La Citta' di Cristallo ~ For Love,Dream and Justice. di Florence Rhymes (/viewuser.php?uid=64989)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Riflessi di Visioni. ***
Capitolo 2: *** II. Guerra. ***
Capitolo 3: *** III. Natura Umana. ***
Capitolo 4: *** IV. Forza di Volonta'. ***
Capitolo 5: *** V. Riprendersi. ***
Capitolo 6: *** VI. Il Giorno dopo. ***
Capitolo 7: *** VII. Dolore. ***
Capitolo 1 *** I. Riflessi di Visioni. ***
I.
Riflessi di visioni.
Elysion.
Un
luogo capace d'incantare,che con la terra non aveva niente da
spartire. Non vi era una singola colata di cemento in essa,né
il caos che si poteva abitualmente trovare sulla Terra,di cui quel
luogo faceva comunque parte.
Vi
erano solo i suoni dei sogni dell'umanità,nel luogo che gli
umani ignari definivano "il mondo dei sogni",un mondo che
non aveva un aspetto preciso ma,anzi,cambiava e si plasmava a seconda
delle esperienze e dei pensieri del sognatore,adattandosi a lui e
assumendo la forma di luoghi e volti ad esso più o meno noti.
Il
compito del reggente,che un tempo era Helios,consisteva da sempre nel
vegliare sui sogni altrui per accertarsi che nessun male vi
penetrasse e creasse confusione. L'albino aveva ricoperto quella
carica per così tanto tempo,da aver dimenticato quanto spesso
avesse desiderato di poter vedere Elysion cambiare solo per
lui,divenendo il suo mondo dei sogni.
Inizialmente,quando
aveva iniziato a divenire un essere di ossa e carne come gli altri
esseri umani,non era affatto abituato a poter sognare,ma poi vi aveva
fatto l'abitudine,decretando che quel posto diventasse magnifico
appositamente per lui,come un ringraziamento per tutto ciò che
aveva fatto in passato.
Nel
mondo onirico,Elysion aveva assunto la forma di un parco a lui già
noto,ricolmo di alberi dai fiori più vari che creavano,attorno
a lui,l'idea di un enorme tavolozza di colori.
Sedute,insieme
a lui,nell'erba,c'erano la sua consorte Queen Lady Serenity e la loro
figlia,Natsumi,intenti ad organizzare un Picnic e vivere un momento
famigliare normale che,nel mondo reale,non avrebbero mai potuto
avere,a causa del loro ceto sociale. Un Re,una Regina e la
Principessa non potevano permettersi di girare liberamente per
Crystal Tokyo come una famiglia normale,senza essere trattati con
eccessiva reverenza o tartassati da curiosi che porgevano loro le
domande più disparate.
La
più gettonata,era da dove venisse realmente lui. Difficile
spiegare che non era davvero solo un semplice amico dei genitori di
ChibiUsa. Semplice evitare la domanda.
«Papà,»
Lo richiamò la piccola Natsumi onirica,facendolo girare verso
di lei. Sussultò. «Cosa sono questi fiori?»
Indicato dalla bambina,un albero di fiori di ciliegio faceva bella
mostra di sé,apparendo fuori stagione rispetto agli altri
alberi accanto.
Non
era un buon segno,lo sapeva. «Hanno lo stesso colore dei
capelli di mamma.» Riprese la bambina,sorridendo e ridestando
l'uomo dal suo torpore. Lui le rivolse un sorriso incrinato dalla
preoccupazione,annuendo alle sue parole. «Si chiama Fiore di
Ciliegio,o Sakura.» spiegò. Perché un fiore
simile avrebbe dovuto prendere forma nel suo sogno,se lui stesso non
ne aveva mai davvero visto uno dal vivo,poiché divenuti rari
dopo la creazione di Crystal Tokyo che aveva deformato la flora
terrestre?
I
fiori di ciliegio rappresentavano la morte.
Ma
di chi?
«Sono
molto belli.» Continuò lei,avvicinandosi quatta quatta
alla madre e prendendola per mano,esortandola ad alzarsi e seguirla.
«Nacchan-» Sussurrò lei,ridacchiando. Era un
immagine di felicità così bella che sperava di non
doversene mai separare. «Mamma,andiamo a vedere gli altri
alberi-» . . . E lui? Iniziò ad allarmarsi. Si alzò
di scatto,ma la Natsumi onirica lo ammonì,come se non volesse
che le seguisse anche lui. «No no,» Disse
infatti,iniziando a correre insieme a sua madre
che,intanto,ridacchiava. «Solo mamma.»
Le
perse di vista in un tempo brevissimo. Le due sparirono nel viale di
alberi,favorite anche dalla nebbia che iniziò ad alzarsi
sempre più fitta. Capì che non era un semplice sogno,ma
un incubo.
L'urlo
improvviso di Lady Serenity,ovvero la sua ChibiUsa,lo costrinse a
correre come un forsennato verso la direzione dove le aveva viste
sparire,incurante della tovaglia da PicNic ancora a terra e su cui
inciampò come un perfetto idiota. Seccato,la scostò
malamente e continuò a correre,chiamandole a gran voce ma non
ottenendo risposte che non fossero le urla terrorizzate e sempre più
flebili di sua moglie e una risata isterica a farle da sfondo.
Era
un sogno,sì,e non si sarebbe fatto gabbare dal luogo di cui,un
tempo,era il reggente. Conosceva Elysion,sapeva come funzionavano i
sogni. Non si sarebbe modellato per vie casuali in uno scenario
simile.
Stavano
forse plagiando i suoi sogni per dirgli qualcosa,un messaggio
talmente importante da doverlo intimorire in quel modo per farlo
agire? Eppure lui non capiva che cosa-
Arrestò
la sua corsa. Capi d'improvviso il messaggio,nello stesso istante in
cui raggiunse un parco simile a quello dove lui e ChibiUsa,al tempo
ancora dall'aspetto di bambina,si salutarono con una richiesta di
rivedersi ancora a cui lui non aveva mai risposto.
Una
richiesta senza risposta.
Qualcuno
sarebbe morto,ormai ne era sempre più certo. La paura prese ad
attanagliarlo,si incurvò come un arbusto sentendo un freddo
pungente insinuarsi fra le fronde degli alberi. Tutto si congelò,ogni
forma di vita cessò di esistere e poi,una luce irradiò
ogni cosa.
La
luce del Ginzuishou.
Davanti
a lui,Crystal Tokyo venne alla luce così come la ricordava,con
il suo castello che risplendeva di luce propria,esattamente come il
cristallo che lo aveva generato.
Si
voltò di scatto,sentendo dei passi dietro di lui,passi leggeri
e rindondanti,forse di tacchi.
Davanti
a lui,una figura ammantata di viola si era fatta avanti,il capo chino
per non far vedere chi fosse,nonostante la gonna di una Sailor Fuku
fosse ben visibile sotto il pesante mantello.
«Chi
sei?» Le chiese,ma non rispose subito. Prese tempo,alzando il
capo a sufficienza da permettergli di vedere solo due paia di occhi
scarlatti che gli sembrava di conoscere già molto bene.
ChibiUsa?
-Pensò,confuso. «Hai creato tu,tutto questo?»
ancora
nessuna risposta. E se sì,come avrà. fatto? Solo il
reggente,e la Dead Moon,potevano plagiare a quel modo i sogni altrui.
«Rispondimi!» Esclamò iracondo. La figura
misteriosa indietreggiò,chinando nuovamente il capo. «Mi
dispiace che non mi sarà concesso reincontrarvi.»
Reincontrarvi? Era una persona che già conoscevano? Si chiese
chi fosse la Guerriera davanti a lui. Due paia di occhi non bastavano
ad identificarla. «Volevo provare almeno ad avvisarti. Spero
tu abbia colto il messaggio.»
Presagio
di morte. Sì,lo aveva colto in pieno.
«Chi
morirà?» Provò a chiedere,ma ancora,non ottenne
risposta. «. . . Mi dispiace.» Gli sussurrò
semplicemente,voltandogli le spalle.
Non
le avrebbe permesso di andare via senza dargli almeno una delle
risposte che voleva e di cui necessitava.
«Aspetta!»
La fermò,facendo qualche passo avanti. «Dimmi almeno
chi sei.» Lei voltò appena il capo,incurvando le labbra
in un abozzo di sorriso.
«Oh.
. . Non sono forse . . . La tua preferita?»
E
se ne andò. |
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Capitolo 2 *** II. Guerra. ***
II.
Guerra.
Le
tenebre della notte tornarono a nascondersi,portando con sé
sogni e incubi degli esseri umani.
Sorse
l'Alba,che con i suoi colori baciò timidamente la capitale del
mondo,Crystal Tokyo,portando con sé un vento nuovo,diverso,che
sapeva di cambiamento imminente.
Da
qualche parte,in un Hotel,una ragazza puntava il suo sguardo sullo
spicchio di luna che,man mano,diventava sempre meno visibile,sino a
sparire completamente alla vista,coperto dai deboli raggi di un sole
neonato.
Un
meraviglioso spettacolo della natura manifestatosi sotto un tripudio
di colori e sfumature irripetibili neppure per il più abile
degli artisti,figurarsi per lei ch'era solo una mera pittrice ancora
in erba. Mosse il pennello sulla tela con gesti semplici ma carichi
di emozione per una sensazione a cui non sapeva dare un nome,perché
certa di dover attendere qualcosa di nuovo che -presto o tardi-
avrebbe coinvolto anche lei.
Ma
sicuramente non doveva essere un cambiamento malevolo,no?
«Sento
qualcosa di nuovo nell'aria,sarà la luna
nuova,questa
notte era ancora più grande e luminosa del solito.»
Sussurrò
quasi rivolta a sé stessa,mentre chiuse le tende ed arricciò
le labbra in un vago accenno di sorriso. Poteva aspettarsi qualsiasi
cosa.
Decise
di concedersi ancora un oretta di sonno per continuare bearsi dei
suoi innocenti sogni meravigliosi,cadendo fra le braccia di Morpheo.
In
un altro luogo,seduta su un treno che l'avrebbe portata a Crystal
Tokyo,una ragazza dai capelli rossicci poggiava la fronte contro il
freddo vetro e cercava di recuperare notti insonni passate a
rimuginare su questioni che le mettevano dentro un ansia paragonabile
a null'altro,attanagliandole lo stomaco come un boa constrictor.
Prese fra le mani la cesta dove Eclipse,la sua gatta nera,la
osservava con i suoi grandi occhioni,quasi comprendesse lo stato
d`animo della padrona. «Come và la fronte?» Chiese
la gatta,proveniente dal pianeta Mau,accertandosi di essere
abbastanza sole da non poter essere udita da altri. «Ti brucia
ancora?» Continuo`,scorgendo la figura della giovane che
stringeva fra le mani il ciondolo regalatole dallo strano ragazzo che
le aveva rivelato il suo destino -o,almeno,una parte di esso. «No.»
la rassicurò. «Va meglio da quando ci siamo allontanate
da casa.» Spiegò,lasciando che la micia si
acciambellasse sulle sue gambe,in cerca,come lei,di riposo. Come a
contraddirsi,si strofinò con una mano il cerotto che portava
sulla fronte a coprire qualcosa di cui,probabilmente,avrebbe dovuto
vergognarsi,mentre gettava un occhio al foglio datogli da Ra -suo
padre- contenenti le indicazioni sul luogo in cui avrebbe dovuto
dirigersi,ovvero una pensione di una certa Eriko,che le avrebbe
offerto vitto e alloggio. Sperava solo non fosse qualcosa di cui
avrebbe potuto pentirsi anche se,ne era certa,anche lei avrebbe
trovato qualche novità ad attenderla in quella città.
Lo sentiva.
Con
un accenno di speranza nel cuore,si appoggiò nuovamente alla
finestra e si addormentò.
Come
il resto della popolazione,attese ancora un pò prima di
ridestarsi,ognuno di loro perso nella certezza che,al loro
risveglio,avrebbero continuato a svolgere la loro consueta vita,nella
serenità e nella pace.
Sbagliavano.
Non
sapevano ancora che,da lì a poche ore,l'armata di
Atlantjia,comandata dal Principe e futuro Re Nexus,avrebbe sferrato
l'ennesimo attacco ai danni dei regnanti della capitale del
mondo,dopo due interi e consecutivi anni di tregua che sarebbero
divenuti nulli da lì a poco.
Il
primo generale del suo esercito,Sailor Nibiru,era già fra
loro,ed osservava la città da sopra il cornicione di una
qualche emittente radiofonica,attendendo per poter dare l'ordine che
l'avrebbe segnata a vita di colpe e rimorsi nei confronti di quella
città di cristallo. Sentì la presa attorno alla sua
spada divenire febbrile,incerta,nel vedere la città immergersi
nella nuova Alba nascente che,placida e timida,la irradiava.
Sembravano timidi raggi di sole che non volevano bruciare e che
forse,come lei,nemmeno ferire. Ma scelse ella stessa di divenire una
delle guerriere più fidate del Principe,non avrebbe mai avuto
modo di sottrarsi al suo dovere e sperare di poter condurre una vita
tranquilla,e libera. Indipendentemente da quanto lo ritenesse
ingiusto,avrebbe pagato sino in fondo il peso della sua scelta.
Chi
e` causa del suo mal,pianga se` stesso - penso`.
E
quando il cerchio del sole si erse completamente nei cieli del
Giappone,seppe ch'era giunto il momento di svolgere il suo ingrato
compito,mentre una parte di lei,non vista,sperava solo di non dover
intingere la sua spada nel sangue d'innocenti.
I
mostri dietro di lei,animali dalle forme umanoidi,gridarono al cielo.
La ragazza alzò il braccio e con esso la spada,portandola
verso il cielo e poi puntandola davanti a sé.
«Soldati
di Atlantjia!» Dietro di lei,sentì artigli che si
aprivano e alcuni che si preparavano a caricare i possibili nemici.
«All'attacco! Per Nexus e per il nostro popolo!» Urlò,e
loro ripeterono.
Scese
dal cornicione,e con essa anche i suoi soldati. Una pioggia di strani
incroci fra uomini ed animali scese dopo di lei,iniziando a seminare
il terrore,
«Gomennasai,Himesama.»
La
sua preghiera si perse nel caos.
___________________________________________________
L'Alba
sorse e colpì le finestre del Crystal Palace,svegliandone gli
inquilini con i tenui raggi del sole neonato.
Helios
si svegliò,accecato dal sole che filtrava dalla finestra
grande della camera da letto,e si sentì sollevato appena
scorse,addormentate al suo fianco,sua figlia abbracciata a Lady
Serenity,sua moglie. Baciò la fronte di entrambe,avvolgendole
per un momento in un caldo abbraccio da cui non voleva staccarsi.
Temette,in quell'istante,di vederle sparire sotto ai suoi occhi,come
nel sogno,che lo tormentava anche da sveglio,poiché ne
riusciva a ricordare ancora ogni minimo dettaglio,dalla figura
incappucciata,ai fiori.
La
mia preferita . . . - Pensò
l'uomo,ripensando alle parole della figura incappucciata dagl'occhi
scarlatti. Sbuffò e sciolse l'abbraccio,alzandos. Si vestì
dei suoi abiti regali,scoccando un ultimo bacio alla famiglia per poi
uscire dalla stanza e rivolgere saluti distratti agli inservienti che
incontrava lungo il cammino. Particolarmente profondo fu l'inchino
che gli rivolse il Sailor Quartett,le amiche e Guardiane di sua
moglie,al suo passaggio. Immaginò che le Guardian Senshi di
NeoQueen Serenity facessero lo stesso con King Endymion.
Superò
il corridoio a grandi falcate e,svoltando,si infilò dentro al
suo studio dove,ad attenderlo sulla scrivania,vi era una versione più
grande dello Stallion Reve. Vi si sedette davanti,picchiettando il
globo azzurrognolo. «Morpheus.» Chiamò,ma non
ottenne alcuna risposta. Esattamente come nel suo sogno. Battè
con forza le mani sul tavolo,e lo Stallion rischiò di cadere a
terra. Il globo azzurro si colorò di luce rosea,mostrandogli
la figura di un giovane ragazzo dalla pelle scura ed i capelli
castani. Morpheus,il ragazzo che aveva preso il suo posto come
Reggente di Elysion. Nel globo lo vide inchinarsi e poi alzare il
capo.«Helios,quale pia-» Si bloccò di
colpo,notando forse come il suo Re avesse il volto contratto in un
espressione di terrore e preoccupazione. Il volto del reggente dagli
occhi azzurri si fece più serio,decidendo che fosse meglio
rialzarsi. «Hai manipolato i miei sogni?» Chiese l'albino
con un ringhio. Il ragazzo sgranò gl'occhi incredulo,colpito
da quell'accusa con la violenza di uno schiaffo. Il suo Re lo credeva
davvero capace di compiere un simile atto verso di lui,paragonabile a
un tradimento od una violazione della sua persona? «Non mi
permetterei mai.»
Ma
Helios non si convinse del tutto delle parole del giovane,che vide
voltarsi appena per rivolgersi,probabilmente,all'Amazon Trio,unici
abitanti del luogo,insieme a Morpheus. «Ho sognato dei fiori di
Sakura.» Presagio di morte,ma di chi,dannazione?! Chi,della sua
famiglia,avrebbe dovuto aspettarsi di perdere? Il ragazzo aggrottò
la fronte,osservando l'espressione corrucciata di Helios. Era
insolito vedere qualcosa turbare la tranquillità,apparentemente
imperturbabile,del sovrano. Sin da quando era solo un reggente,aveva
sempre dimostrato una serenità ed una calma che lo facevano
apparire serafico e quasi appartenente ad un altro mondo.
Ora,sembrava
avere davanti una persona totalmente differente,quel sogno doveva
averlo scosso sin nel profondo,pensò. Paure,concetti estranei
a un essere fatto di puro spirito come era lui,reggente di un mondo
onirico. «Non ho potuto entrare nei tuoi sogni,stanotte.»
Spiegò il reggente. Non ha potuto? -Si ripeté
mentalmente l'albino,strabuzzando gl'occhi. «Erano schermati?
Dalla Luna Spenta,forse?» Ma Nehellenia era morta da molto
prima della nascita di Natsumi. «No.» scosse la testa il
giovane. «Erano schermati da-»
Un
boato proveniente dall'esterno ne coprì le parole,scuotendo il
castello sin nelle fondamenta. L'albino sussultò,aggrappandosi
alla scrivania,ma non riuscendo ad afferrare in tempo lo Stallion
Reve che ruzzolò al suolo,decretando conclusa la loro
conversazione. Si affacciò alla finestra,e vide il caos
imperversare nella piazza della parte alta di Crystal Tokyo. Belve
umanoidi colpivano brutalmente gli abitanti,senza lasciare loro
possibili vie di scampo. Uno scenario degno di un film
dell'orrore,dove la gente correva,impazzita ed inseguita da esseri
sconosciuti.
La
tregua di due anni era appena caduta.
«Helios!»
La
porta del suo studio sbattè di colpo,costringendolo a voltarsi
verso Lady Serenity che stringeva a sé una Natsumi
terrorizzata,seguita dal Sailor Quartett. Ognuna di loro aveva le
gote arrossate,probabilmente per la corsa,e gli occhi sgranati pregni
di genuino terrore. Sua moglie indossava ancora la vestaglia da
notte,segno che entrambe si erano alzate di corsa appena sentito quel
frastruono. Nessuno di loro si aspettava un attacco talmente
improvviso. Egli stesso,tuttavia,non capiva cosa stesse davvero
succedendo,persino il suo sogno perse improvvisamente
d'importanza,davanti all'impellente bisogno di proteggere ciò
a cui teneva di più. «Ho paura,Papa.» Lei,la sua
principessa.
La
piccola Natsumi allungando le mani verso il padre,in cerca di affetto
e protezione da una situazione che non comprendeva,il suo piccolo
corpo che veniva scosso da tremiti ogni qualvolta le urla si facevano
più vicine al castello. L'uomo le sorrise bonario,rivolgendole
una lieve carezza sul capo nel tentativo di confortarla e
tranquillizzarla. «Andrà bene,vedrai.»
Non
era vero,lui stesso non ci credeva.«Atlantjia!» Esclamò
Sailor Juno,sporgendosi di slancio dalla finestra e guadagnando
l'attenzione dell'albino. Battè con stizza le mani sul
davanzale e poi si girò,gli occhi come fiamme vive. «Ancora?!»
Protestò Lady Serenity alla guerriera in verde. Lei annuì
distrattamente,lanciandosi a raggruppare i Saint migliori del Crystal
Palace,uomini e donne che,come loro,attingevano al potere degli
astri.
«Pallas,Ceres!»
Le Guerriere in Blu e Rosa raddrizzarono la schiena,annuendo appena
col capo. In realtà,sapevano già cosa dovessero fare in
quelle circostanze. «Proteggete ChibiUsa e Natsumi,sin quando
potete. Vesta,con me!»
La
rossa annuì,seguendo la verde che la condusse dove già
c'era Koga,il loro secondo in comando,che aveva raggruppato davanti
al balcone del palazzo una piccola legione di Saint in scintillanti
armature,pronti a lottare per servire la città ed il popolo
che amavano. Avrebbero scacciato il nemico finché il loro
corpo non sarebbe crollato.
Sino
alla morte.
«Saint.»
Li
chiamò. Ognuno di loro si inchinò davanti alla
guerriera in verde,ma lei li invitò a rialzarsi. Non era il
momento adatto per perdersi in dimostrazioni di rispetto verso la
loro comandante. «Atlantjia è alle porte,ma penso che il
vostro vice vi abbia già informato.» Si riferì a
Koga. «Difendete questa città.» Si limitò a
dire,per poi saltare giù dal balcone e porsi davanti ai Saint.
Vesta alzò un braccio,indicando la città.
«Soldati
di Crystal Tokyo!» Gridarono le due Sailor Senshi all'unisono.
«Verso la difesa del nostro popolo! Per Serenity!»
E
si lanciarono ad attuare il contrattacco.
Correre
e nascondersi in quelle circostanze era,per la ormai non più
piccola ChibiUsa,l'unico modo con cui poteva sperare d'aver salva la
vita. Non poteva trasformarsi in Sailor Senshi,da quando ricopriva il
ruolo di Regina,e Natsumi non ne era ancora capace. Madre e
figlia,scortate dal loro uomo e dalle guerriere di Ceres e Pallas,si
nascosero dentro una stanza del Palazzo priva di finestre,se non una
piccola ed alta,che la faceva assomigliare più ad una prigione
che non ad una stanza qualunque.«Helios,non andare anche tu!»
Lo implorò la donna dai capelli rosa,strattonandolo per la
manica mentre indossava l'armatura che fu di Endymion prima di lui.
Mio
Re.
Pensò,come fosse rivolto allo spirito dell'uomo. Ti
chiedo di essere tu,ora,a proteggere me. Ti supplico.
Era solo in quello che sperava,allontanare Atlanjia e poter tornare
dalla sua famiglia. «Devo.» Le rispose,a malincuore,ma
lei sembrava non contenta di quella risposta,a cui forse avrebbe
preferito un semplice "resto con voi". Come se non lo
avesse più rivisto,Lady Serenity si lanciò fra le
braccia del marito,incastrando le loro labbra in un lungo bacio da
cui nessuno dei due sembrava intenzionato a staccarsi. Non si
curarono dell'imbarazzo delle due guerriere che erano con loro.
«Torna
a casa.» Non rispose,l'uomo si limitò a scoccare un
bacio sulla fronte della sua bambina e,poi,se ne andò anche
lui,seguendo i cavalieri che già lottavano contro strani
mostri umanoidi. Lady Serenity impotente,sentiva di non poter fare
altro che non fosse pregare per la sua incolumità,e proteggere
la loro bambina,ma il terrore di non poter rivedere il proprio amato
le attanagliava il cuore in una morsa.
Poi,un
boato colpì la parte del castello in cui erano nascoste
loro,sgretolando il muro come fosse carta velina. Davanti a loro,una
guerriera vestita di lilla era seguita da un altra in giallo e da
qualche mostro. «Voi.» La guerriera in lilla puntò
il suo scettro contro la donna. «Date ad Atlantjia la
Principessa.»
|
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Capitolo 3 *** III. Natura Umana. ***
III.
Natura Umana.
La
ragazza dai capelli rossi scese dal treno,inspirando a pieni polmoni
la fresca brezza dell'Alba che le accarezzava impunemente il viso.
Niente a che vedere col caldo afoso che persisteva nella sua terra
natia,la Patria del Sole,che un tempo era nota come la Cina. La
creazione di Crystal Tokyo aveva cambiato la conformazione climatica
e geografica della Terra,suddividendola in Patrie. Luoghi come
Parigi,o la Svizzera,che erano divenute la Patria di Venere e la
Patria di Saturno.
Seguì
la cartina che teneva fra le mani,svoltando verso un viola da cui si
intravedeva il maestoso Crystal Palace,simbolo del Potere della Luna
Bianca. Avanzò tranquilla,ma la giovane ed il suo gatto si
allarmarono al solo sentire potenti boati che scuotevano la
terra,partendo da quella zona ed espandendosi per l'intera città
in una serie di esplosioni a catena. Sentì inoltre fonti di
Potere -planetario,indubbiamente- innalzarsi con tanta violenza da
causarle una sensazione simile ad uno sgretolamento delle ossa e
degli organi interni. Tossì convulsamente a causa del
polverone e dei calcinacci che iniziarono a sollevarsi e a
diffondersi in ogni direzione a causa del vento. «Lilith!»
La chiamò Eclipse,sentendola continuare a tossire. «Sto-
bene.» Mentì,tenendo stretta la cesta e facendosi strada
verso l'origine delle esplosioni. Incespicò fra i detriti e
resti di case e palazzi,rischiando più e più volte di
inciampare sui suoi stessi passi incerti. Altri boati la buttarono a
terra,in poco meno di qualche minuto,buona parte del lato di Crystal
Tokyo legata al palazzo era stata o distrutta o completamente rasa al
suolo,fra gente che urlava disperata o scappava in preda al
terrore,rincorsa da esseri umanoidi che non tardarono a
notarla,riunendosi in cerchio come se volessero attaccarla in
gruppo,ma gli altri si allontanarono in altre direzioni. Solo
un'Aquila umanoide le si lanciò contro,facendole temere di non
avere vie di scampo Abbracciò a sé la cesta con
Eclipse,come a volerla proteggere,e prese ad evitare le beccate che
la creatura le sferrava col suo enorme becco. Venne graffiata alla
schiena e costretta a cadere all'indietro,lasciando inerte la sua
gatta.
Sembravano
entrambe spacciate.
«Vesta
Whip Dominate!»
Una
frusta di fuoco entrò prepotente nella visuale della
ragazza,compattando prima contro il terreno e poi afferrando il
mostro per una zampa. Si dimenò nel tentativo di liberarsi,ma
il fuoco della frusta si propagò sul suo corpo sino a far
esplodere la creatura,che lasciò dietro di sé solo un
accecante croce di luce rossastra che sparì. Solo un segno
bruciato sul terreno testimoniava la precedente presenza di quel
mostro. «Sono relativamente troppo deboli,deve esserci altro
sotto.» Farfugliò la proprietaria della frusta,avanzando
e pulendosi la Sailor Fuku dalla cenere. «Dovresti farti
medicare.» La ragazza dai capelli rossi si voltò verso
la guerriera che le si avvicinò,portandole la cesta contenente
la sua gatta nera arrotolata e terrorizzata dall'accaduto. Si
riferiva alla ferita che riportava alla schiena. «Questo posto
non è sicuro.» Allungò una mano verso di
lei,poiché noto che da sola faticava a rialzarsi,ma appena si
sfiorarono dovette ritrarsi,come scottata. Una fonte di Potere
proveniva dalla rossa,la quale ne sembrava inconscia ed incapace di
nasconderla,come invece facevano lei ed i Saint. «Torna a
casa.» Le susurrò sconvolta,facendo per tornare
indietro. «E se vi avessero teso un diversivo?» Azzardò
Lilith,riferendosi all'affermazione di lei su quanto fossero mostri
troppo deboli per loro. Sailor Vesta piantò malamente i piedi
al suolo e si voltò verso di lei,come se non l'avesse notata
prima,sgranando gli occhi in preda al terrore. Si erano fatte gabbare
nel modo più insulso possibile,forse il loro reale scopo non
era colpire il popolo,ma far uscire in massa i Saint e le quattro
Senshi.
Le
sue sorelle erano in pericolo.
La
rossa vide la guerriera correre,sconvolta,verso il palazzo,e lo
stesso fece lei,che decise di seguirla. Voleva capire perché,appena
stretta la sua mano,le aveva rivolto quello sguardo stupito.
Corse,per
quanto la schiena glielo permettesse,avvicinandosi a palazzo ed
osservando la guerriera lanciarsi in difesa di quella che doveva
essere la sua regina. Una ragazzina dagli odango rosa pallido era
nascosta dietro la donna,gravemente ferita,e piangeva. Era viva,ma
sembrava quasi morente. La ragazza riconobbe quella donna come Queen
Lady Serenity,di cui vide la figura in qualche rotocalco del suo
paese.
Poco
distante da loro,quattro giovani donne in Sailor Fuku lottavano
contro altre due,anch'esse vestite con una Sailor Fuku
che,tuttavia,aveva il busto tendente al grigio anziché bianco.
Le
Sailorsenshi!
- Penso` la ragazza,che tanto aveva sentito parlare di loro,come
guerriere che portavano amore e giustizia. Perché due di loro
avrebbero dovuto distruggere quella città con una simile furia
e cieca rabbia?
Lilith
si mosse e si avvicinò alla regina,per constatare la gravità
della sua ferita. La sua veste era macchiata di sangue all'altezza
dello stomaco,il volto increspato in un tenue e forzato sorriso per
calmare la bambina che piangeva in modo convulso. «Perché
non usa il Ginzuishou?!» Le chiese la rossa,strappandosi una
manica nel tentativo di tamponarle la ferita. Era ferita anche lei,ma
stava mettendo al primo posto la vita di una sconosciuta,e nemmeno
lei ne capiva il motivo. Sentiva solo di doverlo fare.
Umanità,ecco
come si chiamava.
«Non
brilla più,» Sussurrò debole la regina,ansimando
per l'evidente fatica che le costava parlare. «Non si
sforzi,allora.» Disse lei,continuando a tamponare. Tuttavia,era
una ferita troppo profonda,e senza le cure adatte difficilmente
avrebbe potuto salvarsi da quella che sembrava una morte certa.
Dietro di lei,urla e colpi provenienti dalla battaglia le fecero
capire che le quattro guerriere cercavano,con tutte le loro forze,di
tenere lontane le nemiche,ma sembrava non bastare.
Cadevano
e si rialzavano per un tempo che sembrava infinito.
Intente
a contrattaccare,non videro il mostro che le buttò a terra
come birilli,impedendo una qualsiasi loro avanzata verso la donna dai
codini rosa. Ma la guerriera in lilla,che insieme alla sua compagnia
comandava quei mostri,non incontrò ostacoli nella sua
camminata verso le tre. «Ogni Regina muore e lascia il suo
trono,come NeoQueen Serenity prima di te.» Commentò
aspra la guerriera nemica. «Mamma...» Fu la risposta
laconica della donna,persa nel ricordo della madre e dei suoi grandi
occhi azzurri,la donna che sapeva salvare le persone solo con un
sorriso.
Avrebbe
voluto essere come lei.
Natsumi
si parò davanti alla guerriera,il volto contratto in un
espressione che doveva essere seria ma le dava solo un aria buffa.
Non le avrebbe permesso di avvicinarsi a sua madre,anche se in
confronto a lei era solo una misera ragazzina.
«Vattene
strega.» Ringhiò sicura di sé,ma le calde lacrime
che cadevano dai suoi occhi la tradivano. La guerriera
rise,chinandosi verso di lei ed afferrandola per il bavero del
vestito. La sollevò sino a poterla guardare in volto,e poi
rise ancora del suo coraggioso tentativo. «Mostriciattola. Non
sarai mai una degna principessa,né una Regina.»
Sentenziò lanciandola contro la ragazza che,colta alla
sprovvista,non poté non afferrarla e finire sbalzata lontano
insieme a lei,contro un muro,dove un mostro sbarrò loro la
strada.
Poco
lontano,il Sailor Quartet cercava ancora di liberarsi del mostro e
dell'altra Sailor Senshi che le costringevano a lasciare Lady
Serenity senza difesa alcuna,se non lo scettro con cui si sorreggeva
a stento,perdendo sangue che la destabilizzava. Come avevano potuto
cadere in un tranello così semplice e sparpagliare i Saint per
la città,facendo il loro volere,ovvero lasciare la loro amica
senza difese? Ognuno di loro combatteva con le unghie e con i denti
per liberarsi ma sembrava inutile,per ogni mostro abbattuto ne
arrivava un altro a prenderne il posto. Una lotta infinita.
Ma
loro avevano la speranza,e la disperazione che danzavano nel
petto,così diverse da dare loro mille e più motivi per
combattere.
ChibiUsa,la
donna che un tempo cercarono perché nascondeva nei suoi sogni
Pegasus,non sarebbe morta davanti ai loro occhi,non così.
«Ragazza dai capelli rossi!» Esclamò la regina.
Sia Vesta che la straniera si voltarono. «Porta via Natsuchan.
Lei . . . è tutto il mio mondo. Deve vivere,almeno lei.»
Le
parole le morirono in gola,incapace di dire che,probabilmente,anche
il suo consorte era andato incontro a morte certa,o sarebbe stato
lì,al suo fianco,a darle forza. A combattere con lei.
La
ragazza dai capelli rossi si voltò,sbarrando gl'occhi e non
capendo come potesse,quella donna,fidarsi di lei sino al punto di
affidarle colei che definiva 'tutto il suo mondo'. Loro,erano poco
più che estranee. «Vai!» le ordinò,mentre
con lo scettro fermava un fendente della guerriera. Cadde in
ginocchio ed il primo impulso della figlia fu quello di correre dalla
madre,ma Lilith la prese in braccio,cercando di calmarla mentre si
dimenava. Scoccò un occhiata ad Eclipse che uscì dalla
cesta per salvarsi dal mostro,seguendo le due lontano dal palazzo.
«Non
ce lo dirai nemmeno ora,immagino.» Sibilò lei,menando un
fendente col suo scettro,ma anche questo segnò un colpo al
vuoto. «Mai. Morirò per Lei.» Vogliono Natsumi? -
Pensò Juno che,allarmata,cercò di avanzare verso la sua
regina quando questa venne costretta ad inginocchiarsi a causa di una
fitta là dove era ferita. Senza cure,sarebbe morta a
breve,sentiva il corpo farsi troppo pesante per lei. Annaspò,vedendo
a stento la sua avversaria che alzava lo scettro al cielo. «Ch-»
«Ferma!» Gridò la sua compagnia,la guerriera dalla
fuku giallastra. «È stata una Guerriera come noi,non
puoi-»
Troppo
tardi.
«Chuu
Marble Screw.» Due fulmini,uno nero ed uno bianco,si formarono
attorno alla sua arma e si fusero,venendo scagliati contro la regina.
«SmallLady! ChibiUsa!» Provò a proteggersi col suo
scettro,ma il colpo la prese in pieno. Un tonfo metallico venne
seguito da un altro,sordo. In un grido congiunto delle guerriere
sailor,Lady Serenity aveva cessato d'esistere.
Non
avrebbe mai più avuto la possibilità di abbracciare la
sua bambina. «No!» Gridò Sailorceres,i mostri che
sparirono solo in quel momento,poiché la guerriera dalla fuku
gialla era rimasta attonita,sopra le macerie,ad osservare l'operato
della compagnia.
Sailornibiru
non voleva uccidere nessuno,non lo avrebbe mai voluto fare. Per
quanto la lama della sua spada fosse intonsa,le sembrava di vederla
sporca,come se avesse ucciso lei la regina.
Tutta
quella disumana freddezza,verso colei che un tempo fu guerriera,come
loro,ma di pace e giustizia.
Erano
paragonabili a Galaxia. Dei mostri.
«ChibiUsa!»
Gridavano incredule il Sailor Quartett,correndo disperate verso il
corpo inerte della donna. Sailorceres si buttò a terra con
forza,incurante delle ginocchia che si sbucciavano,e scuotendola come
se si aspettasse di vederla aprire gli occhi da un momento all'altro.
Non voleva crederci,non poteva credere che non l'avrebbero mai più
vista sorridere,o raccontare a Natsumi per la millesima volta come si
sono conosciuti tutti loro. Non avrebbe più raccontato del suo
viaggio nel passato,di sua madre,del suo incontro con Peruru,di cui
Helios era stato un pò geloso,al punto da fingere piccole
scenate di gelosia quando la moglie lo nominava.
Non
avrebbe più chiesto loro quando sarebbe tornata Diana dalla
sua spedizione nella Patria di Mercurio,o quando la figlia di Hotaru
sarebbe venuta a trovarle,perché la considerava un pò
una nipote. Non avrebbe più potuto nominare e ricordare lei,la
guerriera di morte e rinascita,ma che per lei era principalmente la
migliore amica e sorella per scelta,Tomoe Hotaru.
E
tutto a causa loro,Nibiru e Chuu.
Tutto
per colpa di Atlantjia,del loro principe.
L'urlo
carico di rabbia e disperazione di SailorVesta fece raggelare il
sangue nelle vene dei presenti,perdendosi in un eco che si fece
strada per tutta la piazza della Crystal Tokyo Alta,non conoscendo
ostacoli negli edifici. Rabbia pura che prendeva forma di grida
provenienti dalla sua gola,quasi lacerata per la forza che vi
metteva. «Maledette!» Gridò la guerriera di
Vesta,perdendo ogni freno inibitore solo per divenire preda della sua
natura tanto impulsiva da farla sembrare priva di qualsiasi senso
della realtà. La frusta fra le mani schioccò con
violenza e ripetutamente contro il pavimento. «Vesta ferma!»
Esclamò Ceres,cercando di fermare la sorella,ma troppo
tardi,lei si era già lanciata contro Sailorchuu che stava per
andarsene,colpendola alle spalle con la sua frusta,avvolgendola
attorno al suo collo.
Ogni
senso della ragione sembrava non appartenerle più.
«Maledetta!Maledetta!Maledetta!» Continuò a
gridare,come fosse incapace di dire altro,mentre tentava di stringere
la presa della frusta. Un poderoso schiaffo la riportò con
violenza alla realtà.
«Basta,Vera!»
Esclamò SailorCeres,chiamandola col suo nome umano. La rossa
sgranò gl'occhi,sentendoli pizzicare. Il dolore alla guancia
non era niente,paragonabile alla voragine che sentiva aprirsi sempre
più nel petto. La frusta le cadde di mano,lasciando a Chuu il
tempo necessario a scappare lontana. «Non abbiamo potuto fare
niente.» Mugolò la rossa,lasciandosi finalmente andare
ad un pianto incontrollato così innaturale per lei che era
forte,e non piangeva mai. Era come se tanti piccoli aghi stessero
dilaniando lentamente il cuore di ognuna di loro. «Ma ChibiUsa
non vorrebbe vederti uccidere nel suo nome,no?» SailorPallas
cercò di accennare un sorriso che si trasformò in una
smorfia e subito dopo in pianto convulso. In un attimo l'azzurra si
lanciò fra le braccia della sorella,piangendo disperata come
mai prima. A loro si unirono anche le altre due sorelle,ognuna
versando lacrime silenziose per quella perdita così importante
nelle loro vite. Esistevano per quello,fra le tante cose.
A
breve SailorCeres si sarebbe sposata,e non aveva fatto nemmeno in
tempo a comunicarlo alla sua amica,per gioirne con lei. SailorPallas
si era ricongiunta alla sua famiglia,due della Patria di Mercurio,e
ChibiUsa non lo sapeva. SailorJuno aveva deciso di essere più
femminile,e ChibiUsa non lo sapeva. SailorVesta aveva deciso di
imparare a mantenere l'autocontrollo,e ChibiUsa non lo sapeva.
Tante,troppe
notizie che non avrebbero mai fatto in tempo a darle,
SailorJuno
si asciugò le lacrime,il volto risoluto che dava forza alle
altre. Era lei,il vero pilastro del Sailor Quartett. «Troviamo
Natsumi.» Disse con voce rotta dal pianto che non riusciva ad
attenuare,il corpo scosso da tremori. «Sì!»
Esclamarono le altre,e corsero alla sua disperata ricerca.
__________________________________________________________
La
pioggia iniziò a riversarsi fitta contro la città,come
se anche il cielo stesse piangendo la perdita del Quartetto. Distanti
dal Crystal Palace e divise da una scarpata dalla Crystal Tokyo
Bassa,Lilith e Natsumi erano appoggiate contro il muro di un
edificio,bagnate ed ansanti tanto quanto la gatta Eclipse,che cercava
disperatamente di scrollarsi l'acqua di dosso. La ragazzina dai
capelli rosa era terrorizzata e disperata per la sorte della madre
che sperava,in vano,potesse essere ancora viva. Respirava a fatica
per la corsa ed aveva il volto imporporato,il cuore che batteva come
un martello nel petto. E non sapeva se fidarsi di quella sconosciuta
dai capelli rossi,ma le restava solo da pensare che se sua madre
l'aveva affidata a lei,allora non doveva essere più pericolosa
delle altre due guerriere che le stavano attaccando poco prima.
Avevano
girato la città,tutta quanta,per seminare quei mostri
maledetti che continuavano ad incontrare in ogni angolo,come se
avessero preso l'intera città,e finalmente quegli esseri
sembravano essersi ritirati,forse richiamati dalle guerriere che
speravano fossero state sconfitte. «Io credo che lei stia
bene.» Si voltò verso la rossa,corrugando le
sopracciglia. «Tua madre,intendo.» Si spiegò,notando
l'espressione vagamente confusa della rosa. Era un tentativo di
confrontarla,che non serviva a molto poiché lei,in cuor
suo,già sapeva che qualcosa di veramente orribile era
accaduto. Sentiva l'opprimente terrore che non avrebbe mai più
rivisto la sua famiglia. «Non lo so,» Disse la rosa,con
un sospiro teso. Si sedette per terra,le gambe strette al cielo e lo
sguardo fisso giù dalla scarpata. «Sembra che sia
passata l'Apocalisse.» Constatò. Crystal Tokyo alta era
molto più distrutta di quanto non fosse la bassa,la zona dove
risiedevano i comuni cittadini. Immaginava mamme disperate che
cercavano i figli,persone che cercavano di proteggersi l'un l'altro e
lei,in tutto questo,era stata capace solo di proteggersi dietro alla
madre,poiché ancora incapace di utilizzare il potere di cui si
supponeva fosse dotata per trasformarsi in Sailor Senshi -Ma
dopotutto,sua madre ci mise ben novecento anni a sviluppare un potere
tale da farla diventare la regina che era ora,lei quanto ci stava
impiegando? Vent'anni? Vent'anni nel corpo di una quindicenne erano
niente,rispetto a novecento anni nel corpo d'una bambina di nove.
«Però sembra si siano fermati,» Annuì
all'affermazione della rossa,almeno un pò più
rassicurata di prima. «Speriamo non sia un brutto segno.»
Sussurrò,alzandosi ed afferrando la mano che la rossa le stava
tendendo. Entrambe sentivano il corpo fradicio ed avvolto dal
freddo,ma non avevano tempo per fermarsi,non in quel posto almeno. Si
issò in piedi e la seguì,giù per la sua
scarpata,sperando che almeno lei la potesse condurre al sicuro,in
attesa di poter tornare a casa dalla sua famiglia.
«A
proposito.» Disse la rosa,rischiando di inciampare. «Come
ti chiami?» Con tutto quel trambusto che si era venuto a
creare,le due non avevano avuto modo di presentarsi,troppo impegnate
ad aver salva la vita. «Lilith.» Rispose,voltando appena
il capo. «Lilith Nosferatu.»
|
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Capitolo 4 *** IV. Forza di Volonta'. ***
IV.
Forza di Volontà.
Passarono
due ore dall'attacco,la pioggia nella Crystal Tokyo alta era
diventata,man mano che le due scendevano lungo la bassa,neve. Candida
e gelida neve che sembrava voler coprire quella distruzione con un
manto immacolato,intralciando il recupero dei feriti.
Il
Crystal Palace era ormai lontano e Lilith incespicava sui suoi stessi
passi,lenti ed affaticati per via di quella bruciante ferita alla
schiena che sembrava aprirsi sempre più ad ogni suo passo. I
tentativi di non camminare ricurva risultavano vani. «Lilith,»
La chiamò la rosa. Si voltò appena,vedendo la figura
sfocata della ragazzina farsi più vicina,sino ad avvolgerle un
braccio attorno al busto per aiutarla a sorreggersi. Mugolò
per il dolore del braccio di lei contro la schiena. «Sicura di
farcela?» Le chiese,mentre la gatta la guardava con
apprensione,ma la rossa annuì.
Ovunque
le due si voltassero,i loro occhi incontravano solo distruzione e
disperazione,anche se non sembravano esserci morti,né case
distrutte. Solo il palazzo,dietro di loro,era divenuto simbolo di una
distruzione che aveva colpito solo loro. Lilith alzò il
cappuccio del pesante mantello sul capo,porgendone alla rosa uno
quasi completamente identico,così da permettere anche a lei di
non morire assiderata. Sarebbero morte di polmonite,però,se
non avessero trovato in tempo un luogo in cui rifugiarsi
-O,comunque,lei sarebbe forse morta prima per la ferita. «Dove
ci dirigiamo?» Chiese la principessa,indossando il mantello che
coprì quasi totalmente lo spicchio di luna sulla sua fronte.
«Pensione di Eriko,ero diretta là prima.» Le
spiegò. Era,inoltre,l'unico posto di cui conosceva
l'ubicazione,ogni tentativo di andare altrove l'avrebbe portata a
vagare alla cieca,e non era una mossa sicura. Aveva una principessa
con sé,e dei mostri che potevano tranquillamente spuntare da
un momento all'altro,per attaccarle e rapire la ragazzina
o,peggio,ucciderla. Un compito troppo gravoso,per lei che voleva solo
scoprire qualcosa in più su sé stessa. Un compito
troppo grande per lei,che faticava a stare in piedi. Si chinò
per prendere in braccio la sua gatta che,le zampe gelide,faticava a
camminare nella neve. «Ascolta.» Sussurrò la
rosa,ma Lilith non capì. Cosa avrebbe dovuto ascoltare? «Il
Sailor Quartett potrebbe essere già alla mia ricerca. Lasciami
qua.» La neve cadde incurante attorno a loro,congelando nel
tempo lo stupore della rossa. In altre circostanze,quel luogo sarebbe
stato così bello da risultare il dipinto di una mano abile.
Come poteva farle una richiesta simile? «. . . E se tornano,e
ti trovano qua,sola e indifesa?» Controbattè la rossa,e
la ragazzina chinò il capo,colpita nel profondo da quelle
ipotesi. Sì,era indifesa. Ma era anche evidente come si
sentisse un elemento di disturbo in ciò che la rossa era
venuta a fare a Crystal Tokyo,un peso,che non spettava a lei portare.
«Non sai trasformarti,no?» Continuò la rossa. La
ragazzina fece un cenno d'assenso col capo,incassandolo fra le
spalle,come a volersi nascondere per la vergogna. «Neanche tu.»
Borbottò,ma la rossa non pensava nemmeno di essere una Sailor
Senshi,perciò per lei era qualcosa di assolutamente
normale,nonostante avesse quel misterioso segno sulla fronte che
continuava a bruciarle con insistenza. «E sei ferita. Hai
bisogno di cure.» Aggiunse la rosa. Lilith si inginocchiò
davanti a lei,stringendo le sue mani nelle proprie. Non riuscì,però,a
farle alzare lo sguardo per guardarla dritta negl'occhi. «Tua
madre ti ha affidata a me.» Vero. Significava che si fidava di
lei,no? «Non posso abbandonarti qui,ora.» Le sarebbe
costato anche dei rimorsi di coscienza indicibili. «. . . E,una
volta arrivate,mi farò curare.» La rossa si
alzò,ignorando il sospiro rassegnato della ragazzina,e fece
per continuare a camminare,ma qualcosa la bloccò.
Distante
da loro,ma non troppo da non essere vista,una bambina la fissava e
veniva ignorata dagl'altri,come se nessun'altro oltre lei potesse
davvero vederla. Capelli corti,di un azzurro così chiaro da
sembrare albini,ed occhi rossi. Le sue labbra erano increspate in un
sorriso.
Era
certa,tuttavia,di non averla mai vista prima.
«Ssh
Lilith,non sei tu che mi vedi.»
La
bambina misteriosa si portò un dito sulle labbra,in segno di
silenzio,e poi scappò via,ridendo. Come sapeva il suo nome
e,soprattutto,chi era quella bambina? Non
sei tu che mi vedi -Ripeté
mentalmente la rossa,ma sembrava averla vista solamente lei.
Il
tocco gelido della mano di Natsumi riportò la rossa alla
realtà,facendola respirare con violenza. Non si era neppure
resa conto di aver trattenuto il fiato per tutta la durata di quello
strano incontro -Od allucinazione? Qual'era la definizione più
giusta?- «Lilith? Ho chiesto quanto manca per arrivare da
Eriko.» Eriko?
-Pensò
la ragazza. Ci mise un pò,forse troppo,a recuperare il senso
della realtà e ricordarsi cosa stessero facendo,o dove stesse
andando. La zampa gelida della sua gatta la costrinse a chinare il
capo verso di lei,dunque portò una mano alla tasca e lesse la
cartina che aveva fra le mani,per quanto le era possibile,poiché
era stata bagnata dalla pioggia.
«Non
manca molto.» E fece strada.
________________________________________
Eccole,le
aveva trovate. Due trafelati puntini,uno rosso ed uno rosa,che
correvano nello scenario sotto di lei. Unico intralcio,un gatto che
non era davvero capace di darle del filo da torcere.
Il
primo gatto che temerà un topo.
-Pensò l'albina,sogghignando ed agitando la sua piccola coda
da topo. Erano sole ed indifese,una Principessa della Luna che non
sapeva trasformarsi ed una straniera con una ferita non da poco sulla
schiena.
Certo,dovette
ammettere,quella ragazza era dotata di una forza particolare,per
resistere ad un simile dolore e continuare a camminare,per proteggere
una sconosciuta. La stessa forza che,un tempo,poteva essere
attribuita a NeoQueen Serenity.
Guardò
con la coda dell'occhio Sailornibiru,accanto a lei,che guardava in
basso con sguardo spento,come se non provasse più interesse
alcuno per ciò che la circondava.
Il
motivo,era pressoché ovvio; Pensava all'ultima Regina della
Luna Bianca. «. . . Oh,andiamo,Nibiru. Mi terrai il broncio per
tutto il giorno?» La punzecchiò la guerriera
topo,voltando appena il capo verso di lei. Ma la bionda non sembrava
interessata ad ascoltare quello che la compagna le diceva,preferendo
chiudersi in un mutismo che sapeva di rispetto per la vita appena
spentasi. Una Regina,che tornò indietro nel tempo per salvare
la sua famiglia dalla Luna Nera.
Non
meritava una fine simile,per quanto fosse stata più eroica
possibile. «Lei in passato ha usato Cosmos,lo sai?»
Sussurrò,puntando lo sguardo sull'oggetto che teneva fra le
mani. Una bussola,con una freccia che oscillava fra due nomi
diversi,scritti in fitti caratteri latini,con sotto la traduzione in
kanji.
Cosmos
e Chaos - Kosumosu e Kaosu.
«Sì,»
Confermò. «Ma non era Cosmos.» La bionda annuì.
Colpita e affondata. «Già,non era Cosmos.» Chinò
il capo,perdendosi in pensieri confusi che non avevano una forma od
un aspetto specifico,esattamente come Cosmos. Una leggendaria
Guerriera,eterea e superiore a tutte loro,tanto da possedere
abbastanza potere da riavvolgere il tempo conosciuto,senza risentirne
in qualche modo. Non era noto come fosse il suo aspetto fisico,né
se ne avesse veramente uno. Sapevano solo quale aspetto assumessero
coloro i quali entravano in contatto con Lei.
Capelli
bianchi,spesso con due odango a cuore sul capo,ed occhi pervinca. La
Fuku diveniva bianca,simbolo principale di purezza,la purezza del
creato. La purezza della stirpe della Luna Bianca.
La
bionda si strinse nelle spalle,perdendosi nuovamente in ragionamenti
esclusivamente suoi,ed in sensi di colpa. Ma l'arma che aveva
inflitto il letale attacco a Lady Serenity non era la sua,quindi
perché sentirsi in colpa come se lo fosse? «Sai,un tempo
su Chuu giunse una Guerriera da lontano. Vestiti d'Oro e capelli
biondi che sfumavano nel rosso.» Galaxia. Conosceva già
quella storia,per quanto molti evitassero di parlarne. Non era
affatto piacevole,pensò,rievocare ricordi di morti causate da
quella donna folle. «La Sailor Chuu di quel tempo era invidiata
da una ragazza che lavorava come sua ancella. Desiderava essere come
lei. anzi,desiderava essere
lei.»
sospirò,facendo una breve pausa, «Galaxia la trovò
e le propose di unirsi a lei. L'ancella accettò e privò
Sailor Chuu del suo StarSeed,appropriandosene per divenire Sailor
Iron Mouse.» Una delle Sailor Animamates di Galaxia che Sailor
Moon sconfisse. «Non c'entra niente con Lady Serenity.»
Soffiò la bionda. L'albina annuì,era proprio quello che
voleva farle capire. «Infatti,» Rispose «Volevo
farti capire che non siamo tutti buoni,ed affidabili.» Le
disse,ma la bionda già lo sapeva,era qualcosa che provò
tempo prima sulla sua pelle.
Sospirò,pronta
a ribattere a quella affermazione,ma lasciò cadere il
discorso.
«Torniamo
ad Atlantjia?» Chiese Chuu,stizzita per l'essersi distratta ed
aver così perso di vista le sue prede. Ormai non avevano altro
da fare,ed erano al medesimo punto morto di poco fa,e di due anni
prima,e di un anno prima ancora.
Attaccavano
sempre una volta l'anno,in un giorno preciso,ma per quell'anno Nexus
aveva deciso di infliggere attacchi precisi,mirati,non più
semplici avvertimenti intimidatori che mostrassero loro di cosa era
capace la Patria di Atlantjia.
«Sì.»
Rispose la bionda,alzandosi in piedi. Portò una mano a tenere
saldo sul capo il fiocco rosso che teneva legato dietro al capo. «Qui
non abbiamo altro da fare.» Voltò le spalle alla
compagna,sparendo prima di lei. L'albina tuttavia prese
tempo,giocando con una piccola sfera celeste che aveva fatto apparire
fra le mani. La fece passare da una mano all'altra,come a volerne
saggiare la consistenza,poi decise di tenerla ben salda nella mano
sinistra. Ridacchiò osservando la sfera che dava l'idea di
aver incastonato al suo interno un minuscolo lupo.
Decise
di divertirsi ancora un pò,ma attese.
Sparì
anche lei,diretta verso un luogo diverso.
______________________________________
Il
gelo si era insidiato prepotente dentro Lilith,costringendola a
stringersi nel mantello che,tuttavia,non la scaldava più
abbastanza. Si era sforzata troppo,debilitando il suo corpo,ed ora ne
pagava le conseguense,ma necessitava di fare un altro,piccolo
sforzo,per raggiungere quella pensione dove sperava di poter avere
almeno delle cure primarie e abbastanza sufficienti da farle
recuperare la lucidità necessaria a recarsi,poi,in un
ospedale,per farsi curare in modo più approfondite.
O,almeno,sperava
di riuscire a mettere al sicuro la ragazzina su cui doveva badare,ma
che di fatto stava badando a lei.
Iniziò
a non distinguere più i contorni del mondo circostante,tutto
le appariva sotto forma di macchie di colore sfocate,e le voci erano
così distanti da farle pensare che fosse molto più
lontana dalle altre. Non capì le parole di Natsumi ed
anzi,dovette limitarsi ad un vago cenno del capo.
Improvvisamente
ogni cosa era confusa,il suo cervello era come attraversato da una
fitta nebbia,che le impediva anche il ragionamento più logico.
Sarebbe
morta lì,a Crystal Tokyo,accanto ad una ragazzina sconosciuta?
Strinse
i denti per la tristezza che quell'affermazione portava in sé.
L'unica cosa chiara e limpida,era il pulsare della ferita
che,probabilmente,aveva persino fatto infezione.
Annaspò
e si lasciò sfuggire versi di dolore tanto acuti da mettere in
allarme le sue due compagnie di viaggio. «Resisti,» Le
disse Natsumi,tentando di rassicurarla. «Siamo quasi arrivati.»
Affermò,guardandola con crescente apprensione,cercando a
fatica di sostenere come poteva il peso di quella ragazza
che,tuttavia,era fisicamente più alta di lei,e faticava così
tanto a tenersi in piedi da far ricadere sul suo appoggio
-ovvero,Natsumi- tutto il suo peso.
Le
due ormai si stavano quasi trascinando a vicenda,con Eclipse che
continuava ad incitare la padrona a restare sveglia e a non
arrendersi. La gatta,forse al fianco della ragazza da tanto tempo da
aver instaurato con lei un rapporto speciale,aveva le lacrime
agl'occhi e la paura nel volto,ma continuava con determinazione
crescente a cercare di mantenere sveglia la padrona.
Una
prova d'affetto che Natsumi aveva visto solo fra sua madre ed
Hotaru,Sailor Saturn.
Arrivarono
a destinazione,e vedere quell'edificio collocato nella zona
commerciale di Crystal Tokyo bassa,fu come vedere l'acqua nel deserto
per un assetato. Ma quello,non era certo un miraggio. Fuori dalla
pensione,intenta a sistemare il giardino,forse distrutto dall'armata
di animali umanoidi di qualche ora fa,vi era una ragazza dai capelli
viola,che doveva avere pochi anni in meno di Lilith,ma che tuttavia
la sovrastava di moltp in altezza. Sentì rumore di passi
ovattati dalla neve e si voltò,per salutare quelli che
ipotizzava essere nuovi clienti,ma il sorriso le morì sulle
labbra.
«Aiuto!»
Esclamò Natsumi,il volto era divenuto una maschera di
disperazione e fatica. La viola lasciò ciò che stava
facendo e corse immediatamente ad affiancare la ragazzina nel
sorreggere la rossa barcollante,poiché le era evidente che una
ragazzina,da sola,non avrebbe potuto continuare ancora a lungo a
sorreggerla da sola. «È stata ferita.» Le spiegò
la ragazzina,ma la ragazza lo poté vedere già
dall'evidente chiazza cremisi sulla schiena. Come aveva fatto a
resistere con una ferita simile,ed anzi,come faceva a non essere già
svenuta da tempo?
Con
un ultimo sforzo,aprì la porta con un forte strattone e le
intimò di adagiarla su un divano,mentre lei ne accostava altri
due. Fece più in fretta che poteva,cosciente della situazione
di pericolo in cui versava la straniera. «Mia madre Eriko non
c'è,» Spiegò,adagiando la ragazza sui due
divanetti accostati l'uno all'altro,ma la rossa si lasciò
sfuggire un mugolio per il contatto del divano con la ferita. Lacrimò
appena,cercando a fatica di spostarsi e staccare la schiena dal
divano che,per quanto morbido,al contatto le provocava solo fitte
terribili,come tante piccole lame. Ansimò per la fatica,mentre
Eclipse le si avvicinava e le leccò il muso,preoccupata. «Sto
bene,tranquilla.»
Le
disse,tentando d'accennare un sorriso per tranquillizzarla. Mentì,era
evidente come non stesse bene. «Cosa facciamo?» Chiese
Natsumi,assolutamente nuova a quelle situazioni,poiché
abituata ad essere medicata da sua madre,anche se mai da ferite di
quella portata,per sua fortuna. «Intendo,senza tua madre-»
«La medico io.» Rispose la ragazza dai capelli
viola,inginocchiandosi accanto alla ragazza ferita e cercando di
farle meno male possibile mentre le scopriva la schiena. Sussurrò
vari "mi dispiace" ad ogni suo gemito di dolore.
Sentì
un brivido percorrerla,quando poté vedere completamente la
schiena nuda di lei. Doveva essere stata attaccata con ferocia
inaudita.
«Cosa
l'ha ferita?» Chiese,ma la ragazzina non lo sapeva,poiché
incontrandola l'aveva già trovata così. «Credo
uno di quei mostri.» La ragazza si morse il labbro a quella
risposta,preoccupata perché,mentre si apprestava a medicare
quella sconosciuta,altrove sua madre non era ancora tornata,né
aveva dato sue notizie.
Si
bloccò,non era quello il momento di perdersi in quei pensieri.
Prese un respiro profondo e tornò a concentrarsi sulla ragazza
ferita.
Il
suo era un taglio orribile,facile comprendere per quale motivo
barcollasse e non rispondesse alle domande,difficile credere che una
ragazza apparentemente innocua fosse resistita ad un simile colpo
senza morire all'istante. La sua,non doveva essere una forza
normale,ne era ormai convinta.
Traeva
potere da qualcosa e,forse,non se ne era resa conto?
«Stringi
i denti e non fare movimenti bruschi.» Disse rivolta a
Lilith,poi rimase in silenzio,concentrata. Poggiò le mani
sulle due estremità della ferita,cercando di non farsi
distrarre dai lamenti della rossa,poi chiuse gl'occhi. Sotto gli
sguardi attoniti di Natsumi ed Eclipse,una luce violacea iniziò
a propagarsi per tutto il taglio,fino a rimarginarla ed a
lasciare,come testimonianza del dolore patito dalla rossa,solo una
cicatrice.
La
ragazza iniziò a respirare in modo più regolare,e
quando finì,Lilith sembrava essersi completamente
calmata,chiudendo gl'occhi e riposando. «È fuori
pericolo,» Disse la viola,nascondendo rapidamente le mani nelle
ampie maniche,non vista. Eclipse tirò un sospiro di
sollievo,accoccolandosi accanto alla padrona,mentre
Natsumi,liberatasi dalla tensione accumulata,si permise di sedersi
sul terzo divano della reception. Si era davvero preoccupata,e Lilith
era stata molto coraggiosa a rischiare la sua vita per trarla in
salvo,non era certa che sarebbe mai stata capace di ricambiarla a
dovere.
«Come
vi dicevo,mia madre non è ancora tornata.» Un ombra
passò sugl'occhi della ragazza viola,mentre si tormentava il
labbro coi denti. «Se vi serve qualcosa,rivolgetevi a me,o alle
gemelle,che sono al primo piano.» Spiegò,stroncando sul
nascere la domanda della ragazzina sul perché non l'avessero
sentite. «Dunque...Lei dovrà mangiare per forza. Anche
voi..?» Si voltò verso Natsumi che alzò appena il
capo,lasciando scivolare il mantello che la copriva.
Annuì
appena alla domanda della ragazza,inclinando il capo. La falce di
Luna ben in vista. «Va bene,se non vi è di disturbo.»
Lei
scosse la testa,accennando per la prima volta un sorriso.
«Tranquilla,Principessa.»
E
sparì nella stanza sulla destra. Natsumi si sistemò
meglio sul divano ed attese la ragazza che,dopo qualche minuto,tornò
da loro con due piatti di riso. Li poggiò su un
tavolo,coprendone uno,mentre mise accanto all'altro delle
bacchette,così che almeno la ragazzina potesse mangiare.
«Grazie,signorina.»
Le disse Natsumi arrossendo per tutta quella gentilezza. Non che non
vi fosse abituata,ma le risultò spontaneo chiedersi se tutto
quello non fosse dovuto al suo status di principessa. Mamma,come
starai?
Pensò,sospirando.
Quell'orrenda
sensazione sembrava non averla ancora lasciata.
|
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Capitolo 5 *** V. Riprendersi. ***
V.
Riprendersi.
Nella
Patria di Atlantjia la notte era calata da poco,disturbata solo dal
volo di uccelli occasionali nel cielo notturno di quel lembo di terra
un tempo noto come Seychelles. La bionda guerriera di Nibiru,ormai
abbandonatasi all'idea che avrebbe passato una notte insonne nel
rimorso per la morte della regina,si diresse verso il balcone del
castello,ottenendo una visuale sullo strapiombo su cui si affacciava
e dove,quasi invisibile ad occhio umano,si trovava la città di
Victoria,capitale dell'impero di Atlantjia.La lieve carezza del
vento,per quella notte,sarebbe stata la sola compagnia che avrebbe
desiderato avere accanto,assieme al silenzio,necessario a schiarirle
l'oblio che permeava la sua mente.
Volse
lo sguardo verso l'orizzonte,indugiando su pensieri a cui non avrebbe
mai osato dar voce davanti al suo Principe. L'Alba non era ancora
giunta,perciò poteva ritagliarsi ancora qualche ora da
dedicare a sé stessa,in solitudine,prima di ricevere altri
ordini a cui acconsentire. Non che odiasse farlo,ma uccidere Lady
Serenity,non era nei piani. Sospirò,sentiva i nervi cadere a
pezzi,fragili come vetro,ma era solo una sensazione dovuta ad un
eccessiva tensione per un compito che non avrebbe voluto vedersi
svolgere. Per quanto si trovasse in una patria piena di persone
che,sotto la loro protezione,scalpitavano perché il principe
Nexus vincesse la sua battaglia,e nonostante abitasse in un castello
assieme ad altre due Sailorsenshi che la incoraggiavano,la guerriera
non riusciva a non sentirsi sbagliata e fuori posto in quello
scenario. Voleva essere una guerriera d'amore,come un tempo era
stata,ma la sua spada,guidata dalla sua mano,portava morte. Voleva
essere circondata da altre ragazze come lei,ma il senso di solitudine
e sconforto le attanaglia lo stomaco e l'anima,forse derivati dalla
natura del pianeta da cui traeva potere. Il pianeta che porta la
morte. Un sospiro,la sua mano avrebbe continuato ad essere ancora per
molto tempo uno degli strumenti per la vittoria del suo Principe e
della sua Patria,per una missione che sapeva sarebbe un giorno
sfociata in una sanguinaria guerra. «Watashi no hoshi o watashi
o shukufuku. Watashi wa mayotte shimaimashitanode, watashi wa, gaido
ga hitsuyōdesu. Watashi wa kage ni ochite kitanode, watashi wa,
michi o mitsukeru koto ga dekimasen.» Il suo canto si perse in
un eco che andò man mano sfumando,l'insicurezza del suo tono
che divenne sicurezza. Prese una pausa,cominciò ad immettere
nei polmoni una gran quantità d'aria,stando attenta a non
gonfiare troppo la cassa toracica o ad alzare le spalle,per poi
spingerla verso la pancia. Sentì come un palloncino che si
gonfiava al suo interno. Riprese a cantare. «Kinboshi wa
watashitoisshoni madadesuga, watashi wa watashi no kokoro ni sore o
kanjiru. Watashi no kinboshi ā, watashi wa gaido ga
hitsuyōdesu.» Si fermò,sentì gl'occhi
pizzicare. «Kinboshi wa anata to tsuneni aru...» Il
rumore di tacchi che battevano contro il pavimento del terrazzo
distraè la guerriera di Nibiru dalla canzone che stava
intonando,costringendola a voltarsi. Un altro canto coprì il
suono della sua camminata,per quanto stonasse rispetto alla voce
della bionda. Dietro di lei,appoggiata contro lo stipite della porta
in marmo,Sailoratlantjia la osservava con sguardo quasi
compassionevole. «Volevo restare da sola.» Sussurrò
la guerriera di Nibiru. La ferì ma sembrò non
rendersene conto. Piuttosto,la ignorò e continuò a
fissare l'orizzonte. «Dovresti riposare.» La rimbeccò
Sailoratlantjia. Tono materno,non le si addiceva. Non si addiceva a
loro. «Non sono una bambina.» Protestò,abbassando
lo sguardo. La corvina fece una smorfia,incrociando le braccia al
petto. Si staccò dallo stipite,incurvandosi come un arbusto.
«Ero preoccupata,Non...» Si bloccò. «È
insolito sentirti cantare Densetsu no Kinboshi.» Lanciò
uno sguardo apprensivo alla bionda,lei scostò lo sguardo e la
evitò. Sensi di colpa. Forse non si sentiva abbastanza pronta
per la missione? «Stavo cantando anche C'est la Vie,prima che
arrivassi tu.» Ad interromperla,era sottinteso. «Mi
dispiace di averti interrotto.» Sailornibiru scosse la
testa,ormai non importava più. Tuttavia,avrebbe comunque
preferito la solitudine alla compagnia della corvina. Preferì
non dirlo,tornando a volgere lo sguardo verso l'orizzonte,la luna che
iniziava ad illuminare timidamente la città che loro
difendevano -Anche se gli invasori erano proprio loro. Volse lo
sguardo verso il basso,immaginò famiglie riunirsi attorno ad
un tavolo dopo che il marito,o la moglie,erano rincasati da una lunga
e faticosa giornata di lavoro che non li avrebbe mai veramente
stancati,forti ed eternamente giovani grazie al potere del
Ginzuishou, «Sei preoccupata per le conseguenze di ciò
che è successo oggi?» Non volle rispondere,non subito.
Si prese del tempo per riflettere su una possibile risposta,o
scusa,da dirle. Ad esempio,che semplicemente non aveva senso. «Due
anni fa,ho quasi ucciso Sailorpallas.» Ricordava ancora il suo
sguardo terrorizzato davanti alla furia della bionda e al suo cerchio
dorato che le lanciò contro,riducendola in uno stato pietoso,e
allo sguardo adirato di Sailorjuno. «Ma fu un incidente Snow,e
lo sai.» Snow,neve. Nome nobile che rievocava suoni troppo
troppo puri e regali,per un mostro come lei. Principessa Snow Theia
di Nibiru,la Patria che nessuno aveva mai veramente visto. Vi fu un
altro pesante silenzio. «Lei se lo ricorda ancora.»
Spiegò,rievocando nella mente il feroce scontro fra lei e Chuu
contro il Sailor Quartett. Sailorpallas le aveva sferrato una bomba
di ghiaccio,informandola che era per pareggiare i conti,per ciò
che le aveva inflitto due anni prima.
«Lady
Serenity non meritava la morte.» Continuò,la voce rotta
da un pianto che non arrivò mai. «...Non credi più
nella nostra causa?» ...Cosa? «Ma certo!» Vi aveva
aderito sin dal primo momento,come poteva anche solo pensare che non
vi credesse più? Lei viveva per assecondare il Principe
Nexus,perché così era stato deciso da lei stessa,era
padrona delle sue azioni e delle relative conseguenze. ....No.
-Pensò.- Non sempre. «Solo..dubito dei nostri modi.»
Attaccare la Capitale del mondo non era una cosa da poco,e tantomeno
lo era attaccare la famiglia reale,o danneggiarli. Era come un atto
suicida in cui ci si poteva solo inimicare un pianeta intero,senza
alcuna possibilità di perdono se non con l'atto stesso della
propria morte. Non era mai stata addestrata a tutto quello.
«Ascolta,noi siamo nel giusto.» Le poggiò le mani
sulle spalle,e lei già sapeva quale discorso avrebbe dovuto
ascoltare. «Non ho mai pensato il contrario.» La
rimbeccò,scostando le mani di lei dalle sue spalle. «Ma
non voglio dover ferire altre Guerriere come me,come noi.» Lei
non era Galaxia,la Sailorsenshi che plagiata da Chaos creò
Shadow Galactica,né tantomeno una Sailor Animamates,eppure
come tale doveva comportarsi,anche se senza toccare gli StarSeed
altrui. «Mi sembra di essere alle dipendenze di Shadow
Galactica,» Un paragone che faceva gelare il sangue nelle vene.
«Ma noi non prendiamo StarSeed,offriamo direttamente alla
guerriera la possibilità di schierarsi con noi. Sailorpallas
ha rifiutato,le conseguenze se le aspettava già.» la
guerriera di Atlantjia si sedette sul balcone,invitando
Sailornibiru,anzi Snow,a fare lo stesso. Lei scosse la
testa,rifiutandosi di stare con le gambe a penzoloni nel vuoto,anche
se la vista doveva essere qualcosa di fantastico, «Lady
Serenity stava solo difendendo una persona a lei cara.» Ed era
qualcosa che,forse,non tutti avrebbero fatto. Non tutti gli umani
potevano essere tanto nobili da rischiare la vita per qualcun'altro.
Nexus li definiva deboli,ma lo erano davvero? La regina non aveva
avuto altre vie di scampo se non la morte,non le era stato offerto di
unirsi a loro. «Sarebbe stato inutile.» E lei lo
sapeva,lo sapeva bene. Nessuna Guerriera della Luna Bianca avrebbe
mai accettato di unirsi a coloro che consideravano il male,perché
flagellavano la loro terra e chi avevano di più caro.Ma lo
facevano per un motivo che sembravano non comprendere,troppo
ottenebrati dall'idea di essere nel giusto a prescindere. «Se
può consolarti,» La corvina interruppe il suo flusso di
pensieri,costringendola a voltarsi verso lei. «Nexus la sta
sgridando.» Come se una sgridata fosse sufficiente per
cancellare il sangue versato.
«Senza
la Regina,ora non sappiamo come cercare Lei.» La Guerriera di
Nibiru restò interdetta e confusa da quelle parole. Non era
del tutto vero,il loro secondo obbiettivo in caso di prematura morte
della regina era il suo consorte,King Helios. Lui doveva sapere,per
forza di cose,dove si trovasse. «Non è vero,King
Helios-» «È morto anche lui.» La interruppe.
Boccheggiò per svariati istanti,presa in contropiede da quella
risposta che non si aspettava. Faticò a riprendersi dal suo
stupore.Un regno senza Re e Regina,per forza di cose,sarebbe dovuto
ricadere sulla loro unica figlia conosciuta,no? Una ragazza rivestita
di un compito troppo grande,esattamente come sua nonna,NeoQueen
Serenity. Deglutì per sciogliere il gruppo formatolesi in
gola,ed infine chiese «Come...?» La corvina si prese una
lunga pausa che portò Sailornibiru a pensare che non avrebbe
ottenuto risposta a quella domanda o che,più semplicemente,non
avesse udito la sua voce. «Uno dei nostri Mostri.» Iniziò
invece a spiegare lei. «Il Re si era messo fra lui ed una
civile,per proteggerla.» Decise di risparmiarle i dettagli
esatti che ne avevano causato la morte,ma lei si fece bastare quel
semplice sunto. Non era certa di poter sopportare l'immagine mentale
di un altra morte,dopo quella a cui già aveva assistito
personalmente.
Morire
per proteggere il proprio popolo. Poteva,questa,essere davvero una
giustificazione per gettare condanne di morte su persone che,in
vita,fecero tanto per la loro gente? E se fosse toccato a loro,una
volta vinta la guerra che avevano iniziato? Immaginò lo
scenario di Nexus e della sua possibile futura sposa uccisi da
qualche rabbioso abitante di Crystal Tokyo. «Ascolta Snow,lo so
che un giorno troverai un altra come me-» Parlò la
corvina,e sbuffò,sembrava un discorso che la infastidiva.
«...Un altra amica?» La corvina le riservò un
occhiata in tralice,non era quello il modo più adatto di
definire il loro rapporto. Le guancie della bionda s'imporporarono.
«Etlejia,cosa-...cosa stai dicendo?» Chiese
incredula,strabuzzando gli occhi ripetutamente. «Io non potrei
mai...» «...Siamo due Principesse.» Tagliò
corto. Vero,le principesse di Atlantjia e Nibiru. «E siamo
guerriere Sailor. Un giorno una di noi due potrebbe morire in
battaglia,e-» Ancora più incredula,capì di cosa
stesse parlando. Era Paura. Etlejia aveva paura,come qualsiasi essere
umano,di morire senza prima poter fare tutte le cose che
sognava,realizzare tutti i suoi desideri. Come Helios,e Lady
Serenity.La bionda s'incurvò appena,questa volta fu lei a
sentirsi ferita. E faceva male,un dolore bruciante dentro,per
quell'eventualità a cui non riusciva a pensare.«Per
quanto mi riguarda,potrei anche essere l'ultima Sailornibiru,»
Farfugliò, «Ma se sarà per proteggerti,saprò
che almeno cadrò per qualcosa di giusto.» Un giusto modo
di porre fine alla sua vita,per una persona i cui gesti avevano solo
portato morte e distruzione.
Sailoratlantjia
scese dal balcone e si buttò di slancio fra le braccia della
bionda. Non ebbe il coraggio di parlarle dei veri pensieri che la
tormentavano,del terrore di vedere lei diventare niente più
che un semplice StarSeed fra le mani del fratello,il Principe
Nexus,per via della sua emotività eccessiva che in battaglia
diventava debolezza.
Empatia.
Una
debolezza che,però,la rendeva umana,vera. La prima cosa che
aveva amato,in quella ragazza dai capelli biondi e gli occhi rossi.
Le sorrise,cercando di sembrare più convincente possibile.
Non
voleva dirle,né sentire altro,le bastavano quelle parole.
«Anche io.»
__________________________________________
Aprì
gl'occhi e vide nero.
Attorno
a lei,ogni singola cosa era stata inghiottita da un marasma di
oscurità,in cui però la sola cosa visibile era
lei,nonostante irradiasse luce che sembrava non essere davvero sua.
Improvvisamente,la
luce portò via l'oscurità in un modo così brusco
da costringerla a chiudere gli occhi. Come una grande e potente
mano,l'oscurità venne strappata con violenza dal mondo
circostante e trascinata via. Riaprì gl'occhi,stavolta più
lentamente,vi si abituò,e vide che non c'era più solo
luce. Un amalgama d'ombre formava una figura di cui non vedeva il
volto,ma la cui silhouette le sembrava nota.
«La
luce pensa di viaggiare più veloce di ogni altra cosa,»
Una voce di donna eccheggiò nel mare di luce,suonandole
conosciuta,e forse malevola. «Ma quando arriva,»
La
figura protraè una mano artigliata verso di lei,facendosi
sempre più vicina.Tentò di ritrarsi ed allontanarsi,ma
catene la tenevano ancorata a un muro per i polsi.
«scopre
che noi
siamo
arrivati prima*» Sentì gli artigli lacerarle il petto.
Lilith
si svegliò di soprassalto quando fuori era già notte
fonda,il cuore in gola che batteva con tanta violenza da farle quasi
male in petto,propriò là dove nel suo incubo era stata
squarciata di netto. Ma nessuna risata malevola eccheggiava per la
stanza. Memore dell'incubo appena fatto,si tastò il petto
ma,con suo grande sollievo,lei non stava perdendo piccole stille
cremisi dal petto. Tentò di regolarizzare il
respiro,lasciandosi sfuggire qualche lamento per via dei muscoli
che,ancora debilitati,le fecero male come se mille piccoli aghi li
stessero pungendo. Constatò,invece,come la schiena non
pulsasse più ed il dolore si fosse notevolmente attenuato
rispetto a quando era con Natsumi.
A
quel pensiero,apparentemente insignificante,sbarrò gl'occhi e
si ricordò di colpo della ragazzina che,notò,non era
presente in quella stanza sconosciuta. Preoccupata,provò ad
alzarsi,con cautela,dal divano,ma scoprì che restare in piedi
le necessitava ancora uno sforzo enorme,nonostante il dolore si fosse
affievolito molto,perché ancora debole. Ricadde sul divano a
peso morto ma,testarda,provò a rialzarsi,colpendo con la testa
una mensola posta appena sopra. Mugolò in segno di protesta e
fece qualche passo avanti,tenendosi al muro di quella che riconobbe
essere una reception,cercando di evitare il mobilio. Per sua
sfortuna,lei non era un gatto come Eclipse e,di
conseguenza,orientarsi al buio era per lei molto complicato. Se
solo trovassi un interruttore
- Pensò,tastando il muro fino a trovare quello che sembrò
essere proprio un interruttore. Lo schiacciò e,con suo grande
disappunto,il fastidioso suono dell'allarme si propagò per
tutta la stanza,costringendola a tapparsi le orecchie per il
frastuono che provocava. «Oh,kamisama!» Esclamò
una voce proveniente dalle scale,accompagnata dal suono di passi
rapidi che scendevano sino ad arrivare alla reception.
La
luce si accese e Lilith,ancora con i palmi delle mani ben piazzati a
chiudere le orecchie e poggiata contro il muro,si vide passare
davanti una ragazza ben più alta di lei,dall'aria seccata,che
si affrettò subito a spegnere l'allarme.
Cessato
il fastidioso suono,la rossa si mise in una posizione più
dignitosa,per poter guardare meglio la sua salvatrice. Si trattava di
una ragazza che,per quanto più alta di lei,doveva essere più
giovane di qualche anno,od almeno così sembrava. Era difficile
stabilire l'età effettiva di un individuo solo dal suo aspetto
fisico. «Mi dispiace,» Si scusò,chinando appena il
capo e poi rialzandolo. «Cercavo la luce e-» L'altra la
interruppe con un gesto della mano,allungando il braccio ed
indicandole un punto non ben precisato verso le scale. «L'interrutore
del piano terra è nel muro adiacente alle scale.» Le
spiegò,portando una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio.
Era evidente come la ragazza fosse ancora intorpidita dal sonno.
Tuttavia,non poteva biasimare la rossa che,appena arrivata,era così
confusa da non poter sapere come dovesse orientarsi nella pensione.
Ma
la viola continuava a chiedersi come avesse fatto, un apparente
semplice ragazza,a sopravvivere ad una ferita altrimenti mortale per
chiunque altro. «Come va la schiena?» Le chiese,notando
come riuscisse a stare dritta senza fare smorfie o lamenti come
qualche ora prima. «Ti ho curata io,» Le spiegò.
«Ma credo non fosse abbastanza.» I suoi poteri non erano
ancora così ampi da permetterle di rimarginare completamente
le ferite,e quello era il motivo che l'aveva spinta a cercare di
conseguire una laurea in medicina.
Aiutare
gli altri era tutto ciò che la gratificava.
«Va
meglio,grazie.» La rassicurò,accennandole un
sorriso,mentre raggiungeva a brevi falcate delle sedie attorno ad un
tavolo,dove era posato un piatto capovolto su una ciotola. «è
per te.» Spiegò la viola,facendole segno che,se
voleva,poteva tranquillamente sedersi.
Accanto
alla ciotola erano state messe delle bacchette,un bicchiere ed un
tovagliolo; La ragazza,pur non conoscendola,si era adoperata al
meglio per prepararle ogni cosa con attenzione.
Minuziosità
quasi familiare,materna. Un groppo le si formò un groppo in
gola. «L'ho preparato quando siete arrivate,ora credo sia un pò
freddo.» Lilith sobbalzò nel sentire la voce della
ragazza che la distraeva dai suoi pensieri,riportandola alla realtà.
La viola tolse il piatto da sopra la ciotola,portandola via. «Te
la riscaldo. La tua amica ha già mangiato,e ora
dorme,comunque.» Sparì in cucina,mentre la rossa tirò
un sospiro di sollievo. Era contenta che Natsumi stesse
bene,significava che era stata in grado,in un certo senso,di portare
a termine il compito che le era stato affidato,o quasi. Sospirò
pensando che,più tardi,avrebbe dovuto chiamare suo padre e
fargli avere sue notizie,poiché non si faceva viva da quasi un
giorno intero. Deve
essere tremendamente preoccupato.
- Pensò,incassando la testa nelle spalle.
«A
proposito,» La ragazza dai capelli viola tornò da lei
qualche tempo dopo mentre con una mano,avvolta da una presina,teneva
la ciotola che le mise davanti. «Io mi chiamo Makoto Kenzaki.»
Si presentò,accennando un sorriso e mormorandole un 'buon
appetito'. La rossa staccò le bacchette e le immerse nel
riso,per poi voltarsi verso la viola. «Lilith.» Rispose a
sua volta,iniziando a mangiare. Il suo digiuno era stato così
prolungato,che poter sentire del cibo scendere per la gola era una
sensazione paradisiaca. Socchiuse gl'occhi,gustandosi la buona cucina
della ragazza,poi tornò a ricordarsi di lei quando la sentì
muoversi una sedia per sedersi. «Hai lo stesso nome di una
Guardian Senshi di NeoQueen Serenity. Makoto Kino,se non sbaglio.»
Sailor Jupiter. La ragazza annuì,accennando un vago sorriso.
«Sì,» Confermò. «Sembra che avesse
salvato mia madre,quando mi stava aspettando,da un attacco del
BlackMoon Clan.» Quel breve racconto ricordò alla rossa
che,quando ancora era solo una bambina,anche a lei accadde una cosa
simile,nello stesso periodo. Un membro,impazzito,del BlackMoon
Clan,le si era avvicinato con l'intenzione di renderla un altra
vittima innocente del loro massacro,quando una freccia infuocata
l'aveva colpito ed allontanato.
Sailor
Mars voglio essere come te! Aveva
esclamato nella sua innocenza di bambina,ringraziandola. Ai suoi
occhi,le era sembrata un eroina. «Il tuo nome è un modo
per renderle omaggio,quindi.» La rossa ipotizzò
che,forse,anche lei avrebbe chiamato sua figlia "Rei",se
quando Sailor Mars la salvò fosse stata una donna in dolce
attesa. Makoto annuì,sistemandosi un fermaglio sui corti
capelli viola e dando un occhiata all'ora. Le quattro del mattino.
Volendo,poteva avere ancora due ore di sonno. Si alzò dal
tavolo,accennando all'orologio appeso al muro. «Ora scusami,ma
fra due ore mi aspetta una giornata intensa.» Sperava,però,che
sua madre tornasse quanto prima e potesse essere lì ad
aiutarla. Quattro sorelle da sole,di cui due ragazzine ed una
bambina,non avrebbero potuto fare poi molto. «Buonanotte
Lilith.» La salutò con un cenno della mano,sparendo
lungo le scale.
«'Notte,Makoto.»
Finì di mangiare e decise che,forse,era meglio che anche lei
si concedesse qualche ora in più di sonno.
{*La
frase originale è «La luce crede di viaggiare più
veloce di ogni altra cosa, ma si sbaglia. Per quanto veloce viaggi,
la luce scopre che l'oscurità arriva sempre prima,ed è
lì che l'aspetta.» ed è di inventiva della Player
di Lilith.} |
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Capitolo 6 *** VI. Il Giorno dopo. ***
VI.
Il giorno dopo.
Era
passato un giorno dall'attacco a Crystal Tokyo,un giorno da quando il
Sailor Quartett aveva perso la loro Regina ed amica. Un giorno intero
passato alla ricerca di Natsumi,la principessa,senza ottenere
risultati. Loro,solo in quattro,non erano sufficienti per setacciare
interamente una città troppo grande come era Crystal Tokyo,e
mobilitare i Saint era impensabile,poiché il castello -o ciò
che ne rimaneva- sarebbe rimasto sguarnito.
Non
conoscevano la ragazza a cui Lady Serenity aveva affidato sua
figlia,perciò cercare lei per trovare la Principessa era un
impresa impossibile. Ma,di certo,non potevano cessare così la
loro ricerca. Non dopo aver saputo che anche King Helios era
morto,durante l'attacco,lasciando completamente sola quella
ragazzina,in uno stato in cui la città poteva finire in guerra
da un momento all'altro per le follie di un Principe che non si era
mai mostrato in prima persona.
Le
quattro decisero di abbandonare la città alta e recarsi nella
bassa,sciogliendo le trasformazioni per tornare ad essere
semplicemente quattro giovani donne. Le Sailor fuku avrebbero dato
troppo nell'occhio,e la popolazione era già abbastanza scossa.
«Come glielo diremo?» La domanda di Ves Ves colpì
le sue sorelle,il tonfo sordo dei piedi di una di loro,che venivano
malamente inchiodati al suolo,la costrinse a girarsi. I loro volti
erano divenuti,se possibile,ancora più cupi di quanto non
fossero da quando erano partite. «. . . Non lo sappiamo.»
Rispose PallaPalla,incassando la testa nelle spalle come se volesse
nascondersi lei stessa. Ognuna di loro avrebbe voluto svegliarsi
altrove e scoprire che quell'incubo non era mai iniziato,e che tutto
era ancora come lo ricordavano,con King Helios che discuteva con
Morpheo di Elysion. Con Lady Serenity che cantava dolci canzoni alla
figlia,mentre le spazzolava i capelli.
Ricordi
che facevano male e ferivano come marchi impressi a fuoco sulla
pelle,lasciando un dolore tanto intenso da far quasi desiderare loro
di non essere sopravvissute. Alla fine,CereCere non ce la fece più
e,una mano portata a coprirsi il volto,pianse,in silenzio. Lacrime
amare scesero dai suoi occhi,bagnandole le guancie e pizzicando
quando si asciugavano. JunJun le avvolse un braccio attorno alle
spalle,stringendola a sé e dandole lievi pacche sulla schiena
finché i singhiozzi non si attenuarono sino a calmarsi del
tutto. «Adesso,è meglio pensare a Natsumi.» Disse
la verdina,scostando appena la sorella e ponendosi a capo del gruppo
per far loro strada verso la bassa,dove avrebbero continuato e
approfondito la loro ricerca,finché le loro gambe non le
avrebbero ridotte in ginocchio per la fatica. «Non deve essere
molto lontana,no?» Non poteva averla portata fuori da Crystal
Tokyo,a meno che quella ragazza dai capelli rossi non fosse un
nemico. Ma,se lo fosse stato,perché non aveva approfittato ed
ucciso lei stessa Lady Serenity,anziché soffermarsi a
prestarle cure e soccorso? La loro amica doveva aver visto
qualcosa,in lei,per sapere di potersi fidare.
PallaPalla
si voltò appena,sentendo strani mormorii provenire dalla
piazza,ed impallidì. Un certo numero di persone,intente a
sistemare un negozio devastato dai mostri,farfugliava cose su di
loro,maldicenze. «Ai tempi di mio Nonno,» Disse un uomo
«Le Sailor Senshi erano cinque ragazze,forse comuni
studentesse,che ci difendevano da mostri come quelli.» Stava
parlando del periodo in cui Crystal Tokyo era ancora solo "Tokyo",un
tempo che era molto più distante di quanto sembrasse. «Ora,i
mostri li creano loro,e ce li mandano contro!»
L'azzurrina
sbarrò gl'occhi,non riuscendo a credere a quello che le
persone stavano capendo da quella situazione di cui,forse,iniziavano
ad essere stanchi. Non erano abituati a vedere ragazze vestite di
Sailor Fuku che li attaccavano creando mostri,se Atlantjia avesse
continuato,il popolo avrebbe potuto ritorcersi contro di loro,forse
fare addirittura una rivolta. «E dire che mia figlia Mei voleva
essere come loro. Giocava con le amiche fingendo di essere Sailor
Pallas.» La guerriera dell'asteroide Pallas si lasciò
sfuggire un sorriso,intenerita da quell'immagine. «Adorava
l'azzurro» Continuò l'uomo,stringendo con entrambe le
mani la tavola di legno,ma si fece prendere dal rancore,spezzandola
in due. «Quell'esercito di mostri l'ha travolta senza pietà,e
non c'era la sua adorata Pallas a difenderla!» Le altre tre
sorelle si voltarono,non sentendo l'azzurrina rispondere alle loro
domande. La trovarono con la schiena ricurva e le mani protratte ad
avvolgerle il busto. Gli occhi sgranati ed il corpo piegato
dall'accusa di avere,adesso,la morte di una bambina che credeva in
lei sulla coscienza.
Non
si mosse quando le altre la chiamarono ma,anzi,dovette essere
CereCere ad avvicinarsi a lei,stringendola a sé. «Avremmo
dovuto difendere la città,» Farfugliò fra i
singhiozzi,stringendosi i fianchi con le mani fino a far sbiancare le
nocche. «Avremmo- Mei. . . ChibiUsa . . . Noi non abbiamo-»
E proruppe in un pianto disperato che attirò l'attenzione
dell'uomo di poco prima. Tuttavia,non poté riconoscere in lei
la Guerriera Sailor Pallas,perciò tornò alle sue
mansioni,sfogando la rabbia proprio come l'azzurrina che,non fosse
stata fermata dalle sorelle,avrebbe continuato a stringere i fianchi
sino a renderli lividi. «Ascolta,PallaPalla» CereCere la
costrinse ad alzare il capo,le si strinse il cuore nel vedere il suo
volto solcato dalle lacrime e contratto in una maschera di rabbia e
dolore. «Non possiamo salvare tutti,lo sai.» Nonostante
tutto,erano anche loro delle semplici umane e,come ogni umano,avevano
dei limiti. Non erano Dee,anche se venivano trattate come tali,non
potevano essere ovunque e difendere tutti.
L'azzurrina
annuì in silenzio,tentando di calmarsi con respiri profondi e
poi,continuando a restare abbracciata alla sorella,tornò dalle
altre due. VesVes preferì non chiederle cosa fosse
successo,mentre JunJun venne distratta dal suono del suo telefono. Lo
prese dalla tasca,e lesse un numero che le era sconosciuto.
Corrugando le sopracciglia rispose,e quasi trasalì.
«Pronto,JunJun?»
Dall'altro capo del telefono,Natsumi sembrava essersi svegliata da
poco. Non aveva un tono sofferente perciò dedusse,od almeno
sperò,che ciò implicasse che non era stata in alcun
modo ferita. Tirò un lungo sospiro di sollievo. «Sì,sono
io.» Confermò,mentre le sorelle la guardavano
interrogativa. «Ieri le comunicazioni erano state interrotte.
Stamattina ho provato a chiamare a palazzo,ma suona a vuoto.»
La voce della ragazzina si fece preoccupata,forse consapevole che
qualcosa di terribile era accaduto. Deglutì,cercando di
scogliere il gruppo che le si era formato in gola. «Dove sei?»
Le chiese la verdina,con voce tremante. Improvvisamente,la voce della
principessa si fece più lontana,la sentì chiedere
distrattamente ad una terza voce il nome del posto dove si trovava.
«Pensione Costa Luna di Eriko,sai dov'è?» Dalla
voce,capì ch'era ansiosa di tornare a casa. Mormorò in
segno d'assenso. «Aspettaci Natsumi,» Si voltò
verso le altre,risollevate nel sentirla pronunciare quel nome.
«Veniamo a prenderti.»
_________________________________________
Nella
Patria del Sole,la terra natia di Lilith,si poteva quasi respirare la
medesima agitazione provata dal Sailor Quartett. L'ansia che pregnava
le pareti del castello,più simile ad una villa vittoriana, era
dovuta alle notizie relative a Crystal Tokyo che,dopo quasi
ventiquattro ore,erano riuscite a trapelare nel resto del mondo con
il ristabilirsi delle comunicazioni. E mentre più o meno tutti
gli inservienti si chiedevano se la capitale era da considerarsi in
guerra,e se il tutto si sarebbe esteso a livello globale,un fragoroso
rumore di tacchi si espandeva lungo il corridoio
principale,annunciando l'arrivo di una domestica che,trafelata ed
agitata,correva a perdi fiato per il corridoio,facendosi strada fra i
suoi colleghi e scusandosi ogni qual volta ne faceva cadere uno. La
donna era cosciente che,fra tutti loro,il più agitato fosse il
Re,poiché non aveva più avuto alcuna notizia di sua
figlia,e le voci che iniziavano a girare non aiutavano a migliorare
il suo umore,ma lei aveva un urgente bisogno di vederlo. Si bloccò
di colpo,piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato,quando
incrociò suo marito,nonché maggiordomo personale del
Re. «Calma,Mei Rin!» Esclamò l'uomo,preoccupato
nel vedere la sua consorte correre come fosse impazzita. «Non
posso . . . calmarmi . . . Oh Dio. . .» Si portò il
braccio intorno al fianco sinistro,contorcendo il volto in smorfie di
dolore che venivano ben nascoste dai suoi spessi occhiali. Acute
fitte di dolore la colpivano sia al fianco,per la folle corsa,che ai
polmoni,per la sua violenta respirazione. Tentò di calmarsi
quel tanto che bastava per poter dare risposte sensate. «Devo
vedere- . . . Il Re!» sbascicò,riprendendo lentamente il
ritmo regolare del respiro. Deglutì a vuoto. «Dov'è?»
Chiese subito dopo,senza dare modo all'uomo di chiederle i motivi
della sua urgenza. «Nelle stanze di sua figlia,» Le
rispose. L'ala Est del castello,in uno dei piani più alti.
Avrebbe dovuto dare una corsa lungo le scale,per raggiungerla in
tempo.vrebbe dovuto fare una coEra certa di poter sentire le gambe
chiederle già pietà. «Ma credo non si voglia
disturbato.» Precisò,ma non era difficile immaginare
perché,il loro Re,non volesse essere disturbato.
Paure,preoccupazioni ed ansie legate al suo popolo ed alla minaccia
che avrebbe potuto estendersi sino al suo regno,ma primo fra tutti
sua figlia,che egli stesso,al tempo ignaro,aveva spedito nel fulcro
del fuoco nemico. Avrebbe dovuto garantire la sicurezza del suo
popolo,ma non era nemmeno certo di quella di sua figlia. «. . .
Grazie,Sebastian!» Esclamò la donna,piegandosi in un
profondo e sentito inchino,per poi sorpassare l'uomo e riprendere a
correre,svoltando verso sinistra ed imboccando,con forse eccessiva
velocità,le scale.
Ruzzolò
a terra,sbattendo il fondoschiena contro i duri gradini della
scalinata. Mugolò versi di dolore e,sbuffante e dolorante,si
aggrappò alla ringhiera per rialzarsi. Percorse le scale sino
a trovarsi davanti la porta socchiusa delle stanze della loro
Principessa. Mei Rin sentì il cuore stringersi in petto nel
vedere il suo Re,un uomo forte e valoroso,ricurvo di spalle sul letto
della figlia,voltato appena verso una foto della ragazza da bambina.
Fragile,come un arbusto piegato dal vento,lui che vinse guerre e
battaglie,arrivando,a detta sua,a perdere in battaglia quell'occhio
sinistro che ora manteneva ben coperto da una benda nera.
Sospirò
la donna e,sul momento,non se la sentì di fare irruzione e
disturbare l'uomo,che forse non avrebbe voluto mostrarsi così
debole davanti ad una sua inserviente. Prese un respiri profondo e,a
malincuore,bussò sulla superficie in legno decorato della
porta. «Avanti» Disse la voce profonda dell'uomo,senza
voltarsi. La cameriera sentì un brivido lungo la schiena e,con
passo incerto,aprì appena le porte,avanzando dentro la stanza.
Il sovrano dalla zazzera rossa si voltò appena,sciogliendosi
in un espressione sollevata. «Ah,sei tu,Mei Rin» Le
disse,alzando il capo ed accennando un sorriso rassicurante alla
domestica che gli rivolse un inchino,come la formalità le
imponeva. «Ti prego,non inchinarti» La donna annuì
e si issò in piedi,quasi mortificata. Fece scivolare le mani
nelle tasche del grembiule e ne tirò fuori un telefono
nero,sul cui display lampeggiava ancora una chiamata in
attesa,proveniente da un numero sconosciuto. Riconobbe,però,il
prefisso di Crystal Tokyo. La cameriera lo porse gentilmente
all'uomo,rivolgendole un sorriso quasi materna. «Re Rha»
Attirò la sua attenzione,chiamandolo per nome. «È
Lilith» Scandì semplicemente,e bastò perché
il sovrano sbarrasse gl'occhi,sorridendole riconoscente e contento
mentre,con un lieve accenno d'ansia,afferrò il telefono e se
lo portò all'orecchio.
La
donna gli rivolse un lungo inchino,per poi uscire e lasciare solo
l'uomo. Un giorno intero senza poter ricevere notizie di sua figlia
doveva essere stato,per lui,un supplizio,tanto da arrivare persino a
temere,nell'ansia del momento,di doverla sapere morta nell'attacco
alla capitale del Mondo. «Pronto,Lilith?»
Chiese,titubante. Nessuna risposta. Un silenzio carico di tensione
che si spezzò. «Ciao,Papà.» Era come
tornare a sentire il cuore battere in petto. Dall'altra parte,la voce
della figlia non era spensierata come al solito,comprensibile
considerato lo scenario di morte e distruzione a cui doveva aver
assistito,ma sembrava almeno contenta di poter risentire il genitore.
«Le comunicazioni sono saltate,non ho potuto chiamarvi,mi
dispiace» Si scusò rammaricata,ma lui lo sapeva già.
«Sì,lo so,» Rispose,infatti «Le notizie
dell'attacco a Crystal Tokyo sono arrivate fin qua solo da qualche
ora.» Le spiegò,un nodo gli si formò in
gola,impedendogli di formulare una domanda che gli attanagliava il
cuore. «Eravamo tutti preoccupati. Io,Alois,Patricia. . .»
La ragazza,dall'altra parte,sorrise,pensando alla sua matrigna e al
suo piccolo fratellino un pò pestifero,ma a cui voleva un gran
bene. Le mancavano tutti,e sperava di poterli riabbracciare presto.
«Salutameli» Lo supplicò «Mi mancate molto.»
Per quanto i Kenzaki fossero ospitali,per quanto la trattassero come
una di loro,lei non lo era affatto. Si sentiva estranea a tutto
quello,come se con loro non c'entrasse niente,una sorta di elemento
di disturbo.
E
sapeva che la stessa sensazione la condivideva con Natsumi,anche lei
ansiosa di ritornare a casa dalla sua famiglia. «Lo farò.
Anche tu ci manchi.» Le disse,e lei si lasciò andare ad
un lungo e pesante sospiro a quelle parole. Vi fu una pausa che
sembrava non dovesse mai finire. «È stato terribile
papà.» Gli disse,rompendo quel pesante silenzio. Lui
poteva solo immaginare quanto lo fosse stato davvero. «Non
guardavano in faccia nessuno,attaccavano e-» «Tu stai
bene?» La interruppe,poiché era solo quella la domanda
che gli premeva di più di qualsiasi altra cosa. La
rossa,dall'altra parte,indugiò,come se vi fosse qualcosa che
non volesse dirgli. «Adesso sì,» Adesso?
- Pensò,ma lei non gli diede spiegazioni
ulteriori,anzi,indugiò nuovamente. C'era qualcosa che stava
tenendo dentro sé,ma perché? «Eclipse?» Le
chiese,riferendosi alla gatta di lei,al momento sua unica protettrice
ed amica,in un luogo che era diventato un campo di guerra,secondo
fonti più o meno attendibili. «È qua con me,sono
da Eriko.» Le spiegò,e l'uomo tirò un sospiro di
sollievo nel saperla al sicuro con persone che conosceva e di cui si
fidava. Eriko e suo marito erano stati la sua famiglia,un tempo,così
come i sovrani della Luna,Lady Serenity ed Helios. «Appena
puoi,torna a casa,ti prego.» Aveva paura che potesse davvero
accaderle qualcosa di grave. Una pausa,la sentì giocare con il
filo del telefono. «Non posso,» Non gli risultò
difficile capire il perché. Paura del popolo,per via del
simbolo che portava sulla fronte,sotto al cerotto. «Se è
per il simbolo,possiamo continuare a-» Mormorò in segno
di diniego. «Lady Serenity mi ha affidato sua figlia,Natsumi.»
Proprio a lei. Il Re la trovò una scelta quasi ironica.
Sospirò,contrario alla sua idea di rimanere,ma capì che
non poteva farvi nulla. Aveva preso da lui il carattere,ed abbastanza
altruismo da non negare un aiuto a chi si trovasse in difficoltà
ed incrociasse il suo cammino. «Non posso lasciarla sola,papà.»
Continuò la ragazza,irremovibile sulla sua decisione. «E
devi morire tu,per lei?» Le chiese l'uomo,con un tono di voce
che sapeva di ultimo tentativo per convincere la ragazza a tornare a
casa da lui,da tutti loro. Non era nemmeno una Sailor Senshi,come
l'avrebbe difesa? «Non posso lasciarla. Capiscimi,ti prego.»
La capiva,sì,ma non se la sentiva di lasciare sua figlia là,in
una città che era diventata troppo pericolosa per lei. Voleva
saperla al sicuro,a casa e con la sua famiglia. Si lasciò
andare ad un sospiro pesante.e ad un cenno distratto del
capo,nonostante lei non potesse vederlo. «. . . Stai attenta»
Disse solo e la rossa,dall'altra parte del telefono,seppe già
che il padre aveva accettato la sua decisione,anche se forse non la
condivideva. «Certo,papà,lo sono sempre.» Mentì.
«Ti voglio bene.»
E
la chiamata si chiuse. «Anche io,piccola mia.»
__________________________________
Il
tempo sembrava non passare mai,l'orologio posto nella reception dava
l'idea di star segnando da tanto,forse troppo tempo la stessa
ora,come fossilizzato,senza cambiare mai.
Il
suono cacofonico prodotto dal telefono fisso della pensione indicò
che anche Lilith,come prima Natsumi,aveva concluso la sua chiamata
alla sua famiglia,per sapere come stessero. Sembrava,tuttavia,più
serena della rosa,che al contrario era seduta su una poltrona e
controllava con cadenze maniacali l'orologio. In realtà,la sua
era solo ansia,poiché non vedeva l'ora di riabbracciare sua
madre e suo padre e togliersi,così,quella strana sensazione
che le opprimeva il cuore come un macigno. «Ti vengono a
prendere?» Chiese la principessa della luna,facendo ciondolare
le gambe. Per non dare troppi sospetti riguardo la sua origine,aveva
dovuto sciogliersi gli odango e spettinarsi la frangia,così da
coprire la falce di luna. Non era molto,ma era il minimo che aveva
potuto fare per rendersi irriconoscibile da un eventuale nemico.
«No,» Le rispose la rossa. «Ho detto a mio padre
che devo badare a te.» In realtà,era una menzogna,poiché
il Sailor Quartett sarebbe presto venuto a prendere la ragazzina per
riportarla alla sua casa,il palazzo. La rossa aveva,però,un
bisogno così disperato di conoscere le origini del simbolo che
le bruciava sulla fronte,da portarla a mentire pur di non essere
allontanata da Crystal Tokyo,dove era certa di poter trovare le
risposte che tanto andava cercando.
«Dovresti
tornare a casa,saresti più al sicuro,no?» Ipotizzò
la rosa,incassando la testa nelle spalle,pur non essendo veramente
certa che esistesse ancora un luogo veramente sicuro. «Credi
che dopo Crystal Tokyo,quelle guerriere non si dirigeranno anche
altrove?» Controbattè la rossa,ammutolendo la ragazza
più piccola che restò immobile a fissarla,gli occhi
sbarrati,senza darle alcuna risposta. Sospirò,poiché
quella teoria era proprio ciò che temeva. Avrebbero
potuto,volendo,allargarsi agli altri regni,e non era certa che le
altre Sailor Senshi fossero abbastanza potenti da difendere i loro
stessi regni.
Una
guerra che poteva espandersi,fare milioni e milioni di morti lungo il
suo cammino.
Un
brivido scosse la principessa della Luna,costringendola a stringersi
appena nelle sue spalle minute. Fra le due ragazze scese il
silenzio,reso meno surreale dal chiacchiericcio degli altri clienti
che,incuranti di loro e parlando con voce concitata e
preoccupata,parlavano del giorno precedente,occupando ogni tanto uno
dei telefoni della pensione per poter sentire i loro cari ed
accertarsi che stessero bene. Uno di loro accese la
televisione,invitando tutti loro ad ascoltare il telegiornale.
«Sembra
che i sovrani siano morti,» La ragazzina dai capelli rosa si
voltò verso il televisore posto dietro di lei,attirata da
quelle parole. Sentì il battito farsi accelerato,il cuore che
batteva con tanta violenza da far male,mentre il conduttore del
telegiornale mandò delle immagini inerenti al giorno
precedente.
Il
fiato le si fermò in gola,sentì come se le fosse
diventato impossibile respirare. Paura.
«L'attacco
di ieri,» Iniziò a dire l'uomo,mentre le immagini
seguivano le sue parole. Vide il castello attaccato e la parte dove
si erano nascoste lei e sua madre esplodere,una parte di storia che
lei già conosceva. «È ad opera di due misteriose
Guerriere Sailor mai viste prima.» Alcuni delle persone
accanto a loro borbottò quanto questo fosse impossibile ed
incredibile,ma le immagino parlavano da sole. Quelle accanto a Lady
Serenity e Natsumi,nel filmato,era Sailor Senshi. La prima,dalla
Sailor fuku violetta,allungò la mano verso la
Regina,ordinandole qualcosa di incomprensibile,per via dell'audio
mancante. La regina scosse la testa,e la Sailor senshi in giallo fece
apparire davanti a loro mostri umanoidi dalle fattezze di animali.
Due del Sailor Quartett tentarono di tener testa al mostro,ma questi
le mandò a terra.
Per
Natsumi,era come rivivere un incubo e,allo stesso tempo,avere paura
per il finale ignoto.
La
Guerriera in lilla si scagliò contro la Regina che si
difendeva grazie al suo scettro,finché non si lanciò
alla difesa di sua figlia,ed un mostro le provocò una grande
ferita sul ventre.
«Sono
immagini terribili queste,poiché dopo la morte di NeoQueen
Serenity,mai pensavamo di dover rivedere un simile scenario.»
I
più anziani ricordavano ancora come la precedente Regina venne
colpita alla testa da un ex-poliziotto che,vedendosi sostituire dalle
Sailor Senshi e dai Saint nel suo compito di aiutare le altre persone
e mantenere l'ordine,era impazzito ed aveva deciso di provare a porre
fine a modo suo a ciò che gli sembrava una follia. La Regina
morì sul colpo,e nessuno poté fare nulla per impedirlo.
Mia
madre non è morta. - si
ostinò Natsumi,vedendo le immagini del giorno precedente
scorrere sotto gli sguardi sconvolti di tutti,inclusa lei e Lilith.
La
sopracitata rossa apparve nel filmato e tutti si voltarono verso di
lei,corrugando le sopracciglia. Le riconobbero entrambe.
«Povera
ragazzina,» Disse una donna. «Chissà come si sente
a rivedere queste scene.» La rosa,infatti,era grondante di
rabbia e paura.
Nel
filmato,la rossa portò via la ragazzina. Ed eccolo,il punto
che Natsumi temeva,quello che lei non poteva sapere perché non
era presente.
Un
urlo le si bloccò in gola. Un attacco della guerriera lilla
venne scagliato contro la madre che si accasciò a
terra,inerme. La figura della regina non si mosse più. Il
Sailor Quartett corse,disperato,a scuoterla,ma lei non dava segni di
vita. Alcuni notarono come la guerriera in giallo,l'altra
nemica,fosse rimasta inerte e sconvolta,facendo sparire i nemici.
L'urlo
senza voce di VesVes che,carica di rabbia,attaccava la guerriera in
lilla,divenne l'urlo di Natsumi.
«No!»
Uno strillo disperato,carico di rabbia e incredulità
eccheggiò per la reception,così acuto da far male alla
gola della ragazzina che lo aveva lanciato. Occhiate si levarono
verso la sua direzione.
Tutti
erano rimasti sconvolti dalla scena a cui avevano assistito,increduli
come fosse stato un film,e non la dura realtà. Ma la ragazzina
dai capelli rosa era la prima a non riuscire a credere e ad accettare
ciò a cui aveva appena assistito.
Sua
madre sapeva,sapeva che non ce l'avrebbe fatta e,per questo,l'aveva
affidata a Lilith. Voleva che almeno lei potesse salvarla. Ma come
poteva vivere,sapendo che una guerriera come lo era stata lei
gliel'aveva portata via senza battere ciglio,con una freddezza
inumana?
Continuò
a ripetere negazioni con strilli sempre più acuti,lasciandosi
andare ad un pianto convulso e disperato. Lilith la strinse a sé,ma
per la ragazzina era come se il mondo fosse diventato nullo,ovattato.
Non avvertiva più niente. Si dimenò come un ossessa,ma
la rossa dimostrò di non avere alcuna intenzione di lasciarla
andare.
Nel
televisore,la regia tornò al giornalista,che informò di
avere un altra notizia terribile,riguardante il giorno precedente. La
rosa si tappò le orecchie,per non dover sentire. «Sembra
che anche King Helios sia perito nell'attacco di ieri.» Il peso
sul cuore che divenne il doppio. «Si è sacrificato per
proteggere una civile inerme e i suoi bambini,dall'attacco di un
mostro.»
Un
altro strillo si levò dalla principessa. Si diede uno
schiaffo,sperando di svegliarsi ma,realizzando che quella che stava
vivendo era la realtà,si issò in piedi,aprendo di colpo
la porta per uscire e lanciandosi fuori. Tentò di correre
lontano,Il suo respiro si fece sempre più pesante,ed il
battito irregolare. Lilith la seguì,ma dovette farsi da parte
quando quattro paia di braccia avvolsero la rosa in un abbraccio che
sapeva della stessa sua disperazione.
«Ci
dispiace Natschan,noi abbiamo provato a-» Ma le parole morirono
in gola alla guerriera di Vesta.
Il
Sailor Quartett era arrivato a darle conforto e lei,intenta a gridare
e piangere,non le aveva sentite. Pianse insieme a loro e ricambiò
l'abbraccio delle giovani donne,invocando il nome della madre mentre
le altre persone si stringevano simbolicamente in un religioso
silenzio,per la vita della loro regina che era stata così
brutalmente spezzata. «Voglio andare. . . a. . . Casa.»
Farfugliò la ragazzina fra i singhiozzi,stringendosi sempre
più alle guerriere. Sentiva il bisogno di accertarsi con i
suoi occhi di ciò che aveva visto,poiché ancora
incredula e sconvolta. Le quattro annuirono,issandosi in piedi e
voltandosi verso la rossa che le aveva seguite,poiché prima
del loro arrivo voleva tentare di riportare la ragazzina dentro
l'edificio. «Grazie per averla protetta e per aver badato a
lei.» Le disse CereCere,riconoscente e con voce tremante. In
realtà,non sapevano che era stata la rosa a badare a lei,a
causa della ferita che l'avevano resa niente più che un peso
morto al suo fianco. «È stato un piacere.»
Rispose,rivolgendo loro un profondo inchino. La rosa si lanciò
fra le sue braccia,ancora singhiozzante,per darle un saluto che però
non sapeva di addio. «Torna a casa,mettiti al sicuro,ti prego!»
La colpirono quelle parole dette con foga e disperazione. «Morirai
anche tu,qua.» Si era affezionata,capì. Intenerita,la
rossa ricambiò l'abbraccio della ragazzina,stringendola a
sé,proprio come avrebbe fatto una mamma.
Lilith
Nosferatu era,per Natsumi,quanto più simile vi fosse ad una
madre,dopo CereCere,ed era assurdo,poiché si conoscevano da
appena un giorno. «Tranquilla,» Le disse,lasciandola
andare insieme alle altre. «Ci rivedremo.»
Era
una promessa.
«Questo,è
il secondo giorno più nero per la nostra Capitale del Mondo.»
Disse il giornalista,chiuso il servizio. Ancora non sapeva quanto lo
fosse. «Tutto il mondo si stringe in un abbraccio attorno alla
famiglia reale e alle loro Guardiane.» |
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Capitolo 7 *** VII. Dolore. ***
VII.
Dolore.
Se
mai fosse esistita,dopo l'attacco,anche solo una misera parvenza di
serenità negli abitanti di Crystal Tokyo,tale serenità
era stata irrimediabilmente incrinata dall'annuncio che i giornalisti
avevano lanciato poco fa a livello mondiale,e con essa si era
spezzata anche lei,ogni sua speranza.
Si
era come annullata,succube di quella orrenda sensazione che la
soverchiò e rese consapevole di una delle realtà più
dure che dovesse affrontare. Era orfana. E sperò fino
all'ultimo che fosse solo uno scherzo,l'orrenda e macabra notizia
falsa di un giornale che voleva lucrare sulla sofferenza altrui,ma la
realtà era ben lontana da quella.
Arrivò
al Crystal Palace in un attimo,grazie al Teletrasporto del Sailor
Quartett,ed i suoi passi oscillarono appena sul pavimento,confusa da
quel teletrasporto che non aveva mai usato prima -I nemici potrebbero
incombere da un momento all'altro,aveva detto CereCere per
convincerla.- sentiva come un fastidioso ronzio nelle orecchie,ma
smise di curarsene quando alzò lo sguardo,seguendo con lo
sguardo la figura dei Saint che,precedentemente inginocchiati,si
alzarono,e si divisero per farla passare fra di loro.
Ma
Natsumi continuò a tenere lo sguardo fisso su di loro,conscia
di cosa dovesse andare a fare,ma che non voleva,poiché sarebbe
stato come dare un addio definitivo,e lei odiava gli addii. Odiò
quando la madre dovette salutare Tomoe Hotaru,odiò quando il
padre dovette salutare Elysion poiché non era più
capace di entrarvi come spirito. Erano addii in terza persona,che non
la riguardavano davvero sino in fondo,ma non desiderava dover
salutare proprio loro.
«Natsumi.»
Si voltò verso la sua sinistra,chiamata dalla guerriera di
Juno che,il volto contrito,le porgeva la mano. La rosa tuttavia si
ritrasse,le mani tremanti e la testa che,come fosse stata un
giocattolo a molla,veniva scossa ripetutamente in segno di negazione.
«. . . No.» Biascicò,la voce rotta. Vent'anni,ed
in quel momento sembrò davvero la ragazzina che era
fisicamente. JunJun sospirò,chinandosi davanti a lei e
scuotendola per le spalle solo per costringerla a guardarla dritta
negl'occhi.
E
capì. Era egoista.
Il
suo dolore,era anche il loro,era quello di chiunque avesse conosciuto
i suoi genitori. JunJun aveva uno sguardo capace di farle paura,lo
sguardo di chi,come lei,non voleva dire addio,ma si obbligava a
farlo,poiché non avrebbero avuto altre vie di uscita. «Non
puoi scappare in eterno.» Le disse semplicemente,in tono che
non ammetteva repliche. Si alzò e le prose nuovamente la mano
che questa volta la rosa afferrò,lasciandosi condurre fra i
Cavalieri verso due teche poste al centro della grande sala
cerimoniale. Al suo passaggio,man mano che continuava ad avanzare,I
Saint tornarono ad inginocchiarsi,mentre un antica lituania rivolta
ai due defunti si propagò per la stanza.
La
ragazzina sentì il cuore fermarsi e l'aria mancare.
Davanti
a tutti loro,in due teche poste l'una accanto all'altra,King Helios e
Lady Serenity sembravano stessero semplicemente riposando,con un
accenno di sorriso sui volti pallidi. I segni della battaglia ancora
ben visibili sui loro corpi,lasciava ben intendere come fossero
morti.
Strinse
i denti per farsi forza e non piangere ancora,rompendo così la
sacralità di quel momento,sentendo però le gambe così
deboli da cedere,lasciandola sbattere con violenza le gambe contro il
pavimento. Singhiozzò,in silenzio,di modo che nessuno potesse
sentire le sue lacrime,ma solo il suo corpo appena scosso. Strinse le
mani di JunJun e si fece forza,issandosi nuovamente in
piedi,dimostrandosi forte come solo una Serenity avrebbe saputo
essere.
Concesse
una carezza al volto di entrambi,un ultima volta. Quella stessa
carezza che lei non avrebbe mai più avvertito sulla sua
pelle,non dalle loro mani. Mai più baci sulla sua fronte,o sul
suo capo,mai più parole di conforto.
Tirò
un lungo sospiro per scogliere la tensione che,come un nodo
indissolubile,le si era formata nello stomaco,procurandole un forte
senso di disagio a cui non poteva lasciarsi andare proprio in quel
momento.
«A-»
Le parole le si incastrarono in gola,difficile pronunciarli e
lasciarli andare. Si morse il labbro,come una sorta di costrizione a
continuare a parlare. «Arrivederci.» Disse invece. Non un
addio,non un ultimo saluto,ma un arrivederci,come fosse certa di
poterli rivedere ancora una volta,in qualche modo.
Le
teche si chiusero,e lei si inginocchiò insieme agli altri
Saint,continuando insieme a loro il rito. Ma qualcosa in lei si era
rotto,nel profondo del suo essere ed in modo irreparabile,poiché
irreparabili erano i danni alla sua anima,un dolore così
grande da schiacciarla dentro.
Chinò
il capo,e mise il silenzio sui suoi pensieri.
Con
un velo d'ironia,nel pomeriggio le nuvole che per quasi due giorni
avevano oscurato il cielo terso si diradarono,mostrando un sole
incredibilmente fuori luogo in una giornata di lutto mondiale quale
era quella,seppur i raggi che regalava erano flebili e appena
accennati,come volesse rivolgere un ultimo saluto ai sovrani mentre
ricevevano una degna sepoltura.
Ben
presto sarebbe sorta la necessità di avere nuovamente un
sovrano a portare avanti il regno e,nonostante la scelta più
ovvia sembrasse ricadere su Natsumi,titubanze generali lasciavano
interdetta la decisione,come rimandata,abbandonando il regno ad una
condizione in cui,spogliato del suo Re e della sua Regina,avrebbe
potuto cadere nel caos o,ancor peggio,essere un bersaglio
facile,soprattutto per Atlantjia.
E
non importava se Natsumi non riusciva ancora a crederci,e non si
sentiva affatto pronta per farsi carico di un peso tale come poteva
esserlo la capitale del mondo intero,avrebbe semplicemente dovuto
adempiere al suo compito di unica erede conosciuta e fermare
Atlantjia,per quanto quegli ultimi giorni non erano stati avanzati
altri attacchi. Forse,pensò nella sua ingenua speranza,avevano
scelto di tornare alla formula di un attacco per anno,ma non ci
sperava poi molto.
La
verità è che aveva paura di sbagliare; Non era nemmeno
ancora divenuta una Sailor Senshi,e se avesse dovuto perdere
qualcun'altro proprio per via di quei poteri che continuavano ancora
ad essere sopiti in lei?
Dalle
grandi finestre delle sue stanze la giovane principessa poteva
chiaramente sentire i rumori tenui e quasi famigliari di una città
ancora a pezzi che però cercava di tornare alla normalità,come
se nulla fosse mai successo. Bambini che si alzavano per andare a
scuola,uomini e donne che si recavano al lavoro,genitori pazienti che
curavano con amore i loro figli. Ognuno di loro,necessitava di
riappropriarsi delle proprie vite,così come era giusto.
E
lei? La sua vita non sarebbe mai più stata la stessa.
Poggiò
la testa sul freddo davanzale,sospirando. Non se la sentiva di
restare ferma pensare al passato e lasciarsi sopraffare dalla
tristezza,mentre il suo popolo reclamava una regina degna di tale
titolo,ignaro che il Ginzuishou non riconosceva nemmeno quella che
avrebbe dovuto essere l'erede al trono. Sospirò
nuovamente,sciogliendo l'ansia che le stringeva il petto in tanti
invisibili nodi,stringendo con le mani il cristallo argenteo che
teneva al collo come una collana,quasi come se da esso potesse
sentire ancora la presenza della madre.
Eppure
era freddo e spento,nessun gioco di luci si rifletteva al suo
interno. Possibile che una tale fonte di potere si fosse esaurita?
Incassò la testa nelle spalle,incerta su cosa dovesse
effettivamente pensare,quando un lieve bussare si fece strada nel
silenzio della stanza. «Avanti.» Disse un tono monocorde.
Nell'altro
lato della stanza,in silenzio,mentre faceva capolino dal
portone,Ceres avanzava verso la ragazzina con un tenue
imbarazzo,tentando di accennare un sorriso che la rassicurasse,ma la
rosa non la guardava nemmeno. «Hai intenzione di restare
davanti a quel davanzale?» Le chiese la donna,senza voltarsi
minimamente verso di lei. La principessa le rivolse un alzata di
spalle,continuando ad osservare il mondo oltre quelle mura,così
calmo e sereno,rispetto a ciò che era davvero. «Pensavo
di sì,CereCere.» Le rispose,arricciando le labbra. La
donna dai particolari capelli rosa sospirò,issandosi in piedi
e sedendosi accanto a lei. Non era la prima volta che le due venivano
in contatto,ma la ragazzina era certa di non essersi mai sentita così
a disagio accanto alla donna.
Le
ricordava sua madre,ecco cosa non andava. «Comprendo il tuo
dolore,Natsumi.» Così come le sue sorelle,la giovane
donna in gioventù non conobbe mai i loro genitori,poiché
erano sopite nel profondo dell'Amazzonia in attesa del risveglio di
ChibiUsa come Sailor Senshi autonoma. «Non so cosa devo fare.»
Le rispose,con una voce così flebile da preannunciare un
pianto copioso che,però,non arrivò. Non sapeva cosa
fare,come comportarsi,era certa solo della voragine che le stava
divorando il petto da giorni e giorni,senza lasciarla mai. «Cosa
ti dice il tuo cuore?» Le chiese. «Devo salire al trono.»
Risposta troppo semplice e scontata. La donna scosse la
testa,sospirando e sporgendosi anche lei sul davanzale. «Non la
tua testa,» Quello era il suo dovere,non un suo desiderio. «Ma
il tuo cuore.» D'istinto,la rosa si portò una mano al
petto,deglutendo. Sentì il suo battito,forte e chiaro,come se
potesse bastare per rispondere alla domanda della giovane donna.
Più
desideri ardevano in lei,contrastanti. Portare avanti ciò che
i suoi genitori avevano iniziato,salvare il suo popolo e proteggere
chi gli era caro,trovare Nexus e Sailorchuu.
Vendetta,ecco
cosa arreca dentro il suo cuore,cosa lo faceva battere con tanta
violenza. Digrignò i denti,stringendosi il petto con una
smorfia. «Fermare Atlantjia.» Due semplici e
apparentemente innocenti parole che,in realtà,nascondevano
altri desideri più violenti,forse troppo,per lei che avrebbe
dovuto essere,in futuro,guerriera di pace ed amore.
La
guerriera di Cerere sorrise,scompigliandole i capelli e stringendola
dolcemente a sé,come a volerle dare nuovamente condotto. «Ce
la farai,vedrai.» Anche se tutto volgeva a suo sfavore,anche se
sembrava che i mezzi a sua disposizione fossero inferiori rispetto a
quelli del nemico,avrebbe reso le sue debolezze punti di forza,se
fosse stato necessario.
Si
strinse alla giovane donna,strofinando il suo naso contro quello di
lei e si accoccolò,concedendosi un sonno ristoratore di cui il
suo corpo sentiva di aver bisogno,a causa di tutto ciò che
aveva vissuto in un giorno solo.
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Alberi
dall'aspetto cristallino,contornati da frutti cerulei,si trovavano
sulla riva di un lago dove cavalli e animali vari,spesso di piccola
taglia,si abbeveravano. Un cielo turchino conferiva,alla scena,un
aria quasi fiabesca e surreale.
La
prima impressione che lasciava Elysion,quelle poche volte in cui non
mutava seguendo i desideri di qualche sognatore,era di un luogo
interamente costituito di cristalli che brillavano in ogni dove. In
realtà,era solo una prima impressione,ma era sufficiente a
dare l'idea di quanto il luogo fosse fuori dallo spazio e dal
tempo,quasi etereo,come lo era il giovane ragazzo che ne era il
reggente.
Per
quanto la concezione di tempo fosse completamente sconosciuta in quel
luogo,quello che Morpheus stava ammirando dal santuario non era un
Elysion recente,ma bensì uno molto più vecchio.
Lo
testimoniava la presenza di Helios che,appena trasparente come fosse
uno spettro,vagava nei suoi panni di reggente per il mondo dei
sogni,seguito da un Morpheus più giovane e confuso.
Non
era il mondo dei sogni ad essersi plasmato secondo un suo
sogno,poiché essendo intangibile gli era precluso,ma era
piuttosto un ricordo.
Il
suo ricordo.
«Ti
stavo aspettando,» Sentì dire all'Helios del
ricordo,mentre prendeva sotto braccio il Morpheus del passato. Il
ragazzo però non mutò espressione,non apparve
incredulo. Non aveva ancora emozioni,né umanità,né
sapeva cosa significassero. «Sei il mio successore.»
Continuò l'albino ma,ancora,non ricevette alcuna reazione di
stupore. Sospirò,pizzicando una guancia al giovane. Questi si
stizzì per il dolore. La sua prima sensazione. «Questo,si
chiama dolore.» Spiegò l'albino,il ricordo iniziò
a sfocare,divenendo sempre meno nitido. «Quando è più
intenso,può farti piangere.» Il castano si guardò
la mano,forse non capendo come potesse sentire dolore più
forte di quello,poi si toccò il petto. Un cuore batteva,forte
e chiaro. Il suo,ovviamente. «Sento una sensazione strana,»
Iniziò a dire,continuando a tastarsi alla ricerca di qualcosa
che non riusciva a trovare. Si stizzì. «Come se mancasse
qualcosa.» L'albino corrugò le sopracciglia,forse
confuso quanto lui dalle sue parole,ma poi parve colto da un
illuminazione. «È perché esisti,» Gli
spiegò. «Come me,tu non sei 'nato' come gli altri esseri
umani.» Lentamente,l'immagine sparì e si udirono solo le
risposte distanti di un Morpheus ancor più confuso. Gli alberi
cristallini lasciarono il posto a lunghi e perlacei arbusti che
rilucevano come rugiada,i frutti cerulei divennero foglie delle più
varie tonalità fredde. Ciò che prima era un
lago,divenne un ruscello,dove gli unici animali presenti erano una
tigre,un falco,ed un pesce,ed altri occasionali,di piccola taglia.
Il
ricordo lasciò spazio al presente,ma cosa proteva essere il
presente,in un luogo fuori dal tempo?
«Helios.»
Borbottò,asciugandosi col dorso della mano quell'unica lacrima
sfuggita al suo controllo solo per rigargli il volto e mostrare il
suo stato d'animo. Per la prima volta provava tristezza -lui che non
avrebbe dovuto avere veri e propri sentimenti,poiché il luogo
l'aveva fatto nascere da così poco tempo da non avergli dato
modo di conoscere a pieno le sfaccettature dell'animo umano- e non
era affatto una bella emozione,come lui invece pensava fossero. Era
peggio di quel pizzicotto ricevuto tanto tempo fa,più
forte,tanto da farlo piangere.
Il
suo Re non c'era più,morto sotto gli attacchi del
nemico,l'Armata di Atlantjia. Glielo aveva annunciato Hawk's Eye,ma
lui lo aveva già avvertito da solo,con un dolore al petto che
non aveva mai provato prima,come se avessero strappato a mani nude
una parte vitale del suo essere. Quella parte vitale,era l'uomo a cui
era legata la sua esistenza,colui che avrebbe dovuto proteggere,ma i
cui sogni gli erano persino divenuti introvabili. Si era sentito
umano come mai lo era stato,pur essendo puro spirito.
Non
era nuovo al dolore,lo provò venendo alla vita come sogno
infranto di una donna che immaginò come potesse essere suo
figlio,ma che morì prima ancora di darlo alla luce. E lui si
era ritrovato perso,già adolescente,in un mondo che sembrava
una perenne illusione,e con un dolore che non sapeva spiegarsi,il
dolore per la perdita di una persona che non poté conoscere.
Helios
lo aveva trovato mentre vagava fra i sogni degli esseri umani,forse
alla ricerca di quella che lui considerava "madre",e lo
aveva portato con sé,spiegandogli che si trovava ad
"Elysion",il mondo dei sogni.
Non
era stato capace di proteggerlo come avrebbe voluto.
Sospirò,voltandosi
e portando le braccia dietro la schiena,accennando un vago sorriso.
Davanti a lui,si era palesata con un baluginio una figura avvolta in
un mantello che lasciava intravedere solo la gonna di una Sailor
Fuku. Si stupì nel vederla,poiché era certo che Elysion
fosse precluso agli umani. «Mi dispiace,»
Singhiozzava,notò. Provò ad avvicinarsi per darle
conforto,ma la straniera si ritrasse,sfuggente. «Ho cercato di
avvertirlo.» Non gli ci volle molto a capire come si stesse
riferendo ad Helios e che,forse,lei stessa era la causa degli strani
sogni che l'uomo gli confessava di fare. «Mi hanno detto che i
fiori di Sakura simboleggiano la morte,pensavo bastasse!»
Continuò,in tono quasi lamentoso. Notò,inoltre,che non
alzava mai il capo,come se il mantello non fosse sufficientemente
lungo per coprirle il resto del volto. «Chi te lo ha detto?»
Le chiese,inclinando la testa di lato,ma la risposta tardò ad
arrivare e,anzi,sembrò quasi che la straniera si fosse accorta
di aver parlato troppo.
Morpheus
appariva calmo e tranquillo ma,in realtà,un certo turbamento
lo portava a chiedersi chi lei fosse. «La mamma.» Rispose
infine,cedendo. Si strinse nelle spalle,voltandosi come fosse pronta
a sparire nel nulla,così come era arrivata,ma non si mosse.
«Proteggetela.» Disse,supplichevole. Non capì a
chi si stesse riferendo. «. . . Lei è la mia unica
speranza.» Si voltò di scatto verso di lui,mostrando i
suoi occhi cremisi inondati di lacrime,le labbra contratte in una
smorfia sofferente. «Vi prego!» Insistette,come se da
questa misteriosa persona dipendesse la sua stessa vita. Ma non
sapeva nemmeno di chi stesse parlando. «Chi-» Provò
a chiedere,ma la figura chinò il capo e sparì in un
altro baluginio,proprio come qualche notte prima aveva fatto con
Helios.
_________________________________________
Immerso
nella fioca luce del castello,Nexus sorrise beffardo mentre,con una
mano,accarezzava distrattamente la sfera su cui si rifletteva
l'immagine della Principessa della Luna distrutta dal dolore per la
sua importante perdita. Per quanto quella di Sailorchuu fosse stata
una mossa sin troppo sconsiderata,poiché necessitavano
informazioni di cui solo i sovrani erano a conoscenza,che le attuali
Guardiane della Luna e la giovane Principessa fossero distrutte dal
dolore era un vantaggio quasi insperato,poiché avrebbe
lasciato loro abbastanza campo libero da continuare,almeno per un
pò,la loro ricerca senza alcun disturbo esterno.
Il
Principe credeva davvero nei suoi mezzi,e nei fini che con essi
avrebbe dovuto raggiungere,perciò ogni vantaggio era un passo
in più che compivano verso la loro meta. Si leccò le
labbra,quando l'immagine nella sfera venne sostituita da lettere che
composero un messaggio un pò sfasato. In realtà,era
solo un foglio,posto in senso opposto a lui, su cui delle mani di
bambina stavano rapidamente scrivendo qualcosa.
reh
dnuof i ecnirp -Lesse
inizialmente le prime tre parole,non capendo poiché il foglio
era nel senso sbagliato. La bambina nell'immagine girò il
foglio,coprendo il suo viso.
Prince
I Found Her - Lesse,finalmente.
- L'ho trovata.
Continuando
a leggere il resto del messaggio,scritto in un inglese che lui
masticava quasi a fatica,il moro apprese pian piano il vero
significato di quelle parole e,alzandosi di scatto,fece vibrare la
piccola campana posta accanto al trono,facendo sparire la sfera.
Un
suono fastidioso eccheggiò per il castello,accompagnato dalla
materializzazione di tre baluginii che presero la forma delle sue tre
guerriere.
«La
nostra Fanciulla dice di averla Sentita.»
Quelle
sette parole,accompagnate da un ghigno e dal significato ignoto a
qualsiasi inserviente potesse anche solo udirle distrattamente,fecero
invece irrigidire le ragazze,eccheggiando nelle loro teste poiché
solo loro sapevano cosa queste significassero. Cadde un silenzio
carico di tensione,che solo una domanda poté spezzare. «Dove?»
Chiese infatti Sailorchuu,facendo penzolare le gambe dal cornicione
su cui si era materializzata poco prima ed attirando su di sè
l'attenzione dei presenti. «Ad Elysion,» Spiegò il
moro in tono mellifluo,arricciandosi con un dito una ciocca di
capelli color mogano. «Poi si è ritirata,sino a Crystal
Tokyo.» Come
al solito -
Pensò Sailoratlantjia con un sospiro,alzando gl'occhi al cielo
come se non credesse fino in fondo in quelle indicazioni così
approssimative. Crystal Tokyo era troppo grande e vasta,per potersi
lanciare nella folle ricerca di una persona ch'era poco più
che eterea ed inarrivabile,oltre che sfuggente,e che sembrava
prendersi gioco di loro,dando segni della sua presenza sempre nei
soliti due luoghi. Cosa c'era di così importante per
lei,Cosmos,ad
Elysion e Crystal Tokyo?
Sospirò,la
risposta più che ovvia,era che li stesse sviando. «Per
me,ha capito di noi.» Che ella fosse divenuta di carne ed
ossa,o che invece continuasse ad essere ancora puro spirito,Cosmos
avrebbe dovuto avere capacità superiori a chiunque altro,come
una Dea. Doveva aver intuito,in qualche modo,od anche solo sentito
che
loro erano alla sua ricerca. La guerriera di Atlantjia si sedette
accanto alla sua bionda compagna,lasciando che si accoccolasse a
lei,come intimorita. «Ci sta sviando,ecco tutto. Vuole
allontanarci dal luogo in cui si trova davvero.» Era solo una
teoria che,però,sembrava sufficiente ad alterare il loro
principe. La corvina sussultò quando,infatti,sentì lo
sguardo pungente del fratello su di sé,come se volesse
trafiggerla da parte a parte. Il ragazzo,seduto sul suo
trono,accavallò le gambe,sospirando come se fosse veramente
affranto. «Lei e la Fanciulla sono collegate!» Esclamò
seccato,iniziando una spiegazione che,probabilmente,aveva avuto luogo
molte altre volte prima di quella. Sembrava sicuro dei suoi mezzi e
del fine ultimo che desiderava raggiungere. «Se dice di
sentirla,è perché l'ha
sentita,mi
sono spiegato?» Chiese,ammutolendo le presenti. Soddisfatto,si
issò in piedi,schioccando le dita. fra le sue mani,apparirono
quattro sfere di quattro colori diversi,simili a quelle usate qualche
giorno prima per evocare gli animali dall'aspetto umanoide.
Prima
che il principe parlasse,Chuu capì da sé che una delle
tre sarebbe stata tagliata fuori dalla missione -presumibilmente,lei.
«Etlejia,Snow.»
Confermò infatti il moro,pronunciando solo il nome delle due
amanti. Lei sarebbe rimasta al castello,forse ancora perché
colpevole di aver spezzato la vita di una persona che poteva essere
loro utile. Il principe lanciò le sfere alle guerriere di
Atlantjia e Nibiru le quali,per non farle cadere a terra,dovettero
slanciarsi in avanti. Tirarono un sospiro di sollievo,tornando
composte ed incastonando le piccole sfere nel bracciale che portavano
al polso. «Trovate Cosmos.» Disse semplicemente,e fece
per congedarle,ma si bloccò. «E ricordate,questo è
l'Anno
Promesso.»
Ricordò loro in tono solenne. Le sue annuirono,inchinandosi e
smaterializzandosi,così da permettere a Nexus di concentrarsi
solo su Sailorchuu.
La
Guerriera sospirò,scendendo dal cornicione,una domanda premeva
incessante nella sua testa,seppur sapesse già la risposta. «Ed
io?» Chiese. «Tu?» Ripeté lui in tono
accusatorio,guardandola con occhi fiammeggianti. Bastò
quello,ed il cuore di lei si perse in un tonfo sordo,da qualche parte
nel suo petto. «Tu resti a guardare.»
Commentò velenoso.
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