Un Viaggio Verso L'Ignoto

di gothika85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 - Pensieri, Ricordi ed Omonimie ***
Capitolo 2: *** Cap.2 - Pioggia ***
Capitolo 3: *** Cap.3 - Incontri Casuali ***
Capitolo 4: *** Cap.4 - Nuovi Arrivi ***



Capitolo 1
*** Cap.1 - Pensieri, Ricordi ed Omonimie ***


Rating: Al momento nessuno, xD

Genere: Generale, Malinconico, Dark, Mistero, Sovrannaturale (poi in caso si aggiungono)

Personaggi: Un po' Tutti + Nuovi personaggi

Note: What if..? (E se...?), Crossover

Beta: Folgorata



Un Viaggio Verso L'Ignoto 

Cap.1 - Pensieri, Ricordi ed Omonimie



Ero una stupida, non ero nè la prima nè l'ultima... a cui succedeva una cosa del genere. Sapere di fare la cosa più assurda e insensata eppure …farla ugualmente. Gli avevo appena voltato le spalle e i piedi mi portavano lontano, lontano da lui, senza che io lo volessi. E poi le lacrime, tiepide, che mi inondavano la faccia e facevano sciogliere il mascara. Accadeva e, non a me sola, che il mondo cominciasse a girare irrimediabilmente al contrario. Andare allo sbaraglio nella direzione opposta a quella del cuore. E non poterlo impedire... Desiderare più di ogni altra cosa di abbracciarlo, stringerlo forte, sentire il suo corpo premere contro il mio… quando invece qualcosa di insormontabile irrimediabilmente si metteva fra noi e ci separava… Non ci sarebbero stati più drammi né telefonate, né baci. Nè la mia bocca avrebbe più conosciuto la sua… Fu così che tutto ebbe inizio… nel giorno in cui malgrado tutto, avevo deciso di riprendere in mano la mia vita.
Perdevo conoscenza ogni passo percorso in senso contrario, trasportata dalla massa senza meta alcuna.
Osservavo la moltitudine muoversi, seguendo fili colorati: tante destinazioni diverse per la maggior parte fuorvianti, inesistenti, inconsistenti e mai decise. Come se tutti fossero mossi dai piedi, senza lucidità.
La ragazzina con il palloncino giallo trascinata dalla propria madre nel negozio laggiù; l’uomo in nero, ventiquattrore alla mano con cellulare i-tech all’orecchio impegnatissimo nella discussione d’ufficio… ragazzine vamp con i-pod a tutto volume si tengono per mano attraversando senza guardare la strada trafficatissima… E tanta gente così piena di sé da trascurare persino il motivo per cui ogni santa mattina ci si alza dal letto per intraprendere un’altra giornata, la solita routine, gli appuntamenti catastrofici, i clienti impazziti, il capo su di giri, una casa piena di problemi di ogni sorta… Così impegnati a controllare di mettere un piede davanti all’altro, per evitare di pensare un secondo a se stessi, a tornare a vivere, evitare di essere risucchiati da ipocrisie mediatiche e politiche.
Scossi la testa e m’incamminai decisa alla macchina. Ripensai a quanto avessi perso negli ultimi anni.
Se solo lui non avesse dovuto seguirli. Non aveva potuto opporsi. Avevano avuto paura di me, mi temevano. Non sapevano che le anime affini non possono essere strappate una volta unite. Avevano usato il ricatto morale per allontanarlo da me, e lui, seppur a malincuore, aveva dovuto sottostare alla Sound Future Corporation. Era stata l’ultima volta che l’avevo visto.. I suoi meravigliosi occhi grigio-verdi fuggivano i miei, sapeva a cosa sarebbe andato incontro lasciandomi.
«Tornerò, non so quando ma tornerò. Te lo prometto! Aspettami..» Mi disse improvvisamente serio.
Non era fatto per gli addii, né per gli arrivederci. Il tono che usò mi diede modo di prepararmi alla lunga attesa che ne sarebbe conseguita.
Alla fin fine anche io ero un piccolo frammento trasportato dal corso degli eventi, eppure preferivo far finta di essere ancora padrona del mio destino.
Accesi la radio per abitudine, per avere un sottofondo ai miei pensieri. Sulla stazione italiana stava passando “Lei al Centro %”. Ancora, dopo tutto quel tempo, continuavo a pensare che fosse stata dedicata a me.. scritta per una povera ragazzina ingabbiata in un corpo troppo grande, innamorata delsuo ricordo impresso a fuoco dentro parole non dette, facendosi forza per ritrovarlo, cercando sempre di essere se stessa, andando avanti da sola in mezzo a tanti. Per lui.
Sprofondai, di nuovo quel senso di oppressione al centro del petto. Pensare a lui, anche se indirettamente, faceva male, troppo male.
Osservai il nero del mio mondo; un mondo interno sovrapporsi alla realtà. Mi trovai costretta ad accostare lungo la strada.
Figure senza forma presero a muoversi lentamente strisciando, come fili di fumo s'innalzano: non hanno scopo, non hanno niente, eppure erano li, intorno a me, ricordi spezzati che restano in vita.
S'attorcigliano, intrecciano, si avvolgono su loro stessi cercando di saldarsi in un'unica ombra...
Cammino lenta, lontana dalla luce. Non esiste.. Procedo piano mentre mi sfiorano; cercano di penetrarmi dentro, radicarsi in me, oscurarmi più di quanto non sia già.. Li lascio fare, avverto strane sensazioni.
Il contatto è intimo, placido, voluto, freddo ma caldo insieme..Un abbraccio con la propria anima, nera, trasudante di sangue, vetri rotti, rami spezzati, vischiosa come linfa venosa, dolorosa come filo spinato, eppure resto a farmi del male, proseguendo scalza sugli specchi distrutti, lacerando le piante dei piedi, cadendo e rialzandomi, afferrando con le mani i tronchi immortali tesi verso il cielo sempre più buio, e nel ritirarle scie rossastre colano verso i gomiti, raggrumandosi in goccioloni nerastri e spiaccicandosi nel terreno pieno di vetri.
Nuove ferite, non sento nulla.. Osservo lo sgorgare del liquido come se non lo avessi mai visto prima; gli occhi vuoti, senza luce ad animarli; solo un desiderio..
Sprofondo nelle sabbie mobili, avvolta dalle spirali di fumo vivo, come ali ibride, cercando la causa del mio vuoto interno, li in mezzo alle rovine..Non esiste causa, esiste solo solitudine..
Vago senza scopo, come le ombre nella notte.. Cercando di appartenere, cercando modo di esistenza, ma il destino che le unisce nella sorte è di confondersi e confondere l'impavido viaggiatore.
Un biancore argenteo ancora resiste, non muore, lì davanti..
Linee morbide, vellutate, composizione a scaglie, sparpagliate qui e la, strappate via tempo fa, il nero zozza ancora quelle candide piume condensato e mai più lavato via, sangue..Sangue di vite passate, mai dimenticate; maschere nuove e vecchie crepate e gettate a terra, ceramica consumata, colori opachi, strie su ciascuna di esse; farfalle dalle ali rotte, nere come me..
Quel bianco accecante nonostante tutto, le ali di un angelo..
Mi trovai a sfiorarle cercando di ricostruirle, riuscendo solo ad imbrattarle di più di quanto non fossero già... Terra e sangue, linfa d'anima, due elementi in uno; lacrime e sospiri, i rimanenti.. Gocce rosse, gocce morbide senza tempo, gocce dalla forma di petalo di rosa.. Ne bacio uno dopo averlo portato alle labbra: fresco quasi appena caduto.. soffice, la pelle di un bambino mai cresciuto.. profumato, fragranza dolce, intensa, stordisce i sensi.. lo mordo, vorrei possedere la sua grazia, la sua essenza, vorrei potergli donare consistenza.. ma è solo un petalo.. uno dei sogni perduti o forse ritrovati.. un petalo uguale a quello di altri fiori sparsi sul pavimento di ghiaccio, contrasto perfetto..
Sorrisi forzatamente ai miei vaneggiamenti, risvegliandomi dal mio dolore, oramai quasi del tutto sfocato, e, rigettandolo sotto le macerie del mio cuore, mi diressi fuori città.
La strada proseguiva tortuosa tra le montagne.
Alberi maestosi e verdeggianti brillavano alla luce del sole mattutino. Un paesaggio da film, così bello da non poter essere vero, soprattutto per chi vi si immerge dopo decenni di vita in città nelle quali i parchi sono unica pozza isolae di natura.
Mi mancava la mia cittadina natale circondata dalle montagne appenniniche, colline, boscaglie, natura a perdita d’occhio... E il mare raggiungibile dopo quasi una mezz’oretta. Una distesa morbida, azzurra, con sabbia fine sotto i piedi scalzi… Lunghe passeggiate sul bagnasciuga al tramonto o all’alba, accarezzata dal vento profumato di salsedine a scompigliarti i capelli, mentre, di tanto in tanto, una conchiglia attira il tuo sguardo e ti chiama a raccoglierla.
Che malinconia..
Non sapevo perché la scelta del luogo dell’appuntamento fosse stato deciso così lontano da Salem, ma sperai che con un paio di pieni sarei riuscita ad arrivare a Forks per la notte.
Di tanto in tanto, controllavo la mappa stradale srotolata tra il cruscotto e il sedile affianco. Dopo così tanti anni trascorsi da quando mi ero trasferita in America per ampliare le mie conoscenze, riuscivo a stupirmi ancora di quante città esistessero con lo stesso nome…
Avevo appena passato Vancouver, eppure ero ancora negli States. Se non ricordavo male, esisteva la medesima città al di là del confine con il Canada.
Anche Salem, la mia seconda casa, non era la cittadina passata alla storia per la caccia alle streghe del 1962, strage che poi aveva attraversato l’intero continente in una campagna contro donne e fanciulle in grado di individuare piante mediche, farmaceutiche e distinguerle da quelle velenose o dannose in maniera lieve… Conoscenze tramandate da madre in figlia… Altro che streghe.
“Ma l’ignoranza è sempre stata una brutta bestia, e chi non conosce di riflesso ha una paura folle; tutti ne parlano, uno aizza l’altro, la folla si scatena e la reazione è a catena: omicidio di massa.”
Erano state arse sui roghi persino in Italia.
Non riuscivo a comprendere il motivo di tanto astio, di tanta voglia di violenza e massacro persino contro le proprie figlie… vederle issate urlanti e piangenti sulle pire, incatenate a pali a cui davano fuoco, inneggiando alla morte delle streghe…


Eppure, mentre procedevo verso la mia destinazione, quelle povere ragazze vennero momentaneamente accantonate e ripensai alla telefonata che aveva cambiato la mia intera esistenza.
Alcuni uomini d’affari su ad Olympia, avevano studiato e apprezzato i miei scarabocchi e le grafiche fatte così per gioco e postate sul web. Non so ancora come, ma mi ero trovata in mano la telefonata sul cellulare di un numero infinitamente lungo con una signorina che sciorinava frasi illogiche in un inglese farlocco e velocissimo. Restai muta per un po’ lasciandola parlare senza fermarsi mai.
All’inizio pensai fosse uno scherzo. Così pian piano, connettendo il criceto alla materia grigia le dissi un inglese masticabile di non aver capito nulla, che ero italiana e, se in caso mi poteva mandare un’e-mail in modo che riuscissi a tradurla con calma, così che poi avrei potuto rispondere adeguatamente.
Era stato così che una famosa agenzia di grafica pubblicitaria situata ad Olympia aveva scardinato i sistemi di privacy interni alla rete internet per prelevare le informazioni necessarie a contattarmi. E pensare che con il mio nome d’arte ci sono più di tremila persone diverse in tutto il mondo! Ero stata ben lieta di fare armi e bagagli e partire verso una nuova vita, con il mio adorato computer portatile e la mia micia a pois bianca e nera Kissy.
 

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Capitolo 2
*** Cap.2 - Pioggia ***



Ringrazio chi ha letto e chi leggerà! :3
Spero sia di vostro gradimento :D
Buona Lettura!



Cap. 2 - Pioggia



Quella mattina lasciai la macchina nel parcheggio riservato agli ospiti del Forks Motel, in pratica davanti al marciapiede.
Forks non era poi chissà cosa! Una semplicissima cittadina posta a nord della penisola di Olympia, quasi sempre coperta di nuvole e fredda.
Immaginai di passare l’inverno lì, mi vennero i brividi al solo pensiero.
Dovetti recuperare un ombrello dal fondo della valigia più grande. Fuori s’era scatenato il diluvio universale.
Eppure quando avevo visitato Londra, anni prima, appena arrivata, già gironzolavo in pinocchietti e T-Shirt. Strano a dirsi, non piovve mai: alla faccia dei meteo!
L’appuntamento era stato fissato nell’aula magna di un liceo qui vicino, guarda caso proprio dietro l’angolo, almeno così aveva indicato la receptionist.
Prima di uscire, ringraziai nuovamente il cielo per la possibilità di portare la mia dolce gattina. L’albergo infatti consentiva di alloggiar anche i piccoli animali
Così, sotto la pioggia battente ed il freddo pungente, che in una normale stagione primaverile sarebbe stata bandita e che qui nella West Coast al contrario pareva normale, mi strinsi un po’ di più nel piumino, affondando nella sciarpa, giungendo alla Forks High School.
Fuori non c’era traccia degli studenti, sicuramente a lezione, e aspettai l’arrivo del dottor Luscher sotto il portico.
Ero arrivata con largo anticipo.
Estrassi le cuffiette del mio mp3 e rimasi a fissare i dintorni, appoggiata alla parete.

Dopo un tempo che mi parve infinito, tant’è che l’intera discografia dei Linkin Park era agli sgoccioli, vidi una macchina lussuosa sostare brevemente, per lasciar uscire un paio di persone vestite “a modo”.
Un fascinoso ragazzo sulla trentina aprì un ombrello enorme facendo scendere elegantemente una ragazza. Le porse gentilmente il braccio per un appiglio sicuro, accettato con un sorriso di riconoscimento e si avviarono verso l’edificio.
Si stavano dirigendo noncuranti verso di me. Spensi il lettore riponendolo in tasca.
Così presi dal loro discorso, mi passarono affianco senza degnarmi di un solo misero sguardo.
Nelle grandi città, la gente tende ad abituarsi a certi stili fuori dal comune, anche se l’occhiata di divertimento non manca mai, poi dipende... Differentemente, nelle città più piccole, l’occhio critico ti squadra da capo a piedi facendoti sentire fuori luogo.
Scettica diedi un’arruffata nervosa ai miei capelli medio-lunghi sparati quasi in ogni direzione, di un bel rosso magenta con ciuffi sparsi azzurri tendente al viola acceso nonostante la poca luce cittadina e la frangia scalata strana del mio nature color. Avevo messo un po’ di matita nera intorno agli occhi, evidenziata dall’ombretto sfumato verde acqua verso l’interno e porpora verso l’esterno, infine un leggerissimo strato di gloss alla ciliegia. Non avevo esagerato essendo solita preferire passare inosservata sul posto di lavoro. Però qui, dopo le facce stranite ricevute il giorno prima...
Sembrò ci fossero abituati. Poi capii! Non erano del posto, ma stranieri in terra straniera, proprio come me!
Questo voleva dire solo una cosa: il misterioso motivo per cui mi trovavo agli inizi d’aprile in una sperduta cittadina di poco più di 3120 abitanti, sotto un portico a gelarmi le ossa (non che a Salem fosse meglio, ma era casa mia!) e dove tutta la cittadina mi fissava come un’aliena, il motivo della mia presenza a Forks erano costoro?? Non era possibile!

Lui, molto carino, decisamente alto, carnagione tendente al bronzeo, a quel che potevo notare dall’abbigliamento formale, era dotato di fisico asciutto ma ben modellato. I capelli castano scuro erano giusto un po’ ribelli e gli occhi verdi da panico. Sorrideva sciolto guardando l’accompagnatrice.
Lei gesticolava presa dalla conversazione. Sembrava trasmettere serenità tutt’intorno e da come sfuggiva gli sguardi, era probabile fosse anche molto timida.
Le linee morbide del corpo erano morbide accentuate dai capelli scuri mossi che le incorniciavano il visetto da ninfa. La figura snella faceva un certo effetto. Avrà avuto sì e no, la mia età.
Decisi di schiarirmi la voce:
«Chiedo scusa, siete qui per l’appuntamento con il dottor Luscher?» Chiesi timorosa di aver fatto una delle mie solite gaffe. “Loro”, presi alla sprovvista, tornarono indietro e mi osservarono brevemente.
«A dire il vero sì» rispose dolcemente la ragazza «Stiamo arrivando proprio ora dall’aeroporto, i nostri voli hanno fatto ritardo.»
«Non sapevo se aspettare fuori o entrare... Vi spiace se mi unisco a voi?» continuai rivolgendomi a lei. A quanto pare il tipo proprio non se lo aspettava, forse che sapessi parlare, o chissà...
Ad un cenno dei due, presi a seguirli mentre entravano nel labirinto scolastico alla ricerca dell’aula magna. Seguendo le indicazioni presenti nei corridoi e chiedendo un paio di volte ai collaboratori scolastici incontrati, trovammo la nostra meta. E... Non c’era nessuno!

Li guardai rassegnata, “E adesso? Tutte a me!!” pensai alzando gli occhi al cielo, lasciandomi cadere senza grazia su una delle sedie vicine e sbuffando sonoramente.
Detestavo le persone che pretendevano puntualità dai clienti e dove poi arrivavano in ritardo. E se avessi fatto il viaggio a vuoto? Se Luscher non si fosse presentato affatto?
Avrei perso inutilmente giorni di lavoro e Violet mi avrebbe rifilato una paternale mastodontica sui sabotatori del sistema, sul fatto che l'ingaggio non era serio e non avrebbe mai dovuto lasciar partire la sua migliore graphic
In fondo era grazie a Violet e la Rainbow Society che mi trovavo negli States. Lavoravo per loro da un paio di anni facendo del mio meglio. Le Case Editrici chiedevano espressamente dei miei lavori per le nuove uscite o anche ristampe, e di questo i miei superiori ne erano entusiasta.
Venni riscossa dai miei pensieri quando il belloccio si rivolse a me con fare saccente. Non potei negare il nervoso che salì di una tacca aggiungendosi alla desolazione di quel luogo sperduto.
«Ho sentito molto parlare di voi, signorina Laghi. Mi risulta siate una delle grafiche italiane più in gamba acquisite di recente dalla Rainbow Society. La sua fama si espande a macchia d’olio su internet da anni. Le chiedo scusa di non averla riconosciuta subito, poco fa. Non credevo fosse così eccentrica anche nella vita reale!» Era stato il ragazzo a parlare, con un’espressione indecifrabile sul volto a rispecchiare le parole.
Non me l’aspettavo, in più, un brivido di fastidio aveva percorso la schiena nel momento dell’accenno al mio modo di essere. Ma cosa credeva?
«E voi chi sareste?» Lo sfidai anche se poteva riperquotersi a mio netto svantaggio. Avevo già detto che odiavo essere giudicata dalle apparenze? Ecco lo affermo ora, era una cosa che proprio non sopportavo.
Colsi l’occhiata sfuggente della ragazza rimasta in disparte. Era imbarazzata. Poi sollevò il viso e con espressione improvvisamente decisa accennò con un gesto a sé stessa ed esordì:
«Sono qui per il tuo stesso motivo. Mi chiamo Sophie Pattz vengo da Londra, mi occupo di ricerche su leggende popolari, mitologia, e leggende metropolitane. Dicono...» mimando il gesto delle virgolette «sia una delle più esperte in campo, anche se non mi ritengo affatto tale. Ci sono ancora tante cose che non so.
E lui...» disse stavolta indicando col capo il ragazzo «è il signor Lusher, l’uomo che ha permesso il nostro incontro qui a Forks.»

“Ommiodio”

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Capitolo 3
*** Cap.3 - Incontri Casuali ***


Cap.3 – Incontri Casuali



Era andata, sì… Male…
L’incontro terminò con sguardi furibondi battute tra i denti. Se pensava di mettermi sotto quello aveva proprio sbagliato. Se c’era al mondo qualche cosa di insopportabile erano i figli di papà. Dopo minuti persi a fissarci trucemente, il mio sguardo perse interesse per tutta la faccenda. Non mi andava più di stare lì, ma Violet si era raccomandata: l’ingaggio era molto vantaggioso per me. Mi aveva chiamato la sera precedente ricordandomi di essere prudente e dare tempo al tempo. La cosa ovviamente tornava utile anche a lei e alla sua società...
In tutta la mia vita mai m’era capitato un essere tanto spocchioso e altezzoso ed in tutta sincerità avrei preferito non incontrarlo affatto.
Quando l’aria tornò quasi respirabile, mi scusai a mio modo per l’aggressività: con un mugugno imbronciato.

Quasi un’ora dopo, definiti i dettagli e firmato le scartoffie del contratto, ringraziai e salutati i due, me ne andai digitando il numero di Naomi sul cellulare. Rispose quasi al secondo squillo:
«Allora stella! Com’è andata con Luscher?» La voce pimpante e maliziosa della mia migliore amica mi irritò facendomi sorridere insieme.
«Pestifero. Non hai la minima idea di cosa mi ha fatto passare! Per curiosità chi gli ha parlato di me? Il mio nome reale è conosciuto a pochissimi, non capisco come abbia potuto mettere mani a informazioni riservate sul mio conto..»
«Ha le sue fonti, come noi abbiamo le nostre. Raccontami.. Perché hai dovuto prenderti un mese? Cos’ha di straordinario questo compito tanto allettante lì a Forks? Qualche collega carino? Dai non farti pregare!»
Avete presente le bimbette cui prometti la Winx tanto amata e che finché non gliela porti stanno lì a saltellarti tutte con occhioni sbrilluccicosi a mani giunte? Ecco lei mi dava proprio quell’impressione: un’esagitata!
Sospirai chiedendomi dove poter sfruttare un muro per tirarci un paio di testate prima di dirle tutto.
«A dire il vero dovrò rimanere qui per “insegnare” il mio lavoro. Così come la londinese Pattz dovrà fare lo stesso con le sue leggende e mitologia. Come se fossi adatta a spiegare come creo quello che esce dal mio personal computer! Ci sei ancora?»
Strano, di solito mi interrompeva ogni tre per due, iniziai a credere di aver perso la linea, di nuovo. Qui non c’era mai campo per la ricezione. “Rivoglio Salem!!!” Pensai sconsolata..
«Mi stai dicendo, che TU LAVORERAI con QUELLA PATTZ? La Sophie? Sophie Pattz?»
«Saremo solo collaboratrici di contratto, non vedo cosa ci sia di tanto speciale. Si può sapere che hai?»
«O cielo! Ti prego falle qualche foto! Chiedile un autografo!! Non ti rendi minimamente conto della fortuna che t’è capitata?! Quanto t’invidio!!!»
«Mi sembri una pazza! La vuoi piantare? O ti spieghi o ti chiudo il telefono in faccia! Scegli!»

Ma possibile che fossi così fuori dal mondo? Mica leggevo il pensiero io!
Non mi sembrava poi così diversa da una comune ventiquattrenne, anzi, era nella norma. Fisico sciolto, atletica ma non anoressica, mi superava di due taglie di reggiseno, ma beh, mica potevo essere gelosa per la sua quinta?! C’era qualcosa che non mi quadrava in tutta la faccenda..
«Mi stai affermando che ignori i suoi libri, le sue ricerche, i suoi studi su campo?! Non ti ricordi le sue apparizioni televisive la sera tardi, prima dei film horror che ti piacciono tanto? Dai, lo spettacolo che creava l’introduzione per il film in programma!
La mitologia nelle sue mani è tutta un’altra prospettiva, le leggende folkloristiche e metropolitane vengono riportate in vita non appena il suo interesse ne viene colpito, riesce a trasmettere mille emozioni solo con il movimento degli occhi ed la dolce vibrazione delle labbra, per non parlare delle mani, ipnotizzano!»
«Per me stai messa proprio male, ma non io che ho i buchi di memoria.. Tu sei suonata!»
«Ti prego ti prego ti prego!!!»
Il ritorno delle Winx era appena agli inizi. Se avessi continuato così, sarebbe stato il mese più lungo della mia vita.
«Vedrò cosa posso fare dai. Ora fammi vedere dove diamine sono finita, che non trovo la segreteria. Ciao Naomi!»
“Uffa..” Mancava solo di perdermi! Questa non era una scuola, era un inferno in versione labirinto!

Vagabondavo nel deserto di classi e studenti che si riversavano nei corridoi. Evitai di pensare che mi stessero fissando, prima ci si abituavano a vedermi meglio era! La prima lezione sarebbe andata sicuramente storta, a giudicare dalle espressioni contrite lanciatemi senza paura.
All’improvviso mi sentii tirare un braccio. Scattai come una molla. Odiavo essere presa in contropiede, soprattutto dopo quella volta. Lì rischiai davvero la vita troppo persa nei miei pensieri di solitudine. Avrei potuto morire senza accorgermene.
Mi girai con gli occhi socchiusi e scontrosi, lentamente, se avessi potuto incenerire qualcuno lo avrei fatto seduta stante!
Mi trovai a fissare una ragazza dagli occhi dolcissimi e spensierati. M’inspirò subito una tenerezza senza uguali. Non sapevo il perché ma le sorrisi brevemente.
«Sì?» Chiesi cordiale. In un attimo aveva spezzato il mio malumore quotidiano.
«Posso aiutarti? Sei nuova?» Rispose di rimando con un sorriso ancora più luminoso.
«Accidenti si vede così tanto?» Arrossii leggermente in imbarazzo portandomi una mano ad arrotolare il codino sulla nuca.
«No, dai è normalissimo vedere gente nuova qui a Forks!» Sorrise enigmatica per poi continuare. «Dimmi cosa cerchi.» E strizzò l’occhietto ben truccato.
«Ehm, la segreteria. Ero al telefono e non ho fatto caso a dove mettevo i piedi. Sicura che non ti faccio fare tardi a lezione?»
Sarei potuta uscire tra qualche ora senza trovare la mia meta, distratta com’ero.
«Ci sei appena passata davanti, guarda ti accompagno io!» Disse saltellando felice con lo zainetto infilato solo per un braccio.
Davanti le porte designate, mi girai verso la mia salvatrice.
«Guarda, grazie mille, sono proprio un caso disperato certe volte. Spero di vederti presto a lezione. Ah! Dimenticavo!» le tesi la mano colta da un improvviso desiderio «Chiamami Azzurra, Azzurra Laghi!»
Lei sorrise di rimando, e strinse la mia.
«Piacere mio! Sono Alice, Alice Cullen!»


Pov Sophie



Quella mattina l’ultimo aereo mi aveva esasperato. Più ero di fretta e più sembrava andasse piano. Alla fine con cinque ore di ritardo ero giunta a destinazione.
Arrivata alla stazione dei taxi giù a Forks, mi chiesi in che posto mi ero fatta trascinare.
Nuvole scure rilasciavano scrosciando un mare d’acqua gelida. Mi chiesi se ci fosse stata la remota possibilità che i fiumi rompessero gli argini e ci sommergessero tutti.
Per una londinese come me, era normalissimo portare l’ombrello dietro, nascosto in borsa assieme alle bustine di the per ogni evenienza. Ebbene, guarda caso, non avevo né l’ombrello né il the. Solo le mie due valige con i vestiti. Tragedia delle tragedie, i taxi non erano disponibili.
Mi guardai sconsolata intorno. Come avrei raggiunto la scuola in tempo?

Feci un paio di chiamate. Mi risposero che non ero la sola ad aver avuto seri ritardi con le coincidenze, e che al check-in avrei dovuto chiedere del dottor Luscher.
Mi trovai così a chiacchierare dei nostri rispettivi lavori mentre con una limousine di piccola taglia ci recavamo a destinazione. Ci sarebbero venuti a riprendere dopo, nel frattempo le valigie finivano nell’hotel che mi avrebbe ospitato per un mese circa.
Luscher si mostrò un perfetto gentleman, i suoi modi di fare impeccabili, senza spingersi troppo in là, quasi come se fossi in un altro luogo, in un’altra epoca. Mi sentii sciocca a quel pensiero, quasi temessi mi stesse corteggiando.
Ripresi lievemente coscienza di cosa accadeva intorno quando una ragazza mista tra moda punk e moda dark ci chiese informazioni sull’appuntamento. A quanto pareva ne sapeva meno di me.
Il mio ospite non accennò nulla, così feci finta di niente ed entrammo.

L’aula era vuota.
Indecisa se sedermi o meno, preferii rimanere in piedi per cercare di dare un senso a tutto quello che mi era stato detto in macchina.
Lusher aveva accennato a dei corsi supplementari.
La Forks High School ne necessitava per dare agli alunni un sostegno in più per il loro futuro. Se avessero appreso un minimo sulla storia di cui si nutrivano le fantasie degli scrittori e registi, probabilmente i ragazzi avrebbero cercato di vedere il mondo da un nuovo punto di vista, rendendolo proprio, senza però perdere le storie degli antenati sotto forma di miti e leggende, ora raccontati intorno ad un falò con i mashmellows a caramellarsi sulle fiammelle.
Aveva accennato ad una ragazza, pensai fosse la ragazza seduta annoiata poco distante, la cui presenza era stata richiesta espressamente dall’alto per fornire i dettagli sull’uso di un computer con programmi adoperati per la grafica in generale. Altro modo per apprendere su livelli diversi la creatività e la cromoterapia, soprattutto se si è in un paesino in cui il sole lo vedi si e no, quattro giorni al mese.
A dire il vero non capivo a cosa potesse servire il mio aiuto.
Tutti mi sopravvalutavano per la passione che mettevo nelle ricerche ad ampio spettro. Il mio lavoro era ed è, ancora oggi, la mia passione.
Fatto sta, che quando Luscher prese la parola parlando direttamente con la mia interlocutrice , lo fece sarcasticamente, quasi gli costasse averla intorno. Non sembrava affatto pericolosa o arrivista, anzi. Il fatto stesso di come si presentava, dava modo di vederla qual’era. Certo avrei preferito parlarle prima di farmi un’idea precisa, ma in un mese di tempo ce n’era, altroché!
Risposi alla sua domanda velenosa, sapevo di non dovermi immischiare, ma se volevo uscire viva con un contratto e dare anche a lei la possibilità di non essere sbattuta fuori, dovevo placare le acque in qualsiasi modo!

Fu così che Luscher spiegò anche a lei i motivi che ci avevano spinto a trasferirci momentaneamente.
Non sembrava entusiasta, la vidi firmare ed uscire con una certa grazia, eppur distante da noi anni luce, persa in un mondo sconosciuto ai comuni esseri viventi.

Salutai Andrew, mi permisi solo in quel momento di chiamarlo per nome, prima di dirigermi in segreteria per consegnare il contratto appena firmato.
Sulla bacheca degli annunci c’era un mega poster di una nuova band dark/gotica “The Vampiria”.
Il concerto era fissato da lì a quindici giorni. Forse sarei andata a vederli.
Ero ancora intenta ad appuntarmi mentalmente il luogo del concerto quando vidi un angelo.
No, no lui non poteva essere un angelo. Un angelo sarebbe risultato troppo imperfetto!

Davanti a me, un ragazzo dai capelli ramati, cercava disperatamente di indurre la signora a cambiargli orario, o almeno così mi parve di capire. Mi avvicinai timorosa.
Non sapendo perché gli sfiorai un braccio ed i suoi occhi neri si puntarono su di me minacciosi. Un’occhiata penetrante. Mi sentii sconvolta come se dieci anni della mia vita mi fossero stati sottratti misteriosamente. L’aria scomparsa, ne annaspai in cerca, ma avvertii solo il suo profumo. Mi colpiva ad ondate, un mare in tempesta, ed io solo una barchetta nel luogo sbagliato nel momento altrettanto sbagliato.
Mi accorsi solo mentre accostavo i fogli alla Signorina Cope, di tremare come una foglia in un ciclone.
I suoi occhi tremavano di rabbia, chiedendo scusa per l’avventatezza, gli dissi di averlo scambiato per un altro e a quanto pareva mi ero sbagliata. Sperai di reggere il suo sguardo sprezzante prima di accasciarmi a terra in lacrime. Poi..
Fissò dietro di me, sibilò una cosa incomprensibile e fuggì sbattendo la porta.

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Capitolo 4
*** Cap.4 - Nuovi Arrivi ***





Ricordo a tutti che questa storia nasce come Crossover e per questo motivo ci saranno molti nuovi personaggi, non necessariamente di altre saghe, piuttosto frutto della mia fantasia (^purtroppo per voi^NdA) e che Twilight, storia da cui ho preso il contesto del primo libro e alcuni personaggi, non è che di "contorno"

Buona Lettura!

 

Cap.4 – Nuovi Arrivi



Pov Ragazzo in Segreteria


Non capivo come potesse essere possibile.
Da quando era giunta la nuova compagna di classe tutto sembrava venirmi contro.
Non bastava mandarmi all’inferno con quel dannatissimo profumo afrodisiaco spuntato da chissà dove durante l’ora di biologia? Non bastava fosse un mondo a parte quel suo modo assurdo di non pensare a nulla durante tutta la giornata? Non bastava crearmi problemi con la mia dieta ferrea?
No, ma cosa andavo blaterando?! Maledetta lei!
Mi sentivo isolato da tutto. Come se fossi stato buttato dentro un universo parallelo, in cui tutto sfugge al tuo controllo, ogni regola basilare dell’essere umano viene meno, in cui, non una bensì due mortali si prendono beffe del sottoscritto, negandomi i loro pensieri, le loro incognite, i loro istinti. Vedere la paura nei loro occhi e non sapere se effettivamente la stanno provando, mi manda in bestia!
Orribile sentirsi privati di quel potere fin’ora tanto odiato del saper leggere la mente. Immersi costantemente in un brusio di voci, sempre a contatto con esse, rischiare di divenir pazzo ogni giorno, cercando di quietarle inutilmente e poi, all'improvviso, provare sulla propria pelle come possa sentirsi una radio rotta cercando di sintonizzarsi su una frequenza conosciuta e... non sentire nulla. Come se si fosse sotto una cupola di vetro. Isolati dal mondo.
Trovarsi dinnanzi ogni giorno di non-vita ed essere assillato da centinaia di pensieri, come se ogni studente e professore avesse fili infiniti di domande da approfondire. Sommerso continuamente da tutto e da tutti senza che gli altri ne siano a conoscenza; affogare senza tempo nella quotidianità della vita di Forks.
Dover sprofondare senza remore nei propri pensieri per risalire ed evitare di divenir schiavo delle passioni altrui.
Inutile cercare di distrarsi, se poi nel grigio torpore di un’aula di biologia, in un giorno qualunque, la tua nuova compagna di banco emana un delizioso profumo che mette a dura prova il bisogno di far fuori un’intera classe solo per dissetarti di quel nettare caldo e così stranamente aromatizzato.
Inutile cercare di capire il perchè se poi codesta ragazza è capace di bloccare i pensieri del suo predatore.
Inutile cercare di arrampicarsi su uno specchio se l’amatissima figlia dell’ispettore Swan non è l’unico essere umano in grado di mandarmi in paranoia totale.

Dovevo farmi cambiare orario, non potevo permettermi di perdere il controllo con la nuova arrivata.
Con i nervi a fior di pelle, rischiando di azzannare chiunque si fosse deciso a mettersi sulla mia strada, decisi di recarmi in segreteria, dove la signorina Cope, a differenza delle poche altre volte in cui le avevo chiesto piccolissimi favori che avvantaggiassero la mia posizione di studente modello, stavolta invece, sembrava molto restia.
Cercando di influenzarla con il mio tipico sguardo suadente, sarà stato che ero nervoso, sarà stato che non era proprio aria di andare a scuola quella mattina in particolare, in ogni caso, non riuscivo ad ammaliarla come consuetudine.
La goccia che fece traboccare il vaso, già pieno, fu un leggero tocco sul braccio.
Chi osava mettermi le mani addosso? Chi voleva morire? Chi interrompeva i miei patetici tentativi di ipnotizzare quella povera donna?
Mi girai di scatto, sperando di completare ciò che avevo cominciato e andare via da lì il prima possibile.
Due occhi castano scurissimo mi fissavano stupiti. Lampeggiarono brevemente di terrore. Poi, inverosimilmente tornarono a scrutarmi come davanti a un’apparizione.
Non era della zona, non l’avevo mai vista nei dintorni. Al ché, provai a sondarle la mente.
Ebbi un attimo di disorientamento. Non riuscivo a leggerla!
Neanche lei...
Guardai i fogli che porgeva all’altra segretaria. A quanto sembrava, l’avventuriera si chiamava Sophie Pattz .
Lei parlava a ruota libera. Parve chiedermi scusa su non so cosa.
Ma erano tutte così le ragazze fuori da Forks? Con gli schermi protettivi incorporati?
La fissai allucinato e mi accorsi, solo dopo avere intravisto gli occhi inumidirsi, di averla spaventata.
Ma tanto cosa importava se ero io in netto svantaggio?
Venni rapito da un profumo improvviso.
Uno dei miei incubi peggiori era li sulla soglia: Bella Swan!
E come se avessi il diavolo alle calcagna, mi allontanai mormorando risentito su quanto fossi sfigato su questa terra!



--------Poco più in là fuori dalla scuola, in un punto imprecisato di Forks------------------




«E così questa sarebbe Forks?» Chiese una ragazza sistemandosi gli occhiali da sole tra i capelli biondi.
«A quanto pare sì, Vale. Ė molto piccola..» Rispose placidamente la sua compagna, dal sedile posteriore, sistemando la chitarra elettrica che le era rovinata malamente addosso.
«Mhm, pensi sia grigia anche la musica che gira qui, Luna?» Sospirò piano l’altra.
«Guarda, spero vivamente di no. Quella che ci piace è particolare, ma non fino al punto di essere di un altro pianeta!» Rise quella chiamata “Vale” seduta affianco al conducente
«Vero, Enrica?» Riprese poi. tirando una gomitata tra le costole di Enrica, la quale si trovò a sgommare, frenando appena in tempo per evitare un testacoda rocambolesco, per poi finire di parcheggiare docilmente il furgoncino ad un lato della strada.
«Ora spiegami cosa ti ho sempre ripetuto?!» chiese guardandola truce «Non mi devi distruggere mentre guido! Ci vorrei arrivare sana alle audizioni o comunque di ritorno a casa!» La rimproverò Enrica mentre sfilava le chiavi dal quadro.
Se non fossero state amiche da anni, quello sguardo fiammeggiante avrebbe preoccupato non pochi.
«Mi svegliate Rachel per piacere?» Suggerì dolcemente Enrica alle sue compagne d'avventura.
«Chissà se la tua tastiera, Luna, è così comoda come cuscino! Guardala mentre dorme, non è tenera??»
«Vale smettila! La mia tastiera è tostissima. Piuttosto, dovrei chiederglielo anche io, come riesce a prendere sonno sulla Roland!»
«Forza raga! Siamo in ritardo sui tempi. Dobbiamo cercare alloggio e chiamare Daky per organizzarci il soggiorno qui nella piscina naturale degli Stati Uniti! Muovetevi!» Le richiamò all’ordine Enrica, mimando con le bacchette della batteria le ripercussioni del “se-non-avessero-assecondato-le-sue-richieste”.

Ed in coro Enrica, Luna, Vale e Rachel, l’ultima appena buttata giù dal furgoncino, gridarono con un ghigno diabolico:

«Forks preparati alle “Vampiria”!!!»

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