Crossover: Diario di viaggio nel mondo della fantasia

di Claudia Ponto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: L'avventura ha inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: la pietra misteriosa ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: un potere incredibile ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: il primo mondo animato ***
Capitolo 5: *** capitolo quinto: L'esordio del team rocket ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto: Fuga dalle creature animate ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo: un treno da prendere ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo: Di nuovo in viaggio ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono: falsi cavalieri al salvataggio ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo: Il mondo digitale ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo: Cacciatori incalliti ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodicesimo: Lucemon ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredicesimo: Battaglia con finale imprevisto ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordicesimo: Una montagna di fatti assurdi ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindicesimo: un nuovo incontro ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedicesimo: Tokyo ***
Capitolo 17: *** capitolo diciasettesimo: cose che non quadrano ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciottesimo: L'originale nemico ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannovesimo: Colei che non dovrebbe esistere ***
Capitolo 20: *** capitolo ventesimo: dimostrare il proprio valore ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventunesimo: il ponte ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventiduesimo: divisi ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventitreesimo: inseguitore ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventiquattresimo: la città dei duelli ***
Capitolo 25: *** Capitolo venticinquesimo: un nuovo incontro... e la nascita di una squadra ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventiseiesimo: al calar delle tenebre ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisettesimo: Questione di paura ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventottesimo: Al salvataggio ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventinovesimo: faraoni, visioni e bugie ***
Capitolo 30: *** Capitolo trentesimo: tempo di regolare i conti ***
Capitolo 31: *** Capitolo trentunesimo: finalmente a parigi! ***
Capitolo 32: *** Capitolo trentadueasimo: bugie ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentatresimo: verità e vendetta ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentaquattresimo: progetto buco nero ***
Capitolo 35: *** Capitolo trentacinquesimo: verso la meta finale ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentaseiesimo: Da sola ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentasettesimo: Gabriel ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: L'avventura ha inizio ***


 Chi di voi non ha mai sognato di vivere una grande avventura almeno una volta nella vita?
Di provare ad assomigliare agli eroi spericolati dei film e di compiere grandi imprese che lascino il segno sulla pelle?
Penso che la risposta sia uguale per tutti.
Ma chi di noi può vantare di aver avuto l’occasione di realizzare questo piccolo desiderio?
Bè, non per far la figura della spaccona, ma io ci sono riuscita, e devo ammettere che non ripeterei volentieri l’esperienza vissuta per quanto grandiosa si caratterizzò. Fu strano vivere quel avventura che come una magia trasformò la mia vita senza che quasi me ne rendessi conto, nonostante allora fossi solo una bambina: ha lasciato un segno talmente profondo sul mio corpo e sul mio cuore che si manifesta come un brivido ogni volta che ci penso. Simile ad un sogno, reale sotto molti punti di vista che mi fece divertire, spaventare, piangere e sorprendere con un’emozione dietro l’altra.
 
Di che cosa sto parlando? Se sono riuscita ad incuriosirvi, allora vi consiglio di leggere la mia  storia, perché di racconti come questi c’è ne sono davvero pochi in giro. Prima di tutto, permettetemi di presentarmi: mi chiamo Claudia e all’epoca di questo “evento” ero solo una bambina.
 
22 maggio 2004, la mia storia ( che mi piace considerare più che altro un diario di viaggio ) comincia da questa data.
La giornata era splendidamente soleggiata, fatto del tutto normale in quel periodo che si avvicinava all’estate, ed era anche normale che io ragazzina di 12 anni aspettavo con impazienza la fine della scuola per poter oziare e giocare, stufa degli impegni scolastici che mi stressavano. L’unica cosa che mi sarebbe mancata durante le vacanze sarebbe stata la presenza dei miei compagni. Come ogni sabato io me ne stavo sdraiata sul divano per seguire il mio programma di musica preferito, ascoltando le ultime novità musicali e tentando di memorizzare i titoli che più mi piacevano. L’orologio indicava mezzogiorno, e l’odore del cibo caldo aleggiava nel salone puntualmente, stuzzicando così il mio appetito e brontolare il mio stomaco. Mia madre è sempre stata una cuoca provetta: i suoi manicaretti, dal salato al dolce, facevano “cantare” le mie papille gustative per la bontà dei piatti che con cura e devozione, venivano cucinati. Ancora oggi non riesco a prediligere altri piatti se non sono cucinati da mia madre.
Prima che il pranzo fosse pronto, mi recai in camera mia per giocare un pò alla Playstation 2, ricevuta a natale con mia grande gioia e sorpresa, nonché desiderio di ogni mio coetaneo che aveva desiderato possederla dalla sua uscita sul mercato. Ansiosa di giocare, mi recai in fretta nella mia stanza, ma una volta lì, appena entrata, mi accorsi che la console era accesa: pensai subito che fosse una dimenticanza di mia sorella maggiore, più grande di me di tre anni e mezzo, che utilizzava lo strumento di tanto in tanto per ascoltare i suoi cd preferiti di jazz e blues. Seccata per la dimenticanza, mi apprestai per riavviarla e caricare uno dei miei giochi, ma quando mi avvicinai per spegnerla, notai che la spina della Playstation era staccata. Immaginate il mio stupore vedendo che il macchinario funzionava senza la corrente elettrica che gli trasmetteva energia.
Non sapevo cosa fare; si trattava di un fenomeno così strano che il mio cervello non riusciva ad elaborare nessuna idea per risolvere quel “problema”; se tale si poteva definire; l’unica cosa che mi venne in mente fu di accendere il televisore per vedere che cosa stava trasmettendo l’apparecchio, anche se in realtà, dubitavo che stesse trasmettendo qualcosa.
Quanto mi sbagliavo. Se solo avessi saputo prima cosa mi stava per accadere, di sicuro niente avrebbe avuto inizio.
Sussultai per la paura non appena lo schermo s’illuminò: il televisore iniziò a sibilare ed a vibrare all’impazzata, come se fosse posseduto da uno spirito maligno, emanando scariche elettriche simili a piccoli fulmini che mi fecero rizzare i capelli per lo spavento e farmi venire la pelle d’oca. Io, temendo che l’apparecchio potesse esplodere da un momento all’altro, chiamai subito mio padre con le lacrime agli occhi per mostrargli il pauroso fenomeno che si stava verificando, sperando che potesse fare qualcosa. Ma al mio ritorno, quando ci precipitammo per bloccare ogni cosa, tutto era tornato calmo: la tv era…come dire, “morta”. Non emanava alcun segno di vita; e la Playstation era spenta del tutto, la piccola luce verde che segnalava che la macchina era in funzione, non brillava più.
E’ così, dopo un bel rimprovero da parte di mio padre, per tutto il pranzo pensai a quel bizzarro evento che aveva fatto nascere in me una stana sensazione. Neanche l’odore dei gustosi spaghetti di mia madre riuscì a distogliermi da quel pensiero che si era inchiodato nella mia mente.
Cosa è successo poco fa? Cosa ha provocato quello strano fenomeno? Non pensavo ad altro, era impossibile non chiedersi cosa fosse successo; e ci riflettei così tanto che il pranzo si raffreddò.
 
La mattinata passò, e si fece pomeriggio.
Per tutto il tempo non avevo smesso di pensare al televisore. Avevo pure paura di tornare in camera mia, temevo che potesse ripetersi nuovamente la “pazzia” avvenuto all’ora di pranzo; e ogni qual volta che ci pensavo mi tremavano le gambe come gelatina. Mi chiesi cosa sarebbe successo se fossi rimasta là, a guardare la tv tremare e quelle scariche elettriche ad avvolgerlo: sarebbe esploso tutto? Oppure si trattava solo di qualche problema tecnico? Non potevo saperlo, la risposta sembrava non esserci.
Ormai ossessionata da quell’evento, tornai in camera mia ( lentamente e armata di scopa, però ) a controllare, infondendomi quel poco di coraggio che avevo.
Giunta sull’uscio della stanza, sbirciai da dietro la porta leggermente socchiusa, e vidi che tutto era tranquillo, niente sembrava fuori posto, neanche la console. I miei peluche erano come sempre posti di guardia sopra l’armadio, intenti ad osservare la stanza con i loro occhietti di plastica; i letti erano stati ordinati e rimboccati da poco con delle lenzuola pulite e colorate, le tende tirate per far entrare il sole che illuminava la stanza con i suoi raggi dorati.
Insomma, tutto era a posto.
Delusa per non aver trovato nulla, ma anche contenta per la tranquillità che regnava nella mia camera, mi avviai consolata verso la porta quando, ad un certo punto, udì un sibilo sinistro. Lentamente, ma molto lentamente, mi girai verso la provenienza del suono, in altre parole verso la Playstation: era lei ad emettere quel suono inquietante, simile al verso di un serpente pronto a mordere. Ero terrorizzata, non osavo muovermi di un passo, ma anche se l’avessi voluto non ci sarei riuscita: i miei piedi erano diventati pesanti come il cemento, incollati al pavimento che li traeva come una potente calamita, non riuscendo neanche ad avere la forza di urlare e chiedere aiuto.
Nonostante la paura però, qualcosa dentro mi indusse a ripetere la stessa azione di quella mattina, simile ad una vocina che mi sussurrava in continuazione nelle orecchie come una continua cantilena.
È così, costretta ad assecondare gli ordini di quel misterioso istinto, presi di nuovo il telecomando, chiusi gli occhi per non vedere che disastro avrei combinato, e come prima, accesi il televisore. Neanche il tempo di schiacciare un tasto qualunque che dal televisore uscì una  luce accecante più potente del sole che in quel momento non sembrava più tanto splendente quanto lo era ogni giorno, l’intera stanza fu invasa da questa luce, inglobando ogni cosa che si trovava in quel momento lì dentro, sparendo tra i raggi bianchi che simili a frecce venivano scagliate dallo schermo con una velocità impressionante. Non riuscendo ad orientarmi, camminavo ha tentoni accecata, costretta a rimanere con gli occhi chiusi che mi bruciavano senza pietà mentre tentavo di gridare, ma la mia voce sembrava soffocata da un suono più assordante. All’improvviso, sentì mancarmi la terra sotto i piedi, ed ebbi la sensazione di precipitare nel vuoto.
Poi il buio. In quel momento, credo di aver perso i sensi.
Vi posso solo confermare che da quel giorno, la mia vita non fu più tanto normale, perché ciò che stava per cominciare, e che sto per raccontarvi, fu la più grande e affascinante avventura di tutti i tempi.
 
<< Ehi ragazzina…. Svegliati. >> non ricordo per quanto tempo rimasi svenuta, ma mentre riprendevo i sensi, sentì qualcuno chiamarmi.
<< Ehi, sveglia! >> La voce si fece sempre più insistente, costringendomi così ad aprire gli occhi per vedere chi mi stesse chiamando, e nonostante avessi ripreso conoscenza, non riuscì a vedere bene la persona di fronte a me, oscurata da un alone nero e nebuloso come la pece. A fatica e con gli occhi indolenziti, lentamente la vista finalmente migliorò e… Bè, se devo essere sincera, appena focalizzai quella persona, la mia prima reazione non fu certo un cordiale saluto. Per farvi capire meglio che cosa voglio dire, la prima cosa che “dissi” a colui che mi stava parlando fu un grido acuto e spacca timpani.
<< EHI !! Che ti prende!!>> disse il personaggio, spaventato dalla mia reazione, che aveva anche un buon motivo per essersi scatenata in quella maniera.
<< Stammi lontano! Chi diavolo sei tu!!? >> chiesi terrorizzata mentre mi rimettevo in piedi.
<< Calma, calma. Stavo per chiederti la stessa cosa. >> replicò lui, puntandomi addosso uno strano bastone.
<< Non ti rispondo finché….ehi, un momento, io ti conosco: Tu sei Sly Cooper! >> vi starete domandando, “chi diavolo è Sly Cooper?” ebbene, adesso vi spiego: questo personaggio è il protagonista di un gioco per la Playstation che comprai qualche anno fa mentre ero al centro commerciale con la mia famiglia durante un viaggio, scovato casualmente nel reparto giochi mentre curiosavamo e compravamo qualcosa che potesse piacerci. Questo videogioco mi attirò molto per via della grafica stile cartone animato e per la particolare anteprima con cui si presentava che mi convinse così a comprarlo e a farlo diventare uno dei miei giochi preferiti a cui sono affezionata. Sembrerebbe tutto a posto come spiegazione se non fosse che questo personaggio, non è proprio una persona che si può definire normale, poiché si tratta di un procione.
Avete letto bene, non sono impazzita. Ho detto esattamente questo: il nostro amico è un procione antropomorfizzato.
 
Ora mi spiego meglio: Sly Cooper è un famoso ladro internazionale discendente da una nobile famiglia di ladri. Astuto, veloce e agile, questo personaggio, insieme ai suoi compagni e amici di viaggio, è inseguito costantemente dalla polizia che tenta senza successo di arrestarlo ogni qual volta viene sorpreso a compiere dei furti che riesce a concludere con successo. Mentre gira per il mondo alla ricerca di tesori da rubare e di nuove avventure da poter vivere, Sly si confronta con altri criminali per migliorare le sue abilità di ladro, mettendosi così in continuazione alla prova. Credevo di vivere un sogno, in altre parole, che quello che stavo vedendo era frutto della mia immaginazione provocato dal misterioso fenomeno di luce, e dalle troppe ore passate davanti alla console. Insomma, quel personaggio non poteva veramente trovarsi di fronte a me in carne ed ossa e parlare come una comune persona; era nato dall’idea di un gruppo di lavoratori di una casa di progettazione e sviluppo di video giochi, disegnato e trasformato in pixel per far divertire gli appassionati delle avventure grafiche, non poteva esistere!
<< Ci conosciamo per caso? >> domandò il personaggio, mentre mi scrutava con attenzione, forse a causa del mio aspetto differente dal suo.
<< No. Perchè tu non esisti, cioè…tu sei un videogioco. Non sei, e non puoi essere reale. >>
<< Prego? Puoi ripetere? Io cosa sarei? >>
<< Un….videogioco… >> dissi quasi senza voce.
In quei pochi attimi che erano trascorsi, mi resi conto che tutto quanto era fin troppo reale per essere un sogno: presi allora a guardarmi, colta da un terribile sospetto, scoprendo di essere diventata io stessa un cartone animato, con tutti i tipici caratteri che contraddistinguono un disegno animato. Lo shock fu davvero forte, ma mi sforzai di riprendermi per spiegare a Sly, ancora dubbioso nei miei confronti, cosa mi era successo: gli raccontai dello strano fenomeno della console, della luce che mi aveva accecata e di molte altre cose che a malapena riuscivo a spiegare. Ma alla fine, il personaggio apparve non molto convinto del mio racconto.
<< E tu vuoi farmi credere che provieni da un mondo dove io non sono altro che un gioco per ragazzini? Va bene che sei diversa da me, ma mi credi così stupido da bere una simile sciocchezza? >>
<< Sto bene! Quello che ti ho detto è tutto vero! Vengo veramente da un altro mondo! Un mondo dove tu non esisti! >> dissi insistentemente, cercando di convincere il procione delle mie parole.
<< Perdonami, ma assomiglia alla trama di un racconto fantasy. >>
<< è allora perché sono così diversa da te? L’hai detto tu stesso che lo sono! >>
<< Ehm, questo è vero… Però scusa, non puoi pretendere che io possa prenderti davvero sul serio. È troppo surreale! >>
<< Bè…hai ragione. Comunque adesso non ho voglia di discutere, ho passato uno dei momenti più brutti della mia vita e ora ho bisogno di sdraiarmi a letto. Ho un mal di testa pazzesco che mi sembra mi stia per far esplodere il cervello. >>
<< è dove lo trovi un letto qui nelle montagne del Giappone? >>
<< Guarda che è proprio dietro di me. Come fai a non…. Aspetta, non credo di aver capito, dove mi trovo? >>
<< Te l'ho detto, in Giappone. >>
<< Che cosa!? Giappone!? >>
Solo all’ora, dopo aver udito quel nome tanto familiare, mi accorsi che non mi trovavo più in casa mia, tra le sicure mura domestiche che conoscevo a menadito fin da quando mi ci ero trasferita, bensì in una pianura erbosa senza fine con montagne all’orizzonte illuminate dal caldo sole dorato, dalle cime innevate che parevano punte di diamante.
Ero sconvolta.
Non riuscivo a capire come avessi fatto ad arrivare in Giappone dall’Italia, direttamente dalla mia stanza, credevo di essere diventata completamente pazza, di aver preso una brutta botta in testa e di aver perso qualche rotella. Cominciai a piangere senza sosta non sapevo come affrontare tale situazione, le lacrime mi scendevano copiose sul viso e i singhiozzi di tristezza m’impedivano di parlare. Nella disperazione invocavo l’aiuto dei miei genitori anche se non erano lì, e il personaggio, impietosito dalla mia reazione, cercò di consolarmi.
<< Senti…non so chi tu sia in realtà, però forse posso aiutarti. >>
<< Davvero? >> dissi con gli occhi pieni di lacrime
<< Si. Se vieni con me a Parigi, farò in modo di trovare un sistema per farti tornare a casa, d’accordo? >>
<< D’accordo. >> risposi timidamente.
<< Molto bene. A proposito, come ti chiami? >>
<< Mi chiamo Claudia. >>
<< Bene Claudia, prima che ti porti con me, devi promettermi che mi seguirai senza lamentarti. Dovremmo >> << Lo prometto. >>
<< Ok, allora diamoci una mossa. Comunque ti avverto, non sarà una passeggiata la nostra, dovremmo fare molta strada.  >>
<< Va bene… >>
<< Suvvia, fai un bel sorriso! Non mi dire che sei troppo piccola per certe cose.
<< Ehi! Io non sono piccola! Io sono una persona grande! >>
<< Oh scusami, non volevo mica offenderti. Sei talmente microscopica che ti ho scambiato per una bambina. >> quel tono canzonante non mi piacque molto, soprattutto per il semplice fatto che da ragazzina non mi piaceva essere chiamata “piccola”, causato dalla mia personalità. Devo ammettere però che il procione in questo modo, non chiedetemi come ci riuscì perché non ne ho idea, fu capace di farmi passare la tristezza, forse grazie alla particolare energia positiva che mi trasmetteva.
<< Ah – ah! Prendimi in giro, ma presto vedrai di che cosa sono capace. Ti dimostrerò che non sono una ragazzina qualunque. >> gli dissi altezzosa, spinta dalla voglia di dimostrare la mia “grandezza”.
<< Caspita, hai grinta ragazza mia! Questo vuol dire che sei davvero grande! Questo mi fa molto piacere, quindi ora basta parlare! Mettiamoci in marcia e andiamo verso Parigi! >>
E fu così che la mia storia ebbe inizio.
Vi confesso che lo spaesamento dovuto dall’atmosfera ricca di bizzarria e fantasia di quello strano mondo creduto fino a quel giorno immaginario mi trasmetteva una particolare sensazione di euforia che mi dava una tale ventata di energia che mi faceva venir voglia di scattare avanti e indietro per sfogarla tutta quanta, e solo poco alla volta, e in seguito ad eventi molti particolari, mi ci sarei abituata e avrei ricominciato a comportarmi in maniera normale, in tutti i suoi aspetti negativi che positivi. Mi sentivo come Alice che dopo essere caduta nel Paese delle Meraviglie, viaggiò in quella terra strampalata incontrando buffi personaggi che avrebbero resto la sua “visita” ricca di sorprese, divertimento e fantasia, vivendo tante avventure.
Chissà se come lei anch’io vivrò qualche avventura. Pensavo.
Un’avventura, che era appena cominciata.
 
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Note dell'autrice: salve a tutti e benvenuti! sono lieta di presentarvi la mia prima vera fanfiction basata sui cartoni animati e i videogiochi: Crossover!
Questo, a differenza delle altre mie storie che forse avrete letto, è un vero è proprio romanzo che ho scritto all'età di 12 anni e che spero un giorno di poter pubblicare. Ci tengo molto perchè mi è servito ad avvicinarmi al mondo della letteratura e a tante altre cose legate all'arte, oltre a continuare la passione di fumetti, cartoni e cose simili.
Tra i miei lavori c'è un altro Crossover come avrete visto: la differenza sta solo nel titolo giusto per darvi una delucidazione, oltre al fatto che questo Crossover è narrato in prima persona e tratta le vicende come se fossero realmente accadute.
non posso dirvi altro sulla trama, vi dico solo che questa storia è moooooolto lunga: quindi mettetevi comodi e buona lettura! 

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo: la pietra misteriosa ***


 Un nuovo giorno splendette quella mattina, un evento speciale che mai più si sarebbe ripetuto: si trattava del mio primo giorno nel mondo parallelo dalla quale ero arrivata tramite il mio universo; il “mondo reale”. Ormai ero convinta al cento per cento che non mi trovavo più nel mio mondo dove ero nata e cresciuta; non sentivo più quell’aria familiare e sicura che ogni giorno mi tranquillizzava e proteggeva come le coccole dei miei genitori; era tutto diverso. Quel mondo tanto simile al mio per i suoi colori e i suoi odori sembrava ostile nei miei confronti, io che ero una straniera ai suoi occhi, forse perché non ero bizzarra o diversa come i suoi abitanti, o magari perché non emanavo una magica energia come Sly.
Questo ancora non potevo saperlo, erano pensieri che allora non mi vennero in mente per quanto profonde fossero; la malinconia e la tristezza d’essere lontano da casa e dai miei cari mi faceva sempre rattristare, e ogni volta i miei occhi si riempivano di lacrime. Volevo solo piangere e sfogarmi di tutto quel dolore che mi opprimeva, o meglio, avrei continuato sempre così se il procione non mi avesse sempre tirato su di morale, facendomi sempre ridere senza sosta.
 
Quella mattina, quando i primi raggi del sole mi svegliarono bruscamente, credevo che quell’avvenimento incredibile fosse stato solo un sogno creato dalla mia mente, continuamente affollata da pensieri di cartoni animati e videogiochi. Ma rivedendo la faccia di Sly, che mi ricomparve davanti all’improvviso, mi resi conto che tutto quello che era accaduto il giorno prima era successo realmente. Nonostante la confusione, mi tornò in mente la promessa fatta dal procione, che comprendeva la soluzione del mio grosso problema: tornare a casa; ma per far sì che questo accadesse, dovevamo raggiungere Parigi, la sua città, e questo significava un lungo e difficile cammino purtroppo. Qualche ora dopo c’eravamo messi di nuovo in cammino; e per tutto il tempo avevo sommerso di domande Sly, e il povero ladro ormai non mi sopportava più; ero troppo curiosa di conoscere la sua vita in modo più approfondito.
<< E dimmi; la vita da ladro è difficile? >>
<< Si, è un lavoro duro, ma qualcuno dovrà pur farlo. >>
<< E hai mai rubato qualcosa di valore? >>
<< Sì, molte volte! Ma la smetti di farmi così tante domande? Mi sembra di essere sotto interrogatorio della polizia! >> sbuffò infastidito il personaggio ad un certo punto.
<< Scusami, non sono così chiacchierona, ma sai….>>
<< Ho capito. Visto che nel tuo mondo non esisto ti è ancora incredibile vedermi in carne e ossa. >> << Proprio così. >> risposi infine con entusiasmo, prima di riprendere la conversazione, con grande disappunto del ladro.
La conversazione durò ancora per parecchio tempo, costellata di domanda e di prese in giro, curiosità e battute incentrare su quel personaggio che mi interessava più di un divo del cinema o della musica: concentrava tutta il mio più totale interesse. Ad un tratto, durante la vivace conversazione, qualcosa di strano attirò la mia attenzione. Un sibilo appena udibile simile al fruscio del vento catturò la mia curiosità per la strana particolarità che lo caratterizzava: avevo l’impressione di udire una voce, mentre soffiava una debole brezza leggera, trasportando parole invisibili che tentavano di comporre una frase. Ma non n’ero sicura.
<<Che ti prende piccoletta? >>
<< Uhm, niente, mi era sembrato di…>>
Di nuovo quel suono, stavolta leggermente diverso, come se pronunciasse delle lettere.
Di nuovo? Cosa sarà? Forse è solo la mia immaginazione. Pensai perplessa. Rimasi ad ascoltare in silenzio, cercando di non prestare attenzione agli suoni circostanti, tentando di capire se si trattavano realmente di parole umane, o solo di uno scherzo provocato dall’immaginazione e la stanchezza. Col passare dei minuti parve non accadere più nulla di strano, e perplessa mi apprestai a seguire Sly che mi incitava a non perdere altro tempo prezioso, poiché avevano ancora molta strada da percorrere. Ma i miei dubbi scomparirono, soffiati via da quel vento, non appena udì chiaramente una voce che mi diceva qualcosa di non ancora molto chiaro:
<<…seguiiii…….la….luce….>>
<< Sly! Hai sentito anche tu adesso, vero?! >> domandai spaventata al procione, sobbalzando per l’improvvisa sorpresa.
<<  Che cosa? >> replicò lui.
<< Sono sicura di aver sentito una voce! >>
<< Una voce? Io non ho sentito nulla. >>
<< è così, credimi. Non capisco bene cosa dice, ma è sicuramente una voce umana. >>
<< Andiamo Claudia, non c’è anima viva nel raggio di 1000 chilometri. Chi vuoi che sia? >>
<< Non lo so. Eppure ne sono sicura, non mi sto sbagliando. >> Non era frutto della mia fantasia, sentivo realmente qualcuno che mi diceva qualcosa, ma era così fievole che a malapena riuscivo a capire le parole, come se mi venissero sussurrate debolmente all’orecchio. Mi sembrò alquanto strano però che Sly non udisse nulla, dato che io riuscivo a sentirlo quasi perfettamente.
<< Che cos’altro ti dice, sentiamo. >> domandò il procione dubbioso.
In silenzio, mi misi ad ascoltare, prestando attenzione ad ogni minima lettera:
<< Dice “segui…la…...luce”. Si! Ne sono sicura! Mi sta dicendo di seguire la luce! >>
<< Quale luce? Quella del sole? >>
<< Non lo so. Cerchiamo qui intorno, forse troviamo qualcosa che assomiglia ad una luce. >>.
Nonostante l’incredulità del ladro, cominciai a frugare da ogni parte alla ricerca di un singolo indizio o traccia che le parole misteriose mi suggerivano di seguire. Controllai ogni cosa che attirasse la mia attenzione, cercando di non tralasciare nulla che poteva risultare importante per la mia ricerca apparentemente “immaginaria”, come la definì chiaramente Sly. Io però, non avevo intenzione di mollare, volevo a tutti i costi scovare qualcosa, ci tenevo troppo; era come se dovessi conquistare un prezioso giocatolo che con tentazione mi attirava a sé: sentivo che si trattava di qualcosa d’importante.
Dopo parecchie ore di ricerca purtroppo, costretta a fermarmi per la stanchezza e il caldo, non trovammo nulla d’interessante, niente di niente che potesse assomigliare ad una luce, tanto che il ladro mi suggerì che doveva esseri trattato di un bluff; ma ne ero troppo certa della veridicità di quel messaggio per demoralizzarmi ed abbandonare l’impresa. Ad un tratto, prima di andar via da lì, il ladro scorse qualcosa in lontananza che m’indicò nei pressi della cima di una collinetta poco distante, piena zeppa di trifoglio: un debole luccichio che a malapena si riusciva a scorgere, brillava nascosto tra l’erba che ondeggiava avanti e indietro creando delle suggestive onde verde smeraldo. Seguendo l’indicazione, ed incuriosita su cosa poteva trattarsi, corsi in quella direzione attraversando il “mare” d’erba fino a raggiungere la sommità che mi crollò sotto i piedi, scoprendo dopo una dolorosa caduta di essere finita davanti all’ingresso di una caverna nascosta dietro il monticello. Sbirciando nell'oscurità, riuscì appena ad intravedere un sentiero:questo scompariva nel buio senza darmi un'idea su cosa avrei potuto trovare, ed ebbi uno strano presentimento.
<< Che facciamo? Entriamo? >> chiesi titubante.
<< Bè, visto che siamo qui, tanto vale scoprire cosa c’è dentro. >> rispose Sly.
E fu allora che entrammo.
 
Tanto per cominciare, non fu piacevole ritrovarsi immersi nel buio totale senza poter vedere nulla. Procedere a tentoni si rivelò abbastanza complicato; il terreno era parecchio accidentato, pieno di pietre e sassi che ti facevano perdere l’equilibrio, la parete rocciosa talmente ruvida da graffiarti le mani, e il soffitto del sentiero basso tanto quanto bastava per farci sbattere la testa.
<< AHIO! Qui non si vede un accidente! Non hai un fiammifero o qualcosa per illuminare questo cavolo di posto? >> dissi dopo l’ennesima botta in testa.
<< Aspetta, dovrei avere una torcia. Ora l’accendo. >>
<< E la usi solamente adesso? >>
<< Me ne sono completamente dimenticato… >> Inconveniente a parte, quando Sly accese la torcia, la luce dello strumento si rifletté contro qualcosa che amplio il suo raggio con notevole potenza, rivelando la maestosità della caverna fino a quel momento nascosta dalle tenebre: scoprì che la grotta era molto più grande di quanto mi ero immaginata dall’esterno, immensa e senza fine, costellata da un minerale particolare color violetto incastonato dappertutto nella roccia che potenziava il raggio della torcia che la illuminò a giorno. Ma non furono le uniche cose a sorprendermi: dal terreno spuntavano altissime stalagmiti che raggiungevano altezze pazzesche come i grattacieli, e dall’alto, pericolose stalattiti pendevano dal soffitto, aguzze come denti di gigante pronte franare da un momento all’altro, alcune rese affascinanti dai corpi cristallini che li facevano assomigliare a dei festoni natalizi. Meraviglia a parte, procedere nell’esplorazione non fu semplice: non c’era alcun sentiero a guidarci oltre, fummo quindi costretti a scalare le grandi stalagmiti per proseguire e raggiungere quegli avvallamenti che permettevano di camminare normalmente, mentre le stalattiti più sottili che pendevano come lame di ghigliottina, ad ogni minimo rumore scricchiolavano minacciose.
La prima regola era dunque silenzio assoluto: impresa dura per chi come me indossava le ciabatte di casa.
Poco dopo, superato finalmente quel labirinto di stalagmiti, ci ritrovammo all’inizio di un nuovo percorso simile ad un corridoio che sembrava senza fine; la luce della torcia non riusciva ad illuminarne il fondo, perdendosi nel vuoto oscuro di quell’antro misterioso.
<< Che dici? Continuiamo? >> chiesi al ladro, stanca e quasi senza fiato.
<< Uhm... non lo so. Questo posto si è già rivelato abbastanza pericoloso, non credo che dovremmo proseguire. Credo che sia meglio… ehi, che ti prende adesso? >>
<< Sly… guarda. >> Mentre il procione decideva sul da farsi, avevo notato nel frattempo qualcosa di strano che pendeva dal soffitto della grotta, e aguzzando bene la vista scoprì che erano pipistrelli giganti, semi – nascosti nelle loro sottili ali che li avvolgevano completamente, con gli occhi luminosi come pepite. Avevo tanta voglia di urlare per il disgusto che quelle creature mi trasmettevano a causa del loro peloso manto nero e dei loro piccoli musi arricciati da cui usciva uno squittire continuo, ma Sly mi serrò la bocca soffocando il grido, sussurrandomi all’orecchio di non far rumore, altrimenti gli abitanti di casa ci avrebbero immediatamente assalito.
Facendo il più assoluto silenzio, provammo ad allontanarci il più possibile dai quegli orribili animali. Purtroppo la sorte non fu benigna: c’era una tale umidità lì dentro che ebbi i brividi a non finire, impazzendo quando il naso cominciò a pizzicarmi e alla fine non resistetti nel trattenere uno starnuto che riecheggiò per tutta la caverna continuamente. I pipistrelli si destarono completamente con tutto quel fracasso, spalancando completamente gli occhi e le ali, e innervositi spiccarono il volo per azzannarci con i loro minuscoli e terribili canini. Qualcuno potrebbe anche ridere con questa scena, ma vi posso assicurare che non ci fu nulla da ridere durante la rocambolesca fuga da parte di quegli orribili topi volanti. Prima di allora avevo sempre pensato che quei “cosi” non mi avrebbero sortito alcun effetto di ribrezzo, invece, nel sentirli così vicini mi fece davvero senso, insomma: disgustoso! Ad un tratto, intenta com’ero a scappare, sentì improvvisamente la terra mancarmi sotto i piedi, e io e Sly precipitammo dentro un fossato.
 
Dopo un lungo volo e un brusco atterraggio su un monticciolo di sabbia, cercammo di riprenderci dalla piccola avventura appena vissuta, massaggiandoci schiena e collo essendo le parti che più facevano male. Mi sentivo tutta indolenzita, piena di dolori su tutto il corpo, costretta a muovermi lentamente per non istigare il dolore che mi faceva venire le lacrime agli occhi. Subito il personaggio si mise all’opera per escogitare un modo per risalire la parete rocciosa e tornare indietro, studiando attentamente la pietra che la formava in cerca di eventuali fenditure da sfruttare come “scaletta”.
Prima che potesse mettersi al lavoro, lo fermai per fargli notare qualcosa che si trovava proprio davanti a noi: una fiocca luce risplendeva dall’altra parte della caverna appena raggiunta, preceduta da un breve corridoio che non sembrava essere stato formato per cause naturali. Incuriositi, seguimmo il bagliore che a man mano che ci avvicinavamo aumentava d’intensità, finché non ci condusse all’interno una sala notevolmente fuori del normale: pareva di essere entrati in un antico tempio Maya o qualcosa di simile, sulle pareti vi erano incise misteriose figure che forse rappresentavano un popolo primitivo e la vita che conducevano con riti, giochi e guerre, appartenenti a un tempo ormai dimenticato dalla mente umana e dalla storia stessa. Grossi pilastri di pietra color ocra erano disposti in un maniera particolare in alcuni punti della sala come a formare sul pavimento e sul tetto una stella a sette punte, geometricamente precisa e perfetta, abbellita da minuscoli quadratini colorati che formavano un meraviglioso mosaico raffigurante la volta celeste con gli astri, stelle cadenti e i pianeti, e la terra con animali, fiori e fate danzanti.
Ma la cosa che mi sbalordì di più fu un particolare oggetto al centro della stanza, posto sopra un altare di pietra anch’esso inciso con misteriosi disegni antichi. L’oggetto in questione era una gemma di un brillante colo oro con venature color ambra che luccicavano al suo interno, producendo dei raggi d’oro come il sole che illuminavano tutta la stanza, inondandola della sua splendente brillantezza. Ero ammaliata da quello scenario magico; quella pietra così brillante e perfetta mi attraeva tantissimo come una calamita, sollecitandomi a rimanere lì a fissarla per sempre.
La luce che la voce mi diceva di seguire deve essere quella.
<< Prendila. >>
<< Come? >>
<< Forza, prendi la gemma. Quella “voce” non ti aveva detto di “seguire la luce”? >> disse ad un tratto Sly, spingendomi verso l’altare per prendere la gemma.
<< Bè, si. Ha detto questo. >>
<< Bene. Non devi far altro che andare lì sopra e prendere quella pietra. >> .
<< Non so, non sono sicura. Dì un pò, non è che vuoi la pietra tutta per te? >> chiesi sospettosa.
<< Non è il momento di parlare del mio lavoro. Ora, fatti coraggio e afferrala. >>
<< Va bene, non c’è bisogno di spingere. >> Timorosa e preoccupata, mi avvicinai all’altare dove era posta quella specie di idolo che continuava a brillare come la fiamma di una torcia. Girai intorno la struttura, salendo lentamente il gruppetto di scale che precedeva la piattaforma sulla quale si trovava il tesoro, per nulla convinta di ciò che dovevo fare. Dopo esami vari, finalmente mi fermai e rimasi ad osservare il cristallo, preoccupata su che cosa sarebbe potuto succedere se l’avessi preso: esitai, ma alla fine con coraggio e con un gesto secco la tolsi dal piedistallo. Per un attimo ci fu un’esplosione di luce che sembrò non finire mai, spargendo la sua aura magica per tutta la sala mentre mi bruciava gli occhi per quanto intensa fosse: durò solo pochi secondi, abbastanza da lasciarmi tremante mentre tenevo tra le mie mani solo la grande gemma d’oro.
<< Ehi, tutto a posto? >> mi domandò Sly preoccupato.
<< Si, va tutto bene. >> risposi affaticata.
<< Che cosa è successo? >>
<< Non lo so. >>
In quello stesso momento si aprì alla nostra sinistra un passaggio segreto con delle scale: risalito uno stretto pendio, poco dopo finalmente tornammo all’aperto, con il cielo azzurro a darci il benvenuto e la brezza fresca ad accarezzarci il viso.
<< Aria finalmente! E’ stata dura, ma c'è l’abbiamo fatta. >>
<< Vero, abbiamo scalato stalagmiti, siamo sfuggiti da pipistrelli giganti, ma alla fine i nostri sforzi sono stati premiati, abbiamo trovato una gemma fantastica. >>
<< Vero. Ma secondo te, da quanto tempo si trovava in quella grotta? >>
<< Non lo so, osservando quegli ideogrammi sulle pareti doveva trattarsi di un oggetto di culto molto amato, dato che l’hanno custodito così bene per tutto questo tempo. Cosa pensi di fare ora che hai questa “bellezza”? >>
<< Ecco, se devo essere sincera, non ne ho la più pallida idea. Non ho mai posseduto un oggetto così prezioso. La voce che ho sentito prima mi ha detto di seguire la luce, e io l’ho fatto, ma adesso? >>
<< Se fossi in te, la custodirei in qualche posto sicuro per evitare che venga rubata. Molti ladri sarebbero pronti a tutto per averla. >>
<< Ladri…come te? >>
<< No, io sono un gentil uomo, non farei mai una cosa simile con una ragazzina. >>
<< Certo, come noi. >>
<< Bene. Abbiamo quello che volevamo. Sarà meglio ripartire adesso, se siamo fortunati, forse troveremo il paesello dove potremo riposare. Allora? Sei pronta? >>
<< E me lo domandi? Andiamo! >>
 
E così, il nostro viaggio continuò. Quel giorno, il ritrovamento di quel prezioso monile sembrava un buon segno ben augurale che ci diceva la fortuna ci avrebbe aiutato spesso in futuro.
Non era affatto così.
Ero inconsapevole che non si trattava di un semplice gioiello dal valore sconosciuto e dal passato misterioso, si trattava di qualcosa di più importante e prezioso dell’oro o di qualsiasi altro tesoro al mondo; qualcosa di potente e misterioso che mi avrebbe procurato un sacco di avventure e di guai.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo: un potere incredibile ***


 Seguo la luce, e cosa trovo? Una gemma d’oro custodita dentro una grotta che sembra uscita da un gioco di Tomb Raider. Ma di chi era quella voce che mi ha guidato? Non ho fatto in tempo ad ambientarmi in questo posto e già accade qualcosa di strano. Che sia una coincidenza? No, impossibile.
Da quando una misteriosa voce mi aveva condotta in un tempio sconosciuto, rimanendo sorpresa dal fatto che potevo udirla solo io, non pensavo più ad altro: mi chiedevo a chi potesse appartenere, e soprattutto perché mi avesse contattato.
Era strano… prima di cominciare quel viaggio, eventi del genere li potevo solo immaginare nelle mie avventure fantastiche immaginarie per giocare o sognandole la sera quando dormivo, e mai avrei pensato che nella mia vita un giorno sarebbe potuto accadere veramente una cosa del genere. Ero confusa e abbastanza spaventata da ciò che stava accadendo in maniera così improvvisa.
<< Ehi Claudia. Stai ancora pensando a quella voce? >> mi chiese ad un tratto il ladro, quando mi resi conto che mi stava parlando, sospirando rassegnato quando vide che avevo la testa tra le nuvole:
<< Ti conviene lasciar perdere questa faccenda della voce, tanto non scoprirai nulla e se continui a pensarci dalla mattina alla sera. >>
<< Lo so bene, ma non posso fare a meno di pensarci. È accaduto tutto in fretta che… bè, la mia mente sembra stregata da questo pensiero. >> Stregato è troppo poco per descrivere come mi sentivo in quel momento, ero completamente in balia di quel fatto assurdo, come imprigionata da una forza misteriosa potente come la corrente del mare nascosta fra le placide onde della superficie azzurra. Più tentavo di respingere tale pensiero, e più questo s’insinuava nel mio cervello come un minaccioso serpente. Resosi conto del mio stato d’animo, il ladro cercò di persuadermi per farmi dimenticare quell’evento, cercando di convincermi che tutto quello che era successo era stato solo un momento casuale del destino; importante per la scoperta della gemma ma non così serio da ossessionare qualcuno giorno e notte.
 
Ma io non ero d’accordo, ero troppo sicura che ci fosse qualcosa dietro, e avrei voluto dimostrarlo in qualche modo. Per mia “fortuna”, anche se non la definirei in questo modo, avrei dimostrato presto questa mia convinzione.
<< Dimmi Sly, secondo te chi voleva che trovassi questa gemma? >> domandai al ladro, cercando di mettere insieme i pochi indizi che avevo.
<< Sei ancora convinta che qualcuno volesse farti trovare quest’oggetto? >> mi rispose il procione.
<< Ma io la voce l’ho sentita per davvero! E non è stato un caso se mi ha parlato! Ne sono arci – sicura! >>
<< Va bene, calmati. Non volevo mica offenderti, ti credo quando dici di aver udito una “guida invisibile” e misteriosa che ti ha guidato fino alla grotta, visto che l’abbiamo constatato di persona. E chiunque fosse, ci ha dato davvero una bella informazione, su questo non c’è alcun dubbio. >> concluse Sly ridacchiando soddisfatto mentre esaminava la gemma.
Sbuffando innervosita, gli presi la pietra dalle mani e dissi:
<< Oh, ti prego, falla finita. Non può essere una comune pietra color oro, deve essere qualcosa di più secondo me. >>
<< E cosa potrebbe essere allora? >> mi chiese.
<< Eh, ecco…non lo so! Ma ha qualcosa di diverso rispetto a una comune pietra preziosa. >>
<< Nel senso che abbia poteri magici? Come i personaggi dei fumetti giapponesi? Via! Questo non è un cartone animato! >>
<< Non sei per niente spiritoso. >> risposi offesa. Il procione sembrava divertirsi a prendermi in giro e a stuzzicarmi, e quella non fu l’unica volta che lo fece. Sembrava che avesse capito che in questo modo reagivo in maniera buffa che lo faceva divertire parecchio; e io ovviamente ci cascavo sempre come una babbea. Ovviamente lo faceva per gioco e per divertirsi un po’, e anche io,  nonostante non l’ho mai ammesso di fronte a lui, mi divertivo per questo. Continuando a parlare del più e del meno, ad un certo punto Sly mi raccontò un fatto molto particolare che mi colpì per la sua assurdità.
<< A proposito; tu non sai che cosa sta succedendo ultimamente da queste parti: padrona di non credermi ma da qualche tempo, in quasi tutto il mondo, si stanno svolgendo strani fenomeni di natura sconosciuta. >>
<< Fenomeni di natura sconosciuta? Mi stai ancora prendendo in giro? >> chiesi non convinta delle sue parole.
<< Non sto scherzando: questi fenomeni sono caratterizzati soprattutto da avvistamenti di creature simili ai mostri dell’orrore che stanno terrorizzando la gente da ogni parte del globo, e questo da ormai quasi cinque mesi. So che può sembrarti una burla, ma è tutto vero. Guarda, leggi questo articolo di giornale di una settimana fa. >> ero parecchio incredula su questa storia che, come aveva detto Sly, sembrava uno scherzo. Ma non appena mi mostrò quel suo articolo scritto in francese che annunciava la comparsa di queste creature, bè, dovetti ammettere che non stava mentendo, soprattutto per la presenza delle numerose foto presenti in quel pezzo di carta.
<< E dimmi, si è trovata una spiegazione per questo? >> domandai incuriosita.
<< Macchè: i più famosi luminari brancolano nel buio e non hanno teorie a riguardo. >>
<< Tutto ciò è davvero strano. Anzi, anomalo. >>
Qualunque aggettivo era perfetto per descrivere quella bizzarra notizia che fece nascere nuove domande: cosa accidenti ci facevano dei mostri in un posto simile? Se avessi avuto a che fare con un altro videogioco avrei ben chiaro il motivo di tale mostruosa presenza, ma qui si trattava di qualcosa di ben diverso ed enigmatico, nonché l’ingrediente principale che caratterizza il complicato “minestrone” di questa lunga storia dagli ingredienti assai complessi.
Bè, in questo mondo tutto può succedere. Pensai alla fine, non avendo altre idee per la testa.
Un canto di uccelli mi fece alzare la testa in direzione del cielo, solcato da uno stormo di rondini che durante il volo giocavano a rincorrersi tra loro con volteggi leggiadri, piroettando allegramente tra i simili che formavano una compatta massa uniforme e semovente. Presa da chissà quale letizia, cominciai a correre più velocemente possibile per seguire i volatili prima che si allontanassero troppo, mentre la fresca brezza estiva mi accarezzava il viso e spostava le poche candide nuvole presenti, osservando ogni tanto il paesaggio che scorreva veloce davanti ai miei occhi mentre l’immensa distesa verde scricchiolava sotto i miei piedi; immaginando di volare guidata da angeli invisibili che mi sostenevano con la loro pura energia e mi avvolgevano con le loro magnifiche ali argentate, proteggendomi dai pericoli nascosti in quel mondo che appariva sicuro.
Di quali pericoli sto parlando? Bè, tra poco lo scoprirete.
 
Tutto cominciò proprio durante quel mio momento d’euforia, quando ad un certo punto, senza che me n’accorgessi, misi il piede in fallo e caddi a faccia in giù dentro una specie di buca. Con il viso dolorante, il naso rosso per la botta e la faccia ricoperta di terriccio e fili d’erba che mi riempivano i capelli e si appiccicavano sul volto macchiato, mi sollevai a fatica con le braccia e mi misi seduta mentre lucenti e piccole lacrime mi rigavano il viso, lasciando due sottili linee che scendevano fino al mento. Sly si avvicinò per aiutarmi ad uscire da quella buca profonda fino alla vita, quando ad un certo punto si accorse che c’era qualcosa che non andava, e camminandoci intorno con sospetto per qualche minuto, si bloccò sussultando scioccato.
<< Diamine! è un’impronta! >> esclamò il ladro..
L’orma era esageratamente grande, più o meno quanto due jeep messe l’una accanto all’altra, e lunga come un tavolo per dieci persone, provvista di tre dita appuntite che avevano lasciato un foro profondo in cima alla sagoma, stesso motivo che si ripeteva con le altre tracce più avanti che si dirigevano verso le montagne, impresse nella terra come una firma indelebile. Qualunque cosa avesse lasciato quei segni innaturali doveva essere enorme data la profondità del solco che aveva letteralmente schiacciato la terra e ridotto in mille pezzi alcuni sassi, se dapprima non ero convinta dell’esistenza delle creature nominate dal procione, quelle orme riuscirono a farmi cambiare idea, facendomi sperare con tutto il cuore che la “cosa” provvista di simili zampe si fosse allontanata il più possibile. Pregai Sly di andarcene subito da lì, ma il personaggio volle esaminare meglio quelle tracce misteriose che lo attiravano con molta curiosità, notano ne suo viso oltre alla curiosità, un misto di stupore e preoccupazione.
<< Ti prego, andiamo via. Mi sta venendo troppa paura. >>
<< Di che ti preoccupi? Ormai sarà lontano mille miglia da noi, quindi stai tranquilla. A meno che mister piedone non decida di tornare indietro per qualche motivo. >>
<< Smettila! Sono terrorizzata! >>
Il ladro cominciò a ridere, ma l’ilarità venne immediatamente soffocata da un groppo in gola che ne spense ogni seguito entusiasmo: la causa fu un’ombra nera che oscurò il sole come una minacciosa nuvola temporalesca ricoprì il paesaggio con la sua pericolosa sagoma. Ma non fu una nuvola a creare quel fenomeno, bensì qualcosa di più spaventoso che solo negli incubi potevo immaginare, dietro di noi, una gigantesca creatura era comparsa dal nulla come se fossa stata generata dalla fantasia di uno scrittore dell’orrore, dal corpo massiccio la cui schiena era percorsa da piccoli aculei amaranto e da pelle squamosa color smeraldo con le punte violacee, lunghi denti acuminati come sciabole lucenti color avorio, artigli bluastri grossi come una macchina pieni di scalfitture. Le sembianze di quella creatura ricordavano un drago di komodo, ma non si trattava effettivamente di quell’orribile animale esotico, bensì di un suo “simile” ben più pericoloso.
 
Paralizzata dalla paura alla vista di quel mostro, solo grazie alla prontezza di riflessi di Sly che mi spinse da un lato non fui schiacciata per un soffio dalla coda del mostro che schioccava come una frusta, un suono secco che vibrava nell’aria. Il mio cuore palpitava talmente forte che sembrava stesse per scoppiare dalla paura; lo sentivo chiaramente battere dal petto come un tamburo senza sosta e sempre più forte. Avrei voluto chiudere gli occhi per non vedere più nulla e credere che si trattasse solo di un brutto sogno, per poi riaprirgli e vedere che non c’era più nulla di brutto. Ma quello non era un’illusione che si poteva cancellare facilmente: non era frutto di un sogno o di una magia; era tutto reale come la paura che provavo.
<< Tutto a posto? >> mi domandò Sly preoccupato.
<< Non… non lo so. Mi fa… male il petto. >> gli risposi ansimando per l’ansia.
In quel momento, la creatura sibilò acutamente facendomi urlare senza sosta per lo spavento, mentre mi tappavo le orecchie per il suono talmente potente che per poco i timpani non mi scoppiarono.
<< Bene. Va a nasconderti dietro quelle rocce, ci penserò io al mostro. >>
<< Cosa?! Vuoi affrontare quella belva gigantesca da solo? Ma è pura follia! >>
<< Sarà follia, ma è l’unico modo per salvarci. >>
<< Aspetta, non andare! Non voglio rimanere sola! >> gli pregai terrorizzata. Il ladro cercò di calmarmi e di farmi capire che le sue folli intenzioni erano l’unica soluzione per salvarci, ma avevo troppa paura di restare sola, non volevo che mi abbandonasse o che mi dovesse lasciasse da sola anche per soli 10 secondi; e mentre lo supplicavo in lacrime di non andare, lui mi guardò seriamente e mi disse queste parole:
<< Claudia, ricordi cosa mi hai promesso il primo giorno che ci siamo incontrati? >>
<< Che ti avrei ubbidito. >>
<< E cos’altro? >>
<< Che non avrei discusso i tuoi ordini. Ma… >>
<< Ora devi rispettare queste promesse. Quindi non ti preoccupare per me, c’è la farò. >>
<< Ma Sly, è un…>>
<< Si, lo so, è un suicidio. Ti ripeto, stai tranquilla, dovresti sapere che il pericolo è il mio mestiere. >> non ebbi la forza di replicare, le parole mi si bloccarono in gola e permisero a Sly, dopo avermi rivolto un sorriso beffardo, di accanirsi contro il rettile.
 
Senza pensare alle conseguenze a cui andava incontro attaccò con l’unica arma che aveva a disposizione, ossia il suo bastone, l’enorme belva che sibilava con la sottile lingua nera come un serpente velenoso in procinto di mordere la preda. Era incredibile come con grande agilità il ladro riusciva ad eludere i morsi e i colpi di coda reagendo allo stesso tempo per bastonare con violenza la belva per farla cedere, nonostante non avesse armi magiche o super poteri. Lo ammiravo per il suo coraggio; avrei voluto avere il suo carisma e la sua forza di volontà. Prima di giungere in quel mondo non ero mai stata molto coraggiosa nella mia vita: qualsiasi situazione o possibile cosa malevola che avrebbe potuto farmi del male o soffrire la evitavo prontamente ancor prima di accertarmi che non mi danneggiasse, anche se si trattava di una sciocchezza o stupidaggine. Per quanto potessi immaginare di affrontare creature magiche o di superare per un soffio burroni e precipizi, o di difendere i deboli e combattere i cattivi con grinta e determinazione, la realtà era che non ero né grintosa, né determinata. 
Solo una bambina che aveva paura del buio.
All’improvviso, mi accorsi che Sly si trovava in difficoltà, il lucertolone era riuscito a respingere l’ultima bastonata con una zampata, gettandolo a terra e lasciandolo stordito. Non appena vidi assistetti alla scena… bè, non so se lo feci per coraggio o per pazzia, ma vedendolo in pericolo, corsi verso il rettile e gli presi la punta della coda nel tentativo di bloccarlo.
<< Lascialo stare brutto lucertolone troppo cresciuto! >> gridai con rabbia alla creatura. Ma questo non mi diede gran importanza e mi scrutò con non curanza con i piccoli occhi gialli di cui era dotato, e come se fossi un ramoscello rinsecchito mi “lanciò” via con un sol gesto di coda dopo avermi sollevata, gettandomi lontano a molta distanza. Precipitai rovinosamente a terra: per fortuna non riportai ferite o contusioni gravi, solo un leggero bernoccolo dolorante che spuntò dalla fronte. Non appena Sly si riprese, si affrettò ad aiutarmi non appena mi vide a terra.
<< Dimmi, stai bene piccoletta? >>
<< Sono stata meglio di così…ohi, ohi >>
<< Ti avevo detto di stare al sicuro! In povere più semplici, “stai lontana dai guai”! >>
<< Lo so, ma non ho potuto fare a meno di intervenire quando quel “coso” ti ha colpito. Non ci ho più visto dalla preoccupazione. >>
<< Oh…ehi…ti ringrazio per l’aiuto, davvero. Ma hai rischiato la tua vita, per questo ti avevo detto di allontanarti, non ti volevo che ti facessi del male. >>
<< Io volevo solo aiutarti, scusami. >>
<< Non c’è bisogno di scusarti, capisco che l’hai fatto per me e questo mi fa piacere. >>
<< Davvero? Non sei arrabbiato con me? >>
<< Sarò un ladro, ma sono sempre sincero su certe cose, anche con i piccolini come te. >> Sly  ammiccò divertito non appena tentai di replicare alle sue parole e involontariamente sorrisi, tornando immediatamente impaurita non appena il mostro sibilò di nuovo, facendo tremare la terra con i suoi potenti ruggiti.
<< Sarà meglio rimandare a dopo la conversazione, quella bestiaccia sta venendo verso di noi. È davvero testardo, non vuole proprio arrendersi. >>
<< Posso aiutarti stavolta? >> la richiesta lasciò il personaggio serio, lanciandomi uno sguardo particolare che voleva dirmi che non ci pensava minimamente. Ma io ero di parere diverso:
<< Ehi, finora sei stato tu ad aiutarmi, ora sarò io ad aiutare te, d’accordo? >> replicai a quello sguardo.
<< Ma se stai tremando come una foglia. >> mi fece notare.
<< Bè, non fa niente. Posso farcela! >> dissi con la voce balbuziente, e Sly sospirò profondamente. << So che me ne pentirò… ma d’accordo. >>
<< Grazie mille! Ti dimostrerò che sono brava! Io, ma cosa…? Che sta succedendo?! >> improvvisamente, non appena l’entusiasmo del consenso ricevuto mi rallegrò, consapevole che avevo la possibilità di dimostrare che potevo far qualcosa di coraggioso e utile, la gemma riposta nella tasca della salopette aveva cominciato a brillare intensamente, producendo una luce anormale che riusciva a emanare una forma molto intensa di energia che non avevo mai visto o percepito prima d’ora, ricca di sfumature dorate e polvere stellata dalla soffice morbidezza cotonata che scivolavano delicatamente sulla pelle come un velo di seta leggero.
Era insomma, un’energia potente e magica.
In quell’istante di stupore e meraviglia, udì una voce distorta dall’eco dalle proprie parole rivolgersi a me, in una sorta di supplica:
<< Usa la gemma per aiutare gli amici. Usa la gemma per fermare i malvagi. Usa la gemma per aiutarci.>> e nell’istante in cui questa richiesta smise di riecheggiare insistentemente,il mio corpo fu avvolto da questa luce calda e splendente.
 
Non ricordo per quanto tempo rimasi in trance, abbagliata da quella pietra ambrata che mi fece perdere i sensi, ma dopo qualche tempo udì nuovamente la voce di Sly che allarmato e preoccupato del mio stato continuava a chiamarmi. Confusa e con la testa che mi girava, gli chiesi cosa mi fosse accaduto mentre tentavo di muovere qualche passo per far circolare di nuovo il sangue nel corpo intorpidito: lui si limitò ad indicarmi con gli occhi sgranati, senza dire una parola che potesse farmi capire che cosa cavolo potesse essere successo.
Ma non c’è ne fu bisogno, poiché non appena mi guardai per darmi una possibile aggiustata, capì lo stupore del procione.
Era successa una cosa che aveva dell’incredibile: non indossavo più la mia solita salopette di jeans, ma un completo da combattimento da guerriera dei cartoni animati!
Bè, a dire la verità non era proprio così… in realtà indossavo una maglia smanicata gialla con al centro una spilla circolare arancione circondata da dei ghirigori bianchi cuciti intorno; dietro la maglietta il disegno di due ali argentate copriva tutta la schiena come il marchio di una casa di moda, e per finire per le gambe indossavo dei pantaloncini corti marrone scuro, molto leggeri e comodi, con dei bottoni dorati intorno alla vita.
Non avevo parole per esprimere lo stupore che mi pervadeva mentre mi ammiravo dal busto in giù. Quella specie di costume uscito come da un cartone animato mi faceva sentire stranamente più forte, più in salute, più…. Più diversa insomma! Convinta che si trattasse solamente di stoffa colorata, non poteva davvero credere che potessero trasmettermi simili sensazioni, quasi mai provate prima nella vita, eppure reali è per merito di quella gemma trovata.
<< Avevi ragione nel dire che quello non era un semplice gioiello, era davvero magico! >> esclamò il procione sorpreso. Prima di poterci chiedere come potesse essere avvenuta quella trasformazione, evitammo per un soffio di essere schiacciati dal mostro lucertola, a quanto pare anche lui rimasto sorpreso dall’evento e ripresosi subito forse perché impaurito; ma nel momento in provai a difendermi dal colpo alzando le braccia a scudo, un’enorme e splendente martello gigante dal manico d’oro (assurdo ma vero!), grande quanto un mio braccio mi apparve in mano come per magia. Sembrava un giocattolo, ma provandolo… che martello ragazzi! Nel momento in cui il lucertolone scagliò la coda a mo’ di mazza, senza che la usassi in qualche maniera, l’arma gliela schiacciò come se fosse burro non appena questa venne a contatto con la carne squamosa! Che potenza spaventosa, ancora oggi stento a crederci di aver ammirato le sue capacità, l’arma perfetta per salvarci la vita, anche se abbastanza inusuale. Il bestione ruggì di dolore non appena la sua coda gli fu ridotta ad un ammasso di poltiglia gelatinosa, e i suoi occhi divennero in seguito rossi per la rabbia e gli aculei bluastri. Non bisogna far altro che usarla.
<< Caspiterina! Mai vista un’arma così potente! Devo ammettere che avrei paura ad usarla se me la ritrovassi tra le mani! >>
<< Come se io non n’avessi abbastanza. >>
<< Ok, calma, non perdiamo la testa! Approfittiamone per fare a fettine il lucertolone definitivamente! >>
<< Per chi mi hai preso? Per lady oscar? Non ho doti spadaccine io! Figurati poi ad usarle con una mazza! >>
<< Questa è l’ottima occasione per imparare: guarda ed impara ragazzina, ti farò vedere come si combatte. >> è così, seguendo le parole di Sly, la battaglia vera e propria cominciò.
Cercando di seguirlo come potevo, osservai il ladro compiere certi movimenti simili ad affondi e parate che respingevano la bocca dentata del mostro che tentava di richiudere su di esso, esempio che dovetti seguire per non finire con la testa incastrata tra quei denti affilati. Incredibilmente da quanto mi aspettassi, così poco sicura delle mie capacità, ero sorpresa di vedermi capace di imitare anche se in modo imperfetto quelle mosse osservate quasi di sfuggita: le mie capacità erano migliorate in modo impressionante. Io, che sono sempre stata goffa, riuscivo a fare cose mai provate prima d’ora senza venire ferita a morte e, riuscendo di conseguenza, a ferire abbastanza la belva dal cui corpo piovevano macchie rosso scuro e scaglie multicolore. Tutto ciò fu molto meglio degli effetti speciali che si vedevano al cinema, provare in prima persona l’adrenalina di un simile momento scorrere fluida nelle vene era roba da brividi, se non entusiasmante da un certo punto di vista che spingeva un lato del mio subconscio a “divertirsi”, cosa abbastanza preoccupante da farmi pensare che stessi diventando pazza. Non ho idea di quanto tempo trascorse, solo quando riuscì, non so come, a tagliare in due la testa del bestione che svanì nel nulla in una nuvola verde e viola che capì finalmente che il combattimento ebbe fine, intossicata da quel gas nauseante capace di farmi capire che non si trattava di un fatto falso. Ora si che mi sentivo come in un cartone animato: la belva sconfitta, la battaglia vinta e un nuovo potere scoperto. Non pareva vero, eppure quegli abiti lo confermavano, anche se nello stesso istante che lo pensai, questi tornarono normali.
<< Claudia, stai bene? >> mi chiese il ladro che si avvicino affaticato e ancora sconvolto.
Io invece mi sentivo stranamente bene:
<< Mai stata meglio di così, mi sembra di essermi appena svegliata da una lunga dormita. >>
<< Bè, immagino che questa sia una buona notizia. Mi piacerebbe sapere cosa è successo a quel potere apparso prima. Sembri… normale. >>
<< E sono contenta di esserlo. >>
<< Ehi, cosa hai intorno al braccio? >> nel bel mezzo della conversazione, ci accorgemmo che intorno al polso sinistro indossavo un bracciale argentato con incastonata sopra la pietra dorata trovata, circondata da incisioni a mezzaluna con triangolino appuntiti sui bordi. Illuminata dai raggi del sole che si stagliava alto nel cielo, la pietra brillava più che mai, come composta da tutto l’oro del mondo fuso in un unico stampo per formare quel piccolo oggetto che appariva così normale agli occhi di noi comuni mortali, eppure simile ad uno scrigno sigillato saldamente per nascondere i segreti sulla sua origine ancora da scoprire. Sarebbe stato difficile forzare questa serratura, ma solo con l’esperienza e poco alla volta avrei potuto carpire quei segreti.
Osservando il bracciale pensai a diverse cose, una delle quali molto importante: Ho come la sensazione che potrò usare ancora quel potere. Il problema sarà evocarlo.
Improvvisamente, venni sollevata in aria e fatta girare in tondo tra un grido e l’altro per la sorpresa. << Sei stata grande Claudia! Non avevo mai visto nella mia vita una roba simile! Non so come tu ci sia riuscita, ma sei stata formidabile! >> disse Sly, congratulandosi con me.
<< Dici davvero? >> chiesi arrossita per il complimento, e intontita dal “girotondo”.
<< Certo! Sarai anche una ragazzina strana, ma sei stata coraggiosa. Se non fosse stato per te, ora sarei con i miei antenati in cielo. Ti devo un grosso favore. >>
<< Ehm…no…dai, non dire così, anche tu avresti fatto lo stesso…e bè…oh insomma! Mi fai arrossire! >>
Il ladro rise divertito, sfregandomi la testa energicamente:
<< Va bene, basta con i complimenti timidona che non sei altro. Ora che siamo liberi di continuare a vivere, possiamo continuare il viaggio indisturbati. >>
<< Vuoi ancora portarmi con te dopo quello che è successo? Non ti sarei di…>>
<< Impiccio? Non dirlo neanche per scherzo. Mi hai salvato la vita, hai eliminato con un martello da far paura una lucertola gigante con dei poteri straordinari… perché mi saresti di impiccio? Inoltre, ho come la sensazione, che vivremo molte avventure, me lo sento. >>
<< Ti ringrazio. >>
 
Mentre camminavo verso l’orizzonte, leggermente affaticata dal grande lavoro compiuto, riflettei sugli obiettivi da raggiungere, alcuni dei tanti con cui mi sarei dovuta sforzare di portare a termine: tornare nel mio mondo, capire il mistero del cristallo e scoprire dove si trovava la persona che mi aveva fatto trovare la gemma. Non lo dissi a Sly, ma nel momento in cui la luce della gemma mi aveva avvolta come un caldo abbraccio, avevo udito la voce della persona misteriosa che già mi aveva contattato parlami, stavolta con una chiarezza che non mi lasciò confusa o spaventata. Mi disse come usare la gemma e di non avere paura di questo straordinario potere perchè non mi avrebbe mai fatto del male, sarebbe stata il mio scudo per proteggermi dl male e la mia arma per scacciarla sotto qualsiasi forma.
Ma non solo.
In quel momento, con uno sforzo immenso che mi era costato fatica e sudore, e un bruciante mal di gola, riuscì a chiedere alla voce chi mai fosse, e lui con normalità, come se non stesse accadendo nulla di sconvolgente in quegli attimi lunghi un’eternità, mi rispose così:
<< Il mio nome è Gabriel. Vivo nella Terra Senza Tempo. Forse un giorno, c’incontreremo .>>
 

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto: il primo mondo animato ***


 << Sai Claudia, sono d’accordo che tu abbia trovato un modo semplice per usare il potere di questa pietra. Ma usare una parola magica come nei cartoni, scusami, è assolutamente ridicolo! >>
<< è l’unica soluzione che mi è venuta in mente, non ho trovato niente di più adatto. >>
<< Se lo dici tu, fai come vuoi. Io continuo a credere che sia un’idea sciocca. >>
E già, nonostante avessi dei poteri magici, mi risultava difficile evocarli, dopotutto, non ero mica un cartone animato che riuscivo a controllarli già da subito: dopo tanti tentativi a vuoto e fatica, non ero ancora capace di trasformarmi, inutile fu ogni modo di richiamarli allo stesso modo della prima volta, nessun gesto o meditazione particolare funzionò con il bracciale con sopra incastonata la gemma, fu solo una perdita di tempo e un passatempo per far ridere Sly che mi prese in giro senza sosta. Ma questo non mi demoralizzò, e ogni mattina quando il sole non era ancora alto nel cielo per illuminare il paesaggio con le sue frecce di luce, mi svegliavo presto e mi arrovellavo le meningi per trovare uno stratagemma che mi aiutasse ad evocare quell’incredibile potere. Alla fine, grazie alla mia conoscenza sugli “anime” ( parola giapponese che significa appunto “cartone animato” ) decisi di usare una frase facile da ricordare che attivasse quel potere, forse più per imitare gli eroi giapponesi che per diventare una specie di guerriera ammazza mostri. Dopo un paio di tentativi e tanto lavoro di fantasia, la mia idea ad un certo punto funzionò con mia grande sorpresa, lasciandomi piacevolmente soddisfatta del risultato ottenuto.
 
Ma fenomenali poteri cosmici a parte, questi non erano in grado di farmi passare la stanchezza che mi risucchiava vitalità da ogni poro, spronata dalla lunga marcia che da giorni mi faceva procedere senza sosta come un soldato verso una meta che non compariva mai.
<< Senti Sly, quanto manca ancora per arrivare? Sono stanca morta, e non riesco più a camminare con le ciabatte. Guarda! Sono rovinate! O un mal di piedi tremendo! >> dissi dolorante e con i piedi gonfi.
<< Non credo che dovrebbe mancare molto, dovremmo raggiungere il centro abitato tra qualche ora. >> mi rassicurò Sly.
<< Hai detto la stessa cosa, mezz’ora fa! Non ne posso più! >>
Seccata, diedi un calcio a una pietra che rotolò oltre una collinetta, sparendo dietro un folto cespuglio di sottili fili d’erba da provenne una specie di squittio. Con quel gesto feci volare via involontariamente una ciabatta che finì nei pressi di quel cespuglio, saltellai su un piede solo per raggiungerla e una volta lì mi accorsi che in lontananza qualcosa di familiare svettava in una valle concava circondata da collinette, alcune delle quali fiorite: si trattava di una città, una grande cittadina con grattacieli, ville e costruzioni varie che somigliavano a centri commerciali o uffici, provvista di numerose autostrade che uscivano da tutti i punti cardinali per snodarsi per miglia e miglia nel paesaggio circostante.
Fu come un’oasi nel deserto, rivedere finalmente la civiltà mi diede una ventata di felicità e di speranza: calzata la ciabatta scivolai lungo il pendio inclinato della collina per raggiungere in fretta il paese, ignorando il ladro alle mie spalle che mi urlava di tornare indietro perché trovava strana la locazione di un posto simile, ero troppo desiderosa di distendermi su un letto morbido, di mangiare qualcosa di nutriente e soprattutto di indossare un paio di scarpe comode per fermarmi sul più bello. Raggiunta la fine, localizzai la prima autostrada e mi diressi lì, ma improvvisamente qualcosa mi strattonò facendomi cadere all’indietro, slacciando la bretella destra che penzolò attaccata alla punta ricurva del bastone di Sly che mi guardava dall’alto in basso con rabbia.
<< Mi sembra di averti urlato di fermarti. I tuoi genitori non ti hanno insegnato ad ascoltare la gente quando ti chiama? >>
<< Tranne quando ho a che fare con un procione parlante. >>
<< Guarda che sto parlando seriamente! Questa città ha qualcosa di strano, non sembra normale, tanto che non è neppure segnata sulla carta geografica. E come se fosse comparsa dal nulla. >>
<< Stai esagerando, una cosa del genere è impossibile. Queste cose accadono solo nel film di fantascienza con protagonisti gli alieni, invece, qui di “alieno” ci sono solo gli animali parlanti come te. >>
<< Potrei dirti la stessa cosa piccoletta, quindi ti conviene parlar poco. >>
<< Ehi, dove stai andando adesso? >>
<< A cambiarmi. Aspetta qui un momento… e non ti muovere! >> perplessa da quella risposta, rimasi immobile come un baccalà mentre Sly spariva dietro la collina, lasciandomi da sola ad ammirare quel lembo cittadino. Rimasi ad aspettare per circa mezz’ora seduta su un mucchio di rocce, poste sul pendio dell’altura da cui potevo vedere le numerose macchina entrare e uscire tramite le autostrade, fino a quando il ladro finalmente non si decise di rifarsi vivo… con un look a dir poco travolgente: scoppiai a ridere senza sosta, con la pancia e le guancie che mi dolevano, quando lo vidi arrivare seriamente come se nulla fosse mascherato da qualcosa che doveva assomigliare vagamente allo stile punk, con capelli a punta sulla testa tinte di rosso, giacca di pelle verde scuro senza maniche con spille da balia infilzate dappertutto, maglietta nera con un teschio sopra, numerosi pirsing sulle orecchie e occhiali nerissimi per completare il guardaroba. Fu molto esilarante, non riuscivo a credere che avesse fatto una cosa simile.
<< Bè? Non capisco cosa ci sia da ridere. Non hai mai visto un punk prima d’ora? >>
<< Certo, parecchie volte! Ma è la prima volta che vedo un animale mascherato! >>
<< Proprio non capisco questa tua sorpresa nei miei confronti, dopotutto anch’io sono normale. Comunque, essendo un ladro molto famoso nel mondo, mi è necessario travestirmi per non essere riconosciuto. >>
<< Hai ragione, scusami tanto. >>
<< Bene, concluso il discorso, andiamo a visitare questa città. >>
 
Mentre camminavo sul marciapiede che costeggiava l’autostrada, mi sentivo davvero felice… ma fastidiosamente accaldata: quel testone di un delinquente mi aveva fatto indossare una T-shirt primaverile a maniche lunghe con il colletto talmente alto e largo da coprirmi metà viso, con l’altra metà coperta da un cappuccio che quasi m’impediva di vedere. Non voleva che la gente ( come lui ) si spaventasse vedendomi, aveva preso solo le dovute precauzioni per evitare problemi, anche se avrei preferito indossare qualcosa di più leggero e comodo, avevo l’impressione di stare dentro una sauna. Ma dimenticai ben presto la calura non appena m’inoltrai nella cittadina, restando a bocca aperta per la sorpresa che ci accolse senza preavviso: credendo di incontrare persone dalle sembianze animalesche che potevano sembrare delle caricature, trovai invece ben altra fauna ad accogliermi, che accompagnavano persone normali come me ( non del tutto dato che si trattavano di cartoni animati ) come animali domestici, svolgendo anche qualcosa di più complicato della semplice compagnia. Gli esseri che la maggior parte delle persone tenevano con sé, riuscivano a fare cose incredibili e assurde, come sputare fuoco o acqua dalle fauci, o addirittura alzare oggetti pesantissimi e più grandi di loro senza nemmeno toccarli, destando solo la meraviglia dei bambini che gli passavano accanto e ovviamente anche la mia. Sly invece, non riuscivo a capire se era stupito come me o spaventato, la sua faccia era indecifrabile.
<< Claudia, credo di avere le allucinazioni, vedi anche tu delle strane creature? >>
<< Si, e non stiamo sognando. Quei “cosi” sono reali e sono dei Pokemon. >>
<< Dei che cosa? Puoi ripetere per favore? >>
<< Ho detto che sono dei Pokemon! Sono dei “mostriciattoli” molto particolari che possono essere allevati e fatti crescere come animali reali, assumendo tanti aspetti diversi, oppure venire catturati e usati in combattimento per farli diventare fortissimi, e le persone che fanno questo sono chiamate allenatori. >>
<< Mi stai prendendo in giro? Non esiste niente del genere! >>
<< è la verità! Guarda, sono pure davanti a te. Dalle mie parti sono famosi come cartone animato e videogioco, e quest’ultimo sta riscuotendo molto successo. >>
<< Già, certo, e magari quando li hanno creati si sono ispirati alle collezioni di insetti. Io sono senza parole! Non posso credere a quello che sto vedendo, è una cosa assurda! >>
Per quanto il procione si sforzasse di non impazzire, tutto ciò che stavano vedendo era realtà, non era uno scherzo dell’immaginazione ne tanto meno un’illusione, ogni cosa esisteva davvero. Anch’io non riuscivo a crederci veramente: come la prima volta che uscirono sul mercato ammirai la novità di quegli animali da collezione sgranando gli occhi su ogni particolare che colpiva la mia attenzione, ripetendo continuamente “uao” senza mai stancarmene. Sebbene conoscessi bene i Pokemon e amassi giocarci con il videogame, mi venivano i brividi quando passavo accanto ad una qualsiasi specie, mi rendevo conto che erano in carne e ossa, ricoperti di vera folta pelliccia o ruvide squame, e che reagivano in modo rabbioso o felice se trattati in una certa maniera come per un cane o un gatto; e come per gli animali “normali” delle mie parti anch’essi venivano utilizzati come icone per prodotti o mascotte per certi avvenimenti sportivi.
Soffermandomi ad osservare meglio quel che mi circondava, oltre all’aspetto fantasioso della faccenda, il panorama urbano non si differenziava molto da quello della realtà: c’erano i negozi dei generi di prima necessità, condomini di quattro piani in mattone rosso e grattacieli di acciaio che toccavano il cielo, uffici  e ristoranti, isole pedonali e piazzette alberate dove i bambini potevano giocare. Insomma, c’era tutto quello che poteva formare una città laboriosa.
Girando per le strade affollate era possibile trovare degli spazi particolari chiamate arene, che inizialmente confusi per dei campetti da calcio, adibiti per ragazzi che potevano avere la mia età o essere poco più grandi di qualche anno dove esibivano con spettacolari sfoggi di potenza e grazia i loro animaletti preferiti, divertendo i loro coetanei che discutevano animatamente tra loro chi fosse più bravo, urlando a squarciagola quando assistevano a mosse di combattimento impressionanti che solitamente solo gli effetti speciali potevano creare, e ogni volta sussultavo spaventata colta alla sprovvista. Dopo un lungo giro turistico, ci fermammo davanti un edificio di legno che ricordava una baita, un rifugio per gli alpinisti situato però ben lontano dalla consueta locazione in montagna, più simile ad una villa lussuosa per la presenza di ornamenti ben poco montanari: colonne antiche bianche, tappeto rosso rubino all’ingresso, statue antiche tutt’intorno al perimetro, e un’insegna voluminosa tutta tempestata di lampadine che riportava la scritta “hotel a quattro stelle”.
<< Bene, almeno un bel posto dove far riposare i turisti. Ci riposeremo qui. >> annunciò Sly.
<< Cosa? Dici sul serio? Non hai visto quante stelle tiene? Sarà costosissimo! >> gli fece notare indicando l’insegna con le stelle d’orate sopra.
<< Tranquilla, i soldi non sono un problema per il sottoscritto. Otterrò quanto basta per affittare due stanze con tutti i confort a disposizione. >>
<< Non vorrai derubare qualcuno spero. >>
<< Ci avevo pensato, ma con questa “gente” in giro non me la sento di tentare di sfilare portafogli, e soprattutto non mi fido di questi esseri qua in giro. Quindi, punterò sul sicuro. >>
<< Non capisco cosa vuoi dire. >>
<< Guarda e impara come un lavora un vero ladro, mia cara. >>
Confusa, ma anche incuriosita dalle parole del personaggio, lo seguì fin dentro la costruzione per vedere cosa avrebbe fatto.
Una volta superate le porte scorrevoli, un mare di turisti e viaggiatori chiacchieroni carichi di grosse valigie e zaini affollavano la hall in attesa di ricevere una stanza per riposare o per prepararsi a partire e lasciare la città, occupando ogni centimetro quadrato della sala ammobiliata con divani circolari color crema e tavolini di vetro occupati da riviste e vassoi di rame colmi di cioccolatini, piante e fiori sistemati in eleganti vasi profumavano e davano un tocco di colore più dei quadri ad olio che tappezzavano le pareti, mentre dei piccoli acquari incastrati dentro le pareti con tanti pesci ( ovviamente Pokemon ) rallegravano l’attesa con la loro presenza. Prima di riuscire ad arrivare alla Receptionci volle una buona mezz’ora, le persone furono talmente lente che mi stavo quasi addormentando in piedi, tirando un sospiro di sollievo quando finalmente arrivammo al banco informazioni dove un uomo tarchiato e basso dai modi frettolosi si avvicinò per ascoltare le nostre richieste. In quel momento, in tutta sincerità, sudavo freddo e tenevo le dita incrociate di nascosto, augurandomi che l’uomo non reagisse in modo strano vedendo Sly, mascheratosi da uomo d’affari in giacca, cravatta e cilindro ma sempre riconoscibile dal punto di vista “animalesco”, immaginando già il panico generale. Contrariamente dalle mie previsioni, tutto questo non avvenne:
<< Buon giorno signore, in che cosa posso esservi utile? >> chiese a Sly con voce nasale, sistemandosi continuamente gli spessi occhiali.
Schiarendosi la voce e arricciandosi un paio di baffi finti, il procione iniziò la messinscena.
<< Salve, vorremmo affittare due stanze per un paio di giorni. Siamo in viaggio per affari importanti, ma per motivi di lavoro dobbiamo fermarci in questa città per un pò di tempo. Spero che il vostro “ritrovo” abbia 2 stanze libere. >>
<< Ma certo signore, abbiamo tutto ciò che desidera. >>
Il ladro riusciva ad interpretare bene quel ruolo, usando molto realismo negli atteggiamenti e nel tono di voce leggermente cattivo; non capendo però come accidenti non destasse sospetti con il suo strano aspetto. Si vedeva lontano un miglio che c’era qualcosa che non andava in lui!
Possibile che non si accorga che non è normale? Cioè, è strano assai! A pensarci bene questa non è la prima volta che vedo una cosa simile, è uno dei tipici comportamenti che hanno i cartoni animati… ma arrivare fino a questo punto è alquanto incredibile. Pensai perplessa.
L’ultima sorpresa, prima di ritirare la chiave della camera, fu vedere Sly mentre porgeva all’uomo una carta di credito azzurra con dei segni e numeri incisi sopra, dopodiché potei finalmente gettarmi con un tuffo su un letto matrimoniale tutto per me nella lussuosa stanza messa a disposizione per la permanenza: una delicata fragranza di lavanda si sprigionava da delle candele che galleggiavano in una boccia piena d’acqua, i comodini e gli armadi di legno ambrato erano ampi, mentre le stoffe delle coperte e le tende rosso rubino morbide. Quella sembrava davvero una reggia, c’era persino un televisore e un frigo bar.
Mentre mi coccolavo nel lusso, un pensiero insistente, deciso a volermi lasciare sveglia, mi tormentò a lungo come il fastidioso ronzio di una zanzara: come avevo potuto incontrare un personaggio particolare come Sly, appartenente ad un mondo tutto suo, e allo stesso tempo trovarmi circondata da animali come i Pokemon? Appartenevano a due mondi totalmente diversi, con abitudini e usanze che li rendevano unici tra loro proprio per quelle differenze; eppure quel procione si trovava in mezzo a loro, me compresa. Qualcosa non andava per il verso giusto, non ne capivo il nesso logico, e non intuivo che dietro a questa stranezza c’era qualcosa di “grosso”.
 
Prima che potessi rendermene conto mi ero già addormentata, risvegliandomi con un lieve sussulto dopo quattro ore di sonno, segnalate dalle sveglia digitale posizionata sopra uno dei due comodini accanto al letto. La luce soffusa e il silenzio avevano avuto un effetto soporifero, nonché riposante sulle mie stanche membra molto più rilassate di prima, pronte a sopportare nuove meraviglie: insieme al ladro, uscimmo per esplorare il resto della città, più per capire come uscirne che per scoprirne le curiosità nascoste. Desiderai tanto poter fare la turista e godermi la vitalità che albergava in quel posto considerato solo finzione e fantasia, ma la fretta del procione di andare via non mi permise di ammirare meglio certe cose che sembravano divertenti, dandogli solo un’occhiata di sfuggita. Fortunatamente vidi qualcosa di meglio: un negozio di scarpe dai modellini carini e soprattutto comodi mi permisero di liberarmi finalmente delle ciabatte ormai abbastanza logore da gettare nella spazzatura, potendo così camminare comoda senza che terra e sassi mi dessero fastidio ai piedi.
Saltellai felicemente provando piacere nella morbida suola che mi accarezzava la pianta del piedi, quando all’improvviso un grido attirò l’attenzione, e prima che potessi voltarmi per vedere da dove provenisse, un piccolo pulcino arancione con un ciuffetto giallo in testa e i grandi occhi neri mi balzò addosso, pigolando insistentemente mentre nel dimenarsi perdeva un sacco di piume. La creatura si calmò dopo qualche istante, cominciando a guardarsi intorno con una certa curiosità prima di rendersi conto di trovarsi tra le mie braccia, fissandomi sorpreso.
<< Ehi piccolino, da chi stai scappando? >> gli chiesi divertita, accarezzandogli la morbida testolina. Sly provò a fare altrettanto, addolcito dalla faccia tenera del pennuto, ma quest’ultimo dopo un’iniziale tranquillità, sprigionò dal becco una fiamma infuocata che abbrustolì il povero ladro che si ritrovò quasi incenerito.
Ad un tratto, sopraggiunse di corsa una ragazza che prese il pulcino strappandomelo dalle braccia, abbracciandolo stretto a sé con un largo sorriso: aveva i capelli lunghi color castano chiaro adornati da una bandana legata stretta in testa rossa con un disegno circolare bianco, i suoi occhi erano azzurri con una leggera sfumatura blu, e la maglietta che indossava aveva le stesse tonalità della bandana, rossa con il bordo bianco, mentre i pantaloncini erano di un nero lucido. Con sé portava inoltre anche un paio di guanti bianchi con le dita nere, e intorno alla vita teneva allacciato un marsupio giallo con attaccate sopra delle piccole sfere con dei bottoni al centro che riconobbi come pokèball, ovvero strumenti elettronici grandi quanto il palmo della mano che permettono la cattura dei pokemon.
Questo stava a significare che lei era un’allenatrice, ma non fu questo a colpirmi per la sorpresa, bensì il suo volto familiare che avevo già visto più di una volta in giro per i negozi di giocattoli e in televisione.
<< Grazie per aver preso il mio Torchic. Stavamo guardano una vetrina quando improvvisamente un Blastoise l’ha spaventato, e mi è sfuggito. Povero il mio piccolo >>
<< Oh, non c’è di che. >>
In quello stesso momento tre ragazzi raggiunsero l’allenatrice urlando il suo nome a squarciagola, arrivando di corsa mentre questa li chiamava per uno alla volta, lasciando così basita quando mi resi conto con chi avevo a che fare. Quei ragazzi erano i personaggi del cartone animato dei Pokemon: il primo che riconobbi subito fu Ash, il protagonista principale della storia, allenatore girovago deciso a diventare il campione di tutti gli allenatori con l’aiuto del suo fidato compagno di squadra Pikachu, il topo giallo capace di generare scariche elettriche ad altissimo voltaggio. Dopo di lui veniva l’amico Brock, un giovane di colore aspirante allevatore ma ben più noto per essere stato il capo palestra di una città, e infine la ragazza di nome Vera e il suo fratellino occhialuto di nome Max ad affiancarlo.
Se prima ero rimasta senza parole solo per aver scoperto di trovarmi nel loro mondo, in quell’istante posso dire che ero sconvolta di ritrovarmi faccia a faccia con quegli individui; come se di fronte avessi degli attori famosi che non vedevo l’ora di toccare e poterci parlare, l’emozione era tanta da farmi girare la testa… o da farmi balbettare interrottamente fino a far preoccupare i quattro che non capivano cosa mi stesse prendendo.
 
Dopo esserci presentati per bene davanti ad una granita fresca ( ed essere riuscita a riprendere il controllo delle mie facoltà mentali ), seduti all’esterno di un bar adornato da fiori tropicali e protetto dai raggi solari con ombrelloni rosa piantati sul terreno tra un tavolino di vimini e l’altro, cercai di scoprire qualcosa di più su quei personaggi che per tanto tempo avevo creduto che fossero solo individui nati dalla fantasia di un folle giapponese. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta che avevo guardato il cartone animato poiché lentamente aveva perso il mio interesse, quindi parecchie cose mi erano sfuggite e avevo bisogno di informarmi. Seguire solo il videogioco non bastava per sapere tutto, solo lo stretto necessario.
<< E così anche voi viaggiate? Siete allenatori o coordinatori? >>
<< Ehm…no, siamo rappresentanti d’alcune palestre di lotta. Ci fermeremo in questa città per poco, perché poi ripartiremo verso…...Zafferanopoli! >> dissi in fretta, cercando di inventare una scusa credibile che non avrebbe destato in loro dei sospetti. Per Sly non fu semplice darmi corda visto che non conosceva assolutamente nulla di quel posto, mi lanciava sguardi preoccupati e restava sempre con la bocca mezza aperta senza sapere cosa dire.
<< Zafferanopoli? Ma si trova nella regione di Kanto. Ne avete di strada da fare ancora. >> disse Ash, che si distingueva dagli altri per il suo capellino rosso che nascondeva i capelli neri.
<< A proposito, non conosciamo ancora i vostri nomi. Come vi chiamate? >>
<< Io mi chiamo Sly, mentre lei è…>>
<< Claudia! Piacere! >> risposi immediatamente, mentre il ladro mi guardava preoccupato.
<< Sembri agitata. Va tutto bene? >> chiese Vera, notando la mia particolare reazione.
<< Si! Si! Benissimo! Non fateci caso, sono fatta così. >> risposi ancora, abbozzando un sorriso idiota. Il gruppetto fu davvero colpito dal mio atteggiamento, eccome, infatti mi sentivo la persona più stupida del mondo in quel momento, volevo sotterrarmi dalla vergogna e cacciarmi quell’atteggiamento ridicolo per non continuare oltre quella brutta figura.
Dopo un lungo, imbarazzante silenzio, il procione con una scusa si congedò dal gruppo e mi trascinò con forza dentro il bar, parecchio innervosito dall’attuale situazione.
<< Si può sapere che ti prende? >>
<< Scusami, non lo sto facendo apposta, ma...oddio! Sono emozionata! Non riesco a credere che sto parlando con i personaggi di un cartone animato! E così interessante! >>
<< Tu hai qualche rotella fuori posto. >>
<< Non posso farci niente! È troppo divertente! >>
<< Ok, ok! Ho capito, non ti scaldare tanto. Ora, proprio perché sei tanto “emozionata”, non farti sfuggire la faccenda che vieni da un altro mondo. >>
<< Perché? Tanto non ci crederebbero. >>
<< Ma potrebbero pensare che sei scema. >>
<< Ehi! >>
<< Adesso cammina, e cerca di mantenere un comportamento normale. >>
E così, tenendo a mente la raccomandazione fattami, tornammo dai ragazzi e continuammo la chiacchierata facendo finta che non fosse successo nulla di strano. Fortunatamente non ebbero sospetti riguardo l’atteggiamento assunto, eppure, sebbene fossero rilassati e allegri, erano soprattutto motivati a saperne di più su di noi, colpiti forse da qualcosa che l’incuriosiva a tal punto da non smettere di farci domande; sono convinta che nel loro inconscio sentissero la diversità che ci caratterizzava, ma non riuscendo a coglierla non ci facevano nemmeno caso. Solo il Pikachu avvertiva il contrasto: dopotutto si trattava sempre di un’animale e i suoi sensi risultavano più affinati di quelli umani. Infatti ci guardava sempre con sospetto, tenendosi a debita distanza stando sulle spalle del proprio allenatore, sprigionando dalle guancie rosse delle scariche elettriche e rizzando il pelo in segno di minaccia, come per dirci di stargli alla larga. Fu inutile tentare di calmarlo, per quanto Ash cercò di tranquillizzarlo finì solo elettrizzato da una terribile fulmine che quasi lo incenerì, trattenendosi per non fare la stessa cosa con noi per non disubbidire al suo allenatore, quando lo rimproverò. Per un attimo mi aspettai che avrebbe comunque attacco, non si fidava affatto.
All’improvviso, un’esplosione scosse il terreno, i vetri delle finestre tintinnarono come campanelle, le creature ruggirono o sibilarono spaventate rischiando di aizzarsi contro i propri padroni, e all’angolo della strada un edificio alto 4 piani crollò su se stesso, sollevando una densa nube di polvere che investì il quartiere circostante e tutte le vie situate nei dintorni, soffocando la gente che si trovava nei paragi. Quando la valanga ci raggiunse, questa ci “spinse” a terra con una forza tale da riuscire a spezzare l’asta di legno degli ombrelloni, ci tenemmo vicini per non perderci mentre ci coprivamo con le magliette o i fazzoletti i volti che rischiavano di venire feriti e gli occhi che potevano venir accecati dai minuscoli frammenti di cemento sospesi nell’aria, trattenendo il più a lungo possibile il respiro. Ad occhio e croce trascorsero all’incirca 20 minuti prima che il fenomeno cessasse, fu un vero sollievo poter recuperare il fiato anche se le particelle di polvere entravano nella gola soffocandola; la visibilità era scarsa e ci vollero altri 10 minuti prima che uno stormo di Pokemon volanti controllato da un gruppo di poliziotti riuscisse a spazzare via la nebbia giallastra per permettere alle unità di soccorso di raggiungere la zona del disastro.
Una folla di curiosi circondò le macerie: solo un lato del palazzo era rimasto in piedi, una sottilissima parte malandata che dava l’impressione di cadere da un momento all’altro, rivelando i piani al suo interno da cui delle persone gridavano aiuto. Prima che i paramedici e i vigili del fuoco mettessero le mani lì sopra, le rovine si mossero lentamente, sollevandosi come se qualcosa ci stesse passando sotto; il fenomeno incusse timore tra la gente che iniziò a indietreggiare preoccupata, chiedendosi che cosa diavolo stesse accadendo di così strano da riuscire a spaventare persino i Pokemon della polizia ( simili a dei grossi cani dal folto pelo bianco e rosso, provvisto di strisce nere ) che guaivano a denti stretti, sprigionando fiammelle. Ad un tratto le macerie vibrarono violentemente, prima che si potesse far qualcosa uscì allo scoperto con rapidità mista a violenza un enorme serpente somigliante ad un cobra, dal corpo squamoso di un particolare giallo scuro che lo ricopriva fino alla punta, ornato con un particolare disegno nero posto sulla parte frontale del cappuccio, somigliante ad una faccia malefica dagli occhi blu. L’Arbok ( questo il nome della creatura ), era pericoloso e velenoso quanto il suo “cugino” del mondo reale da cui era stato ispirato per la creazione, ma non fu questa particolarità a destare più spavento: diversamente dai suoi simili non era viola scuro ed era doppiamente più grande della cabina di un camion, lungo all’incirca una decina di metri e provvisto di un paio di canini appuntiti che gocciolavano una sostanza verdognola,  rendendolo in questo modo davvero impressionante. Il serpente strisciò fuori dal suo nascondiglio guardandosi a destra e a manca mentre assaggiava l’aria con la lingua biforcuta, ignorava le grida di terrore assordanti della gente che scappava per mettersi in salvo, restandosene tranquillo al suo posto persino quando i grossi cani tentarono di balzargli addosso per morderlo.
Per porre fine alla confusione il rettile lanciò un “grido” assordante somigliante alla brusca frenata di una macchina mista al graffio su una lavagna, con un’onda sonora capace di mandare in frantumi qualsiasi vetro. Acutissimo soprattutto, per poco non rischiai di ritrovarmi i timpani spaccati, le orecchie mi fischiavano e la testa mi doleva a causa di tremende fitte che anche il resto delle vittime sembrava avere, distratti a tal punto da non accorgersi che il produttore del suono ebbe il campo libero per andarsene a zonzo, liberando la strada dagli ostacoli sfruttando la lunga coda che sollevava e lanciava via qualunque cosa. Prima che potesse farla franca, gli balzò agilmente addosso con un salto il Pikachu di Ash che prontamente  fulminò l’Arbok, il quale colto alla sprovvista cominciò ad agitarsi: il topo elettrico si sforzò per tenersi aggrappato saldamente alla sua testa ed evitare così di venir scaraventato via, la bestia si contorceva su se stessa con una tale foga da sembrare impazzita, continuando ad andare a sbattere da una parte all’altra frattanto che veniva continuamente folgorato. Improvvisamente altri Pokemon si unirono alla faida per aiutare il Pikachu stremato dalla fatica, mandati in campo dai personaggi animati che impartirono ordini di natura offensiva affinché si ponesse fine a tutto quel caos, sfruttando le doti naturali della propria squadra che s’impegnò con tutta la forza a disposizione per far cadere la serpe con una continua raffica di colpi generati dagli elementi della natura. Nel frattempo il topino volò tra le braccia di Ash che lo prese al volo, accarezzandolo al fine di tranquillizzarlo e complimentandosi per il lavoro svolto.
<< Allora Claudia! Ti decidi ad usare quella cosa, oppure preferisci prima una tazza di thè!? >> mi urlò improvvisamente il procione.
<< Usare cosa scusa?! >> replicai confusa.
<< Quella cosa! >> puntualizzo, cercando di dirmi  di usare la gemma magica. Effettivamente era l’unica soluzione, ma ero talmente spaventata che dalla baraonda che non ebbi la forza e il coraggio d’intervenire. Tra un tremore e l’altro, ad un tratto nel bel mezzo dell’azione, il mostro sputò una puzzolente sostanza viola dalla bocca per allontanare gli avversari e approfittare della momentanea distrazione per scavare una buca e sparire sottoterra, lasciando tutti quanti senza parole, ma rassicurati dal fatto che fosse andato via.
 
Più tardi, dopo esserci ripresi da quell’incontro ravvicinato da mozzafiato, io e Sly dopo aver salutato i personaggi appena incontrati tornammo all’hotel per poter riposare e calmare i nervi ancora scossi. Come primo giorno nel mondo dei Pokemon fu davvero “movimentato”: ne avevo viste di cose bizzarre avvenire in una puntata e l’altra, ma quello si era rivelato alquanto anormale, forse troppo. Sebbene nel mondo dei cartoni animati ne accadessero di tutti i colori, spesso gli imprevisti che si manifestavano risultavano poco piacevoli.
<< Meno male che mi avevi detto che questi monstermon erano creature tranquille. >>
<< Dipende dalla loro natura e da  quali allenatori li addestrano; l’unica cosa che non so spiegarmi e perché quel Arbok avesse un colore così strano. Forse era una specie rara, anche se non ho mai visto niente di simile prima d’ora.... E comunque si chiamano pokemon. >>
<< Bè, lasciamo perdere questa storia, abbiamo già abbastanza misteri da risolvere e non ci tengo a dover investigare su altre stranezze. Ora come ora, ho solo voglia di dormire. >>
<< Si… sono d’accordo. >>
<< Non fare quella faccia, hai detto tu stessa che questi mostriciattoli sono capaci di qualunque cosa; io al tuo posto non mi preoccuperei più di tanto. >>
 
Ma per quanto “normale” potesse sembrare quella storia, presto avrei scoperto qualcosa che andava ben oltre la semplice animazione: quello non era altro che un piccolo messaggio che voleva farmi capire che stava per accadere uno sconvolgente evento che avrebbe disturbato l’ordine fantasioso di quell’universo che per tanto tempo aveva divertito i ragazzini come me.
                           
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Note dell'autrice: salve lettori,eccoci nel primo mondo animato del mio crossover! I cartoni inseriti in questo racconto sono tutti "vecchiotti", per così dire, appartenuti alla mia infanzia e quindi importanti da inserire.
inoltre, alcuni di questi posti saranno importanti per certi avvenimenti.... ma questo lo vedrete prossimamente ;)

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Capitolo 5
*** capitolo quinto: L'esordio del team rocket ***


 Il giorno seguente non potei approfittare delle meraviglie del lussuoso hotel che scoprì di essere stata chiusa a chiave nella mia suite. La tirai inutilmente milioni di volte prima di staccare la maniglia e cadere all’indietro di schiena, imprecando a denti stretti mentre massaggiavo tutta la spina dorsale.
Presa dal panico cominciai a girare a vuoto nella stanza. Mi accorsi del telefono per chiamare il servizio in camera e mi ci fiondai per chiedere soccorso, scoprendo purtroppo che la spina era stata staccata con la forza, con i fili che fuoriuscivano dal cavetto amaranto, e quindi inutilizzabile. Non sapevo che fare, mi trovavo al quarto piano e non  nessuno dall’esterno della stanza accorse ad aiutarmi. Mi abbandonai sul letto depressa, dopo circa un’ora finì per passare il tempo contando i disegni della moquette uno ad uno per non so quanto tempo, almeno fino a quando la serratura non scattò e il procione entrò dentro:
<< Buongiorno mia cara! Visto che bella giornata c’è quest’oggi? >> rivedendo il ladro, gli saltai addosso in lacrime.
<< Meno male che sei arrivato! Sono rimasta chiusa qui dentro da sola e nessuno è venuto ad aiutarmi! Ho avuto paura! >>
<< Come sei esagerata, non è successo nulla di brutto alla fin fine. Non immaginavo che ti saresti spaventata, vorrà dire che la prossima volta ti avviserò. >>
<< Spaventata? Io ho avuto un attacco di… aspetta, cos’è che hai detto? >>
<< Ho detto che la prossima volta ti avviserò. >>
<< Riguardo a cosa? >>
<< Bè, dopo la brutta esperienza di ieri ho pensato che avresti dormito per parecchio tempo; ma per evitare che finissi nei guai se ti fossi svegliata presto, ti ho chiusa a chiave nella stanza. >>
<< Cosa? Antipatico che non sei altro! Per colpa tua mi è venuto un colpo! Non ti dovevi permettere di fare una cosa simile senza il mio permesso! >>
<< Datti una calmata ragazzina, guarda che mi sono solo preoccupato per la tua incolumità. Dovresti ringraziarmi invece di rimproverarmi. >>
<< Invece non ti parlo più. >>
<< Vorrà dire che mi farò perdonare: che ne dici di mangiare qualcosa? >>
 
Poter mettere qualcosa di consistente sotto i denti fu una gioia.
Fino a quel momento avevo mangiato barrette proteiche senza sapore e ben poco nutrienti, quindi mi riempì come un uovo prima di considerarmi sazia, anche se lo spazio per il dolce ci stava sempre. Più tardi, nel finire di gustare un gelato, ripercorremmo la strada dov’era avvenuto l’incontro con il terribile l’Arbok; deviando all’ultimo per una stradina secondaria che si allontanava dall’edificio distrutto circondato dalla polizia e da molte persone più che altro costituite da giornalisti e fotografi. Incuriosita volli avvicinarmi per vedere cosa avessero scoperto d’interessante, ma il ladro non volle mischiarsi alla calca e cercò di portarvi via da lì, sicuramente a causa della vigilanza che circondava l’area. Solo dopo innumerevoli insistenze riuscì a convincerlo a darci una sbirciatina, anche senza dover superare la calca incredula davanti alla scena del delitto: saltellai avanti e indietro cercando di vedere qualcosa prima di salire sopra una macchina e scoprire che il fabbricato era rimasto invariato da ieri, stavolta però diedi meglio un’occhiata alle stanze occupate da vigili del fuoco intenti a rimuovere macerie con pale o ruspe. Fra i detriti si scorsero scrivanie e fogli di carta strappati, ma soprattutto pietre colorate che brillavano da sotto la sporcizia attirando l’attenzione di alcuni poliziotti che le raccoglievano e posavano in appositi scrigni oltre ai vitali indizi per scoprire cosa fosse successo esattamente. Lamiere e tubi di ferro spuntavano dal sottile soffitto minacciando di cadere da un momento all’altro.
Ad un tratto una voce familiare proveniente dall’altro lato della folla mi fece sporgere più del solito. Facendo attenzione a non cadere, scoprì Ash e compagnia a interrogare un’agente di polizia per capire qualcosa in più. Prima che potessi chiamarli, Sly mi tirò giù e mi portò via da lì.
<< Io volevo solo salutarli. >>
<< Così magari rischiavamo di farci scoprire, mettiti bene in testa che non siamo in vacanza. Meno contatti abbiamo meglio è. >>
<< Senza nemmeno scoprire che cosa è successo da queste parti? >>
<< Quel verme troppo cresciuto ha solo fatto irruzione all’interno della mostra. >>
<< Mostra? Che mostra? >>
<< Una mostra di gioielli antichi. Era questo il suo obiettivo. >>
<< Davvero? Ma questo non ha senso, i Pokemon alla fine sono degli animali, e questo vale anche C’è stato un tentativo di furto, per l’Arbok. Che se ne dovrebbe fare di un paio di gioielli? >>
<< La verità è che stava solo spianando la strada ai suoi padroni che dovevano sbucare da un tunnel trovato sotto le fondamenta e fare razzia dei tesori esposti. Un piano perfetto anche se alla fine non è stato rubato nulla. >>
<< Ma tu come fai a sapere tutte queste cose? >>
<< Diciamo che ho dato un’occhiata in giro per semplice curiosità. Ho notato che lavorano molto bene questi poliziotti, pensa che hanno già scoperto i colpevoli: sono una banda rock. >>
<< Una banda rock? >>
<< Si, hanno un nome che fa pensare a un gruppo musicale. Hanno perso il loro “stemma”, guarda qui. >>
Frugando in un taschino, il procione tirò fuori un fazzoletto nero con una lettera scarlatta cucita sopra che spiegava le sue incomprensibili parole. Prima che potessi spiegare l’equivoco e fargli comprendere che non si trattava di una band, venni afferrata dalle spalle e trascinata all’indietro.
 
Mi prese un colpo e iniziai a urlare terrorizzata.
Prima di rendermi conto che non si trattava di un malintenzionato lanciai la pallina di gelato mezza sciolta in faccia al povero Brock rischiando di accecarlo, mentre Vera rimproverava Ash per avermi presa all’improvviso non appena aveva visto il marchio rosso. Prima di darci una spiegazione ragionevole gli allenatori ci trascinarono fin dentro un vicolo cieco pieno di spazzatura, lasciando intuire che sapevano qualcosa sul furto. Infuriato, Sly strinse i pugni per picchiarlo, e dovetti trattenerlo prima che si scatenasse:
<< Vi prego! Si calmi! Non avevamo intenzione di trattarvi in quel modo! >> disse in tono di scuse Vera.
<< Spiegateci allora perché ci avete trascinato con la forza per tutta la città! >> replicò lui furioso.
<< è ha causa di quel drappo: quello è il simbolo del Team Rocket. >> disse Ash, riferendosi alla lettera color rosso scarlatto. Proprio come avevo indovinato, il vessillo apparteneva al Team Rocket, la banda di ladri più famosa nel mondo dei Pokemon, nonché una delle tante organizzazioni criminali che lavoravano in incognito ai danni della gente per bene. Tutti i fan del cartone animato conoscevano la reputazione di questi individui dalla tuta nera come la pece, pronti a rubare a qualsiasi costo ogni cosa che attirasse la loro attenzione che poteva permettergli in qualche modo di guadagnare soldi facili e pokemon potenti che lavorassero per loro, aiutandoli con traffici illegali di merce o degli stessi animali per cui impazzivo.
<< Questi tizi dalla vostra descrizione sembrano dei bracconieri,che dei ladri. Non dovrebbero preoccuparvi eccessivamente. >> dissero Sly perplesso.
<< Forse non si rende conto che questa gente è pericolosa: sono senza scrupoli e sono più malvagi di quanto si possa immaginare! >> replicò Brock, intervenendo nel discorso.
<< Hanno ragione loro, fidati di quel che dicono Sly. Tutti sanno che sono pericolosi. >>
<< Bè, io no Claudia, e non mi faccio intimidire da dei pagliacci mascherati. Se dovessero incontrarmi, gli farei vedere chi è che comanda. >>
<< Stia attento, senza una squadra di Pokemon ben allenata possono dare parecchi grattacapi: sono molto astuti e non si arrendono facilmente di fronte ad un obiettivo. >> rispose Vera avvertendo il procione.
<< Ne parlate come li conosceste di persone. >>
<< inoltre sono testardi e senza scrupoli. Ne hanno combinate di tutti i colori pur di prendere i nostri pokemon. >>
<< Bè, diciamo che abbiamo dei “contatti” privilegiati con tre dei loro membri. >>
 
Avete presente il modo di dire “Parli del diavolo e ti spuntano le corna”?
Anche da quelle parti il detto valeva; letteralmente.
 
All’improvviso, un forte acuto che pareva essere provocato dalle corde di una chitarra elettrica ci fece scoppiare i timpani. L’acutissima nota riecheggiò nell’aria senza terminare mai mentre una fitta nebbia cominciava ad avvolgere ogni cosa alimentata dal vento che spirava quel giorno; e frattanto che la foschia diventava sempre più intensa, qualcosa di grande cominciò ad innalzarsi dal nulla bel mezzo della strada maestra, sorprendendo i passanti che si allontanavano per non venire “investiti” da quella cosa e dalle antenne che fuoriuscivano dappertutto, rivelandosi al di fuori della grigia nebbia dei riflettori. Ad un tratto una musica rock cominciò a suonare, e due voci molto familiari alle mie orecchie amplificate da un microfono nascosto ( una maschile e una femminile ) cominciarono a parlare, chiarendo ogni dubbio:
<< Preparatevi a passare dei guai!
E dei guai molto grossi!
Proteggeremo il mondo della devastazione!
Uniremo tutti i popoli sotto la nostra nazione!
Denunceremo i mali della verità e dell’amore!
Ed estenderemo il nostro potere fino alle stelle!
Siamo Jessie!
E James!
Team Rocket pronto a partire alla velocità della luce!
Arrendetevi subito, o preparatevi a combattere! >>
<< Miao! Proprio così! >>.
I personaggi appena comparsi erano Jessie e James, in compagnia del gatto – Pokemon parlante Meowth, i più famosi membri del Team Rocket conosciuti per essere dei gran pasticcioni e combina guai, abituati a presentarsi con il motto della banda ogni qual volta comparivano ai nostri eroi, ed ogni volta in modo diverso dal solito come se fossero degli showman. Visto dal vivo, su un palcoscenico illuminato da centinaia di riflettori e luci stroboscopiche con tanto di schermo gigante, la comparsa di queste pazzoidi aveva un effetto assolutamente assurdo che lasciava senza parole... forse più per la stupidità con cui agivano che per la presunta “spettacolarità”.
<< Ma guarda, ci sono anche i mocciosi! Eh - eh ! Ammettetelo, la nostra entrata con lo schermo gigante vi ha sorpreso. >> disse James, mentre si aggiustava i capelli color celeste e annusava una rosa rossa.
<< No. Non ci aspettavamo tanta demenzialità. >> rispose Max, il fratellino di Vera.
<< Come ti permetti moccioso! Guarda che abbiamo passato mesi a preparare questo ingresso trionfale! >> replicò Jessie furiosa, facendo ondulare la lunga chioma amaranto.
 << E quelli chi diavolo sarebbero? >>
<< Sono membri del gruppo di cui abbiamo parlato poco fa. Sono degli emeriti idioti, ma parecchio volenterosi nel loro lavoro, quindi è meglio non abbassare la guardia. >>
<< Sono proprio curioso di vedere di cosa sono capaci. >> In disparte, io e il procione assistemmo alla scena, curiosi di vedere come i fatti si sarebbero svolti.
<< Che cosa volete stavolta? >> domandò Ash nervoso.
A quel punto parlò Meowth, balzò giù dal palco sghignazzando sotto i baffi, camminando avanti e indietro sulle proprie zampe e agitando la lunga coda:
<< Miao! Da voi non vogliamo niente stavolta piccoli ficcanaso, neanche Pikachu sebbene sia a portata di mano. >>
<< Siamo stati incaricati dal nostro capo di trovare un oggetto molto importante che ci aiuterà a conquistare il mondo. >> gli fece eco James raggiungendolo insieme a Jessie.
<< Si potrebbe definire con il termine di “tesoro” per quanto importante sia. >>
I ragazzi rimasero sorpresi e sospettosi dalle risposte ottenute, scambiandosi occhiate interrogative. Io sapevo bene che quei tre ogni tanto svolgevano compiti che andavano oltre la cattura di Pokemon altrui, quindi non mi stupì più di tanto dell’obiettivo che dovevano conquistare, ma rimasi comunque in ascolto per capire meglio le loro reali intenzioni.
<< Se state dicendo il vero, cos’è che il vostro capo vuole? >>
<< Miao! Tanto vale dirvelo, visto che non farete mai in tempo ad impedirci di prendere l’oggetto che cerchiamo: c’è stato ordinato ci trovare un prezioso gioiello, unico nel suo genere e assai prezioso. Il capo sostiene che è molto speciale e che in esso si celi un terribile segreto che gli permetterà di comandare voi piccole pulci. >>
<< Follie! Ci state prendendo in giro! >>
 
La descrizione mi sorprese: tale fantomatico tesoro assomigliava parecchio alla pietra magica comparsa nella mia vita da pochi giorni con il suo sbalorditivo potere. Ovviamente non ero certa che potessero essere la stessa cosa, quel cristallo non poteva provenire da un mondo parallelo come quello, non erano per nulla compatibili. Su questa idea non avevo dubbi.
Devo smetterla di guardare CSI, mi fa venire sospetti assurdi e senza senso. Si tratta solo di una coincidenza. Pensai convinta.
Feci segno al procione di andarcene via, l’ultima cosa che volevo fare era immischiarmi in una faccenda che non mi riguardava; provammo quindi a sgattaiolare fuori dal vicolo mentre gli altri erano distratti dal misterioso piano che i ladri dovevano mettere in atto, venendo improvvisamente bloccati da minuscoli e appuntiti aculei che ci sbarrarono la strada, sfiorandoci di pochi centimetri. Una creatura somigliante ad un cactus a botte si parò davanti agitando le zampe, come a voler mostrare le spine pericolose pronte a fuoriuscire ancora per infilzarci.
Ma la conferma di quelle parole, giunse come un fulmine a cielo sereno:
<< Dove pensate di andare voi due? Se siete amici dei mocciosi allora siete nostri nemici. >> disse James, raggiungendo il suo Pokemon che gli balzò in braccio pungendolo.
<< Levati dai piedi bellimbusto, non vogliamo grane da voi pagliacci. >>
<< Parole grosse per un elegantone come te. Sembri un pezzo grosso… e di solito quelli come te sono pieni di grana e di gioielli. Forse puoi tornarci utile per la nostra causa. >> infastidito da quell’atteggiamento arrogante, Sly gli puntò contro il proprio bastone camuffato come canna da passeggio, costringendo il ladro a retrocedere per la sorpresa.
<< Non azzardarti a fare un solo passo falso. >>
<< James! Smettila di perdere tempo con quei due e concentrati sul lavoro! Liberiamoci dei bambocci e andiamo a cercare quel tesoro! >>
<< D’accordo: vai Cacnea! Usa Missilspillo! >> a quell’ordine, la pianta – Pokemon lanciò una nuova pioggia di spine che Sly respinse facendo roteare davanti a sé il bastone. In quell’attimo di distrazione il Rocket raggiunse la sua compagnia che nel frattempo stava attaccando gli allenatori con un serpente nero con dei disegni viola e gialli lungo il corpo, con la coda che sembrava una falce e che come tale la usava come arma. Il Seviper, obbedendo agli ordini della sua padrona, tentava di avvelenare i ragazzi che nella foga chiamarono in soccorso i loro compagni di squadra liberandoli dalle pokeball, e che senza alcun ordine affrontarono la serpe in un diretto corpo a corpo. Immaginai che da un momento all’altro i cattivi sarebbero stati scaraventati in cielo pronti a partire alla velocità della luce, ma incredibilmente questi stavano avendo la meglio nonostante fossero 5 contro 2, e certo non era un buon segno quello.
Per fermare la lotta, il procione suggerì di prendere alla sprovvista i tre ladri colpendoli alle spalle mentre erano distratti: restia davanti a un’idea simile replicai animatamente opponendomi con tutta la mia volontà a una follia simile, essendo quella un’idea poco gradita e molto spesso non priva di rischi, finendo però per essere spinta addosso ai Rocket prima che potessi replicare e proporre un’altra soluzione.
Dopo un’iniziale confusione, il bislacco terzetto tentò di acchiapparmi, rincorrendomi a destra e a manca mentre i loro Pokemon attendevano un qualsiasi ordine, non accorgendosi del procione che li immobilizzo con una rete dopo averli accecati con una bomba fumogena, permettendo a Pikachu dopo un agile balzo in aria, di sprigionare dal suo corpo una potente scarica elettrica che colpì con sorprendere precisione gli avversari, carbonizzandoli quasi del tutto. Tirai un sospiro di sollievo, i due furfanti non poterono scappare paralizzati com’erano, e dopo averli legati come salami ( per evitare che combinassero qualche trucco ) aspettammo l’arrivo della polizia, con i quattro allenatori felici di potersi liberare una volta per tutte di quegli scocciatori che li seguivano per mari e per monti.
Bè, se devo essere sincera, rimasi delusa da quanto era successo. Sebbene avessi rischiato la pelle a tal punto da farmi tremare le gambe, avrei preferito qualcosa di più movimentato che mi divertisse e desse la carica al tempo stesso, che riuscisse ad emozionarmi insomma. Purtroppo l’insicurezza e la paura mi avevano fatto comportare per ciò che ero: la solita bambina fifona; e mentre mi corrucciavo per i miei difetti, ignoravo che alle mie spalle si stava avvicinando di soppiatto un “contrattempo” che avrebbe messo a dura prova tutta me stessa: i Rocket non erano ancora sconfitti. Prima di poter andare via, con le sirene delle forze dell’ordine spiegate a tutto volume che segnalavano l’arrivo, qualcosa mi saltò in testa e ci si aggrappò usando quelle che assomigliavano a delle piccole punte, tirandomi frattanto i capelli. Saltai in aria spaventata; provando a liberarmene mi accorsi che era ricoperta di pelo, aveva delle orecchie e una coda arricciata che tirai provocando un miagolio sofferto: Meowth era riuscito a dileguarsi senza farsi notare, il tempo necessario per sgattaiolare alle mie spalle e balzarmi addosso, minacciandomi di farmi del male con i propri artigli puntanti alla gola. Il felino ordinò che i suoi complici venissero liberati all’istante mentre mi teneva sotto controllo con le affilate unghie che sentivo premere sulla carne, sghignazzando malevolo nel descrivere il possibile male che avrebbe potuto farmi: restii ad acconsentire al ricatto, i personaggi animati lentamente slegarono i due ladri e liberarono i loro Pokemon dalla rete in cui erano imprigionati, furiosi nel sentirsi presi in giro da quella brutta copia di un gatto giapponese.
Liberi, Jessie e James elogiarono il loro compagno a suon di rime che si vantò con molta “modestia” di ciò che aveva fatto.
<< Avete ottenuto quello che volevate, adesso lasciate stare la ragazza!>>
<< Solo quando saremo al sicuro dai piedipiatti, ci tornerà utile finché non saremo fuori città. >>
Traduzione: fare l’ostaggio era quel genere di “ruolo” che ti faceva sprofondare nel panico fino al collo. Se non mi avessero costretta a camminare contro la mia volontà, penso che sarei svenuta lì sul posto, e avrebbero dovuto trascinarmi di peso fino alla loro mongolfiera parcheggiata lì vicino. Spaventata com’ero, Vera tentò di aiutarmi mandandomi come soccorritore il suo Torchic, ordinandogli di fermare immediatamente il trio. Il pulcino arancione generò dal becco delle sfere di fuoco che scagliò con decisione contro il gatto che, costretto ad evitarli per non venire incenerito, fu costretto a lasciarmi andare.
<< Scappa ragazzina! Fai presto! >> urlò la ragazza vedendomi libera.
Non me lo feci ripetere due volte e iniziai a correre, andando incontro a Sly che fece altrettanto con le mani tese in avanti, ripetendomi che c’è la facevo a mettersi in salvo. Non mi voltai indietro per controllare se mi stessero inseguendo, ma quando una mano coperta da un guanto nero mi afferrò per una bretella non riuscì a trattenere un grido di paura. Quel semplice urlo innescò quel che definirei un’esplosione devastante: né fuoco e fiamme vennero sprigionate sebbene ci fu tanta luce, ogni cosa tremò e fortunatamente nulla crollò, a parte il palcoscenico comparso dal nulla che si divise in due prima di esplodere in una nuvola rossa e nera, evento ignorato da chi si trovava nei paragi, troppo scosso per capire cosa fosse successo.
 
<< Il nostro bel palcoscenico! >> urlò disperato il Team Rocket, non appena si rese conto dei mille pezzi fumanti.
<< Ma cosa accidenti è successo? >> disse Brock stordito.
Sebbene la testa mi girasse, riuscì a mettermi egualmente in piedi, massaggiandomi le tempie. Non ebbi il tempo di riprendere fiato che sentì dei sussulti che mi fecero venire un colpo: mi guardai intorno immaginando un nuovo pericolo ma non vidi nulla, i Roket soprattutto avevano delle facce scioccate quanto quelle degli allenatori che insieme mi fissavano insistentemente. Non capendo che cosa gli prendesse, bastò una veloce occhiata a me stessa per capirne il motivo: indossavo il completino da eroina dei cartoni animati senza che ne avessi chiesto l’utilizzo, con la pietra ovale al polso che luccicava colpevolmente. Imbarazzata, capì che tanta confusione fu per causa mia e del potere incontrollabile del cristallo d’oro: sul momento non ci pensai, ma tempo dopo ipotizzai che poteva essere stata lo spavento a scatenare tanto potere. Il come non mi era chiaro, ma ciò nonostante non m’importò subito, quel contrattempo aveva fatto la copertura che io e Sly avevamo creato per passare inosservati ( l’esplosione infatti gli aveva fatto cadere il mascheramento ), costringendoci così ad una ritirata veloce, mentre il trio gridava con tutto il fiato che avevano in gola:
<< Team Rocket corre alla velocità della luce! >>
Correndo a più non posso mentre Sly mi tirava per una mano, non riuscivo a credere che stesse accadendo una cosa talmente assurda, e di fatti assurdi ancora ne dovevano capitare.                                                                                                         
                                            

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto: Fuga dalle creature animate ***


 Raggiungemmo l’albergo come dei disperati. Entrammo come fulmini nella costruzione e Sly afferrò le chiavi della sua stanza dalla parete numerata in cui era appesa, spaventando a morte l’uomo alla reception. Da lì a pochi secondi raggiungemmo il nostro piano salendo direttamente dalle scale, e dopo aver lottato con la chiave per farla entrare nella serratura il procione si catapulto all’interno della suite per recuperare le sue cose e infilarle dentro il suo zaino rosso.
Sfinita dalla corsa, mi accasciai a terra ansimante, osservando con disprezzo la pietra combina guai.
<< Ti avevo raccomandato di stare attenta! >> urlò ad un tratto il procione.
Mi ci volle qualche minuto prima di riuscire a rispondergli e giustificarmi:
<< Mi dispiace! È stato un incidente! Io… io non so come è successo! >>
<< Incidente o no, adesso quella gente sa che non siamo “normali”, se posso definirla in questo modo! A quest’ora ci staranno già cercando, dobbiamo andarcene prima che avvisino la polizia! >>
<< Se ti riferisci ad Ash e agli altri, ti posso assicurare che non sono capaci di questo! >>
<< Non dire sciocchezze ragazzina! Tu non li conosci nemmeno! >>
<< Ma li ho visti un sacco di volte in televisione! Hanno fatto un sacco di cose buone! >>
<< Piccoletta, solo perché sei una fissata di “anime”, questo non vuol dire che li conosci alla perfezione! Smettila di dire sciocchezze! >>
Le ultime parole del ladro mi fecero davvero male, soprattutto per il tono di voce con cui vennero pronunciate. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e la gola mi faceva male nel tentativo di soffocare il pianto, offesa nell’amor proprio.
Accorgendosi del mio stato, Sly cambiò atteggiamento e tentò di rimediare a quel che aveva fatto, scusandosi per il modo brusco con cui aveva reagito e provando a riformulare in modo meno minaccioso quel che aveva detto. Gli ci volle un sacco di lavoro prima che gli dessi completamente retta imbronciata com’ero, messo alle strette arrivo persino a fare il pagliaccio per strapparmi un debole sorriso. Ma il completo perdono dovette attendere poiché in quel momento sentimmo qualcuno correre in direzione della stanza: allarmato, Sly chiuse la porta di scatto e la bloccò con una poltrona per impedire a chiunque di entrare, il tempo necessario per poter aprire la finestra e sbloccare le scale d’emergenza situate fuori, spronandomi a scenderle in fretta. Le strette scale d’acciaio erano difficili da scendere senza rischiare di scivolare, per fortuna c’erano il corrimano ad aiutare nell’impresa, purtroppo non fu abbastanza utile per farci raggiungere terra prima che potessimo seminare gli inservienti che ci corsero dietro, urlandoci di fermarci.
Ad un tratto la pietra riprese a brillare senza che la toccassi o la istigassi a far qualcosa, attirando di conseguenza l’attenzione di alcuni Pokemon randagi nascosti nei dintorni che, ipnotizzati dai fasci luminosi, cominciarono a risalire la scala con frenesia, aumentando come numero e provenendo da tutte le direzioni. Ratti, lucertole, magneti viventi e piccioni si accalcarono sulla scala per raggiungere la pietra, troppi perché la struttura riuscisse a sopportarne il peso, cigolando rumorosamente e perdendo i bulloni dappertutto che l’allentarono fino a farla inclinare pericolosamente verso destra, scivolando così da quella parte e rischiando di cadere quasi oltre il pianerottolo di sicurezza, aggrappandoci alla ringhiera appena in tempo: il ladro mi afferrò saldamente a sé, tenendo intanto stretto il bocca il proprio bastone, mentre trascinava entrambi verso il bordo esterno della scala in modo che potessimo avere proprio sotto i nostri piedi un cassonetto della spazzatura totalmente pieno di sacchi neri e schifezze varie.
L’ultima cosa che mi aspettai fu dover lasciare la presa e precipitare lì dentro, seguita a ruota da quella palla di pelo che avrei strozzato per avermi fatto fare una follia simile.
“Nuotando” tra i rifiuti venni raggiunta da un gruppetto di Pokemon lucertole che mi fecero venire la pelle d’oca per colpa delle loro zampette che si attaccavano addosso; dandomi quella spinta necessaria per saltar fuori da lì. A quel punto potemmo riprendere a correre e stavolta per sfuggire alla carica di un centinaio di Pokemon di specie diverse che ringhiavano, nitrivano o abbaiavano fino all’esaurimento. La gente in giro per la città credo che abbia pensato che si trattava di una parata o di una migrazione di massa; se avessero saputo di cosa si trattasse in realtà non ci avrebbe mai creduto, forse neanche se fossimo rimasti travolti, cosa che per fortuna non avvenne grazie all’intervento inaspettato di un rettile verde che ci trasse in salvo dopo averci afferrato e aver stordito il branco con dei semi esplosivi che “sputò” dalla bocca, guadagnando tempo per seminarli.
 
Inizialmente ero in dubbio nel decidere se fosse un bene o un male quell’aiuto insperato: quel geco troppo cresciuto corse a lungo dando l’impressione di non volersi mai fermare, correndo e saltando in un lungo e largo con incredibile agilità. La sua corsa terminò quando giungemmo in un luogo del tutto nuovo, una specie di villa dipinta interamente di viola con elementi architettonici quali balconi e colonne di marmo nero, dal tetto piramidale interamente di vetro su cui svettava l’immagine di una pokeball rossa, circondata da un giardino fiorito dove molti ragazzi passeggiavano in compagnia dei loro mostriciattoli.
Superò l’entrata dopo aver corso sul tetto, da dove potei sbirciare l’interno che ricordava un ospedale, per fermarsi dentro un recinto animato da centinaia di cuccioli di Pokemon che scapparono spaventati dall’improvviso arrivo, nascondendosi all’interno di casette di legno per poi spiarci con i loro grandi e teneri occhi. Non eravamo i soli umani: da dietro un albero carico di frutti dall’aspetto alquanto alieno comparvero i quattro allenatori da cui eravamo scappati che ci guardarono confusi e più incuriositi dei cuccioli che ci stavano intorno. Immaginavo già il caos che ne sarebbe susseguito; prima di poter parlare e giustificarmi la gemma sprigionò un ultimo  bagliore che mi fece tornare normale ma spaventò i presenti che sussultarono colti alla sprovvista.
<< Credo che ci dobbiate qualche spiegazione. >> sentenziò il più piccolo del gruppo.
L’interrogatorio fu ferreo, ogni resistenza per evitare di parlare risultò vana, la testardaggine di quei ragazzi era impressionante e insopportabile. Alla fine, dopo aver preso tempo per escogitare qualcosa, raccontai qualcosa in modo da poterli accontentare una volta per tutte, sudando sette camicie per il nervosismo: inventai che la pietra era un dono di famiglia e che stavo viaggiando in giro per il mondo per scoprire l’origine di quei poteri.
Ironia della sorte, tale fantasia si sarebbe avverata in un certo senso.
Dire la verità su qualcosa di assurdo e al tempo stesso reale era difficile da rivelare, una cosa simile non potevo farla anche se ci mettevo tutta la mia sincerità. Mentire quindi era l’unica occasione di avere una chance di “salvezza”, anche se avrebbe potuto solo peggiorato la situazione, ma non si trovava altra soluzione al riguardo, e non valeva proprio la pena di essere considerati dei pazzi anche se si aveva la coscienza pulita.
L’unica cosa che non gli raccontammo, a cui sicuramente non avrebbero mai creduto, fu la nostra Un’altra cosa ( finta ) che “menzionai”, e che si doveva pur spiegare, era l’aspetto di Sly. Prima che il ladro si avventasse contro di loro dopo che lo avevano insultato chiamandolo mostriciattolo, mentì dicendo che era stato trasformato per sbaglio in una specie di Pokemon rara, riuscendo così a rassicurarli. Non mi sentivo a posto con la coscienza, ma dovetti reprimere quella sensazione per non combinare disastri, era un boccone amaro da digerire. I personaggi animati, dubbiosi sulla storia, alla fine parvero decidersi di darci una possibilità per riuscire a guadagnarci la loro piena fiducia.
<< Quindi… se quel gioiello è magico, allora è quel che i Rocket cercano con tanta insistenza. >> disse Brock pensieroso.
<< Non ne abbiamo idea, ma così sembra. >> rispose imbronciato Sly.
<< Se per davvero possiede un grande potere, vuol dire che potrebbe fare delle cose assai pericolose se dovesse finire nelle mani delle persone sbagliate. >>
<< A dir la verità non abbiamo visto niente di spettacolare fino ad oggi, solo luci e un po’ di scintille. >>
<< Scintille che però vi hanno scatenato contro un sacco di pokemon. >> intervenì Vera mentre coccolava i suoi pokemon.
<< Ehm… meglio non parlarne. Non so proprio spiegarmi quel “piccolo” incidente. >>
<< Incidente? Per poco non finivamo sbranati! >>
<< Invece di preoccuparvi di questo, pensate a come nasconderla: ora che quei tre combina guai sanno dove si trova il loro obiettivo, faranno di tutto per impossessarsene. >>
<< Ottima idea. Forza Claudia, sgancia il bracciale. >>
<< Cosa? No! È mio! Non voglio darlo a nessuno! >>
<< Non fare la bambina! Ragiona: se prima stavi finendo in un mare di guai, ora ci dentro fino al collo. Inoltre, quel gioiello è troppo potente per una ragazzina come te: più la tieni e la metti in mostra, più pericolosa potrebbe diventare, e da quanto ho potuto vedere nelle ultime ore questo è confermato in assoluto. >>
Non volli ascoltare una parola di più; non avevo alcuna intenzione di lasciare incustodita la pietra; il fatto e che mi ci ero in un certo senso affezionata, la vedevo ormai come una cosa mia anche se in realtà così non era. Il procione non si arrese e continuò interrottamente a tempestarmi di parole per convincermi che quella era l’unica soluzione possibile per evitare ulteriori problemi; disse qualunque cosa potesse tornargli “utile”, e alla fine, esasperata da quella incessante tortura, mi convinsi a malincuore a togliermi il bracciale.
Riflettendoci dopo tanti anni, posso confermare che l’amico aveva ragione, ma all’ora non potevo ( e non volevo ) credere che una cosa così bella potesse far del male, pensavo che si trattava solo di una esagerazione; ma come dice saggiamente il proverbio “non è tutto oro quel che luccica”, solo che per capirlo avrei dovuto prima imparare un sacco di lezioni e passarne di tutti i colori, tra queste l’impossibilità di togliermi il bracciale su cui era incastonato il prezioso tesoro.
Posso giurare che non fu un tentativo per tenermela! Non riuscivo proprio a farla scivolare via dal polso, sembrava letteralmente incollata alla pelle, e più tiravo con forza più male faceva.
Credendo che stessi solo facendo i capricci, Sly provò ad usare la forza per sbrigare quel che lui definì un “gioco da ragazzi”, dovendo ricredersi quando neppure lui riuscì a liberarmi da quella cosa, e per quello gli risi in faccia per la soddisfazione di aver avuto ragione. Ciò nonostante, provammo tutti modi possibili per far andare via il bracciale, ma nonostante gli sforzi quasi disumani, non accennò a togliersi neanche di un centimetro, ottenendo solo tanto male e segni rossi fatti con le mani.
<< Che male! Per poco non mi rompevi il braccio! >> esclamai dolorante, tenendomi l’arto dolorante.
<< è davvero strano. Non ho mai visto una cosa del genere, sembrerebbe quasi che sia diventata una parte del tuo corpo. >> disse sorpreso Ash.
<< Non diciamo sciocchezze, cose del genere non esistono. Il motivo e che il braccio si è leggermente gonfiato troppo e adesso il bracciale non passa più. >> replicò Max.
<< Maledizione! Questa non ci voleva proprio! Sembra che l’abbia fatto apposta ad incastrarsi. >> sbuffò il ladro.
<< Io oserei dire che è la tipica situazione da cartone animato… >> risposi sottovoce.
<< Ho idea! L’unico modo per toglierti la gemma e tagliarti la mano. >>
<< Che cosa!? Ma sei impazzito?! >>
<< Ha! Ha! Tranquilla, stavo scherzando. Volevo solo sdrammatizzare un po’ la situazione. >>
<< Brutto scimmione, mi hai fatto prendere un colpo! Non è stato affatto divertente!>>
<< Io sono una scimmia? Ma come ti permetti? E poi ti sei mai vista allo specchio? >>
<< Si! E non sono una scimmia! >>
Il siparietto andò avanti per ore, fino al calar del sole e all’arrivo dell’ora di cena che sfortunatamente dovetti rinviare. Rimasti nascosti tra i cuccioli del centro medico, che abituati alla nostra presenza ci usarono come dei giocattoli, aspettavo con ansia di poter mettere qualcosa sotto i denti: starsene rannicchiati in un angolino strettissimo formato da quattro cucce non era il massimo, mi sentivo indolenzita dappertutto, e dovetti ripetere quell’esercizio parecchie ogni qual volta che delle infermiere dai capelli rosa entravano nel giardinetto per controllare la salute dei piccoli pazienti. A notte fonda, quando le luci del palazzo si spensero una dopo l’altra, le porte si aprirono fuori orario solo per noi: Ash ci permise di raggiungere le cucine in modo da rifocillarci, e di nasconderci in una camera arredata con due letti per poter dormire comodamente. Non impiegai molto tempo per cadere in un sonno profondo, ma l’agitazione lo rese ben poco tranquillo.
Quando vennero a svegliarmi, ebbi l’impressione di aver chiuso gli occhi solo per 5 minuti.
Mi sentivo uno straccio: avevo avuto incubi a non finire uno dietro l’altro e oltre al sonno avevo anche una nausea terribile, che fu il male minore dato che a star peggio era il mio stomaco. Se avessi potuto sarei rimasta a letto tutto il giorno, invece dovetti prendere delle pillole e abbandonare in fretta il posto prima che qualcuno ci scoprisse.
Ci rifugiammo all’interno del parco in attesa di rivedere gli allenatori, stando sdraiata su una panchina color rame con la testa rivolta verso il cielo ancora chiaro solcato da stormi di uccelli, draghi e altri Pokemon; cercando conforto alla loro vista per ignorare la nausea. Una mezz’ora dopo, tra i numerosi ragazzi avventurieri che percorsero il viale alberato e fiorito portandosi dietro zaini stracolmi di chissà quanta roba, apparvero finalmente i personaggi animati sistemati di tutto punto, visibilmente impazienti di poter parlare ancora con noi.
<< Dormito bene? >> chiese uno di loro.
<< Non parliamone. >> risposi semplicemente, non volendo discutere sull’argomento.
<< Ieri ci avete detto che dovete andare in giro per il mondo per svelare il mistero del bracciale. >>
<< Ebbene si, e con questo? >> domandò Sly.
<< Bè, se volete andare avanti, dovete per forza passare inosservati dopo quel che è successo. Se la gente vi vedesse potrebbe chiamare al polizia. Il guaio peggiore però sarebbe quello di venir notati dai Rocket. >>
<< Vero. Dalle vostre parole mi sembra di intuire che avete qualcosa in mente per evitare questo possibile contrattempo. >>
<< Infatti. Ecco a voi la soluzione. >>
Con un sol gesto, ci venne srotolata davanti una cartina della città che ricordava le mappe per i turisti in vacanza, con scritte sopra varie annotazioni, frecce che indicavano tutte le direzioni, e vie sottolineate con l’evidenziatore. In cima alla mappa, cerchiato in rosso con numerosi giri, c’era il simbolo di un treno che indicava chiaramente una stazione ferroviaria; si trattava di un obiettivo importante per il piano che i ragazzi avevano organizzato, e non persero tempo a spiegarci i dettagli.
<< Stasera a mezzanotte verrà inaugurato un nuovo supertreno che farà il giro della regione, fermandosi a tutte le stazioni. Si tratta di un treno che solo le persone ricche possono permettersi, dato che ha in dotazione carrozze ristorante e letto provviste di ogni confort da farlo sembrare un piccolo hotel. >>
<< In parole povere, un modo veloce per andarsene da qui. >>
<< Esatto. Ma dovete stare bene attenti perché la sicurezza sarà molto alta, e non è l’unico problema di cui dovete preoccuparvi. >>
<< Ovvero? >>
A quella domanda, Max segnò una grande parte antecedente alla stazione con un pennarello verde, arrivando quasi a ricoprire i bordi della cartina.
<< Purtroppo la stazione è situata dall’altra parte della città, preceduta da un ampio quartiere abbandonato e in procinto di crollare. Ci sarebbe una seconda strada per arrivare a destinazione, ma fino a stasera sarà bloccata. Quindi… >>
<< Quindi dovremmo per forza passare dalla parte pericolosa. Bè, abbiamo molto lavoro da sbrigare, tanto vale darci subito una mossa. Dateci un percorso preciso e noi lo faremo. >>
 
Quando Sly intendeva dire “darci una mossa”, non pensavo che l’avremmo fatto alla letteralmente, costringendomi a scarpinare avanti e indietro senza sosta per comprare provviste, attrezzi e tanta altra roba, troppa per essere elencata. Qualunque cosa stesse architettando voleva essere sicuro di avere a disposizione i mezzi necessari da usare al momento opportuno, sperando poi che funzionassero a dovere. Approfittando delle compere che effettuai nei vari negozi, notai che dei televisori piazzati in bar o negozi di elettrodomestici mostravano gli eventi verificatosi in città, dalla comparsa del serpente albino all’improvvisa “euforia” di tutti i Pokemon in generale, ripresi da varie telecamere in momenti di cronaca che avrebbero dovuto parlare d’altro, attirando l’attenzione della gente che si fermava ad ascoltare quel che il giornalista aveva da dire. Fortunatamente non avevano ripreso la causa di questo comportamento inspiegabile, altrimenti non avrei potuto girare liberamente per le strade senza essere subito riconosciuta. Finito tutto, ci ritrovammo nel famigerato quartiere abbandonato: a differenza della zona piena d’attività e vitalità, questo luogo silenzioso, buio e in rovina ricordava le città fantasma del vecchio west, abitata solamente dai ragni che ne avevano preso possesso ricoprendo ogni costruzione con le loro ragnatele. I negozi chiusi non offrivano più alcuna mercanzia con le loro vetrine vuote, le strade rovinate colme di buche si sbriciolavano come biscotti, e alcune case circondate da un nastro di sicurezza rosso attendevano di essere demolite per non mettere a rischio l’incolumità della gente.
Anche se le strade erano molto larghe e in questo modo potevano tenerci lontano dai pericolosi fabbricati, non ci sentivamo affatto al sicuro; ogni cosa era una possibile minaccia che poteva crollarci addosso improvvisamente senza darci il tempo di scansarla. A quel punto prendemmo una scorciatoia che avrei volentieri evitato, ossia le fogne, grandi quanto bastava per far passare una macchina e terribilmente maleodoranti con tutta la sporcizia che c’era sparsa, ed è meglio che non aggiunga altro. Con coraggio e con pazienza, vagammo nella rete fognaria disgustati dall’ambiente che ci circondava, non osavamo sfiorare nulla che apparisse sporco, molliccio o troppo brutto da descrivere, protestando per poter tornare in superficie prima di beccarci una qualsiasi infezione; prima però dovevamo riuscire a trovare un tombino che non fosse troppo arrugginito da restare bloccato al minimo sforzo.
<< Niente da fare, questi tombini non vengono smossi da tempo. Temo proprio che dovremmo sopportare questo odore ancora a lungo. >>
<< Non potremmo usare i nostri Pokemon per aprirci un passaggio? Non riesco più a respirare! >>
<< Pessima idea. Una qualsiasi esplosione o scossa violenta potrebbe far crollare tutto quanto; dopotutto questi cunicoli sono molto vecchi e alquanto deboli come struttura. >>
<< Senza contare che sarebbe per noi sarebbe una brutta fine. >>
<< A proposito di brutto: cos’è questa puzza? È nauseante. >>
<< Ci tieni davvero a sapere da dove proviene? >>
<< No, sul serio, sta diventando sempre più forte. >>
Effettivamente lo sgradevole odore che aleggiava lì sotto stava aumentando a velocità impressionante, a tal punto che non si poteva più respirare. Ma, oltre alla puzza, qualcos’altro stava arrivando da uno dei tunnel alle nostre spalle: udì un rumore alquanto strano seguito dall’eco di un verso indescrivibile; illuminando con la torcia l’origine di quei suoni scoprì che si stavano avvicinando delle creature viola dall’aspetto molliccio, simile al liquame di scarico che si riversava in mare attraverso i tubi delle fabbriche. Li riconobbi come Grimer, Pokemon simili alla melma conosciuti per essere velenosi e tossici proprio a causa delle schifezze che li formavano, considerati un gran bel problema da chiunque li incontrasse, in questo caso per noi. Prima che io e Sly potessimo renderci conto che quei cosi potevano costituire un pericolo, i quattro allenatori ci trascinarono via urlando disperati e correndo nel complesso fognario senza seguire le indicazioni della cartina su cui avevano attentamente lavorato, concentrati a seminare quell’orda di mostriciattoli con le “mani” di melma tese in avanti per afferrarci. Li distanziammo quanto bastava per raggiungere una scala illuminata da un’abbagliante luce proveniente da una piccola fessura sopra le nostre teste e colpendo quel punto risuonava metallico, c’era una specie di lastra metallica ad ostruire la via. I ragazzi la colpirono a ripetizione per smuoverla, facendo cadere una gran quantità di polvere e piccole pietre, provocando di conseguenza dell’assordante rumore che attirò l’attenzione quei fastidiosi esseri che strisciarono veloci verso di noi non appena ci ritrovarono, urlando poco dopo furiosi quando riuscimmo ad uscire da lì, alla faccia loro.
Bloccato il passaggio e ripreso fiato, demmo un’occhiata intorno per capire dove fossimo finiti dopo tanto caracollare: la costruzione nella quale eravamo entrati era un cinema in totale stato di abbandono, buio e privo di quel decoro che in passato doveva averlo caratterizzato, come i pezzi di fregio una volta situati in prossimità del tetto o le mezze colonne situate lungo la scalinata che costeggiava la platea priva di parecchi sedili, così come lo stucco dei muri che creavano un quadro di macchie bianco sporco e azzurro annerito, mentre lo schermo proiettore sulla quale venivano una volta proiettati i film era afflosciato a terra come uno straccio vecchio. Nonostante fosse vecchio, quel posto emanava ancora un certo fascino, abbastanza da farci distrarre e farci finire contro “tende” di ragnatele o inciampare negli scalini malconci che sotto il lungo tappeto verde oliva non si notavano. Esplorandolo trovammo tre uscite, e ovviamente tutte bloccate.
<< Il lato positivo e che non dobbiamo più preoccuparci dell’odore. >> ammise Ash.
<< Non hai torto, però adesso siamo bloccati qui dentro. Come facciamo ad uscire? >> chiesi perplessa.
<< Forse possiamo raggiungere il tetto e calarci da lì, se non è troppo marcio ovviamente. >> propose Sly indicando la volta dell’edificio da cui cadevano continuamente granelli di polvere.
<< Tanto vale tentare, cos’altro potrebbe andare storto? >>
<< Che ci fate voi ragazzini in questo posto? Non sapete che questa zona vietata è pericolosa? >> tuonò improvvisamente una voce.
Da una piccola finestrella nascosta nella grande parete di fondo venne proiettata un’accecante luce bianca che si rifletté sul tendone rosso scuro situato sul palco, che lentamente si aprì rivelando la presenza di qualcuno che avremmo preferito non incontrare: Jessie e James insieme al loro gatto se ne stavano in posa statuaria con la luce del riflettore ad illuminarli, frattanto che la musica del loro motivetto partiva a tutto spiano dalle casse appese nelle pareti.
<< Preparatevi a passare dei guai! >>
<< E dei guai molto grossi! Perché siamo arrivati noi! >> recitarono i due con spavalderia; senza aspettarsi la battuta pronta di Sly:
<< Allora possiamo aspettarci solo un'altra brutta figura. >>
<< Come osi prenderci in giro?! >>
<< Guardate che i guai che passerete saranno enormi! >> dissero offesi i ladri.
<< Ma davvero? Eppure finora ci avete fatto solo ridere. >> replicò il procione.
<< Molto spiritoso. Ma la tua ironia non ci tange, per niente. >>
<< Come mai bazzicate da queste parti? Non eravate scappati a gambe levate? >>
<< Per vostra informazione, questo è il nostro nascondiglio provvisorio. Ce ne stavamo tranquilli per i fatti nostri prima che voi arrivaste senza preavviso. >>
<< Però possiamo ritenerci fortunati, visto che con voi c’è anche la piccoletta con il gioiello che c’interessa. Quindi adesso datecela senza fare storie! >> ordinò minaccioso Meow.
<< Ancora conviti di poter riuscire nel vostro intento? Siete davvero testardi: vai Pikachu! Dagli una bella lezione! >> esclamò Ash, mandando all’attacco il suo pokemon a fermare il trio, prima che combinasse danni. Ma prima che il topo giallo potesse lanciare una sola scarica elettrica, il tetto crollò con una specie di scoppio, causato dall’improvviso arrivo della mongolfiera Rocket dalla cui cesta uscì una rete che catturò Pikachu, che invano cercò di liberarsi dalla prigionia.
Brock cercò di aiutare la creatura chiamando in soccorso uno dei suoi pokemon chiamato Mudpik per poterlo liberare: l’essere che comparve in quel momento, completamente azzurro con delle sacche arancione accanto alla bocca, spruzzò un getto d’acqua schiumosa e delle bolle cercando di colpire la rete che era collegata alla mongolfiera; ma il trio non si preoccupò minimamente, e ridacchiando malignamente, tirarono fuori un’altra rete che imprigionò anche il pokemon di Brock. Sembrava che il Team Rocket avesse la vittoria in pugno questa volta.
<< Liberateli subito! >> gridò Ash.
<< Scordatelo moccioso. Oltre al gioiello, ci porteremo via anche i vostri piccoli amici, e il nostro capo ci premierà con tutti gli onori. >>
<< Siete dei vigliacchi! Combattete se avete il coraggio! >> urlò Vera furiosa.
<< Tacete! Ne abbiamo abbastanza dei vostri piagnistei! Ascolta ragazzina, dacci subito quella pietra o ci costringerai a farti del male! >> disse Jessie, indicandomi.
<< Non ve la darò mai! Voi siete solo delle persone cattive! >>
<< Preferisci allora che uno di questi pokemon si faccia male? >> chiese minaccioso James.
Ora che faccio? Non posso fare nulla di ciò che chiedono, il bracciale non vuole scivolare via! Ma così faranno chissà che cosa ai quei poveri Pokemon… Non so che fare! Pensai spaventata. Tremavo come una foglia e avevo gli occhi gonfi di lacrime, il procione provò a rassicurarmi, anche perché i tre manigoldi peggioravano la situazione prendendomi in giro.
Ma i veri guai stavano solo ritardando. Quei tre imbecilli non si potevano definire veramente una minaccia, soprattutto in confronto a quello che accadde subito dopo.
Tutto cominciò con un tremore alquanto sospetto, dei tonfi che facevano tremare ad intervalli irregolari ogni cosa; dapprima piccoli oggetti come pietre e poi cose più grandi come sedie e tavole di legno, rischiando di schiodarsi ad ogni colpo sempre più forte. Nessuna capiva cosa stesse succedendo, e solo quando si udì un ringhiò proveniente dall’ingresso della sala capimmo di cosa si trattava: le tende dei due ingressi per la sala si mossero lievemente, da un lato rivelando un paio di corna che strapparono involontariamente il tessuto per farsi strada, dall’altra parte una testa verde tempestata di tentacoli, ed entrambi che produssero dei versi che non assomigliavano a tenere fusa di gatto. La testa tentacolare fece scivolare il resto del corpo sul pianerottolo antecedente i sedili, muovendosi grazie a delle minuscole zampe e ondeggiando il lungo collo avanti e indietro per acchiappare minuscoli moscerini; nel frattempo che un triceratopo corazzato ringhiava minaccioso, pestando per terra con forza fino a distruggere il pavimento, lasciando così ben impressa l’impronta della sua zampa. Come in una scena del film di Jurassik Park, il Pokemon somigliante ad un dinosauro ruggì in modo talmente assordante che per poco i timpani non ci scoppiarono, attirando l’attenzione ( se così si può dire ) di centinaia di suoi piccoli simili al primo stadio seguiti da altri cuccioli che ci circondarono senza lasciare vie di fuga. Perplessi, restammo immobili come statue. E chi avrebbe mai avuto il coraggio di muoversi con tutti quegli sguardi fissi su di noi? Tanto bastava l’intimidazione dei due “capi gruppo” a farci perdere la voglia di scappare; persino i Rocket sulla loro mongolfiera non si sentivano al sicuro.
<< Che facciamo adesso? Siamo finiti nella tana di un numero imprecisato di Pokemon selvatici. Ci faranno a pezzettini se proviamo anche solo a scappare. >> bisbigliò Max alla sorella.
<< Grazie per l’osservazione fratellino. Non c’e ne eravamo accorti. >> replicò Vera a denti stretti.
<< Forse, se li distraiamo con qualcosa, potremmo avere una chance di salvare la pelle. Mocciosi, che ne dite di provarci? >> propose James, nascosto nella cesta del pallone.
<< Perché non ci provate voi invece? >>
Un ruggito pose fine alla conversazione. Il dinosauro non gradiva il nostro chiacchierare e avanzò veloce giù per le scale, caricando come un rinoceronte infuriato. Il resto del branco a quella reazione cominciò a gridare senza controllo, creando una cacofonia di suoni indistinguibili e alquanto intimidatori. Ipnotizzata dal momento, non mi resi conto che Sly mi afferrò per il ventre e urlava agli altri di aggrapparsi alla rete mentre con un colpo secco faceva crollare una serie di scatole pesanti, tavole di legno e quant’altro che bloccavano un foro sul terreno molto familiare di cui mi accorsi solo quando mi ritrovai a penzolare in aria, ovviamente non prima di aver cominciato ad urlare per lo shock. Mi aggrappai saldamente al procione mentre all’interno del vecchio cinema si allargava una macchia viola fatta di Grimer che avanzava verso le creature selvatiche; intanto i ladri c’intimavano a scendere immediatamente dal loro personale mezzo di trasporto che a causa del peso eccessivo non saliva abbastanza in alto, positivo dal fatto che così non potevano scappare… e negativo perché in questo modo rischiavamo di andare a sbattere contro i tetti degli edifici circostanti. Le schivate che dovettero fare fecero venire la pelle d’oca, e soprattutto la nausea con tutto quel movimento ondulatorio che andava continuamente avanti e indietro, peggio di una strada di montagna piena di curve, per quello il mio stomaco non avrebbe retto ancora a lungo. Fortunatamente, prima che si verificasse un disastro, il pallone si bucò dopo essersi avvicinato troppo a quel che restava di un condominio su cui erano montante antenne televisive arrugginite, perdendo quota velocemente e atterrando malamente in una piazza abbandonata, somigliante ad una giungla a causa delle erbacce che spuntavano tra le crepe di quel che rimaneva della pavimentazione con mosaico: atterrammo sul morbido grazie ad un folto cespuglio, ma non trovammo il tempo di riprendere fiato quando udimmo dei suoni festanti.

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo: un treno da prendere ***


 Intontita dal capitombolo, inizialmente non capì che cosa fosse quell’armonia e da dove provenisse, riuscivo solo a sentirla. Poco alla volta riuscì a distinguere un buon ritmo e gli strumenti musicali che le davano vita; mi ricordava le canzoni dei balli di gruppo usati nelle scuole di danza e non riuscivo a non apprezzarla. Anche gli altri la sentivano, ma per le strade deserte e i negozi chiusi non si vedeva nulla che lasciasse capire da dove avesse origine la musica.
Prima di andare ad investigare, liberammo i Pokemon prigionieri e controllammo se il Team Rocket, nonostante fossero dei rompiscatole, fossero ancora tutti interi: li trovammo svenuti, nascosti sotto il telone di plastica completamente sgonfio. Li lasciammo dov’erano e in silenzio c’è la filammo a chetichella, per scoprire cosa ci fosse da quelle parti.
Circa un’ora dopo, superato un ampio cantiere abbandonato dove giacevano inutilizzati altissime gru, enormi bulldozer, cadenti martelli pneumatici e altro materiale per la costruzione edile illuminato dai raggi solari che iniziavano a scurirsi, trovammo un ampio e lungo muro a sbarrarci la strada. Grazie a dell’edera rampicante e a qualche cianfrusaglia sparsa lì in giro scalammo la parete di cemento armato, e seduti sulla cima ammirammo la sorpresa che si trovava sul lato opposto: dei carri allegorici procedevano lenti su una fila di binari che scomparivano all’orizzonte, tinti di ogni colore dell’arcobaleno e animati da gigantesche figure che ridevano senza sosta mentre muovevano braccia e testa quasi a ritmo della musica che usciva da ben nascoste casse di stereo, mimetizzate dietro decorazioni floreali o origami somiglianti ad animali.
Gli addetti ai carri nel frattempo si travestivano in modo assai carnevalesco indossando maschere tribali, divise con motivi geometrici e pesante trucco per decorare il corpo o il volto, aiutandosi a vicenda per completare il lavoro.
<< Da dove vengono questi carri? >> chiesi osservando la scena.
<< Ci siamo dimenticati di dirvi che nell’attesa per l’arrivo del supertreno, stasera verrà organizzata una festa con giochi e spettacoli che intrattengano il pubblico in attesa alla stazione: ci sarà anche una sfilata mascherata per i bambini, così da poter divertire tutti quanti. A questa velocità arriveranno alla stazione più o meno dopo il tramonto. >> mi rispose Brock, indicando l’orizzonte.
<< Perfetto. Basterà seguire i carri per arrivare sani e salvi alla stazione; dove poi aspetteremo in tutta tranquillità il treno. >> disse soddisfatto Sly, saltando giù dal muro con una doppia capriola.
<< Dimentichi le guardie di sicurezza “coda ad anelli”. Credi che ci lasceranno passare chiedendoglielo gentilmente? >> replicò Vera all’ottimismo del procione.
<< Vero. Ma esistono mille modi per passare inosservati senza chiedere il permesso. >>
Non capendo cosa volesse dire, osservammo confusi il ladro che divertito osservava i carri.
 
Il sole era tramontato quando riuscimmo a raggiungere integri la stazione centrale, una struttura d’acciaio pentagonale illuminata da innumerevoli luci gialle come fari e sfere stroboscopiche piazziate per l’occasione all’interno e lungo il viale che precedeva l’ingresso, animato da una folla senza fine di persone che si soffermava davanti le numerose bancarelle o negli stand dei giochi per tentare di vincere qualche premio. L’orologio segnalava le 20:30.
Tra festoni, musica e allettanti cibarie, a malapena ci si accorgeva del vecchiume della città vecchia che si scorgeva poco lontano, tentata inoltre di essere nascosta per la sua bruttezza con l’ausilio di vaste bandiere che sembravano le vele di un veliero, quasi afflosciate su se stesse.
Seduti accanto ad un chiosco per i gelati, osservammo lo spettacolo andare avanti senza buttarci nella mischia, soprattutto con addosso le maschere degli addetti ai carri.
<< Per quanto ancora dovremmo indossare questi costumi? Il mio mi fa venire un prurito terribile. >>
<< Io invece sto soffocando: questo affare puzza! >>
<< Cercate di resistere, ormai non mancano solo un paio d’ore all’arrivo del treno. Perché non andate a divertire i bambini nel frattempo? Saranno felici di farvi giocare. >>
<< Molto spiritoso. Io invece, penso proprio che andrò a comprarmi un sacchetto di patatine. >>
<< Prendine qualcuno anche per noi, stiamo morendo di fame. >>
<< Guardate! Stanno cominciando la sfilata delle maschere! Stanno passando per questa direzione! >>
Gli animatori non tardarono ad arrivare a passo di danza, accompagnati da musicisti, prestigiatori e Pokemon che facevano volteggiare bandiere sopra le loro teste con maestria. La folla si accalcò sul bordo del marciapiede per assistere allo show, lasciando che i più piccoli s’intrufolassero davanti o sopra le spalle dei genitori, urlando di gioia nel vedere tanta allegria. Fu piacevole assistere ad un evento del genere nonostante la situazione d’emergenza in cui ero incappata, fu come prendersi una pausa, breve, ma sempre ben accettata. Quel simpatico intermezzo mi riportò alla memoria i carnevali passati del mio mondo, una delle feste che più attendevo da piccola insieme a tutti i bambini che non vedevano l’ora di mascherarsi e di andare per strada a gettare coriandoli e stelle filanti, con i ragazzi più grandi che cercavano di difendersi da armi ben più pericolose come la schiuma e le uova. Mi piaceva mascherarmi, anche se era passato ormai molto tempo dall’ultima volta che avevo indossato un costume. Con la testa tra le nuvole, mi venne un colpo quando i fuochi d’artificio furono fatti esplodere nel cielo, irradiando il mondo di miliardi di sfaccettature colorate che annunciavano il momento clou della serata: attirati da una voce elettronica, gli spettatori si diressero verso la stazione con passo svelto, impazienti di vedere la sorpresa che gli organizzatori avevano preparato.
<< è il momento ragazzi, la nostra fermata è arrivata. >> esordì Ash.
<< Bene. Allora non perdiamola. >> è così, sotto le mentite spoglie di semplici animatori, seguimmo la folla.
 
L’interno era più grande di quanto avessi immaginato.
Se non avessi saputo che si trattava di una stazione ferroviaria l’avrei potuta scambiare per un aeroporto, per raggiungere il centro della costruzione si aveva l’impressione di impiegare un’eternità. I cinque angoli erano stati organizzati in modo da “ospitare” quei servizi di cui i viaggiatori avevano bisogno: da un angolo si trovava la biglietteria e il banco informazioni, un secondo era stato adibito a bar ed edicola, un terzo come ufficio postale, e così via dicendo per le zone restanti; esibendo inoltre una cupola di vetro monumentale da cui pendevano le sfere stroboscopiche che proiettavano ovunque i riflessi del vetro che li ricoprivano. In fondo si trovava l’uscita che conduceva ai binari, tutti occupati da locomotive e treni nuovi di zecca in attesa di essere usati, tranne uno che non era altri che il primo della banchina.
Fu impossibile avvicinarsi di più, troppa la folla che ci teneva distanti dai binari, animati nel frattempo dai carri allegorici.
<< Accidenti, così non ci avvicineremo neanche al treno. Come facciamo a salirci sopra? >> chiesi preoccupata.
<< Non ti preoccupare, non mancheremo il nostro mezzo di fuga. Prima di tutto, liberiamoci di questi ridicoli costumi, dopodiché datemi quella mappa che avete portato con voi. >> disse frettoloso Sly, prendendo scattante la cartina della città.
<< Che vuoi farci? Ormai non serve più. >>
<< Questo lo dici tu. Una mappa torna sempre utile, anche quando la meta indicata è stata raggiunta. >>
<< Non credo di aver capito, ma mi fido di quel che dici. Cosa speri di trovare piuttosto? >>
<< Quello. >>
Camminando di soppiatto lì intorno, finimmo per raggiungere la fine della banchina, sostituita da ghiaia e cespugli che  si notavano appena un po’ a causa dei fari dei carri che volteggiavano da una parte all’altra, procedendo lungo i binari che riflettevano debolmente la luce quanto bastava per notarli e non finirci sopra. Grazie ai cespugli comunque passammo inosservati, fino a quando l’ultima “vettura” non ci superò seguendo le altre che la precedevano, permettendoci così di camminare tranquillamente nella semi oscurità mentre l’orario indicava che in quel momento erano le 21:40. Ancora due ore da attendere. Pronta a sbuffare per l’attesa, mi bloccai quando sentì un fischio: in lontananza vidi due deboli globi di luce; non capì di cosa si trattassero fino a quando non furono abbastanza vicini da poterli riconoscere come i fari di un grosso veicolo, ovvero di un treno, quello che avremmo dovuto prendere. Quando questo si fermò al segnale del semaforo rosso posizionato poco più avanti, rimasi senza parole nel vedere quanto fosse lungo e ampio, ognuno dei quindici vagoni che riuscì a contare poteva avere l’ampiezza di una normale camera da letto, se si escludeva il corridoio comunicante all’esterno dei saloni arredati con decorazioni e mobili stile Art Nouveau che ricordavano piante e animali, incastonati in sottili cornici dorate o di vetro, con tende, tappezzeria e il resto della mobilia di un delicato celeste. Attraverso i finestrini si potevano vedere dei camerieri sistemare le ultime cose affinché l’interno fosse in ordine, a differenza dell’esterno che brillava con il suo lucido bianco dai lati striati da fiamme blu.
<< Fantastico… quindi questo sarebbe il nuovo supertreno. >>
<< Cavolo, è enorme! Ci credo che riscuoterà successo; assomiglia ad un vero hotel di lusso, anche se ha le ruote. >>
<< Saliamo! Non vedo l’ora di nascondermi in una di quelle meravigliose stanze! >>
<< Fermati piccoletta! Vuoi rovinare tutto? >>
<< Che intendi dire? >>
<< Non hai notato che lì sopra ci sono delle guardie armate in compagnia di alcuni mostriciattoli? Se ci vedono, ci mandano subito in galera. >>
<< Come facciamo a salire allora? >>
<< A questo ci penso io. >> ero già pronta a replicare quando Sly mi bloccò sul nascere del discorso, lanciandomi addosso uno dei pesanti borsoni comprati per contenere il resto della spesa di cui ci eravamo forniti, la maggior parte formata da oggetti di cui non sapevo nulla; tra questi dei giocattoli a molla e delle macchinine radiocomandate. Fissai incuriosita i giocattoli mentre uno alla volta li caricavano e li montavamo, chiedendomi a cosa potessero mai servire: solo quando entrarono in funzione ci capì qualcosa, quando messi in azione quegli oggetti colorati fecero un gran baccano con i loro rumori elettronici e con i petardi attaccati sopra che li facevano schizzare senza controllo da ogni parte, mimetizzati tra le scie delle roventi scintille che producevano un fischio acuto. Dal tetto del treno, le guardie e i loro Pokemon guardarono disorientati quello spettacolino, saltando giù dal veicolo dopo che questi razzi improvvisati iniziarono ad esplodere, provando a bloccarli prima che causassero qualche danno, assistiti dagli inservienti che saltarono giù insieme a loro per dargli una mano. Tra gli scoppiettii, i giochi che andavano in mille pezzi, e le trottole infuocate che rischiavano di ustionare, la cosiddetta ciliegina sulla torta a completare la serata fu un grosso razzo rosso e azzurro tempestato di brillantini, lungo più o meno una ventina di centimetri con la punta attorniata da piccole frecce viola e una lunga miccia nera intrisa di polvere da sparo, pesante quanto bastava da rallentare il camioncino giocattolo sulla quale era posato: una volta accesa, la miccia produsse delle scintille arancioni prima di consumarsi tutta ed esplodere all’interno del cartone colorato, facendolo partire “ a razzo” fino a sollevarsi in cielo ed esplodere, spaventando tutti con i numerosi botti e le cascate di polvere argentata.
Ipnotizzata dallo scenario, non mi resi conto di essere trascinata, superando tutti i vagoni fino all’ultimi due, diversi dagli altri per avere delle finestre ad oblò e dei caminetti da cui usciva del vapore, a differenza dell’ultimo che possedeva inoltre una saracinesca saldamente chiusa dall’interno. Svitammo una finestra e infilammo dentro il fratello di Vera che ci passò di poco, insieme a Pikachu che lo aiutò ad aprire la saracinesca, permettendoci così di entrarci dentro.
<< Non ci posso credere, il nostro piano ha funzionato! È fantastico! >>
<< Però è stato davvero faticoso. Chi se lo immaginava che avremmo dovuto impazzire per riuscire a prendere un treno? >>
<< Non credo proprio che rifarò un’esperienza simile dopo quel che abbiamo passato. >>
<< A questo punto però, non ci resta che salutarci. Se non fosse stato per voi, adesso saremmo ancora in alto mare, e forse, inseguiti dai Pokemon. Vorremmo poterci sdebitare in qualche modo. >>
<< Non preoccuparti Claudia, quel che conta e che tu possa risolvere il mistero di quel gioiello che porti con te, così potrai tornare a condurre una vita normale e tornare a casa. >>
<< Già… speriamo. >>
Effettivamente, la normalità è la cosa che più desidero ritrovare. Pensai malinconicamente.
Improvvisamente, prima di poterci nascondere da qualche parte, il treno vibrò violentemente, e le rotaie cominciarono a stridere terribilmente nell’atto di muoversi in avanti. Con un colpo secco smise di tremare, e senza darci il tempo capire questo partì a tutta velocità, rischiando di slittare via dai binari: per poco non rischiavamo di volare via, saremmo finiti sicuramente in polpette se gli oggetti all’interno del vagone che venivano risucchiati all’esterno fossero riusciti a farci perdere la presa che ci manteneva in salvo. Apparentemente sembrò durare un’eternità, in realtà tutto il fenomeno durò all’incirca 5 minuti, quanto bastò per sconvolgerci.
<< Che dolore… ma cosa accidenti è successo? >>
<< Un disastro ferroviario, questo è sicuro. >>
<< Dalle urla che si sentono sembrerebbe di sì. Ma allora perché siamo ancora vivi e vegeti? >>
<< Temo di saperlo: guardate un po’ chi sta arrivando. >>
Anche senza guardare, bastò sentire un terribile sibilare per capire a chi si riferisse Vera: l’Arbok albino era ricomparso, a prima vista più feroce della prima volta che l’avevamo incontrato in città, e apparentemente più selvaggio e feroce. Grazie al lungo corpo si sollevò fin sopra il tetto senza problemi, deformandolo con il peso prima di riscendere e serpeggiare tra la folla fino all’ingresso della stazione che bloccò con la sola presenza, impedendo a chiunque di uscire o di entrare: la polizia rimasta in zona per proteggere i civili, utilizzando i Pokemon in dotazione tentò di attaccare e catturare la creatura che non s’intimidì di fronte al numero di avversari che lo circondavano, al contrario, fece di tutto per avvelenarli con l’acido che sputò dalla bocca, rischiando di colpire le persone. Per una lunga mezz’ora nessuno prevalse, poi improvvisamente una specie di filamento sottile e bianco avvolse una parte dei Pokemon delle guardie che non furono più capaci di muoversi, mentre l’altra metà venne colpita da sfere rosse che li tramortirono bruciandogli il pelo o le squame. Una serie di esplosioni mandò in frantumi gran parte dell’illuminazione, gettando quasi tutto nell’oscurità che mantenne visibile solo la zona dei binari tra qualche scoppiettio di scintille elettriche e l’altra, permettendo così a degli uomini vestiti di nero pece di giungere di soppiatto per cogliere di sorpresa tutti quanti tramortendo le guardie e agitando dei manganelli chiodati per costringere la gente a indietreggiare, in modo da non venire ferita.
<< Preparatevi a passare dei guai! >>
<< Già, dei guai molto grossi, perché siamo arrivati noi! >> urlarono due voci, scatenando le risate degli uomini in nero. Questi, mettendosi sotto i raggi di luce, rivelarono che sulle maglie erano cucite delle grandi “R” rosse, la medesima lettera che Jessie e James, appostati sopra il treno, portavano sulle loro divise: per la prima volta potei vedere la banda del Team Rocket con più di un membro, più tetri dei loro famosi colleghi e sicuramente più fuori di testa dalla prima impressione che mi diedero a vedere con le loro facce da pazzoidi. Anche se per me erano solo cartoni animati, i brividi che mi fecero venire erano gli stessi che potevo provare con situazioni spaventose della mia realtà, facendomi nascondere lesta nel vagone insieme ai ragazzi quando uno dei criminali si avvicinò per ispezionare i dintorni. Anche in quella situazione riuscimmo ad ascoltare le voci all’esterno:
<< Gentili signore e signori! Grazie per essere intervenuti a questa meravigliosa festa! Siamo felici di vedere che siete accorsi in molti per ammirare questo meraviglioso capolavoro della moderna tecnologia, ultimo gioiello nel campo dei trasporti. >> esordì James, armeggiando una rosa rossa.
<< A proposito di gioielli: ringraziamo le autorità della città per aver messo a disposizione i loro rari Pokemon per la sfilata dei carri. Peccato che non abbiano potuto esibirsi per il pubblico visto che li abbiamo presi tutti quanti. >> continuò Jessie, facendo ondulare la lunga chioma che andò a sbattere con la faccia del collega.
<< Quindi bando ai convenevoli gente! Dateci tutti i vostri Pokemon e non vi faremo del male! Miao! >>
Il “pubblico” era riluttante ad acconsentire, ma davanti ai minacciosi atteggiamenti non osarono ribellarsi.
<< Che vigliacchi. Solo perché sono armati fanno i gradassi. Scommetto che di fronte ad uno spiegamento di forze superiore a loro, scapperebbero a gambe levate. >>
<< Dobbiamo agire subito, o la faranno franca. >>
<< Ma noi siamo solo in 6, e loro tantissimi. Che chance abbiamo di fermarli? Non abbiamo neanche un piano. >>
<< In casi come questi bisogna improvvisare, ragazzi miei. >>
<< Sei impazzito, palla di pelo? Così ci facciamo ammazzare! Non penserai davvero di fare una cosa simile? >>
<< Non vedo altre alternative. Quindi poche chiacchiere e andiamo! >> Replicare con Sly era una causa persa, che lo volessi o no, ci costrinse ad andare all’attacco contro i Rocket. Anche se colti di sorpresa, lo squadrone reagì con le armi e con i Pokemon, respingendo quelli dei nostri alleati che sfruttarono tutte le mosse in dotazione per sfinirli, cercando nel contempo di proteggere i loro padroni che rischiavano di prenderle. Jessie James e Meowth urlarono ai loro colleghi di concentrarsi soprattutto su di me, dicendogli di catturarmi: non sono mai stata molto brava a proteggere le cose, quindi proteggere me stessa era un’impresa assai ardua, ma era l’unica che potevo fare; cercando in tutti i modi di salvarmi con calci e pugni anche senza trasformarmi, causa la presenza degli ostaggi. Che fifa che avevo, non si vedeva ma tremavo a più non posso: avevo gli occhi gonfi di lacrime e urlavo ogni volta che i cattivi si avvicinavano troppo. Ad un tratto, nella confusione generale, l’Arbok albino s’intrufolò nella contesa senza che c’è ne rendessimo conto, imprigionando tra le sue spire Sly e gli allenatori.
<< Sarà meglio che ti arrenda anche tu ragazzina! Il nostro amico è abbastanza sadico da spezzare come grissini i tuoi amichetti! Miao! Quindi consegnaci la tua pietra e li libereremo! >>
<< Non lo farò mai! Non asseconderò il vostro ricatto! >>
<< Non ti facevamo così egoista. Davvero non t’interessa sapere cosa gli accadrà? >>
<< Non dargli ascolto! Approfittane per fuggire! >>
Cosa posso fare? Non posso consegnare la gemma nelle mani dei Rocket, soprattutto perché è impossibile. Ma non posso neanche abbandonare i ragazzi. Come mi comporto allora? Ho paura!
 
Nel bel mezzo di tanta agitazione tutto sembrò fermarsi. E intendo letteralmente.
Il caos intorno a me si placò. Ogni figura non si mosse più, non emise più alcun suono o sospiro che lo facesse sentire vivo, sebbene i gesti e le espressioni dicessero il contrario. Confusa e perplessa, non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo.
<< Non ti preoccupare. Il tempo si è solo fermato. >>esordì una voce, la stessa che già avevo udito una volta: la voce di Gabriel.
<< Gabriel? Sei proprio tu?>> Chiesi timidamente senza badare alle formalità.
<< Si. Sono accorso in tuo aiuto quando ho sentito la paura che ti circondava. Ora sei al sicuro, nessuno potrà farti del male. >>disse la voce cercando di tranquillizzarmi.
<< La prego, mi aiutami! Non so cosa fare per salvare i miei amici….Il Team Rocket li tiene in pugno, e non posso lasciarli proprio ora che hanno bisogno di me! Loro mi dicono di consegnarli la pietra, ma non posso farlo perché non riesco a levarmela! >>
<< Oh, ma devi stare tranquilla mia cara. È lì con te, ha portata di mano, anzi, di polso.>>
<< Cosa? Dovrei usare la pietra? Ma come? Non posso certo farli a frittella con il martellone che tengo in mano! >>
<< è ovvio che la violenza non porta a nulla, infatti la soluzione che ti propongo è un’altra, dovrai però capire da sola di che cosa si tratta. Buona fortuna. >>
<< Aspetta Gabriel! >>
E così com’era arrivato, Gabriel… o meglio, la sua presenza svanì, e tutto riprese la normalità. Nonostante “l’aiuto”, non riuscì a capire in che modo avrei dovuto agire senza ferire nessuno. Il trio Rocket ormai si era spazientito dall’attesa di una mia risposta, chiamarono in aiuto i loro Pokemon, mentre lentamente scendeva dal cielo la loro mongolfiera. Pensa e ripensa, la frustrazione cresceva, e prima di darla vinta a quei balordi mugugnando parole di arresa, immaginai le cose più dolorose che avrei voluto infliggergli.
Quando sono arrabbiata per qualcosa o con qualcuno che mi ha rotto le scatole, penso sempre a cosa gli farei se non avessi l’autocontrollo che mi mantiene calma, sfogando così il nervosismo che mi fa venire un diavolo per capello.
Non avrei mai pensato che questa cosa si sarebbe potuta rivolgermi contro, dopotutto non faceva del male a nessuno.
A cosa mi riferisco? Al fatto che l’ultima cosa che mi venne in mente si manifestò per davvero: prima di blaterare qualcosa di concreto, immaginai che a tutti i ladri cadesse in testa una pila di mattoni pesantissima per dargli una lezione, cosa che avvenne realmente senza alcun preavviso. Il  gruppo venne schiacciato dai mattoni rossi perdendo così i sensi, gli occhi a spirale ( tipica espressione da cartone animato) lasciava intuire che non si sarebbero svegliati tanto presto, lasciando basiti gli unici tre superstiti ancora in piedi, Ash e compagni, e il pubblico in ostaggio. Se nessuno capiva cosa accidenti fosse successo, figuratevi io cosa potevo pensare, e le sorprese non erano ancora finite: tutti gli ingressi si aprirono simultaneamente, compresi quelli di sicurezza che fecero scattare gli allarmi che spronarono le persone a muoversi e andarsene.
<< Piccola peste! Che cosa hai combinato? >>
<< Io non ho fatto niente! >> la risposta mi si ritorse contro quando la pietra brillò e mi trasformò. Inoltre, come se non bastasse, essa mi trascinò addosso al serpente, dritto in faccia come se posseduta, accecando la bestia che cominciò ad agitarsi e liberando i personaggi. Aggrappata al suo muso, stringevo i denti per non volare via.
<< Che diavolo stai combinando? Lascia stare il nostro Pokemon prima di combinare qualche altro guaio! >>
<< Venite voi a farmi smettere! Non ho paura dei pagliacci come voi, babbei che non siete altro! >> gridai al trio, mostrandogli il mio disappunto con una bella linguaccia.
<< Babbei a noi? Ora avrai una bella lezione! >>
<< Chi se ne frega! >>
Prima di tentare di fare qualcosa, l’Arbok improvvisamente si agitò a tal punto da schiantarsi contro qualsiasi cosa, fino a quando non puntò dritto contro il treno e, di conseguenza contro di Rocket che si lanciarono in direzioni opposte per salvarsi, e feci altrettanto prima di finire in frittata. Non posso dire lo stesso per il bestione che diede una sonora testata, svenendo di conseguenza.
Assurdo. Il suggerimento di Gabriel ha funzionato. Anche se non mi aspettavo una cosa simile. Ma come ha fatto la pietra a fare quelle cose strane?
<< Adesso non ci scappi più! >>
<< Fermi dove siete! Pikachu, usa Fulmine! >> l’attacco elettrico colpì il trio che finì arrosto, capendo finalmente che non poteva fare più nulla.
<< Il Team Rocket parte alla velocità della luce! >>
<< Di nuovo! >>.
Dopo pochi minuti la polizia fece irruzione nella stazione, circondando l’intera struttura scattando da una parte e l’altra per controllare che ogni settore fosse libero. Non potei assistere al seguito poiché Sly mi trascinò a bordo della locomotiva, azionando i congegni che l’avviarono lentamente in direzione della campagna. Ash e i suoi amici non capivano cosa stesse accadendo, Sly gli rispose semplicemente che dovevamo andare e non c’era più tempo da aspettare, chiedendo perdono per quella fuga improvvisa. Prima che prendessimo velocità, mi avvicinai il più possibile tendendogli la mano, ottenendo una debole stretta di ricambio oltre che a un semplice addio. Fissai la banchina allontanarsi gradualmente e le loro figure sparire nell’oscurità, piena di rimorso per non essermi congedata adeguatamente.
Ma quello era solo il primo di una serie di addii che avrei dovuto dare senza contegno.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo: Di nuovo in viaggio ***


 Capita sempre che i giochi più belli e divertenti debbano avere una fine, per quanta ancora ci sia la voglia di continuarli. I bambini lo sanno bene questo, visto che amano trascorrere il loro tempo a divertirsi tra di loro nei più svariati modi possibili. Anche gli adulti lo fanno anche se in modo assai diverso, non scatenandosi eccessivamente come solo i giovani sanno fare.
Per “gioco” comunque, si intende soprattutto qualcosa che trasmette felicità.
 
Avrei dovuto essere felice per quello che avevo vissuto solo nella fantasia, cominciare ad agitarmi per l’emozione e rievocare continuamente e centinaia le cose che avevo fatto, visto e provato, ripetendomi che non poteva essere vero. Invece non fu così: nonostante avessi incontrato i personaggi appartenenti alla famosa serie animata dei Pokemon, non provavo alcuna gioia nell’esperienza vissuta, neanche un brivido d’eccitazione mi percorreva la schiena, nemmeno la voglia di gridare al mondo intero l’entusiasmo. Ero triste, e soprattutto in colpa per come avevo abbandonato quei ragazzi nel bel mezzo del caos, senza un adeguata spiegazione e con un semplice “mi dispiace”.
<< Dì un po’ ragazzina, come mai quel muso lungo? >> chiese Sly, ai comandi della locomotiva sulla quale viaggiavamo da ormai parecchio tempo.
<< Niente. Sono solo stanca. >> risposi, senza voglia di conversare.
<< Senti, se è per ieri sera mi dispiace. Purtroppo era la nostra unica possibilità per andarcene da quel posto senza cacciarsi in altri guai. Lo so, avremmo dovuto almeno fare qualcosa per quei ragazzi, ma ho visto che sono in gamba e quindi se la saranno cavata anche senza di noi. >>
<< Ma di sicuro non avranno apprezzato il modo in cui ce ne siamo andati. >>
<< Bè… forse un giorno potremmo rimediare. >>
<< Ne dubito. >>
Il discorso cadde lì. Fu chiaro per il procione che non avevo alcuna voglia di discuterci sopra.
La locomotiva continuò il suo viaggio verso l’ignoto, senza cambiamenti nel paesaggio circostante, lanciando ogni tanto segnali con l’acuto fischio al niente assoluto, sovrastato in parte dal rumore del macchinario. Il tempo passò terribilmente lento, non c’era nulla che si poteva fare nel minuscolo spazio del conducente per fare qualcosa, si poteva solo guardare il sole alto nel cielo azzurro sgombro di nuvole mentre illuminava le lontane montagne con le punte imbianchiate di neve. C’era poca aria a rinfrescarci dalla calura che riscaldava la terra, e soprattutto il ferro che costituiva la locomotiva. Forse anche troppo per il motore che, dopo una serie di strani rumori, esplose e si bloccò, scomparendo in una nube di vapore.
Saltammo giù prima di finire arrosto, lanciandoci il più lontano possibile da quella trappola infuocata prima di scottarci, aspettando che si sbollisse un po’ prima di rimetterci piede sopra. Quando fu sicuro che il motore si era “calmato”, il procione si rimboccò le maniche smontandolo da parte a parte per tentare di ripararlo, usando cacciaviti e chiavi inglesi che tirò fuori quasi per magia dal suo zaino, borbottando continuamente senza riuscire a riparare il danno.
<< Al diavolo questo catorcio! Lo sforzo eccessivo l’ha danneggiato troppo! Meno male che doveva essere “super”! >>
<< Siamo nei pasticci? >>
<< Purtroppo si. Senza un mezzo di trasporto siamo costretti a farcela a piedi, senza punti di riferimento che ci dica se siamo ancora in mezzo a quelle strane creature o nel mondo reale. >>
<< Se fosse davvero reale mi sentirei più tranquilla. >>
<< Proverò ancora una volta ad aggiustarlo. Incrociamo le dita, sperando di avere fortuna. >>
 
Il procione lavorò sodo per ottenere il risultato sperato, fermandosi poche volte solo per bere un goccio d’acqua e asciugarsi il sudore, con il pelo e i vestiti intrisi di macchie di olio di motore nero. Non capendo un accidenti di meccanica rimasi in disparte, seduta sotto l’ombra cercando un po’ di refrigerio e sventolandomi a mo’ di ventaglio una rivista, sbuffando annoiata mentre facevo l’inventario degli oggetti che eravamo riusciti a portare con noi, tanto per fare qualcosa; involontariamente feci scivolare fuori l’intero contenuto di una borsa mentre la posavo, sospirando pesantemente visto che dovevo risistemare tutto: nel raccogliere la roba presi qualcosa di assai curioso, una specie di diario dalla rilegatura in pelle, gli angoli protetti da triangoli di metallo, e con un lucchetto a tenerlo chiuso. A prima vista assomigliava ad un diario, e presa dalla curiosità raccolsi la chiave per aprilo e sfogliare le pagine: la prima cosa che notai furono le annotazioni e le parole di ogni pagina scritte in lingue differenti, affiancate da disegni che riproducevano oggetti dell’epoca medievale e moderna, tecniche di combattimento e anche delle foto di luoghi assai famosi nel mondo; ma furono soprattutto le ultime pagine ad interessarmi parecchio, disordinate e tenute insieme solo con una graffetta, più nuove rispetto al resto che appariva rovinato e ingiallito dal tempo. I fogli bianchi più recenti riportavano soprattutto articoli di giornale con centinaia di foto rappresentanti eventi atmosferici e assurde creature che mi ricordavano il primo mostro incontrato, e a quel punto riconobbi l’articolo di giornale che Sly mi aveva mostrato quando mi disse che nel suo mondo erano comparsi dei mostri.
M’irrigidì come un baccalà, avevo tra le mani il diario segreto del procione, e questo mi bastò per spaventarmi, temendo una brutta reazione da parte sua.
Comunque, continuai a sbirciarci dentro, leggendo senza riuscire a tradurre le righe in francese. A parte questo, trovai assai più curiose delle buste sigillate con dei cerchi di cera alquanto gonfie che tentai di aprire allargando un sottile strappo sul lato di una busta, tastando con un dito il contenuto all’interno: riuscì a far scivolare fuori delle polaroid ( quelle vecchie foto fatte con le macchine fotografiche istantanee ) non capendo che cosa diavolo ci fosse fotografato sopra. Prima di studiarle meglio, un urlo fortissimo riecheggiò alle mie spalle e una mano mi afferrò la testa, facendomi urlare terrorizzata e balzare in aria pronta a scappare; fermandomi all’ultimo momento quando l’urlo si trasformò in una risata: quella palla di pelo del procione non smetteva di rotolare su se stesso per le risate, prendendomi in giro per la reazione avuta per colpa del suo stupido scherzo. Sbuffai arrabbiata, incapace di riuscire a dire parole di offesa nei suoi confronti, trattenendomi però nel dirgli parole poco educate.
<< Questo t’insegna a non ficcare il naso nelle cose altrui. >> riuscì a dirmi dopo aver finito di ridere. Riprese le sue cose sghignazzando, e si allontanò senza dire altro, lasciandomi sia imbarazzata che infuriata.
 
Dopo quello trascorsero forse tra le 4 o 5 ore, totalmente noiose. In quell’arco di tempo l’atmosfera cambiò: in cielo vasti banchi di nubi si accumularono fino a coprire il sole, portando un po’ di ombra e sollievo dal caldo, fino a quando però non esagerarono portando freddo e pioggia. Fortunatamente avevamo un riparo ed evitammo così di fare la doccia, ma non si poteva dire la stessa cosa per la bassa temperatura da brivido; e a proposito di brividi, qualcos’altro di ben peggiore li avrebbe causati. Con l’arrivo dei lampi e dei tuoni cominciai a sentirmi davvero a disagio, impaurita dallo scatenarsi della natura sopra la mia testa che mi faceva sussultare ogni volta.
<< Ho paura… preferirei stare al coperto dentro una casa. I fulmini possono essere pericolosi. >>
<< Avanti, hai dei super poteri e ti spaventi per un po’ d’acqua. Che fine ha fatto tutto il coraggio che hai mostrato contro quei ladri chiamati Rocket? >>
<< L’ho lasciato in città…>>
<< Avrei dovuto immaginarlo. Comunque, vedi di rilassarti e non ci pensare. Fatti un sonnellino nel frattempo, tanto per passare il tempo. >>
<< Beato che riesci a stare tranquillo. >>
Improvvisamente, l’ennesima combinazione fulmine-tuono mi spaventò, facendomi urlare. Mi strinsi a Sly impaurita, guardando il cielo nervosamente mentre il ladro rimase impassibile. A quel punto provai a seguire il suo consiglio, mi misi comoda e tentai di prendere sonno, tappandomi le orecchie per ignorare il frastuono. Ero quasi riuscita a rilassarmi quando ad un tratto la locomotiva crollò da un lato, inclinandosi a tal punto che rotolò letteralmente fuori dai binari con noi dentro, producendo un tremendo rumore di ferraglia. Quando smise di rigirare su sé stesso uscimmo in fretta prima che crollasse, osservando attoniti il mezzo infangato ricoperto da ammaccature e il tragitto fatto partendo dai binari fino al punto in cui si era fermato, coprendo all’incirca una distanza di 100 metri. 
Che dire? Eravamo sbalorditi. Era successa una cosa a dir poco incredibile, e incredibile furono i “tagli” che trovammo su un lato del macchinario dov’era situato il motore, profonde e intrise di olio che sgorgava dalle lamiere piegate come burro. La risposta al mistero non tardò ad arrivare: Sly ad un certo punto mi spinse via proprio mentre qualcosa ci sfiorò, veloce e con una certa forza, sibilando acuto che parve farmi esplodere le orecchie.
Cercai di alzarmi per tentare di reagire, ma Sly nuovamente mi gettò a terra, e con il suo corpo m’impedì di rialzarmi.
<< Ma che cosa sta succedendo?! >> urlai terrorizzata, inzuppata d’acqua piovana.
<< Non ti muovere! Non provare a scappare! Credimi! >> mi avvertì Sly, tenendomi ferma.
Con la pioggia che continua a cadere, confusa cercai di intravedere da sdraiata chi o cosa fosse l’artefice di tanto caos: non vedevo nulla di pericoloso che potesse mettere a rischio la nostra vita, e ciò non era affatto un buon segno, scorsi solo dei profondi segni lineari nel terreno. Lentamente, con la mano provai a sfiorare quei segni, ritirandola subito indietro quando qualcosa di freddo e affilato mi sfiorò il dito, tagliandolo appena un pò.
Provai ad urlare, ma il ladro mi coprì la bocca mentre l’indice si ricopriva di sangue. Piansi per il bruciore provocato dal taglio, fermandomi quando un’ombra furtiva si avvicinò: a congiungersi con l’ombra, una figura somigliante ad un spettro dal un manto rosso acceso color sangue, munito di lunghi e lucenti artigli simili a delle falci che sbucavano dalle maniche, e con due occhi giallastri seminascosti sotto il cappuccio e una maschera nera. Ruotava il viso con strani scatti poco naturali, levitando in cerchio; era ovvio che fosse uno di quei mostri simili al lucertolone gigante che avevo incontrato, solo che questo faceva venire davvero i brividi. Apparentemente non notò la nostra presenza, anche quando i suoi occhi ci puntavano non reagì in alcun modo, segno come se non ci  muovevamo non poteva vederci, come per il dinosauro di Jurassik Park. Improvvisamente, veloce come una saetta, il fantasma si lanciò in picchiata a qualche metro da noi, sfoderando le dita – artiglio che emisero scintille di luce toccando terra. Provò e riprovò ancora, avvicinandosi sempre di più, fino a quando per poco non ci beccò e gridai con tutto il fiato che avevo in gola. Mi sentì tirare dal collo della maglietta e fui trascinata indietro appena in tempo, un secondo prima di venire infilzata.
<< Corri senza voltarti indietro! >> urlò Sly, spingendomi via.
Ubbidì senza discutere. Mi alzai e cominciai a correre il più velocemente possibile, seguita da Sly che stava dietro di me. Lo spettro a quella reazione attaccò di nuovo mancandoci di poco, ma fu abbastanza preciso da riuscire a graffiare il procione sul braccio.
<< O mio Dio! >> urlai in preda al panico vedendo la ferita.
<< è solo un taglio, non è grave! Calmati! >> mi rispose lui, cercando di nasconderlo
<< Quello ci ammazza! Quello ci ammazza! Guarda cosa ti ha fatto! Perdi un sacco di sangue! >>
<< Smettila di farti prendere dal panico! Non risolvi nulla in questo modo! Ora prendi fiato, calmati, e ascoltami, ho un’idea: mentre distraggo e tengo impegnato quella specie di lenzuolo, tu approfittane per scappare. >>
<< No! Non voglio! Ho paura! >>
<< Testona, non capisci che così ti farai ammazzare?! Fai come ti dico senza discutere! >>
<< Ma tu... >>
<< Io me la caverò, stai tranquilla. Adesso tieniti pronta: ehi, stupido fantasma, vieni a prendermi! >>
 
Immobile per la paura, rimasi a fissare Sly che lottava per darmi una possibilità di fuga; le gambe però non rispondevano a quell’istinto, bloccandomi in ginocchio mentre tremavo e ansimavo sia per il freddo che per l’agitazione. La mia volontà mi urlava di reagire, non potevo starmene con le mani in mano e rimanere inerme, in balia del pericolo a soli pochi passi da dove mi trovavo, dovevo reagire immediatamente. Con un barlume di forza riuscì a portare la mano sulla pietra, sfiorandone con le dita la superficie liscia, pronunciando con un filo di voce le parole magiche da me inventate:
<< Scintilla di Luce! >>
Non era cambiato nulla, non avevo subito alcuna trasformazione, ero rimasta me stessa. Perplessa, provai a riformulare le parole magiche scandendole per bene, non ricavai alcun risultato. Prima di poter studiare il mistero, mi resi conto che gli sfidanti erano scomparsi: prontamente mi alzai per vederci chiaro quando all’improvviso qualcosa volò di striscio sopra di me graffiandomi leggermente la fronte, talmente violentemente che roteai su me stessa e caddi al suolo. Stordita, rimasi immobile per non so quanto tempo mentre il cuore batteva a ritmo incalzante, sconvolgendomi. Un briciolo di tranquillità e di coraggio mi alzai barcollando e cominciai a muovere qualche passo, rischiando di cadere per colpa dell’erba scivolosa, dirigendomi senza motivo verso il relitto della locomotiva. Non appena lo raggiunsi vidi Sly corrermi incontro: era ricoperto di graffi e tagli in tutto il corpo non gravi e con il vestito ridotto a brandelli, soprattutto visibilmente dolorante.
<< Perché non sei andata via?! Ti avevo raccomandato di mettermi in salvo! >>
<< Mi dispiace, ma ho provato a intervenire, trasformandomi: non ci sono riuscita. >>
<< Va bene, ne discutiamo dopo! Adesso voglio vedere questo taglio… >>
<< Io sto bene. Mi gira solo un poco la testa. Ma tu sei ridotto male. >>
<< Non farci caso, non è nulla d’importante. Piuttosto… stiamo attenti perché quel maledetto è in grado di rendersi invisibile. >>
<< Allora era lui che mi è passata sopra prima. >>
<< A questo punto è meglio scappare prima che ritorni. >>
Un fischio acutissimo ruppe il silenzio, il vento divenne sempre più forte formando un lungo imbuto che s’innalzò in alto nel cielo, come un tornado: il vortice cominciò a vorticare più velocemente e senza sosta, generando dei soffi ventosi simili a onde che investirono con la carica di una mandria il paesaggio e tutto ciò che si trovava nei paraggi, sollevandolo e risucchiarlo al suo interno riducendolo in minuscoli atomi di nulla, e ciò che invece rimaneva ancorato al suolo o si sgretolava oppure si accartocciava letteralmente su se stesso. Riparati dietro la locomotiva che lentamente scivolava sospinta da quella forza della natura, proteggendoci dai fendenti che il vento trasportava con sé nascondendoli per colpirci a tradimento, rivelati solo dallo stridere del metallo. Il vento ormai soffiava talmente forte da sembrare un grido disperato.
Un’ombra rossa strisciò silenziosamente alle nostre spalle, furtiva come una serpe, ma soprattutto infida, quando con uno scatto tentò di infilzarci con la testa a punta di freccia che fortunatamente s’incastrò nel freddo metallo dopo che un banale movimento aveva fatto fallire l’intento. L’ombra riprese forma e consistenza, tentò di volare via ma gli artigli destri lo tenevano bloccato accanto a noi, cominciando così ad agitarsi furiosamente per riottenere la libertà e finire ciò che aveva iniziato: Sly approfittò subito dell’impedimento cominciando a colpirlo senza sosta con il bastone ovunque egli potesse farlo, schivando al tempo stesso la falce formatasi con l’unione degli artigli sinistri che sibilava ad ogni movimento, urlandomi di andare via. Ma ero sorda agli ordini, la mia mente si trovava altrove in quegli attimi in cui mi sarei potuta ritrovare tagliata a metà. Che sia davvero la fine? Davvero non potrò continuare questo viaggio e tornare a casa?...No! Mi rifiuto di crederci! Pensavo senza però dar veramente conto alle parole di sconforto provenienti dall’inconscio.
 
Non mi resi conto dell’attimo in cui il fantasma riuscì a liberarsi, solo quel che venne dopo rimase impresso nei miei occhi: lo scatto fu fulmineo, comunque abbastanza “lento” da essere compreso, e cogliere quell’esatto momento in cui approfittò della sorpresa del procione che, non abbastanza veloce da rendersi conto del fatto, si ritrovò la spalla sinistra infilzata che divenne rossastra come il mantello del nemico. Fu come una specie di sveglia: era troppo per me, vedere tutto quel sangue e sentire la voce del mio amico urlare per il dolore era tremendo.
Disperata mi gettai al capezzale di Sly senza sapere cosa poter fare per lui, tergiversando per trovare un modo di alleviare il suo dolore, con la nausea che aumentava, mettendo in subbuglio lo stomaco. Respirai profondamente e comincia a premere sulla spalla per cercare di fermare l’afflusso di sangue come avevo visto fare una volta in televisione.
<< Che stai facendo? Vattene via di qui, non pensare a me! >> replicò Sly, non appena cercai di aiutarlo.
<< Non posso far finta di non vedere quanto stai soffrendo, hai bisogno del mio aiuto. >> gli risposi singhiozzando e con il viso rigato dalle lacrime.
<< Ma smettila! Non vedi che tremi come una foglia per la paura? Come pensi di aiutarmi in questo stato? >>
<< Non accetto commenti del genere da uno che sta sanguinando! >>
Nello stesso momento, lo spettro iniziò a girare intorno a noi, fluttuando nell’aria con pericolosa grazia, mettendo ben in mostra gli artigli macchiati di rosso. A quel punto, presi le prime pietre che mi capitarono sotto mano e le lanciai contro il mostro per cacciarlo via.
<< Vattene maledetto! Lasciaci in pace! Non ti abbiamo fatto nulla per darti fastidio! Smettila di farci tutto questo male! >> urlai a squarciagola.
Per nulla infastidito dal mio gesto, lo spettro continuò a girarci intorno con impassibilità, sino a quando non cominciò ad avvicinarsi sempre di più, preparandosi al tuo ultimo attacco, trasformando anche gli altri artigli in una falce argentata da cui potevo vedere chiaramente il mio riflesso stanco e pallido, e quando questa si sollevò in aria in parallelo a dove mi trovavo mio, un urlo terribile irruppe senza preavviso.
L’acqua della pioggia divenne incandescente come fuoco finendo per evaporare, frattanto che raggi luminosi squarciavano l’oscurità, e il tornado ancora attivo crollava su se stesso. Il fantasma fu preso da convulsioni, con il fuoco che bruciava il suo corpo che rapidamente diventava cenere; mi tappai le orecchie come meglio potevo per resistere a quell’urlo sinistro che interminabile continuava a gridare, rendendomi conto solo all’ultimo che ero io ad urlare. Quando me ne resi conto chiusi la bocca e il silenzio; e della creatura mi accorsi che non c’era più nessuna traccia.
Non avevamo idea di cosa fosse successo.
Ma soprattutto come fosse successo.
Non ricordo niente di preciso di ciò che si susseguì. Persi i sensi e nulla più sentì.
 
                                                                                                            
 
                               
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo nono: falsi cavalieri al salvataggio ***


 Non è affatto piacevole svegliarsi doloranti e con la nausea. In realtà non è affatto bello svegliarsi dopo che si è corso il rischio di morire. Si, lo so. Una cosa del genere è esagerata da dire, ma dal mio punto di vista era quello che era quasi successo.
A darmi la forza necessaria per aprire gli occhi ci pensò un lancinante dolore alla testa che sembrò andare a fuoco. Vidi tanti colori mischiarsi tra loro come gli acrilici di una tavolozza da pittore, alquanto psichedelici direi, che uno dopo l’altro si dividevano in macchie, linee e forme geometriche per dar vita al mondo circostante. Riacquistata la lucidità, trovai Sly che armeggiava con delle bende intrise d’acqua che delicatamente poggiava in quel punto sulla fronte dove sentivo male, senza accorgersi che lo stessi fissando. Dovetti prendergli la mano per fermare quel suo lavoro e fargli notare così che ero sveglia.
<< Buongiorno dormigliona. È ora di alzarsi. Dormito bene? >> mi chiese scherzosamente.
<< Avrei dormito meglio nel mio letto. Mi sento stanca, disturbata, e… oh! Cavolo! >> esclamai dopo la breve risposta, girandomi svelta dall’altra parte per vomitare. Che tortura… comunque fu meglio di qualsiasi altra cosa che mi sarebbe potuta venire. Rimasi distesa sul fianco per parecchio prima di sentirmi un poco lo stomaco a posto, quanto bastava per tentare di mettermi seduta. Se io stavo male, nemmeno Sly era conciato bene, incerottato e bendato un po’ dappertutto, con l’aria stanca e leggermente abbattuta. Questo bastò a farmi ricordare quel che avevamo passato, e da quanto il ladro mi raccontò, fu talmente dura che praticamente ero rimasta svenuta per due giorni. Cavolo, a sentirmelo dire per poco non mi prese un colpo, e mi bastava già la nausea al momento. Avrei voluto far qualcosa per lui, ma debole com’ero, costrinsi il poveretto a badarmi ancora, causandomi tanto dispiacere.
 
§ Nel frattempo, in un luogo molto lontano, qualcuno stava architettando alle mie spalle un piano assai complesso.
<< Sei sicuro che la ragazzina riuscirà ad imparare ad usare il potere della gemma? Insomma, dopotutto ha solo 12 anni. >>
<< Dovrà farlo prima o poi, ha solo bisogno di fare un po’ di pratica prima di sfruttare il vero potenziale del pezzo di vetro. Fino adesso ha avuto una bella dose di fortuna, altrimenti non avrebbe mai risolto i contrattempi che si è trovata a risolvere. Dimmi piuttosto, hai fatto ciò che ti avevo chiesto? >>
<< Puoi stare tranquillo, i tre ragazzi sono stati informati un mese fa, pronti per quando giungerà il momento giusto; come avevi chiesto tu. >>
<< Ti ringrazio. Lo avrei fatto personalmente, ma come sai sono stato impegnato. >>
<< Non c’è di che. Ma ti vedo turbato Gabriel, sicuro che va tutto bene? >>
<< A dir la verità… lo ammetto, sono preoccupato. >>
<< Il solito problema, vero? >>
<< Purtroppo si….>>
<< Rilassati, adesso i Cavalieri stanno raggiungendo la piccola per darle soccorso, prima che Lui ci metta nuovamente lo zampino. >> §.
 
Sdraiata sulla schiena di Sly, mentre mi sosteneva con le sue deboli forze, la depressione mi struggeva il cuore: il gioco non mi piaceva più, guardando l’orizzonte speravo di trovarne la fine per ritrovare la serenità, la voglia di sorridere per le cose semplici e divertirmi a guardare gli innocui cartoni animati, soprattutto, venire curata tra gli affetti familiari. Una nota di tristezza dalle sembianze di una lacrima comparì sul mio viso a quell’ultimo pensiero.
<< Darei qualsiasi cosa per tornare a casa. >> dissi sottovoce.
<< Ti manca la tua famiglia? >> mi domandò, sentendo quel che avevo detto.
<< Vorrei tanto averli accanto in questo momento…>>
<< Li rivedrai. La cosa importante e che sai che ci sono, da qualche parte, e che ti aspettano. >>
<< Ma io ho paura…. >>
<< Tutti abbiamo paura di restare soli. Ma non devi preoccuparti, qualunque problema avrai, ci sarò io ad aiutarti. >>
<< Veramente? >>
<< Bè certo, una bambina gracilina come te ha bisogno di protezione dai malviventi. >>
<< Non sono gracilina, brutto scimmione. >>
<< La smetti di chiamarmi così? Non sono una scimmia! >>
<< Però eri carino con la faccia di babbuino. >>
<< Molto spiritosa. Comunque, meglio essere una scimmia piuttosto che una nanetta permalosa. Sei così piccola che ti scambierebbero per un fungo >>
<< Ehi! Io non sono una nana! >>
Il siparietto andò avanti parecchio, aiutandomi a smaltire un po’ di tristezza che andò nel dimenticatoio, permettendo così all’allegria di tornare a galla. Prima di riprendere il cammino ci fermammo per prendere tranquillamente una boccata di aria fresca, ammirando stancamente il vasto mare d’erba verde soffice al tatto, con le margherite e i tulipani che emanavano un particolare odore simile al miele; poco distante si scorgevano i binari ferroviari con un aspetto alquanto arrugginito da come me li ricordavo, frattanto che le nuvole plumbee in cielo veleggiavano a velocità costante e assumendo varie forme. Respirai a pieno polmoni l’aria carica di purezza. Mi ricordava l’atmosfera rilassante delle montagne di casa mia, ammantate da vaste e quiete foreste che d’inverno diventavano completamente bianche per la neve, circondando i paesini sempre animati da folle di gente e turisti. Mi ripromisi che un giorno ci sarei tornata su quelle montagne anche per un semplice pic – nic, assaporando il cinguettio degli uccelli e lo scricchiolare delle foglie secche sotto i piedi, e andare alla ricerca dei frutti di bosco.
Ad un tratto, un continuo calpestare mi fece sussultare. Infatti, nel momento in cui udì quel suono, due alte figure coperte dalla testa ai piedi da un lungo mantello viola scuro si stavano avvicinando a passo spedito: dai contorni dei mantelli si poteva intuire la loro fisionomia; la prima figura aveva le spalle larghe e quindi appariva più grossa e imponente, la seconda invece era evidentemente più snella da come la veste gli ricadeva addosso, dondolando leggermente. I cappucci erano deformati, chiaro che le loro teste avevano qualcosa di non umano.
<< Identificatevi. >> disse la figura più grossa, una volta fermatasi insieme all’altra.
Io e Sly ci scambiammo un’occhiata preoccupata. Chiunque egli fossero non incutevano molta sicurezza, e la voce potente di chi ci aveva rivolto la parola aumentava il problema.
<< I sospetti non rispondono. È necessario passare alla fase successiva? >> domandò il secondo con una voce più acuta e un po’ stridula.
<< Non ancora. Ci è stato detto di trasportare i soggetti senza causare danni. >>  
<< Il soggetto B però non lo ritengo alquanto importante. è da considerarsi inutile. >>                     
<< Ma come parlano questi due? Sembra che hanno dei problemi. >> dissi sottovoce al ladro che asserì con la testa.
<< Pare proprio di sì. Meglio assecondarli in qualche modo. >> propose lui.
<< “Assecondarli”? Non mi pare il caso… hanno l’aria poco rassicurante. >>
<< Bè, però un tentativo non credo non ci farà male. >>
Con grande noncuranza, il procione si avvicinò ai due che interruppero la conversazione per voltarsi verso di lui, aspettando in silenzio una sua qualsiasi parola. Sfoggiando il suo tipico sorriso smagliante, si rivolse ai due con cortesia, domandando le loro generalità dopo che aveva riferito le sue: attendemmo a lungo, molto a lungo, e gli sconosciuti non aprirono bocca; dopo una snervante attesa ottenemmo solo dei bisbigli incomprensibili e dei cenni niente affatto convincenti. Manco a dirlo, il più grosso afferrò Sly per la coda con una gigantesca e muscolosa mano, sollevandolo sopra la sua testa mentre questo si dimenava per farlo poi roteare come una palla con un sol dito, prima di lanciarlo contro l’unico albero striminzito presente nella zona, tipico per un cartone animato.
Devo ammettere che fu una cosa talmente spettacolare a vedersi che non potei fare a meno di dire un “uao”. Se fosse stata trasmessa in televisione, avrei riavvolto la scena centinaia di volte pur di rivederla. Uscì dalla modalità “incantata” non appena una mano sottile mi prese la mia, facendo scivolare le dita quasi scheletriche sulla pelle talmente delicatamente da farmi venire da pelle d’oca prima di fermarsi, posando un sol dito sul bracciale.
<< Tanta perfezione in mano ad una bambina è sprecata. Un oggetto infuso nella pura bellezza dovrebbe essere tenuto da chi sappia valorizzarne le qualità. >>
<< Chi siete voi? >> chiesi spaventata.
<< Non avere timore. Il nostro obiettivo non è quello di recarti danno, bensì di proteggerti a fin di bene. >>
<< Cosa? Non… capisco… >>
A quel punto, il misterioso duo decise finalmente di liberarsi dei lunghi mantelli e scoprire in tal modo la loro reale identità: urlai quando mi ritrovai davanti degli esseri non umani sebbene la loro corporatura e parte del loro aspetto ci somigliassero parecchio; ad esempio, quello che mi teneva la mano assomigliava ad un cavaliere dalla corporatura assai snella, con un’armatura color fucsia che gli ricopriva interamente il corpo dalla testa ai piedi, armato di un grande scudo dorato sul braccio destro su cui era incisa sopra una croce sopra; l’altro invece assomigliava ad un drago mezzo evolutosi in un umano, provvisto di grandi ali blu, una corporatura assai muscolosa e possente davvero impressionante, e anche lui con un’armatura ma di colore bianco e celeste. L’assurdo, non stava nel fatto che avessero un aspetto bizzarro, ma per ciò che erano in sé, poiché personaggi di un cartone animato ben conosciuto da quelli della mia generazione, chiamati Digimon: sono creature virtuali formate da dati come quelli del computer provenienti da un mondo denominato Digi-World. Questi mostri possono avere intelligenza e personalità umana, alcuni sono in grado di parlare, e la maggior parte assomiglia a normalissimi animali selvatici o addirittura a creature mitologiche. Inoltre, a differenza degli animali normali, “crescono” attraverso un processo chiamato Digievoluzione nel quale mutano forma e accrescono la loro potenza.
Con uno strattone mi liberai e corsi incontro a Sly ancora mezzo intontito, seguita dai digimon che tranquillamente ci raggiungevano camminando insieme, insistendo con i loro discorsi privi di senso.
<< Il soggetto A è un esemplare di essere umano, genere femminile, di età adolescenziale compresa fra i 14 e i 15 anni. Le analisi rivelano che le sue capacità raggiungono un massimo del 6,2%, un risultato davvero patetico rispetto al 80% dell’oggetto che essa porta con sé. >>
<< Confermo. Noto con disprezzo che purtroppo quel 80% sta lentamente calando a causa delle scarse abilità della ragazzina. Uno spreco di potenziale come questo andrebbe immediatamente preservato. >>
<< Questi non sono i nostri compiti. Dobbiamo agire differentemente da come vorremmo in realtà. >>
<< Insomma! Piantatela con questi assurdi paroloni! Chi siete e cosa volete da noi?! >> gli urlò Sly, ripresosi dal volo e minacciandoli di colpirli col proprio bastone.
<< Soggetto B, cessa immediatamente le ostilità. Le interferenze non sono ammesse nella nostra missione; ti consigliamo dunque di non opporre resistenza. >>
<< Noi siamo Cavalieri Reali, guardie scelte per la protezione dei popoli più deboli e per sconfiggere qualsiasi nemico osi mettersi sulla nostra strada. >>
<< Per me potete essere anche i cavalieri della tavola rotonda, non vogliamo avere nulla a che fare con voi. Levatevi dai piedi adesso! >>
L’ultima frase non fu particolarmente gradita al Digimon drago che squadrò malissimo Sly, afferrandolo nuovamente per la coda, ma senza lanciarlo in aria come prima, limitandosi a lasciarlo appeso a testa in giù. Prima di poterlo aiutare, il cavaliere rosa mi afferrò da dietro, e con un salto spiccò nel cielo cominciando così a volare, seguito a ruota dal compagno che spiegò le ali portandosi dietro il procione.
 
 
Per essere dei cavalieri reali erano alquanto esibizionisti: tra una piroetta e l’altra, giri della morte e avvitamenti tra le nuvole, ci assillarono con le loro vanterie sull’“importante” lavoro che essi svolgevano per il loro mondo, blaterando senza fine.
Non mi sarei mai aspettata un atteggiamento simile da personaggi simili: Cruseidemon e Dinasmon, questi i loro nomi, erano conosciuti per il loro carattere difficile e alquanto minaccioso; nel ruolo di cattivi privi di scrupoli. Li avevo visti lavorare per qualcuno malvagio quanto loro per fare del male, sentirgli dire che si occupavano della protezione dei loro simili mi lasciò davvero senza parole, e ipotizzai dunque che non fossero gli stessi dato che esistevano molti esemplari della stessa specie; eppure ero convinta al 100% che fossero proprio loro, a parte il modo di parlare.
Nonostante un terribile mal d’aria causato dalle loro prodezze aeree, riuscì a spiccicare qualche parola per chiedere timidamente cosa volessero farci dato che l’unica cosa che avevo capito è che volevano proteggermi: Cruseidemon, il Digimon rosa, spiegò che le sue parole non erano state pronunciate a caso, realmente loro volevamo proteggermi, o meglio, usando un termine più corretto, custodirmi come una sorta di tesoro per tenere alla larga coloro che volevano rubare me o il cristallo. La loro azione non era spontanea, gli era stato ordinato di farlo, e per quale motivo non erano affari loro.
<< Ti terremmo in un luogo sicuro dove non potrai venire danneggiata. Non sarà uguale all’ambiente umano a cui sei abituata, ma sarà comunque provvisto di ogni comodità di cui potrai avere bisogno. >>
<< Grazie del pensiero, ma preferirei fare a meno di tanta gentilezza. >>
<< Già, preferiremmo restare nei paragi, e soprattutto con i piedi per terra, se non vi dispiace. >>
<< Tu non hai diritto di parola palla di pelo, sei solo una seccatura che sfortunatamente dobbiamo portarci dietro. >>
<< Non per molto amico mio, finalmente siamo arrivati. >>
A quelle parole, mi guardai intorno per vedere cosa intendessero con “arrivati”, dovetti però chiudere subito gli occhi quando vidi l’enorme distanza tra me e la terra, immaginando le cose più brutte se malauguratamente fossi caduta, oltre al vuoto riuscì comunque ad intravedere qualcosa di anormale nel cielo, non abbastanza purtroppo per capire di cosa si trattasse e per prepararmi a sopportare il tremendo urto che mi scosse come una maracas col rischio di farmi vomitare di nuovo ( cosa che per fortuna non avvenne ), finendo quando un tremendo vento gelido per poco non mi congelò. Sbirciando appena un po’, vidi una pioggia di raggi verdi piroettarmi intorno, assumendo varie tonalità brillanti da sembrare frammenti di pietre preziose. A parte questo, improvvisamente venni lasciata andare, precipitando in quello splendore senza sapere cosa ne sarebbe stato di me. prima di morire dalla paura, una mano afferrò la mia, seguendomi in quel spaventoso oblio.  
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo decimo: Il mondo digitale ***


 Il cuore mi batteva a mille quando mi risvegliai dal breve sonno che si susseguì dopo essere precipitata nel nulla. Ero davvero spaventata, un’esperienza simile non l’avrei voluta mai più rivivere, nemmeno come incubo. Con un debole sospiro, come a voler eliminare quella sensazione, tentai di accumulare la forza necessaria per alzarmi: riuscì a mettermi seduta, e nel farlo mi resi conto di tenere ancora stretta la mano che mi aveva in un certo senso seguita, ovvero quella di Sly, semisvenuto e leggermente intontito. Lo chiamai e lo scossi per risvegliarlo, bloccandomi quando diedi un’occhiata al paesaggio: a prima vista poteva sembrare un luogo del tutto normale, ma la fitta foresta azzurra ( e per azzurro intendo legno, foglie, terriccio e pietre ) che ci circondava diceva il contrario. Il sole filtrava con difficoltà tra i rami degli altissimi alberi, anche senza però, la vegetazione risplendeva rigogliosa come di diamante, come uscita da una fiaba dove da un momento all’altro sarebbero comparse fiabe ed elfi. Presi un po’ di terra e di erba per strofinarle sulla mano, scoprendo che erano morbide come il tessuto di un maglione o di una sciarpa, e lo stesso dicasi per il legno, come se ogni cosa fosse stata tessuta insieme.
Poco dopo il procione si svegliò, contemplando seppur con un fastidioso mal di testa il nuovo mondo.
<< Dove ci troviamo? >> chiese sbalordito.
<< Non lo so, questa foresta mi fa venire i brividi seppur sia bella. >>
<< Concordo. Quei due devono averla combinata grossa per averci lasciato qui. >>
<< Lasciato? Io direi “mollato” dopo il volo che abbiamo fatto. Solo, non ne capisco il motivo. >>
<< Non vorrei spaventarti Claudia, ma temo che si tratti di quel posto in cui volevano custodirti…>>
 
§ Nel frattempo che mi facevo prendere da un attacco di panico, le stesse persone che lavoravano “per me”stavano ancora una volta discutendo, stavolta alquanto arrabbiati.
<< Mi pento di aver lasciato Claudia nelle mani di quei due. Le loro maniere sono alquanto discutibili per trattare con una ragazzina. >>
<< Erano gli unici che potessero darci una mano, altrimenti avrebbe rischiato più di quanto possiamo immaginare. Però è strano il loro comportamento: ho notato la loro determinazione, ma mi sembrano un po’ su di giri. >>
<< è vero… l’ho notato anche io. Cosa vuoi dire con questo? >>
<< Qualcosa è mutato in loro, e sinceramente non lo trovo affatto normale. Non penso proprio che sia i tipi che cambiano da così a così. >>
<< Possibile che la causa sia di chi sappiamo noi? >> §
 
Con difficoltà mi ripresi dall’attacco di panico che mi prese poco dopo aver immaginato di trovarmi in una specie di prigione. Chiamandola come tale, pensai che non sarei più riuscita a tornare a casa e che sarei rimasta bloccata in quel posto per sempre, senza famiglia e senza amici, totalmente sola. Sly non mi permise di deprimermi in quel modo e mi spronò a reagire, ad alzarmi e cercare una qualsiasi via di fuga verso la libertà, se davvero eravamo prigionieri, che sicuramente avremmo dovuto conquistare lottando con le unghie e con i denti.
Eseguì ogni suo ordine per mantenermi lucida e con il sangue freddo, controllando con gli occhi arrossati dalle lacrime se in mezzo alla bizzarra vegetazione ci fosse un’indicazione o un aiuto che potesse portarci fuori da lì: oltre ad essere completamente azzurre, le piante avevano sfumature rosse e marroni e parevano uscite da un libro sulla preistoria, gli alberi erano altissimi e larghi come querce, provvisti di rami che si annodavano tra loro creando un groviglio di foglie a forma di cuore che cadevano poco alla volta. Arbusti e liane parevano delle composizioni floreali grazie ai fiori che ci crescevano sopra, i cespugli spinosi e le radici nascoste dalla terra invece, non offrivano alcun interesse se non una fastidiosa seccatura dato che continuavo a finirci sopra.
<< Certo che sei proprio imbranata. Ma non guardi dove metti i piedi? >>
<< Non è colpa mia se con tutto questo celeste non si capisce niente. Sembra tutto uguale! >>
<< Smettila di lamentarti e alzati, non so per quanto ancora dovremmo vagare senza meta. >>
<< Potevano almeno lasciarci in un luogo più civilizzato? No, ovviamente! La natura selvaggia la ritenevano più adatta. >>
<< Dai tuoi lamenti deduco che non sei mai stata a diretto contatto con la natura. >>
<< Sono una ragazza di città, io. È raro che riesce ad andare in montagna, anche quando si tratta di vacanze, perché andiamo solo al mare visto che si trova vicino. >>
<< Bè… fai finta che stai facendo una gita scolastica, così da poterti rilassare un po’. Con l’unica differenza che non c’è la professoressa a seccarti. >>
<< Non mi rilassa affatto questa fantasia… >>
<< Aspetta, vedi anche tu quello strano bagliore? >>
In quel momento, in lontananza un raggio di luce di una tonalità diversa attirò la nostra attenzione, ci scambiammo una veloce occhiata perplessa e senza perderci in chiacchiere corremmo verso il bagliore che ci portò finalmente fuori dalla foresta.
Finalmente all’aria aperta, osservammo il nuovo panorama molto più realistico di quello precedente: un’immensa distesa collinare dalle formi dolci e arrotondate si presentò ai nostri occhi, pochi e gracili alberelli erano distribuiti alla rinfusa di qua e di là sulle sommità delle colline, come ad indicare con i loro rami un percorso preciso. Eppure quella normalità non quadrava, ma entusiasta com’ero di rivedere qualcosa di familiare non ci badai affatto. Passeggiammo per le verdi colline credendo di averla scampata bella, fino a quando in lontananza non intravedemmo una città che ci mise le ali ai piedi, sperando di poter mettere qualcosa sotto i denti e di trovare ristoro, ma quel che trovammo invece era assai più “interessante”: prima di poterci mette piede, Sly insistette nel dargli prima una sbirciatina da lontano per assicurarsi che non ci fosse nulla di minaccioso o stravagante: la sua preoccupazione era fondata; in città infatti si vedevano solo ( per quanto non ci credessi ) Digimon di ogni aspetto, razza e bizzarria.
Era successo di nuovo, ero finita in un altro mondo che non poteva esistere! E la colpa era di quei due cavalieri pazzoidi!
Stanchi com’eravamo avremmo evitato volentieri un luogo simile, ma proprio per questo avevamo bisogno di trovare il necessario per rifocillarci.
Che razza di dilemma, vero? Ben consapevole che qualcuno come me avrebbe attirato molto l’attenzione in un posto simile, il procione andò da solo in quello zoo, augurandosi di ritornare intero; anche senza orologio mi resi conto che dalla “partenza” ci stava mettendo troppo tempo, ciò nonostante non mi azzardai ad avventurarmi lì dentro, ma non ci bisogno di indugiare tanto visto che qualcuno mi diede una mano a risolvere il problema: improvvisamente, sentì che qualcosa mi toccava la spalla con fastidiosa insistenza e cercai di cacciarla via, e quando questa non la smise, mi girai seccata per trovarmi alle spalle con sommo dispiacere Cruseidemon e Dinasmon.
<< Ehm… salve. Posso aiutarvi? >> chiesi da finta tonta.
<< Tu non dovresti essere qui. Lo sai, non è vero? Eravamo molto preoccupati per te. >> disse il cavaliere rosa con un certa eleganza.
<< Davvero? Sono dispiaciuta per questo. Oh cavoli, com’è tardi! Scusatemi, mi piacerebbe restare a parlare con voi, ma adesso devo scappare via. >> dissi impaurita, tentando di darmela a gambe. Ma il drago bianco, con un sol dito, afferrò entrambe le bretelle della salopette, bloccandomi e riportandomi indietro.
<< Tu non vai da nessuna parte piccoletta. >> disse minaccioso.
Subito dopo chiese: << Dove si trova il tuo amico? >>
<< Non ne ho idea. >>
<< Non mentire. Non siamo di buon umore per i giochetti infantili. Quindi parla: dicci dove è andato quella massa di pelo. >> A quel punto, temendo che avessero intenzioni peggiori di quelle attuate al nostro primo incontro, tenni la bocca chiusa, augurandomi di non finire in polpette. Dato che non gli risposi, mi afferrò il polso sinistro per esaminare il bracciale con la pietra incastonata, stringendo fino a farmi male.
<< è davvero un cristallo unico al mondo. È assurdo che una bambina possieda un gioiello così prezioso e potente. Bene, visto che non vuoi collaborare, a quanto pare dovremmo usare un altro sistema. >> Spaventata dall’idea che potesse farmi del male, non potei fare a meno di urlare spaventata. Per la sorpresa il bestione mollò la presa, e approfittai del momento per scappare via, verso quella città che ovviamente non poteva offrirmi lo stesso aiuto che potevo ricevere nella mia realtà.
Tutti i Digimon che abitavano lì si voltarono attirati dalle mie urla che non avevano fine. I due cavalieri mi stavano dietro: dato che erano più grossi di me e non potevano “scivolare” facilmente da una parte all’altra, spinsero via dalla loro strada i passanti che infuriati li insultarono per i loro modi bruschi, guadagnando sempre più terreno. Corsi a perdifiato pur di non farmi catturare: presi strade diverse, cercai di confondermi in mezzo ai loro simili, imboccai vicoli strettissimi per loro, ma questo non bastò per farli arrendere; loro non sentivano la fatica, ma io al contrario sì, le gambe stavano cedere per lo sforzo, le sentivo bruciare ad ogni passo, e presto sarei crollata dalla stanchezza.
All’ultimo momento, girai per una strada secondaria proprio nel momento in cui i due inseguitori mi avevano quasi raggiunta, per fortuna, andavano troppo di fretta per accorgersi che mi ero nascosta dietro un grosso Digimon dinosauro, andando dritti per la loro strada.
Eh - eh, babbei. Pensai soddisfatta.
Risolto un problema se ne problema un altro. Dovevo tornare nel luogo dove mi ero separata da Sly, ma passare inosservata dopo tanto chiasso era praticamente impossibile. Nascosta in un vicolo cieco, pensai a lungo a come andarmene via da lì mentre nella strada principale e soleggiata gli esseri digitali ( che tanto digitali non parevano ) si dedicavano alle loro faccende, in parte molto simili a quelle degli esseri umani come il mercato o le imprese edili, arrivando persino all’occupazione di babysitter: infatti, erano presenti anche dei cuccioli in quella parata di mostri, e come tali si divertivano giocando tra loro, schiamazzando come matti e lanciandosi giocattoli. Erano davvero teneri a vedersi, e fu proprio grazie a loro se trovai la soluzione al problema, quando vidi un gruppetto intento a colorare e creare composizioni con la carta. Raccolsi un po’ di roba abbandonata nel vicolo, usai un bel po’ di fantasia, e incrociai le dita sperando in bene.
 
Quanto mi vergognai ad andarmene in giro mascherata come una fessa, eppure il trucco funzionò davvero. Da perfetti cartoni non si accorsero di niente, mi ignorarono totalmente, il che mi lasciò incredula.
Ma come fanno a non accorgersi di niente? Questa cosa non l’ho mai capita. Eppure è evidente che non sono una di loro! Non sono mica scemi in fondo. Pensai da sotto la maschera, presa spunto da uno dei cuccioli, che avevo ritagliato e dipinto con quello che ero riuscita a trovare: una scatola tinta di blu nascondeva la testa, un vecchio telo cucito male il resto del corpo, e a tenerli uniti ci pensava pochissimo nastro adesivo che poteva scollarsi da un momento all’altro. Chiesi con molta timidezza ai passanti le indicazioni per uscire dalla città, perdendomi continuamente ovviamente, fino ad arrivare esausta in una piazza poco affollata dove mi sedetti su una panchina per riprendere fiato, sbuffando nervosamente per l’assurda situazione in cui mi ero cacciata. Poco dopo mi rimisi in piedi per rimettermi in marcia, inciampando ad un tratto nel mantello, finendo così involontariamente addosso ad un Digimon.
<< Ehi! Attento a dove metti i piedi microbo! >> tuonò il bestione, simile ad un golem, e soprattutto alto quasi quanto una casa.
<< Chiedo scusa… non l’ho fatto apposta. >>
<< Le scuse non bastano! Ti insegno io a guardare meglio quando cammini! >>
Dalla padella alla brace. Pensai preoccupata.
<< Fermo! >> improvvisamente, una voce femminile bloccò il mostro che sussultò spaventato, ritirando il pugno che aveva sollevato per “punirmi”. Una creatura unica nel suo genere atterrò con grazia tra me e il golem, tra lo stupore e la meraviglia generale dei passanti che con stupore pronunciarono sotto voce il suo nome: Keisemon. La “ragazza” ( dico ragazza perché l’aspetto la faceva davvero sembrare una persona normale ) assomigliava ad una vera fata delle favole: aveva grandi e maestose ali argentate, corpo snello e perfetto nelle curve, lunghi capelli viola fluttuavano al vento. Il costume che la ricopriva era coloro rosa e tenuto insieme da dei lacci, un paio di stivaloni e di guanti le davano un aspetto da dura, mentre una visiera di metallo tipica per la maggior parte dei Digimon dall’aspetto vagamente umano le nascondeva gli occhi. Non disse niente, si limitò a fare una smorfia contrariata, tanto quanto bastava per far indietreggiare il suo simile che tento di dire qualcosa, ma il continuo balbettio che doveva sembrare una scusa non glielo permise, e dopo un’occhiataccia da parte di lei, scappò a tutta birra.
<< Ed ora pensiamo a te. >> disse ad un tratto, rivolta a me.
<< Ehm…io… posso spiegare. >> risposi terrorizzata. Vedendomi spaventata, Keisemon sorrise, dandomi un buffetto sulla testa ( mascherata ).
<< Tranquilla, non voglio arrestarti. So che sei qui con un amico, e che ti sei persa. >>
<< Cosa? >> esclamai confusa. La Digimon si avvicinò in modo che solo io potessi sentirla, guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fosse qualcuno che stesse spiando.
<< So che non sei come noi. Tu sei un essere umano, e per di più spaventata. Non temere, le mie intenzioni sono quelle di aiutarti a non finire nei guai. Seguimi, ti porto dal tuo amico peloso. >>
 
Il breve volo tra le braccia di Keisemon che mi portò fuori dalla città fu sia divertente che pauroso: tutto sotto di me sfrecciava con rapidità, l’ombra proiettata dall’aggraziata figura che mi sorreggeva spaventava branchi di esseri digitali che si trovavano sulla sua strada, a differenza di qualcuno che trovava il coraggio di salutarci e gridare esaltato. Atterrammo in una vasta prateria tappezzata di piccoli fiori arancioni simili a papaveri dall’intenso profumo pepato, dove ritrovai Sly tutto intento a camminare avanti e indietro con una faccia preoccupata, il quale vedendomi si precipitò per abbracciarmi e assicurarsi che fossi ancora intera, tirando un sospiro di sollievo.
<< Tutto bene nanetta? Hai avuto paura? >>
<< Si, mi sono spaventata molto, ma sto bene. Tu piuttosto, perché sei scomparso? >>
<< Chiedilo alla signora fata, mi ha trascinato qui mentre ero distratto. Un colpo basso da parte di una “donna”. >>
<< Volevo solo capire di chi si trattasse: chiunque avrebbe capito al volo che non eri come noi. Ora, dato che vi siete riuniti; avrei delle domande da farvi circa la vostra presenza. >>
<< Chiedi pure, ma non aspettarti che ti diremo tutto quanto. >>
<< Come avete fatto a raggiungere Digiworld? Ogni passaggio con il mondo umano è andato perduto, bloccato per sempre. Nessuno è in grado di andarci, eppure… quando mi hanno avvisata che c’erano due abitanti di quel mondo qui da noi… sono rimasta senza parole. >>
<< Aspetta, chi ti avrebbe avvisata? >>
<< I Cavalieri Reali, nostri alleati. >>
Io e il procione ci scambiammo uno sguardo preoccupato non appena quel nome familiare ci saltò all’orecchio. Notando la nostra reazione, la fata ci chiese quale fosse il problema, e così le raccontammo ciò che c’era successo con quei “cavalieri”: il rapimento, il luogo in cui ci avevano mollato, l’inseguimento… ogni parte del racconto le suscitò sorpresa, dandole molto da pensare sul lavoro dei suoi “colleghi” a mio parere mezzi pazzi. Era la verità però, e il travestimento era una prova di quanto mi avessero spaventata con i loro modi bruschi.
<< Come se non avessimo già abbastanza problemi: ci mancava solo che quei due perdessero la testa. >>
<< Navigate in cattive acque? >>
<< Puoi dirlo forte: da qualche tempo molti Digimon sono scomparsi a gran numero, soprattutto quelli di alto livello. Ancora non siamo riusciti a scoprire il colpevole di queste sparizioni. >>
<< Possibile che c’entrino quei due bellimbusti? >>
<< Chi? Cruseidemon e Dinasmon? No, nella maniera più assoluta. Sono Digimon molto potenti di loro, dunque non hanno bisogno di assorbire la forza altrui. Mi piacerebbe però saperne di più su questa loro missione... Oh, me ne occuperò la prossima volta, ora devo trovarvi un posto dove nascondervi. >>
<< Voi fare questo per noi? Sei gentile anche se siamo stranieri. >>
<< Di niente. È la mia natura aiutare i deboli e gli indifesi. Ora andate, prima che la notte cali. >>
 

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Capitolo 11
*** Capitolo undicesimo: Cacciatori incalliti ***


  Dopo aver dormito a sonno fondo, contro voglia volli alzarmi quando i primi raggi solari mi accecarono. Mi girai dalla parte opposta tentando di continuare a dormire, accoccolata tra le morbide coperte che mi avevano offerto per ripararmi dal freddo, ma i continui richiami di Sly che insisteva a farmi alzare alla fine ebbero la meglio. Sbadigliai e stropicciai gli occhi parecchie volte prima di uscire dalla piccola capanna in cui avevo passato la notte, per lavarmi il viso con acqua fresca, feci un’abbondante colazione e infine, insieme a Sly c’incamminammo verso una destinazione sconosciuta.
<< Forse ho trovato il modo per lasciare questo posto. >> si limitò a dirmi, sicuro di sé.
<< Davvero? E come? >> chiesi incuriosita.
<< Lo scoprirai presto. >>
Non che mi dispiacesse lascare quel posto, ma ero fin troppo curiosa di scoprire la soluzione trovata dal procione. Se non avessi avuto troppa paura di rivedere quei due “cavalieri”, avrei ben volentieri esplorato il resto della regione digitale per scoprire qualche curiosità appena accennata nel cartone.
 
§ A proposito di quei due rompiscatole.
Incurante del fatto che mi stessero ancora cercando, i cavalieri volarono rapidi nel cielo dopo aver passato la notte insonne in giro per la città per ritrovarmi, alquanto alterati per aver perso tempo. Se qualcuno avesse provato a fermarli, di certo non avrebbe ricevuto un trattamento gentile, non dopo quello che gli avevo combinato.
<< Sei sicuro che l’informazione sia attendibile? >>
<< Sicurissimo. Quella mezza tacca non poteva avere il coraggio di mentire dopo la “lezione” che gli ho dato. >>
<< Ci sei andato troppo pesante. Dovresti calmarti amico mio, non dobbiamo attirare troppo l’attenzione, qualcuno prima o poi farà domande su quanto stiamo cercando di fare in gran segreto. >>
<< Lo so bene, ma non ho intenzione di fermarmi proprio adesso. Non con quello che c’è in gioco. >> §
 
<< Che cosa? Abbiamo fatto tutta questa strada solo per giungere ad una stazione? >> chiesi perplessa a Sly, non appena mi portò nel posto tanto discusso. Si trattava di una vecchia stazione ferroviaria, apparentemente abbandonata da tempo: il cartellone degli arrivi e delle partenze era marcio, la cabina per comprare i biglietti vuota e piena di polvere, tutto il resto era in rovina e distrutto. 
<< Questa non è una stazione qualunque, mia cara. Ho scoperto che i treni di queste parti sono in grado di andare nel mondi reale. In poche parole, a casa. >>
<< Mi stai prendendo in giro. >>
<< Dico sul serio. Chiederemo ad uno dei macchinisti di portarci indietro, così, se siamo fortunati, potremmo continuare il nostro viaggio indisturbati. >>
<< Come se finora fosse stato tranquillo….>> l’idea di Sly non mi entusiasmava: poteva essere talmente semplice tornare indietro, da dove eravamo venuti, salendo su un treno? Lo ritenevo impossibile, e la desolazione che trovammo non mi incoraggiò.
Ci avvicinammo all’ingresso della grotta dove i binari arrugginiti sparivano: la luminosità non era un granché, piccole lanterne ad olio illuminavano scarsamente la grotta che appariva buia e deserta, con deboli rumori che riecheggiavano lontani.
<< Ehilà? C’è qualcuno qua dentro? >> gridò Sly.
<< Chi siete? >> domandò una ruggente voce cavernosa.
<< Ehm…ci scusi il disturbo, ma stiamo cercando aiuto. >>
<< Che tipo d’aiuto? >> domandò la voce.
<< Ecco, dobbiamo andare nel mondo reale, e ci hanno detto che i vostri treni sono gli unici mezzi in grado di portarci a destinazione. >>
<< è vero, non vi hanno mentito. Ma purtroppo, nessuno di noi in questo momento può aiutarvi. >>
<< Peccato, abbiamo molto bisogno di voi, e….potrebbe venire davanti a noi per parlare, invece di nascondersi nel buio? >>
<< Io non mi sto nascondendo. Sono proprio davanti a voi. >>
All’improvviso, tantissime lampade elettriche si accesero ovunque. L’esplosione di luce ci accecò senza preavviso mentre un caotico stridere metallico riecheggiava acuto in ogni angolo facendo accapponare la pelle.
<< Così va meglio per voi? >> riaprimmo gli occhi, richiamati all’attenzione dalla voce: scoprimmo che era un grande treno nero come la pece, con cinque fari sulla facciata disposti a croce e con delle sbarre color avorio disposte verticalmente di sotto. Ma la vera sorpresa consisteva nel fatto che a parlare non era il macchinista, bensì treno stesso! Vivo per giunta! Due dei cinque fari fungevano da occhi, mentre le sbarre erano la bocca da cui usciva la voce.
<< Sorpresi? Si vede che siete forestieri, tutti a digiworld sanno che noi Trailmon siamo in grado di parlare. >>
<< Ma guarda un pò, ogni giorno scopro qualcosa di nuovo. >> dissi scherzosamente.
<< Perché volete andare nel mondo reale? >> chiese un altro digimon treno, simile ad una  vecchia locomotiva, che si avvicinò insieme ad altri suoi simili, ognuno di aspetto diverso.
<< Stiamo facendo un viaggio molto importante e non possiamo perdere altro tempo prezioso. >>
<< Vorremmo aiutarmi, ma tutti noi siamo occupati. Da quando i passaggi per i due mondi sono stati chiusi, ci occupiamo di trasportare merci varie. Purtroppo nessuno di noi può accontentare la vostra richiesta. >> disse il treno nero, indicandoci con lo sguardo dei grandi container.
<< Però…Forse c’è qualcuno che può aiutarvi. >> disse ad un tratto il digimon con tono incerto.
<< Davvero? Chi è? >>
<< C’è un treno, chiamato Drivertrailmon, che a differenza di noi preferisce viaggiare per digiworld invece di lavorare. Ultimamente racconta di essere stato in un posto senza digimon, ma nessuno gli crede. Ma se ciò è vero, allora è il treno che fa per voi. >>
<< Dove possiamo trovarlo? >>
<< è lì dietro che dorme. Potete sentirlo chiaramente russare. >>
Camminammo fino in fondo alla grotta, suddivisa in vari cunicoli numerati in cui i binari vi entravano all’interno: in uno di questi udimmo un insolito rumore. Ci avvicinammo, accorgendoci che era proprio il tipico verso di qualcuno che russava, e anche molto forte a giudicare dalla sonorità. Capito che si trattasse della “persona” che ci avevano indicato, entrammo per controllare: un grosso treno bianco da trasporto con delle linee rosse e blu sui fianchi dormiva profondamente, mugugnando parole senza senso. Dopo uno scambio d’occhiate perplesse, io e Sly cercammo di svegliare il digimon:
<< Ehm…mi scusi. Signor treno…ehi!…Si svegli! >>
<< Eh? Uh? Chi è? >> non appena gli urlai, l’enorme treno si svegliò di soprassalto.
<< Ci scusi se l’abbiamo disturbata, ma abbiamo bisogno del suo aiuto. >>
<< Ehi, che digimon siete? >> chiese il digimon, guardandoci con meraviglia.
<< Non siamo digimon, siamo persone, e veniamo entrambi dalla realtà. Ci hanno assicurato che lei è capace di andare nel nostro mondo. >>
<< AH! Finalmente l’hanno ammesso quei brontoloni noiosi! Ebbene sì miei cari, sono l’unico treno che può aiutarvi! >>
<< Dice sul serio? >>
<< Ma certo! Drivertrailmon al vostro servizio! >>
Saremmo potuti partire per tornare indietro quel giorno stesso se prima il nostro “amico”, non ci avesse chiesto di fargli un favore, ossia portargli della frutta per rimetterlo in carreggiata. Visto che il prezzo da pagare era semplice, tornammo al villaggio in cui eravamo stati ospitati per chiedere un po’ di frutta da portare ( strano a dirsi ) al treno. Ma una volta giunti a destinazione non trovammo gli abitanti indaffarati a lavorare spensieratamente nei campi o riparando le loro piccole case, l’intero villaggio era ridotto in un mucchio di macerie, gli abitanti malmenati e i campi bruciati. Erano trascorsi pochi minuti da quando c’è ne eravamo andati, e non capivamo come potesse essere successa una catastrofe simile. Soccorremmo gli abitanti immediatamente senza perdere altro tempo prezioso:
<< Siete….Siete in pericolo….>> disse uno di loro ansimando.
<< Che cosa? >>
<< Dovete andarvene…loro vi cercano…>>
<< “Loro” chi? >>
<< Guarda chi rivede. Finalmente ti abbiamo trovata. >>
 
La voce “fuori campo” fu fastidiosa come il fischio del gesso sulla lavagna: sospesi nel cielo, scrutandomi come minacciosi avvoltoi, i Cavalieri Reali Cruseidemon e Dinasmon erano ricomparsi. Atterrarono così violentemente da generare un turbine che spazzò via le macerie disintegrandole all’istante; i pochi abitanti rimasti scapparono in preda al panico, abbandonando quel poco che gli era rimasto per mettersi in salvo.
<< Voi! Siete stati voi a fare questo?! >> gli gridò Sly furioso.
<< Esatto. Abbiamo raso al suolo tre villaggi per scoprire dove ti eri nascosta, e alla fine siamo riusciti a trovarti, umana. >>
<< Perché l’avete fatto? Io non capisco… avete fatto una cosa orribile! >> gli urlai.
<< La missione che ci è stata affidata ha subito troppe interferenze. Dobbiamo custodirti affinché tu possa stare al sicuro. >>
<< Ma perché!? Perché tutto questo?! Io non capisco! >>
<< Non c’è bisogno che tu capisca, devi solo fare quello che ti diciamo noi. >>
<< In quanto a te, palla di pelo, ti conviene non immischiarti nei nostri affari se non vuoi passare dei guai. >>
<< Tipica frase da cartone animato…>> dissi sottovoce nell’udire quella frase.
Il cavaliere rosa si avvicinò con la mano tesa in avanti per prendermi, ma Sly gli si parò davanti puntandogli contro il bastone.
<< Se osate anche solo sfiorare la mia amica, vi do la mia parola di ladro che ve la farò pagare. Inoltre, non prendo ordini da buffoni come voi, quindi smammate. >> provocati dall’insulto, senza perdersi ulteriormente in chiacchiere, i Digimon scattarono rapidi come lepri per colpire Sly con i loro pugni. Il ladro riuscì con un salto all’indietro a schivarli, atterrando proprio dietro di me che ero rimasta senza parole.
<< Presto Claudia, corri! >> mi disse, tirandomi per un braccio. Vedendoci scappare, con un sol balzo ci raggiunsero e cominciarono a lottare contro il mio amico: Sly riuscì a bloccare ogni loro colpo sfruttando le sue doti atletiche e il bastone, ciò nonostante fu difficile per lui resistere a quell’interminabile raffica di colpi inferta dai due sfidanti che lottavano in perfetta sincronia, come se fossero un solo essere. Non potendo restare a guardare, presi un bastone proveniente dai resti di una casa e colpì con forza il Digimon drago sulla schiena, senza che questo non sortisse alcun effetto, facendolo solo infuriare.
<< Piccola peste, ti insegno io a restare al tuo posto. >>
<< Ehm…>>
Furioso si voltò completamente pronto a colpirmi, ma in quel momento, qualcosa lo “investì” scaraventandolo in aria con violenza. Sia io, Sly e il suo compagno fissammo scioccati il drago roteare in cielo e atterrare dolorosamente di faccia, mentre qualcuno rideva di gusto per la brutta figura fatta.
<< Salve ragazzi, tutto bene? >>
<< Drivertreimon! Cosa ci fai qui? >> esclamammo in coro io e Sly nel vedere il treno.
<< Nell’attesa di pregustare della frutta, ho voluto sgranchirmi un po’ gli ingranaggi, e passando da queste parti vi ho visto inseguiti da quei brutti ceffi. >>
<< Sei arrivato giusto in tempo, non c’è la stiamo passando tanto bene. >>
<< Salite adesso! Quel bell’imbusto lucertolone è un po’ arrabbiato. >> non ce lo facemmo ripetere due volte e salimmo nella piccola cabina di comando dietro di lui. A tutta velocità, Drivertreimon sfrecciò per le rotaie come un missile dopo aver agganciato dietro di sé dei vagoni, allontanandosi dai nostri inseguitori.
 
Il treno sembrò volare mentre correva senza sosta sulle rotaie verso una meta non precisa. I vagoni di legno per i passeggeri si scuotevano violentemente a causa del movimento niente affatto tranquillo, stare seduti sulle panchine era un’impresa peggiore del resistere alla nausea per quanto si scivolava avanti e indietro a causa degli scossoni. Anche se stavo scomoda, continuavo a pensare a come gli abitanti di quel piccolo villaggio erano stati trattati male a causa di quei due mostri, mi faceva stare il male il fatto che era accaduto per causa mia: se non mi avessero cercato con tanta insistenza, sicuramente non sarebbe successo niente.
<< Claudia, ti senti bene? >> mi domandò Sly.
<< Ho paura di rincontrare quei due …e di provocare altri guai. >> ammisi a voce bassa.
<< Ma tu non hai causato nessun guaio, la colpa è di quei buffoni che stanno cercando di rapirti. Tu non centri nulla. >>
<< Invece si. Se non fossi stata così sbadata da far attirare l’attenzione su di me, quei poveretti ora starebbero bene. >>
<< Sono solo dei bestioni senza cervello. Non darti colpe che non hai commesso, stai solo facendo una sciocchezza. >>
Sorrisi leggermente rincuorata all’amico che cercò di tranquillizzarmi, rispondendomi a sua volta con una risatina sorniona. Sebbene apprezzassi il gesto, non mi convinsi del fatto di essere la causa dei nostri guai.
Dopo qualche ora di viaggio, il treno si fermò all’interno di una radura nascosta da giganteschi abeti secolari, provvista di un laghetto dalle placide acqua che brillava sotto i raggi del sole che spuntavano proprio al centro della radura e i rami degli alberi, straripanti di verdi foglie e di gustosi frutti, fungevano da rifugio per le varie specie che vivevano là dentro. Incuriosite dalla nostra presenza, le creature ci studiavano per capire chi e cosa fossimo, mentre noi ci limitavamo a sgranchirci un po’ le ossa.
<< Mamma mia, non salirò mai più su un treno dopo questa corsa. >> dissi esausta.
<< Ma che dici? È stata solo una passeggiata rispetto a quello che posso fare veramente. >> rispose vanitoso Drivertrailmon.
<< Claudia, ora che abbiamo seminato quei babbei, approfittiamone per capire perché sono così decisi a catturarti. >> propose Sly.
<< Hanno detto che vogliono tenere la pietra in un luogo sicuro, questo vuol dire che sono a conoscenza del suo potere. >>
<< Ma come avranno fatto a saperlo? È questo che voglio capire. È la prima volta che li incontriamo, eppure sembra che ne sappiano più di noi di questo maledetto gioiello. >>
<< Non può essere. >>
<< Appunto…. Mi chiedo se c’entri in qualche modo quel tizio misterioso… quello che ci aspetta alla “Terra senza Tempo”. >>
<< Gabriel? Bè… è probabile. Ma non sappiamo niente di lui. >>
<< Appunto. Ed è l’unica persona che sa qualcosa sulla pietra. Sono sicuro che è lui il mandante di quei pazzoidi. Per essere dei Cavalieri Reali sono dei veri… >>
<< COSA HAI DETTO?! I vostri aggressori erano membri dell’ordine dei Cavalieri Reali??? >> urlò incredulo Drivertrailmon, assordandoci con la sua voce e facendo fuggire gli abitanti della radura.
<< Così hanno detto di chiamarsi loro. >> gli rispose semplicemente il ladro, coprendosi le orecchie. Il treno a quel punto iniziò a piagnucolare agitatamente, farfugliando cose senza senso, inutilmente consolato dai piccoli Digimon che trovarono il coraggio di avvicinarsi nonostante la presenza mia e di Sly.
<< Sono così famosi? >>
<< Famosi? Sono pari solo agli Dei! Non avete idea di quanto siano importanti! E io li ho pure colpiti! Adesso mi uccideranno, ne sono sicuro! >>
<< Calmati stupido! Vuoi farci scoprire con quel vocione che ti ritrovi? >>
<< Come posso calmarmi dopo quello che mi avete detto?! Comunque state pur certi che, qualunque cosa vogliano da voi, riusciranno a conquistarla! Loro non si fermano davanti a niente! >>
<< Grazie mille per l’informazione uccellaccio del malaugurio, adesso ci sentiamo molto più tranquilli. >>
 
§ A tal proposito, la rabbia di qualcuno era talmente forte da riuscire a fondere i binari di solido ferro e bruciare l’erba rendendola cenere. Chiunque si allontanò per non finire male, solo una persona aveva il coraggio di stare accanto a quella meteora incandescente che sfrecciava nel cielo talmente rapidamente da accecare al solo passaggio.
<< Appena metterò le mani su quella bambina, le darò una lezione che ricorderà per il resto della sua vita! >>
<< Amico mio, c’è stato detto chiaramente che non dobbiamo farle alcun male. >>
<< Me ne infischio degli ordini Cruseidemon! La nostra reputazione sta venendo infangata per causa sua, e solo perché ha troppa paura di noi! >>
<< è giovane, cosa ti aspettavi da un essere umano della sua età? In ogni caso, non c’è bisogno di prendersela tanto; non vorrai mica che i tuoi dati si rovinino. >>
<< Cavolate! Che sia vecchia o giovane non m’interessa! Sono stufo! Non avrei mai dovuto accettare questo incarico privo di garanzie! >>
<< Devo ricordarti per chi stiamo lavorando? >>
<< Ti prego, evita di ricordarmelo: se non sapessi che il nostro “capo” e quella pietra dorata garantiranno futuro di Digiworld, avrei già mollato tutto. >> §
 
Cercare di riposare non fu facile: le panche dei vagoni erano davvero scomode e le occhiate curiose dei Digimon all’esterno ti facevano sentire alquanto a disagio, e non erano gli unici problemi ovviamente. Stavo sempre sull’attenti per assicurarmi che, qualunque cosa arrivasse con intenzioni malvagie, fossi pronta a scappare, sobbalzando spaventata ogni volta che sentivo un rumore sospetto o una voce appena udibile che sussurrava qualcosa.
Avevo paura, non mi sentivo affatto al sicuro.
Tentai a quel punto di rimuovere il bracciale per assicurarmi di non correre guai, ma più lo tiravo e più male faceva, come se fosse attaccato alla pelle peggio della ventosa di un polipo, senza spostarsi di un millimetro. Abbandonai l’impresa dopo pochi minuti, accasciandomi sul sedile abbattuta e fissando arrabbiata la pietra dorata che continuava a luccicare come se niente fosse.
Che giornata schifosa…
Mi gettai le mani sul viso e sbuffai pesantemente, voltandomi da un lato e mandando tutto a quel paese. Mi ero quasi addormentata quando sentì alle mie spalle dei mormorii che mi fecero accapponare la pelle; in un primo momento immaginai che si trattasse dei miei inseguitori e mi tenni pronta a scappare, rassicurandomi quando mi resi conto che le voci erano troppo flebili e (in un certo senso) timide. I cuccioli abitanti della radura, comportandosi in tutto e per tutto come dei bambini, avevano trovato il “coraggio” di venire a vedermi, intimoriti dal mio aspetto e al tempo stesso incuriositi. Rimasi immobile, divertita da tanto iniziativa: i piccoli si sfidavano tra di loro per vedere chi riuscisse a fare qualcosa di ardimentoso come toccarmi o prendermi una ciocca di capelli per dimostrare quanto coraggio avessero.
Decisi di lasciarli fare, fastidio non mi davano e al momento ero interessata più che altro a dormire.
Quando uno di loro si decise finalmente di toccarmi, un urlo fortissimo fece scappare i cuccioli che gridarono a loro volta, sentendo subito dopo la risata di Sly. Quel disgraziato del procione aveva terrorizzato i piccoli con il pretesto di farsi quattro risate.
 << Sei cattivo! Li hai sicuramente traumatizzati! >>
<< Mi dispiace, non ho saputo resistere. Erano così buffi che non ho potuto fare a meno di fargli uno scherzo. >>
<< Mi ricordi mia sorella: anche lei si diverte a farmi cose del genere quando meno me lo aspetto. >>
<< è una tipa in gamba. >>
<< è una rompiscatole come te. >>
Il ladro ridacchiò, io mi limitai a tenergli il broncio. Improvvisamente gli abitanti della radura scapparono con foga dalle loro case, radunandosi al centro dell’oasi con aria terrorizzata. Non ne capimmo il motivo fino a quando non udimmo delle voci familiari urlare. Ci affacciammo da una siepe per imprecare a denti stretti non appena vedemmo quei seccatori di cavalieri, appostati in prossimità della radura. Il drago bianco era sicuramente il più arrabbiato, i muscoli del corpo gli si contraevano mostrando le molteplici vene, il cavaliere rosa invece era calmo e composto, interessato più che altro ad annusare l’intenso profumo di una rosa rossa che teneva tra le mani.
<< Sappiamo che siete lì dentro, è inutile che vi nascondete! Venite immediatamente fuori! Ci avete fatto perdere troppo tempo prezioso! >> urlò l’essere bianco.
<< Non vogliamo farvi del male. Consentiteci solo di porre rimedio al disguido che si è venuto a creare. >> replicò il collega con più tranquillità.
<< Vi avverto! Se non uscite entro cinque minuti, distruggeremo l’intera radura, e con essa anche i digimon che vi ci abitano! >>
<< Dinasmon… devi essere per forza così aggressivo? Sto cercando di avere una conversazione politica… potresti evitare di fare e dire l’esatto contrario di quello che faccio io? >>
A quella minaccia le creature che abitavano la radura sussultarono spaventate. Vederli così mi spezzò il cuore: rischiavano di perdere tutto per causa mia. Ero pronta a saltare fuori dal mio nascondiglio quando Sly mi afferrò per le spalle portandomi indietro,
<< Non ti permetterò di fare una stupidaggine simile. >>
<< Ma quelli vogliono distruggere questo posto! >>
<< Ti assicuro che non glielo permetteremo. >>
Lasciatomi le spalle, si rivolse ai poveri Digimon che continuavano a tremare per la paura.
<< Ascoltatemi, so bene che non volete avere nulla a che fare con noi, ma vi prometto che non vi accadrà nulla. Ho un piano per sventare la minaccia. >>
 
I due cavalieri attesero con impazienza una risposta fino a quando, dopo aver interrotto la loro chiacchierata, trasalirono quando lasciai la radura e cominciai ad avvicinarmi cautamente. Nessuno dietro di me mi seguiva, ero senza scorta, scrutando così nervosa i due Digimon alquanto soddisfatti.
<< Hai fatto la scelta giusta signorina. >>
<< Promettete di non distruggere la radura. >>
<< Lo promettiamo solennemente, anzi, ti diamo la nostra parola. Ora devi seguirci, dobbiamo portarti in un luogo sicuro. >>
<< Prima di andare, gli abitanti del posto vorrebbero dirvi una cosa. >>
<< Ben felici di ascoltare i nostri simili. Che si facciano pure avanti. >>
<< Perfetto. >> Sorridendo compiaciuta, mi girai in direzione della boscaglia e urlai a gran voce, segnalando a chi so io il via libera. Nello stesso momento dalle chiome degli alberi vennero lanciate a mo’ di catapulta numerose sfere che, invece di andare lontano, tornarono indietro e precipitarono al suolo rilasciarono una densa nube nera dallo sgradevole odore che si poteva sentire anche da lontano. Subito dopo una carica forsennata di Digimon corse nella mia direzione, avvolta dagli aloni di quel fumo, urlando e ringhiando come dei pazzi: riuscì a scansarli prima che venissi travolta, al contrario dei cavalieri che non fecero in tempo ad imitarmi. In realtà era tutta una messinscena per allontanare i pazzoidi dalla radura: Sly era riuscito a convincere le creature a darci una mano a scappare, senza che gli aggressori s’insospettissero dell’aiuto che avrebbero sicuramente considerato come tradimento, così che tutto finisse bene per tutti. Il treno ci aspettava con il motore accesso dall’altra parte del percorso di binari che attraversa la macchia di alberi, incitandoci a saltare a bordo prima che gli inseguitori si riprendessero, cominciando a muoversi lentamente verso l’entroterra.
Corsi più veloce che potevo, rischiando un continuo infarto vedendo il veicolo che stava prendendo velocità per partire via senza di me. Trattenni il fiato quando lo vidi prendere lo slancio per partire a razzo: prima di piangere, urlare o fare qualsiasi cosa per esternare la mia “preoccupazione”, improvvisamente mi sollevai da terra e svolazzai in aria come un insetto, sfiorando il soffice terreno erboso che cercavo di riconquistare sfiorandolo con la punta dei piedi. Una risatina femminile mi incoraggiò a guardarmi le spalle, Keisemon mi sorrideva con gran allegria, tenendomi stretta a sé per il bacino con le ali sue che sorreggevano entrambe senza gravare sulla forza o velocità impiegata per roteare a mezz’aria senza problemi. Atterrammo ( dopo una lunga serie di piroette da far venire un collasso ) sul tetto di uno dei vagoni ed entrammo dentro tramite una botola, ben felice di sentirmi al sicuro.
<< Fortuna ero nei paragi, chissà cosa ti avrebbero combinato quei due se non fossi intervenuta. >> disse la “ragazza” con un sorriso.
<< Ti devo un gran favore, se non fosse stato per te avrei perso il treno e il piano di Sly non sarebbe servito a niente. >>
<< Tranquilla umana, finche staranno con me, sarai sempre al sicuro. >>
Nello stesso momento nella carrozza entrò Sly, il quale mi tempestò di domande per assicurarsi che stessi bene. Dopo essere riuscita a calmarlo, insieme raccontammo alla fata l’avventura che ci era capitata, soprattutto il rischio corso nell’ingannare i cavalieri.
<< Avete ragione ad essere preoccupati, prima lasciate Digiworld, meglio è. A proposito… Drivertrailmon, quando intendi riportarli nel mondo reale? >>
<< Oh, prima devo sistemare delle cose con i miei compagni, sono ancora indecisi se lasciarmi andare o No. >>
<< Faccelo sapere presto, dobbiamo andar via il prima possibile. >>
<< Tranquillo cosino buffo, farò di tutto per aiutarvi. >>
<< Beh, andiamo ragazzi. Vi porterò in un posto sicuro dove riposare. >>
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodicesimo: Lucemon ***


 Fin da quando ero piccola, nei cartoni animati ho visto favolose battaglie e scontri epici fra i guerrieri della luce e quelli delle tenebre, guerre accese che riuscivano a tenermi con il fiato sospeso. A volte ho anche pianto, ma questo solo per l’ingenuità infantile dell’epoca. 
Ormai non provo più questo tipo di emozione, mi viene solo da sorridere nel ripensare a quanto ero sciocchina e credevo a quella falsità che alla fine si è rivelata tutt’altro che inventata.
Comprese le emozioni che essa genera.
Alle prime luci dell’alba, quando ancora ogni cosa era assopita in un tranquillo sonno ristoratore, la sottoscritta si attorcigliava le dita con nervosismo, in attesa che il treno su cui mi ero già sistemata partisse per portarmi a casa… o meglio, in un luogo in cui avrei potuto sentirmi al sicuro. Stavo morendo di sonno, non avevo chiuso occhio per tutta la notte e sebbene il sole appariva come un segno di buon auspicio, io al contrario non mi sentivo tranquilla. L’unica cosa che mi faceva sentire un poco meglio era la presenza di Keisemon, quel giorno nelle vesti di “guardia del corpo” dopo aver deciso che ci avrebbe accompagnato per preservare la nostra incolumità.
<< Sei molto gentile ad accompagnarci Keisemon, ma non vorremmo distrarti dai tuoi compiti. >>
<< Non preoccuparti ragazzina, dopo tutto quello che vi è successo è il minimo che possa fare. >> << Signori, in carrozza! >> urlò improvvisamente Drivertrailmon, annunciando la partenza imminente. Le porte dei vagoni si aprirono da sole come per magia, invitandoci a salire a bordo.
<< I signori passeggeri sono pregati di sistemarsi nelle carrozze, il treno Digiworld – Mondo Reale è in partenza dal binario 6. >>
<< Smettila di darti tante arie e parti, sbruffone. >>
<< Va bene, cercavo solo di rendere il momento più emozionante. >>
È così, dopo un lungo fischio proveniente dal convoglio che vibrò leggermente, partimmo.
 
La stazione si allontanò sempre di più col passare dei minuti fino a quando non prendemmo velocità per poi scomparire. Affacciandomi da uno dei finestrini, osservavo quel paesaggio “alieno” scorrere veloce davanti ai miei occhi, fra colline erbose e pianure alberate che mi davano l’illusione di trovarmi nella campagna della mia regione. Ogni tanto in lontananza apparivano digimon che guardavano incuriositi il treno sfrecciare sui binari e salutandolo con allegria, ignorando chi ci fosse a bordo. Il verde mi rilassa, così come le piante e gli alberi le cui foglie erano intrise, ma in quel momento mi sentivo l’esatto contrario.
E avevo pure una gran voglia di urlare.
<< Senti Keisemon, hai per caso notizie su Cruseidemon e Dinasmon? >> chiesi esitante alla donna -  fata.
<< Purtroppo no. Sono come svaniti nel nulla, spariti… insieme ad altri Digimon di cui non si sa più nulla. >>
<< Non è una bella notizia… ma che significa “altri Digimon”? >> domandai preoccupata.
<< Bè, oltre al problema stranieri ( riferito a voi due ), io e i miei colleghi siamo stati indaffarati nell’investigazione di numerose sparizioni. Molti nostri simili sono scomparsi senza lasciare tracce, da giorni ormai non si hanno notizie, e come se non bastasse, non abbiamo piste da seguire o su cui investigare. Siamo in alto mare, e adesso che siete comparsi i voi temiamo che le cose possano peggiorare. >>
<< Della serie: “quando i guai non vengono mai da soli”. >> commentò Sly.
<< In ogni caso non dovete temere ragazzi, non è detto che i nostri guai vi coinvolgeranno. >>
<< Già, anche perché ne abbiamo due parecchio scoccianti. >>
<< Tranquilla Claudia, dopo la strapazzata di ieri non oseranno farsi rivedere tanto presto. >>
<< Sempre che non scompariamo anche noi. >>
<< Oh santo cielo! >>
Improvvisamente, nella tranquillità della conversazione, Drivertrailmon frenò di colpo, mandandoci a gambe all’aria con uno scossone.
Prima di poterlo mandare a quel paese il treno parlante ci disse di affacciarci, scoprendo in quel modo che i binari erano interrotti, le sbarre metalliche del percorso erano state letteralmente piegate e poi gettate via; alcune travi erano addirittura annodate su se stesse dando l’impressione di essere lacci di scarpe, altre invece delle palline di carta… aspetti che insospettirono la nostra guardia del corpo che svolazzò nei dintorni per investigare. Con prudenza la creatura toccò i pezzi di metallo, temendo che potessero esplodere o peggio, guardandosi nei dintorni con attenzione per tenersi pronta al minimo segno di minaccia, dicendoci nel frattempo di non lasciare il mezzo. Manco a dirlo, improvvisamente la carrozza sobbalzò violentemente e udimmo Drivertrailmon urlare: mi aggrappai ai sedili nel momento stesso in cui la carrozza vibrò violentemente e tremendi scossoni per poco non la mandarono a pezzi, frattanto che le urla del treno e della fata all’esterno si confondevano. Sly mi fece da scudo con il suo poco prima che il tetto esplose in una pioggia di schegge di legno, risucchiate all’esterno di cui vidi il cielo e la terra con agitazione; la carrozza si piegò minacciosamente su un lato e con il bastone il ladro si agganciò ad una delle finestre per tenere entrambi lontani da terra mentre dall’apertura delle fiammelle bianche bruciavano i bordi scheggiati da cui Dinasmon teneva sollevato la carrozza. Il volto di quell’essere faceva davvero paura, era davvero incavolato.
<< Stavolta non scapperete al vostro destino! >> ci urlò.
Prima di fare qualcosa, l’essere lasciò la carrozza che con tutto il suo peso precipitò al suolo, rimbalzando pesantemente. Niente di rotto per noi fortunatamente, ma i lividi sulla schiena facevano comunque male.
<< Dannazione! Quel pazzoide oggi ha istinti omicidi! >> disse Sly scocciato.
<< Chiudi la bocca microbo! Non ho intenzione di sentire una parola! >> urlò il Digimon, afferrandolo per il collo e lo sbattendolo violentemente contro la parete interna della carrozza, strangolandolo con le sue possenti mani; Keisemon gli arrivò alle spalle colpendolo con un calcio e liberando il procione prima che diventasse cianotico, ingaggiando battaglia per mandarlo via. I due volarono come razzi, urlandosi a vicenda cose incomprensibili che non riuscì a capire, qualunque cosa fosse. Con qualche colpo di tosse il ladro si rimise in piedi e afferratomi un braccio mi trascinò via prima che l’amico vestito di rosa arrivasse e continuasse il lavoro del collega.
Non feci in tempo a superare l’interruzione dei binari che ad un tratto la temperatura cominciò gradualmente ad abbassarsi, il sole venne oscurato da nube scuri temporalesche, e l’aria diventò fredda; si formò una spettrale nebbiolina bianca che avvolse l’intero paesaggio che mutò radicalmente, le piante e i fiori si irrigidirono fino a congelarsi coprendosi da uno strato bianco – azzurro. Un brivido freddo mi percosse tutta la schiena, avevo le mani ghiacciate e non riuscivo a smettere di tremare, mentre la mia pelle sembrava stesse per diventare blu. Il gelo fu talmente insopportabile che sia io che il ladro fummo costretti a fermarci per riscaldarci in qualche modo, compresi i due Digimon che atterrarono a causa delle ali ghiacciate.
<< Finalmente vi ho trovato….>> una voce gelida riecheggiò nell’aria.
Ci guardammo intorno; tentando di scorgere qualcosa nella nebbia, ma non vedemmo nessuno.
<< Ho girato tutta Digiworld per trovarvi, ma dopo paziente ricerca c’è l’ho fatta…>>
Chi stava parlando respirava a fatica, ad ogni parola faceva uno sforzo enorme tentando di formulare una semplice frase da pronunciare. Una figura scura in movimento apparve nella nebbia, avvicinandosi lentamente, Keisemon trasalì scioccata, farfugliò parole incomprensibili ma il suo semplice atteggiamento bastò per farci capire che conosceva l’individuo. Quando la nebbia si diradò un po’ potemmo finalmente vedere il visitatore: il suo corpo era completamente deformato e storpiato, non assomigliava un digimon… ma neanche un essere umano data la particolare anatomia… sembrava l’incrocio malriuscito tra un uomo e un insetto; il volto era sfregiato da tagli verdognoli che sulla carne violacea risaltavano parecchio, le braccia erano scheletriche e il torso era “piegato” in maniera disgustosa su se stesso. Dal “corpo” si potevano intravedere delle vene che pulsavano all’impazzata e delle cose che dovevano essere delle ossa, sulla schiena delle sottili ali prive di piume parevano sul punto di staccarsi; ma la cosa più strana era che in alcuni punti del corpo fuoriuscivano dei numeri che sparivano quasi subito nell’aria.
<< Lucemon, sei tornato. >> disse Keisemon in tono disgustato.
<< Esatto….Sono proprio io. >>
<< Come hai fatto a tornare in vita? Io e gli altri leggendari guerrieri ti avevamo completamente distrutto. >>
<< Ricordo….Fu una dura battaglia che mi costò la vita…e tutto quello per cui avevo lavorato con infinita pazienza. Ma per mia fortuna, una parte di me è sempre vissuta….anche se danneggiata gravemente…permettendomi così di tornare. >>
<< Non sembra però che ti abbia giovato. >>
Mentre i due parlavano, Dinasmon si era allontanato e assisteva alla scena a debita distanza. Io e Sly invece ci avvicinammo al treno per avere spiegazioni:
<< Ehi Drivertreimon, sai dirci chi è questo Lucemon? >>
<< è un digimon che molto tempo fa fu imprigionato dai nove leggendari guerrieri come punizione per il male che aveva causato sul nostro mondo. Per anni… addirittura secoli rimase prigioniero e più nessuno parlò di lui, tanto che divenne leggenda. Poi, anche se non so in quale modo, grazie ai codici del nostro mondo riuscì a fuggire dalla prigionia e a tornare sulla terra con l’intenzione di vendicarsi. Se non fosse stato per i leggendari guerrieri che riuscirono a sconfiggerlo nuovamente, ora Digiworld e il mondo reale non esisterebbero più. >>
<< Accidenti, doveva essere molto potente se entrambi i mondi hanno rischiato di scomparire. >>
Intanto, Keisemon e Lucemon continuavano a parlare:
<< Dimmi Lucemon, cosa vuoi questa volta? Il tuo piano è sempre quello di conquistare Digiworld? >>
<< Non esattamente mia cara….prima di tutto, ho bisogno dei codici dei digimon più potenti per tornare finalmente in forze….>>
<< Cosa? Allora sei tu la causa della scomparsa di tutti quei Digimon! Hai cancellato centinaia di poveri innocenti! Come hai potuto?! >>
<< Le loro vite era più necessarie a me che qui nel nostro mondo… ma non mi è bastato per rigenerarmi…. Ho bisogno di quantità sempre maggiori di dati che fino adesso… non mi hanno mai saziato… per finalmente… ho scoperto una fonte inesauribile che mi ridarà la vita che tu e i tuoi simili mi avete strappato… >> nel pronunciare con fatica quell’ultima informazione, gli occhi gelatinosi del mostro si voltarono verso me e il ladro, facendoci capire a cosa si stava riferendo quando aveva menzionato nuove fonti di vita. Dinasmon, intuendo le sue brutte intenzioni, gli si parò davanti con i pugni serrati.
<< Non ti permetterò di realizzare il tuo piano! Prima dovrai vedertela con me! >>
<< E anche con me! >> le fece eco Keisemon.
<< Sarà un piacere….>> e così, Keisemon, Dinasmon e Lucemon si affrontarono.
 
Nonostante Lucemon avesse quell’aspetto sgraziato ( e soprattutto schifoso ), non risentì dei colpi che continuavano a non dargli tregua, eppure, dava l’impressione di essere fragile. Keisemon e Dinasmon diedero fondo a tutte le loro energie per fermarlo, ma nonostante l’impegno lui riusciva a bloccare o schivare ogni mossa con facilità senza il minimo sforzo.
Nel frattempo, noi altri osservammo scioccati lo svolgersi della battaglia.
Continuavo a ripetermi che la digimon c’è l’avrebbe fatta a vincere, non avevo alcun dubbio a proposito, eppure il tarlo della preoccupazione non poteva fare a meno di farmi stare in pensiero per lei. Avrei voluto tanto aiutarla nella battaglia, ma il procione aveva vietato di intervenire qualunque cosa fosse successo.
Questa lotta mi sta facendo impazzire! Non so per quanto ancora riuscirò a guardare tutto questo! No…non devo farmi prendere dal panico, devo stare calma. Keisemon vincerà, è sicurissimo! Tutti i personaggi buoni vincono. è ovvio!
Improvvisamente un urlo mi distolse dai miei pensieri: Lucemon era passato al contrattacco e la povera Keisemon non riusciva a difendersi. Dinasmon giaceva a terra, bloccato da una sostanza verdastra a prima vista gelatinosa e disgustosa. Subito intervenimmo, ma qualcuno mi afferrò  per il colletto della maglietta e mi sollevò da terra fino a quando non penzolai in aria; scalciai furiosa per cercare di tornare a terra, voltandomi in quell’atto e scoprire che si trattava di Cruseidemon. Il cavaliere lanciò una rosa rossa contro la roba verde che esplose e liberò il collega, il quale si gettò a capofitto su Sly che stava per darmi una mano, privandolo del suo bastone.
<< Lasciateci! La fata è in pericolo! >> replicai furiosa.
<< Non puoi nulla contro Lucemon, ti eliminerebbe con un solo dito. >> rispose gelido Cruseidemon.
<< Signori! Lasciate stare i miei amici! Che maniere sono queste? >> disse Drivertrailmon in tono di sfida, zittendosi subito quando Dinasmon mostrò gli artigli.
<< Prova a farci qualche scherzo e ti trasformo in segatura metallica. >>
<< Siete due scimmioni senza cervello! Dovete aiutare Keisemon, non prendervela con noi! >>
<< Ormai è troppo tardi.>>
Raggelata da quelle parole tornai ad osservare la lotta, in tempo per vedere Lucemon che con un colpo ben assestato allo stomaco fece precipitare la donna digitale al suolo violentemente, tanto che non si alzò più; un cerchio luminoso striato d’azzurro e blu l’avvolgeva la vita, provocando un ghigno compiaciuto e soddisfatto nel volto del nemico.
<< Cos’è quel cerchio? >>
<< Sono i suoi dati! Se Lucemon riesce ad assorbirli, lei….Lei svanirà! >> esclamò Drivertrailmon spaventato.
<< Che intendi dire con “svanirà”? >>
<< Per voi abitanti del mondo reale è intensa come la morte. >>
<< Cosa?! Ma se siete esseri digitali, come potete morire?! È assurdo! >>
<< Ve lo giuro, è la verità! Noi Digimon siamo nati da dati informatici che acquistando una certa esperienza si evolvono e ci rendono più forti; ma se veniamo feriti gravemente i dati che ci formano compaiono e se vengono assorbiti…. noi… noi… non possiamo più rinascere! >>
<< Ma è terribile! Non possiamo permettergli di fare questo! >>
Appresa la notizia, rivolgendomi disperata ai due bestioni chiesi loro di poter fare qualcosa, loro che erano più forti e potevano fare sicuramente qualcosa; ma essi non risposero alle mie suppliche, rimanendo impassibili e totalmente indifferenti. Tra una preghiera e l’altra alla fine vidi Lucemon assorbire i dati di Keisemon con un ghigno orribile sul viso, compiaciuto per quello che stava facendo mentre lei piano si dissolveva fino a sparire in una scia luminosa: la fata era scomparsa, non c’era più nessuna sua traccia in giro che potesse darmi una minima speranza di rivederla.
Fu davvero… strano e orribile.
Nel frattempo quel mostro cominciò a trasformarsi: venne completamente circondato da una sfera di luce che nascose completamente il corpo, iniziando una metamorfosi che in pochi istanti risistemò l’aspetto sfigurato, rendendolo completo e perfetto a tal punto da ricordare quello di un essere umano: pelle rosata e corpo muscoloso, capelli biondo oro, occhi di ghiaccio, invece sulla schiena e di lato al alla testa erano spuntate delle ali bianche e nere.
<< Finalmente! Dopo tanto tempo ho di nuovo il mio corpo! >> esultò lui, finalmente con voce sicura e con molto fiato in gola.
<< Maledizione, ha riottenuto la sua forza! Cruseidemon, dobbiamo andarcene! Ora che ha i dati di un Leggendario Guerriero non possiamo contare più sulla sua debolezza! Ehi ferrovecchio! Procedi verso quella valle laggiù se non vuoi venire smontato pezzo per pezzo! >>
<< Eseguo! >> Senza perdere tempo il treno uscì dalle rotaie e sobbalzando sul terreno partì in direzione del luogo indicato, frattanto che i due cavalieri ci reggevano e ci portavano via volando, tentando di ignorare la minaccia di Lucemon alle nostre spalle che giurava che ben presto avrebbe conquistato quel mondo che lo aveva imprigionato.

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Capitolo 13
*** Capitolo tredicesimo: Battaglia con finale imprevisto ***


 Non avrei mai creduto di sentirmi dispiaciuta per un cartone animato.
Cioè… le emozioni provate fino a quel momento erano vere.
Eppure quella del dolore dava veridicità a questa assurda storia, facendomi capire una volta per tutte che non si trattava di una finzione. Ne avevo viste di scene tristi nei vari cartoni animati, provare in prima persona però un’esperienza che spesso viene resa drammatica al massimo in un contesto simile era tutto un altro discorso.
A ripensarci fa venire i brividi, non era normale alla fine, si sentiva a fior di pelle che quella confusione di sensazioni ed emozioni non mi appartenevano del tutto, per quanto le conoscessi bene.
 
Quando scese la notte e l’oscurità prese il sopravvento ci eravamo accampati in una piccola valle circondata da invalicabili montagne, un piccolo debole fuoco illuminava il campo in cui ci eravamo sistemati; le fiamme del fuoco danzavano pigramente, scoppiettando ogni tanto e producendo delle scintille rossastre. Sebbene le fiamme fossero di un caldo arancio non infondevano il calore necessario per proteggerci dal freddo, mi strinsi forte con i brividi che mi scuotevano e strofinandomi le braccia continuamente per infondermi quel poco di sollievo che potevo darmi. Sly stava seduto accanto a me osservando serio i Cavalieri Reali che confabulavano tra loro riguardo l’attuale situazione in cui tutti eravamo immischiati, preoccupati sulle prossime mosse che il nemico avrebbe potuto attuare: la forza e la volontà che li aveva caratterizzati erano svanite.
<< A quanto pare vogliono affrontare Lucemon da soli. Mi sembra una sciocchezza dopo quanto hanno visto. Povera Keisemon… Se penso che non c’è più mi viene da piangere! >> disse sottovoce Drivertrailmon, cercando di non farsi sentire.
<< Calmati amico, forse non tutto è perduto. Magari c’è una qualche possibilità di riportarla tra noi…>> gli dissi con poca convinzione, cercando di calmarlo.
<< Piuttosto… io mi chiedo se intenderanno continuare i loro piani riguardo noi due. Dopotutto ci cercavano per “custodirci” ( qualunque cosa intendano ), però…>>
<< “Però” cosa? >>
<< Quel Lucemon ha detto di aver trovato in noi una fonte alternativa di energia: mi chiedo se le sue parole siano riferite al cristallo che porti con te. In tal caso sarebbe la terza persona interessata a quel gioiello maledetto. Tutti sembrano conoscere molte più cose di noi su questo oggetto… >>
Per quanto il mistero fosse interessante, al momento non avevo alcuna voglia di investigare sulla pietra e come certa gente sapesse cose che non doveva sapere. Ero stanca, non volevo saperne nulla, mi auguravo solamente che quella cosa finisse presto. Ad un tratto sentì un singhiozzare soffocato e voltandomi vidi Drivertrailmon in lacrime, ripetendosi quanto fosse stato stupido nel non essere intervenuto in aiuto della Digimon fata. Scocciato da quel continuo lamento, il Cavaliere Reale simile ad un drago ringhiò e mostrando i pugni disse:
<< Ehi! Dite al vostro amico di latta di farla finita, o attirerà l’attenzione! >>
<< Lasciatelo sfogare, è successa una cosa terribile. >> gli rispose Sly per difendere il treno.
<< Con i suoi lamenti rischiamo di farci scoprire, lo capisci o no? Se non la pianta lo trasformo in una scatoletta di latta. >>
<< Perché non la fai finita tu brutto antipatico?! >> infastidita da quel tono e sgarbato, risposi scocciata al rapitore che mi scrutò perplesso con molta contrarietà.
<< Come hai detto? >>
<< Hai capito benissimo: piantala di seccarci! >> gli gridai.
<< Umana, non sei nella posizione di alzare la voce con me, chiaro? >> intervenne minaccioso Dinasmon.
<< Me ne infischio delle tue minacce! Non avete voluto permetterci di aiutare una persona che ha dato tutta se stessa per proteggerci, non avete mosso un dito per salvare un vostro simile, e adesso pretendete pure che qualcuno non mostri tutto il suo dispiacere?! Ma non seccateci! >>
<< Ti consiglio di chiudere la bocca se non vuoi pentirtene. >>
<< Non prendo ordini da uno stupido scimmione come te! >>.
Lo schiaffo che il Digimon mi sferrò fu talmente violento che mi diede l’impressione che la guancia andasse a fuoco. Gli occhi si gonfiarono di lacrime per il tremendo dolore, cercando con fatica di trattenere i singhiozzi.
<< Ti avevo avvertito ragazzina. >> grugnì l’altro soddisfatto.
<< Essere spregevole! Non osare mai più avvicinarci alla bambina! Se solo osi sfiorarla giuro che ti cambierò i connotati, mostro che non sei altro! >> gli urlò furibondo Sly dopo avergli graffiato un braccio con il suo bastone. L’aggressore non disse nulla, si limitò ad allontanarsi per raggiungere il suo compagno che aveva assistito alla scena senza dire o fare nulla.
<< Stai tranquilla piccola, resta accanto a me, e non ti faranno più del male, se provano solo a sfiorarti dovranno vedersela con me. >>
Mi sedetti accanto a Sly che tentava di confortarmi come meglio poteva. Strinsi le gambe contro il petto cercando di stare il più possibile rannicchiata, osservando senza alcun interesse il fuoco che si stava ormai consumando.
L’aura notturna pareva diventare più cupa e minacciosa, le ombre davano l’impressione che potessero prendere vita per inghiottirci nelle loro tenebre mani; banchi di nuvole color blu oltremare si avvicinavano come a voler mutare il tempo, sospinte dal vento che ululava incessantemente e cambiandogli forma in pochi secondi, nascondendo così le stelle e la luna virtuali.
<< Bene, visto che non abbiamo altro da fare, direi che è il caso di discutere di alcuni particolari con te ragazzina. >> annunciò Cruseidemon.
Temendo un secondo schiaffo o peggio, mi nascosi dietro il ladro che era pronto ad aggredire chiunque si fosse avvicinato
<< Che cosa volete da lei? >> gli chiese.
<< Io e il mio esimio collega vorremmo solo sapere per quale motivo non accetti il nostro aiuto. Vi abbiamo ben detto che vogliamo solo custodirvi per tenervi lontano dai pericoli. >>
<< Dopo quello che ci avete fatto come pretendete che possiamo ancora fidarci di voi? Non abbiamo bisogno del vostro aiuto. >>
<< Ma la pietra che ella porta con sé va tenuta lontana da coloro che bramano le sue incredibili capacità. Non è saggio che essa vada in giro ad attirare l’attenzione di occhi indiscreti. >>
<< Ma non è nemmeno saggio che voi decidiate per noi quello che voi ritenete giusto. >>
<< è necessario agire in tal modo, ci è stato dato un compito la cui importanza è più rivelante di qualsiasi altra cosa, soprattutto ora che il nostro peggiore nemico è tornato alla vita. Se ha capito che voi possedete doti uniche, gioiello compreso, allora vi darà la caccia e porrà fine alle vostre vite. >>
<< Quindi una volta per tutte: ubbidite ai nostri ordini. >>
<< Vai al diavolo. >> gli risposi acida
<< Bada, vuoi un altro schiaffo? >>
<< Chi se ne frega. >> e gli feci la linguaccia. Prima che Dinasmon potesse colpirmi nuovamente, lo anticipai e gli diedi un calcio lì dove ogni maschio prova un immenso dolore, vendicandomi così per lo schiaffo subito. Sly e Drivertrailmon, dopo un’iniziale sussulto di “dolore”, si congratularono per il colpo ridendo a crepapelle, non riuscendo a smettere nemmeno quando la vittima li minacciò a morte. Poi Sly, asciugandosi le lacrime d’ilarità, aggiunse con aria furba:
<< Mai avrei immaginato che lui avrebbe contattato due idioti per un lavoro simile. >> a quelle parole, i cavalieri si voltarono di scatto con offesa e anche un pizzico di sorpresa, ritirandosi in disparte come per arrendersi all’insulto contenente un’informazione che, alle mie orecchie, non aveva il benché minimo significato. All’improvviso, una saetta precipitò lì dove il falò si era quasi spento, esplodendo talmente violentemente da accecarci: la scia lasciata dalla saetta ci fece alzare la testa verso il cielo, dove una figura alata la luna spaventando tutti quanti: era arrivato Lucemon.
 
<< Finalmente vi ho trovato. Ero stufo di dover vagare per l’intero settore alla cieca senza una traccia da seguire. >> disse Lucemon, volteggiando sopra le nostre teste come un condor affamato. Dinasmon e Cruseidemon spiccarono il volo e si misero in posizione di combattimento, facendo così solo ridere l’avversario.
<< Non ho fatto tutta questa strada solo per combattere contro di voi, il mio interesse è rivolto solo ai vostri speciali ospiti. Se non volete fare una miserabile fine, consiglio a voi cavalieri di levarvi dalle scatole. >>
<< Tu non farai un bel niente! >> urlò il digimon cavaliere, mentre sferrava un pugno a Lucemon, ma questo con un sol gesto delle grandi ali generò una corrente d’aria talmente forte da rimandarlo indietro e farlo scontrare contro Dinasmon, facendoli volteggiare su se stessi in balia della corrente come foglie secche. Il duo non si arrese e dopo essersi stabilizzati tornarono indietro pronti a controbattere: sfruttando la loro particolare sincronia, si sforzarono per colpire Lucemon senza dargli un attimo di tregua, tentando di stancarlo o ferirlo gravemente come meglio potevano, purtroppo ben poco efficaci da come li schivava tenendo le braccia incrociate e sbadigliando annoiato. Stanco di tanta confusione, gli scagliò contro una sfera d’energia luminosa quanto la luna con la quale li scacciò via come mosche, facendoli schiantare contro le pareti rocciose che crollarono all’impatto. Sospirando soddisfatto, subito ci rivolse un’occhiata inquietante da far venire i brividi.
<< Che facciamo Sly? Quello mi mette paura. >> chiesi spaventata al ladro.
<< Sto pensando a come scappare prima che il biondino ci raggiunga… avrai visto quant’è forte. >> rispose lui, preoccupato quanto me. 
<< Sarà meglio che ti sbrighi allora, perché se ci acchiappa siamo fritti. >>
<< PISTAAAAA! >> improvvisamente Drivertrailmon, senza che nessuno lo notasse, spuntò da una rupe lì vicino e sfruttandola come un trampolino, a razzo si lanciò contro Lucemon investendolo in pieno facendolo schiantare contro la montagna.
<< Ohi, ohi. Povere le mie lamiere, dopo questa corsa avrò bisogno di una revisione completa. Almeno ho colpito il bersaglio. >>
<< Drivertrailmon, stai bene? >>
<< Non preoccuparti, non è nulla di grave. Ma adesso andate via, approfittatene finché Lucemon è a terra. >>
<< Ma come farai tu a scappare? Conciato così sei un facile bersaglio. >>
<< Non pensate a me, io me la caverò. Ora sparite da qui, subito! >>
<< Grazie mille... >> è così, lasciando ci alle spalle Drivertrailmon deragliato, ci allontanammo il più possibile, imboccando una stretta stradina di ghiaia le cui pietre la rendevano molto scivolosa e sdrucciolevole dopo che l’entrata per il nostro nascondiglio era stata ostruita. Continuammo a correre senza voltarci indietro, qualcosa d’invisibile ci sfiorò di striscio come la fredda lama di un coltello ma non mi voltai indietro, alimentando la paura che cresceva in me, avevo le gambe indolenzite ma non mi fermai, solo il crollo improvviso di un cumulo di rocce enormi che per poco non mi schiacciarono frenò la fuga. Mi alzai a fatica dopo essere atterrata sulla dura pietra, cercando di raggiungere a tentoni il ladro che osservava il muro di pietra di fronte a lui imprecando a denti stretti. La possente figura di Lucemon situata sopra il cumulo ci costrinse a guardarlo: il minaccioso ghigno sul suo volto faceva intuire che gli era passata la voglia di scherzare, costringendo a far battere il mio cuore sempre più velocemente perché potesse sopportare la tensione che stavo accumulando, fermandosi con un sussulto quando Sly saltò addosso all’individuo per bloccarlo. Il digimon si scrollò di dosso Sly e si apprestò a colpirmi, salvandomi all’ultimo momento quando involontariamente mi trasformai per difendermi e respinsi con il martello il colpo: nonostante la sorpresa l’avversario non si fermò e continuo a colpire l’arma con la quale mi difesi nel tentativo di spezzarlo e colpirmi direttamente, senza tregua e senza pietà.
Per salvarmi avevo bisogno di ben altro della semplice difesa.
Il procione riapparve sulla scena con un urlo, agganciando il bastone al collo del Digimon che tirò con tutte le sue forze verso terra, lasciandoli un lungo taglio sulla gola da cui perse frammenti di luce azzurra. Non persi tempo a chiedermi se fosse morto oppure no, Sly mi trascinò via con sé prima che la situazione peggiorasse più del dovuto, continuando a scalare la montagna prestando attenzione a dove mettevamo i piedi, fino a quando non deviammo entrando in una stretta fessura che ci condusse su una gigantesca rupe che dominava la valle.
Il panorama era bello, ma si trattava di un vicolo cieco.
<< Capperi! E quella cos’è? >> esclamai scioccata.
In alto nel cielo, in una zona di cielo sgombera dalle nuvole, un enorme buco azzurro con sfumature blu scuro vorticava sopra le nostre teste: era molto grande, non saprei dire all’incirca quanto esattamente, sembrava risucchiare al suo interno le stelle e qualsiasi altra cosa nel cielo, come un buco nero nello spazio. Incuteva paura, era una cosa davvero strana e unica nel suo genere, in vita mia non avevo mai visto nulla simile.
<< Cosa può essere Secondo te? >> chiesi sbalordita e impaurita a Sly che balbettava senza controllo. Dovette prendere un profondo respiro per riuscire a parlare.
<< Non lo so, mai vista una cosa del genere prima d’ora. Forse… forse si tratta di una trappola di quel biondino alato schizzofrenico. >> rispose incerto il ladro.
<< Tu dici? Effettivamente può essere così… Eppure non… Ah! >>
<< Che succede? >> chiese Sly allarmato.
<< La gemma, è diventata caldissima! Emana un calore tremendo come il fuoco! >> risposi incantata dalla particolare brillantezza che il cristallo emanava e al tempo testo infastidita dall’aura che essa emanata che aumentava sempre di più, cominciando a farmi davvero male.
<< Sly…non mi piace questa cosa. Mi fa davvero male…che cosa posso fare? >> chiesi impensierita, ma Sly ovviamente non sapeva che cosa suggermi.
Delle urla furiose attirarono la nostra attenzione: un banco di nubi si dissolse colpito da sfere lucenti e saette che fendevano come spade affilate le indifese nuvole gassose. Tre figure distanti, quasi invisibili nell’oscurità notturna, si scontravano tra loro generando onde d’energia che ci costringevano ad indietreggiare a causa dello spostamento d’aria che creavano: era facile intuire che si trattassero di Lucemon, Dinasmon e Cruseidemon, decisi a porre fine a modo loro la battaglia che stava degenerando a vista d’occhio. Più veloci di un jet, i potenti guerrieri sfrecciavano ad alta velocità nel paesaggio su cui lasciavano profonde cicatrici a causa del pericoloso inseguimento aereo.
Neanche la presenza del buco nel cielo servì a distrarli dal combattimento, gli sfrecciarono accanto senza problemi.
Ad un certo punto i tre si fermarono proprio sopra di noi senza notare la nostra presenza, potendo udire i loro discorsi:
<< Credete davvero di potermi battere? Poveri stolti, vi assorbirò entrambi anche se siete solo dei ridicoli file, così voi scocciatori non mi darete più noia! Non ho sprecato tutto questo tempo per farmi annientare proprio nel giorno della mia rinascita! Una sola possibilità mi è stata data per ritentare la conquista di Digiworld e non ho intenzione di sprecarla! Non ora che c’è in gioco un affare che porterà benefici a colore che si schiereranno dalla parte dell’oscurità! >>
<< Questo non accadrà mai! Noi siamo Cavalieri Reali, i Digimon più forti del mondo! Ci è stato dato un compito importante, quello della protezione dei deboli e degli indifesi, e nessuno ci riuscirà mai a fermarci! >>
<< Esatto! Qualunque cosa accada, Digiworld non cadrà ma in mano dei folli come te! >>.
<< I folli siete voi che tentate di fermarmi! >> Dinasmon e Cruseidemon, offesi sui loro ideali, si lanciarono letteralmente contro Lucemon, riuscendo a bloccarlo prima che potesse reagire: con tutte le forze in corpo lo stritolarono senza tregua, messo a dura prova dalla ribellione di quest’ultimo.
<< Presto Claudia, approfittiamone finché è bloccato! Dobbiamo scappare, prima che si liberi! >> propose Sly indicando la strada alle nostre spalle.
L’idea era talmente ottima che feci un salto all’indietro per andarmene via, ma il bracciale, che aveva assunto un’accesa colorazione rossa circondata da scintille dorate, aumentò di calore e con esso il dolore, bloccandomi dopo soli pochi passi. Un grido allarmante ci fece accorgere che Lucemon si era liberato dalla presa e si catapultò contro di noi: si gettò sul ladro sferrandogli pugni e calci a ripetizione senza più alcun controllo, rischiando di ucciderlo nonostante gli tenesse coraggiosamente testa. Era talmente furioso che le vene gli pulsavano a tal punto che parevano per esplodere. Con una forte sberla l’essere si liberò di Sly che rotolò giù per la rupe e insoddisfatto per non aver placato la sua ira funesta, mi afferrò per il braccio mezzo incenerito e mi sollevò in aria, portandomi proprio all’altezza del suo viso paonazzo.
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Terrorizzata a tal punto da non osare gridare, chiusi gli occhi per non vedere che cosa ne sarebbe stato di me, desiderando di potermi svegliare da quell’incubo al più presto.
 
Ad un tratto la presa si allentò di colpo e caddi a terra bruscamente, sulla roccia dura tempestata di pietroline pungenti, riaprì gli occhi solo per mettermi a sedere e riprendere fiato, mentre un acuto urlo inumano spaccava i timpani: era Lucemon a gridare, la sua mano destra, quella con cui mi aveva afferrata non c’era più, dissolta in un cumulo informe di cenere e polvere alimentata da una fiamma invisibile di cui si intravedeva il bagliore rossastro, emanando una puzza nauseante. Disperato ed incredulo, il digimon osservava con gli occhi quasi fuori dalle orbite ciò che ormai restava dell’arto, tremando come una foglia, io basita da quella visione quasi non me ne rendevo conto. Istintivamente, come se già sapessi la vera causa di quel danno, guardai il bracciale e ne accarezzai intimorita la superficie liscia, temendo di bruciarmi come il mio avversario o peggio, ma con sorpresa mi accorsi che era gelida.
Con quell’ennesima sorpresa decisi di rinunciare a capire finalmente qualcosa su quel coso.
Immediatamente una nuova energia attraversò tutto il mio corpo, stimolando tutti i sensi e risvegliando particolari sensazioni mai provate prima, come se qualcosa cercasse di liberarsi dal quel piccolo involucro di ossa e carne, come se dentro di me qualcosa di “vivo” stesse percorrendo ogni vena o cellula del mio corpo per uscire. Alla fine ci riuscì, esplodendo come una bomba da tutto il braccio rosso acceso: una potente luce dorata illuminò qualsiasi cosa si trovasse intorno a me, talmente abbagliante da far concorrenza al sole, sprigionando ogni minima particella dorata fino a quando finalmente riuscì a liberarla fino all’ultima briciola.
Sentì il mio corpo rilassarsi, l’enorme sforzo l’aveva leggermente indebolito tanto da farmi sentire molle come una gelatina.
Inoltre, come se non bastasse, mi sembrava parecchio familiare.
 
Quando la luce si diradò e la notte riprese la sua oscura natura, ansimante mi guardai intorno cercando di scorgere qualche differenza o danno. Apparentemente non era mutato nulla, invece… non so come, ma del terribile Lucemon era rimasto metà corpo, l’intera parte destra era completamente carbonizzata e fumante.
Uno spettacolo assolutamente grottesco….
Agonizzante volò verso il buco azzurro, sforzando con fatica ciò che restava di lui per raggiungere il misterioso fenomeno celeste, ma ancor prima che potesse raggiungerlo, una scintilla bianca che prese le sembianze di una freccia comparve fra lui e la cosa, trafiggendolo rapido e causando una seconda esplosione seppure debole, paragonabile diciamo ad un fuoco d’artificio. Poi più nulla: Lucemon e la cosa celeste erano scomparsi. Commenti a proposito? Assolutamente nessuno. Reazioni? Mi veniva solo da piangere. Sly riapparve subito dopo, ricoperto di polvere e ancora tutto intero fortunatamente, il quale si guardò intorno confuso non vedendo più traccia del nemico, e Come se non bastasse, nello stesso punto in cui Lucemon era scomparso, un cerchio luminoso formato da tanti piccoli numeri che si dispersero ovunque come neve, e alcuni di essi di raggrupparono in un punto fino a prendere forma e colore che ridiede vita a Keisemon: i suoi dati, che erano stati assorbiti, ora erano “riparati”.
<< Che cosa è successo? Dove mi trovo? >> chiese lei, una volta ripresi i sensi.
<< Keisemon?! Incredibile, sei ancora viva! Credevo che quel pazzo furioso ti avesse annientata! >> esclamò Sly incredulo.
<< Davvero? Ricordo di aver combattuto con lui… ma poi… il vuoto totale. Aspetta! Dov’è andato adesso?! >>
<< Tranquilla, è scomparso. Non tornerà più. >>
<< Cosa? Ma lui non era… sentite, dovete raccontarmi cosa è successo, non ci capisco niente. >>
<< Volentieri, ma prima aiutiamo la piccoletta. Ha proprio bisogno di una mano. >> manco a dirlo, gli saltai addosso abbracciandolo fortemente e scoppiai a piangere, le conseguenze della brutta avventura conclusa finalmente si stavano scatenando, e lui mi rassicurò con uno dei suoi raggianti sorrisi. Nello stesso momento arrivarono barcollando Dinasmon e Cruseidemon, in pessimo stato ma ancora vivi.
Per fortuna non avevano voglia di discutere stanchi com’erano.
La nostra avventura digitale si concluse: i caldi raggi del sole mattutino illuminarono il nuovo giorno che dava luce a quel lieto fine.
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordicesimo: Una montagna di fatti assurdi ***


 Tra il mondo digitale e quello reale a prima vista non sembrava esserci tanta differenza, ma non appena si cominciava a respirare l’aria ci si rendeva conto che qualcosa di diverso c’era.
Grazie al digimon Drivertrailmon non avemmo problemi a tornare sui nostri passi, ci mettemmo subito in cammino non appena il mezzo si fermò, ma non prima di salutare chi ci aveva dato una mano e che vedemmo scomparire in un attimo, superandosi una barriera invisibile senza lasciare alcuna traccia, l’ultima che testimoniasse l’esistenza dell’ennesimo mondo immaginario. Rimasi a fissare il vuoto a lungo, ripesando agli ultimi eventi vissuti con una nota di nostalgia e di perplessità.
Pensierosa com’ero non davo retta a Sly che mi parlò fin da quando abbandonammo il treno, pensavo e ripensavo senza sosta a quella specie di buco azzurro dai riflessi scuri e con invisibili spirali sui bordi, dal nucleo nero come pece apparentemente vuoto che forse portava verso il nulla. Mi chiedevo se fosse stato quello a causare “l’esplosione”  della pietra, il grave ferimento del nemico e di conseguenza la sua morte. Erano troppe le cose che mi chiedevo senza avere una risposta.
Come è apparso quel buco? E perché Lucemon è andato proprio là per salvarsi? Sapeva a cosa serviva? Ne parlai con Sly e anche lui, come me, era confuso.
<< Non so che dirti. L’unica cosa che ho pensato e che il cielo ci stesse per cadere sulla testa>>
<< Eppure a qualcosa doveva servire. >>
<< Non è detto che avesse un uso specifico, forse si trattava di un fenomeno atmosferico. >>
<< Eppure in quel momento ho avvertito qualcosa di particolare... >>
<< Era la gemma che ti fondeva il polso. >>
<< Non mi riferisco a quello! Era… era…! Oh, non lo so nemmeno io cos’era! >>
<< Vuoi un consiglio? Lascia stare prima che diventi pazza. Ehi, ho un’idea: perché non chiami il tipo “amico” immaginario. Lui potrà aiutarci a risolvere questo mistero. >>
<< Prima di tutto non è il mio amico immaginario ma una persona che esiste realmente e che si chiama Gabriel. Per la centesima volta Sly… non è frutto della mia immaginazione! Quante volte te lo devo dire? >>
<< Va bene – va bene, come vuoi tu. Comunque, gli puoi chiede se può darci una mano? >>
<< Se solo sapessi come fare… di solito è lui che mi contatta quando meno me l’aspetto. >>
<< Come non detto. >>
Una mano in quel momento non sarebbe guastata.
Quella giornata fu tremendamente afosa: senza poter riposare in un letto comodo su cui riposare e sorseggiare un pochino di coca – cola per dissetarsi fu una tortura, nemmeno un soffio d’aria, dando l’impressione di vagare nell’arido deserto alla ricerca di un’oasi di salvezza. Ero veramente stufa, e alla fine caddi a terra con i piedi doloranti.
<< Basta, non ce la faccio più! Sono stanca! >> mi lamentai imbronciata, decisa ad non alzarmi più.
<< Riposati pure, non manca molto alla nostra meta, abbiamo tutto il tempo per darci una sistemata. Adesso il nostro viaggio si semplificherà un sacco. >>
<< Davvero? Che bello! Finalmente una buona notizia! Vuoi annunciare che siamo quasi arrivati? >>
<< Quasi. Dopo una breve passeggiata, arriveremo finalmente a Tokyo, la capitale Giapponese. >>
<< Finalmente! Non vedo l’ora di tornare alla civiltà! Anche se sottoforma di cartone animato, ma pur sempre civiltà ( almeno spero ). >>
<< Sono d’accordo con te, ma c’è un piccolo problema. >>
<< Quale? >>
<< Bè… ti piace la montagna? >>
<< Si, moltissimo. >>
<< Sul serio? Bene! Allora non ti dispiacerà fare una passeggiata su quella montagnola. >> disse Sly rallegrato, indicando un gigantesco monte con la punta imbiancata che si trovava proprio davanti a noi, togliendomi il sorriso speranzoso sulle mie labbra.
<< Montagnola? Ma tu scherzi! Cos’è quello, l’Himalaya!? >> replicai scioccata, dopo essere rimasta per cinque minuti senza parole.
<< Ma no sciocchina, si tratta solo del Monte Fuji. >> disse lui sorridente.
<< Chi se ne frega! Non ho la benché minima intenzione di scalarlo! >>
<< Ma stai tranquilla, non è niente di così difficile come immagini. >>
<< Parla per te, io non ho fatto alpinismo! Perché non prediamo un treno o una macchina, invece?  >>
<< Perché da queste parti non c’è ne sono. Quindi meno chiacchiere e fai lavorare le gambe, pigrona. >>
 
Per nulla convinta dalle parole del procione, controvoglia lo seguì in direzione della montagna.
Sly appariva molto sicuro di sé, continuava a sostenere che oltrepassare il monte più famoso del Giappone sarebbe stato facile come bere un bicchiere d’acqua e che alla fine per questo l’avrei pure ringraziato.
Ma io continuavo a non crederci.
Quando giungemmo ai piedi della montagna, nei pressi di una vasta parete rocciosa alta come un grattacielo di cui non si vedeva la fine, chiazzata da sottili fili d’erba scura e abitata da lucertole e instetti vari, sentì l’agitazione prendere il sopravvento sull’impresa impossibile che m’immaginavo; il procione invece era impaziente di mettersi al lavoro.
<< Allora? Dov’è la sorpresa? >> chiesi poco entusiasta.
<< Dimmi cosa vedi. >> si limitò a domandarmi Sly.
<< Solo roccia e qualche cespuglietto. >>
<< Non noti nient’altro? >>
<< No. >>
<< Edgar Allan Poe diceva: “Il luogo più in vista è spesso quello dove non si pensa di cercare”, sei così intenta a vedere solo roccia, che non hai fatto caso a questo. >> nel pronunciare quella frase e scostando un cespuglietto rinsecchito, Sly rivelò un percorso nascosto che si addentrava all’interno della montagna: da quel che mi disse era stato usato dai mercanti di spezie per facilitare loro la via per raggiungere l’impero del Giappone medievale ed evitare di incontrare i banditi. In parole povere, secondo i suoi calcoli, avremmo attraversato il monte Fuji senza problemi e più in fretta di quanto avessi immaginato.
Così qualche ora dopo, eccoci addentrati in una vera e propria trappola suicida: visto che era stata abbandonata da secoli, era ovvio che quella strada era disastrata e spesso interrotta da massi da scalare dei massi che ostacolavano il passaggio. Faticai parecchio, avevo la lingua a penzoloni come un cane, le ossa indolenzite e i vestiti impolverati e rovinati da vari strappi; l’aria a mano a mano diventava più fredda e più pura, trasportando con sé l’odore della terra bagnata e degli alberi in fiore.
<< Mamma mia, avrei dovuto fare la boy-scout prima di trovarmi ad affrontare la natura. >> ammisi stancamente.
<< Non esagerare pigrona, fai finta di essere ad una gita scolastica, così troverai il viaggio più divertente. >> replicò Sly tutto arzillo.
<< Mai fatte gite scolastiche di questo genere… ma poi scusa, era proprio necessario fare tutto questo macello per raggiungere una metropoli altamente civilizzata? >>
<< Certo, altrimenti dove lo metti il gusto per l’avventura? >>
Con questa risposta mi hai appena dato una valida ragione per ucciderti. Pensai furiosa. Guardandomi in giro, mi resi conto che il sentiero era alquanto cupo e angusto, capace di farmi venire un brivido che mi percosse tutta la spina dorsale; prestai attenzione ad ogni minimo rumore, roteando gli occhi in cerca di qualcosa che neppure io sapevo cosa. Improvvisamente ci fu un boato simile a quello di un terremoto, dalla parete rocciosa enormi massi precipitarono giù verso di noi, sgretolandosi in frammenti numerosi che riuscimmo a evitare appena in tempo, riparandoci sotto un’insenatura che si trovava per fortuna nelle vicinanze. Tutto tremava, il rumore assordante dei massi che fregavano tra loro insopportabile, la densa nebbia polverosa da essi creata rendeva l’aria irrespirabile e faceva lacrimare gli occhi. Quando la frana cessò, uscimmo allo scoperto e trovammo l’antico percorso ormai invisibile sotto lo spesso strato di rocce.
<< Torniamo indietro Sly! Ho paura! Qui è pericoloso! >> gli supplicai in preda al panico.
<< Calmati Claudia, è tutto finito adesso. Non corriamo più alcun pericolo. >>
<< Come fai a restare così calmo dopo quello che è successo… >>
<< Sono abituato ormai a questo genere di cose, soprattutto se accadono per opera di qualcuno. >>
<< Che vuoi dire? Che non siamo soli? >>
<< Proprio così. >>
<< Allora cosa facciamo? >>
<< Per il momento andiamo via da qui, siamo troppo esposti e non abbiamo facili vie di scampo. Facciamo finta di niente e raggiungiamo la strada, in fretta. >>
Non me lo faccio ripetere due volte… ma perché mi sono sempre lamentata della tranquillità di casa mia? Se avessi avuto la strada libera, penso che sarei corsa talmente in fretta da poter cadere costantemente e farmi del male inutilmente per la paura. Avevo davvero i nervi a fior di pelle, gli ultimi avvenimenti mi avevo resa parecchio sensibile, persino l’ombra di un piccolo uccellino bastava per farmi saltare in aria, troppo per i miei gusti in quel momento. Mi dovetti fermare più di una volta per riprendere fiato e recuperare un po’ di lucidità.
Mi domando cosa stia facendo Gabriel in questo momento. Pensai dopo un po’, chiedendomi che fine avesse fatto quell’uomo celato nel mistero.
In quel momento, accadde qualcosa al paesaggio, facendomi credere inizialmente che fossi io ad avere un problema alla vista: ogni elemento si trasformò, sfumando come il fumo di una sigaretta e mescolare nelle sue “esalazioni” colori, forme e suoni fino a quando non cambiarono in qualcosa di totalmente diverso ma al tempo stesso molto familiare: era la rupe in cui avevamo affrontato Lucemon e, di conseguenza, trovato quel vortice nel cielo.
<< Finalmente sono riuscito a mettermi in contatto con voi. >> Subito dopo la voce di Gabriel ci parlò, cogliendoci di sorpresa, soprattutto Sly che, terrorizzato e confuso, si guardò intorno senza capire di chi si trattasse: per la prima volta poteva sentire la sua voce di quell’uomo. Fu strano visto che fino ad allora aveva esclusivamente parlato solo con me, al momento però ero troppo concentrata sull’attuale situazione per farci caso.
<< Chi… chi ha parlato?! Di chi era quella… quella voce? >> chiese Sly impaurito, guardandosi intorno con nervosismo.
<< Va tutto bene Sly, è Gabriel, quel signore che ci ha fatto trovare la pietra. Cioè… almeno spero… >>
<< Non temere mia cara, sono proprio io. Dalla vostre reazioni immagino che non ve siete passata bene ultimamente. State bene ragazzi? >>
<< Bè… diciamo che abbiamo incontrato un sacco di pazzoidi. >>
<< Claudia, sei sicura che sia il tuo amico immaginario? Non è normale che qualcuno parli senza avere un corpo…>>
<< Non temere ragazzo, le mie intenzioni non sono malvagie, altrimenti non sarei stato così disponibile nei vostri confronti. >>
<< Ah… Bene. Ehm… piacere di conoscerla dunque. >>
<< Signor Gabriel, come mai questa “visita”? Era da parecchio tempo che non si faceva sentire. >>
<< Ti chiedo perdono per questa ragione mia cara, ma per sfortuna ho avuto dei contrattempi, troppi per potervi spiegare prima del dovuto un fatto a cui siete stati testimoni. >>
 << Si riferisce al misterioso vortice nel cielo? >>
<< Esatto: quel che adesso vedete è solo una proiezione dei vostri ricordi. >> infatti, proprio nello stesso punto in cui l’avevamo visto, in cima alla rupe si trovava il buco nero. Era davvero realistico per essere un ricordo, si aveva l’impressione invece di essere tornati indietro per davvero a quella notte.
<< Quel che ammirate è un Varco dimensionale. >>
<< Un… cosa? >>
<< Varco dimensionale, ricordate bene il suo nome. L’utilizzo di questo passaggio è molto pericoloso: chi lo attraversa può andare da una dimensione all’altra, ossia in un mondo totalmente diverso, senza poter conoscere la propria meta di arrivo. >>
<< Una strada per un mondo parallelo? Ma questo è assolutamente impossibile! Non può esistere una cosa del genere! >> esclamò il ladro incredulo, prima di rimangiarsi quello che aveva detto non appena mi diede un’occhiata. Io dopotutto, ero per lui la conferma dell’esistenza di universi paralleli (escludendo quelli in cui ci eravamo imbattuti). Ma il ladro aveva ragione in ogni caso di non credere in qualcosa di così fantascientifico: un passaggio capace di portarti in un mondo alternativo rimaneva pur sempre una cosa strabiliante. In molti cartoni animati e videogiochi il fenomeno non avrebbe suscitato tanto scalpore, per altri invece poteva incutere timore ed era più che comprensibile; fu questo pensiero a farmi realizzare che fosse stato proprio questo passaggio a portarmi in quell’universo animato, anche se ammetto che in realtà non lo avevo mai visto a causa del tremendo bagliore che per poco non mi fuse gli occhi il giorno della mia “partenza”. A parte questo, questa stava a significare un’altra cosa:
<< Ma allora, se Lucemon è andato disperatamente verso questo varco dopo essere rimasto ferito, questo significa che doveva sapere a cosa servisse. >> disse Sly, riportando alla memoria quell’evento.
<< La risposta è solo questa, è da parte mia posso dire che non è un buon segno. Grazie al cielo la tua pietra ha chiuso il passaggio prima che il nemico, o chiunque altro, potesse attraversarlo. >> rispose Gabriel in tono serio.
<< La pietra l’ha chiuso? In che senso? >>
<< Ricordi quell’energia che il cristallo ha emanato sotto forma di calore? Devi sapere ha funzionato come chiave, ha reagito alla sua potenza per eliminare le interferenze che lo rendevano instabile e infine sigillarlo per sempre. >>
<< Non è pericoloso l’utilizzo di questo potere? >> chiese preoccupato Sly.
<< Non preoccuparti per questo, Claudia non corre alcun pericolo. Certo, potrebbe sentirsi debole, ma questo perché ancora non sai controllarla. >>
<< Allora se imparo a usare questo potere non mi sentirò più stanca, giusto? >>
<< Come pensi di farlo? Non penso proprio che ci ricapiterà una “fortuna” simile, sprecheresti solo tempo. >>
<< Temo invece che si allenerà più del previsto: pare che ci siamo molti altri varchi aperti. >>
<< Cosa?! Ce ne sono altri? >> chiedemmo sorpresi in coro io e il ladro.
<< Purtroppo si. Per ogni mondo che da vita a questo universo esiste un portale, dunque centinaia se non addirittura migliaia; chiunque li abbia aperti vuole sicuramente invadere questi posti. >>
<< Non è possibile che una cosa del genere! Se ci sono milioni di universi paralleli, come può qualcuno volerli conquistare? >> chiese incredulo il ladro.
La risposta si fece attendere a lungo, anzi, non arrivò proprio. Impazienti tendemmo l’orecchio per sentire Gabriel che ci spiegava come fosse possibile un atto del genere, ma attendemmo invano, e di conseguenza l’illusione creata dai nostri ricordi scomparve, riportandoci alla “normalità” sulla montagna illuminata con più vigore dal sole che era precisamente sopra di noi. Per una ragione sconosciuta, il contatto si era interrotto.
 
Nonostante l’accaduto Sly non volle perdere altro tempo.
Se prima era abbastanza preoccupato, dopo la chiacchierata divenne molto più turbato, tanto da non voler nemmeno parlare. Mi chiesi a cosa stesse pensando, se stava bene o se avesse bisogno di qualcosa, avrei voluto chiedergli di tutto, ma non trovavo il coraggio per pronunciare una sola parola.
Mi sentivo alquanto in imbarazzo.
Proprio quando mi decisi a parlare, ci bloccammo bruscamente davanti a quello che si poteva definire un vero e proprio scivolo naturale: la strada era tutta pendenza, liscia e priva di “scalini” o “appigli” che potessero darci un’utile sostegno per tentare di scenderlo senza ammazzarci. Prima di tentare di romperci l’osso del collo, atterrò dietro di noi con un sonoro tonfo un orso… o meglio, un mostro somigliante ad un orso dalla pelliccia folta pelliccia nera che gli ricopriva quasi del tutto le zampe e il muso da cui spuntavano un paio di zanne a sciabola. L’osso che sgranocchiava non fu bello a vedersi, soprattutto con i brandelli di carne e le macchie di sangue sparse sopra; a prima vista non parve accorgersi di noi con tutta quella peluria sugli occhi, però non appena sputò lo “stuzzicadenti” e a passo pesante si avvicinò questo ci costrinse a prendere una drastica decisione: dopo avermi presa in braccio il ladro saltò sulla pendenza e cominciò a scivolare, “surfando” coi soli piedi che quasi parvero prendere fuoco con lo sfregamento veloce sulla nuda roccia; io non feci altro che urlare ( anche se sotto - sotto era divertente quella cosa ), stringendomi al collo del procione che rischiava di soffocare o di perdere l’equilibrio durante la scivolata; dietro di noi il mostro ci seguiva più o meno allo stesso modo, saltando di qua e di là di tanto in tanto per non cadere. Quando individuammo un burrone non seppi quale fine fosse peggiore tra il finire spiaccicati e nell’essere sbranati, il bestione dietro di noi nel frattempo avanzava sempre più velocemente, fino a quando non decise di spiccare un unico grande balzo per bloccarci una volta per tutte.
Ironia della sorte, quella mossa che avrebbe dovuto fermarci lo fece precipitare nel burrone e ci salvò la vita: mentre precipitava, il mostro andò a sbattere contro le pareti rocciose del precipizio, mettendo alla luce con il primo colpo un cunicolo che io e il ladro imboccammo quando lo scivolo terminò. L’urlò dell’essere mentre cadeva nel vuoto riecheggiò a lungo nello stretto e buio passaggio prima di sparire del tutto, sovrastato dal sibilo dell’aria che entrò dentro rapida per rendere l’aria respirabile. Non vedere un accidente mentre si scivolava nel nulla faceva venire le vertigini, e sentirsi addosso della roba che ti formicolava la pelle era quasi una tortura, ma non c’era cosa peggiore dei minuscoli detriti che ti picchiettavano dappertutto come dei minuscoli proiettili senza riuscire a fermarli.
Non ho idea del tempo esatto trascorso lì dentro, ma sono sicura che fu moltissimo a giudicare dal numero di pietre che mi vennero addosso.
Un sussulto di dolore interruppe di colpo l’attraversata: eravamo tutto ad un tratto totalmente immobili, attraverso delle sottili crepe davanti a noi raggi di luce fendevano l’oscurità, rivelando la presenza di insetti e radici che ci circondavano. Rimanemmo immobili a lungo prima di darci una svegliata dallo shock, il ladro cominciò allora a prendere a calci la roccia con sempre più vigore fino a quando le crepe non si allargarono e crollarono per creare un’uscita, permettendoci di liberarci dal cunicolo e tornare a respirare l’aria fresca di montagna. Con profonde boccate cercai di respirare più ossigeno possibile per liberarmi dall’insopportabile sensazione di soffocamento che mi opprimeva i polmoni facendomi tossire pesantemente, ammirando di tanto in tanto il bellissimo paesaggio verdeggiante visibile attraverso una sottile fenditura nella parete montuosa, così lontana e al tempo stesso così vicina da poter essere raggiunta apparentemente con pochi passi.
<< La battaglia più breve della mia vita. Dopo tutto non c’è andata così male; se quel orso non ci avesse inseguito adesso saremmo ancora parecchio indietro. Anche se l’arrivo non è stato molto delicato…>> disse Sly tentando di sdrammatizzare la situazione, aprendo finalmente bocca dopo il lungo silenzio e massaggiandosi la pancia.
<< Io mi considero fortunata se non ho vomitato. >>
<< A proposito di fortuna, cosa pensi che sia successo a quel tale Gabriel? Non mi è sembrato il tipo da lasciare in sospeso un discorso. >>
<< Non ne ho idea… ho già fin troppe stranezze di cui preoccuparmi… e di nuove proprio non ne voglio sentire parlare! >>
<< Dubito che riuscirai a liberarti di questa seccatura ragazzina, almeno non fino a quando non riusciremo a capire cosa ci sia dietro. >>
<< Io mi auguro invece che accada ben presto… >>
<< Per il momento accontentiamoci di lasciare definitivamente questo posto prima che qualcos’altro ci crolli sulla testa. >>
Senza protestare mi misi a camminare in direzione di una strada sicura prima che Sly mi fermasse, di nuovo, per togliersi un sospetto:
<< Vuoi chiudere quei “varchi” menzionati dall’uomo, non è vero? >>
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Ho notato che sei molto pensierosa a riguardo e secondo me perdi solo tempo: hai sentito quello che ha detto? Se esistono centinaia… migliaia di mondi paralleli, questo significa che ci sono varchi dello stesso numero. Ci vorrebbero secoli per compiere una simile impresa, come pensi di farcela? >>
<< Bè… non ne ho idea, lo ammetto. Ma ci comunque provare. >> gli risposi, anche se in realtà ero decisamente spaventata al pensiero.
<< Guarda che nessuno ti obbliga a farlo. >>
<< Lo so, ma ormai ho deciso. >>
<< Pensi di farcela? >>
<< Spero di si. >>
<< Questo vuol dire che ancora una volta dovremmo metterci nei guai o che ne arriveranno di nuovi. >>
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo quindicesimo: un nuovo incontro ***


 Dopo 4 giorni di viaggio io e Sly eravamo sfiniti, non vedevamo l’ora di raggiungere Tokyo per goderci il meritato riposo dopo l’estenuante viaggio.
La camminata venne leggermente migliorata dalla lunga autostrada di cemento nero, in netto contrasto con la verde natura rigogliosa su cui era stata costruita, il monte Fuji era ormai parecchio lontano e gli unici “visitatori” che incontrammo erano quelli a bordo delle automobili che correvano a forte velocità sull’asfalto, guidate da persone umane come me.
Inutile dire che Sly in quel caso si era nuovamente travestito.
Col passare del tempo il traffico aumentò, fino a diventare un vero ingorgo autostradale caratterizzato da lenti movimenti, puzza di gas e un continuo concerto di clacson accompagnato spesso dalle voci dei seccati automobilisti che divennero molto arrabbiate quando si fermarono completamente. Io e il ladro continuammo a camminare facendo finta di niente, ignorando persino quei automobilisti che scesero dal proprio mezzo per cercare di capire cosa bloccasse loro la strada, trovandoci davanti ad un certo punto una pattuglia di polizia dove un numero alquanto eccessivo di agenti faceva passare i veicoli in una stretta striscia di strada delimitata dallo spartitraffico uno dopo l’altro con estrema cautela. Il resto dell’autostrada era in mano ad un gruppo di uomini dei lavori stradali che stavano lavorando a pieno ritmo su delle voragini sparse un po’ ovunque. Incuriositi e stupiti, ci avvicinammo ad un poliziotto per chiedere informazioni:
<< Mi scusi, cosa è successo? C’è stato qualche incidente per caso? >> domandò Sly al poliziotto.
<< Magari si trattasse di un incidente, almeno adesso non dovremmo svolgere tutto questo stressante lavoro. >> rispose il poliziotto alquanto innervosito.
<< Ma  che cosa è successo? >>
<< Vedete quelle enormi voragini? Non sappiamo cosa o chi le ha fatte, ma sono giorni che creano problemi alla circolazione sia qui che più in periferia: inoltre… bè, vi sembrerà una sciocchezza quello che vi dirò, dapprima solo in campagna e dintorni ci sono stati questi problemi, ora però sembra che si stiano “avvicinando” in città, e questa desta non poca preoccupazione alle nostre autorità. >>
Mentre l’uomo parlava, io esaminavo le buche cercando di individuarne il fondo prima che le betoniere le riempissero fino all’orlo. La gente sulle auto, ogni volta che passava accanto alla zona dove stavano lavorando con gran foga, si affacciava stupita per osservare la scena.
<< Siamo capitati in un altro mondo, che purtroppo non è il mio. >> annunciò Sly guardandosi intorno.
<< Ma và? Come l’hai capito? >> gli chiesi scherzosamente.
<< Spiritosa… è evidente che siamo in un nuovo mondo. Mi chiedo solo in che razza di posto siamo finiti. >>
<< Non vedo mostriciattoli strani e cose bizzarre in giro; forse siamo capitati in un mondo… “normale”. >>
Prima che la parola “normale” potesse tranquillizzarmi con il suo significato, la terra cominciò a tremare. Fu una scossa lieve e di breve durata, ma fu abbastanza “convincente” da far spaventare tutti quanti che eravamo stati presi alla sprovvista: gli automobilisti abbandonarono i veicoli per vagare senza meta sulla strada, aiutati dai poliziotti che tentavano di calmarli affinché il panico non dilagasse.
<< Che paura! >> ripetei continuamente per lo shock.
<< Cavoli ragazzina, sei davvero fifona. Guarda che si è trattata solo di una debole scossa, non è successo nulla di grave. Anzi, non la trovi anche un po’ strana? >> mi chiese Sly insospettito da quella faccenda.
<< Intendi dire che potrebbe esserci lo zampino di uno di quei mostri? Ma non mi avevi detto che c’erano solo dalle tue parti? Cioè, guarda qui: l’hai detto tu stesso che non siamo nel tuo mondo. >>
<< Non mi viene in mente altro per dare una spiegazione, va bene? Sono già abbastanza confuso di mio per dare una logica ad ogni minima assurdità di questa faccenda. >>
<< Solo tu? E io cosa dovrei dire? L’unica cosa che chiedo e di poter stare un poco di pace. >>
Nel bel mezzo della conversazione, uno sfregare metallico ci fece venire la pelle d’oca: una delle betoniere precipitò in una voragine, trascinata da qualcosa che fuoriusciva da quest’ultima e che sparì non appena portò via con sé il mezzo nello stupore generale dei lavoratori; uno sbuffo di polvere ne uscì poco dopo e poi un debole suono che precedette il lancio di frammenti di cemento. Dopo un breve volo nel cielo, i frammenti atterrarono sulle macchine senza una traiettoria precisa, le persone si allontanarono per evitare di venire colpiti e la polizia mise mano alle radio per chiamare i soccorsi, decisamente sconvolti quanto i civili.
Ma le pietre non furono le uniche cose ad uscire, una cosa più pericolosa sopraggiunse di lì a poco con irruenza.
<< Volevi startene in pace ragazzina? Mi sa che te lo puoi anche scordare. >> sentenziò Sly.
 
Da ogni voragine sbucarono contemporaneamente enormi e lunghi tentacoli color ambra dalle sottili venature rosse, seguiti per ultimo da dalla testa di una specie di seppia al contrario color amaranto e dai riflessi gialli: la testa era provvista di una sola bocca circolare munita di piccoli denti in una specie di cerchio acuminato, gli occhi dalle pupille sottili come quelle di un gatto si trovavano sui tentacoli, ricoperti da una strana sostanza liquida che colava copiosamente, roteando su se stessi come biglie di vetro. La gente scappò terrorizzata abbandonando ogni cosa di superfluo; la polizia affrontò coraggiosamente a colpi di pistola la creatura che ondeggiava con lenti movimenti, ignorando le pallottole che rimbalzavano sulla sua pelle.
Inizialmente si limitò a farsi vedere in tutta la sua bruttezza, poco dopo fece scivolare i tentacoli sull’asfalto come se si trattassero di serpenti, afferrando o schiacciando gli ostacoli per farsi strada. Non potendo mostrare le nostre capacità in pubblico io e Sly scappammo, scavalcando le macchine per non finire male, inorridendo per il disgusto nel sentire quella sostanza simile a bava gocciolarci addosso.
<< Presto! Trasformati prima che quell’insalata di polipo di ammazzi! >> mi urlò Sly mentre correva.
<< Come faccio a trasformarmi se continua ad inseguirci?! >> replicai con foga, cercando di mantenere il passo.
<< Fa qualunque cosa, ma trasformati! Prima o poi ci prenderà! E non solo noi! Ma anche tutte queste persone innocenti! >>
Sapevo benissimo che se non mettevo all’opera i poteri della gemma tutti quanti rischiavamo di morire, ma non è così facile reagire al pericolo quando sei terrorizzato come contrariamente spesso si vede nei cartoni animati. M’imposi di reagire e di non avere paura, sfortunatamente proprio quando ci stavo riuscendo inciampai e caddi a terra; uno dei tentacoli mi puntò e si avvicinò velocemente, agitandosi nervosamente per preparare il colpo. Sembrava la fine per me mentre pietrificata osservai terrorizzata la cosa avvicinarsi sempre di più e il terremo sotto di me tremava. Strisciai sotto le macchine tentando di sfuggirgli, graffiandomi braccia e gambe e sporcandomi con l’olio dei motori, fino a quando nel ripararmi sotto una specie di Micra non rimasi incastrata con una bretella della salopette che m’impedì di continuare la fuga: strattonai con forza il vestito inutilmente nel tentativo di liberarmi, quando vidi l’ombra del tentacolo circondare la macchina mi rannicchiai su me stessa per prepararmi a ricevere nel peggiore dei modi il violento colpo. Ma rimasi ad aspettare per lunghi minuti senza che accadesse, sentendo solo un silenzio alquanto anomalo.
Insospettita da quella situazione che continuava a durare, con uno strattone liberai la bretella e sgattaiolai fuori dal nascondiglio, “salutata” dall’orribile tentacolo a pochi centimetri sopra il veicolo. Gridai terrorizzata fino a sgolarmi, il cuore mi batté fino all’infarto mentre paralizzata fissavo quella cosa abnorme… riprendendomi poco alla volta quando mi resi conto che non si muoveva di un solo centimetro: era completamente immobile, e non solo quella, anche la gente pareva pietrificata, compreso Sly. Un aura verde chiaro avvolgeva ogni cosa, tanto da rendere alieno l’intero paesaggio, facendomi capire dopo una lunga analisi che il tempo si era fermato.
 
Non sapevo spiegarmi l’avvenimento: all’inizio pensai che poteva trattarsi di un potere nascosto della gemma che involontariamente avevo attivato, dopotutto era già successo che avesse combinato qualcosa nel momento esatto che mi sentivo in pericolo, poi optai per l’ipotesi che fosse opera di Gabriel dopo che ne avevo perso il contatto, ma attesi invano che la sua voce mi parlasse. Alla fine, dopo tanto tergiversare, scoprì da chi provenne quell’aiuto insperato.
<< Ehi tu! Stai bene? >>
in quel momento, una voce femminile mi chiamò. Mi voltai mettendomi in una ridicola posizione da difesa e vedere chi fosse a chiamarmi, restando a bocca aperta non appena quella persona si fermò davanti a me: era una ragazza più grande di me, dagli occhi verdi color smeraldo, i capelli corti castano scuro tenuti legati da due codine e la pelle candida come una pesca dal bel colore ambrato. Indossava un vestito azzurro turchese che le arrivava fino alle ginocchia con una larga gonna, con il colletto bianco decorato con un fiocchetto rosso era ricamato con merletti cuciti sia sul bordo che sulle maniche corte.
Era davvero elegante, ma non fu quello a lasciarmi senza parole.
<< Tutto a posto? Non ti sei fatta male, vero? >> mi domandò, ispezionandomi con attenzione per vedere se non avessi ferite. Mi dovetti prendere a schiaffi per stimolare il cervello a risponderle.
<< Non ci posso credere…tu sei Sakura! >> esclami infine con sorpresa.
<< Ci conosciamo? >>
Come potevo non conoscerla? Era assolutamente impossibile per me dimenticare il suo nome e il suo aspetto dopo aver trascorsi tanti pomeriggi ad ammirarla: Sakura Kinomoto era la protagonista di un vecchio cartone che guardavo davvero con molto piacere quando avevo l’età di 7 anni. Nel cartone animato era una ragazzina di 10…o 14 anni…non ricordo che età avesse, che un giorno trova in uno scaffale della biblioteca di casa sua un libro misterioso in cui erano racchiuse delle strane carte che ricordavano a prima vista i tarocchi e che a causa di un “incidente” si disperdono per la città causando non pochi guai per colpa del pericoloso potere magico di cui erano impregnante, costringendo quindi la povera protagonista ha diventare una “cattura carte”. L’unico modo che aveva per imprigionare questi oggetti era usare un bastone magico chiamato Chiave del Sigillo; un oggetto color rosa provvisto sulla sommità di una stella sulla punta e di un paio di alette bianche messe accanto, l’unico strumento capace di imprigionare la forza che esse sprigionavano.
 
Potrei raccontarvi tutto riguardo alle sue avventure che da piccola mi hanno fatto viaggiare con le ali della fantasia, ma e meglio tornare alla storia.
 
Presa dall’entusiasmo di aver di fronte una delle mie eroine preferite non potei trattenermi nell’elencare tutte le sue meravigliose imprese che al solo ricordo mi facevano brillare gli occhi per la gioia.
<< Come fai a conoscere tutte queste cose su di me? >> chiese lei sorpresa.
<< è una lunga storia, ma credimi, incontrati mi rende felice! >>
<< Sei sicura di stare bene ragazzina? Il tuo comportamento è alquanto… bizzarro. >>
<< A proposito di bizzarro, che accidenti è successo qui? Tutto e tutti sono fermi. >> chiesi a Sakura, cercando di cambiare discorso.
<< Ecco…è un po’ difficile da spiegare e forse non ci crederai mai, ma devi sapere che è opera di un oggetto molto particolare… >>
<< La Carta del Tempo! Ma certo! Non ci avevo pensato! Avrei dovuto capirlo subito! >> esclamai ad un tratto, sorprendendo ancor di più la ragazza che mi chiese come fossi a conoscenza di quella carta. Ricordandomi all’ultimo secondo che non dovevo rivelare troppi particolari che potessero mettere a rischio la mia identità sviai il discorso e le chiesi se poteva sbloccare il mio amico, senza Sly accanto ad impedirmi di “elogiare” un personaggio che conoscevo la mia copertura di apparentemente normale ragazzina andava a farsi friggere. Nonostante la perplessità, Sakura eseguì lo stesso la mia richiesta e in pochi istanti Sly tornò a muoversi.
<< Ma che…? Claudia? Un secondo prima stavo correndo a salvarti, e un attimo dopo ti ritrovo incolume di fronte a me. Prima eri lì e adesso invece sei… ehi, che diavolo sta succedendo?! >> disse il ladro confuso.
<< Adesso ti spiego tutto Sly, ma prima di tutto, permettimi di presentarti Sakura. >> gli dissi in fretta, indicandogli Sakura, che rispose con un timido ‘piacere’ ed un’occhiata sospetta nei confronti del ladro che non ci badò e ricambiò il saluto, per poi afferrarmi un orecchio e tirarmelo.
<< Claudia, dimmi che in quei pochi secondi in cui non ti ho tenuta d’occhio non hai fatto nulla di “compromettente”. >>
<< Devo dirti proprio tutto? >>
è così, cercando di non farmi picchiare dal ladro, gli raccontai velocemente cosa era successo fino ad allora. Per fortuna il ladro non mi rimproverò, ad ogni mia parola si limitò ad annuire in segno di aver compreso, guardandosi ogni tanto intorno per constatare di persona la situazione e lanciando inoltre sguardi curiosi a Sakura che trasaliva impaurita, come se temesse di venire attaccata da un momento all’altro.
Dopo il racconto, si rivolse a quest’ultima e gli disse:
<< Devo ringraziarti per aver aiutato questa piccola bricconcella signorina, senza il tuo aiuto ora sarebbe nei guai e io non potrei rimproverarla per essere stata così sprovveduta. >>
<< Ehi! Guarda che non l’ho mica fatto apposta! >>
<< Ma si figuri, non c’è di che, ho fatto solo il mio dovere. Piuttosto… non capisco come ha fatto, a differenza degli altri, a non rimanere bloccata nel tempo. >>
<< Non farci caso, questa nanerottola è solamente molto fortunata. A tal proposito: penso che ora sia meglio che ci occupiamo di questo invertebrato troppo cresciuto, proprio adesso mi è venuta voglia di un’insalata di polipo. >>
<< Posso pensarci io, usando una delle mie carte per risolvere in fretta questo problema. >> intervenì Sakura, mostrandoci delle carte dalla copertina rosa e decorata con una stella al centro.
<< Tu? Come? Non hai l’aria di una che sa combattere, come pensi di farcela? >> domandò incredulo Sly.
<< Non essere scortese razza di scimmione, guarda che lei ne ha passate di cotte e di crude più di quanto tu possa immaginare. >> 
<< Come se noi non ne avessimo avuto problemi, soprattutto da quando quella pietra ha cominciato ad andare di matto. >>
<< Hai detto una pietra? >> chiese Sakura, interessata improvvisamente all’argomento.
Prima che potessi spiegarmi o inventare una scusa, la ragazza senza chiedere alcun permesso mi tirò delicatamente verso di sé e con grazia sollevò il polso nella quale si trovava il bracciale con la gemma magica. Trasalì scioccata nel vederla, indietreggiò con gli occhi sgranati e balbettando parole che non riuscì a capire. Prima di poterle chiedere come mai una reazione simile, la strada tremò violentemente e i tentacoli del mostro ripresero a muoversi, lui compreso.
 
Tutti e tre rimanemmo esterrefatti.
Sakura non riusciva a credere ai suoi occhi, e aveva ben ragione di rimanere scioccata nel vedere il suo potere spezzarsi così facilmente, osservò incredula la carta magica che in quel momento era comparsa nelle sue mani, mentre io e Sly ci tenevamo pronti ad affrontarlo. La creatura si sgranchì il corpo prima di infossarsi e sparire all’istante, senza provocare il minimo rumore o vibrazione che allertasse la sua presenza sotto di noi: senza aspettare una sua mossa, Sly si tolse il travestimento ed io mi trasformai usando la gemma, causando un tremendo infarto alla ragazza che si nascose dietro un auto balbettando cose senza senso, troppe per permetterci di esprimere di spiegarle che di noi non doveva avere alcuna paura; prima di riuscirci però sbucò dal nulla la testa appuntita della seppia che per poco non c’infilzò e poi sparire di nuovo, ripetendo l’azione più volte e a caso nel tentativo di beccarci e lasciando come ricordo quella sostanza gelatinosa che puzzava da morire.
Difficile fu prevedere queste sue mosse, ma soprattutto fu difficile scansarle spostandosi da una parte all’altra della strada che assomigliava oramai a un pezzo di gruviera che sarebbe potuto crollare da un momento all’altro.
<< Maledetto! Non si sta fermo un solo attimo! Avessimo a portata di mano una padella e dell’olio gliela farei vedere io! >>
<< Sly, cosa possiamo fare? Questo mostro è più feroce degli altri! >>
<< Ed è anche più furbo. Non so proprio cosa fare per dargli un bel pugno in faccia. Dovremmo essere dei maghi per riuscire a catturarlo. A meno che… Ehi tu, ragazzina! Hai detto che puoi fare qualcosa con quel mazzo da poker, giusto? >>
<< Cosa? bè io… credo di si. >>
<< Allora datti una mossa! Una mano in più non ci dispiacerebbe! >>
Spaventata dalla grinta del procione, Sakura agì immediatamente senza discutere.
Quando la vidi in azione ne rimasi affascinata, mi sembrava di essere tornata piccola e di trovarmi seduta davanti al televisore circondata dai gadget legati al cartone, con tutto l’entusiasmo che una bambina poteva provare per qualcosa che normalmente appare effimero.
Ascoltai attentamente la formula magica, mentre roteava il bastone agilmente, che serviva ad evocare la creatura custodita nella carta; questa apparve quasi subito al richiamo e prima che potesse assumere una forma riconoscibile, si gettò all’interno del cratere e delle colonne di fuoco scaturirono da tutte le voragini. Il mostro uscì allo scoperto completamente avvolto dalle fiamme, strisciando a fatica fuori dalla tana, seguito a ruota da un essere dalle fattezze femminili provvisto di ali, dalla chioma di fuoco, irradiando luce rossa e dorata che resero afosa l’aria. Inutilmente la seppia mostruosa tentò di colpire l’avversario con i tentacoli che lentamente si scioglievano, mancandolo continuamente a causa della velocità e agilità di questo, rallentando i movimenti sempre di più fino a quando non si fermò, trasformandosi in un cumulo di cenere.
 
Che dire? Il fatto di essere sopravvissuti era la ricompensa migliore che si potesse desiderare dopo aver rischiato la triturazione da parte di una sottospecie di seppia, anche se l’ultima cosa che mi sarei potuta aspettare sarebbe stato un aiuto per così dire “speciale”.
 
Lasciammo che le cose in autostrada tornassero alla normalità… e che aggiustassero quest’ultima per permettere la circolazione, approfittando del tempo che rimaneva per conoscere meglio Sakura. Per la prima volta, senza badare alle possibili conseguenze, gli raccontai la mia storia, del viaggio in atto, delle avventure vissute e dei mondi che avevamo visitato; gli rivelai anche da dove venivo in realtà nonostante il parere contrario di Sly che tentò in mille modi di farmi cambiare idea, temendo che questo potesse spaventarla troppo. Ma al contrario di quanto immaginato, alla fine fu lei a sorprenderci: ci narrò che un mese fa, dopo aver lasciato la scuola per tornare a casa, aveva incontrato uno sconosciuto vecchietto che le aveva annunciato con una certa aria misteriosa che presto avrebbe incontrato una persona che avrebbe dovuto aiutare e che avrebbe potuto riconoscerla grazie ad un solo unico particolare: una gemma dorata.
Cioè la mia gemma.
Coincidenza?
Impossibile. Tra i cartoni vige la regola che le coincidenze non ci sono in questo genere di cose.
L’unica cosa che ci conveniva fare a quel punto, era seguire Sakura per scoprire quale legame potesse esserci fra lei e quel cristallo che giorno dopo giorno se ne usciva con una nuova sorpresa.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedicesimo: Tokyo ***


 << Guarda Sly! Siamo arrivati! >>
<< Quella e Tokyo Claudia, la capitale del Giappone, nonché una delle metropoli più affollate e gigantesche del mondo. >>
<< Benvenuti a casa mia ragazzi. >>
Poche ore di macchina ci  permisero finalmente di giungere alla meta tanto desiderata: Tokyo. Già in lontananza si scorgevano i grattacieli della metropoli, uno più alto dell’altro come per tentare di raggiungere il cielo, non vedevo l’ora di esplorare quel luogo da cui provenivano storie di ninja, imperatori, e soprattutto cartoni animati e manga.
Avevo sempre desiderato poter visitare un posto simile, con una cultura diversa dalla mia e con usanze particolari alle quali sicuramente non mi sarei mai abituata, dove tradizione e modernità, tecnologia e storia si fondevano in una armoniosa danza orientale.
Certo, so bene che il Giappone non è il Paradiso, ma quando ero piccola per me appariva come una terra di meraviglie.
Quando finalmente entrammo in città, rimasi letteralmente senza parole: l’attività frenetica che vi albergava quasi mi spaventò; la gente che affollava i marciapiedi come torrente impetuoso in continuo movimento non dava cenno di volersi fermare, come se fossero gli ingranaggi di una grande macchina. Un numero imprecisato di auto, tra camion e utilitarie, andavano su e giù per le strade e le biforcazioni illuminate da semafori, trasportando altrettante persone e prodotti alimentari con caratteri incomprensibili. I grattacieli d’acciaio erano “abbelliti” con enormi cartelloni pubblicitari animati che invitavano la popolazione a comprare i prodotti proposti, intonando simpatiche musichette mentre gli innumerevoli negozi, ristoranti e centri commerciali erano affollati da ragazze vestite alla marinara e ragazzi armati di cellulari super tecnologici.
Caspita, in Italia non c’è tutta questa confusione. Pensai meravigliata. Non conoscendo il posto, Sakura si offrì di farci da cicerone elencandoci i posti più storici, spiegandoci la vita da quelle parti e le abitudini dei giapponesi che solo a sentirle mi sembrava roba da alieni.
Come mi sentivo spaesata e piccola in quel grande posto.
 
Dopo una lunga camminata caratterizzata ad ammirare una sorpresa dietro l’altra, giungemmo in una zona chiamata Shibuya: si trattava di uno dei quartieri più trafficati di Tokyo dove autobus gremiti di passeggeri partivano ed arrivavano dalle fermate segnate da cartelloni con scritte le destinazioni e l’orario. I viaggiatori non perdevano tempo nel salire o scendere dai mezzi, erano rapidissimi e marciavano come tanti soldati che eseguivano gli ordini.
<< Non avevo mai visto una città del genere, cioè… fino adesso credevo che Roma fosse immensa, ma al confronto con Tokyo sembra un paesino. >> ammisi affascinata, dopo l’ennesima meraviglia.
<< Mi fa piacere che ti piace anche se fino adesso vi ho mostrato pochi dei posti più belli che si trovano solo qui. >> mi rispose Sakura al complimento.
<< Effettivamente abbiamo visto poco e niente. Ho notato soprattutto la massiccia presenza di mezzi di costruzione e la mancanza di bus turistici… lo trovo alquanto sospetto. >> intervenì Sly, indicando i mezzi menzionati.
<< Che occhio, complimenti procione! Ultimamente non abbiamo avuto molti turisti proprio a causa di certi problemi: purtroppo ci sono stati dei disagi alquanto seri che hanno reso il continente sconsigliabile da visitare per  le vacanze. >>
<< Le apparizioni dei mostri? >>
<< Indovinato. Secondo le ultime notizie l’economia e il turismo non stanno andando a gonfie vele. >>  
<< Mi dispiace per te ragazzina, non se l’unica a passare una situazione simile. Immagino che la polizia non riesca a gestire la situazione e che tu ti stia dando da fare per fermare tutto questo. >>
<< Proprio così, e vi posso assicurare che non so più come fare. Gli attacchi si fanno sempre più frequenti, e io non riesco a contribuire lo stretto necessario per difenderla perché non posso rivelare l’esistenza dei miei poteri. >>
<< Io sono sicura che in realtà tu stia facendo davvero molto. >>
<< Grazie per la fiducia Claudia, ma non è così: se non fossi costretta a tenere nascosta la mia magia, forse potrei fermare definitivamente quei mostri. >>
<< Non pretendere l’impossibile maghetta, non basta avere dei poteri speciali per fermarli, sono quasi immuni a qualsiasi cosa, e l’unica cosa che otterresti sarebbe solo un posto all’ospedale. >>
<< Ma cosa posso fare allora? >>
<< Devi solo fare lo stretto necessario senza strafare. Prima o poi il giorno in cui tutto tornerà alla normalità arriverà, quindi mantieni le forze per allora e stringi denti. Inoltre, su con il morale, se continui ad essere così demoralizzata non combinerai nulla di buono. >>
Sakura rimase in silenzio a meditare sulle parole suggeritogli dal ladro, osservandolo nel frattempo con i suoi splendidi occhi verdi. Era rimasta colpita dalle parole che saggiamente l’aveva incoraggiata a non cedere alla pesante situazione a cui era sottoposta. Con un sorriso la ragazza ringraziò Sly delle rassicuranti parole, e si scusò per essersi sfogata con noi riguardo le sue incertezze. Il procione le rispose che non aveva nulla di cui scusarmi, e si limitò a raccomandarle di stare tranquilla e serena.
 
Le ore passarono veloci senza che c’è ne rendessimo conto segnalando ad un certo punto che ormai era pomeriggio inoltrato, con il sole in alto nel cielo ad illuminare ed riscaldare l’atmosfera, tanto che molte persone si asciugarono la fronte sudata, o si alzavano le maniche delle magliette per far respirare la pelle.
Anche io, nonostante amassi l’estate il caldo, non riuscivo a resistere all’afa e mi appostavo ad ogni occasione sotto ogni frammento d’ombra, cercando un po’ di fresco. Desideravo tanto poter assaggiare qualcosa di freddo per sentirmi meglio, ma prima che potessi proporre di comprare una bibita o un gelato, un enorme creatura apparve dalle fondamenta della città cominciando a seminare il terrore: le macchine frenarono bruscamente andando a sbattere l’una contro l’altra, le persone scapparono urlando a squarciagola, abbandonando effetti personali ed ogni attività che stavano svolgendo.
Io e i due personaggi animati potessimo far qualcosa per fermare il guaio, qualcuno ci precedette colpendo il mostro con raggi colorati che lo ferirono pesantemente: a quel punto, tutta la gente che si fermò, attratta da quei fasci multicolore che avevano illuminato i grattacieli, alla ricerca della fonte che li aveva creati. Come a voler esaudire la richiesta, cinque figure femminili apparvero dal nulla nello stupore generale: cinque fanciulle di corporatura snella ed aggraziata, capelli lucenti e colorati come l’arcobaleno ( strano ma vero ) e con addosso particolari costumi decorati con fiocchi, merletti e altri ornamenti si misero in posa come delle star del cinema. Ognuna di loro possedeva un bizzarro oggetto che sembrava un giocattolo; anch’essi dai vivaci colori pastello ma le cui forme ricordavano strumenti musicali o ben altro, con cuori rosa, nastri e campanelle a decorarli.
Tutti questi particolari elementi alla fine me le fecero riconoscere come personaggi di un altro cartone animato che ben conoscevo: erano le Mew Mew, paladine della giustizia pronte a tutto per difendere la propria città dai nemici extraterrestri. Le cinque componenti di questo incredibile gruppo avevano in sé il dna di un animale specifico idoneo a loro con cui potevano trasformarsi e sfruttare le capacità speciali, come la forza e l’agilità ( spiegando così perché avevano le orecchie o la coda da animale ). Tutte le fan che le hanno seguite ( me compresa ) ricordano che dovevano affrontare degli alieni che rivendicavano il possesso del pianeta Terra, accusando i terrestri di averlo rovinato ed inquinato, dando così vita ad un diabolico piano di riconquista.
 
Ma lasciamo perdere la trama del cartone animato e torniamo nel momento in cui le “magnifiche 5” fecero il loro spettacolare ingresso: dopo aver rassicurato la popolazione con molta teatralità, si accinsero ad attaccare la grande creatura che nel frattempo si era ripresa, e grazie ad una precisa combo di incredibili mosse rese sfavillanti dai giochi di luce generati dalle stesse armi che parevano ridare vitalità all’allarmante atmosfera che si era creata, riuscendo alla fine a sconfiggere l’orribile mostro, scomparendo senza lasciar traccia. Le eroine furono lodate da una folla di persone in delirio e festanti, gridando con foga i loro nomi senza dar cenno di voler smettere un secondo, e com’erano arrivate scomparvero improvvisamente senza lasciare alcuna traccia, affidando ai soccorritori e alla polizia di occuparsi delle persone ferite. Quell’intervento così tempestivo mi lasciò a bocca aperta, ma il mio stupore non era riferito al fatto di aver visto quei personaggi, bensì di trovarli “insieme” a Sakura: in parole povere, appartenendo a due cartoni diversi, non dovrebbero trovarsi insieme nella stessa città.
<< Sakura… loro che ci fanno qui? >> chiesi alla ragazza.
<< Che vuoi dire con “che ci fanno qui”? Loro sono le protettrici di Tokyo, le Mew Mew; gli angeli custodi che in questo periodo ci stanno aiutando a difenderci dai mostri. >> rispose lei entusiasta.
<< Ma… non è possibile! Non hai detto che sei tu che stai proteggendo la città grazie ai tuoi poteri? >>
<< Certo, ma non da sola. Mi sono dimenticata di menzionarvi la presenza di queste grandiose eroine che senza paura combattono il male, vegliando su di noi. Sono davvero stupende! Vorrei poterle incontrarle un giorno! >>
<< Ma è assurdo! Voi non dovreste “conoscervi”! >>
<< Qual è il problema? Ti sconvolge tanto sapere che qualcuno rischia la propria vita per salvare la gente? >>
<< Non è per quello che sono scioccata, scimmione! E ti spiego pure perché! >>
Cercando di essere il più chiara possibile e di non ingarbugliare le parole a causa della foga, spiegai a Sly e a Sakura il motivo del mio comportamento, rischiando di rimanere senza fiato pur di completare il discorso senza correre il rischio di dimenticare qualcosa d’importante. Quando finalmente conclusi la lunga spiegazione, i due personaggi non seppero cosa dire, perplessi quanto me su quella strana assurda storia.
<< Questo universo è più complicato di quanto pensassi. >> conclusi infine con un gran mal di testa.
<< Io non ci vedo nulla di strano. >>
<< Grazie tante, tu non sei nella mia situazione. >>
<< Ma scusa Claudia, io non capisco perché questo ti lasci tanto sconvolta. è una cosa positiva alla fine, in questo modo siamo totalmente al sicuro. >>
<< Non voglio dire che è una cosa sbagliata! È solo che… bè… Insomma! Non lo so! È tutto così confuso! >>
<< Allora smettila di pensarci che ti fa male. Dici già cose abbastanza strane, non ci tengo proprio a sentirti delirare più di quanto tu non lo faccia già adesso. >>
<< Grazie tante Sly… >>
 
E così, rinunciando a spiegare ai due personaggi perché quella situazione mi apparisse tanto animala, con un buon gelato e seduta all’ombra di un albero permisi al cervello di non fondere e di rilassarmi. Ciò nonostante, non smisi di pensare all’evento a cui avevo assistito: scoprire che nello stesso mondo convivevano personaggi diversi tra loro era uno shock, in ma mai quanto quei mostri disgustosi. Volevo assolutamente sapere perché stava accadendo tutto questo: cosa diavolo voleva significare? Perché tutto quel caos? Perché quei cosi e perché quella pietra? La tensione che sentivo quasi mi faceva rabbrividire, oltre a qualcosa di insolito che mi rendeva alquanto nervosa.
Con la testa fra le nuvole, non mi resi conto che il gelato si era quasi sciolto, sporcandomi le mani con scie di crema fredda che avevano quasi raggiunto la punta della cialda. E mentre cercavo di ripulirmi da quel pasticcio, udì Sly dichiarare che avremmo lasciato Tokyo quel giorno stesso.
<< Ma Sly, siamo arrivati solo oggi. Perché dobbiamo partire subito? Io voglio restare un altro po’ qui, soprattutto per riposarmi. >>
<< Ho degli affari urgenti da sbrigare a Parigi e non posso perdere altro tempo prezioso. Oggi passerò all’aeroporto per controllare i voli diretti per la Francia, e il primo volo che trovo ci saliamo. >>
<< Uffa… così non è giusto. >>
<< Mi dispiace Claudia, ma purtroppo non posso farci niente. Sakura, dove si trova l’aeroporto più vicino? >>
<< Puoi raggiungere in pochi minuti l’aeroporto Haneda, non è molto distante da qui. A quest’ora però da quelle parti potrebbe esserci un bel po’ di traffico. >>
<< Non fa nulla, l’importante e che ci arriviamo presto. Forza Claudia, in marcia. >>
Non mi piaceva l’idea di lasciare la città senza prima aver fatto qualcosa per migliorare la situazione in cui si trovava, ma Sly non voleva sentire ragioni e mi proibì di cacciarmi nei guai. Peccato che erano i guai a venire da me.
All’uscita di un parco affollato, la mia attenzione venne attirata l’unico edificio lì vicino somigliante ad una casa delle bambole; tutta di rosa sia sul tetto che sulle pareti, con le finestre e le decorazioni a forma di cuore, circondata inoltre da un giardinetto tempestato di gocce di rugiada. Bastò una breve occhiata per farmi ricordare: era il Caffé Mew, una pasticceria molto conosciuta e famosa da quelle parti dove venivano preparati dei dolci da far venire l’acquolina in bocca; nonché base segreta delle Mew Mew, che ci lavoravano come semplici ed insospettabili cameriere.
Che fosse una coincidenza trovarmi lì, dopo aver visto le proprietarie di quel posto all’opera, fu decisamente “ovvio”.
<< Cosa c’è Claudia? Hai visto qualcosa? >> mi domandò Sly, sentendomi parlare.
<< Stavo guardando questo posto che mi ha incuriosita. Tu non lo sai, ma qui lavorano i personaggi di un cartone animato. Per essere precisi sono…ahia! >> non riuscì a finire la frase, poiché in quel momento Sly mi afferrò per una bretella della salopette e cominciò a trascinarmi via.
<< Ti ho detto di stare lontana da guai! Non è il momento di imbarcarsi in nuove avventure! >> mi rimproverò duramente.
<< Sei uno scimmione antipatico! Guarda che per quelli come me questa è un’occasione irripetibile! >> replicai offesa, cercando di liberarmi dalla sua presa.
<< è continuerà ad esserlo mia cara. Scommetto che appena ci entri dentro fai qualcosa di stupido. >>
<< Non è vero! >>
<< Le ultime parole famose. >>
<< Oh avanti signor ladro, si tratta solo di una pasticceria. Cosa vuoi che succeda? Visto che siamo qui, perché non entrarci? >> alla proposta di Sakura, guardai speranzosa Sly, pregandolo di lasciarmi visitare quel posto. Dapprima non cedette alle innumerevoli suppliche con cui lo tormentai; ma alla fine seccato da tanta insistenza mi lasciò andare insieme a Sakura che mi accompagnò alla pasticceria, mentre lui andava all’aeroporto in cerca di un volo. Come una bambina gioivo nel poter andare in un posto che conoscevo, non vedendo l’ora di scoprire come fosse starci dentro per davvero. Insieme al personaggio animato aprimmo la porta d’ingresso ed entrammo: l’interno era un’unica stanza circolare con le pareti tinte di verde, il tetto dorato decorato con disegni fantasiosi e sorretto da colonne bianche con i capitelli decorati da cuori rosa. Una folla di ragazze occupavano i tavolini bianchi, accomodate su sedie dello stesso colore e anch’esse a forma di cuore, che con gusto assaporavano i dolci che venivano loro serviti.
Quasi sbavai osservando ingolosita quelle prelibatezze troppo belle per essere mangiate.
<< Salve, benvenuti al Caffè Mew in cosa posso servirvi? >> senza che me ne accorgessi, una ragazza alta, con lunghi capelli verdi legati in una treccia e gli occhi azzurro - grigio, si avvicinò. Indossava un’uniforme da cameriera ricamato con cura e di colore verde scuro, con le maniche a palloncino e i pizzi cuciti sui bordi, mentre all’altezza del colletto c’era fiocco cucito sul colletto, e la gonna che arrivava fin sopra il ginocchio aveva molte pieghe, infine il completo era coperto da un grembiule bianco pieno di merletti e tenuto legato da un grande fiocco dietro la schiena.
La cameriera ci fece accomodare all’unico tavolo rimasto libero, assicurandoci che ci avrebbe portato presto il menù della casa; nel frattempo che io, ridendo come un’idiota per l’emozione, mi guardavo intorno ammirando ogni dettaglio.
Il dettaglio più bello però che ammirai ( e assaggiai ), fu il set di muffin e bignè che ci vennero serviti come “antipasto”.
Dopo il disgustoso cibo in scatola mangiato durante il viaggio, quei dolci apparivano come la perfezione venuta dal Paradiso. Mi ritenni fortunata nell’essere riuscita a convincere quello scimmione di Sly a lasciarmi in pace… Peccato che quei bocconi mi sarebbero rimasti sullo stomaco quando avrei dovuto ammettergli che ero capace di finire nei guai.
 
E dire che ero semplicemente per i fatti miei, concentrata a mangiare e senza grilli per la testa.
Avrei continuato per tutto il giorno a rilassarmi se una piccola, maledetta, fastidiosa vespa non fosse venuta proprio da me a rompermi le scatole: l’insetto mi ronzò intorno attirato forse dai pasticcini, posandosi varie volte sulle mani o sulla testa per farmi prendere dei colpi per timore di venire punta, scacciandola continuamente per essere lasciata in pace. Scocciata, presi un tovagliolo e lo colpì con violenza, esultando per esserne liberata.
Starete pensando che è assolutamente ridicolo, ma vorrei vedere voi al mio posto in un mondo di cartoni animati dove, se stuzzichi anche un moscerino, le conseguenze che ne derivano sono disastrose. Figurarsi poi se si tratta di una vespa…
Il piccoletto non era morto, svolazzò intontita fino a quando non riuscì a raggiungere la finestra, dove ronzò sonoramente per richiamare lo sciame di compagne che vennero in suo soccorso, invadendo la pasticceria e diffondendo il panico tra i clienti. Tra le urla e la fuga di massa il disastro fu perfetto, crema e cioccolata volarono dappertutto mescolandosi ai ripieni di frutta o alle decorazioni di zucchero, lasciando le cameriere scombussolate. E non finì mica lì! Le maledette m’inseguirono per tutta la stanza con i pungiglioni carichi di veleno, ben decise a non demordere nonostante corressi più veloce di loro, nemmeno lanciandogli addosso della roba cambiarono idea circa la “punizione”. Quando mi ritrovai circondata e senza vie di scampo già “assaporavo” il tremendo dolore delle punture, tremai e alla fine tutte quante alla carica mi bersagliarono, finendo però incenerite dall’aura dorata che il cristallo magico improvvisamente generò quando queste si trovarono a pochi centimetri dalla mia pelle. Sakura e le cameriere erano scioccate, ma mai quanto me che non avevo fatto nulla di particolare per attirare l’attenzione: con chissà quale forza Sakura trovò il coraggio di prendermi e trascinarmi fuori dalla pasticceria, allontanandoci il più possibile da lì.
Avrei voluto dire qualcosa alla ragazza per tentare di spiegarle che io non avevo colpa, ma quando venni trascinata all’indietro da una seconda mano, urlai di terrore.
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** capitolo diciasettesimo: cose che non quadrano ***


 Urlai a pieni polmoni, ma la mano che mi coprì la bocca con forza impedì alle mie grida di riecheggiare nel parco per evitare che qualcuno potesse sentirmi, tranne Sakura che si avventò contro l’aggressore urlandogli di lasciarmi andare, ignorando però i suoi pugni alla schiena. Era un ragazzo biondo con gli occhi azzurri come il ghiaccio, alto e slanciato, pelle ambrata e sguardo serio… fin troppo serio per i miei gusti, oserei dire quasi arrabbiato. Non era un granché muscoloso, eppure con una sola mano riusciva a bloccarmi tenendomi per una spalla, stringendola ogni volta che tentavo di liberarmi.
<< Abbiamo già i nostri problemi qui, non ti ci mettere anche tu, hai capito? >> mi disse con rabbia.
<< Ho solo una cosa da dirti: vattene e non farti mai più vedere. >> tagliò corto, prima di lasciarmi andare e allontanarsi.
Quell’atteggiamento mi aveva terribilmente scioccato, ero sconvolta, tremavo come un cucciolo indifeso e il cuore stava per essere colpito da infarto. Cominciai a piangere, il modo in cui mi aveva “aggredita” era stato davvero brutale… nessuno mi aveva mai trattata così male, nemmeno i bulli della mia vecchia scuola elementare… non riuscivo capacitarmene. Sakura mi strinse a sé cercando di calmarmi, ma il gesto affettuoso non sortì alcun effetto e non potei far altro che versare lacrime.
Scese la sera, l’incidente al parco era ancora fresco, la gola mi bruciava per i continui singhiozzi. La ragazza animata non sapeva come tirarmi su di morale, mi parlava e mi teneva a sé ormai da ore, senza abbandonami nemmeno un minuto, con le braccia che tremavano debolmente per lo sforzo di mantenere l’abbraccio forte e sicuro. Quando Sly fece ritorno, saltando da un lampione all’altro, non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia per la vergogna anche se di male non avevo fatto nulla, preoccupandosi un mondo quando mi vide nello stato in cui mi trovavo, implorandomi quasi di dargli una spiegazione su cosa era successo durante la sua assenza. Temendo una sua negativa reazione non riuscì a spiccicare nemmeno una parola, lasciai questo ingiusto compito a Sakura che raccontò quella serie di sfortunati eventi. Sentì il ladro respirare pesantemente, muovendosi interrottamente.
Dopo una snervante attesa disse:
<< Ragazzina, hai la possibilità di ospitare Claudia per questa notte? >>
<< Bè… si. Certo. >>
<< Perfetto. Allora posso andare sicuro. >>
<< Aspetta! Andare dove? >>
<< Vado a cercare quel tizio. Gli farò pentire di prendersela con i più deboli. >>
<< Ma potrebbe trovarsi ovunque. >>
<< Non è un problema per me: io trovo sempre quel che voglio. >> e senza aggiungere altro, se ne andò via, alla ricerca del mio aggressore.
 
La notte trascorse in fretta, troppo per aiutarmi a dimenticare la brutta esperienza.
Nonostante tutta la disponibilità che mi venne offerta, riprendersi fu un’impresa, niente di tutto quell’aiuto fu capace di tranquillizzarmi o a malapena strapparmi un sorriso, mi veniva da piangere ogni 3 secondi, con gli occhi tanto rossi da bruciare. Nel quartiere in cui Sakura abitava dormivano tutti a sonno fondo, rilassandosi nel mondo dei sogni nelle loro sicure case, contemplavo la notte che mi infondeva tantissima paura con il suo silenzio e la sua oscurità, stringendomi a me stessa per proteggermi e arrotolandomi intorno le lenzuola per proteggermi dal freddo che mi gelava le ossa. chiudevo gli occhi e mi sentivo girare la testa, li riaprivo e mi tornava la paura.
Non avevo proprio pace.
 
Vedere la luce del sole sorgere fu una cosa abbastanza interessante, purtroppo non avevo alcuna voglia di godere di un simile spettacolo.
Mi alzai controvoglia, stanca e anche innervosita, ancora leggermente triste e soprattutto demoralizzata. Se fossi stata a casa mia mi sarei chiusa in camera e non ci sarei uscita per tutto il giorno, mi sarei rimpinzata di cioccolata, patatine e schifezze varie e avrei guardato la televisione senza darle davvero attenzione. Rimasi come ospite in quella casa fino all’ora di pranzo, aspettando un qualsiasi messaggio di Sly che ci avvertisse che aveva fatto qualcosa a proposito della sua “vendetta”, ma non si fece né vedere o sentire.
Quando uscimmo quasi mi trascinavo con i piedi, Tokyo non mi affascinava più come il primo giorno, al contrario, tutta quell’agitazione mi dava fastidio. Non c’era un programma stabilito o un posto in cui andare, andammo un po’ dappertutto, soprattutto nei posti più interessanti e storici per poter conoscere il passato di un continente così unico nel suo genere, tentando di sforzarmi di stupirmi davanti a cose che forse non avrei mai più rivisto. Ad un certo punto fui costretta a fermarmi per le gambe che non mi reggevano più; non avevamo percorso molta strada ma avevo l’impressione di aver percorso chissà quante miglia, tanto da avere il fiatone.
<< Vuoi che torniamo a casa? >>
<< No, sto bene. >>
<< Guarda che per me non c’è alcun problema. >>
<< Lo so, ma… non mi sentirei a mio agio. >>
Nonostante la forte tentazione di coricarmi, proseguì la visita guidata e strinsi i denti.
Sussultai spaventata quando finimmo chissà come nel parco in cui avevo trovato la “base segreta” delle Mew Mew e dove ero stata aggredita senza motivo. Mi aggrappai a Sakura guardandomi intorno spaventata, intimorita che da un momento all’altro potesse apparire lo stesso ragazzo che con molta cattiveria mi aveva minacciato, cominciando a piagnucolare e a tremare come mai mi era successo prima d’ora.
<< Tu non stai affatto bene. Adesso ti porto da un medico e ti faccio visitare. >>
<< Io voglio solo tornare a casa… >>
<< Lo so, lo so. Non ti preoccupare… andrà tutto bene. >>
<< O cavolo… >>
<< Che succede? >>
<< è lui. >>
Il cuore parve fermarsi quando vidi improvvisamente lo stesso ragazzo biondo che mi aveva “aggredita”: era davanti a me, molto distante da dove mi trovavo e al tempo stesso troppo vicino. Non si era accorto della mia presenza, camminava svelto per il parco con la stessa espressione cupa con cui l’avevo conosciuto, la stessa che anche se di profilo mi intimidiva. Mi nascosi dietro Sakura sperando di non essere stata scoperta, insieme arretrammo un passo alla volta per fuggire da lì, incrociando le dita per gli scongiuri. Quando sentì un rumore di passi cominciai a perdere la testa, ero convinta che mi avesse beccato e che volesse nuovamente sputarmi addosso veleno.
<< Che fortuna, se ne sta andando. >> disse Sakura.
Quelle parole mi diedero una tale ventata di speranza che quasi svenni per l’emozione. Mi affacciai e constatai di persona quanto detto dal personaggio animato, il biondino era ben lontano, molto perché potesse accorgersi di me; me ne sarei rallegrata al 100% se solo Sly non gli fosse corso dietro per inseguirlo e, a sua volta, inseguito dalle Mew Mew.
<< Accidenti, il procione non scherzava quando diceva di voler dare una lezione a quel ragazzo. È davvero determinato. >>
<< O cavolo, speriamo che non gli facciano del male. >>
<< Stai tranquilla, non appena capiranno che non è pericoloso lo lasceranno stare. >>
<< Ne sei sicura? >>
<< Almeno spero… >>
<< è colpa mia, avrei dovuto dargli ascolto quando mi ha detto di non finire nei guai. Adesso rischia di finire a pezzettini. >>
<< Ma non è colpa tua. Lui  sta solo cercando di difenderti. >>
<< e se gli fanno del male? >>
<< Stai tranquilla, non accadrà. Anzi, sai che ti dico? Lo aiuterò io: con i miei poteri farò si che nessuno gli faccia del male. Che ne dici? >>
<< Che stiamo aspettando!? Andiamo subito a cercarlo! >>
Preoccupata com’ero per il procione, qualunque aiuto mi sarebbe andato bene per aiutarlo.
Non più spaventata da quello che mi era successo, corsi nella stessa direzione in cui Sly era andato per inseguire il biondo trascinandomi dietro Sakura. Aiutare il ladro era il minimo che potessi fare per ricambiare quel che stava facendo per me, non volevo restarmene con le mani in mano.
Corsi da una parte all’altra con frenesia, cercando di localizzare l’obiettivo, quando mi bloccai di colpo davanti alla pasticceria delle Mew Mew, scivolando sulla stradina sdrucciolevole: la porta d’ingresso era spalancata. Sapendo bene che era il “covo segreto” delle eroine tanto stimate da Sakura, lasciare incustodito un posto simile era da stupidi… le motivazioni di una simile distrazione poteva essere la fretta o qualcos’altro, ma la mia esperienza e conoscenza sui cartoni animati mi diceva che c’era un motivo chiaro se avevo trovato quella porta aperta.
Spinta da chissà quale coscienza, entrai nella struttura senza nemmeno pensarci, tra le proteste del personaggio che non la considerava una buona idea.
All’interno non c’era nessuno ovviamente, le finestre erano state chiuse con le serrande e la corrente elettrica interrotta per evitare a quanto pare possibili corto circuiti, i dolci sistemati nelle teche di vetro per refrigerarli e i tavoli coperti da larghi lenzuoli bianchi. Un’altra porta, vicino alla cucina, era aperta, mi tornò in mente che nel cartone era presente anche un sotterraneo dove venivano tenute delle riunioni ed organizzati i piani d’attacco delle cinque eroine. Un po’ per curiosità, un po’ per togliermi uno sfizio, un po’ per vedere come fosse, scesi lì sotto senza avere un piano.
 
Dopo aver sceso una rampa di scale, trovai uno stretto corridoio che conduceva all’unica stanza situata là sotto: era camera buia ed appena illuminata dalla luce opaca di un largo computer con tanto di larga tastiera, con un tavolino di metallo posto al centro in cui c’erano poggiati diversi strumenti, docimenti e foto. La luce del monitor computerizzato non era abbastanza forte per farmi vedere chiaramente la roba lì dentro, provai a muovere il mouse attaccato lì vicino e sullo schermo comparve l’immagine di un personaggio sconosciuto: aveva i capelli lunghi e neri,  la pelle grigia e gli occhi azzurri.
Lo conoscevo, però stranamente in quel momento non riuscivo a ricordare chi fosse.
<< Incredibile….sotto il Caffè Mew, si cela questo posto. >> disse Sakura stupita.
<< Anche le cameriere hanno i loro scheletri nell’armadio, come puoi vedere. >>
<< Si, interessante… ma ora che siamo qua, cosa facciamo? >>
<< Non lo so. Io sono voluta entrare qui perché credevo che ci fosse qualcosa d’importante… ma è solo una sensazione. >>
<< Sarebbe stato meglio se tu fossi rimasta a casa mia a dormire. Non ti senti ancora ripresa. >>
Ignorando i commenti di Sakura, ispezionai il tavolo per poter cercare di capire cosa raffiguravano le foto, trovandoci come soggetti i personaggi di altri cartoni animati, sia buoni che cattivi.
Sussultai per lo shock vedendole, non riuscivo a credere che le Mew Mew conoscessero altri cartoni animati esterni al loro mondo.
Non lo ritenevo possibile.
Fino a quel momento avevo avuto la dimostrazione che nessuna di quelle figure animate sapesse di far parte di un qualcosa che normalmente non dovrebbe esistere, eppure lì davanti ai mie occhi sembrava che avessi la prova contraria di quanto pensavo.
Stavo per avere un mezzo infarto quando all’improvviso il corridoio esplose, sprigionando fiamme e fumo. In preda al panico, io e Sakura ci lanciammo sotto il tavolo che poco dopo, in seguito ad un’altra esplosione, si ribaltò e ci spinse contro un angolo della stanza, con le gambe rivolte verso la porta. Qualcuno entrò. Nonostante il rimbombo e la mezza sordità, riuscì a distinguere il chiaro rumore di passi umani. Ci acquattammo dietro il tavolo il più possibile per non essere viste, non provammo nemmeno a sbirciare, aspettammo e basta.
 << Le prove del complotto. >> esordì una voce femminile.
Quindi è una donna… ma non la riconosco… non è di nessuna delle Mew Mew. Pensai ben poco rassicurata.
 
<< Qui c’è ancora qualcuno. >> annunciò gelida in seguito, facendomi venire la pelle d’oca.
Cominciai a imprecare mentalmente come mai avevo fatto prima.
All’improvviso, un suono al piano di sopra fece sussultare la ragazza.
Fu lì che un briciolo di coraggio mi affacciai appena un po’ per vedere come fosse: la vidi solo di spalle, capelli castano scuro raccolti in una treccia lunghi fino alla vita e pelle ambrata, con un paio di pantaloni a zampa di elefante, che teneva in mano qualcosa simile ad un bastone.
<< Che cosa sta facendo? >> mi chiese sottovoce Sakura.
Con il dito indice poggiato sulle labbra le feci segno di non parlare. All’improvviso la ragazza si voltò verso il computer e con quell’”arma” cominciò a distruggerlo, colpendolo ripetutamente con violenza, facendo schizzare da ogni parte microchip elettrizzati, fili ed altri componenti elettronici.
Sembrava impazzita, io e Sakura non potevamo fare nulla per fermarla.
<< Fermati immediatamente! >> urlò una voce.
Mi affacciai e vidi Sly sull’uscio della porta.
<< Salve ragazze! Va tutto bene? >> ci domandò il ladro, con il suo solito sorriso sornione.
<< Come hai fatto a trovarci? >>
<< Lunga storia, ve lo spiego dopo, adesso lasciate che mi occupi di questa pazza. È più pericolosa di quanto possiate immaginare. >>
<< Ci siamo già fatte una vaga idea del suo stato mentale, grazie. >>
 Approfittando di quella distrazione, la sconosciuta balzò verso Sly, ma non per attaccarlo, bensì per sorpassarlo e scappare, sparendo in un battere di ciglia.
 
Per rendermi conto che i guai, per il momento, erano finiti mi ci volle del tempo.
Tremavo come una foglia, con una tremenda nausea e la voglia di svenire.
Sakura stava per impazzire per lo shock, Sly invece era abbastanza rilassato.
<< Questa Tokyo alternativa è più caotica di quanto pensassi. >> disse lui per sdrammatizzare.
<< è tipico dei cartoni animati. Deve sempre accadere qualcosa di assurdo. >> risposi io, tirando dei profondi respiro per rimanere lucida.
<< Come ti senti? >>
<< Come quando ho iniziato questo strano sogno: confusa e spaventata. >>
<< Ti piacerebbe saperne di più? >>
<< E me lo chiedi pure? Certo! >>
<< Allora possiamo parlare tranquillamente con loro. >>
Perplessa, mi voltai nella direzione indicata dal ladro, balzai in aria vedendo i personaggi di quel mondo che ci fissavano, primo tra tutti il biondo che mi aveva parlato male, con un occhio nero e il labbro mezzo violaceo.
<< Spero che stavolta vorrai discutere senza fare storie. >> disse Sly guardando con serietà il ragazzo che si limitò a mugugnare.
 
Quel pomeriggio, un’animata conversazione riecheggiava nel Caffè Mew.
Sly e Ryan, questo era il nome del ragazzo biondo, discutevano con foga, agitandosi senza sosta. Inutili furono i tentativi per calmare gli animi infuriati, dopo una breve pausa per riprendere fiato i due ricominciavano a discutere; l’unica cosa che era stata chiarita, per fortuna, riguardava le nostre intenzioni.
Ciò nonostante, Ryan non aveva cambiato idea a proposito della sottoscritta: non si fece scrupoli nell’urlare davanti a tutti che gli avrei portato guai, disegnandomi come una criminale o qualcosa del genere, lasciando perplesse le cinque ragazze che non sapevano se tentare un approccio con me; e questo fece infuriare Sly che mancò poco per saltargli addosso per prenderlo a pugni come già aveva fatto.
Io mi limitai a rimanere in disparte, insieme a Sakura, senza trovare il coraggio di dimostrare la mia “innocenza”.
Tra i vari argomenti messi in discussione c’era quello riguardante la ragazza misteriosa: i personaggi animati ci rivelarono che era lei che mandava tutti quei mostri ad attaccare Tokyo grazie ai poteri di cui era stata dotata, altro però non vollero rivelarci.
<< Questi non sono affari che vi riguardano, abbiamo già i nostri problemi e non vogliamo occuparci anche dei vostri. >>
<< Tranquillo ragazzino, non ho proprio intenzione di darti una mano: sei talmente incapace in quello che fai che rischierei di finire imbalsamato. >>
<< Come osi!? >>
<< Oso eccome, razza di poppante che non sei altro! >>
Prima che i due litiganti potessero ingaggiare una rissa, Kyle, un ragazzo alto dal capelli castani legati in una coda, si mise in mezzo tentando di calmarli.
 
Sospirai pesantemente, scocciata e stanca di tanta confusione. Uscì dalla stanza per non urlare a causa di tutto quel gridare, sbattendo quasi la porta alle mie spalle, sedendomi poco dopo a terra e dando un colpo secco con la testa alla parete contro la quale mi appoggiai.
Kyle si avvicinò in quel momento, porgendomi una tazza di camomilla.
<< Non ho sete, grazie… >> gli disse, declinando l’offerta.
<< Ti farà bene. Credi a me. >> replicò lui con un sorriso.
Riluttante, accettai la bevanda sorseggiandola poco alla volta, soffiandoci sopra per farla raffreddare.
<< Il tuo amico ci tiene molto a te, avresti dovuto vederlo quando ha inseguito Ryan, era davvero infuriato. >>
<< Mi dispiace… >>
<< Per cosa? Ha solo preso le tue difese, anche se in maniera piuttosto violenta devo ammettere. Ci ha raccontato cosa ti è successo e questo mi dispiace. >>
<< Che cosa ha detto esattamente? >>
<< Che Ryan non si è comportato bene con te. Ti avrà spaventata moltissimo… >>
<< Preferirei non ricordare. >>
<< Capisco… >>
Scese il silenzio. Era evidente che il tizio era imbarazzato per il suo amico.
<< è così avete conosciuto Syria. >>
<< Chi? >>
<< è la ragazza che tu e la tua amica avete incontrato. Non pensavo si sarebbe fatta viva da queste parti, sapendo che avremmo potuto toglierle i poteri. >>
<< Cosa? Che significa? >>
<< È una Mew anche lei. O meglio… non esattamente. >>
Sconcertata da quella specie di rivelazione, mi feci spiegare per filo e per segno cosa voleva dirmi: Kyle spiegò che le Mew Mew stavano difendendo la città dai mostri da troppo tempo, deleterio per loro che si trovavano sul punto di morire dalla fatica immane a cui erano sottoposte. A quel punto, dopo una lunga riflessione, avevano deciso che c’era bisogno di nuovi elementi per risolvere il problema: la soluzione sembrava essere riuscita in pieno con il reclutamento, ma subito dopo si resero conto che in lei qualcosa non andava…
<< Kyle, le stai dicendo troppe cose. >> intervenì improvvisamente il biondo, lanciandomi un gelido sguardo. Senza aspettare delle scuse da parte del suo amico, rientrò nella stanza per riprendere la discussione con Sly.
<< Per la farla breve, non siamo riusciti a risolvere un problema che poco dopo se ne presentò un altro: una vecchia conoscenza l’ha rapita e fatta sua schiava. >>
<< Profondo Blu. >> Non appena pronunciai quel nome, Kyle sussultò con espressione incredula. Profondo Blu, per quanto il nome fosse strano, era stato il nemico che aveva cercato con i suoi seguaci di dar del filo da torcere alle Mew: nel cartone animato questo personaggio comparso poche volte prima del suo vero debutto, aveva intenzione di conquistare il mondo ( ovviamente ) e di distruggere la razza umana per governare. Profondo Blu era anche lo stesso tizio che avevo visto sullo schermo del computer e di cui non mi veniva il nome.
<< Come fai a conoscerlo? Anche se è chiaro che non sei di queste parti, nessuno all’infuori di noi ha saputo del suo nome. >>
<< è un po’ difficile da spiegare… >>
<< Ok gente! Qui abbiamo finito! Grazie a tutti per la “calorosa” accoglienza e felice soprattutto di non rivedervi più! Addio! >>
Esordì Sly, uscendo rapidamente dalla stanza e trascinandomi via, facendo lo stesso con Sakura.
La riunione era finita, uscimmo talmente velocemente dall’edificio che non ebbi nemmeno il tempo di vedere cosa stessero facendo i personaggi animati. Ci allontanammo di qualche metro prima che il ladro, improvvisamente, ci costrinse a gettarsi in mezzo ai cespugli.
<< Ma che cavolo ti prende?! Sono già nervosa di mio per quanto è accaduto, non ti ci mettere anche tu! >> disse Sakura scocciata.
<< Non sei l’unica ad avere ragione di essere arrabbiata. Ho un diavolo per pelo che non ti dico… quel moccioso l’individuo può presuntuoso e testardo che io abbia incontrato in vita mia! >> replicò Sly, passandosi una mano sulla fronte.
<< Non siete raggiunti ad un accordo, non è così? >>
<< Con quello? Se ci fossi riuscito non sarei stato costretto ad attuare il piano B. >>
<< Cioè? >>
<< Questi tizi nascondono roba grossa… talmente enorme che mi fa venire la pelle d’oca. È incredibilmente legata a quello che ti sta accadendo Claudia, a quella pietra e a questa faccenda dei mondi paralleli. Il “biondo” sa tutto, ma non ha voluto spiegarmi come e perché, e soprattutto, non vuole che facciamo alcunché per paura che capiti qualcosa alle sue preziose cameriere. >>
<< Quindi quelle foto erano sue… ma questo non può essere possibile. >>
<< Perché ha paura questo ragazzo? >>
<< Non lo so, però sembra che parte dei suoi timori derivino da quella ragazza che oggi è sfuggita. Finché non scopro cosa bolle in pentola, dobbiamo spiarli.  >>
<< Cosa? Ma sei pazzo?!
<< No, solo preoccupato. >>
 
Generalmente sarei stata contraria a spiare delle persone, ma la storia aveva avuto un colpo di scena talmente contorto che non potevo ignorarla.
Aspettammo a lungo standocene rannicchiati in quello scomodo nascondiglio con gli insetti che ci camminavano addosso e le foglie impregnate di chissà quale sostanza che mi faceva venire il prurito. Lo scorrere lento del tempo fu snervante, l’unica cosa interessante che avvenne in quel lasso di tempo fu il simpatico inseguimento di un gruppo di bambini nei confronti di un cagnolino e poi nulla più, semplici coppie che passeggiavano e qualche ciclista. Quando finalmente accadde qualcosa ringraziai il cielo: in fretta e furia le Mew uscirono dal locale e si trasformarono davanti ai miei occhi, spiccando un balzo verso una destinazione in quel momento ignota; le seguimmo nonostante la loro velocità, tentando nel frattempo di non finire investiti da una macchina o di scontrarci con le persone.
Ovviamente con tutta quella confusione riuscimmo a perderle, Tokyo era troppo immensa e ci si perdeva facilmente, preferimmo fermarci invece di continuare una ricerca senza senso. La fortuna però non ci abbandonò: in quel momento i megaschermi televisivi, posti negli edifici più imponenti della metropoli, interruppero la pubblicità che stava trasmettendo per dare linea al telegiornale locale con le notizie dell’ultima ora; avvertendo che l’intero quartiere di Chyoda era rimasto isolato, i soccorsi non riuscivano raggiungere la zona a causa di un grosso intoppo. è per grosso volevano dire davvero grosso. Non si riusciva ad avere notizie più dettagliate riguardo l’allarmante situazione, nemmeno sulle cinque eroine che erano entrate in azione da parecchio tempo, come se fossero scomparse nel nulla. L’intero quartiere era ripreso da un elicottero munito di telecamera che dall’alto mostrava la situazione attuale: gran parte degli edifici erano ricoperti da strani filamenti bianchi che non si riusciva a capire che cosa fossero, mentre una gigantesca figura vagava fra i grattacieli.
Ad un tratto, la comunicazione venne interrotta e lo schermo divenne nero. Quelle poche immagini bastarono per spingerci ad intervenire, prima che la situazione precipitasse. Corremmo in mezzo alla folla in quel momento ferma nella speranza di saperne di più, cercando di raggiungere il luogo del “delitto”.
<< Meno male che quel biondino aveva detto che se la sarebbero cavata da sole. >> disse Sly sarcastico.
<< Smettila di fare lo spiritoso, non mi pare il caso in un momento simile. >> lo rimproverò Sakura.
<< Cercavo solo di sdrammatizzare la situazione. >>
<< Speriamo che le Mew Mew stiano bene, chissà che cosa era quella cosa nera che camminava tra le case. >>
<< Probabilmente il nuovo mostro. Mi chiedo solo che razza di “coso” possa essere... >>
Improvvisamente una musichetta ci bloccò: Sakura frugò nelle tasche della gonna e tirò fuori un cellulare tutto rosa confetto dalla quale proveniva la suoneria. La ragazza schiacciò un tasto qualsiasi e la musichetta si interruppe, sullo schermo comparve qualcosa che attirò l’attenzione della nostra amica lasciandola sorpresa. Le chiedemmo che cosa l’avesse stupita tanto la lasciarla ammutolita, e in risposta, ci mostrò un messaggio che le era appena arrivato da Ryan. Il messaggio ( scritto ovviamente in lingua giapponese, che mi feci tradurre per capire cosa dicesse ), era breve e formato da pochi ideogrammi, quanto bastava per avvisarci chiaramente che non dovevamo intervenire per nessun motivo e di stare fuori da quella faccenda.
<< Come diamine ha fatto a mandarmi questo messaggio, se non gli ho mai dato il mio numero? E soprattutto, come avrà saputo che stavamo intervenendo? >>
<< Chi se ne importa! Quel tizio è davvero pazzo! Le sue carissime soldatine saranno sicuramente in un mare di guai! Avrà capito che c’è qualcosa che non va! >>
<< Probabilmente ha intercettato il segnale del telefonino, in questo modo sanno dove ci troviamo e come ci muoviamo. Forse ho esagerato nell’insultarlo. >>
<< Allora questo significa che non possiamo andare da nessuna parte senza che lo venga a sapere. >>
<< Tranquille signore, a questo problema c’è un rimedio. >>
<< E cioè? >>
Non l’avessi mai chiesto…
O cavolo, se penso a cosa fui costretta a fare mi sento malissimo. L’idea che venne a Sly per sfuggire al segnale che ci rintracciava consisteva nel scendere sotto la strada, ovvero nelle fogne che grazie alla loro profondità impedivano a qualsiasi marchingegno di spionaggio di scovarci. Fin da subito mi rifiutai di scendere in quelle gallerie puzzolenti e schifose, assicurando che mai avrei fatto una cosa simile per non mettere a repentaglio la mia salute; ma il procione non volle sentire ragioni e mi costrinse con la forza a venir giù. Gridai come una pazza tentando di aggrapparmi a qualsiasi cosa mi venne a tiro per evitare quello schifo, l’idea di andare lì sotto mi dava troppo la nausea. Purtroppo, nonostante l’ammirevole ( dal mio punto di vista ) resistenza con cui avevo lottato fino a quel momento, il procione stufo del mio comportamento, mi sollevò di peso e finalmente, insieme a Sakura, scendemmo nelle fogne.
 
Il posto non emanava di certo un buon profumo. Il miscuglio di prodotti sparsi lì sotto era disgusto, assolutamente insopportabile, che faceva girare la testa…e anche lo stomaco. Non so quante volte mi venne l’istinto di vomitare. Mi ripetevo continuamente che da un momento all’altro saremmo usciti, pregando che questo avvenisse presto, mentre il ladro nel frattempo indicava la strada da seguire con una mappa che teneva di fronte a sé, cambiando direzione ogni tanto per rendere il percorso meno lungo e per facilitare la raggiunta del quartiere, escogitando durante la traversata una serie di idee da attuare una volta fuori da lì, nel caso che avessimo avuto problemi.
Ad un tratto, una forte scossa di terremoto fece tremare la galleria che sembrò per un momento crollare, dalla cui volta franarono piccoli pezzi di cemento e polvere che caddero su di noi. Dei sonori tonfi riecheggiarono interrottamente sopra di noi mentre una strana musica li accompagnava in sottofondo con note acute e gravi. Col passare dei minuti la musica e i tonfi divennero sempre più indistinguibili, fino a quando non furono più udibili dalle nostre orecchie… a quel punto, affrettammo il passo e cercammo la prima botola da cui uscire, e non appena la trovammo, la sollevammo per scoprire che eravamo giunti finalmente a Chyoda.
 
La prima cosa che scoprimmo furono i filamenti bianchi visti alla televisione: non erano altro che fili di ragnatela, spessi quando un mio braccio ed appiccicosi come la colla. Era immensa quella tela, avvolgeva qualsiasi cosa, edifici compresi, formando uno spesso strato bianco e argentato che nascondeva persino il cielo come una sorta di cupola, e appesi tra quegli strani cavi gocciolanti c’erano cose, animali e persone avvolte in bozzoli che li tenevano imprigionati, mossi dal vento che li scuoteva leggermente.
Vagammo per le strade silenziose di quello che pareva un mondo alieno, prestando attenzione a non rimanere incollati nella ragnatela, cercando nel frattempo di rintracciare le Mew Mew, ormai non più convinti che potessero svelarci dei segreti su ciò che il ragazzo biondo sapeva. La strada era quasi impercorribile a causa di profondi solchi nel cemento, creando un dislivello nella strada che in parte era sollevata
Ormai era ovvio che ci fosse un mostro nei paragi.
Vicino ad un incrocio non fu possibile andare avanti, l’ammasso di ragnatela formava una specie di muro bianco invalicabile, con piccole fessure sparse un po’ ovunque ma troppo strette per essere attraversate senza che si rimanesse imprigionati. Prima di cercare un’altra strada però, qualcosa di particolare sospeso nell’ammasso bianco attirò la nostra attenzione: una ragazza dal vestito rosa confetto giaceva nel vuoto priva di sensi, imprigionata tra i fili che l’avevano quasi avvolta completamente. Ci affrettammo a soccorrerla non appena ci rendemmo conto del fatto, la liberammo con estrema cautela, tagliando con attenzione ogni filo che la teneva appesa per non farla cadere; fu un complicato lavoro, ma dopo un po’ la ragazza era finalmente libera.
La riconobbi subito: era Strawberry, o Mewberry nel suo attuale aspetto, la leader delle Mew Mew, la prima ad avere ricevuto gli speciali poteri con cui combatteva il male.
Nelle sue normali vesti era una qualunque studentessa, sognatrice e romantica come tutte le ragazzine della sua età. Nei panni di super eroina invece, indossava un vestito formato da un corpetto che terminava con quattro punte ed una gonna a palloncino, abbinati con dei guanti e degli stivali rosso fragola. Le caratteristiche particolari di questo personaggio, che la rendevano una delle mie preferite, erano la coda e le orecchie da gatto dal pelo nero.
 
Ci prendemmo cura di lei fino a quando non rivenne: aprì a fatica gli occhi, luminosi come due perle, cercando di formulare qualche parola e di muoversi. Non appena focalizzò chi si trovasse di fronte a lei, si alzò di scattò per allontanarsi da noi, crollando subito dopo, non riuscendo ancora a reggersi in piedi.
Tentai di calmarla per non farla sforzare inutilmente: << Stai tranquilla Mewberry, non siamo nemici, vogliamo solo aiutarti. >>
<< Ma…? Siete quei ragazzi con cui abbiamo parlato: che ci fate qui? È pericoloso vagare da queste parti! >> ci ammonì la fanciulla, non appena ci riconobbe.
<< Davvero? Pensavamo che tutta questa roba fosse per una festa. Ragazzina, non farci notare cose che già sappiamo, siamo venuti qua per aiutare te e le tue compagne. >>
<< Che cosa? Voi… volete darci una mano? >>
<< Proprio così. Ti puoi fidare di noi. >>
<< Ma Ryan ha detto…. >>
<< Ignora quel che ha detto il pallone gonfiato. Noi vogliamo solo aiutarvi, non possiamo certo far finta di niente. >>
<< è pericoloso. >>
<< Tranquilla, abbiamo affrontato situazioni peggiori di questa. >>
La fanciulla non parve convinta dalle nostre parole, si limitò a guardarci corrucciata, , ma si rese conto alla fine che non aveva altra scelta.
<< Va bene… ammetto di non essere abituata a farmi aiutare da sconosciuti, ma voi siete la mia unica speranza per aiutare le mie compagne. >>
<< Finalmente ti sei decisa. >>
<< Non ho altra scelta, il mostro con cui stavamo combattendo si è rivelato molto forte e noi da sole non siamo riuscite a fermarlo. >>
<< Non temere, faremo tutto il possibile per aiutarvi. >>
È così, guidati da Mewberry, continuammo ad esplorare Chyoda, alla ricerca del nemico per fermarlo una volta per tutte. Mentre cercavamo le disperse, la ragazza gatto ci raccontò quel che le era capitato: lei e le sue amiche avevano seguito una pista in quel labirinto di ragnatele, così libera e priva di ostacoli che sembrava essere stata fatta apposta per loro; una sorta d’invito a proseguire proprio per di là. Sospettavano che potesse trattarsi di una trappola preparata apposta per trarle in inganno, ma non avevano avuto altra scelta e si erano addentrate nella tana del lupo. E proprio lì, il quintetto era stato attaccato come avevano sospettato, ma per sfortuna non erano riuscite a difendersi e solo Mewberry era fuggita dalla trappola per chiedere aiuto.
Nel parlare della creatura lei fece una faccia disgustata, tremando come una foglia e guardandosi intorno con un certo disagio.
Ad un certo punto giungemmo nel punto in cui Mewberry era stata attaccata e si era divisa dal gruppo, i segni della lotta passata erano ancora ben visibili, dimostrando così la veridicità del racconto: gli edifici circostanti per metà crollati avevano le finestre rotte e i balconi distrutti, la strada era un mosaico disordinato di frammenti di cemento da cui sbucavano tubi dell’acqua che zampillavano come fontane. Oggetti come i pali della luce, motorini o automobili invece erano arrugginiti, ricoperti da una fanghiglia violacea che emanava un particolare odore di putrefazione. In quel momento Mewberry corse con gran foga verso una gigantesca ragnatela a spirale simile ad un vortice, tempestata di goccioline di quella misteriosa sostanza viola che luccicava debolmente, stagliandosi su ogni altra cosa, e intrappolati nella ragnatela quattro figure umane, semiracchiuse in bozzoli, mi fecero venire un tremendo shock: le quattro persone erano i membri mancanti del gruppo delle Mew Mew.
A causa dei colori brillanti dei loro vestiti sembravano frammenti di arcobaleno, impossibilitati a fuggire per tornare a splendere nel cielo nei giorni di pioggia, intrappolate come farfalle indifese. La loro amica dai capelli rosa, usando una curiosa arma a forma di cuore munita di campanello, cercò di liberarle e di destarle chiamandole una per una per nome, con gli occhi gonfi di lacrime per la disperazione. L’aiutammo a distruggere i bozzoli, più resistenti dei cavi d’acciaio e duri come la pietra, cercando di far presto.
<< Non mi stupisco se queste ragazze hanno avuto problemi. Qualunque cosa abbia creato questa roba deve essere terribilmente pericoloso. >>
<< Sono combinate davvero male… nonostante fossero in cinque non sono riuscite a risolvere questo guaio… Forse non saresti dovuta venire Claudia. >>
<< Mi sarei tirata indietro più che volentieri, ma tanto so che sarei finita qui lo stesso. >>
<< Perché dici questo? Sei abituata a trovarti in grossi guai? >>
<< No, ma l’esperienza da cartone animato fa accadere spesso queste cose. >>
<< Non ti seguo… >>
<< Ignorala Sakura, i suoi assurdi ragionamenti ti fanno solo confondere. >>
<< Vorrei che ti trovassi nella mia situazione per capire cosa intendo. >>
<< Lo sto già facendo, grazie. >>
<< Ragazzi! Vi sembra il momento per discutere di certe cose? Abbiamo del lavoro da fare! >>
<< Non è colpa se questa nanerottola è… >> prima che Sly potesse finire la frase, qualcosa lo colpì gettandolo con violenza a terra e bloccandolo di seguito, impedendogli di alzarsi, invischiato in una roba bianca. Un’ombra avanzò rapida, sibilando mostruosamente.
 
Ricoperto da uno spesso strato di peluria nera e marrone, con otto zampe munite ciascuna di un artiglio curvato all’indietro alla base e con cinque occhi arancioni brillanti sul capo, un gigantesco aracnide apparve dal nulla, arrampicato sulla ragnatela che ad ogni suo passo emetteva un debole fruscio, riuscendo in quel modo a non essere sentito. Il mostro con la sua grossa mole bloccò totalmente l’unica via di scampo, secernendo dell’altra ragnatela per essere sicuro che non potessimo scappare.
Ma non fu l’unica sorpresa: sulla testa dell’aracnide c’era la stessa ragazza che si era addentrata nella pasticceria, stavolta però riuscì a vedere il suo viso: i lungi capelli neri accentuavano la carnagione chiara simile al colore della luna, gli occhi erano di occhi di uno scuro blu notte, vitrei come perle, dai tratti asiatici e di costituzione assai esile. Silenziosa, ci osservava senza alcuna emozione, impassibile e fredda come una statua di marmo, eppure elegante con quella specie di vestito da odalisca che indossava seppur nero.
<< Non credevo che saresti tornata Mewberry, pensavo che fossi fuggita per salvarti. >> disse la sconosciuta, con la sua voce che aveva un non so che di melodioso.
<< Non avrei mai abbandonato le mie amiche per nessun motivo al mondo. Se sono scappata era per cercare aiuto. >> Rispose l’altra..
<< Vedo… ma non mi sembra un aiuto sufficiente per il tuo scopo. Saranno in grado questi tre a ribaltare la situazione? >> Replicò lei, scrutandoci con attenzione.
<< Forse non saremo in maggioranza numerica, ma siamo in grado di tenere testa a quell’insetto troppo cresciuto. >>
<< Il mio cucciolo non ha alcuna voglia di sforzarsi. Ha molta fame ed è giunto il momento per lui di mangiare qualcosa. >>
Senza aggiungere altro, all’improvviso dalla schiena della fanciulla crebbero due grandi ali nere, generando un turbine di piume scure e spiccò il volo. Il suo “cucciolo” dalla coda secerne dalla coda sottili filamenti di ragnatela che avvolsero sia Sakura che Mewberry che ne rimasero invischiate, non prima che la ragazza gatto mi spingesse per evitare che io facessi la stessa fine. Con la spinta rotolai all’interno di un market abbandonato, con gli scaffali rovesciati e la merce sparsa a terra rovinata o spiaccicata, non ebbi il tempo di riprendermi che una delle zampe della bestia si ficcò all’interno dello spazio ristretto per farmi uscire fuori, spaccando persino il soffitto per far passare le altre zampe e avere maggiore fortuna. Corsi tra una zampa e l’altra sfiorando i lunghi peli che li ricoprivano e gli uncini ricurvi, raggiunsi l’uscita che portava dall’altra parte della strada, tornando indietro per sperare di avere dagli altri una mano.
<< O cavolo-cavolo-cavolo! E adesso che faccio? Io non so che cosa fare! >> dissi disperata, portandomi le mani ai capelli. Sly, con un solo braccio libero, mi diede una bastonata sulla gamba per calmarmi.
<< Calmati Claudia, non farti prendere dal panico! Non è comportandoti da bambina impaurita che ci aiuterai! Ragazze, non riuscite proprio a muovervi? >>
<< Completamente paralizzate! >>
<< E io che cavolo faccio nel frattempo?! >>
<< Scappa nanerottola! Non hai altra scelta! Vattene via da qui! Ora! >>
Con la paura che saliva alle stelle eseguì l’ordine senza discutere, correndo senza sosta prima che il mostro o la ragazza mi attaccassero.
Non seguì un tragitto preciso, in preda al panico com’ero zigzagai da una parte all’altra, inciampando e scontrandomi contro gli oggetti, rischiando spesso di finire appiccicata alla ragnatela, urlando quando mi trovavo davanti la faccia assopita delle persone racchiuse nei bozzoli come mosche.
All’ennesimo caduta rimasi a quattro zampe a terra per riprendere soprattutto fiato, fissando la desolazione che mi circondava, rabbrividendo con quell’atmosfera spettrale. Mi rimisi in piedi lentamente cercando di non sfiorare nulla, come se tutto fosse delicato come il cristallo e potessi romperlo sfiorandolo solamente. Un passo alla volta ripresi la fuga prestando attenzione ad ogni cosa, sbirciando più di una volta i confini degli incroci per controllare se ci fossero problemi all’orizzonte e poi correre al primo nascondiglio.
Dopo essermi rintanata all’interno di un negozio di abbigliamento rimasi ad aspettare. Mi barricai dietro un mucchio di manichini sistemati in fila come dei soldati, abbigliati o meno con completi da donna e uomo, pronta ad attingere al potere del cristallo dorato. Un debole soffio che mi solleticò la nuca mi costrinse a voltarmi indietro, infastidita dal brivido che mi fece venire, ritrovandomi davanti la sconosciuta però il brivido divenne gelo puro, con il suo viso di porcellana e le ali nere che leggermente dondolavano. Per allontanarmi andai a sbattere contro i manichini, inciampando e cadendo dentro una cassa colma di grucce nelle quali mi impigliai senza riuscire ad uscirne.
<< Curioso. Tu sei diversa dalle altre persone. Il tuo aspetto è simile a loro, ma non del tutto uguale. >>
<< Ehm… questo perché sono una turista italiana? >>
La ragazza si avvicinò e con una mano mi afferrò il viso, accarezzandomi una guancia con la punta delle dita.
<< Tu mi nascondi qualcosa… perché non mi riveli il tuo segreto? Potrei servirmene per sbarazzarmi di chiunque voglia fermarmi. >>
<< Non sono di alcuna utilità, ti farei perdere tempo. >>
<< Di tempo me ne stai facendo perdere adesso con la tua segretezza. Sicura di non volermi dire qualcosa? >>
<< Solo due parole: Scintilla di Luce! >>
Sperando che l’effetto sorpresa funzionasse, evocai i miei poteri per spaventarla con il bagliore dorato che la pietra emanava. L’idea funzionò a metà: la tizia si allontanò come previsto, ma la forza generata dalla pietra mi spinse violentemente all’indietro, con le orecchie mi fischiavano dolorosamente. Ripreso il controllo dei sensi mi trascinai verso l’uscita, ma quella pazzoide di afferrò per il colletto della maglietta e con una forza bestiale mi lanciò contro l’edificio davanti a noi, entrando in uno dei condomini attraverso l’unica finestra rimasta integra. L’unica cosa positiva fu l’atterraggio su un divano rosso, situato all’interno di un salotto molto grande e arredato con vari mobili antichi. Mi alzai a fatica con la testa che ancora mi girava, imponendomi di prendere la mia arma e combattere, di non avere paura di nulla.
Peccato solo che l’enorme ascia che andò a conficcarsi nel pavimento mi fece cambiare idea.
<< Adesso giochiamo come piace a me. >>
 
Con una lama spessa 5 centimetri e lunga 40 che sfiorava di un pelo il mio collo, cercai salvezza scappando per i pianerottoli del condominio desolato: gli appartamenti erano stati abbandonati in fretta e furia, lasciati aperti ed incustoditi. Approfittai di quella occasione per prendere alcuni oggetti ( come padelle, pentole ed altre cose ) ed intralciare la mia inseguitrice, riuscendo solo a infastidirla.
Scendendo una rampa di scale misi il piede in fallo e caddi in avanti, cercando inutilmente di aggrapparmi alla ringhiera di sostegno e rotolando sui gradini fino al pianerottolo, con il naso sanguinante che pulsava di dolore. Mi convinsi che quella sarebbe stata l’ultima volta che mi sarei lamentata di un dolore del genere quando con la coda dell’occhio notai la parte di lama a mezzaluna avvicinarsi alla testa, e non mi sarei mai aspettata di essere portata in salvo dallo scatto felino di Mewberry che mi portò via da lì, uscendo dall’edificio.
<< Tranquilla piccola, sono venuta a darti una mano. >>
<< Tu? Come hai fatto a liberarti? Dove sono i miei amici? >>
<< Stanno tenendo occupato il mostro per difendere le mie amiche. >>
<< Che cosa?! >>
<< Non ti agitare, stanno bene. Dovresti vederli, se la stanno cavando egregiamente. Adesso stai indietro, mi occuperò io di lei. >> Detto questo, la ragazza – gatto usò la sua arma a cuore per contrastare i colpi dell’avversaria che letteralmente si lanciò su di lei con furia indomabile. I due personaggi combatterono senza esclusioni di colpi, senza darsi tregua l’una con l’altra usando esclusivamente i loro poteri e la loro forza. In disparte osservavo con attenzione ogni azione del combattimento: entrambe le protagoniste erano al massimo della loro forza, i loro visi erano rigati da minuscole gocce di sudore e i loro respiri si facevano sempre più pesanti e affaticati, decise forse a volersi distruggere a vicenda.
Un calcio allo stomaco costò a Mewberry più di un semplice attimo di distrazione, quella psicopatica sfruttò l’attimo per prenderla a testate, a pugni e a calci, graffiandole il corpo con le ali e rovinando l’eleganza del suo aspetto, incurante delle lievi ferite sanguinanti che lei stessa si procurava.
<< Fermati subito! >> urlai alla nemica, afferrandole la treccia e tirandola all’indietro.
<< Non t’immischiare! >> urlò questa, stringendomi il collo per soffocare.
Spaventata da quell’azione fu istintivo per me darle uno schiaffo per difendermi.
Non mi sarei aspettata però la reazione che ne conseguì.
Mi lasciò andare, lentamente, fissandomi scioccata mentre si teneva la guancia. Il suo volto dapprima privo di espressioni venne “distorto” da una smorfia di tristezza, lacrime le rigarono le guance, singhiozzò e abbassò lo sguardo, tremando come una foglia. Ammetto che mi impietosì a primo impatto anche se non capivo il perché, soprattutto se mi stesse prendendo in giro o no. Ero interdetta, non sapevo che fare.
<< Perché adesso ti comporti così? >> le disse Mewberry per capire.
<< Io ho fatto una cosa sbagliata… >> rispose lei con voce rauca.
<< Tu non volevi fare tutto questo, vero? >>
<< Io… io… cerco solo di essere come devo apparire… >>
<< Che vuoi dire? Cos’è che ti affligge? >>
<< Io ho deluso quella persona…. L’unica cosa che mi può aiutare… quella persona.>>
<< Quale persona? Di chi parli? >>
Sempre più agitata, la ragazza prese a mordersi le unghie e a balbettare parole senza senso, fino a quando non spiccò il volo seguito da un pianto liberatorio. Le ragnatele si dissolsero come polvere, i raggi del sole tornarono a illuminare il quartiere, con le persone che giacevano in mezzo alla strada sul punto di riprendere lentamente i sensi. 
Sly e Sakura mi raggiunsero poco dopo, dicendo che il ragno mostro era scappato e che le altre ragazze erano salve.
 
Stava accadendo qualcosa di assurdo in quel mondo che per ragioni sconosciute sembrava voler scoprire cose che non doveva conoscere, attratte da quella ragazza sconosciuta che non aveva nulla che la legava a quel cartone animato che avevo ammirato. Non ero una “veggente” o roba simile, ma avvertivo chiaramente qualcosa che avrebbe potuto portare delle brutte conseguenze. Per la prima volta, desiderai di non aver mai voluto avere l’occasione di intervenire in quelle storie per cambiarne gli eventi.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciottesimo: L'originale nemico ***


 Passarono due brevi giorni dopo la movimentata avventura che aveva coinvolto il quartiere di Chyoda.
Della ragazza misteriosa non avevo più avuto notizie.
In quel lasso di tempo Tokyo non aveva subito attacchi, per il momento la calma era tornata.
Strawberry e le sue compagne fecero qualunque cosa per cercare di ripagarci dell’aiuto prezioso fornito; volevano sdebitarsi a tutti i costi per avergli salvato la vita, e noi gli ripetemmo che avevamo fatto solo il nostro dovere in maniera del tutto disinteressata.
Con gli elogi però non mancarono le polemiche: Ryan era furibondo quando lo incontrammo, il nostro intervento l’aveva davvero fatto arrabbiare, divenne talmente rosso in viso che pareva voler esplodere. Kyle non riuscì a calmarlo, soprattutto ad evitare che lui e Sly si azzuffassero.
Nonostante tutto, le ragazze non cambiarono idea e ignorarono le proteste del loro “collega” di lasciarci perdere.
Quando trovarono un attimo di libertà, senza farsi scoprire portarono me e Sakura in un altro quartiere chiamato Odaiba, famoso perchè il centro più importante per lo shopping, il divertimento ed altre attrazioni interessanti come locali notturni e costosi hotel.
è dire che un posto simile esiste davvero. pensai meravigliata, rendendomi conto del fatto che tutto ciò si trovava anche nel mondo reale.
Il giro turistico servì a rilassarmi e dimenticare per un po’ la stressante situazione in cui trovavo.
Per il momento.
 
§ Se io mi divertivo, qualcun altro al contrario lavorava.
Si stressava.
E si tratteneva a litigare con gran difficoltà.
<< Allora? Quando lascerete la città tu e quella bambina? >>
<< Non tanto presto biondino. Non ci sono voli per Parigi, e quei pochi che erano in programma sono stati cancellati. >>
<< Questo significa che avremmo ancora problemi con lei. >>
<< Attento a come parli moccioso se non vuoi un’altra dose di legnate. >>
<< Provaci e io ti faccio estinguere. >>
<< Ragazzi! Per favore! Il vostro non è un comportamento maturo! >>
I due litiganti si allontanarono l’uno dall’altro con sguardo cagnesco, stancando il povero paciere che non aveva idea di quanto ancora sarebbe riuscito a tenerli a bada.
<< La vostra presenza servirà solo a peggiorare la situazione. Siamo ad un punto critico di questa missione… quella ragazza ci sta creando un sacco di problemi… non so quanto resisteremo ancora… >>
<< è così grave la situazione? è questo che ti ha spinto a varcare i confini dello spazio per scoprire “ cose che non avresti mai dovuto sapere”? >>
<< Non sono affari tuoi. >>
<< Qualunque sia la ragione, Claudia non c’entra. Se oserai trattarla di nuovo male, rivelerò alle tue carissime cameriere delle scomode verità. >>
<< Non oseresti. >>
<< Invece si. >>§
 
Trovandomi in un’immensa città che offriva intrattenimenti a non finire, trovai molto più divertente dare briciole di pane agli affamati uccellini.
Una cosa così infantile in quel momento mi piaceva più di qualsiasi altra cosa, intenerita da quei minuscoli corpicini pennuti che saltellavano da una parte all’altra per raccogliere i pezzettini di pane che gli lanciavo, cinguettando in coro.
Fare una cosa simile mi trasmesse tranquillità. Non smettevo di pensare a quanto mi era accaduto, in quel momento però non volevo farmi schiacciare dal peso opprimente che esse davano. C’erano delle cose che al tempo stesso volevo sapere e non sapere, ignorare la loro importanza ma non trascurarla, in bilico tra il voler conoscere e restare nell’ignoranza… era una continua lotta con me stessa, la più difficile di tutte. Osservai la pietra, presi di bordi del bracciale e provai a sfilarmelo, senza riuscirci ovviamente, grattandone i bordi che mi facevano il solletico sulla pelle. Avevo bisogno di un aiuto per togliermi di dosso quell’affare.
A proposito di aiuto: di chi parlava quella ragazza, quando diceva di poter essere aiutata? mi venne da pensare ad un certo punto.
<< Ehi piccola, gradisci un gelato? >> mi chiese ad un tratto Strawberry, porgendomi un cono con tre palline di gelato sopra.
Accettai volentieri l’offerta, in modo da potermi rifare la bocca con qualcosa di buono.
Gli altri personaggi interagirono tra loro, comportandosi normalmente, e per normale intendo come fanno solitamente i cartoni animati, tra una gag e l’altra. Nonostante la comicità non mi veniva da ridere: non mi veniva lo stimolo di trovarne il divertimento e riderci sopra. Sospirai stancamente, riprendendo a mangiare il gelato che rischiava di sciogliersi e di creare una fantasia a pois sulla mia salopette.
<< Dimmi un po’… come ci si sente ad avere dei poteri? >> mi chiese la ragazza ad un certo punto.
Io la guardai e pensai a cosa risponderle.
<< è strano. Mi fa un effetto che mi rende pazza: ci sono delle volte che mi fa sentire come se potessi conquistare il mondo ( si fa per dire ), altre invece in cui non mi da nulla di nuovo e mi sento normale. E poi ci sono quei momenti in cui non vorrei averla mai trovata… >>
<< Perché? >>
<< Perché sta trasformando un vecchio sogno in un brutto incubo… >>
Il personaggio animato mi guardò confuso, ma quel che avevo detto era vero in fondo: quel che avevo sempre immaginato come perfetto e idilliaco si stava mostrando con un volto diverso.
Strawberry voleva chiedermi dell’altro, ma si trattenne nel farlo, probabilmente per non domandarmi qualcosa che avrebbe potuto mettermi ulteriormente a disagio.
Dopo un po’ c’incamminammo nuovamente, tornando sui nostri passi per concludere la passeggiata e con essa la giornata, entrambe però ben lontane dall’essere giunte alla fine.
Tutto cominciò con l’eco lontana di un tuono, la quale fece alzare le teste di ogni cittadino che guardò il cielo allarmato, sgombro però da nuvole e senza indizi che presagissero l’arrivo della pioggia. Altri tuoni si susseguirono con intensità diversa, seguiti da un sibilo alquanto strano che diventava sempre di acuto, fino a quando non divenne chiaro che proveniva dagli elettrodomestici, marchingegni elettronici e qualsiasi cosa fosse tecnologica, facendoli vibrare come se posseduti e alla fine, improvvisamente, esplodere come delle piccole bombe, sciogliendosi come burro in pozze nero pece. Ci fu un fuggi - fuggi generale, si scappava da una parte all’altra per evitare di restare fulminati, sobbalzando ad ogni esplosione, fino a quando un’unica esplosione non mandò tutti quanti a terra, costringendoci a tenere la testa bassa per non essere feriti dal materiale lanciato in orbita. Disorientata da quel botto non mi accorsi della presenza che si avvicinò, afferrandomi per il colletto della maglietta per costringermi ad alzarmi.
<< Tu non devi spezzare mai più il mio cuore. >> esordì una voce femminile con rabbia.
La sconosciuta sprizzava energia da tutto il corpo, dettata dalla negatività che emanava. Qualunque cosa avesse voluto dirmi non gli diedi importanza in quel momento, lo “spettacolo” non era finito: i rombi di tuono ripresero a vibrare, le ombre proiettate da oggetti, edifici e persone si allungarono a dismisura, concentrandosi in un unico punto, unendosi in una vasta macchia nera da cui emerse una figura umana maschile, dalle spalle non troppo larghe e con la pelle pallidissima che andava sul grigio, capelli lunghissimi color nero corvino, un paio di orecchie appuntite da elfo e i suoi occhi di un azzurro ghiaccio con la pupilla felina, il corpo adornato da una lunga veste blu oltremare. Le Mew Mew sussultarono e si rimisero in piedi, arretrando scioccate alla vista di quell’individuo che rimase fermo nello stesso punto da cui era comparso, saettando gli occhi da una parte all’altra.
<< Profondo Blu…. >> mormorò una di loro incredula.
 
Oltre ad avere un nome assurdo, il cattivo numero uno del cartone era uguale e preciso a come era stato presentato. Fece un passo in avanti, ignorando la reazione preoccupata delle cinque ragazze, facendo scivolare le dita sulla grossa perla viola posta sull’elsa della spada agganciata alla cintura, tastandone la sferica perfezione. Fece qualche altro passo, posi si fermò e finalmente parlò.
<< Finalmente ho il piacere di rivedervi mie giovani amiche. >>
<< Non possiamo dire la stessa cosa. La tua presenza preannuncia solo male. >> 
<< Calma, non agitate inutilmente i vostri animi. Non sono qui per voi, questa volta, ho ben altre intenzioni. Oggi è lei che voglio. >> rispose, indicando la tizia misteriosa.
 Quando si accorse di me per un attimo sgranò gli occhi, tornando subito dopo impassibile.
Frattanto la ragazza in questione lo stava fissando molto male.
<< Non voglio avere più niente a che fare con te. >>
<< Perché dici questo? Non sei felice di poter avere nuovamente l’opportunità di lavorare al mio servizio? >>
<< Il solo pensiero mi da la nausea. >>
<< Sei persa senza di me, voglio solamente aiutarti, per il tuo bene. >>
<< Smettila di mentire! La tua lingua da viscido serpente non avvelenerà più la mia mente con le acide bugie che sputa! >>
<< Mi offendi e visto questo non mi lusinga. Ti farò pentire di essere stata così sfrontata. >>
è così, composto e serio, Profondo Blu estrasse la sua spada, puntandola contro la ragazza che a sua volta sfoderò l’ascia, decidendo di lasciarmi andare e di accettare la sfida.
Furono talmente rapidi nei movimenti che non riuscivo a seguirli, il cozzare delle loro armi si riusciva però a sentire benissimo, rimbombanti come i colpi di un tamburo; i soffi d’aria creati dal forte movimento delle loro armi era rovente, asfissiante nella maggior parte dei casi, inoltre come se non bastasse, lo stridio del ferro che batteva contro l’asfalto, o qualunque altra cosa che non fosse l’avversario, era terribile. Il quartiere fu presto circondato dalla polizia: gli agenti aiutarono la gente a scappare mentre con le pistole sparavano contro i gli sfidanti, tirando un sospiro di sollievo nel vedere arrivare in loro aiuto le Mew Mew, le quali erano riuscite a sgattaiolare via per potersi trasformare indisturbate. Il sollievo però svanì quando ad uno schiocco di dita Profondo Blu fece apparire una specie di falena gigante color oro e azzurro, ali larghe ricoperte da macchie provviste di sottili filamenti, antenne afflosciate in avanti dalla quale pendevano due sacche luminose, e una folta peluria gli ricopriva interamente il corpo. La creatura volò verso le cinque eroine facendo lampeggiare le antenne, il quintetto non si fece intimorire e gli andò incontro attaccandolo, prendendo più di una volta la scossa, generata dall’insetto stesso.
<< Non ho paura di te. >> fu l’unico commento della ragazza misteriosa.
Dalle fondamenta della città apparve l’aracnide, il suo mostruoso cucciolotto, che si gettò sulla falena con le fauci spalancate, tentando di avvolgerla rapidamente nella sua ragnatela, sibilando di dolore a causa delle scosse elettriche che prendeva.
Il caos regnava sovrano, ovunque ti giravi vedevi solo confusione: io e Sakura eravamo nascoste all’interno di un negozio, terribilmente indecise se intervenire o meno. Tanta era la paura che provavo, tremavo e sussultavo ad ogni azione, coprendomi sia gli occhi che le orecchie per non vedere o sentire. All’improvviso Sakura mi spinse a terra prima che un palo della luce ci trafiggesse, conficcandosi nel pavimento di marmo con un tonfo, trascinandosi dietro frammenti di vetro taglienti: le orecchie mi fischiarono nell’atterrare di colpo sul freddo marmo mentre la testa mi rimbombava e pulsava, trattenendo il fiato fino a soffocare. Rimasi distesa senza sentire nient’altro che quell’acuto suono spacca timpani, urlando mentalmente di smettere, avendo inoltre l’impressione che le parole riecheggiassero con una debole eco che invece di ripetere esattamente quel che dicevo, distorceva il loro suono per riformulare in modo diverso quel che avevo detto.
L’effetto svanì nel momento stesso in cui il personaggio animato mi aiutò a rimettermi in piedi: ogni cosa in parte tornò normale, solo la lotta tra il bene e il male proseguiva.
La ragazza mi urlò di scappare, di andare via da quel posto pericoloso.
Feci quel che mi venne richiesto e cominciai a correre, voltai continuamente sia indietro per vedere Sakura che evocava il suo bastone magico che di lato per ammirare letteralmente lo scontro fra mostruosi titani ricoperti di sangue. Non sapevo dove stavo andando, correvo e basta, sperando che nulla mi costringesse a diventare partecipe degli eventi in corso. Il cuore mi si fermò quando per poco non andai ad infilzarmi contro la punta della spada che mi ritrovai a pochi centimetri dallo stomaco e Profondo Blu che mi osservava con interesse.
Come diavolo fosse apparso in quel modo era per me sconcertante, sebbene, diciamoci la verità, è una cosa tipica del cartoni animati.
<< Non desideri rimanere per assistere alla finale di questo spettacolo? Ti fa troppa paura ammirare il terrore? >> disse il personaggio con lieve divertimento.
<< Non osare toccarla chiunque tu sia! Lei non ti ha fatto niente! >> gli urlò Sakura puntandogli il suo bastone e tremando di paura.
L’alieno le lanciò un’occhiata gelida, storcendo la bocca in una smorfia seccata.
<< Ho dei lavori da portare al termine. Non ho molto tempo per mia sfortuna, quindi levatevi dalla mia strada. >> concluse l’individuo, dando un calcio nello stomaco a Sakura e levando alta l’arma contro di me.
Il riflesso della sottile lama brillò all’altezza del petto come se fosse una specie di mirino, restringendosi con l’avvicinarsi all’obiettivo. Misi le braccia in croce per proteggermi poco prima di essere colpita, lasciando che fosse quella parte a subire il danno peggiore, provando un tremendo bruciore sulla pelle nuda. Persi l’equilibrio e andai a cadere addosso a Sakura, piangevo a dirotto per il male per cui soffrivo e cercavo di non muovere ulteriormente le braccia per non peggiorare la situazione; diedi un’occhiata immaginando già di vedere un fiume di sangue, ossa sporgenti e muscoli tagliati.
Invece no. Non avevo assolutamente niente.
Avevo solo un livido violaceo che pulsava di dolore, ma niente di grave.
Io a malapena mi rendevo conto del vero e proprio miracolo che mi aveva salvato gli arti, Sakura e l’alieno erano scioccati, quest’ultimo però era addirittura spaventato, allontanandosi da me rapidamente
<< Tu non sei normale… >> si limitò a dire.
 Sakura approfittò di quel momento di sgomento per utilizzare i suoi poteri e bloccare Profondo Blu con una delle sue carte, immobilizzandolo grazie a una tenaglia di solida terra. Lui si dimenò come un pazzo per liberarsi, urlando e muovendosi quel poco che poteva per sfuggire alla cattura, riuscendoci alla fine con un energico sforzo, volando in alto e fermandosi a mezz’aria.
<< Non so che razza di trucco tu abbia usato, ma stai sicura che non servirà a salvarti dalla mia ira, piccola strega. >> sibilò minaccioso verso la ragazza.
<< Non ho paura di te! E non ti permetterò di continuare a fare del male a nessuno! >> replicò lei coraggiosamente.
Selvaggiamente il cattivo animato si avventò su Sakura, non esitando a farle del male con calci pugni, graffi e fendenti violenti, insultandola  pesantemente; nonostante le continue provocazioni lei non rispose, si difese e combatté senza mai fermarsi, sfruttando ogni sua magica capacità. L’alieno cominciò a ridacchiare dopo un po’, divertito probabilmente dal fatto che stava avendo la meglio.
<< Cosa ti prende terrestre? Che fine ha fatto l’arroganza che poco fa sfoggiavi con ardore? >> disse l’avversario, senza darle il tempo di risponderle.
<< Ti ho fatto una domanda! Rispondimi! >> disse ancora, e ancora la ragazza non fu capace di rispondere.
 
A quel punto l’afferrò per la gola e la sollevò in aria guardandola con perfidia, con le dita che affondavano nella carne, perdendo quel divertito sorrisetto malevolo, sfiorandole il viso con la spada che le procurò un sottile taglio rosso sangue.
Rimasta fino ad allora in disparte intervenni per liberarla, urlando al personaggio e tentando con spintoni e gomitate di lasciarla andare, ma la presa non cedeva e continua a stringere sempre più forte, fino a farla boccheggiare.
Non ebbi altra scelta che trasformarmi, sfruttando il martellone per colpirlo sulla schiena e farlo desistere, fino a quando non bloccò con una mano sola, usando solo il palmo.
<< Per te ho altri progetti in mente. >> mi disse.
Fu in quell’istante che si alzò un forte vento che sollevò polvere e oggetti leggeri come carte per poi trasformarsi in un tornado che risucchiò solamente Profondo Blu, generandosi esattamente da sotto i suoi piedi. Venne trascinato via da quel fenomeno atmosferico dotato di vita propria, da esso comparve una figura aggraziata dai lunghi capelli dorati e occhi smeraldini, volando con leggiadria intorno all’individuo avvolgendolo con il suo corpo trasparente, generato da un rettangolo lucente che Sakura, armata di bastone magico, dava vita.
L’abbracciai in lacrime, stringendola forte senza preoccuparmi del fatto che aveva rischiato di morire e che aveva bisogno di riprendersi dallo shock. Nello stesso momento sopraggiunse Sly, chiedendoci interrottamente preoccupato se stavano bene, tentando di calmarmi e farmi riprendere il controllo.
<< Adesso ci sono qua io, non vi preoccupate. Vi porto immediatamente in un posto sicuro e poi mi occupo io di tutto. >>
<< Non farlo! Quello ti ammazzerà! è spietato! Ha tentato di ucciderci! >>
<< Calmati Claudia, non mi accadrà niente. Devi avere fiducia in me, ti assicuro che d’ora in poi tutto andrà meglio. >> ma le parole del ladro non trovarono veridicità quando i due mostri insetto, che si scontrarono per l’ennesima volta, andando a cadere addosso ad un palazzo che franò quasi del tutto sotto il loro peso.
Le Mew Mew seguirono un altro obiettivo, ossia la ragazza vestita di nero, venendoci incontro e fermandosi quando la falena gigante spiccò il volò e zampillò di elettricità che il ferro nelle vicinanze si caricò più di una pila elettrica e il ragno tesse una larga ragnatela sopra gli edifici come una sorta di cupola in cui poteva muoversi più facilmente. Subentrò anche Profondo Blu in scena, riuscito a liberarsi dal vortice d’aria, completando così la speciale riunione.
Tutti erano pronti a combattere, la tensione alta fino alle stelle.
Poi Profondo Blu riprese a ridere, stavolta con più allegria, come un folle in festa.
<< Non pensavo che mi sarei divertito così tanto! Sono anni che non mi facevo una risata simile! è questo grazie ad un branco di ridicoli mostriciattoli! A questo punto, per la prima volta nella mia, sono indeciso se uccidervi o lasciarvi vivere: la vostra presenza, se continuaste ad esistere, mi renderebbe ancora allegro. >>
<< Ehi! Ci hai preso per dei pagliacci?! Come puoi decidere una cosa simile basata solo per il tuo divertimento personale?! >>
<< Io faccio ciò che più mi aggrada. Non devo dar conto a nessuno delle mie decisioni. Anche se devo ammette che non tutti i presenti meritano di continuare ad esistere. >>
Con quelle parole immaginai subito che si stesse riferendo alla sconfitta conseguita contro le Mew Mew nella puntata finale del cartone animato.
Non era affatto così.
Mi rivolse un’occhiata maliardo che mi fece venire la pelle d’oca, soprattutto quando si leccò le labbra con un senso di perversione, ripetendo la stessa cosa con la ragazza misteriosa.
<< Non pensavo che sarei giunto a questo momento, ma se la storia ha preso questa piega, vuol dire che finalmente tutto, ben presto, andrà come avevo previsto. >>
<< Di che cosa stai parlando? >> gli domandò Sly, incuriosito da quelle strane parole.
<< Affrontarmi non vi servirà a nulla dopo questa nostra conversazione. Il varco sarà presto aperto, e a quel punto porterò via l’unica cosa che potrà salvarvi. >>
<< Cosa?! >> Udendo quelle parole, sia io che Sly non potemmo esclamare dalla sorpresa.La parola “varco” ci aveva fatto immediatamente pensare al vortice misterioso capace di portare da una dimensione diversa, circondato da un’aura blu notte che inghiottiva ogni cosa nel suo nucleo nero.
Non mi dire che si sta riferendo al  varco dimensionale... no, non può essere vero! Sarebbe una coincidenza troppo… impossibile!
<< Varco? Che cos’è? Un trucco per trarci in inganno? >>
<< Sta bleffando, non dobbiamo credergli. È solo un pallone gonfiato che pensa di riuscire a spaventarci. >>
<< Credete a quel che volete, consideratemi folle se lo ritenete opportuno. Sarà il vostro peggiore errore! >> E dopo aver pronunciato quelle parole con trepida emozione, Profondo Blu conficcò la spada nel terreno e questo improvvisamente esplose.
 
Il rosso del fuoco si spense subito, sovrastato dal grigiore del fumo.
Sia la gola che gli occhi mi bruciarono per colpa di quella cortina intrisa di cenere, tossendo pesantemente fino alla nausea, non riuscendo a spiccicare una parola per richiamare l’attenzione degli altri. Avanzai a tentoni cercando di uscirne, subito qualcuno mi prese caricandomi di peso sulle sue spalle senza farsi identificare, fermandosi solo quando riuscì ad implorare un attimo di pausa prima che rischiassi di vomitare. Venni adagiata a terra e rinfrescata con un panno intriso di acqua, una mano che mi premeva il petto mi impediva di alzarmi, costringendomi a restare supina fino a quando non mi smisero di pulirmi la faccia.
Soffocai quando, nel tentativo di urlare, scoprì che si trattava di quella ragazza dai capelli neri legati a treccia,  con un occhio nero e parte del labbro inferiore leggermente spaccato, il vestito lacerato. Non appena i nostri sguardi si incrociarono lei subito mi riprese in braccio e riportarmi via, mi aggrappai ad ogni appiglio che mi capitò sotto mano per impedirlo, per non essere portata chissà dove per trovarmi altre spiacevoli sorprese; implorandola di lasciarmi andare.
<<  Devo chiedere scusa a quella persona… devo farmi perdonare per ciò che ho fatto… >> disse tra sé e sé, ignorandomi.
<< Io devo far capire che sono stata cattiva senza ragione… io non sono così… io sono diversa… >>
<< Ti supplico! Lasciami andare! Io non c’entro nulla con te! Voglio andarmene! >>
<< Tu devi restare con me!  Tu sei innocente e puoi far capire a quella persona che io sono giusta! Sei l’unico strumento per il mio scopo! >>
<< Ma io non come aiutarti! Io non so niente di te! >>
<< Fermati Syria! >>
Una terza voce improvvisamente interruppe la discussione.
Quel nome fermò la ragazza, la quale si voltò con uno sguardo impietrito in direzione di chi aveva urlato quello che evidentemente era il suo nome: Ryan e Kyle, a bordo di una piccola automobile carica di strani strumenti, si fermarono davanti a noi con una brusca frenata e il ragazzo biondo puntò contro la rapitrice una specie di pistola caricata con un’ampolla sul dorso.
Prima che potesse sparare, lei di mi diede un colpo dietro il collo che mi fece perdere i sensi all’istante, in tempo però per sentire l’eco dell’esplosione della pistola.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannovesimo: Colei che non dovrebbe esistere ***


 Quando mi risvegliai mi sentivo meglio, avrei potuto continuare a dormire ancora per molto se qualunque cosa su cui stessi dormendo non fosse stata così scomoda.
Mi alzai per sgranchirmi le gambe, massaggiandomi le braccia e il collo indolenziti, chiamando Sly e Sakura tra uno sbadiglio e l’altro: nessuno mi rispose perché non c’era nessuno, né i personaggi animati né altra gente…
Ero da sola.
Mi trovavo in un parco deserto brullo e spoglio, gli alberi secchi afflosciati su se stessi e il terriccio costituito più che altro da cenere composta da frammenti di foglie e ciuffi d’erba bruciati, cartacce che volavano ovunque. Il mondo appariva così alieno, soprattutto con quel cielo grigio e il sole che assomigliava ad un’enorme perla che galleggiava nel vuoto, non osavo esplorare quella landa desolata… non capivo nemmeno come ci fossi finita lì, non un buon segno se abbinato al fatto che in sottofondo udì una musichetta strana da Silent Hill, motivetto che fu ben accompagnato dall’eclissarsi del sole che divenne un buco nero circondato da un alone scuro.
<< Questo posto mi piace molto. >> esordì una voce.
La musica ebbe fine in un attimo, il sole collassò oltre l’orizzonte sparendo del tutto e il buio calò in un attimo.
Su un albero Syria se ne stava appollaiata sui rami come un condor, le ali chiuse su di lei come una sorta di mantello, rovinato dalle piume sgualcite, lasciando scoperto una minima parte del viso che rivelava gli occhi luminosi di un pacato verde lime. Aprì le ali lentamente, le quali scivolarono lungo i suoi fianchi perdendo di colpo parecchie piume, mettendo il mostra l’aspetto cadaverico delle braccia scheletriche e il bacino rientrato su se stesso che metteva in risalto la cassa toracica, per non parlare delle guance infossate; il vestito strappato e scucito in più punti, i capelli disordinati.
<< Che cosa è successo? >> le chiesi, sapendo che lei aveva le risposte.
Non disse niente, scese dall’albero tenendosi in perfetto equilibrio con i piedi, raggiungendomi e abbracciandomi, trascinandosi dietro le ali.
Mi fa paura… fu il mio unico pensiero, il suo comportamento non mi piaceva.
<< La sento vicina. >> esordì ad un tratto.
<< Quella persona finalmente mi potrà perdonare, vedendomi come mi comporto bene. Lei capirà che non sono cattiva e mi perdonerà. >>
<< Dove… dove si trova adesso? >>
La voglio proprio vedere questa persona…
<< Vicina, molto vicina. Da queste parti. >>
Con la coda dell’occhio guardai in giro per assicurarmi che stesse davvero arrivando qualcuno, ma non riuscivo a muovere abbastanza la testa per poter vedere bene, Syria mi stringeva troppo a sé. Mentre aspettavamo l’arrivo di questa persona che Syria tanto desiderava vedere, tentavo di spremere le meningi per capire cosa fare e come scappare, intimorita dal fatto di dovermela cavare da sola.
<< Hai paura? >> mi chiese ad un tratto Syria, ma non risposi.
<< Tremi tutta, non dovresti. Non voglio farti niente, ho solo bisogno che tu ti comporta bene, tutto qui. Quando quella persona arriverà ti farà sorridere e da quel momento tutto andrà in bene. >>
<< Perché continui a mentire? Lo sai bene che non arriverà mai. >>
La voce forte di Profondo Blu disturbava la quiete della landa desolata in confronto a quella pacata di Syria che poteva essere paragonata ad un sussurro. L’alieno era dietro di noi, fissandoci con aria annoiata, giocando con un ramoscello secco che spezzettava con le dita fino a renderlo solo polvere, tenendo appoggiata la spada sulla spalla sinistra. Syria non si voltò, forse per non dare soddisfazione al cattivo facendosi vedere irritata, il suo modo però di reprimere la rabbia faceva male a me, mi conficcava le dita nelle spalle con forza.
<< Tu non dovresti essere qui. >> gli disse.
<< Perché non vuoi ammettere che non otterrai mai niente? >>
<< Perché non devo ammettere niente di ciò che tu dici. Ormai sono vicina a ritrovare la felicità che tu mi hai tolto. >>
<< è tutto falso, lo sai bene. >>
<< Non è falso! >> esclamò furiosa la ragazza spingendomi via per mettere mano alla sua ascia e tentare di decapitare Profondo Blu, il quale la schivò con un salto all’indietro.
<< Perché ti ostini a inseguire un sogno che distruggerai tu stessa con le tue mani? >>
<< Io riavrò ogni cosa! >>
<< E per ottenerla sei disposta ad uccidere persino questa bambina? >>
<< A qualunque costo! >>
Quanto udì non fu rassicurante, la parola “uccidere” mi diede quella spinta per farmi finalmente muovere: presi lo scatto e cominciai a correre, scivolando sul terriccio per allontanarmi prima che quei due se le dessero di santa ragione, ma dopo pochi passi andai a sbattere contro qualcosa di invisibile rimbalzando all’indietro.
Una specie di muro invisibile m’impediva di andare oltre, costringendomi a restare troppo vicina a quei due.
Picchiai quella barriera senza riuscire a passarci oltre, guardandosi costantemente indietro controllando le mosse dei personaggi: Syria continuava ad attaccare Profondo Blu senza che questo muovesse un dito per contrattaccare, limitandosi a schivare quei fendenti che potevano ucciderlo, decisamente tranquillo rispetto alla ragazza concentrata sulla propria azione.
 
La testa mi girò.
Lentamente mi inginocchiai a terra per non perdere l’equilibrio, le tempie mi pulsava e le orecchie fischiavano troppo forte, il cuore palpitò in modo “strano”, provocandomi dei dolori al petto e la lenta interruzione del respiro.
Gli occhi mi bruciavano… tremavo dal freddo… la bocca asciutta mi rendeva la lingua simile a cartavetrata.
Con uno sforzo quasi immane urlai di dolore, gridando di smetterla.
Non appena la mia voce riuscì a venire fuori tutto ebbe fine in un attimo, il malessere scomparve all’improvviso così com’era venuto: ora stavo solamente rannicchiata su me stessa tremando come un gatto indifeso.
 
Mi resi conto che in quei brevi istanti di “malessere” che il paesaggio era cambiato, ora era solo un immenso deserto, una distesa pianeggiante di finissima sabbia avendo come unico punto di riferimento uno degli alberi rinsecchiti. I due personaggi erano spariti, mi avvicinai gattonando alla base del tronco cercandoli per cielo e per terra fino a quando un bagliore non catalizzò completamente la mia attenzione: tra le radici che affondavano nella sabbia intravidi dei raggi di luce, scavai un po’ ovunque per liberare uno stretto passaggio nascosto proprio sotto l’albero da cui proveniva la luce. Esultai per la scoperta sorridendo felice, la considerai una via di fuga da quel posto maledetto, non esitai dunque a scavare e a rimuovere radici per liberare il passaggio dopo aver tentato inutilmente più volte di attraversarlo, troppo stretto nonostante la mia minuta corporatura.
<< Te ne vuoi andare di già? >> mi chiese Profondo Blu.
L’alieno era seduto sopra i rami dell’albero, tenendosi con una mano sola sul sottile pezzo di legno che poteva crollare da un momento all’altro sotto il suo peso.
<< Non vuoi vedere come reagirà la signorina quando vedrà quella persona abbandonarla? >>
<< Non c’è nessuno qui… >>
<< Ti sbagli, ci siamo noi. >>
L’alieno scese scivolando lentamente dalla sua postazione, atterrando di fianco a me con un debole tonfo.
<< Voglio tornare a casa. >> fu il mio unico commento.
<< Puoi farlo, ma ripeto che ti perderesti la parte più bella di questa vicenda. >>
<< Non voglio stare con quella ragazza… mi fa paura… >>
<< Non dovresti avere paura di qualcuno che è come te. >>
Ciò che disse mi spiazzò, incapace di capire pienamente il significato. Lo guardai aspettando che spiegasse quel che aveva detto, tenendo le mani sulle radici nodose nel caso fosse stato necessario difendermi e avere il tempo di gettarmi in quel cunicolo.
<< Lei non esiste. >> cominciò a dire, prima di dare il via ad una lunga spiegazione.
<< Syria non è di questo mondo, lei è un’entità tanto debole quanto instabile: la sua esistenza non è reale perché è solo un fantasma.
<< Che… significa che è… un fantasma? >>
<< Che in realtà non è viva. Il mondo in cui è nata è solo una patetica illusione di una dimensione creata dalla menzogna di menti infantili. L’ho portata qui poco tempo fa, perché credevo che la sua natura anormale poteva tornarmi utile per i miei progetti, e non si è accorta minimamente della differenza tra questo e il suo mondo, così ha continuato a “vivere” come se niente fosse successo. >>
Il personaggio fece una pausa per riprendere fiato… e forse per enfatizzare in parte quell’assurda storia che mi stava raccontando.
Nello stesso momento venni trascinata all’indietro, allontanata dall’albero e lanciata in cima ad un’alta duna da cui emersero dei disegni che ritraevano la persona di cui stavamo parlando, rappresentata in stili di disegno diversi e colori differenti della pelle o dei capelli.
<< Nonostante fosse diversa aveva gran difetto: la sua stessa natura instabile gli si è rivolta contro non appena ho provato a renderla mia succube, a metterle un po’ di sale in zucca, il suo equilibrio è talmente precario che è bastata una minima interferenza, paragonabile ad un minuscolo granello di sabbia, per sfuggire al controllo. >>
<< Lei ha detto che cercava qualcuno… >>
<< Già… l’entità a cui è legata. Quella persona, chiunque egli sia, è il suo unico punto di riferimento, l’unica cosa che nella sua realtà le permetteva di essere normale e di avere le rotelle al posto giusto. >>
<< Ma chi è questa persona? >>
<< Non lo so nemmeno io, forse non è nemmeno una persona… come te del resto. >>
Sgranai gli occhi a quella specie di accusa, trattenendo il respiro.
Il personaggio si avvicinò e io mi spostai all’indietro con un sussulto, scivolando alla base della duna che da ben poco poteva ripararmi.
In quel momento si ripresentarono quei sintomi che poco prima mi avevano fatto star male, più deboli ma abbastanza forti in ogni caso per farmi soffrire lentamente; la voce di Profondo Blu in quel momento era più stridula di un graffio fatto su una lavagna e il gelo che mi colse mi faceva tremare a tal punto che non riuscivo a muovere le braccia e le gambe come volevo.
<< Nemmeno tu sei di questo mondo, sei un entità diversa proprio come Syria, con l’unica differenza che tu sei dotata di volontà e intelligenza “reali”, paragonabili a quelle della gente di questo universo. La persona giusta per i miei scopi. >>
Quando Profondo Blu mi prese, pur di proteggermi gli graffiai la mano senza ricavarci nulla, mi feci io male nel tentativo, e lo feci ancora e ancora fino alla ricomparsa della “ragazza che non sarebbe dovuta esistere”. Emerse dalla sabbia lanciandosi addosso al guerriero strozzandolo, a lui bastò un pugno per liberarsene, sorridendo soddisfatto.
<< Mi sono stufato di te, sai? Fino adesso sono stato gentile, ma ora mi sono davvero rotto le scatole. >>
<< Voglio liberarmi di te ad ogni costo! >>
<< No, sarò io a liberarmi di te. >>
Profondo Blu non esitò a prenderla a calci.
Non avevo il coraggio di assistere ad un simile scenario, ma nemmeno riuscivo a ignorarla tremenda com’era: sebbene non provassi simpatia per quella ragazza, vederla trattata in quella maniera fu ingiusto, quindi lottando contro la mia coscienza non potei fare altro che tentare di fermare Profondo Blu tirandolo per i lunghi capelli neri, attorcigliandoli intorno alle mani per avere una presa salda e sperare che in quel modo potessi costringerlo a fermarsi. L’ultima cosa che mi sarei potuta aspettare con quel gesto e di riuscire a strappargli la chioma corvina con tanto di faccia attaccata, afflosciata come un sacco vuoto: per il disgusto istintivamente la lanciai via, urlando a squarciagola sia per quello che per il corpo senza testa che ancora si muoveva a tentoni.
 
La cosa fu impressionante, ovviamente.
Ma non fu l’unica sorpresa.
Il deserto stava venendo risucchiato da una voragine ad imbuto, sfaldando le dune e tutto il resto. Profondo Blu sparì presto, travolto dalla sabbia, avrei fatto la medesima fine se non avessi fatto in tempo a notare che proprio dove Syria giaceva non c’era segno di movimento, si creava una zona circolare che la metteva al sicuro, un’ancora di salvezza su cui saltai per un soffio.
La sabbia continuava a defluire in quel buco senza fondo, non accadde nient’altro.
Finché restavo dov’ero ero salva, mi preoccupava però per quanto sarebbe potuto durare; l’albero con il passaggio resisteva, dimostrando che quella via di fuga trovata era l’unica. L’unico modo per andarsene era chiedere per forza aiuto a quella ragazza, non avevo altra scelta per evitare di finire uccisa. La chiamai continuamente, muovendola per spronarla a svegliarsi, riuscendo poco alla volta con molta pazienza a farle riprendere i sensi.
<< Ho fallito… >> mugugnò tristemente.
<< Adesso sono davvero un mostro… >>
<< Tu non sei un mostro, non essere così dura con te stessa. >> le dissi, anche se non potevo fare a meno di pensare che lo fosse davvero.
<< Io volevo solo essere felice… volevo sentirmi bene… volevo solo essere viva… >>
<< Perché allora facevi del male a tutti? >>
<< Io ho paura… tanta paura… >>
La ragazza cominciò a piangere, lei mi guardò in lacrime, afferrandomi entrambe le mani. Mi faceva pena con quello sguardo… non sapevo che dirle o cosa farle… non sapevo come comportarmi per consolarla…. A suoi singhiozzi, come una sorta di richiamo, il flusso del vortice aumentò l’intensità del risucchio, generando un rombo assordante. Il gorgo si allargò sempre di più, sempre più vicino alla nostra “zona di sicurezza” che stava lentamente sbriciolando: non c’erano altre vie di fuga, non c’era nessuno nei paragi che potesse soccorrerci, niente che desse speranza di salvezza.
Non  potevo fare niente, chiusi gli occhi aspettando la fine.
 
Ad un tratto tutto si acquietò.
Il rombo del vortice non si sentì più, di conseguenza l’aria si fece calda e si fece più chiaro: mi resi conto che l’interno deserto si era trasformato in finissimo vetro e il grigio delle nuvole si stava tingendo di azzurro.
Ero senza parole, tutto avvenuto in pochi secondi, all’improvviso, senza spiegazioni. Syria si alzò, tenendomi per mano mi costrinse a fare altrettanto, attraversando la terra di vetro che sotto i nostri piedi scricchiolava debolmente, portandomi infine verso l’albero. Non spiegò perché lo fece, mi portò là e mi lasciò andare solo nell’attimo necessario per rimuovere i rami e la sabbia che ostruivano il passaggio nascosto, aiutandomi di seguito ad entrare nello stretto cunicolo il cui fondo brillava ancora di quella sicura luce.
<< Che stai facendo? >> le chiesi.
Provai a voltarmi ma mi spinse giù, verso l’uscita.
 
Solo in quell’istante mi resi conto che il bracciale con la pietra magica, che fino a quel momento avevo ignorato, stava brillando.
 

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Capitolo 20
*** capitolo ventesimo: dimostrare il proprio valore ***


  
Scivolai rapidamente nel cunicolo fino al bagliore di luce.
Quando quello scintillio divenne più chiara venni travolta da una vampata di calore insopportabile, rovente, talmente caldo che alla fine urlai di dolore.
Subito dopo sentì una tremenda pressione sulla schiena, di colpo come se mi avessero dato una mazzata, sbarrando gli occhi.
 
Mi ritrovai circondata dai personaggi animati che ripetevano all’infinito il mio nome, scuotendomi per farmi muovere, chiedendosi a vicenda consigli per farmi reagire al loro richiamo. Quando finalmente si resero conto che gli stavo rispondendo rincararono la dose, più rassicurati di vedermi parlare e muovermi.
Mi trasportarono fino ad una automobile e mi fecero sdraiare sul sedile posteriore, offrendomi tutto ciò di cui potevo avere bisogno. L’unica cosa che chiesi fu una spiegazione riguardante il casino che sentivo in sottofondo: Ryan stava imprecando di brutto, cosa che in un cartone animato di quel genere non mi sarei aspettata, correndo avanti e indietro dicendo cose senza senso, gettando a terra ad un certo punto una pistola. Il gruppo era indeciso se dar retta a me o al biondo isterico.
<< Stai bene? >> domandò preoccupato Kyle.
<< Non lo so… >> fu la mia risposta.
<< è un miracolo che ti abbiamo ritrovato intera! Quando quella ragazza ti ha portato via abbiamo temuto il peggio! Ti abbiamo cercato ovunque, ma sembravi sparita! è stata una giornata di ansia! >> urlò quasi senza fiato Sakura, tentando di calmarsi.
Una giornata sola? Io ho l’impressione che sia durata un’eternità… bè, almeno sono ancora viva. pensai.
In quello stesso momento Ryan si avvicinò, bel lontano dall’idea di voler sapere se stavo bene.
<< è tutta colpa vostra! Avete causato un sacco di problemi! >> urlò minaccioso Ryan, rivolgendosi a me e a Sly, puntandoci contro il dito. Sly mi prese in braccio e si allontanò, urlando a sua volta contro il ragazzo.
<< Abbassa la cresta moccioso! Solo perché non hai ottenuto quello che volevi non devi prendertela con noi! Certo, oggi è stata una giornata storta, ma è già una fortuna che siamo tutti quanti vivi! Pensa a questo! >>
<< Il procione ha ragione Ryan, non hai motivo di essere arrabbiato con loro. >>
<< Invece si! Perché Profondo Blu ha scoperto che la bambina possiede una pietra dai poteri straordinari! Adesso tenterà qualsiasi cosa per carpire più informazioni possibili e sicuramente ottenere questo oggetto! >>
<< Vedi di calmare i bollenti spiriti se non vuoi che ti prenda a pugni un’altra volta! >>
<< Me ne infischio delle tue minacce sacco di pulci! Avete peggiorato la nostra già difficile situazione… vi siete immischiati in una faccenda che non vi riguarda… probabilmente avete condannato l’intero paese o il mondo alla distruzione! >>
<< Ryan! Smettila! Non puoi parlarle così! Hanno solo cercato di darci una mano! >>
<< Non m’interrompere! So bene quel che dico! E affermo che se questa ragazzina portatrice di guai se ne andasse da Tokyo, avremmo una possibilità in più di salvarci da quel folle alieno! >>
Lo schiaffo che gli diedi all’improvviso lasciò a bocca aperta tutti quanti.
Una reazione simile nessuno se la sarebbe aspettata, soprattutto da una piccoletta come me, ma chiunque probabilmente avrebbe reagito in quel modo.
Lo guardai male, tentata di dargli anche un calcio in mezzo alle gambe, dicendogli semplicemente di stare zitto. Dopodiché  c’è ne andammo, lasciando i personaggi di quel mondo alle spalle: l’unica cosa che in quel momento desideravo era starmene per i fatti miei.
Con quello schiaffo mi ero guadagnata un poco di soddisfazione.
Trascorse un giorno da quando Syria aveva provato a rapirmi, in quell’arco di tempo mi sentì davvero bene, perfettamente in salute.
Uscire per le strade della metropoli giapponese mi elettrizzava come la prima volta che ci venni, vedere i bambini giocare tra di loro mi faceva venire voglia di imitarli, in un coro di risa e allegria che metteva di buon umore i passanti che li osservavano con un sorriso.
Sly e Sakura non poterono che essere felici per quella cosa, provarono ad “incoraggiare” quel mio stato per assicurarsi che la malinconia non tornasse: improvvisarono giochi, mi portarono al cinema e ai parchi di divertimento, mi costrinsero a guardare programmi televisivi comici di cui non capivo l’umorismo e centinaia di altre attività che oltre a stancarmi e a rilassarmi.
Inoltre mi aiutarono a smaltire la ciccia accumulata con l’eccessivo mangiare.
Il parco adornato con alberi di ciliegio in piena fioritura in cui mi trascinarono fu il massimo, lo splendore della natura. C’era altra gente al parco, tutti di buon umore e senza problemi di alcun genere, l’eco della loro allegria si udiva chiaramente. Un panorama simile l’avrei apprezzato di più se fossi stata insieme alla mia famiglia.
<< Ti piace questo posto Claudia? >> Mi domandò Sakura, augurandosi una risposta positiva.
<< Meraviglioso. >> mi limitai a dirle, stupita.
<< Bè… mi fa piacere saperlo! Allora possiamo cominciare il nostro pic-nic! >>
L’entusiasmo della ragazza era comprensibile, a ripensarci mi dispiace un sacco averle dato parecchie seccature.
Sly, che se ne stava appollaiato sopra un albero, ci assisteva nell’ombra, nascosto fra i petali rosa dei fiori appena sbocciati che lo facevano starnutire ripetutamente a causa della grossa quantità di polline che sprigionavano, stuzzicandomi con prese in giro e roba simile. Ad un certo punto delle una faccia familiare apparve in quella varietà di volti, correndo nel prato verde e rosa chiamandoci con l’acuta voce che sovrastava quella delle altre persone: Strawberry ci raggiunse con sospetta allegria, sorridendo esageratamente.
<< Salve ragazzi, non vi aspettavamo di incontrarvi da queste parti. >>
<< Bugiarda. >> commentò sottovoce il ladro.
<< Come stai Claudia? Oggi ti senti un po’ meglio? >> mi chiese il personaggio.
Non risposi alla domanda, il modo in cui la rossa sprizzava energia da tutti i pori era sospetta, mi nascosi dietro la folta coda del procione, aspettando che vuotassero il sacco. Lei cominciò a parlare e parlare, nel suo blaterare senza fine non disse niente di importante, fu solo un inutile chiacchierare e spettegolare incredibilmente noioso.
<< Scusa se ti interrompo, ma i può sapere cosa stai cercando di dirci? >> chiese Sly ad un certo punto leggermente irritato.
<< Ehi, calma! Non voglio fare nulla di male! Mi fa piacere che siate riposati! >> disse la ragazza in imbarazzo.
Riposare, certamente. Come se ci stessi riuscendo con questo inutile spettegolare.
<< Ma… La verità e che volevo ringraziare Claudia per quello schiaffo che ha dato a Ryan. >>
Tutta l’euforia di Strawberry scemò di colpo, calmandosi e abbassando lo sguardo.
Io e gli altri personaggi restammo a guardarla, aspettando che spiegasse quel ringraziamento inaspettato. Restò seduta in ginocchio mantenendo una postura ritta che mi ricordava le icone dipinte delle geisha, le mani appoggiate sulle gambe che stringevano un capello di paglia e una borsetta azzurra, il vestito bianco con un motivo a pallini rossi che prendeva le forme del corpo; sistemandosi continuamente i capelli.
<< Da quando il nostro peggior nemico è tornato, è stato un periodo molto difficile. Tutti quanti abbiamo lavorato sodo per proteggere la nostra città, ma ogni giorno era sempre più difficile… ma arrenderci era l’ultimo dei nostri pensieri, sopra tutto per Ryan… >>
<< L’abbiamo notato. >>
<< Non fraintendete, avrà anche un pessimo carattere a volte, ma vi assicuro che ha un grande cuore d’oro. >>
<< Non l’ha dimostrato molto bene. >>
<< Il fatto è che… è molto stressato. >>
<< Stressato? Ci ha accusato di essere delle piaghe umane! >>
<< Ed ha sbagliato! Non lo nego! Ma lui… è così cambiato… sta sempre chiuso dentro in laboratorio, ci parla solo per coordinare il nostro lavoro, sempre di cattivo umore… specialmente da quando quella ragazza, Syria, è comparsa nelle nostre vite. >>
<< Il perché l’ha spiegato? >>
<< Ha solo detto che avrebbe fatto del male e si è convinto di questo quando Profondo Blu si è messo in mezzo. Da allora… ha perso la testa. >>
<< Si, l’ho notato quando ha tentato di darmi un pugno. >>
<< Il fatto è che… lui ci tiene a noi… a questa città… è disposto a tutto pur di proteggerci. è qualunque cosa possa apparire come una minaccia lo spaventa. Per questo quello schiaffo è stato, come dire, utile. Sembra che sia stato d’aiuto per fargli aprire gli occhi. >>
<< è un piacere saperlo. >>
Ci un’altra pausa, stavolta però la ragazza iniziò a singhiozzare, asciugò velocemente le lacrime ripetendo che stava bene, sforzandosi di sorridere.
<< Presto tutto tornerà alla normalità, è sarà un bene per tutti. >> disse con voce rauca, immaginandosi, forse, di essere vicina alla felicità.
Lasciammo che Strawberry si sfogasse per tutto il tempo che le era necessario, offrendole tutto ciò di cui poteva avere bisogno. Nonostante quel suo ringraziamento non mi sentivo come se avessi risolto chissà quale importante problema, avevo dato quello schiaffo perché mi aveva dato fastidio l’atteggiamento con cui mi si parlava, tutto qui. Chiunque l’avrebbe fatto, e molto probabilmente il personaggio animato non sarebbe stato d’accordo se avessi sostenuto il contrario.
Poco alla volta si riprese, cominciammo pure a parlare, in quel modo ne approfittai per sentirmi normale dopo tanta agitazione, ne avevo bisogno per apprezzare quella normalità che prima di quell’assurda avventura avevo tanto disprezzato.
Volevo tornarmene a casa, mi mancava troppo.
Mi sdraiai all’ombra di un albero fiorito, ricoperta poco alla volta dai petali rosa confetto morbidi al tatto e dal profumo che emanavano tremendamente forte che mi faceva starnutire a ripetizione. Mi spostavo ripetutamente per cercare di sistemarmi, sotto la schiena mi sentivo un gran fastidi, tastando il prato sotto di me non sentivo niente che fosse d’intralcio fino a quando non mi resi conto che dentro la salopette, proprio dietro la schiena, avevo qualcosa: urlai terrorizzata quando scoprì che si trattava della faccia di Profondo Blu, più simile ad una maschera per come si presentava, ma in quel momento non ci pensavo proprio al paragone. Le due ragazze animate urlarono a loro volta vedendo quello schifo, Sly provò a calmarci come meglio poteva prima che la gente nei paragi si avvicinasse, prendendo quella roba che non appena sparì dalla nostra vista ci calmammo seppure continuando a restare disgustate.
<< Che cos’è questa roba? >> chiese il ladro rigirando con un dito la cosa.
La domanda fece scattare nel mio cervello una molla, il mondo grigio e lo scontro tra Profondo Blu e Syria tornarono a scuotermi profondamente, avevo quasi del tutto dimenticato quel momento a causa della letizia ritrovata. Presa dalla frenesia raccontai ai personaggi quel che avevo vissuto, le rivelazioni che mi erano state raccontante e l’incidente della faccia, tutto d’un fiato, per non tralasciare alcun dettaglio. Non ci capirono niente, spiegare daccapo tutto quanto fu un’impresa, il concetto però fu chiaro, e come capita solitamente nei cartoni animati in questi casi, gli eventi incredibili cominciano a manifestarsi.
Un cellulare squillò, Strawberry prese dalla borsetto il suo telefono e rispose alla chiamata, sentì chiaramente la voce dell’interlocutore gridare quasi attraverso il mezzo senza darle il tempo di parlare. Qualunque cosa disse la lasciò spiazzata, si portò una mano alla bocca trattenendo un sussulto e poi cominciò a correre, implorandoci di seguirla.
 
In coma.
Fu così che trovammo Syria.
Quando ero piccola sapevo che questa cosa faceva dormire le persone che stavano male a tempo indeterminato, crescendo capì che la gravità della una situazione era molto più seria. Vederla in quel modo all’ospedale fu strano e triste: era distesa immobile sul letto, con gli occhi chiusi, apparentemente addormentata; il viso e le braccia erano coperte da bende e cerotti che nascondevano le contusioni e le lesioni, aveva una flebo attaccata al polso che iniettava un liquido trasparente. Sul comodino accanto a lei c’era un mazzo di crisantemi arancioni e gialli, fiori che in quel paese non sono un segno di malaugurio, in Giappone questi sono il fiore nazionale, a differenza di noi italiani che li usiamo per rendere omaggio ai defunti.
<< Va tutto bene? >> mi disse Sly.
<< è tutto ok. >> risposi.
<< Non mi piace come stanno andando le cose. Qui tira brutta aria… ho paura per te, per la tua incolumità. Dobbiamo andare via da qui. >>
<< Cosa? Ma… ma non possiamo lasciare i personaggi in questo modo… cioè, lo hanno… >>
<< Capisco che vuoi dire e me ne dispiace, sinceramente. Ma potrebbe accadere il finimondo se restiamo ancora: sta diventando tutto pericoloso. Desidero solo che niente di brutto possa accaderti. >>
<< Però… >>
<< Dammi retta. è la soluzione migliore. >>
Non ero d’accordo, però dovetti ammettere che di ragione ne aveva.
Sakura rimase ad ascoltare in disparte, sorpresa di ascoltare quella conversazione.
Prima di continuare a parlare, Sly si bloccò vedendo arrivare Strawberry insieme a Kyle: aveva gli occhi arrossati di una leggera sfumatura di bianco e rosa, due profonde occhiaie scure sotto di essi, si muoveva a tentoni come un zombi, coprendosi la bocca per sbadigliare, i capelli e i vestiti poco ordinati. Si accomodò in una sedia, massaggiandosi la faccia.
<< Guarda chi si è appena fatto vivo. Dov’è il tuo amichetto isterico? Ha deciso di nascondervi dal resto del mondo? >> gli chiese.
Sakura gli diede una gomitata nel fianco intimandogli di star zitto.
<< Sta parlando con i dottori per avere informazioni sullo stato di salute della ragazza. Arriverà da un momento all’altro. >>
<< Neanche tu sembri in salute. >>
<< Sono due giorni che lavoro senza sosta… sto morendo di sonno. >>
Il ragazzo sbadigliò ancora, aggrappandosi al bordo della sedia per non cadere.
Il personaggio continuò a parlare, mi sedetti accanto alla paziente senza prestare ascolto alla conversazione, osservandone il pallido viso.
Mi chiesi cosa potesse provare qualcuno in quello stato, se mai potesse provare qualcosa… pensai che stava soffrendo dentro di sé… o che forse stava semplicemente dormendo…. non si poteva sapere. Chiusi gli occhi pensando all’idea del procione di andare via da lì, tentata di andar via per davvero, ricordando cosa era successo negli ultimi giorni.
Improvvisamente la pietra cominciò a brillare.
Stava reagendo per conto suo, irradiando raggi splendenti che illuminarono l’intera stanza in un batter d’occhio, diventando sempre più incandescente, gli altri chiusero la porta per evitare che qualcuno entrasse e vedesse lo spettacolo, urlandomi di smetterla con quella cosa.
<< Sta facendo tutta da sola! Io non c’entro! >> risposi disperata, mentre cercavo di avvolgere in un lenzuolo la gemma che però incenerì.
Subito dopo cominciò a vibrare, particelle dorate come polvere fuoriuscirono da quell’oggetto risalendo fino alla mio viso ed entrarmi negli occhi accecandomi. Forme e colori vorticarono davanti a me mentre cercavo di togliermi dagli occhi quella roba, implorando di avere dell’acqua per ripulirmi, finalmente si degnarono di appoggiarmi un lenzuolo bagnato ripulendomi in fretta tutta la faccia, il sollievo fu immediato, ma non era ancora finita….
<< Finalmente sto meglio… grazie ragazzi. >>
<< Claudia… non ti muovere. >>
Prima di poter chiedere il motivo dell’avvertimento, un controllo con la coda dell’occhio mi fece notare che la mano bianco cadavere di Syria stringeva la mia mano sinistra, ancora in stato comatoso. Era raccapricciante, se non fossi stata così impressionata avrei già urlato come pazza, ma quel gesto non era una semplice mossa di chissà quale reazione nervosa, era un bisogno di farmi sapere qualcosa: subito dopo essermi resa conto della “presa”, una serie di immagini e parole piroettarono intorno a me come foglie in balia del vento, unendosi tra loro per formare come dei quadri provvisti di titoli, date di inizio realizzazione e di fine, ognuna con un soggetto in comune…
 
Quei “quadri”, se così si potevano definire, raccontavano una storia importante che riguardava l’arrivo di Profondo Blu e si Syria in quel mondo. Raccontava del loro primo incontro, della prima lotta e di come lei fosse diventata una sua schiava.
Narrava anche dell’incontro con i personaggi di quel mondo, in particolare Ryan e Kyle, rivelando che questi ultimi avevano scoperto l’esistenza degli universi paralleli proprio a causa loro. Vidi anche un Varco Dimensionale, situato in cima alla Torre Radio di Tokyo, l’alieno che manipolava qualcosa e infine una luce… nera.
 
Ci volle parecchia energia da parte dei miei amici per riportarmi con i piedi per terra.
Me ne avevano dati di schiaffi per darmi una svegliata, ora oltre agli occhi mi facevano male pure le guancie. Mi guardai intorno sconvolta mentre il gruppo mi chiamava ripetutamente per farmi reagire. La visione avuta però non mi lasciava molta possibilità di parlare, sconvolta com’ero da quanto avvenuto così all’improvviso, permettendomi solo di uscire in gran fretta dall’ospedale nel’unica destinazione che mi interessava. Sakura e Sly mi seguirono a ruota, confusi da quella reazione.
<< Dove stai andando? >> mi urlò Sakura.
<< Devo andare in un posto urgentemente! >> le risposi.
<< Che razza di posto è così importante da farti scappare via in questo modo?! >> domandò Sly.
<< Riguarda tutto quello che sta accadendo! >> Nel rispondere alla seconda domanda andai a sbattere contro Ryan, ruzzolando sopra di lui come una pallina. Con lui c’erano anche me altre Mew Mew, le quali ci aiutarono a rimetterci in piedi. Io e il biondo ci scambiammo dei convenevoli insulti.
<< Fai più attenzione imbranata! >>
<< Guarda dove metti i piedi imbecille! >>
<< Cosa ci fate qui voi? >> chiese una di loro.
<< Strawberry ci ha portato qui per Syria! è in coma, ma non so come mi ha fatto qualcosa! Praticamente ho visto i suoi ricordi di quando è apparsa in città! >>
<< Cosa? Ma sei seria? >>
<< è la verità! Non so come sia potuto succedere ma è stato dopo che la pietra ha fatto… >>
<< La tua pietra? In quale tremendo guaio ci hai messo adesso piccola combina guai! >>
<< Stai zitto iettatore! Io non ho fatto proprio niente! >>
<< Piantatela tutti e due! Claudia, tu sei sicura di quello che dici? Non sei impazzita, vero? >>
<< Certo che no! Se solo aveste visto quello che ho visto io non avreste dubbi! Capisco che siete increduli ma non sono mai stata così seria in vita mia! Per favore, adesso seguitemi e credete a ciò che vi dico! >>
<< E va bene! Va bene! Faremo come dici tu! Facci strada e nel frattempo raccontaci che cosa hai visto. >> Non chiesi di meglio, ripresi subito la corsa seguita non solo da Sly e Sakura, anche Strawberry e le sue compagne ci seguirono, ignorando le proteste di Ryan.
<< Non dovete darle retta! Vi metterà solo nei guai! >>
 
Bella la soddisfazione di mandare a quel paese un personaggio dei cartoni che non sopporti.
Preso un taxi raggiungemmo la Torre in mezz’ora: la Tokyo Tower, massiccia struttura d’acciaio bianco – arancione utilizzata come antenna per le trasmissioni dei segnali televisivi, era la prima volta che la vedevo da così vicino, simbolo della città che compariva sempre nei cartoni animati ambientati da quelle parti, fino ad allora ero riuscita a scorgerla solo da lontano, ma osservarla da vicino era tutta un’altra cosa.
<< Ricevi qualcosa? >>
<< Niente. >>
<< Sei sicura? Assolutamente? >>
<< Ripeto: niente. >>
<< Non ci hai fatto venire qua per niente, vero? >>
<< Certo che no! Ho solo… una sensazione sgradevole. >>
<< Sai almeno che cosa dobbiamo cercare? >>
<< Un Varco Dimensionale… sperando che ci sia. >>
Aspettai che la gemma reagisse in qualche modo in qualche maniera particolare, ma non diede alcun segno.
Entrammo dentro la costruzione che pullulava di visitatori, la maggior parte turisti o scolaresche su cui si poteva vedere la sorpresa della prima volta nelle loro espressioni; andammo un po’ ovunque prima di deciderci a raggiungere la terrazza panoramica, ancora più affollata degli altri locali, dove tutto era tutto tranquillo, anche troppo. Si poteva solo ammirare una bella vista di Tokyo, niente di più.
<< Che ti succede bambina? Non sai più come farci giocare? >> disse Ryan sarcastico.
<< Ehi biondino, levati dai piedi. Se non ti dispiace, qui stiamo lavorando. >> gli rispose Sly, prendendo il suo bastone per poterlo usare.
<< Lavorare? Voi volete solo metterci nei guai. Non vi permetterò di richiamare chissà quale disgrazia. >>
<< Oh, davvero? E cosa hai intenzione di fare? >>
Nessuno di quei comuni mortali si rese conto del cambiamento che stava avvenendo intorno: l’ambiente divenne blu, letteralmente, con filamenti di quella tonalità a ricoprire pareti, pavimento, finestre e persone, attraversati da minuscole sfere bianche che saettavano da una parte all’altra ad intermittenza.
Le persone sparirono disgregandosi come tasselli di un puzzle, un pesante silenzio gravò in quell’atmosfera da brivido, lasciando che il nulla prendesse posto nella viva realtà
<< Ho paura! Ma che diavolo sta succedendo?! >> disse Sakura spaventata.
<< Biondino, dicci che sei stato tu, per favore. >> chiese Starwberry.
<< No. E ovvio che a causare tutto questo sia stato qualcuno di nostra conoscenza. >> concluse Ryan freddamente.
<< Profondo Blu è qui? >> disse Strawberry preoccupata.
Ad un tratto un globo violetto apparve nel bel mezzo della stanza, ingrandendosi e cambiando forma, umane per la precisione, aggiungendo dettagli velocemente fino a quando non si trasformò in Profondo Blu, sospeso nell’aria avvolto dalla stessa aura viola che lo aveva formato, la spada che gli comparì nella mano. Intorno a lui una strana polvere che si disperdeva nell’aria lo circondò e non capivo se proveniva da lui stesso o dal pavimento.
<< Che sorpresa. Non vi stavo aspettavo. >> disse il malvagio con sincera meraviglia.
<< Cosa diavolo ci fate voi qui? Voi oggi avreste dovuto essere da tutt’altra parte. >>
<< Perchè? Hai qualcosa di meglio da fare che divertirti con noi? >>
<< Proprio così, razza di guastafeste. >>
L’alieno ci guardò torvo, socchiudendo quasi gli occhi.
Puntò la spada contro di noi mentre il fenomeno misterioso manifestò un altro bizzarro spettacolo, creando delle “bolle” che fuoriuscivano dappertutto, galleggiando nell’aria pigramente.
<< Sai ragazzina, devo ammettere che mi hai sorpreso molto fin dal nostro primo incontro: credevo che non fossi abbastanza in gamba per poter usare il potere della pietra. C’è qualcosa dentro di te che ti rende forte… o fortunata. >>
Credo che la seconda sia più appropriata. pensai.
<< Che cosa hai fatto Profondo Blu? Che razza di stregoneria è mai questa?! >>
<< Stregoneria? Questo è ciò che accade quando il Varco  Dimensionale si apre! Il passaggio è pronto ormai, manca poco affinchè io possa attraversarlo. >>
Non fu un buon segno.
La scoperta su cosa stava accadendo era davvero pessima.
Mi sentivo davvero ignorante, quel poco che si sapeva su quell’assurda storia mi faceva sentire inutile, un ulteriore ostacolo per poter tornare a casa. Sentivo vergogna ma non paura, forse il fatto di non sapere nulla in un certo senso mi aiutava a non cadere di nuovo preda del panico, aiutato forse anche dal mal di testa che a brevi momenti mi faceva rivivere la visione avuta all’ospedale. Un motivo c’era se tutto quello stava avvenendo, una ragione che mi urlava nelle orecchie ma non riuscivo a comprenderne le parole.
E in quel momento le uniche cose che riuscivo a sentire erano le assurde accuse di Ryan.
<< Lo sapevo che ci avresti condannato! Io te l’avevo detto di andare via ma tu non hai voluto! Dovevi per forza restare qui ad attirare altri guai! >>
<< Dacci un taglio ragazzo, neanche tu sei stato granchè sincero. >> gli rispose Profondo Blu.
<< Ti sfido a duello. >> annunciai improvvisamente, rivolta all’alieno.
<< Cosa?! >> esclamarono all’unisono i personaggi animati.
<< Hai capito bene, voglio combattere contro di te! Ti sconfiggerò e ti impedirò di fare ancora del male! Io non ho più paura di te! >>
<< Ma davvero? Spiacente, ma non ho tempo da perdere. >>
<< è una scusa per dirmi che non sei in grado di affrontare una bambina? >>
<< Mi stai dando del codardo? Ora ti faccio vedere come ho “paura” di te. >>
<< Non farlo ragazzina! Ci metterai solo in ulteriori guai! >>
Ryan mi afferrò per un braccio per ordinarmi di non fare cavolate, allontanando gli altri personaggi che invece usavano un tono più pacato per dissuadermi. Fu molto “indelicato”, un atteggiamento che mi diede davvero sui nervi.
<< Non ti permetterò di distruggere  la mia città! >> urlò infuriato.
Io non dissi niente, mi limitai a liberarmi il braccio, a guardarlo negli occhi e a dirgli un calmo e sincero:
<< Vaffanculo. >>

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Capitolo 21
*** Capitolo ventunesimo: il ponte ***


Sistemato un seccatore, con un semplice insulto, mi occupai dell’altro.
Era stata una follia lanciare quella sfida ma sentivo che avrei dovuto farlo.
Mi promisi che se ne fossi uscita viva avrei fatto lezioni di combattimento o roba simile.
 
Profondo Blu aveva dimostrato le sue abilità da spadaccino, c’era un abisso tra di noi solo per quello, riusciva a muovere con facilità la spada che doveva in realtà essere molto pesante, io a malapena riuscivo a tenere la mia di arma dritta con ambedue le mani, ma non mi sarei fermata se avevo intenzione di restare viva. Mi trasformai in tempo, parando con il mio misero martello gigante la spada nemica che vi cozzò sopra, scivolando all’indietro per l’onda d’urto, Sly e Sakura intervennero anche se quella doveva essere una sfida 1 contro 1, lanciandosi contro l’alieno, seguiti subito dopo dalle Mew Mew trasformate. Io mi aggregai subito dopo non appena smisi di tremare per la botta, caricandomi il martello sulle spalle.
<< Che noia. Pensavo mi avreste fatto venire i brividi e invece mi sto annoiando da morire. >>
<< Piantala di parlare! Sei seccante! >>
<< L’unico che si sta seccando sono io. Mi sono stancato. >>
Profondo Blu era davvero annoiato, nonostante l’impegno che ci metteva nella sua arte da spadaccino non stava affrontando con serietà il duello, sbadigliando addirittura.
Noi ci mettemmo tutta la grinta ma finimmo solo per stancarci senza aver concluso nulla.
Fummo così costretti a fermarci, un attimo di riposo solitamente in casi come quelli poteva costare moltissimo in senso di vita e morte… invece il malvagio non approfittò di quella opportunità, si fermò anch’egli, appoggiandosi alla parete mantenendo un’aria seccata, facendo dondolare la spada avanti e indietro come passatempo.
<< Non siete molto combattivi e questo mi ha parecchio demotivato. >>
<< Che faccia tosta! >>
<< Ma è vero. Siete in 8 ma non riuscite nemmeno a sfiorarmi con le vostre armi. >>
Mentre parlava prese dalla tasca della tunica un orologio dal ticchettio incredibilmente assordante. Lo rimise in tasca subito dopo e il ticchettio non si sentì più.
<< Sentite, facciamo così: vi lasciate ammazzare subito così posso finire il mio lavoro. Che ne dite? >>
<< Ma tu sei scemo?! Non siamo così disperati da farci ammazzare! >>
<< Ho fretta, cercate di capire, ho cose più urgenti da fare che avervi tra i piedi come piattole. >>
<< è cosa sarai mai questa cosa così importante che devi fare? >>
<< Non sono affari che vi devono riguardare. Avete visto anche troppo. >>
Con un gesto fulmineo Profondo Blu balzò in mezzo noi e conficcò la sua spada nel pavimento alterato, causandone uno scuotimento impressionante che lo fece letteralmente ondulare come le onde del mare, sprigionando una moltitudine di bolle che non erano così fragili come sembravano, in realtà erano più dure e pesanti di un pallone da basket, non micidiali ma capaci di far davvero male. Sobbalzammo dappertutto colpiti da quelle sfere, galleggiavamo quasi in quella cosa molle che non finiva di ondeggiare ormai ad ogni movimento, alterando la normalità del posto.
Profondo Blu giocò con quelle bolle facendole roteare con un dito solo o palleggiandole con un piede solo come un calciatore; di tanto in tanto schivava quei pochi attacchi che riuscivamo ad effettuare e ci cacciava via. Prima di contrattaccare, un’altra cosa strana avvenne: pareti e tetto cominciarono ad avvitarsi su se stesse, distorcendosi, liberando le sfere lucenti imprigionate che si librarono nell’aria sparendo in pochi minuti. La pietra brillò debolmente in quel momento, l’alieno sorrise notandolo e interruppe il gioco, scrocchiandosi il collo con fare rilassato.
<< Tempo scaduto cari miei, il momento è giunto. Finalmente il tanto atteso momento è arrivato, quello che mi garantirà il successo e il dominio su questa realtà. >> poi, afferrandomi per i capelli, mi sollevò fino all’altezza del suo bacino, appoggiando la lama della spada sul mio collo.
<< Non ti dispiace se ti uccido, vero? >>
Ad un tratto, come risposta a quella minaccia di morte, delle falci lucenti lo colpirono alla schiena subentrando improvvisamente. Profondo Blu lasciò andare la presa e volò dall’altra parte della stanza, ci mancò poco che involontariamente mi tagliasse la gola in quel modo e me la strinsi rabbrividendo al rischio corso.
<< Stai bene? >> mi chiese una voce familiare.
<< Syria! Ti sei ripresa dal coma! >> esclamò sorpresa Strawberry, vedendola nuovamente sveglia. Tutti erano sorpresi a dire la verità, vedere ben sveglia la ragazza dopo lo stato di coma era incredibile, ogni suo movimento ci appariva sorprendente e nei suoi occhi azzurri si vedeva la vitalità dell’esistenza: non era cambiata di aspetto ma certi elementi erano davvero diversi, come la pelle che aveva un’abbronzatura più scura, i capelli nero lucido e più ordinati, i lineamenti orientali più rilassati. Indossava ancora la veste medica visibilmente troppo larga per il suo fisico, in mano teneva la stessa ascia usata quando era una psicopatica, avvolta in un aura bianca e finemente decorata con pietre verdi e viola.
<< Sei ancora viva dopo quanto è successo? >> chiese sorpreso Profondo Blu.
<< Dovresti sapere bene, meglio di bene, che non posso morire in questa realtà. Non dovresti dimenticarlo. >> rispose lei con voce decisa. Sentirla parlare con tanta chiarezza era una sorpresa, ma quello che disse mi lasciò senza parole.
<< Lo ammetto… un piccolo errore di calcolo, ma sarà del tutto inutile tra poco, è solo questione di secondi. >>
<< Quando te la farò pagare per quello che mi hai fatto il tempo non sarà più un problema di cui ti dovrai preoccupare. >>
<< Bene, tanto vale finire la cosa in fretta. >>
In quel momento, uno strano rumore rimbombò nella stanza crescendo d’intensità: era metallico, le travi d’acciaio e l’osservatorio in sé era avvitate su se stesse perdendo i bulloni che tintinnavano rumorosamente cadendo a terra, tutto tremava violentemente e sembrava risucchiato verso l’alto. Rimanemmo immobili ad osservare l’impressionante fenomeno fino a quando la cupola non saltò in aria, spazzata via dalla forza d’attrazione del Varco Dimensionale apparso nel cielo.
Era assolutamente spaventoso, non solo perché ero davvero vicinissima a quel portale che era più grande di quanto avessi potuto immaginare, ma perché aveva stravolto addirittura il mondo circostante: l’intera Tokyo si stava sfaldando sotto i nostri occhi, sciogliendosi come la cera di una candela, risucchiata dal vortice insieme a tutto ciò che la costituiva, dal nucleo di quella roba ne stava uscendo una sorta di ponte che si stava “costruendo” da solo, unendo poco alla volta i pezzi che lo avvicinavano sempre più a ciò che rimaneva della torre.
 
<< Voi stupidi essere umani, credevate che fosse così semplice potermi battere? Avete sbagliato tutto! Ora che finalmente il collegamento è pronto, niente potrà evitare la conquista dell’universo! >>
<< Che cosa hai fatto alla nostra città?! >>
<< Alla vostra città? Al vostro mondo vorrai dire! Il Varco Dimensionale ha alterato la realtà di tutto il pianeta! Per poter creare un collegamento con il resto dell’universo, il Varco necessita di molta energia… tantissima! Energia che preleva sia dallo spazio che dal pianeta nel quale si trova nascosto. >>
<< Vorresti dire che…? >>
<< Voglio che adesso questo mondo non esiste più! >>
La rivelazione fu un duro colpo per i personaggi animati di quell’universo, stavano assistendo alla distruzione della loro casa, della loro intera vita! Era orribile! Terrificante!
Improvvisamente dal Varco fuoriuscirono delle scintille che formarono una pioggia luccicante che cadde ovunque su ciò che restava della Tokyo animata, persino sull’alieno, bruciandogli appena un po’ la veste blu che emanò un po’ di fumo. Volgendoci le spalle per osservare il vortice, il guerriero alzò le braccia in segno di adorazione mentre le incandescenti scintille gli piovevano addosso.
<< Dovete considerarvi fortunati ad essere qui. Se foste rimasti in giro avreste fatto una brutta fine, risucchiati sicuramente come fonte di energia. Ma state tranquilli, non vivrete ancora per molto, ancora qualche minuto e sparirete anche voi. Io ovviamente sarò al sicuro aldilà del ponte. Quindi… addio gente! >>
<< Dobbiamo impedire a Profondo Blu di attraversare il varco! >> urlò Strawberry, lanciandosi sull’alieno per afferrarlo, imitata dal resto delle sue amiche che lo presero contemporaneamente. Disperate tentarono di trascinarlo via, urlandogli tutto il disprezzo che provavano nei suoi confronti, colpendolo con le loro armi per costringerlo a fermare quella pazzia, non importandole oramai di rischiare la vita.
Lo scenario era catastrofico, non avrei potuto pensare di vivere una simile esperienza e di rimanerne traumatizzata: era orribile, non era finzione da cartone animato, era la realtà quella, la peggiore che avessi mai visto. Non aveva la più pallida idea di che cosa fare.
Stavo assistendo alla fine del mondo… anzi, di un mondo… ma alla fine era la stessa cosa.
Ero spaventata a morte.
<< Non farti prendere dal panico, c’è ancora speranza. >> esordì Siria, l’unica ad essere rimasta seria.
<< Il ponte non è ancora completo, se riusciamo a chiudere il portale prima che questo avvenga potremmo salvare questa dimensione. Tu, con la tua pietra, ne sei capace. >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Credo che sia perché ci siamo “scambiate” i nostri ricordi. Tu hai visto i miei, quelli riguardanti a quando sono arrivata qui, e io invece ho visto i tuoi, riguardanti la tua pietra e il tuo viaggio. >>
<< Oh. >>
<< Tranquilla, non dirò niente. Il tuo segreto è al sicuro con me. Ma adesso sbrigati a chiudere il passaggio, presto! >>
Sobbalzai alla frettolosa e giusta richiesta, correndo verso il bordo della torre.
Tra me e il portale c’era il vuoto a dividerci, sporgendomi potei vedere la città dissolversi nel nulla, una civiltà sparire in fretta, il ponte si faceva sempre più vicino, non aveva fantasiosi dettagli che la rendessero spettacolare ma era comunque impressionante. L’unico portale trovato si era chiuso da solo senza che io facessi qualcosa, Gabriel aveva ben detto che quel passaggio era una minaccia e che la pietra era la chiave, la mia unica paura era di rimanere ferita dal suo potere: non avevo scordato quel tremendo dolore che mi aveva causato.
Mi strofinai le mani indecisa di voler correre un simile rischio, alla fine puntai il braccio con la pietra verso il vortice.
 
Non accadde niente.
 
Rimasi impalata in quella posizione senza che accadesse niente.
La torre continuava a tremare per la forza d’attrazione, le Mew Mew lottavano contro Profondo Blu, e sia Sakura che Sly attendevano con impazienza il mio intervento. Non funzionava niente però, anche io aspettavo un segnale eppure non accadeva niente!
Improvvisamente Sakura mi tirò indietro prima che una delle Mew, dalle caratteristiche animali di un lupo, mi finisse addosso e mi facesse cadere, la ragazza - lupo si aggrappò al bordo della piattaforma per non cadere di sotto, aiutandosi a mantenere la presa con una sorta di frusta con la quale prese una colonna semidistrutta. Entrambe andammo da lei e l’aiutammo a risalire, ad un tratto venni trascinata ancora all’indietro e stavolta da Sly, per evitare un appuntito tubo di ferro lanciato dall’alieno dopo che si era sbarazzato delle sue avversarie.
<< Cosa aspetti a chiudere il portale?! >> mi chiese Siria in quel momento.
<< Non so come si fa! Non ne ho la minima idea! >> le risposi.
<< è il momento giusto per chiamare il tuo amico Gabriel. >> suggerì Sly, come se fosse una cosa normale da fare.
<< Osate solo sfiorare il mio capolavoro e vi spezzerò le gambe! >> disse Profondo Blu a risposta dei nostri commenti.
<< Datti una mossa ragazzina, è l’unica nostra speranza! >>
<< Ehi! Prova a stare al mio posto! Non sei l’unica ad essere stressata! >>
<< Allora non c’è altra scelta. >>
Siria improvvisamente attaccò Profondo Blu senza farsi annunciare: era più combattiva e di quando era controllata, trasmetteva tanta rabbia che pareva un vulcano in procinto di eruttare lava. Avremmo voluto aiutarla ma l’effetto sorpresa con cui si era mossa ci aveva scioccato e lasciato senza parole, inoltre se la stava cavando più che bene contro l’avversario visibilmente in difficoltà.
Da quale universo parallelo provenisse, di sicuro era uno in cui si faceva rispettare.
Le ali di cui era dotata le permisero di non precipitare oltre la torre e di tornare indietro, madida di sudore cominciò a respirare affannosamente, lo stesso per fortuna dicasi per il nemico che era stato costretto a fermarsi.
<< Ti sei ripresa perfettamente, odio ammetterlo. A quanto pare però, non ti rimane abbastanza potere per continuare a combattere. >> disse soddisfatto Profondo Blu.
<< Anche tu non sei male. >> ammise stanca Siria.
<< Siria! Lascia a noi il compito di sconfiggerlo! Noi siamo ancora in perfetta forma! Possiamo farcela! >> le disse urlò Strawberry, in posizione di combattimento con le sue compagne.
<< No! è una faccenda personale! Lui mi ha rovinato la vita e deve pagarla per questo! Mi ha portato via da tutto ciò che amavo! Voi dovete chiudere il passaggio! >>
<< Illusa! Nessuna di queste ridicole formiche ha il potere di farlo! >>
<< Ti sbagli Profondo Blu, lei lo possiede. >>
Quando la ragazza mi indicò il nemico scoppiò in una sonora risata. Non potei non sentirmi umiliata, non avevo contribuito ad aiutare i personaggi e questo mi faceva sentire male. Anche in quelle condizioni riuscivo ad essere arrabbiata, il modo in cui mi stava trattando mi feriva profondamente, e la sua risata cattiva peggiorava il mio stato d’animo. Piansi senza sosta, singhiozzando fino a farmi venire il mal di gola, con gli occhi gonfi che bruciavano a causa delle continue lacrime; desiderai ardentemente che tutto potesse finire in fretta. Nonostante tutto la nostra alleata mi sorrise, di idee del tutto differenti:
<< Fidati delle mie parole piccolina, la magia che risiede in te è in grado si eguagliare quella di Profondo Blu… anzi, può diventare superiore alla sua. L’ho capito fin dal momento in cui mi hai liberato dal male. >>
<< Ma io… >>
<< Non dubitare mai di te stessa. Se credi nelle tue capacità puoi fare qualsiasi cosa. >>
Le parole erano belle, le avrei considerate incoraggianti se avessi avuto un briciolo di fiducia in esse, Siria ci credeva enormemente e per dimostrarmi che potevo cambiare davvero la storia si gettò verso il Varco superando la difesa del suo creatore che urlò con una disperazione che non mi sarei mai aspettata da parte sua. Non riuscì ad impedirle di entrare nel passaggio e fermarsi proprio al suo centro, delle scariche elettriche la bloccarono come una sorta di catena, costringendola a restare immobile in una posizione ad X. In quello stesso momento la costruzione del ponte si interruppe bruscamente, gli ultimi pezzi che si erano uniti tra loro crollarono pesantemente.
<< Maledetta! La pagherai per questo! >> urlò l’alieno.
Il malvagio tentò di avvicinarsi ma venne respinto da quelle stesse scariche, e riprovò ancora e ancora, come se avesse perso la ragione.
 
Restai scioccata da quel gesto.
Era importante quel che stava facendo e dovevo approfittarne se volevo davvero aiutare tutti.
Avevo paura purtroppo… temevo che se facevo un solo passo avrei rovinato ogni cosa.
Se davvero fossi al suo stesso livello, l’avrei già sconfitto da parecchio tempo! Fino adesso ci ho guadagnato solamente botte e prese in giro…
<< Allora? Non fai niente? >> chiese all’improvviso l’essere, interrompendo il suo lavoro.
<< La tua cara amichetta sta morendo per salvare questo sputo di mondo e tu resti la impalata… potrei restare a guardarla suicidarsi, tanto non è un vero ostacolo… non capisco però che cosa ci vede in te… sei solo una stupida mocciosa piagnucolosa! >>
<< Attenta! Non farti ingannare! >>
La voce di Gabriel mi fece trasalire, non aspettandomi di sentirlo in un momento simile, sovrapponendosi al tono minaccioso di Profondo Blu.
<< Tu non hai alcun potere! Non hai la capacità di fermarmi! è stata solo la tua fortuna a mantenerti in vita fino adesso! Io ti posso distruggere perché sono potente! >>
<< Non può ucciderti come egli minaccia, ma può comunque far del male ai tuoi amici grazie al Varco! Non puoi chiudere il passaggio direttamente perché lui ha messo un ostacolo in mezzo che lo impedisce! Distruggi l’ostacolo e potrai salvare questo universo! >>
Dopo quell’avvertimento non udì più niente.
Mi resi conto che l’alieno si era avvicinato con la spada in mano, i personaggi che gli correvano incontro per fermarlo, tutto a rallentatore come accadeva nei film. Quel rallenty mi servì ad evitare per un soffio la punta della lama che riuscì a passare attraverso la barriera difensiva creata dai personaggi animati, la mia pietra non manifestava alcun fenomeno e dunque la scartai subito come causa principale.
Che sia stato Gabriel? mi chiesi.
Ammirai quell’assurdità cercando di non dimenticare quel che lo sconosciuto mi aveva detto: un ostacolo da trovare e distruggere, non riuscivo ad immaginare niente di simile in quella circostanza, ma mi fidavo di quel che diceva il misterioso personaggio.
<< Cerca bene. >>
Mi muovevo con cautela come se io stessa fossi sotto il controllo di quel rallentamento e soprattutto per evitare di essere raggiunta dal nemico, guardavo tutto con attenzione, soprattutto il Varco che aveva occupato quasi tutto il cielo. Sbuffai seccata, non c’era niente che spiccasse di vitale importanza più del disastro, era tutto uguale e il non ero affatto soddisfatta. Nonostante tutto trovare il tempo di ridere, schivare Profondo Blu con tre passi era divertente, soprattutto con quelle facce strane a rallentatore: fu lì, mentre si alzava in piedi, notai che gli uscì dal colletto della giacca una sorta di ciondolo nero di forma triangolare molto sottile e larga all’incirca quanto il palmo della mano. L’oggetto dondolò avanti e indietro tagliuzzando il collo del suo possessore, era interessante per essere un semplice ornamento, lo toccai per curiosità e mi tagliai all’istante, mettendomi il dito in bocca per riassorbire il sangue.
Una piccola rossa vi rimase sopra, il materiale di cui era fatto cambiò colore passando al giallo, quasi la stessa tonalità della mia pietra che brillò per un istante.
<< Fai attenzione. >>
Avevo dimenticato che se vedevi un qualcosa di interessante nei cartoni animati voleva dire che ti sarebbe accaduta una sorpresa. Non ebbi bisogno di altri suggerimenti per capire che quello era ciò che stavo cercando, anche se non aveva la forma immaginata. Ci fu molta esitazione, ma alla fine acchiappai quel minuscolo ciondolo.
 
Lo sentì appena tra le dita, poi una forza possente mi sbalzò via.
Il tempo riprese il suo normale corso, “l’esplosione” coinvolse gli altri combattenti, storditi quanto me su quanto accaduto.
Al centro di tutto, il ciondolo levitò, circondato da un’aura arcobaleno.
 
Nessuno si fece male per fortuna, la testa girava solo un poco.
<< Che accidenti è successo? >>
<< Non ne ho la più pallida idea… ho come l’impressione che mi abbiano preso a pugni… >>
<< Guardate! >>
Sentendo quella specie di allarme alzai la testa e con stupore vidi che davanti al Varco era apparsa una specie di scudo triangolare gigantesco ornato con centinaia di sfere a volteggiarli intorno. Era quello l’ostacolo menzionato da Gabriel, quella roba impediva ( non so come ) al cristallo di usare il suo potere segreto per chiudere il passaggio.
Tutti quanti eravamo scioccati, ma Profondo Blu era probabilmente il più sorpreso di tutti.
Si lanciò sull’oggetto che aveva dato origine da tutto con la mano tesa per prenderlo, Sly però lo intercettò placandolo e prendendolo a pugni, disarmandolo e tentando di bloccarlo a terra.
<< Distruggi quell’affare! >> mi urlò.
Spaventata persi tempo prima di darmi una mossa, presi la mia arma e lo colpì… o meglio… ci provai: il martello ci rimbalzò sopra come se avessi colpito un pezzo di ferro. Non si mosse di un millimetro la chiave dello scudo, continuò a brillare per dare energia all’ostacolo.
<< Usa qualcosa di più potente! >> urlò il procione che continuava a tener fermo l’alieno, aiutato dalle Mew Mew.
<< Non osare toccare lo scudo! >> urlò questo.
La sua spada mi sembrò un opzione adeguata, la sollevai con fatica a causa del suo peso e mi apprestai a distruggere il ciondolo.
<< Fermati! Se chiuderai il portale ucciderai la tua amica Siria! >>
Oh no! Ha ragione! pensai spaventata, tornando a fissare la ragazza ancora bloccata in mezzo al Varco.
<< Non ascoltarlo! Io starò bene! Non c’è niente che possa farmi male! >> disse la ragazza in questione.
<< Avanti ragazzina! Fammi vedere se ti fai scrupoli!. >>
Non potevo fare una cosa così orribile e Profondo Blu lo sapeva.
Ma Bryan poteva farlo eccome.
Mi prese la spada di mano e colpì il ciondolo che andò in frantumi, agendo all’improvviso dopo essere rimasto in disparte per tanto tempo.
<< Io non mi faccio scrupoli. >> disse diretto all’alieno incredulo.
Lo scudo si dissolse, la strada era libera, il cristallo ebbe via libera cominciando a brillare in segno che stava per chiudere il varco. Un raggio splendente fuoriuscì diretto verso il centro del portale e Sly fece si che il guerriero vedesse cosa stava succedendo: una pessima idea, con una furia animalesca si liberò e recuperata la sua spada dal biondo si lanciò letteralmente verso la scia dorata per fermare la sua avanzata e la bloccò, lottandoci contro per impedirgli di compiere il suo lavoro. La pressione di quel gesto si ripercuoteva su di me, il cristallo vibrava e il calore emesso aumentava, provocandomi un dolore lancinante che mi faceva impazzire.
<< Ha bloccato il raggio! Non è possibile! >>
<< Come può riuscire a fare una cosa simile?! >>
<< NON PERMETTERÒ AD UNA MOCCIOSA DI ROVINARE TUTTO CIÒ PER CUI HO LAVORATO! QUESTO MONDO VERRÀ DISTRUTTO PERCHÉ IO LO VOGLIO! >>
<< Questo lo pensi tu! >>
Siria gli arrivò alle spalle e con un pugno lo allontanò, permettendo così al raggio di colpire il varco. Fu una liberazione per me, sentivo più leggerezza adesso, seppur indolenzita.
Nel cielo nel frattempo Siria alzava le braccia in segno di trionfo, ridendo alla vittoria conquistata.
<< Sparisci e non farti mai più vedere. >>
 
Proprio com’era accaduto con il primo varco ci fu un’esplosione, questa però fu più potente e non vidi più niente.
Non ci furono rombi o chissà quale gran fracasso, tutto divenne bianco accecante e solo una figura vi si trovava in mezzo.
<< Siria, stai bene? >> le chiesi.
<< Mai stata meglio. >> rispose lei sorridendo.
<< Ma noi siamo… >>
<< Tranquilla piccola siamo tutti salvi, e anche il mondo che sembrava ormai spacciato. è stata dura ma abbiamo vinto. >>
<< Meno male! >>
<< Mi dispiace di averti dato problemi ragazzina, ma quel verme mi aveva davvero fatto il lavaggio del cervello. Spero di aver rimediato, aiutandoti nella tua impresa. >>
<< Non ho fatto niente, sono stati gli altri personaggi, come sempre, a risolvere la situazione. >>
<< Sei modesta, eppure non è la prima volta che finisci in questo genere di guai, dico bene? >>
<< Bè…
<< Sei proprio come quella persona, mi fai ridere. >>
<< Di chi parli? >>
<< è una persona a cui sono molto legata, vorrei parlartene ma purtroppo non c’è tempo: devo andare. >>
<< Andare? Dove? >>
<< A casa. Mi staranno aspettando. >>
<< Oh… >>
<< Sei stata brava. Ti ringrazio per avermi aiutato piccolina. Ora posso tornare a casa. >> disse Siria prima di sparire.
 
Il bianco venne sostituito da un panorama del tutto diverso, vivo, normale.
Ero sdraiata su una superstrada deserta insieme al procione, confusi su quanto era accaduto. Non eravamo soli, anche Sakura era lì con noi, a metà tra il pianto e lo svenimento.
<< Cosa è successo? >> chiese con un filo di voce.
La risposta era alle nostre spalle: Tokyo era tornata alla normalità.
<< Abbiamo salvato la città, il Varco è sparito. >>
<< Vuoi dire che tutti i miei amici e la mia famiglia stanno bene? >>
<< Penso proprio di si. >>
<< Ma che fine hanno fatto gli altri? Le Mew Mew? Profondo Blu? >>
La domanda era più che pertinente, a rassicurarci su tale questione per fortuna ci pensò un amico.
<< State tranquilli: i vostri amici stanno bene e il vostro amico è stato sconfitto. Non tornerà mai più. >>
<< Va tutto bene, state tranquilli: le nostre amiche sono a posto e quell’idiota se ne andato. >> dissi ai due personaggi, sapendo che non avevano sentito la voce di Gabriel.
<< Come fai ad esserne sicura? >>
<< Un presentimento. >>
Si tirò un sospiro di sollievo generale, ora si che si poteva festeggiare per lo scampato pericolo.
Visto che non avevamo più niente da fare, per me e Sly era giunto il momento di partire.
<< Visto che siamo già per strada direi che possiamo partire anche adesso. >> propose il ladro, indicando l’asfalto ai nostri piedi.
<< In queste condizioni? >> gli chiesi, indicando i nostri abiti rovinati e la mancanza dello stretto necessario per un viaggio.
<< Non credo sia una buona idea tornare indietro dopo quanto è successo. Questa avventura è stata davvero… incredibile. Ho paura che potrebbe accadere dell’altro, se decidiamo di andarci. >>
<< Cioè… potrebbero succedere di nuovo brutte cose? >>
<< No! Almeno spero… >>
<< Posso venire con voi? >> chiese improvvisamente la ragazza.
<< Cosa? Davvero? >> chiesi stupita.
<< Sei sicura di ciò che dici? Il viaggio è lungo e pericoloso e potremmo incontrare molte difficoltà. >> l’avvertì Sly.
<< Lo so e ho preso la mia decisione, non intendo tirarmi indietro. >>
<< Quali sono i motivi di questa scelta? >>
<< Primo: perché lo strano vecchietto che ho sognato mi ha detto di farlo. Secondo: perché credo che con voi vivrò una fantastica avventura. Terzo: non posso lasciarvi andare se prima non trovo un modo che ricambiare il favore di aver salvato la mia città. >> nonostante quei motivi, non potei fare a meno di sorridere divertita. Anche Sly, che cercava di restare serio, non riuscì a trattenere una risatina divertita:
<< Va bene, allora è deciso, verrai con noi. Ma sia ben chiaro una cosa, non stiamo facendo una passeggiata, con noi lavorerai molto. >>
<< Chiarissimo! >>
<< Bene. Bando alle ciance, in marcia ragazze! >>
<< Sissignore! >> Quasi non riuscivo a credere che un altro personaggio animato si fosse unito al mio viaggio, era come continuare un sogno fantastico dalla quale non volevo svegliarmi. Ero felice che Sakura avesse deciso di venire con noi, questo servì ad alimentare la mia gioia e la speranza che grazie al suo aiuto sarei riuscita a tornare a casa.           
 
Prima di andare via il vento ci gettò davanti qualcosa: sembrava una maschera di gomma… che rappresentava il volto di Profondo Blu.
Fu raccapricciante, subito dopo la smaschera si dissolse in polvere nera, lasciandoci con un tremendo interrogativo.                                                                          
             
 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo ventiduesimo: divisi ***


L’avventura nell’universo parallelo popolato dai personaggi dei cartoni animati si è rivelata piena di sorprese. Non posso dire che non era successo nulla di eclatante, avrei voluto solo lamentarmi per la “violenza” per come erano accadute.
Dopo aver concluso l’ultima avventura, io e il ladro Sly abbiamo lasciato la grande Tokyo per la prossima meta, lontani dai nostri obiettivi prefissati, perlomeno questa volta saremmo stati in compagnia grazie alla nuova presenza di Sakura che aveva deciso a seguirci.
Ma il viaggio non si può dire che fu un piacere: la schiena mandava parolacce per quanto faceva male, i vestiti rovinati pizzicavano la pelle e senza sacchi a pelo e cibo non si ci poteva riposare per bene. L’autostrada non aveva fine, era più deserta di un dannato deserto, nemmeno una macchina vi passò per darci un passaggio o un misero aiuto e per di più mi faceva venire i brividi, soprattutto dopo che mi ero trovata in mezzo ai piedi una raccapricciante maschera.
<< Sono ore che camminiamo in mezzo al nulla, sono esausta. >> dissi per l’ennesima volta, ciondolando stanca.
<< Non è normale che sia così deserta questa strada, credo che non siamo più in Giappone. >> disse Sly, fermandosi a guardare oltre il guardrail.
<< Ma che stai dicendo? Certo che siamo in Giappone! >> replicò Sakura, sedendosi alla fine esausta.
<< Se davvero ci trovassimo ancora nella tua nazione avremmo incontrato qualcuno. Invece, siamo da soli, come sperduti su un isola deserta. Molto strano, non trovate? >>
<< Non vorrai dire che siamo da un’altra parte… di nuovo? >>
<< Proprio  così Claudia. >>
<< Per un’altra parte… che cosa intende dire esattamente? >>
<< E già successo questo fenomeno, ma ancora non abbiamo capito da cosa sia provocato: in poche parole sta a significare che siamo dentro un nuovo universo parallelo dove ci sono persone con vite differente e regole della natura completamente sballate. >>
<< E questo significa per caso “guai”? >>
<< Sta a te deciderlo Sakura. >>
Guai o non guai, io volevo dormire.
Potevamo anche finire nell’iperspazio, ma io dovevo dormire.
La cosa peggiore era che il tempo non esisteva, la notte praticamente non scese.
Pregai Sly di farmi fare un sonnellino, ma comportandosi peggio di un generale nazista, ignorò ogni supplica.
 
Continuammo a camminare, spiegando nel frattempo alla confusa Sakura le stranezze del viaggio, un modo per ignorare l’anormale quiete innaturale che pareva schiacciarci, il debole vento che spirava assomigliava ad una voce spettrale che tentava di incutere paura nei nostri cuori. Ciò nonostante non potevo non ammettere che era davvero piacevole: non un suono sgradevole, nessuno a schiamazzare... una specie di panacea per riprenderci dalla tremenda confusione sopportata fino ad allora.
Oggi sembra tutto tranquillo, fino adesso non abbiamo avuto problemi.
<< Ehi Sly, che ti prende? >> chiesi al ladro, rendendomi conto che aveva imbracciato il bastone.
<< Ho sentito qualcosa… che si sta avvicinando. >>
<< Cosa? Dove? >>
<< Non lo so, ma è da queste parti. Molto vicino. >>
Nella mia mente non potei che implorare che nulla avvenisse davvero, ancora debilitata dall’ultimo viaggio.
Fissavo ipnotizzata l’autostrada cercando di individuare un mostro o una persona che stesse per raggiungerci, aggrappandomi al braccio di Sakura più spaventata di me.
Uno squittio ci fece sobbalzare, un zampettare continuo riecheggiava tutt’intorno, eppure non c’era niente di visibile che aiutava a capire che cosa accidenti fosse, ci affacciamo dal guard-rail ma nemmeno da lì si trovò qualcosa, il paesaggio non aveva subito alterazioni. Quel verso animalesco ad un tratto cessò, si udì solo il zampettare che si concentrò come sotto di noi prima di cessare anch’esso.
<< Non muovete un solo muscolo. >> sussurrò il procione.
Improvvisamente la carreggiata si divise in 2 parti come un pezzo di carta, l’acciaio strideva rumorosamente mentre i due pezzi si allontanavano l’uno dall’altro, il cemento che si sbriciolava e crollava nella valle.
Io e Sakura eravamo da una parte, Sly dall’altra, aggrappati al guard-rail per non precipitare fino a fine evento.
<< Ho paura! >> urlò la giapponese.
<< Ho paura anche io! >> le feci eco.
<< Piantatela di frignare! Non è decisamente il caso! >> urlò il ladro contrariato.
<< Ascoltatemi! Sembra che più avanti la strada si riunisca! Correte fino a lì e aspettatemi senza combinare pasticci! >>
<< Puoi stare tranquillo che non lo faremo! >>
Sicuro che avessimo recepito il messaggio, il ladro partì verso il punto d’incontro, noi lo imitammo subito dopo non appena il panico ci passò.
Fu come correre su un percorso ad ostacoli, un passo falso in una delle crepe e il volo era assicurato, nemmeno appoggiarsi al guard-rail trasmetteva sicurezza, sbriciolandosi come briciole di biscotto al minimo tocco anche se leggero. Ci fermammo parecchie volte, in modo da procedere con più cautela nei punti più pericolosi oppure quando ci prendevano le vertigini, e non era il solo problema: avevo la forte sensazione che qualcuno ci stesse seguendo, lasciando non poco turbata.
Mi sentivo come un macigno sulla schiena che mi schiacciava seguita dall’orribile sensazione di aghi acuminati che pungevano la carne, mi voltavo sempre di scatto, per capire che cosa mi provocasse quella roba.
E ogni volta non trovavo niente.
Avrei dovuto convincermi che si trattava solo di un’impressione; eppure non riuscivo a convincermi che non c’era niente…. anche perché non era vero.
<< Ehi Claudia, va tutto bene? >> mi chiese ad un tratto Sakura, notandomi diversa.
<< Io… non lo so. >>
<< Non ti devi spaventare, tra poco raggiungeremo il tuo amico peloso. >>
<< Non è questo… il fatto è che… >>
Sakura tentò di dire altro, ma si bloccò di colpo sgranando gli occhi.
Uno squittio alla mia destra mi diede risposta: accanto a noi era apparso una specie di topolino bianco, la coda però era pelosa e più lunga come quella di una scimmia, la faccia invece sembrava quella di un furetto e non aveva orecchie in bella mostra. Il pelo del topo era talmente folto che sembrava un gomitolo di lana, tanto che le zampe nemmeno si vedevano, l’aspetto in sé era grazioso a vedersi, quasi da assomigliare ad un Pokemon o ad un Digimon. Non potemmo non intenerirci davanti ad un esserino così soffice che dava la voglia di strapazzarlo di coccole… fino a quando la situazione non ci sfuggì di mano: da uno passò a due, da due a cinque e poi… il numero divenne incalcolabile, una sorta di tappeto bianco semovente formato da non so quanti roditori che apparvero risalendo da sotto la strada.
A quel punto ci preoccupammo.
Gli esseri bianchi cominciarono a zampettare verso di noi, il pelo che sfregava sullo strato di cemento ricordava una campanella, le code alzate erano puntate nella nostra direzione come una sorta di periscopio per orientarsi. Ricominciarono a squittire sonoramente per avvisare che avevano fame: una farfalla innocente si trovò a svolazzare accanto a loro, il più piccolo del gruppo tirò fuori una lingua da rospo e lo inghiottì in un boccone.
Ora i mostriciattoli non apparivano più così carini.
Quando scattarono all’inseguimento corremmo più velocemente di loro, con le loro lingue provavano ad afferrarci rilasciando bava che schizzava ovunque. Ad un tratto una cosa molle mi afferrò entrambe le gambe, venni trascinata all’indietro e in un secondo venni assalita, ricoperta da pelo pungente e solleticata da musi inumiditi che annusavano ogni centimetro del mio corpo, seguita da continui pizzicotti. Le code si attorcigliarono tra loro come delle corde costringendomi a rimanere immobile, poi ripresero a marciare come soldati portandomi via con loro come una specie di trofeo.
<< Lasciatela andare bestiacce! >> urlò Sakura.
Con il bastone schiacciò alcuni dei mostriciattoli che esplosero debolmente, simili a petardi, alcuni dei sopravvissuti fuggirono squittendo terrorizzati sciogliendo l’intreccio, le braccia furono nuovamente libere, Sakura le prese entrambe per strapparmi dai più coraggiosi del branco rimasti sulle gambe.
Era un tira e molla che mi stava quasi spezzando a metà.
 
§ Nel frattempo, da un’altra parte, altri assistevano alla scena sconcertati.
<< Hai visto anche tu Gabriel? >>
<< Si, ho notato. Questo non è nel suo stile. >>
<< Quindi questo può significare solo una cosa. >>
<< Già… ha deciso di giocarsi il suo migliore soldato, ora capisco l’interferenza percepita. Sarà meglio avvisare la nostra spia, deve assolutamente impedire che il nuovo “invitato” faccia del male alla ragazza. >>
<< Farò come tu mi chiedi. Ma Gabriel, ti vedo strano: qualcosa non va? >>
<< Sono preoccupato. Ciò che ho visto si sta verificando. >>
<< Che cosa vuoi dire? >>
<< Che la prova finale si sta avvicinando. >> §
 
 << Smettila di tirare! Mi stai facendo male! >>
<< Se ti mollo ti mangiano! >>
<< Se non mi molli mi spacchi la schiena! >>
<< Così è questo quello che avete passato durante il vostro viaggio?! >>
<< Ne riparliamo dopo che mi hai salvato! Se non ti dispiace! >>
Il “tiro alla fune” non era ancora giunto a conclusione, dalle fitte alla colonna vertebrale avevo l’impressione che da un momento all’altro mi sarei divisa in due. I piccoli mostri erano tenaci, pur di vincere il gioco arrivarono a dare con le lingue delle vere e proprie frustate a Sakura per costringerla a mollare, lasciandole dei coloriti lividi.
Improvvisamente la strada tremò una seconda volta, il cemento si spaccò ancora e mi ritrovai a penzolare nel vuoto a chissà quanti metri di altezza. Sakura mi tenne a fatica, con una mano doveva tenersi aggrappata ad una sbarra per non cadere e con l’altra doveva evitare che fossi io a precipitare, quel che restava dell’autostrada dondolava avanti e indietro pericolosamente mentre i roditori tentavano di tenersi aggrappati all’orlo dei pantaloni, strappando il tessuto troppo rovinato per riuscire a sorreggerli. Smettemmo di dondolare in un istante, la carreggiata si inclinò alla fine  all’indietro, crollando rovinosamente al suolo, fu un miracolo che a metà caduta la ragazza animata riuscì ad evocare una sorta di mongolfiera che c’impedì di spiaccicarci. Atterrammo delicatamente tra le macerie, pelo di topo volteggiava nell’aria appiccicandosi ai vestiti e bastoni di ferro cadevano dall’alto infilzandosi in profondità nel terreno umido e friabile.
<< Stai bene? >> mi chiese la ragazza.
Le saltai addosso tremando, trattenendo le lacrime.
<< Tranquilla, è tutto finito. Siamo entrambe al sicuro. >>
<< Ma come torniamo su adesso…? >>
<< A questo ci penso io, non ti preoccupare. >>
<< Ma se Sly non ci vede arrivare… >>
<< Ascoltami: fidati di me. Torneremo presto dal tuo amico, tu adesso prendi un bel respiro e rilassati. Abbi fiducia nelle mie parole e tutto andrà bene. >>
Annuì debolmente, singhiozzando.
Tenendo per mano la giapponese mi lasciai guidare dalla sua sicurezza.
Continuammo a seguire la direzione fino a quel momento seguita, non risalimmo sull’autostrada poiché troppo pericolosa, restando a fondo valle che appariva più sicura di ogni altra cosa. L’erba era folta e alta, leggermente umida e abitata da centinaia di insetti, si udiva di tanto in tanto il verso di qualche animale e movimenti fugaci lì intorno, mescolati allo stridere del metallo.
Nel frattempo Sakura provava a distrarmi dicendo che quella esperienza le aveva fatto tornare in mente i giorni in cui doveva recuperare le carte di Clow, le sensazioni che provava erano le stesse mi spiegava, sforzandosi di sorridere per dimostrare una certa allegria nella situazione.
Ad un tratto, poco lontano da noi, scorgemmo una persona in pericolo.
Senza perdere altro tempo corremmo verso di lui per salvarlo, era inseguito da una creatura dall’aspetto di donna ma con ali e piedi di uccello, somigliante alla creatura mitologica di nome Arpia; gli lanciammo contro  sassi e pezzi di cemento fino a quando non decise di andare via, lasciando così il pace la vittima che potemmo soccorrere.
Il malcapitato era un bel giovane che poteva avere più o meno una ventina d’anni, carnagione chiara quasi come la mia, gli occhi erano verde chiaro mentre i capelli corti nero corvino che risplendevano alla luce del sole. Mi dava l’impressione di una persona normale, elemento che apprezzai dopo tanta anomalia cartoonesca.
<< Ehi tu, va tutto bene? >>
<< Si… >> Rispose con un filo di voce, i vestiti lacerati e macchiati di sangue.
<< Stavo camminando per la strada, quando quella “cosa” mi ha assalito…. Io non riesco a crederci… >>
<< L’importante è che sia andata via, può tirare un sospiro di sollievo. >>
Il giovane si sedette a terra tenendo la testa con entrambe le mani, scrutando il cielo spaventato.
<< Lei chi è? >>
<< Mi chiamo Ivan e sono un archeologo. Stavo andando in città con la mia jeep quando sono stato aggredito da quelle bestiacce… non prima di precipitare dalla strada che si è letteralmente spaccata in due… e voi? Siete vittime come me? >>
<< Qualcosa del genere. Noi abbiamo perso un amico per strada e stavamo provando a tornare di sopra. >>
<< Ci vorrebbe un bel paio d’ali signorine, non vedo altro modo per risalire. Immagino che per due ragazzine come voi trovarvi da sole da queste parti non sia divertente, soprattutto con dei mostri nei paragi. >>
<< Ha ragione… non è per niente divertente. Piuttosto… Non è che potrebbe darci un passaggio? >> le chiese Sakura affascinata dalla sua bellezza.
<< Volentieri. Dopotutto, mi avete salvato la vita. >> rispose lui, facendo l’occhiolino.
Mi imbarazzai a quel gesto amichevole, nascondendomi dietro Sakura per la vergogna.
Quando Ivan fu in grado di alzarsi lo aiutammo a raggiungere una jeep abbandonata, malconcia e con il cofano del motore aperto che emanava del fumo. Il cofano ardeva, i sedili erano occupati da libri e scartoffie, resti di cibo e cianfrusaglie varie, si sedette sul sedile del guidatore e tolse la chiave per interrompere il ronzio che provocava.
Approfittammo della comodità della macchina per rilassarci mentre lui sistemava il motore e lo avviava nonostante le pessime condizioni, tanto da permetterci di andarcene.
 
 
 
Non andammo veloce ma almeno ci muovemmo.
Sballottati su e giù a causa del terreno accidentato per nulla adatto ad una macchina.
Starci a bordo mi faceva sentire a casa, quella bella sensazione di familiarità che mi faceva immaginare di essere nell’auto di mamma o papà per una gita al mare o in montagna. L’assenza della mia vita mi fece nuovamente star male, la nostalgia era sempre più difficile… il cuore mio non avrebbe potuto più reggere a lungo un dolore simile ancora a lungo.
<< Lei sa dove porta questa strada? >>
<< Non so aiutarvi, non sono mai stato da queste parti. è la prima volta che ci vengo per lavoro, è tutto nuovo per me. >>
<< è non è l’unico, anche noi non abbiamo la più pallida idea di dove ci troviamo. Vero Claudia? >>
Annui distratta, poco propensa al dialogo.
<< Dove sono i vostri genitori? >>
<< Ehm… sono con il nostro amico disperso. Dovremmo darci incontro al primo punto in cui l’autostrada si riuniva. Ma fino adesso non c’è questa fortuna. >>
<< Se c’è bisogno, mi posso prendere io cura di voi finchè non ritroverete i vostri parenti. >>
<< Non è necessario. >>
<< Non temete, capisco la vostra situazione e voglio rendermi utile. Tu che ne pensi piccolina? Ti posso aiutare? >> mi domandò il ragazzo, porgendomi la mano.
Prima che gli potessi rispondere, Sakura improvvisamente mi buttò letteralmente nel ristretto spazio tra i sedili anteriori e posteriori, ricoprendomi di una montagna di cianfrusaglie e cartacce appiccicaticce o rimaste troppo a lungo nella polvere. Tentai di sollevarmi più volte ma lei me lo impedì sempre.
<< Va tutto bene lì dietro? >>
<< Si! Si! Claudia ha solo bisogno di sdraiarsi! Ha un pochi di mal d’auto la poverina! >>
<< Ma non è vero! >>
<< Non ti vergognare Claudia! è normale stare male! >>
Subito dopo la ragazza si abbassò in modo tale che potesse sussurrarmi all’orecchio e non farsi vedere dal guidatore. Indicò agitata la pietra che stava brillando, la luce non era abbagliante ma poteva saltare subito all’occhio se non accuratamente coperta.
<< Scusate, ma è davvero tutto a posto? >>
<< Sicurissimo! Va tutto bene! >>
Un grido distorto ci fece sussultare: dal cielo scesero volando tre figure alate sghignazzando con risatine malefiche. Le tre arpie appena giunte, il cui capo era la stessa che avevamo scacciato, volteggiarono sopra di noi alla stessa velocità della macchina, oscurando con le larghe ali il sole che proiettava le loro ombre a terra.
Scattando agilmente nell’aria come delle danzatrici, le creature alate scesero in picchiata sfiorandoci per un pelo con gli artigli affilati, gracchiando incessantemente come corvi furenti, i loro occhi scintillavano di crudeltà e una pioggia di piume taglienti come i bordi della carta scomparivano in una nuvoletta di polvere non appena toccavano terra.
Una delle arpie afferrò Ivan e lo sollevò in aria, all’istante la macchina perse il controllo, prima che si allontanasse troppo lo afferrai per le gambe costringendo così la strega a mollare la presa per l’eccessivo peso. Atterrammo entrambi sul cofano della jeep per poi rotolare a terra durante la corsa, Sakura si gettò a sua volta fuori bordo prima di schiantarsi contro un masso. Nessuno riportò ferite, d’altra parte le arpie erano ancora lì in cielo sopra di noi.
Ma le bestie non scesero per aggredirci, due di loro in particolare erano concentrate sulla terza che schiamazzava più di tutte, volando con difficoltà; e questo perché sopra la sua schiena c’era Sly che le tirava le piume della testa per poterla dominare.
<< è Sly! Finalmente l’abbiamo trovato! >>
<< Era ora che si facesse vivo! Adesso si che si rende utile! >>
<< Vorrei poter condividere il vostro entusiasmo signorine, ma non ho intenzione di farlo. >>

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Capitolo 23
*** Capitolo ventitreesimo: inseguitore ***


Il commento fuori luogo riuscì ad imprimere il suo spiacevole significato in un istante.
Mi alterai sentendo una cosa del genere, ma non ebbi il tempo di voltarmi verso la fonte poiché all’improvviso dal terreno fuoriuscirono una marea di piccoli serpenti neri, occhi color del rame e provvisti di un paio di acuminati canini. I rettili sibilanti accerchiarono me e Sakura in un spazio ristretto spruzzando veleno dal fondo della bocca; gli schizzi ci mancavano apposta ma ci sfioravano quel tanto che bastava per ustionarci.
Invocammo l’aiuto di Sly, ancora impegnato a fronteggiare le arpie che non esitarono a lanciarsi in picchiata contro la loro stessa sorella, sferzando l’aria con un acuto fischio che spaccava i timpani.
Tentammo un passo per scappare e le serpi davanti a noi provarono a morderci, sollevandosi in equilibrio quasi sulla punta della coda.
<< Tranquille signorine, hanno l’ordine di non farvi del male. >> disse Ivan.
<< Chi sei realmente?! >> riuscì solamente a chiedergli, confusa su quanto stava accadendo.
Accontentando la mia richiesta, Ivan cominciò una metamorfosi: la tuta bianca e nera divenne una lunga giacca color rame scuro dalle cuciture argentate, decorata sul colletto alto con una pietra viola che teneva appuntata su un foulard, aperta all’altezza della vita la giacca lasciava intravedere una maglia cerulea, i pantaloni invece argentati come le decorazioni del soprabito. I capelli neri si modificarono in un taglio assurdo: il lato destro era quasi del tutto rasato fino al collo, il lato sinistro invece la chioma di capelli che assunse una rossa tonalità calda si allungò fino alle caviglie tutta rivolta in avanti; proprio sulla sommità della testa, nel punto in cui l’acconciatura si “divideva” alcune ciocche di capelli erano dritte come trattate con il gel, e infine, i suoi occhi divennero grigio perla.
A trasformazione finita Sly finalmente scese dal destriero alato e atterrò davanti allo sconosciuto facendo roteare con una mano sola il bastone, ringhiando alle serpi che provarono ad avvicinarsi di soppiatto  ai suoi piedi.
<< Sapevo che quelle maledette streghe volanti non erano qui per caso! Me le hai mandate tu! Chi diavolo sei?! >> gli urlò Sly.
Con una risata vittoriosa, il personaggio rispose:
<< Il mio nome è Ilyan e sono un mercenario. >>
<< Un mercenario? Quindi sei stato pagato per farmi fuori. >>
<< Come extra. Non sei tu il mio obiettivo principale, Sly Racoon: prelevare questa ragazzina è la ragione principale del mio attuale lavoro. >>
Sia io che i personaggi animati sussultammo dallo shock: quel tizio voleva me? Quel tizio voleva me!
Chi accidenti era?
Non l’avevo mai visto in nessun cartone animato o videogioco, un perfetto estraneo praticamente.
Come poteva conoscermi, se non l’avevo mai incontrato?
<< Perché vorresti la ragazza? >>
<< Sono stato incaricato di prenderla, tutta intera se riesco senza essere costretto a farle del male. è stata molto sfuggente devo ammettere, non riuscivo mai a raggiungerla per compiere il mio dovere, soprattutto con te in mezzo alle scatole. Le voci sulla tua scaltrezza si sono rivelate esatte, Sly Cooper. >>
Sly provò ad attaccarlo all’improvviso, il mercenario lo schivò saltandogli sulla testa e poi tornando con una giravolta a terra. Mi strinsi a Sakura con i film dell’orrore che mi si formavano in testa nel frattempo: mi chiedevo in quale ennesimo casino mi stavo cacciando e perché proprio io dovessi subire una follia simile.
<< Sei anche veloce, ma io lo sono di più. >>
<< è solo una bambina! Chi vorrebbe mai pagare per farla rapire?! Non ha fatto del male a nessuno! >>
<< Quel che ha fatto non è affare mio, mi pagano molto bene per questo genere di lavori, soprattutto perché non faccio domande. >>
<< Non m’importa del tuo lavoro! Non ti lascerò fare una cosa così riprovevole! >>
<< Continuerei a discutere ma ho estrema urgenza di finire presto questa missione, ed ho già perso troppo prezioso tempo. >>
In quel momento i serpenti si infilarono sotto terra cominciando a scioglierla, Ivan spiccò letteralmente il volo prendendomi mentre era sospeso in aria, lasciando Sakura in balia della pozza di acido. Era un espediente per costringere Sly a scegliere chi dover salvare; non riuscì a vedere cosa accadde, Ilyan era ormai troppo in alto e tutto da quell’altezza appariva come puntini uguali tra loro, scortato dalle arpie al suo seguito.
 
Urlai disperata di essere lasciata libera, piansi nella supplica di poter tornare dalle uniche persone che non mi facevano sentire abbandonata, ma il mercenario non diede ascolto a nessuna delle mie preghiere, ignorandomi completamente.
Ad un tratto una delle arpie precipitò al suolo, un fulmine a cielo sereno l’abbatté  brutalmente, un lupo gigantesco formato di elettricità l’afferrò con le fauci prima che si schiantasse riducendola ad un ammasso di cenere ululando con supremazia, scatenando un’esplosione di lampi e fulmini. Il soldato imprecò ad alta voce quando si rese conto chi l’aveva mandato: Sakura e Sly erano proprio dietro di noi, a bordo del bastone magico della ragazza provvisto di un paio di ali, cavalcandolo come una specie di tavola da surf.
<< Lasciala andare! >> gli urlò Sly.
Ilyan lo squadrò per un attimo, poi subito dopo sorrise stranamente e rispose:
<< Ti accontento subito. >>
Lo prese alla lettera, mi lasciò andare e precipitai.
L’unica cosa che mi ricordo di quel momento era lo stomaco che andava al posto del cervello e il vuoto totale.
Le arpie rimaste vive mi afferrarono per le braccia proseguendo il volo, il lupo ci inseguiva e compiva balzi così alti che riusciva quasi a prenderle. Entrambe le bestie erano preoccupate, a causa del mio peso non potevano sollevarsi più del solito in cielo, mantenendo così una certa bassa quota che bastava al canide elettrico per tentare la cattura. Il lupo generò ancora fulmini, non poteva colpire direttamente per non rischiare di ferire anche me, l’effetto paura era garantito però, su questo non c’era alcun dubbio, uno di questi trapassò l’ala dell’arpia alla mia destra e rapidamente si cominciò a scendere… di nuovo, dritto verso il predatore che camminò in tondo sotto di noi con le fauci spalancate.
Ci mancò poco che divenni il suo prossimo pasto, riuscì a dondolarmi in avanti e cadere lontano dai denti del bestione che divorò al mio posto le arpie.
Rimasi stesa sull’erba aspettando che l’attacco di panico avesse fine, mi mancava il respiro come se morissi.
<< Stai bene? Sei per caso ferita? >> Sakura e Sly giunsero poco dopo, mi soccorsero come potevano, facendo attenzione a non incrementare lo stato di shock.
Riuscì solamente ad abbracciarli tra le lacrime, implorandoli di portarmi a casa.
<< Va tutto bene piccola… non ti preoccupare… adesso ti portiamo in un luogo sicuro. >>
Ilyan apparve poco dopo, atterrando addosso al lupo che sparì in una esplosione luminosa, trasformando quel che rimaneva in una carta che levitò verso Sakura.
<< Povera piccola, temo di averla strapazzata troppo. Perché non la lasciate a me? Conosco un ottimo dottore che saprà curarla. >>
<< Non osare metterle di nuovo le tue luride mani addosso! Giuro che la pagherai! >>
<< Questo è ciò che faccio quando mi commissionano un rapimento, non faccio trattamenti speciali a nessuno. Nemmeno ad una bambina. >>
<< Come può essere così spregevole?! >>
<< Le emozioni rovinano gli affari, comprese le scocciature come voi. Ve lo dirò una volta e non lo ripeterò più: levati dai piedi e lasciatemi fare il mio lavoro. E tu, ladro peloso, morirai. >>
<< Spiegami almeno perché sei interessato a lei?! >>
<< La pietra che porta al polso è una motivazione che ti basta? >>
Il bracciale parve scintillare nel sentirsi menzionato.
Provai a cacciarmela ma era inutile, avevo dimenticato che era impossibile.
<< La persona che mi ha pagato dice che è più preziosa di quanto appare; ho detto che non faccio domande quando lavoro… ma non posso fare a meno di essere curioso. Mi piacerebbe sapere quale segreto si nasconde in quel prezioso monile. >>
Sly inghiottì preoccupato, io invece ero paralizzata dal terrore: quella dannata pietra mi aveva messa di nuovo nei guai, e come se non bastasse quella era solo la punta dell’iceberg dell’enorme casino in ci stavano cacciando tutti quanti.
<< Sakura… tira fuori quei tarocchi bizzarri e porta via Claudia… proteggila a qualsiasi costo.  >> disse Sly alla giapponese, indicando l’autostrada che compariva all’orizzonte, integra e ben piantata al suolo.
<< Io… io ci proverò. Ma tu… cosa vuoi fare? >> gli chiese lei impaurita.
<< Tenterò di farvi guadagnare il tempo necessario per fuggire distraendo questo tipo… non riuscirò a sconfiggerlo, questo è certo… ma almeno lo terrò impegnato per salvarvi. >>
<< Temo di non riuscirci… >>
<< Invece devi! Adesso va! Scappate! >>
Per quanto spaventata, Sakura trovò il coraggio di alzarsi ed evocare di nuovo la Carta del Volo e caricarmi sopra con lei. Volammo via un attimo prima che il mercenario ci prendesse, Sly lo colpì violentemente nel viso bloccandolo, lasciandogli un brutto livido viola e giallo sulla guancia destra. Riuscì a scorgere nei suoi occhi, prima che ci allontanassimo troppo, l’ira funesta scoccata a quel colpo basso.
<< Ora quell’extra lo voglio a tutti i costi…. >>
 
£
Il bastone si fiondo sulla strada in un secondo.
Ci guardammo continuamente le spalle cercando di cogliere all’orizzonte la presenza del ladro o del mercenario.
Non c’era niente nei paragi, proprio quello metteva ansia, il non sapere se sarebbe venuto qualcosa spaventava a morte.
Io mi auguravo che Sly si facesse vivo con la sua solita aria sorniona, che comparisse per scherzo e calmasse gli animi con qualche battuta.
Ci mancò poco che non ci schiantassimo contro un furgone, urlammo all’unisono quando ci vedemmo arrivare l’enorme affare addosso, mancandolo per un soffio mentre l’eco del clacson ci assordava.
L’intera carreggiata venne occupata di veicoli di ogni genere che guidavano da entrambi i sensi, li schivammo tutti con uno slalom dietro l’altro, distruggendo specchietti retrovisori oppure intossicandoci con i gas di scarico. Se si faceva attenzione si potevano vedere le espressioni incredule dei guidatori che correvano il rischio di scontrarsi tra di loro se non facevano attenzione.
Erano apparsi all’improvviso, come per magia.
L’ultima schivata non fu perfetta, la punta del bastone cozzò di poco contro il cofano di un caravan e cominciammo a rotolare in aria come una trottola, Sakura che implorava i suoi stessi poteri di fermarsi.
Grazie al cielo atterrammo sul morbido, sul retro di un furgoncino verde militare che trasportava scatoloni e roba da imballaggio, il guidatore perse il controllo del mezzo e riuscì con fatica a parcheggiare al sicuro all’interno della prima piazzola di sosta, senza provocare un incidente.
In fretta e furia scese dal mezzo per controllare le condizioni sul retro, fissandoci esterrefatto.
<< E voi due signorine da dove venite? >>
 
§ Nel frattempo, da qualche altra parte, in una zona sconosciuta del mondo, il mercenario stava conversando con colui che aveva commissionato la sua ultima missione sul mio conto.
Con intenzioni poco rassicuranti.
<< Ho provato a portarvi la ragazzina, ma i suoi compagni si sono intromessi ed è potuta fuggire. >>
<< Ha usato anche i suoi poteri per fuggire? >>
<< No. Era troppo spaventata per mostrare il potenziale di quel gioiello. Se è salva, è solo merito di quella disgustosa palla di pelo parlante. >>
<< Dovevo immaginarlo… dopotutto è una bambina. Comunque, cerca di portarmi presto quello che desidero, non amo pazientare. >>
<< Una domanda capo: se quella bambina non riesce ad usare la vera forza della magica pietra, come ha fatto allora a sconfiggere i vostri servitori, e dunque sopravvivere?>>
<< Fortuna. Se quei suoi amici non l’avessero aiutata fino adesso, ora non ci sarebbe questo ennesimo ritardo. >>
<< Lei pensa che questa fortuna possa “proteggerla” ancora? >>
<< Ne dubito fortemente. >> §

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Capitolo 24
*** Capitolo ventiquattresimo: la città dei duelli ***


 
Finalmente raggiungemmo la civiltà.
Ringraziai il cielo di tanto insopportabile caos dopo la solitudine sopportata a stento.
La metropoli somigliava a Tokyo in parecchi tratti, l’unica cosa che la differenziava era l’aspetto leggermente futuristico; si affacciava sul mare che luccicava di un bel azzurro che sembrava quello di casa mia.
Il vecchietto proprietario del motociclo sulla quale eravamo atterrate, dalla folta barba grigia e con una bandana marrone chiaro in testa, era stato gentilissimo a darci un passaggio seppure glielo avessimo chiesto con poca “delicatezza”. Non aveva fatto domande, aveva acconsentito a darci un passaggio come se fossimo delle normali autostoppiste, mettendo anche della musica durante la guida.
 << Bene signorine, benvenute nella città di Domino. La migliore di tutto il mondo per i suoi fantastici giochi. >> annunciò il signore, sporto leggermente fuori dal finestrino.
Ammirai la città con poco entusiasmo, ancora scossa dallo scansato rapimento.
Erano passate all’incirca 3 ore, eppure i brividi erano freschi come se scatenati da pochi secondi… la paura li alimentava come il legno per il fuoco… mi sentivo male e Sakura era più o meno nella mia stessa situazione, la quale però si sforzava di mostrarsi coraggiosa per me.
<< Dove avete detto che state andando? Non ho ben capito dove devo lasciarvi. >> domandò l’anziano mentre guidava.
<< Ci lasci al centro città, i nostri genitori ci attendono lì. >> gli rispose Sakura innocentemente, per sostenere la menzogna sul fatto che andavano lì per incontrare i nostri parenti.
<< Permettetemi una domanda: perché si trovavate a piedi in una strada così trafficata? >>
<< Ehm… purtroppo il pulman sulla quale viaggiavamo si è rotto. >>
<< Non potevate aspettare che lo riparassero? >>
<>
<< Fretta? Che genere di fretta? Non dovete mica salvare il mondo per caso? >> domandò ironicamente il vecchio, facendosi  una sonora risata.
Io e Sakura ci guardammo negli occhi abbozzando un falso sorriso, dopotutto era quello che stavamo cercando di fare.
 
Dopo qualche minuto il nostro guidatore si fermò nei pressi di una larga piazza, completamente piastrellata con mattonelle bianche disposte a cerchio, racchiusa tra imponenti edifici dall’aspetto importante, con qualche pianta e un alto orologio al centro che segnalava l’ora attuale; le strade collegate abbondavano di negozi e uffici, la maggior parte dei ragazzi e degli adulti, sia maschi che femmine, portavano al braccio sinistro uno strano oggetto metallico formato da un corpo centrale rotondo e due piattaforme divise in rettangoli azzurri.
Gruppi di ragazzini come me che si scambiavano con agitazione delle carte commentandole con entusiasmo, attirando l’interesse dei passanti che passavano dritto.
<< Grazie del passaggio. Speriamo di non averla disturbata. >>
<< Non ditelo neppure, è stato un piacere. Vi auguro una buona giornata! >>
E così, ci congedammo da quel gentile signore per cominciare l’esplorazione di quel nuovo posto, fermandoci dopo qualche passo per renderci conto che non avevano la più pallida idea di dove dirigerci, il naso all’insù a fissare lo sconosciuto ambiente che ci circondava.
<< E ora… ora cosa facciamo? >> mi domandò Sakura.
<< Oddio non lo so… di solito era Sly che si occupava di trovare un posto per dormire… e tutte le altre cose come… come l’orientamento. Io… io non sono brava in queste cose… >>
<< Ehi, va tutto bene piccola, vedrai che c’è la caveremo anche senza il tuo amico peloso. >>
<< Ho paura… >>
<< Andrà tutto bene, te lo prometto. >>
Non conoscendo il nuovo posto comprammo una cartina della città per orientarci e cercare così un buon bed and breakfast dove alloggiare, ostacolate solamente dalle nostre attuali condizioni: per le ferite e i vestiti stracciati sembravano delle sopravvissute di una guerra, impossibile andarsene in giro senza essere notate, l’unica opzione per “esplorare” la città era volandoci sopra, cercando di seguire le strade della dettagliata mappa dall’alto.
 
Volare a mille metri sopra il mondo senza star al sicuro chiusi dentro una cabina di pilotaggio non era così fico come i cartoni animati volevano far apparire.
 
Fu soprattutto molto faticoso riuscire a stare attente a dove andavamo, la stanchezza stava prendendo il sopravvento su entrambe, soprattutto per Sakura che doveva mantenere un controllo maggiore sui suoi poteri altrimenti sarebbero svaniti in un istante.
Durante la ricognizione aerea, mi resi conto che la gente di sotto era spesso riunita in grossi gruppi compatti che si riunivano intorno ai due sole persone situate al centro a poca distanza l’una dall’altra, urlavano a come se fossero in uno stadio di calcio, animandosi esageratamente quando apparivano tra i due “protagonisti” della ressa dei mostri.
Non erano mostri veri, grazie al cielo, erano solo finti, generati da quegli strani dischi che si portavano dietro; alla fine capì che cosa erano e in che nuovo mondo ero giunta.
<< Duel Monster? Che cos’è? >> domandò Sakura, incuriosita dallo strano nome quando gli dissi che gioco fosse quello.
<< È il gioco di carte più famoso al mondo, cioè, nel mio mondo.  I maschi sono quelli che più ci giocano, dovresti vedere quanti soldi spendono per comprarli. >>
<< E tu invece? Mi sembri interessata. >>
<< Preferisco il cartone animato al gioco… >>
Con Sakura discussi molto su quell’universo, trovava bizzarro che si usassero delle carte come divertimento su scala mondiale.
Il Duel Monster però non era un semplice gioco di carte: le figurine vendute così tanto conosciute raffigurano mostri o creature magiche i quali possiedono diversi valori di difesa e attacco, oltre a effetti speciali come poteri magici. I “duelli” erano 1 contro 1 hanno come scopo quello di azzerare i punti vita dell’avversario usando i propri mostri; il primo che riesce a sconfiggere l’avversario vince, oppure, per avere più probabilità di vittoria, sfruttando altre due categorie di carte divise in magie o trappole.
Incredibilmente semplice.
<< E tu ne possiedi qualcuna? >>
<< Si, giusto un mazzo per vantarmi con i miei compagni. >> dissi con un largo sorriso di soddisfazione.
<< …Anche se è difficile trovare qualcuno con cui giocare. >> aggiunsi poco dopo, in tutta sincerità.
Sakura rise alla rivelazione, il che mi fece piacere dopo il lungo umore grigio.
Le risate vennero sostituite a urla, uno stormo di piccioni ci volò incontro travolgendoci, facendo perdere quota al bastone incantato della ragazza che si ridusse ad un minuscolo ciondolino. Non so se qualcuno udì le nostre grida nel tripudio di clacson e spot televisivi, eppure ci sgolammo nel terrore dell’imminente atterraggio, abbracciandoci l’una con l’altra: impattammo sulle folte chiome di alcuni liberi presenti sulla nostra traiettoria, i rami si spezzarono uno dopo l’altro incapaci di reggere il nostro peso, fino a quando non ci fermammo del tutto.
<< Oddio che dolore… >>
<< Ti senti bene? >>
Non tutto il male era venuto per nuocere, per lo meno l’atterraggio fu abbastanza morbido seppur imbarazzante: praticamente sia io che Sakura eravamo finite letteralmente tra le braccia di alcuni ragazzi che stavano passando in quel momento sotto gli alberi, presenza che cascava a fagiolo dato che evitammo di romperci le ossa.
Ma ovviamente, dato che nei cartoni animati niente accade per caso, non erano ragazzi qualsiasi: chi mi aveva afferrata era un ragazzino molto più grande di me nonostante avesse l'aspetto di un bambino, dai grandissimi occhi viola e i capelli neri con le punte viola e una lunga frangia bionda, ritti sul capo come a formare una stella, con un una grossa piramide dorata capovolta che portava come collana. Sakura invece era stata prese contemporaneamente da due ragazzi molto più grandi del mio “salvatore”: il primo aveva lunghi capelli biondo oro e gli occhi azzurri, il secondo invece aveva la pelle scura e i capelli semi rasati color castano scuro.
<< Ehi, ti ho chiesto se stai bene. >> mi disse il più giovane dei tre che aspettava impaziente una mia risposta.
Il personaggio si chiamava Yugi, chi lo conosce sa che si tratta del protagonista principale della serie animata del Duel Monster, nonchè Re dei Giochi per le importanti vittorie conseguite nei vari tornei, e conosciuto soprattutto per un altro caratteristico elemento rappresentato dalla Piramide che brillava sul suo petto…
Non mi stupì più di tanto dell’incontro, ormai avevo capito che se fino a quel momento avevo incontrato tutti gli eroi dei mondi animati visitati c’era un motivo, e avevo già i brividi al solo pensiero. Ciò nonostante, colta alla sprovvista in quel modo non seppi cosa fare o dire, mi arricciai le ciocche di capelli imbarazzata senza spiccicare una parola; balbettando sotto voce per cercare di improvvisare qualche frase.
<< Ehm… voilà! Numero riuscito! Avete appena assistito allo spettacolare numero acrobatico delle… uh… Sorelle Volanti! >> esordì Sakura, scendendo dalle braccia del duo e mettendosi a fare delle piroette intorno a loro.
<< Grazie gentile pubblico per aver essere stato partecipe del nostro lavoro, vi promettiamo che avrete dei posti in prima fila quando il nostro… circo verrà in città! Adesso arrivederci a tutti! >>
Così come ci “presentò”, Sakura mi prese e scappammo via in un lampo prima che si potessero capire l’assurdità della situazione.
 
£
L’unico riparo che trovò “adeguato” fu un  parco giochi per bambini, per l’esattezza l’interno di una minuscola casetta di plastica in quel momento vuota, circondata da altalene e scivoli dai colori vivaci. I bimbi erano concentrati nelle giostre più dinamiche strillando e ridendo all’impazzata, nessuno di loro era interessato alla minuscola finta abitazione.
Tranne qualcuno.
<< Che state facendo? >>
Saltammo letteralmente in aria dallo spavento quando il ragazzino dai capelli a stella si affacciò da una delle 4 finestrelle, cozzando subito contro il tetto basso della casa.
<< Accidenti che spavento! Ma che… che cosa vuoi tu? Noi stiamo… ehm… facendo una riunione importante sul nostro prossimo spettacolo! >> disse Sakura continuando a sostenere la tesi del circo.
Il ragazzo la fissò perplesso, Sakura era rossa d’imbarazzo ma continuava a mostrarsi sicura di sé stessa… almeno fino a quando non si sedette sul minuscolo sgabello con lo sguardo basso.
<< Credo che questo sia vostro. >> disse poco dopo sereno il ragazzo, porgendo il ciondolo della mia compagna; Sakura raccolse il prezioso oggetto senza staccargli gli occhi di dosso, agganciandola con cura intorno al collo per non perderlo di nuovo.
<< Grazie! Io…! Io non mi ero resa conto di averlo perso… >>
<< L’ho trovata dopo il nostro “incontro”. Ho capito subito che non siete delle acrobate, con questo aspetto trasandato. >>
Nessuna delle due rispose, a quel punto non sapevamo nemmeno cosa fare.
<< Non mi sono ancora presentato: il mio nome e Yugi Muto. >>
<< Io Sakura Kinomoto. >>
<< Io sono Claudia. >>
<< Molto lieto di conoscervi, spero di non avervi importunato con il mio arrivo. >>
<< Certo che no. Tanto non stavamo facendo nulla di particolare…. >>
<< Non vi dispiace se parlo un po’ con voi? >>
Non avendo nulla in contrario, accettammo volentieri.
Il personaggio entro dentro la piccola casa e si accomodò.
 
Non fu proprio una chiacchierata ma per lo meno trovammo il coraggio di parlare della nostra turbolenta esperienza con una persona che ci stava offrendo tantissima fiducia.
Diamine, Yugi era incredibilmente gentile.
Nascondere la realtà dei fatti della nostra disavventura fu un’impresa, soprattutto con un individuo che uccideva per l’eccesso di buone maniere, si offrì addirittura di offrirci vitto e alloggio pur di darci una mano; non so dire se fu un mezzo per costringerci a sputare il rospo però ci stava andando vicino.
All’improvviso i bambini urlarono terrorizzati, scappando verso i genitori che li portarono via poco prima che streghe, cavalieri, spiritelli e tantissimi mostri dall’aspetto più bizzarro possibile prendessero possesso del parco giochi in una sorta di parata allucinante. Tra le giostre si aggirarono le più assurde creature: fantasmi, piante carnivore, armi provviste di occhi e braccia… insomma, non avevo mai visto niente di simile, quei “cosi” non assomigliavano ai soliti mostri trovati lungo la strada.
La maggior parte faceva addirittura ridere.
<< Oh no! Hanno di nuovo preso vita! >> esclamò Yugi scioccato.
<< “Di nuovo”? Che vuol dire? Da dove vengono quegli scherzi della natura?! >> gli chiesi confusa.
<< Quelli sono mostri delle carte di Duel Monster: all’inizio credevamo che fossero solo ologrammi creati a scopo pubblicitario, ma nessuno che lavorava per il gioco ha mai avuto rivendicato queste apparizioni; e solo quando hanno iniziato ad attaccare c’è ne siamo resi conto. >>
<< Come fanno dei disegni ad animarsi? >> gli chiese Sakura.
<< Non lo so, ma è successo. è la cosa peggiore e che non c’è niente di umano che possa fermarli, solo usando altri mostri, come nel gioco, questa cosa diventa possibile. >>
<< Niente di umano li ferma?! >> a dimostrazione di quella tesi, un commando di militari sopraggiunse in quell’esatto momento con ben 3 carri armati al seguito.
I cannoni vennero alzati contemporaneamente verso il corteo di mostri e al comando di uno dei soldati fecero fuoco. Scappammo poco prima che il segnale di sparare venne dato, il rombo dei mezzi militari fu assordante e così fu per il trio di violente esplosioni, per 10 lunghissimi minuti non riuscì a sentire più nulla e tanto a meno a vedere a causa della vastissimo coltre di terra sollevatasi, dopo qualche secondo da essa spuntarono i mostri delle carte integri e più scattanti di prima i quali si aizzarono contro i militari che si ritirarono sparando contro gli obiettivi.
Una potenza di fuoco di quel genere non aveva sortito alcun effetto… era impressionante.
L’unica cosa a cui era servita era creare una voragine in quello che avrebbe dovuto essere un posto sicuro per i bambini.
Yugi mise al braccio il suo Duel Disc e si avviò verso i mostri.
<< Andate in un luogo sicuro ragazze e rimanete al sicuro fino a quando non avrò sistemato tutti quanti i mostri, voi non possedete un deck e sareste solo dei facili bersagli. >>
<< Li vuoi affrontare tutti da solo? Ma è una follia! >>
<< Non posso andarmene senza proteggere la mia gente. >>
<< Vengo con te! Avrai bisogno di aiuto! >>
<< Guarda che questa è una cosa seria, rischi di farti male. >>
<< Ho affrontato situazione peggiori di queste fino adesso! Guarda i miei vestiti, credi che sia una mia moda personale? Bè, ti sbagli di grosso! >>
Ignorando l’avvertimento lanciatomi, mi trasformai in un istante richiamando il potere del Cristallo. Yugi ne rimase abbagliato, quasi barcollò colto di sorpresa dalla trasformazione, arretrando a piccoli passi senza togliermi lo sguardo di dosso.
<< Come hai fatto?! Sei una specie di supereroina? >> mi domandò.
<< Niente del genere. >> gli risposi.
Avevo deciso di dargli una mano, una delle mie rarissime azioni coraggiose.
Ti testa volevo davvero aiutarlo, le gambe che tremavano diceva ben altro.
Ma avevo promesso, col cavolo che mi sarei rimangiata la parola.
Yugi aveva detto che niente a parte altri mostri riuscivano ad eliminare i disegni animati, eppure io con il mio martello gigante riuscì a fargli male, non quanto bastava per mandarli via… però lottai con tutte le mie forze, differentemente Yugi faceva piazza pulita senza fatica, aiutato dal suo deck che animava attraverso lo strano congegno.
Se avessero usato quell’aggeggio del 3D nei cinema, il successo sarebbe stato assicurato per qualsiasi film.
Ad un tratto tutto quanto si tinse di viola, una sfera color magenta volteggiò in mezzo alla parata facendo sorridere il ragazzo con soddisfazione, in un attimo da quel globo scaturirono miliardi di raggi scintillanti che trafissero tutte le creature presenti che sparirono senza lasciare traccia, risparmiando solamente i mostri di Yugi, sottoscritta compresa. Quando ogni essere scomparve la zona riprese la sua normalità, il globo lucente assunse un aspetto umano che indossava una veste viola scura con un’armatura del medesimo colore che gli copriva le spalle e il busto; recava in testa un cappello a punta curvato leggermente in avanti e in mano un bastone verde con una sfera sulla sommità. Si chiamava Mago Nero, la carta migliore di Yugi, l’avevo già visto nel cartone animato ma vederlo con i miei occhi era impressionante, sembrava vero al 100%!. L’incantatore svanì non appena Yugi la tolse dal panello azzurro del Duel Disk per riporla con cura, insieme alle altre carte, nel suo deck.
<< Stai bene? >>
<< Sono un pochino scossa…. >>
<< Come hai visto non stavo scherzando quando ti ho detto che avresti potuto farti del male. >>
<< Ehm… ammetto di aver preso alla leggera la situazione. >>
<< In ogni caso ti ringrazio per il tuo aiuto, però d’ora in poi lascia a me questo genere di combattimenti. Tu e la tua amica potreste finire in grossi guai. >>
<< Fosse così facile. I guai mi inseguono dappertutto. >>
Yugi rise a quella frase, avrei fatto altrettanto se mi avessero detto la stessa cosa in una situazione differente, ma non in quella.
Decisamente no.
Poco dopo, i due ragazzi che avevamo incontrato la prima volta insieme a Yugi apparvero da una delle strade collegate all’ex parco giochi, non appena questo incrociarono il suo sguardo gli corsero incontro cominciando a strapazzarlo senza sosta.
Io e Sakura restammo, sfinite dal trambusto.
<< Di quel Yugi possiamo fidarci, ma ci converrà stare alla larga da questi suoi “duelli” fino a quando non troviamo Sly. Quei mostri mi fanno paura… >> suggerì Sakura.
<< Hai ragione. Qualunque cosa sarebbe meglio di questo. >>
<< Claudia, sono preoccupata: pensi che riusciremo a cavarcela? >>
<< Lo spero. >>                                                                                                                        
                                                   
Nei giorni successivi, io e Sakura non restammo con le mani in mano senza far nulla: la Città di Domino era piena di cose da vedere e conoscere, in modo che potessimo studiarle e capire come funzionassero.
L’idea era quella di mimetizzarci, la stessa tecnica che Sly aveva utilizzato fin dal giorno in cui, come me, si era ritrovato a dover esplorare posti in cui avrebbe attirato particolarmente l’attenzione; non che ci fosse molto da nascondere ma per lo meno un cambio d’abiti si rendeva necessario. Parlando del procione, durante la permanenza lo cercammo in lungo e in largo sperando che avesse raggiunto anch’egli sano e salvo la città, in particolar modo di notte, l’orario preferito del ladro.
Ma purtroppo non riuscimmo a trovarlo.
 
Dopo l’ennesima notte insonne, all’alba ero stanca morta.
Dormì profondamente svegliandomi solo all’ora di cena, quando il mal di schiena e la fame mi costrinsero ad alzarmi. Lasciai insieme a Sakura la pensioncina in cui alloggiavo per andare a mangiare qualcosa, dando occhiate fameliche ai ristoranti da cui proveniva un profumo delizioso. Troppo affamate per fare le schizzinose su cosa addentare, entrammo nel primo fast – food per cenare: ordinammo patatine e hamburger mangiando a sazietà, osservando attraverso il vetro del locale la vita notturna di quel mondo animato. Mentre cenavamo la musica in sottofondo venne interrotta dal notiziario della sera che annunciava l’ennesima invasione di mostri provenienti dal Duel Monster avvenuta il pomeriggio, la quale fortunatamente non aveva causato vittime. Ascoltando le notizie ripensai a Yugi: fiducia o no, non mi andava di incasinare ulteriormente le cose con le sue “avventure”, non c’è bisogno di essere dei pozzi di scienza per capire che quando si incontra una persona nuova nei cartoni animati succederà qualcosa che ti brucerà le chiappe.
E poi… non so per quale motivo mi faceva venire i brividi.
D’altra parte… non sapevo se il suo aiuto sarebbe servito….
<< Va tutto bene Claudia? >> mi chiese ad un tratto Sakura.
<< Si, sono solo scombussolata…. >> le risposi mentre mangiucchiavo lentamente una patatina.
<< Anche io. Ammetto che non vedo l’ora di tornare a dormire… >>
<< Già… >>
<< Il tuo amico sta benissimo, ne sono sicura. >>
<< Lo spero… io non so cosa fare… era lui che organizzava tutte le cose. >>
<< Capisco… ma non temere, lo troveremo presto. Forse quel ragazzino, quello con i capelli strani, potrebbe aiutarci. >>
<< Non sono così convinta. >>
<< Perché? >>
<< Non lo so. Ho questa cosa è basta. >>
<< Non ti fidi di lui? >>
<< Il fatto e che… >>
Ad un tratto, la ragazza si bloccò a guardare oltre la vetrata, sgranando gli occhi e spalancando bocca. Prima che potessi chiederle che cose le stesse prendendo, mi voltai a guardare nella sua stessa direzione e vidi nascosto in un vicoletto il nostro caro amico Sly, che sorridente ci salutava da lontano. Ci precipitammo fuori per raggiungerlo, ma raggiunto il vicolo non lo trovammo, sparito nel nulla. Guarda caso, Yugi comparve subito dopo, e i brividi subito mi colsero.
<< Che ci fate voi qui? >> chiese il ragazzo sorpreso.
<< Un nostro amico era qui pochi istanti fa! >> gli risposi frettolosamente.
<<  Un amico? Davvero? >>
<< Si! Però ora è sparito! Però era qui! L’abbiamo visto! >>
<< Ehi calma! Tranquillizzati! Probabilmente si farà rivedere! >>
<< Magari fosse semplice! >>
Senza ragionarci su cominciai a correre all’interno del vicolo, sporco e buio abitato da ratti enormi. Nell’oscurità continuamente mi guardavo intorno cercando di individuare Sly immaginandolo nascosto dietro la spazzatura o arrampicato sui muri lisci degli appartamenti per raggiungere il tetto. Le luci abbaglianti dei locali notturni e delle sale da gioco mi accecarono quando uscì dallo stretto passaggio per finire sul marciapiede affollato, scontrandomi contro la gente che veniva da ambo i lati, fermandomi in tempo sul ciglio della strada.
Yugi mi prese per un soffio per le bretelle prima che venissi arrotata, a tal proposito, una lussuosa limousine si fermò davanti a noi con una brusca frenata, il guidatore sbraitò alterato urlandomi di fare più attenzione a quel che facevo.
Il mio riflesso sul vetro scuro del finestrino scomparì, rivelando un ragazzo dalla pelle chiara, capelli a caschetto castano scuro che gli ricadevano sugli occhi color zaffiro, profondi e insondabili; indossava uno smoking bianco come la neve, abbinato con una cravatta argentata su cui era appuntata all’altezza del nodo una spilla a forma di testa di drago di diamanti. Rimase a fissarci silenziosamente con severità, senza far altro, quelle iridi così particolari mettevano soggezione, dando l’impressione che qualunque cosa avessi fatto sarebbe stata un grosso errore.
<< Ehm… salve Seto, che sorpresa incontrarti da queste parti. >> disse timidamente Yugi.
Lo sguardo serio del passeggero della limousine si spostò verso di lui, facendolo trasalire.
<< Che cosa diavolo stai cercando di fare Muto? Vuoi farti ammazzare per caso? Vedi di stare attento a dove metti i piedi, tu e la tua… pulce. >>
Idiota! pensai nella mia mente come risposta all’insulto.
<< è stato un incidente, non lo abbiamo fatto apposta. >>
<< L’unico incidente che vorrei causarti è quello di umiliarti davanti al mondo intero per mostrare quanto stupido sei! Andiamo! Ho una riunione 10 minuti e sono in ritardo! >> detto questo, il finestrino si richiuse e il mezzo partì lasciando dietro di sé una nube di gas di scarico.
<< Chi era quello? >> chiese Sakura perplessa.
<< Seto Kaiba, uno dei più forti duellanti al mondo, e Presidente della Kaiba Corp. L’azienda più potente che esista in città. Io e lui siamo… ehm… in un certo senso amici. >>
<< “Amici”? Il cianuro sembra cioccolata se paragonata a quell’imbecille. >>
<< Claudia! >>
<< Bè, è vero! >>
<< Non la rimproverare. Lei non è la prima che fa… “apprezzamenti” simili su Seto. Mi dispiace per come si è comportato, purtroppo non è un tipo molto socievole a causa della rigida educazione che ha ricevuto. >>
<< Ma questo non gli da il diritto di insultare la gente. >>
<< Però negli anni si è leggermente ammorbidito. >>
<< Si, come un letto di chiodi arrugginito. >>
Non sono mai stata una persona acida, al massimo permalosa e un po’ brontolona, ma vi posso giurare che quel personaggio risvegliò il lato peggiore di me.
Avevo visto Seto ben poche volte durante il cartone, abbastanza per rendermi conto che avevano espresso benissimo la sua essenza acida: se l’avessi incontrato nella mia attuale età, un bello schiaffo o un calcio dove so io gli avrebbe fatto passare la voglia di fare il gradasso.
Antipatia a parte, non mi capacitavo del fatto di aver visto Sly e di non aver trovato neanche un pelo nei paraggi.
 
Visto che Yugi ci aveva trovato, dovetti rimandare la dormita con enorme dispiacere.
Passeggiai stanca per le vie illuminate di Domino, addobbata con tante luci colorate come se tutto fosse in festa, digrignando i denti per il fracasso che proveniva dalle sale da gioco e le grida dei ragazzi infervorati davanti ad alcuni televisori posti in pub, leggermente nauseata dall’odore dolciastro proveniente dalle bancarelle. Il clima era piacevolmente allegro ma non avevo nessuna voglia di ridere, mi ricordava troppo le feste dei santi che si svolgevano a casa mia.
Ancora nostalgia, ancora quella maledetta che mi separava da tutto ciò che conoscevo.
Yugi, notando il mio dolore, cercò di tirarmi su di morale in tutti i modi possibili, è così fece Sakura per rendere migliore la “cura”. Questo interessamento nei miei confronti servì un po’ a rallegrarmi, d’altra parte era qualcosa di cui avevo bisogno, per distrarmi ulteriormente, mi fermai ad osservare un duello di Duel Monster così che l’emozione di essere in un posto che non doveva esistere mi entusiasmasse di nuovo.
Mi sedetti su una panchina e rimasi a godermi lo spettacolo in silenzio, mentre la folla di spettatori incitava i due giocatori a dare il meglio di sé. Il ragazzo dai capelli a stella fece da conduttore, la sensazione che provavo nei suoi confronti non si era attenuata e non me ne spiegavo la ragione… aveva qualcosa di strano che non saprei descrivere a parola… qualcosa che mi faceva sentire a disagio in parole povere.
Non mi accorsi del vecchietto, che mi aveva accompagnato alle porte della città, sedersi accanto a me porgendomi una bibita fredda che usò per attirare la mia attenzione: sorrideva mentre assaggiava un panino pieno di ketchup che gli sporcava la folta barba grigia, salutando con la bocca piena tutti quanti.
<< Nonno, cosa ci fai qui? >>
<< Al negozio non veniva nessuno e così ho deciso di farmi un giro. Dì un po’ nipote, cos’ha la tua fidanzata? Mi sembra molto triste. >>
<< Nonno!? Che dici?! Non è la mia ragazza! >>
<< HA! HA! Rilassati! Stavo solo scherzando! >>
<< Non è nulla signore, sono solo molto stanca. >>
<< Suvvia signorina, siamo in festa quest’oggi. Cos’è che ti rende tanto infelice? >>
Un po’ riluttante a confidare i miei problemi personali, dopo qualche minuto decisi di spiegare che cosa mi affliggesse, a bassa voce, imbarazzata dal rivelare delle cose così personali di me. L’anziano signore rimase ad ascoltare in silenzio ogni parola senza interrompermi, affiancato dal nipote, mentre Sakura restava al mio fianco. A fine spiegazione il signore annuì comprensibilmente e mi riavvicinò la bevanda insistendo nel berla.
<< So che è difficile restare lontani dalla famiglia quando si a bisogno di loro, soprattutto per una piccolina come te. Ma finché ci sarà qualcuno che ti starà accanto e che ti proteggerà, come la tua amica, non devi avere alcuna paura. >>
<< Lo so bene… ma sono sola… >>
<< Ascoltami attentamente: gli amici solo le persone più care che hai dopo la famiglia. Quando poi ti rimangono accanto ogni volta che ne hai bisogno, nella buona e nella cattiva sorte, diventano loro stessi parte della famiglia. Una famiglia diversa, ovviamente, ma pur sempre qualcuno che ti vorrà bene. >>
Non si sbagliava affatto, per una bambina come me però capire un concetto di così profondo era difficile.
Prima di chiedere dettagliate spiegazioni, improvvisamente alcuni negozi e bancarelle lì vicino esplosero: fuoco, fumo e detriti invasero la zona, la gente colta alla sprovvista venne scaraventata in aria, chi si era salvato scappò terrorizzato oppure ci fu chi, con chissà quale follia che gli passò per il cervello, filmò con il cellulare gli eventi in corso prima di andarsene di corsa. Dal fumo scuro e tossico uscirono delle sfere rosse e arancioni che volteggiarono impazzite dando l’impressione di sembrare dei fuochi d’artificio, rilasciando scintille incandescenti che scoppiettavano.
Prima di venire bruciati ci per osservare la scena che si stava svolgendo, dai globi di fuoco comparì una larga bocca scura dal ghigno malefico e due piccoli occhietti gialli, volteggiando in tondo con sinistra allegria.
<< Spiriti Hinotama! Questa non è affatto una bella sorpresa! >> annunciò preoccupato l’anziano.
<< Altre creature di questo assurdo gioco? >> chiese Sakura spaventata.
 << Esatto. Come carte non causano molti danni, ma ora che i mostri sono diventati reali… bè, temo che abbiamo bisogno di un intero squadrone di pompieri. >>
<< Restate qui, me ne occuperò io! Li fermerò prima che causino danni irreparabili! >> disse Yugi armandosi di Duel Disk.
<< Aspetta nipote! È troppo pericoloso! Potrebbero farti del male! >>
<< Devo farlo nonno, altrimenti la città verrà arsa completamente! >> e detto questo, Yugi si precipitò senza ascoltare le parole del parente che inutilmente lo pregò non correre rischi.
Nel frattempo che il ragazzo combatteva, insieme ad altri duellanti che affrontarono coraggiosamente le minacciose creature, io e Sakura portammo via suo nonno mescolandoci tra le centinaia di persone in preda al panico, inseguiti da quella sorta di fuochi fatui. C’era troppa gente per provare a trasformarmi, dovetti limitarmi a correre fino a quando non avessi avuto l’occasione; improvvisamente venni spinta lontano dai due personaggi che cominciarono a chiamarmi non appena scomparì tra la folla che, come una mandria imbizzarrita, rischiava di schiacciarmi.
Non appena riuscì a trovare uno spiraglio di salvezza raggiunsi un carretto di dolciumi abbandonato e mi nascosi dietro, il primo rifugio sicuro che mi capitò sotto mano, aspettando che tutto si calmasse prima di avventurarmi nuovamente in strada.
 
Rimasi in attesa con il cuore che mi batteva forte, sbirciando ogni tanto dal bordo del carretto il caos senza fine; un intenso calore alle mie spalle mi costrinse a voltarmi, ritrovandomi faccia a faccia con uno di quei Hinotama che mi faceva la linguaccia. Prima ancora che potessi urlare, un fischio richiamò lo spiritello che si voltò dal lato opposto, svolazzando vivacemente verso la fonte del richiamo: Seto Kaiba si trovava ad un metro da dove stavo io, circondato da spiriti infuocati che quieti gli volteggiavano intorno.
La prima impressione fu che egli fosse nei guai, con l’atteggiamento calmo che esso mostrava però, in particolar modo da parte dei mostri, mi resi conto che non stava correndo alcun pericolo. La prova finale di quel sospetto avvenne con un gesto davvero inaspettato: da un fascio di luce apparve un cavaliere dall’armatura formata dalle ossa di uno strano animale il cui teschio ne faceva da elmo coprendogli la parte superiore del volto, con uno scatto rapidissimo infilzò la palla di fuoco che li aveva raggiunti per ultimo, la quale sparì in uno scoppio assordante rilasciando fiammelle azzurre che si spensero in pochi secondi.
Il cavaliere ripose l’arma mentre si dissolveva a lavoro ultimato, mi premetti le labbra per non urlare, scioccata dalla brutalità.
Seto non disse sola parola, gelidamente impassibile, gli Hinotama rimasti si agitarono riunendosi tra loro per proteggersi, del loro simile era rimasta solo una carta che il ragazzo raccolse con la punta delle dita e accartocciò con tutta la mano, gettandola via alle sue spalle. Non fece alcuna smorfia per mostrarsi soddisfatto o scocciato, subito dopo quel gesto accese il Duel Disk che si attivò con un suono elettronico e delle luci colorate, allontanò le sue “guardie del corpo” lanciandogli addosso un deck che estrasse da una tasca della giacca le quali si avventarono sulle carte fluttuanti tutt’intorno cercando di… mangiarne il più possibile. A “banchetto” ultimato si dispersero ai quattro venti, solo uno rimase nei paragi, la bocca rigonfia da cui sprigionò un potente rutto che liberò una nuvola di gas bianco dalla quale uscì un terzetto di mostri, uno più brutto dell’altro: seguendo l’eco delle urla lontane se ne andarono in centro città, seguiti dalla fiamma vivente che continuava a ruttare.
 
Tutto quello che avevo visto fino a quel momento era assurdo.
L’unica cosa chiara era che Seto era colpevole, su questo non ci pioveva.
Era coinvolto, il che non si poteva mettere in discussione, ma per quale motivo era da vedersi.
 
Decisi di seguirlo.
Accertandomi che non mi vedesse mi trasformai, una sicurezza in più per la mia incolumità.
Lo pedinai per vedere cosa avesse intenzione di fare, accertarmi che fosse diventato davvero pazzo.
Da lontano si vedeva una colonna di fumo, la più rossa di quelle che si innalzavano per tutta la città, il segno nel cielo ci condusse in una sorta di stadio avvolto dalle fiamme, il caldo era asfissiante, tanto che le lamiere usate per la realizzazione di quel posto si stavano fondendo rendendoli così anche pericoloso.
Lì si libero della giacca bianca e della cravatta, passeggiò nei dintorni ammirando il disastro in corso, per nulla colpito, anzi, si poteva dire che era annoiato. Con il mio “carretto di sicurezza” mi tenevo al riparo, a debita distanza da quel forno crematorio, preoccupata di ustionarmi o di venir scoperta a ficcanasare, Seto era conosciuto soprattutto per il suo caratteraccio e non mi andava di provarlo di persona. Stavo morendo di caldo e me ne sarei andata più che volentieri da lì invece di rischiare la pelle, ma dopo ciò che avevo visto… mi ero fregata da sola in parole povere.
Una parte di muro vicina a me improvvisamente crollò, cenere ardente mi volò sulla pelle rischiando di ustionarmi oltre che schiacciarmi con il cemento, saltando all’indietro per evitare di farmi male. Ne avevo abbastanza, avevo paura di rimanerci secca, madida di sudore misi le ali ai piedi e corsi verso l’uscita… prima che Seto mi afferrasse per i capelli tirandomi all’indietro.
Con l’altra mano prese il colletto della maglietta per avere una presa più salda, ci mise così tanta forza che mi sollevò in aria, costringendomi a seguirlo al centro di quell’inferno: solo allora mi resi conto dei tre draghi bianchi, imponenti e alti quanto un palazzo di 4 piani, le ali spalancate luccicavano per i riflessi rossastri e le fauci spalancate per ruggire o per sputare fiamme che alimentassero quelle che già li circondavano. Terrorizzata cercai di ribellarmi e di liberarmi, scalciai furiosamente ma il ragazzo non aveva intenzione di mollare.
<< Cerca di stare buona ragazzina. Abbiamo molto lavoro da fare. >> disse scocciato.
E come lo disse non mi piacque.
Ad un tratto si udirono delle sirene, numerosi pompieri apparvero e con le loro pompe rischiarono la vita per tenere sotto controllo il disastro spruzzando addosso litri di acqua fredda. Seto mi lasciò andare poco prima, Yugi apparve in mezzo agli uomini in divisa, i suoi vestiti erano leggermente bruciacchiati e visibilmente stanco, lo chiamai non appena lo vidi e per quello Seto mi fulminò con lo sguardo, sibilando a denti stretti di stare zitta mentre lui raggiungeva il personaggio.
<< Seto! Per fortuna ti ho trovato! Questa invasione è più difficile delle altre! Non c’è la faccio ad eliminarli tutti quanti! Ho bisogno di aiuto! >> disse Yugi, sollevato di vedere aiuto.
<< Non sono ho intenzione di aiutarti. >> rispose gelido l’altro.
<< Capisco bene che non ti va a genio la mia collaborazione, ma guarda cosa sta succedendo! >>
<< Li distruggerò uno ad uno da solo. >>
Il trio di draghi spiccò il volo in cielo, poco prima che altri draghi più morti che vivi, dei perfetti zombi, si precipitassero sui pompieri.
La furia tra le bestie era impressionante, Yugi diede il suo contributo ma non era allo stesso livello di quello che stava mettendo in scena Seto: il giovane duellante faceva agire il suo “esercito” con precisione e cautela, il ricco imprenditore invece ci stava andando con la mano pesante, una vera e propria carneficina, modi di agire diversi che alla fine portarono allo stesso risultato, salvando la città. L’incendio si spense poco dopo, i pompieri spensero le ultime fiamme, urlando a destra e a manca insistentemente, le asce in mano per far crollare i punti più danneggiati prima che lo facessero da soli, sulla testa di qualcuno.
<< C’è l’abbiamo fatta. Grazie per l’aiuto Seto. >>
<< Avrei potuto batterli anche senza il tuo aiuto. >>
Sputata l’acidità girò i tacchi per andarsene, non prima di rivolgermi un’ultima occhiataccia.
<< Le bambine come te dovrebbero stare in casa a giocare con le bambole, invece di intromettersi negli affari degli adulti. >>
Chiaro e conciso.
Se avessi potuto lo avrei voluto prenderlo a schiaffi.
<< Tu piuttosto, come mai non sei con mio nonno? >>
<< Non sono riuscita a stargli dietro, la calca ci ha diviso. Tu sei conciato male... >>
<< Non temere, si tratta solo di lievi scottature. Vieni, andiamo a cercare gli altri, saranno in pensiero per noi. >>
<< Va bene… >>
<< Sicura che stai bene? >>
<< Stavo solo pensando ad una cosa. >>
<< Cioè? >>
<< Prima quel ragazzo… per un momento… ho avuto la brutta sensazione che avesse intenzione di farmi del male. >>
 
 

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Capitolo 25
*** Capitolo venticinquesimo: un nuovo incontro... e la nascita di una squadra ***


Quando meno te l’aspetti, le sorprese ti lasciano senza fiato.
Per quante ne ho avute io di fiato non ne avevo proprio più.
L’ultima sorpresa che mi aspettava avrebbe invece , non solo mandato definitivamente in tilt il mio cervello, ma anche riacceso le speranze di poter tornare a casa.
 
Quella mattina, alzandomi di buon ora nonostante fosse ancora presto, mi recai insieme a Sakura davanti al negozio “Game”, una piccola bottega di videogiochi appartenente al nonno di Yugi e luogo d’incontro con quest’ultimo.
Avevo detto che non mi fidavo, però… dopo quel che il riccone di nome Seto aveva fatto… preferì restare al suo fianco.
Nonostante fossero quasi le 11 tutto era calmo e silenzioso, il vento trasportava ancora cenere e puzza di bruciato, lasciavamo impronte ben visibili sulla strada ammantata di grigio mentre camminavamo per le strade deserte, giocattoli e cibo carbonizzato giacevano un po’ dappertutto e non c’era una sola anima che stesse lavorando per rimettere a posto: erano tutti chiusi in casa che stavano morendo di paura. L’incendio aveva lasciato il segno, i mostri avevano fatto davvero molta paura questa volta, forse la popolazione non si sarebbe ripresa tanto presto.
Ogni tanto si vedeva qualcuno nei paragi, persone che però si affrettavano a rientrare in casa o a chiudere le finestre delle proprie case, nei loro volti della erano visibili il nervosismo e la preoccupazione dell’attuale situazione che stava degenerando a causa del Duel Monster: era chiaro che avrebbe fatto passare a molti la voglia di giocare, temendo di scatenare una nuova incursione.
<< Buongiorno. >> ci disse il ragazzo, con una cupa espressione in viso.
Nell’ammirare il panorama lunare non mi resi conto di essere giunta a destinazione; la faccia triste del personaggio mi sorprese.
 << Buongiorno… anche se non sembra. Come mai così… “serio”? C’è qualcosa che non va? >>
<< Purtroppo sì. >>
Cominciamo bene… pensai.
Ci sedemmo accanto a lui, sperando che non fosse niente di grave.
Dopo un profondo respiro cominciò a spiegarci le sue perplessità:
<< Il fatto è che cominciò a pensare di non farcela. Le carte che prendono vita stanno diventando sempre più pericolose… sempre più numerose; io e i miei amici ci stiamo dando da fare per fermare l’avanzata, ma ogni giorno è sempre più dura… e ieri abbiamo sfiorato il disastro completo. >>
<< Ma nessuno si è fatto male. Cioè… il telegiornale diceva questo. >>
<< Lo fanno solo per non alimentare ulteriormente il panico. >>
Yugi era visibilmente depresso, prese il suo disco da gioco e lo ruotò con le mani, pulendo dalle macchie nere impresse sopra e saggiando con le dita i graffi sulla vernice. Lo mollò e l’oggetto cadde a terra con una sonora eco metallica, aprendosi pericolosamente da un lato con delle scintille. Sospirò ancora, guardò il negozio e piccole lacrime si poterono notare nei suoi occhi prima che le asciugasse con la manica della giacca.
<< Ieri ho quasi rischiato di perdere mio nonno… lui è l’unico membro della mia famiglia... se non riuscissi più a proteggerlo io… >>
<< Questo non accadrà mai! Non devi nemmeno pensarlo! >>
<< Come faccio? stava succedendo! è voi due siete salve per miracolo quanto lui! >>
Yugi si fermò di nuovo, stringendo i pugni fino a farli tremare.
<< Ho paura… ho la terribile sensazione che presto le cose si metteranno male… e temo che non potrò farci niente. >>
Dopo lo sfogo Yugi non disse più niente, si mise le mani ai capelli e inclinò la testa, in segno di resa.
Io e Sakura non sapevamo che dire per poterlo far sentire meglio, la sua paura era comprensibile, la sua demotivazione era alimentata soprattutto dal rischio di perdere la propria famiglia... Era così triste vederlo in quel modo, sembrava che stesse diventando grigio come la “città fantasma”.
<< Tu sei un cartone animato, non puoi arrenderti in questo modo. >> gli dissi di tutto punto.
<< Nei hai passate di cotte e di crude, io lo so bene. Dovresti tirare fuori gli artigli, invece di piangerti addosso. Sakura era depressa allo stesso modo quando casa sua era nei guai, però si è rimboccata le maniche e adesso stanno tutti bene. Se vuoi che quel che ti piace non venga distrutto, non perdere mai la fiducia. >>
Yugi mi guardò senza capire una parola di quel che avevo detto, fissandomi interdetto.
Stavo morendo di vergogna ma volevo in qualche modo, seppur ridicolo, di fargli tornare un minimo di fiducia. Avevo preso ispirazione da ciò che avevo visto nelle sue avventure, oltre che a quelle di Sakura, sapevo che alla fine avrebbe ritrovato la forza di combattere e salvare infine il suo mondo, era la regola dei cartoni animati; certo non mi aspettavo di essere io la “fonte di ispirazione” che gli avrebbe fatto ritrovare la fiducia in se stesso.
L’unica cosa che gli ispirai fu confusione.
 
All’improvviso l’acuta voce di Sly ci spaventò.
Il procione atterrò in mezzo a noi con un inchino, il suo luminoso sorriso e vivacità che scaturiva da tutti i pori. Io e Sakura eravamo raggianti di vederlo, Yugi al contrario si era nascosto dietro un bidone della spazzatura, tentò di mettere mano nel suo deck ma tremava così tanto che il mazzo si sparpagliò a terra. Lo calmammo assicurandogli che non avrebbe fatto niente di male, nonostante il aspetto, il ragazzo però non ne voleva sapere e protestava di restargli lontano.
<< Tranquillo piccolino, non ho mica le pulci addosso. >>
<< è colpa tua brutto scimmione! Che ti viene in mente di spaventarci così?! >>
<< Credevi fossi felice di vedermi. >>
<< Certo che lo sono! Ma potevi essere più delicato! >>
Sly si limitò a ridere, aveva ragione però, ero più felice che arrabbiata.
Finalmente ci eravamo ritrovati.
<< Non era mia intenzione terrorizzarvi, ma mi sono talmente annoiato in questi giorni che avevo bisogno di farmi quattro risate. >>
<< Non hai idea del sollievo di vederti sano e salvo, siamo state così pensiero per te dopo che ci siamo divisi! >>
<< Si, è stato un affare burrascoso, ma grazie al cielo è tutto finito. Finalmente non sarò più costretto a stare riposo. >>
<< Che vuoi dire? Stai forse male? Sei ferito? >>
<< Oh no! Tranquilla! Non ti agitare! Mai stato così meglio! >>
<< Raccontaci almeno che cosa è successo! Come hai fatto a salvarti da quel capellone?! >>
Il procione fece per rispondere ma si bloccò, mugugnando pensiero. Si arrampicò su un vicino lampione e si dondolò avanti e indietro a testa in giù, reggendosi con le sole gambe e afferrando il cappello prima che gli cadesse, continuando a mugugnare. Quel suo modo di fare lo trovammo alquanto eccentrico, non ne capimmo la ragione limitandoci a fissarlo, Yugi nel frattempo aveva recuperato il suo inventario di carte e disco elettronico cercando di attivarlo, non ancora ripresosi dalla comparsa improvvisa del ladro; riuscì finalmente a “dar vita” ad una carta che gli mandò contro, convincendosi, solo quando la vide trapassarlo senza fargli niente, che non era un mostro come quelli del suo gioco.
<< Oh, che carino. Cos’è questo giocattolo? >> gli chiese, ammirando la creatura pelosa che aveva tentato di fargli male.
<< Ma..! Ma…! Ma non è possibile! >> esclamò Yugi scioccato.
 << Ti vuoi rilassare?! Lui è nostro amico! Anche se è una palla di pelo parlante è assolutamente innocuo! >> gli urlò Sakura trattenendolo.
<< Ma è un procione! Lui parla! Cammina! Proprio come un essere umano! >>
<< è così traumatizzante per voi “facce pelate” vedere un procione come me? >>
<< Se fossi normale non lo sarebbe! >>
 << Ehi, io sono normale. >>
La voce del nonno di Yugi riecheggiò dall’interno della casa, con un atletico balzo Sly salì fin sopra il tetto della casa e vi si acquattò, facendo segno di non fiatare.
Noi ragazze con il segno dell’OK gli assicurammo il nostro silenzio, con Yugi invece avremmo dovuto lavorarci; quello però non sarebbe stato il problema più grosso da risolvere.
 
§
Domino era incasinata, non abbastanza però per i gusti delle tenebre.
Il mercenario Ilyan si trovava a poca distanza dal porto cittadino, levitando a pelo d’acqua all’orizzonte.
Era assai scocciato, era da più di due ore ormai che se ne stava lì, sbuffando e imprecando continuamente, infilzando di tanto in tanto qualche sventurato pesce che nuotava vicino alla superficie; la pietra preziosa brillava intensamente sotto i raggi del sole e la parte di capelli lunga dondolava avanti e indietro per colpa del vento.
I suoi occhi perlati ad un certo punto fissarono una macchia scura in avvicinamento, lasciandola avvicinare senza preoccupazione alcuna.
<< Era ora che ti facessi vedere, stavo per levare le tende. >> disse furioso il guerriero.
L’ombra uscì dall’acqua sotto forma di una sfera, volteggiando intorno a sé stessa lentamente, una voce che uscì da essa iniziò a rispondere.
<< Non credevo che saresti venuto sul serio. Quanto ti hanno pagato per convincerti a rispettare l’appuntamento? >>
<< Non sono affari che ti riguardano. >>
La “cosa” rise gaiamente, la superficie del suo corpo sferico ribollì, producendo scoppiettanti bolle.
<< Ho notato che stai attuando il tuo progetto con sorprendente velocità. >>
<< Esatto, tutto sta andando secondo i miei piani. >>
<< Fila tutto troppo liscio, ti consiglio di fare attenzione. >>
<< Perché mai? Ormai il momento sta giungendo. >>
Ilyan grugnì seccato: quell’individuo lo infastidiva da morire.
<< Parliamo di cose serie… sai perché sono qui? >>
<< Certo: il Capo ti ha mandato qui per controllare se stessi seguendo i suoi ordini. Come tu hai potuto constatare, ogni cosa procede per il verso giusto. >>
<< Meglio. Sai cosa ti avrebbe fatto, se gli avessi disubbidito. >>
<< Lo so bene, non c’è bisogno che tu me lo ricorda. Ah, dimenticavo di dirti una cosa: per poter completare l’ultima parte del piano, avrò bisogno del tuo aiuto. >>
<< “Il mio aiuto?” Te lo puoi scordare. >>
La “cosa” si aspettava una simile risposta, generò una specie di braccio che afferrò la testa di Ilyan prima che questo andasse via, costringendolo a restare con lui.
<< Mi dispiace, ma dovrai farlo, visto che il Capo ha acconsentito alla mia richiesta. >>
<< Cosa?! Tu, brutto essere schifoso! Come hai osato?! >>
La “cosa” rise ancora, mutando il proprio aspetto per le proprie personali necessità, niente che preannunciasse rosee giornate per la città.
§
 
<< Ragazzino, se ti faccio tanto spavento chiama la polizia e fammi arrestare. >>
<< Io non ho detto che ho paura di te, ho detto solo che voglio conoscerti meglio. >>
<< Sono 3 ore che cerchi di conoscermi; eppure ti ho detto tutto di me. Mi sento alquanto offeso, soprattutto perché hai più fiducia nelle ragazze. >>
<< Non è vero! è solo che… loro sono così normali e tu così strano… >>
<< Grazie per il complimento. >>
<< No! No! Non intendevo…! Non volevo offenderti! >>
C’è ne volle di tempo per calmare Yugi e fargli accettare Sly per quel che era.
L’unica soluzione fu raccontare la verità che ci legava tutti e quattro allo stesso modo.
Ascoltò senza fiatare il nostro racconto e sull’avventura per i mondi animati, rispondemmo ad ogni domanda che il ragazzo ci porse per meglio comprendere quel che gli si diceva, non tentammo di nascondere particolari importanti come, ad esempio, il fatto che Sly fosse un ladro.
Prese bene il fatto che venivano da mondi differenti, incuriosendosi a quello sconvolgente evento ai confini della realtà e sui seri disastri che li stavano mettendo a soqquadro.
<< Quindi anche dalle tue parti sono nei guai? >>
<< Grazie al cielo no, anche perché da me non esistono mica poteri magici per salvarci, siamo tutti alquanto…”normali”. >>
<< Cioè? >>
<< Voglio dire che non abbiamo “cose” come animali che parlano, carte che prendono vita e roba simile. è normale, punto e basta. >>
<< Ma se i nostri mondi sono infestati dal male, perché non indaghi per scoprire perché da te non succede? >>
<< Deve prima tornarci a casa: è stata portata via dal suo mondo. >>
Yugi si coprì la bocca, imbarazzato di aver chiesto, inconsapevolmente, l’unica cosa che fino a quel momento avevo evitato di dire. Per un po’ nessuno parlo, poi Sly, con la sua innata capacità di sviare i problemi, cambiò argomento per risollevare l’umore.
<< C’è da dire che è assai incredibile come questi eventi possano essere collegati. L’unica cosa che ho notato, in questo girovagare per “l’assurdo”, è che siamo sempre stati in posti con mostri e mostriciattoli. >>
<< Probabilmente è solo una coincidenza. >>
<< Coincidenza alquanto ridicola a mio parere. Sono pronto a diventare onesto pur di sapere che cosa significa tutto questo. L’unica cosa certa, però, e che tutto ciò c’entra con quella pietra dorata che la piccolina porta. >>
<< Io non sono piccolina! >>
Incuriosito, Yugi mi afferrò delicatamente il polso per poter meglio vedere il cristallo: il suo sguardo indagatore rimirava la semplicità del bracciale in cui il gioiello era incastonato, cercò di avere delle spiegazioni ma ne sapevamo quanto lui su quell’affare; aveva visto che cosa era in grado di fare e se mai avesse altri poteri non lo sapevamo ancora, sperando un giorno di carpire i segreti avvolti in quel barlume prezioso.
Sakura nel frattempo gli raccontò la sua esperienza con il misterioso vecchio che le aveva predetto, per chissà quale motivo, il nostro incontro. Ascoltò l’esperienza della ragazza senza interromperla, mostrò interesse al racconto sgranando gli occhi o rimanendo a bocca aperta solamente, spostando lo sguardo ripetutamente tra lei e il cristallo per concretizzare e collegare gli eventi. In quel momento avvertì qualcosa di particolare nel personaggio animato, mi stava trasmettendo una sensazione di preoccupazione che apparentemente non mostrava a viso aperto ma che invece le sue mani, di colpo fredde, esprimevano meglio delle parole.
 
Improvvisamente lo squillo del campanello e il battere ripetutamente interruppe bruscamente la conversazione.
 
Una voce maschile all’esterno urlava a gran voce il nome di Yugi, questo si affaccio dalla finestra della stanza e vide che si trattava di Joey, il suo migliore amico, a fare tutto quel trambusto.
<< Joey, come mai da queste parti? Credevo che fossi a scuola per…. >>
<< Risparmia il fiato per la ramanzina! Ho ho scoperto una cosa che dovevo assolutamente dirti con urgenza! >> rispose il giovane con il fiatone.
<< Che è successo? >>
<< Si tratta di Seto! è completamente impazzito! Sta sbattendo in prigione mezza città! >>
<< Cosa?! Ma che accidenti dici?! è uno scherzo, vero?! >>
<< Magari! Mister antipatia si è messo in testa che l’attacco dei mostri è tutta colpa di un duellante e ha puntato il dito praticamente contro tutti! La polizia, idiota com’è, gli ha creduto è ha deciso di bandire i duelli fino a quando non arresteranno il colpevole! Come se non bastasse, chi si oppone viene arrestato e considerato colpevole! >>
Scioccato, il ragazzo accese il televisore e fece zapping sui canali fino a quando non ne trovò uno che trasmetteva il telegiornale, dove il giornalista confermò quando detto dal biondo segnalando la notizia come “sensazionale”.
<< Questa roba è seria amico! Il signor “pezzo grosso” si è davvero fuso il cervello questa volta! Vedi di stare attento perché sicuramente punterà il dito anche contro di te! >> disse ancora Joey.
<< Non può aver fatto davvero una cosa simile… >> disse Yugi senza parole.
<< Dammi retta Yugi! Stagli lontano fino a quando non rimette un po’ di sale in zucca! Se non ci fosse la polizia in mezzo, l’avrei già preso a pugni quel pallone gonfiato! Adesso devo andare! Devo avvertire il resto della banda e sperare che nessuno sia finito in prigione! >>
Joey corse via a tutta velocità.
Yugi lo seguì con lo sguardo fino a quando non lo perse di vista.
Noi eravamo interdetti, lui addirittura era pietrificato.
Fissò la città fuori dalla propria casa respirando velocemente, stringendo tra le mani la piccola piramide che portava al collo che tremava per la pressione. Mi dispiaceva vederlo in quello stato, desideravo potergli dire qualcosa per rincuorarlo, ma non seppi dire nulla ed esitai, costretta così a restare zitta con il timore di dire, al contrario di quanto desiderato, la cosa sbagliata. Quando si accorse che lo stavamo guardando, cercò di nascondere con un sorriso forzato il suo vero stato d’animo, poi corse fuori casa senza preavviso.
Lo seguimmo a ruota non riuscendo ad immaginare che cosa gli stesse passando per la testa, in strada il caos dilagava mentre la notizia del divieto veniva urlata ai quattro venti scatenando reazioni diverse fra la gente, le vetture della polizia erano dappertutto a sirene spiegate, alcune ferme accanto a gruppi di ragazzi puntandogli contro manganelli e altre che guidavano solamente. Yugi tirava dritto, senza a fermarsi ad osservare quel che stava succedendo.
Seto Kaiba incrociò la sua strada apparendo da un negozio di carte, seguito da alcuni agenti che stavano portando fuori scatolini di carte da gioco a centinaia, ignorando le suppliche del proprietario che li pregava di non portale via. Le guardie del corpo allontanavano la gente che cercava di avvicinarsi protestando a gran voce, gelidamente il ricco magnate ordinò ai gorilla di mandare via tutti e non esitò a chiedere agli agenti di arrestare i più sospetti.
<< Seto! Che… che cosa stai facendo? >> gli chiese Yugi confuso.
<< Levati dai piedi perdente, sto lavorando se non l’hai notato. >> gli rispose alterato Kaiba, spingendolo via.
<< Perché stai facendo questo?! Non puoi colpevolizzare la gente senza sapere chi o cosa sta…! >>
<< Posso fare ciò che mi pare! A differenza di te e di questo branco di idioti io agisco, metto in modo il cervello e affronto a viso aperto questa assurda situazione. Non me ne sto nascosto a piangere dalla paura aspettando che tutti torni normale per miracolo… assolutamente no! >>
<< Ma perché la polizia?! >>
Seto sbuffò spazientito, levandosi gli occhiali da sole e aprendosi la lunga giacca nera, facendo una smorfia seccata.
<< Il perché, piccolo moccioso, è che per attuare questa idea, la forza è più che necessaria. So bene che da solo non avrei potuto fare niente, solo con la polizia al mio fianco sto riuscendo nel mio intento. A tal proposito… non aspettarti sconti solo perché sei il “Re dei Giochi”, anche tu… i tuoi amici… e la tua famiglia dovreste stare alle regole se non volete finire nei guai. >>
Sentendo la famiglia messa in mezzo, per la prima volta Yugi si fece prendere dalla rabbia e tentò di aggredirlo; la gente lo bloccò prima che per quello venisse arrestato, trascinandolo all’indietro con difficoltà. Seto non fece una sola smorfia, non disse nulla, si limitò ad aggiustarsi il colletto della giacca e ad inforcare gli occhiali, gli agenti nel frattempo avevano caricato la merce ed erano andati via, lui invece prese la limousine, non prima di essersi voltato un’ultima volta verso il pubblico che sussultò spaventato, come colpiti da invisibili dardi di ferocia.
Così com’era iniziato ebbe fine, lentamente la gente cominciò ad andare via, i pochi rimasti cercavano di consolare il proprietario del negozio rimasto senza roba da vendere, Yugi era stato liberato ma se ne stava sul ciglio del marciapiedi visibilmente tentato di inseguire quello che aveva considerato fino a qualche giorno fa una persona che in fondo era buona. Nel momento in cui l’antipatico se ne andò, avvertì una forte sensazione di freddo: tremai incapace di fermarmi e ignorare quei brividi che mi gelarono le ossa, i denti battevano tra loro sonoramente, finendo addirittura con il fiato che si condensava.
Fu un attimo, poi tutto passò, riprendendomi da quella spiacevole sensazione.
Fu strano, ma non aveva alcuna importanza al momento, Yugi aveva la precedenza.
Sly gli avvicinò dandogli delle forti pacche sulle spalle, consolando come meglio poteva:
<< Dirgli semplicemente che è un emerito imbecille non servirà a nulla: più parli e più soddisfazione gli dai. In questo modo ti sta costringendo a fare il suo gioco, l’ho capito che vuole farti innervosire per toglierti dal giro. >>
<< Ha minacciato la mia famiglia… >>
<< Si, ho ancora un buon udito. Non è affatto divertente quando ti senti dire certe cose. Ma dalle voci che ho sentito dire su di te, non dovrebbe essere un problema dargli una lezione. >>
<< Non sono così forte… >>
<< Dici? Bè, se le cose stanno così, ti occorre allora un po’ ti aiuto. Forse ho la soluzione alla pazzia del tuo “amico”. >>
Il ragazzo si voltò verso di lui guardandolo confuso quando il procione se ne uscì con quella frase a sorpresa.
<< Se vuoi sapere di che cosa si tratta, seguimi. >>
è così, senza dare altre spiegazioni, seguimmo il ladro.
 
Giungemmo, dopo una lunga camminata, in un cantiere edile abbandonato, senza nessun operaio a lavorarci, esplorando i dintorni tra enormi lastre di ferro, pozze di calcestruzzo e gru altissime.
Sly saliva ovunque, dalle pile di mattoni alle scavatrici, guardandosi intorno continuamente alla ricerca di qualcosa di specifico.
Sorrise quando ci indicò un piccolo capanno di legno poco distante: si avvicinò alla porticina d’acciaio tenuta chiusa da un chiavistello esterno arrugginito, tenendosi di lato lo spostò affinché fosse possibile aprire il capanno e non appena lo rimosse completamente, questa si spalancò improvvisamente e qualcuno mi afferrò per il colletto della maglietta agitandomi violentemente.
<< Brutto ammasso di peli! Per quanto ancora avevi intenzione di tenermi chiusa qua dentro?! Volevi per caso farmi morire soffocata?! Io ti ammazzo! Io ti… ! >>
Non capì, con quello sbatacchiare violento, chi mi stesse staccando la testa, riuscì solo a capire le parole dell’assordante voce femminile che a fine sfogo mi chiese addirittura scusa, solo dopo che la vista tornò chiara potei vedere chi mi avesse quasi uccisa: si trattava di una ragazza più grande di me, aveva dolci boccoli castano chiaro che al sole risplendevano vivaci, pelle rosea e grandi occhi color nocciola che mi fissavano con imbarazzo, indossava un completino con maglione giallo canarino e minigonna di jeans blu che ben accentuavano le sue forme femminili.
I dettagli mi permisero di riconoscerla subito: il suo nome era Yui, ed era la protagonista di un altro cartone animato.
 
Yui viveva in un mondo futuristico dove la tecnologia cibernetica è così progredita da diventare parte integrante della vita di tutte le persone.
Grazie al lavoro di esperti programmatori, un vero e proprio mondo virtuale, non più fatto di semplici pagine web e forum, bensì da luoghi assomiglianti alla realtà che rappresentano parchi di divertimento o famose località, potendoci addirittura “entrare dentro” tramite mezzi speciali; tutto senza nemmeno muoversi da casa.
La protagonista, com’è normale nella maggior parte degli eroi, di tutta questa tecnologia non ci capisce quasi nulla e finisce praticamente sempre nei guai quando si ritrova ad affrontare un problema, senza l’aiuto di qualcuno. Ma nonostante le meraviglie virtuali, anche questo internet animato subisce attacchi pericolosi, ovviamente da parte di virus informatici che tentano di distruggere i programmi ed alterare la realtà vera e propria delle persone; ed era proprio compito di Yui, goffaggine a parte, ristabilire l’armonia trasformandosi in un’eroina virtuale.
 
Era già una sorpresa trovarsi in mezzo ai cartoni animati… ma incontrarne uno fuori dal suo scenario originale era assurdo.
La osservai intontita fino a quando essa non posò gli occhi su Sly cambiando così “vittima”: Yui furibonda cominciò a rincorrere il ladro per tentare di acchiapparlo; il quale per salvarsi dalla scatenata fanciulla si rifugiò su una trave sospesa da un cavo, chiedendole di calmarsi e di lasciarlo parlare.
Ma questa non aveva alcuna intenzione di ascoltarlo:
<< Aspetta che ti prenda e ti concio per le feste! >> urlava Yui arrabbiata.
<< Ingrata! Io ti aiuto e tu mi ringrazi in questo modo? >> sbuffò offeso il ladro.
<< Ma quale aiuto! Mi hai rinchiusa in quella stanzetta con l’inganno! Hai idea della puzza che c’è lì dentro? Sopportarla da questa mattina è stata una tortura! Non ti perdonerò mai per questo! Guarda com’è ridotto il mio completo scolastico: pieno di polvere! >>
La scenetta andò troppo per le lunghe, mi avvicinai a Yui e le toccai delicatamente la spalla per richiamare la sua attenzione; non appena si voltò con i suoi occhi infuocati rimasi pietrificata per il timore di farla innervosire ancora di più, ma la sua espressione alterata mutò drasticamente quando, prendendomi entrambe le braccia, mi urlò:
<< Non è possibile, tu sei la bambina con la pietra d’oro! >>
<< Cosa?! >> fu la mia risposta.
<< Ehi procione, che cosa sta succedendo? è una specie di scherzo per caso? >> chiese lei a Sly.
<< Ho paura a risponderti, temo di irritarti con qualche parola sbagliata. >> rispose lui, tenendosi sempre a debita distanza.
<< Smettila di fare il misterioso! Pretendiamo un chiarimento! >>
Oh per favore! Non può succedere di nuovo!
Il chiarimento non aveva nulla di nuovo se non la persona messa in mezzo: proprio come era accaduto a Sakura, Yui aveva incontrato uno sconosciuto che la informò di un particolare incontro… insomma, la medesima situazione che la “cattura-carte” aveva già raccontato, la ragazza ripeté ogni singola identica parola già sentita alimentando così il mistero dell’informatore senza nome.
La mia sorpresa non potè che essere immensa.
Non ci capivo più niente: un altro personaggio dei cartoni animati si sarebbe dovuto incontrare con me, non aveva alcuna logica e tanto meno un motivo per accadere, o almeno così la pensavo io. Invece di preoccuparmi di come avesse incontrato questa specie di veggente, le chiesi come diavolo fosse giunta alla Città di Domino, la risposta non potè che essere in perfetto stile cartone animato.
<< Non me lo ricordo… >>
<< Che vuol dire che non te lo ricordi?! >>
<< è la verità! Non riesco a ricordarmelo! Stranamente mi sono dimenticata di come sono giunta fino a qui. è sparito in un attimo. >>
<< Fatti una cura della memoria ragazzina. >>
<< Chiudi la bocca tu! Guarda che non ho dimenticato quello che mi hai combinato! >>
<< Basta urlare! Così non si capisce niente! Ricapitoliamo… tu sei Yui Kasuga è vieni dall’anno 2020… sei una studentessa e dalle tue parti siete tutti iper - tecnologici. Per puro caso hai incontrato una persona che ti ha detto che avresti fatto la conoscenza di una ragazzina con una pietra particolare… giusto? >>
<< Esattamente. Mi ha anche detto che l’avrei incontrata in un posto dove non avrei avuto alcun aiuto da casa e poi è sparito. >>
<< Che vuol dire che non avresti avuto aiuto da casa? >>
<< Non ne ho la più pallida idea. Se devo essere sincera mi ero perfino dimenticata questa ridicola storia, mi è tornata in mente solo quando ho incontrato questa specie di… castoro parlante. >>
<< Ehi! Piano con le offese! E poi sono un procione! >>
<< Sly ha detto di averti aiutata… >>
<< Col cavolo! Si è limitato a rinchiudermi in quel tugurio dicendo che sapeva come farmi tornare indietro! >>
<< Cioè? Che intendi dire con questo? >>
Prima che le spiegazioni continuassero, le fondamenta del cantiere esplosero di colpo sollevando un fitto polverone da cui piovvero frammenti di metallo e cemento che rimbalzarono con dei sonori tonfi… nel nuvolone qualcosa di gigantesco si mosse, un potente ruggito per poco  non ci spaccò i timpani; scintille rosse come sangue precedettero la comparsa di un drago nero come l’oscurità dai riflessi violacei, le sottili e larghe ali parevano quelle di un pipistrello, artigli e gli aculei posti sulle zampe e sul collo della creatura assomigliavano ad affilate spade.
L’imponente drago ringhiò torvo mentre si scrollava da dosso la polvere, i luminosi piccoli occhi rossi rotearono come biglie nelle cavità oculari, segnate dalle sottili pupille arancioni, fino a quando non si fermarono fisse su di noi. Le fauci si aprirono lentamente mostrando i denti acuminati intrisi di bava, un solo passo bastò a far spaccare leggermente la terra sotto la sua zampa.
<< Oh no! Un altro mostro! >>
<< Siamo nei guai ragazzi! Quello è Drago Nero occhi Rossi! È un drago pericolosissimo! Dobbiamo andare via da qui! >>
<< è davvero un brutto bestione. Possibile che tutti i mostri che abbiamo incontrato fino adesso debbano essere così brutti? >>
<< Ti sembra il momento di fare del sarcasmo Sly?! >>
<< Andate subito via! Per quanto i vostri poteri siano incredibili, non avete speranze contro questa bestia! Solo io posso fermarla! Voi mettetevi in salvo! >>
<< Ragazzino, ti aspetti davvero che ti lasceremo solo? >>
Il ladro aveva detto bene: lasciare nei guai una persona non era di nostra abitudine.
Sly sfoderò il suo bastone ricurvo, Sakura evocò le sue carte incantate, io mi trasformai grazie ai poteri della pietra dorata.
Yugi inutilmente cercò di farci cambiare idea, partimmo all’attacco per abbattere il drago: io con la mia patetica arma non potevo fare un granché, il lucertolone non li sentì nemmeno mentre fissava il cielo sopra di lui, ignorandomi completamente; Sly era salito su per il collo e aveva raggiunto la testa, cominciò a colpirlo in mezzo agli occhi per accecarlo, aggrappandosi alle corsa quando questo scosse la testa per scrollarselo di dosso, Sakura sfoderò gli elementi più potenti della sua raccolta di carte.
L’attacco combinato funzionava bene, ma ci voleva altro per abbatterlo: il Drago Nero spalancò le ali cominciando a sbatterle con vigore, generando una raffica di vento che mi scaraventò via. Spiccò il volo con un balzo portandosi dietro il procione, eseguì un paio di giri della morte e finalmente riuscì a liberarsi anche di lui, con Sakura eruttò fiamme dalla bocca per costringerla a fermare il suo attacco e difendersi. Al nostro posto subentrò repentinamente Yugi, in groppa di un drago più piccolo e di colore azzurro, gettando all’aria alcune carte che presero vita all’istante, aggredendo la grande bestia ad un solo gesto del duellante: lui si che ci andò pesante, non esitò nemmeno un istante in ogni suo gesto durante la sfida, voleva distruggere il mostro e voleva farlo sfruttando ogni risorsa a sua disposizione, non preoccupandosi minimamente di rischiare di finire senza assi nella manica.
Aveva la situazione in mano, potrei dire, ciò nonostante ebbe un aiuto inaspettato: le ali del rettile vennero trapassate da stelle scintillanti che esplosero in tante scintille brillanti, con la membrana ridotta male precipitò al suolo rovinosamente, grazie solo ad Yui….. trasformata. La ragazza animata non riuscì a credere a ciò che aveva fatto:  era riuscita ad evocare i suoi poteri dato che solo nel regno informatico potevano funzionare; come nel cartone animato, indossava un completino da fatina rosa confetto con una gonnellina corta quasi trasparente e degli stivaletti di un chiaro viola ciclamino; sul colletto alto brillava una sfera verde, altre due simili le aveva sui guanti, mentre due piccole ali spuntavano dietro la schiena, in mano stringeva un lungo bastone viola con una grossa sfera fucsia sulla cima.
Domandarmi come fosse successo non aveva tempo, proposi al quartetto di unire le forze: non se lo fecero ripetere, rinforzati da una carica speciale quasi magica partirono per lo sprint finale e insieme si accanirono contro il drago, con coraggio ammirabile, lo stesso che mi aveva colpito quando li avevo visti per la prima volta in televisione. Era fantastico, per la prima volta non avevo paura di combattere, quella loro carica era contagiosa, meravigliosa, mi esaltava da impazzire!
La battaglia durò per molto tempo ma non ci feci caso per quanto ero carica di adrenalina, diedi il mio contributo senza esitazione fino a quando, finalmente, il nemico non fu sconfitta, esultando vittoriosi per l’obiettivo raggiunto con successo.
 
Fu una festa.
Era stata una battaglia emozionante.
Era cominciato in modo bislacco… però il come era finito contava più di ogni altra cosa.
<< È stata una sorpresa. Non riesco a capire come ho fatto a trasformarmi! Se non fossi riuscita ad attivare il ComCon, quel lucertolone mi avrebbe incenerita. >> disse Yui osservando il bracciale viola dalla sfera blu che portava al polso.
<< Sai, sei davvero forte… per essere una ragazza. Ti sei dimostrata molto più forte di una certa piccoletta di mia conoscenza. >>
<< Grazie palla di pelo. Ma sono ancora arrabbiata con te. >>
<< Non riesco a credere che tu sia riuscita a mettere in difficoltà il Drago Nero, sei proprio come gli altri: piena di sorprese. >>
<< Grazie, molto gentile. Ora però vorrei solo una cosa: sapere dove mi trovo e che cosa sta succendo qui. >>
<< Apri bene le orecchie ragazzina, perché questa è una lunga storia. >>
 

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Capitolo 26
*** Capitolo ventiseiesimo: al calar delle tenebre ***


A tempo debito, Yui ci spiegò la sua anormale presenza: suo padre, un’importante programmatore e informatico, aveva ricevuto una chiamata da un noto imprenditore a capo di un’azienda molto famosa. La sede di tale azienda si trovava lontano da casa, Yui decise di accompagnarlo sia per curiosità che per farsi una minivacanza, senza immaginare che non sarebbe stato uno spasso come immaginato…
Presero il treno per il viaggio, il tragitto era lungo e monotono da quanto la ragazza disse, motivo che la fece addormentare dopo ore di noia… al risveglio si rese conto che si erano fermati e che sul vagone non c’era più nessun passeggero, nemmeno il padre. In preda al panico, scese dal mezzo chiamando il genitore a gran voce, le difficoltà aumentarono quando non trovò alcun mezzo di comunicazione di quelli che conosceva: telefoni, computer… non era la sua tecnologia, per quanto simile era diversa in molteplici fattori che le impedirono di risolvere il problema.
Si rese conto di essere davvero nei guai quando, chiedendo informazioni, le risposero che si trovava nella Città di Domino.
 
Quel nome le suonò come una presa in giro.
Non esisteva nessuna città, dalle sue parti ovviamente, con un nome simile.
 
<< …A quel punto non sapevo più dove sbattere la testa. >> disse, mentre continuava il racconto.
<< Ero disperata! Ho provato a chiedere in giro, ma la gente mi guardava come se fossi pazza; ho pensato di esserlo diventato sul serio quando ho incontrato questo sacco di pulci… >>
<< Il nome è Sly, grazie. >>
<< Quello che è. Comunque, come stavo dicendo, ha detto che poteva darmi una mano e… il resto lo sapete già. >>
<< Incredibile. >>
<< Già, ma quello che ho passato io non è nulla in confronto alle vostre esperienze. >>
Non importava chi avesse passato la situazione più assurda.
Eravamo tutti sulla stessa barca: incasinati in una storia senza capo né collo, protagonisti di un racconto realizzato senza trama.
<< è tutto assurdo. Tu… Claudia, giusto? Poco fa mi hai detto che stai facendo questo viaggio per tornare a casa. Sai dove andare di preciso? >>
<< Per adesso no, mi sto limitando a seguire Sly per andare a Parigi. Dice che forse un suo amico può aiutarmi per quello di cui ho bisogno. >>
<< Pensi che potrebbe aiutare anche me? >>
<< Non so se ho voglia di farlo dopo che mi hai insultato centinaia di volte. >>
Io, Sakura e Yugi trattenemmo Yui prima che, per la sesta volta, strangolasse il ladro.
Era nata una vera e propria antagonismo ( si fa per dire ) tra di loro, anche se Sly si limitava solo a prenderla in giro e niente più, alle “maniere forti” di pensava la ragazza.
<< Ora che ci penso… forse questa invasione ha come scopo di trovare il Varco Dimensionale. >> suggerì il ladro ignorando le velate minacce di morte.
<< Ehi, non hai tutti torti! Gabriel aveva detto che possono essere usati per attraversare i mondi paralleli! Forse i cattivi di questo mondo vogliono fare la stessa cosa che hanno fatto gli altri che abbiamo incontrato nel nostro viaggio! >> gli dissi, quando mi tornò in mente il fantomatico evento.
 << Che roba è? Ha un nome molto fantascientifico. >> chiese Yui, bloccandosi dal strangolare il procione.
<< è una specie di porta, se così si può paragonare. Io ho avuto l’occasione di vederne uno: ti da l’impressione di trascinarti nel vuoto… lo senti che non è naturale… ti fa venire i brividi. >> le rispose Sakura.
<< Come se non bastasse può addirittura distruggerli i mondi se rimane aperto troppo a lungo. >>
<< Cosa?! >> Yugi urlò udendo quella frase.
Afferrò Sly per le spalle chiedendogli se stesse scherzando con quanto detto, con la sua espressione seria però capì che non stava più prendendo in giro nessuno.
Con fermezza raccontò gli eventi di Tokyo in ogni minimo dettaglio, della spaventosa fine del mondo alla quale stava andando incontro, lo scenario catastrofico creato dall’immensa energia sprigionata solo per rendere possibile il viaggio tra le realtà parallele. Il racconto stravolse Yugi, io che lo avevo vissuto in prima persona tremai ricordandolo, speravo proprio che questo non accadesse una seconda volta perché molto probabilmente non sarei sopravvissuta… troppo terrore dietro… 
<< Chi è questo Gabriel? >> chiese subito dopo per smorzare il momento, ma soprattutto per cambiare argomento.
<< Gabriel è un tizio mai visto di persona che fin da quando sono arrivata, ci ha fatto scoprire parecchie cose: è stato lui a condurmi verso la gemma magica, a spiegarci a cosa serve un Varco Dimensionale e come poterlo sigillare. Non sappiamo cosa voglia da noi davvero, solo che ci ha chiesto di poterlo aiutare. Dice di vivere in un posto chiamato la Terra senza Tempo ed è lì, che ha detto di andare trovarlo. >>
<< Uhm… penso che qui ci sia dietro qualcosa a nostra insaputa. >> intervenne Yui, seriamente.
<< Riflettete: i nostri mondi sono comunicanti tra loro, appaiono orribili mostri dappertutto, uno strano tipo ci dice a noi ragazze che incontreremo una bambina speciale con un gioiello dotato di poteri straordinarie. Ve lo dico io, qui c’è sotto qualcosa. >>
<< In effetti, non ha tutti i torti... Però… Gabriel mi avrebbe detto la verità. >>
<< Non voglio rovinare la fiducia che hai in lui claudia, ma ora che ci penso e da molto che non si fa vivo. Mi domando cosa stia facendo.>>
<< Magari ci sta osservando di nascosto. >>
Mi rifiutavo di credere che Gabriel tramasse alle nostre spalle.
Certo avevano ragione i personaggi animati dicendo che una figura simile era sospetta, però non volevo pensare male di lui, per nessuna ragione o per alcuna possibile verità. Mi stavo confondendo tantissimo, non sapevo a chi e cosa credere, volevo delle chiare certezze non complicati dubbi su cui perdere la testa.
 
Un’allegra musichetta risuonò.
Colta di sorpresa non potei fare a meno di ridacchiare, soprattutto perché la canzoncina era abbastanza ridicola, come se fosse il tema musicale di un gioco per bambini.
Yui recuperò uno zaino rosa pastello tirando fuori un computer portatile, lo schermo e le varie luci brillavano una dietro l’altra fino a fermarsi, il desktop apparve e le varie funzioni divennero disponibili.
<< Credevo che non funzionasse più. >> disse la ragazza rallegrata.
<< è tutto operativo? >> le chiese Sakura.
<< Assolutamente! Posso finalmente provare a chiamare casa! >>
<< Frena ragazzina, la chiamata dovrai rimandarla a più tardi. >> intervenne Sly, togliendole di mano l’oggetto.
<< Prima devo aiutare il nostro amico qui, glielo promesso. >>
 
§
Se noi stavamo passando una situazione misteriosa e quasi affascinante, qualcun altro stava passando una tragedia, un evento che avrebbe potuto decretare la fine di un lunghissimo e ambizioso progetto.
Dire dove si trovava era impossibile, era solo un ufficio con i mobili e le scartoffie da impiegato rivoltati a terra, porte e finestre sigillate pesantemente per impedire a luce, suoni e addirittura all’aria stessa di filtrare all’interno. Al centro della stanza si trovava una sorta di buco da cui uscivano fugaci figure, spettri forse… seguiti all’improvviso da un’ombra solida, la stessa in combutta con Ilyan. Il mercenario apparve subito dopo, teletrasportandosi, rendendosi conto ad una sola occhiata che qualcosa non andava.
<< I ragazzi si sono incontrati! Questa non ci voleva! >> esclamò furiosa la cosa.
Ilyan scoppiò subito a ridere.
<< Dammi una mano invece di ridere come uno sciocco! >>
<< Ebbene genio? Cosa farai ora per evitare le ire di Tenebros? >> gli chiese curioso al suo “collega”.
<< Potrei usare il mio asso nella manica, ma non sono ancora pronto! Sono bloccato con tu sai cosa! Ci vuole ancora tempo e non posso abbandonare il lavoro proprio adesso! Non ho altra scelta! >>
<< E se usassimo il nostro prigioniero? >>
<< No! Capirebbero tutto a quel punto! Ho ancora bisogno delle sue sembianze! >>
Il mercenario sbuffò seccato, sedendosi sulla scrivania piegata leggermente su se stessa, incrociando le braccia. Non fece altro, il collega gli diceva di agire ma lui continuò a restar seduto, infischiandosene.
<< Oh un’idea. >> annunciò ad un certo punto.
<< Ti ascolto. >> disse con rassegnazione l’ombra.
<< Che ne dici di usare il tuo stesso nemico? >>
L’ombra non capì ma mostrò interesse.
Ilyan gli spiegò il suo progetto, evidenziando i particolari a suo parere più interessanti, agitando le mani nell’aria per provare a rappresentare quel che la sua immaginazione scaturiva.
<< Ma come riuscirai ad attuarlo? >>
<< Sta a vedere. Ti mostrerò cosa è capace di fare la paura. >>
 §
 
Nel frattempo, ignari del pericolo che correvamo, ci eravamo rimboccati le maniche per aiutare Yugi: Sly gli aveva promesso di scoprire perché Seto Kaiba si comportava come un dittatore, non dovette nemmeno chiedere la collaborazione di noi ragazze, non lo avremmo di certo lasciato nei guai.
Le differenze che ci distinguevano, sia caratterialmente che spiritualmente, non c’impedirono di stabilire una certa simpatia.
Usando il portatile il ladro si introdusse, come un perfetto hacker, nella rete cibernetica della società dell’industriale, “spiando” i vari programmi memorizzati, aggiornati di minuto in minuto. L’obiettivo era però infiltrarsi in quello del Grande Capo e augurarsi che ci fossero i suoi personali segreti memorizzati sopra. Trovare la password però, e superare il sistema di difesa impostato gli rese difficile il lavoro, lamentandosi ogni volta che appariva un messaggio errore o accesso negato sullo schermo.
A quel punto intervenì  Yui.
Usando il suo bracciale speciale attivò un dispositivo che proiettò la sua mente all’interno del dispositivo, creando un suo doppio con cui poteva muoversi all’interno del mondo virtuale, muovendosi a proprio piacimento.
<< Praticamente sei diventata un virus. >>
<< Preferisco il termine programma risolutore. >>
<< Ma questo trucchetto funziona? Voglio dire, non sarà una perdita di tempo? >>
<< Posso fare meglio di te al computer, schiappa pelosa. >>
Yui volteggiò tra i programmi, entrando ed uscendo dentro le cartelle, disattivando gli accessi e tirando fuori tutti i file che si sparpagliarono sul desktop, mettendo in risalto quelli che sembravano più importanti, tutto il resto riguardava solo lavoro, progetti e scartoffie.
<< Niente? >>
<< Solo roba inutile, nemmeno un videogioco. Questo qui è un maniaco del lavoro. >>
<< Eppure deve nascondere qualcosa: anche un pazzoide ci tiene a memorizzare i suoi piani malefici, lo dico per esperienza. >>
<< Se ci sono allora li nasconde molto bene. Oh, aspettate, forse qualcosa di interessante c’è. >>
Toccando un’icona, si aprì una finestra nera e la piccola videocamera posta sul bordo dello schermo si attivò, segnalato da una luce blu: la nostra immagine venne proiettata in formato più piccoli a destra del riquadro, accanto apparve una lista con numeri di tempo e dei brevi segmenti. Cliccandone uno a caso, sulla finestra comparve un corridoio con persone che lo percorrevano, cliccandone un altro comparve un ufficio con impiegati intenti a battere al computer.
<< Geniale! Abbiamo trovato il programma delle telecamere di sicurezza! Adesso possiamo spiare la base del nemico! >>
<< Non c’è il rischio di venire beccati? >>
<< Ma no! Stai tranquilla! Ehi, “spia informatica”! >>
<< Il mio nome è Yui… >>
<< Quello che è. Fai un bel salto tra il sistema delle telecamere e vedi se trovi qualcosa di utile! >>
<< Ci proverò. >> 
Yui cominciò ad aprire le varie telecamere per sapere quali locali controllassero, leggendo i dati memorizzati in precedenza dandogli l’aspetto di documenti o di televisori per visionarli con più comodità. Mentre “navigava” tra i file, una cartella con la sola scritta XXX attirò la sua attenzione: una tastiera si formò davanti a lei e con molta cautela digitò le lettere riportate sopra fino a quando il lucchetto che gli impediva l’accesso non scattò, liberando il programma.
<< Ho una brutta sensazione a riguardo… >> disse Yugi, sistemandosi il colletto della giacca ripetutamente.
<< Penso che dovremmo lasciar perdere. >>
<< Non preoccuparti ragazzino, sta filando tutto liscio come l’olio. >>
Yui entrò nella cartella, il contenuto segnalava un milione di elementi, c’era di tutto lì dentro e da dove cominciare c’era solo l’imbarazzo della scelta.
<< La maggior parte di questa roba contiene foto dell’Egitto e articoli di giornale su scavi archeologici; alcune invece parlano della città e della sua localizzazione geografica. >>
<< Strano e inquietante. >>
<< Ci sono anche delle note di pagamento su materiali da costruzione, robaccia antica… ehi, ci sono delle cose che riguardano Yugi, un’intera documentazione di almeno 30 pagine. >>
<< Cavolo, questo tizio è decisamente fissato con te. Ma cos’ha? Manie di persecuzione? >>
<< è un po’ complicato da spiegare…. >>
<< Ammetto che la cosa mi fa venire i brividi, io mi preoccuperei se sapessi che qualcuno sta spiando la mia intera esistenza.  >>
<< Tutte queste cose che ha comprato non mi piacciono: sono inusuali persino per lui. Mi chiedo cosa voglia farci. A questo punto sono convinto che abbiamo trovato abbastanza materiale per… >>
<< Oh, c’è un’altra telecamera qui, gli diamo un occhiata? >>
<< Apri pure, vediamo quale altra cosa da psicopatici tiene nascosto il caro Kaiba nel suo “scrigno delle meraviglie”. >>
Yui cliccò l’icona, ma ciò che ci apparve fu sconcertante.
Ci apparve davanti Seto Kaiba in catene, con addosso degli stracci e in un pessimo stato, rinchiuso in uno spazio ristretto quanto uno stanzino. Non c’era il suono ma si capiva che stesse urlando dal movimento delle labbra, tirava continuamente le catene tentando di togliersele di dosso, scivolando a terra per lo sforzo e rimettendosi in piedi subito dopo, sbattendo da una parte all’altra delle pareti.
<< Non riesco a credere ai miei occhi! Quello è davvero Seto! >>
<< Ma è…! Lui è…! Che accidenti sta succedendo?! Cosa ci fa lì dentro?! è uno scherzo per caso?! >>
<< No! è proprio lui! Non c’è alcun dubbio! Eppure…! Eppure…! Lo abbiamo visto poche ore fa e non era conciato così male! Sembra che sia lì da secoli! >>
<< Perché è così! Ora mi è tutto chiaro! Quello con cui abbiamo parlato fino adesso è un’impostore! Sta approfittando della notorietà e del potere di cui l’amico dispone per fare ciò che vuole! Il divieto, l’assalto dei mostri… è tutto collegato a lui! >>
<< Ma perché questo? Qual è il suo scopo? >>
<< Temo il peggiore che si possa immaginare. >>
 
Improvvisamente scattò l’allarme.
Lo schermo lampeggiò di rosso e l’accesso a tutti i file venne nuovamente bloccato.
Yui abbandonò la sua forma virtuale prima che la sua mente rischiasse di venire cancellata, tornando nel suo corpo.
Il portatile esplose un secondo dopo, brillando come un fuoco d’artificio, Sly lo lanciò via prima che ci bruciassimo.
Ad un tratto la temperatura si abbassò drasticamente, in città ci furono delle esplosioni seguiti da chiari allarmi di macchine, i cavi dell’alta tensione si mossero da soli sprigionando scintille.
Ci guardammo intorno cercando di capire cosa stava accadendo, senza sapere cosa fare.
 
Così com’era cominciato il fenomeno ebbe fine.
Troppo bruscamente. 
Il tempo di riprenderci e il vero spettacolo ebbe inizio.
 
La piramide dorata che Yugi portava sul collo di colpo esplose: l’oggetto volteggiò a mezz’aria tirando verso l’alto rischiando strozzare il personaggio animato, sprigionava un’accecante luce viola scuro che riuscì ad oscurare quella del sole, alcune particele di polvere d’oro si staccarono dal monile per riflettere quel diabolico bagliore.
Le ombre proiettate dagli oggetti vennero risucchiate verso l’occhio incastonato sopra, sulla parte superiore una massa cominciò a prendere corpo, la fattezza era visibilmente umana, ma prima di capire che cosa volesse significare tutto ciò, il sole si trasformò in una specie di buco nero che si ingrandì a dismisura fino a inglobare il cielo intero.
 
Scese la notte, non c’erano però le stella o la luna, solo oscurità, i nostri corpi sembravano fiamme di candele che illuminavano tutto il resto, a malapena visibile all’occhio umano, nascoste nella coltre nera. Incuteva molta paura l’atmosfera creatasi, la metropoli sembrava morta, se non avessi visto che cosa lo aveva scatenato sarei sicuramente impazzita pur di capire come fosse successo.
Ad un tratto, un’acuta risata risuonò nell’aria, aumentando i brividi.
<< Bene, bene, bene. Ci siete tutti al completo. Che meraviglia! Questa è un’occasione d’oro per me! Spero di non avervi spaventato troppo. >>
<< Chi ha parlato? Chi sei? >>
<< Oh avanti, vi siete già dimenticati di me? Miei piccoli amici, anche se abbiamo molte cose da fare e non ci rimane molto tempo; vi sarei grato se vi ricordaste di me, prima di mandarvi all’altro mondo. >>
Come un fulmine a ciel sereno, la consapevolezza mi pietrificò.
Una presenza mi afferrò le spalle con mani glaciali, mi voltai terrorizzata e Ilyan mi fissava con i suoi occhi perlati.
Scappai e mi nascosi immediatamente dietro Sly, tremando e piagnucolando come un cucciolo, ricordando perfettamente quale male mi aveva fatto. La mia reazione servì solo a farlo divertire; contemplò l’espressione di ognuno con interesse e accarezzando i lunghi capelli, ignorando le minacce che il ladro gli rivolgeva.
<< Benvenuti nel Mondo delle Ombre. >> esordì.
<< Sono molto sorpreso di vederti ancora a piede libero procione, non si può dire che da queste parti si possa stare tranquilli. >>
<< Non è così facile trasformarmi in una pelliccia. >>
<< Potevi almeno avvisarmi, mi sarei impegnato di più per ucciderti, lo sapete quanto è difficile lavorare con una confusione simile? >>
<< Buono a sapersi, rovinarti gli affari è una piacevole notizia! >>
La conversazione venne interrotta da un acuto urlo.
Era vicinissimo, ma nessuno dei personaggi, tanto meno la sottoscritta, aveva aperto bocca.
Improvvisamente minuscoli frammenti neri fuoriuscirono dall’ambiente che cominciò a ribollire come un brodo, liberando un liquido che ricordava il catrame masse informi simili a piccoli uomini presero vita dalla poltiglia nerastra, avanzando con gridolini acuti fastidiosi come un graffio sulla lavagna. Reggendosi sulle minuscole gambe e braccia, i mostriciattoli si trascinarono nei paragi nonostante l’esile mole, riuscendo a balzare su lampioni, macchine e quant’altro come tante scimmie urlatrici impazzite, troppi per essere affrontati con un attacco diretto.
Il vero “protagonista” però era quella figura umanoide che continuava a contorcesi, stando a mezz’aria sopra il monile dorato di cui Yugi non si era ancora liberato, Ilyan osservava impassibile la scena senza battere ciglio e allontanando con disgusto alcune creature che gli si avvicinavano.
<< Non mi sembra che tu stia bene ragazzo. è colpa per caso di quell’oggetto? Se ti procura tanto male, dovresti sbarazzartene. >>
Il personaggio animato strinse al petto il monile, arretrando preoccupato, le mani che al contatto evaporavano in vapori argentati.
<< Mi sembra di capire che tu ci tenga molto. Mi chiedo come faccia a tenerlo visto che è collegato a questa spettacolare realtà che adesso opprime la città. >>
In un attimo di pazzia (o stupidaggine) provai a colpire il mercenario alle spalle.
Mancavo e sono sempre mancata di coraggio, evocai i poteri pensando con chissà quale pretesa di colmare questa lacuna provando a far fuori un pericoloso rompiscatole… ma una simile iniziativa non serve a niente quando sei solo una bambina di 12 anni.
Colpire interrottamente a destra e a manca il vuoto, Ilyan facilmente schivava i miei patetici attacchi, nel deviare ciò che facevo contro di lui schiacciava involontariamente i mostriciattoli che diventavano pozzanghere di liquame nero.
<< Complimenti. Hai appena dimostrato di essere molto stupida. >> disse sbadigliando, prima di buttarmi all’indietro con un calcio.
<< …E ti dirò di più: non sono io il vero nemico su cui concentrare la vostra ira. Guardatevi bene intorno, perché il colpevole è proprio accanto a voi e l’unico che può porre fine a questo incubo. >>
<< Cos’è? Un modo per farci cadere in qualche trappola? Non credo ad una sola delle tue parole! >>
<< D’accordo, io vi ho avvertito. Sarà divertente vedervi disperare non appena scoprirete che la vostra fiducia è stata tradita. >>
Così com’era comparso il guerriero scomparve, abbandonandoci nella città oscurata.
Le creature divennero più numerose, non ci prestavano attenzione ma il loro numero stava diventando eccessivo… il minimo rumore li metteva in agitazione, facendogli sferrare artigliate e urlare come matti. Massaggiai continuamente le tempie per placare il dolore causato da quel suono, storditi non potemmo fare a meno di sbandare contro di loro e dunque innervosirli di più, saltandoci addosso aggrappandosi alle nostre teste oppure mordendoci senza mollare la presa, alcuni di loro ci lanciarono oggetti.
<< Fuggiamo! Non possiamo tenere testa a tutti quanti! >>
<< E dove andiamo?! >>
<< Qualunque posto che possa salvarci la…! Yugi! Fermo! >>
Senza che c’è ne rendessimo conto, Yugi scappò verso una direzione differente dalla nostra, attirando dietro di sé alcuni di quei mostri.
<< TORNA INDIETRO RAGAZZINO! STAI ANDANDO NELLA DIREZIONE SBAGLIATA! >>
<< Fai qualcosa Sly! Riportarlo indietro! >>
<< Dannazione…! Ragazze! Tenete d’occhio Claudia e nascondetevi da qualche parte che sia sicura! Al ragazzino ci penso io! >>
Sakura e Yui mi presero in custodia, il ladro seguì a ruota Yugi, sperando lo salvasse.
 
Corremmo a perdifiato, inseguite da un’orda di orridi umanoidi.
Le tenebre di quel fenomeno denominato “Mondo delle Ombre” parevano inghiottire maggiormente la Città di Domino e non se ne vedeva la benché minima uscita, una luce da rischiare l’eccessivo buio opprimente.
In più di un occasione furono quasi capaci di prenderci, all’ultimo tentativo venni prese e lanciata in aria, fortuna mia atterrai su un cumulo di sacchi della spazzatura, scombussolata mi rialzai in fretta e furia riprendendo a correre insieme alle ragazze animate, ritrovandomi a correre, senza essermene resa conto subito, sopra i tetti di bassi edifici collegati da scale anti-incendio e quelle strutture per la costruzione delle case di cui ora mi sfugge il nome.
Una trave di legno era collegata con l’interno di un bar desolato, le saracinesche abbassate e l’insegna penzolante da un lato: ci entrammo dentro passando sopra il traballante ponte e subito dopo lo gettammo via, ostruendo l’uscita con scatole e mobili. Ma non fu da lì che gli inseguitori provarono ad entrare, la saracinesca prese a vibrare e deformarsi a causa dei colpi dei nemici che volevano distruggerla, come se tanti arieti di ferro venissero scagliati uno dietro l’altro. Paralizzate dalla paura fissammo la scena senza muovere un muscolo per prevenire la cosa… ad ogni colpo sussultavamo, stringendoci l’una con l’altra per avere conforto… poi ad un certo punto calò il silenzio, di schiamazzi e di versi non si udì più alcunché… senza renderci conto da subito che i mostri erano andati via.
Aspettammo un po’ prima di provare ad uscire, curiosando attraverso i buchi formati dall’attacco per esaminare l’esterno: i minuti passarono e dei ragazzi ancora nessuna traccia, l’ansia che aumentava e con essa l’impazienza. Ogni tanto uscivamo a turno dal bar per chiamare a gran voce Yugi e Sly, niente risposte all’orizzonte.
<< Non si sente niente… non mi piace. >>
<< La palla di pelo ci ha detto di nasconderci… io… io penso che dovremmo fare come ha detto. Non voglio incontrare di nuovo di quei mostriciattoli… >>
<< E Yugi? Potrebbe essere  in pericolo. A me non… non va di aspettare senza fare niente! >>
<< è pericoloso andare a cercarlo Claudia, inoltre il buio sembra che si stia intensificando… potrebbe non essere una buona idea. >>
Sakura aveva ragione, ma mi stavo spazientendo.
Mi rimise a sedere dentro il bar attenta a non conficcarmi nei piedi i cocci di vetro dei bicchieri frantumati, i tavoli erano riversi a terra e il miscuglio di bevande e gelati mescolato in una poltiglia multicolore.
Giocai con la roba che c’era in giro per distrarmi, fino a quando la pietra ad un certo punto non cominciò a brillare.
 
Non “eseguiva” quel fenomeno da parecchio tempo.
Era un segnale che stava per succedere qualcosa.
 
Sakura e Yui rimasero incantate dal bagliore, io al contrario ero spaventata.
Mossa da chissà quale volontà girovagai nei paragi per capire cosa avesse infastidito quel dannato affare, il segnale che mi mandava con una vibrazione mi portò fuori, attraverso la porta di servizio affacciata in un vicolo cieco nel retro: con molta cautela, muovendoci di soppiatto tra auto e cassonetti gettati nello spazio ristretto, esaminando l’ambiente che a prima vista non aveva nulla di speciale.
Nulla. Allora perché sta facendo così?
Prima di andarmene il terreno divenne liquido e denso, provocando un forte risucchio verso il basso.
Le gambe scomparirono nella fredda melma di cemento, immersa fino ai fianchi Sakura e Yui mi reggevano per le braccia lottando contro la forza che mi trascinava in giù, tentando più volte di richiamare i propri poteri in aiuto ma rischiando così di perdere l’appiglio per salvarmi.
Ad un tratto dal fondo del vicolo  comparvero mostri, spettri e zombi di ogni sorta, brutti quasi quanto quelli dei fumetti di Dylan Dog, che terrorizzarono a morte il duo costringendole a scappare via e a lasciarmi sola.
Non appena le ragazze scomparvero, anche i mostri sparirono, al loro posto rimase solo un’ombra umanoide, la stessa comparsa dalla piramide d’oro di Yugi.
Qualunque cosa fosse era spaventosa, il suo corpo una specie di miscuglio di linee arabesche che si contorcevano tra loro come un groviglio di serpenti.
Il panico scattò in un istante, disperatamente cercai di uscire da quella specie di sabbia mobile prima che mi raggiungesse, implorando ai personaggi animati di tornare indietro per salvarmi. L’ombra, non appena mi raggiunse, mi afferrò proprio per il polso su cui la pietra era avvinghiata, stringendo fino a farmi male, una nera essenza uscì dal palmo e avvolse il gioiello cercando di strapparlo via, aumentando il dolore che già mi faceva.
<< Mi dispiace… ma devo proteggere ciò che mi è più caro. >>
 
 

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Capitolo 27
*** Capitolo ventisettesimo: Questione di paura ***


Non feci realmente caso alle parole che mi vennero dette.
L’unica cosa che mi premeva era salvare la pelle.
La pietra mi trasformò ad un battito di ciglia, l’energia scaturita riuscì a farmi uscire dal terreno che mi intrappolava, con le gambe libere diedi un calcio all’ombra umanoide e scappai, urlando i nomi dei miei compagni di avventura.
Non ricordo dove me ne andai, volevo solo uscire da quell’incubo tenebroso, tornare alla realtà e ripararmi in un angolo della mia casa che tanto mi mancava. Ogni tanto mi voltavo, ogni volta urlando quando mi rendevo conto che quella cosa continuava ad inseguirmi, levitando in aria come uno spettro, continuando ad urlarmi che dovevo fermarmi.
Nella fuga le tenebre si trasformarono nelle mie peggiori paure: rettili, pesci, diavoletti che sbucavano da ogni angolo per saltarmi addosso e cani rabbiosi che volevano mordermi, tutti che mi inseguivano per farmi del male.
Piansi e urlai, volevo che i miei genitori venissero a prendermi, giurando che non mi sarei mai più lamentata della mia tranquilla vita, che avrei sempre studiato o che non avrei fatto più capricci, arrivando addirittura a promettere che avrei cercato persino di mangiare più verdure.
 
Di colpo mi sembrò di essere tagliata a metà, nel mantenere tutte quelle promesse non feci caso al tubo di una grondaia crollato da un lato per la ruggine, andando a sbatterci con lo stomaco.
 
La pancia mi fece un male cane, alzarsi fu impossibile senza sentire dolore.
Nel frattempo venni circondata da ragni, serpenti, scorpioni e zanzare che si facevano sempre più vicini, accompagnati da cori di risate, insulti e punzecchiamenti di persone che non si vedevano ma che sentivo benissimo.
Era una tortura di immagini e suoni che odiavo, di cui avevo paura, cose che non sapevo affrontare e da cui volevo scappare… niente mi poteva proteggere, nemmeno la pietra, non c’era nessuno che mi avrebbe salvato da quell’impiccio… era sola, in balia dei miei peggiori incubi.
 
Udì uno scoppiettio.
Poi un altro e un altro ancora.
Fu un suono che si ripeté più volte, a togliermi le mani dalla faccia però non ci pensavo neppure, troppa la paura di vedere l’orrore.
Quando però la cacofonia smise non potei essere tentata di dare una sbirciata… rendendomi conto che ero sola ne rimasi scioccata, rimanendo imbambolata a lungo a fissare la solitudine che mi circondava.
 
Esitante mi incamminai via, gli occhi ben aperti, le gambe che mi tremavano… ripresi la fuga non appena ne ebbi la forza, incrociando le dita per la continuità della mia fortuna. Ad un certo punto udì una eco metallica dalla tonalità vibrante, quasi acuta, vagai nei paragi fino a quando non scoprì la fonte: era provocato dalle sciabolate inferte da Ilyan contro il mio amico ladro che a fatica si difendeva con il suo bastone, scheggiato e graffiato in ogni angolo.
<< Che ti succede procione? Ti senti stanco per caso? Ma non avevi detto che saresti riuscito a fermarmi? >>
<< Chiudi quella bocca! >>
Sly tentò di colpire il mercenario, ma lo mancò, barcollando fino a cadere.
In quello il guerriero lo disarmò con una stoccata, minacciando poi di tagliarli la gola con il sottile bordo della lama nera che luccicava di luce propria, una scia rossa scivolò pigra sul collo imbrattando il pelo grigio.
<< Voglio offrirti un modo migliore per morire. >> disse in quel momento il maledetto guerriero.
La pietra che aveva al collo brillò un breve istante, alcuni rottami nei paragi si mossero da soli, unendosi in una massa ingarbugliata che alla fine si fuse, dando vita ad un anomalo essere alato che gracchiava acutamente.
L’ammasso di ferro non fece altro che volargli intorno, le orbite vuote degli occhi che lo fissavano, le zampe che si aprivano e chiudevano a scatti, le ali che lentamente ma con vigore lo aiutavano a mantenersi in volo; qualunque cosa fosse terrorizzò Sly a tal punto che cominciò a tremare, gli occhi sbarrati e le orecchie calate, la coda in mezzo alle gambe…. Fino a quel momento non l’avevo mai visto in quello stato e l’uomo sorrideva soddisfatto, la spada ancora troppo vicina al collo del procione.
<< Attento a quello che fai stupido, questo trucco ti si può ritorcere conto. >> sbottò innervosito qualcuno.
Da un varco di ombra apparve Seto Kaiba… o meglio… colui che si spacciava per quel personaggio.
<< Stai tranquillo, la situazione è sotto controllo. So bene come usare le mie risorse. >>
<< Ammetto che non credevo che la tua idea avrebbe funzionato. >>
<< Tu eri troppo occupato a compiangere te stesso per renderti conto che era un problema da nulla, dovresti rilassarti. >>
<< Vedi di sbrigarti ad eliminare questo scherzo della natura, invece di blaterare. Non so per quanto ancora riuscirò a mantenere aperto il Mondo delle Ombre grazie a “tu sai chi”. >>
<< Perdonami se ho voglia di far soffrire le mie vittime, giusto per gustarmi la loro lenta fine. >>
<< Il Mondo delle Ombre? Dunque è questa la causa. >>
Ad un tratto dal cielo giunse rapido Yugi, a dorso di un drago ruggente blu e circondato da numerose creature che apparivano una dopo l’altra dal deck che teneva in mano.
La maestosa bestia atterrò a pochi metri dal duo, generando uno spostamento d’aria che quasi mi spinse a terra, ripiegò le ali per permettere al ragazzo di scendere dal suo dorso, il quale ricambiava lo sguardo grave dei personaggi.
Ero felice di vedere che stava bene, ma non toglievo gli occhi di dosso da Sly, ancora ipnotizzato da quella mostruosità.
<< Era ora che ti facessi vedere Yugi, ma come mai sei solo? Non c’è nessuno a fare il tifo per te o per darti una mano? >> disse il falso Seto con una ironia che non riuscivo a cogliere.
<< Sarebbe più saggio da parte tua non affrontarci, potresti pentirtene amaramente. >> gli fece eco Ilyan.
<< Non fuggo davanti al pericolo, e non sono da solo come voi pensate: ho le mie carte al mio fianco, insieme all’energia che mi lega ai miei amici. >>
Il mercenario fece finta di vomitare, interrompendo sul nascere il discorso eroico di Yugi.
Io lo guardai male e ben volentieri gli avrei dato un calcio per rimproverarlo, se ne avessi avuto il coraggio si intende.
<< Discorso toccante e nauseante. Lo ascolterei volentieri ma avrei fretta di sistemare certe faccende, non ti dispiace se la facciamo finita subito, vero? >>
<< Prima lasciate andare il ladro! Lui non c’entra in questa storia! >>
Ilyan sorrise, scambiandosi un particolare cenno di testa con l’impostore.
Ripose la spada, come se volesse dar retta alla richiesta, improvvisamente però Sly cominciò ad urlare soffocato, le mani alla gola e le ombre che dai piedi lo stavano adagio avvolgendo.
Yugi all’istante corse verso di lui allarmato, Seto però lo frenò richiamando all’attacco le sue di carte, aizzandole contro lui e i suoi mostri, sbarrando così la strada; nessuno aveva notato ancora la mia presenza, solo per quello fui capace di raggiungere Sly e tentare di salvarlo da quella tortura che lo stava uccidendo. Ilyan fu sorpreso di vedermi, nonostante ciò non provò a prendermi, limitandosi a ringhiare di rabbia.
<< Ehi idiota! C’è la ragazzina con la pietra! Prendila! >> urlò al suo “collega”.
<< Sarei occupato, se non l’hai notato! >> gli rispose l’altro.
Alterato, mi puntò contro una mano e quella sua gemma decorativa brillò ancora, nello stesso istante rettili di ogni genere comparvero, dirigendosi verso di me con le loro lingue sibilanti e gli occhi strani che mi fissavano, il ribrezzo che cresceva a dismisura. Mi abbracciai a Sly implorando aiuto a Yugi, ma il duellante era impegnato a tenere a bada il suo avversario, ignorandomi completamente… nel frattempo i sauri mi saltarono addosso mordendomi e leccandomi, ricordo di quell’attimo solo il tentativo di districarmi da quelle bestiacce e la paura che mi faceva esplodere il cuore.
 
Non so nemmeno descrivere l’esatto apice di terrore che raggiunsi, ma sarei potuto morire di paura, di questo ne sono certa.
Mi raggomitolai su me stessa, alla mercé degli animali… fino a quando non sentì per la seconda volta quella serie di scoppiettii.
Allo stesso tempo venni poco alla volta accarezzata da una sensazione refrigerante, il tocco delle zampe squamose dei miei “aggressori” che sparivano, sostituite da un particolare solletico.
Stavolta volli vedere che cosa stava accadendo: le lucertole, una dietro l’altra, si gonfiavano come palloncino fino ad esplodere, sprigionando allo scoppio una pioggerellina di acqua e petali di fiori colorati, alcuni resti che si trasformavano in perline che scivolavano sul mio corpo solleticandomi. Di colpo la paura mi passò, quel fenomeno mi fece stare incredibilmente bene, non avevo la più benché minima agitazione.
La pietra brillava… non forte, ma abbastanza da farsi notare.
C’era il suo zampino in quello, un intervento tempestivo che diede una svolta alla situazione.
Sfiorai involontariamente Sly e un’aura d’oro lo circondò, le ombre che lo avevano quasi risucchiato si dissolsero, liberandolo dalla morsa oscura e anche dal soffocamento, riprendendo a respirare normalmente; e la mostruosità alata scomparve trasformandosi in monete d’oro tintinnanti.
<< Sly? Stai bene? >> gli chiesi esitante, vedendolo lucido.
<< Io… si, mi sento ok. >> mi rispose.
Fui felice di sentirgli dire che si sentiva bene, lo abbracciai forte scoppiando quasi a piangere, senza che lui capisse il perché.
<< Ricordo solo che stavo prendendo a calci quel pallone gonfiato di un soldato da quattro soldi, e poi non lo so, mi sembra di aver visto qualcosa di brutto. >>
<< Ti racconto tutto dopo, adesso dobbiamo aiutare Yugi! Sta combattendo da solo Seto! Voglio dire, quello che gli somiglia! >>
In cielo si combatteva ancora: il “falso Seto” era continuamente attaccato dall’esercito di mostri di Yugi che non gli davano respiro. Un simile schieramento avrebbe devastato chiunque, ma non lui, che al contrario per ragazzo usava a malapena qualche creatura di quello strano gioco di carte per difendersi, limitandosi per tutto il tempo a schivare sfere di fuoco o raggi incantati.
Quando non ci fu più nemmeno un mostro a difendere il nemico pensai che Yugi avesse vinto, invece, con stupore, in pochi secondi tutto il deck del personaggio svanì, colpito da saette blu elettrico che il nemico sprigionò dal proprio corpo, ritrasformando in innocue carte da gioco gli esseri raffigurati sopra.
Solo allora l’altro Seto si permise un sorrisetto di soddisfazione, Yugi non poté fare a meno di osservarlo con rabbia, stringendo i pugni cercando di contenersi.
<< Davvero divertente, speravo solo che durasse di più. >>
<< Maledetto…. >>
<< So che puoi fare di meglio di così. Hai detto di avere l’energia dei tuoi “amici” e del tuo deck, eppure fino adesso non ho visto niente di simile, solo spudorata aggressività. Questo dimostra che quel tuo toccante discorso era ridicolo. >>
<< Come osi! Ti dimostrerò che i miei ideali non sono affatto ridicoli! Venite a me stregoni della magia nera! Mostrate a questo eretico l’immensa potenza di cui siete dotati! >> quella frase così simile ad un incantesimo servì ad evocare da un trio di carte particolari, decorate da un cerchio di rune verde scuro, tre potenti stregoni.
Il terzetto, udito il comando a loro fornito, assalirono con i loro scettri colmi di sortilegi il nemico, costretto a fuggire alla triplice potenza sprigionata dai nuovi avversari.
Solo in quel momento mi accorsi che c’era qualcosa di diverso in Yugi, una differenza che non riuscivo a focalizzare in quell’istante e che mi diede spesso a credere che fosse solo una impressione. Una sensazione che nonostante tutto mi faceva sentire strana… un disagio che sembrava accoltellare il cuore.
 << Levati dai piedi! >>
Sly volò sopra la mia testa assestando un poderoso calcio in faccia a Ilyan, riscattandosi della precedente lotta in cui non si era trovato al massimo delle sue capacità.
<< Perché non sloggi tu?! Il tuo pelo puzza di muffa! >>
<< Desolato, non ti voglio dare questa soddisfazione! Vediamo se questo ti fa cambiare idea! >>
Sly diede poderose bastonate al mercenario il quale, per quanto si sforzasse dando mostra alla sua abilità di spadaccino, non riusciva ad avere la meglio, finendo per ritrovarsi tantissimi bernoccoli in testa. Stanco di quello, Ilyan si ritirò, volando via, lanciando una minaccia mentre si allontanava:
 << Non cantare vittoria! Posso ancora vincere questa lotta! Mi basterà darti un buon motivo per non intralciare i miei piani! >>
<< Che cosa sta dicendo? >>
<< Ho paura che voglia ripetere lo stesso trucco che ha usato con me, qualunque esso sia. >>
<< Ma tu mica sei così scemo da ricascarci. >>
<< Certo che no. A meno che non trova qualcosa che possa mettersi in difficoltà… o qualcuno. >>
<< Oh no! Sakura e Yui! >>
 
Insieme, andammo a cercare le ragazze disperse, eravamo fiduciosi nelle capacità di duellante di Yugi e perciò lo lasciammo da solo alle prese con il sosia, sicuri che lo avrebbe sconfitto o che per lo meno al nostro ritorno fosse ancora intero.
Corremmo in lungo e in largo fino a quando non le trovammo, assalite da fantasmi, mostriciattoli alieni, spiritelli ed esseri mollicci, abbracciandosi l’una con l’altra piangendo.
<< Che scena patetica. >> fu il commento del ladro.
Proprio in quel momento arrivò il mercenario, senza interrompere il solo roteò la spada in aria che emise un chiaro sibili, dai vicoli della città altre mostruosità entrarono in scena saltando continuamente in aria come degli acrobati, facendo uscire gli occhi fuori dalle orbite o arrotolando le lingue su se stesse in modo strano, braccia e tentacoli al posto delle gambe o della testa, alcuni che si fondevano gli uni con gli altri.
Eppure, nonostante l’aspetto orribile, non mi spaventarono, io che ero la più paurosa rimasi impassibile davanti all’intera scena a differenza dei personaggi animati che erano molto più spaventati di me. Notai che l’uomo era rimasto di parte, era una ghiotta occasione per lui per sistemarci a dovere, invece restò in disparte, assistendo alla scena senza  goderne neanche un po’: mi tornò in mente quell’attimo in cui aveva chiesto al compagno di potermi prendere al suo posto, ragione legata alle apparizioni mostruose.
Non sapendo se avessi ragione o meno, decisi di fare un tentativo abbastanza rischioso: mi trasformai poco prima che la calca di mostri arrivasse e mi circondasse, quegli orribili figuri mi canzonarono ballandomi in tondo, facendo pernacchie o starnutendomi addosso. Io li ignorai, nella foga chiamai Sly per sapere come stava ma quelli mi urlavano di sopra impedendo così alla mia voce di farsi sentire, a lungo andare la cosa divenne fastidiosa e diedi un calcio al primo che mi capitò davanti…. o meglio ci provai, il mio piede passò attraverso i corpi come se avessi colpito l’aria, riuscendo al massimo a distorcere la loro immagine.
Ehi, sono solo un illusione. Non sono veri! pensai stupita.
<< Aprite gli occhi ragazzi! Vi state spaventando per niente! >> dissi, cercando di avvisare gli altri.
Non mi sentirono, a quel punto mi presi di coraggio e attraversai la massa, non ci fu niente ad ostacolarmi tranne un leggero solletico, provando a raggiungere i miei compagni, a metà strada Ilyan mi fermò, usando la spada come ostacolo.
<< Dovresti restare buona, altrimenti finisci per farti male. >>
<< Non mi fai paura. è tutto uno scherzo questo. >>
<< Secondo te è uno scherzo? Non mi pare che qualcuno qui stia ridendo, tantomeno il sottoscritto. Ora, resta tranquilla, fino a quando tutto non sarà finito. >>
La lama della spada si fece troppo vicina al petto, con un occhiata mi resi conto che si era coperto la gemma che si teneva al collo con una mano, confermando così che c’entrava qualcosa. Provai a scappare ma quello mi teneva sotto controllo, non sapevo come sviare e nemmeno usando la mia arma personale riuscì a levarmelo dai piedi.
<< La vuoi smettere di fare scemenze? Non sono dell’umore adatto per questi giochi da bambini. >>
Figurati io.
Tentai una mossa disperata, caricai Ilyan come un toro non sapendo nemmeno se avrebbe funzionato, pur non trafiggermi fu costretto a spostare l’arma, provando ad allontanarsi per non essere toccato; ci riuscì con la sola punta delle dita e ne scaturì una scintilla che si irradiò come un fulmine. Una grande bolla di luce si formò dalla pietra, a sua volta la bolla si divise arrivando così a formarne di numerose che scoppiettarono nell’aria, zampillando gocce gialle che cadendo sui mostri li trasformarono in coriandoli e stelle filanti che riuscirono, solo in quel modo, a calmare i cartoni animati.
<< Dannazione! >> Ilyan era davvero alterato per quella cosa, ci mancò poco che mi desse uno schiaffo per quello che avevo combinato, invece (per fortuna), se ne andò semplicemente via, lasciandomi in pace.
I personaggi animati ripresero conoscenza e confusi cercarono di comprendere l’accaduto, spiegai loro che quello che avevano visto non era stata una cosa vera, che Ilyan, utilizzando un probabile potere nascosto nella sua pietra ornamentale, aveva architettato per tenerci a bada e che la pietra gli aveva salvato la vita.
<< Prima è successa la stessa con te Sly. >>
<< Con me? >>
<< Si, quando ti ho visto lottare contro quel pazzo: eri spaventato mentre fissavi una specie di mostro, probabilmente ti saresti messo a piangere come Yui e Sakura, su questo non ci piove. Ho provato a farti reagire, come ho già provato prima, ma non mi davi retta. >>
<< E se non fosse stato per quel gioiello probabilmente sarebbe finita male. Accidenti, ti dobbiamo la vita, saremmo sicuramente morti di paura! >>
<< Paura, hai detto la parola magica. Ecco cosa ci faceva impazzire, solo ora mi rendo conto di cosa ho visto: le mie paure. Le nostre paure. >>
Pensai che fosse una cosa incredibile, mi vennero i brividi alla realizzazione che fino a quel momento le cose che avevo visto erano ciò che più temevo nella mia vita, non solo manifestazioni disgustose per farmi piangere. Fu una buona cosa buona esserne liberati, ma non avevamo ancora salvi: l’oscurità circondava ancora il mondo e Yugi stava combattendo da solo, perciò ci rimboccammo le maniche e tornammo indietro per aiutare l’altro personaggio.
 
All’arrivo trovammo i due duellanti in ginocchio a terra, sfiniti, con il fiatone.
Tutto intorno era cumuli di macerie, fosse dai contorni bruciati e carte da gioco sparse ovunque, fumanti come tizzoni ardenti.
Era accaduto qualcos’altro oltre la lotta, dai loro sguardi intuì che c’era stato un altro probabile evento, forse una discussione verbale, probabilmente, o solo una serie di insulti pesanti. Il falso Seto fu il primo a rendersi conto della nostra presenza, si morse le labbra e tentennante si rimise in piedi, tentando la fuga, Yugi che gli saltò addosso bloccandolo, mugugnando però di dolore.
<< Tu non vai da nessuna parte! >> gli disse.
Scattammo per aiutarlo, ognuno afferrò il tizio per tenerlo fermo, ma subito dopo la pietra brillò di nuovo, stavolta con più intensità finendo così per accecarci, costringendoci a coprirci gli occhi. Passavano i minuti ma la luce non svaniva, diedi una sbirciatina e mi resi conto che non era più la pietra a brillare, bensì il sole pomeridiano: sgranai gli occhi nel scoprire che il mondo animato era tornato alla normalità, ogni cosa era come prima che il buio calasse e tutti quegli elementi che sembravano appartenere ad un film dell’orrore non erano più così spaventosi, tornando semplici oggetti di uso quotidiano.
Fu una bella notizia, ma il “prigioniero” era scappato, purtroppo.
<< Cosa è successo? >> chiese Yugi interdetto.
Avrei dovuto dire che quello era dipeso dalla pietra, però non riuscì a parlare, per una ragione in quel momento insensata mi sentivo in colpa e rimasi zitta, come se fossi io la causa della fuga dell’imbroglione.
<< Tu stai bene? >> gli chiese Sakura.
Yugi scosse la testa, sospirando deluso.
<< Lui tornerà. Molto presto… >> cominciò a dire.
<< …la Città di Dominio rischia di sottostare ad una dittatura capitanata dalle Tenebre. >>
 
 

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Capitolo 28
*** Capitolo ventottesimo: Al salvataggio ***


<< Che cosa?! Vuoi dire che quei mostri sono veri… e voi li usate come passatempo?! >>
<< è la verità. >>
<< Perché non c’è l’hai detto prima?! >>
<< Mi dispiace di avervelo nascosto, ma non è una cosa facile a cui credere. >>
<< Come non è facile credere che “quell’altro Seto” sia una creatura delle Tenebre. >>
Nella stanza di Yugi discutemmo animatamente.
Rifugiati a casa sua, facemmo il punto della situazione: un tizio che si spacciava per Seto, con la scusa della manifestazione apparentemente “senza senso” dei mostri del Duel Monster, aveva instaurato un regime ferreo sulla città di Domino, costringendo un pesante coprifuoco che rinchiuse nelle case la popolazione. Con false accuse rinchiuse in prigione tutta quella gente che veniva trovata a piede libero “armata” di quel gioco tanto popolare, dall’organizzazione lavorativa appartenente al vero Seto teneva sottocontrollo ogni cosa grazie ai mezzi a disposizione… ma il lato peggiore era che stava riuscendo ad ottenere tutto ciò che voleva.
 
Le Tenebre stavano calando su quel mondo parallelo, dovevamo muoverci in fretta.       
Proprio quelle da cui proveniva il nemico e il gioco stesso tanto apprezzato.
 
Dopo molta indecisione, Yugi ci svelò cosa era il “Mondo delle Ombre” e come fosse relazionato al Duel Monster: esistente fin dai tempi più antichi, stregoni e incantatori erano rimasti affascinati da questo misterioso luogo dove si concentrano tutte le forze oscure, tentando per secoli di controllare il potere che sprigionava, senza sapere che si trattava di una trappola mortale. Chiunque tentasse di usare il suo potere con leggerezza, senza rendersi conto del pericolo a cui andava incontro, sarebbe stato preda di ogni paura, della propria vera natura, orrori indescrivibili che portavano alla fine alla follia.
Da questo mondo vennero originati i mostri del gioco del Duel Monster, usati in epoca moderna per divertimento.
Davvero assurdo.
<< Se tu sapevi questa verità, perché lasci che continui a far divertire tutto il tuo mondo? >>
<< Perché è solo un gioco, alla fine. Per quanta forza essa possa sprigionare, non è in grado di influenzare l’umanità, a meno che qualcuno assetato di potere non apra uno spiraglio e ne diffonda l’energia negativa. >>
<< è impossibile che tutto quello che hai raccontato sia vero! Mi rifiuto di crederci! >>
A differenza della sottoscritta che conosceva il cartone animato, per gli altri fu complicato accettare la verità, dopotutto si trattava di un elemento molto rischioso.
<< Ehi, se riesci a credere all’esistenza di un procione parlare, puoi credere ad un gioco tenebroso. >>
<< Quindi… ora che sappiamo questa cosa… come ci dobbiamo comportare? >>
<< Mi pare ovvio, dobbiamo liberarci di questo impostore. Da quanto ho potuto sentire ieri, mi è sembrato che voi due vi conosciate. >>
Yugi non rispose, distolse lo sguardo facendo finta di non sapere di cosa stesse parlando Sly, arricciando una delle ciocche bionde.
A parte quello, era l’unica direzione da seguire: sapevano con chi avevamo a che fare e contro cosa andavamo incontro, mancava solo il coraggio e la giusta organizzazione, mescolati gli ingredienti avremmo dato inizio all’ennesima battaglia contro il male.
Ad un tratto la porta della stanza si aprì violentemente, il nonno di Yugi si catapultò all’interno con un giornale in mano, rischiando di inciampare e cadere addosso al nipote. Lo abbraccio forte a sè, ringraziando il cielo con fare disperato, quasi con le lacrime agli occhi, chiedendo tra una preghiera e l’altra se sua la salute fosse a posto, senza notare che ci chiedeva aiuto.
<< Nipotino mio! Tu non hai idea di quanto sia felice che tu sia qui tra le mie braccia! Perdonami se nono sono sempre presente per via del lavoro! Ti prometto che veglierò sempre su di te! Mi sento così in colpa! >> disse l’anziano.
<< Ti prego nonno, calmati! Mi stai soffocando….! Che cosa ti è preso così all’improvviso? >>
L’anziano aprì il giornale in modo che la prima pagina fosse ben visibile, le mani tremanti la strapparono in alcuni punti: a caratteri cubitali la notizia principale annunciava l’arresto di alcuni duellanti con l’accusa di star organizzando un complotto contro la Kaiba Corporation… ossia i migliori amici di Yugi, sotto il titolo c’erano le loro foto con la parola “criminali”, e accanto l’articolo dove si accusava Yugi come uno dei sospettati pianificatori del progetto.
<< Non penserai davvero che io c’entri qualcosa nonno?! >>
<< Certo che no! Ma questo significa che non sono stato un bravo tutore! Non sono stato in grado di proteggerti dai calunniatori! >>
Calmare il parente fu una bella impresa per il ragazzo, nel frattempo leggeva gli articoli correlati alla notizia, l’incredulità si manifestava attraverso i suoi occhi che guizzavano avanti e indietro leggendo le parole.
<< Che sia opera di tu sai chi? >> chiese Yui riferendosi al falso Seto.
<< Ovvio. Questo è un messaggio. >> rispose lui serio.
<< Un messaggio? >>
<< è un modo per dirmi che vuole sfidarmi al più presto, altrimenti ci andranno di mezzo i miei amici. >>
Calò il silenzio, nessuno che commentò.
Dall’esterno si udivano sirene lontane, ogni tanto un debole vociare di persone.
Il personaggio si strinse al petto la piramide dorata al collo, occhi chiusi, il nonno accanto che non sapeva cosa dirgli. Subito dopo prese il suo Duel Disk e il deck, avviandosi verso la porta.  
<< Dove stai andando? >> gli chiesi.
<< Vado alla Kaiba Corporation, ad incontrare chi mi vuole far fuori. >>
<< Ci vai senza un piano? >> gli chiese Sly.
<< L’unico piano è affrontarlo in un duello. >>
<< Tutto qui? Pensi che sarà così facile arrivare a lui e lanciargli il quanto di sfida? >>
<< I miei amici sono in mano sua, non gli permetterò di infangare il loro buon nome o di lasciarli a marcire in prigione. >>
<< Lo so bene che lo fermerai, ma lasciatelo dire da un esperto: mai rapinare una banca se non hai un piano. Quindi mettiti seduto e apri le orecchie, daremo una bella lezione a quel tipo. >>
 
£
La Kaiba Corp. era un grattacielo alto e imponente circondato da strutture più piccole.
Una moltitudine di persone entravano ed uscivano, seri e composti come robot, differenti dalle guardie che, al contrario, erano ingrugnati.
Il lavoro fremeva, motivo per cui nella Caffetteria c’era poca gente ad approfittare della mensa per rifocillarsi, la maggior parte dei dipendenti all’interno erano soprattutto quelli nuovi non ancora abituati al ritmo lavorativo imposto.
 
Io e gli altri proseguimmo da tutt’altra direzione, Sly era a capo del gruppo, nonché dell’intera operazione in corso: salvare Seto Kaiba.
La figura di quel personaggio era potente, finché l’impostore ne approfittava nessuno sarebbe stato al sicuro, l’unica soluzione proposta a quel punto era liberare il vero capo dell’azienda e rimetterlo al suo posto. Yugi era stato difficile da convincere, teneva più ai suoi amici in prigione che a Seto, Sly però gli aveva assicurato che anche loro sarebbero stati aiutati e sarebbero stati anche loro liberati.
Nello stesso momento infatti, dall’altra parte di Domino, Yui e Sakura erano alla Stazione di Polizia in attesa di fare la loro parte.
Sly gli aveva dato il compito di tenere d’occhio la gente imprigionata senza giusta causa e proteggerla nel caso in cui il nemico avesse deciso di usare qualcuno come ostaggio; in realtà doveva anche liberarli ma dovevano prima attendere una nostra mossa prima di agire.
<< Spero solo che questo piano funzioni. >>
<< Abbi un po’ di fede ragazzino! Non accetto alcun malumore durante il lavoro! >>
Sgattaiolammo vicino all’entrata principale evitando accuratamente i punti con le telecamere: dopo alcune raccomandazioni Yugi andò dritto alla reception e si rivolse alla segretaria chiedendo di vedere il capo; dopo una chiamata veloce due guardie si avvicinarono dicendogli di seguirli.
<< Bene, hanno abboccato. Tieniti pronta piccoletta, tra poco si balla. >>
<< O cavoli… >>
Un rapido travestimento e Sly divenne una guardia, imitò lo stesso comportamento di quegli omaccioni e usandomi come “scusa” disse alla segretaria che mi aveva trovato a combinare disastri e doveva portarmi dal capo per un interrogatorio.
Ovviamente nessuno se ne rese conto, classico caso alla Superman.
La donna ci indicò la strada da seguire fissando con sospetto il ladro, gli occhi socchiusi che quasi sparivano sotto le lunghe sopraciglia e l’ombretto violetto, mantenemmo i nostri ruoli per tutta l’attraversata del corridoio alle spalle della reception prima di deviare per la direzione presa dal duellante, trovandolo poco dopo in un ufficio lì nei paragi.
<< Tutto bene ragazzino? Hai avuto problemi con quei due gorilla? >>
<< No, per fortuna. Il tuo bastone è stato… utile. >>
I due uomini giacevano in un lato con i capelli riti sulla testa e gli occhi persi nel vuoto, con leggere convulsioni.
<< Noto con piacere che hai usato l’opzione “lama elettrica”, sono contento che alla fine ti sia deciso ad usarla. >>
<< Non l’ho voluto io! Volevo solo farli svenire senza fargli troppo male e senza volerlo ho attivato quella cosa! >>
<< Tranquillo, stanno bene, rimarranno elettrizzati solo per qualche giorno… o forse qualche settimana. Comunque, basta con le chiacchiere! Passiamo alla prossima fase. >>
Sly accese un walkie-talkie manovrando le manopole per sintonizzarlo sulla frequenza di Yui che rispose alle continue chiamate.
<< State bene lì? Siete riusciti a passare? >>
<< Qui siamo pronti a passare alla prossima fase. Come vanno le cose da voi? >>
<< Io e Sakura siamo in prigione. Fino adesso non è successo nulla di particolare e ci auguriamo che continui in questo modo. >>
<< Occhi aperti, non appena il boss scoprirà che stiamo cercando di liberare il suo ospite non esisterà ad utilizzare qualsiasi mezzo per fregarci. >>
<< Sei sicuro che accadrà davvero questo? E se ti sbagliassi? >>
<< Dovete avere fiducia ragazzi, ne ho passate di ogni genere per sapere che le cose andranno come da programma. Non vi nascondo che gli imprevisti possono esserci, ma è in casi come questi che bisogna usare l’istinto e la fantasia per superare il problema, quindi abbiate una mente aperta e agite senza pensarci. >>
<< Lo fai sembrare facile… >>
<< Per me lo è. >>
<< Allora in bocca al lupo a tutti. >>
 
Chiusa la comunicazione proseguimmo.
Non si tornava più indietro.
 
Con un auricolare nascosto nell’orecchio Yui guidava Sly all’interno del palazzo mentre teneva me e Yugi come dei ladri.
La ragazza era riuscita a rientrare nel sistema di sicurezza e con le mappe sott’occhio ci diceva dove andare, la prigione di Seto si trovava niente meno che ai piani alti, a metà fra il cinquantesimo e il centesimo piano, da qualche parte fra gli uffici zeppi di gente. Salimmo scale, prendemmo ascensori, attraversammo uffici e sale informatiche per raggiungere la meta, tra l’altro, fu anche il solo modo per ottenere indizi sulla locazione dell’obiettivo, un lavoro incessante che stava mettendo a dura prova i miei nervi.
Tutto filò liscio come l’olio fino a quando, preso l’ennesimo ascensore, questo non si bloccò.
Fece un balzo su se stesso, la luce all’interno si spense e rimase immobile, schiacciando i tasti non succedeva nulla, nemmeno quello di emergenza.
<< Brutto segno. >>
<< Al contrario, vuol dire che siamo a buon punto. >>
<< Che bella notizia, però adesso come usciamo da qui? >>
<< Dalla porta di servizio. >>
Sopra l’ascensore c’era la botola di sicurezza, capì le intenzioni e rifiutai con tutta me stessa di salire lì sopra; i ragazzi dovettero sollevarmi di peso per costringermi ad uscire, raggelando all’idea di dover risalire i piani con il rischio di precipitare a centinaia di metri di altezza. Piano piano, con le scale, proseguimmo la salita, i ragazzi mi dicevano di non guardare giù ma non ci potevo fare niente, ogni scalino era un passo pesante e mi aggrappavo saldamente per non cadere, i piedi che scivolavano sui pioli lucidi. Ad un certo punto ci fermammo: al trentottesimo piano trovammo due uscite per l’ascensore, Sly forzò entrambe leggermente per poter sbirciare, trovando in una un normale ufficio mentre l’altro un corridoio con le luci soffuse e un sacco di guardie, oltre a numerose telecamere di sicurezza.
<< Tu che cosa mi puoi dire a proposito ragazzina? >>
<< Non chiamarmi “ragazzina” palla di pelo! Il mio nome è Yui! >>
<< Uffa, va bene. Come vuoi. Ma ora rispondi alla mia domanda. >>
<< Sto cercando ma non trovo nulla, qui parla solo di cianfrusaglie… non dice nulla su un doppio piano. >>
<< Questo significa che abbiamo trovato quello che stavamo cercando. >>
Per entrare nel piano “misterioso” dovevamo passare da un’altra parte; non sarebbe stata una buona idea farci vedere dagli omaccioni che, oltre ai muscoli pompati al massimo, avevano con sé manganelli e pistole belli grossi. Il condotto di ventilazione era stretto ma ci passammo, grazie al cielo c’era sempre una strada alternativa in quel genere di situazioni, gli unici ostacoli furono un po’ di polvere e ragnatele appiccicose, per fortuna non soffrivo di claustrofobia altrimenti sarei impazzita.
Avevo dolori a gambe e schiena a fermarsi però non se ne parlava nemmeno, non quando trovammo finalmente l’obiettivo.
L’eco di una voce arrabbiata rimbombò all’interno del condotto crescendo a mano a mano che scivolavamo lì dentro, fu un lavoraccio orientarsi e capire da dove provenisse, trovammo la “fonte” nell’unico tratto di condotto infestato dalle blatte: dietro una grata arrugginita si scorgeva una minuscola stanzetta con una lampada penzolante sul soffitto, muffa sulle pareti e un prigioniero incatenato in un lato… Seto Kaiba, quello vero, strillava ai suoi carcerieri tutto il veleno della sua condizione imposta, era magro quanto un insetto stecco e la barba incolta, addosso aveva vestiti vecchi e i suoi capelli erano quasi tutti riversi in avanti ricoprendo gli occhi blu.
Una telecamera zoomava l’obiettivo, si doveva spegnere per non essere visti da chi lo monitorava.
<< Va bene, ora si fa sul serio. Da questo momento dovremo essere veloci se vogliamo uscire da qui sani e salvi: prendiamo il tizio, usciamo di qui e scappiamo. >>
<< Ma c’è la telecamera. >>
<< A questo ci penserà la nostra piratessa informatica. Vai baby, tocca a te. >>
<< Nessun problema. >>
Un paio di luci brillarono sulla telecamera, prima divennero rosse, poi verdi e infine blu, colore del “via libera”: scardinammo la grata ed entrammo nella prigione, Seto strisciò all’indietro colto di sorpresa, probabilmente temendo qualche scherzo dei suoi carcerieri, quando poi il suo sguardo si posò su Yugi cambiò atteggiamento.
<< Yugi Muto?! Cosa diavolo ci fai tu qui?! >>
<< Sono venuto insieme a questi amici per salvarti. Tu stai bene? Sei ferito? >>
<< Non farmi domande idiote! Secondo te ho l’aria di uno che sta bene?! E sarebbero loro quelli che dovrebbero salvarmi da questo schifo?! >>
<< Uao, sta meglio di quanto pensassimo. Ha sempre avuto questo temperamento focoso? >>
<< Ehm… diciamo che è molto schietto. >>
<< Anche troppo. >>
Liberammo il linguacciuto personaggio e lo aiutammo ad entrare e strisciare dentro il condotto, spiegandogli la situazione in corso così che potesse star zitto e smetterla di lamentarsi e commentare. Filava tutto liscio, apparentemente, Seto era libero e stavamo scappando dal campo nemico… ma l’imprevisto era dietro l’angolo: prima di poter raggiungere l’ascensore, delle mani penetrarono il ferro del condotto e ci afferrarono, le guardie ci avevano beccato. Non potemmo far altro che scalciare, in quello spazio ristretto non c’era molta libertà di movimento, strisciando quanto più velocemente potevamo all’uscita; poco prima che riuscissi a raggiungere il canale del’’ascensore un tizio fu capace di aprire un varco per entrare, mi afferrò le gambe e provò a trascinarmi giù, solo grazie al solido bordo delle scale fui capace di resistere.
Con uno strattone riuscì a scappargli e scivolare nel condotto, come se “avertisse” il pericolo la pietra sprigionò il suo potere trasformandomi: fu l’incentivo che mi fece scendere a tutta velocità scivolando sui pioli fino all’ascensore, l’arma tenuta con la bocca e l’allarme che risuonava da tutte le parti insieme alle urla delle guardie.
<< Questo era nei vostri piani? >>
<< Certo, era proprio quello che volevamo che accadesse. >>
<< Che facciamo adesso?! Che facciamo adesso?! >>
<< Scendiamo a tutta birra fino all’uscita. >>
<< In che modo genio? >>
Un taglio netto alle corde e l’ascensore precipitò.
 
Fu una rapida discesa la nostra.
Avrei potuto vomitare durante il volo se non fossi stata così “impegnata” ad urlare.
Quando ci fermammo ad un pelo dalla struttura sfracellata al suolo non seppi se tirare un sospiro di sollievo oppure credere che ero morta.
Sakura e Yui apparvero dalla botola, il bastone della custode delle carte magiche che brillava intensamente della sua magia, aiutandoci a scendere.
Fu un piacere vederle, ma non era ancora finita.
<< Siamo arrivate appena in tempo a quanto pare. >>
<< Non hai idea di quanto tu abbia ragione… >>
<< Cosa è successo? Cosa ci fate qui? >>
<< Tranquillo Yugi, i “prigionieri” sono tutti al sicuro, e non per merito nostro. >>
<< Cosa? >>
<< C’è stata una vera e propria rivoluzione! La gente che aveva ancora del buon sale in zucca ha fatto capolino alla centrale di polizia e hanno liberato quelli che erano stati chiusi dentro senza giusti motivi! >>
<< Questa è decisamente la più bella notizia della giornata! >>
<< Se sta andando tutto così bene, concludiamo la cosa andandocene via da qui! >>
 
Nella hall parte della gente confusa si trasformò di punto in bianco in mostri del gioco.
Le persone normali fuggirono ignorando la voce elettronica che invitava alla calma.
L’uscita era proprio davanti a noi, a pochi metri, ma il bestiale zoo intralciava la strada, impegnandoci di più a schivare che scappare.
Ad un tratto le porte vennero sigillate da spesse barre di ferro, un urlo feroce irruppe chiara nella cacofonica parata di suoni animaleschi anticipando l’apparizione di chi trovava la cosa ben poco divertente:
<< Come osate irrompere nella mia proprietà?! >>
Il falso Seto apparve da un balcone situato sopra la sala, saltò oltre il corrimano e atterrò senza danno, occhi brillanti di rabbia; quello vero era incredulo nel vedere un suo doppio ma non abbastanza per frenare la sua lingua lunga.
<< Allora sei tu il maledetto che mi ha fregato il posto e mi ha chiuso in quel buco di prigione! Te la farò pagar cara! >>
<< Risparmia il fiato Seto, non sei nella posizione di farmi pagare nulla, non ora che sono io il capo qui. >>
<< Sei solo un farabutto! Ti sbatterò in prigione! >>
Yugi e Sly lo trattennero a stento, il falso ridacchiò alla reazione del suo prigioniero, standosene davanti a lui con le braccia dietro la schiena, per nulla infastidito dalla marea di insulti rivolti contri.
<< Invece di pensare a come spaccarmi la faccia, preoccupati di cosa farò a te e ai tuoi cosiddetti salvatori. >>
Mi si rizzarono i capelli dal modo in cui il tizio disse quelle parole, anche le ragazze si inquietarono e si abbracciarono a vicenda, i ragazzi invece provarono a mantenere uno sguardo serio per non far trapelare alcuna possibile emozione di debolezza; Seto probabilmente l’unico furioso del gruppo. Yugi ad un certo punto fece un passo avanti imbracciando il Duel Disk, mettendosi fra il suo amico e il suo avversario, il respiro accelerato:
<< Il tuo piano ormai è fallito, non appena tutti vedranno chi sei realmente, ogni tuo progetto fino adesso realizzato crollerà all’istante. >>
<< Ne sei sicuro? Come fai a dirlo con tanta determinazione? >>
<< Perché ho la certezza e la forza di poter scacciare l’oscurità che tu stai forzatamente calando sul mio mondo! >>
<< Oppure perché sai che se una certa persona si intromette niente sarà più come prima, e i tuoi sforzi saranno stati del tutto inutili. >>
Yugi rimase allibito, quella figura che lo osservava gelido aveva usato parole misteriose che, nella loro particolare enfasi, bastarono a congelare il tempo quel necessario per eseguire la sua mossa: si dissolse come fumo e superò il duellante per raggiungere Seto, circondandolo completamente in un turbine nero fumo.
Accadde in un istante, ad uno schiocco di dita, il fumo penetrò all’interno di Seto attraverso bocca e narici, il quale si agitò inutilmente pur di levarsi di dosso quella sgradevole presenza di dosso, finendo per bloccarsi di botto in una posa sgraziata. Si mosse poco alla volta per poter riassumere una posa naturale, le ossa che scricchiolavano ogni volta.
<< Seto…? Stai bene? >>
Le parole persero importanza quando si voltò.
Immobile e sbarrato come privo di vita, un occhio luminoso di un intenso giallo oro brillava sulla fronte, il volto sbiancato e le pupilli tanto allargate da rendere gli occhi quasi neri.
<< Sorpresa! >> esordì di botto.
<< Porca miseria! L’ha posseduto! >>
<< Sembra proprio che la vostra coraggiosa impresa abbia subito un cambiamento di programma. Come farete ora a mettere in luce la verità se il vostro unico testimone non è disponibile? >>
<< Ci ha fregato ragazzi… >>
<< Ho una bella idea in testa, cosa ne dite di riprendere il discorso dell’altra volta? Mi ricordo che siamo stati bruscamente interrotti. >>
<< Fatti avanti spaccone! >>
<< No! Fermi! Non possiamo combattere! >>
<< Cosa?! Perché?! >>
 << Perché non possiamo far del male a Seto! Siamo venuti qui per salvarlo, non per fargli del male! >>
<< Cosa pretendi che facciamo allora?! Che c’è ne restiamo con le mani in mano e ci facciamo ammazzare?!>>
<< Mi dispiace di non poter essere di aiuto, ma questo è un duello in cui non esiste tregua, pietà o salvezza. Ogni colpo basso è permesso, mezzo che mi sarà utile per sbarazzarmi di te. Preparati! La tua vita sta per concludersi! >>
I mostri che affollavano il grattacielo esplosero in particelle di luce che andarono ad unirsi per formare un corpo più grande provvisto di ali, zanne, artigli e un lungo collo serpentino.
Un fragoroso ruggito rimosse le particelle, la figura che avevano creato era un enorme dragone bianco dai vitrei occhi azzurri, agitò le ali e la raffica di vetro prodotta fece esplodere i vetri dell’ufficio; arretrammo intimoriti dalla colossale figura che si abbassò per poter meglio puntarci, la lingua all’interno delle fauci che vibrava di saliva.
<< E quello che cavolo è? >> 
<< Il Drago Bianco occhi blu…! La carta più potente del deck di Seto! Ha preso vita… proprio come gli altri mostri! >>
<< Hai indovinato Yugi! Questa maestosa creatura non è più una patetica immagine olografica, bensì una bestia in carne e ossa, capace di distruggere ogni cosa! Fino adesso l’ho tenuto al sicuro al mio fianco… in attesa di poterlo usare in un momento come questo! >>
Ad uno schiocco di dita il drago si lanciò all’attacco, dalla bocca sparò raggi lucenti azzurri che esplodevano come bombe, causando il parziale crollo dell’edificio.
<< Nessuno uscirà vivo da qui! >>
 
§
La situazione non era delle migliori e lo sapevano bene certe persone che ci stavano osservando.
La più preoccupata delle due improvvisamente scattò verso l’uscita, stanca di dover restare a guardare senza poter intervenire, l’altra persona però lo bloccò, tirandolo all’indietro frenando così la sua fuga.
<< Non essere sciocco Gabriel! Sai bene che non puoi raggiungerli! Sei bloccato qui! >>
<< Ma non posso restare con le mani in mano! I ragazzi necessitano di aiuto! Stanno rischiando la vita! >>
<< Ci sarà di sicuro un altro modo! >>
Tacquero ambedue gli uomini, il volto del primo uomo si fece pensoso e poi il suo sguardo si posò su una cosa particolare che fece impensierire il secondo che cominciò a sudar freddo.
<< Non penserai davvero di  usare la tua pietra? >>
<< Sempre meglio che guardare. >>
<< Ma-ma-ma….! L’ultima volta ci hai rimesso la salute! >>
L’avviso del vecchio non impensierì l’uomo che nella sua mano strinse l’oggetto che stava cominciando a brillare, dapprima debolmente, poi con una rapida crescente intensità.
<< Quello che io ci rimetto non è nulla paragonabile alla perdita della propria vita. >>
 
§
Avete presente la scena del film Jurassik Park in cui c’è il T-Rex che insegue i protagonisti?
Quello che stavamo passando era più o meno uguale, eccezione fatta per la mancanza di un automobile che sarebbe stata apprezzata in quel momento per seminare il drago.
 
Non poteva volare ma aveva buone zampe per correre, grazie al cielo la sua mira faceva schifo e con quei suoi raggi energetici ci mancava sempre.
Il grattacielo stava andando a pezzi con il suo passaggio, se non fosse stato così solido e grande sarebbe crollato già da un pezzo, e non potemmo far altro che correre senza sapere come poterci sbrogliare dalla cosa. Seto-Posseduto ci seguiva a sua volta ma con più calma, questo perché voleva godersi la scia di distruzione lasciata dalla bestia, ridendo nel vederci in difficoltà.
<< Glielo leverei con un pugno quel sorriso da ebete! >>
<< Ti detto che non possiamo fargli del male finchè controlla Seto! >>
<< Io a questo punto me ne fregherei e lo farei comunque! >>
<< Attenti! >>
Ci mancò poco che finissimo schiacciati, un’intera parete crollò dopo l’ultimo attacco del Drago Bianco, finendo per ostruirci la strada e interrompere così la fuga; l’ombra immensa del mostro ci ricoprì e il fiato rovente ci soffocò, la testa così vicina da poter vedere il nostro riflesso sui suoi occhi blu; la lingua che scivolava fuori sfiorandoci con la punta, indeciso chi divorare…
<< Aspetta! >> ad un tratto vedemmo giungere in volo con gran foga Ilyan, atterrando sulla bocca del mostro chiudendogliela, Seto – posseduto che lo squadrò malissimo.
<< Che ci fai tu qui? Ti avevo ben detto di stare alla larga da me, inutile idiota! >> sbraitò furioso.
<< L’idiota sarai tu! Il nostro padrone è in collera con te! >> replicò Ilyan afferrandolo per il colletto della giacca.
<< Perché? Che sbaglio ho mai commesso? Sto eseguendo ogni suo ordine e adesso sto completando l’incarico da lui affidatomi. >>
<< Già… peccato che stai per far fuori anche la ragazzina! >>
<< E non è ciò che voleva? >>
<< Non più! Ha scoperto che se lei muore con indosso la pietra magica, anch’esso si spegnerà come la sua vita! >>
A quelle parole il cattivo fece una smorfia seccata, con un gesto fece cenno al drago di allontanarsi, lasciandosi così respirare di sollievo. Ero curiosa su quella cosa detta dal mercenario, aveva già menzionato questo suo signore e dell’idea strana di volermi incontrare, ma era ancora più strano che anche il demone avesse la medesima conoscenza. Gli disse di spicciarsi a prendermi e levarsi dalle scatole, il soldato annuì, porgendomi la sua mano ma io la cacciai via, provando a fargli del male sferrando una serie di pugni sul suo stomaco, ma gli feci solo il solletico. I personaggi animati mi trascinarono indietro dicendomi che era inutile perdere tempo in quel modo.
<< Bravi, tenetela a cuccia finchè non do la buona notizia al mio signore. >>
<< Io non vengo da nessuna parte con te! Quante volte te lo devo dire antipatico!? >>
<< Rilassati, non sarà un viaggio lungo, anzi, sarà molto breve. >>
Improvvisamente il mercenario esplose, ci sentimmo spingere forte all’indietro, finendo per cadere in una apertura alle nostre spalle che non avevamo notato.
 
Il demone rimase allibito sia dalla nostra sparizione… sia dal scoprire la vera identità del mercenario… sia dall’arrivo di quello vero che arrivò subito dopo.
 
§
<< Tutto a posto? >> chiese il vecchio all’uomo che giaceva stremato su una sedia imbottita, tracannando il terzo bicchiere d’acqua tutto d’un fiato.
<< Si, credo di sì. >> rispose lui stancamente.
<< Hai fatto un bello scherzo allo scagnozzo del tuo vecchio “amico”. Credi che l’abbia presa bene? >>
<< Bene non direi. >>
Entrambi risero all’immagine dello spettro possessore stupito di essere stato raggirato, fu però una breve allegria, ricordandosi la ragione per cui erano intervenuti tornarono seri.
<< Ho fatto quello che potevo, preghiamo che tutto ora vada bene. Ho un brutto presentimento su come Tenebros potrebbe rispondere a questa mia intromissione. >>

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Capitolo 29
*** Capitolo ventinovesimo: faraoni, visioni e bugie ***


<< Siamo salvi? >> chiese Yui incerta.
<< Pare di si… >> le rispose Sakura.
Non avevamo ancora capito in che modo ci fossimo salvati, tant’è vero che restammo sdraiati a terra a pancia in su a fissare il vuoto storditi, il nonno di Yugi sporto dal bordo del bancone che ci fissava scioccato, reazione normale dopo averci visto comparire dal nulla nel bel mezzo del negozio.
 
Un po’ di cibo, un sonnellino e un cambio d’abiti ci ricaricarono le batterie.
Sicuri di poterci rimettere al lavoro, cominciammo a fare il punto della situazione: la mossa nemica era stata inaspettata, aveva di nuovo il vantaggio dalla sua e l’idea di smascherarlo era andata a farsi friggere, peggio ancora, con Seto posseduto non potevamo certo ingaggiare uno scontro diretto.
A quel punto non avevamo idea di che strada prendere, l’unico lato positivo era quello di aver liberato gli ostaggi  ingiustamente accusati di crimini che non avevano commesso, piccola vittoria che purtroppo non scacciava l’amarezza.
Tra una discussione e l’altra, ad un certo punto mi resi conto che Sakura mostrava una chiara agitazione, standosene in disparte con lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi che brillavano, le mani strette intorno al suo bastone ridotto alle dimensioni di un ciondolo. Le chiesi cosa la turbasse, dapprima si intestardì tentando di convincermi che non aveva nulla di strano, insistendo sempre più riuscì finalmente a farle sputare la verità.
<< Ho paura che possa succedere quella cosa. >>
<< Quale cosa? >>
<< Quella che ha quasi distrutto la mia casa. >>
In quell’attimo non capì a cosa si riferisse Sakura, quando poi ci arrivai mi venne la paura a mia volta, i capelli mi si rizzarono sulla testa e mi venne persino la pelle d’oca.
<< Io… io non credo che qui c’è un Varco Dimensionale…. >>
<< E se così non fosse? E se dovesse comparire quel Ponte? >>
Libera di potersi sfogare, Sakura espresse la sua preoccupazione di poter assistere di nuovo al disastro dell’attivazione del Ponte per collegare i Mondi Paralleli. Sebbene fossi convinta che le cose non potevano andare peggio di così, non si scartò quella tragica ipotesi, ben impressa nella memoria l’esperienza distruttrice che si stava per lasciar dietro.
<< Non avevo pensato ad una simile eventualità. >>
<< Ma Sly, non è possibile… voglio dire… che razza di coincidenza trovare un altro Varco. >>
<< Nemmeno io credo alle coincidenze Claudia, però… ammetto che a questo punto un pensierino lo farei. >>
<< E come si fa a trovare questo cosiddetto portale? >>
<< L’unico modo è usare la pietra dorata di Claudia. è “attratta” da questo portale come una calamità. >>
<< Ma io non ho idea di come si utilizzi la pietra in questa situazione, ha fatto tutto da sola. E poi, da dove iniziamo? >>
<< Visto che si tratta solo di una ipotesi la nostra, faremo un rapido giro nei punti che sembrano più interessanti. >>
<< Sarà una lunga ricerca allora. >>
<< Ehi, un dubbio simile va chiarito. >>
 
Sarebbe stato più semplice se avessi avuto un totale controllo della pietra.
Mi sarei risparmiata ore di volo lento e costante, nonché di paranoia di poter precipitare.
Mi seccava soprattutto cercare una cosa che non si sapeva se c’era davvero, avrei preferito di gran lunga mettermi a dormire.
<< Attenzione! Vuoto d’aria! >> avvisò Sakura.
Gridai a denti stretti all’ennesimo balzo che mi portò il cuore il gola e lo stomaco al posto dei polmoni.
Voglio tornare a casa!
Avrei dovuto lavorare sulla pietra per cercare di farla funzionare, ma come potevo in quelle condizioni? Ero troppo spaventata, cercavo di distrarmi pensando a cose allegre che si facevano con i piedi per terra.
<< Ancora niente? >> chiese la voce di Sly, distorta attraverso il walkie-talkie.
<< Nulla. è tutto calmo. >> gli rispose Sakura.
<< Sly! Voglio scendere! Mi sto sentendo male! >> dissi a mia volta, in lacrime.
All’OK del procione mentalmente ringraziai Dio, la manovra di atterraggio fu rapida, permettendo così un veloce ritorno al sicuro suolo che quasi baciai nel ricongiungimento. I personaggi erano delusi dal fallito progetto, quasi quasi mi veniva voglia di canzonargli visto che, prima di iniziare quella ricerca, glielo avevo detto (o meglio, contestato) che non sarebbe servito.
All’improvviso, proprio quando si stavano convincendo ad andarsene, la gemma cominciò a brillare.
Rapida si stava scaldando con l’aumentare del bagliore, non lo si prese come un buon segno visto che confermava i sospetti avuti, quindi ricominciammo a girovagare per trovare l’origine del segnale. Cerca e ricerca, ci bloccammo ad un certo punto a causa di un vicolo cieco che restringeva la strada, assottigliata dalla vicinanza quasi attaccaticcia di due palazzi: ci dividemmo per un completo controllo, Sakura e Yui sarebbero passate di sopra e avrebbero perlustrato i dintorni, la sottoscritta con i ragazzi, invece, saremmo passati attraverso la sottile fessura per assicurarci che non si trovasse proprio lì in mezzo, e anche perché eravamo gli unici abbastanza magri.
Roba claustrofobica, fortuna che io ci scivolavo facilmente piccola com’ero.
Sbucammo dall’altro lato senza che nulla si fosse scatenato, il cristallo continuava a brillare ma di varchi nemmeno l’ombra, l’unica cosa ottenuta era polvere di calcinacci sui vestiti e qualche graffio sulle mani.
<< Forse il varco si trova dentro uno dei palazzi e non fuori come pensiamo. >> disse Sly pensieroso.
<< Dentro? O cavolo, speriamo di no! >> replicai io.
<< Ciò significa che dovremmo entrare negli edifici? >> disse Yugi, poco convinto.
<< Se sarà necessario dovremmo entrare anche negli appartamenti di chi ci vive dentro. >>
<< Per te è facile che sei un ladro. >>
<< Ragazzino, vedi se riesci a procurarci qualche arnese da scasso, io invece vado ad avvertire la cartomante e l’isterica hacker, magari ci danno qualche suggerimento utile. >>
<< E io? >>
<< Tu resta qui piccoletta. >>
Imbronciata per quell’incarico “importante” mi sedetti sul marciapiede, aspettando il ritorno dei personaggi, fissando nel frattempo il cristallo che continuava a brillare indefesso, quasi ipnotizzata.
 
Non trascorse nemmeno un minuto che una nuova sorpresa fece capolino.
 
Ad un certo punto la luce fuoriuscì dalla superficie cristallina, trasformandosi prima in una palla e poi in un esserino peloso marrone scuro con gialli occhi grandi e zampette mostruose verdi munite di tre artigli ciascuno.
Fece un versetto da micino e si stropicciò gli occhi, interdetta lo fissai senza capire da dove diavolo fosse saltato fuori.
Subito dopo mi prese a testate, costringendomi in quel modo ad uscire dal vicolo; “miagolando” arrabbiato quando tentavo di fermarmi o di prendere una direzione opposta a quella che voleva lui, provai a chiamare qualcuno ma nessuno accorse al richiamo. Poco dopo imboccai una stradina che portava in una piccola piazza ovale, nascosta tra i grattacieli che la circondavano come una gabbia immensa, senza panchine o siepi ad abbellirlo.
A terra, però, c’erano sparse tantissime carte del Duel Monsters.
La creatura pelosa  se ne andò a volare sopra di loro canticchiando, luci e rumori scaturirono dai rettangoli di carta che si innalzarono in volo roteando su sé stesse cominciando a prendere vita; che somigliassero a demoni o cavalieri aveva poca importanza, mi nascosi ai margini della strada dalla quale ero venuta e osservai lo spettacolo in corso. Disorientata da tutti quei mostri, non mi resi conto dell’ombra che oscurò una sezione di piazza con una siluette familiare: il Drago Bianco Occhi Blu si stava affacciando dalla cima di un palazzo che osservava più incuriosito di me il singolare evento.
Nessuno degli altri mostri si accorse della sua presenza, si “annunciò” per tale ragione con un ruggito.
Sentendo quel verso si spaventarono le creature, vedendo il dragone tanta paura trapelò dai loro occhi e alcuni scapparono. In seguito fu un susseguirsi caotico, in quell’attimo molti mostri vennero afferrati da centinaia di mani rugose e bitorzolute, provviste di unghie lunghissime e gialle, alcune, dopo aver immobilizzato una preda, si sciolsero, impregnando di materia oscura i loro corpi che l’assorbirono completamente. I loro occhi cominciarono a brillare di rosso, assetati di sangue, le loro movenze più aggressive, di tutto punto ingaggiarono battaglia tra di loro con violenza inaudita.
 
Si dispersero ai quattro venti, inseguendosi a vicenda.
Calò una calma assai spiacevole, il respiro della bestia chiaro e forte.
Come un geco si discese la costruzione fino a terra, il collo lungo che scivolava in avanti sfiorando la pavimentazione di mattonelle grigie. Annusò l’aria, si muoveva avanti e indietro cercando di percepire chissà quale odore, mi pietrificai all’idea che stesse sentendo il mio, volevo scappare, ma le gambe non avevano intenzione di muoversi.
Mi nascosi il volto tra le mani piagnucolando spaurita, sperando che in quel modo quel mostro non potesse vedermi e tentasse di mangiarmi, la gola mi faceva male nello sforzo di trattenere i singhiozzi… Ad un tratto, delle mani afferrarono le mie, Yugi era di fronte a me facendomi segno di non parlare. Mi aiutò ad alzarmi, insieme strisciammo verso l’uscita appiattiti sulla parete, usando il labiale per dirmi di stare tranquilla, fino a quando non fummo abbastanza lontani.
Una volta al sicuro lo abbracciai forte, si imbarazzò per quel gesto il personaggio ma avevo bisogno di sicurezza, di sentirmi protetta.
<< Perché ti sei allontanata? >> mi chiese ad un certo punto.
<< Non è stata colpa mia! Una palla di pelo con gli occhi mi ha spinto via! >>
<< Una “che cosa”? >>
<< Non ti sto prendendo in giro! Era un cosino marrone con le zampe verdi e gli occhi grandi! Ho chiesto aiuto ma nessuno è venuto! >>
<< Ok! Ok! Calmati! Adesso ci sono io con te. Vieni, torniamo dagli altri, saranno in pensiero per te. >>
<< Ok… >>
 
Ma era tutt’altra direzione quella che prendemmo, intenzioni comprese….
 
Aveva detto Yugi che saremmo tornati indietro, però mi resi conto che stavamo impiegando troppo tempo, quando quel “coso” mi aveva portato via non avevamo percorso tanta strada e me lo ricordavo benissimo, ciò nonostante non dissi nulla, affidandomi completamente al personaggio. Nel frattempo, osservandolo, mi pareva “diverso”: nel suo aspetto c’era una lieve differenza che non riuscivo a focalizzare. Mi rivolse parecchie domande, interessate soprattutto a come funzionasse il potere del bracciale, nel frattempo si guardava in giro con timore, una mano poggiata sulla piramide d’oro al collo.
<< Mi avevi detto che quel mercenario ti vuole rapire per conto di qualcuno. Ti ha detto il nome? >> mi chiese Yugi ad un certo punto.
<< No, e tecnicamente vuole la pietra che mi porto dietro, non me sul serio. >> gli risposi.
<< Questa cosa ti fa paura? >>
<< Accidenti, certo che si. >>
Prima che continuasse ad interrogarmi, fui io stavolta a porgli una domanda.
<< Yugi, ma tu sai chi è che ha posseduto Seto? >>
Yugi si irrigidì, lo sentì chiaramente a fior di pelle, segno che avevo azzeccato un punto importante. Aspettai impaziente una risposta, il ragazzo però taceva, e non ne capivo il perché.
Stavo per insistere quando il personaggio volse lo sguardo verso il vuoto, occhi sgranati per qualcosa che apparentemente sembrava non esserci.
Mi afferrò per un braccio e cominciammo a correre, con disperazione provò ad entrare all’interno di un qualunque edificio, ma le porte erano sigillate con grossi lucchetti e catenacci, le finestre serrate da grate di ferro, poco per volta i lampioni spenti si accesero senza motivo essendo ancora pieno giorno.
<< Ti senti bene? >> gli chiesi.
Non rispose, continuando a trascinarmi fino ad un dedalo di fabbriche, andando a destra e a manca senza una meta. Nel percorrere una delle numerose stradine, scorsi da lontano un particolare edificio che attirò la mia attenzione: non appena mi misi a guardarlo, il cristallo brillò con quel particolare intenso calore che avvertiva qualcosa di importante.
<< Maledizione! Non adesso! Così rischiamo di farci scoprire! >> urlò Yugi, il tono di voce diverso dal solito.
Stavo per spiegare a Yugi le caratteristiche di questo fenomeno quando lui ci mise le mani sopra tentando di coprire la luce, senza preoccuparsi se mi stavo facendo male o meno. Strinsi i denti per ignorare il dolore quanto più potevo ma alla fine, tra il bruciore e l’umore nero di Yugi che non mi tranquillizzava, cacciai quest’ultimo con un calcio e me ne scappai.
Mi nascosi dietro una pila di scatoloni, Yugi mi chiamava per tornare indietro, per un po’ calò non si sentì più nulla tranne per qualche indistinto abbaiare di cani; eco di passi si fecero improvvisamente vicini costringendomi a rannicchiare ulteriormente nel nascondiglio, le ossa indolenzite per la scomoda posizione in cui mi ero sistemata
<< Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarti. >> disse Yugi ad un tratto.
<< Mi rendo conto che non hai fatto apposta quella cosa con la luce, è solo che ha brillato nel momento meno adatto. >>
Prendendo un poco di coraggio mi affacciai dal mio nascondiglio e lo squadrai in malo modo, per fargli capire che ero offesa.
Il personaggio sospirò, passandosi le mani tra i capelli che si rizzavano subito.
<< Credimi, non l’ho fatto apposta. >>
<< A me sembra di sì! >>
Provò a dire qualcosa ma tacque, era consapevole che non c’era scusa che reggeva.
<< Cos’è che ti spaventa tanto? >>
<< Io non sono spaventato. >>
<< Bugiardo. Si vede benissimo. >>
Aspettai con impazienza una risposta, poi Yugi si avvicinò assumendo un’espressione autorevole che mi intimoriva non poco, subito dopo poggiò un dito sulla fronte, muovendolo in maniera particolare per “disegnare” sulla pelle un motivo che non riuscì a decifrare.
Da quel momento vidi tutto quanto in maniera diversa.
 
Un terribile mal di testa mi compresse il cervello, immagini confuse vennero proiettate nella mia mente sotto forma di flash, voci mischiate dalle tonalità disparate e centinaia di occhi dorati sbarrati collegati ad un’unica persona.
A fine “lavaggio del cervello” mi calmai, una luce mistica circondava Yugi facendolo vedere sotto una luce diversa, letteralmente….
<< Chi sei tu? >> chiesi confusa.
<< Io non sono Yugi. >> mise ben in chiaro il ragazzo.
Non so come spiegarlo senza apparire confusionaria, ma la figura di Yugi era stata sostituita da un suo alterego dai tratti più adulti, gli occhi da bambino erano più affusolati come il volto non più tondeggiante, la statura incrementata, i capelli più folti. Io lo conoscevo (per modo di dire); l’avevo già visto comparire più di una volta nel cartone animato, però non avevo ancora capito chi egli fosse esattamente in quanto non avevo seguito fin dall’inizio la serie animata, le prime volte avevo pensato che si trattasse di una “trasformazione”, poi che si trattasse di una sorta di entità malvagia… e in quel momento non ne avevo più idea.
<< Io ti conosco, ti ho già visto parlare con Yugi… quando credevo che eravate solo cartoni animati intendo…. >>
<< Quelli come te possono vedermi? Questo è molto interessante, e al tempo stesso invadente. >>
Mi amareggiava il fatto di non essere stata più attenta nel seguire la serie di Yugioh, probabilmente è questo il motivo per cui ora mi tolgo il gusto della sorpresa leggendomi gli spoiler di quasi qualunque cosa mi guardi, dai film alle serie tv. Quel “Yugi alternativo”, o come caspita si chiamava, non mi infondeva la stessa fiducia di quello originale, non grazie allo sguardo semi-minaccioso con cui mi fissava.
<< Tu non sei cattivo… vero? >>
<< Sono solo un fantasma. Non ho alcun nome o passato, sono solo consapevole di essere stato prigioniero di questa reliquia, il Puzzle del Millennio, per secoli in attesa del giorno della mia liberazione, e di scoprire chi sono. >> disse indicando il Puzzle del Millennio, la piramide d’oro.
Cercai di pensare a quale domanda fargli, sperando di non apparire scortese o invadente, nonostante l’immensa curiosità di scoprire più informazioni possibili.
Era interessate quello che diceva, ma non rassicurante, pareva il protagonista di qualche film di avventura giunto al momento clou della storia prima che questa si concludesse in modo assai violento. Motivo per cui continuai a restargli a distanza, anche perché non aveva risposto precisamente alla mia domanda…
<< Non volevo rivelare a te o ai tuoi amici la mia identità, temevo che avreste agito in modo sbagliato nei miei confronti. >>
La voce si era fatta gelida, i suoi occhi ora mi fissavano in modo diverso, con più cattiveria.
Indicò il bracciale, assumendo una specie di posa statuaria per enfatizzare quanto stava per dire:
<< Tu non te ne renderai conto, ma a causa di quell’oggetto io e Yugi abbiamo passato molti guai, più di quelli che siamo stati costretti ad affrontare prima del tuo arrivo. >>
<< Che… che intendi dire? >>
<< è un’arma pericolosa, il potere che nasconde causa più male di quanto tu lo usi per fare del bene. è uno strumento che causa solo danni e dolore. >>
<< Questo non è vero! Ho fatto tante cose buone! >>
<< Sei solo una bambina, a differenza di te ho subito notato la minaccia che rappresenta. Fino sono rimasto ad osservare ma ora devo agire. >>
La piramide d’oro stava nuovamente brillando, una scura energia fuoriuscì dall’occhio impresso sul lato frontale diffondendosi lentamente a macchia d’olio, ora si che le sue intenzioni erano spaventosamente chiare, non c’era più bisogno di spiegarlo a parole.  
<< So che non sei una persona cattiva, per questo ho provato a toglierti quella pietra, senza successo purtroppo. Se ci fossi riuscito, ora non sarei costretto a farvi sparire entrambi. >>
Il ricordo dell’ombra che mi chiedeva scusa fece capolino con un rapido flash-back, tutto ebbe una spiegazione finalmente.
<< Tu?! Ma allora eri tu quella “cosa” che mi ha aggredito pochi giorni fa! >>
<< Esatto. >>
Si avvicinò l’altro Yugi mentre il suo potere cresceva, cercai di allontanarmi ma si alzò un muro che bloccò ogni possibile via di fuga, la presenza anormale del personaggio ormai vicino si riusciva ad avvertire chiaramente come il soffio del vento. Non riuscivo a credere che un personaggio simile potesse fare una cosa del genere, tutto ciò sconvolgeva quello che sapevo sui “buoni” dei cartoni animati.
<< Per favore! Non farmi del male! >>
<< Mi dispiace, se ti lascio andare quella pietra distruggerà questo mondo. >>
<< Non è vero! Non è vero! >>
<< Lo credi, ma non è così. >>
Il panico prese il sopravvento, non vedendo modo di fuggire provai ad andarmene con la forza, tentando di colpire l’individuo spettrale. Non fece una piega, si limitò a spostarsi a destra o sinistra come se dovesse schivare una patetica mosca, continuando a ripetere che quanto faceva era necessario. Quando si stancò di perdere tempo mi afferrò entrambe le braccia, stringendole così forte da immobilizzarmi, pareva a quel punto che avesse vinto lui la partita.
Invece le cose andarono diversamente.
 
Quando ci ritrovammo a contatto, i nostri oggetti magici brillarono contemporaneamente, la luce emessa però non copiò quella del materiale di cui erano composti, era blu scuro con leggeri accenni di bianco, all’interno dei raggi riflettevano macchie nere che proiettavano ombre dalle forme strane. Riuscimmo a dividerci solo quando si generò una forza respingente, simile a quella che si sente quando si prova ad avvicinare due calamite, io mi presi un bello spavento mentre lo spettro si becco una brutta ustione alle mani che bruciavano per colpa di fiammelle azzurre.
<< Questo… questo non è possibile. Non doveva accadere… >> farfugliò il personaggio.
Ad un tratto il Puzzle del Millennio s’illuminò intensamente, proiettando a terra, attraverso i pezzi che lo componevano, geroglifici dal significato sconosciuto. Nel frattempo che lui leggeva, io ne approfittai per darmela a gambe, verso dove non aveva importanza, doveva essere il più lontano possibile.
Non ero un razzo, mi raggiunse quasi subito.
Mi afferrò per le bretelle della salopette, in quel modo non corse il rischio di finire di nuovo bruciato.
Io tiravo, tentando di scappare, trascinandomelo dietro nonostante puntasse i piedi a terra per frenarmi, stava per dirmi qualcosa quando un chiassoso ronzio non attirò la nostra attenzione, precedendo la comparsa di minuscoli insetti simili ad api, uniti in un vasto sciame. Non erano insetti normali, le vere api non sono grosse come cani, volarono in tondo facendo lavorare le ali dai particolari riflessi verdi, gli occhi frastagliati dello stesso colore, alcune provarono a posarsi su di noi, le loro zampe pungevano a contatto con la pelle mentre sui vestiti parevano incollarsi, le altre finirono ad un certo punto per raccogliersi in una massa compressa che assunse una forma umana.
<< Quale gioia rivedervi, amici miei.>>
Le api esplosero, liberando la forma forgiata: Seto fece un’entrata in scena davvero particolare.
Sia lui che Yugi si fissarono in cagnesco, il fuoco ardeva nei loro occhi e dava l’impressione di incendiare l’aria.
<< Ti ringrazio ragazzina per avermi segnalato la vostra presenza, se non fosse stato per il tuo prezioso bracciale non vi avrei mai trovato. Oh, ma che sgarbato, il merito va anche a te Faraone: toccare un oggetto a te proibito è stato un gesto gentile da parte tua… e anche doloroso da come sono ridotte le tue mani. >>
Faraone?
Questa fu davvero una cosa curiosa.
Non avevo proprio pensato che l’alterego di Yugi potesse trattarsi di qualcuno di sangue blu legato all’Egitto, nonostante gli indizi disseminati un po’ dappertutto.
Stava per rispondergli, ma il tizio lo bloccò subito continuando a parlare:
<< Non proverei a mettermi le mani addosso se fossi in te, è un’azione di cui potresti pentirti. >> lo avvisò.
Il Faraone non diede ascolto all’avviso, si lanciò addosso al tizio, afferrandolo per il colletto della giacca e… una specie di debole esplosione ne conseguì, dividendoli. Sgranò gli occhi il cosiddetto Faraone, quella reazione inaspettata aveva fatto più male a lui che al comun nemico che impassibile si spolverò gli abiti, mostrandosi contento di aver avuto ragione. Intanto la parola “proibito”, riferita al Faraone e alla pietra mi aveva incuriosita, mi sarebbe piaciuto sapere cosa avesse voluto intendere cominciando quel tipico monologo che i cattivi spesso danno vita per esibire tutto il loro male.
<< Il Puzzle non sarà mai tuo, mettitelo bene in testa! >> urlò il Faraone.
<< Il puzzle? >> ripetè il cattivo confuso.
<< Aprire il Mondo delle Ombre non ti sarà facile! Più volte l’ho chiuso e gettato i crudeli come te negli inferi in cui meritano stare! >>
Nonostante il valoroso annuncio, il Seto posseduto scoppiò a ridere. Alzò una mano e alcuni insetti gli si poggiarono sopra, il groviglio semovente si trasformò in una sfera che si ingrossava a dismisura a vista d’occhio. Ipotizzai negativamente quel che sarebbe potuto scatenarsi in seguito e non erano certo belle idee.
<< Pensi ancora che io abbia fatto tutto questo solo per quella stupida reliquia? Ti credevo più furbo, ma devo confessarvi che ne contento, mi hai le cose davvero più facili. >>
<< Che cosa? >>
<< Ci sei rimasto male? Oh poverino, quanto mi dispiace. Tutta colpa di quella visione sul futuro! Pareva essere una carta vincente per fermare me, il “male”, e salvare questo patetico mondo, e invece si è trattato di un espediente per farti fare tutto ciò che volevo io. >>
<< No… non è possibile! Non ci credo! >>
<< Questa è la verità, che ti piaccia o no. Ti ho manipolato fin dall’inizio e tu povero sciocco non te ne sai mai reso conto! >>
<< Ma di cosa sta parlando? Io non ci capito niente. >>
<< NON IMPICCIARTI DI COSE CHE NON TI RIGUARDANO! >>
La risposta del Faraone fu bella brusca, mi parve di rimpicciolire mentre tremai per la reazione esagerata, ma non era colpa mia se avevo seguito per filo e per segno ogni parola. All’improvviso la palla mutò: le api si tramutarono in numerose frecce dalla punta argento e la cocca rossa, ruppero la forma sferica per disperdersi sopra le nostre teste in uno stormo assai folto, roteando su se stesse con un vibrante sibilare.
<< Perché questo?! Se non era il Puzzle che volevi, per cosa hai impiegato le tue forze?! >>
<< Per te, amico mio. Tu sei, e sei sempre stato, il tassello principale del mio piano, e anche ora che siamo giunti alla fine, mi servi ancora. Sei padrone di non credermi, ma mi sento prendere dall’emozione di aver raggiuntolo lo scopo prefisso. >>
 
Le frecce scattarono rapide, schivarle appena prima di finire infilzati fu solo grazie alla prontezza di riflessi del Faraone: corremmo mentre la “pioggia” mortale continuava a cadere, pareva non avere fine in quanto il numero delle frecce non diminuiva.
<< Mentre provo a distrarlo tu cerca di scappare più lontano che puoi! >>
<< Così ti farai uccidere! >>
Non pareva importargli quell’idea al personaggio, si fermò di botto rispondendo all’attacco chiamando a sé i mostri delle sue carte, pochi ma forti abbastanza per respingere lo sciame killer.
Io a scappare, al contrario, non ci pensai nemmeno: restai lì, nonostante il pericolo, nascosta sotto una macchina per seguire gli eventi; tra i ruggiti delle creature magiche e il sibilare delle frecce che scoccavamo nell’aria, la confusione era una cacofonia insopportabile che s’intensificava col passare dei secondi, come se dovesse superare la barriera del suono. Il motivo principale per cui non me la diedi a gambe fu perché non mi fidavo più; troppe cose erano andate storte e le cose che mi erano state nascoste…. e tutto perché c’era Yugi e quel suo alterego in mezzo.
Quindi pensai che rimasta di nuovo da sola, quando le acque si sarebbero calmate, lui avrebbe ricominciato a fare qualcosa di spiacevole.
Voi al mio posto come vi sareste comportati?
Improvvisamente una specie di onda d’urto, generata da un suono secco ma lungo, distrusse sia armi che mostriciattoli, originandosi voragini creatasi e sciolse persino il cemento. Sbirciando fuori, vidi i duellanti ancora presi a darsele di santa ragione, la vittoria era un boccone troppo grosso per essere perso, sarebbero arrivati persino all’autodistruzione pur di farcela. Grondanti di sudore e affaticati, si fermarono un attimo a distanza di sicurezza l’uno dall’altro, con la sola differenza che Seto continuava a sorridere, mostrandosi  molto sicuro di sè.
<< Devo ammetterlo, sono sbalordito, la tua tenacia è davvero senza pari. Ma non ti servirà, visto che non hai alcuna speranza di battermi e sfuggire al destino che ti spetta. >>
<< Eppure ti sto tenendo testa. >>
<< Solo perché hai avuto la fortuna di conservare l’ultimo briciolo di energia della tua temporanea forma umana. >>
<< Io ho ancora energia da vendere! >>
<< Davvero? Ne sei sicuro? >>
Per primo il Faraone riprese l’attacco, tentò di colpire con un pugno l’avversario… ma lo trapassò senza fargli del male.
In quello stesso momento il corpo dello spirito cominciò a dividersi, lentamente due forme si allontanarono l’una dall’altra, divise da un taglio di luce formato dalla reliquia che si tolse via dal sola dal suo collo come per magia. Yugi e il Faraone divennero due personaggi distinti, fu una scena incredibile, forse quella fu una delle prime volte che poterono vedersi faccia a faccia senza doversi “incontrare” solo con la condivisione del corpo.
L’antagonista iniziò a ridere, ad un suo segnale riapparve lo sciame di insetti che avvolsero il Faraone a tradimento, il quale si dimenò come un matto per liberarsene. D’istinto toccai la pietra per trasformarmi… ma ciò non avvenne, accorgendomi solo allora che il magico cristallo era tutto ricoperto da segni strani e il suo bel colore giallo impallidito tanto da renderlo meno attraente: senza la pietra non potevo agire.
Yugi nel frattempo, non volendo permettere una simile azione nei confronti del suo doppio, cercò di scacciare con le proprie mani quegli insetti, urlandogli di andarsene, cominciò persino a lanciare sassi nella speranza di salvare l’altro. L’entità maligna si avvicinò al ragazzino, fissandolo con spaventosi occhi violacei con striature gialle e le pupille sottili, di colpo il suo corpo fu tempestato di lunghi aculei che trafissero Yugi di leggero tocco che crollò a terra soffocavano un grido addolorato, sconvolto da convulsioni di chissà quale indescrivibile dolore.
Scioccata, rimasi immobile e senza parole, quella terrificante immagine mi è rimasta impressa negli occhi come una cicatrice sulla pelle, il grido disperato del Faraone fu poi un’aggiunta triste alla scena.
<< Non è morto. Gli ho solo dato un chiaro “messaggio” di non intromettersi nei miei affari. >> disse l’entità.
<< Sei un dannato mostro! >> gli urlò furioso il Faraone.
Ridacchiò all’insulto, si avvicinò lentamente e gli sussurrò qualcosa all’orecchio:
<< Io sarei il mostro? E tu allora cosa saresti, che hai tentato di far fuori una bambina innocente? Non ti sei nemmeno preoccupato di chiederti se fosse davvero lei il pericolo da affrontare. >>
<< Non è vero…io….>>
<< Stammi bene a sentire ora, per questo mondo ormai non c’è più niente da fare e il merito è solamente tuo. Il tuo cuore è più nero del mio, eppure hai avuto la faccia tosta di rinfacciare a me che ero il cattivo, ne ho incontrata di gente ipocrita, ma tu sei il peggiore di tutti. Non vedo l’ora di far sparire questo tuo inutile universo di cosiddetti “cartoni animati”. >>
Che cosa ha detto?! esclamai mentalmente.
Il cattivo aveva appena ammesso di essere a conoscenza dell’universo animato.
Questo non era possibile, era una notizia sbalorditiva.
C’era dell’altro che stava per dire ma serrò la bocca, qualcuno stava arrivando, perciò scomparve portando via con sé il personaggio, abbandonando Yugi.
Solo allora uscì allo scoperto, tirai fuori il walkie-talkie e disperatamente cercai di contattare i ragazzi per farmi aiutare.
<< Colpa mia…. solo colpa mia… >> mugugnò Yugi, respirando a fatica.
<< Non parlare! Gli amici stanno arrivando! >> gli dissi.
<< è stata solo colpa mia… non dovevo tradire la vostra fiducia… >>
<< Oh accidenti! Ma che cavolo sta succedendo?! >>
 

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Capitolo 30
*** Capitolo trentesimo: tempo di regolare i conti ***


Yugi stava malissimo, e il suo non era più solo dolore fisico.
Non fece altro che piangere e singhiozzare, addossandosi tutta la colpa per quanto era successo, sopraffatto dallo strazio.
Già…. cos’era successo?
Non era tanto chiaro in fin dei conti.
 
Dopo aver portato Yugi all’ospedale, difficilmente riuscì a spiegare quanto era accaduto, ripetendo insistentemente i dettagli più importanti, come il fatto che quel dannato sapesse di appartenere ad un mondo, considerato da quelli come me, fittizio. Ciò che però premeva di più i personaggi era sapere perché Yugi avesse agito di nascosto: quando si riprese dalle ferite fu la prima cosa che gli chiedemmo… però non ebbe il coraggio di guardarci in faccia e di risponderci.
Fece di tutto per rimanere isolato a piangere sè stesso, mi chiesi che cosa stesse pensando e quale tipo di pensieri negativi lo stavano torturando, assorto nella propria depressione con il volto nascosto dalle braccia. Sly si avvicinò, braccia incrociate e sguardo serio:
<< Ragazzino. >> cominciò a dire.
<< Che cosa vuoi? >> gli chiese con voce rauca.
<< Voglio parlarti. >>
<< Non mi va adesso. >>
<< E invece parliamo. >>
Sbuffò scocciato Yugi ma rimase in ascolto.
<< Ascolta, ne abbiamo passato di cotte e di crude, perciò i segreti non sono più ammessi. Dicci che cosa hai combinato alle nostre spalle per tutto questo tempo, altrimenti ti costringerò a sputare fuori la verità a suon di pugni. >>
<< Sly, non esagerare. Non ha fatto del male a nessuno. >>
<< “Non ha fatto del male a nessuno”? >>
Yugi ripetè le ultime parole con un tono assai alterato.
Gridò che non c’era nulla di bene, accusandosi tramite differenti eventi di essere chissà quale calamità naturale, calmarlo fu inutile, era furioso con sé stesso soprattutto. L’unico modo che Sly trovò per farlo tacere fu dargli un ceffone in faccia, colto di sorpresa interruppe la frenesia negativa che gli era presa, l’intervento a parer mio era stato alquanto esagerato ma servì a zittirlo.
Con voce calma Sly riprese a parlargli:
<< Io penso che tu sia un bravo ragazzo. Non importa che tu abbia provato a fare il doppio gioco, nei tuoi occhi si può leggere quanto sei onesto, anche le tue azioni parlano per te: hai aiutato Claudia e Sakura anche se non le conoscevi, hai voluto rischiare la pelle per noi più di una volta… un pregio come il tuo poche persone lo possiedono. >>
<< Come fai ad essere così sicuro di questa mia bontà? Non mi conosci che da poco tempo. >>
<< Questo è vero, ma io, mio caro, mi baso su una specie di sesto senso che chiamo fiducia. >>
Le parole toccarono il cuore del personaggio, un groppo in gola gli  impedì di poter dire qualcosa, dovette fare uno bello sforzo prima di riuscire a ringraziare il procione, abbozzando un sorriso.
<< Come ti senti adesso? >>
<< Un po’ meglio adesso… >>
<< Cosa conti di fare ora? Dirci qualcosa oppure continuare a tenere la bocca chiusa? >>
Non se lo fece ripetere due volte.
Yugi finalmente si decise a darci le dovute spiegazioni.
 
Yugi aveva avuto una sorte di visione sul futuro riguardo tutti gli avvenimenti accaduti in quella nostra avventura: fin dall’inizio aveva saputo come e dove ogni azione avrebbe svolto il suo corso. Nei nostri confronti non si era comportato in modo del tutto disinteressato, voleva tenerci d’occhio all’inizio, per convincersi che quanto aveva visto forse non sarebbe davvero successo… nel corso dei giorni però aveva avuto più motivi per rendersi conto che quello previsto era perfetto.
Quella che pareva sorpresa, ammise lui stesso che non era stato altro che panico.
La ragione era sempre collegata alla visione, cose orribili sarebbero succedesse se noi altri, e in particolar modo il cristallo dorato, avessimo insistito nel mettere lo zampino nella lotta tra lui e la sua nemesi, causando la distruzione della Città di Domino invece che salvarla. Quell’idea era talmente spaventosa che non poteva più passeggiare per le strade della sua casa natale senza immaginarla rasa al suolo, perciò Yugi si lasciò avvicinare dall’idea di dover far qualcosa per prevenire quell’incubo.
Perciò quando l’incontro tra noi avvenne si rimboccò le maniche per dar il via alla propria idea di salvezza, costringendosi a dover agire in modo poco consono alla propria natura sperando di poter cambiare il corso della storia, ma fino ad allora aveva fallito. L’ultimo tentativo, provato nel momento in cui aveva cercato di togliermi la pietra, aveva sconvolto le sue aspettative: la sua visione gli aveva mostrato che sarebbe riuscito a togliermi e far sparire il cristallo prevenendo la distruzione, perciò fu colto alla sprovvista quando il nemico rapì il Faraone, impreparato alla reale fine del visione.
<< Questa e la cosa più incredibile che io abbia mai sentito. Hai praticamente perso la testa per questa roba. >>
<< Lo so, non mi ci dovevo affidare completamente, ma… mettetevi nei miei panni… ero spaventato da quel che sarebbe potuto accadere. >>
Vedere così giù di corda il personaggio animato era triste; non avevo mai pensato fino a quel momento che simili individui potessero soffrire a tal punto, mi ero concentrata troppo sul loro lato divertente senza pensare che anche loro erano, alla fine, delle persone.
<< E adesso cosa hai intenzione di fare? >>
<< Rimettere a posto le cose, ovviamente… e soprattutto, voglio salvare il mio amico. >>
<< Hai intenzione di affrontare Seto? Ti senti pronto a farlo? >>
<< Non ho altra scelta, è l’unico modo. >>
<< Allora sarà bene che ci rimbocchiamo tutti le maniche, sarà un lavoraccio bello tosto. >>
<< Ma questa non è la vostra battaglia. >>
<< Ti sbagli ragazzino, lo è eccome. Tu ci hai tirato in mezzo a questa storia, e adesso, volenti o no, dobbiamo metterci la parola fine sopra insieme. >>
Non riuscì a replicare Yugi, Sly aveva detto bene e lui era conscio che aveva ragione.
Perciò alla fine si rimise in piedi, si armò di deck e si propose come “capitano” della missione.
Ora che aveva ripreso a ragionare, era deciso a combattere.
 
§
Nel frattempo, mentre noi ci preparavamo ad affrontare l’ennesimo conflitto, qualcun altro al contrario di noi non nutriva affatto le stesse fiduciose speranze. Gabriel era pallido in volto, le mani congiunte tra loro tremavano per lo sforzo che ci metteva nello stringerle forti, la stanza in cui si era rifugiato era buia a causa delle finestre chiuse e il più mite raggio di sole che vi filtrava attraverso gli dava un fastidio indescrivibile, come un’allergia.
Difficile dire da quanto tempo stava in quel modo, era preoccupato l’amico suo che frugava fra medicinali di ogni sorta, preoccupato da quello stato d’animo che peggiorava visibilmente, testimoniato dalle cornee arrossate degli occhi.    
<< Stai male. Devi andare a coricarti subito. >>
<< No, non dopo quanto quel mostro ha causato. >>
Improvvisamente l’uomo cominciò a tossire forte fino al soffocamento, il vecchio accanto a lui gli avvicinò una mascherina per l’ossigeno per aiutarlo nella respirazione fino a quando l’attacco non finì. Gabriel si tenne attaccato al volto, leggermente bluastro, la mascherina di plastica cercando nel frattempo di avvicinarsi allo strano strumento attraverso la quale spiava le nostre mosse, qualche lacrima fece capolino dagli occhi stanchi che le scure occhiaie ora accentuavano maggiormente.
<< Avvertivo che c’era qualcosa di strano…. me lo diceva il mio sesto senso… lo stesso di quel momento di tanti anni fa. >>
<< Io spero che questa volta tu ti sbagli. >>
<< Lo vorrei anche io, ma l’esempio di quanto io abbia ragione e proprio davanti ai nostri occhi. >>
<< Che dobbiamo fare dunque? Come dobbiamo agire? >>
<< Non lo so. >>
§
 
L’unico modo per scovare il nemico era individuare la distorsione dimensionale: trovata quella, avremmo beccato anche il suo nascondiglio.
 
Percepì nuovamente la presenza del Varco Dimensionale quando mi trovai in un determinato punto, all’interno di uno stadio circolare, con due megaschermi posti ai livelli più alti della struttura che racchiudeva un campo rettangolare simile al ring per i wrestler.
Trovammo per terra, sparse tutte intorno lo stadio, carte del Duel Monsters tagliuzzate in sottili strisce di carta, provai a raccoglierli ma questi si sbriciolarono tra le mani, ad un tratto i fari dello stadio si accesero simultaneamente, compresi i grandi schermi con il video disturbato da interferenze, sul ring il Varco apparve nella sua gloria cominciando a distorcere l’atmosfera.
Del nemico, nel frattempo, nessuna traccia.
 
La pietra vibrava e mandava scintille come un macchinario in corto circuito, quando provavo ad usarla sul Varco avvertivo una specie di forza che annullava le sue capacità magiche; fui costretta per quello a cercare una specie di ricezione per sistemarlo, muovendomi avanti e indietro come si farebbe normalmente con un telefono. Intanto mi guardavo intorno, agitata da presenze che non riuscivo a vedere, ero così sulle spine che quando il Varco si chiuse di colpo gridai.
Il problema del passaggio sembrava risolto, ma era stato tutto fin troppo facile.
<< Possibile che nessuno fosse a guardia del posto? Questo vuol dire che si siamo sbagliati. >> disse Sakura confusa.
<< Tranquilla, non c’è nessun errore. Siamo nel posto giusto. >> le rispose Sly.
<< Ma non c’è niente. >>
<< Al contrario, siamo più che in compagnia. >>
Il ladro aveva capito che lo stadio non era così deserto come voleva sembrare.
L’ambiente era bello ampio, i nascondigli erano innumerevoli, rendercene conto non fece altro che aumentare l’agitazione.
Decidemmo di dividerci, muovendoci con passo felpato e prestando attenzione a quel che ci stava intorno ispezionammo ogni angolo tenendo strette le armi in caso di emergenza, pronti a respingere qualunque minaccia: nessuno parlò, ogni pacato rumore faceva battere il cuore e l’adrenalina saliva alle stelle. Io non riuscivo però a trasformarmi ancora, permaneva il blocco anomalo che aveva interrotto i miei poteri.
Ad un tratto Yui gridò per un attimo, dicendo che qualcosa le aveva toccato la schiena, a quel punto i timori stava diventando realtà.
<< Non perdiamo la calma! Ci stiamo facendo impressionare per niente! >> urlò il ladro.
<< Come fai a dire che non c’è niente?! L’hai detto tu stesso che non siamo soli! Dobbiamo andare via da qui! >> replicò Yui agitata.
<< Siamo venuti qui per una ragione! Non ci muoviamo fino a quando non avremmo la certezza che questo posto è sicuro! >>
<< Da parte mia ho avuto la dimostrazione che qui finiamo ammazzati! Io qui non…! >>
Improvvisamente ci bloccammo, tutti simultaneamente: i muscoli di ogni angolo del corpo erano pietrificati, nemmeno gli occhi si potevano muovere, questo in una durata di 10 interminabili minuti che servirono a ricaricare il Varco Dimensionale per la sua riapertura. L’energia del mondo fu assorbita fino al punto in cui il passaggio aveva stazionato, si riaprì nello stesso modo violento con cui si era chiuso, in quello stesso momento il blocco ebbe fine e fummo liberi di poterci muovere a piacimento, giusto in tempo per dar il “benvenuto” all’organizzatore dell’evento.
<< Bene, alla fine avete deciso di venire. >>
La voce sibillina del nemico ruppe il sinistro silenzio; passi che si avvicinavano ci fecero voltare verso il lato opposto dello stadio, un’ombra lunga e grande si proiettò fino al centro del ring, ma non c’era nessuno a proiettarla, come se fosse un fantasma a farlo. Altre carte tagliate apparvero piovendo dal cielo ricoprendo le gradinate, l’ombra ora era concentrata alla base e solo allora Seto emerse dalla massa nera, braccia incrociate e testa alta.
<< Mi fa piacere vedervi. Speravo proprio nella vostra presenza. >> disse con voce seria Seto.
<< E come mai? Non vedi l’ora di essere preso a calci nel sedere? >>
<< No, solo perché non volevo perdere tempo a portarvi qui con le mie stesse mani. Però sono sorpreso di vedere che ci sia “qualcun altro”. >>
Sentendosi messo in discussione, Yugi intervenì:
<< Sono venuto di mia spontanea volontà. Voglio aggiustare quello che ho rovinato con le mie mani. >>
<< Fammi indovinare: gli hai raccontato quello che è successo. Non avevi il fegato di cavartela da solo? >>
<< Ehi, vogliamo dargli una mano perché tu hai combinato un casino! >>
Rise il nemico, non gliene importava niente di quello che dicevamo, e ridacchiando tra sé, dalla giacca tirò fuori un semplice ciuffo di capelli biondi. Vedendolo, Yugi non ci vide più dalla rabbia e scese dirompente le gradinate dello stadio fino a raggiungere la zona centrale in pochi minuti, si avventò contro Seto afferrandolo per il colletto per strangolarlo.
<< Che fine ha fatto il mio amico?! >> chiese infuriato.
 << Non devi preoccuparti per lui, sta bene. >> rispose l’altro per nulla turbato.
<< Bugiardo! L’hai torturato! Voglio vedere il Faraone! >>
<< Ti accontento subito. >>
Ad uno schiocco di dita, in cima ad un lato dello stadio apparve una gigantesca croce rovesciata con appeso una persona appesa, prigioniera da mille catene di ferro che lo sostenevano in un groviglio disordinato; scioccato, Yugi tentò di raggiungerlo, ma venne afferrato e scaraventato via dal posseduto che gli impedì di proseguire oltre.
<< Mi dispiace, ma non posso permetterti di aiutarlo. Ho bisogno di lui per l’atto finale del mio piano.
Vedi, aprire un passaggio che unisca due realtà differenti richiede molta fatica ed energia… nonostante il potere che sono riuscito ad acquisire, esso non basta a realizzare l’opera, richiede un tributo molto più elevato.
Ed è qui che entra in scena il Faraone: io non ho intenzione di sprecare altra preziosa energia, essa mi serve per altri scopi, il tuo amico al contrario ne ha da vendere e inoltre, con la sua peculiarità di poter unire la sua anima a quella di qualsiasi altra cosa, potrò fonderlo con il Varco e trasformarlo in una chiave capace di aprire qualsiasi passaggio dimensionale. >>
<< Non è possibile! Una cosa del genere non può accadere! >>
<< Invece sì! L’unione sarà fenomenale! Darà vita ad uno strumento di immensa potenza in grado di far tremare lo spazio e il tempo! Finalmente avrò la possibilità di aprire tutte le porte che mi sono state chiuse! Nessuno potrà fermare il corso degli eventi! Nemmeno voi! Che il rituale abbia inizio! >>
All’improvviso tutto cominciò a tremare, l’arena si sgretolò sotto i nostri piedi mentre gli spalti crollavano e i fari esplodevano formando una pioggia scintillante.
Volammo via (letteralmente) per non finire dentro le larghe crepe che si formarono nella struttura collassante, andando a formare un gigantesco disegno formato da cerchi, triangoli, geroglifici e occhi che fissavano il cielo, illuminati da centinaia di torce composte da bastoni intarsiati le cui estremità bruciavano in una calda fiamma rossa conservata in una specie di scodella; dalle carte tagliate fuoriuscirono le creature rappresentate… anch’essi tagliati, muovendosi come zombie  sprigionando un’aura malvagia simile a smog che contaminava l’aria.
Fu una scena impressionante e il motivo per cui stava accadendo lo era di più.
 
Il demone che aveva posseduto Seto sapeva tutto.
Era conscio dei multi-universi, entrando così nella cerchi di quei pochi individui che avevano dimostrato di esserlo.
Come e perché sapesse questa cosa divenne una bruciante curiosità.
 
In quei mille pensieri la battaglia infuriava.
 
Yugi lottava in groppa ad uno dei suoi mostri facendo una strage di nemici in preda ad una folle rabbia, noi altri trovammo più difficoltà a difenderci in quanto questa volta non sempre i colpi sortivano effetti su quei mostri, dando l’impressione di colpire il nulla.  
E intanto la pietra continuava a non funzionare: per salvarmi la pelle i personaggi dovettero “lanciarmi” da una parte all’altra come una palla per avere il tempo di difendere me e loro stessi, nel frattempo il rituale procedeva senza intoppi: una specie di cantilena si udiva in sottofonde proveniente da fonti sconosciuta, il Possessore aveva le mani alzate al cielo e da esse scaturiva una serie di lampi neri che andavano a toccare sia il Faraone, ancora svenuto, che il Varco simultaneamente, trasmettendosi a vicenda minuscole particelle d’oro.
L’effetto stava modificando la struttura del Varco e distruggendo il gemello di Yugi che lentamente stava sparendo.
<< Dobbiamo impedirgli di completare il rito o sarà la fine! >> urlò Yugi.
<< Come se fosse facile! Questi orribili cosi non ci danno tregua! >> replicò in lacrime Sakura.
Il duellante non ci pensò due volte: si fiondò verso il suo amico urlando a squarciagola il suo nome, quasi in prossimità fu frenato da una parete di serpi che venne dal cielo, sovrapponendosi fra lui e il prigioniero.
<< Non così in fretta moccioso, lo show non è ancora finito. >> esordì Ilyan, in cima all’ostacolo, dietro di lui il Drago Bianco Occhi Blu.
<< Levati da piedi! Non sei tu il mio avversario! >> gli urlò il personaggio.
<< Invece lo sono, visto che mi hanno pagato per ucciderti. >>
Si fissarono in cagnesco, bastò un secondo e cominciarono a prendersi a pugni come teppisti di strada; a quel punto non contava più cosa accadeva intorno, loro erano l’unica cosa importante, non si resero nemmeno conto dell’improvvisa trasformazione del Varco che, sormontato da un occhio, divenne un globo infuocato. La situazione stava degenerando…
<< Sono sorpreso di trovarti qui, credevo che fossi nascosto da qualche parte. >>
<< Non sono mai scappato di fronte al nemico! E tu non sarai il primo con cui comincerò! >>
 << Quanta grinta! Quei tuoi amici sono stati molto persuasivi nel portarti qui! Sono impressionato! Però c’è una cosa che non capisco: come fai a sentirti così determinato, dopo quanto è successo? >>
Le parole del mercenario penetrarono nel cuore di Yugi come un proiettile, stava tentando di farlo sentire nuovamente in colpa per approfittare della debolezza che si sarebbe creata di conseguenza. L’agitazione e il rimorso tornarono a galla, lo si vedeva chiaramente, si sforzò il ragazzo di non farsi abbattere, si tappò le orecchie per ignorare gli ingannevoli commenti che Ilyan gli propinava per farlo star male, ripetendole come una filastrocca senza fine.
Pur di riuscire a torturarlo gli afferrò il viso affinché lo guardasse dritto negli occhi, urlando tutto ciò che più poteva ferirlo verbalmente.
<< Quel punk mi sta davvero seccando! Claudia! Vallo a fermare subito! >>
<< E come?! Mi ci lancio addosso?! >>
<< Buona idea. >>
Il procione, chiedendo scusa, mi prese e mi lanciò come una bomba sul mercenario, finendogli proprio sulla testa.
Tipica azione da cartone animato.
A parte l’assurdità del gesto, servì bene ad interrompere Ilyan dal suo lavoro, oltre ad attutire la mia caduta, il Drago Bianco lì vicino stava per attaccare e sostituirsi al mercenario ma venne imprigionato dal corpo mutevole di una specie di essere fatato evocato da Sakura che lo costrinse a restar fermo, stringendolo fino al soffocamento.
<< Tutto a posto? >> chiesi a Yugi, ripreso il fiato.
<< Si… grazie per l’aiuto. >> rispose lui.
<< Quindi… che si fa adesso? Liberiamo il Faraone? >>
<< A questo punto non basterebbe, dovete fermare anche il mio collega. >> intervenì Ilyan, riprendendosi.
Prima di fare una qualsiasi mossa Sly e Yui gli si sedettero sopra afferrandogli braccia e gambe, girandole in modo da fargli male.
<< Sii chiaro. >> disse Sly, minacciandolo di spezzargli un braccio.
<< Ma è ovvio, no? Ormai lo spettro e il Varco sono uniti, manca poco per la fusione totale. Anche se riuscite a liberare il vostro amico e allontanarlo da qui… il legame non si spezzerebbe, potete constatarlo voi stessi dal suo “bell’aspetto”. >>
Aveva ragione il mercenario, il Faraone appariva deperito e addirittura trasparente, le catene che lo sorreggevano scivolavano via uno dopo l’altro, come se non avessero più nulla da sostenere. Yugi stava per mettere mano al suo Puzzle, ma Ilyan gli fece un verso di rimprovero, bloccando quel suo gesto nascente:
<< Non funzionerebbe, il mio collega ha una forza superiore al tuo giocattolo con l’occhio luminoso, lo ridurrebbe in pezzi. Senza contare che tu diverresti pazzo al solo tocco del suo potere, e nemmeno i tuoi amichetti del cuore riuscirebbero a riportarti alla ragione. >>
<< Cosa facciamo allora? >>
<< Non chiedetelo a me, a me fa piacere quello che succede. >>
Che razza di dilemma! pensai.
Non pareva esserci soluzione, fino a quando un particolare non saltò all’occhio: in parallelo sopra Seto si trovava un macchinario sostenuto da due cavi metallici, penzolava animatamente per lo sforzo energetico in corso, lo feci notare agli altri e subito ci si attivò per un tentativo disperato: Sly saltò sul dorso del Drago Bianco e usando i filamenti dell’essere che lo teneva prigioniero la utilizzo come una specie di bardatura da cavallo, invitandoci a salire a bordo parlando come una specie di rozzo cowboy…. non prima di aver bloccato Ilyan per impedirgli di metterci ancora i bastoni fra le ruote.
<< Alla carica miei prodi! Abbiamo un appuntamento con il destino! >> disse il ladro solennemente.
<< Smettila di pavoneggiarti e fai volare questo geco gigante. >> gli disse Yui.
<< Ehi! Aspettate un secondo! Non potete lasciarmi qui! >> replicò il mercenario, intrappolato in una palla di corde.
<< Si che possiamo. Bye bye! >>
E detto questo andammo via da lì.
 
Controllare un drago non fu un gioco da ragazzi, si divertì a lanciarsi in picchiata oppure a salire per centinaia di metri con un avvitamento su sé stesso, per riuscire a domarlo il ladro gli tolse la scaglie una dietro l’altra e lo ferì agli occhi, intimandogli di smetterla.
Ottenuto il controllo totale lo fece piombare sull’arena ad alta velocità che pulsava di luce, scaturirono dei fasci che fondevano l'aria, li sfiorammo per un soffio avvertendo così il calore che emanavano, prima di raggiungere il suolo dovemmo fare slalom mortale e poi tenerci stretti per individuare l’oggetto che dovevamo usare contro Seto, ostacolati anche dai mostri del gioco.
Trovammo l’oggetto aggrovigliato su se stesso, ma ancora in perfetto tiro.
<< Allacciate le cinture gente! Ci sarà una bella turbolenza adesso! >>
<< Vuoi ucciderci per caso?! >>
<< No, mi basta porre fine a questa confusione! >>
Il Drago piombò dritto sull’oggetto pendente e tranciò i cavi con il proprio corpo, esso cadde pesantemente addosso al personaggio che se ne rese conto troppo tardi, finendo schiacciato.
Accadde qualcosa: il rituale si interruppe di colpo, il legame tra il Faraone e il Varco si annullò; svanirono tutti i mostri che fino a quel momento avevano infestato l’arena, persino il Drago Bianco… e senza cavalcatura cademmo giù, se non ci sfracellammo fu grazie alla gravità deformata che ci fece galleggiare come piume fino a quando non giungemmo a terra. Il Varco era cambiato ancora, adesso davanti avevamo un buco perfettamente nero, Yugi però era interessato al suo amico e gli andò incontro per liberarlo, noi invece eravamo preoccupati per Seto… e non volevamo vedere che cosa aveva combinato il nostro pasticcio.
Improvvisamente avvertì una sorta di presenza, diversa da quelle corporee dei personaggi animati, il pensiero di Gabriel mi sfiorò la mente; non ero sicura ma fu la prima spiegazione plausibile e mentalmente pregai che fosse così, un suo intervento per aiutarci sarebbe stato perfetto.
Non era però il solito sussurro che anticipava la sua “comparsa”, bensì un vero e proprio suono sgradevole che mi frastornava i timpani, graffiante e rimbombante al tempo stesso.
<< Io non sono Gabriel. >>
Sempre mentalmente provai a parlare all’entità… ma non mi aspettavo una risposta vocale… tantomeno da una voce nuova.
<< Non paragonarmi a quel maledetto! >>
La voce urlò con una tale enfasi che la testa sembrò esplodermi: una misteriosa ed indistinta figura solcata da raggi rossi emerse dal punto in cui Seto era stato schiacciato, assomigliando ad un vulcano in eruzione che diffuse cenere e lapilli. Non fu niente di buono, non fu nulla che si avvicinava lontanamente al bene…
<< Sciocchi che non siete altro! Ho atteso per troppo tempo che questo progetto si realizzasse! E non sarà un gruppo di mocciosi ad impedirmi di realizzare il mio scopo! Né ora, né mai! >>
Infuriato, l’entità esplose e da una sua emanazione si trasformò in una bestia gigantesca simile ad uno sciacallo dal pelo folto color viola scuro e gli occhi di un acceso blu elettrico, le grosse zampe erano decorate con spesso filo spinato, il busto protetto da un pettorale fatto interamente di serpenti intrecciati tra loro, incastrati in particolar modo intorno alla zona del collo, mentre la testa era ornata da centinaia di corna appuntite.
 
Era successo all’improvviso.
Cosa era stato?
Chi aveva parlato?
Cosa diavolo stava succedendo?
 
Non si era capito nulla e la distrazione della sorpresa rischiò di ucciderci.
Ringhiando e sbraitando lo sciacallo tentò di sbranarci tra le sue fauci da cui colava veleno, ogni balzo che spiccava raggiungeva distanze impressionanti, i suoi morsi e le sue zampate erano così forti da spaccare il cemento e ridurre in brandelli l’acciaio, i suoi ululati erano così assordanti da rompere i timpani.
<< È inutile! Se non c’inventiamo qualcosa ci schiaccerà! >>
<< Ma come si fa? È impossibile! >>
<< Io credo che il Puzzle del Millennio può aiutarci! Tra i suoi poteri è in grado di far bandire da questo mondo qualsiasi cosa! Ma senza il Faraone e la pietra di Claudia non posso farla funzionare! >>
<< Questa non è esattamente una bella notizia Yugi! E poi cosa c’entra la pietra di Claudia?! Tanto non funziona più! >>
<< Fidatevi di me! So quel che dico! >>
<< Tu che ne pensi piccolina? Funzionerà? >>
E che ne so io? pensai.
Se l’idea poteva funzionare non dipendeva da me, a me bastava salvarmi le chiappe.
Perciò raggiunsi Yugi, gli altri intrattennero il mostro come meglio potevano, io e lui da soli accanto allo spirito ancora incatenato.
<< I miei poteri non funzionano, lo sai. >>
<< Tra poco torneranno, fidati di me. >>
Mi porse le mani, timidamente poggiai le mie tentando di decifrare le sue intenzioni, al tocco il mio cristallo e la sua Piramide cominciarono a brillare e lentamente il bagliore generato fluì nei nostri corpi per poi diffondersi verso l’alto, rivelando una specie di cappa nera che ci copriva, invisibile ad occhio nudo. Io ero stupita, lui sorrideva trionfante, era evidente che si aspettava una reazione simile e ancora di più sorrideva vedendo il suo amico che veniva liberato.
<< Adesso viene il bello. >>
Con queste ultime parole esplosero le nostre energie distruggendo l’oscurità che la smaterializzò di punto in bianco, generando un cono bianco che infondeva benessere; il mio completo magico riapparve insieme alla mia arma mentre lo spettro apriva gli occhi e svaniva senza lasciar traccia, Yugi mi rivolse a quel punto uno sguardo d’intesa e disse:
<< Vai avanti tu, io ti seguo. >>
Annuì con la testa e rispettai l’ordine.
Per la prima volta non ebbi paura di affrontare qualcosa di mostruoso, riuscì a dargliele di santa ragione come se stessi giocando ad uno dei miei videogame, adrenalinica come mai non lo ero stata.
Ad un certo punto il mio divertimento venne interrotto quando subentrò Yugi con solenne portamento, vedendolo lo sciacallo si fermò e indietreggiò, ringhiando minaccioso nei suoi confronti.
L’attimo seguente il Duellante attaccò con l’intera schiera di mostri del suo Deck la bestia, fu una tempesta di violenza che non diede alcun armistizio al mostro che guaì dolorosamente, nel frattempo dal Varco sprigionò simboli egiziani che illuminarono di oro l’arena intera da cui emersero numerose mani dorate afferrarono la bestia per trascinarla al suo interno, impedendogli di scappare e di compiere qualsiasi movimento.
La Piramide del Millennio stava scatenando quel pandemonio, tremava nel dar sfogo al potere in sua dotazione, tanto era forte che arrivò a reggere l’artefatto che gli bruciò le mani.
Vedendolo così affaticato intervenimmo per dargli una mano, spingendo lo sciacallo verso il passaggio che finalmente reagì alla pietra scatenandone la chiusura, il mostro svanì per sempre inghiottito dal raggio proiettato, portandosi via anche l’aura tetra che ci circondava. Ogni traccia di male si dissolse, il bene tornò trionfante sul mondo animato, lo si poteva percepire a fior di pelle, e chi dal male era stato ingannato aveva potuto espiare le sue colpe.
<< Sono felice di vedere che stai bene ragazzina. >> disse l’alter ego di Yugi.
Io mi nascosi dietro Sly, la fiducia non ancora acquistata, non riuscivo a guardarlo.
 << Mi dispiace di averti fatto soffrire così tanto, ma tu sai perché l’ho fatto, Yugi te l’avrà spiegato. >>
<< Si… è vero… >>
<< Ehm… Yugi? Perché parli così informale? Ti senti bene? >>
Gli altri personaggi non si erano resi conto dello scambio di ruoli, i due “gemelli” dovettero dividersi per dar logica al momento, rischiando di far venire un infarto a Sakura quando le dissi che uno dei due era un vero e proprio spettro.
<< Non temete, io adesso non ho più intenzioni cattive, e tu Claudia… mi dispiace per quello che ti è successo. Per colpa mia ne hai passate di tutti i colori… quindi… capisco benissimo che sei arrabbiata con me. >>
<< Bè… ormai è passato. Adesso è tutto a posto, quindi… non pensiamoci più. >>
Portare rancore non era cosa che mi riusciva all’epoca, con un cartone animato poi non mi veniva affatto. Perciò era pace fatta, si sorrideva e si rideva sulle disavventure appena concluse…. ma le paure facevano tremare il cuore.
Chi era quella entità di rosso fuoco?
E come conosceva a Gabriel, arrivando a definirlo un maledetto?
 
Non si era trattato di uno dei soliti cattivi incontrati fino a quel momento, non era apparso lontanamente come uno di loro.
Era diverso, proprio come me e Grabiel… ma da un punto di vista totalmente opposto.
Inconsapevolmente avevo incontrato una delle ragioni della mia presenza in quella realtà parallela.

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Capitolo 31
*** Capitolo trentunesimo: finalmente a parigi! ***


Nell’aeroporto una voce annunciò la partenza del prossimo aereo, invitando i signori passeggeri a raggiungere il gate d’uscita. Molte persone si armarono di borse e bagagli pronti a partire, tra turisti e viaggiatori d’affari anche noi eravamo in coda in attesa del nostro turno di prendere quell’aereo. Si rimase in ordine fino a quando Yugi non arrivò correndo dalle scale mobili, sulle spalle un voluminoso zaino che era quasi più grande lui, Sly seccato gli andò incontro fermandolo.
<< Ragazzino, tornatene subito a casa. >> gli disse.
<< No! Ho detto che voglio venire con voi! >> replicò lui.
Il ragazzo aveva deciso di volersi aggregare alla comitiva ma il ladro glielo voleva impedire, mettendo in rilievo tutti i pericoli inimmaginabili a cui il giovane personaggio non dava credito. Quei due avevano discusso tutto il giorno e tutta la notte, per questo cascavo dal sonno con le braccia ciondolanti e le occhiaie, sentirli parlare ancora mi mandava all’esasperazione.
<< Perché allora Yui può venire con voi? >>
<< Perché la signorina non sa come tornare a casa e da sola non può restare. Tu invece una casa c’è l’hai e hai un caro nonnino di cui prenderti cura. >>
<< Questo è vero, ma voi avete salvate il mio mondo e io devo ricambiare il favore. >>
Stava per replicare il ladro ma la comitiva di viaggiatori cominciò a muoversi e gli hostess raccolsero i biglietti, per paura di perdere il volo fu costretto a farlo venire e infine in tutta fretta ci fece imbarcare.
Dopo un lungo soggiorno alla Città di Domino, eravamo riusciti finalmente a prendere un volo diretto a Parigi, la città d’origine di Sly.
Avevo preso l’aereo poche volte da bambina, il panorama sopra le nuvole che parevamo cotone, sorvolate da stormi di uccelli, era uno scenario che mi lasciava affascinata; cullata però dal movimento dell’aereo e dal ronzio del motore mi assopì nel sedile, accoccolandomi su me stessa e ignorando chi mi parlava, persino la hostess che portò da mangiare.
Avrei dormito per tutto il tratto se Yui non mi svegliò informandomi che Sly era sparito dopo essersi lamentato di un fastidioso mal di stomaco… cosa impossibile visto che lo spazio per “sparire” non esisteva. Io e gli altri personaggi raggiungemmo il fondo della coda dell’aereo, increduli a come il ladro fosse riuscito a dileguarsi, trafficando nei scompartimenti spesso tenuti d’occhio dagli assistenti di volo scoprimmo una grata scardinata con un condotto dietro… solo il procione poteva aver combinato quel pasticcio e per quale ragione era una bella domanda.
La sua testa spuntò all’improvviso da lì, sorridendo come al solito.
<< Ehi ragazzi, venite a dare un’occhiata. >> disse.
<< Venire? Dove? >> gli chiese Yui.
Il procione però sparì, afferrando la ragazza per le mani e trascinandola nel condotto. Io e gli altri li seguimmo di conseguenza per cause di forza maggiore; finendo per arrivare all’interno del vano bagagli dove tutte le valigie erano ammassate tra loro e la temperatura era bassa. I due personaggi erano lì e… Yui tentava di strangolare il ladro.
<< Perché ci hai portato qui, palla di pelo?! >> chiese Yui arrabbiata.
<< Semplice, tra pochi minuti dovremmo arrivare a Parigi e sarà meglio che nessuno veda me o voi. >> rispose Sly, curiosando tra le borse.
<< E perché? Non abbiamo problemi con i nostri passaporti. >>
<< Oh no. Ovviamente no. Ma… diciamo che potremmo attirare un po’ troppo l’attenzione, io in particolare che sono un ladro. >>
<< Dacci un taglio: dove vuoi arrivare? >> gli chiese Sakura.
Sly ci diede dei paracadute e li allacciò rapidamente prima di avvicinarsi pericolosamente ad una leva, giocandoci con la punta delle dita.
<< Sly… che diavolo hai in mente? >>
Il ladro tacque, limitandosi ad abbassare la leva che fece aprire la botola sulla coda: il risucchio ci fece volare via dall’aereo, precipitammo a velocità supersonica verso la terra roteando su noi stessi per la forza di gravità troppo forte.
Il cervello andò in tilt, l’unico lavoro che permise di svolgere era farci urlare, il cuore che esplodeva per la paura.
Sly invece volteggiava avanti e indietro sorridente, volteggiando in modo da sembrare una specie di ballerino di danza classica e canticchiando pure certi pezzi di Mozart e Vivaldi; l’unico in parole povere ad avere la mente lucida. Dopo un interminabile tempo volteggiò da ognuno e strattonò le corde che aprivano i paracadute, agganciandoci con dei cavi per non farci disperdere, di sotto l’aeroporto si stagliava grande e complesso con i veicoli volanti che atterravano o prendevano il volo.
<< Benvenuti a Parigi. >>
 
Atterrammo poco lontano dall’aeroporto, in uno dei campi vuoti delimitati dalle recinzioni.
Dire che eravamo “traumatizzati” non basta a descrivere lo stato, eravamo praticamente mezzi morti, l’unica che riuscì a trovare la forza per reagire fu Yui che si mise a strangolare il procione per il gesto omicida.
<< Calmati! L’ho fatto apposta perché era necessario! >>
<< Necessario?! Questa non è una giustificazione! è un movente per ucciderci! >>
<< Io non volevo far del male a nessuno! Solo prendere delle precauzioni! >>
<< Di che genere!? >>
Ad un tratto un sonoro clacson irruppe nella conversazione, un furgone blu con un motivo di fiamme gialle sui lati si avvicinò, le grosse gomme da fuoristrada sollevavano l’erba e il terriccio, e quando frenò il tubo di scappamento scaturì un fumo puzzolente. Lo sportello posteriore si aprì, il guidatore fece cenno di salire e Sly ci caricò a bordo entusiasta e subito dopo partimmo a tutta velocità: ci rendemmo conto che l’interno del furgone era stato allestito come una specie di base mobile, con computer, antenne, mappe e molti altri aggeggi elettronici che emettevano luci e suoni.
<< Ehi Sly, che razza di catorcio ambulante è questo? >> chiese Sakura perplessa.
<< Non offendere il mio furgone! Questa meraviglia è il miglior mezzo che un ladro possa desiderare! >> replicò l’autista, che si rivelò essere un ippopotamo rosa.
Impauriti gridarono Sakura, Yugi e Yui vedendo un altro animale parlante, abbracciandosi tra loro e appiattendosi contro un angolo del veicolo, l’amico del procione al contrario non fu turbato nel vederci così diversi e rise alla reazione del trio. Sly si sedette accanto a lui, sistemandosi comodamente sul consumato sedile da cui spuntava l’imbottitura:
<< Ragazzi, lui e Murray, il mio migliore amico: eccellente guidatore, campione di mangiate, meccanico e nonché il “braccio” della Banda Cooper. >>
<< Tu hai degli amici? Ma non hai detto di essere un ladro? >>
<< Ehi! Essere un rapinatore non significa essere da soli! E poi lui non è un semplice amico, è praticamente uno di famiglia! >>
<< Non ci capendo molto. >>
All’improvviso il furgone accelerò facendoci sbalzare all’indietro, le gomme stridettero e il furgone vibrò come un frullatore, cigolando a tal punto da mandar in tilt le apparecchiature elettroniche all’interno.
<< Abbiamo la polizia dietro di noi! >> esordì l’ippopotamo guardando nello specchietto retrovisore. Le volanti da cartone animato delle forze dell’ordine apparvero ai lati della strada, le sirene spiegate che raccolte nell’ammasso semovente assordavano e accecavano con i loro fasci rossi e blu.
<< La polizia? Ma come ci hanno beccato?! Non siamo nemmeno arrivati in città! >>
<< Ehm… credo che sia per la targa: mi sono dimenticato di cambiarla. Ma non temete! Ci pensa “Il Murray” a portarvi in salvo! Allacciate le cinture! >>
Un cambio veloce alle marce, una pigiata poderosa all’acceleratore e la fuga iniziò.
Dai finestrini non si vedeva molto a parte le macchine, la campagna ad un certo punto venne sostituita da case e grattacieli con gente che si rischiava di tamponare… ma dire “gente” non era proprio esatto: erano animali antropomorfi gli individui che rischiavamo di investire, proprio come Sly.
Eravamo davvero arrivati nel mondo del ladro, un universo popolato da animali parlanti che si comportavano come gli esseri umani, fu bizzarro e divertente, non era una cosa che vedeva tutti i giorni e avrei voluto conoscere meglio non appena le acque si sarebbero calmate, se prima non finivamo in galera… o all’ospedale se continuavano a rischiare di sbattere contro cose e persone, o scontrarci contro altre automobili e camion che si schiva all’ultimo minuto. La parte peggiore era quando c’erano le curve perché sprovvisti di cinture di sicurezza andavamo sbattere da una parte all’altra, Sly e il suo compagno invece si divertivano come matti.
Ma la parte finale della fuga fu la più sconvolgente. 
Poiché Murray doveva seminare la polizia, gli venne in testa di dirigersi verso un ponte levatoio proprio nel momento in cui lo stavano sollevando.
Consapevoli di ciò che si sarebbe verificato chiudemmo gli occhi  e pregammo disperatamente, lì il furgone fece un salto incredibile tra le due sezione di ponte, atterrando ( per fortuna ) dall’altra parte con un tonfo che fece volare via solo un parafango.
Murray e Sly esultavano, noi altri non potemmo renderci partecipi alla “festa” perché troppo scioccati.
 
Come inizio, non potevo di certo lamentarmene.
 
Qualche ora dopo giungemmo in una zona periferica della città.
Ci fermammo davanti a una piccola casa apparentemente disabitata per le sue finestre sbarrate e i muri rovinati che rivelavano i mattoni coperti di poco dall’intonaco sporco, con un camino rotto sul tetto e la porta chiusa da un lucchetto arrugginito; sul lato opposto dell’abitazione c’era un garage dove il furgone venne posteggiato, provvisto all’interno di una porticina di ferro che permetteva di entrare dentro il nascondiglio di Sly e della sua banda. Entrando all’interno, rimasi sorpresa nel vedere come era stato attrezzato quel posticino: un’unica larga stanza era adibita in ognuno dei quattro angoli come palestra provvista di pesi e sacco da boxe, zona lettura con due scaffali colmi di libri, cucina e laboratorio.
Nella zona laboratorio un personaggio stava lavorando con fiamme ossidriche, tenaglie e martelli, nascosto dietro un casco di protezione; interruppe il suo lavoro quando si sentì chiamare e si avvicinò levandosi quella specie di scafandro, rivelando di essere una tartaruga con occhiali e farfallino:
<< Bentornato Sly! Sono felice di rivederti amico mio! >> disse la tartaruga verde, stringendo la mano al procione.
<< Anche per me è un piacere rivederti Bentley. Avete sentito la mia mancanza, non è vero? >>
<< Certamente! Sei scomparso senza lasciare traccia! Ti abbiamo cercato! Ho persino utilizzato i satelliti per riuscire ha scovarti! >>
<< Mi dispiace avervi fatto preoccupare, ma il motivo della mia sparizione è un po’ complicato da spiegare… diciamo che non sono rimasto “da queste parti”. Prima di parlarvene, permettetemi di presentarvi dei nuovi amici: loro sono Claudia, Yugi, Sakura e Yui. >>
Bentley ci fissò meravigliato; prese una lente d’ingrandimento per esaminarci più accuratamente come se fossimo degli alieni, prese appunti su appunti su ogni cosa che Sly gli diceva, ci scattò foto e prelevò campioni di pelle e capelli per esaminarli e studiarli con microscopi e prodotti chimici: la sua curiosità non aveva limiti.
<< È una cosa strabiliante! Questa dimostra la veridicità della teoria delle dimensioni parallele, del continuum spazio-temporale e del multi universo! È una scoperta fantascientifica favolosa! >>  
<< Ricordati bene Bentley che nessuno deve sapere della loro esistenza, io stesso ho dovuto celare la mia identità finchè sono rimasto in loro compagnia. >>
La tartaruga e l’ippopotamo erano contenti di riavere al loro fianco il procione, la “Banda Cooper” era di nuovo riunita e non vedevamo l’ora di commettere qualche furto: quello era il nome con cui si facevano riconoscere, il trio lavorava insieme in quel campo fin da piccoli e di avventure ne avevano passate insieme, intorno al mondo, per rubare le cose più preziose. Mente, braccio e borseggio erano gli elementi che rappresentavano, avevano bisogno l’uno dell’altro non solo come colleghi ma soprattutto come amici.
<< E tu come fai a sapere tutte queste cose? >> chiese Bentley, sorpreso dalla mia conoscenza.
<< Ve l’ho detto, viene da un altro mondo, la signorina soprattutto è nata in un posticino dove noi siamo delle simpatiche fantasie. >>
<< Fantasie? Non ci capisco una virgola. Oh, dimenticavo: è per te Sly. >>
Murray porse al procione una busta con scritta sopra la parola “importante” a caratteri rossi, aprì la missiva e la lesse in silenzio con molta attenzione fino a cambiare espressione.
Gli chiedemmo che cosa ci fosse scritto, ma egli rispose semplicemente che non era nulla d’importante, accartocciando il foglio e nascondendolo nel suo zaino rosso, sforzandosi di essere il solito allegro procione.
 
§
 
La notte scintillava grazie alla luna e alle stelle, perfetta per chi aveva l’abitudine di andarsene a zonzo quando era ora di dormire.
La Banda Cooper passeggiavano tra le travi portanti che formavano l’alta Torre Eiffel, dell’ironia che caratterizzava spesso i tre elementi non c’era alcuna traccia al momento, soprattutto su Sly che fra il terzetto era il primo a sparare continue battute: erano molto riflessivi e addirittura preoccupati.
<< Bentley, quella lettera è stata mandata davvero da quella persona? >> chiese il procione alla tartaruga.
<< Sì Sly, senza ombra di dubbio. >> rispose quest’ultimo mettendo in mostra l’oggetto di discussione.
Murray era agitato, lo si notava dal modo con cui si sistemava i guanti e la maschera ripetutamente, sfregandosi anche le mani delicatamente. Sly se ne rese conto e gli chiese che cosa lo angosciasse a tal punto.
<< Sly, non sei normale da quando questo tizio ti ha chiesto di fargli un favore di cui non ci hai mai dato spiegazione. Gli hai parlato una volta sola, accettando senza discutere di partire chissà dove e con l’ordine di non farti più sentire fino a quando non saresti tornato a casa. Non è da te nasconderci tanta roba. >>
<< Sono d’accordo con Murray, e aggiungo che questo “lavoro” ti ha drasticamente cambiato. Cosa sta succedendo? è collegato con quei ragazzini… o con qualcos’altro? >>
Sly era messo alle strette, eppure non aveva il coraggio di dire agli amici di una vita cosa stava accadendo fuori dalla realtà che conoscevano; temeva che questo potesse metterli in grave pericolo, d’altro canto non poteva negar loro una giusta spiegazione.
<< Perdonatemi se mi sono comportato così misteriosamente, ma ho avuto un sacco di buone ragioni per farlo. Ho visto cose che voi non potete nemmeno immaginare… >>
<< Non mi pare il caso di scherzare con citazioni di film. >>
<>
<< La piccoletta con quel bracciale enorme? Ma me sembra una tipa a posto. >>
<< Infatti lo è: è goffa, timida, insicura, innocente… una persona normale insomma, una ragazzina come altri. L’unica differenza, oltre che sua sfortuna, è che stata caricata di una responsabilità gigantesca che può ucciderla. >>
I due ladri si irrigidirono sentendosi dire una cosa simile.
Sly tirò fuori la lettera e la rilesse ogni singola riga, sospirando ripetutamente alle istruzioni che c’erano scritte sopra e che doveva per forza eseguire. A Sly non piaceva ricevere ordini, non del genere che gli si chiedeva di fare con quella missiva… si rattristò all’idea pensando di dover spezzare la fiducia di chi l’aveva riposta nei suoi confronti.
<< Quest’uomo ha buone ragioni per chiedermi una cosa simile, perciò ho intenzione di fare tutto ciò che mi chiede senza discutere. >>  
 
§
 
Il giorno dopo Sly si offrì di farci da cicerone per un giro turistico su Parigi.
E si rivelò un’ottima idea: la capitale francese era bellissima, pittoresca e meravigliosa.
Gli antichi monumenti che adornavano i luoghi principali del posto erano fantastici anche se sottoforma di parodia animata, le strade animate dalle persone con tratti animali che visitavano i piccoli negozi rendevano la capitale più vivace, per non parlare delle coppiette che affollavano i bar sprizzanti di amore e coccole, i numerosi musei poi erano l’elemento che più mi affascinava.
Fu un peccato non poter mischiarsi con folla e osservare da vicino tutto quanto, dovevamo tenerci nascosti da occhi indiscreti saltando da un tetto all’altro quasi come il ladro.
Ero contenta, mi sembrava di essere in vacanza e sperai con tutto il cuore che quella cosa continuasse ancora a lungo.
<< Quante fotografie devi ancora fare? Guarda che ne basta una sola per ciascuno monumento, non cento. >> disse seccato Sly.
<< Anche se si tratta di una Parigi diversa, è pur sempre una delle più belle città del mondo. Non mi lascerò sfuggire un’occasione simile. >> replicò impassibile Yui, continuando a scattare foto su foto.
Il battibecco tra i due personaggi era divertente, Yugi però fissava sospettoso il ladro.
Sembrava dopotutto quello che aveva fatto per lui non si fidasse completamente, un’impressione che Sly notò e ricambiò con una semplice occhiata, abbassandosi il capello sugli occhi prima di dargli le spalle e ignorarlo. Non capivo e velocemente non ci diedi più importanza, a distarmi da quella cosa mi aiutò in particolar modo un fenomeno incredibile che si manifestò poco dopo: a ciel sereno, senza nemmeno una nuvola nel vasto azzurro, minuscole particelle di neve scesero danzando su Parigi.
Si trattava di vera neve fredda e candida, nonostante il caldo di quella giornata imbiancò i tetti degli edifici senza sciogliersi, sbalordendo i parigini che stavano con il naso all’insù.
<< Questo è incredibile… ma com’è possibile? >>
<< Non lo è infatti.>>
Sly ci fece tornare alla sua base segreta in fretta e furia.
Bentley e Murray erano sorpresi allo stesso modo; la tartaruga tra l’altro era già al lavoro nella sua postazione di comando tentando di analizzare il fenomeno atmosferico e ricavarne delle risposte, quando videro entrare Sly raccolse degli oggetti e li caricarono a bordo del furgone, dicendo che avrebbe dovuto investigare.
Ci offrimmo di dare una mano, ma tutti e tre i ladri ci liquidarono in un attimo.
<< Non siete maestri del travestimento come noi, se la gente vi vede per quel che siete diverrete fenomeni da circo. E poi io, Bentley e Murray non ci spaventiamo per un po’ di neve. >>
<< Sarà neve ma è comunque strano, lasciarvi da soli non è una buona idea. >>
<< Niente è impossibile per la banda Cooper. E adesso scusate, ma dobbiamo andare. >>
<< Sly. >>
Prima che il procione potesse uscire lo afferrai per la coda, tenendola stretta per non farlo scappare .
<< Mi prometti che ci chiamerai se hai bisogno di aiuto. >>
<< Non devi temere, non mi succederà niente. >>
<< Lo so che sei capace di badare a te stesso. Però… per me sarebbe importante poterti aiutare, anche se non sono in gamba come te. >>
Si ammutolì il procione, i suoi occhi si fecero tristi e fu una cosa che non dimenticherò mai, per un attimo pensai di aver fatto una cosa grave e mi sentì in colpa. Ridacchiò lui poco dopo, passando una mano tra i capelli scombinandoli:
<< Te lo prometto. >> disse infine, per poi sparire sotto la pioggia di nevischio.

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Capitolo 32
*** Capitolo trentadueasimo: bugie ***


Continuava a nevicare senza accennare di smettere.
In televisione ne parlavano tutti i telegiornali, anche se non capivano un acca di francese era chiaro che la gente era intimorita dal fenomeno atmosferico, i giornalisti mostrarono una certa enfasi mentre mostrano ai telespettatori cosa succedeva alle loro spalle.
Io sbirciavo continuamente fuori dalla finestra aspettando il ritorno di Sly, il vetro si offuscava continuamente per il freddo e si tremava pure grazie alla scarsità riscaldamento dovuto alla mancanza di stufe o materiale isolante adeguato.
Provammo, usando alcuni telefoni in casa, a contattare i ladri per capire che fine avessero fatto.
Nessuna risposta, non un messaggio.
<< Yugi, cosa stai facendo? >>
Il duellante aveva preso posto davanti ai computer di Bentley… o meglio… la sua controfigura adulta: il Faraone seppe ben destreggiarsi con quello strumento che sarebbe dovuto essere troppo tecnologico per lui, ficcando il naso nei documenti all’interno che apriva con click assai ripetitivi del mouse.
<< Ehi! Non è roba tua! Se l’amico della palla di pelo lo scopre ci rimane male! >> lo ammonì Yui sbigottita.
<< Pazienza, mi farò perdonare in qualche modo. >> rispose lui impassibile.
<< Ma che stai facendo di preciso? >> gli chiese poi Sakura.
<< Ho avuto il sospetto che quei tre la sapessero fin troppo lunga su questa nevicata anomala. Non mi stupirei se avessero nascosto qualcosa di importante, con i ladri non ci può mai fidare. >>
<< è vero che Sly è un ladro, ma nelle cose importanti è davvero onesto. >> non mi piaceva il tono in cui lo spettro dubitava dell’onestà del procione, soprattutto proprio lui che per primo aveva detto un sacco di bugie.
Inarcò un sopraciglio, continuando a tenere gli occhi fissi sul computer, poi un sorriso soddisfatto.
Sul computer era partito un video: la scena era la stessa fuori dalla casa, la nevicata su una strada cittadina di Parigi, i numeri di lato allo schermo che la datavano a 3 mesi fa. Nei primi 10 minuti si videro solo le persone ipnotizzate dai fiocchi di neve, dall’undicesimo minuto in poi tutto mutò e i parigini finirono imprigionati in bare di ghiaccio che partirono a razzo verso il cielo.
Poi la fine e niente di più.
<< Ecco. Guarda tu stessa la sua “onestà”. >> disse il Faraone contento.
<< Questa roba non può essere vera… >> commentò incredula Yui.
<< Temo proprio che sia autentico. >>
<< Bè… questo comunque non dimostra che Sly sia malfidato! è… successo dappertutto che accadessero fatti del genere! Tutti i cartoni animati sono stati alterati! Tu per primo dovresti ammetterlo! >>
<< Vero, ma allora perché il tuo “amico” ha con sé una brutta copia del tuo bracciale? >>
Il Faraone cliccò ancora il mouse e partì un secondo video, protagonista il procione che si metteva al braccio destro un grosso affare di ferro, simile ad un antico avambraccio da cavaliere, con una sfera blu sulla cima circondata da piccole lampadine e con delle pompe sul lato opposto che vibravano.
Il video era intitolato “esperimento”.
Si vide il ladro attivare quell’affare che emise un rombo, la sfera pulsò di luce e il bastone ricurvo che teneva sempre con sé cambiò leggermente forma, la stanza vuota in cui si trovava che si distorceva intorno a lui.
<< Non è ancora abbastanza potente, abbiamo bisogno di più dati. >> disse una voce fuori campo.
<< Raccoglierò più informazioni quando sarò in compagnia della ragazzina. >> rispose Sly.
Il video si concluse di colpo, senza altre parole e senza altre immagini.
Il Faraone spense il computer cancellando ogni prova del suo utilizzo, voltandosi verso di me subito dopo.
<< Questo si che lo rende colpevole. >>
 
Potevamo finire congelati, ma non mi importava.
Correndo la neve depositata per terra si sbriciolava, le vie abbandonate della periferia aumentavano la premura di trovare Sly, le sue tracce ancora ben impresse sulla neve.
Forse il Faraone era più stimolato di me di trovare il ladro, addirittura di riuscirci per primo.
Parigi intanto affrontava il disagio invernale organizzandosi come meglio poteva: dagli abiti leggeri erano passati a maglioni e jeans, al posto di ombrellini para sole maneggiavano pale per levare i cumuli bianchi di neve, le pozzanghere quasi asciutte si trasformarono in lastre scivolose lastre ghiacciate. Gli unici a godersi il lato positivo della situazione erano i bambini che giocavano a fare i pupazzi oppure a pattinare, ignorando che la natura stava impazzendo senza un motivo apparente.
Ma dov’è Sly? mi chiedevo.
<< Ragazzi! Guardate la televisione! Lì! Nel negozio! >>
L’avviso di Sakura fu tempestivo.
In diretta televisiva, una troupe di giornalisti mostrava agli spettatori uno scenario surreale che si stava verificando all’Arco di Trionfo: una torre di ghiaccio frastagliata si stava ergendo sulla cima, rifornita da dei cristalli che scendevano dal cielo, in basso sulla base, uno squadrone di giganti dal muso suino a difenderlo. Solo uno di quei titani se ne stava in disparte, schiacciando la terra ai suoi piedi con continuità e, a prima vista, senza motivo… solo ad un’occhiata più attenta riuscimmo a vedere Bentley e Murray che lottavano a suon di cazzotti e dardi esplosivi per tentare di ridurre a pezzi il mostro.
Apparve un altro personaggio nell’inquadratura, nascosto in un angolino coperto da uno strato sottile di vetro ghiacciato…
<< Ilyan?! Che cavolo ci fa qui?! >>
<< Non è possibile che sia in mezzo ai piedi anche qui! È un’autentica spina nel fianco! >>
<< Non dovrei stupirmene, ma non capisco una cosa: se in questo mondo questa situazione dura da ben 3 mesi… perché accidenti Sly non ha fatto nulla? E soprattutto, perché non ne ha parlato? >>
<< Andiamo a chiederglielo di persona. Se i suoi compari sono lì, allora anche lui dovrà esserci. >>
Più che giusto. Però… dopo cosa succederà?
Avevo un brutto presentimento, non mi andava proprio di andare in mezzo a quel casino dopo le ultime cose scoperte.
Ero disorientata.
Raggiunto l’Arco di Trionfo trovammo una calma innaturale: tutti i giganti erano in formazione sull’attenti, stanchi e feriti invece la tartaruga e l’ippopotamo, incapaci persino di muovere un dito. Li soccorremmo e li portammo via (con Murray fummo costretti a trascinarlo, visto che pesava una tonnellata).
Per fortuna  i titani rimasero tranquilli e i ladri poterono tirare un sospiro di sollievo, ma non era finita lì.
<< Credo di aver appena visto scorrermi davanti la mia intera vita… sotto forma di ogni cosa che abbia mangiato fino adesso… >> disse l’ippopotamo stanco.
<< Ringraziate il cielo che la televisione ci ha fatto vedere in che guai vi eravate cacciati. >> disse gelido il Faraone.
<< Abbiamo fatto ciò che era giusto fare, restarcene con le mani in mano non è cosa che si addice ad un ladro. >> rispose Bentley, tentando di aggiustarsi gli occhiali.
<< O ad un bugiardo. >> aggiunse lo spettro subito dopo.
I due ladri si scambiarono un’occhiata confusa.
Poi il Faraone chiese:
<< Dov’è Sly? >>
Entrambi indicarono la cima del monumento, mimetizzata con l’azzurro chiaro del cielo.
Era probabile che il procione stesse disputando una lotta contro Ilyan, era talmente scontata la cosa, eppure non vederli non era un buon segno. Il Faraone, stufò di starsene a perdere tempo, prese le redini della situazione e diede precise direttive:
<< Sakura, so che hai il potere di creare il fuoco per magia: usalo contro quei giganti. Yui e Claudia, voi portate via questi due e poi tornare indietro per aiutare la ragazza. >>
<< Ehi, cos’è questo atteggiamento da comandate? >> replicò Murray.
<< Non sto comandando nessuno, sto solo agendo per evitare di finire ammazzato. Voi avete fatto la vostra parte e non avete combinato nulla, perciò ora subentriamo noi. >>
La risoluzione del Faraone fece desistere i ladri dal discutere.
Messe le cose in chiaro l’azione ebbe inizio.
 
Non appena Sakura creò il fuoco con la magia, i giganti ruppero la formazione e partirono all’attacco; con i suoi mostri l’altro Yugi l’aiutò a tenerli a distanza frattanto che io e Yui portavamo Bentley e Murry al sicuro.
Realizzato il piano, lo spirito fornì un nuovo obiettivo: tenere a bada i titani mentre lui andava a cercare Sly.
A dorso di un drago superò lo sbarramento mostruoso, un gesto che catalizzò completamente l’attenzione dei mostri che ci ignorarono completamente per cominciare a risalire la torre di ghiaccio, lentamente ma risoluti. Attaccarli non servì a nulla, anche se si riusciva a scioglierli i loro resti continuavano a muoversi e, purtroppo, a rigenerarsi, rendendo inutile tutta la nostra fatica.
<< Così è inutile! A questo punto non ci resta che andare anche noi lì sopra! >>
<< Non mi piace questa idea… >>
<< Neanche a me, ma non vedo altre alternative. Andiamo ragazze! >>
Ci volle un bel coraggio, a mano a mano che si saliva l’altezza di faceva sempre più vertiginosa e il freddo pungente, i vestiti si erano irrigiditi e i capelli ricoperti di neve si inumidivano. Quando scorgemmo la cima, finalmente, lampi luminosi ci accolsero e un turbine di neve per poco non ci fece volare via; la punta della torre si restringeva fino ad terminare con una zona circolare e sui bordi stalattiti di ghiaccio crescevano formando una corona aguzza.
Delle ombre sfuocate si muovevano lì sopra, si scontravano e si rincorrevano leste, vederle dava quasi dolore agli occhi   
<< Quelli sono Sly e Ilyan. >> disse il Faraone avvicinandosi.
<< Allora dobbiamo dargli una mano! >> disse Yui.
<< No. Voglio vedere fino a che punto intende arrivare il ladro. >>
<< Ma cosa dici?! Sly rischia di morire! >>
<< Per il momento è ben difeso. >>
L’affermazione riguardava quell’avambraccio di ferro vistogli addosso nel video: c’è l’aveva in quel momento, proprio quello scatenava le luci trovate all’arrivo.
Solo all’ora mi resi conto che il suo abbigliamento era diverso, quasi militaresco, il suo bastone invece aveva quasi assunto la stessa forma di una falce… si era letteralmente trasformato, insomma, tutte cose che dimostravano che aveva copiato i miei poteri.   
Ilyan era concentrato proprio sulla fonte della sua nuova forza, con la spada tentava di distruggere l’affare metallico, attaccando ripetutamente e dandogli ben poca possibilità di difendersi.
Il mercenario ad un certo punto fu costretto a fermarsi, per la prima volta lo vedemmo in ginocchio, madido di sudore per la fatica; Sly al contrario era abbastanza riposato sebbene avesse qualche graffio e ora che aveva campo libero potè “ricambiare” tutta la violenza che il guerriero aveva riversato su di lui. Quando finì gli salì sulla schiena, sollevando in aria il bastone-falce in segno di vittoria prima di abbassarla e incastrare la punta ricurva sulla carotide.
<< Che soddisfazione vederti al tappeto. >> disse contento.
<< Hai giocato sporco palla di pelo… questa volta non sei stato onesto… >> replicò nervoso Ilyan.
<< Sono un ladro io, quando mai sono stato onesto? >>
<< Sei un maledetto… >>
<< Suvvia capellone, non prendertela tanto, preoccupati piuttosto di quando il tuo padrone te le suonerà di santa ragione per aver fallito. >>
Il mercenario provò a reagire ma non c’è la fece ad alzarsi, grugnendo di dolore.
Noi altri eravamo contenti di come aveva avuto esito il duello, a quel punto non importava nemmeno più quali segreti avesse nascosto l’amico, il piacere di vedere il nemico preso a calci e pugni era una soddisfazione così grande da rendere il resto poco importante.
Con le acque che si erano calmate andammo verso Sly per congratularci… ma mentre mi avvicinavo a lui cominciai a sentirmi molto stanca con una velocità che ad un certo punto non riuscì a reggermi in piedi, le mani mi tremavano e mi girava la testa.
Che mi sta succedendo Pensavo, a malapena capace di ragionare.
<< Hai visite. >> lo avvertì il guerriero.
Il ladro, vedendoci, non si mostrò contento: con un calcio allontanò Ilyan e ci approcciò urlando, il pelo ritto come aculei di riccio e le orecchie basse che quasi tremavano. Non dava tempo di parlarci, dovette farci una ramanzina lunga ed esasperante, solo il Faraone riuscì ogni tanto a poter dire la sua, sempre più scocciato da quell’atteggiamento.
<< Dovevate restare al rifugio! >> urlò il ladro.
<< Eravamo preoccupati stupido procione! Con questo casino ti aspettavi davvero che saremmo rimasti in quella stamberga di casa?! >> replicò con lo stesso tono il ragazzo.
<< Non m’importa cosa avete pensato! Non dovevate venire! >>
Non sarebbe stata una sorpresa se la discussione fosse sfociata in una rissa, successe però che Ilyan li distrasse con un tentativo di fuga, costringendo entrambi a collaborare per farlo stare fermo. Fu allora che i nostri occhi si incrociarono, una sola occhiata fu abbastanza per fargli capire che non stavo bene e il luccichio nel suo sguardo fu facilmente riconducibile ad una idea losca.
<< Che ti prende piccolina? Sei stanca? >> mi chiese.
Io mi sforzai di ignorarlo e al tempo stesso di non mostrarmi malaticcia.
<< Tu non aprire bocca! >> disse Sly, dandogli una bastonata in testa.
Imperturbabile, il guerriero continuò a parlare.
<< Scusami tanto. Il fatto è che la vedo un po’… fiacca. Forse è il caso che tu gli dia un’occhiata. >>
Il ladro era così arrabbiato che diede un pugno al suo affare di ferro, scatenando un effetto che lo fece vibrare ed illuminare più intensamente di prima, le scintille proiettate dalla pietra fluirono fino al bastone, ingrandendo la lama più di quanto non lo fosse già.
 
Un gesto sbagliato.
 
Improvvisamente il petto cominciò a bruciarmi: delle vere fiamme sprizzarono da ogni parte del mio corpo, ne ero quasi circondata e non riuscivo a spegnerle.
La neve divenne grandine, il vento si trasformò in tifone e la torre cominciò a sgretolarsi con spaventosa velocità.

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Capitolo 33
*** Capitolo trentatresimo: verità e vendetta ***


La disperazione mi rese capace di strapparmi i vestiti, come Hulk Hogan quando si mette in mostra con i propri fan.
Il fuoco non si spegneva, niente lo placava, nemmeno il vento gelido che si era fatto intenso.
I personaggi animati cercarono di aiutarmi, traumatizzati da quanto potei urlare e piangere, traballava ormai la torre di ghiaccio di cui era rimasto davvero poco e niente e i giganti che fino a quel momento l’avevano scalata precipitarono giù con essa.
Non ci fu altro da fare, fummo costretti ad andarcene, Ilyan che gongolava mentre spariva nella “valanga”.
 
Mi sforzai di restare sveglia, ad ogni costo, ma quando mi resi conto che ero sdraiata all’interno di una camera da letto abbellita con manifesti di ricercati e souvenir di tutto il mondo capì di essermi sforzata inutilmente.
 
Ero sepolta da uno spesso strato di lenzuola colorate che quasi mi soffocava, spostai l’ammasso di lana e kashmir e allora mi accorsi che addosso avevo solamente un maglione rosso troppo largo per la mia piccola taglia.
Che è successo?
Sotto mi prudeva tutto, cercai i miei vestiti per cambiarmi ma a parte alcuni indumenti da uomo nulla era adeguato per me.
Aprì la porta e trovai il salotto della Banda Cooper occupato solamente da Murray profondamente addormentato su una poltrona, russando sonoramente con una rivista di sport piazzata sulla faccia. Su uno sgabello accanto a lui trovai i miei vestiti, rattoppati e ricuciti in modo poco curato, spille da balia e spilloni sparpagliati sopra tra mille fili e metri da sarta.
Delle voci richiamarono la mia attenzione, provenivano dal tetto e per arrivarci presi scala posta fuori casa: fuori non c’era più neve, il tempo era sereno con qualche filo di nuvola, rovinato solo dalla discussione che tuonava rabbiosa.
Erano Sly e Yugi a parlare… anzi, ad urlare.
<< Hai lavorato alle nostre spalle per tutto questo tempo! Sei un bugiardo! >> diceva il duellante, puntando il dito contro il ladro.
Quest’ultimo aveva un aspetto orribile, sotto gli occhi aveva occhiaie scure e si sosteneva a fatica con il suo bastone a causa di una ben evidente zoppicatura al piede sinistro.
<< Non sono un bugiardo! Io… ho fatto delle cose necessarie! >>
<< “Necessarie?” è così che giustifichi il fatto che hai letteralmente copiato i poteri di Claudia!? Qual’era il tuo piano? Avere un mezzo in più per rapinare la gente!? >>
Copiare i miei poteri?
Mi premetti la bocca per trattenere qualsiasi verso di stupore.
Come era possibile che avesse fatto una cosa del genere?
E perché?
<< Non ti permettere di accusarmi di cose di cui non sai ragazzino! Ho solo agito così perché era necessario avere un’arma in più contro quel dannato Ilyan! >>
<< Oh, davvero? Caspita, come sei previdente. Sei stato così furbo… da ignorare gli effetti collaterali della tua stupida idea! >>
<< Bentley ha detto che non sarebbe successo niente! Era solo un’ipotesi! >>
<< Bugiardo! Queste cose vanno sempre considerate! Se davvero fosse stato così, ora la ragazzina non avrebbe rischiato la vita! Dimmi la verità! Voglio saperla! >>
Sly distolse lo sguardo.
Respirava sempre più veloce e si mordeva le labbra, ad un certo punto gettò il berretto a terra passandosi una mano fra la folta capigliatura pelosa, sedendosi sul bordo del tetto non essendo più capace di reggersi in piedi.
<< Avreste fatto meglio a non venire, io l’avevo detto di restarvene qui ma non avete voluto ascoltarmi. >>
<< Sarebbe colpa nostra adesso? Non cambiare discorso, ti ho fatto una domanda ed esigo che tu mi risponda. >>
<< Non sto dando la colpa a nessuno! >>
<< No? A me sembra che tu voglia dire proprio questo! >>
<< Ascoltami dannazione! Qui le cose si stanno mettendo male! Io devo fare qualcosa ma devo farla da solo! Nemmeno i miei compari possono aiutarmi! Voi ragazzini dovete…. restare fuori dai piedi… Questo affare non vi riguarda. >>
<< E Claudia? >>
<< Soprattutto lei. Non voglio che mi intralci. >>
Furono parole dure, mi venne da piangere sentendole, soprattutto perché non capivo cosa avevo fatto di male per essere considerata un intralcio.
Ritornai nella camera in cui mi ero svegliata, chiudendo delicatamente la porta così da non svegliare l’ippopotamo e poi mi infilai sotto le coperte, intristita da quello che avevo sentito.
Sly è stato cattivo… pensai.
Qualche ora dopo la porta si aprì di nuovo, Yui e Sakura entrarono in punta di piedi sussurrando il mio nome.
Non appena gli risposi mi tempestarono di domande sul mio stato di salute, faticando parecchio per rispondere ad ognuno di loro.
<< Avevamo paura che non ti saresti più svegliata. >> disse Sakura emozionata.
<< è un po’ esagerato da dire…. >> gli risposi inquieta.
<< Oh, credici quanto ti diciamo che quello che abbiamo visto è stato tremendo. >> aggiunse Yui.
Non chiesi nemmeno una conferma di quello che avevo passato, me lo ricordavo fin troppo bene, purtroppo.
Le due ragazze parlarono tanto per tutto il tempo che rimasero in mia compagnia, sfoderando tutto il repertorio di frasi d’incoraggiamento per aiutarmi a calmarmi, all’improvviso subentrò Yugi (non il suo doppione) e disse di prepararci, Murray alle sue spalle che ci guardava sconsolato.
<< Dove andiamo? >>
<< Via da qui. Non siamo più graditi qui. >>
 
§
 
Non eravamo gli unici ad avere problemi: Ilyan se la stava passando brutta, sicuramente peggio di noi.
Il suo lavoro era stato un fallimento secondo l’opinione del suo capo, qualunque cosa avesse dovuto fare di preciso non era andata secondo i piani stabiliti; così oltre alle botte prese da Sly dovette prendersi anche quelle del suo principale.
<< Per poco non hai mandato a monte l’intero progetto! Questo è l’unica base in cui sono riuscito a concentrare i mie poteri al di fuori della mia prigione! >>
<< Mi dispiace padrone! Le assicurò che stavolta il suo piano non verrà rovinato! >>
Per la prima volta il mercenario aveva paura della collera del suo oscuro signore: quello che aveva realizzato in quell’assurdo mondi con gli animali era decisamente una delle sue opere più importanti. Dopo quanto accaduto nel mondo di Yugi non poteva non biasimarlo se ci tenesse a non perdere anche quel lavoro, stavolta era disposto a tutto per non farsi scombinare i piani.
<< Ringrazia il cielo che è quasi tutto pronto, altrimenti adesso sprecherei il mio prezioso tempo a tagliarti la testa. Dimmi piuttosto cosa diavolo è quell’affare che il procione ha usato per metterti in difficoltà. >>
<< Da quanto ho capito, è una copia dei poteri della ragazzina. >>
<< Stai dicendo sul serio? >>
<< Hai visto lei stesso quale forza ha scatenato. >>
<< Questo è davvero interessante, è riuscito a realizzare una cosa impossibile. Nemmeno io o il mio amico Gabriel siamo riusciti in un tentativo del genere; devo assolutamente saperne di più, potrebbe tornarci molto utile in futuro. >>
<< Significa che devo fare la spia? >>
<< Significa che devi carpire ogni segreto di quel ladro, e al tempo stesso devi completare il progetto “Buco Nero”. Perciò sbrigati >>
Messe in chiaro le cose il guerriero si mise subito all’opera.
L’oscuro signore si mise comodo, rimuginando sulle ultime notizie ricevute.
Ci sperava nella riuscita del suo ultimo progetto, l’ultima chance di poter dominare l’universo.
Le sue idee erano state rovinate e adesso, se anche questa volta sarebbe andata male, si sarebbe infuriato come una bestia.
Non avrebbe sopportato un altro fallimento, quel poco di pazienza ormai stava andando via.
 
§
 
A pomeriggio inoltrato, non era cambiato nulla, la situazione era rimasta molto tesa.
Essere andati via da Sly aveva messo il malumore a tutti quanti, per non parlare del Faraone.
Ci eravamo rintanati in un vagone abbandonato su un binario morto, nei pressi di un deposito per treni.
Aspettavamo la notte per potercene andare, il piano era trovare la strada per uscire da quel mondo e proseguire per il nostro viaggio, lasciandoci dietro tutti i problemi. Con la puzza di muffa, il caldo e il nervosismo, il tempo pareva essere rallentato apposta per farci annoiare e irritare più di quanto non lo fossimo già.
 
<< Smettila di pensare a quello che è successo Claudia. Ormai il danno e fatto. >> mi rimproverò Yui.
<< Non mi riesce. >> replicai intristita.
Noi ragazze parlavamo a bassa voce, come se quello che era successo fosse talmente grave da non dover essere detto a voce alta.
<< A me continua a sembrare anomalo il comportamento del ladro. Non lo conosco a fondo… ma sono convinta che non avrebbe mai fatto una cosa simile solo perché voleva affrontare Ilyan. >> Sakura era l’unica a dubitare della situazione, aveva persino proposto più volte di tornare dal ladro e farci dire la verità…. nessuno però aveva voluto attuare l’idea.
<< Mi sono stancata di questo mistero. Ho deciso, vado a parlargli. >>.
<< Perderai solo tempo Sakura, scommetto che appena aprirai bocca ti caccerà via. >>
<< Sempre meglio che restare qui a non combinare nul--- >>
Improvvisamente un grido scosse la monotonia del tempo immobile.
Sbirciammo fuori dai finestrini e fu davvero grossa la sorpresa quando ci rendemmo conto che Bentley e Murray erano lì fuori, incastrati in un mucchio di ferri vecchi e fili dell’alta tensione in disuso.
<< E voi cosa accidenti ci fate qui?! >> disse stupito Yugi.
I due ladri, colti in flagrante, alzarono le braccia in segno di resa.
Raccontarono panzane di ogni sorta prima di rendersi conto che non credevamo ad una sola parola di quel che dicevano.
Finito il repertorio, confessarono di essere venuti in cerca di aiuto: volevano che li aiutassimo a capire che cosa fosse preso a Sly.
Non riuscivano ad accettare il suo cambiamento, si era trasformato e ai loro occhi non vedevano altro che un estraneo che giocava a fare il “cavaliere oscuro”. La cosa li abbatteva, sebbene ci avessero sentito di voler andar via speravamo che potessimo cambiar idea e far qualcosa per far tornare il procione quello di una volta.
Ero ancora arrabbiata con lui, ma non potevo fare a meno di preoccuparmi.
<< Il procione è stato chiaro: non ci vuole tra i piedi. Qualunque problema abbia, adesso è da solo. Spero che si diverta con Ilyan, sono una bella coppia di idioti. >>
<< Noi siamo convinti che il suo cambiamento d’umore sia dovuto a qualcos’altro, non a quel tizio. >>
 << Perché questa ipotesi? >>
 << Sly non è mai stato così aggressivo. L’unica volta che si è comportato così è stato per vendicare la sua famiglia… quindi pensiamo che ci sia in mezzo una ragione assai seria che, probabilmente, riguarda qualcuno di molto importante per lui. >>
<< Questo non cambia che ci abbia mentito. >>
<< Si, capiamo che siete arrabbiati… ma ve lo stiamo implorando! Aiutateci! Aiutate Sly! >>
Con la coda dell’occhio notai che il fantasma del Faraone stava brontolando, a differenza di noi altri si dimostrò contrariato alla richiesta di aiuto e sicuramente non voleva avere niente a che fare; Yugi gli lanciò un’occhiataccia e decise di non assecondarlo.
<< Va bene, vi daremo una mano. Ma basta con i segreti, d’accordo? >>
<< Lo giuriamo solennemente! Grazie mille ragazzini! >>
L’ippopotamo e la tartaruga per poco non ci stritolarono con i loro abbracci, erano davvero contenti di poter contare su di noi.
Erano davvero disperati nei confronti del nostro comune amico.
Quando tornammo al nascondiglio Sly non c’era.
Alle chiamate non rispondeva e non aveva lasciato messaggi.
La sua assenza ci costrinse ad andare a cercarlo per mari e per monti, esplorando ogni possibile angolo conosciuto e non di Parigi, evitando di incrociare le vetture della polizia oppure qualche gruppo di manifestanti.
Il furgone percorse numerose strade secondarie caratterizzate da abitazioni medievali, decorate da statue oppure negozietti d’antiquariato che esponevano nelle loro vetrinette mobili e opere.
Si aveva l’impressione di respirare appieno l’atmosfera antica di un mondo ormai lontano i cui resti continuavano a sopravvivere nel tempo.
Finalmente il segnale aumentò: ci aveva guidato fino alla monumentale cattedrale di Notre Dame. La chiesa si ergeva nella sua gotica bellezza, l’architettura era qualcosa di unico, la facciata che si presentava con le due torri gemelle e il rosone al centro, unite da colonne e archi intrecciati, trasmetteva raffinatezza; e i gargoyles di pietra posti di guardia in cima alla costruzione incutevano timore con il loro grottesco aspetto.
La piazza del sagrato era gremita da tantissima gente, nessuno poteva resistere al fascino della cattedrale, tanto che sarebbe stato impossibile passare inosservati anche solo camuffati.
<< Cosa sarà venuto a fare qui? >>
<< Magari sta di nuovo tramando alle nostre spalle. >>
<< O magari ha solo bisogno di un momento di raccoglimento. È in una chiesa dopotutto, il luogo più tranquillo del mondo. >>
Quelle parole vennero smentite all’arrivo di volanti della polizia, sirene spiegate che spaventarono i civili.
I poliziotti scesero dalle auto armati, alcuni fecero irruzione nella cattedrale e di lì a poco si sentirono delle esplosioni. Dopo intensi e confusi minuti di tensione, dal portone principale uscirono due gorilla travestiti da guardie che scortarono ammanettato Sly.
<< Ok… questo non era previsto. >>
 
Non ci stavamo capendo nulla.
Prima lo strano comportamento di Sly, poi la comparsa di Ilyan…. Quando è troppo è troppo
 
La polizia se ne andò in gran fretta non appena la stampa si fece vedere nei dintorni.
Murray diede gas al motore ed inseguì le volanti, sterzando a destra e a manca senza preoccuparsi di poter investire oppure provocare un incidente. Si fermò solo quando la Centrale della Polizia fu visibile, frenando così bruscamente che dal vano del motore uscì del fumo, lui e Bentley saltarono giù e insieme corsero come dei disperati in direzione del palazzo, gadget per l’evasione in mano. Gli saltammo addosso per fermarli, si stavano letteralmente catapultando lì dentro.
<< Siete pazzi?! Che volete fare?! >>
<< Vogliamo liberare il nostro compare! >>
<< Finirete in galera come lui invece! Quando mai si va allo sbaraglio in questo modo per far evadere qualcuno!?  Datevi una calmata! >>
<< Come potete pretendere che ci calmiamo sapendo che il nostro migliore amico è rinchiuso lì dentro?! Potrebbe finire in brutti guai! Potrebbe essere picchiato da qualche piedipiatti pazzo! >>
I poveretti erano davvero sconcertati, probabilmente chiunque avrebbe cercato di aiutare un amico se si fosse presentata un’occasione simile, il loro agire impulsivo, però, non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.
<< Mollate questa roba, ci pensiamo noi a far uscire fuori Sly. Voi diteci solo cosa dover fare. >>
Recuperarono subito il buon umore i due ladri, Bentley gettò alcune idee su un foglio intitolandolo “Evasione precipitosa” ed elencò tutti i passaggi da compiere con una parlantina così rapida che dovette prendere fiato più volte.
Era un complesso lavoro di gruppo, perciò la precisione doveva essere perfetta.
Sakura bloccò il tempo in modo tale da farci muovere nella Centrale e tra i poliziotti immobili che provvisti di bastoni, giubbotti antiproiettile e grosse mitragliatrici incutevano solo paura a guardarli. Anche se le cose erano immobili ci muovemmo comunque con cautela, Bentley che faceva strada all’interno dei corridoi ignorando adeguatamente gli uffici inutili. Le celle erano situate in un piano basso, la maggior parte erano vuote e solo l’ultima in fondo conteneva quello che cercavamo.
<< Ok Sakura, riattiva il tempo. >>
Il blocco temporale era rappresentato da un alone verde lime: lentamente si dissolse come ghiaccio al sole ridando all’ambiente il propri reali colori…. ma poco prima che il tempo tornasse a scorrere normalmente,  cominciai a sentirmi pesantemente male.
I sintomi erano gli stessi provati sulla torre di ghiaccio; la sensazione non scemava e perciò rimasi immobile per non commettere l’errore di aumentare il disturbo, gli occhi chiusi quasi ad esserne costretta.
<< Sakura! Ferma! Non fare niente! >>
L’incantatrice interruppe l’operato, l’incantesimo riprese a dominare e, di conseguenza, quella sensazione di dolore sparì.
<< Che accidenti è successo? >>
<< Non lo so! è la prima volta che i miei poteri scatenano una cosa del genere! >>
<< Io non credo che quanto è successo sia opera della magia, bensì dell’Alimentatore energetico. >>
<< “Alimentatore”? è quell’affare che si è infilato nel braccio? >>
<< Proprio così. Visto che è stato progettato per assomigliare ad un oggetto di natura sconosciuta, lo tengo costantemente d’occhio nell’eventualità di possibili malfunzionamenti. Nel momento in cui il tempo stava riprendendo il suo corso, il mio computer ha registrato una cosa interessante: l’energia del macchinario ha reagito con la pietra da cui abbiamo preso spunto. Forse è questo il motivo per cui la signorina si sente male, deve essere sensibile a questa forza. >>
<< Sensibile? Diamine! Guarda come è ridotta! è sull’orlo di uno svenimento! >>
<< Quindi l’altra volta è stato per causa del vostro marchingegno se Claudia è stata male! >>
<< No! No! Calma! è solo che non avevamo idea delle conseguenze che avrebbe comportato! è una tecnologia con cui non ho mai avuto a che fare e… >>
<< Smettetela di urlare! Non mi aiutate a sentimi meglio! >>
La situazione si era fatta intricata, a quel punto dovevo andarmene il più lontano possibile per non venire a contatto con l’interferenza fra la mia pietra e il macchinario di Sly, messo chissà dove.
Prima di fiondarmi sull’uscita, da uno degli uffici vidi qualcosa che attirò la mia attenzione, costringendomi a curiosare.
 
§
<< Ehi Sly, va tutto bene? >>
<< Bentley? Murray? Cosa ci fate voi qui? >>
<< Ma è ovvio, siamo venuti a darti una mano. Ti abbiamo visto mentre ti arrestavano e  ci siamo organizzati il più velocemente possibile per farti uscire. >>
Yugi e Sakura erano rimasto al fianco dei ladri; tenevano d’occhio l’uscita mentre Sly cercava di capire come i suoi comparo fossero apparsi all’improvviso davanti a lui.
Erano tutti pronti ad andarsene ma il procione aveva altri piani: si infilò nel condotto di aerazione e scivolò tra i condotti senza dare spiegazione.
Yugi e Bentley lo inseguirono, quel suo comportamento non era normale.
Sbucò nientemeno che all’ultimo piano, lo trovarono impegnato nel tentativo di scassinare una porta rossa posta in fondo ad uno stretto corridoio, uno stemma dipinto sul vetro.
<< Ma che diavolo stai facendo?! >> gli disse Yugi.
<< Hanno messo la mia roba qua dentro! La devo riprendere! >> rispose lui.
<< La recupereremo dopo! Adesso dobbiamo uscire da qui, altrimenti le nostre probabilità di cattura aumentano! >> replicò Bentley.
<< No! Se non la recupero non potrò mai fargliela pagare a quel bastardo! Non lo lascerò vincere ancora! >>
Ignorando gli avvertimenti, con un calcio Sly riuscì ad aprire l’ufficio, cominciando a frugare all’interno. Aprì cassetti e mobili per gettare all’aria il contenuto composto da schedari, materiale da ufficio e alcune cianfrusaglie, di quello che gli apparteneva c’era solo lo zaino.
<< Non trovo l’Alimentatore… >> bofonchiò.
<< L’hanno portato da un’altra parte. >> gli rispose la tartaruga.
<< No, tu non vai a prendere niente. Quell’affare deve restare fuori dai piedi. >> esordì il Faraone, bloccandogli la strada.
Di nuovo aveva preso il posto di Yugi e questo al ladro non piacque.
<< Quell’aggeggio è l’unica possibilità che abbiamo per liberarci di Ilyan! è stato lui a mandarmi qui dentro! Mi ha teso una trappola! >>
<< Davvero? Allora ricordarmi di ringraziarlo! Un po’ di tempo “al fresco” è quel che fa per te, razza di testa calda! >>
Tra i due litiganti Bentley fu l’unico a fare attenzione: sentendo dei rumori sospetti lì spinse dentro l’ufficio e richiuse la porta in modo da non farla sembrare forzata, la serratura che scattò con un click. Tirò un sospiro di sollievo, per fortuna c’era una scala antincendio fuori dalla finestra, peccato solo che dava sul parcheggio delle auto della polizia, affollato sia da macchine che da agenti che si riposavano bevendo caffè.
Senza i poteri di Sakura non si poteva andare da nessuna parte.
<< Da quanto tempo tu e Ilyan siete in guerra? >>
<< Non sono affari tuoi moccioso. >>
<< I tuoi “colleghi” dicono che sei diventato così per colpa di qualcuno, e sono sicuri che non si tratti di quel tizio. >>
Sly si irrigidì di colpo, tutta l’irritazione sparì completamente.
Stavolta il muro che aveva sollevato in sua difesa crollò appena un poco, probabilmente perché colto alla sprovvista nel sapere che quella ipotesi era stata mossa da una persona a lui molto vicino. Bentley si fece avanti e spronò il procione a confidarsi, lasciò da parte la sua roba tecnologica e lo confrontò restando semplicemente sé stesso, un atteggiamento che lo mise in difficoltà. 
<< Sly, di che si tratta? Fin da piccoli ci siamo confidati ogni problema che ci tormentava, perché adesso non hai più fiducia in noi?  >>
<< Certo che ho fiducia in voi! Io… ho dovuto solo fare un lavoretto… ve l’ho detto… >>
<< No, stavolta non c’entra quel lavoro, non provare ad imbrogliarmi. Perciò ora sputa il rospo, qual è la verità? >>
Stavolta non c’era via di scampo, seppur controvoglia Sly fu costretto a confessare la verità, l’unico atto per poter preservare l’amicizia con il suo amico e la fiducia con Yugi.
<< L’ho fatto per Carmelita. >>
 
§
 
<< Cos’è successo qui? è tutto a soqquadro. >>
L’ufficio dei reperti, dove le prove di qualsiasi crimine venivano catalogate e custodite, era in uno stato di confusione totale: scatole di cartone giacevano a terra scoperchiate, buste di plastica contenenti oggetti di ogni sorta erano leggermente sciolte, documenti con note ridotti a coriandoli. Ma non fu la cosa più stupefacente.
Il disastro aveva una sorta di disposizione regolare, solo cambiando il proprio punto di vista si potè notare che nell’insieme formavano nientemeno che delle scritte rivolte a me. “Questa volta devi essere coraggiosa”, “ Stasera l’incubo potrebbe vincere e non puoi permetterlo”, “Hai possibilità di cambiare il fato, perciò lotta e vinci”… le frasi dicevano questo genere di cose.
<< Sarebbe il caso di andarcene da qui… e chiamare gli altri… >> disse terrorizzata Yui.
Stavo per seguirla a ruota ma, di nuovo, mi fermai, trovando un’altra cosa che dovevo vedere.
<< Cos’è che luccica? >> da sotto uno degli scaffali di acciaio, un luccichio azzurro mi attirava.
Incastrato nelle rete metallica c’era un frammento di cristallo.
Quella minuscola scheggia appuntita non pareva provenire da nessuno dei reperti; avrebbe potuto non avere niente di importante eppure la sua anomala presenza non poteva non incuriosirmi.
Di qualunque materiale sia fatta, non proviene da mano umana.
 
Improvvisamente una voce tuonò alle nostre spalle, un poliziotto era appena entrato dentro, il blocco del tempo non c’era più. Prima ancora che potesse mettere mani sulle manette d’acciaio, Yui si trasformò e lo tramortì con il suo bastone dandoglielo sulla testa. Prima che altri agenti accorressero c’è ne uscimmo correndo e ci fermammo solo quando il furgone di Murray fu a portata di mano.
Prendemmo il walkie – talkie per metterci in contatto con il resto della banda, il ricevitore rimase silenzioso fino a quando dei crepitii non cominciarono ad uscire.
<< Per me è sempre stata importante… >> i suoni sgraziati si trasformarono in una voce.
<<… è una poliziotta e mi vuole arrestare, ma non me ne mai importato molto, stare con lei è sempre stato divertente… >> riconoscemmo dal tono che si trattava di Sly.
Provammo a parlare ma era chiaro che non ci sentiva, potevamo solo ascoltare cosa si diceva… e devo ammettere che fu una conversazione illuminante.
<< Quando è stata catturata da quel dannato mostro ho fatto di tutto per salvarla ma non ci sono riuscito… non ero abbastanza forte…. allora ho cominciato a cercare una soluzione per riportarla indietro. >>
<< è Claudia cosa c’entra in tutto questo? >>
<< Dopo che quel tizio, Gabriel, mi ha parlato del motivo per cui la signorina era importante, ho pensato che avrei potuto sfruttare la situazione. Quella pietra era proprio ciò di cui avevo bisogno! La soluzione per salvare Carmelita! >>
<< E visto che non potevi usare quella pietra hai pensato di copiarla. Non mi pare un’idea geniale. >>
<< Non mi giustificherò con te del mio cosiddetto “errore”. Il progetto ha funzionato, ormai mi manca poco per fargliela pagare e non mi tirerò indietro! >>
<< E dopo che avrai ottenuto quello per cui stai lottando cosa farai? >>
<< L’unico lavoro che Gabriel mi ha commissionato: portargli la bambina. >>
Improvvisamente la comunicazione si interruppe, degli spari fortissimi rimbombarono dal walkie-talkie, concludendosi in un silenzio tombale che mi lasciò con il fiato sospeso.
 

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Capitolo 34
*** Capitolo trentaquattresimo: progetto buco nero ***


Allarmati dal trambusto ci scambiammo degli sguardi preoccupati.
Non avevamo la più pallida idea di cosa stesse accadendo, solo che la stazione di polizia scintillava come le luci di natale che si appendono sugli abeti.
Ad un tratto il tetto esplose, due proiettili sorvolarono il cielo prima di precipitare dentro il furgone sfondando il tettuccio.
<< Sly! Bentley! Siete ancora interi?! >>
Soccorremmo i due dalla brutta caduta, sistemandoli il più comodamente possibile sui sedili, proprio in quel momento la macchina partì da sola sterzando a destra e a sinistra, sballottandola talmente tanto che mi venne la nausea… qualcosa di minuscolo si era aggrappato al volante manovrandolo a piacere.
<< Murray? >>
Quella che pareva una piccola pallina rosa si trasformò di colpo nel grosso ippopotamo, riprese le anormali dimensioni recuperò il controllo del veicolo e subito dopo accanto a lui anche Sakura comparve, incastrata tra le marce.
<< E voi due da dove uscite fuori?! >>
<< È stato fantastico! Prima siamo diventati piccoli come caramelle! Poi abbiamo saltato come canguri! E dopo siamo usciti senza che i piedipiatti ci vedessero! Non mi sono mai divertito così tanto! >>
Murray era tutto divertito, Sakura da parte sua si limitò a mettere in mostra le carte magiche usate nel racconto.
Sly riprese i sensi poco dopo, biascicando frasi sulla confessione sentita precedentemente.
Era ancora confuso dalla caduta, ci pensò Yui a farlo riprendere prendendolo a schiaffi con eccessiva foga. Recuperata la ragione il ladro iniziò ad insultarla, la ragazza lo zittì quando questa gli sbatté sul naso il walkie-talkie ripetendo per filo e per segno quanto avevano scoperto; lui si ammutolì e imbarazzato si appiattì in un angolo del furgone, ogni tanto che mi guardava con colpa.
<< Ebbene sì, lo ammetto! Io e quel capellone ci conosciamo da molto tempo prima che c’incontrassimo! Ha cominciato prima lui! Mi ha fatto arrabbiare e io lo volevo prendere a calci nel sedere! >> disse ad un certo punto.
<< Non c’è ne importa niente. >> rispose glaciale Yui.
<< Se fino adesso non vi ho detto nulla è stato solo per la vostra incolumità! Claudia, tu mi capisci, vero? >>
 << Sly… lascia perdere. >>
In quel momento dallo sportello posteriore si sentì bussare, aprendolo il risucchio dell’aria lo spalancò completamente, Yugi a cavallo di un drago azzurro che ci faceva segno di fargli posto dentro.
<< Dov’eri finito? Ci stavamo preoccupando! >>
<< La polizia è sul piede di guerra, non hanno preso bene la fuga di Sly. >>
<< Possiamo riportarglielo se ci tengono tanto. >>
<< Forse dopo, se ci resterà tempo. Ora abbiamo delle cose più importanti da sbrigare e non abbiamo tempo a disposizione. >>
<< Che intendi dire? >>
<< Stanotte ci sarà la resa dei conti con Ilyan. La nostra meta è la Torre Eiffel. >>
 
Qualche minuto più tardi arrivammo al simbolo di Parigi.
L’altissima torre di metallo anche durante la notte meraviglia, illuminata grazie a dei faretti posti lungo tutti i suoi 324 metri di altezza, solo la cima quella sera rimaneva al buio, dando l’impressione di rimanere nascosta tra le nuvole e di oscillare a causa del vento.
Tra scale e ascensori riuscimmo a raggiungere la sommità della Torre Eiffel; era occupata da antenne per le trasmissioni radio, ripetitori e strumenti per registrare le condizioni meteo…. tutta ridotta ad un ammasso di ferraglia. Il materiale elettronico giaceva sparpagliato nello spazio ristretto del balcone panoramico, alcuni pezzi pendevano oltre la ringhiera, da componenti elettronici fuoriuscivano scintille gialle che avrebbero potuto prendere fuoco da un momento all’altro.
<< Non ci hai ancora detto perché sei sicuro che Ilyan sia qui. >>
<< L’ha detto lui stesso. >>
<< Cosa?! >>
Alla centrale, spiegò il personaggio, la polizia li aveva scoperti proprio grazie al nostro nemico: camuffatosi come uno di loro li aveva fatti scoprire e aveva aperto il fuoco, in quell’attimo si era lasciato sfuggire apposta la locazione del suo nascondiglio.
<< È così ottimista che non gli importa di rischiare un’altra batosta. >>
<< Mi auguro che questo suo errore volga a nostro favore… la sua eccessiva sicurezza non prometteva bene. >>
Per alcune ore restammo a goderci il panorama, era tardi ormai e i parigini poco alla volta se ne andarono a dormire.
Ad un tratto un pesante sasso mi cadde in testa, vidi letteralmente le stelle, il dolore acuto che pulsava sulla cima.
Un coro di risate sgraziate si susseguì, esseri volanti dalle corte ali da pipistrello, le teste cornute e il corpo striminzito e rugoso, apparvero dall’oscurità reggendo rocce in gran quantità; assomigliavano ai gargoyles delle chiese o dei castelli, il grottesco aspetto che da vivi li rendeva ancora più brutti. Erano uno stormo incalcolabile, alcuni se ne scesero in città per far fuori le munizioni, riversandole addosso a chiunque come tante bombe, sghignazzando divertiti per lo scompiglio che stavano creando; gli altri già con le mani libere iniziarono a rosicchiarci, come ratti alle prese con il formaggio.
Mentre tentavano di scrollarceli di dosso ricominciò a nevicare, a ridosso della struttura apparve la sua gemella di ghiaccio, la quale rifletté la luce dei faretti che si sparpagliò in giro come i piccoli riflessi prodotti da una sfera da discoteca.
<< Che spettacolo affascinante. >> disse Ilyan.
Era sulla Torre di Ghiaccio, in bilico su un sottilissimo macigno, la voce diventata acuta grazie alla magia.
<< Ti devo ringraziare Sly, senza di te non sarei mai riuscito ad ultimare il progetto che mi è stato commissionato. >>
<< Di che vai blaterando?! >> A Sly bastò vederlo per fargli salire la rabbia, le mani strette nel manico del bastone.
Sollevò il braccio, in mano teneva l’Alimentatore, al posto della falsa pietra blu c’era un gioiello più grosso, nero con riflessi viola, la forma di un esagono imperfetto tappezzato di scheggiature.
<< Sei stata molto incauto e geniale, lo sai? Nessuno è mai stato capace di eguagliare il potere della pietra, tu invece ci sei riuscito e l’hai pure usato senza rischiare di finire in polvere.  >>
<< Cosa te ne fai? Tu non hai la benché minima idea di come funzioni! >>
<< Chi ha mai detto che io l’avrei utilizzato? Questo non è per me, bensì per il mio padrone. >>
Improvvisamente Sly saltò oltre il balcone, usando i gargoyles come piattaforme su cui poggiarsi si creò un percorso che gli permise di raggiungere il mercenario.
Con l’ultimo mostriciattolo compì il balzo più energico e si scagliò sul nemico, il bastone alzato sopra la testa. Ilyan lo schivò, Sly scivolò lungo la parete ghiacciata fino a quando non si fermò; Bentley e Murray lo seguirono poco dopo, io e gli altri personaggi subito dietro di loro.
Ma eravamo solo all’inizio dei guai: il guerriero schizzò volando verso la cima della sua costruzione, lì sopra posò l’avambraccio, azionandolo allo stesso momento.
 
Una leggera vibrazione fece vibrare il ghiaccio, leggere scosse elettriche di colpirono, susseguendosi sempre più frequentemente.
C’è ne andammo alla svelta prima di finire folgorati, dopo un poco la carica elettrica si fece visibile con una colorazione azzurra chiara ed attirò a sé la corrente che alimentava la metropoli che si fece buia.
La Torre di ghiaccio divenne un faro, con tutta quella energia che aveva assorbito era cosa ovvia.
La polizia sopraggiunse con uno spiegamento di forze che comprendeva persino i militari; attrezzati di fucili e bazooka fecero fuoco sia sulla struttura che sui demoni, niente che preoccupasse il mercenario che si rivolse al cielo urlando a squarciagola:
<< È tutto pronto mio signore! Tocca a lei entrare in scena! >>
Un puntino verde scuro comparì al centro della volta celeste nera, ingrandendosi si potè notare che girava su sé stesso creando un anello smeraldino che poco alla volta occupò la metà del cielo. Fulmini e saette esplosero improvvisamente dalla cima della torre, seguiti da un raggio viola che attraversò il centro dell’anello facendogli cambiare colore, un turbine di stelle fu risucchiato verso il basso… a mezz’aria si fermò e la massa stellata si modellò con forma umana, occhi rossi spuntarono di colpo insieme ad una corona di corna appuntite.
<< Finalmente libero! >>
Quella voce… io l’ho già sentita!
Non potei non sussultare, riconobbi subito la voce dell’entità senza nome sentita nel mondo di Yugi, così potente che mi faceva scoppiare la testa.
<< Avverto la paura delle misere vite di questo universo… il piacevole sentore del terrore primordiale! Si! Si! Da secoli non mi inebriavo con questa piacevole esperienza! >>
Ma chi diavolo è?!
L’entità scese verso di noi ringhiando, aveva sentito i miei pensieri e per tal motivo fu capace di rispondere alla mia domanda.
<< Vuoi davvero sapere chi sono? Io sono colui che sta al di sopra di spazio e tempo! Il supremo che decide chi vive e chi muore! Io sono Tenebros! Signore dell’Oblio!
<< Tu--- tu s-sei quello che-che mi da-dava la caccia?. >>
<< È esatto! Ma è la tua pietra che ho inseguito fino a questo momento, non te. Quel gioiello è capace di fare cose che neanche ti puoi immaginare! L’energia che tu usi per difendere queste figure animate è solo una briciola! Uno spreco ai miei occhi! >>
<< Sc-scommetto che sei u-uno di quei ca-cattivi con la fissa di co-conquistare l’universo…. >>
<< Sciocca! Davvero pensi che io uno di quegli idioti con cui hai avuto a che fare? Io non sono uno scarabocchio privo di cervello! >>
Quel tizio trasudava male allo stato puro, era così inquietante che tutti quanti tremavano al suo cospetto, persino l’alterego di Yugi che fra tutti sarebbe dovuto essere il più coraggioso.
Il vortice, che ricordava un poco il Varco Dimensionale, continuò ad espellere altro: delle cose grigie e filamentose fuoriuscirono come tanti serpentelli per disperdersi nell’aria, producendo una sorta di fischio soffocato abbastanza chiaro da far venire la pelle d’oca.
<< Che cosa sono quelle cose? >>
<< Incubi, il peggiore tormento dell’universo. Essi escono dal mio buco nero, il portale che mi serve a manifestare il terrore nella sua maestosità. Con questo strumento posso soggiogare qualsiasi civiltà e la paura che si scatena diventa fonte di energia e di vita per me, garantendomi immortalità. >>
<< è orribile! >>
<< Questo è solo l’inizio. La fine è la vera goduria: quando l’energia verrà prosciugata dagli esseri viventi, essi muoiono e il mondo li segue subito dopo… e ciò che rimane è il nulla. >>
<< Non puoi fare una cosa simile?! >>
<< La sto già facendo. >>
 
Le urla della gente impaurita cominciarono a farsi udire, un concerto tragico da ascoltare.
La paura aveva preso anche noi che non facevamo altro che tremare, non riuscivamo a reagire, di pietra eravamo diventati al cospetto del più terrificante piano malvagio che fosse stato presentato nella storia.
 
<< Vincete la paura! >>
Il minuscolo cristallo azzurro si illuminò come luce divina.
Ci avvolse in una bolla cristallina che ci ripulì dalla negatività della paura, subito ci sentimmo più leggeri e i nostri cuori non tremavano più; provavamo solo molta serenità.
<< Gabriel! Sei proprio tu?! >>
 << Proprio io. Sono arrivato appena in tempo a quanto pare. Tenebros stavolta ci sta andando davvero pesante. >>
I personaggi animati ascoltarono sorpresi la nuova voce, ma come me avvertirono la fiducia che esso trasmetteva e non si preoccuparono di parlargli e chiedergli chi fosse.
<< Tu sei quello che Claudia ha sempre menzionato! Ma cosa le è passato per la testa di affidare ad una ragazzina un’impresa suicida?! >>
<< Signorina, risponderò alla sua domanda in un altro momento, adesso dovete rimboccarvi le maniche e fermare il lavoro del mio “vecchio amico.” >>
<< E come? >>
<< La chiave è L’Alimentatore, dovete toglierli il cristallo nero che vi è stato messo dentro e poi sostituirlo con un frammento della pietra di Claudia. Vi assicuro che se lo farete tutto tornerà alla normalità. >>
<< Come la mettiamo con Mister Terrore? >>
<< Lo terrò impegnato io, non preoccupatevi. Sarà così “contento” di vedermi che non baderà a voi. Fate presto però! Ogni minuto è prezioso! >>
 La bolla si ruppe e il frammento accumulò l’energia per non disperderla, eseguì una trasformazione simile a quella che aveva permesso a Tenebros di manifestarsi, facendo apparire al suo posto un cavaliere in armatura che andò all’attacco verso il nemico.
 
Ora toccava a noi.
 
Unendo le nostre energie salimmo fino alla vetta dell’altissima costruzione.
Le forze del male come una valanga piombarono su di noi, senza farci intimorire li fronteggiammo ricacciandoli indietro, liberando Parigi dalla loro cupa presenza.
Raggiunta la cima una gabbia circondava la fonte del caos, le sbarre non la chiudevano completamente lì dove il raggio solcava il cielo, apparendo come l’unico punto in cui passare… Io, al contrario, ero abbastanza magra e piccola da riuscire a scivolare fra le fessure. I personaggi si arrampicarono sulle sbarre, il vuoto alle spalle li aspettava a braccia aperte se avessero avuto la sfortuna di cadere.
Quando furono in posizione mi avvicinai alla fonte. Vicino al raggio della pietra viola si avvertiva un leggero stordimento, per mia fortuna dovevo solo metterla fuori uso, perciò trasformarmi fu una scelta che non rimpiasi.
<< Perfetto. Vediamo di finire in fretta. >> dissi a me stessa, sollevando il mio bizzarro martello.
Ma prima di mettermi in moto, una spada mi sfiorò la testa per un soffio, tagliando via alcuni capelli mossi dal vento. L’arma fece una piroetta su sé stessa e tornò indietro come un boomerang, adagiandosi tra le mani di Ilyan, corrucciato, che fece roteare sopra la sua testa dimostrando di essere pronto ad usarla.
<< Mi sono spezzato la schiena per completare questo lavoro! Non permetterò a nessuno di voi di vanificare quanto ho realizzato! >>
<< Allora comincia a rimboccarti le maniche! Perché noi abbiamo intenzione di demolire tutto quanto! >>
Ilyan affrontò ferocemente i miei compagni di squadra… e per la prima volta fu messo in seria difficoltà. Nonostante le sue capacità non riuscì a prevalere, fu pestato pesantemente come meritava da tanto tempo, lasciandomi così campo libero per occuparmi dell’Alimentatore che colpì e colpì ripetutamente per rimuoverlo dal piedistallo.
Ad un certo punto era così messo male che sarebbe bastato tirarlo per rimuoverlo, il mercenario però non era ancora arrivato al punto di gettare la spugna e decise di giocarsi l’ultima carta per potersi garantire la vittoria: dopo un doppio giro della morte per schivare gli attacchi dei miei amici, zigzagò tra di loro e infine catturò la preda perfetta: Sly.
<< Lasciami subito! Altrimenti ti gonfio la faccia a suon di pugni! >> disse minaccioso il ladro.
<< Ho bisogno del tuo aiuto e non me lo negherai, sacco di pulci. >> gli rispose lui con un sorriso inquietante.
Prima che il procione potesse difendersi, Ilyan lo afferrò al collo e iniziò a stringere, un’aura bianca fuoriuscì dal suo corpo e impallidì, sempre più debole nei movimenti.
<< Cosa gli hai fatto?! >>
<< Gli ho solo prelevato un po’ di energia vitale, quel che basta per tenerlo buono. Sapete, è lo stesso metodo che ho usato per fornire l’energia alla mia preziosa Torre, per questo motivo ho rapito tutta quella gente. >>
<< Tu maledetto essere schifoso! >>
<< Chiudete il becco e ascoltate! Gettate le armi oppure questo ignobile essere ci rimetterà la pelle! >>
<< Mai! >>
<< Allora ditegli addio! >>
Volò via il guerriero portando con sé Sly.
Inutilmente gli urlai di tornare indietro, cercando di uscire dalla gabbia rimasi incastrata fra le sbarre e scalciai come un mulo tentando di liberarmi. Mandami al diavolo il piano, dovevo assolutamente salvare il mio amico, in un modo o nell’altro.
<< Non restate a fissarmi in quel modo come degli scemi! Datemi una mano piuttosto! >> dissi scocciata.
<< Ma dobbiamo interrompere quel raggio…! >>
<< Dobbiamo salvare Sly! Non voglio che muoia! Lui è nostro amico e si è fatto in quattro per aiutarci! Quindi adesso tiratemi via da qui! Vado a dare una lezione a Ilyan una volta per tutte! >>
Non osarono ribattere gli altri, capirono che non avrei cambiato idea.
Non ero mai stata così audace nel corso di quella avventura, ma per aiutare un amico avrei fatto di tutto e di più.
Insieme mi presero dalle braccia e tirarono fino a quando non riuscì a scivolare via dallo scomodo incastro, dopodiché Sakura usò i suoi poteri per farmi apparire un bel paio d’ali che mi permisero di spiccare il volo ed inseguire Ilyan.
<< Torna indietro solo quando riesci a salvare Sly, a quell’affare ci pensiamo noi. >>
<< Lo farò. >>
 
Mi lasciai guidare dall’istinto per rintracciare Ilyan e Sly.
Dopo un lungo volare sopra i tetti di Parigi li trovai diretti verso la costa, ancora insieme per fortuna. A quel punto misi il turbo e mi lanciai addosso al rapitore, lottando a mani nude mentre lui, colto di sorpresa, non capiva cosa stesse accadendo. Ilyan iniziò a volare più agitatamente, io ancorata sulla sua schiena che gli tiravo i capelli; in quel modo finì per avvicinarsi al vortice verde  e attirare gli incubi che continuavano a fuoriuscire da lì.
<< Resisti Sly! Ti salvo io! >> gli urlai.
<< E poi chi salva te?! Vattene via prima di farti male! >>
<< No! Non ti abbandono! >>
Ilyan con una gomitata mi fece mollare la presa; girai su me stessa come una trottola prima di riprendermi e trovarmelo davanti con la sua spada che si era incendiata, puntata contro di me come una lancia.
 
<< Sei una stupida! Non vedi che ormai non puoi più fare nulla? Continuare a lottare è solo una perdita di tempo! >>
<< Ti sbagli e te lo dimostrerò! Sono qui per questo! >>
<< Ti farò cambiare idea… >>
Io e il guerriero uno sguardo cagnesco.
Lasciò andare il ladro che atterrò incolume sul tetto di una casa non troppo lontana, incapace però di reggersi sulle proprie gambe per la mancanza di forze.
Subito dopo la lotta scattò.
Quello fu il primo, nonché l’unico, duello serio che ingaggiai contro Ilyan. Sapevo che sarei potuta morire ma l’idea di tirarmi indietro non mi passò lontanamente per la mente, era la resa dei conti e non avrei rimandato quel momento un’altra volta, sarebbe finito tutto quella notte. Non avevo una strategia, picchiavo quanto più potevo per far male e se l’altro ricambiava io non rallentavo, anzi, insistevo maggiormente.
Ci fu un momento in cui dovetti arretrare, l’aggressività di Ilyan gli diede la carica per sovrastarmi, ad una certa quota sfiorammo i tetti degli edifici e lì Sly mi tirò a sé afferrandomi con il proprio bastone e sostituirmi nella lotta. Il mercenario se la rise considerando la mossa molto stupida, il ladro di tutta risposta lo prese per i capelli e legò su di essi un pesante piccolo affare nero… e poi un altro sulla schiena… e un altro ancora sul petto.
<< Che accidenti stai facendo? >> gli urlai.
<< Una cosa che ci salverà la pelle! Adesso gambe in spalla e scappa! >>
Nonostante la stranezza di quel gesto seguì il consiglio e svolazzai via il più velocemente possibile, Sly dietro di me che saltava da un tetto all’altro.
<< Pagherete questo affronto voi…! >>
Non fece in tempo a finire di parlare Ilyan che una serie di esplosioni lo interruppero, scatenate dagli affari che il procione gli aveva applicato: le case si inclinarono per colpa dell’onda d’urto, i vetri delle finestre volarono veloci come proiettili e le antenne televisive sopra i tetti schizzarono via insieme. La potenza dell’esplosione mi perdere le ali, precipitai velocemente di sotto fino a raggiungere Sly che stava “volando” via quasi alla stessa velocità; mi aggrappai alla sua schiena pregando disperatamente il signore.
 
Chiusi gli occhi.
Non volevo vedere la mia stessa fine.
Ci misi un po’ ad avvertire la calma che mi circondava e trovare così il coraggio di dare una sbirciatina.
Sly aveva aperto il paracadute di emergenza, stavamo volteggiando tranquillamente tra i vicoli, sani e salvi. Sospirai stanca, l’avevamo scampata per un pelo.
 
Tornammo alla Torre Eiffel e interrompemmo il generatore di incubi levando il cristallo nero; senza bisogno di scalfirlo il cristallo dorato rimosse un suo piccolo frammento che potemmo inserire nell’Alimentatore.
Il raggio giallo proiettato produsse fiammelle bianche, il cielo prese fuoco per spazzare via ogni traccia di male sparsa fino  a quel momento; l’elettricità tornò a illuminare Parigi e la Torre di ghiaccio iniziò a sciogliersi a vista d’occhio, con sorpresa i pezzi di ghiaccio che si staccavano si trasformarono in persone, quelle precedentemente rapite da Ilyan.
A mano a mano che la normalità tornava il terribile Tenebros cominciava a sparire, egli perciò fece di tutto per non far sparire quello che aveva costruito.
 
<< Ho impiegato tutte le mie risorse per realizzare questo progetto! Non vi permetterò di rovinare tutto quanto! >>
<< Ormai l’abbiamo fatto illuso! La tua cosiddetta libertà è sfumata! >>
Tenebros e Gabriel avevano lottato fino a quel momento, aveva resistito fino allo stremo il nostro misterioso salvatore pur di realizzare il piano di salvezza ideato.
<< Non cantare vittoria Gabriel! Credi di avermi sconfitto, ma sono io il vero vincitore di questa battaglia! Grazie a questo giorno, ho ottenuto la chiave mancante di cui avevo bisogno per sovvertire l’universo! >>
Con quelle sibilline parole ci lasciò definitamente.
La sua scomparsa alleggerì l’aria, Parigi potè tornare a dar sfoggio della sua magnificenza.
 
Ma non c’era soddisfazione nell’aver salvato quel mondo.
Il vero nemico aveva finalmente mostrato il suo volto… e non era stato per nulla bello.

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Capitolo 35
*** Capitolo trentacinquesimo: verso la meta finale ***


Due giorni dopo l’atmosfera era tornata armoniosa.
Per dire addio a Parigi scegliemmo una nave da crociera: pronta a solcare il vasto oceano, l’imbarcazione scintillava sotto il sole mentre si riempiva di passeggeri, i fumaioli che svettavano con bandiere di terre straniere.
Dal ponte di prua i passeggeri salutavano la gente che dalla banchina ricambiava, ad un certo punto una sirena annunciò la partenza e si affrettarono i ritardatari a salire a bordo.
<< Tu sei proprio sicuro di non voler venire? >>
<< Ho degli affari in sospeso da sistemare. Non devo più farvi da balia. >>
Non ero contenta che Sly avesse deciso di abbandonare l’impresa, ma chi ero io per impedirgli di farlo?
Mentre mollavano gli ormeggi abbandonò la nave che lentamente abbandonò il porto.
Non salutò nemmeno, aveva già detto tutto quello che dovevano sentire, un modo glaciale per chiudere i contatti dopo tanto tempo trascorso insieme.
<< C’è la caveremo senza di lui? >>
<< L’esperienza non ci manca. >>
 
La costa francese si fece sempre più lontana, dopo qualche tempo l’oceano fu l’unica cosa da guardare. La nave era quella del classico tipo “hotel galleggiante”, dentro c’era ogni sorta di passatempo e lussurioso svago con cui i passeggeri potevano allietare la permanenza a bordo. Di tutto ciò niente non mi interessava, preferivo starmene chiusa in cabina a sbirciare dall’oblo; gli altri stavano dormendo profondamente.
Il dondolio della nave faceva rotolare o scivolare leggermente alcuni oggetti, il fragore delle onde s’infrangevano sullo scafo producendo un suono continuo.
<< Servizio in camera! >> esclamò una voce fuori dalla porta.
Fissai l’uscio indecisa se aprire o far finta di non aver sentito, alla fine mi decisi e leggermente aprì la porta.
Uno scoppio di coriandoli mi fece inciampare all’indietro per la sorpresa, i personaggi si svegliarono di soprassalto; la faccia sorridente di Sly che rideva per tutto.
<< Sly?! Che ci fai tu qui?! >>
<< Volevo concedermi una vacanza e sono saltato a bordo all’ultimo munito. >>
<< Non ti crederei nemmeno se fosse vero. >>
<< E va bene, mi ci ha costretto Gabriel. >>
Il ladro tirò fuori dalla camicia il frammento azzurro pescato a Parigi, lo lanciò in aria come una moneta ma invece di cadere a terra si infilò sul tetto e proiettò, come un ologramma dei film di fantascienza, una figura umana: corporatura massiccia e postura composta, l’individuo aveva una folta barba nera e capelli corti castano chiaro leggermente spettinati con la frangia laterale a sinistra, vividi i piccoli occhi azzurri ci osservavano attentamente.
Indossava una camicia bianca con le maniche girate fino ai gomiti abbinata ad un paio di pantaloni celesti, sbottonata di due bottoni all’altezza del petto che lasciava intravedere una catenina con appesa una croce; la pelle di un bel marrone chiaro-scuro.
Il cuore cominciò a battermi senza freno, ognuno di noi rimase ad occhi sgranati e bocca aperta quando la consapevolezza sull’identità di quell’uomo si catapultò nelle nostre teste.
<< Lei… lei è…? >>
<< Si, io sono Gabriel, il “misterioso personaggio” che avete sempre cercato di scovare. >>
Urlai con un acuto tanto forte che i presenti si tapparono le orecchie, non accennai a smettere nemmeno quando il ladro mi premette la bocca per zittirmi.
<< L’avevo detto che sarebbe rimasta traumatizzata! >> disse quest’ultimo.
<< Ehm… non avevo previsto una reazione simile. >>
<< Claudia, rilassati! Non ti mangia mica! Prendi un bel respiro! >>
C’è ne volle per rilassarmi, avere finalmente davanti a me Gabriel era un trauma vero e proprio!
Dopo tutto quel tempo a chiedermi chi fosse, ora che ero stata accontentata non me ne capacitavo proprio! Non si trattava di un miraggio, era realtà, addirittura le ragazze per poco non svenivamo per l’emozione.
Calato il silenzio l’uomo potè finalmente parlare:
<< È bello poter finalmente avere una conversazione quasi normale. Ti ringrazio Sly per aver portato il cristallo ai tuoi amici, sei stato molto gentile. >>
<< Gentile? Hai detto che mi avresti fatto perdere completamente il pelo se non fossi andato con loro! >>
<< Era l’unico modo per darti una svegliata: ignorare i tuoi nuovi amici non avrebbe fatto passare lo stress di quanto è successo. >>
<< Allora è vero che lavoravi per lui. >>
<< Di questo ne parleremo in un altro momento. Vorrei adesso discutere di argomenti assai più importanti. >>
<< L’ha detto! Vorremmo sapere una buona volta perché ci ha cacciato in questo guaio allucinante! >>
<< Mi dispiace per tutto il mistero che vi ho imposto fino adesso, ma ho avuto buone ragioni per farlo. Solo recentemente avete capito che la ragione di questo caos sono Tenebros e la pietra che la signorina tiene al braccio. >>
<< Già. Ormai è chiaro che vuole il gioiello per conquistare il mondo. >>
<< Ahimè, la storia è più complessa di quanto possiate immaginare >>
 
L’uomo sollevò il braccio destro: portava un bracciale argentato come il mio, sopra aveva incastonato un grande diamante azzurro colmo di sfaccettature che producevano arcobaleni scintillanti.
Era una copia più raffinata del mio bracciale… ma comunque uguale.  
Confessò l’uomo che Tenebros non aveva scatenato quel putiferio solo per stare dietro alla mia pietra, bensì per ottenerle tutte: tre pezzi rarissimi dotati di poteri straordinari, capaci di compiere grandi cose. Gabriel disse che da dove venissero era un mistero a cui nemmeno lui sapeva dar risposta, aveva però capito che “sceglievano” il loro custode, il che spiegava perché non fosse più possibile liberarsene.
 
<< TRE?! HO CAPITO BENE?! HA DETTO PROPRIO TRE?! >>
<< Esattamente. >>
<< Ma….! Ma…! Da dove escono fuori?! >>
<< Ve l’ho detto, non lo so nemmeno io. In tutto il tempo che ho avuto con me questa pietra, però, ho capito una cosa importante: loro assorbono energia. >>
<< Perché? >>
L’uomo disse di essere un viaggiatore di spazio e tempo, dal suo legame con la sua pietra per anni era stato costretto a vagare da una dimensione all’altra spinto da una necessità inspiegabile. Quando credeva di essere giunto alla fine del lungo eremitaggio un Varco Dimensionale appariva e lo risucchiava via… la pietra era la chiave di tutto, pretendeva che lui continuasse ad esplorare la vastità dell’universo per assorbirne la forza in piccole quantità.
<< Questo affare sarebbe capace di aprire i varchi?! >>
<< Bè, è ovvio. Se possono chiudere i varchi, li possono anche aprire. Non ci avete mai pensato? >>
Restammo in silenzio, ammettendo nelle nostre teste che non avevamo pensato a quella opzione.
<< Ehm… stava dicendo a proposito dell’assorbimento? >>
<< Ho avuto la conferma di questa teoria quando due pietre si sono trovate a contatto; ossia la mia e… bè… quella che si trova in possesso di Tenebros. >>
<< Che cosa?! Quel mostro possiede una delle gemme? >>
<< Purtroppo sì. >>
<< Come diavolo ha fatto a procurarsela? L’ha rubata? >>
<< L’aveva già con sé fin dal primo giorno che ci siamo incontrati: era un viaggiatore come me. >>
Imbarazzato, l’uomo confessò una cosa così scioccante quanto un pugno in faccia: Tenebros amico e di compagno di viaggio di Gabriel.
Ero riluttante ad accettare che quell’individuo fosse stato in passato un essere umano.
Quando incontrò Victor (questo il vero nome del mostro tanto temuto) era spaesato e impaurito, incontrarsi fu un sollievo per entrambi, ci fu subito una forte intesa che fece nascere una chiara amicizia condivisa dagli stessi pensieri e idee.
<< Un secondo: se questo pazzo furioso ha già una pietra, perché sprecare energie per prendersi quella di Claudia? >>
<< è ovvio no? Per incrementare i suoi poteri. >>
<< Si, ok. Ma perché? Se non vuole conquistare il mondo a cosa gli serve tanto potere? >>
<< Questa è stata una delle cause scatenanti che da amici ci ha fatto diventare nemici… e peggio: col passare degli anni Victor aveva cominciato a comportarsi e a pensare in modo strano, farfugliava cose assurde sulla possibilità di cambiare l’universo tramite i varchi e di poter sfuggire alla morte… inizialmente non gli diedi molta importanza, ma questa mia negligenza costò cara ad entrambi. Trovata per puro caso la terza gemma, la follia del mio amico si mostrò con uno spaventoso ideale di dominio su Spazio, Tempo e Creato.
 
Non si tratta di controllare un mondo o due… bensì tutto ciò che esiste nell’universo.
 
Victor ammise che era intenzionato a sfruttare il potere della sua pietra per sottomettere qualunque cosa, plasmarla al suo volere con l’ausilio dei tre cristalli. Lottai fino allo stremo delle forze per difendermi e strappargli il cristallo dalle mani, poi fuggì fin dove egli potesse raggiungermi… e così è stato per moltissimi anni. >>
<< Vi siete già scontrati? >>
<< Più di una volta. Ma nessuno dei due è mai riuscito a prevalere sull’altro, proprio per questo motivo ha smesso di affrontarmi direttamente, preferendo utilizzare trucchi poco corretti. Siamo allo stesso livello, la nostra è una guerra senza vincitori e né vinti. >>
 
Fu una scoperta… pesante da digerire.
Per l’uomo, tra l’altro, una confessione dolorosa.
Aver detto la verità non lo fece star bene, insistentemente dovette cacciar via le lacrime e i colpi di tosse per riportar alla normalità la voce rauca.
Improvvisamente cadde sulle ginocchia, respirava affannato con un rantolo strano, una mano sul petto, le gambe che tremavano vistosamente.
L’uomo sorrise, sforzandosi di apparire normale, dimenticandoci di avere a che fare con un ologramma affondammo le mani nel niente, incapaci dunque di dargli aiuto.
<< Le continue dispute con il mio vecchio amico lasciano sempre il segno… ormai ci sono abituato… però mi sa che adesso dovrò chiudere la conversazione… sono costretto a riposarmi. >>
<< Lo capiamo signore. Stia tranquillo. >>
<< La nostra conversazione è momentaneamente sospesa. Tra poche ore, però, avremmo modo di ritornare sull’argomento: la nave è diretta nella mia terra, la meta che vi avevo imposto di raggiungere, io vi aspetterò e nel frattempo preparerò l’adeguato benvenuto. >>
<< Santo cielo, dice davvero? >>
<< Voi custodite l’ultima speranza per salvare l’universo. Buona fortuna ragazzi. >>
 
§
 
Gabriel crollò nel suo letto, nonostante la fiacchezza aveva voglia di festeggiare.
Si sentiva fiducioso, tutti i timori avuti in quel lungo tempo stavano dissipandosi, la speranza agognata per secoli che scintillava come il diamante magico in suo possesso.
<< Quanta inutile fiducia. >>
Di colpo si sentì gelare.
 
La sua camera da letto evaporò in una calda e densa nebbia, il vapore svanì soffiato via da una raffica di vento forte per mostrare cosa aveva trasformato: il pavimento era sparito, picchi rocciosi profondi burroni circondavano l’uomo al riparo sulla cima di una collina mezza erosa; carcasse di animali giacevano sul pendio sotto di lui, geyser fumanti mettevano in pericolo l’integrità delle montagne.
 
<< Sempre maniaco delle entrate in scena spettacolari. >> disse Gabriel a Tenebros.
Rise l’individuo, della sua presenza non se ne vedeva nemmeno l’ombra, ciò nonostante lo sentiva molto vicino a sè.
<< Dovrebbe incutervi terrore questa “entrata”, non arrabbiarti. >>
<< Che diavolo vuoi da me? >>
<< Volevo solo sapere se ti eri ripreso dal nostro ultimo confronto. >>
<< Ci mancava solo che ti preoccupi per me. >>
<< Mi tratti sempre con poco ritegno, e dire che una volta eravamo amici. >>
Gabriel scatenò il potere della sua pietra, il mondo montuoso si disgregò formando una valanga di diamanti e pietre preziose, fasce di stelle varcarono il cielo “strappandolo” via con archi perfetti, sotto i segni lasciati il nero vuoto, come se tutto  quel posto fosse una specie di allestimento teatrale.
<< Non tentare di apparire spavaldo, ti rendi più ridicolo. >>
<< E tu non farmi perdere la pazienza. >>
<< Lo sai che mi piace guastarti la festa, in particolar modo ora, che credi che ogni cosa sia al sicuro. Eppure dovresti sapere bene che non bisogna mai cantar vittoria così presto, non quando il pericolo è ancora in agguato. >>
<< Ho capito cosa intendi… e ti dico che sei un illuso: i ragazzi sono al sicuro ormai, non puoi più nuocergli. Non hai più possibilità di impedirgli di fermarti. >>
<< Ne sei davvero convinto? >>
L’uomo si confuse con quella dichiarazione, sapeva bene che Tenebros non aveva più alcun alleato che facesse per suo conto il lavoro sporco, persino il mercenario assoldato era stato sconfitto.
In quel momento il panorama intorno a lui mutò ancora; adesso era in piedi nientemeno che sulla superficie del mare, il tempo diviso da un lato da sole cocente e sereno… dall’altro masse di nuvole temporalesche.
<< Stavolta nessuno si salverà. >>
 
§
 
Viaggio tranquillo e solitario, niente di cui lamentarsi alla fine.
Se solo a bordo ci fosse stato qualcuno non mi sarei sentita a disagio.
 La monotonia venne spezzata dall’arrivo di un temporale coi fiocchi.
 
La pioggia scrosciante pareva una cascata, le alte onde quasi coprivano completamente lo scafo, per fortuna anche senza equipaggio si navigava bene ma la situazione non migliorava di certo; si ondulava così tanto che mi venne il mal di mare. La faccia aveva preso una tonalità verdastra, sotto gli occhi le occhiaie si erano scurite, mi sentivo anche la bocca secca come se non bevessi da tanto tempo.
<< Qualcuno fermi la nave! Mi viene da vomitare! >> esclamai sofferente.
<< Cerca di resistere, non possiamo fare nulla per calmare il temporale. >> disse Sakura.
<< Non m’interessa, sto malissimo! >>
<< Smettila di fare i capricci e cerca di dormire un po’. >> mi rimproverò Yui.
La porta della cabina si aprì di colpo, Yugi e Sly entrarono scivolando a causa del pavimento bagnato, zuppi dalla testa ai piedi, la strana pettinatura del duellante poi era completamente afflosciata.
<< Ragazze! Allarme rosso! >> disse allarmato.
<< Che succede? >>
<< Abbiamo un problema… Ahi! >>
La nave si inclinò da un lato di colpo, facendoci spiaccicare contro la parete metallica.
<< Proprio questo è il problema, stiamo perdendo il controllo! Qui fa acqua da tutte le parti! Dobbiamo abbandonare la nave! >>
<< è impazzito per caso? Questo è l’unico mezzo che abbiamo per raggiungere Gabriel! Nonché l’unico che può davvero far fronte alla tempesta! >>
<< Non ho idee migliori purtroppo! Rischiamo di far la fine del Poseidon! >>
Una serie di tuoni si scatenò all’impazzata prima di venir zittiti da un unico possente ruggito.
Uscimmo sul ponte per capire se si fosse trattata di un’impressione, solo allora ci rendemmo conto che la nave si era adagiata in bilico su una scogliera di conchiglie e corallo rosso, l’acqua si era prosciugata, chi tentò di smorzare la situazione si trovò la propria spavalderia tramutata in paura.
<< Ragazzi… non mi piace questa cosa… >>
<< Sly… io ho paura. >>
<< Va tutto bene Claudia, adesso andiamo via da qui. >>
In quell’istante la nave vibrò violente, scendemmo immediatamente poco prima che precipitasse sul fondo, spaccandosi in due. Ricominciò a piovere, ma al posto della normale pioggia cadeva fango viscido e sporco.
Non è possibile che stia accadendo tutto questo. Pensai.
Provammo a scendere da lì, più il tempo passava e il disagio aumentava.
Aggrappata ad un sottile scoglio cercai disperatamente di non finire là dentro.
Poi l’animalesco ruggito, poi delle mani provenienti dallo strato fangoso mi afferrò per le braccia schiacciandomi contro la parete rocciosa mentre una faccia spaventosa prendeva forma con un malevolo ghigno, altre invece spinsero giù i personaggi dai loro appigli, facendoli cadere giù.
Urlai scioccata, poi il fiato mi fu bloccato da una stretta poderosa che mi tolse il fiato, il cervello privo di ossigeno scatenò lampi violetti con flash psichedelici
Scattò qualcosa che interruppe l’agonia e poi più nulla.
 

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Capitolo 36
*** Capitolo trentaseiesimo: Da sola ***


 
Un brutto incubo mi costrinse a svegliarmi.
Aprì gli occhi a fatica, sulla faccia mi sentivo punzecchiare, un intenso calore mi avvolgeva dalla vita in giù.
Dopo un po’ riuscì a sollevarmi, la testa che mi girava così tanto da farmi perdere l’equilibrio e costringermi a restare seduta.
Un vasto deserto si espandeva a perdita d’occhio tutto intorno a me, dune a mezzaluna che il vento modificava a proprio piacimento spazzando via sottili strati di sabbia rossa; il sole picchiava duro, non si vedeva uno straccio di ombra, per non parlare di forme di vita.
I miei amici non erano insieme a me, li chiamai fino a rimanere sgolata aspettando per ore una risposta, ma nessuno rispose alla mia chiamata.
A quel punto mi resi conto che ero sola.
Preso atto di questa consapevolezza cominciai a piangere, implorando che qualcuno venisse a soccorrermi. Prima di rendermi conto che dovevo muovere le chiappe dovetti farmi arrivare la necessità di bere, perciò presi una direzione qualsiasi senza punti di riferimento, stropicciandomi gli occhi e continuando a singhiozzare.
 
Non ho idea di quanto tempo trascorse da quando partì.
A malapena riuscivo a tener conto di cosa stessi facendo, in alcuni momenti mi fermai senza accorgermene convinta che stessi ancora camminando.
Mi picchiettai la fronte madida di sudore per continuare a vagare senza meta e senza riposo, scrutando sfiatata le numerose dune che nascondevano avvallamenti in cui scivolai molto spesso, la sabbia scottava e finì per andarmi negli occhi e tra i capelli, ma mi limitai a mugugnare imbronciata per scaricare la tensione, incapace di poter fare dell’altro.
Ogni tanto mi capitò di vedere delle forme tremolanti che ingenuamente pensai fossero persone vere, amaramente scoprivo che si trattavano solo di miraggi.
Alla fine caddi vinta dal troppo sforzo, il sole che sbiadiva mentre socchiudevo gli occhi colta da un improvviso sonno.
 
Addormentata, sognai di sorvolare un lago cristallino che sprigionava miliardi di bolle colorate che, scoppiando a ritmo di una canzone familiare che non riuscì a riconoscere, sprizzavano gocce che mi rinfrescavano. Continuai a volteggiare allegramente nell’aria fino a quando non vidi una cascata circondata da un coloratissimo arcobaleno, lo fissai a lungo prima di cominciare a rotolare senza alcun controllo dritta nel getto scrosciante.
Il brusco risveglio servì a farmi risvegliarmi, la testa per intero era fradicia, accanto a me vidi una brocca d’acqua ormai vuota.
Dove sono?
Ero all’interno di una casa di pietra, il tetto costituito da travi di legno molto spesse e le finestre strette fessure coperte da stracci svolazzanti. L’interno della stanza grossi tamburi a forma di calice ricoperti di pelle di animale e armi particolari come archi e lance erano poggiati in un lato con cura, e delle statuette decorative di legno o osso giacevano riposte in mensole scavate nella parete di roccia dalle striature marrone – arancione.
Ma il vero elemento interessante furono piatti pieni di frutta e vasi di argilla colmi d’acqua.
Svuotai tutto, prima di sentirmi sazia dovetti far fuori anche le briciole.
Mi alzai dal giaciglio calpestando a piedi nudi il largo tappeto decorato con colori scuri, arrivando fino alla porta che aprì di poco così da poter sbirciare fuori: il tramonto mi accolse con le sue scure tonalità, il sole ormai ridotto ad uno spicchio semi nascosto dietro un’imponente costruzione lontana.
Ero talmente assorta da quello scenario che non mi accorsi della presenza alle mie spalle, dovette fingere un colpo di tosse per farsi notare.
Si trattava di un anziano signore di bassa statura con indosso una lunga veste arancione con un motivo di nuvole a decorarlo, sul petto da una sopraveste rosso chiaro con il disegno di un grosso animale sulla schiena, in testa portava un particolare cappello; in mano stringeva un lungo bastone di legno nella cui cima era incastonata una gemma, la bocca era nascosta da un paio di baffi bianchi.
<< Ti senti meglio? Hai recuperato le forze? >> mi domandò.
Con un timido cenno della testa risposi in modo affermativo.
L’ometto fece un movimento circolare con il bastone che emise un debole luccichio, dal nulla comparve una tavola imbandita di ogni ben di dio, invitandomi a sedermi e assaggiare tutto.
<< Chi è lei? >> mi riuscì di chiedere.
<< Lieto di fare la tua conoscenza figliola. Mi presento: io sono Simba, il Re degli Spiriti. Ero ansioso di poterti incontrare. >>
<< Io so chi è… è il personaggio di un videogioco che conosco.>>
<< Oh, sono lusingato di essere famoso. >>
Il vecchietto, proveniente da un gioco fantasy chiamato Dark Cloud, ricopriva il ruolo di guida per la soluzione di enigmi, nonché di spirito buono che aiuta il protagonista durante l’avventura.
<< Nonostante la mia presenza non pensare di essere sbarcata nel mio universo. Questo deserto… e ciò che si trova all’orizzonte… non è altro che il regno che il mio amico Gabriel ha battezzato come “La Terra senza Tempo”. >>
<< Sul serio? >>
<< Tenebros ci ha messo lo zampino, facendo naufragare la nave ha tentato un ultimo disperato tentativo di avere vinto la guerra, ma gli è andata male e, per nostra fortuna, ha leggermente accorciato quel tratto di strada che avreste dovuto seguire. >>
<< Noi… qui ci sono solo io. I miei amici sono spariti. >>
<< Sta tranquilla, loro si trovano da qualche altra parte. Come te, adesso, si devono recare nel luogo dove Gabriel vive. Se li vuoi rivedere, però, dovrai compiere un ultimo doveroso sforzo. Te la senti? >>
<< Si, certo. >>
Un ultimo sforzo… mi veniva da svenire… ma potevo tirarmi indietro proprio adesso?
<< Sono fiero di quanto hai fatto signorina: nonostante i continui ostacoli hai dimostrato coraggio. Sei giovane, ma molto tenace. >>
<< Lei è troppo buono, se sono qui, ancora tutta intera, è solo per merito dei miei amici. Loro si che sono forti. >>
<< Non dubitare delle tue capacità, anche tu nel tuo piccolo sei dotata. Devi solo trovare il ruolo adatto a te. >>
Con questa ultima perla di saggezza ci accomodammo a tavola, dovevo riprendere le energie prima di partire per ritrovarmi con i personaggi animati.
 
Dopo una notte insonne causata dall’emozione dell’imminente partenza, il mattino successivo tutto era già pronto.
Si rimboccò le maniche il vecchio per organizzare il viaggio, dando sfoggio dei poteri di cui era dotato: una strada emerse dalla sabbia, una passerella di legno delimitata da un corrimano costituito da una semplice corda. Disse di non oltrepassare mai il bordo della strada, il territorio che ci circonda, adesso, era diventato un campo minato su cui non dovevo mai mettere piede, solo quella strada garantiva la sicurezza per raggiungere Gabriel.
Quella era l’unica regola da seguire, dopodiché si partì, come ultima raccomandazione solo di essere puntuali.
Camminammo a lungo, ininterrottamente, stranamente senza risentire di stanchezza.
Cambiò il paesaggio, me se resi conto solo se un determinato elemento come un profumo o un suono mi incuriosiva, notte e giorno si scambiarono di posto sotto i miei con una velocità anomala che non potrei trovare affascinante, versi di animali impazziti, voci di persone e altri numerosi indistinguibili suoni rompevano la quiete di tanto in tanto, eppure non vidi niente o nessuno a produrli, come se fosse la terra stessa a produrli.
Ad un certo la strada si interruppe, il campo di girasoli più alti di me non dava modo di vedere se continuava oppure no; sarebbe bastato spostare i fiori e sondare il terreno per controllare ma il Re degli Spiriti ribadì che non dovevamo scendere nemmeno per una cosa simile.
<< Questo dimostra che siamo a metà strada. >> esordì.
Il bastone brillò di nuovo, l’energia magica che fuoriuscì piegò i fiori fino a schiacciarli, i petali gialli si staccarono dalla corolla per unirsi e costruire una struttura compatta che si trasformò in legno. Il risultato finale fu una galleria, non se ne vedeva il fondo e nemmeno una luce illuminava l’interno che così era completamente buio.
<< Qui tieni gli occhi aperti signorina, stiamo per attraversare un tratto insidioso. Stammi vicino. >>
<< Perché insidioso? >>
<< Tra poco lo vedrai. >>
Entrammo nella galleria, subito il buio mi disorientò.
Tenevo una mano poggiata sulla spalla del vecchio per non restare indietro, cercando di intravedere qualcosa.
Una folata di vento sollevò trucioli di legno che sentivo venirmi addosso pungendosi la faccia o le braccia, ci fu un momento in cui dovetti abbassare la testa perché la parte superiore si era abbassata e ci sbattevo ripetutamente.
Ad un certo punto sentì un grido, per la sorpresa persi l’appiglio e traballai nel buio.
<< Va tutto bene! è stato solo il legno che si è spezzato! >>
<< Sembrava un vero urlo! >>
<< Adesso vieni verso di me, sono qui vicino. >>
<< Dove? Non riesco a capirlo! >>
<< Ti faccio luce, così sei più sicura. >>
La scintilla scoccò, una palla gialla mi indicò la direzione da prendere, ma rivelò quello che si nascondeva nelle tenebre… occhi di pesce che sbirciavano da sotto il ponte, roteando continuamente la testa il cui contorno era a malapena visibile.
<< Ma cosa sono? >> chiese scioccata.
Il Re degli Spiriti, appena visibile sotto la fonte di luce, si sporse dal ponte per meglio osservare quegli affari, la sua espressione non mostrava alcuna emozione, era chiaro che già sapeva della loro esistenza.
<< Nell’universo esistono cose inimmaginabili, alcune che prendono la forma di idee e concetti. Questi essere sotto di te sono la personificazione dei dubbi e delle paure, sempre attenti per intervenire ed interferire nella vita dell’essere umano.  >>
<< La paura non ha la forma di una specie di pesce… >>
<< E chi dice che non può essere così? Sei ancora giovane, non immagini nemmeno quante personificazioni può avere il terrore. >>
Il buio parve incrementare, anche con la fioca luce a disposizione mi pareva di non vedere assolutamente niente, ogni tanto avevo l’impressione che qualcosa di bianco saettasse lì intorno, gli occhi si spostavano da una parte all’altra come a dar credito dell’impressione.
<< Si sta facendo tardi mia cara, dobbiamo proseguire. >>
Con passo lento mi avvicinai al vecchietto cercando di non cadere, soprattutto di ignorare le entità inquietanti.
 
Tutto andava per il verso giusto… ma era solo una impressione.
 
Un brivido dietro il collo mi fermò.
Per essere una qualsiasi sensazione fu un segnale che non mi riuscì di ignorare.
 
<< Non può illuminare di più il suo bastone? >>
<< Disturberemo gli esseri, sono molto sensibili alla luce. >>
<< Ma così non riesco a vedere dove metto i piedi. >>
<< Non c’è bisogno di vedere, devi solo procedere dritto verso di me. >>
<< Io da qui non mi muovo. >>
Calò un tale silenzio che quasi potevo udire il battito del mio cuore.
La tranquillità m’insospettì… fu allora che il mio centro di gravità divenne instabile, il vento riprese a soffiare all’improvviso, un rumore di vetri che tintinnavano.
Emersero uno dopo l’altra dei getti di lava, caldi abbastanza da illuminare le mani in modo che lo scheletro si vedesse, le gocce volarono ovunque illuminando ogni cosa e una volta atterrate si raffreddarono formando delle composizioni eleganti che brillavano dall’interno.
<< Ragazzina, la tua diffidenza è davvero molto forte, così come la tua testardaggine. >>
<< Tenebros?! >>
<< Già, io. >>
L’ombra del nemico apparve lì dove prima si trovava il Re degli Spiriti, gli occhi che si confondevano con il riflesso della sostanza incandescente che sprizzava ovunque,
<< Ma…! Il vecchio signore ha detto che…! >>
<< Che eri al sicuro? O si, lo eri finchè non sei entrata qui. Questa deviazione era solo un trucco per potermi avvicinare a te, adesso sei in trappola e nessuno ti può salvare. >>
Il ponte traballò, non era rimasto che qualche tavola di legno e funi sfilacciate, il fuoco che lentamente stava erodendo quanto rimasto, il ribollire della lava ricordava il ruggito di un leone.
La luce metteva in risalto i muscoli tonici del petto della nera figura, il viso massiccio che nascondeva guancie infossate e denti aguzzi trasparenti.
<< Io… non ho paura di te! Posso usare la pietra! >>
<< Provaci. >>
Stavo per farlo, ma mi resi conto con orrore che non avevo più con me la pietra magica.
Sbalordita per poco non finivo di cadere, dondolai nel vuoto soffocata dal vapore che da sotto i piedi mi stava sciogliendo.
<< Piangi pure, non mi impietosisci. >>
<< Io non ci capisco nulla! Perché tutto sta andando male?! Le cose sarebbero dovute andare bene! Non è giusto! >>
<< Come puoi pretendere che le cose vadano come tu vuoi? Sei solo una presuntuosa, frignona e codarda ragazzina; una ipocrita che non esita a mettere in pericolo la vita altrui pur di salvare la propria! >>
<< Non è vero! Io non sono così! Stai dicendo un sacco di bugie! >>
<< Bugie? Allora perché non c’è nessuno a proteggerti? Semplice, hanno capito che razza di sgorbio sei e hanno deciso di liberarsi di te. A quest’ora staranno festeggiando! >>
Le amare parole dolevano come dei continui morsi assestati da un branco di lupi; mi sforzavo di non credere a quello che l’uomo diceva ma era difficile non credergli e nemmeno gridare serviva a coprire le cattive parole. Non aveva ancora finito di divertirsi; mi afferrò per le bretelle e sollevata fin sopra la sua testa mi sbatté come una bambola, fingendo ogni tanto di lasciarmi cadere per poi afferrarmi al volo.
<< Nessuno piangerà per te, che ti sia di consolazione piccola mocciosa viziata. >>
 << Io… io… Io sono una mocciosa viziata! >>
 
Rabbia, desiderio di riscatto, cambiamento...
Quel che sarebbe dovuto essere un momento di sconfitta stava trasformandosi in qualcos’altro….
Ero arrabbiata, pesantemente, ma c’erano altre emozioni in mezzo che non la rendevano semplice arrabbiatura: era un connubio di emozioni che provavo per la prima volta. Le parole di Tenebros avevano risvegliato delle cose di me che avevo cercato di ignorare e cacciare via, aspetti della mia vita che odiavo perché mi facevano sentire male, soprattutto quando ne dovevo parlarne e ammettere che c’erano…
Ma non questa volta, avevo detto basta.
 
Iniziai a scalciare, a tirare pugni e ad urlare, anche senza poteri ero una furia scatenata.
Non se lo aspettava Tenebros, per questo mi lasciò andare ed indietreggiò, per un attimo indeciso su come rispondere alla cosa. Subito dopo mi aggredì, a vuoto però andarono i suoi violenti gesti in quanto fui in grado di parargli e rispondere molto più velocemente di lui, riuscendo persino ad lanciargli addosso rocce di lava e tavole di legno.
<< Puoi smetterla di far finta di essere una dura! Io so bene che stai fingendo! >>
Il mostro ritentò l’attacco psicologico, ma non ci cascavo stavolta, e furiosa com’ero non sortiva proprio effetto.
<< Insultami pure! Dimmi pure quanto sono stupida! Tanto non me ne frega niente! Io sono meglio di così! Gli idioti come te credono di avere ragione sul mio conto, ma in realtà siete solo dei grossi, stupidi ignoranti! Solo io so chi sono! E non sono la nullità che voi volete farmi credere di essere! >>
Riecheggiò tonante la mia voce, urlare così forte fu una liberazione, ebbi l’impressione di levarmi di dosso un macigno. La luce si intensificò, la lava si trasformò in oro liquido  che in una impetuosa onda travolse il mortal nemico senza dargli scampo, la caverna che crollava sotto la tremante vibrazione scatenata dalle onde, me compresa.
La corrente era impetuosa e calda, lasciarsi andare fu terapeutico, come ripulirsi della sporcizia e tornare puri.
Stavo bene, tutto il resto non contava più.
 
<< Tutto bene signorina? >>
Strizzai gli occhi, la troppa luce mi aveva temporaneamente accecato, i classici puntini colorati che alteravano la visuale. Il Re degli Spiriti era sopra di me che mi bacchettava la fronte, si rassereno quando si accorse che reagivo ai suoi richiami.
<< è stata una dura prova ma c’è l’hai fatta! Hai affrontato le tue paure! >>
<< Non riesco a capire… >>
<< Claudia, la caverna era un pretesto per metterti alla prova. Non hai davvero affrontato Tenebros, Gabriel ha organizzato questo. >>
<< Perché avrebbe dovuto farlo? >>
<< Per aiutarti. >>
Si era trattata di una montatura, non era successo davvero.
Il vecchio spiegò che quella sorta di prova era stata necessaria per permettermi di superare i dubbi e paure, l’uomo misterioso sapeva quanto fossi fragile di spirito e agli atti finali della vicenda voleva assicurarsi che fossi preparata ad affrontare l’ostacolo più insidioso.
Chiusi gli occhi mentre mi tiravo i capelli per l’incredulità, mi sarei dovuta arrabbiare e invece rimasi calma, riuscendo a vedere la cosa dal suo lato positivo: avevo sconfitto il più assillante fra i miei problemi.
Mi rimisi in piedi senza bisogno di una mano per aiutarmi, mi sentivo forte, sicura di me stessa, una sensazione che mi piaceva, l’anziano allora mi porse la mano, senza timidezza la strinsi ricambiando il delicato agitare, un muto complimento che valeva più delle parole.
<< Ora andrà tutto bene. >>

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Capitolo 37
*** Capitolo trentasettesimo: Gabriel ***


 
 
 
Il folto tappeto d’erba chiazzato di fili di grano e vivaci fiori da colori cangianti pareva un mare, l’arcobaleno variopinto in cielo non riusciva a solcarlo tutto, nitido a tal punto a sembrare una costruzione solida.
Da lì a poco frondosi alberi cominciarono ad apparire numerosi, in poco tempo l’insieme formò un fitto bosco dove i raggi solari giocavano a nascondino tra i rami e le foglie intrecciati tra loro: l’anormalità del mondo pareva essersi intensificata, lo si avvertiva a pelle l’alone magico una sorta di formicolio.
<< Siamo giunti alla meta. >>
Simba indicò con il bastone il sentiero che scompariva dentro un fitto muro verde di salici piangenti. Attraversando con cautela il passaggio di foglie ricoperte da goccioline di rugiada, si respirava un’aria pura e profumata, timide libellule ronzavano nei dintorni scansando agilmente gli ostacoli che impedivano loro di volare.
Uscimmo in un attimo, la pianura ricominciava, ma stavolta il la passerella era stata sostituita da un percorso di mattonelle d’oro che in certi punti si biforcava verso aiuole affollate da api e farfalle, all’orizzonte una particolare costruzione che diveniva sempre più alta e immensa a mano a mano che ci si avvicinava: era una torre che si innalzava imponente verso il cielo, le pareti immacolate di bianco e le decorazioni celesti sparse sul resto della struttura.
Sembrava l’ultima testimonianza di ciò che rimaneva di una possibile chiesa, a circondare la base c’erano quattro cappelle inglobate con i muri, le facciate erano provviste di finestre ad arco tempestate di vetri colorati sormontate ognuna da grandi stelle blu simili alla rosa dei venti; le cupole sferiche delle cappelle e i balconi erano decorati con sinuose linee serpentine provviste di gigli e foglie d’acanto, mentre la cima era impossibile da vedere a occhio nudo a causa del sole che si trovava in parallelo con essa.
<< Prego, entra pure. >>
Le sorprese finirono neanche all’interno: dopo aver oltrepassato il portone d’argento puro mi ritrovai nella sala centrale di forma ovale spaziosa e maestosa anche se priva di ornamenti, illuminata dai grandi finestroni racchiusi in cornici di bronzo, alte e possenti colonne corinzie dal fusto scanalato sostenevano le pareti, mentre delle porte color ambra collegate alle cappelle erano sbarrate da spesse travi pesanti. Tutto l’ambiente e gli elementi architettonici erano rivestiti in oro, con sottili venature arancio che somigliavano a delle onde, i lampadari a corona appesi sulla volta a crociera tintinnavano delicatamente per via dei piccoli cristalli.
<< è tutto bellissimo qui! >>
 << Si, Gabriel ne va molto fiero. Ha sempre avuto un debole per le strutture architettoniche complesse, ha sudato sette camicie per realizzarla. >>
<< Cosa?! L’ha creata lui? >>
<< Certamente: è tutta opera sua. >>
<< Ma… ma come ha fatto? >> chiesero in coro le due ragazze.
<< Te lo dirà lui stesso. >>
Seguì Simba fino ad una particolare struttura simile ad una gabbia in fondo alla sala, in realtà un ascensore provvisto di un pannello con dieci bottoni di colore diverso disposti in fila indiana e una leva messa a fianco.
L’uomo schiacciò il quarto bottone e alzò la leva, l’ascensore sali fino a quando non giunse al piano scelto: la stanza era della stessa forma della sala principale ma non così ampia e poi era molto più arredata, con numerosi scaffali di legno scuro laccato colmi di libri dalle copertine variopinte e i titoli scritti in una bella grafia, preziosi tappeti rossi sul pavimento e un gigantesco mappamondo di vetro in fondo a destra, grandi quadri appesi alle pareti che rappresentavano famose opere d’arte. Gli scaffali, divisi per ordine alfabetico, erano disposti in modo da creare degli spazi abbastanza ampi da permettere ci passarci attraverso senza problemi e andare da una parte all’altra, soprattutto per raggiungere il centro della stanza dove era situato un piccolo tavolino d’oro rettangolare.
 
Un colpo di tosse attirò la mia attenzione mentre sfioravo con mano i libri.
Una figura nota si nascondeva vicino al mappamondo.
Un uomo che non era più un mistero.
 
<< Benvenuta signorina, alla fine ci incontriamo. >>
Gabriel in carne e ossa, finalmente.
Di persona appariva più massiccio e più maturo, nei suoi occhi celesti trasudava saggezza ed esperienza anche se, dato il giovane aspetto, non sarebbe potuto essere possibile. Eppure nella compostezza e nell’eleganza del suo aspetto avrei giurato che ci fosse una sorta di pecca.
<< Cosa ti prende? Non sei contenta di essere arrivata al traguardo? >> chiese il Re degli Spiriti, confuso dal mio reagire quasi impassibile.
<< Certo. È solo che… mi aspetto che da un momento all’altro mi caschi qualche altro disastro sulla testa. >>
<< Capisco bene la tua inquietudine, ma qui sei al sicuro, te lo assicuro. >>
Cibo, poltrone imbottite e tante altre cose apparvero magicamente intorno a me, creati dal bracciale avvinghiato al polso dell’uomo, sprigionando un luccichio grazioso che pareva polvere. Fissandolo provavo sbigottimento… prima di scoprire che altre due erano in giro mi ero sempre sentita importante; unica come il gioiello che continuava a brillare prezioso fin dal giorno del suo ritrovamento… ora quella sensazione era calata e non potevo fare a meno di sentirmi dispiaciuta.
<< Dove sono i miei amici? >>
<< Stanno arrivando, dovrebbero essere nei paragi. Mentre li aspettiamo, possiamo parlare di alcune cose in privato. >>
 
§
 
Dalla biblioteca ci spostammo verso un’altra stanza, usufruendo di nuovo dell’ascensore che salì fino al settimo piano: la nuova stanza aveva un parquet lucido, le pareti ricoperte da mosaici che rappresentavano paesaggi ameni e il tetto dipinto che rappresentava l’universo stellato con pianeti e galassie, notai che curiosamente mancavano lampade o lampadari. C’erano cinque finestre, vicino ad ognuna si trovavano dei grossi telescopi puntati verso l’orizzonte di quel territorio incantato, muniti di banchetti di ferro su cui erano poggiate numerose annotazioni e tazze di caffè vuote.
Gabriel disse che quella era una delle sue stanze preferite; mentre spiegava il meticoloso lavoro che aveva impiegato per costruire quell’osservatorio io ammirai i pregati mosaici e i complessi strumenti, sbirciando ogni tanto all’interno dei telescopi per sapere quanto lontano potessero guardare, scoprendo con delusione che le lenti erano state oscurate.
 
La mia attenzione cadde su degli appunti stropicciati e scarabocchiati posati su uno dei tavolini, in mezzo alla confusione c’era un block notes di pelle ruvida aperto quasi del tutto che, senza nemmeno domandare il permesso, cominciai a sfogliare: era in realtà un album da disegno le cui pagine erano tutte disegnate fino all’ultima con paesaggi rappresentati elementi della natura anomali o strutture architettoniche quasi inquietanti.
<< Sei incuriosita dai miei disegni? >> disse improvvisamente Gabriel, dopo essersi avvicinato di soppiatto alle mie spalle.
<< Mi scusi! Non volevo curiosare tra la sua roba! >> dissi imbarazzata.
<< Non vergognarti mia cara, è normale per la tua età essere curiosa. Cos’è che ti interessa di quei miei schizzi? >>
<< Sono tutti strani…. >>
<< Già, sono d’accordo. Eppure esistono, dispersi nello spazio e lontani… >>
Gabriel sfogliò lentamente le pagine leggermente ingiallite, sospirando malinconicamente mentre accarezzava delicatamente i tratti neri del carboncino.
Avevo quasi dimenticato che lui aveva detto di essere una sorta di viaggiatore spaziale, si passò una mano sul viso per cercare di scacciare i segni di un forte sentimento che stava venendo a galla.
<< Tu cosa ne pensi della diversità? Viaggiando mi sono reso conto che essere diversi non è un difetto come molte comunità credono; si tratta solo di una limitazione. >>
<< Io… non lo so. Cosa vuol dire? >>
<< Vuol dire avere una mente ristretta. La stessa che rende Tenebros al tempo stesso ignorante e pericoloso. >>
Nella mano dell’uomo apparve una vecchia foto in bianco e nero: in primo piano due ragazzi stavano in posa davanti all’obiettivo con espressione allegra, l’individuo a destra aveva i capelli neri, occhi piccoli ridotti quasi a due fessure e guancie chiazzate da minuscoli puntini che dovevano essere lentiggini, il compagno a sinistra invece aveva i capelli di un colore più chiaro, i lineamenti del volto più squadrati; in mezzo una linea zigzagata li divideva, uno strappo riunito con del nastro adesivo appiccicato sopra.
<< Quando riguardo questa foto, mi appare così astruso il ricordo di questo ragazzo che una volta consideravo mio amico. >>
<< Perché adesso è così cattivo? Dipende solo dal fatto di voler cambiare l’universo? >>
<< Ammetto che non lo so. La mente di un essere umano è misteriosa e imprevedibile in determinate situazioni, ma non nascondo il sospetto che parte della colpa possa essere attribuita alla pietra che gli appartiene. Se penso che una simile capacità possa essere possibile, mi vengono i brividi. >>
<< L-la pietra po-potrebbe farmi impazzire? >>
<< è solo un’idea… che potrebbe essere sia giusta che sbagliata. >>
Le finestre ad un tratto si chiusero, l’osservatorio piombò nel buio.
Dopo pochi secondi i nostri cristalli iniziarono a brillare di propria vita, le loro tonalità insieme crearono una luce verde smeraldo che mi ricordava le fitte chiome delle foreste sulle montagne di casa mia.
<< Sarò onesto con te signorina, queste pietre non hanno portato nulla di buono. Hanno attirato molta sfortuna a noi possessori, e chissà se ci sono stati altri prima di noi, di cui non siamo consapevoli dell’esistenza, hanno subito la stessa sorte. I loro poteri saranno anche sorprendenti, ma se per usarli bisogna rinunciare alla propria libertà… alla propria vita… allora meglio farne a meno.  >>
<< …io a casa ci voglio tornare… >>
<< E io ti prometto che ci tornerai. Ho solo un favore da chiederti, lo stesso che più volte di ho pregato di compiere con disperazione: Tenebros deve essere fermato, noi due insieme dobbiamo unire i nostri poteri per impedirgli di commettere il più grave errore della storia. >>
<< Ma io non sono all’altezza! >>
<< Si invece, lo hai dimostrato facendoti strada fino a qui. Ragazzina, sei così insicura su chi sei e cosa fai, da non renderti conto delle potenzialità che possiedi. >>
Potenzialità… non è la prima volta che qualcuno mi dice queste cose… ma fino a che punto questa cosa è vera nei miei confronti?
Ad un tratto bussarono alla porta, l’uscio si aprì appena un poco permettendo ad un raggio di luce di filtrare dentro.
<< Sono arrivati i nostri ospiti. >> disse il Re degli Spiriti, affacciandosi.
Un largo sorriso apparve sul volto di Gabriel, l’avviso l’aveva rallegrato.
 
Mentre l’ascensore scendeva, sentivo un crescente vociare lontano confuso.
Rimasi ad ascoltare quella specie di fruscio di parole incomprensibili, inutile provare a capirci qualcosa, al contrario i due uomini si mostrarono molto compiaciuti.
<< Cosa sono quelle risatine soddisfatte? >> domandai ad entrambi.
<< Avevamo mandato degli inviti ad alcune persone, e dal chiacchiericcio che sento sembra che abbiamo aderito tutti. >>
<< Non capisco il senso di questa cosa. >>
<< Bè, per affrontare il nemico, avremmo bisogno di supporto. >>
<< Supporto? >>
Le idee si accavallarono una dietro l’altra, ero davvero curiosa di sapere quale preciso significato si celasse dietro quella parola.
Perciò mi catapultai fuori dall’ascensore non appena la porta si aprì… e poi le mie gambe si bloccarono completamente davanti alla visione incredula che si presentò davanti ai miei occhi.

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