Odore di fragole

di rainicornsan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte. ***
Capitolo 2: *** Seconda parte. ***
Capitolo 3: *** Terza parte. ***



Capitolo 1
*** Prima parte. ***




Salve a tutti, signori e signore!
Spero che vi piaccia questa fanfiction.
Vi consiglio di leggerla mentre bevete del the al limone e zenzero, perché é così che l'ho scritta, e vi assicuro che é meraviglioso.
Senza contare che fa molto British.
Ad ogni modo passo alla burocrazia e vi auguro buona lettura, dichiarando che -purtroppo- né Tom né Chris mi appartengono e bla bla bla.
Lasciatemi una recensione se vi va 



-Odore di fragole-

prima parte




Tom Hiddleston era un Corvonero, nonostante il Cappello fosse stato indeciso fra tutte le Case.

Jolly, come lo aveva chiamato sua sorella Sarah ai tempi.

E... Beh, il primo Testurbante che aveva visto dopo di sé era stato Smistato al proprio terzo anno; Chris Hemsworth, Grifondoro.

Quasi Serpeverde, come gli avrebbe rivelato lui una volta diventati amici.

Sapeva benissimo, con quella maturità sottile di chi é stato sempre indeciso su quale personalità assumere fra le tante nel proprio cervello, che neanche le opzioni scartate erano destinate ad andarsene, e che sarebbero continuate a saltare fuori.

Ecco spiegato il perché di quell'azione intrisa di coraggio che stava per compiere in quel momento.

Era l'una e mezza. Precisamente, del 2 giugno.
O almeno, aveva il sentore che fosse così tardi perché era passata circa un'ora da quando era sgattaiolato nella Sala dei Trofei.

Era mezzanotte e trenta minuti, e sapeva benissimo che il luogo che avevano scelto per incontrarsi quella notte non era dei meno sorvegliati.

Ma a Tom piaceva il pericolo, quando c'era in mezzo Chris.
A dire la verità, quasi tutto gli piaceva quando c'era in mezzo Chris.

Quando lui era arrivato, avevano chiacchierato.

Chris ovviamente si era lamentato del suo ritardo, perché, come sempre, lui era in orario.

E ora lo aveva appena baciato.
Non ce l'aveva più fatta a vederselo davanti a muoversi nella stanza, con quegli occhi azzurri che riflettevano la Luna, le labbra che si muovevano velocemente e quei suoi capelli biondi che si sistemava ogni secondo.

Ed era esattamente come se lo era sempre immaginato.

Rude, tiepido e avvolgente. Profondo.
Languido.

Gli era girata la testa quando si era accorto che sì, lo stava ricambiando.
In un qualche modo avevano urtato insieme un tavolo, in un groviglio di mani che toccavano pelle, denti che mordevano labbra, lingue che si rincorrevano.

Era tutto perfetto. E sì, anche sbagliato.
Lo sapeva in quel momento mentre le loro gambe si incastravano come in un puzzle, lo aveva saputo anni prima quando lo aveva conosciuto -pochi mesi dopo lo Smistamento- e lo sapevano pure i trofei in quella sala.
Sembravano sorridere in modo storto e la fievole luce che illuminava il loro argento non faceva altro che accrescerne la falsità.

Ed ecco spiegato anche il motivo per cui Chris lo stava respingendo.
Una manciata di secondi, pochi minuti o un'ora intera?
Era stato tutto troppo bello per pensare di poterlo avere per più di quel tempo.
Tom quasi non si era stupito, ma si sentiva comunque tremare.

"Che c'é?".

Era stato un sussurro tremante, spezzato.
Derivato proprio dalla reazione che aveva temuto.

"Io...".
Nessun'altra parola. Solo un labbro morso, come ad aver paura di dire qualcosa.
Tom aveva aspettato in silenzio, il lieve sorriso che a poco a poco si era trasformato una maschera neutra.

Aveva tolto la mano dalla nuca di Chris come se si fosse scottato.

Aveva scosso appena la testa, e un riccio era caduto a coprirgli una lacrima che era scesa come acido dall'occhio destro.
Si era sentito crollare come un vecchio edificio abbandonato, mentre era uscito dalla stanza quasi senza forze.

Si era ritrovato a correre per i corridoi e le scale, allontanandosi quanto più aveva potuto.

Quasi aveva sentito la voce di sua sorella Emma quando glielo avrebbe raccontato.
"Cioé, tu hai limonato con Chris Hemsworth e te lo sei lasciato scappare dopo solo perché ancora conservava un barlume di eterosessualità?
Fila a riprendertelo!".

Per Emma era sempre colpa sua.
Aveva quasi sorriso quando si era ritrovato davanti al corvo di bronzo, ma poi si era sentito nuovamente annegare nella disperazione, ricordandosi cosa lo avrebbe dovuto spingere a parlare con lei.

Aveva risposto alla domanda postagli all'ingresso, mordendosi un labbro per singhiozzare a bassa voce e non svegliare gli altri.
O peggio, farsi beccare.

Aveva immaginato che non sarebbe stato un granché farsi trovare in lacrime davanti alla porta della propria Casa la notte prima dei M.A.G.O.

 
*


Tom digrigna i denti, mentre il ricordo attraversa la sua mente come un proiettile.
Ovviamente, nei giorni successivi, aveva passato gli esami brillantemente.

E, proprio come si era aspettato, Chris aveva passato i suoi G.U.F.O. per il rotto della cuffia, nonostante tutte le sue precedenti ripetizioni e tutti i suoi ammonimenti più o meno incazzati.

Ma si era anche vergognato ogni volta che lo aveva scorto per sbaglio.
Ma gli era anche costato un mucchio di fatica evitarlo e non tornare da lui, spintonarlo contro la prima superficie a portata e baciarlo ancora.

Le sue labbra, santo cielo.
Tom socchiude gli occhi appena, come in devozione alla scintilla baluginante della sua memoria tattile.

Si sente come il protagonista di un qualche sdolcinato romanzetto d'amore babbano finito crudelmente male.

Chris é uscito dalla sua vita così velocemente come ci é entrato quel giorno in cui si erano scontrati davanti alla Serra n° 4, per uno strano scherzo del destino.

Ma dio, solo a pensarci lo fa stare male.
Come se gli avessero staccato un arto.

Quando era ancora ad Hogwarts, fino a pochi mesi prima ed escludendo le lezioni -Tom si sarebbe fatto bocciare solo per stare con lui anche in quelle ore-, erano sempre vicini.

Ed era bello, perché con lui era un continuo sentire.

Emozioni su emozioni, sensi su sensi.
Se chiude le palpebre e si concentra un po', riesce persino a vedere il suo profilo illuminato dai primi raggi e a sentire la sensazione dell'erba bagnata sotto i piedi nudi.
Quella era la volta in cui si erano svegliati di comune accordo un po' più presto del solito per uscire insieme a vedere il sole nascere.

"Senti, Tom, non é che domani mattina verresti con me a vedere l'alba?".

Gli si era fermato il cuore per un attimo.
Ma dopotutto era stata una cosa per Astronomia. Sapevano entrambi che era e non era così allo stesso tempo, ma andava bene.

Andava bene stare alle sei della mattina stesi sotto un albero, le mani che si sfioravano di tanto in tanto, in un turbinio di occhi chiari che si cercavano in silenzio.

Ma ora é tutto cambiato.

Non sente e non vede Chris da mesi e sta prendendo in mano l'azienda di bacchette magiche che suo padre conduce.

Piuttosto controvoglia.
Gli sarebbe piaciuto commentare le partite di Quidditch, ma ovviamente per i suoi genitori, non appena lo avevano saputo, era stato un lavoro in cui sarebbe stato sprecato.

E si sente come se non valesse la pena di vivere, perché dove accidenti é Chris quando serve?

E' implicito rispondersi da solo che non lo vedrà per un bel pezzo, se non mai più.
Un'altra lacrima cade, questa volta sul libretto della gestione del negozio su cui Tom era chino.

Sono passati solo pochi mesi, e Chris gli manca come l'aria che respira.

Si chiede come farà a stare senza di lui per un'altra settantina d'anni.
Sospira, e in quel momento spera che la morte lo colga molto, molto prima.


 

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Capitolo 2
*** Seconda parte. ***




Mi scuso un sacchissimo di piangenti unicorni per il VERGOGNOSO ritardo di un mese.
Davvero, non ho parole.
Spero che comunque qualche buona anima abbia il desiderio di lasciarmi una recensione :c
Giuro che passerà molto meno tempo fra questo e il prossimo aggiornamento, che penso sarà l'ultimo.
Ora che ho iniziato a praticare boxe, mi prenderei a pugni da sola.
Visto che piagnucolare –purtroppo- non serve a niente, vi auguro buona lettura!
Un bacione e un ringraziamento alle anime gentili che hanno recensito/preferito/seguito/preso in qualunque modo in considerazione la mia fanfiction!
Enjoy c: 



-Odore di fragole-

seconda parte




 
Hogsmeade.
Sempre di una bellezza confortevole e tranquilla, come quando ci andava con Chris.

Tom storce il naso in disapprovazione, mascherandolo con il fastidio per un fiocco di neve posatovisi sopra.

Davvero, si odia così tanto. Perché deve essere così dannatamente difficile?
Un anno. Un anno e mezzo, e ancora non è successo il miracolo dell’oblio.

Non sulla sua mente, almeno.

Dopo un attimo di indecisione, si costringe ad incamminarsi verso i Manici di Scope e Madama Rosmerta.

Quando la vede volteggiare fra i tavoli con quella sua eleganza innata e senza tempo, si sente un po’ di più a casa.
Di certo non era più una ragazzina, ma continuava ad incantare tutti gli studenti con la sua grazia, come ai tempi del grande Harry Potter.

Tom entra nel locale con un gran sorriso.
Gli era sempre stata simpatica.

Si siede ad un tavolo, e “Oh, Tom! Thomas Hiddleston!”.

I suoi riccioli biondi splendono ancora. Sembrano sottolineare il suo tono gioioso.

“Ma’ame” sorride.

Cara, dolce Rosmerta. Aveva avuto un’imbarazzante e intensissima cotta per lei, anni addietro.

Ovviamente, prima di Ch-

Rosmerta torna al suo tavolo con una bevanda che non ricorda di avere ordinato.
Succede così spesso, negli ultimi tempi. Parla senza pensare.

“Allora, come va?”.

Da schifo.                      
Davvero, fa tutto schifo.

Il mio lavoro non mi piace un granché, sono innamorato e probabilmente ricambiato anche se non con la stessa intensità che servirebbe per accettare qualcuno del proprio sesso e come se non bastasse senza di lui tutto sembra senza colori.

Il Natale è stato orribile.

Lo sai che lui mi regalava un sacco di cose?
La mattina mi alzavo, entravo nella mia Sala Comune, e…

Beh, ecco questa scatola bellissima, impacchettata con i miei colori preferiti.


Tutti gli anni era così; piena di cose che amavo mangiare, di libri che sapeva mi sarebbe piaciuto leggere e di aggeggini colorati e strani, con incanti che adoravo.

Amavo il Natale perché aprendo il suo regalo mi sentivo avvolto da una bolla di calore, e lì capivo il vero spirito della festa.

Quest’anno mi è stata unicamente recapitata una lettera di auguri. Scritta da sua madre Leonie.

E ha fatto davvero male.

Sai, sono nato in una famiglia parzialmente Babbana, e quindi ascolto anche cantanti privi di poteri.

Ce n’è una, Mariah Carey, che ha creato una canzone bellissima; si chiama ‘All I want for Christmas is you’.

Quando l’avevo ascoltata, svariati anni prima, non ne avevo compreso il significato.

E poi, tutto d’un tratto, era diventata la canzone della mia solitudine.

A Natale, Chris tornava a casa. Io preferivo di no.

Sì, mi piacevano un sacco i suoi regali, ma tutto quello che volevo e voglio ancora è trovare lui, sotto l’albero. Metaforicamente, s’intende, ma mica così tanto poi.
Se me lo trovassi sotto l’albero sarei felicissimo.

Dopo il primo anno che l’avevo conosciuto, ho iniziato a pensare al suo regalo a novembre.

La prima volta ero andato nel panico, senza trovare alcun oggetto che mi comunicasse che sì, l’avrei reso felice, così tanto da vedergli gli occhi brill-


  “Tom!”.

E pensa senza parlare.

“Benissimo, scusa.”.

Se tagliarsi è un segno di sofferenza minore, allora desiderare il suicidio è maggiore?
Certo che lo é. Lo dice pure una ricerca scientifica.

“Mh.”.

Non la convince, e si vede davvero benissimo.

Sta per aprire la bocca per dire qualcosa, quando lei fa un gesto veloce della mano, come a dire che non importa.

"Cosa ti porta qui?".

“Alcuni studenti hanno distrutto le bacchette di metà dei professori.
Sono venuto qua per rimpiazzarle. Beh, le pagheranno i colpevoli e le loro famiglie, ovviamente.
Ma io ero così vandalo?”. Sbuffa una risata.

“No, sicuramente.
Certo, è un peccato che tu sia così impegnato.
Oggi è proprio la Vigilia.”.

“Non ti preoccupare, sarò a casa entro poche ore.”.

Tom finisce la Burrobirra senza guardarla davvero, gli occhi puntati in quelli della donna seduta davanti a lui.

Nota che ha ancora l’aria preoccupata.

“Se hai bisogno di parlare… Sono sempre qui, lo sai.”.

Tom rotea gli occhi: “STO BENE. Ti auguro un Felice Natale!”.

“Anche io, caro!”.
 
*
 
“Ah, signor Hiddleston!” la McGranitt lo accoglie con un sorriso cordialmente forzato.

Non sembra molto contenta che sia riuscito a trovare del tempo libero proprio il ventiquattro dicembre, ma Tom immagina benissimo quanto persa possa sentirsi senza bacchetta.

“Salve, professoressa.
Mi scuso per essere venuto proprio la vigilia di Natale.".

“Grazie a te per aver trovato il tempo ora.”.

“Allora… Se vuole cominciare.”.

“Mi ricordo come si fa. Dove sono le bacchette?”.
 
*
 
Due ore dopo, tutti gli insegnanti erano passati da lui.

Tom esce stancamente dalla stanza attigua alla Sala Grande.

Adoravo le cene di Natale ad Hogwarts, pensa mentre apre il portone sotto gli sguardi curiosi dei pochi studenti rimasti.

Gli piaceva perché, anche se… Insomma. Anche se non ha pregiudizi, non gli era mai dispiaciuto che tutti i Serpeverde tornassero a casa dalle loro ricche famiglie snob. Chris non c’era mai, ma qualche suo amico restava.

Chris era rimasto solo una volta. Erano state delle vacanze bellissime.

Mentre pensa si gira per uscire dalla Sala Grande, ma incontra due occhi chiari, che conosce molto bene.

Trattiene per un attimo il respiro, spalancando i suoi.

E poi il tonfo della porta lo riporta alla realtà.
Casa, giusto. Deve andarsene, e in fretta, anche.

Quasi scappa via.
 
*
 
“Non c’è tempo!
Per favore, Emma, corri al supermercato qui dietro a prendere una busta di zucchero a velo!”.

“Ma non ci sono negozi qui. Mamma, non abitiamo a Diagon Alley.”.

“Il negozio babbano, per l’amor di Dio!”.

Nessuno si ricordava mai che la –ex, ormai, da un bel pezzo- Mrs. Hiddleston era una Nata Babbana.

“Farà un disastro, me lo sento.- sospira a Tom, affranta –Si dimenticherà di pagare, investirà una vecchietta con il carrello e mi porterà un casco di banane.
Avrei dovuto andarci io, ma non posso.
Ho nel forno l’arrosto e Leonie, Craig e gli altri invitati arriveranno entro un’ora e mezza.”.

A Tom va quasi di traverso il succo di zucca che sta bevendo per colazione:
“COSA? HAI INVITATO CHRIS E LA SUA FAMIGLIA A NATALE?!”.

“Certo, amore.
Oh, so che ti dispiacerà, ma Chris è rimasto a scuola.
Inconsueto, considerando che non vi vedete da così tanto.”.

Tom rilascia un respiro profondo sotto lo sguardo preoccupato di sua madre.

E in quel momento, qualcuno suona al campanello.

Quasi ossessionatamente, un sacco di volte di fila.

Potrebbe essere chiunque, ma Tom conosce benissimo il mago che suona i campanelli così, che da quando gli aveva spiegato per la prima volta come era civile e babbano fare (“Altrimenti la gente muore dallo spavento, Chris. Dannazione!”) non ne aveva voluto sapere di imparare (“Ma Tom, ha un bel suono. Non capisco come mai dovrebbero spaventarsi!”).

Tom congela sul posto, perché é così impegnato a cercare di impedirsi di pensare a quanto ami Chris e a quanto voglia rivederlo in quel momento, anche se sarebbe la cosa più imbarazzante del mondo, perché é troppo impegnato a sentirsi il cervello andare in pappa, e sua madre corre ad aprire, lanciandogli un’occhiata fulminante, perché cavolo, Tom, le buone maniere!.
 
 


 

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Capitolo 3
*** Terza parte. ***



Chiedo perdono, ancora :/
Avevo promesso che ci avrei messo di meno, ma ho avuto un mucchio di cose da fare!
Ad ogni modo, questo è l’ultimo capitolo.
Ringrazio _Kaori_ e lynary che hanno recensito il primo capitolo, franny87 e Rodelinda che l’hanno preferita, e North_, masu666 e ancora franny87, lynary e _Kaori_ che l’hanno seguita. Siete dei tesori!
Poi, sì, ringrazio anche chi è passato anche solo a dare una sbirciatina e chi l’ha letta in silenzio.
Beh, spero di soddisfarvi con l’ultimo capitolo e di farmi un po’ perdonare…
Enjoy <3



terza parte




Chris entra.
Saluta Tom, i gesti meccanici come quelli di un robot.

Tom, a bocca aperta, sussurra un ‘ciao’ mentre Chris abbraccia sua madre (sorpresa quasi quanto lui).

*

Tom spalanca gli occhi, quando, dopo una ventina di minuti di chiacchiere doverose e obbligate in compagnia di sua madre –e dove accidenti è sua sorella con lo zucchero a velo? Proprio ora che serviva qualcuno come lei per rompere il ghiaccio-, Chris si scusa e dice che è venuto per parlare con Tom.

E sul serio, cazzo, è passato tanto di quel tempo, che lui ha paura per ciò che voleva.
Sale le scale con lui verso camera sua, poi ci ripensa e si gira verso Chris.

E’ un paio di scalini più in basso rispetto a lui, e i suoi occhi scintillano nella semioscurità di casa sua.

“Usciamo”.

Senza dire una parola, lui lo segue in giardino.

“Di cosa mi devi parlare?”.

Il suo tono di voce sembra che si sia appena fatto sputare fuori da un lago di acido, anziché dalla sua bocca.
Tom non aveva voluto quel suono.

“Di quello che è successo.”.

“Avanti, parla.” lo incalza con uno sbuffo irritato.

“Io…”.

Si blocca un attimo, guardando fisso davanti a sé.

Poi avanza in mezzo al prato, e si siede a terra.

E in quel momento partono le parole: “Io… Sì, so che è passato più di un anno.
Mi volevo scusare, ecco, per non averti parlato prima. Sono un cretino.”.

Tom accoglie l’ammissione con un sopracciglio alzato, mal trattenendo la risatina debole ed instabile che parte dal suo petto.

Con Chris è sempre stato tutto, lui, compreso debole ed instabile.
Infermo, come la fiamma di una candela.
Però era allo stesso tempo così confortevolmente caldo, che si era dimenticato che tutto poteva spegnersi con un alito di vento.

“Perché?”.

Sarcasmo.

“Perché non voglio perderti per questo.
Tom, sei sempre stato il mio migliore amico.
Non voglio perderti per quello che è successo.”.

Tom aveva chiuso gli occhi, un attimo prima.

Ma ora li apre, e ride.
Ride così tanto, che quasi cade a terra, sotto lo sguardo stupefatto di Chris.
Non è una risata divertita e non è piacevole da ascoltare: è l’ultimo guizzo della fiamma di quella candela, un secondo prima che dalla finestra entri lo spiffero gelato.

And a Merry Christmas to you!” canticchia isterico, lasciandolo, stupefatto, in giardino, mentre se ne va.

Si sente come se fino a quel momento avesse saputo volare, e poi, dopo una lunga malattia durata un anno e pochi illusori minuti di speranza, gli avessero definitivamente staccato le ali con due colpi d’ascia.
Netti e precisi.

E Tom decide che avrà la forza di un falegname, e non quella di una qualsiasi altra creatura volante.
Non si farà mai più tagliare le ali.

Mai più.

La conferma arriva anche al mondo esterno, quando sbatte la porta con forza.


*


Si sente, per tutto il pranzo di Natale, lo sguardo di Chris addosso.
Beh, poi c’erano quelli insistenti e preoccupati di sua madre e delle sue sorelle, e quelli meno soffocanti –ma comunque parecchio straniti- degli invitati.

Tutti si chiedevano che fine avesse fatto la brillante aurea che circondava Tom ovunque andasse.

Lui sapeva tutto, sapeva degli sguardi, sapeva della sua espressione quasi apatica.
Passando davanti allo specchio del corridoio, non aveva visto riflesso sé stesso, ma un inquietante clown dalla faccia cerea e dal sorriso cucito con ago e filo sulle labbra.

Che si fottano tutti, pensava.
Si fottano Chris e la sua famiglia, la signora Turner e suo marito, i nonni, la mamma ed Emma e Sarah.
E pure papà, ovunque si trovi in questo momento.


Tom Hiddleston aveva uno strano modo di affrontare le cose. Ma, del resto, quale maniera non lo è agli occhi altrui?

Una frase giunge alle sue orecchie, pur nello stato trasognato con cui ha deciso di affrontare la giornata:
Si chiama Elsa. Elsa Pataky.”.

Tom riesce solo a pensare che quella p u t t a n a ha sette anni in più di Chris.
Sette anni! Ma cosa credeva di fare, con un quindicenne?


*


Una mano afferra il suo polso.

Tom si gira con un movimento innaturale della testa verso Chris.

“Ciao.”. Non risponde.

Chris lo guarda, e nei suoi occhi vede qualcosa di straziante.
Nonostante il cuore gli si sia già spezzato da tempo, Tom ha deciso di sentirsi forte.

Come un leone.

Con il mento dritto e la testa alta, lo fissa senza dire niente.

Sono un leone, pensa.

La risposta della sua testa gli arriva forte e chiara, accompagnata da un risolino: non sei un leone, sei un dannato idiota.

Pensa che potrebbe sentirsi male, in quei pochi secondi che gli sembra durino un’eternità.

Chris si china e appoggia le labbra alla sua guancia.

Ci stanno solo un secondo, accarezzano la sua pelle solo lievemente, ma, quando si sposta, Tom si sente quasi marchiato a fuoco.

Lo fissa per un attimo, e sente che, nonostante tutto sia stato distrutto un anno prima, non ci sarebbe mai più stato un momento così perfetto,
così semplice e trascinante dei loro sguardi incatenati.

Il colore dei loro occhi sembra quasi mescolarsi, prima che Chris molli il suo polso e si giri, andandosene.

 

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