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Nell’era Sengoku era arrivato il
culmine dell’inverno; un soffice strato di neve copriva il villaggio e la
foresta, candido e uniforme, segnato solo dalle impronte dei bambini che si
rincorrevano nella neve alta, giocando a palle di neve e facendo grandi
fantocci bianchi. C’era anche chi, pur non essendo più propriamente un bambino,
se la stava spassando un mondo a giocare a palle di neve: Kagome, Sango e
Miroku stavano allegramente prendendosi a palle di neve,mentre Inuyasha, appollaiato su un albero,
guardava la scena con una faccia truce. Non che non gli piacesse la neve, anzi,
quando era bambino adorava costruire pupazzi, ma il giorno seguente sarebbe
stato il novilunio, e lui in quel momento era di cattivo umore: DETESTAVA stare
in forma umana!
-Inuyasha, vieni a giocare con
noi!- lo chiamò Kagome, dalla base dell’albero.
-Feh! Io detesto bagnarmi con la
neve!- mentì l’hanyou, che non aveva nessuna voglia di scendere.
-Ah, davvero?- gli chiese lei.
-Davvero!- le rispose seccato
Inuyasha.
-Davvero davvero?- chiese con un
sorrisino Kagome, mentre comprimeva qualcosa con le mani, calzate di comode
manopole.
-Davvero davvero, creti…-
Inuyasha non finì la frase: una gigantesca palla di neve gli si era spiaccicata
sul viso, entrandogli nelle sensibili orecchie canine e bagnandogli i lunghi
capelli.
-Te la sei voluta tu!- esclamò
allora, saltando su un ramo più basso dell’albero, ancora coperto di uno spesso
strato di neve. L’impatto del peso del ragazzo sul ramo fece cadere tutta la
neve, che coprì Kagome facendola diventare un insolito pupazzo. Inuyasha non poté
trattenersi dal ridere, ma la cosa gli costò cara, perché scivolò sulla
sdrucciolevole superficie del ramo, cadendo come un salame in un mucchio di
neve alta, manco Kagome gli avesse gridato “Osuwari!”. Stavolta toccò a Kagome
ridere, imitata da Sango, da Miroku e da Shippo. Prima che il mezzodemone
decidesse di contrattaccare a sua volta con proiettili nevosi, decisero di
rientrare nella capanna di Kaede, dove un bel fuoco caldo e scoppiettante li
stava aspettando, assieme a qualcosa di caldo da una delle tante buste di
liofilizzati che Kagome aveva nello zaino.
Brontolando per il fatto di avere
le orecchie bagnate, Inuyasha si sedette a pochi centimetri dal fuoco, cercando
di asciugare il kimono, infradiciatosi dopo la caduta nella neve alta.
-Avresti dovuto accettare gli
indumenti che la divina Kagome ha portato dal suo tempo, Inuyasha: noi siamo
perfettamente asciutti. - disse Miroku, togliendosi da sopra il vestito la
giacca a vento impermeabile che Kagome gli aveva dato.
-Miroku ha ragione, sono davvero
comodissimi, specialmente questi cosi che si infilano sulle mani. -
-Si chiamano guanti, Sango. Avevo
portato guanti e altro anche per Inuyasha, ma lui non mi vuole mai dare retta!-
-Feh! Non mi ammalo per così
poco, e io non indosserò MAI quella roba ridicola!- esclamò, riferendosi alla
sciarpa giallo scuro e al berretto dello stesso colore che Kagome gli aveva
portato.
-Perché, Inuyasha? Sono così
comodi!- esclamò Shippo che, per la prima volta in vita sua, non si era
congelato la coda nel giocare con la neve, grazie a una grossa sciarpa di lana
che Kagome gli aveva avvolto intorno. Il piccolo kitsune non se la sarebbe mai
tolta, tanto la trovava comoda, ma Kagome gli aveva spiegato che occorreva
asciugarla, o non lo avrebbe tenuto ancora caldo.
-E poi, ti stanno così bene! Sono
in tinta col colore dei tuoi occhi!- esclamò la ragazza, mettendogli il
berretto in testa, da dietro. Inuyasha sbuffò, ma tra sé e sé dovette
riconoscere che era davvero caldo e comodo, e non se lo tolse. Kagome apparve
contenta: aveva fatto il berretto, la sciarpa di Inuyasha e quella di Shippo
durante le ultime lezioni di economia domestica, a scuola, ed era felice che le
indossassero.
-Mi piace la neve! Quest’anno,
nella mia epoca, non ha nevicato quasi per nulla, e ormai si è sciolta quasi
tutta. - disse, per fare un po’ di conversazione.
-A proposito, come mai non cerchi
di precipitarti al pozzo per tornare a quella…come si chiama? Scuola?- chiese
l’hanyou in tono beffardo.
-Perché sono in vacanza!
Benedette le vacanze di capodanno!- esclamò Kagome, versando il the caldo dal
pentolino.
Mentre sorseggiavano il the, la
vecchia Kaede chiese -Domani è il novilunio, giusto? Non credo che ripartirete,
quindi, domattina. -
-Certo che no, vecchia! Se non
fosse per il novilunio, perché pensi che ce ne staremmo qui, anziché a cercare
i frammenti della sfera o a dare la caccia a Naraku?-
-Inuyasha, cerca di avere
rispetto per la venerabile Kaede!- esclamò scandalizzato Miroku. Non gli andava
proprio giù che l’hanyou si rivolgesse sempre in modo così volgare alle
persone.
-E tu cerca di tenere le mani a
posto, bonzo pervertito!- esclamò Sango, togliendo dal suo sedere una mano di
Miroku che, chissà come, durante la discussione era finita lì. Il giovane
monaco si ritrovò l’impronta della mano della ragazza stampato sulla faccia, e
come se nulla fosse tornò a bere il suo the.
“Forse potrebbero andare…devo
averne la certezza, perché non avrò una seconda possibilità…ma è da quasi
quattro settimane che li osservo, penso siano il meglio che io possa trovare.
Sono affiatati, tutto sommato, e mi sembra che possano accettare di aiutarci. ”
l’esile donna dalla pelle bianchissima e dai capelli corvini, cosparsi di
diademi di cristallo, osservava il gruppetto riunito nella capanna attraverso
uno specchio dall’impugnatura di cristallo trasparente, venato qui e là di
azzurro pallido. “Il mio potere ora è al massimo, e non tornerà tale prima di
un anno; non posso aspettare un intero altro anno, per cercare aiuto. Si, penso
che loro vadano bene. ” posò lo specchio su un tavolino, pure di cristallo
trasparente, incastonato di piccole gemme chiare, e alzò le mani, preparandosi
alla sua invocazione più potente.
-Attraverso i fiumi del tempo,
attraverso le dimensioni, ascoltatemi, spiriti del freddo e del gelo! A me,
vostra sovrana, portate ora i prescelti del mio sguardo, per la nostra e la
vostra salvezza, e per quella dell’intero Impero dell’Anno!-
la lunga veste candida, trapunta
di cristallo, si agitava e tintinnava attorno alle sue caviglie, mentre piccoli
spiriti simili a fate, dalle ali fatte di cristalli di ghiaccio, apparivano
vorticando attorno a lei, prima di scomparire, tutti assieme, in un vortice
azzurrino. La donna si accasciò, poggiandosi al tavolino, e, con le sue ultime
forze, si sedette su una piccola, preziosa sedia dello stesso materiale del
tavolino, attendendo.
Il mattino dopo, Kagome, Sango,
Miroku e Shippo decisero di andare ancora a giocare con la neve e, visto che
erano fuori, Kaede chiese loro di procurare dell’acqua dal fiume, spaccando il
ghiaccio.
-Inuyasha, tu non vieni?- chiese
gentile Kagome.
-Feh! Fossi matto! Prova a
immaginare cosa succederebbe se qualche youkai mi vedesse così!- esclamò il
ragazzo, scostando seccato alcune ciocche di capelli, ora nere, che gli
venivano sugli occhi.
-Oh, ma io speravo che tu ci
aiutassi a rompere il ghiaccio del fiume…in fondo, anche quando sei un essere
umano, scommetto che sei più forte di Miroku… ma se non è così…- disse lei.
Conosceva bene l’amor proprio di Inuyasha, e sapeva ormai come prenderlo.
-Io SONO più forte di quel bonzo
pervertito! Adesso esco, e vedrai se non riesco a spaccare quel ghiaccio come e
meglio di lui!- saltò su Inuyasha, punto sul vivo.
-Oh, si, ma non certo così! Se
esci senza null’altro che il tuo kimono, ti ammalerai! Mettiti almeno la
sciarpa, e gli stivali!- Kagome pareva davvero preoccupata all’idea che l’amico
uscisse nella neve alta scalzo, e senza coprirsi, così Inuyasha, pur di non
vederla piangere, si piegò a infilarsi gli scarponi che lei aveva portato dalla
sua epoca, si ficcò in testa il berretto, ora non più in tinta col colore degli
occhi, e si mise al collo la sciarpa. Beh, tutto sommato, dovette riconoscere,
uscendo nella neve, erano davvero caldi e comodi. Assieme a lui uscì Shippo,
tutto contento della sua sciarpa, su cui Kagome aveva ricamato il suo nome, e
del berretto che la ragazza gli aveva portato; Kirara, nella sua forma grande,
portava in groppa il piccolo kitsune.
-Allora, Inuyasha, andiamo?- lo
chiamò Kagome, da qualche metro di distanza, ma prima che il ragazzo potesse
muoversi di un passo, si sentì sollevare da qualcosa di freddo, come una forte
raffica di vento, e istintivamente la sua mano corse a Tessaiga. Ma non c’erano
youkai, nelle vicinanze, e prima che potesse rendersi conto di cosa stava
accadendo, lui, Kagome, Shippo, Miroku, Sango e Kirara vennero risucchiati da
un vortice biancastro. Kagome vorticò accanto ad Inuyasha che, d’istinto, la
afferrò e la tenne stretta; se cadiamo,
pensava, non voglio che si faccia male!
In effetti, caddero, su un
pavimento che aveva il colore di uno spesso strato di ghiaccio di fiume, con le
venature e le imperfezioni che crea l’acqua corrente gelando. Inuyasha era
caduto di schiena, facendo da cuscino a Kagome; anche Sango aveva fatto un
atterraggio morbido, atterrando su Miroku che, piuttosto stordito dalla caduta,
non riuscì nemmeno a palparla (doveva essere davvero stordito! NdG-chan).A fare l’atterraggio più morbido di tutti,
però, furono Shippo e Kirara, caduti addosso a Sango. Poco distante dal gruppo,
giacevano lo zaino di Kagome e l’Hiraikotsu di Sango. Mentre cercavano ancora
di rimettersi in piedi e di capire dove fossero, una voce dolce parlò alle loro
spalle.
-Benvenuti, prescelti, benvenuti
nel Castello d’Inverno. -
Si voltarono a guardare chi aveva
parlato: era una giovane donne dalla pelle chiarissima e dai lineamenti
cesellati, coi capelli neri cosparsi di cristalli simili a ghiaccio, una lunga
veste candida come la neve, senza maniche, cosparsa di gioielli come quelli che
le decoravano la chioma; le orecchie erano lunghe e appuntite, decorate con
innumerevoli orecchini, e gli occhi erano grandi, tristi e neri.
-Chi sei? E dove siamo?- esclamò
Inuyasha, scattando in piedi e impugnando Tessaiga, sfoderandola.
-OSUWARI!- gridò Kagome, mandando
Inuyasha a spiaccicarsi per terra.
-GWHA! Kagome, che cacchio
combini?-
-Metti via la spada, Inuyasha.
Non è uno youkai, e non percepisco energia malefica da lei. - disse severamente
la ragazza all’hanyou. -Ti prego di scusarlo. E’ un po’ rozzo e violento, ma
non è cattivo. - disse poi, rivolta alla donna vestita di bianco. Questa
sorrise un poco.
-Le sue domande sono legittime,
però. Sono Lady Loryn, sovrana del Castello d’Inverno…ommeglio, ero la sovrana
del Castello d’Inverno, fino a poco tempo fa. Qui siamo nei sotterranei del mio
castello, in una zona segreta nota solo a me e al mio sposo, Lord Zajer…- a
quelle parole, gli occhi, già tristi, si bagnarono di lacrime. -Scusate…- si
asciugò gli occhi con la manica del vestito. -Questo è l’Impero dell’Anno, in
cui sono presenti i Castelli delle Stagioni e le città dei mesi dell’anno.
Diverso tempo fa, al solstizio d’inverno, siamo stati attaccati…i solstizi e
gli equinozi sono i momenti in cui noi, gli otto sovrani delle stagioni,
cadiamo in un sonno profondo, vegliato dai principi dei mesi dell’anno. Siamo
inermi, per ventiquattr’ore, e siamo stati attaccati repentinamente. Sono stati
tutti catturati…tranne me, che sono stata fatta fuggire dai mesi. - si soffiò
il naso -Il mio reame è stato l’ultimo ad essere attaccato, e io ero quasi
sveglia. Comunque, ho usato tutto il mio potere per portare qui, dal mondo da
cui provenite, delle persone che potessero aiutarci…-
-E come possiamo farlo?- chiese
Sango.
-E soprattutto, perché
dovremmo?!- disse Inuyasha, rinfoderando Tessaiga, e venendo immediatamente
spiaccicato a terra dall’osuwari di Kagome.
-Beh, forse riuscirei a
rimandarvi indietro, ma a quel punto esaurirei tutti i miei poteri, e il clima
della Terra resterebbe stravolto. Già, senza il controllo del mio potere che
solo il mio consorte e re riesce ad esercitare, la neve cade troppo in certe
zone, e troppo poco in altre. Se poi venissi catturata anche io, sulla Terra,
nell’emisfero boreale, non pioverebbe più, o vi sarebbero alluvioni, o caldi
torridi, o geli assoluti…Non so che programmi abbia Humer, colui che ci ha
attaccati col suo esercito, per il vostro mondo…-
-Aiutarla mi sembra che sia il
minimo che possiamo fare, allora. - disse tranquillo Miroku, alzandosi da
terra. Il volto della giovane donna si illuminò -Dite davvero? Se riuscirete ad
aiutarmi a sconfiggere Humer, grazie al potere congiunto mio e delle mie
sorelle, potremo rimandarvi senza problemi nel vostro mondo, un secondo dopo
che vi ho prelevati!-
-Allora d’accordo. - disse
Kagome, aiutando Inuyasha a rialzarsi, e prendendo il piccolo Shippo in braccio
-Noi ti aiutiamo a sconfiggere questo Humer, e tu ci fai tornare a casa. -
guardò l’hanyou -Perché l’aiuteremo, vero, Inuyasha?- la sua non era una
domanda, ma praticamente un ordine. Inuyasha poteva essere forse un po’ rozzo e
violento, come aveva detto Kagome, ma non era stupido, e nemmeno cattivo, per
cui disse -Se questo è l’unico modo per tornare a casa…- per dire praticamente
“si, va bene”.
-Ah!- esclamò Kagome.
-E adesso che c’è?- chiese
Inuyasha, allarmato.
-Inuyasha…sei di nuovo un
hanyou!-
-Cos…?- il ragazzo si portò una
mano alle orecchie, di nuovo canine, coperte dal berretto giallo, e ai capelli,
nuovamente argentei. Le dita presentavano i consueti artigli, che sicuramente erano
anche ai piedi, coperti dalle scarpe che Kagome aveva insistito che Inuyasha
indossasse per andare nella neve. -Ma c’è ancora il novilunio! Com’è
possibile?-
-Qui non esiste il novilunio,
Inuyasha. - spiegò Lady Loryn -Ci sono quattro lune magiche, che restano sempre
sospese in cielo, piene, a turno; quando una tramonta, sorge l’altra, ai
solstizi e agli equinozi. -
-Beh, potrebbe cominciare a
piacermi, questo posto…- disse Inuyasha, raccogliendo lo zaino di Kagome e
issandoselo su una spalla. Sango prese il suo Hiraokotsu, mettendoselo in
spalla. Fortunatamente, prima di uscire nella neve, si era messa la tuta da
combattimento, sotto gli abiti datigli da Kagome, perché era molto più comoda
per muoversi agilmente dello yukata che indossava di solito. Naturalmente,
Miroku aveva tentato di spiarla, mentre si cambiava, e aveva ancora il segno
della sua mano sulla faccia. Il suo e quello della mano di Kagome, che aveva
lasciato, per una volta, la gonna corta per una sgargiante tuta da sci,
decisamente più adatta alla neve alta di quell’inverno dell’era Sengoku.
-Precisamente, per sconfiggere
questo Humer, cosa dovremmo fare?- chiese Miroku, guardandosi intorno e
recuperando il suo bastone da monaco.
-Semplicemente ucciderlo,
credo…ma prima voglio sapere cosa ne ha fatto delle mie sorelle, dei nostri
sposi, e dei principi dei mesi. Non credo li abbia uccisi, o non potrebbe più
controllare il clima, ma non oso pensare cosa possa aver fatto loro. - disse
piano lady Loryn.
-Beh, penso che la prima cosa da
fare sia uscire di qui, e vedere di scoprire dove sia Humer, no?- chiese
Inuyasha.
-Oh, è pericoloso. Mi stanno
cercando, e senza dubbio le sue guardie setacciano il castello. -
-Non è un problema. Con Tessaiga
ho affrontato nemici ben peggiori di un paio di guardie. Andiamo, facci strada.
-
disse Inuyasha…beccandosi poi un
colpo in testa da Miroku, che riteneva che l’hanyou non si fosse rivolto con la
dovuta deferenza alla dama. Il monaco non si azzardò neppure ad allungare le
mani sulla lady, un po’ perché si trovava in coda alla file, un po’ perché
Sango e Kagome gli avevano lanciato delle occhiate inceneritici che gli avevano
telegrafato un semplice, diretto messaggio: guai
a te se la sfiori.
Percorsero una scala molto lunga,
in salita, da che dedussero che dovevano trovarsi molti metri sottoterra.
Eppure, dalle pareti, simili per aspetto (ma per fortuna non nella temperatura,
pensò Kagome) al ghiaccio opaco che copre taluni fiumi e cascate, emanava un
bagliore verde-azzurrino, talvolta sfumato di rosa. Piccole luci rosee,
azzurrine e verdognole si muovevano davanti a loro, illuminando meglio la
strada, e ad un esami più attento Sango si accorse che trattavasi di piccole
fatine dalle ali simili a cristalli. Dopo diversi minuti di scale, erano
arrivati a un pianerottolo, con una porta incastrata nel muro. Lady Loryn toccò
un punto nel muro, e la porta si ritrasse, silenziosa, scomparendo nel muro.
Allora, che ve ne
pare? Non è la mia prima ff (è la seconda), ma è la prima che abbia come
protagonisti il gruppo di Inuyasha. Non sono certa di aver scritto bene i
termini giapponesi (osuwari, yukata, Hiraikotsu…), per cui, se qualcuno
trovasse un errore, chiedo in anticipo scusa. Aspetto i vostri giudizi! ^-^ Ilune
L’ho già detto, ma lo
ripeto: Inuyasha e i suoi amici non sono miei!!! Sono una grande creazione
della Divina Takahashi (avo, oh grandissima regina dei manga!)! Per quanto
riguarda Lady Loryn, e tutti gli altri personaggi che non sono nati dalla Sua
grande mente, sono strettamente MIEI, e chiunque oserà rapirmeli senza permesso
vedrà il suo nome attribuito, in una prossima storia, a una creatura
assolutamente disgustosa e/o cattiva e/o da distruggere… Capito? AHAHAHAHA…
(risatona diabolica… che dite, troppo diabolica? Vabbe’, cercate di sopportare
questa manga&fantasy-dipendente che scrive, please!) CIAO! Ilunwe (alias Giulia-chan)
capitolo 2 -
separati
La porta segreta si apriva dietro
un arazzo, il quale a sua volta adornava un grazioso salotto con quattro porte.
-Questi sono i miei appartamenti.
Temo ci siano guardie, fuori della porta…-
-Io non sento nulla. - disse
Inuyasha, annusando attentamente l’aria e togliendosi il berretto per sentire
meglio eventuali piccoli rumori. L’unico suono che avvertiva era il loro
respirare, e gli unici odori quelli dei loro corpi, e quello leggermente
polveroso dell’arazzo. -Andiamo. - fece, scostando l’arazzo con una mano. Le
stanze si susseguivano, vuote. Vuote? No, Inuyasha aveva la sensazione che
qualcuno li stesse osservando, e così anche Sango, Kagome e Miroku. Kirara era
diventata grande, e annusava nervosamente qua e là, mentre il piccolo Shippo,
in braccio a Kagome, si guardava intorno curioso. In una stanza c’erano una
ventina di statue, raffiguranti soldati, immobili, appoggiate alla parete.
Tutte assolutamente uguali, sembravano fatte con lo stampino.
-Non… non c’erano, quelle statue,
prima!- esclamò Loryn. Inuyasha avvertiva odore di argilla, e quei soldatini
giganti gli fecero tornare in mente la vecchia strega Urasue, che creava i suoi
soldati con pezzi di cadaveri raccolti in campi di battaglia, completati da
parti di argilla. I suoi sospetti divennero realtà, quando le statue si
animarono di colpo, circondandoli.
-Maledizione, ecco perché non
sentivo odori e rumori! Quando non hanno da fare restano inanimati!- esclamò,
sguainando Tessaiga, che risplendette della sua fulgida luce. -Kagome, porta al
riparo Loryn!- gridò, mandando in frantumi un soldato con un fendente di
Tessaiga. Sango ne aveva distrutti due usando il suo boomerang come clava, lo
spazio era troppo ridotto per scagliarlo, e Miroku ne aveva spaccato un altro
con il suo bastone. Ne rimanevano sedici. Anzi, no, quindici, visto che Kirara
ne aveva appena azzannato uno, distruggendolo. Ma solo dodici li circondavano…
tre stavano costringendo in un angolo Kagome, Loryn e Shippo. Senza perdere
tempo in mezzo, Inuyasha tagliò a metà sei dei soldati di fango che gli stavano
davanti, che caddero senza un gemito, e con un fendente fece altrettanto con i
tre che minacciavano le due donne e il kitsune.
-Tutto bene?-
-Si, grazie, Inuyasha. - disse
Kagome.
-Temo dovremo stare attenti… - si
voltò, e con un fendente di Tessaiga distrusse quattro dei soldati di argilla
che stavano correndo verso di lui, mentre Miroku e Sango si occupano dei
rimanenti -…perché non credo che questi siano i più forti o pericolosi tra i
soldati di quell’Humer. -
A quelle parole, gli occhi di lady Loryn si riempirono di sgomento
-Più forti di questi?-
-Feh! Questi non erano altro che
moscerini! Ma non sapete combattere, qui?-
-N…No. L’Impero dell’Anno è
sempre stato pacifico. Nessuno si sarebbe mai sognato di invadere uno dei regni
confinanti, né tantomeno di fare del male ai re, o a noi, le regine… Mai, da quando
ci siamo formati, c’è stato un atto di violenza. È per questo, che siamo stati
presi del tutto impreparati. -
-Meglio così: quell’Humer non
avrà grandi difese, se non siete mai stati bellicosi; sarà uno scherzo farlo
fuori!-
-Fai un po’ meno il gradasso,
Inuyasha. - lo rimproverò Kagome, sorridendo, però.
-Feh!-
Proseguirono per i corridoi
deserti. Solitamente, spiegò lady Loryn, c’era la servitù, ma probabilmente era
stata portata via dai soldati di Humer, o era scappata. Fecero fuori senza
troppi problemi altri piccoli gruppi di guardie, ma ad un certo punto, in una
vasta sala, si trovarono circondati da una quarantina di soldati diversi dagli
altri. Inuyasha ne colpì alcuni con un fendente di Tessaiga, tagliandoli a
metà, ma questi si riattaccarono…come fatti di argilla fresca, anziché di
argilla cotta!
-Dannati…- disse l’hanyou,
preparandosi a usare il vero potere della sua spada. Non era certo che con
quelle creature funzionasse, e probabilmente, se avesse funzionato, avrebbe
causato diversi danni alla sala.
-Dietro di me, svelti!- gridò
Miroku, aprendo il sigillo del suo foro del vento, che risucchiò i pupazzi
animati di argilla.
-Ahhhh!-
Sentendo un urlo, Inuyasha si voltò, allarmato: quattro di
quelle guardie si erano staccate dal gruppo, e stavano portando via a viva
forza Kagome e lady Loryn! Altre due parevano cercare di prendere Sango, ma la
ragazza li teneva a bada con l’Hiraikotsu, aiutata da Miroku, che però non
poteva aprire il foro del vento, o avrebbe risucchiato anche la ragazza. Inuyasha
corse quindi dietro ai quattro che avevano rapito le due ragazze, facendo a
pezzetti piccoli piccoli coi suoi artigli di ferro i due che avevano afferrato
lady Loryn. -Vai assieme a Sango e Miroku, ti proteggeranno loro!- le gridò,
passandole davanti, all’inseguimento dei due che avevano rapito Kagome. Questi
erano già lontani ma, seguendo l’odore di argilla fresca, li inseguì per
corridoi, stanze, saloni, fino a raggiungerli. Un altro colpo dei suoi artigli,
e i due fantocci di argilla si spiaccicarono sul pavimento, incapaci di
riprendere forma. Incapaci? Inuyasha non vide, mentre aiutava Kagome ad
alzarsi, che uno dei due, i cui pezzetti erano caduti abbastanza vicini gli uni
agli altri, si stava riformando…inglobando poi l’argilla dell’altro!
-Stai bene?- le chiese lui, burbero.
-S…si, più o meno. Ah! Inuyasha, attento!- Kagome indicò
il mostro di argilla che si era formato dietro l’hanyou, un gigantesco essere
antropomorfo con quattro braccia, due delle quali brandenti lunghe katane.
Mentre Inuyasha si voltava, di scatto, afferrando Tessaiga e preparandosi a
rifarlo a pezzettini, una delle katane lo sfiorò al viso, lasciando una lunga
stria rossa dalla fronte alla guancia sinistra. Fortunatamente non aveva
colpito l’occhio, ma il sangue colava ugualmente, accecando Inuyasha, che non
riuscì a colpire bene il mostro argilloso. Questi allungò una delle braccia
libere per afferrare Kagome, e Inuyasha approfittò dell’istante in cui la
creatura era distratta per afferrare la ragazza per utilizzare il Taglio dei
Vento, e disintegrarla definitivamente.
-Inuyasha! Sei ferito!-
-Feh! Tra pochi minuti sarò guarito, non preoccuparti. -
-Fammi vedere quella ferita. - disse Kagome, facendolo
sedere. -Quelle katane hanno una lama strana, la ferita è tutta slabbrata, e
sporca di argilla. Aspetta, te la pulisco. - tirò fuori un fazzoletto, e, dopo
essersi guardata un attimo intorno, trovò una cannella per l’acqua. Erano
finiti in una cucina, se non si sbagliava, e fortunatamente c’erano delle
cannelle per pompare l’acqua. Così Kagome poté pulire la ferita di Inuyasha,
anche se l’hanyou continuava a dire che sarebbe guarito ugualmente senza
problemi.
-Piuttosto, dove pensi che siano, gli altri?-
-Non lo so, Inuyasha. Se sevo essere sincera, ho perso
completamente il senso dell’orientamento, mentre mi trascinavano via. -
-Allora siamo in due. Non ho fatto caso per dove passavo,
inseguendo quelle guardie. -
-Una cosa è sicura: - disse Kagome, sbirciando fuori della
finestra -siamo al pianterreno. E inoltre, sta calano la notte. Non credo che
sia consigliabile muoversi di notte, per questo castello che non conosciamo.
Potremmo perderci ancora di più. -
Inuyasha non parlò. Si era seduto per terra, a gambe
incrociate e le mani infilate nelle maniche del kimono. -Penso che dovremmo
passare la notte qui, allora. -
-Bene; allora, visto che questa è una cucina, vedo se
riesco a trovare qualcosa da mettere sotto i denti. - rispose Kagome, frugando
in ante e madie. Dopo una mezz’ora abbondante di ricerche, era riuscita a
scovare solo una mela dimenticata e ormai marcia, e qualche bicchiere vuoto.
-Temo abbiano fatto razzie, quegli uomini d’argilla, o
qualcun altro. L’unica cosa che c’è in abbondanza, è l’acqua, dalla cannella. -
-E la legna, per fortuna. Qui, vicino al camino, ci sono
dei ciocchi, e del materiale per accendere il fuoco. - Inuyasha accese un
piccolo fuoco nell’immenso camino, sedendosi accanto ad esso ed invitando
Kagome a fare altrettanto, con un gesto della mano. Tutto d’un tratto, la
ragazza si ricordò di qualcosa. -Ah, ho delle tavolette di cioccolata, in
tasca! Dovevano servire come spuntino, una volta arrivati al fiume. Non è
molto, ma ci darà energia. -
-Tavolette di che?-
-Cioccolata. E’ dolce e molto energetica. Dovremo
razionarla: mezza tavoletta a testa, stasera, e il resto domani. - aprì una
grossa tavoletta di cioccolato, da un etto, e la ruppe a metà, dando la più
grande ad Inuyasha.
-Prendila tu, la più grande, Kagome. -
-No, ne hai più bisogno tu. Hai combattuto, oggi, e hai
corso. -
L’hanyou non discusse, e mangiò il cioccolato, assieme
alla ragazza. Era quasi troppo dolce, per i suoi gusti, ma aveva una fame
indiavolata, e la mezza tavoletta gli calmò un poco lo stomaco.
-Spero che Sango e Miroku abbiano tenuto il mio zaino. Ci
sono altri viveri, dentro, e coperte. -
-Intanto, però, noi siamo senza, sia dei primi, che delle
seconde. - disse Inuyasha, aggiungendo un altro ceppo al fuoco, che si
rinvigorì un poco. Notando che Kagome, malgrado gli abiti pesanti,
rabbrividiva, le chiese -Vuoi che ti abbracci?-
-Cosa?!-
-Solo per scaldarci, intendo…- fece lui, arrossendo.
-Beh, allora… si, grazie. -
Inuyasha prese Kagome tra le sua braccia. In effetti, si
stava un pochino più al caldo, abbracciati stretti stretti. Poco dopo, Kagome
si assopì, mentre Inuyasha vegliava, aggiungendo di tanto in tanto un ceppo al
fuoco. Mentalmente, ringraziava la ragazza di averlo quasi costretto a
indossare gli abiti pesanti: c’era un freddo terribile, che filtrava anche
attraverso i pesanti stivali foderati di pelliccia. Senza il berretto, che si
era rimesso in testa, probabilmente si sarebbe congelato le orecchie, e la
sciarpa che lei gli aveva messo al collo era calda, e morbida… come una
carezza. La abbracciò meglio, coprendola anche coi lembi delle lunghe maniche;
malgrado la stanchezza, non riusciva a dormire. Sentiva i battiti del cuore di
Kagome, e avvertiva il suo profumo anche attraverso gli spessi vestiti che la
ragazza indossava. Anche lei aveva sciarpa e berretto, e guanti pesanti. Il
fiato di entrambi si condensava in nuvolette bianche, e Inuyasha si avvicinò
ancora un poco al fuoco.
-Mmmm… si, quella lana gialla lì… è il colore dei suoi
occhi…- disse Kagome, nel sonno -Per una sciarpa e un berretto…-
Inuyasha arrossì un poco: dunque, glie li aveva fatti lei!
Si sentiva un po’ in colpa, perché non aveva voluto indossarli, ma adesso si
ripromise che li avrebbe indossati fino a primavera inoltrata!
Finalmente, anche Inuyasha si
assopì, pur risvegliandosi di tanto in tanto per aggiungere legna al fuoco.
La mattina giunse, fredda e
pallida. Un raggio di sole perforò le spesse nubi che si stavano addensando
sopra il castello, arrivando sugli occhi di Kagome, che si svegliò.
-Mmm… cosa?- mormorò, insonnolita
e sorpresa di non trovarsi nella capanna di Kaede, o a casa sua. -Ah, già,
ricordo. Questo strano posto…- poi si rese improvvisamente conto che Inuyasha
la stava tenendo stretta tra le braccia. Il suo primo istinto fu quello di
saltare su ma poi, ripensandoci, preferì rimanere immobile. Come stava bene,
era così caldo! L’hanyou, seduto con le gambe strettamente incrociate, la
teneva sollevata dal freddo pavimento, stringendola a sé. Kagome arrossì:
Inuyasha era decisamente affascinante, e lei si trovava in una situazione che
molte ragazze avrebbero definito invidiabile; eppure… eppure, malgrado fossero
ormai mesi che si conoscevano, malgrado la loro ormai salda amicizia sembrava
stesse trasformandosi in qualcosa di più (“O forse è già qualcosa di più?” si
domandò), non riusciva ugualmente a trovarsi mai completamente a suo agio, sola
con lui. Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che lui, in lei, non
vedesse altro che un rimpiazzo di Kikyo, che quando la guardasse, era in realtà
la miko che vedesse… questi pensieri le stavano rovinando la mattinata.
“Accidenti, quanto ti detesto,
Kikyo! Anche se sei morta, anche se siamo in un’altra dimensione, riesci sempre
a farmi incavolare! Ma non potevi restartene buona buona nel mondo dei morti?”
Kagome ebbe un moto di stizza, trattenendosi poi per non svegliare Inuyasha.
Questi pareva dormire profondamente, e, nel vedere la quantità di cenere e
braci nel piccolo fuoco, Kagome capì che doveva aver dormito ben poco, per
alimentarlo ed evitare che entrambi congelassero. Alzò lo sguardo sul viso
dell’hanyou. Quando dormiva, non aveva quell’espressione un po’ truce, come se
ce l’avesse con il mondo intero. Anzi, pareva quasi che l’ombra di un sorriso
aleggiasse sulla sua bocca, scoprendo appena le zanne.
Non resistendo alla tentazione,
Kagome allungò la mano verso le orecchie, visto che Inuyasha pareva dormire
sodo, toccandole delicatamente. Sapeva che, se il ragazzo fosse stato sveglio,
probabilmente non glie lo avrebbe permesso, ma aveva delle orecchie così kawaii!
In realtà, Inuyasha non dormiva
sodo. Sonnecchiava, ma aveva preferito fingere di dormire, quando aveva sentito
che Kagome si era svegliata. Aveva appena sognato di lei… e di Kikyo. Nel suo
sogno, si trovava in una strana valle, con alberi ed erba e fiori. Nel sogno,
era bambino, e stava correndo via dopo che era stato nuovamente insultato,
chiamato “mezzo-demone”, mostro, e anche peggio. Dopo che sua madre e suo padre
erano morti, aveva vagato di villaggio in villaggio, scacciato e insultato da
tutti. Ma poi, sempre nel sogno, si era specchiato nell’acqua di un laghetto, e
si era visto adulto. Alla sua destra, Kikyo, con la Shikon no Tama in mano.
-Diventa essere umano, Inuyasha! Aiutami a ridurre la sfera, così potrò tornare
ad essere… una donna. E vivremo insieme… - il suo sguardo era dolce, sereno,
come quella volta in cui, cinquant’anni prima, Kikyo gli aveva detto realmente
quelle cose. Inuyasha arretrò di un passo -No… tu sei morta… cinquanta anni
fa!-
-Inuyasha!- una voce, alle sue
spalle, lo chiamò. Era una voce simile a quella di Kikyo, ma più allegra, più…
per come dire, luminosa. Il ragazzo si voltò, e vide che, a pochi passi da lui,
c’era Kagome. Al collo spiccava la catenina col frammento della Shikon no Tama,
e lei indossava la divisa scolastica invernale, quella con cui lui l’aveva
vista la prima volta, quando gli aveva tolto il sigillo. -Inuyasha, vieni!
Dobbiamo recuperare i frammenti!- lei gli corse accanto, prendendolo per un
lembo della manica -Coraggio, o non finiremo mai! Voglio sbrigarmi, e tornare a
casa in tempo per l’esame!-
Già, Kagome. Kagome che parlava
di cose che lui non conosceva, come la scuola e gli esami. Kagome che gli
sorrideva mentre gli offriva il sacchetto di patatine. Kagome arrabbiata,
Kagome triste, Kagome preoccupata. Kagome felice, che lo abbracciava, sollevata
del fatto che fosse ancora vivo. A parte sua madre, nessuna donna oltre a lei
lo aveva mai fatto. Kagome, che non gli chiedeva di diventare un essere umano;
che lo accettava così, come mezzo demone, che non gli chiedeva di cambiare la
sua natura…
-Non posso venire con te, Kikyo… adesso…
il mio posto è con lei…- a quelle parole, la miko indietreggiò, triste.
Inuyasha non sapeva cosa aspettarsi; in fondo, ultimamente la donna che un
tempo aveva amato aveva più e più volte tentato di uccidere sia lui, sia
Kagome. Ma prima che il sogno degenerasse in un incubo, i leggeri movimenti di
Kagome lo avevano svegliato, e lui era rimasto fermo, immobile, curioso di
vedere come avrebbe reagito la ragazza.
Lei gli stava toccando le
orecchie. Non aveva mai permesso a nessuno, all’infuori dei genitori, di
toccare le sue sensibili, morbide orecchie; neppure a Kikyo. Eppure, non si
ritrasse quando le dita della ragazza sfiorarono il pelo sottile e bianco che
le ricopriva, né quando cominciò a grattarle, piano, come avrebbe fatto con
quelle di un gattino. Era piacevole, e, anche se non lo avrebbe mai ammesso,
Inuyasha non voleva proprio che smettesse. Era piacevole anche tenerla serrata
tra le braccia, con la scusa del freddo. D’un tratto, sentì odore di pelle
bruciata; pelle, pelle, pelle… cosa poteva esserci, lì, di fatto di pelle? Il
suo kariginu! Un carbone ardente era saltato fuori dal fuoco, finendo su una
gamba dei pantaloni, e stava cominciando a bruciacchiare la robusta pelle di
hinezumi del vestito. -AHAIOUHUUU!- gridò, saltando su come se si fosse seduto
si spilloni.
-AAAHHH! Inuyasha, che
succede?!?-
-Mi va a fuoco il vestito!!!-
-PRESTO, DELL’ACQUA!!!-
Fortunatamente, il carbone
ardente non aveva danneggiato troppo il kariginu, solo un piccolo buchino, ma
era arrivato alla gamba nuda dell’hanyou, causandogli una scottatura e
facendolo sobbalzare e gridare a quel modo. Naturalmente, tentando di fare il
duro, Inuyasha non voleva saperne di farsi medicare, ma Kagome, resasi conto
che, spiaccicandolo con l’osuwari non sarebbe riuscita a immobilizzarlo e
arrivare al punto scottato, dopo aver bagnato un fazzoletto lo prese di
sorpresa, dandogli una spinta e facendolo cadere a terra. Mentre Inuyasha,
sorpreso dal suo comportamento, era a terra, stupito, lei ne approfittò per
tirare su il pantalone e versargli un po’ d’acqua sul punto scottato, poco
sopra la caviglia.
-Sulle scottature bisogna SEMPRE
mettere dell’acqua fresca, anche se chi si scotta è un hanyou dalle grandi
capacità rigenerative e dalla testa straordinariamente dura!-
Inuyasha non fiatò. Non lo
avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma le cure di Kagome gli facevano
piacere.
Dopo averlo medicato alla bell’e
meglio, e fasciato con un paio di fazzoletti, anche se il ragazzo diceva che
non ce n’era bisogno, Kagome tirò fuori un’altra tavoletta di cioccolato,
dandogliene ben più di metà.
-Sarà meglio andare a cercare gli
altri. - disse Kagome, alzandosi da terra. Malgrado avesse la tuta da sci, il
freddo del pavimento era penetrato nelle ossa, e inoltre doveva ASSOLUTAMENTE
trovare un bagno.
I corridoi di quello
stramaledetto castello apparivano loro tutti uguali, e da nessuna parte
riuscivano a trovare un bagno! La ragazza camminava a gambe strette, e anche
Inuyasha, che per questo aveva necessità fisiologiche del tutto identiche a quelle
degli esseri umani, cominciava ad essere nervoso. Finalmente, in una zona
piuttosto dimessa, trovarono quello che sembrava un alloggio per la servitù,
con un piccolo bagno. La ragazza ci si fiondò dentro, mentre Inuyasha, fuori,
non la smetteva di dire -E sbrigati… ma quanto tempo ti ci vuole!-
-Zitto, o ti mando a terra!-
-No! Sto zitto, ma non
spiaccicarmi!- sentiva che, se fosse finito spiaccicato a terra con l’osuwari,
se la sarebbe fatta addosso… e non ne aveva nessuna voglia!
Finalmente, soddisfatto il corpo,
si poterono rimettere in cammino alla ricerca degli altri.
-Mi sembra che qui ci siamo già
passati… oddio, non è che stiamo girando intorno?-
-No, qui c’è il nostro odore… ma
anche quello degli uomini d’argilla, insieme. Proseguiamo. -
Fortunatamente avevano imboccato
la strada giusta, e dopo un quarto d’ora del rapido passo dell’hanyou,
riuscirono a tornare nella sala dove avevano affrontato i soldati di argilla
fresca, ma… gli altri non erano più lì! Questa si che si chiamava sfortuna!
-Uffa… mi fanno male i piedi!-
-Ma che pappamolle che sei!-
-Sei tu, che sei fatto di cuoio!
Io sono una semplice ragazza umana, ho bisogno di riposare, di tanto in tanto!-
-Allora tu resta qui, io andrò in
perlustrazione qui intorno, magari gli altri sono nelle vicinanze. -
-No! Inuyasha, non voglio restare
qui da sola… potrebbero tornare quei soldati di argilla… - c’era una nota di
panico nella voce della ragazza. Sospirando, l’hanyou se la caricò sulle
spalle, percorrendo i corridoi a rapidi balzi, seguendo il flebile odore della
pista ormai fredda dei compagni.
Allora, vi piace il
capitolo due? Ho cercato di non farlo troppo sdolcinato, ma sconsiglio
ugualmente la lettura a chi soffre di diabete! :P Cercherò di finire questa ff
più in fretta che posso, perché ne ho già un’altra, in mente; volete sapere il
titolo? Naaa, aspettate! E intanto, vi lascio anche ad attendere il numero 3 di
A snowy story!
Mentre Inuyasha inseguiva i soldati di argilla che avevano
rapito Kagome, Miroku si occupava degli altri, risucchiandoli col suo foro del
vento. Dopo aver constatato che erano tutti sani e salvi, decisero di aspettare
un poco, che Inuyasha e Kagome tornassero, ma le ore passavano, lente, e dei
due nessuna traccia.
-Temo si siano persi… i corridoi del castello formano un
vero labirinto, per chi non lo conosce. - disse Loryn, sedendosi su una delle
poche sedie della sala scampate al foro del vento del monaco.
-Non ci resta che confidare nel fiuto di Inuyasha. - disse
Miroku.
-O in quello di Kirara. Forza, piccola, cerca la traccia di
Inuyasha e Kagome!- disse Sango, carezzando la testa di Kirara. L’animale si
mise subito a fiutare, e in poco tempo li condusse sulle tracce dei due
dispersi. Camminarono, seguendo Kirara, fino a notte inoltrata, ma l’hanyou,
rincorrendo i soldati di argilla, aveva fatto molta strada, e loro erano
arrivati poco prima dello sbocco del corridoio dove, di lì a dieci ore,
sarebbero sbucati Inuyasha e Kagome. Decisero di fermarsi lì, per la notte, in
un salotto in cui si fecero dei giacigli tra comodi divani e spessi tappeti.
Il mattino dopo, al loro risveglio, Sango, Miroku e Shippo
trovarono Loryn sveglia, ad attenderli. Pareva che la donna non avesse dormito
per nulla, perché era ancora seduta nell’esatto punto dove l’avevano vista
prima di cadere addormentati. Alla cortese domanda di Sango, la dama rispose:
-Noi sovrani delle stagioni non dormiamo mai, quando è in corso la rispettiva
stagione, cioè per sei mesi l’anno, tre nell’emisfero australe e tre nel
boreale. Per tutto l’inverno, non sento la necessità di dormire, mentre in
primavera e autunno posso dormire anche dodici ore filate. Quando mia sorella,
la dama d’Estate, ha potere nell’emisfero australe, io ce l’ho in quello
boreale, e viceversa. -
Stavano camminando lungo un corridoio decorato con decine e
decine di quadri, raffiguranti scene invernali nelle varie parti del mondo, e
in varie epoche storiche. D’un tratto, Kirara alzò il muso da terra,
immobilizzandosi, mentre una sagoma rossa girava l’angolo, procedendo a lunghi
balzi.
-Inuyasha!- esclamarono Sango, Miroku e Shippo, all’unisono
-Ragazzi!- rispose loro Kagome, dalla schiena di Inuyasha,
che si fermò e la fece scendere a terra.
Sango corse ad abbracciare l’amica. -Come stai, Kagome?
Tutto bene?-
-Si, certo. Inuyasha mi ha salvato da quei soldati di
argilla, ma poi ci siamo persi, e abbiamo passato la notte in una delle cucine.
C’era della legna, e abbiamo acceso un fuoco, si gelava dal freddo!-
-Noi ci siamo precipitati sulle vostre tracce, ma avete
fatto davvero tantissima strada! Solo, vorrei sapere dove siamo ora… -
-Nella galleria dei paesaggi. - le rispose lady Loryn -Il
che significa che l’uscita del castello è a pochi minuti da qui. Seguitemi. -
Finalmente uscirono dal labirintico castello, ma per
arrivare alle città vere e proprie c’era da passare per i giardini. Nessuno di
loro aveva mai visto nulla del genere, sulla Terra: alberi che parevano fatti
di vetro, con foglie simili a specchi e frutti e fiori di cristallo. Alla
minima brezza, oscillavano producendo una melodia incredibilmente dolce, a
volte allegra, a volte malinconica. Camminarono senza sosta per tutto il
giorno, arrivando a sera nella città di Febbraio.
-Questa città è sotto la responsabilità del principe
Febbraio. Ogni tanto, quando non ho da fare, vengo a visitarla. Spero sia
rimasto qualcuno…- disse Lady Loryn, mentre attraversavano le piazze e le
strade deserte.
-Come sono, gli abitanti di questa città?- chiese Kagome,
curiosa.
-Sono le festività dei vari paesi del mondo, in varie epoche
storiche. Ad esempio, c’è il San Valentino Europeo del quindicesimo secolo,
quello europeo del ventesimo, e quello giapponese, solo del ventesimo. C’è la
grande famiglia del Carnevale, che comprende il gruppo familiare del Carnevale
di Venezia, da quello del trecento a quello del ventesimo secolo; i Martedì
grasso e i Giovedì grasso sono un’altra grande famiglia, anche se non hanno una
data precisa, sono grandi feste europee. Ci sono molte festività cinesi, e la
famiglia delle festività giapponesi, che è molto tradizionalista, sparpagliata
un po’ in tutte le città dei mesi. Visto che siete giapponesi, pensavo di
vedere se ci sono, per avere ospitalità per la notte. Se ci fossimo fermati
nella città di Gennaio, avremmo potuto fermarci dai Capodanno, sono una
famiglia vastissima e molto ospitale. La carica di festività si tramanda di
padre in figlio, è un lavoro molto prestigioso, ma anche pieno di
responsabilità. -
-Sono così stanca che mi fermerei a riposare dovunque!-
esclamò Sango, che si appoggiava all’hiraikotsu per camminare, tanto era
stanca. Miroku non parlava, ma si vedeva che anche lui era esausto. Kagome, la
meno abituata di tutti a camminare, era stata portata per un pezzo in spalla da
Inuyasha, mentre il piccolo Shippo aveva fatto quasi tutto il lungo cammino in
braccio a Kagome, appollaiato sulla spalla di Miroku, o in groppa a Kirara.
Entrando nel cuore della città, un pietoso spettacolo si
offrì ai loro occhi: banchi e tende rovesciati, tavolini e sedie da caffè
fracassati, negozi saccheggiati. Era chiaro che c’erano state incursioni dei
soldati di argilla.
-Come temevo…scommetto che sono state sequestrate tutte le
festività… -
Un paio di occhi osservavano i nuovi arrivati da dietro
l’angolo di una casa. Riconosciuta la dama al centro dello strano, eterogeneo
gruppo, un leggero fischio di sorpresa, o forse di sgomento, uscì dalle sue
labbra. Inuyasha lo udì, malgrado la distanza, e senza neanche avvertire gli altri,
si precipitò a vedere chi diavolo fosse. Tornò reggendo per la collottola un
ragazzino, apparentemente sui tredici anni, coi vestiti rotti e stracciati.
-Maledetti! Cosa volete fare alla sovrana?! Mettimi giù,
bruto!- gridava come un ossesso, tentando di mordere e scalciare Inuyasha.
-Lascialo andare, è uno degli abitanti della città. - disse
lady Loryn, rivolta all’hanyou.
-Sicuri che questo moccioso non cercherà di combinare casini?
Mi ha già morso!- disse, dubbioso, il ragazzo. La dama sorrise, e poi, rivolta
al ragazzino, gli disse -Loro vengono da un’altra dimensione, per aiutarci.
Potresti dirci che cosa è successo qui?-
-Ecco, si, altezza… Due giorni fa, siamo stati attaccati
dall’esercito. Hanno portato via tutte le Festività, e tengono in un pugno di
ferro gli altri abitanti; hanno preso anche mio padre… -
-Chi è tuo padre?- gli chiese gentilmente Kagome, mentre il
ragazzino cercava di trattenere le lacrime.
-San Valentino giapponese. Hanno preso tutti i San
Valentino! A casa siamo rimasti solo io, la mamma e mio fratello piccolo…-
-Questo è un bel guaio… se Humer ha fatto rapire anche le
festività… non oso immaginare cosa potrebbe stare macchinando… - disse, tra sé
e sé la dama. Poi, nuovamente rivolta al ragazzino, gli chiese se poteva dar
loro ospitalità per la notte, visto che la città non pareva sicura.
-Oh, maestà, sarà un onore e un privilegio!- il ragazzino
arrossì, e poi li condusse a casa sua. Era una dimora piuttosto grande,
decorata con fregi di cuori, angioletti e fiori, in rosa, rosso e toni
pastello.
Anche la madre del ragazzino fu tra l’imbarazzato e
l’onorato nel ricevere una così importante visita, e fornì loro tutte le
informazioni che volevano su quello che era successo negli ultimi tre giorni.
In parole povere, i soldati avevano fatto irruzione nelle case, avevano
“prelevato” le festività, prima le maggiori, poi quelle meno note, e li avevano
portati via. Fare resistenza era inutile: i primi, fatti di argilla cotta, si
rompevano se bersagliati di sassi, o colpiti con forza con delle sedie, ma poi
ne erano arrivati altri, metallici, fortissimi, e contro di essi, nulla era
servito. A quelle parole, gli occhi della dama si spalancarono di terrore. Gli
occhi di Miroku, di Sango, di Shippo e di Kagome, invece, si stavano chiudendo
per la stanchezza, così, scusandosi per la carenza di sedie, usate come arma
contundente, la signora li accompagnò nelle stanze per gli ospiti. Lady Loryn
rifiutò cortesemente, affermando di preferire piuttosto continuare a parlare,
perché in quel periodo dell’anno non solo non poteva, ma non sarebbe riuscita a
dormire, neanche dopo giorni di cammino.
Purtroppo la servitù era quasi tutta scappata, terrorizzata
dai soldati, e anche la moglie del San Valentino Giapponese stava meditando di
sfollare in campagna, prima che arrivasse la Regina d’Inverno.
-Mi dispiace, non c’è la servitù, e non credo di essere
brava a cucinare…-
-Non c’è problema, signora! Mi faccia vedere dov’è la
cucina, e alla cena ci penso io!- esclamò Kagome, che cominciava a sentire i
morsi della fame. La signora, stupita, fece quanto le era stato richiesto, e in
breve Kagome e Sango erano riuscite a mettere insieme qualcosa da mettere sotto
i denti. La frugale cena fu consumata in silenzio, interrotto solo ogni tanto
da Shippo che, rinvigorito da un pisolino fatto mentre i grandi parlavano, era
assai più vivace di tutti gli altri messi assieme.
Finalmente, non appena la cortesia poté permetterlo, i
nostri eroi si ritirarono nelle camere che gli erano state offerte. Essendo la
festività di San Valentino di origine europea, la casa era arredata in quello
stile, prevalentemente, e nelle stanze da letto non c’erano futon e tatami, ma
letti a baldacchino e tappeti. Lì per lì, Sango, Miroku e Inuyasha rimasero
perplessi, ma Shippo trovò subito comodissimo il lettone a baldacchino, e ben
presto anche gli altri scoprirono quanto fossero più comodi dei futon stesi per
terra.
Nel grande letto a baldacchino che divideva con Sango,
Shippo e Kirara, Kagome non riusciva ad addormentarsi, malgrado la stanchezza.
Si girava e si rigirava, al caldo sotto le coperte, ma il sonno proprio non
voleva saperne di venire. Alla fine, timorosa che, a forza di muoversi, avrebbe
finito con lo svegliare l’amica e il piccolo kitsune, si alzò, infilandosi la
tuta da sci e decidendo di fare un giretto nei corridoi, e magari fare due
chiacchiere con lady Loryn, che non dormiva.
L’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare,
invece, nei corridoi tenuemente illuminati dalla luna piena, era Inuyasha. Il
ragazzo era seduto, nella consueta posizione a gambe incrociate, su un tappeto,
davanti alla finestra. La luce della luna lo investiva in pieno, facendo
scintillare i capelli argentei e brillare gli occhi color ambra. Pareva intento
a guardare la luna. Udendo la ragazza avvicinarsi, le chiese -Come mai ancora
sveglia?-
-Non riesco a dormire. -
-Freddo?-
-No, anzi, si stava ben al caldo; ma non riuscivo a dormire
ugualmente. -
-Neanche io. Pensavo…-
-Che cosa?-
-Nulla di particolare. Lasciavo vagare i pensieri. Pensavo a
questo cacchio di missione che ci siamo accollati; pensavo a quanto tempo
passerà prima che si possa tornare a casa; e poi pensavo a…-
-A?-
“A te.” -Ai frammenti della sfera. -
Kagome parve delusa dalla risposta di Inuyasha. Non voleva
però mettersi a litigare; ingoiò perciò la delusione, e disse -Sai, San
Valentino non è una festa conosciuta nella tua epoca, ma nella mia, è una delle
preferite delle ragazze. -
-Ah si? E come mai?-
-Per tanti motivi. Il principale, è che le ragazze possono
dichiararsi ai ragazzi che piacciono loro. Di solito… regalando loro della
cioccolata. Sai, non hai idea di quanta cioccolata ci fosse, nella dispensa!
Quando Sango e io siamo andate a vedere di trovare qualcosa per mettere insieme
una cena, abbiamo trovato quasi più cioccolata che riso!
Invece, in Europa, sono i ragazzi che si dichiarano, a San
Valentino… almeno così abbiamo studiato l’altr’anno, a scuola, durante le
lezioni di Inglese… -
Era piacevole, tutto sommato, restare lì, in quel silenzio
amichevole. Inuyasha allungò una mano, stringendo nella sua quella di Kagome,
seduta alla sua sinistra. Lei arrossì un poco, ma non si ritrasse.
-Ecco, io… Kagome, senti… Ti ho fatto soffrire, qualche volta,
anzi, quasi sempre… però, volevo dirti che… per me tu sei… importante…-
-Come radar per i frammenti della sfera, non è vero?-
-No, non come radar per i frammenti. E neanche perché
assomigli a… - non pronunciò il nome di Kikyo. Sapeva che non avrebbe fatto
piacere a Kagome. -Sei sempre stata vicino a me… e non hai mai preteso che
cambiassi la mia natura. Anche quando sono diventato un demone completo, mi hai
sempre accettato per come ero… e io sono sempre stato così stupido da farti
soffrire… -
-E perché non avrei dovuto accettarti per come sei? Gli
amici servono a questo…-
-Gli amici? - Inuyasha si sentì come percosso da una mazzata
gigantesca sulla testa. Amici? Ma non aveva ancora capito che lui stava
cercando di dichiararsi? Oh, beh, decise, o la va, o la spacca. Il suo volto
era voltato verso quello di Kagome, vicinissimi -Kagome, io…-
-Inuyasha…-
I loro volti, le loro labbra, erano vicinissime; potevano
sentire l’uno il respiro dell’altra…
-Kagome-chaaan! Dove sei?!?- la voce li fece sobbalzare, e
allontanare l’uno dall’altra con fare colpevole; era il piccolo Shippo che,
svegliatosi e non trovando Kagome, era sceso dall’alto letto a cercarla.
-Shippo-chan! Ero… ero andata in bagno, poi mi sono fermata
un po’ a parlare con Inuyasha… ma adesso devi tornare a dormire… o domani non
riuscirai a camminare!-
-Mmmm… va bene, Kagome-chan…- il kitsune, assonnato, si
arrampicò in braccio alla ragazza, ignaro dello sguardo omicida dell’hanyou.
Kagome sorrise ad Inuyasha, prima di tornare nella sua
camera -Vai a dormire anche tu, ti farà bene riposarti un po’. -
L’hanyou annuì, ma non si alzò finché Kagome non ebbe chiuso
la porta dietro di sé. Voleva addormentarsi con l’immagine del suo sorriso
negli occhi; avrebbe voluto stringerla a sé, e dirle quanto l’amava, dirle che
ora nel suo cuore c’era solo ed esclusivamente lei, chiederle di non lasciarlo
mai, di restare sempre con lui… con lei a fianco, i suoi problemi parevano meno
duri, il suo dilemma interiore della sua doppia natura, youkai ed umano, si
attenuava, fin quasi sparire… “…con te, mi sento sereno…”
Si, lo so, è venuta
un po’ cortina, ma la verità è che non ho una grande ispirazione, in questo
momento! Tutte le mie risorse mentali sono concentrate altrove (altre storie,
la scuola…) …beh, se lo volete un po’ più lunga, leggetela in caratteri più
grandi! Eheh…^__^
Giusto due righe: Inuyasha, Kagome e tutti i loro amici non mi
appartengono! Solo qualcuno dei personaggi di questa ff nasce dalla mia mente
(li riconoscerete subito, non sono proprio i migliori ç__ç), per il resto, sono
creazioni della Divina Takahashi-sama.
Detto questo, buona lettura!
Capitolo 4 -
le illusioni del castello
Il mattino dopo, dopo aver ringraziato la signora
SanValentino, i nostri eroi si incamminarono di buon' ora, diretti verso la periferia
della piccola città. Lo zaino di Kagome, che naturalmente era portato da
Inuyasha (poveretto, deve pure fare da facchino…^_^ ) era stato molto
appesantito da diversi viveri dati loro dalla donna, e l’hanyou sbuffava come
una locomotiva.
-Kagome! Ma si può sapere cosa ci ficchi dentro, a questo…
questo coso?-
-Ci ho ficcato dentro un sacco di cose utili, a tutti noi!
Viveri e zuppe liofilizzate, e la cassetta del pronto soccorso, e coperte!
Tutta roba che potrebbe salvarci la vita!-
Erano rimasti un po’ indietro, rispetto agli altri. Miroku,
col suo solito istinto da donnaiolo, aveva intuito che l’amico voleva restare
un po’ da solo con Kagome, così aveva cominciato a raccontare al piccolo Shippo
e a Sango una delle tante leggende che conosceva. Lady Loryn camminava un paio
di passi avanti a loro, ascoltando però interessata le parole del giovane
monaco. Inuyasha e Sagome erano una decina di passi indietro, e continuavano a
discutere sul peso dello zaino.
-E niente di quella roba da donne che ti porti sempre
dietro?-
-Poch’e niente. Molta roba l’avevo già sistemata in casa. -
rispose lei, alludendo, come “casa”, la capanna di Kaede. Ormai, era quasi
diventata più “casa”, per lei, di quella in cui aveva vissuto per quindici e
passa anni.
Continuarono a camminare; nessuno dei due pareva aver
intenzione di allungare il passo per raggiungere gli altri. Inuyasha avrebbe
tanto voluto riportare la conversazione sull’“argomento” interrotto la sera
prima da Shippo, ma… ora non ne aveva più il coraggio! Alla fine, decisosi,
prese la mano di Kagome nella sua, entrambe calzate di guanti, ma non riuscì a
proferir parola. Camminarono per molti minuti così, entrambi coi visi rossi (e
non certo per il freddo! NdG-chan), ma fermamente decisi a non mollare la mano
l’uno dell’altra. A un certo punto, il gruppo avanti a loro si fermò, in una
grande piazza - non c’era altro modo per definirla - che si apriva nel lato
destro della strada.
-Ecco, io non potrei proseguire più oltre di così, nella mia
stagione. Ma, visto che è un caso d’emergenza, temo sarò costretta ad ignorare
le antichissime regole che noi sovrani delle stagioni ci siamo imposti ere fa.
Qui, è dove i corrieri cambiano la staffetta nel trasportare i due scettri che
scandiscono le stagioni, facendoli passare indirettamente dalle mani mie e di
mio marito, a quelle dei Sovrani della Primavera. Due volte l’anno, qui c’è una
grande festa, per celebrare il passaggio. Naturalmente, io non l’ho mai vista,
perché tale passaggio avviene agli equinozi, qui, e io dormo profondamente. -
Si fermarono lì a mangiare un po’ di zuppa liofilizzata che
Kagome aveva tirato fuori dal suo enorme zaino, e dopo la breve pausa si
rimisero in cammino. In un villaggio riuscirono a procurarsi un carro e un paio
di cavalli, e finalmente poterono far riposare i piedi, anche se i due cavalli
da traino non sembravano tanto tranquilli, all’odore di Inuyasha e di Shippo.
L’uomo che guidava il carro garantì che erano docili, ma preferirono ugualmente
far sedere l’hanyou in fondo al carro, il più lontano possibile dalle bestie.
-Mi spiace, vostra Altezza dell’Inverno, di non potervi
offrire un mezzo di trasporto più comodo, ma questi sono gli unici cavalli
rimasti nel raggio di molte miglia; i soldati di pietra li hanno portati via
tutti, assieme a tutte le nostre ricchezze. Fortunatamente, non hanno preso il
cibo, o ce la saremmo vista molto brutta…- Si voltò, ma vide che, a parte la
Regina d’Inverno, erano tutti addormentati! Erano stanchi, e il paesaggio
innevato non era così interessante da tenerli svegli. Per la verità, non tutti
dormivano: Inuyasha era ben sveglio, anche se teneva gli occhi chiusi, perché
la neve che copriva il paesaggio abbacinava la sua vista acuta, e gli
bruciavano gli occhi. Kagome, accanto a lui, era in dormiveglia, raggomitolata
tra lo zaino alla sua destra, e l’hanyou alla sua sinistra.
-Kagome… dormi?-
-Mmm…? No, non proprio. Che c’è?-
-No, niente… Hai visto Miroku e Sango?-
-Mmmm… Cosa gli succede?-
-Guardali…-
La ragazza e l’houshi erano nella parte anteriore del carro,
separati da loro dal massiccio zaino di Kagome. Sango si era addormentata per
prima, con in braccio Kirara e Shippo.Miroku le aveva cinto le spalle con un braccio e, non si sa se per la
stanchezza o per qualcos’altro (“Starà mica male?” pensò subito allarmata
Kagome), non era sceso oltre la vita. Erano entrambi coperti da una delle
pesanti coperte di tessuto sintetico che Kagome aveva portato dal suo tempo, un
pochino più grande di quella che la copriva. Inuyasha aveva rifiutato la
coperta, dicendo che era abbastanza robusto da sopportare il freddo, ma,
vedendo che gli amici dormivano, e quindi non avrebbero potuto fare
osservazioni piccanti e stuzzicarli in proposito, Kagome stese metà della
coperta che la avvolgeva anche su Inuyasha, che non protestò, anzi! In quel
momento, pensò che si sarebbe adattato a dormire a trenta gradi sotto zero, pur
di farlo con Kagome al suo fianco!
-Ecco… io più di così non posso portarvi… è troppo
pericoloso… mi dispiace, altezza…-
Lady Loryn annuì, poi si apprestò a svegliare i ragazzi,
cominciando da Sango. La toccò appena sulla spalla, e la ragazza si svegliò
subito; notando immediatamente il braccio del bonzo attorno al suo corpo, reagì
d’istinto…
-MIROKUUU!!! RAZZA DI PERVERTITOO!!!-
Un gigantesco ceffone fu la sveglia per il povero houshi,
che non riuscì a non farsi sfuggire un “AIAHHHH!”
-Sango, sei davvero crudele! Volevo solo aiutarti a
riscaldarti!-
-C’erano già Kirara e Shippo, razza di pervertito che non
sei altro! Un giorno o l’altro ti faccio sbranare da Kirara, vedrai se non lo
faccio!-
-Ma… ma… Insomma, PERCHÉ OGNI VOLTA CHE CERCO DI ESSERE
GENTILE TU MI PICCHI?-
-PERCHÉ SO ESATTAMENTE DOVE VUOI ANDARE A PARARE, STUPIDO!-
Il casino della loro “discussione” aveva svegliato anche Inuyasha
e Kagome, che si affrettarono a zittirli, ricordando loro che non sapevano se
qualcosa, o qualcuno, li stesse spiando.
-Non è strepitando in questo modo, che potremmo introdurci
di nascosto là. - disse severa Kagome, indicando con la mano la fortezza che si
erigeva dinanzi a loro. Questa pareva intagliata in una montagna, tanto era
grande, con file e file di feritoie che parevano, come tanti occhi torvi,
scrutare la strada e chi vi passava.
-Comunque, Kagome, come pensi che potremmo introdurci lì dentro
di nascosto?- disse Inuyasha, scandendo dal carro con un salto.
-Non lo so ancora, ma sicuramente è meglio non dare troppo
nell’occhio, no?- rispose lei, scendendo e prendendo in braccio Shippo.
Non appena furono scesi tutti, il contadino girò il carro, e
se ne tornò di corsa da dov’era venuto, come se avesse tutti i diavoli
dell’inferno alle calcagna.
-Beh, secondo me, il metodo migliore è andare lì, sfondare
la porta d’ingresso ed entrare!-
-Sei il solito rozzo irruento, Inuyasha!- disse Miroku -Non
penso che entrare dalla porta principale sia il metodo migliore…-
-Tu vedi altre entrate, Miroku?- chiese Sango, mettendosi in
spalla l’hiraikotsu.
-Silenzio! Sento che sta arrivando qualcuno!- li zittì
Inuyasha; il suo finissimo udito aveva udito dei passi, pesanti e cadenzati,
sulla strada, dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano venuti. Si
nascosero dietro la folta siepe che bordava la strada, che era però un po’ meno
fitta nel punto in cui, alla strada ove si trovavano, si inseriva quella,
all’apparenza molto recente, che portava alla strana fortezza.
Dalla loro sinistra arrivarono una sessantina di soldati
grigi, probabilmente fatti di pietra. Con loro, portavano dei cavalli, e un
carro carico di provviste, che chiudeva la fila. Nessuno era dietro il carro di
provviste, coperto superiormente, ma aperto alle estremità: uno dei soldati
teneva i cavalli che lo trainavano per le briglie, stando avanti a loro.
-Questa è una vera fortuna! Ci nasconderemo nel carro. -
disse Inuyasha, posando una mano su Tessaiga -E se ci scoprono… beh, tanto
peggio per loro. -
-Ok, Inuyasha, vai per primo, e se ci sono problemi, pensaci
tu. Sango, Lady Loryn e io veniamo dietro di te, assieme a Shippo e Kirara;
Miroku, tu sali per ultimo, e assicurati che non ci vedano. - disse rapida
Kagome; gli altri annuirono e Inuyasha, una mano pronta su Tessaiga, scattò in
avanti, salendo con un agile salto sul carro. Fece loro un cenno con la mano:
via libera. Sango e lady Loryn si precipitarono dietro, e Inuyasha aiutò la
seconda a salire, preparandosi a fare altrettanto con Kagome, impedita nei
movimenti da Shippo, che le stava aggrappato ad una spalla. Per ultimo, Miroku,
che salì agilmente, quasi quanto l’hanyou. Nessuna delle guardie, davanti,
pareva essersi accorta di nulla.
-Devono essere sordi. O totalmente stupidi, come automi. -
sussurrò Kagome, mentre lei e gli altri si nascondevano sotto i teli che
coprivano le provviste.
Dopo qualche minuto, il rumore dei passi dei cavalli cambiò,
passando dal suono attutito e leggermente risucchiato che facevano camminando
sulla strada fangosa di terra battuta a quello nitido e risuonante del selciato
di pietra. Poco dopo, il carro passò sotto una alta volta di pietra, lunga,
profonda, chiusa da tre porte di spesso ferro nero, che si chiusero dietro di
loro con un tonfo sinistro. Il carro fu fatto fermare vicino ad un muro, in un
vasto cortile circondato su quattro lati di alti muri neri. I soldati di pietra
parevano essere tutti scomparsi, così, cautamente, Inuyasha scese a controllare
la situazione. Dopo qualche minuto, dette il “via libera”, e tutto il gruppo
scese dal carro, infilandosi in un portone che si apriva, a pochi metri da
loro.
Il corridoio era stretto e scuro, ma Kagome estrasse dallo
zaino una potente torcia, e poterono continuare a camminare anche quando la
luce proveniente dall’esterno era ormai sparita del tutto. Inuyasha non era
tranquillo. -È tutto troppo calmo. Sono sicuro che sia una trappola. -
-Hai ragione. Non è normale: neanche una guardia, in giro,
nessuno. Pare quasi che l’abbiano fatto apposta, a lasciare il carro vicino a
quel portone. - disse Miroku, guardandosi in giro, sospettoso. Un rumore di
passi di guardie li mise in allarme: proveniva da di fronte a loro, e alla loro
destra c’era un altro corridoio che partiva da quello in cui erano. Dal rumore,
parevano guardie di pietra, o forse di metallo. E parevano pure tante!
Decisero, su due piedi, di rifugiarsi nel corridoio di destra, e ben presto non
sentirono altri rumori oltre ai loro passi.
Pareva di stare camminando da un’eternità: Kagome,
controllato l’orologio, vide che erano già quasi tre ore che percorrevano quei
corridoi. Tutto quel buio le stava dando sui nervi, e a quanto pareva, non era
l’unica: Sango teneva nervosamente una mano sull’impugnatura dell’hiraikotsu, e
Kirara annusava in giro. D’un tratto, si trovarono di fronte ad un bivio: erano
arrivati ad una vasta sala a base circolare, e sette porte, identiche a quella
da cui erano arrivati, apparirono una dopo l’altra al fascio di luce della
torcia.
-Cosa facciamo?- chiese nervosamente lady Loryn, tormentando
con le dita un lembo della veste. Kagome si rese conto che la donna era quella
che, in quel frangente, si trovava più in difficoltà; loro, invece, erano
abituati alle situazioni più strane e pericolose, e anche se non erano mai
piacevoli, ci avevano fatto ormai il callo. La regina dell’Inverno, invece,
probabilmente non aveva mai fatto nulla di pericoloso, e sicuramente non si era
mai trovata in un labirintico corridoio immerso nell’oscurità, lontana dalle
persone care, a dover fronteggiare un nemico ritenuto molto potente.
-Inuyasha, sediamoci a riposare un po’. È da ore che stiamo
camminando, e forse sarebbe meglio osservare con calma quelle porte. - disse
Kagome. Inuyasha annuì, e mentre gli altri si sedevano un poco a riposarsi, lui
e Shippo andarono a controllare una per una le porte, se per caso ci fosse
odore di uomini d’argilla, o di quelli di pietra o di ferro; oppure, se ci
fossero semplicemente segni di passaggi recenti. Nulla. Dopo mezz’ora, i due
tornarono, scornati, al resto del gruppo. La situazione si faceva pericolosa:
quale porta avrebbero dovuto scegliere? Potevano nascondere trabocchetti,
labirinti, o… il loro nemico. O forse era meglio tornare indietro? Erano al
centro della sala, discutendo del problema, quando un’inspiegabile vertigine
colse tutti quanti, e, uno dopo l’altro, si accasciarono a terra. L’ultimo a
svenire fu Inuyasha che, con una mano su Tessaiga, cercò di avvicinarsi a
Kagome, per proteggerla.
Di nuovo quello strano paesaggio. Inuyasha riconosceva il
paesaggio del suo sogno, quello fatto due notti prima. Ma stavolta, c’era
qualcosa di sinistro. Di finto. Il gorgoglio del ruscello era monotono, i fiori
senza profumo, il vento fastidioso. Si guardò intorno, sospettoso, la mano
pronta sulla spada. Quello che vide, però, fu al di là di ogni sua aspettativa:
vide sé stesso. Anzi, si vide due volte. A poche decine di metri da lui, c’era
una sua copia, con l’abito rosso, la spada a fianco e… i capelli neri! Stava
vedendo sé stesso umano! Dall’altra parte, invece, c’era… assurdo, c’era ancora
lui, ma con gli occhi rossi e le zanne più lunghe… se stesso youkai completo!
Confuso, strinse la spada meglio nella mano. Non temeva il sé stesso umano;
quello che temeva, era il sé stesso demone: sapeva che era stato molto
pericoloso, quando il suo sangue youkai aveva preso il sopravvento, e l’idea di
essere fatto a fettine dalla propria parte più violenta e malvagia non lo
allettava più di tanto. Ma nessuno dei due si muoveva.
Kagome si guardò, confusa, attorno. Ma dov’era? Ah, si,
riconosceva quel posto! Era quella foresta… quel posto che lei malediceva con
tutta sé stessa. Il posto in cui aveva visto Kikyo baciare Inuyasha. Si, ero immobilizzata proprio a quest’albero
pensò, sfiorando la corteccia di un massiccio, basso albero dalle radici nodose
e in rilievo. Stupido, stupido Inuyasha!
Perché non riesci a capire cosa provo per te? Perché pensi ancora a Kikyo?
Si sedette tra le radici dell’albero. Tutta la sua mente era imbevuta di dolore
e delusione. D’un tratto, vide una sagoma rossa in movimento: Inuyasha! Fece
per alzarsi e correre da lui, ma qualcosa che vide la bloccò. Inuyasha era
umano, e… c’era Kikyo con lui! Ridevano, e parlavano, e si tenevano per mano!
Atroci stilettate di dolore e delusione lacerarono il cuore di Kagome. Dunque, sei diventato un essere umano; e hai
scelto lei! Si mise a piangere, a piangere, a piangere come una disperata,
ma senza un rumore. E intanto non si accorgeva che le nodose radici dell’albero
le strisciavano addosso, piano, ma costantemente, come serpenti, avvinghiandola
e trascinandola sottoterra.
Sango si guardava attorno, sospettosa. Conosceva quelle
montagne, erano quelle che circondavano il suo villaggio natale. A passo svelto,
si incamminò per un sentiero noto, ma qualcosa non le quadrava. Il paesaggio
non era esattamente come doveva essere… il rumore del vento era troppo uguale,
il sole troppo caldo, il suolo troppo freddo… alcuni alberi erano in fiore,
altri avevano le foglie secche, altri ancora erano spogli. Pareva che qualcuno
avesse messo insieme il paesaggio con frammenti di ricordi. Il villaggio le si
parò improvvisamente davanti, e lei, con l’hiraikotsu in spalla, vi entrò. Un
atroce spettacolo si parò davanti ai suoi occhi: case distrutte, cadaveri, di
umani e di youkai, abbandonati qui e là, e… no, non era possibile! In mezzo ai
cadaveri c’erano… Kirara, e Shippo… e Kagome, e accanto a lei, semisventrato,
Inuyasha; e un po’ più in là, con gli occhi sbarrati a fissare il vuoto,
Miroku… Una stretta di ferro attanagliò il cuore della ragazza. No, non ancora! Perché? Perché tutti quelli
che amo muoiono? Cadde in ginocchio accanto al corpo del monaco, e si mise
a piangere. Non sapeva il perché, ma non riusciva a smettere, si sentiva
oppressa da un dolore e da una tristezza indicibili.
Miroku non riusciva più a controllare il foro del vento. Un
risucchio che diveniva ogni secondo più forte aveva già strappato via il
rosario che lo sigillava, e ora tutto, attorno a lui, era attirato dal buco
nero della sua mano. Anche i suoi amici. Tentando inutilmente di allontanarsi,
il monaco vide con terrore che il risucchio aumentava la sua potenza, ma,
invece di risucchiare solo sé stesso, stava risucchiando anche Inuyasha, e Kagome,
e Shippo, e… Sango! No, non doveva accadere! Miroku cercava di chiuderlo, di
puntarlo verso sé stesso, in modo da morire, ma salvare almeno i suoi amici, ma
era inutile. Uno dopo l’altro, i suoi amici stavano venendo risucchiati, e la
più vicina era… Oh, mio Dio, fa che io
muoia, ma salva Sango! Fu il suo frenetico pensiero.
Shippo piangeva. Dov’erano tutti? Dov’era Kagome, dov’era
Sango? Dov’erano Inuyasha e Miroku? Non riusciva a vederli da nessuna parte. D’un
tratto, un odore familiare colpì le sue narici. -Kagome!- seguendo il suo
fiuto, il volpino arrivò ad una radura, ma ciò che vide lo fece gridare
d’orrore: Kagome bolliva in una pentola, rimestata da Manten, che se ne stava
facendo una lozione per i tre capelli che aveva in testa! Lo youkai del fulmine
si voltò, lo afferrò per la coda, e lo legò ad un albero. -A te ci penserò
dopo, volpino. Ti spellerò e mi farò un berretto. - disse, tornando a rimestare
il pentolone.
Inuyasha era confuso. Perché non si muovevano? D’un tratto,
la sua copia-youkai scattò di lato e, veloce come un fulmine, sparì nella
boscaglia. La copia-umano lo seguì, straordinariamente veloce, per un essere
umano, e Inuyasha li seguì entrambi. Li ritrovò poco dopo: stavano lottando, muti,
ma feroci. La sua copia-umano stava cercando di difendere dalla copia-youkai
qualcuno… Kagome. Quando Inuyasha arrivò sul luogo dello scontro, i due si
divisero, e si portarono ai suoi lati. Kagome pareva troppo terrorizzata, o
forse sorpresa nel vedere ben tre Inuyasha, per poter parlare.
-Uccidila. - gli sibilò all’orecchio sinistro la sua
copia-youkai.
-Difendila. - gli disse la copia umana, dall’altra parte.
-Massacrala. Lei è una catena per te. -
-Salvala. Lei è la tua forza. -
-Liberatene nel modo più crudele che conosci. Lei ti
disprezza. -
-Amala, come anche lei ti ama. Ti vuole bene,
indipendentemente dalla tua natura. -
La sua voce, che gli veniva da due diverse parti. A
sinistra, era metallica, tagliente, fredda. A destra, pareva proprio la sua…
no, forse un po’ meno brusca, come quando era sereno; come quando era con
Kagome, e non litigavano.
La copia-youkai lo afferrò per il braccio, strattonandolo,
costringendolo a voltarsi.
-Accetta la tua parte youkai. Diventa un vero spettro.
Saremo invincibili. -
La copia-umano spinse da parte la copia youkai; ora pareva
alterato. -Non ascoltarlo! Sei già forte, ma non sei felice, senza di lei. -
-La forza dà potere, umano!-
-Ma il potere non dà la felicità, youkai. -
-Stupido cuore umano! Taci!- con un manrovescio della mano
artigliata, la copia-youkai sbatté contro un albero la copia-umano, e poi si
slanciò contro Kagome, pronto a macellarla con gli artigli affilati. Inuyasha
si precipitò dietro alla sua copia, afferrandolo per le gambe e trattenendolo,
e ingaggiando una lotta furiosa, presto aiutato dalla sua copia-umano.
-Inuyasha, sei uno stupido! Stupido, stupido, stupido! E io
che ti amavo…- era la voce di Kagome, ma non proveniva dalla ragazza, seduta,
terrorizzata, a terra. Proveniva dalle sue spalle. Con uno scatto, Inuyasha si
voltò, e nell’istante di un battito di ciglia, tutto intorno a lui vorticò, e
le sue due copie, lo stano posto che assomigliava al suo sogno, tutto svanì in
un turbinio di colori. Si trovò in una foresta più familiare; ma dove… ma sì,
era la foresta dove aveva rivisto Kikyo la prima volta, dopo che la strega
Urasue l’aveva riportata in vita, e dove lei lo stava per trascinare agli
inferi! Ma Kagome lo aveva salvato, rompendo l’incantesimo di Kikyo. Eccola,
Kagome, seduta alla base dell’albero, ma… cos’erano quelle robe che la stavano
ricoprendo? Radici? Si precipitò a cercare di staccarle, ma più le rompeva, e
più ricrescevano. Kagome mormorava qualcosa, tra le lacrime, ma Inuyasha non
riuscì a capire altro che il suo nome. D’un tratto, un suono di risate lo fece
voltare… quale non fu la sua sorpresa nel vedere sé stesso umano… per mano con
Kikyo! Le due figure gli passarono vicino, come se neanche lo vedessero.
Allungò una mano, per trattenere il sé stesso umano, ma la sua mano attraversò
l’aria! Erano illusioni!
-Kagome! Kagome, svegliati! Kagome, non fare la cretina,
alzati! Forza, o queste radici ti sommergeranno! Stupida, vuoi morire così?!-
le diceva, cercando disperatamente di strappare le radici dell’albero, sempre
più grosse, robuste e numerose.
Tra un singhiozzo e l’altro, Kagome, che non aveva
riconosciuto la voce di Inuyasha, disse -Non m’importa di morire… Non
m’importa, visto che Inuyasha ama Kikyo…-
Inuyasha, fulminato da quelle parole, rimase per un attimo
immobile, ma subito se ne pentì, perché ora quelle radici stavano avvinghiando
anche lui! -Kagomeee! Kagome, guarda che io non amo più Kikyo! Perché non lo
capisci? Ho cercato di dirtelo, ieri, io amo TE!- le gridò, con le sue ultime
forze, mentre le radici, tentacolari, stritolavano entrambi, soffocandoli.
-Cosa…?- Kagome alzò lo sguardo, il volto rigato di lacrime.
E incontrò lo sguardo d’ambra di Inuyasha. -Inuyasha…-
-Io amo TE, non lei. - le disse lui, sorridendo, anche se si
sentiva stritolare dalle radici, che però, al lieve sorriso che comparve sul
volto di Kagome, si allentarono leggermente. -Se dobbiamo morire, prima di
farlo, vorrei…- erano vicinissimi, quasi si sfioravano, Se dovevano morire,
pensò, prima voleva finire quello che aveva cominciato la sera prima. Con uno
sforzo, cercando di divincolarsi dalle radici della malefica pianta, si protese
verso il viso della ragazza; avrebbe voluto baciarla sulle labra, ma era troppo
lontano, e sfiorò soltanto la guancia della ragazza. Ma fu sufficiente ad esprimere
i suoi sentimenti. Con uno sfolgorio di luce, le radici si dissolsero, e il
bosco tornò quello, un po’ tenebroso, ma normale, dei ricordi di Kagome. Le
figure di Kikyo e Inuyasha-umano, che ancora camminavano a pochi metri da loro,
per mano, si dissolsero, e Kagome si ritrovò, libera, tra le braccia di
Inuyasha.
-I…Inuyasha… cosa…-
Lui la strinse a sé, come quando, vicino al pozzo, le aveva
sfilato dal collo il frammento della sfera. Ma stavolta, non la allontanò. La
tenne stretta al suo petto, affondando il volto nei neri capelli profumati di
Kagome.
-Non so cosa tu abbia visto, prima, ma… ma io sono qui, ora…
con te. E amo solo te, anche se sono un cretino integrale che ti fa soffrire,
uno stupido che non sa rendere felice l’unica donna che riesce… a farlo sentire
bene. -
Lei non parlava, ma si stringeva spasmodicamente a lui, come
per paura di vederlo sparire. Di nuovo, il vortice di colori e il senso di
vertigine, e poi si ritrovarono nel paesaggio-sogno di Inuyasha. La
copia-youkai e la copia-umano stavano ancora lottando, davanti all’immagine di
Kagome, terrorizzata.
-Inuyasha, ma cosa… quella sono io! E quelli… quelli sono…
sei tu! Che significa?-
-Che io sia dannato se lo so, Kagome!-
D’un tratto, la copia-youkai si divincolò dalla copia-umano,
e, con un colpo degli artigli, squarciò la gola all’immagine di Kagome.
Inuyasha coprì l’orrenda vista alla vera Kagome, che ancora stringeva a sé, con
un lembo della manica, poi, presala tra le braccia, scappò tra gli alberi.
-Sono le mie due metà. La metà umana, e la metà youkai.
Prima la metà youkai cercava di convincermi ad uccidere quella… quella copia di
te. -
-Ma non lo hai fatto. -
-Io e la mia metà umana ci siamo coalizzati… abbiamo cercato
di distruggerlo, ma non ci siamo riusciti. -
-Però lo tenete sotto controllo, no? Voglio dire, ti
trasformi una volta al mese in umano, ma finora, solo una volta in youkai…-
-È quello, che mi spaventa. Se mi capitasse ancora, magari
in modo imprevedibile? Ho paura, Kagome, paura di me stesso. Ho paura di
poterti fare male. -
Si erano fermati vicino al torrente.
-Inuyasha… l’unico modo in cui potresti ferirmi, è
abbandonarmi. Ma io so che non lo farai. -
Lui la strinse più forte a sé. Come mai, prima si era
sentito tanto sicuro, e adesso era preda di mille dubbi? Come mai adesso era
Kagome, ad essere così certa, così sicura?
-Come fai ad esserne così sicura?-
-Perché mi ami. E io… io amo te. - era arrossita. Non era
facile dire una cosa del genere. -Io amo l’Inuyasha hanyou, e l’Inuyasha umano…
e non ho paura dell’Inuyasha youkai. -
Se forse voleva dire qualcos’altro, fu interrotta
dall’arrivo della copia-youkai, a stento trattenuta dalla copia-umano.
-Basta! Non è possibile! Non è materialmente possibile che io mi trovi di fronte non uno, ma a due me stesso, youkai ed umano. TUTTO
CIÒ NON PUÒ ESSERE VERO!!!- esclamò Inuyasha, atterrando con un cazzotto la sua
copia-youkai, che cercava di agguantare con gli artigli insanguinati Kagome.
D’un tratto, di nuovo il turbinio di colori, e il senso di vertigine, ma molto
più forte. Inuyasha e Kagome si tenevano stretti l’uno all’altra, e si
sentivano cadere. Poi, sotto di sé, videro i loro corpi. Erano stati gettati,
assieme a Miroku, a Sango, e a Shippo, in una specie di gabbia, sorretta da una
catena, a diversi metri da terra. I loro corpi erano vicini, anzi, Kagome era
in parte sopra Inuyasha. Si sentirono risucchiare, e dopo qualche istante, si
svegliarono, l’una sopra l’altro, nella dondolante gabbia.
-Kagome! Stai bene?-
-Inuyasha! Si, si, ma dove siamo? Oddio, Sango! È
ghiacciata! E anche Shippo!-
-E anche Miroku. Forse sono vittime di illusioni, come noi
poco fa. -
-Forza, proviamo a svegliarli!- Kagome sollevò Sango,
scuotendola, chiamandola, e intanto teneva tra le braccia Shippo, cercando di
scaldarlo col calore del suo corpo. Inuyasha tentava di far tornare in sé
Miroku in modo un po’ più brusco, scuotendolo, prendendolo a schiaffi,
gridandogli per chiamarlo.
Sango piangeva, ma sentiva che qualcuno la chiamava. Lasciami in pace, lasciami disperare in pace
per la morte della mia famiglia e dei miei amici… lasciami raggiungerli.
-Sango! Sango, amica mia! Sango, ti prego, svegliati!-
Miroku era confuso: perché gli risuonava nelle orecchie la
voce di Inuyasha, se l’hanyou era appena stato risucchiato? Perché continuava a
gridargli nelle orecchie?
-Stupido bonzo pervertito, apri gli occhi, cazzo! Muoviti,
svegliati! PORCA MISERIA, LO VUOI CAPIRE CHE È TUTTA UN’ILLUSIONE? SVEGLIATI,
PEZZO DI CRETINO, O MORIRAI!!!!-
Un’illusione? Davvero era tutta un’illusione!? Ma allora…
allora lui non aveva risucchiato Shippo, e Inuyasha, non aveva appena
risucchiato nel vortice Kagome, e la Sango che il suo vortice s’apprestava a
fagocitare non era la ragazza a cui lui teneva tanto… Cacchio, certo che mi sveglio! Non voglio morire senza aver mai provato
neanche a baciare Sango!
Un vortice e una vertigine lo presero, e ben presto lui si
ritrovò, con le guance rosse per i ceffoni datigli dall’amico per cercare di
svegliarlo, tenuto per la collottola dall’hanyou.
-Alla buon’ora, bonzo!- gli disse Inuyasha, mettendolo giù.
Kagome, intanto, cercava ancora di far svegliare Sango e Shippo. Subito, Miroku
fu accanto a Sango, e, presole le mani nelle sue, cominciò a chiamarla, come
già stava facendo Kagome, che si dedicò a cercare di svegliare Shippo, che
stava diventando sempre più freddo.
-Sango! Sango, ti prego, rispondi! Sango, non te ne andare!
Svegliati!-
Questa voce… è familiare… Miroku? No, non è possibile, lui è morto. Tutti,
sono morti tutti… non ho più nessuno…
-Sango… ti prego, svegliati… devo dirti una cosa importante…
Sango, è solo un’illusione… non so cosa stai vedendo, ma è tutta un’illusione!
Svegliati, abbiamo bisogno di te…-
Si, è la voce di Miroku… davvero questo è tutto un’illusione? Possibile?
Si, possibile… gli alberi… non possono essere così,
sono strani… e i corpi… quello è lo zio, ma è morto da tanti anni, io ero
ancora piccola! È vero, è un’illusione!
-…io ho bisogno di te…- l’ultima frase, Miroku l’aveva solo
sussurrata, piangendo, perché Sango era diventata fredda come un cadavere. Ma
Sango la sentì ugualmente. Ha bisogno di
me? Oh, Miroku…
Anche lei fu avvolta dal vortice, fu presa dalla vertigine,
e ripiombò dall’alto nel suo corpo, che tornò caldo quasi immediatamente.
Miroku la stava abbracciando, e a Sango non importava dove finissero le sue
mani: era vivo, erano tutti vivi, i suoi amici! Era felice, felice che si fosse
trattato solo di un’illusione! Ma le mani di Miroku, per una volta, restarono
al posto giusto.
Ora, rimaneva solo Shippo. Kagome lo strinse a sé, lo
chiamò, in mille modi.
-Shippo!
Shippo-chan! Svegliati! Ti prego, svegliati! È solo un brutto sogno! È
tutto falso, è solo un’illusione! Shippo-chan!-
-Kagome… Kagome…
‘snif’…- il piccolo kitsune non riusciva a capire da dove venisse la voce.
Pareva quella di Kagome, ma non era possibile: lei era morta, era stata sciolta
in pentola!
-Shippo-chan, sono io, sono Kagome! Svegliati, è tutto solo
un’illusione!-
Solo un’illusione? Un brutto sogno? Ma allora, Kagome era
viva! Allora, non era stata sciolta in pentola da Manten! È vero, Manten è morto! Lo ha ucciso Inuyasha, e ha ucciso anche Hiten!
È tutto falso!
Un vortice e una vertigine lo staccarono dall’albero, cui
era appeso per la coda, ma anziché cadere per terra, si ritrovò tra le braccia
di Kagome, che abbracciò, felice che non fosse stata trasformata in lozione per
capelli da uno youkai del fulmine.
Poco dopo, cercarono di fare il punto della situazione:
erano stati preda di illusioni, che andavano a colpirli nei loro punti deboli,
nelle loro paure, ma, rendendosi conto che erano solo illusioni, ne erano
scampati. Ora, però, si trovavano appesi in una gabbia, e il suolo sotto di
loro era quasi invisibile nell’oscurità, tanto erano sospesi in alto. Kirara
era scomparsa, e anche lady Loryn. D’improvviso, la catena prese ad ondeggiare
paurosamente, e alcune pelose zampe di ragno formato extra-large entrarono
nell’aura di luce che una torcia, attaccata alla gabbia, proiettava intorno.
Con un urlo di puro schifo e terrore, Kagome si rese conto che quelle zampe
appartenevano ad un ragno gigantesco, che pareva del tutti intenzionato a
divorarli!
-Adesso ci penso io, a quello schifoso insetto!- esclamò
Inuyasha, portando una mano a Tessaiga… che però non c’era più! Erano spariti
sia la spada, sia il fodero! La sorpresa e lo sgomento dell’hanyou lo
paralizzarono per un istante, ma quando Shippo gridò, perché una zampa stava
cercando di afferrarlo, Inuyasha si riscosse, e tranciò le zampe della bestia
coi suoi artigli, squarciando poi il molle ventre che si era adagiato sulle
sbarre superiori della gabbia. Ferito, privato di tre delle otto zampe,
trasudante un fetido liquido verde-giallastro, il ragno gigante scappò,
arrampicandosi sulla catena, andando a rintanarsi nel suo nido tenebroso, da
qualche parte, nella grande sala.
La gabbia era chiusa da un lucchetto, che però cedette
subito sotto la forte presa di Inuyasha, che lo ruppe come una noce. Il
problema, ora, era scendere. Inuyasha sapeva che non avrebbe avuto problemi, a
saltare giù ed arrivare intero, anche con Kagome sulla schiena, ma rimanevano
Sango e Miroku, che, anche se in gamba, non potevano cavarsela senza danno da
un salto di almeno dodici metri. Era fuori discussione che lui facesse la
spola, in quanto non sarebbe certo riuscito a compiere un balzo verso l’alto di
tali proporzioni. La questione era difficile. Alla fine, fu Miroku a trovare la
soluzione.
-Inuyasha, tu e Kagome scendete con un salto. Poi, tu
afferri me e Sango, che scenderemo dopo. -
-Per me va bene, bonzo, ma non ti assicuro un atterraggio
morbido…-
Miroku assunse un’espressione un po’ preoccupata: sapeva che
Inuyasha non lo avrebbe fatto sfracellare, non in quel momento, almeno, ma non
ci teneva più di tanto, a farsi troppo male. Sango, invece, pareva abbastanza
tranquilla: aveva già fatto salti nel vuoto da altezze considerevoli, anche se
mai da così in alto. Oh, come sentiva, in quel momento, la mancanza di Kirara!
Con lei, sarebbe stato tutto più facile!
-Aspetta, Inuyasha. Non sono sicura che laggiù sia tutto
sicuro. Forse ci sono trappole, o lance…- disse poi, pensierosa, osservando il
pavimento, tenuemente illuminato da pochi bagliori della torcia.
-Shippo, fai un fuoco fatuo e lancialo verso terra. - ordinò
allora l’hanyou al piccolo kitsune. Shippo ubbidì subito, orgoglioso di potersi
rendere utile, e alla luce della palla azzurrina del suo fuoco fatuo, il gruppo
poté constatare con sollievo che non c’era altro che un pavimento di pietra e,
in un angolo, uno strano, grosso marchingegno che, probabilmente, serviva ad
issare e calare la gabbia.
-Bene. Andiamo, Kagome, Shippo. - Inuyasha prese in spalla
Kagome, al quale a sua volta teneva ben stretto tra le braccia il volpino. L’atterraggio
non fu dei più morbidi, ma non si fecero male, e pochi minuti dopo, anche
Miroku si buttava giù, pregando gli dei che Inuyasha non gli giocasse brutti
tiri. Ma l’hanyou lo acchiappò al volo, con una mano sola, prendendolo per la
collottola dell’abito come un gattino! Asciugandosi i sudori freddi che gli
avevano coperto il viso negli ultimi metri di caduta, quando aveva visto che
Inuyasha era perfettamente immobile e lo guardava con uno strano sorrisetto, il
monaco alzò lo sguardo, vedendo che Sango si lanciava senza esitazione nel
vuoto, venendo presa al volo, e in modo molto più gentile, da Inuyasha.
Una volta scesi, restava il problema di come uscire dal
posto in cui si trovava la gabbia. Sango aveva gettato giù, prima di lanciarsi,
la torcia, che sarebbe servita, in origine, ad attirare il ragno gigante verso
le sue prede, e grazie alla sua tenue luce, poterono trovare la porta. Era un
massiccio portone di ferro nero, molto spesso e pesante, alto almeno sei metri,
e largo quattro. Pareva impossibile da aprire, dall’interno, ma dai cardini
dedussero che doveva aprirsi nella loro direzione. I furiosi cazzotti di
Inuyasha furono perfettamente inutili, e l’hanyou dovette smettere, alcuni
minuti dopo, di tempestare la porta di colpi, con le mani rosse e doloranti.
Miroku si fece avanti baldanzoso. -Mettetevi molto dietro di me, e tenetevi
forte!- esclamò, cominciando a disfare la fasciatura della mano. Subito, gli
altri si affrettarono a mettersi dietro al monaco, che col suo foro del vento
aspirò tanto le porte, che queste si scardinarono, e si schiantarono a pochi
metri da Miroku, che aveva chiuso il foro del vento prima di aspirarle.
-Bel lavoro, bonzo. - disse Inuyasha, sorpassando Miroku e
andando a controllare che, fuori della porta, non li attendessero sgradite
sorprese. Fuori c’era solo un corridoio che pareva essere stato scavato in un
blocco di argilla e poi cotto. Non c’era traccia delle guardie, ma dopo pochi
minuti che avevano abbandonato la camera del ragno gigante, pesati passi
risuonarono davanti a loro, e in pochi minuti si ritrovarono davanti diverse
decine di soldati. Erano scuri, quasi neri, e camminando emettevano un rumore
metallico. Erano fatti di metallo, probabilmente ferro, e, senza altre armi che
l’abilità e l’esperienza, Sango, Miroku e Inuyasha faticarono non poco a
distruggerli. Oltretutto, parevano spuntare dalle pareti, come funghi. Kagome
notò che uscivano tutti da una mezza dozzina di punti precisi, e dopo che i
suoi amici ebbero ridotto a pezzettini, o aspirato tutti i soldati già
presenti, provò ad avvicinarsi alle sezioni di muro da cui erano spuntati i
soldati metallici. Con grande sorpresa di tutti, in quel punto il muro era...
un’illusione!
-Sto cominciando a stancarmi, di queste illusioni! Prima
cercando di ammazzarci nel sonno, poi ci troviamo in un tunnel con pezzi di
pareti inesistenti… - brontolò Inuyasha. -BHAA! Se becco chi ne è l’artefice…!-
-Siamo tutti stufi di queste illusioni, Inuyasha. E se
davvero ne scoviamo l’artefice, voglio dirgli anche io due paroline…- disse
cupo Miroku. Non gli andava proprio giù, che qualcuno avesse usato il suo più
grande timore, il suo punto debole, per cercare di farlo fuori, anzi, spingerlo
a farsi fuori, e il fatto che questo qualcuno pareva capace di leggere le loro
paure e i loro sentimenti non gli piaceva per nulla.
Kagome sporse la testa al di là della parete finta, e la
ritrasse poco dopo, esclamando -Ehi! Venite a vedere!-
Inuyasha si portò subito al suo fianco, con fare protettivo.
Senza la Tessaiga, aveva meno forza per proteggere Kagome, e non voleva che la
ragazza corresse neanche un pericolo in più del necessario. Quello che vide, e
che videro anche Miroku, Sango e Shippo, quando attraversarono l’illusione di
parete, lo lasciò a bocca aperta: si trovavano in una stanza di forse cinquanta
metri di larghezza, per cento di lunghezza, al centro della quale correvano le
pareti, vere e illusorie, del corridoio che avevano appena lasciato. La prima
ad arrivare alla logica conclusione fu Kagome: -Abbiamo camminato tanto, restando
fermi! Tutta la strada percorsa nel corridoio, era un’illusione!-
-Beh, adesso ne siamo fuori, per cui, vediamo di uscire
anche da questa stanza!- disse Sango. Senza l’hiraikotsu si sentiva nuda, ed
era una sensazione che non le piaceva.
Questa volta l’ho fatto lungo, il capitolo, eh? Ah, ho
usato, e userò in seguito, diversi termini giapponesi, per cui, per chi non li
conoscesse, riporto la traduzione.
Baka: stupido
Hiraikotsu: il boomerang
di Sango; letteralmente, “Boomerang fatto con l’osso di un animale”
Houshi: monaco
buddista di basso livello
Kariginu: il modello
di kimono che indossa Inuyasha
Osuwari: seduto, a cuccia
Siccome tutte le parole jap che conosco le ho imparate
dalle ff, se ho sbagliato a scrivere o a tradurre, non è colpa mia! Però chiedo
scusa ugualmente, se doveste trovare degli errori (od orrori?), ok? Ora vado a
farmi un litro e mezzo di tè, mi spremo le meningi un altro po’ (ultimamente le
sto spremendo come un sacchetto di arance) e vedo di buttare giù il cap. 5 (non
aspettatevelo troppo in fretta, comunque!); nel frattempo, ombra e acque
fresche!
Continuarono a girare per diverse stanze e corridoi, che
però parevano privi di illusioni. Ad un certo punto, il sensibile naso di
Inuyasha captò un odore un po’ familiare. -Aspettate. - disse, annusando profondamente
in giro. Incuriosito dalla cura con cui l’hanyou annusava l’aria vicino alle
pareti e a terra, Shippo lo imitò, e dopo poco, entrambi giunsero alla stessa
conclusione.
-Lady Loryn è passata di qui. - disse fieramente il volpino.
-Non più di qualche ora fa: la traccia è fresca, ancora. Ma
c’è odore di argilla fresca e di ferro, e ho trovato dei pezzetti di pietra. E
questo. - disse, mostrando una nappa colorata. Sango la riconobbe: era uno
degli ornamenti del suo hiraikotsu. Quindi, evidentemente, la dama e le loro
armi erano stati portati tutti nello stesso posto, perché era assai improbabile
che la donna riuscisse a sollevare il boomerang d’osso, e magari a scappare,
incalzata dalle guardie di pietra e di argilla. Probabilmente, era stata legata,
e portata via dai soldati, mentre loro, inutili a Humer, erano stati lasciati
in pasto al ragno gigante. Arrivati a questa conclusione, si misero di buon
passo a seguire Inuyasha, che seguiva sicuro la pista. Non poteva sbagliarsi
sull’odore della dama: aveva l’esatto odore dell’aria quando sta per cadere la
neve.
Camminarono per ore, ma, almeno, non trovarono nessuna
illusione. Quando le gambe non ressero più loro, si sedettero, in mezzo a una
stanza assolutamente vuota, salvo per la presenza di quattro guardie di legno
in statuaria posizione, immobili, che però si animarono subito alla vista degli
intrusi. Inuyasha li distrusse con un solo colpo degli artigli, e ne
utilizzarono i legnosi resti per fare un fuocherello, acceso dalfuoco fatuo del piccolo Shippo, e scaldarsi
un poco. Infatti, l’aria era fredda e umida, e non sempre c’era luce, nei
corridoi e nelle sale deserte che attraversavano.
Kagome era seduta tra Sango e Inuyasha, con Shippo in
braccio. Guardava sottecchi l’hanyou, mentre le mille domande che le erano
sorte in mentre in quelle ore di monotono cammino le frullavano in testa come
biglie in un flipper impazzito. Avrebbe voluto chiedergli se quello che lui le
aveva detto mentre erano persi in quelle illusioni era vero, se davvero non amava
più Kikyo, se quel bacio glie lo aveva dato non perché poteva essere l’ultima
azione della loro vita, ma perché l’amava… Lei gli aveva detto la verità, lo
amava, da molto tempo se ne era resa conto, ma non aveva mai avuto il coraggio
di ammetterlo. L’ombra di Kikyo si era sempre frapposta tra lei e la loro
felicità; con la sua semplice presenza, lacerava il cuore dell’hanyou in due, e
lei non sapeva se Inuyasha amasse in lei soltanto l’aspetto di Kikyo, o le
volesse bene davvero, a Kagome, non alla reincarnazione di Kikyo. Ma ora,
forse, qualcosa era cambiato. Lui le aveva detto che amava solo LEI, e non più
Kikyo, e anche se era stato in un mondo creato da un’illusione, i loro
sentimenti, sperava, erano veri. Solo, adesso avrebbe voluto sapere una cosa: quelle
parole, le parole più belle che aveva udito in tutta la sua vita, Inuyasha glie
le aveva dette solo per trascinarla fuori dall’illusione? Oh solo perché forse
stavano per morire? Kagome non voleva neanche pensare a queste possibilità.
Scosse la testa, mandando le palline da flipper dei suoi pensieri nella testa
in giro per tutto il cervello. Tirò fuori dalle tasche della tuta le ultime tre
tavolette di cioccolato, che si divisero tra loro, e che mangiarono in
silenzio.
Kagome non era la sola ad avere un flipper impazzito al
posto dei pensieri: tutti, a parte Shippo, parevano immersi in profonde
riflessioni, interrotti solo da qualche occhiata furtiva all’oggetto dei propri
pensieri, tutt’altro che rivolti alla situazione in cui si trovavano. L’unico tutto
sommato abbastanza tranquillo era Shippo, che si stava abbioccando (NdG-chan:
termine dialettale [anche se non so quanto sia diffuso, quindi, se non lo
conoscete, leggete la spiegazione] che significa semi-addormentarsi per la
stanchezza e/o la pancia troppo piena) in braccio a Kagome, tranquillo come lo
era stato tra le braccia della sua mamma.
Kagome, invece, era di nuovo sommersa dai suoi pensieri su
ciò che era successo tra lei e Inuyasha nell’illusione.
Analoghi pensieri frullavano nella testa dell’hanyou. Anche
lui guardava sottecchi Kagome. Le sarebbe piaciuto stringerla ancora tra le
braccia, ma in presenza di Sango e (soprattutto) Miroku, non osava, o sarebbe
partita una raffica di domande, commentini e risatine da far diventare bordò
dalla vergogna sia lui che Kagome. Ma le parole di Kagome gli continuavano a
riecheggiare in testa: “E io… io amo te…”; glie le aveva dette davvero? Provava
qualcosa per lui, non era stato parte dell’illusione, quelle parole che gli
accarezzavano il cuore? Lo sperava con tutto sé stesso. In fondo, lei non
pareva aver fatto resistenza, la sera prima, quando erano stati sul punto di
baciarsi; e lei aveva voluto dormire accanto a lui, sul carro, e non certo per
il freddo, perché, sotto la sottile coperta proveniente dal ventesimo secolo,
era calda e comoda. Avrebbe tanto voluto abbracciarla, o anche solo prenderla
per mano, ma non osava; né osava Kagome: l’ultima cosa di cui la ragazza aveva
voglia, in quel momento, era di sentire i commenti maliziosi ed inevitabili che
sarebbero piovuti da Miroku se li avesse visti per mano.
Ma il monaco, in quel momento, non avrebbe rivolto nessuna
frecciatina a Kagome e Inuyasha: anche lui, infatti, avrebbe tanto desiderato
poter prendere per mano, o meglio ancora, tra le braccia, Sango, che si era
appoggiata, sfinita, al muro alle sue spalle. Quell’illusione, cui era scampato
per un pelo, gli aveva fatto ricordare che la sua vita, a meno che non fosse
riuscito ad ammazzare Naraku, era destinata ad essere breve. E la cosa che più gli
sarebbe bruciata, se fosse morto di lì a breve, non sarebbe stata quella di non
aver lasciato un figlio a cui mollare la scomoda eredità di un buco nero in una
mano e uno youkai malvagio da eliminare. La cosa che più gli sarebbe bruciata,
che gli avrebbe impedito di riposare in pace, sarebbe stato non aver mai detto
a Sango quanto lei fosse importante, per lui. La guardò, senza farsi notare, ma
i suoi occhi non indugiarono sulle curve inferiori o superiori della ragazza,
sulle sue lunghe gambe o sulla vita sottile. Il suo sguardo si soffermò sul
volto, segnato dalla stanchezza che cominciava a farsi sentire in tutti loro,
un volto che però non lasciava trasparire mai tutto il dolore che quella
ragazza straordinariamente forte si portava dentro, il dolore di chi ha perso
tutta la propria famiglia. La ammirava per ciò, e avrebbe tanto desiderato
alleviare un poco quel dolore, renderla felice. Ma, malgrado dicesse a Inuyasha
che con le donne non ci sapesse fare, anche lui, con quella donna, commetteva tanti di quegli errori da poterci scrivere
un libro. Non riusciva a trattenere la sua natura di libertino, e anche quando
voleva dirle qualcosa di carino, le sue mani agivano come d’istinto, rovinando
tutto. Si sarebbe preso spesso e volentieri a cazzotti in testa, per tutte le
volte che era riuscito ad offendere Sango (ma in realtà non ce n’era davvero
bisogno, che si prendesse a cazzotti in testa… ci pensava già Sango ad ampliare
la sua collezione di bernoccoli e segni di ceffoni sul viso! Eh eh…), si
sentiva davvero un houshi-baka, come
lei lo apostrofava quando era arrabbiata. Se
riusciamo ad uscire vivi da questo stramaledetto posto, giuro che mi dichiaro.
Non voglio avere rimpianti, se dovessi finire all’altro mondo. Anzi, alla prima
occasione, fuori o dentro da questo castello, la prendo da parte e le parlo…
La testa poggiata contro il muro, gli occhi socchiusi, Sango
aveva permesso ai suoi muscoli stanchi di rilassarsi un poco, e alla sua mente
di allentare la vigilanza. Aveva però notato che Miroku la stava guardando.
Basta, che guardasse pure le sue forme, era troppo stanca per reagire, bastava
che non allungasse le mani! Ma, sorpresa, notò che lo sguardo del ragazzo
indugiava solo per un istante sulle gambe, e risaliva rapido, non fermandosi
quasi sul seno, ma fermandosi sul volto. Per un secondo ne incrociò lo sguardo,
poi abbassò gli occhi, confusa. Negli occhi di Miroku non c’era riflessa la
solita idea fissa (“Avere un figlio! Presto!” oppure “cacchio, che gran bel
pezzo di ragazza”), ma una dolcezza che non ricordava di aver mai visto negli
scuri occhi del ragazzo. Senza che potesse far nulla per impedirlo, le tornò
alla mente l’ultima frase che aveva sentito pronunciare da Miroku, mentre era
ancora preda dell’allucinazione che le mostrava tutte le persone a lei care
uccise: “…io ho bisogno di te…”. Erano state quelle parole a riportarla fuori
dall’allucinazione. Anche lei aveva bisogno di lui. Non riusciva ad ammetterlo
neanche con sé stessa, ma gli voleva bene. Un affetto diverso da quello che
provava per Kagome e Inuyasha, diverso da quello che aveva provato per suo
padre e suo fratello… un affetto che la faceva essere gelosa e arrabbiata ogni
volta che lui faceva la corte a una ragazza, un affetto che, ora se ne rendeva
conto, sconfinava nell’amore. Ma, orgogliosamente, lo ricacciava indietro,
quasi seccata con sé stessa per il sentimento che provava per quell’houshi
pervertito. Eppure, sapeva essere così dolce, a volte, quasi un’altra persona!
Quale era il suo vero carattere? Il “polpo” dai tentacoli palpatori, che non
perdeva occasione di chiedere ad ogni bella ragazza di fare un figlio con lui?
O il giovane houshi che l’aveva assistita con tanta cura, mentre si riprendeva
dalle ferite riportate nel secondo scontro che aveva avuto con Naraku? Oppure…
tutti e due? Ora che ci pensava, non le aveva mai chiesto di fare un figlio con
lui, sebbene questa domanda fosse una delle prime cose che chiedeva ad ogni
normale ragazza carina, conosciuta o sconosciuta, che aveva modo di abbordare.
Forse non la giudicava bella? No, altrimenti, perché avrebbe cercato tante
volte di spiarla, alle terme, o quando si cambiava? Sango sperava invece che
Miroku non la giudicasse solo una “normale ragazza”, sperava davvero di essere
qualcosa di più. A questi pensieri, arrossì. Non avrebbe mai ammesso ad alta
voce che Miroku non le era indifferente… già s’immaginava le frecciatine di
Inuyasha. Kagome no, Sango sapeva che l’amica non avrebbe fatto commenti di
quel genere, in proposito; anche lei soffriva di pene amorose, soltanto uno
stupido non se ne sarebbe accorto, e avrebbe saputo certamente consigliarla… o
almeno, lo sperava. Sango sperava tanto di riuscire a trovare cinque minuti per
poter parlare, da amica ad amica, a Kagome, per chiederle un parere. Di
sottecchi, non riuscì ad impedirsi di guardare Miroku, che aveva ceduto alla
stanchezza, e aveva chiuso gli occhi, poggiato ad una colonna, con i piedi
vicino al fuoco, le mani abbandonate ai lati del corpo, con l’aria di chi
dormirebbe volentieri una settimana. Certo che, in quel momento, aveva un viso
davvero stupendo. Nessuna ragazza avrebbe sospettato, vedendolo in quel
momento, che poteva trasformarsi in un tale maniaco! Ma era anche vero che
nessuna ragazza che gli avesse mollato un ceffone, dopo l’immancabile domanda
“vuoi fare un bambino con me?” e l’inevitabile reazione, avrebbe mai potuto
immaginarlo dolce e rassicurante come sapeva essere a volte. Sango scosse la
testa, confusa dai suoi stessi pensieri.
Baka di un houshi, che mi fai fare questi pensieri, e baka anche io che
continuo a pensarci!
-Inuyasha, ci fermiamo qui, per un po’? Siamo tutti esausti.
- chiese all’hanyou. Aveva i muscoli a pezzi, e non desiderava proprio
muoversi. Ma Inuyasha non rispose: sia lui, sia Kagome, si erano addormentati,
poggiati l’uno all’altra, e dormivano profondamente. Dovevano essere tutti
esausti, anche Inuyasha, che sosteneva di poter reggere alla fatica molto
meglio di qualsiasi “debole umano”; ma, in fondo, era da quando erano scesi dal
carretto che non dormivano, perché, a conti fatti, le allucinazioni che avevano
vissuto mentre erano privi di sensi non si potevano certo definire un “buon
sonno ristoratore”… Sango tornò a poggiarsi al muro alle sue spalle, chiuse gli
occhi, e lasciò che il sonno le portasse ristoro alla mente e al corpo.
Dopo qualche ora di un sonno piuttosto scomodo, uno dopo
l’altro si svegliarono tutti. Shippo si lamentò di aver fame, e Inuyasha gli
rispose malamente di stare zitto, perché, in quanto youkai, lui era l’unico che
non aveva effettivamente bisogno di mangiare. Il kitsune gli rispose a tono, e
i due cominciarono ad azzuffarsi come bambini. Il “gentile tocco” del bastone
di Miroku li convinse a smettere, e poco dopo si poterono rimettere in marcia.
Abbattevano senza difficoltà le guardie di pietra e di ferro, ma, in una sala,
si trovarono di fronte a soldati diversi dagli altri. Non parevano
particolarmente pericolosi, come armi, essendo armati di semplici spade corte,
e se ne stavano immobili, semplicemente sbarrando loro la strada. Ma quando
Inuyasha ne mandò in frantumi alcuni, per aprirsi un varco e passare, una
cascata di un liquido sfrigolante uscì dai loro corpi! Imprecando per il
dolore, l’hanyou fece un salto indietro, tenendosi il poso destro con la mano
sinistra: l’acido gli era caduto sulla pelle, e lo aveva ustionato fino al
gomito.
-Inuyasha! Sei ferito!-
-Non è niente, Kagome. Tra poco sarò a posto. - disse secco
Inuyasha, stringendo i denti, e apprestandosi a colpire uno di quei goffi
soldati che stava tentando di infilzarli con la corta katana.
-Fermo, non farlo!-
Troppo tardi: Inuyasha aveva rotto altri due soldati pieni
di acido, che gli si riversò sulle braccia e sulle gambe, prima che Kagome
potesse afferrarlo per una manica e costringerlo ad allontanarsi, mentre
Miroku, col suo bastone da monaco, cercava di tenere lontani i soldati che,
lentamente, ma costantemente, si avvicinavano.
-Siamo in una brutta situazione, ragazzi: non possiamo
distruggerli a mani nude… e cominciano a farsi sentire le esalazioni del
veleno… se solo potessimo raggiungere quella porta laggiù…- Miroku si riferiva
alla porta alle spalle dei soldati. Non pareva sprangata, solo accostata, e
forse, al di là, sarebbero stati più al sicuro che in quel posto.
Dalle braccia di Inuyasha scendeva copioso il sangue, dove
la pelle dell’hanyou era stata più colpita dall’acido, ma lui non se ne curava.
Afferrò Kagome per la vita con un braccio, e immerse le unghie dell’altra mano
nei profondi solchi lasciati dall’acido.
-Seguitemi!- gridò, scagliano le lame di sangue, e facendo a
pezzi i soldati. Saltando sui cocci fumanti delle statue animate, stava
attraversando la sala. Sango prese in braccio Shippo, e sia lei che Miroku
seguirono l’amico sui cocci fumanti in mezzo alle pozze di acido. Inuyasha,
malgrado il dolore alle braccia e alle gambe ustionate dall’acido, correva
verso la meta, disintegrando con le lame di sangue i soldati che si paravano
davanti, e, finalmente, dopo quella che a Kagome era parsa un’eternità, ebbero
attraversato la sala. Con una spallata, Inuyasha aprì la porta, che non oppose
resistenza, facendo quasi finire a terra sia l’hanyou che la ragazza.
Tra gli stipiti della porta, una nebbia lattiginosa impediva
la vita di quello che poteva esserci oltre. Come un muro bianco, stava di
fronte ai cinque, a separarli dall’ignoto. Cosa li aspettava oltre?
Senza dire né a né ba, Inuyasha la attraversò con passo
deciso, e…
Questo capitolo è breve breve, ma mi manca l’ispirazione!
E poi, il prossimo penso sarà l’ultimo (se non cambio idea mentre lo scrivo), e
forse li troverete insieme. In effetti, questo capitoletto voleva essere solo
sui sentimenti di Kagome, di Inuyasha, di Sango e di Miroku, mentre il
prossimo… volete sapere cosa succederà dopo quell’”e…”? Ah, forse vi faccio
aspettare, e forse no! Sono perfida, vero? Eh eh…
Per un attimo, Inuyasha ebbe la sgradevole sensazione di
cadere, ma poi sentì di nuovo il solido terreno sotto i piedi nudi, rigati dal
sangue che colava dalle gambe segnate dall’acido dei fantocci appena
affrontati. Dietro di lui, quella strana nebbia biancastra, da cui emersero di
corsa Kagome e Sango, seguite da Miroku e Shippo.
-INUYASHA, SEI IMPAZZITOOO!?!?- gli gridò contro Kagome, con
le lacrime agli occhi. Inuyasha arretrò di un mezzo passo: vedere Kagome
piangere non gli piaceva, e quando piangeva ed era contemporaneamente
arrabbiata e preoccupata per lui, come in quel momento, non sapeva proprio cosa
fare per rabbonirla!
-EHI! PERCHE’ CACCHIO MI STAI STRILLANDO CONTRO?!-
-STUPIDO, E C’E’ PURE DA CHIEDERLO?! Ti sei tuffato in
quella roba bianca, potevi anche rimetterci la pelle…-
-E voi, allora, che mi avete seguito come pecoroni, siete
stupidi pure voi?-
-Taci!- esclamò, risparmiandogli però uno spiaccicamento a
terra con l’osuwari. Arrabbiata per la sventatezza dell’hanyou, lo sorpassò e
cominciò a camminare, ommeglio, quasi a correre, nella direzione opposta
rispetto alla nebbiolina bianca. Miroku e Sango non parlavano: li guardavano
con l’aria di chi è ormai abituato ai litigi, alzando gli occhi al cielo. Sia
la sterminatrice che il monaco avevano ormai capito che quei due zucconi si
volevano bene, e che spesso i loro litigi fossero il frutto o di gelosia, o del
desiderio che l’altro non si esponesse a rischi inutili.
Inuyasha corse dietro a Kagome, cercando di fermarla, ma
lei, ancora arrabbiata, lo stese a terra con un ‘osuwari’, continuando
imperterrita a camminare.
-Sarà meglio fermarla…- sospirò Miroku, affrettandosi
assieme a Sango dietro l’amica.
-Si, non sappiamo quali pericoli possano esserci ancora. -
gli rispose la ragazza, raggiungendo Kagome e inducendola a fermarsi.
Il gruppo tornò compatto, ma adesso era Inuyasha teneva il
muso a Kagome, e la ragazza pareva decisa a non parlargli per prima.
Ma quello che videro pochi passi dopo, fece passare loro
completamente dalla mente i risentimenti: in quella che pareva una vasta cavità
naturale, aredevano decine e decine di torce, centinaia di candele di tutte le
dimensioni, e alcune lampade e lucerne dalle forme bizzarre. Un tavolo immenso,
di pietra, era al centro della zona, e sopra vi troneggiava una enorme
riproduzione del castello, aperta, come una casa delle bambole. In fondo,
luccicavano quelli che sembravano grossi cristalli, all’interno dei quali si
intravedevano delle forme umane; davanti ad essi, volgendo loro le spalle,
c’era un uomo, dalle cui mani pareva uscire un fluido che si rapprendeva
intorno ad un cristallo più piccolo, ancora incompleto, dal quale spuntava un
braccio nudo di donna. Abbandonati in un angolo, l’hiraikotsu, il bastone di
Miroku e Tessaiga, oltre ad altre armi appartenute forse a qualche temerario ma
sfortunato aspirante eroe che aveva tentato, prima di loro, di salvare i
Sovrani delle Stagioni. Kirara ruggiva e si agitava in una enorme gabbia, lì
vicino, abbastanza grande e robusta da resistere ai suoi furiosi attacchi, ma
con sbarre troppo fitte perché Kirara riuscisse a sgusciarne fuori, in
sembianze ridotte.
L’uomo che voltava loro le spalle interruppe il suo lavoro,
voltandosi di scatto: pareva spaventato.
-V…voi! Come avete fatto a salvarvi dal ragno? Perché le
guardie non vi hanno fermato?-
-I tuoi pupazzi di argilla non sono avversari degni di me!-
sogghignò Inuyasha, allargando leggermente la mano stretta a pugno, mettendo in
mostra i lunghi artigli.
-Apetta a dirlo, ragazzino… Io, Humer, sono il padrone del
castello, e qui accade solo ciò che io desidero. - sogghignò l’uomo,
riacquistando la calma con un sorriso in tralice. Trasse dalla tasca qualcosa,
e lo lanciò in aria; immediatamente, la grotta fu invasa da una miriade di pietre
scabrose, di dimensioni variabili da una testa a un bue, che si dirigevano a
tutta velocità verso Inuyasha e compagni. L’hanyou si buttò di lato,
trascinando Kagome con sé, mentre Miroku e Sango schizzavano via in direzione
opposta. Ricevere uno di quei massi addosso poteva significare solo una cosa:
essere stritolati, maciullati e fracassati, un modo orribile per morire.
Inuyasha cercò di avvicinarsi all’angolo della grotta dove era stata posta
Tessaiga e, contemporaneamente, proteggere Kagome (e il piccolo Shippo, che si
era rifugiato tra le braccia della ragazza, e non aveva il coraggio di guardare
fuori per la paura), ma non fu abbastanza svelto da schivare un masso grosso
quanto un tavolo che, se ne avvide troppo tardi, aveva smorzato la sua folle
corsa contro uno dei muri della caverna, e gli stava cadendo dritto sulla sua
testa. Con orrore, Kagome e Inuyasha si avvidero del masso che precipitava loro
addosso, troppo, troppo vicino per schivarlo…
E cadde sulla testa di Inuyasha, dritto in un occhio… Il
masso in questione non era altro che un’ennesima illusione! Era solo un piccolo
sassolino, grande come un’ unghia, ingigantito dalle illusioni di Humer, che
stava finendo il cristallo. Con un ruggito di rabbia, Inuyasha afferrò la
Tessaiga, e buttò verso Miroku e Sango il bastone del monaco e il gigantesco
boomerang della ragazza. Ignorando le pietre che saettavano, in realtà semplici
ilusioni ottiche che li attraversavano senza altro effetto, al peggio del
fastidio di qualche sassolino, Inuyasha, Sango e Miroku circondarono l’uomo
che, però, adesso pareva circondato di una barriera impenetrabile, mentre una
specie di fluido luminoso pareva partire dagli innumerevoli cristalli appesi
alla parete alle sue spalle, confluendo nelle sue mani apetre.
-Troppo tardi, stupidi!- gridò esultante -Tutti i Sovrani
delle Stagioni e i Principi dei Mesi sono in mio potere, e ora, l’intero potere
del Tempo è nelle mie mani!- ridendo, agitò una mano, e un vento rovente come
l’aria di una forgia investì i nostri eroi, che tentarono di difendersi come
potevano dall’aria ustionante. Inuyasha sapeva di poter resistere senza
problemi, ma sapeva anche che Miroku e Sango no, non avrebbero resistito oltre
qualche secondo. Ma i suoi occhi cercavano Kagome, terrorizzato all’idea che la
ragazza potesse essere ridotta a un mucchietto di cenere da quell’aria sempre
più rovente. Ma Kagome non era nella zona colpita dal torrido vento: era
riuscita a sgattaiolare, inosservata, verso la perete con le armi, e ad
impossessarsi di un lungo arco e di una faretra ben munita di frecce. Mentre il
vento si faceva di istante in istante più caldo e asciutto, tanto che Sango
sentiva scintille di elettricità statica saltare dai lunghi capelli corvini,
Kagome tendeva il lungo arco di legno, incoccando una sottile freccia dalle
piume candide come la neve più pura.
Solo io. Solo io posso salvarli. Ma devo concentrarmi… il
mio potere spirituale… devo incanalarlo tutto in questa freccia…
La luminescenza che circondava la freccia cresceva, nutrita
dal potere spirituale di Kagome, che la ragazza stava cercando di portare al
massimo. Ancora qualche secondo, un istante ancora… ora doveva agire…
Lasciò la presa sulla freccia, e questa saettò, come un
raggio di luce, contro Humer, infrangendo la barriera che lo proteggeva come
una pietra ingrange una fragile cupola di cristallo, e proseguendo la sua
corsa, leggermente deviata, sfiorando soltanto Humer, ma conficcandosi
profondamente in un grappolo di cristalli appesi alla destra dell’uomo.
Una ragnatela di crepe sottili si formò intorno alla
freccia, ancora brillante della forza mistica di Kagome, e in attimo si estese,
mentre dai cristalli si staccavano frammenti più piccoli, che cadevano a terra,
polverizzandosi. Il fluido rossastro che usciva da qual grappolo si
assottigliò, e si interruppe, mentre quattro persone cadevano a terra, luna
sull’altra, priva di sensi.
-NO! LA PRIMAVERA E L’ESTATE! IL MIO CONTROLLO SUL
CALOREEE!- la vampata rovente si interruppe, mentre Humer si scopriva incapace
di controllare le forze del calore e della crescita incontrollata che aveva
soggiogato, imprigionando nei cristalli i Sovrani dell’Estate e della
Primavera. Incollerito, ricorse a quello che gli restava: le piogge, e la
fanghiglia, dell’autunno, e il gelo e la neve dell’inverno. Lance di ghiaccio
sporco cominciarono a volare ovunque, in turbini di aria gelida e fiocchi di
neve ghiacciati che accecavano gli occhi. Inuyasha, difendendosi senza problemi
con la Tessaiga, corse a fare scudo a Kagome, mentre la ragazza afferrava freneticamente
un’altra freccia e l’incoccava. Ma, purtroppo, gli altri due “buoni” non
avevano abiti di hinezumi, o la pelle coriacea, e sia Sango che Miroku erano
coperti di tagli sanguinati causati dalle scheggie di ghiaccio.
D’un tratto, Miroku si accorse della grossa lancia di
ghiaccio che si stava formando, e che pareva diretta proprio al cuore di Sango,
che tentava di difendersi come poteva brandendo l’Hiraikotsu a mo’ di scudo. Il
monaco non pensò alle conseguenze, né al Foro del Vento, non pensò a nulla se
non alla vita della ragazza che amava, e si buttò davanti a lei, facendole
scudo col suo stesso corpo…
E la lancia lo trafisse.
Senza un gemito, Miroku si accasciò per terra, mentre un
getto di saliva insenguinata gli macchiava il volto e gli abiti.
-NOOOO! MIROKUUU!- Accortasi dell’accaduto, Sango cadde in
ginocchio accanto all’amico, continuando intanto a usare il boomerang per
infrangere le scheggie di ghiccio più grosse, e tutte quelle che avrebbero
potuto colpire Miroku.
-Miroku! Stupido, perché l’hai fatto?- chiese, mentre grosse
lacrime si affacciavano negli occhi neri.
-Perché… ti amo… e non… non devi morire…- le disse, con un
filo di voce. La lancia di ghiaccio gli aveva trapassato il polmone sinistro, e
forse qualche scheggia gli era finita nel cuore, perché lui sentiva freddo,
tanto freddo… la vista gli si stava appannando, ma si sforzava di tenere gli
occhi aperti, per poter morire con l’immagine di Sango negli occhi… una dolce
visione, che lo avrebbe accompagnato nel suo ultimo viaggio. Ma, perché
piangeva? Perché quel viso tanto bello era inondato di lacrime?
-…Miroku, ti prego, non morire, non morire, ti prego,
Miroku, vivi…- la sua voce, ridotta a un sussurro, era così bella, così dolce,
anche tra le lacrime -…non puoi morire… io ti amo…-
Lo aveva detto ? Lo aveva detto sul serio? Davvero lo amava?
-Sango… non… non piangere… ti prego…- altra saliva
sanguinante gli macchiò le labbra e il volto.
-Miroku… va bene, non piangerò… ma tu non morire! Per
favore…- aveva preso le mani di Miroku tra le sue, mentre il sangue del giovane
monaco si spandeva sul pavimento, macchiando entrambi di scarlatto.
Non si erano accorti che, nel frattempo, la pioggia di
schegge di ghiaccio era finita. Humer era immobilizzato sotto la Tesaiga di
Inuyasha.
Quando aveva visto Miroku cadere, in un lago di sangue, la
rabbia era montata nel cuore di Kagome, e la sua freccia era diventata luminosa
del suo potere come un piccolo sole, e aveva da sola infranto tutti i
cristalli, in una serie di esplosioni a catena che non avevano danneggiato le
persone inmprigionatevi. Quando il potere del gelo aveva abbandonato Humer,
Inuyasha era scattato in avanti, e avevaatterrato l’uomo senza difficoltà,
facendolo svenire con un poco gentile cazzotto in testa.
Humer era stato sconfitto, i Sovrani delle Stagioni e i
Principi dei Mesi liberati, i regni delle stagioni erano salvi. Ma Miroku stava
morendo.
Accanto a lui, Sango non pareva accorgersi di quello che le
capitava intorno, neppure quando la gabbia che imbrigionava Kirara si dissolvette,
e la sua piccola amica le corse a fianco. Aveva capito di amare Miroku, e ora
lo stava perdendo, lo stava perdendo perché lui aveva cercato di salvarla.
Una mano, dalle dita lunghe e sottili, le si posò sulla
spalla. La pelle era bianca, e profumata come un prato fiorito. Era la Regina
della Primavera, che con un cenno chimò il marito, il Sovrano della Primavera.
-Lo salveremo. - le disse, gentilmente. Sango alzò gli
occhi, incontrando lo sguardo gentile di una donna dagli occhi color delle
foglie nuove e dai capelli cosparsi di fiori. La veste verde chiaro e celeste
le ondeggiava attorno ai piedi, e pareva impermeabile al sangue che inondava il
pavimento. La donna si inginocchiò accanto a lei, mentre dall’altra parte del
corpo di Miroku si chinò il Sovrano della Primavera, dai capelli del colore del
miele nuovo, e gli occhi come un cielo di marzo appena lavato da un’acquazzone.
L’uomo prese la mano sinistra della moglie nella sua destra, e pose la sua
sinistra sulla tremenda ferita che squarciava il corpo di Miroku.
Concentrandosi, raccolse la selvaggia energia vitale di crescita e guarigione
che la moglie gli offriva, la domò all’inerno del suo corpo, e la donò al
giovane che giaceva ai suoi piedi, sottoforma di un tepore guaritore che fece
rimarginare la ferita a vista d’occhio, mentre organi e tessuti si
rinsaldavano, e il sangue riversatosi nei polmoni e nella cavità addominale
veniva riassorbito. Dopo alcuni minuti, che a Sango, a Kagome, a Inuyasha e a
Shippo parvero lunghi come un’eternità, Miroku trasse un lungo respiro, e
riprese a respirare normalmente, mentre le rughe incise dal dolore sul suo
volto si distendevano, e un poco di colore tornava sulle guance pallide. Era
salvo.
Piangendo di gioia, Sango abbracciò Miroku, ancora privo di
sensi, grata al cielo che il monaco fosse ancora vivo.
-È tempo di tornare a casa. - disse una donna, dai capelli
intrecciati di foglie d’oro e fiori autunnali: la Signora d’Autunno.
-Si. I nostri salvatori verranno
al nostro castello. - disse lady Loryn, Signora dell’Inverno, stringendo
intanto le dita sottili e candide alla mano forte e sicura del marito.
Miroku era stato trasportato con tutte le cautele al
Castello d’Inverno, ma, malgrado fossero passati tre giorni dalla tremenda
battaglia contro il manovratore di illusioni Humer, ancora l’houshi non si
svegliava. Inuyasha era stato accuratamente bendato da Kagome, e per un paio di
giorni era andato in giro simile a una mezza mummia, finché Shippo non ce
l’aveva più fatta a trattenersi, scoppiando in una fragorosa risata nel
vederlo, e a quel punto l’hanyou si era strappato via le bende, e aveva
inseguiro il volpino per mezz’ora, finché questi non si rifugiò in braccio a
Kagome, e a quel punto Inuyasha non potè fare più nulla, neppure quando il
piccolo kitsune si mise a fargli delle boccacce, impunito.
Frattanto, se Miroku fosse stato sveglio, se la sarebbe
goduta un sacco: Sango gli faceva da infermiera, giorno e notte, e scrutava
attenta il volto del monaco, attenta, speranzosa di vedere un qualche minimo
cenno di risveglio. Spesso Kagome vegliava con lei
Una notte, Miroku aprì gli occhi, confuso. Dov’era? Perché
era disteso in quella specie di giacigli alti, spessi e morbidi che Kagome
chiamava “letti”? L’ultima cosa che ricordava, era il volto piangente di Sango,
le sue parole, “ti amo”, mentre mortali schegge di ghiaccio saettavano e
fischiavano attorno a loro.
Ora, invece, tutto era tranquillo, e silenzioso. Una candela
ardeva tenuemente sul comodino, illuminando di caldi riflessi dorati una
cascata di capelli neri che lui tante volte aveva sognato di accarezzare… Sango
si era addormentata, esausta, con la testa china sulle braccia, poggiate sul
bordo del letto.
Miroku si sentiva esausto, e anche il semplice sforzo di
sfilare un braccio da sotto le coperte per carezzare i capelli di Sango lo
stava drenando delle poche energie rimaste.
Al lieve contatto della mano del monaco, Sango si svegliò, e
malgrado gli occhi scuri rivelassero tutta l’ansia e la preoccupazoine
immaginabili, sorrise dolcemente a Miroku, nel vedere che si era destato. Anche
lui le sorrise, ed entrambi rimasero così, per qualche secondo, come se tutto
il mondo si fosse ristretto a quella stanza, lunica luce dell’universo fosse
quella candela, e le uniche persone esistenti fossero loro due, che si
sorridevano.
Poi Miroku fece una cose che neanche nei suoi sogni più
arditi si sarebbe immaginato capace di fare con Sango: sollevando il braccio,
tremando per lo sforzo, cercò di accostare Sango a sé. La ragazza non oppose
resistenza, anzi, si protese sull'’alto letto puntellando i gomiti e sfiorando
con le lunghe dita il volto di Miroku, mentre la mano di lui le avvicinava il
volto al suo. Lei non si allontanò, né tentò di dirvincolarsi, quando le sue
labbra incontrarono quelle di Miroku, anzi, rispose a quel bacio casto, eppure
carico di significato per entrambi.
Kagome stava passeggiando per gli incantevoli giardini che
circondavano il Palazzo d’Inverno, beandosi della vista e dei suoni dei
meravigliosi alberi di cristallo, e ammirando affascinata gli splendidi giochi
di luce dei gazebi trasparenti o tenuemente colorati. Era da sola, aveva
lasciato Shippo a giocare con gli altri bambini che abitavano nel castello, ma
sperava di incontrare Inuyasha. Doveva parlargli. O quantomeno, cercare di
parlargli. In quei giorni, le pareva che lui la stesse evitando, e il dubbio
che quanto le aveva detto in quell’illusione, in cui avevano rischiato di
morire, fosse stato solo perché poteva essere l’ultima azione della sua vita,
si faceva sempre più concreto.
Alla fine lo trovò, seduto sul ramo di un’alto albero di
cristallo che saliva dritto e senza rami per alcuni metri, ramificandosi poi in
una chioma ad ombrello che scintillava di luce riflessa.
-Inuyasha… puoi scendere? Devo parlarti. -
L’hanyou parve stupito di vedere Kagome, ma scese senza
protestare. Camminarono un poco insieme, in silenzio.
-Cosa mi dovevi dire?-
-Ecco… io…- accidenti, ci aveva pensato su tre ore, su come
domandargli quello che voleva sapere, ma ora tutto il discorsetto che aveva
preparato le era svanito dal cervello! -Inuyasha, io volevo sapere… perché mi
stai evitando…-
-Cosa? No, non ti sto evitando! È… è solo che… beh, ecco,
con Miroku ferito, e tu e Sango che lo assistevate, non mi sembrava opportuno
disturbarvi… voglio dire, lui ha più bisogno di cure, in questo momento… E poi,
quando non sei con Sango a vegliarlo, sembri sempre così stanca…- le sue ultime
parole erano cariche di preoccupazione, soprattutto nel vedere le profonde
occhiaie di stanchezza che cerchiavano i begli occhi di Kagome.
Kagome sorrise, sollevata: allora, non la stava evitando
per i motivi che lei temeva! Voleva solo lasciarla riposare tranquillamente!
Anche se cercava di fare il duro, sotto sotto Inuyasha aveva un cuore d’oro!
Anche Inuyasha sorrise, sollevato nel vedere il sorriso
sul volto di Kagome. Ma il suo volto si imporporò quando la ragazza gli prese
la mano nella sua, intrecciando le dita sottili con le sue, sfiorando gli
artigli e solleticandogli dolcemente il palmo.
-Quell’illusione, nella gabbia del ragno…-
-Era tutto un’illusione, tranne i miei sentimenti. – disse
di botto Inuyasha. Perché, si chiedeva, non riesco mai ad esprimere i miei
sentimenti, specialmente con lei?
Kagome gli lasciò la mano, e Inuyasha si domandò, per un
istante, allarmato, se non avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. Ma la
ragazza non si allontanò, anzi si avvicinò di più a lui. Si erano fermati, in
uno slargo del sentiero cosparso di ghiaia di quarzo rosa, e con un mezzo passo
Kagome fu davanti a lui. I grandi occhi castano scuro erano pieni di lacrime,
ma sorrideva.
-Ehi… che cacc… e ora perché diavolo stai piangendo?-
-Perché sono felice…- rispose lei, prima di affondare il
viso contro il petto dell’hanyou. Inuyasha la strinse a sé, confuso, ma
sollevato nel sapere almeno che lei non era triste.
Stringendo a sé quella ragazzina che proveniva da cinque
secoli oltre il suo tempo, con cui spesso battibeccava, ma che finiva sempre
col difendere, anche a costo della sua vita, Inuyasha si rese conto che Kagome
era davvero, nel suo cuore, diventata molto, molto più importante di Kikyo. La
fiamma che aveva provato per la defunta miko non era che una minuscola
fiammella, il chiarore di un cerino, dinnanzi all’intensità di ciò che ora
provava per Kagome. Lei gli riempiva la vita, e se Kikyo aveva lenito a sua
solitudine, Kagome la spazzava via, come un fresco e forte vento spazza via la
cenere da un focolare spento. E, nel suo cuore, Inuyasha fece una promessa, una
promessa a sé stesso e a Kagome: lei sarebbe venuta, sempre e in ogni caso, per
prima cosa, nella sua vita. La felicità della ragazza doveva essere più
importante dell’egoistica volontà di Kikyo, e se per renderla felice Inuyasha
avesse dovuto combattere mille demoni, l’avrebbe fatto; avrebbe persino
combattuto contro Kikyo, e distrutto quel corpo fatto di vuote ceneri e fango.
E il sigillo di questa promessa fu il bacio che Kagome gli diede, alzando il
volto e circondandogli il collo con le braccia.
Erano passati ormai quasi venti giorni da quando Miroku
aveva ripreso i sensi, e ormai si era ristabilito. Eppure, Sango continuava a
passare tutto il giorno con lui, sia accanto al letto dove ormai doveva
riposare sempre meno di frequente, sia quando passeggiava nei giardini.
Inuyasha e Kagome, invece, talvolta passeggiavano insieme
e parlavano come una vera coppietta, talvolta invece tornavano a battibeccare,
e il povero hanyou fu schiantato a terra un paio di volte dall’
"osuwari" della ragazza, nel vano tentativo di interrompere l’infantile
bisticcio tra lui e Shippo.
Un giorno, constatato che ormai Miroku era tornato
perfettamente in salute, il Sovrano d’Inverno annunciò che i loro salvatori
potevano ormai tornare nel loro mondo, e il mattino dopo, una grande carrozza
portò i Sovrani dell’Inverno, Kagome, Inuyasha, Miroku, Sango, Shippo e Kirara
all’esatto centro del grande cerchio costituito dai quattro regni delle
Stagioni vicini. Era una grande zona pavimentata di pietre multicolori,
rotonda, larga come un campo da calcio. Gli altri Sovrani delle Stagioni, tutti
i dodici Principi dei Mesi, e la nobiltà costituita dalle Festività maggiori,
erano già arrivati. Tutti e otto i sovrani ringraziarono il gruppetto, e così
fecero i principi e le Festività. Poi, chiesero loro di posizionarsi al centro
del grande cerchio, e i sovrani si disposero attorno a loro, ogni coppia dei
Sovrani nel quarto di cerchio che rientrava nel loro regno. Le Regine
liberarono l’immenso potere delle Stagioni dell’Anno racchiuso in loro,
selvaggio e indomito, e i Re lo raccolsero, lo incanalarono, e lo guidarono a
formare un portale al centro del cerchio. Il portale si allargò, e nuovamente,
come all’andata, un vortice turbinante li afferrò, solo che adesso era sia
caldo, sia freddo, e odorava di neve e di sabbia calda, di fiori primaverili e
di piogge autunnali…
-Allora, Inuyasha, vieni o no?-
-Arrivo, arrivo. E tu, moccioso, se osi dire qualcosa sul
mio stato, ti annego nel fiume!-
Inuyasha uscì dalla capanna, affondando nei cumuli di neve
che riempivano le cunette del sentiero, mentre Kagome correva avanti, verso il
fiume, per raggiungere gli amici.
Tutti gli eventi degli ultimi venticinque giorni erano
stati cancellati dalla loro mente; erano stati riportati nell’esatto istante di
tempo in cui erano stati prelevati: nessun mortale poteva conoscere l’esistenza
dei Regni delle Stagioni.
Ma i sentimenti non si potevano cancellare, e guardando
Kagome correre verso Sango, Inuyasha si rammentò improvvisamente della promessa
che aveva fatto a sé stesso, che avrebbe sempre fatto di tutto per proteggerla,
per proteggere la sua felicità, anche a costo della sua stessa vita. Si stava
per chiedere dove, e quando avesse fatto quella promessa, ma la voce del
Kitsune, comodamente seduto in groppa a Kirara, lo distrasse, facendogli
scivolare via di mente quel ricordo.
-Inuyasha, sei lento come una lumaca! Se non ti sbrighi
arriveremo al torrente stanotte!-
-Cosa?!? Vieni qui, stupido kitsune, ti faccio vedere io
chi è la lumaca!- gridò cercando di inseguire il bambino che, sceso dalla
groppa di Kirara, correva agile e leggero nella neve, mentre lui sprofondava
quasi ad ogni passo.
-Kagomeeee! Inuyasha mi fa i dispetti!- piagnucolò il
kitsune, rifugiandosi in braccio a Kagome, poco prima che Inuyasha lo
acchiappasse per la coda.
-Inuyasha, smettila di essere così infantile!-
Fino al ruscello, i due non fecero che bisticciare, mentre
Miroku collezionò un paio di ceffoni da Sango, che chiamò Kirara perché si
mettesse tra lei e quell’ "houshi-baka".
Era tutto tornato alla normalità
Un piccolo spiritello del ghiaccio da dietro una foglia di
sempreverde coperta di neve, li guardò, e l’immagine arrivò alla mente della
Sovrana dell’Inverno, la quale sorrise. Vi auguro tutta la felicità di questo
mondo, amici miei…, pensò allargando le mani.
Un fiocco di neve cadde, dolcemente, seguito da molti
altri, e la neve scese, morbida, silenziosa, per tutta la notte, mentre nella
capanna della miko, nell’epoca Sengoku, una ragazza del ventesimo secolo e un
hanyou facevano la pace, un cucciolo di kitsune si addormentava in braccio alla
ragazza, e un giovane bonzo non proprio casto e puro riusciva a resistere alla
tentazione di allungare le mani su una bella sterminatrice di demoni,
raccontando invece una delle tante, antiche leggende che conosceva.
FINE
Yahooooo!!! Suonate le campane!!! Alelujaaa!!! Ce l’ho
fatta a finirla, visto? E prima di Natale!!! Bene, Buon Natale a tutti, e
grazie a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere questa ff fino
alla fine! Grazie, grazie, mi sto commuovendo fino alle lacrime!
Un ringraziamento speciale a tutte le mie amiche che mi
hanno incoraggiato a finire questa storia, anche se io mi stavo demoralizzando
per la perdita dell’ispirazione! (Poi l’ho ritrovata: era finita sotto una pila
di vestiti, in quel kasino che è la mia stanza da letto… ^__^ )
Ehi, che ne dite se scrivessi una ff natalizia? Eh,
quasi quasi ci faccio un pensierino… alla prossima!
La vostra (esauritissima e fusa come una candela)
Giulia-chan
Note:
hanyou: mezzospettro
youkai: spettro
osuwari: seduto, a cuccia (la parola che Kagome usa per
spiaccicare a terra Inuyasha)