La ragazza perfetta

di ADelacroix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 2 Giugno 2006 ***
Capitolo 2: *** Nuovo indizio ***
Capitolo 3: *** Le vecchie prove ***
Capitolo 4: *** Il fidanzato ***
Capitolo 5: *** Il diario ***
Capitolo 6: *** La vera Serenity ***
Capitolo 7: *** Il passato nascosto ***
Capitolo 8: *** Il litigio ***
Capitolo 9: *** La fine di un amore ***
Capitolo 10: *** Il filmato ***
Capitolo 11: *** Treelore Jackson ***
Capitolo 12: *** La busta ***
Capitolo 13: *** Rivelazioni ***
Capitolo 14: *** La verità ***
Capitolo 15: *** Gli ultimi istanti di Serenity ***
Capitolo 16: *** The End ***



Capitolo 1
*** 2 Giugno 2006 ***


La palestra non sembrava più quella che era stata sotto ai loro occhi ogni settimana per quattro anni: gli attrezzi erano spariti nascosti in uno sgabuzzino, gli striscioni della squadra di Basket della scuola erano stati sostituiti da teloni con le foto dall’annuario, una palla stroboscopica come quelle da discoteca pendeva dal soffitto e la musica si diffondeva ad alto volume dalle casse vicino alla postazione del DJ. Per una sera la palestra sembrava essersi trasformata in un locale alla moda solo per ospitare il ballo di fine anno.
Alla destra, vicino al tavolo delle bevande il professor Pauling stava parlando con il professor Hasting mentre con un occhio controllava che nessuno correggesse il punch.
«secondo te chi vincerà la coroncina quest’anno?» chiese con finto interesse Hasting cercando di sovrastare il rumore della musica. Il professor Pauling, un docente giovane che da poco aveva iniziato ad insegnare in quella scuola, alzò le spalle e distrattamente si passò una mano tra i capelli, una massa di corti e fitti riccioli neri, come a dire che lui di quelle cose non ci capiva niente. Il professor Hasting, un uomo che aveva già passato i quaranta, ma che dimostrava molti più anni a causa dell’ampia stempiatura che gli lasciava gran parte della fronte scoperta e dei capelli che già iniziavano ad ingrigirsi, guardò il collega scuotendo la testa.
«prima o poi ti stancherai anche tu di queste feste» continuò flemmatico il professor Hasting.
«vedremo» rispose evasivo Pauling
Sulla pista nel frattempo i ragazzi ballavano sulle note di I feel like dancin’, solo una coppia se ne stava in disparte dietro alla postazione del DJ dove nessuno avrebbe potuto vederli o sentirli discutere.
«si può sapere dove sei stata tutto il pomeriggio?» chiese Harold a Serenity, la sua ragazza
«ne dobbiamo parlare proprio ora?» Serenity si guardava attorno nervosa sperando che nessuno li stesse guardando discutere proprio la serata del ballo, quella che sarebbe dovuta essere  la più speciale di tutte, l’ultima da ragazza più popolare della scuola. Invece sembrava che si stava trasformando nella serata in cui lei e il ragazzo più ambito di tutto il liceo avrebbero rotto. Lei, però, aveva investito troppo in quel ballo perché qualcosa o qualcuno, persino Harold con le sue insistenze, potesse rovinarlo. Il ragazzo tuttavia si aspettava una risposta.
«ne parliamo dopo!» tagliò corto lei sperando che questo potesse servire a calmarlo.
In suo aiuto arrivò dal palco dall’altra parte della palestra la voce di Rose Franklin che tentava di attirare l'attenzione dei ragazzi sparpagliati nella sala.
«un attimo di attenzione» la musica si fermò immediatamente e un faro la illuminò completamente lasciando tutto il resto della palestra al buio in modo che lei, splendida nel suo lungo vestito da sera turchese, l’acconciatura da diva degli anni settanta e il trucco pesante blu-argento, fosse l’unica cosa visibile in tutta la palestra. Aspettò che il silenzio caricasse di suspense l’attesa, poi riprese a parlare
«abbiamo un nuovo re e una nuova reginetta!» annunciò entusiasta quasi urlando nel microfono.
Aprì lentamente e con gesti molto teatrali la busta che conteneva i nomi dei due vincitori e finalmente si avvicinò al microfono per annunciarli.
«Harold Thompson e Serenity Collins!»
Tutti i ragazzi scoppiarono in un boato di applausi e urla, anche se nessuno sembrava veramente stupito che a vincere fossero stati loro due.
Serenity tentò di guardare negli occhi il suo ragazzo, ma il volto di Harold era girato verso i compagni che li chiamavano a gran voce aspettando che comparissero sul palco per essere incoronati.
«dobbiamo andare» disse senza troppo entusiasmo il ragazzo «si aspettano di vedere la coppia felice che viene incoronata» continuò ironico per poi prendere la mano di Serenity e uscire fuori dal nascondiglio che si erano cercati per poter parlare in pace.
Attraversarono tutta la palestra mano nella mano mentre gli altri compagni si aprivano attorno a loro per poterli far arrivare fino al palco.
«congratulazioni!» disse ad entrambi Rose mentre li incoronava ufficialmente alla presenza di tutta la scuola.
Serenity lanciò al ragazzo uno sguardo veloce, di sfuggita: Harold sorrideva tirato, falsamente. Lei che lo conosceva bene sapeva perfettamente che il ragazzo stava portando avanti quella messinscena solo perché non voleva rovinarle il suo ultimo momento di gloria alle superiori. Harold, l’amava molto, avrebbe fatto di tutto per lei anche fingere di essere contento di quella corona solo per poter mantenere le apparenze, la cosa a cui Serenity teneva di più e Serenity lo sapeva bene. La ragazza era anche consapevole che il giorno dopo gli avrebbe dovuto dare molte spiegazioni come per esempio dove era stata tutto il pomeriggio nonostante lui la stesse aspettando, ma non ce ne fu il tempo.
Il mattino successivo, una guardia giurata di ritorno dal turno di notte trovò il cadavere di Serenity: la ragazza era stesa in una pozza di sangue poco distante dalla scuola.
Era morta, era stata uccisa, ma il suo assassino non venne trovato. 

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Capitolo 2
*** Nuovo indizio ***


«ciao» Lilly, immersa nei suoi pensieri mentre aspettava l’ascensore, trasalì e si girò in dietro per poter vedere chi l’avesse salutata. Alle sue spalle c’era Scotty che, come lei, stava aspettando l’ascensore per poter andare in ufficio.
«tutto bene?» chiese Scotty più per educazione che perché si fosse reso conto che Lilly aveva l’aria tesa e preoccupata. La detective, però, non voleva far preoccupare l’amico così si limitò ad annuire.
Finalmente l’ascensore arrivò e  i due poliziotti vi entrarono assieme a molte altre persone.
«che cosa ci aspetta oggi?» continuò Scotty una volta che le porte si furono chiuse
«un caso del 2006» annunciò Lilly «mi ha chiamato ieri un uomo dicendo di avere degli indizi che potrebbero far riaprire un caso. Voleva parlarmi il prima possibile e credo che ci stia già aspettando in ufficio» concluse guardando l’orologio che teneva sul polso sinistro.
«di chi si tratta?»
«una giovane ragazza uccisa la sera del ballo di fine anno: Serenity Collins»
«la figliastra dell’imprenditore edile di Chestnut Hill?» chiese Scotty tentando di ricordare quello che aveva letto sui giornali anni prima. All’epoca la vicenda aveva destato molto scalpore e per molte settimane le prime pagine dei quotidiani cittadini non avevano fatto altro che parlare della prematura morte della figliastra di uno degli uomini più ricchi e prestigiosi di Philadelphia.
«già, ci aspetta un caso che attirerà molto l’attenzione dei media» confermò Lilly.
Finalmente l’ascensore arrivò al loro piano e i due poliziotti poterono uscire, Lilly prima ancora che potesse mettere piede in ufficio, si imbatté nel tenente Stillman.
«Lilly c’è nel mio ufficio un uomo che ti sta cercando» le disse Stillman accompagnandola lungo il corridoio «gli parlate tu e Scotty?»
«sì, pensavamo di occuparcene noi» rispose la detective.
Seduto davanti ad una scrivania piena di carte nell’ufficio del tenente, c’era un uomo che da poco aveva superato i trenta e che nonostante le piccole rughe che gli segnavano il viso e i capelli che sulle tempie incominciavano a scolorirsi, aveva ancora un aspetto molto giovanile. L’uomo, alla vista dei due detective, si alzò in piedi e si presentò ad entrambi allungandogli la mano
«sono il professor Alan Pauling» dichiarò stringendo la mano a Scotty e Lilly. Rispetto ad otto anni prima era cambiato non poco: aveva iniziato a portare un paio di occhiali da vista dalla sottile montatura di metallo squadrata e aveva tagliato corti i capelli tanto che ormai non si vedevano più i riccioli neri che portava da giovane.
«detective Rush e Valens» si presentò a sua volta Lilly introducendo anche il collega «si sieda pure, vuole una tazza di caffè?» chiese Lilly con garbo prima di sedersi su una sedia al fianco del professore.
«no, grazie. Non posso fermarmi per molto tra un’ora ho lezione» rifiutò garbatamente lui.
Lilly allora prese dalla tasca della giacca il taccuino che usava sempre per prendere appunti mentre ascoltava qualche testimone, per poi si rivolgersi al professore «ieri nella telefonata mi ha detto che voleva parlarmi del caso di Serenity Collins, giusto?»
«sì, giusto … era una mia alunna»
«ha detto di avere qualcosa da mostrarci»
«guardi questo» e mostrò ai detective un piccolo libro dalla copertina verde con sopra stampata la litografia di un ragazzo «la settimana scorsa un mio studente ha trovato questa copia del Giovane Holden in biblioteca, ma il libro non appartiene alla scuola e così me lo ha consegnato perché ritrovassi il proprietario» il professore fece una pausa e aprì la copertina del libro per mostrare a Lilly e Scotty la prima pagina «guardate qui» disse indicando un punto in alto a destra dove in bella calligrafia compariva scritto S. Collins.
«prima di chiamarla ho controllato che la scrittura fosse quella di Serenity confrontandola con alcune vecchie verifiche ed è proprio la sua. La cosa diventa interessante, però, quando si sfogliano le pagine» e iniziò a girare le pagine del libro mostrando come i bordi di queste fossero piene di date e parole «Serenity aveva l’abitudine di tenere un diario, ogni tanto l’avevo anche vista scriverlo, ma negli ultimi mesi preferiva appuntare sulle pagine di questo libro tutto quello che accadeva a lei e ai suoi amici» continuò a mostrare le varie scritte indicando di volta in volta le date e i nomi di chi veniva citato nelle frasi appuntate da Serenity «di solito era molto meticolosa nel descrivere quello che facevano o dicevano i suoi compagni, ne segnava addirittura il nome per intero o usava dei soprannomi che conoscevano tutti. Poi, però, un paio di mesi prima del ballo di fine anno, non parla più dei suoi amici, ma inizia a parlare unicamente di questo T.J. senza dire mai di chi si tratta e soprattutto, da quello che scriveva, sembra che ne fosse spaventata» poi aprì una pagina verso la fine del libro e mostrò ai detective l’ultima scritta.
02/06/2006 T.J. verrà al ballo, devo affrontarlo!!!”
«è del giorno della morte» constatò Scotty leggendo la data «e non dice più nient’altro?»
«no, questa è l’ultima cosa che ha scritto»
Lilly prese tra le mani il libro e iniziò a sfogliarlo lentamente guardando le parole che minuziosamente Serenity aveva scritto negli spazzi bianchi delle pagine arrivando addirittura a scrivere a volte nello spazio di interlinea tra una riga del romanzo e l’altra.
«a idea di chi potrebbe essere T.J.?» chiese Lilly
«mi spiace, no»
«sa se c’è qualcuno che potrebbe aiutarci: un’amica, un compagno di classe?»
«forse può aiutarvi il suo fidanzato di allora. Mi sembra che si chiamasse Harold … però potete facilmente rintracciarlo: era il capitano della squadra di basket»
Lilly annuì pensierosa, quel libro non era molto da cui partire, ma era già qualcosa e a quel qualcosa ci si sarebbe aggrappata fino a scoprire chi era T.J.
Il professor Pauling  si alzò dalla sedia, ma prima di uscire dall’ufficio del tenete si girò verso Lilly
«troverete chi l’ha uccisa?»
«ci proveremo professore … faremo del nostro meglio per riuscirci» tentò di rassicurarlo la detective, ma si rendeva benissimo conto di quanto sarebbe stato difficile riaprire e risolvere il caso da quel labile indizio. 
 

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Capitolo 3
*** Le vecchie prove ***


«l’ho trovata» annunciò Will ad alta voce togliendo da uno dei tanti scaffali dell’archivio una scatola bianca piena di polvere. Sul fronte c’era scritto con un pennarello nero indelebile Serenity Collins, giugno 2006.
«dovrebbero riordinare questo posto…non possiamo perdere intere giornate negli archivi a cercare le prove» disse Nick abbastanza scocciato.
Kat si avvicinò ai due colleghi seguita da Scotty e Lilly che stavano cercando la stessa scatola negli scaffali adiacenti.
Will tolse il coperchio e appoggiò sul tavolo di metallo lucido il contenuto della scatola: oltre ai soliti raccoglitori marrone scuro con le trascrizioni delle deposizioni e le buste di plastica trasparente contenenti le prove, tirò fuori anche un vecchio annuario della scuola che frequentava la vittima e una grossa busta di carta gialla, come quelle che si usano per le spedizioni.
«guardate qui» disse il detective mostrando agli altri il contenuto della busta: aveva trovato un centinaio di fotografie scattate la sera del ballo che mostravano una marea di ragazzi sorridenti nei loro vestiti eleganti mentre posavano fieri davanti al fotografo oppure erano colti alla sprovvista mentre parlavano o ballavano in pista. Il detective Jeffries si soffermò sulle foto in cui compariva Serenity e le fece vedere una ad una anche agli altri colleghi: la mostravano sempre in compagnia dello stesso ragazzo, un giovane alto e spallato con il fisico da atleta stretto dentro un completo scuro, i capelli castano chiaro non troppo corti e il ciuffo che copriva leggermente gli occhi nocciola.
«quello deve essere il suo ragazzo» disse Lilly prendendo in mano una delle tante foto che Will le stava mostrando in cui i due ragazzi, vicino all’ingresso della palestra, erano stati fotografati mano nella mano di fronte ad un gigantesco cartellone su cui era stato dipinta una veduta di New York.
«Harold Thompson» confermò Kat mostrando a sua volta una pagina dell’annuario dove capeggiava nel mezzo una foto di Serenity abbracciata al ragazzo e, sotto l’immagine, la didascalia coppia più bella: Serenity Collins e Harold Thompson. Tutti guardarono quella foto in cui sembra che ogni dettaglio fosse stato preparato minuziosamente perché non ci fosse nulla di lasciato al caso. Tutto in Serenity sembrava perfetto: i capelli leggermente mossi castano chiaro quasi biondi che aveva fermato dietro all’orecchio per poter lasciare del tutto scoperto il viso magro dai lineamenti eleganti e far così risaltare gli occhi verdi appena truccati, la camicia azzurro chiaro sbottonata in cima che lasciava intravedere una piccola catenina d’argento che le segnava il collo e lo faceva apparire magro, le mani dalle dita minute e le unghie curate appoggiate sulle mani del ragazzo così che le loro dita potessero intrecciarsi.
«ci credo che erano stati eletti la coppia più bella» disse con un pizzico di invidia Nick.
«e anche re e reginetta del ballo» aggiunse Will mostrando la foto del momento dell’incoronazione.
«peccato che poi l’abbiano uccisa» puntualizzò Scotty pragmatico.
«come è successo?» chiese Lilly iniziando a sfogliare le vecchie testimonianze.
«il coroner riscontrò una frattura cranica alla base della zona parietale, probabilmente dovuta ad una violenta caduta» lesse Scotty dal referto autoptico «aveva anche una serie di ecchimosi e graffi sulle braccia, sulla spalla destra e alla base del collo oltre che un paio di unghie spezzate. Hanno ipotizzato che ci sia stata una colluttazione prima della morte, probabilmente deve aver anche tentato di divincolarsi e scappare, ma l’aggressore l’ha trattenuta e l’ha colpita piuttosto brutalmente facendola cadere e battere la testa»
Lilly si mise a cercare tra i reperti del luogo del delitto e tirò fuori alcune foto che erano state scattate dalla polizia durante le procedure per repertare le prove. Queste, a differenza delle precedenti, immortalavano Serenity morta, stesa per terra in una pozza di sangue che le aveva macchiato per intero il vestito lilla che indossava la sera del ballo.
Era distesa per terra in una posa scomposta con il volto leggermente piegato verso sinistra, un braccio allungato accanto al corpo con il palmo della mano rivolto verso l’alto e l’altro braccio ripiegato sul busto. Lilly si concentrò su una foto che ne mostrava il viso pallido, quasi azzurrognolo: gli occhi vitrei guardavano inespressivi verso un punto indefinito, la bocca socchiusa dalle labbra violacee mostrava appena i denti e un rivolo di sangue secco le rigava tutto il labbro superiore e parte della guancia sinistra mentre gran parte del resto del volto restava nascosto da una ciocca di capelli.
«da dove cominciamo?» chiese Kat
«meglio iniziare con i detective che hanno seguito il caso otto anni fa» rispose Nick «posso andarci io, ne conosco un paio»
«io invece andrei a parlare con Harold» continuò Lilly «chi viene con me?»
Gli altri detective si guardarono per un momento fra di loro, poi Scotty decise che l’avrebbe accompagnata lui.
Will chiuse la scatola e la portò in ufficio, a lui sarebbe toccato revisionare assieme a Kat tutte le vecchie indagini.

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Capitolo 4
*** Il fidanzato ***


Harold non era andato molto lontano negli ultimi otto anni: aveva tentato di farsi strada al college con una borsa di studio ottenuta grazie al basket, ma a metà del primo anno aveva subito un grave infortunio al ginocchio che prima l’aveva costretto a restare per tanto tempo in tribuna e poi ad abbandonare del tutto la pallacanestro perdendo così la borsa di studio e la possibilità di continuare gli studi. Lasciando il college così presto non era poi riuscito a trovare niente di meglio che fare l’allenatore di una piccola squadra di basket scolastica under 18.
Lilly e Scotty lo trovarono in palestra intento a guardare una partitella di allenamento tra i suoi giocatori mentre camminava avanti e indietro per il bordo del campo trascinando leggermente la gamba infortunata.
«Drake passa la palla!» urlò a uno dei giocatori prima di fermare il gioco soffiando nel fischietto che portava al collo.
I due detective si fermarono sulle gradinate ad osservare la scena mentre Harold spiegava di nuovo ai suoi ragazzi lo schema che stavano provando dall’inizio dell’allenamento.
Il ragazzo non era molto cambiato dai tempi delle superiori: certamente aveva perso la prestanza fisica di un tempo, ma oltre al taglio di capelli, ora molto corto simile a quello dei marines, era rimasto la stessa persona di allora.
«ora andate e riprovateci un’ultima volta!» disse Harold prima di rimandare in campo i ragazzini. Scotty e Lilly scesero le ultime gradinate e gli si avvicinarono.
«Harold Thompson?» chiese Scotty ad alta voce facendo girare di scatto l’allenatore che, attento com’era alla partitella, non si era accorto dei due detective che gli erano arrivati alle spalle.
«detective Rush e Valens della squadra omicidi» continuò Scotty mostrando all’uomo il distintivo
«vorremmo parlare con lei di Serenity Collins»
Harold parve stupito di sentir nominare la sua ragazza delle superiori. Erano anni che non sentiva più il suo nome, da quando lo avevano interrogato all’epoca dell’omicidio e più tardi quando più di un giornalista e investigatore privato aveva tentato di far luce sulla vicenda, ma da allora era passato tanto tempo e non si aspettava che a qualcuno potesse ancora interessare quella storia.
«sì … solo un momento» fischiò di nuovo per fermare il gioco, ma questa volta mandò i ragazzi nello spogliatoio perché si cambiassero prima di tornare a casa.
«perché volete parlare di Serenity?» fu la prima cosa che chiese
«abbiamo un nuovo indizio per poter riaprire le indagini» spiegò velocemente Scotty «e magari lei ci può aiutare a capire alcuni dettagli»
«la sera del ballo siete stati assieme tutto il tempo?» chiese Lilly
«sì, siamo stati assieme praticamente quasi tutta la serata»
«sa se dovesse incontrarsi con qualcuno al ballo?»
«no … non mi sembra» rispose esitante.
«e il soprannome T.J. le dice niente?»
Harold scosse di nuovo la testa. I detective che lo avevano interrogato all’epoca dell’omicidio gli avevano fatto tante domande sulla serata del ballo finché non erano riusciti ad ottenere ogni minimo particolare su tutto quello che era successo. Questa volta, però, non riusciva a capire da dove venissero tutti quegli interrogativi a cui lui non sapeva rispondere.
Lilly mostrò ad Harold la copia del Giovane Holden che gli era stata consegnata il giorno prima dal professor Pauling.
«ha mai visto questo?»
Harold stava quasi per rispondere ancora di no quando gli balenò in mente un ricordo, un frammento di otto anni prima in cui era sicuro di aver già visto la litografia del ragazzino sulla copertina.
 
[Starlight-Muse]
La partita era stata fenomenale, la squadra aveva vinto schiacciando gli avversari e la maggior parte dei canestri li aveva segnati lui: Harold.
Il ragazzo era al settimo cielo e sotto la doccia non riusciva a smettere di sorridere nemmeno per un momento. In più, prima di andare sotto le docce, il mister l’aveva fermato fuori dagli spogliatoi per dirgli che un paio di talent scout di università prestigiose erano venuti lì per lui ed erano rimasti straordinariamente impressionati dalla sua prestazione.
Harold si avviò per il corridoio che portava dagli spogliatoi alla palestra e lì trovò Serenity ancora seduta nello stesso punto dove era rimasta durante tutta la partita. La ragazza sembrava intenta a scrivere qualcosa su un piccolo quaderno ed era talmente assorta nei suoi pensieri che Harold poté arrivarle fin dietro alle spalle senza che lei nemmeno se ne accorgesse.
«che fai?» le chiese il ragazzo pizzicandole i fianchi per spaventarla.
Serenity scattò in piedi chiudendo di scatto il libro sul quale stava scrivendo. Harold guardò incuriosito la copertina verde della copia del Giovane Holden che Serenity teneva in mano, ma la ragazza fece sparire velocemente il libro nella sua borsa.
«lo sai che non si scrive sui libri?» disse sarcastico Harold continuando a punzecchiare Serenity.
La ragazza si girò verso di lui e gli lanciò uno sguardo glaciale che fece passare ad Harold tutta la voglia di scherzare.
«non azzardarti a farlo mai più!» gli disse solamente, con tono stizzito, mettendosi sulla spalla la borsa per andarsene senza essersi nemmeno congratulata con lui per la partita.
«si può sapere che ti prende?» le chiese scontroso Harold «che ti sta succedendo ultimamente?»
La ragazza, però, non sembrava intenzionata a fermarsi così Harold fu costretto a inseguirla ed afferrarla per un braccio per poterla bloccare
«che cosa ho fatto questa volta che non va?» domandò il ragazzo non riuscendo a capire dove avesse sbagliato quella volta per farla arrabbiare così tanto.
«il mondo non gira sempre intorno a te» gli rispose lei irritata.
Harold lasciò andare il braccio della ragazza, era un pomeriggio troppo bello per passarlo a litigare per l’ennesima volta con Serenity.
Loro due stavano assieme dal primo anno e Harold pensava di avere un ruolo importante nella vita di Serenity, ma da un paio di settimane a quella parte gli sembrava di essere più che altro un orsacchiotto da mostrare alle amiche piuttosto che il suo ragazzo. Anzi, iniziava quasi a credere che a Serenity non importasse più niente di lui o della loro storia perché ogni volta che erano assieme lei era distante, distratta da altri pensieri e quando lui tentava di entrare in quel mondo, Serenity gli rispondeva bruscamente e allora litigavano finché uno dei due non se ne andava sbattendo la porta.
Serenity, però, si rese conto di essere andata per l’ennesima volta troppo oltre sbottando con quella risposta adirata che Harold non si meritava: in fin dei conti si stava solo preoccupando per lei.
«scusami non volevo» disse lei dispiaciuta accarezzando il volto del fidanzato.
«Serenity che succede, da un po’ di tempo non sembri più la stessa. È tutto ok?» chiese il ragazzo
«è tutto a posto. Te l’ho detto mi dispiace non volevo reagire così»
«sicura che vada tutto bene?» la ragazza annuì ma Harold non era convinto che fosse tutto a posto «sei preoccupata per qualcosa?» il ragazzo capì dallo sguardo di Serenity che si stava avvicinando al problema «o per qualcuno?»
Serenity alzò lo sguardo verso il volto del ragazzo per incontrare il suo guardo: Harold era riuscito a toccare il tasto giusto, ma la ragazza tentò ancora una volta di eludere la risposta.
«è una cosa poco importante, lascia stare» tentò di minimizzare lei, ma Harold era intenzionato a capire cosa ci fosse che non andava e quella volta non avrebbe lasciato correre finché lei non gli avesse dato una risposta esaustiva e finalmente Serenity si decise a vuotare il sacco.
«qualcuno ha rovistato nella mia borsa e ha letto il mio diario»
Di tutte le cose che Harold si aspettava quella era la più lontana dalle sue ipotesi. Quasi gli venne da ridere, ma si trattenne per paura che lei si arrabbiasse di nuovo.
«ed è una cosa tanto grave?»
«bhe … ora c’è in giro qualcuno che sa più cose su di me di quante non vorrei» poi aggiunse sorridendo «e sono diventata talmente paranoica che adesso uso come diario un vecchio libro per ragazzi dal quale non riesco mai a staccarmi»
Anche Harold sorrise all’assurda idea che Serenity, che non amava particolarmente leggere, tenesse così tanto ad un libro da non potersene separare.
«quindi posso stare tranquillo?» chiese ancora Harold
«sì, tranquillo» rispose Serenity prendendolo sotto braccio «dove andiamo a festeggiare?»
Harold non si preoccupò più. Sembrava che tutto fosse tornato alla normalità anche se non era ancora del tutto certo che lei gli avesse raccontato tutta la verità. Serenity, però, era di nuovo la raggiante ragazza di sempre e lui era troppo felice per la vittoria e i talent scout per preoccuparsi troppo di un diario.
 
«ha poi scoperto se ci fosse qualcos’altro che la preoccupasse?» chiese Lilly
«sinceramente no, non avevo dato troppo peso alla cosa. Pensavo fosse stupido dare tutta quell’importanza ad un diario e ogni volta che tentavo di capire se ci fosse altro a preoccuparla lei si chiudeva e mi accusava di starle troppo addosso»
«la sera del ballo quand’è che vi siete divisi?» chiese Scotty
«subito dopo il lento successivo all’incoronazione. Mi disse che le mancava l’aria e che aveva bisogno di uscire»
«e quando ha visto che non tornava non si è preoccupato?»
«no, lo faceva spesso di andarsene da una festa senza dire niente a nessuno lasciandoti lì da solo come un idiota»
Lilly annuì poco convinta, ma per ora sembrava che Harold non potesse aiutarli più di così.
«sa se c’è qualcuno, tra i vecchi amici di Serenity, che ci possa aiutare a capire da cosa era preoccupata?»
Harold ci pensò su un po’ tentando di richiamare alla mente i nomi dei suoi vecchi compagni di scuola «forse una è rimasta qui in città: dovreste cercare Rose Franklin»

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Capitolo 5
*** Il diario ***


Lilly prese in mano il libro che le era stato consegnato dal professor Pauling e sfogliandolo iniziò a leggere i messaggi che Serenity aveva lasciato sulle pagine. Quella copia del Giovane Holden era diventata a tutti gli effetti il suo nuovo diario: lì la ragazza descriveva meticolosamente ogni singolo fatto, pensiero o evento della giornata da un pettegolezzo sentito a mensa fino alla noia delle ore scolastiche e parlava di tutti quelli che le passavano accanto ogni giorno a partire da Harold, gli altri giocatori della squadra di basket, i compagni di classe fino ai professori e a gran parte degli altri studenti.
Lilly continuò pagina dopo pagina a leggere, ma ad ogni nuova scritta si convinceva sempre di più che Serenity fosse solo un’altezzosa, frivola e superficiale ragazzina che si divertiva a sentirsi sempre al centro dell’attenzione e a giudicare gli altri. Infatti la maggior parte dei messaggi erano aspre critiche e commenti malevoli sulle persone che le erano accanto, sia su quelli che credevano di essere suoi amici sia su quelli a cui non aveva mai rivolto la parola.
Poi, però, all’incirca intorno al decimo capitolo, il tono cambiava drasticamente: i messaggi prima giornalieri diventavano sempre più sporadici fino ad essere solo un paio la settimana, le lunghe descrizioni scrupolose si trasformavano in poche righe nebulose e piene di sottointesi, la scrittura precisa e fitta mutava in una fila di parole frettolose sempre in bilico sulla pagina, ma soprattutto l’unico oggetto dei suoi pensieri diventava T.J.
“11/04/2006 non posso credere a ciò che ho visto, non ho mai neanche pensato che T.J. fosse capace di una cosa del genere. Sembrava normale e invece è un mostro”  
Lilly si soffermò sul primo messaggio riguardante T.J., cosa aveva potuto sconvolgere così tanto Serenity?
«sono finalmente riuscito a parlare con i detective che hanno seguito il caso nel 2006» annunciò Nick appena entrato in ufficio «dicono che loro le cose le hanno fatte per bene» aggiunse non senza una punta di sarcasmo.
«quindi?» chiese Kat lasciando per un attimo i verbali che stava esaminando.
«nelle vicinanze c’erano molte telecamere anche se nessuna dava direttamente sulla scuola. Comunque si fecero consegnare tutti i filmati e all’epoca li hanno visionati per intero: alle nove un gran numero di ragazzini vestiti bene, ma nessuno di loro ha lasciato il ballo prima della mezzanotte, quindi dopo l’orario del decesso. Oltre a loro, nelle vicinanze della scuola, durante tutta la serata sono stati ripresi giusto un paio di persone in giro con il cane o che andavano ad un supermarket lì vicino: li hanno interrogati ma nessuno è stato in grado di fornire delle prove. Hanno controllato anche tutte le auto di passaggio o parcheggiate lì vicino, ma non è saltato fuori niente, neanche un sospettato plausibile e sono andati addirittura a controllare tutti i piccoli criminali e i pregiudicati della zona con precedenti di violenza o rapina, però sono stati tutti in grado di fornire un alibi»
«quindi ad ucciderla è stato sicuramente qualcuno dentro la scuola che è rimasto fino alla fine del ballo» concluse Kat.
«come se nulla fosse accaduto» aggiunse Lilly.
«già, solo un centinaio di sospettati» continuò Nick senza animosità.
«bisogna ricontrollare i video e le foto del ballo, magari nel 2006 gli è sfuggito qualcosa» disse Lilly ma prima che potesse continuare a parlare il tenente, che stava ascoltando tutto dalla porta del suo ufficio, richiamò la sua attenzione con un gesto della mano.
«Lilly, vieni da me per favore» le chiese Stillman prima di rientrare nel suo ufficio.
«che c’è capo?» chiese la detective quando fu sulla porta dell’ufficio del capo, ancor prima di entrarci dentro
«chiudi la porta per favore» le chiese gentilmente il tenente in modo che potessero parlare con più calma e senza il brusio dell’ufficio in sottofondo.
«ha chiamato l’avvocato dei Collins» iniziò con tono calmo Stillman «saprai anche tu che il patrigno della vittima è un uomo in vista qui in città»
Lilly annuì seria, senza che il tenente continuasse aveva già capito solo dall’espressione sul suo volto che si trattava di qualcosa di molto importante
«la notizia della riapertura del caso della figliastra si è diffusa velocemente e i giornalisti ci stanno già lucrando» Stillman fece un'altra pausa come se volesse essere certo che Lilly avesse assimilato ogni parola «l’avvocato del signor Collins ci ha chiesto di non contattare la famiglia se non mediante il suo studio e di chiudere in fretta le indagini perché quest’ondata mediatica finisca al più presto. Hai solo una settimana»
Lilly guardò il tenente come se Stillman le avesse appena detto qualcosa di incomprensibile. Stentava a credere a quello che aveva appena sentito e anzi sperava di aver capito male perché quella era una richiesta del tutto priva di senso.
«come solo una settimana?» chiese la detective perplessa.
«sono gli ordini dall’alto» fu l’unica risposta che il tenente fu in grado di darle.
Lilly avrebbe voluto ribattere, dire qualcosa per tentare di spiegare quanto fosse difficile riuscire a concludere l’indagine in così poco tempo visto anche gli indizi flebili dai quali erano ripartiti, ma non ne ebbe comunque il tempo perché Scotty bussò alla porta dell’ufficio.
«abbiamo l’indirizzo di Rose Franklin» annunciò il detective a Lilly e al tenente, ma nessuno dei due si girò verso il detective o diede segno di aver capito quello che aveva appena detto.
«non vieni?» continuò Scotty rivolto verso Lilly.
«certo, arrivo» gli rispose la collega ridestandosi dai suoi pensieri: sarebbe stato inutile restare lì a protestare con Stillman, sapeva benissimo che non era stata una decisione del capo, ma se quelli erano gli ordini non restava altro da fare che tentare l’impossibile: risolvere il caso in soli sette giorni.
Lilly si alzò dalla sedia per seguire Scotty, ma il tenente la fermò.
«Lilly!» la richiamò ancora Stillman prima che se ne andasse «hai solo una settimana, fai del tuo meglio!» anche lui sapeva che quell’imposizione era ingiusta, ma credeva enormemente nelle capacità di Lilly e degli altri detective e sapeva che avrebbero trovato l’assassino nonostante tutto.

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Capitolo 6
*** La vera Serenity ***


Scotty fermò l’auto di fronte ad una piccola villetta dai muri candidi costruita su due piani con un piccolo giardino ben curato di fronte alla casa, anche se i fiori che costeggiavano il vialetto erano per lo più morti e solo un paio di rose vicino alla recinzione perimetrale sembravano essere rigogliose. Lilly e Scotty attraversarono il viale guardandosi in torno: quello era il classico quartiere residenziale pieno di villette tutte uguali ognuna abitata da famiglie che sembravano appena uscite da una pubblicità dei cereali.
Lilly suonò il campanello e subito una donna dall’aspetto dimesso e l’aria molto stanca, di chi ha dormito troppo poco la notte, venne ad aprirle.
«Rose Franklin?» chiese Lilly
«sì, sono io» rispose l’altra
«siamo i detective Valens e Rush della squadra omicidi di Philadelphia» si presentò velocemente Lilly «Vorremmo parlare con lei di Serenity Collins, la sua vecchia compagna di classe»
Rose non rimase particolarmente impressionata da quella richiesta: da quando aveva letto sui giornali che avevano riaperto il caso della sua amica sapeva che prima o poi i poliziotti sarebbero tornati da lei per parlare ancora una volta di Serenity.
Rose era cambiata molto dai tempi delle superiore, tanto che non sembrava nemmeno più la stessa persona che appena otto anni prima era stata fotografata al ballo di fine anno. La capigliatura voluminosa aveva lasciato il posto ad una semplice coda di cavallo, il viso struccato la faceva sembrare più vecchia di quanto non fosse, le occhiaie scure le segnavano il contorno occhi dandole un aria molto stanca e da quando si era sposata ed era rimasta incinta non si curava più della linea tanto che in pochi anni aveva messo su peso perdendo la siluette alla quale teneva così tanto durante le superiori.
«ho letto che avete riaperto il caso di Serenity, avete qualche nuovo sospetto?» fu la prima cosa che chiese Rose quando tutti e tre si furono seduti nel salottino adiacente l’ingresso della casa.
«non ancora, ma abbiamo una nuova pista: le dicono niente le lettere T.J.? potrebbe essere un soprannome o una sorta di nome in codice»
Rose si fermò un attimo a pensare, ma scosse la testa: non si ricordava di aver mai sentito Serenity o qualcun altro pronunciare quelle lettere.
«abbiamo motivo di credere che T.J. frequentasse la vostra scuola» continuò Lilly «a qualche idea su chi a scuola potesse avercela con Serenity tanto da arrivare ad ucciderla?» chiese Lilly aprendo il taccuino su cui prendeva sempre appunti.
Rose prima di rispondere la guardò per un momento con aria allibita.
«farei prima a dirle chi non ce l’aveva con lei a scuola» rispose enigmaticamente.
«che cosa intende?» intervenne Scotty
«semplicemente che Serenity non era per niente la ragazza perfetta che la famiglia ha dipinto sui giornali dopo il suo omicidio»
 
[Dani California-Red Hot Chili Peppers]
Dopo le lezioni molti ragazzi erano andati al campetto di basket a un paio di isolati dalla scuola invece di tornare a casa a studiare le prime pagine assegnate dai professori. Gli esami di metà anno sembravano lontanissimi, mentre quella soleggiata e calda giornata di fine Settembre sapeva ancora di estate e di libertà. Anche Serenity aveva deciso di andarci assieme ad Harold e Rose. Lì, già seduti sulle gradinate, avevano trovato un paio di ragazzi della squadra di basket che si godevano gli ultimi attimi di libertà prima dell’inizio del nuovo campionato e anche alcune amiche di Serenity e Rose che parlottavano tra di loro e vicino a cui andarono a sedersi i tre ragazzi.
«a che pensi?» chiese Harold rivolto a Serenity che gli aveva appoggiato la testa sulle gambe.
«non so se andare alla festa dei Finch sabato prossimo» rispose la ragazza senza alzare gli occhi dalla rivista che stava svogliatamente sfogliando fingendo di leggerla «Rose che ne pensi?»
«non lo so, Robert è anche simpatico, ma  sua sorella è la quint’essenza della nullità, è così …» ma non riuscì a trovare una parola che potesse descrivere efficacemente quanto trovasse quella ragazza insignificante.
«piuttosto» intervenne una ragazzina minuta dai capelli biondo chiarissimo e il viso dalla pelle levigata con due occhi azzurro intenso seduta poco lontana da Rose «ho sentito che Treelore, quello del gruppo di fotografia, ha messo le mani addosso ad uno più grande a causa di una ragazza» disse giuliva.
«davvero?! La nostra Ragazzina ha tentato di picchiare qualcuno?» Serenity saltò su a sedersi perché le sembrava impossibile che quel ragazzino dall’aspetto mite e remissivo, che non osava nemmeno guardarla negli occhi mentre lo scimmiottava a mensa, avesse potuto fare una cosa del genere.
«ti giuro» continuò la biondina «peccato che poi sia scoppiato a piangere come un moccioso quando il preside lo ha convocato nel suo ufficio. Guardalo lì, è seduto là in fondo solo come un cane!» disse puntando il dito verso un ragazzino di colore mingherlino che, seduto da solo qualche gradinata sotto di loro, guardava la partita di basket.
Tutti scoppiarono a ridere immaginandosi la scena e si girarono verso la direzione indicata dalla ragazza, poi i due compagni di squadra di Harold si alzarono e andarono verso Treelore. Uno dei due, il più alto, cinse le spalle del ragazzino con un braccio e lo portò verso il gruppo di amici.
«Treelore non ci vuoi raccontare come hai fatto a fare a botte?» iniziò a punzecchiarlo l’altro dei due giocatori quando furono abbastanza vicini al gruppo di amici perché tutti quanti potessero sentire. Treelore però rimase in silenzio con lo sguardo basso rivolto verso le sue scarpe da ginnastica.
«dai, è una storia così divertente tu che tiri due schiaffetti a qualcun’altro» continuò ad incalzarlo.
«Ragazzina che dobbiamo fare, tirartele fuori a forza le parole?» iniziò a canzonarlo anche Harold, ma per quanto tutti lo stessero guardando con insistenza il ragazzino restava muto senza rispondere alle provocazioni.
«Harold! Non lo sai che una signora non racconta mai i suoi successi?» continuò Rose con un finto tono indignato
«successo?! Rose hai una strana idea di successo» intervenne anche Serenity continuando sempre a prenderlo in giro «piuttosto direi che la nostra Ragazzina abbia mostrato ancora una volta tutta la sua femminilità: non ti sei mica messo a frignare di fronte al preside?»
Treelore tentò di divincolarsi dalla presa del ragazzone che lo bloccava per le spalle, ma non riuscì a togliersi di dosso la sua presa.
«come siete meschini» tutti quanti si girarono indietro verso la persona che aveva parlato. Sembrava impossibile che qualcuno fosse corso in difesa di quel ragazzino così schivo e solitario che passava tutto il tempo da solo e che sembrava non avesse amici.
A parlare era stata una ragazza con una folta massa di capelli ricci castano scuro, abbastanza alta e dalla corporatura non proprio filiforme che dalla sua posizione sopraelevata, un paio di gradini sopra Serenity e gli altri, sembrava ancora più imponente.
«trovate veramente divertente prendervela con uno del secondo anno?» continuò la ragazza aggressiva.
«cosa vuoi Davis?» le chiese duramente il ragazzo che bloccava Treelore per le spalle
«stai zitto tu» gli rispose con veemenza attirando l’attenzione di tutti quelli che fino a poco prima stavano seguendo la partita.
«credi veramente di essere tanto diversa da lui?» disse poi rivolgendosi a Serenity «o tanto migliore degli altri?» continuò lanciandole uno sguardo glaciale
Rose tentò di ribattere, ma Serenity le mise una mano sul braccio per fermarla.
«lascia stare, non è necessario» poi rivolgendosi al ragazzo che teneva ancora bloccato Treelore «lascialo andare».
Il ragazzo lasciò immediatamente la presa sulle spalle del ragazzino che si allontanò subito da Serenity per recuperare le sue cose e andarsene a casa.
«ora sei contenta?» riprese in tono di sfida Serenity «ti senti un’eroina?»
«puoi fare tutto quello che vuoi per cancellarlo, ma non puoi cambiare quello che è successo a Cleveland»
Rose avrebbe voluto chiedere cosa volesse dire quell’ultima frase, per lei senza senso, ma le mancò il coraggio. Si limitò solamente a girarsi verso Serenity aspettandosi che lei rispondesse piccata come tutte le volte che qualcuno tentava di provocarla, invece l’amica era ammutolita e guardava l’altra ragazza senza dire niente.
 
«mi vergogno della persona che ero alle superiori, ma credevo veramente che essere crudele con le persone come faceva Serenity mi rendesse superiore a tutti» disse con voce dimessa Rose «ero talmente stupida che l’unica cosa che mi interessava era assomigliarle e per compiacerla ho fatto molte cose di cui mi pento e che altrimenti non avrei mai fatto. Al contrario lei sembrava che ci provasse gusto nel vedere gli altri stare male a causa dei suoi commenti e allora infieriva ancora di più…e più lo faceva più si sentiva intoccabile» Rose distolse lo sguardo: non aveva il coraggio di guardare Lilly o Scotty negli occhi.
«cosa è successo a Cleveland?» chiese Scotty. Rose alzò le spalle, non aveva mai avuto l’occasione di scoprire cosa volesse dire quell’enigmatica frase.
«e la ragazza che le tenne testa chi era?» continuò il detective
«Sophie Davis. Non la conoscevo bene, ma era una ragazza veramente coraggiosa per tenere testa così a Serenity di fronte a tutti quanti. Nessuno in quattro anni aveva mai avuto il coraggio di fermarla: tutti la odiavano per quello che faceva, ma nessuno si sarebbe mai arrischiato a contrariarla. Un suo commento ed eri finito»
«e Serenity non tentò mai di vendicarsi?»
«in realtà è strano ma no, non fece niente…sembrava quasi che Serenity ne avesse paura. Non volle mai parlare di quel pomeriggio o della ragazza, non voleva nemmeno che la nominassimo. Addirittura alcuni mesi dopo abbandonò la classe del professor Hasting, biologia se non sbaglio. Non lo disse mai, ma penso che lo abbia fatto perché entrambe la frequentavano»

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Capitolo 7
*** Il passato nascosto ***


Nick e Scotty attraversarono l’atrio del Jefferson Hospital, un edificio moderno con grandi vetrate che lasciavano entrare dall’esterno molta luce in modo che questa potesse irradiare la grande hall dal design avveniristico. I due si diressero verso gli ascensori per poter salire al secondo piano dove c’era la chirurgia e dove, avevano scoperto, Sophie Davis aveva iniziato il tirocinio come medico da poco più di un mese.
«come mai oggi Lilly non era in ufficio?» chiese Nick una volta dentro il cubicolo dell’ascensore.
«non lo so» rispose semplicemente Scotty «il capo ha detto solo che ha chiesto un giorno di permesso ma non ha aggiunto nient’altro»
«strano» disse Nick, la stessa cosa che stava pensando Scotty in quel momento.
Era raro che Lilly si prendesse dei giorni di permesso, soprattutto quando si era nel bel mezzo di un’indagine, e la cosa risultava ancora più strana visti i tempi ristretti in cui avrebbero dovuto chiudere l’inchiesta, ma mentre Nick lasciò cadere ben presto quel pensiero, Scotty continuò a domandarsi per tutta la mattina che cosa le fosse successo.
Le porte dell’ascensore si aprirono e i due detective si trovarono immersi nell’aria calda e satura dell’odore di detergenti e farmaci che impregnava i corridoi dell’ospedale. Nick si avvicinò ad un’infermiera per chiederle dove potessero trovare Sophie e lei gli indicò una ragazza poco distante da loro intenta a leggere una cartella clinica.
Sophie aveva i capelli ricci raccolti sulla nuca e come ogni altro specializzando indossava la divisa grigio scuro sotto il camice bianco. La ragazza era pallida e due violacee occhiaie le segnavano il contorno degli occhi, il viso era tirato e lo sguardo, che traspariva da dietro le lenti degli occhiali, appariva stanco mentre leggeva attentamente le indicazioni del chirurgo.
«Sophie Davis» disse Scotty cercando di attirare la sua attenzione «detective Valens e Vera della squadra omicidi di Philadelphia, vorremmo parlarle»
Sophie alzò lo sguardo verso Scotty per poi farlo passare lentamente dal detective a Nick che era rimasto un passo indietro rispetto al collega.
«per quale motivo?» chiese lei.
«non c’è un posto più tranquillo per poter parlare?» le chiesero e la ragazza annuì conducendo poi i due detective in una saletta lì vicina dove normalmente si tenevano le riunioni del personale, ma che in quel momento era deserta.
«di cosa avete bisogno?» chiese lei dopo aver chiuso la porta della stanza.
Nick si mise a sedere su una delle sedie intorno al grande tavolo di legno lucido che occupava gran parte della stanza e lo stesso fece Sophie. Scotty invece restò in piedi alle spalle del collega per poter guardare bene in volto la ragazza.
«abbiamo riaperto il caso di Serenity Collins» incominciò Nick con tono calmo «andavate nella stessa scuola alle superiori, se la ricorda?» Sophie annuì.
«sarebbe molto difficile dimenticare una come lei» aggiunse poi.
«abbiamo parlato con un’amica della ragazza che ci ha raccontato di quando al campo da basket, per difendere un altro ragazzo, ha tenuto a testa a Serenity» continuò Scotty.
Sophie annuì di nuovo, ricordava ancora vagamente quell’episodio al campo di basket anche se aveva rimosso gran parte di quel ricordo: erano passati troppi anni perché potesse ancora ricordarsene perfettamente.
«una cosa molto coraggiosa affrontare una ragazza come Serenity in quel modo» cominciò Scotty «Sa, anche nella mia scuola c’era una ragazza come lei: era abituata a fare tutto quello che voleva senza che nessuno le dicesse mai niente. Tutti quanti o avevano paura del suo giudizio o erano troppo ammaliati da lei per poterla fermare» continuò il detective «invece lei ha avuto il fegato di affrontarla di fronte a tutte quelle persone, una cosa molto ammirevole»
Sophie guardò perplessa Scotty: non riusciva a capire perché volesse rivangare quella storia di molti mesi precedente all’omicidio e che all’epoca era passata del tutto inosservata.
«quello che però mi ha stupito di più di tutta la faccenda è che Serenity, nonostante fosse una ragazza prepotente e abituata ad essere assecondata da tutti, non si sia mai vendicata. È così strano. Sembra quasi che temesse di affrontarla…come se avesse paura di lei, Sophie»
«Serenity paura di me?!? State scherzando» rispose incredula lei.
«no, siamo molto seri» disse pacato Nick.
«è assurdo quello che state dicendo: Serenity non aveva certo paura di me, avrebbe potuto rendermi benissimo la vita un inferno in qualsiasi momento, ma se non lo ha fatto è perché lì dentro ero l’unica che la conoscesse sul serio»
«che cosa vuole dire?» chiese Nick
«che io ho conosciuto Serenity prima che sua madre sposasse il signor Collins e la sua situazione, quando ancora abitavamo entrambe a Cleveland, era molto diversa da quella in cui si è ritrovata una volta trasferitasi a Philadelphia. Suo padre era un ubriacone con il vizio per il gioco d’azzardo e per le rapine, praticamente faceva avanti e indietro dal penitenziario. Poi, un bel giorno ha preso le sue cose ed è completamente scomparso dalla circolazione lasciando la moglie e la figlia da sole e piene di debiti e a scuola non é che le andasse molto meglio. All’epoca non era per niente la più popolare tra gli studenti, anzi era l’esatto contrario: io la conobbi in un bagno della scuola di Cleveland mentre lei piangeva a dirotto perché un suo compagno l’aveva presa in giro di fronte a tutta la classe. Oggi sembra una cosa assurda, ma dopo quella volta diventammo amiche: tentavo di difenderla dalle cattiverie degli altri, ma per lo più passavo gli intervalli a cercarla nei bagni della scuola per consolarla»
«e poi cosa è successo?»
«e poi è successo che mio padre ha cambiato lavoro e ci siamo trasferiti qui a Philadelphia perché aveva ottenuto una posizione manageriale nell’impresa del signor Collins. La cosa più ridicola è che Serenity avrebbe dovuto ringraziare mio padre per tutto quello che ha ottenuto: fu mio padre a presentare al signor Collins la madre di Serenity durante un viaggio di affari a Cleveland. Però invece di essere grata per la sua fortuna ha fatto di tutto per farsi detestare»
«e quando si è trasferita qui non siete più tornate amiche?» continuò Nick
«certo che no! Non ero più alla sua altezza. Ero solo una fra la moltitudine di ragazze tra cui avrebbe potuto scegliere le sue amiche, soltanto che non ero abbastanza importante per meritare la sua considerazione. La prima volta che la rividi rimasi scioccata per quella che era diventata: non c’era più niente della bambina che avevo conosciuto. La Serenity che io mi ricordavo era timida, silenziosa, amava confondersi tra la folla perché nessuno la notasse, niente a che vedere con Serenity Collins. Si era costruita una facciata sotto la quale nessuno avrebbe potuto mai sospettare si nascondesse la ragazzina fragile e insicura che avevo conosciuto io. Aveva fatto di tutto per trasformarsi in una ragazza perfetta, di quelle che invidi durante gli anni delle superiori: bella, ammirata, odiata e amata da tutti, disposta a fare qualsiasi cosa pur di non perdere la sua popolarità»
«allora Serenity non deve essere stata molto contenta quando la rincontrata, no?»
«per tanto tempo ho pensato che, sì, odiasse il fatto che anch’io frequentassi quella scuola. Credevo che in quegli anni non mi avesse trattato da schifo, come faceva con gli altri, solo perché temeva che potessi spifferare quello che sapevo a qualcuno rovinando così la sua fiaba. Ho passato tanto tempo chiedendomi perché non avesse mai chiesto al patrigno di iscriverla in un’altra scuola, poi, però, ho capito che mi sbagliavo, che Serenity non mi aveva mai rivolto la parola per un motivo del tutto diverso: non si era dimenticata affatto di quello che avevo fatto per lei a Cleveland»
«che cosa intende?» la interruppe Scotty
«per quanto si fosse sforzata di cambiare non era riuscita ad ottenere quello che voleva veramente»
 
[Always Remember-Train]
 
Il sole era basso sull’orizzonte ma era ancora abbastanza luminoso perché Sophie potesse uscire sulla veranda che dava sul retro di casa sua e nella luce crepuscolare della sera poter avere un po’ di tranquillità per tentare di leggere in pace: dentro sua madre, ancora al telefono, litigava con suo padre perché per l’ennesima sera sarebbe rimasto in ufficio mentre la cena si raffreddava sul tavolo apparecchiato.
Nonostante il trambusto, che come ogni sera animava casa sua, fuori tutto sembrava calmo benché ci fosse una leggera brezza che soffiava e l’aria che diventava sempre più fresca man mano che il sole calava. In giro c’erano poche persone che silenziosamente camminavano veloci sul viale che costeggiava il retro di quella serie di villette a schiera per poter tornare a casa prima che il tempo cambiasse di nuovo e che le nubi rossastre che si stavano addensando sopra Philadelphia concedessero l’ultimo breve ma intenso acquazzone che avrebbe segnato la fine dell’estate.  
«che leggi?» Sophie alzò la testa a quella domanda inaspettata e vide che fuori dalla bassa staccionata perimetrale c’era Serenity che la fissava da chissà quanto tempo senza che lei se ne fosse resa conto.
«niente di divertente» rispose alzando la copertina perché l’altra ragazza potesse leggere il titolo del libro «un trattato di biologia»
«come mai? Non è nella lista che Hasting vuole che leggiamo questo trimestre»
«no, è del lavoro in più»
«lavoro in più per il college?»
«già, il professor Hasting mi aiuta nella preparazione, due pomeriggi la settimana»
«ah … per un po’ lo ha fatto anche con me, ma poi ha detto che non poteva più: aveva troppi impegni per poter continuare … almeno così mi ha spiegato» rispose Serenity alzando le spalle.
Le due ragazze si guardarono negli occhi senza più aggiungere niente. Sophie avrebbe voluto chiederle cosa ci facesse lì, ma preferì restare in silenzio aspettando che Serenity le spiegasse il perché di quella visita inaspettata.
«mi dispiace per quello che è successo oggi pomeriggio al campetto» finalmente si decise a parlare Serenity.
«non è con me che devi scusarti» le rispose lapidaria Sophie facendo di nuovo cadere Serenity in un silenzio ostinato.
Era evidente che la ragazza volesse aggiungere qualcos’altro oltre a quelle scuse stentate, ma non riuscì ad aggiungere nient’altro: se ne stava semplicemente lì in piedi di fronte a Sophie guardando l’altra ragazza senza aprire bocca.
«dovrei …» tentò di parlare di nuovo Serenity, ma Sophie non le permise di terminare la frase.
«perché lo fai?» le chiese a bruciapelo stupendosi lei stessa della sua audacia
«fare che cosa?»
«lo sai: comportarti così. Perché oggi te la sei presa con Treelore? Che cosa ti ha fatto?»
Serenity distolse lo sguardo dal volto dell’altra ragazza facendo finta, per un attimo, di non aver sentito la domanda di Sophie.
«non sei più quella Cleveland, che cosa ti è successo?»
«vuoi proprio sapere cosa è successo?» le rispose Serenity girandosi finalmente verso di lei «è successo che quando te ne sei andata non é rimasto nessuno con me, ma nonostante questo gli altri hanno continuato a prendermi di mira e allora ho dovuto imparare a cavarmela e ho capito che se vuoi impedire agli altri di farti del male, devi ferirli prima tu. Semplicemente questo: sono cresciuta e ho imparato a farmi valere»
«già e Treelore come avrebbe mai potuto farti del “male”?»
«non puoi capire» tentò di chiudere il discordo Serenity, ma Sophie non sembrava aver intenzione di lasciar cadere nel vuoto quelle parole.
«Come è possibile che ti sia trasformata in una persona del genere? Come hai potuto diventare uguale a quelli che ti facevano piangere?»
«che cosa ti interessa? Oramai è passato e come vedi sono sopravvissuta benissimo nonostante tutto»
«non penso proprio che tutto sia passato via così, come se non fosse accaduto nulla. Credo che qualcosa sia successo perché diventassi così e vorrei sapere se è rimasto in te ancora un barlume di umanità, se sotto quell’aspetto da diva vanitosa che si crede onnipotente c’è ancora la Serenity che conoscevo»
«sono cambiate molte cose da allora, Sophie, semplicemente questo»
«già, ora sei Serenity Collins» la provocò Sophie «l’intoccabile ragazza più popolare della scuola che può permettersi di trattare gli altri come fossero spazzatura perché a lei non frega niente di nessuno fuorché se stessa!»
«cosa ne vuoi sapere tu! Credi forse di essere migliore di me?!? Non te n’è fregato niente di lasciami per venire qui a Philadelphia!» le disse alzando la voce «sei uguale a tutti gli altri: pensi che io sia un mostro, ma non hai mai mosso un dito in tre anni per tentare di fermarmi»
Questa volta fu Sophie a non trovare le parole per rispondere a ciò che aveva appena detto Serenity perché in fondo sapeva anche lei che l’altra ragazza aveva ragione: non aveva mai fatto nulla per bloccarla.
«me ne sono andata da quel posto e ho deciso che non sarei più stata una vittima. Volevo che qui tutto fosse diverso, che nessuno più si permettesse di guardarmi dall’alto in basso o mi vedesse solo per la figlia di un ubriacone. Volevo essere la ragazza che ho sempre sognato di diventare e ho fatto di tutto per ottenerlo e sì, ho anche trattato un sacco di gente come se fosse spazzatura solo per sembrare migliore di loro. Quindi brava! Hai indovinato: la Serenity che conoscevi non esiste più»
«non ci credo» disse fermamente Sophie trovando il coraggio di interromperla nuovamente «non ci credo che sei cambiata così tanto»
«che cosa vuoi dire?» le chiese stupita Serenity.
«se fossi cambiata così radicalmente non saresti qui questa sera. Perché sei venuta?»
«puoi credere quello che vuoi» disse Serenity staccandosi dalla staccionata intenzionata ad andarsene, ma Sophie, che aveva nel frattempo attraversato il giardino, la bloccò perché non se ne andasse. Sapeva benissimo che Serenity stava recitando ancora una volta la parte della ragazza forte che non guarda in faccia a nessuno, ma sapeva anche che non sarebbe riuscita a resistere ancora a lungo con quella farsa: Lì non c’era nessuno da spaventare.
«rispondimi: perché sei venuta?» le chiese di nuovo intenzionata a rimanere lì con la mano sul suo braccio finché Serenity non avesse ceduto.
«quando sono venuta qui a Philadelphia ho chiesto al mio patrigno di iscrivermi nella tua stessa scuola per poter stare di nuovo con te, perché tutto potesse tornare come quando c’eri anche tu a Cleveland. Poi, però, il giorno in cui sono entrata per la prima volta a scuola ho realizzato che le cose sarebbero potute anche andare diversamente, che le altre ragazze avrebbero potuto ammirarmi invece che trattarmi male, che forse non avevo bisogno di te per essere trattata degnamente dagli altri, che per la prima volta sarei potuta essere io la ragazza perfetta» Serenity si bloccò un attimo prima di continuare il racconto «Ho fatto di tutto per cancellare il mio passato: non ho mai parlato di mio padre, della mia vecchia scuola o della mia vita a Cleveland, semplicemente ho fatto in modo che i primi quattordici anni della mia vita scomparissero, ma ogni volta che ti vedo in corridoio mi torna in mente quello che ho dovuto sopportare a Cleveland e ho paura che un giorno o l’altro quella cosa salti di nuovo fuori, che tutti quanti scoprano che non sono altro che una bugiarda e che mi ricaccino nell’angolo dal quale sono uscita. Non voglio mai più essere la ragazzina solitaria e senza amici che andava a nascondersi nei bagni della scuola. Nient’altro. Mi sono trasformata in una stronza solo perché nessuno possa più farmi soffrire, ti ho ignorato in tutto questo tempo perché non volevo che mi ricordassi quello che sono stata, ma tutto questo non è servito a niente. Hai ragione tu: Cleveland non è poi così lontana e solo oggi me ne sono resa conto. Volevo dirti solamente questo»
« perché? Che cosa è cambiato oggi?»
«ho capito che tutto quello che ho fatto è stato inutile. Volevo che gli altri mi accettassero ma in realtà sono più sola di prima: o mi odiano o mi assecondano e solo ora mi rendo conto che l’unica amica che abbia mai avuto sei tu»
Una goccia di pioggia cadde sul volto di Serenity e si sentì il rumore di un tuono che in lontananza segnava l’inizio di un nuovo acquazzone. Serenity guardò un ultima volta Sophie negli occhi prima di voltarsi per correre via senza che l’altra tentasse anche solo di fermarla.
 
«non aveva paura di me, ma di quello che le ricordavo»
«vi siete più parlate dopo quella sera?» chiese Nick
«no, dopo quella volta tornò tutto come prima. A quanto pare era più facile rimanere fedele a se stessa piuttosto che tentare di cambiare»
« le è mai capito di sentire Serenity o qualcun altro dei suoi amici palare di un certo T.J.?»
Sophie abbassò lo sguardo a terra indugiando un attimo sulla domanda
«no, mi spiace. Non mi sembra di averlo mai sentito nominare» rispose infine scuotendo la testa

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Capitolo 8
*** Il litigio ***


Un poliziotto si avvicinò alla scrivania di Kat mentre la detective stava visionando alcuni dei video che Nick aveva recuperato.
«c’è di là una ragazza che chiede di parlare con uno dei detective che segue il caso Collins» disse l’agente quando Kat si rese finalmente conto della sua presenza.
La detective lanciò uno sguardo interrogativo a Will che, poco lontano da lei, stava controllando alcuni vecchi rapporti, ma l’uomo alzò le spalle meravigliato tanto quanto la collega: non aveva idea di chi potesse essere la persona che voleva parlare con loro.
«vado subito» disse con sicurezza Kat alzandosi dalla scrivania seguita da Will.
Nell’altra stanza, una saletta piccola con le pareti di vetro e le veneziane grigio chiaro che lasciavano intravedere l’interno, c’era una ragazza giovane vestita con un vistoso abito blu scuro e un foulard turchese. I lunghi capelli castano scuro impedivano ai due detective, dall’altra parte dei vetri, di vederne il volto, ma appena entrarono nella stanza, la ragazza si voltò verso di loro alzandosi dalla sedia su cui era stata fatta accomodare nell’attesa, così che poterono vedere il suo volto dai lineamenti delicati, quasi infantili, con due grandi occhi marroni che scrutavano ansiosamente i due detective, quasi con impazienza.
«Emily Collins» si presentò immediatamente la ragazza tendendo la mano a Kat e Will «la sorella di Serenity» puntualizzò subito dopo.
«detective Miller e Jeffries» disse Kat stringendo immediatamente la mano della ragazza mentre Will chiudeva la porta alle loro spalle perché il rumore dell’ufficio non li disturbasse.
«la sorella di Serenity? Non avevamo idea che ne avesse una» commentò la detective indirizzando un altro sguardo a Will cercando in lui qualche conferma.
«in realtà sorellastre sarebbe più giusto, ma dopo il matrimonio di sua madre con mio padre l’ho sempre considerata come se fosse mia sorella a tutti gli effetti» spiegò velocemente la giovane.
«signorina Collins suo padre lo sa che lei è qui?» si intromise Will in tono serio.
«non c’è bisogno che mio padre sappia tutto quello che faccio: ora sono maggiorenne» rispose Emily in modo deciso rimettendosi a sedere «e poi non sono più una bambina che deve essere protetta da tutte le brutture del mondo. Lo so bene che vi ha chiamato il nostro avvocato intimandovi di non contattarci e capisco anche perché papà ha fatto una cosa del genere: ha paura che dietro la riapertura di questo caso ci sia un poliziotto che vuole fare carriera velocemente o che sta solo cercando il suo momento di notorietà sfruttando quello che è accaduto alla nostra famiglia. Da quando Serenity se n’è andata otto anni fa hanno bussato alla nostra porta centinaia di investigatori privati, giornalisti  e semplici curiosi sicuri di poter trovare chi le ha tolto la vita e ogni volta si è dimostrato un espediente per fare soldi o ottenere un po‘ di fama e adesso, da quando avete riaperto le indagini, i giornalisti hanno ricominciato a perseguitarci come allora. Lui vorrebbe solamente proteggere me e la madre di Serenity da questo continuo assalto, ma è un illuso se spera che questa volta io ne resti fuori» continuò risoluta la ragazza senza dimostrare alcuna incertezza di fronte al volto tirato di Will.
«quanti anni avevi quando tua sorella se n’è andata?» incominciò a domandarle Kat.
«tredici anni» rispose asciutta.
«e Serenity parlava mai con te di quello che le succedeva?»
«raramente. Pensava che fossi solo una bambina, troppo piccola per poter capire come il mondo funzioni. Era molto protettiva nei miei confronti, forse fin troppo: una volta si è presentata nella mia scuola per minacciare un altro ragazzino perché mi aveva presa in giro. Credeva di dovermi difendere da tutto e tutti anche se non era affatto necessario, però non mi ha mai permesso di fare altrettanto con lei. Tutte le volte che le chiedevo se ci fosse qualcosa che non andasse mi rispondeva solamente che era tutto ok. Così è successo che ho scoperto molte più cose su mia sorella in questi ultimi anni che quando era ancora con noi» disse guardando verso un punto imprecisato oltre la spalla di Kat come se fosse completamente persa nel ricordo della sorellastra «ho frequentato la stessa scuola in cui è andata anche Serenity e sfortunatamente c’erano ancora molti ragazzi che l’avevano conosciuta e che non ne avevano un bel ricordo. Non hanno mai fatto nulla né per nascondere il loro stupore quando scoprivano che Serenity aveva una sorellina così diversa da lei né per nascondere il fatto che in molti ancora la odiavano. Sinceramente, però, non li ho mai nemmeno biasimati: loro non hanno mai avuto la possibilità di conoscere mia sorella a fondo tanto quanto me, non hanno mai avuto la possibilità di capire che ragazza speciale fosse, nemmeno il suo fidanzato lo ha mai capito»
«Harold Thompson?»
«sì, anche lui era come tutti gli altri: riusciva solo a vedere le apparenze. Per Harold esisteva solo la bella ragazza con un pessimo comportamento, ma non ha mai veramente capito quanto Serenity lo amasse: è stato il primo ragazzo che le ha riservato delle attenzioni e lei era completamente presa dalla loro storia nonostante fosse solo una ragazzina...lui però non ha mai compreso veramente il ruolo che aveva nella vita di mia sorella»
 
[Chasing cars – Snow patrol]
 
Emily uscì dalla sua stanza da letto, era stanca di restare chiusa lì dentro a leggere riviste di moda, aveva bisogno di scendere al piano di sotto e fare qualcos’altro, magari a guardare un po‘ di televisione e mangiare qualcosa. In casa, però, si rese conto solo in quel momento, non c’erano solo lei e la sorella: oltre la porta chiusa dello studio di suo padre poteva sentire distintamente la voce di Serenity che stava litigando con qualcun altro. Emily scese le scale in punta di piedi perché non la sentissero e si avvicinò alla porta di massiccio legno laccato nero per poterla scostare leggermente e poter sentire meglio quello che sua sorella e lo sconosciuto si stavano dicendo. All’interno della stanza vide Serenity di fronte alla scrivania che le dava le spalle e alla sua destra riusciva solamente a intravedere il profilo di un ragazzo.
«perché non sei venuta?» appena sentì quella voce Emily riconobbe subito Harold, era lui l’altro.
«non ho potuto»Serenity si mosse coprendo del tutto Harold dalla vista della sorella
«questa non è una risposata. Voglio sapere il perché»
«te l’ho appena detto: non ho potuto»
«e allora spiegami perché non hai potuto: è la terza volta questa settimana che mi dici che vieni e poi non ti presenti» disse Harold spazientito
«ho avuto da fare, ok?» Serenity si mosse verso destra scomparendo per un momento dalla vista della sorella
«voglio sapere che cosa» Harold seguì con la testa i movimenti della ragazza permettendo così ad Emily di vedere bene il suo viso senza, però, essere scorta da lui.
«adesso devo venire a giustificarmi con te?!» rispose risentita Serenity.
«sì se hai un appuntamento con me ma poi mi lasci lì come un idiota ad aspettarti per tutto il pomeriggio!» rispose altrettanto seccato Harold alzando la voce.
«shhh … abbassa la voce, c’è mia sorella di sopra!» disse Serenity nel tentativo di calmarlo «vuoi che senta tutto?»
«già, sia mai che qualcuno possa sospettare che non siamo la coppietta felice che tutti immagino» le rispose risentito Harold senza abbassare affatto il tono della voce.
«smettila Harold!» Serenity fece un passo in avanti, mettendosi proprio di fronte al ragazzo, come se volesse fronteggiarlo.
«allora dammi una risposata invece di continuare a cercare sotterfugi» continuò Harold spostandosi a sua volta un po’ in avanti così che i loro volti potessero trovarsi a pochi centimetri.
«dovevo stare a casa con Emily, contento?!»
«credi che sia uno stupido?!» sbottò Harold quasi urlando «ho chiamato qui per sapere se ti era successo qualcosa e tua madre mi ha detto che eri già uscita da un paio d’ore e mi ha persino risposto stupita che pensava che fossi con me»
«adesso che fai mi spii?!» rispose Serenity a voce alta non curandosi più della possibilità che Emily potesse udirli,.
«sì se è l’unico modo che ho per capire cosa combini: scompari, non rispondi al cellulare, mi dici che va bene vedersi dopo le lezioni e non ti presenti, menti a tua madre dicendo che stai con me quando io non ho la più pallida idea di dove tu sia!»
«siamo in un paese libro, Harold, dove ognuno può fare quello che più gli piace e io non devo certo chiederti il permesso per fare quello che voglio»
«e chi ti sta chiedendo questo Serenity!»
«allora cosa vuoi?» Serenity si girò di scatto.
«voglio capire cosa diavolo ti sta succedendo» Harold afferrò il braccio di Serenity per tirarla verso di se «perché diamine tutte le volte che stiamo assieme, quelle poche volte che ti presenti, sembra che stai con la mente a miliardi di chilometri lontano. Cosa c’è che non va?» la ragazza spostò in malo modo la mano di Harold e fece un passo indietro.
«ancora con questa storia?! È tutto a posto, non c’è nulla che non vada. È solo nella tua fantasia»
«a sì, credi che sia così cieco da non rendermi conto che è cambiato qualcosa tra di noi? Che non riusciamo più nemmeno a stare assieme senza litigare, che ogni volta che parliamo va a finire che urliamo l’uno contro l’altra?» Harold si fermò un attimo e Emily poté notare che si torceva le mani nervosamente. Oltre ad essere molto arrabbiato, il ragazzo, era anche piuttosto teso, come se ci fosse qualcosa che lo metteva a disagio «Serenity, non so più chi sei. Non riesco più nemmeno a riconoscerti: continui a mentirmi, a tenermi lontano, a trattarmi come se fossi un perfetto sconosciuto e io non riesco più a trovare la ragazza di cui mi sono innamorato»
«ma che stai dicendo?! »
«sto dicendo che oramai che io ci sia o no nella tua vita per te non fa alcuna differenza, che non te ne frega assolutamente niente di me o della nostra storia»
«pensi veramente questo?! Che non me ne importi più nulla di noi?!»
«non lo so, ma penso che tu stia con me solo per non rovinare la tua reputazione, l’unica cosa a cui sembra tu tenga veramente tanto. Non siamo più la coppia perfetta e felice che tutti credono, ma sembra che tu preferisca chiudere gli occhi»
«non ci posso credere: credi veramente che per me questa sia solo una farsa per fare bella figura?!»
«non lo so! Non ne ho idea perché ogni volta che tento di parlarti mi tratti come se fossi un pazzo visionario. Lo hai fatto anche adesso: io tento di capire perché sei sempre così distante, perché da un po’ di tempo a questa parte sembri così distaccata, ma appena tento di capirci qualcosa tu ti chiudi a riccio e fai finta che tutto sia perfetto come sempre, che non ci sia niente che non vada, che tutte queste mie idee siano solo fisime quando è evidente che non é così. Quindi sì mi sto chiedendo se tu stia fingendo di non vederlo solo perché ti fa comodo questa situazione, solo perché il ballo di fine anno si sta avvicinando e tu non vuoi perdere il tuo primato ammettendo che assieme non stiamo più bene»
«ma ti senti mentre parli? Non ho intenzione di stare ad ascoltarti un momento di più»
«allora non trattarmi come un idiota, dimmi la verità» urlò Harold facendo trasalire Emily «c’è un altro, vero?»
Serenity lo guardò senza riuscire a rispondergli, semplicemente rimase in silenzio a guardarlo esterrefatta.
«dai: mentimi un'altra volta, dimmi che non ho ragione, tanto sono solo un pazzo visionario» la aggredì ancora una volta Harold nel tentativo di ottenere una risposta.
«è questo che credi: che ti stia tradendo?» gli rispose finalmente la ragazza
«è quello di cui ho paura» le rispose lui di rimando «ti ho sentito parlare al cellulare ieri prima che chiudessi la chiamata in tutta fretta appena ti sei accorta di me: lo so che ti dovevi vedere con qualcuno perciò smettila con questa recita e dimmi come stanno le cose»
«non ti sto tradendo con nessuno, credimi» gli rispose Serenity facendo un passo in avanti per appoggiargli una mano sulla spalla, ma lui se la scollò di dosso.
«come puoi chiedermi di crederti se non fai altro che raccontarmi balle»
«ti prego devi credermi: io ti amo e non ti tradirei mai con nessuno»
«come posso sapere se tu mi ami ancora se non ti fidi di me e non mi dici mai nulla? Perché hai così tanti segreti con me? Ci sono così tante parti di te di cui io non so proprio niente, come Cleveland, perché non me ne hai mai parlato? Perché non mi hai mai detto nulla di tutto quello che hai dovuto sopportare quando abitavi ancora lì? Avevi forse paura che se avessi saputo che prima del signor Collins era una ragazza normale ti avrei amato di meno?»
Serenity fece un passo indietro e sgranò gli occhi quando sentì nominare Cleveland.
«Cleveland?» disse quasi in un sussurro «e tu che ne sai di Cleveland?» chiese sbalordita senza riuscire a comprendere come Harold, a cui non aveva mai rivelato nulla della sua infanzia, nemmeno quale fosse la sua città natale, potesse sapere quel particolare.
«chi te lo ha detto?» continuò Serenity, poi, però, senza che Harold avesse tempo di aggiungere niente, la ragazza improvvisamente capì da dove lui aveva ricevuto tutte quelle informazioni.
«sei stato tu a leggere il diario!»
Harold aprì la bocca per tentare di mediare la situazione, ma non riuscì a dire nulla: le parole gli si fermarono in gola e improvvisamente tutta la furia con cui prima aveva parlato scemò.
«questo ha senso: nessuno a scuola avrebbe mai avuto il coraggio di rovistare nella mia borsa, nessuno a parte te. Sei stato tu, vero?»
«io, sì … ma solo per poter capire … » tentò di spiegare.
«come hai potuto?!» urlò Serenity
«ti prego lasciami spiegare. L’ho fatto solo perché speravo di capire cosa ci fosse che non andava … »
«e allora ti è venuta la brillante idea di leggere tutto quello che c’era riguardo al mio passato?»
«lo so, non avrei dovuto … non so cosa mi sia passato nella mente … mi dispiace … »
«VATTENE!» gridò furibonda la ragazza indicandogli con il braccio la porta
«ti prego Serenity … ascolta» tentò ancora una volta, ma la ragazza non sembrava intenzionata ad ascoltarlo.
«ti ho detto di andartene!» sibilò di nuovo Serenity
Harold capì che sarebbe stato inutile tentare di far calmare Serenity. L’aveva colpita nel suo unico punto scoperto ferendola nel profondo e facendola sentire vulnerabile. Restare lì non sarebbe servito a nulla perché quello che aveva fatto era una cosa che non gli avrebbe perdonato facilmente.
Harold si voltò di scatto versa la porta dello studio e quasi vi si avventò sopra per potersene andare il più in fretta possibile. Si mosse talmente veloce che Emily non ebbe nemmeno il tempo di scostarsi per non farsi scoprire: Harold la trovò lì, di fronte alla porta, ancora indecisa se correre di sopra prima che qualcuno la vedesse oppure se fermarsi in salotto facendo finta di non aver sentito nulla. Il ragazzo si fermò un attimo a guardarla senza dire nulla, per poi superarla velocemente per guadagnarsi la porta d’ingresso. Anche Serenity l’aveva vista nel momento in cui Harold aveva aperto la porta, ma nemmeno lei disse nulla. Semplicemente le si avvicinò, ma come se Emily nemmeno esistesse, le chiuse la porta della studio in faccia per poter restare da sola a piangere senza che nessuno la potesse vedere.
 
«Harold credeva che ci fosse un altro ragazzo?» chiese Will
«sì, era convinto che mia sorella lo stesse tradendo»
«ed era vero?» continuò il detective «tua sorella aveva un altro ragazzo?»
«no, ve l’ho detto: lei era completamente innamorata di Harold e non ha mai finto, nemmeno per un istante, con lui. Per Serenity la loro era una storia seria e faceva di tutto perché durasse»
«nonostante tutti i problemi che avevano?» chiese Kat «oppure il problema era che Harold era troppo geloso e ne vedeva anche dove non ce n’erano?»
«non saprei: li avevo già sentiti litigare altre volte ma sempre per delle stupidaggini. Quella volta fu un litigio vero e proprio: ho pensato che forse si sarebbero addirittura lasciati però poi non è successo»
«però poi non è successo» ripeté ad alta voce Will «quando è accaduta la litigata?»
«forse una settimana prima del ballo»
«e nonostante questa litigata ci sono andati assieme?» chiese sorpresa Kat ricordandosi le foto della festa di fine anno in cui i due apparivano così felici e uniti.
«malgrado tutto sì, ci sono andati assieme anche se … »
«”anche se” che cosa?» la incalzò Will appena Emily si interruppe
«… anche se il pomeriggio prima del ballo Harold si presentò a casa nostra piuttosto agitato cercando Serenity perché era rimasto ad aspettarla per più di due ore, ma lei gli aveva dato buca un'altra volta. Mio padre tentò di calmarlo spiegandogli che probabilmente mia sorella aveva avuto un contrattempo, ma Harold non lo stava nemmeno ad ascoltare. Continuava a telefonarle e a dire che questa volta non l’avrebbe passata liscia, che non gli sarebbero bastate delle scuse. Alla fine mio padre è stato costretto a buttarlo fuori da casa nostra con la forza perché altrimenti non se ne sarebbe andato finché Serenity non fosse tornata. Sembrava quasi che fosse impazzito: non faceva altro che continuare a ripetere che non avrebbe sopportato ancora a lungo tutti i suoi segreti»
Kat e Will si lanciarono uno sguardo di intesa: era chiaro che Harold gli avesse nascosto molte cose.
 

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Capitolo 9
*** La fine di un amore ***


Scotty e Will entrarono nella stanza degli interrogatori, una saletta con la moquette grigia sul pavimento e le pareti insonorizzate dello stesso colore, a destra, oltre il vetro a specchio, Lilly e il tenente seguivano l’interrogatorio. Al centro della stanza c’era un tavolo metallico accostato da due sedie, una su ogni lato, e su una di queste c’era seduto Harold che aspettava con ansia che qualcuno gli spiegasse perché due agenti erano venuti a casa sua per prelevarlo.
Will appoggiò sul tavolo, proprio davanti al ragazzo, una foto del ballo di fine anno in cui si poteva vedere Serenity abbracciata ad Harold mentre il ragazzo le appoggiava una mano sul fianco e con l’altra le risistemava la coroncina sul capo. 
«sembrate molto felici» disse Scotty indicando la foto.
«lo eravamo» rispose Harold guardando appena la foto sul tavolo.
«eppure abbiamo scoperto che il pomeriggio precedente la sera del ballo, lei si era molto arrabbiato con Serenity» continuò Scotty appoggiando entrambe le mani sul tavolo e sporgendosi in avanti per poter sovrastare Harold e metterlo in soggezione.
«e non era nemmeno la prima volta» aggiunse Will che si era appoggiato con la spalla al muro proprio vicino al vetro a specchio «anche la settimana prima avevate litigato alacremente»
«sì, è probabile» rispose Harold restando sulla difensiva.
«come mai, nonostante i litigi, siete andati assieme al ballo?» chiese ancora Scotty.
«non saprei … probabilmente era solo una sciocchezza e quindi ci siamo riappacificati subito, sono cose che a volte accadono: si litiga, ma poi ce ne si scorda in fretta»
«e perché avevate litigato?» chiese Will.
«non mi ricordo … è passato troppo tempo»
Scotty si staccò dal tavolo e spostò la sedia rimasta libera alla sinistra di Harold, vi si sedette sopra e iniziò a scrutare il profilo del ragazzo senza dire niente per metterlo ancora di più a disagio. Harold non aveva il coraggio di girare lo sguardo verso il detective e nemmeno di guardare la foto sul tavolo: preferiva fissare un punto indefinito sul pavimento con sguardo smarrito.
«Harold abbiamo parlato con Emily e ci ha raccontato tutto riguardo le bugie che Serenity le raccontava e le sue improvvise sparizioni» Scotty si fermò un paio di secondi «era molto arrabbiato per questo, perché Serenity la escludeva dalla sua vita, vero? È per questo che ha letto il diario della sua fidanzata?» Harold finalmente alzò lo sguardo verso Scotty stupito dal fatto che i detective fosse a conoscenza anche di quel particolare.
«l’ho fatto solo perché dopo tutti quegli anni passati insieme uno si aspetta che non ci siano più segreti, che la confidenza sia totale, ma lei mi teneva ancora fuori dal suo mondo come se fossi stato uno sconosciuto. Sapevo che c’era qualcosa che non andava, che non era normale questo suo comportamento, ma non mi permetteva di aiutarla. Allora ho preso la decisione che in un modo o nell’altro avrei scoperto da solo la verità e ho letto il suo diario, ma è stata una cosa stupida da fare, non avevo il diritto di scoprire tutte quelle cose»
«ed è stato allora che hai iniziato a sospettare che Serenity in realtà non ti amasse affatto: non si fidava di te, non aveva neppure avuto il coraggio di parlarti del suo passato» Scotty, che aveva abbandonato il tono formale per abbattere tutte le barriere che si frapponevano tra lui e il ragazzo, si alzò dalla sedia e si spostò alle spalle di Harold «poi hai iniziato a pensare che forse Serenity non si confidava con te perché per lei la vostra storia non era poi così importante, era solo un altro modo per mettersi in mostra» Scotty fece un altro passo e si mise alla destra di Harold incombendo sulla sua spalla «infine si è insinuato nella tua mente il dubbio che addirittura ti stesse tradendo, che tu avevi passato tutti quegli anni ad amare una ragazza che non solo non ti ricambiava, ma che addirittura aveva un altro. Non ci hai più visto dalla rabbia e l’hai affrontata, ma lei ha continuato a negare, anzi, ha persino scoperto che avevi letto il suo diario, che ormai sapevi i suoi segreti. Deve essersi arrabbiata molto: in fin dei conti l’avevi messa con le spalle al muro. Probabilmente ti ha perdonato per poter andare assieme al ballo e mostrarti un ultima volta come un trofeo prima di mettere fine alla farsa, ma qui non sei più stato al gioco. Non le avresti mai permesso di scaricarti così: magari hai tentato di convincerla a non farlo, avete litigato, l’hai aggredita, Serenity è caduta e, preso dalla paura per quello che avevi appena fatto, l’hai lasciata lì a morire»
«NO!» urlò veementemente Harold
«no?! Harold sappiamo che credevi che Serenity avesse un altro e la cosa non ti andava giù, anzi eri molto geloso»
«sì, pensavo che mi stesse tradendo, ma dopo il litigio in cui aveva scoperto del diario le avevo chiesto di perdonarmi e di dare un’altra possibilità alla nostra storia perché ci tenevo troppo a lei per rinunciarci senza nemmeno lottare, ma non sarei mai stato capace di farle del male: lei è stata l’amore della mia vita e perderla è stata una cosa atroce, più straziante del sapere che la nostra era diventata una storia a senso unico»
«e allora che cosa hai fatto, semplicemente finta che fosse tutto ok nonostante il sospetto che Serenity ti stesse tradendo?» chiese Will.
«no, le diedi la possibilità di scegliere» Harold finalmente abbassò lo sguardo sulla fotografia e fu come se quella scena gli stesse accadendo di nuovo di fronte agli occhi.
 
[Back to black-Amy Wine house]
 
«facciamo un’ultima foto per l’annuario e poi potete andare» disse il ragazzo, uno dei membri del club di fotografia che quella sera si stava occupando di fotografare il ballo.
«va bene» rispose quasi seccato Harold sperando che quella serata finisse il prima possibile. Non sarebbe riuscito a sopportare ancora a lungo tutte quelle attenzioni fingendo di essere la persona più felice sulla faccia della terra.
Harold si mise al fianco di Serenity e le prese la mano, ma il fotografo li guardò poco convinto.
«non potreste mettervi un po’ più vicini?» chiese timidamente accompagnando la richiesta con un eloquente movimento delle mani «tipo … abbracciarvi?».
«ok» rispose pragmatica Serenity appoggiando le braccia sulle spalle di Harold e aspettando che lui le cingesse i fianchi con le mani, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa le scivolò dalla testa la coroncina.
«rischi di perdere tutto il tuo fascino senza questa» le disse piatto lui appoggiando delicatamente la coroncina sulla testa di Serenity e proprio in quel momento il fotografo scattò la foto accecandoli con il flash.
«abbiamo fatto!» annunciò con troppo entusiasmo «siete liberi, potete andare» fu l’ultima cosa che disse prima di dileguarsi tra la folla di ragazzi che affollavano la pista da ballo per continuare a scattare foto.
«cosa vuoi fare, ballare ancora?» chiese Harold più che altro per cortesia.
«no, vado a prendere qualcosa da bere» rispose Serenity prima di dileguarsi.
Harold tentò di seguirla con lo sguardo, ma era difficile riuscire a distinguere Serenity dalle altre ragazze ben vestite nella ressa attorno al tavolo delle bevande. Finalmente riuscì ad individuarla lontana dalla calc, mentre discuteva animatamente con un ragazzino di colore mingherlino che sembrava un pesce fuor d’acqua tra tutti quei ragazzi dell’ultimo anno. Gli sembrava una faccia nota, ma non riusciva a inquadrare chi fosse finché una folgorazione gli fece tornare la memoria: non si ricordava come si chiamasse, ma quello era il ragazzo che avevano soprannominato Ragazzina.  Era strano che Serenity parlasse con lui, ma quando tornò a guardare verso di loro, la ragazza era nuovamente sparita.
Continuò a scrutare la folla di ragazzi che aveva intorno nel tentativo di vedere dove si fosse cacciata Serenity, ma sembrava che fosse scomparsa dalla sala finchè improvvisamente riuscì di nuovo a scorgerla mentre usciva dalla palestra passando vicino alle gradinate per andare verso il corridoio che portava agli spogliatoi. Harold attraversò tutta la pista da ballo quasi correndo: voleva raggiungerla e capire per quale assurdo motivo se ne stesse andando passando dal retro.
«Serenity» la chiamò quando raggiunse il corridoio degli spogliatoi «dove stai andando?»
Serenity si voltò di scatto spaventata all’idea che qualcuno la stesse seguendo, ma non riuscendo a vedere nell’oscurità del corridoio privo di luci chi fosse alle sue spalle, non si fermò ad aspettare e continuò a camminare a passo affettato, quasi correndo, come se stesse scappando.
«fermati Serenity, sono Harold» urlò ancora il ragazzo continuando a seguirla e finalmente Serenity si bloccò e lui poté raggiungerla.
«Harold perché mi stavi seguendo? Mi hai fatto spaventare»
«mi spiace non volevo, ma perché sei qui: non possiamo andare in giro per la scuola»
«io … devo andare in un posto» disse Serenity prima di voltarsi per andarsene di nuovo, ma Harold la bloccò prendendola per un braccio.
«dove devi andare? Di qui ci sono solo gli spogliatoi»
«Harold non posso fermarmi a spiegarti. Te l’ho detto: domani ti spiegherò tutto» gli rammentò Serenity.
«che stupido che sono stato a pensare che volessi veramente darmi un’altra chance, un vero illuso» disse il ragazzo scuotendo la testa sconfortato «dovevo saperlo che era solo per questa stupida corona che mi avevi perdonato»
«ma che stai dicendo? Di che parli?»
«Serenity ti prego risparmiami la sceneggiata, sto parlando dell’altro, quello per cui mi pianti sempre in asso»
«Harold non c’è nessun altro te l’ho già detto, ma adesso devi lasciarmi andare»
«allora cosa devi andare a fare negli spogliatoi?» la incalzò Harold.
«non ricominciamo a litigare ti prego, fidati di me e ti assicuro che domani ti spiegherò tutto e allora penserai di essere stato un completo idiota a immaginare che io ti stia tradendo»
«non voglio aspettare fino a domani, spiegamelo ora Serenity»
«io … devo ripagare un vecchio favore, va bene?»
«almeno dimmi il perché di tutto questo mistero»
«non posso, sarebbe troppo complicato» poi Serenity si liberò delicatamente dalla presa di Harold e ricominciò a camminare. Questa volta, però, Harold non tentò più di seguirla.
«Serenity ti prego non molarmi qui così, non sono contati niente per te questi quattro anni insieme?» le urlò dietro Harold, ma Serenity continuò a camminare sorda alle parole del ragazzo fino ad arrivare davanti alla porta dello spogliatoio «dannazione Serenity, non puoi far finta che io non esista!» continuò Harold sempre più disperato.
Serenity finalmente si fermò, ma non si voltò verso il ragazzo e anzi appoggiò la mano sulla maniglia della porta dello spogliatoio senza però il coraggio di abbassarla.
«Serenity se entri lì dentro giuro che tra noi è finita, non mi rivedrai mai più: né domani né mai» continuò Harold con la voce rotta dalla rabbia e dal pianto «Serenity devi fare una scelta o me o il tuo segreto, ma se te ne vai non ti perdonerò mai»
Serenity si voltò verso Harold senza muoversi o dire niente: lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, ma non riuscì a togliere la mano dalla maniglia.
«ti prego Harold non farlo, non costringermi a scegliere» gli chiese in tono supplichevole.
«no, devi farlo ora! Devi prendere una decisione: o me o lui»
«Harold non c’è nessun altro perché non vuoi capirlo?»
«allora dimostramelo: fermati e ritorna in palestra con me»
«non posso fermarmi perché se torno indietro ora non avrò mai più la possibilità né il coraggio di fare la cosa giusta. Non c’entra niente con me o te: lo devo ad un’amica per tutto quello che ha fatto per me quando non c’era nessun altro» disse trovando finalmente il coraggio di aprire la porta, ma, prima che potesse entrare, Harold tentò un ultima volta di fermarla.
«Serenity non sto scherzando se entri lì dentro è finita per sempre!» le urlò dietro ma la ragazza non si girò, come se non avesse sentito quell’ultima frase.
«domani capirai tutto» fu l’ultima cosa che gli disse prima di sparire oltre la porta.
«MALEDIZIONE SERENITY!» urlò Harold prendendo la corona di plastica che ancora aveva in testa e scagliandola lontano con un gesto di stizza pieno di rabbia per poi lasciarsi scivolare a terra e lasciarsi andare alle lacrime.
 
«e l’hai lasciata andare via così?» chiese Scotty
«sì, era quello che lei voleva: non avrebbe avuto senso tentare di fermarla un’altra volta. Aveva preso la sua decisione e se voi l’aveste conosciuta sapreste che sarebbe stato inutile tentare ancora di dissuaderla»
«e il resto della serata dove l’ha passato?»
«in palestra e poi sono andato ad una festa a casa di un mio compagno di squadra, potete chiede a chiunque giocasse nella squadra e ve lo confermerà sono stato tutto il tempo con loro»
«che cosa intendeva Serenity con “lo devo ad un’amica”?» continuò Will
«non ne ho idea. L’ultima cosa che mi disse era che il giorno dopo avrei capito tutto e io l’ho aspettata: nonostante tutto quello che le avevo detto speravo ancora che lei mi amasse, almeno finché non è arrivata la polizia a casa mia per interrogarmi» Harold si asciugò con il dorso della mano una lacrima che gli stava rigando il viso «ma oramai non ha più importanza: non saprò mai se mi amasse per davvero oppure no»
«per ora va bene così» disse infine Scotty allontanandosi dal tavolo per raggiungere l’uscita della sala degli interrogatori, Will invece si avvicinò ad Harold per offrirgli un fazzoletto con il quale asciugarsi gli occhi.
«dovrebbe parlare anche lei con la sorella di Serenity, penso che potrebbe aiutarla» poi anche lui uscì dalla sala degli interrogatori.

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Capitolo 10
*** Il filmato ***


Nick uscì trafelato dalla stanza dove stava ancora analizzando le registrazioni fatte dalle telecamere attorno alla scuola la sera dell’omicidio.
«venite tutti qui» disse a gran voce richiamando l’attenzione di tutta la squadra omicidi.
«che c’è Nick?» chiese Scotty.
«forse una svolta nelle indagini»
«cosa hai scoperto?» chiese il tenente una volta che tutti quanti furono entrati.
«i nostri colleghi nel 2006 si sono concentrati sulle telecamere che davano sulla strada che portava al luogo dell’aggressione e sull’ingresso principale della palestra tralasciando le altre perché pensavano che, se qualcuno avesse lasciato la festa subito dopo l’omicidio, sarebbe dovuto passare di lì per forza. Però noi ora sappiamo che Serenity, circa mezzora prima dell’omicidio, è andata negli spogliatoi e ho scoperto che anche lì c’era un uscita, che sarebbe dovuta essere chiusa ma guardate qui»
Nick fece partire un video: sullo schermo apparve un video in bianco e nero che mostrava un campo di basket deserto e, oltre alla rete di recinzione, l’edificio della scuola
«questa è una delle telecamere del parco vicino alla scuola e quello che vedete e la parte dietro della palestra con una delle uscite secondarie che porta direttamente agli spogliatoi» spiegò Nick lasciando procedere il video che mostrava sempre la stessa immagine, almeno finché improvvisamente la porta si aprì e ne uscì una ragazza che si mise a camminare svelta verso sinistra sparendo in fretta dal raggio visivo della telecamera.
«è Serenity?» chiese Kat
«non si vede bene, ma penso proprio di sì. Aspettate però, il bello arriva tra poco» annunciò Nick lasciando andare avanti il video, infatti dopo pochi minuti la porta si riaprì, ma questa volta ne uscì un ragazzo di colore che prima si guardò attorno in maniera sospetta e poi si avviò nella stessa direzione di Serenity a passi svelti «avete visto?» chiese Nick prima di fermare il video sull’immagine del ragazzo che correva verso sinistra.   
«ho fatto un po’ di ricerche e credo che si tratti di lui» e mostrò ai colleghi la foto di un ragazzo che sorrideva timido all’obiettivo «faceva parte del club di fotografia e ho scoperto che la sera del ballo era alla festa come fotografo»
«come si chiama?» chiese Scotty
«Treelore Jackson» lesse ad alta voce Lilly dalla didascalia sotto la foto e immediatamente le tornò in mente i numerosi messaggi sul libro del Giovane Holden «T.J.»  

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Capitolo 11
*** Treelore Jackson ***


«guarda cosa ho scoperto parlando con la scuola» disse Scotty porgendo a Lilly un fascicolo di cartoncino giallo scuro dentro cui c’erano una decina di fogli «in pochi si ricordavano di lui. Un ragazzo molto ordinario: puntuale, studioso, anche se abbastanza timido e isolato, che poteva frequentare quella scuola solo grazie ad una borsa di studio. Sostanzialmente il genere di ragazzo che passa del tutto inosservato, se non fosse che all’inizio del secondo anno ha rischiato di essere espulso» Scotty sfogliò il fascicolo fino ad arrivare ad un foglio di fax che presentava l’intestazione della scuola.
«si richiede l’immediata convocazione dei genitori dell’alunno T. Jackson per l’increscioso episodio verificatosi ieri all’interno dell’edificio scolastico» lesse Lilly dal foglio «che cosa era successo?» chiese la detective non riuscendo a trovare su quel fax ulteriori dettagli su quello che era accaduto.
«a quanto pare Jackson, durante una pausa tra le lezioni, ha picchiato un altro alunno apparentemente senza alcun motivo o, per lo meno, ne lui ne l’altro ragazzo ne hanno fornito uno quando il preside lo ha chiesto»
«e la scuola che provvedimenti a preso?»
«niente di definitivo: secondo la versione ufficiale perché era il primo episodio del genere di uno studente che, altrimenti, si era sempre comportato come un alunno modello, quella non ufficiale dice che la famiglia del ragazzo picchiato non volesse troppo clamore perché il ragazzo era ubriaco in classe. La cosa, però, non è finita qui, infatti sembrerebbe che in tutto questo fosse implicata anche una ragazza»
«quindi esiste già un precedente violento»
«non solo» continuò Scotty «facendo delle altre ricerche nel nostro archivio è saltato fuori che il padre di Jackson è stato denunciato più di una volta perché picchiava la moglie, anche se poi la donna ha ritirato ogni volta le denuncie. I servizi sociali, comunque, sono intervenuti lo stesso scoprendo che il ragazzo aveva assistito a tutte le aggressioni, anche per questo la scuola lo ha obbligato a frequentare il consultorio scolastico una volta alla settimana fino alla fine dell’anno: avevano paura che anche lui potesse diventare una mela marcia come il padre»
«e dal consultorio è saltato fuori qualche elemento che ci può aiutare?»
«sembra che reagisse bene e che fosse realmente dispiaciuto per quello scatto d’ira incontrollabile, ma non hanno potuto dirci molto di più: tutto quello che il ragazzo diceva lì non può essere reso pubblico. Però hanno potuto riferirci che il ragazzo ha partecipato a tutti gli incontri previsti tranne che agli ultimi due che si sarebbero dovuti tenere nei giorni successivi all’omicidio di Serenity»
«forse perché si sentiva in colpa per non essere riuscito a frenare un’altra volta la rabbia?» chiese Lilly senza aspettarsi una risposta «e riguardo a Serenity, è saltato fuori qualche collegamento tra  i due?»
«niente di importante: non frequentavano gli stessi corsi a scuola e nemmeno le stesse attività extrascolastiche. L’unica traccia che abbiamo trovato è una nota non ufficiale di biasimo che Serenity aveva ricevuto perché se la prendeva accanitamente con il ragazzo»
Lilly continuò a sfogliare il fascicolo leggendo le varie note che Scotty aveva appuntato sui bordi delle pagine riguardo ai passaggi più importanti.
«come mai l’altro ieri non c’eri?» chiese a bruciapelo Scotty distogliendo Lilly dalla sua lettura.
«avevo un impegno» rispose asciutta la detective continuando a leggere.
«un impegno di che genere?» continuò a indagare il detective Valens.
«un impegno di quelli improrogabili»
Scotty stava per ribattere nuovamente, ma, prima che potesse aggiungere qualcosa, Nick si avvicinò alla scrivania di Lilly.
«è arrivato Treelore Jackson» informò Nick i due colleghi «chi viene con me ad interrogarlo?»
«vengo io» rispose pronta Lilly per poter evitare altre domande di Scotty.
Quello non le sembrava il momento più opportuno per parlare con Scotty del perché si era presa un giorno di permesso, quindi si affrettò a seguire il collega verso la sala degli interrogatori dentro la quale c’era Treelore Jackson.

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Capitolo 12
*** La busta ***


Lilly, prima di entrare ad interrogare Jackson, si fermò a guardarlo attraverso il vetro a specchio. Gettò una veloce occhiata sull’annuario alla foto di Treelore adolescente, ma sarebbe stato difficile pensare che quel ragazzino dall’espressione di timida ritrosia all’obiettivo fosse la stessa persona dalklo sguardo corrucciato che in quel momento si trovava nella stanza degli interrogatori: da allora era cresciuto e aveva sviluppato un fisico atletico anche se sembrava sempre troppo magro per la sua altezza, si era fatto persino crescere una rada barba sulle guance mentre i capelli li teneva ancora tagliati cortissimi come quando aveva quattordici anni.
«andiamo?» propose Nick e Lilly annuì.
Nick entrò nella stanza degli interrogatori seguito dalla collega che chiuse la porta una volta entrata nella stanza. I due detective si misero lentamente a sedere proprio di fronte a Treelore, sulle sedie dall’altra parte del tavolo, mentre quest’ultimo li scrutava in silenzio.
«è stato tuo padre ad insegnarti come si picchia una donna?» attaccò subito Nick come se stesse chiedendo una cosa qualsiasi «oppure ai imparato da solo guardandolo mentre sera dopo sera gonfiava di botte tua madre?»
«non sono una bestia come mio padre» sbottò Treelore punto nel vivo da quelle osservazioni «non ho mai toccato una donna in tutta la mia vita»
«eppure ho sentito che hai rischiato di farti espellere da scuola all’inizio del secondo anno a causa di una ragazza» continuò a pungolarlo il detective
«ho rischiato l’espulsione perché la difesi da un pallone gonfiato che la stava infastidendo, non certo perché le volessi fare del male» rispose il ragazzo con sicurezza.
«e tu per difendere una ragazza qualsiasi spedisci in ospedale uno più grande di te?» continuò in tono ironico il detective.
«sì. Lui continuava ad importunarla e quando ha tentato di metterle le mani addosso, sono intervenuto per fermarlo, poi la situazione è degenerata e per difendermi ho dovuto colpirlo, ma non avrei mai voluto fargli del male» rispose duro Treelore «e certamente io non sono come mio padre» ribadì risolutamente.
«e Serenity Collins?» intervenne Lilly.
«veniva a scuola con me» rispose asciutto con un espressione del viso che dimostrava non curanza, come se quello fosse stato un dettaglio del tutto trascurabile della sua vita.
«nient’altro?» chiese Nick.
«frequentavamo giri diversi e a lei certamente non avrebbe fatto piacere frequentare gente come me. Punto e basta.»
«sappiamo che ricevette una nota di biasimo perché se la prendeva spesso con te» riprese la detective «soprannomi, scherzi, cattiverie,…»
«addirittura amava deriderti di fronte a tutti gli altri studenti» rincarò Nick.
«non perdeva mai occasione di ricordarti che lei era superiore a te» disse ancora Lilly «giusto?»
«sì» ammise il ragazzo iniziando a toccarsi le dita nervosamente.
«deve essere stato duro dover sopportare in silenzio tutto quello, un vero inferno»
«sì, ha ragione. Ogni giorno quando entrando a scuola mi sembrava di salire su un patibolo»
«non riesco nemmeno ad immaginare cosa volesse dire vivere così»
«è stato orribile, ma fortunatamente è finito e come vede sono sopravvissuto»
«penso che devi aver desiderato tante volte che lei la smettesse»
«certo che volevo che lei smettesse»
«e l’hai mai affrontata per farla smettere?»
«certo che no. Non avevo nemmeno il coraggio di rivolgerle la parola, si figuri chiederle una cosa del genere»
«neanche la sera del ballo?»
«cosa c’entra il ballo?»
Nick tirò fuori da una cartellina giallo scuro una foto in bianco e nero: era il fotogramma che ritraeva Treelore fuori dagli spogliatoi della palestra e nel quale si poteva vedere bene il volto del ragazzo.
«questa viene da un filmato della sera dell’omicidio nel quale si vede che tu insegui Serenity fuori dalla scuola» spiegò Lilly «perché la stavi seguendo? Volevi finalmente affrontarla faccia a faccia senza tutti i suoi amici a darle man forte?»
«non la stavo seguendo per quello» rispose Treelore spostando nervosamente lo sguardo dalla foto a Lilly, poi verso Nick e viceversa «siete completamente fuori strada»
«allora per quale motivo pochi minuti dopo che Serenity è uscita da quella porta anche tu sei uscito e sei andato nella sua stessa direzione? Non vorrai farci credere che è solo un caso» disse Nick.
«no, non è una coincidenza, ma io non la stavo inseguendo di nascosto, è stata lei a chiedermi di farlo»
«è stata lei a chiederti di seguirla?» chiese Lilly come se non potesse credere a quell’eventualità.
«sì, qualche giorno prima del ballo venne a cercarmi. Disse che sapeva che ci sarei stato anch’io e che avrei avuto il passepartout che permetteva di aprire tutte le porte della scuola perché il custode si fidava di me e non aveva voglia di restare a scuola durante la festa per poi aprirmi il laboratorio dove custodivamo tutte le attrezzature fotografiche. Serenity voleva che la sera del ballo le lasciassi la porta sul retro dello spogliatoio aperta e che, quando lei me lo avesse detto, la seguissi con la chiave»
«e perché voleva che tu la seguissi?»
«perché voleva entrare di nascosto nell’ufficio del preside. Io non volevo farlo, ma lei mi minacciò dicendomi che se mi fossi rifiutato di aiutarla ad entrare a cercare una cosa, lei avrebbe convinto suo padre a sospendere i finanziamenti per la mia borsa di studio»
«che cosa stava cercando?»
«non ho fatto in tempo a scoprirlo»
 
[SOS-Rihanna]
 
Le mani di Treelore tremavano mentre al buio tentava di inserire la chiave dentro la serratura.
«dammi qua, faccio io» disse Serenity spingendolo da parte e togliendoli a forza la chiave dalla mano «ecco fatto» disse la ragazza soddisfatta quando finalmente si sentì lo scatto della serratura. Poi restituì il passepartout a Treelore.
Dentro quella stanza c’era, immerso nella penombra, lo studio del preside. Solo da una delle finestre, coperta dalle veneziane tirate, penetrava una fioca luce che illuminava debolmente la scrivania nel mezzo della stanza e il casellario di metallo addossato alla parete.
«che cosa dobbiamo cercare?» chiese Treelore in un sussurro temendo che, se avesse parlato troppo forte, qualcuno avrebbe potuto sentirlo e scoprirli.
«le schede personali dei professori» rispose Serenity prima di mettersi a cercare qualcosa nella pochette che si era portata dietro.
«ma a che ti servono le schede dei professori?» chiese Treelore a mezza voce strabuzzando gli occhi per poter capire cosa fosse l’oggettino di forma allungata che Serenity aveva preso dalla borsetta.
«niente che ti possa interessare! Ora muoviti e vieni ad aiutarmi» rispose secca la ragazza avvicinandosi al grande armadio di metallo e accendendo la piccola torcia tascabile che si era portata dietro.
I due ragazzi iniziarono a leggere tutte le targhette attaccate ad ogni cassetto finché, dopo una decina di minuti, Serenity finalmente trovò quello giusto.
«vieni qua, devi aprire questo» disse eccitata.
Treelore passò di nuovo la chiave a Serenity che aprì il cassetto e si mise a cercare fra le varie cartelle lì dentro contenute. Le passò tutte, una ad una, leggendo il nome stampato sopra ognuna, ma quando arrivò all’ultima, sembrava che non avesse trovato ciò che voleva.
«perché non c’è?» si chiese disperata lasciandosi cadere a terra e prendendosi la testa fra le mani sconsolata.
«se mi dicessi cosa stai cercando magari posso aiutarti» si offrì timidamente Treelore più per il desiderio di uscire da quella stanza il prima possibile che per farle una gentilezza.
«te l’ho già detto: restane fuori! Se lo sapessi, ti troveresti in una cosa troppo più grande di te» rispose stizzita facendo ammutolire il ragazzino.
Serenity prese un lungo respiro e si rialzò per poter ricominciare la ricerca con maggiore determinazione. Strinse la torcia tra i denti e ricominciò a cercare tra i fascicoli quello che le interessava finché finalmente sembrò che avesse trovato ciò che tanto desiderava. Treelore tentò di leggere di chi si trattasse, ma Serenity aprì talmente velocemente il fascicolo che non poté vedere che l’iniziale del nome: T.
Serenity si mise a far scorrere i fogli lì dentro contenuti fino a che, alla fine di tutto il fascicolo, trovò una busta: l’aprì, lesse le prime righe e la tolse dal fascicolo per metterla nella sua borsetta. La ragazza rimise a posto il fascicolo, ma prima che Treelore potesse anche solo chiudere il cassetto, il rumore del cigolio della porta alle loro che si apriva, li fece voltare di scatto: sulla soglia c’era una ragazza in un elegante vestito da sera blu scuro, i capelli raccolti sulla nuca e un vistoso paio di orecchini che, nonostante il buio, luccicavano nella notte.
«che stai combinando?» chiese la ragazza a Serenity senza nemmeno essersi resa conto della presenza di Treelore nella stanza.
«Sophie, ora ne ho le prove» rispose trionfale Serenity alzando la pochette, ma l’altra la fermò con un gesto della mano.
«ancora con questa storia?» le ripose quasi scocciata «credi che sia divertente?»
«ma ora ne ho le prove, non sono più solo parole: posso dimostrarti che è un approfittatore, posso inchiodare T.J.» rispose raggiante Serenity.
«la devi smettere Serenity: perché vuoi distruggere la sua vita? Che cosa ti ha fatto? Io non riesco a capire cosa ci trovi di così divertente nel volerlo rovinare o forse lo vuoi fare solo perché desideri qualcosa di eclatante che ti renda indimenticabile?»
«no, lo sto facendo perché è la cosa giusta da fare»
«io non ti credo e non mi lascerò usare da te per uno stupido e crudele scherzo» disse Sophie prima di uscire dalla stanza e correre via.
«aspetta!» tentò di fermarla Serenity prima di decidere di rincorrerla lasciando Treelore lì da solo.
 
 
«quella ragazza era marcia dentro» esordì Treelore con veemenza picchiando con l’indice sul tavolo «io stavo rischiando grosso soltanto perché lei voleva fare uno scherzo, perché era un’egocentrica carogna la cui unica ambizione nella vita era che nessuno si dimenticasse quanto fosse odiosa»
«perché nel 2006 non ha raccontato alla polizia che Serenity se ne andò con Sophie?» continuò Nick.
«Sophie era una brava ragazza, l’unica che avesse avuto il coraggio di difendermi, non l’avrei mai denunciata alla polizia e poi, se vi avessi detto qualcosa, voi l’avreste immediatamente sbattuta in galera: la polizia non stava cercando il colpevole, interrogava a tappeto chiunque si trovava nel raggio di un chilometro anche se non aveva mai avuto nulla a che fare con Serenity. Volevano semplicemente qualcuno da incolpare per non fare brutta figura con i giornalisti e Sophie non si meritava di essere tirata in mezzo per colpa di una come Serenity Collins»
 

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Capitolo 13
*** Rivelazioni ***


Il tenente Stillman alzò lo sguardo dai documenti che stava esaminando e vide tutti i suoi detective, ad esclusione di Scotty seduto alla sua scrivania ed impegnato al telefono, raccolti attorno alla scrivania di Lilly mentre confabulavano davanti ad una lavagna piena di foto, scritte e documenti così decise di andare a vedere cosa stessero combinando.
«a che punto sono le indagini?» chiese il capo.
«siamo riusciti a ricostruire gli spostamenti della vittima fino alle undici circa quando è uscita dalla presidenza per rincorrere Sophie Davis» rispose pronta Lilly mostrandogli la dichiarazione che aveva rilasciato Treelore.
«Sophie Davis, però, quando siamo andati a parlare con lei, ci ha mentito dicendo che lei e Serenity, dopo l’episodio del campo da basket, non si sono più parlate» continuò Nick.
«e c’è anche un altro punto che non torna: da quello che ci ha detto Harold Thompson, Serenity, quella sera doveva fare qualcosa di fondamentale per aiutare un’amica, invece dalle parole di Treelore Jackson sembrerebbe che la ragazza stesse organizzando un ultimo eclatante scherzo ai danni di un professore con l’aiuto di Sophie Davis» andò avanti Lilly.
«sappiamo chi fosse questo professore?» chiese il tenente
«per ora non siamo ancora riusciti ad identificarlo, ma sospettiamo che T.J. sia proprio lui. Speriamo che interrogando di nuovo Sophie Davis lei si decida finalmente a dirci la verità» rispose Lilly.
«quindi per quanto riguarda questo T.J. non abbiamo ancora raggiunto nessun risultato?» ma prima che qualcuno potesse rispondere al tenente Scotty si intromise nella discussione.
«credo di sapere chi sia T.J.» annunciò Scotty attirando su di sé gli sguardi di tutti i colleghi «guardate qua» disse mostrando agli altri detective un lungo elenco di numeri affiancati da date e nomi «ho richiesto al gestore della linea telefonica i tabulati del cellulare di Serenity nelle settimane precedenti alla morte e ho scoperto un paio di cose molto interessanti»
I colleghi si passarono di mano in mano i fogli e scorsero con lo sguardo il lungo elenco delle persone che Serenity aveva chiamato.
«nelle settimane prima della morte, Serenity, ha chiamato Sophie Davis almeno dieci volte» esclamò Lilly non troppo stupita da quella rivelazione.
«e questi altri due numeri?» chiese Will indicando due nominativi che comparivano sull’elenco tanto quanto quello di Sophie.
«sono di Grace Hoving e Lucy Riley: entrambe abitano a New York e, a parte il fatto che hanno frequentato la stessa scuola superiore, anche se in periodi differenti, non hanno apparentemente nulla in comune tra di loro e ancora meno cose in comune con Serenity Collins: diverse città, età, ambienti, compagnie. Comunque sono andato avanti nelle ricerche e mi sono fatto spedire gli spostamenti del cellulare di Serenity nelle stesse settimane e ho scoperto che la vittima andava molto spesso a New York in posti abbastanza vicini a dove queste due donne abitavano e lavoravano»
«pensi che ci andasse quando scompariva e nessuno sapeva dove fosse?» chiese Lilly memore dell’interrogatorio di Harold.
«ne sono certo»
«e cosa centra tutto questo con T.J.?» chiese impaziente Nick
«adesso ci arrivo se mi dai ancora un minuto. Sono riuscito a contattare solo una delle due, Grace Hoving, che non sapeva della morte di Serenity Collins, però è stata disposta a parlarmi di ciò che ancora si ricordava. Nel mese precedente alla morte, Serenity, ha tentato più volte di contattarla per parlare con lei della sua espulsione dalla scuola privata che frequentava alle superiori, prima solo al telefono, poi ha anche iniziato a pedinarla finché la donna non si è arresa e si è decisa ad incontrarla. Grace le ha raccontato tutto della relazione che aveva avuto con un professore ai tempi del liceo e di come, quando lei aveva parlato di questa con alcune amiche, lui avesse utilizzato un pretesto per farla espellere e di come poi la scuola avesse insabbiato tutta la vicenda per evitare uno scandalo. Quello che interessa di più a noi, però,  è come il professore si faceva chiamare dalla ragazza quando stavano assieme, qualcuno ha un’idea?» chiese sarcastico il detective
«T.J.» azzardò Lilly già sapendo che quella era la risposta giusta.
«esatto» confermò Scotty «T.J. che in realtà sta per: Thomas Jeremy Hasting, il professore di biologia di Serenity, almeno finché lei non ha deciso di cambiare corso»
Scotty sorrise soddisfatto, erano più vicini alla soluzione del caso di quanto non lo fossero mai stati, mancavano ancora pochi tasselli e poi tutto il quadro sarebbe stato completo.
«ottimo lavoro» si complimentò il tenente «convocate immediatamente sia Sophie Davis che il professore» poi il tenente se ne andò assieme a gran parte della squadra, solo Lilly e Scotty rimasero ancora davanti alla lavagna.
«possiamo parlare un momento?» chiese cauto Scotty scrutando attentamente il volto di Lilly.
«di cosa?» chiese Lilly stupita da quella richiesta.
«non hai ancora risposto alla mia domanda: dove sei stata l’altro giorno?»
«te l’ho già detto: avevo da fare e ho avuto bisogno di chiedere un permesso. Niente di più» rispose lei sbrigativa tentando di eludere un’altra volta quel discorso.
«questa non è una risposta» ribatté Scotty che non si sarebbe arreso finché non avesse avuto le risposte che voleva  «Lilly io ti conosco: so che c’è qualcosa che non va, lo vedo. Qualsiasi problema tu abbia, a me lo puoi dire. Ci siamo sempre dati una mano a vicenda»
«Scotty non insistere, non c’è nulla» rispose evasiva Lilly girandosi verso la scrivania per non dover guardare in volto il detective.
«ti puoi fidare di me» continuò lui quasi sussurrando perché solo lei potesse sentirlo.
Lilly afferrò il bordo della scrivania, era combattuta tra dire tutto a Scotty oppure continuare a tenerselo dentro e fare finta che fosse tutto a posto, alla fine, però, si decise a confessare quale fosse il peso che la stava crucciando.
«Cristina è tornata» fu l’unica cosa che riuscì a dire.
«ma non era in riabilitazione?»
«già» rispose con amarezza Lilly «ma ora ha portato a termine il programma, non si fa più e ha un buon lavoro»
«è una cosa buona, no?...dov’è il problema?»
«rivuole la bambina, vuole portarsi via la figlia come se gli ultimi quattro anni non fossero esistiti»
«magari vuole solamente ricucire un rapporto con lei. Alla fine è sua madre»
«Scotty, lei non ha idea di cosa voglia dire prendersi cura di una figlia. Non è mai stata neanche in grado di prendersi cura di se stessa, cosa credi che combinerebbe se le venisse affidata una bambina così piccola?»
«le persone possono cambiare, forse vuole solo una seconda chance per fare una cosa buona nella vita»
«a quanto pare è quello che pensano anche gli assistenti sociali: per loro è giusto che la bambina torni con la madre e non importa qualsiasi cosa io possa dire »
«cosa hai intenzione di fare ora?»
«ormai più nulla: l’altro giorno sono andata a parlare con un avvocato che si occupa di questo genere di cose ed è riuscito a dirmi soltanto che mia sorella ha tutto il diritto di fare della bambina quello che più le piace»
«e quindi?»
«niente, verrà a riprendersela e io non potrò fermarla» concluse sconfortata Lilly in un tono che non ammetteva repliche e mettendo definitivamente fine a quella conversazione.

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Capitolo 14
*** La verità ***


Come il tenente aveva ordinato Sophie Davis e il professor Hasting vennero portati al distretto e, facendo in modo che non potessero nemmeno vedersi, vennero fatti accomodare in due diverse sale interrogatori in modo che potessero essere ascoltati dai detective separatamente.
Nick e Lilly entrarono nella stanza dove stava aspettando Sophie che, a differenza della volta precedente, non indossava più il camice ma come allora sembrava molto stanca. Aveva scure occhiaie violacee che le segnavano gli occhi e il viso pallido e emaciato come se non dormisse da molte ore.
«l’ultima volta che ci siamo incontrati ci ha raccontato un sacco di balle facendoci perdere tempo» attaccò Nick con un tono piatto che non riusciva a nascondere il suo disappunto «ha mentito sul fatto che non conosceva T.J. come sul fatto che lei e Serenity non vi siete più parlate dopo la sera in cui la vittima venne a casa sua»
Sophie rimase un attimo interdetta dal tono perentorio con cui il detective le si era rivolto.
«perché non ci ha detto che T.J. è il professor Hasting?»
«io non so di cosa state parlando …» tentò di difendersi lei debolmente.
«Sophie sappiamo che lei è stata l’ultima ad aver visto Serenity viva e che avete litigato anche quella sera, quindi adesso è arrivato il momento di dire la verità: cosa è successo quando avete lasciato la presidenza?» intervenne finalmente Lilly, ma sembrava che la ragazza non fosse intenzionata a collaborare.
Sophie continuava a fissare il tavolo di alluminio e torcendosi le mani nervosa senza però dire una sola parola.
«Sophie, adesso deve fare una scelta» continuò imperturbabile Lilly con maggiore decisione di prima «può collaborare con noi e confessare tutto quanto e allora potremmo aiutarla ad ottenere uno sconto della pena, oppure può continuare a rimanere in silenzio e passare il resto dei suoi giorni in carcere per l’omicidio di Serenity»
La ragazza sentendo quelle ultime parole scoppiò a piangere e si prese il volto tra le mani come se volesse ricacciare in dietro le lacrime che le stavano rigando il volto.
«io non l’ho uccisa …» disse con la voce rotta dal pianto «io non l’ho uccisa, le ho detto che non doveva farlo, che era una pazzia, ma lei è voluta andare avanti e io l’ho abbandonata quando aveva più bisogno di me» poi iniziò a singhiozzare senza più riuscire a trattenere le lacrime.
«se non l’hai uccisa tu, chi è stato?» la incalzò Nick «che cosa è successo quando vi siete allontanate dalla presidenza?» ma Sophie non riusciva più nemmeno a dire una parola.
«è tutta colpa mia» piagnucolò la ragazza «avrei dovuto fermarla, è morta per colpa mia … lei voleva solo aiutarmi e invece è morta»
«Sophie in che cosa doveva aiutarti? Cosa c’entra in tutto questo T.J.?» chiese Lilly.
«io non posso … mi vergogno troppo … lei ha rischiato tutto e io invece sono stata una codarda»
«allora non esserlo più, dicci che cosa è successo» continuò la detective ad incalzarla « perché Serenity ce l’aveva tanto con il professor Hasting?»
«è complicato …» tentò ancora di temporeggiare la ragazza.
«abbiamo tutto il tempo che vuoi» rispose con fermezza Nick.
Sophie sospirò profondamente tentando di calmarsi. Con la manica della felpa si asciugò frettolosamente le guance e gli occhi umidi prima di riuscire ad alzare nuovamente lo sguardo verso i due detective.
«all’inizio dell’ultimo anno T.J., il professor Hasting, si propose di darmi lezioni extra di biologia per aiutarmi ad entrare al college. Lui sapeva quanto per me fosse importante diventare un medico e così accettai la sua proposta: tutte le settimane mi fermavo due pomeriggi a scuola e assieme affrontavamo un programma avanzato, ma soprattutto, durante questi incontri, lo conobbi meglio. Fuori dalla classe era una persona amabile, molto gentile e attenta, spesso mi fermavo anche dopo la fine di queste lezioni per parlare con lui di altro che non fosse la scuola. Lui mi ascoltava e io gli confidai quanto di più personale avevo. T.J. mi confortava e sembrava che fosse l’unica persona al mondo in grado di capirmi: anche lui, alcuni anni prima, era stato costretto contro la sua volontà a trasferirsi da un’altra città qui a Philadelphia proprio come era successo a me e quindi sapeva perfettamente cosa si prova quando sei quello nuovo in un ambiente completamente sconosciuto, come ci si può sentire soli se ti costringono a sradicare tutte le tue amicizie e partire per un posto lontano dalle persone a cui vuoi bene. Io gli parlavo di qualsiasi cosa e lui pazientemente mi stava a sentire senza pensare che fossero delle sciocche fisime adolescenziali e alla fine mi sono innamorata di lui»
«e lui lo sapeva?» chiese Lilly
«all’inizio no. Lui era il mio professore, aveva per lo meno vent’anni più di me e certamente non si sarebbe mai interessato a me in quel modo, ma non riuscivo a togliermelo dalla mente: era così sensibile e premuroso. Poi, però, ho scoperto che anche lui ricambiava e fu allora che iniziammo a frequentarci segretamente anche fuori da scuola, soltanto che Serenity …» Sophie si interruppe un momento, ma Nick la invitò con un gesto della mano a proseguire nel racconto  «… soltanto che un pomeriggio, alcuni giorni dopo la nostra litigata al campo da basket, Serenity venne a scuola a cercare T.J. Le avevo raccontato delle mie lezioni extra e voleva parlare con il professor Hasting per sapere perché non aveva più tempo per continuare anche con lei, solo che trovò me e il professore mentre lui mi baciava. Sul momento, però, io non mi resi conto di nulla»
«cosa fece dopo Serenity, la minacciò di renderlo pubblico?» la interruppe Nick ripensando all’attitudine della vittima a rovinare la vita degli altri per puro divertimento.
«no. Dopo la scenata di fronte ai suoi amici, sarebbe stato logico che lo facesse per vendicarsi, invece non lo disse a nessuno. Non so perché mantenne il segreto, ma all’improvviso iniziò a diventare strana: prima abbandonò il corso di biologia senza dare nessuna spiegazione, poi venne a chiedermi se fossi stata io a rubare il suo diario personale e infine una sera all’inizio di inizio Aprile si presentò di nuovo a casa mia. Disse che quel pomeriggio l’avevano spedita in presidenza per uno scherzo un po’ troppo pesante e che lì aveva conosciuto una certa Lucy di New York»
«Lucy Riley?» chiese Lilly
«sì, mi pare fosse quello il nome. Disse che sapeva tutto della mia storia con il professor Hasting e che era preoccupata per me»
 
Serenity guardava ansiosamente Sophie: le aveva appena confessato di sapere già da alcuni mesi della sua relazione con il professor Hasting, ma la reazione dell’altra si faceva aspettare.
«credevo che avessi già capito che lo sapevo e che per questo avevi rubato il mio diario, per avere una conferma che conoscevo il tuo segreto» disse Serenity.
«ti ho già detto che non sono stata io. Ora cosa hai intenzione di fare?» chiese Sophie fissando avvilita il pavimento della veranda dietro casa sua «andrai a spifferarlo in giro?»
«no … se avessi voluto l’avrei già fatto. Comunque non sono qui per questo, quella donna, Lucy, ha frequentato la scuola dove prima insegnava Hasting e anche lei ha avuto una storia con lui e non è stata nemmeno l’unica: già alcuni anni prima si era messo con una ragazzina»
«e quindi?» chiese stizzita Sophie, offesa dall’idea che lei fosse solo una ragazzina come tante altre per T.J.
«un professore che si innamora di tre sue alunne, non pensi che ci sia qualcosa di strano?»
«tu non lo conosci come lo conosco io, non puoi sapere cosa c’è tra noi»
«vuoi sapere cosa so? So che è sbagliato che un professore usi la sua posizione per convincere delle alunne ad avere una relazione con lui e peggio ancora so che quando rischiava di venir scoperto utilizzava la scuola  per mettere tutto a tacere espellendo la malcapitata di turno alla prima occasione. È successo a Lucy come alla ragazza prima di lei, ma almeno Lucy ha tentato di fermarlo. Ha minacciato di rivolgersi alla polizia se la scuola non lo avesse licenziato pensando così di allontanarlo da altre ragazze, ma non c’è riuscita perché la scuola gli ha dato una bella lettera di referenze in modo che venisse assunto qui a Philadelphia lontano da Lucy e dai sospetti»
«e questo cosa centra con me?» chiese ottusamente Sophie.
«ma non capisci?! È pericoloso: abusava della loro fiducia in modo che diventassero del tutto dipendenti da lui e quando il gioco si faceva pericoloso T.J. faceva in modo che tutti le credessero delle poco di buono e alla fine perdevano magicamente ogni possibilità di frequentare un buon college»
«ok, a loro è andata così, ma non a me. Io lo amo e sono sicura che sia lo stesso anche per lui. Non mi farebbe mai una cosa del genere»
Serenity scosse la testa sconsolata. Sophie era una ragazza intelligente e mai si sarebbe aspettata che avrebbe reagito così ostinatamente continuando a difendere ad oltranza quell’uomo.
«Sophie lui non ti ama, ti sta solo usando e quando si sarà stancato di te ne troverà un'altra a cui far credere di essere innamorato»
Sophie scattò in piedi a quelle parole facendo spaventare Serenity che si ritrasse sulla sedia.
«no, tu ti sei inventata tutto perché io lo denunci al preside e rovini la sua reputazione» disse arrabbiata Sophie trattenendosi a stento dal riversare tutta la sua collera su Serenity «esci subito da casa mia e non farti più rivedere Serenity la barbona»
Sophie calcò particolarmente sulle ultime due parole, uno dei tanti nomignoli che gli altri bambini utilizzavano a Cleveland per rivolgersi Serenity quando questa frequentava ancora le elementari. Serenity si alzò in piedi sconvolta, incapace di capire da dove potesse arrivare tanta cattiveria dall’unica persona che l’aveva sempre trattata con gentilezza, ma senza farsi ripetere due volte l’invito scappò via dal giardino correndo.
 
«nei giorni seguenti, però, non si diede per vinta e continuò a cercarmi ripetendomi che io era solamente l’ennesimo giocattolo di T.J. Io, però, molto stupidamente, non le detti mai retta: ero troppo innamorata. Ciò nonostante continuò a mettermi in guardia: mi diceva che ben presto si sarebbe stancato anche di me, ma non le detti ascolto. Pensavo che stesse solo aspettando il momento giusto per colpirmi, ma non ci provò mai. Invece io mi lasciai sfuggire con T.J. che Serenity sapeva di noi e d’improvviso lui cambiò completamente. Iniziò a tenermi lontana, divenne sospettoso e non volle che ci incontrammo più, nè a scuola nè fuori, per di più mi resi conto che mi teneva d’occhio e spiava anche Serenity. Poi un pomeriggio se ne uscì dicendo che io non dovevo dare retta a quello che lei mi diceva perché era semplicemente gelosa di quello che c’era tra di noi. Secondo T.J., anche Serenity si era innamorata di lui, ma era stata respinta perché era già innamorato di me e Serenity non riusciva a sopportare l’idea di essere stata superata»
«ed era vero?» chiese Nick
«non lo so, non penso, tuttavia io gli credetti lo stesso e dissi a Serenity una cosa terribile. Il pomeriggio del 2 Giugno venne a casa mia per parlarmi e ancora una volta litigammo perché io non riuscivo a fidarmi di lei e le dissi che era solamente un’ipocrita bugiarda che desiderava solamente vendicarsi di T.J. e vedermi soffrire. Lei quella volta perse la pazienza, disse che se non le credevo, quella stessa notte, quella del ballo di fine anno, sarebbe entrata nell’ufficio del preside a procurarsi le prove di quello che diceva»
«di che prove stava parlando?» chiese Lilly ormai sicura che fossero ad un passo dalla risoluzione del caso.
«una lettera che Lucy Ridley, una certa Grace ed altre ragazze, che erano al corrente di tutta la storia, avevano scritto, firmato e poi consegnato al preside per metterlo a conoscenza dei trascorsi di Hasting. Solo che come era avvenuto già nella vecchia scuola, anche da noi il preside preferì ignorare la cosa e farla cadere nell’oblio chiudendo la lettera nel fascicolo del professore dentro il suo archivio. Per questo Lucy era venuta qui a Philadelphia il giorno in cui conobbe Serenity: per capire come mai ancora una volta si preferiva insabbiare il tutto»
«per il prestigio della scuola?»
«no, peggio. Hasting era stato l’insegnante dei figli di gente che conta e aveva un gran numero di conoscenze di cui andava orgoglioso e che finanziavano i progetti della scuola e le borse di studio, se però queste sue storie fossero diventate di dominio pubblico la scuola avrebbe perso i finanziamenti oltre che un gran numero di alunni»
«ed è riuscita a trovare e farti vedere quella lettera?» chiese Nick
«sì, quando sono scappata via dalla presidenza lei mi ha raggiunto e me l’ha fatta leggere e tutto quello che da giorni mi diceva era lì scritto nero su bianco. Solo che mentre la leggevo arrivò anche T.J.»
«il professor Hasting riuscì a trovarvi?» chiese stupito Nick.
Sophie annuì.
«e dopo, quando lui vi trovò, cosa successe? Fece del male a Serenity?»
«non lo so. Lui era molto arrabbiato, faceva paura. Mi chiese di andarmene e io corsi il più lontano possibile» Sophie tornò a guardare il tavolo trattenendo di nuovo a fatica le lacrime «ero in preda al panico e l’ho abbandonata»

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Capitolo 15
*** Gli ultimi istanti di Serenity ***


Will aveva seguito l’interrogatorio di Sophie guardando attraverso il vetro a specchio mentre Scotty si era concentrato ad osservare, sempre nascosto da un altro vetro, il professor Hasting seduto nella sala interrogatori lì accanto.
«come credi possa restare così calmo?» chiese ad un certo punto Scotty alludendo all’apparente serenità ostentata dall’uomo che, da quando era stato portato al distretto, non aveva detto una sola parola di protesta, ma semplicemente era rimasto seduto in silenzio con le braccia incrociate sul petto ad aspettare che qualcuno venisse a spiegargli il motivo per cui era stato condotto lì.
Un altro dilemma a cui Scotty non riusciva dare una risposta era come un uomo del genere, che a prima vista non aveva nulla di attraente, avesse potuto ammaliare così tante ragazze: non era molto alto, di corporatura media e, dalle foto che aveva visto tra i fascicoli del caso, già all’epoca di Serenity era piuttosto stempiato con i capelli che iniziavano ad ingrigire. Rispetto ad allora non era cambiato molto: insegnava nella scuola dove aveva studiato anche Serenity, continuava a vestirsi nello stesso modo dimesso, si era un po’ ingobbito per le lunghe ore passate chino sulla cattedra e per quanto riguardava i capelli erano sempre gli stessi, forse solo un po’ più bianchi. 
«possiamo andare» disse Will riscuotendo Scotty dai suoi pensieri.
In mano il collega reggeva un foglio ripiegato che infilò velocemente in una busta bianca, ma ad uno sguardo interrogativo di Scotty disse solamente «poi vedrai» ed entrò nella stanza seguito immediatamente anche dall’altro detective. I due si misero a sedere con calma di fronte al professore e come se non avessero nemmeno notato la sua presenza iniziarono a sistemare sul tavolo una pila di fogli sulla cui cima spiccava la copertina verde del Giovane  Holden.
«professor Hasting, vorremmo parlare con lei della notte dell’omicidio di Serenity Collins» esordì pacatamente Will.
«sì, ok … ma non vedo perché proprio con me, già all’epoca spiegai che non ne sapevo niente»
«sono emersi nuovi elementi da allora» continuò sbrigativo Will.
«la ragazza era una sua alunna, vero?» chiese Scotty con noncuranza sfogliando il libro che era appartenuto a Serenity.
«sì, per un certo periodo, ma poi ha preferito farsi trasferire in un’altra classe»
«come mai?»
«non lo so, non volle mai spiegarmelo»
«sappiamo anche che per un certo periodo le ha dato lezioni extra di biologia, giusto?»
«è una cosa che a volte faccio con alcuni alunni per aiutarli ad entrare al college»
«è molto bello da parte sua. Tra l’altro, facendo delle ricerche a riguardo, abbiamo notato che tende ad aiutare ragazzi con storie particolari: Grace Hoving ad esempio aveva appena perso la madre, invece nel caso di Lucy Riley il padre era in carcere per reati finanziari. Se le ricorda professore?»
«sì, vagamente. Ma ne ho aiutati talmente tanti che non ricordo ognuna delle loro storie»
«e poi Serenity Collins … come mai? Non aveva certo bisogno del suo aiuto per entrare al college: il suo patrigno era un uomo piuttosto importante e lei non aveva una storia particolare come le altre. Da quel che sappiamo, poi, era anche piuttosto popolare nonché spregiudicata a scuola»
«sì, certo … probabilmente è per questo che decisi di smettere le lezioni con lei: per dedicarmi ad altri alunni per cui ero più necessario»
«come Sophie Davis»
«sì»
«sa cos’è questa lettera?» intervenne finalmente Will mostrando al professore la busta che aveva prima mostrato a Scotty.
«no, non lo so» rispose perplesso il professore guardando un po’ accigliato il detective.
«è il motivo per cui Serenity Collins è morta» continuò calmo il detective Jeffries «la notte dell’omicidio Serenity entrò nell’ufficio del preside e rubò questa lettera come prova che uno dei suoi professori stava intrattenendo una relazione con una sua alunna»
«ma questo lei lo sa già, non è vero?» si intromise Scotty capendo finalmente gli intenti del collega: fingere di avere lì con loro la lettera per portare il professore a confessare.
«io?! No, certo che no»
«allora passiamo a questo» disse deciso Scotty aprendo il libro di Serenity «11/04/2006 non posso credere a ciò che ho visto, non ho mai neanche pensato che T.J. fosse capace di una cosa del genere. Sembrava normale e invece è un mostro”» iniziò a leggere il detective ad alta voce «21/04/2006 ho cambiato corso: non posso più stare nella stessa stanza con T.J. senza pensare a quello che ho visto e che ha fatto. Mi fa orrore!» Scotty sfogliò le pagine velocemente e si fermò un’altra volta «19/05/2006 trovo T.J. ovunque io vada: penso che mi stia spiando, ho paura che sappia ciò che ho scoperto e che voglia assicurarsi che nessuno scopra il suo segreto» e si fermò sull’ultima pagina scritta da Serenity «02/06/2006 T.J. verrà al ballo, devo affrontarlo!!!» Scotty si fermò un attimo ad osservare il volto di Hasting che però era rimasto impassibile «anche questo le suona nuovo, T.J.?»
«non so a cosa stia alludendo»
«quale era il suo soprannome alle superiori?» continuò Scotty ignorando i tentativi di negare di Hasting.
«T.J. perché il mio nome completo e Thomas Jeremy, ma questo non vuol dire che si stesse riferendo a me. Ci sono molte persone che vengono soprannominate in quel modo»
«ma Serenity stava parlando proprio di lei e di quello che aveva scoperto grazie alle sue ex alunne di New York. Qui sta parlando del suo vizietto di scegliere ragazze con storie interessanti a cui dare aiuto solo per circuirle»
«come si permette!» urlò il professore punto nel vivo.
«lei ha molte conoscenze e sapeva certamente del passato di Serenity e della sua famiglia prima che diventasse una Collins, così avrà pensato che sarebbe stato facile riuscire ad ottenere la simpatia e l’amore di una ragazza con una storia così sfortunata, ma Serenity non si è lasciata raggirare dalle sue parole dolci, non è vero?»
«non ho intenzione di ascoltare le sue idiozie!» e scattò in piedi.
«si sieda» disse gelido Scotty senza scomporsi a quella reazione.
«Serenity, però, non era l’unica di Cleveland, c’era anche Sophie Davis: una ragazza certamente intelligente, ma anche molto più sensibile e facilmente affascinabile, che non aveva mai goduto di una grande popolarità e aveva pochi amici» continuò Will «la scelse perché sarebbe stato più facile convincerla?»
«io non feci nulla di tutto ciò»
«invece sì» proruppe Scotty «e Sophie si innamorò di lei come si era aspettato, solo che Serenity scoprì che avevate una storia, che per lei non era la prima volta e aveva intenzione di renderlo noto. L’ha affrontata la sera del ballo, vero?»
«ora basta, voglio un avvocato»
«può chiamarlo, ma non servirebbe a nulla» disse placido Will mettendo davanti ad Hasting la stessa busta di prima «su questa lettera c’è scritto nero su bianco quello che fece a Grace Hoving e Lucy Riley e abbiamo parlato anche con Sophie Davis. Non sono più delle ragazzine che può far espellere da scuola, ora sono delle donne che vogliono denunciare ciò che ha fatto loro, quindi adesso è il momento di parlare e confessarci cosa fece quella sera»
«altrimenti?»
«altrimenti il giudice non esiterà a darle il massimo della pena e ricordi che il signor Collins è un uomo molto influente»
 
Il professor Hasting uscì dalla palestra senza farsi notare da nessuno e ben presto venne inghiottito dal buio che regnava per i corridoi deserti. Per tutta la sera aveva osservato Sophie e Serenity: aveva visto quando Serenity era uscita fuori dalla palestra seguita da Harold e poi anche da un altro ragazzo di colore, ma mentre il primo ragazzo, dopo una ventina di minuti, era tornato indietro, gli altri due sembrava che fossero stati inghiottiti dallo spogliatoio. Era stato in procinto di seguirli anche lui, ma proprio in quel momento aveva notato che anche Sophie stava furtivamente sgattaiolando via dalla festa, molto probabilmente per raggiungere l’altra ragazza.
Man mano che si allontanava dalla palestra il rumore della musica si faceva più soffuso e ben presto l’unica cosa che riuscì a sentire erano i suoi passi. Ogni tanto apriva la porta di un’aula sperando di trovarci dentro quell’improbabile terzetto, ma ogni volta la sua speranza veniva delusa. Passò così in rassegna tutto il primo piano della scuola fino ad arrivare ai laboratori di chimica, ma alla fine si dovette arrendere all’idea che sarebbe stato impossibile trovare tre ragazzi in quel dedalo di classi, bagni e corridoi.
Scese lentamente le scale continuando a prestare la massima attenzione ad ogni rumore e alla fine, mentre passava fuori dalla porta socchiusa della biblioteca, riuscì a cogliere delle voci che venivano da dentro. Aprì cautamente la porta e nella penombra della luce che filtrava attraverso le veneziane tirate riuscì a scorgere le figure di due ragazze che parlavano concitatamente seminascoste tra gli scaffali.
Il professore entrò silenziosamente dentro la stanza e scivolando velocemente dietro ad uno scaffale rasente l’entrata, si avvicinò il più possibile alle due ragazze per poter ascoltare meglio cosa stavano dicendo. Nascosto dietro i libri, sbirciò tra un ripiano e l’altro e riuscì a riconoscere le due ragazze che stava cercando.
«Sophie leggi la lettera, ti prego» disse Serenity con tono deciso porgendo a Sophie la busta che aveva appena rubato dallo schedario del preside. 
«smettila con questa storia» rispose infastidita Sophie tirando una manata alla mano di Serenity che reggeva la lettera, facendo però cadere anche la pochette che teneva stretta sotto il braccio.
La borsetta, colpendo terra, si aprì rovesciando a terra tutto il suo contenuto, tra cui anche un libro dalla copertina verde che scivolò sotto uno scaffale.   
«dannazione» imprecò Serenity chinandosi subito a terra e tentando di riprenderlo senza però riuscirci «aiutami a riprendere quel libro»
«lascia stare quello stupido libro» rispose invece Sophie bruscamente «non ho intenzione di aiutarti in questa stupidaggine» continuò sdegnata.
«ma che stai dicendo?» Serenity si tirò di nuovo su «non ti rendi conto di quello che dici? Non è una stupidaggine o uno stupido scherzo, lui si è preso gioco di te usandoti. Non puoi permettergli di farla franca un’altra volta!»
«ma io non so se posso crederti» sbottò Sophie esponendo finalmente il cruccio più grande che in quei giorni l’aveva assillata «io credevo di conoscerti, ma in questi anni hai fatto delle cose bestiali solo per il gusto di tormentare gli altri e non so se posso fidarmi di te»
«lo so che ti può sembrare strano che all’improvviso io possa voler aiutare qualcuno, ma non ho intenzione di farti del male. Credimi! Non ho mai dimenticato tutto quello che hai fatto per me a Cleveland e ora voglio restituirti il favore. Tu sei l’unica amica che io abbia mai avuto in tutta la mia vita e non voglio che lui ti faccia soffrire» disse Serenity prendendo la mano di Sophie «quando Lucy mi ha raccontato quello che Hasting aveva fatto a lei e a Grace ho capito che non potevo continuare a far finta di niente come se fossi invisibile. Sei stata tu, a Cleveland e difendendo Treelore, ad insegnarmi che bisogna esporsi per aiutare chi non può farlo da solo. Se solo leggessi la lettera ti renderesti conto che tutto quello che ho detto è vero» Serenity porse di nuovo la lettera all’altra ragazza che finalmente, anche se non senza riluttanza, l’afferrò.
«chi altri lo sa?» chiese Sophie
«nessuno» la voce di Serenity si incrinò. Sapeva bene di non aver avuto scelta, ma l’idea di aver tenuta nascosta la verità ad Harold per proteggerlo, causando la rottura del loro rapporto, le faceva male. D’altronde, se qualcuno di sbagliato avesse scoperto che lui sapeva, avrebbe rischiato di perdere la borsa di studio per il college, il sogno della sua vita.
«e cosa vuoi fare, dirlo al preside?»
«no. Dirlo qui a scuola non servirebbe a nulla. Coprirebbero tutto, come hanno già fatto, e continuerebbero a far finta che sia una brava persona. Anzi, lo aiuterebbero a sbarazzarsi di noi. Dobbiamo andare alla polizia»
«alla polizia?!» chiese Sophie sconcertata «ma così lo sapranno tutti, io non voglio che i miei genitori o gli altri lo scoprano» mugolò la ragazza.
«so che può sembrare orribile, ma solo se lo sapranno tutti saremo sicure che non potrà più avvicinarsi ad una scuola»
«è una pazzia nessuno ci crederà. Ti prego Serenity lascia stare. Io lo lascerò domani stesso e lui non potrà più farmi niente. Ti giuro che non gli permetterò mai più di avvicinarsi a me»
«se tu non lo fermi lui continuerà a farlo e raggirerà altre ragazze dopo di te» disse Serenity tentando di convincerla «Sophie che tu lo voglia o no io andrò alla polizia stasera, ci trascinerò anche Grace e Lucy se dovrò, ma vorrei che ci fossi anche tu altrimenti la denuncia non varrà un bel niente»
«per te è facile, tu non perdi niente!» disse Sophie quasi urlando.
«molto commovente» disse in tono stucchevole il professore mostrandosi alle ragazze che spaventate si voltarono verso di lui con il terrore dipinto in volto «dopo tutto quello che ho fatto per te, Sophie, tu mi tradisci in questo modo? Tutte le ore che ho passato ad ascoltarti pazientemente, il tempo e le energie che ti ho dedicato pomeriggio dopo pomeriggio e tu cosa fai? Vuoi andare alla polizia»
«io … no … cioè» balbettò lei in preda al terrore
«questa è la gratitudine che mi dimostri dopo che ti ho fatto ottenere un posto nel miglior college in città?» continuò lui camminando lentamente verso le due ragazze.
Sophie era ammutolita e così anche Serenity che mai si sarebbe aspettata di trovare lì Hasting.
«Sophie lasciami solo con Serenity, torna alla festa» ordinò lui, ma Sophie non si mosse «devo solo parlarle, vai in palestra» continuò in tono più deciso scandendo lentamente le ultime tre parole.
Sophie fece un passo verso la porta, ma Serenity le afferrò il braccio per impedirle di lasciarla lì da sola con quell’uomo.
«può benissimo parlare di fronte ad entrambe» rispose fermamente Serenity tentando di dissimulare il panico che le faceva battere il cuore a mille.
«non essere sciocca: Sophie vai» ma Sophie sembrava paralizzata. Continuava a spostare lo sguardo dal volto pallido e spaventato di Serenity a quello collerico ed imperlato di sudore di T.J. senza essere in grado di prendere una decisione. Era spaventata dall’ira di Hasting, non lo aveva mai visto tanto arrabbiato con le vene del collo pulsanti e i muscoli delle spalle tirati nello sforzo di mantenere la calma, ma non aveva nemmeno il coraggio di scappare via e voltare le spalle a Serenity che aveva fatto tutto quello solo per lei.
«HO DETTO: VAI VIA!» urlò il professore e in un secondo Sophie lasciò andare la mano di Serenity e, stringendo ancora in pugno la lettera, corse fuori dalla biblioteca trascinandosi dietro anche la porta che sbatté chiudendosi di schianto alle sue spalle.
«vedo che hai tentato di fregarmi ragazzina, ma ci vuole ben altro contro uno come me» iniziò lui avvicinandosi minacciosamente alla ragazza che per la paura si era schiacciata il più possibile contro la libreria tentando inutilmente di sottrarsi a quell’uomo «vedi, ci hanno già provato a infinocchiarmi, ma le ho sistemate per bene quelle altre ingrate. Ho conoscenze ovunque che sono in grado di rovinarti la vita da ora fino al giorno della tua morte: niente college, lavoro o carriera»
Serenity si sentiva in trappola, non poteva indietreggiare ancora e Hasting era ormai a pochi centimetri da lei. Girò il volto per potersi sottrarre allo sguardo allucinato del professore e proprio in quel momento vide sulla sinistra la sua via di fuga.
Diede uno spintone ad Hasting facendolo cadere indietro e, tentando di non inciampare nel vestito da sera, corse verso la porta finestra della biblioteca che dava sul prato all’esterno dell’ingresso principale della scuola. Da anni la serratura di quella finestra era difettosa e non si riusciva a chiudere mai bene, ma nessuno si era mai preso la briga di farla aggiustare.
Serenity in uno slancio si avventò sulla maniglia e la fece scattare spalancando la finestra. Si fiondò fuori dalla biblioteca senza nemmeno voltarsi a vedere se Hasting la stesse seguendo o fosse accasciato a terra. Iniziò a correre a perdifiato tentando di mettere più metri possibili tra la scuola e lei, ma le scarpe con i tacchi, che aveva scelto di indossare quella sera, le rendevano l’impresa ardua.
All’improvviso sentì qualcuno che l’afferrava all’altezza della spalla destra affondandogli le unghie nella pelle e con forza venne trascinata a terra. Serenity rovinò a terra e riconobbe immediatamente sopra di lei il volto sfigurato dalla rabbia di T.J.
«cosa volevi fare: scappare?» urlò lui arrabbiato mentre Serenity tentava affannosamente di tirarsi in piedi, ma appena si fu sollevata da terra lui l’afferrò per le braccia stringendola dolorosamente poco sopra i gomiti.
La ragazza in un disperato tentativo di difendersi gli graffiò il collo tanto che lui lasciò immediatamente andare la presa tastandosi i punti dove lei gli aveva lasciato degli evidenti segno rossi, ma prima ancora che la ragazza potesse riprendere la fuga lui la colpì con brutale violenza alla base della gola mozzandole il fiato. La vista di Serenity si offuscò per un secondo, ma appena tornò a vedere nitidamente l’unica cosa che riuscì a percepire nel buio era Hasting che ancora una volta si stava lanciando verso di lei per colpirla. Questa volta però la prese all’altezza dello sterno più violentemente di quanto mai l’avesse colpita prima. Serenity perse l’equilibrio e cadde all’indietro senza riuscire a mettere indietro le mani per tentare di fermare la caduta. L’ultima cosa che riuscì ad avvertire fu una dura pietra dietro alla nuca
Hasting sentì un rumore sordo, come una mazza da baseball che si spezza. Guardò immediatamente verso Serenity, ma la ragazza non stava più tentando nè di difendersi nè di alzarsi: se ne stava semplicemente immobile stesa a terra inanimata.
Un rivolo di sangue iniziò a macchiare di vermiglio la terra attorno alla testa della ragazza e all’improvviso la rabbia che, fino all’istante precedente aveva condotto ogni azione di T.J., si tramutò  in panico che, però, ben presto lasciò il posto al terrore di averla uccisa.
Il professore iniziò a guardarsi intorno per vedere se qualcuno lo avesse visto, ma intorno a lui era tutto deserto. Lanciò un ultimo sguardo al cadavere si Serenity e poi, camminando velocemente, tornò dentro la scuola fingendo di non essersi mai allontanato dalla palestra.
 

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Capitolo 16
*** The End ***


[How to save a life-The Fray]
 
Il professor Hasting tese a Scotty la penna che il detective gli aveva prestato per poter scrivere e firmare la confessione, poi si alzò lentamente e senza opporre alcuna resistenza permise a Will di fermargli le mani con le manette. Il detective lo condusse fuori dalla sala degli interrogatori trascinandolo per un braccio mentre Scotty li scortava verso le celle per mettere agli arresti il reo-confesso.
Mentre attraversavano l’ufficio, Hasting, per una frazione di secondo, alzò lo sguardo quel tanto che gli bastò per incontrare gli occhi di Sophie che, seduta alla scrivania di Lilly, stava rendendo una dichiarazione spontanea. In quel momento fu come se gli ultimi otto anni non fossero mai passati: il professore riconobbe sotto quel volto stanco l’alunna per cui aveva perso la testa e la ragazza lo guardò come se fosse stato un fantasma venuto a ricordargli tutto l’amore che aveva inutilmente. Poi, entrambi, abbassarono di nuovo lo sguardo imbarazzati.
La notizia che il caso di Serenity Collins era stato finalmente chiuso fece velocemente il giro di tutte le testate giornalistiche che mandarono immediatamente dei servizi speciali sull’accaduto uno dei quali venne visto anche da Harold che decise, quasi senza nemmeno rendersene conto, di chiamare Emily, la sorellina di Serenity: voleva seguire il consiglio di Will e dare un’altra possibilità al suo amore.
Si incontrarono al campo da basket poco lontano dalla scuola dove Harold e Serenity si erano conosciuti ed innamorati e per lui fu come tornare ad avere diciotto anni ed essere un brillante giocatore delle superiori spensierato e pieno di possibilità. Il ragazzo guardò Emily arrampicarsi sulle gradinate e alla mente gli affiorò l’immagine della bambina nascosta dietro alla porta che lo guardava con gli occhi sgranati per lo spavento. Si misero a sedere l’uno accanto all’altra senza parlare e per un po’ rimasero lì in silenzio ognuno assorto nei propri pensieri ad osservare i ragazzi assiepati ai bordi del campo.  In quel momento, Harold, fu quasi certo di vedere qualche gradinata sotto di lui nascosta tra la folla Serenity che, bellissima nel vestito da sera lilla e con la coroncina in testa, gli sorrideva felice finalmente consapevole del suo grande amore, ma fu solo l’impressione di un attimo.
Quella sera Lilly chiamò Scotty perché venisse a casa sua: Cristina sarebbe arrivata di lì a poco per riprendersi la figlia e portarla via, lontano da Filadelfia e da Lilly che per tutto quel tempo l’aveva amata come e più di una figlia. Scotty aiutò la collega a caricare nel bagagliaio del taxi le valigie della bambina e poi si tirò indietro perché la collega si prendesse tutto il tempo che le serviva per salutare per bene la nipotina. La detective strinse a sé la bambina tentando di trattenere le lacrime e le sussurrò all’orecchio che sarebbe andato tutto bene, dopo di che la bambina, con il viso rigato dal pianto e gli occhi rossi, si staccò da Lilly e salì sul taxi, ma appena questo si mise in moto si girò in dietro per salutare con la manina dal cruscotto posteriore i due poliziotti che rimasero lì fermi sul marciapiede a guardare l’auto che si mischiava al traffico cittadino anche molto dopo che questa scomparve alla loro vista. 

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