The Dark Side Of Ourselves

di Persefone3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. The curtain raises up ***
Capitolo 2: *** II. Searching for clues and an accomodation ***
Capitolo 3: *** III. Chess Opening ***
Capitolo 4: *** IV. You’re mine and no one else’s ***
Capitolo 5: *** V. Our Last Night Together, my Love, even if You Don’t Know it ***
Capitolo 6: *** VI. Scorched Earth Policy ***
Capitolo 7: *** VII. What the Hell Are You Doing, Swan? ***
Capitolo 8: *** VIII. There’s Always a Way to Work It Out ***
Capitolo 9: *** IX. A Strange Rescue Couple: The Pirate and the Evil Queen ***
Capitolo 10: *** X. Oz’s Secrets ***
Capitolo 11: *** XI. Never Give Up with Loved Persons ***
Capitolo 12: *** XII. Nothing Else Matters Tonight ***
Capitolo 13: *** XIII. Shattered Sight ***
Capitolo 14: *** XIV. The dark side of a Pirate ***
Capitolo 15: *** XV. Wish You Were Here ***
Capitolo 16: *** XVI. Our Happy Ending is Being Together ***



Capitolo 1
*** I. The curtain raises up ***


I. The curtain raises up

Hook era appena rientrato nella sua stanza. La festa da Granny per la tranquillità appena ritrovata, dopo la sconfitta della Snow Queen e l’allontanamento di Gold, era stata un successone. Certo se Emma fosse rimasta a dormire da lui sarebbe stato perfetto, l’apoteosi, ma non si poteva avere tutto nella stessa sera. Il pirata si sfilò la giacca di pelle ed andò in bagno. Quando ne uscì, si infilò immediatamente nel letto. Sdraiato con le braccia dietro la testa, ripensava a come era stata bella la complicità che lui e la bionda avevano ristabilito, dopo la piccola incomprensione per il suo cuore. E ancora una volta sentì netta la sua mancanza. Era rimasta a dormire una sola volta e da allora gli faceva strano stare solo in quel letto. Desiderava una vita con lei più di quanto avesse osato immaginare. Si sentiva completo solo quando era al suo fianco. Si sistemò la coperta e decise di abbandonarsi al sonno.
Era nel bel mezzo di un sogno strano, quando sentì una voce familiare chiamarlo da lontano.

- Killian! Killian!

Hook rimase un momento sospeso, come se non riuscisse a distinguere tra sogno e realtà. Ma fu solo quando riconobbe il rumore dei pugni sulla porta che capì che non era un sogno.

- Killian, ti prego! Sono io …

Il pirata aprì gli occhi: quella voce l’avrebbe riconosciuta ovunque, era come una specie di richiamo per lui. Si alzò immediatamente dal letto e si precipitò alla porta in pigiama. Aveva ancora la mente un po’ annebbiata e non mise subito a fuoco quello che stava succedendo. Quando aprì la porta, si ritrovò davanti una Emma sconvolta e in lacrime.

- Amore, che succede? Stai bene?

Non appena Emma lo vide, non poté fare a meno di gettarsi al suo collo e piangere senza freni.

- Killian, posso passare la notte da te?
- Certo amore, ma calmati.

Killian sentì che Emma era bagnata e solo allora si accorse della pioggia che stava scendendo.

- Non rimaniamo sulla porta, entriamo e raccontami tutto.

Non appena Hook chiuse a chiave la porta dietro di loro, Emma tornò ad abbracciarlo con forza.

- Allora mi vuoi dire che è successo?

Emma annuì con la testa.

- Prima però, togliti questi vestiti bagnati.
- Non ho portato niente con me … ma dove ho la testa?
- Nel primo cassetto del comodino c’è il cambio che hai lasciato l’altra volta. Usa quello. E io vado a prepararti qualcosa di caldo.

Emma gli sorrise dolcemente e fece come aveva detto il pirata. Quando uscì dal bagno, Hook la stava aspettando con una tazza di cioccolata calda.

- Ma guardati Capitano, sei proprio diventato un uomo del XXI° secolo!
- Spiritosona, tieni e ora raccontami tutto.

Emma si sedette sul divano con la tazza in mano. Ne bevve un sorso. Il suo corpo, però, fu scosso da qualche brivido.

- Emma, senti ancora freddo?
- Un po’, ma ora mi passa.

Hook si avvicinò all’armadio e prese una coperta più pesante. Ci avvolse la salvatrice, prima di sedersi accanto a lei.

- Grazie.
- Prego, fammi un po’ di posto e raccontami tutto.

Emma fece passare la coperta sulle spalle del capitano e si rannicchiò tra le sue braccia prima di riprendere a parlare.

- Dopo che ci hai accompagnati a casa, Henry ed io siamo andati subito a dormire. Sembrava tutto, tranquillo. A un certo punto, non so dirti che ore erano, sento che Henry mi sta chiamando con voce spaventata. Mi dice di aver sentito dei rumori al piano di sotto. Gli faccio promettere di aspettarmi di sopra e di non scendere per nessun motivo. Quando arrivo al piano di sotto, non credo ai miei occhi: il soggiorno è completamente a soqquadro e i muri sono tutti imbrattati. Alle mie spalle sento qualcuno che scappa. Mi giro ma non faccio in tempo a vedere chi c’è. Mi accorgo però che la porta è scassinata. Corro su da Henry, gli dico di preparare una borsa velocemente perché lo porto da Regina. Io non sapevo dove andare. E piombare a casa dei miei a quest’ora con il bambino piccolo. E poi mi avrebbero fatto una sfilza di domande a cui non ho proprio voglia di rispondere. Così ho pensato che … magari … tu …
Hook la baciò dolcemente per rassicurarla.
- Hai fatto  benissimo tesoro. Sai che facciamo? Domani mattina andiamo a vedere bene cosa è successo nel tuo appartamento. Per ora è meglio andare a dormire. Hai bisogno di riposarti.

Il pirata la prese tra le braccia e la portò verso il letto. La fece stendere e le rimboccò le coperte. Non appena Killian si sdraiò accanto a lei, la donna tornò a stringersi a lui.

- Tranquilla tesoro, niente potrà accaderti qui con me.
- Lo so. Buonanotte amore.
- Buonanotte, dolce cigno.

Nel buio della notte due occhi rossi avevano seguito Emma fino lì, non l’avevano mai persa di vista. La desideravano ardentemente e l’avrebbero avuta. Quel pirata era solo un dettaglio, uno stupido scarafaggio che non si meritava altro che essere schiacciato miseramente.
Quando Hook aprì gli occhi la mattina dopo, pensò di aver sognato. Quando si ritrovò steso accanto il corpo addormentato di Emma, si sentì l’uomo più felice del mondo. Si avvicinò per posare un bacio su quella labbra che amava assaporare.

- Capitano, sono Emma, non la bella addormentata …
- Buongiorno Emma, dormito bene?
- Benissimo. Ma il risveglio potrebbe essere ancora migliore …
- Forse comincio a capire … - disse Hook sdraiandosi su di lei.

Uscirono da Granny abbracciati, con un bicchiere caldo di caffè in mano e il resto della colazione che non avevano finito dentro. Nonostante l’incidente della notte appena passata, Emma si sentiva più sollevata: Killian aveva quel magnifico potere su di lei. Mentre camminava, l’uomo le aveva circondato le spalle con un braccio e le stava sorridendo dolcemente.
Quella bellissima armonia andò in frantumi quando arrivarono davanti al maggiolino: era imbrattato di vernice e i finestrini erano stati frantumati in mille pezzi. Rimasero entrambi ammutoliti. Chi poteva aver fatto una cosa del genere?

- Tesoro, qui la faccenda si fa seria.
- Lo so.
- Non sognare che ti lasci un solo momento. Qualcuno qui è proprio con te che ce l’ha.  


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Questa storia mi ronza nella testa già da un po' di tempo. Spero che possa piacervi. Si tratta della prima storia più articolata che scrivo in questo fandom, perdonate qualche errore o svista, anche se cercherò di stare molto attenta a non scrivere castronerie. Cerceherò di aggiornarla una volta alla settimana con regolarità, impegni permettendo. Non so ancora quanto sarà lunga, ma l'ossatura centrale è tutta delineata, quindi non dovrei avere grossi problemi. Grazie dell'attenzione e al prossimo aggiornamento.

Persefone

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Capitolo 2
*** II. Searching for clues and an accomodation ***


II. Searching for clues and an accomodation
 
Avevano lasciato la macchina da Gas per farla riparare. Emma era ancora attonita per quello che era successo: era chiaro che c’era qualcuno che l’aveva presa di mira. Il problema era solo capire chi. Della sua precedente vita non era rimasto praticamente nessuno. Cosa aveva fatto di tanto orribile per scatenare una tale ira?

- Tesoro, che ne dici se andiamo comunque nel tuo appartamento? Magari troviamo qualcosa di utile.
- Sì, forse hai ragione.

Quando arrivarono all’appartamento, Hook rimase sconcertato: il salotto era sventrato. Vetri rotti, tavoli sottosopra, piatti e bicchieri in frantumi. Ma erano le scritte ad essere davvero inquietanti: non riuscirai a sfuggirmi, ottengo sempre quel che voglio, non sarai mai al sicuro da nessuna parte. Hook strinse il pugno. Nessuno poteva permettersi di minacciarla così.

- Se pesco quello che ha fatto questo macello, giuro lo faccio camminare sulla passerella della mia nave per darlo in pasto a … qualcosa di questo mondo!

Emma stava cercando di risistemare quel disordine: stava tirando su le sedie e stava raccattando i cocci con la scopa e il raccogli immondizia.

- Amore, con la tua magia non sarebbe più semplice?

Di tutte le domande che potevano farle, Emma quella avrebbe voluto evitarla. Perché niente magia oggi o ieri? Perché erano un paio di giorni che la sua magia faceva i capricci, sembrava affievolita e si manifestava a singhiozzo. La scorsa sera avrebbe potuto usarla, avrebbe voluto usarla, ma non si era palesata. E quando si era resa conto che si trovava inerme e in balia di qualcuno, con Henry al piano di sopra, la paura di non poter proteggere lui e se stessa aveva preso il sopravvento. Era chiaro che era stato qualcuno con la magia a fare quel macello con quelle modalità e lei non poteva contrastarlo. Per questo era corsa da Killian nel cuore della notte. Con lui non aveva paura di mostrare le sue emozioni e le sue debolezze.
Ma rispondere a quella domanda avrebbe voluto ammettere, nero su bianco, un altro problema. Una cosa alla volta.

- Forse, ma così posso rendermi conto meglio di quello che è andato distrutto.  
- Tesoro, tu sei assolutamente sicura di non avere la minima idea di chi possa esserci dietro a questa storia? 
- Sì, te l’ho già detto!
- Se c’è qualcosa che non mi hai detto e ha a che fare con tutto ciò, non preoccuparti.
- Cos’è, credi che ti abbia mentito? Ma perché fate tutti così?
- Emma forse non mi sono spiegato …
- E invece lo hai fatto benissimo! Pensavo che ti fidassi di me e pensavo di potermi fidare di te! E invece sei come tutti gli altri!

Emma si allontanò dalla stanza per andare in cucina. Si appoggiò al lavandino e si rese conto di aver esagerato con lui, che tanto aveva fatto e stava facendo per lei. Non fece in tempo a formulare questi pensieri che si sentì cingere dalle braccia del pirata, che l’aveva raggiunta. Si girò verso di lui e nascose il viso tra le sue braccia. Killian la strinse ancora più dolcemente.

- Tesoro, volevo solo dire che se pensi che sia opera di qualcuno di cui non mi hai mai parlato, sentiti libera di farlo tranquillamente. Il passato è passato, a me interessa l’Emma che sei e che sarai, non quella che sei stata. Niente potrebbe farmi cambiare idea su di te.

- Non ne sono così sicura …
- Ti ricordo che sono un pirata e non il Principe Azzurro … anche io ho i miei scheletri nell’armadio …

Emma sorrise. La sua ironia era così e lei la adorava. L’amore che c’era tra loro non era come quello dei suoi genitori: da favola, perfetto, puro. Il loro era un amore ruvido e passionale, spigoloso per certi versi, ma anche intenso e potente, reale.

- Hai ragione.
- Ascoltami, finché non veniamo a capo di questa storia non è prudente che tu e Henry rimaniate da soli.
- Sono d’accordo. Per il momento è molto più sicuro per il ragazzino rimanere da Regina. Io chiamo il fabbro per far riparare la porta. In effetti, devo pensare anche a risistemare salotto. Vado a farmi una borsa con un po’ di roba: speriamo che i miei abbiano lasciato anche solo una brandina per me.
- Dai tuoi? Ma rimani da me, scusa, sarebbe più semplice e più comodo.
- Io … veramente … non voglio disturbarti …

Killian la afferrò per la giacca e la attirò più vicino a sé.

- Ma cosa vai dicendo …

Emma poggiò la fronte sulla sua.
In fondo cosa le stava chiedendo in maniera velata? Un po’ di tempo insieme. E di tutti, lui era quello che si era sempre accontentato dei ritagli. Era giusto ora dedicarsi anche a loro due e quella poteva essere una buona occasione per rinsaldare e accrescere la loro intesa.
Stai a vedere che non tutto il male viene per nuocere, pensò la bionda.

- Va bene. Ma ti avverto, come hai visto al mattino sono intrattabile, voglio essere la prima a farmi la doccia e voglio il tuo cuscino, è più morbido del mio.
- Come desideri. E non attacca Swan, non mi stai affatto spaventando.

Risero di gusto.
Gli occhi rossi li avevano seguiti per tutto il giorno. Accanirsi contro il maggiolino era stata la sua reazione alla notte che Emma aveva passato con quell’uomo.  Era sua quella donna. La rabbia ribollì ancora quando vide il pirata attirarla a sé con l’intento di baciarla ancora. Poteva vederli bene attraverso l’immagine riflessa nello specchio dell’ingresso. Era troppo e poi erano esattamente nella posizione che voleva. Si concentrò per richiamare a sé la magia e per dare definitivamente il via al suo piano.
Le labbra di Emma stavano per congiungersi con quelle del capitano, quando il grosso specchio dell’ingresso si staccò dal chiodo, sbriciolandosi per terra. Il fragore fece sobbalzare tutti e  due.

- Mi ci mancavano solo sette anni di sciagure! Dannazione! Più che il fabbro devo chiamare gli Acchiappafantasmi o l’esorcista, questa casa sembra stregata! – disse Emma.
- Chi devi chiamare?
- Quelli che cacciano via i fantasmi, sai quelle presenze che volano e mettono paura …
- E meno male che il mio mondo è strano!
- Lasciamo perdere, vado su a farmi una borsa e poi andiamo via.

Uscirono dall’appartamento dopo circa un’ora. Salirono sul maggiolino per poi dirigersi da Granny, ma prima si fermarono a casa di Snow e David, per spiegare loro tutto. Convincerli che quella era la sistemazione migliore fu più difficile del previsto.

- Emma perché non ci hai detto niente ieri sera? – disse Snow allarmata.
- Era tardi e poi non volevo svegliare il mio fratellino piombando in casa vostra.
- Sebbene ora ci sia Neal, non cambia il fatto che tu qui sei sempre la benvenuta! – disse David.
- Lo so papà, ma non mi andava di creare scompiglio.
- Henry? – chiese Snow.
- È da Regina e fino a che non capisco cosa sta succedendo è molto più al sicuro con lei che con me. – disse Emma.
- Di creare scompiglio da lei non ti sei preoccupata però! – disse David.
- Non ci metto niente a prepararti il letto degli ospiti. – disse Snow, cercando di far passare in secondo piano la sarcastica osservazione di suo marito.
- Io veramente … mi fermerei da Hook …
- Cosa? – disse David, esplodendo definitivamente.
- È la soluzione più comoda per tutti, dai …
- David, ti prego … non è il momento per …
- Come non è il momento? È invece mi pare proprio di sì!

Proprio in quell’attimo il cellulare di Emma suonò.

 - È Henry, vorrà sapere come sto. Scusatemi.

Mai come in quel momento Emma ringraziò il tempismo di suo figlio. Si allontanò dagli altri per rispondere tranquillamente.

- Pirata, seguimi. Io e te dobbiamo finire di parlare.

I due uomini si diressero nella zona del salone adibita a cucina.

- Credevo avessimo superato questa fase, David.
- Un conto è uscire con mia figlia, un conto è viverci insieme. Ti avverto, se non la tratti con la delicatezza che merita, te la vedrai con me.
- Emma mi pare sufficientemente grande per badare a se stessa.
- Come la sistemerai da te?
- Ho una stanza da Granny, non l’intera pensione, quindi mi pare piuttosto ovvio … e poi non sarebbe certo la prima volta! 
- Quindi …
- Papà! – intervenne Emma dopo aver riattaccato con Henry e capito cosa si stavano dicendo i due uomini, grazie anche all’imbeccata di Snow – ho quasi trent’anni e un figlio, per farmi questi discorsetti sei decisamente fuori tempo massimo.
- Ma … - cercò di replicare David
- Niente ma. Ora dobbiamo andare. Tra mezz’ora devo attaccare alla stazione di polizia.

David capì che non avrebbe potuto fare nulla per farle cambiare idea. Hook lo guardò un’ultima volta allargando le braccia, piuttosto divertito. Emma gli si avvicinò, lo prese per mano ed uscirono, con buona pace del povero Charmig.
Quando la notte arrivò, a Storybrooke regnava una strana pace. Tutti erano chiusi nelle loro case, increduli che anche quel secondo giorno si fosse chiuso all’insegna della tranquillità.
Fu in quel momento che la figura dagli occhi rossi decise di entrare in azione. Si introdusse nell’appartamento di Emma e si diresse in cucina. Aveva bisogno di un solo ultimo elemento per cominciare a giocare le sue mosse. Rovistò nella pattumiera per alcuni minuti finché non trovò quello che cercava.

- Mia cara Emma, ben presto il mondo che sei convinta di conoscere cambierà completamente e sarò io a decidere le nuove regole con cui giocare. Goditi questo momento di serenità con chi credi di amare, perché presto, molto presto, non vedrai altro che me.  

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Carissimi, a voi il secondo capitolo. Dal prossimo cominceremo ad addentraci per benino nell'intera faccenda. :D Lasciatemi ora ringraziare tutti quelli che hanno letto, recensito e inserito la storia nelle varie categorie. Spero che il tutto continui ad essere di vostro gradimento!
Al prossimo aggiornamento 
Persefone
 
 
 

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Capitolo 3
*** III. Chess Opening ***


Rieccoci con il terzo Capitolo! Cominciamo a conoscere i piani che la nostra misteriosa creatura vuole attuare, grazie anche alla collaborazione di qualcuno di nostra conoscenza. Cosa avrà in mente? Grazie per le letture, le recensioni e l'inserimento nelle varie categorie. Se ne avete voglia fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacio e buona lettura Persefone 
 

III. Chess Opening
 
Trascorsero alcuni giorni senza problemi. Emma era davvero felice di come le cose stavano funzionando con il Capitano. Mentre era nel suo ufficio, si ritrovò a sperare che i lavori di ristrutturazione del suo appartamento durassero un po’ più del previsto: casa era sempre casa, ma Killian faceva di tutto per farla sentire a suo agio e per non farle sentire  la mancanza di nulla. E la cosa, Emma dovette ammetterlo, gli riusciva dannatamente alla grande. Non ci avevano messo molto a trovare un equilibrio per condividere la quotidianità.
La prima sera si era sentita un po’ imbarazzata, non poteva negarlo, ma poi era come se avessero sempre vissuto sotto lo stesso tetto. Dopo la chiacchierata con i suoi, aveva lasciato Killian da Granny con la sua borsa e si era diretta alla Centrale. Il resto della giornata era stato piuttosto tranquillo, tanto che aveva potuto prendere accordi con il fabbro e gli operai per ripulire il salotto. Era addirittura riuscita a scegliere su Internet dei nuovi mobili. Quando alla fine giunse il momento di rientrare, si sentì stranamente nervosa. Prese dal cassetto della scrivania uno specchio e cominciò a guardare la sua immagine riflessa. Aveva ancora un po’ di occhiaie per le poche ore di sonno ed era piuttosto pallida. Non voleva che lui la vedesse in quelle condizioni. Le aveva sempre detto che era bellissima, anche nelle situazioni più assurde, ma ora era diverso. Era come se Emma avesse paura che la normalità potesse rivelare che non fosse poi così speciale come lui aveva sempre creduto.

- Ma cosa diavolo vado a pensare? Quando mai mi è importato di queste cose?

Ripose lo specchio nel cassetto e si diresse verso la porta di uscita. Prima di entrare nel maggiolino prese il telefono.

- Ehi, sono io. Sto staccando. Passo a salutare Henry e poi arrivo da te … sì, ci vediamo direttamente su.

Quando fermò il maggiolino davanti alla tavola calda, quel leggero nervosismo tornò ad affacciarsi in lei. Lui era su e la stava aspettando. Di cosa avrebbero parlato? Le avrebbe fatto molte domande? Avrebbe continuato a vederla con gli stessi occhi pieni di desiderio?

- Ma guardami, sembro una ragazzina alla prima cotta adolescenziale.

Prima di uscire dalla macchina si guardò ancora un momento nello specchietto retrovisore. Sì, era decisamente presentabile: rifarsi un po’ il trucco aveva decisamente giovato al suo aspetto.
Sebbene Killian le avesse lasciato le chiavi della stanza, quando Emma si ritrovò davanti alla porta, non riuscì a trattenersi dal bussare. Sentì i passi dell’uomo dirigersi verso l’uscio. Quando le aprì, Emma fu investita dal più accogliente dei sorrisi che qualcuno le avesse mai riservato, tralasciando Henry. E fu proprio in quel momento che capì di essersi davvero preoccupata per niente.

- Swan, non hai le chiavi?
- Sì, ma non volevo … non sapevo … - farfugliò imbarazzata.
- Andiamo entra, bentornata a casa. La cena è pronta e in tavola. – disse il pirata facendola accomodare.
- Non dirmi che hai cucinato? Potrei non sopravvivere a questa rivelazione!
- Tranquilla sopravvivrai. Ho solo fatto portare su da mangiare.

Eccoli di nuovo loro due. Niente era cambiato. Ed Emma si sentì scandalosamente fortunata.
Killian non protestava neanche quando faceva il turno di notte e rientrava tardissimo. Più di una volta aveva cercato di aspettarla in piedi, ma alla fine aveva ceduto al sonno. Quando Emma rincasava, lo trovava a letto con il televisore acceso. E tutte le volte non riusciva a non soffermarsi un attimo a guardarlo dormire, prima di cambiarsi in bagno. Quando ne usciva e si infilava nel letto, si stringeva a lui che la accoglieva tra le sue braccia senza mai lamentarsi.
Emma guardò l’orologio: ancora un’ora e poi sarebbe corsa a casa. Era buio ormai e aveva fatto freddo tutto il giorno. Non vedeva l’ora di rilassarsi con lui sul divano, avvolti in una coperta a guardare qualcosa su Netflix, dopo una bella doccia rilassante o un bel bagno insieme magari, perché no? Ancora non sapeva che i suoi piani stavano per subire un grosso cambiamento.
Mentre Emma pregustava già il resto della serata, qualcuno si mise all’opera. La creatura dagli occhi rossi aveva deciso di fare la prima mossa e mettere in moto gli eventi: i tempi erano maturi e lui era impaziente di averla tutta per sé. Si recò nel più isolato e buio vicolo del molo, quello del pescatore, per iniziare ad attuare il suo piano. Dalla tasca della giacca tirò fuori una boccetta. La versò nella pozzanghera che bagnava quasi completamente la strada. Rumple aveva detto che così avrebbe funzionato.  Mercanteggiare con lui si era rivelato davvero utile e fruttuoso. Tra intenditori di oggetti magici, del resto, ci si capiva al volo. E quando si era presentato al banco dei pegni con alcuni oggetti che era riuscito a mettere in salvo dalla sua vita precedente, il gioco si era rivelato più facile del previsto.

- Siamo chiusi ed io ho fretta. – aveva detto Rumple quella mattina.
- Signor Gold, credo che troverà molto interessante quello che ho da offrirle.

Aveva messo sul bancone del negozio la borsa piena di oggetti e, dallo sguardo che aveva visto in Gold, aveva capito che aveva fatto centro.

- Ho la sua attenzione ora?
- Completamente. Cosa vuole in cambio?
- Informazioni.
- Tutto qui?
- Ovviamente no. So che ha conservato un frammento dello specchio di Ingrid. Voglio l’essenza dell’incantesimo dei riflessi in frantumi. So che la magia non si può distruggere e so che si può trasformare. Mi dia quel potere ed io le dirò dove trovare qualcuna delle sue amiche. Crudelia per esempio.
- Come sai di Crudelia?
- Ho lavorato per qualcuno le cui spie viaggiavano per tutti i regni instancabilmente. So tante cose e ora che ho ereditato il suo potere, ho accesso anche ai suoi ricordi e alle sue conoscenze.
- Dunque hai la magia. E da chi l’hai ereditata, se posso chiedere?
- Questo non la riguarda. Cominciamo con le informazioni?
- Certamente. Cosa vuoi sapere?
- Come ti ho detto, ho ereditato la magia. Gli incantesimi che ha lanciato il mio predecessore, possono essere ripristinati?
- Ovviamente. Diciamo che in questo momento non sono ristabiliti del tutto, ma senz’altro hanno sicuramente indebolito le persone contro cui sono stati scagliati. Per ripristinarli completamente è necessario che la tua magia entri in contatto con le vittime degli incantesimi precedentemente lanciati.
- E come posso fare ciò?
- Una goccia del tuo sangue libererà la dose di magia necessaria. Fai in modo che entri in contatto con chi di dovere. Ad esempio versalo in una pozzanghera e fai in modo che la tua vittima ci passi dentro.
- Bene. E ora passiamo all’incantesimo dei riflessi in frantumi.
- Prima il luogo dove posso trovare Crudelia, qualora ne avessi bisogno.
- Astuto. Lo poggio qui sul tavolo. – disse la creatura tirando fuori un foglio per metterlo sul bancone. –  dammi quell’incantesimo e il biglietto è tuo.
- E se mi stessi fregando?
- Non potrei, tra mercanti c’è un codice ed io lo rispetto.
- Benissimo.

Gold si girò verso una credenza dietro di lui. Tirò fuori un’ampolla con del liquido azzurro e lo pose sul bancone.

- L’incantesimo dei riflessi in frantumi – riprese Gold – porta le sue vittime a vedere solo il peggio nelle persone amate, cosa che le porterà a dare loro addosso fino a distruggersi a vicenda. Originariamente, per lanciarlo, non dovevi fare altro che sbriciolare un frammento dello specchio di Trolden e soffiarlo negli occhi della persona che si desiderava maledire. In questa ampolla c’è l’essenza dell’incantesimo di Ingrid che ho raccolto da uno dei frammenti del suo specchio.  Cospargilo su uno che abbia riflesso la persona che desideri maledire. Una volta fatto questo, fai in modo che vada in mille pezzi. Raccogline uno e poi lancialo come ha fatto Ingrid: sbriciolalo e soffialo negli occhi della tua vittima.
- So che Ingrid aveva fatto in modo di rendere immuni alcune persone. È un’opzione che devo temere?
- Assolutamente no. I nastri preposti a tale scopo si sono dissolti con lei, quindi non c’è modo di tornare indietro … Dunque, abbiamo un accordo?
- Certo signor Gold. È stato un piacere fare affari con lei.

Dopo aver lasciato il negozio, si era ritirato nel suo nascondiglio per studiare bene il suo piano fin nei minimi dettagli. Sapeva che la magia di Emma era potente e voleva verificare l’attendibilità delle informazioni che Gold gli aveva dato. Devastare la sua casa aveva un duplice scopo: spaventarla e testare i suoi poteri. Quando aveva visto che Emma non aveva usato la magia per sistemare tutti quei danni, capì che le cose stavano come Gold aveva detto. Il suo piano poteva dunque essere attuato senza impedimenti di nessun genere. E sapeva anche come neutralizzare quel pirata.
Dopo essersi assicurato che la pozione fosse ben disciolta nella pozzanghera prese il cellulare per chiamare la Stazione dello Sceriffo. Lo spettacolo era pronto, era il momento di chiamare sulla scena solo l’attrice protagonista.
Mancava ormai solo un quarto d’ora alla fine del suo turno ed Emma non vedeva l’ora di rincasare. Stava già preparando le sue cose, quando suonò il telefono.

- E chi sarà ora? – disse Emma prendendo la cornetta svogliatamente – stazione di polizia, sceriffo Swan. In cosa posso esserle utile?
- C’è un ferito grave nel vicolo del pescatore al Molo. È un giovane uomo, vestito di nero. Non riesco a vederlo bene, ma perde molto sangue. È moro, occhi azzurri e con la barba.

Il sangue si gelò nelle vene di Emma. Sapeva che Hook aveva un appuntamento al molo con Eric per discutere sulla gestione del porto che ora dirigevano insieme. Le aveva detto che probabilmente sarebbero rincasati quasi insieme perché avevano molte cose da sbrigare.

- Lei non faccia nulla, arrivo immediatamente.

Uscì dalla centrale e si infilò velocemente in macchina. Stava provando a chiamare Killian sul cellulare, senza successo purtroppo.

- Fai che non sia lui ti prego. Fai che non sia lui.

Mise in moto e sfrecciò verso il porto con il cuore in gola.

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Capitolo 4
*** IV. You’re mine and no one else’s ***


IV. You’re mine and no one else’s
 
Quando arrivò al molo, c’era un silenzio inquietante. Parcheggiò il maggiolino all’entrata del vicolo del pescatore e tirò fuori dal cruscotto una torcia. Uscì con il cuore che le batteva come impazzito nel petto. Fece appena in tempo a fare qualche passo nel vicolo, che fu avvolta da intensa nube verde. Si sentì di colpo stanca, come se fosse stata svuotata di qualcosa. Appena la nube si fu diradata, vide nell’oscurità due occhi rossi che la fissavano.

- Ciao Emma, da quanto tempo non ci vediamo.
- Chi sei? Come sai il mio nome?
 - Ma come? Mi hai dimenticato davvero in fretta, eppure sembravi così presa dalla nostra storia. Otto mesi insieme e poi basta un piratucolo da strapazzo per farti scordare di me.
- Cosa hai fatto a Hook?
- Hook non è qui. Mi serviva solo un pretesto per attirare la tua attenzione.

Gli occhi rossi mostrarono la sua intera figura al chiarore della luna.

- Walsh … - disse Emma con un filo di voce.
- Sì, era questo il mio nome qui.
- Cosa ci fai qui? Come sei arrivato a Storybrooke?
- A dir la verità non me ne sono mai andato. – disse afferrando Emma per un braccio per attirarla a sé – e dopo la morte di Zelena sono ritornato al mio aspetto umano in maniera permanente.
- Lasciami immediatamente!
- Oppure che fai, usi la magia? Eppure una volta ti piace stare abbracciata a me.
- Non costringermi ad usarla, Walsh!

L’uomo rise in modo sinistro.

- Provaci allora!

Emma si concentrò e provò a liberare i suoi poteri, senza ottenere nessun risultato. Walsh rise in maniera ancora più sguaiata di prima.

- Mia cara, non hai più la magia.
- Come sarebbe a dire?
- Vedi, quando il potere di Zelena si è liberato dal suo ciondolo, dopo la sua dipartita, gran parte di esso si è riversato sul portale temporale. Una piccola parte, invece, ha viaggiato nel vento. Ne sono stato investito mentre mi nascondevo qui in città. Non so dirti con esattezza cosa sia successo, ma è come se in me, quel potere, avesse trovato terreno fertile. Ha attecchito in maniera permanente a quanto pare.

Walsh scostò dal collo la sciarpa che portava per mostrare alla salvatrice una grossa macchia verde sul suo collo.

- Bella storiella, ma cosa c’entra tutto questo con me?
- C’entra eccome dolcezza. Perché è te che voglio.  Questo potere ha risvegliato in me quello che avevo cercato di seppellire nel cuore. E ho sentito esplodere dentro la rabbia per il tuo abbandono. Hai preferito a me quel dannato pirata e la sua maledetta pozione della memoria.
- Non capisco. Eri al servizio di Zelena! Eri con me per spiarmi e non per affetto!
- All’inizio forse. Ma col tempo ho finito per innamorarmi davvero di te e il fatto che mi ricambiassi, mi fece ben sperare. Per questo ha avuto quella reazione sul terrazzo di casa tua. Sapevo che lo avresti seguito. Non potevo fermarti ma, al tempo stesso, non volevo perderti. E ho atteso il momento giusto per riprendermi ciò che era mio e fargliela pagare a chi ha osato portarti via da me.

Emma si divincolò da lui e cercò di scagliargli ancora la magia addosso.

- Dannazione!
- È inutile che insisti. Te l’ho già detto, non hai più la magia. Vedi, quando quella nube ti ha avvolto, ha ripristinato completamente il sortilegio che ti aveva lanciato Zelena. Quindi, grazie ai baci del tuo impavido pirata, sei di nuovo senza magia.
- Cosa speri di ottenere?
- Emma, tu eri mia e non permetterò a nessun’altro di averti. Ti rivoglio indietro. E credimi, col tempo scoprirai che non sono poi affatto male, meglio di lui sicuramente.
- Non credo che Hook possa essere del tuo stesso parere. E neanche io.
- A proposito di Hook, ho avuto modo di vedere che ve la siete spassata insieme. Questo deve finire ovviamente, o qualcosa di molto spiacevole potrà accadere.
- Non credo ti convenga minacciarlo. Non avrà la magia, ma non è certo tipo da arrendersi al primo ostacolo: ne abbiamo superate tante per stare insieme.
- Ci sono molti modi per fare del male a qualcuno Emma. Io ne conosco uno che può letteralmente polverizzare tutto quello che più ami.

Walsh infilò una mano in tasca e tirò fuori qualcosa. Tese il braccio verso la Salvatrice e aprì lentamente la mano. Sul suo palmo c’era la scheggia di uno specchio.

- Lo riconosci?
- È lo specchio del mio ingresso.
- Esatto. È quello specchio in cui si è riflesso l’amore che provi per quell’uomo e per i tuoi cari.
- E allora?
- Ho fatto una lunga chiacchierata con Rumple prima che Belle lo bandisse. Abbiamo fatto qualche affare insieme, tra collezionisti ci capiamo bene. È stato lui a darmi ragguagli sull’efficacia dei sortilegi lanciati da Zelena e l’essenza dell’incantesimo di Ingrid.
- Se davvero hai replicato l’incantesimo di Ingrid, allora non ho nulla da temere: ne ero immune.
- Non saltare a conclusione affrettate dolcezza. Eri immune per via del nastro che, guarda caso, si è dissolto con la morte di Ingrid. L’incantesimo non ha un antidoto conosciuto. A quanto pare una volta lanciato non si torna indietro.
- Non ti permetterò di usarlo su di lui.
- Ah sì? E anche se volessi come potresti impedirmelo?

Emma rimase senza parole per controbattere. Fu in quel momento che comprese a fondo la verità: era completamente in balia di Walsh. Se voleva preservare la sicurezza dei suoi cari, doveva sottostare ai suoi ricatti.

- Sarò più diretto, Emma, - riprese Walsh – il punto qui non è se la tua avventura con il Capitano si interromperà o meno. Il punto vero è se si interromperà in maniera dolorosa o in maniera molto dolorosa. Userò il frammento su di te se non farai la brava e mi seguirai con le buone. Dimmi, come pensi che reagirà quando urlerai in faccia al tuo amato Capitano che è e sarà sempre una seconda scelta per te?  Che non sarà mai all’altezza del tuo primo amore? Che non lo amerai mai quanto hai amato Neal?
- Non puoi farlo! – urlò Emma disperata.
- Oh si che posso. Ma andiamo oltre, come pensi che reagirà Henry quando saprà che l’hai dato via non perché volevi il meglio per lui, ma solo perché ti ricordava troppo suo padre e la sua vile scelta? E, infine, come si comporteranno i tuoi quando dirai loro che non li hai ancora perdonati per averti abbandonato e che probabilmente non lo farai mai?
- Basta! Basta! Basta! – disse Emma cadendo in ginocchio.
- La sola cosa che puoi fare per evitare questa valanga di sofferenze ai tuoi affetti è stare con me e seguirmi nella nostra vecchia casa a New York. Comunque dovrete separarvi, a te scegliere se lasciare loro un bel ricordo di te o se inondarli con i tuoi più oscuri pensieri.
- Potrai separarmi da loro, ma non puoi costringermi a provare qualcosa per te.
- Per questo ci sarà tempo – disse Walsh afferrandola per farla rialzare e per tornare a stringerla – non dimenticare che mi ricordo cosa ti piaceva e cosa ti eccitava.

Cominciò ad accarezzarle i fianchi e i glutei per poi risalire verso la schiena e i suoi seni. Emma era disgustata da quel tocco così prepotente e senza tatto. Ripensò alla dolcezza delle carezze di Hook, anche quando era dominato dalla passione. Fu solo quando Walsh tentò di baciarla che fece appello alle sue ultime forze per spingerlo lontano da lei.

- Vedo che non hai perso il tuo caratterino, dolcezza. Anzi come ti chiama lui? Ah sì … tesoro. Bene, mi piaci proprio per questo!
- Non chiamarmi tesoro!

Sul volto di Walsh comparve un ghigno.

- Goditi la tua ultima serata Emma, perché dopo dovrai dirgli addio. Domani andrai a lavorare come se questa nostra chiacchierata non fosse mai avvenuta. Ci vediamo a casa tua dopo la fine del tuo turno. Tra una settimana ripartiamo per New York.

Emma non fece in tempo a replicare che Walsh sparì in una nube verde. Ora aveva un problema, un grosso problema, e non poteva condividerlo con nessuno.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Tadannnnnnnnnnnn abbiamo scoperto chi è il nostro psicopatico stalker!!! :D. Siccome sono piuttosto avanti con il lavoro e sono in una fase di astinenza acuta da OUAT (domenica, tra quanto cavolo arriva domenica????), mi sono detta che nessuno meglio di voi poteva lenire questa mia smania!! XD Come sempre grazie delle belle parole che mi rivolgete, non so se manco me le merito!! XD Come sempre se avete ansie dubbi, incertezze, perplessità, sono a vostra disposizione per chiarimenti e suggerimenti. 
Un bacio e a presto 
Persefone 

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Capitolo 5
*** V. Our Last Night Together, my Love, even if You Don’t Know it ***


V. Our Last Night Together, my Love, even if You Don’t Know it
 
Seduta nel suo maggiolino, Emma stava cercando di elaborare una strategia per contrapporsi ai perversi piani di Walsh. Per quanto si sforzasse di trovare una falla, dovette ammettere che il piano lo aveva architettato fin nei minimi dettagli. Poggiò la schiena al sedile dell’auto, sconsolata. Aveva le mani completamente legate. E capì come doveva essersi sentita sua madre quando, su Neverland, era lacerata dalla scelta di rimanere con David su quella maledetta isola a causa della Sognombra.

- Non c’è altro modo – aveva detto Snow ad un certo punto.
- Magari sei tu che mi stai contagiando, ma non ci credo. C’è sempre un modo – aveva replicato lei.

E invece no, a volte non c’è davvero niente che possiamo fare per evitare alcune cose. L’idea di doversi separare da Henry, da Hook e dai suoi genitori le fece venire un nodo allo stomaco. E risuonarono nella sua testa, ancora una volta, le parole che sua madre aveva pronunciato poco prima che Regina scagliasse il sortilegio per riportare tutti nella Foresta Incantata.

- Guardati intorno … sei entrata nel cuore di tutti, qui.

Mai come prima avrebbe voluto, in quel momento, dire ai suoi cari quanto erano importanti per lei. Era stato un percorso tortuoso, quello che li aveva uniti in maniera così salda, e non privo di sofferenze, ma alla fine era felice di averlo affrontato insieme. Perché ora ognuno di loro aveva nel suo cuore un posto speciale. Non sai di avere una casa finché non ti manca e basta: anche solo l’idea di separarsi da loro aveva scatenato in lei la malinconia del lasciarseli alle spalle.
Il tempo scorreva inesorabile, però, e lei doveva cercare di calmarsi. Hook non doveva avere il minimo sospetto. Si disse che la cosa migliore era fingersi arrabbiata con lui per non aver risposto al telefono. Sperava così di riuscire a mascherare il vero motivo della sua inquietudine e al contempo guadagnare tempo per calmarsi ulteriormente.
Hook stava davvero iniziando a preoccuparsi. Emma non era ancora rientrata e lui non riusciva a trovare quell’infernale aggeggio per parlare. Forse Emma aveva bisogno di aiuto e lui non era stato rintracciabile. Alzò nervosamente i cuscini del divano e proprio sotto uno di essi trovò il telefono. Sul display c’erano visualizzate quattro chiamate non risposte da Emma.

- Dannazione lo sapevo!

Proprio in quel momento sentì la porta della stanza aprirsi. Ne entrò una Emma piuttosto sconvolta.

- Emma, tesoro, stavo iniziando a preoccuparmi. È successo qualcosa?
- Tu ti stavi preoccupando? Io ero preoccupatissima! Alla centrale ho preso una chiamata anonima: segnalava un ferito al molo, la cui descrizione corrispondeva in pieno alla tua! Ho provato a chiamarti non so quante volte! Perché non mi hai risposto?
- Non so cosa sia successo a questo coso! Non fa più rumore e non riuscivo più a trovarlo …
- Il motivo per cui ti ho dato quel telefono è proprio quello di evitare questo tipo di situazioni! Possibile che non sai ancora farlo funzionare come si deve? Non è così difficile!
- Hai ragione … - disse Hook abbassando gli occhi mortificato.

Era riuscita a fingere bene fino a quel momento ma, quando Emma vide quell’espressione sul volto dell’uomo, non se la sentì di dargli addosso ancora. In fondo era la loro ultima notte insieme e non voleva, di certo, passarla trattandolo male ancora a lungo.

- Dammi qua. Vediamo cosa hai combinato – disse Emma con tono fermo ma più gentile.

Un repentino cambiamento d’umore avrebbe potuto insospettirlo. Hook le porse il cellulare sempre ad occhi bassi.

- Si è attivata la modalità silenziosa – riprese Emma.
- Sì certo …
- Vuol dire che il telefono funziona ma non suona. Ecco te lo rimetto a posto.

Una volta finito di sistemare le impostazioni del telefono, Emma lo restituì al pirata. Quando le sue dita sfiorarono quelle del Capitano, sentì un brivido correrle lungo la schiena e immediatamente le tornò in mente quello che aveva provato quando Walsh l’aveva toccata. Fu in quell’attimo che non ebbe più il pieno controllo sulle sue emozioni. Voleva cancellare quel ricordo e voleva che Hook l’aiutasse a farlo.
Si avventò come una furia sulle labbra dell’uomo, trascinata da una foga e un desiderio che non credeva neanche di avere dentro. Hook non era pronto a quella reazione da parte della salvatrice, tanto che, quando lei si gettò tra le sue braccia, rischiarono di cadere a terra. Era un fiume in piena la sua Emma: poche volte l’aveva vista così.

- Piano piccola, non scappo mica … - disse il pirata riprendendo fiato dal loro appassionato bacio – E non scapperei mai da te, lo sai questo, no?
- Sì scusa – disse Emma ancora desiderosa di abbandonarsi in un altro dei suoi baci – è che ho avuto paura di perderti. Sono corsa al molo con il cuore in gola. Non so come reagirei se dovesse succederti qualcosa.
- Non mi succederà niente, amore. Lo sai che sono uno che se la cava piuttosto bene nel sopravvivere.

Emma tornò a baciarlo con la stessa foga, ma stavolta Hook non si fece trovare impreparato. La frenesia di Emma era così incontenibile che cominciò subito a cercare il contato con la pelle nuda dell’uomo. Gli sfilò la felpa senza troppi complimenti e insinuò le sue mani sotto la leggera maglietta a maniche corte per accarezzargli la schiena. Si strinse ancora di più a lui e sentì chiaramente la passione crescere dentro entrambi i loro corpi.

- Se questo è il risultato del non risponderti al telefono, giuro lo faccio più spes …

Hook non riuscì a terminare la frase che Emma tornò a baciarlo ancora.

- Sta zitto e baciami … - disse Emma con tono a metà tra il suadente e il malinconico.
- Tesoro … tutto bene? – chiese Hook, come se avesse avuto un presentimento.
- Fai l’amore con me Killian – disse Emma improvvisamente – amami con passione stanotte ...

Hook la guardò un momento: Emma aveva sul viso l’espressione di quando non voleva rispondere a troppe domande e implorava di essere creduta sulla fiducia.

- Adoro quando sei così tumultuosa, lo sai che mi fai perdere completamente la testa, ma … ne sei sicura? Non abbiamo alcun tipo di fretta …
- Sì, sono sicura. Voglio solo amarti ed essere amata da te.
- Quand’è così …

Hook la prese in braccio e la fece stendere sul letto.
Si amarono profondamente, quella notte, come mai prima avevano fatto. Si lasciarono trasportare completamente dall’intensità della passione che li univa. Ad ogni carezza, ad ogni bacio, ad ogni spinta, Emma cercava di fissare nella mente quei momenti e sperò che anche lui stesse facendo lo stesso. Le sarebbe davvero piaciuto lasciarlo con quelle emozioni nella pelle.
Avevano da poco raggiunto entrambi l’apice del piacere, quando Hook, baciando il suo dolce cigno, sentì la guancia della sua donna umida. Aprì gli occhi e vide una lacrima scendere dai suoi bellissimi occhi verdi.

- Amore, che succede? Ti ho per caso fatto male? – chiese lui preoccupato e ignaro del vero motivo di quella lacrima di addio.
- Assolutamente no! – disse Emma cercando di sorridere – Stringimi ancora a te.

Si addormentarono sfiniti ma completamente appagati l’una nelle braccia dell’altro.
Emma si svegliò poco prima dell’alba. Killian era steso al suo fianco e dormiva profondamente. Lo capì dalla regolarità del suo respiro. Prima di addormentarsi Hook si era preoccupato di coprirla bene. Quando Emma si alzò, fece in modo di ricambiare quella stessa attenzione nei suoi confronti. Lo avvolse nelle coperte facendo molta attenzione a non svegliarlo. Con la stessa cautela cominciò a radunare le sue cose. In cuor suo sapeva che non sarebbe mai riuscita ad andarsene se fosse stato sveglio. Non avrebbe avuto importanza la scusa che avrebbe accampato, lui avrebbe fatto di tutto per trattenerla. Sapeva che Walsh la spiava da molto vicino, e ogni tentennamento che avrebbe avuto sarebbe stato motivo di ritorsione verso di lui. No, non poteva assolutamente fargli correre un rischio del genere. Prima di lasciare la stanza gli lasciò un bigliettino accanto al letto.
“Buongiorno. Ieri mi sono scordata di dirti che i lavori a casa mia sono praticamente finiti, quindi stamattina porto via le mie cose. Grazie dell’ospitalità. Ho molto da fare e potrei non rispondere al telefono. Ci sentiamo con calma nel pomeriggio magari.
Emma.”
 
ANGOLO DELL'AUTRICE:
Per farmi perdonare l'ansia e per lo schifoso ricatto che ho fatto formulare a Walsh (XD) mi sono affrettata a terminare questo nuovo capitolo. Sì, Emma se ne va mi direte voi, ma se non altro ha salutato un ignaro (?) Hook come voleva. Domenica/Lunedì sono sempre più vicini (... *naso alla pinocchio che cresce in maniera esponenziale* ...) e io non vedo l'ora di godermi tante belle scene CS! Come sempre grazie a voi che leggete, a chi legge e commenta (siete adorabili!) e a chi ha inserito la storia nelle varie categorie!
A prestissimo
Persefone

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Capitolo 6
*** VI. Scorched Earth Policy ***


VI. Scorched Earth Policy
 
Quando Hook trovò quel biglietto, la mattina dopo, rimase un po’ perplesso. E cominciò a chiedersi se non avesse sbagliato in qualcosa. Il comportamento di Emma era stranamente insolito, non da lei. La notte appena trascorsa era stata fantastica e non riusciva proprio a spiegarsi il motivo di quella fuga, perché di quello si trattava. Sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma sapeva bene che forzarle la mano non sarebbe servito a niente: Emma aveva i suoi tempi. Cercò immediatamente di scrollarsi di dosso quei cattivi pensieri: magari era solo una sua impressione.
Emma si era rintanata nel suo ufficio sperando in una giornata tranquilla. Aveva chiamato Henry ma era stata piuttosto evasiva anche con lui. Dopo era stato il turno di David che non appena seppe che era tornata nel suo appartamento si sentì sollevato. Killian aveva provato a chiamarla, ma lei non aveva mai risposto. Si sentiva troppo in colpa per quello che aveva fatto e che stava succedendo a sua insaputa. Continuava a ripetersi che era per il suo bene e per quello di tutti gli altri, ma la sua coscienza non voleva saperne di placarsi. Dove trovare un modo per troncare con lui, ma come sarebbe riuscita a mettere fine a una cosa che la rendeva così felice?
L’ansia di Hook cominciò a montare seriamente quando, per l’ennesima volta, Emma rifiutò una sua chiamata. Aveva provato tutto il giorno senza successo. Era palese che c’era qualcosa che non andava e che lo stava evitando. Nonostante fosse ormai sera inoltrata, prese la giacca e uscì per dirigersi verso casa della bionda.
 
Quando Emma mise piede nel suo appartamento si sentì completamente a terra. Seduta sul gradino dell’ingresso stava ripensando a tutto quello che era stata costretta a fare: mentire a tutti. E si sentì completamente sola. Walsh era riuscito a farle terra bruciata attorno a lei.

- Buonasera dolcezza, non mi vieni a salutare?

Walsh era seduto sul divano con un bicchiere di scotch in mano. Emma, come sentì la voce, alzò la testa di scatto.

- Come hai fatto a entrare?
- Suvvia, non fare domande sciocche, lo sai come ho fatto. Ma passiamo alle cose serie: gli hai detto addio? Voglio essere più che cristallino su un punto. Tuo figlio puoi continuare a vederlo finché siamo qui e potrai sentirlo per telefono anche a New York. Ti concedo anche il fatto che possa venire a trovarci di tanto in tanto. Ma su di lui sarò intransigente fino allo spasmo: non lo devi più vedere.
- Mi stai chiedendo una cosa complicata. Come faccio a trovare una scusa plausibile per un cambio così repentino?
- Questo è un problema tuo. E ora basta parlare di lui, la cosa mi infastidisce. Piuttosto vieni a sederti qui vicino a me.
- Walsh sono molto stanca e vorrei andare a dormire. Domani mattina devo alzarmi presto.

Emma sperò che quello stratagemma riuscisse a risparmiarle l’umiliazione di dover passare altro tempo in compagnia di quella feccia. Erano altre le braccia da cui voleva essere stretta.

- Ti ho detto di sederti vicino a me!

Walsh fece appello alla sua magia per sollevare la povera Emma e trasportarla sul divano accanto a lui.

- Ecco dolcezza, così va meglio, molto meglio. Ed ora rilassiamoci un po’ insieme se non ti dispiace.

Walsh cominciò ad accarezzarle una gamba ed Emma si irrigidì: la donna pregò che qualcosa potesse interrompere quella tortura. Fortunatamente il suo telefono cominciò a suonare.

- Chi diavolo può chiamare a quest’ora?

Emma tirò fuori il telefono dalla tasca del giubbotto di pelle. Era di nuovo Hook: mai come in quel momento desiderò essere con lui, nella sua stanza da Granny.

- È Hook.
- Motivo in più per non rispondere. E ora torniamo a noi.

Il cuore di Emma si frantumò per l’ennesima volta nel rifiutare la chiamata. Walsh tornò ad accarezzare il corpo della bionda quando qualcuno bussò violentemente alla porta.

- Emma, sono io! – urlò Hook da fuori la porta – lo so che sei dentro! Aprimi!

L’insistenza del pirata spazientì non poco Walsh.

- Ha la testa dura quel tracannatore di rhum! Vai alla porta e liberati di lui. Non voglio più vederlo ronzare intorno a te o intorno a questa casa. Intesi?

Emma assentì con la testa mestamente e si diresse verso la porta. Come l’aprì e i suoi occhi incrociarono quelli del capitano sentì la vergogna esplodere in lei.

- Per la miseria Swan! Che diavolo succede? Perché non rispondi alle mie telefonate? Mi fai preoccupare così, lo vuoi capire?
- Mi dispiace – disse Emma accarezzandogli il viso e pentendosi subito di quel rischioso gesto – ti ho detto che sarei stata impegnata.
- E dove si può sapere? Nessuno ti ha vista in giro per tutto il giorno!
- Sai che la discrezione fa parte del mio lavoro, sei un pirata, certe cose dovresti capirle!
- Mi fai entrare un momento? Vorrei parlarti.

Emma non aveva nessuna intenzione di rischiare un incontro tra Walsh e Hook.

- No, il salotto è ancora sottosopra.
- Ma come? Stamattina mi hai detto che i lavori erano ultimati! Va tutto bene? Ti comporti in modo strano …
- Sto bene! È solo che a pranzo hanno scaricato i mobili nuovi e non sono ancora riuscita a sistemare tutto.
- Potevi rimanere qualche altro giorno da me, che fretta c’era di tornare?

Sostenere quella conversazione stava diventando un’agonia per Emma. Ogni menzogna che usciva dalla sua bocca era come infliggere una coltellata al loro rapporto. Doveva trovare un modo per farlo desistere.

- Killian, sono piuttosto stanca e vorrei andare a dormire …
- … Ma …
- … ti prego …
- Come desideri amore. Buonanotte.

Hook si chinò e la baciò dolcemente senza lasciare ad Emma il tempo di poter fare qualcosa.
Walsh ebbe modo di osservare tutta la scena e sentire tutte le parole che i due si erano scambiati. Era palese che Emma non sarebbe mai riuscita a troncare con il pirata di sua spontanea volontà. Era necessario un piccolo aiuto e poi anche lui doveva provare la sua stessa sofferenza. Più pensava a Hook e all’invidia che provava per lui, più la macchia verde sul suo collo si allargava a dismisura. Doveva pagare con gli interessi la sua insolenza. Non appena Emma ebbe chiuso la porta, Walsh aveva già elaborato un piano da attuare il mattino dopo.
Quando Hook rimise piede nella sua stanza era più frastornato di quando ne era uscito. Era ormai palese che Emma lo stava escludendo da qualcosa. Il suo pensiero corse immediatamente a qualche pericolo imminente: eppure in città era tutto tranquillo.  Camminava nervoso per tutta la stanza che cominciava, in un certo senso, ad odiare: sapeva troppo di loro due e gli mancava da morire la sua presenza in giro. Nell’armadio era rimasta ancora una sua maglietta e sul divano aveva dimenticato la sua sciarpa rossa. Tirò fuori dalla tasca la sua fiaschetta e buttò giù una lunga sorsata di rhum. Erano mesi che non ne beveva in maniera così copiosa. Da quando il suo rapporto con Emma si era stabilizzato non ne aveva avuto più bisogno, a parte quella lunga sorsata dopo che era riuscito a salvarsi da Gold. Ora però il rhum sembrava l’unica cosa in grado di dargli sostegno e sollievo. E dopo quella prima sorsata ne seguì una seconda e poi una terza e poi una quarta, fino a svuotare tutta la fiaschetta in pochissimo tempo. Per non pensare ad Emma aveva finito con lo stordirsi con il suo vecchio amico alcolico.
La mattina dopo Hook si svegliò con un gran mal di testa. Si era addormentato sul letto completamente vestito e con la fiaschetta in mano. Era ancora in preda ai postumi della sbornia quando sentì qualcuno bussare alla porta. Quando il pirata la aprì, non c’era nessuno ad aspettarlo dall’altra parte. L’unica cosa che vide fu una busta lasciata lì per terra. La raccolse senza molta convinzione e tornò dentro la stanza. Lasciò la busta sul tavolo senza badarci troppo. Tutto quello di cui aveva bisogno, in quel momento, era una doccia calda e un caffè lungo e fortissimo. Una delle poche che riusciva a far funzionare correttamente, in quel bizzarro mondo, era la macchinetta del caffè che gli aveva regalato Emma. L’accese e poi si diresse in bagno. Un quarto d’ora dopo l’affascinante capitano era seduto al tavolo con davanti una tazza fumante. Provò a chiamare Emma. E lei ancora una volta non rispose al telefono. La frustrazione cominciò a montare feroce dentro di lui. Buttò il telefono sul tavolo e afferrò la tazza per bere un sorso di caffè e per reprimere la sua voglia di attaccarsi nuovamente alla bottiglia di rhum. Dopo una lunga sorsata del liquido nero, i suoi occhi caddero, quasi per caso, sulla busta che aveva raccolto prima. Posò la tazza e la aprì. Il dolore che aveva provato nel momento in cui Rumple aveva iniziato a sbriciolare, senza successo, il suo cuore fu niente rispetto a quello che sentì nel momento in cui il contenuto della busta si rivelò. Si alzò e uscì dalla stanza come una furia. Doveva sapere, capire, sentirlo pronunciare dalle sue labbra.

Nella sua stanza Henry stava fissando il cellulare preoccupato. Emma si comportava davvero in modo strano e non ne capiva il motivo. Era seduto sul suo letto con le spalle alla porta. Quando Regina lo vide così, non poté fare a meno di avvicinarsi.

- Henry, tutto bene? – chiese Regina entrando.
- Sì mamma – rispose il ragazzino con un filo di voce.
- Non è vero. – disse la donna benevola sedendosi accanto a suo figlio. – coraggio, dimmi cosa non va.
- Sono preoccupato per Emma. Si comporta in modo strano da qualche giorno. Mi risponde poco al telefono e quando lo fa è evasiva, non è da lei. Ho provato a parlarle ma è stato inutile. Non ho il suo superpotere, ma so che mi sta mentendo.
- Ho capito. Che ne dici se provassi a parlarci io? Non posso prometterti che scoprirò qualcosa, ma posso prometterti che ci proverò.
- Lo faresti davvero, mamma? Anche se si tratta di Emma?
- Certo, tesoro. Non sopporto vederti così e se per risollevarti dovrò parlare con la signorina Swan, lo farò.
- Grazie mamma, grazie tante – disse Henry abbracciandola.

Emma stava cominciando a radunare le sue cose nell’ufficio. Avrebbe portato via lo stretto indispensabile per non destare troppi sospetti in quegli ultimi giorni. La sua prima notte con Walsh era stata un inferno. Non aveva chiuso quasi mai gli occhi mentre lui sembrava completamente a suo agio. Aveva paura che gli venisse in mente di fare altro oltre che dormire: fortunatamente non fu così.
Stava finendo di riempire uno scatolone quando sentì la porta del suo ufficio aprirsi violentemente.

- Swan! Mi devi una spiegazione! E non me ne andrò di qui finché non l’avrò avuta!


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Dopo una montagna di Feels che dobbiamo ancora smaltire, torniamo con un po' di sano Angst, tanto per non montarci troppo la testa e prepararci ai guai che la 4b sta mettendo in cantiere per noi ... *o*. Walsh mi sta uscendo sempre più psicopatico ma d'altronde Zelena non era una sana di testa, quindo la sua magia deve avere questo effetto sulle persone. Secondo voi Regina aiuterà la nostra eroina, sopratutto dopo che Henry si è esposto per lei? Restate sintonizzati e lo scopriremo.
Grazie davvero ancora (mi ripeto lo so, lo so, non me ne volete per favore *occhi come quello del Gatto con gli stivali di Shrek*) a tutti che leggete, seguite e mi fate sapere le vostre impressioni. :*
A prestissimo 
Persefone

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Capitolo 7
*** VII. What the Hell Are You Doing, Swan? ***


VII. What the Hell Are You Doing, Swan?
 
Hook era entrato come una furia nell’ufficio dello Sceriffo. Sembrava completamente fuori di sé.

- Killian, calmati. Di cosa stai parlando?

Hook si fermò davanti alla scrivania, poggiò le mani sul tavolo e contrasse le mascelle: stava cercando di calmarsi e di non perdere del tutto la lucidità.

- Te lo chiedo ancora. Mi devo dire qualcosa Swan? – disse guardandola dritta negli occhi.

Emma tentennò. A cosa stava alludendo? Era troppo sconvolto e questo non poteva dipendere solo dalle chiamate rifiutate.

- Killian … - disse Emma poggiando la sua mano vicino a quella del capitano.

Hook non si fece toccare. E a quel rifiuto Emma capì che qualcosa di veramente grosso era in ballo.

- Credevo che le cose tra noi andassero piuttosto bene. Abbiamo passato dei bei momenti insieme e poi l’altra notte … E poi vengo a sapere che non è così! Tu sei davvero sicura che il motivo, per cui non mi hai fatto entrare in casa tua, ieri sera, era solo per un salotto in disordine?
- Sì, certo …
- Bugiarda! – urlò furioso il Capitano.

Hook scaraventò sul tavolo la busta che aveva ricevuto quella mattina. Ne uscirono una serie di fotografie che la ritraevano in atteggiamenti intimi con Walsh sul divano di casa sua.

- Come le hai avute? – disse Emma con una punta di nausea per lo scempio che si stava consumando davanti ai suoi occhi.
- Non credo sia importante. È vero? Da quanto va avanti?

Se il pavimento si fosse aperto in due, Emma avrebbe accettato di essere risucchiata di buon grado pur di non dover rispondere a quelle domande. Alla luce di ciò, fu in quel momento che comprese a fondo le parole che Walsh le aveva detto a colazione.

- Dolcezza, ieri ho avuto modo di constatare quanto tu sia recalcitrante a rompere con quel pirata. Ho fatto in modo di renderti la cosa più semplice.
- E come? – disse Emma cercando di non far trasparire la sua inquietudine.
- Ho la vaga sensazione che lo scoprirai molto presto.

Ed eccola lì la facilitazione: foto compromettenti accompagnate da un bigliettino

“Era giusto che tu sapessi.
W”
 
Non poteva fare altro che continuare su quella linea.

- Rispondimi! – proruppe Hook – Da quanto va avanti? Da quanto è che vi vedete?
- È successo un paio di giorni fa. Ci siamo incontrati in città per caso. Dopo la sconfitta di Zelena ha ripreso stabilmente la sua forma umana. Non so come … ma abbiamo preso ad incontrarci spesso … e io … ho sentito ancora qualcosa per lui.
- Ma cosa dici Emma? Era una spia di Zelena!
- Mi ha detto che i suoi sentimenti per me erano veri!
- E tu gli hai creduto? E quello che provo io per te non ha valore, quello che provi per me non ne ha?
- Killian … io non te lo so dire con precisione, ma una parte di me è ancora legatissima a quello che avevo a New York.
- E quando si è palesato questo legame? Quando stavi con me? Quando facevi l’amore con me, è a lui che pensavi?  
- Ti prego abbassa la voce … e calmati … - Emma si sentiva sempre peggio.
- Calmarmi? Come posso calmarmi? Come pensi mi senta? Ho fatto di tutto per te.
- Ho solo bisogno di un po’ di tempo per fare chiarezza dentro di me.
- Con il suo aiuto immagino! Guarda qui, queste foto hanno la data di ieri! Da me scappi ma da lui ti fai consolare volentieri! Abbi almeno il coraggio di dirmelo in faccia!
- E va bene. Stavo cercando un modo più delicato, ma se proprio ci tieni … sì, sono ancora innamorata di Walsh e voglio stare con lui! – Emma cercò di estraniarsi da se stessa mentre pronunciava quella disgustosa frase.

Hook sentì il cuore fermarsi e in quel momento si chiese per quale diavolo di motivo Rumple non l’avesse sgretolato per davvero: avrebbe fatto meno male. Emma con quelle parole lo aveva ridotto a una polvere finissima.

- E allora perché sei rimasta con me?
- Non è questo il momento di parlarne, ho da lavorare. Quindi per favore, rimandiamo la scenata a più tardi!
- Benissimo allora, ma non finisce qui!

Hook uscì sbattendo la porta. Emma si accasciò sulla sedia e non riuscì più a trattenere le lacrime. Capiva benissimo come doveva essersi sentito lui quando era sotto i ricatti di Rumple. E non solo il cuore di Killian era andato in frantumi. Dover pronunciare quelle parole fece spezzare anche il suo di cuore, perché sapeva benissimo come ci si sentiva dall’altra parte. Ma cos’altro poteva fare? Fece ruotare la sedia verso il muro per dare le spalle alla porta: non voleva essere vista in quelle condizioni.

- Sceriffo Swan! Che diavolo sta succedendo qui dentro?

Emma si asciugò le lacrime velocemente: ci mancava solo Regina a rendere quella mattina complicata da superare.

- Nulla Sindaco Mills.
- Ho sentito quel pirata urlare fin dall’ingresso! E a cosa servono quei scatoloni?
- Avevo delle cose da discutere con Hook e sto facendo un po’ di pulizia. Di cosa hai bisogno?
- Ascolta, di te e me si possono dire un sacco di cose, ma non certo che siamo amiche.
- Regina, arriva al punto che ho da fare.
- Henry è preoccupato per te. Lo hai scaricato a casa mia senza una spiegazione su quello che stava succedendo, e lì l’hai lasciato. Da un paio di giorni non lo chiami neanche più. Che sta succedendo?

Emma non seppe cosa controbattere. Guardò Regina e realizzò che se c’era una persona in grado di aiutarla, quella era proprio lei. Conosceva bene la magia, era seconda soltanto a Rumple e ne governava una potente. Se neanche Regina era in grado di aiutarla era davvero finita per lei.  Doveva agire con molta cautela però: sapeva che Walsh la controllava da molto vicino, sentiva i suoi occhi scrutare ogni suo piccolo gesto. Doveva fare in modo di comunicare con lei senza essere scoperta. E c’era un solo modo per farlo.

- Ti ho detto che è tutto a posto. Non c’è bisogno di sbraitare così solo per le tue ordinanze municipali. Le ho tutte qui.
- Ordinanze municipali? Ma che diavolo stai dicendo?
- Mi hai chiesto tu di fartene una cartellina per l’archivio. Dammi solo un momento e te la prendo.

Emma si girò verso la cassettiera che conteneva tutti i fascicoli della stazione di polizia. Prese una cartellina qualunque e la fece cadere per terra. Si chinò a raccogliere i fogli e per mettere in atto la sua disperata richiesta d’aiuto. Quando ebbe finito, si tirò su e porse la cartellina a Regina.

- Ecco a lei sindaco. Ora mi scusi, ma devo fare la mia ronda mattiniera e sono già in ritardo.

Regina uscì dalla stazione di polizia incredula. Henry ci aveva preso in pieno: Emma si comportava in maniera sospetta.  Aprì la cartellina che la salvatrice le aveva dato: erano tutti fogli bianchi, tranne l’ultimo che invece era scritto.

“Sono in un grosso guaio Regina. Ho bisogno del tuo aiuto e del tuo silenzio. Dobbiamo incontrarci in un luogo sicuro e in cui la magia non possa entrare o interferire nel nostro colloquio. Io ho le mani legate: trova un modo per vederci senza destare sospetti. Grazie.
Emma.”
 

- E questo cosa vorrebbe dire? – si chiese Regina perplessa.

Per tutto il resto del giorno Hook si era chiuso nel suo silenzio e nel suo dolore. Aveva perso il conto di quante volte aveva vuotato e poi subito riempito la sua fiaschetta. Verso sera era quasi completamente ubriaco e si era appostato sotto casa di Emma. Stava per andarsene, capendo di essere uno stupido nel fare quell’assurdo appostamento, quando la vide rincasare da sola. Dopo pochi minuti vide Walsh fare il suo ingresso sul viottolo che conduceva alla porta di Emma. Alla sua vista Hook, complice tutto l’alcol ingurgitato, non fu più in grado di dominarsi.

- Brutto bastardo! – disse il pirata scagliandosi contro Walsh.
- Ma guarda – disse l’altro schivando il colpo del capitano – il cavaliere, anzi il capitano senza macchia e senza paura. Cosa ci fai qui?
- Lo sai cosa ci faccio qui! Cosa ci fai TU qui?
- Mi pare ovvio. Emma è la mia donna e sto andando da lei per cenare insieme. Se ha comprato il vino che adoro e berrò abbastanza, magari mi fermo anche a dormire da lei …

Hook lo afferrò per la collottola del cappotto e iniziò a scuoterlo con violenza.

-  Emma è la MIA donna! E tu le hai fatto qualcosa, ne sono certo!
- Ma cosa stai farneticando? Questo è il rhum che parla per te, che non sai rassegnarti alla verità.  Ti ricordo, pirata, che stava già con me prima che tu arrivassi a New York a guastare i miei piani, a metterti in mezzo!
- In mezzo io? Sei tu qua l’unico dettaglio! Se Pan non avesse lanciato la maledizione noi …
- Noi cosa capitano? Chi ti dice che avrebbe scelto proprio te e non Neal?
- E tu cosa ne sai di quello che c’era tra noi?
- Conosco Emma. Sotto la scorsa della dura c’è una donna vulnerabile e sentimentale. Farebbe di tutto per suo figlio e per la sua felicità: anche tornare con l’uomo che le ha spezzato il cuore ma che in fondo non ha mai smesso di amare. Povera sciocca!
- Non ti permettere di parlare così di lei!
- Rassegnati, è con me che starà. L’hai sentito con le tue orecchie, mi ha detto della vostra chiacchierata di stamattina. Quindi vattene! Non voglio più vederti ronzare intorno a lei o a questa casa!

Emma aveva appena acceso la luce della cucina, quando sentì due voci litigare nel vialetto. Scostò le tende della finestra e vide Hook e Walsh fronteggiarsi aspramente. Fu colta immediatamente dal panico e dalla preoccupazione che potesse succedere qualcosa al suo Killian: si precipitò fuori per cercare di proteggere, per quanto possibile, Hook.

- Ehi voi due! – disse Emma frapponendosi tra i due uomini – Smettetela immediatamente!
- Io non sto facendo niente mia cara – disse Walsh tranquillo e sapendo di avere il coltello dalla parte del manico – è lui che mi è piombato addosso.
- È vero Killian? – chiese Emma avvicinandosi al pirata e preoccupata che Walsh lo avesse ferito in qualche modo.
- Sì va bene? E lo rifarei! – esplose Hook.

Emma capì subito che il capitano doveva aver bevuto abbastanza e tutto per colpa di quello che gli aveva detto nel suo ufficio. Le si strinse il cuore mentre la frustrazione per la sua impotenza continuava a divorarle l’anima. Eppure, in qualche modo, doveva mantenere il sangue freddo per il suo bene.

- Vai a casa Hook, fatti passare la sbronza e dimenticami per sempre.
- Dimenticarti? E come mai potrei farlo, Swan? – disse Hook avvicinandosi a lei e prendendole una mano – Emma, ascoltami ti supplico. C’è qualcosa che non va. Ti sta minacciando o ricattando in qualche modo? Se è così non avere paura di lui e fidati di me: troveremo insieme un modo per venirne fuori. Non fare il mio stesso errore.
- Non dargli retta Emma! – disse Walsh tirandola per l’altro braccio.

Emma reagì d’istinto. Si divincolò dalla stretta di Walsh per concentrarsi solo sul tocco e le parole di Hook. A lui si rivolse come se Walsh non fosse a pochi passi da loro.

- Perché mi chiedi queste cose? – disse Emma, sorpresa e colpita dall’incrollabile fiducia del capitano nel loro rapporto.
- Perché quello che c’è stato tra noi l’altra notte è stato troppo intenso e profondo. E questo vale non solo per me, ma anche per te. È un qualcosa che non avremmo mai fatto se tu fossi stata sul punto di rompere la nostra storia. Ma anche io ho le mie colpe: mi sono lasciato così tanto confondere e travolgere dalla passione che non ho capito subito il vero sapore di quel gesto.
- E che sapore aveva quel gesto? – chiese Emma con un filo di voce.
- Era un malinconico addio. Avrei dovuto capirlo immediatamente quando ho visto quella lacrima rigare il tuo meraviglioso viso. – Hook le sfiorò la gota – E questa leggerezza non potrò mai perdonarmela, perché a causa sua io ora ti sto perdendo.

Davanti a quella confessione, Emma tentennò seriamente. E ringraziò il suo istinto per avergli suggerito quella sera, di non molto tempo fa, di arrendersi definitivamente ai sentimenti che Killian non aveva mai smesso di palesare a dispetto di tutto: della sua diffidenza, della lontananza, della paura di mettersi in gioco.
Walsh capì che il gioco stava rischiando di sfuggirgli di mano. Per l’ennesima volta l’invidia che provava per Hook divampò dentro il suo cuore e la macchia verde sul suo collo si espanse ancora un po’.  Afferrò Emma per il braccio e le sussurrò qualcosa nell’orecchio.

- Ricordati del frammento e ricordati che lo porto sempre con me. Non mi farò scrupoli ad usarlo qui davanti a tutti. O lui o te. Sei sicura di voler scoprire contro chi lo scaglierò?

Emma capì che doveva continuare con la messa in scena e fece appello a tutta la sua forza interiore per andare avanti.

- Non lavorare di fantasia capitano: volevo solo lasciarti con un bel ricordo di noi e basta, mi avresti fatto pena se ti avessi detto brutalmente la verità.
- Emma lo so che non le pensi queste cose, te lo leggo negli occhi, te lo ripeto fidati di me …
- E invece le penso eccome!! E ora te lo dimostro!

Emma si avvicinò a Walsh e lo attirò a sé per baciarlo. Le disgustava il contatto con le labbra dell’ex scimmia volante e, per estraniarsi, ripensò proprio alla loro ultima notte insieme. Sperò così di allontanare Hook definitivamente.
Il pirata sgranò gli occhi e morì per l’ennesima volta in quel dannatissimo giorno che sembrava interminabile. Barcollò un momento all’indietro urtando i secchioni della spazzatura. Poi, come se non avesse la forza di vedere oltre, si girò e si allontanò a tentoni, lasciando soli Emma e Walsh.

- Ma brava Emma, vedo con piacere che stai imparando. E ora dammi un altro bacio – disse stringendola ancora più forte.
- Scordatelo! Per stasera hai avuto abbastanza!
- Non potrai negarti per sempre … questo lo sai vero? Non farmi fare cose di cui potresti pentirti, dolcezza. Non mi piace fare la parte del cattivo quando non ce n’è alcun motivo. Ti concedo di essere riluttante qui a Storybrooke, ma quando saremo a New York voglio che ti comporti come una perfetta fidanzata. E con perfetta intendo sotto tutti i punti di vista. Mi manchi … soprattutto la notte …

Walsh le stampò un bacio sulla guancia e rientrò in casa. Emma rimase fuori ancora qualche minuto per cercare di dominare le sue emozioni. L’ultima frase del suo aguzzino le aveva messo i brividi. L’idea di condividere qualcosa di intimo con Walsh la inorridiva fino alla nausea. Sapeva, però, che non avrebbe potuto rimandare a lungo quell’inevitabile implicazione tra loro.  Mentre rientrava anche lei in casa, sperò che Regina avesse letto il suo messaggio e che fosse disposta ad aiutarla. Il suo destino era nelle mani della sua ex rivale e rappresentava l’unica speranza per uscire da quella tremenda situazione.

Quella stessa sera, seduta nella sua stanza, Regina, stava osservando ancora il messaggio di Emma perplessa. Era chiaro che la donna era in un guaio davvero grosso e che era oltremodo disperata se si era rivolta a lei. Assorta in questi pensieri, non si era neanche accorta della presenza di Henry sulla soglia della porta.

- Mamma, vado a dormire. Buonanotte!

Regina nascose i fogli dietro un cuscino del suo letto.

- Buonanotte Henry, vengo subito a rimboccarti le coperte.

Come suo figlio se ne fu andato, Regina capì quello che doveva fare e dove. Si sarebbe messa all’opera l’indomani mattina senza esitazioni.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Come promesso a voi il nuovo capitolo. E che dire? Fortunatamente arriva la Cavalleria!! Ah no, quella è Melinda May di Agents of S.H.I.E.L.D. Dite che si addice anche alla nostra Regina? Sì, può essere, sono entrambe due bei tipini tosti. Lo so, sto maltrando i nostri amati piccioncini in maniera indegna ma, come avete notato, più cerco di metterli in contrapposizione, più tirano fuori ettolitri di miele e zucchero. Che dire di Walsh, sembra sempre più il Joker. Il capitolo è un po' più lungo del solito ma spero sia scorrevole come tutti gli altri. Ho più o meno buttato giù una scaletta di massima, la storia dovrebbe aggirarsi intorno ai quindici capitoli (trattabili a seconda della complicità o meno della musa ispiratrice). Grazie a tutti per le letture e le recensioni, che sono sempre molto carine, e l'inserimento nelle varie categorie!
See you soon!!! :*
Persefone 

 

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Capitolo 8
*** VIII. There’s Always a Way to Work It Out ***


 
VIII. There’s Always a Way to Work It Out
 
Regina aspettò che Henry uscisse di casa per attuare il suo stratagemma. Ci aveva riflettuto tutta la notte e vagliato ogni ipotesi. Alla fine della fiera, la sua prima idea si era rivelata quella più sicura. Prese il cellulare e compose il numero di Emma.
Dopo l’ennesima notte quasi in bianco, Emma si stava preparando un caffè nero amaro e fortissimo per tirarsi un po’ su. Aveva lasciato Walsh dormire al piano di sopra, sperando in un momento di pace solo per lei. Nella sua momentanea solitudine, non aveva potuto fare a mano di pensare a quello che era successo la sera prima. Da quando Gold era stato bandito, aveva fatto di tutto perché Hook non si sentisse eccessivamente in colpa per tutto quello che era stato costretto a fare. Cercava di parlare il meno possibile di quello che era successo e non tanto perché aveva paura di sapere: la sua unica preoccupazione era quella di non ridestare nell’uomo ferite ancora fresche con domande fuori luogo. Ma ora che si trovava dall’altro lato del tavolo, capì la voglia che, invece, l’uomo aveva manifestato di esternare quell’esperienza. Si rimproverò il fatto di non averlo assecondato fino in fondo. Strinse il telefono tra le mani, aveva una voglia matta di sentirlo, di chiedergli scusa, di stringerlo a sé. E poi una voce la fece trasalire.

- Buongiorno Emma, perché non mi hai svegliato? Smettila di sgattaiolare via dal letto in questo modo! Lo sai che la mattina mi piace svegliarmi con te accanto e non da solo.

Più Walsh manifestava la voglia di qualcosa di più intimo con lei, più Emma sentiva il disgusto dilagare nelle sue vene.

- Vedo che hai preparato la colazione. – disse Walsh osservando il cibo sul bancone della cucina – allora … caffè … spremuta d’arancia … cereali … pancake … pancake? Lo sai che li odio! Io preferisco le uova strapazzate la mattina. E poi perché ne hai fatti così tanti?

Emma improvvisamente riprese coscienza di quello che stava facendo. Fino a quel momento era stata come in trance e aveva preparato la colazione come se dovesse scendere Killian e non Walsh.

- Questa era la colazione che preparavi per lui? – esplose Walsh – Emma, non ti è bastata la lezione di ieri? Te lo devi togliere dalla testa! Ti avverto, sto iniziando a perdere davvero la pazienza!

- Ti preparo subito le uova Walsh – disse Emma cercando di tamponare la situazione.

Si girò verso i fornelli per cucinare. E non poté fare a meno di ripensare a quella domenica in cui aveva davvero preparato per lui la colazione. Sembrava tutto così lontano e invece non erano passate che poche settimane. Cacciò in fondo alla sua testa quelle immagini di lei e Killian felici in quella stessa cucina e cercò di concentrarsi sul presente per non tradirsi ancora.
Perché Regina non si era ancora fatta sentire? Se davvero quel silenzio significava che aveva deciso di negarle il suo aiuto, non c’era davvero modo di evitare il trasferimento a New York. Doveva cominciare a trovare qualcosa da dire almeno ad Henry, non poteva lasciarlo lì senza una parola. Proprio quando sentì di aver toccato il fondo, il suo telefono si mise a vibrare. Emma guardò l’apparecchio con un misto di paura, qualora fosse stato Hook, e di speranza, nel caso invece che fosse Regina. Era così preda di questa lotta interiore che rimase immobile a fissare il telefono.

- Emma rispondi a quel telefono! Mi disturba questa confusione appena sveglio!

Emma si avvicinò al telefono e guardò trepidante il nome sul display.

- Ricordati cosa fare se è lui, non voglio ripetertelo.
- Non è Hook ma Regina – disse lei sentendo divampare una fiamma di speranza dentro.

Emma avviò la comunicazione e sperò nella sua buona stella, se mai ce ne fosse stata una.
 
- Swan, ma quanto ci metti a rispondere? – disse Regina
- Scusa, ero in bagno. Come mai chiamo così presto? È successo qualcosa a Henry?
- Ti chiamo per questioni di lavoro. Mi ha appena telefonato il guardiano del cimitero. Stanotte qualcuno ha scassinato la mia cripta e profanato la tomba di mio padre. Voglio sporgere denuncia e che tu avvii un’indagine. Mi sto recando sul luogo per controllare di persona i danni. Ti aspetto lì tra quaranta minuti per fare un sopralluogo e stilare il relativo verbale.

Nella mente di Emma fu subito tutto chiaro: Regina, cripta, sopralluogo dello sceriffo, indagine. Regina aveva letto il suo biglietto ed era disposta ad aiutarla, o almeno a provarci. Si meravigliò, per l’ennesima volta, di quanto poteva essere saggia sua madre: una volta aveva detto che la speranza era la più potente delle magie. Era dannatamente vero.
- Va bene Regina, arrivo subito.

Emma riattaccò e prese le chiavi del maggiolino per uscire. Aveva un’ottima scusa anche per allontanarsi da quell’ambiente che la stava soffocando lentamente.

- Dove vai Emma?
- Regina mi vuole vedere.
- Inutile che ti ricordi cosa succede se ti fai sfuggire anche solo una parola … cosa vuole?
- Ha subito un furto ed io sono ancora lo sceriffo. Si tratta solo di lavoro.
- Sai che sarò subito dietro di te, quindi non fare sciocchezze. Vedo e sento tutto quello che dici.

Venti minuti dopo Emma era davanti alla cripta di Regina. Costatò con piacere che la donna aveva curato la messa in scena fin nei minimi dettagli: la porta della cripta era scassinata e dentro era tutto in disordine. Dopo pochi minuti vide Regina venirle incontro.

- Sceriffo, come vede, ho subito un bel danno.
- Vedo. Manca niente?
- Non credo, ma vorrei che entrasse con me a controllare se non le dispiace.
- Certo. Dopo di lei signor Sindaco.
 
Non appena Emma e Regina furono dentro, la pesante porta alle loro spalle si chiuse.

- Allora Swan, che diavolo stai combinando?
- Non capisco di cosa parla. Siamo qui per lavoro.
 
Emma era sbalordita da quella schiettezza, fino a quel momento era andato tutto liscio, perché Regina aveva mollato di punto in bianco ogni precauzione?

- Emma non può sentirci qui. La cripta è schermata.
- Vuoi dire che non sa dove sono? Così lo insospettirò! Dannazione Regina ti avevo chiesto di essere discreta, non di fare uno show di magia!
- Swan, mi hai presa per una fattucchiera da fiera? Ho armato questo casino per aiutarti non per essere insultata da te! Se non ti va bene, quella è la porta e cavatela da sola!
- No aspetta, scusa è che ho i nervi a fior di pelle …
- La cripta è avvolta da un incantesimo di protezione che fa vedere a chi vuole spiare quello che ritiene stia accadendo.

A quelle parole, Emma si accasciò a terra e si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Dopo essersi sfogata, aveva raccontato tutto a Regina: l’incontro con Walsh nel vicolo del pescatore; la storia di come l’uomo aveva ereditato i poteri di Zelena; il sortilegio con cui le aveva tolto nuovamente i suoi poteri; i ragguagli di Rumple e il fatto che la minacciasse con un frammento di specchio intriso con l’incantesimo di Ingrid; i ricatti e infine l’imminente separazione da tutti.

- Vuole che lo segua a New York tra quattro giorni. Non so nemmeno se potrò salutare almeno Henry.
- Non puoi farlo Swan, non puoi abbandonarlo così, ne soffrirebbe troppo.
- Credi che non lo sappia? – disse Emma piangendo – ma non posso rischiare. Anzi scusami per averti coinvolta, ma non sapevo proprio dove sbattere la testa. Mi puoi aiutare in qualche modo?
- Così su due piedi non saprei. Cioè ho bisogno di un po’ di tempo per fare delle ricerche. Il potere di Zelena si sconfigge solo con la magia bianca e tu sei l’unica ad averla.
- Ho pochissimo tempo. Se non troverai un modo tu, sono davvero nei guai. Per favore.
- Va bene Swan. Dammi un paio di giorni.
- Sei la mia salvatrice personale Regina. Non lo dimenticherò. E ora stiliamo il rapporto così da continuare questa messa in scena.

Emma si mise a scrivere la deposizione di Regina. Prima di uscire, però, il sindaco le diede le ultime indicazioni.

- Non cercarmi, Emma, mi farò viva io. Replicherò questo incantesimo di protezione nei luoghi in cui ci incontreremo. Affinché l’incantesimo funzioni, devi dire a Walsh dove vai, cosa fai e con chi sei. Ripeti esattamente le mie parole. Mi raccomando, è importante.
- Va bene, starò molto attenta. Prima di andare, però, posso farti una domanda?
- Avanti, ma sbrigati perché il tempo è contro di noi e non mi hai chiesto di trovare un banale filtro d’amore.
- Perché lo stai facendo? Insomma non siamo proprio amiche e i nostri rapporti sono stati piuttosto burrascosi in passato, insomma non mi devi poi molto …
- L’ho promesso a Henry. Per quanto hai cercato di non insospettirlo, lo sai come è fatto: ha capito subito che c’era qualcosa che non andava. È vero, a volte ti comporti in modo avventato, ma devo riconoscere che le tue intenzioni non sono mai negative. E poi perché nonostante le apparenze avevi ragione Swan: solo io e te sappiamo esattamente cosa voglia dire sentirsi rifiutati e incompresi.
- Io … davvero … grazie …
- E ora vai, mi metto subito all’opera.

Quando il sole calò nuovamente su Storybrooke, Emma si vide costretta, suo malgrado, a tornare a casa. Stava guardando fuori dalla finestra della sua stanza da letto mentre Walsh era in bagno. Approfittò di quel momento per chiudersi di nuovo in se stessa. Quella separazione forzata era davvero un’agonia e capì veramente come doveva essersi sentito lui durante l’anno che lei ed Henry avevano passato a New York. Aprì il primo cassetto della cassettiera vicino alla finestra e ne tirò fuori, dal fondo, una cosa che custodiva gelosamente. Era la fascia nera che Hook aveva usato per bendarle la mano in cima alla pianta di fagioli. Non l’aveva mai restituita all’uomo. Se la passò intorno al collo e la mise proprio come la portava lui la prima volta che l’aveva incontrato nella Foresta Incantata. E fu come sentire di nuovo le sue braccia intorno al suo collo. Le sembrava addirittura di sentire l’odore della sua pelle che tanto amava. La fine dello scroscio d’acqua le fece capire che Walsh stava per tornare, ma non aveva nessuna intenzione di rimettere a posto quell’unica cose che le era rimasta dell’uomo che amava. La fece scivolare sotto la felpa e tirò su il colletto in modo tale che la coprisse tutta. Si rimise vicino alla porta in attesa che Walsh entrasse nella stanza.
Regina aveva passato tutto il giorno sui suoi tomi di magia, ma non era riuscita a trovare niente, neanche il più piccolo indizio che potesse metterla sulla buona strada. Ancora una volta tutto il suo sapere magico non era servito a niente. Rumple era davvero il numero uno e lei non era minimamente alla sua altezza. Era frustrante ammetterlo, ma era proprio così. Passò davanti alla vetrina di Granny e i suoi occhi si fermarono sugli avventori che in quel momento erano presenti. Uno in particolare attirò la sua attenzione.  E fu allora che le tornò in mente una loro conversazione sul ponte della Jolly Roger mentre erano diretti a Neverland.

- Questo non è esattamente il lieto fine che volevo – disse Hook
- Greg Mendell mi ha detto una cosa divertente. Ha detto che sono una cattiva. E per i cattivi non c’è lieto fine. Secondo te è vero?
- Spero di no. O avremo sprecato le nostre vite.

Anche lei e Hook avevano qualcosa in comune: la testardaggine. Ma era stato lui il primo a credere nel lieto fine. Aveva avuto modo di costatare quanto positivo era stato per lui rinunciare alla vendetta e abbracciare incondizionatamente l’amore che provava per Emma. Certo, il pirata non aveva un cuore scuro come il suo, ma era stato quel cambiamento a portare Regina a convincersi che anche per lei c’era speranza, che di lì a poco avrebbe avuto un nome: Robin Hood. Proprio per questo non riusciva a vederlo in quelle condizioni. Era seduto al bancone con una bottiglia semi vuota di rhum, sempre che fosse, in effetti, la prima. Era solo e molto probabilmente disperato. Nessuno meglio di Regina capiva cosa l’uomo stava provando in quel momento: lei aveva perso Robin mentre lui stava perdendo Emma. Qualcosa scattò dentro di lei e decise di entrare da Granny.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Donzelle, prima cosa buon 8 marzo a tutte!!! E poi dato che stanotte Morfeo non vuole proprio saperne di venirmi a trovare, ho deciso di pubblica il nuovo capitolo. Regina per fortuna ha deciso di dare una mano alla nostra sventurata salvatrice, ma non sembra cavarsela bene, cosa vorrà da un probabile ubriaco capitano? Il capitolo non è dei migliori ma è anche un po' di passaggio per introdurci in una nuova fase della storia. Che dire, domani a quest'ora (01:58) la nuova puntata starà per andare in onda e io non vedo l'ora di gustarmela come si deve!!! Grazie come sempre per le letture, le recensioni, l'affetto e l'inserimento nelle varie categorie. 
Un bacione e buon OUAT day a tutti!! Ci sentiamo lunedì per sclerare tutti insieme appassionatamente!
Persefone
 

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Capitolo 9
*** IX. A Strange Rescue Couple: The Pirate and the Evil Queen ***


IX. A Strange Rescue Couple: The Pirate and the Evil Queen
 
Mentre si stava avvicinando al pirata, Regina non poté fare a meno di notare la postura dell’uomo: aveva le spalle curve e lo sguardo fisso nel vuoto. Con gesto meccanico, Hook vuotò il restante contenuto della bottiglia nel bicchiere e lo buttò giù tutto d’un fiato.

- Granny! Portami un’altra bottiglia!
- Andiamo Hook, te ne sei già scolata una intera da solo. Non ti fa bene.
- Nonna, pensa ai fatti tuoi! E poi questa bottiglia non era neanche piena.
- Ma si può sapere cosa ti prende? Non credo che Emma sarebbe contenta di vederti così.

Come Granny pronunciò quel nome, una rabbia cieca esplose dentro il pirata. Era come se un grosso buco nero si fosse spalancato e lo stesse risucchiando dentro.

- Non sei mia madre così come Emma non lo è! Quindi dammi da bere o me ne vado da un’altra parte.

Granny alzò gli occhi e incontrò quelli di Regina. La donna le fece cenno di non preoccuparsi e di accontentare il volere del pirata. Granny si allontanò per prendere una bottiglia nuova.

- Non capirò mai perché voi pirati andiate matti per il rhum e perché lo consideriate una valida soluzione per ogni problema. – disse Regina sedendosi accanto a Hook.
- Di sicuro non fa mai male – rispose Hook fissando il bicchiere
- Non credo che il tuo fegato sia d’accordo … ammesso che tu ne abbia ancora uno …
- Cosa vuoi Regina? Sei venuta per canzonarmi? Ti avverto non sono dell’umore adatto!
- Dov’è finito il tuo senso dell’umorismo?
- Sparito da quando Emma … lascia perdere …

Granny tornò con la bottiglia di rhum stappata. Hook chiese un altro bicchiere per Regina e versò da bere per entrambi.

- Alla faccia del lieto fine! – disse Hook bevendo il suo bicchiere tutto in un sorso.

Regina lo guardò un momento e tornò ad immedesimarsi in lui e nel suo dolore.

- Sai qual è la verità? – riprese Hook – Non sono mai stato in me da quando sono qui. Dovevo immaginare il perché: non ho lei.
- Lei? – disse Regina confusa, non capendo a cosa stesse alludendo il pirata.
- La Jolly Roger.
- Parli di un’imbarcazione come se fosse una donna …
- Le donne vanno e vengono, ma una vita da pirata è per sempre.
- E questo vale anche per la signorina Swan? Ho sentito il vostro litigio alla centrale.
- Mi piacerebbe che fosse così …
- Facciamo una cosa. Smetti di bere e vattene a dormire. Domani mattina ci vediamo qui davanti.
- E questo cosa vorrebbe dire?
- Che ti devi fidare di me al momento.

Regina si alzò e uscì dalla tavola calda, mentre Hook rimase ancora un po’ a fissare il bicchiere vuoto. Non aveva alcuna voglia di tornare in camera, dove si sentiva soffocare. Si alzò anche lui ed uscì a fare due passi, sperando che l’aria fredda della notte potesse dargli qualche giovamento.

Camminava senza meta da più di mezz’ora, quando si rese esattamente conto di dove i suoi piedi l’avevano portato: davanti casa di Emma. Tutte le luci della casa erano spente e le tende tirate. Hook si chiese cosa stesse facendo Emma in quel momento, se era in casa, se era sola, se era il caso di provare ancora a parlarle. Alzò lo sguardo verso la finestra del secondo piano, dietro alla quale c’era la stanza che avevano condiviso qualche volta. Improvvisamente si accese la luce di un abat-jour e vide la figura di qualcuno appoggiarsi alla finestra. Era lei, non ne aveva il minimo dubbio.

Non appena Emma si avvicinò alle tendine della finestra della sua stanza, non poté fare a meno di non notarlo in strada: guardava malinconicamente verso di lei. Strinse ancora più forte la fascia nera che portava al collo. Nonostante la voglia di urlargli la verità, Emma lo pregò col pensiero di andare via e sperò che davvero Regina potesse darle una mano.

- Emma – disse Walsh alle sue spalle – è tardi, andiamo a mangiare.

Come Hook vide la luce della stanza spegnersi, si sentì ripiombare nell’oscurità della sua anima. Voleva bere ancora ma sapeva di non poter tornare da Granny. Si recò, allora, nell’unico posto in cui nessuno gli avrebbe fatto domande: il molo.

Aveva scelto la panchina più isolata della banchina. Sdraiato con la sua giacca usata a mo’ di coperta, stava rimirando le stelle che così tante volte aveva interrogato nei suoi viaggi in mare. Aveva una forte emicrania e cominciava a sentirsi la testa pesante.

- Sai Swan – disse tra sé e sé nel dormiveglia – mi sarebbe davvero piaciuto portarti in barca e farti vedere quanto sono bravo in mare. Mio fratello diceva che avevo un grande futuro in marina. Vorrei farti vedere che, in fondo, qualcosa di buono la so combinare anche io, nonostante le apparenze …

Quando il sole sorse il mattino dopo, Hook aveva ancora un gran mal di testa e cercò di nascondere il capo sotto la giacca. Stava facendo di tutto per riaddormentarsi ma, come da lontano, gli rimbombarono nel cranio le parole di Regina: domani mattina ci vediamo qui. Qui dove, si stava chiedendo il capitano, ancora indeciso se riaddormentarsi o tornare vigile.

- Domani mattina ci rivediamo qui davanti

Ora ricordava bene tutto quello che era successo la sera precedente e la chiacchierata con Regina. Qualcosa dentro di lui lo spingeva ad alzarsi e a fare quello che Regina voleva. Decise, quindi, di svegliarsi. Si stiracchiò la schiena e si stropicciò il volto. Era ora di tornare da Granny e darsi una ripulita.

Nella sua stanza, Hook si stava lavando la faccia con acqua gelida per cercare di svegliarsi completamente. Si passò l’asciugamano sul viso e poi andò nell’armadio a prendere una camicia pulita. Guardò l’orologio sul display del suo cellulare: aveva tempo per farsi un caffè. Prima di infilarsi la camicia pulita andò ad accendere la macchinetta.
Era seduto a un tavolo di Granny da più di dieci minuti e aveva già bevuto quattro tazze di caffè in attesa che il sindaco si facesse vivo. Stava già dando l’assalto alla quinta tazza, quando vide Regina entrare e dirigersi verso il suo tavolo.

- Buongiorno Capitano, passata la sbronza?
- Più o meno, allora che ci faccio qui?
- Seguimi e lo scoprirai
- Giusto perché tu lo sappia, non sei il mio tipo Regina … E poi saremo anche stati mollati entrambi, ma non mi sembra il modo giusto per consolarsi ...
- Modera la tua insolenza Pirata! La questione è seria.

Hook seguì il sindaco fuori. Stavano camminando sul marciapiede e ancora la donna non le aveva detto quale era la loro meta.

- Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?
- Non qui, pazienta e a tempo debito saprai tutto.

Camminarono in silenzio e per vie secondarie fino alla cripta di Regina. Hook entrò seguendo la donna senza fare ulteriori domande.

- Allora Regina, mi vuoi dire il motivo di questo rendez-vous?
- Emma Swan.

Hook sentì il respiro smorzarsi nei suoi polmoni.

- Cosa c’entra Emma?

Regina si voltò verso una dei suoi tomi e ne estrasse un foglio di carta. Lo porse al pirata senza parlare. Hook afferrò il foglio perplesso. Non appena i suoi occhi si posarono sulla carta, riconobbe immediatamente la calligrafia di Emma. Lesse avidamente il biglietto e poi tornò a guardare Regina.

- Che significa? Regina se è uno scherzo è davvero di pessimo gusto!
- Emma me lo ha fatto avere l’altro ieri dopo il vostro litigio.
- L’hai vista? Vi siete parlate?
- Sì, ieri mattina e mi ha raccontato tutto.
- Tutto cosa, Regina?
- Mi ha chiesto di mantenere il segreto per la vostra sicurezza.
- Vostra?
- Di Henry, tua, dei suoi genitori e del piccolo Neal.
- Regina, ti prego dimmi che sta succedendo. Non farò colpi di testa, giuro
- Va bene, ma non farmene pentire. Walsh sta ricattando Emma.
- Lo sapevo! Gliela spacco quella faccia!! – disse Hook facendo un passo verso la porta.
- Allora? – Regina aspettò che Hook si calmasse prima di proseguire – Ha ereditato i poteri da Zelena e ripristinato i suoi incantesimi: Emma non ha di nuovo la magia.
- Maledetto bastardo! Se solo le torce un capello io giuro che …
- Hook piantala! Non è della tua impulsività che Emma ha bisogno in questo momento! Stammi a sentire piuttosto! Walsh è in possesso dell’incantesimo dello specchio in frantumi e con quello tiene  Emma sotto scacco: ha minacciato di usarlo su di lei o su qualcuno dei suoi affetti.
- Ma non era sparito con Ingrid quell’incantesimo?
- Pare che Gold sia riuscito a prendere un frammento dello specchio originario e a replicare l’incantesimo. Walsh l’ha barattato in cambio di non so cosa.
- Dannato Coccodrillo! È meglio per lui che non metta mai più piede qui!
- Lascia perdere Gold! Abbiamo problemi molto più gravi da risolvere, come salvare la tua bella!

Hook cercò di riprendere il controllo delle sue emozioni. Regina aveva ragione, doveva rimanere lucido se voleva essere d’aiuto alla sua Emma.

- Cos’altro ti ha detto? – chiese Hook.
- Walsh vuole riportarla a New York. Abbiamo solo due giorni per impedire che questo accada.
- Perché Emma si è rivolta proprio a te? Insomma …
- Lo so quello che pensi e forse hai ragione. Sperava che la mia conoscenza delle arti magiche potesse aiutarla.
- Ed è così?
- Si e no. Ho passato tutta la giornata di ieri a cercare qualcosa nei miei libri, ma senza successo.
- Emma ti ha chiesto di parlarmi?
- No e se lo sapesse mi ucciderebbe probabilmente. Mi aveva chiesto la massima discrezione. Ma ti sto dicendo tutto per due motivi. So che stai lavorando con Belle alla biblioteca per cercare un incantesimo che sia in grado di liberare le fate. Potresti fare qualche ricerca? Se ci entrassi io, la cosa sembrerebbe sospetta, mentre tutti sanno perché ti rechi lì. Mi raccomando, però, Belle non deve sospettare nulla.
- Mi metto subito alla ricerca di qualcosa. Tra l’altro ho appuntamento proprio con leie tra mezz’ora.
- Perfetto, io continuo a consultare i miei libri, magari mi è sfuggito qualcosa.    
- Qual è il secondo motivo per cui mi stai dicendo tutto?

Regina per un momento non rispose. Avrebbe la sincerità potuto essere una buona cosa da mostrare agli altri? Forse era il caso di cominciare a correre dei rischi in tal senso.

- Capisco come ti senti Hook. Anche io come te ho perso qualcuno a cui tenevo moltissimo, per circostanze che non sono dipese dalla nostra volontà. Se due mesi fa mi avessero chiesto se Emma meritasse una cosa del genere, probabilmente avrei risposto di sì. Ma quando ho visto nei suoi occhi, così come nei tuoi, il mio stesso dolore, ho capito che nessuno merita di essere afflitto da un tale sofferenza, soprattutto quando è corrisposto. E poi non posso permettere a Walsh di spezzare il cuore di Henry: soffrirebbe troppo per una così brusca separazione da Emma. Non posso contare su David o Mary Margaret, sai come sono fatti. No, tu sei il miglior aiuto per lei e per me.

Hook e Regina non erano mai stati così sinceri come in quel momento. Capirono che collaborare con discrezione era l’unico modo per tirare Emma fuori dai guai.

- Benissimo puoi contare sul mio aiuto e sul mio silenzio.
 
Belle stava mettendo l’ultimo libro a posto, quando l’orologio scoccò l’una.

- È già ora di pranzo, come vola il tempo! Vado da Granny – disse rivolgendosi a Hook – tu non vieni?
- Vai avanti Belle. Io rimango a sfogliare questo libro. Forse ho trovato qualcosa sul cappello e non voglio perdere il filo.
- Bene, ma non rimanere a stomaco vuoto. A dopo.

Hook aspettò che Belle uscisse e si allontanasse un po’ prima di buttarsi a capofitto nella sua nuova ricerca.




ANGOLO DELL'AUTRICE:
E quindi alla fine Regina ha coinvolto Hook nelle ricerche e gli ha raccontato tutto. Visto che poi non lo strapazzo troppo il cuore del povero pirata!! Ho preso qualche spunto dalle puntate che sono andate in onda che cadevano, come si suol dire, a fagiuolo con quello che stavo scrivendo :D. E quindi la domanda ora è: riusciranno i nostri eroi (Regina e Hook Eroi OoO) a trovare una soluzione o sarà la soluzione a trovare i nostri eroi? Scherzi a parte, l'idea di una collaborazione tra i due mi stuzzicava sin da quando questa idea ha preso piede nella mia testa, spero che piaccia anche a voi. Che dire della puntata di domenica, vedere i due piccioncini spiccionare come se non ci fosse un domani fa sempre bene al cuore, ma ho come la vaga sensazione che i nostri autori siano stati contattati da qualcuno per testare un nuovo ansiolitico da lanciare sul mercato: tra poco apparirà una scritta durante lo show che dirà più o meno così: Le nuove puntate della serie ti stanno generando un'amsia pazzesca? Prova il nuovo #visserofelicituttiecontentioalmenochièsopravvissuto e anche tu riuscirai a goderti il tuo happy Ending!
Per l'angolo #sietetuttimagnifici grazie come sempre per le letture, i commenti e gli inserimenti 
Un bacio e a prestissimo ;*
Persefone




 

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Capitolo 10
*** X. Oz’s Secrets ***


X. Oz’s Secrets
 
Aveva consultato una marea di volumi senza trovare nulla. All’ennesimo buco nell’acqua, Hook scaraventò il libro su uno scaffale, facendo cadere tutto per terra. Sapeva quanto Belle tenesse ai libri e alla loro integrità, perciò si precipitò a controllare di non aver combinato eccessivi danni. Li stava raccogliendo per rimetterli a posto, quando uno, apertosi durante la caduta, catturò la sua attenzione. O meglio, la figura che vi era rappresentata sulla pagina lo incuriosì: rappresentava il famoso ciondolo che Zelena portava al collo. Prese il libro da terra ed iniziò a scrutarlo. Poi lo chiuse, tenendo il segno sulla pagina con la figura, per leggerne il titolo.

- I segreti di Oz – disse il pirata tra sé e sé.

Si fermò un momento a riflettere. Fino a quel momento si era concentrato solo sull’incantesimo dello specchio in frantumi. Le sue ricerche erano state un completo disastro: non era riuscito ad andare oltre a qualche antica e vaga leggenda norrena. Sicuramente se ci fossero state Elsa e Anna avrebbe potuto fare di meglio, ma loro non c’erano e questo era un fatto. Il punto era che si era talmente concentrato sul frammento che aveva completamente tralasciato Walsh e il suo potere. Regina aveva detto che l’aveva ereditato da Zelena e quindi, di conseguenza, seguiva le leggi di Oz. Cosa sapevano loro di Oz? Nulla. E se la chiave fosse proprio lì? Hook si grattò l’orecchio perplesso: aveva poco tempo e di certo non poteva permettersi il lusso di sprecarlo. D’altro canto, era in un vicolo cieco e non gli erano rimaste tante altre opzioni. Strinse il tomo nella mano. Poi, come se fosse animato da una nuova forza, lo portò al tavolo che occupava e iniziò a sfogliarlo, proprio dal punto in cui aveva preso il segno.  Tornò qualche pagina indietro, per trovare l’inizio del paragrafo, ed iniziò a leggere.
 
La sicurezza del regno di Oz è affidata alla Sorellanza. Si tratta di un consiglio composto dalle quattro streghe che governano i punti cardinali del regno: la Strega del Nord, la Strega del Sud, la Strega dell’Est, la Strega dell’Ovest. Ognuna di loro rappresenta anche una virtù: il nord la saggezza, il sud l’amore, l’est la saggezza e l’ovest l’innocenza. La loro forza sta nella loro unione e non nella loro singolarità. Zelena, la strega venuta ad Oz attraverso un ciclone, fu invitata da Glinda, la strega buona del Sud, ad unirsi a lei e alle altre due sorelle per reggere i destini di quel regno. La strega buona del Sud aveva intenzione di affidarle l’ovest. L’agire di Glinda fu dettato dalla sua volontà di offrire a Zelena una possibilità di cambiare il suo futuro e prendere così il suo destino in mano. Davanti alle perplessità di Zelena, circa la sua idoneità al ruolo, Glinda le disse di non preoccuparsi e che chi rivendica l’innocenza può essere tanto potente quanto chi nasce con tale qualità insita in sé: bisogna semplicemente scegliere di essere buoni.
Furono queste le parole che convinsero Zelena a desistere dai suoi piani per cambiare il suo passato e uccidere la sua sorellastra. Per premiare questa scelta, Glinda le fece dono del ciondolo della Sorellanza: si tratta di un pendente speciale che va custodito gelosamente perché in esso si riversa la magia della strega che lo porta. Una caratteristica poco conosciuta di questi ciondoli è che possono essere usati per comunicare con gli altri membri della sorellanza anche se si trovano in regni diversi …”
 
Hook aveva letto avidamente fin qui. Stava girando pagina, quando si accorse che la successiva era strappata.

- Dannazione! Potevano esserci delle informazioni utili ancora!

Poggiò la schiena sulla sedia e si mise a riflettere ancora su come poter sfruttare a suo vantaggio quelle informazioni. Poi, senza preaviso, nella sua testa gli sembrò di sentire la voce del suo cigno ripercorrere un ricordo non troppo lontano.

- Wow. Attenzione al pirata in agguato. Che stai facendo? – aveva detto Emma dopo averlo sorpreso in un angolo, la settimana scorsa, mentre si stava crucciando su come riuscire a salvare le fate.
- Solo pensando.
- In agguato e pensieroso. Tipica combinazione.

Hook guardò fuori dalla finestra. L’essere venuto a sapere di come stavano le cose aveva lenito un poco la sofferenza per il suo allontanamento forzato da Emma, ma non era abbastanza. Non erano solo le gioie dell’amore a mancargli, ma anche il sarcasmo e l’ironia che facevano del loro rapporto qualcosa di unico. Nonostante avesse vissuto quasi duecento anni solo con se stesso, non era pronto a ripiombare nella sua solitudine, nell’oscurità del suo animo, non dopo aver assaporato il tepore dei raggi del sole di un nuovo amore. Avrebbe voluto dirle tante cose, aprirsi ancora di più ed essere in grado di curare le sue ferite e le sue paure. Poteva ben capire perché Emma si fosse comportata così, ci era passato. Ma capì anche come doveva essersi sentita lei e perché era così ossessionata dalla sincerità. Fece una promessa a se stesso: se mai fosse riuscito a tirarla fuori dai guai non  le avrebbe mai più nascosto  niente.

Quando Belle tornò dalla pausa pranzo trovò Hook ancora intento a riflettere. Era pallido e probabilmente non aveva neanche mangiato.

- Ehi Hook! Ma sei rimasto qui?
- Così pare …
- Ascolta so che le cose tra te Emma non vanno bene, ma non puoi fare così … la vita continua e credimi per dirtelo io …

Hook non la stava minimamente ascoltando. Era ancora immerso nelle sue elucubrazioni mentali: sentiva che la chiave per trovare una strada per venirne fuori era lì a portata di mano, ma era come se non riuscisse ad afferrarla. Stava girando attorno alla soluzione sena afferrarla mai.

- Il cuore – stava dicendo Belle – ha un solo posto sicuro …

Un fulmine squarciò la testa del pirata. Regina aveva ancora il pendente di Zelena. Quando l’aveva sconfitta, aveva detto che l’avrebbe messo in un posto sicuro e questo poteva voler dire una sola cosa: la sua cripta. Se il libro aveva ragione, potevano usare quel ciondolo per contattate le altre streghe della Sorellanza e parlare con loro. Si alzò di scatto, sotto gli occhi di un’esterrefatta Belle.

- Belle grazie!
- Ma … che succede?
- Niente, non ti preoccupare! Ti riporto presto il libro
- Aspetta …

Belle non fece in tempo a  finire la frase che Hook era già uscito e si era confuso con la gente sul marciapiede.

Emma stava mangiando sola a un tavolo vicino alla vetrata di Granny. Aveva ritardato la pausa pranzo. Si era presa il pomeriggio libero: tra due giorni avrebbe lasciato la città e doveva sistemare alcune cose in casa. Più si avvicinava il giorno della partenza più Walsh si faceva ardito.
Prima che tutta questa storia avesse inizio, di solito lei e Hook pranzavano sempre insieme. Quando si ritrovò a fissare il toast al formaggio, le tornò in mente quella volta che Killian le aveva portato il pranzo in ufficio. Era immersa nelle carte di un caso di cui non ricordava nulla in quel momento, quando sentì il suo infondibile passo dirigersi verso la sua scrivania.

- Toast al formaggio, proprio come piace a te – aveva detto Hook posando sulla scrivania una busta da asporto di Granny.

Emma si era voltata verso di lui schiudendo le labbra in un sorriso che avrebbe ubriacato chiunque, anche un astemio. Era rimasta seduta e lo aveva abbracciato alla vita mentre lui era rimasto in piedi.

- Patatine fritte? – chiese Emma in tono di benevola sfida
- Anelli di cipolla.
- Bene, ti stavo mettendo alla prova.

Mentre ripensava a quei momenti insieme, Emma stava giocando con un lembo della fascia nera che ormai portava sempre al collo. Le capitava sempre più spesso di perdersi in quei piccoli momenti e soltanto ora ne capiva a pieno il sapore.

- Emma – disse David toccandola e ridestandola dai suoi ricordi – che ci fai qui da sola?
- Sto mangiando papà.
- Ascolta – disse l’uomo sedendosi di fronte a lei – perché stasera non vieni a cena da noi? Sembra che tu sia sparita in questi giorni e noi siamo preoccupati.
- Non lo so … devo finire di sistemare delle cose a casa.
- Ascolta, so che tu e Hook avete avuto una forte discussione l’altro giorno.
- Devo ricordarmi di tappare la bocca a Brontolo, uno di questi giorni!
- Non è questo il punto ma …

In quel momento David notò il foulard nero intorno al collo della figlia.

- Perché porti un foulard? Di solito neanche ti piacciono …
- Niente papà – disse Emma cercando di nasconderla sotto la giacca di pelle.

In quel momento un trafilato Hook si stava dirigendo a passi svelti verso una destinazione a lei ignota. Emma non poté fare a meno di guardarlo, portando David completamente fuori strada. Davanti a quella reazione l’uomo cercò subito di slegare il foulard al collo della figlia.

- Che ti ha fatto? Fammi vedere!
- Papà non ha fatto niente, per favore
- No! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel pirata! Ma ora vede! Come ha osato?
- Ma cosa dici?

Emma scostò il foulard dal collo e mostrò come, su di esso, non c’erano segni di alcun tipo
- Sei contento ora? – disse Emma piuttosto seccata.
- Io … scusami … non volevo … è che sei strana e non capisco il perché …
- Lo so che Hook non ti è poi così simpatico … ma ti posso assicurare che non mi farebbe mai del male.
- Ne sei proprio sicura?
- Sì– disse la salvatrice alzandosi per andare via – io mi fido di lui .

Quando Hook raggiunse la cripta di Regina, si fermò un momento per riprendere fiato dopo la lunga corsa. Bussò alla pesante porta socchiusa.

- Avanti! – disse Regina da dentro.

Hook entrò e si diresse immediatamente verso la donna.

- Forse ho trovato qualcosa su cui lavorare.

Mostrò alla donna il volume e lo stralcio che aveva trovato.

- Tu hai quel pendente! Possiamo usarlo per metterci in contatto con Oz.
- In effetti fu Glinda ad aiutare Snow a capire come sconfiggere Zelena durante l’anno mancante.
- Cosa aspettiamo ad usarlo?
- Non è così semplice. Ora che non contiene più magia oscura, non so se sarò in grado di farlo funzionare.
- Regina, ho rivoltato la biblioteca da cima a fondo: sull’incantesimo in frantumi non c’è niente. Se non riusciamo a parlare con Oz sarà davvero un problema. Io non permetterò che Emma mi sia strappata via, a costo anche di vedermela direttamente con Walsh. Per favore, possiamo fare un tentativo?
- Tanto non abbiamo nulla da perdere.

Regina andò verso la sua cassettiera e tirò fuori il ciondolo da uno degli scomparti. Lo tenne nel palmo della mano e cominciò ad osservarlo con attenzione.

- Bisogna solo capire come attivarlo, il libro non dice niente?
- No, purtroppo …
- Aspetta, vediamo se così funziona.

Regina strofinò il ciondolo e concentrò la sua attenzione su Oz e su Glinda. Dopo pochissimi istanti dal ciondolo si emanò una fioca luce bianca che riflesse, sul muro, l’immagine di una giovane strega bionda.

- Chi usa il perduto ciondolo dell’Ovest per mettersi in contatto con Oz?
 - Tu sei Glinda, vero? La strega buona del Sud. – disse Regina.
- Esatto, sei tu che hai attivato il ciondolo? Come sai il mio nome?
- Sì, sono stata io. Mi chiamo Regina e mi ha parlato di te Snow White, dopo averti fatto visita nella Foresta Incantata per sapere, da te, come sconfiggere Zelena.
- Sei la sorellastra di Zelena, alla fine ci incontriamo. Ho già avuto modo di avvertire la tua magia in quell’occasione, era oscura. Stavolta è un po’ diverso, tanto che sei riuscita ad attivare il ciondolo. Avverto che anche tu, come Zelena, sei dotata di un potere molto forte, ma, a differenza di lei, ti stai rendendo artefice del tuo destino. Mi fa piacere. Come posso esservi utile?
- Abbiamo un problema. La magia di Zelena si è dispersa dopo la sua morte. In parte si è riversata sul portale temporale e in parte si è annidata nel cuore di Walsh, la scimmia volante, che ne ha ereditato i poteri. Sta tenendo sotto scacco Emma, la figlia di Snow. Come possiamo aiutarla a neutralizzarlo?
- Walsh ha la pelle verde come Zelena?
- Non ancora – intervenne Hook, palesandosi solo in quel momento.
- E voi chi siete? – chiese Glinda.
- Vi basta sapere che se Emma venisse strappata da questa città, tornerei ad essere la persona vuota di un tempo e niente, questa volta, potrebbe riempire la voragine di un cuore spezzato.
- Dovete tenere molto a questa donna e lei a voi, per parlare in questo modo.
- Emma mi ha detto che Walsh ha una grande macchia verde sul collo, che si espande ogni qual volta l’uomo prova una forte invidia – disse Regina guardando Hook.
- Non tutto è perduto allora. Questo vuol dire che la magia non ha attecchito definitivamente. Ascoltatemi attentamente. Dovete fare in modo di agire prima che l’invidia abbia preso il pieno controllo di Walsh. È necessario che venga intrappolato nel ciondolo di nuovo. Regina, so che hai già sconfitto la magia di Zelena una volta, lo puoi fare di nuovo. Questi ciondoli sono stati creati anche per imprigionare e sigillare all’occorrenza la magia. Devi fare in modo di attivare queste facoltà attraverso il tuo potere: concentrati su Oz e sulla Sorellanza. In tal modo non solo lo rinchiuderai nel gioiello, ma attiverai anche un altro segreto potere: questi ciondoli sono anche dei portali. Walsh verrà portato qui senza magia così come il pendente che lo avrà neutralizzato. Una volta ad Oz, tornerà ad essere solo umano mentre il pendente sarà custodito da noi e protetto.
- E se non dovessi riuscire ad attivare il ciondolo? – chiese Regina.
- Io sono sicura di sì. Quando pensate di agire?
- Non lo so con certezza.
- Non appena comincerai l’incantesimo noi lo sentiremo attraverso i nostri ciondoli. Saremo pronte.

Come Glinda ebbe pronunciato queste parole, la sua immagine si dissolse e nella cripta e rimasero solo Hook e Regina.

- Non c’è un momento da perdere – disse Hook.
- Mi pare più che chiaro.

Regina cominciò a trafficare con i suoi ingredienti. Quando ebbe finito, prese immediatamente il cellulare.

- Swan, mi ha chiamata la scuola. Henry ha avuto un incidente nell’ora di ginnastica. Non sembra grave, ma ha battuto la testa e si è rotto un braccio. È arrivato ora al Pronto Soccorso e vogliono comunque tenerlo una notte in osservazione. Sì, ti aspetto all’ingresso.




ANGOLO DELL'AUTRICE:
Sì, avete perfettamente ragione, questo è un #capitolospiegone ma è necessario ai fini della storia, quindi dovete perdonare la sua noiosità. Giuro che da adesso in poi torna l'azione e chissà magari anche un pizzico di romanticismo che avete tanto apprezzato nella prima parte di storia, forse. E sottolineo forse *muahahahahahahahahahah risata satanica*. Se ancora non vi ho fatto scappare, permettetemi di ringraziare l'angolo #sietesempreunagioiadaleggere, prendo sempre molto sul serio le vostre osservazioni e anche chi legge silenziosamente o continua ad apprezzare questa storia un po' da schizzata. Che dire, non potevo non inserire il pucciosissimo passaggio del toast al formaggio, non so voi, ma quando è uscito lo sneak peek a tarda sera, io l'avrò visto minimo quindici volte prima di decidermi a riaddormentarmi. Di fatto la storia si sta naturalmente collocando tra la fine della quattro a e l'inizio della quattro b. Devo confessare che era nelle mie intenzioni e quindi molti spunti della serie mi stanno tornando utili. E poi giusto ieri la mia scaletta si è arricchita, per fortuna o per disgrazia, di un nuovo capitolo non previsto ma ... non vi anticipo niente! *altra risata satanica*
Ok, Ok avete ragione. Persefone, basta con lo #spiegonePersefone, siamo svegli e abbiamo afferrato il concetto, quindi dacci un taglio. 
Obbedisco. ;)
A prestissimo :*
Persefone




 

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Capitolo 11
*** XI. Never Give Up with Loved Persons ***


XI. Never Give Up with Loved Persons
 
Regina stava prendendo le ultime cose dalla cripta per dirigersi in ospedale.

- Vengo con te, Regina – disse Hook resoluto.
- Non se ne parla proprio! Emma mi ucciderebbe!
- Per favore, non ce la faccio più a stare lontano da lei. Non si accorgerebbe di niente.
- D’accordo, ma ti avverto. Metti a repentaglio la sicurezza di Henry e ti strappo il cuore dal petto!

Emma era rimasta con il telefono in mano. Dal tono di Regina, non era riuscita a capire se era seria o se era un altro escamotage per potersi incontrare. Da quando era tornata a casa, dopo la chiacchierata con suo padre, aveva iniziato a preparare un po’ di borse per New York. Sperava ancora che Regina riuscisse ad aiutarla ma doveva tenersi pronta per qualunque evenienza e, cosa ancora più importante, non doveva insospettire Walsh. Quel dubbio su Henry però la stava tormentando. Compose il numero del ragazzo, ma l’apparecchio risultava non raggiungibile. Forse Henry stava davvero andando in ospedale. Si precipitò al piano di sotto per prendere la giacca e le chiavi del maggiolino.

- Emma dove vai? – disse Walsh avanzando dal salotto – Non devi finire di preparare le tue cose?

Emma, nel dubbio, preferì seguire scrupolosamente le indicazioni che Regina le aveva dato nella cripta.

- Regina mi ha telefonato dall’ospedale: Henry si è fatto  male durate l’ora di ginnastica, si è fratturato un braccio e vogliono tenerlo in osservazione per una notte.
- Capisco.
- Potrebbe essere l’ultimo giorno con mio figlio, vorrei fermarmi in ospedale per la notte se me lo permetteranno i medici, ti prego …

Walsh la squadrò dalla testa ai piedi. Ormai era così sicuro di averla in pugno che poteva anche concederle qualche briciola della sua precedente vita.

- Come vuoi, ma stai attenta, le regole le sai. Partiamo dopodomani mattina e per allora deve essere tutto pronto. Chiamami per sapere cosa intendi fare.
- Se mi seguirai lo saprai da te, no?
- Sì, ma adoro sentire la tua voce. – disse Walsh stampandole un bacio sulla guancia.

Emma raggiunse l’ospedale più in fretta che poté. All’entrata trovò Regina ad aspettarla.

- Henry? – chiese con ansia.
- È in stanza. Ti porto a vedere come sta.

Dalla sua posizione, in cima ad un albero, Walsh seguì attentamente tutta la scena dell’incontro tra le due donne e tutto il percorso che fecero, all’interno dell’ospedale, per raggiungere la stanza del ragazzo. Come Emma e Regina varcarono la soglia della stanza, Walsh vide Henry sdraiato in un letto, dietro una tendina, con un braccio rotto e la testa fasciata.

- Allora Regina, la diagnosi? – disse Emma incerta.
- Siamo al sicuro qui. Possiamo parlare.
- Henry?
- Sta bene. Mi sono inventata tutto per farti venire.
- Ti prego non farmi più una cosa del genere, mi hai fatto spaventare! – disse Emma tirando un sospiro di sollievo.
- Scusa era l’unico modo credibile per vederci.
- Anche questo è vero. Novità?
- Credo di aver trovato un modo per aiutarti.

E fu così che Regina cominciò a spiegare a Emma quello che aveva scoperto, omettendo l’aiuto di Hook ovviamente, e la conversazione avuta con Glinda.

- Fammi capire, dobbiamo rispedire Walsh a Oz prima che diventi totalmente verde?
- Esatto. Dobbiamo attirarlo in un posto isolato senza insospettirlo. Ti ha detto quando vuole partire?
- Dopodomani mattina presto. Abbiamo solo oggi pomeriggio e domani per inventarci qualcosa.
- Quanto puoi rimanere, senza insospettire la scimmia?
- Gli ho detto che forse avrei passato la notte qui.
- Allora abbiamo tempo per pensare a qualcosa.
- Regina, ascolta. Se le cose dovessero andare male, mi devi promettere che Henry sarà al sicuro in ogni caso.
- Certo.
- E poi mi devi fare un altro favore. Parla ai miei e a Hook. Dì loro che mi dispiace per tutto e che voglio loro bene. Spero che sapranno perdonarmi per tutto il male che ho loro causato – Emma si stava facendo sopraffare dalle emozioni.

Dietro alla tenda, Hook stava ascoltando tutto in silenzio. Aveva la mano stretta a pugno per vincere la tentazione di sfiorarla anche solo per un istante. La voglia di stringerla a sé aveva iniziato a dilagare in lui fin dall’istante in cui aveva sentito i suoi passi varcare la soglia della stanza. A quelle parole stava per cedere a quella tentazione, ma la voce di Regina lo riportò alla realtà.

- Come desideri, Swan – disse Regina con un filo di voce.
- Grazie – disse Emma, asciugandosi una lacrima con la manica del giubbotto - I miei sicuramente potranno capirmi in qualche modo, spero che anche Hook possa fare lo stesso un giorno.

A quelle parole Regina non se la sentì di continuare con quella sceneggiata: l’incantesimo di protezione che aveva lanciato in quella stanza era forte e quindi non ci sarebbero stati problemi.

- Forse con qualcuno puoi parlare di persona.
- Cosa intendi? – disse Emma sorpresa.

Regina si diresse verso la tenda e la scostò, rivelando così la presenza di Hook nella stanza. Il comportamento di Regina era stato così imprevedibile che aveva lasciato spiazzato persino il capitano. Come Emma vide Killian, sgranò gli occhi esterrefatta.

- Regina, che diavolo significa?
- Swan, è giusto che tu sappia la verità. È stato Hook a trovare il libro che ci ha permesso di scoprire quelle informazioni sul pendente e di parlare con Glinda.
- Questo vuol dire che … Dannazione! Ma non capisci che hai rischiato di mandare a monte tutto! Mi sono rivolta a te perché sai esattamente quali sono le - conseguenze di un segreto rivelato, lo hai provato sulla tua pelle! Pensavo mi avresti capita!
- Swan, hai nominato Henry davanti a Walsh?
- Certo, nel dubbio ho ripetuto quello che mi hai detto, parola per parola.
- Bene, Walsh ora sta vedendo Henry in nostra compagnia. E poi era giusto che sapessi che era merito suo. Facciamo così, sarà una lunga serata: vado ad avvertire Henry di fermarsi dai tuoi, Emma.
- Sei sicura che nessuno mangerà la foglia?
- Sì, diremo che vuoi parlarmi per sapere di più sul furto che ho subito. Hai una pista e me ne vuoi parlare. Lo vado a prendere prima di cena per riportarlo da me, ho protetto anche la casa.
- Va bene. Ma qualcuno potrebbe notare l’assenza di Hook. – obiettò Emma.
- Penseranno che sia al molo a ubriacarmi e poi a nessuno verrebbe in mente di cercarmi.
- Vado a chiamare Henry, così potete stare un momento da soli.

Non appena Regina fu uscita dalla stanza, Emma e Hook tornarono a guardarsi negli occhi. Nessuno dei due sapeva cosa dire o fare. Emma non riusciva neanche a guardare l’uomo in faccia per i sensi di colpa. Hook, dal canto suo, voleva farle capire che non c’era nulla di cui vergognarsi e che non le voleva rimproverare nulla. Non sapeva, però, che parole usare per farle capire tutto questo. Quel silenzio tra loro stava diventando assordante e non avevano tempo da sprecare in quel modo.

- Emma, amore mio … - disse Hook facendo un passo verso di lei e allungando un braccio per accarezzarle il viso.

A quelle semplici parole, pronunciate con lo stesso amorevole tono di sempre, Emma buttò alle ortiche tutte le razionali precauzioni che si era imposta e si gettò tra le sue braccia. Si strinse a lui come se dovessero fondersi in un corpo solo. Odiava piangere, ma non riuscì a trattenersi neanche in questa circostanza: aveva dentro un misto di sollievo e dolore per le conseguenze di questo imprevedibile sviluppo che non potevano essere espresse a parole.

- Io … mi dispiace … non sapevo … – disse Emma appoggiando il viso rigato di lacrime sulla sua spalla.
- Shhh … non fa niente … stai tranquilla ora, ci sono io con te … – rispose Hook ricambiando l’abbraccio e cullandola dolcemente per rassicurarla.

Si persero in quella stretta riconciliatoria per un tempo indefinito, come se Walsh e le sue minacce fossero lontani anni luce da loro. Quanto entrambi avevano desiderato quel momento era insito nell’intensità di quel gesto. Il primo a ridestarsi fu, ancora una volta, il Capitano: le tensioni del mondo esterno premevano e loro avrebbero avuto tempo dopo per chiarirsi a parole.

- Stai bene? – chiese Hook accarezzandole la testa.
- Sì – rispose Emma senza guardarlo.
- Ti ha fatto qualcosa … che non doveva? – disse Hook scostandola leggermente da sé per poterla guardare negli occhi.
- Non ancora …
- Ci ha anche solo provato? – chiese l’uomo serio.

Gli occhi di Emma si riempirono ancora di lacrime.

- Gliela farò pagare come si deve a quel figlio di puttana! – esplose Hook con gli occhi pieni di rabbia– Gli spacco quella maledetta faccia così che neanche sua madre sarà in grado di riconoscerlo!

Emma poggiò di nuovo la testa nell’incavo del collo del pirata e si strinse ancora a lui, come a voler calmare l’ira che aveva sentito scorrere in tutto il corpo del capitano. A Hook, però, non sfuggì neanche la richiesta subliminale insita in quell’abbraccio: non lasciarmi sola. E la sua ira si placò immediatamente come un’onda violenta che dopo essersi abbattuta sulla spiaggia si ritira velocemente dal bagnasciuga. Il pirata poggiò la sua guancia su quella di Emma e fu allora che si accorse di un qualcosa che era attorno al collo del suo cigno.

- E questa? Mi sembra di conoscerla … – disse Hook riconoscendo immediatamente la sciarpa nera al collo di Emma – non dirmi che l’hai tenuta da allora? – disse con un larghissimo sorriso dipinto sul volto – E io che credevo di non averti fatto una buona impressione all’inizio.

A quelle parole Emma arrossì violentemente e nascose ancora di più il viso sul collo del capitano. Hook le passò una mano sulla schiena per cercare di calmarla e avvicinò la bocca al suo orecchio.

- Non so se ti ho mai detto una cosa, Swan. Quando arrossisci, sei proprio uno schianto.

Le guance di Emma si infuocarono ancora di più. Era stata scoperta come ragazzina. Cercò di nascondere ancora di più il volto nell’incavo del suo collo. Nonostante questo, avrebbe dato qualsiasi cosa per non doversi più staccare da lui. Mai si era sentita fragile come in quel momento e nuda di fronte a qualcuno. Ma Killian non era semplicemente qualcuno: era il solo, escluso Henry, che non aveva mai smesso di credere in lei, nonostante tutto e tutti.

- Mi sei mancato come non mai in questi giorni – disse Emma in un sussurro.
- Anche tu Swan, credevo di impazzire. Quello che ho provato quando sono dovuto tornare nella Foresta Incantata faceva male, ma questo di più, molto di più. E non credevo fosse possibile come cosa.

Quando Regina tornò nella stanza, li sorprese stretti in quell’abbraccio che stavano condividendo da quando era uscita.

- Scusate l’interruzione piccioncini, ma abbiamo un piano da architettare. – disse Regina.

Non c’era cattiveria nel tono di Regina e neanche invidia. Da quando aveva iniziato l’operazione mangusta con Henry aveva capito una cosa: se voleva fare progressi nella ricerca del suo lieto fine non doveva fare altro che cambiare atteggiamento verso il mondo e verso gli altri, lasciando andare i sentimenti negativi.
Si sedettero intorno a un tavolo della stanza e cominciarono a cercare di tirare fuori qualche idea. Dopo varie ipotesi e varie sorsate di rhum, arrivarono a definire una soluzione di massima.

- Ricapitolando – disse Regina – Walsh vuole partire da Storybrooke dopodomani.
- Esatto – disse Emma stringendo più forte la mano di Hook che non aveva mai lasciato da quando si erano seduti a discutere.
- Allora è in quel giorno che passeremo in azione. Walsh non deve avere il minimo sospetto che stiamo cercando di fregarlo. Dopo che siete partiti, convincilo a fare una sosta al lago, tanto è sulla strada che porta al confine. Esci dall’auto dicendo che ti serve un momento. Io sarò lì …
- E anche io – disse Hook resoluto
- Va bene pirata – disse Regina – noi saremo lì. Allontanati di qualche passo da lui e poi fai fare tutto a me. Attiverò il ciondolo e rispediremo la scimmia esattamente da dove è venuta. Pirata, tu che hai l’occhio clinico, può andare come arrembaggio?
- Direi proprio di sì. – fece eco Hook.

Regina guardò l’orologio, era quasi ora di cena.

- Swan, io devo andare ora o si insospettiranno davvero i tuoi e Henry. Se volete potete rimanere qui ancora un po’. L’incantesimo di protezione durerà fino a domani. Credo che abbiate molte cose di cui parlare.

Quando rimasero di nuovo soli, Emma intrecciò le sue dita con quelle del capitano. L’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento era andarsene, ma si erano già presi fin troppi rischi quel pomeriggio. Si rifugiò di nuovo tra le sue braccia per un ultimo fugace abbraccio. Desiderava da morire le sue labbra, ma sapeva che se le avesse assaporate non sarebbe più riuscita ad andare via.

- È ora che vada anche io. – disse Emma con voce tremante.

Si sciolse dal suo abbraccio e cominciò a dirigersi verso la porta.
Hook non era ancora pronto a separarsi da lei e a ripiombare nella sua oscura solitudine. La afferrò per un braccio e la attirò a sé cercando le sue labbra. La spinse con delicata passione verso il muro per impedirle di uscire.  Voleva sfruttare ogni minuto utile con lei ed Emma non si oppose minimante a quell’impeto, anzi lo assecondò in tutto e per tutto. La baciò con tutto l’amore che fu in grado di riversare in quel gesto. Ma c’era anche dell’altro.

- Rimani con me stanotte – disse Hook poggiando la fronte su quella della Salvatrice in attesa di una risposta e fissando ancora le sue appetitose labbra.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Non dite che non vi penso, ho finito un semi-puccioso capitolo prestissimo proprio per voi che non soppartate più la lontananza tra i nostri due piccioncini ;P. Visto che alla fine li ho fatti riunire? Ma come potevo lasciarli ancora separati? Non barare Persefone, mi direte, ci hai lasciato sul più bello, rimarrà col Capitano o farà una scelta razionale? Eh tutto a suo tempo, non volevate mica tutto e subito no? #Persefoneèveramentetropposadica XD. Domenica è dietro un angolo distante in realtà due giorni ma a me sembravo sempre anni luce. Per l'angolo #ormailosapetequantoadoroleggervi grazie grazie grazie come sempre per l'affetto e la stima #comefareisenzadivoinonlosoproprio.
Il prossimo capitolo lo pubblicherò la prossima settimana: è quasi tutto pronto ma devo revisionarlo. #Persefonesidiverteatorturarvimatantolosapeteno? *risata satanica*
Un bacio e buona puntata a tutti
un bacione e un abbraccio calorosissimo
Persefone   




 

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Capitolo 12
*** XII. Nothing Else Matters Tonight ***


XII. Nothing Else Matters Tonight    
 
- Cosa? – disse Emma frastornata.

La salvatrice era combattuta: una parte di lei sapeva che era troppo pericoloso azzardare una mossa del genere, mentre l’altra voleva così tanto rimanere con lui che credette di essersele solo sognate quelle agognate parole.
Hook, dal canto suo, rimase un momento in silenzio, temendo di averle chiesto troppo. Ma quello che aveva detto era la verità e di cose taciute ce ne erano state fin troppe sino a quel momento. Tutto quello che riuscì a fare fu ripetere quella stessa frase con ancora più dolcezza e sensualità.

- Resta con me stanotte, non tornare da lui – Hook reclinò leggermente la testa da un lato nel ripetere la frase.
- Killian, credimi, se dipendesse da me, non vorrei essere in nessun’altro posto se non in quello dove sono con te, ma …
- E allora resta! Hai sentito Regina cosa ha detto sull’incantesimo di protezione e poi hai accennato al bastardo che forse rimanevi fuori con Henry, quindi …

Emma tornò a stringersi al Capitano. Sapeva che se avesse continuato a parlare sarebbe capitolata in pochissimo tempo e probabilmente non se lo poteva permettere in quel momento.

- È troppo rischioso, non posso esporti così.
- Andrà tutto bene. Non ci muoveremo di qui. E poi non sopporto l’idea che tu sia in balia di quello stronzo. Inoltre hai il volto provato e sei stanca: lascia che mi prenda cura di te per un po’. Almeno per stanotte saprò che sei al sicuro.

A quelle parole Emma non poté fare altro che cedere. Aveva accumulato troppo stress e troppa tensione in quei giorni, e la prospettiva di rubare un momento di serenità non poteva fare altro che rilassare i suoi fin troppo tesi nervi. Si staccò da lui e prese il cellulare dalla tasca. Compose il numero di Walsh e aspettò che la comunicazione si avviasse.

- Walsh sono io.
- Emma tesoro – disse l’uomo dall’altro capo del telefono – è un piacere ammirarti durante le tue amorevoli funzioni materne.
- Ho parlato con Regina. Ci siamo accordate che per stanotte rimango io con Henry, quindi non torno
- Va bene, non c’è bisogno di nessun promemoria suppongo.
- Ovviamente. A domani. – disse Emma per poi riattaccare.

Come Emma ebbe riposto il cellulare in tasca, Hook la strinse di nuovo a sé sollevandola leggermente da terra. Sarebbero rimasti insieme. E fu in quel momento che lo stomaco della salvatrice brontolò dalla fame. Era bastato passare poche ore con lui per fare in modo che il suo corpo tornasse a sentire tutte le pulsioni naturali, come se fosse libero di esprimersi. 

- Accidenti principessa, che succede? Hai portato qualcuno con te?

E per la prima volta da quando quell’incubo era cominciato, Emma riuscì a perdersi nella spensieratezza di una risata.

- Ma quanto sei spiritoso. Mi è venuta fame.
- Solo di cibo? – disse allusivo Hook.
- Sono due giorni che non faccio un pasto degno di questo nome.

Emma sentì il corpo di Killian irrigidirsi a quell’esternazione e a quelli che potevano essere i suoi significati.

- Ma non pensiamoci ora – disse Emma cercando si sviare il discorso – sai che ti dico, vado a mettere qualcosa sotto i denti e volo subito da te. Tu rimani qui, mi raccomando.
 - Come vuoi, ma sbrigati. – disse Hook baciandola di nuovo prima che uscisse dalla porta.

Emma si era appena chiusa la porta alle spalle che il viso del capitano fu increspato dal primo vero sorriso dopo un tunnel buio che gli era sembrato durare un’eternità e non solo pochi giorni. Si sedette sul bordo del letto che era nella stanza in attesa.
Dal suo albero, a Walsh non era sfuggito niente. Aveva visto Emma uscire dalla stanza e dirigersi verso la caffetteria dell’ospedale. Si stava comprando qualcosa da mangiare e fin qui niente di strano. E poi Emma fece una cosa strana: insieme al panino comprò due porzioni di pancake da asporto. E un dubbio fece capolino nella testa di Walsh. La vide pagare, riattraversare l’edificio e tornare verso la stanza di Henry. Quei pancake però non lo convincevano. Sapeva che piacevano a Emma e non solo. Piacevano anche a lui e anche tanto a giudicare dal fatto che Emma una mattina li aveva preparati apposta per Hook. Doveva togliersi quel fastidioso dubbio. Scrutò la stanza con attenzione. A parte Henry non c’era nessuno, al momento. Doveva assicurarsi che ci fossero solo loro in quella camera.
Quando Emma tornò nella stanza, trovò Hook seduto sul bordo del letto.

- Meglio tesoro? – disse lui con un largo sorriso.
- Ora che sono con te, alla grande. Abbiamo poche ore e non volevo sprecare minuti preziosi al bar, così ho pensato di mangiare qui con te. Ti spiace?
- Al contrario! Sai meglio di me che mi piace vederti mangiare!
- Strafogarmi di schifezze, credo sia la descrizione più esatta.

Scoppiarono a ridere entrambi.

- Ma siccome non mi piace mangiare sola e non sapevo se avevi cenato o meno, ho preso qualcosa anche per te.

Emma poggiò la busta sul letto e si sedette accanto a lui. Cominciò a mangiare il panino di gusto mentre Hook aveva deciso di aspettarla per i pancake. Avevano appena iniziato a rilassarsi per davvero, quando il telefono della bionda iniziò a suonare. Emma mise in bocca l’ultimo pezzo di pane prima di tirare fuori il cellulare dalla tasca della giacca. Quando lesse il nome sul display deglutì a fatica il boccone e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Reazione che non sfuggì a Hook.

- Che succede? – chiese il pirata cercando di non farle capire la sua preoccupazione.

Emma senza profferire parola gli mostrò il telefono.

- Lo ha capito, lo sapevo, vi ho messo nei guai!
- Calmati ora e rispondi. Henry è al sicuro con Regina, i tuoi non sono degli sprovveduti e io sono qui con te. Avanti. – disse stringendole la mano.

Emma prese un bel respiro prima di avviare la comunicazione.

- Pronto? Walsh dimmi tutto – disse Emma cercando si sfoderare il suo tono più sicuro.
- Dolcezza, hai finito di cenare? Ho visto che hai fatto molto in fretta al bar. Come era il caffè?
- Non ho preso nessun caffè e lo sai. Cosa è successo?
- Mentre eri al bar ho notato una sciocchezza e mi è venuto un dubbio. Sai vero che è meglio che non ne abbia, quindi ti chiedo gentilmente di aiutarmi a fugare le mie perplessità se sei d’accordo.
- Ma certo. – disse Emma incrociando gli occhi con quelli del pirata.
- So che Henry ha cenato e so che ti piacciono i pancake. Ma mi chiedo, perché dopo un panino grande come una zucca prenderne due porzioni. Mi ricordo perfettamente che piacciono, come del resto mi hai tu stessa confermato, a qualcuno che mi è particolarmente sgradito. Non stai tramando di incontrarti con qualcuno vero?
- Certo che no! Chi mai dovrei incontrare?
- Per esempio un uomo che non vedo in giro da un paio di giorni e che prima era sempre intorno a te. E poi tutta questa confidenza tra te e Regina mi suona alquanto strana ora che ci penso. Non farmi pentire di averti dato fiducia, sono piuttosto vendicativo con chi mi delude o peggio tradisce.
- Ascoltami bene Walsh – disse Emma in tono fermo – Sai bene che i pancake piacciono molto anche a Henry, come hai avuto modo di vedere quando eravamo a New York. Hai fatto spesso colazione con noi. Volevo solo fargli trovare qualcosa di buono qualora si svegliasse durante la notte. Tutto qui. Come puoi vedere sta dormendo e credo proprio di disturbarlo, quindi se non ti dispiace ci sentiamo domani mattina.

Walsh si prese un momento per pesare a fondo le parole di Emma.

- Vedo come dorme. Va bene, mi hai convinto. Ma non farmi pentire di questa fiducia.     

Non appena la comunicazione si fu interrotta ed Emma ebbe tolto l’apparecchio dall’orecchio, non poté fare altro che crollare. Hook fece appena in tempo a sorreggerla perché non cadesse dal letto. La donna si prese la testa tra le mani disperata.

- Ma cosa diavolo sto facendo? Mi ha quasi scoperta!
- Ma non è successo. Calmati ora.
- Killian stavo per mandare a monte tutto per dei pancake! Regina ha ragione a dire che non penso alle conseguenze! Me ne vado.
- No! Così lo insospettiresti ancora di più. Ti prego.
- Hai ragione.

Rimasero in silenzio per alcuni secondi.

- Ascolta – disse Hook – ti ho chiesto di rimanere perché voglio che tu sia al sicuro e perché mi manchi. Cerchiamo di goderci queste ore nella maniera più serena possibile.
- Mi sento così stanca – disse Emma con un filo di voce – e inizio a sentire anche freddo.
- Sdraiati allora, cosa aspetti? – disse Hook dolcemente sfilandosi la giacca nera per coprire Emma.
- E tu dove vai? Non vieni vicino a me?

Sentirle pronunciare quella domanda fu un toccasana per il cuore del pirata.

- Ti cerco una coperta e arrivo subito.

Hook aprì l’armadietto accanto al letto e trovò proprio quello che stava cercando. Si girò verso Emma, che nel frattempo si era tolta gli stivali e si era sdraiata sul letto. Il pirata la avvolse nella coperta e si assicurò che fosse al caldo. Nonostante la coperta, però, Emma non si era voluta separare dalla giacca nera del suo uomo, cosa che fece sorridere il capitano. Hook, poi, fece il giro del letto e si sfilò gli stivaletti con i piedi. Non fece in tempo a sdraiarsi accanto a lei, che Emma si rannicchiò al suo fianco e fece in modo che anche lui fosse ben coperto. Hook la circondò con il braccio uncinato e aspettò che la donna trovasse una posizione comoda per rilassarsi. Emma poggiò la testa sul suo petto e cercò subito la sua mano affinché le loro dita potessero intrecciarsi nuovamente.

- Stai comoda? – chiese Hook

Emma accennò un lieve sì con la testa. Aveva sempre avuto l’impressione di avere il peso del mondo sulla spalle e questo le aveva reso difficile lasciar entrare qualcuno e fidarsi. Anche quando quella persona voleva il meglio per lei. E anche con Killian era stato così all’inizio. Ma la tenacia dell’uomo e la sua irremovibile volontà di starle accanto, le aveva fatto capire che non doveva più portarlo da sola quel peso e che forse, in realtà, non doveva proprio portarlo.   

- Tesoro – disse Hook mentre le loro dita giocavano a stuzzicarsi a vicenda – Regina mi ha riferito quello che è successo. Ecco, se hai voglia di parlarmene tu stessa, io sono qui.

E così Emma cominciò a raccontare tutto con una sincerità che non aveva manifestato neanche a Regina. Fu quando gli raccontò del frammento di specchio che il suo corpo fu attraversato da un brivido.

- Scusa, ma quell’incantesimo mi inquieta.
- E cosa ci può mai essere di così oscuro in un cigno candido come te? – disse Hook con lo sguardo pieno d’amore.

Emma ripensò alle parole che Walsh aveva pronunciato nel vicolo del pescatore, a quelli che potevano essere i suoi più oscuri sentimenti su Henry, su Hook e sui suoi genitori. Sapeva che era stata sfiorata da quei pensieri in un tempo lontano e che non era più quella persona: ma se mai fossero venuti fuori, Hook avrebbe continuato ad abbracciarla con quella luce dentro gli occhi? Henry avrebbe smesso di credere in lei? E come si sarebbe sentita Snow sapendo? Aveva paura di scoprire quelle risposte.

- Ho visto come funziona quel dannato incantesimo – rispose Emma – I miei si sono rinfacciati cose tremende. E poi quando si è dissolto ci hanno messo un po’ a scrollarsi di dosso quelle parole lanciate come massi. A volte non contano le intenzioni e non basta chiedere scusa. Un pugno puoi cercare di evitarlo, ma quando investi una persona con le parole, questa non ha modo di schivare il colpo: se la porterà sempre dietro.

Hook sapeva benissimo a cosa si riferisse Emma. Cosa avrebbe pensato di lui se fosse venuta a conoscenza del suo passato più oscuro? Come avrebbe reagito se si fosse trovata davanti all’uomo che era un tempo? E Killian sarebbe mai riuscito a fargli dimenticare il crudele pirata che non si era mai fermato davanti a niente per ottenere quello che voleva? Era ovvio che stava dominando la sua oscurità, ma questa era pronta e attenta e avrebbe colto la prima buona occasione per riversare fuori la sua prepotenza.

- La verità – disse Hook – è che quando lasci vedere alle persone che ami i tuoi lati peggiori, quello che hai detto o fatto trasforma ogni cosa e non si può più tornare indietro. I legami che hai forgiato con cura vengono distrutti. E più forti erano i legami, più difficilmente si ripareranno … se mai potranno essere riparati. Quando Gold mi ricattava mi sono sentito esattamente così. Avevo paura di deluderti e mi vergognavo per la debolezza che ho dimostrato in quel frangente. E questo mi ha fatto pensare al mio passato e a tutti gli errori che ho fatto e dai quali vorrei proteggerti.

Emma fu molto colpita da quelle parole perché descrivevano alla perfezione anche il suo stato d’animo. Si allungò per stampare un delicato bacio sulla fronte del suo uomo e per carezzargli una guancia.

- Credi che il mio passato sia così candido? Ti sbagli, ho fatto anche io molte cose di cui non vado fiera e vorrei preservarti da esse. Ho sempre avuto la tendenza ad aspettarmi il peggio dalle persone. Sin da piccola le persone mi hanno sempre deluso …
- Ehi, io non ho intenzione di deluderti.
- Lo so. Il punto è che non importa cosa ci siamo lasciati alle spalle, perché alla fine sceglierò sempre di vedere il meglio di te.
- E io con te.

Trascorsero ancora qualche minuto chiacchierando amabilmente, prima che il sonno avesse la meglio su Emma. Hook la guardò addormentarsi e perdersi in quello che poteva essere un sonno ristoratore. La strinse ancora a sé come se avesse paura di trovarsi in un sogno. Aveva capito una cosa da tutta quella faccenda: l’amore era un’arma pericolosa e convincente quanto la magia. Eppure al netto di tutto quello che era successo e alla sofferenza che aveva provato, in quell’esatto momento capì che ne era davvero valsa la pena, perché lei lo faceva sentire un uomo migliore, con i suoi difetti, ma grandemente migliore. E non avrebbe mai rinunciato a quel calore. La guardò ancora un attimo prima di addormentarsi anche lui.
Walsh si era appisolato sull’albero e la mattina dopo si svegliò con i primi rumori della città. La prima cosa che fece fu puntare gli occhi sulla stanza: Emma ed Henry dormivano ancora. Erano le 7:30 e davanti a Granny c’era un gran via vai per via delle colazioni. Stava per tornare a rivolgere la sua attenzione alla stanza di ospedale, quando qualcuno attirò la sua attenzione allo scuolabus: qualcuno che doveva avere un braccio rotto e che doveva dormire nella stanza con Emma. Vide Regina avvicinarsi al vero Henry e porgergli la merende. Capì di essere stato fregato da un qualche trucchetto di Regina. Sentì la rabbia bruciare. Ma quando si rese conto che nella stanza con lei poteva esserci una sola persona sentì una furia cieca esplodere dentro. Decise di tornare a casa e aspettarla lì. Se c’era una cosa che non gli mancava era il sangue freddo e quel capitano avrebbe pagato un prezzo inimmaginabile per il suo affronto, così come Emma.
La sveglia del cellulare ridestò la salvatrice da un meraviglioso sonno durato troppo poco. Si stava appena muovendo che subito Hook si svegliò insieme a lei.

- Buongiorno capitano, non volevo svegliarti
- Buongiorno amore – disse baciandola

Si lasciarono cullare dalla dolcezza di qualche effusione mattutina per rendere più piacevole il risveglio e anche un po’ meno amara l’imminente separazione.

- Ora devo proprio andare – disse Emma rinfilandosi gli stivali. – Mi raccomando aspetta che sia andata via per uscire, così saprò di essermi portata via Walsh e levati quel sorriso giulivo dalla faccia o desterai troppi sospetti.
- Mi stai chiedendo una cosa complicata dopo stanotte, ma farò del mio meglio, promesso! Mi mancherai da Granny stamattina …

Emma gli rubò un ultimo bacio prima di uscire dalla stanza. Quando Hook, dalla finestra, la vide salire sul maggiolino e partire decise di lasciare la stanza dell’ospedale.
Quando Emma parcheggiò il maggiolino davanti casa sua, si sentì morire. Ripiombare in quella finzione era davvero rivoltante ma, per farsi coraggio, si ripeté che doveva resistere per un giorno solo ancora e poi sarebbe tornata tra le braccia di Killian. Uscì dalla macchina e si diresse verso la porta di casa. Quando entrò nel suo appartamento trovò Walsh seduto sul divano con un bicchiere di scotch in mano.

- Buongiorno Walsh, non è presto per bere?
- Buongiorno Emma. Come sta Henry?
- Meglio, domani lo dimettono.
- Ma davvero? E io che l’ho visto alla fermata dello scuolabus con Regina. Come me lo spieghi? Non può essere in due posti contemporaneamente e soprattutto non può guarire dalla notte al giorno.

Emma sentì il cuore fermarsi. Walsh aveva capito che lo aveva ingannato: l’unica cosa che poteva fare era cercare di guadagnare tempo e cercare di comunicare con Hook o con Regina.

- Ti sarai sbagliato – disse Emma imprudentemente.
- Io non credo proprio – disse Walsh frantumando il bicchiere che aveva in mano.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Carissimi, per superare l'attesa della nostra superpuntatona sottitolata vi lascio questo nuovo capitolo! E sì, avete visto alla fine Emma ha ceduto ai sentimenti ed è rimasta con il suo pirata preferito. Volevo che passassero una notte un po' diversa a cuore aperto e spero di essere riuscita comunque a rendere l'idea. Che dire... Walsh è sempre all'erta e non gli sgufìgge proprio nulla e la nostra Salvatrice lo capirà molto presto. il Dialogo tra Regina e Snow mi era troppo piaciuto nella scorsa puntata e mi pareva calzasse alla perfezione con il tema della mia FF. Sì, la scorsa puntata mi ha fatto sciogliere come non mai sopratutto quando i nostri piccioncini si sono parlati.
Come sempre un grazie affettuoso all'angolo #siteteunastraordinariagioiadaleggere e a quello #lettorichenonmiabbandonanomai.
Un bacione e a prestissimo
Persefone   

 

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Capitolo 13
*** XIII. Shattered Sight ***


XIII. Shattered Sight

Walsh si alzo dal divano e afferrò Emma per un braccio.

- Mi stai facendo male! – disse Emma spaventata.
- E il male che ho provato io quando ho capito che mi stavi fregando, dove lo metti?

La spinse violentemente contro il muro e le si parò davanti.

- Eri con lui vero?
- Io non so di cosa stai parlando
- Smettila di mentirmi, mi hai preso per uno stupido? Rispondimi! Eri con lui?

Emma vide che la macchia verde si stava espandendo molto velocemente e questo non era un bene.

- Walsh calmati …
- Calmarmi? Tu mi tradisci impunemente proprio sotto i miei occhi, e io dovrei calmarmi? Sono stanco di stare in questa cittadina e sono stanco di essere ridicolizzato in questo modo! – Walsh afferrò Emma per un polso - Ce ne andiamo ora! O ti assicuro che te ne pentirai amaramente. Ora vai su a finire di preparare le tue cose, partiamo tra mezz’ora. E non ti perderò di vista neanche un attimo!

David aveva parcheggiato il furgoncino davanti da Granny. Aveva cercato Emma in ufficio, ma senza successo. Sperava fosse alla tavola calda a fare colazione. Voleva parlare con lei, spiegare il suo comportamento del giorno precedente e cercare di capire cosa non andasse. Entrò speranzoso. Quando non la trovò da nessuna parte si decise a chiamarla al cellulare.

Nella sua stanza, Emma stava cercando di inventarsi un modo per comunicare con l’esterno, ma Walsh, seduto sulla poltrona davanti al letto, la controllava a vista. Non aveva alcuna intenzione di separarsi dai suoi affetti, meno che mai ora che una soluzione per uscirne era reale. Stava finendo di sistemare un borsone, quando il suo telefono squillò.

- Chi è? – chiese Walsh piuttosto infastidito per l’interruzione.
- È mio padre – disse Emma guardando il display.
- Liberati di lui in fretta dolcezza, abbiamo da fare.

Mentre Emma avviò la comunicazione sentì che quella era la sua unica speranza per poter far arrivare a Hook o a Regina il suo messaggio di aiuto. Guardò l’orologio e sperò che suo padre fosse da Granny così come Killian.

- Pronto papà, buongiorno.
- Buongiorno Emma, - rispose David – sono da Granny e speravo di trovarti qui. Vorrei parlarti.
- Papà io oggi mi prendo un giorno. Ho fatto pace con Killian ieri ed è qui con me ora. Usciamo tra mezz’ora per andare a fare quattro passi al lago.
- Emma ma … - e fu in quel momento che David notò il pirata seduto a un tavolo.
- Non ho tempo papà. Ci sentiamo dopo. – Emma riattaccò e sperò.

David rimase con il telefono in mano: se Emma aveva detto che era con Hook, come poteva il pirata essere lì davanti a lui? No, c’era qualcosa di strano e lui doveva assolutamente capirci qualcosa. Si avvicinò al tavolo del Capitano.

- Ehi Hook, hai un momento?
- Ciao David, in cosa posso esserti utile?
- Che sta succedendo tra te e Emma?
- Sei qui per farmi la predica? Paparino è stata la tua dolce bambina quella che mi ha mollato – disse Hook sapendo che doveva far finta che non fosse successo niente.
- Chiariscimi una cosa pirata. Ho appena attaccato con lei: mi ha detto che era con te e che fra mezz’ora sareste andati al lago. – David vide Hook sgranare gli occhi – ora visto che dubito tu abbia il dono dell’ubiquità, mi vuoi dire cosa intendeva dire?

Hook si fece immediatamente serio. Aveva subito capito che Emma aveva usato il padre per fargli sapere che molto probabilmente Walsh aveva scoperto il loro piano e voleva partire subito. Il loro stratagemma doveva essere anticipato.

- David, tu hai pienamente ragione, ma non posso spiegarti ora. Trova Regina e dille che bisogna anticipare tutto a oggi. Fiondatevi al lago e aspettate Emma lì. Io vado a controllare che non le sia successo niente.
- E dovrei fidarmi della tua parola? Della parola di un pirata?
- Per ora sì, ne va della sicurezza di Emma.

David ripensò alla fiducia che Emma aveva riposto nel pirata e a quello che gli aveva detto il giorno prima.

- Va bene, mi fido di te. Non farmene pentire. E poi voglio sapere tutto.

Hook fece di sì con la testa prima di infilare la porta di corsa per dirigersi verso casa della salvatrice.
Emma sperò che suo padre avesse incontrato Hook e gli avesse riferito il messaggio. Vedeva il nervosismo di Walsh crescere di minuto in minuto. Quando ebbe finito con la borsa, l’uomo la afferrò nuovamente per il braccio e la trascinò al piano di sotto.

Hook era arrivato nei pressi della villetta di Emma, ma si era fermato a un paio di metri di distanza per non destare sospetti. Stava cercando di capire come fosse la situazione, quando vide la porta d’ingresso aprirsi. Si nascose in un cespuglio. Vide uscire Walsh e trascinare con sé una spaventata Emma. Si stavano dirigendo verso il maggiolino. Quando passarono vicino al cespuglio in cui si era nascosto, vide sul braccio della sua donna un livido che non c’era quando l’aveva lasciata quella mattina. Quel bastardo aveva osato farle del male e la misura era davvero colma. Uscì come una furia dal cespuglio, afferrò l’uomo per una spalla e lo strattonò in modo tale che potesse mollare la presa su Emma.

- Lasciala stare immediatamente! – urlò il pirata.

Walsh rimase spiazzato, non si aspettava di trovare lì il capitano, ma quando si voltò verso Emma e la vide guardare il suo rivale con gli occhi pieni di sollievo, capì che la donna era riuscita in qualche modo a comunicare con lui.

- Come sei riuscita a parlare con lui? Brutta sgualdr …

Walsh non riuscì a finire di pronunciare quella parola che un pugno lo colpì in pieno viso facendolo arretrare di qualche passo.

- Non osare mai più rivolgerti a lei in quel modo, scimmia volante che non sei altro!

Hook aveva aspettato quel momento da sempre: finalmente avrebbe potuto dargli la lezione che si meritava per tutto il male che aveva procurato al suo cigno. Si stava avventando di nuovo sull’uomo, quando Emma si parò davanti a lui.

- Killian ti prego, portami via – disse Emma con un filo di voce
- Bene pirata – disse Walsh – cosa credi di fare?
- Stai minacciando l’unica luce della mia vita e non puoi passarla liscia per questo. – disse Hook
- Ti ha detto che cosa ho in tasca?
- Sì e io non ho paura.
- Del frammento forse, ma di qualcos’altro ne avrai.

Afferrò Emma per il collo e tirò fuori dalla tasca una pistola, che puntò alla tempia della donna.

- Fai un solo passo e perderai il tuo amore per sempre.

David si precipitò nell’ufficio di Regina allarmato. Si diresse verso la scrivania del sindaco con passo preoccupato.

- Hook mi ha detto di dirti che dobbiamo andare al lago e che bisogna anticipare a oggi quello che volevate fare domani. Qualcuno mi vuole dire che diavolo sta succedendo?
- Dannazione, era tutto troppo semplice per essere vero! Hai la macchina qui fuori?
- Sì.
- E allora muoviamoci, non abbiamo un momento da perdere. Ti spiego tutto strada facendo.

Regina aprì il primo cassetto della scrivania e prese il ciondolo di Zelena: il momento della verità era ormai vicinissimo e lei non si sarebbe di certo tirata indietro.

Nel suo maggiolino giallo, Emma stava guidando con molta calma. Accanto a lei, nel lato passeggero, era seduto un teso Hook. Sui sedili posteriori Walsh stava puntando la pistola, ora verso l’uno ora verso l’altra a secondo della convenienza.

- È un vero peccato che sia finita così. Non era nelle mie intenzione.
- Perché non lasci Emma e ce la vediamo io e te? – disse Hook.
- Perché è Emma tutto quello che voglio e non intendo separarmi da lei. – disse Walsh accarezzando la testa della donna con la canna della pistola.

Hook lo guardò impotente. Era troppo frustrante restare a vedere quella bestia toccarla in quel modo. Emma cercò di rassicurarlo con lo sguardo. La donna era sicura che l’uomo prima di precipitarsi da lei aveva fatto in modo di avvertire anche Regina. Doveva trovare una scusa per fermarsi al lago, dovevano giocarsi il tutto per tutto.

- Walsh, ascoltami verrò con te a New York, ma non fare loro del male.
- Bene bambolina, cominci a capire.
- Non credo tu voglia portare Hook con noi e non ti permetterò di ucciderlo. Fermiamoci al lago e lasciamolo lì.
- Emma no, no ti lascio con lui! – esplose Hook.
- Quando tornerà in città per dare l’allarme – disse Emma resoluta – noi avremo già attraversato il confine della città. Non possono seguirci. Se lo varcano non potranno mai più tornare a Storybrooke.
- Benissimo – disse Walsh – allora è proprio quello che faremo allora.

Regina aveva spiegato a David tutto quello che era successo in quei giorni. Mancavano pochi metri al lago e del maggiolino giallo non v’era ancora traccia. David fermò il furgoncino ed entrambi scesero per controllare meglio. Quando sentirono il motore di una macchina avvicinarsi si nascosero tra la vegetazione.

Emma fermò il maggiolino a pochi passi dalla banchina.

- Ora – disse Walsh – esce per prima la nostra cara Emma, mi fa scendere e poi tocca a te Hook.

Emma si alzò dal sedile e fece scendere Walsh. Mentre l’uomo la teneva sotto tiro, fecero il giro della macchina e solo quando furono dal lato di Hook, questo uscì.

- Bene pirata, ed ora pareggiamo i conti.

Walsh sollevò Emma con la magia perché non interferisse.

- Accenna anche solo una minima reazione e giuro la strozzo. – disse Walsh a Hook.
- Prenditela solo con me, maledetto.
- Con molto piacere.

Walsh alzò il calcio della pistola e colpì il viso di Hook.

- Tutto qui? – disse il pirata – ne ho viste di peggio.

A quelle parole Walsh riprese a colpire il pirata e la macchia verde si espanse sempre più.

David e Regina stavano assistendo a tutta la scena impotenti.

- Regina, dobbiamo fare qualcosa!
- Non posso attivare il ciondolo ora, rischio di spedire a Oz anche la tua figlioletta! E poi chi la sente tua moglie?

Il dolore fisico di Hook lo stava provando anche la povera Emma.

- Basta per favore – disse Emma.
- Ho quasi finito.

Hook era in ginocchio per terra con il volto insanguinato. Emma, sentendo dei strani rumori alle sue spalle, girò leggermente la testa e nel fogliame vide Regina e suo padre.

- Walsh basta! – lo supplicò.

Walsh si fermò e la lasciò andare. Quando Hook vide che Emma non era più imprigionata, si avventò nuovamente su Walsh che gli puntò la pistola contro.

- Non ne hai ancora abbastanza?

Emma sapeva che finché erano così vicini, Regina non poteva fare niente. Doveva trovare un modo affinché lei e Hook potessero allontanarsi di qualche passo.

- Lascia che tamponi la sua ferita con un po’ di acqua e poi andiamo. – disse Emma.
- Mi è piaciuto come mi hai implorato prima, te lo concedo. Sbrigati però, non voglio perdere ulteriore tempo. E salutalo: non lo vedrai mai più.

Emma si avvicinò al pirata per accertarsi che stesse bene.

- Allontanati e lascia che gliele suoni di santa ragione.
- Regina e David sono qui. Se vogliamo che Regina attivi il ciondolo dobbiamo allontanarci. Riesci a camminare?

Hook asserì con la testa e con Emma si avviarono verso la riva. Regina capì che quello era il momento di attivare il ciondolo. Lo tirò fuori dalla tasca e iniziò a concentrarsi. Era quasi riuscita ad attivarlo, quando un movimento inconsulto di David attirò l’attenzione di Walsh.

- Chi c’è dietro quelle foglie? Vieni fuori immediatamente!
 - Io lo distraggo – disse David a Regina – tu riprendi l’incantesimo.

David uscì dal fogliame con le mani alzate e si diresse lentamente verso Walsh.

- Cominciamo ad essere davvero troppi qui.

Regina riprese a concentrarsi. Dopo pochi secondi il ciondolo si attivò. Uscì dal suo nascondiglio con il ciondolo in mano.

- Qui l’unico di troppo sei tu! – disse Regina lanciando il ciondolo verso Walsh.

Quando l’uomo si vide ormai perduto decise che la cosa non sarebbe stata così indolore. Poco prima di essere risucchiato nel pendente, tirò fuori dalla tasca il frammento, lo attivò e lo scagliò in direzione di Emma. Senza neanche pensarci, Hook si gettò davanti a lei per farle da scudo e venendone investito in pieno.
In pochi attimi Walsh e il ciondolo sparirono. Emma cercò subito di vedere cosa fosse successo al pirata.

- Killian! Cosa hai fatto? – disse prendendo il suo viso tra le mani.
- Non potevo permettergli di farti ancora del male.

Emma vide le azzurre iridi del pirata incrinarsi come il vetro dello specchio del suo ingresso. Non avevano molto tempo.

- Troverò un modo per guarirti, te lo prometto.

Hook cominciò ad avvertire un gran mal di testa, segno che l’incantesimo si stava impossessando di lui. Prese la mano di Emma e la strinse forte.

- Ascoltami, qualunque cosa dica o faccia sappi solo una cosa: ti amo e ti amerò sempre.

Un dolore acuto esplose nella testa del capitano che si accasciò sulle ginocchia.

- Killian! Killian! – gridò Emma disperata.



ANGOLO DELL'AUTRICE: 
So (non ti allargare Persefone bella) che sarete in preda a sentimenti contrastanti. Sicuramente avrete esultato per il meritato cazzottone che Hook ha rifilato a Walsh e la sua definitiva sconfitta con tanto di ritorno a Oz nelle amorevoli (e super affilate) mani di Glinda e delle altre strega. Ma sono quasi altrettanto sicura (sento i vostri sguardi duri XD) che mi starete odiando per quello che ha fatto al povero Capitano. Prima di essere abbattuta dai colpi dei vostri Kalashinov (e se fossi nei vostri panni me li lancerei anche da sola)  datemi il tempo di dirvi che non tutte le speranze sono perdute. Non crederete che Emma lascerà il suo Vero Amore (sì per me sono due anime gemelle) in quelle condizioni? Vi prometto che gli ultimi tre capitoli saranno davvero intensi ( :S ). Se alla fine non sarete soddisfatte avrete la mia benedizione per premere quel grilletto. XD
Come sempre un vivo ringraziamento all' angolo #stradoroleggervierispondervi, all'angolo #leggoesonocontentocosì e all'angolo #leggoeinserisconellecategorie
Vi stampo il bacio della pace e metto un fiore nei vostri cannoni come richiesta di tregua.
Un abbraccio e a prestissimo
Persefone

 

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Capitolo 14
*** XIV. The dark side of a Pirate ***


XIV. The Dark Side of a Pirate

Tutto il tempo che Killian rimase con il viso rivolto verso il basso, a Emma sembrò un’eternità. Poi il capitano alzò il volto e i loro sguardi si incrociarono. E allora Emma si sentì morire. Quegli occhi che tanto amava non erano più gli stessi.

- Ecco la donna che mi ha spezzato il cuore, a che devo l’onore per il suo interessamento signorina Swan?
- Killian, come stai?
- Oh mi chiami addirittura per nome. E cosa è successo? Neal ti ha mollata un’altra volta e vuoi essere consolata?
- Ma cosa stai dicendo? – Emma stentava a riconoscere l’uomo che aveva di fronte.
- Non ho alcuna intenzione di fare da tappabuchi.

Emma ammutolì di colpo. Vederlo e sentirlo parlare così era straziante. Ripensò a quello che si erano detti la sera precedente e alla promessa che gli aveva fatto: scegliere di vedere il meglio in lui. Non era Killian a parlare quello ma la maledizione. E proprio come aveva temuto, ogni singola parola che faceva pronunciare alle sue vittime era una bomba ad orologeria pronta a fare più danni possibile.

- Lo so che è la maledizione che ti fa parlare così – disse Emma ferma.
- Dici? Forse non è stato poi un male, almeno mi ha dato il permesso di essere l’uomo che sono veramente: non un cagnolino che insegue l’oggetto che ama ma un pirata crudele che non si ferma davanti a niente per ottenere quello che vuole. Alla fine Walsh mi ha fatto un favore, mi ha aiutato a ricordare l’oscurità che soggiace qui dentro – disse Killian indicandosi il cuore.
- Ho visto il tuo cuore, non è così oscuro come credi.
- Scommettiamo? Perché non chiedi a Regina di strapparmelo dal petto e mostrartelo o preferisci che lo faccia da me?
- Ascoltami attentamente Killian Jones – disse Emma – puoi dare il peggio di te quanto vuoi, ma io non mi arrenderò. Non esiste un incantesimo tanto potente da distruggere quello che c’è tra noi e ti prometto che troverò un antidoto.

La voce di Emma si incrinò nel momento in cui cercò di accarezzare il volto dell’uomo.

- E chi ha detto che voglio essere curato o che provo ancora qualcosa per te? L’ho provato forse un tempo, ma tu eri così dannatamente testarda e fredda nei miei confronti. Non ho mai incontrato una donna più distaccata di te.
- Smettila immediatamente di rivolgerti così a mia figlia, pirata! – intervenne un David che era sull’orlo di perdere la pazienza.
- Uh ecco che il paparino interviene. Mi vuoi dare qualche altro buon consiglio come su Neverland? Tutto sommato non avevi poi torto.

Emma guardò il padre perplessa.

- Di cosa sta parlando papà?
- Niente. – disse David cercando di non rispondere alla domanda.
- Cos’è hai paura di dirle la verità? Te lo dico io tesoro. Mi ha detto che non mi avresti mai apprezzato. Quali furono le tue esatte parole David? – Hook si fermò per fare mente locale – ah sì, non la conquisterete mai, mi assicurerò che sia così. Per quale motivo, tesoro, credi che abbiano fatto di tutto per spingerti tra le braccia di Neal? Ho capito da chi hai ripreso la tua spietatezza nei miei confronti.

Emma non credette alle sue orecchie.

- È vero papà?
- Emma non è questo il luogo e il momento per affrontare questo discorso. E per quanto riguarda te pirata – disse David fronteggiando l’uomo – vedi di tapparti quella bocca!
- Calmiamoci tutti – disse Emma e poi si rivolse a Regina – tu sei proprio sicura che non puoi fare niente?
- Tutto quello che posso fare è continuare a fare ricerche.
- Per il momento non c’è più niente che possiamo fare qui, torniamo in città.- disse Emma.
- Io non vengo da nessuna parte con voi! – esplose Hook.
- E invece sì – disse David ammanettandolo.
- Ehi! Non potete farlo! Non ho fatto niente … per il momento!
- Sta zitto e sali in macchina! – tagliò corto David.

Il viaggio di ritorno in città fu affrontato nel silenzio più assoluto. Emma, nonostante le proteste di David, aveva insistito affinché al pirata fossero tolte le manette. Appena tornarono in città si diressero alla stazione di polizia. David parcheggiò la macchina e fece cenno a Emma e Regina di seguirlo fuori.

- Tu rimani dentro, pirata. Esci solo quando te lo diciamo noi.

Hook non disse nulla e si limitò ad osservare quello che gli stava accadendo intorno. I tre, fuori della macchina, stavano discutendo in maniera piuttosto animata. Poi, ad un certo punto, si accorse che lo sportello opposto a quello cui il gruppetto era appoggiato era aperto. Dato che l’occasione fa l’uomo, in questo caso il pirata, ladro, Hook ne approfittò per sgattaiolare via indisturbato.

- Credo che l’unico modo per tenerlo al sicuro sia rinchiuderlo in cella. – intervenne David nella discussione.
- Non lo metterò in cella in assenza di un reato – scattò Emma.
- Emma, l’uomo che hai davanti non è Killian ma un pirata pericoloso, impulsivo, incline alla violenza e con un uncino al posto della mano. Non possiamo lasciarlo a piede libero.
- Tuo padre ha ragione – disse Regina – teniamolo lì finché non troviamo un modo per annullare l’incantesimo.
- Va bene – disse Emma rassegnata – ma mi occuperò personalmente di lui.

Si girarono verso la macchina e la trovarono vuota. Capirono immediatamente che una mina vagante era a spasso per le vie della città.

- Dove è andato? Era qui un momento fa – disse Regina.
- Se l’è data a gambe! – rincarò David.
- Dobbiamo trovarlo prima che faccia troppi danni – disse Emma – ce ne occupiamo io e te papà, tu Regina riprendi le tue ricerche magiche.

Emma e David salirono immediatamente in macchina. Cominciarono a pattugliare le strade della città. Regnava uno strano silenzio tra loro.

- È vero quello che ha riferito Killian, papà? Gli hai davvero detto quelle cose su Neverland?
- Emma …
- Non mentirmi
- E va bene. Sì, gli ho detto quelle cose. Ma io e tua madre non abbiamo mai avuto alcuna intenzione di fare pressioni su di te affinché tornassi con Neal.
- A livello consapevole, per quanto riguarda il vostro subconscio invece …
- Cosa vorresti dire?
- Che a voi Hook non è mai piaciuto.
- Be’ ti ricordo tutto quello che ha fatto prima di Neverland. Ha sparato a Belle uccidendola quasi e non si è fatto il minimo scrupolo nell’allearsi con Greg e Tamara. Ha quasi fatto esplodere l’intera città, secondo te cosa avrei dovuto fare quando ho capito le sue intenzioni nei tuoi confronti?
- Ti dico una cosa: Neal non avrà messo a repentaglio la vita di nessuno, ma mi ha lasciata marcire un anno in prigione con suo figlio in grembo.
- Ha detto che non sapeva che tu aspettassi Henry.
- E questo cambia le cose? Mi ha lasciata sola. Anche dopo che la maledizione è stata spezzata e aveva la possibilità di tornare da me, non l’ha fatto. Questo non lo rende più nobile di Hook.
- Perché hai così tanta fiducia in quell’uomo?
- Perché quando ne ha avuta l’occasione è tornato a cercarmi. Nessuno lo aveva mai fatto e io ho capito cosa mi mancava  in quell’anno trascorso a New York: lui. Facciamo una cosa, accosta: scendo e continuo a piedi, magari lo vedo tra le vetrine di qualche bar.
- Emma – disse David prima che la figlia scendesse dall’auto ormai ferma – mi dispiace, non volevo giudicarlo in quel modo.
- Non fa niente – disse Emma accennando un sorriso – l’importante ora è ritrovarlo.

Emma stava camminando da più di mezz’ora senza grandi risultati. Quando passò davanti al Rabbit Hole, uno dei locali più malfamati di Storybrooke, notò uno strano movimento nel vicolo adiacente all’uscita secondaria del locale. Si avvicinò e vide un gruppo di gente fare cerchio intorno a qualcosa o qualcuno in maniera molto concitata. Bastarono pochi passi per capire cosa stavano facendo: scommesse sulla scazzottata in corso tra due persone.

- Basta con questo spettacolo! Tutti a casa – urlò Emma – prima che prenda i nominativi di tutti i presenti!
- Andiamo sceriffo – disse una voce tra la folla – non ci rovini la festa sul più bello!
- Fate come vi dico! – replicò Emma.
- Guardi – disse un’altra voce indistinta – che quei due non le daranno minimamente retta! Mi faccia guadagnare la giornata!

Non appena la folla iniziò a diradarsi riconobbe immediatamente i contendenti: Hook e Will Scarlet sbronzi al punto giusto.

- Muovetevi! Qui ci penso io ora! – replicò Emma ai pochi rimasti a guardare.

Quando nel vicolo erano rimaste pochissime persone, Emma si lanciò tra il ladro e il pirata per porre fine alla loro lite. I due non ci misero molto a capire chi stava cercando di farli smettere. Emma riuscì a separarli per un momento.

- Levati di mezzo tesoro, non è roba da donzelle questa – disse Hook pronto a riprendere la scazzottata.
- Smettetela immediatamente! O sarò costretta a prendere provvedimenti! – disse Emma
- Uh sceriffo, ora sì che ho paura! Possibile pirata che la tua fidanzata debba sempre intervenire per pararti il culo?
- Io non mi faccio parare il culo da nessuno e lo sai bene! Fatti sotto!

Emma si ritrovò in mezzo a due tipi completamente esagitati. Will era tornato alla carica e stava menando pugni alla cieca. Hook, come se fosse guidato da un riflesso condizionato, cercò di ripararla da quei colpi, cosa che non sfuggì a Emma. Se Killian reagiva così non tutto era perduto forse, doveva portarlo al sicuro e continuare a parlargli. Non tergiversò un momento di più: stese Will con un pugno in pieno viso che lo fece indietreggiare.

- Complimenti tesoro, sei una che li sa usare bene i pugni quando serve – disse Hook facendole l’occhiolino.
- Ora basta! – disse Emma rivolta a Will – alzati e fatti passare la sbronza senza fare ulteriori cazzate.

Quando Will si fu allontanato, Hook affrontò Emma a muso duro.

- Non avevo bisogno del tuo aiuto, lo stavo facendo a pezzi. Come mai con Walsh non hai tirati fuori questi tuoi istinti pugilistici?
- Lo sai benissimo perché e adesso vieni con me alla centrale.
- Non puoi comandarmi a bacchetta come prima dolcezza.
- O vieni con me con le buone o sarò costretta ad usare le maniere forti.
- Ma davvero? – disse Hook avvicinandosi pericolosamente alle labbra di Emma – Devo però dire che questo atteggiamento da dura ti dona e quel tono così autoritario fa paura ed è anche sexy. – la strinse a un muro del vicolo - Ti dirò di più, mi vedo costretto a confermare quello che ti ho detto su Neverland: ti trovo piuttosto attraente quando non mi urli contro.
- Ehi cosa succede qui? – intervenne David che nel frattempo aveva notato uno strano movimento nel vicolo dalla macchina.
- Ma possibile che riesci sempre ad arrivare nei momenti meno opportuni?
- Sta zitto – disse David avvicinandosi – e fai come ti ha detto! – lo spintonò verso la macchina.

Arrivarono alla centrale dieci minuti dopo. Con passo resoluto, David lo condusse in una delle due celle della stazione e lo rinchiuse. Hook appoggiò le mani alle sbarre e squadrò padre e figlia perplesso.

- Allora di cosa mi accusate esattamente? – disse Hook in tono di sfida.
- Al momento sei in stato di fermo per rissa e una notte in cella non te la leva nessuno. – disse David.
- È stato quel ladruncolo a cominciare. Non ha ancora digerito l’occhio nero che gli ho rifilato una sera.
- Quale occhio nero? – chiese Emma.
- L’ho beccato a forzare la porta della biblioteca. Farneticava su una certa Anastasia come se fosse in preda a delle allucinazioni. A proposito di allucinazioni, Belle è piuttosto vera o mi sbaglio? È così carina e ingenua un bocconcino da divorare in un sol colpo – disse Hook maliziosamente.

A quelle allusioni così esplicite Emma si irrigidì. Era strano sentirlo parlare in quel modo di una donna che per giunta non fosse lei. E la sua testa cominciò a lavorare. Da quando Belle era di nuovo sola, aveva notato una strana nuova luce in lei. Era tornata ad indossare tacchi alti, vestiti attillati che la valorizzavano, capelli sciolti e ancora più rossi, trucco un po’ più marcato del solito. A cosa era dovuto questo cambiamento? Era solo per la voglia di ricominciare … da sola? E poi si sorprese a pensare che negli ultimi tempi Killian e Belle avevano passato molto tempo insieme, troppo forse? E proprio in questo arco di tempo era avvenuto quel cambiamento. E se in quella biblioteca avessero …? Emma cercò di scacciare quel pensiero e sul volto del pirata si disegnò un ghigno di vittoria. Ci mise ben poco a rincarare la dose e a far aumentare l’incertezza nella salvatrice.

- Cosa credevi tesoro, che fossi cieco? – disse Hook con il suo solito fare da spaccone e sapendo di averla colpita nel vivo – ora sai come mi sentivo io quando tu e Neal vi stavate riavvicinando.
- Emma – disse David percependo il disagio della figlia – vieni, andiamo a pranzo. E tu pirata vedi di esserti calmato per quando saremo tornati!

Davanti al suo hamburger Emma stava giocando con i cetriolini senza essersi ancora decisa a dare il primo morso al suo pranzo. Stava ancora rimuginando sulle parole del pirata. Da quando era uscita dalla centrale non aveva fatto altro che ripetere a sé stessa che era la maledizione a farlo parlare in quel modo ma il tarlo del dubbio la stava consumando, proprio come aveva confessato a Killian la sera prima. Erano passate meno di ventiquattro ore da quando aveva potuto riabbracciarlo, troppo poco: non aveva fatto in tempo a tirare il fiato per lo scampato pericolo che la loro relazione era stata di nuovo sottoposta a questa nuova difficoltà.

- Emma – disse Belle avvicinandosi al suo tavolo – come va? Ho sentito quello che è successo stamattina. Tu stai bene?
- Belle … scusami ero sovrappensiero. Io sì sto bene, Regina è riuscita a rispedire Walsh a Oz ma …
- Ho sentito di quello che è successo a Killian.

Emma la guardò interrogativa. Killian? Da quando in qua Belle chiamava Hook per nome? Da quando c’era tutta questa confidenza tra loro tale da giustificare questa libertà? Solo lei, Emma, lo chiamava con il suo vero nome.

- Come puoi immaginare – disse Emma gelida.

Belle non poté fare a meno di cogliere quell’immotivato gelo nei suoi confronti.

- Posso venire a vedere come sta?
- Non ti preoccupare – disse Emma alzandosi – mi prendo io cura di lui ed è in ottime mani, stai tranquilla.

Emma uscì dalla tavola calda lasciando Belle incredula ma conscia di quella non troppo velata allusione. Decise di raggiungere Emma fuori la tavola calda.

- Emma, perché mi tratti così? – chiese Belle prendendola per un braccio.
- Così come?
- Andiamo non fare finta di non capire! Mi sembra abbastanza chiaro. Io sono tua amica, credi che potrei mai farti una cosa del genere?
- Io non ho pensato proprio niente – disse Emma sprezzante.
- Ma fammi il piacere, lo sai che lui non ha occhi che per te.
- Non ho chiesto il tuo parere.
- Ascolta, non riuscirai mai a trovare una soluzione per questa maledizione se ti fai risucchiare dal suo vortice distruttivo. Se le permetti di minare le tue certezze non riuscirai mai a venirne a capo. Devi essere tu quella che ha la situazione in pugno. Ad ogni modo, vado a fare una lista di libri che potrebbero esserti utili. – disse Belle allontanandosi.
- Belle – disse Emma un po’ imbarazzata per il suo comportamento – grazie e scusa. Cercherò di seguire il tuo consiglio.

Belle le sorrise di rimando e tornò alla biblioteca. Emma rientrò da Granny e fece appena in tempo a riappropriarsi del suo pranzo prima che Ruby ripulisse il tavolo a cui era seduta. Prima di uscir prese qualcosa anche qualcosa per Killian.
Quando rientrò alla centrale, Killian era seduto sulla brandina a fissare il pavimento.

- Guarda chi torna … sceriffo – disse alzandosi e facendo un inchino.
- Smettila di fare il buffone.
- Qualcuno si è ricordato di portarmi qualcosa da mangiare?
- Prendi – disse Emma passandogli la busta da asporto di Granny
- Un misero toast e dell’acqua. Sono decisamente lontani i bei banchetti che organizzavo sulla Jolly Roger … cibo e donne di prima scelta.

Emma cercò di fare finta di non aver sentito quello che il pirata aveva detto.

- Sono stato abbastanza al fresco, quando posso uscire?
- Quando lo decido io – disse Emma in maniera secca sedendosi alla sua scrivania.

Il resto del pomeriggio trascorse in maniera tranquilla e ordinaria.
David era appena rientrato alla centrale per staccare dal suo turno. Prima di dirigersi verso la scrivania di Emma, buttò uno sguardo alla cella occupata: il pirata stava schiacciando un pisolino.

- Tutto tranquillo qui, Emma? – chiese poi alla figlia.
- Sì, papà

- È stato calmo.
- Abbastanza.
- Vuoi che faccia io il turno di notte?
-. No. Ci penso io. Vai casa e non preoccuparti.
- Va bene, ma mi raccomando per qualunque cosa chiamami.

Emma si accertò che il padre fosse uscito e poi chiuse a chiave la porta della centrale. Quando tornò indietro non andò al suo tavolo. Si accertò che Killian dormisse prima di avvicinarsi alle sbarre. Con gli occhi leggermente socchiusi, il pirata stava seguendo tutta la scena. Emma infilò la chiave nella serratura e aprì la porta della cella. Entrò cercando di fare meno rumore possibile. Si avvicinò alla brandina: Killian dormiva ancora. Prese i resti del pranzo per buttarli nel cestino. Stava per uscire quando qualcosa di scivoloso sul pavimento la fece cadere. Per cercare di non farsi troppo male, Emma atterrò proprio tra le braccia del pirata. Fu in quel momento che Killian aprì gli occhi.

- Era ora mia cara, mi stavo giusto chiedendo quanto saresti riuscita a resistere al mio diabolico fascino.

Hook la strinse e rovesciò le posizioni: Emma finì con la schiena sulla brandina mentre lui troneggiava su di lei.

- Sai quali sono le attività cui mi piace dedicarmi con una donna sdraiata?



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui con il terzultimo capitolo. Se lo lo scorso avete imbracciato i kalashnikov ora avrete preso la mira per fare fuco. Vi prego non premete ancora quel grilletto. Il capitano non è stato eccessivamente cattivo per il momento. Mi piaceva questo contrasto tra rancore e attrazione verso Emma. In fin dei conti si è accorto di provare qualcosa per lei quando era nel pieno della sua oscurità e mi sembrava carino mettere in evisìdenza questo contrasto interiore, questa sua duplicità di sentimenti. E' una scelta che chiaramente potrebbe non essere condivisa da tutti :D. Il capitolo è un po' più lungo del solito, ma ci avevo preso la mano a tratteggiare questo Hook/Killian di vecchio stampo e ho volutamente scelto marcare la differenza tra le due facce del pirata. Spero di aver guadagnato qualche giorno di vita in più con questo #spiegonepersefone. XD
Come sempre grazie a tutti quelli che leggono, scrivono e inseriscono #vevojounsaccodebene (s'era capito che so' de Roma? XD)
Buon OUAT day per domani e ci sentiamo la prossima settimana, nella quale molto probabilmente concluderò la storia.
Un bacione :*
Persefone







 

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Capitolo 15
*** XV. Wish You Were Here ***


XV . Wish You Were Here

Emma sentì il suo cuore accelerare i battiti in maniera vertiginosa. I loro visi erano così vicini, il suo respiro che le accarezzava la pelle, e sentiva la mancanza del contatto con il suo corpo. In fondo agli occhi di Hook, ad Emma sembrò di scorgere ancora qualcosa del suo Killian. Stava cercando di convincersi che non c’era molta differenza tra i due. Il capitano cominciò a far correre una mano lungo la sua gamba.

- Sono solo scivolata – disse Emma cercando di resistere a quella tentazione.
- Suona come un’ottima scusa per provare a stringermi, ma non fare complimenti la prossima volta.

E in quel momento Emma non seppe più distinguere tra quello che avrebbe voluto vivere e quella che era la realtà. Si avventò sulle labbra di Hook come se fossero quelle di Killian che conosceva così bene e amava da morire. Hook, rispondendo al bacio, fece scorrere la mano dalla gamba verso l’alto. E fu in quel momento che Emma percepì un tocco diverso da quello dolce e premuroso cui Killian l’aveva abituata. Istintivamente, per porre fine a quel gioco pericoloso, lo colpì dove lo aveva colpito quando si era presentato a New York. Il pirata gemette dal dolore.

- Se volevi che mi fermassi, bastava dirlo tesoro. Eppure mi sembrava che fossi stata tu a voler cominciare.

Emma riuscì a liberarsi dalla stretta del pirata e Hook la lasciò andare: voleva giocare al gatto e al topo con lei. Nonostante avesse voglia di scaricarle addosso tutte le frustrazioni e le umiliazioni che aveva subito per andarle dietro, provava allo stesso tempo una irresistibile attrazione per quella donna. E questo era dovuto al fatto che sia Hook che Killian avevano perso la testa per lei. Anzi forse era stato proprio Hook il primo ad accorgersi di quel fuoco di passione. Emma si alzò velocemente dalla brandina e si diresse verso l’uscita della cella. Stava per chiudersi dietro la porta di essa, quando ci ripensò. Fece cenno al pirata di uscire. Un po’ in colpa si sentiva per come lo aveva trattato un momento prima.

- Che fai, tesoro, ora ti fidi di me?
- Scopriamolo subito.

Hook uscì dalla cella sfoggiando la sua migliore camminata da spaccone e andò a sedersi proprio sul tavolo di Emma.

- Lo devo ammettere, stai mettendo in atto un grande esercizio di pazienza, chi l’avrebbe mai detto. Ma levami una curiosità: di solito le persone scappano a gambe levate da me, a parte le donne, le cui gambe si muovono in tutt’altro modo. Perché insisti? Perché cerchi in me un uomo che non c’è più?
- Questo non è vero! C’è del buono in te e Killian è ancora lì da qualche parte e non è ancora troppo tardi per fare in modo che torni a galla. Non puoi esserti scordato di quello che c’è tra noi.
- Senti da che pulpito viene la predica! Vogliamo parlare di New York? La verità è una sola: l’amore non porta nulla se non spreco di anni e infinito tormento. Mi hai fatto davvero penare: più cercavo di essere accogliente con te, più eri fredda nei miei confronti. Milah sì che mi amava davvero e non aveva paura di ammettere i suoi sentimenti per me. Mi ricordo bene ancora quando mi implorò di portarla via e i suoi occhi così espressivi che mi guardavano in quel modo. E la passione, quanta passione ci metteva nel nostro rapporto.

Come pronunciò quel nome tutte le paure più profonde di Emma emersero improvvisamente. Il confronto con quella donna la spaventava. Come Hook capì di averla ferita veramente rincarò la dose. Scese dal tavolo per fronteggiare Emma viso a viso.

- A volte mi chiedo perché ho sprecato tutto quel tempo dietro a una donna come te, una che è incapace di provare un qualsiasi sentimento o peggio che ha paura di quello che sente.

A quelle parole Emma reagì ancora istintivamente: per la prima volta le sue parole la ferirono davvero. E non importava se l’aveva pronunciate Hook e non Killian perché aveva portato a galla tutta la potenza dei suoi più profondi timori. Prima che la sua mente potesse pensare lucidamente, la sua mano aveva già scaricato la sua rabbia sulla guancia di Hook e, come se non bastasse, anche la sua bocca fu altrettanto rapida e letale.

- Mi sbagliavo su di te Capitano, sei egoista e senza cuore ed è questo quello che ti porterà allo spreco di anni e infinito tormento. Sei un mostro e un codardo!
- Io sarei il codardo? – disse Hook avvicinandosi minaccioso a lei – Chi è che non voleva ammettere quello che provava? Chi è tra noi due quello che non ha mai accettato i propri sentimenti? Lo vuoi sapere cosa mi ha sempre ossessionato da quando ti ho conosciuta?
- Sentiamo, cosa?
- Che tutto quello che c’è stato tra noi avresti preferito viverlo con Neal e non con me!
- Sei ingiusto! E io cosa dovrei dire allora? Come credi mi sia sentita sapendo tutto quello che hai fatto per Milah? Credi che non abbia mai pensato al fatto che tutto quello che stavamo progettando insieme, tu lo avessi pensato prima con lei? Non hai mai pensato al fatto che anche io abbia avuto paura di essere un rimpiazzo per te? Hai continuato ad amare quella donna per secoli dopo la sua morte!
- Non provare nemmeno a girare le carte in tavola tesoro! Io ti ho dato un mucchio di certezze su quelli che erano i miei sentimenti per te! Sono venuto a cercarti a New York, ho rinunciato alla mia nave per poter avere la possibilità di rivederti, ti ho seguito in quel maledetto portale temporale pur di non lasciarti da sola! E tu cosa mi hai dato in cambio? Le briciole del tuo amore e io mi sono dovuto accontentare di quelle. Non puoi nemmeno immaginare come mi sono sentito quando ti ho visto tra le braccia di Walsh a New York o quando guardavi Neal nello stesso modo in cui volevo guardassi me.
- Smettila! – disse Emma in lacrime portandosi le mani alle orecchie per non sentire oltre.
- Ah ora che sai come ci si sente, vuoi che smetta? E tu hai smesso di farmi del male quando ti ho chiesto di mettere fine alle mie pene? No! Hai continuato a infierire, a girare il coltello nella piaga come se niente fosse!  

A quelle parole, Emma perse completamente il controllo su se stessa. Spintonò Killian dentro la cella per allontanarlo da lei. Sfortunatamente il pirata mise la gamba d’appoggio sulla stessa parte scivolosa di pavimento su cui era inciampata lei. Hook cadde a terra battendo la testa e perdendo i sensi. Davanti a quella scena Emma rimase paralizzata. Corse immediatamente accanto a Hook.

David stava per raggiungere sua moglie nel letto, quando il suo telefono squillò. Per un momento pensò di ignorarlo, ma poi si ricordò di quello che aveva detto a Emma. Si precipitò a rispondere.
 
- Pronto? … Emma … cosa succede? Calmati … Cosa? … Arrivo subito.

Quando David arrivò alla centrale, trovò Emma china sul corpo di Killian disperata.

- Papà! Stavamo discutendo … io non lo so … l’ho spinto … è scivolato e ha battuto la testa … Io non volevo! Non me lo perdonerò mai! – disse Emma accarezzando la testa di Hook.
- Calmati Emma, respira?
- Sì, ma ha perso i sensi!
- Vado a chiamare un medico perché lo visiti.

Dieci minuti dopo Whale era già arrivato e stava visitando Hook.

- David, aiutami a stenderlo sul letto – disse il medico.

Riprese a visitarlo con cura per cercare di fargli riprendere conoscenza. Dopo pochi istanti Killian cominciò a riprendersi.

- Hook, mi riconosci? – chiese il dottore.
- Sì, dottor Whale. Ho un gran dolore alla testa però.
- Sei scivolato e l’hai battuta – disse il medico controllando i riflessi delle pupille – ricordi cosa stavi facendo prima di cadere.
- Stavo parlando con Emma.
- Bene, rimani qui.

Whale si avvicinò a David.

- Allora?
- Sta bene, non ha riportato danni. Ma Emma?

Fu in quel momento che David si accorse che sua figlia si era allontanata per prendere una boccata d’aria molto probabilmente.

-.Deve essere uscita. Aspetti un momento.

David si diresse verso il parcheggio della stazione di polizia. Trovò Emma seduta nel suo maggiolino con le mani nei capelli e il viso affondato nella sciarpa nera di Killian.

- Emma tesoro, Whale ha finito di visitare Hook.
- Cosa ho fatto papà? Mio Dio, avevo perso completamente il controllo. Ho rischiato davvero di fargli del male. Io fare male alla persona che amo con tutta me stessa. Che razza di mostro sono?
- Non è colpa tua – disse David inginocchiandosi per poter parlare con lei guardandola in viso.
- Ma come no? Come ho potuto lasciarmi schiacciare così da quell’incantesimo? Sapevo perfettamente che non era il mio Killian a parlare, eppure …
 - Sei stata sottoposta a un grande stress in questi ultimi giorni. Ascolta, Whale ha detto che lui sta bene. Perché non vieni dentro con me, così sentiamo quello che ha da dirci? – disse l’uomo asciugandole le lacrime dal viso.

Rientrarono insieme nell’ufficio dello sceriffo per sentire cos’altro aveva da dire il dottore.

- Mi diceva dottore? – disse David come se quell’interruzione non ci fosse stata.
- Sta bene, la botta non è stata forte. Ha ripreso conoscenza ed è vigile. Gli darò un leggero sedativo in modo che possa passare la notte tranquillamente. E domani torno a vedere come sta. Tuttavia non può rimanere solo qui.
- Resto io con lui – disse subito Emma.
- Sei stanca – intervenne David – perché non vai a farti qualche ora di sonno piuttosto?
- No. Voglio essere qui quando si sveglierà e chiedergli scusa. Glielo devo in fondo: è caduto per colpa mia.
- Come vuoi. Ma non farmi preoccupare.

Dopo aver sedato Hook, Whale andò via. Emma prese uno sgabello e lo mise vicino al letto dove  Hook dormiva. Gli rimboccò le coperte e si accertò che dormisse tranquillamente. Era intenta in questa operazione, quando suo padre le fece cenno di avvicinarsi.    

- Emma sei sicura? Io non ho problemi a rimanere.
- Sono sicura, papà.
- Tua madre ha insistito perché ti portassi qualcosa di caldo. Lo lascio qui, qualora tu avessi voglia.
- Bene, dalle un bacio da parte. Danne un altro al piccolo Neal e buonanotte.

Emma aspettò che David fosse uscito prima di tornare a sedersi accanto al suo pirata. Si sentiva ancora un po’ scossa da tutto quello che era accaduto. Si stava dirigendo verso la cella, quando vide sul suo tavolo la busta che gli aveva lasciato suo padre. L’aprì: dentro c’era un panino e un thermos. Non aveva voglia di mangiare. Svitò il tappo del thermos e un caldo profumo di cioccolata si sprigionò nell’aria.  Dentro al tappo c’era una piccola bustina con della cannella dentro. Emma sorrise. Si versò un po’ di cioccolata nella tazza, aggiunse un pizzico di cannella e poi andò a sedersi accanto a Hook. Mentre stava sorseggiando la bevanda, non poté fare a meno di ravviare i capelli neri del pirata sulla fronte. Il suo viso era così rilassato ora, non c’erano i segno della tensione e della rabbia da cui era stato attraversato fino a non molti minuti prima. Il suo respiro era regolare, segno che i calmanti avevano fatto il loro dovere. Gli passò un dito sulla guancia, seguendo la linea della piccola cicatrice che aveva sul volto. E fu allora che gli tornarono in mente le ultime parole che le aveva detto, prima di cadere vittima di quella maledizione.

- Qualunque cosa dica o faccia, sappi solo che ti amo e ti amerò sempre.

Nonostante Hook le avesse scaricato addosso tutto il suo livore, aveva alternato anche momenti di passione. Lo aveva visto in fondo ai suoi occhi e sapeva che quella scintilla era sempre stata dentro di lui. quanto era stata combattuta la sua anima prima di accettare l’amore che provava per lei? Lasciare andare l’uomo che era stato per accettare la sfida di essere migliore per lei.
Emma posò la tazza per terra. Scostò leggermente la coperta e si stese accanto a lui, tra le sue braccia. Poggiò la testa sul suo petto e rivolse gli occhi verso il suo viso addormentato.

- Mi dispiace per tutto quello che è successo Killian. Non sai quanto vorrei che tu fossi qui con me.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui con il penultimo capitolo. Persefone manca un solo capitolo e non hai ancora liberato il povero pirata? *vi sento vi sento mentre state pronunciando questa frase!* Sì lo so, ma abbiamo ancora un capitolo da affrontare e vedrete che le cose si sistemeranno, forse. Lo so la litigata è stata dura così come la povera Emma è stata combattuta nel suo animo. Non ho saputo resistere al vostro suggerimento di un bacio tra Emma e Evil Pirate, mi è piaciuto subito come spunto! XD Per il finale mi prendo qualche giorno in più. Voglio scriverlo con molta cura e calma. Il titolo del capitolo fa riferimento a una delle mie canzoni preferite di sempre Wish you were here dei Pink Floyd (https://www.youtube.com/watch?v=NavVfpp-1L4 questo il link nel caso vogliate sentirla) che mi ha fatto da sottofondo per l'intera stesura.
Come sempre ringrazio l'angolo #midivertoaleggervierispondervi #leggoemidiverto #leggoeinserisco
Un bacione :*
Persefone



 

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Capitolo 16
*** XVI. Our Happy Ending is Being Together ***


XVI. Our Happy Ending is Being Together

Emma si strinse ancora al corpo di Hook. Gli passò una mano sul mento prima di riprendere a parlare.

- Mi dispiace per il male che ti ho fatto. E non mi riferisco solo a quello che è successo nell’ultima settimana. Lo sai perché ero così spaventata su Neverland dopo il nostro bacio? Perché non credevo che avrei mai provato qualcosa di così intenso per qualcuno. Non ho mai avuto bisogno di usare molte parole con te, sei sempre stato in grado di capirmi con uno sguardo. E vuoi sapere perché ero ancora più spaventata a New York? Perché in fondo al mio cuore ho sempre saputo quello che provavo. Ma scoprire che anche per te non era stata una cosa passeggera, mi terrorizzava: e se andando avanti avresti scoperto che non ero poi così speciale come credevi? Nessuno mi hai messo al primo posto come fai tu.

Emma fece una pausa.

- Chissà se puoi sentirmi … mi manchi così tanto, Killian. Mi manca il modo in cui prima di addormentarti, ti assicuri che sia ben coperta: sai che la notte mi muovo e hai paura che prenda freddo. Mi manca il modo in cui, quando siamo sdraiati sul divano a guardare la televisione, mi ravvii i capelli in modo che possa appoggiarmi comodamente a te. Mi manca il modo in cui, la mattina, fai in modo che sia un caffè nero bollente e le tue calde labbra a darmi il buongiorno. Prima di conoscerti, la solitudine era la mia compagna di viaggio, ora sei tu la persona con cui divido il mio percorso, che mi fa compagnia in ogni momento: sei sempre pronto a spronarmi, a sostenermi, a incoraggiarmi. E io non posso fare più a meno delle tue premure. Non ti ho mai detto quanto mi piace prendermi cura di te, prepararti da mangiare e farti scoprire le mille sfaccettature di questo mondo. Mi diverte vedere come a volte ti parlo di cose che per me sono scontate, ma per te no e quindi mi guardi candidamente senza sapere cosa dire. Eppure per il semplice fatto che sono stata io a dirti una cosa, ti fidi e basta. Quando facciamo l’amore, non importa quanta foga ci stiamo mettendo, quando pensi di essere stato un po’ più impetuoso del solito, mi guardi un momento come per chiedermi scusa di qualcosa, senza motivo alcuno, perché amo da morire quella tua dolce tumultuosità. Hai accettato tutto del mio passato e non posso non costatare quanto tu sia affettuoso e protettivo con Henry, anche quando vi alleate contro di me. Io non so dirti di preciso quando ho iniziato a provare qualcosa per te, forse sin dalla scalata della pianta di fagioli, te la ricordi? Già allora avevi capito così tante cose di me e io di te. Vuoi sapere, invece, quando è stata la prima volta che mi sono sorpresa a pensarti in quel modo? Mi vergogno un po’ a dirtelo, ma stai dormendo … ti ricordi quando sei stato investito da quell’auto sul confine della città? Bene dopo che ti abbiamo portato in ospedale e ti hanno prestato le prime cure, sono venuta a vedere come stavi. Quando sono entrata, dormivi ancora ed eri sotto sedativi proprio come adesso. Mi sono seduta vicino a te e ho pensato che eri davvero un bell’uomo. La cosa che mi aveva affascinato di te era tutto quell’ardore che dimostravi per il tuo perduto amore. Mi sono detta che mi sarebbe piaciuto essere amata da qualcuno con quel trasporto ed è stato allora che ho invidiato un po’ questa Milah, lo ammetto. Ma chi avrebbe mai pensato che di lì a poco avresti iniziato a dedicare proprio a me tutte quelle attenzioni? Da quando stiamo insieme mi sento la persona più fortunata di tutti i mondi.

Emma si tirò ancora un po’ più su e strofinò il suo naso con quello del pirata.

- Lo sai qual è la verità, alla fine dei conti? Ti amo Killian Jones, come non ho mai amato nessuno prima. Non ho più paura di ammetterlo ora. E amo anche Capitan Hook. Perché siete la stessa persona ed io ti accetto per quello che sei: luci e ombra.

Mentre pronunciò quelle frasi, le guance della salvatrice furono solcate da calde lacrime. Una di esse scivolò sul viso del pirata per andare poi a lambire i suoi occhi chiusi. In quel momento una sgargiante luce bianca invase la cella e si concentrò intorno a loro. Emma strinse saldo il corpo di Hook, come a volerlo proteggere da qualsiasi cosa stesse accadendo in quel momento. Tornò a guardare l’uomo e si accorse che la lacrima stava percorrendo le lunghe ciglia del pirata. Ma c’era qualcosa in più. Quando la lacrima percorse la guancia del suo uomo, vide che stava lavando via anche il frammento che Walsh aveva scagliato per cercare di distruggere il loro amore. Il frammento si dissolse come cadde via dal volto del pirata. Emma non ebbe il tempo di dire niente che Killian cominciò a riprendere i sensi. Iniziò ad accarezzargli le guance dolcemente.

- Killian, sono io … come ti senti?

Hook si passò una mano sopra gli occhi come se fosse in preda ad un atroce mal di testa. Si tirò lentamente su a sedere sul letto.

- Emma … - disse lui a fatica.
- Fermo, non alzarti, sono qui proprio vicino a te – disse Emma con la voce rotta dall’emozione.
- Ho un gran mal di testa. Che diavolo è successo? Dove mi trovo?
- Sei alla centrale, hai battuto la testa.

Hook cominciò ad aprire lentamente gli occhi. Ci vollero un paio di secondi prima di riuscire a mettere a fuoco il volto di Emma che tanto amava. Come tornò pienamente in sé, ricordò tutto quello che era successo. Si tirò su a sedere di scatto, lasciando Emma sorpresa, e si portò una mano alla bocca. Emma vide crescere l’agitazione nel suo uomo senza capire da cosa ciò dipendesse. Hook si alzò di scatto e si rannicchiò in un angolo della cella, al buio come se non volesse farsi vedere.

-Cosa ti ho detto? – disse Killian terrorizzato – cosa ti ho fatto?
- Niente – disse Emma avvicinandosi per cercare di tranquillizzarlo.
- Non è vero: cose orribili, come ho potuto? Tutto quello che a fatica ero riuscito a farti vedere di buono in me è andato distrutto.
- Era la maledizione quella, non eri padrone di te!
- Hai conosciuto la parte peggiore di me, quella da cui avrei tanto voluto proteggerti. Come puoi ancora vedere del buono in me? Ti ho delusa, e ora non ti fiderai mai più di me. E capirò se non mi guarderai più con gli stessi occhi di prima.

Emma si gettò tra le sue braccia. Killian rimase fermo, quasi incredulo della reazione di Emma.

- Non dire sciocchezze! Non mi hai affatto delusa!
- Non hai idea di quanto possa essere facile subire il fascino dell’oscurità. Ho cercato di contrastare l’ombra ma più cercavo di contrappormi ad essa più prendeva il sopravvento in me. Era come se fosse un incombente promemoria di qualcosa: sono un cattivo.
- Non è vero, non lo sei più.
- Neanche Regina e guarda cosa è successo con Robin: ha perso il suo lieto fine. Forse è davvero così, i cattivi non possono avere un lieto fine. E dopo tutto quello che è accaduto, non mi sorprenderei se stessi anche io per perdere il mio.
-Se hai così paura di perdere il lieto fine, vuol dire che l’hai trovato. Qual è?
- Non l’hai ancora capito? Sei tu.

Emma si strinse ancora più forte a lui che la avvolse con le sue braccia per ricambiare l’abbraccio con ancora più impeto.

- Mi dispiace per tutto … - disse Hook in un soffio.

Emma non gli diede il tempo di finire la frase che si avventò sulla sua bocca. Si persero in un lungo e lento bacio.

- Henry mi ha portata a Storybrooke perché riportassi il lieto fine, è questo il mio lavoro. E non sarà finito finché non l’avrò fatto per tutti quanti, compreso te. Killian, non importa quello che dovremmo affrontare, niente cambierà quello che c’è tra noi due.  Perché io ti amo e questo è un punto saldo dentro di me, che non vacillerà tanto facilmente.

Quando Hook le sentì pronunciare quelle parole si sentì stordito, leggero come dopo una sbronza madornale di rhum, anzi molto meglio.

- Dimmi che non è un sogno e che hai davvero pronunciato quelle parole …
- Killian Jones, io ti amo e basta – ripeté Emma seria.

Hook la baciò con un nuovo impeto come se davvero tutto quello che era successo in quella dannata settimana fosse stato cancellato con un colpo di spugna. Emma gli aveva detto che lo amava. Quanto aveva agognato sentirle dire così? Quanto aveva sperato che fosse ricambiato in quel modo così profondo e intenso? Secoli, notti intere passate da solo sulla nave a domandarsi se c’era anche per lui qualcosa di buono in cui sperare. E poi era comparsa quella bionda a stravolgergli la vita. Si sentì attraversato da una frenesia mai provata prima. La sua mano le corse lungo la schiena e Emma ne riconobbe subito il deciso ma morbido tocco della passione del suo uomo. Nell’oscurità un sorriso tornò ad incresparle il viso. Quando percepì quali erano le inequivocabili emozioni che stavano attraversando non solo il corpo del pirata, ma anche il suo, gli prese la mano e la strinse nella sua.

- Piano tigre, la cella è sotto sorveglianza e la telecamera riprende tutto. – disse Emma sorridendo.
- Scusa, è che non sai quanto ti voglio. Ti amo così tanto che mi manca il respiro quando non ti ho vicino a me.
- Che ne dici se ce ne andiamo da qui? Non hai ancora visto come ho risistemato il mio appartamento. – disse Emma allusiva.
- Cosa stiamo aspettando allora?
- Mando un messaggio a mio padre per dirgli che stai bene e poi c’è un’altra cosa che devo fare.

Emma si girò verso la telecamera e con la magia cancellò gli ultimi minuti di registrazione.

- Non vorrei mai che vedesse quello che stavamo per fare. – disse Emma ironica.
- E che non lo so? Mi ucciderebbe all’istante se solo sapesse quello che faccio con la sua dolce bambina … E sono contento di vedere che hai di nuovo la tua magia.

Uscirono dalla centrale che era quasi l’alba. Si diressero immediatamente all’appartamento di Emma. Come vi misero piede, la passione ebbe il sopravvento. Tutto quello che erano stati costretti a reprimere in quei giorni venne a galla prepotentemente. Erano oramai diventati le due perfette metà di una sola anima. Salirono le scale per raggiungere la zona notte, non senza rischiare di cadere: l’ultima cosa di cui si stavano preoccupando erano i gradini. Una volta arrivati in camera, si abbandonarono completamente alla forza dei loro sentimenti in maniera incondizionata e complice. Fu come se si fossero riscoperti per la prima volta perché entrambi sapevano che in un certo senso quello era l’inizio di una nuova fase del loro rapporto: più matura e consapevole ma non per questo meno passionale. Non si accontentarono di smarrirsi una sola volta l’uno nell’altra, anzi, ogni qual volta tornarono a farlo in quella lunga alba, sembrava che un nuovo piccolo tassello si aggiungesse alla vasta gamma di emozioni che stavano provando insieme. Si addormentarono così, semplicemente stretti l’uno all’altra.

Era mattina inoltrata quando Killian aprì gli occhi. I raggi del sole erano già da un bel po’ alti nel cielo. Si ritrovò nel letto di Emma ma solo. Sentì il suo telefono vibrare. Lo trovò nella tasca della sua giacca di pelle che era andata a finire non lontano dai piedi del letto: era Eric che gli chiedeva che fine avesse fatto. Gli scrisse che stava bene e che quella mattina non sarebbe andato al porto. Aveva appena inviato la risposta che la porta alle sue spalle si aprì. Ne entrò una raggiante Emma in vestaglia che stringeva tra le mani un vassoio con la colazione.

- Buongiorno Capitano. – disse Emma poggiando il vassoio sul letto e sedendosi accanto al pirata.
 - Buongiorno amore mio – disse Hook rinfilandosi sotto le coperte.
- Problemi?
- No. Era solo Eric. Stamattina dovevamo fare delle cose in porto, ma gli ho detto che mi prendevo ancora un giorno. Penserà a tutto lui.
- Sei sicuro? – chiese Emma titubante.
- Assolutamente. Mi deve più di qualche favore per le sue assenze per stare con la sua dolce sirenetta

Risero di gusto.

- Lo so che è un po’ tardi per la colazione, ma ho pensato avessi fame.
- Verissimo amore mio. Mangiamo?

Emma si stese nuovamente nel letto e cominciarono a mangiare le ciambelle che teneva sempre pronte nel surgelatore. Si insinuò dolcemente tra le sue braccia prima di riprendere a parlare con il caffè in mano.

- Ti ricordi cosa mi hai detto quando Elsa arrivò per la prima volta in città a creare tutto quello scompiglio?
- Sì, che avresti dovuto vivere la tua vita a prescindere dalle crisi se non volevi perdertela.
- Volevi che cogliessi gli attimi, nonostante le cose terribili che possono succedere. Prima che questa storia iniziasse, credevo di non potermi permettere il lusso di godermeli quegli attimi. Ogni volta che ho pensato di potermi rilassare succedeva sempre qualcosa. Credevo  che quello che volevo avere non era nei piani della Salvatrice. Ma poi quando ho rischiato di non poter più avere quegli sprazzi di serenità, ho capito che non vi avrei mai rinunciato per nessun motivo al mondo. Ed è quello che farò d’ora in avanti a qualunque costo. Insieme a te.

Hook posò la ciambella e accarezzò la guancia di Emma. La fece poggiare al suo petto e la strinse ancora. Era incredibile come non si stancasse mai del suo contatto fisico.

Il sole era particolarmente caldo quel giorno nonostante fosse pieno inverno. Una sfida era stata appena superata con successo, ma altre ancora erano da venire. Immersi nella loro ritrovata tranquillità gli abitanti di Storybrooke non potevano sapere che un’ombra stava serpeggiando al confine della città: Rumple stava facendo ritorno in città accompagnato da tre figure tutt’altro che rassicuranti e sicuramente non piene di buone intenzioni.  

Ma questa sarebbe stata un’altra storia e finché quell’ombra non si sarebbe palesata in tutta la sua forza, Emma e Killian rimasero a godersi il sole del loro consolidato amore.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui. Scusate se ci ho messo un po' ad aggiornare ma ho riscritto il capitolo varie volte prima di giungere a una stesura definitiva. Spero di essere riuscita a dare una degna conclusione a questo piccolo volo pindarico della mia mente. Quando ho iniziato avevo solo una buona idea, almeno così speravo, e tanta voglia di cimentarmi. Siete stati voi a renderla speciale: con i vostri commenti, le vostre visualizzazioni e i vostri apprezzamenti. Spero di avervi fatto una buona compagnia fin qui. Mi sarebbe piaciuto terminare la storia prima dell'inizio della 4b perchè, lo ripeto, idealmente si collooca tra i due filoni. La Storia mi è nata in testa come un modo per superare la noiosissima pausa invernale. Il modo in cui Emma libera Killian è quello originale del racconto della Regina delle Nevi. A settembre, menre ripulivo la mia stanza e la mia libreria, mi è capitato in mano un vecchio libro di fiabe di quando ero una pupa (quanto tempo è passato da allora T.T). Nell'indice ho trovato la storia di Andersen e sapendo che il "malefico" duo avrebbe incentrato la 4a su questa storia, ho deciso di approfittarne per dare una ripassatina #PersefonechesimetteastudiareOnce XD. Lo so mi direte, ma a noi che ci ferga che a settembre hai fatto le pulizie anticipate, o troppo posticipate di pasqua? Avete ragione ma è in quel momento che questa storia ha iniziato a maturare lentamente nella mia testa: mi ero detta che era un bel finale da riproporre. Le cose poi sono andate in maniera leggermente diversa, ma sono dettagli. In compenso questa 4b ci sta regalando un'emozione dopo l'altra, non so voi ma a me sta prendendo un sacco. #adorodamorirelapiegadarkettona. Detto questo mi congedo dal mio ultimo #maxispiegonepersefone salutandovi e dandovi appuntamento alla prossima avventura. Ho altre due cose aperte ergo non vi libererete facilmente di me ... a meno che non decidiate di fare fuoco con i famosi Kalashnikov per questo finale che non vi ha soddisfatti ... *.* a questo non avevo pensato ... Devo cominciare a ordinarmi le corone di fiori? XD
Vi abbraccio calorosamente e ci leggiamo in giro come sempre. Un bacione
Persefone
 

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