro. Esci immediatamente” rispose quasi senza forze.
 “Beth ti conosco da quando eravamo bambine. Siamo cresciute insieme, stiamo crescendo insieme.Non nel migliore dei modi devo ammettere.
So cosa ti rende felice o triste, conosco le tue capacità  e le tue debolezze, so cosa ti rende vulnerabile e cosa ti rende forte.
Ti conosco troppo bene per uscire da qui ed abbandonarti nel momento del bisogno.
Sebbene tu voglia rimanere sola, scomparire, so che in realtà desideri essere trovata e accolta. Hai bisogno di aiuto e sono qui per questo.
Abbiamo iniziato insieme, abbiamo sbagliato insieme ed ora la faremo finita insieme. Tu ed io. Ricordi? Da sole contro tutto e tutti, ma sempre insieme.
Io sto smettendo e so che anche tu puoi. Non nego che sia dura e capisco che la tua situazione è più delicata, ma non credere di combattere questa lotta da sola.
Chi non lotta ha perso già in principio. E poi c’è anche Niall al tuo fianco, lui che non ha mai smesso di credere in te.
Ti amiamo troppo per permetterti di continuare a ridurti come un manichino senz’anima. Non pensare che arrivata a questo punto non ci sia più ritorno e che ora tutto debba andare a rotoli. Non è così, c’è sempre una speranza. Se vuoi, puoi” dissi sparata come un razzo.
 “Non puoi minimamente sapere come ci si sente. Credi che a me faccia piacere continuare a sparare merda in una vena purulenta aspettando che i sintomi dovuti alla dipendenza svaniscano?
E continuare a farlo automaticamente ogni giorno per continuare ad andare avanti, senza sembrare una persona in decomposizione?
Questo non è vivere, è sopravvivere, Clara. Non ne vado fiera, ma ora ci sono dentro fino al collo e non trovo più alcuna via di uscita.
Non è come dici tu, che c’è sempre una speranza. Per me non c’è. Gli eroinomani non hanno speranze, le hanno ormai esaurite tutte.
Non credono più a niente e nessuno. Nessuno crede in noi, nessuno ci vuole intorno, ci considerano lo schifo di questo mondo perché abbiamo scelto di distruggerci la vita. E’ così, chi può dargli torto in fin dei conti. Se neanche noi crediamo più in noi stessi, come possiamo pretendere che lo facciano gli altri?
Basta, ne ho piene le palle di frasi smielate con lo scopo di convincermi a persistere. Non servono a nulla.
I vostri patetici tentavi sono solo parole al vento, quindi vi do un consiglio: fatela finita!” disse stremata con la sola voglia di bucarsi.
Ascoltando quelle parole uno che può fare? Ci credeva davvero, non era la disperazione a parlare per lei, ma la convinzione che le cose stessero realmente così.
Cosa potevo fare?
Io e Niall stavamo sbagliando tutto. Aveva ragione, le parole in questi casi sono solo un cumulo di lettere senza significato.
Non ti aiutano a disintossicarti, a cacciare l’eroina dal tuo corpo, questo è ciò che serve e che non possono fare.

Ci guardammo a lungo, lei aspettando ansiosa che uscissi, io che mi seguisse e lasciasse via gli strumenti che già aveva posizionato sulla toilette.
Nessuno dei due casi si verificò. Ormai stanca, si dimenticò quasi della mia presenza, iniziò a disciogliere la polvere nel cucchiaio e prendere la siringa che tremava nelle sue mani. Davanti a quell’orribile scena, istintivamente mi fiondai su di lei cercando di impadronirmi della siringa che oscillava freneticamente tra le nostre mani. Non la cedeva.
“Beth dammi questa cazzutissima siringa ora. Basta cazzo, basta. Perché ti ostini? Beth dammela!” urlai cercando di strappargliela dalle mani.
“Stronza, troia, lasciami. Devo bucarmi. Ne ho bisogno. Sento di svenire da un momento all’altro. E cazzo lasciala” le sue urla che sovrastavano le mie.
Come se non fosse già abbastanza, si aggiunsero i pugni di Niall che battevano pesantemente contro la porta del bagno.
 “Che succede lì dentro? Beth? Fammi entrare” urlava nel frattempo.
“Porca puttana, andatevene. Lasciatemi sola. Non ho bisogno di voi. Non vi voglio tra i piedi. Andatevene” urlò piangendo Beth.
Iniziò a tirarmi i capelli per disfarsi di me. Cominciai a picchiarla violentemente per allontanarla.
Ci strattonammo a vicenda e così la siringa cadde nel gabinetto, insieme alla dose stagnante sul cucchiaio, pronta per essere iniettata in vena. Ci fermammo di colpo. Gli occhi sgranati di Beth, fissi sulla tazza. Vidi la rabbia mista a disperazione fuoriuscire.
“Noo. Cazzo, era l’unica dose” strepitò, volgendo poi lo sguardo furente su di me.
 “Beth è meglio così. Deve andare così. Convinciti. Cazzo, ascoltami una buona volta. Lo faccio per te, porca puttana!” le dissi a tono.
Niall riuscì ad aprire la porta e vedendo che Beth stava iniziando a picchiarmi furiosamente la allontanò, pur con difficoltà, facendomi cenno di uscire dal bagno.
Le prese i polsi, che agitava in aria nel tentativo di raggiungermi, e la fermò, stringendola poi in un abbraccio per cercare di calmarla.
Non volli assistere più a quello spettacolo orripilante.
Raggiunsi Liam che nel frattempo stava azionando lo yacht per dirigersi verso casa.
Niall gli aveva mentito dicendo che Beth soffriva di improvvisi attacchi epilettici che la rendevano irascibile, quindi era meglio tornare a casa.
Mi sedetti accanto a lui per constatare che non dubitasse di niente. Fortunatamente se l’era bevuta e, ansi, sembrava piuttosto preoccupato per Beth.
Mi dispiaceva prenderlo così per il culo, ma era meglio che sapesse questo e non la verità.

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Capitolo 24
*** Torn ***


Torn

Dopo aver lasciato Liam al molo, ci dirigemmo verso casa di Niall ormai vuota per un’improvvisa partenza di lavoro dei genitori.
 Nuove crisi sovrastarono Beth, crisi molto più acute che richiedevano un’unica soluzione. Soluzione che né io né Niall volevamo considerare.
“Non ce la faccio più. Sto morendo” e a sentire il suo tono di voce, non stava mentendo.
In passato aveva avuto altre crisi alle quali avevo assistito, ma mai nessuna le aveva portato simili risultati.
Il suo volto assunse il tipico colorito di chi man mano sta perdendo la vita, bianco cadaverico, con tremolii che non le permettevano di respirare, improvvisi spasmi, sguardo assente. Era raccapricciante, da far accapponare la pelle.
Beth, quanto mi mancava la mia Beth, quella di un tempo, la ragazza spensierata e sempre sorridente con la quale avevo condiviso l’ infanzia e l’adolescenza.
Da piccole avevamo un sogno: vivere insieme, in una casa tutta nostra a Malibù, con i nostri rispettivi ragazzi e passare le giornate fregandosene di tutto e tutti, trascorrendo il tempo tra divertimento e sesso sfrenato. Anche se non lo ammetteva mai, le sarebbe piaciuto vivere così.
Fantasticavamo su come sarebbe stato, soprattutto in quel momento che ci trovavamo ad un passo dalla felicità. Rettifica: io ero ad un passo dalla felicità.
Invece, per Beth questo sogno era accantonato, svanito, dimenticato, non aveva più rilevanza. La droga l’aveva atterrita. Beth era nella merda più totale.
Non le era rimasto più niente in questo mondo corrotto, niente, aveva capito che l’amore di Niall non era abbastanza forte per farla smettere per sempre, anche se lei aveva provato per un tempo indeterminatamente lungo a  convincersi del contrario.

 “Clara, vai. Ci penso io a lei”. Gli risposi con un leggero cenno della testa.
Mentre percorrevo la strada di casa, per tutto il tempo non facevano che rimbombarmi nella testa le parole di Niall “ci penso io a lei”.
Capii che quello che intendeva dire realmente era che avrebbe pensato sempre lui a Beth, grazie all’amore sconfinato che provava per quella ragazza.
Arrivata a casa, ebbi solo il tempo di bere un bicchiere d’acqua che immediatamente il mio cellulare squillò.

“Pronto Niall, che è successo? Come sta Beth?” gli domandai di botto.

 “Clara, vieni subito! Beth…” non aspettai nemmeno che finisse di parlare che mi fiondai subito a casa sua, percorrendo i cinque isolati che ci separavano in dieci minuti, quando normalmente impiegavo una mezz’ora abbondante.Bussai freneticamente il campanello senza sosta finchè il ragazzo non mi aprì.

 “Dove sta?”. Lui non rispose. Lo potevo capire. Aveva il volto rigato da profonde lacrime e due occhi nei quali prima sembrava vederci l’oceano, ora erano spenti e inespressivi.
Lui non proferì parola, ma con un gesto della mano mi fece capire dov’era .
Corsi subito da lei, senza essermi ancora ripresa dalla maratona che avevo appena fatto, ma in quel momento pensare a me e al mio corpo stremato dalla fatica era l’ultima delle preoccupazioni. In quel momento ogni mio pensiero verteva su di lei.
Beth aveva bisogno di me più che mai e, nonostante la nostra discussione, io non l’avrei lasciata. Non in quel momento. Non da sola. Non così.
Aprii di scatto la porta della stanza e trovai lei, la mia migliore amica, che rantolava a terra, di fianco al letto.
Appena il suo sguardo incrociò il mio, rotolò rapidamente verso di me, restando ancora sul pavimento freddo. Mi afferrò i piedi e li abbracciò.
Con quel gesto capii che Beth stava cercando di chiedermi scusa, ma al tempo stesso che non ce la faceva più a sopportare tanta sofferenza.
Davanti a quella visione non riuscii a muovere un muscolo e l’unica cosa che feci fu uscire da quella maledetta stanza.
Non riuscii a trattenere le lacrime e i singhiozzi, ritrovandomi improvvisamente nell’abbraccio debole di Niall, anche lui in lacrime.
Passarono appena pochi secondi quando allontanai di peso il corpo del ragazzo dal mio. Gli mollai uno schiaffo sul suo viso liscio e morbido accompagnando quel gesto con parole fredde e dirette.

 “Niall, cazzo. Beth ci sta dicendo in tutti i modi che ha bisogno di noi e che facciamo? Piangiamo come due disperati?”.
Non so come quelle parole mi uscirono dalla bocca senza controllo e rimasi sorpresa anche dalla durezza del tono che usai.
Mi avvicinai a lui per chiedergli scusa del mio gesto improvviso e gli presi la mano con delicatezza.

“Lo so che è difficile vederla così, ma sai anche tu qual è l’unica cosa che possiamo fare per riaverla ancora con noi” .

“No, Clara, Ti prego. Non così.”

 “Forse non capisci. Se la lasciamo soffrire così, lei non ce la farà e si lascerà andare una volta per sempre” proferii quelle parole sorprendendomi di non essere scoppiata in lacrime, ma solo il pensiero di non averla al mio fianco faceva nascere in me una forza impressionante.

 “Clara, h-hai r-agione. Però ti chiedo solo una cosa, di andarla a comprare tu”.
Niall le era stato  vicino in tutto il percorso di disintossicazione, ma sapevo che avrebbe voluto restare il più lontano possibile da quel mondo, quindi non gli potei dire no.
Presi la borsa con abbastanza soldi per procurarmi l’occorrente per “curare” Beth e uscii di nuovo per raggiungere la residenza di spaccio di  Zayn.
 
Beth’s pov
Farla finita. Togliermi dalla faccia di questo mondo. Fare un favore all’umanità sparendo per sempre.
Erano quelli i pensieri fissi che occupavano la mia mente, mentre sentivo di star morendo pian piano e per di più della morte peggiore, quella lenta e sofferente.
Era inutile continuare a protrarre questa sofferenza ancora a lungo. Non avrebbe mai avuto fine, avrebbe continuato a spezzarmi lentamente le ossa, ad incenerire i miei muscoli, a spappolarmi il cervello, ridurmi in un niente. Era troppo, avevo raggiunto il culmine.
Mi trovavo nel limbo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un luogo senza luce ma ancora distante dall’oscurità.
In un posto nel  quale nessun essere umano dovrebbe imbattersi.
Gli unici rimpianti che mi sarei lasciata alle spalle erano Clara e tutti i sogni che avevamo già programmato.
Andare a vivere insieme e scopare a destra e a manca e vivere senza freni con i nostri fidanzati.Non l’avevo mai ammesso, ma era la cosa che più mi sarebbe piaciuta.
E Niall… quanto di più bello  mi fosse mai capitato.  Lui era stato il solo, oltre a Clara, a starmi vicino nonostante l’idea della droga lo ripugnasse.
Aveva speso tutte le sue forze per cercare di strapparmi da quel circolo vizioso dal quale si può uscire in un unico modo, a cui mi stavo avvicinando sempre di più.
Non facevo che pensare che se avessi conosciuto prima Niall, non avrei aspettato impaziente la morte, ma mi sarei trovata sotto il  braccio della felicità.
La stessa felicità a cui avrei voluto pensare prima di chiudere i miei occhi per sempre.
La stessa felicità che avrei voluto far provare anche a lui prima di abbandonarlo per sempre.

Decisi così di raccogliere le ultime forze rimaste ed alzarmi dal letto, sul quale ero riuscita a distendermi solo grazie all’aiuto di Niall.
Lo chiamai, sapendo che si trovava in cucina per evitare che sentissi i suoi singhiozzi. Non passò più di qualche secondo che arrivò subito in camera.
Gli dissi che mi ero ricordata di avere delle pillole di valium che mi avrebbero ridestata, almeno fino a quando fosse arrivata Clara, anche se sapevo che non ce l’avrei fatta comunque.

“Vuoi che ti aiuti?” mi disse afferrandomi delicatamente la mano, forse per paura di farmi male.

 “No, grazie. Ce la faccio” gli risposi abbozzando un sorriso e cercando di nascondere il dolore che mi avvicinava ad un passo dal non essere.
 Dopo aver preso la borsa entrai in bagno facendo attenzione a chiudermi dentro, in modo tale da non permettere a Niall di entrare. Rimasi per dei secondi accasciata alla porta cercando di trattenere le lacrime e soprattutto il dolore che incombeva incessante su di me, sapendo che quelli erano gli ultimi istanti che mi rimanevano da vivere.

 Non avrei mai voluto farlo. Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma era l’ultima cosa che potevo e dovevo fare per me stessa, per Clara e soprattutto per Niall.
Dovevo andarmene da questo mondo in cui avevo portato solo dolore, dolore intervallato da brevi istanti di gioia, ma pur sempre dolore.
Così lo feci. Lo feci una volta per tutte. Solo in quell’istante , mentre sentivo  i miei diciassette anni abbandonarmi lentamente  e le urla di Niall che gridava di farlo entrare, solo allora realizzai che avrei voluto più tempo per vivere, per fare ancora una volta l’amore con il mio ragazzo, per guardare le sue iridi cristalline e trovarci il mio riflesso più splendente e vivo che mai, per baciare le sue morbidi labbra ancora una volta e per dirgli che lo amavo, l’avevo sempre amato e avrei continuato ad amarlo per sempre.
Ma tutto quel tempo non ce l’avevo.

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Capitolo 25
*** Don't let me go ***


Don’t let me go

Niall’s pov
Aspettavo impaziente il campanello suonare, aprire quella porta e vedere Clara con l’eroina.
Non riuscivo ancora a credere di desiderare ciò, volere che ancora una volta, una volta di troppo, Beth lasciasse fluire quella merda nelle  sue vene.
Ma dovevo scegliere  questo o la sua più atroce e incontrollata sofferenza. Non riuscivo neanche a soffermarmi sull’idea che Beth dovesse continuare a straziarsi così. Il suo dolore era palpitante, consumava le sue fragili membra e soprattutto la allontanava ogni istante in più da me.
Dovevo evitare che accadesse ciò, l’eroina era la soluzione più sbagliata quanto necessaria per il momento.
L’attesa era pressante, un pesante fardello che incombeva su noi tutti.  E mentre i minuti scivolavano via, qualcosa di impensabile stava tenendo occupata Beth.
Era in bagno, mi aveva detto che doveva prendere delle pillole di valium. Allora perché tutto quel tempo?
Perchè il sospetto si accresceva in me dandomi la sicurezza che qualcos’altro stesse accadendo? Mi precipitai verso la porta del bagno trivellandola di colpi incessanti.

“Beth, cosa stai facendo? Aprimi subito!” urlai sforzando la voce.
Nessuna risposta.

“Beth, forza aprimi. Resisti, Clara sta arrivando con la dose. Vedrai, ti sentirai meglio, ora però aprimi. Devi farmi entrare Beth. Giuro che sfondo questa dannatissima porta se non lo fai” continuai con gli ultimi fiati di  voce.
La paura aumentava, i battiti cardiaci mi sfondavano il petto, ogni singolo nervo era teso e pulsante.

Non più gemiti di dolore, affanno, sforzo fisico udivo provenire da lì dentro.
 
“Beth, amore mio, perché mi fai questo? Fatti forza. Aprimi. Aprimi. Aprimi” e mentre le parole fuoriuscivano riempiendo quell’oscuro silenzio, riuscii a sfondare la porta e . . . la fine.
L’inizio dell’incubo più brutto, così vivido, così vicino, così reale. Reale.Non era finzione o fantasia, era lì davanti a me a rinchiudermi in una dolorosa morsa da sfracellarmi le ossa, spezzarmi in due, abbattermi. Immobile, una cancrena di muscoli e sensi colpì il mio corpo.
Per un attimo non vidi più nulla. Il buio totale mi fagocitava sostituendo quell’immagine spettrale.
Sentii di svenire, mi accasciai allo stipite della porta e caddi per terra in frantumi.
I frammenti del mio corpo sfracellato dissipati su quel terreno di morte. Ricomporli, dovevo ricomporli per riassemblare quelli di Beth.

“Mio Dio, Beth. Amore mio. Beth. Beth.  Perché?” urlai con quanta voce mi era rimasta. Con quanta forza mi era rimasta. Con tutto l’amore che provavo.

Beth era lì, distesa morente su un letto di sangue, come nella più cruenta scena di un film, il suo corpo, provato da mille sforzi, senza quasi più vita.
Fiotti di sangue ancora caldo zampillavano velocemente dai suoi polsi feriti, accumulandosi nella già ricca pozza creatasi lungo tutta la sua figura .
Il suo sguardo, il suo terrificante sguardo fisso sul soffitto. La bocca esangue semiaperta. I palmi delle mani squarciati, impregnati di sangue.
I suoi tremiti irrefrenabili in un moto accelerativo.
Quando ripresi coscienza, mi fiondai verso il suo corpo quasi del tutto assente a questo mondo.
Mi sedetti accanto a lei incrociando le gambe tremanti, adagiandoci sopra la sua testa.
Un fiume di lacrime inondava il mio volto esausto, distrutto, addolorato, lavandole il viso ormai saturo di sofferenza.
Le presi i polsi, iniziai a baciarli senza sosta nella vana speranza che si ricomponessero, che lasciassero rifluire il sangue al loro interno.
Le accarezzai il viso scavato, la baciai ripetutamente provando a restituire calore a quel corpo anemico.
Il dolore straziante che mi squarciava internamente riducendomi a brandelli, i miei sensi affievolirsi, la mia anima abbandonarmi rapidamente lasciandomi vuoto.

“Niall, non dovevi vedermi in questo stato.  Perché piangi per un’inutile drogata? Tu non dovevi vedermi morire ” sussurrò con tono flebile, sforzandosi di rimanere cosciente.
Le parole mi si strozzavano in gola, formando un grosso groviglio di cose che avrei voluto dirle, segreti che avrei voluto rivelarle, pensieri che avrei voluto formulare, amore che avrei voluto regalarle in quel momento e per sempre, così da accompagnarla dolcemente verso il nulla eterno.

“Beth, tu non devi morire, cazzo! Ce l’avresti fatta, insieme ne saremmo usciti vittoriosi. Perché non ci hai creduto? Perché non ti sei fidata di me? No, non doveva finire con te morente. Perché l’hai fatto? Perché mi vuoi abbandonare? “ furono le uniche cose che riuscii a proferire, mentre le lacrime prosciugavano il mio volto, portandomi alla deriva.

“Niall era tutto inutile, lo sai bene. Non c’era alcuna via di uscita. Sarei morta ugualmente, l’eroina mi avrebbe stroncata, quindi perché continuare a soffrire? Tu devi andare avanti. Meriti più di questo. Meriti qualcuno che ti renda felice, qualcuno con cui volare in alto e realizzare i tuoi sogni, non un mostro che ti spezzi le ali come me” disse abbandonandomi sempre di più.
Un intervallo di silenzio calò sulle nostre figure decadenti.

“Pensa a me quando sorvolerai le lande deserte e gelate dell’Alaska, quando ti perderai nei deserti africani, quando guarderai il mondo sotto i tuoi piedi dall’Everest. Lascia che il mio ricordo si faccia spazio tra i tuoi pensieri. Ti amo. Ti amo” mi sussurrò poi delicatamente, concentrando le ultime forze per rivolgersi a me. 

“Beth, sei tu tutto ciò che ho sempre desiderato, è per questo che ho combattuto tanto per te, per noi. Queste cose non avranno più importanza se tu non starai al mio fianco, cosa lo avrà più? Era tutto per noi, perché non l’hai capito?” dissi infine cercando di non farmi sovrastare dai pesanti singhiozzi.

“Niall, io ..  “ cercò di continuare, ma ormai priva di forze non riuscì ad andare avanti.
La avvicinai a me ancora di più e la abbracciai intensamente, come se fossi stato creato unicamente per questo scopo, barcollando avanti e indietro. Volevo stringerla a me e farla mia. Mia per sempre. Ho desiderato così ardentemente che quell’attimo durasse per sempre, che tutto finisse lì, che il tempo si fermasse lasciandoci l’una nelle braccia dell’altro per l’eternità.

I miei singhiozzi, i suoi affanni, le mie lacrime, i suoi gemiti, la mia disperazione, il suo distaccamento alla vita.
 
“You’ll never love yourself half first much as I love you.
You’ll never treat yourself right darling, but I want you to.
If I let you know I’m here for you
maybe you’ll love yourself like I love you…”

Le cantai con la voce flebile, tremante, provando a fermare quei singhiozzi che rimbombavano per la stanza.
Vidi i suoi occhi socchiudersi lentamente e un sorriso irradiarle il volto. Quella era la mia Beth, ora è solo una cosa. Non è più lei, ma essa.
Non possiede più emozioni, sentimenti, rancori, dolori, gioie .. niente, è un corpo freddo senza vita.
E così che tutto ciò per cui ho combattuto, tutto ciò per cui mi sono sforzato di non crollare è svanito di colpo, disciolto in quel sangue purulento.
Non aveva avuto senso. Nulla di quanto avevo fatto, di quanto mi ero imposto e ripromesso più volte era servito a qualcosa, solo parole buttate al vento, gesti senza importanza dimenticati, speranze vane, sogni infranti.
'Perché Beth avevi scelto di iniettarti una massiccia dose di sofferenza e disperazione in quelle vene?
Mi hai lasciato solo, con le spalle contro al muro, indifeso, senza alcuna motivazione di andare avanti. E’ così che ti sei sentita, amore mio? E’ questo ciò che ti ha spinta a mollare tutto e farla finita per sempre? Eri Persa? Disperata? .. perché non l’ho capito, non ho cercato di fare di più?
Ho voglia di morire, perché continuare così? La parte migliore di me non c’è più, resta quel che non conta, quello di cui a nessuno importa.
Tu mi completavi Beth. Mi facevi sentire indispensabile, qualcuno senza il quale non puoi vivere.
Cosa conta davvero ora, se tutto quello che lo era per me non mi è più accanto?
Voglio raggiungerti, ovunque tu sia. Ora tu sei il mio posto preferito, quello che sono impaziente di visitare, nel quale mi ci voglio perdere e poi ritrovare e ancora perdere per non lasciarti più, per ritrovarti sempre accanto a me, tra le mie braccia, tu che mi guardi con il tuo immancabile sorriso, ti avvicini a me e ti lasci coccolare come se non ci fosse un domani,  che mi dici di essere la persona più inutile dell’umanità e ti lasci rincuorare dalle mie dolci parole. Ti voglio qui, Beth. Mi manchi, sento un vuoto incolmabile dentro di me, quel vuoto sei tu.'
 

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Capitolo 26
*** Half a heart ***


Half a heart

Raggiunsi Zayn e, mentre mi procurava il necessario per Beth, gli spiegai velocemente l’accaduto.
Zayn, oltre ad essere il nostro spacciatore di fiducia, era anche il nostro migliore amico e, in quanto tale, si offrì di accompagnarmi con la sua moto a casa da Beth.
Lo liquidai dicendogli che se avessi avuto di nuovo bisogno di lui lo avrei chiamato.

“Tienimi aggiornato e salutami Beth” mi disse cercando di infondermi forza prima che rientrassi a casa.

Mi fiondai subito nella camera di Niall dove avevo lasciato l’ultima volta Beth, ma lì non c’era nessuno.
Pensai immediatamente che fosse successo qualcosa, così iniziai a girare per tutta la casa in cerca di qualcuno.
Arrivata in corridoio mi accorsi che la luce del bagno era accesa. Sentii qualcuno piangere silenziosamente, ma non abbastanza da riuscire a non udirlo.
Aprii la porta cercando di prepararmi psicologicamente a quello che avrei visto, ma niente di quello che pensai potesse essere successo era minimamente paragonabile a quella visione spettrale.

Mi sentii immediatamente le gambe tremare, infatti di lì a poco avrebbero ceduto, abbandonandomi a terra in una pozza di sangue.
Era quello di Beth, che usciva ancora dalle sue vene massacrate da tagli profondi e una lametta affianco al suo corpo inerme.
I miei occhi ormai in lacrime già da fuori la porta erano fissi sull’espressione della ragazza, felice nonostante fosse ormai senza vita, e quella di Niall che era l’esatto opposto. Sentivo delle parole di una canzone uscire ancora flebili dalle labbra del ragazzo, mentre continuava a stringere l’ormai cadavere di Beth.
Il suo viso era irriconoscibile, marcato profondamente dal dolore per la morte della sua ragazza; rabbia per la decisione di Beth nonostante i suoi vani ed innumerevoli tentativi di aiutarla, ma soprattutto odio, nei confronti di sé stesso per non aver provato a fare di più.
Ma quello che non sapeva è che lui aveva fatto tutto quello che era in suo potere, la battaglia più difficile spettava solo ed unicamente a Beth, la quale aveva deciso di rinunciare a lottare per sperare in un mondo migliore.
Lui l’aveva amata immensamente come se da qualche parte, negli astri o negli oroscopi, il loro amore fosse già scritto, ma lei non era riuscita ad amare sé stessa.

Non più lacrime mi rimasero, non più forze avevo nel mio corpo,  né più fiato per gridare il suo nome. Solo rabbia ed odio, come Niall. Ma le mie erano ragioni diverse. Avrei potuto dirle di fermarsi quando scoprì questo nuovo mondo, o addirittura di non farglielo conoscere.
Avrei potuto dirle di no tutte le volte che mi aveva chiesto una dose, mentre io gliel’avevo sempre procurata.
Avrei potuto dirle di cercare emozioni nuove nelle cose semplici e non in quella merda.
Avrei potuto dirle di scegliere la vita, invece di rovinarsela per sempre, segnando l’imminente giorno della sua morte, che sapevo non sarebbe tardato ad arrivare.
Avrei potuto impedire tutto questo. Il suo corpo ormai freddo abbracciato a quello di Niall che continuava a cantare la canzone preferita di Beth, nella speranza che potesse tornare indietro, quando ormai i segni delle lamette sui suoi polsi l’avevano per sempre portata via da noi, da me.
Avrei potuto impedire tutto questo e invece ero rimasta a guardare in silenzio, facendole sporadiche prediche a cui nemmeno io davo importanza.
E non facevo altro che incolparmi di questo e di tutto quello che aveva dovuto sopportare da sola mentre io vivevo la mia storia d’amore con Liam.
Quanto ero stata stupida a preferire lui alla mia migliore amica. Mentre lei mi chiedeva in ogni modo aiuto, io non facevo altro che raccontare le mie fottute perfette giornate con lui. E adesso, seduta davanti al cadavere della mia migliore amica, con i vestiti impregnati del suo sangue, lui dov’era ? Dov’era?
Di certo non accanto a me cercando di consolarmi come faceva, ormai inutilmente, Niall.

Passò una settimana da quando seppellimmo il corpo di Beth e da allora non avevo più visto e sentito nessuno.
Con nessuno intendo anche Liam, non avevo alcuna voglia di sentire la sua voce squillante e il suo viso sorridente sprizzare felicità da tutti i pori.
Rimasi chiusa dentro la mia stanza, scendendo di tanto in tanto in cucina, giusto per non morire di fame, anche se l’idea mi sfiorò due o tre volte.
Ricevetti minimo una dozzina di chiamate e messaggi al giorno, ai quali non risposi nemmeno ad uno.
Una fortissima emicrania mi raggiungeva puntualmente ogni giorno rendendo tutto più difficile, più straziante, insopportabile.
E quando mi soffermavo per qualche minuto di troppo sul pensiero di Beth, ecco che aumenta, ma non potevo evitare quel pensiero.
Non riuscivo ancora ad accettare il fatto che Beth fosse morta, mi era impossibile abbandonare quell’idea.
Sebbene durante il funerale Niall non aveva smesso di ripetermi che non era colpa mia, sapevo d’essere davvero l’unica responsabile dell’accaduto, l’unica oltre a Beth che poteva evitare ciò. L’unica che le era sempre stata accanto mentre si iniettava e si faceva di tutto, senza mai dirle niente o impedire di farlo.
Continuavo a ripetermi che, con il passar del tempo, sarebbe diventato più facile, che questo fardello si sarebbe liberato del suo peso, in modo da poterlo sollevare e disfarmene, allontanandolo per sempre da me, rilegandolo in qualche luogo ignoto ed irraggiungibile.
Ma la verità è che non era così e non lo sarebbe mai stata.

'Beth, non sei più al mio fianco e quel posto che occupavi accanto a me rimarrà sempre vuoto. Te ne sei andata e io sto ancora provando a ricordare come si respira' pensai, una volta, due volte, fin quando questo fu l'unico pensiero fisso nella mia mente, irremovibile come un masso, un insostenibile peso sulla coscienza.
 
Liam’s pov
Mi mancava, mi mancava da morire. Era passata solo una settimana senza sentirla, udire il suono della sua voce, della sua risata ed io stavo impazzendo.
Non sapevo il motivo per cui non rispondeva ai miei messaggi e alle chiamate, forse avevo fatto qualcosa di sbagliato o detto qualche parola di troppo, ma mi sembrava d'essermi sempre comportato nel migliore dei modi con lei.
Era stata l’unica ragazza a far nascere in me un reale interesse, senza finire subito a letto.
Con lei mi sentivo una persona migliore, in grado di meritarsi l’amore, quello vero e non uno stupido passeggero.
E dai suoi comportamenti e dalle sue parole avevo capito che anche lei condivideva il mio stesso interesse.
Per questo che non riuscivo a spiegarmi il motivo del suo comportamento.
Forse la storia di Zayn era vera e lo aveva preferito me, o forse si era semplicemente scocciata, o forse era successo qualcosa.
Qualcosa che volevo sapere, così decisi che se non avesse risposto alle mie chiamate, sarei andato a casa sua per chiarire una volta per tutte.

Arrivato a casa di Clara, bussai più volte fino a quando Mark mi aprì.
“Hey Mark tutto bene?” gli domandai sull’uscio della porta.

“Liam” mi disse sorpreso della mia visita e leggermente spaesato. Mi trattenne fuori casa qualche minuto di troppo, cosa che non fece altro che accrescere la mia preoccupazione. Vedendo che ero intenzionato ad andare oltre al suo  discorso poco chiaro e sfuggente, mi fece accomodare sul divano.

“ehmm … insomma cerchi Clara?” Disse arrivando al punto finalmente.

“Sì, c’è in casa?”.

“Sì, è in camera”.

“Graz…” non riuscii nemmeno a finire la frase, che subito Mark mi bloccò con una forte stretta, mentre mi dirigevo verso la camera della ragazza.

“Mi dispiace, Liam. Clara ha detto espressamente di non voler vedere nessuno” mi disse assumendo un’espressione seria e non più da stupido, come era sembrato fino a quel momento.

“ E’ chiaramente successo qualcosa, allora? E’ da una settimana che non faccio che chiamarla e mandarle messaggi, ma non mi ha mai risposto”.

“E’ comprensibile, ha appena perso la sua migliore amica” disse non troppo rilassato.

“Cosa? “ dissi di colpo, non potendo credere a quelle parole.

“ Beth? Che è successo? Come? Quando?” continuai impaziente di sapere altro.

“Ma come, Clara non ti ha raccontato niente?”. Non riuscivo più a capire niente, i pensieri mi si bloccarono in mente come il sangue nelle vene. Che stava succedendo? Perché non sapevo niente? Perché mi aveva tenuto allo scuro di tutto?
Mark vide la mia espressione perplessa e decise, con mia insistenza, di raccontarmi tutto. Quando finì di parlare, mi fu difficile riuscire a credere a quello che avevo appena ascoltato.
Perché dopo una cosa così brutta non aveva sentito il bisogno di venire da me?
Salutai Mark ancora scioccato dalle sue parole e salii sulla moto con la quale ero venuto.
Decisi che un po’ di velocità non mi avrebbe fatto male, in quel momento ne avevo bisogno. Potevo capire la decisione di Clara di stare da sola, ma che cazzo, ero il suo ragazzo e se per lei contava qualcosa mi doveva dire della morte di Beth e non farmi fare la parte del cretino con il fratello.
Avevo il diritto di sapere e lei aveva il dovere di dirmelo.
 
Clara’s pov
Erano le otto passate e né mia madre né mio fratello erano in casa. Decisi di restare a casa non essendo ancora dell’umore adatto per vedere nessuno.
Credevo che non lo sarei mai stata. Ero atterrita, cosa mi avrebbe mai dato la forza di continuare con la solita routine?
Che senso aveva se l’assenza di Beth era sempre viva e pressante in me?
Mi feci una doccia e preparai il divano per una maratona di film horror.
Stavo per infilarmi il mio comodo e per niente sexy pigiamone per serate come queste, quando sentii ovattato il suono di una chitarra.
Controllai il cellulare pensando fosse la suoneria, ma quella melodia non proveniva da là. Vidi il televisore pensando fosse il suono di una pubblicità, ma era spento. Capii che quel dolce suono proveniva dall’esterno, così mi affacciai dalla finestra della mia camera. Vidi un ragazzo con una chitarra in mano alle prese con una canzone.
 
And being here without you                                                                                                                                                                  
Is like I’m waking up to
Only half a blue sky
Kinda there but not quite
I’m walking ’round with just one shoe
I’m half a heart without you
I’m half a man at best
With half an arrow in my chest
I miss everything we do
I’m half a heart without you
 
Quello non era un ragazzo qualsiasi, quello era il mio ragazzo, Liam.
Come avevo potuto solo per un secondo avercela con lui, quando non aveva fatto altro che farmi sentire sempre una principessa.
Ero una cretina deficiente egoista e ancora una volta era colpa mia se lui non mi era stato accanto. E come poteva se io non gliene avevo nemmeno dato la possibilità? Ancora una volta ero stata una stronza, mentre lui che faceva? Mi dedicava una canzone sotto il mio balcone.
Lo amavo, lo amavo da morire e non potevo più stargli lontana.
 
 

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Capitolo 27
*** My life would suck without you ***


My life would suck without you

Quelle parole mi fecero uscire dal mio letargo nel più dolce dei modi. Erano poesia per il cuore, dolce melodia per l’anima. Mi scossero i sensi.
Inconsciamente erano ciò che desideravo per riprendermi dagli ultimi tortuosi avvenimenti, ma il mio egoismo aveva prevalso facendomi dimenticare tutto l’amore che potevo ricevere e costringendomi a rinchiudermi in un guscio impenetrabile.
Che stupida. Non mi sarei mai lasciata andare ai miei veri sentimenti, non mi sarei mai fidata ciecamente di me stessa, non sarei mai stata in grado di ricambiare quanto Liam aveva fatto fino ad allora per me. Forse con il tempo avrei imparato, ma quel tempo era ancora lontano anni luce.
Gradualmente quel  suono terminò, lasciando spazio libero per riflettere, per apprezzare, per scaldare il mio cuore, per innamorarmi ancora di più.
Mi affacciai incuriosita al balcone, ma non vidi nulla.La luce fioca di un lampione illuminava il vuoto presente nel piccolo giardino sottostante.
Iniziai a dubitare di me stessa, della mia sanità mentale. Avevo davvero immaginato tutto? Lo avevo desiderato così tanto da renderlo reale?
Mentre vagavo nei miei pensieri poco chiari, vidi spuntare improvvisamente una figura contornata dalla luce del lampione, rannicchiata in precario equilibrio su un robusto ramo dell’albero di magnolie di mia madre che affiancava la mia camera.
Feci un passo indietro spaventata, poi intravidi la chitarra che avevo udito poco fa e mi rassicurai, era Liam.
La sua voce l’avrei riconosciuta tra mille urlanti. Appoggiò la chitarra su un ramo e mi tese la mano facendo cenno di avvicinarmi.

“Liam, non vorrai mica …” risposi impacciata e non sicura delle sue intenzioni.
Afferrò di colpo la mia mano, sebbene fosse distante e non tesa verso la sua, mi avvicinò bruscamente al suo corpo acquattato sul ramo, mi cinse i fianchi e baciò delicatamente le mie labbra gelate.

“Scusa se mi presento così senza preavviso. Non avevo alcuna intenzione di spaventarti, ma mi mancavi terribilmente, non avrei aspettato un minuto di più senza assaporare ancora una volta le tue labbra” disse poi dolcemente puntando i suoi occhi sulle mie labbra violacee.

“Hai scelto un modo un po’ bizzarro, direi. Le cose semplici tu non le consideri proprio vero?” gli dissi con tono scontroso, lasciando ugualmente trasparire il mio stato d’animo festoso.
Non poteva scegliere momento migliore, modo migliore per incontrarmi.
Mi sentivo così schifosamente giù che mi sarei fatta di nuovo per il penetrante dolore che provavo, mandando all’aria tutti quei sacrifici, ma era bastato percepire appena la sua presenza che tutto era cambiato. Ancora una volta mi aveva salvata, soccorsa nel momento di più disperato bisogno.
Credo che Liam fosse il mio angelo custode.
Scese dall’albero destreggiandosi abilmente tra i rami, poggiò la chitarra sul pavimento e rivolse nuovamente lo sguardo verso di me, con espressione assorta, preparando le parole da dirmi.

“ Mi sono abituato così tanto alla tua presenza che i giorni e le ore che non trascorriamo insieme sembrano non finire mai, scorrere più lentamente per aumentare il tempo che ci separa. Mi hai fatto preoccupare. Ho preso in considerazione le ipotesi più assurde e insensate per spiegare il tuo comportamento, quando la soluzione era così semplice! Dovevo capire da subito che qualcosa di terribile era accaduto. La notizia mi ha atterrito, non riesco ancora a rendermene conto e non posso minimamente immaginare come tu ti sia sentita, quanto ancora tu soffra. Mi sono chiesto e richiesto: perché non hai contato sul mio appoggio? Ti sei sentita forse imbarazzata o cosa?
Il solo pensiero che tu possa aver pianto tante lacrime, senza qualcuno lì accanto a te pronto ad asciugartele, mi fa rabbia” disse estremamente serio, cercando nei miei occhi una risposta, una spiegazione.
Secondi pieni di tacito silenzio si intromisero tra di noi, lasciando che la sofferenza affiorasse sul mio volto, che la compassione si accendesse sul suo.

“Eri affranta? Ti avrei sollevata io! Eri incazzata? Ti avrei ascoltata alleviando la tua rabbia. Tutto ciò che dovevi  fare era venire da me con la sicurezza che ci sarei stato, pronto a sorreggerti” disse più serio che mai.
I suoi occhi luccicanti emanavano un bagliore rincuorante. La sua espressione preoccupata mi fece capire quanto era in pensiero per me, quanto voleva, con quale ardente desiderio, starmi accanto.
Sentii le ginocchia tremanti perdere forza, sarei potuta cadere per terra da un momento all’altro, ma mi ripromisi di non farlo, così mi avventai nelle sue braccia che prontamente mi presero e strinsero, avvolgendomi infuocate.

“E’ stato tremendo. Un incubo ad occhi aperti. Lo è ancora. Non riesco a sopportare l’idea che Beth non sia più con me. La sua assenza è così pesante, è troppo, troppo, un peso insopportabile. Non ho trovato la forza di vedere nessuno, non volevo sentire parole confortanti o caldi abbracci, non mi avrebbero ridato Beth” dissi circondata dalle sue braccia, provando a giustificare il mio comportamento.

“ La cosa peggiore è che mi incolpo di quanto è accaduto. E’ colpa mia se è successo l’irreparabile, se ora piango notte e giorno senza darmi tregua, se mi sento così terribilmente sola, se soffro così tanto. Sono io la causa dei miei mali, è sempre stato così e continua ad esserlo. Le mie azioni provocano solo dolore, dolore a me stessa, a Beth, a Niall, a te. Voglio scomparire” continuai con le lacrime pronte a bagnarmi il viso.
 Continuava a stringermi a sè sempre più forte, come se fossi l’unico appoggio sicuro lungo un abissale precipizio.

“Posso restare tra le tue braccia per l’eternità?” gli chiesi, dopo un attimo di pausa, con occhi supplicanti.

“Ci stavo pensando”.
Le sue parole furono seguite da uno dei suoi sorrisi più dolci e rassicuranti che avessi mai visto, accompagnato subito dopo da un tenero bacio.

“Non hai colpa di nulla. E’ stata una sua decisione, tu non potevi farci niente. Addossarti inutili colpe non ti aiuterà affatto. Beth avrà avuto le sue motivazioni per compiere un gesto così brutto, ma tu non c’entri nulla” disse con convinzione, mentre eravamo ancora avvinghiati l’una all’altro.
Come avrei voluto credere a quelle parole, lo desideravo eppure non ci riuscivo.
Non potevo spiegargli il perché mi sentivo così, questo avrebbe comportato svelargli altro, portare a galla segreti che volevo rimanessero nascosti, così lasciai coccolarmi dal suono rassicurante della sua voce, stretta nel suo abbraccio, non dicendo nulla, lasciandomi andare in un pianto disperato.

“Sono qui, tranquilla. Sfogati, parlami, raccontami. Sono qui amore” mi ripeteva instancabilmente, accarezzandomi la schiena.
Quando mi calmai, rientrammo in camera stendendoci sul letto. Appoggiai la testa al suo petto mentre lui mi teneva stretta a sé.

Gli raccontai di Beth, di come ci eravamo conosciute, dei primi litigi, le immancabili cazzate che combinavamo in continuazione, i casini che creavamo senza nemmeno accorgercene, i momenti più belli e quelli più brutti.
Gli svelai i suoi segreti che avevo custodito gelosamente per tutto questo tempo, le sue (nostre) paure, i suoi (nostri) sogni, le sue (nostre) incertezze sul futuro. Ovunque ci fosse lei c’era una parte di me, qualsiasi cosa la riguardasse, riguardava anche me.
In un certo senso parlandogli di Beth, gli avevo rivelato cose di me che altrimenti non avrebbe mai scoperto.
Non potei non sorridere raccontandogli di quella pazza scatenata che era la mia migliore amica, come non potei nascondere delle grasse risate, delle lacrime, l’affetto che provavo per lei. Ero trasparente.
Raccontargli di lei mi ridestò, e non solo perché sembrava che Beth fosse ancora viva, come se le mie parole la resuscitassero, ma perché lo stavo raccontando a lui. Stavo condividendo una della parti migliori di me con la persona che amavo. Nulla poteva rendermi più felice.
Sì, per la prima volta dopo la sua morte, mi sentivo nuovamente felice e dietro a ciò c’era ancora una volta Liam.
Il suo sorriso spontaneo curava la mia tristezza, le sue mani che scivolavano ininterrottamente lungo il mio braccio, avvolto intorno al suo busto, mi cullavano in un dolce abbandono.
Mi sentivo parte di lui, nella mia integrità, ma parte anche di un altro corpo, di un altro cuore, di un'altra anima.
Lui che non sollevava il suo sguardo dolce dal mio volto turbato, irradiando l’oscurità che giaceva in me con il suo sorriso.

“ Quando mi guardi e sorridi è come se per una frazione di secondo tutto si fermasse e il tuo sorriso trapassasse tutto ciò di sbagliato che c’è in me e gli errori che commetto e tutto va bene di nuovo” gli dissi riempiendo di rivelazioni il silenzio che aveva seguito i miei racconti.

“Non c’è nulla di sbagliato in te. Nulla che non vada. Sei perfetta così come sei ” disse con tono alto volendo sovrastare con le sue parole le mie, provando a insinuarle in me e cacciando l’amarezza che vi stagnava.

“Ti sbagli. Liam, non sai quanto marcio sia il mio cuore, quanta depravazione nasconda la mia anima. C’è troppo che non funziona e che vorrei allontanare da me, ma non posso perché sono così. Io sono fatta così, con tutti i miei sbagli, le mie dimenticanze, le m ..” continuai non volendo ascoltarlo, ma lui mi interruppe di colpo.

“Mi sono innamorato di te per una ragione: non c’è nessuna come te. Sei unica nella tua pazzia, nella tua durezza, nella tua amarezza, nella tua goffaggine, nella tua bellezza, nella tua complessità, nella tua segretezza, nella tua oscurità. Ci sono cose astratte e ammaliatrici che appartengono solo a te stessa e voglio che siano mie”.
Non mi diede il tempo di controbattere che si fiondò sulle mie labbra baciandomi intensamente e facendomi sua.

“Cosa se poi ti scocci di me?” gli dissi vicina alle sue labbra una volta che ci staccammo.

“Non accadrà” mi sussurrò piano all’orecchio.
Appoggiai la testa al suo petto. I minuti successivi furono scanditi dai nostri reciproci pensieri, nessuna parola ruppe quel silenzio. Non serviva.
Il silenzio non ci impauriva, non ci disturbava, perché sapevamo che il nostro amore era più solido di qualche parola non detta.

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Capitolo 28
*** Alive ***


Alive

Mi svegliai l’indomani ben riposata, la presenza rassicurante di Liam aveva risvegliato una beatitudine in me capace di ridonare pace al mio corpo stanco e provato dagli ultimi travagli.
Di quella notte ricordo che dormii accoccolata a lui, il contatto con il suo corpo mi donava sicurezza e serenità, la mia mente improvvisamente quieta, senza preoccupazioni e colpe.Come avrei voluto sentirmi sempre così.
Lui, però, non c’era, il letto era vuoto, non avvertivo il suo calore, ma al suo posto trovai un bigliettino che riportava:
 
-Buongiorno piccola, spero non averti svegliata andandomene, ho fatto il più piano possibile. Te l’ho mai detto che sembri così dolce e tenera quando dormi? Sottolineo quando dormi. Volevo informarti che oggi pomeriggio partirò per New York per due settimane per i preliminari di alcune gare motociclistiche. Mi dispiace non averti avvertita prima, credo sarai piuttosto sorpresa, ma visti gli ultimi eventi non ho avuto modo di dirtelo. Perdonami. Ti penserò mentre sarò via, ah  non scoraggiarti! Fammi gli auguri  -
 
Porca puttana, avrei dovuto aspettare due infinite settimane per rivederlo? Merda, avrei potuto saperlo prima per prepararmi almeno psicologicamente.
In quel frangente ripensai alle parole della sera precedente, quando mi aveva detto che le ore trascorse separati non passavano mai.
Non potevo essere più d’accordo, era una sorta di tortura, mi ero così abituata a lui che il solo pensiero della sua assenza mi angosciava.
Eppure la morte di Beth mi aveva così scioccata da privarmi di lui, quasi da dimenticarmi di essere così fortunata ad avere una persona così speciale ed unica accanto. Che stupida, ancora, ancora una volta.

Nei giorni successivi il tempo trascorse senza lasciare traccia, ordinariamente.
Senza Liam, senza Beth, la vita era così tremendamente piatta: noia, depressione, tristezza, nessun interesse a tenermi occupata, la merda più totale.
I sensi di colpa che mi ottenebravano il cervello, dolore, dolore, dolore che non riuscivo a superare.
Il pensiero di Beth, di quello che si era fatta, era vivo come non mai, mi inseguiva nei meandri della mia mente anche di notte, non lasciandomi dormire.
Quella era la parte peggiore di ogni giornata, quando ti senti più sola che mai, indifesa contro le tue paure, le tue afflizioni, le tue colpe. Hanno la meglio su di te, ti inghiottono.
Avevo bisogno di riprendermi, avevo bisogno di qualcosa che rendesse le mie giornate frenetiche, che mi scuotesse, qualcosa per ricordare a me stessa di essere viva.
Ero depressa, così fottutamente giù da farmi pena. Rinchiusa nella mia stanza da non sapevo più quanto tempo, il mio letto era diventato la mia fossa, scavata con le mie mani.
Non avevo voglia di vedere essere umano che non fosse Liam o Beth, ma sfortunatamente non potevo averli, in quel momento e per il resto della mia vita.
La vita che proliferava fuori da quelle mura non faceva che deprimermi. La musica che solitamente amavo ascoltare in questi momenti era inutile, non appagava il vuoto che sentivo dentro, ed ugualmente era per gli stupidi programmi televisivi spappola cervella.
Volevo qualcosa che assomigliasse ad un colpo di vitalità, ad un pizzico di entusiasmo, ad una dose di energia.
 
Un giorno, uno qualsiasi, di quelli che non contano una beata minchia, presa dalla più assoluta disperazione iniziai a scartavetrare nei miei cassetti, nella spazzatura, negli armadi, negli zaini, nelle borse, nelle tasche, alla ricerca di qualcosa per smorzare quella fiacchezza.
Tutto risultava inutile e stupido … fin quando … sì, fino a quel momento.
Quel momento che avrei preferito evitare per tutta la mia vita, quell’attimo di pazzia che ha mandato a puttane tutto, quell’istante che vorrei cancellare dalla memoria, eppure quel frangente era ciò che desideravo e che mi riportò al mondo dei vivi.
Rovistando in una borsa trovai una bustina trasparente, sottile, quasi invisibile, oh sì, come avrei voluto lo fosse stata.
Minuscola, ben nascosta in uno scompartimento, come se avessi voluto custodirla gelosamente per qualche motivo particolare, per qualcuno in particolare … per Beth, in quel giorno, il giorno più brutto.
Probabilmente il destino dirige le nostre vite come in un teatro di marionette e i nostri desideri, le nostre volontà e intenzioni sono mosse da fili impercettibili, eppure così fondamentali, capaci di cambiare tutto da un momento all’altro.
Forse per questa ragione quella bustina mi incuriosii, la estrassi delicatamente, la aprii e della finissima polvere bianca sfiorò le mie dita cadendo in piccole quantità sul pavimento.
Eroina, quella era eroina.
Fu la mia eroina in quel momento, ma una delle più bastarde, del genere che ti salva nel momento del bisogno e dopo quando tutto sembra andare troppo bene, ti fotte. Quella bastarda aveva annientato la mia Beth, distrutto la mia vita, scoraggiato Niall, aveva rovinato tutto. Tutto, cazzo!
Istintivamente la gettai il più lontano da me, facendola cadere sul davanzale della finestra.
Arrabbiata, mi gettai sul letto, presi di colpo un cuscino e comprimendolo sulla faccia iniziai ad urlare. Urlare come mai avevo fatto prima d’allora, come se fossi un’indemoniata.
Mi dimenavo nel letto, tra le lenzuola  sfatte da giorni, e urlavo, urlavo senza sosta, con il cuscino a smorzare le mie folli grida.
Odiavo il mondo, odiavo tutti. Nulla era così importante, tutto così inutile, illusorio, doloroso, noioso
Dopo circa 10 minuti mi calmai, scaraventai il cuscino via da me, rimasi stesa con lo sguardo all’aria immobile, per il tempo necessario a riconoscere la mia pazzia.
Mi drizzai di scatto, spostai lo sguardo per tutta la camera, soffermandomi ancora una volta su quella bustina.
Di colpo non provavo più odio, ma curiosità, interesse, voglia di capire, conoscere, provare. Sì, provare.
Ero distrutta, i nervi a pezzi, nessuna capacità di intendere o volere. Solo istinto.
Mi diressi repentinamente verso la bustina, la presi, la scrutai attentamente. Cercando di capire cosa poi ? Non poteva mica parlare o muoversi o che so io.
Se volevo sapere, dovevo provare. Cazzo, l’avevo pensato veramente. Quell’intenzione mi era balenata nella mente con una tale sicurezza da far spavento.
Ne avevo voglia sul serio. Perché?  Dopo tutto quello che aveva provocato a Beth? Dopo tutte le mie promesse? Perché volevo farlo seriamente?
. . . non trovai risposta alle mie domande, eppure di risposte ce n’erano così tante e tutte sensate.
Così mi decisi, mi procurai un cucchiaio, del cotone da usare come tampone, un accendino, uno stuzzicadenti e una siringa. Tutto presente all’appello, tutto pronto. Posizionai gli strumenti ordinatamente sul letto, mi sedetti a cavalcioni sul pavimento fissandoli.
Potrei tirare fuori mille scuse sul perché lo stessi facendo: la depressione, il dolore, la mancanza di Beth e Liam e altre stronzate varie, la verità è che volevo farlo, così iniziai a preparare la cosiddetta pera.
L’avevo visto fare così tante volte da Beth e Zayn che potevo considerarmi ormai esperta.
La roba era già disposta sul cucchiaio, la disciolsi con dell’acqua e del limone. Non sapevo in realtà perché, molti così facevano, forse per diluirla o altro, comunque lo feci, tanto che importava, nulla mi importava davvero in quel momento, nulla mi importava e basta.
Accesi l’accendino per scaldare l’ero sul cucchiaio. Girai il preparato con uno stuzzicadenti, in modo tale da far sciogliere la roba.
Immersi il batuffolo di cotone per filtrare il preparato con la siringa. Quando il tutto fu risucchiato dalla “spada” il rituale era finito, anzi appena iniziato.
Gli occhi incollati sulla siringa, poi senza tirarmi indietro allacciai una rovinata cintura al bicipite, bussai il braccio per trovare la vena adatta.
Che culo sfondato, le mie erano superficiali, quindi ne trovai facilmente più di una, un problema in meno.

Eccomi qui, il momento era giunto. Il cuore pulsava sempre più forte, la fronte imperlata di sudore.
Stavo oltrepassando un limite, un limite che mi ero imposta di non sfiorare mai, nemmeno con il pensiero, eppure ero lì, seduta per terra, concentratissima, maneggiando la siringa con troppa disinvoltura per essere la prima volta.
Ero ancora in tempo, potevo fermarmi e tornare alla solita monotona vita di sempre. No, cioè, davvero? Ma chi se ne frega.
Questa vita era una rottura, un accumularsi di disperazione e miseria, brevi attimi di felicità illusori e poi la solita merda.
Ero destinata a questo momento. Nella mia vita si erano susseguiti eventi così terribili che presagivano ciò che stavo per compiere.
Era deciso sin dall’inizio che dovessi diventare una tossica con una storia strappalacrime alle spalle, che inducesse le persone alla commiserazione.
Non mi dispiaceva poi così tanto.
Dovevo farlo. Volevo farlo. Lo feci.
Senza paura o ripugnanza infilai la siringa nella vena. La sensazione di fastidio procurata dall’ago pungente che penetrava.
Aspirai e del sangue scuro rifluì nella siringa ottenendo così il lasciapassare per iniettarmi tutto dentro. Spinsi lentamente lo stantuffo per liberare l’ero.
Prima che potessi formulare il pensiero più sciocco e inutile, prima che potessi provare sensi di colpa e paura, ecco che la sentivo, la sentivo arrivare e … wohooo, sìììì, vai così cazzo!
Forti brividi di piacere percorsero la mia schiena, scappò un sospiro di sollievo nel quale era racchiusa tutta la potenza di quella roba.
Un bagliore di euforia si accese in me come un fulmine a ciel sereno. Pura estasi. Un fascio di calore ardente mi bruciò e poi la pace dei sensi.

Non sentivo più niente, tutto dissolto.  Niente più dolore, sofferenza, disperazione, dubbi, colpe, incertezze, niente cazzo, andavo alla deriva nel mare più limpido che c’è. Sentivo di volare. Toccavo il cielo con mano. Raggiungevo la luna. Mi facevo bruciare dal calore del sole accecante. Fantastico.                                                     La sentivo bruciare dentro, mandare in pappa i miei muscoli, sciogliermi il cervello, risvegliare ogni singola cellula morta.
Una spinta fortissima di benessere e splendore, tutto assolutamente fenomenale. Una botta di piacere senza precedenti. Merda se non era assurdo.
UNA FAVOLA.
PORCA PUTTANA CHE ROBA PORTENTOSA.
FIGATA MICIDIALE
Fluiva nelle vene, sempre di più, sempre più forte, sempre meglio.
Mi accasciai lentamente all’indietro, leggera come una piuma, la testa che oscillava appoggiandosi poi al freddo pavimento, gli occhi e le labbra semiaperti, le braccia lasciarsi andare.
L’ago ancora infilzato nel braccio. I movimenti lenti, ogni parte del mio corpo rilassata, totale abbandono.
Tutto sembrava svolto a rallentatore.
Quelle sensazioni indescrivibili battevano ogni piacere a questo mondo, meglio di una scopata, merda, sì che era così.
Tutto sembrava filare per il verso giusto, niente era fuori posto. Non avevo modo di pensare alle merdate che mi fottevano il cervello ogni giorno.
Avevo la sicurezza che tutto sarebbe andato alla grande, ma proprio bene. Era come mai prima d’allora. Niente era mai stato così fottutamente perfetto. Niente.
Mi sentivo così bene. Senza pensieri a trivellarmi la mente. 

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Capitolo 29
*** Steal my girl ***


Steal my girl

Eccomi con la mia solita vita di prima ma con una marcia in più. 
Mi dimenticai per un lasso di tempo, che ora non saprei se descrivere infinitamente piccolo o spaventosamente grande , quanto l’esistenza fosse piatta, come tutto potesse andare a rotoli da un momento all’altro, come persone ed eventi potessero cambiarti radicalmente.
Nulla di tutto ciò era presente, ero uno spirito che sovrastava tutto questo guardando ad un qualcosa di migliore, cosa fosse non saprei spiegarlo, ciò di cui ero pienamente sicura è che quella cosa mi rendeva felice come non lo ero mai stata.
Nulla era comparabile o eguagliabile. Mi sentivo solo viva ma senza pensieri e illusioni. 

Ero in un vortice di assoluta meraviglia e bellezza che niente e nessuno poteva distruggere.
Era dentro me e pian piano si impadroniva del mio corpo facendomi sentire un misero esserino in balia di qualcosa di più grande che mi  prendeva i  sensi .
Niente, non c’era niente, il vuoto assoluto, ma mi sentivo così bene da amare quel vuoto e avere la capacità di riempirlo con ciò che desideravo.

 Improvvisamente l’assenza di Liam si faceva sentire sempre meno grazie alla mia nuova amica, ma come tale, a volte ti pugnala alle spalle.
Infatti quando ritornavo alla realtà, la sua mancanza piombava nuovamente su di me come un’onda che ti travolge e ti conduce violentemente sugli scogli, senza lasciarti alcuna forza per reagire.
Così trascorsero quei giorni senza il mio ragazzo, ma con l’unica compagnia di Zayn.
Alla scadenza delle due settimane, delle quali non vedevo mai una fine, per tutto il giorno non aspettavo altro che una sua chiamata o, come al suo solito, una grande sorpresa. Entrambe le mie aspettative, però, furono deluse poiché né lui né un suo messaggio o una chiamata si presentarono, lasciandomi completamente affranta.
Quella sera mi procurai una dose leggermente più potente del solito, forse perché avevo concentrato troppe energie nel prepararmi sia esteriormente che psicologicamente al suo arrivo e dovevo cancellare quel sentimento di delusione che aleggiava in me.
Mi sentii immediatamente meglio, anche se quei sentimenti negativi, che mi aveva suscitato l’assenza del ragazzo, non si cancellarono del tutto.
Dopo aver riposto gli “attrezzi” al loro posto, mi accorsi di aver finito la roba per la prossima dose.
Sapevo che non sarebbe tardata molto la voglia di un'altro schizzo e dovevo fare qualcosa per porre rimedio, così chiamai l’unica persona che sapevo mi avrebbe potuto aiutare.

“Hey Malik” esclamai appena sentii che dall’altra parte avevano risposto.

“Ciao Prime, tutto bene?”.

“Insomma, le solite cose. Come vanno gli affari?”.

“La crisi si fa sentire anche qui” disse con tono ironico.

“Ahah, lo sappiamo entrambi che questa è la palla più grande del mondo. Ti sei scelto uno dei pochi, se non l’unico, settore in cui la crisi non può mettere le mani, e nemmeno le tasse”.

“hmm .. effettivamente. Ultimamente me la passo molto bene. Non mi posso lamentare”  disse con tono di sufficienza.

“Io non posso dire la stessa cosa …”.

“Che è successo piccola? Problemi in paradiso?”.

“Ma che paradiso, io sto passando l’inferno. Non sento il mio ragazzo da due settimane e oggi sarebbe dovuto arrivare,  ma non si è fatto ancora sentire”.

“Non ti preoccupare, vedrai che vi vedrete domani e si farà perdonare. Posso fare qualcosa per te?” mi chiese arrivando dritto al punto, che io colsi al volo.

“In effetti, ci sarebbe qualcosa che puoi fare per me”. Gli spiegai tutta la situazione e lui, come al suo solito, si rese disponibile a procurarmi quello che mi serviva.  

“Dammi mezz’ora e sarò lì da te”.

“Ti aspetto” gli risposi concludendo la chiamata.
Aspettai impazientemente mentre l’effetto dell’ultima soddisfacente pera si dileguava lasciandomi completamente scoperta sul fronte “la vita è una merda e dovrai affrontarla con le tue sole miserabili forze”.
Credo che aspettassi, o meglio sperassi, più nell’arrivo inaspettato di Liam che di Zayn.
Mi mancava terribilmente, quelle due settimane sarebbero state un inferno se non … beh sì, se non fossi incappata in qualcosa di sensazionale, se così vogliamo definirla.
I miei pensieri si dissolsero quando vidi spuntare dal buio della notte la figura esile e slanciata di Zayn.
Non si smentiva mai, sempre impeccabile, un drogato impeccabile è difficile da trovare. Ripensandoci era l’unico in questo “settore” con quel fascino consumato, ma tremendamente sexy .In ogni modo mi avvistò immediatamente e si avvicinò di gran passo.

“Heilàà. Ti vedo rinvigorita,  l’approccio con la nuova “cura” fa effetto!” disse alla sua solita maniera.

“Con te invece non cambia nulla, stronzo eri e stronzo rimani” sparai beffarda.

“Uno stronzo con i fiocchi. So di esserti sempre piaciuto, non negarlo” rispose non perdendosi in smancerie.

“Oh sì. Hai sempre occupato un posto speciale nel mio cuore! Cioè da chi avrei mai potuto procurarmi tutta quella roba favolosa?” dissi ironicamente. Il ricordo di Beth mi sfiorò di nuovo dopo tanto tempo e dell’amarezza sopraggiunse. Lei mi aveva presentato a lui.

“Simpaticona. Sì, è così. Sono il numero uno. Inchinatevi davanti al re, plebei” disse spocchioso.

"Signor 'sono il numero uno' arriviamo al punto, non ti ho chiamato perché sentivo la tua mancanza, ce l’hai?” dissi infine stanca di chiacchiere inutili.

“Ohoo calma bimba! Per favore non diventare come tutti gli altri, pressanti e arroganti. Certo che l’ho portata, altrimenti perché sarei qui?” rispose a tono.
Contrattammo e infine ottenemmo entrambi ciò che desideravamo.

"E’ un onore fare affare con lei, signorina” disse soddisfatto di aver ottenuto quanto desiderava.
Feci un sorriso di rimando. Un caloroso e sincero abbraccio chiuse il nostro incontro, o almeno quelle erano le nostre intenzioni.
Stretta nelle sue braccia vidi sopraggiungere in lontananza un ragazzo, correva come se gli urgesse di fare qualcosa o incontrare qualcuno. Lo riconobbi, era lui.
Era il mio lui. Era il mio Liam.
Il mio volto, ancora vicino a quello di Zayn, si accese di un sorriso irradiante. Solo, perché correva in quel modo? Non ebbi nemmeno il tempo di lasciare le braccia di Zayn che si avventò su di lui spingendolo via da me con impeto.
Mi accostò a lui con un braccio mentre con l’altro caricò un gancio da maciullare i denti, colpendo in pieno viso Zayn.
Il ragazzo barcollò all’indietro, disorientato, appoggiandosi poi al suolo per non sbandare ulteriormente.

“Stai lontano dalla mia ragazza” esclamò Liam furioso, abbassandosi verso il ragazzo mentre si preparava a caricare un altro pugno.
Mi fiondai su di lui cercando di impedire un altro colpo, ma nonostante tutta la forza che impiegai non riuscii ad evitare l’inevitabile.
Improvvisamente quel ragazzo dolce e sincero a cui avevo pian piano aperto il mio cuore ed abbassato ogni mia difesa sparì, sostituendolo ad un corpo freddo e violento.

“Liam. Liam. Liam, fermati. Non è come pensi” dissi rivolgendomi invano al ragazzo, che sembrava come impossessato.                

“Basta Liam. Lascialo stare” continuai  quasi in lacrime fiondandomi su Zayn a mo’ di barriera. Sapevo che solo così Liam si sarebbe fermato, forse per paura di farmi male, infatti così successe.
 
Liam’s pov         
Dopo due settimane di assenza, non vedevo l’ora di vedere Clara, mi era mancata troppo.
Ma poi la vidi, vidi la mia ragazza tra le braccia di qualcuno che non ero io e persi il controllo. Come poteva già avermi sostituito con un altro? E non uno qualsiasi. Ancora lui, Zayn! Lo riconobbi, lo stesso stronzo smunto che aveva sul cellulare.

“Liam, ma sei impazzito? Cosa cazzo ti è preso?” mi domandò ormai con le lacrime che le rigavano il viso, accasciata vicino al corpo assente di Zayn.
Solo allora, solo quando la vidi piangere tornai in me realizzando quello che avevo fatto.
Non era la prima volta che vedevo Clara piangere, ma di certo era la prima volta che il motivo delle sue lacrime ero io.

“M-mi dispiace, non so cosa mi è preso. Ti ho visto nelle braccia di questo e non ho capito più niente” le risposi forzando la voce che non voleva uscire.

“Zayn è solo un amico” mi disse quasi affannata. Anche per lei parlare in quel momento non era molto facile.
Zayn, Zayn, Zayn … quanto odiavo quel nome. Era la prima volta che lo vedevo in carne ed ossa (più ossa che carne) che già mi stava sulle palle, però sapere che non stavano insieme mi fece sentir meglio. Stessa cosa non si poteva dire di Clara.
Rimasi per dei secondi a guardarla, forse non sapendo che dire dopo aver scoperto che quello era solo un amico e non qualcosa di più come pensavo.
Il suo viso era diventato pallido, le lacrime che fino ad allora le avevano rigato il viso, ora si erano mischiate a goccioline di sudore che le cadevano dalla fronte.
Vidi i suoi occhi sbattere incessantemente e piccoli tremori diffondersi per tutto il suo corpo. Quella scena ... quell'aspetto terrificante, disorientato, non mi erano nuovi.
In quel frangente ricordai la crisi che l'aveva colta in precedenza dopo la giornata trascorsa a mare, eppure non ero pronto.
Non ero pronto a sopportare ancora una volta la sofferenza che trapelava dai suoi occhi, a non cedere alla paura che le potesse succedere qualcosa.

“Hey piccola, che hai? Parla, dimmi qualcosa, mi stai spaventando” le dissi con tono supplichevole.

Si alzò da terra.
“Liam non mi sento tanto ben…”.Non riuscì nemmeno a finire di parlare che perse i sensi, non prima che l'avessi afferrata prontamente.
Decisi di portarla a casa e di lasciar andare quel ragazzo ancora dolorante.

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Capitolo 30
*** Midnight memories ***


Midnight memories

Liam’s pov
Aprii la porta della casa di Clara con le chiavi che trovai nella sua borsa e la chiusi con il piede, poiché le mani erano occupate a trasportare il suo corpo.
Salii le scale ed entrai nella sua camera.
Prima che partissi mi aveva avvertita che al mio ritorno Mark e la madre sarebbero stati via per un paio di settimane, così potevo star tranquillo di non disturbare. Abbassai le coperte del letto per permetterle di stendersi. Prima di appoggiarla sul letto pronto per ospitarla, le tolsi le scarpe.
Le rimboccai le coperte, le diedi un bacio sulla fronte e mi girai per andarmene.

“Resta qui con me” una voce flebile mi raggiunse all'orecchio.
Non posso negare che speravo in quelle parole, anche se le condizioni di Clara non erano ancora delle migliori.
Mi slacciai anche io le scarpe e mi tolsi la giacca appoggiandola su una sedia.

“Resto finché non ti addormenti” le sussurrai per non farle perdere il sonno.
Erano quelle le mie intenzioni che, però, non furono mantenute, poiché appena mi stesi accanto a Clara, mi addormentai a causa della stanchezza di quella giornata.
Mi svegliai improvvisamente nel cuore della notte, cercai con la mano il corpo della ragazza, che fino a poco prima mi stava affianco, senza trovare alcuna traccia di lei, così controllai l’ora sul telefono che segnava le quattro di notte.
Mi stavo rimettendo le scarpe, quando sentii dei passi avvicinarsi.Era Clara, avvolta in un asciugamano che la copriva fino al ginocchio.
In quel momento le avrei voluto scattare una foto per immortalare per sempre tutta quella bellezza.
Lei non si accorse che la stavo guardando, così si tolse l’asciugamano davanti ai miei occhi  rimanendo solo in intimo.

“Porca miseria!” esclamai alla vista del suo corpo perfetto. Lei si girò di scatto rimettendosi velocemente l’asciugamano addosso.

“S-scusa, non sapevo che fossi sveglio!”esclamò imbarazzata.

“No, scusami tu. Non volevo guardare” dissi distogliendo lo sguardo dal suo corpo, ricambiando l’imbarazzo.
Lei sorrise facendo scomparire la timidezza dalle sue guance che si trasformò subito in uno sguardo sfacciato.
Fece cadere di nuovo l’asciugamano e stavolta voleva che guardassi. Indossava un reggiseno nero merlettato e un paio di mutandine abbinate davvero piccole che lasciavano poco all’immaginazione.
 
Clara’s pov
Cercai di attrarlo in tutti i modi possibili, ma niente. Liam rimase lì a fissarmi, forse in imbarazzo.
Ero stata troppo avventata? Forse voleva spettare ancora un po’?
Stavo rovinando tutto per la seconda volta solo per la voglia di concedermi completamente a lui.
Lo desideravo come i miei polmoni acerbi e intossicati desideravano l’aria pura. Volevo dimostrargli il mio amore e sapevo che un semplice “ti amo” era riduttivo, ma pensavo che anche lui avesse le mie stesse intenzioni. Senza dire una parola, dal suo sguardo mi fece capire che dovevo rivestirmi e così feci.

“Scusami, Clara . . .”.

“No, scusami tu. Sono stata troppo sfacciata” dissi interrompendolo.

“No, tu sei perfetta, credimi, ma non mi va di fare qualcosa con te adesso”.

“Sì, lo so, è troppo presto” dissi cercando di nascondere la delusione nelle mie parole.

“No, anzi, abbiamo aspettato fin troppo” rispose Liam prendendomi la mano.

“Allora che c’è che non va?”. Non riuscivo a capire cosa lo trattenesse ancora.

“E’ solo che vorrei che la nostra prima volta sia speciale, e le tue condizioni non sono ancora delle migliori”.
In quel preciso momento realizzai di amarlo veramente. Più di chiunque altro. Più della mia stessa inutile vita.
Mi avvicinai al ragazzo rimanendo di fronte a lui, i nostri occhi si guardarono intensamente, cercando di scoprire più cose possibili dell’altro.
Mi avvicinai ancora un po’ lasciando toccare i nostri nasi e le nostre labbra sfiorarsi delicatamente.
Liam poggiò le sue possenti mani sui miei fianchi, facendo combaciare perfettamente i nostri corpi ormai stanchi di aspettare.
Ci stringemmo in un bacio passionale e per renderlo ancora più intimo, lo attirai a me legando le mie mani intorno al suo collo.
Mi baciò come se le mie labbra fossero aria e lui non riusciva a respirare.

“Clara, io voglio solo renderti felice” disse il ragazzo dopo esserci staccati per riprendere fiato.

“Sono sicura che ci riuscirai” gli risposi.
Liam interpretò le mie parole nel giusto modo, come se gli avessi dato il permesso di farmi sua.
Mi prese i fianchi e mi alzò da terra. Una volta tra le sue braccia, incrociai le mie gambe all’altezza dei suoi fianchi.
Liam mi sorrise malizioso, prima di appoggiarmi delicatamente sul letto. Lo aiutai a togliersi la maglietta, lasciando che le mie mani vagassero sul suo petto atletico.
Si distese sopra di me e per dargli il via libera, aprii le gambe lasciandolo passare.
Continuammo a baciarci ancora un po’, fin quando le sue labbra abbandonarono le mie scendendo sempre più giù.
Una scia delicata di baci si fece strada lungo il mio corpo, fino ad arrivare all’ombelico.
A quel punto Liam si fermò e rialzò la testa incontrando la mia espressione estasiata. Capii che cercava il mio permesso, così gli feci cenno di continuare.
Lasciò dei dolci baci lungo l’interno della mia gamba destra finché con un gesto deciso non l’aprì del tutto facendomi gemere dal piacere.
Con un movimento deciso, mi sfilò le mutandine rimanendo ad ammirare per qualche secondo la mia nudità.
Poco dopo mi alzai dal letto per togliergli i jeans, lasciandolo solo in boxer, l’unico indumento rimasto  ancora come ostacolo  alla nostra completa unione.
Si riposizionò di nuovo su di me, ma con uno scatto invertì le posizioni.
Sopra di lui agii nel suo stesso modo, iniziai a baciarlo ad ogni angolo del viso fino a scendere sul collo.
Finito di trucidarlo tra baci e morsi violacei, scesi lungo il suo petto fino ad arrivare ai capezzoli, in particolare quello sinistro, oggetto di torture.
Torture che a giudicare dai suoi sospiri di goduria, sembravano piacergli. Continuai a scendere sempre più giù arrivando all’elastico dei suoi boxer neri.
Lo abbassai leggermente continuando  a lasciargli teneri baci che lo fecero sussultare, fino a strappargli completamente l’unico indumento rimastogli.
In quel momento ero vulnerabile, senza barriere e l’unica protezione che avevo era il preservativo che Liam si infilò prima di entrare in me.
Quella non era di certo la mia prima volta e, a giudicare da come si muoveva deciso il ragazzo, non era nemmeno la sua.
Ma c’era qualcosa di nuovo, qualcosa che non avevo mai provato con nessun altro. Con lui non si trattava di banale sesso, con lui per la prima volta nella mia vita stavo facendo l’amore.
Quando Liam entrò in me, inizialmente provai un po’ di dolore che Liam colse cercando così di diminuire l’intensità delle sue spinte.
Apprezzai quel gesto, non ero abituata a tutta quella dolcezza e passionalità. Nuove sensazioni di piacere si fecero spazio dentro di me lasciando che il suo nome risuonasse in tutta la stanza, facendoci arrivare entrambi all’orgasmo più totale. 

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Capitolo 31
*** Rock me ***


Rock me

Ci stendemmo l’uno di fianco all’altra con ancora i nostri respiri irregolari che scaldavano la stanza.
“Wow”. Quella fu l’unica cosa che riuscii a dire in quel momento.
Le emozioni presero il sopravvento: non rabbia, dolore, odio, sensi di colpa, ma gioia, felicità, appagamento, piacere, immenso ed infinito piacere, solo quello riuscivo a provare. Le parole in quel momento non bastavano ad esprimere a pieno ciò che avrebbero dovuto.
Mi girai verso di lui ancora affannata e rimasi a guardarlo per alcuni istanti.
Non riuscivo a smettere di pensare che ero la persona più fortunata del mondo poiché stavo con il ragazzo perfetto che tutte vorrebbero al proprio fianco.
Lui notò il sorriso a trentadue denti che avevo stampato in faccia e mi domandò il motivo di tanta felicità.

“Sei tu” gli dissi rigirandomi e puntando il mio sguardo al soffitto. Ero imbarazzata. Clara Prime imbarazzata.
E dopo quest’affermazione, sapevo  che tutto fosse possibile a questo mondo, che tutto potesse accadere.

“E tu la mia” sussurrò Liam al mio orecchio prima di mordere delicatamente i miei lobi provocandomi una scarica di adrenalina che percorse tutto il mio corpo.

“Ti am…”.

“Sei pronta per il secondo round?” mi domandò con tono malizioso sovrastando le parole che stavano uscendo dalle mie labbra.
Esitai a rispondere ancora sorpresa di quello che stavo per dire. Come mi era venuto in mente? Che cazzo stavo facendo? Gli avevo quasi detto di amarlo.
Non sapevo se fosse stato un bene o un male che lui mi avesse interrotto. Non sapevo se Liam  fosse pronto a sentire quelle parole e a ricambiarle con un altro “ti amo”.
Decisi di accantonare quei pensieri che stavano rovinando quel momento perfetto e mi limitai ad annuire alla sua domanda.

“Liam Payne, se continuerai così mi farai impazzire” gli dissi appena si posizionò nuovamente su di me.
Questa volta le spinte furono molto più profonde e decise ed il leggero dolore che provai precedentemente, si trasformò in puro piacere, piacere che inebriava tutto in me. Tutte le fibre del mio corpo erano estasiate dai suoi movimenti e se avessero potuto parlare, avrebbero urlato anch’esse il suo nome.

“Sei tutto quello che voglio” dissi mentre entrava ed usciva da me.

“Mi hai rubato il cuore” mi sussurrò avvicinando le sue labbra alle mie in un dolce e delicato bacio. Presi la sua mano e la intrecciai alla mia.

“Le tue mani combaciano con le mie come se fossero fatte appositamente per me” gli dissi mentre Liam portava il mio corpo al piacere estremo.

“Voglio farti sentire tutto il mio amore, voglio essere l’unica cosa di cui hai bisogno per vivere,come tu lo sei per me” fu la sua risposta.

“Voglio essere l’ultima cosa che pensi prima di dormire e la prima quando ti svegli, l’unico motivo del tuo sorriso e l’unico delle tue lacrime, darti tutto quello che meriti e permetterti di realizzare tutti i tuoi sogni”.

“Tu sei già tutto questo. Sei il mio pensiero fisso quando non sto con te, sei la realizzazione di ogni mio sogno e desiderio. Sei arrivato nella mia vita in punta di piedi senza farmi pesare la tua presenza e, senza chiedere il permesso, sei entrato nel mio cuore facendolo tuo. Sei l’unico con cui voglio stare e se non ti avessi conosciuto, avrei comunque sentito la tua mancanza per tutta la vita”.
Quella era la prima volta che ci dicevamo cose così importanti in un momento altrettanto importante.

“Voglio farti mia” disse dandomi la spinta più profonda che avessi mai ricevuto facendomi provare emozioni del tutto nuove.
In realtà da quando lo avevo conosciuto, tutto ciò che fino a quel momento pensavo degli uomini e di tutto il sesso maschile, tutte le convinzioni frutto di tanti anni di studio accurato, si sgretolarono dinnanzi ai miei piedi lasciandomi attonita.
Pensavo di conoscere ogni sfaccettatura di quello stupido mondo narcisista, ma già dal nostro primo incontro avevo capito che per me c’era ancora uno spiraglio di luce, e quello spiraglio portava il suo nome. Avevo capito che lui era diverso dagli altri, lui era speciale, lui era mio, ed io sua.

“Lo sono già” gli riuscii a dire tra un ansimo ed un altro sperando che la voce non mi tradisse.
I nostri cuori battevano forti, il tempo ci scappava, mani tremanti toccavano la nostra pelle. Questo rendeva tutto più forte e profondo.
 
“Allora, come sono andato?” domandò Liam ritornando al mio fianco ancora affannato.

“Diciamo che ho sentito tutto il tuo amore” gli risposi.  “E anche di più …”.
Alle mie parole, sul suo volto aleggiò un sorriso compiaciuto che scatenò una mia sonora risata.

“Ho bisogno di una doccia” gli dissi distaccandomi a malincuore dal suo corpo atletico per raggiungere il bagno.
Mi buttai sotto il getto caldo della doccia per cercare di alleviare i muscoli ancora un po’ indolenziti, ma soprattutto i pensieri.
Quelli che si stavano facendo spazio nella mia mente rischiando di rovinare il momento perfetto che avevo appena vissuto.
Avrei dato tutto quello che avevo per rivivere queste sensazioni per sempre. Tutto quello che avevo pur di averlo per sempre al mio fianco.
Tutto pur di far ritornare Beth da me. Ogni cosa, ogni singola stronzata materiale per averla almeno un altro giorno al mio fianco
Avrei potuto camminare lungo un deserto infinito, nuotare oltre un oceano immenso, attraversare fuochi e fiamme solo per vederla sorridere di nuovo, per farle capire quanto ci tenevo veramente a lei, per dirle che l’amavo, l’amavo molto più di una sorella, come se fosse parte di me.
La conoscevo da sempre, praticamente avevamo trascorso gli anni migliori della nostra vita insieme, anche se non nel migliore dei modi, perché avevamo scelto la droga, quella merda che, si, ti fa sentire bene e dimenticare tutti i problemi, ma una volta svanito l’effetto, ti lascia ad un devastante ed impossibile da sopportare ritorno alla realtà. Lei aveva scelto la droga, la droga e non la vita.
Persa nei miei pensieri, sentii improvvisamente delle mani cingermi i fianchi spingendomi contro il muro.
Sorrisi dinnanzi a tutta quella forza e passionalità cercando di dimenticarmi di Beth e della sua morte, anche se sapevo era impossibile.
Mi voltai verso di lui lasciando che le nostre labbra si sfiorassero prima di unirsi in un bacio del tutto nuovo e profondo.
Inclinai leggermente la testa all’indietro per lasciare libero il passaggio a Liam e ai suoi baci infuocati.
Dopo che la sua bocca ispezionò tutta la pelle nuda e bagnata del mio corpo, senza lasciare parti scoperte, afferrai la spugna e ne versai sopra un po’ di bagno schiuma. Lui si voltò lasciandosi coccolare dal mio tocco morbido e delicato, soprattutto sui segni delle mie unghie sulla sua schiena, che a giudicare dalle smorfie che faceva al mio contatto, dovevano essere ancora doloranti.

“Scusa” gli sussurrai con tono sinceramente dispiaciuto.

“Non devi scusarti, adesso tutti sapranno che sono tuo” mi disse tranquillo ancora di schiena.

“Per sempre?”.

“Se lo vuoi” mi disse girandosi e piantando i suoi perfetti e profondi fanali marroni nei miei.

“Non chiedo altro” gli risposi fiondandomi su di lui per un bacio, ed un altro, ed un altro ancora.
Potevamo passare giorni, settimane, mesi insieme, ma non ne avrei avuto mai abbastanza dei suoi baci colmi di amore, questo perché in realtà mi era difficile ammettere, ma non ne avrei mai avuto abbastanza di lui.

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Capitolo 32
*** Through the dark ***


Through the dark

 Liam’s pov
La felicità era addormentarsi al suo fianco e svegliarsi pensando di essere ancora perso nella dolce illusione dei miei sogni.
Clara. Cinque banali lettere che componevano un comunissimo nome ma che, solo a sentirlo, mi venivano i brividi e mi faceva ripensare a tutto il tempo passato con quella ragazza.
Avevo trascorso i più bei momenti con lei, pieni di felicità e spensieratezza, in cui tornavo bambino, un bambino che non riesce a staccarsi dal suo giocattolo preferito. Ecco, Clara era diventata il mio giocattolo preferito che amavo e proteggevo dagli altri bambini che cercavano di portarmelo via, e avrei lottato con tutto me stesso per tenerla accanto a me per sempre, ormai abituato alla sua presenza nella mia vita.
Momenti  bellissimi che però non contavano niente di fronte allo spettacolo che avevo tra le braccia quella mattina.
Il suo corpo tiepido riscaldato dalle mie braccia calde da cui dipendeva come se senza non riuscisse a sopravvivere, il suo respiro leggero che avrei voluto registrare solo per sentirlo per sempre, come colonna sonora della mia vita, oltre al battito del suo cuore che potevo sentire poiché appoggiato al suo petto.
Il profumo delicato della sua pelle, niente in tutto l’universo profumava tanto quanto lei.
Avrei voluto rimanere lì per sempre con lei tra le mie braccia mentre immagini e parole della notte precedente riecheggiavano in me, ancora incredulo di quanto ero fortunato ad averla nella mia vita.
 
Mi alzai a malincuore sentendo il bisogno di farmi una doccia, cercando di fare il più piano possibile per non disturbarla.
Dopo non pochi rumori causati dalla mia delicatezza infinita, mi voltai per vedere se l’avessi svegliata ma a giudicare dagli occhi chiusi e dalla sua faccia sorridente, forse perché stava sognando, non l’avevo smossa nemmeno di un millimetro.
Prima di entrare in bagno, mi voltai un’ultima volta per guardare quella forza della natura dormire beata e le scattai una foto che avrei tenuto e conservato per sempre come se fosse veramente lei in carne ed ossa. Chiusi la porta alle mie spalle e aprii l’acqua.

“Mi ci voleva proprio” pensai tra me e me mentre uscii nudo dal bagno poiché avevo dimenticato di prendere qualcosa per coprirmi.
Quando aprii la porta della stanza di Clara, la vidi mentre si stiracchiava tentando di mandar via il sonno che aleggiava percettibile sul suo volto.

“Liam! Mettiti qualcosa addosso” mi disse appena si accorse che non indossavo niente.

“Mi piacerebbe ma non so dove prendere un asciugamano” le risposi divertito.

“Il secondo cassetto a destra” mi suggerì indicandomi la cassettiera di fronte al letto.

“Grazie, e comunque buongiorno principessa” le dissi avviandomi verso il mobile, non prima di averle dato il bacio del buongiorno.
Mi avvicinai alla cassettiera che mi aveva indicato e la aprii alla ricerca di un qualcosa per coprirmi.
Spostai degli asciugamani prima di trovare quello adatto a me, imbattendomi prima in alcuni troppo piccoli ed altri troppo grandi.
Quando lo sollevai dal cassetto, mi accorsi che qualcosa di sottile ma appuntito mi aveva pizzicato.
Scostai gli asciugamani per vedere cosa fosse stato e fu proprio in quel momento che trovai quello che non avrei mai pensato di trovare.
Una siringa usata con accanto una bustina quasi vuota contenete della polverina bianca. Che ci faceva una siringa usata e della dose di eroina?

“Clara, dimmi che non è come penso” le domandai gettando con disprezzo la bustina e la siringa sul letto, ponendole in vista davanti ai suoi occhi.
In quel momento potevo leggere il terrore e la paura sulla faccia della ragazza, accompagnato da goccioline di sudore che le imperlavano la fronte.

“Liam, ti posso spiegare”
.
“No, non voglio spiegazioni, voglio solo sapere se queste cose sono tue” le dissi senza darle il tempo di continuare.

“Liam, ti prego, lascia che ti spieghi” il suo tono era quasi supplichevole.

“Clara, cazzo, si o no?” le gridai ormai spazientito.

“Si, ma…” lei continuò a dire qualcosa che a me risuonò incomprensibile.

“Da quanto tempo va avanti questa storia? Quando hai iniziato a farti?” .Queste erano le domande che fluttuavano nella mia testa e alle quali diedi voce.

“Liam, mi dispiace che tu lo abbia scoperto così, ho iniziato prima di incontrarti ed ormai era già tardi per smettere” mi spiegò con le voce strozzata, forse dalle lacrime che minacciavano di uscire.

“Clara ma perché non me lo hai detto prima? Avrei capito” le dissi cercando di calmarmi, anche se il tono che usai era tutto tranne che calmo.

“Liam tu non sei mio padre, non hai alcun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare. Lui è morto e mi ha lasciata sola, sola contro il mondo quando avevo più bisogno di lui” mi disse quando ormai le lacrime avevano assalito il suo viso.

“Io non sono tuo padre, è vero, lui è morto, ma io sono vivo e sono qui al tuo fianco e mi prenderò cura di te per sempre, se lo vuoi”.

“Liam, lo voglio, voglio tutto quello che vuoi tu, tutto quanto, ma sappiamo entrambi che questa storia è sbagliata, lo è sempre stata e lo sarà per sempre.
Tu meriti qualcuno meglio di me, non una stupida drogata che non riesce a smettere nemmeno dopo la morte della sua migliore amica”.

“Clara, ognuno può fare degli sbagli, basta trovare la forza di rialzarsi e rimboccarsi le maniche. Io ti starò accanto, ti aiuterò ad uscire da tutto questo, vedrai il nostro amore avrà la meglio. Io non ti lascerò sola, mai”.
 
Clara’s pov
 -Io ti starò accanto, ti aiuterò ad uscire da tutto questo, il nostro amore avrà la meglio.-
 
Quelle parole mi ricordarono quelle che ripeteva in continuazione Niall a Beth. Questa considerazione mi fece rabbrividire.
Avevo paura,  paura che Liam potesse fare la stessa fine di Niall al mio fianco contro quella lotta  infinita.
Dovevo fare qualcosa o l’avrei perso, così presi una decisione, una drastica, letale e totalmente devastante decisione. L’avrei lasciato andare.

“Scusa, hai ragione. Non ho alcun diritto di dirti cosa fare, tantomeno di giudicarti, ma mi è impossibile non farlo perché io ci tengo veramente a te.” Lui nel frattempo stava continuando a parlare ma io non lo ascoltavo poiché sapevo che qualsiasi altra parola sarebbe stata inutile.

“E’ un problema tuo, non te l’ho chiesto io” gli dissi con tono freddo ed impassibile. In realtà volevo sprofondare, volevo morire, volevo saltarli addosso dicendogli che non era vero, che non lo pensavo sul serio, che lo amavo in un modo smisurato, lo amavo con tutta me stessa, come nessuno può amare nessun altro.

“Clara, ma che stai dicendo?” mi domandò a bassa voce, nemmeno lui riusciva a credere a quelle parole.

-Ti sto dicendo che ti amo troppo e che ti devo lasciar andare, perché se resterai al mio fianco, sprofonderai in un baratro oscuro e senza fine
 “Ti sto dicendo che non te l’ho detto io di affezionarti a me, è solo colpa tua, tua e del tuo sentimentalismo sconsiderato”.

-Ti prego cerca di perdonarmi, se puoi, ti amo, ti amo, ti amo.
 “C-colpa mia? Clara ti prego, dimmi che stai scherzando e che non pensi veramente quello che hai appena detto”

-No, non lo penso veramente, se fosse per me non ti lascerei mai andare, sei l’unica cosa che mi rimane in questa merda di mondo.
 “Certo che lo penso, e penso che adesso te ne dovresti andare” dissi scostante.

“Clara, io non posso, non voglio e anche se mi caccerai a calci in culo, rimarrò davanti alla tua porta finchè non sarai uscita e ti avrò convinta del mio amore”.

-Preferirei morire piuttosto che cacciarti. Non puoi minimamente immaginare quanto dolore e odio stia provando per me stessa, ma è l’unica soluzione, amore mio, l’unica per non farti soffrire e non trascinarti con me verso l’autodistruzione. Non sono stronza come sembro. La vera me é dolce, sensibile, fragile. Troppo fragile. Così fragile che dopo tutto il dolore provato ha deciso di congelare il suo cuore, i suoi sentimenti. E ora ha paura.
“Allora accomodati fuori perchè è lì che resterai, io non ti voglio più con me, è finita” dissi più amara che mai, nascondendo abilmente il dolore che dilaniava in me.

“M-ma … Clara, io ti amo!” disse quando ormai le lacrime avevano preso il sopravvento sul suo volto.

-Cosa? Mi ami? Oh mio Dio, amore mio ma perché non me lo hai detto prima, perché non sei venuto prima nella mia vita, mi avresti salvata quando era ancora possibile, ma ora, ora sono solo un disastro vivente che non si merita di amare, ne tantomeno l’amore di qualcuno. Ti amo anche io, più di quanto tu possa pensare, più di qualsiasi confine terreno ed immaginario, più della mia stessa vita. Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto. Il primo sguardo, il primo tocco, il primo bacio, tu sei stato il primo ragazzo a farmi sentire davvero felice. Non ho mai capito cosa fosse veramente l'amore, ma l'ho provato la prima volta guardando i tuoi occhi. Ho dato via il mio cuore molto tempo fa, il mio intero cuore e tu sei stato l’unico a riportarmelo indietro e farlo tuo, nostro. Ti amo e ti amerò per sempre, fino alla fine dei miei giorni.

 “Perché non mi rispondi? Perché non dici niente? Anche se per dirmi che mi odi, che ti sei pentita di avermi incontrato e di aver trascorso tutto questo tempo con me, ma parlami, rispondimi, ti prego”. Ormai sul suo volto non c’era più alcuna emozione che non fosse disperazione e dolore mischiate a tante, anzi troppe lacrime.

“Perché dici di amarmi, quando sai che non potrai mai stare con me?”

 “Perché continui a respirare, quando sai che prima o poi devi morire?”
Quelle parole mi lasciarono senza fiato, per la prima volta in vita mia non sapevo come rispondere ed impiegai ogni singola forza che avevo in corpo per non baciarlo. No, dovevo resistere, dovevo rimanere impassibile, lo dovevo fare per lui.

 “Mi dispiace ma io non ricambio i tuoi sentimenti, e adesso vattene” gli risposi fredda come mai lo ero stata.

-Se puoi, cerca di perdonarmi, vorrei spiegarti il perché di tutto quello che sto facendo, che ti sto facendo ma so che se lo facessi, dalla mia bocca uscirebbe solo un grido e le parole proibite: prendi me. Scegli me. Ama me.

Non se lo fece ripetere due volte. Prese i vestiti da terra, si vestì velocemente e se ne andò tra lacrime e singhiozzi silenziosi.
Non avrei resistito per molto a vederlo così, se fosse rimasto altri due minuti, gli sarei saltata addosso e gli avrei implorato di perdonarmi, che in realtà non le pensavo veramente quelle cose e che lo amavo anch’io dal profondo del mio cuore.
Ma lui se n’era andato, mi aveva lasciata sola, sola con me stessa e i mie sbagli a dare incessante tormento alla mia anima.
Fu a quel punto che non mi sentii più le gambe e crollai a terra tra urla e pianti disperati.

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Capitolo 33
*** Story of my life ***


Story of my life

 
Il tonfo della porta chiudersi pesantemente scatenò  un aggrovigliarsi di pensieri negativi e sensi di colpa.
Quel rumore, il socchiudersi violento della porta contro lo stipite tremante, era stata la prova evidente ed inconfutabile della sua partenza, una di quelle dolorose senza il giusto addio, di quelle che ti lasciano priva di forze per comprendere ed assimilare, una di quelle che non prevedono un ritorno.
Se n’era andato senza dirmi niente, dopo aver cercato una spiegazione nelle mie parole pungenti e nel mio sguardo tagliente, provando con lo sguardo supplichevole a recuperare in me le tracce disordinate e scomposte che riportavano al nostro amore.
Aveva voltato le spalle sconvolto, con lo sguardo atterrito e fisso al pavimento e con passo veloce mi aveva lasciata.
Mentre sorvegliavo la porta, senza quasi respiro e inerzia di ragionare, rivedevo le immagini di quanto accaduto pochi minuti prima scorrere velocemente davanti ai miei occhi e poi rallentare improvvisamente e bloccarsi nel punto più tragico “penso che adesso te ne debba andare” e poi riacquistare velocità e ancora una volta fermarsi  “io non ti voglio più con me, è finita”.
Estraevo quei pezzi dal caos mentale che aleggiava in me e li osservavo ancora più lentamente, per darmi il tempo di pesare le mie parole, con il desiderio crescente di distorcere i fili di quel discorso, riavvolgere il nastro e farlo scorrere fluidamente, senza la rabbia e le menzogne che lo appesantivano.
Non pensavo quel che avevo detto, perché allora lo avevo detto? Perché quelle parole distaccate dai miei pensieri erano uscite a raffica rovinando tutto?
Forse perché in fondo era vero, non mi sentivo all’altezza di Liam, avevo paura di distruggerlo, di portarlo alla disperazione più totale come Beth aveva fatto con Niall. Mi ero promessa che non l’avrei mai fatto, lui non aveva nulla a che fare con i miei irrimediabili sbagli e non volevo dovesse pagare le conseguenze.
Oppure avevo paura di me stessa? Di quel che ero diventata e che mi spaventava a tal punto da non riconoscere ciò per cui valeva la pena lottare, Liam, e cosa invece eliminare completamente dalla mia vita, la droga.
Nella mia mente questi due universi erano così ravvicinati, il confine che li separava era sottile, inesistente forse.
Mi appartenevano entrambi, desideravo entrambi, non volevo  rinunciare a nessuno dei due.
Ma quel che aveva imparato dall’esperienza di Beth era differenziare le due cose e scegliere, l’una o l’altro, entrambe non  potevano continuare ad annebbiarmi la mente dandomi la finta certezza di poter continuare come se nulla fosse.
Dovevo scegliere perché altrimenti mi avrebbero stretta in una morsa, avvinghiandomi fino allo sfinimento, fin quando il susseguirsi degli eventi avrebbe scelto per me.
Io aveva scelto la droga a Liam. Il piacere facile, senza sforzo, artificiale a quello che è il risultato di un lungo percorso insidioso e che perdura nel tempo.
Liam che aveva reso quest’ultimo periodo degno di essere incorporato nella tanto complessa e distorta parola conosciuta a tutti come vita, ora non ne faceva più parte, rimaneva ciò che al contrario me l’aveva schiacciata, appiattita, resa vuota di sogni e speranze.
Eppure avevo preferito quella merda a lui, all’amore, alla vera felicità, perché il mio pensiero era ormai distorto.

Quella ero io, quel che avevo deciso di diventare attraverso le mie scelte.
Liam se n’era andato perché io ero cambiata, qualcosa mi aveva trasformata e sapevo cosa. 
 
Avrei continuato per la mia strada da sola, così da non illudere né me stessa né nessun’altro, niente più amore o amicizia a scombussolarmi la vita.
Sarebbe stato tutto più semplice annullando i miei sentimenti, una maschera di cera senza colori.
L’eroina sarebbe stato l’unico piacere che mi sarei concessa, l’unica mia compagna ed amante, l’unica mia sofferenza e diletto.
Ecco, questo mi serviva. Un buco per dimenticare, per portare il mio corpo pugnalato alla fine di quella giornata.
Invadere il mio corpo di quelle estasianti sensazioni di libertà e oblio, diventare un tutt’uno con l’appagamento dei sensi, sentire il cervello spappolarsi e diventare come gelatina, lo stomaco attrappirsi e poi sciogliersi, ogni arto del mio corpo diventare mobile, ogni muscolo irrigidirsi e poi molleggiare.
Lo volevo, lo desideravo, lo cercavo con tutta me stessa.

Mi alzai di scatto, con la mente ora riempita dal solo pensiero di bucarmi, non c’era più spazio né forza né volontà per pensare ad altro, a Liam, al litigio, a cosa ne sarebbe stato di me, di lui, di noi. Mi diressi nella mia camera correndo, pregustandomi già cosa ne sarebbe stato di me e del mio corpo nei minuti successivi.
Mi munii della siringa e dell’eroina poggiate tra gli indumenti sparsi disordinatamente sul cassettone e il resto dell’armamentario per prepararmi quella tanto necessaria pera. Volevo nascondermi nei labirinti che avrebbe creato in me e non uscirne più fuori, perdermi lì dentro e non avere più alcun contatto con la realtà.
Mi sedetti incrociando le gambe sul pavimento e iniziai a cucinare trepidante. Gli occhi fissi e desiderosi sull’eroina disciogliersi sul cucchiaio.
Ancora qualche secondo e tutto sarebbe svanito, disciolto nel piacere più estremo circolare nelle mie vene.
La siringa era pronta, mia salvatrice, l’ago infilzato in una fragile vena, il sangue rifluire e lo stantuffo scendere sotto la forza pulsante del mio dito.
Il serbatoio si svuotò ed ecco che questo lampo accecante mi travolse portandomi alla deriva nel mare dell’euforia. Il calore  divampare in me e scuotermi.
Mi ritrovai in un altro universo, mi rivedevo felice e sorridente su un piccolo pianeta guardare l’infelice me stessa sdraiata sul pavimento della mia stanza.
Nella mia mente ridevo , un’atmosfera leggiadra mi circondava ed accoglieva, gli occhi erano chiusi, sognanti, rilassati.

Improvvisamente sentii il bisogno crescente di boccheggiare, il respiro stava assumendo un ritmo irregolare che non potevo controllare.
Sempre più lento, lento, lento. Era come se avessi tutto d’un tratto dimenticato di respirare, il fiato strozzato in gola come se qualcosa mi impedisse di inspirare ed espirare, un ostruzione che intrappolava l’aria al mio interno. Il respiro era sempre più affaticato, sempre meno presente.
Lunghi e pericolosi secondi di apnea mi inghiottivano. I minuti diventavano secondi, secondi che scandivano il tempo della mia più atroce ed incontrollata sofferenza. Ero persa nel tunnel oscuro e senza via d’uscita del panico, si impossessava di me rendendomi debole ed incapace di trovare una soluzione.
Tutt’intorno a me assumeva caratteri sfocati, irriconoscibili. Non contraddistinguevo più le forme e le dimensioni degli oggetti, che riconoscevo solo come deformi, oscurati, senza colore. L’asfissia continuava il suo insaziabile percorso all’interno del mio corpo logoro e affannato.
Non mi abbandonava, facendomi sprofondare in un abisso senza fondo di tortura e sofferenza.
Il roseo colorito della mia pelle stava perdendo vivacità, mentre il segno indelebile dell’asfissia si stava facendo strada sul mio volto esangue, diventato bluastro.
Volevo solo che quel tragico momento trovasse una fine, una fine che non fosse stata la mia.
Mi dimenavo sul pavimento, terreno freddo e funereo. Le mani smaniose in continua agitazione, poi a cingermi la gola, stritolarmela, contorcerla per il desiderio di far fuoriuscire il fiato bloccatosi da troppo tempo.
La mente in totale subbuglio. Il pensiero non aveva più principio e fine, niente più aveva consistenza, il caos regnava in me tracciando il sentiero verso la mia lunga e tormentata morte. Incapace più di respirare, di pensare, di muovermi, con l’unica fievole percezione che i pezzi del mio corpo si stavano rompendo, l’anima mi stava abbandonando e che di lì a poco l’incombere del buio sulle mie  membra avrebbe governato, caddi in uno stato di incoscienza.
Il mio corpo marmoreo disteso inerme e scomposto sul pavimento ad accogliermi, senza più la percezione di ciò che accadeva intorno a me, di ciò che accadeva a me. Il caldi raggi solari illuminavano la penombra della stanza, riscaldavano l’ambiente filtrando dalle tende, posandosi sul mio corpo assente, dandogli la vana possibilità di ridestarsi sotto l’accarezzante tocco del calore. Mentre la frenetica vita californiana disseminava le sue tracce di gioia e dolore, speranza e disperazione nei cuori delle persone, io giacevo priva di sensi sul pavimento della mia stanza, ad un passo dall’eterno sconosciuto, aspettando la morte  o forse la salvezza.
 

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Capitolo 34
*** Another world ***


Another world
Liam’s pov
Oscillavo tra sentimenti di rabbia e delusione. Un’ insaziabile rabbia che mi divorava, una profonda delusione che mi riduceva in brandelli.
Ero stato vittima di una presa in giro, abbindolato, trattato da sciocco e ingenuo, come un rifiuto umano, senza aver colpa di nulla e scaricato senza motivo.
Il perché non riuscivo ancora a figurarmelo, la spiegazione era distorta ed irraggiungibile.
Non le avevo fatto niente di male, l’avevo ricoperta di dolcezza, comprensione e disponibilità. L’avevo fatta sentire come tutte le donne desiderano, desiderata e amata. Ai miei occhi era l’unica, l’unica che avrei potuto considerare la mia donna, quella che mi sarebbe stata accanto l’oggi e il domani.
Perché noi ci capivamo, accoglievamo l’oscurità della’ altro così da ridurne il peso che procurava, facevamo spazio ai sogni reciproci, non avevamo bisogno d’altro che della nostra unione, o almeno per me era così. Mi ero nutrito del suo amore, mentre per lei non era stato qualcosa di cui saziarsi.
Lei aveva avuto bisogno d’altro, l’amore non le bastava. Aveva necessità di rompere i muri dell’ordinario, superare i confini dell’accettabile.
Desiderava volare e l’amore non le garantiva un paio di ali. La droga sì, prima che gliele avesse spezzate rilegandola sotto terra.
Aveva quel supplemento che la faceva sentire completa, perfetta. Me e la droga.

Perché non le bastavo?  Io avevo solo lei. Lei e Clara. Lei e quella combina guai conosciuta fuori quella scuola.
Mentre ora ero rimasto solo, mi aveva mollato per quella merda. Dove l’avrebbe portata se non alla distruzione?
“Trova chi ami e lascia che ti uccidi”, io avevo trovato lei e le sue parole mi avevano trafitto il cuore come mille schegge affilate e taglienti, che mi avevano tramortito e lo fanno tutt’ora. 
Il ricordo di noi era una dolce compagnia, ma nel contempo devastante sofferenza, perché era puro pensiero, mentre la persona era distante, il corpo e l’anima che desideravo erano lontani, persi in un altro mondo.
 
Fuori casa sua non potei non dirigere lo sguardo verso la sua finestra, quella della sua camera dalla quale avevo visto il manto di stelle più bello di sempre la notte precedente. Quando era ancora mia, protetta nelle mie braccia.
Speravo si affacciasse, che i suoi occhi tristi incrociassero i miei e che uno sguardo fosse bastato a mettere a tacere i nostri animi ribollenti d’odio e rabbia.
Ma quella finestra rimase chiusa, velata dalle tende. Non si sarebbe mai più affacciata da lì, non si sarebbe più rivolta a me.
Ero diventato la distrazione dal suo più intenso desiderio di drogarsi. Non mi amava, quelle erano state le sue parole, qualcosa l’aveva allontanata da me, deviato il suo interesse più profondo verso qualcos’altro che non fosse una persona, che non fossi io.

Conoscevo Clara, sapevo che la voglia di sfogarsi stava prendendo il sopravvento, forse avrebbe compiuto una pazzia.
La amavo troppo per far in modo che la rabbia mi rendesse cieco e incurante di ciò che avrebbe potuto fare.
Non avrei mai voluto che le fosse capitato qualcosa di irrimediabile, ma ormai non facevo più parte della sua vita.

“Non sei mio padre, quindi non comportarti come tale”.
Giustissimo, avevo solo provato a compensare l’affetto che le era mancato da lui, ma se le cose stavano così non potevo oppormi alla sua volontà.
Ero stato cacciato dalla sua vita, non potevo più esserne il difensore e custode, ma sapevo che lei ne aveva bisogno, ora più che mai, così chiamai Harry.
Gli raccontai sommariamente quanto accaduto e gli chiesi di sorvegliarla ed evitare che le capitasse qualcosa di brutto.
Mi fidavo di lui come di nessun altro e sapevo che le sarebbe stata accanto .
 
Montai sulla moto senza direzione, senza un posto che mi aspettasse. Ma una meta ce l’avevo, era lì davanti a me da qualche parte.
Un puntino disegnato sull’orizzonte che volevo raggiungere per sentirmi vivo. Vivo e lontano dal dolore che mi lasciavo alle spalle.
Quella meta era la velocità, lo sfrecciare bruciando la strada. Che lei facesse i capricci da tossica con la merda che si iniettava nelle vene per nutrirsi di libertà, la mia libertà la trovavo nella velocità. 
 
Harry’s pov
Quando Liam mi aveva chiamato quella mattina raccontandomi del loro litigio e della tossicodipendenza di Clara, non volevo credere alle sue parole, rimasi scioccato almeno quanto lo era lui. Mi fece una richiesta che provocò un certo tremito nel mio cuore. Avrei dovuto rivederla e starle accanto, consolarla e sorvegliarla.
Sebbene mi fossi lasciato le incomprensioni tra me e lei alle spalle e avessimo chiarito, rivederla sarebbe stato ugualmente doloroso, una fitta al cuore, ma un caso del genere andava oltre le mie paure. Non potevo voltare le spalle ad un amico, d’altronde lo dovevo sia a lui che a Clara, così decisi di dirigermi da subito verso casa sua.

Bussai ripetutamente al campanello ma non ebbi risposta. Dentro non udivo rumori.
Cercai di convincermi che era uscita e non c’era nessun altro in casa, ma avevo come il presentimento che qualcosa di più si celasse dietro quella porta.
Liam mi aveva avvertito che, se Clara non mi avesse voluto aprire, potevo usare la chiave nascosta sotto lo zerbino per le emergenze.
Non sapevo se quella fosse un’emergenza o meno, non potevo averne la certezza, ma in alcuni casi bisogna seguire il proprio istinto che la ragione e il mio mi diceva di aprire quella porta il prima possibile.
Entrai, non c’era nessuno.
Ispezionai le stanze per assicurarmi dell’assenza di tutti o meglio di Clara. La cucina, il salotto, il giardino .. niente, tutto vuoto.
Poi mi diressi verso la sua camera e vidi l’immagine ancora oggi punto fisso dei miei incubi, un tormento per l’anima.
Giaceva priva di sensi sul pavimento, stesa supina con una mano stretta alla gola e un braccio disteso di fianco la sua testa.
La siringa a trucidarle il braccio.
La sua espressione agghiacciante mi colse alla sprovvista facendomi accasciare improvvisamente al suolo.
Il volto del colore della vena infilzata con l’ago, la bocca violacea aperta, gli occhi spalancati senz’anima fissi al soffitto.
Uno sguardo sofferente.
Riuscivo a cogliere il dolore che aveva dovuto provare. Non potevo rimanere lì a guardarla mentre lei abbandonava questo mondo.
Avevo come la certezza che non fosse tutto perso. Poteva ancora farcela, non lo sapevo veramente ma lo sentivo dentro di me, lo speravo immensamente.
Era in coma da overdose molto probabilmente, ma non era tutto perso. Non potevo perdere altro tempo prezioso.
Mi feci coraggio, una corazza di forza invisibile dalla quale dipendeva la sua vita, la presi nelle braccia tremanti e la portai a grandi passi in auto.
Guidai spericolatamente verso l’ospedale più vicino. Arrivato lì la caricai di peso sulle spalle, senza troppa gentilezza, e attraversai l’atrio.
La mia espressione spaventata parlava per me, dato che le parole non uscivano, bloccate come un gozzo in gola.
Dei medici mi si avvicinarono prontamente, la caricarono su una barella e la portarono via.
Le diedi un ultimo sguardo colmo di paura e al contempo speranza, le accarezzai la mano come per infonderle il coraggio e la forza che avevo trovato in me.
Non avrei voluto più lasciarla quella mano, così debole e delicata
La portarono chissà dove. Non la vidi più, mai più tornare, né io mi avvicinai più. Vederla in quel modo era troppo.
 
Decisi di avvertire Liam. Anche se avevano litigato sapevo che era la cosa giusta da fare, così gli inviai un messaggio spiegandogli l’accaduto.
Appena mi assicurai che lo avesse letto mi allontanai da quel luogo triste, non solo per quanto riguardava Clara, ma perché era proprio lì che fu ricoverata mia madre e proprio in quel corridoio i medici mi dissero che avevano fatto tutto il possibile ma che ormai non c’era più niente da fare.

“HARRY, dove sta lei?”.
Mi voltai per vedere chi fosse, anche se dalla voce, anzi dallo strillo, lo avevo riconosciuto.

“Non lo so, l’hanno portata via” gli risposi sperando che le parole non mi tradissero rivelando il mio stato interiore.
Prima di veder sparire anche lui in quel corridoio, lo afferrai per il braccio e lo guardai negli occhi.
Lottava contro se stesso per non piangere, per rimanere forte, quella forza di cui Clara aveva tanto bisogno.

“Lei ti ama” gli dissi quasi in un sussurro, sperando che le mie parole non lo ferissero più di quanto non lo fosse già.

“Perché mi fai del male? La mia ragaz… la mia ex ragazza si trova in un letto d’ospedale che lotta tra la vita e la morte,  non so se la rivedrò ancora e tu stai qui a prendermi in giro raccontandomi bugie? Non hai alcuna pietà!” mi disse lasciando che quelle goccioline tanto temute si facessero strada sul suo viso.

“Liam lei ti ama, anche più di se stessa” gli risposi facendo finta di non aver sentito le sue parole taglienti.

“Non dire stronzate, me l’ha detto chiaramente che non prova niente per me”.

“Perché non capisci? Ti ha detto tutte quelle cose solo per allontanarti”.

“E ci è riuscita” disse con tono freddo, forse ripensando alle dure parole che si erano detti.

“Sei proprio una testa di cazzo” gli dissi alzando leggermente la voce di alcune ottave.

“Clara ha fatto tutto questo solo per te, per proteggerti da lei, da quello che stava pian piano diventando e dal mondo che la stava uccidendo.
Non ti voleva coinvolgere nella disperazione in cui era sprofondata, ti voleva tenere fuori da quel mondo oscuro in cui era entrata”.

“H-Harry...”.

“CRISTO Liam, Clara ti ama, me l’ha detto lei stessa poco tempo fa.
Ti ama, ma non ha avuto il coraggio di dirtelo, aspettava il momento adatto e voleva che tu lo dicessi per primo, forse per paura di non essere ricambiata.
Quando parlava di te rideva con il tuo stesso sorriso”.
Mi pentii subito del tono di voce che avevo usato per un argomento così importante e delicato, ma quel ragazzo mi aveva fatto uscire fuori di senno.
Come aveva fatto a non capire che Clara l’amava veramente? Ce l’aveva praticamente scritto in faccia!

Dopo le mie parole vidi il ragazzo di fronte a me prendersi la testa fra le mani e stringerla, creando una specie di scudo, forse per proteggerlo dai suoi pensieri o dai sensi di colpa e, conoscendolo, in quel momento ne aveva tanti e lo stavano mangiando vivo.
Si girò e se ne andò sparendo in quel corridoio, non prima di essersi voltato nella mia direzione e aver mosso le labbra, forse stava cercando di sorridermi, ma i suoi demoni interiori in quel momento non glielo permisero, lasciandogli sfuggire solo un triste ghigno.
 

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Capitolo 35
*** I wish ***


Harry’s pov
 
Non avevo più avuto notizie su Clara, ora più che mai era un’immagine incolore e offuscata ai miei occhi, un ricordo impreciso che annebbiava di mistero la mia mente. Avevo fatto quel che rientrava nelle mie capacità, non avrei potuto far di più … o forse sì? Queste domande erano punto fisso dei miei pensieri. Non avrei saputo definirle come un modo per auto convincermi di aver fatto il possibile o un modo sottile per incolparmi per non essere arrivato in tempo e aver potuto far di più.

Il pensiero di lei sola, accasciata sul pavimento della sua stanza assumeva tratti terribili nella mia mente. Com’era possibile che si bucasse? Era stata così capace a nasconderlo anche a Liam che da sempre conoscevo come una persona attenta e per niente superficiale. Se fossi stato nei suoi panni, non avrei mai potuto accettare che la mia ragazza si drogasse e per questo motivo ne stesse per morire, invece lui aveva affrontato la situazione con tatto, senza andare in escandescenza né tantomeno abbattersi, aveva assimilato ed elaborato tutto nel modo più disteso possibile, quasi trascurando che ora lei fosse in coma. Non sapevo quale potesse essere la sua reazione, non riuscivo a figurarmela poiché troppo atterrito dagli eventi, ma sicuramente quella che ebbe, si distaccava anni luce da quella che mi sarei potuto aspettare e che avrei potuto concepire.

Nessun mancamento l’aveva colto, come se la notizia non lo riguardasse o come se forse se lo aspettasse. Mi aveva lasciato andare senza dire una parola ed era volato via come il vento, come se io non ci fossi più, come se nessuno lo attorniasse, ma fosse solo. In un certo senso lo invidiavo per quel suo atteggiamento controllato anche in una situazione tanto tragica, ma ugualmente lo compativo per il dolore che doveva averlo assalito. In quel momento aveva bisogno di un appoggio, ma io non ero stato in grado di darglielo perché troppo impietrito per provare anche una sola emozione. Non mi ero mostrato degno di essergli amico, lasciandolo andare senza rincuorarlo e infondergli speranza.

Invece di essergli accanto, ero gettato su questa strada desolata ripensando a quanto accaduto. Pensai a quanto dovesse amarla da lasciarla andare, ma nel contempo preoccuparsi per lei, da non scoraggiarsi e sperare nel meglio. L’amore cambia le persone facendo emergere lati di loro inaspettati e magnifici. Le persone fanno cose straordinarie quando sono innamorate. Si accende qualcosa nelle loro anime che li fa risplendere e così sono capaci di tutto, di superare qualsiasi ostacolo ad occhi aperti senza temere nulla, perché la loro unione gli dà coraggio e una forza inaudita. Sapevo che Clara si sarebbe ripresa, perché qualcosa in lei sarebbe scattato ricongiungendola alla vita e a Liam. E da lì niente si sarebbe più intromesso, avrebbero superato ogni vicissitudine insieme perché uniti erano più forti, invincibili, impenetrabili dal dolore e dalla sofferenza. Mentre io sarei rimasto debole e vulnerabile perché il mio cuore non percorreva i fili per congiungerlo ad un altro. Non percepiva ancora l’aura dell’amore, che forse per lui era spenta o impercettibile.
“Mi piace pensare che qualcuno, da qualche parte è fatto apposta per te e ti sta aspettando pazientemente per accoglierti nel modo che meriti.”
Non avrei mai potuto dimenticare quelle parole, la dolcezza e la sicurezza con cui Clara quel giorno le aveva pronunciate. Mi invasero trafiggendomi e insidiando qualcosa in me che mai avevo provato verso me stesso: speranza.

Nutrivo speranza per chiunque men che me. Speranza che Clara si fosse ripresa, speranza che quei due avrebbero sistemato le loro incomprensioni, ma questo sentimento non raggiungeva mai me, accendendo una luce nel buio delle mie inquietudini. Dovevo iniziare a crederci davvero, iniziare a sperare. Dovevo convincermi del fatto che davvero lì fuori ci fosse qualcuno che mi stava aspettando, inconsapevole del bene che mi avrebbe fatto, inconsapevole del bisogno che avevo di quella persona.
 
Decisi di lasciare quell’angolo che fino ad ora aveva ospitato me e i miei pensieri e di dirigermi altrove, non sapevo dove, nessuno mi aspettava, non una persona, non un luogo. L’unica mia compagnia era la mia ombra, ma anch’essa mi stava lentamente abbandonando con lo scomparire del sole al tramonto. Così girovagavo spento, senza entusiasmo, con passo lento e trascinato. Stavo costeggiando il mare, percorrendo senza rendermene conto il lungomare prosperoso di bambini festanti che si rincorrevano sotto lo sguardo attento delle loro madri, di amanti che passeggiavano tenendosi per mano e sussurrandosi all’orecchio, uomini che contenti di aver chiuso un altro giorno lavorativo si dirigevano compiaciuti e felici verso casa, rallegrati dal pensiero di baciare le proprie mogli e abbracciare i propri bambini. Si udiva in lontananza il suono schiacciato e vibrante dei gabbiani.

E mentre un'altra pagina di vita andava lentamente perdendosi nel libro dei ricordi io camminavo senza meta, in preda alle mie debolezze.
Pensieroso non mi resi conto che ormai il buio era sopraggiunto da tempo e che mi stavo inoltrando in posti sconosciuti e che non incutevano di certo sicurezza, ma un senso di abbandono e solitudine. Sentendomi così inconsapevolmente avevo raggiunto il luogo adatto a me, dove ogni sentimento negativo avrebbe trovato la sua giusta dimensione. Inquieto ma contemporaneamente incuriosito, senza fretta alle spalle e senza impegni, continuai a camminare addentrandomi in quell’enorme cantiere navale abbandonato e decadente. Giaceva in un certo alone di mistero. Sembrava che lì le cose fossero immutate da secoli, come se il tempo si fosse di colpo fermato lasciando quel luogo in un’epoca di decadimento. Ugualmente emanava un certo fascino, come se vi fossero nascosti segreti destinati a mostrarsi solo agli occhi dei più audaci. Gli spazi erano così ampi da potersi perdere.

Iniziai ad addentrarmi nei vicoli, piccole stradine senza vita che sboccavano in grandi piazze. Figure distorte si accantonavano in gruppi di poche persone. Un assoluto e agghiacciante silenzio regnava. Sembrava una qualche scena di un film dell’orrore. Delle grosse cortine di fumo bianco si innalzavano un po’ ovunque, mentre delle risatine di tanto in tanto rompevano il devastante silenzio che incombeva. Iniziai ad avere paura, quel posto faceva raggelare le ossa.
Mi resi ben presto conto di non essere un avventuriero e così ebbi il repentino desiderio di tornarmene indietro, ma purtroppo mi ero perso in quel dedalo di stradine, non sapendo nemmeno più dov’ero. Fioche luci provenivano dai pochi lampioni funzionanti, alcuni emanavano luce a trasmittenza e questo non faceva altro che accrescere in me la paura e la voglia di lasciare quel luogo il prima possibile. Cominciai a guardare in tutte le direzioni spaesato e impaurito, girandomi intorno freneticamente alla ricerca di una soluzione, di una via d’uscita, o semplicemente ero in panico. Andavo avanti e indietro a grandi passi senza motivo. Quando improvvisamente fui fermato da una voce gracile che mi raggiunse all’orecchio.

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Capitolo 36
*** Right now ***


“Hey amico, ti serve qualcosa?” sentii dire in modo lento e quasi inudibile.
 
“Chi parla? Non ti vedo.”
 
“Dietro di te.”
 
Mi girai ma niente, non vidi nessuna persona, solo il buio che riempiva lo spazio dinanzi a me.
 
“Qui giù, amico vedo che hai un problema” continuò la vocina sconosciuta che iniziava a diventare inquietante poiché sentivo solo quella, ma non la persona dalla quale proveniva.
 
Alla fine aguzzai la vista e vidi accasciato per terra un ragazzo. Mi avvicinai, ma non troppo per star sempre sull’allerta. Dalla luce che proveniva da un lampione poco distante, potei notare l’orribile stato in cui riversava.
Era logoro dalla testa ai piedi, emanava una puzza nauseabonda che non seppi identificare, mi era nuova come anche le abrasioni che riportava sulle braccia, precisamente sull’interno dell’avambraccio. Era sudato e dall’aspetto stanco. Aveva continuamente gli occhi chiusi e quando parlava, strascicava le parole, come se avesse difficoltà a pronunciarle.
 
“Dovrei tornare a casa, ma credo di essermi perso. Non è che… cioè mi daresti una mano?” dissi pacatamente, non volendo sembrargli scorbutico, ma senza neanche implorarlo per non dare l’aria d’essere un cacasotto, nel caso se ne approfittasse.
 
“Tu sei proprio fuori. Non vedi che è notte? Qui non riesci ad uscirne di giorno figurarsi a quest’ora” disse con la voce affannata.
 
“Si ma…” ripresi, ma mi bloccai capendo che non avrei risolto molto, si era spiegato e non credo che nelle condizioni in cui stava si sarebbe sognato di fare altro.
 
“Stasera non si torna a casa bello. Ahah… sei intrappolato qui. Intrappolaaaaato. Ahahaha” continuò divertito, accennando una risata che fu smorzata da dei violenti colpi di tosse.
 
Mi infastidì leggermente, ma non gli prestai troppa attenzione. Mi allontanai con l’intento di avvicinarmi ad un altro gruppo per chiedere informazioni, ma sentii ancora quella voce rivolgersi a me.
 
“Non ti conviene avvicinarti a quelli lì. Sono pericolosi. Moooolto pericolosi. Ahahaha” disse provando ad urlare, ma tutto ciò che ne venne fuori fu quasi un lamento canzonato.
 
“Senti, mi stai stanc...” dissi stavolta rabbioso, girandomi verso di lui, ma mi bloccai di colpo. Le parole si dissolsero senza consistenza e suono nell’aria e il mio cuore sussultò. L’azzurro cristallino dei suoi occhi raggiunse i miei, folgorandoli. Mi fagocitarono nella loro immensa chiarezza e per un momento sembrò di essere in paradiso e non in quell’inferno giù sulla terra. Il cuore iniziò a palpitare forte, più forte, come assalito dalle convulsioni. Rimasi fermo perso in quell’azzurro incontenibile. Si portò poi una canna alla bocca ed espirò un denso fumo bianco che creò una sorta di nebbiolina nella quale non rividi più il suo corpo esile e i suoi occhi sognanti.
 
“Ascolta il vecchio Louis, stasera non puoi tornare a casa. Se ti ostini ad andartene ti perderai e non ti conviene, faresti una brutta fine. Qui c’è gente poco raccomandabile che non si fa problemi a infastidire le persone come te” disse calmo, con tono di chi vuole darti un consiglio fidato.
 
“Come me?” risposi dopo essere riemerso dalla beatitudine che mi aveva investito.
 
“Come un tizio che non ha nulla a che vedere con questo luogo di merda e questa gente” disse con un tono di tristezza nella sua voce. “Avvicinati. Non voglio spaventarti” continuò.
 
“Perché dovrei? Stai continuando a prendermi per culo. E poi chi mi dice che non sei come le persone di cui parli? Ma ti sei visto? Ti stai decomponendo da vivo, se ti puoi definire tale” dissi aumentando il tono della voce.
 
Non sentii risposta. Lo vidi abbassare il capo e prendere un'altra boccata dalla canna, gustandosela come se fosse l’ultima in vita sua, mandando poi in dietro la testa e cacciando in aria il fumo. Poi tornò a fissarmi con sguardo distaccato, senza rispondere.
 
“Scusa, non volev…”
 
“Non servono scuse se quel che dici è la verità. Non rinnego d’essere sulla scia della morte, d’essere un miserabile schifato dalla società, un tossico senza speranza, ma sai anch’io ho un cuore. Ma a chi importa giusto? Perché uno nelle mie condizioni dovrebbe possederne ancora uno? Non l’ho venduto al diavolo il mio cuore?  Non si è incenerito con tutto il fumo che inalo? Non è scoppiato con tutta l’ero che mi inietto? Beh, mio caro alto borghese di sto cazzo, la risposta è no! No, ne ho ancora uno. Deformato, rattrappito, intossicato, consumato, pugnalato, ma è qui e batte. Batte per dare a voi la certezza, contro tutte le vostre opinioni infondate, che sono vivo, che respiro, che penso, che sogno e che nessuna convenzione del cazzo, nessun pregiudizio merdoso, nessuna critica potrà mai annientarlo. Non fin quando sarò io a deciderlo. Ma fino a quel giorno sta ben sicuro che continuerò a svegliarmi tutte le mattine in questo porcile schifoso circondato da zombie, continuerò ad andare avanti e bucarmi, visto che è l’unica cosa che mi rimane, a sorbirmi le vostre occhiatacce e i vostri compianti senza significato, ad essere vittima delle mie scelte e della vostra noncuranza. Vaffanculo! Sai una cosa? E’ proprio la vostra ferma decisione di chiudere gli occhi alla verità di questi giorni, di dimenticarvi che fuori dal vostro mondo di formalità e falsità, c’è la realtà di chi desidera di poter vivere un giorno di più nonostante le difficoltà, è la ragione per cui non decido di smetterla una volta per tutte. Per dare uno schiaffo morale a tutti voi, per farvi capire che nonostante i miei irrimediabili errori, io ho ancora voglia di vivere e sperare che un giorno tutto possa andar meglio” disse ostentando più volte la voce, ma convinto a continuare perché ci credeva in quello che diceva e perché doveva farlo dato che quelle parole erano celate da troppo tempo dietro quel cumulo di ossa e tossicità.
 
Sentii di venir meno, di cadere e frantumare tutti i pezzi sconnessi del mio corpo. I suoi occhi non erano più colmi di quell’azzurro celestiale, ma traboccavano rabbia e sofferenza. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, allora la sua doveva avercela con il mondo.
 
Ebbi l’istinto di avvicinarmi di scatto a lui, prendergli la testa penzolante e stringerla nelle mie grandi mani ferme, di guardarlo dritto in quegli occhi paradisiaci e infuocati e dirgli che tutto sarebbe andato bene, perché da quel momento non sarebbe stato solo, perché io avrei sorvegliato su di lui, avrei preso le sue difese e avrei usato la forza che lui trasmetteva in me per proteggerlo dalle ingiustizie, ma soprattutto per proteggerlo da se stesso.
 
Ma tutto quel che feci fu di sedermi accanto a lui e poggiare la mia testa sulla sua fragile spalla. Accarezzargli la mano tremante e tumefatta e poggiarla sul mio cuore palpitante, sfuggente. Rimanemmo così tutta la notte, vicini l’uno all’altro, in modo tale che le nostre anime si toccassero e combaciassero in un'unica realtà. La nostra, quello che saremmo diventati.

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Capitolo 37
*** Back for you ***


Clara’s pov
 
“Clara! Ti sei svegliata!” disse il bellissimo ragazzo con un sorriso a trentadue denti, nonostante le lacrime continuassero a scendere sul suo dolce viso. Quanto mi era mancato vedere quegli occhi, quelle labbra, lui!
 
“Non ce la faccio più a stare qui. Il mio culo si sta appiattendo” esclamai con tutta la nonchalance di cui ero dotata nel tentativo di cancellare l’imbarazzo tra noi.
 
“Mi sei mancata così tanto, tu e la tua finezza” disse divertito.
 
“Perché sei qui Liam?” nonostante tutto quello che gli avessi detto, lui era ancora lì al mio fianco, era rimasto.
 
“Lasciarti andare è stata la cosa più sbagliata che abbia mai fatto.”
 
“Liam…” volevo interromperlo e dirgli finalmente quello che provavo, dirgli: ti amo e ti amerò per il resto della mia vita e se morirò continuerò ad amarti in eterno, perché un sentimento così forte nemmeno la morte lo può spezzare. Ma lui non mi lasciò parlare continuando il suo discorso.
 
“Clara, mi dispiace essermene andato via in quel modo e non aver lottato per noi. Ma ora sono qui e rimarrò fin quando vorrai. Quando capisci di aver lasciato andare qualcuno di importante, in quel momento ti accorgi davvero di quello che hai perso, ed io ho perso te dal momento che ti ho lasciato in quella stanza da sola, con le tue fragilità e le tue paure. Sono un bugiardo, ti avevo promesso che mi sarei preso cura di te, ma non l’ho fatto. Potrai mai perdonarmi? Perdonare la mia stupidità ed il mio egoismo?”
 
“Liam, tu non hai niente da farti perdonare. L’unica qui che deve chiedere scusa sono io. Mi sono comportata malissimo con te, ti ho detto tutte quelle cose… scusa!”
 
Ci fu un attimo di pausa e rimanemmo a guardarci per qualche minuto senza distogliere i nostri occhi impegnati a leggere la verità di quelle parole.
 
“Clara, sono venuto a vedere se stavi bene, mi hai fatto veramente preoccupare. Io ti amo e so che tu non provi lo stesso, ma va bene così, adesso vado ti lascio riposare.”
 
Lo vidi alzarsi e dirigersi verso la porta e cercare di nascondere le lacrime che stavamo ricominciando a scendere.
 
“No, resta!”
 
“Perché Clara, per continuare a stare male?” rispose continuando a darmi le spalle.
 
“No, perché ti amo!” Ecco glielo avevo detto, finalmente avevo avuto il coraggio di dirglielo e speravo che quello fosse un buon motivo per farlo restare.
 
“C-cosa?” le sue parole erano flebili e spezzate.
 
“Hai sentito benissimo” risposi spocchiosa. Era vero, lo amavo tantissimo, dal profondo del mio cuore, ma non ero ancora così disperata da ripeterlo altre volte. O forse si?
“Ti amo! Ti amo! Ti amo! Completamente, profondamente, sinceramente. Ti amo! E ti prego vieni da me, ora. Vieni a prendermi e baciami. Baciami forte. Baciami come non hai fatto mai, come se fossi la ragione della tua esistenza. Baciami come se non ci fosse un domani. Vieni da me e non lasciarmi più. Non voglio stare più senza di te. Voglio i tuoi baci sotto le coperte. Ora.”
 
Si girò verso di me per vedere se fossi seria o stessi scherzando, ma non avevo mai detto parole più sincere di quelle. Guardando i miei occhi, il suo volto si illuminò di una luce nuova, nuova e splendente che accecò la mia vista. Lui mi aveva accecata. Il mio amore per lui in quel momento era impossibile da descrivere. Nessuna parola, canzone o gesto potrebbe mai lontanamente avvicinarsi dall’esprimere cosa provavo. Era come se il tempo si fosse fermato e tutto intorno a noi fosse sparito lasciando solo i nostri sguardi complici lanciarsi in un mare di sentimenti, un mare dedicato solamente a noi, le cui acque erano colme di fiducia e speranza, speranza di una nuova vita insieme, e la sabbia un’immensa distesa di granelli di cuore, le cui particelle si fondevano creando la più bella delle visioni.
 
Si avvicinò al lettino dove ero distesa e si chinò verso di me. Appoggiò la sua fronte sulla mia senza mai togliermi gli occhi di dosso. Sentivo il suo respiro caldo sulle mie labbra che mi provocò sensazioni nuove, mai provate, del tutto distanti da quello che percepivo fino ad ora. Restammo per qualche secondo in quella posizione, secondi che sembravano anni mentre aspettavo impaziente di essere baciata, respirando ognuno l’aria dell’altro. E’ così che vorrei vivere per sempre, sopravvivendo del suo respiro e lui del mio. Quando si decise a far incontrare le nostre labbra quel bacio si svelò il più dolce, profondo e più atteso di tutti quelli che ci eravamo mai dati. Il momento più bello era vedere il suo viso avvicinarsi al mio e capire di star per  essere baciata. Quell’attimo. Quell’attimo prima era una cosa stupenda.
 
“Clara Prime, sono ufficialmente pazzo di te.”
 
“Menomale” esclamai sollevata.
 
“Perché menomale?” mi chiese curioso.
 
“Almeno così siamo in due!”
“Da quando ci siamo incontrati per caso, ho capito che saresti stato colui che mi avrebbe spiegato perché non aveva funzionato con chiunque altro” continuai.
 
“Ci siamo incontrati perché doveva succedere, Clara, e anche se non fosse stato quel giorno, quel mese o quell’anno, prima o poi ci saremmo sicuramente incontrati da qualche altra parte. Perché noi siamo destinati a stare insieme.”
 
“Liam, non voglio continuare a vivere chiedendomi -chissà come sarebbe stato-, non più.”
 
“Nemmeno io. Dico di viverla come viene, e se stiamo insieme, allora vorrà dire che vivremo un sogno!”
 
“Sarà il più bello di tutti, perché tu sei il sogno che comincia nel momento in cui mi sveglio.”
“Ti amo, Liam Payne!” esclamai per la milionesima volta e sempre con lo stesso sorriso sulle labbra.
 
“Ti amo, Clara Prime!”
 
Restammo a parlare ancora un po’ fin quando non ci addormentammo l’uno affianco all’altra sul lettino dell’ospedale, con la mia testa accanto alla sua sul cuscino mentre sorrideva silenzioso. Le palpebre distese, le labbra socchiuse. I sogni e i desideri intatti. Per la prima volta nella mia vita sentivo di trovarmi nel posto giusto nel momento giusto, perché era quello il mio posto, tra le sue braccia. Perché quando abbracci la persona che ami, respiri emozioni che il respiro te lo tolgono. E vuoi tornarci, vuoi tornarci più volte, tutte quelle che puoi, perché dei suoi abbracci non ne avrò mai abbastanza. Lui era il mio posto. L’avevo capito dalle tante notti che lo guardavo dormire e vedevo nei suoi occhi qualcosa di nuovo e stupendo, il mondo in cui avrei voluto vivere per il resto della mia vita.
 
Ero felice, felice come non mai, ma quando tieni così tanto ad una persona hai anche paura, paura di perderla, di farle del male, di ucciderla. E nonostante tutto quello che ci eravamo detti il mio pensiero non era cambiato, perché sapevo che se fossimo stati insieme, alla fine lo avrei ucciso e se non fossi  stata io stessa a farlo, sarebbe stata la droga a trascinarlo negli abissi della perdizione insieme a me. Perché io rovino sempre tutto, io sono così, mando tutto a puttane, tutto!
 

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Capitolo 38
*** More than this ***


Liam’s pov
 
-Non inizierò questa lettera dicendo caro, dolce o mio Liam, lo sai, non è il mio stile, così inizierò con un semplice hey, che mi si addice di più, quindi…
Hey,
dalla prima volta che ci siamo visti ho capito che avevi qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa di speciale, e non parlo di quel fantastico bolide che hai messo in piedi da solo, ma di te. Quando ti ho visto la prima volta, mi sono subito innamorata di te e tu hai sorriso perché lo sapevi.
Quel momento è stato la fine del mondo e l’inizio del paradiso. Il tuo viso, i tuoi occhi… da quando i nostri sguardi si sono incrociati è nato qualcosa in me. Quel qualcosa che non so nemmeno io spiegare, ma c’era, e cresceva pian piano dentro me diventando sempre più vitale. Quel qualcosa che tu hai preso e con i tuoi modi dolci, le tue sorprese, la tua infinita delicatezza hai trasformato in amore. E’ proprio per quell’amore che adesso ti sto scrivendo, perché ti amo Liam, ti amo e ti amerò per sempre, e non posso permetterti di affondare con me, tu sei destinato a qualcosa di più grande, e non di stare dietro una stupida drogata che ha scelto la strada più facile per evitare di soffrire, che dico, illudermi di aggirare la sofferenza. Ora ho capito che non la si può evitare, ora mi appartiene, ora soffro e più di quanto avessi mai pensato. Non si può smettere di combattere per qualcuno che si ama ed è per salvare te che ora sto combattendo contro tutti i miei sentimenti, contro il mio cuore, contro ogni parte di me che chiede di averti e non lasciarti più. Combatterò da sola per la tua felicità, che troverai distante da me. Ti amo troppo per coinvolgere anche te in questa battaglia che dovrà portare a picco solo me, sarò l’unica sul campo della sconfitta e per quanto potrà essere straziante non averti al mio fianco, lo preferirò al vederti cacciar fuori l’anima per il dolore che ti provocherei, quindi lotterò da sola. So che non lo accetterai, ma è la mia scelta, la più difficile che abbia mai preso in vita mia e la più giusta.
Mi dispiace averti coinvolto in tutto questo, non lo meritavi, ma è stato inevitabile dal momento che ci siamo incontrati ed innamorati, perché è come dici tu, noi eravamo destinati. Ma nel nostro destino non c’è l’opzione d’essere felici, o almeno non insieme. Il nostro sarebbe stato un amore forte ed indissolubile, più resistente di qualunque metallo esistente e di qualunque roccia indistruttibile, quell’amore più potente di ciò che i poeti scrivono e i cantanti cantano, più puro di qualsiasi cielo senza nuvole o acqua cristallina, più vero della verità e  più profondo degli abissi degli oceani più alti. Tu sei tutto per me, lo sei diventato da subito e continuerai ad esserlo fino alla fine della mia inutile esistenza, a cui non manca molto.
 
-Oh, I will carry you over, fire and water for your love-
 Ci hai provato amore mio, fin quando io non te l’ho impedito. Hai fatto tutto quello che potevi e non smetterò mai di ringraziarti per questo.
 
-And I will hold you closer, hope you heart is strong enough-
Ci sei riuscito piccolo, ma la paura è diventata più forte del cuore e ho dovuto lasciarti andare.
 
-When the night is coming down on you, we will find a way through the dark-
L’abbiamo trovata la strada attraverso l’oscurità: è il nostro amore, sei tu, siamo noi. Ma ora quest’oscurità sta prendendo il sopravvento, mi sta inghiottendo nelle sue fauci e ho paura che distrugga anche il nostro amore, te.
Liam, tu sei e sarai la mia luce, il mio sole eterno in uno stato di mezzanotte perenne. Le prime luci dell’alba in mezzo al buio della mia vita. Non sarai riuscito a disintossicarmi, ma ti posso assicurare che mi hai salvata, come hai potuto, come meglio credevi, e alla fine ti sei rivelato la mia unica via di fuga da questo mondo falso e superficiale che non ci merita, non merita d’essere testimone del nostro amore tanto speciale ed unico.
 
Sembrava l’inizio della felicità, poi si sa come vanno le cose: scivolano sempre, impercettibili e non c’è verso di fermarle, se ne vanno, semplicemente se ne vanno. Ed è proprio ciò che devo fare, me ne devo andare, mi devo allontanare da te, perché sarei solo un pericolo, un ostacolo insuperabile alla tua futura felicità. Per un po’ ci starai male, lo so, ma vedrai che poi passerà. Alla fine so bene che resisterai anche senza di me, riuscirai a superare persino quei giorni in cui ti sentirai di morire, quei giorni in cui sarai dannatamente fragile, perché sai, è questo che si fa: si va avanti nonostante tutto.
Il problema è il mio che non riesco a fare a meno di te. Se solo sapessi quanto fa male lasciarti, ma devo farlo, per te, per noi.
 
Nel frattempo cercherò di dimenticarmi di te e di come mi hai salvata, anche se sarà impossibile dimenticare qualcuno che mi ha dato tanto da ricordare. Mi ricorderò per sempre di come mi sono fidata di te così facilmente, quando la fiducia non l’avevo nemmeno più in me stessa. E ovunque io vada, troverò sempre un particolare che mi ricordi te.
 
Ok, basta troppe parole smielate, non è da me, ma vedi è questo che mi hai fatto, mi hai cambiata, mi stai facendo scrivere queste smancerie  che non mi sarei mai sognata potessero uscire da me, ma preferisco che escano loro dalla mia mano che tu dalla mia testa, quindi mi faccio coraggio e continuo. Ti svelerò anche un piccolo segreto. In questo momento sto piangendo, a dirotto, senza smettere di singhiozzare silenziosamente per non svegliarti. Tu sei qui accanto a me che dormi e sembri così indifeso e dolce e non sai la voglia che ho di svegliarti, solo per avere un ultimo bacio, di sentire per l’ultima volta la tua voce dolce e per dirti un’ultima volta ‘ti amo’. Ma sai che c’è? Lo farò lo stesso. Bacerò un’ultima volta le tue morbide labbra che so che mi mancheranno da morire, e ti sussurrerò per l’ultima volta che ti amo, sperando di non svegliarti.
 
Ecco l’ho fatto e per un attimo ho pensato anche che mi avessi sentito, ma a giudicare dal tuo viso sereno e beato stai ancora dormendo, forse mi stai sognando! Credo che è questo ciò che farò per il resto delle prossime notti della mia vita, che passerò piangendo e maledicendomi per averti lasciata, anche se in fondo so di aver fatto la cosa giusta. Ti sognerò, sognerò di quando stavamo insieme, di quando ti baciavo con ogni fibra, ogni molecola, ogni nervo del mio corpo, dei mille baci che ci scambiavamo con gli occhi, prima che le nostre labbra si raggiungessero, di quando ci  fermavamo solo per sorriderci e guardarci negli occhi per perderci nella loro immensità.
 
Ancora non riesco a credere di essere stata così fortunata a stare con te, anche se per poco, troppo poco. Ma la cosa più sorprendente è che tra tante ragazze, più intelligenti e belle, tu hai scelto me, proprio me tra tante. Non posso far altro che ringraziarti per quello che hai visto in me e per quello che vedevo nei tuoi occhi quando mi guardavi. Anche nelle giornate più tristi bastava guardare il mio riflesso nei tuoi stupendi occhi e subito mi sentivo bellissima, la ragazza più fortunata del mondo, perché avevo te. Ma ora, per amore o per egoismo, ho rovinato tutto. Ancora una volta ho scelto la strada più facile, scappare invece di combattere, è questo che faccio sempre, è un abitudine o forse la mia filosofia di vita,  ma arrivata a questo punto sono stanca di combattere, non ho più forze, non ce la faccio più. Non so dove andrò adesso, non so che cosa ne sarà della mia vita e non so se morirò per strada da sola o se sarò fortunata, una su un milione di drogati, come me troppo stupidi per scegliere la vita invece della droga, e pulirmi definitivamente.
Ti amo troppo per lasciare che questo destino sia anche il tuo, che la sofferenza per il mio dolore la provi anche tu, che le lacrime che verserò sul letto di morte le pianga anche tu. Ti amo troppo assicurarti a questo destino. Preferisco, invece, che questo succeda quando ormai tu ti sarai dimenticato di me e, ascoltando la notizia della mia morte, possa provare solo un minimo dispiacere ricordandoti di quel piccolo ed insignificante periodo della tua vita in cui stavamo insieme.
Ti chiedo un’ultima cosa e poi giuro che non mi farò più vedere, sparirò dalla tua vita e non ti verrò più a disturbare: se puoi, non dimenticarmi!
Ti amerò per sempre,
                                                                                                                                                                                                Clara.
 
Appena finii di leggere la lettera, un’inevitabile ondata di lacrime si riversò sul foglio che avevo ancora tra le mani. Ormai quello era l’unica cosa che mi rimaneva di lei, oltre al vuoto incolmabile della sua assenza. Non riuscivo a credere che mi aveva lasciato veramente, o almeno non lo credevo prima di avere la conferma dalla lettera. Perché mi aveva messo da parte? Ce la facevo benissimo a starle vicino, a darle la forza necessaria per aiutarla ad uscire da quel circolo vizioso, da quell’unico nemico chiamato droga.
 
Se credeva che mi avrebbe trascinato con se verso la morte si sbagliava. Senza di lei ero debole, vulnerabile, solo. Come avrei mai potuto andare avanti, guardare qualcun altro senza vedere i suoi occhi dappertutto, sorridere immaginando il suo splendido sorriso, pensare ad altre ragazze se il mio pensiero fisso era lei? Come? Se aveva preso questa decisione per rendermi la vita migliore, si sbagliava! La mia vita da quel momento non sarebbe potuta andare che peggio..
 
Mi dispiaceva che fosse andata a finire così, volevo provare a liberarla dai suoi demoni, ma alla fine avevo capito che solo lei poteva sconfiggerli. Non ce l’aveva fatta,  così aveva sacrificato la cosa  più importante che aveva per non condividere il dolore. Non c’è cosa più brutta che vedere una persona sola che lotta per due, e solo in quel momento realizzai che da quando ci  eravamo conosciuti era iniziata la sua battaglia interna. Una guerra senza vincitori né vinti, le cui uniche armi a disposizione erano il coraggio e la forza, quella che lei non aveva e che io non ero stato in grado di conferirle.
 
Posso assicurare che, anche se volessi, non riuscirò mai a dimenticarla, nemmeno tra vent’anni, quando l’immagine del suo viso mi apparirà in mente sfocata, mentre il nostro amore sarà ancora forte e integro come il primo giorno.
 
“Anch’io ti amerò per sempre Clara e sarò per sempre tuo, perché noi due siamo destinati, non ad essere felici insieme, ma semplicemente destinati l’uno all’altra.”
 

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