Se mantieni il volto in pieno sole, non potrai vedere la tua ombra di Neflehim (/viewuser.php?uid=118272)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1\\ Partenza ***
Capitolo 2: *** Cap 2\\ Quando il destino ti è avverso... ***
Capitolo 3: *** Cap 3 \\ Il piano. ***
Capitolo 4: *** Cap4\\ Le vecchie abitudini sono dure a morire ***
Capitolo 5: *** AVVISO! ***
Capitolo 1 *** Cap 1\\ Partenza ***
Cap I in fase di revisione
1.
Partenza.
Accade, in un momento
imprecisato, che il tuo mondo, la tua realtà venga
completamete distrutta, da poche e semplici parole.
Che il tuo punto di
riferimento, la stella che seguivi ciecamente, ti abbandoni, sparisca,
senza alcuna esitazione.
Accade che tu debba
lasciarla andare per non limitare il suo viaggio, la sua ascesa.
Le stelle devono
brillare alte nel cielo e non si accontentano di una luce tenue e
soffusa.
Tetsuya lo sapeva,da
sempre, ed era per questo motivo che si era costretto ad accettarlo,
anzi a renderlo reale lui stesso.
Aveva schiacciato
tutto il suo dolore in un piccolo anfratto della sua anima, aspettando
il momento opportuno per dargli sfogo.
Era perfino riuscito a
sorridere quendo gli era stato annunciato che sarebbe partito per l'
America e che probabilmente non sarebbe più tornato.
<<
Se è questo quello che desideri, allora sarò
felice per te, Kagami-kun>> gli aveva detto.
Il suo volto era
rimasto imperscrutabile, mentre il suo mondo gli crollava sotto i piedi.
Lo aveva accompagnato
all'areoporto assieme a tutti i loro amici e si era limitato a
salutarlo con un semplice
" Buon viaggio" senza
alcuna emozione nella voce, nè sentimento.
Era un così
bravo bugiardo, Kuroko Tetsuya, ma non fino a quel punto.
Sapeva nascondere i
sentimenti dietro una maschera impenetrabile,ma non riusciva a
esternare false emozioni.
A malapena riusciva a
tirar fuori quelle vere.
Ricordava lo sguardo
fisso di Kagami, come se si aspettasse qualcos'altro da lui.
Cosa voleva che gli
dicesse?
" Ti
chiamerò"?
Oppure un "ci sentiamo
appena arrivi"?
Se era
così, sarebbe rimasto davvero deluso,Taiga.
Non aveva intenzione
di chiamarlo. Mai più.
La sofferenza era
già troppa da sopportare, senza aggiungerci quella di dover
sentire la sua voce attraverso un apparecchio, con la consapevolezza
che lo aveva abbandonato.
Era rimasto in piedi,
silenzioso, mentre vedeva la sua luce, avviarsi verso il gate senza mai
guardarsi indietro.
Aveva seguito,nel
silenzio più assoluto - o almeno più del solito-
gli altri fin sopra il terrazzo, dove solitamente i parenti o gli amici
rimasti a terra salutavano i propri cari che probabilmente non li
vedevano nemmeno.
Ricordava gli sguardi
dei suoi amici fissi sulla sua nuca per tutto il tempo ma anche
così non aveva fiatato. Senza emozioni e con un debole
saluto se ne era tornato a casa per poi chiudersi in camera.
La luce spenta e le
finestre sigillate.
Solo allora aveva
sfogato il suo dolore in un pianto disperato e per la prima volta in
vita sua, Kuroko Testuya era stato violento.
Aveva perso la
lucidità e solo parecchio tempo dopo si era come
risvegliato, ritrovandosi in mezzo alla sua stanza semi distrutta,
qualcuno che urlava, freneticamente bussando da dietro la sua porta,la
mano insanguinata gocciolante sul pavimento.
Si era guardato
intorno sorridendo mestamente,constatando quanto in basso fosse caduto.
Niente sarebbe stato più lo stesso.
Quel suo cambiamento,
lo sfogare la sua rabbia e il suo dolore che da tempo teneva racchiusi
dentro di sè, non si sarebbero fermati.
Ora non riusciva
più a controllarli e ne ebbe completa certezza quando
aprì tremante la sua porta, trovandosi davanti un Aomine
Daiki- con cui da un paio di mesi divideva la casa- sconvolto nel
vederlo in quelle condizioni.
Ricordava che l'amico
lo aveva abbracciato in silenzio e di essere scoppiato in un nuovo
pianto, che mai si era permesso di far vedere in tutta la sua vita.
Sorrise amaramente tra
le lacrime : Kagami aveva raggiunto un nuovo primato, farlo piangere
davanti a qualcuno che non fosse lui.
Nei giorni seguenti se
ne era rimasto fermo in quello che rimaneva della sua stanza,
"apatico". Completamente in balia del mondo e incapace di reagire a
qualunque cosa.
Daiki si era preso
cura d lui, facendolo mangiare e a volte anche di metterlo a letto.
"Come
un fratello maggiore"
si era detto in quei pochi momenti in cui poteva definirsi "vivo".
Gli era stato accanto
e aveva, inutilmente, cercato di farlo riprendere dal vuoto che sentiva
dentro.
Daiki lo aveva
lentamente, visto cadere nel baratro della disperazione senza riuscire
a fare nulla per poterlo aiutare.
"Era
rotto."
Così lo
aveva descritto tempo dopo.
Aveva urlato,Daiki,
cercando di scuoterlo da quel gelo che si era impossessato di lui. Si
era arrabbiato, aveva perfino pianto per lui e solo allora , Tetsuya si
era reso conto che stava facendo del male anche agli altri oltre che a
se stesso.
Ricordava vagamente di
aver ricevuto le visite dei suoi più cari amici in quel
periodo. Ma a stento rammentava i loro volti.
Solo quando aveva
visto quello distrutto della sua prima luce aveva compreso che doveva
cercare di reagire, almeno nelle apparenze.
Quel giorno era uscito
di nuovo di casa dopo mesi di reclusione,ma non aveva fatto molta
strada. Daiki non lo aveva lasciato un attimo, seguendolo fino al
campetto da basket.
Sapeva che in quel
modo si sarebbe solo inflitto più dolore.
Perché
mille volte, in quel campo si era allenato con lui.
Perché
tornarci non avrebbe fatto altro che mandare in frantumi la sua anima ,
facendo riaffiorare i ricordi di cui aveva vissuto nel suo stato di
apatia.
Eppure sentiva di
doverlo fare.
Così aveva
ribattuto alle proteste dell'amico.
Sentiva che il basket
era ormai l'unica cosa che ancora, lo poteva almeno un po' avvicinare a
lui.
Così era
risalito Tetsuya, ancora rotto e fragile come il vetro, ma con dello
scotch aveva rimesso in piedi i pezzi.
Era un restauro quasi
inconsistente ma che lo aiutava ad andare avanti, almeno per le persone
che gli volevano bene.
Aomine Daiki sembrava
aspettare qualcuno stravaccato sulla panchina del parco centrale.
Chi lo conosceva bene
poteva dire che era piuttosto nervoso e come conferma quasi
sobbalzò quando vide in lontanza quattro persone avvicinarsi
a lui.
Le osservò
per bene una ad una e si rese conto che formavano il gruppo
più strano mai visto: c'era un gigante con quasi tutto il
braccio infilato in una busta piena di caramelle gommose, un ragazzo
occhialuto con un orso intagliato che gli usciva dalla tasca della
giacca, un modello che messaggiava al cellulare ed infine un ragazzino
che faceva scattare pericolosamente le forbici che aveva tra le mani.
Daiki si
grattò la testa sconsolato ma con uno strano sorriso.
La Generazione dei
Miracoli quasi al completo.
Mancava solo una
persona che non aveva chamato.
<<
Aominecchi al telefono sembrava urgente... è successo
qualcosa a Kurokocchi??>>
Chi altri poteva
essere se non Kise ?
L'interpellato
alzò la testa ritrovando le facce preoccupate di quattro
persone.
<< Non
proprio.... oggi ho sentito Moritaka e mi ha detto di aver parlato con
un suo amico della situazione di Tetsu.>>
Niente saluto.
Non sarebbe stato da
loro.
<< E
quindi?>>
<< Pare
che questo amico sia più esperto di Moritaka e che abbia una
nuova proposta che potrebbe aiutare Tetsu forse addirittura del
tutto>>.
Ci furono esclamazioni
stupite ed entusiaste.
<< A
quando l'appuntamnto?>> gli chiese Akashi, dando per
scontato che avrebbero partecipato tutti per sentire questo specialista.
<< Beh,
se riesco a convincere Tetsu,tra due settimane
all'areoporto>> così sganciò la
bomba, aspettando che tutti la ricevessero.
<< Ok
quindi... cosa??>>
<<
Questo amico non è qui in Giappone, ma in America... a Los
Angeles>>
Akashi e gli altri lo
guardarono straniti.
<<
Aominecchi ... a Los angeles c'è...>> Kise
lasciò la frase in sospeso ma sapevano tutti come sarebbe
continuata.
<< Lo
so, ma non posso far sprecare un opportunità del genere a
Tetsu! Cercherò in tutti i modi di
convincerlo!>>
Restarono tutti un
pò in silenzio.
<< Los
Angeles... in effeti ero curioso di vedere le università di
lì e poi è la patria del
Basket...>> se ne uscì alla fine Akashi
stupendo tutti.
<< Vieni
anche tu??>>
<< Ovvio
che si... Abbiamo deciso assieme che saremmo restati uniti di fronte
alle difficoltà, inoltre per quanto mi riguarda non
dovrò neppure convincere mio padre visto che sono anni che
cerca di spedirmici.>>
Pian piano con suo
stupore , Daiki vide anche tutti gli altri annuire convinti.
Era questo che era
riuscito a fare Tetsuya: ricreare la vecchia famiglia che erano alle
medie, prima che i loro talenti si sviluppassero.
Alla fine decisero che
li avrebbe chiamati dopo aver parlato con Tetsu e così si
diresse verso l'unico posto in cui sapeva di trovarlo.
L'aria fresca della
sera gli scompigliava i capelli azzurri, mentre agilmente si muoveva
sul campo con il pallone da basket tra le mani.
Adorava sentire il
rumore della sfera di cuoio che rimbalzava sull'asfalto, le scarpe che
strusciavano sui piccoli ciottoli, il clang del ferro del canestro
quando la palla ci rimbalzava sopra.
Con la coda
dell'occhio poteva vedere sulle gradinate le sue cose: la borsa con cui
usciva tutte le mattine per recarsi al suo lavoro in biblioteca, la sua
giacca e poco lontano, il timer che scandiva il lento passare dei
minuti che gli rimanevano prima di essere costretto a fermarsi.
Una piccola fitta al
torace, il fiatone e i muscoli indolenziti lo avvisarono che quel tempo
presto sarebbe scaduto.
Fece ancora un tiro e
quando vide di nuovo la palla rimbalzare, saltò quel poco
che poteva per fare canestro.
Quando i suoi piedi
ritoccarono terra, le sue gambe cedettero e lui si ritrovò
frustrato in ginocchio sul cemento. Si passò una mano sul
volto per coprirsi gli occhi e togliersi il sudore che gli imperlava la
fronte.
Nel momento in cui la
mano gli ricadde sul fianco, Kuroko fece di nuovo forza sulle gambe per
rialzarsi e recuperò la palla con l'intento suicida di
continuare ancora un po'.
Di non arrendersi.
Di non perdere anche
quella flebile speranza che riusciva ancora a dargli quello sport che
tanto amava.
Quello sport che lo
collegava come un filo invisibile fino al di la dell'oceano, all'unica
persona che lo faceva andare avanti.
Chiuse gli occhi e
tornò a circa tre anni prima. Ad un delle ultime partite che
avevano disputato assieme, quando ancora lui e Kagami-kun giocavano nel
Seirin.
Cercò di
ricordare i movimenti di Aomine e con poca difficoltà
riuscì a riprodurli quasi tutti. Non era una copia perfetta
come quella di Ryouta.
Riproduceva
semplicemente ciò che ricordava e da quei movimenti ne
creava di nuovi per consolidare la sua tecnica.
Riprodurre quelli di
Kagami-kun era impossibile. Il suo stile cambiava costantemente.
Improvvisamente si
bloccò, rendendosi conto che quel metodo lo aveva solamente
portato a ricordare la parte più dolorosa di quella
vittoria.
L'annuncio
dell'abbandono.
Sentì
qualcosa rompersi di nuovo dentro di se e capì che pian
piano, tutti i cocci che con pazienza illusoria aveva cercato di
riattaccare assieme, stavano tornando in pezzi.
Ricordava di sfuggita
lo sponsor che, alla fine della partita contro Akashi, si era
avvicinato a Kagami dandogli un biglietto.
Non aveva sentito le
parole che si erano detti ma l'espressione piena di aspettativa
stampata sul volto dell'amico gli era rimasta bene impressa nella mente.
Strinse con rabbia il
pallone che aveva tra le mani e dopo aver mirato lo lanciò
verso il canestro .
Sarebbe entrata al
99%, se una mano non l'avesse afferrata poco prima del canestro
schiacciandocela poi dentro con forza.
<<
Daiki,
sarebbe entrato>> gli fece notare mascherando l'ira di
poco prima, con la sua solita espressione vuota.
<< E' da
un bel pò che quel coso trilla, Tetsu>> lo
rimproverò l'altro indicando il timer che emetteva un bip
inquietante.
<<
Allora sei qui da un bel pò... come mai non mi hai
fermato?>>
Daiki
sospirò << Mi avresti tenuto il broncio per
una settimana, e poi lo sai quanto mi piace vederti
giocare...>> Il moro lanciò la palla come se
stesse buttando un pezzo di carta nel cestino.Ovviamente quella
entrò nel canestro esattamente come la carta sarebbe finita
nel cestino.
<< E'
ovvio che se avessi visto che ti stava affaticando troppo ti avrei
fermato molto prima.>>
<< E'
ovvio>> confermò Tetsuya irritato
<< Mi sei venuto a prendere?>> gli chiese
poi mentre metteva a posto le sue cose nella borsa.
<<
Già>> fece qualche altro tiro mentre aspettava
Kuroko quando alla fine decise di interrompere il silenzio che si era
creato.
<< Ieri
mi ha chiamato Moritaka... >> se ne uscì
all'improvviso.
Testu si
bloccò mentre si metteva in dalla la borsa
<< Daiki...>>
<< Visto
che tu non gli rispondi al telefono>> lo
rimproverò Aomine.
<< So
già di cosa vuole parlarmi... e la risposta è
sempre "no".>>
<< Non
era di "quello" che voleva parlare...>>
Quell'affermazione
attirò l'attenzione di Kuroko.
<< Ah
si, e cosa voleva?>>
<< Mi ha
detto di aver un amico a cui ha parlato di te e che vorrebbe
incontrarti>>
Tetsuya
sospirò << Sono stanco di parlare con "loro" e
di sentirgli dire sempre le stesse cose, Daiki.>>
<<
Moritaka
ha detto che il suo amico è specializzato nello studio
sperimentale di qualcosa che potrebbe aiutarti.>>
<<
Daiki, abbiamo ascoltato così tanti specialisti... sono
stanco di sentirne altri>> sussurrò il ragazzo
passandosi le mani tra i capelli.
Aomine lo
guardò, capendo che doveva giocarsi l'ultima carta
<< Questo amico non è qui in Giappone, se mai
decidessi di accettare di vederlo dovremmo prendere
l'aereo.>>
Kuroko lo guarda
stranito << Aereo? Dove dovremmo andare?>>.
Sentì il cuore accelerare in una strana attesa.
Daiki prese un respiro
profondo << In America,a Los Angeles.>>
Tetsuya si
gelò. Il respiro sembrò fermarglisi in gola e il
cuore sobbalzare.
<<
Los... Angeles...>> riuscì a
balbettare<< Daiki... mi sono promesso...>>
<< Si
Tetsu, lo so... non è detto che lo vedremo.>>
<<
Daiki, non so se ce la faccio...>> gemette Kuroko.
L'amico gli si
avvicinò passandogli un braccio attrono alle spalle
<< Non sarai solo. Verremo tutti assieme a te,
"tutti".>>
Tetsuya
alzò lo sguardo stupito verso di lui <<
Tutti?>>
<< Siamo
una famiglia che hai riunito tu... >>
Tetsuya scosse la
testa contrario.
<< Siete
sempre stati una famiglia, a volte succede che essa si divida ma torna
sempre assieme alla fine>>.
Daiki si
scostò un pò da lui guardandolo stranito
<< Parli come se tu non ne facessi parte... e poi,
seguendo questa logica tu e Kagami...>> si
fermò giusto in tempo quando sentì Tetsuya
irrigidirsi.
Lo fissò
meglio e si rese conto che gli occhi dell'amico si erano velati della
stessa rabbia e durezza -e nostalgia- che aveva impressa ogni volta che
si parlava di Kagami<< Io e Kagami non siamo mai stati
una famiglia, Daiki.>>
Lo disse in modo
gelido, sembrava di star parlando con una lastra di ghiaccio.
Il fatto che avesse
tolto l'onorifico dal nome di Kagami, diceva molto, anzi quasi tutto.
Sapeva più
di tutti Daiki, come si sentisse Tetsu, o almeno in parte.
Fino a quando non
aveva perso la partita contro di lui e il Seirin,fino a quando non
aveva visto Kagami porgere il pugno a Tetsu e quello ricambiare, non si
era reso conto quanto l'amico gli mancasse.
Poi quando aveva visto
Kagami portargli un Tetsuya quasi svenuto davanti e ricambiare con lui
il saluto con il pugno aveva capito molte cose.
Si era sentito solo,
nei mesi successivi all'ultima partita della Teiko.
Gli erano mancate le
volte in cui Tetsu appariva dal nulla spaventandolo a morte, o i loro
casuali incontri al ristorante .
Le volte in cui lo
riprendeva oppure gli infilava nella maglietta i ghiaccioli per punirlo
di qualche sua stupida affermazione.
Poter riavere quel
rapporto con Tetsuya lo aveva fatto tornare ad amare il basket -
ovviamente anche Kagami aveva fatto la sua parte-.
Allo stesso tempo
però, mentre tornava amico di Tetsu,vedeva morire l'anima
del ragazzo alla mancanza di Kagami.
Era appena riuscito a
rendergli il peso che costantemente sembrava ingobbirgli le spalle nel
mese successivo alla partenza di Kagami un po' più
leggero,e subito dopo ricevevano una notizia ancora più
dolorosa che lo aveva fatto ripiombare nel baratro della disperazione .
Ogni volta che tentava
di aiutarlo, qualcosa sembrava volerglielo impedire.
La seconda volta ci
aveva messo più tempo per farlo reagire.
Sorvolò su
quello che era successo la notte della notizia e...
<<
Daiki... >>
quella voce sottile lo fece tornare al presente.
<< Si?
>>
<< Va
bene... andiamo in America. >>
Daiki sorrise mesto.
Non aveva detto "Va
bene mi farò visitare".
No,lui aveva detto "Va
bene andiamo in America".
Lo conosceva bene
Tetsu, e in quel momento non stava pensando allo specialista ma solo a
"lui". Probabilmente alla quasi certa, possibilità di
rivederlo.
Sapeva che quello era
l'unico modo per convincerlo.
Che "lui" era l'unico modo per
convincerlo.
Avevano organizzato
tutto con calma.
Grazie ad Akashi, subito dopo che Tetsu aveva accettato la partenza, si
erano ritrovati studenti di una delle più famose
università di Los Angeles la cosidetta UCLA o Università
della California, Los Angeles.
Stranamente
la famiglia Akashi era una delle benefattrici e aveva donato ingenti
quantità di denaro ai laboratori di ricerca e quant'altro,
così non solo pagavano le tasse ridotte al minimo ma avevano
anche l'appartamento migliore dell'università nell'ala
più prestigiosa.
Non avevano avuto problemi con l'università,ne con i
biglietti aerei.
Un altro paio di
maniche era stato convincere i genitori degli altri Miracoli.
Alla fine
però, tra un litigio ed un altro erano riusciti a farsi dare
tutti il permesso di partire.
Una settimana era
passata in fretta, ed ora si ritrovavano schiacciati in sette in un
taxi - rischiando una multa sostanziosa- in direzione dell'aeroporto.
Potevano sentire
l'autista sbuffare e guardare continuamente lo specchietto per poi
tornare a fissare avanti dopo un'occhiata pittosto tagliente da quelli
seduti sui sedili posteriori.
Arrivati,
sembrò quasi cacciarli fuori a calci e poi sgommare via.
<< I
tassissti sono sempre dei gran maleducati!>>
sbottò Momoi togliendosi la polvere dai vestiti, mentre
Daiki s'incollava la sua borsa - che sembrava dannatamente pesante!- in
spalla come se fosse un sacco vuoto.
<<
Atsushi prendi quella di Tetsu!>>
Il ragazzo
annuì e stava per caricarsela quando Tetsuya lo
fermò<< Atsushi- san, è un trolley,
posso tasportarlo senza fare fatica.>>
Murasakibara lo
fissò un attimo e poi annuì sorridendogli con la
bocca piena -"strano!"- e scompigliandogli capelli << Non
affaticarti Kuro-chin >>.
<<
Tranquillo. >>
Si avviarono tutti e
sette all'interno arrivando giusto in tempo per dare le carte d'imbarco
e recarsi verso la zona riservata ai viaggiatori.
Passò
un'ora dove Midorima cercava di trovare dei passatempi per i
più problematici del gruppo, mentre Kuroko di non pensare
all'ultima volta che si era recato ad un aeroporto.
Akashi se ne era
lavato le mani leggendo una rivista sportiva, affermando che non aveva
firmato nessun contratto per tenere a bada tre bimbi dell'asilo nel
corpo di adulti e così aveva lasciato tutto a Midorima che
stava per aver un esaurimento nervoso.
<<
Shin-chaaaan! >>
Shintaro si
gelò terrorizzato.
Sapeva che Oh Hasa non
sbagliava mai, ma aveva sperato che il capello texano che aveva in
testa sarebbe bastato per mitigare la sfortuna.
Dopotutto il Cancro
non era in ottima posizione quel giorno.
<<
Takao...>> mormorò sconsolato vedendo il moro
e gran parte della squadra del Seirin, salutarli fuori dalla zona
viaggiatori.
Kuroko si
avvicinò alla coach e al capitano con un sorriso tirato.
<< Siete
venuti...>>
La ragazza gli
accarezzò i capelli sorridendo intenerita <<
Certo che si! Io, Hyuuga e Teppei prenderemo il prossimo aereo tra due
settimane, dopo aver sistemato le faccende con
l'università>>
<< Sul
serio sempai, non ce ne è bisogno...>>
mormorò Tetsuya guardandoli però con gratitudine
di quell'affetto.
<< Non
dire stupidagini idiota!Siamo i tuoi sempai e come tali ci prenderemo
cura di te, chiaro?!>>
Hyuuga emanava un aura
piuttosto intimidatoria che Teppei- nonostante cercasse di farlo
calmare- riuscì come al solito solo a far intensificare.
<<
Si!>> per istinto, probabilmente, sia lui che gli altri
membri dei Miracoli si ritrovarno sull'attenti -tranne Akashi- del
tutto assoggettati.
<< Ok
allora ci vediamo tra due settimane, tra poco parte il vostro
volo...>> detto questo dopo vari saluti i membri ed ex
del Seirin, se ne andarono lasciando solo Takao che stava stressando
Midorima sopra oltre ogni limite.
Era paradossale come
quel ragazzo riuscisse a sfinirlo il triplo degli altri cinque al di
là della zona risevata.
<<
Shin-chan! Il tuo segno è al penultimo posto oggi! Speriamo
che non crolli l'aereo!>> disse il moro ridendo dopo aver
visto Kise sbaiancare. Midorima lo guardò preoccupato e
rivolse uno sguardo carico di rimprovero all'amico.
<< Takao
non dirlo neppure per scherzo! >>
<<
Suvvia Shin-chan! Non prenderla troppo sul serio!>> gli
rispose con il suo solito tono divertito per poi rirendere
<< Prenderò l'aereo insieme alla coach Riko e
agli altri del Seirin tra due settimane>>
<<
Takao, ti ho detto che ...>>
<< Non
voglio sentir ragioni Shin-chan!>>lo interruppe il moro
che detto questo, gli lascia un bacio umido sulla guancia -davanti a
tutti!-, saluta gli altri andandosene poi saltellando tutto contento.
Non c'era bisogno di
specificare che l'algido Midorima era arrossito a quel contatto, ma non
riuscì a dire nulla che il loro volo venne chiamato
dall'altoparlante.
Salvato sulla linea.
Kuroko s'irrigidisce e
tutti se ne accorgono.
Daiki gli passa un
braccio sulle spalle per fargli forza e lui gli sorride grato, mentre
il peso sullo stomaco si alleggerisce di qualche chilo.
Stavano davvero per
partire per l'America.
E c'era il 70% di
possibilità che lo avrebbe incontrato.
Fece un respiro
profondo. Non doveva pensarci se non quando sarebbe arrivato il momento.
Come se fosse facile!
In qualche modo riesce
a spazzare via tutti i pensieri infausti dalla sua mente e a
concentrarsi solo sull'imminente viaggio.
<< Sei
sicuro? >> Kuroko annuisce alla domanda gentile di Akashi.
Si ritrova
però, a tremare mentre la signorina prende il suo bagaglio
per caricarlo nella stiva e timbra la sua carta d'imbarco per farlo
salire sull'aereo.
Decide che fare un
esercizio di resperazione è la cosa migliore per calmarsi.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Esp..
Qualcuno gli va
addosso e lo insulta, mentre Daiki viene a malapena fermato da
Murasakibara prima che possa darle a quel maleducato.
"Si, ce la
posso fare"
si dice per farsi forza mentre sale sull'aereo.
Poi quando si siede
sul suo posto, lo sente.
Kise dietro di
lui,pare ancora terrorizzato dall'affermazione di Takao e geme un <<
Crollerà l'aereo!>> mentre Midorima accanto al
ragazzo lo guarda rassegnato e Kuroko davanti, si ritrova a sospirare.
Sarebbe stato un "lungo
e snervante"
viaggio.
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Capitolo 2 *** Cap 2\\ Quando il destino ti è avverso... ***
Cap II in revisione
2. Quando
il destino ti è avverso....
Erano appena usciti
dal negozio di articoli sportivi e si erano incamminati sulla strada
del ritorno verso gli alloggi universitari, quando Momoi, in testa al
gruppo con la cartina spiegata -
era passata una settimana dal loro arrivo ma ancora non riuscivano ad
orientarsi in quella città enorme- se ne uscì con
un:
<< Che
ne dite di andare a mangiare qualcosa? Se non sbaglio ci dovrebbe
essere un ristorante dietro l'angolo!>> Lanciò
uno sguardo dubbioso al pezzo di carta che aveva tra le mani e poi
annuì più convinta.
Tutti risultarono
favorevoli ma solo Kuroko si accorse che qualcosa non andava in quella
cartina e quando lo capì esultò interiormente per
essersene accorto prima di incamminarsi.
<<
Satsuki- chan...>> quella fievole voce, restata in
silenzio per tutto il tempo dell'uscita , attirò
l'attenzione dei presenti che si voltarono a guardarlo ansiosi, ma allo
stesso tempo con il timore che il ragazzo volesse rifiutare.
<<
Satsuki-chan... la cartina è al contrario.>>
Tono di voce apatico ma anche un pò rassegnato.
Ci fu un minuto buono
in cui nessuno fiatò, mentre l'unica ragazza si faceva
sempre più piccola sotto lo sguardo omicida degli amici.
<<
Satsuki...>> la voce di Daiki metteva letteralmentei
brividi e di risposta Momoi si nascose dietro Murasakibara, che decise
di aiutarla dopo essere stato corrotto con una scatola di cioccolatini
che la ragazza si portava sempre appresso come scorta di
sopravvivenza.Come in casi del genere.
Kuroko senza farsi
vedere sfilò dalle mani dell'amica la cartina e
sbiancò quando si accorse che andando "dietro l'angolo",
come aveva detto Momoi, sarebbero entrati in una via con locali a luci
rosse.
Rimise la cartina
nella giusta posizione e constatò che l'unico locale in cui
ci si poteva sfamare era il Mc'Donald in una strada parallela.
<<
Daiki,lascia stare Satsuki-chan e tu Asushi falla scendere dalle tue
spalle che sta per vomitare>>
All'ordine di Akashi
tutti si rimisero ai loro posti.
In effetti Satsuki era
diventata di uno strano colore verde e dovette ammettere che Atsushi
era decisamente troppo alto per i gusti di una che soffriva di
vertigini.Se poi si contava il fatto che il ragazzo l'avesse tirata su
come un sacco di patate e se la fosse caricata in spalla senza un
minimo di tatto...
Quando rimise i piedi
per terra tirò un sospiro di sollievo.
<<
C'è un Mc Donald più avanti...>> se
ne uscì Testuya quando tutti si furono ricomposti.
<<
Approvo>> disse immediatamente Aomine sorridendo.
Probabilmente si stava gia pregustando il quintale di hamburger che si
sarebbe comprato.
<< Non
avevo dubbi >> sussurrò Midorima per poi
uscirsene con un << Oha Asa non ha nulla in contrario
oggi, quindi per me va bene>>
Tutti lo guadarono un
pò interdetti. Un oroscopo ora, decideva anche che cosa
mangiare? Sorvolarono.
Alla fine ci fu un
assenso generale e si avviarono rumorosamente verso la loro
destinazione.
Daiki pareva non aver
gradito la presa di parte di Murasakibara verso Momoi e qundi per
vendicarsi aveva deciso di fregare le barrette di cioccolato dalle mani
del gigante che urlava infuriato cercando di riprendersele. Kise aveva
frainteso, prendendolo come un gioco a cui voleva assolutamente
partecipare e quindi iniziò anche lui ad urlare.
Midorima li guardava
sospirando con in mano una maschera tribale inquietante ma allo stesso
tempo piuttosto buffa presa non si sa bene dove (l'oggetto fortunato
del giorno, probabilmente).
Akashi invece aveva
rinunciato e li stava ignorando bellamente, mentre si dava una spuntata
ai capelli affermando che gli erano cresciuti un pò troppo.
Tutto questo mentre
camminavano per strada.
Come sempre quando era
con loro, Kuroko si ritrovò a sorridere lievemente.
Momoi accanto a lui lo
stava osservando preoccupata e si rasserenò vedendo quel
minimo gesto.
Come previsto e senza
perdersi riuscirono ad arrivare salvi e affamati fino al Mc dove
etrarono come una baraonda.
Assordato dal troppo
rumore che comunque la sua comitiva stava causando, Kuroko li
spedì ad occupare un tavolo mentre lui e Momoi prendevano
gli ordini: Un milkshake alla vaniglia per lui, dieci BigBurger per
Aomine, due Happy Meal per Akashi e Midorima, una coca dietetica e un
insalata semplice per Kise( la linea!), tre gelati diversi per
Murasakibara e un insalata di pollo per Momoi.
Il commesso lo avrebbe
fulminato per un ordine così grande, se non fosse stato che
con la sua Misdirection si era reso praticamente invisibile e
così quello si ritrovò a fissare Momoi che gli
sorrise affabile facendolo arrossire.
Kuroko
sperò davvero di riuscire a portare tutto senza far
caracollare qualcosa per terra.
Mentre tornavano ai
tavoli, lui e Momoi sentirono molti clienti guardarli un po scioccati-
per i BigBurger probabilmente- ma riuscirono entrambi ad arrivare
incolumi e senza far danni con gli ordini.
Intanto Aomine aveva
ridato le barrette a Murasakibara che con un'aria da bambino
soddisfatto ne sgranocchiava una in attesa del suo gelato; Kise aveva
finalmente compreso che non era un gioco e quindi si era messo a
messaggiare con le sue fan, Akashi si guardava in uno specchietto
sorridendo come un matto ( cosa non molto lontana dalla
verità), Midorima fissava intensamente la maschera quasi
pensasse che quella si mettesse a parlargli e Kuroko voleva
sotterrarsi. Probabilmente i clienti li avevano presi per un gruppo di
stramboidi.
Si affrettò
ad appoggiare sul tavolo le pietanze in modo che gli altri potessero
smettere di attirare l'attenzione e si sedette accanto a Daiki fissando
con un pò di nostalgia quei dieci panini che l'amico stava
mangiando di gusto.
"Si
ritrovò all'improvviso con un panino tra le mani ed
alzò lo sguardo su Kagami-kun che aveva spostato il suo
verso la finestra.
<<
Non mi piacciono quelli scarsi a basket, ma tu te ne sei meritato
uno>>"
Scosse la testa,
Testuya, cercando di scacciare quei ricordi dolorosamente felici dalla
testa, sotto lo sguardo attento di Daiki che non si era perso
quell'accennata espressione triste e che senza prevviso gli
scompigliò i capelli beccandosi con un sorriso un'occhiata
irritata.
Da irritato il volto
di Kuroko si fece riconoscente per quel costante sostegno, per poi
tornare subito dopo imperscrutabile come al solito.
All'improvviso un
rumoroso chiacchiericcio più alto del normale interruppe,
per la seconda volta la calma del ristorante.
Kuroko alzò
lo sguardo curioso - proprio quando Kise, violando la sua dieta, aveva
rubato una patatina a Midorima che gli aveva schiaffegiato la testa
prima che quello potesse mangiarla - e si mise ad osservare il
gruppetto appena arrivato: dalle divise e dal pallone che uno di loro
teneva tra le mani, dovevano giocare a basket e questo gli fece
accelerare di riflesso i battiti.
Senza saperne il
motivo rimase incantato a fissarli mentre, dopo aver ordinato, si
sistemavano proprio davanti a loro.
Momoi seduta davanti a
lui,lo fissò per qualche secondo ma prima che potesse
chiedergli cosa aveva, una voce dietro di lei risultò
più alta delle altre ed arrivo alle loro orecchie gelando
completamente tutti il tavolo di Tetsu, lui soprattutto.
<< Oggi
Taiga è stato più spettacolare del solito! Avete
visto che canestro?!>>
La conversazione
continuò senza sapere che stava pian piano stava
distruggendo la falsa tranquillità che in quelle due
settimane si era instaurata nei sette dietro di loro.
<< Hai
ragione amico! Oggi Kagami si è superato, quando
è saltato sembrava stesse volando!>>
Di scatto tutti e sei
sigirarono verso Kuroko che con le mani tramati, aveva poggiato il suo
frullato sul tavolo per poi infilarle tra le gambe cercando di fermarne
il tremore.
Gli occhi persi nel
vuoto, la pelle pallida e gelida come un vero fantasma.
Daki
osservò impotente l'amico cadere nella disperazione.
L'unica cosa che
riuscì a fare fu abbracciarlo, mentre con odio fissava il
tavolo davanti al loro.
Los Angeles era enorme e nonostante sapessero che le
probabilità di incontrarlo ad UCLA erano del 90%,
avevano sperato fino alla fine di avere un po' più di tempo.
<<
Testu, sta tranquillo... va tutto bene, tutto bene>>.
Improvvisamente si
accorse che l'altro tavolo aveva smesso di parlare e fissava loro sei
con gli occhi sgranati.
<< Che
avete da guardare?!>> Abbaiò contro quei
ragazzi che sembrarono riscuotersi.
<<
Aomine Daiki...>> sussurrò uno di loro tirando
fuori una rivista sportiva.
Sbirciando ma senza
smuoversi dalla sua posizione, vide la sua faccia e quella degli altri
stampata sulle pagine di carta.
<< La
Generazione di Miracoli al completo!>> esclamò
d'un tratto un altro, solo che in inglese.
Gli unici che
riuscirono a capire cosa stava dicendo furono Midorima e Akashi ma lo
ignoraono troppo preoccupati per Tetsuya che non si era amcora mosso,
come congelato.
Daiki nell'abbraccio
poteva sentire il cuore dell'amico andare a singhozzo.
<<
Andiamo via Tetsu.>>
Il ragazzo ancora in
trance si lasciò tirare in piedi mentre gli altri li
seguivano - si, persino Atsushi, lasciò perdere il suo
gelato-.
<< Aspettate! >>esclamò
uno di quegli odiosi ragazzi in uno stentato giapponese<<
A-abbiamo un amico in comune! Kagami Taiga!>>
A quel nome Daiki
sentì Kuroko tremare ancor di più,
così decise di trascinarlo velocemente fuori dal locale,
liquidando quel tizio con un ringhiato << Non conosco
quel bastardo!>>
Solo più
tardi si sarebbe reso conto, quanto era stata contraddittoria quella
frase.
Apena usciti Tetsuya
prese a respirare affannosamente per qualche secondo fino a quando non
riuscì a calmarsi.
<<
Kurokocchi...>> mormorò Kise avvicinandosi
preoccupato.
<<
Kuro-chin...>>
Akashi
fissò Tetsuya con sguardo corrucciato poi si rivolse verso
Midorima.
<<
Shintaro chiama un taxi, torniamo a UCLA !>>
Il supermercato in cu
si era recato subito dopo la partitella di street basket con i compagni
di squadra, era pieno come sempre.
Dovette spintonare un
uomo che era entrato nel panico, indeciso se scegliere delle fettine di
maiale fine oppure quelle ultrafine, per poi mettere entrambe nel
cestino con una faccia soddisfatta.
"Quel tipo deve star
facendo la spesa per sua moglie" pensò mentre lo sorpassava,
scusandosi per averlo urtato.
Fece scorta di carne,
verdure e tutto quello che poteva servirgli cercando di sbrigarsi ed
uscire il prima possibile da quella trappola opprimente.
Arrivò a
pagare alla cassa solo quindici minuti dopo, con i nervi a fior di
pelle per il nervoso.
Quando uscì
dal supermercato tirò un respiro profondo inalando l'aria
fresca della sera e storse il naso quando si ritrovò a
inspirare smog e odore di fritto.
In quei momenti,
più degli altri, si ritrovava a ripensare con malinconia,
all'aria pulita e tranquilla del Giappone.
Il respiro gli si
fermò quando si ritrovò a vagare ancora una volta
nella tristezza dei ricordi.
"Kuroko."
Quel nome,
più di tutti gli altri gli provocò una fitta
dolorosa al petto.
Prepotentemente il
volto del vecchio amico si fece spazio davanti ai suoi occhi.
I capelli azzurri, la
pelle delicata e gli occhi inespressivi che solo su un campo da basket
bruciavano dalla voglia di vincere.
Ricordò le
sue battute, la sua voce, le sue prese in giro e le sue lacrime.
Gli mancava.
Da tempo si era reso
conto che colui che davvero gli mancava del Giappone, più di
tutto e più di tutti era proprio il suo migliore amico.
Non Tatsuya, rimasto
in Giappone per badare a Murasakibara.
Non l'aria pulita.
Non la Generazione di
Miracoli con i suoi prodigi.
Kuroko Tetsuya, la sua
piccola ombra che aveva abbandonato per il successo.Quel successo che
tanto aveva cercato e che ora gli stava stretto.
Si divertiva davvero a
giocare a livello professionistico, ogni partita era una sfida che lo
spingeva a dare il massimo. I giocatori erano i migliori ed aveva
imparato da ogni avversario qualcosa.
Eppure si sentiva
insoddisfatto. Provava un costante senso di inquietudine, e la
maliconia e la nostalgia in quell'ultimo anno si erano fatte
più pressanti.
Inoltre, nonostante i
suoi compagni erano delle brae persone, sentiva di non poterli
considerare del tutto degli amici.
Se ne era accoorto,
Kagami, che nessun americano avrebbe potuto sostituire i suoi amici del
Seirin e anche tutti quelli della Generazione dei Miracoli.
"Nessun americano
avrebbe potuto sostituire Tetsuya."
Si chiese come stava.
Se stava frequentando
l'università, magari una con un club di Basket.
Ricordava che nei mesi
prima della sua partenza, Kuroko era andato a vivere con Aomine.
Ricordava anche per bene la gelosia che gli era presa quando lo aveva
saputo. Quando si era reso conto che se lui fosse partito Aomine
avrebbe potuto riprendersi il suo posto come "luce" di Tetsuya.
Quel pensiero era
stato l'unico che aveva fatto vacillare la sua convinzione nel voler
tornare in America.
Alla fine
però la voglia di giocare in una squadra di alto livello e
le pressioni da parte della sua famiglia di tornare a casa da loro, lo
avevano portato a prendere l'aereo e a lasciare la sua vita in Giapone
per potersi affermare come professionista.Ricordava il semplice e
deludente "Buon Viaggio"
dell'amico quando lo aveva salutato
all'areoporto .
Si era sentito deluso
e arrabbiato dal fatto che Kuroko non gli avesse detto nulla come "Chiamami quando arrivi"
o un "Ci sentiamo presto"
e solo dopo qualche
giorno si era reso conto del motivo.
Con quel "Buon
Viaggio" Kuroko lo aveva chiuso fuori dalla sua vita.
Nessuna chiamata e
nessuna risposta alle sue chiamate.
Non voleva
più vederlo.
Gli si strinse il
cuore a quel pensiero, come succedeva sempre quando tornava a qui primi
mesi d'inferno.
Aveva stremato fino
all'esasperazione i sempai,per capire se sapessero qualcosa di lui.
Eppure anche loro gli
avevano detto che Kuroko era letteralmente "sparito" dicendo che voleva
un momento di pausa.
Erano passati tre anni
e la pausa non si era interrotta. Eppure Kagami aveva sempre sospettato
che per qualche motivo assurdo gi stessero mentendo.Per questa
sensazione sempre più opprimente, Kagami aveva pian ano
preso le distanze anche da loro.
L'unico con cui si
sentiva ancora era Tatsuya , ma anche lui da qualche mese era sparito.
Si sentiva solo.
Abbandonato.
Abbandonato dai suoi
vecchi amici, esattamente come lui aveva fatto con loro quando era
partito.
All'improvviso
ricordò le parole che Kise aveva detto a Kuroko dopo aver
perso l'amichevole contro di loro: aveva detto che era come la
Generazione dei Miracoli e che presto avrebbe raggiunto un livello
così alto che lo avrebbe portato a distanziarsi dai suoi
compagni.
Aveva chiesto a Kuroko
se pensava davvero che non sarebbe cambiato.
Si rese conto che
quando era partito, Kuroko aveva avuto la sua risposta e allo stesso
tempo, non rispondendo alle sue chiamate, lui gli aveva dato la sua, di
risposta.
Strinse gli occhi per
cercare di scacciare tutti quei pensieri dolorosi e si
apprestò ad aprire la porta del suo appartamento che aveva
raggiunto senza rendersene conto, così preso dai ricordi.
Era una casa spoglia,
quella che aveva scelto.
Sembrava come se
dovesse partire da un momento all'altro.
Non aveva messo nessun
oggetto davvero personale.
Riviste sportive,
mobilio serioso e solo su una mensola tre foto: la prima rappresentava
la squadra del Seirin al completo, mentre reggeva la coppa dopo la
vittoria contro Akashi e la sua squadra.
La seconda era stata
fatta di nascosto in un attimo in cui lui e Kuroko erano assieme a
tutta le Generazione dei Miracoli: c'era Murasakibara con le mani
infilate in un sacchetto di caramelle, Midorima con una tegliera tra le
mani, Kise appiccicato al braccio di Kuroko mentre quest'ultimo cercava
di impedire a lui di prendere a pugni Aomine che allo stesso tempo
veniva tirato da un braccio da Momoi; infine erano tutti e cinque
girati con il volto terrorizzato verso Akashi che li minacciava di
tirare le sue forbici se non avessero smesso.
La terza lo fece
sorridere: era stata scattata una mattina durante il campo di
allenamento.
All'interno della foto
vi era Kuroko con i capelli indomabili e tra le braccia N.2 che
allungava le zampe verso di lui,sdraiato a terra terrorizzato.
Rimase a fissare il
sorriso divertito appena accennato sulle labbra dell' "amico".
La nostalgia
tornò a fargli visita. Quelle foto potevano definirsi le
uniche cose a cui teneva in quella casa.
Di quei tre anni
passati in America non aveva alcuna foto.
Non sentiva
minimamente quella squadra come sua.
Ricordava bene cosa
significava essere una squadra. Come ci si sentiva, come era bella la
sensazione di essere a casa.
C'erano volte che la
sensazione di essere nel posto sbagliato lo soffocava e doveva
abbandonare gli allenamenti di corsa.
Accarezzò
con le dita la prima foto.
Voleva
rivedere
la sua squadra.
Voleva rivedere
persino N.2
Voleva rivedere Kuroko.
Voleva vedere la
Generazione dei Miracoli.
Voleva rivedere Tetsuya.
Sentire la sua voce,le
sue frecciate.
La sua schiettezza e
anche il suo silenzio.
Perchè con
Kuroko riusciva a sentirsi bene anche nel silenzio.
Perchè
Kuroko era l'unico che riusciva a capirlo, a sapere sempre quali erano
i suoi pensieri, quello che voleva fare.
Era diventato in poco
tempo importante quanto Tatsuya,come un fratello.
Anzi...forse
considerava Kuroko un fratello anche più di Tatsuya.
Tatsuya gli aveva
insegnato il basket e come farsi degli amici attraverso di esso.
Kuroko gli aveva
insegnato ad "amare" il basket, a non rendere il suo sport come un mero
uso per vincere.
Gli aveva insegnato
come era essere amici anche al di fuori del basket, perchè
con lui condivideva tutto.
Aveva imparato persino
ad amare leggere!
Spostò lo
sguardo verso la libreria poco fornita ma di certo di più di
quando era arrivato in Giappone cinque anni prima.
Accese il lettore
musicale dove un cd di jaz partì diffondendo una musica
dolce che non gli si addiceva ma con l'umore che aveva, sentiva il
bisogno di un atmosfera tranquilla.
Si cucinò
qualcosa di veloce per poi prendere un libro e sdraiarsi sul divano.
Era diventata un
abitudine ormai.
Ricordava bene le
volte in cui Kuroko era rimasto da lui a dormire e a volte rimaneva
sveglio anche tutta la notte appresso ad un libro che gli interessava.
Rifare quelle cose
glielo facevano sentire un po' più vicino.
Amleto. Storse il naso
ma sorrise quando lesse il titolo del libro a caso che aveva preso.
Quella doveva essere
una serata davvero cupa per mettersi a leggere una storia di vendetta.
"<<
Oi
Kuroko ! Che leggi con così tanto interesse?>>
Lo
vide alzare la testa giusto quel tanto che bastava per rispondergli
<< Amleto>>
<<
E di che parla??>>
<<
Il principe di Danimarca scopre che suo padre è stato
assassinato da suo zio e così decide di vendicarsi ma questo
lo porta ad uccidere nel corso della storia il padre della sua amata
che impazzisce e si suicida. Alla fine con l'inganno Amleto uccide lo
zio ma poco dopo muore tra le braccia del migliore amico dopo aver
proclamato un nuovo re>> lo
dice come se stesse leggendo
un monologo. Competamente inespressivo.
<<
Che storia tragica>>
<<
Infatti è una tragedia, Kagami-kun>>
<<
Ti piacciono le storie senza lieto fine?>>
<<
Non particolarmente>>detto
questo riabbassa lo sguardo e
torna ad ignorarlo."
Eppure ricordava di
avergli visto in mano quel libro decine di volte e un giorno gli aveva
anche letto un intera riga a memoria. Decisamente gli piaceva molto.
Per questo motivo,di
nascosto, lo aveva comprato. Per poter capire cosa avesse di
così speciale quella storia; e doveva dire che non gli era
dispiaciuto per nulla: la figura di Amleto era piuttosto interessante e
nel suo carattere deciso e a volte nelle sue parole ci si rivedeva.
<< Essere
grandi non è agitarsi senza grandi argomenti, ma con
grandezza scendere in campo per un nulla quando l’onore
è in gioco >> recitò
soddisfatto di
ricordare ancora quei versi.
Improvvisamente il
rumore di un telefono che squillava ruppe il silenzio che si era creato
nella casa.
Sbuffando si
allungò verso il tavolino davanti al divano su cui aveva
appogiato il telefono e rispose.
<< Sono
Kagami. >>
Un urlo acuto
dall'altra parte del telefono lo assordò per qualche secondo.
<<
Idiota!Parla come si deve!>>
<< Taiga
! E' successa una cosa incredibile! >>
Il ragazzo parlava
velocemente e a malapena Kagami riuscì a capire.
<< Ah
si? E che è successo?>>
<< Abbiamo
incontrato la Generazione dei Miracoli! >>
Taiga si
ritrovò a fissare il telefono come se vedesse spuntarci
fuori un alieno, mentre una strana costrizione gli cresceva nel petto.
<< La
Generazione dei Miracoli è in Giappone,
idiota!>>
Lo sentì
ridacchiare << Oh no invece! Sono proprio qui a
Los Angeles e la prova ti sta arrivando in quest momento sul cellulare!
>>
Si sentì la
musichetta del messaggio che titubante Taiga aprì.
Non osava sperare che
fosse vero.
Perchè se
lo era, allora anche lui probabilmente ci sarebbe stato.
Trattenne il fiato e
il suo cuore accelerò quando vide le figure familiari dei
suoi vecchi rivali che uscivano dal ristorante.
C'erano tutti e cinque
i membri e Momoi.
Lui non lo vedeva .
Un moto di delusione
gli iniziò a crescere dentro mentre la speranza scemava.
Decise comunque di non
buttarsi giù. Non ancora.
<< Sono
loro davvero....>>
<< Che
ti avevo detto?!>>
<<
Senti... per caso c'era anche un altra persona con loro? Un ragazzo
basso con gli occhi e i capell azzurri?>>
Trattenne il respiro
nell'attesa che l'altro gli rispondesse.
<< In
effetti c'era un tipo simile... ma non sembrava stare molto bene e per
questo se ne sono andati quasi subito.>>
Il cuore gli
balzò in gola per accelerare come un matto.
Kuroko!
<<
Aspetta se non sbaglio dovrei avere una foto un pò
più chiara.>>
Cinque secondi dopo si
sentì di nuovo il trillo del messaggio che Kagami
aprì immediatamente.
Ok! Stava di certo per
avere un infarto.
Nella foto un
pò sfocata, si vedeva un ragazzino con i capelli azzurri che
cercava disperatamente di restare aggrappato al braccio di Aomine che
con l'altro lo sosteneva in vita.
Dopo i primi minuti di
esultanza interiore si concentrò sull'espressione sconvolta
di Kuroko e si chiese cosa avesse.
<< In
quale Mc siete andati?>>
Quando quello gli
rispose Kagami agrottò le sopracciglia pensieroso.
<< Sono
tornati a piedi o in taxi?>> Sembrava decisamente un
interrogatorio.
<<
Taxi>>
<< E per
caso ti ricordi che indirizzo hanno detto all'autista?>>
<< Non proprio ma credo un posto dalle parti di West
L.A>>
Non era molto ma era
già qualcosa!
Kagami sentiva
l'adrenalina scorrergli nelle vene come poco prima di una partita.
<<
Grazie ci vediamo domani>> detto questo
attaccò ancora prima che l'altro potesse ispondere.
Kuroko e gli altri
erano a Los Angeles!
Era una cosa
fantastica! Altro che serata cupa!
Improvvisamente poi si
fermò un attimo a riflettere.
Perchè quei
sette si erano recati in America?
E Kuroko come stava?
Non aveva un bell'aspetto nella foto.
Scosse la testa
confuso dal troppo pensare e decise che glielo avrebbe chiesto dopo
averli trovati.
Perchè li
avebbe trovati!
Non avrebbe permesso
nè a Kuroko nè a se stesso di lasciarselo
sfuggire di nuovo dalle mani!
Erano riusciti a
convincere l'autista a farli entrare tutti, con una lauta mancia oltre
al normale compenso.
C'era da dire che in
sette in un taxi non si stava proprio comodissimi.
Sembrava come un
dejavu del viaggio verso l'areoporto giapoese.
Alla fine Akashi si
era messo nel posto accanto al guidatore, Kise era dovuto salire in
braccio a Midorima, Momoi su Murasakibara , mentre Kuroko stava
accoccolato tra le braccia di Daiki, ancora tremante.
A metà del
viaggio si era appisolato sotto lo sguardo apprensivo dell'amico che
non l'aveva perso d'occhio nemmeno per un momento.
Lo aveva cullato per
tutto il tempo cercando di tranquillizzarlo.
<< Come
sta Kurokocchi?>>sussurrò Ryouta cercando di
sporgersi dalla spalla di Momoi per osservare il ragazzo.
<< Ora dorme ma continua a tremare>> gli
rispose Daiki senza distogliere lo sguardo.
Akashi si affacciò dal sedile davanti e fissò
corrucciato Tetsuya << Dobbiamo dargli la
medicina>> poi si rivolse all'autista e gli chiese in un
inglese perfetto, quanto mancava all'arrivo.
<< Dieci minuti >> rispose quello in uno
stentato giapponese.
Ed in effetti dopo appena dieci minuti la vettura si ritrovò
all'interno di una lunga strada alberata.
Nonostante fosse notte e abbastanza buio il viale che costeggiava ogni
singolo edificio della Città Universitaria UCLA era
completamente illuminato da lampioni di media e piccola altezza.
Ai lati del viale vi erano panchine in legno alternate ai lampioni.
All'interno della Città, passavano fino alle sette, autobus
universitari che facevano l'intero giro di tutte le facoltà,
trasportando studenti, docenti e addetti ai lavori.
Il taxi si fermò davanti ad uno degli edifici più
moderni.
Quando la portiera posteriore fu aperta Kise fu sbalzato giù
dall'auto da un irritato Midorima che gli imprecò contro per
non essere stato fermo un attimo; subito
dopo di loro, con grazia scese Momoi per nulla scomposta per poi essere
seguita da Atsushi che si lamentò per le sue merendine tutte
sbriciolate.
Daiki, il
più delicatamente possibile, riuscì ad uscire dal
taxi senza svegliare Kuroko tra le sue braccia, mentre Akashi saldava
il conto con l'autista e lo ringraziava per il favore fatto.
Dopo pochi minuti
entrarono nel loro appartamento e Daiki si diresse nella stanza che
condivideva con Kuroko e stese il ragazzo nel suo letto ancora vestito,
non volendo rischiare di svegliarlo. Cercando di fare il più
piano possibile prese la siringa piena che c'era nel
comodino, la sterilizzò e ne iniettò la sostanza
nel braccio del ragazzo che fortunatamente si lamentò
solamente per poi tornare a riposare. Finito, Daiki buttò
quell'aggeggio nel cestino, con disgusto.
Odiava dover fare una
cosa simile a Tetsu, ma non aveva scelta.
Si sedette sul letto
davanti prendendosi la testa tra le mani osservando il sonno agitato di
quel piccolo ragazzo che considerava un fratello.
Si alzò dal
letto subito dopo e si stese accanto all'amico abbracciandolo, cercando
di dargli un pò di conforto.
Sorrise quando
sentì il corpo del più piccolo calmarsi un poco.
Al naso gli
arrivò l'odore particolare e appena accennato di Tetsuya.
Odore di casa che lo
riportò a tre anni prima, quando dopo essere stati battuti ,
Kuroko lo aveva pedonato per il suo comportamento e gli aveva permesso
di tornare ad essere suo amico.
Pian piano, con
fatica, si era di nuovo guadagnato la fiducia di Tetsu -e di
conseguenza si era anche avvicinato un pò a Kagami-.
Poi era successo che,
poco prima della partita contro il Rakuzan,Kuroko aveva deciso di
andare a vivere da solo e con sua sorpresa gli aveva chiesto di essere
il suo coinquilino.
Aveva accettato
subito, pensando a quell'offerta come una specie di definitiva
riconciliazione.
All'improvviso
però, era tutto precipitato, quando Kagami aveva annunciato
che sarebbe tornato in America per diventare un giocatore
professionista, accettando la proposta che uno sponsor gli aveva posto
subito dopo la partita contro Akashi.
Aveva assistito
impotente all'auodistruzione di Tetsu. Al suo sfogo violento quando era
tornato dopo aver salutato l'amico all'areoporto. Lo aveva stretto a
sè, vedendolo pian piano spegnersi ogni minuto che passava.
Quel giorno si era promesso di difenderlo da tutto e da tutti coloro
che avrebbero potuto in qualunque modo ferirlo.
Era forte, Tetsu.
Dopo un mese passato
nella più totale apatia, si era rialzato da solo dalle
ceneri e aveva cercato di andare avanti o almeno di mostrarsi forte
all'esterno.
Perchè lo
sapeva Daiki , che dentro l'amico imperversava ancora l'inferno e
quell'apparente tranquillità che mostrava, poteva
sbriciolarsi per un nonulla.
E poi dopo solo un pao
di mesi , la situazione era precipitata di nuovo alla notizia che....
I suoi pensieri furono
interrotti dall'entrata silenziosa di Satsuki, venuta a vedere come
stava Tetsuya. La vide sospirare e sedersi sul letto di Daiki
mentre con espressione sofferente osservava il viso tirato del
più piccolo.
Aomine si
ritrovò a fissarla, rendendosi conto che, l'amore di Satsuki
verso Tesu non era ancora svanito.
Si ritrovò
a sentirsi male a quel pensiero.
Sapeva perfettamente
che Tetsu non provava null'altro con un affetto fraterno verso di lei e
lo rattristava capire che lei stava soffrendo per quell'amore non
corrisposto.
Sentì
qualcosa agitarglisi rabbioso nello stomaco quando capì
quanto forti ancora erano i sentimenti di Satsuki verso Tetsuya.
Gelosia? Si chiese
sorpreso.
Verso di chi? Tetsu ?
Satsuki? Non lo sapeva Daiki ma l'avrebbe accettata come ci si
aspettava da lui e avrebbe lasciato che fosse il tempo a chiarirgli le
idee.
La vide alzarsi e
girare attorno al letto e per poi stendersi e racchiudere Kuroko in un
caldo abbraccio.
Daiki sorrise .
Erano una strana
famiglia loro sette.
Poteva sentire la
presenza degli altri nell'altra stanza che sembrava facessero la
guardia alla loro tranquillità.
Erano diventati una
strana famiglia creata completamente intorno a Kuroko, e nonostante
sapessero che lui non voleva essere protetto, tutti quanti si sarebbero
impegnati per renderlo felice.
Era stato lui, anche
se indirettamente e in uno strano modo – battendoli - a
ricongiungerli tutti e a far si che tornassero quelli di un tempo.
I ragazzini che
amavano giocare a basket più di ogni altra cosa.
Non avrebbero permesso
che nulla distruggesse la loro salvezza.
Era questa la promessa
muta che si erano fatti.
Dopo poco,
però, avevano scoperto che su certe cose erano impotenti e
che alla vita non ci si poteva opporre.
Chiuse gli occhi
Daiki, cercando di scacciare quei pensieri infausti dalla sua testa.
Erano lì in
America proprio per impedire al destino di mettere le mani su di loro.
Non si sarebbero
arresi.
Con il respiro pesante
di Tetsu e Satsuki nelle orecchie come ninnanna si
addormentò anche lui , ringraziando che quel letto era
abbastanza grande per farci stare tutti e tre.
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Capitolo 3 *** Cap 3 \\ Il piano. ***
Cap 3
Il cigolio
della porta che si apriva, risvegliò Daiki dal leggero sonno
che si era concesso. Schiuse piano gli occhi cercando di non sciogliere
la presa dai due che dormivano serenamente affianco a lui e li
puntò sul piccolo spiraglio che si era creato quando la
porta si era aperta.
La scura figura di un ragazzo alto e biondo si stagliò sulla
soglia.
L'espressione dolce che gli si leggeva sul volto stupì e
riscaldò il cuore di Aomine.
“Sembrate dei genitori che proteggono il
figlio...”sussurrò Ryouta andando a sedersi sul
letto di fronte al loro.
Daiki emise un verso scocciato, probabilmente per nascondere
l'imbarazzo, poi cambiò discorso. “Che
ore sono?”
“ Mezzanotte... credo?”
All'esitazione del biondo si sentì un risolino provenire dal
letto.
“Se Daiki e Satsuki fossero i genitori allora la
famiglia andrebbe a in bancarotta in meno di una settimana”
mormorò assonnato e divertito Kuroko, la voce attutita dalle
coperte e la presa di Aomine.
Quando cercò di alzarsi, Daiki lo ributtò senza
troppa forza sul materasso suscitando l'ilarità di Kise che
scoppiò in una risata silenziosa.
“Tornate a dormire” borbottò
Aomine adocchiando anche il sorrisetto di Satsuki che aveva ancora gli
occhi chiusi, fingendo di dormire. “E' tardi.”
Si alzò dal letto dopo aver ricevuto l'ok da parte dei due
già in parte tornati nel mondo dei sogni, e fece segno a
Ryouta di seguirlo fuori dalla stanza. Entrato nel salone si chiuse di
nuovo la porta alle spalle. Seduti sul divano,Akashi e Murasakibara
stavano facevano zapping tra gare di torte e discorsi diplomatici in
qualche strana lingua, mentre Midorima leggeva un libro intitolato “La
Medicina e il basket”, sulla poltrona affianco a
loro.
“Ben svegliato, Daiki” se ne uscì Akashi
mentre ancora gli dava le spalle e la televisione che aveva coperto il
rumore della porta della camera che si chiudeva.
-Come diavolo fa a saperlo?!- si chiese Aomine ma non si espresse a
voce alta, consapevole che in risposta avrebbe ricevuto solamente un
sorriso enigmatico. Si avvicinò al divano e di riflesso
Numero 2 gli si avvinò scodinzolante. Si fermò di
colpo e lo fissò con odio. “Continuo a dire con
uno sguardo malefico!” Kise sbuffo divertito
“Aominecchi falla finita.”
Era terribilmente simile a Kagami in quei momenti.
“Devo parlarvi.”
La televisione si spense ed Akashi fece loro segno di sedersi sul
divano di fronte. Midorima chiuse il libro che stava leggendo e perfino
Atsushi smise di mangiare le sue caramelle per mettersi ad ascoltare.
“Di cosa vuoi parlare Dai-chin?”
“Di Tetsu” gli rispose Aomine come se fosse ovvio.
“Immaginavo. Come sta?" gli chiese Akashi, mostrando di nuovo
la sua espressione preoccupata.
“Meglio...forse. Sai che non è facile capire cosa
pensa la maggior parte delle volte.”
“Già, anche questo è vero...
Allora?”
Daiki rimase in silenzio inizialmente, cercando di mettere in ordine i
pensieri che lo avevano afflitto da quando erano usciti da quel
ristorante.
“Deve incontrarlo” affermò tutto d'un
tratto per poi rimanere ad osservare le varie espressioni dei quattro
presenti.
Ryouta era mezzo scioccato.
Atsushi sembrava irritato.
Midorima rimase impassibile ed annuì.
Negli occhi di Akashi passò un lampo pericoloso.
“Stai scherzando spero!”sbottò Kise.
“Ha ragione Dai-chin... hai visto la reazione di Kuro-chin
quando lo hanno nominato in quel ristorante?”
Daiki sospirò “E' proprio per questo motivo che
penso debba vederlo...”
“Spiegati meglio Daiki” gli ordinò
Akashi con quel luccichio strano negli occhi.
"Tetsu deve vedere Kagami”specificò Aomine
anticipando poi la risposta brusca di Kise "Ho visto perfettamente la
reazione di Tetsu quando hanno nominato Kagami ed è proprio
per questo che voglio che lo incontri. Ho l'impressione che da ora in
avanti vivrà come nel terrore che, svoltando l'angolo,se lo
ritrovi davanti."
Il silenzio cadde nella stanza, segno che anche gli altri avevano lo
stesso pensiero.
“Ma allora perchè farglielo incontrare? Non
sarebbe una cosa ancora peggiore?”
“La cosa peggiore sarebbe farlo continuare a vivere in una
simile situazione mentale” rispose Shintaro per lui
“Domani inizieremo l'università e tra una
settimana il dottor Johanson lo visiterà per capire se si
potrà applicare la nuova cura. Se arriverà alla
visita in questo stato potrebbe solo peggiorare la
situazione” concluse “ credo che Aomine intenda
questo.”
Daiki annuì grato che avesse spiegato le cose per lui.
Il silenzio discese nella stanza.
Tutti erano immersi nei loro pensieri, tutti incentrati sul piccolo
ragazzo che riposava nell'altra stanza. Dopo qualche minuto il cigolio
di qualcuno che si alzava dal divano ruppe la calma che era scesa nella
casa.
Alzando lo sguardo dalle proprie mani, Daiki vide Akashi dirigersi
verso la cucina e prepararsi un caffè “Bene,
prenderemo in considerazione quest'opzione ma prima vedremo come va.
Aspetteremo che si ambienti qui e nel caso sarà strettamente
necessario allora faremo in modo che Tetsuya incontri Kagami. La sua
salute è la cosa più importante.”
Tutti annuirono concordi, dopotutto Akashi era da sempre stato il loro
capitano.
“Se non sbaglio il capitano, la coach e il centro del Seirin
verranno tra una settimana. Atsushi,Shintaro quando arriveranno Himuro
e Takao?”
“Takao arriverà sullo stesso aereo di quelli del
Seirin”
“Muro-chin verrà tra un paio di giorni, dopo che
avrà sistemato delle cose in Giappone”
"Capisco, allora potrebbero arrivare in tempo per la visita.”
Dopo averci riflettuto prese il telefono e fece una chiamata
“ Sig. Rayce … si, sono Akashi … no,
non chiamo perché il servizio di pulizie non é
efficiente … aspetti perché me lo
chiede?”
Gli altri ragazzi lo fissarono perplessi mentre l'espressione
dell'amico farsi corrucciata.
“Qualcuno ha protestato verso il servizio di pulizie? Aveva
trovato una macchia strana sul copriletto? Ho capito. Era
vero?”
Aomine si chiese perché diavolo stava parlando di quello.
Un attimo prima decidevano come rapportarsi sulla situazione di Tetsu e
un attimo dopo Akashi chiedeva di strane macchie sui copriletto.
Sospirò: dopo Tetsu, Akashi era di certo la persona con il
cervello più incomprensibile – e incasinato,
psicolabile e con priorità disordinate -che conosceva.
Improvvisamente il volto del rosso si colorì leggermente:
Akashi era imbarazzato?!
“Si in effetti avrebbero dovuto pensare al fatto che sua sore
lla e il fdanzao hanno dormito da lei la sera prima...”
Gli altri si guardarono confusi, fino a quando,quasi in ordine
arrivarono tutti alla stessa conclusione, cambiando il colorito, da un
classico rosa pallido ad uno più scarlatto.
“No Sig. Rayce, non voglio intentare nessuna causa contro gli
addetti alle pulizie... ah, perché ho chiamato allora?
Giusto … voglio compare l'intero edificio!”
Daiki si ritrovò con la sua stessa mano spiaccicata sulla
fronte ed un forte mal di testa.
Da un estremo all'altro.
Tipico di Akashi.
Da semplice amico preoccupato a imprenditore incallito in meno di un
minuto. Infine – proprio come adesso – a
“Imperatore Assoluto”.
“ Si , l'intero edificio in cui abito con i miei compagni
… perché? Dovrei avere una ragione
valida?”
La sua voce si era fatta terribilmente sottile .
Quel Sig. Rayce stava rischiando davvero grosso.
Un Akashi irritato, era una situazione decisamente pericolosa.
“Dei miei amici arriveranno tra una settimana e voglio che
alloggino nel mio stesso condominio e il piano sotto di noi... ah
è occupato? Un appartamento accanto al nostro? Sarebbe
ottimo... compra comunque l'intero edificio … ah
è una proprietà americana? Dovrei chiedere al
Ministro dell'Istruzione? No … non credo sia il caso... si,
hai prenotata una cena per due nel miglior ristorante della
città... va bene a più tardi.”
Finita la telefonata attaccò e si girò verso di
loro come se nulla fosse, sorseggiando la sua tazza di caffè.
Il silenzio nella stanza era piuttosto comprensibile. La conversazione
appena sentita era stata così assurda da ammutolire tutti e
cinque i ragazzi.
“Tralasciando il fatto che non puoi comprare un condominio
universitario, mi vuoi dire che senso ha comprare tutto l'edificio,
anche se l'appartamento accanto al nostro può essere
affittato?”se ne uscì Midorima massaggiandosi le
tempie doloranti.
Akashi gli rivolse uno strano sguardo di superiorità
“ Io sono assoluto, devo avere il controllo su tutto, anche
sugli addetti alle pulizie!”
“Ovviamente”gli rispose il Vice fissandolo come se
fosse pazzo. In parte lo era quindi non c'era nulla di così
strano.
“Bene, almeno i sempai del Seirin e gli altri saranno sempre
qui e ci daranno una mano... cosa di cui abbiamo molto
bisogno.”
Akashi annuì “Daiki tu sei quello che
dovrà stare più attento... secondo le mie fonti
Kagami frequenta il corso di lingue ma, ovviamente solo per poter
giocare nella squadra di basket. Tu sei qui per lo stesso motivo,
quindi é sicuro che lo incontrerai come minimo tra una
settimana , quando ci sarà l'incontro per accogliere le
matricole in squadra.”
Daiki sospirò “In pratica non c'é alcun
modo per impedirci di vedere quell'idiota, giusto?”
Akashi scosse la testa “ Bada bene a quello che dirai e cerca
di non farti vedere al Pauley Pavilion fino all'incontro della prossima
settimana.”
“Farò del mio meglio. Ora ho sonno...”
detto questo diede la buonanotte e se ne andò in camera.
Un raggio del sole penetrò tra le persiane chiuse,
illuminando
lievemente il corpo dei due ragazzi ancora avvolti dalle lenzuola. Era
debole ma riuscì comunque a svegliare il giovane che si
stropicciò le palpebre e piano cercò di alzarsi
non
riuscendoci.
Confuso spostò lo sguardo accanto a sé e sorrise
quando
notò il braccio di una ragazza dalla strana capigliatura
color
rosa, stringergli forte la vita come se temesse di sentirlo sparire da
un momento all'altro. Non aveva tutti i torti dopotutto.
Le carezzò la testa dolcemente.
La sua dolce sorellina.
“Sei sveglio.”
Il sussurro appena udibile lo fece voltare lentamente, avendo
riconosciuto la voce.
Nel frattempo i ricordi di ciò che era accaduto la sera
precedente gli invasero la mente ancora assonnata e annebbiata.
Sorrise amaramente a Daiki che lo fissava seduto sul letto di fronte.
“Vi ho dato di nuovo troppi problemi.”
Aomine si alzò di scatto e gli scompigliò i
capelli
affettuosamente procurandosi uno sguardo infastidito e una risata
silenziosa dalla nuova presenza cosciente nella stanza.
“I tuoi problemi non lo sono per noi, chiaro?”
Daiki si sentì trascinato sul letto e senza un buon
equilibrio crollò sopra di loro con un gemito.
“Satsuki- chan … i tuoi metodi di
abbraccio-solletico sono
poco piacevoli per le mie ossa” si lamentò Tetsu
massaggiandosi la parte lesa da Daiki senza volerlo.
“Sei fatto deboluccio Tetsu-kun!”lo
rimbrottò la
ragazza stringendoli entrambi in un abbraccio amorevolmente materno per
lei, soffocante per loro due in astinenza d'aria.
“Ti vogliamo bene anche noi, Satsuki, ma ora lasciaci vivere
per
favore o Akashi se la prenderà con te, per questo affronto
al
suo controllo!”
Immediatamente la ragazza li mollò facendo di nuovo perdere
il
poco equilibrio a Daiki che ricrollò su Tetsu
facendolo
sbuffare.
“Satsuki- chan mi piacerebbe arrivarci vivo alla visita della
settimana prossima.”
Quella era una frase davvero poco felice e se ne rese conto
quando la vide abbassare la testa abbattuta. Pentito, di sua spontanea
volontà la strinse a sé per qualche secondo
facendole
tornare il sorriso.
Non ci si poteva aspettare di più da Tetsu, anzi era
già tanto quel piccolo gesto.
Aomine si alzò per poi tendere una mano all'altro che la
prese senza esitazione e si tirò su.
Meglio non rischiare di andare incontro all'irritabilità di
Akashi sui ritardatari.
Tetsu se la sarebbe cavata per l'affetto fraterno che il rosso
–
e anche tutti gli altri- provava per lui, ma Satsuki e Daiki erano a
serio rischio di ripercussioni.
Diede un'occhiata alla sveglia e sospirò sollevato nel
vedere che era ancora
presto.
Non si stupì nel vedere Akashi e Midorima fare colazione:
uno
con il giornale in mano l'altro lo sguardo fisso sulla televisione, ad
ascoltare Oha-Asa ovviamente.
<< E
l'oggetto del giorno é un tridente come quello del padre
della
Sirenetta! Un po' ingombrante ma necessario per affrontare la sfortuna
del giorno! >>
“Ti prego dimmi che non dovremo girare per tutta Los Angeles
per
cercare quel coso!” si lamentò Daiki entrando nel
salone e
servendosi una tazza di caffè ancora caldo.
“ E' l'oggetto fortunato del giorno!”
protestò Shintaro per nulla abbattuto.
“ Sarà una noia Midorima e poi dove credi di
trovarlo un
tridente dall'altezza umana?!” gli rispose il moro passando
le
altre due tazze a Tetsu e Satsuki che gli si erano seduti affianco
mormorando un assonnato “ 'Giorno...” a
cui Akashi
ripose con un saluto educato.
“Midorima-kun deve essere per forza un tridente ad altezza
uomo o
basta anche un porta chiavi?” se ne uscì Kuroko
sorseggiando piano la sua bevanda.
Quello lo fissò per un po'“ Oha-Asa ha detto
che il
Cancro è al primo posto oggi, quindi andrà bene
anche un
portachiavi, credo.”
Kuroko tirò fuori dalla tasca un tridente in miniatura con
il
moschettone integrato e lo consegnò a Midorima che
sembrò
aver scalato l'Everest per quanto era adorante.
“Dove diamine l'hai preso?”
Tetsu abbassò lo sguardo e Daiki si rese conto che forse
aveva fatto la domanda sbagliata.
“ Un paio di anni fa... con Kagami- kun ...”
mormorò
attirando anche l'attenzione di Satsuki che stava cercando di
convincere Midorima a mollare il tridente mentre mangiava la sua
brioche.
“Avevamo la giornata libera e la coach per qualche motivo
ignoto
ci costrinse ad accettare i biglietti per l'acquario che le avevano
regalato... quello era il souvenir che prendemmo entrambi.”
Midorima tese la mano per ridarglielo ma Kuroko gliela chiuse attorno
all'oggetto sorridendogli.
“I ricordi trascendono un semplice oggetto, Midorima-kun...
anche
se ogni giorno spero che quei ricordi mi abbandonino
velocemente.”
Daiki, per distrarlo, gli scompigliò di nuovo i capelli
ottenendo solo un debole sorriso. Niente sguardo infastidito o parole
taglienti. Solo una grande nostalgia e dolore.
Come accadeva sempre quando si parlava di Kagami.
Daiki strinse il pugno sentendosi come sempre impotente in quei
momenti. Non poteva mai fare nulla per tirarlo su .
Kagami era off-limits per lui, nella mente di Tetsu.
Una botte d'acciaio che raramente riusciva a scalfire se non quando era
l'amico a permetterlo.
Quelli erano proprio i momenti che però odiava di
più,
perché voleva dire che Tetsu era completamente a pezzi e gli
serviva un sostegno per rialzarsi.
Era lì anche per quello.
Ma c'erano delle volte in cui si sentiva... geloso, di quanto
importante fosse Kagami per lui.
La presenza di quel bastardo, nella mente di Kuroko, era
così preponderante a volte, da sostituire qualunque altra
cosa.
Scosse la testa, dandosi dell'idiota.
Insultare, anche se solo nella sua mente, la persona che voleva far
riavvicinare a Tetsuya... non era l'approccio più adatto.
Nonostante Kagami non gli piacesse, vuoi per rivalità vuoi
per
gelosia, gli serviva per far tornare a Tetsu un po' di
tranquillità.
Per uno istintivo come lui, una cosa del genere era davvero difficile
ma era cresciuto dai tempi delle superiori e si stava impegnando per
non fare casini.
“Tetsuya te la senti di andare all'università
oggi?”
La voce di Akashi, nonostante fosse chiara e bassa, gli
perforò
i timpani schiarendogli la mente da pensieri non molto euforici.
“Certo Akashi-kun, sto piuttosto bene oggi.”
“Ne sono lieto.”
In quel momento entrò Kise, con solo un asciugamano attorno
alla
vita, mentre con un altro si asciugava distrattamente i capelli.
L'unica donna nella casa non fece minimamente una piega a quella vista
e continuò a mangiucchiare la sua brioche incurante di
quello
che gli accadeva attorno, mentre leggeva una rivista sportiva.
“Ryouta vestiti come si deve in presenza di
Satsuki” lo rimbrottò Akashi guardandolo
storto.
La ragazza in questione sentendosi chiamata in causa
alzò
lo sguardo appena, buttò un'occhiata a Ryouta che la fissava
con
uno sguardo perplesso poi tornò a leggere la rivista
“Siete come fratelli per me di certo non mi imbarazzo per
così poco”affermò girando la pagina e
tornando ad
immergersi nella lettura di qualche gossip.
Kise sorrise e dopo essersi apoggiato l'asciugamano con cui si stava
tamponando i capelli sulle spalle, si versò il liquido nero
nella tazza e iniziò a sorseggiarlo .
“Ma non hai freddo, Kise-kun? Siamo in inverno e fanno meno
due gradi...”chiese Tetsu curioso.
Il biondo alzò le spalle e dopo essersi scolato l'intera
tazza
scottandosi la lingua e quindi imprecando a tutto volume, se ne
andò in camera.
Si sentirono una voci abbastanza alta e squillante ed un altra annoiata
che protestava.
Probabilmente Ryouta stava cercando di svegliare Atsushi e quello
nonvoleva sentire ragioni.
“Satsuki dì ad Atsushi di sbrigarsi a venire qui
se non vuole che debba intervenire.”
Subito dopo l'entrata della ragazza nella stanza, si sentì
un gran casino e poi Satsuki, Kise e Atsushi uscirono
in tutta fretta e si accomodarono a tavola.
“Sbrigatevi, non voglio fare tardi il primo giorno.”
Daiki lo guardò male “Akashi mancano ancora due
ore alle
lezioni e ci mettiamo cinque minuti ad arrivare alle
facoltà.
Che vuoi fare, compagnia al custode mentre apre i cancelli?!”
“Voglio passare in biblioteca per vedere se c'é
qualche volume di preparazione.”
Aomine gemette a quel pensiero.
“Ti prego dimmi che non sono compreso nella gita
all'inferno!”
“Ovviamente, tu verrai con noi”decretò
Akashi.
Improvvisamente il cellulare di Akashi squillò.
“Sig.Rayce... oh sono lieto che tu sia riusito a comprare a
comprare l'appartamento... ah , si certo che me ne ricordo... si stiamo
andando. Smettila di fare domande stupide Sig.Rayce.”
Attaccò con un espressione corrucciata.
“Dobbiamo presentarci tra un ora dal rettore per registrare
la
nostra iscrizione o non avremo il libretto universitario.”
Aomine stava per scoppiare in una risata che gli avrebbe comportato
gravi ripercussioni da parte di Akashi,
quando giusto in tempo gli arrivò la gomitata nelle costole
da
parte di Tetsu che gli tolse il respiro per il dolore. Daiki
lanciò uno sguardo di fuoco all'amico che di tutta risposta
carezzò il piccolo, che piccolo non era più,
Numero 2.
“ Tutto a posto Daiki?” gli chiese quasi
ingenuamente Akashi.Quasi.
Era impossibile che con l'occhio dell'Imperatore non avesse notato quei
rumori e strani movimenti sotto al tavolo.
“T-tutto… ok...”ansimò il
moro cercando
isembrare malamente normale e lanciando occhiate omicida a Tetsu che lo
ricambiava angelicamente.
“ Bene , perché é ora di prepararci...
soprattutto
Satsuki” disse squadrandola irritato “ ci metti le
ore per
prepararti quindi inizia ora o ti lasciamo qui.”
La ragazza si volatilizzò in pochi minuti. Tutti gli altri
completarono con calma la colazione e finirono di prepararsi. Tetsu ne
approfittò per dare da mangiare al cucciolo e fargli qualche
coccola che aveva mancato di fare il giorno prima.
Alla fine, come previsto si ritrovarono tutti e sei ad aspettare per
dieci minuti Satsuki che continuava a ripetere che sarebbe uscita
subito.
“Satsuki giuro che...” Akashi stava decisamente
perdendo la pazienza e non era di buon auspicio.
La ragazza uscì dalla camera evitando di sfidare la sua
fortuna
e procurandosi una sfilza di proteste dai membri della loro strana
famiglia al completo.
Lei li liquidò tutti con uno sguardo raggelante che perfino
Akashi si ritrovò a indietreggiare.
Mai sfidare la pazienza di Akashi, ma ancora peggio sarebbe stato
sfidare la sensibilità di una ragazza nel pieno degli
ormoni. Si
rischia la vita in quei casi!
Riuscirono a prendere l'autobus universitario giusto in tempo, e quache
bravo ragazzo – intimorito probabilmente dagli sguardi
assassini
di Akashi, dalla mole di Atsushi, dallo sguardo adorante e psicopatico
che Midorima lanciava al suo portachiavi, tralasciando poi il casino
che facevano Kise e Aomine– lasciarono i loro posti, docilmente.
Il viaggio fino all'edificio universitario durò solo dieci
minuti, in cui a Aomine e Tetsu salì il mal di testa a
livelli
allucinanti. Satsuki, accanto a loro, non aveva smesso un attimo di
ciarlare , eccitata dalla sua nuova vita. Tetsuya si riteneva
–
giustamente- una persona piuttosto tranquilla, ma in quel tragitto
ritrovò la sua parte omicida di se.
Satsuki era dolce e buona ma quando attaccava a parlare poteva rimanere
ore senza smettere un attimo e solo tre persone la sapevano zittire:
Akashi ovviamente, Tetsu e Daiki che ora però se la stavano
subendo apertamente aspettando che quel viaggio straziante terminasse
per quanto corto fosse.
Alla fine, prevedibilmente,
Daiki perse la pazienza e sbottò maleducatamente prima che
Tetsu
potesse dargli un'altra delle sue gomitate spezza-fiato.
“Satsuki, vedi di stare zitta per cinque minuti
ok?!”
La ragazza sbiancò a quelle parole e si ammutolì
stupendo Daiki che si sentì in colpa.
La gomitata spezza-fiato gli arrivò comunque seguita da un
penetrante sguardo di rimprovero da parte dell'amico seduto accanto a
lui.
I rimorsi per averla trattata male lo perseguitarono per tutto il resto
del viaggio e si ritrovò a lanciarle occhiate preoccupate
fino a
che Tetsu non iniziò a sbuffare infastidito.
A gesti, cercando di non farsi vedere da Satsuki, lo
minacciò di dargliene un'altra se non avesse smesso.
Aomine arrossì e si voltò verso il finestrino
rimanendo con lo sguardo incollato sul paesaggio.
Tetsuya si ritrovò a sospirare di sollievo quando mise piede
finalmente sull'asfalto. Stranamente sentì qualcun altro
sospirare allo stesso modo e così con la coda dell'occhio
fissò Akashi che a sua volta sembrava voler far sparire con
lo
sguardo il maledetto tridente portafortuna di Midorima.
Decise che non era il caso di fare domande, così
tornò
alla guida dell'università che cercava di leggere
dall'autobus
senza successo.
Si diressero verso l'edificio addetto alle informazioni e dove
presumibilmente si trovava anche la presidenza. La Murphy Hall.
Si avvicinarono alla reception.
“Dobbiamo parlare con il rettore per ricevere i nostri
libretti”
Percorsero i corridoi isolati dell'università in silenzio
fino a
quando non si sentì una strana esplosione nei laboratori di
chimica.
“C'è già qualcuno a
quest'ora?” chiese Akashi
alla segretaria del rettore che stava mostrando loro la strada.
“Si … ci sono alcuni specializzandi di chimica a
cui
verrà tolto il privilegio di usare i laboratori se non
smetteranno di fare esplodere le cose!” disse alzando la voce
per
far si che le persone al di la delle porte la sentissero, e infatti il
vociare concitato si arrestò immediatamente.
Avendo assodato che i pazzi li perseguitavano anche in America
continuarono la loro traviata verso l'ufficio del rettore.
Alla fine si svolse tutto abbastanza in fretta e ricevettero i lori
libretti senza troppi problemi.
Raggiunsero l'uscita fino alla fermata dell'autobus.
Salirono sull' autobus che dopo pochi minuti fece la sua fermata alla
facoltà di legge.
Akashi prima di scendere si avvicinò pericolosamente al
volto di Daiki che sbiancò.
“Prenditi cura di Tetsuya, sono stato chiaro Daiki?”
“ Cristallino come sempre, Akashi. Non c'era bisogno che me
lo dicessi comunque.”
Il rosso sorrise “ Lo so … voglio che tu vada a
prendermi questo volume nella Powell Library alla mezza.”
Aomine sospirò sconsolato guardando il bigliettino che
l'altro aveva messo tra le mani “ Akashi... Compendio del
diritto tributario?!
Non hai frequentato solo un anno in Giappone! Sono sicuro come il pane
che quella non c'era tra le materie di quest'anno.”
“Mi tengo aggiornato e ho studiato gran parte delle materie
di quest'anno.”
Daiki si ritrovò a sospirare “Va bene. Tetsu vieni
con me vero?”
La sua espressione faceva pena, ma ovviamente l'amico non si fece
itenerire e con la solita espressione imperturbabile lo
smontò
copletamente “Mi dispiace Daiki, ma a quell'ora ho lezione di
...” lesse il suo orario “ Teorie e tecniche di
riabilitazione neurovisiva...
se vuoi puoi venire ma... qualcosa mi dice che non ti
interessa” Sorrise di sbieco. Aomine aveva fatto
una faccia
schifata .
“ No... no grazie. Meglio l'inferno meno afoso”
Dopo questo veloce scambio di battute Akashi scese dall'autobus che
ripartì subito per la prossima tappa,la Franz Hall, il
Dipartimento di Psicologia.
La fermata di Tetsu e Daiki.
O piuttosto... la fermata di Kuroko. Aomine frequentava
quella facoltà solo ufficiosamente.
In realtà era stato accettato come giocatore professionista,
ma
per diventarlo a tutti gli effetti doveva almeno laurearsi alla UCLA.
Gli bastava dare qualche esame in una qualsiasi facoltà e
Daiki
aveva scelto Psicologia per restare accanto a Tetsu che voleva
diventare psicologo sportivo.
Per quanto riguardava Atsushi, avrebbe frequentato l'Istituto Nazionale
della Salute. Paradossalmente per seguire gli altri aveva deciso di
diventare nutrizionista. Atsushi. Un nutrizionista. C'era da ridere.
Midorima voleva diventare un medico sportivo, quindi lui e Atsushi
sarbbero scesi alla stessa fermata assieme a Kise che voleva diventare
Personal Trainer.
Akashi procuratore sportivo.
Aomine giocatore di basket.
Tetsu psicologo sportivo.
Atsushi nutrizionista.
Midorima medico sportivo.
Kise Personal Trainer.
Satsuki avrebbe continuato la sua carriera di manager cercando di
laurearsi in Economia per poi prendere Master in Economia e Management
dello Sport. Sarebbe stata dura ma era determinata e le sue
capacità di analizzare
Secondo i piani di Akashi sarebbero diventati un equipe incentrata su
Aomine che non sapeva fare altro se non giocare a basket.
Nessuno aveva mai avuto intenzione di abbandonare il basket, ma alcune
cose avevano impedito a molti di loro di poter giocare a livello
professionistico.
Akashi a causa dei troppi sforzi di vista aveva abbandonato l'idea di
essere assoluto anche nell' NBA .
Kise aveva l'infortunio alla gamba con cui discutere.
Atsushi nonostante l'amore per il basket sempre presente, era troppo
pigro per portare avanti una carriera professionistica.
La famiglia di Midorima era piena di medici e aveva fatto pressioni su
di lui per continuare la tradizione di famiglia.
Tetsuya aveva i suoi problemi.
Aomine era un idiota prodigio.
Satsuki faceva quello a cui era abituata.
Un equipe perfetto se e solo se, tutti i presenti avrebbero partecipato.
Come sempre solo tutti assieme avrebbero creato l'armonina ideale in
campo anche se solo uno avrebbe giocato.
Quando l'autobus si fermò davanti alla Franz Hall, prima di
scendere Tetsu diede appuntamento a tutti gli altri per il pranzo
all'una e mezza.
La Franz Hall, la casa del Dipartimento di Psicologia era un edificio
abbastanza grande e frequentato visto la quantità di gente
che
entrava e usciva da quella maledetta entrata. L'ultima osservazione era
ovviamente
stato Aomine a farla.
Troppa confusione per mister -L'unico
che può battermi sono io-
Ritrovarono facilmente l'aula in cui si sarebbe tenuta la loro prima
lezione del secondo anno.
Peccato che Aomine non aveva frequentato neppure il primo anno, ma
quelli erano dettagli che la famiglia Akashi sapeva perfettamente
insabbiare.
A differenza di Tetsu, che aveva tirato fuori il blocco per gli appunti
nel momento in cui si erano seduti, Daiki si stravaccò sulla
scomoda sedia già in procinto di entrare nl mondo dei sogni.
“Daiki sarebbe il caso che tu ascoltassi un po' se vuoi dare
almeno un paio di esami” mormorò l'amico senza
neppure un
briciolo di convinzione.
Lo sguardo che l'altro gli rivolse era abbastanza eloquente su quanto
gli interessava dare quegli esami.
Il professore entrò ed iniziò la lezione.
“Stanley Hall
fu il
primo a rendersi conto che la mente del bambino è differente
da
quella dell’adulto. Iniziò studi sui bambini con
il metodo
dei racconti degli adulti. Esaminò anche
l’adolescenza che
definì come nuova
nascita. E...”
E da quel momento in poi Daiki non si stupì di avere un
enorme
buco di memoria fino a quando Tetsu non lo svegliò dandogli
uno
scossone.
“ E' finita?”
“ Daiki ti sei perso circa due lezioni dopo
quella...” lo
rimbrottò l'amico “Sono le dodici e se non ti
sbrighi
Akashi -kun non gradirà se arrivi in ritardo.”
Aomine si alzò di scatto e guadagnò l'uscita in
fretta dopo averlo salutato.
Ricordava perfettamente l'ultima volta che aveva fatto un torto ad
Akashi e non era stata per nulla piacevole.
Si era ritrovato non si sa come con due strisce rasate ai lati della
testa.
Prese al volo l'autobus prima di perderlo e fece le tre o quattro
fermate fino alla Powell Library.
Gemette sofferente quando si ritrovò davanti alla scalinata
dell'edificio.
Gli sembrava di essere in mezzo ad una città del settecento!
Come un condannato al patibolo salì la scalinata ed
entrò nella biblioteca.
Si ritrovò in un piazzale enorme e iniziò a
chiedersi
come diavolo lo trovasse un libro specifico in quel posto enorme.Con la
coda dell'occhio notò una piccola e bassa libreria con sopra
accatastate diverse riviste sportive famose. Storse il naso quando si
rese conto che erano tutte in inglese.
Arrivò al banco informazioni che lo spedì poco
lontano dall'entrata fortunatamente.
Trovare il volume fu un altro paio di maniche che gli costò
ben dieci minuti del suo prezioso tempo.
Giusto per mera curiosità lo aprì ma
già le prime righe :
“ 1. La riserva di
legge.
L’art. 23 della
Costituzione dispone che...”
Chiuse il
volume mentre la sua attenzione era tornata alle calde e assolate
spiagge hawaiane.
Stava per uscire quando, fortunatamente, il respiro gli si
bloccò il cuore partì a razzo e l'infarto stava
arrivando
repentino.
Si nascose dietro lo scaffale.
Merda!
Si sporse di nuovo senza farsi vedere.
Kagami Taiga era fermo davanti alla libreria con le riviste sportive
bloccandogli il passaggio verso l'uscita!
“Sig. Akashi! Non sa quale onore é avere una
persona come lei nella nostra umile università!”
Seijuro rispose con un sorriso tirato.
Leccapiedi!
Pensò con disgusto squadrando il professore, quando alla
fine della lezione li si era avvicinato per chiedere delucidazionisu un
argomento appena spiegato.
“ Se posso chiedere.. ha già pensato a che tipo di
specializzazione prendere dopo la laurea?”
“Diventerò procuratore sportivo”gli
rispose Akashi senza scomporsi.
Il volto del professore mutò in un espressione stupita
“ E' un ottima professione! Non pensavo che fosse questa la
sua ambizione...posso chiederle come mai ha scelto proprio
quella?”
“Per una promessa” tagliò corto il
ragazzo salutando poi il professore e congedandosi dall'aula con
espressione infastidita.
Si recò alla terrazza per prendere una boccata d'aria.
Appoggiò i gomiti sulla ringhiera e il mento sui palmi e si
mise ad osservare pensieroso il panorama.
Quella città universitaria era decisamente degna della sua
fama. Era composta da tutto quello di cui si poteva avere bisogno.
Ripensò alla conversazione avuto con il professore ed il
fastidio tornò.
Fin da quando era nato non si era mai lamentato del lignaggio della sua
famiglia, anzi .. me aveva goduto. Solo quando aveva giocato contro
Tetsuya e Kagami il suo modo di pensare era iniziato a trasformarsi e
perfino gli agi della sua famiglia erano iniziati a stargli stretti.
Ovviamente non ci avrebbe mai rinunciato. Ma poteva benissimo usarli a
suo vantaggio senza farsi manovrare a sua volta.
Il sollievo quando, alla fine della partita, Kuroko e gli altri
Miracoli gli avevano assicurato che avrebbero giocato ancora e ancora,
se lo ricordava ancora con amarezza.
Non era più stato possibile.
Kagami aveva accettato la proposta dello sponsor e tutto era
precipitato.
Subito dopo Tetsuya era sprofondato nella disperazione e tutti i
Miracoli si erano stretti attorno a lui per proteggerlo dal
mondo che continuava ad andare avanti incurante.
Il basket era passato immediatamente in secondo piano.
La squadra del Rakuzan lo aveva abbandonato,
Lui
se ne era andato...
Immerso tra i suoi pensieri non si accorse dei passi dietro di lui.
“ Akashi...?”
Sobbalzò a quella voce.
Non era possibile .
Erano anni che non la sentiva più.
Aveva sotterrato il dolore dell'abbandono sotto una coltre di
preocupazione indirizzata verso Tetsuya.
Si voltò lentamente, insicuro se quella voce se la
fosse immaginata oppure fosse vera.
Sgranò gli occhi.
“Chi...hiro?”
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Capitolo 4 *** Cap4\\ Le vecchie abitudini sono dure a morire ***
Cap
IV
Le
vecchie abitudini sono dure a morire.
Nel reparto davanti alla porta di quel maledetto inferno fatto di
libri, Kagami Taiga se ne stava stanziato indeciso su quale rivista
sportiva comprare.
Lo sapeva che quel posto avrebbe portato solo guai.
Dannato Akashi!
Vergognandosi di se stesso si nascose dietro uno degli scaffali, prese
il cellulare ed inviò un messaggio.
- Sono nella merda!-
Non dovette aspettare molto prima di ricevere il rimprovero da parte
del suo ex capitano.
-Modera il linguaggio
Daiki.-
Lo riprendeva pure?
Imprecò coloritamente sotto voce, contro Akashi,Kagami,i
libri, Kagami, l'università, Kagami e tutti gli dei del
basket che avevano fatto in modo che i giornalisti scrivessero sullo
sport, portando il rosso a venire in quella maledetta biblioteca.
Scrisse velocemente: -Senti
é solo tua la colpa se mi ritrovo in questa situazione,
quindi non lamentarti chiaro?-
Due minuti dopo gli arrivò una risposta abbastanza
intelligente.
-Quale
situazione?-
Si rese conto che in effetti non sarebbero arrivati molto lontano e
Kagami sembrava restare nella sua indecisione tra "NBA" e "
SuperBasket".
Prendile entrambe, dannazione a te!
Ovviamente non lo disse ad alta voce.
Sbirciò ancora ma nulla. Pareva una guardia che stanziava
tra la porta e la cassa!
Praticamente non aveva una via d'uscita.
Non poteva pagare ne andarsene senza essere visto.
Inoltre anche se riusciva a scappare di nascosto dal rosso, rischiava
la vita tornando a casa senza il libro per Akashi.
-Kagami é qui
alla biblioteca.-
Inviò il messaggio e attese.
-Non puoi andartene
senza
che ti veda?-
Sospirò.
-Senza comprarti il
libro?-
Due secondi ci mise ad arrivare la risposta.
-Scordatelo.-
Infatti.
-Comunque è
davanti alla porta, non potrei passarlo senza essere placcato.-
Si sporse di nuovo e lo trovò a sfogliare Superbasket.
Imprecò ancora per la dannata passione del rivale sul basket.
-Dovremmo mettere in
atto
il piano prima del tempo.-
Gemette, perché nonostante fosse stato lui stesso ad aver
proposto quel piano,sperava di poter trovare un modo per non doverlo
picchiare in modo diretto.
Lo fai per Tetsu.
Per Tetsu.
Per Tetsu.
Per Tetsu.
Se lo ripeté come un mantra ed uscì dal
nascondiglio dopo aver mandato l'ultimo messaggio.
-Va bene ci penso io.-
Non picchiarlo.
Non picchiarlo.
Non picchiarlo.
Il secondo mantra della giornata.
Si diresse sicuro - almeno all'esterno- verso la cassa, stringendo
spasmodicamente il libro per Akashi tra le mani.
" Aomine."
Sobbalzò internamente quando sentì quelle parole.
Si girò con calma verso Kagami, cercando di mostrare un
volto sorpreso, ma l'altro lo fermò immediatamente.
" Nascondersi dietro uno scaffale non è da te, Aomine."
Mantenne un espressione indifferente, mentre dentro si chiedeva da
quando Kagami fosse così intuitivo.
" Non è da te far finta di non vedere"
Quello sorrise e scosse la testa.
" Sappiamo entrambi che sapevo già del vostro arrivo a Los
Angeles"
Aomine annuì.
Era decisamente cambiato, Kagami.
Probabilmente era cresciuto, come tutti loro.
Aveva più consapevolezza di se stesso.
" Prendiamo un caffè?"
Kagami accettò e Daiki si rese conto che si stava
trattenendo dall'agire d'istinto e sorrise.
Una persona non poteva plasmare totalmente il proprio essere.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
" Pago il libro."
Kagami adocchiò il titolo e si accigliò " Compendio
del diritto tributario? Correggimi se sbaglio ma non
è per te quel libro."
Prese sia NBA che Superbasket e le diede alla cassiera.
Aomine lo guardò male, pagò il libro,le riviste e
poi uscì assieme al rosso.
Camminarono in silenzio, cosa strana per il carattere di entrambi, fino
al bar e ancora fino a che non arrivarono le loro ordinazioni.
" Da quanto siete qui a Los Angeles?"
Diretto. Questo non era cambiato.
"Più di una settimana. Su per giù" lo
fissò e lo vide stringere nervosamente le mani attorno alla
tazzina da caffè.
" Non me lo aspettavo."
Aomine annuì " Immagino."
Kagami fece un profondo respiro poi si decise a chiedere quello che
davvero lo interessava di più.
" Lui... lui dove é?"
Non c'era bisogno di capire a chi si riferisse.
" A lezione. Lo incontrerò più tardi."
La tazzina traballò sul piattino e senza farsi notare Daiki
notò le mani del ragazzo tremare tanto che dovette
nasconderle sotto il tavolo.
Sorrise internamente: non era un genio ma delle reazioni
così plateali le capiva pure lui.
Per Kagami, Tetsu era ancora importante e probabilmente voleva
rivederlo.
Avrebbe reso le cose più semplici.
" Come sta?"
Daiki lo fissò per un po' " Sta... bene." Cercò
di non dare una risposta più precisa e Kagami
sembrò capirlo ma non disse nulla.
Ancora silenzio e alla fine Aomine si stancò.
" Senti Kagami, non giriamoci attorno." Il suo tono brusco
portò il rosso ad alzare lo sguardo su di lui.
" Mentire non é da me, tanto quanto non lo é
nascondermi dietro gli scaffali." Sbuffò un po' imbarazzato
quando vide un piccolo sorriso spuntare sulle labbra di Kagami.
" Ti stavo evitando, si e a dire la verità, in
questo momento mi sto trattenendo dal picchiarti a sangue..."
Soddisfatto lo vide agitarsi un po' a quelle parole.
" Non lo
farò, in quanto non vali abbastanza per una settimana in
gattabuia."
Era molto duro ma... beh se si stava trattenendo dal picchiarlo questo
non voleva dire che lo facesse anche dall'insultarlo!
Kagami comunque non rispose alla provocazione e questo lo sorprese in
quanto non era decisamente da lui.
Non gli piaceva che fosse così remissivo. Allo stesso tempo
però, forse gli avrebbe reso il compito
più semplice.
“ Siamo qui per motivi personali, non per te. Tetsu non vuole
vederti, ma credo che il numero disabilitato sia stato un indizio
abbastanza chiaro” ci tenne a precisare facendo incassare le
spalle al rosso.
Sospirò infastidito.“ Tetsu non prese bene la tua
partenza, Kagami. Non é il tipo da farti sentire in colpa
ma... non la prese per nulla bene.” Non gli disse dello sfogo
violento né delle lacrime disperate che aveva versato il
giorno della sua partenza. Neppure delle crisi di panico che lo
prendevano quelle rare volte in cui aveva notizie troppo vicine su
Kagami.
Quelle parole preoccuparono incredibilmente l'altro “ Hai
detto che sta bene!”
La sua voce si era alzata e Aomine sorrise. Quando si parlava della
salute di Tetsu la vecchia personalità di Kagami tornava a
galla.
“
Ora sta bene. Quasi.” Si maledisse per
quell'ultima parola. Stava per farsi sfuggire qualcosa che non doveva e
già vedeva Akashi seppellire il suo cadavere nel giardino
dei vicini.
Si affrettò a continuare in modo che il rosso non vi ci
soffermasse troppo “ Ma quando te ne sei andato non
é stato per nulla bene.”
Kagami rimase in silenzio, e dalla sua espressione sembrava stesse
analizzando ogni sua parola minuziosamente.
Improvvisamente sospirò e poi mise una mano nella tasca dei
jeans, prese il portafogli e tirò fuori qualcosa che
sembrava terribilmente un biglietto di qualcosa.
Fece strisciare verso di lui il pezzo di carta e quando Daiki lo prese
si ritrovò a sgranare gli occhi sorpreso: un biglietto aereo
diretto in Giappone per la settimana prossima!
“ So che ero in ritardo di tre anni ma... il Giappone , la
squadra e... Kuroko
mi mancavano, ogni giorno di più. L' America mi piace...
sono cresciuto qui e i giocatori contro cui mi sfido sono i migliori
del mondo” con una mano e un sorrisetto bloccò sul
nascere la protesta di Daiki su quell'ultima frase “ E' ora
che tu ti renda conto che l'unico
che può batterti non sei solo tu,
chiaro?”Aomine abbozzò ma rimase ad ascoltarlo.
“ Non mi sto giustificando... e non mi pento di essere venuto
qui. Sono come te … ricerco nuove sfide, ma questo non vuol
dire che non mi pento di essere partito.”
Daiki lo fissò scettico “ Kagami ti stai
contraddicendo da solo”.
Taiga sorrise amaramente “ Non mi sono pentito di essere
venuto qui a giocare per la mia carriera e soddisfazione personale, ma
mi pento di aver lasciato la squadra, gli amici e … lo
sai.” prese un bel respiro “ Kuroko …
lui mi mancava e mi manca più di tutti. Era...”
sembrò esitare e chiudere gli occhi, come se parlare al
passato fosse davvero doloroso “ il mio migliore amico,
confidente e beh, come un fratello. Mi sosteneva nelle partite,
salvandole la maggior parte delle volte e aveva lo strano dono di
calmarmi ogni volta che mi scaldavo troppo!” Sorrise
nostalgico.
“ Ci misi un po' per capire perché ogni partita
vinta qui mi lasciava sempre con l'amaro in bocca nonostante fossero
tutte di alto livello...”
Aomine ascoltava in silenzio, attento. Quelle parole glielo avevano
reso molto più sopportabile.
Non poteva giudicarlo fino in fondo. Non ne aveva il diritto in quanto
anche lui aveva fatto la stessa cosa tanto tempo prima e ne stava
ancora pagando il prezzo, anche se Tetsuya sembrava averlo del tutto
perdonato.
“ Non era la stessa cosa, giusto?”
Kagami annuì.
“ Quando giochi con Tetsu per un po', ti rimane dentro per
sempre … giocare con qualcun altro sembra come se mancasse
qualcosa”
Annuì di nuovo concorde.
Kagami ci aveva messo del tempo, quasi tre anni.
Aomine fortunatamente solo sei mesi o poco più. E tutto per
merito di Tetsu e Kagami...
Non era poi così più intelligente del rosso.
Una bella tacca al suo orgoglio ma poteva superarlo.
“ Voglio... vorrei incontrarlo.”
Daiki alzò lo sguardo su di lui.
Gli occhi di Kagami erano determinati più che mai.
“ Immaginavo. E nonostante questo possa stupirti, sono
d'accordo.”
In effetti il rosso sgranò gli occhi .
“ Tetsu non sta del tutto bene … é
rimasto piuttosto… ferito. Nonostante non lo voglia
ammettere credo che … vada bene se tu lo incontri per
… riallacciare i rapporti o almeno chiarirvi.”
Silenzio.
Kagami lo fissava tranquillo fuori mentre i suoi occhi erano colmi di
speranza.
“ Non ora. Non oggi.”
Daiki si sentì un po' in colpa nel dover spegnere
l'entusiasmo del rosso.
“ Di comune accordo con gli altri lo incontrerai... quando
Tetsu sarà pronto.”
Rimase sorpreso quando Kagami non protestò, ma
annuì docile con lo sguardo basso .
“ Se questa é la cosa migliore per Kuroko...
allora va bene.”
Kagami era decisamente cambiato.
“ Chi...hiro?”
Seijuro rimase fermo.
Non riusciva a dire altro ne a fare qualunque cosa.
Aspettava. Non sapeva bene cosa.
Probabilmente che Mayuzumi dicesse qualcosa. Intanto si prese tutto il
tempo necessari per osservarlo sfacciatamente.
Era diventato più alto e anche un po' più
muscoloso. I lineamenti del volto si erano fatti più marcati
e maturi. I suoi occhi avevano una nuova luce, più
consapevole: del mondo, degli altri ,di se stesso?
Non lo sapeva e stranamente per lui non riusciva neppure a decifrarlo.
“ Akashi... non pensavo di trovarti qui.”
Seijuro sbatté un paio di volte le palpebre cercando di dire
qualcosa che non risultasse un balbettio indistinto, avvenimento per
nulla da lui e che probabilmente sarebbe rimasto nella storia
Prese fiato impercettibilmente “ Neppure io Chihiro...
neppure io...”
Di nuovo silenzio.
Che perdurò un po' troppo, così Mayuzumi decise
di parlare per primo.
“ Senti... prendiamo un caffè allo Starbucks della
Facoltà che ne dici?”
Akashi diede un'occhiata all'orologio e si rese conto che aveva ancora
un paio d'ore prima di doversi ritrovare con gli altri per pranzo.
Accettò.
Dopo aver preso il caffè però, non rimasero nel
negozio ma si diressero verso il Parco delle Sculture con i classici
bicchieri americani a portar via.
Entrambi misero su un'espressione disgustata dopo la prima sorsata.
“ Caffè annacquato...”
mormorò irritato Mayuzumi.
Akashi sorrise leggermente. Molti ricordi delle superiori al Rakuzan
gli si affacciarono nella mente ma scosse la testa per non pensarci.
Chihiro lo fissò un po' perplesso ma non disse nulla
consapevole che non avrebbe avuto risposte.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
Si sedettero su una panchina davanti ad una fontana e finirono il loro
schifosissimo caffè in religioso silenzio, fino a quando
Seijuro non decise che quella situazione stava diventando decisamente
fastidiosa.
Purtroppo pero, proprio quando stava per dire qualcosa sentì
la tasca vibrare e fu costretto a tirare fuori il cellulare per leggere
il messaggio appena ricevuto.
Aggrottò le sopracciglia irritato alla vista del nome
impresso sullo schermo.
- Hai 1 nuovo messaggio
da parte di Aomine Daiki.-
Aprì automaticamente il messaggio e il suo umore
peggiorò.
Sotto lo sguardo perplesso di Chihiro, digitò velocemente la
risposta.
Lo scambiò continuò per alcuni minuti mentre da
irritazione passava velocemente a preoccupazione.
Che diavolo faceva Kagami in una biblioteca?
Chiuse il cellulare di scatto e strinse un po' la presa sul bicchiere,
nervoso.
“ Problemi?”
Akashi si voltò verso Chihiro e scosse la testa.
Il ragazzo al suo fianco sorrise di sbieco “ Aomine e Kuroko,
giusto?”
Seijuro si permise di mostrare un volto sorpreso e il sorriso di
Mayuzumi si accentuò e rispose alla domanda silenziosa di
Akashi.
“ Quell'espressione somiglia molto a quella che facevi quando
Aomine ti dava problemi e allo stesso tempo è anche molto
simile a quella che mostravi quando era Kuroko a dartene.”
Un occhiata di fuoco fece sparire il sorrisetto a Chihiro.
Le
vecchie abitudini sono dure a morire.
“ Tetsuya non mi dà problemi... solo
preoccupazioni. E per quanto riguarda Aomine... lui è un
problema vivente e vagante.”
Chihiro riprese a sorridere.
“ Come sta Tetsuya?”
Il rosso abbassò lo sguardo “ Sta....”
prese un profondo e forzato respiro per mentire nel modo più
convincente possibile “ Bene.”
Ovviamente Chihiro non ci credette ma non disse nulla.
Alla fine fu Seijuro a cambiare discorso “ Come mai sei qui a
Los Angeles?”
“ Vacanza.... sono venuto qui due mesi fa...”
Akashi ricordò che il motivo del trasferimento di Mayuzumi
era stato il lavoro mai stabile di suo padre che lo portava a viaggiare
per i paesi esteri.
“A quando la prossima partenza?” disse ironico.
L'altro scosse la testa “ Nessuna partenza... non mi va
più di viaggiare. Ho bisogno di stabilità e
tranquillità.”
Lo aveva detto in modo strano e le ultime parole erano state
stranamente forzate.
Questo lo preoccupò.
Non era da Chihiro mostrare emozioni, anche se minime.
Gli era accaduto qualcosa?
Ricordava che era sempre stato molto attaccato alla sua famiglia.
Soprattutto a sua sorella minore... Asuka se non ricordava male.
“ Che é successo?”
Chihiro sospirò. “ Un anno fa i miei si sono
separati e mia mamma e mia sorella sono venute ad abitare qui a L.A...
sono stato per un po' con papà ma alla fine non ho retto il
continuo viaggiare e il non poter mai avere un punto fermo. Mi sono
trasferito qui due mesi fa, da mia madre e mia sorella.”
La voce era intrisa di una strana sofferenza. Conoscendo l'attaccamento
alla sorellina di cinque anni doveva essere stato davvero doloroso
stare lontano da lei per dieci lunghi mesi.
Non disse Mi dispiace
o qualcosa di simile. Mayuzumi non aveva ma sopportato cose del genere
e lui non era il tipo.
Forse era per questo motivo che Chihiro era l'unica persona che poteva
insultarlo o riprenderlo.
Ovviamente escludendo la sua famiglia allargata.
“ Tu invece come mai sei qui?”
La domanda di Mayuzumi non lo sorprese più di tanto.
“ L'università.”
Mentì, ma sapeva benissimo che non avrebbe ingannato Chihiro.
Solo che non aveva previsto una reazione così espansiva da
parte sua.
Infatti sembrò alterarsi.
Non in maniera violenta, ma alzò la voce.
“ Smettila di dirmi cazzate! Non avresti mai lasciato il
Giappone senza Tetsuya e se lo hai fatto allora lui c'entra!”
In quel momento aveva scoperto una nuova parte di Chihiro che non gli
dispiaceva per nulla, per qualche motivo.
“ E' per Tetsuya, c'è qualcuno che può
aiutarlo e siamo venuti a parlare con questa persona”disse la
verità, non poteva fare altro dopotutto.
“Immaginavo.”
Si era calmato.
La verità funzionava sempre con Chihiro.
“ Ti sei iscritto a Legge? Non pensavo volessi continuare i
passi della tua famiglia.”
Akashi alzò le spalle “Non ne ho intenzione...
diventerò procuratore sportivo. Perché non far
credere loro che voglia seguire le orme di famiglia?”
“Proprio da te.”
“ Tu invece? Come mai frequenti legge?”
Mayuzumi scosse la testa “ Non frequento legge. Un mio amico
studia qui e lo sono venuto a trovare. Io studio a Psicologia
...”
Akashi sorrise “ Allora incontrerai Tetsuya …e
anche Daiki.”
“ Immaginavo anche questo ora che so che sono qui anche
loro.”
Rimasero in silenzio e intanto Akashi rifletté.
Fatalmente era riuscito ad incontrare di nuovo Chihiro... era disposto
a lasciarlo andare?
Di nuovo?
La risposta era decisamente ovvia.
Non aveva alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire di nuovo dalle mani.
“Hai da fare a pranzo?”
L'altro sembrò sorpreso per quell'invito “No...
non direi, perché?”
“ Tra un ora ho appuntamento con gli altri per pranzo, ti
unisci a noi?”
Chihiro parve di nuovo sorpreso.
Akashi Seijuro non chiede mai. Pretende e gli altri devono obbedire.
Era cambiato?
No. O almeno non del tutto.
Mayuzumi rimase in silenzio a pensare sul da farsi.
Voleva rivedere Akashi? O avere ancora a che fare con lui?
Sorrise. La sua risposta l'aveva data nel momento stesso in cui aveva
chiesto ad Akashi di prendere il caffè.
Era stato istintivo. Aveva provato l'impulso di riavvicinarsi a lui.
Annuì.
Dopo aver lasciato Kagami al bar, Daiki affrettò il passo
sulla strada del ritorno, verso la Facoltà dove doveva
incontrarsi con Tetsuya prima di andare a pranzo.
Lo trovò appoggiato ad uno degli alberi che costeggiavano il
viale. Leggeva un libro, come al solito.
“ Tetsu!”lo chiamò e l'amico
alzò lo sguardo dal libro e gli sorrise . Ripose il mega
volume di qualcosa nella borsa e si diresse verso di lui.
Appena però gli fu più vicino il sorriso gli si
spense sulle labbra e il suo sguardo si fece indagatore facendo sudare
freddo Daiki.
“ Andiamo?” gli chiese cercando di distoglierlo dai
suoi pensieri.
Non ci riuscì.
“ Hai incontrato Kagami-kun, vero?”
Daiki sgranò gli occhi, evitandosi imbarazzanti bugie e
scuse.
“ Come lo sapevi?”
“ Hai la faccia irritata che riservi solo a
Kagami-kun...”
Lo disse senza alcuna inflessione nella voce.
Non sembrava scosso o avere alcun attacco di panico come quello della
sera precedente.
“Stai bene?”
Tetsuya annuì “Si ...” prese un bel
respiro “sto bene Daiki... sapevo che prima o poi l'avremo
incontrato facendo parte della UCLA, speravo che non fosse
così presto ma … ormai é successo. Me
ne sto facendo una ragione.”
Intanto avevano iniziato ad incamminarsi.
“ Allora... come sta?”
La domanda improvvisa lo sorprese come sempre ma non così
tanto. Ci stava facendo l'abitudine.
“ Sta... sta bene”gli rispose un po' incerto.
“C'è qualcosa che non va?”
Daiki prese un bel respiro “ Pare che volesse tornare in
Giappone. Un viaggio di sola andata.”
Tetsuya sgranò gli occhi, ma dopo pochi secondi la sua
espressione tornò quella impassibile di sempre.
“Oh... e come mai?”
“Ha detto che il Giappone, gli amici... tu, gli
mancavate.”
Kuroko emise un debole verso tra un sospiro e la stizza.
Daiki decise di dare una specie di indolore colpo di grazia.
“Ha detto che vuole incontrarti.”
Tetsuya si irrigidì ma poi si rilassò nuovamente
e disse “ Già, credo sia il caso.”
Stavolta Daiki si fermò spiazzato.
“ Sei d'accordo?”
Tetsuya annuì “ Daiki, non posso più
andare avanti nella paura di incontrarlo. Non posso più dare
a voi dei problemi. E … non ci crederai ma voglio
incontrarlo anch'io”
Lo sguardo di Kuroko aveva qualcosa di doloroso ma anche una forza che
lo aveva da sempre caratterizzato.”Insomma non voglio avere
alcun rimpianto. Potrei non avere molto tempo. E voi smettetela di fare
piani alle mie spalle, ok? Tanto non funzionano.”
Beh, c'era da dire che Testu aveva dato una pista a tutti fin
dall'inizio. Non gli chiese come faceva a sapere del piano.
“Quindi...”
“Quindi aspetterò che il caso ci faccia
incontrare. Niente forze esterne per favore.”
L'occhiataccia che gli aveva lanciato era ben chiara.
Alla fine ripresero a camminare verso la mensa comune.
“ Ah! Akashi-kun mi ha riferito di aver incontrato
Mayuzumi-kun e che pranzerà con noi...”
Daiki alzò le spalle indifferente ma disse comunque
“ Non pensavo che Akashi lo invitasse visto il suo carattere
iperprotettivo”
“Mayuzumi-kun è apposto, credo, e mi Akashi-kun mi
è parso un po' felice al telefono mentre me lo
diceva.”
Aomine si ritrovò ad alzare le sopracciglia “
Akashi felice? Te lo sarai immaginato...”
Tetsu scrollò le spalle “ Forse...”
Arrivati davanti la porta della mensa Daiki lo fermò
“ Una cosa: Non dire mai più stronzate
come Potrei non
avere molto tempo o cose del genere ok? Andrà
tutto bene!”
Tetsuya annuì ma aveva smesso da tempo di credere alle
favole.
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Capitolo 5 *** AVVISO! ***
AVVISO!
Mi
duole annunciare che ho perso interesse e idee su questa fic e per
questo ho deciso di sospenderla.
Consiglio comunque a chi interessava di tenerla d'occhio in quanto
potrei scrivere dei capitoli quando tornerà l'ispirazione,
ma probabilmente non con la stessa frequenza di prima.
Ho intenzione di concentrarmi sull'altra fic sempre su Kuroko no
Basket "A
volte basta volerlo per far andare le cose al loro posto" se
vi interessa provate a leggerla.
Sunlight.
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