La notte degli Inganni

di IrethTulcakelume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo specchio ***
Capitolo 2: *** La lotta ***



Capitolo 1
*** Lo specchio ***


PICCOLA PREMESSA: Questo è il primo capitolo di una storia di due soli capitoli, solo che ho preferito separarli perché li considero due
entità a loro stanti, pur essendo entrambi abbastanza corti.
Ho preferito lasciare il nome Micene e non usare Aiolos non per mancanza di rispetto verso il santo Masami (che sempre sia benetto, anche se ha disegnato un Cavaliere del Toro che mi ha fatta alquanto rabbrividire... povera me, ragazza nata sotto il segno del Toro), ma per una pura ragione affettiva: essendo cresciuta con l'edizione italiana, ho veramente a cuore questo personaggio, e non me la sono sentita di ridargli il suo nome originale. Ho invece ridato il nome originale a Saga perché, se mi permettete, nomi come "Gemini dei Gemelli", "Toro del Toro", "Aquarius dell'Acquario" mi fanno rabbrividire.
Detto ciò... vorrei dedicare questa storia a the Doctor Lion, che so essere un'accanita sostenitrice della coppia formata da Micene e Saga e che ha già letto questo primo capitolo.


 

LO SPECCHIO



Un suono di passi ruppe la quiete che si era venuta a creare in quella calda serata estiva. Le alte colonne di marmo bianco del Tredicesimo Tempio, percorse da minuscole crepe dovute ai secoli di storia che avevano visto scorrere dinanzi a loro, sarebbero state di lì a poco le uniche testimoni di una lotta che avrebbe cambiato per sempre il corso degli eventi. Il Grande Sacerdote Arles si era ritrovato spesso ad osservare quelle colonne, chiedendosi quante cose avessero dovuto vedere, di quanti eventi o azioni deplorevoli fossero state giudici e testimoni silenziosi. Forse, nessuno si era mai accorto di quanto fossero imponenti ed autorevoli, quelle bianche colonne di marmo, e quanto fossero tristi, nella loro possanza ed impotenza.
Il Grande Sacerdote camminava. Passi frettolosi, colmi di un’ansia che mai aveva provato nei suoi quindici anni di vita. Era quasi una corsa la sua, destinata a fermarsi di fronte ad un oggetto che da qualche tempo aveva iniziato a scatenare in lui un terrore cieco: uno specchio di forma ellittica, dai bordi dorati, che in quella notte rilucevano azzurrognoli, riflettendo la flebile luce dei dodici fuochi della Meridiana dello Zodiaco.
Vedendo lo specchio, Arles si bloccò di scatto, come se un muro invisibile gli avesse impedito di andare avanti, costringendolo a voltare il capo verso quell’oggetto che già rifletteva il suo profilo. Boccheggiò. Una forza invisibile prese possesso delle mani del Grande Sacerdote, che si sollevarono fino ad afferrare saldamente la pesante maschera rosso fuoco che copriva il suo viso, scoprendo una folta chioma di capelli grigio cenere e due iridi di un colore indefinito, tra l’azzurro del mare in tempesta e il verde smeraldo. Il riflesso nello specchio lo guardava triste, gli occhi velati di lacrime. Era identico a lui, tranne per i capelli di una particolare sfumatura di blu, irriproducibile perfino per il miglior pittore al mondo. Protese una mano verso Arles, che lo fissava con un’espressione quasi di paura.
“Sei ancora in tempo per fermarti.” La figura riflessa nello specchio non tentò nemmeno di nascondere il tono di supplica nella sua voce, pur tenendo ancora le lacrime intrappolate all’interno delle sue ciglia.
Il Grande Sacerdote abbassò per qualche secondo gli occhi, tentando di nascondere il terrore che si stava lentamente facendo largo dentro il suo cuore. Quando riaprì gli occhi, il suo viso era diventato una maschera d’indifferenza, e rispose con un tono basso, quasi arrendevole. “Ti sbagli, è già troppo tardi.” Voltò lievemente il capo, per non essere costretto a guardare il suo riflesso.
“Non è mai tardi per fare la cosa giusta, Saga!”
Il Grande Sacerdote trasalì. Non doveva chiamarlo in quel modo! E se qualcuno l’avesse sentito? “Taci!” gli urlò, quasi con disperazione. Quella maschera di finto disinteresse che aveva costruito era ormai andata in frantumi. No, non era vero, quella volta era già troppo tardi, non c’erano vie di scampo. Aveva preso una decisione, ed era deciso a restarvi fedele. Voltò le spalle allo specchio, continuando tuttavia a sentire lo sguardo del suo riflesso sulla schiena coperta da un candido mantello bianco.
“Aspetta, ti prego!” Le lacrime avevano ormai rotto l’argine, e il riflesso era caduto in ginocchio, forse troppo stanco di continuare a pregare qualcuno che non l’avrebbe mai ascoltato. Se stesso.
“Taci! Basta! Perché ti ostini a cercare di farmi cambiare idea? Non riuscirai nel tuo intento, vai via!” Saga strinse i pugni, nel tentativo di non lanciarsi contro lo specchio e ridurlo in frantumi. Ma sapeva che non sarebbe bastato a far tacere quella parte di sé.
Il riflesso batté una mano sul pavimento con rabbia e disperazione. La voce gli uscì in un flebile sussurro, rotta dal pianto “Se non vuoi fermarti per la sopravvivenza di Atena, se non vuoi farlo per il bene degli altri Cavalieri, almeno… almeno fallo per lui.”
Saga s’irrigidì improvvisamente, come se avesse ricevuto uno schiaffo in piena faccia. Sentiva la pelle bruciare per lo sforzo di restare calmo e di non frantumare lo specchio. Per un attimo, tutto scomparve in quella sala immersa nella penombra. “Lui… lui non è più niente per me, lo sai.” Ringhiò quasi nel dirlo. Lo disse a voce alta, per convincere il suo riflesso o forse, più probabilmente, per convincere se stesso.
Quello quasi ghignò, i capelli color del cielo notturno a coprirgli il viso. “Ma se non ci credi nemmeno tu.”
Saga si girò di scatto in un moto di rabbia, facendo turbinare la chioma argentea. “Adesso sono stanco di te! Non intrometterti più nelle mie decisioni, né tanto meno con lui. Non hai il diritto di parlarne, non sai niente.”
Il riflesso si rialzò in piedi, gli occhi ancora arrossati dal pianto. “Io posso anche non dirti più nulla, ma il fatto che tu stia sbagliando tutto non cambia. Lo stai perdendo, e se non cambierai idea, sarà davvero troppo tardi per chiedere perdono a Mic…”
“Non dirlo! Non dire il suo nome!” Urlò di nuovo. Stava perdendo il controllo, e se non si fosse sbrigato, avrebbe perso la sua occasione per portare a termine il suo compito. Corse attraverso la sala, scappando da quello specchio, dal suo riflesso, da se stesso. E mentre scappava, qualche lacrima si decise a scorrere sul suo viso, ma lui non vi badò.
Giunse ad una porta di legno. Sapeva che una volta attraversata quella porta, avrebbe finalmente potuto realizzare il suo desiderio: uccidere Atena. Le sue mani tremavano in modo incontrollato mentre le avvicinava alla maniglia d’ottone. Mancavano pochi centimetri, quando la tensione prese il sopravvento, e dovette appoggiarsi al muro accanto alla porta. Si era reso conto solo in quel momento di avere il fiatone, e di non aver ancora rimesso il suo elmo.
Ancora scosso dai tremiti, lo prese a due mani con forza e lo guardò per qualche secondo, come indeciso sul da farsi. Chiuse gli occhi, prendendo un grande respiro. Mentre lo indossava, un sussurro gli uscì furtivo dalle labbra, appena un mormorio, inudibile per chiunque non si fosse accostato al suo viso con l’orecchio. “Perdonami, Micene…
 
La Notte degli Inganni era iniziata.

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Capitolo 2
*** La lotta ***


LA LOTTA



Saga afferrò la maniglia con forza, deciso a non farsi prendere nuovamente dal panico, e aprì la porta di legno di fronte a lui, che cigolò lievemente, producendo un suono che svegliò all’istante la neonata nella culla. Il Grande Sacerdote chiuse di scatto la porta dietro di sé, senza voltarsi, mantenendo lo sguardo fisso sulla bambina: la reincarnazione della dea Atena si era voltata verso di lui, e aveva iniziato a piangere spaventata.
Il Cavaliere ghignò dietro la maschera fiammeggiante: finalmente avrebbe potuto realizzare i suoi desideri. Estrasse dalla lunga manica della tunica un pugnale d’oro, e lo sollevò sopra la sua testa, determinato a portare a compimento la sua missione.
Saga… ti prego… fermati…
No, non lo farò… non posso farlo! Perché tenti sempre di farmi cambiare idea? Pensando queste parole, Saga fu percorso da lievi tremiti, e il pugnale che aveva in mano iniziò ad oscillare pericolosamente.
Perché so che tu puoi farlo. Pensa a quanto sarebbe deluso Micene da questo tuo comportamento…
Adesso basta! Non mi importa niente di Micene! Saga scosse violentemente il capo, come per tentare di scacciare quella parte di sé che cercava inutilmente di farlo ragionare. Prese un respiro profondo per calmare il battito del suo cuore e riprese quel suo ghigno, spaventoso quanto falso, e falso quanto invisibile, celato dietro la maschera che era costretto a portare ogni giorno.
“Muori.” Sussurrò a mezza voce, ma proprio mentre stava calando l’arma contro la bambina, una mano fermò il pugnale, mentre un’altra andò a posarsi sulla sua spalla, nel tentativo di tenerlo fermo. Il Grande Sacerdote riconobbe all’istante il proprietario di quelle mani, e tremò violentemente come un bambino, spaventato nel vedere il sangue che iniziava a scendere lungo la mano dell’uomo che stava tentando di fermarlo nel suo folle intento. Tentò di liberarsi dalla sua stretta, ferendolo ancora di più.
“Che cosa state cercando di fare? Fermatevi!” gli ringhiò contro Micene, fuorioso.
“Spostati, Micene!” urlò Saga dimenandosi ancora.
Smettila di tentare di fermarmi, Micene… non devi essere coinvolto per forza… io non voglio che tu sia coinvolto!
Basta… non vedi cosa stai facendo…? Fermati!
TACI!
Saga riuscì a divincolarsi dalla presa del Cavaliere del Sagittario, cercando nuovamente di affondare il pugnale nel cuore della bambina, che venne però prontamente afferrata e portata in salvo dal suo avversario. “Voi siete pazzo…”
I due si guardarono per alcuni secondi, e il silenzio calò sul Grande Tempio di Atene. Gli unici suoni erano il cigolio della culla e quello lontano, quasi impercettibile del mare che si abbatteva con prepotenza sulla costa greca, incurante di ciò che stava avvenendo quella notte.
“Avete paura di una bambina, Arles, di una neonata… mi fate pena.” Quelle parole ferirono Saga, che rimase fermo nella sua posizione, lievemente proteso in avanti, il pugnale sporco del sangue di Micene stretto nella mano destra. Lo ferirono più brutalmente del pugno che il Cavaliere gli lanciò nello stomaco poco dopo, mandandolo a sbattere contro la parete della stanza, e facendogli cadere la maschera. Non accortosi dell’accaduto, Saga tentò di alzarsi, indebolito dal colpo appena ricevuto. Alzò lo sguardo pieno di risentimento sul suo avversario, che indietreggiò inorridito vedendo il suo viso. Resosi conto di essere stato scoperto, tentò inutilmente di coprirsi il viso con le braccia, ma era troppo tardi per tornare indietro. Ancora un volta, un silenzio tombale avvolse quel luogo tra le sue spire. Un solo suono si poteva percepire distintamente: quello del respiro di Micene, affannoso. Sembrava che quella scoperta gli avesse improvvisamente tolto l’aria dai polmoni e scavato una voragine nel petto.
“Tu… come hai potuto?” Lo sguardo Micene era furioso, deluso dal comportamento di una delle persone a cui teneva di più al mondo. “Perché Saga… perché, dimmelo!” Gli urlò con ferocia il Cavaliere, lanciandosi contro il Grande Sacerdote. Quello lo bloccò con la sola forza di una mano, come posseduto da una calma e una rigidità non sue fino a quel momento.
“Non ti intromettere in cose che non ti riguardano.” Micene lo guardò incredulo.
“Tutto ciò che fai mi riguarda.” Quelle parole colpirono Saga, che improvvisamente iniziò a tremare, portandosi le mani alla testa, gli occhi iniettati di sangue.
“No! No! Era tutto perfetto, il mio piano era quasi completo! Non puoi venire tu a rovinare tutto! No!” Il Grande Sacerdote stava urlando dalla rabbia, e Micene si allontanò, vedendo che i capelli di Saga, prima color cenere, stavano mutando, fino a diventare blu scuro.
“Che cosa sta succedendo?” chiese il Cavaliere del Sagittario guardando incredulo l’uomo dinanzi a lui.
“Ti prego, perdonami Micene, perdonami! Ora scappa prima che torni, scappa!” Saga iniziò nuovamente a gridare, questa volta dal dolore. Micene si avvicinò di nuovo a lui, che nel frattempo aveva iniziato a piangere. “Che cosa stai facendo! Ti ho detto di scappare! Vai via, non potrò trattenerlo ancora a lungo!”
Micene non lo ascoltò, anzi si avvicinò ancora e gli avvolse il braccio libero intorno alle spalle, sussurrandogli all’orecchio. “Non ti lascio da solo in questo stato. Non mi interessa delle conseguenze che questo gesto potrà avere su di me, io non ti abbandonerò adesso, non più.”.
“Ma così sarai in pericolo, in un pericolo terribile! Ah” Saga si portò le mani al viso mentre i suoi capelli sbiadivano lentamente. “Ti prego, vai via… vai via…”
“No, non lo farò. Ti proteggerò io da lui.” Così dicendo, portò una mano ad accarezzargli la schiena, cercando di tranquillizzarlo. Intanto Saga, ancora scosso dai tremiti, prese in mano delicatamente il viso di Micene, facendo scontrare i suoi occhi cerulei con quelli smeraldini dell’altro.
“Lo sai, vero, che io ti amo? Non importa quello che lui tenterà di farti, io continuerò sempre ad amarti, Micene, ne sei consapevole?” Disse Saga in tono disperato, continuando a piangere lacrime amare, che sapevano di sconfitta.
“Lo so, Saga, lo so.”
Proprio mentre Micene pronunciava quelle parole, avvenne l’impensabile. Era un qualcosa, in verità, al quale il Cavaliere del Sagittario era preparato, ma che Saga non aveva previsto. Approfittando della debolezza del suo lato benevolo, la personalità malvagia del Grande Sacerdote si impossessò del corpo di Saga, tentando di trafiggere con il pugnale d’oro il ragazzo chino su di lui, mancando di pochi millimetri il suo cuore. Il giovane gemette dal dolore, portando la mano che fino a un attimo prima stava accarezzando la schiena di Saga al petto sanguinante.
Per pochi, infimi secondi, la chioma del Grande Sacerdote tornò color del mare, e Saga guardò con occhi imploranti Micene. “Scappa, salva Atena, presto!” Quello guardò la bambina che reggeva tra le braccia, facendo saettare subito dopo gli occhi verso Saga, che stava ancora lottando contro la sua parte malvagia, le mani abbarbicate sui capelli che erano una continua tempesta di blu e di grigio, come un mare in burrasca e il cielo iracondo sopra di lui.
Il Cavaliere del Sagittario guardò un’ultima volta il Grande Sacerdote, poi si voltò, e saltò dalla finestra, portando in salvo la neonata.
 
Un urlo lancinante partì dal Grande Sacerdote. “Come hai osato? Hai mandato in frantumi il mio piano! Oh, ma non è ancora finita.” L’uomo si rimise la maschera rossa e, volgendo il capo verso le Dodici Case dello Zodiaco, gridò: “Tradimento! Micene ha profanato il Grande Tempio ed è fuggito con la bambina!”
Qualcosa, all’interno del Grande Sacerdote, andò in frantumi, come un frammento di vetro, già spezzato e dilaniato più volte, che si sbriciolasse in pezzi ancora più piccoli. Che cosa gli hai fatto? Entro poche ore morirà certamente!
Sul viso di Arles si dipinse un ghigno malefico. È proprio quello che desidero.

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