Indicibile

di Bert88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Merope Gaunt ***
Capitolo 2: *** James Potter ***
Capitolo 3: *** Severus Piton ***



Capitolo 1
*** Merope Gaunt ***


Indicibile

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono qui per un motivo preciso. Sono qui per dare giustizia ad alcune persone del mondo magico che sono state screditate o credute volgari, malvagie o insignificanti. Anche loro hanno una storia da raccontare, anche loro hanno vissuto una vita, non sempre degna di essere chiamata tale. Anche loro hanno subito violenze, hanno provato amore, hanno sentito il desiderio di volere qualcosa di più dalla loro vita.

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono qui per permettervi di entrare nei loro pensieri, nei loro ricordi.

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono un Ladro di Attimi. Questo è il mio ruolo. Quando la gente sta per morire a me vengono affidati i loro ricordi più cari.

 

Era una fredda giornata invernale. Non ricordo di preciso se fosse capodanno o il primo gennaio. Fatto sta che fuori faceva molto freddo. Imbacuccato nel mio cappotto e avvolto in una calda sciarpa me ne andai verso quello che era un orfanotrofio. Bussai sette volte al portone prima che venissero ad aprirmi. Una giovane ragazza mi si parò davanti: era scarna e sembrava ci fosse qualcosa che la distraesse, quando il suo viso affilato mi fissò, però, sapevo di avere tutta la sua attenzione.

“Prego” disse “Desidera qualcosa?”

“Sto cercando una ragazza, dovrebbe essere incinta, anzi precisamente dovrebbe partorire ora” dissi e da una porta li vicino si sentirono delle urla di una donna a confermare ciò che avevo appena detto.

“Ma-ma lei come…”

“Come faccio a saperlo?” affermai “semplice, l’ho vista entrare qui”. La ragazza sembrò credere alle mie parole e mi fece entrare in un ingresso con il pavimento bianco e nero.

“Mi chiamo Editt Piaf, vorrei parlare con la donna appena possibile. Sono un parente lontano”

“Piacere di conoscerla, sono la signorina Cole. Vedrò di fare il possibile ma dovrei sentire la direttrice. La ragazza si è presentata qui sola e non so se sia il caso di… si insomma, ha capito” e si avviò verso la stanza dalla quale venivano le urla.

Dopo circa una mezz’ora di attesa la signorina Cole si ripresentò con il consenso di farmi entrare nella stanza della giovane. La vidi. Era sporca, trasandata: una poveraccia. Era sfinita dal parto e guardava il suo bambino con uno sguardo strano: un misto tra amore e disgusto. Evidentemente era rimasta molto scottata dall’uomo che l’aveva lasciata, ma questo ve lo mostrerà lei stessa. Perché giusto quella notte lei mi ha consegnato il suo pensiero più caro.

 

La giovine non oppose resistenza. Anzi, sorrise, come se sapesse chi fossi, come se sapesse cos’ero venuto a fare, come se sapesse di stare per morire.

“Merope Gaunt, è lei?” dissi sfoderando la bacchetta.

“Perché me lo domanda, se sa già la risposta? Io so chi è lei. L’ho già vista” mi disse “lei è venuto poco prima che mia madre morisse”

Non poteva ricordarselo, le avevo obliviato la memoria. Ne sono sicuro.

“Non può ricordarsi di me” le dissi “non è possibile” ma ora credo di aver capito il perché di tutto questo: i lividi che aveva, i tagli e le tumefazioni potevano provenire solo da crociatus, botte e schiaffi continui. Un incantesimo di memoria può vacillare sotto tutta questa violenza.

“Lei chi è?” continuò la donna “Vorrei sapere il suo nome. Lei sa il mio!”

“Editt Piaf. Ladro di attimi, Ufficio Misteri”

“E di preciso, signor Piaf, cosa vorrebbe da me? L’unica cosa preziosa che avevo era un medaglione, ma l’ho venduto”

“Non mi interessano quei ninnoli, quegli oggetti inutili. Io signorina Gaunt..”

“Signora Riddle” mi interruppe “sono sposata ormai” disse con un velo di tristezza nella voce.

“Dicevo, signora Riddle [un brivido le percorse la schiena] che io ho bisogno di lei. Anzi della sua memoria. Io ho bisogno del suo ricordo più caro.”

A queste parole la giovine parve perdere la lucidità: iniziò a dimenarsi e ad urlare di una voce diversa, strana, roca. Il suo animo selvaggio prese il sopravvento e la donna diventò violenta. Non mi feci prendere dal panico, scagliai un muffliato, in modo che il personale dell’orfanotrofio non sentisse tutto il rumore o, comunque, non sospettasse niente, e le scagliai contro un incarceramus: una moltitudine di corde la avvolse e, d’un tratto, la rabbia primitiva della donna si placò.

“Signora Riddle,” dissi con voce ferma “con le buone o con le cattive devo avere quel ricordo”.

Attimi di silenzio

interrotti da una voce tornata dolce

“D’accordo. Ma voglio raccontarle personalmente la mia storia, il mio ricordo, cosicché venga compreso al meglio”

 

 

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Fu facile somministrargliela… gliela versai in un bicchiere che gli offrii, naturalmente, assetato, lo bevve… e lì iniziò l’idillio… [brividi lungo il suo corpo] e l’amarezza. Perché in ogni suo gesto, in ogni sua carezza, in ogni suo sguardo c’era un retrogusto amarognolo, come di sbagliato… come se tutto quello non fosse giusto.

Me ne resi conto quando facemmo l’amore, se così si può chiamare. Ci accarezzammo… ci baciammo, ma la sua dolcezza andava a momenti, in alcuni attimi sembrava rendersi conto di ciò che non ero, ovvero il suo vero amore. Decisi di far scegliere a lui, se mi poteva amare. Smisi di somministrargli il filtro e, una notte, se ne andò, conscio di non essere innamorato, conscia di non meritarmi il suo amore. È patetico vero? Il fatto che la mia gioia più grande fosse una finzione.” Disse con voce tremante.

“No, patetico è il fatto che lei sta decidendo di morire e di abbandonare il frutto di quest’amore che, pur fittizio, è comunque stato amore”.

Le mie parole la colpirono come uno schiaffo. Il suo sguardo si fece duro. “Esca,” disse “evidentemente lei non sa cosa vuol dire amare”

“O è lei a non saperlo?! Ad ogni modo, suo figlio dubito lo saprà. La sua debolezza, miss Riddle, avrà conseguenze…si fidi”

Dicendo ciò presi la boccetta dove avevo racchiuso il ricordo e me ne uscii, esattamente quando spirò. Obliviai la memoria del personale dell’orfanotrofio e me ne uscii con l’amaro in bocca.

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Capitolo 2
*** James Potter ***


Indicibile2

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono qui per un motivo preciso. Sono qui per dare giustizia ad alcune persone del mondo magico che sono state screditate o credute volgari, malvagie o insignificanti. Anche loro hanno una storia da raccontare, anche loro hanno vissuto una vita, non sempre degna di essere chiamata tale. Anche loro hanno subito violenze, hanno provato amore, hanno sentito il desiderio di volere qualcosa di più dalla loro vita.

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono qui per permettervi di entrare nei loro pensieri, nei loro ricordi.

Sono un indicibile dell’ufficio misteri. E sono un Ladro di Attimi. Questo è il mio ruolo. Quando la gente sta per morire a me vengono affidati i loro ricordi più cari.

Il mio lavoro è dettato da delle regole. Un esempio?

Il tempo è solito fermarsi quando arrivo io: nessuono nota il mio arrivo e la mia partenza tranne la persona che sta morendo. Fu così che andò anche con James Potter: il lampo di luce verde che lo stava per colpire di fermò e, nel suo sguardo, un bagliore di speranza fece capolino. Mi avvicinai all’uomo e mi presentai:

“Editt Piaf, indicibile dell’ufficio misteri, ladro di attimi”

“Non sono morto? Ma che diavolo…?”

“Lei non è ancora morto signor Potter perché ho bisogno del suo ricordo più caro”

“Come…?”

“Sono un indicibile dell’ufficio misteri e sono qui per custodire il suo ricordo più caro”

“Capisco” disse “bel modo di morire, farlo ricordando i bei momenti. Rende tutto un po’ più dolce.” E, detto questo, una luce leggera, simile a del fumo, gli usci dalla tempia e il tempo ricominciò a scorrere. Un attimo ed era morto.

Il ricordo di James Potter era uno tra i più semplici e banali, ma anche uno tra i più intensi: un bacio. 

Un incontro tra labbra socchiuse mentre due mani si stringevano. Era l’emozione del ricordo ciò che colpiva. In quel bacio c’era passione, attesa, speranza, paura e amore. Tutto questo in un semplice incontro tra labbra. Tutto questo era racchiuso nel ricordo di James Potter del primo bacio con Lily Evans. Niente sesso, niente eccitazione. Solo amore e fiducia e coraggio e passione (ma quella pura, quella pulita) e sogni e desideri e paure e… Lily!

C’era il racconto di una storia d’amore in quel primo bacio.

In quel primo bacio c’erano tutto James e tutta Lily.

Chiedo scusa del ritardo nel continuare questa storia...non volevo più andare avanti perchè mi vergognavo di averla scritta così tanto tempo fa e di non averla mai continuata. Ma al mio ragazzo è piaciuta e mi ha dato la forza di pubblicare il secondo capitolo nella speranza che i vecchi lettori la continuino a leggere e, perche no, che piaccia a qualcun'altro. Enjoy

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Capitolo 3
*** Severus Piton ***


Inicibile...Piton

Severus Piton




Ti piacerebbe sapere di Severus Piton, vero? Un sacco di gente mi ha chiesto di lui. Una delle persone più misteriose del mondo. Neanche Voldemort stesso aveva più segreti di lui. Ambiguo fino alla fine nel suo essere buono o cattivo.
Ve lo immaginate come diventa il mio lavoro durante una guerra? Diventa un inferno. Non finisce mai. Il mio lavoro è infinito, capite? Il mio lavoro è infinito...

La persona che sta morendo lo sente, sente che sto arrivando... e lo sa; lo accetta; lo merita, dopotutto, lo merita. E così il professor Severus Piton. Oh si, lui lo meritava davvero. Meritava l'ultimo pensiero felice.

Mi guardò, quel giorno. Mi guardò negli occhi
"Non erano i tuoi occhi che stavo aspettando Editt"
"Lo so Severus" risposi "neanch'io vorrei essere qui!"
"Che vuoi da me? Non puoi lasciarmi morire in pace"
"Ho bisogno di te e del tuo ricordo Severus! Poi ti lascerò in pace"
"D'accordo" disse e, sfilandosi un ricordo dalla mente me lo consegnò. Si girò verso il ragazzo e io svanii sussurrando un sommesso Addio. E fu allora che il tempo ricominciò a scorrere e che Severus Piton esalò guardando gli occhi di Lily Evans (e non Lily Potter) attraverso gli occhi del figlio Harry.

Non poteva avere più di sedici anni Severus Piton. Se ne stava nascosto dietro una colonna, in una aula apparentemente vuota. Ma, naturalmente, vuota non era. Lily Evans e James Potter erano appena entrati nell'aula litigando.
"Che vuoi da me Potter?" urlò la ragazza, i capelli rossi che le fluttuavano sulla testa mentre entrava, furiosa, nell'aula.
"Solo parlarti Lily" rispose il ragazzo "Solo parlarti; sono giorni che provo ad avvicinarmi e tu scappi! Cosa c'è? Ho fatto qualcosa di sbagliato?"
"Come se non lo sapessi"
"Lily? Cosa dovrei sapere? Non mi parli da quando... oh... è per Mocciosus, vero?"
"Ecco vedi? Lo hai fatto di nuovo... smettila di chiamarlo così... smettila di offenderlo!"
"Ma Lily... è inevitabile... ci odiamo, non ci possiamo farne a meno!"
"Beh, non mi pare che lui ti offenda ogni volta che vi incrociate"
"Solo quando tu sei nei paraggi"
"Smettila di dire cazzate!"
"Solo perché tu non lo vedi, solo perché non lo senti"
"Tu..."
"E dai Lily... non vi parlate neanche più... perché lo difendi?"
"Perché gli voglio bene... perché anche se non gli parlo più è comunque il mio migliore amico."
Il cuore di Severus saltò un battito.
Lei le voleva ancora bene. Lei lo considerava il suo migliore amico. Lei lo considerava ancora!
A lui non importava il bacio che i due si scambiarono poco dopo o il fatto che uscirono mano per la mano.
"Anch'io ti voglio bene" sussurrò Severus.
E il ricordo, lentamente, svanì.

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