Tutti i nodi vengono al pettine

di NyxNyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tutti i nodi vengono al pettine

Prologo

Quando mi ero svegliato quella mattina non mi sarei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere… ma cominciamo dal principio.
Mi chiamo Nathaniel, ho trentadue anni e lavoro come direttore alla Biblioteca Mairie a Colleville -Francia- ma abitavo a Saint-Léonard da quando ero nato.
Appena finite le superiori mi ero iscritto all’Università di Rouen laureandomi in lettere e dopo una lunga gavetta partita come semplice bibliotecario, da qualche mese ero riuscito ad avere l’incarico a cui avevo sempre aspirato.
La mia passione per la lettura era nota a tutti fin dai primi anni di scuola, ma ora che ero stato in grado di conciliare la mia più grande passione con il lavoro potevo davvero ritenermi soddisfatto.
Ero sposato da quattro anni con Chloé, una donna di appena trent’anni conosciuta durante i miei studi a Rouen. Frequentavamo lo stesso campus e qualche corso opzionale, così piano piano ci eravamo avvicinati. Avevo capito subito che per me sarebbe stata una ragazza speciale e un giorno mi decisi a seguirla appena finite le lezioni. Scoprì che lavorava part-time in un caffè letterario per mantenersi e da quel momento diventai un assiduo frequentatore del locale.
Passavo ore seduto al tavolo fingendo di leggere solo per poterla guardare e per scambiare qualche breve parola tra un’ordinazione e l’altra.
Ero innamorato perso.
Chloé rideva sempre quando ricordavamo i vecchi tempi, dicendo che sembravo più uno stalker che un cliente, ma a me non importava: avrei fatto di tutto per poter uscire con lei almeno una volta.
La mia fortuna fu un acquazzone primaverile durante il mio ultimo anno di studi. Aveva staccato alle sedici quel pomeriggio perché non stava molto bene, bastava guardarla per notare il suo viso più pallido del solito e le guance arrossate dalla febbre.
Il suo capo insistette per mandarla a casa a riposare ed io che ascoltai “per pura casualità” la loro conversazione, pagai il conto e mi attardai all’uscita chiamando un taxi per evitare di camminare sotto la pioggia.
Quando la ragazza uscì dal retro e imboccò il viale principale per andare verso il campus la fermai chiedendole se stesse bene.
Non poté negare, così da vero gentiluomo, le proposi di prendere il mio taxi sperando che accettasse e mi chiedesse di fare il tragitto con lei vista la nostra comune destinazione.
I miei piani filarono lisci come l’olio e una volta scesi dal veicolo mi proposi per accompagnarla fino alla sua camera volendomi accertare delle sue condizioni.
Fu grata di questo gesto e di tanta gentilezza, tanto che quando alcuni giorni dopo tornò al caffè iniziò a mostrare più attenzioni nei miei confronti.
Tornammo a casa insieme qualche altra volta, chiacchierando principalmente dei nostri studi, fino a quando mi decisi a chiederle di uscire.
Da quel momento iniziammo a incontrarci in biblioteca per studiare e passare un po’ di tempo assieme ed io continuai a frequentare il caffè aspettando che finisse il turno per poterla riaccompagnare al campus.
Chloé era fantastica: dolce, premurosa, affidabile e molto intelligente. Mi ero innamorato del suo sorriso e del suo buffo modo di gesticolare mentre parla di cose che l’appassionavano. Oltre a questo era anche una persona davvero gradevole e non solo per il suo aspetto. Non era alta quanto me, ma lei affermava sempre che fosse un bene, altrimenti non potevo abbracciarla come le piaceva.
Capelli color ebano, grandi ed espressivi occhi verdi, fisico sinuoso e pelle ambrata, la trovavo un incanto.
Naturalmente anche lei aveva la sua buona dose di difetti: estremamente testarda, diretta e senza filtri, solo per citarne alcuni.
Tutto questo andava molto spesso in contrasto con il mio essere -leggermente- permaloso, ma con il tempo entrambi avevamo cercato di smussare un po’ gli angoli del nostro carattere cercando di parlare il più possibile nel momento in cui sorgeva un problema. Avevamo infatti capito che altrimenti entrambi saremmo rimasti nel nostro broncio silenzioso per intere settimane.
Il problema comunque non era lei.
Dopo aver convissuto due anni alla fine dell’università, avevo aspettato che si laureasse per farle la proposta di matrimonio.
Da allora la nostra vita era proseguita normalmente, con alti e bassi, ma di certo non potevamo lamentarci.
Ci eravamo trasferiti nella mia città natale, grazie ad un mutuo avevamo comprato casa e Chloé era riuscita a vincere un concorso da docente al mio vecchio liceo ed ora insegnava francese e storia, dandomi l’opportunità di restare in contatto con molti dei professori.
La direttrice, pace all’anima sua, ci aveva lasciati da ormai qualche anno. Quest’ultima dopo la scomparsa del suo fedele cagnolino Kiki non era più riuscita a reagire e un improvviso malore aveva avuto la meglio su di lei.
I suoi funerali furono l’unica occasione in cui rincontrai praticamente tutti i miei compagni di scuola insieme e in quella sfortunata occasione presentai ufficialmente Chloé che mi aveva accompagnato.
In seguito avevo mantenuto stretti contatti con loro, nonostante fossero passati gli anni mi chiamavano ancora “segretario” e più di una volta era capitato che qualcuno di loro venisse a chiedermi consiglio. Ero soddisfatto di essere considerato ancora così importante e affidabile, mi piaceva essere utile.
Capitava che qualche volta uscivamo a cena con Melody e suo marito, altre partecipavo alle mostre che curava Violette, o più semplicemente andavo nel negozio di Leigh per salutare suo fratello e Rosalya con la scusa di comprare una nuova cravatta o un abito per mia moglie.
Saint-Lèonard non era molto grande, perciò era difficile perdersi di vista e come in ogni cittadina che si rispetti i segreti non potevano esistere, tutti sapevano in tempi brevi tutto di chiunque.
Mia sorella Ambra invece si era trasferita e sposata a Parigi con un ricco ereditiere e a quanto diceva stava vivendo la vita che aveva sempre desiderato.
Personalmente non stimavo molto l’uomo che aveva deciso di sposare, mi ricordava troppo mio padre e avevo il sentore che fossero fatti della stessa pasta.
Già, la mia adolescenza non era stata esattamente rose e fiori per colpa sua e anche se per capirlo c’era voluto l’aiuto dei miei amici, ora ero fermamente convinto che denunciare mio padre per maltrattamenti fu la cosa più giusta da fare.
All’inizio la vergogna e la paura avevano avuto la meglio, ma quando riuscì finalmente a capire che non ero solo, le cose migliorarono.
Questo non significa che  fosse stato semplice. Dovemmo vendere la casa e mamma dovette chiedere aiuto ai suoi genitori per poterci mantenere, ma capiti i suoi sbagli e compresa la situazione chiese la separazione da mio padre e successivamente il divorzio.
Da allora tornai in pace con me stesso e con la parte femminile della mia famiglia. Mia sorella era decisamente più buona e disponibile nei miei confronti e mia madre semplicemente era tornata ad essere una donna degna di tale nome.
Gli abusi però non erano una cosa facile da dimenticare, ero stato da uno psicologo per farmi aiutare e una volta concluso un lungo percorso, decisi di dare il mio contributo alla comunità, diventando un socio molto attivo nell’associazione contro i maltrattamenti dei minori.
Ci incontravamo più volte al mese per parlare e discutere di varie tematiche e a turno andavamo nelle scuole dedicando alcune ore all’ascolto dei più piccoli. Inutile specificare di quali effetti devastanti avessero su di me i casi che si rivelavano reali e di quanto li prendessi a cuore.
Quando questo accadeva però, sapevo di poter tornare a casa tra le braccia di mia moglie che immancabilmente mi teneva stretto a sé coccolandomi e tranquillizzandomi con semplici gesti e tanta dolcezza.
Come direttore della Biblioteca ora potevo persino mettere a disposizione alcune sale del grande edificio in cui lavoravo per permettere ad associazioni come queste di essere più efficienti e creare giornate a tema.
La cosa che però aveva sconvolto la mia giornata ed oserei dire anche la mia vita, si era presentata alle dieci di sera mentre stavo proseguendo nella scrittura del mio romanzo poliziesco.
Il campanello di casa aveva suonato due volte consecutive ed io chiedendomi chi potesse essere a quell’ora mi ero alzato per andare ad aprire.
Quando spalancai la porta mi ritrovai una ragazzina di circa quindici, sedici anni con alcune valige.
Lunghi e lisci capelli biondi, occhi azzurri e uno strano sguardo.
Il primo pensiero che mi balenò per la testa fu che quella di fronte a me fosse una ragazzina probabilmente scappata di casa e recatasi al mio indirizzo per via della attività di volontariato.
«Posso aiutarti?» chiesi subito cortesemente.
«Mi chiamo Eve» rispose semplicemente.
«Piacere Eve, io sono Nathaniel. Cosa ti è successo?» domandai allora cercando di capire che cosa l’avesse spinta a presentarsi direttamente a casa mia.
«Ho litigato con mia madre e me ne sono andata di casa» disse noncurante come se questa non fosse la prima volta.
«Capisco» risposi cauto, poi le porsi il mio telefono «Preferirei chiamarla per dirle che stai bene, puoi farmi il suo numero? Sarà preoccupata».
A quest’ora di certo non potevo portarla al centro, avrei chiesto a Chloé di prepararle la stanza degli ospiti e il giorno dopo mi sarei premurato di chiamare gli assistenti sociali e di verificare la loro situazione familiare, speravo non fosse niente di grave.
«Mà» esordì la ragazza dopo qualche minuto «Vuole parlare con te».
«Buonasera signora» esclamai appena ripreso il telefono «Volevo dirle che sua figlia Eve si trova a Saint-Léonard e sta bene».
«Nate non servono tanti convenevoli sono io» rispose la donna dall’altra parte della cornetta e che riconobbi subito «Lo so, avrei dovuto dirtelo prima ma non sapevo come fare, c’erano già abbastanza casini e poi sono passati gli anni e diventava sempre più difficile…»
«Scusa ma non credo di seguirti» dissi confuso dalle sue parole.
«Non ti ha ancora detto niente? Che stupida» borbottò.
«Dirmi cosa?» domandai perplesso e preoccupato guardando la ragazzina.
Silenzio.
«Eve… Eve è tua figlia».
Guardai la giovane a bocca aperta, sconvolto ancora dalla notizia, totalmente impietrito e nel più completo caos mentale.
La squadrai da capo a piedi, ora riuscivo perfettamente a vedere Debrah nei suoi lineamenti e nei suoi occhi, poi mi soffermai sul biondo cenere dei capelli e non potei fare a meno di pensare che fossero identici ai miei.
Annaspai in cerca d’aria, in cerca di lucidità, in cerca di una conferma che arrivò prontamente dalla ragazza.
«Ciao papà».



Angolino dell'autrice
Buongiorno a tutti ^^
Sono tornata con il prologo di una nuova storia che proprio non ne voleva sapere di rimanere nella mia testa.
Spero vi piaccia, è solo l'inizio ma ho ben in mente come farla proseguire.
Se qualcuno segue le mie altre storie non si preoccupi, non le ho abbandonate, ma a causa di poca ispirazione ma soprattutto poco tempo per via degli studi fanno fatica ad andare avanti.
Comunque abbiate fede, appena finiti gli esami tornerò a scrivere con il ritmo di prima ^^
Intanto fatemi sapere se questa storia vi ispira con una breve recensione, in questo modo capirò se portarla avanti o meno :)

Grazie per essere passate!
Un bacione, Nyx

 

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Capitolo 2
*** Chapter I ***


Tutti i nodi vengono al pettine

Capitolo I

Stavo cercando inutilmente di calmarmi, ma più mi imponevo di farlo, più mi agitavo.
«Amore chi è?» sentii chiedermi da Chloé.
«Amore?» domandò la ragazzina «Hai una ragazza?»
«Sono sposato» annuii non capendo il perché di così tanto stupore e la vidi coprirsi il volto con una mano mentre borbottava qualcosa di non molto carino su sua madre.
«Scusa non volevo crearti problemi» ammise Eve, ed io continuavo a capirci sempre di meno «Mamma non mi ha detto che eri sposato… non sarei mai piombata qui così altrimenti».
«Lei… tu… io…» sospirai prima di urlare il nome di mia moglie «Chloé… Chloé… vieni un attimo ti prego».
Sbucò dalla porta del soggiorno e subito mi raggiunse leggermente preoccupata in viso.
«Amore che succede?» chiese «Sei pallidissimo».
«Questa ragazza si chiama Eve» dissi non sapendo in che altro modo renderla partecipe della mia personale tragedia «afferma di essere mia figlia ed io credo che se non mi siederò subito potrei svenire».
La donna mi guardò seria, scrutò la ragazza per un attimo e infine le porse la mano.
«Come avrai capito sono Chloé, sua moglie» disse incredibilmente calma.
«Eve» ripeté la ragazzina «e da ieri ho scoperto di essere sua figlia».
«Da ieri?» domandò mia moglie.
L’altra annuì gravemente, ma si vedeva che era spaesata quanto noi da tutta la situazione.
«Accomodati cara, ne parliamo dentro» esclamò infine la mia compagna posando delicatamente la mano sulla schiena della biondina invitandola ad entrare «Nath le valige» ordinò senza lasciarmi dire altro.
Presi i due trolley come un automa e li trascinai all’interno della casa, poi raggiunsi le due donne in soggiorno e mi sedetti sulla poltrona per cercare di calmare le vertigini e bloccare il tremolio che sentivo e vedevo nelle mie mani. Mi aggrappai infatti ai braccioli come se fossero delle ancore di salvezza ed aspettai in silenzio cercando di elaborare la faccenda.
«Quanti anni hai Eve?» chiese Chloé offrendole un bicchiere di tè freddo.
«Quindici anni appena compiuti» rispose la ragazza leggermente a disagio.
«Questa situazione è strana per me, perciò posso immaginare quanto lo sia per voi» affermò la trentenne alzando le spalle «Ti dispiacerebbe raccontarci qualcosa in più di te? Così forse capiremo un po’ meglio… tutto».
La giovane bevve un lungo sorso dal recipiente che aveva in mano e prese un respiro prima di iniziare a parlare.
«Sono nata il sette agosto di quindici anni fa e mia madre è Debrah Leroux…»
«Debrah Leroux, la cantante dei Stars from Nightmare?» la interruppe mia moglie stupita.
La ragazzina annuì, l’altra mi guardò per un istante e sebbene non avesse aperto bocca era stata piuttosto eloquente: nemmeno lei pensava che potessi aver avuto una relazione con una donna così famosa.
Fortunatamente, la giovane età della ragazza non lasciava dubbi sul fatto che i miei rapporti con sua madre erano da ricollegarsi ai tempi delle superiori.
«Quando sono nata aveva solo diciassette anni, ma decise di tenermi con sé» continuò la ragazza «Aveva nascosto la gravidanza ai fan con la scusa di una pausa dai tour per registrare un nuovo cd e poi ha ripreso la sua vita come se niente fosse. Non posso lamentarmi, mi ha sempre dato tutto quello che volevo e sono cresciuta con le migliori tate e i migliori insegnanti privati ma… mi ha mentito» disse con voce tremante «Lo ha sempre fatto» singhiozzò «Mi ha fatto credere per tutta la vita che mio padre non mi avesse mai voluto e invece ho scoperto che lei non glielo aveva nemmeno mai detto».
Chloé l’avvolse subito in un abbraccio ed io restai fermo, incapace di qualunque azione e ancora troppo intontito dalla storia per poter ragionare lucidamente.
Il problema è che non amavo Debrah: non l’avevo mai fatto. Inoltre, ero seriamente sconvolto dal pensiero che l’unica volta che mi ero lasciato andare, l’unica volta che avevo deciso di non essere il segretario per bene che tutti conoscevano, l’unica dannata volta che avevo mandato a fanculo il perbenismo, in cambio avessi ricevuto una figlia.
Una figlia.
Eve.
Mia figlia.
Era davvero difficile da credere, ma le date coincidevano e le somiglianze erano troppo palesi per poter far finta di niente.
Di solito si hanno nove mesi di tempo, più o meno, per rendersi conto di quello che sta per accadere, per imparare ad essere padre ed io non ero pronto, non ero preparato e non c’era un libro che potesse insegnarmi una cosa simile.
Io che di solito trovavo le risposte nella lettura di storie altrui, capii immediatamente che era questa quella che mi avrebbe insegnato di più in assoluto.
Continuavo a guardare la scena che si svolgeva davanti a me, ma mi sentivo un estraneo, completamente fuori posto. Al contrario Chloé, nonostante il suo sconcerto iniziale, si stava prendendo perfettamente cura della ragazza.
Solidarietà femminile? Istinto materno?
Non saprei, in qualunque caso questa vicenda sconvolgerà la vita di tutti e tre.
«Nath di qualcosa» mi esortò mia moglie mentre continuava a massaggiare la schiena alla ragazza.
«Io… Io sinceramente non so che dire» ammisi schietto «Non ero assolutamente preparato ad un evento simile e ammetto che mi ci vorrà un po’ per capirci seriamente qualcosa».
Eve rimase in silenzio, ma nei suoi occhi potevo leggere le stesse paura che mi stavano attraversando.
«Posso dedurre che le bugie che ti ha raccontato tua madre ti abbiano spinta a cercarmi e a scappare di casa, come mi hai detto tu prima. Non è una situazione facile per nessuno e credo che dovrò sedermi ad un tavolo per parlare con Debrah al più presto» affermai «intanto puoi restare qui. Giusto Chloé?»
«Certo che può restare!» esclamò mia moglie come se qualunque altra alternativa fosse una pazzia, poi si rivolse dolcemente alla ragazza «Preparo subito la tua stanza tesoro, vuoi fare un bagno intanto? Sarà stato un lungo viaggio».
«Grazie, credo che un bagno possa farmi bene» rispose cortesemente.
Ringraziai il cielo che il carattere non assomigliasse nemmeno lontanamente a quello di sua madre, altrimenti mi sarei sentito dare del cretino già una decina di volte.
Le due donne sparirono al piano superiore ed io guardai la vetrinetta dei liquori fin troppo allettato all’idea di un bicchiere di Chivas Regal.
«Sei stupido?» mi sentii dire poco dopo mentre ero ancora seduto attonito sulla mia poltrona.
«Prego?» domandai a Chloé cadendo dalle nuvole.
«Nathaniel è tua figlia. Tua. Figlia.» sbottò a denti stretti per non farsi sentire da lei «Ha passato quindici anni della sua vita sentendosi rifiutata dal padre e tutto quello che hai da dirle quando la vedi per la prima volta è che non ci capisci niente? Non l’hai abbracciata. Non l’hai consolata. Ti sei rinchiuso in te stesso guardandola terrorizzato. Per Dio Nath, è ancora una bambina che colpa ne ha lei in tutta questa storia? Te lo dico io: nessuna. Perciò ora svegliati e fai qualcosa di concreto per lei che non sia solo offrirle una stanza in cui dormire».
«Chloé mettiti nei miei panni» pigolai frastornato dal suo attacco così diretto.
«E tu prova a metterti nei suoi. Sei tu l’adulto e che tu ci creda o no, sei suo padre. Pensa a quello che sta passando, a quello che ha sofferto, vuoi davvero aggiungere altro dolore?»
«No» risposi sincero.
«Bene allora vai di là, prepara un panino o qualunque altra cosa pensi possa piacerle e quando uscirà da quel bagno parla con lei».
Restai in silenzio elaborando qualcosa, qualunque cosa potesse passarmi per la mente in quel momento.
«Che cosa ti spaventa così tanto?» mi chiese mia moglie ricomponendosi.
«E se non fossi all’altezza?» dissi di getto «Se non fossi un buon padre. O il padre che si aspettava io fossi. Se proprio fossi un incapace il questo ruolo. Se iniziasse ad odiarmi?»
«Quindi vuoi essere suo padre?» domandò quasi speranzosa.
«Certo, mi assumerò le mie responsabilità. Devo solo schiarirmi un po’ le idee» affermai, ma appena finita la frase la vidi scrollare la testa «Che c’è?»
«Non devi assumerti le tue responsabilità» sibilò alterata «Non è una cosa che, devi fare. È una cosa che, devi sentire. Se non sei convinto di questa cosa, il vostro rapporto non potrà mai funzionare».
Ci pensai un attimo ed effettivamente aveva ragione.
«Chloé… come fai ad essere così razionale anche in queste situazioni?» chiesi affondando la testa contro la sua spalla mentre l’abbracciavo.
Avevo bisogno di sentirla vicina.
«Sono sconvolta quanto te dalla situazione. Hai una figlia. Una figlia di quindici anni. Ma che colpe posso darti? Nessuna, non lo sapevi e impareremo a convivere con questa cosa».
Donne: hanno una forza che noi uomini non possiamo nemmeno sognarci di avere. Senza di lei probabilmente sarei ancora sulla porta di casa a guardare Eve come un'ameba.
«Ascolta» disse infine posando delicatamente le mani sulle mie guance «Hai già affrontato situazioni difficili: chi meglio di te sa cosa voglia dire essere rifiutato dal proprio padre? Non è quello che è successo tra voi, perciò puoi rimediare, farle capire che ci sei e che ci sarai. Hai aiutato così tanti bambini e ragazzi con l’associazione, posso assicurarti che non sarà molto diverso, devi solo analizzare tutto con un po’ di calma. Non volevo arrabbiarmi con te prima, ma è necessario che tu capisca al più presto questa cosa. Per il tuo e per il suo bene.
Ci sono io con voi» sorrise prima alzarsi sulle punte per baciarmi.
«Sposarti è la cosa più intelligente che abbia mai fatto» sussurrai sulle sue labbra.
«Come darti torto?» ridacchiò complice accarezzandomi la nuca.
«Credi davvero che sarò un buon padre?» chiesi guardandola negli occhi.
Non rispose subito, ma si abbandonò ad un dolce sorriso ed infine si mordicchiò il labbro inferiore.
«Più che sicura» concluse annuendo.
Andai subito in cucina e iniziai a preparare qualche tramezzino, non conoscendo le sue preferenze oltre all’insalata e pomodoro ne preparai uno con del prosciutto, uno con il tonno e l’altro con cetriolini e peperoni. Ero un discreto cuoco -non che per mettere insieme qualche fetta di pane bianco e verdure ci volesse un genio- però speravo davvero che il risultato facesse piacere alla ragazza.
Stavo iniziando a calmarmi e capivo perfettamente che nonostante  continuassi a considerare la volta con Debrah un errore, quella ragazzina non lo era.
Meritava tutto il mio amore e il mio sostegno ed ero seriamente infuriato all’idea che sua madre non mi avesse mai detto niente.
Aspettai che Eve uscisse dal bagno e salii i gradini per poi bussare alla porta della sua camera.
«Posso?» chiesi intimorito da un rifiuto mentre lasciavo intravedere il vassoio con sopra i tramezzini e due lattine di bibite fredde.
«Certo» fu la risposta immediata.
Era un buon inizio.
Appoggiai il cabaret sul comodino e la esortai a mangiare qualcosa.
«Ti chiedo scusa» le dissi poco dopo «quando mi sono svegliato questa mattina non mi sarei mai aspettato di conoscerti. Ma sei qui e va bene credimi» le sorrisi «Ci vorrà un po’ di tempo per conoscerci e ci vorrà un po’ prima che riesca ad essere un buon padre. Pensi di potermi dare una possibilità?»
Eve mi guardò con le lacrime agli occhi e si sporse in avanti abbracciandomi di slancio.
«Dicono tutti che sono una persona molto paziente» ridacchiò la ragazzina tra un singhiozzo e l’altro «Tutto il tempo che vuoi».
Era bastato un suo abbraccio per farmi scattare qualcosa dentro. Un istinto di protezione primitivo che mi fece serrare le braccia sulla ragazza per tenerla il più vicino possibile.
Volevo conoscerla davvero: sapere che cosa le piaceva, cosa odiava, cosa la faceva ridere e cosa invece la rendeva triste. Volevo esserci e voleva farlo nel modo migliore, recuperando tutti gli anni che ci avevano tenuti lontano.
Chiacchierammo mentre consumavamo lo spuntino e fu piacevole scoprire che i nostri gusti si assomigliavano molto.
«Sei stanca?» chiesi quando ormai la mezzanotte era passata.
«Un po’» ammise coprendo uno sbadiglio con la mano.
Le sistemai una ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio, permettendomi di accarezzarle il capo. Erano gesti che non avevano mai fatto, ma allora perché ne sentivo quasi nostalgia?
«Ti lascio riposare» affermai alzandomi a malincuore «domani parliamo con calma, se hai bisogno di me sono infondo al corridoio».
«Grazie» sorrise «Buonanotte».
«Buonanotte» ricambiai lasciandole impacciatamente un bacio veloce sulla fronte, per poi uscire e dirigermi in cucina con quel che restava del contenuto del vassoio.
Quando arrivai in cucina Chloé mi aspettava sorridendo speranzosa «Com’è andata?» chiese impaziente.
Mi sedetti davanti a lei e appoggiai la testa contro il suo petto facendomi coccolare dolcemente.
«Nath» mi chiamò dopo qualche minuto sollevandomi piano il viso «Stai… stai piangendo?» domandò allarmata.
Annuii perché mentire era assolutamente inutile.
«Mia figlia sta dormendo al piano di sopra… ha già quindici anni e mi sono perso la sua vita fino ad ora. L’ho abbracciata ed ho capito quanto sia forte il legame del sangue e ora non riesco davvero a capire come sia possibile che ci siano ragazzini maltrattati dai genitori. Come possa mio padre aver trattato me a quel modo» spiegai schietto con la voce appena un po’ tremante.
«Amore… non puoi cambiare il passato» pigolò dolcemente «Pensa al futuro, pensa a quante cose puoi fare per e con lei da oggi in poi. Imparerai a conoscerla e a volerle ancora più bene di quanto tu ne senta già ora. So che ce la puoi fare, sei un uomo meraviglioso» ridacchiò «Non ti avrei mai sposato altrimenti».
La baciai rincuorato dalle sue parole e sorrisi grato per la sua comprensione.
«Tu come… come ti senti?» chiesi cercando di capire come avesse preso tutta la faccenda.
«Credo che ci servirà un periodo di assestamento, ma non mi preoccupo» esclamò ed io la guardai curioso «Insegno in un liceo ed ho avuto a che fare con un adolescente particolarmente scapestrato negli ultimi sei anni, direi che sono vaccinata».
La sollevai fino a caricarla in spalla e ridendo mi avviai verso la nostra camera che fortunatamente era appena in cima alle scale. La lasciai cadere sul letto e la guardai imbronciato.
«L’adolescente scapestrato va a dormire sul divano» aggiunsi con aria solenne.
Le girai le spalle e feci un passo verso la porta, ma mi sentii trattenere per il bordo della maglia.
«Nath…» mi richiamò «sai che odio dormire da sola» sbuffò.
Ci preparammo per la notte e una volta sotto le coperte la strinsi a me trascinandola in modo tale che la sua schiena combaciasse perfettamente con il mio petto.
Le baciai la nuca e sussurrai un «Grazie» che aveva un’infinità di significati.
Infine mi addormentai sprofondando nel sonno, gli avvenimenti delle ultime ore mi avevano decisamente stremato.

 
Angolino dell'autrice
Buongiorno a tutti ^^
Grazie mille per essere passati :)
Se siete qui vuol dire che state dando una possibilità a questa storia e spero proprio che vi stia piacendo *-*
Ringrazio KerimaGirl, Chocolate90, cuore di carta, Iaiasdream, PEZZAGIRL e redandblackVale per aver seguito e/o recensito :)
Che cosa ne pensate di Eve? Riuscirà a legare con Nath?
E lui riuscirà a smettere di farsi pare mentali e a prendersi cura per bene di lei?
Chloé l'ha praticamente già adottata :) vi piace come personaggio? Credete stia bene con Nathaniel?
Fatemi sapere cosa ne pensate ^-^

A presto!
Un bacione, Nyx

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