Me enamorè di Marlene93 (/viewuser.php?uid=771208)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1. Non Siamo Una Coppia ***
Capitolo 2: *** 0.1 E questo basta ***
Capitolo 3: *** 02. Trenta dollari (a testa) per Scott ***
Capitolo 4: *** 03. La calma prima della tempesta. ***
Capitolo 5: *** Ho visto Paige ***
Capitolo 6: *** Fa che non finisca ***
Capitolo 1 *** Cap 1. Non Siamo Una Coppia ***
- Me
enamoré
-
-
-
- Amo le Mpreg,
è più forte di me, immaginare le mie OTP slash
durante una gravidanza.
- Amo le Mpreg
e l’angst, perché un po’ di tristezza e
dolore, rende le riconciliazioni più
dolce.
- Amo le Mpreg,
l’angst e il fluff.
- Dedico per
ciò, questa mia prima storia, a tutti gli amanti del genere.
-
-
-
- Era stato
stupido, tremendamente stupido e insensato. Perché era un
uomo, dannazione. Eppure…
eppure eccolo lì, chiuso a
chiave nel bagno della sua migliore amica, nonché ex
infatuazione pluriannuale,
ad aspettare che il tempo passasse e il timer impostato sul cellulare
gli desse
il via per guardare la sentenza che gli avrebbe potuto stravolgere
l’esistenza,
anche se era immensamente un’idiozia il solo concepire
potesse venire un
risultato differente da quello che si aspettava, ma nonostante
ciò, se ne stava
seduto sulla porcellana bianca della vasca, le mani serrate a
stringerne il
bordo bianco e i piedi a muoversi su e giù con nervosismo in
un frenetico tap tap tap. Il suo
cervello gli diceva
che non poteva essere, che doveva stare tranquillo e che di certo si
sarebbe
fatto una grossa e grassa risata quando si sarebbe sporto a controllare
l’esito
e in un secondo momento avrebbe raccontato il tutto ai suoi amici che
gli
avrebbero anche dato dell’idiota, dopo avergli riso in
faccia: perché era un uomo
dannazione e okay, faceva occasionalmente del sesso con un lupo
mannaro, del
meraviglioso sesso occasionale senza alcun impegno il
martedì, il giovedì e il
sabato e la domenica, ma che lo facesse con una creatura che nel
collettivo delle
coscienze umane non esistesse era una certezza lontana anni luce dal
solo
potersi essere cacciato in una situazione del genere, visto che erano
entrambi
maschi e senza apparati femminili.
- Per di
più,
lui era anche un bravo, bravissimo studente universitario di mattina e
un paio
di pomeriggi a settimana, nel tempo libero cercava di non restarci
secco nel
risolvere qualche enigma e problema legato al soprannaturale assieme al
branco
e lavorava pure in un negozio d’abbigliamento al centro
commerciale quando lo
chiamavano, per non pesare troppo sulle spalle di suo padre che gli
passava i
soldi per “l’affitto”. E soprattutto per
non pesare sul lupo che quando voleva
aveva accesso al suo fondoschiena con una semplice alzata di
sopracciglio, perché
sì, il complesso in cui risiedeva era stato acquistato dalla
parte sopravvissuta
della famiglia Hale e il lupo aveva dato al branco
l’opportunità di
trasferirvici per poter essere più indipendenti dalle
famiglie e unito, visto
che gli appartamenti erano quattro più un attico e a nemmeno
di dieci minuti di
macchina dall’università e a lui Derek aveva dato
libero accesso alla propria Gold American
Express per ogni tipo di
spesa, dalla mobilia alla carta igienica.
- Alla luce di
tutto
ciò, arrivò a una sola conclusione: non poteva
capitare a una brava persona
come lui. Assolutamente, si disse, doveva essere realista e dare retta
al suo
cervello, il suo splendido cervello che realizzava più di
dieci pensieri
simultaneamente, portandoli tutti a termine con egregio successo, e che
non
sbagliava praticamente mai quando si trattava di congetture o altro,
quindi
doveva calmarsi ed evitare un qualsiasi attacco di panico prima di
scoprire
l’esito di quello stupido bastoncino, anche perché
se il suo sesto senso non
aveva sbagliato negli ultimi mesi, non significava avesse ragione anche
in quel
momento. Sì, era stato più stanco
nell’ultima settimana, ma solo di mattina, anche
se ciò bastava a rovinare la sua rutine e a farlo arrivare
in ritardo alle
prime ore di lezione, senza contare che il caffè, il suo
prezioso e amato caffè
fatto di caffeina pura gli faceva venire i conati di vomito ogni
qualvolta
l’aroma si librasse nell’aria e più di
una volta non era riuscito a baciare
Derek dopo che ne avesse bevuto anche solo un sorso, non che si
baciassero
spesso, anzi ora che ci rifletteva non si baciavano quasi mai, se non
quando
facevano sesso.
- «Stiles»
il
suo nome pronunciato con una punta di irritabilità nella
voce al di là della
pesante porta di legno lo fece sobbalzare e scattare in piedi
«Esigo tu esca
fuori dal mio bagno per gli ospiti, immediatamente» lui
cercò di protestare
accusandola di maleducazione e di essere una pessima padrona di casa
«Stilinski, non sono neppure le sei e mezza di mattina, se
non vuoi perdere la
capacità di ascoltare i tuoi stupidi e sconclusionati
monologhi, porta subito
le tue chiappe fuori dal mio bagno per gli ospiti».
- «Sono
indignato» se ne venne fuori con uno sbuffo, abbandonando il
bordo di ceramica
della vasca, recuperando l’asticella e mettendosela in tasta,
ma solo dopo
averla avvolta in una cospicua quantità di carta igienica
soffice e profumata
di color corallo «Sei la peggior vicina che potesse
capitarmi» si lamentò, una
volta abbandonata la piccola camera da bagno.
- «Certo,
perché sono stata io a buttarti già dal letto
nell’unica mattinata libera in
cui puoi dormire» sibilò lei infastidita,
raccogliendo i capelli ramati in una
coda alta con un chicco che teneva su un polso, andando poi a
incrociare le
braccia sotto al piccolo e sodo seno «Sputa
il rospo, Stilinski o dirò a Scott che
hai preferito il mio bagno degli ospiti, invece che il suo»
lo minacciò con
fare estremamente serio; Lydia lo osservò deglutire a vuoto
e portare in
automatico una mano a coprire la tasca da cui si intravedeva della
carta
igienica «Come ho detto, ho tutta la mattinata libera, decidi
se vuoi parlare
con le buone oppure -».
- «Altro
che
Banshee e Banshee, sei una strega» affermò con
fare sconfitto, rilassando però
nel contempo le spalle e distendendo le dita della mano sinistra che
aveva
inconsapevolmente arricciato a pugno «Non lo dirai a nessuno,
vero?» si
premurò, fissando lo sguardo sui propri piedi, coperti da
delle ciabatte di
spugna blu e bianche di quasi due numeri più grandi, aveva
preso quelle di
Derek «Ho un sospetto e volevo comprovarlo, tutto
qui» tagliò corto, avanzando
per superarla e alla domanda perché avesse scelto proprio il
suo di bagno
rispose con estrema sincerità «Perché
non ci sono lupi mannari qui, il lunedì
mattina».
- Lydia
arricciò le labbra da un lato, dandogli ragione ma anche
intenzionata a
scoprire il sospetto che l’aveva svegliata all’alba
«Allora, preferisci della
camomilla o del caffè?» domandò
prendendolo per un avambraccio e iniziando a
trascinarlo con sé verso la cucina.
-
- Aveva
inutilmente cercato di mentire o deviare gli argomenti e le risposte
per circa due
ore di seguito, ora però iniziava a essere stanco e ad avere
fame, così tanta
fame che il proprio stomaco incominciò vergognosamente a
gracchiare e costrinse
Lydia ad alzarsi e raggiungere la mensola di fianco al frigo ad incasso
e
tornare da lui con una confezione di merendine, ma quando fece per
afferrare
l’oggetto la rossa ritrasse la mano, ghignando leggermente e
alzando un sopracciglio
con fare ovvio «La vuoi, non è vero,
Stiles?» domandò con fare retorico e con
espressione soddisfatta quando lo vide leccarsi le labbra con fare
famelico «Allora
dammi ciò che hai in tasca».
- «Oh,
credimi
che non vorresti toccare ciò che ho in tasca,
davvero» cercò di convincerla con
fare serio, mentre continuava a fissare con fin troppa
golosità la merendina
che l’altra gli stava facendo ondeggiare davanti agli occhi.
Fu dunque quando
il suo stomaco lo implorò rumorosamente di assecondare lo
scambio e mettere in
ridicolo pure l’ultimo briciolo di dignità in
cambio di qualcosa con cui
riempire il vuoto esistenziale che da lì ad alcuni giorni lo
perseguiva
costantemente a intervalli regolari durante la giornata, seguito da una
leggera
e fastidiosa nausea, che qualcuno suonò alla porta,
costringendo la padrona di
casa ad abbassare la guardia e permettendo a lui di alzarsi in piedi,
afferrare
la merendina e dirigersi di corsa verso la porta, per tornarsene a casa.
- «Jackson,
fermalo!» urlò Lydia al proprio ragazzo che
però non afferrando il perché di
tale richiesta lasciò lo spazio a Stilinski di passare e
mettersi in salvo
dalle pressioni psicologiche di cui era stato vittima fino a quel
momento,
ricevendo un grazie che si perse per la tromba delle scale in seguito a
un
rumore sordo di porta e poi di chiavi.
- Aveva il
cuore che gli batteva forte e il fiato corto, eppure non aveva fatto
altro che
cinque rampe di scale, nulla di così esagerato, ricordava
che al liceo aveva
fatto molta più fatica durante gli allenamenti di lacrosse.
Tuttavia la fame
prevalse e quel pensiero passò subito in secondo piano,
mentre scartata dalla
confezione e addentava la merendina ripiena di marmellata e gemeva da
quanto
era buona. Gongolò ancora, masticando estasiato e
stiracchiandosi, mentre
andava in cucina e, passando davanti al salotto, non poté
non salutare Derek
che seduto sulla poltrona di pelle nera se ne stava a leggere un
giornale
«De-Derek?» domandò poi, riuscendo
grazie non sa neppure lui a quale stella a
non soffocarsi con il boccone che aveva in bocca «Cos-cosa
fai ancora qui?».
- «Questa
è
casa mia» ci tenne a precisare il lupo con tono piatto,
arricciando il naso e
alzando un sopracciglio «Perché hai qualcosa che
puzza di urina nella tasca
della felpa?».
- Stiles
sentì
la faccia e le orecchie improvvisamente più calde e non
riuscì a inventarsi
nulla per secondi interminabili in cui boccheggiò,
passandosi di tanto in tanto
la lingua sul labbro inferiore, non ottenendo altro se non di fare
insospettire
maggiormente il licantropo che piegò il giornale, posandolo
sul tavolino al suo
fianco e alzò anche l’altro sopracciglio, facendo
un gesto con l’indice come
incoraggiamento a parlare «Ve-vedi, non … non
è come può sembrare»
incominciò
fingendo un po’ più di tranquillità
«Anzi, la cosa è molto buffa, perché
sì,
sai, siamo entrambi uomini, cioè no. L’umano sono
io, tu sei un lupastro bello
e grosso» si corresse, simulando una risata divertita che
face trasparire solo
imbarazzo e incomodità, ma Stiles era già certo
che Derek sapesse esattamente qual
era il suo stato d’animo, grazie a quel stramaledetto olfatto
lupesco ultra
sensibile da alfa che si ritrovava «Oh, fanculo»
soffiò in un borbottio,
ficcandosi in bocca la metà di merendina che ancora
stringeva nella mano destre
e prendendo il pacco di carta igienica che aveva in tasca e
srotolandola «Lo so
che sono un maschio, che biologicamente non posso concepire eccetera,
ma il mio
cervello ha sommato tutti i sintomi che da due settimane a sta parte
ho» iniziò
a sputare parole a raffica, guadando dappertutto tranne che verso lo
stick che
aveva in mano e Derek «Lo so che non potrà mai
essere positivo, ma insomma, non
so dove sbattere la testa e adesso puoi ridere» concluse,
lanciando il
bastoncino a Derek e allontanandosi verso la pattumiera per buttar via
l’involucro della merendina e la carta igienica «Si
può sapere perché non ridi
o mi prendi in giro?» si lamentò, prendendosi un
bicchiere d’acqua e
svuotandolo in un sorso solo «Sarebbe più facile
se ridessi sai, invece di
stare zitt-» Stiles si bloccò quando girandosi
verso il salotto lo trovò
deserto «Ehi, Derek?» lo chiamò,
guardandosi attorno e poi cercandolo nelle
altre stanze che però risultarono vuote, perplesso
dell’improvvisa sparizione
del lupo, ma fiducioso nella sua ritrosia per il parlare con il
prossimo non si
preoccupò più di tanto. Stiles si
stiracchiò, allungando le braccia verso
l’alto, aveva lezione alle dieci e mezza, ma
l’energia che aveva in corpo lo
aveva completamente abbandonato, così recuperò
dall’armadio della camera da
letto una coperta e raggiunse il divano in salotto, una bella dormita
era ciò di
cui aveva bisogno dopo l’interrogatorio di Lydia, neppure
quelli di suo padre
lo sfiancavano così, senza contare l’ennesima
figuraccia fatta con Derek.
- Sbadigliò
sguaiatamente, socchiudendo gli occhi e dandosi nuovamente
dell’idiota per
l’idea assurda e stupida che aveva concepito e portato a
termine facendo quel
test di gravidanza.
-
- Si era
svegliato verso l’una passata, ancora un po’
spossato e pieno di fame. Ancora
nel dormiglia stava ragionando se vestirsi e scendere a prendere
qualcosa al
take a way all’angolo o se cucinare qualcosa da
sé. Sentì il proprio stomaco
reclamare nutrimento e da lì dedusse che il vestirsi, il
scendere le scale,
camminare fino al take a way e poi tornare a casa gli avrebbe fatto
perdere
troppo tempo se paragonato con lo scaldarsi gli avanzi della sera prima
che
aveva in frigo.
- Si
alzò dal
divano e prese in mano il bastoncino senza guardarlo, tanto era certo
del
risultato negativo e andò in cucina, tuttavia, quando
schiacciò la leva della
pattumiera e si aprì il coperchio abbassò lo
sguardo sulle caselline nel
momento in cui lasciò cedere il test e non poté
che sgranare gli occhi e aprire
così improvvisamente la bocca in una ‘o’
muta che la mandibola gli scricchiolò,
dandogli la sensazione che gli si sarebbe staccata.
- Stiles rimase
a fissare laddove era caduto il bastoncino per diversi secondi se non
interi
minuti, prima che si abbassasse a recuperarlo. Aveva letto un migliaio
di volte
le istruzione sul bugiardino, sapeva a memoria come dovevano essere le
lineette
se il test non fosse stato positivo o se non fosse stato valido e
quindi da
rifare; il test che Stiles aveva ostinatamente in mano non era
né da rifare né
negativo. Era fottutamente sbagliato. Non c’era altra
opzione. Fortunatamente
aveva preso una confezione doppia e il gemello di quello che teneva in
mano se
ne stava in camera da letto, nel suo cassetto in mezzo alle felpe dei
suoi eroi
dei fumetti preferiti, laddove Derek non avrebbe mai cercato un
indumento in
prestito.
-
- «Oh,
fanculo»
borbottò, quando dopo un’ora su entrambi i test le
linee non erano ancora
sparite, perché sperava davvero, che qualcosa cambiasse, che
una di quelle
linee sparisse «Non può capitare realmente a
me» piagnucolò, realizzando solo
in quell’istante perché Derek era sparito senza
dire nulla, sentendosi
immediatamente solo, rifiutato e perso «Oh, dannazione
Stiles» cercò di darsi
un contegno, provando a ricacciare indietro le lacrime che avevano
incominciato
a pizzicargli gli angoli degli occhi «Non siamo una
coppia» si disse, andando a
schiaffeggiarsi piano le guance quando si rese conto di essersi
depresso ancora
di più a quel commento sarcastico «E poi i test
sono fatti per le donne,
probabilmente hanno sbagliato perché sono uomo»
ragionò, andando finalmente a
mangiare e a placare i gorgoglii del proprio stomaco, ma quando
è arrivato a
metà piatto di lasagne che inizia a suonargli il cellulare;
a malincuore manda
giù il boccone che ha in bocca e si appresta a rispondere.
- Dopo una
breve conversazione con Deaton, e aver scritto su un foglietto di carta
un
numero di telefono e un indirizzo a cui si doveva presentare alla
quattro e un
quarto, tornò a mangiare e ignorò deliberatamente
la raccomandazione di non
muoversi da solo e di aspettare Derek.
-
- Aveva cercato
l’indirizzo che il veterinario ex capo di Scott gli aveva
lasciato su Google Maps, scoprendo
con piacevole
sorpresa che il posto in cui doveva recarsi non distava neppure una
mezzora da
dove abitava, così, dopo una doccia rigenerante, e
l’essersi vestito con una
felpa e dei jeans, lasciò l’appartamento; aveva
preso l’ascensore e giocherellava
con le chiavi della jeep ma non appena le porte si aprirono una mano le
intercettò ancora in aria e gliele sequestrò.
- «Non
puoi
guidare in queste condizioni» furono le parole che gli
vennero dette, mentre le
sue chiavi venivano messe nelle tasche di un giubbotto di pelle scura.
- «Posso
prendermi cura di me stesso da solo, Derek» sputò
con un po’ di rabbia,
allungando un braccio con il palmo della mano aperto verso
l’alto «Dammi le mie
chiavi».
- «Non
finché
c’è il rischio che ti addormenti
guidando» sentenziò lapidario il mannaro
fissando gli occhi verdi in quelli ambrati del più piccolo e
avanzando nel
piccolo vano elevatore, costringendo Stiles a indietreggiare,
finché le sue
spalle non cozzarono con la parete a specchio e le porte non si
chiusero «Non
puoi metterti in pericolo» aggiunse, andando ad appoggiare
una mano sul centro
del suo petto e spingendo leggermente nell’istante in cui
espirò, aiutandolo a
regolarizzare il respiro e ghignando contro le sue labbra
nell’istante in cui
gemette per il bacio a stampo che gli appoggiò sulla bocca
poco dopo.
- «Chi
ti credi
di essere?» aveva parlato una volta che il lupo gli si era
allontanato dal
volto, anche se in realtà aveva il cuore che gli tremava e
in testa una voce
non faceva che ripetere “ancora uno, ancora uno”
«Prima sparisci senza dire
nulla e poi -» Stiles si ammutolì da solo, quando
percepì qualcosa di freddo serrarsi
attorno al suo polso sinistro.
- «È
un
manufatto, azzera l’odore di chi lo porta»
snocciolò brevemente, dandogli le
spalle e pigiando il bottone apriporta, uscendo
dall’ascensore di gran passo
«Muovi il sedere, Stilinski» fu il turno
dell’umano di ghignare, mentre il suo
cuore, che aveva smesso di tremare come un pulcino, si sentiva meno
solo «Smettila
di sorridere e pure di pensare, posso sentire le tue stupide rotelle
muoversi
fin qui» venne ammonito, mentre prendevano posto
nell’abitacolo della Camaro.
- Stiles
sbuffò
a quelle parole, incominciando a lagnarsi sul fatto che se sorrideva e
stava
zitto non andava bene, se parlava ininterrottamente non andava bene e
veniva
pure minacciato di morte se non stava zitto «Insomma,
lupastro, devi fare
qualcosa per il tuo bipolarismo, sai?» affermò
improvvisamente irritato «Ho
pensato davvero fossi regredito alla fase
“problema-scappo”» parlò,
dandogli
poi una pacca leggera sulla spalla e abbandonandosi contro il sedile,
improvvisamente sentiva le palpebre pesanti «Ho creduto mi
stessi nuovamente
tagliando fuori, lasciandomi nei casini» riuscì a
dire sbadigliando due volte e
finendo la frase con un borbottio, prima di addormentarsi senza neppure
accorgersene «Visto che non siamo … una
coppia».
-
-
-
-
-
-
- Note.
- Un applauso a
voi che siete arrivati fin qui! Sono pronta a leggere ciò
che pensate di questo
primo capitolo e soprattutto di ricevere critiche costruttive! Un
bacione e a
martedì prossimo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 0.1 E questo basta ***
- E
questo basta
-
-
-
-
-
- Doveva
essere
successo qualcosa mentre dormiva, perché Derek
l’aveva svegliato malamente,
scuotendolo per una spalla, e minacciato due volte di morte mentre gli
diceva
di sbrigarsi e stargli dietro. Stiles stava rimuginando sulla possibile
causa
di tale malumore nel lupo, facendogli ogni tanto alcune domande a cui
si
rispondeva da solo visto i ringhi minacciosi che l’altro gli
rivolgeva.
- Stiles
prese
coraggio nel momento in cui si prese il polso con la mano destra e
sentì il
metallo del bracciale che Derek gli aveva dato per mantenere celato il
suo
odore dai nemici, per proteggerlo, aumentò di poco il passo,
così da essergli a
fianco e voltando il volto verso di lui gli chiese di spiegargli cosa
fosse
successo mentre era nel mondo dei sogni da farlo costipare in quel
modo,
chiedendogli preventivamente scusa se mentre dormiva aveva parlato nel
sonno.
- «Non
siamo
una coppia, Stilinski» sibilò freddo il
licantropo, aumentando il passo e
provocandogli una fastidiosa fitta alla bocca dello stomaco,
perché Stiles lo
sapeva benissimo che facevano solo dello stupidissimo e fantastico
sesso.
- Camminarono
in silenzio per altri pochi minuti, prima di entrare in una struttura a
cinque
piani. Senza fermarsi a parlare con la portinaia che si
limitò a fissarlo
stranita chiamarono l’ascensore e quando le porte si aprirono
Derek gli avvolse
un avambraccio con una mano e lo portò dietro di lui,
facendo uscire dal vano
elevatore due donne castane, molto belle e avvenenti. Stiles non aveva
potuto
fare a meno di stringere le mani a pugno e cercare di mantenere
un’espressione
distaccata, anche se sapeva benissimo che aveva irrigidito la mascella
e
sicuramente il suo corpo emanava un odore diverso da quello di prima.
- Ne
era
sicuro, perché avevano fatto degli esperimenti lui e Scott e
con sua somma
indignazione era venuto fuori che era impossibile per i lupi non
accorgersi dei
cambiamenti d’umore degli umani che facevano parte del
branco. Infatti, tutti i
suoi amici licantropi capivano a distanza di cinque metri se era
felice,
arrabbiato o in pensiero o semplicemente in paranoia figuriamoci quindi
se
Derek non aveva fiutato il suo cambiamento di emozione;
perciò la possibilità
era solo una: non gliene importava nulla di come il suo interessarsi a
quelle
due donne lo avesse fatto sentire. Guardò di sottocchio il
riflesso dell’alfa
sullo specchio alla sua sinistra e sospirò piano fissando lo
sguardo sulle
punte un po’ sporche delle proprie scarpe, convenendo sul
fatto che tornato a
casa le avrebbe dovute lavare perché così sarebbe
stato impegnato e non avrebbe
avuto tempo per pensare alla sua stupida e masochista cotta per Derek.
- «Stiles!»
la
voce autoritaria dell’altro lo fece sobbalzare e quando
alzò gli occhi spaurito
in quelli del licantropo lo vide espirare con un certo sollievo
«Sbrigati, prima
che si richiudono le porte» parlò, prendendolo per
mano e camminando per il
lungo corridoio dalle spoglie pareti celesti, non vi erano
né quadri né piante
e neppure finestre, solo luci al neon sul soffitto a illuminare
l’ambiente.
- Il
corridoio
finiva davanti a una scrivania dove c’era una donna che
occupava la poltrona in
pelle dall’altra parte. La donna indossava un camice e sulle
spalle le
ricadevano folti ricci biondi e a Derek bastò mostrare il
suo status di alfa
che questa sorrise gentile e indicò loro una saletta, dando
il benvenuto nella
struttura.
- «Congratulazioni»
disse poi a Stiles che annuì ancora non capendo
«Ah! Mi sono dimenticata, avrei
bisogno che mi compiliate questo» parlò ancora,
alzandosi e recuperando da un
armadietto in legno una cartella verde pistacchio «Quando lo
avrete terminato riportatemelo
e nel giro di cinque minuti vi manderò il
professore» terminò facendogli
l’occhiolino e provocandogli del rossore sulle guance, mentre
gli passava anche
una penna.
- Derek
emise
un leggerissimo ringhio prima di riprendere a camminare a portarlo con
sé nella
stanzetta che la bionda aveva indicato prima, solo lì dentro
il licantropo gli
lasciò la mano, andando a sedere sulla poltroncina vicino al
lettino.
- Stiles
si
trovò a sospirare, odiava tutta quella tensione tra di loro
e odiava sentirsi
così strano. Perché se un momento voleva prendere
a ceffoni il licantropo,
l’attimo in cui incontrava i suoi occhi avrebbe voluto
sorridergli e andargli
vicino per baciarlo piano, in modo lento e dolce, ma proprio mente
formulava
quel pensiero il suo istinto di sopravvivenza prendeva il sopravvento e
lo
faceva desistere portandolo alla realtà: il sesso non
è dolcezza, solo piacere.
- Sospirò
pesantemente, sedendosi sul bordo del lettino, poi aprì la
cartella ed
incominciò a prestare attenzione al questionario
«C’è anche una serie di
domande sul branco e sulle nostre situazioni sentimentali, oltre alla
consegna
di inserire i nostri dati personali» parlò ad alta
voce, facendo un paio di
commenti sarcastici su alcune domande mentre rispondeva
«“Come sei rimasto
incinto?”» lesse ad alta voce la domanda chiedendo
verso Derek che già lo stava
fissando «Vogliono sapere la posizione o cosa?».
- Il
licantropo
scosse piano la testa, forse rassegnato da quanto
l’intelligenza di Stiles
venisse a meno in alcuni momenti «Per
“come” intendono se con un rapporto
sessuale con un partner soprannaturale, con inseminazione artificiale o
per un
incantesimo» parlò alzandosi e requisendo la
cartella con un gesto veloce «Dammi
qui, tu sdraiati» parlò con tono autoritario,
sottraendogli dall’altra mano
pure la penne che per tutto il tempo che rifletteva o faceva battutine
si era
portato alle labbra e Stiles arrossì vedendo Derek tenere la
penna con i denti
mentre recuperava un documento d’identità.
- Passarono
un
paio di minuti, in cui Stiles fece come gli fu detto e in cui ne
approfittò per
guardare il cellulare e sorridere un paio di volte al messaggio di
Hannah, una
collega del negozio di abbigliamento dove lavorava part time, poi si
alzò
camminando avanti e indietro per la stanza, prestando per la prima
volta
attenzione ai poster medici attaccati alla parete.
- «Ma
ma»
balbettò incominciando a guardarsi attorno con fare
sconcertato additando uno a
uno gli oggetti appesi al muro tutti correlati con la gravidanza
maschile
«Questo è … no, non è
possibile».
- «Stiles,
ti
ho detto di sdraiarti» parlò Derek, lasciando
stare il questionario e
raggiungendolo con due falcate, circondandogli la vita con un braccio
nel
momento in cui barcollo «Adesso taci e sdraiati»
gli ordinò, sovrastando la sua
lamentela con un ringhio e gli occhi rossi «Zitto e buono,
non una domanda»
sentenziò, dopo che lo ebbe aiutato a stendersi.
- «Come
hai
fatto a capire che avrei avuto un giramento?»
parlò ignorando totalmente
l’ordine appena ricevuto ed ottenendo un perfetto mutismo
dall’altro che si
fermò dallo scrivere con un sopracciglio alzato in
un’espressione infastidita
«Cosa c’è che non va ora?»
domandò, deviando lui stesso l’argomento
«Fammi
vedere» insistette, mettendosi a sedere sul bordo del lettino
con le gambe a
penzoloni verso la poltrona su cui sedeva Derek che si
limitò a mostrargli il
foglio e indicargli il sunto del problema «Ci sono altre
creature di natura soprannaturale
che potrebbero riconoscere il bambino al momento della
nascita?» lesse ad alta
voce il quesito non sapendo se mostrarsi indignato dal sospetto che
nasceva
nell’altro o gongolare per il fastidio che leggeva nelle sue
sopracciglia
arcuate «Ovviamente, se c’è qualcosa
nella mia pancia la colpa è tua, lupo
misantropo e socialmente costipato» decretò
Stiles, alzandosi e andando a
sedersi sulle gambe di Derek, giustificandosi col fatto che
così avrebbe avuto
libero accesso alle domande e avrebbero terminato prima.
-
- Dopo
appena
tre minuti, in cui il licantropo dovette subirsi il peso di Stiles sul
suo
torace e sulle proprie gambe senza poterlo toccare come voleva lui,
terminarono
di rispondere anche ai quesiti sul branco. Derek portò la
cartella alla donna
una volta che Stiles si sistemò nel lettino.
- «È
umano»
disse la donna, riponendo la penna e guardandolo con fare leggermente
preoccupata «E non è neppure marchiato»
rincarò la dose, alzandosi e dirigendosi
verso una saletta alla sinistra della scrivania, Derek
ringhiò basso,
conficcandosi gli artigli nel palmo delle mani chiuse a pugno
«È solo un umano».
- «È
il mio
umano e questo basta» parlò a bassa voce, dandole
le spalle e tornando nella
camera in cui c’era Stiles.
Note.
Buongiorno!
Allora, chiedo enormemente scusa a tutti per il ritardo! La storia
continuerà!
Purtroppo
per il momento sono oberata dalla vita di tutti i giorni, ma appena
avrò più tempo da poter scrivere con
più regolarità i capitoli incominceranno ad
essere più corposi e gli aggiornamenti avranno realmente una
cadenza settimanale precisa, per ora posso solo dirvi a
martedì prossimo! Un bacione e mille e più grazie
per aver letto e recensito con quelle parole meravigliose! Vi ho
adorato! :*
Vi auguro un iniziò d'annò col botto, assieme a
un sacco di fortuna e felicità!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 02. Trenta dollari (a testa) per Scott ***
- Trenta
dollari (a testa) per Scott
-
-
-
-
Passarono poco più di cinque minuti e dopo aver bussato alla
porta un uomo di mezz’età, dal fisico slanciato e
ben proporzionato, con i capelli castani brizzolati e dagli occhi
azzurri sorridenti contornati da piccole rughe d’espressione,
entrò nella camera facendo sfoggia di una fila bianca di
denti giacché sorrideva apertamente e Stiles non
poté non ricambiare quel sorriso una volta che
incontrò lo sguardo dell’uomo che si
presentò come Albert.
«Derek, Stiles» parlò guardando prima il
licantropo e poi lui «Piacere di avervi come
pazienti» ammise, girando il primo foglio della cartella che
avevano compilato poco prima «Abbiamo in atto una gravidanza,
dunque».
«L’abbiamo?» intervenne Stiles con fare
sorpreso e sconcertato «Cioè, le
racconto» iniziò a parlare, ignorando Derek che
mandò gli occhi al soffitto «Ho fatto un test,
okay? Sono uscite fuori le due lineette, ma non si può
essere sicuri che non si sia sbagliato» espose la situazione
concludendo «Quindi siamo qui per certezze,
giusto?» e si voltò verso l’alfa
convinto che gli desse il suo appoggio almeno in quella circostanza.
«Sei incinta, accettalo» parlò invece
Derek con tono leggermente burbero.
«Tzè, sentitelo. Ora è pure un
dottore» affermò un poco stizzito lanciandogli
un’occhiataccia e poi tornando a guardare con fare speranzoso
il professor Albert aggiunse «Lei capisce cosa sto dicendo,
giusto? Insomma, il test che ho fatto poteva anche aver dato un
risultato errato, no?» rispiegò le sue ragioni,
annuendo alle proprie parole.
«Questa è dunque una gravidanza
indesiderata?» ne convenne l’uomo, chiudendo la
cartella e dirigendosi verso un armadietto e tirando fuori alcuni
strumenti; il silenzio era calato nella stanzetta e il cuore di Stiles
aveva prima rallentato i battiti e poi ripreso a martellare come
impazzito, mentre Derek sembrava impassibile sia dentro che fuori
«Sdraiati e solleva la maglia, diamo un’occhiata a
cosa c’è lì dentro»
parlò, avvicinando al lettino un monitor e accendendolo,
allontanandosi per poi ritornare da loro con un tubetto nella mano
destra e una sonda per ecografia nella mano sinistra
«Avvertirai un po’ di freddo, ma giusto il tempo di
sentire questo» asserì.
Dopo un piccolo brivido di freddo nel momento in cui il gel toccava la
pelle della pancia Stiles non poté che chiedere
«Sentire cosa, esattament-» e bloccarsi con la
bocca semi aperta e sgranare gli occhi, girando la testa verso lo
schermo così velocemente che credette gli si sarebbe
staccata dal collo, il respiro gli diventò più
pesante e sentì gli occhi inumidirsi «Oddio,
fantastico, sono incinta?» parlò con del sarcasmo
che sperò mascherasse tutto il suo terrore alla scoperta, ma
più che altro la felicità ne derivò
subito dopo nel rendersi conto che quel puntino grigio minuscolo che
sfarfallava come impazzito nel centro dello schermo nero era stato
creato da lui, Stiles Stilinski e Derek Hale «Ma come
è possibile?» domandò, la voce tremante
e gli occhi ancora puntati verso lo sfarfallio.
«Oh della posizione in cui avete concepito non posso esserne
certo» parlò l’uomo con un sorriso
genuino «Ma sicuramente il come lo sai meglio di
me» gli fece un occhiolino nel momento in cui Stiles lo
guardò con le guance rosse e non trattene una risata quando
il ragazzo borbottò qualcosa di incomprensibile con tono
imbarazzato «Comunque, complimenti. È davvero
forte il vostro piccoletto di tre settimane».
«Ovvio che lo sia» parlò senza potersi
fermare sorridendo orgoglioso «È uno
Sterek» se ne venne fuori come se fosse la cosa
più naturale da dire alle parole del professore e sentendo
su di sé degli occhi confusi spiegò
«Metà di Derek e metà di me, la fusione
dei nostri nomi».
«E perché il tuo nome è davanti al
mio?» chiese con una punta di disappunto il licantropo, stato
zitto fino a quel momento.
«Semplice musone che non sei altro, sono io ad averlo nella
pancia» rivelò incrociando le braccia al petto con
risolutezza, domando poi con fare leggermente allarmato
com’era possibile che nella sua pancia ci fosse un bambino.
«Giacché tra di voi non c’è
alcun legame e tu sei totalmente umano» incominciò
a parlare allontanando la sonda dal ventre di Stiles e porgendogli un
paio di veline per ripulirsi dal gel «Penso che una prima
ipotesi, escludendo tu non sia stato colpito da un incantesimo senza
accorgertene, la causa della tua gravidanza è da attribuire
al lupo alfa dentro Hale» alla sua faccia sconvolta il
professor aggiunse «È lo scopo di vita di un
licantropo alpha creare il proprio branco e il metodo più
sicuro per non restare soli è -».
«Avere dei figli tuoi, dei figli licantropi»
concluse Stiles per Albert, senza trovare il coraggio di girarsi a
guardare Derek perché sapeva che se avesse incrociato i suoi
occhi gli avrebbe certamente letto la domanda che da mesi, da quando
avevano iniziato ad avere rapporti, gli frullava dentro:
perché aveva scelto proprio lui.
«Adesso che ti sei convinto anche tu che lì ci sia
un cuore che batte» prese parola il professore, allentandosi
dal lettino per riporre gli strumenti «Ti
prescriverò alcune medicine che il vostro emissario
potrà creare con facilità» dalla tasca
del camice ne trasse un taccuino e una penna ed incominciò a
scriverci su qualcosa «E siccome emani odore di
curiosità da tutti i pori, ti inserisco anche alcuni testi
che ti potranno aiutare a capire ciò che sta affrontando il
tuo corpo e che affronterà in questi mesi» si
interruppe assumendo un’espressione più grave
esattamente come il suo tono, mentre dava a Stiles la busta in cui
aveva inserito la ricetta medica e i titoli dei tomi da consultare
«Sempre se deciderai di portarla a termine».
«Po-posso abortire?» domandò con fare
sorpreso, senza prendere la busta, fermandosi con la mano a
metà «Cioè, non che voglia o forse
dovrei? Si può davvero abortire un licantropo?».
«Sei un umano, se tu fossi stato un mutaforma licantropo,
sarebbe stato estremamente difficile oltre che pericoloso»
spiegò lanciando una veloce occhiata verso Derek che aveva
da alcuni secondi incominciato a ringhiare con tono più
minaccioso «Come tuo dottore è mio dovere metterti
al corrente di tutte le possibilità e di farti arrivare
preparato al giorno del parto» asserì con tono
più pacato possibile «Pensaci, sei alla terza
settimana, ne hai sole altre tre per poter decidere cosa fare con il
feto» Stiles non disse nulla, se annuire piegare la busta e
mettersela in tasca «Ci vediamo tra due settimane».
Uscirono dalla struttura in silenzio, Derek era di pessimo umore e
Stiles si sentiva spossato e leggermente affamato e nauseato allo
stesso momento, ringraziò dunque quando arrivarono alla
Camaro e dopo neppure due minuti finì per appisolarsi.
Si svegliò di soprassalto per colpa del campanello e per
poco non cadde dal divano, si guardò attorno con fare
circospetto, pulendosi l’angolo della bocca con un braccio.
«Stiles, vuoi aprire!» lo raggiunse la voce
scocciata di Scott «Sono quasi due minuti che sto fuori dalla
tua porta».
«Scottie, sì apro» urlò,
strofinandosi le mani su tutta la faccia ridendo con fare isterico
perché era stato tutto un sogno, un ridicolo e stupido
sogno. Sospirò andando ad aprire al suo migliore amico
«Buongiorno Scott! Cosa ti porta ai piani alti? Hai bisogno
di una mano con le lezioni» provò a indovinare con
un sorriso smagliante.
«Buongiorno?» chiese perplesso, entrando con dei
due cartoni di piazza in una mano e un sacchetto nell’altra
«È ora di cena bello mio, ed oggi è il
giorno del mese della pizza e videogiochi» gli
ricordò, fingendosi oltraggiato a morte per la sua
dimenticanza.
«Cavolo, è che ho dormito tutto il giorno, ho
perso la cognizione del tempo» cerco di giustificarsi,
sbadigliando sguaiatamente e andando a sbattere contro la schiena di
Scott che si era fermato di colpo «Ma porca -»
imprecò, massaggiandosi il naso «Perché
ti sei fermato?».
«Perché quel coso è positivo e sopra
c’è il tuo odore?» Stiles non comprese a
cosa si stesse riferendo Scott e nonostante gli si misi di fianco
fissando il punto in cui i suoi occhi stavano guardando non
notò nulla fuori posto, anche perché erano in
entrata e non aveva la vista lupesca perciò
aspettò che Scott parlasse «Sto aspettando una
spiegazione, Stiles».
«Oi, non scaldarti, non so di cosa parli, bello»
tentò di difendersi mentre Scott lo annusava in maniera poco
educata «Ehi, a cuccia».
«Lo sapevo che facevi sempre un odore più
strano» se ne venne fuori allontanandosi con passo spedito e
raggiungendo il tavolino basso vicino al divano, vi appoggio i cartoni
delle pizze e il sacchetto di plastica poi si accucciò e
afferrò qualcosa che era sotto di esso «Sei
incinta, amico. Cavolo, Lydia aveva ragione» prima felice
della cose e poi seccato aggiungendo in uno sbuffo «Le devo
cinquanta dollari» Stiles cercò nelle tasche dei
pantaloni, prima nella sinistra e poi nella destra, trovando la busta
che il professor Albert gli aveva dato e l’aprì,
trovandovi dentro solo la lista dei libri e un post-it scritto da
Derek, la calligrafia del licantropo l’avrebbe riconosciuta
ovunque. Nel frattempo, Scott aveva continuato a parlare con fare
sempre più esagitato e stava già facendo progetti
sull’essere il padrino del bambino, anche se secondo lui era
una femminuccia e faceva battute su quanto Derek sarebbe stato geloso
di chiunque le si avvicinasse, mentre lui sarebbe stato il genitore
buono e simpatico, ma Stiles non l’ascoltava più
con attenzione ed era leggermente sbiancato «Ehi, amico. Stai
bene? Devi vomitare?».
«La parte umana di Derek non vuole il bambino»
sputò fuori, oltrepassandolo e andando ad accasciarsi contro
il divano, dopo avergli lasciato il post-it appiccicato su un braccio
«Lo sapevo che non sarebbe stato d’accordo sul
tenerlo».
«Ehi amico, qui non c’è scritto
quello» cercò di farlo ragionare Scott dopo aver
dato una veloce occhiata al pezzetto di carta, ma Stiles sembrava non
volerlo ascoltare e già stava drammatizzando sul dover
scappare in un altro continente e dover fare il genitore single
«Stiles Stilinski, stai zitto un attimo» prese il
controllo, accucciandosi di fronte a lui e prendendogli le spalle
«Ascoltami bene, non so cosa sia successo tra te e Derek ma
da questo foglietto comunica tutt’altro»
parlò mostrandogli il palmo della mano destra, dove aveva
attaccato il post-it «Dice che è andato lui da
Deaton e che cercherà di farsi da parte e di far decidere a
te cosa fare con la gravidanza».
«Appunto, Scott» si incaponì invece lui,
abbassando il capo, sentendo gli occhi bagnarsi «Non gliene
importa, perché il professor Alber ha detto che il lupo non
permetterebbe mai che venisse fatto del male al bambino»
parlò, annusando l’aria e voltandosi leggermente
verso i cartoni delle pizze «Non è logico quindi,
se gliene fregasse del bambino, non mi darebbe il via libera sulla
decisione».
«Beh, qui dietro dice dell’altro
però» se ne venne fuori Scott con fare tranquillo,
mentre prendeva la pizza di Stiles e gliela passava, sia mai iniziasse
a prenderlo a morsi per la fame «Dice che sei tu a portarlo
nella pancia e. che anche se non è d’accordo e non
sembrerà, ti appoggerà».
«Non gliene frega né del bambino né di
me» anticipò ciò che l’altro
voleva fargli capire, addentando poi la prima fetta di pizza
«Sono solo un ottimo compagno di letto, visto che gli
permetto di farmi di tutto» a quella rivelazione Scott
rabbrividì scuotendo la testa, forse per scacciare le
immagini indesiderate che quelle parole gli avevano portato
all’immaginazione «Eppure lui … mi piace
così tanto».
«Ti piace soltanto?» domandò sarcastico,
prendendo la propria pizza e incominciando a mangiare anche lui,
sorridendo sotto i baffi per il suono disperato che fece Stiles nel
dargli del bastardo per ciò che aveva appena detto
«E dai, amico. Tu lo ami, tu a lui gli fai sesso e sei il
primo che pensa a proteggere quando ci sono dei pericoli»
ricapitolò il mannaro, fermandosi solo per addentare
dell’altra pizza «Pensaci … siete solo
due codardi» li accusò, ancora con la bocca mezza
piena «Tu hai paura di un rifiuto e lui anche. Dovreste farvi
meno pippe e affrontare la cosa, almeno provarci. Perché se
lui vuole un bambino da te è ovvio che voglia anche
te» ragionò e accorgendosi dello sguardo
sospettoso di Stiles aggiunse «Sì, è
stata Lydia a farmi questi discorsi, prima di scommettere sessanta
dollari sulla tua possibile gravidanza» confessò
d’immediato «A proposito, avresti sessanta dollari
da prestarmi?» se ne venne fuori con l’aria da
cucciolo bastonato.
«Oh certo perché è colpa mia se sono
incinta e non dei super spermatozoi da lupo alfa di Derek
vero?» sbottò con la bocca piena di pizza e
concludendo che qualcuno gli doveva i soldi quello era proprio il suo
alfa da strapazzo «Capito? Non vedrai neppure un centesimo da
me, bello».
Finirono la pizza parlando del più e del meno, ma
soprattutto discutendo sul seguito della loro serata, cioè
se dedicarsi a una sezione intensiva di videogiochi o di film.
Optarono per i film dopo una lunga e intensa discussione, ma proprio
sul più bello, quando il Dottore stava per arrendersi Scott
si mise sull’attenti, attirando l’attenzione di
Stiles che stava combattendo contro il sonno. Il suono della serratura
fece alzare il mannaro che palesava disagio da tutti i pori, mentre
Stiles sbadigliava seguendo l’amico che si stava dirigendo
all’entrata.
«Ciao, Derek» salutò Scott «Me
ne stavo andando, sai, si è fatto tardi»
abbozzò come scusa, abbracciando velocemente Stiles e
lasciandogli un paio di leggere pacche sulla schiena «Ah, mi
devi sessanta dollari» parlò prima di chiudere la
porta e togliere la sua presenza dalla scena.
Sentendo su di sé lo sguardo di Derek e notando le sue
sopracciglia alzate, Stiles parlò, spiegandogli della
scommessa che il migliore amico aveva fatto con la Banshee
«Begli amici che ho, vero?» domandò
sarcastico, alzando le spalle con fare drammatico. Le sopracciglia di
Derek tornarono alla loro posizione naturale, ma non sembrava voler
dire nulla, si limitava a guardarlo e Stiles sentiva crescere un misto
d’ansia e nervosismo assieme a una buona dose di paura. Fece
un bel respiro e riprese a parlare «Sono le medicine
quelle?» indicò il sacchetto che Derek teneva in
mano.
«Hai mangiato?» questa volta fu il turno di Stiles
di far svettare in alto le proprie sopracciglia, assumendo
un’espressione confusa «C’è
odore di pizza» aggiunse e Stiles annuì
«Deaton ha detto che gli servono un paio di giorni per
mettere insieme gli ingredienti per le medicine» gli
spiegò, superandolo e andando in cucina, dove
appoggiò il sacchetto che si rivelò contenere
cibo d’asporto.
«Lasagne, oh santa paletta! Sono lasagne vere, fumanti e
calde» decantò non appena Derek scoprì
il contenitore dall’alluminio «Oh, ne voglio un
piatto».
«Hai mangiato la pizza» parlò il
licantropo.
«Sono incinta» gli ricordò senza pensare
a che cosa quelle parole avrebbero fatto nascere in Derek.
«Non è una scusa» sputò
fuori, prendendo un solo piatto «Se poi ingrassi mi odieresti
di più».
«Senti sono io che -» Stiles si bloccò
come comprendendo quella frase solo in quell’istante
«Non ti odio, sei tu che odi me. O almeno la tua parte umana
mi odia, anche se è il lupo a minacciarmi di strapparmi la
gola con i denti, credo» incominciò a parlare a
vanvera, prendendo in ostaggio le lasagne «Usa il cervello
Derek, perché mi sentirei offeso se finora tu mi reputassi
così masochista da farmi sbattere da qualcuno che
odio» il licantropo stava per rispondere, ma Stiles fu
più veloce di lui e riprese la parola «Sono andato
dietro a Lydia per anni senza che lei mi ricambiasse, è
vero, ma da qui a farlo con una persona che odio ce ne vuole».
«Allora perché hai preso in considerazione
l’idea di abortire?» gli domandò con
palese rabbia.
«Non l’ho fatto» si difese, riponendo le
lasagne a una distanza neutrale sulla penisola della cucina
«Non l’ho mai fatto, a dirti il vero»
riprese a parlare, sedendosi sullo sgabello e ricambiando lo sguardo di
Derek con uno totalmente serio e sincero «Non butterei mai
via mio figlio, ovviamente devo abituarmi all’idea, cosa che
stranamente il mio migliore amico trova normalissimo, colpa credo del
suo essere un mannaro e che sia parte del tuo branco»
divagò, facendo un altro paio di ipotesi, tornando poi sui
binari del discorso grazie a una leggera minaccia dell’altro
«Dicevo… devo solo abituarmi alla cosa e capire
che avrò qualcosa da condividere con te per il resto della
mia vita» l’atmosfera era seria, forse troppo
perché neppure cinque secondi di silenzio più
tardi Stiles dovette fare una battuta «Mi sa che devo dare
trenta dollari a Scott».
«Non permetterei mai che ti succedesse qualcosa»
brontolò, andando a prendere un secondo piatto.
«Lo so, scusa» parlò, storcendo il naso
infastidito «Non voglio più le lasagne,
mangerò del gelato» Derek non disse nulla,
tornò a mettere via il piatto e prese una ciotola,
perché Stiles non era in grado di mangiare una oppure due
semplici palline di gelato, come minimo se ne mangiava cinque.
che lei mi ricambiasse,
è vero, ma da qui a farlo con una persona che odio ce ne
vuole».
- «Allora
perché hai preso in considerazione l’idea di
abortire?» gli domandò con palese rabbia.
- «Non
l’ho fatto» si difese, riponendo le lasagne a una
distanza neutrale sulla penisola della cucina «Non
l’ho mai fatto, a dirti il
vero» riprese a parlare, sedendosi sullo sgabello e
ricambiando lo sguardo di
Derek con uno totalmente serio e sincero «Non butterei mai
via mio figlio,
ovviamente devo abituarmi all’idea, cosa che stranamente il
mio migliore amico
trova normalissimo, colpa credo del suo essere un mannaro e che sia
parte del
tuo branco» divagò, facendo un altro paio di
ipotesi, tornando poi sui binari
del discorso grazie a una leggera minaccia dell’altro
«Dicevo… devo solo abituarmi
alla cosa e capire che avrò qualcosa da condividere con te
per il resto della mia
vita» l’atmosfera era seria, forse troppo
perché neppure cinque secondi di
silenzio più tardi Stiles dovette fare una battuta
«Mi sa che devo dare trenta
dollari a Scott».
- «Non
permetterei mai che ti succedesse qualcosa»
brontolò, andando a prendere un secondo piatto.
- «Lo
so, scusa» parlò, storcendo il naso infastidito
«Non voglio più le lasagne, mangerò del
gelato» Derek non disse nulla, tornò a
mettere via il piatto e prese una ciotola, perché Stiles non
era in grado di
mangiare una oppure due semplici palline di gelato, come minimo se ne
mangiava
cinque.
Note
Allora, eccomi, puntuale con l'aggiornamento :]
Alla fine sono d'accordo sul fatto di tenere il bambino, alcune cose
verranno spiegate più avanti tranquilli (?), per il momento
vi ringrazio per aver letto, come sempre!
Un bacione e spero che i dolciumi e il carbone che ho consegnato
durante la notte siano piaciuti a tutti ;]
Buona Epifania a tutti :*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 03. La calma prima della tempesta. ***
- La
calma prima della tempesta
-
-
-
-
-
- Era
uscito
con Lydia il giorno seguente, visto che Derek era andato via di casa in
mattinata per raggiungere Peter, perché dovevano parlare di
alcune cose che non
aveva voluto dirgli e siccome si stava cruciando sul possibile motivo
della
rimpatriata di famiglia, aveva aspettato che la ragazza rientrasse
dall’università e l’aveva costretta ad
uscire, affermando che sarebbe impazzito
prima delle cinque e mezza se qualcuno con un quoziente abbastanza
elevato non
gli avesse prestato attenzione. Scott si era rivelato un pessimo
cospiratore,
giacché continuava a finire sul fatto che esigeva se il
bambino fosse stato
maschio, allora avrebbero dovuto come secondo nome mettergli il suo,
cosa che
ovviamente Stiles aveva prontamente bocciato affermando che
già sarebbe stato
il padrino del bambino e che quindi era inutile dare al suo erede
un’altra
croce da gestire durante la sua vita oltre a lui come padrino, al gene
del
mannaro e a due genitori dello stesso sesso.
- Con
Lydia
avevano girato un paio di negozi, prima che stanca delle sue lamentele
e del
peso degli acquisti fatti, lei non decidesse di assecondarlo e decidere
di
fermarsi per un po’ in uno dei numerosi punti ristoro del
complesso commerciale,
rifiutando categoricamente la sua proposta di andare a vedere una
maratona di
cartoni giapponese al cinema al piano di sotto.
- «Spiegami
meglio quest’ultimo passaggio» affermò
con fare indignato la biondo fragola,
abbandonando la ciocca che stava arricciando con l’indice,
cercando d’ignorare
con tutta se stessa i numerosi piattini con le briciole di
ciò che Stiles aveva
ingerito in quell’ultima mezzora «Perché
mi sembra di aver compreso che tu, Stiles
ex
resterò vergine per tutta la vita Stilinski, e
Derek c’è l’ho
quasi con tutto il
mondo Hale, voi due, che aspettate il mio primo nipotino, non
abbiate
ancora chiarito i vostri palesi e diabetici sentimenti»
Stiles le restituì lo
stesso sguardo indignato, non molto contento del fatto che
l’amica avesse
sottolineato così bene che fossero due imbecilli
«Siete delle cause perse,
forza, andiamo prima che ti mangi la settima crepes al cioccolato e la
voglio
di strozzarti diventi irrefrenabile. Voglio fare un giro da
M.A.C» rincarò la
dose, raccogliendo le proprie borse.
- «Ehi,
non
farmi sembrare più ghiottone di quello che sono»
la rimproverò, aggiungendo di averne
mangiate solo quattro «Okay, cinque ma cerca di capirmi, sono
incinta del
mannaro che amo e che mi trova perfetto solo come forno per sfornare i
suoi
figli e poi stai tranquilla che con la nausea che mi sta per venire non
metterò
su neppure un chilo» una signora anziana lo guardò
perplessa e seriamente
preoccupata, mentre si apprestava a coprire le orecchie della nipotina
di circa
cinque anni.
- «Stiles,
due
parole: cause perse» asserì con fare serio,
camminando sicura sui propri tacchi
firmati almeno finché non si bloccò di colpo,
spalancando gli occhi e
trattenendo il fiato «Stammi vicino, abbiamo
compagnia».
-
- «Prima
o poi
verrà fuori» parlò Peter, accompagnando
il nipote alla macchina «E sappiamo
tutti come reagirà se lo viene a scoprire da
sé» aggiunse espirando più forte
«Diglielo».
- Derek
salì
nell’abitacolo della Camaro senza rispondere o guardare
Peter, preferì
piuttosto inserire la chiave nel quadrante e mettere in moto, il sole
stava
tramontando; prese il cellulare che aveva iniziato a vibrargli nella
tasca
della giacca: era Stiles, respirò a fondo prima di accettare
la chiamata.
- «Stanno
cercando di portare via Lydia, ho già chiamato Jackson e gli
altri -» parlò con
fare agitato, fermandosi di colpo.
- «Stiles!
Cosa
sta succedendo? Stiles!» chiamò, immettendosi
nella strada e schiacciando
l’acceleratore, sentiva solo parole incomprensibili a causa
del brusio e dei
rumori di sottofondo alternati a istanti di totale silenzio.
- «Sì,
ci sono,
scusa» riprese a parlare l’umano, giustificando il
trambusto con la caduta del
cellulare, mentre cercava di mettere in moto, allacciarsi la cintura e
inserire
la marcia, tutto contemporaneamente «Sto uscendo dal
parcheggio del centro
commerciale, li seguo. Ho già mandato la foto della targa a
Danny e a mio padre
e a tutti gli altri, dovrebbe essere arrivata pure a te».
- «Vai
a casa e
aspettaci lì» ruggì il mannaro, mentre
posizionando una sirena della polizia
sul tettuccio della Camaro si apprestava a utilizzare la corsia
d’emergenza e a
superare i semafori rossi «Non discutere, Stiles»
stoppò sul nascere la sua
lamentela, spingendo ancora di più l’acceleratore
«Va a casa, non siamo sicuri
non cercassero te e il bambino, il bracciale copre il tuo odore, per
mannari
che si affidano all’olfatto tu non esisti» gli
spiegò con fare duro, facendosi
dire in che direzione stessero andando i rapitori e controllando
l’immagine
della targa che effettivamente gli era arrivata, apostrofandosi
mentalmente,
quando ricordò di aver tolto apposta il suono alle notifiche
del gruppo di
Whatsapp del branco «Okay, vengono nella mia direzione, tu
vai a casa, metti lo
strozzalupo. Ti manderò Isaac o Allyson».
- «Quindi
l’hanno
presa per causa mia?» domandò e nel suo tono Derek
poté percepire il senso di
colpa e la cosa fece ululare il lupo che era lui «Come potrei
andarmene a casa
e non far altro che aspettare?».
- «Dannazione,
sei incinta, Stiles» la voce gli era uscita più
dolce e confortevole di quello
che si sarebbe voluto concedere «Va. A. Casa»
ordinò subito dopo, quando
titubante l’altro provò a ribattere, la dolcezza
scomparsa e sostituita
dall’autorità del timbro dell’alfa
«Ci metteresti in difficoltà se dovessimo
scontrarci con loro, sei un essere umano e pure incinta: ancora
più inutile sul
campo di battaglia».
- «Fottiti
Derek Hale» parlò Stiles, con tono basso e offeso,
insultandolo ancora una
volta mettendo in chiaro che non lo faceva per lui
«Proseguono sempre verso la
tua direzione, se non ricordo male l’unica zona abbandonata
è PondMills a meno
che non si stiano dirigendo al porto» il tono di voce di
Stiles era privo di
sfumatura «Jackson è dietro di me con la Porche,
continuerà a seguirli lui.
Tenetemi aggiornato» gli disse aggiungendo poi in un sussurro
«Di agli altri
che questa sera ceniamo tutti insieme. Siate puntuali, cucino
io».
-
- Aveva
cucinato dalle sei e quaranta fino alle otto e dieci, quindi un sacco,
ignorando la spossatezza e controllando i messaggi ogni tre minuti, con
lui
c’era Isaac che aveva cercato di confortarlo e da
mezz’ora si stava lasciando
sconfiggere a scala quaranta perché Stiles lo sapeva, Isaac
poteva anche non
sentire totalmente il suo reale odore, ma sulla sua faccia si poteva
leggere
benissimo lo sconforto che saliva assieme al senso di colpa al passare
di ogni
secondo.
- «Sono
le nove
meno sette minuti» esalò, gli occhi lucidi e la
gola secca «Dovremmo andare a
cercarli, magari sono feriti e -».
- «Proprio
ora?
Vuoi che Derek mi ammazzi?» lo stoppò, sorridendo
tutto d’un tratto, scattando
con la testa prima verso la testa e poi verso di lui, prima di
chiedergli «Li
percepisci anche tu?» Stiles però non lo
badò minimamente, schivando la presa
del mannaro e precipitandosi fuori dall’appartamento e poi
giù per le scale,
fino ad arrivare davanti al portone dove il gruppetto stava aspettando
che
Allyson rimuovesse lo strozza lupo per poter accedere nel palazzo
«Cavolo, come
hai fatto? Sei stato -» ma Isaac si zittì quando
aprendo il portone Stiles
marciò verso Derek e lo schiaffeggiò per poi
dirigersi verso Lydia, che era
scalza e indispettita al fianco di Jackson, per abbracciarla di
slancio, sotto
lo sguardo sorpreso di tutti i mannari.
- «E-ehi
Stilinski, piano con tutta sta confidenza» se ne venne fuori
Whittemore, il
tono leggero di uno che non vuole appesantire l’atmosfera
più del necessario.
- Stiles
si
staccò dalla biondo fragola ma mantenne con lei il contatto
visivo per alcuni
attimi prima di chiederle scusa «Stupido, non è
che volessero solo te, eh» lo
mise al corrente lei, mentre tutti entravano nel palazzo e Allyson
ricomponeva
la riga di strozzalupo.
- «A
parte i
vestiti, state tutti bene?» chiese esaminando uno a uno i
membri del branco,
soffermandosi sulle lacerazioni dei loro indumenti e sul sangue su essi
«Avete
tempo di darvi una lavati, la cena è pronta» li
avvertì, salutandoli uno a uno
quando arrivavano al piano dei rispettivi appartamenti. Una volta in
casa, solo
lui e Derek, gli si avvicinò e lo scrutò con gli
occhi stretti a due fessure,
gli bruciavano da morire e avrebbe voluto concedersi un pianto
liberatorio, ma
non voleva dargli anche quella soddisfazione oltre alla scenata di poco
prima «Perché
non mi hai scritto che eravate tutti salvi?» Stiles
trovò irritante come la
sopracciglia destra del mannaro si alzò con fare ovvio
mentre estraeva una
poltiglia di plastica chiara tutta appallottolata che una volta era un
cellulare «Non è comunque una scusa»
obbiettò dopo un attimo di smarrimento
«Potevi farti imprestare il cellulare da Scott. No, da Scott
no, è sempre senza
soldi, ma sono sicuro che Allyson o Jackson oppure -» aveva
avuto un giramento
di testa, ma grazie ai riflessi mannari di Derek che gli fu subito al
suo
fianco riuscì a rimanere in piedi, appoggiando la fronte
sull’incavo del suo
collo.
- «Non
credo
che il branco sarà qui entro mezzora»
parlò Derek, facendo scivolare entrambe
le mani, dalla schiena di Stiles fino ai suoi fianchi, portandolo
ancora un po’
più vicino a sé «Perché non
dormi un po’?» Stiles rispose di no con un
movimento della testa e un piccolo mormorio indefinito, mentre portava
le mani
al collo del mannaro «Okay, come vuoi» lo
assecondò, facendo finire le proprie
mani appena sotto i glutei sodi di Stiles e sollevandolo, facendo
sì che gli
circondasse i fianchi con le cosce «Andiamo a
lavarci».
- Come
ogni
qualvolta che scongiuravano un pericolo, Derek e Stiles si baciarono e
si
toccarono sotto al getto caldo della doccia, tuttavia, questa volta
entrambi si
accorsero che erano leggermente più impacciati e dolci nelle
carezze, ma
nessuno dei due sottolineò la cosa, preferendo ricevere
quelle attenzioni
leggere e timorose di non recare alcun male a ciò che Stiles
portava in grembo.
I baci sul collo e i polpastrelli delle dita di Derek che percorrevano
il suo
torace e ogni tanto pizzicavano i suoi capezzoli, mentre da dietro
affondava
lento e sempre con cadenza più irregolare e profonda dentro
di lui, facendo sì
che i suoi gemiti aumentassero e riecheggiassero per tutto il box
doccia. Tutto
ciò era così lontano dai rapporti avuti fin ora,
più rudi, selvaggi e veloci, Stiles
si sentiva estremamente caldo e voluto, soprattutto quando spossato
dall’orgasmo
e affaticato dal non aver riposato per nulla, Derek lo sostenne e con
cura lo
ripulì dal proprio seme, lo asciugò e si
asciugò a sua volta, aiutandolo poi a
mettere il pigiama, stando con lui finché il sonno non prese
il sopravvento
sulle mille e una domanda che il suo cervello elaborava ogni tre minuti
sul
rapimento di Lydia e sullo scontro che il branco aveva affrontato.
-
-
-
-
-
-
- Note.
- Buongiorno!
Okay, no. Buona sera!
- Eccomi
estremamente
di corsa ad aggiornare questo capitolo, più corto del
precedente, ma ho dovuto
suddividerlo così, se no veniva davvero lungo!
- Vi
lascio con
un saluto e un bacione.
- Grazie
a
tutti, siete diventati tantissimi, davvero! Me very happy :]
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Ho visto Paige ***
- Ho
visto Paige
-
-
-
- Più
che una cena quella era stata una riunione per
analizzare l’accaduto con cibarie fatte in casa per riempire
i momenti di
raccoglimento. Stiles e Lydia, aiutati da Peter, Derek e Allison
avevano
provato a teorizzare chi potrebbe essere il nemico di fondo o per lo
meno quale
natura potesse avere, ed erano arrivati a tre differenti creature
soprannaturali: al primo posto c’erano i vampiri, a cui la
maggior parte del
tavolo aveva storto il naso al solo pensiero, perché non si
trovavano in uno
dei libri della Meyer, al secondo c’era la
possibilità che si trattasse di
qualche strega o stregone e per ultimo, ma non meno importante una
qualche creatura
mitologica come ad esempio la sirena.
- «Abbiamo
ristretto il campo» intervenne Scott, dopo
aver inghiottito il boccone di lasagne «Tuttavia, non mi
sembrate molto
convinti» aggiunse, affermando che anche a lui sembrasse
mancasse qualcosa nei
loro ragionamenti.
- «Infatti
è così» gli rispose Allison,
carezzandogli un
avambraccio «I calcoli non tornano, perché i
vampiri non se ne fanno nulla di
una Banshee che riporta in vita i morti».
- «E
non hanno motivo di attentare alla vita del
cucciolo prima che nasca» parlò Peter, attirando
su di sé l’attenzione di tutti
«Non abbiamo problemi con loro da più di tre
secoli» detto ciò guardò il
nipote, che con un cenno della testa gli diede ragione «Le
sirene andrebbero a
nozze con la potenza delle laringi di una Banshee, ma non se ne fanno
nulla di
ciò che Stiles porta nella pancia e per quanto riguarda le
streghe, non
potrebbero entrare nel nostro territorio senza che ce ne
accorgessimo»
ricapitolò, ricordando a tutti la storia della
città in cui si trovavano e l’esilio
da essa che era toccato a quella specie di creatura «Quindi:
siamo punto e a
capo».
- «Non
del tutto» parlò ancora Scott, questa volta
però
con la bocca ancora piena per via dell’entusiasmo
«Sappiamo che sono un branco
strano, non come quelli di alfa che affrontammo in passato»
si corresse,
ingoiando finalmente l’ennesimo boccone di lasagne
«Tipo come noi. C’erano sia
mannari che umani, giusto?» gli altri annuirono non capendo
dove volesse andare
a parare McCall «Scommetto che anche voi a un certo punto
abbiate sentito puzzo
tipo di felci, rabarbaro, e qualche cos’altro che ora mi
sfugge, durante il
corpo a corpo» tutti i mannari si ritrovarono ad annuire,
mentre Stiles
sembrava aver afferrato dove il suo migliore amico volesse andare a
parare
«Deaton ha detto che queste piante assieme servono a
sviluppare particolari
caratteristiche» parlò, perdendo
l’entusiasmo e mormorando in fine «Ma non mi
ricordo in quali creature».
- «Tranquillo
Scottie, hai fatto abbastanza» se ne venne
fuori Stiles, allungandogli una terza porzione di lasagne in segno di
apprezzamento «Abbiamo avuto a che fare con creature davvero
strane nell’ultimo
periodo, che non ci è sembrato possibile avere a che fare
con un “semplice”
branco di mannari e umani, anche se non si sa che tipo di umani,
certo» parlò
Stiles incupendosi un attimo «Tuttavia, il fatto che usino
erbe mi fa pensare
che anche loro abbiano un emissario alle spalle che li aiuti»
Stiles si
interruppe per colpa di uno sbadiglio, la stanchezza stava bussando ora
che si
era totalmente rilassato «Se troviamo l’emissario,
troviamo anche il branco».
- La
tavolata annuì e Stiles giurò di percepire in
lontananza una tripletta di sospiri, nell’istante in cui,
Derek si alzò e gli
mise una mano su una spalla scuotendolo piano, invitandolo ad alzarsi e
trasmettendogli una gradevolissima sensazione di calore che
aumentò quando
sentendo le gambe cedergli il
mannaro
gli passò un braccio attorno alla vita e con uno gli cinse
le spalle,
sorreggendolo prontamente e non poté che sorridere nel
sentire le minacce di
Derek ai suoi lupi, mentre questi commentavano la scena.
-
- Quando
si svegliò, stiracchiandosi un po’ di qua e un
po’ di là, capì immediatamente che
Derek doveva trovarsi ancora
nell’appartamento, perché la sua parte di letto
era ancora molto calda.
Tuttavia, Stiles non ricordava quando si fossero messi a letto,
l’ultimo
ricordo che aveva della sera precedente era delle braccia di Derek che
lo
sorreggevano, mentre ringhiava al branco di stare zitti.
Sospirò, andando a
portare inconsciamente le mani sull’addome, sentendo
improvvisamente una
sensazione di incompletezza, ma non ci diede molto peso,
giacché i fabbisogni
di ragazzo incinta prepotentemente lo strapparono da ogni suo
ragionamento,
costringendolo ad abbandonare il letto e a incominciare la giornata
inginocchiandosi sul water.
- Dopo
aver correttamente risposto anche al richiamo
della natura Stiles si fece una doccia e nel lavarsi i denti non
poté che
iniziare a riflettere sul sapore disgustoso del dentifricio e sulla
stessa onda
di quel pensiero, ancora con l’accappatoio indosso, raggiunse
la cucina e
chiese a entrambi gli Hale seduti al bancone, la ragione del sapore
strano del
dentifricio.
- «Sei
incinta» fu la risposta che gli diede Peter,
tornando poi alla propria colazione.
- «Oh!
Perspicace» bofonchiò il figlio dello sceriffo,
portandosi una mano sotto al mento e socchiudendo gli occhi
«Ho letto che
durante la gravidanza la donna cambia gusti nel mangiare, ma non ci
avevo
creduto seriamente» concluse, facendo per tornarsene in
camera ma bloccandosi
subito dopo «No, aspetta. Perché tu sei
qui?» domandò poi con il dito puntato
verso Peter. Lo zio psicopatico dell’alfa non lo
degnò di una risposta, ma si
limitò a ghignare divertito verso il nipote
«Derek, perché lui è qui?».
- «Proteggerà
il bambino in mia assenza» parlò,
abbandonando il suo posto e riponendo le stoviglie nel lavabo.
- «Non
ho bisogno della babysit-» provò a parlare, ma il
licantropo lo zittì sul nascere con un ringhio arrabbiato.
- «Non
mi interessa di quello che serve a te» Stiles
sgranò gli occhi, trattenendo per un attimo il respiro, il
tono che stava usando
era particolarmente duro e frustrato «Il bambino deve avere
la priorità»
terminato di parlare Derek aveva lasciato la cucina, senza guardarlo
negli
occhi, ma limitandosi a scambiare uno sguardo truce con Peter.
- «Ehi,
terra chiama Stiles» il ragazzo si riprese
sentendo chiamare il suo nome «Vuoi fare
colazione?» rispose con un cenno
negativo del capo, congedandosi per tornare alla propria camera.
- Una
volta tra le quattro mura che Derek gli aveva
permesso di occupare nell’appartamento, Stiles
serrò dapprima gli occhi e poi
li sbatté più volte nel tentativo di asciugare e
combattere le lacrime suscitate
dal comportamento del licantropo alfa.
- «Eppure
dovrei essere io quello con gli sbalzi ormali»
si ritrovò a sdrammatizzare nell’attimo in cui
riuscì a domare le lacrime. Una
volta vestitosi, il figlio dello sceriffo recuperò il
proprio laptop ed incominciò
a fare alcune ricerche, tuttavia i pensieri erano così tanti
che ben presto si
ritrovò ad abbandonare il computer sul letto e a cambiarsi
«Odio il vostro super
udito» commentò indispettito nel trovare Peter
già pronto sulla porta che
faceva girare le chiavi della macchina sull’indice.
- «Dove
andiamo, madame» lo prese in giro il licantropo
guardando dietro di lui con un sorrisetto sghembo.
- «Lontano
da qui» parlò facendo finta di non sapere che
dietro di lui ci fosse l’alfa «Ho bisogno di
divertirmi un po’, sia mai
incontro il mio principe azzurro» un ringhio gli fece nascere
un sorrisetto
sulle labbra, ma non si girò, preferendo uscire
dall’appartamento di Derek.
- Aveva
chiamato l’ascensore e quando vi entrò subito
dopo di lui c’era l’alfa.
- «Perché
ti diverti a provocarmi» ringhiò il
licantropo, pressando il corpo di Stiles contro il fondo del vano
elevatore
«Perché non puoi semplicemente obbedire agli
ordini, eh?».
- «Perché
non sono un tuo beta, Derek» parlò, cercando
di fissarlo negli occhi e non concentrarsi sulla sua bocca
«Sono qui con voi
perché lo voglio, non che mi piaccia avere mostri e demoni
cattivi alle
calcagna, sia chiaro» ci tenne a precisare con un risolino
isterico «Ma
ricorda, posso sempre andarmene se la cosa ti fa piacere, ma mio figlio
viene
via con me».
- «Non
te ne andrai da me» sibilò il licantropo,
tuffandosi sulla sua bocca.
- «Ma
ti senti quando parli?» sbottò, liberandosi della
presa ferrea del licantropo con estrema facilità
«Tu non riesci a capire cosa
vuoi, io però lo so cosa voglio, Derek»
incominciò a parlare, camminando avanti
e indietro per i tre metri dell’ascensore, dopo averlo
distrattamente bloccato tra
il primo piano e quello terra «Mi sembra di essere tornati
indietro, ai tempi
del liceo. Hai presente? Quando tu non ti fidavi di me, cercavi di
tenermi
lontano e -».
- «Cercavo
di tenerti al sicuro» lo corresse il mannaro,
fissandolo con circospezione.
- «Sì,
certo. Come no? Semplicemente mi volevi fuori dei
piedi» lo accusò, fermandosi e puntandogli
l’indice contro «Dimmi cosa vuoi
Derek, perché mi sto stancando di venirti dietro
inutilmente. Già, se non
volessi capirlo tu sei diventato quello che è stato Lydia
per molti anni. Anzi,
con te è un po’ diverso perché posso
giocarmi le mutande e quello che c’è dentro
se dico che con te è amore, ma il concetto non
cambia» sputò fuori una parola
dietro l’altra con fare concitato e guance sempre
più rosse «Tanto è tutto a
senso unico».
- «Ho
visto Paige» Stiles sgranò gli occhi.
- «P-Paige?»
balbettò in domanda, fermandosi sul posto,
senza però guardarlo negli occhi «Allora
… è viva?».
- «Sì»
parlò dopo alcuni attimi di silenzio «Lei
è in
città, mi ha chiesto di -».
- «Fantastico,
amico» lo interruppe con tono
improvvisamente giocoso, facendo ripartire l’ascensore
«Lei … lei è stato il
tuo primo amore ed è viva. È …
è fantastico» prese a parlare «Sono
felice per
te! Davvero, congratulazioni» l’ascensore si
fermò e Stiles si sentì in dovere
di dirgli, guardandolo in faccia per la prima volta da alcuni minuti
«Sai che
straparlare è la mia arte, no? Quindi, dimentica tutto e ci
vediamo per cena,
forse, cioè sempre se non hai da fare con lei, eh»
nel dire quello gli regalò
un occhiolino complice, per poi uscire con passo spedito
dall’ascensore,
trascinando Peter fuori dall’edificio.
-
- Peter
stava guidando da alcuni minuti, Stiles ancora
non aveva spiccicato una parola e lui aveva capito che il nipote aveva
svuotato
il sacco sulla questione Paige, ma ancora non sapeva cosa gli avesse
rivelato e
cosa no.
- «Credo
di aver bisogno di un posto dove dormire» se ne
venne fuori, grattandosi la nuca con fare impacciato «Non
voglio fare il terzo
incomodo in casa di Derek, sai non sia mai che …»
aggiunse con un sorriso
tremolante, abbassando lo sguardo sulle proprie mani «Ho
già detto che odio il
vostro super udito?» in risposta Peter gli portò
una mano alla testa
spettinandogli di poco i capelli.
- «Mi
dispiace sia andata così, Stiles» disse
l’uomo
«Avrei preferito avesse scelto te».
- «Ovviamente,
chi vuoi che scelga il ragazzino
logorroico che soffre d’asma se non lo zio
psicopatico?» la buttò sul ridere,
allontanando da sé la mano di Peter, manifestando il
desiderio di mangiare
qualcosa di dolce.
- «Conosco
un buon posticino, a tre isolati da qui»
incominciò a parlare il licantropo, mettendo la freccia a
sinistra.
- «Solo
a tre isolati? Peter, così mi deludi» se ne
uscì, mettendo una mano in tasca e chiudendo il cellulare,
non aveva voglia di
sentire nessuno «Pensi … pensi faccia bene a
tenerlo? Cioè, non riuscirei mai
ad abortire, ma adesso ha lei, Paige è viva. Lei
è una donna, sai con un
appartato predisposto a fare bambini e diciamocelo, ho visto delle foto
di
Paige ed è bellissima e lui è bellissimo,
cioè Derek è davvero figo e loro
farebbero dei figli perfetti ed io sono sbagliato in mezzo a tutto
questo»
spiegò con tono sempre più cupo e rattristato
«E anche se la parte di lupo di
Derek voleva il bambino c’è sempre la sua parte
umana oltre a quella lupesca
che la ama e sono certo si sia già pentito del bambino e se
solo potesse lo
rinnegherebbe e non gli dispiacerebbe se io me ne andassi, se ne
farebbe presto
una ragione» Peter non aveva detto nulla e non sembrava
intenzionato a farlo
«Se me ne andassi non soffrirebbe più di tanto,
non dico per sempre, ma finché
non si calmano le acque, finché non mi abituo».
- «Così
facendo lo perderesti per sempre -».
- «Non
è mai stato mio» sibilò immediatamente,
sbuffando
frustrato dal naso «Alla fine sono stato solo uno sfogo,
è inutile quello che
stai cercando di fare Peter, per tutti questi anni mi sono ripetuto che
forse,
sotto sotto, ero un pochino importante per Derek e forse lo sono
davvero, ma
non sono lo stesso tipo di importante che lui è per
me» spiegò il suo
ragionamento, lasciandosi andare contro lo schienale «Puoi
scegliere se essere
mio complice oppure lasciarmi organizzare da solo la fuga, con il
rischio che
mi rapiscano e facciano del male a me e al bambino. Okay, sembro aver
sviluppato una forza da licantropo non indifferente, ce ne siamo
accorti tutti,
non puoi negarlo, ma potrebbe anche essere una cosa passeggera,
giusto?».
- «Te
l’ho già detto che preferisco te a lei,
vero?»
disse solamente Peter, rivolgendogli un sorriso divertito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Fa che non finisca ***
- Fa che non
finisca
-
-
-
-
-
-
-
- New
York era bella, piena di vita e frenesia. Tuttavia
era anche noiosa. La vita con Peter era noiosa, non era libero di
uscire per
conto suo, non che uscisse spesso, in verità, ma quando lo
faceva il licantropo
era sempre con lui, se non al suo fianco a massimo cinquanta metri di
distanza.
Tuttavia, visto che dovevano tenere un profilo basso e passare il
più possibile
inosservati agli occhi delle altre creature sovrannaturali che
popolavano la
grande mela, anche se il non avere libertà non gli andava
giù si costringeva a
fare buon viso a cattivo gioco, cercando di godersi a pieno quelle
poche ore
d’aria che aveva al giorno.
- Erano
trascorse quasi tre settimane da quando aveva
“convinto”
Peter ad accompagnarlo nella sua fuga momentanea, si era liberato del
proprio cellulare,
contattando suo padre di tanto in tanto da una cabina pubblica poco
distante
dal palazzo in cui risiedeva con il licantropo, chiamando anche Scott e
facendosi
raccontare come andavano le cose per il branco, tagliando corto ogni
qualvolta
il suo migliore amico cercasse di raccontargli qualcosa di Derek,
rabbrividendo
invece quando l’altro gli faceva il nome della banshee,
purtroppo non avevano
fatto progressi per quel che riguardava il branco nemico, non scoprendo
altro
se non che era composto da tre licantropi beta, uno alfa e cinque
esseri umani
di cui uno con precedenti penali e gli altri incensurati.
- Aveva
passato i primi giorni a rintracciare rimedi e ingredienti
che lo aiutassero a combattere la nausea e la spossatezza, facendo
ricerche su
ricerche sullo stato di gravidanza in un uomo fecondato per grazia
lupesca e
aveva contattato più volte l’ufficio del professor
Albert, spiegandogli la
situazione e facendosi passare titoli e parole chiavi per rendere
più efficaci
le sue ricerche sul web. Ora, dopo tentativi aveva trovato il giusto
mix di
erbe e riusciva a gestire il proprio corpo e la forza sovrannaturale
che la
gestazione gli stava donando, anche se gli faceva ancora strano, quando
si
guardava allo specchio, notare quella piccola rotondità al
basso ventre che da
pochi giorni si era fatta più marcata. Quella mattina il
cielo era grigio e la
voglia di alzarsi meno di zero, aveva un brutto presentimento che gli
faceva
drizzare in maniera fastidiosa i peli dietro al collo. Tuttavia,
cercò di non
badarci, mettendosi a sedere e rabbrividendo per il contatto del
pavimento
gelato con i piedi. Stiles si infilò il più
velocemente possibile le pantofole
imbottite di Snoopy che Peter gli aveva regalato il secondo giorno che
aveva
passato in quella casa, dai pavimenti super ghiacciati e toccandosi la
pancia
sorrise, uscendo dalla camera da letto.
- «Ehi,
non la trovi più grande, oggi?» parlò
entrando
nel piccolo soggiorno con la maglia del pigiama alzata e un sorriso
sulle
labbra che scemò non appena riconobbe le persone sedute sul
vecchio divano di
quello sgangherato appartamento «Cosa, ehi …
chi?» non riuscì a mettere insieme
una frase coerente, ma si coprì l’addome con la
stoffa, sentendosi
immediatamente inferiore e fuori posto.
- «Ciao,
tu devi essere Stiles» la donna dai capelli
scuri e il nevo sotto all’occhio sinistro gli sorrise,
alzandosi con un po’ di
fatica dal divano, per via del pancione, nonostante l’aiuto
di Derek. Lui
sorrise di circostanza, sicuramente adesso, una volta terminato di
lisciarsi il
vestito firmato prémaman e di ringraziare l’alfa
di Scott si sarebbe
inutilmente presentata «Piacere di conoscerti, io sono
Paige».
- «Sì,
ti avevo riconosciuta. Congratulazioni» si
complimentò, facendo un paio di passi indietro quando Derek
cercò di
avvicinarsi a lui «Credo che andò a cambiarmi e a
lavarmi anche» li avvisò «Ah!
Piacere di conoscerti, puoi chiamarmi Stiles» urlò
dalla propria stanza.
- «Stiles»
la voce di Derek lo raggiunse una manciata di
minuti più tardi, facendolo sobbalzare «Posso
entrare?».
- «Mi
sto cambiando» riuscì a dire nonostante il nodo di
emozione alla gola, dandosi mentalmente una pacca sulla spalla
«Aspetta ancora
un po’».
- «Peter
e Paige, sono usciti a prendere la colazione» lo
sentì dire, prima di aggiungere «Posso
entrare?».
- «Non
credo poi ti si drizzerebbe più per molto tempo,
sai» scherzò, questo giro dandosi uno schiaffo
mentale sul coppino per aver
fatto riferimenti sessuali, ma Derek non lo ascoltò
perché aveva già aperto la
porta di legno e si era fermato sullo stipite a fissarlo «La
puoi smettere, per
favore» gli chiese, dandogli le spalle mentre si infilava una
felpa nera
oversize, nascondendo così ogni accenno di
rotondità «Non credo tu abbia fatto
la scelta migliore, sai?» lo riprese con fare contrariato
«Mandare una donna in
uno stato così avanzato della gravidanza in giro per New
York, con tuo zio
Peter poi. Per questa scelta ti sei appena candidato
all’oscar come peggior
fidanzato» lo prese in giro, facendo finta di cercare
qualcosa tra le coperte
del letto sfatto.
- «Lei
è una licantropa» parlò, avanzando
nella piccola
stanza «Le licantrope diventano più possenti
quando sono incinta».
- «Giusto»
parlò dopo un secondo di esitazione, ancora
dava le spalle a Derek, ostinandosi ora a guardare fuori dalla piccola
finestra,
con le braccia lungo il tronco del corpo «Come mai siete a
New York?» domandò,
dandosi dell’idiota perché non voleva di certo
sentire che erano venuti per una
gita romantica e che nel pieno di essa la super licantropa incinta ha
percepito
l’odore di Peter e si sono rovinati il week end andando a
trovarli per cortesia,
cortesia che non aveva minimamente gradito «Cioè,
non che voglia farmi gli
affari vostri, rispondi solo se vuoi. Io-» Stiles fu
costretto a zittirsi per
via della suoneria del suo nuovo telefonino «Scusa un
attimo» disse, guardando
di sfuggita il mannaro e rispondendo al telefono fece
un’espressione che
inizialmente l’alfa non comprese «Ehi, Derek! No,
aspetta che fai?».
- «Prova
a finire la frase e stai sicuro che ti troverò
e ti ucciderò» scandì bene Derek,
chiudendo la chiamata e lanciando il
cellulare sul letto con fare arrabbiato «Chi era?».
- «C-chi
era?» ripeté Stiles, le mani chiuse a pugno e
ogni briciolo di autocontrollo che aveva mantenuto fino a
quell’istante lo
sentiva scivolargli addosso e abbandonarlo senza l’intenzione
di fare ritorno
molto presto «Come ti permetti?» domandò
rivolgendogli uno sguardo furente e al
contempo ferito per poco meno di un secondo «Gli chiudi il
telefono, il mio telefono in
faccia, ma prima lo
minacci di morte e prima ancora ti presenti senza alcun preavviso qui a
New
York con la tua incintissima ex ragazza non più morta Paige
con quel suo fisico
super asciutto e da modella di intimo nonostante lo stato
così avanzato di
gravidanza in cui si trova e ti permetti di fare una scenata
nell’origliare la
conversazione tra me, che nel giro di diciotto giorni ho preso quasi
cinque
chili, e il mio possibile datore di lavoro?» parlò
con fare davvero alterato,
fermandosi di tanto in tanto per respirare giacché sentiva
il fiato mancargli,
era da quando era andato via che non parlava più
così tanto e in maniera così
agitata «Quindi Hale, ti sarei grato se prendessi la tua sexy
modella incinta e
ve ne andaste, grazie a te devo ricominciare a cercare un lavoro per
poter
mantenere mio figlio e magari anche me stesso, senza dover pesare su
mio padre
come sto facendo» gli disse, recuperando il cellulare con
l’intenzione di
rimediare alla situazione.
- «Non
è così» parlò con un ringhio
il mannaro,
bloccandogli un braccio «Stiles, guardami» gli
chiese, strattonandolo piano
«Stiles, guardami per davvero» colto sul fatto il
figlio dello sceriffo incominciò
a tormentarsi il labbro prima di provare ad assecondare
l’alfa e guardarlo in
faccia, ma era più difficile di quello che si immaginava la
notte prima di
addormentarsi, perché su quel viso c’era tutto
quello che da anni voleva. La
bocca da baciare e far piegare all’insù in sorrisi
e risate fragorose, guance
da poter sfiorare e accarezzare, il naso perfetto da toccare con
l’indice per
infastidirlo e poi baciarlo per chiedergli scusa e quegli occhi in cui
ci si
perdeva senza rimorso alcuno; Derek era uno stronzo a chiedergli di
guardarlo
in faccia «Stiles» ed era un bastardo a pronunciare
con così tanta necessità il
nome «Stiles».
- «Smettila
di chiamarmi, ti sento benissimo» sbottò
allora, cercando di liberare il braccio con strattoni ben poco decisi
«Ascolta,
ora che ci penso il tuo lupo potrebbe essere in quella fare del
richiamo del
sangue all’incontrario, cioè essere in ansia per
le sorti del bambino eccetera,
ma apri bene le orecchie, fidati di me. Non gli accadrà
nulla, anzi. Chiamo con
frequenza lo studio del professor Albert e dice che sta procedendo
tutto bene a
parte per il peso, dice che in questa fase non avrei dovuto prendere
tutto quel
peso, ma sai ho mangiato cose dolci tutto il tempo e il mettere su quei
chili
mi è sembrato il minimo, visto che in realtà in
una situazione differente sono
sicuro ne avrei messi su tipo una decina» Stiles
iniziò a divagare sulle
quantità di schifezze inglobate lasciandosi scappare senza
accorgersene il
fatto che nelle prime due settimane era stato molto depresso e triste e
l’unica
cosa che lo facesse sentire bene era il cioccolato al latte e che era
finito
per metterlo ovunque anche sulla pizza o sul formaggio
«Comunque tornando al
discorso principale: tu vai avanti per la tua vita tranquillo e sereno,
goditela che noi faremo lo stesso, staremo bene» disse,
correggendosi subito
dopo «Anzi, stiamo già bene».
- «Stiles»
lo aveva chiamato un’ennesima volta, prima di
portargli una mano sulla guancia e costringerlo a ricambiare il suo
sguardo «Mi
dispiace, ma non ce la faccio» ammise con fare stanco e
Stiles collegò il suo
tono a tutto il suo stato, guardandolo per la prima volta da quando se
l’era
ritrovato nell’appartamento, percependo un tonfo al cuore.
Derek aveva perso
peso e aveva delle occhiaie orribile sotto agli occhi «Non ti
sta parlando il
lupo, non solo lui per lo meno» si ritrovò a
precisare, prima di posare la
fronte con quella dell’umano e chiudendo gli occhi lo vide
ispirare
profondamente, mentre portava anche l’altra mano sul suo viso
«Mi dispiace per
tutto questo, ma non è il modi di farvi stare al
sicuro».
- «Cosa
stai dicendo?» domandò, il cuore incominciava a
martellargli nel petto sempre con maggior impeto mentre il suo cervello
interpretava quella frase in mille e più modi differenti
gioendo e disperandosi
nello stesso tempo «Non provare a trasmettermi falsi
messaggi, Derek Hale,
perché giuro che potrei diventare molto ma davvero molto
vendicativ-» Stiles
non riuscì a finire la frase e neanche a trattenere le
lacrime. Non mi ha mai baciato
così, ti prego. Fa
che non finisca.
- «Per
quanto incredibile è il fatto che mi sia mancato
il tuo continuo parlare, non ce la facevo più a non
baciarti» lo mise al
corrente l’alfa, baciando via prima le lacrime che avevano
preso a rigare le
guance del figlio dello sceriffo e dopo tornando sulla sua bocca con
fare
affamato ma bisognoso «Non credo di potermi
fermare» Stiles non disse nulla,
tornando a baciarlo e a stringergli le braccia al collo «Se
sono intelligenti,
non torneranno se non prima di un paio d’ore»
esternò Derek dopo ormai minuti
che si stavano baciando l’uno l’altro, mentre gli
sfilava la felpa oversize e
si toglieva anche la sua di maglia per poi stringerselo contro con
delicatezza,
pelle contro pelle, per sentire realmente che erano lì e che
c’era anche il
loro bambino e che quell’accenno quasi irrisorio di pancino
nel ventre di
Stiles era una cosa immensa per la sua natura e il suo cuore.
-
- «Così
tu sei davvero uno stronzo bastardo, eh» lo
accusò il figlio dello sceriffo, sdraiato sopra di Derek che
era più nel mondo
dei sogni che in quello dei coscienti «Farmi credere di aver
scelto lei, dopo
esserti comportato prima in maniera così passionale e
protettiva» affermò con
una rabbia ormai passata visto che appena una decina di minuti prima si
erano
detti ti amo «Tu sei davvero il peggiore dei peggiori,
vergogna. Soprattutto
perché mi hai fatto credere di essere riuscito a scappare
facendola in barba a
tutti. Invece eravate tutti contro di me, stronzi, comportarsi
così con una
persona incinta è crudele, anzi disumano» lo
rimproverò, illuminandosi dopo
alcuni secondi «Ora capisco perché Peter mi faceva
così tante foto, non era
solo perché è psicopatico! Oh quando torna a casa
lo faccio nuovo, il caro
vecchio zio Peter».
- «Potrai
fargli quello che vuoi, ma adesso non ti
muoverai dal mio fianco» lo apostrofò il
licantropo, incassando senza discutere
ogni accusa. Stiles stava ancora mugugnando sui possibili metodi di
rivalsa per
farla pagare un po’ a tutti, come pepe sulle lasagne o sale
grosso nei waffel
«Per quel che vale» richiamò la sua
attenzione Derek «Ti amo anch’io da diversi
anni, comunque».
- «Sei
un bugiardo» sussurrò Stiles la voce incrinata
per l’emozione e gli ormoni che tornavano in circolo per via
dell’effetto ormai
terminato delle erbe «Sono io quello che ti ama da tanti
anni».
- L’alfa
rilasciò un sospirò, circondando la schiena di
Stiles, abbracciandolo ed ispirando il suo odore poi gli
raccontò di un
aneddoto, avvenuto qualche mese prima del loro incontro nella
proprietà privata
degli Hale «Il tuo odore era di lacrime, dolci e cannella,
assai poco virile
devo ammettere» nonostante l’abbraccio, a quel
commento Stiles riuscì ad
assestargli un colpetto su un braccio «Avevi appena finito di
lavorare da Rosy,
perché indossavi ancora il cartellino della
pasticceria» riprese a parlare,
commentando e ripetendo di tanto in tanto che lo aveva trovato buffo
oltre che
tenero «E immagino anche che per te dovesse essere una
consuetudine violare i
perimetri di proprietà privare, perché eri nella mia di proprietà, vicino al
laghetto, seduto su una delle radici
del salice e piangevi, il nome che ripetevi era quello di
Lydia» storse il naso
«Qui lo dico e qui lo nego, chiaro Stiles?»
aspettò un cenno affermativo da
parte dell’altro e poi concluse «Immaginai una
persona come te, un giorno,
piangere per me».
- «Quindi
ti sei innamorato di me, in quel momento?»
domandò leggermente scettico.
- «Ovviamente
no» disse, sorridendo in maniera furba
«Diciamo tuttavia, che non mi sei stato da subito
indifferente» lo liquidò,
baciandolo a fior di labbra, per poi ritornare con la testa sul cuscino
e
chiudere gli occhi «Adesso dormiamo un po’, che ne
dici?».
- Stiles
brontolò per una manciata di secondi, prima di
sbadigliare sguaiatamente e posare anche lui la testa sulla superficie
calda e
accogliente che erano i pettorali di Derek ed addormentarsi, in
pochissimo
tempo.
-
- «Ehi,
Stiles» si sentì scuotere, e chiamare ancora un
paio di volte «Ti conviene rivestirti, sono sulle
scale» gli disse, riferendosi
a Peter e Paige.
- «Eravamo
sulle scale» sentirono dire a Peter dall’entrata.
- «Abbiamo
il pranzo» disse invece Paige con tono
chiaramente divertito. Stiles divenne rosso fino alla punta delle
orecchie, ma
l’imbarazzo scemò via quando Derek lo
baciò e gli regalò una carezza sulla
pancia che brontolò in chiaro segno di appetenza
«Vi consiglio di sbrigarvi
finché caldo».
- «Continuo
a odiare il vostro super udito» bisbigliò
una volta che l’alfa si fu allontanato da lui
«Prima di mangiare però devo
prendere le erbe» si ricordò a voce alta,
vestendosi.
- «Ecco
i piccioncini» li accolse Paige, seduta sulla
piccola tavola con dietro alla schiena un cuscino, sul volto un sorriso
radioso
e tra le mani un pacchettino con una busta «Questo
è per te, Lydia e Allison mi
hanno raccomandata di farti leggere prima la lettera e poi farti
scartare il
regalo».
- Il
figlio dello sceriffo sorrise di rimando, accettando
la busta, ma lasciandola sul bancone vicino ai fornelli, recuperando le
erbe e
un pentolino per scaldare dell’acqua e preparare
l’infuso. Nell’attesa venne
affiancato da Derek e nel leggere le righe scritte dalle due amiche
cinquanta e
più sfumature di terrore e panico, soprattutto
nell’ultima riga.
- «Beh,
perlomeno non incolpano solo me» disse, passando
la lettera all’alfa al suo fianco, andando a versare
l’acqua nella tazza e
togliere via il filtro con le erbe «Per sicurezza, scarta tu
il regalo» Derek
brontolò infastidito, facendo comunque ciò che
Stiles gli aveva chiesto, ma
solo in parte, giusto per rassicurarlo e rassicurarsi «Wow,
ma che cos’è?».
- «È
il diario del bambino» lo istruì Paige
«Lì annoti
tutto il primo anno di tuo figlio, le tappe importanti» gli
spiegò «In realtà,
puoi già iniziare ad annottare il tutto da prima che
nasca» Stiles l’ascoltò
interessato, sfogliando le pagine di quel libro rilegato in morbida
stoffa
color verde pastello, con un nastro di raso «Bene, ora si
mangia che la mia
bambina ha fame» concluse, dando inizio al pranzo, senza
tanti complimenti.
- «Allora,
come avete intenzione di procedere?» parlò
Peter, accettando lo sformato di patate che la donna gli stava passando
«Immagino la cosa ti sia sfuggita di mano, appena
l’hai visto».
- «Il
clan nemico è rimasto nell’ombra» prese
a spiegare
Derek «Non siamo riusciti a trovare informazioni abbastanza
utili, tuttavia
sappiamo perché vogliono il bambino»
affermò, accarezzando il profilo di Stiles
che si era irrigidito «Paige ed io abbiamo avuto un piccolo
scontro con il loro
alfa che però è fuggito».
- «Cosa
se ne fanno di un bambino?» domandò il figlio
dello sceriffo, stringendo la posata di plastica nella mano
«Cioè, cosa vuoi
che riesca a fare un neonato lupo?».
- «Un
neonato è più facile da plasmare di un bambino
licantropo i cui sensi ormai sono legati a quelli del branco»
prese parola
Paige stessa, accarezzandosi il ventre e appoggiando completamente la
schiena
allo schienale «Poi se il bambino è nipote
dell’alfa in grado di mutare
completamente da umano a lupo è ancora più
appetibile il mettergli le grinfie
sopra».
- «Ma
non è detto che sia femmina» sussurrò
con terrore
e speranza, ricordando che solo la parte femminile dalla famiglia Hale
aveva
manifestato questa rara capacità «Che se ne
farebbero di un maschio» tentò di
rassicurarsi anche se sapeva che era un’illusione precaria e
se ne devono
essere accorti anche gli altri, giacché Peter decise di
abbassare lo sguardo
sul proprio piatto, mentre Derek gli posava una mano sulla coscia e
Paige si
scusava.
- «Ma
tu sei forte, Stiles» continuò a parlare lei
«E
non parlo per rassicurarti, lo sento che nonostante le
difficoltà sarai forte»
poi si schiarì la voce «Se le femmine sono in
grado di mutare completamente, i
maschi sono portatori di tale gene e avere nel branco un membro in
grado di
generare in futuro una tale potenza …»
lasciò la frase in sospeso, perché
davvero non c’era bisogno di concluderla «Il mio
branco vi darà sostegno, così
come quello di Giovanni».
- «Sei
un’alfa?» domandò sorpreso Stiles
«Eh sì, sei
un’alfa» disse nuovamente, quando lei le mostro i
suoi occhi rossi «Il padre
della bambina? Anche lui è un licantropo?» Peter
tossì e Derek fermò a
mezz’aria la posata con il boccone «Che
cos’ho detto di sbagliato?».
- «Tranquillo,
sono questi due che sono bigotti» affermò
con fare divertito «Non è un licantropo,
comunque» si ricollegò al discorso
precedente «Lei è la mia emissaria»
svelò, mostrando un sorriso dolce.
- «Oh»
si ritrovò a dire soltanto Stiles, prima di
riprendere anche lui a mangiare «Quindi tu sei
…?» Paige annuì alzando le
sopracciglia e assumendo un’espressione ovvia «E
anche lei lo è» ora l’espressione
ovvia si era tramutata in una leggermente confusa, mentre annuiva di
nuovo «E
avete usato una pozione per … sì, per la
bambina?».
- «Una
pozione per la bambina?» ripeté dubbiosa,
più per
sé che per altro, illuminandosi quando capì la
vera domanda che Stiles voleva farle
«Oh, no! Niente magia, per due donne non funzionerebbe. Noi
abbiamo utilizzato
il metodo tradizionale delle lesbiche» chiarì
divertita da come l’argomento
metteva a disagio i tre uomini «Seminazione artificiale,
abbiamo preso un suo
ovulo, scelto un donatore e poi una volta fecondato lo hanno inserito
nel mio
utero».
- «Interessante»
disse solamente il figlio dello
sceriffo, smettendo di mangiare e alzandosi fino ad arrivare a una
mensola pensili
e tornando con della cioccolata bianca «A quanto
sei?».
- «Diciamo
che sono all’equivalente di otto mesi e una
settima tonda tonda di una gravidanza normale» gli
spiegò, allungando una mano
per farsi dare alcuni quadratini di cioccolata «Comunque,
penso che prima di andarvene,
tu debba passare da Giovanni» consigliò verso
Derek.
- «Vuol
dire che torniamo a casa?» la voce di Stiles non
sembrava del tutto convinta di quell’idea.
- «L’intenzione
sarebbe questa» parlò Derek «Non
possiamo vivere nel terrore che prima o poi verranno per il bambino o
per te,
tu non puoi vivere così, il mio branco non può
essere prigioniero di una cosa
del genere» con quelle parole l’alfa si accorse che
per la prima volta Stiles aveva
compreso che suo figlio sarebbe stato sempre in pericolo e la cosa lo
congelò
dentro facendolo sentire terribilmente in colpa «Quello che
dobbiamo fare,
quello che già gli altri membri del branco stanno facendo, a
dire il vero, è
diventare più forti. Accettando l’aiuto di altri
branchi e condividendo con
loro il nostro sapere per averne dell’altro in
cambio» spiegò con cadenza seria
e sicura «Il mio branco, la mia famiglia, non è un
bersaglio per nessuno e
voglio che il messaggio che passi è che distruggeremo
ogni essere che
punti a un membro qualsiasi del branco».
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
- Note.
- Buona
sera a tutti. Eh sì! Ho aggiornato nuovamente :]
- Non
potevo lasciarvi così, con lo Sterek in crisi!
- Comunque
credo di aver rimediato ;]
- Un
bacione a tutti e alla prossima, grazie per il
sostegno! :*
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2914967
|