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di Raine Stillnight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Dancing Queen ***
Capitolo 3: *** Not Gonna Get Us ***
Capitolo 4: *** Hard Out Here ***



Capitolo 1
*** Intro ***


L'ufficio era più tranquillo del solito, in quel tardo pomeriggio di luglio. 
I telefoni non avevano squillato per tutto il giorno e sulle scrivanie vuote degli agenti in ferie si accumulavano fascicoli e pratiche di ogni genere. 
L'orologio digitale sul muro segnava 6:25 PM.
Quando Marie, la nuova arrivata, entrò nell'ufficio dell'agente Miller, egli stava avvisando a casa che non sarebbe rientrato per cena, quella sera. 
La giovane agente, assistente di Miller, rimase sull'uscio attendendo che il suo capo chiudesse quella conversazione personale molto ricorrente: da quando era morta sua moglie, egli non rincasava mai prima che facesse buio. Si era lasciato assorbire completamente dal lavoro pur di separarsi dal proprio dolore, ancora troppo vivido.
Marie si fece avanti non appena vide l'agente riagganciare la cornetta.
<< Signore >> salutò, porgendogli un fascicolo contenente alcuni dati e fotografie varie << le informazioni che mi ha chiesto ieri. Io dovrei... >>
Miller diede una rapida occhiata al contenuto, poi la salutò << Sì, vai a casa, Marie. Grazie. >>
I suoi occhi blu correvano veloci sulle parole stampate mentre anche l'ultima agente lasciava il luogo di lavoro, rimanendo così solo nel suo ufficio.
La nuova arrivata era stata brava, aveva racimolato molte informazioni utili riguardo il caso a cui stavano lavorando: le fotografie, vecchie e nuove, contenute nel fascicolo ritraevano tra le altre cose un'abitazione, un noto locale notturno della città ed una bella ragazza sulla quale Miller si soffermò. Lunghi capelli biondi, occhi chiari e fisico mozzafiato. 
Non passava certo inosservata.
Una scritta sul retro della foto riportava: "Krystal Jodie Sanders, 28 Giugno": era una fotografia di pochi giorni prima. Allegato ad essa, un foglio contenente generalità ed informazioni varie sulla ragazza: altezza, età, peso, luogo di lavoro e persino il nome del suo fidanzato, con il quale si sarebbe sposata nel mese di Dicembre.
Sorrise: Marie aveva davvero fatto un buon lavoro. 
L'agente Miller si mise nuovamente a studiare il profilo della ragazza: alla voce "occupazione" vide che Krystal Sanders stava attualmente lavorando come ballerina presso il noto locale notturno "Comet", meta ambita dalla maggior parte degli uomini, sposati e non, della città.
L'uomo si mise a sedere, stremato dalla lunga giornata di lavoro che, come ormai gli era chiaro, non si sarebbe conclusa prima della mezzanotte.

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Capitolo 2
*** Dancing Queen ***


Le ragazze, coperte solo da lingerie sexy, stavano ultimando il proprio make-up prima di iniziare il turno di lavoro.
Una di loro, dalle forme più morbide rispetto alle altre, si avvicinò alla collega e le sistemò la chiusura del reggiseno, spiegandole che era stato agganciato male e che si sarebbe potuto aprire durante l'esibizione. Ringraziando, l'altra si alzò in piedi e chiese se le stesse bene il nuovo completo: era blu notte, con alcuni strass dorati. La giarrettiera sosteneva delle calze a rete bianche, mentre ai piedi portava dei sandali col tacco molto alto sempre color oro. 
L'amica sbuffò, poi per scherzare le fece il solletico sulla pancia nuda.
<< Krystal sei sempre perfetta, col fisico che hai staresti bene con qualsiasi cosa. >> 
L'altra rideva ancora per il solletico, ma abbracciò la collega dai capelli a spazzola e la ringraziò di cuore. 
La porta si aprì ed entrò la proprietaria del locale, nota a tutti col nome di Dahlia.
Urlava sempre, quella donna, ma era buona con le sue ragazze: voleva bene a tutte loro come fossero sue figlie. 
<< Avanti, signorine, sono passate le nove: uscite allo scoperto e scatenatevi un po'! >>
La sua voce potente risuonò nel camerino e le giovani obbedirono all'istante avviandosi, da un corridoio retrostante, verso la sala principale dove si sarebbero esibite su piccoli palcoscenici singoli sparsi per il locale.
Le ballerine si salutarono poi, attraverso delle pesanti tende di velluto, entrarono nella hall del Comet su dei piccoli corridoi rialzati che conducevano alle piattaforme dell'esibizione.
Per loro non era che un lavoro, sempre la stessa cosa ogni sera, ma per gli uomini che le guardavano era diverso: quelle ragazze erano le loro fantasie divenute realtà. Alcune erano bionde, altre more e di colore come Coco. Qualcuna era molto magra, mentre qualcun altra era più in carne: nessuna somigliava alla collega, ed erano state scelte appositamente per creare varietà all'interno dello staff, in modo che i clienti avessero più varietà possibile.
Forse anche per questo semplice motivo il Comet era il locale notturno più conosciuto e frequentato della città.
La musica nella hall iniziò a guadagnare ritmo e volume quando le ragazze fecero il loro ingresso ed arrivarono alle postazioni.
Erano tutte bellissime e sensuali, ma soltanto una era la preferita dagli uomini di ogni età: Krystal Sanders, conosciuta nel locale con il nome "Candy" stava già eseguendo delle ardue figure sul palo con decine di occhi maschili puntati addosso.
Muscoli tonici, lunghi capelli dorati e occhi colore del cielo: non c'erano dubbi, era in assoluto la più bella di tutto il locale. 
Dalla postazione rialzata in cui si trovavano le ballerine riuscivano ad avere una buona visuale di tutta la hall del Comet, e Krystal notò un uomo che alzò il bicchiere nella sua direzione, restando però seduto ad una distanza di circa dieci metri dalla piattaforma. 
Era un comportamento singolare in quel locale, segno che quella persona non fosse solita frequentare nightclub e, anzi, si sentisse completamente a disagio. Gli altri uomini sotto di lei allungavano le mani per riuscire a toccarle anche soltanto i sandali, ma nessuno riuscì nel suo intento: avrebbero potuto godere di un suo balletto privato di cinque minuti per venti dollari, una volta finita la sua esibizione. 

L'agente Miller bevve un sorso di cognac dal suo bicchiere, rimanendo a debita distanza da quella massa di uomini sbavanti come cani in calore. Aveva già prenotato il privè con Krystal per quindici minuti: sessanta dollari ben spesi, dal momento che non voleva dare nell'occhio presentandosi come un agente dell'FBI.
Sperava soltanto di non incontrare nessuno che lo conoscesse, anche se probabilmente avrebbe potuto usare la scusa della morte di Connie per il fatto di essere in un locale notturno. Doveva essere un'operazione segreta, quella, e nemmeno i suoi colleghi di lavoro avrebbero saputo niente fino a caso chiuso, erano le regole.
Terminato il primo bicchiere di cognac si alzò per andare al bancone e prenderne dell'altro, ma in quel momento le ragazze terminarono l'esibizione, e si vide costretto a lasciare il bicchiere per accomodarsi in uno dei privé, accompagnato dal buttafuori.
L'ambiente era elegante: il colore predominante era il bordeaux, mentre la moquette a terra era nera. Il divanetto a due posti presentava intricati ricami neri e oro e la luce violacea rendeva l'ambiente ancora più sensuale.
Il buttafuori, che presentava il nome Frank sul cartellino identificativo, lo invitò ad accomodarsi aspettando l'arrivo di Candy.

Krystal rientrò nel camerino per sistemarsi. La collega dai capelli a spazzola era già dentro e le chiese come fosse andata l'esibizione, ma la bionda sembrava essere nervosa.
<< Qualcosa non va? >> domandò in direzione di Krystal, levandosi la lingerie per metterne dell'altra.
<< No, è che... ho una strana sensazione. >> 
Mentre entrambe le ragazze si stavano cambiando entrò Dahlia e chiese a Krystal di rivestirsi velocemente perchè il suo cliente la stava già aspettando nel privé, poi fece ad entrambe i complimenti per il balletto appena terminato prima di uscire dal camerino.
<< Nathalie >> la bionda si rivolse alla collega << hai per caso visto James, prima? >>
L'altra ci pensò su, poi fece un cenno negativo con la testa.
Krystal sbuffò sistemandosi gli slip sui fianchi; era da tutto il giorno che James non le rispondeva al telefono, e dire che le aveva appena chiesto di sposarlo. 
<< Tesoro... non è detto che sia con qualcun altra. >> La confortò la collega, poggiandole una mano sulla spalla nuda, ma Krystal lo conosceva troppo bene dopo quattro anni di fidanzamento, e pensò di avere fatto una cavolata ad acconsentire al matrimonio.
<< Già >> rispose la bionda, guardando il proprio riflesso nello specchio << probabilmente hai ragione. >> 
Nathalie si soffermò sulla figura della bionda collega: era così bella ed era anche fedele verso il suo fidanzato, non riusciva proprio a capire come avesse fatto James a tradirla così tante volte nell'arco di quattro anni. 
<< CANDY! >> La voce spazientita di Dahlia, proveniente dal corridoio, fece trasalire le due ragazze che si precipitarono fuori dal camerino in pochi istanti. La donna controllò come fossero vestite, poi disse loro di raggiungere i privè: Frank avrebbe dato loro ulteriori informazioni una volta lì. 
Nathalie e la collega si salutarono, poi quest'ultima proseguì fino ad incontrare il buttafuori.
<< Ehi, Candy. Allora, hai un balletto di quindici minuti in questo privé alle mie spalle, il tipo sembra a posto. Se hai bisogno chiamami. >>
Krystal trasalì << Quindici minuti, hai detto? >> era molto sopresa poichè normalmente gli uomini pagavano per cinque o massimo dieci minuti, ma si fidava di Frank: sapeva fare il suo  lavoro molto bene. Lo ringraziò ed entrò nella saletta attraverso la pesante tenda di velluto.
Un bell'uomo di mezza età era seduto comodamente sul divano, sguardo freddo e mani incrociate sotto il mento.
La salutò sorridendo e lei ricambiò avvicinandosi lentamente.
<< Cosa ci fa un agente federale nel mio privé? >> Domandò la giovane pochi istanti dopo. L'uomo sembrava sorpreso: la sua copertura era durata solo pochi secondi.
<< Vede >> continuò lei, incrociando le braccia << quello che ha in tasca è troppo grande per essere un portacarte ed ha una forma diversa da un normale portafogli che lei tiene nell'altra tasca, quindi deve essere la custodia del distintivo. Inoltre prima si è tenuto a distanza di qualche metro come a voler controllare tutto il locale senza però dare nell'occhio. >>
L'altro deglutì.
<< Ha pagato sessanta dollari per avere quindici minuti del mio tempo quando avrebbe potuto semplicemente mostrare il distintivo a Frank, qui fuori, senza dover sborsare un centesimo. E sono sicura che l'avrebbe fatto, se fosse stato un normale agente di polizia, ma qui c'è sotto qualcosa di grosso e non voleva dare nell'occhio. >>
L'uomo fece un sorrisetto come se fosse contrariato.
<< Allora lasci che mi presenti >> disse estraendo il distintivo dalla tasca dei pantaloni << Agente Alec Miller, FBI. Anche se ormai l'aveva capito. >>
<< Mi era sfuggito il cognome. >> Rise Krystal, accomodandosi al fianco di Miller << A cosa devo la sua visita? James si è cacciato in qualche guaio? >>
Lui spostò lo sguardo sulla ragazza: James, doveva essere il fidanzato.
Scosse la testa, poi riprese a parlarle: << No, non c'entra. Volevo farle soltanto qualche domanda riguardo a suo padre, Clive Sanders. Quando è stata l'ultima volta che l'ha visto? >>
La giovane si alzò in piedi e camminò per la stanza riflettendo, poi si fermò davanti alla tenda ed incrociò nuovamente le braccia.
<< Due anni fa, all'incirca. Mi ha telefonato in aprile per farmi gli auguri di compleanno, ma non ci siamo incontrati. >>
Era sincera, i suoi gesti lo confermavano.
<< Quindi >> riprese l'uomo << lei non sa dove vive nè con chi? >>
Krystal abbassò lo sguardo e incrociò nuovamente le braccia: era contrariata, ma stava dicendo la verità << No, credo sia solo ma non ne sono sicura. Non gli ho chiesto dove si fosse trasferito. >>
Miller ritirò il distintivo e lo rimise in tasca << Le ha mai parlato del perchè abbia lasciato il suo lavoro da federale? >>
La ragazza si voltò lentamente verso di lui, con gli occhi spalancati.
Sentì il cuore fermarsi.
<< Ma... mio padre non ha mai lavorato nell'FBI. >>
<< Signorina Sanders, glielo posso garantire: sono stato un suo collega per dodici anni. Potrà confermarlo chiunque in ufficio. >> 
<< No >> scosse la testa, incredula << No, lui non era mai a casa, lavorava nell'esercito... >>
Krystal ricordava bene le telefonate con suo padre dall'altra parte del mondo, mentre lei e sua mamma erano a casa ad aspettarlo. Non poteva essere vero quello che le stava dicendo quell'uomo. Perchè suo padre avrebbe dovuto mentirle?
<< Krystal, voglio solo aiutare te e tuo padre. Devi credermi, lo faccio soltanto per voi. >> Alec appoggiò una mano sulla gamba della ragazza, guardandola negli occhi. Era molto bravo a manipolare la mente delle persone che lo circondavano.
<< Signor Miller >> Con uno scatto Krystal si alzò in piedi, spostando bruscamente la mano dell'uomo << la ringrazio per la chiacchierata. Per favore, se ne vada. >> concluse, tenendo lo sguardo basso, indicandogli l'entrata della saletta privata.
L'agente non rispose, ma porse alla ragazza un bigliettino di carta su cui aveva scritto a penna un numero di telefono e un indirizzo poi, senza proferire parola, uscì dalla sala.
Erano appena terminati i quindici minuti per cui aveva pagato.

Krystal andò a casa prima, quella sera.
Disse a tutti di non sentirsi bene e lasciò il locale subito dopo l'incontro con quell'agente.
Già...Alec Miller, un bell'uomo di circa quarantacinque anni, occhi chiari, capelli leggermente brizzolati ed un po' sbarazzini, qualche ruga appena accennata qua e là.
La ragazza, con la schiena appoggiata al mobile della cucina, bevve un sorso di the alla pesca ripensando all'incontro di quella sera, poi le venne in mente James: non le aveva ancora risposto, e probabilmente non l'avrebbe fatto nemmeno il mattino seguente.
"Fanculo" pensò tra sé, prendendo un altro sorso della bevanda calda.
Lasciò vagare la mente, ma ogni suo pensiero finiva per tornare a Miller, a ciò che le aveva detto con quella voce bassa e sensuale, i suoi occhi di ghiaccio, la mano sulla gamba nuda.
Un brivido le percorse la schiena al solo pensiero, reazione che fece ridere di gusto la ragazza: doveva solo calmarsi e dimenticare quella faccenda, sarebbe stato meglio per tutti.
Così andò a farsi una doccia prima di accomodarsi nel letto per dormire.

Miller aprì la porta di casa: 11.04 PM.
Abbandonò il distintivo, le chiavi e la pistola d'ordinanza su un tavolino all'ingresso.
Le luci erano tutte spente, sua sorella gli aveva lasciato del pollo in un tegame ed un bigliettino sul tavolo: "ci vediamo domani. Bacio. Susan"
L'uomo sorrise leggendolo e si mise a sedere sul comodo divano. Ripensò a Krystal: poverina, l'aveva sconvolta, non si aspettava che suo padre le avesse mentito sulla sua occupazione, non avrebbe certo voluto causarle uno shock.
L'aveva cacciato bruscamente, ma ne aveva tutti i diritti.
Era una ragazza sveglia; la metà dei suoi colleghi dell'FBI non avrebbe saputo distinguere un normale cliente di un nightclub da un agente federale sotto copertura, mentre una spogliarellista c'era riuscita in poco più di cinque secondi. Doveva avere una mente geniale, oltre ad un corpo da favola.
Non l'avrebbe mai ammesso, ma Krystal gli aveva fatto venire in mente pensieri di cui si sarebbe vergognato persino con se stesso. Era una ragazza favolosa non solo per gli occhi, poiché aveva anche una mente formidabile in quel corpo da urlo.
Alec rise sommessamente, scacciando dalla testa quei pensieri quando vide la foto della moglie sorridente sul piccolo tavolino all'ingresso. Prese una pastiglia dalla tasca interna della giacca che indossava e la ingurgitò senza acqua, poi chiuse gli occhi e si addormentò lì sul divano.


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Capitolo 3
*** Not Gonna Get Us ***


La calda luce del mattino illuminava tutta la stanza.
A causa della stanchezza, Krystal aveva scordato di chiudere le tende la sera precedente, così venne svegliata da un raggio di sole che la colpì in viso.
May, la sua gattina, stava ancora dormendo appallottolata sull'altro lato del letto quando la padrona aprì gli occhi. 
La prima cosa che vide fu il bigliettino di carta lasciatole dall'agente Miller la sera precedente: una scrittura decisa, volta quasi a marcare la carta più che a scriverla. Quell'uomo aveva qualcosa di strano e pericoloso, ma avendolo visto per un tempo così limitato le era impossibile inquadrarlo meglio.
Nonostante la stanchezza iniziale, data probabilmente dal nervosismo, Krystal decise comunque di alzarsi dal letto e preparare la colazione per sè e la sua compagna di stanza che nel frattempo si era svegliata. La bionda scese dal letto e con passo stanco arrivò in cucina, dopo si preparò una grossa tazza di caffè: l'avrebbe aiutata a sostenere la giornata.
<< May! >> la chiamò dalla cucina e in pochi istanti la gatta arrivò miagolando. Era molto bella ed affettuosa, dal pelo lungo e morbido e gli occhi verdi. La compagnia ideale per una giovane ragazza di città.
La ragazza le versò del latte in un piattino e lo mise a terra di fianco a sè.
Ad ogni sorso di caffè le tornavano in mente stralci della conversazione avuta con Miller: più che farle domande le aveva dato informazioni di cui non sospettava nemmeno l'esistenza., come il fatto che Clive Sanders avesse lavorato per dodici lunghi anni nell'FBI. Forse avrebbe dovuto telefonare a suo padre fingendo di non sapere nulla solo per sentire come stesse e se si trovasse bene nella nuova città, magari chiedendo più dettagli al riguardo.
Non aspettò oltre: prese il cellulare e chiamò il numero da cui aveva ricevuto la telefonata del padre per il suo compleanno.
<< Numero inesistente. >>
Riprovò, prendendo un altro sorso di caffè caldo, pensando che non fosse riuscita a prendere la linea.
<< Numero inesistente. >>
"Non è possibile" pensò tra sè, quindi provò ad usare l'altro numero con cui si erano sentiti verso febbraio, il vecchio numero di telefono di suo padre.
<< Numero inesistente. >>
Qualcosa non andava, questo era poco ma sicuro. 
May finì di bere il latte e si strusciò sulla sua gamba in cerca di affetto, ma Krystal era troppo preoccupata per fare le coccole alla sua gattina: c'era sotto qualcosa, se lo sentiva in ogni fibra del corpo, e non era una bella sensazione.
Entrambi i numeri utilizzati dal padre si erano rivelati inesistenti, e Krystal era abbastanza intelligente per capire che una persona non cambierebbe due numeri di cellulare in tre mesi, a meno che non abbia una valida ragione per non farsi trovare.
Krystal finì di bere il caffè, lavò la sua tazza e il piattino di May poi, in pochi minuti, si vestì ed uscì di casa portando con sè il biglietto lasciatole dall'agente.

Miller poggiò il bicchiere di Starbuck's sulla propria scrivania: un buon caffè-latte in ufficio ci voleva proprio, dopo le prime due ore di lavoro. Aveva appena chiuso la telefonata con sua sorella Susan, ringraziandola per avergli lasciato la cena la sera precedente e per aver sistemato casa in sua assenza, ed era arrivato il momento di riprendere in mano i casi su cui stavano lavorando: due detenuti evasi da un carcere il giorno precedente, una possibile fuga di informazioni da una piccola cella terroristica...
L'agente stava facendo scorrere i fascicoli tra le mani, analizzandoli sommariamente, quando Marie bussò alla porta del suo ufficio. Dietro di lei, Krystal Jodie Sanders. L'uomo rimase a bocca aperta: era persino più bella vestita che in lingerie, tanto che anche Marie sembrò interessarsi alla giovane, forse per invidia o per semplice curiosità. L'assistente, dopo aver dato un'ultima occhiata al posteriore di Krystal, si chiuse la porta dell'ufficio alle spalle lasciadoli soli. 
Miller la salutò con una stretta di mano e la invitò ad accomodarsi sulla poltrona in pelle nera di fronte a lui. Era un ufficio estremamente ordinato in cui qualsiasi oggetto era stato catalogato fin nel più piccolo dettaglio tramite raccoglitori e cartellette di ogni genere. Non c'era nulla fuori posto, nemmeno un singolo foglio.
Krystal si schiarì la voce << Io, beh, vorrei scusarmi per averla buttata fuori dal privé, agente. >>
<< Mi chiami pure Alec. E' venuta qui solo per le scuse? >>
<< No. >> rispose lei all'istante, poi appoggiò i gomiti sulla scrivania dell'uomo << Questa mattina ho provato a telefonare a mio padre sui due numeri con cui mi aveva contattata lui in passato.>>
L'altro sembrava non capire dove volesse arrivare.
<< La cosa strana... >> continuò Krystal << ...è che entrambi i numeri di cellulare sono risultati inesistenti. Forse non è niente di preoccupante, ma ho pensato di doverla informare. >>
<< Sì, ha fatto la scelta giusta venendo a dirmelo, grazie. >>
<< Si figuri. >> La ragazza si alzò in piedi e porse la mano all'agente per salutarlo, ma lui le chiese con fermezza di riaccomodarsi. Lei obbedì all'istante, ma capì che qualcosa non andava; si sedette lentamente e poggiò di nuovo la borsa sul grembo senza voltarsi.
L'altro si alzò in piedi, poi puntò le mani sulla scrivania e si chinò con il busto verso Krystal: << Continua a guardare me, non ti voltare. >> le sussurrò lui con lo sguardo alla porta di vetro: Marie non aveva chiuso le persiane interne ed era entrato nell'ufficio un uomo che, pur ricordandogli qualcuno, Miller non aveva mai visto prima.
La ragazza deglutì spaventata << Chi non deve vedermi qui? >>
<< Ancora non lo so. >> rispose prontamente l'uomo << Ma è meglio che nessuno ti veda qui. >> Mentre parlava spostò una mano sul cassetto destro della scrivania.
Lo sconosciuto dall'altra parte del vetro si avvicinò a Marie e le domandò qualcosa, ma la donna scosse la testa in segno di negazione.
<< Chinati in avanti >> Ordinò Miller, senza distogliere lo sguardo dall'uomo.
<< Cosa?! >> Reclamò Krystal, pensando di avere capito male.
<< Muoviti o ti obbligo io a farlo! >>
La ragazza obbedì appena in tempo prima che l'altro si voltasse verso l'ufficio di Miller, riuscendo però a vedere al suo interno soltanto l'agente, decidendo così di andarsene. 
Alec rimase con lo sguardo fisso dietro Krystal e la mano sul cassetto finché non vide l'uomo uscire dalla porta principale della sala.
<< Appena in tempo. Cercava lei. >>
<< Me? >> Ribattè la ragazza rialzandosi e sistemando la lunga chioma morbida << Per quale motivo un perfetto sconosciuto dovrebbe cercare una spogliarellista nell'ufficio dell'agente federale Miller? >>
L'agente si passò una mano tra i capelli. Sulla sua fronte si formarono alcune rughe profonde.
<< Perché la spogliarellista è tenuta sotto controllo. >> 
Krystal si alzò in piedi e si rimise la borsa sulla spalla diringendosi alla porta dell'ufficio, poi tornò indietro con aria minacciosa e appoggiò la borsa sulla poltrona.
<< Senta, io fino a ieri sera avevo un lavoro, un fidanzato e una vita normale. Cosa volete tutti da me adesso? Perché vi servo io? >>
<< Signorina Sanders, la prego, non si agiti. Possiamo garantirle protezione ventiquattro ore al giorno, se ce ne dovesse essere bisogno. >>
La ragazza sbuffò, roteando gli occhi << Non dovrei preoccuparmi? Ho tentato di telefonare a mio papà e mi hanno localizzata in una sola, maledetta e fottutissima ora. >>
I due si guardarono negli occhi: non era soltanto lei ad essere tenuta sotto controllo, ma entrambi. Sapevano esattamente dove e quando cercarla perchè lui il giorno prima era andato nel luogo di lavoro di Krystal.
<< Krystal, lasci il suo telefonino sulla mia scrivania, la accompagnerò personalmente a casa. >> Miller indossò la sua giacca e prese due grossi raccoglitori pieni di fogli dall'archivio, poi estrasse la pistola dal cassetto e la ripose nel fodero sul fianco. Uscendo salutò Marie e le disse di non sapere quando sarebbe tornato e, soprattutto, di non dare alcuna informazione all'uomo misterioso nel caso si fosse nuovamente fatto vivo. 
Era un'operazione segreta, ma qualcuno di troppo ne era già a conoscenza. 
Usciti dall'ufficio raggiunsero in pochi secondi l'ascensore che li avrebbe portati nel parcheggio multipiano situato nei sotterranei dell'edificio. L'automobile di Miller, una berlina nera decisamente costosa, era parcheggiata a pochi metri da loro.
<< Caspita, bella macchina. >> la ragazza stava ammirando l'automobile dell'agente, non era abituata a mezzi simili, lei nemmeno ce l'aveva un'auto.
<< Biondina >> Alec si rivolse a Krystal, estrendo le chiavi dell'automobile dalla tasca << Non ti ci ho tirata dentro io, in questo casino. Ci sei dentro da quando hai Clive Sanders come padre. >>
<< Sì, scuse accettate, agente. >> Rispose la bionda con sarcasmo, salendo in macchina accanto all'uomo. Questo mise in moto ed uscì velocemente dal parcheggio, diretto a casa di Krystal.

L'agente Miller e Krystal entrarono nell'appartamento di lei, in cui May la stava aspettando.
<< Bella gattina. >> sentenziò l'uomo, chinandosi per accarezzarla. Krystal prese uno zainetto e lo riempì con biancheria intima, oggetti per l'igiene personale, vestiti e una bottiglietta d'acqua, poi chiese a Miller di prestarle per un attimo il suo cellulare. L'uomo sembrava contrario e spiegò le sue ragioni alla ragazza.
<< Ci stanno tenendo d'occhio, se usiamo il cellulare... >>
<< Sanno esattamente dove siamo. Avanti, devo chiamare un'amica. Ci darà una mano. >> Lui acconsentì: quella ragazza era sveglia, se pensava di potersi fidare di una persona allora avrebbero fatto come voleva lei.
Krystal compose il numero di Nathalie, l'unica persona al mondo di cui si sarebbe fidata ciecamente; erano migliori amiche ormai da cinque anni, non si erano mai tradite, mai parlate alle spalle e mai fatte del male a vicenda. Nat c'era sempre stata nel momento del bisogno, e quando Krystal le disse di essere in un casino, l'amica si prestò ad aiutarla.
Dopo aver riempito di cibo la ciotola di May ed aver dato un bacio alla gattina, la sua padrona e Miller ripresero la marcia alla volta dell'abitazione di Nathalie.
Lì, la ragazza li stava già aspettando.
<< Nat... >> Krystal la abbracciò con forza, poi la guardò negli occhi << Grazie di cuore. Tieni le chiavi del mio appartamento, c'è May dentro. Ti prego, portala qui con te, dalle amore e falla mangiare. Io ... ti prometto che starò bene e tornerò a prenderla. >>
<< Oh, mio Dio, Krystal... >> Nathalie le mise le mani sulle spalle, guardandola dritta negli occhi con fare materno, infine spostò lo sguardo sul bell'uomo alle sue spalle << Ti ha messa incinta, vero? Scappi da James? >>
Era una brava ragazza, ma non aveva capito nulla della situazione.
Miller si schiarì la voce in evidente imbarazzo.
<< CHE? No, non ho mai tradito James, lo sai che sono stata sempre e solo con lui. >> La bionda prese una parrucca rossa con un taglio a caschetto dall'armadio dell'amica, dicendole che l'avrebbe indossata subito: era una parrucca di buona fattura, e ad un occhio poco esperto sarebbe potuta sembrare la sua reale chioma. Una volta indossata quella si cambiò d'abito, in modo da non farsi riconoscere facilmente una volta fuori da lì.
<< Nathalie... >> Krystal fece una pausa, guardando la migliore amica negli occhi << ...se qualcuno ti chiedesse dove sono, dì che mi hai vista e che ti ho detto che sarei partita per Città del Messico, ok? >>
L' altra ragazza la guardò impaurita << Ti prego, non fare niente di stupido. >>
<< Nathalie, dimmi che hai capito. >>
<< Sì, ho capito, Krys. >>
Una Krystal dai capelli rossi fece una carezza sul volto dell'amica, poi si allontanò con Miller  dall'appartamento. La ragazza si voltò indietro ed alzò un braccio in segno di saluto << Ti voglio bene, Nat. Grazie di tutto. >>
E i due sparirono per la tromba delle scale.

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Capitolo 4
*** Hard Out Here ***


<< Hai avuto una buona idea riguardo la parrucca. >> Alec Miller iniziò a parlare controllando attentamente, tramite lo specchietto retrovisore dell'automobile, che nessuno li stesse seguendo. Al suo fianco, una ragazza dai capelli rossi si stava stendendo del rossetto glitterato sulle labbra, rifinendo poi i contorni con una matita più scura.
<< Chi ti stava monitorando ora starà cercando una ragazza dai lunghi capelli biondi, non una rossa con un taglio a caschetto. >>
Si era rivolto a lei dandole del "tu" per due volte consecutive, e Krystal notava subito questi piccoli particolari; tuttavia anche lei preferiva dimenticarsi delle inutili formalià che, in occasioni come quella, sarebbero state solo d'intralcio nella conversazione.
Krystal la buttò sul ridere: << Peccato che Nathalie non avesse anche dei baffi finti per te. >>
Contro ogni previsione, si stava creando un'atmosfera abbastanza rilassata tra i due occupanti dell'automobile. 
Dopo un'ora di viaggio, Alec entrò nel parcheggio di un piccolo centro commerciale di provincia e fermò il mezzo.
<< Dovrei cambiarmi d'abito, vestito così dò troppo nell'occhio. >>
<< Aspetta! >> Krystal lo bloccò prendendolo per un braccio << Non vorrai andare tu, vero? In negozio ci sono le telecamere, io sono la meno riconoscibile. >>
La ragazza aveva pensato bene: se davvero li stavano cercando, quei delinquenti si sarebbero appoggiati a qualunque supporto visivo possibile. L'uomo prese dei contanti dalla tasca e li porse a Krystal, dandole precise istruzioni sulla taglia di vestiti da lui portata.
<< Dopo prometti di spiegarmi cosa sta accadendo. >>
<< Ti racconterò tutto. >> giurò Miller.
Lei annuì e scese dall'auto, incamminandosi a passo svelto verso il negozio di abbigliamento maschile di fronte a loro. 
La varietà di merce era, senza alcun dubbio, molto ampia: avrebbe potuto scegliere liberamente tra centinaia di capi differenti. Il proprietario si avvicinò subito a lei con fare amichevole non appena Krystal  mise piede nel negozio.
<< Buongiorno, signorina. Come posso esserle utile? >> Lo sguardo dell'uomo era molto più interessato alle forme della ragazza che alla vendita.
<< Signora, grazie. Vorrei comprare degli abiti nuovi per mio marito. >>
Freddato all'istante, ma con eleganza.
<< Oh. >> il commesso sembrava sorpreso: era strano che una ragazza di ventisei anni fosse sposata oppure avrebbe voluto che fosse single per poterci provare lui? 
Nonostante l'approccio non fosse stato dei migliori, egli si rivelò abbastanza bravo nel proprio lavoro. Le mostrò delle camicie, poi alcune maglie a manica lunga ed altre a manica corta infine alcuni modelli di pantaloni. Krystal scartò subito le camicie: doveva togliere da Alec quell'aria professionale che lo caratterizzava, quindi optò per tre maglie nere e due paia di jeans chiari.
<< Mi dica, signora >> incalzò l'uomo, portando gli abiti scelti in cassa << da quanto siete sposati? >>
<< Da due anni. >> Non le piaceva il modo di fare di quel commesso nei suoi confronti. Guardò preoccupata fuori dal negozio: Alec era in macchina e stava controllando che tutto filasse liscio.
<< E suo marito sa che non porta la fede al dito? >>
Un brivido le percorse la schiena. Krystal fece una risatina isterica coprendosi la mano: cos'era, un poliziotto o un commesso? O magari era stato un detective privato prima di aprire quel negozio. In ogni caso, non erano domande da fare ad un cliente, e lei non avrebbe saputo rispondergli.
<< Ah... sì, purtroppo io... >>
Non fece in tempo a terminare la frase che la porta scorrevole del negozio si aprì.
Camicia fuori dai pantaloni, mani in tasca ed occhiali da sole sugli occhi, Miller camminava in direzione di Krystal << Eccomi, tesoro. Scusa se ho fatto tardi. >>
Le stampò un bacio sulla fronte, mentre con una mano le accarezò la schiena.
<< Figurati. >> rispose la ragazza, in evidente imbarazzo. Il piano originale era andato in fumo, ma almeno la sua storia sarebbe stata credibile con l'aiuto di Miller.
L'uomo dall'altro lato della cassa li guardò insieme, poi si rivolse ad Alec: << Che uomo fortunato, con una moglie così giovane e bella. >>
<< Già, non avrei potuto trovare di meglio. >> La strinse a sè cingendole la vita con un braccio e la fece arrossire in volto. Lei sorrise nuovamente, poi si affrettò a pagare e tornarono in auto più velocemente possibile.
Miller si sedette subito al posto di guida e mise in moto prima ancora che Krystal avesse chiuso la portiera dal lato destro. In pochi secondi si allontanarono dal parcheggio per immettersi nuovamente sulla strada principale.
<< Grazie. >> Krystal guardò fuori dal finestrino imbarazzata.
L'uomo sbuffò, infastidito. << Ti dovrò accompagnare anche al bagno? >>
<< Ehi, non ti ho detto io di venirmi ad aiutare. >> 
<< Non intendevo dire quello. >> Alec si corresse, controllando dagli specchietti dell'auto che nessuno li stesse pedinando << Quello che volevo dire è che... niente, meglio lasciar perdere. >>
La ragazza seguì il consiglio di Miller ed entrambi lasciarono che la conversazione terminasse così, ma era arrivata l'ora di pranzo e sia Krystal che Alec iniziarono a sentire la fame.
Non era prudente fare un'altra sosta a così poca distanza dalla prima così, per distrarsi da quel fastidioso senso di vuoto nello stomaco, ingannarono in tempo conversando.
<< Allora >> incalzò ad un certo punto Krystal << dove siamo diretti? Stai guidando da un'ora e mezza, ormai. >>
<< L'idea è quella di allontanarci il più possibile lasciando qualche finta traccia sparsa quà e là, sperando che i tuoi inseguitori non siano abbastanza intelligenti da capire il trucco. >>
Il piano di Miller era buono, ed avrebbe anche potuto funzionare.
<< Non è che mi spiegheresti cosa sta succedendo? >>
L'uomo sbuffò nella direzione della ragazza << Stasera in albergo ti racconterò tutto con calma, ok? Adesso parliamo di altro. >>
Lei annuì, quindi gli chiese quando avrebbero mangiato: avevano entrambi i crampi allo stomaco per la fame, così si fermarono in un piccolo fast-food lungo l'autostrada. Si erano allontanati di circa trenta chilometri dal negozio di abbigliamento, quindi avrebbero potuto pranzare con tranquillità. Prima di scendere dall'automobile, Krystal porse all'agente una delle magliette che avevano appena comprato: pensava che, se avesse indossato una maglia nera al posto della sua camicia, avrebbero dato meno nell'occhio.
Miller si trovò d'accordo con lei, quindi si cambiò velocemente in auto poi, insieme a Krystal, si incamminò verso il ristorante.

Sembrava un posto tranquillo, quella tavola calda.
Le cameriere avevano lanciato qualche occhiata maliziosa ad Alec, ma il loro interesse era comprensibile: era un bell'uomo, aveva un fisico tonico e la sua aria matura e professionale lo rendeva particolarmente sexy agli occhi delle ragazze più giovani.
Alla sua compagna di viaggio scappò un sorrisetto, che l'agente non poté fare a meno di notare.
<< Che c'è? >> Chiese alzando lievemente lo sguardo dal menù.
L'altra rise sommessamente, guardando alle spalle dell'uomo << Credo che la cameriera dai capelli neri voglia il tuo numero... >>
<< Sì, e il signore seduto là avanti penso voglia il tuo. >>
<< Che peccato >> Krystal si voltò e vide un uomo con una ventina di chili di troppo guardarla da lontano << ho lasciato il cellulare nel tuo ufficio. >>
Risero entrambi a bassa voce, poi ordinarono il pranzo ed attesero l'arrivo dei piatti sorseggiando del caffè caldo. 
Forse per lui non era una situazione così strana, ma per Krystal lo era di sicuro: in una giornata si era ritrovata a quasi duecento chilometri di distanza da casa senza una meta ben precisa e, come se non bastasse, aveva scoperto che il padre le mentì per dodici anni riguardo il suo lavoro. James e Nathalie sarebbero stati in pensiero per lei, così come le altre ragazze del Comet. Aveva lasciato a casa tutta la sua vita, compresa May.
<< Vedrai che andrà tutto per il meglio, sei scortata dall'FBI. >> La voce di Alec la distrasse dai suoi pensieri, facendola sorridere per qualche istante. Si stava sforzando di tirarle su il morale, per questo ogni tanto cercava di fare delle battute simpatiche: non era il tipo di uomo a cui piaceva circondarsi di persone allegre con cui passare una serata al bar. Piuttosto, si sarebbe seduto da solo nel salotto di casa a bere un buon bicchiere di Cognac o Whisky.
<< Ho dimenticato una cosa in auto, arrivo subito. >>
Senza dare alla compagna in tempo di rispondere, Miller si alzò in piedi ed uscì velocemente dal locale, lasciando Krystal al tavolo da sola. Mentre Alec era ancora fuori, la cameriera portò i due piatti al tavolo: un cheeseburger ed una caesar salad, come avevano ordinato. Sembravano entrambi gustosi, ma Krystal attese che l'agente tornasse per iniziare a mangiare.
Fortunatamente, Miller non ci mise molto a rientrare nel locale e raggiungere il tavolo.
<< Tutto bene? >> La ragazza aveva notato che Alec si comportava in modo strano, come se i suoi movimenti fossero incerti e troppo lenti rispetto a prima.
<< Sì, buon appetito. >> L'uomo si sedette e rispose a Krystal poi prese il proprio cheeseburger tra le mani, concludendo così quella conversazione scomoda.
Dieci minuti dopo, la coppia era già pronta a ripartire. 
Avevano paura che, se avessero fatto lunghe pause, qualcuno li avrebbe potuti trovare più facilmente. Per questo motivo si rimisero subito in marcia appena ebbero terminato il pranzo.
<< Passeremo la giornata in auto? >> Krystal si tolse la parrucca lasciando che i lunghi capelli biondi le cadessero sulle spalle e sul decolleté << Finalmente, non ce la facevo più. >>
<< Sì >> L'uomo alla guida le lanciò un'occhiata senza farsi notare << Ci fermeremo per la notte, poi ripartiremo domani mattina. >> 
<< Oh, mio Dio. Quindi passeremo due giornate in auto. >> La ragazza si tolse il giubbetto che indossava, restando con una canotta viola aderente. Il climatizzatore dell'auto era acceso e funzionante, ma il sole di luglio entrava dal finestrino ed inondava la passeggera di luce, rendendo la temperatura insopportabile.
<< Ti prometto che dopo saremo al sicuro. Fidati di me. >>
Krystal alzò gli occhi al cielo << Potrei mai non fidarmi? Ti conosco da ben diciotto ore. >>
<< Beh, anch'io. Ma ti ho dato in mano cento dollari stamattina, ricordi? >>
Le abbassò lo sguardo, poi incrociò le braccia e si mise a guardare il panorama scorrere incessante fuori dal finestrino.
<< Già...io, invece, ti ho dato in mano la mia vita. >>

Il sole stava ormai scomparendo all'orizzonte, e i due si erano dati il cambio alla guida, nonostante l'agente non fosse d'accordo: non avrebbe certo potuto guidare per dieci ore consecutive, quindi Krystal decise di prendere in mano la situazione.
Alec indicò qualcosa davanti a loro << Vedi quel motel? Parcheggia lì dentro. >>
<< Perchè quello? >> Chiese la ragazza cercando di capire cosa avesse di speciale.
<< Perchè lì non chiedono i documenti di identità. >> 
Pochi istanti dopo, Krystal stava posteggiando la scintillante berlina nera dell'agente davanti alle camere del motel in cui avrebbero trascorso la notte. Appena scesi dall'auto, Alec le fece i complimenti per la guida, ma la ragazza non capì se fosse ironico oppure no, così si incamminarono insieme fino alla reception.
Dentro li aspettava un uomo di circa sessant'anni, non dava l'idea di essere una persona affidabile, ma a loro serviva soltanto una chiave.
<< Buonasera. >> Alec lo salutò e gli chiese se avessero una camera doppia disponibile per la notte, ma l'anziano signore sembrava essere più interessato al corpo di Krystal che alle parole dell'agente, così Miller formulò nuovamente la domanda.
<< Sì >> rispose l'uomo alzandosi e prendendo una chiave tra quelle appese alla bacheca <>
Ringraziarono ed uscirono velocemente dalla reception, proseguendo a sinistra come suggerito dal signore e, in una decina di secondi, arrivarono alla porta numero dieci.
La stanza era piccolina, con un grande letto matrimoniale, un mobile con la tivù ed una sedia.
Appena mise piede nella camera Krystal si tolse la canotta, rimanendo in reggiseno.
<< Che diavolo stai facendo? >> Miller si affrettò a chiudere a chiave la porta, spostando lo sguardo verso il muro.
<< Vado a farmi una doccia, ecco cosa sto facendo. >> Rispose la ragazza levandosi anche i jeans e poggiando i vestiti sulla sedia << ci metterò poco. >> E sparì nel bagno.
Non appena l'acqua della doccia cominciò a scendere, Miller colse l'occasione per frugare nello zaino di Krystal: doveva essere certo che non gli stesse nascondendo niente di inerente alla missione. Al suo interno trovò soltanto un'agenda con i turni di lavoro ed altri impegni segnati, alcune medicine ed antidolorifici per le emergenze, una spazzola per i capelli, la parrucca rossa, qualche cambio di abito e biancheria intima. Non nascondeva niente. Alec tirò un sospiro di sollievo, poi prese una delle sue pastiglie e la ingoiò.
Cinque minuti dopo, Krystal uscì dal bagno con indosso soltanto un'asciugamano striminzito.
<< Non guardarmi così, c'era soltanto questo. >> si giustificò la ragazza, poi prese un reggiseno ed un paio di slip dal proprio zaino ed attese che Miller andasse a farsi la doccia per vestirsi, infine si accomodò sotto le coperte ed accese la tivù.

Quando Alec aprì la porta del bagno indossando soltanto un paio di boxer, la compagna di viaggio stava fissando la tivù spenta.
<< Interessante? >>
<< Non accenderla per nessun motivo. >> Rise la ragazza << Ci sono soltanto film per adulti. >>
L'uomo si sedette con lei sotto le coperte. Krystal era davvero bella, con quel viso dai tratti dolci e i lunghi capelli dorati. Anche il suo corpo era perfetto: non era tanto alta, ma il decolletè prosperoso e il fisico asciutto compensavano l'altezza che mancava.
<< Alec... >> La bionda si coprì il corpo con il lenzuolo, senza guardare in faccia il suo interlocutore << Hai promesso di raccontarmi tutto. >>
Aveva paura di ciò che Miller le avrebbe detto su suo padre e sull'intera faccenda, e non sarebbe riuscita a mascherare facilmente il suo stato d'animo.
<< E' iniziato tutto tredici anni fa, quando Clive Sanders entrò a far parte dell'FBI. All'epoca lavoravamo fianco a fianco anche sul campo. Era un uomo brillante, tuo padre, hai preso da lui quel lato del carattere. >> Alec lasciò cadere la testa all'indietro fino ad appoggiarla al muro << Poi l'anno scorso, durante una missione, ci fu una sparatoria. Tre dei nostri uomini morirono, e Sanders se ne andò con i terroristi a cui stavamo dando la caccia da anni... ci avevano teso un'imboscata. >>
Krystal lo interruppe << Mio padre ci abbandonò circa un anno fa, senza darci alcuna spiegazione. Lasciò me e mia madre da un giorno all'altro. >> Probabilmente era tutto collegato, non aveva mai parlato del suo lavoro nell'FBI perchè era soltanto una copertura, non la sua reale occupazione. 
<< Grazie, Alec, ora è tutto un po' più chiaro rispetto a prima. >> Gli sorrise dolcemente, poi si fece nuovamente seria << Ma lo stai cercando da solo? >>
<< Non proprio, domani incontreremo qualcuno che ci aiuterà. >>
Krystal annuì, poi si voltò verso la sveglia che c'era sul comodino: 9.50 PM. Era ancora presto per dormire e nessuno dei due aveva sonno, ma il giorno seguente si sarebbero dovuti alzare all'alba per rimettersi in marcia il prima possibile.
<< Non abbiamo nemmeno cenato... >> Gli fece notare lei poggiandosi una mano sullo stomaco vuoto. 
Alec si mise ancora più comodo a letto << Faremo una bella colazione domani. Ora dormi. >>
<< Ma io non ho sonno! E ho fame. >>
<< E allora cosa vuoi fare? >> Si sollevò sulle braccia per rimettersi a sedere e la guardò negli occhi.
<< Come si chiama tua moglie? >> Gli chiese Krystal d'un tratto.
<< Come, scusa? >>
Lei ridacchiò voltandosi verso di lui << Indossi la fede, e non hai cercato di sfiorarmi nemmeno con un dito. Sei sposato e sei un uomo fedele. >>
<< Si chiamava Connie, è morta un anno fa.>>
Il sorriso sul volto di Krystal si spense all'istante, rivelando un enorme dispiacere. 
Si sentiva così in colpa che non seppe cosa rispondergli, gli disse soltanto << Scusa. >> e si voltò verso il muro, dando le spalle all'uomo.
Alec Miller spense la luce, facendo piombare la stanza nel buio della notte.

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