Questa ragazza occhi cielo.

di Jecchan92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Manca il respiro. ***
Capitolo 2: *** Negli occhi si scatena la tempesta. ***
Capitolo 3: *** La dieta. ***
Capitolo 4: *** Mancanza di tatto. ***



Capitolo 1
*** Manca il respiro. ***


Jessica Day si svegliò verso le sei del mattino, intenzionalmente. Chiunque la conoscesse, si sarebbe meravigliato nel vederla in piedi a quell’ora: ma Jess faceva questo ormai da due mesi, da quando lei e Nick si erano lasciati.
La loro è stata una rottura concordata, erano d’accordo sul fatto che fossero troppo diversi, con aspettative e obiettivi troppo diversi: Jess ormai era un’insegnante di ruolo in una scuola elementare, a breve avrebbe avuto un aumento di stipendio, mentre Nick aveva abbandonato per l’ennesima volta l’università e aveva riottenuto il suo posto nel solito bar.
Ma non era solo quello: Jess era pronta per una relazione seria, voleva dei figli prima che l’orologio biologico smettesse di battere, voleva sposare Nick e comprare una casa tutta loro: ma lui non aveva assolutamente intenzione di fare nulla di tutto ciò. Così, dopo una litigata furibonda, si erano lasciati.
Ma comunque, continuavano a vivere insieme a Schmidt ed a Winston, anche se per loro la convivenza stava diventando insopportabile.
Jess e Nick si vedevano raramente, giusto per i pasti, ma poi entrambi si rinchiudevano ognuno in camera propria. I tempi felici erano finiti, la casa era calata nel silenzio e nell’imbarazzo.
Per questo, Jess si svegliava così presto: non voleva vedere Nick, non voleva averci a che fare.
Il solo pensiero la faceva star male, la faceva piangere, e si era ripromessa che non sarebbe mai più stata male per un uomo.
Il lavoro iniziava alle otto del mattino, così la ragazza fino a quell’ora stava a casa della sua migliore amica, Cece, che in realtà tornava a casa dalle serate mondane proprio per le sei del mattino.
Era distrutta, ma non aveva il cuore di ammettere con la sua amica che, grazie alle sue incursioni mattutine, non poteva dormire quelle due ore vitali per la sua salute mentale, quindi sperava solo che quel periodo sarebbe passato presto.
Jess era pronta: indossava un paio di jeans scoloriti aderenti, una camicetta rossa sbottonata appena sopra l’incavo dei seni e un paio di stivaletti senza tacco di camoscio.
Si permise un’ultima occhiata allo specchio, e, come faceva sempre, volse lo sguardo altrove: le occhiaie si stendevano fino alle tempie, che il pesante trucco riusciva a nasconderle solo un po’, e le si erano formate delle macchie sulle guance, conseguenza delle tante, troppe lacrime versate. Il viso era scavato, e ciò rendeva i suoi occhi azzurri ancora più grandi.
Decise che ben presto si sarebbe rimessa in forma, e avrebbe ridato colore alla sua pelle, già pallida di natura, ma che la separazione aveva reso cadaverica.
Quando si fissò un’ultima volta allo specchio vicino all’ingresso, il riflesso le regalò non solo la sua immagine distrutta, ma anche Nick Miller.

Jess si girò di scatto, talmente veloce che ebbe la brutta sensazione di aver accavallato i nervi del collo.
Nick era in piedi davanti al corridoio che portava alle camere, e la fissava.
“Non parlare, se parli è finita” si ripeteva la ragazza come un mantra.
-Buongiorno- disse lui, in un sussurro.
Jess provò a rispondere, ma ne uscì solo un rantolo poco femminile.
Si schiarì la gola e ci riprovò, senza successo.
Si limitò così a salutare con la mano.
-Sei già sveglia- riprese lui.
Lei si limitò ad annuire, e prese in fretta le chiavi della macchina adagiate in un contenitore di vetro vicino alla porta.
-Buona giornata, allora- concluse Nick, lo sguardo annebbiato un po’ dal sonno e un po’ dall’imbarazzo.
-Ciao- rispose lei al saluto, miracolosamente.
Si chiuse in fretta la porta alle spalle, cercando di tenere a bada i tremiti e costringendo il cuore a rallentare il battito.
“Per l’amor di Dio, Day, sei ridicola. Ormai è una storia finita, è il passato!” si sgridò.
Chiuse gli occhi e prese due bei respiri lunghi che un po’ la calmarono, e ancora traballante, si avviò nel box.

Nel frattempo, Nick si era avvicinato alla porta d’ingresso, nel punto esatto in cui pochi secondi prima c’era Jess, e si lasciò cadere a terra, con la schiena rivolta proprio verso l’uscita, e affondò la testa tra le ginocchia.
Era una situazione stupida, lui era stato uno stupido: Jess le mancava come l’aria, non l’aveva mai sentita così lontana, e lui aveva un bisogno quasi patologico di quel sorriso, di quelle mani, di quei grandi e meravigliosi occhi azzurri.
Per una sua grande paura, le cose tra loro erano finite, e con che coraggio poteva chiedere alla ragazza di tornare insieme?
Anche lui prese un paio di grossi sospiri che gli liberarono la mente da pensieri troppo profondi per lui, e alzò la testa, trovandosi davanti il suo migliore amico Schmidt.
-L’hai vista?- chiese lui.
-Avevi ragione, si alza almeno due ore prima per evitarmi- rispose Nick.
-Puoi darle torto? Sei il mio migliore amico, ma Dio santo, hai fatto la più grande cazzata che questa casa abbia mai visto!-
Nick si alzò, stiracchiandosi.
-Non infierire, mi sento abbastanza male così, senza che rigiri il coltello nella piaga-
Schmidt prese per le spalle il suo amico e lo condusse in cucina.
-Non voglio metterti ansia, Nick, ma credo che Jess stia cercando un altro appartamento-
Improvvisamente, tutti i neuroni ancora addormentati del ragazzo si svegliarono di colpo: Jess voleva andarsene?

-Te ne vuoi andare?- chiese Cece.
Jess annuì, sorseggiando lentamente la sua tazza di caffè sul divano dell’amica.
-Ma così, di punto in bianco?-
La ragazza sospirò.
-Non è di punto in bianco, ci sto pensando da due mesi. Cerco un appartamento nuovo sin dal giorno dopo la nostra rottura. Cece, non ce la faccio più- concluse Jess, gli enormi occhi azzurro cielo annebbiati dalle lacrime che, prepotenti, minacciano di scendere.
E se c’è una cosa che Cece non sopporta, è vedere la sua amica piangere, e negli ultimi due mesi l’ha vista farlo troppe volte.
Un rumoroso “bip” interrompe la conversazione: è il cellulare della ragazza.
-Chi è?- chiese Jess curiosa, e speranzosa di cambiare argomento.
-Sarà mia madre- rispose Cece alzando le spalle.
Lesse il mittente del messaggio e sorrise: era lui.
-I messaggi di tua madre non ti hanno mai trasformato la faccia- ribatté Jess, sorridendo maliziosa.
Cece divenne rosso pomodoro: non poteva dirglielo, non ancora.
La sua amica le leggeva dentro come nessun altro, e anche adesso si era accorta di qualcosa, ma non era il momento di spostare le attenzioni che Jess meritava sulla sua nuova relazione.
Che poi così nuova non era.
-Non sei in ritardo?- chiese la ragazza, fissando l’orologio e scoprire con sollievo l’ora.
Jess balzò in piedi e rovesciò la tazza dove poco prima c’era il caffè, salutò la sua amica con un abbraccio e corse verso la porta.
Finalmente sola, Cece si buttò sul divano e si addormentò quasi subito.
Quasi due ore dopo, lesse il messaggio che l’aveva fatta sorridere ed arrossire.
“Non mi sembra vero che tu stia con me, ancora. Non dopo tutto quello che ti ho fatto. Ti amo”

La mattinata di Jess e Nick trascorse come tutte le altre, da due mesi a quella parte: lei dovette fare i conti con il perenne mal di stomaco che le stringeva le budella e le impediva di concentrarsi sulla classe, e lui rovesciava drink in continuazione, e di nascosto se ne rovesciava qualcuno anche in bocca.
Così, all’ora di pranzo, Jess era già sotto effetto di medicinali antiinfiammatori, e Nick era già ubriaco.
Il ragazzo tornava a casa a pranzare da solo, dato che Schmidt lavorava tutto il giorno e Winston durante il giorno dormiva, per poi andare a lavorare di notte alla stazione radiofonica.
Quando stavano insieme, Jess faceva i salti mortali per tornare a casa e pranzare con lui, e anche se si vedevano per meno di un’ora, quel tempo per loro era prezioso.
Ora, ovviamente, la ragazza mangiava alla mensa della scuola, e tornava a casa il più tardi possibile.
Mentre Nick trangugiava il suo hamburger, non faceva altro che pensare a lei, ovunque volgesse lo sguardo, in qualunque pidocchioso angolo della casa guardasse, tutto gli ricordava Jess, la sua risata, le sue uscite fuori luogo.
Ad appena un quarto di panino, Nick lo lanciò sul piatto, rassegnato al fatto che la fame non sarebbe tornata tanto facilmente.
Forse era un bene per tutti il fatto che Jess stesse pensando di andarsene, anche se la sola idea di non vederla più gli faceva mancare il respiro. Buttò poco delicatamente il resto del pranzo nella spazzatura, piatto di ceramica compreso, e andò in camera sua, sbattendo la porta e svegliando il povero Winston che, maledicendolo, riprovò inutilmente a prendere sonno.

-Ho trovato un appartamento- annunciò Jess un paio di giorni dopo a Cece, durante una cena.
La ragazza smise di masticare, incredula.
-Così presto? Non pensavo saresti stata così veloce- riuscì a dire, ingollando l’ultimo pezzo di pane che le era rimasto in bocca.
-Devo andarmene da lì, Cece. Mi sto ammalando, non mi vedi?- domandò Jess, indicandosi.
La sua amica la squadrò per un po’.
-A parte il viso scavato e il pallore, per il resto mi sembri a posto, anzi direi che hai messo su peso-
-E’ solo che ormai mangio solo alla mensa della scuola, e lì i pasti non sono proprio salutari, anche se in effetti dovrei smettere, da quando io e Nick ci siamo lasciati ho un mal di stomaco terribile che non mi lascia stare-
Cece osservò ancora la sua amica, e si chiese fino a che punto la rottura con Nick l’avesse cambiata.
Il resto della cena si consumò in silenzio, a parte alcune frasi di circostanza, e una volta pagato il conto, uscirono.
-E se andassimo a bere da qualche parte?- chiese Jess speranzosa.
L’idea di tornare a casa così presto, con il rischio di incrociare Nick, la terrorizzava.
E Cece le raccontò la sua prima bugia da quando erano amiche.
-Mi dispiace Jess, ma ho intenzione di andare a letto molto presto, domani ho un incontro di lavoro importante- disse, congratulandosi con sé stessa per il suo sangue freddo.
Odiava mentirle, soprattutto in un periodo delicato come questo, ma anche lei aveva una vita.
Si salutarono con un abbraccio, e una volta in macchina, la ragazza attivò una chiamata.
Dopo appena due squilli, una voce profonda la salutò.
-Ciao-
Cece sorrise: si sentiva proprio come un’adolescente alla sua prima cotta.
-Ciao-
-Allora, cosa prevede la serata?-
-Stavo per chiederlo io a te- sussurrò lei.
-Pensavo di venire da te stasera, ci beviamo qualcosa, facciamo sesso e poi una sana dormita-
Lei tremò.
-Lo sai che non posso-
-Dai, punto la sveglia e vado via prima, Jess non lo saprà mai-
Lui sì che sapeva essere convincente.
Cece sospirò.
-Va bene. Ci vediamo da me. Vieni pure quando vuoi-
-Considerami già lì. Non vedo l’ora-
Una frase carica di promesse che l’aveva scossa nei meandri più oscuri del suo corpo.
-A dopo- disse, e chiuse la conversazione.







NdA: buonasera!
 Il mio nome è Jecchan, e manco da un po' su questo sito: la verità è che mi è mancata totalmente l'ispirazione per più di due anni.
Ho iniziato questa storia ripresa dal telefilm New Girl, e ho messo OOC perché il personaggio di Jess mi è venuta un po' diversa da quella che si vede in tv.
Ma immagino che l'amore (e il dolore, due facce della stessa medaglia) sia anche questo.
Se volete leggere altre storie, i miei principali personaggi provengono tutti da "Harry Potter" e "Kodomo no Omocha" (per intenderci, il cartone animato "Rossana").
Buona letura a tutti! ^^
Jecchan

 

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Capitolo 2
*** Negli occhi si scatena la tempesta. ***


Un’altra giornata, un’altra mattina.
La sveglia alle sei, vestirsi di corsa, uscire e andare da Cece.
E’ stata una nottata orrenda per Jess: il giorno prima, il proprietario dell’appartamento le aveva sparato una cifra troppo alta per l’affitto, nonostante si fossero già accordati su un prezzo più che ragionevole. La ragazza le aveva provate tutte, dalla supplica alla minaccia, aveva addirittura finto un pianto disperato: nulla da fare. Così, la ragazza aveva dovuto annullare il contratto d’affitto.
Aveva passato tutta la notte in preda a dolori lancinanti allo stomaco, probabilmente a causa della litigata furibonda con quell’essere ignobile, e non aveva chiuso occhio.
L’unica cosa di cui aveva bisogno quella mattina era una ciambella gigante, un caffè tra i più amari che avesse mai bevuto e un abbraccio della sua migliore amica. Ormai non suonava nemmeno più il campanello, tanto Cece sapeva che a quell’ora lei si sarebbe presentata alla sua porta.
-Buongiorno amica mia. E’ stata una nottata orrenda, non puoi capire!- disse a voce alta, mente si toglieva il cappotto e posava la borsa sul divano.
Aprì la porta della camera da letto.
-Dai Cece, ho bisogno di un’endovena di caffè!-
Lei si mise a sedere di scatto, improvvisamente sveglissima.
Questa non ci voleva.
-Che ci fai qui?- domandò stupidamente.
Jess rise. -Non mi hai fatto questa domanda nemmeno la prima volta che mi sono presentata qui-
Improvvisamente, una massa si mosse da sotto le lenzuola, accanto alla sua amica.
-Oh, ho capito. Scusami, aspetto in sala- sussurrò Jess, facendogli l’occhiolino.
Fece per uscire dalla camera, ma un verso assurdamente familiare la costrinse a girarsi.
Sotto lo sguardo terrorizzato di Cece, la testa di Schmidt emerse da sotto le lenzuola.
-Schmidt?- chiese Jess, sorpresa.
-Non è come pensi!- urlò subito Cece.
-Ormai è tardi. Diglielo-
Jess la fissava perplessa, ma non arrabbiata.
Cece uscì dal letto e si infilò una vestaglia, e senza degnare di uno sguardo il suo ragazzo, prese la sua amica per un braccio e la portò nel salotto.
-Lo so, sei molto arrabbiata- cominciò.
-Veramente non lo sono- rispose Jess.
-E avresti tutte le ragioni!-
-Ma non sono arrabbiata- tentò ancora lei.
-Ma vedi, la verità è che non volevo renderti partecipe della mia felicità in un periodo così triste per te!-
-Sono contenta per te-
-Ti prego, non mi aggredire!... Prego?- chiese Cece.
-Sono contenta per te! Perché non me l’hai detto subito? Almeno avrei avuto un motivo per distrarmi! Raccontami tutto dall’inizio- la incoraggiò Jess, prendendole la mano e accompagnandola verso il divano.
-Ecco, io e Schmidt ci siamo riavvicinati due mesi fa. Precisamente proprio il giorno in cui tu e Nick..-
Si fermò, notando lo sguardo di Jess oscurarsi.
-Bè, comunque, abbiamo deciso di comune accordo di tenere la nostra relazione segreta, per via di quello che sta succedendo tra voi. Non volevo che la mia felicità ti rendesse ancora più triste-
Jess sorrise tristemente.
-La tua felicità mi avrebbe solo resa felice. Non ti devi preoccupare così tanto per me, sono troppi anni che lo fai-
Cece abbracciò la sua amica.
-Ti prometto che non entrerò nei dettagli di livello sessuale finché tu stessa non ne avrai da raccontare a me- giurò la ragazza, mettendosi una mano sul cuore.
Jess rise di gusto, forse la prima reale risata dopo settimane.

Ecco il momento che sia Jessica che Nick temevano tutta la settimana: il week end.
Lì non c’erano vie di scampo, o avevi infiniti programmi che duravano tutto il giorno e tutta la notte, oppure eri costretto a rimanere in casa.
Il sabato mattina, Jess si svegliò in preda ad una forte nausea: corse in bagno e sbatté la porta, dimenticandosi di chiudere a chiave, e vomitò tutta la cena cinese della sera prima.
-Girava voce che in quel take away cucinassero topi- disse una voce.
Jess non si girò nemmeno, sapeva perfettamente chi fosse, e l’idea che la vedesse in quelle condizioni la faceva infuriare.
-Puoi uscire dal bagno, per favore?- boccheggiò lei, con la testa ancora nel water, i capelli come tendine sulla fronte e ai lati delle guance.
Dopo pochi secondi di silenzio, lo sentì avvicinarsi ed inginocchiarsi accanto a lei.
Conosceva le sue intenzioni, per questo era pronta.
Quando lui provò a tirarle indietro i capelli, lei gli allontanò la mano violentemente e tornò a vomitare.
-Quante volte ti ho detto che non devi mangiare il pollo alle mandorle?- disse lui, riavvicinando cautamente le mani verso i suoi capelli.
Lei era talmente esausta che lo lasciò fare, e provò un brivido quando lo sentì unire le due ciocche con una mano e appoggiare l’altra sulla fronte, alzando la frangia.
-Anche tu lo mangi- riuscì a dire.
-Io sono un uomo, ho uno spazio appositamente dedicato al cibo spazzatura- ribatté Nick.
Lei sorrise nel water, prima che un altro forte conato che aveva il retrogusto di pollo alle mandorle le impedì di dire altro.

-E così, siete tornati insieme- disse Nick.
Era domenica pomeriggio, ed erano tutti in salotto: Nick, Jess, Schmidt, e Cece.
Winston, come al solito, dormiva, oppure fingeva di dormire: non sopportava la vista di Jess e Nick nella stessa stanza.
Cece era in piedi, e teneva per mano il fidanzato: anzi, più che tenere per mano, la utilizzava come antistress.
-Sì- disse Schmidt, lanciando uno sguardo di sfida a tutti ed a nessuno in particolare, come a dire “ed ora osate dire qualcosa contro questa relazione”.
-Magnifico!- esclamò il suo amico, alzandosi dalla sua poltrona e abbracciandolo.
Non che si aspettasse una reazione di rabbia furente, ma non era esattamente quella che si aspettava.
-Spero siate felici- aggiunse Jess, alzandosi a sua volta dal divano.
Uno sguardo di troppo tra lei e Nick fece insospettire Cece, che lasciò correre in attesa di essere sola con la sua amica.

-Jess, non pensi che Nick sia ancora innamorato di te?- chiese Cece cautamente.
Erano in camera dell’amica, e lei le aveva appena raccontato il fattaccio del bagno.
La ragazza alzò le spalle.
-Ha importanza? Quando stavamo insieme, l’amore che provava per me non gli ha fatto cambiare idea, cosa ti fa pensare che faccia la differenza ora?-
Cece sospirò: quei ragazzi erano davvero orgogliosi.
-Io penso che dovreste darvi un’altra possibilità. Vi amate ancora follemente e, vomito a parte, è stato un gesto terribilmente romantico nei tuoi confronti-
Jess cominciò a viaggiare per la camera, in preda ad un momento di crisi: che lo amasse ancora da morire non c’era da metterlo in dubbio, e credeva che anche lui fosse ancora innamorato, ma ricominciare tutto da capo?
Ricominciare coi litigi, i silenzi, i pianti.
Lei non voleva più sentire le stesse parole che le disse il giorno in cui si lasciarono: “Io non sono fatto per essere un marito, né per essere un padre. Mi dispiace Jess, ma questo è quello che voglio”.
Si fermò di colpo.
-Non posso, Cece. Non ce la faccio a ricominciare tutto da capo. Usciamo a bere stasera? Ho bisogno d’alcol-
La sua amica scrollò le spalle, rassegnata.
-Come desideri, mia padrona-

-Un brindisi!- biascicò Jess, alzando il bicchierino di shot.
-E’ già il terzo, non pensi di esagerare? Domani lavori- la ammonì Cece.
Lei rise in modo malizioso, come se fosse a conoscenza di un grande segreto.
-Domani niente lavoro per me, c’è sciopero degli insegnanti. Domani dormirò, mangerò, e dormirò ancora. Nessuno saprà della mia presenza in quella casa domani!- annunciò.
Cece decise di lasciar perdere: in fondo, alla sua amica serviva una serata del genere.
-Ho intenzione di cercarmi un bravo ragazzo- proseguì Jess – Un bravo ragazzo che sappia fare del buon sesso e che voglia una famiglia. Ma prima di tutto il buon sesso. Un brindisi al buon sesso!- esclamò a voce alta, tracannando tutto d’un fiato il bicchierino.
Due ragazzi al tavolo accanto sorrisero maliziosi, alzando i loro calici verso le ragazze.
Mentre Cece tentava disperatamente di far finta di nulla, Jess al contrario rideva sguaiatamente, e fece capire ad uno dei due ed in modo chiaro le sue intenzioni.
-Andiamo via, hai bevuto abbastanza-
-Chi sei, mia madre? Ho appena cominciato!- esclamò lei, sempre a voce troppo alta.
Improvvisamente, si alzò e, prima che Cece potesse afferrarla, si avvicinò al tavolo dei due ragazzi.
Uno dei due cedette il posto a Jess e si avviò verso la ragazza.
-Ciao, io mi chiamo Jason-
Cece gli sorrise in modo imbarazzato.
-Senti, non credo sia una buona idea. Ho un ragazzo-
Lui si guardò a destra ed a sinistra, poi sorrise.
-Non mi sembra che lui sia qui-
-Vado al bagno- annunciò lei.
-Dopo beviamo qualcosa insieme?- chiese questo Jason.
-Vedremo- rispose distratta, ma già diretta verso la toilette delle signore.
Una volta lì dentro, chiamò subito Schmidt.
-Ciao amore, tutto bene?-
La sua voce profonda era un balsamo contro l’ansia che le attanagliava le viscere da quando quei ragazzi avevano messo gli occhi su di loro.
-Insomma, Jess è ubriaca e un tizio la sta rimorchiando in modo piuttosto maldestro. Potresti venire a darmi una mano?- chiese lei.
Dopo pochi secondi di silenzio, lo sentì grugnire.
-Sono già lì. Resisti e tienila d’occhio-
E interruppe la chiamata.
Quando uscì dal bagno, era di nuovo ansiosa.
-Allora, beviamo qualcosa?-
E lei non poté far altro che accettare.

-Gestisco un ristorante alla fine della strada, “BellaNapoli”. Lo so cosa stai pensando, il tipico nome di un ristorante italiano, ma sono convinto che sia meglio rimanere sul classico-
Il tizio blaterava da dieci minuti, e Cece non faceva altro che sorseggiare lo stesso drink ed annuire, sperando con tutto il cuore che Schmidt si decidesse a venire a salvarla.
A salvarle, in realtà. Jess continuava a flirtare con l’altro ragazzo, parlavano e si sfioravano, e se non fossero corsi ai ripari, era sicuro che sarebbero finiti a letto insieme.
-Allora, che ne dici se ora mi racconti qualcosa di te?- chiese Jason, mettendo la propria mano sopra quella di Cece e riportandola alla realtà.
-Ma certamente. Allora, è una modella molto bella, ed è fidanzata con l’ebreo più fico del quartiere- rispose al suo posto una voce piuttosto alterata.
Subito il cuore della ragazza si sollevò di circa dieci metri per il sollievo: Schmidt era lì.
-Allora era davvero fidanzata. Pensavo fosse il solito modo per allontanarmi. Chiedo scusa- disse il ragazzo, alzando le mani in segno di resa ed allontanandosi. Schmidt cinse la vita della sua ragazza con le mani e l’avvicinò a sé.
-Ciao-
-Ciao- sussurrò lei, a pochi centimetri dal viso di lui.
-Chi altri devo picchiare?-
Lei rise sommessamente e lo baciò castamente sulle labbra.
Solo lui sapeva infondergli la calma e la sicurezza di cui aveva bisogno.
-Devi salvare Jess- lo mise al corrente Cece.
Solo in un secondo momento vide Nick Miller seduto accanto a loro, intento a sorseggiare una birra ed a fissare in cagnesco la sua ex ragazza e il tizio seduto accanto a lei.

Nick voleva distogliere lo sguardo, lo voleva davvero, ma non poteva farne a meno: Jess stava flirtando con un tizio insignificante, ubriaco quanto lei.
Erano seduti vicini, troppo vicini, appoggiati entrambi con un gomito sul tavolo, lei aveva appoggiato il viso su una mano e sorrideva maliziosamente.
Quando lui le scostò una ciocca di capelli, caduta dallo chignon ormai distrutto, non capì più nulla.
Si alzò di scatto, ignorò deliberatamente gli ammonimenti di Schmidt e Cece, e si avvicinò a quel maledetto tavolo.
-Per fortuna sei qui, Jess! I tuoi bambini non smettono di piangere e non so che fare!-
Lo sguardo interrogativo di Jess arrivò subito, ma era talmente ubriaca che non riuscì a controbattere in tempo.
Nel frattempo, il tizio si era impercettibilmente allontanato.
-Non mi avevi detto di avere dei bambini- sibilò lui, fissandola.
Lei tentò di parlare, ma Nick fu più veloce.
-Sì, tre. Da tre uomini diversi. Sai come sono fatte le donne, pensano di aver trovato l’uomo della propria vita, ci fanno un figlio e questi spariscono-
Lui si allontanò ancora di più, e Jess fulminò Nick con lo sguardo.
-Siete proprio carini insieme, anche se ho avuto come una sensazione di deja vu. Sai che i padri dei suoi figli li ha conosciuti proprio in questo modo?-
Questo fu il colpo di grazia per il ragazzo, che balbettò una scusa che nessuno sentì e, prendendo il suo amico, uscirono quasi correndo dal bar.
Jess si alzò di scatto, mandando tuoni e fulmini, in quegli occhi color del cielo si stava scatenando una tempesta.
Per un attimo, Nick rimase pietrificato: aveva forse esagerato?
-Chi ti ha dato il permesso di..- non riusciva nemmeno a concludere la domanda, talmente era annebbiata dalla rabbia.
Uno sguardo di sfuggita al bancone fece capire a Jess chi lo avesse avvisato: Cece sorseggiava il solito drink, guardando dappertutto tranne che dalla sua parte.
-Tu non hai alcun diritto di..-
-Quel tizio non aveva buone intenzioni, Jess- disse Nick.
-Anche se fosse? Tu non puoi permetterti di..-
Lui si mise le mani nei capelli,frustrato.
-Per l’amor di Dio, riesci a finirla una frase o no?-
Per tutta risposta, ricevette un sonoro schiaffo.
In quell’attimo, pareva che tutto il locale si fosse silenziato: Cece e Schmidt li fissavano a bocca aperta, e Nick si massaggiava la guancia dolorante, dispiaciuto e arrabbiato insieme.
Invece, Jess era furiosa: una rabbia mai vista, che l’alcol aveva amplificato.
Barcollando, si avviò verso la porta, e Cece ebbe la decenza di non muoversi dal suo seggiolino.
Nel giro di pochi secondi, Jess sparì dietro la porta.
Improvvisamente, tutto il locale tornò al massimo volume, e Nick riuscì a respirare.
Poi, i suoi piedi si mossero da soli: ignorando ulteriormente gli ammonimenti dei suoi amici, si avviò verso l’uscita.
Trovò la sua ex ragazza a carponi tra i cespugli a pochi metri dal bar, intenta a vomitare.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma rimase a debita distanza, aspettando che finisse.
Quando anche l’ultimo conato cessò, Jess si sdraiò sul terriccio fresco a cominciò a mugugnare, come se provasse un fastidio tremendo.
Nick allora decise di avvicinarsi.
-Andiamo a casa- le sussurrò.
Lei lo fissò ma senza riconoscerlo davvero, e lo lasciò fare quando fece passare le braccia sotto la sua schiena e la issò.
Era incredibilmente leggera, eppure sembrava pesare duecento chili, ma a Nick non importava.
Non gli sembrava vero di poterla toccare di nuovo, di trovarsi di nuovo abbastanza vicino da sentire il suo odore, anche se in quel momento era la puzza di alcol e vomito a farla da padrone.
Sotto gli sguardi sorridenti dei suoi amici, Nick e Jess si avviarono verso casa insieme, per la prima volta dopo due mesi.




NdA: Buongiorno!
 Come capiranno quelli che leggeranno la mia storia, tenderò ad aggiornarla ogni lunedì, o meglio ci proverò.
Purtroppo, a causa della stesura della tesi e la laurea imminente non ho molto tempo, ma spero di riuscire a tenere in piedi questa storia.
I commenti, anche quelli negativi, sono graditi, ma grazie comunque a chi ha letto il primo capitolo!
Buona lettura ^^
Jecchan

 

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Capitolo 3
*** La dieta. ***


Jess si svegliò il mattino dopo con un mal di testa tremendo: aveva come l’impressione che un trapano le stesse martellando il cervello, non lasciandole un attimo di respiro.
Provò ad aprire gli occhi, ma la luce, seppur fioca, del mondo esterno non faceva altro che peggiorare la situazione, così decise di concedersi qualche altro minuto nella sicurezza del buio, e provò a ripensare alla serata appena passata.
Aveva bevuto, e parecchio anche, non si sbronzava così da quando aveva diciotto anni, ma non era mai stata così male in tutta la sua vita.
Ricordava che, dopo aver bevuto molti shot superalcolici, si era avvicinata ad un tizio con cui, ricordava bene, aveva flirtato.
E se ci fosse finita a letto insieme?
Lentamente, sempre ad occhi chiusi, allungò un braccio accanto a sé, e sentì una massa che si muoveva impercettibilmente.
“Oh mio Dio, sono una sgualdrina e un’alcolista”, pensò Jess.
Dopo ancora qualche minuto, si fece coraggio e, voltando la testa verso il leggero russare, aprì gli occhi lentamente.
Nick Miller dormiva profondamente, a pochi centimetri da lei, il suo alito caldo le spostava impercettibilmente la frangia.
La ragazza non si ricordava più l’ultima volta che aveva avuto la possibilità di guardarlo dormire, e non se la sentiva di svegliarlo.
Sapeva bene quanto male le avrebbe fatto dopo, ma in quel momento voleva osservarlo dormire: osservava il labbro inferiore fremere ogni volta che espirava, osservava la mascella seminascosta nel cuscino, osservava le mani vicino al viso, quelle mani che l’avevano fatta innamorare, che sapevano prenderla e lasciarla. Jess non seppe quanto tempo sarebbe potuta rimanere lì a fissarlo, fatto sta che, ad un certo punto, Nick parlò, ancora con gli occhi chiusi.
-Le vecchie abitudini non muoiono mai, eh?-
Lei non rispose, pensando che stesse parlando nel sonno, ma poi lui aprì gli occhi e sorrise mestamente.
-E’ una cosa irritante, scoprire che mi osservi dormire, mi sento come se fossi al Grande Fratello- proseguì lui, facendo perno sul gomito e tirandosi su.
-Stavo solo cercando di ricordare se avessi fatto la più grossa cazzata della mia vita-
Lui si rabbuiò, ovviamente senza sapere che lei si riferisse all’altro ragazzo.
-Tranquilla, non abbiamo fatto sesso. Anzi, sinceramente non sei mai stata meno sexy come ieri sera-
Nick si stiracchiò a lungo, ma rimase a sedere sul letto, e la fissò a lungo.
Lei distolse lo sguardo, e trovò le proprie mani improvvisamente interessanti.
-Volevo solo bere e passare una bella serata con Cece- tentò lei.
-Credimi, vederti rotolare nel tuo vomito non è proprio la mia idea di “bella serata”, e sono convinto che non sia nemmeno la tua-
Lei annuì, nervosa. Voleva solo che lui uscisse dalla sua stanza, voleva stare sola.
-Ora mi vado a fare una doccia e poi mi cambio. Posso chiederti..-
Nick alzò le mani.
-Non dire altro, ho capito. Ci vediamo dopo-
Si alzò e si avviò verso l’uscita, ma una volta all’ingresso, venne chiamato da Jess.
-Perché eri qui, nel mio letto? E perché non sei al lavoro?-
Lui sorrise.
-Non la smettevi di vomitare, credevo fossi preda di un esorcismo. E per quanto riguarda il lavoro, diciamo che mi sono preso un giorno di ferie-
Detto ciò, si chiuse cautamente la porta alle spalle, lasciando una Jess più confusa che mai.
Dopo aver trangugiato un toast abbrustolito che si trovava sul suo comodino, aver bevuto un succo d’arancia ghiacciato ed essersi fatta una doccia, si sentiva rinata. Rimase in bagno qualche minuto, a godersi la sensazione dell’asciugamano morbido e profumato sulla sua pelle, poi se lo lasciò cadere ai piedi e si infilò le mutande. Un rapido sguardo allo specchio, però, la lasciò di stucco: era ingrassata! Ok, forse era un po’ la pancia alcolica che ancora non era andata giù, e un po’ era l’alimentazione sbagliata degli ultimi mesi, ma non pensava di aver perso il controllo del proprio corpo in questo modo.
Si toccò la pancia, dichiarandole guerra, ed improvvisamente, Nick entrò nel bagno.
Giusto qualche secondo per ammirare quel corpo che aveva avuto e aveva amato così intensamente, quelle curve perfette e quella pelle pallida di cui aveva baciato ogni centimetro, prima che un oggetto non ben identificato, ma che nel giro di qualche minuto gli avrebbe lasciato sicuramente un bernoccolo, si fiondò su di lui.
-Non si bussa?- urlò lei, correndo a chiudere la porta a chiave.
Lui non riuscì a dire nulla, si limitò a prendere la porta in faccia e rimase lì, come inebetito.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa, eppure il dono della parola l’aveva abbandonato.
In quel preciso momento, avrebbe voluto averla, avrebbe voluto amarla.

Due giorni dopo la serata al bar, Jess decise che era arrivato il momento di rimettersi in forma.
Diminuì drasticamente le dosi di caffeina, preparò pranzi ricchi di vegetali e di fibre da portarsi a scuola, e la sera si limitava a farsi un piatto di pasta e un tozzo di pane. Si svegliava ancora alle sei del mattino, ma invece di andare da Cece, come faceva prima, si metteva la tuta, l’ipod e andava a correre al parco dietro casa.
Certo, questo voleva dire tornare a casa a cambiarsi e vedere Nick appena sveglio, con il viso assonnato, la barba da fare e quei boxer troppo grandi per lui, ma ormai pensava di riuscire a sopportarlo.
Per darle sostegno morale, Schmidt decise di andare a correre con lei: quel giro del parco era diventato un piccolo rituale a cui nessuno dei due avrebbe rinunciato.
Una mattina, dopo un paio di chilometri nel silenzio assoluto, finalmente Jess e Schmidt decisero di fermarsi a riprendere fiato.
-Però, fai sul serio con questa storia della dieta! Nemmeno quando pesavo cento chili avevo la tua forza di volontà- si complimentò lui, facendo stretching.
Jess appoggiò le mani sulle ginocchia, il sudore le colava dalle tempie al collo.
Non riuscì a rispondere, provò a prendere un paio di lunghi respiri per riprendere fiato.
Ma il fiato non tornava, e il respiro le veniva a mancare sempre di più.
Ebbe appena il tempo di chiedere un aiuto silenzioso a Schmidt con lo sguardo.
-Jess, tutto bene?-
Ma lei non lo sentì, perché proprio in quel momento perse conoscenza.

Jess si risvegliò dopo aver ricevuto qualche schiaffetto da un assoluto terrorizzato Schmidt.
-Cos’è successo?- chiese lei.
-Sei svenuta. Dio santo, Jess, mi sono spaventato a morte-
La aiutò a mettersi seduta e, quando vide che era tornata in sé, la prese in braccio.
-Che fai, Schmidt?- chiese debolmente la ragazza.
-Ti porto all’ospedale, naturalmente. E se fosse solo il preludio di qualche malattia incurabile? Non me lo perdonerei mai- ribatté risoluto.
Lei sorrise e non disse più nulla, lasciò che il suo amico la portasse al pronto soccorso: si sentiva così debole.
-La colazione- disse ad alta voce.
-Come?- chiese lui col fiatone.
-Non ho fatto colazione stamattina, deve essere per questo che sono svenuta-
Lui tirò un sospiro di sollievo.
-Sì, ecco quale sarà la causa-

-Jess! Schmidt mi ha chiamato in preda ad una crisi di panico, ha detto che stavi per morire! Cos’è successo?-
Cece entrò come un tifone nella sala d’aspetto in cui avevano messo in attesa Jess: al braccio, le avevano attaccato una flebo.
La ragazza notò che la sua amica osservava l’ago, e minimizzò.
-Mancanza di vitamine. Ho esagerato con questa storia della dieta, non mi sono presa cura di me-
Cece si sedette e prese la mano dell’amica.
-Quando ti chiameranno per i risultati?-
-Dovrei essere una delle prossime-
Appena finì di dire questa frase, un’infermiera la chiamò.
-Jessica Day-
Lei si alzò, seguita a ruota da Cece.
-Prego mi segua. Ma, la sua amica..-
-Non ho assolutamente intenzione di lasciarla andare da sola- ribatté la ragazza scuotendo la testa.
L’infermiera si avvicinò, abbassando la voce.
-Ci sono notizie riservate, signorina Day. Forse vuole la sua privacy-
Jess si preoccupò: perché aveva bisogno di parlare col dottore in privato? Prese subito la mano di Cece.
-Lei viene con me-
Subito, l’infermiera sorrise.
-Molto bene. Il dottore la attende dietro quella porta-
Jess deglutì a fatica, mentre varcava la soglia.
Si presentò un dottore molto sorridente, con una fila di denti bianchissimi, e le strinse la mano con calore.
-Buongiorno, signorina Day. E lei è?-
-Cecilia, sono la sua migliore amica- rispose lei.
-Molto bene. Se volete sedervi- disse indicando due sedie davanti ad una scrivania.
Le due ragazze si sedettero rigide come stoccafissi.
Cosa avrebbe detto? Sarebbe stato tanto grave? Ci sarebbero state delle cure? Oppure non aveva più scampo?
Lui diede un’occhiata alla cartella clinica di Jess, e sorrise ancora.
-Lei non si è presa molta cura di sé stessa ultimamente, vero?- Jess sorrise timidamente.
-Se n’è accorto? Volevo solo fare una dieta-
Lui tolse gli occhiali dal viso.
-Sa che esistono diete specifiche per le gravidanze? Se ha paura dell’aumento di peso, può sempre chiedere consiglio ad un dietologo!-
Seguì un silenzio tra i più lunghi a cui il medico avesse mai preso parte.
Le due ragazze lo fissavano, come se da un momento all’altro si aspettassero che sarebbe scoppiato a ridere.
Ma la continua serietà del medico ed il suo sguardo perplesso fecero uscire le ragazze dalla catalessi in cui erano cadute.
-Può ripetere, per favore?- chiese Cece.
-Dicevo che la sua amica può benissimo seguire una dieta che non metta a rischio la gravidanza-
-Quale gravidanza?- chiese Jess in tono catatonico.
-La sua, signorina Day. Non sapeva di essere incinta?-
La ragazza ebbe come la sensazione che la mascella si fosse tranquillamente accomodata sul pavimento, seguita a ruota da quella di Cece.
-Evidentemente no- si rispose da solo il dottore.
-Di quanto?- sussurrò Jess.
-Dunque, stando a questi esami, il feto non dovrebbe avere più di due mesi, due mesi e mezzo al massimo-
-Maledetto Nick- riuscì solo a dire la ragazza, la mano ancora stretta in quella di Cece.
Dopo aver tolto la flebo dal braccio ed aver saluto il dottore, Jess e Cece si avviarono verso l’uscita, trovando all’ingresso Schmidt e Nick.
-Allora? E’ curabile? E’ contagiosa?- chiese subito il primo dei due, beccandosi un’occhiataccia dalla sua ragazza.
-Non mi sono curata molto. Una bella flebo di vitamine ed eccomi come nuova! Ora vado al lavoro-
Schmidt la fermò.
-Ho chiamato io la scuola, e gli ho raccontato cosa è successo. Hanno detto di non preoccuparti di riprenderti presto-
Jess lo fulminò con lo sguardo.
-Chi ti ha dato il permesso di chiamare la mia scuola? Me la posso cavare anche da sola!-
Non degnò Nick di uno sguardo: prese Cece per un braccio e marciò a passo di carica verso l’auto.
I due amici si guardarono con espressione perplessa, e mestamente le raggiunsero.
In macchina regnò un silenzio glaciale, e Nick ebbe come la sensazione di aver fatto qualcosa di molto brutto, a giudicare dagli sguardi di fuoco che si sentiva lanciare da Cece e Jess.
Una volta a casa, le ragazze si chiusero in camera, e i ragazzi si sedettero sul divano.
-Devi averla combinata grossa- disse Schmidt, passandogli una birra.
-L’hai notato anche tu?- chiese, tracannando il primo sorso nello stesso modo in cui un disidratato beve dopo settimane un bicchiere d’acqua.
-Eccome, se avesse potuto, la macchina sarebbe andata a fuoco-
Schmidt si stiracchiò.
-Bene, amico mio, è ora. Dobbiamo andare a lavorare-
Di malavoglia, Nick finì in due sorsi la sua birra, consapevole che stava per andare a lavorare sbronzo, e si alzò.
L’idea di lasciare Jess in quello stato lo distruggeva, ma non aveva scelta: si chiuse la porta alle spalle, con la promessa di indagare quella sera stessa.




NdA Buon pomeriggio!
Sono una persona cocciuta, e continuerò comunque ad aggiornare la storia, anche senza commenti.
Capisco che "New girl" non sia una serie TV tra le più viste, quindi la pagina delle fanfiction è poco battuta.
Ma comunque, grazie a chi ha letto anche solo il primo capitolo.
Buona lettura ^^
Jecchan

 

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Capitolo 4
*** Mancanza di tatto. ***


-“Jess, non ti preoccupare, penso a tutto io”! “Vai tranquilla, so quello che faccio”. Ecco il risultato!- esclamò Jess indicandosi la pancia.
Era in camera con Cece da quasi tre ore, e girava in tondo convulsamente.
-Io ammazzerò Nick Miller!- proseguì.
-Ora calmati però, l’agitazione non fa bene al..-
Cece non riusciva a dire la parola “bambino”, le sembrava una cosa talmente assurda che dirlo pareva una presa in giro.
-Non fa bene? Cece, in questi due mesi ho bevuto. Come. Una. Spugna. Il bambino nuota in un liquido amniotico superalcolico! Sarà già dipendente dall’alcol! Se nascerà con sette dita e quattro teste, sarà solo colpa mia!-
-Quindi intendi.. Proseguire?- chiese la sua amica.
Qualche secondo di silenzio: voleva questo bambino?
Lei e Nick si erano lasciati, e lui aveva espresso chiaramente l’intenzione di non formare una famiglia.
Ed ora capitava questa creatura tra capo e collo. Jess chiuse gli occhi e annuì.
-Non me la sento di interrompere la gravidanza- sussurrò, mettendosi le mani sulla pancia.
Cece sorrise.
-Ecco perché quei dolori di stomaco, quelle nausee, tutto torna ora, no Jess?-
-Io ucciderò Nick Miller- disse digrignando i denti.

Nick finì il suo turno alle tre del mattino: aveva fatto due ore in più a causa dei giorni di permesso che si era preso.
Appena si chiuse la porta di casa alle spalle, si tolse il giaccone e lo buttò a terra, poi si sfilò le scarpe e si trascinò in camera.
Stava per cadere tra le braccia di Morfeo ancora prima di toccare letto, quando si accorse che la porta della camera di Jess era socchiusa.
La aprì piano e infilò solo la testa.
Jess dormiva su un lato, le mani infilate sotto il cuscino, la bocca semiaperta. Nick sorrise e, in un momento di particolare coraggio, si decise a entrare.
La ragazza mugugnò nel sonno, e cambiò posizione: ora era supina, con un braccio sopra la testa, e la bocca che prima era solo socchiusa, ora si aprì del tutto, lasciando libero spazio al potente russare, prima schiacciato dalla posizione di lato.
Nick si sedette accanto a lei, bene attento a non svegliarla, e la osservò: spesso, quando erano insieme, lui la fissava per qualche minuto, prima di addormentarsi, e proprio in quel momento avrebbe voluto essere steso al suo fianco, a premersi il cuscino sulle orecchie per non sentirla russare.
Il ragazzo sorrise e pose un leggero bacio sulla fronte di Jess, così leggero che il vento se lo sarebbe portato via tanto presto da non lasciarne più traccia.

-Buongiorno coinquilini- biascicò Jess, ancora assonnata.
I ragazzi la salutarono con lo stesso entusiasmo, e tornarono ad occuparsi ognuno della propria colazione. Tutti, tranne Nick.
-Dormito bene?- chiese.
Lei annuì di malavoglia, infilando la testa nel frigorifero e riemergendo con il cartone del succo d’arancia, poi prese dei toast e li mise a tostare.
Una volta tostati, riempì tutta una facciata di burro e zucchero e li mise su un piatto. Nel frattempo, aveva messo ad abbrustolire quattro fette di bacon e, una volta raccolte, li impiattò accanto ai toast.
Il tutto condito con litri, e litri, e litri di sciroppo d’acero.
Nick non era il solo ad essere sorpreso dall’abbondante colazione di Jess: anche Schmidt e Winston avevano smesso di masticare, fissando scioccati quel piatto da nausea.
Lei addentò un pezzo di bacon quasi bruciato, poi si accorse dello strano silenzio.
-Che c’è?- disse lei, sorseggiando avidamente il succo d’arancia direttamente dal cartone.
-Devi fare la maratona di New York? Come mai questa colazione da atleta-barra-ragazza obesa?- chiese Schmidt.
-Mi stai forse dicendo che sono grassa?- sbottò lei, alzandosi dallo sgabello sul quale si era appollaiata, con il toast in bocca.
-Assolutamente no! Dico solo che tu alla mattina bevi solo caffè!-
Lei si risedette, rossa come un peperone. Reazione che non sfuggì a Nick.
-Oh bé, il dottore mi ha detto di cominciare a fare una colazione abbondante, quindi…- rispose in tono molto più calmo, sperando ci credessero.
Fortunatamente, la conversazione morì lì, con Winston che disse “Mi sembra giusto”.
Chiacchierarono del più e del meno, dei programmi per il fine settimana, della settimana appena trascorsa: per un attimo, pareva di essere tornati tutti amici come un tempo, quando si rideva e si organizzavano cose da fare tutti insieme.
-Jess che dici, ti senti abbastanza in forma per andare a correre?- chiese Schmidt all’improvviso.
Lei si pietrificò: poteva ancora correre? Questo al dottore non l’aveva chiesto, ma nel dubbio decise che no, non era il caso.
-Oggi no, ho un gran mal di pancia, infatti penso che andrò in bagno!- esclamò lei.
-Non c’è bisogno che ci aggiorni su ogni tuo spostamento, soprattutto quelli più puzzolenti- la sgridò Winston.
Ma lei non gli rispose: si limitò a correre al bagno ed a chiudere la porta a chiave.
Si appoggiò alla parete fredda della doccia e scivolò fino a terra, chiudendo gli occhi.
Come poteva andare avanti così? Come poteva nascondere questa gravidanza ai ragazzi?
Nove mesi sono tanti. E Nick? Come l’avrebbe presa?
Nel peggiore dei casi, sarebbe anche stato capace di scappare, e allora lei sarebbe stata perduta. Le sembrava una strada senza uscita, ovunque guardasse vedeva solo dei baratri.
Un forte bussare la fece distogliere dai suoi pensieri.
-Jess! Tutto bene?- chiese una voce allarmata. Nick.
Lei si alzò di scatto, cosa che le provocò un leggero giramento di testa, si sciacquò la faccia ed aprì la porta.
-Che diavolo stai facendo? Sei dentro da quasi un’ora!- quasi gridò lui.
Lei rise.
-Ma che stai dicendo? Saranno solo dieci minuti!-
Ma un’occhiata all’orologio le fece capire che Nick aveva ragione: accidenti, se era appisolata nella doccia! Questo bambino stava prendendo il sopravvento sul suo corpo.
-E’ tutta colpa tua, Nick Miller!- urlò senza pensarci.
Poi gli voltò le spalle e corse in camera sua.
Nick si grattò la testa confuso.
“E’ colpa mia se è stata in bagno così tanto tempo?” si chiese, ma decise che non era il caso di farne un affare di stato.
Non con Jess così instabile, e non adesso che stavano finalmente ristabilendo un rapporto normale.

-Sì, sei decisamente incinta- annunciò Sadie.
-Sai, non avrei mai pensato che un giorno mi sarei trovata a gambe aperte davanti a te!- scherzò Jess, ben a conoscenza dei gusti sessuali dell’amica.
-C’è una prima volta per tutti, mia cara-
Le pulì la pancia dal gel utilizzato per l’ecografia e l’aiutò a sedersi.
-Il padre lo sa?- chiese Sadie.
Jess si strinse nelle spalle.
-Sai, credo che abbia il diritto di saperlo-
-Anche se io e lui abbiamo rotto proprio perché avevamo idee diverse sul nostro futuro?-
-Qualsiasi sia il motivo per cui vi siete lasciati, ora il bambino viene prima di tutto- disse Sadie, mettendole una mano sulla spalla.
-Il padre è Nick- disse Jess sospirando.
-Oh mio Dio. Che schifo-
-Sadie!-
Lei rise.
-Scusa Jess, ma Nick è il tipo di persona che mi fa diventare più lesbica ogni giorno che passa-
La ragazza sospirò.
-Sono ufficialmente incinta, vero?- chiese lei rassegnata.
-Totalmente incinta- confermò Sadie.
La accompagnò all’uscita e si salutarono con affetto.
-Almeno avremo una scusa per vederci. Appuntamento tra due mesi- disse la ragazza.
Jess annuì e si avviò verso la sala d’aspetto, dove ad aspettarla c’era Cece.
-Cosa ci fai qui?- chiese abbracciandola.
-Non potevo lasciarti da sola ad affrontare tutto questo- rispose la ragazza indiana – Allora, avremo un maschietto o una femminuccia?-
-Non mi ricordo di aver fatto sesso con te, ma ora che me lo stai ricordando la paternità è in dubbio- la prese in giro Jess – E’ presto, bisogna aspettare-
Cece la prese sottobraccio, con un sorriso a trentedue denti.
-Sai, più ci penso, più non vedo l’ora che arrivi questo bambino!-
Anche Jess si permise di pensarci, e l’idea la fece sorridere per la prima volta.

-Oggi non sono andata al lavoro- brontolò la voce di Jess da sotto la coperta su cui si era rannicchiata.
-Cos’è successo questa volta?- chiese Cece sospirando.
L’amica riemerse dalla sua tana e si mise a sedere sul divano.
-Ti rendi conto che questo bambino crescerà senza un padre?-
Cece alzò le sopracciglia.
-Per forza, finché continuerai a tenere segreta la cosa-
-Ma anche se glielo dicessi le cose non cambierebbero. A questo bambino Nick potrebbe solo insegnare a fare cocktail, perché ammettiamolo, crea dei veri capolavori alcolici, ma a cosa potrebbe servire? Già me li immagino tra vent’anni: mio figlio e Nick che si passano al volo le bottiglie di vodka per far colpo sulle ragazze- concluse Jess disperata.
Cece chiuse gli occhi: era dura stare dietro agli sbalzi ormonali dell’amica: già prima non era molto cilindrata, ma ora si era raggiunto il massimo storico di discorsi insensati.
-Vedrai che non accadrà- la consolò.
Si alzarono entrambe dal divano.
-Ah no? Vogliamo scommettere? Sarò una ragazza madre che dovrà crescere due figli! E no, non aspetto gemelli, parlo proprio di Nick Miller!-
Si mise le mani nei capelli, chiudendo gli occhi.
-Questa gravidanza è un disastro- si lamentò.
-Chi aspetta un bambino?- chiese una voce.
Le ragazze si girarono di scatto verso la porta d’ingresso: i ragazzi erano tutti lì, pietrificati.
A parlare era stato Nick. Cece e Jess si guardarono negli occhi, terrorizzate: ognuna sperava che l’altra dicesse qualcosa.
-Ehm, chi aspetta un bambino? Ottima domanda- prese tempo la Day – Allora, non volevamo dirlo così improvvisamente ma…-
Prese un respiro.
-Cecilia è incinta!- quasi gridò.
La ragazza in questione fissò l’amica, ed i suoi occhi divennero due palline da ping pong. Un silenzio tombale calò nell’appartamento, gli sguardi dei suoi abitanti vagavano da Cece a Schmidt, che aveva la bocca spalancata ed aveva perso parecchio colore.
Dopo parecchi minuti in cui nessuno parlò, Winston ruppe il silenzio.
-Bè, come si dice: congratulazioni?-
-Già, tanti auguri- lo seguì Nick senza troppo entusiasmo.
-Ragazze, posso parlarvi in privato?- chiese Schmidt.
Cece e Jess lo seguirono in camera di quest’ultima, e il ragazzo chiuse la porta.
-Cosa ti è saltato in mente di dire, Jessica? Perché questa bugia?- chiese lui furioso.
-Bugia? Nessuna bugia, congratulazioni!- esclamò lei allargando le braccia, sul viso un sorriso finto e un po’ disperato.
-Non prenderti gioco di me. Ti rendi conto di quello che hai detto?-
Ma Jess non capiva.
Schmidt mise un braccio sulle spalle di Cece, come per proteggerla.
-Non è necessario- sussurrò lei.
-Invece sì, Cece, perché lei non si rende conto. Non ti ha mai raccontato della sua quasi sterilità?-
E in un attimo, Jess si sentì morire.
Ecco perché lei era così eccitata per l’arrivo di questo bambino: la sua amica non poteva avere figli.
E lei, a causa del suo egoismo, l’aveva costretta a ricordarlo.
Jess si mise le mani davanti alla bocca.
-Mio Dio Cece, perdonami. Non mi è proprio venuto in mente-
-Non ti devi preoccupare, Jess. Davvero, nessun problema-
Lei tentò di avvicinarsi all’amica, ma si fermò alla vista di Schmidt che si strinse ancora di più contro di lei.
-Devi dirgli la verità, non hai scelta- concluse Cece.
Jess prese un altro respiro.
-Sono io quella incinta, Schmidt. Di un piccolo Nick, o di una piccola Jess-
Il ragazzo si staccò dalla sua fidanzata e strabuzzò gli occhi.
-Sul serio? Non stai scherzando?-
-Purtroppo no-
-Diventerò zio!- esclamò lui improvvisamente.
Prese Jess per la vita e la fece girare per la stanza, ridendo come un cretino: anche le ragazze vennero contagiate da quella risata, e si lasciarono andare.
Dopo molti minuti, finalmente lui la posò di nuovo coi piedi a terra.
-Strano che Nick non me ne abbia parlato, sono il suo migliore amico-
Le ragazze si guardarono.
-Ah, non gliel’hai detto- concluse lui.
Jess annuì.
-Devi tenere il segreto ancora per un po’. Quando sarò pronta, ti giuro che gliene parlerò-
Schmidt abbracciò Jess, stringendola forte.
-Tu sei piccolina, Jessica. La pancia sta già cominciando a vedersi. Sbrigati ad essere pronta-
Qualche secondo dopo, anche Cece si unì all’abbraccio, ed a nessuno sfuggì il tratto umido sulla guancia della ragazza, il che fece sentire Jess ancora più in colpa.







NdA: Buon pomeriggio!
 Allora, finalmente le cose cominciano a smuoversi, ora anche Schmidt sa dell'arrivo del bebè!
Grazie mille a chi continua a leggere la mia storia, spero di non deludere le aspettative.
Critiche o complimenti sono ugualmente accettati.
Buona lettura ^^
Jecchan

 

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