Come on, Eileen!

di Ciribiricoccola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** The end ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


eileen

Care McFlyane, in questi ultimi giorni ho avuto un'idea e ho voluto fare uno dei miei esperimenti che ià ben conoscete :). Fare esperimenti con le FF è diventato quasi un lavoro per me!

Questa volta, voglio parlarvi di una ragazza e di un suo sogno. Ma non credete che il SUO sogno non sia anche il VOSTRO. Perchè io ho scritto questa storia ispirandomi a tutte voi, a tutto quello che sognate quando pensate al vostro gruppo/cantante/attore/modello/ragazzo del cuore. O almeno, ci ho provato :).

Dopo essermi informata e documentata, ho deciso di scrivere questo primo lungo capitolo. Ed il secondo... bè, sarà il finale, dal momento che la storia è nata per essere BREVE. Ma vi dirò che questo finale è, come l'ho chiamato io, "biforcuto"... perchè? Perchè è doppio. Ci saranno due risvolti e starà a voi scegliere quello che più vi piace! Pubblicherò entrambi i finali in una volta, cosicchè possiate scegliere subito. Nel frattempo, vorrei sapere cosa ne pensate dell'inizio, dello sviluppo di questa storiella...

Vi ricordo che la mia è una favola. E lo capirete da sole, se sarete lettrici attente! E vi ricordo che... anche se queste righe vi sembreranno stupide e scontate... bè, forse rappresentano un pò ciò che alcune di noi vorremmo che accadesse, chi lo sa... 

Vi lascio alla lettura. Ma prima, una cosa importante: il titolo, "Come on, Eileen" è preso da una canzone del 1982 dei Dexys Midnight Runners, una band inglese di abili musicisti che fece molto successo con questa canzone per poi finire nuovamente nell'ombra, purtroppo... Lo stile musicale celtico di questa simpatica canzone mi è servito per ideare la protagonista, che è irlandese, come leggerete... Vi consiglio dia scoltarla :).

Buona lettura!!

Ciry

COME ON, EILEEN!


Eileen aveva appena compiuto diciotto anni nella sua città natale, Dublino.

Aveva mantenuto le lunghe onde bionde che portava sin da piccola, assieme alla pelle chiara, con qualche lentiggine, e al naso piccolo.
Gli occhi le si erano fatti leggermente più scuri: non erano più celesti come quando aveva pochi mesi, erano diventati blu scuri, con qualche screziatura grigia.

Si era trasformata in una ragazza molto carina, seppur molto minuta.

Tutti la guardavano e parlavano con lei come se fosse una bimba, anche se in realtà non lo era. Ufficialmente, era una donna.
Ma lei non se ne aveva a male, anzi, era sempre molto gentile con tutti e non si arrabbiava quasi mai.

Soprattutto, aveva molta fantasia.

Leggeva molto, ascoltava la musica ancora di più, e tutto ciò aveva fatto sì che, nonostante tutte le brutture del mondo le ridessero sfrontatamente in faccia, lei non ci badasse poi così tanto.
Certamente aveva avuto qualche delusione, in diciotto lunghi anni, ma aveva sempre cercato di affrontarle con il migliore degli spiriti: sorridendo, stringendo un po’ i denti e continuando a immaginare, a vagare con la mente…

Nonostante le avessero detto in tanti che ormai era diventata una “donna”, lei aveva mantenuto ben attiva la propria immaginazione.

Spesso la chiamava a sé, magari quando era sola in camera sua e in silenzio, e la sollecitava a creare personaggi, creature, sensazioni di vario tipo, qualsiasi cosa pur di farla sentire al settimo cielo, anche solo per pochi minuti.

 
Anche quando il dottore le aveva annunciato, serissimo, che era malata di cuore, Eileen aveva istantaneamente immaginato e fantasticato.

Il suo cuore non era quello delle tavole mediche di anatomia, né quello dei telefilm ospedalieri, non era fatto così.
Il cuore di Eileen aveva una forma perfettamente a cuore. 
Era rosso come un cuore rosso. 
Era perfetto, senza atri né ventricoli, niente aorta o valvole varie.
Il cuore di Eileen se ne stava sospeso in mezzo al petto, da solo, e batteva.

Ecco com’era, secondo lei.

E questo suo cuore non soffriva di cardiomiopatia dilatativa, come diceva il dottore.
Quella era davvero una parola dal suono complicato, assurdo.

No, il suo cuore era semplicemente più… cicciottello di altri cuori.

Bastava prendere delle pillole per calmarlo, per fargli mantenere le sue giuste dimensioni; certo, bisognava prenderle subito, o il cuore sarebbe scoppiato come un palloncino, ma Eileen era sempre molto attenta a questo genere di cose, e il suo cuore si era sempre mostrato collaborativo nei suoi confronti.

 
Quando quel dottore, sempre quel dottore tanto bravo ma anche tanto serio, le aveva detto che avrebbe dovuto subire un trapianto per non morire, Eileen pianse un po’.
Non che avesse paura.
È che si era affezionata al proprio cuore, non era entusiasta di averne un altro, che sicuramente sarebbe stato rosso fiammante, nuovo di zecca.
Ma non come il suo cuore, un po’ malandato ma pieno di ricordi, un po’ come un nonnino che racconta le favole ai nipoti.

E dunque, basta pillole, con questo cuore nuovo.
Basta con i limiti eccessivi, basta con gli orari da ricordare per le medicine.

Tutto sommato, era contenta.
Chissà come sarebbe stato, questo cuore nuovo.

L’avrebbe scoperto presto.

Ma intanto, aveva preso il suo biglietto per il concerto dei McFly, un regalo di compleanno da parte dei genitori, ed era andata a vedere il suo gruppo preferito suonare, nel suo paese, per i suoi diciotto anni.

Il suo cuore, tenuto calmo dalle pillole, batteva con discrezione e rimaneva delle normali dimensioni di un pugno, ma Eileen sapeva che anche lui era contentissimo di vederli.

 
Suonavano all’aperto, era sera, era estate, e il tempo era bello, una volta ogni tanto. Probabilmente, anche la luna aveva voluto assistere a quel concerto di beneficienza, mossa dalla curiosità.

 
Harry.

Fu quello che vide per primo.
Essendo tra le prime file, lo salutò sbracciandosi e applaudì entusiasta quando lo vide sedersi alla batteria.
Lui sorrise, e le sembrò quasi che quel sorriso fosse solo per lei. Ma scacciò via quel pensiero presuntuoso per concentrarsi sul ritmo che il batterista stava dando al pubblico e alla band.

 
Poi Tom.

Tom la faceva ridere, aveva una faccia davvero molto buffa, le sembrava uno di quegli gnomi che ogni tanto la venivano a trovare durante i pomeriggi noiosi, nella sua testa.
Applaudì anche a lui, sentendolo suonare i primi accordi di “Lies”.

 
Dougie, oh sì, Dougie era veramente uno spasso.

Dougie era quello che la sorprendeva sempre, perché se ne stava serio per i primi minuti di ogni concerto, poi cominciava a scherzare, a fare il deficiente, ed Eileen rideva fino a piangere ogni volta che lo vedeva fare una delle sue gag.
Sentendolo stuzzicare le corde del suo basso, aspettò pazientemente che cominciasse a suonare e a farla ridere.

 
E poi, per ultimo, si concesse Danny.

Danny era il Principe Azzurro delle sue fiabe immaginarie.

 
Aveva rifiutato sin da piccola lo stereotipo del Principe biondo, perché quella bionda doveva essere solo lei, la Principessa da salvare.

Raperonzolo era bionda.
La Bella Addormentata era bionda.
Cenerentola era bionda.
Lei era bionda.

Perciò, il suo Principe doveva avere i capelli scuri. Neri, mori o castani.

E poi, gli occhi azzurri.
Sì, quelli erano concessi sia al Principe che alla Principessa.

Danny aveva i capelli castani e gli occhi azzurri.
E aveva tutte le carte in regola per essere un vero Principe Azzurro.

Aveva i capelli ricci e quasi sempre spettinati, come quelli di un Principe dopo una lotta all’ultimo sangue contro un drago che aveva rapito al sua Principessa.
Aveva un bellissimo sorriso rassicurante, come tutti i Principi, che hanno il sacrosanto dovere di far sentire la propria Principessa al sicuro.
Aveva delle mani grandi, belle e forti, come quelle di un Principe che impugna una spada magica in grado di sconfiggere tutto e tutti.
Era alto come i veri Principi, dalla presenza possente e maestosa.
Ed era sicuramente buono.
Affascinante.
Romantico.

Eileen sospirò estasiata prima di cominciare a cantare insieme a tutte la fans dei McFly.

 

Dopo l’ultima canzone, “The last song”, aveva dovuto prendere una delle sue pillole con dell’acqua: il suo cuore aveva cominciato ad agitarsi come un puledro selvaggio, lo poteva sentire mentre cresceva ad ogni “pum”.
Lo domò immediatamente, riuscendo a scostarsi per qualche attimo dalla folla che spingeva e urlava per mettersi in fila e comprare gadgets e CD autografati.

Quando si sentì nuovamente tranquilla e con il cuore che di nuovo batteva normalmente, Eileen si incamminò verso due membri della security, la sua copia di “The heart never lies” tra le mani.
Con fare agitato, si portò una mano al petto, ma si tranquillizzò, sentendo il contatto duro della plastica del pass, giusto sotto la sua T- Shirt.

 
Si sentiva in colpa per le altre fans, ma terribilmente felice per se stessa.

Suo cugino Ian, era stato lui a procurarglielo.
Quel ragazzone lavorava nello staff del tour, era stato ingaggiato per montare il palco.
E quando aveva regalato il pass per il backstage alla cugina, si era beccato un abbraccio e un bacio calorosissimi e pieni di lacrime.

Erano anni che Eileen aspettava l’occasione giusta per poter avvicinare la sua band preferita; grazie a Ian, il suo momento era finalmente arrivato.

Davanti ai due orchi buoni in nero della sicurezza che la guardarono con sospetto, Eileen esibì con discrezione il pass, e uno di loro annuì, prendendola gentilmente sottobraccio.

La ragazza rabbrividì per il terrore e spalancò gli occhi appena sentì degli schiamazzi provenienti da dietro di lei…

“Chi è quella?! Dove va?!”
“Ferma!!!”
“Raccomandata di merda!!!”
“Ma va nel backstage?!”
“Come si permette?!”

Si strinse un po’ più forte al braccio dell’omone, accelerando il passo verso l’albergo dall’altra parte della strada, quello dove alloggiava il gruppo.

Senza dire una parola, l’uomo la condusse velocissimamente ad un’entrata laterale del palazzo.
Insieme fecero due rampe di scale in metallo, quasi al buio.
Presero due ascensori diversi.
Arrivarono al quinto piano, quello delle suite.
L’uomo la fece sedere su uno dei divanetti di velluto che stavano nel corridoio ben illuminato e le disse: “Adesso dobbiamo aspettare che i ragazzi siano pronti. Quando arrivano, puoi parlare con loro, fotografarli, chiedere degli autografi. Però, devi darmi il tuo cellulare.”

Eileen non discusse: aprì il suo zaino rosso e diede il suo Samsung all’orco buono, che continuò: “Non chiedere loro troppe domande e non fare nessuna mossa brusca, altrimenti sarò costretto a portarti fuori. Hai un quarto d’ora per stare con loro. Hai capito?”

Il tono calmo ma fermo dell’uomo fece annuire la ragazza con serietà, e lui le fece un piccolo sorriso, mettendosi a camminare avanti e indietro nel corridoio, in attesa, l’indice e il medio destri appoggiati sull’auricolare trasparente.

Anche Eileen si mise in attesa: incrociò le braccia, perdendosi con lo sguardo sulla moquette blu scura.

Ancora una volta, stava esplodendo per l’emozione, ma il suo cuore batteva normalmente, tenuto saldamente a freno dai medicinali.

Meglio così, anche se avrebbe tanto voluto sentire il batticuore che tutti percepiscono quando si emozionano tanto. Lei non lo aveva mai potuto percepire.

Pensò a Harry, a come gli avrebbe sorriso di lì a poco, un po’ come aveva fatto lui con lei.
Pensò a Tom, al modo in cui l’avrebbe abbracciato mentre si faceva fare una foto con lui.
Pensò a Dougie, a quanti complimenti gli avrebbe fatto per aver cantato “Ignorance” alla perfezione.
Pensò a Danny.

E l’omone in nero le disse: “Arrivano”.

 

 

“Ti chiami Eileen, come quella dei Dexys Midinght Runners!” esclamò Tom, stringendo la mano di Eileen nella sua, tre volte più grande.
“Ma sei di Dublino?” le domandò Harry.
“Io… sì, sono di qui! E… sì, mi chiamo come la ragazza della loro canzone!” rispose lei, arrossendo e mettendosi a ridere, un po’ nervosa.
“La vuoi una birra?” le propose Dougie, allungandole una Porter in bottiglia per farla calmare.
“No, grazie, io non…” iniziò, interrompendosi quasi subito.

Le era sempre venuto automatico rifiutare alcol, fumo e alcuni tipi di pietanze, nelle sue condizioni.

Ma loro non sapevano del suo cuore.

“Sei… sei astemia?” provò ad indovinare Dougie, ritirando a sé la bottiglia, un po’ esitante.
“No, no…” rispose subito lei, cercando di spiegarsi “Io… ecco, io soffro di cuore e non posso bere dopo aver preso le mie pillole…”

Per qualche istante, un silenzio strano invase la stanza, lasciando spazio solo alle grida esaltate e ovattate delle fans, fuori dall’albergo.

“Bè, se avessi accettato, non so se avrei potuto lasciartela bere…” commentò Dougie, ironico “Quanti anni hai?”
“Diciotto” rispose la ragazza, stringendosi nella spalle con una faccia fintamente rassegnata e un sorriso.
“Dougie, non si chiede l’età a una signora!”intervenne Danny, mettendosi a ridere; Eileen lo guardò, gli occhi che brillavano e le guance che prendevano fuoco.
“Posso… Posso chiedervi di…?” chiese timidamente, brandendo il suo singolo preferito con un pennarello nero.
“Certo!” ribatté subito Tom, prendendole gli oggetti di mano con un sorriso.

 

Tutti firmarono la sua copia di “The heart never lies”.
Dougie addirittura disegnò sulla propria fotografia un paio di lunghi baffi.
Aveva fatto una foto con tutti e quattro, Danny le aveva messo una mano sulla spalla, facendola sentire la più fortunata del mondo.
Eileen strinse il disco a sé insieme alla macchina fotografica e sospirò contenta.
Il suo cuore pulsava con battiti soddisfatti.

A un certo punto, sentì una minuscola ma tagliente fitta, ed ebbe paura.
Nello stesso istante, l’omone della sicurezza che l’aveva accompagnata fin lì, entrò e annunciò: “Ragazzi, vi vogliono fuori”.
“Sì, arriviamo, salutiamo questa ragazza!” replicò Harry , per poi voltarsi verso Eileen.
“Ti senti bene?” le chiese, facendosi serio.

Era un po’ pallida, quella ragazzina così piccola.
Lei annuì, incerta.
“Ragazzi, questa gente non la teniamo…” li richiamò di nuovo l’orco, prima di entrare nella stanza, un po’ spazientito.

 
Un’altra fitta, uguale alla prima.
Eileen chiamò con voce tremante: “Danny…”

 
Dougie, lui scosse leggermente il braccio del suo amico chitarrista, notando che lei lo aveva chiamato. Non l’aveva sentita.

“Sì? Dimmi!” le disse, avvicinandosi, mentre gli altri tre già si stavano avvicinando alla porta per uscire.
Eileen, gli occhi che giravano impazziti per la stanza, pieni di ansia, chiese titubante: “Danny, posso restare qualche minuto qui? Devo dirti una cosa!”
Il ragazzo, un po’ spiazzato dalla richiesta, ripose incerto: “Ma… non lo so, voglio dire, noi ora…”
“Resto qui ferma e non mi muovo, te lo giuro! Ti posso aspettare qui? Per favore…”

 
D’istinto, le avrebbe detto di no, come aveva sempre fatto con tutte le fans insistenti, seppur con il sorriso addosso e la gentilezza che non negava mai a nessuno.
Però quella Eileen tremava, aveva il fiatone, sembrava che avesse fatto una corsa tremenda.
Se l’avesse lasciata sotto l’occhio vigile di Jeffrey, non avrebbe fatto niente di male: in fondo, non aveva l’aria di una che aveva in mente di fare casini.
In caso contrario, Jeffrey ci avrebbe messo mezzo secondo a sbatterla fuori.
“Ma no” si disse, mosso a compassione: quella ragazza sembrava quasi stare male. Soffriva di cuore, del resto.
E non stava chiedendo niente di impossibile.

 
“Danny, andiamo!” lo chiamò l’orco Jeffrey.
“Dan, vieni?” fece eco Tom, paziente.

 
“Ok” disse in fretta, rivolto a Eileen “Io adesso devo andare qua fuori per un po’. Ti lascio qui con Jeffrey, della security. Tu stai buona qui e mi aspetti. Io ritorno, ok?”

Con la fiducia dipinta sul volto, la ragazza annuì, sorridendo velocemente, e lui se la lasciò alle spalle, bisbigliando frettolosamente qualcosa all’orco buono, che annuì sulla porta.
Fece appena in tempo a scorgere Tom che la salutava con la mano, poi Jeffrey le si parò davanti e chiuse a chiave, silenzioso e rigoroso.

 

 
“Cosa sono?” le chiese con tono sospettoso, vedendola con le pillole in mano.
Eileen gli mostrò la scatoletta trasparente con tanto di etichetta, un po’ timorosa, e rispose: “Sono per il cuore. Devo prenderle con l’acqua…”
Jeffrey annuì, lasciando che spezzasse una delle sue pillole ovali a metà.

“Puoi prendere mezza pasticca nei casi di emergenza, se ti capita di prendere i medicinali e poi, dopo un’oretta, ti senti di nuovo poco bene. Ma non più di mezza” aveva ordinato il dottore tempo addietro, scandendo bene le parole.
E lei aveva obbedito fedelmente, ingoiando mezza pasticca giallo pallido insieme a un sorso d’acqua presa dalla sua bottiglietta, che poi rimise ordinatamente nello zaino ai suoi piedi.

Rilassò la schiena sul divano su cui stava seduta già da diversi minuti, e, accavallate le gambe, appoggiò il gomito al bracciolo, aspettando.
Forse non avrebbe dovuto davvero stare lì, avrebbe dovuto prendere le sue cose e andarsene, perché Danny le avrebbe di sicuro riso in faccia, di fronte alla sua richiesta.

O forse no.

Dopotutto…

Lui era il suo Principe Azzurro.

O… avrebbe dovuto esserlo.

In ogni caso, chiedere era l’unico modo per sapere.
E lei voleva proprio togliersela, questa soddisfazione, perché non sapeva se ne avrebbe avuto l’opportunità in futuro.
Anzi, non sapeva neanche se ci sarebbe stato un futuro.

Perché il cuore nuovo la aspettava, era pronto, l’operazione era stata fissata per il mese successivo, a Settembre.

Ma il tempo, il tempo non si fissa. Il tempo scorre e basta.

E lei ne aveva non poca paura, insieme al suo buon cuore malmesso.

 

 

La presenza silenziosa, eppure estremamente opprimente, di Jeffrey l’orco non le permise di fantasticare come avrebbe voluto, e l’attesa fu davvero lunga: trascorse quasi un’ora seduta lì, su quel divano, a guardare le pareti, il soffitto, i suoi stessi piedi, lo zaino.

Ma, trascorsa quell’ora, Danny arrivò.
Bussò alla porta e Jeffrey gli aprì.
Aveva sei o sette piccoli peluche tra le mani.

“Ci sei ancora!” esclamò sorridente, vedendola.

Eileen annuì con un sorriso, risvegliandosi dal torpore dell’attesa.

“Jeffrey, puoi aspettare fuori?” chiese il chitarrista, sistemando i peluche su una tavolino “Se ci sono dei problemi, ti chiamo…”
Il gigante esitò un attimo prima di annuire, poi uscì e si chiuse la porta alle spalle.

 
Eileen ebbe un’altra fitta e sospirò nervosamente, passandosi una mano sul petto.

“Ti senti bene? Vuoi un po’ d’acqua?” le chiese Danny, accucciandosi davanti a lei con aria vagamente preoccupata.
Lei scosse la testa e rispose: “Sto bene, grazie…”
Lui le sorrise e, stringendo per un attimo gli occhi, batté piano una mano su un suo ginocchio e disse: “Sai… Non mi ricordo come ti chiami…”
“Eileen…” gli disse, sorridendo senza arrabbiarsi.
“Giusto, giusto, Eileen, come la canzone…” ribatté il ragazzo, andando a sedersi accanto a lei.

“Allora” esordì, tranquillo “Dimmi tutto! C’è qualcosa che vuoi dirmi?”

Improvvisamente, il cuore di Eileen si calmò e lei non sentì più l’ansia addosso, quell’ansia che le faceva temere quelle strane fitte.

“Bè, sì…” rispose, schiarendosi la voce “Io volevo fare i complimenti a tutti quanti, innanzitutto, prima mi sono dimenticata! Siete stati davvero bravi a organizzare questo concerto per un’occasione del genere…”
“C’erano molti malati terminali…” ribatté Danny, un po’ rattristato “Abbiamo suonato volentieri, tutti i soldi che abbiamo raccolto serviranno a far sì che certe malattie vengano definitivamente sconfitte quanto prima…”
“Lo so… ho dato anch’io qualcosa, con i miei…”
“Ma… sei malata anche tu?”
Eileen spiegò con calma: “Con me il cancro non c’entra… Io non sono necessariamente una malata terminale, ho una… cardiomiopatia dilatativa… ma fra un mese, potrò avere un altro cuore…”
“E… da quanto hai questa malattia?” chiese Danny, serio.
“Da quando avevo quasi dieci anni…” spiegò la ragazza “Devo prendere delle pillole per evitare che il cuore si ingrandisca troppo. Perciò… non posso fare sport a livello agonistico…a  dir la verità, non è sicuro neanche farlo per hobby… e poi… Bè, sai… tutto quello che comporta un discreto sforzo… Non posso neanche guadare un film dell’orrore se non ho le pillole con me…”
“Mi dispiace, Eileen, davvero…” le disse Danny, mettendole una mano dietro la schiena per accarezzargliela, in segno di conforto “Ma io… che posso fare per…”
“Adesso io ti farò una proposta, Danny” lo interruppe lei, torcendosi le mani per il nervosismo “E… te la farò perché non so se potrò arrivare a vivere fino al trapianto”.

Danny si stupì della fermezza di quella frase, mescolata alla voce piccola e bassa della sua interlocutrice. Quasi si spaventò, vedendola così solenne.
Annuì, incitandola a continuare.

“E’ una cosa a cui non posso fare a meno…” spiegò Eileen, evitando di guardarlo “Io… sono cresciuta con questo problema, ma non ho mai voluto che si vedesse troppo, perché volevo essere trattata come una persona normale… Quindi… ho sempre diviso il mio cervello tra… questo mondo… e un mondo che esiste soltanto nella mia testa… non so se capisci, lo so che sembra molto stupido…”
“Non è da stupidi” la contraddisse Danny “Anche a me capita di staccare la spina ogni tanto, di immaginare qualcosa che non sia quel che mi circonda… Se per te questo è un bisogno, nessuno può dirti che è sbagliato… a meno che tu non sia completamente fuori dal mondo reale!”
Eileen sorrise apertamente e ribatté: “La mia vita è bella così com’è, in questo mondo. Mi sento con i piedi per terra, abbastanza per vivere bene, anche con la malattia che ho, ma che riesco a gestire…”
Il ragazzo le sorrise di rimando e disse: “Meglio così. Vuol dire che sei una persona responsabile! Ma cosa volevi chiedermi?”

Di nuovo, quella biondina si fece piccola piccola davanti ai suoi occhi.

“Vorrei chiederti di aiutarmi a realizzare un sogno. Però non sei obbligato e non dovrai farlo per pena, se deciderai di farlo…”

Realizzare un sogno. Che frase importante! Danny rimase spiazzato.

Lui avrebbe dovuto realizzare un sogno, come un genio della lampada.

Confuso, disse: “Se posso farlo, se è lecito…”
“Io te lo chiedo perché…” lo interruppe lei, più animata anche se titubante “Io te lo chiedo perché… perché tu mi piaci tanto, Danny…”

 
Il chitarrista sorrise, intenerito.

Aveva ricevuto un complimento del genere triliardi di volte durante la sua carriera, ma quel tono, quelle parole così semplici le aveva sentite uscire solo dalle bocche della fans più piccole, bambine dagli occhi grandi che lo corteggiavano candidamente e senza peli sulla lingua, chiedendogli un autografo mentre si stringevano alle gambe delle madri.

Eileen non aveva usato il tipico “Sei bellissimo” o “Mi piaci moltissimo”, né tantomeno si era spinta sino ad apprezzamenti più audaci.
Aveva detto solo “Mi piaci tanto”, rossa come un pomodoro, con la voce da bimba e un sorriso che voleva dirgli: “Scusa, sembra che abbia otto anni, ma ne ho diciotto”.

“Grazie…” replicò, piacevolmente stupito.
Eileen, sempre con le guance in fiamme, riprese: “Io vorrei chiederti soltanto… se per te va bene… un bacio”.

Finalmente lo aveva detto. Non ce la faceva più a girarci intorno.
Si sentiva già più leggera, anche se piena di vergogna.

Danny la guardò, interdetto.

“Un bacio” ripeté.

Lei annuì, pronta a ricevere un secco “NO”.

“Tu vuoi che io ti dia un bacio” ribadì il ragazzo, senza alcuna nota di collera nella voce.
“Sei già fidanzato?” domandò Eileen, le mani già pronte a nascondere il viso.
“No, no!” rispose subito lui “E’ solo che… non capisco…”
“Un bacio!” ribatté lei, cercando di fargli capire meglio “Un bacio vero!”
Divertito dall’affermazione, Danny ridacchiò nervosamente e chiese: “Sì, fin qui ci arrivo… ma perché io, Eileen? Perché hai scelto me?”
Accantonando l’imbarazzo, la ragazza sorrise con una punta di orgoglio e rispose: “Perché nel mio mondo immaginario c’è un principe Azzurro… e saresti tu…”

 
Stavolta fu Danny ad arrossire.
“Era da tanto tempo che non incontravo una ragazza che crede nel Principe Azzurro, sai?”

Eileen rise, sistemandosi timidamente qualche ciocca bionda dietro le orecchie, poi lo guardò, in attesa di una risposta.
Non aveva gli occhi impazienti. Solo molto speranzosi.

La sua speranza nelle sue mani, in quelle di Danny Jones dei McFly, quello che aveva sempre brillato per le sue schitarrate, la sua indole burlona… ma per quanto riguardava il romanticismo…
Bè, almeno i testi che scriveva parlavano per lui su quel fronte!

 
“Allora vuoi un bacio vero?” le chiese, avvicinandosi di più.

Lei annuì, diventando nuovamente rossa.

“Un bacio da Principe, giusto?” ribadì lui, mettendole lentamente un braccio intorno alle spalle.

Tesa come una corda di violino, lei annuì di nuovo, puntando gli occhi nei suoi.

“Bè, io non sono un principe, sono solo un chitarrista e un cantante…” si giustificò il ragazzo, sorridendo.

La sentì trattenere il respiro per un attimo.

***

La cardiomiopatia dilatativa è una malattia molto seria che fa ingrossare il cuore. Per maggiori informazioni, potete consultare Wikipedia. CARDIOMIOPATIA DILATATIVA
Per sentire "Come on Eileen", invece, dovete andare su Youtube! COME ON EILEEN

E ora, un indovinello... anzi 2.... Come mai ho citato canzoni come "Lies", "The heart never lies" e "The last song"? :)

Infine, vi lascio mandando un grande bacio a tutte!

QUESTA STORIA è NATA ANCHE GRAZIE A SILVIA, CHE MI HA INVOLONTARIAMENTE ISPIRATO :). SILVIETTA (ANCHE SE SEI DI UN ANNO PIù GRANDE DI ME!), QUESTA è IN PRIMIS PER TE!
Ma delle altre non mi dimentico! Ricordatevelo!!!
A presto!

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Capitolo 2
*** The end ***


eileen

Mie care, eccoci qui. Sono arrivata a questi due famosi finali di cui vi ho parlato all'inizio di questa storia, anzi, di questo sogno.

Ve l'ho detto, potete scegliere: leggetene uno, leggetene un altro, leggeteli tutti e due, fate come volete :).

Qualche piccola dritta: la struttura del capitolo inizia con i due finali. Uno è in caratteri ROSSI e uno è in BLU. Quando vedete che i caratteri colorati finiscono (che voi leggiate uno, l'altro o entrambi), allora scorrete giù con la pagine e vedrete che i caratteri tornano NERI, standard. E' il punto in cui i due finali si ricongiungono. AD ESEMPIO: se leggete il finale rosso, quando finite di leggere i caratteri di quel colore, andate subito a leggervi il resto in caratteri neri. Capito? :)


Bene. E adesso vi lascio alla lettura :).

Un grandissimo GRAZIE e un bacio dalla vostra

Ciry


THE WAY THAT YOU KISS…


“Però, se nel tuo mondo… immaginario… sono un Principe, non posso permettermi di sfigurare…” terminò il ragazzo.

Eileen rise di nuovo, piano, quasi in un sussurro.

Danny le sistemò con gentilezza le braccia sulle sue spalle, poi le circondò la vita con le proprie e chiese, curioso: “Hai baciato molti ragazzi?”
“Solo due!” rispose lei, scuotendo la testa, quasi imbarazzata “E questo… no, niente, lascia stare…”

Si era interrotta, arrossendo di nuovo.

“Dài, dimmelo! Cosa c’è? Non aver paura…” la esortò lui, sorridendole.
“E’ che non vorrei risultare presuntuosa se…”
“Tu chiedi!” la interruppe “E vedrò cosa posso fare!”
Eileen sospirò e disse a bassa voce: “Questo, per come lo immagino, dovrebbe essere il bacio perfetto, il più bello. Ma ora che ci penso, io dovrei considerarmi fortunata solo per il fatto di parlarti, quindi…”
“Quindi sarà un bel bacio” affermò il chitarrista, con naturalezza, continuando a sorridere “Tu lasciati andare. Ti prometto che farò del mio meglio! E premetto che mi sono anche lavato i denti!”
Lei scoppiò a ridere e ribatté: “Anch’io!”

 
Tornarono gradualmente seri. Abbracciati un po’ più stretti. Eileen sembrava meno tesa.

 
“Pronta?” le chiese Danny, sfiorandole il naso con il proprio.
Lei sussurrò un “Sì” timoroso, stringendosi un polso con la mano, dietro al collo di lui.
Accortosi di quel gesto, la rassicurò…

“Rilassati e andrà tutto bene…”

Ed annullò i pochi millimetri che li dividevano.

 

Chiuse gli occhi dopo averlo sentito parlare e sentì le sue labbra premere leggermente sulla sua bocca.

Ricambiò la pressione, percependo il suo cuore battere colpi regolari, ma più dilatati, come se nel suo petto ci fosse stata l’eco.

 
Gli occhi chiusi, stretta a lui.

 
Come se stesse volando ed il suo cuore volesse giocare a far risuonare la propria voce nel vuoto, in chissà quale valle che non c’era, sotto lo sguardo del cielo.

 
Il cielo.

 
La parte del mondo reale che più preferiva.
Immenso, avvolgente.

Come tutto ciò che stava provando, battito dopo battito, eco dopo eco, in una strana dilatazione degli spazi, chiusa nelle braccia di chi voleva da tempo.

 
Dopo pochi piccoli baci a stampo dati con lentezza e che neanche una volta permisero alle loro bocche di dividersi totalmente, Danny iniziò a stuzzicare le labbra di Eileen passandovi la lingua sopra, delicatamente, mentre la sentiva stringersi di più a lui, emozionata.
Anche lui la abbracciò un po’ più forte, prima di accarezzarle il viso con una mano.
Poi, senza neanche rendersene conto, la ragazza lasciò andare la testa sulla spalla del chitarrista; quando sentì il tessuto della camicia a quadri, scaldato dal calore della sua pelle, rispose più liberamente al bacio, dischiudendo le labbra.

 
Mentre era intento a baciarla, Danny sorrise lievemente e per un attimo socchiuse gli occhi.

Un visino bianco con qualche lentiggine, circondato dai capelli biondi e con gli occhi chiusi sotto il suo naso.
Ad occhi chiusi sembrava quasi un piccolo fantasma: era pallida, coi capelli chiari, non c’erano quei grandi occhi blu scuro a fare del contrasto.
Rapita, era assolutamente rapita.

 
Aveva pensato la cosa giusta: Eileen non cercava niente di erotico, non voleva niente di più rispetto a quanto non stessero già facendo.

 
Capì perché aveva baciato solo due ragazzi in vita sua.
I maschi, lui lo sapeva (e anche sua sorella non mancava di farglielo notare) sono stracolmi di stupidità e tantissimi non afferrano nemmeno i concetti più elementari.
Quelli della sua età, pieni di ormoni, ambigui, frivoli…
Diciotto anni li aveva avuti anche lui, si ricordava com’era e si ricordava i suoi coetanei.
Davvero pochissimi ragazzi della stessa età di Eileen avrebbero potuto prenderla sul serio, ancora meno sarebbero riusciti ad apprezzare i suoi modi di fare.

 
Eileen era splendidamente coerente con le sue parole, con se stessa, e forse neanche lo sapeva.
Baciava con timidezza e semplicità, si preoccupava in primis di dare la propria bocca, e poi di ricevere, senza pretese, senza malizia.
Baciava con il più dolce degli affetti e aveva persino paura di manifestarlo del tutto.

 
Quando, sotto l’insistenza discreta ma costante della sua lingua, la sentì “cedere” e socchiudere le labbra, per un attimo ebbe paura di attuare il cosiddetto “bacio vero”, quello con la lingua… Quello che si scambiano due innamorati o due vogliosi…

 
Ma chi lo aveva detto che doveva essere per forza così?
Dove stava scritto che avrebbe compromesso tutto?

 
Continuò ad accarezzarla sulla guancia, quasi  per cercare di rassicurarla, e approfondì il bacio, avvicinandola ancora di più a sé.

 

 
La bocca le si aprì, assecondando fiduciosa i movimenti di Danny, e fu allora che Eileen inspirò, finalmente, intensificando l’abbraccio, come lui aveva appena fatto.
Fece passare le mani tra i suoi capelli, poi si soffermò con le dita sul viso, sulle guance.
Sorrise dentro di sé: non si era fatto la barba, i polpastrelli sentirono lievissime punture.
Sfiorò la lingua di Danny con la sua, con una punta di audacia.
E le scese un’unica minuscola lacrima lungo il viso.

 
Pensò che è buffo piangere quando si è felici.
Che il cielo non era niente in confronto a quella completezza che aveva raggiunto.
Che non voleva nient’altro.
Che sentire il suo respiro sulla guancia la stava alimentando, come la pioggia che cade sulla terra nuda.
Avvertì i battiti del suo cuore farsi più vivi, seppur non in maniera preoccupante.
Era come se avesse piantato delle radici in costante e rapida crescita, quell’organo così singolare, come se attraverso queste ultime i battiti si espandessero dentro di lei, dentro tutta la sua persona, per poi sfociare fuori, nei suoi brividi, nella sua pelle d’oca, nelle sue braccia che si aggrapparono alla schiena di Danny.

 
Era dunque questo ciò che si diceva “sprizzare gioia da tutti i pori”?

 

 
Aprirono e chiusero le labbra insieme, per negarsi e concedersi le lingue, più volte, come se fossero quasi increduli circa ciò che si stavano scambiando.
Poi, gradualmente, Danny riprese a baciarla solo sulle labbra, e finì per scivolare via da lei, tenendole il viso tra le grandi mani.

 
Eileen aprì gli occhi, lentamente, e si ritrovò davanti quelli di lui, già aperti e premurosi.
“Ciao” le disse piano con un sorriso.
Lei sorrise a sua volta e gli fece eco..: “Ciao…”
“Va tutto bene?” le domandò, facendo scorrere i pollici sulle sue guance arrossate.
Lei non disse niente e gli circondò piano piano la vita con le braccia, stringendolo in un altro abbraccio.
Di gratitudine.

 





TELLING YOU FROM THE HEART…

Le accarezzò una guancia, scrutandola in viso con tenerezza e chiudendo il suo sorriso con gli angoli in giù.
Gli occhi di Eileen si riempirono di lacrime dopo aver fissato quelli di lui.

 
“Non me la sento… scusami…” le disse a bassa voce, come se si stesse vergognando di quelle parole.

La vide stringere gli occhi all’improvviso e si sentì un grandissimo stronzo, una vera merda.
Non volle neanche pensare a quello che le stava passando per la testa.

 
Eileen vide uno specchio infrangersi in mille pezzi, nei suoi occhi chiusi, strinti forte forte, come quando si riceve un pugno nello stomaco.
Si chiese perché faceva così male, dal momento che le delusioni le conosceva e aveva creduto di saperle affrontare nel miglior modo possibile, fino a quel momento.

 
“Non si finisce mai di imparare”

 
Le tornò in mente una frase che sua nonna diceva spesso, a casa. E si ritrovò ad essere perfettamente d’accordo con quelle semplici parole, che mai erano state più vere come in quel momento.

 
Riaprì gli occhi e spiazzò il chitarrista con un largo sorriso.
“Stai tranquillo! Non importa!” esclamò disinvolta.
E con la voce terribilmente rotta da un pianto che non poteva salire su, fino alla gola.
“Mi spiace, dico davvero…” continuò a dirle Danny, seriamente dispiaciuto, ma lei ribadì, schiarendosi invano la voce: “No, anzi, scusami tu, non avrei dovuto farti rimanere qui per niente, la mia era una domanda stupida!”

 
Si sentiva come se stesse camminando sui frammenti taglienti di quello specchio a piedi nudi, ma non voleva farglielo capire.
Il suo cuore batteva regolarmente, senza fare storie, forse offeso, forse addolorato, forse definitivamente abbattuto… non avrebbe saputo dirlo.

 
Si alzò quasi di scatto, pronta a prendere il suo zaino, ma lui la trattenne, prendendola piano per un polso.
“Aspetta!” le disse, alzandosi subito dopo di lei “Eileen, ti voglio spiegare!”
“Ma tu non mi devi spiegazioni, Danny, cosa stai dicendo?” replicò lei, cercando di sorridergli ancora, ma senza riuscirci.

 
I muscoli, tesi, tirati per la tensione, non le permettevano di fare di meglio.
Voleva solo andarsene, sparire, piangere, addormentarsi e cercare di dimenticare al più presto.
E dal momento che sapeva benissimo che Danny stava notando la sua delusione, desiderava ancora più angosciosamente scappare via, e anche in fretta.

Non ci sarebbe stato nessun Principe Azzurro.
Lui era solo Danny Jones.
Faceva il cantante e il chitarrista.
Non l’avrebbe mai baciata, perché non avrebbe avuto senso.
Un bacio ci sarebbe stato solo nei suoi sogni, perché i sogni non erano la realtà, i sogni poteva deciderli lei, la realtà semplicemente le piombava addosso così com’era e pretendeva di essere accettata, senza eccezioni, esitazioni o proteste.

 
Lei le sapeva, queste cose. Lei le aveva vissute.
E allora perché era ancora lì? Come mai non era già lungo le scale a darsi della stupida, mentre tornava a casa?

 
“Eileen, fermati, perché ti voglio parlare”

 
La sua voce, ferma, risoluta, la scosse, la distolse dai propri pensieri.
Le aveva lasciato il polso, però la teneva ferma con lo sguardo.
E voleva essere ascoltato, solo ascoltato.
Si voltò per guardarlo bene in faccia e lo invitò con gli occhi a parlare.

 

 
Danny sospirò, in cerca delle parole giuste.

Le aveva negato un bacio, la cosa più semplice del mondo.
La più superficiale come la più intima.
La più tenera come la più sensuale.

 
Quella ragazza malata di cuore aveva aspettato un’ora prima di vederlo, e gli aveva chiesto di darle un bacio.
E davanti al suo rifiuto, cercava solo di schivare il dolore.
Non ne voleva sapere niente di urli, strilli, offese. Non si era arrabbiata.
La sua reazione era stata dignitosa.
Ma si vedeva fin troppo bene che aveva voglia di piangere, lontano da lui.

 
Consapevole del rischio che stava per intraprendere, le mise un braccio intorno alle spalle e la attirò a sé, dicendole: “Sfogati”.

Sentì la sua resistenza fisica, tremenda e determinata per qualche secondo, poi completamente abbattuta.

Per un istante temette uno schiaffo, una borsettata, una scenata, una cascata di schiaffi come solo le donne sanno dare.
E invece la sentì piangere, singhiozzare, rintanata contro il suo petto.
Chiuse gli occhi, cercando di ammortizzare i colpi al cuore che riceveva ogni volta che la sentiva sussultare, e le accarezzò i capelli, scossi a ogni singhiozzo.

 
Pianse a lungo, e lui ebbe il tempo di riflettere, mentre la ascoltava cadere sempre più profondamente nello sconforto, in attesa di sentirla risalire verso la calma.

 
Perché aveva detto di no?

 
Era carina, molto carina.

Una bambolina.

Aveva sempre apprezzato quelle ragazze fatte e finite, spocchiose, magari anche snob, equipaggiate nel fisico e nella mente abbastanza per scioccarlo, stenderlo. Le altre, anonime, troppo timide, troppo fini, non le aveva mai considerate più di tanto.

Ma quella Eileen, lei era davvero piacevole da abbracciare, da ascoltare, da guardare.
Non avrebbe mai voluto farla piangere, così tanto poi…

D’istinto, prese a cullarla, a incurvare di più la schiena su di lei, piccolissima, per farla sentire più al caldo, meno inconsolabile.

Sembrava davvero una fatina, magari una di quelle che lei stessa sognava, nel suo mondo fantastico.

Era troppo dolce, persino il più feroce dei tiranni ne avrebbe avuto compassione.

 
Finalmente, sentì il suo corpo placarsi.
Sorrise, sollevato, senza lasciarla andare, e aspettò che fosse lei a muoversi.

“Scusami, ti ho bagnato la camicia…” gli disse Eileen, sentendosi goffa da morire mentre passava inutilmente la mano sull’indumento di Danny; la ritirò subito, vergognosamente.
“Tranquilla… vieni a sederti, dài, che asciughiamo queste lacrime e parliamo…” la rassicurò lui, conducendola di nuovo verso il divano.

 

 
La anticipò sul tempo, afferrando al volo un fazzoletto da un dispenser fornito dall’hotel che stava sul tavolo vicino, e prese ad asciugarle il viso, vedendola disorientata e imbarazzata.
Ma, almeno, inevitabilmente pronta a puntare la sua completa attenzione su di lui.

“Sai perché non ti ho baciata?” le chiese per puro spirito di formalità, passandole un angolo del fazzoletto sotto l’occhio sinistro.
“No…” fu la risposta strozzata.

Faceva ancora male, la ferita. Comprensibile.

“Però, effettivamente, se una persona non ti piace… non la baci…” la sentì insinuare con gli occhi bassi e la voce che era un filo.
Subito lui ribatté, diretto: “Non è vero, perché sei molto carina. E non lo dico perché mi fai pena. Lo dico perché per me lo sei. Complimenti”
Si sentì rassicurato quando notò le sue guance arrossarsi e le fossette.
Sorrideva timidamente, facendo roteare gli occhi ovunque, tranne che su di lui.
“Grazie” gli disse a bassa voce.

Dopo essere passato all’altro occhio, il chitarrista continuò: “Non devi neanche pensare che non l’ho fatto perché sei malata, perché non avrebbe senso. Io non l’ho fatto per una sola cosa ben precisa…”
“Che cosa?” chiese la ragazza, tirando su con il naso mentre chiudeva un occhio per lasciare che lui continuasse ad asciugarla.
“Io non sono il tuo Principe Azzurro, Eileen” rispose l’altro, terminando la sua piccola opera di asciugatura.

Temette di ricominciarla quando la guardò.

 
Eileen dovette riconoscere che quanto stava dicendo Danny non era sbagliato.

Faceva male come il rifiuto di prima. Quei pezzi di vetro nella sua testa ancora la straziavano. Però era saggia come rivelazione.

O forse era soltanto chiara e trasparente.

Le spuntò qualche lacrima di triste consapevolezza, ma non ricominciò a piangere.

Il suo cuore reclamò con battiti ben scanditi una spiegazione.

 
“Tu mi hai detto che la tua vita ti piace, nonostante i problemi e… l’ansia che ti porti dentro…” esordì Danny, serio “E io penso che, se i tuoi sogni sono già perfetti, visto che lì hai tutto ciò che desideri… allora devi cominciare a rendere più bella anche la realtà…”

Eileen lo guardò, in parte spiazzata, ma gli chiese di spiegarsi meglio, con calma.

“Voglio dire…” rispose il ragazzo, iniziando a gesticolare “Tu sei venuta qui con l’intenzione di trasformare il tuo sogno in realtà, no? Sei venuta e mi hai chiesto un bacio, che per te è importante, è significativo, ha davvero molto peso. Ma non credi che questo bacio da Principe tu debba riceverlo dal vero Principe Azzurro?”

La ragazza, stavolta, aprì di più gli occhi, come se avesse capito.
Danny le sorrise.

“Io sono davvero soltanto un chitarrista e un cantante di un gruppo, Eileen…” le disse, mettendosi le mani sul petto “Mi chiamo Danny, ho 23 anni, sono cresciuto a Londra e ho fatto e visto tante stronzate… Non ce l’ho il cavallo bianco, non so usare una spada, non ho neanche la presunzione di pensare che potrei essere tutto questo…”

In silenzio, gli sorrise. Tirò di nuovo su con il naso, ma sorrise apertamente, forse divertita dal modo in cui lo sentiva parlare.

“Se ti avessi incontrata quando avevo la tua età, probabilmente mi sarei comportato come uno stupido… o forse sarebbero successe altre cose… E invece, siamo rimasti ognuno a casa propria, ci siamo fatti le nostre esperienze. E ora, eccoci qui… Ci siamo incrociati così, all’improvviso, mi sei… capitata davanti! Cosa sappiamo l’uno dell’altra? Io suono e tu sei malata di cuore. Io vado in giro per arene e palazzetti e tu devi operarti. Non è sufficiente, vero?”

Scosse la testolina bionda, con aria realista e ben conscia di quel che lui le stava dicendo.

“Tu sei una bella persona che si merita un bravo ragazzo, uno che ti stia accanto, che ti capisca, che ti sostenga. Un po’ come il Principe che desideri. Sei d’accordo?”
Annuì, aggiungendo rassegnata: “E non potresti essere tu… Ti capisco…”
“Non posso essere io semplicemente perché la mia strada è un’altra...” replicò lui, prendendole le mani “Però mi sento davvero un Principe quando ti ascolto mentre dici che per te lo sono. Ti dico grazie per questo…”

Eileen sospirò, guardando le sua mani in quelle di Danny, poi alzò lo sguardo e le sorrise, serena. Con gli occhi rossi, ma serena.

Quelle mani unite non volevano stare a significare niente di idilliaco.

Però… erano un po’ come i frammenti dello specchio rotto.

Erano un nuovo punto di vista.

Erano nuove opportunità, non solo quelle a cui lei aveva pensato.

C’erano tanti pezzi di vetro, c’erano tante possibilità.

E c’erano quelle mani che stringevano le sue.

Da amiche.

“Credevo di aver imparato a tenere i piedi ben saldi per terra” gli disse “Ma questo dimostra che mi sbagliavo… mi hai aiutato, sono io che dovrei ringraziarti!”

Per tutta risposta, Danny baciò le mani di Eileen prima di lasciargliele.
Fu allora che la ragazza gli si avvicinò, un po’ timorosa, per abbracciarlo, col cuore in gola per una nuova emozione.
Le grandi mani di Danny la aiutarono a raggiungerlo.

 

 

 

ANYWAY… THE HEART NEVER LIES

 

“Grazie, Danny…” gli disse, la voce ovattata per via della sua faccia nascosta nella sua camicia, contro il petto.
Il chitarrista le baciò i capelli, commosso, e ricambiò la stretta, finendo con la mano destra sul lato sinistro della schiena di lei.

“E’ questo qui, giusto?” le chiese a bassa voce, per sentire meglio, a tatto, il cuore della ragazza che batteva.
“Sì” sussurrò lei, scostando il viso per guardarlo, serena “Se fosse stato un cuore sano, avrebbe potuto battere più velocemente, ma a me va bene anche così…”

Danny, che aveva cercato di ributtare giù nello stomaco un groppo in gola che gli si era formato da diversi minuti, disse, con la voce rotta: “Cazzo, Eileen… scusa…”
“Cosa?” domandò lei, allontanandosi leggermente, preoccupata.
“Dico… cazzo… e scusa un’altra volta… perché le persone come te non dovrebbero avere questi problemi…” ribadì il ragazzo, gli occhi lucidi, tirando su con il naso.

Eileen rimase in silenzio, alzando un poco le spalle mentre sorrideva, rassegnata.

“Come fai?” le chiese lui, lasciando scendere qualche lacrima mentre la guardava, spiazzato.
“A fare cosa?”
“A essere così… Sei forte, sembra che tu sia sicura di vivere altri mille anni e poi mi dici che non sai se arriverai al mese prossimo…” rispose l’altro, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.

Di fronte a quel lamento, anche Eileen cominciò a piangere dagli occhi.
Ma la sua voce rimase ferma.

“Posso permettermi di ricordare il passato… con tutte le sue cose belle, e anche quelle brutte…” spiegò, fissandolo seria con occhi pieni di lacrime “E poi… posso permettermi di vivere il presente, di dare il meglio per cercare di viverlo come vorrei… Tante persone non pensano al futuro. Neanche io lo faccio. Non l’ho mai fatto. Io non posso guardare avanti, Danny, non con certezza… però posso guardare su… in alto…”

 
Il chitarrista Danny Jones si sciolse in singhiozzi e nascose il viso con una mano, davanti alla sua fan Eileen.

Lei poteva guardare su, in alto.
Lei poteva sognare.
Lei poteva dire: “Oggi vivo e sogno”.

Ma non poteva dire: “Domani”.
Non poteva fare progetti a lungo termine.

L’unico progetto che aveva fatto era stato quello di venire al concerto dei McFly munita di pass, quel pass che le era stato regalato solo pochi giorni prima, insieme al biglietto.
Quel biglietto che, sicuramente, desiderava da mesi, che magari si aspettava… e che era arrivato puntuale, pronto per essere usato in un giorno così importante.
Quando lo aveva detto, mentre era insieme a tutti loro, lui neanche l’aveva ascoltata, perché di storie così ne aveva sentite tante, perché di ragazze che volevano incontrare i McFly per il loro compleanno ce ne erano state tante, da sempre, e ce ne sarebbero state anche molte altre.
Le aveva fatto gli auguri, come tutti, però non aveva dato molta importanza al resto.

Non fino a quel momento.

 
“Danny, non piangere…” lo pregò Eileen, la voce spezzata dal pianto, come la sua, mentre gli appoggiava una piccola mano sulla spalla.
Subito, lui smise di nascondere il viso e, cercando di sorridere, le disse: “No, hai ragione, scusa… Io piango perché… perché ti ammiro. Non avevo mai sentito nessuno parlare come hai fatto tu adesso, te lo giuro. E poi piango perché… perché mi sento fortunato, felice all’idea che tu… che tu sia venuta da me, insomma…”
“Anch’io mi sento fortunata” ribatté la ragazza, asciugandosi le lacrime “Non so come ringraziarti… e scusa se magari ti ho fatto perdere tempo…”
“Credi che non mi sia piaciuto stare con te?” le chiese Danny a bruciapelo, recuperando a pieno il suo sorriso.
Eileen rimase spiazzata, ma si riprese rispondendo: “Se è piaciuto a te come è piaciuto a me, allora suppongo che…”
“… Che ci siamo aiutati a vicenda” la sovrastò lui, prima di prendere una mano e stringerla forte. “Davvero. Grazie”
“Tu mi hai aiutato con il mio sogno più grande, io che ho fatto?” chiese lei, sorridente e stupita.
“Mi hai permesso di conoscere una persona molto bella. Dico sul serio” rispose l’altro, alzandosi senza lasciarle la mano.
Eileen lo imitò, senza dimenticarsi di prendere lo zaino, e insieme si avviarono verso la porta.

La ragazza strinse la maniglia e Danny le disse: “Mi farai sapere come stai?”
“Certo!” rispose lei, con gli occhi di nuovo illuminati dalla contentezza.
“Allora… è il caso che ti lasci un biglietto… aspetta…” lo sentì dire, prima di vederlo andare verso l’altra parte della stanza, dove stavano accatastate delle borse.
Tornò con un biglietto da visita rosso, con sopra il logo della Super Records, e glielo diede.

“Se chiami il numero scritto qua sopra, risponderà una segreteria” gli spiegò “Puoi lasciare tranquillamente un messaggio, li ascoltiamo sempre tutti…”
“Davvero posso?” domandò Eileen, senza fiato.
“Sì! Tutte le volte che vuoi, ma calmati!” le rispose Danny, sorridendole divertito.
“Grazie…” sospirò l’altra, stringendo il biglietto tra le mani, per poi infilarlo scrupolosamente in una tasca interna dello zaino “Ti giuro che non lo darò mai a nessuno questo numero, neanche tra vent’anni! E non andrò in giro a dire niente di niente!”
“Lo so, mi fido…” la rassicurò il ragazzo, pizzicandole una guancia “Vieni, andiamo… Jeffrey ti riaccompagna giù, io devo andare dagli altri, mi staranno dando per disperso!”

 
Una volta fuori dalla stanza, videro Jeffrey impassibile sulle scale, in attesa di riportare Eileen esattamente da dove l’aveva prelevata.

“C’è qualcuno che ti aspetta, che può riportarti a casa?” le chiese Danny.
La ragazza annuì, rispondendo con un sorriso: “C’è mamma qua sotto. Mi ha accompagnata per il concerto ed è rimasta fuori ad aspettarmi…”
“Bene, allora… vieni qui, dài…”

Allargò le braccia e l’abbracciò ancora una volta, sistemando la testa sulla sua spalla, a contatto con i suoi capelli.

“Grazie, grazie, grazie, grazie…” gli sussurrò lei, facendolo sorridere.
“Grazie a te… Mi raccomando, stai bene e facci sapere…”

Dopo aver sentito un’ultima volta con la mano quel cuore discreto e portentoso battere attraverso la schiena di lei, Danny la baciò in fronte, a lungo, tenendole la testa tra le mani.

Poi, anche a causa degli sguardi fulminanti di Jeffrey, la lasciò andare.

Lei gli sorrise, fiduciosa come quando le aveva detto che sarebbe tornato dopo aver firmato autografi a destra e manca.
E scese per le scale, a braccetto con l’omone della security.

 
C’era qualcosa in più nel sorriso di entrambi, ma lui non seppe spiegarsi cos’era.
Con il cuore che batteva ancora forte per la commozione, raggiunse i suoi amici, intenti a rilassarsi in un’altra stanza d’albergo.

 

 
“Che hai fatto agli occhi, Dan?” chiese Harry, perplesso.

Quella domanda ufficializzò l’attenzione che anche Tom e Dougie avevano diretto a Danny, vedendolo entrare con gli occhi rossi e gonfi, ma stando in silenzio, dubbiosi.

“Hai pianto?” domandò il chitarrista biondo, sorpreso.

Danny si stropicciò gli occhi con una mano e annuì, sospirando.

“Ma… perché?” chiese Dougie, alzando un sopracciglio.
“E’ Eileen…” rispose Danny dopo essersi messo a sedere, pensieroso.
“Che ti ha detto?”

Di nuovo Harry.

“E’ che lei è così… cazzo…” sospirò di nuovo l’altro.
“In effetti, la vedevo un po’… bè, non dico strana, ma… insomma, particolare!” commentò Tom, prima che Dougie insistesse per avere spiegazioni.

Il chitarrista raccontò tutto ai suoi amici e colleghi, nei minimi dettagli, ed i commenti si fecero attendere a causa di un silenzio rispettoso che tutti avevano mantenuto alla fine del resoconto.

“Certo che è forte, la ragazza!” intervenne Dougie per primo, seriamente ammirato.
“Sì, sai che non credevo lo fosse così tanto? Speriamo l’operazione vada bene, poverina…” confermò Tom, intenerito.
“Le potremmo spedire qualcosa, tipo… che ne so, un regalo, un mazzo di fiori, per quando si ricovera! Lo possiamo fare, anche se siamo in tour…” propose Harry.
“Le ho dato il numero della SR, ha detto che ci farà sapere presto…” ribatté Danny, sorridendo lievemente.

 

***

 “Pronto… Ciao Danny, sono Eileen, la ragazza irlandese, quella… quella dell’operazione al cuore… Sì, volevo solo dire… a te e a Harry, Dougie, Tom… Tra una settimana è il grande giorno, se si può dire così. Parto. Vado a Los Angeles, a fare la bella vita!... Magari… Mi tocca vederla dalla finestra della clinica, la California… Comunque… io sto bene, sì. Scusate se non mi sono fatta più sentire, scusa, Danny… ho dovuto fare diversi esami in ospedale, poi la scuola e tutto il resto… Però vi penso tutti i giorni! Vi richiamo in tempo per l’operazione, ok? Mi hanno detto che a Liverpool avete spaccato l’altra settimana, ne sono sicura… A presto!”

 
***

“Emh… Ragazzi, buongiorno. Sono sempre io, Eileen. Mi dispiace se mi sentite male, è che sono ancora un po’ intontita dall’anestesia… Mi hanno operata. Ieri pomeriggio. Va tutto bene, non c’è traccia di rigetto biologico al momento, per fortuna! I miei sono venuti a trovarmi e mi hanno portato quei fiori stupendi che mi avete mandato, vi ringrazio davvero tanto! Sono sul mio comodino, qui in ospedale, adesso, non riesco a smettere di guardarli! Grazie, davvero… Tra una settimana torno a casa! Ciao!”

“Scusate, sono sempre io, mi sono dimenticata di dire una cosa. Danny… Per quanto riguarda il biglietto, quello che stava in mezzo ai fiori… Grazie. Falling in love è la mia preferita, grazie per avermela dedicata, non sapevo lo avessi annunciato al concerto di Leeds!… Anch’io ti voglio bene. Ciao…”

 

***

 

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Ciao, Eileen.

Abbiamo preferito scriverti un messaggio piuttosto che telefonarti, a causa delle intercettazioni che ci potrebbero esporre a dei rischi. In parole povere: la gente non si fa mai i fatti suoi! Quindi, eccoci qui. Abbiamo ripescato il tuo profilo grazie ad un tuo commento recente sul nostro MySpace!

Siamo tutti contenti che il tuo cuore non ti stia dando problemi e che tu stia alla grande! Per quanto riguarda i fiori, siamo contenti di aver indovinato i tuoi gusti, non sapevamo assolutamente che ti piacessero! Camelie e fiordalisi, mh… mi ricorderò la “combinazione”, nel caso dovessi regalare dei fiori anch’io :-)!

Già, io chi? Tom! Giusto perché tu lo sappia :-)…

Logicamente, Danny ci ha raccontato la tua storia, a suo tempo, ha detto cos’è successo quando sei venuta al concerto, questo lo avrai capito da sola.

Danny, dopo averti incontrata, ha cominciato a voler re- inserire nella scaletta dei concerti “Falling in love”… Tutti noi avevamo accettato tranquillamente la cosa, però non abbiamo saputo che lo faceva per te, non finché non lo ha urlato durante la data di Leeds ai quattro venti!

Danny è fatto così… è un uragano di idee e quando le applica… è normale che tutti lo notino!

È buffo come “Falling in love” coincida con te nonostante sia stata scritta PRIMA che Danny ti conoscesse.

Sai, credo che si sia preso una sorta di fissazione con te.

Non ce lo sappiamo spiegare, perché non era mai stato in rapporti così buoni con una fan vista soltanto una volta.

Ma stai tranquilla, non vogliamo fare i sospettosi :-).

Gli sei stata d’aiuto, dice. E noi ne siamo contenti!

Io non so (e credo nessuno lo sappia) quanto durerà ancora questo contatto che c’è tra te e lui, però sappi che anche noialtri, da fuori, vediamo che gli sta facendo bene. E che, evidentemente, fa stare bene anche te, visto che hai continuato a farti sentire!

Ti saluta tanto: in questo momento, è in sala prove e sta suonando da solo.

E io… bè, niente, volevo soltanto fare da mediatore della vostra amicizia per la durata di questa mail :-), e volevo dirti come la pensavamo, da parte del gruppo. Tutto qui.

Per ora, non c’è altro da aggiungere! Rispondi pure, se vuoi, soltanto noi della band leggeremo!

Tante belle cose, Eileen. Danny dice che te le meriti, e lo pensiamo anche noi…

A presto

 Tom, Harry, Dougie, Danny

 

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Carissimo Tom,

grazie della tua e-mail. Sono contenta di rispondere :-) :-).

È passato quasi un mese ormai, e il pericolo del rigetto è passato: il mio cuore sta benissimo e io con lui! Gli esami che sto facendo in questi giorni non fanno che confermarlo!

Sì, i fiori erano stupendi, l’ho detto e lo ripeto, mi avete fatto felicissima quando li ho visti, anche se all’inizio non sapevo cosa pensare, non avevo idea che li aveste spediti voi :-)!

Parlando di Danny…

Quando ho visto il testo di “Falling in love” in mezzo al mazzo di fiori, con tanto di dedica da parte sua…
Bè, non me lo aspettavo.

Sai cosa credevo?

Credevo che vi avrei incontrato, stretto la mano, chiesto gli autografi e che me ne sarei tornata a casa.
E invece, c’è stato qualcosa. Qualcosa di più complesso, di più profondo.

Se Danny ti ha raccontato tutto, allora ti avrà detto anche quanto è stato importante per me.

Credevo che, dopo quei pochi minuti, non avrei più avuto modo di avere a che fare con lui o con voi, a parte assistere ai concerti.

E invece, lui mi ha chiesto di farmi sentire, di fargli sapere come sarei stata.
Non avrei mai pensato che me lo avrebbe chiesto.
E così ho lasciato messaggi, commenti ai vostri interventi, vi ho pensato sempre!

E questo sogno continua, Tom…
Lo dovrei chiamare sogno o realtà?
O, meglio ancora, realtà da sogno?

Io non so se merito tutto questo, Tom, te lo dico con sincerità. Il solo fatto di essere stata malata non fa di me una santa o un angelo. Sono una persona NORMALE.
Ma il destino ha voluto rendermi davvero fortunata. E quando si è fortunati, si diventa sempre un po’ speciali, no?

Per essere stato tutto ciò che desideravo in quei pochi minuti, ringrazio tantissimo Danny. Lui lo sa.
E per essere una persona così premurosa, seppur lontana, gli voglio veramente bene, gliene vorrò sempre.
Anche a voi.
Vi vorrò sempre bene per la vostra considerazione, ve ne vorrò anche quando tutto questo finirà, lo giuro!

Mi sono finalmente resa conto di quanto mi batte forte il cuore quando vi penso e quando vi ricordo, ed è una grande soddisfazione. E mi sento al settimo cielo quando i battiti aumentano ancora di più perché vi scrivo (o vi lascio detto!) che vi voglio bene. Voglio che lo sappiate tutti e quattro.

Questo cuore nuovo ancora non ha imparato a filtrare a dovere le parole che dico o che scrivo, non tutte almeno!
Di conseguenza, scusatemi se mi fermo qui.

Appena avrò altro da dirvi, saprò dove cercarvi e spero che mi ascolterete o che mi leggerete.

Vi auguro tanta felicità, veramente.

A presto

 Eileen

***

I Credits ci vogliono sempre :)...

Intanto, ringrazio SILVINA, che mi ha ispirato e che si è messa a piangere davanti al primo capitolo! :) Spero che questa storia ti rimanga nel cuore e che ti renda migliore la giornata, la vita, quel che vuoi :).

Poi, ringrazio l'altra SILVIA, la mia Rintronata, che ha trattenuto i lacrimoni davanti al primo capitolo per non fare preoccupare la nonna :). Goditi questo papier di storia, che esiste anche grazie al tuo sostegno :).

Infine, ringrazio CHI HA RECENSITO, CHI HA LETTO, CHI HA APPREZZATO, CHI HA ANCHE SOLO GUARDATO. Chiunque voi siate, che io vi conosca o meno, fate parte della forza che ho messo in questa storia :).

Io non ho mai conosciuto persone malate di cuore, nè tantomeno i McFly. Dunque, spero di non essere risultata offensiva per nessuno. E' tutto frutto della mia immaginazione e di quanto mi è servito per documentarmi. Se ci sono obiezioni, fatevi pure avanti :).

Un salutone e alla prossima!

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