A Snowy Story

di Ilune Willowleaf
(/viewuser.php?uid=2547)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** sciarpe e berretto nella neve alta ***
Capitolo 2: *** separati! ***
Capitolo 3: *** A casa dei San Valentino ***
Capitolo 4: *** le illusioni del castello ***
Capitolo 5: *** i loro sentimenti ***
Capitolo 6: *** la battaglia ***
Capitolo 7: *** torniamo a casa ***



Capitolo 1
*** sciarpe e berretto nella neve alta ***


A SNOWY STORY

A SNOWY STORY

Di Ilune Willowleaf

(nota anche come Giulia-chan)

 

Famigerata nota legale

Alcuni personaggi (non certo i migliori) sono i miei, e sono venuti fuori dai recessi della mia mente un po’ stramba e totalmente fantasy e manga-dipendente. I migliori (Inuyasha, Kagome & co) nascono dalla mente della grande regina dei manga, Rumiko Takahashi (ave, somma Maestra, la scrittrice si inginocchia di fronte al tuo genio creativo); tutti i diritti di Inuyasha sono:
Inuyasha manga © 1997 Takahashi Rumiko, Shogakukan
Inuyasha anime © 2000 Takahashi Rumiko, Shogakukan, Sunrise, YTV
per cui…oh, cavolo, è la prima volta che scrivo una roba del genere, per cui, abbiate pazienza, ok? ;-) G-chan

 

Capitolo 1 - sciarpe e berretto nella neve alta

 

Nell’era Sengoku era arrivato il culmine dell’inverno; un soffice strato di neve copriva il villaggio e la foresta, candido e uniforme, segnato solo dalle impronte dei bambini che si rincorrevano nella neve alta, giocando a palle di neve e facendo grandi fantocci bianchi. C’era anche chi, pur non essendo più propriamente un bambino, se la stava spassando un mondo a giocare a palle di neve: Kagome, Sango e Miroku stavano allegramente prendendosi a palle di neve,  mentre Inuyasha, appollaiato su un albero, guardava la scena con una faccia truce. Non che non gli piacesse la neve, anzi, quando era bambino adorava costruire pupazzi, ma il giorno seguente sarebbe stato il novilunio, e lui in quel momento era di cattivo umore: DETESTAVA stare in forma umana!

-Inuyasha, vieni a giocare con noi!- lo chiamò Kagome, dalla base dell’albero.

-Feh! Io detesto bagnarmi con la neve!- mentì l’hanyou, che non aveva nessuna voglia di scendere.

-Ah, davvero?- gli chiese lei.

-Davvero!- le rispose seccato Inuyasha.

-Davvero davvero?- chiese con un sorrisino Kagome, mentre comprimeva qualcosa con le mani, calzate di comode manopole.

-Davvero davvero, creti…- Inuyasha non finì la frase: una gigantesca palla di neve gli si era spiaccicata sul viso, entrandogli nelle sensibili orecchie canine e bagnandogli i lunghi capelli.

-Te la sei voluta tu!- esclamò allora, saltando su un ramo più basso dell’albero, ancora coperto di uno spesso strato di neve. L’impatto del peso del ragazzo sul ramo fece cadere tutta la neve, che coprì Kagome facendola diventare un insolito pupazzo. Inuyasha non poté trattenersi dal ridere, ma la cosa gli costò cara, perché scivolò sulla sdrucciolevole superficie del ramo, cadendo come un salame in un mucchio di neve alta, manco Kagome gli avesse gridato “Osuwari!”. Stavolta toccò a Kagome ridere, imitata da Sango, da Miroku e da Shippo. Prima che il mezzodemone decidesse di contrattaccare a sua volta con proiettili nevosi, decisero di rientrare nella capanna di Kaede, dove un bel fuoco caldo e scoppiettante li stava aspettando, assieme a qualcosa di caldo da una delle tante buste di liofilizzati che Kagome aveva nello zaino.

Brontolando per il fatto di avere le orecchie bagnate, Inuyasha si sedette a pochi centimetri dal fuoco, cercando di asciugare il kimono, infradiciatosi dopo la caduta nella neve alta.

-Avresti dovuto accettare gli indumenti che la divina Kagome ha portato dal suo tempo, Inuyasha: noi siamo perfettamente asciutti. - disse Miroku, togliendosi da sopra il vestito la giacca a vento impermeabile che Kagome gli aveva dato.

-Miroku ha ragione, sono davvero comodissimi, specialmente questi cosi che si infilano sulle mani. -

-Si chiamano guanti, Sango. Avevo portato guanti e altro anche per Inuyasha, ma lui non mi vuole mai dare retta!-

-Feh! Non mi ammalo per così poco, e io non indosserò MAI quella roba ridicola!- esclamò, riferendosi alla sciarpa giallo scuro e al berretto dello stesso colore che Kagome gli aveva portato.

-Perché, Inuyasha? Sono così comodi!- esclamò Shippo che, per la prima volta in vita sua, non si era congelato la coda nel giocare con la neve, grazie a una grossa sciarpa di lana che Kagome gli aveva avvolto intorno. Il piccolo kitsune non se la sarebbe mai tolta, tanto la trovava comoda, ma Kagome gli aveva spiegato che occorreva asciugarla, o non lo avrebbe tenuto ancora caldo.

-E poi, ti stanno così bene! Sono in tinta col colore dei tuoi occhi!- esclamò la ragazza, mettendogli il berretto in testa, da dietro. Inuyasha sbuffò, ma tra sé e sé dovette riconoscere che era davvero caldo e comodo, e non se lo tolse. Kagome apparve contenta: aveva fatto il berretto, la sciarpa di Inuyasha e quella di Shippo durante le ultime lezioni di economia domestica, a scuola, ed era felice che le indossassero.

-Mi piace la neve! Quest’anno, nella mia epoca, non ha nevicato quasi per nulla, e ormai si è sciolta quasi tutta. - disse, per fare un po’ di conversazione.

-A proposito, come mai non cerchi di precipitarti al pozzo per tornare a quella…come si chiama? Scuola?- chiese l’hanyou in tono beffardo.

-Perché sono in vacanza! Benedette le vacanze di capodanno!- esclamò Kagome, versando il the caldo dal pentolino.

Mentre sorseggiavano il the, la vecchia Kaede chiese -Domani è il novilunio, giusto? Non credo che ripartirete, quindi, domattina. -

-Certo che no, vecchia! Se non fosse per il novilunio, perché pensi che ce ne staremmo qui, anziché a cercare i frammenti della sfera o a dare la caccia a Naraku?-

-Inuyasha, cerca di avere rispetto per la venerabile Kaede!- esclamò scandalizzato Miroku. Non gli andava proprio giù che l’hanyou si rivolgesse sempre in modo così volgare alle persone.

-E tu cerca di tenere le mani a posto, bonzo pervertito!- esclamò Sango, togliendo dal suo sedere una mano di Miroku che, chissà come, durante la discussione era finita lì. Il giovane monaco si ritrovò l’impronta della mano della ragazza stampato sulla faccia, e come se nulla fosse tornò a bere il suo the.

 

“Forse potrebbero andare…devo averne la certezza, perché non avrò una seconda possibilità…ma è da quasi quattro settimane che li osservo, penso siano il meglio che io possa trovare. Sono affiatati, tutto sommato, e mi sembra che possano accettare di aiutarci. ” l’esile donna dalla pelle bianchissima e dai capelli corvini, cosparsi di diademi di cristallo, osservava il gruppetto riunito nella capanna attraverso uno specchio dall’impugnatura di cristallo trasparente, venato qui e là di azzurro pallido. “Il mio potere ora è al massimo, e non tornerà tale prima di un anno; non posso aspettare un intero altro anno, per cercare aiuto. Si, penso che loro vadano bene. ” posò lo specchio su un tavolino, pure di cristallo trasparente, incastonato di piccole gemme chiare, e alzò le mani, preparandosi alla sua invocazione più potente.

-Attraverso i fiumi del tempo, attraverso le dimensioni, ascoltatemi, spiriti del freddo e del gelo! A me, vostra sovrana, portate ora i prescelti del mio sguardo, per la nostra e la vostra salvezza, e per quella dell’intero Impero dell’Anno!-

la lunga veste candida, trapunta di cristallo, si agitava e tintinnava attorno alle sue caviglie, mentre piccoli spiriti simili a fate, dalle ali fatte di cristalli di ghiaccio, apparivano vorticando attorno a lei, prima di scomparire, tutti assieme, in un vortice azzurrino. La donna si accasciò, poggiandosi al tavolino, e, con le sue ultime forze, si sedette su una piccola, preziosa sedia dello stesso materiale del tavolino, attendendo.

 

Il mattino dopo, Kagome, Sango, Miroku e Shippo decisero di andare ancora a giocare con la neve e, visto che erano fuori, Kaede chiese loro di procurare dell’acqua dal fiume, spaccando il ghiaccio.

-Inuyasha, tu non vieni?- chiese gentile Kagome.

-Feh! Fossi matto! Prova a immaginare cosa succederebbe se qualche youkai mi vedesse così!- esclamò il ragazzo, scostando seccato alcune ciocche di capelli, ora nere, che gli venivano sugli occhi.

-Oh, ma io speravo che tu ci aiutassi a rompere il ghiaccio del fiume…in fondo, anche quando sei un essere umano, scommetto che sei più forte di Miroku… ma se non è così…- disse lei. Conosceva bene l’amor proprio di Inuyasha, e sapeva ormai come prenderlo.

-Io SONO più forte di quel bonzo pervertito! Adesso esco, e vedrai se non riesco a spaccare quel ghiaccio come e meglio di lui!- saltò su Inuyasha, punto sul vivo.

-Oh, si, ma non certo così! Se esci senza null’altro che il tuo kimono, ti ammalerai! Mettiti almeno la sciarpa, e gli stivali!- Kagome pareva davvero preoccupata all’idea che l’amico uscisse nella neve alta scalzo, e senza coprirsi, così Inuyasha, pur di non vederla piangere, si piegò a infilarsi gli scarponi che lei aveva portato dalla sua epoca, si ficcò in testa il berretto, ora non più in tinta col colore degli occhi, e si mise al collo la sciarpa. Beh, tutto sommato, dovette riconoscere, uscendo nella neve, erano davvero caldi e comodi. Assieme a lui uscì Shippo, tutto contento della sua sciarpa, su cui Kagome aveva ricamato il suo nome, e del berretto che la ragazza gli aveva portato; Kirara, nella sua forma grande, portava in groppa il piccolo kitsune.

-Allora, Inuyasha, andiamo?- lo chiamò Kagome, da qualche metro di distanza, ma prima che il ragazzo potesse muoversi di un passo, si sentì sollevare da qualcosa di freddo, come una forte raffica di vento, e istintivamente la sua mano corse a Tessaiga. Ma non c’erano youkai, nelle vicinanze, e prima che potesse rendersi conto di cosa stava accadendo, lui, Kagome, Shippo, Miroku, Sango e Kirara vennero risucchiati da un vortice biancastro. Kagome vorticò accanto ad Inuyasha che, d’istinto, la afferrò e la tenne stretta; se cadiamo, pensava, non voglio che si faccia male!

In effetti, caddero, su un pavimento che aveva il colore di uno spesso strato di ghiaccio di fiume, con le venature e le imperfezioni che crea l’acqua corrente gelando. Inuyasha era caduto di schiena, facendo da cuscino a Kagome; anche Sango aveva fatto un atterraggio morbido, atterrando su Miroku che, piuttosto stordito dalla caduta, non riuscì nemmeno a palparla (doveva essere davvero stordito! NdG-chan).  A fare l’atterraggio più morbido di tutti, però, furono Shippo e Kirara, caduti addosso a Sango. Poco distante dal gruppo, giacevano lo zaino di Kagome e l’Hiraikotsu di Sango. Mentre cercavano ancora di rimettersi in piedi e di capire dove fossero, una voce dolce parlò alle loro spalle.

-Benvenuti, prescelti, benvenuti nel Castello d’Inverno. -

Si voltarono a guardare chi aveva parlato: era una giovane donne dalla pelle chiarissima e dai lineamenti cesellati, coi capelli neri cosparsi di cristalli simili a ghiaccio, una lunga veste candida come la neve, senza maniche, cosparsa di gioielli come quelli che le decoravano la chioma; le orecchie erano lunghe e appuntite, decorate con innumerevoli orecchini, e gli occhi erano grandi, tristi e neri.

-Chi sei? E dove siamo?- esclamò Inuyasha, scattando in piedi e impugnando Tessaiga, sfoderandola.

-OSUWARI!- gridò Kagome, mandando Inuyasha a spiaccicarsi per terra.

-GWHA! Kagome, che cacchio combini?-

-Metti via la spada, Inuyasha. Non è uno youkai, e non percepisco energia malefica da lei. - disse severamente la ragazza all’hanyou. -Ti prego di scusarlo. E’ un po’ rozzo e violento, ma non è cattivo. - disse poi, rivolta alla donna vestita di bianco. Questa sorrise un poco.

-Le sue domande sono legittime, però. Sono Lady Loryn, sovrana del Castello d’Inverno…ommeglio, ero la sovrana del Castello d’Inverno, fino a poco tempo fa. Qui siamo nei sotterranei del mio castello, in una zona segreta nota solo a me e al mio sposo, Lord Zajer…- a quelle parole, gli occhi, già tristi, si bagnarono di lacrime. -Scusate…- si asciugò gli occhi con la manica del vestito. -Questo è l’Impero dell’Anno, in cui sono presenti i Castelli delle Stagioni e le città dei mesi dell’anno. Diverso tempo fa, al solstizio d’inverno, siamo stati attaccati…i solstizi e gli equinozi sono i momenti in cui noi, gli otto sovrani delle stagioni, cadiamo in un sonno profondo, vegliato dai principi dei mesi dell’anno. Siamo inermi, per ventiquattr’ore, e siamo stati attaccati repentinamente. Sono stati tutti catturati…tranne me, che sono stata fatta fuggire dai mesi. - si soffiò il naso -Il mio reame è stato l’ultimo ad essere attaccato, e io ero quasi sveglia. Comunque, ho usato tutto il mio potere per portare qui, dal mondo da cui provenite, delle persone che potessero aiutarci…-

-E come possiamo farlo?- chiese Sango.

-E soprattutto, perché dovremmo?!- disse Inuyasha, rinfoderando Tessaiga, e venendo immediatamente spiaccicato a terra dall’osuwari di Kagome.

-Beh, forse riuscirei a rimandarvi indietro, ma a quel punto esaurirei tutti i miei poteri, e il clima della Terra resterebbe stravolto. Già, senza il controllo del mio potere che solo il mio consorte e re riesce ad esercitare, la neve cade troppo in certe zone, e troppo poco in altre. Se poi venissi catturata anche io, sulla Terra, nell’emisfero boreale, non pioverebbe più, o vi sarebbero alluvioni, o caldi torridi, o geli assoluti…Non so che programmi abbia Humer, colui che ci ha attaccati col suo esercito, per il vostro mondo…-

-Aiutarla mi sembra che sia il minimo che possiamo fare, allora. - disse tranquillo Miroku, alzandosi da terra. Il volto della giovane donna si illuminò -Dite davvero? Se riuscirete ad aiutarmi a sconfiggere Humer, grazie al potere congiunto mio e delle mie sorelle, potremo rimandarvi senza problemi nel vostro mondo, un secondo dopo che vi ho prelevati!-

-Allora d’accordo. - disse Kagome, aiutando Inuyasha a rialzarsi, e prendendo il piccolo Shippo in braccio -Noi ti aiutiamo a sconfiggere questo Humer, e tu ci fai tornare a casa. - guardò l’hanyou -Perché l’aiuteremo, vero, Inuyasha?- la sua non era una domanda, ma praticamente un ordine. Inuyasha poteva essere forse un po’ rozzo e violento, come aveva detto Kagome, ma non era stupido, e nemmeno cattivo, per cui disse -Se questo è l’unico modo per tornare a casa…- per dire praticamente “si, va bene”.

-Ah!- esclamò Kagome.

-E adesso che c’è?- chiese Inuyasha, allarmato.

-Inuyasha…sei di nuovo un hanyou!-

-Cos…?- il ragazzo si portò una mano alle orecchie, di nuovo canine, coperte dal berretto giallo, e ai capelli, nuovamente argentei. Le dita presentavano i consueti artigli, che sicuramente erano anche ai piedi, coperti dalle scarpe che Kagome aveva insistito che Inuyasha indossasse per andare nella neve. -Ma c’è ancora il novilunio! Com’è possibile?-

-Qui non esiste il novilunio, Inuyasha. - spiegò Lady Loryn -Ci sono quattro lune magiche, che restano sempre sospese in cielo, piene, a turno; quando una tramonta, sorge l’altra, ai solstizi e agli equinozi. -

-Beh, potrebbe cominciare a piacermi, questo posto…- disse Inuyasha, raccogliendo lo zaino di Kagome e issandoselo su una spalla. Sango prese il suo Hiraokotsu, mettendoselo in spalla. Fortunatamente, prima di uscire nella neve, si era messa la tuta da combattimento, sotto gli abiti datigli da Kagome, perché era molto più comoda per muoversi agilmente dello yukata che indossava di solito. Naturalmente, Miroku aveva tentato di spiarla, mentre si cambiava, e aveva ancora il segno della sua mano sulla faccia. Il suo e quello della mano di Kagome, che aveva lasciato, per una volta, la gonna corta per una sgargiante tuta da sci, decisamente più adatta alla neve alta di quell’inverno dell’era Sengoku.

-Precisamente, per sconfiggere questo Humer, cosa dovremmo fare?- chiese Miroku, guardandosi intorno e recuperando il suo bastone da monaco.

-Semplicemente ucciderlo, credo…ma prima voglio sapere cosa ne ha fatto delle mie sorelle, dei nostri sposi, e dei principi dei mesi. Non credo li abbia uccisi, o non potrebbe più controllare il clima, ma non oso pensare cosa possa aver fatto loro. - disse piano lady Loryn.

-Beh, penso che la prima cosa da fare sia uscire di qui, e vedere di scoprire dove sia Humer, no?- chiese Inuyasha.

-Oh, è pericoloso. Mi stanno cercando, e senza dubbio le sue guardie setacciano il castello. -

-Non è un problema. Con Tessaiga ho affrontato nemici ben peggiori di un paio di guardie. Andiamo, facci strada. -

disse Inuyasha…beccandosi poi un colpo in testa da Miroku, che riteneva che l’hanyou non si fosse rivolto con la dovuta deferenza alla dama. Il monaco non si azzardò neppure ad allungare le mani sulla lady, un po’ perché si trovava in coda alla file, un po’ perché Sango e Kagome gli avevano lanciato delle occhiate inceneritici che gli avevano telegrafato un semplice, diretto messaggio: guai a te se la sfiori.

Percorsero una scala molto lunga, in salita, da che dedussero che dovevano trovarsi molti metri sottoterra. Eppure, dalle pareti, simili per aspetto (ma per fortuna non nella temperatura, pensò Kagome) al ghiaccio opaco che copre taluni fiumi e cascate, emanava un bagliore verde-azzurrino, talvolta sfumato di rosa. Piccole luci rosee, azzurrine e verdognole si muovevano davanti a loro, illuminando meglio la strada, e ad un esami più attento Sango si accorse che trattavasi di piccole fatine dalle ali simili a cristalli. Dopo diversi minuti di scale, erano arrivati a un pianerottolo, con una porta incastrata nel muro. Lady Loryn toccò un punto nel muro, e la porta si ritrasse, silenziosa, scomparendo nel muro.

 

 

Allora, che ve ne pare? Non è la mia prima ff (è la seconda), ma è la prima che abbia come protagonisti il gruppo di Inuyasha. Non sono certa di aver scritto bene i termini giapponesi (osuwari, yukata, Hiraikotsu…), per cui, se qualcuno trovasse un errore, chiedo in anticipo scusa. Aspetto i vostri giudizi! ^-^ Ilune

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** separati! ***


A SNOWY STORY

L’ho già detto, ma lo ripeto: Inuyasha e i suoi amici non sono miei!!! Sono una grande creazione della Divina Takahashi (avo, oh grandissima regina dei manga!)! Per quanto riguarda Lady Loryn, e tutti gli altri personaggi che non sono nati dalla Sua grande mente, sono strettamente MIEI, e chiunque oserà rapirmeli senza permesso vedrà il suo nome attribuito, in una prossima storia, a una creatura assolutamente disgustosa e/o cattiva e/o da distruggere… Capito? AHAHAHAHA… (risatona diabolica… che dite, troppo diabolica? Vabbe’, cercate di sopportare questa manga&fantasy-dipendente che scrive, please!) CIAO! Ilunwe (alias Giulia-chan)

 

capitolo 2 - separati

 

La porta segreta si apriva dietro un arazzo, il quale a sua volta adornava un grazioso salotto con quattro porte.

-Questi sono i miei appartamenti. Temo ci siano guardie, fuori della porta…-

-Io non sento nulla. - disse Inuyasha, annusando attentamente l’aria e togliendosi il berretto per sentire meglio eventuali piccoli rumori. L’unico suono che avvertiva era il loro respirare, e gli unici odori quelli dei loro corpi, e quello leggermente polveroso dell’arazzo. -Andiamo. - fece, scostando l’arazzo con una mano. Le stanze si susseguivano, vuote. Vuote? No, Inuyasha aveva la sensazione che qualcuno li stesse osservando, e così anche Sango, Kagome e Miroku. Kirara era diventata grande, e annusava nervosamente qua e là, mentre il piccolo Shippo, in braccio a Kagome, si guardava intorno curioso. In una stanza c’erano una ventina di statue, raffiguranti soldati, immobili, appoggiate alla parete. Tutte assolutamente uguali, sembravano fatte con lo stampino.

-Non… non c’erano, quelle statue, prima!- esclamò Loryn. Inuyasha avvertiva odore di argilla, e quei soldatini giganti gli fecero tornare in mente la vecchia strega Urasue, che creava i suoi soldati con pezzi di cadaveri raccolti in campi di battaglia, completati da parti di argilla. I suoi sospetti divennero realtà, quando le statue si animarono di colpo, circondandoli.

-Maledizione, ecco perché non sentivo odori e rumori! Quando non hanno da fare restano inanimati!- esclamò, sguainando Tessaiga, che risplendette della sua fulgida luce. -Kagome, porta al riparo Loryn!- gridò, mandando in frantumi un soldato con un fendente di Tessaiga. Sango ne aveva distrutti due usando il suo boomerang come clava, lo spazio era troppo ridotto per scagliarlo, e Miroku ne aveva spaccato un altro con il suo bastone. Ne rimanevano sedici. Anzi, no, quindici, visto che Kirara ne aveva appena azzannato uno, distruggendolo. Ma solo dodici li circondavano… tre stavano costringendo in un angolo Kagome, Loryn e Shippo. Senza perdere tempo in mezzo, Inuyasha tagliò a metà sei dei soldati di fango che gli stavano davanti, che caddero senza un gemito, e con un fendente fece altrettanto con i tre che minacciavano le due donne e il kitsune.

-Tutto bene?-

-Si, grazie, Inuyasha. - disse Kagome.

-Temo dovremo stare attenti… - si voltò, e con un fendente di Tessaiga distrusse quattro dei soldati di argilla che stavano correndo verso di lui, mentre Miroku e Sango si occupano dei rimanenti -…perché non credo che questi siano i più forti o pericolosi tra i soldati di quell’Humer. -

 A quelle parole, gli occhi di lady Loryn si riempirono di sgomento -Più forti di questi?-

-Feh! Questi non erano altro che moscerini! Ma non sapete combattere, qui?-

-N…No. L’Impero dell’Anno è sempre stato pacifico. Nessuno si sarebbe mai sognato di invadere uno dei regni confinanti, né tantomeno di fare del male ai re, o a noi, le regine… Mai, da quando ci siamo formati, c’è stato un atto di violenza. È per questo, che siamo stati presi del tutto impreparati. -

-Meglio così: quell’Humer non avrà grandi difese, se non siete mai stati bellicosi; sarà uno scherzo farlo fuori!-

-Fai un po’ meno il gradasso, Inuyasha. - lo rimproverò Kagome, sorridendo, però.

-Feh!-

 

Proseguirono per i corridoi deserti. Solitamente, spiegò lady Loryn, c’era la servitù, ma probabilmente era stata portata via dai soldati di Humer, o era scappata. Fecero fuori senza troppi problemi altri piccoli gruppi di guardie, ma ad un certo punto, in una vasta sala, si trovarono circondati da una quarantina di soldati diversi dagli altri. Inuyasha ne colpì alcuni con un fendente di Tessaiga, tagliandoli a metà, ma questi si riattaccarono…come fatti di argilla fresca, anziché di argilla cotta!

-Dannati…- disse l’hanyou, preparandosi a usare il vero potere della sua spada. Non era certo che con quelle creature funzionasse, e probabilmente, se avesse funzionato, avrebbe causato diversi danni alla sala.

-Dietro di me, svelti!- gridò Miroku, aprendo il sigillo del suo foro del vento, che risucchiò i pupazzi animati di argilla.

-Ahhhh!-

Sentendo un urlo, Inuyasha si voltò, allarmato: quattro di quelle guardie si erano staccate dal gruppo, e stavano portando via a viva forza Kagome e lady Loryn! Altre due parevano cercare di prendere Sango, ma la ragazza li teneva a bada con l’Hiraikotsu, aiutata da Miroku, che però non poteva aprire il foro del vento, o avrebbe risucchiato anche la ragazza. Inuyasha corse quindi dietro ai quattro che avevano rapito le due ragazze, facendo a pezzetti piccoli piccoli coi suoi artigli di ferro i due che avevano afferrato lady Loryn. -Vai assieme a Sango e Miroku, ti proteggeranno loro!- le gridò, passandole davanti, all’inseguimento dei due che avevano rapito Kagome. Questi erano già lontani ma, seguendo l’odore di argilla fresca, li inseguì per corridoi, stanze, saloni, fino a raggiungerli. Un altro colpo dei suoi artigli, e i due fantocci di argilla si spiaccicarono sul pavimento, incapaci di riprendere forma. Incapaci? Inuyasha non vide, mentre aiutava Kagome ad alzarsi, che uno dei due, i cui pezzetti erano caduti abbastanza vicini gli uni agli altri, si stava riformando…inglobando poi l’argilla dell’altro!

-Stai bene?- le chiese lui, burbero.

-S…si, più o meno. Ah! Inuyasha, attento!- Kagome indicò il mostro di argilla che si era formato dietro l’hanyou, un gigantesco essere antropomorfo con quattro braccia, due delle quali brandenti lunghe katane. Mentre Inuyasha si voltava, di scatto, afferrando Tessaiga e preparandosi a rifarlo a pezzettini, una delle katane lo sfiorò al viso, lasciando una lunga stria rossa dalla fronte alla guancia sinistra. Fortunatamente non aveva colpito l’occhio, ma il sangue colava ugualmente, accecando Inuyasha, che non riuscì a colpire bene il mostro argilloso. Questi allungò una delle braccia libere per afferrare Kagome, e Inuyasha approfittò dell’istante in cui la creatura era distratta per afferrare la ragazza per utilizzare il Taglio dei Vento, e disintegrarla definitivamente.

-Inuyasha! Sei ferito!-

-Feh! Tra pochi minuti sarò guarito, non preoccuparti. -

-Fammi vedere quella ferita. - disse Kagome, facendolo sedere. -Quelle katane hanno una lama strana, la ferita è tutta slabbrata, e sporca di argilla. Aspetta, te la pulisco. - tirò fuori un fazzoletto, e, dopo essersi guardata un attimo intorno, trovò una cannella per l’acqua. Erano finiti in una cucina, se non si sbagliava, e fortunatamente c’erano delle cannelle per pompare l’acqua. Così Kagome poté pulire la ferita di Inuyasha, anche se l’hanyou continuava a dire che sarebbe guarito ugualmente senza problemi.

-Piuttosto, dove pensi che siano, gli altri?-

-Non lo so, Inuyasha. Se sevo essere sincera, ho perso completamente il senso dell’orientamento, mentre mi trascinavano via. -

-Allora siamo in due. Non ho fatto caso per dove passavo, inseguendo quelle guardie. -

-Una cosa è sicura: - disse Kagome, sbirciando fuori della finestra -siamo al pianterreno. E inoltre, sta calano la notte. Non credo che sia consigliabile muoversi di notte, per questo castello che non conosciamo. Potremmo perderci ancora di più. -

Inuyasha non parlò. Si era seduto per terra, a gambe incrociate e le mani infilate nelle maniche del kimono. -Penso che dovremmo passare la notte qui, allora. -

-Bene; allora, visto che questa è una cucina, vedo se riesco a trovare qualcosa da mettere sotto i denti. - rispose Kagome, frugando in ante e madie. Dopo una mezz’ora abbondante di ricerche, era riuscita a scovare solo una mela dimenticata e ormai marcia, e qualche bicchiere vuoto.

-Temo abbiano fatto razzie, quegli uomini d’argilla, o qualcun altro. L’unica cosa che c’è in abbondanza, è l’acqua, dalla cannella. -

-E la legna, per fortuna. Qui, vicino al camino, ci sono dei ciocchi, e del materiale per accendere il fuoco. - Inuyasha accese un piccolo fuoco nell’immenso camino, sedendosi accanto ad esso ed invitando Kagome a fare altrettanto, con un gesto della mano. Tutto d’un tratto, la ragazza si ricordò di qualcosa. -Ah, ho delle tavolette di cioccolata, in tasca! Dovevano servire come spuntino, una volta arrivati al fiume. Non è molto, ma ci darà energia. -

-Tavolette di che?-

-Cioccolata. E’ dolce e molto energetica. Dovremo razionarla: mezza tavoletta a testa, stasera, e il resto domani. - aprì una grossa tavoletta di cioccolato, da un etto, e la ruppe a metà, dando la più grande ad Inuyasha.

-Prendila tu, la più grande, Kagome. -

-No, ne hai più bisogno tu. Hai combattuto, oggi, e hai corso. -

L’hanyou non discusse, e mangiò il cioccolato, assieme alla ragazza. Era quasi troppo dolce, per i suoi gusti, ma aveva una fame indiavolata, e la mezza tavoletta gli calmò un poco lo stomaco.

-Spero che Sango e Miroku abbiano tenuto il mio zaino. Ci sono altri viveri, dentro, e coperte. -

-Intanto, però, noi siamo senza, sia dei primi, che delle seconde. - disse Inuyasha, aggiungendo un altro ceppo al fuoco, che si rinvigorì un poco. Notando che Kagome, malgrado gli abiti pesanti, rabbrividiva, le chiese -Vuoi che ti abbracci?-

-Cosa?!-

-Solo per scaldarci, intendo…- fece lui, arrossendo.

-Beh, allora… si, grazie. -

Inuyasha prese Kagome tra le sua braccia. In effetti, si stava un pochino più al caldo, abbracciati stretti stretti. Poco dopo, Kagome si assopì, mentre Inuyasha vegliava, aggiungendo di tanto in tanto un ceppo al fuoco. Mentalmente, ringraziava la ragazza di averlo quasi costretto a indossare gli abiti pesanti: c’era un freddo terribile, che filtrava anche attraverso i pesanti stivali foderati di pelliccia. Senza il berretto, che si era rimesso in testa, probabilmente si sarebbe congelato le orecchie, e la sciarpa che lei gli aveva messo al collo era calda, e morbida… come una carezza. La abbracciò meglio, coprendola anche coi lembi delle lunghe maniche; malgrado la stanchezza, non riusciva a dormire. Sentiva i battiti del cuore di Kagome, e avvertiva il suo profumo anche attraverso gli spessi vestiti che la ragazza indossava. Anche lei aveva sciarpa e berretto, e guanti pesanti. Il fiato di entrambi si condensava in nuvolette bianche, e Inuyasha si avvicinò ancora un poco al fuoco.

-Mmmm… si, quella lana gialla lì… è il colore dei suoi occhi…- disse Kagome, nel sonno -Per una sciarpa e un berretto…-

Inuyasha arrossì un poco: dunque, glie li aveva fatti lei! Si sentiva un po’ in colpa, perché non aveva voluto indossarli, ma adesso si ripromise che li avrebbe indossati fino a primavera inoltrata!

Finalmente, anche Inuyasha si assopì, pur risvegliandosi di tanto in tanto per aggiungere legna al fuoco.

 

La mattina giunse, fredda e pallida. Un raggio di sole perforò le spesse nubi che si stavano addensando sopra il castello, arrivando sugli occhi di Kagome, che si svegliò.

-Mmm… cosa?- mormorò, insonnolita e sorpresa di non trovarsi nella capanna di Kaede, o a casa sua. -Ah, già, ricordo. Questo strano posto…- poi si rese improvvisamente conto che Inuyasha la stava tenendo stretta tra le braccia. Il suo primo istinto fu quello di saltare su ma poi, ripensandoci, preferì rimanere immobile. Come stava bene, era così caldo! L’hanyou, seduto con le gambe strettamente incrociate, la teneva sollevata dal freddo pavimento, stringendola a sé. Kagome arrossì: Inuyasha era decisamente affascinante, e lei si trovava in una situazione che molte ragazze avrebbero definito invidiabile; eppure… eppure, malgrado fossero ormai mesi che si conoscevano, malgrado la loro ormai salda amicizia sembrava stesse trasformandosi in qualcosa di più (“O forse è già qualcosa di più?” si domandò), non riusciva ugualmente a trovarsi mai completamente a suo agio, sola con lui. Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che lui, in lei, non vedesse altro che un rimpiazzo di Kikyo, che quando la guardasse, era in realtà la miko che vedesse… questi pensieri le stavano rovinando la mattinata.

“Accidenti, quanto ti detesto, Kikyo! Anche se sei morta, anche se siamo in un’altra dimensione, riesci sempre a farmi incavolare! Ma non potevi restartene buona buona nel mondo dei morti?” Kagome ebbe un moto di stizza, trattenendosi poi per non svegliare Inuyasha. Questi pareva dormire profondamente, e, nel vedere la quantità di cenere e braci nel piccolo fuoco, Kagome capì che doveva aver dormito ben poco, per alimentarlo ed evitare che entrambi congelassero. Alzò lo sguardo sul viso dell’hanyou. Quando dormiva, non aveva quell’espressione un po’ truce, come se ce l’avesse con il mondo intero. Anzi, pareva quasi che l’ombra di un sorriso aleggiasse sulla sua bocca, scoprendo appena le zanne.

Non resistendo alla tentazione, Kagome allungò la mano verso le orecchie, visto che Inuyasha pareva dormire sodo, toccandole delicatamente. Sapeva che, se il ragazzo fosse stato sveglio, probabilmente non glie lo avrebbe permesso, ma aveva delle orecchie così kawaii!

In realtà, Inuyasha non dormiva sodo. Sonnecchiava, ma aveva preferito fingere di dormire, quando aveva sentito che Kagome si era svegliata. Aveva appena sognato di lei… e di Kikyo. Nel suo sogno, si trovava in una strana valle, con alberi ed erba e fiori. Nel sogno, era bambino, e stava correndo via dopo che era stato nuovamente insultato, chiamato “mezzo-demone”, mostro, e anche peggio. Dopo che sua madre e suo padre erano morti, aveva vagato di villaggio in villaggio, scacciato e insultato da tutti. Ma poi, sempre nel sogno, si era specchiato nell’acqua di un laghetto, e si era visto adulto. Alla sua destra, Kikyo, con la Shikon no Tama in mano. -Diventa essere umano, Inuyasha! Aiutami a ridurre la sfera, così potrò tornare ad essere… una donna. E vivremo insieme… - il suo sguardo era dolce, sereno, come quella volta in cui, cinquant’anni prima, Kikyo gli aveva detto realmente quelle cose. Inuyasha arretrò di un passo -No… tu sei morta… cinquanta anni fa!-

-Inuyasha!- una voce, alle sue spalle, lo chiamò. Era una voce simile a quella di Kikyo, ma più allegra, più… per come dire, luminosa. Il ragazzo si voltò, e vide che, a pochi passi da lui, c’era Kagome. Al collo spiccava la catenina col frammento della Shikon no Tama, e lei indossava la divisa scolastica invernale, quella con cui lui l’aveva vista la prima volta, quando gli aveva tolto il sigillo. -Inuyasha, vieni! Dobbiamo recuperare i frammenti!- lei gli corse accanto, prendendolo per un lembo della manica -Coraggio, o non finiremo mai! Voglio sbrigarmi, e tornare a casa in tempo per l’esame!-

Già, Kagome. Kagome che parlava di cose che lui non conosceva, come la scuola e gli esami. Kagome che gli sorrideva mentre gli offriva il sacchetto di patatine. Kagome arrabbiata, Kagome triste, Kagome preoccupata. Kagome felice, che lo abbracciava, sollevata del fatto che fosse ancora vivo. A parte sua madre, nessuna donna oltre a lei lo aveva mai fatto. Kagome, che non gli chiedeva di diventare un essere umano; che lo accettava così, come mezzo demone, che non gli chiedeva di cambiare la sua natura…

-Non posso venire con te, Kikyo… adesso… il mio posto è con lei…- a quelle parole, la miko indietreggiò, triste. Inuyasha non sapeva cosa aspettarsi; in fondo, ultimamente la donna che un tempo aveva amato aveva più e più volte tentato di uccidere sia lui, sia Kagome. Ma prima che il sogno degenerasse in un incubo, i leggeri movimenti di Kagome lo avevano svegliato, e lui era rimasto fermo, immobile, curioso di vedere come avrebbe reagito la ragazza.

Lei gli stava toccando le orecchie. Non aveva mai permesso a nessuno, all’infuori dei genitori, di toccare le sue sensibili, morbide orecchie; neppure a Kikyo. Eppure, non si ritrasse quando le dita della ragazza sfiorarono il pelo sottile e bianco che le ricopriva, né quando cominciò a grattarle, piano, come avrebbe fatto con quelle di un gattino. Era piacevole, e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, Inuyasha non voleva proprio che smettesse. Era piacevole anche tenerla serrata tra le braccia, con la scusa del freddo. D’un tratto, sentì odore di pelle bruciata; pelle, pelle, pelle… cosa poteva esserci, lì, di fatto di pelle? Il suo kariginu! Un carbone ardente era saltato fuori dal fuoco, finendo su una gamba dei pantaloni, e stava cominciando a bruciacchiare la robusta pelle di hinezumi del vestito. -AHAIOUHUUU!- gridò, saltando su come se si fosse seduto si spilloni.

-AAAHHH! Inuyasha, che succede?!?-

-Mi va a fuoco il vestito!!!-

-PRESTO, DELL’ACQUA!!!-

Fortunatamente, il carbone ardente non aveva danneggiato troppo il kariginu, solo un piccolo buchino, ma era arrivato alla gamba nuda dell’hanyou, causandogli una scottatura e facendolo sobbalzare e gridare a quel modo. Naturalmente, tentando di fare il duro, Inuyasha non voleva saperne di farsi medicare, ma Kagome, resasi conto che, spiaccicandolo con l’osuwari non sarebbe riuscita a immobilizzarlo e arrivare al punto scottato, dopo aver bagnato un fazzoletto lo prese di sorpresa, dandogli una spinta e facendolo cadere a terra. Mentre Inuyasha, sorpreso dal suo comportamento, era a terra, stupito, lei ne approfittò per tirare su il pantalone e versargli un po’ d’acqua sul punto scottato, poco sopra la caviglia.

-Sulle scottature bisogna SEMPRE mettere dell’acqua fresca, anche se chi si scotta è un hanyou dalle grandi capacità rigenerative e dalla testa straordinariamente dura!-

Inuyasha non fiatò. Non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma le cure di Kagome gli facevano piacere.

Dopo averlo medicato alla bell’e meglio, e fasciato con un paio di fazzoletti, anche se il ragazzo diceva che non ce n’era bisogno, Kagome tirò fuori un’altra tavoletta di cioccolato, dandogliene ben più di metà.

-Sarà meglio andare a cercare gli altri. - disse Kagome, alzandosi da terra. Malgrado avesse la tuta da sci, il freddo del pavimento era penetrato nelle ossa, e inoltre doveva ASSOLUTAMENTE trovare un bagno.

 

I corridoi di quello stramaledetto castello apparivano loro tutti uguali, e da nessuna parte riuscivano a trovare un bagno! La ragazza camminava a gambe strette, e anche Inuyasha, che per questo aveva necessità fisiologiche del tutto identiche a quelle degli esseri umani, cominciava ad essere nervoso. Finalmente, in una zona piuttosto dimessa, trovarono quello che sembrava un alloggio per la servitù, con un piccolo bagno. La ragazza ci si fiondò dentro, mentre Inuyasha, fuori, non la smetteva di dire -E sbrigati… ma quanto tempo ti ci vuole!-

-Zitto, o ti mando a terra!-

-No! Sto zitto, ma non spiaccicarmi!- sentiva che, se fosse finito spiaccicato a terra con l’osuwari, se la sarebbe fatta addosso… e non ne aveva nessuna voglia!

 

Finalmente, soddisfatto il corpo, si poterono rimettere in cammino alla ricerca degli altri.

-Mi sembra che qui ci siamo già passati… oddio, non è che stiamo girando intorno?-

-No, qui c’è il nostro odore… ma anche quello degli uomini d’argilla, insieme. Proseguiamo. -

Fortunatamente avevano imboccato la strada giusta, e dopo un quarto d’ora del rapido passo dell’hanyou, riuscirono a tornare nella sala dove avevano affrontato i soldati di argilla fresca, ma… gli altri non erano più lì! Questa si che si chiamava sfortuna!

-Uffa… mi fanno male i piedi!-

-Ma che pappamolle che sei!-

-Sei tu, che sei fatto di cuoio! Io sono una semplice ragazza umana, ho bisogno di riposare, di tanto in tanto!-

-Allora tu resta qui, io andrò in perlustrazione qui intorno, magari gli altri sono nelle vicinanze. -

-No! Inuyasha, non voglio restare qui da sola… potrebbero tornare quei soldati di argilla… - c’era una nota di panico nella voce della ragazza. Sospirando, l’hanyou se la caricò sulle spalle, percorrendo i corridoi a rapidi balzi, seguendo il flebile odore della pista ormai fredda dei compagni.

 

 

Allora, vi piace il capitolo due? Ho cercato di non farlo troppo sdolcinato, ma sconsiglio ugualmente la lettura a chi soffre di diabete! :P Cercherò di finire questa ff più in fretta che posso, perché ne ho già un’altra, in mente; volete sapere il titolo? Naaa, aspettate! E intanto, vi lascio anche ad attendere il numero 3 di A snowy story!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** A casa dei San Valentino ***


A SNOWY STORY

capitolo 3 - A casa dei San Valentino

 

Mentre Inuyasha inseguiva i soldati di argilla che avevano rapito Kagome, Miroku si occupava degli altri, risucchiandoli col suo foro del vento. Dopo aver constatato che erano tutti sani e salvi, decisero di aspettare un poco, che Inuyasha e Kagome tornassero, ma le ore passavano, lente, e dei due nessuna traccia.

-Temo si siano persi… i corridoi del castello formano un vero labirinto, per chi non lo conosce. - disse Loryn, sedendosi su una delle poche sedie della sala scampate al foro del vento del monaco.

-Non ci resta che confidare nel fiuto di Inuyasha. - disse Miroku.

-O in quello di Kirara. Forza, piccola, cerca la traccia di Inuyasha e Kagome!- disse Sango, carezzando la testa di Kirara. L’animale si mise subito a fiutare, e in poco tempo li condusse sulle tracce dei due dispersi. Camminarono, seguendo Kirara, fino a notte inoltrata, ma l’hanyou, rincorrendo i soldati di argilla, aveva fatto molta strada, e loro erano arrivati poco prima dello sbocco del corridoio dove, di lì a dieci ore, sarebbero sbucati Inuyasha e Kagome. Decisero di fermarsi lì, per la notte, in un salotto in cui si fecero dei giacigli tra comodi divani e spessi tappeti.

Il mattino dopo, al loro risveglio, Sango, Miroku e Shippo trovarono Loryn sveglia, ad attenderli. Pareva che la donna non avesse dormito per nulla, perché era ancora seduta nell’esatto punto dove l’avevano vista prima di cadere addormentati. Alla cortese domanda di Sango, la dama rispose: -Noi sovrani delle stagioni non dormiamo mai, quando è in corso la rispettiva stagione, cioè per sei mesi l’anno, tre nell’emisfero australe e tre nel boreale. Per tutto l’inverno, non sento la necessità di dormire, mentre in primavera e autunno posso dormire anche dodici ore filate. Quando mia sorella, la dama d’Estate, ha potere nell’emisfero australe, io ce l’ho in quello boreale, e viceversa. -

Stavano camminando lungo un corridoio decorato con decine e decine di quadri, raffiguranti scene invernali nelle varie parti del mondo, e in varie epoche storiche. D’un tratto, Kirara alzò il muso da terra, immobilizzandosi, mentre una sagoma rossa girava l’angolo, procedendo a lunghi balzi.

-Inuyasha!- esclamarono Sango, Miroku e Shippo, all’unisono

-Ragazzi!- rispose loro Kagome, dalla schiena di Inuyasha, che si fermò e la fece scendere a terra.

Sango corse ad abbracciare l’amica. -Come stai, Kagome? Tutto bene?-

-Si, certo. Inuyasha mi ha salvato da quei soldati di argilla, ma poi ci siamo persi, e abbiamo passato la notte in una delle cucine. C’era della legna, e abbiamo acceso un fuoco, si gelava dal freddo!-

-Noi ci siamo precipitati sulle vostre tracce, ma avete fatto davvero tantissima strada! Solo, vorrei sapere dove siamo ora… -

-Nella galleria dei paesaggi. - le rispose lady Loryn -Il che significa che l’uscita del castello è a pochi minuti da qui. Seguitemi. -

 

Finalmente uscirono dal labirintico castello, ma per arrivare alle città vere e proprie c’era da passare per i giardini. Nessuno di loro aveva mai visto nulla del genere, sulla Terra: alberi che parevano fatti di vetro, con foglie simili a specchi e frutti e fiori di cristallo. Alla minima brezza, oscillavano producendo una melodia incredibilmente dolce, a volte allegra, a volte malinconica. Camminarono senza sosta per tutto il giorno, arrivando a sera nella città di Febbraio.

-Questa città è sotto la responsabilità del principe Febbraio. Ogni tanto, quando non ho da fare, vengo a visitarla. Spero sia rimasto qualcuno…- disse Lady Loryn, mentre attraversavano le piazze e le strade deserte.

-Come sono, gli abitanti di questa città?- chiese Kagome, curiosa.

-Sono le festività dei vari paesi del mondo, in varie epoche storiche. Ad esempio, c’è il San Valentino Europeo del quindicesimo secolo, quello europeo del ventesimo, e quello giapponese, solo del ventesimo. C’è la grande famiglia del Carnevale, che comprende il gruppo familiare del Carnevale di Venezia, da quello del trecento a quello del ventesimo secolo; i Martedì grasso e i Giovedì grasso sono un’altra grande famiglia, anche se non hanno una data precisa, sono grandi feste europee. Ci sono molte festività cinesi, e la famiglia delle festività giapponesi, che è molto tradizionalista, sparpagliata un po’ in tutte le città dei mesi. Visto che siete giapponesi, pensavo di vedere se ci sono, per avere ospitalità per la notte. Se ci fossimo fermati nella città di Gennaio, avremmo potuto fermarci dai Capodanno, sono una famiglia vastissima e molto ospitale. La carica di festività si tramanda di padre in figlio, è un lavoro molto prestigioso, ma anche pieno di responsabilità. -

-Sono così stanca che mi fermerei a riposare dovunque!- esclamò Sango, che si appoggiava all’hiraikotsu per camminare, tanto era stanca. Miroku non parlava, ma si vedeva che anche lui era esausto. Kagome, la meno abituata di tutti a camminare, era stata portata per un pezzo in spalla da Inuyasha, mentre il piccolo Shippo aveva fatto quasi tutto il lungo cammino in braccio a Kagome, appollaiato sulla spalla di Miroku, o in groppa a Kirara.

Entrando nel cuore della città, un pietoso spettacolo si offrì ai loro occhi: banchi e tende rovesciati, tavolini e sedie da caffè fracassati, negozi saccheggiati. Era chiaro che c’erano state incursioni dei soldati di argilla.

-Come temevo…scommetto che sono state sequestrate tutte le festività… -

Un paio di occhi osservavano i nuovi arrivati da dietro l’angolo di una casa. Riconosciuta la dama al centro dello strano, eterogeneo gruppo, un leggero fischio di sorpresa, o forse di sgomento, uscì dalle sue labbra. Inuyasha lo udì, malgrado la distanza, e senza neanche avvertire gli altri, si precipitò a vedere chi diavolo fosse. Tornò reggendo per la collottola un ragazzino, apparentemente sui tredici anni, coi vestiti rotti e stracciati.

-Maledetti! Cosa volete fare alla sovrana?! Mettimi giù, bruto!- gridava come un ossesso, tentando di mordere e scalciare Inuyasha.

-Lascialo andare, è uno degli abitanti della città. - disse lady Loryn, rivolta all’hanyou.

-Sicuri che questo moccioso non cercherà di combinare casini? Mi ha già morso!- disse, dubbioso, il ragazzo. La dama sorrise, e poi, rivolta al ragazzino, gli disse -Loro vengono da un’altra dimensione, per aiutarci. Potresti dirci che cosa è successo qui?-

-Ecco, si, altezza… Due giorni fa, siamo stati attaccati dall’esercito. Hanno portato via tutte le Festività, e tengono in un pugno di ferro gli altri abitanti; hanno preso anche mio padre… -

-Chi è tuo padre?- gli chiese gentilmente Kagome, mentre il ragazzino cercava di trattenere le lacrime.

-San Valentino giapponese. Hanno preso tutti i San Valentino! A casa siamo rimasti solo io, la mamma e mio fratello piccolo…-

-Questo è un bel guaio… se Humer ha fatto rapire anche le festività… non oso immaginare cosa potrebbe stare macchinando… - disse, tra sé e sé la dama. Poi, nuovamente rivolta al ragazzino, gli chiese se poteva dar loro ospitalità per la notte, visto che la città non pareva sicura.

-Oh, maestà, sarà un onore e un privilegio!- il ragazzino arrossì, e poi li condusse a casa sua. Era una dimora piuttosto grande, decorata con fregi di cuori, angioletti e fiori, in rosa, rosso e toni pastello.

Anche la madre del ragazzino fu tra l’imbarazzato e l’onorato nel ricevere una così importante visita, e fornì loro tutte le informazioni che volevano su quello che era successo negli ultimi tre giorni. In parole povere, i soldati avevano fatto irruzione nelle case, avevano “prelevato” le festività, prima le maggiori, poi quelle meno note, e li avevano portati via. Fare resistenza era inutile: i primi, fatti di argilla cotta, si rompevano se bersagliati di sassi, o colpiti con forza con delle sedie, ma poi ne erano arrivati altri, metallici, fortissimi, e contro di essi, nulla era servito. A quelle parole, gli occhi della dama si spalancarono di terrore. Gli occhi di Miroku, di Sango, di Shippo e di Kagome, invece, si stavano chiudendo per la stanchezza, così, scusandosi per la carenza di sedie, usate come arma contundente, la signora li accompagnò nelle stanze per gli ospiti. Lady Loryn rifiutò cortesemente, affermando di preferire piuttosto continuare a parlare, perché in quel periodo dell’anno non solo non poteva, ma non sarebbe riuscita a dormire, neanche dopo giorni di cammino.

Purtroppo la servitù era quasi tutta scappata, terrorizzata dai soldati, e anche la moglie del San Valentino Giapponese stava meditando di sfollare in campagna, prima che arrivasse la Regina d’Inverno.

-Mi dispiace, non c’è la servitù, e non credo di essere brava a cucinare…-

-Non c’è problema, signora! Mi faccia vedere dov’è la cucina, e alla cena ci penso io!- esclamò Kagome, che cominciava a sentire i morsi della fame. La signora, stupita, fece quanto le era stato richiesto, e in breve Kagome e Sango erano riuscite a mettere insieme qualcosa da mettere sotto i denti. La frugale cena fu consumata in silenzio, interrotto solo ogni tanto da Shippo che, rinvigorito da un pisolino fatto mentre i grandi parlavano, era assai più vivace di tutti gli altri messi assieme.

Finalmente, non appena la cortesia poté permetterlo, i nostri eroi si ritirarono nelle camere che gli erano state offerte. Essendo la festività di San Valentino di origine europea, la casa era arredata in quello stile, prevalentemente, e nelle stanze da letto non c’erano futon e tatami, ma letti a baldacchino e tappeti. Lì per lì, Sango, Miroku e Inuyasha rimasero perplessi, ma Shippo trovò subito comodissimo il lettone a baldacchino, e ben presto anche gli altri scoprirono quanto fossero più comodi dei futon stesi per terra.

 

Nel grande letto a baldacchino che divideva con Sango, Shippo e Kirara, Kagome non riusciva ad addormentarsi, malgrado la stanchezza. Si girava e si rigirava, al caldo sotto le coperte, ma il sonno proprio non voleva saperne di venire. Alla fine, timorosa che, a forza di muoversi, avrebbe finito con lo svegliare l’amica e il piccolo kitsune, si alzò, infilandosi la tuta da sci e decidendo di fare un giretto nei corridoi, e magari fare due chiacchiere con lady Loryn, che non dormiva.

L’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare, invece, nei corridoi tenuemente illuminati dalla luna piena, era Inuyasha. Il ragazzo era seduto, nella consueta posizione a gambe incrociate, su un tappeto, davanti alla finestra. La luce della luna lo investiva in pieno, facendo scintillare i capelli argentei e brillare gli occhi color ambra. Pareva intento a guardare la luna. Udendo la ragazza avvicinarsi, le chiese -Come mai ancora sveglia?-

-Non riesco a dormire. -

-Freddo?-

-No, anzi, si stava ben al caldo; ma non riuscivo a dormire ugualmente. -

-Neanche io. Pensavo…-

-Che cosa?-

-Nulla di particolare. Lasciavo vagare i pensieri. Pensavo a questo cacchio di missione che ci siamo accollati; pensavo a quanto tempo passerà prima che si possa tornare a casa; e poi pensavo a…-

-A?-

“A te.” -Ai frammenti della sfera. -

Kagome parve delusa dalla risposta di Inuyasha. Non voleva però mettersi a litigare; ingoiò perciò la delusione, e disse -Sai, San Valentino non è una festa conosciuta nella tua epoca, ma nella mia, è una delle preferite delle ragazze. -

-Ah si? E come mai?-

-Per tanti motivi. Il principale, è che le ragazze possono dichiararsi ai ragazzi che piacciono loro. Di solito… regalando loro della cioccolata. Sai, non hai idea di quanta cioccolata ci fosse, nella dispensa! Quando Sango e io siamo andate a vedere di trovare qualcosa per mettere insieme una cena, abbiamo trovato quasi più cioccolata che riso!

Invece, in Europa, sono i ragazzi che si dichiarano, a San Valentino… almeno così abbiamo studiato l’altr’anno, a scuola, durante le lezioni di Inglese… -

 

Era piacevole, tutto sommato, restare lì, in quel silenzio amichevole. Inuyasha allungò una mano, stringendo nella sua quella di Kagome, seduta alla sua sinistra. Lei arrossì un poco, ma non si ritrasse.

-Ecco, io… Kagome, senti… Ti ho fatto soffrire, qualche volta, anzi, quasi sempre… però, volevo dirti che… per me tu sei… importante…-

-Come radar per i frammenti della sfera, non è vero?-

-No, non come radar per i frammenti. E neanche perché assomigli a… - non pronunciò il nome di Kikyo. Sapeva che non avrebbe fatto piacere a Kagome. -Sei sempre stata vicino a me… e non hai mai preteso che cambiassi la mia natura. Anche quando sono diventato un demone completo, mi hai sempre accettato per come ero… e io sono sempre stato così stupido da farti soffrire… -

-E perché non avrei dovuto accettarti per come sei? Gli amici servono a questo…-

-Gli amici? - Inuyasha si sentì come percosso da una mazzata gigantesca sulla testa. Amici? Ma non aveva ancora capito che lui stava cercando di dichiararsi? Oh, beh, decise, o la va, o la spacca. Il suo volto era voltato verso quello di Kagome, vicinissimi -Kagome, io…-

-Inuyasha…-

I loro volti, le loro labbra, erano vicinissime; potevano sentire l’uno il respiro dell’altra…

-Kagome-chaaan! Dove sei?!?- la voce li fece sobbalzare, e allontanare l’uno dall’altra con fare colpevole; era il piccolo Shippo che, svegliatosi e non trovando Kagome, era sceso dall’alto letto a cercarla.

-Shippo-chan! Ero… ero andata in bagno, poi mi sono fermata un po’ a parlare con Inuyasha… ma adesso devi tornare a dormire… o domani non riuscirai a camminare!-

-Mmmm… va bene, Kagome-chan…- il kitsune, assonnato, si arrampicò in braccio alla ragazza, ignaro dello sguardo omicida dell’hanyou.

Kagome sorrise ad Inuyasha, prima di tornare nella sua camera -Vai a dormire anche tu, ti farà bene riposarti un po’. -

L’hanyou annuì, ma non si alzò finché Kagome non ebbe chiuso la porta dietro di sé. Voleva addormentarsi con l’immagine del suo sorriso negli occhi; avrebbe voluto stringerla a sé, e dirle quanto l’amava, dirle che ora nel suo cuore c’era solo ed esclusivamente lei, chiederle di non lasciarlo mai, di restare sempre con lui… con lei a fianco, i suoi problemi parevano meno duri, il suo dilemma interiore della sua doppia natura, youkai ed umano, si attenuava, fin quasi sparire… “…con te, mi sento sereno…”

 

 

Si, lo so, è venuta un po’ cortina, ma la verità è che non ho una grande ispirazione, in questo momento! Tutte le mie risorse mentali sono concentrate altrove (altre storie, la scuola…) …beh, se lo volete un po’ più lunga, leggetela in caratteri più grandi! Eheh…^__^

Saludos amigos, alla prossima!                                                                                     Ilune

______________________________________________________________________________­­­­­­­__________________

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** le illusioni del castello ***


A SNOWY STORY

Giusto due righe: Inuyasha, Kagome e tutti i loro amici non mi appartengono! Solo qualcuno dei personaggi di questa ff nasce dalla mia mente (li riconoscerete subito, non sono proprio i migliori ç__ç), per il resto, sono creazioni della Divina Takahashi-sama.

Detto questo, buona lettura!

 

Capitolo 4 - le illusioni del castello

 

Il mattino dopo, dopo aver ringraziato la signora SanValentino, i nostri eroi si incamminarono di buon' ora, diretti verso la periferia della piccola città. Lo zaino di Kagome, che naturalmente era portato da Inuyasha (poveretto, deve pure fare da facchino…^_^ ) era stato molto appesantito da diversi viveri dati loro dalla donna, e l’hanyou sbuffava come una locomotiva.

-Kagome! Ma si può sapere cosa ci ficchi dentro, a questo… questo coso?-

-Ci ho ficcato dentro un sacco di cose utili, a tutti noi! Viveri e zuppe liofilizzate, e la cassetta del pronto soccorso, e coperte! Tutta roba che potrebbe salvarci la vita!-

Erano rimasti un po’ indietro, rispetto agli altri. Miroku, col suo solito istinto da donnaiolo, aveva intuito che l’amico voleva restare un po’ da solo con Kagome, così aveva cominciato a raccontare al piccolo Shippo e a Sango una delle tante leggende che conosceva. Lady Loryn camminava un paio di passi avanti a loro, ascoltando però interessata le parole del giovane monaco. Inuyasha e Sagome erano una decina di passi indietro, e continuavano a discutere sul peso dello zaino.

-E niente di quella roba da donne che ti porti sempre dietro?-

-Poch’e niente. Molta roba l’avevo già sistemata in casa. - rispose lei, alludendo, come “casa”, la capanna di Kaede. Ormai, era quasi diventata più “casa”, per lei, di quella in cui aveva vissuto per quindici e passa anni.

Continuarono a camminare; nessuno dei due pareva aver intenzione di allungare il passo per raggiungere gli altri. Inuyasha avrebbe tanto voluto riportare la conversazione sull’“argomento” interrotto la sera prima da Shippo, ma… ora non ne aveva più il coraggio! Alla fine, decisosi, prese la mano di Kagome nella sua, entrambe calzate di guanti, ma non riuscì a proferir parola. Camminarono per molti minuti così, entrambi coi visi rossi (e non certo per il freddo! NdG-chan), ma fermamente decisi a non mollare la mano l’uno dell’altra. A un certo punto, il gruppo avanti a loro si fermò, in una grande piazza - non c’era altro modo per definirla - che si apriva nel lato destro della strada.

-Ecco, io non potrei proseguire più oltre di così, nella mia stagione. Ma, visto che è un caso d’emergenza, temo sarò costretta ad ignorare le antichissime regole che noi sovrani delle stagioni ci siamo imposti ere fa. Qui, è dove i corrieri cambiano la staffetta nel trasportare i due scettri che scandiscono le stagioni, facendoli passare indirettamente dalle mani mie e di mio marito, a quelle dei Sovrani della Primavera. Due volte l’anno, qui c’è una grande festa, per celebrare il passaggio. Naturalmente, io non l’ho mai vista, perché tale passaggio avviene agli equinozi, qui, e io dormo profondamente. -

Si fermarono lì a mangiare un po’ di zuppa liofilizzata che Kagome aveva tirato fuori dal suo enorme zaino, e dopo la breve pausa si rimisero in cammino. In un villaggio riuscirono a procurarsi un carro e un paio di cavalli, e finalmente poterono far riposare i piedi, anche se i due cavalli da traino non sembravano tanto tranquilli, all’odore di Inuyasha e di Shippo. L’uomo che guidava il carro garantì che erano docili, ma preferirono ugualmente far sedere l’hanyou in fondo al carro, il più lontano possibile dalle bestie.

-Mi spiace, vostra Altezza dell’Inverno, di non potervi offrire un mezzo di trasporto più comodo, ma questi sono gli unici cavalli rimasti nel raggio di molte miglia; i soldati di pietra li hanno portati via tutti, assieme a tutte le nostre ricchezze. Fortunatamente, non hanno preso il cibo, o ce la saremmo vista molto brutta…- Si voltò, ma vide che, a parte la Regina d’Inverno, erano tutti addormentati! Erano stanchi, e il paesaggio innevato non era così interessante da tenerli svegli. Per la verità, non tutti dormivano: Inuyasha era ben sveglio, anche se teneva gli occhi chiusi, perché la neve che copriva il paesaggio abbacinava la sua vista acuta, e gli bruciavano gli occhi. Kagome, accanto a lui, era in dormiveglia, raggomitolata tra lo zaino alla sua destra, e l’hanyou alla sua sinistra.

-Kagome… dormi?-

-Mmm…? No, non proprio. Che c’è?-

-No, niente… Hai visto Miroku e Sango?-

-Mmmm… Cosa gli succede?-

-Guardali…-

La ragazza e l’houshi erano nella parte anteriore del carro, separati da loro dal massiccio zaino di Kagome. Sango si era addormentata per prima, con in braccio Kirara e Shippo.  Miroku le aveva cinto le spalle con un braccio e, non si sa se per la stanchezza o per qualcos’altro (“Starà mica male?” pensò subito allarmata Kagome), non era sceso oltre la vita. Erano entrambi coperti da una delle pesanti coperte di tessuto sintetico che Kagome aveva portato dal suo tempo, un pochino più grande di quella che la copriva. Inuyasha aveva rifiutato la coperta, dicendo che era abbastanza robusto da sopportare il freddo, ma, vedendo che gli amici dormivano, e quindi non avrebbero potuto fare osservazioni piccanti e stuzzicarli in proposito, Kagome stese metà della coperta che la avvolgeva anche su Inuyasha, che non protestò, anzi! In quel momento, pensò che si sarebbe adattato a dormire a trenta gradi sotto zero, pur di farlo con Kagome al suo fianco!

 

-Ecco… io più di così non posso portarvi… è troppo pericoloso… mi dispiace, altezza…-

Lady Loryn annuì, poi si apprestò a svegliare i ragazzi, cominciando da Sango. La toccò appena sulla spalla, e la ragazza si svegliò subito; notando immediatamente il braccio del bonzo attorno al suo corpo, reagì d’istinto…

-MIROKUUU!!! RAZZA DI PERVERTITOO!!!-

Un gigantesco ceffone fu la sveglia per il povero houshi, che non riuscì a non farsi sfuggire un “AIAHHHH!”

-Sango, sei davvero crudele! Volevo solo aiutarti a riscaldarti!-

-C’erano già Kirara e Shippo, razza di pervertito che non sei altro! Un giorno o l’altro ti faccio sbranare da Kirara, vedrai se non lo faccio!-

-Ma… ma… Insomma, PERCHÉ OGNI VOLTA CHE CERCO DI ESSERE GENTILE TU MI PICCHI?-

-PERCHÉ SO ESATTAMENTE DOVE VUOI ANDARE A PARARE, STUPIDO!-

Il casino della loro “discussione” aveva svegliato anche Inuyasha e Kagome, che si affrettarono a zittirli, ricordando loro che non sapevano se qualcosa, o qualcuno, li stesse spiando.

-Non è strepitando in questo modo, che potremmo introdurci di nascosto là. - disse severa Kagome, indicando con la mano la fortezza che si erigeva dinanzi a loro. Questa pareva intagliata in una montagna, tanto era grande, con file e file di feritoie che parevano, come tanti occhi torvi, scrutare la strada e chi vi passava.

-Comunque, Kagome, come pensi che potremmo introdurci lì dentro di nascosto?- disse Inuyasha, scandendo dal carro con un salto.

-Non lo so ancora, ma sicuramente è meglio non dare troppo nell’occhio, no?- rispose lei, scendendo e prendendo in braccio Shippo.

Non appena furono scesi tutti, il contadino girò il carro, e se ne tornò di corsa da dov’era venuto, come se avesse tutti i diavoli dell’inferno alle calcagna.

-Beh, secondo me, il metodo migliore è andare lì, sfondare la porta d’ingresso ed entrare!-

-Sei il solito rozzo irruento, Inuyasha!- disse Miroku -Non penso che entrare dalla porta principale sia il metodo migliore…-

-Tu vedi altre entrate, Miroku?- chiese Sango, mettendosi in spalla l’hiraikotsu.

-Silenzio! Sento che sta arrivando qualcuno!- li zittì Inuyasha; il suo finissimo udito aveva udito dei passi, pesanti e cadenzati, sulla strada, dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano venuti. Si nascosero dietro la folta siepe che bordava la strada, che era però un po’ meno fitta nel punto in cui, alla strada ove si trovavano, si inseriva quella, all’apparenza molto recente, che portava alla strana fortezza.

Dalla loro sinistra arrivarono una sessantina di soldati grigi, probabilmente fatti di pietra. Con loro, portavano dei cavalli, e un carro carico di provviste, che chiudeva la fila. Nessuno era dietro il carro di provviste, coperto superiormente, ma aperto alle estremità: uno dei soldati teneva i cavalli che lo trainavano per le briglie, stando avanti a loro.

-Questa è una vera fortuna! Ci nasconderemo nel carro. - disse Inuyasha, posando una mano su Tessaiga -E se ci scoprono… beh, tanto peggio per loro. -

-Ok, Inuyasha, vai per primo, e se ci sono problemi, pensaci tu. Sango, Lady Loryn e io veniamo dietro di te, assieme a Shippo e Kirara; Miroku, tu sali per ultimo, e assicurati che non ci vedano. - disse rapida Kagome; gli altri annuirono e Inuyasha, una mano pronta su Tessaiga, scattò in avanti, salendo con un agile salto sul carro. Fece loro un cenno con la mano: via libera. Sango e lady Loryn si precipitarono dietro, e Inuyasha aiutò la seconda a salire, preparandosi a fare altrettanto con Kagome, impedita nei movimenti da Shippo, che le stava aggrappato ad una spalla. Per ultimo, Miroku, che salì agilmente, quasi quanto l’hanyou. Nessuna delle guardie, davanti, pareva essersi accorta di nulla.

-Devono essere sordi. O totalmente stupidi, come automi. - sussurrò Kagome, mentre lei e gli altri si nascondevano sotto i teli che coprivano le provviste. 

Dopo qualche minuto, il rumore dei passi dei cavalli cambiò, passando dal suono attutito e leggermente risucchiato che facevano camminando sulla strada fangosa di terra battuta a quello nitido e risuonante del selciato di pietra. Poco dopo, il carro passò sotto una alta volta di pietra, lunga, profonda, chiusa da tre porte di spesso ferro nero, che si chiusero dietro di loro con un tonfo sinistro. Il carro fu fatto fermare vicino ad un muro, in un vasto cortile circondato su quattro lati di alti muri neri. I soldati di pietra parevano essere tutti scomparsi, così, cautamente, Inuyasha scese a controllare la situazione. Dopo qualche minuto, dette il “via libera”, e tutto il gruppo scese dal carro, infilandosi in un portone che si apriva, a pochi metri da loro.

Il corridoio era stretto e scuro, ma Kagome estrasse dallo zaino una potente torcia, e poterono continuare a camminare anche quando la luce proveniente dall’esterno era ormai sparita del tutto. Inuyasha non era tranquillo. -È tutto troppo calmo. Sono sicuro che sia una trappola. -

-Hai ragione. Non è normale: neanche una guardia, in giro, nessuno. Pare quasi che l’abbiano fatto apposta, a lasciare il carro vicino a quel portone. - disse Miroku, guardandosi in giro, sospettoso. Un rumore di passi di guardie li mise in allarme: proveniva da di fronte a loro, e alla loro destra c’era un altro corridoio che partiva da quello in cui erano. Dal rumore, parevano guardie di pietra, o forse di metallo. E parevano pure tante! Decisero, su due piedi, di rifugiarsi nel corridoio di destra, e ben presto non sentirono altri rumori oltre ai loro passi.

 

Pareva di stare camminando da un’eternità: Kagome, controllato l’orologio, vide che erano già quasi tre ore che percorrevano quei corridoi. Tutto quel buio le stava dando sui nervi, e a quanto pareva, non era l’unica: Sango teneva nervosamente una mano sull’impugnatura dell’hiraikotsu, e Kirara annusava in giro. D’un tratto, si trovarono di fronte ad un bivio: erano arrivati ad una vasta sala a base circolare, e sette porte, identiche a quella da cui erano arrivati, apparirono una dopo l’altra al fascio di luce della torcia.

-Cosa facciamo?- chiese nervosamente lady Loryn, tormentando con le dita un lembo della veste. Kagome si rese conto che la donna era quella che, in quel frangente, si trovava più in difficoltà; loro, invece, erano abituati alle situazioni più strane e pericolose, e anche se non erano mai piacevoli, ci avevano fatto ormai il callo. La regina dell’Inverno, invece, probabilmente non aveva mai fatto nulla di pericoloso, e sicuramente non si era mai trovata in un labirintico corridoio immerso nell’oscurità, lontana dalle persone care, a dover fronteggiare un nemico ritenuto molto potente.

-Inuyasha, sediamoci a riposare un po’. È da ore che stiamo camminando, e forse sarebbe meglio osservare con calma quelle porte. - disse Kagome. Inuyasha annuì, e mentre gli altri si sedevano un poco a riposarsi, lui e Shippo andarono a controllare una per una le porte, se per caso ci fosse odore di uomini d’argilla, o di quelli di pietra o di ferro; oppure, se ci fossero semplicemente segni di passaggi recenti. Nulla. Dopo mezz’ora, i due tornarono, scornati, al resto del gruppo. La situazione si faceva pericolosa: quale porta avrebbero dovuto scegliere? Potevano nascondere trabocchetti, labirinti, o… il loro nemico. O forse era meglio tornare indietro? Erano al centro della sala, discutendo del problema, quando un’inspiegabile vertigine colse tutti quanti, e, uno dopo l’altro, si accasciarono a terra. L’ultimo a svenire fu Inuyasha che, con una mano su Tessaiga, cercò di avvicinarsi a Kagome, per proteggerla.

 

Di nuovo quello strano paesaggio. Inuyasha riconosceva il paesaggio del suo sogno, quello fatto due notti prima. Ma stavolta, c’era qualcosa di sinistro. Di finto. Il gorgoglio del ruscello era monotono, i fiori senza profumo, il vento fastidioso. Si guardò intorno, sospettoso, la mano pronta sulla spada. Quello che vide, però, fu al di là di ogni sua aspettativa: vide sé stesso. Anzi, si vide due volte. A poche decine di metri da lui, c’era una sua copia, con l’abito rosso, la spada a fianco e… i capelli neri! Stava vedendo sé stesso umano! Dall’altra parte, invece, c’era… assurdo, c’era ancora lui, ma con gli occhi rossi e le zanne più lunghe… se stesso youkai completo! Confuso, strinse la spada meglio nella mano. Non temeva il sé stesso umano; quello che temeva, era il sé stesso demone: sapeva che era stato molto pericoloso, quando il suo sangue youkai aveva preso il sopravvento, e l’idea di essere fatto a fettine dalla propria parte più violenta e malvagia non lo allettava più di tanto. Ma nessuno dei due si muoveva.

 

Kagome si guardò, confusa, attorno. Ma dov’era? Ah, si, riconosceva quel posto! Era quella foresta… quel posto che lei malediceva con tutta sé stessa. Il posto in cui aveva visto Kikyo baciare Inuyasha. Si, ero immobilizzata proprio a quest’albero pensò, sfiorando la corteccia di un massiccio, basso albero dalle radici nodose e in rilievo. Stupido, stupido Inuyasha! Perché non riesci a capire cosa provo per te? Perché pensi ancora a Kikyo? Si sedette tra le radici dell’albero. Tutta la sua mente era imbevuta di dolore e delusione. D’un tratto, vide una sagoma rossa in movimento: Inuyasha! Fece per alzarsi e correre da lui, ma qualcosa che vide la bloccò. Inuyasha era umano, e… c’era Kikyo con lui! Ridevano, e parlavano, e si tenevano per mano! Atroci stilettate di dolore e delusione lacerarono il cuore di Kagome. Dunque, sei diventato un essere umano; e hai scelto lei! Si mise a piangere, a piangere, a piangere come una disperata, ma senza un rumore. E intanto non si accorgeva che le nodose radici dell’albero le strisciavano addosso, piano, ma costantemente, come serpenti, avvinghiandola e trascinandola sottoterra.

 

Sango si guardava attorno, sospettosa. Conosceva quelle montagne, erano quelle che circondavano il suo villaggio natale. A passo svelto, si incamminò per un sentiero noto, ma qualcosa non le quadrava. Il paesaggio non era esattamente come doveva essere… il rumore del vento era troppo uguale, il sole troppo caldo, il suolo troppo freddo… alcuni alberi erano in fiore, altri avevano le foglie secche, altri ancora erano spogli. Pareva che qualcuno avesse messo insieme il paesaggio con frammenti di ricordi. Il villaggio le si parò improvvisamente davanti, e lei, con l’hiraikotsu in spalla, vi entrò. Un atroce spettacolo si parò davanti ai suoi occhi: case distrutte, cadaveri, di umani e di youkai, abbandonati qui e là, e… no, non era possibile! In mezzo ai cadaveri c’erano… Kirara, e Shippo… e Kagome, e accanto a lei, semisventrato, Inuyasha; e un po’ più in là, con gli occhi sbarrati a fissare il vuoto, Miroku… Una stretta di ferro attanagliò il cuore della ragazza. No, non ancora! Perché? Perché tutti quelli che amo muoiono? Cadde in ginocchio accanto al corpo del monaco, e si mise a piangere. Non sapeva il perché, ma non riusciva a smettere, si sentiva oppressa da un dolore e da una tristezza indicibili.

 

Miroku non riusciva più a controllare il foro del vento. Un risucchio che diveniva ogni secondo più forte aveva già strappato via il rosario che lo sigillava, e ora tutto, attorno a lui, era attirato dal buco nero della sua mano. Anche i suoi amici. Tentando inutilmente di allontanarsi, il monaco vide con terrore che il risucchio aumentava la sua potenza, ma, invece di risucchiare solo sé stesso, stava risucchiando anche Inuyasha, e Kagome, e Shippo, e… Sango! No, non doveva accadere! Miroku cercava di chiuderlo, di puntarlo verso sé stesso, in modo da morire, ma salvare almeno i suoi amici, ma era inutile. Uno dopo l’altro, i suoi amici stavano venendo risucchiati, e la più vicina era… Oh, mio Dio, fa che io muoia, ma salva Sango! Fu il suo frenetico pensiero.

 

Shippo piangeva. Dov’erano tutti? Dov’era Kagome, dov’era Sango? Dov’erano Inuyasha e Miroku? Non riusciva a vederli da nessuna parte. D’un tratto, un odore familiare colpì le sue narici. -Kagome!- seguendo il suo fiuto, il volpino arrivò ad una radura, ma ciò che vide lo fece gridare d’orrore: Kagome bolliva in una pentola, rimestata da Manten, che se ne stava facendo una lozione per i tre capelli che aveva in testa! Lo youkai del fulmine si voltò, lo afferrò per la coda, e lo legò ad un albero. -A te ci penserò dopo, volpino. Ti spellerò e mi farò un berretto. - disse, tornando a rimestare il pentolone.

 

Inuyasha era confuso. Perché non si muovevano? D’un tratto, la sua copia-youkai scattò di lato e, veloce come un fulmine, sparì nella boscaglia. La copia-umano lo seguì, straordinariamente veloce, per un essere umano, e Inuyasha li seguì entrambi. Li ritrovò poco dopo: stavano lottando, muti, ma feroci. La sua copia-umano stava cercando di difendere dalla copia-youkai qualcuno… Kagome. Quando Inuyasha arrivò sul luogo dello scontro, i due si divisero, e si portarono ai suoi lati. Kagome pareva troppo terrorizzata, o forse sorpresa nel vedere ben tre Inuyasha, per poter parlare.

-Uccidila. - gli sibilò all’orecchio sinistro la sua copia-youkai.

-Difendila. - gli disse la copia umana, dall’altra parte.

-Massacrala. Lei è una catena per te. -

-Salvala. Lei è la tua forza. -

-Liberatene nel modo più crudele che conosci. Lei ti disprezza. -

-Amala, come anche lei ti ama. Ti vuole bene, indipendentemente dalla tua natura. -

La sua voce, che gli veniva da due diverse parti. A sinistra, era metallica, tagliente, fredda. A destra, pareva proprio la sua… no, forse un po’ meno brusca, come quando era sereno; come quando era con Kagome, e non litigavano.

La copia-youkai lo afferrò per il braccio, strattonandolo, costringendolo a voltarsi.

-Accetta la tua parte youkai. Diventa un vero spettro. Saremo invincibili. -

La copia-umano spinse da parte la copia youkai; ora pareva alterato. -Non ascoltarlo! Sei già forte, ma non sei felice, senza di lei. -

-La forza dà potere, umano!-

-Ma il potere non dà la felicità, youkai. -

-Stupido cuore umano! Taci!- con un manrovescio della mano artigliata, la copia-youkai sbatté contro un albero la copia-umano, e poi si slanciò contro Kagome, pronto a macellarla con gli artigli affilati. Inuyasha si precipitò dietro alla sua copia, afferrandolo per le gambe e trattenendolo, e ingaggiando una lotta furiosa, presto aiutato dalla sua copia-umano.

-Inuyasha, sei uno stupido! Stupido, stupido, stupido! E io che ti amavo…- era la voce di Kagome, ma non proveniva dalla ragazza, seduta, terrorizzata, a terra. Proveniva dalle sue spalle. Con uno scatto, Inuyasha si voltò, e nell’istante di un battito di ciglia, tutto intorno a lui vorticò, e le sue due copie, lo stano posto che assomigliava al suo sogno, tutto svanì in un turbinio di colori. Si trovò in una foresta più familiare; ma dove… ma sì, era la foresta dove aveva rivisto Kikyo la prima volta, dopo che la strega Urasue l’aveva riportata in vita, e dove lei lo stava per trascinare agli inferi! Ma Kagome lo aveva salvato, rompendo l’incantesimo di Kikyo. Eccola, Kagome, seduta alla base dell’albero, ma… cos’erano quelle robe che la stavano ricoprendo? Radici? Si precipitò a cercare di staccarle, ma più le rompeva, e più ricrescevano. Kagome mormorava qualcosa, tra le lacrime, ma Inuyasha non riuscì a capire altro che il suo nome. D’un tratto, un suono di risate lo fece voltare… quale non fu la sua sorpresa nel vedere sé stesso umano… per mano con Kikyo! Le due figure gli passarono vicino, come se neanche lo vedessero. Allungò una mano, per trattenere il sé stesso umano, ma la sua mano attraversò l’aria! Erano illusioni!

-Kagome! Kagome, svegliati! Kagome, non fare la cretina, alzati! Forza, o queste radici ti sommergeranno! Stupida, vuoi morire così?!- le diceva, cercando disperatamente di strappare le radici dell’albero, sempre più grosse, robuste e numerose.

Tra un singhiozzo e l’altro, Kagome, che non aveva riconosciuto la voce di Inuyasha, disse -Non m’importa di morire… Non m’importa, visto che Inuyasha ama Kikyo…- 

Inuyasha, fulminato da quelle parole, rimase per un attimo immobile, ma subito se ne pentì, perché ora quelle radici stavano avvinghiando anche lui! -Kagomeee! Kagome, guarda che io non amo più Kikyo! Perché non lo capisci? Ho cercato di dirtelo, ieri, io amo TE!- le gridò, con le sue ultime forze, mentre le radici, tentacolari, stritolavano entrambi, soffocandoli.

-Cosa…?- Kagome alzò lo sguardo, il volto rigato di lacrime. E incontrò lo sguardo d’ambra di Inuyasha. -Inuyasha…-

-Io amo TE, non lei. - le disse lui, sorridendo, anche se si sentiva stritolare dalle radici, che però, al lieve sorriso che comparve sul volto di Kagome, si allentarono leggermente. -Se dobbiamo morire, prima di farlo, vorrei…- erano vicinissimi, quasi si sfioravano, Se dovevano morire, pensò, prima voleva finire quello che aveva cominciato la sera prima. Con uno sforzo, cercando di divincolarsi dalle radici della malefica pianta, si protese verso il viso della ragazza; avrebbe voluto baciarla sulle labra, ma era troppo lontano, e sfiorò soltanto la guancia della ragazza. Ma fu sufficiente ad esprimere i suoi sentimenti. Con uno sfolgorio di luce, le radici si dissolsero, e il bosco tornò quello, un po’ tenebroso, ma normale, dei ricordi di Kagome. Le figure di Kikyo e Inuyasha-umano, che ancora camminavano a pochi metri da loro, per mano, si dissolsero, e Kagome si ritrovò, libera, tra le braccia di Inuyasha.

-I…Inuyasha… cosa…-

Lui la strinse a sé, come quando, vicino al pozzo, le aveva sfilato dal collo il frammento della sfera. Ma stavolta, non la allontanò. La tenne stretta al suo petto, affondando il volto nei neri capelli profumati di Kagome.

-Non so cosa tu abbia visto, prima, ma… ma io sono qui, ora… con te. E amo solo te, anche se sono un cretino integrale che ti fa soffrire, uno stupido che non sa rendere felice l’unica donna che riesce… a farlo sentire bene. -

Lei non parlava, ma si stringeva spasmodicamente a lui, come per paura di vederlo sparire. Di nuovo, il vortice di colori e il senso di vertigine, e poi si ritrovarono nel paesaggio-sogno di Inuyasha. La copia-youkai e la copia-umano stavano ancora lottando, davanti all’immagine di Kagome, terrorizzata.

-Inuyasha, ma cosa… quella sono io! E quelli… quelli sono… sei tu! Che significa?-

-Che io sia dannato se lo so, Kagome!-

D’un tratto, la copia-youkai si divincolò dalla copia-umano, e, con un colpo degli artigli, squarciò la gola all’immagine di Kagome. Inuyasha coprì l’orrenda vista alla vera Kagome, che ancora stringeva a sé, con un lembo della manica, poi, presala tra le braccia, scappò tra gli alberi.

-Sono le mie due metà. La metà umana, e la metà youkai. Prima la metà youkai cercava di convincermi ad uccidere quella… quella copia di te. -

-Ma non lo hai fatto. -

-Io e la mia metà umana ci siamo coalizzati… abbiamo cercato di distruggerlo, ma non ci siamo riusciti. -

-Però lo tenete sotto controllo, no? Voglio dire, ti trasformi una volta al mese in umano, ma finora, solo una volta in youkai…-

-È quello, che mi spaventa. Se mi capitasse ancora, magari in modo imprevedibile? Ho paura, Kagome, paura di me stesso. Ho paura di poterti fare male. -

Si erano fermati vicino al torrente.

-Inuyasha… l’unico modo in cui potresti ferirmi, è abbandonarmi. Ma io so che non lo farai. -

Lui la strinse più forte a sé. Come mai, prima si era sentito tanto sicuro, e adesso era preda di mille dubbi? Come mai adesso era Kagome, ad essere così certa, così sicura?

-Come fai ad esserne così sicura?-

-Perché mi ami. E io… io amo te. - era arrossita. Non era facile dire una cosa del genere. -Io amo l’Inuyasha hanyou, e l’Inuyasha umano… e non ho paura dell’Inuyasha youkai. -

Se forse voleva dire qualcos’altro, fu interrotta dall’arrivo della copia-youkai, a stento trattenuta dalla copia-umano.

-Basta! Non è possibile! Non è materialmente possibile che io mi trovi di fronte non uno, ma a due me stesso, youkai ed umano. TUTTO CIÒ NON PUÒ ESSERE VERO!!!- esclamò Inuyasha, atterrando con un cazzotto la sua copia-youkai, che cercava di agguantare con gli artigli insanguinati Kagome. D’un tratto, di nuovo il turbinio di colori, e il senso di vertigine, ma molto più forte. Inuyasha e Kagome si tenevano stretti l’uno all’altra, e si sentivano cadere. Poi, sotto di sé, videro i loro corpi. Erano stati gettati, assieme a Miroku, a Sango, e a Shippo, in una specie di gabbia, sorretta da una catena, a diversi metri da terra. I loro corpi erano vicini, anzi, Kagome era in parte sopra Inuyasha. Si sentirono risucchiare, e dopo qualche istante, si svegliarono, l’una sopra l’altro, nella dondolante gabbia.

-Kagome! Stai bene?-

-Inuyasha! Si, si, ma dove siamo? Oddio, Sango! È ghiacciata! E anche Shippo!-

-E anche Miroku. Forse sono vittime di illusioni, come noi poco fa. -

-Forza, proviamo a svegliarli!- Kagome sollevò Sango, scuotendola, chiamandola, e intanto teneva tra le braccia Shippo, cercando di scaldarlo col calore del suo corpo. Inuyasha tentava di far tornare in sé Miroku in modo un po’ più brusco, scuotendolo, prendendolo a schiaffi, gridandogli per chiamarlo.

 

Sango piangeva, ma sentiva che qualcuno la chiamava. Lasciami in pace, lasciami disperare in pace per la morte della mia famiglia e dei miei amici… lasciami raggiungerli.

-Sango! Sango, amica mia! Sango, ti prego, svegliati!-

 

Miroku era confuso: perché gli risuonava nelle orecchie la voce di Inuyasha, se l’hanyou era appena stato risucchiato? Perché continuava a gridargli nelle orecchie?

-Stupido bonzo pervertito, apri gli occhi, cazzo! Muoviti, svegliati! PORCA MISERIA, LO VUOI CAPIRE CHE È TUTTA UN’ILLUSIONE? SVEGLIATI, PEZZO DI CRETINO, O MORIRAI!!!!-

Un’illusione? Davvero era tutta un’illusione!? Ma allora… allora lui non aveva risucchiato Shippo, e Inuyasha, non aveva appena risucchiato nel vortice Kagome, e la Sango che il suo vortice s’apprestava a fagocitare non era la ragazza a cui lui teneva tanto… Cacchio, certo che mi sveglio! Non voglio morire senza aver mai provato neanche a baciare Sango!

Un vortice e una vertigine lo presero, e ben presto lui si ritrovò, con le guance rosse per i ceffoni datigli dall’amico per cercare di svegliarlo, tenuto per la collottola dall’hanyou.

-Alla buon’ora, bonzo!- gli disse Inuyasha, mettendolo giù. Kagome, intanto, cercava ancora di far svegliare Sango e Shippo. Subito, Miroku fu accanto a Sango, e, presole le mani nelle sue, cominciò a chiamarla, come già stava facendo Kagome, che si dedicò a cercare di svegliare Shippo, che stava diventando sempre più freddo.

-Sango! Sango, ti prego, rispondi! Sango, non te ne andare! Svegliati!-

Questa voce… è familiare… Miroku? No, non è possibile, lui è morto. Tutti, sono morti tutti… non ho più nessuno…

-Sango… ti prego, svegliati… devo dirti una cosa importante… Sango, è solo un’illusione… non so cosa stai vedendo, ma è tutta un’illusione! Svegliati, abbiamo bisogno di te…-

Si, è la voce di Miroku… davvero questo è tutto un’illusione? Possibile?

Si, possibile… gli alberi… non possono essere così, sono strani… e i corpi… quello è lo zio, ma è morto da tanti anni, io ero ancora piccola! È vero, è un’illusione!

-…io ho bisogno di te…- l’ultima frase, Miroku l’aveva solo sussurrata, piangendo, perché Sango era diventata fredda come un cadavere. Ma Sango la sentì ugualmente. Ha bisogno di me? Oh, Miroku…

Anche lei fu avvolta dal vortice, fu presa dalla vertigine, e ripiombò dall’alto nel suo corpo, che tornò caldo quasi immediatamente. Miroku la stava abbracciando, e a Sango non importava dove finissero le sue mani: era vivo, erano tutti vivi, i suoi amici! Era felice, felice che si fosse trattato solo di un’illusione! Ma le mani di Miroku, per una volta, restarono al posto giusto.

Ora, rimaneva solo Shippo. Kagome lo strinse a sé, lo chiamò, in mille modi.

-Shippo! Shippo-chan! Svegliati! Ti prego, svegliati! È solo un brutto sogno! È tutto falso, è solo un’illusione! Shippo-chan!-

-Kagome… Kagome… ‘snif’…- il piccolo kitsune non riusciva a capire da dove venisse la voce. Pareva quella di Kagome, ma non era possibile: lei era morta, era stata sciolta in pentola!

-Shippo-chan, sono io, sono Kagome! Svegliati, è tutto solo un’illusione!-

Solo un’illusione? Un brutto sogno? Ma allora, Kagome era viva! Allora, non era stata sciolta in pentola da Manten! È vero, Manten è morto! Lo ha ucciso Inuyasha, e ha ucciso anche Hiten! È tutto falso!

Un vortice e una vertigine lo staccarono dall’albero, cui era appeso per la coda, ma anziché cadere per terra, si ritrovò tra le braccia di Kagome, che abbracciò, felice che non fosse stata trasformata in lozione per capelli da uno youkai del fulmine.

 

Poco dopo, cercarono di fare il punto della situazione: erano stati preda di illusioni, che andavano a colpirli nei loro punti deboli, nelle loro paure, ma, rendendosi conto che erano solo illusioni, ne erano scampati. Ora, però, si trovavano appesi in una gabbia, e il suolo sotto di loro era quasi invisibile nell’oscurità, tanto erano sospesi in alto. Kirara era scomparsa, e anche lady Loryn. D’improvviso, la catena prese ad ondeggiare paurosamente, e alcune pelose zampe di ragno formato extra-large entrarono nell’aura di luce che una torcia, attaccata alla gabbia, proiettava intorno. Con un urlo di puro schifo e terrore, Kagome si rese conto che quelle zampe appartenevano ad un ragno gigantesco, che pareva del tutti intenzionato a divorarli!

-Adesso ci penso io, a quello schifoso insetto!- esclamò Inuyasha, portando una mano a Tessaiga… che però non c’era più! Erano spariti sia la spada, sia il fodero! La sorpresa e lo sgomento dell’hanyou lo paralizzarono per un istante, ma quando Shippo gridò, perché una zampa stava cercando di afferrarlo, Inuyasha si riscosse, e tranciò le zampe della bestia coi suoi artigli, squarciando poi il molle ventre che si era adagiato sulle sbarre superiori della gabbia. Ferito, privato di tre delle otto zampe, trasudante un fetido liquido verde-giallastro, il ragno gigante scappò, arrampicandosi sulla catena, andando a rintanarsi nel suo nido tenebroso, da qualche parte, nella grande sala.

La gabbia era chiusa da un lucchetto, che però cedette subito sotto la forte presa di Inuyasha, che lo ruppe come una noce. Il problema, ora, era scendere. Inuyasha sapeva che non avrebbe avuto problemi, a saltare giù ed arrivare intero, anche con Kagome sulla schiena, ma rimanevano Sango e Miroku, che, anche se in gamba, non potevano cavarsela senza danno da un salto di almeno dodici metri. Era fuori discussione che lui facesse la spola, in quanto non sarebbe certo riuscito a compiere un balzo verso l’alto di tali proporzioni. La questione era difficile. Alla fine, fu Miroku a trovare la soluzione.

-Inuyasha, tu e Kagome scendete con un salto. Poi, tu afferri me e Sango, che scenderemo dopo. -

-Per me va bene, bonzo, ma non ti assicuro un atterraggio morbido…-

Miroku assunse un’espressione un po’ preoccupata: sapeva che Inuyasha non lo avrebbe fatto sfracellare, non in quel momento, almeno, ma non ci teneva più di tanto, a farsi troppo male. Sango, invece, pareva abbastanza tranquilla: aveva già fatto salti nel vuoto da altezze considerevoli, anche se mai da così in alto. Oh, come sentiva, in quel momento, la mancanza di Kirara! Con lei, sarebbe stato tutto più facile!

-Aspetta, Inuyasha. Non sono sicura che laggiù sia tutto sicuro. Forse ci sono trappole, o lance…- disse poi, pensierosa, osservando il pavimento, tenuemente illuminato da pochi bagliori della torcia.

-Shippo, fai un fuoco fatuo e lancialo verso terra. - ordinò allora l’hanyou al piccolo kitsune. Shippo ubbidì subito, orgoglioso di potersi rendere utile, e alla luce della palla azzurrina del suo fuoco fatuo, il gruppo poté constatare con sollievo che non c’era altro che un pavimento di pietra e, in un angolo, uno strano, grosso marchingegno che, probabilmente, serviva ad issare e calare la gabbia.

-Bene. Andiamo, Kagome, Shippo. - Inuyasha prese in spalla Kagome, al quale a sua volta teneva ben stretto tra le braccia il volpino. L’atterraggio non fu dei più morbidi, ma non si fecero male, e pochi minuti dopo, anche Miroku si buttava giù, pregando gli dei che Inuyasha non gli giocasse brutti tiri. Ma l’hanyou lo acchiappò al volo, con una mano sola, prendendolo per la collottola dell’abito come un gattino! Asciugandosi i sudori freddi che gli avevano coperto il viso negli ultimi metri di caduta, quando aveva visto che Inuyasha era perfettamente immobile e lo guardava con uno strano sorrisetto, il monaco alzò lo sguardo, vedendo che Sango si lanciava senza esitazione nel vuoto, venendo presa al volo, e in modo molto più gentile, da Inuyasha.

Una volta scesi, restava il problema di come uscire dal posto in cui si trovava la gabbia. Sango aveva gettato giù, prima di lanciarsi, la torcia, che sarebbe servita, in origine, ad attirare il ragno gigante verso le sue prede, e grazie alla sua tenue luce, poterono trovare la porta. Era un massiccio portone di ferro nero, molto spesso e pesante, alto almeno sei metri, e largo quattro. Pareva impossibile da aprire, dall’interno, ma dai cardini dedussero che doveva aprirsi nella loro direzione. I furiosi cazzotti di Inuyasha furono perfettamente inutili, e l’hanyou dovette smettere, alcuni minuti dopo, di tempestare la porta di colpi, con le mani rosse e doloranti. Miroku si fece avanti baldanzoso. -Mettetevi molto dietro di me, e tenetevi forte!- esclamò, cominciando a disfare la fasciatura della mano. Subito, gli altri si affrettarono a mettersi dietro al monaco, che col suo foro del vento aspirò tanto le porte, che queste si scardinarono, e si schiantarono a pochi metri da Miroku, che aveva chiuso il foro del vento prima di aspirarle.

-Bel lavoro, bonzo. - disse Inuyasha, sorpassando Miroku e andando a controllare che, fuori della porta, non li attendessero sgradite sorprese. Fuori c’era solo un corridoio che pareva essere stato scavato in un blocco di argilla e poi cotto. Non c’era traccia delle guardie, ma dopo pochi minuti che avevano abbandonato la camera del ragno gigante, pesati passi risuonarono davanti a loro, e in pochi minuti si ritrovarono davanti diverse decine di soldati. Erano scuri, quasi neri, e camminando emettevano un rumore metallico. Erano fatti di metallo, probabilmente ferro, e, senza altre armi che l’abilità e l’esperienza, Sango, Miroku e Inuyasha faticarono non poco a distruggerli. Oltretutto, parevano spuntare dalle pareti, come funghi. Kagome notò che uscivano tutti da una mezza dozzina di punti precisi, e dopo che i suoi amici ebbero ridotto a pezzettini, o aspirato tutti i soldati già presenti, provò ad avvicinarsi alle sezioni di muro da cui erano spuntati i soldati metallici. Con grande sorpresa di tutti, in quel punto il muro era... un’illusione!

-Sto cominciando a stancarmi, di queste illusioni! Prima cercando di ammazzarci nel sonno, poi ci troviamo in un tunnel con pezzi di pareti inesistenti… - brontolò Inuyasha. -BHAA! Se becco chi ne è l’artefice…!-

-Siamo tutti stufi di queste illusioni, Inuyasha. E se davvero ne scoviamo l’artefice, voglio dirgli anche io due paroline…- disse cupo Miroku. Non gli andava proprio giù, che qualcuno avesse usato il suo più grande timore, il suo punto debole, per cercare di farlo fuori, anzi, spingerlo a farsi fuori, e il fatto che questo qualcuno pareva capace di leggere le loro paure e i loro sentimenti non gli piaceva per nulla.

Kagome sporse la testa al di là della parete finta, e la ritrasse poco dopo, esclamando -Ehi! Venite a vedere!-

Inuyasha si portò subito al suo fianco, con fare protettivo. Senza la Tessaiga, aveva meno forza per proteggere Kagome, e non voleva che la ragazza corresse neanche un pericolo in più del necessario. Quello che vide, e che videro anche Miroku, Sango e Shippo, quando attraversarono l’illusione di parete, lo lasciò a bocca aperta: si trovavano in una stanza di forse cinquanta metri di larghezza, per cento di lunghezza, al centro della quale correvano le pareti, vere e illusorie, del corridoio che avevano appena lasciato. La prima ad arrivare alla logica conclusione fu Kagome: -Abbiamo camminato tanto, restando fermi! Tutta la strada percorsa nel corridoio, era un’illusione!-

-Beh, adesso ne siamo fuori, per cui, vediamo di uscire anche da questa stanza!- disse Sango. Senza l’hiraikotsu si sentiva nuda, ed era una sensazione che non le piaceva.

 

Questa volta l’ho fatto lungo, il capitolo, eh? Ah, ho usato, e userò in seguito, diversi termini giapponesi, per cui, per chi non li conoscesse, riporto la traduzione.

Baka: stupido

Hiraikotsu: il boomerang di Sango; letteralmente, “Boomerang fatto con l’osso di un animale”

Houshi: monaco buddista di basso livello

Kariginu: il modello di kimono che indossa Inuyasha

Osuwari: seduto, a cuccia

Siccome tutte le parole jap che conosco le ho imparate dalle ff, se ho sbagliato a scrivere o a tradurre, non è colpa mia! Però chiedo scusa ugualmente, se doveste trovare degli errori (od orrori?), ok? Ora vado a farmi un litro e mezzo di tè, mi spremo le meningi un altro po’ (ultimamente le sto spremendo come un sacchetto di arance) e vedo di buttare giù il cap. 5 (non aspettatevelo troppo in fretta, comunque!); nel frattempo, ombra e acque fresche!

By Ilune

 

 

 

­­­­­­

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** i loro sentimenti ***


A SNOWY STORY

 

capitolo 5 - i loro sentimenti

 

Continuarono a girare per diverse stanze e corridoi, che però parevano privi di illusioni. Ad un certo punto, il sensibile naso di Inuyasha captò un odore un po’ familiare. -Aspettate. - disse, annusando profondamente in giro. Incuriosito dalla cura con cui l’hanyou annusava l’aria vicino alle pareti e a terra, Shippo lo imitò, e dopo poco, entrambi giunsero alla stessa conclusione.

-Lady Loryn è passata di qui. - disse fieramente il volpino.

-Non più di qualche ora fa: la traccia è fresca, ancora. Ma c’è odore di argilla fresca e di ferro, e ho trovato dei pezzetti di pietra. E questo. - disse, mostrando una nappa colorata. Sango la riconobbe: era uno degli ornamenti del suo hiraikotsu. Quindi, evidentemente, la dama e le loro armi erano stati portati tutti nello stesso posto, perché era assai improbabile che la donna riuscisse a sollevare il boomerang d’osso, e magari a scappare, incalzata dalle guardie di pietra e di argilla. Probabilmente, era stata legata, e portata via dai soldati, mentre loro, inutili a Humer, erano stati lasciati in pasto al ragno gigante. Arrivati a questa conclusione, si misero di buon passo a seguire Inuyasha, che seguiva sicuro la pista. Non poteva sbagliarsi sull’odore della dama: aveva l’esatto odore dell’aria quando sta per cadere la neve.

Camminarono per ore, ma, almeno, non trovarono nessuna illusione. Quando le gambe non ressero più loro, si sedettero, in mezzo a una stanza assolutamente vuota, salvo per la presenza di quattro guardie di legno in statuaria posizione, immobili, che però si animarono subito alla vista degli intrusi. Inuyasha li distrusse con un solo colpo degli artigli, e ne utilizzarono i legnosi resti per fare un fuocherello, acceso dal  fuoco fatuo del piccolo Shippo, e scaldarsi un poco. Infatti, l’aria era fredda e umida, e non sempre c’era luce, nei corridoi e nelle sale deserte che attraversavano.

Kagome era seduta tra Sango e Inuyasha, con Shippo in braccio. Guardava sottecchi l’hanyou, mentre le mille domande che le erano sorte in mentre in quelle ore di monotono cammino le frullavano in testa come biglie in un flipper impazzito. Avrebbe voluto chiedergli se quello che lui le aveva detto mentre erano persi in quelle illusioni era vero, se davvero non amava più Kikyo, se quel bacio glie lo aveva dato non perché poteva essere l’ultima azione della loro vita, ma perché l’amava… Lei gli aveva detto la verità, lo amava, da molto tempo se ne era resa conto, ma non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo. L’ombra di Kikyo si era sempre frapposta tra lei e la loro felicità; con la sua semplice presenza, lacerava il cuore dell’hanyou in due, e lei non sapeva se Inuyasha amasse in lei soltanto l’aspetto di Kikyo, o le volesse bene davvero, a Kagome, non alla reincarnazione di Kikyo. Ma ora, forse, qualcosa era cambiato. Lui le aveva detto che amava solo LEI, e non più Kikyo, e anche se era stato in un mondo creato da un’illusione, i loro sentimenti, sperava, erano veri. Solo, adesso avrebbe voluto sapere una cosa: quelle parole, le parole più belle che aveva udito in tutta la sua vita, Inuyasha glie le aveva dette solo per trascinarla fuori dall’illusione? Oh solo perché forse stavano per morire? Kagome non voleva neanche pensare a queste possibilità. Scosse la testa, mandando le palline da flipper dei suoi pensieri nella testa in giro per tutto il cervello. Tirò fuori dalle tasche della tuta le ultime tre tavolette di cioccolato, che si divisero tra loro, e che mangiarono in silenzio.

Kagome non era la sola ad avere un flipper impazzito al posto dei pensieri: tutti, a parte Shippo, parevano immersi in profonde riflessioni, interrotti solo da qualche occhiata furtiva all’oggetto dei propri pensieri, tutt’altro che rivolti alla situazione in cui si trovavano. L’unico tutto sommato abbastanza tranquillo era Shippo, che si stava abbioccando (NdG-chan: termine dialettale [anche se non so quanto sia diffuso, quindi, se non lo conoscete, leggete la spiegazione] che significa semi-addormentarsi per la stanchezza e/o la pancia troppo piena) in braccio a Kagome, tranquillo come lo era stato tra le braccia della sua mamma.

Kagome, invece, era di nuovo sommersa dai suoi pensieri su ciò che era successo tra lei e Inuyasha nell’illusione.

Analoghi pensieri frullavano nella testa dell’hanyou. Anche lui guardava sottecchi Kagome. Le sarebbe piaciuto stringerla ancora tra le braccia, ma in presenza di Sango e (soprattutto) Miroku, non osava, o sarebbe partita una raffica di domande, commentini e risatine da far diventare bordò dalla vergogna sia lui che Kagome. Ma le parole di Kagome gli continuavano a riecheggiare in testa: “E io… io amo te…”; glie le aveva dette davvero? Provava qualcosa per lui, non era stato parte dell’illusione, quelle parole che gli accarezzavano il cuore? Lo sperava con tutto sé stesso. In fondo, lei non pareva aver fatto resistenza, la sera prima, quando erano stati sul punto di baciarsi; e lei aveva voluto dormire accanto a lui, sul carro, e non certo per il freddo, perché, sotto la sottile coperta proveniente dal ventesimo secolo, era calda e comoda. Avrebbe tanto voluto abbracciarla, o anche solo prenderla per mano, ma non osava; né osava Kagome: l’ultima cosa di cui la ragazza aveva voglia, in quel momento, era di sentire i commenti maliziosi ed inevitabili che sarebbero piovuti da Miroku se li avesse visti per mano.

Ma il monaco, in quel momento, non avrebbe rivolto nessuna frecciatina a Kagome e Inuyasha: anche lui, infatti, avrebbe tanto desiderato poter prendere per mano, o meglio ancora, tra le braccia, Sango, che si era appoggiata, sfinita, al muro alle sue spalle. Quell’illusione, cui era scampato per un pelo, gli aveva fatto ricordare che la sua vita, a meno che non fosse riuscito ad ammazzare Naraku, era destinata ad essere breve. E la cosa che più gli sarebbe bruciata, se fosse morto di lì a breve, non sarebbe stata quella di non aver lasciato un figlio a cui mollare la scomoda eredità di un buco nero in una mano e uno youkai malvagio da eliminare. La cosa che più gli sarebbe bruciata, che gli avrebbe impedito di riposare in pace, sarebbe stato non aver mai detto a Sango quanto lei fosse importante, per lui. La guardò, senza farsi notare, ma i suoi occhi non indugiarono sulle curve inferiori o superiori della ragazza, sulle sue lunghe gambe o sulla vita sottile. Il suo sguardo si soffermò sul volto, segnato dalla stanchezza che cominciava a farsi sentire in tutti loro, un volto che però non lasciava trasparire mai tutto il dolore che quella ragazza straordinariamente forte si portava dentro, il dolore di chi ha perso tutta la propria famiglia. La ammirava per ciò, e avrebbe tanto desiderato alleviare un poco quel dolore, renderla felice. Ma, malgrado dicesse a Inuyasha che con le donne non ci sapesse fare, anche lui, con quella donna, commetteva tanti di quegli errori da poterci scrivere un libro. Non riusciva a trattenere la sua natura di libertino, e anche quando voleva dirle qualcosa di carino, le sue mani agivano come d’istinto, rovinando tutto. Si sarebbe preso spesso e volentieri a cazzotti in testa, per tutte le volte che era riuscito ad offendere Sango (ma in realtà non ce n’era davvero bisogno, che si prendesse a cazzotti in testa… ci pensava già Sango ad ampliare la sua collezione di bernoccoli e segni di ceffoni sul viso! Eh eh…), si sentiva davvero un houshi-baka, come lei lo apostrofava quando era arrabbiata. Se riusciamo ad uscire vivi da questo stramaledetto posto, giuro che mi dichiaro. Non voglio avere rimpianti, se dovessi finire all’altro mondo. Anzi, alla prima occasione, fuori o dentro da questo castello, la prendo da parte e le parlo…

La testa poggiata contro il muro, gli occhi socchiusi, Sango aveva permesso ai suoi muscoli stanchi di rilassarsi un poco, e alla sua mente di allentare la vigilanza. Aveva però notato che Miroku la stava guardando. Basta, che guardasse pure le sue forme, era troppo stanca per reagire, bastava che non allungasse le mani! Ma, sorpresa, notò che lo sguardo del ragazzo indugiava solo per un istante sulle gambe, e risaliva rapido, non fermandosi quasi sul seno, ma fermandosi sul volto. Per un secondo ne incrociò lo sguardo, poi abbassò gli occhi, confusa. Negli occhi di Miroku non c’era riflessa la solita idea fissa (“Avere un figlio! Presto!” oppure “cacchio, che gran bel pezzo di ragazza”), ma una dolcezza che non ricordava di aver mai visto negli scuri occhi del ragazzo. Senza che potesse far nulla per impedirlo, le tornò alla mente l’ultima frase che aveva sentito pronunciare da Miroku, mentre era ancora preda dell’allucinazione che le mostrava tutte le persone a lei care uccise: “…io ho bisogno di te…”. Erano state quelle parole a riportarla fuori dall’allucinazione. Anche lei aveva bisogno di lui. Non riusciva ad ammetterlo neanche con sé stessa, ma gli voleva bene. Un affetto diverso da quello che provava per Kagome e Inuyasha, diverso da quello che aveva provato per suo padre e suo fratello… un affetto che la faceva essere gelosa e arrabbiata ogni volta che lui faceva la corte a una ragazza, un affetto che, ora se ne rendeva conto, sconfinava nell’amore. Ma, orgogliosamente, lo ricacciava indietro, quasi seccata con sé stessa per il sentimento che provava per quell’houshi pervertito. Eppure, sapeva essere così dolce, a volte, quasi un’altra persona! Quale era il suo vero carattere? Il “polpo” dai tentacoli palpatori, che non perdeva occasione di chiedere ad ogni bella ragazza di fare un figlio con lui? O il giovane houshi che l’aveva assistita con tanta cura, mentre si riprendeva dalle ferite riportate nel secondo scontro che aveva avuto con Naraku? Oppure… tutti e due? Ora che ci pensava, non le aveva mai chiesto di fare un figlio con lui, sebbene questa domanda fosse una delle prime cose che chiedeva ad ogni normale ragazza carina, conosciuta o sconosciuta, che aveva modo di abbordare. Forse non la giudicava bella? No, altrimenti, perché avrebbe cercato tante volte di spiarla, alle terme, o quando si cambiava? Sango sperava invece che Miroku non la giudicasse solo una “normale ragazza”, sperava davvero di essere qualcosa di più. A questi pensieri, arrossì. Non avrebbe mai ammesso ad alta voce che Miroku non le era indifferente… già s’immaginava le frecciatine di Inuyasha. Kagome no, Sango sapeva che l’amica non avrebbe fatto commenti di quel genere, in proposito; anche lei soffriva di pene amorose, soltanto uno stupido non se ne sarebbe accorto, e avrebbe saputo certamente consigliarla… o almeno, lo sperava. Sango sperava tanto di riuscire a trovare cinque minuti per poter parlare, da amica ad amica, a Kagome, per chiederle un parere. Di sottecchi, non riuscì ad impedirsi di guardare Miroku, che aveva ceduto alla stanchezza, e aveva chiuso gli occhi, poggiato ad una colonna, con i piedi vicino al fuoco, le mani abbandonate ai lati del corpo, con l’aria di chi dormirebbe volentieri una settimana. Certo che, in quel momento, aveva un viso davvero stupendo. Nessuna ragazza avrebbe sospettato, vedendolo in quel momento, che poteva trasformarsi in un tale maniaco! Ma era anche vero che nessuna ragazza che gli avesse mollato un ceffone, dopo l’immancabile domanda “vuoi fare un bambino con me?” e l’inevitabile reazione, avrebbe mai potuto immaginarlo dolce e rassicurante come sapeva essere a volte. Sango scosse la testa, confusa dai suoi stessi pensieri.

Baka di un houshi, che mi fai fare questi pensieri, e baka anche io che continuo a pensarci!

-Inuyasha, ci fermiamo qui, per un po’? Siamo tutti esausti. - chiese all’hanyou. Aveva i muscoli a pezzi, e non desiderava proprio muoversi. Ma Inuyasha non rispose: sia lui, sia Kagome, si erano addormentati, poggiati l’uno all’altra, e dormivano profondamente. Dovevano essere tutti esausti, anche Inuyasha, che sosteneva di poter reggere alla fatica molto meglio di qualsiasi “debole umano”; ma, in fondo, era da quando erano scesi dal carretto che non dormivano, perché, a conti fatti, le allucinazioni che avevano vissuto mentre erano privi di sensi non si potevano certo definire un “buon sonno ristoratore”… Sango tornò a poggiarsi al muro alle sue spalle, chiuse gli occhi, e lasciò che il sonno le portasse ristoro alla mente e al corpo.

 

Dopo qualche ora di un sonno piuttosto scomodo, uno dopo l’altro si svegliarono tutti. Shippo si lamentò di aver fame, e Inuyasha gli rispose malamente di stare zitto, perché, in quanto youkai, lui era l’unico che non aveva effettivamente bisogno di mangiare. Il kitsune gli rispose a tono, e i due cominciarono ad azzuffarsi come bambini. Il “gentile tocco” del bastone di Miroku li convinse a smettere, e poco dopo si poterono rimettere in marcia. Abbattevano senza difficoltà le guardie di pietra e di ferro, ma, in una sala, si trovarono di fronte a soldati diversi dagli altri. Non parevano particolarmente pericolosi, come armi, essendo armati di semplici spade corte, e se ne stavano immobili, semplicemente sbarrando loro la strada. Ma quando Inuyasha ne mandò in frantumi alcuni, per aprirsi un varco e passare, una cascata di un liquido sfrigolante uscì dai loro corpi! Imprecando per il dolore, l’hanyou fece un salto indietro, tenendosi il poso destro con la mano sinistra: l’acido gli era caduto sulla pelle, e lo aveva ustionato fino al gomito.

-Inuyasha! Sei ferito!-

-Non è niente, Kagome. Tra poco sarò a posto. - disse secco Inuyasha, stringendo i denti, e apprestandosi a colpire uno di quei goffi soldati che stava tentando di infilzarli con la corta katana.

-Fermo, non farlo!-

Troppo tardi: Inuyasha aveva rotto altri due soldati pieni di acido, che gli si riversò sulle braccia e sulle gambe, prima che Kagome potesse afferrarlo per una manica e costringerlo ad allontanarsi, mentre Miroku, col suo bastone da monaco, cercava di tenere lontani i soldati che, lentamente, ma costantemente, si avvicinavano.

-Siamo in una brutta situazione, ragazzi: non possiamo distruggerli a mani nude… e cominciano a farsi sentire le esalazioni del veleno… se solo potessimo raggiungere quella porta laggiù…- Miroku si riferiva alla porta alle spalle dei soldati. Non pareva sprangata, solo accostata, e forse, al di là, sarebbero stati più al sicuro che in quel posto.

Dalle braccia di Inuyasha scendeva copioso il sangue, dove la pelle dell’hanyou era stata più colpita dall’acido, ma lui non se ne curava. Afferrò Kagome per la vita con un braccio, e immerse le unghie dell’altra mano nei profondi solchi lasciati dall’acido.

-Seguitemi!- gridò, scagliano le lame di sangue, e facendo a pezzi i soldati. Saltando sui cocci fumanti delle statue animate, stava attraversando la sala. Sango prese in braccio Shippo, e sia lei che Miroku seguirono l’amico sui cocci fumanti in mezzo alle pozze di acido. Inuyasha, malgrado il dolore alle braccia e alle gambe ustionate dall’acido, correva verso la meta, disintegrando con le lame di sangue i soldati che si paravano davanti, e, finalmente, dopo quella che a Kagome era parsa un’eternità, ebbero attraversato la sala. Con una spallata, Inuyasha aprì la porta, che non oppose resistenza, facendo quasi finire a terra sia l’hanyou che la ragazza.

Tra gli stipiti della porta, una nebbia lattiginosa impediva la vita di quello che poteva esserci oltre. Come un muro bianco, stava di fronte ai cinque, a separarli dall’ignoto. Cosa li aspettava oltre?

Senza dire né a né ba, Inuyasha la attraversò con passo deciso, e…

 

Questo capitolo è breve breve, ma mi manca l’ispirazione! E poi, il prossimo penso sarà l’ultimo (se non cambio idea mentre lo scrivo), e forse li troverete insieme. In effetti, questo capitoletto voleva essere solo sui sentimenti di Kagome, di Inuyasha, di Sango e di Miroku, mentre il prossimo… volete sapere cosa succederà dopo quell’”e…”? Ah, forse vi faccio aspettare, e forse no! Sono perfida, vero? Eh eh…

Ombra e acque freche by Ilune

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** la battaglia ***


A SNOWY STORY

capitolo 6 - la battaglia

 

Per un attimo, Inuyasha ebbe la sgradevole sensazione di cadere, ma poi sentì di nuovo il solido terreno sotto i piedi nudi, rigati dal sangue che colava dalle gambe segnate dall’acido dei fantocci appena affrontati. Dietro di lui, quella strana nebbia biancastra, da cui emersero di corsa Kagome e Sango, seguite da Miroku e Shippo.

-INUYASHA, SEI IMPAZZITOOO!?!?- gli gridò contro Kagome, con le lacrime agli occhi. Inuyasha arretrò di un mezzo passo: vedere Kagome piangere non gli piaceva, e quando piangeva ed era contemporaneamente arrabbiata e preoccupata per lui, come in quel momento, non sapeva proprio cosa fare per rabbonirla!

-EHI! PERCHE’ CACCHIO MI STAI STRILLANDO CONTRO?!-

-STUPIDO, E C’E’ PURE DA CHIEDERLO?! Ti sei tuffato in quella roba bianca, potevi anche rimetterci la pelle…-

-E voi, allora, che mi avete seguito come pecoroni, siete stupidi pure voi?-

-Taci!- esclamò, risparmiandogli però uno spiaccicamento a terra con l’osuwari. Arrabbiata per la sventatezza dell’hanyou, lo sorpassò e cominciò a camminare, ommeglio, quasi a correre, nella direzione opposta rispetto alla nebbiolina bianca. Miroku e Sango non parlavano: li guardavano con l’aria di chi è ormai abituato ai litigi, alzando gli occhi al cielo. Sia la sterminatrice che il monaco avevano ormai capito che quei due zucconi si volevano bene, e che spesso i loro litigi fossero il frutto o di gelosia, o del desiderio che l’altro non si esponesse a rischi inutili.

Inuyasha corse dietro a Kagome, cercando di fermarla, ma lei, ancora arrabbiata, lo stese a terra con un ‘osuwari’, continuando imperterrita a camminare.

-Sarà meglio fermarla…- sospirò Miroku, affrettandosi assieme a Sango dietro l’amica.

-Si, non sappiamo quali pericoli possano esserci ancora. - gli rispose la ragazza, raggiungendo Kagome e inducendola a fermarsi.

Il gruppo tornò compatto, ma adesso era Inuyasha teneva il muso a Kagome, e la ragazza pareva decisa a non parlargli per prima.

Ma quello che videro pochi passi dopo, fece passare loro completamente dalla mente i risentimenti: in quella che pareva una vasta cavità naturale, aredevano decine e decine di torce, centinaia di candele di tutte le dimensioni, e alcune lampade e lucerne dalle forme bizzarre. Un tavolo immenso, di pietra, era al centro della zona, e sopra vi troneggiava una enorme riproduzione del castello, aperta, come una casa delle bambole. In fondo, luccicavano quelli che sembravano grossi cristalli, all’interno dei quali si intravedevano delle forme umane; davanti ad essi, volgendo loro le spalle, c’era un uomo, dalle cui mani pareva uscire un fluido che si rapprendeva intorno ad un cristallo più piccolo, ancora incompleto, dal quale spuntava un braccio nudo di donna. Abbandonati in un angolo, l’hiraikotsu, il bastone di Miroku e Tessaiga, oltre ad altre armi appartenute forse a qualche temerario ma sfortunato aspirante eroe che aveva tentato, prima di loro, di salvare i Sovrani delle Stagioni. Kirara ruggiva e si agitava in una enorme gabbia, lì vicino, abbastanza grande e robusta da resistere ai suoi furiosi attacchi, ma con sbarre troppo fitte perché Kirara riuscisse a sgusciarne fuori, in sembianze ridotte.

L’uomo che voltava loro le spalle interruppe il suo lavoro, voltandosi di scatto: pareva spaventato.

-V…voi! Come avete fatto a salvarvi dal ragno? Perché le guardie non vi hanno fermato?-

-I tuoi pupazzi di argilla non sono avversari degni di me!- sogghignò Inuyasha, allargando leggermente la mano stretta a pugno, mettendo in mostra i lunghi artigli.

-Apetta a dirlo, ragazzino… Io, Humer, sono il padrone del castello, e qui accade solo ciò che io desidero. - sogghignò l’uomo, riacquistando la calma con un sorriso in tralice. Trasse dalla tasca qualcosa, e lo lanciò in aria; immediatamente, la grotta fu invasa da una miriade di pietre scabrose, di dimensioni variabili da una testa a un bue, che si dirigevano a tutta velocità verso Inuyasha e compagni. L’hanyou si buttò di lato, trascinando Kagome con sé, mentre Miroku e Sango schizzavano via in direzione opposta. Ricevere uno di quei massi addosso poteva significare solo una cosa: essere stritolati, maciullati e fracassati, un modo orribile per morire. Inuyasha cercò di avvicinarsi all’angolo della grotta dove era stata posta Tessaiga e, contemporaneamente, proteggere Kagome (e il piccolo Shippo, che si era rifugiato tra le braccia della ragazza, e non aveva il coraggio di guardare fuori per la paura), ma non fu abbastanza svelto da schivare un masso grosso quanto un tavolo che, se ne avvide troppo tardi, aveva smorzato la sua folle corsa contro uno dei muri della caverna, e gli stava cadendo dritto sulla sua testa. Con orrore, Kagome e Inuyasha si avvidero del masso che precipitava loro addosso, troppo, troppo vicino per schivarlo…

E cadde sulla testa di Inuyasha, dritto in un occhio… Il masso in questione non era altro che un’ennesima illusione! Era solo un piccolo sassolino, grande come un’ unghia, ingigantito dalle illusioni di Humer, che stava finendo il cristallo. Con un ruggito di rabbia, Inuyasha afferrò la Tessaiga, e buttò verso Miroku e Sango il bastone del monaco e il gigantesco boomerang della ragazza. Ignorando le pietre che saettavano, in realtà semplici ilusioni ottiche che li attraversavano senza altro effetto, al peggio del fastidio di qualche sassolino, Inuyasha, Sango e Miroku circondarono l’uomo che, però, adesso pareva circondato di una barriera impenetrabile, mentre una specie di fluido luminoso pareva partire dagli innumerevoli cristalli appesi alla parete alle sue spalle, confluendo nelle sue mani apetre.

-Troppo tardi, stupidi!- gridò esultante -Tutti i Sovrani delle Stagioni e i Principi dei Mesi sono in mio potere, e ora, l’intero potere del Tempo è nelle mie mani!- ridendo, agitò una mano, e un vento rovente come l’aria di una forgia investì i nostri eroi, che tentarono di difendersi come potevano dall’aria ustionante. Inuyasha sapeva di poter resistere senza problemi, ma sapeva anche che Miroku e Sango no, non avrebbero resistito oltre qualche secondo. Ma i suoi occhi cercavano Kagome, terrorizzato all’idea che la ragazza potesse essere ridotta a un mucchietto di cenere da quell’aria sempre più rovente. Ma Kagome non era nella zona colpita dal torrido vento: era riuscita a sgattaiolare, inosservata, verso la perete con le armi, e ad impossessarsi di un lungo arco e di una faretra ben munita di frecce. Mentre il vento si faceva di istante in istante più caldo e asciutto, tanto che Sango sentiva scintille di elettricità statica saltare dai lunghi capelli corvini, Kagome tendeva il lungo arco di legno, incoccando una sottile freccia dalle piume candide come la neve più pura.

Solo io. Solo io posso salvarli. Ma devo concentrarmi… il mio potere spirituale… devo incanalarlo tutto in questa freccia…

La luminescenza che circondava la freccia cresceva, nutrita dal potere spirituale di Kagome, che la ragazza stava cercando di portare al massimo. Ancora qualche secondo, un istante ancora… ora doveva agire…

Lasciò la presa sulla freccia, e questa saettò, come un raggio di luce, contro Humer, infrangendo la barriera che lo proteggeva come una pietra ingrange una fragile cupola di cristallo, e proseguendo la sua corsa, leggermente deviata, sfiorando soltanto Humer, ma conficcandosi profondamente in un grappolo di cristalli appesi alla destra dell’uomo.

Una ragnatela di crepe sottili si formò intorno alla freccia, ancora brillante della forza mistica di Kagome, e in attimo si estese, mentre dai cristalli si staccavano frammenti più piccoli, che cadevano a terra, polverizzandosi. Il fluido rossastro che usciva da qual grappolo si assottigliò, e si interruppe, mentre quattro persone cadevano a terra, luna sull’altra, priva di sensi.

-NO! LA PRIMAVERA E L’ESTATE! IL MIO CONTROLLO SUL CALOREEE!- la vampata rovente si interruppe, mentre Humer si scopriva incapace di controllare le forze del calore e della crescita incontrollata che aveva soggiogato, imprigionando nei cristalli i Sovrani dell’Estate e della Primavera. Incollerito, ricorse a quello che gli restava: le piogge, e la fanghiglia, dell’autunno, e il gelo e la neve dell’inverno. Lance di ghiaccio sporco cominciarono a volare ovunque, in turbini di aria gelida e fiocchi di neve ghiacciati che accecavano gli occhi. Inuyasha, difendendosi senza problemi con la Tessaiga, corse a fare scudo a Kagome, mentre la ragazza afferrava freneticamente un’altra freccia e l’incoccava. Ma, purtroppo, gli altri due “buoni” non avevano abiti di hinezumi, o la pelle coriacea, e sia Sango che Miroku erano coperti di tagli sanguinati causati dalle scheggie di ghiaccio.

D’un tratto, Miroku si accorse della grossa lancia di ghiaccio che si stava formando, e che pareva diretta proprio al cuore di Sango, che tentava di difendersi come poteva brandendo l’Hiraikotsu a mo’ di scudo. Il monaco non pensò alle conseguenze, né al Foro del Vento, non pensò a nulla se non alla vita della ragazza che amava, e si buttò davanti a lei, facendole scudo col suo stesso corpo…

E la lancia lo trafisse.

Senza un gemito, Miroku si accasciò per terra, mentre un getto di saliva insenguinata gli macchiava il volto e gli abiti.

-NOOOO! MIROKUUU!- Accortasi dell’accaduto, Sango cadde in ginocchio accanto all’amico, continuando intanto a usare il boomerang per infrangere le scheggie di ghiccio più grosse, e tutte quelle che avrebbero potuto colpire Miroku.

-Miroku! Stupido, perché l’hai fatto?- chiese, mentre grosse lacrime si affacciavano negli occhi neri.

-Perché… ti amo… e non… non devi morire…- le disse, con un filo di voce. La lancia di ghiaccio gli aveva trapassato il polmone sinistro, e forse qualche scheggia gli era finita nel cuore, perché lui sentiva freddo, tanto freddo… la vista gli si stava appannando, ma si sforzava di tenere gli occhi aperti, per poter morire con l’immagine di Sango negli occhi… una dolce visione, che lo avrebbe accompagnato nel suo ultimo viaggio. Ma, perché piangeva? Perché quel viso tanto bello era inondato di lacrime?

-…Miroku, ti prego, non morire, non morire, ti prego, Miroku, vivi…- la sua voce, ridotta a un sussurro, era così bella, così dolce, anche tra le lacrime -…non puoi morire… io ti amo…-

Lo aveva detto ? Lo aveva detto sul serio? Davvero lo amava?

-Sango… non… non piangere… ti prego…- altra saliva sanguinante gli macchiò le labbra e il volto.

-Miroku… va bene, non piangerò… ma tu non morire! Per favore…- aveva preso le mani di Miroku tra le sue, mentre il sangue del giovane monaco si spandeva sul pavimento, macchiando entrambi di scarlatto.

Non si erano accorti che, nel frattempo, la pioggia di schegge di ghiaccio era finita. Humer era immobilizzato sotto la Tesaiga di Inuyasha.

Quando aveva visto Miroku cadere, in un lago di sangue, la rabbia era montata nel cuore di Kagome, e la sua freccia era diventata luminosa del suo potere come un piccolo sole, e aveva da sola infranto tutti i cristalli, in una serie di esplosioni a catena che non avevano danneggiato le persone inmprigionatevi. Quando il potere del gelo aveva abbandonato Humer, Inuyasha era scattato in avanti, e avevaatterrato l’uomo senza difficoltà, facendolo svenire con un poco gentile cazzotto in testa.

Humer era stato sconfitto, i Sovrani delle Stagioni e i Principi dei Mesi liberati, i regni delle stagioni erano salvi. Ma Miroku stava morendo.

Accanto a lui, Sango non pareva accorgersi di quello che le capitava intorno, neppure quando la gabbia che imbrigionava Kirara si dissolvette, e la sua piccola amica le corse a fianco. Aveva capito di amare Miroku, e ora lo stava perdendo, lo stava perdendo perché lui aveva cercato di salvarla.

Una mano, dalle dita lunghe e sottili, le si posò sulla spalla. La pelle era bianca, e profumata come un prato fiorito. Era la Regina della Primavera, che con un cenno chimò il marito, il Sovrano della Primavera.

-Lo salveremo. - le disse, gentilmente. Sango alzò gli occhi, incontrando lo sguardo gentile di una donna dagli occhi color delle foglie nuove e dai capelli cosparsi di fiori. La veste verde chiaro e celeste le ondeggiava attorno ai piedi, e pareva impermeabile al sangue che inondava il pavimento. La donna si inginocchiò accanto a lei, mentre dall’altra parte del corpo di Miroku si chinò il Sovrano della Primavera, dai capelli del colore del miele nuovo, e gli occhi come un cielo di marzo appena lavato da un’acquazzone. L’uomo prese la mano sinistra della moglie nella sua destra, e pose la sua sinistra sulla tremenda ferita che squarciava il corpo di Miroku. Concentrandosi, raccolse la selvaggia energia vitale di crescita e guarigione che la moglie gli offriva, la domò all’inerno del suo corpo, e la donò al giovane che giaceva ai suoi piedi, sottoforma di un tepore guaritore che fece rimarginare la ferita a vista d’occhio, mentre organi e tessuti si rinsaldavano, e il sangue riversatosi nei polmoni e nella cavità addominale veniva riassorbito. Dopo alcuni minuti, che a Sango, a Kagome, a Inuyasha e a Shippo parvero lunghi come un’eternità, Miroku trasse un lungo respiro, e riprese a respirare normalmente, mentre le rughe incise dal dolore sul suo volto si distendevano, e un poco di colore tornava sulle guance pallide. Era salvo.

Piangendo di gioia, Sango abbracciò Miroku, ancora privo di sensi, grata al cielo che il monaco fosse ancora vivo.

-È tempo di tornare a casa. - disse una donna, dai capelli intrecciati di foglie d’oro e fiori autunnali: la Signora d’Autunno.

-Si. I nostri salvatori verranno al nostro castello. - disse lady Loryn, Signora dell’Inverno, stringendo intanto le dita sottili e candide alla mano forte e sicura del marito.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** torniamo a casa ***


A SNOWY STORY

 

capitolo 7 - torniamo a casa

 

Miroku era stato trasportato con tutte le cautele al Castello d’Inverno, ma, malgrado fossero passati tre giorni dalla tremenda battaglia contro il manovratore di illusioni Humer, ancora l’houshi non si svegliava. Inuyasha era stato accuratamente bendato da Kagome, e per un paio di giorni era andato in giro simile a una mezza mummia, finché Shippo non ce l’aveva più fatta a trattenersi, scoppiando in una fragorosa risata nel vederlo, e a quel punto l’hanyou si era strappato via le bende, e aveva inseguiro il volpino per mezz’ora, finché questi non si rifugiò in braccio a Kagome, e a quel punto Inuyasha non potè fare più nulla, neppure quando il piccolo kitsune si mise a fargli delle boccacce, impunito.

Frattanto, se Miroku fosse stato sveglio, se la sarebbe goduta un sacco: Sango gli faceva da infermiera, giorno e notte, e scrutava attenta il volto del monaco, attenta, speranzosa di vedere un qualche minimo cenno di risveglio. Spesso Kagome vegliava con lei

Una notte, Miroku aprì gli occhi, confuso. Dov’era? Perché era disteso in quella specie di giacigli alti, spessi e morbidi che Kagome chiamava “letti”? L’ultima cosa che ricordava, era il volto piangente di Sango, le sue parole, “ti amo”, mentre mortali schegge di ghiaccio saettavano e fischiavano attorno a loro.

Ora, invece, tutto era tranquillo, e silenzioso. Una candela ardeva tenuemente sul comodino, illuminando di caldi riflessi dorati una cascata di capelli neri che lui tante volte aveva sognato di accarezzare… Sango si era addormentata, esausta, con la testa china sulle braccia, poggiate sul bordo del letto.

Miroku si sentiva esausto, e anche il semplice sforzo di sfilare un braccio da sotto le coperte per carezzare i capelli di Sango lo stava drenando delle poche energie rimaste.

Al lieve contatto della mano del monaco, Sango si svegliò, e malgrado gli occhi scuri rivelassero tutta l’ansia e la preoccupazoine immaginabili, sorrise dolcemente a Miroku, nel vedere che si era destato. Anche lui le sorrise, ed entrambi rimasero così, per qualche secondo, come se tutto il mondo si fosse ristretto a quella stanza, lunica luce dell’universo fosse quella candela, e le uniche persone esistenti fossero loro due, che si sorridevano.

Poi Miroku fece una cose che neanche nei suoi sogni più arditi si sarebbe immaginato capace di fare con Sango: sollevando il braccio, tremando per lo sforzo, cercò di accostare Sango a sé. La ragazza non oppose resistenza, anzi, si protese sull'’alto letto puntellando i gomiti e sfiorando con le lunghe dita il volto di Miroku, mentre la mano di lui le avvicinava il volto al suo. Lei non si allontanò, né tentò di dirvincolarsi, quando le sue labbra incontrarono quelle di Miroku, anzi, rispose a quel bacio casto, eppure carico di significato per entrambi.

 

 

Kagome stava passeggiando per gli incantevoli giardini che circondavano il Palazzo d’Inverno, beandosi della vista e dei suoni dei meravigliosi alberi di cristallo, e ammirando affascinata gli splendidi giochi di luce dei gazebi trasparenti o tenuemente colorati. Era da sola, aveva lasciato Shippo a giocare con gli altri bambini che abitavano nel castello, ma sperava di incontrare Inuyasha. Doveva parlargli. O quantomeno, cercare di parlargli. In quei giorni, le pareva che lui la stesse evitando, e il dubbio che quanto le aveva detto in quell’illusione, in cui avevano rischiato di morire, fosse stato solo perché poteva essere l’ultima azione della sua vita, si faceva sempre più concreto.

Alla fine lo trovò, seduto sul ramo di un’alto albero di cristallo che saliva dritto e senza rami per alcuni metri, ramificandosi poi in una chioma ad ombrello che scintillava di luce riflessa.

-Inuyasha… puoi scendere? Devo parlarti. -

L’hanyou parve stupito di vedere Kagome, ma scese senza protestare. Camminarono un poco insieme, in silenzio.

-Cosa mi dovevi dire?-

-Ecco… io…- accidenti, ci aveva pensato su tre ore, su come domandargli quello che voleva sapere, ma ora tutto il discorsetto che aveva preparato le era svanito dal cervello! -Inuyasha, io volevo sapere… perché mi stai evitando…-

-Cosa? No, non ti sto evitando! È… è solo che… beh, ecco, con Miroku ferito, e tu e Sango che lo assistevate, non mi sembrava opportuno disturbarvi… voglio dire, lui ha più bisogno di cure, in questo momento… E poi, quando non sei con Sango a vegliarlo, sembri sempre così stanca…- le sue ultime parole erano cariche di preoccupazione, soprattutto nel vedere le profonde occhiaie di stanchezza che cerchiavano i begli occhi di Kagome.

Kagome sorrise, sollevata: allora, non la stava evitando per i motivi che lei temeva! Voleva solo lasciarla riposare tranquillamente! Anche se cercava di fare il duro, sotto sotto Inuyasha aveva un cuore d’oro!

Anche Inuyasha sorrise, sollevato nel vedere il sorriso sul volto di Kagome. Ma il suo volto si imporporò quando la ragazza gli prese la mano nella sua, intrecciando le dita sottili con le sue, sfiorando gli artigli e solleticandogli dolcemente il palmo.

-Quell’illusione, nella gabbia del ragno…-

-Era tutto un’illusione, tranne i miei sentimenti. – disse di botto Inuyasha. Perché, si chiedeva, non riesco mai ad esprimere i miei sentimenti, specialmente con lei?

Kagome gli lasciò la mano, e Inuyasha si domandò, per un istante, allarmato, se non avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. Ma la ragazza non si allontanò, anzi si avvicinò di più a lui. Si erano fermati, in uno slargo del sentiero cosparso di ghiaia di quarzo rosa, e con un mezzo passo Kagome fu davanti a lui. I grandi occhi castano scuro erano pieni di lacrime, ma sorrideva.

-Ehi… che cacc… e ora perché diavolo stai piangendo?-

-Perché sono felice…- rispose lei, prima di affondare il viso contro il petto dell’hanyou. Inuyasha la strinse a sé, confuso, ma sollevato nel sapere almeno che lei non era triste.

Stringendo a sé quella ragazzina che proveniva da cinque secoli oltre il suo tempo, con cui spesso battibeccava, ma che finiva sempre col difendere, anche a costo della sua vita, Inuyasha si rese conto che Kagome era davvero, nel suo cuore, diventata molto, molto più importante di Kikyo. La fiamma che aveva provato per la defunta miko non era che una minuscola fiammella, il chiarore di un cerino, dinnanzi all’intensità di ciò che ora provava per Kagome. Lei gli riempiva la vita, e se Kikyo aveva lenito a sua solitudine, Kagome la spazzava via, come un fresco e forte vento spazza via la cenere da un focolare spento. E, nel suo cuore, Inuyasha fece una promessa, una promessa a sé stesso e a Kagome: lei sarebbe venuta, sempre e in ogni caso, per prima cosa, nella sua vita. La felicità della ragazza doveva essere più importante dell’egoistica volontà di Kikyo, e se per renderla felice Inuyasha avesse dovuto combattere mille demoni, l’avrebbe fatto; avrebbe persino combattuto contro Kikyo, e distrutto quel corpo fatto di vuote ceneri e fango. E il sigillo di questa promessa fu il bacio che Kagome gli diede, alzando il volto e circondandogli il collo con le braccia.

Erano passati ormai quasi venti giorni da quando Miroku aveva ripreso i sensi, e ormai si era ristabilito. Eppure, Sango continuava a passare tutto il giorno con lui, sia accanto al letto dove ormai doveva riposare sempre meno di frequente, sia quando passeggiava nei giardini.

Inuyasha e Kagome, invece, talvolta passeggiavano insieme e parlavano come una vera coppietta, talvolta invece tornavano a battibeccare, e il povero hanyou fu schiantato a terra un paio di volte dall’ "osuwari" della ragazza, nel vano tentativo di interrompere l’infantile bisticcio tra lui e Shippo.

Un giorno, constatato che ormai Miroku era tornato perfettamente in salute, il Sovrano d’Inverno annunciò che i loro salvatori potevano ormai tornare nel loro mondo, e il mattino dopo, una grande carrozza portò i Sovrani dell’Inverno, Kagome, Inuyasha, Miroku, Sango, Shippo e Kirara all’esatto centro del grande cerchio costituito dai quattro regni delle Stagioni vicini. Era una grande zona pavimentata di pietre multicolori, rotonda, larga come un campo da calcio. Gli altri Sovrani delle Stagioni, tutti i dodici Principi dei Mesi, e la nobiltà costituita dalle Festività maggiori, erano già arrivati. Tutti e otto i sovrani ringraziarono il gruppetto, e così fecero i principi e le Festività. Poi, chiesero loro di posizionarsi al centro del grande cerchio, e i sovrani si disposero attorno a loro, ogni coppia dei Sovrani nel quarto di cerchio che rientrava nel loro regno. Le Regine liberarono l’immenso potere delle Stagioni dell’Anno racchiuso in loro, selvaggio e indomito, e i Re lo raccolsero, lo incanalarono, e lo guidarono a formare un portale al centro del cerchio. Il portale si allargò, e nuovamente, come all’andata, un vortice turbinante li afferrò, solo che adesso era sia caldo, sia freddo, e odorava di neve e di sabbia calda, di fiori primaverili e di piogge autunnali…

-Allora, Inuyasha, vieni o no?-

-Arrivo, arrivo. E tu, moccioso, se osi dire qualcosa sul mio stato, ti annego nel fiume!-

Inuyasha uscì dalla capanna, affondando nei cumuli di neve che riempivano le cunette del sentiero, mentre Kagome correva avanti, verso il fiume, per raggiungere gli amici.

Tutti gli eventi degli ultimi venticinque giorni erano stati cancellati dalla loro mente; erano stati riportati nell’esatto istante di tempo in cui erano stati prelevati: nessun mortale poteva conoscere l’esistenza dei Regni delle Stagioni.

Ma i sentimenti non si potevano cancellare, e guardando Kagome correre verso Sango, Inuyasha si rammentò improvvisamente della promessa che aveva fatto a sé stesso, che avrebbe sempre fatto di tutto per proteggerla, per proteggere la sua felicità, anche a costo della sua stessa vita. Si stava per chiedere dove, e quando avesse fatto quella promessa, ma la voce del Kitsune, comodamente seduto in groppa a Kirara, lo distrasse, facendogli scivolare via di mente quel ricordo.

-Inuyasha, sei lento come una lumaca! Se non ti sbrighi arriveremo al torrente stanotte!-

-Cosa?!? Vieni qui, stupido kitsune, ti faccio vedere io chi è la lumaca!- gridò cercando di inseguire il bambino che, sceso dalla groppa di Kirara, correva agile e leggero nella neve, mentre lui sprofondava quasi ad ogni passo.

-Kagomeeee! Inuyasha mi fa i dispetti!- piagnucolò il kitsune, rifugiandosi in braccio a Kagome, poco prima che Inuyasha lo acchiappasse per la coda.

-Inuyasha, smettila di essere così infantile!-

Fino al ruscello, i due non fecero che bisticciare, mentre Miroku collezionò un paio di ceffoni da Sango, che chiamò Kirara perché si mettesse tra lei e quell’ "houshi-baka".

Era tutto tornato alla normalità

Un piccolo spiritello del ghiaccio da dietro una foglia di sempreverde coperta di neve, li guardò, e l’immagine arrivò alla mente della Sovrana dell’Inverno, la quale sorrise. Vi auguro tutta la felicità di questo mondo, amici miei…, pensò allargando le mani.

Un fiocco di neve cadde, dolcemente, seguito da molti altri, e la neve scese, morbida, silenziosa, per tutta la notte, mentre nella capanna della miko, nell’epoca Sengoku, una ragazza del ventesimo secolo e un hanyou facevano la pace, un cucciolo di kitsune si addormentava in braccio alla ragazza, e un giovane bonzo non proprio casto e puro riusciva a resistere alla tentazione di allungare le mani su una bella sterminatrice di demoni, raccontando invece una delle tante, antiche leggende che conosceva.

 

FINE

 

Yahooooo!!! Suonate le campane!!! Alelujaaa!!! Ce l’ho fatta a finirla, visto? E prima di Natale!!! Bene, Buon Natale a tutti, e grazie a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere questa ff fino alla fine! Grazie, grazie, mi sto commuovendo fino alle lacrime!

Un ringraziamento speciale a tutte le mie amiche che mi hanno incoraggiato a finire questa storia, anche se io mi stavo demoralizzando per la perdita dell’ispirazione! (Poi l’ho ritrovata: era finita sotto una pila di vestiti, in quel kasino che è la mia stanza da letto… ^__^ )

Ehi, che ne dite se scrivessi una ff natalizia? Eh, quasi quasi ci faccio un pensierino… alla prossima!

La vostra (esauritissima e fusa come una candela)

Giulia-chan

 

 

 

 

 

 

 

Note:

hanyou: mezzospettro

youkai: spettro

osuwari: seduto, a cuccia (la parola che Kagome usa per spiaccicare a terra Inuyasha)

Sankon tetsusou: artigli di ferro

Hiraikotsu: (il boomerang di Sango)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=30199