Il regno dei guerrieri

di BBola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Consiglio dei Cinque ***
Capitolo 3: *** L'esperimento ***
Capitolo 4: *** La caccia alle streghe ***
Capitolo 5: *** La follia dell'accumulazione ***
Capitolo 6: *** Le streghe dell'est ***
Capitolo 7: *** Il risveglio dei malvagi ***
Capitolo 8: *** Il crepuscolo degli dei ***
Capitolo 9: *** Nuove alleanze ***
Capitolo 10: *** Lo scudo dell'anima ***
Capitolo 11: *** Per un mondo in evoluzione ***
Capitolo 12: *** Follia e coraggio ***
Capitolo 13: *** Conflitto finale ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Shinigami si svegliò. L’aveva sentito in sogno, l’aveva riconosciuto. Quel grido. Era lui. L’eco di un urlo. Troppo lontano per capire da dove provenisse, ma abbastanza distinto da palesare una realtà terribile. Era tornato. La spada demoniaca era tornata a vivere. Dopo ottocento anni di silenzio, ora la sua lunghezza d’onda aveva ricominciato a vibrare. Era diversa da come la ricordava, attutita, come nascosta al’interno di un corpo che non era il suo, un corpo gracile, ma consistente. Un corpo umano, forse.
Si alzò di scatto dal letto. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare, sperava che non fosse necessario, ma una cosa ormai era chiara del destino, qualunque cosa tu faccia, riuscirà sempre a seguire il suo corso. Puoi deviarlo, ma non lo arresti, lo rallenti, te ne dimentichi, credi di averlo evitato, ma nel frattempo lui si ingrossa, preme contro le pareti in cui l’hai costretto, cresce di potenza finchè non esplode, abbattendo i muri della tua resistenza, sfociando con una violenza disarmante che ti ferisce con crudezza al viso e ti sommerge finchè non smetti di respirare.
A Shinigami era stato rivelato il suo destino, ottocento anni prima, all’epoca in cui un’alleanza di mostri e streghe si era abbattuta sui popoli della terra e aveva ingaggiato contro questi una lotta feroce, tesa a rovesciare uno ad uno i regni guidati dalle forze degli uomini. Da ogni parte, il mondo veniva sconvolto da battaglie, in una guerra per la supremazia che sembrava non volere avere fine.
Fu allora che intervennero. I cinque grandi guerrieri, li chiamavano. Esseri sovrumani, quasi divini, titani dotati di una forza spaventosa, capaci persino di squarciare il cielo in due con un colpo solo. Esseri generati dalle stesse passioni terresti che alimentavano quello scontro, il desiderio di ordine, di conoscenza, l’istinto di rabbia, potenza, di comprensione delle anime. Shinigami, Eibon, Excalibur, Indra e Vàrua (1) si abbatterono con ferocia sugli eserciti schierati con l’aiuto delle loro truppe personali, separandoli, schiacciandoli, costringendoli alla resa, e imprigionandoli, se non cedevano spontaneamente. Si ersero sulle genti e imposero le loro regole. Portarono la pace, ma senza condivisione. Nessuno dei popoli scesi in campo era riuscito a prevalere, si erano sottomessi alla potenza dei più forti, ma molti, troppi di loro meditavano vendetta. E nella finzione del loro cedimento, attendevano solo un’occasione.

Shinigami l’aveva scoperto una notte, mentre conduceva in catene nelle segrete del suo castello tre prigioniere, le Graie, Enio, Penfredo e Deino, esseri mostruosi dalla pelle grigia e avvizzita, e capelli umidi e viscidi come alghe di mare, in grado di leggere il futuro delle genti.
-Shinigami… - cominciò a sibilare la prima di loro – Shinigami, non sai cosa ti aspetta. Nei tempi che verranno, ricorderete questi giorni come l’inizio del vostro regno di pace. Ma guarda la realtà. Ogni cosa ha una fine. Lo riesci a sentire, il fruscio della sabbia che scorre all’interno della clessidra? È il tempo che manca alla vostra caduta che ha cominciato a fluire. Oggi è solo l’inizio della fine. Avete vinto la guerra perché non esiste al mondo nessuno in grado di tenervi testa. Ma uno ne verrà, che vi metterà in ginocchio. E sarà la fine del vostro mondo. Un nuovo ordine sarà imposto, che porterà su di sé i segni della sofferenza, della paura, di un’innocenza spezzata. La vera guerra non è ancora finita. -
Shinigami tremò. Non era il pensiero della morte che lo spaventava, quella la conosceva, ne era il dio, e sapeva che era giusta, il naturale completamento di una vita che regolarmente inizia, matura e, quando giunge il momento, finisce. Era il pensiero di un nuovo conflitto di quelle dimensioni ad angosciarlo, di nuove atrocità, distruzioni, e nuovi pianti di persone innocenti. Diversamente da quanto si potesse pensare, Shinigami aveva un cuore, e amava le genti. Aveva imposto il suo ordine per renderle felici, e soffriva al pensiero che non lo capissero.

Scappò dalle prigioni, e risalì in superficie, in cerca di aria. Uscì fuori al giardino sul retro del castello, insopportabilmente tetro alla luce lunare. Alzò gli occhi al cielo, e vide l’astro delle notte sorridergli macabro, mentre dalle gengive avevano preso a scorrergli fiumi di sangue, gli stessi fiumi di cui si sarebbe macchiata la terra di là a venire.
Shinigami urlò di dolore, si prese il volto tra le mani, e con ferocia si strappò via il viso dal cranio. Guardò le mani grondanti del suo stesso sangue e, sgomento, scrutò il velo di pelle che reggeva. Il suo aspetto era già terribile; i suoi incavi non avevano occhi, perché chiunque osasse cercare il suo sguardo sapesse che per lui non c’era più futuro, che la morte era ormai giunta. Ora era diventato addirittura mostruoso, con la carne viva che pulsava bruciante e cominciava a marcire all’aria della notte. Aveva paura di quello che era diventato. Veloce, si guardò intorno, alla ricerca di un cumulo di terreno smosso. Quando l’ebbe trovato, vi poggiò sopra quello che era rimasto del suo volto. E su quella cunetta, soffiò il proprio alito vitale. Dal frammento del suo corpo, nacque un nuovo guerriero, in cui Shinigami aveva infuso tutta la paura che riusciva a provare nel suo essere, liberandosene definitivamente. Asura, l’avrebbero chiamato le genti, il “respiro del dio”. Quando il sesto grande guerriero ebbe aperto gli occhi, rossi come il sangue, guardò Shinigami, suo padre. Ed emise un urlo raggelante.
-Maledetto! Maledetto! – cominciò a sputare Asura – Mi hai creato per soffrire, per sopportare la paura di questo mondo al posto tuo! Maledetto! Io ti odio, ti detesto! Ti distruggerò Shinigami, sarò la tua rovina! -
Le Graie avevano ragione. Era davvero l’inizio della fine. Un nuovo ordine era destinato a nascere, e avrebbe reclamato il suo sacrificio. E ora che la spada demoniaca era tornata, era solo questione di tempo.

Ma in quegli ottocento anni, Shinigami aveva riflettuto, e aveva capito cosa avrebbe dovuto fare. Non avrebbe commesso gli stessi errori di una volta.
Si era affacciato alla finestra della stanza, a mirare il cielo notturno. Quella sera la luna era serena. E dunque, il momento era favorevole. Con decisione, si piantò una mano nel petto, e ne estrasse il cuore. Ancora una volta, vi soffiò sopra il suo spirito vitale, e dal frammento prese forma un bambino, non un titano come lui, ma un umano dal corpo divino. Non pervaso dalla sua paura, ma dal suo amore per l’umanità. Appena venuto al mondo, il bimbo iniziò a piangere, come c’era da aspettarsi. Shinigami cercò di calmarlo.
-Ehi, kid (2) – cominciò rivolgendosi al figlio – perdonami bambino mio! Sono tempi duri quelli che ti aspettano! Verrà forse il giorno in cui anche tu mi accuserai di averti creato per soffrire, ma non è così! Ho fatto degli errori in passato, e sì, ora mi affido a te per porvi rimedio. Un nemico molto potente è alle porte, e quando giungerà, sconvolgerà la tua esistenza. Combatterai, soffrirai a volte, ma allo stesso tempo crescerai, maturerai, e capirai finalmente cosa serve a questo mondo per vivere sereno. -
Abituatosi alla luce della notte, il bimbo smise di piangere e aprì gli occhi.
-Ecco, – continuò - lo vedo, lo vedo in quei tuoi occhi dorati che sei già più di un semplice dio della morte, che non conosce altro modo di appianare i conflitti se non stabilire chi vive o muore… ma una volta rimasto solo a governare, che altro potevo fare io per mantenere l’ordine? Questo è l’unico modo che conosco! Ma tu sei diverso, e col tempo comprenderai cos’è la vera giustizia. Ti ho affidato quel che resta della mia umanità per questo, e quando capirai cosa farne, io cesserò di esistere. In effetti, già ora non resta granchè di me! Ma tranquillo – si picchiettò con l’indice destro la maschera di osso che indossava – non toglierò mai questa dal viso, così che non tu non abbia a spaventarti! Alla lunga forse finirò per sembrarti solo un povero sciocco privo di emozioni, eeeeeeh sì, forse è quello che sono ormai! Ma cercherò lo stesso di insegnarti tutto quello che ti servirà! Altre cose te le nasconderò, non ti racconterò degli eventi accaduti dopo la nascita di Asura. Tu hai bisogno di una guida, di un punto di riferimento, se ti raccontassi dei miei errori cresceresti confuso, senza certezze alcune! Considerale delle bugie a fin di bene! Ma una cosa posso assicurartela, finchè vivrò, farò tutto quello che è in mio potere per farti felice! Ridi figlio mio, ridi finchè puoi, perché tu non sei nato per soffrire, assolutamente! Spero che l’avrai capito anche tu, per quando sarà giunto il mio momento di andarmene. Nel frattempo, non posso fare altro che augurarmi il meglio per te! Benvenuto in questo mondo, e in bocca al lupo… Kid! -
 
Note:
  1. Allora, prima di tutto, me lo ricordo che i grandi guerrieri sono otto! Ho scelto solo di posticipare un attimo la nascita di Asura e Vajra, la sua arma, ossia il sesto e il settimo guerriero, e dell’ottavo, per il quale vi ho riservato una sopresa! Sui cinque che ho già nominato… beh, oltre a quelli che non hanno bisogno di presentazioni, quello che ho chiamato Indra, altri non è che la Massa Nera che Kid e Black*Star incontrano nel manga nel libro di Eibon, mentre Vàrua è un’invenzione mia… visto che nel manga di due guerrieri non viene detto assolutamente nulla, ho dato libero sfogo alla fantasia!
  2. “kid” in questo punto è scritto minuscolo, perché usato col significato di “bambino”.
 

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Capitolo 2
*** Il Consiglio dei Cinque ***


Altre cose te le nasconderò,
non ti racconterò degli eventi accaduti dopo la nascita di Asura.
Tu hai bisogno di una guida, di un punto di riferimento…
se ti raccontassi dei miei errori cresceresti confuso,
senza certezze alcune.
 
… la notte della nascita di Asura…
 
 
-Beh, allora, cosa dice?
-Niente, si è rintanato nella torre destra del mio castello e non vuole uscirne. Dice che ha paura di noi e ci vuole morti.
-Cretino!
Excalibur interruppe la conversazione tra Shinigami e Eibon. I cinque guerrieri erano stati convocati con urgenza al castello del dio della morte. Si erano riuniti nella sala consiliare per discutere della sorte di Asura, ma per la tensione, nessuno di loro era riuscito a restare seduto nella propria postazione.
-Come ti è saltato in mente di creare un guerriero fatto di sola paura? -  continuò la spada sacra - Hai idea di quale forza distruttiva potrebbe creare?
-Sono io il capo tra noi, non devo giustificarmi per quello che faccio. Ho scelto di liberarmi di tutte le mie paure per essere un guerriero migliore, che questo ti basti!
-Cretino! Sei il capo solo perché sei il più antico di noi, ma di certo non perché sei il più saggio! Avresti dovuto consultarti con noi prima di prendere stupide decisioni come strapparti il volto! E ora che farai - chiese additando la maschera a forma di teschio che indossava - te la terrai su tutta la vita quella? Ridicolo!
-Ormai il danno è fatto - li fermò Eibon - Quello che ci resta da fare ora è decidere cosa fare di quel… di quell’Asura. Non possiamo lasciarlo a piede libero, è un pericolo per tutti. Ma ucciderlo non si può, dato che è uno di noi, anche la sua essenza è immortale!
-Mpf - sbuffò Indra - la prossima volta che decidete di fare un figlio, che sia umano per favore. Sono i più facili da domare!
-Forse qualcosa si può fare - si intromise Vàrua - Asura è spaventato, ma credo si calmerebbe  se gli dessimo un modo per sentirsi potente, al sicuro.
-E come, trovando un’arma da affidargli? - chiese Shinigami.
-Bravi, ottima idea! - sbottò ironico Indra - mettere un’arma in mano ad un essere spaventato dalla sua stessa ombra, mi sembra davvero un grande piano!
-Cosa suggeriresti tu, allora? - gli fece contro Eibon.
-Quello che ho sempre suggerito. Di farci gli affari nostri, di goderci i nostri castelli in pace, e lasciare che gli altri vivano a modo loro, che si ubriachino, impazziscano, si uccidano l’un l’altro, che importa! È del loro delirio di potenza che mi compiaccio, io!
-Ma non è quello che va bene per me! - urlò Shinigami - Sono io il dio della morte, sta a me decidere chi e quando deve morire! Non intendo lasciare che altri si arroghino ancora questo diritto! E ora che le streghe sono scese sul campo di battaglia, la situazione rischia di diventare ingestibile, sarà la fine dell’umanità intera! (1)
-Quello che pensavo - continuò mite Vàrua - è di porre affianco ad Asura, sì un’arma, ma un’arma con una volontà, in grado di controllarne le azioni, di impedirgli di usarla in maniera inappropriata…
A quelle parole, tutti si voltarono verso Excalibur.
-Cretini! Cretini tutti! Non intendo combattere al fianco di quello squilibrato, non è questo il mio compito! La colpa di quanto è successo è di Shinigami, che sia lui a fare da balia al figlio, non io!
-Excalibur! - si infiammò il dio della morte - Prova una volta tanto a mettere da parte il tuo stupido ego e vienici incontro! Tu sei l’unico che può aiutarci in questo momento! Ho creato io Asura, ma se non collaborerai per trovare una soluzione, la responsabilità per le vittime che mieterà sarà anche tua!
-Sarà solo sua, vorrai dire! No, non riuscirai ad incastrarmi, Shinigami. Tu hai voluto fare di testa tua, ora io faccio di testa mia! Non solo non farò nulla, ma me ne resterò proprio qui seduto a guardarti mentre tu e tuo figlio vi distruggete a vicenda!
-È inutile discutere con questo qua! - fece Indra - lui è l’incarnazione della rabbia, ci gode solo a vederci litigare. Date retta a me, non fate nulla e il problema sparirà da sé!
-Perché tutto sparisce se ci si beve su, giusto? - lo incalzò Shinigami - Se vivessimo tutti come te, non ci sarebbe più nemmeno un granello di polvere su questa terra! Resteremmo solo noi cinque a farci compagnia, è questo quello che vuoi?
-Calma, basta! -  li fermò di nuovo Eibon - Per stasera basta così, siamo stravolti. Non ha senso continuare a discutere. Andate tutti a dormire, ne riparleremo un altro giorno, dopo che avremo riflettuto per bene sul da farsi.
 
Il Consiglio annuì, e si sciolse. Excalibur, Indra e Vàrua segregarono per il momento le loro recriminazioni, e uno alla volta abbandonarono la sala consiliare. Ma Eibon tentennava a lasciare il castello di Shinigami. Aveva qualcosa di troppo importante in mente da dire per aspettare.
-Sai, pensandoci - iniziò a mormorare al dio della morte, mentre faceva scivolare un dito lungo il bordo di una coppa d’argento che ornava la stanza del Consiglio - l’idea di Vàrua non è poi così stupida.
-Vallo a dire a quello stupido di Excalibur, allora.
-Mi guardo bene dal farlo! No, stavo dicendo… l’idea di armi metamorfiche, dotate di una volontà propria come Excalibur… sarebbe  bello se esistessero, non trovi? Riesci a immaginare quanto crescerebbe la potenza di ognuno di noi se disponessimo di armi capaci di sostenere e ampliare la lunghezza d’onda delle nostre anime?
-Dove vuoi arrivare?
-Ci ho pensato, sai? Anzi, più che pensato… mh, no, devi vederlo tu stesso. Ma posso dire con un buon margine di certezza che una soluzione c’è! Mi serve solo la tua approvazione, la tua firma, e posso cominciare! Se sei interessato, raggiungimi domani mattina al mio castello, e porta con te quanto ti dico…
 
Il castello di Eibon era nascosto in un luogo quasi inaccessibile. Lontano diverse lunghezze da qualsiasi altro insediamento, e protetto dal rigore di un inverno perenne, il lembo di terra su cui sorgeva si era meritato il nome di “isola perduta”.
Per raggiungerla, Shinigami si fece preparare dai propri servitori, di buon mattino, la propria galea personale. In realtà, avrebbe potuto raggiungere l’isola in volo, ma per espressa richiesta del guerriero della conoscenza, quel giorno non avrebbe potuto viaggiare leggero, ma avrebbe dovuto portare con sé un carico importante. Quando le operazioni di imbarco furono completate, uno dei servitore di Shinigami, vestito, come tutti, di una lunga tunica nera, gli si avvicinò e con un cenno gli comunicò che erano pronti a partire. Gli assicurò che tutti i suoi ordini fossero stati rispettati, e di aver provveduto lui stesso a compiere un giro di perlustrazione nelle prigioni per controllare, un’ultima volta, che le celle dei detenuti fossero ben serrate. Nelle carceri, giacevano quanti si erano rifiutati di sottomettersi al regno dei cinque, ormai sei, spontaneamente. E lì, aspettavano di essere giudicati. Il Consiglio si sarebbe riunito, e dopo averli ascoltati uno per uno, Vàrua, che meglio di tutti sapeva comprendere le anime, avrebbe suggerito a Shinigami chi giustiziare, chi destinare ai lavori forzati, e chi sottoporre al programma di riabilitazione. Chi rientrava in questa ultima categoria avrebbe potuto aspirare ad una totale liberazione, qualora, al suo completamento, si fosse convinto a prestare giuramento ai nuovi regnanti. Per essere ritenuti meritevoli di tale privilegio, era necessario essere dotati di uno spirito forte ma allo stesso tempo arrendevole. Tenere le lezioni rieducative era infatti compito di Excalibur, un guerriero colto, saggio, ma estremamente pedante, sostenibile solo da coloro i cui animi non fossero interamente devoti alla distruzione, ma fossero ancora pervasi, anche solo minimamente, di un umano istinto di conservazione, che li spingesse a resistere a quella tortura psicologica.
Tra i prigionieri, ad attendere il processo, vi erano anche le Graie. Il ricordo dei tre mostri assalì Shinigami non appena giunse al molo, e l’odore di mare, di alghe imputridite, sferzò contro le sue narici. Ma stavolta non era tornato con timore al pensiero della loro lugubre profezia, ora era forte, risoluto, deciso ad evitare il destino che le tre avevano tessuto per lui.
E nel freddo del mattino, illuminato da un sole ancora pallido e sonnolento, era salpato per l’isola perduta, alla ricerca di un modo per respingere quella sorte.
 
Al castello di Eibon, fu accolto da altri servitori, che lo invitarono a scendere nei sotterranei della costruzione. Il guerriero era nel suo laboratorio a lavorare alle proprie creazioni. Lo spettacolo che si parò di fronte a Shinigami, una volta raggiuntolo, fu impressionante. Macchinari e attrezzature di ogni tipo erano accatastate in ogni angolo della stanza, con un disordine tale da offendere la sua vista. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quel panorama tanto sconclusionato, al punto che non scorse immediatamente la figura di Eibon, china vicino ad uno dei vari macchinari, intenta a stringerne i bulloni che lo tenevano unito.
-Vieni avanti, Shinigami, da questa parte! - lo ridestò il guerriero.
-E precisamente, Eibon, alla costruzione di quanti artefatti demoniaci, che non hai avuto ancora il coraggio di mostrarmi, stai lavorando?
-Un bel po’, un bel po’ veramente, non ti mentirò. Ma qualche volta torna utile portarsi avanti! Allora - disse levandosi dritto e indicando il macchinario che stava visionando - questa è l’opera che volevo mostrarti. Lo chiamo il “trasfiguratore”.
-E cosa fa il “trasfiguratore”?
-Meraviglie, se tutto va bene! Con questo è possibile fondere due anime distinte in un unico corpo, che conserverebbe in sé le caratteristiche di entrambe. Quindi, se per esempio, prendessimo l’anima di una strega, che ha l’abilità di metamorfosi, e la unissimo a quella di un umano…
-…otterremmo un umano capace di mutare le proprie sembianze, sì. Mmm…, ma da qui ad ottenere delle trasformazioni in arma? Perché è lì che vuoi arrivare, presumo. Le streghe si mimetizzano tra gli animali, non tra gli oggetti…
-Qui sta l’incertezza dell’esperimento! Avremo dei risultati solo quando faremo delle prove, ma sono quasi sicuro che unendo alle cavie il sangue di un guerriero, il mio ad esempio, otterremo dei soggetti votati per istinto al combattimento, e quindi, portati per natura a mutare in arma!
-Bah, sì, ha senso, potrebbe funzionare. E come pensi di unire il tuo sangue al loro?
-Sarà sufficiente procurarmi una lieve ferita e versarne delle gocce sulle anime da fondere. - Iniziò a ridacchiare, guardando la maschera di Shinigami - Niente di cruento, mi dispiace! Non ho il tuo stile!
-Eibon, non penserai anche tu che mi sia strappato il volto volontariamente…
-Non mi aspetterei niente di meno dal dio della morte. E tu non hai mai avuto modi sottili, d’altra parte! Ma ti dirò, ora che ti sei liberato anche della paura, potresti starmi ancora più simpatico!
-A volte parli proprio come Indra!
-Desiderio di conoscenza è un’altra forma del delirio di onnipotenza! Non siamo così diversi noi due, dopo tutto! Io però, a differenza sua, riesco a restare sobrio qualche volta!
-E ti sono grato per questo!
-Tu, però, devi trovare il modo di tenere a bada la violenza delle tue mani… mai pensato a dei guanti?
-Eibon… sii serio!
-Va bene, torniamo a noi. Allora, l’artefatto è questo ed è pronto. Vogliamo provarlo? Mi basta solo il tuo sì…
Shinigami non rispose, ma abbassò il capo pensieroso.
-Avanti, non violiamo nessuna regola! Il “trasfiguratore” non incide sulla vita delle persone che vi vengono esposte, ma solo sulla forma. Ma d’altronde… la forma conta poco, dico bene? Quello che conta… è l’anima!
E per incanto, affianco al nome di Eibon, sull’artefatto demoniaco comparve un’altra firma, “Death”.
 
Note:
  1. Se tutto va bene, più in avanti cercherò di dare una senso più preciso a questa frase, di spiegare chi sono le streghe, cosa fanno e cosa vogliono, perché tutti le temono! 

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Capitolo 3
*** L'esperimento ***


Acconsentito a procedere con l’esperimento, Shinigami fece segno ai servitori di Eibon, che l’avevano scortato nel laboratorio ed erano rimasti in attesa di disposizioni fuori la porta, di farsi portare giù il carico contenuto nella galea.
Nell’attesa che l’ordine fosse eseguito, il dio della morte ne approfittò per rivolgere alcune domande ad Eibon, che non aveva ancora espresso alcuna opinione in merito alla questione di Asura.
-Perché lo stai facendo? – gli chiese.
-Abbiamo bisogno di aiuto, Shinigami. Il conflitto che abbiamo sedato, per quanto vasto, non era ancora nulla. Se vuoi regnare su questa terra, imporre il tuo ordine in ogni dove, noi cinque non bastiamo, è evidente. Per quanto tempo possiamo tenere sotto controllo la situazione in questo modo, una settimana, un mese? Abbiamo bisogno di rinfoltire le nostre schiere. Dobbiamo dislocarci e creare solide infrastrutture governative che seguano le nostre direttive. Dobbiamo ripristinare i regni degli uomini perché si occupino di amministrare i popoli da vicino, ma assicurandoci che essi giurino fedeltà alla tua figura, che vivano seguendo le tue regole superiori. Non sono solo le streghe a impensierirmi, anche gli uomini nutrono manie di grandezza, e non è affatto scontato che si arrendano così facilmente all’idea di dipendere totalmente da noi. Asura ci serve, altri guerrieri ci servono. Gli eserciti di cui già disponiamo devono essere posti principalmente a presidio di questa primaria missione, e dobbiamo assicurarci che siano adeguatamente equipaggiati, a partire da noi stessi.
-Ma molti dei comandanti, di entrambe le fazioni, sono rinchiusi nelle mie prigioni, ci vorrà del tempo prima che gli eserciti siano in grado di riorganizzarsi e insorgere contro di noi.
-Tu credi? No, li stai sottovalutando. Non devi pensare solo a guerre organizzate, ma anche a manifestazioni sparute di ribellione, e soprattutto, ad attentati perpetrati da forze segrete.
-Soprattutto?
-Non è evidente? Chi pensi che abbia fomentato il conflitto in primo luogo? La vecchia strega? No, lei non è così stupida da esporsi ad un tale pericolo, né mi sembra il tipo da abbassarsi a cercare aiuto tra le creature deformi, soprattutto considerato l’incidente accaduto con Occhio del diavolo (1)… non credo si fidi di altri che del suo popolo. Inoltre, non ha mai manifestato interesse ad estendere il raggio del proprio dominio, quanto più ad assicurare protezione al suo regno dalle persecuzioni esterne. Ma più di tutti, c’è un dettaglio che mi ha lasciato perplesso… Streghe, mostri, non sono mai stati una percentuale molto elevata della popolazione di questo pianeta, e invece oggi sono in grado di organizzare eserciti in grado di mettere in crisi le forze degli umani…
-Stai forse pensando…
-…che questa non è una battaglia fra razze, è l’opera di un’organizzazione che sta lavorando segretamente, raccogliendo proseliti da ogni parte. Anche tra gli uomini, uomini che avranno rinunciato alla propria essenza e si saranno lasciati corrompere dal contagio dei mostri, diventando delle creature demoniache a loro volta. (2) Purtroppo, temo che se provassimo a interrogare i prigionieri, non otterremmo conferme, ma solo silenzi. Chi giura fedeltà a organizzazioni del genere, di solito si impegna a proteggerle fino alla morte, perché le conseguenze del tradimento sarebbero più terribili della morte stessa. Ma se così fosse, sono quasi sicuro che chi capeggia tali gruppi sia ancora in circolazione, nascosto ad attendere la prima occasione utile per finire il lavoro che aveva cominciato, e assicurarsi una facile ascesa al comando.
Shinigami ripensò alla profezia delle Graie, e dovette ammettere che quella ricostruzione aveva senso alla luce di quanto gli era stato predetto.
-Per questa ragione non dobbiamo farci cogliere impreparati, ma al primo segno di rivolta dovremo intervenire decisi. E non appena avremo individuato le cellule periferiche dell’organizzazione, risaliremo lungo i fili della ragnatela da questa intessuta, fino a giungere alla sua origine… e la elimineremo.
I due guerrieri arrestarono la conversazione non appena sentirono i servitori fare ritorno. Questi entrarono nel laboratorio, portando con sé quattro persone in catene, provenienti dalle prigioni di Shinigami.
Due erano uomini, soldati di eserciti rivali provenienti dall’India.
Il primo era conosciuto col nome di Dadhichi, un militare dall’aspetto fiero, che dall’inizio di quella vicenda non aveva rinunciato neanche per un attimo alla sua compostezza e lasciato trasparire il benché minimo turbamento, dai suoi grandi e penetranti occhi neri. La barba e i capelli portati lunghi, già ingrigiti e crespi, conferivano, nell’insieme, ancora maggiore solennità alla sua figura imperiosa.
Il secondo era Vritra, un ragazzo dall’animo decisamente più impetuoso ed inquieto, dall’aspetto più immaturo, ma molto sveglio e vivace. Il suo fisico era possente oltre misura, e reso ancora più evidente dall’assenza di peluria in volto e dal cranio perfettamente liscio.
Le altre due erano streghe. Chelonia, la strega testuggine, bassa e corpulenta, ed evidentemente in avanti con l’età, ma dal corpo robusto e quasi completamente invulnerabile. E Panthera, la strega felina, alta e snella, dai lunghi capelli neri e lucenti, e unghie affilate come artigli, che unica si agitava, stretta nella morsa degli uomini che la scortavano, sbraitando e soffiando come un gatto, rivelando un carattere e violento e intemperante.
-Ottimo! – pensò Eibon, mentre con una mano afferrava il mento di Panthera, scrutando le strette e feroci pupille della strega. – Quattro esemplari straordinari, forti e risoluti, come li avevo richiesti.
-Ci sono diversi modi per separare l’anima dal corpo – iniziò a dire, con tono beffardo – lascio a te, Shinigami, l’onere di scegliere il migliore. Ma per favore, cerca di contenerti!
-Che cosa volete farci? – ringhiò Panthera – È questa la giustizia dei grandi guerrieri? Ci avevate promesso un processo, e invece ci giustiziate in segreto? Codardi! Infami!
-Lasciali fare, Panthera. – la ammonì Chelonia – Il nostro sacrificio non sarà vano. Sarà il segno del fallimento del nuovo ordine, del piano sciocco e ambizioso che i Signori qui presenti hanno congeniato. Hanno creduto di potersi imporre con facilità, ma le differenze che esistono tra i popoli del pianeta sono troppo grandi anche per loro, per essere messe a tacere così semplicemente. Il mondo è destinato ad avviarsi verso la distruzione, e non c’è niente che voi possiate fare per impedirlo!
Shinigami ne aveva abbastanza di quelle insinuazioni. Sollevò una mano in corrispondenza del volto di Chelonia, e ad una rapida roteazione del polso, il corpo della strega si dissolse in un cumulo di cenere, lasciando al suo posto solo un’anima viola a fluttuare nell’aria.
A quella vista Panthera reagì, e rapida si avventò sugli uomini che la tenevano stretta, mordendoli al collo, alle orecchie, ovunque riuscisse ad arrivare. Ma la sua resistenza fu vana, perché ad un gesto di Shinigami la stessa sorte toccata alla compagna raggiunse anche lei.
Sul volto di Vritra comparve un’espressione di disgusto, ma come Dadhichi, restò impassibile, giacchè era chiaro che non avesse speranza alcuna di aprirsi una via di fuga, nonostante la sua forza mastodontica.
Docili, gli uomini si lasciarono allora spingere verso l’artefatto demoniaco, un diapason rovesciato, alle cui due colonne vennero legati tramite cinghie di cuoio, che premettero le loro schiene contro il “trasfiguratore”, lasciando il resto del corpo libero.
Eibon prese un coltello, preparato per l’occasione, e si ferì ad una mano. Fece colare delle gocce del suo stesso sangue sulle anime delle streghe che, al contatto, assunsero un tetro color porpora. Le posizionò poi sulla bocca del tubo centrale dell’artefatto, dove le due colonne laterali si congiungevano, che le risucchiò
al suo interno bruscamente.
Alimentato dalla potenze delle anime delle streghe, il “trasfiguratore” cominciò a vibrare , provocando una risonanza artificiale delle anime degli uomini, che presero ad espandersi. I due comandanti iniziarono a gridare per lo sforzo cui erano sottoposti, mentre le loro anime, sollecitate, divoravano l’essenza di quelle delle streghe, con queste fondendosi in una. I corpi di Dadhichi e Vritra aumentarono di volume, fino a spezzare i legacci che li tenevano stretti. Ma il procedimento si era compiuto.
Sulla fronte di Dadhichi erano comparse tre linee bianche orizzontali, e sulle braccia, altrettante grinze callose. Sul volto di Vritra, una orribile voglia bianca a forma di “ics”, aveva deturpato la bellezza e l’armonia del suo aspetto.
Ma il sangue del guerriero era entrato in circolo, e i due comandanti, istintivamente, chinarono il capo al cospetto di coloro che li avevano rigenerati, pronti ad obbedire ai loro ordini, e a diventare parte del loro gruppo.
-Ho un buon presentimento, Shinigami! – disse Eibon, raggiante. – Credo che ci siamo riusciti!
-Guerrieri! – continuò poi, rivolto agli uomini. - Mostrateci di cosa siete capaci. Seguite il vostro istinto, e immaginate l’arma in cui vorreste trasformarvi!
Dadhichi, pervaso dall’anima di Chelonia, sentì di voler diventare l’arma più robusta che fosse mai esistita. Si trasformò in una Vajra, uno scettro d’oro dalle estremità affilate, le cui lame erano incastrate in un decoro di petali di fiori di loto. Eibon lo impugnò al centro, e non appena le loro anime si furono incontrate, l’arma si allungò in un pesante ed indistruttibile bastone bipenne.
Vritra, la cui anima aveva assorbito quella di Panthera, si trasformò invece in una lunga e lucente spada a due mani, affilata come gli artigli della strega, che subito cadde tra le mani di Shinigami. (3)
-Una nobile arma per il più nobile dei guerrieri – commentò Eibon alla vista della spada divina. – Oserei dire che è persino più bella di Excalibur!
-Speriamo almeno che sia più facile averci a che fare – commentò mesto Shinigami, mentre ammirava stupefatto la meraviglia che reggeva.
-Tieni, prendi questa e consegnala ad Asura – disse il guerriero della conoscenza allungando Vajra al dio della morte -Un’arma di tale fattura certamente riuscirà a conferirgli la sicurezza di cui ha bisogno. E ora che entrambi, padre e figlio, avete a disposizione un degno compagno di guerra, niente e nessuno potrà ostacolare la nostra strada, te lo garantisco!
 
 
Note:
  1. Per chi non lo ricordasse, Occhio del diavolo è il nome affibbiato a Free, dopo che il lupo mannaro strappò l’occhio sinistro della vecchia strega, per ragioni a noi, purtroppo, ignote! …Per ora!
  2. Qui il riferimento è alla letteratura più diffusa, dove generalmente si legge che mostri come lupi mannari, zombie e vampiri espandono il loro contagio con morsi e contatti vari. È anche mia ferma convinzione che possa ben esistere nel’universo di Soul Eater un mondo di vampiri creati da Lord Mosquito!
  3. … spada… voglia a forma di “ics”… capite dove voglio arrivare?
 
 
 

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Capitolo 4
*** La caccia alle streghe ***


Era notte fonda quando Shinigami fece ritorno al castello dall’ “isola perduta”. L’edificio era completamente immerso nell’oscurità. La cosa lo meravigliò, dato che ai servitori era stato ordine di lasciare sempre delle candele accese a illuminare l’esterno e il cortile antistante l’ingresso. Decise allora di entrare da solo, per controllare cosa fosse successo.
Entrò dal portone, che si richiuse lentamente alle sue spalle. Si incamminò verso la parete destra dell’ambiente. Quando l’ebbe raggiunta, cominciò a tastarla, fino a che non ebbe trovato una torcia appesa da accendere.
-Non fare luce – gli disse una voce nel buio.
-Asura, sei tu?
-Il castello era silenzioso, e sono uscito dalla torre. Ti sei sistemato proprio in un bel posto, così arroccato e isolato che difficilmente qualcuno avrà il coraggio di metterci piede.
-L’intera città è la mia fortezza, non c’è nessun altro a parte me, il mio esercito, qualche servitore e i prigionieri. Nessun altro conosce l’esistenza di questo posto, siamo perfettamente al sicuro qui.
-Bene, bene. Sei astuto Shinigami, non credevo.
-Perché sei al buio?
-L’oscurità mi protegge. Mi avvolge nel nulla, e dal nulla voglio essere inghiottito.
-È la morte che cerchi?
-Che cosa sono io? Uno Shinigami come te? Non è normale che sia attratto dalla morte?
-Come fine ultimo della tua esistenza, certo, ma non come scusa per fuggire dalla tua esistenza stessa.
-Perché no? Sono un guerriero fatto di paura, una passione distruttiva, l’intera mia esistenza tende alla mia stessa distruzione.
-La paura non è affatto distruttiva, al contrario. Ci frena dal compiere scelte avventate, ed è proprio ciò che spinge le genti alla loro conservazione. La paura di un male non è altro che rispetto per la propria vita.
-E tu perché te ne sei privato, allora?
-Io non voglio tendere alla mia conservazione, l’unica cosa che mi interessa è mantenere la pace in questo mondo.
-Che di te stesso te ne importi poco l’ho capito subito, mi è bastato vedere quel tuo viso così brutalmente scuoiato. Ma io sono te, e finirà che quello che è successo a te capiterà anche a me se vivrò secondo la tua regola. Nel tuo volto ho visto il mio futuro, ed è un futuro che non voglio. Per questo scelgo il nulla.
-Il mio destino l’ho scelto io, non mi è stato imposto. E l’ho scelto per evitarne uno ancora peggiore. Cose terribili sono destinate a ripetersi, e a quanto pare, non posso impedirlo. Non fare nulla, come desideri tu, non può impedirlo. Ma insieme, possiamo arrestare questo processo, ed eliminare quanti sono oggi la causa dei nostri affanni.
-Intendi… uccidere chi ci fa paura?
-Esatto! La morte è la ragione della nostra esistenza, perché è la nostra giustizia, la giustizia degli Shinigami. Combatti con me Asura, ed aiutami ad estirpare da questo mondo ciò che è malvagio, distruttivo. E alla fine, non avrai più nulla di cui aver paura.
-Combattere… mi fa paura.
-A questo c’è rimedio… vieni, lascia che ti presenti qualcuno…
Nel dire ciò si avvicinò gentilmente ad Asura, e premendo una mano contro la sua schiena, lo invitò ad uscire dal castello.
Illuminato dalla luce lunare, Shinigami notò l’abbigliamento del figlio.
-Che cosa hai combinato?
Asura doveva aver girato tutto il castello, in cerca di indumenti. Aveva indossato sette camicie, una sopra l’altra, e avvolto il viso in bende provenienti, presumibilmente, dalle lenzuola su cui era riuscito a mettere le mani.
-Te l’ho detto, non voglio finire come te. Non voglio che nessuno mi veda, che nessuno mi tocchi. È il mio modo di preservarmi.
-Sarà dura qui – pensò Shinigami. Ma poi si rincuorò al pensiero che appena poco prima Asura si era lasciato toccare alla schiena senza fare storie. Forse c’era speranza che si fidasse di lui, prima o poi.
Nel cortile, il settimo e l’ottavo guerriero attendevano di essere presentati al loro nuovo compagno.
-Signore – iniziò il primo rivolgendosi con riverenza ad Asura – sono il guerriero nato dalle ossa dell’uomo Dadhichi per servire al tuo fianco come tua arma. Sono una Vajra, e con questo nome vorrei che mi chiamassi da questo momento, giacchè l’uomo che ero non mi appartiene più, ormai.
-Io sono Vritra invece, e vedi di chiamarmi così, se ti capita. Spada divina non è granchè come nome, e non fa paura a nessuno!
Shinigami ridacchiò a quell’uscita, mentre Vajra freddò il compagno con una gelida espressione di rimprovero, per il tono usato.
-L’uomo che eri non ti appartiene più, ma sei pesante come prima. – continuò Vritra – E poi, la vuoi smettere di restare impassibile di fronte ad ogni cosa? C’è una persona vestita da mummia davanti a te, come fai a restare serio?
Asura cominciò ad agitarsi. Quell’uomo così irriverente lo terrorizzava, come poteva prendersi gioco di lui in modo così sfacciato? Vajra si accorse del disagio del suo maestro, e rapido, gli afferrò le mani, nel contempo trasformandosi in arma. Asura gridò per lo spavento provocato dal contatto improvviso e dalla luce emanata dal guerriero, ma non appena vide lo scettro d’oro materializzarsi tra le sue mani, sentì la lunghezza d’onda dell’arma toccargli l’anima e tranquillizzarlo.
-Io mi sento… potente! – disse incredulo Asura.
 
Nei giorni che seguirono, Shinigami sentì tornare la speranza. Asura e Vajra mostravano una buona sincronia, mentre la sua arma si rivelava davvero una buona compagnia per lui, con la sua semplicità e schiettezza. Insegnargli tutto quanto gli sarebbe servito intorno alla sua nuova condizione di guerriero e alla sua missione si stava rivelando un piacevole compito.
I detenuti scalpitavano nelle prigioni in attesa di essere processati, ma Shinigami tentennava a convocare il Consiglio dei Cinque per darvi inizio. Si stava godendo un po’ di serenità, e il pensiero di dover affrontare i compagni e confessare loro cosa avevano fatto insieme lui e Eibon lo avviliva. Soprattutto il confronto con Excalibur sarebbe stata una notevole spina nel fianco.
-Excalibur qual è, il piccoletto? – gli chiese un giorno Vritra, mentre passeggiavano insieme per i giardini del castello.
-Esatto! Ma non chiamarlo mai “piccoletto” in sua presenza, se vuoi vivere ancora!
-Ma come è uscito fuori con quell’aspetto così ridicolo? Insomma, voi altri siete alti, imponenti, divini, mentre lui è un coniglio col becco in sostanza…
-È una lunga storia, come direbbe lui “la sua leggenda è iniziata nel dodicesimo secolo…”
-Solo? Cento anni fa? (1) Non deve essere così lunga dopo tutto!
-Eh, ma non riguarda solo lui. È la storia di come uomini e streghe hanno cominciato a darsi la caccia a vicenda.
-Perché, non è sempre stato così?
-No, non proprio. Vedi, le streghe sono creature millenarie, come noi guerrieri, ma a differenza nostra non incarnano le passioni degli uomini, bensì le loro perversioni. Le tre gorgoni, ad esempio, di cui avrai certamente sentito parlare, Shaula, Medusa e Arachne, incarnano rispettivamente la perversione morale, intellettuale e sessuale (2). La vecchia strega, Mabaa, la più antica di loro, la perversione del caos. In un mondo perfetto e immobile, io e lei saremmo stati le due facce della stessa medaglia, ordine e caos. Ma il mondo non vuole stare fermo, si vuole evolvere, e così siamo destinati ad essere divisi, ma complementari.
-Ma le streghe sono molto più numerose di voi…
-Perché le perversioni degli uomini cambiano e crescono con il passare del tempo e l’aumentare delle tentazioni. Ma rispetto a noi, le streghe sono più deboli e mortali, perché gli uomini possono affrontarle e distruggerle, come loro possono portare gli uomini alla rovina.
-Ah, per questo sono donne!
-Ehm…beh… se vuoi vederla così… ad ogni modo… gli uomini hanno sempre vissuto nel timore delle streghe e per questo cercano con insistenza un modo per neutralizzarle. Le altre, dal canto loro, per vivere serene hanno sviluppato la capacità di mimetizzarsi tra gli animali e restare nascoste senza nascondersi veramente. Ma arrivò un momento in cui tale stratagemma non fu più sufficiente. Alcuni uomini, infatti, impararono a distinguere la lunghezza d’onda delle loro anime dalle altre, e decisero di sfruttare questa capacità a loro favore. Divennero i cosiddetti “maestri d’armi”, combattenti talmente abili nel campo della comprensione delle anime, da riuscire a capire come utilizzare la forza della lunghezza d’onda della propria nella lotta e servirsene per scagliarla contro le streghe ed annientarle.
-E quindi?
-Fu l’inizio del caos. Le streghe, braccate e messe alle strette, cominciarono ad avere un atteggiamento aggressivo, e a gettare le loro maledizioni su quanti le perseguitavano, perché subissero la loro stessa sorte. Gli uomini toccati dal contagio diventavano esseri mostruosi, lupi mannari, vampiri, mostri marini, giganti, destinati a loro volta all’emarginazione e allo sterminio.
-E voi interveniste anche allora?
-No, allora no. Come puoi capire, non siamo noi i nemici naturali delle streghe, ma gli uomini. Sono loro che si devono confrontare con le loro perversioni, noi possiamo solo assisterli e dare loro forza. O almeno, era questo che credevo una volta. Ma la situazione ora sta degenerando, e non posso più restare solo a guardare.
-E come si placò il conflitto?
-Ci fu un incidente. In Inghilterra, un gruppo di maestri d’armi guidati da un tale Jacob Sprenger (3), maestro della lancia, escogitò un piano per porre fine al caos. Nella foresta di Sherwood, attaccarono le streghe dell’ovest, che lì si nascondevano, occultate tra l’intrico degli alberi. Ma non le uccisero. Ne rapirono alcune e lasciarono andare le altre, perché riferissero a Mabaa il loro ultimatum. Ordinarono che la vecchia strega uscisse allo scoperto e li affrontasse direttamente per porre fine una volta per tutte a quel conflitto, o avrebbero cominciato a torturare le loro prigioniere.
-Sfortunatamente per loro, però – continuò - non tutti i loro concittadini condividevano quel modo di agire. La notte in cui Mabaa giunse a liberare le sue compagne rinchiuse nella cantina di Jacob, un ragazzotto buono ed ingenuo la precedette e, intrufolatosi nella stanza umida penetrando dalla finestra, cercò di farle fuggire. Quando la vecchia strega fu arrivata alla casa del maestro d’armi, inaspettatamente vuota e silenziosa, non appena scorse il ragazzo lo colpì col suo maleficio prima ancora di potersi accorgere della situazione, e lo trasformò in un possente lupo mannaro. In quell’istante, Jacob e i suoi uomini, nascosti al piano superiore la cantina, precipitarono dal soffitto della stanza, di cui avevano appositamente segato le travi per piombare all’improvviso su Mabaa e circondarla. Le puntarono contro le armi, senza accorgersi della presenza del lupo. Il mostro, accecato dall’ira, ringhiò feroce e si avventò sugli uomini che la tenevano, graffiando e sgozzando senza pietà chiunque gli capitasse sotto tiro. Nella lotta, con una violenta zampata ferì gravemente anche il volto di Mabaa, strappandole l’occhio sinistro. E poi sparì, nel buio della notte. La strega, sfregiata e dolorante, si mise all’inseguimento di quanti erano riusciti a fuggire, scovandoli nelle proprie case e punendo loro e le loro famiglie per quanto era successo. Dopo di che, decise di abbandonare per sempre il nostro mondo. Usò quel che restava della sua magia spaziale per teletrasportare sè e le sue streghe in una dimensione parallela, dove avrebbero vissuto in pace. Ma dietro di sé, lasciarono una scia di rabbia senza precedenti, da cui nacque Excalibur. Il guerriero frutto delle passioni di uomini, ma anche di mostri, e per questo nato con un aspetto bizzarro. Ma frutto anche della rabbia delle streghe, e per questo in grado di mutare la propria forma.
-Ma quindi, se Excalibur è nato da questo conflitto, è forse l’unico che può davvero porvi fine!
-È quello che vuole fare. A suo parere la guerra tra uomini e streghe è conseguenza dell’ignoranza dell’uomo, che piuttosto che accettare e comprendere le proprie perversioni, ha voluto rinnegarle. E per questo vuole tenere lezioni rieducative per i prigionieri, per renderli più colti, più saggi, ed evitare che commettano di nuovo gli stessi errori.
-E tu sei d’accordo?
-Non lo so. Dal mio punto di vista, questa è una storia di paura, di paura del male. È sempre lei che ci spinge a compiere le scelte più estreme. Ma in ogni caso, questo circolo vizioso, così com’è cominciato, deve finire. A partire da me.
-Mh, capisco dove vuoi arrivare… Ah, ma poi di quel lupo mannaro che ne è stato?
-Chi, Occhio del Diavolo? Beh, nessuno sa cosa gli sia successo con esattezza…
 
Foresta di Sherwood, anno 1112.
Un lupo mannaro correva nel buio della notte, nascondendosi tra le fronde della foresta dagli uomini che lo braccavano. Esausto, si fermò a riprendere fiato, e con la schiena poggiata contro il tronco di un albero, volse lo sguardo al cielo stellato. Guardò il profilo beffardo della luna, e le ululò contro tutta la sua rabbia.
Poi un rumore lo colse alle spalle, il sordo scrosciare di acque agitate. Nere figure emersero dallo stagno lì accanto, cadenti, molli, come ammassi di alghe che prendevano vita. Lente, si avvicinarono al mostro, circondandolo.
-L’abbiamo trovato sorelle! Il lupo che ha strappato l’occhio alla vecchia strega!
-E che ci facciamo ora con questo? Lo cuciniamo? Lo mangiamo?
-Io lo voglio arrosto, e che sia ben cotto!
Il lupo ringhiò.
-Chi siete, cosa volete? – chiese ai tre mostri che aveva davanti.
-Siamo le Graie, i mostri della laguna! Siamo sulle tue tracce da molto tempo ormai! Hai qualcosa che ci interessa… moltissimo!
Il lupo portò una mano ad un sacchetto legato ai pantaloni, in cui teneva conservato l’occhio di Mabaa. E sorrise sarcastico.
-Provate a prenderlo, se volete. Ma non sarà facile. Questo occhio ha dei poteri immensi, che mi hanno permesso di restare in vita finora, e continuerò ad usarli.
Una delle tre sorelle annusò l’aria.
-Mmm – disse – questo fa il duro. Deve essere massiccio come mostro.
Solo allora il lupo si accorse che le tre non avevano occhi.
-Che vi è successo, come mai siete cieche? – chiese.
-Marce! Non siamo solo cieche, siamo marce! – disse Enio, sollevando un dito grigio e avvizzito.
-Ma tanto che importa? – continuò Penfredo - Non abbiamo più uomini da dover compiacere! I nostri mariti li abbiamo già uccisi! È per colpa del loro piano geniale che Mabaa se l’è presa anche con noi!
-Quanto li odiamo, tutti tutti! – concluse Deino.
-Oh, mi dispiace, davvero – disse il lupo – Ma l’occhio non posso cederlo, è troppo importante.
-Allora unisciti a noi! Se ci dai il tuo aiuto, insieme ci vendicheremo!
-No, non se ne parla! Sono finito in questa situazione per aver tentato di rendermi utile, ora non voglio più saperne di questa guerra tra uomini e streghe! Voglio restare solo e libero!
-Mmm…va bene, “Free”, fa come vuoi, non insistiamo. Ma siccome sei stato buono ad avere avuto compassione di noi, ora noi ti faremo un regalo. Possedere l’occhio di Mabaa ti ha reso potente, e immortale. Ma lo sai che se lo indossi, potresti anche vedere il futuro? Senza contare che così non rischieresti di perderlo, correndo correndo…
-Davvero?
-Sì, ma ti avverto, il futuro è sibillino, difficile da comprendere, perché è restio ad essere cambiato. Ma chissà, magari col tempo imparerai a conoscerlo bene e a sfruttarlo a tuo favore!
-E come faccio a indossare l’occhio della strega?
-Beh, a quello possiamo pensarci noi… se ti fidi, si intende…
-Mi fido, mi fido!
-Benissimo!
La Graia Penfredo cominciò a tastare il torso del lupo, mentre le sorelle sghignazzavano alle sue spalle. Raggiunse il mento, lo zigomo, l’occhio sinistro. E infilata la mano nell’incavo, ne strappò il bulbo oculare.
Free si portò le mani al viso gridando, e le sorelle ne approfittarono per sfilare l’occhio di Mabaa dal sacchetto del lupo. Lo passarono a Penfredo, che lo avvicinò all’occhio che già reggeva. Al contatto, le sfere emisero un lampo di luce viola. La Graia lo avvertì soddisfatta, e con un rapido movimento, incastonò l’occhio di Mabaa nel volto dell’ignaro lupo, come promesso.
Mentre Free teneva ancora tra le mani il proprio viso dolorante, le sorelle iniziarono a passarsi l’occhio del lupo, indossandolo a turno, danzando e ridendo. E all’unisono, cominciarono a intonare una lugubre filastrocca.
 
Il lupo, la notte, il ragno lo schiaccia,
la strega poi inganna, e la morte minaccia.
Di rovi e di spine si tinge la terra,
dal filo del ragno è vinta la guerra.
Un ordine nuovo di là ne verrà,
per mano del figlio… Shinigami morrà! (3)
 
-Cosa dite? Di che parlate? – urlò Free.
-Non lo capisci? Questo è il futuro!
-Ma come è possibile, dovrei leggerlo io, perché lo vedete voi?
-Ti abbiamo rubato il potere, sciocco di un lupo!
Free vide il suo volto riflesso nell’acqua dello stagno, e capì che i mostri dicevano il vero. Sulla palpebra dell’Occhio del Diavolo era comparsa la scritta “No Future”.
 
Note:
  1. Gli eventi che riguardano i grandi otto guerrieri si sono verificati circa 800 anni fa, quindi li colloco orientativamente in un possibile 1200-1210…
  2. Qui il riferimento è alla mitologia classica, che attribuisce tali caratteristiche alle tre gorgoni. Se il paragone è abbastanza calzante per quanto riguarda Shaula e Medusa, alla luce di quanto raccontato nel manga e nello spin-off, per quanto riguarda Arachne cercherò di renderlo io più logico nel corso della storia!
  3. Jacob Sprenger è l’autore del “Malleus Maleficarum”, il libro sulla stregoneria scritto nel 1487 d.C. Anche se è leggermente anacronistico inserire qui questo personaggio, ho pensato che, nella migliore tradizione di Soul Eater, fosse carino inserire qualcuno realmente esistito!
  4. L’ambiguità della profezia delle Graie è data dalla costruzione della prima frase, che può essere intesa nel duplice senso che il ragno schiaccia il lupo, o che il lupo schiaccia il ragno! I mostri esultano credendo che sia la prima versione… ma sarà davvero così? “Il filo del ragno che vince la guerra” è un riferimento a Soul che acquisisce i poteri di Arachne e usa i fili della sua anima per far viaggiare le note della sua… il resto lo lascio decifrare a voi!
 
 
 

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Capitolo 5
*** La follia dell'accumulazione ***


Una cosa ormai era chiara del destino,
qualunque cosa tu faccia, riuscirà sempre a seguire il suo corso.
Puoi deviarlo, ma non lo arresti,
lo rallenti, te ne dimentichi, credi di averlo evitato,
ma nel frattempo lui si ingrossa…
 
-Shinigami!
-Chi è? Ah, sei tu…
La figura di Eibon era apparsa nello specchio della biblioteca del dio della morte.
-Si muove qualcosa. Vàrua mi ha appena informato che ad Acquanegra (1) è scoppiata una sommossa. In questo momento è in viaggio per raggiungere Excalibur, che è già lì.
-È richiesto il nostro aiuto?
-E quando mai! No, dicono che la rivolta è circoscritta, e che bastano loro due. Ma credo sia meglio che li raggiungiamo per indagare… se siamo fortunati, i ribelli potrebbero avere qualche collegamento con quelli che cerchiamo.
-Ammesso che le tue supposizioni siano corrette.
-Ovviamente. Ah, e porta con te anche gli altri. Appena ti vedrà, Vàrua capirà che nascondi qualcosa, tanto vale introdurre loro i nuovi guerrieri e non perdere altro tempo. (2) Io avviso Indra.
Shinigami annuì, ed emise un sospiro. Ma Eibon aveva ragione, era arrivato il momento di affrontare il Consiglio. Veloce, arrotolò il foglio di pergamena che stava consultando, e lo rimise al suo posto. Si precipitò poi fuori dalla stanza e cominciò a chiamare a gran voce gli altri guerrieri, che lo raggiunsero in pochi istanti.
-Asura, Vajra, Vritra, presto, dobbiamo partire! Voi due, trasformatevi, ci aspetta un lungo volo e dobbiamo essere i più leggeri possibile.
-Dove andiamo? – domandò Vritra, mentre assumeva le fattezze della spada divina. Shinigami la impugnò, e spalancato il portone d’ingresso con un gesto dell’altra mano, si levò in volo.
-In Europa – rispose secco.
-Come in Europa? Non è lì che ci troviamo?
-Cosa te lo fa pensare?
-Dopo che ci avete fatto prigionieri in India, ho notato che abbiamo navigato in direzione nord-ovest.
-Ah, sei stato attento. Ma no, non è lì che vi abbiamo portati. Ci troviamo in un’altra terra, più ad occidente, di cui non conoscete ancora l’esistenza. (3)
Vritra rise.
-Cosa c’è? - gli domandò Shinigami.
-Voi guerrieri date tanta importanza a noi uomini, e noi non ci accorgiamo di trovarci in una terra inesplorata nemmeno se ci sbattiamo contro il naso! Sei sicuro che non stiate commettendo un errore, a schierarvi contro le streghe per noi?
-Vritra, che tu ci creda o no, quelle con te, ultimamente, sono le migliori conversazioni che abbia avuto da molto tempo a questa parte. Quindi sì, credimi, di questo sono sicuro!
Immediatamente dietro di loro, Asura volava imbracciando Vajra. Era silenzioso. Shinigami avrebbe voluto indovinare quali pensieri gli stessero affollando la mente, ma con il volto completamente coperto di bende, chi avrebbe potuto dirlo? Si fidava di lui, finalmente? L’aveva perdonato per averlo messo al mondo? Aveva paura per la missione che li attendeva? Beh, sì, quello certamente, ma quanta? Come si sarebbe comportato nel mondo esterno?
Sopraffatto da tali preoccupazioni, il dio della morte volle provare a incoraggiare suo figlio.
-Non darti pensiero per la battaglia di oggi – gli disse infine – Non credo sia necessario il nostro intervento materiale, ma anche se così fosse, non troverai avversari forti, certamente non del livello che avete raggiunto tu e Vajra. La prova più difficile sarà affrontare gli altri membri del Consiglio, ma quelli lasciali a me. Resta in disparte e non dire una parola… a voi ci penso io.
Shinigami capì che Asura l’aveva ascoltato dal flebile cenno di assenso del capo che gli vide fare. Ma per il momento non ottenne nulla di più.
 
Volarono silenziosi per diverse ore, fino a che non ebbero raggiunto la città in tumulto. Uomini armati alla buona si erano riversati per le strade, facendo più confusione che altro, tra le urla e il clangore degli attrezzi maneggiati.
Contro di loro, i soldati comandati da Excalibur avevano ingaggiato una blanda battaglia, nel tentativo di placare gli animi senza mietere morti non necessarie. Vàrua, in coppia con la spada sacra, e Indra, accorso prontamente sul posto, si aggiravano tra la folla dando man forte ai propri uomini, scagliando l’onda della propria anima contro i rivoltosi quando la situazione accennava a farsi maggiormente critica.
Inaspettatamente, senza attendere disposizioni da parte di Shinigami, Asura si lanciò di propria iniziativa sui combattenti, animato da una strana e improvvisa frenesia di agire. Prima che il dio della morte potesse fermare la sua mano, il guerriero della paura aveva già allineato la sua anima con quella di Vajra, e insieme, maestro ed arma, cominciarono ad attaccare con violenza gli uomini che venivano loro contro, colpendoli decisi alle ginocchia o alla nuca, che al primo urto contro lo scettro d’oro cedevano rovinosamente, lasciando i corpi inermi di fronte ai loro avversari, liberi così di completare il lavoro con un rapido affondo delle lame nei loro petti. Alla vista delle anime degli uomini che si separavano dai loro possessori, i due attaccanti apparvero galvanizzati e rincararono la dose. Invocando l’eco delle proprie anime, scagliarono un lampo di luce rossa sulla folla che, sbalzata a terra e annichilita dalla potenza dell’attacco, accennò finalmente a calmare la sua furia.
Shinigami avrebbe voluto raggiungere Asura per frenarlo, ma venne sorpreso dallo spostamento d’aria provocato da una spada sollevata alle sue spalle.
Vàrua, pervaso dalla rabbia dell’anima Excalibur che stringeva tra le mani, tentò di colpire Shinigami con la spada sacra. Il dio della morte parò il colpo con la lama di Vritra, e suo malgrado, rispose all’attacco con un altro e un altro ancora, finchè non riuscì a incrociare lo sguardo inferocito del suo avversario.
-Che novità è questa? – gridò alterato Vàrua, riferendosi all’anima che percepiva all’interno dell’arma del dio della morte.
-Non ora, per favore.
Vàrua era visibilmente furioso, ma scelse di accontentare per il momento Shinigami e concentrare l’energia dell’onda della propria anima su quella della spada sacra, per placarla e convincerla a mantenere quieta quella forma ancora per qualche istante e dare modo all’altro di spiegarsi.
In quello stesso momento, vennero raggiunti anche da Eibon.
-Cosa è successo qui? – domandò  riferendosi agli sfollati che venivano ricondotti alla calma dagli uomini di Excalibur.
-Semplici rivoltosi – rispose Vàrua. – Hanno approfittato della quiete degli ultimi giorni per improvvisare un attacco alle forze di Excalibur. Ma erano pochi e male organizzati, pare siano stati fomentati dalle parole di un uomo del popolo, un semplice commerciante…
-Dov’è ora? – fece Shinigami.
-È stato uno dei primi a cadere – continuò Vàrua, indicando con una mano il cadavere di un uomo riverso a terra supino tra i tanti, la cui anima volteggiava nell’aria, immediatamente sopra di lui.
-Ah… niente che possa tornarci utile, allora.
-Può darsi – commentò Eibon, mentre scrutava il corpo senza vita e infilava un piede al di sotto della curva della schiena per rivoltarlo bruscamente.
-Shinigami, guarda! – disse poi eccitato.
Sotto la nuca dell’uomo era visibile una strana escrescenza scura.
-Sembrano aculei – notò Shinigami, abbassandosi ad analizzare il corpo da vicino – Che sia il maleficio di una strega?
-Probabile, decisamente. Qualcuno potrebbe aver avvicinato quest’uomo, magari durante uno dei suoi viaggi per lavoro, ed essersene servito per creare un po’ di scompiglio, non trovi?
-Eibon, non cantare vittoria. Se è come dici tu, sarà come cercare un ago in un pagliaio…
In disparte dai guerrieri in conversazione, Asura e la sua arma osservavano le anime dei caduti con ammirato interesse.
-Shinigami! – disse infine Vajra, mentre riprendeva fattezze umane, ed accorreva al fianco del dio della morte, distogliendolo dai suoi pensieri – Queste anime… quale può essere la loro sorte?
-Lo sai, le prendo in consegna io.
-Sì, ma mi stavo domandando con Asura… considerato quanto è aumentata la potenza mia e di Vritra assorbendo l’anima di una strega, cosa succederebbe se ne incamerassimo altre?
-Mh, interessante – commentò Eibon al sentire quelle parole – Non avevo considerato una tale eventualità. Ma ora che ci penso, Vajra è un’arma d’oro, non è strano che sia pervaso da un proprio e originale desiderio di accumulazione… in quanto nuovo guerriero dovremmo assecondare questa sua inclinazione, non credi anche tu, Shinigami?
-Insomma cosa sta succedendo qui? – cominciò a sbraitare Excalibur, la cui ira aveva prevalso sull’onda dell’anima di Vàrua, e ribellandosi al volere del suo maestro d’armi, aveva ripreso il suo solito aspetto.
-Shinigami, cosa hai fatto? In che stregoneria ti sei lasciato trascinare da Eibon? Cretino! – disse agitando il proprio piccolo bastone contro la maschera del dio.
-Ebbene sì Excalibur, considerato il tuo rifiuto di venirci incontro per trovare un modo per placare l’anima di Asura, io ed Eibon abbiamo generato due nuovi guerrieri perché ci aiutassero a raggiungere l’obiettivo. Vàrua, Indra, loro sono Vajra, lo scettro d’oro, arma di Asura, e Vritra, la spada divina.
-Cretino! – urlò Excalibur, al limite della rabbia, colpendo forte col bastone la maschera di Shinigami – Non cercare di fare sembrare che tutto questo sia colpa mia! Che cosa vi è saltato in mente? Di cominciare a giocare con le anime delle genti in questo modo barbaro, senza neanche consultare noialtri? Non ti ricordi che è proprio a causa di un tuo gesto cruento ed impulsivo che sono cominciati i problemi?
-Stavolta sono d’accordo con Excalibur – si intromise Indra – Siete andati troppo oltre. Non ci avreste dovuto escludere in questo modo.
-Questo è decisamente troppo! – continuò la spada sacra – Ti avevo avvertito una volta, Shinigami, se tu vuoi fare di testa tua, io faccio di testa mia! Se non hai rispetto per questo Consiglio, io non intendo più farne parte! Hai tre guerrieri in più dalla tua parte, persino una nuova spada, chiaramente io non ti servo! No, se le cose stanno così, io me ne vado, torno nella mia grotta in Bretagna, e non ti disturbare mai più a chiamarmi!
-Excalibur, per favore…
-Zitto, non intendo combattere al fianco di un pazzo! Non è questo il regnante saggio che avevo intenzione di sostenere! Sei solo un cretino! Cretino! Cretino!
Excalibur si fermò un attimo a fissare furioso Shinigami. Ma il dio della morte non sapeva cosa replicare. La spada sacra scosse allora la testa rassegnata, e muta, sparì in un lampo di luce, che si levò alto nel cielo.
 
Per qualche istante calò il silenzio tra i guerrieri. Le parole di Excalibur, nonostante il suo pessimo carattere, pesarono come macigni sul cuore di Shinigami, che in pochi istanti aveva perso l’ottimismo degli ultimi giorni, cominciando a ripensare con ribrezzo alla strada che aveva iniziato a percorrere, spinto anche dalle parole del guerriero della conoscenza.
-Allora, dobbiamo stabilire cosa fare delle anime – cambiò discorso Eibon, nel tentativo di spazzare via l’imbarazzo creatosi.
-Qualsiasi cosa avevate in mente voi due, deve finire immediatamente – intervenne Indra – Non si scherza con queste cose, un eccesso di potenza potrebbe avere ripercussioni terribili su un individuo. Un corpo può sostenerne fino ad un certo punto, non sappiamo cosa può accadere se si esagera.
-Voto anche io a sfavore della proposta di Vajra – fu l’opinione di Vàrua.
-Senza Excalibur non si può raggiungere una maggioranza – notò Eibon – Credo che resti a te, Shinigami, stabilire cosa fare.
Il dio della morte si trovò bloccato. Poche ore prima si sentiva deciso e sicuro di sé, ora non era più certo di nulla.
Ma poi, per un breve istante, incrociò lo sguardo di Vritra. Negli occhi amichevoli e fiduciosi del suo compagno di battaglia, ritrovò la risposta ai suoi dubbi. Ricordò l’immediatezza con cui l’anima di Asura si era placata al contatto con Vajra, ed il piacere e la tranquillità che aveva provato lui stesso nei giorni precedenti in compagnia del giovane Vritra. Ricordò perché stava facendo tutto questo, e la fiducia che lui stesso aveva riposto nel genere umano, cui, in parte, le due armi ancora appartenevano. E prese la sua decisione.
-È un territorio inesplorato quello che suggerisce di percorrere Vajra. Così, su due piedi, non possiamo escludere che la sua idea sia valida. Al contrario, da quel poco che ho potuto vedere oggi, sembra proprio che lo sia. Quindi va bene, Vajra, e anche tu Vritra, potete assorbire le anime. Ma in nessun caso potrete prenderne di vostra iniziativa. Sarò io a dirvi quali potrete accumulare e in che quantità. Per adesso vi concedo di impossessarvi delle anime più deboli, per cominciare a vedere quali effetti hanno su di voi.
-Per la miseria Shinigami! – sbottò Indra, dando un calcio contro il terreno, che si smosse in una nuvola di polvere – Che potere abbiamo più qui, se alla fine si fa sempre quello che vuoi tu? Si parla di armi, di potere, e non vuoi ascoltare le parole mie, che sono il dio della guerra?
-Ti ho ascoltato Indra, la mia decisione tiene conto delle tue osservazioni. Non credere che non abbia rispetto per quello che dite. Vàrua, la pensi anche tu come lui?
-Shinigami, io meglio di tutti sono in grado di comprendere le anime altrui, e riesco a capire cosa ti turba, perché stai agendo in questo modo tanto impulsivo. Non ti voglio remare contro, non intendo abbandonarti come ha fatto Excalibur, ma temo che le cose si metteranno male se non cominci a prendere delle decisioni più ponderate.
-Va bene, Vàrua. Allora ti prometto che io ed Eibon non continueremo con la sperimentazione intrapresa finchè non sarete convinti anche voi della sua validità. Ma confermo la mia decisione intorno all’accumulazione delle anime. Se è questo l’istinto di un’arma, sono anche io del parere che debba essere assecondato.
Vàrua e Indra si lasciarono convincere da quelle parole e, rassegnati, accondiscesero. Ma nello sguardo del dio della guerra era ben visibile il risentimento che nel suo intimo aveva cominciato a covare.
Shinigami iniziò allora a selezionare le anime e, prese in consegna quelle degli uomini più forti, divise le restanti in parti uguali, che consegnò alle due armi. Vajra afferrò la prima, e rovesciato il capo all’indietro, spalancò la bocca lasciandone fuoriuscire la lingua, che l’accolse nell’apertura in una grottesca coppa.
 
Celato dietro le bende che avvolgevano il suo volto, nessuno potette notare lo sguardo di Asura deformarsi in un’espressione di terrore, alla vista della propria arma che inghiottiva in un sol boccone anime su anime, aumentando di potenza.
-Vajra – pensò tra sé e sé – ma così ora ho paura di te.
 
 
Note
  1. Città italiana in provincia di Mantova. Non c’è un motivo specifico per cui ho scelto questa città, diciamo che mi piaceva il nome e il fatto che nel 1200 d.C. esistesse già (almeno da quello che ho potuto studiare!). Più che altro volevo ambientare la rivolta in Italia per giustificare il pronto intervento di Excalibur e Vàrua per sedarla. Come le falci della morte, nella mia storia immagino che anche i grandi guerrieri siano dislocati nei cinque continenti, che controllano direttamente. Excalibur l’ho posto in Europa, dato che, nel manga, la grotta dove riposa è situata in Bretagna; Vàrua in Africa; Indra in Asia (minore); Shinigami in America; Eibon… per non spoiler are il seguito, diciamo solo che si trova più a nord di Shinigami! Ho lasciato sguarnita l’Oceania per adesso, ma tanto è un continente tranquillo (come insegna Marie Mjolnir!)
  2. Essendo Vàrua l’incarnazione del desiderio di comprensione delle anime, gli ho assegnato la stessa caratteristica che Ohkubo attribuisce nel manga a Buttataki Joe, ossia quella di riuscire a percepire i turbamenti, e in un certo modo anche i pensieri, delle persone di cui si trova a leggere le anime.
  3. Come credo si sia capito, il castello di Shinigami altri non è che la futura sede della Shibusen, che si trova in Nevada. Avendo deciso di ambientare la storia in un ben definito anno 1200, i popoli che i guerrieri incontrano non possono sapere dove il castello sia ubicato perché l’America deve ancora essere scoperta! Né possono capirlo facendo il calcolo delle ore di viaggio, perché nell’universo di Soul Eater siamo abituati a personaggi che coprono grandi distanze in pochissimo tempo, per cui tutto è relativo. Al di là della lezioncina di storia però, questo piccolo dialogo tra i due dovrebbe comunque tornare utile più in là ai fini del racconto…
 
 

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Capitolo 6
*** Le streghe dell'est ***


-Ma quanto ancora vogliono farci aspettare? -
I guerrieri erano riuniti nella sala del Consiglio nel castello di Shinigami. Dopo gli avvenimenti di Acquanegra era arrivato il momento di fare il punto della situazione e portare chiarezza nella vicenda.
Il dio della morte ed Eibon si stavano attardando nella biblioteca dell’edificio, ed Indra si era presto stufato di attendere che raggiungessero loro altri.
Si alzò allora dalla propria postazione, e cominciò a passare in rassegna i volti dei propri compagni.
Il primo a studiare fu Asura. Questi sedeva immobile e curvo, con lo sguardo apparentemente perso nel vuoto. Il dio della guerra non riusciva a vedere molto della sua persona a causa delle bende, a parte qualche sparuta ciocca di capelli che faceva capolino qua e là, ma tanto bastava a mandarlo fuori di sé.
Le scomposte linee di Sanzu che gli cingevano il capo rivelavano che Asura fosse uno Shinigami incompleto, eppure, sul campo di battaglia, non aveva esitato a prendere l’iniziativa, e a giustiziare gli uomini ribelli a proprio piacimento. Spinto da cosa? Forse sopraffatto dall’ansia di accumulazione delle anime che pervadeva il suo compagno di guerra? O era stato qualcos’altro a comandare la sua mano?
Gli eventi accaduti quella mattina avrebbero turbato chiunque, eppure Vajra continuava a mantenere una ferma compostezza. Anche Vritra era apparentemente sereno, segno che tra le pareti di quel castello si era creata un’armonia da cui lui e Vàrua, così come Excalibur, erano stati esclusi. E la cosa lo faceva tremare di risentimento.
La creazione di armi umane, nelle intenzioni di Shinigami, avrebbe dovuto rafforzare il loro gruppo, e invece, lo stava logorando dall’interno. Di certo stava logorando lui.
Sul campo di battaglia aveva visto Vajra all’opera, ed era rimasto abbagliato dalla sua potenza. Ora, nella sala del Consiglio, aveva preso ad osservarlo con un’attenzione quasi morbosa.
Procedendo ritmicamente avanti e indietro per la sala, gli girava intorno ammirandone con spudorato interesse dapprima le braccia, scure e nerborute, poi le spalle dritte, per scivolare infine con lo sguardo sino alle mani callose.
Malizioso e furbo, accostò il proprio volto appuntito e vivace al suo, per ammirarne gli zigomi alti e gli occhi truci.
Ogni centimetro del suo corpo esprimeva robustezza, fierezza, cupidigia, tutte caratteristiche che avrebbe amato in un compagno di battaglia. Sì, decise Indra, lui sarebbe stato decisamente l’arma adatta ad un dio della guerra.
-Vajra – gli sussurrò allora suadente e addolcendo l’espressione dei suoi occhi di carbone – che ne diresti di darmi una dimostrazione diretta delle tue capacità? Fatti maneggiare per qualche attimo, così, per ammazzare il tempo! -
-Con tutto il rispetto, Indra, non ne vedo il motivo. Non sono la tua di arma – gli rispose l’altro senza minimamente scomporsi.
-Ah, Vajra! – soffiò in un sospiro - Ti sei guadagnato il favore e la simpatia di Shinigami, lo riconosco, ma non dimenticare che ora sei anche un compagno mio. Non ti conviene mostrarmi ostilità, soprattutto dopo i compromessi cui abbiamo acconsentito a scendere oggi io e Vàrua. Non so che idea ti sia fatto tu di me, ma è arrivato il momento di lasciar perdere i pregiudizi e di iniziare a conoscerci per davvero e collaborare insieme. -
Che idea si era fatto di lui? Aveva visto l’odio con cui l’aveva guardato quella mattina, mentre accumulava le anime dei caduti ad Acquanegra, e ora quella condiscendenza gli pareva tutto fuorché naturale. Era evidente che tramasse qualcosa, ma al momento, doveva riconoscere che aveva ragione, che c’erano questioni più importanti da risolvere per stare a discutere tra di loro. Così si arrese, e si trasformò accettando di fare una dimostrazione con Indra.
Il dio della guerra vide lo scettro d’oro danzare intorno alla sua mano, e non appena comprese la sua lunghezza d’onda, lo impugnò deciso, ordinandogli di allungarsi. Afferrò il bastone a due mani, e cominciò a ruotarlo prima davanti a sé, e poi alzandolo fin sopra la propria testa. Era incredibilmente leggero, quasi fosse stato cavo al suo interno, al punto che anche impugnandolo con una mano sola non avvertiva fatica nel reggerlo. Puntò allora una colonnina ornamentale della stanza, e la colpì nel centro della sua altezza, con un unico e rapido movimento. Al contatto la pietra cedette, e la colonnina crollò a terra in frantumi, tra il fragore dell’urto e della coppa d’argento che, poggiata sulla sua sommità, ora precipitava sul pavimento, e lo stupore dello stesso Indra.
-Vajra! – esclamò allora stridulo Asura, allungando un braccio e spalancandone la mano. Al richiamo, l’arma si liberò violentemente dalla presa di Indra, bruciandone appena i palmi, per volare tra le mani del suo legittimo maestro. (1)
-Che ti prende, Indra? – cominciò a mormorare cupo il guerriero della paura, sempre mantenendo lo sguardo fisso nel vuoto – Girava voce che di questa guerra non te ne importasse poi molto, e ora, invece, inizi a fare discorsi sulla coesione, vuoi legare con la mia arma… da dove esce tutto questo?-
-Allora ce l’hai una voce! – gli rispose il dio della guerra – Queste sono le prime parole che ti sento rivolgermi da quando Shinigami ti ha creato, e chissà perché, non mi stupisco di avvertire una nota di disprezzo in loro! -
-È stato Shinigami a dirmi di non cercare il dialogo con voi… ma ciò non significa che non vi stia osservando. E in te, finora, non ho visto un grande interesse a collaborare per scoprire chi è che ci minaccia… -
-Ma chi vuoi che ci minacci, andiamo! Qui siete voi gli unici a mandarmi in bestia! Uomini, streghe, mostri, anche messi insieme non possono nulla contro di noi! Governare su questa massa di sfollati, come vorrebbe Shinigami, non mi interessa minimamente! Ma quando si tratta di combattere… lì non posso certo tirarmi indietro! È la mia natura che mi spinge ad amare l’impeto della guerra, l’ansia di gettarsi nella mischia che fa tremare le mani e il corpo di un desiderio accecante di imbracciare le armi e precipitare sul nemico. Di colpirlo e affondarlo, facendolo soccombere alla propria potenza. E la tensione che cresce nell’attesa dello scontro imminente, quella stessa che quando raggiunge il suo culmine gli uomini calmano e soffocano prima che possa trasformarsi in angoscia e paura per la propria sopravvivenza, mutandola in ingenua spavalderia tra i fumi del vino e la compagnia delle donne. -
-Le donne! – pensò ironico fra sé Vritra, che fino a quel momento non era riuscito ad astenersi dal fare pensieri poco lusinghieri sul dio della guerra. E, trattenendo a stento una risata, si accostò a Vajra, che nel frattempo aveva ripreso fattezze umane.
-Non ti piegare mai a lui… in nessuno dei modi che vorrebbe! – gli sussurrò irriverente in un orecchio.
-E tu, Asura – continuò Indra – perché vuoi combattere questa guerra? Dov’è finito il guerriero che se ne stava rintanato nella torre del castello, invocando la morte di Shinigami e di noi tutti? Sei davvero passato dalla parte di tuo padre, che pure hai biasimato per averti creato in maniera così cruda? -
Ancora una volta Asura si astenne dal rispondere, ma lento, si limitò ad alzarsi dalla sedia e a girarsi in direzione del suo interlocutore. Per un breve attimo, scostò con una mano le bende dal volto, rivelando solo ad Indra la verità.
Un largo e inquietante sorriso percorreva da parte a parte il viso di Asura, e i suoi occhi rossi, ben lontani dall’essere imprigionati in un’espressione vacua e persa come il guerriero aveva voluto far credere fino a quel momento, ribollivano di vivacità e crudeltà.
Indra restò sgomento alla vista di quel volto deforme, agghiacciante, folle. E sentì quello stesso tremore di cui aveva appena finito di parlare pervadergli le mani.
 
-Smettetela di comportarvi in maniera tanto infantile, vi state rendendo ridicoli – li ammonì allora Vàrua.
L’ultima cosa che avrebbe voluto al mondo in quel momento Indra era lasciar perdere quella conversazione, ma l’arrivo di Shinigami e del guerriero della conoscenza lo costrinse a rimandare.
I due portavano con sé diverso materiale, libri, pergamene e cartine, che avevano recuperato dalla biblioteca mentre cercavano di rimettere insieme le idee e le informazioni fino a quel momento raccolte.
-Vedo che vi siete divertiti in nostra assenza – commentò Eibon guardando i resti della colonnina sparsi per terra.
Shinigami ignorò la provocazione dell’amico e prese la parola.
-Allora, le cose stanno così. Abbiamo ragione di credere che dietro il conflitto che siamo riusciti, per il momento, a sedare, ci sia un’organizzazione indipendente, non direttamente ricollegabile al popolo delle streghe, anche se probabilmente capeggiata da una o alcune di esse che, chissà, magari non avranno visto di buon occhio la scelta di Mabaa di vivere in pace, segregate in una dimensione parallela. Per questo motivo, temo che potrebbero essere particolarmente pericolose e agguerrite, pronte forse persino a sacrificare genti della loro stessa razza per raggiungere il loro scopo, ossia rovesciare l’ordine attuale delle cose e imporne uno loro, del tutto nuovo. -
-Dove si nascondano – continuò aprendo sul tavolo una mappa, su cui aveva cerchiato delle zone in rosso – è difficile dirlo. Fino ad ora gli attacchi agli uomini sono avvenuti in zone diverse e lontane tra di loro, e trovare il centro da cui le forze si muovono, al momento, è impossibile. L’unica pista che possiamo seguire, seppur debole, è quella che si è aperta oggi. Ad Acquanegra abbiamo potuto constatare che l’uomo che ha inneggiato l’ultima rivolta potrebbe aver avuto rapporti con le streghe dell’est, del cui maleficio recava i segni sul proprio corpo. -
Srotolò allora un figlio di pergamena sul tavolo.
-Le sorelle Hystrix compongono questo gruppo, le streghe della perversione ermetica.(2) -
-Allora cosa stiamo aspettando? – chiese Indra – Troviamole e annientiamole! -
-Non così veloce – proseguì Shinigami – non possiamo essere sicuri che la nostra ricostruzione sia esatta. Il maleficio di una strega non è la sola fonte del contagio. Potrebbe essere opera anche di una creatura mostruosa. Se, per errore, aggredissimo qualcuno che non ha niente a che fare con questa guerra, peggioreremmo solo la situazione. La sola cosa che possiamo fare adesso è mandare qualcuno a spiare le streghe dell’est, e sperare che ci conducano alla fonte dell’organizzazione. -
-E se fossero loro stesse la fonte? – domandò Vàrua – Potrebbe essere difficile trovare anche loro.
-Credo di poter escludere questa ipotesi. – si intromise Eibon – Le sorelle Hystrix non sono particolarmente potenti, e soprattutto, per natura, sono molto chiuse, non hanno la forza di persuasione necessaria a convincere uomini e mostri a collaborare insieme. -
-Mh, - abbozzò allora Vritra, dando una scorsa alla lista delle streghe stilata da Shinigami – che ne pensate allora di questa? – domandò poi, puntando un nome coll’indice della mano.
-Shaula? Sì, è una possibilità, dato che ha potere sulla morale degli uomini… - commentò Eibon.
-Cosa? Ah, maledette dita enormi! No, intendevo il nome successivo… -
-Arachne, la strega della perversione sessuale? – si stupì Shinigami – Perché proprio lei? Cosa ha in più rispetto alle altre? -
-Shinigami, tu sei nato divino e non lo capisci, ma io… -  e sorrise beffardo lanciando un’occhiata di scherno ad Indra – sono nato uomo! -
-Ad ogni modo – cambiò discorso il dio della guerra – come possiamo spiare le streghe dell’est senza farci scoprire? Ci conoscono, non sarà facile non essere notati… -
-No, non ci conoscono tutti! – esclamò raggiante Shinigami, alludendo ad Asura e Vajra.
-Vuoi mandare loro? – chiese stupito Vàrua – Ma è una missione delicata, e ancora non sappiamo se possiamo fidarci di loro. -
-È l’unica soluzione per adesso, amico mio – continuò il dio della morte – Anche considerato che noi altri, lo sapete, abbiamo altre priorità al momento… -
Oh, no! – si lamentò Indra – Non avrai intenzione di cominciare con il processo ai prigionieri? Non c’è neanche Excalibur, senza di lui è una fatica inutile! -
-Excalibur tornerà quando vedrà che ho cominciato ad agire come lui vorrebbe. Deve tornare. Per quanto mi secchi ammetterlo… ho bisogno anche del suo aiuto. Nel frattempo, Vritra prenderà il suo posto nel Consiglio. È necessario che continuiamo ad essere dispari. -
Di nuovo. Ancora una volta Shinigami riponeva le sue migliori speranze nei nuovi guerrieri. Il giovane e spavaldo Vritra che prendeva il posto del pedante, ma pur sempre saggio Excalibur, e quel demone di Asura gettato in prima linea, lasciando il resto di loro ad attendere e a dipendere dall’esito della sua missione. Indubbiamente non una delle missioni più accattivanti, dovette riconoscere Indra. E sì, forse la più adatta ad un guerriero che più di tutto desiderava restare nascosto, invisibile al mondo.
Il suo allontanamento, dopo tutto, non poteva che fargli piacere. Al riparo da quegli occhi sanguigni, forse il dio della guerra sarebbe riuscito a riprendere il suo posto all’interno del Consiglio, e a ricondurre l’imprudente Shinigami alla sua volontà.
-E va bene, Shinigami – acconsentì Indra – ancora una volta facciamo come vuoi tu. Ma ti avverto – continuò puntando il dito contro Asura – questa è l’ultima occasione. Se tuo figlio combinerà qualche guaio… non voglio più saperne niente. Da lì, ognuno per sé. -
 
Era ormai sera, e i guerrieri presero possesso delle stanze del castello del dio della morte, dove avrebbero alloggiato fino a che non avessero finito di ascoltare i prigionieri lì presenti, e deciso della loro sorte.
Il mattino seguente si svegliarono con calma, e dopo aver sbrigato ognuno le proprio faccende mattutine, si riunirono di nuovo.
Preso congedo da Shinigami, Asura e Vajra partirono alla volta del fiume Tsavo (3), dove, secondo la documentazione raccolta dal dio della morte, le streghe dell’est avevano posto la propria casa, e dove, si sperava, avessero continuato a vivere quiete e nascoste anche dopo i tragici avvenimenti di cento anni prima.
Pensieroso, Shinigami si augurò che la missione affidata a suo figlio fosse sufficientemente tranquilla da tenere a bada il suo istinto di paura, ma allo stesso tempo abbastanza importante da farlo sentire necessario ed apprezzato. Dopo il colloquio al buio, avuto quella sera di ritorno dal castello di Eibon, non aveva più avuto lunghe conversazioni con Asura, che alla luce del sole pareva decisamente molto meno a proprio agio. Ma nelle settimane che erano seguite, non avevano avuto più occasioni di scontro, e quello bastava a tranquillizzarlo. Senza contare l’influsso positivo che Vajra aveva su di lui.
Le premesse, quella mattina, gli sembrarono dunque delle migliori.
Anche il clima con gli altri guerrieri sembrava migliorato. Quando li raggiunse nella sala delle Udienze, adiacente quella consiliare, nel prendere posto nel centro dei proprio compagni, fu lieto nel vederli sereni e tra di loro persino amichevoli.
-Cominceremo con gli uomini – annunciò allora solenne. – Fate entrare il primo! -
Al comando, un servitore del dio della morte introdusse nella sala un prigioniero, presentandolo ai guerrieri come uno dei soldati di Delhi.
L’uomo indossava pesanti abiti di una lana grezza color porpora. Gli avambracci erano rinforzati da protezioni in cuoio visibili da sotto le corte maniche della casacca, mentre i lunghi pantaloni, tenuti su da una larga cintura, terminavano in ingombranti stivaloni di pelo.
Provato da quasi un mese di prigionia e da un evidente tormento che gli rattristava il volto, l’uomo si lasciò condurre incerto e controvoglia verso la sedia posta di fronte il banco dei guerrieri, da cui sarebbe stato interrogato.
La vista sconsolata di quello che una volta doveva essere stato un valoroso soldato, commosse e insieme confortò Vàrua, che nella sua afflizione intravide per lui una concreta possibilità di riabilitazione.
Questo però, fino a che l’uomo non ebbe passato in rassegna i volti dei suoi giudici.
Messa a fuoco piano piano l’immagine del guerriero orientale seduto all’estrema destra del Consiglio, e riuscito ad escludere mentalmente la voglia bianca a forma di “ics” che gli invadeva il viso, fu in grado di riconoscere in questo dei tratti a sé decisamente familiari.
-Comandante Vritra! – esclamò poi sopraffatto e rianimato da un’emozione improvvisa – Siete ancora vivo!-
 
 
Note:
  1. Come il martello di Thor, nella mitologia induista anche la Vajra ha la particolarità di tornare sempre al suo possessore.
  2. Le streghe dell’est sono nominate di sfuggita in uno dei primi tankobon di Soul Eater. Non sapendo cosa le accomuni di preciso per essere state considerate da Ohkubo come un gruppo unico, ho immaginato che queste, come le sorelle Mizune, potessero essere delle sorelle gemelle fisicamente identiche. Lo stesso vale per le streghe che ho nominato nel capitolo quarto, che vivendo nella foresta di Sherwood, ho definito “dell’ovest”.
  3. Stavolta la location scelta è stato il Kenya! Man mano che vado avanti, questa storia sembra sempre di più un giro del mondo in 80 giorni! Almeno ci stiamo facendo una cultura geografica tutti insieme!
 
 
 

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Capitolo 7
*** Il risveglio dei malvagi ***


-Comandante Vritra! Siete ancora vivo! -
-Savitar, amico mio!- rispose affettuosamente il guerriero, che dopo un attimo di esitazione aveva riconosciuto nel prigioniero da interrogare un suo compagno. E sorridendo, iniziò a darsi del gentili pugni sulla fronte calva. - Ah, che testa! Mi dispiace di avervi fatto preoccupare. Sarei dovuto passare per le prigioni  per rassicurare te e gli altri che stavo bene. Ma chissà perché… - aggiunse incerto, inclinando la testa da un lato e guardando pensieroso nel vuoto - mi è completamente passato di mente! -
-Ma che cosa vi è successo? - continuò l’uomo. - Che significa quella voglia sul vostro volto? E perché sedete con i nostri carcerieri? -
-Ora sono uno di loro, Savitar, e sono qui per convincere te e gli altri compagni nostri ad accettare il nuovo ordine imposto dal Sommo Shinigami, e di combattere con lui contro chiunque tenti di sovvertirlo. -
A quella affermazione, l’uomo si sentì vacillare.
-Ma…ma…mio signore…come accettare l’ordine di Shinigami? - chiese confuso. - Da dove vi vengono queste idee, se mi consentite? Non è questo l’uomo che ho conosciuto! Che ne è stato del coraggioso comandante che ci aveva promesso di liberarci dalla paura delle streghe prima, e dal giogo del Khan, l’invasore, poi?(1) Io e gli altri compagni vi abbiamo seguito mossi dal sogno di acclamarvi nostro sovrano, pronti a sfidare il servile comandante Dadhichi e gli uomini del Khan per riacquistare la nostra libertà. E ora, proprio voi, mi chiedete di rinunciare a tutto questo? -
-Savitar, all’epoca non vedevo quello che vedo adesso. Le mie parole erano guidate da ambizione ed incoscienza. Mi conosci, sono solo un ingenuo soldato, non sarei stato per voi un sovrano capace. Dentro di me lo sapevo, ma non mi importava. Vi ho manipolato per farvi credere in quello che volevo. -
-E non è quello che sta facendo Shinigami con voi adesso? Non siete più lo stesso, comandante, e non dico solo fisicamente. Non so cosa vi abbiano fatto i grandi guerrieri, ma quello che vedo adesso è più spaventoso di qualsiasi cosa possa immaginare. -
-Che cosa volete farci? È questa la giustizia dei grandi guerrieri? Ci avevate promesso un processo, e invece ci giustiziate in segreto? Codardi! Infami!-
Sollecitata dalle parole di Savitar, nella mente di Vritra cominciarono a riecheggiare le parole di una donna. Di chi erano? Dove le aveva sentite? Appartenevano ad un passato che qualcuno aveva cercato di cancellare dai suoi ricordi, ma chi? Possibile…
Assalito dal sospetto, per un attimo il sangue dell’uomo di Vritra entrò in contrasto con il sangue del guerriero. E il suo corpo fu attraversato da un fremito, preda di una lieve reazione di rigetto.
Seduto all’estrema destra, Eibon si accostò al suo vicino Vàrua.
-Che ne pensi? - gli sussurrò piano.
Il guerriero non rispose, ma sconsolato, si limitò a scuotere il capo.
-Indra? - domandò dal centro Shinigami.
-È uno spreco condannare a morte un soldato forte. Per quanto mi riguarda, se non vuole cedere possiamo destinarlo ai lavori forzati, può tornare utile. -
-Indra, devi smetterla di sottovalutare gli uomini- lo avvertì Vàrua. - Non sono deboli come credi. E io comincio ad avere una brutta sensazione, ormai. -
-Vritra? - continuò il dio della morte.
-Risparmialo Shinigami! - rispose di getto il guerriero, con lo sguardo inespressivo e tenuto fisso davanti a sé.
-E sia allora. - annuì il dio della morte. - Che Savitar sia assegnato alla forgiatura delle armi. -
Il servitore di Shinigami fece cenno di aver compreso, e condusse Savitar, preda dell’incredulità, fuori dalla sala.
-Vritra, quanti compagni tuoi sono presenti ancora nelle mie prigioni? - sussurrò.
-Altri ottantasette. -
-Fateli entrare tutti insieme, allora - ordinò il dio della morte.
 
La pianura del fiume Tsavo era un luogo tanto affascinante quanto spoglio. Il terreno secco ed arido faceva da pavimentazione ad una vegetazione povera e sparuta, e i radi e snelli alberi non offrivano nascondigli per il cacciatore all’inseguimento della preda, ma sotto il sole accecante dell’Africa, vittima e carnefice risultavano ugualmente esposti al pericolo di smascheramento reciproco.
La zona era dominio quasi esclusivo degli animali, dei più grandi e imponenti la natura avesse generato. Per le streghe della perversione ermetica, non esisteva posto migliore per celarsi all’occhio umano e difendersi dall’aggressore. Mimetizzate e nascoste tra la fauna, non c’era intruso che potesse passare loro inosservato.
Mentre, dal canto suo, il maestro d’armi più abile che avesse imparato a distinguere la lunghezza d’onda dell’anima di una strega dalle altre, si sarebbe scontrato con l’ulteriore difficoltà di individuare i loro corpi, mutati in quelli di istrici dal dorso chiaro e acuminato, nell’immensità di una dorata steppa inestricabile.
Nell’ampia e nuda distesa infuocata, Shinigami e gli altri guerrieri sarebbero stati immediatamente individuati dalle sorelle Hystrix.
Ma non Asura. Col suo incedere incerto e stanco, e il volto protetto dai raggi battenti del sole dal calore secco e inesorabile, armato del suo solo bastone puntuto poteva facilmente essere scambiato per un nomade avventuratosi per quelle zone ostili in cerca di una preda di cui saziarsi, e grazie alla quale mettere su muscoli per i suoi arti magri e raggrinziti.
Muovendosi con cautela, poteva apparire del tutto inoffensivo alle streghe cui stava dando la caccia, e con un po’ di fortuna, sarebbe stato in grado di studiarne i movimenti e i comportamenti, seguendole con discrezione, tenendosene a debita distanza.
 
Era primo pomeriggio quando Asura e Vajra furono arrivati presso il fiume Tsavo.
Il sole aveva raggiunto il suo punto più alto nel cielo, e grasso e ansimante, bruciava pesantemente sulla fronte del guerriero della paura.
Accaldato, questi decise allora di interrompere la sua marcia per accostarsi al fresco corso d’acqua, e berne. Si accovacciò, e scostò le bende dal viso per lasciare libera la bocca. E sorrise compiaciuto.
-Le streghe dell’est non hanno lasciato questo luoghi - cominciò rivolto a Vajra. - Riesco a percepire l’anima di almeno due di loro. Il segnale è debole, devono essere ancora parecchio distanti… ma sono qui! -
Certo di non far danni, Vajra riprese allora sembianze umane e si accostò al suo maestro per rinfrescarsi insieme a lui, e ad un paio di placidi ippopotami, che facevano capolino dalle acque profonde.
In quel momento, gli tornarono in mente le aspre parole pronunciate da Indra il giorno prima. In realtà, non avevano mai abbandonato davvero i suoi pensieri.
-E tu Asura, perché vuoi combattere questa guerra? Dov’è finito il guerriero che se ne stava rintanato nella torre del castello, invocando la morte di Shinigami e di noi tutti? Sei davvero passato dalla parte di tuo padre, che pure hai biasimato per averti creato in maniera così cruda? -
-Asura - gli domandò infine - perché Indra ha da dubitare che tu stia dalla parte di Shinigami? Cosa è successo prima che io e Vritra ci unissimo a voi? C’è qualcosa che dovrei sapere? -
-No, non c’è niente. - sussurrò. - Io e mio padre abbiamo avuto un inizio difficile… ma niente che non abbia trovato già una soluzione. -
-Vale a dire? -
-Diciamo solo che ora siamo d’accordo su quale sia la giustizia di noi Shinigami… -
Nel dire queste parole il suo volto si allargò in un sorriso deforme. Da un lato della bocca gli prese a scorrere un rivolo di bava, ma Vajra preferì credere che si trattasse di goccioline d’acqua del fiume non ancora evaporate. Dalla discussione avuta con Indra, il suo maestro d’armi aveva cominciato a trasmettergli una strana sensazione. Fino a quel momento aveva creduto che il contegno che cercava di mantenere fosse dovuto allo sforzo che compiva nel tenere a bada il proprio sentimento di paura. Ma ora cominciava a credere che fosse qualcos’altro che stesse cercando di reprimere.
Ma qualsiasi cosa fosse stata, lui sarebbe stato lì per aiutarlo a combatterla.
 
Dopo aver riposato a dovere, i due ripresero la loro marcia a piedi per non dare nell’occhio.
La giornata era tranquilla. Intorno a loro non si scorgeva altro che branchi di erbivori. Ora erano gruppi di antilopi, ora di zebre, ora di altri animali che Vajra non aveva mai visto prima, e che aveva preso ad ammirare con sincero interesse. Tutti si affollavano quietamente intorno alle rive del fiume per bere e brucare quel poco di vegetazione verde che cresceva lì intorno. Di predatori, neanche l’ombra. Forse la presenza dei due uomini aveva scoraggiato i loro agguati per quella giornata, e avevano preferito restare nascosti nell’entroterra. Meglio per loro, pensò Vajra, sarebbero arrivati sino all’insediamento delle streghe senza colpo ferire.
Di tanto in tanto i due si fermavano a raccogliere qualche frutto con cui cibarsi. Mentre Vajra era intento a sbucciare una papaja con la lama del dito, vide Asura, poco distante, litigare con un babbuino per la proprietà di una banana. La scena lo fece sorridere, ma fu solo un attimo.
Dopo aver minacciato la scimmia levando un pugno verso l’alto, il guerriero della paura si era bloccato, come se avesse avvertito qualcosa.
Si girò dando le spalle all’albero affusolato, e puntò lo sguardo sulla distesa dorata.
Ci fu un secondo di silenzio. Poi, dal nulla, Asura spalancò spaventosamente la bocca, per levare un grido assordante e raggelante, che spazzò via gran parte degli arbusti nani della steppa con la sua potenza.
Gli animali intorno a lui si unirono al frastuono, e cominciarono a fuggire terrorizzati, levando dal terreno delle ampie nuvole di polvere.
-Cosa stai combinando? - urlò Vajra al suo maestro d’armi, mentre si faceva largo tra il pulviscolo per farglisi accanto. - Così ci avrai fatto scoprire sicuramente! -
Si sentì ferire ad un braccio. Tre lunghi aculei l’avevano colpito, e gli si erano conficcati nella carne.
Quando la polvere si fu diradata, fu in grado di capire da chi era partito il colpo. Abbandonata la forma di istrice, una piccola streghetta coperta dalla testa ai piedi di un burka beije era comparsa davanti a loro.
Asura l’aveva avvertita, ed era partito all’attacco. Fulmineo, strappò via gli aculei dal braccio di Vajra, e li incastrò tra le dita della sua mano.
-Che cosa fai? - gli urlò l’arma dolorante. - Non siamo qui per ucciderle! -
Non fece in tempo a raggiungere Asura, che questi era già volato sopra la strega. Questa provò a ripararsi dal suo nemico, girandosi di schiena e ricoprendola completamente di aculei. Ma il guerriero li ignorò, e lasciandosi trapassare la carne del braccio da quei lunghi aghi, afferrò la strega per la testa e le piantò gli aculei che impugnava ferocemente nella gola.
La strega morì sul colpo, lasciando al suo posto solo una piccola anima viola. Asura la guardò soddisfatto.
-Perché? - urlò Vajra. - Perché l’hai fatto? -
-Te l’ho detto! - sputò Asura contro di lui. - Questa è la giustizia di uno Shinigami! -
-Ma cosa dici, se hai appena disobbedito agli ordini di tuoi padre! -
-Di mio padre! Ma la giustizia di uno Shinigami è un’altra! Significa uccidere… chi ti fa paura! -
Quelle ultime parole, pronunciate con un bieco odio, fecero rabbrividire Vajra, che si scagliò sull’altro guerriero gridando e colpendolo forte al collo con un braccio. Asura lo immobilizzò con una mano e lo ruotò con cattiveria. La durezza naturale del corpo di Vajra fu l’unica cosa che impedì all’osso di fratturarsi, ma il guerriero non riuscì ad evitare lo stesso di cadere rovinosamente per terra, stretto nella morsa dell’avversario.
Asura approfittò del vantaggio, e infilò una mano nella bocca della sua arma. Stringendo forte le esili dita intorno alla sua lingua, la strattonò con una ferocia tale da strapparla via dalla gola del guerriero.
Guardando il muscolo che reggeva in mano rise. - Finalmente non dovrò più temere che questa viscida biscia si possa avvinare ancora alle mie anime! Non puoi capire il disgusto che si prova nel vederle ingoiare, è terrificante! -
Vajra continuava a stare a terra. La bocca era ormai invasa di sangue, e dappertutto provava un dolore lancinante. Ma più di tutto, a bloccare i suoi arti era la paura che la vista di quello squilibrato gli incuteva nell’animo. Dunque era questa che Asura si sforzava di reprimere, in attesa soltanto del momento più adatto per liberarla. La Follia.
Il guerriero della paura sferrò un ultimo violento pugno contro il viso del suo compagno, e rinforzandolo con l’onda d’urto della sua anima, riuscì a fargli perdere i sensi.
-Spiacente Vajra - disse - L’anima di sei streghe indifese è un piatto troppo ricco per lasciarmi indifferente. -
Lasciato il guerriero riverso per terra in una pozza di sangue, e afferrata l’anima della prima strega caduta, Asura si levò in volo all’inseguimento delle altre.
Dall’alto, vedeva dei piccoli rami agitarsi tra la steppa. Allarmate dal grido assordante di poco prima, le sorelle streghe stavano correndo le une verso le altre per unirsi e combattere insieme.
Asura lo capì, e le lasciò fare. Sarebbe stato più facile ucciderle tutte con un colpo solo, pensò.
Quando le cinque gemelle furono vicine, fusero i loro corpi lasciando il posto ad un’unica ed imponente strega Hystrix.
I corti capelli d’oro erano legati in due codini bassi. In testa portava l’immancabile capello a punta da strega, ornato sulla tesa da due piccole orecchie rettangolari da istrice. I suoi occhi erano ellittici e scuri come quelli dell’animale. Il naso, piccolo e largo. Era vestita di un corto abito beije come il cappello, con un piccolo ritaglio a forma di goccia nel centro del petto, che lasciava intravedere, sensuale, l’incontro dei seni. Le braccia erano decorate con due alti bracciali ricoperti di aculei da usare come arma.
La giovane e imprudente strega rinunciò a fuggire e si preparò allo scontro.
-Non ci fermerete mai! - disse coraggiosamente contro il nemico.
Attaccò per prima, lanciando degli aculei dai bracciali contro Asura. Il guerriero li schivò tutti velocemente, e fu presto addosso all’avversaria. Provò a sferrare il primo colpo, ma la strega lo parò voltandosi rapidamente e ricevendolo sulla schiena, che all’urto si ricoprì di tenaci aculei che la protessero.
Gli aghi si separarono dal corpo, e volarono contro il guerriero, spingendolo a terra e inchiodandolo al suolo per i vestiti. Ignorando il suo istinto di protezione, Asura si alzò gridando, e lasciando che gli abiti si stracciassero e rivelassero la sua pelle nuda in più punti.
Hystrix si appallottolò e si allontanò un po’ da lui, rotolando via e nascondendosi tra la steppa, ma Asura sferrò un pugno violento nel terreno che si spaccò sotto di lei, intrappolandola nella fessura.
Non appena il guerriero fu sopra la ragazza, ricominciò la pioggia di aculei. Intento a difendere il proprio viso dalle fastidiose punte, Asura diede ad Hystrix il tempo necessario per liberarsi e uscire dal buco in cui era caduta. Di nuovo in piedi, la strega sferrò un calcio contro Asura, che perse l’equilibrio, cadendo seduto.
-Hedgehog needle! - invocò allora Hystrix, e tra le sue mani si materializzò uno spesso aculeo lungo mezzo metro, che piantò con forza nello stomaco del nemico.
Galvanizzata dal successo, non si accorse che Asura aveva appena accusato il colpo.
-Ci vuole molto di più per uccidermi! - le disse ridendo.
E afferrata la strega per le braccia, la tirò a sé dandole una ginocchiata nello stomaco, molto più debole e indifeso rispetto alla schiena corazzata.
Hystrix sputò del sangue dalla bocca, e si accasciò sul corpo di Asura.
-Addio ragazzina! - le disse un orecchio. E scagliata l’onda dell’anima sul corpo inerme della strega, le diede il colpo di grazia.
Il guerriero vide le restanti cinque anime materializzarsi davanti a sé, ed eccitato, le radunò insieme alla sesta, mentre liberava il suo busto dall’ingombrante aculeo.
 
Si sentì poi afferrare per un braccio. Il fedele Vajra si era ripreso, ed era corso incontro al suo maestro d’armi per tentare un’ultima volta di riportare il compagno alla ragione. Il suo sguardo era sgomento e senza speranza, ma in quel momento non sapeva cosa altro tentare.
Non avendo più una lingua per comunicare con parole umane, si tramutò in arma per piombare tra le mani di Asura, augurandosi che l’incontro delle loro anime lo avrebbe calmato come era accaduto durante il loro primo incontro.
-Ah, sempre tenace, Vajra - gli disse allora il guerriero. - Ma dovresti averlo capito, ormai, che non si torna più indietro. -
E stretto lo scettro con tutta la cattiveria che provava in corpo, lo investì con l’onda della sua anima. Le forze di Vajra vennero meno definitivamente, e restò impotente di fronte alla crudeltà del suo maestro.
Rovesciando il capo all’indietro come aveva visto fare alla sua arma quel giorno ad Acquanegra, Asura sollevò lo scettro appuntito sulla propria testa, e cacciata la lingua fuori dalla bocca, lo ingoiò senza pietà, illuminato da un sole ormai basso e rosso come il sangue.
 
Nello stesso istante, nella sala delle Udienze, a parecchie miglia di distanza da Asura, un fitta di dolore attraversò la mente del giovane Vritra. Il guerriero gridò di dolore, e sentendo che l’aria gli mancava, cercò di alzarsi dalla sedia, ma cadde invece a terra in ginocchio.
Shinigami si alzò di scatto per soccorrerlo. 
-Che cosa succede? Vritra! Vritra! - gli urlò il dio della morte.
-Asura ha scatenato la sua Follia - rispose neutro e rassegnato Vàrua. -In questo momento sta pervadendo la mente di Vritra. -
-Ma perché ha effetto solo su di lui? - chiese meravigliato Eibon, vedendo gli altri guerrieri e i servitori del dio della morte ancora presenti nella sala apparentemente normali.
-È solo questione di tempo. Una volta scatenata, la Follia è destinata ad impadronirsi di tutti. Per adesso, ha solo cominciato ad insinuarsi nelle menti di chi è più propenso a cedere ad essa. -
-E quindi? Che significa questo? - chiese accigliato Indra.
-Significa che abbiamo fallito. Il risveglio dei malvagi è cominciato. -
 
Note:
  1. All’epoca dei fatti narrati, l’India era invasa dai mongoli di Gengis Khan (esatto! Quel “Khan”!). Per gli uomini di Delhi, arrendersi al regno dei guerrieri, significa rassegnarsi ad accettare lo stato attuale delle cose (come dice Eibon nel capitolo 3 “Dobbiamo ripristinare i regni degli uomini perché si occupino di amministrare i popoli da vicino, ma assicurandoci che essi giurino fedeltà alla tua figura, che vivano secondo le tue regole superiori”), perché chiunque alteri lo status quo, come sappiamo, finisce dritto dritto nella lista di Shinigami! Volevo assicurarmi che il concetto fosse chiaro!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Il crepuscolo degli dei ***


-Asura! Maledetto! –
Chino sopra Vritra, Shinigami stringeva forte i pugni per tenere a bada la rabbia che sentiva montare alla vista della Follia di Asura che prendeva possesso della mente della sua arma.
-Dobbiamo andare a riprenderlo, subito! Prima che sia troppo tardi! – tuonò.
L’attacco di Follia che aveva colpito Vritra era stato talmente improvviso e inaspettato da aver lasciato spiazzati gli altri guerrieri. Nessuno di loro ebbe la forza di replicare nulla al comando del loro capo.
-È meglio che Vritra non ci segua – si limitò ad osservare Vàrua – Se si dovesse avvicinare alla fonte della Follia, le sue condizioni peggiorerebbero! –
Shinigami annuì, e senza perder altro tempo, si lanciò fuori la sala delle Udienze seguito dagli altri tre compagni, lasciando i servitori ad occuparsi di Vritra perché lo aiutassero a stendersi a letto.
 
La fitta alla testa gli aveva provocato una nuova e più grave reazione di rigetto del sangue del guerriero, che lo stava provando pesantemente.
Vritra cominciò a contorcersi in pose grottesche, mentre sentiva i muscoli del suo corpo contrarsi e dilatarsi, più volte, dilaniati tra l’aspetto che avevano un tempo e quello che avevano assunto adesso.
Non riusciva a reagire ai richiami dei servitori, che furono costretti ad adoperarsi in quattro per sollevarlo e trascinarlo di peso nella sua stanza.
-Codardi! Infami! –
La riconosceva adesso. La voce di Panthera che continuava a risuonare nella sua mente sempre più prepotentemente. Amplificata dalla Follia di Asura, la paura provata dalla strega nel laboratorio di Eibon risuonava ora in tutta la sua forza nell’anima del guerriero.
-Non è quello che sta facendo Shinigami con voi adesso? Non siete più lo stesso, comandante. Non so cosa vi abbiano fatto i grandi guerrieri, ma quello che vedo adesso è più spaventoso di qualsiasi cosa possa immaginare. –
Odio. Aveva provato odio verso Shinigami quel maledetto giorno in cui l’aveva visto dissolvere i corpi delle streghe con una semplice rotazione della mano. Poi, più niente. Ricordava solo la pressione del “trasfiguratore” che, vibrando, premeva contro la sua schiena, mentre un nuovo desiderio gli pervadeva l’anima. Il desiderio di combattere non più da soldato, ma da arma devota al maestro d’armi che l’avesse impugnato.
Se il dio della morte non fosse stato già lontano, avrebbe sentito il suo nome gridato con una collera nuova per quelle pareti.
-Shinigami! –
Il sangue dell’uomo prese il sopravvento su quello del guerriero. Agitato dalla rabbia che ora gli circolava nel corpo, Vritra iniziò ad urlare e a divincolarsi dalla presa degli uomini che lo sostenevano.
Tre servitori furono costretti ad abbandonare la presa, sorpresi da un rapido movimento di Vritra, che voltandosi aveva afferrato la tunica del quarto per il collo e l’aveva colpito con un pugno sullo zigomo.
Gli altri provarono immediatamente a immobilizzarlo, ma il guerriero aveva già trasformato il braccio nella lama della sua spada per iniziarla ad agitare minacciosamente contro loro.
L’uomo colpito, alle sue spalle, si sfilò allora la lunga tunica e la usò per soffocare in essa il volto di Vritra, o almeno cercare di confonderlo. Questi si agitò, e portando le mani sulla testa a cercare quelle del suo avversario, lo afferrò per le braccia, e chinandosi in avanti, o fece precipitare davanti a sé, per poi colpirlo nello stomaco con un pesante affondo del piede.
Si gettò allora su un altro servitore immobilizzandolo per i capelli, mentre con la lama del suo braccio ne colpiva un altro nel fianco. E sgozzato quello che teneva intrappolato, si lanciò all’inseguimento del quarto che si era dato alla fuga. Con poche falcate riuscì ad afferrarlo per le spalle. L’uomo si voltò, e con il terrore negli occhi, balbettò qualcosa in una lingua che Vritra non comprese.
-Rag…Ragnarok… Ragnarok! –
Poi una lama gli trapassò il petto.
 
Vritra era stordito, confuso, ma con un obiettivo ormai preciso in mente.
Disgustato dall’orrenda manipolazione che Shinigami ed Eibon avevano osato compiere sul suo corpo, ora doveva impedire che altri potessero subire quella sorte.
Corse allora nelle prigioni, deciso a liberare i suoi compagni. Giunto nei sotterranei, aggredì la prima guardia che incontrò, e sbattuta la sua testa contro la parete, le sfilò le chiavi delle celle dalla cintola.
Altri uomini suonarono una campanella per lanciare l’allarme ai fedeli di Shinigami che fossero ancora nel castello, e poi agirono, tentando di fermare il guerriero. Ma Vritra aveva già aperto la prima porta, e le guardie dovettero scontrarsi con un’orda di prigionieri dai volti inebetiti dalla Follia, che saltarono loro addosso con fare feroce e animalesco.
Inneggiato dalle grida degli altri prigionieri che chiedevano di essere liberati, Vritra iniziò ad aprire una ad una le altre celle.
I detenuti si riversarono fuori dalle aree in maniera ribelle, disorganizzata, ridendo come pazzi e avventandosi senza pietà sui loro carcerieri. Molti presero direttamente la via delle scale, e si addentrarono per le sale del castello, vandalizzandole, distruggendo i mobili e gli ornamenti che l’arredavano.
Mentre erano in preda al delirio, furono raggiunti dai soldati di Shinigami che avevano risposto prontamente al richiamo.
Quegli uomini erano forti, alti e coriacei, ma nulla poterono contro i loro avversari, che stordendoli con esplosioni di fumo e lampi di luce, li fecero ben presto cadere vittima delle fauci e degli artigli dei mostri inferociti.
Nei sotterranei, finalmente Vritra era riuscito a trovare anche i suoi compagni, che accolsero il suo arrivo con grida di sincera gioia. Tra i tanti, incrociò pure lo sguardo di Savitar, che senza dire una parola, gli regalò un’occhiata d’intesa compiaciuta. L’uomo tentò poi di unirsi ai prigionieri che si affollavano per le scale per risalire in superficie, ma Vritra lo fermò, intimando a lui e agli altri di seguirlo.
-Venite con me, presto. –
E imboccarono un lungo corridoio.
-Il giorno che Shinigami mi prelevò dalle prigioni andammo in questa direzione. – cominciò a spiegare. – Il corridoio conduce ad un’uscita secondaria che porta direttamente al fiume, così potrete evitare i suoi soldati giù in città. Prendete le galee, e percorrete tutto il corso. Quando sarete arrivati nel golfo che conduce al mare… beh, non so dirvi di preciso dove andare, non conosco questi posti. Ma assolutamente non andate a nord. –
-Cosa c’è a nord? – gli domandò Savitar.
-Il dannato castello di Eibon. Evitatelo, lui e il suo padrone. –
-Perché parli di “voi”? Non venite con noi, comandante? –
-Nah, non vi conviene. Appena Shinigami tornerà, il mio nome finirà dritto nella lista dei suoi nemici giurati. Ci sarà un bel po’ di movimento tra noi – disse schioccandosi fiero le dita - non dovete essere coinvolti per forza! –
-E allora dove andrete? –
-Non ci avevo pensato, non credevo di nascondermi. –
-Perché allora non vieni con noi? – gli fece una voce sibilante da dietro le spalle.
-Chi ha parlato? –
-Salve guerriero, non ci siamo ancora conosciuti! Noi tre siamo le Graie! Ti stavamo aspettando! -
 
 
Era ormai notte quando Shinigami fu arrivato al rifugio delle streghe dell’est. Era buio e mortalmente vuoto. C’era quiete, troppa. Neanche il respiro di un animale riempiva l’aria tiepida. Asura doveva aver messo in fuga anche loro.
-Abbiamo finito di perlustrare la zona intorno al fiume Tsavo – annunciò Vàrua, riunendosi come gli altri guerrieri intorno al suo capo.
-Che ne è stato di quelle dannate streghe dell’est? – domandò questi aspro, senza troppe speranze.
Vàrua lanciò una lingua impolverata ai suoi piedi. Quando Eibon ebbe capito di cosa si trattava, voltò lo sguardo, disgustato.
-È decisamente l’opera di uno Shinigami questa – disse.
-A qualche decina di kilometri da qui ho trovato i segni di una strage. Se non si tratta del sangue delle sorelle Hystrix, non so proprio cos’altro possa essere. –
-Ma Vajra, Vajra – si tormentò Eibon – come ha potuto permettere che accadesse? –
-Non credo che Vajra sia responsabile. – continuò Vàrua – Se avesse combattuto con Asura, avrebbero eliminato le streghe con un soffio. Invece lo scontro è stato sofferto. Ho trovato anche stralci degli indumenti di Asura conficcati nel terreno. –
-Pensi che si siano separati allora? – chiese Eibon.
-Non posso dire cosa sia successo, ma se Vajra non è con Asura, potrebbe essere ancora nei dintorni, in preda alla Follia com’è successo a Vritra. Dobbiamo perlustrare la zona interna per cercarlo. Per stanotte non penso che Asura farà altri danni. È pur sempre un vigliacco, e probabilmente ferito. Credo che se ne resterà tranquillo a recuperare le forze, finchè non avrà trovato altre prede facili. –
-Fermiamoci qui allora, per stanotte – suggerì il guerriero della conoscenza. – Domani mattina inizieremo le ricerche non appena sorgerà il sole. –
Shinigami era rimasto silenzioso e cupo durante il resoconto di Vàrua. Mentre dentro Indra era cominciata a salire una rabbia non più contenibile.
-Ecco cosa succede a dare retta a quello che dici! – gli urlò contro, spintonandolo con forza – Rinchiuso in quella torre a delirare doveva stare, ma tu invece no, dovevi fartelo amico! E guarda cosa è successo! –
-Sarebbe successo lo stesso, Indra. Ho fatto tutto quello che potevo per evitarlo, ma ora lo so. Non si può vincere contro il destino. –
-Che cosa vai blaterando adesso? – gli chiese, ormai sfiancato.
Shinigami trasse un profondo respiro.
-La notte in cui ho creato Asura, tre donne, tre mostri, hanno predetto la nostra fine. Mi hanno rivelato che sarebbe arrivato qualcuno che ci avrebbe messo in ginocchio, e che sarebbe stata la fine di questo ordine. –
Indra rimase sbigottito, e cacciò una risata incredula.
-Tu… tu ci hai mentito allora? Avevi detto di esserti liberato di tutte le tue paure per essere un guerriero migliore! Invece ti stavi facendo prendere in giro da delle creature demoniache! Magari ti hanno predetto anche il falso, e tu hai fatto il loro gioco… andando fuori di testa! –
Queste ultime parole le pronunciò dando un secondo spintone che fece sbattere Shinigami contro una parete.
-E tu Vàrua, tu lo sapevi, non è vero? –
-Ad Acquanegra ho avvertito che Shinigami era turbato da qualcosa di terribile che stava condizionando le sue azioni. Non ho chiesto cosa fosse, ma quando nella sala del Consiglio ti sei confrontato con Asura… anche se non potevo vedere il suo volto, ho avvertito per un attimo la Follia che covava dentro… e ho iniziato a capire cosa ci stava aspettando. -
-E non hai fatto niente per impedirlo? Perché hai lasciato che Asura fosse mandato qui da solo a spiare le streghe? Perché non mi hai mai spalleggiato e mi hai lasciato da solo a litigare con Shinigami? –
-Le tue azioni, Indra, anche quando giuste, sono sempre dettate dal tuo desiderio di potenza e dalla tua invidia verso Shinigami per non essere tu il capo. E per questo non potrò mai fare fronte comune con te. In quanto ad Asura… ho lasciato che il suo destino si compisse perché se doveva accadere, cercare di impedirlo avrebbe solo peggiorato ulteriormente le cose. Shinigami non stava facendo che mettere argini per rimediare a quanto fatto, ma era evidente che non avrebbero retto. Dobbiamo accettare la realtà… è finita per noi! -
-No, forse è finita per voi! – ringhiò il dio della guerra al colmo dell’esasperazione – Non mi interessa cosa sia scritto nel futuro di Shinigami, ma io non me ne andrò via di qui se non combattendo! Voi fate quello che volete se avete deciso, le vostre vite non mi interessano più. –
Fece per andarsene, ma Eibon cercò di trattenerlo.
-Come pensi di sconfiggere Asura da solo? Se c’è una cosa stupida da fare in questo momento, è dividerci ancora. –
-Io non sono solo, Eibon… - gli rispose senza nemmeno voltare la testa verso di lui - un dio della guerra non è mai solo. Addio!
E volò via, lasciando gli altri tre più lacerati e sconsolati che mai.
 
-Beh, credo che non ci resti altro che andare a dormire. Domani ci aspetta una lunga giornata di ricerche! – cercò di sdrammatizzare Vàrua.
-Vàrua, perché? – gli domandò esausto Shinigami. – Perché mi sei ancora vicino? –
-Shinigami, il destino è inevitabile, l’hai capito finalmente. Ma questo non è mai una giustificazione per non fare volta per volta quello che va fatto. Ma, ah, lascia perdere, è una cosa complicata, la devi capire da solo… spero che ne avrai l’occasione, prima che sia troppo tardi. –
 
 
Dopo qualche ora di navigazione, le leggere e magiche imbarcazione del dio della morte avevano condotto Vritra, e quanti gli si erano aggregati, in un luogo che le Graie presentarono loro quale il Rio delle Amazzoni.
-Di qui in poi proseguiamo a piedi – annunciò Penfredo. – Non perdeteci di vista, perché la foresta è un luogo pieno di insidie. –
Cominciarono a ridere tra di loro, quando Vritra si fece loro vicino.
-Allora, volete dirci dov’è che stiamo andando? –
-La nostra destinazione è il castello di Baba Yaga. La sede della sua organizzazione. –
-“Sua” di chi? –
-Lo vedrai guerriero, non avere fretta! –
 
Mentre Vritra si domandava se la sua teoria, azzardata nella sala del Consiglio di Shinigami, fosse corretta, il gruppo marciò spedito nella notte verso la più oscena costruzione che il guerriero avesse mai visto in vita sua.
Abituato alla raffinatezza e sobrietà degli edifici della città di Delhi, non potette certo stupirsi che un orrore del genere fosse tenuto ben nascosto nelle profondità di una foresta ostile.
Lo chiamavano castello, ma era piuttosto una torre, con otto ingressi laterali inseriti in strutture angolari che sembravano riprodurre altrettante zampe di un ragno aggressivo.
-Chi diavolo può mai abitare in uno schifo del genere? – si chiese.
Le Graie guidarono il gruppo attraverso il portone principale, che avrebbe dovuto riprodurre la bocca dell’animale.
-Restate qui fermi! – ordinò Penfredo – Tra poco verranno degli uomini a dirvi dove dovrete andare. Tu però, Vritra, vieni con noi. –
Procedendo sempre in linea retta, superando uomini in nero, con la tunica sollevata fin sopra la testa e il volto celato da bizzarre maschere bianche, i quattro arrivarono infine in una sala tetra ma sontuosa, dove ad aspettarli trovarono una strana figura, seduta su un trono di fili sospesi a mezz’aria.
Quell’immagine lasciò sbigottito Vritra, tanto era contrastante col luogo in cui era inserita, di cui sembrava prigioniera, più che padrona.
La donna che vide, infatti, doveva essere la più bella che avesse mai camminato su questa terra.
Così indifesa all’apparenza, stretta in esili e candide spalle, lasciate nude da un lungo e fasciante vestito nero, che risaltava l’armonia di un corpo perfetto. Il suo volto, chino in direzione di un uomo in piedi al suo fianco, era in parte timidamente coperto da morbidi capelli corvini, lasciati liberi di scorrere fluidi sulla sua pelle.
Ragnatele nei suoi occhi, che gli tolsero il fiato, imbrigliandolo in una trappola inestricabile, che lo trascinò inerme sul fondo di un incantevole mare di ametista.
-La strega Arachne, immagino. – le disse.
-Esatto. Benvenuto comandante Vritra. –
La donna non si scompose di fronte alla sicurezza ostentata dal guerriero, e Vritra tentò di non essere da meno.
-Si parla già di me in giro? –
-Grazie ai miei ragni ho occhi dappertutto. So molte cose di te. So chi sei stato e cosa sei diventato. Quello che voglio sapere da te ora, è come è successo. –
-Perché ti interessa? –
La strega fece cenno all’uomo al suo fianco di versarle un bicchiere di champagne.
-Come saprai, Vritra, oggigiorno quelli che tra gli uomini si fanno chiamare “i maestri d’armi” hanno imparato a distinguere le anime di noi streghe e stanno usando questa abilità per farci, semplicemente, sparire dalla faccia della terra. Hanno osato dare la caccia anche a me, che sono la Madre della vita. –
-Mf, un po’ presuntuoso da parte tua, non credi? Se questa vita ha un dio quello dovrebbe essere Vàrua, perché è dall’incontro di due anime gemelle che si comprendono che questa ha inizio! –
A quelle parole il volto di Arachne si tirò in un sorriso, e poi prese a ridere irriverente. Scese allora dal trono e iniziò a camminare, sinuosa, verso il suo interlocutore.
-È stato Shinigami a dirti queste cose? Non farmi ridere! Vogliamo davvero contare quanti figli sono nati dall’unione di due anime e quanti sono il frutto del mero desiderio? Rimarresti sorpreso. Tu sei un soldato, giovane e di bell’aspetto. – notò, girandogli intorno - Non farmi credere che non lo sai. –
-Quindi cos’è che vuoi? Vuoi che gli uomini ti ammirino? Ti venerino? Ti scelgano come loro regina? -
-Gli uomini ci hanno rinnegate, e piuttosto che ammettere le loro debolezze ora si nascondono dietro false virtù, forti dell’aiuto di voi guerrieri. Quello che voglio è rovesciare quest’ordine, e sì, diventare la regina di un nuovo mondo, in cui gli uomini avranno smesso di allontanare le loro perversioni e le avranno accettate come parte di sé. -
-Non c’è più un ordine da rovesciare, Arachne, e tra poco non ci sarà più nemmeno un mondo su cui governare. Asura, il figlio di Shinigami, ha sprigionato la sua Follia… se il tuo obiettivo era quello di mettere in crisi il dio della morte, arrivi tardi! C’è chi ci ha pensato per te! -
-Sei più folle di Asura se credi che me ne resterò semplicemente a guardare mentre ad un despota ne succede un altro! Credi che l’attacco di Follia mi abbia colta di sorpresa? Io non stavo aspettando altro. –
-Ma davvero? –
-“Di rovi e di spine si tinge la terra, dal filo del ragno è vinta la guerra. Un ordine nuovo di là ne verrà, per mano del figlio Shinigami morrà”. Il futuro di questo mondo è già scritto. Asura prevarrà sul suo nobile padre, e diventerà il nuovo sommo Shinigami. –
-Allora, di che ti preoccupi? Se il mondo è condannato a precipitare nella sua Follia non hai più alcun ordine da combattere. Il mondo che verrà è già destinato ad essere il dominio dei malvagi. -
-Coi miei ragni tengo d’occhio Asura, ma tu l’hai conosciuto personalmente. Ancora non l’hai capito? Quale mondo pensi che resterà quando sarà diventato il nuovo sommo Shinigami? Nessuno. Diventerà inarrestabile, insaziabile. Ci ucciderà tutti e divorerà le nostre anime. A meno che non lo fermiamo adesso. -
-E come pensi di farlo? Anche se distruggessi il suo involucro fisico, la sua anima perdurerebbe, e troverebbe un altro corpo in cui vivere. –
-Ma non voglio certo ucciderlo! Non mi ascolti allora, so che non potrei, non è di questo che stavo parlando. Quello che voglio, è assorbire Asura… e quando avrò ottenuto i suoi poteri ucciderò Shinigami, e diventerò la padrona di questo mondo! –
Dal filo del ragno è vinta la guerra…
-Per questo hai già i tuoi uomini, perchè ti interessano le armi metamorfiche? -
-Creerò un esercito di armi umane, e gli uomini ricominceranno a chiamarmi Madre! Quanto a te… anche tu puoi tornarmi immensamente utile, in tutto questo. –
Trasse un profondo respiro, annusando piano l’aria che circondava l’uomo.
-La senti, Vritra? La tua Follia di guerriero, la Follia della Manipolazione. Abbraccia la tua natura e usa il tuo istinto di arma contro Shinigami, e quanti hanno manipolato te finora. –
Gli si fece più vicina, puntando i suoi occhi intriganti pericolosamente verso il suo viso.
-Combatti con me. – sussurrò, mirando avida alle labbra del guerriero.
-Un attimo, Arachne, - la incalzò di rimando, tentando di non perdere la concentrazione - le tue… “amiche”, qui dietro, hanno detto che mi stavano aspettando. Perché, perché cercavate proprio me? Cos’altro sai su di me? –
Arachne non rispose, ma ormai completamente protesa sul guerriero, lo baciò gentilmente.
Impotente di fronte al suo fascino, Vritra smise per un attimo di opporre resistenza, rendendosi così vittima del gioco della strega.
Attraverso le labbra, un filo della ragnatela di Arachne si insinuò nella bocca del guerriero, e raggiungendone l’anima, la irretì in una subdola prigione.
-Arachne? Cosa…? – ebbe a malapena la forza di dire.
-Su Vritra, non fare storie – gli disse posandogli delicatamente un dito sulle labbra – Non ti ho fatto niente di male, dopo tutto! Shinigami ha voluto rinunciare alla sua sperimentazione sulle armi, e io lo accontento! Da adesso non sei più la sua Spada Divina… ora sei la prima delle mie armi demoniache! -
Da dietro il guerriero, le Graie, sghignazzando, confermarono quella sentenza.
 
Nemico naturale del serpente,
il felino alimenta la sua mente.
Con la Spada Demoniaca ha inizio la caduta,
che non s’arresta, finchè la luna più non muta.
E il dì che i guerrieri resteran solo in sei
Ragnarok sarà, “crepuscolo degli dei”. (1)
 
 
Note:
  1. Nella mitologia nordica, “Ragnarok” indica la battaglia delle tenebre sulla luce, il crepuscolo appunto. Da qui inizia il “What if” della mia storia! Nel manga, la Massa Nera che Kid incontra nel libro di Eibon, dice che oltre a Vajra, altri due guerrieri sono stati mangiati da Asura… Nel mio universo questo accade solo metaforicamente, nel senso che due guerrieri smettono semplicemente di “esistere” come tali durante la battaglia contro Asura…  Il resto ve lo racconto nei prossimi capitoli!
 
 
 

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Capitolo 9
*** Nuove alleanze ***


-Eibon, dunque. Che cosa ne pensi, Mosquito? -
Arachne aveva appena congedato Vritra, ed ora stava soppesando la portata delle rivelazioni estirpate al guerriero, in merito all’origine delle armi metamorfiche. Aveva posto la domanda al suo consigliere, intento a versarle un secondo bicchiere di champagne.
-Forse siamo stati leggeri a non rivolgere la nostra attenzione anche su di lui in passato – iniziò lui - ma la forza della nostra organizzazione è nella superiorità numerica e nella fedeltà incorruttibile che ci lega a lei, Lady Arachne. Le diavolerie tecnologiche non rientrano nel nostro modo di agire. –
-Allora forse è arrivato il momento di coinvolgere qualche membro più giovane e più esperto in questo nella concertazione delle prossime strategie, non credi anche tu? –
Mosquito digrignò appena i denti traendo un sospiro tagliente, cercando di soffocare un moto di gelosia. L’affascinante demonio, elegante e slanciato, coi capelli perfettamente pettinati all’indietro, aveva molte cose in comune con la strega. Dal giorno in cui era diventato un mostro zanzara, aveva cominciato a bramare il sangue fresco degli uomini più di ogni altra cosa. L’avidità con cui osservava un corpo caldo da dominare, era la stessa che pervadeva costantemente, seppur con un’inclinazione diversa, lo sguardo di Arachne. Ma per quanto accomunati da un desiderio affine, la strega poteva assecondare solo la parte più perversa della passione che Mosquito aveva maturato per lei. Arachne non poteva comprendere la sua anima e ricambiare il sentimento che lui aveva cominciato a provare. Lui l’aveva accettato, e pur di starle vicino cercava di sentirsi pago della situazione ambigua in cui lei l’aveva confinato. Ma ogni tanto, gli veniva a mancare la freddezza necessaria per restare impassibile di fronte alle attenzioni che Arachne rivolgeva ad altri uomini. Certo, per lei non erano altro che pedine del suo piano, e non avrebbe esitato a sacrificare nessuno di loro, al momento opportuno, per raggiungere il suo scopo. Come donna era una persona insidiosa e spregevole. Ma Mosquito non poteva fare a meno di essere ammaliato e succube di lei.
-Come desidera, Lady Arachne. – fu tutto ciò che gli riuscì di rispondere.
-In questo momento Eibon è con Shinigami, e con molta probabilità non farà ritorno al suo laboratorio di qui a poco. Se agiamo in fretta, possiamo appropriarci del suo artefatto senza troppi problemi. –
-Che cosa ha in mente, esattamente? –
-Le imbarcazioni di Shinigami che hanno portato qui Vritra possono trasportare poco più di un centinaio di uomini ciascuna. Trovami tanti volontari, uomini o donne, e un centinaio di streghe che abbiano l’abilità di spostarsi velocemente in volo. Comunica loro che domani mattina partiremo il prima possibile in direzione nord, verso il castello del guerriero della conoscenza! -
 
-Yawn! – sbadigliò un sonnolento Vritra, lamentandosi di essere di nuovo per mare – Da quando è iniziata questa storia non ho un attimo di pace! Quattro ore mi hanno fatto dormire stanotte, e ho anche una fame micidiale! –
-Di che ti lamenti, pivello! – lo schernì un ragazzo dai capelli castani, poggiato con la schiena al bordo della galea vicino a lui – Che te ne fai di dormire quando fuori ha inizio il casino! Non sei contento di buttarti nella mischia? –
-Ma come parli, stai male? Farnetichi di queste cose già all’alba? La Follia ti deve aver preso proprio pesantemente! –
-Sto benissimo, idiota! – gli rispose l’altro, senza dar troppo peso alle sue parole – Anzi, non mi sono mai sentito meglio! Non vedo l’ora di raggiungere questo fantomatico laboratorio di Eibon… stando a quanto dice Arachne, troverò diverse cose con cui divertirmi lì! –
-Nah, tu non stai bene, te lo dico io! Non c’è niente di divertente lì, te lo posso assicurare! –
-Per te forse… non per me! Nella città dove sono cresciuto facevo il costruttore. Non male di per sé, c’è da spaccarsi la schiena alle volte. Ma cacchio se è ripetitivo. Non ce la facevo più a vedere golem tutto il giorno. Quelle bambole di pietra mi stavano perseguitando anche durante il sonno. Per questo ho mollato tutto e me ne sono andato. Ora voglio fare qualcosa di più emozionante, di più… stravolgente! Macchine da guerra, trappole… sono queste le cose che voglio costruire adesso! –
-Strumenti di tortura… -
-Che? –
-Niente. Ah sì, allora penso che ti piacerà il posto dove stiamo andando. –
-E tu? Che vuoi fare ora che il mondo sta diventando finalmente nostro? –
-Per cominciare, credo proprio che ucciderò una vacca con le mie mani e la mangerò fino alla coda! Diamine se sto crollando dalla fame! –
-Che palle! Questo è il massimo che sai fare? –
-Stai scherzando? Dalle parti mie è vietato mangiare le vacche, sono sacre, quelle maledette! Di certo sarà la prima soddisfazione che mi toglierò. Non farmici pensare! –
-Che strazio che sei! –
-Vuoi che cominci mangiando te? Non mi faccio problemi sai! –
E messogli un braccio intorno al collo, spinse la testa del ragazzo contro la sua bocca cominciando a tormentargli un orecchio coi denti.
-Ma che fai? – si ribellò il ragazzo, liberandosi dalla presa – Ma chi cavolo sei tu? –
-Io? Beh… - volse un istante lo sguardo al cielo, indeciso sulla risposta da dare. – Ma sì, dai. Ormai siamo in ballo! Chiamami Ragnarok, la Spada Demoniaca! –
-Giriko. – gli rispose il ragazzo, sorridendo divertito.
 
Procedendo verso nord, il clima si faceva sempre più rigido. Davanti le imbarcazioni si stagliava ormai solo un muro di nebbia, e se non fosse stato per la ferma convinzione di Ragnarok di trovarsi nel posto giusto, non avrebbero avuto elementi per dirlo.
Finalmente si intravidero i contorni di una riva, e quando il gruppo vi attraccò, come per magia il muro di invisibilità si dissolse, rivelando oltre di sé un’isola verde e temperata, nel cui centro si stagliava una piramide terrazzata.
La più veloce delle streghe che si erano mosse in volo, precedette gli altri andando in avanscoperta e verificare che il guerriero della conoscenza non fosse ancora tornato al castello.
-Eagle storm! – invocò, e sfruttando i suoi poteri dell’aquila, generò un vortice d’aria che spalancò a forza il portone d’ingresso, e le permise di entrare senza difficoltà, proteggendola al suo interno da eventuali aggressioni.
Come previsto da Arachne, Eibon non era rientrato, e gli uomini presenti nel castello non poterono impedire alla strega dei ragni di fare il suo ingresso trionfale, respinti com’erano dal forte spostamento di aria.
Guidata da Ragnarok, Arachne si diresse spedita nel laboratorio, facendo segno a Mosquito e Giriko di seguirla.
-È questo – dichiarò Ragnarok indicando l’ingombrante diapason nella stanza.
-Mh… - mormorò Giriko tastando l’artefatto con una mano – quest’affare vibra. Ci deve essere qualcosa da qualche parte che lo alimenta. Ma così… ah, senza un disegno non posso capire come funziona. Non se ne vede di roba come questa in giro. –
-Mosquito – lo chiamò la strega – vai a prendere uno dei servitori di Eibon di sopra. Vivendo qui avranno imparato qualcosa sugli artefatti del laboratorio. –
Il mostro obbedì, e dopo pochi minuti tornò con uno degli uomini accerchiati dalle streghe nell’ingresso. Il suo nome era Shoren, un uomo sulla quarantina, dalle folte basette nere e gli occhi verdi come la veste che indossava. Con riluttanza, e una buona dose di terrore, iniziò a rispondere alle domande poste dalla strega.
-Il “trasfiguratore”, – iniziò a spiegare – e tutti gli altri artefatti in attività, traggono energia da un’altra creazione di Eibon, posta in cima al castello. Si chiama il “Brew”, un piccolo oggetto cubico, liscio all’esterno, ma estremamente complesso. Il suo interno è formato da un sistema di minuscoli specchi che riflettono più volte la luce del sole che il Brew incamera durante il giorno, e che in questo modo viene amplificata generando un quantitativo enorme e infinito di energia naturale, che può essere collegata potenzialmente a qualsiasi entità presente sulla terra. È il capolavoro di Eibon! –
-Se, quanto chiacchieri! – fece spocchioso Giriko –Mi hai già annoiato! Forza allora, smontiamo questo affare dal pavimento, prendiamo il comesichiama dal tetto, e smammiamo!
-No, non toccate il Brew! – gridò agitato Shoren – L’isola è ormai impregnata del suo potere, e solo grazie a lui riesce a vivere rigogliosa come la vedete in un posto tanto ostile! Se lo rimuoveste, l’isola collasserebbe, emanando un flusso così potente di energia che ci travolgerebbe tutti, con conseguenze che non possiamo nemmeno immaginare! –
-Avevo previsto che non sarebbe stato così facile rubare gli artefatti di Eibon. – disse pacatamente Arachne – Non ci resta che stabilire qui il nostro quartier generale e dare subito inizio alla creazione delle armi. Mosquito, non perdiamo tempo. Prima o poi Eibon tornerà, e dobbiamo farci trovare pronti. Mentre Giriko farà scendere a gruppi gli uomini in laboratorio, tu riunisci le streghe in una stanza… e fai quello che devi. Conto su di te. Lasciami indenne solo Chryse, la strega aquila. Con le sue sviluppate capacità di mobilità, aiuterà Ragnarok a raggiungere il luogo della sua prossima missione. –
-Ehi, che significa, sono appena arrivato e mi vuoi far già ripatire? – si lamentò la Spada – A parte che sono distrutto, ma ti serve il mio sangue per creare le armi, non te lo ricordi più? –
Ragnarok non fece in tempo a notare lo sguardo d’intesa tra Arachne e Mosquito, che il mostro aveva già allungato il naso in un gigantesco pungiglione, che conficcò tra le scapole del guerriero, cominciando a succhiarne il sangue. La Spada fece una smorfia di fastidio che riempì d’orgoglio Mosquito, ancora infastidito per il bacio che Arachne gli aveva dato la sera prima sotto il suo sguardo inerme.
-Direi che abbiamo tutto quello che ci occorre adesso! – dichiarò la strega. – Ora puoi andare a fare quanto ti ho ordinato. È il momento di usare le tue capacità di manipolazione per reclutare il nostro prossimo alleato. Una volta da lui, ti farò ricevere ulteriori istruzioni tramite Chryse. –
-Hai organizzato la giornata a tutti, ma tu che farai nel frattempo, eh? –
-Io, - iniziò Arachne, prima che Mosquito e Giriko potessero inveire per il tono usato da Ragnarok verso la loro signora – io resterò qui a studiare gli artefatti di Eibon per scoprire se c’è qualcos’altro che può tornarci utile. Tu – fece rivolgendosi a Shoren – sai dirmi se c’è qualcosa che possa essere usato per intrappolare un’anima? –
-No, che io sappia non c’è. L’unico altro artefatto che agisce sulle anime è il “tirante”, un disco dai lunghi tentacoli che terminano con pinze, che si fissano ai bordi di un’anima e la tirano per stenderla intorno ad un oggetto, con cui si lega. Ma non è ma stato utilizzato, perché Eibon non l’ha mai presentato a Shinigami per ottenere l’autorizzazione a farlo. –
-Mh, sembra interessante lo stesso. Puoi costruirmene una copia? –
Shoren esitò. Non sapeva cosa avesse in mente Arachne, ma l’idea di collaborare con una strega lo terrorizzava. Ma mai quanto quella di mettersi contro di lei.
-Forse sì. Non è un oggetto complesso. Seguendo le istruzioni contenute nel Libro di Eibon potrei essere in grado di riprodurlo entro stasera. –
-Splendido! Allora direi che non c’è altro da aggiungere. Possiamo cominciare! –
Gli uomini nel laboratorio risposero al comando, e uno alla volta iniziarono ad eseguire.
Ragnarok risalì in superficie, e raggiunta Chryse, le spiegò dove sarebbero dovuti andare. Si trasformò in arma per essere più maneggevole per la strega, e insieme uscirono dal castello. L’ultimo sguardo di Ragnarok si rivolse alle porte dell’edificio che si richiudevano dietro Mosquito, che aveva raggruppato nell’ingresso le streghe ignare. Un attimo prima che fossero spariti dalla sua vista, vide le braccia di Mosquito trasformarsi in una miriade di pipistrelli. Non sapeva quanto taglienti e letali fossero le loro ali, ma riuscì a immaginare lo stesso cosa sarebbe accaduto lì dentro. Per un breve istante, provò qualcosa che doveva sembrare compassione. Ma fu un secondo. Poi quella sensazione andò via, insieme all’ultimo residuo dell’umanità, strappata e consumata, della Spada Demoniaca.
 
 
Shinigami aveva avuto sempre un buon rapporto con gli uomini che abitavano il suo castello. Non avrebbe potuto fare altrimenti. Erano uomini intraprendenti, valorosi, ma goliardici al tempo stesso. Coi loro capelli di rame, e la pelle tanto chiara da sembrare vetro, avevano convinto Vritra di trovarsi in Europa, il giorno in cui era arrivato in quella nuova terra. E non aveva tutti i torti, in effetti. L’Europa del nord era stata la loro prima casa, tanto tempo prima.
Ma poi un giorno, spinti da un senso di avventura, si erano imbarcati con le loro famiglie sulle loro singolari navi, con una testa di drago sulla prua e una coda in poppa, e si erano diretti verso ovest. Con il vento a favore a gonfiare le loro vele, erano infine giunti nel territorio dello Shinigami, sfiniti ed esanimi dopo l’incredibile traversata, che nessun uomo aveva tentato mai prima di quel momento, ma ancora fieri di indossare sul capo due enormi e pesanti corna incastonate negli elmi. (1)
Shinigami non potette non provare simpatia per quella gente, dall’animo talmente coriaceo da non intimidirsi neanche al cospetto di una divinità terribile come lui. E aprì loro le porte della sua città, dove da quel momento vissero come suoi soldati e servitori, nonché amici.
Shinigami era tornato con la mente al loro primo incontro, quella notte. Dopo aver cercato, invano, tracce di Vajra o di Asura per le terre circostanti il rifugio delle streghe dell’est, era infine tornato al castello, che aveva trovato miseramente vuoto e triste. Ad accoglierlo non trovò le voci roche dei suoi uomini, che pur avendo ormai da tempo imparato alla perfezione la lingua comune, non avevano mai perduto nell’intonazione la cadenza del loro dialetto duro e gutturale, di cui anche lui, alla lunga, aveva appreso qualche parola.
Gli ambienti del castello erano ordinati come li aveva lasciati, ma diversi. Le lunghe tende delle finestre erano in parte stracciate, i muri logori, i mobili graffiati o sghembi, quando non erano stati del tutto rimossi. Qualcuno aveva cercato di rimettere in ordine quel posto dopo che era stato il teatro di una violenta battaglia. Probabilmente i soldati in città erano riusciti a mettere in fuga i vandali, o ad ucciderli addirittura. Se così era stato, ad attenderlo in fondo alla Sala della Morte e dell’Eternità, avrebbe trovato le anime dei caduti, ammassate per essere prese in consegna da lui.
E in effetti avvertiva una presenza in quella direzione, ma non quella che si sarebbe aspettato.
Avanzò piano verso la fonte del segnale, quasi con cautela. Poi spalancò le porte della sala. Illuminato dai raggi lunari che filtravano dalle finestre, c’era ad attenderlo uno spettacolo che non avrebbe più dimenticato. Incorniciato dai pilastri di una fila di ghigliottine, in piedi, in cima ad una piramide fatta di stoffe arrotolate, Asura troneggiava tetro. Se avesse potuto, Shinigami avrebbe tremato di fronte a lui.
-Tra tutti i posti della terra, non avrei mai immaginato di trovarti qui. – disse glaciale il dio della morte.
-Ancora una volta il tuo castello si è rivelato un ottimo nascondiglio. Mi dispiacerebbe doverlo lasciare, mi sto abituando a questo luogo. –
-Cerchi ancora di nasconderti? Eppure non sembra. Dal numero di bende che coprono il pavimento direi che ti sei liberato di tutte le protezioni in cui avevi avvolto il tuo corpo. -
-E credi che l’abbia fatto perché ho smesso di provare paura? -
La luce era scarsa, e Shinigami non riusciva a mettere bene a fuoco l’immagine di suo figlio. Notando la sua difficoltà, Asura balzò allora giù dalla piramide, e si avvicinò al dio.
-La tua fronte! – esclamò stupito, notando la fessura che si era aperta sulla fronte di Asura. – Ti è spuntato un terzo occhio nel centro! Com’è possibile? –
-A quanto pare è quello che accade quando abbandoni la via del guerriero per seguire quella del demone. Quando abbandoni la ragione per diventare coscienza irrazionale. - Iniziò a spiegarsi, prendendo a girare intorno al dio della morte – Non ho smesso di provare paura, Shinigami, neanche per un attimo. Non posso, grazie a te. Ma ho trovato il modo di non farmi più immobilizzare da lei. Non ho solo diffuso la mia Follia sul mondo, sono diventato io stesso Follia! Istinto irrazionale, cieca incoscienza e indifferenza al dolore, al disgusto. È una sensazione meravigliosa, liberatoria! –
-Ma come hai potuto? Come sei diventato un demone? –
-Non lo immagini? Eppure Indra ti aveva avvertito… -
Spalancò allora la bocca, e lasciò spuntare dalla gola la punta della lama di Vajra.
-Una cosa buona l’hai fatta, Shinigami, devo ammetterlo. Queste armi umane che hai creato sono davvero impressionanti, fedeli fino alla stupidità! –
-Tu… - ringhiò Shinigami con rabbia - hai ingoiato Vajra per poter accumulare anime senza la mia autorizzazione? È stato l’eccesso di potenza a trasformarti in Kishin? –
-Ahahahah! – rise compiaciuto. - Esatto! -
-Quindi stai facendo tutto questo per te? Per diventare l’essere più potente che esista? Non per rovesciare il mio ordine ed imporne uno nuovo al mondo? -
-Il mondo… come se mi fosse mai interessato qualcosa del mondo e di chi lo abita! No, Shinigami, non è per questo che ho sprigionato la mia Follia! Tu mi hai gettato addosso tutte le tue paure, e da quando sono stato creato, non ho potuto sentire che quella! – Iniziò ad alterarsi, facendo assumere alla sua voce un tono isterico. – La paura degli uomini e delle streghe all’idea di essere governati dal dio della morte, e di sottostare alle sue regole categoriche, o vivi, o muori, o vivi, o muori! C’era da impazzire, Shinigami, te lo posso assicurare! –
-Tutto questo sarebbe cessato se mi avessi dato il tempo di governare come avevamo deciso e di insegnare le nostre regole! – tuonò il dio. – Gli uomini avrebbero imparato a conoscerle e a condividerle, e tutto questo non sarebbe mai iniziato! –
Spiccò un salto, e si avventò allora su Asura, ma questi aprì di nuovo la bocca e dalla lama di Vajra scagliò un lampo di luce rossa che sbalzò Shinigami a terra. Il Kishin approfittò del momento per volare alle sue spalle, e immobilizzarlo bloccandone un braccio nell’incavo del suo gomito, e stringendogli la testa con l’altra mano.
-Attento Asura! – minacciò allora il dio della morte – Puoi anche possedere un’arma e sentirti forte nella tua Follia, ma io prendo in consegna anime da molto prima di te! Se liberassi la loro potenza, potrei annientarti in un secondo, sprigionando la mia di Follia! –
-Pensi che creda alle tue minacce? – urlò lasciando la presa e spingendo con violenza il corpo del dio mentre si allontanava da lui. – Non dimenticare che io ero te, una volta! E  so che ti sei separato dalla tua paura solo per evitare di cedere alla tentazione di liberare la tua Follia dell’ordine, e ridurre gli uomini a marionette senza emozioni che avrebbero smesso di farsi la guerra! Così loro vivono liberi, e io sono condannato al posto loro! –
-Smettila di fare la vittima! – gridò esasperato  Shinigami- Non ti ho creato per questo! Poteva andare diversamente, sei tu che hai deciso di vivere così! –
Si alzò allora si scatto cercando di nuovo di immobilizzare Asura, ma il Kishin volò verso una finestra e si accovacciò sul davanzale. Shinigami si preparò ad inseguirlo, ma il figlio, invece di scappare, si protese puntando lo sguardo vicinissimo a quello del padre.
-Non sono io il tuo problema adesso, Shinigami – gli sussurrò. – Ho ingoiato le anime forti dei tuoi uomini, e di tanti altri, meno buone, ma non sono stato io a ucciderli, le ho già trovate qui. E Indra… immagino che abbia tenuto fede alla sua parola, e ti abbia abbandonato, dico bene? Se quello che ti preoccupa è che qualcuno voglia prendere il tuo posto di regnante, di certo quello non sono io. Io me ne resterò in disparte ad aspettare che voi guerrieri vi distruggiate da soli… e solo quando sarà arrivato il momento, mi rivedrai! –
Shinigami avrebbe voluto ribattere, ma in quel momento realizzò di non aver percepito nemmeno l’anima di Vritra quando era entrato al castello. Il dubbio che Asura gli avesse detto il vero lo bloccò. Vritra era fuggito, dunque? Se Asura avesse ingoiato anche lui glielo avrebbe detto, non avrebbe rinunciato a infliggergli quell’ulteriore dolore. Ma allora cosa era successo in sua assenza? Possibile che Vritra fosse stato sommerso a tal punto dalla Follia da essere ormai perduto?
Preso da quei pensieri, Shinigami lasciò scappare Asura, consapevole che da solo non avrebbe potuto fermarlo senza ricorrere all’estrema soluzione.
Prima che potesse lasciare la sala, e dirigersi mesto nella sua stanza, lo specchio da terra al centro dell’ambiente si illuminò.
-Shinigami! – lo chiamò la voce concitata di Eibon – abbiamo un nuovo problema! -
 
Come il dio della morte, anche il guerriero della conoscenza aveva fatto ritorno al suo castello, quella notte.
E anche lui aveva trovato una sorpresa inaspettata ad attenderlo. Fece per aprire il portone, pronto ad affrontare i possessori delle anime malvagie che avvertiva, ma fu preceduto da Mosquito che apparve dall’interno, e andò, pacato, incontro al guerriero.
-Arachnophobia – iniziò il mostro sfrontatamente – vi offre il suo aiuto! –
-Aiuto per cosa? – chiese irato Eibon – Per ora vedo solo il mio castello assediato! E cos’è Arachnophobia? –
-Assediato? Che brutta parola! La strega Arachne e la sua organizzazione hanno momentaneamente preso possesso del suo castello per stringere un’alleanza con i grandi guerrieri. -
-Non credo proprio! –
Eibon raccolse le sue energie, si lanciò su Mosquito dandogli una violenta spallata. Il mostro cadde a terra, ma non accusò il colpo più di tanto. Il suo corpo era durissimo.  Se uno da solo riusciva a fronteggiare un guerriero, chissà cosa avrebbero potuto i membri dell’organizzazione tutti insieme.
-Cosa volete? – chiese allora Eibon.
-Lady Arachne è disposta ad aiutarvi a catturare il demone Asura. In cambio, desidera restare legittimamente qui, sull’Isola Perduta. –
Cosa volesse la strega dal suo laboratorio, era fin troppo chiaro ad Eibon. Ma c’era qualcosa che lo turbava.
-Come avete scoperto il mio castello? Nessuno ne conosceva l’esistenza, all’infuori dei suoi abitanti! –
-Questo ve lo dirà Lady Arachne stessa, se Shinigami e il resto del Consiglio le concederà udienza! –
-E se dovessi rifiutare? –
-In cima al castello c’è già un uomo di guardia al Brew. Al mio segnale, rimuoverà l’artefatto, e distruggerà l’isola con tutti i suoi artefatti. Resta a voi scegliere. O affrontarmi adesso, o attendere una notte e aspettare di conoscere le condizioni di Arachne. Allora, cosa scegliete? -
                                                                                                                   
 
-Mazza ferrata? –
-Troppo debole. –
-Machete? –
-Troppo piccolo. –
Da quando si era separato dal resto dei guerrieri, Indra aveva fatto ritorno al suo castello, una ricchissima fortezza sul mar Egeo, al centro del mondo, ben visibile e conosciuta dagli uomini, che non mancavano di passare di lì a mostrare il loro timore reverenziale per la divinità, e a chiedere aiuto, talvolta.
Lì, il dio della guerra si stava preparando mentalmente allo scontro finale con Asura, intento a scegliere l’arma migliore da opporre a Vajra. Dal pomeriggio inoltrato fino alla sera, il servitore preposto all’arsenale gli aveva sottoposto tutte le armi in loro possesso, ma nessuna sembrava andare bene al guerriero.
Gli aveva mostrato frecce, spade, sciabole, sais, lance, asce, bastoni di ogni tipo e dimensione, al punto che aveva cominciato a desiderare che, se fossero state vere le storie su una polvere nera posseduta da Gengis Khan in grado di emettere piccole e contenute esplosioni  se incendiata, Indra ne avesse ingoiato un bel po’ e si fosse fatto saltare in aria dal trono.
-Falce a mezzaluna? – tentò ancora.
-Troppo ingombrante. Ah, è tutto inutile! – sbraitò esasperato, lanciando a terra il calice di vino che impugnava. – Non esiste niente qui che possa competere con lo scettro d’oro! Mi conviene sperare che quel pazzo di Asura abbia trovato davvero il modo di fare fuori Vajra! Contro di lui le armi comuni non servono! Mi serve qualcosa di più forte, tipo…
-Tipo me? –
Seduto sul davanzale di una finestra alla sinistra del dio, era comparso il giovane Ragnarok. Il servitore di Indra si mise in posizione di guardia, ma il dio della guerra lo bloccò, facendogli segno di lasciarli soli.
-Ti sei ripreso, vedo. Come sei arrivato quassù? –
-Mi sono fatto aiutare. – disse balzando giù e facendo entrare nella sala anche Chryse.
-E lei chi è? – chiese interessato Indra, notando la strega dai vertiginosi tacchi a spillo, vestita di una tuta da sera d’argento che metteva in risalto un fondoschiena armonioso, con maniche larghe e una profonda scollatura che arrivava sin quasi al ventre. All’orecchio sinistro pendeva un acchiappasogni, che faceva capolino tra i capelli bianchi con irregolari punte marroni.
-La mia fidanzata! – tagliò corto Ragnarok, ben conoscendo Indra, e cercando di focalizzare la sua attenzione su questioni più importanti. – Ma non parliamo di questo. Sono venuto a informarti di una cosa. –
-Che altro c’è? Sono venute fuori altre profezie che dicono che Asura berrà dal mio cranio stanotte? Se mi volevi avvertire della fine del regno dei guerrieri, arrivi tardi. –
Sul volto di Ragnarok comparve un largo sorriso. Sarebbe stato più facile dei previsto, pensò.
-È questo che ti ha detto Shinigami? Che furbo! Sì, Indra, una profezia di morte c’è in effetti, ma non riguarda tutti i guerrieri. Solo Shinigami è destinato a morire per mano di suo figlio, noi altri cadremo con lui solo se cercheremo di evitarlo! –
Lo sguardo di Indra si infiammò di speranza.
-Che cosa ne sai tu? –
-Beh, nel periodo in cui ho vissuto nel suo castello, Shinigami si è affezionato molto a me, più che a chiunque altro! E mi ha confessato il vero motivo per cui si è strappato il volto e per cui mi ha trasformato in quello che sono! Bello schifo, vero? Io ho smesso di essere un uomo solo per salvargli la pelle, e finchè la Follia di Asura non mi ha colpito, la cosa mi andava anche bene! Ma ora finalmente rivedo le cose chiaramente, e non intendo farmi fare a pezzi da un pazzo per proteggere il dio della morte, scherziamo? Per questo sono venuto da te! –
Indra rifletté sulla ricostruzione della Spada, e convinto che non potesse esserci altra spiegazione per tutto quanto era successo fino a quel momento, rise soddisfatto.
-E cosa vuoi da me? – gli chiese allora beffardo. – Se è una questione tra padre e figlio, che se la sbrighino da soli, io non c’entro niente! –
-C’entri invece! Se Asura ucciderà Shinigami, diventerà il nuovo capo dei guerrieri, e saremmo passati dalla padella alla brace! Ma se invece tu uccidi Asura… indovina chi diventerà il nuovo sovrano? –
-No, dopo Shinigami, è Vàrua il più antico dei guerrieri. Eibon ed Exacalibur sceglieranno certamente lui, non me! –
-Oh, già, non ti avevo detto tutto il piano, colpa mia! Anche gli altri guerrieri devono sparire! –
-Cosa? – chiese accigliato. – E perché? –
-Eibon e Vàrua sono ancora al fianco di Shinigami, e insieme potrebbero persino convincere Excalibur ad aiutarli. In quattro potrebbero abbattere Asura, e Shinigami vivrebbe. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe Asura ad assorbire loro quattro, e a quel punto noi due non avremmo forza sufficiente per fermarlo! –
Indra rimase in silenzio. L’idea di eliminare Eibon non lo disturbava più di tanto, odiava la saccenteria del guerriero e il peso che le sue parole riuscivano sempre ad avere su Shinigami. Ma Vàrua… sebbene neanche lui lo appoggiasse, il guerriero della comprensione non aveva mai fatto del male a nessuno, era benvoluto da tutti, persino dal petulante Excalibur, che lo riteneva l’unico degno di impugnarlo. Ma in effetti, senza Vàrua, forse la Spada Divina non avrebbe avuto motivo di lasciare la sua grotta in Bretagna, e sarebbe rimasto lì silente, senza ostacolare la sua ascesa.
-Come pensi di agire? – gli chiese infine.
-Non lo so ancora. Ma loro – disse mettendosi dietro Chryse e poggiando le mani sulle sue spalle – si sono offerte di aiutarci a escogitare un piano. Come ringraziamento per averle liberate dalle prigioni di Shinigami. –
Con stupore di Ragnarok, Indra non si scompose all’idea di avere le streghe come alleate. Chissà cos’altro nascondeva quella serpe, pensò.
-E va bene, Vritra – gli disse infine. – Sono con te.
Allungò la mano per stringere quella dell’arma, che al contatto si trasformò per allineare la sua anima con quella del suo nuovo maestro. Indra si meravigliò nel notare che sulla lama della Spada erano comparse due grosse labbra rosse, ma non ebbe il tempo di chiedere chiarimenti, che il veleno di Arachne contaminò la sua anima attraverso quella di Ragnarok. Preso alla sprovvista, Indra si sentì vacillare, e cadde su un ginocchio, puntando dall’altro lato la lama della spada per terra per appoggiarvisi e non crollare del tutto.
-Gli uomini – ebbe appena la forza di pensare, mentre sentiva il respiro farsi pesante – forse ho fatto male a sottovalutarli. –
 
 
Note:
  1. In questa storia ho deciso di riprendere la teoria secondo la quale i Vichinghi furono i primi a scoprire l’America! Questo, per “spiegare” l’intreccio della storia con la figura della mitologia nordica di Ragnarok! Ai fini della storia è una specificazione del tutto inutile, ma per chi è stato tanto coraggioso da leggere sin qui, è giusto che conosciate fino in fondo le ragioni delle mie scelte!!

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Capitolo 10
*** Lo scudo dell'anima ***


Il giorno che i tre guerrieri alleati diedero luogo alle ricerche di Vajra nel territorio circostante il rifugio delle streghe dell’est, Vàrua ne approfittò per vedere e salutare le distese selvagge dell’Africa che gli avevano fatto da dimora in tutti quegli anni.
Un’ultima volta.
La sua ora era ormai vicina, e lui se n’era fatta una ragione, al punto che non si stupì più di tanto quando l’immagine di Shinigami, riflessa nelle acque cristalline di un fiume, gli comunicò di aver appreso che all’origine di tutti i loro guai c’era la strega Arachne, e che la sua organizzazione aveva preso il castello di Eibon, costringendoli a trattare con lei.
Arachne. La sua più intima nemica.
Coi suoi ricci splendenti come il sole, e gli occhi trasparenti come l’acqua, Vàrua, il guerriero nato la prima volta che due esseri avevano dato alla luce una nuova creatura in maniera non istintiva, incarnava l’essenza stessa della vita.
In eterna competizione col guerriero, la strega aveva tentato più volte di diventare la sua regina, per non vivere all’ombra della sua ingombrante grandezza. Ma lui l’aveva sempre respinta. E adesso, ne era certo, ciò che Arachne desiderava più di tutto era la sua testa su un piatto d’argento. Chissà se il guerriero avrebbe trovato la sua fine proprio per mano della strega, o se invece sarebbe stato semplicemente ingoiato da Asura.
Ingoiato come Vajra, stando a quanto gli aveva detto Shinigami. Una fine decisamente macabra. Chissà quale sarebbe toccata in sorte a lui.
Quella notte fu preso da un moto di malinconia. I grandi guerrieri erano sempre stati delle creature un po’ così. Credendosi invincibili non avevano mai creato solidi rapporti con nessuno, ma ognuno aveva sempre badato quasi unicamente a se stesso.
Shinigami ed Eibon si erano persino isolati in terre lontane, chi per una ragione e chi per un’altra. O forse perché, in fondo, tra loro era sempre esistita un’intesa maggiore.
E adesso, invece, che era chiaro più che mai quanto avessero realmente bisogno l’uno degli altri, si avviavano a scomparire.
-Ma d’altronde, anche tu, – disse rassegnato il mattino dopo, rivolgendosi al sole che sorgeva – sei destinato a implodere prima o poi, amico mio! –
 
Messo alle strette dalle minacce di Mosquito, Eibon aveva accettato di dare udienza, il mattino dopo, ad Arachne, nelle sale del castello di Shinigami.
Dopo aver trascorso un’ultima notte nella sua Isola, quasi come un prigioniero, un ospite, piuttosto che un padrone, il guerriero della conoscenza si apprestava ora a partire per il sud con la strega.
Quel giorno Arachne aveva indossato un abito accollato, con maniche lunghe decorate da reti trasparenti. Se possibile, era ancora più bella del solito, pensava Mosquito, mentre si accomiatava da lei.
-Sicura che non vuole che venga con lei? – si accertò lui, prima che partisse.
-No, Mosquito, non ce n’è bisogno. – gli disse, posando dolcemente un dito sulle sue labbra - Vado in pace da Shinigami, non corro pericoli. E tu, hai altro di cui occuparti. Fate buon uso del tempo che riuscirò a procurarvi, e portatemi quello che dovete. Mi raccomando, il successo della vostra operazione è ormai di vitale importanza. –
Mosquito annuì, e nel salutare Arachne portò istintivamente una mano intorno al fianco di lei. Avrebbe voluto stringerla a sé, ma la strega si voltò subitaneamente, divincolandosi dalla sua presa prima che potesse osare tanto, per avviarsi nel giorno insieme al guerriero.
-Eppure tutti la amano… ma per natura, lei non riesce a riamare nessuno. – pensò Mosquito mestamente, mentre la vedeva scomparire, avviluppata dai raggi del sole. – Chissà se si sente mai incompleta, a vivere in questo modo. –
 
-Ah, finalmente! – esclamò felice Ragnarok, vedendo la tavola di Indra imbandita per la colazione. – Ora sì che si ragiona! Non si può vivere in un posto dove il piatto principale è il pollo alla Deathiota! (1) Anche se lo accompagni con quei deliziosi tuberi dorati che crescono laggiù, è sempre così secco, smorto! Niente a che vedere con la nostra cucina speziata e le nostre salse forti! Non lo pensi anche tu, Indra? –
-Scusa se non condivido la tua allegria di prima mattina – fece il dio della guerra – ma sai, ho altri pensieri per la testa, stamattina. Ma dov’è la tua amica? –
-Chi? Chryse? Oh, beh, le streghe sono persone particolari, sai! Ieri sera, dopo che ci hai lasciati soli, l’ho vista ancheggiare pericolosamente, e ho pensato che avesse preso sul serio quella storia della “fidanzata”! Poi invece, puff!, è comparso dal nulla un portale che l’ha portata chissà dove. (2) Andandosene mi ha detto che sarebbe tornata poi a dare sue notizie! –
-Spero che faccia presto o inizierò a spazientirmi. –
-Tranquillo! – fece ingurgitando un boccone sostanzioso di cibo – Ma ehi, - continuò notando che i servitori di Indra avevano apparecchiato per quattro – aspettiamo qualcun altro stamattina? –
-Nel mio castello ho un altro “ospite” di riguardo – rispose il guerriero – Qualcuno che tempo fa è venuto a chiedere la mia protezione, e che si nasconde da me ormai. Non l’hai visto ieri sera perché la notte preferisce gironzolare per la città. -
L’attenzione di Ragnarok si era arrestata al primo punto della frase. Chi altro vivesse in quel castello non gli interessava, sperava solo che quella mattina non si sarebbe fatto vedere, così avrebbe mangiato anche la sua parte.
Ma rimase deluso. Mentre cercava di approfittare di un momento di distrazione di Indra per rubargli un pezzo di manaqish (3) dal piatto, entrò nella sala un ragazzo ben piazzato, con l’occhio sinistro martoriato, e una strana scritta sulla palpebra.
-E tu chi sei? – gli domandò curioso come un gatto la Spada Demoniaca, con la bocca ancora piena.
-Ehi, non dovrei essere io a chiederlo? – fece lui, sinceramente confuso. – Beh, ad ogni modo, mi chiamo Heinrich. E sono un lupo mannaro. –
-Lupo mannaro? – chiese meravigliato – Sei mica “Occhio del diavolo” tu? Quello che ha strappato l’occhio alla vecchia strega? –
-Ah, detesto quel nome! – si lamentò il lupo, sedendosi bruscamente a tavola. - Fa di me una persona cattiva, quando la vittima di tutta quella storia sono proprio io! –
-Beh, ma fa la sua figura, ammettilo! Cos’è Heinrich? Mi viene il sangue blu solo a pronunciarlo! No, troppo sofisticato. E poi ormai tutti ti conoscono con quel nome! Chi vuoi che si spaventerebbe se dicessi “attenti, sta arrivando Heinrich!”? –
-Beh, non proprio tutti. In passato c’è stato anche chi mi ha chiamato “Free”. E mi piacerebbe pure come nome, in un certo senso mi rappresenta. Se non fosse che mi ricorda dei maledetti mostri che mi hanno fregato tanto tempo fa, e che mi hanno portato a vivere qui… -
-E che ti importa! Così ti ricordi meglio quelli di cui ti devi vendicare! Anche il mio nome di battaglia, Ragnarok, me l’hanno affibbiato, e non nel più simpatico dei modi! Ma se è quello che sono… -
-Vale a dire? –
-Beh – temporeggiò, guardando sott’occhio Indra – che vuoi che significhi! “Rag” sta per “bello”, e “narok” per “tenebroso”! Bello e tenebroso, ecco! –
Il lupo iniziò a ridere, e dentro di sé, piano piano, si convinse a farsi piacere quel nome, datogli tanto tempo prima dalle Graie, la notte in cui gli fu chiaro che non avrebbe potuto vivere nascosto nella foresta di Sherwood per sempre, ma prima o poi avrebbe dovuto trovare un posto in cui vivere alla luce del sole, e sì, veramente libero. Così era andato in oriente, cercando la protezione del dio della guerra, che mai avrebbe disdegnato di dare il suo appoggio ad una creatura potente e desiderosa di vendetta come lui.
-E così, Indra – continuò Ragnarok – è per questo che fai così lo spocchioso, eh? “Uomini, streghe, mostri, anche messi insieme non possono nulla contro di noi!”. Dicesti così una volta, mi pare! Non temi nessuno perché al momento giusto non disdegni neanche la più squallida delle alleanze per vincere una guerra, eh? Ci ho preso? –
-Ehi – fece offeso Free – ma quale alleanza squallida! Guarda che io sono immortale! –
-Ah, l’immortalità… va parecchio di moda ultimamente, non ti montare la testa! –
Indra non ebbe modo di dimostrare la sua superiorità lasciando cadere, senza replicare, la provocazione di Ragnarok, o uscendosene al limite con una frase ad effetto come “Almeno io so come vincere una guerra”, che i tre furono interrotti da Chryse, tornata al castello attraverso il portale per il mondo delle streghe che aveva aperto la sera prima.
-Ho parlato del vostro piano con un’amica – disse vaga, senza fare riferimenti, per il momento, ad Arachne. – Abbiamo pensato che il modo migliore per abbattere un guerriero come Vàrua, sia quello di affrontarlo nel nostro mondo parallelo. La magia aritmetica delle streghe può creare un campo di interferenze in grado di confondere le sue abilità di percezione delle anime. Così avrete maggiori possibilità di coglierlo di sorpresa. –
-L’idea è buona, ma potrebbe non essere abbastanza. – commentò Indra – Il potere di Vàrua è grande, e non so se esista ancora una tecnica in grado di combatterlo efficacemente. Tu che cosa puoi fare? Qual è la tua specialità? –
-Io, - disse Chryse, carezzando fiera la piuma che pendeva dal suo acchiappasogni all’orecchio sinistro – io incarno la perversione chimerica. Posso creare un vortice di illusioni in cui risucchiare e confondere le persone. –
-Bene, fallo. – suggerì il dio della guerra – Dobbiamo ricorrere ad ogni stratagemma possibile. –
-C’è un solo problema – continuò Chryse. – La vecchia strega, Mabaa. Ci serve qualcuno che la tenga occupata il tempo necessario allo scontro, o potrebbe intervenire e interferire con i nostri piani. Lei ed alcune altre streghe non approvano il modo di agire di noialtre. –
-La vecchia strega hai detto? – sussultò Free – Ah, anche lei è nella lista delle persone di cui devo vendicarmi! –
-Beh, allora te ne occupi tu, no? – lo incalzò immediatamente Ragnarok.
Il lupo restò un attimo pensieroso e interdetto.
-Andiamo, dai – continuò la Spada Demoniaca, usando ancora una volta le sue abilità di manipolazione – lo so che non vedi l’ora! E poi quando ti ricapita di combattere al fianco di due guerrieri come noi? Anzi, no! Di due immortali come te! Faremmo un bel gruppo insieme.“ Il clan degli Immortali”, che ne dici? Ah, con un nome così la gente avrà paura di noi per secoli a venire! –
-Il “clan degli imbecilli” – pensò Indra, guardando lo sguardo illuminato di Free, e giurando che se in quell’istante avesse avuto le sembianze di lupo, l’avrebbe visto scodinzolare.
-Giovane, forte, bello, e anche accondiscendente! – ammiccò Ragnarok verso Indra, riferendosi al lupo – Chissà come mai hai accettato di accoglierlo sotto il tuo tetto! –
E in barba ai sogni di superiorità, il dio della guerra diede un sonoro pugno in un occhio alla Spada Demoniaca.
 
Era giorno fatto quando Vàrua arrivò al castello di Shinigami. Il cuore gli si strinse quando, entrando nella Sala del Consiglio, trovò solo due delle cinque sedie occupate dai guerrieri, e la terza insidiata da Arachne. Il declino imminente aveva davvero un aspetto miserabile.
Sedere al tavolo con la strega lo ripugnava al punto che con un cenno della mano, chiese a Shinigami ed Eibon di potersi consultare prima solo con loro. Come una volta. Per l’ultima volta.
I tre guerrieri si trasferirono allora nella Sala della Morte e dell’Eternità, lasciando la strega in attesa di una risposta su una possibile collaborazione nella guerra contro il Kishin. La donna li lasciò fare. Stranamente, il suo corpo non ribolliva di fretta e urgenza come quello degli uomini.
-Perché stiamo trattando con lei oggi? – chiese nervosamente Vàrua, una volta che furono rimasti soli.
-Arachnophobia ha preso il mio laboratorio – rispose Eibon – e minaccia di distruggerlo se non acconsentiamo ad ascoltare la proposta di Arachne. –
-Tanto meglio. Che bruci il tuo laboratorio, e le diavolerie che ci sono dentro, una buona volta. –
-Vàrua, – fece sgomento Eibon – che ti prende? Il mio laboratorio è la mia vita, non posso rinunciare ai miei artefatti così facilmente! –
-Ma nel frattempo li stiamo regalando ai nostri nemici! Che succederà se cominceranno ad usarli, non solo quelli autorizzati da Shinigami, ma anche tutti quelli che neanche il dio della morte ha mai avuto il coraggio di vedere all’opera? –
-Questo non possiamo saperlo. – fece il guerriero della conoscenza. – I miei artefatti sono pensati per migliorare la vita, non per distruggerla. Ma questo dipende dal modo e dalla persona che li usa. –
-Non è solo per gli artefatti che non abbiamo ancora eliminato Arachne. – li interruppe Shingami. – Per essere arrivati al laboratorio di Eibon devono essere stati guidati da qualcuno che ne conosceva la posizione. E da quando siamo partiti per l’est ho perso ogni traccia di Vritra. Eibon non ne ha percepito l’anima nemmeno sull’Isola Perduta, e… non abbiamo idea di dove possa essere. – aggiunse mesto.
Lo sguardo di Vàrua si addolcì.
-È per questo allora? Credi che Vritra possa essere prigioniero di Arachnophobia? –
-Diciamo che per come si sono messe le cose, è la migliore delle ipotesi che mi vengono in mente, e spero sia quella giusta. –
-Va bene, allora – acconsentì il guerriero della comprensione – ascoltiamo cosa ha da dirci Arachne. Ma sono comunque preoccupato di quello che potrebbe combinare in quel dannato laboratorio. –
-Io no, invece. – fece Eibon – Sì, certo, se Arachne ha preso Vritra, molto probabilmente ha in mente di riprendere i nostri esperimenti sullo studio delle armi umane. E dal momento che ieri sera non ho percepito l’anima di altre streghe sull’Isola, a parte la sua, è probabile che abbia già iniziato. Tuttavia, le anime degli uomini al suo comando sono rimaste, come dire… ordinarie. Non hanno assunto la potenza dell’anima di un guerriero, com’è accaduto a Vritra e a Vajra. Qualcosa deve essere andato storto. Il che significa che abbiamo ancora tempo per battere Arachnophobia. Ad ogni modo, se la cosa può farvi stare più tranquilli… -
Eibon tracciò nell’aria, con le mani, degli ideogrammi, a formare la parola “conoscenza”. Tra gli arti comparve una luce verde, nella quale cominciarono a confluire i contorni di numeri, parole e disegni, che come una cascata iniziarono a scorrere dalla mente del guerriero. Quando la luce si dissolse, tra le mani di Eibon si materializzò un tomo.
-In Libri come questo – iniziò il guerriero – posso trasfondere tutta la mia conoscenza. L’ho già fatto in passato per non dimenticare nessuna delle mie idee. Leggendolo potrete sapere quanti e quali artefatti sono presenti nel mio laboratorio, e l’uso che possono avere. Così vi renderete conto voi stessi che non ho mai creato nulla che potesse fare intenzionalmente del male. –
 
Afferrato il Libro, Shinigami e gli altri due tornarono nella Sala da Arachne.
-Allora – fece il dio della morte – cosa vuoi da noi? –
-La nascita di un Kishin è un evento che disturba tanto voi quanto me. – iniziò la strega. – Anche se i nostri rapporti non sono mai stati dei migliori – continuò ammiccando a Vàrua – credo che per il momento sia saggio sotterrare l’ascia di guerra, ed allearci contro Asura. Arachnophobia ha molti uomini, e genti di altre razze, al suo seguito. Inoltre, coi miei ragni posso seguire ogni spostamento di Asura, così che non sarete costretti a cercarlo in giro per il mondo ad ogni suo spostamento. So che prima dell’arrivo di Shinigami si era nascosto nel suo castello, e so esattamente dove si nasconde ora. –
-Arachne – la incalzò Shinigami – ti rendi conto che questa è una pace solo temporanea, vero? Non appena avremo fermato Asura non avremo più motivo di lasciarti impunita per aver assaltato il castello di Eibon. Vi cacceremo immediatamente da lì. –
-Dopo che avremo fermato Asura saremo di nuovo nemici, quindi per quanto mi riguarda posso solo dirvi che… questo si vedrà! Non rinuncerò al mio quartier generale tanto facilmente. –
-Un’ultima cosa – continuò Shinigami – dov’è Vritra? So che lo tieni prigioniero da qualche parte, voglio sapere dove! –
-Vritra prigioniero? – Arachne rise – E come avrei potuto? No, Shinigami, la tua cara arma è venuta da me spontaneamente, e io gli sto semplicemente offrendo un nascondiglio sicuro! Ma, siccome siamo alleati per il momento, voglio proporti un altro patto. Vritra è nel mondo parallelo delle streghe adesso. Se lo rivuoi, uno solo di voi, a mia scelta, può seguirmi laggiù, e cercare di convincerlo a tornare da voi. A vostro rischio e pericolo, ovviamente. –
-E chi porteresti? – continuò il dio della morte.
-Rischio molto a far entrare nel nostro territorio un nemico delle streghe, quindi il massimo che posso fare è consentire l’accesso al meno odiato di tutti voi.  –
Buffo. Proprio la sera prima Vàrua si era domandato quale sarebbe stata la sua fine, se sarebbe morto per mano di Asura o di Arachne. La risposta non aveva tardato ad arrivare.
-Va bene, accetto. – rispose il guerriero della comprensione delle anime. – Vado a riprendere Vritra. –
-Che dici, Vàrua? – chiese concitato Shinigami – Questo accordo è sicuramente una trappola! Già due dei miei guerrieri sono stati ingoiati dalla Follia di Asura, non posso lasciare che anche tu metta a repentaglio la tua vita in questo modo! Finirà male, e lo sai anche tu! –
-Basta Shinigami, calmati! – fece affettuoso Vàrua, prendendo il volto del dio tra le mani. – Basta pensare al futuro! Hai rinunciato alle tue paure proprio per pensare con più lucidità e non farti sopraffare da loro, dico bene? E allora non pensare a quello che può accadermi, pensa solo a cosa è importante in questo momento! Ora, dobbiamo portare indietro Vritra. So quanto sia intenso il legame tra un maestro d’armi e la sua arma, l’ho provato con Excalibur, e guarda fino a dove è stato in grado di spingere il povero Vajra! Se Arachne ha creato nuove armi umane, è questo che dovranno sapere, che due compagni di battaglia non possono rinunciare l’uno all’altro per nessuna ragione, non importa quali siano le circostanze e quanto difficile possa essere! Shinigami, hai sempre avuto delle persone intorno a te disposte ad aiutarti, e sempre ne avrai, fino alla fine dei tuoi giorni. Sii felice di questo e vivi con maggiore spensieratezza, perché fino a quando ci sarà qualcuno al tuo fianco a combattere con te, ci sarà sempre una soluzione a qualsiasi problema! Sei sempre il dio della morte, non esiste ancora nemico più forte di te! –
-Allora, vogliamo andare? – li incalzò Arachne che, approfittando della distrazione dei guerrieri, aveva aperto un portale per il regno delle streghe.
Vàrua annuì, e tolte le mani dal viso di Shinigami, lanciò un’ultima occhiata ai suoi compagni, per poi sparire con la strega, oltre il portale.
 
Al di là del passaggio per la dimensione parallela, Vàrua trovò una foresta ad accoglierlo. Intorno a lui rimbombava il verso di animali che non conosceva, e la vegetazione che lo circondava gli era del tutto estranea. C’era qualcosa di diverso, di sinistro, nell’atmosfera di quel luogo.
Si concentrò, e chiudendo gli occhi provò a percepire l’anima di Vritra. Avvertì un segnale a lui familiare, ma non seppe distinguerlo. Poi un altro segnale, distorto, di un’anima rabbiosa, che gli trafisse il cervello.
-Non riesco a trovarlo! – esclamò innervosito. – Dov’è? Dove l’hai nascosto? –
Si rivolgeva ad Arachne, ma la strega non era più al suo fianco. Si voltò, e la vide di spalle che osservava il rapido scorrere di un torrente ai suoi piedi. Vàrua la chiamò, ma la strega sembrava sorda alla sua voce, come imbambolata. Il guerriero allora le si fece vicino, e posatale una mano su una spalla, riuscì a farla girare verso di lui. Ma non riconobbe il volto che vide. Era sempre Arachne, ma diversa. I suoi occhi non erano più fiammeggianti di sfida e provocazione. Ora erano dolci, supplichevoli.
-Quante volte – mugolò la strega, con la voce spezzata – quante volte sono venuta da te, a cercare un’alleanza, Vàrua? Quante volte ho provato a convincerti che io e te siamo complementari, destinati a vivere insieme, come una cosa sola? –
-Cosa dici, Arachne? – le rispose, respingendola prontamente. – Non mi hai mai parlato in questo modo! Tutto quello che ho visto da te , in passato, è stato un patetico tentativo di soggiogarmi per diventare l’unica Madre della vita che gli uomini conoscessero. Hai scelto tu di essermi nemica! –
-Ma ho visto il disprezzo con cui mi guardavi! Il disgusto che provi ancora per me, per noi streghe! Perché noi siamo frammenti di quella Luna che mano mano si assottiglia, e gelosa impallidisce di fronte alla maestosità del Sole che vi ha fatto da dimora un tempo, prima dell’inizio di questa vita che alimenta. Quella Luna che ghigna crudele quando riceve il sacrificio del sangue che le offriamo, felice di distruggere quanto il suo nemico ha creato. Quel sacrificio che tanto ha bramato da aver dato corpo, tramite noi, alla parte più turpe degli uomini.
Ma anche la Luna e il Sole occupano lo stesso cielo. Se solo imparaste ad accettarci senza temerci, noi… potremmo convivere… -
-Tutto questo non ha senso! – sbraitò Vàrua. – Queste cose le so già, sei tu che non hai mai voluto crederci! La tua natura ti impedisce di comprendere le anime di quanti ti sono attorno, ciò che ti interessa è solo prevaricarli, domarli! Non ti ho mai sentito parlare di accettarsi a vicenda! –
-Lo so – fece una seconda figura di Arachne, comparsa d’improvviso alle spalle di Vàrua, con un sorriso malizioso stampato sul viso – ma forse mi sono stancata di vivere così. Forse sono stanca di non provare niente, di sentirmi incompleta! Incompleta senza di te! –
-Maledetta! – urlò contro quella seconda visione, spingendola e facendola cadere a terra - Mi stai facendo perdere tempo intrappolandomi in un’illusione! –
-Questa non è una semplice illusione, Vàrua. È un’utopia. Queste sono delle versioni della vera Arachne che desideri siano vere! Ma ormai – iniziò a ridere lugubre – temo sia troppo tardi! –
Vàrua iniziò ad indietreggiare spaurito, fino ad urtare con la schiena contro un robusto ostacolo.
-Ciao, Vàrua! – gli fece da dietro la voce beffarda di Indra.
E l’illusione di Chryse si dissolse.
 
La vecchia Mabaa era stata informata che degli intrusi avevano messo piede nel suo mondo. Avvolta nel mantello rappezzato, le sue compagne poterono appena vedere l’occhio sano sgranarsi in un’espressione di terrore, mentre si affrettava nella direzione indicatale.
Poi una pioggia di stalattiti fermò la sua corsa.
-Wolf, wolves! Wolf, wolves! – sentì recitare al suo avversario.
 
Avvertita la voce del dio della guerra, Vàrua fu abbastanza rapido da voltarsi e schivare il fendente della Spada Demoniaca, pronto ad abbattersi su di lui.
-Indra? No, anche tu… -
-Ti proporrei un ultimatum, Vàrua, se non sapessi già cosa sceglieresti se ti chiedessi di allearti con me, abbandonando Shinigami… -
-Già, perderemmo solo tempo! –
-Siamo d’accordo allora! –
Indra iniziò ad agitare la Spada contro il guerriero nemico. Ma i suoi colpi erano imprecisi, incerti, segno di una scarsa sincronia del maestro con la sua arma. L’altro riuscì così a schivarli facilmente.
Approfittando della fatica che il dio della guerra compiva per sollevare ogni volta la Spada davanti a sé, Vàrua individuò uno spazio di manovra per affondare un montante contro il mento del guerriero. Con un rapido movimento, compì mezzo giro su se stesso per assestargli una gomitata nello stomaco, cui fece seguire un colpo inferto col palmo dell’altra mano, piantato dritto sullo sterno, che riuscì a far indietreggiare di un po’ il nemico.
-Che vuoi fare, Indra? – chiese il guerriero, in tono di sfida. – Se anche riesci a fare a pezzi questo corpo, la mia anima perdurerà e ne creerà uno nuovo, appena avrà recuperato le sue forze. Come pensi di fermarmi? –
Indra non rispose, ma fissò intensamente il suo avversario.
-Ragnarok, eco dell’anima! – urlò poi.
-Screech Alpha! – ed invocando l’attacco più potente della sua arma, riempì lo spazio tra lui e Vàrua con un gigantesco proiettile di energia, che assunse la forma di una bocca, pronta a divorarlo.
Il guerriero della comprensione concentrò l’onda della propria anima nelle mani, per parare il colpo. Ma dovette cedere la presa, attratto d’improvviso da una forza che lo trascinava all’indietro.
Dietro di lui, Chryse aveva azionato il “tirante”, l’artefatto demoniaco di Eibon.
La sera prima, Arachne aveva consegnato l’oggetto alla strega aquila, dissimulandolo in una sacca di tela, e raccomandandole di riportarlo in quella dimensione non appena avesse visto un suo ragno agitarsi e darle il segnale che era giunto il momento di dare avvio al piano.
E ora che Vàrua aveva sollecitato la potenza della sua anima, era arrivato il momento di mettere alla prova l’ordigno.
Le pinze dell’artefatto si legarono così alle estremità dell’anima, e cominciarono a tirarla, costringendo Vàrua a soccombere sotto l’urto dell’attacco nemico.
-Screech Beta! – continuò Indra, raggiungendo l’avversario atterrato, e colpendolo con un fendente che gli ferì l’addome.
Nel frattempo i tentacoli del “tirante” si allungavano a dismisura, e stendendo completamente l’anima del guerriero, la portavano ora ad avvolgere, come un velo, l’intero paese delle streghe, cui sarebbe rimasta legata di lì all’eternità.
-Screech Gamma! – urlò infine, e piantata la lama nel petto di Vàrua, questa iniziò a vibrare ferocemente, dissolvendo del tutto il corpo straziato del guerriero, che sparì irradiandosi in raggi di luce bianca.
 
Nella Sala del Consiglio, Shinigami ed Eibon attendevano nervosamente delle risposte. Poi, ad un tratto, il Libro del guerriero si illuminò, aprendosi da solo ad una pagina ben precisa.
-Non capisco. – fece sbigottito Eibon. – Secondo il Libro qualcuno ha azionato il “tirante”. –
-Di che si tratta? –
-È un oggetto totalmente inutile. Faceva parte della mia sperimentazione sulle anime, ma l’ho accantonato perché non poteva darmi risultati soddisfacenti. Serve ad unire un’anima ad un oggetto, come un’arma. Ma senza il potere di metamorfosi delle streghe, alla meglio poteva fornirmi un’arma con un’anima, e non quello che desideravo. Per questo non l’ho mai provato. Inoltre, non può essere applicato a tutte le anime. Una piccola, anche se tirata, non può che circondare un oggetto piccolo, come un taglierino. Un’anima grande come quella di Vàrua, invece, può arrivare a circondare una città intera e… -
Si bloccò, folgorato da un’improvvisa e terribile rivelazione.
-Che cosa c’è? Temi che l’abbiano usato su di lui? Non c’è un modo per invertirne il processo? – chiese febbrile Shinigami, sfogliando il Libro.
-Non troverai nulla di utile in quelle pagine. Non avendolo mai usato, non so ancora come invertirne il funzionamento. Dovrei avere qui l’artefatto e lavorarci sopra. Ma se non dovessi riuscirci… Ah, il potere di Vàrua ha permesso ai maestri d’armi di distinguere la lunghezza d’onda delle anime delle streghe dalle altre, ma con la sua anima a proteggere la loro città, questa abilità non potrà più essere usata contro di loro! –
-Ma… questo vale finchè restano nella loro dimensione! Non è così? Eibon! –
-Shinigami – continuò il guerriero demoralizzato – comincia a sperare che le streghe non imparino mai ad attivare questo scudo dell’anima a distanza… o saremo definitivamente nei guai! –
 
Free era riuscito a intrappolare le streghe che gli venivano contro all’interno di cilindri di ghiaccio che aveva materializzato con la sua magia.
Tutte tranne una. Mabaa conosceva fin troppo bene i trucchi di cui il lupo mannaro poteva servirsi, per cadere vittima degli stessi.
La vecchia strega iniziò a lanciare lampi intrisi del suo maleficio contro il mostro, che con agili salti animaleschi riuscì ad evitare, portandosi vicino alla piccola avversaria, che colpì con un forte calcio sul viso.
Mabaa passò allora al contrattacco, e create una serie di immagini olografiche di sé, si mescolò tra esse come in un mazzo di carte, confondendo il lupo di fronte a lei.
-Ehi, così non vale! – si lamentò Free. – Io a stento riesco a creare una seconda immagine di me! –
Ma messe da parte le recriminazioni, iniziò a colpire le figure che lo circondavano e danzavano vorticosamente intorno a lui, schivando il più possibile i suoi attacchi per prolungare il suo senso di stordimento.
Poi, finalmente, i suoi artigli colpirono un bersaglio corporeo. Free aveva individuato la vera Mabaa, e spiccato un salto, fu subito sopra di lei.
Poi un rumore lo colpì di sorpresa, il sordo suono di un ghiaccio in frantumi.
Sfruttando la sua conoscenza dei poteri dell’acqua, Piovra, strega compagna di Mabaa, era riuscita a indebolire anzitempo la struttura del ghiaccio, e liberatasi dalla sua prigione, protese d’improvviso uno dei tentacoli del suo grosso capello puntuto, a forma di polipo, fino a circondare il viso del lupo, coprendogli l’occhio maledetto, e abbarbicandovisi sopra con un attaccamento morboso come la perversione che incarnava.
-No! No! – urlò Free dimenandosi, consapevole di essere stato sconfitto.
-No, no, verranno a salvarmi – pensava tra sé, mentre sentiva la compagna di Mabaa intrappolarlo tra gli altri tentacoli e farlo prigioniero. – In un modo o nell’altro, Ragnarok riuscirà a portarmi via da qui! -
 
-Presto, da questa parte! –
Chryse aveva riaperto il portale per il mondo esterno, e ora incalzava Indra e Ragnarok a fuggire rapidamente insieme.
 
Lontano da loro, Arachne aveva osservato tutta la scena, e ora fissava attonita e malinconica la volta del cielo sopra la sua testa. Allungò una mano davanti a sé, come a cercare di sfiorare con questa l’anima di Vàrua.
-A me finalmente resta la tua anima, la tua bellissima e trasparente anima. – pensò tra sè. – Alla Luna va oggi il tuo sangue.
Joma joma, dabarasa. (4)
 
 
Note:
  1. In originale “Dead Chicken”, il piatto tipico dei Deathioti, ossia gli abitanti di Death City, come scopriamo nel terzo tankobon di “Soul Eater - NOT”.
  2. Disegnare nell’aria, col fondoschiena, gli ideogrammi che formano la parola “strega”, è il modo ufficiale scelto da Ohkubo per aprire un portale per il regno delle streghe. Si fa quel che si può per inserire questi dettagli senza far perdere di “tragicità” questa storia!
  3. Focaccia condita con timo e farcita di formaggio e carne macinata. Pare che nei paesi arabi si mangi a colazione!
  4. Per i pochi che non lo sapessero, leggendo al contrario le sillabe del saluto delle streghe, si ottiene la locuzione “Sarabada, majo majo”, che in italiano suona simile ad “Arrivederci strega”. Non ho mai capito se fosse una formula referenziale con cui le streghe si rivolgono a Mabaa, ad ogni modo, in questo frangente Arachne la usa per salutare la Luna cui ha sacrificato la vita di Vàrua.
 
 
 

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Capitolo 11
*** Per un mondo in evoluzione ***


-Arrivano! Ah, arrivano! -
Nascosto tra le isole di ghiaccio del Polo Nord, Asura percepiva, atterrito, l’inesorabile avanzare delle galee di Shinigami, cariche di neonate armi e maestri d’armi salpati dall’Isola Perduta al nord dell’Alaska.
A guidarli un agguerrito Mosquito che, stretta al petto la copia del “tirante” fabbricatagli da Shoren, cercava di ignorare l’incalzare della Follia che si faceva palpabilmente sempre più fitta, deciso ad immobilizzare il guerriero della paura, e ad offrire il suo corpo e la sua anima in pasto alla sua adorata Lady Arachne.
-Sono tanti! Ah, e vogliono me! – continuava tra sé il guerriero. – Hanno paura di me, ma vengono lo stesso, è orribile! La sento la loro paura, farsi strada nella mia testa! Ma le loro anime… mh, sì, sento anche loro! Ahahah, sono bellissime! E presto saranno mie! –
Non c’era tempo da perdere, aveva detto Arachne al mostro fedele. Asura cresceva in potenza a grande velocità, e bisognava fermarlo immediatamente, o non avrebbe più avuto occasione di assorbirlo.
Lei avrebbe distolto l’attenzione di Eibon e degli altri guerrieri dal laboratorio e dalle armi umane appena create, avrebbe creato un diversivo, per dar loro il tempo di neutralizzare Asura.
Ormai Arachnophobia si era esposta con la presa dell’Isola Perduta, per cui restava loro solo un’occasione, fallita la quale sarebbero rimasti senza frecce all’arco da scagliare contro Shinigami.
E ora erano lì, duecento contro uno, avvolti in pesanti pelli di animali e stretti, ognuno col suo nuovo compagno di battaglia, in una misteriosa risonanza dell’anima.
Anche Giriko, da ultimo, aveva scelto di sottoporsi all’esperimento, ma a condizione di combattere da solo, aspirazione ben accettata dagli altri uomini presenti . Sollecitato nella fantasia dagli artefatti del laboratorio di Eibon, il ragazzo aveva desiderato di essere un’arma mai vista prima, una sega alimentata da un motore dal funzionamento sconosciuto, cui nessuno aveva avuto il coraggio neanche di accostarsi, in quel momento tanto delicato.
-Conigli! – pensò tra sé. – Ma meglio per me. Posso godermi meglio la scena così! –
-L’ho visto! È di fronte a noi! – fece l’uomo di vedetta sull’imbarcazione, scorgendo l’esile figura di Asura tra la nebbia, in piedi in precario equilibrio su una calotta di ghiaccio galleggiante.
-Sarà uno scontro epico! – continuò ad eccitarsi Giriko, fremente dal desiderio di lanciarsi nella battaglia.
-Ai vostri posti! Si preparino le armi da tiro! – ordinò Mosquito. – Tenetelo occupato, mentre cerco di arrivargli alle spalle! –
Tra le scapole del mostro apparvero così dei piccoli pipistrelli, che uniti a formare due ali sincronizzate, sollevarono il mostro dal ponte, portandolo a dominare la scena in cui, uomini armati di balestre, cerbottane e giavellotti, si preparavano a mirare e a puntare il loro bersaglio.
-Iniziate! – ordinò.
Al comando, un nugolo di frecce e dardi scarlatti, alimentati dall’onda dell’anima dei maestri d’armi che li lanciavano, si levò in direzione del guerriero della paura.
Asura afferrò allora i lembi delle bende che gli coprivano il volto, e srotolatele appena, si procurò due lunghi nastri da sferzare contro i primi attacchi nemici, che riuscì così a neutralizzare e deviare facilmente.
Muovendosi agilmente, non si fece cogliere di sorpresa dal tiro di una lancia snella, puntata dritto contro il suo viso. Con freddezza, il guerriero l’afferrò con una mano prima che potesse ferirlo, e stringendola la mandò in frantumi, ingoiando senza ritegno la piccola anima azzurra che residuò dall’impatto.
-Venite avanti, così! – pensò il guerriero.
-È forte nel combattimento a distanza, vediamo come se la cava in uno scontro ravvicinato! – esclamò Giriko, lanciandosi fuori dall’imbarcazione.
Sfruttando le catene comparsegli lungo il corpo, l’arma iniziò a scivolare lungo le lastre di ghiaccio galleggianti in prossimità del nemico, incidendole appena. Portatosi dinanzi al nemico, sferrò un calcio tagliente contro di lui. Asura si protesse con un braccio, rimanendo ferito. Ma Giriko non ebbe il tempo di esultare per quel primo colpo messo a segno, che il guerriero gli afferrò il capo con violenza, sbattendolo sul ghiaccio senza pietà.
-Cercate di immobilizzarlo! – urlò Mosquito.
All’ordine, una pesante rete metallica calò sul nemico, costringendolo a chinarsi. Asura ne afferrò gli anelli con le mani, e imprimendo su di essi l’onda della sua anima, la spezzò liberandosene.
I pochi istanti di vantaggio guadagnati avevano permesso ad altri uomini di accerchiarlo, e di colpirlo pesantemente ora sul cranio con un nunchuck, ora sullo zigomo con un tirapugni borchiato, provocandogli altre ferite, con l’aiuto di Giriko che, riavutosi, ora gli piantava una ginocchiata nello stomaco. L’uomo con l’arma da mano saldata alle dita, tentò di completare l’opera sfruttando le lame laterali per incidere la pelle del collo del guerriero, ma riuscì appena a provocare uno squarcio nelle bende che l’avvolgevano.
Messo alle strette, Asura spalancò la bocca lasciando fuoriuscire la punta di Vajra, che carica del desiderio del suo maestro, scagliò un lampo di luce rossa contro gli avversari che lo circondavano.
-Miriamo alla gola! – fu l’idea lanciata da un altro uomo sull’imbarcazione, che armato di fiocina, lanciò un tridente nella direzione urlata.
Ma anche questo cedette di fronte alla robustezza di Vajra, provocando la reazione di un altro avversario che, con un agile movimento, arrotolò la propria frusta intorno alla scettro d’oro, iniziando a strattonare per estirparla dalla gola del suo possessore.
Asura incitò un altro attacco della sua arma che, illuminandosi, mandò a fuoco la corda che l’avviluppava.
-Fuoco, sì! – fu la reazione di un altro soldato, armato di un candelotto di dinamite.
L’uomo invocò l’eco dell’anima, e dalla sua arma si separarono micce incandescenti, che iniziarono ad esplodere tutto intorno al guerriero, causando delle fratture nella lastra di ghiaccio sotto di lui.
Asura fece per levarsi in volo e proteggersi dall’attacco, ma una forza dietro di lui glielo impedì.
Alle sue spalle, Mosquito aveva azionato il “tirante”, che, legatosi ai lembi dell’anima del nemico, aveva iniziato la sua opera, mentre altri due soldati cercavano di minare il suo equilibrio, colpendogli le ginocchia con una lucida spranga, e ferendolo al piede con un affilato tomahawk.
La forza degli attacchi sferrati contro il guerriero, tuttavia, non era abbastanza da stordirlo. Percepita la reazione dell’artefatto, Asura riuscì a voltarsi di scatto, e con un colpo delle bende, sbalzò fuori dalla lastra di ghiaccio il mostro zanzara e l’ordigno che stringeva, per poi levarsi in volo prima che la base su cui poggiava cedesse del tutto.
Al suo posto rimase una spirale conica di bende, che il guerriero portò intorno alle anime dei caduti, circondandole e raggruppandole.
Un uomo armato di un pesante bastone con la testa di torcia, levò allora una nuvola di fuoco in direzione del guerriero, che vide le sue protezioni incendiarsi rapidamente.
-Le mie bende! Le mie bende! – urlò Asura terrorizzato.
E prima che fosse troppo tardi, si tuffò nell’acqua congelata, nel tentativo di arginare il danno.
Gli uomini rimasti esultarono, pensando di aver avuto la meglio. Ma sotto i loro piedi, il ghiaccio che li sosteneva si illuminò d’improvviso di una luce rossa.
Asura aveva sferrato un ultimo attacco da sotto la superficie del mare, rompendo le lastre su cui poggiavano gli uomini e precipitandoli in acqua.
-Ritiriamoci! – ordinò Mosquito, che non era riuscito a salvare l’artefatto dopo il colpo.
Arpionandosi alle imbarcazioni come potevano, i sopravvissuti cominciarono a issarsi sulle galee, mentre, sott’acqua, Asura nuotava lontano da loro, per recuperare quanto possibile delle sue bende amiche, e accumulare dentro di sé le anime catturate.
 
 
-Dove siamo? – domandò Indra appena attraversato il portale creato da Chryse.  – Pensavo ci avresti riportato al mio castello. –
-Dovevo riportare l’artefatto al quartier generale. – chiarì la strega. – Questa che vedi è adesso una delle sedi dell’organizzazione con cui state collaborando adesso! –
-Organizzazione? Non parli dell’organizzazione che temeva Shinigami, vero? O vuoi forse dire che… no! – fece voltandosi con rabbia vero la Spada Demoniaca. - Non è stata un’idea di Ragnarok quella di mettermi contro i miei vecchi compagni, allora? –
-È stato bravo, non è vero? – commentò Chryse, voltandosi verso i guerrieri e continuando a camminare per le sale del castello all’indietro. – A convincerti, intendo, senza mai nominare la vera mente di tutto questo, Arachnophobia! –
-Ah, non è stato difficile – confessò Ragnarok – una parte di me all’inizio ha provato repulsione al pensiero di servire quella strega, e non volevo ammettere nemmeno a me stesso di essere stato abbindolato da lei! È stato appena l’altro giorno, quando ho visto Mosquito eseguire l’ordine di Arachne di uccidere tutte le sue compagne e di procurarle le loro anime! Ma è stato un attimo, chi ci pensa più ormai! –
-Un momento, cosa stai dicendo? – fece scettica Chryse. – Arachne è la nostra guida, non eliminerebbe mai persone del suo seguito. Meno che mai delle streghe come lei! –
-Ah, continua a sognare! – la canzonò Ragnarok. – La tua signora non è migliore del sommo Shinigami e dei guerrieri che dice di detestare! Anzi, direi che è molto peggio! Guardati intorno, vedi qualcuna delle tue sorelle in giro? –
-Che c’entra, saranno in missione con gli uomini! Stai cercando di manipolare anche me, ammettilo! –
-No, per nulla! – fece una voce d’improvviso. – Lo sciocco sfigurato è la persona più sincera che troverai tra queste pareti! –
-Questa voce… oh no! – si lamentò Ragnarok. – Sono ancora loro! –
Si voltò in direzione del suono, e lì vi trovò le ormai odiate Enio, Penfredo e Deino, colpevoli di averlo trascinato dritto nelle grinfie del castello di Baba Yaga. Le trovò nella sala della Progettazione, un profondo ambiente rettangolare e luminoso, con al centro un ampio tavolo dove Eibon era solito disegnare i primi schizzi delle sue idee, e sul quale adesso Chryse poggiava di mala voglia la borsa di tela con l’artefatto al suo interno.
-Che ci fate voi qui? – continuò la Spada infastidita. – Non vi ho viste certo salire sulle galee con noi per venire qui! –
-Dimentichi, caro Ragnarok – rispose Penfredo – che noi tre siamo i mostri della laguna! Viviamo benissimo sott’acqua, ed è lì, incrostate sotto le pance delle imbarcazioni di Shinigami, che ci siamo nascoste per seguirvi! –
-E per quale ragione? Non mi avevate annoiato abbastanza? –
-Beh, no, eravamo curiose di vedere ancora qualcosina, in realtà! – disse, e come al suo solito, prese a sghignazzare perfidamente con le sorelle.
Finalmente un altro portale si aprì, e Arachne raggiunse il gruppo del quartier generale.
-Arachne – le andò incontro Chryse – che succede? Perché qui vogliono farmi credere che hai fatto uccidere le nostre compagne? Dove sono adesso? –
-Chryse, cara mia – cominciò la strega carezzandole il viso, ancora sovrappensiero per lo scontro appena consumato con Vàrua – non darti pensiero per loro! In questo momento ognuno è dove deve essere, a servire Arachnophobia come è giusto che sia! –
-No! – esclamò la strega aquila inorridita, cominciando ad indietreggiare. – Non è possibile! Non venirmi a dire che fino ad adesso ho servito un’organizzazione simile! Se davvero hai fatto uccidere delle streghe tu… tu sei pazza! Come… come? Hai idea dei guai in cui ci hai cacciati? Noi dovevamo rovesciare il regno di morte di Shinigami, e invece hai cominciato a comportarti come lui! A che cosa stavi pensando? –
-Chryse, calmati! – cercò di fermarla Ragnarok. – Non ti mettere contro di lei! Se ora dovesse ordinarmi di ucciderti dovrei ubbidire, lo sai! –
-No, non credo proprio! – si intromise Indra. – Anche Chryse mi ha aiutato ad eliminare Vàrua, quindi tu – fece rivolgendosi ad Arachne – non la toccherai neanche con un dito. Se non vuole lavorare per te, d’ora in poi lavorerà con me! In quanto a te, strega, ti sei servita di me con l’inganno, complimenti! Ma questo non si ripeterà! Se vuoi la mia collaborazione, adesso passo io al comando. E su questo non si tratta! –
Arachne sussultò appena. Non si aspettava ostilità da parte di Indra. Attraverso Ragnarok, il suo veleno doveva avere già fatto effetto, e i fili della sua ragnatela dovevano aver già preso possesso della sua anima. Ma non si perse d’animo. In fondo, il dio della guerra non aveva niente a che vedere con l‘integerrimo Vàrua. Sedurlo alla vecchia maniera sarebbe stato un gioco da ragazzi.
-Certamente Indra. – si limitò a dire con un sorriso sottile. – Sono a tua completa disposizione. –
 
 
Dopo la rivelazione di Eibon, il guerriero della conoscenza era sparito dalla Sala del Consiglio, lasciando uno Shinigami sconvolto e pensieroso, seduto al tavolo coi gomiti poggiati sopra, e il volto tra le mani.
-Che cosa ha senso fare ormai? – si domandava il dio della morte. – Qualsiasi cosa facciamo non riusciamo ad arginare il disastro. Che senso ha continuare a combattere? Perché Vàrua insisteva perché non perdessi la speranza, se lui per primo si era rassegnato all’ineluttabilità degli eventi? Non ci capisco più niente. –
Dopo qualche minuto di silenzio, Shinigami fu ridestato dai suoi pensieri dal passo di Eibon, che tornava nella Sala con le mani nascoste dietro la schiena.
-Te n’eri andato? Non me n’ero neanche accorto! – gli disse stancamente il dio della morte.
-Volevo lasciarti riflettere in pace. –
-E su cosa? Non abbiamo niente in mano, solo supposizioni. Ma d’altro canto, se Vàrua è bloccato nel mondo delle streghe, potremmo restare qui tutta la vita ad attendere sue notizie senza successo. –
-Lo so, per questo pensavo di tornare al mio laboratorio. –
-E per quale motivo? –
-Beh, per cercare delle risposte. Se il “tirante” è lì, magari non abbiamo niente di cui preoccuparci. In caso contrario, non avremmo più motivo per trattare con Arachnophobia e manderemmo finalmente la sua creatrice e i suoi seguaci all’altro mondo. Che ne pensi? –
-Ancora una volta mi ricordi Indra, quando disse che non se ne sarebbe andato di qui se non combattendo! –
-Hai un’idea migliore? –
-No, in effetti no. Ci chiamano “guerrieri” d’altronde, combattere è quello che ci riesce meglio. E forse, avremmo dovuto limitarci a quello! –
-Ora sei tu a parlare come Indra! Non dimenticare che tanto Excalibur quanto Vàrua pensavano che potessimo davvero dare al mondo qualcosa di più! Non sentirti in colpa per quanto sta accadendo. Ora dobbiamo solo cercare di fare del nostro meglio! A questo proposito… –
Eibon liberò le mani da dietro la schiena, e rivelò una maschera bianca, unita da una seconda protezione, con tre fessure verticali, da un sostegno orizzontale sulla sommità.
-Eri andato nella Sala per la forgiatura delle armi? Perché hai preso una maschera da saldatore? –
-L’ultima volta che abbiamo combattuto insieme, ad Acquanegra, eravamo in otto! Adesso siamo solo in due. Ho pensato che indossare una maschera come la tua potrebbe aiutare ad incutere un po’ più di rispetto ai nostri avversari! Ho scelto apposta la più appariscente! –
-Eibon… - fece rassegnato Shinigami.
-Su, dai! Ricorda quello che ha detto Vàrua! Prendi la vita con più spensieratezza! Sì, certo, sono tempi bui quelli che stiamo vivendo, ma intristirci maggiormente non ci sarà d’aiuto! Stiamo andando a combattere per portare indietro i nostri amici, facciamolo con entusiasmo! E pensiamo ad un problema alla volta! –
-Se non indossassi questa maschera – rispose il dio della morte – adesso mi staresti vedendo sorridere! –
-Da amico, – rispose Eibon, chinandosi verso il guerriero e poggiandogli una mano sulla spalla – sono contento di non poterlo vedere! Hai sempre avuto un aspetto spaventoso, caro mio! –
 
 
Nella Sala della Progettazione, Indra stava apprendendo da Arachne tutto quanto dovesse sapere su Arachnophobia, i suoi metodi, le sue sedi, i suoi membri. E molto sommariamente, i suoi scopi.
Il dio della guerra cercava di tenere viva l’attenzione, sebbene quelle faccende non facessero decisamente per lui. E i gusti della strega in quanto a bevande, non aiutavano. Ma in assenza di vino, cercava di farsi andare bene lo champagne che gli venne servito dalle Graie.
-Sì, capisco quello che dici. – tagliò corto il dio della guerra. – Vuoi sovvertire l’ordine di Shinigami, fermare Asura, e tutto il resto. Ma perché? Cosa vuoi davvero per te? –
-È semplice Indra – rispose la strega dolcemente, accostandosi al guerriero – voglio solo non dovermi nascondere più! Sono ricorsa a metodi a volte estremi, è vero, ma sono stanca di vedere me e le mie sorelle perseguitate come delle povere vittime, e perché poi? – continuò afferrandogli il mento . – Non siamo poi così terribili, dopo tutto! Shinigami ci disprezza, ma tu sei diverso! Non hai paura della potenza degli altri, ne riconosci il valore! Per questo ho voluto la tua collaborazione. Vivrei volentieri, in un mondo guidato da te! –
A Indra piaceva essere adulato, ma non era un ingenuo. Se davvero fossero state solo queste le motivazioni, Arachne non avrebbe avuto motivo di creare un’organizzazione che portasse il suo nome, né di cercare il suo aiuto con l’inganno. Le sarebbe bastato andare direttamente da lui, e lui le avrebbe aperto le porte del suo castello, come aveva fatto con Free. Era improbabile che l’idea di rendere lui il capo dei guerrieri le fosse venuta in corso d’opera, per cui non c’era altra spiegazione. Arachne stava prendendo tempo. Stava cercando di sedurlo, e se i tempi fossero stati diversi, quei suoi magnetici occhi di ragnatele avrebbero avuto la meglio su di lui. Ma in tempo di guerra, non erano ammessi errori. L’incoscienza con cui Arachne si era esposta in maniera tanto sfrontata contro i guerrieri era sospetta. L’atteggiamento irriverente dei tre mostri era sospetto. E un’altra presenza ancora, fra tutte, era ancora più sospetta.
Ma le risposte alle domande del dio della guerra non si fecero attendere a lungo. Tutto fu chiaro, non appena un essere dalle ali di pipistrello, e l’aspetto sfiancato e derelitto, apparì alla finestra della Sala.
-Mosquito! – esclamò sgomenta la strega dei ragni, correndo verso di lui.
-Sono  desolato, Lady Arachne – affannò stancamente il mostro – abbiamo fallito. L’artefatto è andato distrutto, e gli uomini inviati non sono riusciti a tenere testa ad Asura. Quelli che sono sopravvissuti stanno rientrando con le galee, e saranno qui a momenti. –
-No, non è possibile! – cominciò la strega, presa dal terrore. – Ho visto coi miei occhi Indra abbattere con facilità uno dei guerrieri con l’aiuto di una mia arma! Com’è potuto accadere? Perché gli altri sono così deboli? –
-Oh, ma guarda! – esclamò tra sé Penfredo, suscitando ancora una volta l’ilarità delle sorelle.
-O insomma, che avete da ridere ancora? – si rivolse verso loro Arachne, decisamente spazientita.
-Perché non lo chiedi alla strega che nascondono nel sottoscala? – la provocò Indra.
-Come? Che cosa vai dicendo ora? –
-Non ce n’è bisogno! – fece una voce argentina, proveniente dalla porta. – Io sono già qui! –
-No! – sibilò Arachne, con un misto di ira e disgusto. - Medusa! – esclamò poi, vedendo la sorella venire avanti stringendo in mano il Libro di Eibon, trafugato nel laboratorio. – Come sei arrivata qui? E quando vi siete messi d’accordo voi due? –
-…sette, otto, e nove persone! – contò tra sè Ragnarok. – Diamine, si è affollato in fretta questo posto! –
-Intendi noi? – chiese Indra. – È la prima volta che la vedo. Ma ne ho avvertito la presenza non appena siamo arrivati all’Isola Perduta. E quando le tre signore qui presenti si sono affrettate a dire a Chryse che non avrebbe trovato nessun’altra strega qui, ho capito che le stavano facendo da palo. Ho retto il loro gioco, finchè non avessi capito cosa stesse succedendo qui. –
-Oh…che incredibile acume! – disse melliflua Penfredo.
-Scherzate? – rispose il dio della guerra. – Realizzo strategie e inganni da molto prima di voi! E voi tre puzzate di losco da molto lontano! –
-Sì, bene, io però non sto capendo ancora niente! – si intromise Ragnarok.
-È presto detto, ragazzo… - fu la risposta di Medusa.
 
Foresta di Sherwood, anno 1112
Sulla superficie del fiume Trent, tre folti cespugli di alghe galleggiavano quietamente.
Accostandosi di un palmo a loro, diveniva udibile un lieve ronzio, il debole gorgheggiare di una bocca che, poggiata sul pelo dell’acqua, inspirava ed espirava regolarmente, ingoiando ed emettendo fiotti di liquido trasparente, misto ad insetti e lerciume. Ed insieme ad uno di tali fiotti, la Graia Penfredo trangugiò, suo malgrado, un ospite indesiderato, insinuatosi nella tranquillità del suo riposo.
-Ah! Cos’è stato? – si lamentò il mostro, dandosi dei pugni sul petto e tossendo forsennatamente, cercando di espellere il corpo estraneo, e svegliando le due sorelle di fianco a lei.
-Buonasera, signore! – fece una voce gentile verso di loro.
-Chi parla? – domandò curiosa Enio, cercando di annusare l’aria, non avendo occhi per vedere intorno a sé.
-Mi chiamo Medusa! Forse avete sentito parlare di me! –
-Medusa? – fece Deino. – Perché non mi è nuovo questo nome? –
-È una delle tre gorgoni, ignorante! – la rimproverò Enio. – I frammenti di Luna caduti nella zona più umida di Atene. Le streghe che rappresentano gli animali più viscidi e velenosi che esistano, lo sanno tutti! –
-Viscide e umide! Ah, proprio come noi! –
-Scusate – cercò di catturare la loro attenzione Penfredo – io ho ingoiato qualcosa e non riesco a cacciarlo! – gracchiò, continuando a tossire.
-Sputa! Sputa! – la incitò Deino.
-Non è così facile! – le informò Medusa. – La vostra amica ha ingoiato uno dei miei serpenti! Non se ne libererà finchè non lo deciderò io! –
-Oh, è perché mi hai fatto una cosa simile, sentiamo! – fece arrabbiata Penfredo.
-Vicino a voi posso essere sicura di non essere osservata dai tanti ragni della mia sorellina, Arachne. So che sta cercando di mettere insieme un’organizzazione, e non penso proprio che sia interessata a coinvolgere nessuna di voi tre. Ormai siete marce e avvizzite, e non potete più condividere il suo modo vivace di vedere il mondo! Tuttavia, potete tornare utili a me! Voglio tenere d’occhio quell’arpia e capire cosa sta tramando, e ho bisogno di qualcuno che la spii per conto mio! Vi andrebbe di farlo per me? –
-Ehi, ferma un attimo! – obiettò Enio. – Come pensi che potremmo avvicinarla, eh? Hai appena detto che non è interessata a noi, pensi che ci comparirà lo stesso davanti e si lascerà inseguire senza fare storie? –
-Sì che lo farà, se le arriverà voce che voi tre siete in possesso di qualcosa che può interessarle. E qui in questa foresta c’è un lupo, un lupo mannaro, per essere precisi! –
-Occhio del Diavolo, sì, sì! –
-Esatto! E vi andrebbe di giocargli un bel tiro? –
-A quell’impiccione che ci ha messe in questo guaio? Ahahah, certo, molto volentieri! – esclamò Penfredo.
-Benissimo! Allora attraverso il serpente che hai ingoiato, io ti guiderò, e ti dirò esattamente cosa fare… -
 
 
-Quindi fammi capire – chiese Ragnarok, che aveva seguito attentamente il resoconto della storia – queste tre fino ad ora non hanno lavorato per Arachne, ma per te? –
-Precisamente! – disse beffarda la strega dei serpenti.
-Perché, Medusa? – chiese rabbiosa Arachne. – Sei stata la prima a cui ho chiesto di unirsi a me, e mi hai ignorata. Perché ora mi fai questo? –
-Arachne, sapevo che ti saresti cacciata in qualche guaio! Non hai la stoffa della stratega, tutto quello che sai fare è convincere gli altri a fare le cose per te! E ora ti sei anche messa a giocare con gli artefatti di Eibon? Mia cara, la sperimentazione non è qualcosa che fa per te! Richiede tempo, e pazienza, ma tu non sei fatta così, tu sei abituata ad avere tutto e subito! I progetti contenuti in questo Libro sono troppo complicati per una come te! –
A quelle parole tanto irriverenti Mosquito si irritò, e muovendosi deciso verso Medusa, le strappò il Libro di mano.
-Ti chiedi perché le tue armi demoniache siano deboli? Mi sembra chiaro! Invece di puntare alla qualità, hai puntato alla quantità! Ma non hai pensato che, corrompendo il corpo di Ragnarok con il tuo veleno, l’hai reso debole! Il nostro potere tende alla distruzione, e ora anche il suo sangue e quello delle tue armi! Per tornare ad essere forti come quelle pensate da Eibon, ora richiederanno il sacrificio di una strega! E tutto grazie a te! –
-Sì, dice il vero. – confermo Indra. – L’ho sentito quando ho combattuto con lui. Non ho trovato la stessa facilità nel maneggiarlo che ho provato, in passato, con Vajra. Ragnarok continua ad essere un’ottima arma perché può amplificare l’onda dell’anima di chi lo maneggia e perché, anche se per poco tempo, è stato allenato personalmente da Shinigami, e grazie a lui ha sviluppato degli attacchi davvero notevoli. Tuttavia, non ha più il sangue di un guerriero, adesso è una semplice arma metamorfica, anche grottesca se vogliamo, con quelle labbra voluttuose che ora compaiono sulla sua lama. E nell’istante in cui le nostre anime si sono incontrate per la prima volta, ho avvertito una forza malefica cercare di corrompermi attraverso di lui. Mi ha fatto male. Ma io ho un corpo divino, e il veleno non può alterare il mio sangue, può solo avere presa sulla mia anima quando entro in risonanza con quella di Ragnarok. Ma una volta cessata, torno ad essere completamente me stesso.
-Sai, Arachne, - continuò il dio della guerra – se non fossi stato già ai ferri corti con gli altri guerrieri, adesso ti avrei già strangolata per quello che sei riuscita a farmi fare a Vàrua. Ma, d’altro canto, devo ammettere che senza il tuo intervento, probabilmente, non avrei mai trovato il coraggio di fare ciò che doveva essere fatto già da tempo, e di commettere un’azione così empia come uccidere uno dei miei stessi compagni.
Anzi no, ripensandoci, non è esatto parlare di coraggio. I fili della tua ragnatela sono serviti da mezzo, da tramite attraverso cui ha viaggiato la Follia di Ragnarok, alla quale sarei rimasto immune altrimenti. –
-Quindi mi dispiace, sorellina, ma direi che hai perso! – concluse Medusa.
-Cosa sei venuta a fare qui, sorella, – chiese spietata Arachne – sei venuta solo a festeggiare mentre mi vedi cadere? –
-No, tutt’altro! Sono venuta a proporti un patto! Come ti ho detto, la sperimentazione non è qualcosa che fa per te, ma di certo si addice a me! Cedimi Ragnarok! E in cambio io non rivelerò a Mabaa quello che hai fatto alle streghe, e dove si trova la sede di Arachnophobia! Già, grazie alle Graie adesso so anche quello! –
-No, non credo proprio! – si oppose Arachne. – Ragnarok è la prima delle mie armi, e in un modo o nell’altro sarà la chiave per la mia vittoria. Non rinuncerò a lui! E poi, come hai detto tu, il mio veleno circola nel suo sangue, ormai obbedisce ai miei ordini! –
-Il suo sangue e il suo corpo sono cose che si possono cambiare, se si sa come farlo! A me interessa solo la sua anima! –
-Ehi! Attenta un po’ a come parli! – si agitò la Spada Demoniaca.
-Non se ne parla, Medusa. – decise Indra. – Ragnarok, seppur indebolito, può ancora servirmi nella lotta contro Asura, adesso che ho capito come allineare perfettamente le nostre anime…  -
-Come volete! Allora buona fortuna, Arachne! Immagino che Shinigami sia già in giro a urlare furioso il tuo nome… buon divertimento a nasconderti anche da Mabaa! –
Non appena Medusa si voltò in direzione della porta, Arachne emise un urlo di rabbia, lanciandosi contro la sorella.
-Vector plate! – invocò fredda la strega dei serpenti.
Intorno ad Arachne comparvero dei vettori disposti in circolo, tutti puntanti verso il centro, in sua direzione. Nella corsa la strega ne calpestò uno, e da questi fu sbalzata all’indietro, per urtare con la schiena contro una barriera invisibile che la teneva intrappolata.
-Mosquito, fermala! – gridò.
-Ragnarok! – chiamò Indra.
All’ordine l’arma si tramutò nella Spada Demoniaca, e il dio della guerra la puntò all’istante verso la gola del mostro.
-Lasciala andare! – gli intimò il guerriero. – Arachne se l’è cercata. Ora avrà quello che le spetta. Non vale la pena cercare lo scontro adesso. –
 
Medusa era ormai giunta in prossimità dell’uscita del castello, quando fu raggiunta da Penfredo.
-Medusa, ormai il nostro compito è finito, ma lascia che ti dia un consiglio. – la ammonì, guardando nell’occhio del lupo. – Tu vuoi Ragnarok, ma fai molta attenzione! Ricorda che il felino alimenta la sua mente, il nemico naturale del serpente… -
-Quante sciocchezze! – disse la strega. E schioccando le dita, richiamò a sé il serpente nel corpo della Graia, facendolo esplodere. Al suo posto rimase soltanto un’anima e l’occhio. Quest’ultimo rotolò a terra verso Medusa, che lo bloccò, intrappolandolo tra le dita di un piede scalzo. - Magie come queste appartengono ad un mondo antiquato – pensò, iniziando a premere contro il bulbo – quello che ho in mente io è destinato ad essere molto più evoluto. Non si parlerà più di futuro, ma di progresso. Il mio progetto è qualcosa che va oltre me, o Shinigami. E se richiederà il mio sacrificio, ben venga! –
E con un’ultima spinta, schiacciò al suolo l’occhio maledetto.
 
 
Angolo di BBola!
Salve a tutti, questa volta nessuna noiosa nota a piè di pagina, solo una precisazione ancora più noiosa ed inutile!
Ho appena scoperto che il terzo capitolo della serie di film di Thor, che sarà al cinema nel 2017, si intitolerà proprio “Ragnarok”! Non il nostro Ragnarok, ma una specie! Ecco, siccome al termine del secondo film degli Avengers, che è uscito al cinema di recente, ho sentito uno dei personaggi fare un discorso su “ordine e caos”, abbastanza simile a quello che ho fatto fare a Shinigami nel mio quarto capitolo (per la serie, quanto sono originale!) volevo solo precisare che non è in corso nessun plagio dell’universo Marvel! Non conosco la storia dei fumetti di Thor e compagni, quindi per eventuali somiglianze prendetevela direttamente con Ohkubo, che pure si è ispirato alla mitologia nordica… io ho cercato solo di essere coerente con la sua storia!!!
Ecco ho finito! Ve l’ho detto che era una precisazione inutile!!! Di nuovo ciao a tutti!!!
 

 
 

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Capitolo 12
*** Follia e coraggio ***


L’incantesimo di Medusa si era ormai dissolto, ma Arachne continuava a stare a terra, poggiata sulle ginocchia e sui palmi  delle mani, col viso nascosto tra le spalle, tremante per la rabbia.
-Voi, - iniziò – voi credete di avermi sconfitta. Ma vi illudete! Forse ha ragione Medusa, sono stata affrettata. Ma è un errore che non si ripeterà. Arachnophobia è destinata a vincere. Dal filo dei miei ragni sarà vinta la guerra! –
Levò lo sguardo in direzione di Mosquito, e con un cenno di assenso gli lasciò intendere che fosse arrivato il momento di attuare il piano di riserva.
Il mostro sgranò gli occhi, riluttante, ma non potette fare nulla per contrastare il volere della sua signora. Il corpo di Arachne aveva già iniziato a dissolversi in una moltitudine di ragni, oscuri, come la sua chioma. E al mostro non rimase che prendere la via della finestra e volare via, insieme al Libro di Eibon.
-Sarò paziente, e attenderò che il destino faccia il suo corso – continuò la strega dei ragni – ma quando il tempo sarà arrivato per la caduta dei guerrieri, sentirete ancora parlare di me! E quando la Luna avrà dato corpo anche all’ultima delle perversioni dell’uomo e avrà smesso di mutare, io tornerò… e farò mio il Kishin! (1) –
Indra puntò la Spada Demoniaca verso il corpo in decomposizione di Arachne, prima che la sua anima frammentata gli sfuggisse, ma Ragnarok, ancora pervaso dal veleno della strega, si ribellò all’istinto omicida del suo maestro, e bruciandogli il palmo della mano che lo impugnava, lo costrinse a lasciare la presa.
Il dio della guerra decise allora di finire la sua nemica col solo aiuto dell’onda della propria anima, ma un tremore improvviso lo fermò.
Le pareti del castello iniziarono a vibrare, e dal soffitto caddero dei calcinacci. Una trave cedette, e piombando in terra, schiacciò sotto di sé Enio e Deino, che si erano strette impaurite in un ultimo abbraccio.
Di nuovo impugnando Ragnarok, Indra volò via prendendo la stessa strada di Mosquito, seguito a ruota da Chryse. E una volta all’esterno, assistettero ad uno spettacolo inaspettato.
Il mostro zanzara stava esaudendo l’ultimo desiderio di Arachne.
Per il caso in cui la situazione fosse volta per il peggio, la strega aveva deciso di far perdere le sue tracce, mentre a Mosquito, era affidato il compito di disinstallare il Brew dalla cima del castello e nasconderlo in un luogo sicuro, dove l’avrebbero recuperato quando fosse arrivato il momento di risorgere e riportare Arachnophobia alla sua grandezza.
 
E così, volato sulla cima del castello, Mosquito aveva afferrato il Brew.
Divelto dal suo castone, l’artefatto si era illuminato, iniziando a richiamare a sé tutte le energie un tempo regalate all’edificio, e all’Isola tutta.
Una colonna di luce potentissima si era levata dall’artefatto, spaccando interamente la dimora di Eibon, lungo tutta la sua lunghezza, dalla cima fino alle fondamenta.
Sollecitato dalla potenza dell’ordigno, il corpo di Mosquito aveva reagito, aumentando di volume, deformandosi, indurendosi ancora più del normale.
L’uomo snello ed elegante aveva lasciato il posto ad una creatura orrenda, dal volto di zanzara, terminante in un terribile pungiglione, e gli occhi tirati in un’espressione diabolica. Il suo corpo era mutato in una massa oscura ed informe,  con artigli sul dorso, e due braccia umane penzolanti ai lati, in una combinazione disorganica e orripilante.
Prima che l’eccesso di energia concentratasi nel Brew facesse esplodere il suo corpo, Mosquito gettò l’artefatto nella voragine creatasi in seguito alla spaccatura, lasciando che venisse sigillato al suo interno dalle macerie che crollavano tutto intorno.
-Che cosa hai combinato? – gli urlò contro Indra.
E invocato uno “Screech Alpha”, colpì il mostro mastodontico.
 
Alte nel cielo, altre due figure raggiungevano i duellanti.
Shinigami era finalmente arrivato all’Isola Perduta. Giunto con l’intenzione di mettere sottosopra l’intero laboratorio finchè non avesse trovato il “tirante”, il suo cuore si riempì di speranza quando nei pressi del castello percepì le anime in risonanza di Indra e Vritra.
-Sono tornati! – esclamò tra sé, felice.
Ma fu un attimo. Non appena incrociò lo sguardo del dio della guerra, e la sua arma splendente deformata in una lama ributtante, capì che la Follia di Asura li aveva ormai divorati.
-No! – sospirò distrutto. – Indra… -
Shinigami precipitò sul dio della guerra, e lo strattonò violentemente.
-Che cosa fate qui? – tuonò.
-Non ti mettere in mezzo, Shinigami! – ringhiò Indra.
Ma inutilmente. Approfittando del momento di distrazione, Mosquito si era immediatamente ritirato, non potendo reggere lo scontro con tre guerrieri, nonostante la forza accumulata, che non avrei mai smaltito del tutto. E in quel momento, soprattutto, preservare il Libro di Eibon era la cosa più importante da fare.
-È quello che avrebbe voluto Lady Arachne. – pensò.
 
Una cupola di energia stava accentrando i guerrieri. Dalle estremità dell’Isola, l’energia rilasciata in tutti quegli anni dal Brew si stava ritirando verso il centro, in direzione del castello in cui l’artefatto giaceva.
Il calore, la luce e la vegetazione creati artificialmente dal capolavoro di Eibon, avevano iniziato a scomparire, lasciando dietro di sé un paesaggio freddo e desolato, senza vita.
-No! – esclamò Eibon, mentre vedeva il frutto del suo lavoro andare perduto.
Ignorando Indra e Shinigami, il guerriero della conoscenza si era lanciato nell’occhio del ciclone, penetrando nell’edificio attraverso la spaccatura verticale creata dal Brew. Voleva recuperarlo, e con lui gli artefatti che sarebbe riuscito a portare con sé.
Ma il castello stava collassando dalle fondamenta. Il laboratorio, la Sala principalmente alimentata dall’energia dell’artefatto, era stata la prima a tremare dopo la disinstallazione dell’ordigno, e il soffitto che lo sovrastava era stato il primo a crollare.
Ma Eibon non diede peso alle circostanze, e non curante degli ostacoli davanti a sé, iniziò a creare un’apertura tra le macerie con le mani, per recuperare le proprie creazioni.
Shinigami lo vide. Sebbene tremante dal desiderio di battere i suoi pugni contro il volto di Indra, e di spezzare il filo della lama di Vritra con un unico e secco “Shinigami Chop”, dovette desistere.
Eibon, l’ultimo dei suoi guerrieri, dei suoi amici, ad essergli rimasto affianco, si stava lanciando volutamente nel pericolo. Se avesse indugiato nel centro del vortice, le pareti di energia che rapidamente si stringevano, si sarebbero richiuse su di lui, intrappolandolo per sempre in una evanescente dimensione spazio-temporale, dove avrebbe vissuto e rivissuto all’infinito gli ultimi istanti di vita del suo laboratorio. Doveva portarlo via da lì.
-Non finisce qui, Indra! – sentenziò, mentre si fiondava tra le macerie.
-Ci puoi giurare, Shinigami – fu la risposta, rimandata in tono di sfida, di Indra.
-Beh, allora? Che si fa adesso? – chiese Ragnarok.
-Torniamo al mio castello, così Shinigami saprà dove trovarci, quando sarà arrivato il momento. Sempre se riuscirà a tirarsi fuori di qui. –
E spiccato il volo verso l’alto, fuggì, come Mosquito prima di lui, dal campo magnetico che stava sorgendo.
 
Shinigami si avvicinò ad Eibon, che stava ancora grattando la superficie delle macerie.
-Eibon, vieni via di qui! – gli disse strattonandolo.
-Prendi la borsa! – gli rispose senza ascoltarlo, indicando tra i resti di legno la borsa di tela contenente il “tirante”, precipitata al suolo con tutto l’arredamento della Sala della Progettazione, dopo la spaccatura.
-Lì dentro c’è l’artefatto che Arachne potrebbe aver usato su Vàrua! – continuò a gridare. –Ne vedo uno dei tentacoli che fuoriesce. Invoca il mio Libro che hai preso in consegna, e risucchialo al suo interno! –
Shinigami non capì cosa stesse accadendo, ma obbedì, sperando così di riportare alla ragione Eibon. Recitando la formula “Lucifer!”, sulla sua mano destra fece comparire il Libro, e apertolo, incamerò al suo interno l’artefatto con tutta la borsa. Poi tornò a rivolgersi al guerriero.
-Andiamo adesso! – gli urlò.
-No! Devo salvare i miei artefatti! Devo ritrovare il Brew! –
-Non dire sciocchezze, Eibon! Se ci salviamo da qui, potrai tornare a costruire tutte le diavolerie che vuoi! –
-No, nessuna sarà come il Brew! Il metallo con cui l’ho costruito è ormai impossibile da trovare! E poi… e poi non serve solo a me! Se lo usi anche tu, la tua potenza crescerà a dismisura, e potrai sconfiggere Asura! –
-Ma cosa stai dicendo? – urlò il dio della morte spazientito. – Come puoi parlarmi di potenza, quando proprio io ho potuto vedere gli effetti disastrosi del suo eccesso! Non potrei mai usare un artefatto come il Brew su di me, è follia! –
-Sì, Shinigami, è Follia! – sbraitò voltandosi a guardare il dio della morte. – Credevo che saremmo stati in grado di combatterla, ma non è così! Guardati intorno, guarda la forza che riesce a scatenare! Se ha preso Indra, allora può prendere anche noi! È tutto perduto ormai, non ci resta che arrenderci! Rassegnati Shinigami… è finita! –
-Eibon… - tentò, con un ultimo anelito di forza. Ma era troppo tardi. Le pareti li avevano raggiunti e non c’era più tempo per parlare.
Con dolore, Shinigami dovette lasciare il braccio dell’amico, augurandosi che di fronte al suo abbandono avesse reagito. E levandosi in alto, si allontanò dal campo magnetico.
 
Le pareti di energia si erano ormai chiuse, e scontrandosi tra di loro, provocarono una violenta esplosione, che si manifestò cruenta contro Shinigami.
Al centro dell’Isola rimase solo la colonna di energia, che ripiegandosi a poco a poco su se stessa in una spirale, diede origine ad un vortice permanente.
 
Le galee di Shinigami, con i superstiti membri di Arachnophobia, erano ormai approdate sull’Isola, in tempo per assistere a quello spettacolo apocalittico.
-Arachne! – urlò a squarciagola Giriko, scalpitando per entrare nel campo magnetico e cercarla, ma trattenuto da quanti restavano dei suoi compagni.
 
La forza dell’esplosione aveva scaraventato Shinigami a terra. Quando la deflagrazione si dissolse, si guardò concitato intorno.
Issatosi di nuovo in piedi, iniziò a procedere verso il campo magnetico, facendosi largo tra gli alberi spogli.
Ma non trovando da nessuna parte traccia del guerriero, non resistette all’impulso, e strette le mani sui tronchi, ne divelse due, frantumandone i busti.
-Ti sbagli! – iniziò ad urlare verso il campo magnetico, e gettandosi in terra. – Eibon! Ti stai sbagliando! La Follia può stare ormai dilagando, ma io non mi arrenderò a lei! Non dopo essere arrivato fino a questo punto! Non dopo tutte le parole che mi avete detto! Non mi importa quanto sarà terribile, non mi interessa! Ho abbastanza coraggio dentro di me per affrontarla, e lo userò! Per te, per Vàrua, e per tutti quelli che sono stati risucchiati da lei, io non mi arrenderò ad Asura! –
 
Gli uomini e le armi presenti sulla scena non compresero cosa il dio della morte stesse urlando, ma la loro attenzione si rivolse su di lui quando un lampo di luce improvvisa squarciò il cielo rannuvolatosi sopra le proprie teste, illuminando l’Isola a giorno, per cadere vicino al guerriero gemente.
-Cretino! – fece la stella caduta dal cielo. – Ce ne hai messo di tempo per reagire! –
Shinigami si scosse dal proprio dolore, e sorpreso da quella voce inaspettata, si voltò in direzione del suono.
-Excalibur! – esclamò. – Sei tornato! Sei tornato da me, finalmente! –
-Cretino! – urlò lui più forte. – Sono qui, ma non ho mica detto di essere qui per te! Infatti, non mi aspettavo neanche di trovarti! –
La depressione di Shinigami svanì in un lampo, subito sostituita dall’impareggiabile stizza che con due parole la Spada Sacra era in grado di suscitare.
-È stato Vàrua a chiedermi di venire a controllare la situazione. – precisò.
-Vàrua? – chiese speranzoso. – Quando l’hai sentito? –
-Mi ha cercato stamattina, prima di venire al tuo castello. No, non farti illusioni, Shinigami, giunti a quest’ora senza aver avuto sue notizie, dobbiamo solo rassegnarci al peggio. –
Shinigami chinò il capo, sentendo lo stomaco stringerglisi.
-Mi ha informato di quello che stava accadendo, di Arachnophobia. Sapeva che la vendetta della strega nei suoi confronti era di tipo personale, e ha voluto andarle incontro da solo, senza coinvolgere noialtri, senza coinvolgere me. Ma mi ha pregato perché tornassi da voi. Io gli ho risposto “Cretino! Non tornerò da Shinigami finchè non gli sarà tornato del sale in quella zucca vuota che si ritrova!”, ma gli ho promesso lo stesso che se non avessi avuto sue notizie entro il tramonto, sarei venuto a controllare di persona la situazione all’Isola Perduta. E così, eccomi qui. –
-Il meno odiato di tutti veramente, il povero Vàrua. L’unico che non ha mai pensato a se stesso. –
-Vàrua è fatto così – continuò Excalibur, passeggiando intorno a Shinigami e ruotando il suo piccolo bastone – è un fatalista. Ama la vita così com’è, ed è sempre pronto ad accettare tutto quello che gli porta, senza mai lamentarsi, nel bene e nel male. Perché lui aveva capito una cosa, e stava aspettando che la capissi anche tu. Shinigami, certe cose sono inevitabili, ma questo non giustifica le nostre azioni. Quando veniamo a conoscenza del futuro, la prima reazione che abbiamo è quella di non fare niente, perché se è una cosa bella, lasciamo semplicemente che accada, se è una cosa brutta, perdiamo tempo a piangerci addosso, o peggio, cerchiamo di evitarla, con conseguenze disastrose. Non è un caso se il potere di preveggenza appartiene alla perversione del Caos, la più distruttiva delle forze. Perché in entrambi i casi, invece che cercare di imparare dalla vita, o lasciamo che questa ci piombi addosso, senza aver fatto nulla per meritare quella sorte, o la rifiutiamo, sentendoci delle vittime, senza evolverci. Ma la vita non è così, Shinigami. Lo sai anche tu che se questo mondo fosse destinato a restare immobile, Ordine e Caos sarebbero un tutt’uno. Invece la vita è altro, e da ogni singola cosa che ci accade, per quanto brutta, terribile e angosciante che sia, è sempre possibile imparare qualcosa che ci renderà migliori. Tu, Shinigami, che cosa hai imparato da tutta questa storia? –
Il dio della morte si rivolse mesto al campo magnetico.
-Ho imparato che noi guerrieri non siamo invincibili. Che anche se le nostre anime sono immortali, possono comunque essere intrappolate. –
Strinse le palpebre, pronto a ricevere l’ennesimo insulto da parte di Excalibur.
-Esatto! – disse invece.
-Come? Ho detto qualcosa di giusto? –
-Dall’inizio di questa storia, tutti gli errori che hai commesso erano dettati dal pensiero costante che tormentava la tua mente, di come avresti potuto fermare Asura e il declino conseguente. –
-Quindi stai dicendo che ho speranze? Secondo te posso ancora fermare Asura senza dover sprigionare la mia Follia dell’Ordine per contrastare la sua Paura? –
-Cretino! –
Rieccolo.
-Allora non ascolti! Non sto dicendo che puoi vincere! Sto dicendo che in quanto capo dei guerrieri e sovrano del mondo intero, se nel tuo destino è scritto che il tuo regno è destinato a finire, è tuo dovere fare comunque tutto il possibile per assicurarti che a guidare le genti, dopo di te, ci sia sempre qualcuno in grado di farlo, e non rassegnarti semplicemente all’idea di doverlo consegnare ad un folle! Se poi fallirai, non importa! L’unica cosa che conta è che avrai affrontato il nemico con coraggio e intelligenza, sfruttando tutte le conoscenze che hai a disposizione, tutte le esperienze che la vita ti ha offerto, e non procedendo a tentoni come uno sprovveduto come hai fatto finora! –
-Parli facile tu, non sei tu quello che va incontro ad un destino certo! Senza neanche un’arma da opporre a Vajra, poi… –
Excalibur rimase qualche secondo in silenzio, facendo spasimare Shinigami, che lo fissava ansioso, nell’attesa di una reazione a quella voluta provocazione.
-Beh, dopo tutto… - iniziò a tentennare poi – devo riconoscere che non sei poi così tonto come pensavo! Qualcosa di corretto te l’ho sentita dire, a pensarci bene, molto bene! –
Shinigami guardò la Spada divertito, sperando di aver capito dove volesse arrivare, e si protese irriverente verso di lui.
-Shinigami, – fece poi solenne – mi faresti l’onore di scegliermi come tuo compagno di battaglia, per questa volta? –
E il terribile dio della morte, afferrò di peso Excalibur per stringerlo a sé.
-Cretino! – pensò lui. Ma per quella volta, non lo disse ad alta voce.
 
 
Note
  1. “E quando la Luna avrà smesso di mutare”… in questo passo Arachne si riferisce alla seconda profezia delle Graie, secondo cui “la caduta non s’arresta, finchè la Luna più non muta”. Ovviamente la profezia si riferisce all’imprigionamento di Asura sulla Luna ad opera del sangue nero di Crona e Ragnarok, che la trasformano in una perenne luna nuova… ma ottocento anni prima, il verso poteva essere interpretato in maniera differente!

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Capitolo 13
*** Conflitto finale ***


L’idillio tra Shinigami ed Excalibur durò poco.
Sulla strada del ritorno, anche Indra aveva visto la luce di Excalibur attraversare il cielo, in direzione del castello di Eibon.
-Che c’è? – aveva chiesto Ragnarok vedendo il maestro bloccarsi a mezz’aria.
-Torniamo indietro. Il nano col nasone è tornato. Dobbiamo eliminarlo, prima che possa darci problemi. –
-Ah, ci sarà da divertirsi allora! –
 
Indra era ora di nuovo all’Isola Perduta, e Shinigami lo vedeva marciare agguerrito verso di lui.
Excalibur si trasformò.
-Indra è vittima della Follia? – notò la Spada Sacra. – Non mi stupisce. Chi ama la guerra rifiuta la morte. Ama infliggerla agli altri, ma crede di essere tanto invincibile da poterla raggirare per sè. I Signori della guerra sono i più propensi a cedere alla Follia! Quindi presumo che ti voglia uccidere adesso, non è vero Shinigami? Tipico, tipico! Chissà se esisterà mai un mondo in cui il dio della morte e della guerra riusciranno ad essere amici… -
-Excalibur, solo per questa volta, potresti evitarmi la lezione? –
-Shinigami, cos’è che sento ribollire nella tua anima? –
-Rabbia! –
-Bene! Vediamo di amplificarla allora! –
 
I superstiti membri di Arachnophobia sentirono tutta la Paura di Asura pervaderli, quando videro il dio della guerra sfidare in duello il dio della morte. Temendo di essere coinvolti in nuove distruzioni, alcuni di loro corsero verso le imbarcazioni, pronti per fuggire da quel posto maledetto.
-Non azzardatevi ad andarvene! – li fermò Giriko. – Arachne non è qui, e io non me ne andrò finchè non avrò saputo che ne è stato di lei! Nascondetevi, se volete, ma resteremo fino alla fine. Qualcuno dovrà sputare la verità! –
 
Indra procedeva a passo spedito verso Shinigami. Le spalle dritte e lo sguardo fisso conferivano ancora una certa eleganza nel portamento, nonostante la pesante Spada Demoniaca, trascinata di fianco con la punta rivolta verso il basso a segnare il percorso compiuto.
Solo lo sguardo non era più lo stesso. Ora era vuoto e inebetito, e sopra ogni altra cosa, bramoso di violenza.
Con fatica, il dio della guerra sollevò sopra la testa la sua imponente arma, e con foga, l’abbatté contro il suo avversario. Prontamente, Shinigami sfoderò di rimando la Spada Sacra, con cui parò il primo colpo.
Era già pronto a contrattaccare, quando un secondo affondo, più aggressivo, provenne dalla stessa direzione da parte di Indra, che con frustrazione aveva iniziato a inveire contro l’arma nemica con la stessa foga e movenze con cui un fabbro batte il ferro arroventato, più volte, finchè non si modella.
Non dava l’impressione di voler combattere, quanto piuttosto di voler spezzare la lama di Excalibur con le sue sole forze, distruggendo una volta per tutte l’anima al suo interno.  
-Deve pesargli molto la Spada – pensò Shinigami, mentre con un calcio colpiva Indra nello stomaco, costringendolo ad indietreggiare e dare fine a quell’accanimento.
-Screech Beta! – invocò allora il dio della guerra, e dalla lama di Ragnarok partì una raffica di colpi scomposti a breve raggio, amplificati da proiettili di energia dentati.
Tenendo ferma la lama davanti a sé con il palmo della mano destra, Shinigami parò gli attacchi disordinati che provenivano da ogni lato, e quando si furono placati, mirò da sinistra alla gola di Indra.
Con uno scatto veloce, il dio della guerra schivò l’attacco, e levando la Spada Demoniaca dal basso, tentò di colpire l’avversario al ventre. Impugnando nuovamente la Spada Sacra a due mani, Shinigami colpì la lama di Ragnarok, e con forza, compì un movimento circolare portando entrambe le armi all’altezza delle loro spalle. Excalibur sovrastava la Spada nemica, e Shinigami premeva verso il basso per affondarla nel collo di Indra.
-Ora vedremo chi è la Spada migliore! – esclamò Excalibur.
Dalla bocca di Ragnarok provenne un pernacchio.
-Excalibur – fece Shinigami mentre continuava a fare pressione – non sarai mica geloso di Vritra? Non è per questo che te ne sei andato in primo luogo, vero? –
-Cretino! –
Non avendo abbastanza forza in corpo per respingerlo, Indra appiattì la lama di Ragnarok sulla propria spalla, e lasciando scivolare Excalibur su di essa oltre la propria testa, si avvicinò a Shinigami fino ad entrare in contatto con lui, per colpirlo nello sterno con l’onda della propria anima.
-Excalibur! Diffusione! – invocò allora il dio della morte, e dalla Spada Sacra partì un raggio di luce che si separò in fasci più piccoli, che andarono a circondare completamente Indra.
Gli attacchi lo colpirono lateralmente alle braccia e alle ginocchia, provocandogli, per reazione, dei movimenti scattosi lungo tutto il corpo, fino a che, spossato, non cadde in ginocchio.
Shinigami balzò immediatamente sopra di lui, ma prima di riuscire a colpirlo, l’avversario reagì e rotolò su se stesso. Conficcando la punta di Ragnarok a terra, e facendo pressione su di essa, si sollevò di nuovo in piedi, barcollante. Ma nonostante l’aspetto provato, Shinigami lo sentì ridere soddisfatto.
-Shinigami! – gridò verso di lui, con fare canzonatorio. – Tu che eri tanto interessato alla potenza, tu che pur di metterti contro di me, hai dato da mangiare anime umane alle tue preziose armi… vuoi vedere adesso qual è il vero volto della potenza? –
Prima che Shinigami potesse chiedersi cosa intendesse con quelle parole, Indra aveva già allargato le braccia, e richiamando a sé delle energie latenti nel suo corpo, iniziò a sollecitare l’onda della propria anima, generando intorno a sé un forte spostamento d’aria e levandosi da terra.
-I chackra del corpo sono sette! – recitò – Dalla testa al ventre racchiudono l’energia divina che si cela dentro di noi! È arrivato il momento di aprirli, e di lasciare che la loro potenza scorra inarrestabile dentro e fuori di me! –
A quelle parole, una luce intensa si levò da Indra, e la pelle nera che ne ricopriva le braccia e lo proteggeva dalla propria armatura iniziò a liquefarsi. Investì il resto del corpo, che divenne un tutt’uno con essa. Non potendo sopportare oltre  la potenza sprigionata dal dio della guerra, il suo fisico aveva preso a dissolversi, lasciando il posto ad una indistinguibile Massa Nera.
-No! – urlò Shinigami. – È la Follia della Potenza! –
Il dio della morte tentò nuovamente di usare la tecnica “diffusione”, ma questa volta i raggi di Excalibur attraversarono Indra senza recargli alcun danno. E il dio della guerra rise di nuovo.
-Ecco la vera potenza Shinigami! Ecco quello che sono veramente! Io sono l’inondazione irrefrenabile! Sono il terremoto! L’uragano, l’eruzione! La furia della natura che non conosce argini! Niente può fermarmi! Non più ormai! –
-Screech Alpha! – invocò poi, sferrando un attacco molto più deciso contro Shinigami, ora che, immerso completamente nella Follia, la sua anima era perfettamente allineata con quella di Ragnarok.
Shinigami cercò di pararlo, ma il colpo lanciato era troppo forte, e venne travolto dallo stesso. Non sapendo come contrattaccare, si alzò velocemente per cercare provvisoriamente riparo dietro un robusto albero.
-Che facciamo Excalibur? – chiese, affannando, al proprio compagno. – Come lo fermiamo adesso? –
-Cretino! Fermarlo non è mai stata un’opzione! –
-Lo so, l’unico modo di sconfiggere un guerriero è quello di intrappolare la sua anima, ma come la intrappolo una cosa così… incorporea? –
-Uno dovrebbe avere un piano prima di affrontare un nemico, non cercare l’ispirazione durante lo scontro! Sei sempre il solito! –
-Non mi sei d’aiuto! –
E mentre urlava, l’albero che lo proteggeva andò in frantumi, sotto un colpo sferrato da Indra.
Shinigami si allontanò, cercando intorno a sé un altro nascondiglio. Trovò una bassa roccia, e si accovacciò dietro questa.
-È l’inondazione, ha detto! – ragionava tra sé il dio della morte. – Come si argina un’inondazione, con una diga? Un recinto? Lo nascondo in un pentolone e chiudo ermeticamente il coperchio? –
-Smettila di andare a caso! –
E la Massa di Indra si scagliò contro la roccia, cercando di sommergere Shinigami. Il dio si levò in volo, e guardò sotto di sé il suo corpo fluire sulla terra. Quell’immagine gli fece tornare in mente un ricordo recente.
-Un flusso incorporeo… ne ho già visto uno, ma… - pensò. – Eibon! – esclamò poi, folgorato. –Sì! Lui è riuscito a racchiudere persino la sua conoscenza nel suo Libro! Se quell’affare è riuscito a intrappolare delle idee, potrà risucchiare al suo interno anche Indra, forse! –
-Vedi che quando rifletti qualcosa di buono esce? –
-Lucifer! – chiamò allora a gran voce il dio della morte. E ancora una volta, il Libro di Eibon comparve tra le sue mani.
Tenendolo ben saldo, puntò di nuovo verso terra, in direzione di Indra. La Massa si era ricomposta, e ora era dritta di fronte a lui, riuscendo, in qualche modo, persino a trattenere presso di sé la Spada Demoniaca.
Shinigami si parò di fronte al suo avversario. Spalancò il Libro ad una pagina a caso, sperando che lo stratagemma funzionasse. E per sua fortuna, il Libro reagì.
Il desiderio insaziabile di conoscenza, che permeava quelle pagine, si attaccò alla sua preda, e puntato Indra, iniziò a spingere per risucchiarlo al suo interno.
-No! Che cosa succede? – gridò lui, mentre incastrava la lama di Ragnarok a terra, arpionandosi alla stessa per non essere risucchiato dal vortice in atto.
Ragnarok si trasformò, riprendendo la sua forma umana. E là dove prima c’era l’elsa della Spada Demoniaca, apparve la mano del guerriero, intorno alla quale la Massa si stringeva. Ma l’arma non tentava di afferrarla a sua volta. Strattonandola, cercava di liberarsene.
-Ragnarok! – urlò Indra. – Aiutami! –
-Non credo proprio Indra! Lasciami andare! –  disse gettandosi in terra e ancorandosi a dei ciuffi d’erba per non essere trascinato a sua volta.
-Ragnarok! Senza di me non vali nulla tu! Da solo tu non puoi affrontare Shinigami, né Asura! Non puoi lasciarmi andare! –
-Mi sa che hai frainteso qualcosa qui! Io non sono qui per aiutare nessuno! Io sono Ragnarok, il “Crepuscolo degli dei”! Il mio destino è quello di farvi cadere, tutti voi! E se è questo quello che deve accadere, in un modo o nell’altro, io ci riuscirò! –
-Il “crepuscolo degli dei”! – esclamò Shinigami, inorridito. E prima di poter avere qualche ripensamento, con una mano alzò Excalibur portandolo dietro la propria schiena, per poi lanciarlo, con una movimento secco e un sordo sospiro da sforzo, contro la Spada Demoniaca.
La lama lucente della Spada Sacra tagliò di netto il corpo del guerriero, che privò così Indra del suo unico appiglio col mondo esterno. Inesorabilmente, quel che restava del corpo del dio della guerra venne trascinato all’interno del Libro. Quando l’opera fu compiuta, questo si richiuse al suo passaggio, intrappolandolo, per sempre, tra le sue pagine d’avorio.
Nella confusione del vortice creatosi, Shinigami non fu sicuro di capire esattamente cosa stesse succedendo davanti a sé. Ma per un attimo gli parve di scorgere, là, dove doveva fluttuare l’anima della Spada Demoniaca, una creatura nera come la notte, sbucare dal terreno e sotterrarsi nuovamente sotto di esso.
 
Indra era ormai intrappolato. Esterrefatto, Shinigami guardava il Libro, ancora incredulo per quanto era appena accaduto. E per quanto aveva appena sentito.
-Shinigami! – lo ridestò la voce di Excalibur, trasformatosi. –Non trovo l’anima di Vritra! È stata come risucchiata da un’entità oscura apparsa dal nulla! –
L’anima di Vritra. Di Ragnarok, voleva dire. Il “Crepuscolo degli dei”. Colui che li metterà in ginocchio…
-Va tutto bene, Excalibur…  - gli rispose pensieroso e stranito. – Va tutto bene! –
 
Fuggita insieme ad Indra non appena il laboratorio aveva cominciato a vibrare, alla vista del corpo di Mosquito che acquistava volume, Chryse era volata via terrorizzata, dileguandosi dall’occhio del ciclone.
Rifugiatasi sulla vetta di un’altura lontana dal campo di battaglia, aveva osservato tutti gli eventi successivi, grazie alla sua vista da aquila.
Sentì una lacrima scenderle sul viso, quando vide l’anima irretita di Ragnarok separarsi dal suo corpo e venir divorata da un enorme serpente nero di Medusa, comparso d’improvviso dal sottosuolo.
Dopo il disvelamento di Arachne, Indra e Ragnarok avevano preso le sue difese. Adesso non c’erano più neanche loro. E per la prima volta nella sua vita, si sentì completamente smarrita.
-Perché sei interessata all’anima della Spada Demoniaca? – chiese, senza levare gli occhi dal punto in cui l’aveva vista svanire, alla presenza che ora avvertiva dietro di sé.
Medusa le si era fatta vicino, per dominare, come lei, la scena dall’alto.
-Perché sono interessata al “Crepuscolo degli dei?”. Ma è semplice, Chryse. Finchè gli uomini non avranno imparato ad accettare la parte più oscura di sé, e non avranno imparato a lasciarsi andare ai propri sensi, anche ai più remoti, non ci sarà mai vera evoluzione. E finchè ci saranno i guerrieri a difenderli dal male, da noi, ogni cosa, di fatto, sarà destinata a restare immutata, nonostante le apparenze. –
-Chi lo sa, - azzardò l’altra, debolmente – forse un giorno i guerrieri smetteranno semplicemente di perseguitarci… -
-Non ci sperare. Troveranno sempre nuove ragioni per volerci morte. –
Chryse sentì girarle la testa.
-Forse, allora – disse – anche tu dovresti pensare a crearti il tuo esercito personale, come ha fatto Arachne… -
-Ma io ce l’ho già! – rispose, carezzando con una mano il tatuaggio presente sul braccio opposto. – I miei serpenti sono un esercito più fedele di quello di Arachne, e più subdoli delle forme di manipolazione mentale cui ricorre Shaula, che come il suo adorato scorpione, sfoggia con eccessiva noncuranza il pungiglione in cui conserva il suo veleno. Non ho bisogno di amici, io! E poi, dimentichi, mia cara Chryse, che io non ho fatto proprio nulla di male! Non sono bandita dal regno di Mabaa, e non ho conti in sospeso con Shinigami. A differenza tua! –
Chryse deglutì.
-Ma di che ti preoccupi in fondo? Hai appena detto di aver fiducia nei guerrieri! Quindi un’alternativa ce l’hai! Ora sta a te decidere… scapperai in preda alla Follia, o troverai il coraggio di implorare la clemenza di Shinigami? –
E ridendo beffarda, abbandonò la strega aquila al suo destino.
 
 
Shinigami era di nuovo in volo. Era la volta di affrontare il suo ultimo nemico.
-Dov’è Arachne? – l’aveva apostrofato un ragazzo dai capelli castani, una volta terminato lo scontro con Indra. – Che ne è stato di lei? –
-Dimmelo tu, ragazzo! – aveva risposto Shinigami. – Della strega non ho trovato traccia, solo una borsa di tela con un artefatto di Eibon al suo interno. Ti suona familiare? –
Giriko digrignò i denti. Se l’artefatto era lì, anche Arachne poteva essersi trovata al laboratorio, al momento dell’esplosione.
Shinigami tentò di nascondere la delusione alla reazione di Giriko, che gli aveva involontariamente confermato i suoi sospetti sulla sorte di Vàrua, e sull’esistenza, oramai, di uno scudo dell’anima a proteggere il mondo delle streghe.
-Se Arachne non c’è più, - disse allora Giriko – fai bene ad ucciderci tutti! Senza di lei a proteggerci, nessuno ci salverà dalla furia omicida di Asura, tanto vale accorciare l’agonia. –
-Voi sapete dov’è Asura adesso? – chiese Shinigami. – Se collaborate e mi dite subito dov’è, ho maggiori probabilità di fermarlo! Non è ancora detto che sia finita! E se dovessi vincere, avete la mia parola che vi risparmierò! –
-E se dovessimo rifiutarci? –
-Allora, ragazzo, faresti bene a cominciare a comportarti bene, perché al primo passo falso che farai, finirai dritto sulla mia lista nera, e io mi prenderò la tua anima! –
-Ah, che mi importa! – resistette Giriko. – In ogni caso non tradirò la fiducia di Arachne! –
-L’abbiamo affrontato al Polo Nord! –
Una giovane donna dai lunghi capelli d’argento e gli occhi vermigli si era intromessa. Angel era il suo nome, l’arma tridente.
-Siamo riusciti a ferirlo, non sarà andato lontano! – continuò.
Giriko guardò la ragazza feroce.
-Giriko, rifletti – disse rivolgendosi a lui. – Asura è un nemico comune. Non ha senso ostacolare Shinigami e ripetere l’orrore di stamattina! Ormai Arachne è morta! –
-No, Angel!– gridò lui – Io non ci credo! Non può essere morta! Di certo è fuggita all’esplosione, e ora si nasconde da qualche parte sull’Isola! E se è così, io la troverò! Andiamo, siamo sempre le sue armi demoniache! Dobbiamo tutto a lei! –
-Le dobbiamo cosa, Giriko? – lo provocò lei. – Arachne ci ha mandati al massacro senza alcuna preparazione. Siamo appena diventati armi, e non abbiamo neanche avuto il tempo di capire che cosa significhi questo! Arachne voleva che la chiamassimo Madre, ma non ci ha trattato come dei figli, né noi, né le streghe che ha sacrificato per la sua ascesa! Se ne è infischiata di noi! E se è davvero viva come dici, è evidente che preferisce nascondersi piuttosto che venire in nostro aiuto! E sai che ti dico? Tanto meglio se vince Shinigami, adesso! –
Il dio della morte rimase colpito da quelle parole.
-Ragazzi, grazie della collaborazione. – disse, cercando di fermarli. – Chi vuole andare per la sua strada, è libero di farlo, a tutti voi è concesso di vivere. Ma chi volesse, può salire sulle imbarcazioni che vi hanno portato qui e navigare verso il mio castello. Se vincerò, vi raggiungerò là. –
Angel lo guardò con fare interrogativo.
-E perché dovremmo andare al tuo castello? – chiese.
-Hai appena detto che dovete ancora capire come confrontarvi con la vostra nuova natura, no? E magari dovete anche imparare a gestire perfettamente la vostra trasformazione? Allora, credo che per voi sia arrivato il momento di tornare a scuola… -
 
Excalibur aveva emesso un lampo di luce che attraversò il cielo, indicando alle armi e ai maestri d’armi la direzione per il castello di Shinigami.
Loro due, invece, erano partiti per il Polo Nord.
 
La luce del Sole si era ormai spenta, e la Luna, già grondante del sangue ricevuto, troneggiava nel cielo.
La stessa Luna della notte della nascita di Asura. Non c’era momento migliore per chiudere quella storia.
Shinigami avvertiva la sua anima sempre più chiaramente. Anche se la luce non era a suo favore, quel segnale era sufficiente a confermargli la sua posizione.
Ed Asura era lì.
Seduto su una calotta di ghiaccio, circondato da quanto restava delle sue bende, disposte intorno a sé in disordinati cerchi concentrici. Caotici, come i moti della sua anima.
Il dio della morte si arrestò.
-Qual è il piano, Shinigami? – chiese Excalibur. – Cercherai di avvicinarlo per inglobarlo nel Libro di Eibon? –
-No, non credo! Un buon guerriero non ripete mai la stessa strategia due volte! E poi non mi sembra una prigione abbastanza sicura! Credo che esista almeno un’altra copia del Libro, e qualcuno potrebbe farlo fuggire da quello! No, troverò qualcosa di nuovo… -
-Non ricominciare a fare sciocchezze, però! –
Ma Shinigami era risoluto.
Ormai vicino ad Asura, planò sulla lastra in cui sedeva. Il demone non reagì, quasi non l’avesse visto.
-Mi deludi, Asura. – fece Shinigami. – Dove hai nascosto il Kishin urlante che speravo di affrontare? –
-Grazie alla tua assenza di paura, - rispose l’altro senza muoversi – la tua presenza non agita la mia anima. Non più del normale, almeno. – E così dicendo, mosse in senso circolare le mani, per far volteggiare le bende rattoppate e avvolgerle di nuovo intorno al proprio volto.
-Ma guarda, verrebbe da pensare che avresti trovato un equilibrio, se fossi rimasto al mio fianco! –
Asura rise.
-Certo, padre mio. Se non fosse per il piccolo particolare che io ti detesto! –
-Beh, figlio, non ti sentire tanto speciale! La maggior parte dei figli si sente così verso i propri genitori! –
Asura si voltò adirato verso Shinigami.
-Smettila di scherzare! – gli urlò isterico. – La tua sfrontatezza mi confonde! –
-Così va meglio, ma non è abbastanza! Non ti vedo sufficientemente carico. – rifletté un attimo. – Asura, ti andrebbe di guardare una cosa che non si vede tutti i giorni? –
E così dicendo, si portò una mano alla maschera. Con un gesto secco e violento la portò via al proprio viso, per poi gettarla platealmente in acqua.
E come quella notte, ad Asura non restò che fissare quel volto tanto temuto ed odiato, dagli incavi vuoti, e scurito dal sangue raggrumito intorno ai muscoli lasciati scoperti dalla pelle strappata via.
Asura urlò terrorizzato.
-No! Quel volto! Ah, lo detesto! Lo detesto! No, non voglio, non voglio! Non voglio fare la tua fine, Shinigami! Ah, ti odio, ti odio! –
-Cretino! Ti avevo detto di non fare sciocchezze! – urlò dalla lama Excalibur.
-Non c’è problema, ne ho tante altre al castello! – rispose ironico Shinigami, alludendo alla maschera perduta.
-Cretino! Lo sai cosa intendo! La vuoi smettere di agitarlo? –
-E perché dovrei? Se stasera è la sera in cui il mio regno finisce, voglio andarmene in uno scontro degno del mio nome! E finchè avrò qualcuno disposto a combattere al mio fianco, non ho motivo di sentirmi inferiore al mio nemico! Combatterò con forza, come tutti si aspettano da me! –
-E quando hai intenzione di dare retta anche ai miei consigli? –
-Sì, sì, tranquillo! Arriveremo anche a quello! –
 
Shinigami impugnò la Spada a due mani, e si lanciò contro Asura. Veloce, iniziò a fendere l’aria intorno al suo viso. Il demone si mosse veloce, e spostandosi ritmicamente da un lato e dall’altro, riuscì a schivare i primi colpi.
Il dio della morte finse un colpo sinistra, ma abbandonando di scatto la Spada a mezz’aria, sorprese l’avversario assestandogli un pugno sulla guancia che si spostava rapidamente verso destra.
Girandosi poi sull’altro fianco, recuperò veloce l’arma a lui vicino, con la lama rivolta verso il basso, e mirò alla gamba del Kishin, che aveva iniziato a prendere quota.
Excalibur riuscì a ferire un polpaccio di striscio, mentre Asura, voltandosi rapidamente su di sé, rispose all’attacco con un calcio sulla nuca del dio della morte.
-Sei lento, Shinigami! – lo rimproverò Excalibur.
-Non sono io. La Paura è istinto di conservazione. Asura è innaturalmente agile. Proviamo ad alleggerirci un po’! –
Sollevò la Spada con una mano, ponendola parallela al pavimento, e la scagliò contro di Kishin.
Asura si stese orizzontalmente a sua volta, e iniziando ad avvitarsi su se stesso, volò in direzione del suo nemico. Aprendo la bocca, lasciò fuoriuscire da questa la punta di Vajra, che si scontrò contro la Spada Sacra, mentre Shinigami, sotto di lui, lo colpiva con forza all’addome.
Afferrò poi una gamba del figlio, e attiratolo a sé, gli tirò uno “Shinigami Chop” sul collo.
Asura gridò, ma invece di divincolarsi, si avventò su un braccio del dio che lo stringeva. Strinse la bocca intorno alla preda, ed estratto lo scettro d’oro, trapassò con la sua lama il braccio di Shinigami da parte a parte.
Stavolta fu il suo turno di emettere grida di sofferenza. Ma deciso a non soccombere, non indietreggiò, e afferrate le braccia del Kishin, lo trascinò con sé con violenza contro un lastra di ghiaccio galleggiante.
Cominciò a premere il suo corpo contro quello del figlio, trattenendo la sua testa verso il basso.
Asura richiamò allora a sé la forza di Vajra, e proiettando la sua luce contro la superficie del ghiaccio, ne provocò una spaccatura, che lo fece affondare nel mare con il nemico ancora avvinghiato.
Sbalzato di qualche palmo dalla apertura che lo aveva precitato in acqua, la testa di Shinigami urtava ora contro una spessa coltre di ghiaccio, che lo costringeva sott’acqua, soffocandolo. Dovette abbandonare la presa su Asura.
Intorno a sé era buio, troppo per capire in qualche direzione andare, come scappare repentinamente da quella prigione.
Poi, la luce di Excalibur alla sua sinistra, gli indicò la strada da seguire.
Velocemente, nuotò nella direzione segnata dall’arma, e riemerso, si arpionò alla lastra galleggiante, issandosi su per riprendere fiato.
-Il ghiaccio… - ansimò – non sarebbe male imprigionarlo nel ghiaccio! Excalibur, sai mica come congelare l’acqua? –
-Cretino! Che vai a pensare! – urlò la Spada Sacra, agitandosi fra le mani del suo maestro. – Sono una lama io! Taglio, non congelo! –
-Non si sa mai! Sempre meglio chiedere! –
E mentre parlava, un calcio rotante di Asura riemerso alle sue spalle, lo colpì tra le scapole.
Shinigami strinse nuovamente Excalibur, per volare contro il nemico a mezz’aria.
Asura invocò allora l’anima di Vajra, e aperta la bocca, lanciò un lampo di luce rossa verso il dio della morte.
Shinigami deviò per evitare l’attacco.
-Usami, Shingami! – gli urlò Excalibur.
-Ci sto provando! Ma non riesco ad avvicinarmi! –
-Non intendevo questo, cretino! La mia lama può tagliare il cielo in due… che vuoi che sia un fascio di energia! –
-Davvero? Interessante… Ma quando avevi intenzione di dirmelo, perdonami? Vedi che faccio bene a chiederti le cose? –
Ma prima di farsi insultare nuovamente, si lanciò contro il nemico in aria. Gli era venuta un’idea.
Impugnando la Spada con la mano sinistra, e la lama verso il basso, andò incontro ad Asura, che, come previsto, tentò di fermarlo con una nuova onda delle anime in risonanza.
-Fidati di me, Excalibur! – disse, e lasciando la presa contro l’elsa dell’arma, andò da solo incontro all’attacco nemico.
Immerso nella luce rossa di Asura, Shinigami provò un dolore mai sentito prima. Il corpo gli bruciava, la pelle si ustionava, e il volto lacero cominciò a sanguinare in più parti. Ma ignorando la sofferenza, riuscì a farsi vicino al Kishin, che, colto alla sprovvista, non sfuggì alla presa del dio.
Shinigami afferrò i fianchi rachitici di Asura, premendo con le sue forti mani contro i vestiti, la pelle, i muscoli, fino a sentirne le ossa. Il Kishin colpì la nuca del guerriero con entrambi i gomiti, cercando di divincolarsi. Ma Shinigami non cedette. Ruotò su se stesso, trascinando il figlio con lui in un avvitamento.
Poi, con violenza, lo scaraventò contro una spessa calotta di ghiaccio, che si incrinò appena, sotto la testa del Kishin, caduta rovinosamente sulla sua superficie.
Shinigami richiamò Excalibur a sé, e volò in basso, atterrando davanti al nemico.
-Ho trovato! – disse al suo compagno.
Asura si rialzò quasi immediatamente, ma si sentiva stordito. Il dio della morte ne approfittò, e invocando l’eco dell’anima, sollevò la Spada Sacra alla propria destra. Urlando, iniziò a correre verso il Kishin, che, terrorizzato dalla foga del nemico, tentò un ennesimo attacco combinato con Vajra. Proprio quello che voleva Shinigami.
-Cutter light! – gridò, mentre incastonava la lama nel ghiaccio.
La luce emessa da Excalibur, tagliò in due il lampo rosso di Vajra, creando un varco in direzione del nemico.
Shinigami saltò sopra la Spada, superandola, e di colpo, fu di nuovo sopra Asura. Gli afferrò di nuovo i fianchi, ma con nuova convinzione. Premendo con tutta la ferocia che provava in corpo la figura del demone, cominciò a tirare i lembi della sua pelle verso l’esterno.
Asura capì cosa stesse succedendo, e urlò disperato.
-No! Non voglio! Questo no! No! – gridò.
-Hai finito di scocciare, Asura! – rispose crudo Shinigami.
E strattonato il corpo esile di suo figlio, strappò in due parti la pelle che ne ricopriva il corpo, tra tormenti di dolore e grida laceranti.
Al suo posto rimase uno scheletro coperto di muscoli che, dopo essersi portato, un’ultima volta, drammaticamente le mani al viso, si sgretolò, cadendo sulla coltre di ghiaccio sotto di lui.
 
Quando anche l’ultima goccia del sangue del Kishin fu versata, Shinigami sferzò contro l’aria i lembi di pelle che reggeva, e allungatili più che poteva li avvolse intorno ai resti e all’anima del figlio, richiudendo il tutto in un’orrida sacca.
La Luna nel cielo iniziò ad ansimare, invasata.
E sul macabro sigillo, comparvero tre occhi. Il simbolo della Follia. Il simbolo del Primo Kishin.
 
 
Angolo di BBola!
Come avrete capito, la storia finisce qui! Lo so, potevo dividere il capitolo in due parti e isolare così il vero conflitto finale col Kishin! Ma insomma, sapevate tutti come sarebbe andata a finire!
Ci rivediamo tra pochi giorni per l’epilogo!
Ciao a tutti!!

 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


-Sei sicuro Shinigami? –
-Sì, Excalibur. Procedi. –
Dopo la sconfitta di Asura, Shinigami era tornato al suo castello, portando con sé quando restava del Kishin.
Nelle segrete dell’edificio, aveva ancorato la sacca al soffitto con potenti sigilli recanti la sua effige, ma per quanto li guardasse, non riusciva ad essere sicuro della loro efficacia e resistenza. D’altronde, lui stesso aveva potuto vedere quale forza la Follia fosse in grado di scatenare, e la prudenza, in quel caso, non sarebbe stata mai troppa.
Se avesse potuto, avrebbe riassorbito Asura e tutte le sue paure, per liberare il mondo dal pericolo di un suo ritorno. Ma quanto era stato fatto non poteva essere cancellato. Per fortuna. Ora Shinigami aveva imparato a trarre il meglio dai propri errori, e non intendeva rinnegarli.
Tuttavia, desiderava trovare un modo per poter tenere costantemente sotto controllo la prigione di Asura. Lui l’aveva creato, e stava a lui addossarsi il peso della sua custodia. Come sarebbe dovuto essere dall’inizio.
E così, mentre pensava ad uno stratagemma per legarsi permanentemente al Kishin, gli era tornato in mente Vàrua, e la sua anima condannata a far da barriera, per l’eternità, al regno delle streghe.
-Eibon non ha avuto il tempo di provvedere il “tirante” di un meccanismo di reversione. Ti rendi conto che se lo aziono, sarà per sempre? –
-Sì, e va bene così, Excalibur. In questo modo, non solo potrò tenere a bada Asura, ma con la mia anima a circondare tutta Death City, i suoi abitanti saranno protetti dai suoi poteri. Quanti si formeranno qui saranno dei guerrieri eccezionali, difficili da uccidere, e istintivamente propensi a mantenere l’ordine nel mondo. Sì, ci ho pensato. È la cosa giusta da fare. –
 
Fuori dalla città c’erano ancora nemici da scovare, ma continuare a girare terrorizzando le genti, non era la soluzione adatta ad eliminarli.
Il mondo là fuori era proprietà degli uomini, non dei guerrieri. Lui avrebbe insegnato loro come combattere e difendersi dai nemici, avrebbe dato loro delle regole, ma sarebbe stato compito degli uomini farle rispettare. Solo vivendole, le avrebbero condivise, e solo capendole, avrebbero potuto sostituire al suo ordine uno nuovo, quando il tempo della sua scomparsa fosse arrivato.
Certo, Shinigami si era chiesto tante volte cosa sarebbe successo se fosse rientrato in quel campo magnetico a cercare il Brew, se usandolo sarebbe stato in grado di riportare indietro Eibon e Vàrua, e Indra alla ragione. Ma si era imposto di non pensarci. Se avesse tentato ancora una volta di ritardare il declino dei guerrieri, avrebbe peggiorato nuovamente le cose.
In quel momento non doveva badare a dare la caccia a quanti minavano la sua vita, doveva concentrarsi su quanti avevano bisogno di lui.
Tenendo a mente questo pensiero, la sensazione della sua anima che veniva stirata fino a circondare tutta la città, fece meno male.
 
Doveva impegnarsi a vivere con spensieratezza. D’altro canto, non si sarebbe certo sentito solo adesso, al suo castello.
Le voci gutturali dei suoi servitori erano state presto sostituite dalle risate dei giovani armi e maestri d’armi, che avevano accolto l’invito del dio di creare insieme una Scuola per il mantenimento della pace, la Shibusen.
Il veleno di Arachne aveva indebolito il loro sangue, ma senza i fili della sua ragnatela a costringere le loro anime, la loro volontà era rimasta intatta. Se non fosse stato per l’istinto al combattimento che avevano acquisito a seguito dell’esperimento, poteva dirsi che non avessero affatto subito mutazioni.
 
Inizialmente esiguo, il numero degli studenti era aumentato rapidamente. I giovani avevano dato alla luce nuove vite, che ora riempivano le strade di Death City e le sale della Scuola. E mentre i nuovi arrivati diventano a loro volta studenti, i più anziani si prodigavano per aiutare il dio della morte nel compito di formarli e avviarli alla vita e al combattimento. Insieme, erano diventati una squadra.
 
Vivendo tra i giovani, Shinigami si era adattato a loro. Seguendo il consiglio di un vecchio amico, aveva preso l’abitudine di indossare sempre dei guanti gommati, per non rischiare di far del male a qualcuno, senza volerlo. Non avendo più nessuno da terrorizzare, aveva rinunciato alla sua maschera arcigna, per adottarne una dall’aspetto più simpatico. Anche il suo modo di parlare era cambiato. O meglio, adesso non aveva più motivo di trattenersi dal mostrare apertamente la propria indole gentile e scherzosa.
 
Tanti anni prima si era costretto all’isolamento, partendo per terre sconosciute, per privare gli uomini della sua spaventosa presenza.
Adesso, finalmente, era circondato dalla vita, dalla confusione, dalla gioventù. E felice, non si sentiva più relegato alla figura di boia inesorabile. Ora era un mentore, un punto di riferimento. E ogni giorno, vedeva con soddisfazione crescere il frutto del suo lavoro.
I suoi studenti. Il suo orgoglio.
 
-Cretini! Cretini! Cretini! –
Excalibur stava strepitando contro il suo orgoglio.
-Shinigami! I tuoi studenti hanno osato disertare la mia lezione di oggi! Inaccettabile! –
Eh già. Excalibur aveva insistito per insegnare alla Scuola.
-I “nostri” studenti… a dire il vero… Ad ogni modo… Excalibur, a proposito di questo… ehm…, devo dirti, purtroppo, che ci sono state delle lamentele… a proposito delle tue lezioni. Sai, il programma di “Storia dei guerrieri”, che abbiamo stabilito insieme per inciso, doveva prevedere al primo semestre “Il periodo antico”, e al secondo “La caduta”, ma mi è giunta voce che tu, invece, ti soffermi a spiegare solo la tua storia… -
-Per forza, Shinigami! Cosa c’è di più interessante della mia leggenda da raccontare, secondo te? –
-Beh… un po’ tutto, direi… -
-Cretino! –
-Su, su, Excalibur, non fare così! –
-No, Shinigami! Devi prendere provvedimenti! Io non posso continuare così! –
 
E cadde un silenzio di tomba.
 
-Guarda che sono serio! Se non ci penserò io, poi sarai tu a dover tenere il corso di Storia! –
 
Un altro silenzio.
Lungo.
Decisamente lungo.
 
-Beh… in fondo… - tentennò il dio della morte. - Ma sì! – esultò poi, colto da un lampo di genio e puntando verso l’alto un dito della sua ormai enorme mano. – Credo proprio che cancellerò direttamente il corso! Chi è veramente interessato alla storia dei guerrieri, potrà andare in biblioteca a consultare le testimonianze dirette di chi l’ha vissuta! Mi sembra perfetto! –
-Perfetto un accidenti! Ah, questa Scuola sta decisamente cadendo in basso per colpa tua! Non so cosa mi trattenga dall’andarmene! È evidente che qui non ci sia nessuno degno di avere a che fare con me! Nemmeno tu, sommo dei cretini, dalla più ridicola delle maschere! –
-Excalibur…! - fece più cupo Shinigami, sentendo il vecchio se stesso risvegliarsi dietro le provocazioni della Spada Sacra.
-Ormai è deciso! Torno in Bretagna! Quando al mondo sarà nato qualcuno pronto a deliziarsi della mia leggenda, sarà lui a cercare me! Sicuramente! –
-Oh, beh… se preferisci così… io non ti trattengo! Ma sì, Excalibur, segui le tue aspirazioni! Non pensare a me! –
-Non lo faccio mai, cretino! –
 
La separazione da Excalibur si preannunciava decisamente poco malinconica. Tuttavia, Shinigami aveva ancora qualcosa da chiedere alla Spada Sacra. Un ultimo favore. E per un attimo, tornò alla serietà di una volta.
 
-Excalibur, lo sai che non è ancora finita. La Spada Demoniaca è ancora là fuori, e quando riapparirà, la caduta dei guerrieri si concluderà. Non posso sapere quando avverrà, né chi verrà dopo di me, ma come hai detto tu… - disse portandosi una mano al petto – devo fare tutto il possibile per accertarmi che sia un sovrano anche migliore di me. Qualcuno che sappia governare con giustizia, e non solo come uno Shinigami, che altro non può fare se non stabilire chi vive e chi muore. Qualcuno che abbia il coraggio di ammettere le proprie debolezze, e non se ne sbarazzi, quando queste diventano troppo ingombranti. Ma soprattutto, qualcuno che condivida il mio stesso amore per l’umanità. –
-Excalibur, non ti chiedo di starmi vicino negli ultimi anni del mio regno, ma vorrei una cosa da te… quando il tempo sarà arrivato che la mia vita sarà giunta al termine, se mi sarai sopravvissuto, torna alla Scuola. Il mio successore avrà bisogno di una guida saggia, per affrontare il difficile compito che lo aspetterà. Come io ho avuto bisogno di te, negli attimi più bui. –
-Che sciocchezze dici, Shinigami! Non sai nemmeno chi sarà il tuo successore! Parli come se lo conoscessi già! –
-Sì, è vero, Excalibur, non lo conosco. Tuttavia, anche se io non l’ho ancora visto, io… beh… ti confesso che io già sento di amarlo! –
 

 
 Fine
 
Il Regno dei Guerrieri
 
 
Angolo di BBola!
 
E così si conclude questo viaggio, che ridendo e scherzando, mi ha tenuta impegnata per ben tre mesi!
In qualche momento ho avuto paura di non avere la costanza e la pazienza necessaria per portarlo a termine, e per avercela fatta, ringrazio sopra tutti ShiNear e LexBegins, che con i loro commenti e osservazioni hanno portato questa storia ad essere quello che è, oltre ad avermi invogliata a proseguire nella scrittura!
E grazie a quanti hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e quanti, per sola curiosità, di settimana in settimana hanno cliccato sull’ultimo capitolo, aumentando le visualizzazioni, e facendomi sentire meno sola mentre scrivevo!
So che non è la storia più originale che esista, o la più accurata, ma avevo davvero voglia, per una volta, di mettere per iscritto i viaggi mentali che faccio quando vedo o leggo un’opera che mi prende tanto! Oltre al non trascurabile dettaglio che mi sono divertita davvero tanto a farlo!!
 
Un saluto a tutti i fan del magnifico Soul Eater, e grazie ancora!!!
 

 

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