La Saga dell'Ombra Ubriaca

di Agapanto Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fraintendimento ***
Capitolo 2: *** Riappacificazione ***



Capitolo 1
*** Fraintendimento ***







La Saga dell’Ombra Ubriaca

-1-

Fraintendimento



L’alternarsi di luce ed ombra continuo, i flash colorati allucinanti, gli sbuffi di vapore della macchina del fumo, il rumore assordante e l’odore d’alcool e sudore non piacevano per nulla ad Akashi. Effettivamente, li detestava, pertanto, anche a costo di essere tacciato come ‘creatura anormale’, il giovane capitano del Rakuzan non era disposto a spostarsi dal divanetto riservato a bordo pista dove si era seduto all’inizio di quella serata.
Trentuno gennaio del primo anno di superiori: più di un mese dalla fine della WinterCup e dal ritorno della sua personalità ‘buona’, ma soprattutto diciassettesimo compleanno di un certo piccolo fantasma con la irritante tendenza a non lasciare nei guai gli amici. Kuroko Tetsuya aveva fatto talmente tanto per i suoi cinque ex-compagni delle medie, con conseguente benessere mentale delle loro rispettive nuove squadre, che la proposta di Kise di preparargli una festa a sorpresa aveva ricevuto un assenso unanime. L’organizzazione materiale era stata lasciata al biondo ed a Momoi, nell’erronea comune convinzione che i due avrebbero saputo inventarsi qualcosa di adatto alla personalità della loro ombra preferita.
Madornale sottovalutazione della follia festaiola dei due: Akashi si era già segnato un appunto sul cellulare per ricordarsi di ucciderli appena la festa fosse terminata e il suo udito fosse tornato. Purtroppo, vivendo a Kyoto lui e il Rakuzan erano stati per necessità un po’ tagliati fuori dai preparativi e quando era venuto a sapere del programma era ormai troppo tardi per impedire qualcosa.
Irritato, si aggiustò gli abiti. Lisciò i pantaloni neri, aggiustò i risvolti delle maniche della camicia rossa e si aggiustò il gilet e la cravatta color pece prima di passare una mano tra le attentamente disordinate ciocche carminio.
Però, seriamente, una serata in discoteca era l’ultima cosa con la quale Akashi credeva quei due se ne sarebbero saltati fuori. Era palesemente al di fuori dei gusti del festeggiato! Kuroko non aveva nemmeno mai bevuto in vita sua, neanche una goccia di birra quando alle medie Ryouta era riuscito a farsene comprare alcune lattine dalla sorella maggiore per la festa di capodanno della Generazione dei Miracoli. Perfino Seijuro stesso aveva indulto in qualche sorso, pur senza esagerare, mentre il fantasma era rimasto irremovibile.
Una sagoma bionda, da centro pista, si accorse improvvisamente di lui.
Seijuro sollevò gli occhi al cielo nel vedere Kise iniziare a farsi strada nella calca di corpi ammassati per raggiungerlo, ma non fece neanche cenno di andargli incontro. Cascasse il mondo, non si sarebbe mosso da quel divanetto.
“Akashicchi!” urlò Ryouta, per farsi sentire, mentre si gettava a sedere accanto a lui, “Che cosa ci fai qui da solo?! I tuoi compagni sono in pista!”
“Che si divertano.” rispose il rosso, caustico, incrociando le braccia di fronte al petto e facendo dondolare nervosamente la gamba posata sopra l’altra. Tutto della sua postura urlava ‘chiusura’ e ‘ostilità’, ma il biondo non sembrò cogliere il messaggio.
“Andiamo, Akashicchi!” piagnucolò infatti, “Sei l’unico che non sta ballando! Perfino Kasamatsu-senpai, addirittura Murasakibaracchi! Proprio non ti diverti?”
Akashi gli scoccò un’occhiata scettica.
Si ritrovavano rinchiusi in quello che sembrava un enorme bunker dalle pareti grigie o nere, circondati da gente ubriaca, con l’aria che puzzava di sudore e vomito e quel poco d’ossigeno rimasto contaminato dal vapore acqueo di un macchinario infernale che continuava a creare sbuffi di fumo che inondavano la pista e aumentavano la confusione già creata dalle luci intermittenti, colorate e accecanti che più che aiutare sembravano volergli distruggere la vista. Per di più, la musica era assordante, priva di armonia o di una qualsivoglia melodia, dai testi per lo più osceni e sessisti, volgari e molto spesso anche offensivi, non che a qualcuno sembrasse importare.
“No.” ringhiò alla fine della sua analisi, “Per niente.”
Ryouta sbuffò platealmente, praticamente sdraiandosi contro lo schienale del divano e ignorando l’occhiataccia che il suo ex-capitano gli stava scoccando. Probabilmente era già ubriaco, dal momento che quella folle di sua sorella era riuscita a procurargli un dannato documento falso – e Seijuro si stava ancora chiedendo che razza di logica malata l’avesse portata a fare ciò –.
“Akashicchi, stai rovinando il morale complessivo della festa.” disse il biondo con serietà, quasi certamente ignaro di stare dicendo una marea di idiozie, “Prendi Kurokocchi: non si è per nulla lamentato, anzi l’ho visto prima uscire dal bar ed entrare in pista senza che nessuno dovesse trascinarcelo di peso!”
Akashi non era interessato allo svolgimento della festa, ma una parte di lui che continuava a sentirsi responsabile dei suoi ex-subordin-…ehm…compagni di squadra lo costrinse a chiedere.
“Come mai Tetsuya era al bar? Chi si è sentito male?” domandò, esasperato all’idea che qualcuno fosse riuscito a stare tanto male da richiedere l’intervento diretto del festeggiato prima ancora della mezzanotte.
“Oh, nessuno!” fu però la risposta arzilla di Kise, “Aveva in mano un bicchiere di qualcosa di trasparente, credo vodka ma non sono sicuro. L’ha buttato giù e poi è andato a ballare con gli altri!”
Tetsuya. Vodka.
Vodka. Tetsuya.
Tetsuya e vodka, assieme? Impossibile.
“Probabilmente era solo acqua.” gridò Akashi all’indirizzo di Kise, cercando di farsi sentire nonostante il volume della musica ma soprattutto di convincersi da solo di ciò che aveva appena detto.
Il suo interlocutore scrollò le spalle, ad indicare che non lo sapeva, e poi iniziò a scrutare la massa ondeggiante di corpi alla ricerca di quello piccolo del fantasma. Ricerca alla quale si aggiunse immediatamente anche Seijuro, vagamente inquietato dalla prospettiva che Kise gli aveva messo in testa.
“Eccolo!” urlò questi dopo un attimo, allungando il braccio ed indicando un punto proprio di fronte a loro, oltre il semicerchio di un paio di metri che l’aura minacciosa di Seijuro aveva reso inagibile agli improvvisati danzatori.
Akashi si stava già chiedendo come avesse fatto l’altro ad individuare il giocatore invisibile così facilmente quando posò gli occhi sull’azzurro e lo capì da solo.
Tetsuya brillava.
E non perché fosse coperto di brillantini o di borchie o di sudore. Brillava perché era assolutamente impossibile non notarlo e ancor meno staccargli gli occhi di dosso una volta fatto l’errore di posarli sul suo corpo snello e minuto, fasciato in jeans neri aderenti stretti in vita da una cintura fatta di tre strisce intrecciate di cuoio tinto di rosso, il cui avanzo era lasciato cadere pigramente sul fianco così che ballonzolasse ed ondeggiasse al ritmo dei fianchi che abbracciava. La forma del petto magro ma chiaramente maschile era lasciata alquanto visibile dalla maglietta molto aderente, anch’essa nera, a maniche corte e, se al polso destro stavano entrambi i polsini che l’azzurro usava durante le partite, al sinistro portava un braccialetto di cuoio nero che lo avvolgeva almeno tre volte prima di chiudersi con un bottone argentato. I capelli azzurri, invece che alti nella massa indomabile del primo mattino o semplicemente disordinati come al solito, erano tirati indietro con del gel e lasciavano esposto il viso chiaro e luminoso, con gli occhi grandi e azzurri che svettavano in modo ipnotico, attirando su di loro tutta l’attenzione. Le guance e il collo arrossati e l’enorme sorriso sul volto del fantasma portarono il rosso a dare fuoco alla sua speranza che questi avesse bevuto solo acqua.
“È ubriaco.” constatò, scioccato, fissando il fantasma ad occhi sgranati, “È ubriaco!”
“Ma no!” rise Kise – e una parte di Akashi si chiese come avesse fatto a sentirlo nonostante il rumore –, ma quando l’azzurro li notò e iniziò a sventolare una mano in segno di saluto verso di loro, trascinando nel gesto anche il suo attuale partner di ballo Reo Mibuchi, il ragazzo si lasciò scappare una risatina nervosa e si grattò un po’ la nuca, “Beh, forse un po’ brillo…”
“Ryouta.” La voce di Akashi gli uscì tetra come da una caverna senza fondo. “Domattina ti ucciderò. Ti consiglio di toglierti tutte le soddisfazioni possibili entro stanotte.”
Seijuro era effettivamente interessato nell’udire il pigolio spaventato di Kise – finalmente una musica che le sue orecchie potessero assaporare – ma dopo un solo istante di distrazione notò con la coda dell’occhio Kuroko correre nella zona off-limits – che si stava ingrandendo per via delle vibrazioni sempre più negative emesse dal rosso – per raggiungerli. Ed il solo fatto che fosse visibile anche per sbaglio la diceva lunga su quanta attenzione l’azzurro riuscisse ad attirare quella notte.
Arrivato finalmente di fronte a loro, il fantasma rivolse a Seijuro un sorriso accecante. Seriamente, per un’ombra avere un’espressione così luminosa non avrebbe dovuto essere impossibile?, o quantomeno illegale?
“Akashi-kun, vieni a ballare?” chiese Kuroko, apparentemente felice e divertito.
Peccato Seijuro non condividesse le sue sensazioni. Anzi, se possibile, sapere che l’unica persona nel cui buonsenso avesse riposto un minimo di speranza fosse potenzialmente ubriaca aveva peggiorato ulteriormente il suo umore.
“Scordatelo.” rispose pertanto, rude, distogliendo lo sguardo dall’espressione confusa immediatamente fiorita sul viso dell’azzurro.
Ostinato e intenzionato a non irritarsi ancora di più, Akashi rifiutò di guardare Kuroko in viso, ma così si perse il radunarsi degli invitati attorno al divanetto. Gli occhi di tutti erano sul fantasma e lui li aveva condotti all’Imperatore, portandoli a chiedersi cosa ci fosse che non andava. Normalmente nessuno avrebbe osato avvicinarsi, ma l’euforia e un po’ d’alcool di contrabbando erano stati ottimi complici per la loro curiosità.
Quel che successe dopo impedì a ognuno di loro di tornare a ballare.
“Andiamo, Akashi-kun…” Gli occhi di Seijuro si sgranarono di colpo e la testa si girò di scatto in avanti quando il ragazzo sentì la voce bassa e sensuale di Kuroko infilarsi docilmente nel suo orecchio, come una voluta di fumo, e una mano piccola e sottile posarsi sulla sua coscia, ma il suo gesto lo fece ritrovare con il viso a meno di un palmo da quello del fantasma. L’azzurro aveva posato il ginocchio destro sull’orlo del divanetto accanto alla coscia sinistra del rosso e la mano mancina sull’altra mentre la sua destra aveva arpionato la sua spalla sinistra per reggersi mentre si avvicinava con il corpo al punto da sovrastarlo. Quando Akashi realizzò di stare guardando l’altro dal basso, gli era già venuto il torcicollo. “…vieni a ballare.”
Il rosso deglutì, ma riuscì a nasconderlo e mascherò la fuga da quella prossimità inaspettata appoggiandosi allo schienale e allungandovi sopra il braccio sinistro, in modo da sfuggire alla presa di Kuroko sulla sua spalla.
“Sei pazzo, Tetsuya.” scherzò regalandogli uno dei suoi sorrisetti carichi di superiorità e malizia, ma questi solo riprese l’equilibrio spostando la mano sul mobile, sotto il suo gomito quasi, e ignorò la sua ovvia dichiarazione di disagio.
“Non essere cattivo, Akashi-kun.”lo rimproverò mordendosi sensualmente il labbro inferiore. Tutti i presenti, anche i più lontani, videro chiaramente come gli occhi di Seijuro rimasero incollati alla bocca dell’altro per tutto il tempo dell’azione. “Mi sono impegnato molto per raggiungere questo livello di follia.”
“Ah sì?” rispose il rosso, sforzandosi di riportare la propria concentrazione sulla conversazione e gli occhi in quelli dell’azzurro.
“Certo.”rispose tranquillo Kuroko quando incrociò le iridi scarlatte del suo ex-capitano, “Così posso capirti meglio.”
Finalmente, il cervello di Akashi si decise a registrare veramente le informazioni fornitegli dalle orecchie.
“E questa frase io dovrei considerarla una gentilezza o prenderla come un insulto?” chiese quindi, piegando la testa da un lato con finto interesse, cercando di far arrivare il messaggio di vaga minaccia al ragazzo che si ostinava a torreggiare su di lui, il ginocchio sempre posato sul divano ma le mani ormai entrambe sullo schienale ai due lati del suo corpo, come ad imprigionarlo in una gabbia. Se Akashi non avesse conosciuto Kuroko così bene, avrebbe pensato quello sciocco fosse convinto di poter vincere contro di lui in un gioco tanto banale come quello della seduzione.
“Mmm…” mormorò il fantasma, inarcando un po’ la schiena e piegandosi in avanti sfregando il proprio petto contro quello dell’altro, “Ad essere onesti, voleva essere una cosa gentile, però, ora che mi ci fai pensare, direi che dipende…”
Akashi gli rivolse un sopracciglio sollevato in segno di interesse, esortandolo a spiegarsi meglio, ma Kuroko sembrò interpretarlo come una reazione al suo gesto e spostò le mani dal divanetto per incrociare i polsi dietro il collo dell’Imperatore, finendo quasi per sedersi sulle sue gambe. Quasi. Però Seijuro poteva sentire vagamente il cavallo dell’altro sfiorargli le ginocchia di tanto in tanto, a seconda dei movimenti di entrambi.
“Se ti dicessi che era un insulto…” continuò quindi Kuroko, soddisfatto della sua nuova posizione, rivolgendo ad Akashi uno sguardo incredibilmente lucido e serio, molto simile a quello che vestiva di solito. Da sobrio. “…mi dovrei aspettare qualche…punizione?”
Il cervello di Seijuro registrò lo svenimento di Satsuki e l’imprecazione di Yukio-san mentre la afferrava al volo prima che cadesse per terra, la birra che Daiki sputò di colpo al proprio fianco e che colpì la spalla di un Midorima troppo gelato sul posto per spostarsi in tempo e apparentemente troppo scioccato anche per staccare gli occhi dalla scena e urlare contro l’ex compagno, l’espressione esilarata sul volto di quel Kazunari, la bocca bloccata aperta in attesa di cibo di un Murasakibara incapace di infilarvi dentro la patatina che stava per inghiottire, gli urletti scioccati di tutti i membri del Seirin, le due esclamazioni in americano di Taiga e Tatsuya e per finire lo sguardo scioccato e allucinato e la frequenza della corsa delle palpebre di Ryouta che, toh, era apparentemente ancora seduto al suo fianco. Il cervello di Akashi registrò tutto questo. E poi lo cestinò immediatamente quando Kuroko piegò innocentemente la testa da un lato, in chiara attesa di una risposta.
“Tetsuya, non sfidare la sorte solo perché è il tuo compleanno.” ammonì serio, cercando una scappatoia dalla situazione compromettente in cui si era ritrovato – possibilmente prima che fosse troppo tardi, parlando della sua zona inguinale – ma Kuroko scattò immediatamente, come una frusta, rimettendolo incredibilmente al suo posto e impedendogli di prendere il ruolo di dominante.
“Non cambiare argomento e rispondimi.”ordinò secco, suscitando l’ammirazione ma anche la preoccupazione dei ragazzi del Rakuzan e della Generazione – perché, seriamente, quale folle prova a dare ordini ad Akashi?!-, “Allora?”insistette, avvicinando ancora di più il viso a quello del rosso e carezzandogli una guancia con il dorso dell’indice della mano destra, improvvisamente di nuovo docile, “Mi… puniresti?”
Reo Mibuchi poteva giurare di aver sentito, nonostante la musica, il suono del suo capitano che inghiottiva a vuoto nervosamente, ma l’espressione sul volto del rosso rimase la solita di superiorità e indifferenza.
“Tetsuya.” Ecco, solo la voce si era fatta davvero più minacciosa, cupa, ma il tiratore non avrebbe saputo dire se promettesse morte o…qualcos’altro. “Non tirare oltre la corda.”
Kuroko doveva essere deciso a scoprirlo perché avvicinò ulteriormente il volto a quello di Akashi, piegando la propria testa appena un po’ da un lato. Evitò così la collisione dei nasi, che si incastrarono permettendo alle loro bocche un’intimità che normalmente sarebbe stata fuori luogo sotto tutti quegli sguardi.
“E se invece la tirassi ancora un po’?” ribatté sinuosamente ma con sfida. Ad ogni parola articolata, le sue labbra si strusciavano contro quelle del rosso permettendo ad entrambi di percepire il fantasma della consistenza della carne altrui. “Cosa vorresti farmi,” concluse quindi, fissando direttamente le iridi dell’altro nonostante la vicinanza, “Seijuro?
Fu il colpo di grazia. Lo capirono tutti dal ringhio gutturale che eruttò dalla gola di Akashi, minaccioso ma soprattutto sensuale, chiaramente possessivo, un ordine a finirla con i giochetti e iniziare a fare sul serio. E proprio quando ognuno dei presenti era certo il fantasma e l’Imperatore avrebbero iniziato a mangiarsi a vicenda…Kuroko fece leva sulla gamba che non aveva posato sul divano e si tirò indietro.
Nel tempo che ad Akashi occorse per sgranare gli occhi, Tetsuya aveva già superato i presenti ed era tornato sulla pista.
Quando fu finalmente ad un paio di metri dal rosso, si voltò verso di lui, gli sorrise e poi decise di esagerare. Gettate le braccia al cielo, Kuroko iniziò a muovere i fianchi a ritmo di musica, sinuosamente, e a cimentarsi in semplici passi di danza che gli valsero le attenzioni di molte delle persone che gli erano attorno, sia maschi che femmine. Non se ne curò: continuò a ballare voltato verso il divanetto, cercando gli occhi di Akashi e scoccandogli quei sorrisi luminosi e soddisfatti di chi sa di aver vinto prima ancora della fine della gara.
Occorsero solo pochi secondi – e un plebeo troppo impudente che osò avvicinarsi un po’ di più a Tetsuya – perché Akashi mandasse al diavolo i suoi propositi di immobilità e scattasse in piedi per raggiungere l’azzurro. Nonostante questo, fu un po’ uno shock per tutti vedere Kuroko resistere agli ordini di andare a casa e costringere il solo ed unico Imperatore della Creazione a ballare sul ritmo di un orrendo e commerciale pezzo di musica house.
“I casi sono due.” stabilì Midorima dopo un attimo, attirando il consenso di tutta la Generazione dei Miracoli.
“O Kurokocchi domani è morto…” iniziò Kise.
“…o stasera scopano.” concluse Aomine, “E Akashi passa da Imperatore ad Impalato.”
“Ehhh? Mine-chin, cosa dici?” chiese Murasakibara aggrottando la fronte, “È Kuro-chin quello che lo prend-”
Per il bene di Moriyama e di Hyuuga, Himuro riuscì a tappare la bocca del suo amico gigante prima che questi desse voce all’ovvio.
“Ma Kuroko è ubriaco.” intervenne lo stesso Midorima, ignorando il disagio di alcuni giocatori e impedendo alla conversazione di ‘morire sul nascere’, “Akashi lo considererebbe un approfittare di lui quindi non lo farebbe mai.”
“Se invece fosse Kurokocchi a giocare da attivo” rise Kise, sollevando al cielo un pugno chiuso, “allora nessun problema e via alla festa!”
“Non ci credo…” mormorava Kagami, intanto, senza sosta, “Non ci credo, non ci credo… Non ci credo…”
Con un ghigno sulle labbra, Aomine gli passò un braccio attorno alle spalle.
“Vuoi scommettere, Bakagami?” propose.
E Kagami si rese conto che, no, non voleva proprio farlo.
 
Kuroko aprì gli occhi in una stanza che era il triplo della sua, con moquette azzurra sul pavimento, pareti candide con un ricamo di arabeschi fiordaliso in alto e tre enormi finestre-balconi che si aprivano in un muro e mostravano una meravigliosa vista dello skyline di Tokyo in quella che doveva essere mattina inoltrata. La faccia del fantasma affondava in un morbido cuscino niveo, il suo corpo – nudo – in un altrettanto soffice materasso e tutto attorno e sopra di lui giacevano scomposte lenzuola bianche e azzurre. Queste ultime più o meno nelle stesse condizioni degli abiti che, come una scia di pollicino, tracciavano un passionale percorso dalla porta che probabilmente era quella d’ingresso al letto. Metà erano suoi, decise Kuroko, mentre gli altri li riconosceva altrettanto facilmente.
Peccato però che il loro proprietario non sembrava essere nella stanza.
Sbuffando, l’azzurro rotolò a pancia in su e stava per spostare le coperte quando la porta d’ingresso si aprì e Sua Maestà fece il suo ingressò trionfale – ed un po’ rigido, ad essere sinceri – con un vassoio tra le mani.
“Buongiorno.” salutò educatamente Kuroko, accennando un inchino con la testa.
Akashi replicò il gesto.
“Buongiorno, Tetsuya. Come ti senti?” chiese, posando il vassoio sul comodino e permettendo al fantasma di riconoscere il contenuto come un bicchiere d’acqua e una scatola di medicinali.
Sorvolando sulla necessità di un vassoio d’argento per un’aspirina – ormai sapeva com’era fatto il rosso –, Kuroko rivolse al suo compagno un’occhiata apatica ma vagamente domandante, mentre questi preparava un paio di pillole.
“Cosa stai facendo, Akashi-kun?” chiese quando capì che l’altro non gli stava prestando abbastanza attenzione da leggere la sua espressione.
“Ti faranno stare un po’ meglio.”rispose questi senza distogliere la propria attenzione dai suoi difficili preparativi, “Di solito la prima sbornia è la peggiore, o almeno così dice Daiki.”
“Ma a me non serve.”
Akashi si aspettava una risposta del genere, ma lo stesso sospirò pesantemente prima di rivolgere all’azzurro un’occhiata minacciosa.
“Tetsuya…” iniziò, ma senza voler davvero continuare la frase. L’intenzione e il sottinteso erano chiari a sufficienza.
Kuroko, però, non era tipo da cedere così facilmente.
“Akashi-kun, non ho i postumi.” ribatté infatti il fantasma, voltandosi su un fianco e piegando un braccio sotto la testa a mo’ di cuscino.
Il rosso si concesse un attimo per osservarlo e un mezzo sorriso per lodare la tenerezza che l’azzurro poteva ispirargli solo con quell’espressione innocente, ma poi tornò alla realtà e sospirò.
“Credimi, Tetsuya,” ammonì, regalando all’interessato un’occhiata di rimprovero,“se ti ricordassi cos’hai detto e fatto ieri sera dopo esserti bevuto quel bicchiere di vodka, non staresti nemmeno tentando di negare.”
Con non troppa sorpresa del rosso, l’altro non mutò assolutamente espressione. E tuttavia, per un attimo ad Akashi parve che un piccolo sorriso compassionevole avesse piegato le labbra di Kuroko, ma fu talmente rapido nel venire e svanire che il ragazzo non ne era certo.
“Ma io ho bevuto solo acqua ieri sera, sai che non mi piacciono gli alcolici.” replicò in quel momento il fantasma, strappandolo alle sue elucubrazioni per gettarlo in un mare di confusione. A quel punto, Tetsuya sorrise di nuovo, esattamente come aveva fatto per tutta la sera prima, in un modo che fece pensare ad Akashi che quella stessa stanza in cui stavano fosse rimasta in penombra fino ad un attimo prima, “E ricordo benissimo cos’ho detto e fatto,” concluse, quindi esagerò il movimento delle labbra quando pronunciò “Seijuro.”
Akashi era…traumatizzato. Il suo cervello, solitamente così acuto ed efficiente, si rivelò incapace di processare correttamente quell’ultimo colpo e lui rimase semplicemente immobile, le palpebre che sbattevano ad un ritmo strano, a fissare l’azzurro ancora placidamente affondato nel letto.
Kuroko sospirò di fronte al palese sconvolgimento del compagno, quindi si decise a tirarsi a sedere reggendosi all’indietro sui palmi delle mani prima di riportare tutta la sua attenzione – e i suoi occhi – sull’altro.
“Sul campo,” mormorò, a voce bassa con serietà, “posso essere un fantasma assolutamente invisibile ed è vero che normalmente sono un ragazzo blando e insignificante che non si fa notare, però ti sarei grato se non dimenticassi che sono anche io un adolescente in preda agli ormoni, Akashi-kun.” Staccata una mano dal materasso, Tetsuya si sporse in avanti fino a posarla sulla guancia del rosso, portando i loro visi a distanza di pochi centimetri l’uno dall’altro. “E che, come tale,”Gli occhi dell’Ombra caddero sulle labbra dell’Imperatore. “ogni tanto anche io sento un po’…caldo,…” Carne sfiora carne, Akashi sentì un vago sentore del gusto di Kuroko sulle proprie labbra, “…Seijuro.
Fu un scatto tanto rapido e violento che, nel momento in cui le loro bocche impattarono, Tetsuya fu gettato all’indietro e cadde di schiena sul materasso, Akashi sopra di lui, ma il fantasma non diede neanche un lamento per quel trattamento rude.
Aveva, come dire, la lingua impegnata.

 
 
 
Perché, come dire, io adoro la versione dolce e tenera di Kurokocchi però, diciamoci la verità… è un adolescente arrapato pure lui! ;)
Scherzi a parte, ecco il primo capitolo della serie. Ho cercato di mantenere l'IC ma è stato abbastanza difficile gestire un Kuroko scatenato ed un Akashi geloso marcio ;)
Nel prossimo capitolo, in arrivo una vecchia conoscenza! ;)
Ovviamente, le recensioni sono una cosa buona e giusta, soprattutto per il bene mentale della sottoscritta v.v
A presto,
Agapanto Blu

 

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Capitolo 2
*** Riappacificazione ***







La Saga dell’Ombra Ubriaca

-2-

Riappacificazione
 


Ad Akashi non piacevano le discoteche – ed effettivamente la sua unica esperienza con esse rimaneva pur sempre quella del diciassettesimo compleanno di Kuroko, con lui seduto da solo su un divanetto a cercare con lo sguardo il fantasma che credeva ubriaco –.
Ironico, notò pertanto, come a dodici mesi di distanza si ritrovasse esattamente nella stessa situazione, con la differenza che era il diciottesimo compleanno dell’azzurro, che questa volta lui sapeva per certo che Tetsuya era assolutamente ubriaco ma non era intenzionato a muovere un dito per fermarlo e che al posto di una vaga irritazione per Kise e Momoi questa volta nelle vene del rosso ribollivano irritazione e rabbia totalmente dirette verso il fantasma.
Seijuro si trovava seduto su un divanetto sulla pedana rialzata che percorreva tre lati della sala quadrata del locale, alta poco meno del palco che invece occupava la quarta parete di fronte alla quale era lui, e fissava con irritazione il suo fidanzato seduto al bancone nell’angolo opposto della stanza, sulla sinistra. Fidanzato che si voltò verso di lui, fece incrociare i loro occhi e gli mostrò il grosso bicchiere di qualcosa nella sua mano prima di buttarlo giù quasi d’un sorso, rischiando di strozzarsi quando l’alcool iniziò a bruciargli la gola.
Akashi imprecò volgarmente fra i denti, ma non si mosse.
Perché, se un anno prima tra loro si era svolto un bollente gioco di potere, in quel momento era in corso la Guerra Fredda. E non sarebbe certo stato lui a fare il primo passo, dal momento che la colpa era palesemente tutta dell’azzurro.
Kuroko cercò di nuovo i suoi occhi, un lampo d’irritazione gli prese le iridi nel trovarlo ancora seduto, quindi posò il bicchiere sul bancone e Akashi per un attimo pensò scioccamente che si fosse arreso, ma quando l’azzurro si infilò tra la massa confusa dei corpi sulla pista il rosso imprecò nuovamente contro la sua testardaggine.
Bisogna dire che Seijuro apprezzava la forza di spirito di Tetsuya, ma solo quando non doveva scontrarvisi assieme, cosa che non accadeva spesso ma tendeva a lasciare una scia di cadaveri alle loro spalle quando invece incominciava. E fare pace non era un’opzione praticabile prima che uno dei due si fosse arreso e avesse chiesto scusa – incredibile a dirsi, questo non era sempre Kuroko e Akashi non sempre poteva vantarsi di aver ragione –.
Pensare che avevano organizzato quella serata per divertirsi prima dell’inizio dell’ultimo anno di scuola superiore, che li avrebbe tenuti separati molto più dei precedenti viste le nuove responsabilità da senpai e gli esami finali all’orizzonte, e invece…
Un flash di capelli azzurri fece scattare le iridi di Seijuro verso il centro della pista e i suoi denti emisero un suono inquietante – che fortunatamente fu coperto dalla musica – quando vennero digrignati con forza: Kuroko aveva trovato Takao, dello Shuutoku, e adesso i due stavano ballando assieme. Troppo vicini.
Kazunari poteva solo ringraziare tutte le divinità dell’universo che Shintarou non avesse fatto mistero della loro relazione, altrimenti la sua squadra avrebbe avuto bisogno di trovare in fretta un nuovo Point Guard.
Seijuro schioccò la lingua, ma lasciò correre. Al di là del fatto che fosse fidanzato, lui sapeva che non era Takao la vera minaccia, quella sera.
“Akashi!”
Non sono ancora abbastanza ubriaco per questo!, fu il pensiero di Aomine quando il suo ex capitano lo fulminò con lo sguardo dopo essere stato chiamato e un sospiro pesante gli scappò dalle labbra, ma lo stesso si costrinse a sedersi accanto al rosso.
“Conti di restare qui a tenere il broncio tutta la sera?” chiese, sforzandosi di ignorare l’aria pesante che lo avvolse. La musica sembrò attenuarsi sullo sfondo della sua mente, quasi Akashi avesse il potere di spaventare anche le onde sonore, ma Daiki si auto-convinse che era solo l’effetto dello sguardo penetrante dell’altro. Non che fosse una notizia rassicurante. “Che è successo stavolta?”
Akashi alzò gli occhi al cielo.
“Non so di cosa parli, Daiki.” celiò, ma la sua bugia palese permise al blu di sconfiggere un po’ della soggezione e di rivolgergli un sopracciglio alzato.
“Andiamo, Akashi.” sbuffò indicando con la testa la pista da ballo, “Quanto è grave?”
Seijuro e Tetsuya raramente litigavano sul serio, ma era parte della loro routine quotidiana discutere su questo o quello, soprattutto per via dell’indole del primo a dare ordini e dell’incapacità del secondo di obbedire e basta, pertanto ormai tutti quelli che li conoscevano si erano abituati alla loro capacità di passare dalla guerriglia al fluff alle pugnalate nel giro di mezz’ora. Di solito non servivano interventi esterni e i focolai si spegnevano da soli: l’importante era tenere sotto controllo la gravità degli scontri prima che questi iniziassero a coinvolgere vittime innocenti – come Kazunari aveva appena rischiato di essere –.
Akashi pensò per un attimo alla domanda di Aomine. Nella sua mente, tornò indietro al momento in cui lui e Tetsuya avevano iniziato a mettersi le giacche per uscire da casa dell’azzurro – Seijuro si fermava sempre dai Kuroko quando andava a Tokyo, in modo da poter stare con il suo ragazzo il più a lungo possibile –, l’istante in cui questi gli aveva dato la grande notizia e la sua irritata risposta. Nella più completa impassibilità, Tetsuya gli aveva tirato addosso il frappè che proprio lui gli aveva appena portato come pre-regalo di compleanno e poi era uscito per recarsi al locale approfittando del suo doversi cambiare per non essere inseguito. Da quando poi l’ex-capitano della Generazione dei Miracoli era arrivato al bar, l’azzurro lo aveva degnato di attenzione solo quel tanto che bastava per assicurarsi di essere visto mentre faceva qualsiasi cosa per irritarlo. Perché era per quello che stava bevendo e Akashi lo sapeva così come sapeva che il suo compagno detestava gli alcolici e non aveva una grande resistenza ad essi, ma onestamente sospettava che in quel momento Tetsuya sarebbe stato capace anche di rasarsi i capelli a zero pur di infastidirlo.
“Abbastanza.” rispose a Daiki in un mezzo ringhio e questi sospirò.
“So che me ne pentirò, ma… di chi è la colpa, ‘stavolta?”
Ed effettivamente, Aomine se ne pentì. Immediatamente, appena Seijuro gli ringhiò qualcosa di sconnesso ma senza dubbio ostile in risposta. E il blu imprecò mentalmente.
Andiamo, non era nemmeno stata un’idea sua andare a parlare con il mostro! Poteva essere un idiota, ma era più furbo di così! Sapeva bene che l’unica cosa da fare quando il capitano demoniaco e il terribile fantasma litigavano era coprirsi la testa con un cuscino e gettarsi sotto un tavolo aspettando che i bombardamenti fossero finiti, ma, no!, Kise e Satsuki dovevano immischiarsi, dovevano far leva sulla sua coscienza ricordandogli che quel dannato di Tetsu era il suo migliore amico dalle medie, che glielo doveva dopo tutti i casini che erano successi e che quell’essere inutile di Bakagami non sarebbe stato in grado di dialogare con Akashi e bla, bla, bla... Lui voleva solo divertirsi, rompere le scatole a Tetsu perché era il primo adulto tra di loro e poi rintanarsi su un divanetto a limonarsi Kise! Era chiedere troppo?!
Capendo che Mr. Perfezione non avrebbe risposto nient’altro senza prima avergli mangiato la testa, Aomine decise di provare con una domanda un po’ meno pericolosa.
“Cos’è successo, almeno, lo si può sapere?” domandò, esasperato, e Akashi stava anche per rispondergli qualcosa – o per ucciderlo – quando lo speaker annunciò il gruppo-spalla che avrebbe suonato dal vivo per i prossimi quindici minuti, prima di lasciare il palco alla vera band della serata.
Chiamò una ragazza alla batteria, un ragazzo alla chitarra elettrica e poi la spiegazione in carne ed ossa degli attuali problemi di coppia di Seijuro: “Come bassista e vocalist, Ogiwara Shigehiro!
“Oh.” fu il commento di Aomine, incapace di articolare una risposta migliore.
Il ringhio che poi sentì arrivare da accanto a sé non fu per nulla rassicurante.
Beh, senza dubbio quello spiegava perfettamente la situazione. Peccato che quello fosse anche un problema molto difficile da risolvere. Cosa cazzo poteva fare, lui, adesso?!
“Mmm, Tetsu sarà… contento.” azzardò, ma il modo in cui Akashi infilò le mani in una tasca gli fece temere stesse per tirare fuori il suo beneamato paio di forbici quindi si affrettò a ritrattare, “Okay, okay, okay, senti! Sono certo che Tetsu sia felice di rivederlo, ma lui è…beh, sai…solo un suo amico, come sono io, ecco.”
“Questo non gioca a tuo favore, Daiki.” fu la gelida risposta del rosso mentre continuava a tenere gli occhi sull’irritante ragazzetto insignificante che stava salutando entusiasta al microfono. Come poteva Tetsuya sopportarlo?! Rideva troppo, quasi quanto Ryouta, e…erano briciole di qualcosa quelle all’angolo della sua bocca?!
Nel frattempo, Ogiwara e i suoi amici avevano iniziato a suonare, il moro sorrideva continuamente e faceva correre gli occhi sulla folla mentre cantava. Quando ad un tratto sembrò notare qualcosa tra la gente e il suo sorriso si ampliò, Seijuro tentò di nuovo di estrarre dalla tasca le forbici – erano effettivamente quelle che Tetsuya teneva a casa, nella sua scorta di materiali di cartoleria per quando faceva da baby-sitter per i bambini del vicinato –. Peccato solo che fossero dalla punta arrotondata. Comunque, Aomine lo fermò prima.
“Andiamo, Akashi, adesso non fare il bambino!” tentò Daiki confidando vagamente che la sua posizione di migliore amico di Tetsu lo proteggesse dalla furia omicida del rosso, “Perché devi prendertela tanto?!”
“Perché sì!” rispose, molto maturamente, Seijuro, ma il blu alzò gli occhi al cielo.
“Questa non è una motivazione valida!” obiettò, notando stranamente che il comportamento infantile del suo ex-capitano lo rendeva meno spaventoso del solito.
“Io ho sempre ragione, Daiki, quindi lo è.” continuò però questi, “E poi non mi piace, quel tipo.”
“Non ti è mai piaciuto, sin dalle medie,” fece notare il blu sospirando,“però devi cercare di capire che lui piace a Tetsuya e…”
Il modo velenoso in cui Akashi rise causò un brivido lungo la schiena di Aomine.
“Oh, ma non è così, Daiki!” dichiarò il rosso con un finto sorriso, finalmente voltandosi a guardarlo,“Non è lui che piace a Tetsuya, è Tetsuya che piace a lui!”
“…”
L’ace della Generazione dei Miracoli rimase in silenzio, a bocca aperta e con una frase di senso non compiuto incastrata nel cervello che gli impediva di realizzare bene la situazione. Cosa diavolo…?!
Akashi sbuffò e tornò a fissare il palco, ma si degnò di spiegare come Kuroko avesse ammesso di aver ricevuto la sua prima confessione d’amore dal vecchio amico d’infanzia e di come con questi avesse anche scambiato il primo bacio. Che tutto ciò risalisse ai tempi in cui entrambi avevano dieci anni, poco prima che Shigehiro si trasferisse per via del lavoro dei suoi, non sembrava importare granché a Seijuro.
Aomine sbatté le palpebre più volte.
“Quindi è questo il problema. Sei geloso.” commentò, realizzando per la prima volta che il ragazzo davanti ai suoi occhi era un essere umano e non una specie di automa costruito a tavolino in un laboratorio segreto del governo.
“Non dire sciocchezze, Daiki.” lo rimbeccò però immediatamente l’altro, incrociando le braccia davanti al petto e sbuffando sonoramente quando Tetsuya trascinò Takao con sé più vicino al palco, giusto di fronte al suo ‘amico’. “La gelosia è per chi non ha fiducia nel proprio partner.” continuò senza mai staccare gli occhi dall’azzurro, “Io è in Ogiwara Shigehiro che non ho la benché minima fiducia.”
Aomine sospirò pesantemente, sentendosi dieci volte più stanco ad ogni parola che usciva dalla bocca del suo ex-capitano, ma poi si raddrizzò un po’ e posò gli occhi a sua volta su Tetsu. Loro due potevano aver avuto dei periodi di merda nella loro amicizia ma Daiki si pregiava ancora di essere la persona che capiva di più il fantasma, a volte anche meglio del suo ragazzo a giudicare da quella serata.
“Lo sai, Akashi?” chiese, ma senza staccare gli occhi da Kuroko, “Tetsu si è impegnato davvero tanto per adattarsi al tuo mondo.”
Akashi spostò lo sguardo su Aomine quando sentì la serietà nella sua voce, ma aggrottò la fronte a quelle parole.
“Che cosa vorresti dire?” domandò, vagamente minaccioso, ma Daiki non lo guardò e si limitò a scrollare le spalle.
“Boh, non so… Tipo, sopporta che tu sia sempre lì a dettare ordini quando siete insieme, accetta di venire a cena nei ristoranti che piacciono a te anche se è in imbarazzo perché sono ben al di sopra dei suoi standard, si veste elegante per venire alle serate cui tu devi andare per forza e dove tutto quello che può fare è starsene in un angolo ad aspettare che tu abbia finito di trattare con quella gente perché non conosce nessuno e nessuno lo vede, sta zitto tutte le volte che tuo padre lo provoca…insomma, ha perfino chiesto a Midorima di insegnargli lo Shogi pur di poter giocare con te! E lui detesta lo Shogi!” Il blu sospirò pesantemente e poi si decise a incrociare lo sguardo del rosso. “Quello che voglio dire è…che tu sei palesemente la sua scelta. Ogiwara non ha speranze, anche se onestamente non credo che sia tornato per Tetsu. Almeno, non in quel senso.”
Akashi grugnì qualcosa, più irritato dal sentirsi fare la predica da Aomine che dalle sue parole in sé per sé, quindi reclinò la testa all’indietro, posò la nuca contro lo schienale e prese a guardare il soffitto.
Non aveva mai pensato che le cose tra lui e Tetsuya fossero facili. I Kuroko avevano preso l’omosessualità del figlio addirittura molto bene, sebbene all’inizio fosse stato un po’ uno shock per loro dal momento che Momoi e le sue continue effusioni nei confronti dell’azzurro avevano contribuito a confonderli, ma suo padre era stato tutto un altro paio di maniche. Liti, minacce, guardie del corpo che erano diventate improvvisamente carcerieri, Seijuro era dovuto anche scappare di casa – una settimana passata dai Midorima – prima che Akashi-san alzasse bandiera bianca e gli permettesse di frequentare un altro maschio. Detto questo, però, ci erano voluti due mesi prima che accettasse di incontrare il fidanzato di suo figlio – che aveva trattato malissimo, messo in imbarazzo, insultato tra le righe e poi praticamente sbattuto fuori con una patetica scusa che aveva portato Seijuro sull’orlo del patricidio e costretto Tetsuya ad aggrapparsi al braccio del fidanzato per trattenerlo – e poi altri due perché si decidesse a chiamarlo per cognome e non solo con un pronome personale generico. Dopo sei mesi di relazione, il padre di Akashi aveva iniziato ad ignorare Kuroko fingendo di non vederlo e comportandosi come se non esistesse anche quando si trovavano nella stessa stanza o seduti allo stesso tavolo, ignorando i saluti educati del ragazzo e dando la colpa alla sua scarsa presenza quando il figlio gli faceva notare la sua maleducazione. Era fondamentalmente per quell’ostilità continua che era soprattutto il rosso a spostarsi dall’azzurro a Tokyo piuttosto che viceversa. Poi bisognava ammettere che tanto i loro ex e attuali compagni di squadra avevano accettato la cosa quanto gli organizzatori dei vari tornei di basket ne erano rimasti allibiti. C’erano stati un paio di tentativi di squalificare Kuroko per ‘condotta inappropriata’ ma Akashi era riuscito a rimettere tutto a posto con qualche minaccia al momento giusto. Lo stesso, né il Rakuzan né il Seirin erano più apparsi molto nelle immagini ufficiali delle gare, se non quando estremamente necessario.
Ogiwara e la sua band finirono l’ultimo dei loro brani e il primo attimo di silenzio dall’inizio di quella serata fu riempito dagli applausi. Akashi approfittò di quella sorta di calma insperata.
“Non sono né cieco né ingrato, Daiki.” mormorò, la voce che arrivò come un sussurro all’orecchio del suo interlocutore, “Ma di quel ragazzo non mi fido lo stesso.”
Per un attimo, Aomine rimase basito a quelle parole. Era probabilmente la prima volta che vedeva il rosso parlare così onestamente, a carte scoperte, e gli occorse un attimo per assimilare l’idea, ma alla fine gli concesse un sorriso mesto.
“Beh, non è che tu debba fidarti di lui per forza, no?” commentò, scrollando le spalle, “Devi solo continuare a credere che Tetsu non… Cazzo!”
Seijuro raddrizzò la testa di scatto e passò istintivamente in posizione pronta allo scatto nel sentire il repentino cambio di Aomine, ma non c’erano ‘minacce’ accanto a loro e il blu non stava guardando lui, bensì dritto davanti a sé. Seguì la linea del suo sguardo con il corpo in tensione, in cerca di ciò che lo aveva allarmato, e…sgranò gli occhi.
Ogiwara Shigehiro era piegato in avanti con un braccio teso verso la folla e un Takao vagamente terrorizzato stava cercando di impedire – con scarsi risultati – ad un determinatissimo Tetsuya di salire sul palco. Nell’istante in cui la mano dell’azzurro strinse quella del moro, Akashi stava già spintonando le prime persone sulla pista, ignorando gli “Ohi, aspetta!” di Aomine che lo inseguivano e i lamenti di coloro che venivano scansati dalla sua rabbia.
Tetsuya riuscì a liberarsi della presa di Takao e a mettere un piede sullo spigolo del palco per farvi leva.
Seijuro spintonò Imayoshi e Sakurai via dalla sua strada e decise che avrebbe ammazzato Shigehiro, ma l’avrebbe fatto lentamente e dolorosamente, dopodiché avrebbe lasciato il suo cadavere da qualche parte in bella vista così che tutti sapessero quale fosse il destino di chi osava toccare ciò che era suo.
Daiki riuscì a stringergli il braccio e a rallentarlo. Come in un film, Akashi giurò di poter vedere i muscoli nell’avambraccio di Tetsuya e nel polso di Ogiwara tendersi quando entrambi, all’unisono, fecero forza per issare il corpo dell’azzurro sul palco.
Un’esplosione di adrenalina pompò il sangue nelle sue vene fino a saturargli il cervello, fino a fargli vedere tutto rosso, fino a fargli credere che tutto il mondo si stesse comprimendo su di lui per rallentarlo e fermarlo e soffocarlo e portargli via il suo Tetsuya!
“Lasciami immediatamente, Daiki!” ruggì voltandosi all’indietro.
Aomine sobbalzò e mollò la presa quando le iridi di Akashi, scarlatte e scintillanti di furia, lo incenerirono sul posto. Prima che potesse rendersene conto, era già caduto sul didietro, vittima dell’Ankle Break del suo ex-capitano, e la sua mente si era incastrata su un particolare inquietante: era un lampo dorato quello che aveva visto nell’occhio sinistro?! Non fece in tempo a deciderlo.
Seijuro si voltò appena fu di nuovo libero, ma le sue palpebre si spalancarono all’inverosimile e la bocca si schiuse con muto sgomento.
Tetsuya era addosso ad Ogiwara, lo abbracciava circondandogli il collo con le braccia e tutta la sua schiena, rivolta verso il pubblico, tremava – sicuramente per le risate alterate dall’alcool –, mentre quell’altro bastardo gli stringeva la vita saldamente e con l’altra mano sollevava il microfono per urlarvi dentro un saluto al pubblico e la presentazione della band che stava per sostituirli.
Akashi era solo a metà pista.
Spintonò via l’amico di Atsushi, quel Tatsuya, e questi cadde addosso al gigante, ma lui continuò ad avanzare.
Shigehiro strinse Tetsuya con entrambe le braccia, lo tenne voltato con la schiena al pubblico e poi si voltò anche lui di spalle e insieme si avviarono verso la quinta del palco.
Kise venne brutalmente spintonato di lato e finì per crollare addosso a Midorima che fortunatamente lo prese al volo – solo per riflesso involontario, ovviamente, a lui certo non sarebbe importato se il biondo si fosse fatto male, nanodayo – e Seijuro sentì il respiro farsi stranamente rapido. Tutta la gente attorno a lui era troppo alta, dannatamente troppo alta, e per ognuno di loro che spostava a forza un altro spuntava a coprirgli la visuale. Dov’era Tetsuya?!
Spintonò Kasamatsu e Moriyama, poi due sconosciuti, quindi Reo, che cadde addosso a Nebuya, e finalmente la sua mano destra riuscì a toccare il palco mentre la sinistra si artigliava alla maglia sul petto di Takao, che aveva forse cercato di fermarlo ma di cui lui non aveva intenzione di curarsi.
Alzò gli occhi e sopra la sua testa quattro ragazzi ed una cantante iniziarono la loro serata sorridendo e attizzando il pubblico con grida e incitamenti a ballare.
Di Tetsuya e Shigehiro nessuna traccia.
 
Nonostante fosse senza giacca ma con indosso solo la camicia bianca e i jeans chiari che aveva scelto per la serata – in seguito al raptus di Tetsuya col Milkshake –, l’aria gelida del trentun gennaio non ebbe alcun potere su Akashi quando questi spalancò violentemente la porta sul retro del locale e spuntò di corsa in una stradina laterale poco illuminata.
Si guardò attorno, a destra e a manca ansiosamente, con il cervello a mille che valutava tutti i possibili scenari futuri e ne calcolava le probabilità per decidere quale fosse la strada migliore da seguire, ma incapace di completare il quattro che lo circondava perché, come al solito, Kuroko era come una pallina impazzita dentro il flipper della sua testa: per quanto provasse a controllarla, c’era sempre quella percentuale di rischio che le permetteva di fare ciò che le pareva. E una volta messa in campo, lui non era in grado di fermarla.
Il suo ansimare pesante e i movimenti a scatti continui e interrotti, contrari e in contrasto, non gli impedirono di sentire Daiki, Ryouta, Shintarou e Atsushi seguirlo fuori dal locale in tempi leggermente sfasati, ma li ignorò ugualmente.
Tetsuya!
“Dove saranno andati?” ringhiò Aomine, “Il barista ha detto che la band doveva andarsene da qui!”
“Ho visto il bassista e la ragazza ancora dentro, forse…” azzardò Kise, ma Midorima fu lesto ad interromperlo.
“Ho già chiesto a loro e hanno detto che Ogiwara ha detto di voler andar via subito col suo amico.” dichiarò ma con un’espressione preoccupata sul viso. A lui Kuroko non piaceva, ovviamente, ma lo conosceva e sapeva che se solo fosse stato lucido non si sarebbe mai comportato a quel modo: le possibilità che finisse per farsi del male o che qualcuno gliene facesse approfittando della sua debolezza erano altissime. “Dicono che se ne sono andati molto in fretta ma che ‘il più piccolo’ non sembrava molto in sé.”
“Neh, Aka-chin, posso distruggere l’amico di Kuro-chin?” chiese Murasakibara, apparentemente serio nonostante il tono pigro, ma la risposta di Akashi arrivò immediata e secca.
“No.” ringhiò il rosso, stringendo i pugni, “Quello è un mio diritto.”
Un brivido gelido di paura cristallizzò per un attimo l’aria e i quattro miracoli si guardarono bene dallo sfidare il loro Imperatore, quindi anche per questo sobbalzarono tutti quando una voce osò l’inosabile.
“A-ehm!”
Akashi sgranò gli occhi e si voltò di scatto di nuovo verso il locale, ma gli occorse comunque un istante per realizzare che quel suono veniva dall’alto. Sollevò il mento e l’espressione sorpresa lasciò spazio ad una furibonda quando le sue iridi si posarono sulla sagoma di Ogiwara Shigehiro, affacciato ad una finestra al primo piano del palazzo, subito sopra il bar.
“Non ho neanche diritto ad un avvocato?” chiese il moro.
Aveva sulla labbra un sorriso grande, per niente spaventato, e se ne stava con le mani appoggiate all’infisso con calma. Seijuro calcolò tredici modi diversi di cancellargli il primo dalla faccia e spaccargli le seconde allo stesso tempo.
“Dov’è Tetsuya?!” ringhiò minaccioso, ma tutto ciò che ottenne fu che l’altro sospirasse pesantemente, per nulla spaventato.
Ogiwara sapeva che Akashi era pericoloso, non era stupido e non aveva intenzione di giocare col fuoco, specialmente considerando che l’ex-capitano della Generazione dei Miracoli sembrava essere già a livello di un incendio indomabile, quindi indicò con un cenno del mento una piccola porta verde accanto a quella da dove i cinque ragazzi erano spuntati poco prima.
“Interno tre.” disse loro, “Aspettate solo un attimo, vi apro.” E svanì dentro la finestra.
Quando la suddetta porta si aprì meccanicamente con un cigolio, Akashi non esitò.
 
Ancora prima di aprire la porta dell’appartamento, Ogiwara poteva sentire l’energia negativa investirlo ad ondate e sospirò. Andando consapevolmente in fronte alla morte, spalancò la soglia del proprio rifugio all’Imperatore.
L’espressione sul viso di Akashi diceva chiaramente che non era nell’umore per scherzare.
“Dov’è?!” ringhiò.
“Divano.” rispose tranquillo Shigehiro facendosi da parte per lasciarlo passare.
Alle spalle del rosso, scambiò un’occhiata con gli altri quattro miracoli che lo seguivano fedeli, trovandoli sì pronti alla lotta ma meno ostili del loro ex-capitano. Annuendo tra sé e sé, seguì quest’ultimo nel piccolo salotto-cucina del suo appartamento, solo per trovarlo però in piedi di fronte al divano…vuoto. Per un attimo, anche Ogiwara rimase di stucco. Poi scattò.
“Oh, cavolo!” esclamò, lanciandosi di corsa verso la porta accanto al ripiano cucina, di fronte al divano stesso.
Akashi gli andò immediatamente dietro, certo che stesse cercando di scappare, ma rimase di stucco quando si affacciò alla porta di un bagno e trovò il moro intento a tenere in piedi per la vita un Kuroko piegato in due sul water. A giudicare dal colorito della sua faccia, non doveva essere proprio al suo meglio.
“Tetsuya!” Seijuro fu immediatamente a fianco del compagno e Shigehiro glielo passò senza tante cerimonie.
“Vado a prendergli dell’acqua.” disse prima di sparire.
“Qualcosa di caldo, anche! Del caffè o una tisana!” gli urlò dietro il rosso, consapevole che il suo amante avrebbe rifiutato di toccare cibo e che quindi quelle due opzioni erano le sole praticabili per affrettare la scomparsa della sbornia, quindi si voltò verso quest’ultimo e gli spostò i capelli dalla fronte. “Tetsuya? Mi senti?”
“Mmmmm…” un borbottio offeso e incoerente arrivò dal fantasma, “Vai via, Sei… principessa… no…”
Akashi aggrottò la fronte e prese mentalmente nota di chiedere spiegazioni prima o poi, quindi si passò un braccio dell’azzurro dietro le spalle.
“Riesci a camminare, Tetsuya?” chiese, “Torniamo di là?”
Questa  volta il fantasma annuì e Seijuro gli fece da stampella fino al divano, sul quale Kuroko si accasciò per poi rannicchiarsi in posizione fetale e mettere su il broncio ad occhi chiusi.
“Non dormire, Kuroko!” lo chiamò Ogiwara dalla cucina, oltrepassando l’isola bancone che separava quest’ultima dal salotto per allungare ad Akashi un grosso bicchiere d’acqua, “Non ancora, okay? Devi star sveglio ancora un po’, dobbiamo aspettare di essere sicuri che tu non debba più vomitare.”
“Schifo…” borbottò Tetsuya in risposta, “Alcool…”
“Sei fortunato a non aver più Aida come coach.” lo rimproverò piano Akashi, in ginocchio a terra davanti al viso del compagno, spostandogli di nuovo i capelli dalla fronte, “Ti avrebbe ammazzato.”
Kuroko ridacchiò un pochino e Seijuro ne fu soddisfatto: quantomeno era una prova che capiva ciò che gli veniva detto.
Lentamente, aiutandolo a tenere la testa alzata reggendogli la nuca con una mano, il rosso lo costrinse a bere un po’ d’acqua e fortunatamente il fantasma obbedì senza protestare, guadagnandosi qualche bassa parola gentile dal suo fidanzato prima di essere riappoggiato sul divano.
“Ha già rimesso tre volte.” avvisò Shigehiro posando due tazze di caffè bollente sul tavolino alle spalle di Akashi, “Considerando quanto mangia e quanto ha bevuto e che è riuscito a stare cinque minuti sul divano senza correre di nuovo in bagno, dovrebbe essere sicuro lasciarlo dormire un po’ adesso.”
Seijuro annuì e cominciò a carezzare delicatamente il viso del compagno, dalla tempia alla guancia, strappandogli un basso respiro soddisfatto.
“Tanto per la cronaca…” aggiunse Shigehiro, sedendosi in ginocchio dall’altro lato del tavolino e interrompendosi per bere un sorso di caffè da una terza tazza, “Non è che abbia proprio chiesto io di finire in questa storia, eh!”
Akashi capì che la seconda tazzina sul tavolo era per lui e ne prese un sorso, notando che gli altri miracoli avevano già le loro in mano, quindi rivolse al moro di fronte a sé un’espressione dubbiosa.Senza mai smettere di carezzare una guancia di Tetsuya, ovviamente.
“Davvero!” esclamò Ogiwara, pur tenendo la voce bassa per non disturbare Kuroko, “Ci siamo solo incontrati per caso ‘stamattina al supermercato vicino al campetto dove giocavamo da ragazzini. Abbiamo parlato un po’, giocato qualche one-on-one tanto per fare e, tra una cosa e l’altra, abbiamo scoperto che lui avrebbe festeggiato il suo compleanno nel locale dove avrei suonato io.” Occhi castani sfidarono iridi rosse con nient’altro che sincerità, pura e semplice. “È stata una coincidenza. Ovvio che ne siamo stati felici, ma pur sempre una coincidenza. Kuroko non ha mai nemmeno pensato di fare qualcosa alle tue spalle, neppure solo invitarmi alla festa quindi figurati…altro. Dovresti conoscerlo, non è proprio il tipo.”
Seijuro fulminò il ragazzo a quella che gli parve come un’insinuazione bella e buona, ma lasciò cadere l’argomento per finire di chiarire la questione.
“Perché l’hai fatto salire sul palco?” chiese, tagliente, “Perché l’hai portato qui?”
Ogiwara sospirò e spostò la sguardo sul fantasma, addormentato sul divano dietro Akashi. Il rosso pensò seriamente di spostarsi un po’ in modo di nascondere il fidanzato a quegli occhi, ma si trattenne.
“Era con quel suo amico davanti al palco, ma era chiaro che stesse male.” spiegò intanto Shigehiro, “Credo l’alcool stesse iniziando a fare effetto. Poi un tipo più grande, uno che non avevo mai visto, gli ha chiesto di ballare all’orecchio e lui…boh, si è bloccato. Mi ha guardato con due occhi… disperati… e ha iniziato a piangere.” scrollò le spalle e si grattò la nuca, un po’ imbarazzato, “Farlo salire sul palco era il modo più veloce per impedire che qualcuno se ne accorgesse e portarlo via da occhi indiscreti. Ha piagnucolato un po’ per tutto il tempo, poi siamo arrivati in casa e siamo corsi al bagno. E poi, beh, voi vi siete messi a urlare giù in strada e vi ho fatti salire.”
Akashi sbatté le palpebre, unico segno di quanto scioccato fosse. Possibile che non avesse realizzato tutto quello?! Ripensò al modo in cui il corpo di Tetsuya aveva tremato tra le braccia di Ogiwara e che lui aveva scambiato per risate e a come parlando con Daiki lui stesso si fosse distratto.
Per un attimo, ci fu silenzio. I Miracoli finsero di essere tutti presi da altro e Ogiwara continuò a fissarlo, ma Akashi voltò la testa di nuovo verso l’azzurro e spostò la mano con cui lo stava accarezzando sotto la linea delle palpebre chiuse. La pelle risultò umida al tatto e uno strato appena percepibile di sale secco graffiò Seijuro in profondità, più nell’anima che nel corpo. Gli occhi erano gonfi, chiaro segno di pianto, e i capelli erano spettinati più o meno come quando si alzava al mattino.
“Che cos’ha detto?”
Ogiwara scosse un attimo la testa, sorpreso dalla domanda improvvisa, quindi aggrottò la fronte.
“Cosa?”
“Che cos’ha detto?” ripeté Akashi, sempre senza guardarlo, “Hai detto che piagnucolava: voglio sapere cosa diceva.”
Oh.
Shigehiro scrollò di nuovo le spalle, come fosse l’unica risposta che sapesse dare.
“Boh, cose senza senso soprattutto.” ammise, “Storie strane su principi che diventano draghi e castelli e torri e sul fatto di non voler essere una principessa, credo, ma non sono sicuro perché poi si è messo a vomitare.” La faccia del moro si contorse in una smorfia concentrata mentre questi si grattava le guance con una mano sola, con il pollice la destra e con l’indice la sinistra, quindi scosse la testa con un sorriso condiscendente. “Ha ripetuto un po’ di volte che lo avevi o lo avresti lasciato a fine serata,” incrociò gli occhi del rosso con uno sguardo che pareva volerlo sfidare a replicare qualcosa, “ma considerando l’espressione che hai avuto sulla faccia per tutto il tempo credo proprio che non sia così, o sbaglio?”
Akashi fissò Ogiwara per un po’. Aveva l’impressione che, come Taiga, anche il moro si fosse fatto sottovalutare. Forse, tutto sommato, non era un pericolo. O almeno non uno così grande.
“Non permetto a nessuno di portarmi via ciò che è mio.” disse comunque, piano, con una vaga minaccia – tanto per chiarire ulteriormente lo cose –, quindi spostò di nuovo lo sguardo su Tetsuya che dormiva, “E non mi arrendo così facilmente.”
Kuroko borbottò qualcosa nel sonno e si accoccolò meglio contro la mano sul suo viso, identico ad un gattino alla ricerca di calore. Seijuro sorrise intenerito guardandolo. Ogiwara li fissò entrambi, quindi annuì.
 
“Ti sei messo con quel pazzo?! Ma scherzi, vero?!”
Il sole del pomeriggio non sconfiggeva del tutto il freddo del trentun gennaio, ma i due ragazzi nel campo di street-basket erano troppo sudati e presi dalla loro conversazione per curarsi del vento gelido che li stava investendo, scompigliando loro i capelli.
“No, Ogiwara-kun, non scherzo. E non è un pazzo.” Kuroko aveva sempre la solita non-espressione sul viso, ma una luce, piccola, si accese nei suoi occhi quando il nome del suo ex-capitano gli rotolò sulla lingua, “Akashi-kun può essere molto geloso e un po’ tirannico, ma è davvero una brava persona. Alla fine, si può dire che il suo è solo un modo un po’ particolare di dimostrarmi affetto.”
 
Kuroko si svegliò con un forte, fortissimo, mal di testa e la prima cosa che fece fu grugnire in disapprovazione quando i suoi occhi inondarono il suo cervello di rosso, avvisandolo di una forte luce al di là delle sue palpebre abbassate. Sentiva qualcosa, al centro esatto della sua materia grigia – che la sera prima doveva essere evidentemente in vacanza o contaminata dai germi di Aomine-kun e Kagami-kun –, che pulsava violentemente scuotendolo tutto e un sapore disgustoso in bocca, per non parlare della sensazione di avere una lavatrice al posto dello stomaco intenta a fare una centrifuga o qualcosa del genere.
Mai più., promise a sé stesso cercando di rotolarsi sul ventre per nascondere la faccia nel cuscino e scappare dalla luce, il rischio di soffocarsi da solo cancellato dall’irritato bisogno di dormire.
Non appena le sue mani ebbero trascinato le lenzuola del letto – il suo, sperava – sopra la sua testa e la sua faccia fu affondata nel morbido guanciale, Tetsuya vi affogò anche un secondo grugnito, questa volta seguito da un gemito disperato quando anche il buio della sua testa sembrò mettersi a girare attorno a lui vorticosamente.
“Questo è quello che ti meriti per essere stato uno sconsiderato.”
Sebbene per le prime tre parole la voce sconosciuta avesse trapassato il cervello di Kuroko come una serie di ferri da calza sadici e cattivi, appena questi riuscì ad associarvi un volto l’azzurro passò dall’irritazione al sollievo al ricordo istantaneo degli avvenimenti di… quanto tempo prima era?... e infine all’imbarazzo più assoluto. Non aveva neanche più la forza di essere arrabbiato con il suo fidanzato se pensava a quanto folle fosse stato lui a comportarsi… come si era comportato.
“Akashi-kun…!” bofonchiò quando sentì il materasso infossarsi alla sua destra, ma non osò né continuare né alzare la testa. Conoscendo il temperamento del suo ragazzo, il rosso era quantomeno furibondo e Tetsuya aveva troppo mal di testa per anche solo pensare di affrontare una discussione in quel momento.
Con sua enorme sorpresa, una mano delicata si infilò tra le ciocce della sua nuca carezzandolo delicatamente prima di iniziare, con la gemella apparsa da chissà dove, a massaggiargli le tempie.
Kuroko gemette oscenamente nel sentire il pulsare della sua fronte allentarsi immediatamente e la sottile risata di Akashi scivolò nelle sue orecchie per contribuire ad alleviare il dolore nel suo cranio.
“Dopo devi mangiare qualcosa.” avvisò questi, ma non smise di massaggiare né lo forzò a far nulla e Tetsuya pensò che era bello. Troppo.
Sconfiggendo l’ostilità del suo stesso corpo e la voce che gli diceva di godersi la tranquillità finché non fosse arrivata la tempesta, rotolò di nuovo sul fianco e lasciò che il proprio viso facesse capolino dal suo rifugio così da poter puntare gli occhi, socchiusi per via della luce, sul rosso.
Akashi posò le mani sul cuscino ai due lati della sua testa, per reggersi, ma sorrise solo e piegò un po’ la testa da un lato.
“Come va?” chiese.
Kuroko borbottò qualcosa di insensato in risposta e si girò sulla schiena con un gemito esasperato. Per un attimo, si posò l’avambraccio sugli occhi per schermarli, ma poi decise di non voler essere un codardo e lo spostò sulla propria fronte per guardare di nuovo Akashi.
“Sei arrabbiato?” chiese, nessuna espressione già più sul suo viso.
Seijuro ridacchiò un po’, ma scosse la testa.
“Sono contento che non sia successo niente.” disse, spostando il peso del corpo su una mano sola per poter usare l’altra per carezzare una guancia al fidanzato. Immediatamente, il suo solito ghigno apparve sulle sue labbra e lui si piegò più in avanti fino a trovarsi a solo una spanna dal viso di Tetsuya. “Ovviamente,” disse, “ci sarà una punizione da scontare…” Kuroko gemette di nuovo, disperato, e Akashi ridacchiò ancora prima di ripetere la sua carezza. “…ma solo quando ti sarà passata la sbornia.”
Il fantasma trovò poco confortante quell’aggiunta e prese mentalmente nota di rifiutare tutte le medicine: doveva far durare i postumi il più possibile, sperando che nel frattempo il compagno dimenticasse della sua minacciosa promessa. Non sarebbe mai successo e lo sapeva, ma onestamente non aveva la testa per inventare un piano migliore in quel momento.
“Tetsuya.” Kuroko cercò il viso di Akashi e lo trovò più serio di prima, ma il rosso dovette accorgersene e si costrinse a sorridergli di nuovo. “Shigehiro ha detto che sarebbe passato questa mattina per vedere come stavi e portarti il tuo regalo, visto che ieri non eri esattamente nelle condizioni di riceverlo.” Un’altra carezza sul viso. Il fantasma pensò seriamente di mettersi a fare le fusa, tanto per vedere come avrebbe reagito il fidanzato. “Riesci ad alzarti per cambiarti?”
Tetsuya era sicurissimo che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in quelle frasi, ma il mal di testa gli impediva di ragionare bene. Poi lo colpì, come un mattone tirato in pieno stomaco, e lui aggrottò la fronte.
“Gli hai dato l’indirizzo sbagliato?” chiese, sospettoso.
Akashi gli scoccò un’occhiata indignata.
“Pensi davvero che arriverei ad usare certi mezzi, Tetsuya?” chiese, offeso e minaccioso, ma Kuroko non si lasciò abbindolare.
“Sì.” rispose senza esitazione, sostenendo lo sguardo dell’altro con uno deciso.
Dopo alcuni istanti, Akashi scoppiò a ridere.
“Beh, hai ragione.” ammise, ma poi si piegò a lasciare un bacio sulla fronte del fantasma e scosse la testa, “Però questa volta no. Sta venendo davvero. Ho pensato se lo fosse meritato, per averti aiutato ieri sera.”
C’era una nota amara in quell’ultima frase e Tetsuya intuì subito a cosa fosse dovuta.
“Akashi-kun,” chiamò, cercando di mettere sul proprio viso un’espressione seria credibile, “è stata colpa mia. Volevo farti arrabbiare e ho esagerato, sono andato avanti a comportarmi da stupido anche se sapevo che era sbagliato. Non devi prendertela con te stesso per niente: anche se avessi provato a fermarmi, non ti avrei ascoltato.”
Seijuro lo osservò con calma mentre parlava, ma alla fine scosse la testa.
“È stata anche colpa mia per essere saltato alle conclusioni, non averti dato fiducia e aver provato ad importi di stare lontano da una persona che – per quanto mi dia fastidio ammetterlo – chiaramente è importante per te.” Kuroko era sorpreso, non si aspettava un discorso del genere da parte di Akashi, ma il rosso continuò, piegandosi a posare la fronte contro la sua, “Diciamo pure che tutti e due avremmo potuto comportarci in modo più maturo e andiamo avanti, d’accordo? Se dovesse succedere di nuovo qualcosa del genere, adesso sappiamo cosa non dobbiamo fare.”
Akashi aprì gli occhi per fissare quelli enormi di Tetsuya. Erano tanto vicini che tutto il suo campo visivo era una distesa sconfinata di azzurro con un solo buco nero in mezzo e per un attimo desiderò lasciarsi risucchiare da esso, ma Kuroko gli mise le mani sulle guance per allontanarlo un po’ e poterlo osservare meglio. Seijuro lo lasciò fare, paziente, e alla fine l’azzurro dovette trovare ciò che stava cercando perché sorrise appena.
“Daisuki.” mormorò.
Akashi sorrise.
“Watashi mo daisuki.” gli rispose piano, piegandosi per baciarlo.
E invece Kuroko gli mise una mano sulla bocca.
Akashi sbatté le palpebre un paio di volte, quindi sollevò un sopracciglio scettico e irritato verso il fidanzato che però scosse la testa e spostò la mano dalla sua alla propria bocca.
“Akashi-kun, non mi è rimasto molto di ieri sera, ma ricordo di aver vomitato. Più di una volta.” bofonchiò, istintivamente lasciandosi scappare una smorfia al saporaccio che sentiva in bocca, “Non credo di essermi lavato i denti, o sbaglio?”
Seijuro sorrise.
“Ho provato a portarti in bagno, ma hai cercato di andare a dormire nella vasca quindi ho rinunciato.” ammise e Kuroko chiuse gli occhi e annuì, deciso.
“Ragione in più per non baciarmi.” dichiarò, ma quando risollevò le palpebre trovò il viso del fidanzato decisamente troppo vicino al suo.
“Oh, beh,” gli soffiò Seijuro sulla pelle, usando una mano per staccargli la sua dalla bocca, “ti farai perdonare anche questo.”
E Kuroko ignorò il sapore disgustoso nella sua bocca e il pulsare della sua testa quando la lingua di Akashi accarezzò la sua.
Se fosse stato possibile, avrebbe giurato che Sei stesse ridendo mentre lo baciava.




* Daisuki: Ti amo. Watashi mo daisuki: Ti amo anch'io. (spero ^^")




Eccoci qui!
Lo so, non è proprio granché questo, ma spero vi sia piaciuto lo stesso :)
Scappo perché sono abbastanza di fretta, scusatemi XD
Recensioni, apprezzatissime ;) Oh! Il mio computer sta facendo un po' di casino e attacca insieme alcune parole (es. "leforbici"): ho corretto tutto ciò che ho trovato, ma se mi fosse scappato qualcosa fatemelo sapere :)
A presto!,
Agapanto Blu

 

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