Aspettando te

di _ButterFly98_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Secondo 'scontro' ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                                                                                                                 Capitolo I
Avanzavo a passo svelto per le strade cupe e silenziose di Buenos Aires. Pioveva, e la paura di cadere si faceva sempre più intensa, perciò avevo gli occhi impuntati sull'asfalto bagnato, che di certo non aiutava le persone scoordinate. Non amavo il mal tempo, era da un paio di settimane che il ciel sereno era stato ricoperto da grosse nuvole grige che sprigionavano innumerevoli gocce d'acqua, e il tasso di umidità saliva di giorno in giorno. Preferivo il caldo asfissiante e il sole battente, anche se a giudicare dalla mia carnagione non sembrava. Bianco cadaverico; quasi come quello di un vampiro. Ogni volta che mi osservavo allo specchio non facevo altro che notare le mie imperfezioni: zigomi sporgenti, occhi piccoli e inespressivi, e un viso ricoperto da punti neri. Quella lastra di vetro non faceva altro che rinfacciarmi il mio 'non essere' ma avevo imparato a conviverci anche se il più delle volte avrei preferito nascondermi e rimanere in disparte dal mondo, soprattutto quando i miei coetanei non si risparmiavano commenti spudoratamente cattivi. La cattiveria però, aveva un nome e una folta chioma biondo dorato: Ludmilla Ferro.
Il suo cervello era paragonabile a quello di una formica, ma l'intelligenza di certo, non era la sua dote principale. Un fisico slanciato; curve giuste al posto giusto, un po' troppo sviluppata per una ragazza della sua età. Qualche mese fa, a scuola, girava voce che durante le vacanze estive il suo petto si fosse gonfiato di qualche centimetro, ma erano soltanto voci di corridoio. Nessuno mai si sarebbe permesso di spargere voci infondate sulla Ferro, però era successo e ciò fece imbestialire la tarantola dai capelli biondi. Al suo fianco, si presentava sempre una ragazza bassina, che per guadagnarsi una 'reputazione' accettava gli ordini e gli insulti barbari che le dedicava Ludmilla.
Raggiunsi la fermata del bus. Dovevo trovarmi a casa della mia migliore amica per le cinque anche se avevo già ritardato di quindici minuti. La puntualità non era il mio forte, bastava guardare il mio libretto delle giustificazioni: pieno zeppo di ritardi. Fortunatamente il trasporto pubblico non tardò molto.
Salii facendo sì che il fetido odore di fumo si attacchi ai miei vestiti. Il mezzo era perennemente vuoto, a farmi compagnia c'erano solo due anziane signore sedute vicino la porta d'uscita e un uomo sulla quarantina da cui proveniva la puzza di fumo. Poggiai il capo sul vetro rigato e annebbiato dalla pioggia, contemplando il grigio panorama. Il silenzio regnava, tralasciando i bisbigli delle due anziane, sembrava di essere ad una interrogazione di storia, nessuno fiatava il tutto era molto calmo rispetto agli altri giorni di pioggia.
Francesca viveva in una villetta di fianco ai giardini pubblici. La facciata si presentava con un'elegante muratura in tufo, e una piccola veranda dalla pavimentazione in legno adornata con qualche fiore colorato che, vista la stagione stonava proprio. Avanzai di qualche passo verso il marciapiede, salendo i quattro scalini che portavano alla porta principale. Mi aveva chiesto di venire perché, suo padre si era appena risposato e la sua nuova matrigna non le andava per niente giù. La descriveva come una donna antipatica e snervante, da lei era soprannominata: La matrigna di cenerentola. Conoscevo Francesca da tanti anni ed ero cosciente della sua esagerazione nel giudicare le persone. I suoi si erano separati otto mesi prima dell'imminente matrimonio di suo padre, vista la separazione sua madre era ritornata in Italia, paese di origine della famiglia, lasciando Fran con suo padre in Argentina, le aveva detto che l'aveva fatto per il suo bene ma Francesca sapeva che sua madre era andata via per non far notare la sua sofferenza.
Prima di bussare, strofinai le mani coperte dai guanti sul cappotto, non aveva mai fatto così freddo. Bussai aspettando qualche minuto prima che qualcuno mi aprisse. Sentii la voce di Francesca annunciare che sarebbe andata lei ad aprire, ma così non fu. Mi ritrovai davanti agli occhi una donna sulla quarantina dagli occhi verde smeraldo e un sorriso a trentadue denti, aveva un trucco leggero ma evidente, vestita con abiti comodi ma allo stesso tempo eleganti; una bella donna. Doveva essere 'La matrigna di cenerentola' anche se visibilmente più carina.
-Eleonor, avevo detto che ci sarei andata io- nemmeno il tempo di poter aprir bocca, che la mia migliore amica mi si parò davanti rimproverando con tono scortese la donna. -Oh, scusa cara. Non avevo sentito- si giustificò Eleonor con voce pacata. Presa dalla rabbia la ragazza mi afferrò il polso trascinandomi quasi con violenza in camera sua. Era furiosa, lo capivo dal suo sguardo diventato rosso per la rabbia. Una volta entrate nella graziosa stanza mi gettai a peso morto sulla poltroncina posta vicino alla finestra.
-Non la sopporto!- esclamò la mora chiudendo con forza la porta della camera. Io dal mio canto osservavo la scena divertita, Francesca era partita dal presupposto che Eleonor non le sarebbe piaciuta e di certo non avrebbe cambiato idea, era testarda, quasi quanto me. -Dai Fran, non esagerare. Al primo impatto sembra simpatica- dissi stringendo al petto un cuscino adornato con dei ricami all'uncinetto. -E' questo il punto Violetta! Al primo impatto sembra una brava persona, ma poi quando la si conosce meglio si capisce quanta falsità ci sia nella sua persona!- urlò irritata -Dovresti vederla, mi da ordini come se fosse mia madre! Per non parlare di quel tipo strano e inconsueto di suo figlio- continuò. La mia situazione familiare in certi aspetti somigliava a quella di Fran, la mia però, era abbastanza complicata come situazione. -Dai tempo al tempo, con il tempo ti abituerai alla sua presenza e anche a quella di suo figlio e conoscendola capirai che poi non è così tanto male come la descrivi-.-Parli come se già la conoscessi! E se ti stessi sbagliando? Se lei fosse veramente così? A questo non ci pensi, eh!-. Mi avvicinai a lei con passo felpato, stringendola in un caloroso abbraccio -Vedrai tutto si sistemerà- le sussurrai ad uno orecchio ottenendo come risposta una forte stretta.
Ci staccammo dopo un paio di minuti sorridendoci. Francesca era come una sorella, conosceva praticamente tutto di me più di quanto conoscessi me stessa, per lei ero come un libro aperto, era a conoscenza di ogni minimo particolare anche quello più imbarazzante della mia vita.
-Vado al bagno, intanto tu scegli un film- dissi spalancando di qualche centimetro la porta, annuì dirigendosi verso lo scaffale dei film mentre io uscii a passo felpato dalla porta. Mi guardai intorno, molte cose erano cambiate dall'arrivo di Eleonor. Il muro del corridoio principale del secondo piano era stato abbellito con qualche quadro colorato, vicino ad ogni porta era situata una pianta posta in un vaso in ceramica con delle decorazioni rosse. Continuai a camminare verso il bagno, quando qualcosa o meglio qualcuno mi finì addosso. Durante la caduta chiusi gli occhi per la paura dello scontro fra me e il pavimento non curando il peso della persona sul mio corpo. Il tonfo fu forte, tanto da attirare l'attenzione di Francesca e farla correre in mio soccorso.
-Vilu!- esclamò la ragazza raggiungendo la mia postazione, avevo ancora gli occhi chiusi ma sentii il rumore dei suoi passi. Aprii di scatto gli occhi trovando a pochi centimetri dal mio viso due iridi verdi. L'odore di tabacco si fece spazio nelle mie narici per una seconda volta, rimasi di pietra osservando quel volto pallido.
-Dio, Vilu stai bene?- a distogliermi dai miei pensieri fu Francesca, che spaventata mi aiutò a rialzarmi una volta che la persona a me estranea si fosse staccata dal mio corpo. Era un ragazzo, non troppo alto, con un fisico magro; il suo viso era contornato da una leggera barbetta e un ciuffo gli ricadeva sugli occhi. Mi rialzai ancora frastornata dall'accaduto, una banale caduta. -Leòn! Potresti anche essere più attento!- esclamò la mia amica contro il ragazzo che ignorò le sue parole tenendo gli occhi fissi sui miei. Fu un secondo, prima c'era poi non c'era più, era sparito come se si fosse volatilizzato. Sentii Francesca sospirare rassegnata poggiando una mano sulla mia spalla. -Scusalo, oltre ad essere strano e antipatico è anche maleducato! Ma non farci caso, ignoralo- mi rassicurò - Ti sei fatta male? Vuoi del ghiaccio?- domandò con aria preoccupata, negai con il capo ancora distante dal mondo reale. 

-Sono a casa!- entrai in casa poggiando rumorosamente le chiavi sul tavolino vicino all'ingresso. Notai il tavolo da pranzo apparecchiato con diversi tipi di piatti diversi. Camminai verso la cucina dove vidi Olga, la domestica, alle prese con uno sformato di patate al forno. Sorrisi avvicinandomi a lei, poggiandole una mano sulla grossa spalla. -Oh! Piccolina, che spavento!- esclamò portandosi una mano al petto. Olga, oltre ad essere la domestica era anche un'amica di famiglia. La forza portante della casa, colei che manteneva l'allegria con la sua spensieratezza e il suo essere inappropriata. -Scusa, non pensavo fossi così concentrata da non avvertire la mia presenza- mi giustificai prendendo un bicchiere dal mobiletto. In casa dovevamo esserci solo noi due visto il volume alto dello stereo di Olga. Sia papà, sia il suo assistente Roberto, ritenevano fastidioso il genere di musica che ascoltava Olga che il più delle volte si faceva trasportare trasformando la cucina in una sala da ballo. -Papà?- domandai sorseggiando dell'acqua -Ritarderà di qualche ora, aveva lavoro arretrato da svolgere in ufficio. Ceneremo da sole questa sera- rispose afferrando due presine per ritirare lo sformato dal forno. -Va bene, vado in camera a cambiarmi- annuncia prima di ritirarmi in stanza.
Poggiai la borsa sulla scrivania liberandomi della fastidiosa giacca a vento sistemandola sull'appendi abiti. Sospirai passandomi una mano per il viso gettandomi con pesantezza sul letto ben sistemato. La stanchezza incominciava a farsi sentire sempre di più, e la voglia di chiudere gli occhi sopravvaleva su tutto; alzai il busto poggiando le braccia sulle ginocchia stiracchiandomi. Mi liberai degli indumenti più scomodi indossando un semplice pigiama, presi il maglioncino che indossavo pochi minuti prima e lo piegai con delicatezza, quando notai qualcosa di impigliato nella manica destra. Afferrai in ciondolino a forma di sole girandolo e rigirandolo davanti ai miei occhi, tutto mi fu più chiaro quando mi tornò alla mente la scena successa quel pomeriggio a casa di Francesca. Doveva essere il bracciale del ragazzo impigliatosi al mio maglioncino. Sorrisi istintivamente poggiandolo sulla scrivania con l'intenzione di restituirglielo.


Angolo Autrice: Buon pomeriggio a tutti!! *saluta con la mano*. Sono una nuova in questo fandom, anzi su questo sito. Questa che avete appena letto è la mia prima storia (spero interessante) quindi siate clementi con le critiche (per favore). Parto già dal presupposto che non sia una gran storia, il primo capitolo non racconta molto soltanto pochi particolari. La mia Violetta -come in molte altre storie- è abbastanza diversa da come viene descritta nella serie, diciamo che rispecchia più una ragazza dei nostri tempi (non che non lo fosse già) ma si avvicina di più alla realtà. Molti aspetti della storia sono diversi da quella originale in seguito vorrei sottolinearvi la maturità di Violetta a confronto con la Violetta della Serie Tv. Non voglio annoiarvi e trattenervi molto, quindi la finisco qui. 
Grazie a chi ha letto la storia, se volete potete lasciare una recensione :))
Ciao a tutti!!


 

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Capitolo 2
*** Secondo 'scontro' ***



Secondo 'incontro'

Ero appoggiata allo stipite della porta d'ingresso aspettando Francesca. Lei, al mio contrario, non era solita a ritardare era sempre stata una perfezionista, e quelle poche volte che fossi io ad aspettare lei, e non il contrario, ci rimaneva male per tutta la settimana. Strinsi le bracci al petto strofinandomi delicatamente le mani sulle spalle. La stagione era iniziata e il freddo cominciava a farsi sentire ogni giorno sempre più intensamente, tanto da convincere mio padre ad accendere i riscaldamenti. Nonostante papà guadagnasse una cifra modesta, preferiva morire dal freddo anziché sprecare soldi per i riscaldamenti. Mi guardò intorno sbuffando, scostai di poco il cappotto sul polso così da scoprire la parte occupata dall'orologio, segnava le otto e quaranta e tra meno di quindici minuti saremmo dovute andare a lezione. Mi preoccupava il suo ritardo, non aveva mai sgarrato così tanto, avevo paura che le fosse successo qualcosa o che ci fossero stati problemi con Eleonor. Infreddolita decisi di raggiungere il bar per potermi riscaldare con una tazza di cioccolata, fin quando notai la mia amica raggiungermi a passo svelto e con una faccia da far invidia ad un fantasma. -Scusa il ritardo, ma c'è stato un problema- prese parola massaggiandosi il capo coperto da una chioma di capelli scuri spettinati. -Che è successo?- domandai divertita. Erano rare le volte che Francesca non aveva il sorriso stampato sul volto, era sempre stata una ragazza raggiante che però, dall'arrivo della sua matrigna, in questi ultimi tempi non era più. -Mio padre mi ha praticamente costretta a dover fare da 'bambinaia' al troglodita che mi ritrovo in casa- disse gesticolando nervosamente. Al sentir quelle parole mi scattò un pensiero nella mente. -Cavolo! Me lo sono dimenticata!- esclamai portandomi una mano sulla fronte. -Cosa?-.-Durante lo scontro di ieri, il bracciale di tuo fratello è rimasto impigliato al mio maglioncino e me ne sono accorta solo quando ero già ritornata a casa- risposi. -Ah! Ecco dov'era! E pensare che abbiamo ritardato proprio per quello! Leòn è molto legato a quel bracciale-. Non diedi molto ascolto alle sue parole, ero troppo impegnata a fissare Diego Casal, campione della squadra di nuoto e ragazzo più amato in tutta la scuola. Il suo fascino era qualcosa di illegale, capelli corvini e occhi castani all'apparenza un tipo normale ma normale non era, almeno per tutte noi ragazze, per lui era impossibile passare inosservato. Io, come tutte le altre ero perdutamente attratta da lui, Francesca sembrava l'unica a non essere interessata visto che aveva occhi solo per il nuovo studente italiano: Federico. Era da un paio di settimane che Diego non faceva altro che lanciarmi frecciatine ed io in tutta risposta risultavo sempre la solita stupida che arrossiva a solo una semplice guardata. Per quanto volessi sembrare dura ai suoi occhi non ci riuscivo, era più forte di me, ai suoi occhi riuscivo solo a mostrare quello che forse ero veramente, una bambina. -Vilu, si può sapere dove hai la testa?- per un secondo spostai il mio sguardo sul viso di Francesca per poi ritornare su di lui. Sentii sorridere amaramente la mora -I tipi come lui vanno ignorati, e lo sai meglio di me mia cara- disse, ma come la maggior parte delle volte, non gli diedi ascolto. La maglia nera che indossava valorizzava i suoi muscoli ben definiti. La mia immaginazione stava già elaborando uno scontro fra le nostre lingue in un bacio famelico, quasi come se fossimo animali. -Smettila di girare film porno, e andiamo!- scherzò la mora trascinandomi per un braccio. Non opposi resistenza, mi lasciai trascinare in quel inferno sperando con tutta me stessa di poter incrociare per una seconda volta il suo sguardo magnetico.  

-Non posso crederci che sbavi ancora dietro a quel Don Giovanni di Casal!- Spostai lo sguardo sulla ragazza poco più alta di me che mi fissava con aria di rimprovero. -Senti, io non posso farci niente! Cerco di ignorarlo ma non ci riesco, e non riesco ad evitare il suo sguardo. E' come una ossessione; i suoi occhi, il suo sguardo, le sue labbra. Di lui tutto mi attira e per quanto mi sforzi non riesco a smettere di pensarci- le confessai abbassando il volto, d'un tratto le mie scarpe erano diventate interessanti.  

Era da quando avevo tredici anni che correvo dietro a Diego Casal, tra noi non c'era mai stato niente, però non sembrava. L'attrazione fra di noi era qualcosa di pazzesco, nel mio caso quell'attrazione era diventata amore. Ero timida, ma non stupida, sapevo che lui in un certo senso provava le stesse emozioni, lo nascondeva, ma ai miei occhi risultava inutile. 

-Capisco, ma così non puoi andare avanti, sarebbe meglio che lo dimenticassi una volta e per tutte-.-Credimi Fran, c'è una grande distanza tra il capire e il provare-. Rimasimo in silenzio per tutto il tragitto, Francesca non era mai rimasta senza parole ma forse quella volta capì la situazione. Entrammo nell'aula perennemente vuota, il suo sguardo vagava come se stesse cercando qualcosa, o meglio qualcuno. 

-Che cerchi?-.-Leòn, è il suo primo giorno quindi il preside Moralez ha voluto conoscerlo. Avrebbe dovuto essere qui da un pezzo- rispose avvicinandosi al nostro banco. Presi i libri dallo zaino poggiandoli sul banco per poi sedermi sciattamente sulla sedia. -Come vanno le cose tra voi due? La convivenza vi sta aiutando a relazionare?-.-Credimi, da parte mia l'intenzione c'è, ma lui non sembra essere interessato ad instaurare un rapporto civile, a stento ricorda il mio nome. E' un tipo strano-. Che fosse strano ormai lo avevo capito, lo ripeteva ogni volta che l'argomento delle nostre conversazioni fosse la sua "nuova famiglia", ma a me risultava un ragazzo intrigante uno di quelli che si vedono nelle Serie Tv americane. -Col tempo imparerà anche quello- scherzai sistemandomi i capelli.  

La campanella suonò e la classe comincio e pian piano i banchi cominciarono a riempirsi. Speravo con tutta me stessa che quel giorno la vipera si sarebbe assentata, ma non fu così. Lei non si assentava mai, non perché le piacessero le lezioni del professor Galindo, ma perché doveva rimanere informata su tutto ciò che succedeva nella scuola. Le piaceva speculare sulla gente, e il più delle volte, anche inventare false notizie. Qualche mese fa, per i corridoi girava voce che tra la professoressa Saenz e Marco Tavelli, uno della nostra classe, ci fosse una love story con addirittura una gravidanza di mezzo, ma tutto fu smentito dalla stessa Saenz, che accortasi delle voci non ci mise tempo per risolvere le cose con l'aiuto del preside Moralez che tutt'oggi cerca il responsabile che diffuse la notizia.  

-Tarantola bionda ad ore quattro!- esclamò Maxi lanciando una pallina di carta in direzione di Tomàs. In meno di un minuto l'odore snervante dello "Chanel N°5" si fece spazio nella classe. Sembrava essersi lavata con quel profumo, ormai la sua pelle possedeva quella fragranza e nemmeno una bottiglia intera di sapone sarebbe riuscita a toglierla. I suoi capelli biondi erano liberi al vento, indossava i soliti abiti firmati, la si poteva paragonare a Paris Hilton o forse peggio, sia in stupidità che in ricchezza. Nata, le teneva la borsa che sembrava pesare quasi un quintale, anche se lì dentro non c'erano sicuramente libri, al massimo un quadernino e qualche penna. Per lei essere intellettuale significava leggere di settimana in settimana i  nuovi numeri di Vougue, uno stupido giornalino di moda. 

-Caro Maxi, la prossima volta risparmia fiato- disse tenendo il capo rivolto verso l'alto. Maxi, come suo solito, ignorò le sue parole concentrando il suo sguardo su Nata. Si vedeva da lontano un miglio che ne era follemente innamorato, non riusciva a staccarle gli occhi da dosso e lo stesso sembrava essere per la riccia; purtroppo l'amicizia della ragazza, se così si può chiamare, con Ludmilla complicava le cose, Maxi odiava con tutto se stesso la bionda e se Nata non si fosse liberata di lei non avrebbe mai fatto un passo avanti.  

Dalla vipera, i miei occhi si spostarono sul nuovo arrivato, ovvero il fratellastro di Francesca, Leòn. Vidi la ragazza avvicinarsi a lui con passo felpato sussurrandogli qualcosa. Era un tipo mingherlino, non era tanto alto ma abbastanza per superare Francesca, la barbetta lo faceva sembrare più grande ma si vedeva dall'espressione che aveva poco più di diciassette anni. Vidi la mia amica ritornare a posto mentre Leòn dirigersi al banco dietro quello di Ludmilla. Lì seduta c'era Pilar, che con un gesto gli aveva indicato di sedersi al suo fianco. Lei di certo non si poteva definire una ragazza timida, era una delle ragazze più carine dell'intera scuola; aveva degli occhi color ghiaccio, ti ci potevi specchiare dentro, i suoi capelli erano lunghi e ricci ed emanavano un odore ai frutti di bosco che sembrava essersi lavata con il thé ai frutti rossi, certo non passavo le giornate a sniffarle i capelli, non eravamo nemmeno amiche, ma quella dolcezza la si sentiva da metri. 

-Guardalo, già si è fiondato vicino a Pilar! Uomini, tutti uguali-.-Sempre meglio di Ludmilla, no?-.-Quello sicuro-. 

 

 

Finite le lezioni, mi diressi vicino al mio armadietto per recuperare i libri che mi servivano per casa. Una delle cose brutte degli armadietti era che purtroppo quello che ti assegnavano quello doveva rimanere quindi il mio e quello di Francesca erano distanti, quello di fianco al mio qualche mese prima era occupato da Loren, una ragazza massiccia di colore che per causa delle persone insensibili ha cambiato scuola, aveva una gran forza di volontà, aveva subito atti di bullismo per tutti quegli anni e non aveva accennato ad un lamento ma poi fortunatamente cambiò aria trasferendosi nel suo paese di origine per motivi familiari. Così, da ottobre l'armadietto è rimasto vuoto. 

Sistemai le ultime cose, e come sempre feci cadere i libri per terra. Mi piegai sulle ginocchia per raccoglierli quando vidi due mani raccogliere uno di essi. Fu come una scena dei telefilm, osservai per qualche secondo le due mani venose ed infine alzai la testa sbattendo sullo spigolo dell'armadietto in metallo. -Ahi!- accennai portandomi una mano sul capo. Sentii subito la presenza avvicinarsi al mio corpo  

-Stai bene?- riconobbi subito quella voce. Leòn. -Per niente- risposi trattenendo una smorfia di dolore. Le sue mani si poggiarono sulle mie spalle aiutandomi a rialzarmi. -Meglio che andiamo in infermeria- disse una volta in posizione eretta. Per la prima volta dopo la caduta dei libri rialzai lo sguardo incrociando i suoi occhi. -Oh no, non preoccuparti è solo una botta-.-Sarà, ma ti fa male è sempre meglio farsi controllare- protestò arrotolandosi le maniche della felpa agli avambracci. -No davvero Leòn, non preoccuparti- continuai massaggiandomi il punto dolente. -Come vuoi...- rispose infilando le mani nelle tasche dei jeans. I nostri occhi continuarono a fissarsi per qualche secondo fin quando non lo vidi abbassarsi di nuovo imbarazzato. Raccolse gli ultimi libri da terra porgendomeli -Ecco- con fratta glieli strappai da mano sotto il suo sguardo stranito -Scusa è che ora... devo andare e non ho tempo per...-.-Non devi giustificarti, non ti ho chiesto niente- mi interruppe. Sentii le mie gote prender fuoco, segno che stavo andando in escandescenza. Mai mi era capitato di trovarmi in una situazione del genere, insomma era imbarazzo allo stato puro soprattutto se poi quello con cui ti sei scontrata due volte è il fratellastro della tua migliore amica. -Allora io vado... eh si, ciao- dissi tutto d'un fiato. Corsi via, forse lasciando anche l'armadietto aperto, ma la situazione stava cominciando a farsi stretta, i suoi occhi mi davano timore, quasi paura anche se precisamente non sapevo ancora di che cosa.  

Continuai per la mia strada cercando lui fra le tante persone, mi sarebbe bastato un misero sguardo per finire la giornata, ero ossessionata da lui era come se fosse la mia qualità di eroina preferita. Continuai camminando, quasi percorrendo metà scuola ma di lui nessuna traccia fin quando non me lo ritrovai a due centimetri dalla mia faccia. 

-Ma ciao principessa- mi sussurrò ad un orecchio. Avvampai come una donna in meno pausa, quel ragazzo mi ispirava sesso allo stato puro anche se non mi ci sarei mai vista al suo fianco. -Ehi- mi limitai a rispondergli. Il suo alito odorava di menta, avevo un grande olfatto, ma il suo profumo era qualcosa di unico. Doveva essere uno dei detersivi per il bucato che usava suo padre ma quell'odore di lavanda gli si addiceva in un modo assurdo. -Mi saluti così?- domandò con un sorriso malizioso -Come dovrei salutarti scusa?- risposi divertita -Beh... non so. Con un: "Ciao come stai" per esempio- rispose sorridendo -Bene, allora. Ciao come stai?- scherzai sorridendogli -Bene, tu?- rispose guardandomi negli occhi. Per un millesimo di secondo mi persi in quei due occhi verdi che sembravano brillare alla luce. -Hai intenzione di rispondermi?- disse facendomi distogliere dai miei pensieri -Come sempre- continuai non curante. -Venerdì ci vieni con me al cinema?-.-E' un invito?-.-Una sottospecie- feci finta di pesarci anche se probabilmente sapeva già la mia risposta -Dai non fare finita di pensarci, dì "Si" e basta- si lamentò scostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. -Okay, dai, ci sto- risposi sorridendogli. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice: Buona sera a tutti. Scusate il mio enorme ritardo, ma ho avuto alcuni problemi con il PC (Incominciamo bene XD) e quindi non ho potuto aggiornare. Ammetto che questo capitolo non mi convince tanto e mi dispiace non poterlo commentare con voi perché non posso trattenermi. In questo capitolo ho voluto mettere in evidenza la OSSESSIONE di Violetta nei confronti di Diego, insomma anche perché chi non ce l'ha???? Però io sono dalla parte di quel gran figo di Leòn che amo con tutto il mio cuore (Okay, la smetto con queste cose da maniaca). E' arrivato il momento di salutarci, entro domani cercherò di rispondere alle recensioni del primo capitolo, perché come ho giaà detto ho avuto dei problemi. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e anche se non lo sia stato fatemelo sapere comunque o tramite messaggio privato o tramite recensione (Vedete Voi ù.ù) Un forte abbraccio a tutti. 

Alla prossima (y) 

P.S Scusate se il testo è spezzettato ma ho avuto ALTRI PROBLEMI (XDDDD) con l'editor.

 

 

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