The Selkie wife (traduzione di beate) di Lissa Bryan (/viewuser.php?uid=669193)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/1/The-Selkie-Wife
Capitolo 1
Inghilterra, 1553
Molti pensavano che Edward, Conte di Cullen, fosse diventato matto dopo
la morte di sua moglie. Di certo il suo comportamento aveva dato il via a una
marea di pettegolezzi. Aveva congedato la maggior parte dei suoi domestici e
chiuso le sue porte ai visitatori. Il suo maniero era rimasto praticamente
vuoto. La grande sala che risuonava un tempo di risate e della musica dei
menestrelli durante le feste notturne, echeggiava adesso solo dei suoi passi
solitari.
Particolarmente strana era la sua abitudine di camminare. I suoi
affittuari dicevano di vederlo per le sue terre, solo, a piedi. Che un membro
della nobiltà andasse in giro senza attendenti era già bizzarro, ma a piedi?
Non andava a caccia. Non controllava le sue terre. Vagava semplicemente senza
meta, gli occhi a terra, perso in qualunque pensiero lo tormentasse.
Edward non era matto, ma era costretto. Quando i ricordi piombavano su di
lui come uccelli rabbiosi che proteggevano il loro nido, tutto quello che
poteva fare era camminare.
Aveva perso sua moglie due anni prima, di parto. Erano stati sposati da
poco dopo il suo quindicesimo compleanno, un raro matrimonio d’amore. Aveva
saputo fin da giovanissimo di essere fidanzato con Mary e la prima volta che l’aveva
vista, al suo matrimonio, aveva saputo che avrebbe amato quella donna fino al
giorno della propria morte. Nei dieci anni felici che avevano passato insieme,
l’unica macchia era stata l’incapacità di Mary di dargli un erede. Si era
rassegnato a non avere figli, e al fatto che Emmett e i figli che avrebbe avuto
avrebbero ereditato il titolo. Mary aveva sofferto un aborto spontaneo dopo
l’altro. Vedendo come questi la indebolissero, aveva provato a stare lontano
dal suo letto, ma Mary era una donna affettuosa e molto … persuasiva a questo
riguardo. E miracolo dei miracoli, la sua ultima gravidanza aveva tenuto.
Stavano per essere benedetti, finalmente, da un erede. La sua gioia adesso era
una memoria amara. Non avrebbe mai dovuto toccarla.
Due giorni dopo la nascita di sua figlia, Mary era morta di febbre, e
così il suo cuore.
Il neonato era femmina. Edward fu destinatario di tanta pietà. Che sua
moglie fosse morta era triste, ma era peggio ancora che fosse morta per dare
alla luce una femmina. Una femmina non era niente altro che un salasso
in una famiglia, che doveva vestirla secondo il suo rango e provvedere a una
dote per farla sposare. L’unico modo in cui una femmina poteva beneficiare la
propria famiglia, era portando delle relazioni utili col matrimonio.
Edward aveva tenuto in braccio sua figlia per la prima volta dopo il
funerale e fu tentato di odiarla, di incolparla della morte di sua madre, ma
semplicemente non poteva. Elizabeth era così bella e dolce. Somigliava a Mary,
ma invece dei suoi capelli biondi o di quelli ramati di Edward, aveva capelli
ricci e scuri, probabilmente ereditati da sua nonna, come Emmett. Era stata
fasciata stretta, gli arti stretti in quelle strisce bianche per assicurarsi
che crescesse con gambe e braccia dritti, e tutto quello che poteva vedere era
la sua faccetta, una copia di quella di sua madre. Come poteva non amarla?
Il maggiordomo di Edward, James, aveva già assunto una balia per la
bambina. Anche se fosse vissuta, Mary non avrebbe allattato la bambina. Spesso
i bambini venivano mandati a vivere con la balia finché non erano abbastanza
grandi da essere svezzati, ma Edward si rifiutò di farlo.
Rosalie veniva da una buona famiglia, figlia minore di un signorotto che
aveva perso al gioco tutte le sue ricchezze, lasciando la sua famiglia in
povertà. Il marito e il bambino di Rosalie erano morti in un incendio,
lasciandola senza casa e indigente, ed era profondamente grata per il suo
lavoro di cura di Elizabeth. Edward aveva pensato che fosse una scelta
eccellente, soprattutto perché aveva avuto un maschio. Il latte di donne che
avevano partorito dei maschi si diceva che fosse più forte.
Ma qualcosa mancava. La povera piccola Elizabeth si aggrappava a suo
padre quando lui andava a farle visita nella nursery. Rosalie non era un tipo
materno ed Elizabeth era affamata di affetto.
Avrebbe dovuto risposarsi. Il suo giovane cugino, il re, aveva provato a
combinargli un matrimonio fino al giorno in cui era morto, un mese prima.
Edward era ricco, vicino al trono per linea di sangue, e non aveva un erede
maschio, una situazione che non poteva durare. Ma Elizabeth aveva bisogno di
una madre, e lui non voleva procurargliene una tramite un freddo e
calcolato accoppiamento dinastico.
Aveva sentito ieri che la giovane sorella del re, Maria, aveva deposto
Jane Grey. Era quello che Edward si aspettava che avvenisse. Jane era
sconosciuta al popolo e aveva poco sostegno. La maggior parte delle persone
vedeva Maria come l’erede legittima, e il giovane re non avrebbe dovuto provare
a togliere i diritti ereditari alle sorelle e lasciare il trono a sua cugina.
Il giovane re morente era preoccupato che Maria avrebbe disfatto tutte le sue
riforme protestanti, e aveva ragione. Ma non aveva diritti legali per nominare
Jane come sua erede, dato che suo padre Enrico VIII aveva stabilito la
successione attraverso un Atto del Parlamento che non poteva essere ribaltato
con la semplice volontà. Nonostante il fatto che il popolo fosse diffidente nei
confronti del fervente Cattolicesimo di Maria, sentiva che aveva il diritto
morale al trono ed era insorto alla sua chiamata quando lei aveva marciato su
Londra, un esercito di contadini armati di falci e forconi.
Edward sospirò. Gli piaceva Jane. Gli era stata proposta come moglie, ma
la madre di Jane aveva ambizioni più alte di un duca. Jane era quieta e
studiosa, con profonde convinzioni protestanti, che era il motivo per cui il
giovane re aveva provato a lasciare a lei il trono invece che a sua sorella.
Non aveva molto senso dell’umorismo, ma la vita le aveva dato molto poco di cui
ridere. I suoi genitori, sua madre specialmente, erano crudeli, ed Edward era
piuttosto sicuro che lo fosse anche il nuovo marito di Jane. Avevano costretto
la ragazza ad accettare la corona, ma non si aspettavano che Jane, una volta che
l’aveva presa, avrebbe asserito la propria indipendenza rifiutandosi di
incoronare re suo marito.
Ora era nella Torre, prigioniera di Maria. Maria aveva scritto a Edward
che non aveva intenzione di giustiziare Jane, perché capiva che il tradimento
della ragazza era stato involontario. L’avrebbe tenuta imprigionata nella Torre
finché le cose si fossero sistemate e poi silenziosamente l’avrebbe liberata
perché tornasse alla sua vita in campagna, con i suoi adorati libri.
Edward scendeva con attenzione il ripido sentiero che conduceva alla
spiaggia, uno dei posti che preferiva della tenuta. C’era qualcosa nella
costante, ingovernabile natura del mare che acquietava la sua anima. Gli uomini
si affannavano, preoccupati dei loro piccoli guai, e al mare non importava
nulla. Era stato lì per migliaia di anni prima di adesso e sarebbe stato lì
migliaia di anni in futuro, e le sue onde avrebbero ancora colpito la spiaggia.
Si immobilizzò quando sentì qualcosa. Inclinò la testa. Sì, eccolo
di nuovo. Il suono di una risata. Pirati? Si chiese. Pirati e
contrabbandieri erano sempre stati un problema da questa parte della costa.
Edward mise la mano sulla cintura e afferrò l’impugnatura ingioiellata del suo
coltello.
Seguì quel debole suono. C’era una piccola penisola che aggettava
sull’acqua, con alte rocce al centro. Edward scivolò sull’estremità e si guardò
intorno. Lo shock gli fece cadere la mascella, gelandolo al suo posto.
Due donne nude stavano prendendo il sole sulle rocce, la loro pelle
cremosa che brillava alla luce calda del sole. Edward non riusciva a staccare
lo sguardo da quella vista ipnotizzante. Non aveva mai visto neanche sua moglie
completamente svestita. La più piccola delle due aveva lunghi capelli bruni che
l’altra stava pettinando.
Mentre guardava, una foca grigia spuntò dall’acqua, il suo corpo
impacciato cadde pesantemente vicino alle due donne. Con suo grande stupore, la
foca sembrò aprire un’invisibile cucitura e un’altra donna nuda apparve.
Selkie! Edward aveva sentito le storie, naturalmente, ma non avrebbe mai
immaginato di vederne una. Se fosse nato qualche centinaio di anni dopo, Edward
avrebbe questionato sulla propria salute mentale per quello che stava vedendo,
ma lui viveva in un tempo in cui l’esistenza di streghe, demoni, mostri marini,
fantasmi e popolazioni magiche era largamente accettata.
Il regno delle selkie doveva essere più a nord di lì, nei mari freddi a
largo delle coste dell’Irlanda e della Danimarca. Le selkie erano muta-forma,
qualcuno diceva fate del mare, altri dicevano fossero le anime degli annegati.
Erano immortali e non invecchiavano una volta raggiunta la maturità. La loro
pelliccia era quella che permetteva la trasformazione. Se la loro pelliccia si
perdeva o andava distrutta, la selkie sarebbe rimasta intrappolata nella forma
umana, e se veniva rubata, lei sarebbe appartenuta al rapitore finché questi
non gliela avesse ridata volontariamente. Bellissime in forma umana, si diceva
che avessero un grandissimo potere di seduzione sui mortali. Gli uomini si
diceva che fossero amanti incredibili, la risposta alle preghiere di tante
mogli insoddisfatte e zitelle solitarie, e venivano chiamati versando sette
lacrime nel mare. Le donne si diceva fossero eccellenti mogli e madri, per via
della loro natura gentile, ma sia per i maschi che per le femmine, il primo
amore sarebbe sempre stato il mare e potevano languire a morte se restavano
intrappolati sulla terra per troppo tempo.
Strano, pensò, che esseri che possono vivere per sempre, possano morire
di dolore. Il tempo e la malattia non potevano abbatterli, ma le loro emozioni
sì.
La nuova arrivata aveva capelli grigi screziati di nero, come la pelle
che aveva come foca. Teneva quella pelle in una mano mentre con l’altra
salutava le altre donne. La guardò mentre la piegava con attenzione e la
infilava in una fessura tra le rocce.
Le donne si abbracciarono e chiacchierarono eccitate. Quella con i
capelli bruni riappoggiò indietro la testa, un’espressione sognante sul viso.
Edward era catturato dalla sua bellezza, dalla sua forma rotonda e rigogliosa e
quei capelli scuri che fluttuavano sulla roccia sotto di lei. Una delle donne
indicò la spiaggia e fece un gesto alle altre, che saltarono in piedi e corsero
con lei a giocare sulla battigia, così innocenti e spensierate nella loro
nudità come dovevano essere stati Adamo ed Eva prima della Caduta.
Un pensiero riecheggiò nella mente di Edward. Eccellenti mogli e madri.
Gli si fermò il respiro. Questa poteva essere la soluzione. Poteva catturare
una sposa selkie per curare Elizabeth e non avrebbe più dovuto pensare a come
rifiutare educatamente le offerte di matrimonio. Quando Elizabeth fosse stata
grande abbastanza, avrebbe liberato la donna selkie dichiarando che era morta,
lasciandolo di nuovo vedovo disponibile. Il cuore gli martellò di eccitazione.
Strisciò più vicino a dove aveva visto la donna con i capelli grigi
nascondere la sua pelliccia, tenendo d’occhio le donne saltellanti sulla
spiaggia per paura che lo prendessero con le mani nel sacco. Trovò la fessura e
tirò fuori la pelliccia grigia. Una piccola parte di sé sperava di trovare
quella che apparteneva alla donna con i capelli bruni e in fondo al mucchio,
ne vide una che si accoppiava con i suoi capelli. Era sorprendentemente leggera
e piccola, e calda come una cosa vivente. Non resistette alla tentazione di
accarezzare con le dita quel pelo di seta. Che cosa piccola, non più grande di
un tovagliolo. Come ci entrava dentro? Magia, immaginò, la magia del popolo
delle fate.
Rimise a posto le altre, e mise la pelliccia scura nel suo farsetto.
Strisciò giù dalle rocce con attenzione e si mise seduto sulla sabbia a
guardarle giocare. Le invidiava. Avevano l’innocenza spensierata dei bambini
giocando al sole del pomeriggio. Quando era stata l’ultima volta che si era
goduto veramente qualcosa? Non ricordava di aver mai giocato come loro, e
anche da bambino aveva sentito il peso delle sue responsabilità.
Le donne si rincorsero e si schizzarono tra loro, ridendo, tuffandosi e
rotolando nelle onde grigie, lampi di pelle come crema nell’acqua grigia. I
gabbiani giravano in cerchio e gridavano sulle loro teste, scendendo in
picchiata per unirsi ai loro giochi. La donna dai capelli scuri saltò e ne
prese uno, rilasciandolo con una risata quando ciondolò tra le sue braccia.
L’uccello risalì librandosi in aria per poi voltarsi e tuffarsi di nuovo verso
di lei. Lei scomparve sotto le onde e poi balzò verso di lui in un esplosione
d’acqua. Lui virò all’ultimo secondo e lei ricadde nell’acqua ridendo. Che
bellissimo suono.
Il sole cominciava ad abbassarsi in cielo quando stanche, alla fine,
ritornarono alle rocce per prendere le loro pellicce. Una delle donne lo vide e
boccheggiò, indicandolo. In un lampo, le pellicce furono riprese dal
nascondiglio e infilate. Due foche scivolarono in acqua, ma la donna dai
capelli scuri rimase indietro. Cercava freneticamente la sua pelliccia,
cercando con la mano nella fessura e nelle rocce sottostanti, i suoi enormi
occhi scuri che lo guardavano circospetti mentre si avvicinava. La testa di una
foca spuntò dall’acqua poco lontano e lanciò un grido che spezzava il cuore,
vedendo la sua amica ancora sulle rocce, uno sguardo di panico che contorceva i
suoi tratti.
Edward si avvicinò lentamente, le mani lungo i fianchi. «Non aver paura,
Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua
pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la
salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego»,
sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho
bisogno di te», disse lui.
Lei guardò il suo farsetto come se potesse vedere la pelliccia nascosta
sotto, ma anche lui sapeva che non avrebbe potuto riprendersela. Una volta
rubata da un mortale, la pelliccia doveva essere ridata volontariamente da
colui che l’aveva presa.
«Qual è il tuo nome?» chiese lui.
Lei sembrò confusa per un momento. «Io non ho una parola-nome.»
Come potevano comunicare senza avere dei nomi, si chiese lui. «Ti
chiamerò Bella», dichiarò lui, perché lei era bellissima, come il mare
indomabile da cui veniva. Isabella era stato il nome della madre della regina
Caterina, ricordò. Avrebbe detto semplicemente che era italiana o spagnola.
«Seguimi», ordinò. La condusse alla base della scogliera sotto la sua
casa e si tolse il farsetto, rivelando la larga camicia bianca che indossava
sotto. Lei emise un piccolo grido quando vide la sua pelliccia, ma lui se la
tenne stretta. Lui le passò il farsetto. «Metti questo, Bella.» Non poteva
portare una donna nuda in casa. Lei lo guardò confusa, così lui lo riprese e
glielo mise sulle spalle, facendo passare le braccia nelle maniche e
allacciando gli alamari dorati sul davanti. Il farsetto le arrivava solo alle
cosce, e in qualche modo sembrava perfino più nuda indossando quello piuttosto
che solo la propria pelle. Le sue braccia erano ingoiate dalle maniche e il
colletto alto le arrivava sopra il mento. Sembrava una bambina spaventata e lui
sentì una strana stilettata di senso di colpa, che allontanò in fretta.
Fece il viaggio di ritorno verso casa a tappe, nascondendo la sua nuova
sposa selkie dietro gli alberi, dietro un cancello, un carro fermo, cercando di
evitare di essere visto dalla casa. Aprì la porta laterale della servitù e la
spinse dentro dopo aver controllato che la strada fosse libera. La fece salire
per gli stretti scalini, tirandola per la mano ogni volta che rallentava per
osservare oggetti a lei non familiari. Non era mai stata in una casa prima? Si
chiese Edward.
La portò nelle stanze della signora, le camere che aveva occupato sua
moglie. Scure, polverose, in disuso, le stanze avevano un’aria sinistra e
trascurata. Andò alla cassapanca nell’angolo e usò la chiave alla sua cintura
per aprirla. Dovette prendere un profondo respiro e chiudere gli occhi per un momento
quando vide uno degli abiti di Mary, il suo preferito, piegato sopra tutti gli
altri. Era di velluto verde muschio, il corpetto dal taglio più basso di come
andava di moda adesso, ma doveva andare finché non avesse potuto vestire Bella
in modo appropriato. Ripiegò le maniche separate e le rimise nel baule. Non
aveva una donna che potesse cucirle adesso e non gli passò neanche per la testa
di farlo lui stesso.
«Metti questo», ordinò spingendo il vestito nelle sue mani. Aprì la
seconda cassapanca che conteneva delle camicie da donna, corsetti e calze, con
le spalle a Bella per concederle il suo pudore. Sarebbe stata impropriamente
nuda sotto il vestito, ma non la voleva subissare, né giocare a fare la
domestica assistendola.
Si voltò dopo qualche minuto e vide che aveva messo il vestito alla
rovescia e stava tirando con una smorfia la stoffa che le tirava sul petto. Lui
sospirò. «Tira dentro le braccia», disse, e fece girare il vestito intorno al
suo corpo finché fu messo alla giusta maniera. Mary era un po’ più grande di
Bella ed il vestito pendeva floscio, ammucchiandosi ai suoi piedi.
«Stai qui», ordinò. «Non toccare niente.»
Lei annuì, e le lacrime riapparvero in quegli occhi scuri e limpidi.
Sentì salire di nuovo un irrazionale senso di colpa che gli fece sbattere la
porta dietro di sé quando uscì. Andò in cerca del suo fratello più giovane,
Emmett, sperando, ma non aspettandosi, di trovarlo a casa. Normalmente Emmett
era fuori a bere e a cercare puttane a quest’ora del giorno. Edward sospirò.
Era qualcosa di cui doveva veramente occuparsi, ma semplicemente non ne aveva
l’energia. Emmett aveva sempre avuto una vena selvaggia, ma da quando era morta
Mary, e di conseguenza era stato trascurato da suo fratello, il comportamento
di Emmett era molto peggiorato.
Fu compiaciuto quando Emmett aprì la sua camera da letto dopo che aveva
bussato, ma non altrettanto compiaciuto di trovare Emmett barcollante in una
nuvola di vapori alcolici. «Ho qualcosa da farti vedere», disse Edward.
«Sì?» replicò Emmett, senza molto interesse. Chiuse la porta dietro di
lui mentre scendeva nel salone.
«Ho trovato qualcos… qualcuno», disse Edward correggendosi a metà frase. «Una
ragazza.»
Ora, Emmett era interessato. «Felice di vederti tornare al tuo vecchio te
stesso», commentò. «Ero preoccupato per te.»
«Non si tratta di quello», disse Edward con impazienza. «Ho
intenzione di farne la mia nuova moglie.»
Emmett sbatté gli occhi. «Congratulazioni. Chi è? La figlia del Conte di
Hale? So che insisteva perché tu accettassi.»
«No, lei è …» Edward esitò. «Lei è una fanciulla selkie.»
Emmett scoppiò a ridere. «Per un attimo ci avevo creduto. È bello
sentirti di nuovo scherzare. Cominciavo a pensare che avessi seppellito il tuo
senso dell’umorismo insieme a tua moglie.»
«Dico sul serio.»
Emmett sbatté gli occhi. «Forse dovresti cominciare dall’inizio.»
Edward gli disse delle donne nude sulla spiaggia. «Non mi meraviglia che
ti piaccia passeggiare là», disse Emmett, con l’aria di uno che ha risolto un
fastidioso mistero.
«Era la prima volta che le vedevo», replicò Edward. Tirò fuori la
pelliccia dal suo farsetto e la diede a suo fratello. Emmett la accarezzò,
girandola e rigirandola tra le mani e Edward sentì una bizzarra fitta di gelosia
che scacciò rudemente. «Sembra una pelliccia normale», disse Emmett.
«Già, e anche molto piccola», concordò Edward. «Eppure l’ho visto con i
miei occhi. Le altre donne hanno messo la loro pelliccia e si sono trasformate
in foche proprio di fronte a me. Quella che ho preso appartiene a Bella.»
«Bella?»
«È così che l’ho chiamata. Non ha un altro nome, o comunque lei dice
così.»
Emmett considerò. «Ho sentito che alla gente magica non piace dire agli
altri il loro nome, perché dicono che gli dà un grande potere su di loro.»
Questo aveva più senso che non averne uno. La povera ragazza era già in
suo potere, forse temeva di dargli ancora più controllo su di lei. «Cosa sai
sulle selkie?» chiese a suo fratello. Si stavano dirigendo verso le camere
delle signore, Emmett che ondeggiava ancora un po’ per la sua eccessiva
compiacenza verso la birra.
«Dicono che siano di buon cuore e delle mogli eccellenti», recitò Emmett.
«Ed hanno grandi poteri per tentare la carne di un uomo.»
Edward considerò. Di certo si era sentito attratto da lei da prima che
lei sapesse che la stava guardando. Se avesse concentrato quel potere
intenzionalmente su di lui … trovò che non si opponeva esattamente all’idea e
questo lo sorprese leggermente. Non aveva più avuto gli appetiti di un uomo da
quando Mary era morta.
Aprì la porta della camera delle signore e trovò Bella esattamente dove
l’aveva lasciata, le mani strette alle braccia. Stava rabbrividendo, anche se
nella stanza non era affatto freddo. Guardò lui e poi Emmett e i suoi occhi si
sgranarono quando vide suo fratello. Edward sapeva che la vista di Emmett
poteva essere a volte sconcertante. La sua stazza da sola bastava a intimidire,
anche senza la cicatrice che gli attraversava la guancia. Emmett guardò
attentamente altrove. Aveva imparato a non osservare la reazione iniziale delle
persone alla sua apparizione.
«Bella, questo è Emmett, mio fratello», le disse Edward. «Se non ci sono
io, devi obbedire a lui come obbediresti a me.»
«Non puoi lasciarla qui», disse Emmett, gli occhi che vagavano sulla
lugubre stanza. «Devi pulire e arieggiare questa stanza.»
Edward si sentì irritato. Questo significava che sarebbe dovuta stare
nella sua stanza, perché nessuna delle altre era pronta per ricevere ospiti. La
cosa si stava rivelando già più problematica di quanto si aspettasse. «Vieni», disse
a Bella e si diresse verso la sua camera. Lei gelò sulla porta, gli occhi
spalancati. «Vieni», comandò facendole il gesto di entrare.
Lei scosse la testa, una mano alla gola.
«Ha paura», disse Emmett.
«Non ti farò del male.» Edward le prese il braccio (la sua pelle era
così morbida!) e provò a tirarla all’interno. Bella si afferrò con le mani
alla cornice della porta rifiutando di muoversi, e i suoi occhi avevano lo
stesso sguardo del cervo che aveva abbattuto nella sua ultima caccia. «Che c’è
che non va?» chiese.
Lei fissava il camino. Provò a vedere cosa l’allarmasse tanto, ma nulla
gli sembrava fuori dall’ordinario.
«Il fuoco!» disse Emmett battendo le mani quando gli venne in mente la
risposta. «Le selkie hanno paura del fuoco. L’avevo dimenticato.»
«È contenuto», disse Edward con impazienza. «Non ti farà male.» Le mise
attorno le braccia e la trascinò dentro. Il corpo morbido e caldo di Bella si
dimenò contro il suo, svegliando una fame che non aveva sentito per anni,
quindi la liberò prima possibile. Lei si precipitò verso la porta. «Per i denti
di Dio!» brontolò Edward. Cosa doveva fare adesso? Legarla al letto? Questa era
una possibilità interessante che non aveva mai considerato prima.
«Non ti agitare, piccola selkie», disse Emmett allegramente, e afferrò la
brocca dell’acqua tirando il contenuto sulle fiamme. La stanza divenne scura e
Bella si rilassò visibilmente.
«Dovrai abituarti ad avere a che fare col fuoco», la avvertì Edward. «Queste
vecchie pietre sono fredde la notte, e io non voglio vivere al buio solo per assecondarti.»
«Potrebbe essere necessario», disse Emmett abbassando la voce perché solo
Edward potesse sentire. «Più stress sente nella sua nuova vita, più è probabile
che languisca per il mare. Potrebbe morire.»
«Vostra Grazia?» Rosalie, la balia di Elizabeth, bussò alla porta. «La
cena è …» si interruppe vedendo la nuova arrivata.
«Questa è Lady Cullen», disse Edward. «La mia nuova moglie.»
Rose sbatté gli occhi.
«Sì, ci siamo sposati all’improvviso», farfugliò Edward, provando ad
inventarsi una bugia al volo. «Ho aspettato che arrivasse dalla sua madre
patria per annunciare il nostro matrimonio.»
«Vostra Grazia», disse Rosalie facendo un inchino.
Bella la guardava.
«Lei … ah, lei ha costumi diversi dai nostri», spiegò Edward.
Rosalie non disse niente.
«Lei è, um, è del Nuovo Mondo», disse Edward, mentre un’idea si formava
rapidamente nella sua testa, «riportata qui da una delle navi spagnole. Nella
sua terra, è una principessa.» Quest’ultima fu un’ispirazione fulminea. Non
voleva che la sua nuova moglie fosse oggetto di derisione e se il popolo avesse
capito che il suo rango era abbastanza alto, almeno in parte ne sarebbe stata
risparmiata. In un tempo in cui una lettera poteva impiegare mesi per arrivare
alla sua destinazione, sarebbe stato difficile, se non impossibile, poter
verificare la sua storia. C’erano stati casi in cui persone avevano finto per
anni di essere dei reali prima di essere smascherati, e Edward intendeva tenere
la sua moglie selkie nascosta agli occhi del pubblico il più possibile.
«Andiamo a cena, volete?» disse Edward porgendo il braccio a Bella. Lei
lo prese, guardando timidamente Rosalie da sotto le ciglia. Stranamente,
Rosalie sembrava spaventarla più di Emmett.
«Vostra Grazia?»
Edward guardò Rosalie che guardava con intenzione le braccia nude di
Bella.
«Oh! Certo, forse dovrebbe assistere Sua Grazia.»
Rosalie non ne fu felice, ma prese le maniche quando Edward le tirò fuori
di nuovo e velocemente le attaccò, borbottando per tutto il tempo sulla
scandalosa assenza di biancheria di Bella. Era al di sotto della dignità di un
duca tener conto dei borbottii di un servitore e Rosalie di frequente usava
questo metodo per esprimere le sue opinioni. Bella era immobile come una
statua. Edward pensò che non respirasse nemmeno. Non appena Rosalie ebbe
finito, si lanciò verso Edward, come se questo le desse una sorta di sicurezza.
Il tavolo della sala grande era stato apparecchiato come ogni sera,
ospiti o no, con l’argenteria più fine di Edward. A fianco del piatto stava la
coppa d’oro che era stato regalo di matrimonio di suo zio, Enrico VIII. Il
posto alla sua sinistra era preparato con la coppa preferita di Emmett, che
Edward scambiò in fretta con una alla sua destra, il posto che Emmett avrebbe
occupato ora che Edward aveva una nuova moglie cui spettava quella posizione
d’onore.
Tirò indietro la sedia per Bella e le fece cenno di sedere. Lei obbedì,
ma sembrava molto a disagio, come se non fosse abituata ad usare quegli strani
utensili. Guardò a bocca aperta il centrotavola, una montagna di fiori in cima
alla quale era appoggiata una gabbietta dorata con dentro due uccelli vivi.
Bella sembrò simpatizzare con la loro difficile situazione.
I servitori portarono il primo piatto, un coscio di vitello che era stato
marinato tutta la notte in sale e spezie. Era ricoperto da una salsa zuccherina
di melegrane con prugne succose. Uno dei piatti preferiti di Edward. Ad
accompagnarlo c’era un focaccia di anguilla, pavone arrosto, tutto dorato, con
le sue piume artisticamente riposizionate, e un pollo arrosto che era stato
farcito con un piccione, che a sua volta era stato farcito con un’allodola.
Edward era un tagliatore di talento, che riusciva a fare una fetta che
conteneva carne di tutti e tre gli uccelli.
«Mmm, stufato!» disse Emmett mentre veniva presentato un piatto di carne
tagliata a fette sottili caramellata con la cannella. «È meglio che tu ti serva
subito», Edward avvisò Bella. «Emmett è famoso per mangiarsi tutto il piatto da
solo.»
In mezzo alle tre portate principali, furono serviti oltre venti piatti.
I nobili avrebbero preso un pezzettino dei propri preferiti; alcuni piatti
rimanevano intatti. Dopo che la famiglia aveva finito di mangiare, i servitori
di rango più alto avrebbero cenato con quelli, poi gli avanzi venivano via via
passati finché tutta la casa aveva mangiato, e i rimasugli venivano dati ai
poveri che facevano la fila fuori della cucina nella speranza di un pasto.
Un grosso pesce venne portato a tavola, posto artisticamente in un aspic
blu, le squame dorate e la bocca farcita di fichi. Il servitore lo mise sul
tavolo di fronte a Bella, sul cui viso si faceva strada lentamente l’orrore.
Lanciò un grido soffocato, premendosi le mani sulla bocca. Le si riempirono gli
occhi di lacrime. Balzò in piedi, afferrò il pesce dal piatto e corse verso la
porta. I servitori la guardarono allontanarsi, poi chinarono le teste a
sussurrare. Edward strinse i denti. Questo era il motivo per cui aveva ridotto
il numero dei domestici.
Emmett scoppiò a ridere. «Forse era un suo amico», boccheggiò tra le
risate.
«Non è divertente, Emmett», disse Edward, alzandosi per raggiungere la
sua strana piccola sposa. Il senso di colpa ritornò, e con esso un altrettanto
strano desiderio di proteggere quella povera creatura dall’angoscia. Le aveva
fatto già abbastanza male, rubandola alla sua vita, alla sua famiglia. Un
pensiero terribile lo colpì: e se avesse avuto un marito selkie? Dei figli? Non
glielo aveva chiesto.
Ma perché preoccuparsi? Non era una persona. Probabilmente non aveva
neanche un’anima. Di certo non era cristiana, perché nessuna donna cristiana
giocherebbe nuda sulla spiaggia. Questo era qualcosa che doveva correggere, e
in fretta. La regina Maria avrebbe riportato l’Inghilterra alla chiesa
cattolica, ed era impaziente di soffocare ogni eresia.
Seguì Bella giù per il ripido sentiero che portava alla spiaggia. La
trovò in ginocchio, singhiozzante, che seppelliva il pesce arrosto nella
sabbia. Lui si accucciò accanto a lei mentre lei compattava il mucchietto di
sabbia sopra la piccola tomba. «Bella, puoi spiegarmi perché sei così
sconvolta?»
«Tutte cose morte», sussurrò. «Cose morte ovunque. Decorate. E voi
le avreste mangiate.»
«Tu non mangi carne?»
Lei scosse la testa.
«Di sicuro nel mare vedi creature che ne mangiano altre.»
Lei guardò la vastità del mare con il desiderio negli occhi. «Sì, quello
è il ciclo della vita, ma loro non … vestono e mandano in parata quelle povere
cose.»
Lui vedeva che si sforzava di trovare le parole giuste per esprimere ciò
che la turbava. Era la macabra, festosa presentazione dei piatti, gli uccelli
riadornati con le loro piume, la frutta infilata nelle loro bocche.
«Devo dire al mio cuoco di preparare più piatti di verdure per te», disse
Edward. «Mi dispiace che questo ti disturbi, ma è qualcosa a cui dovrai
semplicemente abituarti. Io sono un duca. Capisci cosa significa?»
«Un poco.»
«Be’, questo comporta una quantità di sfarzo, anche quando mangio solo
con la mia famiglia. E inoltre, essere un nobile significa che molta gente
guarda ogni mossa che fai. Non puoi fare di nuovo una cosa del genere, Bella.
Il popolo perdonerà un po’ di eccentricità perché crederà che tu venga da terre
lontane con costumi diversi, ma tu devi provare ad adattarti alla vita di qui.»
«Tu non mi lascerai andare», disse con voce piccola, gli occhi ancora
fissi sul mare.
«No. Ho bisogno di te. Ho una figlia, Elizabeth, che ha tanto bisogno di
una madre. È per questo che ti ho preso per moglie.» Il senso di colpa era
tornato e lo rendeva impacciato. «Io … io proverò ad essere un buon marito per
te, proverò a farti felice. Io non farò … cioè, non ti costringerò … ah …. a
subire le mie attenzioni.»
«Ma mi lascerai andare?» insisté lei.
«Quando Elizabeth sarà abbastanza grande da non aver più bisogno di una
madre», concordò lui.
«Lo giuri?» chiese lei. I suoi occhi si spostarono dal mare a quelli di
lui e lui ebbe l’impressione che quella non fosse una promessa come tutte le
altre. Lo stava legando con un voto. La sua spina dorsale formicolò, in
allarme. Una promessa fatta al popolo magico non va presa alla leggera.
«Lo giuro», disse, e sentì una raffica di vento arruffargli i capelli.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/2/The-Selkie-Wife
Capitolo 2
Edward riportò Bella in casa. Tornare su per il sentiero fu complicato
per Bella, per via della gonna troppo lunga in cui inciampava di frequente,
così Edward la tenne per il braccio per evitare che cadesse. Toccare il suo
braccio bastava a risvegliare di nuovo i suoi sensi, ricordandogli quanto fosse
soffice la sua pelle come l’aveva sentita quando aveva tentato di farla entrare
in camera, e si chiese se non stesse operando la sua magia selkie su di lui.
«Hai fame?» chiese lui mentre entravano in casa attraverso la stessa
porta che avevano usato la prima volta che l’aveva portata lì. Il tavolo era
ormai stato sparecchiato, ma di certo avrebbe potuto ordinare qualcosa dalla
cucina.
«No», disse lei. Lei lasciò cadere la gonna. L’orlo era bagnato e
incrostato di sabbia, probabilmente rovinato. Sentì un attimo di dispiacere per
il vestito, perché aveva amato vederlo indosso a sua moglie.
«Bella, quando parli con me in pubblico, devi rivolgerti a me in modo
appropriato.»
Lei guardò intorno la sala vuota, come a cercare il pubblico che lui
aveva menzionato. «I servitori hanno orecchie ovunque», spiegò lui. «Ogni volta
che siamo fuori delle nostre camere, o in mezzo a delle persone, tu devi rivolgerti
a me secondo il mio rango. Se non lo fai, la gente penserà che sei scortese e
irrispettosa.»
«Cosa devo dire?» chiese lei. Il suo tono era rassegnato, ma lui era
compiaciuto della sua volontà di obbedire.
«Devi chiamarmi ‘Vostra Grazia’, o ‘mio signor marito’,»
disse lui. E incredibilmente si trovò ad aggiungere, «Ma quando siamo nelle
nostre stanze da soli, puoi chiamarmi Edward.» Perché le aveva offerto questo?
E perché all’improvviso voleva sentire il suono del suo nome dalle sue labbra?
«Sì, mio signor marito», ripeté lei, provando la frase.
Lui le sorrise. «Molto bene, mia signora moglie. Andiamo a fare visita a
mia figlia.» La condusse giù nell’atrio dove si trovava la stanza di Elizabeth.
Quando erano quasi alla porta, sentirono Rosalie gridare, «Tu, piccolo diavolo
ostinato!» accompagnato dal suono di uno schiaffo. Lui spinse la porta e trovò
Rosalie in piedi davanti a Elizabeth, la mano alzata per dare un altro colpo.
La sua timida, piccola moglie selkie si trasformò in un leone.
Con un ringhio oltraggiato, Bella caricò in avanti, sbattendo Rosalie
contro il muro di pietra, l’avambraccio premuto sulla sua gola. Era molto più
piccola di Rosalie, ma la sua aggressività compensava più che bene la
differenza di taglia. I suoi occhi mandavano scintille di rabbia e Edward era
estasiato dalla sua feroce bellezza. In quel momento, nel suo fuoco, Bella era
magnifica.
«Tu osi picchiare la figlia del mio signor marito?» ruggì Bella.
Rosalie boccheggiò e gorgogliò, cercando senza riuscirci di spingere via
quel braccio che le stava togliendo l’ossigeno. Lanciò uno sguardo implorante a
Edward, che era ancora gelato dalla sorpresa.
«Se colpirai quella bambina di nuovo», sibilò Bella, «ti picchierò finché
di te non resterà che una poltiglia!»
Rosalie era diventata porpora. Bella tirò via il braccio e la donna cadde
sulle ginocchia annaspando per respirare. Elizabeth, che aveva guardato
l’incidente con occhi sgranati e affascinati, corse verso la sua nuova
sostenitrice con le braccia alzate.
Il cuore di Edward si lacerò a quella vista. Elizabeth indossava una
copia piccola di uno dei vestiti di sua madre, di velluto marrone, ricamato con
fili intrecciati d’oro, con delle perle sparse. Sotto quello, indossava lo
stesso tipo di corsetto di una donna e la sua testa era coperta da un copricapo
di lino bianco detto biggin.
Bella le sorrise con gentilezza e la prese in braccio. Mostrando un pugno
a Rosalie, uscì dalla stanza. Edward la seguì, frastornato. Bella si diresse
alla sua camera da letto ma si bloccò sulla porta quando vide che il fuoco era
stato riacceso.
«Deve esserci un fuoco», disse Edward. «Non vuoi che la bambina prenda
freddo, no?»
Bella rabbrividì ma entrò nella stanza. Rimase nel punto più lontano dal
fuoco, sedendosi sul letto di Edward. Questo era uno dei mobili più opulenti della
casa, col suo spesso materasso di piume e le sue cortine di velluto rosso, che
pendevano da aste fissate sul soffitto. Lo schienale dietro il letto era
riccamente ricamato col suo stemma di famiglia. Non c’erano cuscini: quelli
erano normalmente usati per i malati e gli infermi. Edward si aspettava che
Bella restasse impressionata da quella grandeur, ma la sua attenzione era tutta
concentrata su Elizabeth. Si sedette sul bordo del letto e la prese in braccio.
Elizabeth stava balbettando alla sua nuova amica e Bella sembrava
ascoltare con evidente interesse, sebbene Edward non riuscisse a seguire quello
che stava dicendo. Mentre Bella era occupata, lui si alzò e andò al suo
armadio, tirando fuori la chiave dal suo farsetto. Lo aprì e sistemò la
pelliccia di Bella all’interno, richiudendo gli sportelli. Diede agli sportelli
uno strattone per assicurarsi che fossero ben chiusi. Sapeva che Bella non
avrebbe potuto riprendersi la pelliccia, anche se l’avesse semplicemente
appoggiata su un tavolo in bella vista. Doveva essere restituita
volontariamente. Ma sentiva il bisogno di metterla al sicuro … tanto per.
A Bella sembrava piacere davvero parlare con sua figlia. Nonostante il
suo amore per lei, Edward passava poco tempo con Elizabeth, come molti genitori
della sua classe sociale. Si era fatto un punto d’onore di andare a farle
visita almeno una volta al giorno, di norma la sera dopo cena. Lei gli faceva
un inchino e poi gli recitava la lezione che aveva imparato quel giorno. A
dispetto delle raccomandazioni di Rosalie e dei suoi amici, non poteva fare a
meno di darle affetto, anche se l’avevano avvertito che l’avrebbe viziata.
I bambini nel suo mondo venivano trattati come piccoli adulti e
disciplinati duramente, nel timore che peccassero o venissero rovinati da
troppa indulgenza. Edward vedeva i suoi stessi genitori solo una volta o due
alla settimana, quando erano nella magione, che non era spesso, dato che
seguivano la Corte di palazzo in palazzo. Veniva vestito come si deve e portato
da loro per recitare le sue lezioni e ricevere la loro benedizione. Ricordava
ancora la paura che sentiva ogni volta ad essere inchiodato sotto lo sguardo
freddo di suo padre, paura che lo faceva inciampare nelle parole e balbettare,
come non gli capitava mai altrimenti.
Per debole e permissivo che potesse sembrare, Edward non voleva che
Elizabeth avesse paura di lui. Lei aveva una natura dolce e obbediente, e lui
sapeva che non c’era bisogno di aggiungere il timore per mantenerla in riga.
Rosalie era quella che imponeva severamente la disciplina, nella sua vita. Il
che lo portava al problema corrente: cosa fare con l’interferenza della sua
piccola moglie selkie? Era rimasto troppo stordito al momento per il brusco
cambio di comportamento per dire qualcosa, ma doveva provare a spiegarle che
questo era il modo in cui venivano disciplinati i bambini nel suo mondo.
Dovevano essere tenuti rigorosamente in riga. Bella probabilmente non avrebbe
capito. I bambini selkie non avevano lo stesso livello di responsabilità dei
bambini umani. Loro non dovevano essere preparati ad amministrare un patrimonio
una volta raggiunta la maturità. Non avevano bisogno di imparare il latino o
l’italiano per seguire le conversazioni a Corte. Non dovevano saper suonare uno
strumento, o danzare in modo appropriato o le altre centinaia di cose che si
dovevano sapere crescendo come persone di sangue nobile.
Ma questo era il motivo per cui aveva preso Bella, per avere una madre
che amasse e si prendesse cura della sua bambina. Criticare adesso i suoi
metodi poteva fare più male che bene. Decise di aspettare un poco, per vedere
come Bella maneggiava i suoi doveri materni prima di tirare fuori il discorso
della disciplina. Per quello che ne sapeva, anche le selkie potevano avere i
loro metodi, ugualmente efficaci. E una immagine gli balenò in mente, di Bella
che colpiva Elizabeth sul dorso delle mani con un pesce. Scoppiò a ridere
rumorosamente.
Elizabeth si bloccò a metà parola, voltando gli occhi verso quel suono.
Aveva sentito raramente ridere suo padre, e aveva sobbalzato. Anche Bella si
bloccò, ma per un’altra ragione. Aveva tolto il copricapo a Elizabeth e le stava
pettinando i capelli con le mani. «Pidocchi!» gridò inorridita, come se avesse
trovato un buco nella testa di Elizabeth.
«Di nuovo?» sospirò Edward. «Farò portare da Rosalie l’olio alla lavanda
e il pettine.» Pidocchi e pulci e altri parassiti erano aspetti inevitabili
della vita. Molte persone portavano un pezzetto di pelliccia accanto alla pelle
perché gli animaletti ne fossero attratti e potessero essere eliminati.
«No! Fa male!» squittì Elizabeth, alzando le mani per proteggersi la
testa.
«Ti prometto di no», disse Bella, abbassandole le braccia con gentilezza.
«E se starai seduta tranquilla ti racconterò una storia.»
Edward tornò dopo un attimo con la bottiglia di olio alla lavanda e il
pettine a denti fitti. Come poi saltò fuori, questo era stato il motivo del
contendere per cui Rosalie aveva schiaffeggiato Elizabeth. Ma si accomodò di
fronte a Bella di buon grado mentre lei cominciava a passarle l’olio sui ricci
scuri. Edward si mise seduto vicino al fuoco, appoggiando i piedi sulla grata.
«C’era una volta una bellissima principessa di nome Mary», cominciò
Bella.
Elizabeth batté le mani. «È il nome di mia madre!»
«Giusto. Tua madre potrebbe essere stata chiamata così per via della
principessa. Bene, il fratello della principessa vedeva che sua sorella era
molto bella e ben educata. Danzava come una foglia nel vento, e quando cantava,
era come sentire il canto degli uccelli nelle mattine di primavera. Cominciò a
cercare un marito per la principessa Mary, e sapeva che poteva trovare un buon
partito per lei. Ma la principessa aveva già dato il suo cuore a uno degli uomini
della corte del fratello.»
I piedi di Edward caddero dalla grata e si raddrizzò sulla sedia quando
si rese conto che Bella stava raccontando a Elizabeth la storia della propria
madre. Dove aveva sentito questa storia? si chiese. Forse le selkie
raccontavano cose di questa terra, come qui si raccontavano le storie del
popolo magico?
«Suo fratello non aveva mai preso in considerazione questo matrimonio,
perché era avido», continuò Bella. Passò il pettine tra i capelli di Elizabeth
sciogliendo i nodi con gentilezza. Elizabeth non sembrava neanche notare quello
che stava facendo, tutta presa dalla storia. «Lui sapeva che poteva ottenere
per sua sorella più di quello che l’uomo che lei amava potesse dargli. Il
marito che scelse per lei era un uomo vecchio e malato, il re di una terra
lontana. La principessa Mary pianse quando lo venne a sapere, ma disse al
fratello che avrebbe obbedito al suo volere se lui le avesse fatto una
promessa: una volta morto il vecchio re, lei avrebbe potuto scegliersi un
marito. Suo fratello accettò e Mary salpò su una nave verso una terra lontana,
non sapendo quando sarebbe ritornata.»
«Questa è triste», si lamentò Elizabeth.
«Migliorerà», promise Bella. «Il vecchio re non visse a lungo, dopo il
matrimonio. Mary si ritirò in un convento mentre aspettava che suo fratello la
mandasse a prendere.»
In realtà, era stata mandata in convento per i tradizionali 40 giorni che
servivano ad assicurarsi che non fosse incinta di un erede al trono e per
isolarla da qualunque uomo potesse frettolosamente creare falsi ricorsi.
«Cos’è un convento?» chiese Elizabeth.
«È una casa dove vivono le suore», disse Bella, e Edward si stupì di
nuovo di quanto sapesse della vita sulla terra. «All’insaputa della
principessa, suo fratello stava già progettando di farla sposare con un altro
re. Non aveva mai avuto intenzione di mantenere la sua promessa. Mandò un uomo
della sua corte a riprendere sua sorella, e sai chi era?»
«Chi?» chiese Elizabeth impaziente.
«Era l’uomo di cui si era innamorata la principessa! Il figlio del
vecchio re scoprì l’amore di Mary per quest’uomo e la aiutò ad incontrarlo in
segreto. Lei chiese all’uomo di sposarla, e lui lo fece!»
Edward aveva ancora una copia della lettera che suo padre, Charles
Brandon, aveva inviato a Enrico VIII, sperando nel perdono del re. Charles
sapeva che Enrico sarebbe stato furioso perdendo sua sorella come pedina nel
mercato dei matrimoni reali, ma lui non aveva potuto resisterle. “Piangeva”,
scrisse Charles. “Non ho mai visto una donna piangere così.” Prima che
si rendesse conto di ciò che stava accadendo, Mary l’aveva messo davanti a un
prete e aveva recitato i voti. Confessava nella sua lettera, “Lo dico con
chiarezza, l’ho sposata e mi sono accostato a lei con vigore, tanto che temo
possa aspettare un figlio”, provando così ad assicurarsi che Enrico non
avrebbe tentato di far annullare il matrimonio.
Per provare ad ammorbidire la rabbia del fratello, la principessa Mary si
era tenuta una fetta considerevole dei gioielli della Corona francese, che si
supponeva dovesse restituire perché non erano una sua proprietà personale.
Invece li diede a suo fratello come regalo di consolazione. Una delle gemme era
un diamante così grosso che aveva un suo proprio nome: lo Specchio di Napoli (the
Mirror of Naples). Il nuovo re francese era piuttosto irritato per questo, e
probabilmente si sentiva anche tradito, dato che aveva aiutato la principessa
Mary e Charles ad incontrarsi. Scrisse a re Enrico, ordinandogli di
ridarglieli. In risposta, re Enrico gli mandò alcuni piccoli pezzi di scarso
valore, un gesto carico di un insulto implicito, come dire che i gioielli della
Corona francesi erano composti di chincaglieria, e poi fece dipingere il suo
ritratto indossando lo Specchio di Napoli in bella vista sul suo farsetto.
Enrico non aveva mai perdonato del tutto sua sorella né suo marito.
Impose loro un’ammenda di mille sterline all’anno per ventiquattro anni, una
somma enorme, e quando la principessa Mary morì, Charles si trovò costretto a
sposare un’altra donna subito dopo per la sua dote, per poter continuare a
pagarla. Aveva sposato la ragazza con cui era fidanzato Emmett, una baronessa
quattordicenne, e Edward si era trovato con una matrigna della sua stessa età.
«Sai chi era quella principessa?» chiese Bella ad Elizabeth. «Era tua
nonna!»
Come sapeva queste cose? si chiese di nuovo Edward.
Elizabeth sospirò. «Il nonno e la nonna sono in paradiso», disse
solennemente.
«Sì, e sono sicura che sono felici, di nuovo insieme.»
Edward pensò di correggerla, perché secondo gli insegnamenti della
Chiesa, non c’era matrimonio in paradiso, ma decise di lasciar perdere. Lascia
che la bambina creda alle storie felici, finché può.
Dopo aver pulito i capelli di Elizabeth dalle lendini, Bella glieli lavò
con dell’acqua profumata. Elizabeth si era lamentata, perché odiava lavarsi i
capelli, ma Bella insisté con gentilezza, ed Elizabeth scoprì, con grande
sorpresa, che era una cosa piacevole. Bella non le mandò il sapone negli occhi,
e non le tirò i capelli. Bella aveva fatto stendere la bambina sul tavolo e
aveva messo la bacinella sotto la sua testa su una sedia, usando una coppa per
passare l’acqua sui capelli di Elizabeth, il che, pensò Edward, era molto
intelligente, da parte sua.
«Devi metterti davanti al fuoco finché non ti asciughi», disse Edward ad
Elizabeth. I capelli bagnati erano pericolosi. Potevano portare ogni tipo di
umori nocivi e malattie. Per questa ragione la persone in quei tempi non
facevano spesso il bagno. Secondo il dottor Andrew Boorde, con cui Edward
corrispondeva di frequente in materia di salute, il bagno “permetteva alle
arie velenose di entrare e distruggere gli spiriti vivi dell’uomo e
indebolire il corpo.” Ogni giorno Edward veniva lavato dai servitori,
usando una bacinella di acqua odorosa e sapone profumato di Marsiglia fatto con
l’olio d’oliva invece che con il grasso animale. Il sacerdote di famiglia,
Padre Jacob, lo aveva castigato per questo, dicendo che denotava una
peccaminosa vanità del corpo, ma Edward era sensibile agli odori. Faceva anche
un bagno in una vasca una volta al mese, di meno in inverno.
Elizabeth saltò giù dal tavolo e trottò obbediente verso il padre,
sedendosi sul camino ai suoi piedi. Bella scosse la testa, quei grandi, limpidi
occhi di selkie che lo imploravano di non costringerla ad avvicinarsi a quella
cosa che temeva così tanto. Edward sospirò, andò alla sua cassapanca per
prendere un pettine normale e si sedette su uno sgabello a pettinare i capelli
di sua figlia finché si asciugarono. Continuava ad avere in mente le parole di
Emmett sul fatto di evitare angosce a Bella. L’aveva costretta a stare in una
stanza col fuoco. Poteva bastare per un giorno.
Mentre lui la pettinava, Elizabeth chiacchierava della sua giornata.
Adesso le avevano insegnato le lettere; l’educazione cominciava molto presto,
nella sua classe sociale (la Regina Maria aveva imparato a suonare la spinetta
prima dei quattro anni). Presto avrebbe dovuto ingaggiare un tutore per lei.
Aveva deciso di scrivere a Roger Ascham per un suggerimento. Lui era stato
tutore della principessa Elisabetta, la cugina di Edward, che era rinomata come
una delle donne meglio educate in Inghilterra.
Rosalie bussò alla porta della camera. «Vostra Grazia? È ora di andare a
letto per lady Elizabeth.» Tenne la testa bassa per evitare lo sguardo gelido
di Bella.
Edward parlò con sua figlia. «Corri, tesoro. Ci vediamo domani.»
«Mi porterai la mia nuova mamma?» chiese Elizabeth impaziente. Rosalie
doveva averle spiegato la posizione di Bella.
«Sì, lo farò», disse dandole un colpetto sulla testa. «Ti benedico,
amore, e dormi bene.»
Quando se ne fu andata, Bella chiese piano, «Possiamo spegnere il fuoco,
adesso?»
«Non ti farà del male», disse Edward. «È contenuto dal camino.»
«Dormiresti a tuo agio se sapessi che c’è un serpente ‘contenuto’
qui vicino?»
Concesse il punto. Prese la bacinella che era stata usata per lavare i
capelli di Elizabeth e gettò l’acqua sulle fiamme. Forse si sarebbe abituata a
questo, col tempo. In un modo o nell’altro, doveva imparare ad accettarlo prima
dell’inverno, o sarebbero gelati.
La stanza era molto più buia, adesso, con solo poche candele ad
illuminarla. Le spense una ad una e lei si rilassò visibilmente. «Come sapevi
la storia di mia madre?» chiese Edward.
«Le selkie amano quella storia», replicò Bella. «La raccontiamo ai nostri
bambini.»
Lui esalò un respiro. «Bella, tu hai dei figli?»
«Non miei», disse lei.
Lui continuò, a denti stretti. «Hai un marito?»
Lei scosse la testa.
«Un amante?»
«Oh sì, di quelli un sacco», annuì lei entusiasta.
Edward non capì bene i sentimenti che gli provocò quella risposta.
Rabbia, gelosia, e abbastanza stranamente, si sentì ferito. Si pizzicò la
radice del naso. Sapeva che lei non aveva avuto la sua stessa educazione
morale, ma non era disposto a farsi cornificare da lei. «Ascoltami molto
attentamente, Bella. Tu non potrai avere nessun altro amante mentre sei con me.
Hai capito?»
Lei annuì di nuovo. «Questo lo so. Gli umani sono gelosi. Non devi
preoccuparti. Non posso andare a trovare nessuno di loro, comunque, perché tu
hai la mia pelliccia.»
«Potresti incontrare qualcun altro, qualcuno qui.» Era stranamente
difficile tirare fuori quelle parole. Doveva fare una riflessione profonda per
provare a capire quelle emozioni.
Gli occhi di lei si ammorbidirono. «No, Edward, non succederà. Tu mi hai
preso come tua moglie e io sarò leale nei tuoi confronti.» Sembrava comportarsi
come se si fosse trovata in un matrimonio combinato, qualcosa che non aveva
cercato, ma che doveva accettare. Fu sorpreso per la totale mancanza di
risentimento.
«Bene, bene», mormorò. «È tardi, dobbiamo andare a letto.»
Lei tirò giù le coperte e fece per salire sul letto. «No!» disse lui, più
bruscamente di quanto intendesse.
Lei si bloccò e lo guardò, sbattendo i grandi occhi scuri, confusa.
«Non puoi dormire qui», disse lui. «I domestici ti prepareranno il letto
nella camera delle signore.»
«Devo dormire sola?» chiese lei con voce scioccata.
Lui si schiarì la gola. «Io … Bella, er … non intendo giacere con te.»
Lei sembrò delusa. «Come potremo avere dei bambini, allora?»
Lui scosse la testa. «Io non voglio altri bambini, adesso. Elizabeth è
abbastanza per me.» Gli venne in mente una domanda. «I nostri bambini sarebbero
selkie?»
«No, solo due selkie possono avere un bambino selkie. I nostri bambini
sarebbero umani.» Sembrava rammaricata.
Lui imprecò dentro di sé, perché se avesse chiamato i domestici a
prepararle il letto, tutti avrebbero saputo che non dormiva con la sua nuova
moglie. Il pettegolezzo si sarebbe sparso dai domestici alle tenute confinanti
e presto tutto il Paese ne avrebbe parlato.
«Puoi dormire qui», disse. «Solo dormire, sia chiaro.»
Tirò due volte il cordone per chiamare il domestico addetto al suo corpo
e quando questi entrò, senza parlare Edward alzò le braccia per farsi
spogliare. L’uomo lo guardò stranamente quando Edward gli disse di lasciare la
sua biancheria di lino, perché Edward di solito dormiva nudo. Guardò Bella, che
sedeva sul letto, e lo guardava mentre si spogliava. Sentì la sua faccia
arrossarsi. Questo era un problema. Non aveva domestiche da signore per
spogliarla e Edward non si sarebbe certo offerto volontario per quel compito. Aspettò
che il domestico se ne andasse prima di dirle, «Dormi come sei.»
Lei sembrava perplessa. «Vestita?»
«Sì, vestita.»
Lei salì sul letto e si stese rigidamente. Edward fece lo stesso
dall’altra parte. Il letto del duca era enorme e si poteva comodamente dormire
in sei su quel materasso di piume, ma stanotte sembrava scomodamente stretto.
La vicinanza di Bella lo scherniva. La sua mente servizievole gli forniva
immagini di quello che poteva fare, e il tutto era peggiorato dal sospetto che
lei non avrebbe rifiutato i suoi approcci.
Sospirò. Le selkie erano strane creature.
Lei si agitò e si girò, strattonando il corpetto come se la soffocasse, e
provò a scalciare la gonna per liberare le gambe aggrovigliate col vestito.
Sospirò. Si contorse ancora un po’. Si tirò ancora il corpetto. Si dimenò.
Gemette silenziosamente sapendo che non sarebbe mai riuscita a dormire così. «Bella,
puoi toglierti il vestito», disse lui.
Lei si mise seduta e se lo tolse dalla testa, maniche cucite e tutto.
Lui provò a non guardare. Provò veramente a non guardare.
Guardò.
Il suo seno era pieno e rigoglioso, con capezzoli rosa come boccioli. Il
corpo di lui, praticamente morto negli ultimi due anni, si risvegliò
completamente e si mise sull’attenti.
Lei sospirò felice e si rimise giù, stendendosi sullo stomaco, il
lenzuolo alla vita. Appoggiò la testa sulle mani a mo’ di cuscino.
Provò a non guardare. Provò davvero a non guardare.
Guardò.
La sua schiena era come una pozza di crema, liscia e immacolata. Il
lenzuolo scivolò così in basso che poteva vedere la curva superiore del suo
rigoglioso fondoschiena e un accenno della fessura in mezzo. La lussuria lo
colpì, calore, bisogno, fame.
Non era un peccato concupire la propria moglie, ma Edward si sentiva
colpevole. Mi dispiace, Mary, pensò. Non era mai stato con nessun altra
che sua moglie, perché l’aveva amata dal momento in cui l’aveva vista e nessuna
le si poteva paragonare. I loro rapporti d’amore erano stati impacciati
all’inizio, ma poi avevano imparato l’uno il corpo dell’altro, negli anni, e
come darsi piacere.
La sua piccola moglie selkie dormiva pacifica, inconsapevole dello
sguardo bollente dell’uomo al suo fianco, inconsapevole di quanto lui la
volesse.
Staccò gli occhi da lei, ma ogni volta che li chiudeva, la sua immagine
sembrava inscritta all’interno delle sue palpebre. Provò a pensare alle Sacre
Scritture per scacciarla via ma la sua mente si riempiva del Cantico dei
Cantici. Imprecò silenziosamente e si alzò per ritirarsi nell’intimità del suo
guardaroba, ma quando tornò, il corpo che pensava di aver peccaminosamente
saziato, ritornò al suo agonizzante stato di eccitazione.
Sospirò e si stese. Sarebbe stata una lunga notte.
Si svegliò con le braccia piene di una calda, nuda selkie. Lui gemette e
lei si svegliò, sbattendo verso di lui i grandi occhi assonnati. Gli sorrise e
si accoccolò di più contro il suo petto. Emise un lamento di protesta quando
lui scivolò via.
Lui si alzò, assicurandosi che la sua camicia lo coprisse. «Ti manderò
una delle domestiche delle camere come cameriera finché non troveremo qualcuna
più adatta», disse, e corse a tirare il cordone del campanello. «Rimetti su il
vestito finché il domestico non avrà finito di vestirmi.»
Prese il suo pugnale incastonato di pietre preziose da sopra il comodino,
si punse il dito e fece cadere qualche goccia di sangue sulle lenzuola bianche.
Bella aggrottò la fronte confusa. «Cosa stai facendo?»
«Hai passato la notte nella mia camera come mia moglie», disse lui. «Se
non ci fosse sangue sulle lenzuola ci sarebbero dei pettegolezzi.»
La sua confusione non era diminuita. «Perché dovrebbe esserci sangue?»
Edward arrossì. Posò il pugnale e si leccò il dito. «Er … perché … Tu non
hai sanguinato la prima volta che sei stata con un uomo?»
Lei scosse la testa. «No.»
Lui sospirò. Davvero non voleva spiegarle la verginità. «Le donne umane
sì», disse brusco e si voltò mentre il suo domestico entrava nella stanza.
Edward saltò le abluzione mattutine perché era molto consapevole che la
sua nuova sposa era dall’altra parte delle cortine del letto. Non voleva che
sbirciasse.
Non appena vestito scappò via, dando ordine che qualcuno fosse inviato a
aiutare Bella. C’era una colazione con pane, formaggio e birra che lo attendeva
nella stanza appena fuori la sua camera da letto. Edward tracannò la birra, e
all’improvviso, essere tutto il giorno ubriaco come Emmett, non gli sembrò così
male, dopotutto.
«Fratello, devo parlarti», disse Emmett dalla porta. Edward gli fece
cenno di entrare e si sedettero entrambi al piccolo tavolo. Emmett occhieggiò
il boccale della birra e Edward silenziosamente glielo passò. Emmett prese una
coppa e se la riempì. «Penso che dovresti sposarla», disse lui. «In chiesa,
pubblicamente.»
«L’ho chiamata moglie davanti a testimoni», disse Edward. «È abbastanza
per essere legalmente sposati.» Dopo tutto, era quello che aveva dato modo a re
Enrico VIII di annullare il matrimonio con la sua quinta moglie, Kathryn
Howard, prima che fosse giustiziata per adulterio. Kathryn aveva un amante che
aveva chiamato “marito” di fronte ad alcuni amici. Questo era
sufficiente a fare di lei, legalmente, la moglie di Francis Dereham, e a
invalidare il suo matrimonio con il re. Nessuno, evidentemente, era stato
abbastanza coraggioso da puntualizzare che se lei non era mai stata legalmente
sposata con il re, non poteva essere accusata di adulterio. Usare la
logica con re Enrico, un uomo che poteva dire ‘Dio e la mia coscienza sono
in accordo perfetto’ e mantenere la faccia seria, era quantomeno un
proposito rischioso.
Emmett annuì. «È vero, ma hai pensato a quello che dirà la regina Maria?»
Edward emise un lamento. Non ci aveva pensato, in effetti. Per la prima
volta nella sua vita, il protocollo reale non aveva guidato le sue azioni. Il
suo sangue reale rendeva il suo matrimonio un affare di stato. Maria avrebbe
dovuto essere interpellata prima di ogni piano matrimoniale. Poteva insistere
per annullarlo a meno che lui non fosse stato formalmente sposato ai suoi
occhi, e questo significava un matrimonio cattolico.
«Adesso non posso farlo in ogni caso», disse lui abbassando la voce, nel
caso qualche domestico stesse origliando. «Bella non è una cristiana. Nessun
prete ci sposerebbe.»
«Sarà meglio che tu faccia qualcosa in proposito», disse Emmett, « e in
fretta. La regina Maria è intenzionata a riportare l’Inghilterra alla religione
cattolica, e nonostante proclami che non costringerà nessuno a tornare alla
Chiesa, penso che il papa la spingerà a purgare l’eresia dalle sue terre.»
«Bella non è un’eretica», disse Edward. «Non è mai stata cristiana,
quindi non può commettere oltraggio contro la fede.»
«Devi istruirla», replicò. «Deve almeno imparare a fingere, o ci metterà
tutti in pericolo.»
Edward sospirò e bevve un'altra coppa di birra.
«E già che siamo in argomento, sarà meglio restaurare la cappella», disse
Emmett.
Quando era sul trono, il giovane re aveva promosso molte riforme
protestanti nella Chiesa inglese, ed Edward si era conformato volontariamente,
dato che aveva lui stesso un orientamento protestante. Il cappellano della
tenuta, Padre Jacob, era cugino della moglie di Edward, che era l’unico motivo
per cui Edward non l’aveva cacciato via. Non gli era mai piaciuto Jacob e
sentiva che quel prete era un po’ folle. Mary, comunque, aveva insistito per
offrirgli un posto nella loro casa, e Edward aveva sopportato per tanti anni le
sue lunghe invettive alla messa della domenica.
Una volta passate le riforme (apparentemente aggiornate ogni anno con
nuovi cambiamenti) Edward aveva approntato una cappella protestante con un secondo
cappellano, mantenendo quella cattolica per Jacob. Edward aveva sempre pensato
che un giorno le rumorose intemerate di Jacob contro l’emergente fede
protestante l’avrebbero messo nei guai, ma adesso che la regina Maria era sul
trono, le vedute fuoco e fiamme di Jacob nei confronti dei protestanti potevano
di nuovo tornare a suo vantaggio.
Edward si passò la mano tra i capelli. Aveva una tenuta da amministrare,
una regina da placare e una moglie selkie da trasformare in una cristiana
gentildonna inglese.
E immaginava che l’ultima sarebbe stata la cosa più difficile da fare.
Note dell’autrice-
Mi sono presa alcune libertà storiche in
questo racconto. Gli appassionati dei Tudor noteranno che Edward dovrebbe
essere il Duca di Suffolk, e che Frances Grey dovrebbe essere sua sorella.
Però, io non sopportavo che quell’orrida donna fosse la sorella di Edward in
questa storia, così ho fatto in modo che Frances risultasse figlia di un altro
fratello o sorella innominati di Enrico VIII. C’è anche un certo dibattito sul
fatto se il matrimonio con Kathryn Howard fu veramente annullato, o se
semplicemente lei fu privata dei suoi titoli. Fu condannata per tradimento per
la legge che re Enrico approvò frettolosamente, che rendeva illegale per una
donna che il re voleva sposare, di nascondergli la sua storia sessuale, oppure “istigare”
un uomo a commettere adulterio con la regina.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/3/The-Selkie-Wife
Capitolo 3
Rimase seduta sul bordo del letto di Edward e aspettò. Edward aveva detto
che avrebbe mandato qualcuno a vestirla, cosa di cui, suppose, avrebbe dovuto
essere grata, dato che quei vestiti erano così complicati. L’ultima volta che aveva
passato del tempo sulla terraferma i vestiti erano molto più semplici.
Bella. Doveva cominciare a pensare a se stessa come Bella. Le erano stati dati
molti nomi-parola da quelli che l’avevano incontrata sulla terraferma, ma
questo doveva ricordarselo. Sembrava che sarebbe rimasta qui a lungo. Per
fortuna il suo nuovo marito sembrava gentile. Sapeva di selkie che erano state
catturate da uomini che gridavano e le picchiavano. La sua figlioletta era
adorabile e Bella sperava di poter passare più tempo con lei. Doveva
concentrarsi sulle cose positive della sua situazione.
Ogni cosa qui era dura e tagliente e asciutta, l’aria piena di
odori strani. Il letto su cui era seduta odorava di uccelli morti. Si alzò e
andò alla finestra. Lastre di vetro disegnate a diamante la coprivano, perciò
non poteva avere neanche un po’ d’aria fresca. Riusciva a intravedere il mare
dietro gli alberi. Premette la punta delle dita sul vetro, desiderando danzare
tra le onde.
Due giovani donne entrarono, le braccia piene di panni. Altri vestiti
della moglie di Edward. Non era inusuale per una nuova moglie ereditare le
vesti della prima moglie, specialmente se erano indumenti di valore, fatti con
stoffe sontuose come queste.
Un’altra donna seguiva con una bacinella di acqua fumante. Tutte si
inchinarono a Bella e lei annuì, come l’aveva istruita Edward. Le tolsero il
vestito verde, staccando le maniche. La donna che aveva portato la bacinella si
mise il vestito sul braccio e lo portò via.
Una delle donne bagnò un panno nell’acqua e cominciò a strofinare la
nuova duchessa come fosse un tavolo. Bella sopportò in silenzio, ma non capiva
perché dovesse strusciare così forte. Aveva un po’ di sale sulla pelle per aver
giocato con le sue amiche nell’oceano, ma non era sporca.
Bella sospirò dentro di sé. Gli umani erano strane creature, specialmente
il suo nuovo marito. Lui la voleva. Se ne era accorta. Quando si era svegliato
con lei tra le braccia, la mattina, era eccitato, ma non l’aveva toccata. Non
riusciva proprio a capire. E poi le aveva detto che non voleva bambini! Ogni
selkie che conosceva che era stata presa come moglie sulla terraferma aveva
bambini col suo nuovo marito. Lei aveva visto questo come una consolazione per
la sua cattività.
Una volta lucidata con una salvietta e dichiarata pulita, le donne le
calarono dalla testa una veste bianca di lino. Le maniche erano gonfie, fermate
ai polsi con un risvolto.
« Come si chiama questo?» chiese lei.
Le cameriere si guardarono l’un l’altra, e quella sulla sinistra le
rispose. «È la camicia, vostra grazia.»
«Grazie. Come ti chiami?»
Doveva aver fatto un errore a chiedere, perché le donne si scambiarono un
altro sguardo, sorprese. «Joan, se vi piace, vostra grazia.» Chinò la testa.
«E tu?»
«Anne, vostra grazia.»
Poi tornarono ai loro compiti. Alzarono le sue gambe una alla volta e ci
tirarono sopra dei tubi di stoffa. «Calze, vostra grazia», disse Joan quando
lei chiese. Furono legate al ginocchio con dei nastri.
Dopo quello, Joan nominò ogni indumento che le mettevano. Quello dopo era
chiamato «un paio di corpi» ed era un indumento senza maniche con delle stecche
di osso cucite all’interno di decine di piccoli canali. Davanti si allungava in
un punto fino a raggiungere quasi l’osso pubico di Bella. Anne tirò i
cordoncini finché non fu così stretto che Bella riusciva a malapena a
respirare. Il suo petto era completamente appiattito come andava di moda e le
sue spalle erano costrette all’indietro. Joan fece scivolare un pezzetto di legno
triangolare, chiamato busk, dentro una tasca di fronte.
Fecero poi passare una gonna bianca adornata di pizzo dalla sua testa e
la chiusero da dietro. Bella guardò giù e pensò che era davvero un bel vestito,
anche se un po’ scomodo. Ma non avevano finito.
Bella quasi si mise a ridere all’indumento successivo che le misero
addosso. Era la prima volta che vedeva un guardinfante, una sottoveste con
cerchi di salice cuciti dentro. Bella pensò che sembrava una gabbia per
uccelli. Sopra quella andarono altre due sottovesti.
Bella cominciava a stancarsi, incredula di fronte a tutti gli strati di
vestiti che si supponeva dovesse indossare. Le donne della terraferma facevano
questo ogni giorno?
Le misero il corpetto del vestito. Era senza maniche e con davanti un
taglio basso fuori moda , la scollatura sottolineata da grosse perle, senza il
colletto rialzato che era in voga. (A Bella piacevano le perle. Lei e le sue
amiche le raccoglievano e le usavano per giocare.) Era di velluto rosso, un
colore e una stoffa che potevano essere indossati solo da quelli sopra il rango
di barone, ricamato fittamente con fili d’argento. Si apriva di fronte e un
pannello di tessuto che si accoppiava col resto del vestito, chiamato
pettorina, fu fissato sopra con spilli d’oro.
L’indumento successivo fu la tunica argentata, su cui andava la sopragonna
di velluto rosso, aperta nel mezzo a rivelare la parte anteriore della tunica
sotto, e infine furono cucite le maniche. Queste erano a due strati, velluto
rosso sopra e delle enormi sottomaniche d’argento con degli spacchi nella parte
inferiore. Joan usò un piccolo gancio per tirare a sbuffo la camicia di Bella
attraverso di essi.
Bella barcollava sotto il peso di tutti quei vestiti. Non riusciva ad
alzare le braccia più in alto delle sue costole e non poteva piegarsi alla
vita, né prendere un respiro profondo. Il vestito stesso era troppo largo e
troppo lungo, quindi le donne si affrettarono a tirare su l’orlo, ma tutto il
resto era schiacciato e costretto. Perché, oh, ma perché non era stata
catturata da un povero contadino?
Anne spazzolò i lunghi capelli di Bella e poi li fermò in un crocchia
dietro la sua testa. Un fine copricapo di lino vi fu messo sopra e poi un
cappello che sembrava fosse stato schiacciato, piatto sopra e sporgente agli
angoli superiori. Un velo sottile e scuro pendeva dalla sommità, scendendo
sulle spalle di Bella.
Le scarpe, almeno, erano comode, fatte di morbido cuoio nero e basse.
Bella, naturalmente, preferiva stare a piedi nudi, ma queste non le
dispiacevano, così morbide e flessibili.
«Volete la colazione, vostra grazia?»
Bella scosse la testa. Non aveva fame. Sapeva che avrebbe dovuto averla,
dato che non mangiava dalla mattina precedente, quando aveva mangiato un po’ di
alghe prima di andare alla spiaggia ad incontrare le sue amiche.
«Dobbiamo riaccendere il fuoco, vostra grazia?»
«No!» disse Bella in fretta. Troppo in fretta, a giudicare dalle loro
espressioni.
Le due cameriere rifecero il letto, e si scambiarono occhiate
significative quando videro le macchie di sangue che Edward aveva creato
tagliandosi il dito. Lei si chiese cosa intendesse quando le aveva detto che le
donne umane sanguinavano la prima volta che giacevano con un uomo.
Quando le cameriere se ne furono andate, Bella tornò alla finestra a
guardare il mare. Si chiese come la sua famiglia avesse preso la notizia che
lei era adesso una moglie sulla terraferma. Sarebbero tornati al Mare Freddo
entro pochi giorni. La sua famiglia se ne sarebbe andata senza di lei o sarebbe
rimasta per starle vicino? Poteva essere che stessero già adesso alla spiaggia,
ad aspettarla, sperando che lei potesse far loro visita. Le si riempirono gli
occhi di lacrime e appoggiò la fronte sul vetro freddo.
«Bella.» Udì il suo nuovo nome e si voltò, vedendo Edward che entrava.
Lui si immobilizzò quando la vide, vestita come una donna della terraferma, e
la fissò, la bocca leggermente aperta.
«Mio signor marito», disse lei facendogli un inchino. Quando si rialzò,
calpestò l’orlo del vestito e perse l’equilibrio. Edward attraversò di corsa la
stanza e le mise le mani sulle spalle per stabilizzarla.
«Tu sembri … sembri … molto avvenente, Bella.» I suoi zigomi si
arrossarono lievemente.
«Grazie, Edward», replicò lei. «Anche tu sei molto avvenente.» E lui
divenne ancora più rosso al suo complimento.
«Bella, devo parlarti. Siedi, per favore.» Fece un gesto verso la grande
sedia di legno intagliato davanti al camino spento.
Lei ondeggiò e barcollò verso la sedia e si mise seduta. La parte
anteriore del suo guardinfante si alzò e la colpì al mento. Non le fece male,
ma rimase sorpresa. Edward scoppiò a ridere e anche lei rise un po’.
«Devi alzare il dietro del tuo vestito quando siedi.» Le mostrò come e
Bella ridacchiò alla buffa posizione di lui. Lei lottò per alzarsi dalla sedia,
ma rigida e appesantita, non riusciva a mettersi in piedi. Lui prese una delle
sue mani allungate e la aiutò. Lei afferrò la gonna sui fianchi come lui le
aveva fatto vedere e provò di nuovo, questa volta con successo. Il fatto era
che il suo corsetto le premeva sull’osso pubico e la rigidità non le permetteva
di appoggiarsi dietro. Era praticamente puntellata come una tavola contro un
muro.
«Alle signore non è permesso toccare lo schienale della sedia con le
spalle», disse Edward. Lei si protese, sedendosi dritta, impossibilitata a
piegarsi.
Lui le sorrise. «Perfetto. Bella, che cosa sai della Cristianità?»
«Sono battezzata», offrì lei. Uno dei suoi amanti, un prete irlandese,
aveva insistito tanto su questo. Lei non aveva idea del perché essere inzuppata
nella sua acqua avrebbe portato via i peccati più che nuotare nel mare, ma lui
sembrava dare molta importanza a quella cerimonia.
La sua risposta sembrò compiacere grandemente Edward. «Conosci il nostro
catechismo?» chiese.
Lei scosse la testa. Neanche la parola le era familiare.
Lui sospirò. « Voi … voi selkie avete una religione?»
«Sì, ce l’abbiamo, ma diversa dalla vostra.»
«Come lo sai?»
«Facevo visita a un prete. Mi ha parlato un sacco del vostro Gesù.»
Lui si accigliò. «Visita?»
«Era il mio amante», chiarì Bella. Perché sembrava così sconvolto da
questo? «Ma era più di cento anni fa,» aggiunse lei. «È morto da tanto tempo,
ormai.»
Edward sembrò leggermente sollevato. «Bella, tu non devi mai parlare di
lui con gli altri. O di nessuno dei tuoi altri amanti. O del fatto di vivere
più a lungo della durata di una vita umana. Capisci?»
«Farò come chiedi», disse piano Bella.
Lui sembrava frustrato. «Provvederò a un sacerdote che ti dia
un’istruzione religiosa. Mia cugina, la regina Maria, è molto … fervente
nella sua fede. È importante che tu non la offenda o appaia eretica.»
«Imparerò», promise lei.
«C’è qualche possibilità che tu ti converta?» Sembrava triste, mentre lo
diceva, e lei si chiese se, come il suo prete, non credesse che sarebbe andata
all’inferno non essendo una cristiana.
Lei scosse la testa. «Mi piace di più la mia religione.» Nella sua fede,
l’inferno era riservato a quelli che erano crudeli con gli altri e non c’erano
regole infinite e confuse a governare il loro comportamento. Il Dio di Bella
voleva che le sue creature fossero felici, e Lui sorrideva vedendole giocare.
Da quello che sapeva degli umani, loro non giocavano molto e il loro Dio
sembrava essere arrabbiato con loro.
Sospirò. Adesso sembrava che avrebbe dovuto imparare anche tutte quelle
regole, insieme alle buone maniere e ai costumi del popolo di Edward. Non
sarebbe stato un compito facile. Un mare di tristezza la riempì mentre
paragonava questo alla sua vita semplice come selkie, l’inseguimento degli
amici nelle foreste di alghe, la sua pelliccia l’unica cosa da indossare e
l’unica regola da ricordare, essere gentili con gli altri. Le lacrime le
pizzicarono gli occhi.
«Ti prego, non piangere», disse lui piano. «Io ti aiuterò, Bella. So che
ti sto chiedendo molto, ma ti prometto che proverò a farti felice mentre sei
qui.»
Lei sperava che fosse possibile.
«Non mangia», disse Emmett.
«Hmm?» Edward stava ascoltando il suo musico strimpellare la lira e
cantare una lamentosa canzone d’amore.
«Ho detto, non mangia», ripeté Emmett. Inclinò la testa in direzione di
Bella.
Lei sedeva quieta, le mani in grembo, gli occhi fissi sul piatto davanti
a lei. Una cameriera inginocchiata di fianco a lei, teneva un tovagliolo e una
vaschetta piena, e il suo compito era tenere il panno di fronte a Bella se
avesse avuto bisogno di sputare un nocciolo o un osso.
«Non ha mangiato tutto il giorno, e non ha mangiato neanche ieri.» Emmett
ondeggiava sulla sua sedia, già ubriaco a mezzogiorno e probabilmente destinato
a restarci. Comunque sembrava che il suo spirito di osservazione non fosse
diminuito dalla sua quasi costante intossicazione.
Edward si chinò e parlò con Bella, che sobbalzò al suono della sua voce.
«Il cibo non è di tuo gradimento, mia signora moglie?»
«Chiedo perdono, mio signor marito», replicò Bella, e lui sentì una fitta
di orgoglio al suo garbo. «Non ho fame.»
«Mia signora, tu devi mangiare», disse lui. «Ti ammalerai, se non
lo fai.» Lui si guardò attorno e adocchiò un piatto di fichi zuccherati. Fece
un gesto e il domestico glieli portò immediatamente. «Prova questi. Sono sicuro
che ti piaceranno.»
Bella, obbediente, prese un fico, lo tagliò col coltello e se lo mise in
bocca. Masticò e ingoiò, la faccia impassibile. «Molto buono, mio signore.»
«Prendine un altro», la blandì.
«Perdonami, ma non posso», disse lei piano.
Lui sospirò e si appoggiò allo schienale della sua sedia. Avrebbe dovuto
parlare col suo dispensiere per assicurarsi che le fossero presentati più
piatti a base di verdure. Magari avrebbero trovato qualcosa che avrebbe tentato
il suo appetito.
«Posso essere scusata, mio signore?» chiese lei.
Lui annuì e lei corse via, i cerchi che ondeggiavano in modo allarmante
intorno alle sue gambe. Non aveva ancora imparato l’andatura appropriata di
piccoli passi, ad evitare di dondolare come una campana. Un’altra delle
migliaia di cose che doveva ancora insegnarle.
Era così bella quella mattina che il cuore gli aveva fatto male alla sua
vista, eppure una piccola parte di lui pensava che lei apparisse ancora più
bella quando era selvaggia, non ingabbiata nell’abbigliamento di una duchessa.
Avrebbe desiderato poterle permettere di indossare qualcosa di semplice e
comodo, ma questo sfidava l’ordine sociale. Alcuni l’avrebbero considerato
assolutamente peccaminoso, poiché questo ordine sociale era stato decretato da
Dio, e ognuno doveva vivere secondo la propria posizione nella vita.
«Si sta struggendo», l’avvertì Emmett.
Lui aveva paura di questo, ma non sapeva cosa fare per impedirlo, come
farla felice nella sua nuova vita. Un pensiero gli attraversò il cervello e si
illuminò. Sì, questo è quello che avrebbe fatto.
Finita la cena, salì di sopra e trovò Rosalie appollaiata su una sedia
vicino alla finestra nel corridoio. «Qualche novità?» chiese lui tagliente.
Dov’era sua figlia?
«Sua grazia mi ha congedato», disse Rosalie cupa. «Sta giocando con la
bambina.»
Edward aprì la porta della nursery e trovò Bella seduta al piccolo tavolo
con Elizabeth, a giocare a Filetto. Stava ridendo mentre Elizabeth formava una
fila di tre pedine e ne prendeva una di Bella. Elizabeth ridacchiò e batté le
mani, ma le rioffrì indietro la pedina, misericordiosa nella sua vittoria.
Edward entrò e sentì una fitta di dispiacere quando la risata di Bella si
spense alla sua vista.
«Prego, continuate», disse lui e si mise seduto vicino a loro a guardare.
Dopo poco tornarono alle loro risatine. Mentre giocavano, Elizabeth
chiacchierava senza sosta, parlando a Bella dei suoi progressi con le lettere,
del maestro di musica che l’aveva lodata per una canzoncina che aveva imparato
a suonare alla spinetta e della rana che aveva trovato in giardino durante la
sua passeggiata mattutina, che Rosalie non aveva lasciato che tenesse. Seppe
più di sua figlia mentre le guardava giocare di quanto non avesse imparato
negli ultimi sei mesi messi insieme.
«Rosalie ha fatto bene a non farti tenere la rana. Lei è selvatica e le
cose selvatiche devono essere libere, per essere felici.»
Edward trasalì, e fu felice che Bella non stesse guardando nella sua
direzione.
Elizabeth si stava divertendo tanto che non le importava neanche di aver
vinto. Cominciò a raccogliere le pedine con le mani paffute. «Ancora!» disse.
«Non posso», disse Bella a malincuore. «Il tuo signor padre desidera la
mia compagnia.» Lui le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi. Elizabeth mise un
po’ di broncio, ma si alzò e si inchinò educatamente, guadagnandosi un colpetto
in testa da suo padre. Mentre uscivano passarono vicino a Rosalie, e la donna
ancora non incrociava lo sguardo di Bella. Corse nella nursery e chiuse la
porta.
Edward condusse Bella nella sua camera da letto, al tavolo su cui era la
scatola che aveva preso dalla sua camera di sicurezza. «Questi sono per te»,
disse, aspettandosi la sua delizia.
Bella aprì e guardò dentro, a collane, spille, braccialetti, tutto
brillante e scintillante.
«Queste sono le gemme della duchessa», disse lui. Lei non sembrava
capire. «Sono tue, adesso.»
Lui prese su una collana di rubini e la drappeggiò intorno al suo collo.
Ogni gemma rosso sangue era grande come un uovo di quaglia, circondato di
diamanti. Lui andò al suo armadio e lo aprì, prendendo il suo prezioso specchio
di vetro. Lo tenne su per lei e allora lei boccheggiò, allungando la
mano per toccare la superficie dello specchio e poi il proprio viso. Allungò
il collo e lo guardò dietro, coperto da una cornice di legno dorato e poi di
nuovo al riflesso.
«Volevo che guardassi la collana», disse lui in tono ironico. Gli specchi
erano rari e costosi, ma la collana era un vero tesoro, e lei l’aveva a
malapena guardata.
Lei abbassò gli occhi dal riflesso alle gemme e annuì. «Grazie per le
pietre lucenti.»
Voleva alzare le mani sconfitto, ma gli veniva anche da ridere.
«Posso tornare a giocare con Elizabeth adesso?» chiese lei.
Lui annuì e lei corse via.
Era Elizabeth la chiave? Bella sembrava più felice quando stava in
compagnia di Elizabeth, e la bambina evidentemente la adorava. Forse avrebbe
dovuto incoraggiarla a passare del tempo con sua figlia, e se si fosse trovata
nella nursery al momento dei pasti, forse poteva convincerla a mangiare. Con
questo pensiero in testa, se ne andò a rispondere alla sua corrispondenza fino
all’ora di cena.
«Non mi piace», si lamentò Elizabeth quando Bella provò a farle mangiare
il purè di porri.
«Ma la tua nuova mamma lo mangia. Vedi?» disse Edward.
Bella, servizievole, mangiò una cucchiaiata di porri.
Lui era cautamente ottimista. In questo modo era riuscito a mettere un
po’ di cibo nello stomaco a Bella. Non aveva ancora mangiato abbastanza, ma era
un miglioramento.
Elizabeth fece il broncio ma infilò i porri in bocca. Era appena stata
svezzata; i bambini Tudor venivano a volte allattati fino all’età di cinque
anni, ma Edward pensava che la bambina doveva cominciare a introdurre cibo
solido. Rosalie aveva protestato all’idea, ma aveva l’impressione che fosse più
paura di perdere il suo lavoro che vera preoccupazione per Elizabeth.
Erano seduti intorno al piccolo tavolo della nursery. Questa era la prima
volta nella vita adulta di Edward che cenava senza tutte le cerimonie di dodici
domestici che preparano, servono, tagliano e presentano piatti. Due domestici
erano alla porta, uno con una brocca di vino. Edward scoprì che gli piaceva
quella semplicità. Non poteva mangiare qui ogni sera, ovviamente, ma poteva
essere un cambiamento piacevole, una volta ogni tanto.
Dopo cena, Bella ed Elizabeth giocarono ancora mentre Edward guardava.
Non poteva spiegare perché trovava così affascinante guardare Bella, ma non
riusciva a staccare gli occhi da lei. Ogni volta che lei rideva, il suo cuore
accelerava e restava col desiderio di sentirlo di nuovo.
Giocarono su una tavola forata un gioco che si chiamava Volpe e Oca,
finché Rosalie non entrò nella stanza e annunciò che era l’ora di dormire per
Lady Elizabeth. Il broncio di Elizabeth rischiava di diventare un capriccio
vero e proprio, ma Bella, con calma ma fermamente, insisté che doveva obbedire.
Baciò la bambina, che corse verso Edward, guardandolo con occhi imploranti che
chiedevano di salvarla dall’andare a dormire. «Ti benedico, tesoro», disse
baciandola sulla testa. «Ora vai.»
Elizabeth sospirò drammaticamente ma andò.
«Mia signora, posso accompagnarti alle tue stanze?» chiese Edward
offrendole il braccio dopo averla aiutata ad alzarsi dalla sedia.
«Le mie stanze?» ripeté lei con voce debole.
«Sì, ho fatto pulire e arieggiare le tue stanze dalle cameriere, oggi.»
Bella lo guardò con quegli occhi scuri e limpidi che gli facevano
sciogliere qualcosa dentro ogni volta che li vedeva. «Devo dormire da sola
adesso?»
«Sì», disse lui fermo.
Il labbro inferiore di lei cominciò a tremare.
«Per l’amor di Dio!» mormorò Edward. Si sta struggendo, aveva
detto Emmett. Si fermò alla propria stanza invece che andare oltre verso quella
di lei. Il suo domestico era già sistemato a dormire accanto alla porta, ma si
affrettò a inchinarsi. Edward la condusse nella sua camera e notò che non
sembrava più che stesse per piangere.
«Chiamerò le tue cameriere», disse lui. «Tieni addosso la camicia.»
«Edward?» Lei si torceva nervosamente le mani.
«Sì, Bella?»
«Perché non vuoi giacere con me?»
Lui spostò lo sguardo. «Non posso.»
Lei sembrò colpita. «Non funziona?»
Lui fece una gran risata. «No, funziona benissimo. Io – io sono ancora in
lutto per mia moglie, Bella.»
«La amavi.» Era un’affermazione, non una domanda.
«Sì.» Si mise seduto su una sedia, passando la mano tra i capelli.
«E lei ti amava?»
«Sì.»
«Non pensi che vorrebbe che tu fossi felice? Io vorrei che l’uomo che ho
amato ballasse e cantasse e avesse un sacco di bambini.»
«Mi sembra di esserle infedele», confessò Edward.
Bella lo guardò pensierosa per un momento e poi si avvicinò. Più vicina.
Si mise tra le sue ginocchia. Più vicina. Finché lui sentì il calore che
irradiava dal suo corpo. Gli si fermò il respiro in gola. Quegli occhi scuri lo
catturavano. Lei avvolse le braccia gentilmente intorno al suo collo, la punta
delle dita che accarezzava i suoi capelli. Il cuore gli martellava.
Lentamente, così lentamente, lei abbassò il viso verso quello di lui,
finché furono solo a pochi centimetri. Doveva essere la magia selkie, perché
lui era gelato sul posto mentre le labbra di lei si abbassavano sulle sue.
Morbide … Dio, com’erano morbide. Lui gemette piano e se la portò in
grembo e la baciò nel modo che aveva desiderato dalla prima volta che l’aveva
vista sulla spiaggia. Staccò le labbra. «Bella, non posso.»
«Puoi», disse lei. Si tolse il copricapo e lo appoggiò sul bracciolo
della sedia, gli girò un poco le spalle e allungò la mano per tirare i lacci.
La bocca di lui divenne secca. Lussuria. Non era un peccato, ricordò a se
stesso, non verso la propria moglie, ma oh Dio, bruciava dentro di lui con una
improvvisa e terribile intensità. Doveva averla.
Lei non poteva svestirsi, ma che fosse dannato se avrebbe chiamato adesso
una domestica. Le tirò via la pettorina facendo volare le spille, le strappò i
lacci, e le dita impacciate dalla fretta li intrigarono e annodarono. Edward
ringhiò per l’impazienza, prese il suo pugnale dalla cintura e li tranciò di
netto, lasciandoli cadere a caso sul pavimento. Tunica, sottoveste e
guardinfante subirono lo stesso trattamento. E poi lei fu di fronte a lui,
gloriosa nella sua nudità. Lui gemette, strattonandosi il farsetto, strappando
i bottoni. Se lo tolse e lo buttò sul pavimento, seguito subito dalla camicia
di lino.
Si tirò via le calze e si tolse la conchiglia che gli copriva l’inguine,
nudo adesso come lei. Bella non era timida. Lei esaminò il suo corpo, gli occhi
brillanti e accesi di desiderio come dovevano essere i suoi. La prese su e la
portò sul suo letto, mettendo da parte il copriletto con una mano e poggiandola
sulle lenzuola bianche. Lei aprì le braccia per lui e lui vi si lanciò
impaziente, baciandola profondamente.
Sua moglie era sempre stata una partner timida a letto, gentile e schiva.
Bella era impaziente e andava incontro all’aggressività di lui con la propria,
portandolo a una frenesia ancora maggiore. Baciò, leccò e succhiò ogni parte
del suo corpo scendendo. Quando raggiunse il suo obiettivo, alzò lo sguardo su
di lei per il suo permesso. Non aveva mai fatto questo, prima, ma Emmett era
stato molto esplicito nelle descrizioni delle sue conquiste. Aveva detto che
rendeva le donne pazze di desiderio, ed era così che voleva Bella. Lei lo
guardò semplicemente come a chiedere che cosa stesse aspettando.
Emmett aveva ragione, pensò, stordito. Ascoltò con attenzione i suoi
gemiti per essere guidato verso quello che le dava maggior piacere. Le sue
cosce si serrarono contro la sua testa così forte che lui pensò che avrebbe
potuto spaccargliela come una noce. Lei lo tirò verso di sé finché lui cedette
e scivolò di nuovo sopra il suo corpo. «Tocca a te», disse lei, gli occhi scuri
peccaminosi.
Era un’altra cosa che Emmett gli aveva descritto, ma in questo caso,
aveva pensato che Emmett esagerasse. I suoi occhi rotearono all’indietro per il
piacere quasi d’agonia della sua bocca calda su di lui. Doveva fermarla. Era
troppo. Non sarebbe mai durato. La girò sulla schiena e si mise tra le sue
gambe. Fece scivolare giù una mano per assicurarsi che fosse pronta e gemette
quando scoprì quanto era pronta. Cominciò con attenzione a scivolare
dentro di lei, spinto dai suoi ansiti contro l’orecchio. Lentamente, lentamente,
con attenzione …
Bella imprecò e lo spinse, sbattendolo sulla schiena. Prima che sapesse
cosa stava accadendo, lei era sopra e spingeva su di lui, avviluppandolo fino
in fondo nel suo calore. I capelli di lei si erano liberati delle forcine e le
scendevano sui fianchi, una cortina scura che li avvolse entrambi quando lei si
chinò a baciarlo. Lei cominciò a muoversi e lui perse completamente la presa
tenue che aveva ancora sul suo controllo, spingendo contro di lei selvaggiamente.
La sentì gridare e le sue contrazioni di piacere lo spinsero verso il suo.
Lei crollò sul suo petto boccheggiando, la pelle ricoperta di sudore,
come quella di lui.
«Ti ho fatto male?» chiese lui quando riacquistò la capacità di parlare.
«Per niente», le assicurò, accoccolandosi contro di lui con un sospiro
soddisfatto.
Era riuscito a resistere alla sua sposa selkie un’unica notte. Mary
sarebbe stata delusa da lui, o aveva ragione Bella dicendo che lei avrebbe
voluto che trovasse di nuovo la gioia nella vita? Stava ancora ponderando
questo punto quando si addormentò, con Bella tra le braccia.
Note storiche dell’autrice
Il Catechismo della Chiesa Cattolica non fu stabilito fino al Concilio di
Trento nel 1566, e non era in origine destinato ai laici, ma piuttosto al clero
come una specie di manuale di istruzioni. Il Catechismo della Chiesa Anglicana
fu scritto nel 1537, e sembra che sia stato pesantemente influenzato da quello
che Lutero scrisse nel 1529.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
“THE
SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate
A
questo indirizzo potete trovare la versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/4/The-Selkie-Wife
Capitolo 4
Edward
si svegliò, così come la mattina precedente, con le braccia piene di una selkie
calda, morbida e nuda. La sua schiena era contro il suo petto, il suo capo
appoggiato sul suo braccio e l’altro braccio di lui era intorno alla sua vita.
Incapace di resistere, accarezzò la sua pelle di seta.
«Mmm»,
lei si girò tra le sue braccia per guardarlo, un sorriso dolce e assonnato sul
viso.
«Sembra
che la tua magia selkie funzioni anche quando dormi», disse Edward con un
sorriso.
Lei
rise. «Quale magia?»
Lui
fece una pausa. «Intendi che … tu non … non hai il potere di far sì che gli
umani ti desiderino?»
Lei
gli si accoccolò contro. «Se ce l’avessi, sarei stata qui molto prima.»
Edward
si stese all’indietro scioccato, fissando il soffitto pannellato con le travi a
vista. Se non era stato il suo incantesimo, quell’ondata di lussuria che
l’aveva trascinato, veniva da dentro. Scoprire un aspetto sconosciuto della
propria personalità alla venerabile età di ventisette anni era più che un po’
inquietante.
Sentiva
che avrebbe dovuto pentirsi di quello che aveva fatto, che doveva sentirsi
colpevole per la ferocia che aveva avuto, o per aver giaciuto con una donna che
non era Mary, ma non sentiva niente di tutto questo. Si sentiva … felice. Era così strano che non
riuscisse a identificare questa sensazione, prima.
«Ci
sarà un bambino?» le chiese.
Lei
scosse la testa. «Devo volerlo, perché succeda, e tu hai detto che non volevi
altri figli oltre Elizabeth.»
Rimase
stranamente deluso, e non capiva perché. Forse avrebbe dovuto darle un figlio.
Dopo tutto quello che lei gli aveva dato e i cambiamenti drastici che lui le
aveva chiesto, di certo le doveva qualcosa, ma si sarebbe messo nella
situazione in cui si trovava con Elizabeth: un figlio senza una madre.
Lei
si stirò lussuriosamente e lui approfittò dell’opportunità per guardare il suo
corpo. Lei sue lunghe braccia bianche erano alzate sopra la sua testa, alzando
il suo seno già alto e sodo. I ciuffetti di peluria sotto le ascelle erano
dello stesso colore della peluria delle sue (Edward non poteva neanche pensare
la parola che usava Emmett) parti femminili. Bella notò il suo sguardo e piegò
il dito verso di lui, gli occhi socchiusi dal desiderio.
Qualcuno
si schiarì la gola fuori dalle cortine del letto. «Vostra grazia?»
«Più
tardi», disse Edward.
«Ma,
vostra grazia …»
Lui
passò le mani sul corpo di seta di sua moglie, esplorando le parti che per lui
avevano un fascino particolare. «Ho detto più
tardi!» scattò Edward. Le labbra di Bella trovarono un suo punto sensibile
e lui boccheggiò. Lascia che la servitù aspetti. Lascia che tutto il mondo
aspetti.
Le
vite dei nobili lasciavano davvero poco spazio alla privacy. I domestici di
norma dormivano nella stessa stanza del signore o della signora; l’unica privacy
che avevano marito e moglie, era quella cui provvedevano le cortine del letto.
Perciò, Edward non era turbato sapendo che i domestici erano a poca distanza da
lui mentre faceva l’amore con sua moglie, né Bella, che aveva vissuto la
maggior parte della sua vita all’aperto, era imbarazzata da qualcosa che era,
per lei, naturale come respirare.
Riemersero
quasi un’ora dopo, ancora arrossati e un po’ sudati per lo sforzo. Tutti e due
furono lavati dai domestici, e Bella dovette sopportare il lungo e sgradevole
processo della vestizione. Invidiava Edward, che finiva nella metà del tempo e
vestiva panni molto più confortevoli. Le baciò la mano, e lei fu stupita dal
calore nei suoi occhi.
Il
suo maggiordomo parlò. «Chiedo perdono, vostra grazia, ma i richiedenti sono
arrivati.»
Edward
sospirò.
«Cosa
significa, mio signor marito?» chiese Bella.
«Oggi
è il mio giorno di tribunale, quando ascolto casi e petizioni della mia gente»,
spiegò Edward. Era un sistema gerarchico e strettamente controllato di
governare. I proprietari terrieri locali si appellavano ai baroni, i barono ai
conti, i conti ai duchi. E ognuno di loro aveva il proprio tribunale, popolato
da quelli sotto il proprio patrocinio. In apparenza, tutti quelli che erano
sulle terre di Edward potevano rivolgersi direttamente a lui per la riparazione
dei torti subiti, ma in realtà, che un caso fosse sentito o no dipendeva da
quanto la persona in questione era disposta a corrompere con una
bustarella il maggiordomo di Edward, così come la determinazione ad essere
ascoltato.
«Vuoi
fare colazione con me, mia signora moglie?» chiese Edward quando fu finalmente
completo il processo di vestizione di Bella. La colazione era il pasto più
informale della giornata, che poteva fare da solo nella propria camera. Sul tavolo
c’era una brocca di birra con un cestino di pane bianco e una selezione di
formaggi e carni fredde. Queste ultime Bella non le avrebbe toccate, lo sapeva,
quindi le offrì i formaggi e il pane con una coppa di birra.
Lei
mordicchiò il pane.
«Bella,
ti prego, mangia», disse lui piano.
«Ci
provo», disse lei. «Ma non ho appetito.»
Lui
sospirò. «C’è qualcosa che ti attira?»
«Alghe
fresche», disse lei prontamente. «Un po’ di alghe fresche e succose.» Si leccò
le labbra, e lui si sentì attraversare da un fulmine di lussuria, anche se
stava considerando il problema che lei gli stava presentando. Forse poteva
mandare fuori Emmett con una piccola barca … Sospirò di nuovo. Non poteva
farlo. Quello pazzo ubriaco sarebbe probabilmente affogato.
Bella
era meravigliosamente abbigliata in un abito di seta blu, con diamanti ricamati
in forma di costellazioni. Aveva lanciato una moda alla corte di Edward quando
sua moglie l’aveva indossato, le contesse e le baronesse presenti che
danzavano, sperando in una posizione come dame di compagnia per le loro figlie
o forse in un posto per i loro figli nella magione di Edward, si affrettarono a
ordinare vestiti con un disegno simile, con la stoffa e le pietre che potevano
permettersi.
I
nobili erano le celebrità di quei tempi, e tutto quello che facevano era
guardato con avidità e oggetto di pettegolezzi. I vestiti e le pettinature
diventavano di moda, e il popolo le copiava come poteva, al meglio delle
proprie possibilità finanziarie. Anche come pronunciavano le parole, diventava
una moda. Oggi, la sala era affollata di persone che volevano vedere la nuova
duchessa, che si diceva fosse una donna selvaggia del Nuovo Mondo.
Nella
grande sala, Bella si mise seduta, sulla piattaforma vicino ad Edward, su una
seggiola leggermente più piccola. La stanza era piena di gente, le voci
arrivavano al soffitto. Alcuni erano ben vestiti, di sangue nobile, altri erano
della piccola nobiltà locale e proprietari terrieri, e c’erano anche una
manciata di contadini che sembravano appena arrivati dai campi. Alcuni venivano
a guardare, alcuni a tentare una petizione, altri erano venuti per vedere ed
essere visti. Il profumo dei ricchi competeva col fetore dei corpi non lavati,
con l’odore del fumo di legna e delle candele che si scioglievano. C’erano saluti
di vecchie conoscenze e chiassose discussioni sui casi che dovevano essere
presentati a Edward. Quando Edward aveva l’abitudine di fare cene di gala,
quelli cui non era garantito sedere a tavola, venivano a guardare nella
galleria del pubblico lungo i lati della stanza.
Il
maggiordomo richiamò all’ordine la sala, e cadde un rispettoso silenzio. Si
misero in ordine istintivamente, secondo il rango, i più poveri verso il fondo
della sala dove dovevano piegare il collo e alzarsi sulla punta dei piedi per vedere.
I richiedenti aspettarono e sperarono che il maggiordomo chiamasse i loro nomi,
così che potessero avvicinarsi e presentare il loro caso.
Le
petizioni non erano particolarmente interessanti per Bella, avevano a che fare
più che altro con l’amministrazione delle proprietà. Lasciò la mente vagare
durante le discussioni sui metodi di lavorazione della lana e se si doveva o no
espandere l’impresa di allevamento di cavalli di Edward.
Per
essere un duca, Edward era straordinariamente democratico. Aveva ordinato al
suo maggiordomo di permettere ad alcuni casi di contadini di comparire davanti
a lui.
Il
caso riguardava un uomo che aveva affittato il suo toro da monta a un altro
abitante del villaggio. Mentre era in possesso dell’affidatario, il toro si era
ammalato ed era morto. Il proprietario insisteva che l’affidatario non si era
preso cura a dovere del toro, e questo aveva portato al suo decesso, e quindi
doveva essere responsabile della sua sostituzione.
Edward
non era d’accordo, e disse che gli animali si ammalavano naturalmente per
ragioni note solo a Dio, e che l’affittuario non poteva essere considerato
responsabile.
«Ma,
mio signore, io dipendevo dai profitti di quel toro per far passare l’inverno
alla mia famiglia, finché non ci sarà di nuovo lavoro nei campi», protestò
disperatamente il proprietario.
Bella
mise una mano sul braccio di suo marito. «Chiedo venia, mio signor marito»,
sussurrò. «Ma posso parlare?»
Edward
fu stupito dalla sua interruzione, ma sapendo che Bella non era usa a questo
tipo di procedimenti, decise di permetterle di parlare.
«Vostra
grazia, non posso fare a meno di sentire pena per quest’uomo», disse piano. «Il
suo sostentamento è scomparso senza colpa da parte sua, e la sua famiglia
dipenderà dalla carità di vostra grazia per sopravvivere all’inverno. Non
potremmo sostituire il suo toro? Il costo non è alto per noi, ma per
quest’uomo, la sua perdita significa l’indigenza. Sicuramente il costo del
mantenimento della sua famiglia attraverso le elemosine per tutto l’inverno
sarebbe simile se non più grande.»
Edward
fissò sua moglie. Aveva ragione, naturalmente. Il costo della sostituzione del
toro sarebbe stato inferiore che se si fosse comprato un nuovo paio di stivali
da cavallo, e avrebbe evitato che l’uomo diventasse un salasso per le risorse
di carità. Lui semplicemente non aveva pensato a che grande peso avesse nella
vita del contadino la morte del toro, dato che per lui, un toro o due era
irrilevante. La sua mente correva. Dal punto di vista pratico, la benevolenza
derivante dalla sostituzione del toro sarebbe valsa probabilmente tre volte il
suo prezzo, e dal punto di vista umanitario, sarebbe stata una gentilezza che
avrebbe evitato a una famiglia di soffrire la fame per una stagione.
Bella
si dimenò a disagio sulla sua seggiola, sotto lo sguardo di Edward, perché era
preoccupata di aver oltrepassato i suoi limiti, ma lui all’improvviso sorrise e
le diede un colpetto sulla mano. «Sei saggia e di buon cuore, mia signora
moglie», disse lui. Alzò la voce in modo da essere sentito in tutta la sala.
«Non c’è colpa nella morte del toro, ma non voglio che tu debba soffrire per
questo, buon uomo. Farò in modo che ti venga dato un altro toro dei miei
allevamenti.»
L’uomo
rimase a bocca aperta all’inaspettato premio. Cadde in ginocchio guardando
avanti e indietro dal duca a Bella e poi scoppiò in rumorose lacrime di
gratitudine. «Grazie, vostra grazia!»
Edward
era deliziato da questa reazione. Il racconto della sua generosità si sarebbe
diffuso per le sue terre, facendo crescere considerevolmente la sua popolarità.
Immaginava che avrebbe dovuto rimpiazzare un bel po’ di galline e maiali, dato
che la domanda si sarebbe accresciuta una volta che altri avrebbero saputo, ma
sapeva che la loro gratitudine avrebbe dato come risultato una maggiore resa
nel lavoro e una maggiore onestà. Perché non ci aveva mai pensato prima?
Silenziosamente ringraziò Dio per la sua nuova moglie, che gli aveva aperto gli
occhi a un mondo di possibilità. Lui poteva essere la fredda e calcolata
ragione per i suoi possedimenti, e lei il suo cuore.
Sorrise
a Bella e un altro strato del ghiaccio intorno al suo cuore cominciò a
sciogliersi.
Quando
arrivarono all’ora di pranzo, Edward stava morendo di fame ed era impaziente
con la cerimonia con cui veniva presentato il cibo. Bella col cucchiaio
spostava la sua verdura nel piatto e Edward sospirò. Fece un gesto al domestico
che era addetto alla brocca del vino. «Fai venire qui il cuoco.»
«Il cuoco, vostra grazia?» Anche se
il duca poteva mandare istruzioni o richieste al cuoco tramite gli altri
servitori, era una rarità che un domestico della cucina potesse veramente
posare gli occhi su sua grazia.
«Sì,
il cuoco», ripeté Edward. Buttò il suo cucchiaio nel piatto con un acciottolio.
Poco
dopo, il cuoco fu portato lì davanti, sudato per l’ansia. Aveva un grembiule
pulito, indossato in fretta e furia per l’incontro con un personaggio di grado
così elevato. Si mise in ginocchio accanto alla tavola e attese di essere
interpellato.
«Avete
delle alghe nelle cucine?» chiese il duca.
«V-vostra
grazia?» balbettò lui. «Alghe?»
«Sì,
alghe. Erbe di mare.»
Il
cuoco pensò per un momento poi si illuminò. «Le abbiamo, vostra grazia. Si
usano nei barili in cui si tiene il pesce.»
Edward
scosse la testa. «No, io intendo alghe fresche. Non è in qualcuno dei nostri
piatti?»
«I
poveri le usano per fare la lattuga di mare, vostra grazia. Viene seccata e poi
tagliata a pezzetti, e ne viene fatta una pasta che può essere mangiata cruda o
fritta.»
Edward
sospirò. «È tutto.» Fece un gesto con la mano per congedarlo. Il cuoco si alzò
in piedi e uscì all’indietro dalla stanza, inchinandosi per tutto il tempo.
Lui
si voltò verso Bella. «Unisciti a me per una passeggiata, stasera, mia signora
moglie.» Forse potevano trovarne un po’ sulla spiaggia che lei poteva mangiare.
I
domestici si scambiarono delle occhiate. Pensavano che il duca avesse
rinunciato alla sua bizzarra abitudine di camminare da solo, ma adesso sembrava
voler coinvolgere la duchessa nella sua piccola follia.
Più
tardi, quel pomeriggio, andò nelle stanze di Elizabeth, dove sapeva che avrebbe
trovato Bella, e trovò la bambina che stava per fare il sonnellino. Bella le
stava raccontando una storia, il suo premio per indurre Elizabeth a stare
quieta senza fare capricci.
«C’era
una volta un uomo di nome Noè», cominciò Bella, rimboccando le coperte fino al
mento di Elizabeth. «Lui era un amico di tutti gli animali della foresta.
Faceva lunghe passeggiate nel bosco per incontrarli, parlare e giocare con
loro. Un giorno, mentre era in visita dal suo amico orso, Noè disse che un
tempo aveva navigato sul mare, dove l’orso non era mai stato. L’orso era molto
curioso, così Noè decise di costruire una barca, così da poter portare il suo
amico sulle onde. L’orso disse che gli sarebbe piaciuto molto andare, ma voleva
portare sua moglie con sé. Così Noè costruì una barca più grande, perché
potesse starci anche la moglie dell’orso. Mentre la stava costruendo, il suo
amico lupo venne a vedere cosa stava facendo. Neanche il lupo non aveva mai
visto le Acque Infinite, così Noè lo invitò ad andare con loro. Ma il lupo
disse che non poteva andare senza la sua compagna, così Noè dovette allargare
ancora la barca perché anche loro ci entrassero. Mentre lavorava, arrivarono
molti altri suoi amici animali e chiesero di potersi unire al viaggio, e così
Noè dovette fare una barca abbastanza grande per farci entrare una coppia di
tutti gli animali della foresta. Tutti gli amici animali di Noè fecero quello
che potevano per aiutarlo. I lupi portarono il legno dalla foresta. I picchi
fecero i buchi per i suoi chiodi. I castori masticarono i tronchi fino a farne
delle tavole e gli orsi portarono i carichi più pesanti. Perfino le api
aiutarono, facendo della cera da mettere nelle fessure tra le tavole. E quando
Noè finì di costruire la sua barca gigante, tutti insieme la portarono sulla
spiaggia e veleggiarono via nel vento e nelle onde.»
Quindi, questo è il modo in cui le selkie interpretano la storia
dell’Arca di Noè, pensò
Edward. La loro era una storia più gentile, di amicizia e cooperazione, invece
della storia biblica di Dio che affoga tutti i peccatori.
Bella
baciò la fronte di Elizabeth e si alzò. Era già mezza addormentata e si avviava
verso sogni felici di animali che aiutavano Noè a costruire la sua barca.
Bella
seguì Edward uscendo dalla nursery, ignorando Rosalie, che aveva ritrovato il
coraggio e scoccò alla duchessa impicciona uno sguardo di gelo. Edward offrì il
braccio a Bella e lei lo prese.
«Vorrei
domandarti una cosa, Edward», disse Bella mentre uscivano dal portone. «Ti sei
impegnato a aumentare la produzione di lana?»
«È
l’impresa più profittevole,» replicò lui. Aveva intenzione di ordinare di
chiudere i campi la prossima primavera.
Bella
sospirò. «Ho visto quello che è successo quando un altro proprietario terriero
vicino al mare l’ha fatto. I contadini non potevano più far crescere i raccolti
sulle terre, e questo significò che il cibo diventò più costoso e i contadini
persero il loro lavoro come coltivatori. Non potevano più pagare gli affitti, e
dovettero lasciare le loro case. Divennero dei poveri mendicanti. I conventi e
i monasteri che si prendevano cura dei poveri, li nutrivano, li vestivano e li
curavano quando si ammalavano, non ci sono più adesso. Dove andranno?»
Come
sempre, fu sorpreso dalla sua conoscenza della vita sulla terraferma.
C’era
stato il Poor Act, passato l’anno scorso, che cercava di fare un censimento
degli impoveriti per scoprire la portata del problema, e autorizzava i
mendicanti a chiedere “con gentilezza” la carità ad ogni uomo o donna che
passavano per le porte della chiesa ogni domenica. Edward impiegava il suo
stesso elemosiniere per distribuire ogni anno ai poveri una certa somma di
denaro. Edward non aveva idea di cosa ne facesse; lasciava questo tipo di
controllo al suo maggiordomo, ma forse avrebbe dovuto dare un’occhiata a come
veniva distribuita la sua carità.
«Non
sei abbastanza ricco, Edward?»
Edward
fu preso alla sprovvista dalla domanda. Immaginava di sì, ma gli era stato
insegnato fin dalla sua gioventù che il suo dovere era ottenere il maggior
profitto possibile dalle sue proprietà. Il destino dei contadini delle sue
terre non gli era mai passato per la testa.
Dalla
nascita, a Edward era stato insegnato che Dio aveva stabilito l’ordine sociale
del loro mondo. Lui era stato scelto per essere duca, così come i contadini
erano stati scelti per essere poveri, probabilmente per qualche colpa morale o
carenza di facoltà. Lui elargiva la sua carità, come ci si aspettava che
facesse, ma se un contadino moriva di fame o veniva colpito da malattie, la sua
società diceva che probabilmente era stato punito da Dio.
In
anni recenti, delle idee pericolose, come l’uguaglianza di tutti gli uomini,
cominciavano a circolare assieme a nuove sette religiose. Enrico VIII aveva
posto una Bibbia Inglese nelle chiese, incatenata al pulpito, dove il testo
poteva essere letto da tutti gli uomini, ma inorridì quando sentì che le
persone discutevano e dibattevano ciò che avevano letto ed arrivavano a proprie
conclusioni invece che accettare l’interpretazione approvata dalla Chiesa.
Edward
scosse la testa. A volte sembrava che tutto il mondo si fosse capovolto dai
tempi dei suoi padri. Ed ora, eccolo lì, a considerare affari meno lucrosi per
evitare l’impoverimento dei contadini. Suo padre si sarebbero messo a ridere.
Presero
il sentiero in discesa verso la spiaggia e Bella si precipitò, tenendo alzata
la pesante gonna. Si fermò vicino all’acqua, gli occhi che guardavano famelici
le onde. «Possono nuotare, mio signore?»
Lui
scosse la testa. «Bella, le signore nobili non nuotano. Ti ho portato qui nella
speranza che tu potessi trovare per te un po’ di alghe.» Non sopportava di
guardarla, di vedere la delusione nei suoi occhi.
Lui
si sedette su un tronco e la guardò vagare su e giù per la spiaggia, guardando
l’acqua come un mendicante alla vetrina di un panettiere. Non toccò i
mucchietti di alghe disseminati qua e là. «Quelli non sono di tuo gusto?»
Lei
arricciò il naso. «Sono morte e limacciose.»
«Bella,
non posso fare molto di più.»
«Se
mi lasciassi nuotare, potrei raccoglierle da sola,» disse lei.
«Non
annegheresti in forma umana?»
Lei
scosse la testa. «Non posso annegare. Posso respirare l’acqua, così come
l’aria.»
«Bella,
le signore non nuotano. Mi dispiace, ma non puoi. Se qualcuno ti vedesse …» Non
finì la frase. «Vieni. È tardi e dobbiamo andare a casa.»
Lei
lo seguì obbediente, ma aveva la testa bassa per la tristezza.
Edward
incontrò il suo elemosiniere dopo cena. Avrebbe preferito che l’avesse fatto
Emmett, ma Emmett era di nuovo fuori, probabilmente svenuto nel letto di
qualche puttana di taverna. «Vorrei vedere i verbali di come vengono
distribuite le mie elemosine», disse lui.
L’uomo
impallidì, il che subito insospettì Edward. «Mio signore, non tengo verbali
scritti degli esborsi.»
«Allora
sei negligente nei tuoi doveri», sbottò Edward. «Dimmi, quindi, se non puoi
mostrarmi nulla.»
L’uomo
dondolò sulle ginocchia. «Vostra grazia, io, uh … ne ho data la maggior
parte all’ospizio parrocchiale.»
«Chi
è il titolare, là?»
«Peter of Lansby, mio signore.»
Edward
cercò nella sua mente, attraverso le complicate genealogie su cui si basava
molta della società Tudor. «Non è tuo cugino?»
«Sì,
vostra grazia.»
Edward
fece un gesto con la mano. «Sei congedato.» Avrebbe dovuto controllare questa
situazione. C’era qualcosa che non andava. Si chiese se padre Jacob ne sapesse
qualcosa in più, ma decise di non convocarlo. Non era dell’umore di sentire una
lezione sulle sue scarsa presenza alla cappella.
Voleva
vedere Bella. Questo era quello che voleva. A cena non c’era. Il maggiordomo
aveva detto che stava facendo cena nelle sue stanze. Edward era stato tentato
di mandare qualcuno ad ordinarle di scendere per unirsi a lui, ma poi aveva
deciso di non farlo.
Ma
c’era ancora un altro messaggero che lo attendeva. Accettò la lettera e la
aprì, riconoscendo subito la calligrafia. Era di padre Jasper. Scriveva ad
Edward per fargli sapere che era tornato in Inghilterra.
Jasper
era il terzo figlio del Conte di Hale. Come in molte famiglie, il primo figlio
era l’erede. La “riserva” aveva abbracciato la carriera militare e il terzo si
era dedicato alla chiesa fin da giovane. Fortunatamente, era una vocazione che
si adattava alla natura di Jasper, e lui era molto felice nel sacerdozio. Lui e
Edward erano stati amici fin dall’infanzia, e Edward era molto compiaciuto che
fosse tornato dall’esilio dopo tutti quegli anni. Jasper era stato saldo nella
sua fede e aveva fatto un sermone sui sacramenti (la chiesa cattolica ne
riconosceva sette, quella anglicana solo due) che aveva fatto infuriare il re,
quando lo aveva saputo. Jasper aveva trovato necessario lasciare l’Inghilterra
se voleva che la sua testa rimanesse attaccata al suo corpo.
Edward
decise che Jasper sarebbe stato perfetto per insegnare a Bella la fede
cattolica. A dispetto della fermezza della sua fede, Jasper aveva un cuore
gentile e non si sarebbe offeso di tutte le domande di Bella. Scrisse una
rapida nota chiedendo a Jasper di venire a Cullen Hall il prima possibile e lo
riconsegnò al messaggero.
Finito
finalmente con il lavoro, o almeno arrivato a un buon punto per fermarsi,
Edward salì e andò a cercare la persona che voleva vedere di più. Trovò Bella
nella sua camera da letto (che era diventata anche quella di lei), seduta su
una delle seggiole vicino al camino spento e vuoto, tutta occupata a cucire.
«Cosa
stai facendo?» chiese Edward. Qualunque cosa fosse, aveva una forma umana.
«Una
bambola per Elizabeth», rispose Bella. «Non ne ha una.»
Sua
figlia non aveva una bambola? Ci pensò su e si rese conto che non ricordava di
averle mai comprato nessun giocattolo. Certo, aveva davvero poco tempo durante
la giornata per giocare, ma avrebbe dovuto avere qualcosa. Benedì Bella
silenziosamente per aver corretto la sua disattenzione.
«Dove
hai imparato a cucire?» le chiese.
«Un
tempo facevo visita a un convento. Avevano un orfanotrofio là, e a me piaceva
giocare con i bambini. Le suore mi insegnarono a cucire e a ricamare.»
«Parli
di loro al passato. Perché hai smesso di far loro visita?»
«Tuo
zio, re Enrico, confiscò il convento e le sue terre preziose durante la
Dissoluzione, e lo diede a un suo cortigiano per comprarne la lealtà. Il nuovo
proprietario sfrattò le monache e gli orfani. Le suore provarono a prendersi
cura dei bambini, ma senza una casa …» sospirò. «Non c’era nessun posto in cui
potessero andare, e la parrocchia locale non volle dar loro il permesso di
elemosinare.» Scosse la testa. «Non cosa sia stato di loro. Non sono sicura di
volerlo sapere.»
Era
una storia che si era ripetuta per tutta l’Inghilterra. Oltre ottocento case
monastiche erano state chiuse, le terre vendute, le costruzioni stesse erano
state demolite per ricavarne materiale. Ad abati e badesse che avevano
capitolato e avevano riconosciuto re Enrico come capo della chiesa invece del
papa, furono dati pensioni o permessi per continuare come prima. Quelli che si
opposero, si ritrovarono per strada e qualche volta giustiziati come traditori,
se avevano grande influenza.
«Non
ho intenzione di fare modifiche per l’allevamento delle pecore», annunciò lui.
Gli uscì dalla bocca ancora prima di essersi reso conto di aver preso la
decisione. Ma era la cosa giusta da fare. Bella gli stava insegnando la
compassione. Aveva pensato di cambiarla, quando l’aveva catturata. Non avrebbe
mai immaginato che sarebbe stato lui a cambiare.
Bella
gli fece un gran sorriso. «Tu sei un uomo buono.»
Era
sorpreso. Era buono? Di certo voleva esserlo, ma le sue emozioni erano state
sotto chiave per così tanto tempo … Si sentiva come un uomo che si sta
lentamente svegliando da un sonno profondo. Ed era tutto a causa di Bella.
Note
storiche
- I castori si estinsero in Inghilterra circa 500 anni fa, tuttavia
è possibile che piccole popolazioni siano sopravvissute fino al 18° secolo in
alcune parti del nord.
- Anche se le donne di alcune antiche culture, come i Romani o gli
Egiziani, si rasavano i peli del corpo, questa pratica non divenne comune nelle
nazioni dell’Occidente fino, circa, al 1915, quando una azienda di rasoi non
cercò di incrementare le vendite di lame. Se ne uscirono con l’idea di dire
alle donne che i loro peli delle ascelle e delle gambe erano antigienici e
sgradevoli, e un’intera industria era nata.
- La pronuncia come moda: Georgiana, Duchessa di Devonshire,
cominciò la tendenza a pronunciare le parole al modo antico, come “gould” per
“gold”, e “ cowcumber” per “cucumber”, e “ whop” per “hope”, cosa che venne
largamente ripresa dalle classi più alte.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/5/The-Selkie-Wife
Capitolo 5
«Devi batterla per questo, Edward», disse Emmett. «Non hai scelta.»
Erano sulla collina dietro la casa e guardavano giù, le due figure sulla
spiaggia.
Emmett era arrivato incespicando nell’ufficio di Edward quella mattina,
già ubriaco prima che quasi tutti facessero ancora colazione, o ancora
intossicato della notte prima. Aveva alzato gli occhi offuscati e aveva detto
una sola parola. «Guaio.» Aveva spiegato quale fosse il problema mentre Edward
lo seguiva fuori e Edward era esploso in tutta la sua furia. «Le avevo specificamente
proibito di farlo!»
«Questo non è qualcosa che puoi far passare con una ramanzina severa»,
dichiarò Emmett. «Lei ti ha deliberatamente disobbedito e ha messo in pericolo
Elizabeth.»
Edward diede un’occhiata intorno e vide che la metà della servitù era
sulla cima della collina, a guardare a bocca aperta lo spettacolo in basso.
«Tornate al lavoro!» gridò Edward, e loro corsero via. Si passò una mano sulla
faccia. Questa era brutta. Questa era molto brutta.
Lui e Emmett scesero giù per il sentiero. Emmett perse l’equilibrio e
Edward evitò per poco di essere travolto mettendosi di lato mentre Emmett
cadeva. Era seduto in fondo al sentiero, quando Edward gli passò vicino, e
cercava di rimettersi in piedi con una parvenza di dignità. Edward gli scoccò
uno sguardo disgustato ed Emmett ebbe grazia sufficiente a sembrare imbarazzato
di se stesso.
Elizabeth e Bella avevano indosso solo la sottoveste, e si schizzavano e
si rincorrevano sulla battigia. I capelli bagnati di Bella pendevano come corde
sulla sua schiena e sulla testa portava quella che sembrava una corona di
alghe, intrecciata come una corona di margherite da piccole mani impacciate.
Stava ridendo e i suoi occhi brillavano come Edward non aveva più visto dal
giorno in cui lei e le sue amiche selkie avevano folleggiato sulla spiaggia. Si
accorse del suo marito rabbioso e la sua faccia cadde. Elizabeth andò a
sbattere nelle sue gambe e alzò lo sguardo confusa su di lei e poi verso suo
padre, che marciava verso di loro, la faccia contorta dalla rabbia. Si nascose
dietro le gambe di Bella, sbirciandolo con grandi occhi spaventati.
«Bella!» gridò Edward. «Cosa pensi di fare, in nome di Dio?»
«Stiamo giocando», disse Bella con voce piccola.
«Dove sono i tuoi vestiti?»
Bella sbatté gli occhi confusa, guardando giù la sottoveste che pendeva
dal suo corpo, così rivelatrice che avrebbe benissimo potuto essere nuda.
«I tuoi vestiti di sopra», disse Edward.
«Siamo uscite prima che le cameriere ci vestissero. Noi …»
Edward le afferrò rudemente il braccio e la trascinò verso il sentiero.
«Elizabeth, vieni!» abbaiò Edward.
Elizabeth corse da suo zio Emmett, che era sempre stato giovale e
gentile, con lei. Emmett le prese la mano. «Un po’ inzaccherata, eh, tesoro?»
Le sorrise e lei immediatamente si sentì al sicuro.
«Edward!» gridò Bella, inciampando, cadendo, solo per essere ruvidamente
rimessa in piedi. «Che c’è che non va?»
Lui non rispose. Arrivarono in cima al sentiero e Edward le portò
all’entrata posteriore. Rosalie era lì, in attesa, con un’espressione di
compiaciuta rettitudine in faccia. Era lei che aveva trovato Emmett e gli aveva
detto quello che aveva fatto Bella, portando la bambina a giocare sulla
spiaggia all’alba. «Prendi la bambina e falle un bagno, poi mettila a letto con
un mattone caldo», ordinò Edward. Elizabeth fece per protestare per il bagno e
per dover tornare a letto quando si era appena alzata, ma uno sguardo alla
faccia di suo padre bastò a farla tacere. Rosalie ghignò a Bella alle spalle di
Edward e si diresse alle scale, la mano di Elizabeth crudelmente stritolata
nella sua.
«Non credere che abbia dimenticato la tua parte in tutto questo», disse
Edward a Rosalie da sopra la spalla.
«Ma, vostra grazia …»
«Tu non hai provato a fermarla, vero?»
Rosalie assunse un’aria innocente e compassata. «Non è compito mio dire a
sua grazie ciò che può fare e ciò che non può fare.»
«Invece che venire direttamente da me, hai allertato mio fratello dopo
aver informato la metà della servitù così che potessero andare là e guardarla.»
Gli occhi verdi di Edward balenarono. «E discuteremo di questo dopo che avrò
parlato con mia moglie.»
Con questo, Edward si voltò e trascinò Bella su per le scale fino alla
loro camera. Le cameriere stavano rifacendo il letto e alzarono lo sguardo
allarmate. «Fuori!» scattò Edward. Scapparono via, lasciando le lenzuola
dov’erano.
«Edward, che c’è che non va?» chiese di nuovo Bella. Si fece piccola
arretrando per la paura mentre lui si avvicinava, e una parte di Edward odiava
che avesse paura di lui.
«Tu mi hai disobbedito deliberatamente», sbottò. «E hai anche messo in
pericolo mia figlia, facendo questo.»
«Ma io non ho disobbedito! Non stavamo nuotando!» protestò Bella. «Stavamo
solo sulla battigia, a schizzarci.»
«Tu hai messo in pericolo Elizabeth.»
«No! Non c’era pericolo. Dei e pesci, Edward, pensi che io lascerei che
qualcosa le facesse del male, in mare?»
«È bagnata», sibilò Edward. «Potrebbe ammalarsi per questa follia.
Lei non è una bambina selkie, Bella. Lei è umana e gli umani si ammalano quando
si bagnano. E a parte il pericolo, io ti ho detto che le nostre donne non
nuotano.» Lui alzò una mano a fermare le sue proteste prima ancora che
cominciassero. «Né giocano tra le onde.» Si passò la mano tra i capelli. Bella
fissava il pavimento, l’acqua gocciolava dall’orlo della sua camicia.
«Vai e inginocchiati vicino al letto», ordinò Edward. Aspettò che avesse
obbedito e andò al suo baule a prendere una cintura per la spada. Ne scelse una
di cuoio piatto bulinato, senza gemme o borchie.
Ritornò , in piedi dietro di lei, spostandole i capelli dalle spalle.
Strappò la sua camicia sulla schiena, e lei gridò di paura, nascondendo la
faccia tra le braccia contro il lato del letto.
Lui guardò quella schiena di crema, la cintura stretta nella mano. Doveva
farlo, disse a se stesso. Doveva farlo per il suo bene e per quello di
Elizabeth, anche. Era il suo dovere di marito e capo della famiglia.
Tutto quello che gli avevano insegnato, tutto nella sua cultura, gli
diceva che doveva batterla. Il suo dovere come marito e padre era preservare
sua moglie e sua figlia dall’errore, correggerle quando uscivano dal sentiero
della rettitudine. Si riassumeva nella frase comune “Chi risparmia il
bastone, odia suo figlio”. Lo stesso si applicava alle mogli, che erano
viste come semplici e infantili. Se un marito non correggeva il comportamento
di sua moglie, questa poteva facilmente scivolare nella disapprovazione sociale
o perfino rischiare la sua anima immortale.
Padre Jacob consigliava caldamente di picchiare le mogli, che ce ne fosse
motivo o no, per mantenerle in un’ appropriata disposizione d’animo sottomessa,
ma Edward non aveva mai picchiato la sua prima moglie. Non ne aveva mai avuto
bisogno, perché Mary era molto obbediente e sottomessa di natura. Neanche suo
padre aveva mai picchiato sua madre, perché era una principessa di sangue
reale; aveva invece picchiato la sua cameriera preferita. Edward non aveva
nessuna esperienza di questo, ed era nervoso. E se l’avesse battuta troppo
forte e l’avesse ferita?
Bella tremava, le lacrime le rigavano il viso. Lui arretrò per darle il
primo colpo e gelò. Non poteva farlo. Semplicemente non poteva farlo.
Rimproverò se stesso per essere debole, per non adempiere ai propri doveri, ma
non poteva costringere se stesso ad abbassare quella cintura sulla sua schiena,
sfigurare quella distesa di morbida pelle di crema, sentirla gridare di dolore.
Con un mugolio di frustrazione, buttò la cintura in un angolo. Si inginocchiò
di fianco a Bella e le prese le mani tra le sue.
«Ascoltami», disse, e attese che i suoi enormi occhi oscuri, umidi di lacrime,
incontrassero i suoi. «Bella, tu devi obbedire a quello che ti dico. Non puoi
fare cose del genere. La gente perdonerà piccoli errori, perché crede che tu
sia di una terra lontana, ma quello che hai fatto oggi sarà visto come
scellerato e non cristiano. Ho provato a spiegarti quanto sia importante che tu
ti conformi alla nostra religione, ma tu non sembri capire quanto questo sia
serio e grave. Se penseranno che sei un’eretica, ti bruceranno, Bella. Lo
capisci? Ti metteranno nel fuoco e ti bruceranno finché sarai morta.»
Bella sembrò inorridita, gli occhi enormi di terrore. «Ma … ma tu sei il
duca …»
«Io posso proteggerti fino a un certo punto», disse Edward, «ma non se la
Regina ordina che tu venga arrestata per eresia. Se ti esamineranno, e con questo
intendo che ti faranno molte domande, sapranno che non sei cristiana.»
«Sono battezzata», protestò Bella.
«Questo in realtà peggiora le cose», disse Edward. «Se tu fossi
semplicemente ignara della fede, saresti perdonata. Ma tu hai accettato il
battesimo, e questo fa di te una cristiana agli occhi della Chiesa. Se non hai
un atteggiamento appropriato, allora sei un’eretica e gli eretici sono bruciati
vivi in queste terre.»
Bella boccheggiò, un suono tremante e irregolare. Odiava spaventarla così
tanto, ma doveva sapere cosa rischiava. Lei si mise le mani sulle braccia e
singhiozzò, e lui si sentì come se l’avesse picchiata, dopotutto. Incapace di
sopportare il suo pianto, si alzò e uscì dalla stanza, dirigendosi nel suo
ufficio, dove trovò Emmett che lo attendeva.
«L’hai fatto?» chiese Emmett.
«No.»
Emmett rimase quieto per un momento. «Vuoi che lo faccia io per te?»
«No.» Edward si sedette alla sua scrivania pesantemente e appoggiò la
fronte sulle mani. «No, è mia moglie, e io la disciplinerò come credo giusto.»
«Credo che tu stia commettendo un errore. Il tuo cuore tenero …»
Edward lo interruppe rabbioso. «Non c’è birra da bere o una puttana da
scopare da qualche parte?»
Emmett strinse la mascella e lasciò la stanza, sbattendo la porta dietro
di sé. Edward sospirò. Si pentì delle sue dure parole non appena dette. Emmett
stava solo provando ad aiutarlo, e aveva ragione a dire che Edward era trattenuto
dal suo cuore tenero. Sperava solo che non fosse Bella a soffrire per questo.
Bella non scese per pranzo e per cena e Edward fu troppo occupato con gli
affari della proprietà per andare da lei a controllare. Aveva dato a Rosalie
una lavata di capo tale da lasciarla in lacrime e le aveva detto che al
prossimo incidente simile sarebbe stata licenziata.
Poi fece per andare a vedere di Bella, quando arrivò un messaggero. E poi
un altro. Poi il capo delle scuderie dovette parlare con lui di una nuova
cavalla arrivata dal continente che si era ammalata.
Edward fermò una delle cameriere che passavano dalla sua porta aperta e chiese
dove fosse sua moglie. «A letto, vostra grazia. Forse non si sente bene per via
del suo bagno in mare.»
Non apparve per la cena, e neanche Emmett. Dopo lui salì di sopra e la
trovò stesa nel letto, lo sguardo distante. «Bella?»
Lei non disse nulla, ma spostò gli occhi verso di lui.
«La tua cameriera dice che di nuovo non hai mangiato.» Edward appoggiò la
coppa che aveva in mano sul comodino vicino al letto. «Voglio che tu beva
questo.» Era una zuppa che aveva ordinato dalle cucine, un brodo vegetale. Lei
obbediente si mise seduta e ingoiò tutto il contenuto della coppa prima di
stendersi di nuovo. Lui si sentì un po’ meglio, sapendo che si era nutrita un
po’. Avrebbe preferito darle un robusto brodo di manzo, ma sapeva che non
l’avrebbe accettato.
«Bella, ti prego, non essere triste», la implorò. Diede un’occhiata ai
domestici in piedi vicino alla parete e abbassò la voce. «Mi dispiace di essere
stato così freddo con te, questo pomeriggio, ma ero … arrabbiato, ma era dovuto
alla preoccupazione per te e per la mia bambina.»
Lei non disse niente.
«Sembra che Elizabeth stia bene», disse lui. «Mi sono fermato da lei
prima di venire qui. Vuole che tu le racconti un’altra storia.»
Bella scosse la testa.
Edward sospirò e si alzò. «Svestitemi», ordinò. E i domestici si
avvicinarono per togliergli i vestiti. Strisciò nel letto con Bella, chiudendo
le cortine dietro di sé. Lei non fece resistenza quando la tirò contro il suo
corpo. «Bella, ci ho pensato», disse. «Forse dovremmo avere un figlio.»
Aveva preso la decisione quel pomeriggio. Era una cosa che sapeva che lei
voleva, e forse avere un figlio insieme l’avrebbe legata a lui in qualche modo.
In tutte le vecchie storie, le mogli selkie abbandonavano la loro famiglia
sulla terraferma una volta riavuta la loro pelliccia, ma non poteva immaginare
Bella fare una cosa del genere. Di certo, lei sarebbe voluta restare. Se se ne
andava dopo aver riavuto la sua pelliccia, avvertivano le storie, non sarebbe
potuta tornare per sette anni. Come madre, non poteva lasciare suo figlio così
a lungo, decise lui, non importa quanto desiderio avesse del mare.
Lei non aveva risposto nulla alla sua offerta. «Ti piacerebbe un
bambino?» la blandì lui. «Potremmo cominciare stanotte, se vuoi.»
Lei rimase in silenzio. Frustrato, lui si chinò e la baciò, mettendole
con gentilezza il palmo sul seno e accarezzandole il capezzolo come sapeva che
a lei piaceva. Ci volle un po’ prima che cominciasse a scaldarsi alla passione
di lui. Cominciò ad emettere quei morbidi, ansimanti gemiti dopo che lui era
scivolato giù sul suo corpo a leccare e succhiare le sue pieghe. Lui scivolò di
nuovo su e lentamente, con gentilezza, entrò nel suo morbido e umido calore.
«Un bambino, Bella», sussurrò. «Un bambino tutto nostro.» Le sue gambe si
intrecciarono con quelle di lui e si mossero insieme, ma lui vedeva ancora la
distanza nei suoi occhi. Gli ci volle qualche sforzo per portarla al climax, ma
sapeva che era necessario perché potesse rilasciare il suo seme femminile per
incontrare il suo.
«È successo?» chiese subito dopo, mentre steso vicino a lei cercava di
riprendere fiato.
Lei scosse la testa.
«Perché no?»
«Non c’è vita nel tuo seme.»
Edward era sbalordito. «Cosa?»
Lei lo guardò intimorita e lui si sforzò di calmarsi. «Cosa intendi,
Bella?»
«Lo sento. Ho aperto me stessa al concepimento, ma non è possibile. Il
tuo seme non può formare un bambino.»
Lui scosse lentamente la testa. «Ma, Bella, io ho Elizabeth. Mia moglie è
stata incinta molte volte.»
Lei lo guardò pensierosa. «Ti sei ferito o ammalato da quando lei è
nata?»
«No, mai.»
Lei scosse la testa. «Allora non so spiegarlo. So solo che adesso non c’è
vita nel tuo seme. Non ci sarà nessun bambino.» Rotolò dal suo lato e fissò le
cortine del letto con quella orribile distanza nei suoi occhi ancora una volta.
Edward fissava il soffitto, la sua mente un ingorgo di pensieri. Come
poteva essere? Bella si sbagliava? Non aveva mai sentito che un uomo potesse
essere infertile. Solo le donne erano sterili. Poteva essere colpa sua che Mary
avesse avuto tanti problemi a concepire? E tutti i bambini che aveva perso? Era
stato perché c’era qualche tipo di debolezza o squilibrio nei suoi umori?
Voleva consultare un dottore, ma cosa poteva dire? «La mia moglie selkie vede
che non c’è vita nel mio seme. Si può rigenerare?»
Se lei aveva ragione e non c’era riparo, Emmett sarebbe stato il suo
unico erede, il che significava che doveva trovargli una moglie, e in fretta.
La mattina successiva mandò a chiamare Emmett. Ci volle un po’ prima che
arrivasse, puzzando di profumo stantio e alcool forte. Rimase in piedi di
fronte alla scrivania di Edward, invece che buttarsi distrattamente su una
sedia come faceva di solito, e non incontrò lo sguardo di Edward.
«Emmett, siedi, per favore», disse Edward. Si alzò e andò di fronte alla
scrivania, appoggiandosi sul bordo. Emmett fece quello che gli era stato detto,
ma continuava a non guardare Edward.
«Per prima cosa voglio chiedere scusa», disse Edward. «Ho sbagliato a
dirti quello che ho detto, e me ne dispiace.»
Emmett annuì, lo sguardo fisso al pavimento.
Edward andò alla porta e la chiuse prima di sedersi vicino a Emmett. «C’è
un’altra cosa che voglio discutere con te», disse. «Bella mi ha detto … lei ha
detto che il mio …» Edward combatteva per trovare le parole. «Non posso avere
figli», disse alla fine.
Emmett impallidì. I suoi occhi incontrarono quelli di Edward, sgranati,
qualcosa di vicino al panico nelle loro profondità.
«Vedo che sei consapevole delle implicazioni. Tu sarai il mio erede, a
quanto pare. So che hai detto che non desideri sposarti, ma se Bella ha
ragione, è ora imperativo che tu lo faccia.»
L’espressione di Emmett era strana. C’era un accenno di … sollievo?
«Dobbiamo cominciare i negoziati il prima possibile», continuò Edward. «Hai
delle preferenze? Io avevo pensato a una delle figlie del conte di Hale …»
Emmett abbaiò una risata senza allegria. «No, non ho preferenze. L’unica
donna che avrei desiderato sposare è morta.»
Edward lo fissò. «Emmett, io non ho mai saputo …» All’improvviso vide il
bere e l’andare a puttane di Emmett sotto un’altra luce, come le azioni di un
uomo che prova a perdersi nell’oblio, l’autodistruttività di un cuore spezzato.
«Emmett, perché non me lo hai detto?» lo rimproverò con gentilezza. «Io
so cosa significa perdere l’unica che ami.»
«Non volevo che lo sapessi», disse Emmett.
Edward annuì. «Pax, fratello. Rispetterò la tua privacy e non ti
farò più domande in proposito. Ma questo non cambia la nostra situazione. Se io
non posso avere un erede, devi farlo tu.»
Emmett si alzò. «Redigi il contratto di fidanzamento col conte. Prenderò
la più grande, Kathryn. È avvenente e di temperamento tranquillo. Ha una
giovane cugina, Alice, che può servire come dama di compagnia per Bella.»
Edward annuì. «Così sia. Fratello, io …»
«Ti prego, non esprimermi simpatia», disse Emmett. «Non posso
sopportarlo.» E con questo, Emmett lasciò la stanza, chiudendo la porta dietro
di sé con un soffice clic.
_______________________________________________________________________________________
Bella stava morendo.
Edward era seduto al suo fianco. Lei era stesa nel letto, pallida e
consumata, e si agitava e mormorava come se avesse le allucinazioni o fosse in
un sogno febbrile. Erano passati tre giorni da quando era riuscita a bere un
po’ di brodo e oltre una settimana da quando si era alzata l’ultima volta. Si
stava dissolvendo di fronte ai suoi occhi e nessun potere terreno poteva
impedirlo. Il dottore le aveva fatto un salasso la mattina, ma sembrava che non
ne avesse tratto alcun giovamento. Se possibile, era ancora più debole.
Era tardi, e tutti i domestici erano a letto. Lui non dormiva da due
giorni, temendo di svegliarsi trovandola morta, scivolata via mentre lui era
incosciente.
«Ti prego, Bella», sussurrò. «Ti prego … non lasciarmi.»
Si vergognava di essere dovuto arrivare quasi al punto di perderla per
capire quanto era arrivata a significare per lui. Non riusciva più a immaginare
un futuro senza di lei. Non poteva mettere il suo corpo nella tomba fredda dove
giacevano la sua prima moglie e i suoi antenati. Non poteva farlo e tornare
alla sua vita.
«Ho bisogno di te», le disse. «Non me ne ero reso conto. Non avevo visto
quanto fosse vuota la mia vita prima che arrivassi tu. Bella, so che ti ho
presa in moglie contro la tua volontà, ma so che possiamo essere felici,
insieme. Penso che potrai amarmi, col tempo. Forse mi ami già, un pochino. I
miei sentimenti per te …» Fece una pausa, cercando le parole. «Il mio cuore fa
così male all’idea di perderti che so che dev’essere amore. Altrimenti,
perderti non mi sembrerebbe come avere una ferita aperta nel petto.»
Si alzò in piedi e la sollevò dal letto, allarmato di come fosse leggera
e inconsistente tra le sue braccia. Aveva intenzione di tentare l’unica cosa
che pensava avrebbe potuto salvarla.
La portò fuori della camera da letto e giù per le scale. Uno dei valletti
russava sulla sua branda vicino alla porta. Edward lo scavalcò e aprì la porta,
uscendo nella notte illuminata dalla luna. Con cautela, scese per il sentiero
che portava alla spiaggia. Procedette faticosamente tra le onde finché l’acqua
gli arrivò ai fianchi e poi abbassò Bella nell’acqua. Lei boccheggiò e
dell’acqua di mare le entrò nella bocca. I suoi occhi si aprirono. «E-Edward?»
«Sì, amore.» Fece scivolare via le sue braccia da sotto di lei e lasciò
che galleggiasse. Lei si guardò intorno confusa.
«Nuota», disse lui. «Nuota, Bella.» Lui tornò piano alla spiaggia e si
mise seduto sulla sabbia a guardare.
Lei lo fece, lentamente, all’inizio, debole per la malattia e la fame, e
poi con più vigore, come se il tocco delle acque, da solo, la stesse risanando,
come lui aveva sperato. Guardò la testa scura fare su e giù tra le onde,
osservando con ansia lampi della sua pelle pallida tra le onde scure. Lei si
tuffò sotto e lui trattenne il fiato quando non riemerse per un po’, pur
sapendo che per lei era impossibile annegare. Riemerse con una pianta tra le
mani, che divorò, prima di rituffarsi a prenderne ancora.
Aveva dovuto rischiare. Era una scelta tra affrontare delle possibili
accuse o perderla di morte certa per il languore. Non poteva vederla morire
davanti ai suoi occhi. Non quando poteva fare qualcosa. Imprecò contro se
stesso per la sua testardaggine, per averla fatta arrivare a questo punto.
Avrebbe dovuto immaginare un modo per darle quello di cui aveva bisogno invece
che provare a costringerla ad essere ciò che non era. Era come se avesse legato
un falco a un posatoio e si fosse rifiutato di fargli usare le ali, negando la
sua natura. Era forse strano che non potesse vivere così?
Aveva sbagliato con lei. Speravo solo che potesse perdonarlo.
Quando il cielo fu accarezzato dalle dita pallide dell’aurora, lei
riemerse dalle onde, la camicia incollata alla carne. Camminò verso di lui e si
inginocchiò nella sabbia al suo fianco. Era ancora pallida e tesa, ma aveva un
aspetto molto migliore, come se la sua forza vitale fosse stata ringiovanita
dalla sua nuotata. «Grazie», sussurrò lei.
«Non ringraziarmi, Bella», disse. «Non lo merito.»
«Vieni», disse lei tendendogli la mano. «Torniamo a casa prima che ci
vedano.»
Casa. L’aveva chiamata casa. Il suo cuore pesante si alleggerì un poco.
Camminarono con le mani unite verso la casa. Scavalcarono il valletto che
ancora russava, e Edward pensò ironicamente che era una buona cosa avere una
protezione così diligente nella sua casa.
Salirono nella loro camera da letto e Bella si tolse la sottoveste
fradicia, drappeggiandola sulla spalliera di una sedia ad asciugare, e Edward
si strappò via i suoi vestiti, incurante di rovinare il fine tessuto. L’unica
cosa di cui gli importava in questo momento era la donna che gli aveva messo le
braccia al collo. «Mi dispiace tanto, Bella», disse. «Ti prego, perdonami.»
«Sì», disse lei. «Semplicemente non avevi capito.»
Lo baciò e lo portò sul letto, tirando le cortine intorno a loro, creando
così il loro piccolo mondo privato. Lei si accoccolò contro di lui e sbadigliò,
i capelli umidi sciolti e fluenti sul materasso di piume.
«Bella?»
«Hmm?»
«Pensi … pensi che potrai mai … amarmi?»
«Solo se tu potrai aprirmi il tuo cuore in cambio», replicò lei.
Lui capì. E seppe che il suo cuore si stava aprendo. I cardini erano arrugginiti
e scricchiolavano per protesta, e la porta era pesante, ma era riuscito ad
aprirla un po’. E in qualche modo, Bella era riuscita ad infilarsi dentro.
Note storiche
-
Prevalentemente, a quei tempi, era accettata dal punto di vista medico,
la teoria di Galeno secondo cui il “seme” femminile era necessario al
concepimento. Da una comune guida medica del periodo: “I semi sono mantenuti e
chiusi nel ventre, ma il seme dell’uomo dispone e prepara il seme della donna a
ricevere la forma, perfezione o anima …” E si credeva che il sangue mestruale
della donna fosse il ‘materiale’ del corpo del bambino. L’inconveniente
di questa credenza era che una donna che restava incinta per uno stupro doveva
aver avuto un orgasmo, e quindi aver partecipato con la sua volontà. L’idea di
Aristotele che gli uomini fossero gli unici coinvolti nel concepimento era così
diffusa a quei tempi da essere inclusa anche nel ‘Sogno di una notte di
mezza estate’ di Shakespeare.
-
La parola ‘fuck’ (scopare) veniva usata da molto prima dei tempi
di questa storia. Probabilmente è una variante della parola tedesca ‘ficken’
o della parola olandese ‘fokken’. Il primo uso registrato nel senso
moderno data 1535. “Bischops … may fuck thair fill and be vnmaryit” (“I
Vescovi … possono scopare a sazietà ed essere non sposati”) da “A Satire
of Three Estates” di Sir David Lindesay. Appare anche in un dizionario
Italiano-Inglese del 1598. “Fottere: to jape, to sard, to fucke, to swive, to
occupy.”
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
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Capitolo 6
Bella emerse dall’acqua, con solo la luce della luna sulla pelle. Edward
pensò alle antiche leggende della nascita di Venere, nata dalla spuma del mare,
e pensò che di sicuro quella leggenda doveva essere nata da un momento come questo.
Con i capelli liberi sulle braccia e alla vita, l’acqua che correva sulla sua
carne morbida, d’argento nel bagliore freddo della luna, Bella era una dea.
Era la terza volta che la accompagnava alla spiaggia per una delle sue
nuotate di mezzanotte. Non ne aveva bisogno spesso, gli aveva detto. Aveva solo
bisogno di riconnettersi con il suo elemento una volta ogni tanto per essere
felice e in salute. E lo era. La sua vitalità era tornata, ed aveva
riguadagnato il peso che aveva perso quando si struggeva. Mangiava con lui
all’ora dei pasti, adesso, solo vegetali, naturalmente. Lui aveva spiegato
questo allo staff affermando che Bella si asteneva dal mangiare carne non solo
di venerdì, ma ogni giorno della settimana, e la voce della sua devozione si
era diffusa.
Bella mise le mani sulle spalle di Edward e si inginocchiò, mettendosi a
cavalcioni sui suoi fianchi. «Edward, se ti dicessi che potrebbe esserci un
modo per noi per avere un bambino, tu vorresti provare?»
«Cosa intendi?» chiese lui. «Una sorta di stregoneria?»
Lei ridacchiò. «No, niente del genere, ma quelli che non la conoscono
potrebbero chiamarla così.»
«Cosa dovrei fare?»
«Tu hai chiesto al tuo dio di guarirti, e lui ha detto di no. Ora potremmo,
forse, chiedere al mio dio.» Lei si alzò e lo tirò in piedi. «Togliti i vestiti
e vieni con me in acqua.»
«Non so nuotare», disse Edward.
Lei rise, un suono morbido e melodioso. «Non hai bisogno di saper
nuotare. E quello che devi fare già lo sai.»
Lei lo aiutò a togliersi i vestiti, che lui buttò distrattamente sulla
sabbia. Non era mai stato nudo all’aperto e la sensazione della brezza sulla
pelle nuda era stranamente, maliziosamente elettrizzante. Bella lo condusse
nell’acqua, finché fu immerso fino alla vita.
«Tutta la vita viene dall’acqua, crediamo noi selkie», disse Bella.
Tracciò un disegno sul petto di Edward. «Tanto tanto tempo fa, Dio creò
l’acqua, ma gli sembrò vuota senza nulla dentro. Così creò l’alga, ma questa
crebbe e crebbe fino a riempire tutta l’acqua. Allora Dio creò le creature che
avrebbero mangiato l’alga e l’avrebbero tenuta sotto controllo.»
Le mani di Bella si mossero più in basso, sull’addome di Edward, dove
continuava a disegnare tra le goccioline d’acqua. «Ma il mondo sembrava così
piatto, a Dio, con niente altro che acqua, così creò il suo opposto, la
terraferma. E su di essa, pose piante come quelle che crescevano nel mare. Un
giorno, uno dei pesci diventò curioso e volle vedere come fossero queste
piante, così strisciò sulla spiaggia. Ben presto, altre creature del mare cominciarono
a fare lo stesso, anche se dovevano trattenere il respiro e non potevano andare
lontano, perché non potevano respirare l’aria asciutta.»
Le mani di Bella accarezzarono i fianchi di Edward e lui soffocò un
gemito. «Dio vide che ad alcune creature piaceva la terra, così diede loro i
polmoni. Le selkie non riuscivano a decidersi, così diede loro entrambi i mondi
in cui poter giocare. E negli anni, quelle creature cambiarono, crebbero loro
le gambe al posto delle deboli pinne per andare in giro. Le selkie cominciarono
ad avere bambini che non avevano la pelliccia, che dovevano vivere sulla
terraferma. Ed è così che noi diciamo che è nata la tua razza.»
Gli si avvicinò, la pelle a un capello dalla sua. Lui aspirò una boccata
di aria, l’eccitazione che lo bruciava. Boccheggiò mentre la mano di lei lo
accarezzava. Aveva avuto qualcosa in mente, sulla punta della lingua, ma se
n’era andata in quell’urgenza improvvisa. Lui la sollevò, così che le sue
labbra fossero allo stesso livello delle proprie e lei gli avvolse le gambe
intorno ai fianchi.
Dimenticò tutto nel modo in cui aveva dimenticato quello che voleva dire.
Dimenticò tutto tranne la bramosia di unirsi alla sua carne, l’impazienza di
toccare e di essere toccato, di baciare ed essere baciato. La natura selvaggia
e la forza di Bella facevano il paio con le sue e Edward non avrebbe mai
immaginato che fosse così entusiasmante una partnership di eguali, avere una
donna che non doveva preoccuparsi di poter spaventare o ferire con l’intensità
della sua passione, che anzi restituiva con uguale fuoco.
Quando si unì a lei, sentì un fremito profondo dentro di sé, che non
veniva dalla sua lussuria o dall’acqua che lo circondava, una sensazione che si
diffuse dentro di lui finché tutto il suo corpo ne fu soffuso. Lei si muoveva
con lui, appoggiandosi sulle sue spalle ed entrambi gettarono indietro la
testa, gridando alla luna quando raggiunsero il loro culmine.
Dopo, lei lo aiutò a rivestirsi, ridacchiando un po’ alla conchiglia di
lui, mentre si infilava lei stessa la camicia. «Mi dispiace», disse lei. «Ma è
proprio ridicola.»
«Sono molto utili», disse Edward. «Emmett tiene nella sua la borsa dei
soldi.»
«No!»
«Sì.» Poi si mise anche lui a ridere, perché la risata di lei era
contagiosa.
«O-ora ogni v-volta che l-lo vedrò, me lo im-immaginerò che ci fruga
dentro alla ricerca di un quarto di penny!» boccheggiò Bella, e tutti e due
risero così forte a quell’immagine che dovettero sedersi sulla sabbia.
«È successo?» chiese Edward dopo che si furono calmati.
Bella lo baciò, accoccolandosi sul suo petto. «Sì. Sarai padre, Edward.»
Sentì la gioia attraversarlo. La strinse forte. «C’è … c’è qualcosa di
cui hai bisogno?»
Lei scosse la testa. «Solo il tuo amore», disse.
«Ce l’hai», disse lui piano, e sapeva che era vero. Non sapeva bene
quando fosse successo. Aveva scoperto durante la sua malattia che lui
semplicemente non poteva sopportare di perderla, ma nell’ultimo mese tutto
questo era diventato ancora più potente.
«E il mio è tuo», sussurrò lei.
«Bella, le selkie non … tu non puoi morire di questo, vero?» Le mise una
mano sull’addome, desiderando poter sentire la piccola vita dentro di lei come
poteva lei.
Scosse la testa. «Non siamo fragili come le donne mortali.»
«Oh, sia resa grazia a Dio», disse lui ferventemente. «Il mio Dio e il
tuo dio, chiunque debba prendersi la lode.»
«Penso che forse sono lo stesso.»
«Piccola eretica», disse lui con leggerezza. «Devo parlare col tuo
istitutore.» Jasper era arrivato due giorni prima e aveva passato un po’ di
tempo con Bella, semplicemente conversando con lei in quel suo modo calmo e
gentile, che insegnava anche quando la persona non si rendeva conto che dopo di
quanto lui o lei avevano imparato.
Era stato difficile parlare a Jasper del segreto di Bella, ma Edward
sapeva che doveva farlo, così che Jasper potesse capire e perdonare tutto
quello che Bella avrebbe potuto dire.
«Una fanciulla selkie», aveva detto Jasper meravigliato quando capì che
Edward non stava scherzando. «C’è così tanto che posso imparare da lei!»
«Tu dovresti insegnarle la nostra fede, non studiare la sua», aveva
replicato Edward. «Deve imparare i nostri modi più velocemente possibile. Col
fervore della nuova Regina, temo un ritorno alle persecuzioni.»
«Le persecuzioni non sono mai finite», replicò Jasper con leggerezza. «Si
erano semplicemente trasformate in persecuzioni verso quelli che erano rimasti
nella vecchia fede, come il povero Thomas.»
Edward abbassò lo sguardo. Jasper aveva ragione, naturalmente. Re Enrico
aveva fatto passare una legge che rendeva illegale ‘deprivare’ il re di
uno dei suoi titoli, e c’erano stati molti giustiziati per il ‘tradimento’
di rifiutare di riconoscere il Re come Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra
al posto del Papa. Uno di loro era stato un caro amico di Jasper, Sir Thomas
More. Era stato una delle menti più brillanti della sua epoca e aveva scritto
un libro sulla società perfetta intitolato Utopia, che sarebbe stato
letto per centinaia di anni in futuro.
Era così che un uomo poteva essere considerato leale semplicemente
restando in silenzio su certe questioni (concetto conosciuto come ‘silenzio
assenso’), ma Enrico aveva sentito che c’erano stati dei sermoni contro il
suo potere di garantire a se stesso l’annullamento in quanto Capo Supremo, e
aveva sentito anche di voci di insulti sussurrati contro la nuova Regina Anna.
La ex-regina e sua figlia che lui aveva dichiarato bastarda, avevano ancora
molto sostegno tra il popolo. Re Enrico si rodeva che potessero non accettare
come suoi eredi i figli che avrebbe avuto con Anna.
Come risultato, decise di costringere chiunque in Inghilterra a prestare
il giuramento che il suo matrimonio con Anna era legale e che solo i figli nati
da questa unione erano legittimi, e che lui era il Capo Supremo della Chiesa
d’Inghilterra. Thomas era un uomo profondamente religioso che si rifiutò di
rinnegare quella che vedeva come l’autorità divina del Papa, e così finì sul
patibolo, una perdita terribile per il mondo. Jasper era uno di quelli che
avevano parlato e aveva abbandonato il Paese piuttosto che prestare un
giuramento contro la sua coscienza.
Re Enrico aveva sempre visto se stesso come un cattolico, a parte delle
questioni ‘minori’, e si allarmò quando le sue azioni diedero origine al
Protestantesimo in Inghilterra. Sia i Protestanti che i cattolici della vecchia
scuola che si rifiutavano di rinnegare il papa, finirono sul patibolo o al rogo
sotto il regno di re Enrico. Dopo la sua morte, il giovane re fu disciplinato
da un consiglio fortemente protestante, che intensificò le persecuzioni nei
confronti dei cattolici. Il giovane re minacciò perfino la sua stessa sorella,
Maria, provando a costringerla a conformarsi alle nuove leggi religiose.
Ora che la Regina Maria era sul trono, i Cattolici come Jasper erano
tornati in favore e i Protestanti erano quelli che affrontavano le
persecuzioni. Jasper, uno dei ‘martiri’ che erano rimasti fermi nella
propria fede, probabilmente sarebbe stato ricompensato nel nuovo regime.
Edward, che aveva un orientamento protestante, sperava tanto che la Regina Maria
non scoprisse mai che si era ‘conformato’ durante il regno di suo
fratello e aveva silenziosamente riportato la cappella alla sua cattolica
opulenza, e ora Padre Jacob vi offriva messa tre volte al giorno.
Padre Jacob disprezzava Jasper, che vedeva troppo debole riguardo
all’eresia e al peccato, ed era profondamente offeso che fosse stato scelto
Jasper come confessore personale di Bella invece che lui stesso.
Bella e Jasper avevano passato gli ultimi due giorni nella camera da
letto di lei e di Edward, in profonde discussioni sulla fede cattolica. Edward
non aveva dubbi che Bella sarebbe uscita da questo ben preparata almeno a far
finta in maniera convincente di essere una cattolica, se non veramente
convertita.
Si voltò verso Bella e le prese la mano per aiutarla lungo il ripido
sentiero. Poi ci ripensò e la prese in braccio, per paura che potesse
inciampare e cadere. Bella rise gentilmente alla sua preoccupazione ma lo
lasciò fare, mettendogli le braccia al collo e avvicinandosi per un bacio.
«Puoi capire se il bambino è un maschio?» le chiese.
Bella scosse la testa. «Tutto quello che posso sentire è la vita che
cresce dentro di me. Tu non sarai … deluso se sarà un femmina, vero?»
Lui fece un gran sorriso. «Sarò felice comunque, ma penso che sia un
maschio.»
Bella sorrise e lo baciò.
Nessuno dei due notò il viso alla finestra.
Edward annunciò che sua moglie aspettava un erede la sera seguente a
cena. Con sua sorpresa, vide che Emmett non sembrava così contento della
notizia. Era pallido e aveva l’aria malaticcia, non aveva quasi toccato cibo,
nonostante ci fossero i suoi piatti preferiti. Tirò giù la sua birra e ne
chiese un’altra, fissando il tavolo.
«Puoi rimandare il tuo matrimonio, ora, se lo desideri», gli disse
Edward, sperando che questo lo rallegrasse un poco.
Emmett fece spallucce. Alzò un dito per tenere la birra e vuotò il
boccale, allungandolo poi perché glielo riempissero. «Non me ne importa molto,
comunque.» Le sue parole erano così impastate che Edward le capiva a malapena.
Aveva spesso visto Emmett ubriaco negli ultimi anni, ma questo era eccessivo
anche per lui. Quando si alzò per lasciare la tavola, cadde a terra e non
sembrò importargliene. Non fece delle scuse né si lamentò scherzosamente che il
pavimento fosse irregolare. Semplicemente si alzò, scacciando le mani di quelli
che volevano assisterlo e uscì barcollando dalla stanza.
«L’ho visto raramente così», disse Edward a Bella, che stava finendo un
robusto pasto a base di pastinaca e cavolo.
«Ha male al cuore», disse Bella. «Ho pietà di lui per il suo dolore.»
Jasper, in fondo alla tavola, posò il suo cucchiaio e guardò pensieroso
Emmett che se andava. «Vostra grazia, posso?» Fece un gesto verso la porta da
cui era uscito Emmett.
«Sì, prego, assistilo in qualunque modo tu possa.»
Quella sera, mentre lo svestivano per la notte, Bella entrò nella loro
camera, pallida e scossa.
«Che novità?» chiese Edward allarmato. «È il bambino?» Ci era passato
così tante volte con sua moglie, Mary, vedendola felice alla notizia della sua
gravidanza solo per vederla poi andare in pezzi quando perdeva il bambino.
«No, il nostro bambino sta bene.» Bella guardò attorno ai domestici.
«Andatevene, tutti quanti.»
I domestici obbedienti si ritirarono, uscendo dalla porta dopo essersi
inchinati al duca e alla duchessa. Sarebbero rimasti appena fuori della porta,
in attesa che fosse loro permesso rientrare.
Edward aveva indosso solo la sua camicia, che gli arrivava alle cosce.
Bella lo invitò a sedersi sul letto accanto a lei e mise una coperta sulle sue
gambe nude, per paura che prendesse un raffreddore. «Edward, ho sentito per
caso qualcosa che non avrei dovuto.»
«Cosa intendi?»
Lei prese un respiro profondo. «Venivo dalla camera di Elizabeth dopo
averla messa a letto e ho sentito delle voci provenire dalle camere della signora.
Sapevo che nessuno avrebbe dovuto essere lì, quindi sono andata e ho sbirciato
dalla porta. Era Emmett che parlava con Jasper.»
«Si stava confessando?» chiese Edward. «Se è così, devi rimanere in
silenzio su qualunque cosa tu abbia sentito.»
Bella scosse la testa. «Non so se si stava confessando o no. Sembrava una
conversazione ordinaria, non come quella che mi ha mostrato ieri Jasper. Non ho
sentito niente in lastino.»
«Latino», la corresse Edward. «Bella, cosa hai sentito? Perché
sembri così turbata?»
«Jasper gli ha detto che non poteva cercare assoluzione fino a quando non
avesse confessato a te quello che aveva fatto, e Emmett ha detto che non
avrebbe mai potuto dirtelo, quindi il peccato sarebbe rimasto sempre con lui,
una macchia sulla sua anima.»
«Cosa non poteva dirmi?»
Bella prese tra le sue le mani di Edward. «Era Mary. La donna che lui
amava era tua moglie.»
Edward si sentì come se l’avessero preso a pugni. La stanza girava
intorno a lui, ed era grato di essere seduto. «B-Bella, sei sicura? Ne sei
certa?»
Le lacrime riempirono gli occhi di Bella, e annuì. Edward si alzò,
appoggiandosi alla spalliera del letto. «Ne sei certa?» chiese di nuovo. «Sei
sicura che è quello che hai sentito?»
Bella annuì e le scesero le lacrime. «Mi dispiace, Edward, so come vi sentite
voi umani a condividere.»
«Condividere?» ripeté lui.
«Condividere i vostri corpi», chiarì Bella. «Noi selkie amiamo i nostri
bambini, non ha importanza chi sia il corpo-padre, ma so …»
Edward si sedette di nuovo e Bella si interruppe, qualunque cosa stesse
per dire. Lo guardò ansiosa, masticandosi il labbro.
Lui si passò la mano tra i capelli. «Bella, stai molto attenta ad essere
chiara con me. Stai dicendo che Eli…» dovette fermarsi e prendere un profondo
respiro. «Mi stai dicendo che Elizabeth è figlia di Emmett?»
Bella annuì. «Ti avevo detto che non c’era vita nel tuo seme, non fino
all’altra notte quando …»
«Ne sei certa?» ripeté di nuovo, incapace di accettare quello che
stava sentendo. Doveva esserci un errore. Bella doveva aver capito male.
«Emmett ha detto che Mary non è mai rimasta incinta finché loro non hanno
cominciato …» arrossì. «Be’, ha usato una di quelle parole che mi hai detto che
non devo dire, ma intendeva finché non hanno cominciato a fare sesso insieme.»
«Scopare?» chiese Edward. «Ha detto che scopava Mary?»
Bella annuì, mordendosi il labbro così forte che apparvero delle
goccioline di sangue.
Edward crollò, prendendosi la testa tra le mani. Tutto sembrava distante
e vuoto, come se stesse facendo un brutto sogno, ma era reale, e aveva
terribilmente senso. Si rialzò in piedi.
«Dove vai?» chiese Bella.
«Devo parlare con lui», disse Edward. «Devo parlare con Emmett.»
Gli occhi scuri ed espressivi di Bella erano preoccupati. «Edward, forse
dovresti aspettare domattina.»
Lui scosse la testa. «Devo sentirlo da lui.»
Bella lo aiutò a vestirsi, le mani rapide e ormai pratiche. Edward
camminò come un vecchio fino alla camera di Emmett. La porta era dischiusa e
lui entrò silenziosamente. Emmett era stravaccato su una seggiola di fronte al
fuoco, un boccale di birra appoggiato sullo stomaco.
Edward si sedette dalla parte opposta e prese la brocca di birra sul
pavimento accanto a Emmett, prendendone un gran sorso. Era la prima volta nella
sua vita che beveva da un contenitore che non fosse una coppa d’oro o
d’argento. Immaginò che ci fosse una prima volta per tutto, incluso scoprire
che tua moglie e tuo fratello ti hanno tradito.
«Finalmente l’hai capito, vero?», disse Emmett, la voce sorda.
«Bella ha sentito per caso la tua conversazione con Jasper.»
Emmett non disse nulla. Continuò a bere.
«Come hai potuto?» chiese Edward. «Il mio stesso fratello …»
«La amavo, e lei amava me», disse Emmett.
Un dolore acuto attraversò Edward, come se il suo cuore fosse stato
tagliato con un rasoio. «Pensavo che amasse me.»
«Ti amava. Ma amava anche me. Era difficile per entrambi, sapendo che ti
tradivamo, sapendo quanto ne avresti sofferto se l’avessi scoperto.»
«Ma non abbastanza da fermarvi.»
«No, non fino a quel punto.»
Edward chiuse gli occhi. «Per quanto tempo?»
«Cinque anni, più o meno. Io l’ho amata dal giorno che l’hai portata qui,
ma mi sono trattenuto per quanto ho potuto. Ricordi quando andasti a corte
l’ultima volta?»
Edward ricordava. Era la tarda estate del 1548. Gli era stato chiesto di
andare e sostenere il giovane re perché il consiglio era in subbuglio. Thomas
Seymour, zio del giovane re, aveva sposato l’ultima delle mogli di re Enrico,
Katherine Parr. Tutti i figli di re Enrico l’avevano amata e la Principessa
Elisabetta viveva con lei dopo la morte di suo padre. Katherine era in avanzato
stato di gravidanza quando scoprì che Thomas tentava di sedurre la principessa
quattordicenne, e poco dopo era morta di parto, qualcuno diceva di crepacuore.
Thomas aveva poi tentato di farsi sposare da Elisabetta, ma lei saggiamente
aveva detto che doveva avere il permesso del consiglio. Il consiglio,
allarmato, aveva allora cominciato a frugare tra gli affari di Thomas e lo
accusò, benché con scarse prove, di appropriazione indebita dal patrimonio.
Thomas, realizzando che era in un mare di guai, aveva fatto irruzione
nell’appartamento del giovane re con un’arma, con l’idea di far ascoltare al re
la sua versione dei fatti. Sparò a uno dei cani di Edward che aveva provato a
morderlo per difendere il suo padrone dall’intruso. Il rumore allertò le
guardie che lo arrestarono e lo mandarono nella Torre. Fu giustiziato poco
dopo.
La bambina che la regina Katherine era morta per dare alla luce, avrebbe
dovuto essere ben provvista, ma il testamento di Katherine aveva lasciato tutto
al marito traviato. Quando era stato accusato di tradimento, la sua fortuna era
stata confiscata dalla Corona. La povera bambina fu lasciata in povertà e
affidata ai parenti, che erano risentiti per l’enorme spesa che comportava
prendersene cura adeguatamente. Come figlia di una regina, la bambina doveva
essere vestita in modo appropriato e avere una casa con i propri servitori.
Edward non fu sorpreso quando sentì che la bambina era morta all’improvviso.
«È stato allora che è cominciata», gli disse Emmett. «Venne da me nel
cuore della notte.»
«Le sue domestiche dovevano saperlo», disse Edward, la voce così bassa
che poteva benissimo star parlando con se stesso.
«Credevano che fosse il motivo per cui le hai allontanate dal servizio
dopo che era morta Mary.»
Edward scosse la testa lentamente. Bevve ancora dalla brocca.
«Perse il bambino», continuò Emmett. «Eravamo tutti e due addolorati da
questo, ma pensavamo che fosse la punizione di Dio per i nostri peccati. Ma io
non riuscivo a fermarmi, e Mary voleva così tanto un bambino. Provai a
resisterle, Edward. Ti giuro che ci provai.»
«Ci provai anch’io», disse Edward. «Vedevo come la rendevano debole gli
aborti.»
«Io l’ho uccisa», disse Emmett. «L’ho uccisa con la mia lussuria e la mia
debolezza.»
Edward, che aveva pensato lo stesso di se stesso, lo capiva.
«Provai ad uccidermi, dopo, sai», disse Emmett con nonchalance. «Volevo
andare all’inferno, come mi meritavo. Andai nella stalla e saltai dal fienile
con una corda stretta al collo. La corda si ruppe. Non ebbi il coraggio di riprovare.»
Edward ricordava che Emmett aveva avuto mal di gola ed era rimasto a
letto per una settimana dopo il funerale di Mary. Lui era troppo depresso per
prestargli molta attenzione, al tempo.
«Non ti chiederò di perdonarmi.» Emmett vuotò il suo bicchiere, prese la
brocca dalle mani molli di Edward e se ne versò ancora. «Cristiano come sei, ti
sentiresti obbligato a farlo, ma questo ti mangerebbe dentro come l’oceano
erode la pietra. Me ne vado, vado nelle mie proprietà.» Emmett, come secondo
figlio, aveva ereditato il titolo secondario del loro padre, Visconte Lisle, e
le proprietà corrispondenti.
Edward annuì. «Sarebbe la cosa migliore.» Si alzò in piedi su gambe
tremanti e andò alla porta. «Elizabeth è mia figlia», disse, gli occhi
che brillavano pericolosamente, come se stesse sfidando Emmett a sostenere il
contrario.
«Sì, lo è», replicò Emmett, fissando il fuoco mentre beveva dal suo
bicchiere. «Congratulazioni per il bambino in arrivo. Sapevo che la magia selkie
di Bella ti avrebbe guarito.»
«Dannazione a te», disse Edward. «Dannazione a te. Sappilo: io non
ho un fratello.»
Emmett annuì. «Addio, Edward. Che Dio sia con te.»
Edward sbatté la porta dietro di sé. Bella era nel corridoio e Edward era
così accecato dalla rabbia che gli andò addosso prima di vederla. Guardò nei
suoi occhi dolci e compassionevoli e la sua rabbia svanì. «Perdonami, Bella.
Non ti avevo visto.»
«Vieni a letto», lo implorò lei.
Lui scosse la testa. «Non riuscirei a dormire. Voglio camminare.»
«Allora camminerò al tuo fianco», disse lei. «Dove è il mio posto.»
«Grazie», disse Edward, e le prese il braccio.
Tante cose avevano senso, adesso. Non era strano che Mary fosse così
desiderosa di confessarsi prima di morire. Lui aveva odiato dover stare lontano
da lei anche per poco mentre lei scivolava via sempre più, ma aveva ceduto alla
sua richiesta. Erano stati solo pochi minuti dopodiché gli era stato concesso
di rientrare in camera, prima che morisse e lui era arrabbiato di aver perso
quei pochi, preziosi momenti con lei, ma questo le aveva permesso di morire in
pace.
Ed Emmett, era rimasto nel corridoio fuori della stanza di lei mentre
Mary esalava l’ultimo respiro. All’epoca, Edward era stato toccato dalla veglia
di suo fratello, pensando che fosse per suo conto e in suo nome. Ora sapeva che
le cose stavano diversamente. Era lo stesso posto che avrebbe occupato lui, se
le loro posizioni fossero state scambiate. Edward sentì un piccolo piacere
meschino sapendo che tormento doveva essere stato per Emmett vedersi negare il
posto al suo fianco in favore dell’uomo che lei aveva sposato. La piccola voce
dentro di lui che sempre lo spingeva verso il bene protestò, ma lui la mise a
tacere con cattiveria.
Se l’avesse saputo allora, avrebbe odiato Elizabeth come era stato così
tentato di fare? Non l’avrebbe tenuta e non avrebbe sentito tutto l’amore che
era fiorito nel suo cuore quando aveva guardato per la prima volta quella che
pensava fosse sua figlia? E allora avrebbe perso tutta la gioia che aveva
portato nella sua vita. Aveva tratto conforto da lei, anche se non era mai
stato capace di essere così affettuoso come sarebbe stato necessario per lei.
Ora, guardandola, avrebbe visto i tratti di Emmett sul suo viso? No, decise.
Non sarebbe andata così. Non avrebbe permesso alle rivelazioni di Emmett di
guastare il rapporto con sua figlia. Non la amava di meno; sarebbe stata sua
per rivendicazione, se non per sangue.
Lo sguardo preoccupato di Emmett quando Edward aveva scoperto di non
poter avere figli … Emmett non era preoccupato di dover essere l’erede di
Edward con tutto quello che ne conseguiva. Era preoccupato che Edward
immaginasse di essere sempre stato infertile.
«Edward?» Era Jasper che scendeva nell’atrio verso di lui. Edward
sospirò. «Jasper, ti prego, non sono dell’umore di sopportare una lezione sulla
famiglia e il perdono.»
«Bene, perché io non sono dell’umore di dartene una», replicò Jasper. «Volevo
solo controllare che fossi … be’, ero preoccupato che potessi ammazzarlo,
francamente.»
Edward scosse la testa. «Si sta ammazzando da solo piuttosto bene, a
forza di bere. Avevo idea di lasciarlo fare a modo suo.»
«Si sente orribile», disse Jasper, cominciando a camminare al loro
fianco.
«Deve», disse Edward bruscamente.
«Edward, ascoltami», disse Jasper. «Temo che ci sia una tempesta in
arrivo. Io non so cosa sarà, ma ho paura che saranno tempi bui. Tu hai bisogno
di tutti gli alleati possibili. Non mandare via Emmett, per il bene della tua
famiglia, se non per il tuo.»
Edward emise un lamento. «Jasper, non credo di avere lo stomaco di
guardarlo ogni giorno al tavolo da pranzo.»
«Allora digli di consumare i pasti nella sua stanza.»
«Jasper …»
«Edward, se hai mai ascoltato qualcosa che ho detto, fai attenzione a
quello che ti dico adesso. Verranno giorni in cui avrai bisogno di lui al tuo
fianco.»
«Tu come lo sai?» chiese Edward sospettoso.
Jasper scosse la testa. «Non lo so. So solo che lo sento nelle mie ossa.»
«Va bene, lo concedo», disse Edward. «Parla con lui. Digli di stare
lontano da me.»
Jasper sembrò sollevato. Annuì e si spostò di lato, lasciando Bella e
Edward andare avanti da soli. Edward continuò a vagare attraversando il cortile
della magione verso i campi. Teneva Bella per mano. Aveva sempre tratto della
consolazione dalle sue passeggiate, ma ora non avrebbe mai più dovuto camminare
da solo.
Note storiche
-
Un codpiece (tradotto conchiglia) era qualcosa di simile alle moderne
“coppe” usate dagli atleti, indossato sopra la calzamaglia. All’inizio
servivano solo a coprire i genitali, ma durante il regno di Enrico VIII
divennero enormi e falliche, sporgendo in fuori e sopra. Quella sull’armatura
di Enrico era decisamente allarmante.
-
Un confessore era il sacerdote personale di un nobile, a cui poteva
confessare in privato i suoi peccati e chiedere consigli in materia di
religione.
-
Sir Thomas More è uno dei miei personaggi preferiti nella storia dei
Tudor. Era un uomo veramente brillante, figlio di un avvocato e molto ben
educato per i tempi. In un periodo in cui l’educazione femminile era qualcosa
di vincolato ai nobili, lui si assicurò che le sue figlie fossero altamente
educate. La sua Utopia è uno stupefacente slancio di immaginazione e
creatività, contenente concetti avanti di centinaia di anni il suo tempo. E’ un
racconto in cui il popolo vive in una nazione di proprietà comuni, uguale
educazione per i due sessi, una meritocrazia che sceglie i governanti basandosi
sui risultati scolastici, cure mediche gratis e tolleranza religiosa (anche se
non per gli atei). Inventò un alfabeto, una poesia, un nuovo codice penale e
una cultura. Thomas More servì come cancelliere di Enrico VIII, che lo rispettò
e lo amò, anche se questo non bastò a salvarlo quando si rifiutò di giurare
sull’Atto di Supremazia, negando l’autorità del Papa. Il re fu comunque
abbastanza misericordioso da commutare la condanna ad essere squartato nella
semplice decapitazione. Le ultime parole di More furono che lui moriva come
servitore leale del re, ma Dio veniva prima.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/7/The-Selkie-Wife
Capitolo 7
Padre Jacob si mise seduto all’improvviso sul letto boccheggiando e
guardò velocemente la stanza intorno a lui per assicurarsi di essere solo. Un
sogno. Solo un sogno.
Era aggrovigliato nelle lenzuola appiccicose e si buttò di nuovo giù con
un gemito. Maledetta quella strega! Qualunque incantesimo avesse scagliato su
di lui, era potente. Era dalla sua gioventù che non era così afflitto da sogni
carnali.
Aveva pregato. Aveva digiunato. Aveva indossato un cilicio sulle ferite
causate dalla sua autoflagellazione, ma per qualche ragione, Dio permetteva che
l’incantesimo della strega gli rimanesse addosso. Il suo compito adesso era
determinare perché, quale lezione Dio volesse impartirgli o quale azioni voleva
che intraprendesse.
Abbastanza ironicamente, era cominciata con una preghiera. Jacob era
andato nella stanza della torre nord, quella che si affacciava sul mare.
Probabilmente era l’unica persona che era stata lì da decenni, il che la
rendeva perfetta per le sue devozioni private. La maggior parte della notte era
rimasto steso sulla fredda pietra, le braccia aperte, mentre pregava. Dio una
volta gli aveva mandato una visione e adesso si sforzava di averne un’altra.
L’anima immortale del duca era in pericolo e Jacob non sapeva come raggiungerla.
Aveva visto Edward scivolare sempre più profondamente nell’eresia
protestante. Ben presto sarebbe stato troppo tardi per raggiungerlo. Sarebbe
stato perduto. Non si presentava neanche più a quelle abominevoli funzioni
protestanti, più Padre Jacob lo implorava di intendere ragioni, più il duca si
allontanava.
Jacob sapeva che doveva la sua posizione qui a sua cugina, Mary. Lei
aveva insistito perché Edward lo nominasse cappellano, e già allora, aveva
capito che Edward sarebbe stato una sfida. Mostrava poco interesse nelle
materie spirituali. E guarda che risultati aveva portato la sua tiepida fede!
Mary, a confessare i suoi detestabili peccati sul letto di morte e Edward ora
sposato a una strega pagana. Invece di nominare qualcuno, come lui, che avrebbe
potuto trasformarla in una donna cristiana timorata di Dio, Edward aveva
nominato quello stolto, Padre Jasper, come suo confessore.
Quando Padre Jacob si era rialzato dal pavimento di pietra, l’aveva visto
attraverso la finestra aperta: una visione di Eva, ma non l’Eva innocente del
giardino. Era Eva dopo la Caduta, la sua nudità intesa a suscitare la lussuria
in chiunque la vedesse. La nuova duchessa era nuda sulla spiaggia, sfacciata,
spudorata. All’inizio, Padre Jacob aveva pensato che i suoi occhi lo
ingannassero, ma era vero. Aveva dato loro un’occhiata migliore quando erano
tornati in casa. Nella distanza, non era riuscito a vedere tutti i dettagli
delle sue forme, ma abbastanza da rendere i suoi sogni dolorosamente
realistici. E con suo stupore, il duca l’aveva incontrata nell’acqua e i loro
corpi si erano uniti nella danza sensuale, antica come l’umanità stessa.
C’era qualcosa di innaturale in quella donna, ma Padre Jacob non
sapeva cosa fosse. Aveva avuto raramente la possibilità di interagire con lei e
studiarla. Lei sembrava temerlo come uno assediato dai demoni dovrebbe temere
un uomo di tale pura fede. Come aveva convinto Edward a partecipare a quel rito
pagano cui aveva assistito? Sebbene Edward avesse deviato dalla retta via,
avrebbe dovuto riconoscere la stregoneria quando la vedeva, e sapere che nessun
cristiano decente si impegnerebbe in relazioni carnali all’aperto sotto la
luna.
Ma lì stava il problema. Se avesse denunciato lei per eresia, anche il
duca sarebbe stato preso, a dispetto delle mancanze di Edward, Padre Jacob
pensava che fosse ancora redimibile, se solo gli avessero mostrato i suoi
errori atroci. Ma non la donna. Più a lungo durava l’incantesimo, più Padre
Jacob si convinceva che non fosse semplicemente una pagana eretica: lei era il
male.
Finché non fosse riuscito a distruggere quel male, doveva combatterlo da
solo. Doveva restare puro e santo, rafforzando il suo spirito digiunando e
mortificando la sua carne disobbediente. Forse avrebbe dovuto intraprendere un
pellegrinaggio. Il suo cuore si alleggerì all’idea. Sarebbe ritornato più
forte, pronto a dare battaglia per le anime di tutti quelli che dimoravano in
questa proprietà.
Dio lo aveva preservato dalle persecuzioni durante il regno del giovane
re, nonostante avesse parlato spavaldamente contro le riforme. Padre Jacob non
biasimava il povero giovane re, perché i suoi malvagi consiglieri avevano
governato per mezzo di lui, e il ragazzino era semplicemente troppo giovane per
capire, non essendogli mai stata svelata la Vera Fede. L’anno scorso, lo
scellerato Arcivescovo Cramner aveva riscritto il Libro delle Preghiere Comuni
(Book of the Common Prayer) che aveva corrotto la messa e l’aveva resa
irriconoscibile, negando la presenza letterale del sangue e del corpo di Cristo
nella Comunione. Era certo che la regina Maria, una donna buona e santa, avrebbe
fatto bruciare quel Cramner per le sue azioni malvagie, e la Vera Fede sarebbe
stata restaurata in Inghilterra.
Avrebbe aspettato il suo tempo. La mano di Dio era all’opera e presto il
suo sentiero sarebbe stato sgombro.
Edward fissò la lettera che teneva in mano e la lesse per la terza volta,
finché le sue mani tremarono così forte che le parole si sfocarono sulla pagina
di fronte a lui.
Cugino, mi meraviglia molto la notizia che mi è giunta del
tuo matrimonio, poiché ti ho sempre pensato come un temperamento non dedito a
simili azioni spavalde e sconsiderate.
Di lì in avanti, non andava meglio. Maria lo rimproverava per essersi
approfittato della ‘confusione’ per la morte del giovane re e del regno
di breve durata di Jane Grey e gli ricordava che la sua prossimità al trono
rendeva il suo matrimonio un affare di stato. Gli ordinava di presentarsi, lui
e la sua nuova moglie, a Westminster Palace, in modo da poter esaminare la situazione
più accuratamente. Edward lasciò cadere la lettera che fluttuò sul pavimento,
arrotolandosi lungo le sue pieghe, lasciando solo la firma «Marye the Quene»
visibile. Si sedette pesantemente sulla sua seggiola, la faccia tra le mani.
Cosa doveva fare?
Il messaggero reale aspettava fuori per una risposta. Edward avrebbe
dovuto dare l’unica possibile risposta all’invito della regina. Doveva
portare Bella a corte. Poteva guadagnare un po’ di tempo, forse una settimana,
poi sarebbero dovuti partire per raggiungere Londra in tempo per
l’incoronazione della regina. Lei voleva incontrare Bella, la supposta
principessa del Nuovo Mondo. Cosa doveva fare? Bella sarebbe deperita, a corte.
Era una vita in cui lui era nato, e lo stesso la trovava soffocante.
Bella entrò nel suo ufficio dopo aver bussato. «Mio signor marito?
Desideravi vedermi?»
«Chiudi la porta, Bella», le disse piano. Lei lo fece, uno sguardo
confuso sul viso. Lui si alzò, attraversò la stanza e la prese tra le braccia.
Il corpo di lei era duro e rigido, per via di tutti gli strati che indossava e
il suo copricapo gli impediva di nascondere il viso nei suoi capelli come
avrebbe voluto, ma la tenne stretta, fremendo.
«Edward, che c’è? Cosa c’è che non va?»
Lui la guardò in viso, in quei suoi grandi occhi morbidi. Era stata così
brava. Aveva l’aspetto sano e vibrante che aveva quando lui l’aveva catturata,
e la gravidanza sembrava accordarsi così bene con lei. Non aveva nessuno dei
malanni che avevano afflitto sua moglie ad ogni … Scacciò il pensiero dalla sua
mente. Si rifiutava di pensare ancora alla sua prima moglie.
Aveva pianto il suo matrimonio durante quella passeggiata con Bella dopo
il confronto con Emmett. Aveva pianto la morte di un’illusione, il matrimonio
felice che credeva di essere stato così fortunato di avere, non era che una
menzogna. E tra le braccia di Bella, seduto su un tronco caduto, aveva pianto
le sue ultime, amare lacrime.
Un altro colpo alla porta, ed entrò Emmett. Edward si irrigidì. Emmett
era stato una presenza invisibile in casa, nelle ultime settimane, evitando
Edward come richiesto. Nella sua mano Edward vide una lettera che portava la
stessa calligrafia di quella che aveva appena ricevuto e lui alzò lo sguardo su
Emmett con timore.
«Si è rivolta a me come Visconte di Lisle e chiede perché non l’ho
informata del tuo matrimonio», disse Emmett. «Penso che sia perfino più
arrabbiata con me che con te.»
«Chi?» chiese Bella, gli occhi che guizzavano avanti e indietro tra i
due, mentre cercava di capire quale fosse il problema.
«La Regina ci ordina di presentarci a corte, Bella. Tutti e tre.»
«Oh.» Bella si sedette su una delle seggiole, gli occhi sgranati.
Anche Emmett si mise seduto con un sospiro. «Vuole sapere perché non ho
menzionato il tuo matrimonio nella lettera che le ho scritto chiedendole il
permesso per il matrimonio con Lady Kathryn, la figlia dei Conti di Hale. Io
non mi ricordo neanche di averle scritto una lettera.»
«Forse la tua memoria funzionerebbe meglio se non bevessi fino a svenire
ogni giorno», disse Edward brusco. Si passò la mano tra i capelli, spettinandoli
più del solito. «Sapevo che prima o poi l’avrebbe scoperto. Non ha la rete di
spie della Principessa Elisabetta, ma questo tipo di notizie viaggia in fretta.
Mio Dio, ho il terrore di andare a corte e affrontarla.»
«Scrivile e dille che tua moglie è gravida e non può viaggiare», suggerì
Emmett.
«Sua madre combatté la guerra contro la Scozia mentre era incinta. Dubito
che lo accetterebbe, e diventerà solo più rabbiosa se pensa che cerco di
evitare la sua convocazione.»
«Allora andremo», disse Bella.
«Bella, tu non sei mai stata a corte, quindi non capisci cosa ti stai
impegnando a fare. È affollata, sporca, rumorosa e il mare è miglia e miglia
lontano. Non voglio che tu languisca di nuovo.»
«Non succederà.» I suoi occhi andarono a Emmett. «Ne discuteremo più
tardi, marito, ma ti assicuro che starò bene.»
«Non so quando ci lascerà ripartire», la avvertì Edward. Non disse a
Bella che c’era la possibilità che li buttasse nella Torre come traditori. Non
pensava che la Regina Maria avrebbe dato quell’ordine per via di quel lato
morbido e sentimentale che aveva riguardo la famiglia, ma non poteva garantire
niente. Le sue regole non erano ancora stabilite.
Bella annuì. «Capisco.»
Lui sospirò. «No, non credo che tu capisca, ma capirai.»
La casa fu messa sottosopra per i preparativi del viaggio. I vestiti di
corte che erano appartenuti alla prima moglie di Edward dovettero essere
modificati per le forme più piccole di Bella e per essere più alla moda. Fu
impiegato un esercito di sarte e Bella passò ore infinite a misurare.
Quello che preoccupava di più Bella sul fatto di andare a corte, era che
Elizabeth non sarebbe andata con loro. Edward provò a spiegare che tutti
sapevano che la corte era malsana per i bambini, ma senza risultato. Bella
aveva pianto, poi era scappata via, e poi aveva pianto ancora, ma Edward rimase
fermo nel suo rifiuto. La corte non era posto per una bambina, e comunque,
Bella avrebbe avuto ben poco tempo da passare con lei.
I contratti per il matrimonio di Emmett erano ancora in corso di
negoziazione, ma la cugina della sua promessa era già arrivata per essere dama
di compagnia di Bella, appena in tempo per il viaggio a corte. Lady Mary Alice
Brandon era una lontana cugina di Edward (quasi tutti i nobili in Inghilterra
erano imparentati in un modo o nell’altro) e aveva servito come dama di corte
la regina di Francia, Caterina de’ Medici. Dato che aveva la madre e un’altra
sorella di nome Mary, le avevano dato un secondo nome, Alice.
Era diversa da suo cugino, Jasper, quanto è possibile esserlo. Dove lui
era alto, biondo e di temperamento calmo, Alice era piccola, scura ed
eccitabile, una creatura simile a un folletto, i capelli tagliati corti per via
di una febbre che aveva sofferto mentre era in Francia. Quella malattia era ciò
che aveva consigliato a suo padre di richiamarla a casa. Il tempo a servizio
della regina francese aveva dato ad Alice uno smalto continentale. Era
aggraziata e alla moda come una francese e in grado di insegnare a Bella le
danze in voga al momento, così come di consigliarla sui vestiti e le
pettinature. Aveva una piacevole, entusiastica disposizione, e a Bella piacque
immediatamente.
Gli appartamenti a corte non erano ammobiliati, quindi la casa del Duca
fu imballata, tutto, dai tappeti all’argenteria. Il grande letto del duca fu
smontato e imballato su uno degli innumerevoli carri necessari a portare le
tonnellate di equipaggiamento necessari all’appartamento di un duca. Così come
nella sua casa, tutto nei suoi appartamenti doveva mostrare la ricchezza e la
grandeur degli occupanti ed essere acconcia ad un uomo di sangue reale. I carri
carichi erano troppo pesanti per essere trascinati dai cavalli, quindi vi
vennero aggiogate coppie di buoi, che faticavano quando i carri, spesso,
affondavano nelle strade fangose.
Le strade inglesi erano notoriamente pessime. Teoricamente, dovevano
essere mantenute in buono stato dal proprietario delle terre che
attraversavano, ma pochi lo facevano veramente. In genere, l’unico momento in
cui questo veniva fatto, era quando si annunciava che un convoglio reale
sarebbe passato per quella strada. Chiunque viaggiasse, si aspettava ritardi
per i carri che affondavano nel fango e assi che si rompevano per le buche.
Edward e Bella viaggiavano in una lettiga, un mezzo a forma di scatola
ornata che aveva sotto dei pali, sostenuta da cavalli davanti e dietro. Un
servitore camminava di fianco e portava le briglie di ogni cavallo. Dentro,
l’alloggiamento era foderato con cuscini di velluto e le cortine laterali
potevano essere tirate se gli occupanti desideravano guardare fuori o essere
visti dai contadini che lasciavano il loro lavoro e correvano ad allinearsi
lungo la strada per guardare la splendida parata di passaggio. Emmett cavalcava
vicino a loro su uno dei suoi cavalli preferiti, ondeggiando un po’ sulla sella
mentre beveva da una fiaschetta di brandy.
Alice viaggiava su un carro insieme agli altri domestici di alto rango.
Bella era preoccupata per lei, perché i servitori erano profondamente invidiosi
di ogni promozione o favoritismo, e se uno dello stesso rango avesse pensato di
dover ottenere la ambita posizione di dama di compagnia, Alice poteva essere
soggetta ad ostilità e vere e proprie cattiverie. Ma se Alice aveva avuto problemi,
non ne parlò con Bella quando si fermarono per la notte.
Un esercito di guardie armate cavalcava di fianco al convoglio. I banditi
erano sempre una minaccia e i carri del Duca contenevano abbastanza ricchezza
da finanziare un piccolo stato. In realtà, al momento, era più ricco della
Corona. Enrico VIII era giunto sul trono come uno dei monarchi più ricchi
d’Europa, grazie alle attente politiche fiscali di suo padre. Ma Enrico aveva
dilapidato la ricchezza nella costruzione di palazzi, in rovinose guerre di
vanità e in una corte opulenta. Quando aveva chiuso i monasteri e confiscato
ricchezze e decime, aveva disperatamente bisogno di denaro. Ma anche
quell’impressionante afflusso di ricchezza non fu sufficiente. Quando morì,
l’Inghilterra era in bancarotta, e adesso la regina Maria doveva affrontare dei
seri problemi di bilancio. Era un altro motivo per cui Edward temeva la sua ira
verso il suo matrimonio. Avrebbe potuto essere tentata di dichiararlo un
traditore e confiscare le sue proprietà per rendere la nazione fiscalmente
solvente, almeno per un po’.
Durante il viaggio, si fermavano in locande lungo la via. Ogni sera,
parte degli averi di Edward veniva disimballato e usato per rendere le stanze
della locanda accettabili per gli occupanti. Chiunque avesse affittato quelle
stanze veniva cacciato frettolosamente quando arrivava il Duca. Maiali e
bestiame che era stato ingrassato per l’inverno veniva macellato per nutrire il
largo seguito di domestici. Polli e oche venivano sequestrate ai vicini, pagate
a prezzi bassi dal dispensiere di Edward, il che faceva brontolare i residenti
dietro le porte chiuse. Quando la carovana si muoveva, la zona veniva lasciata
priva di cibo, anche se alla gente veniva dato un po’ di denaro per rimpiazzare
quello che era stato consumato. Edward, naturalmente, non aveva idea di quanto
pagasse il suo dispensiere.
Fu un viaggio lungo e lento e quando raggiunsero Londra, Bella era
decisamente stufa. Edward la osservava con ansia, ma lei gli assicurò che non
sarebbe languita di nuovo. Una magia potente proteggeva le selkie quando
aspettavano un bambino e gli effetti duravano almeno per un anno mentre
allattavano il figlio. Questa cosa, in se stessa, era una zona di controversia
tra loro. Le signore del rango di Bella non allattavano i propri figli, ma
Bella si rifiutava di prendere in considerazione l’idea di una balia. Edward
aveva lasciato cadere l’argomento, sperando che dopo l’arrivo del bambino,
Bella sarebbe stata più bendisposta.
Arrivarono alla Torre, dove Maria teneva corte fino a dopo
l’incoronazione, intorno all’ora di cena. La servitù arrivò a scaricare i carri
del Duca e a sistemare le sue stanze, mentre i domestici che avevano viaggiato
si allontanarono per trovarsi un pasto. Il maggiordomo della Regina li incontrò
mentre entravano, dichiarando semplicemente che Sua Maestà desiderava vederli
immediatamente. Edward provò ad obiettare, osservando che lui e sua moglie
erano impolverati per il viaggio e non appropriatamente vestiti per incontrare
la Regina, ma il maggiordomo insisté. Emmett smontò da cavallo, ma il
maggiordomo lo bloccò. «Con voi parlerà più tardi»
Emmett deglutì.
Edward e Bella furono condotti alla stanza che veniva usata come camera
privata della Regina. La Torre serviva sia da prigione che da palazzo. Lady
Jane Grey e suo marito erano ancora alloggiati là dentro, e Jane poteva vedere
chi andava e veniva dalla corte dalla sua finestra. Era consuetudine che il
nuovo monarca passasse almeno una notte prima dell’incoronazione nei lussuosi
appartamenti reali della Torre, ma Maria aveva deciso di farne la base
operativa fino all’incoronazione. Sottaciuto era il fatto che la Torre era la
più sicura e difendibile delle residenze reali.
Trovarono la Regina Maria sotto un baldacchino che cenava da sola. I
servitori erano in piedi dietro la sua seggiola, se la Regina avesse avuto
bisogno di qualcosa mentre mangiava. Uno di loro teneva una brocca di vino per
riempire di nuovo la coppa ad ogni sorso e un altro era inginocchiato al suo
fianco con un tovagliolo e una ciotola. Erano così onnipresenti, i domestici,
che i nobili parlavano apertamente di fronte a loro, perfino di questioni
segrete. Si dimenticavano semplicemente che fossero là, come se fossero parte
del mobilio. Se uno voleva sapere i segreti di un nobile, corrompere uno dei
suoi domestici funzionava quasi sempre.
Edward e Bella si inginocchiarono di fronte alla Regina, le teste
chinate. Edward aspettò, ma la Regina non li invitò ad alzarsi. Continuò a
mangiare, trafiggendo col coltello la carne nel suo piatto. Dopo ancora qualche
boccone preso con rapidi movimenti, lei sbottò. «Cosa dici, cugino?»
«Dico prima di tutto che il mio cuore è rallegrato di vederti di nuovo, e
di trovarti in buona salute», disse Edward. Non vedeva la Regina Maria da
qualche anno, e vide che quegli anni non erano stati particolarmente gentili
con lei. Aveva trentasette anni, adesso, e si vedeva. Sulla faccia portava le
ombre della sua vita dura, la pelle giallastra con rughe attorno alla bocca
tesa. I suoi capelli, un tempo dello stesso biondo rossiccio della Principessa
Elisabetta, si erano scuriti negli anni fino a una sfumatura simile al bruno
ruggine di Edward, e avevano ormai delle strie di grigio.
La Regina Maria era cresciuta in quello che lei ricordava come il regno
delle fate. Nei suoi anni giovanili, i suoi genitori avevano avuto un
matrimonio affettuoso, con suo padre che occasionalmente sorprendeva sua madre
con grandi, romantici gesti. Era giocoso con lei, vestendosi come un contadino
per “assaltare” la camera della regina, ordinandole di danzare con
l’affascinante straniero, e la Regina Katherine fingeva sempre di non
riconoscerlo finché non si toglieva la maschera.
Ma quando arrivò ai sedici anni, tutto cambiò. Suo padre era scontento
per la mancanza di un erede maschio, poi Anna Bolena era arrivata e l’aveva
stregato. Decise all’improvviso che il suo lungo e relativamente felice
matrimonio era stato maledetto da Dio perché aveva sposato la vedova di suo
fratello. Mandò la Regina Katherine in un ammuffito, umido e semidimenticato
castello, lontano da sua figlia. Non si sarebbero mai più riviste. La madre
della Principessa Maria morì prima che lei potesse convincere suo padre a farle
incontrare la madre un’ultima volta.
Maria reagì alla tensione ammalandosi e per quasi tutto il resto della
sua vita sarebbe rimasta malaticcia, combattendo emicranie, intensi crampi
mestruali e periodi irregolari, disturbi di stomaco, palpitazioni cardiache e
attacchi di panico.
Il Papa rifiutò di concedere a suo padre l’annullamento che voleva, il
che poteva avere a che fare col fatto che Roma era stata appena invasa e
conquistata dal nipote della Regina Katherine, l’Imperatore Carlo V. Per sette
anni Enrico lottò con le autorità religiose per ottenere l’annullamento che
voleva e quando alla fine il Papa si rifiutò definitivamente di concederglielo,
suo padre decise che lui era capo della chiesa d’Inghilterra, non il Papa, e il
servizievole Arcivescovo Cramner dichiarò non valido il suo ventennale
matrimonio. Re Enrico dichiarò bastarda sua figlia, rendendola un’intoccabile
nel mercato dei matrimoni reali.
Per molto tempo, la Principessa aveva resistito, rifiutandosi di
ammettere che il matrimonio dei genitori non fosse valido. Per tre anni, lei e
suo padre non si parlarono. Lui in precedenza l’aveva amata e coccolata, ma
adesso rispondeva trattandola in modo sempre più crudele, provando a
costringerla a piegarsi ed ammettere che lei era il frutto illegittimo di
un’unione non valida. I parenti cattolici del continente della Principessa
Maria la esortavano a rimanere salda nel suo rifiuto ed escogitarono anche qualche
piano senza successo per ‘salvarla’ e portarla all’estero. Ma Maria
dovette cedere, alla fine, firmando un documento in cui ammetteva di essere una
bastarda e negava l’autorità del Papa sulla Chiesa d’Inghilterra. Dopo quello,
il padre la riaccettò, ma i loro rapporti non furono mai più affettuosi come un
tempo.
Quando Anna Bolena ebbe una figlia, la Principessa Elisabetta, Maria fu
mandata da lei come dama di compagnia, una deliberata e crudele umiliazione
per la un tempo orgogliosa Principessa Maria. Nonostante tutto, Maria amava la
bambina che l’aveva soppiantata nel cuore di suo padre. La loro relazione fu
sempre politicamente aspra, spesso a causa delle trame di altri, ma Maria amava
ancora la ragazzina dai capelli rossi, così come amava suo fratello, il
Principe Edoardo, quando nacque dalla sostituta di Anna Bolena. Il Principe
Edoardo ricambiava il sentimento, avendole scritto una volta che la amava più
di tutti i suoi parenti.
Ma Enrico VIII era morto prima che il Principe Edoardo fosse
completamente cresciuto, quindi fu affiancato da un consiglio di reggenza che
era fortemente protestante, che sostanzialmente bandì il cattolicesimo con una
serie di nuove riforme religiose. La relazione del giovane re con la sorella
era diventata difficile, perché la Principessa Maria si rifiutava di abiurare
la sua fede cattolica. Fece arrestare alcuni dei suoi servitori, ma non la
Principessa stessa, per aver presenziato alle messe nella cappella privata di
lei, e una volta la ridusse alle lacrime di fronte all’intera corte con un
tagliente rimprovero per il suo mancato rispetto della legge.
La Principessa Maria si era riferita a se stessa come ‘la lady più
infelice della cristianità’ e quella tristezza aveva lasciato in lei il suo
marchio. Ciò che desiderava di più era far ritornare l’Inghilterra ciò che era
durante la sua magica infanzia, una nazione felice e prospera, non il paese
indigente e a pezzi che aveva ereditato.
Si rivolse poi a Bella. «Cosa dici tu?»
«Nulla se non saluti e congratulazioni per Vostra Maestà,» disse Bella,
gli occhi incollati al suolo.
La Regina Maria si voltò di nuovo verso Edward. «Ho sentito molte strane
cose su di lei, che è una principessa del Nuovo Mondo. È la verità?»
Edward esitò. Diffondere voci tra il popolo era una cosa, mentire in
faccia alla Regina era tutt’altro.
«Parla inglese così bene», disse seccamente Maria. «La mia benedetta
madre, la Regina, è vissuta in Inghilterra per trenta anni e non ha mai perso
il suo accento spagnolo.» Sospirò e buttò da parte cucchiaio e coltello. «Se si
tratta di un matrimonio d’amore, Edward, dillo e basta.»
«È così», confessò Edward. «E ora la mia amata moglie aspetta un figlio.»
Gli occhi della Regina Maria si addolcirono. Aveva una vena romantica. Ma
il suo tono rimase fermo. «Potrei buttarvi in prigione tutti e due.»
«Sì, madame», replicò Edward. «Ma io invoco misericordia.»
Lei sospirò. «Vieni qui, Bella.»
Bella fu stupita che la Regina avesse usato il suo nome, ma si alzò in
piedi e andò obbediente vicino al tavolo, inchinandosi quando lo raggiunse. La
Regina Maria ci vedeva poco e strizzò gli occhi verso Bella, picchiettando col
dito sul mento. Alla fine si voltò verso Edward. «È bella. Ha del sangue
nobile?»
«No, vostra maestà.»
«Peccato», disse la Regina Maria. «Qual è la sua famiglia?»
Edward si era preparato una bugia per questa possibile linea di
interrogatorio e aveva spiegato a Bella cosa doveva dire se le veniva chiesto
qualcosa in proposito. «È una lontana parente dei Pole.» La Regina Maria aveva
amato lady Margaret Pole, Contessa di Salisbury, che era stata una delle sue
istitutrici da bambina. Era stata allontanata dal servizio della Principessa
Maria dopo che la principessa era stata dichiarata illegittima e la sua casa
disgregata.
Margaret Pole aveva un figlio di nome Reginald che era stato dedicato
alla Chiesa in giovane età. Era diventato un teologo ben conosciuto e Re Enrico
gli aveva offerto la posizione di Arcivescovo di York se avesse sostenuto il
processo di annullamento. Reginald aveva rifiutato e aveva scritto un trattato
teologico denunciando la posizione del re. Dato che Reginald era all’estero, in
un esilio auto imposto, al sicuro dall’ira di Enrico, il re fece arrestare sua
madre, Margaret Pole, con un’accusa inventata di tradimento. Portata al
patibolo, la fragile, attempata Margaret si rifiutò di poggiare la testa sul
ceppo, poiché affermò che era solo per i traditori, e lei non lo era. Il carnefice
ed i suoi assistenti dovettero rincorrerla per tutto il patibolo per provare a
costringerla sul ceppo. Il boia si agitò per questa inaspettata svolta negli
eventi, di norma i nobili facevano un piccolo discorso e chiedevano ai
testimoni di pregare per loro. Non Margaret. Quando alla fine gli assistenti la
forzarono sul ceppo, lui fece oscillare la sua ascia sul collo di Margaret e lo
mancò, tranciandole una spalla. Gli ci vollero in aggiunta dieci colpi prima
che riuscisse a decapitarla.
«E la tua famiglia?» chiese a Bella la regina Maria.
Bella scosse la testa. «Io sono tutto ciò che ne rimane.»
La Regina Maria sospirò. «Hai una famiglia, adesso, mia cara. Ma io non
posso permettere che tu rimanga impunito per questo, Edward. Mille sterline.»
Edward si sentì svenire per il sollievo. «Te li farò mandare
immediatamente.»
La regina Maria fece un gesto con la mano verso di loro. «Andate, adesso,
e fatemi mangiare in pace. Edward … sono felice che tu sia qui per la mia
incoronazione.»
Edward le sorrise. «Così io.»
«Spero di vedervi a messa stasera», disse la Regina Maria, il tono
pungente.
«Ci saremo», promise Edward. Maria sentiva messa cinque volte al giorno e
si aspettava che tutti nella sua casa facessero lo stesso. Edward sperava che
una volta al giorno bastasse a soddisfarla.
Maria sorrise, un po’ malinconicamente. «Vorrei avere di nuovo con me la
mia famiglia. Una famiglia affettuosa.»
Note storiche
-
La flagellazione era la pratica di frustarsi la schiena come forma di
penitenza o di devozione (riproducendo le ferite di Gesù Cristo). Esisteva un
movimento di culto all’interno della Chiesa, nel 14° secolo, per cui migliaia
di persone andavano per le strade, frustandosi mentre camminavano (i
Flagellanti). Il cilicio era un indumento corto e senza maniche, generalmente
fatto di pelo di capra o crini di cavallo, atto ad essere pruriginoso o
pungente contro la pelle.
-
“I marvel much” (mi meraviglia molto) era un’espressione che tutti
i Tudor sembrano aver preso dalla nonna di Re Enrico, Margaret Beaufort, che la
usava di frequente nelle sue lettere. Aveva solo dodici anni quando fu data in
moglie a Edmund Tudor, ed ebbe il suo primo e unico figlio, Henry Tudor (
Enrico VII) a tredici anni. Fu una brillante erudita che fondò due Cambridge
college. Si sposò altre due volte, ma con l’ultimo marito fece voto di castità
e si ritirò in convento. Servì come reggente quando suo figlio morì prima che
Enrico VIII fosse abbastanza grande da governare da solo, una testimonianza del
rispetto che i nobili d’Inghilterra avevano per lei.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/8/The-Selkie-Wife
Capitolo 8
Bella e Edward andarono nelle loro stanze non appena congedati dalla
Regina Maria, Edward si sentiva come un uomo che ha avuto la grazia sul
patibolo, all’ultimo minuto. La Regina Maria non era contenta di lui, ma non
avrebbe incamerato le sue proprietà, né avrebbe imprigionato lui o Bella.
Intendeva ringraziare Dio dal profondo del cuore, questa sera a messa.
Bella andò da Alice. «Ho bisogno di qualcosa di appropriato per la messa
con la Regina», le disse. Alice e una aiutante tolsero a Bella tutti gli strati
del suo vestito, lasciandola in sottoveste. Altre cameriere portarono via gli
indumenti. Molti dei vestiti a quel tempo non potevano essere lavati. Le
macchie venivano strofinate con la crusca e poi l’indumento veniva cosparso di
polvere profumata prima di venire riposto.
Una delle cameriere le portò una bacinella di acqua profumata, così che
Bella potesse lavarsi via la polvere e il sudore del viaggio. Bella sospirò di
gratitudine. Sembrava che gli umani non si lavassero molto, ma per fortuna,
Edward era insolitamente esigente e si lavava almeno una volta, a volte due, al
giorno.
Prima che Bella fosse rivestita, andò rapidamente nel bagno della camera,
indossando solo la sottoveste. Era una stanza piccola e stretta con una
finestra a feritoia per l’aerazione, costruita in modo da sporgere di lato
all’edificio, come un annesso attaccato al muro. C’era un sedile piatto con un
buco rotondo. Di fianco c’era un cestino con dentro pezzi di carta, come
vecchie lettere, che venivano usati per pulirsi. I rifiuti cadevano attraverso
il buco sul terreno sottostante, anche se, in alcune case, scivolavano
semplicemente lungo il muro, lasciando una brutta macchia.
Con la gravidanza, Bella doveva alleggerire la vescica più spesso, il che
richiedeva l’assistenza di una domestica che tenesse l’ingombrante gonna,
quando era completamente abbigliata. Andò da sola e chiuse la porta dietro di
sé. La puzza di quel posto le faceva sempre arricciare il naso, ma l’odore era
il motivo per cui i vestiti venivano spesso riposti lì. Si credeva che l’odore
avrebbe evitato che tarme e altri insetti nocivi infestassero i vestiti. Prima
di essere indossato, il vestito veniva tenuto nel fumo d’incenso o spruzzato di
profumo per nascondere la puzza.
Una volta tornata, Alice le portò un vestito di velluto rosso con una
sottogonna dorata, pesantemente ricamato e tempestato di perle. Mentre Alice le
stringeva attorno un nuovo corsetto, Bella si chiese ad alta voce per quanto
tempo ancora avrebbe potuto indossarlo prima che il suo bambino protestasse per
essere schiacciato così.
«Di quanto tempo sei?» chiese Alice. Bella le aveva chiesto di lasciar
perdere il fastidioso “vostra grazia” che infarciva la maggior parte
delle conversazioni. Alice aveva un calore amichevole che Bella non aveva
ancora incontrato in altre donne e questo rendeva un piacere parlare con lei.
In principio Alice aveva provato a reprimerlo, temendo che Bella la giudicasse
troppo familiare, ma a Bella mancava il cameratismo disinvolto cui era abituata
con le sue amiche selkie, e quindi l’aveva incoraggiato con entusiasmo. Alice
faceva pensare a Bella a un uccellino allegro, sempre a chiacchierare,
svolazzante da un posto all’altro, sempre gioioso. Era una pettegola entusiasta
(ma solo novità piacevoli e positive) e Bella aveva saputo di più sui membri
della corte in pochi minuti con lei che se fosse stata ore nella camera privata
della Regina.
«Solo poche settimane», disse Bella. «C’è tempo ancora.» Le gravidanze
selkie normalmente tendevano a durare un po’ di più, a volte anche due
settimane oltre i nove mesi.
«Come fai a sapere che sei incinta?» chiese Alice. Non c’erano test di
gravidanza a quei tempi. La gravidanza veniva diagnosticata da una combinazione
di sintomi, e di norma ci volevano diversi mesi per avere un certo grado di
certezza.
«Lo sento», disse Bella con semplicità. Alice non conosceva il suo
segreto, ma dato che avevano già annunciato che Bella aspettava un bambino,
doveva darle qualche spiegazione.
«Sei fortunata», sospirò Alice. «Avevo una zia grassa che non si è
accorta di aspettare un bambino fino a quando non sono cominciate le doglie. Ma
per rispondere alla tua domanda, le signore portano il corsetto fino al loro
confinamento, circa un mese prima del parto.»
Alice mise al collo di Bella una pesante croce ingioiellata. Aveva al
centro una piccola bolla di vetro che s’intendeva contenesse un frammento della
Vera Croce. Reliquie come queste erano state soppresse durante l’ultima parte
del regno di Re Enrico e durante quello di suo figlio. Edward l’aveva nascosta
sotto una pietra allentata del camino piuttosto che rischiare che gli venisse
confiscata. Era appartenuta a sua madre e poteva aver fatto parte dei gioielli
della Corona di Francia che lei aveva portato clandestinamente in Inghilterra.
Alice insisteva che, adesso che era a corte, doveva indossare più gioielli.
Aprì la cassetta e tirò fuori anelli, un paio di braccialetti e una cintura
ingioiellata.
«Dovremmo bucare le tue orecchie,» disse Alice a Bella. «Hai dei pezzi
molto belli che potrebbero essere usati come orecchini, se ci mettiamo dei
ganci.»
Bella scosse la testa. L’idea di fare buchi nel corpo per indossare ancora
più gioielli era bizzarra.
Come se tutte quelle pietre brillanti sulla sua persona non fossero
abbastanza, Alice fece portare da uno dei bauli un libro di preghiere
pre-riforma. La copertina era tempestata di gemme, e l’interno era
meravigliosamente decorato. Era più un accessorio che un libro.
Alice acconciò con attenzione i capelli di Bella, anche se sarebbero
stati nascosti sotto uno di quei ridicoli copricapo che erano di moda. Bella
pensava che sembravano tutti essere stati calpestati prima di essere indossati.
Erano piatti in cima e gonfi ai lati della testa, allargandosi attorno alle
orecchie, il che era dovuto al fatto che erano tornati di moda gli orecchini,
dopo decenni che le orecchie femminili venivano coperte dalla cosiddetta cuffia
alla Tudor.
Bella e Edward incontrarono la Regina sulla porta della cappella. St.Peter
ad Vincula era stata costruita per il padre di Maria intorno al 1520 e due
delle sue regine decapitate erano seppellite sotto il pavimento. Edward si
chiese mentre entravano, se Maria traesse qualche sorta di piacere dal
celebrare messa come Regina sulle ossa di Anna Bolena.
La messa della sera era una delle più lunghe della giornata, dato che
durava oltre un’ora. Edward era compiaciuto di vedere che la tutela di Jasper
sembrava aver pagato, dato che Bella si comportava in modo impeccabile, ripetendo
le frasi col resto dei fedeli e inginocchiandosi nei momenti appropriati.
Guardò il suo libro di preghiere per la maggior parte del servizio, ammirandone
le decorazioni, ma la Regina prese come un gesto di devozione il fatto che
studiasse così intenta e ne fu compiaciuta.
Furono posizionati di fianco alla Regina, un grande onore che procurò
loro occhiate di invidia. La cappella non aveva banchi e sedute; i fedeli
stavano in piedi per tutto il servizio, quando non erano inginocchiati. In
fondo alla fila c’era un altro dei cugini della Regina Maria, Edward Courtenay,
Conte di Devon. Era stato imprigionato nella Torre per quindici anni prima che
Maria lo liberasse dopo la sua ascesa, il suo unico crimine, quello di avere
sangue troppo vicino al trono. Egli era erede dei pretendenti di York e molti
credevano che fosse quello che Maria aveva scelto come marito. Di certo si
comportava come se già fosse re. Edward aveva sempre disprezzato segretamente
Courtenay, di cui pensava che fosse arrogante e pomposo. Courtenay era irritato
di essere stato spinto indietro dall’arrivo di Edward e Bella, e scoccò a
Edward molte occhiate aggressive mentre la Regina non vedeva.
Quando il servizio finì, la Regina si alzò in piedi dopo aver finito le
sue preghiere. Si voltò e baciò la fronte di Bella. «Credo che mi piacerebbe
averti come dama di corte», annunciò.
Bella sgranò gli occhi. «Vostra Maestà, voi mi onorate, ma temo di non
essere adatta. Non vorrei portare vergogna alla vostra corte per la mia mancanza
di modi appropriati.»
«I tuoi modi sono leggiadri», disse Maria, facendo un gesto con la mano,
come a scacciare le paure di Bella.
«Vostra Maestà, non pensavamo di fermarci a lungo a corte», disse Edward
alla Regina, il tono morbido e leggermente esitante.
La mascella della Regina Maria si strinse. «Te l’ho detto, desidero che
la mia famiglia sia di nuovo con me. Ora, sono sicura che sarai stanco dei tuoi
viaggi. Vai, ritirati. Mi aspetto di vederti a messa all’alba.»
Edward e Bella non poterono fare altro che inchinarsi mentre la Regina si
allontanava lungo la navata, una mandria di leccapiedi ansiosi dietro di lei.
Edward e Bella non dissero niente finché non furono nella loro camera da
letto, dopo essere stati spogliati dai domestici, molti dei quali dormivano in
brande di fortuna ai lati delle pareti. Il domestico di Edward aveva il posto
d’onore, dormendo sul pavimento ai piedi del letto. Edward tirò le cortine del
letto e si sdraiò di fianco a sua moglie. «Non so cosa fare, Bella», confessò.
«Se proviamo a declinare la tua nomina alla sua corte ci resterà molto male, e
Maria diventa rabbiosa quando si feriscono i suoi sentimenti.»
«Io non voglio stare qui. Voglio tornare a casa da Elizabeth.»
«Lo so. Forse potremo farle visita tra qualche mese …»
«Visita! Io dovrei essere sua madre.»
«La nostra classe spesso manda i figli nelle loro stesse case e li visita
forse una volta o due all’anno», disse Edward.
Bella sentì le lacrime che le pizzicavano gli occhi. «Non posso
sopportare di vederla così di rado.»
«Maria ha il cuore molto tenero, quando si tratta di famiglia», le
assicurò Edward. «Lei ricorda come è stata dura quando l’hanno separata da sua
madre. Di sicuro ci darà il permesso di andare a farle visita più spesso. E, se
ti fa piacere, potremmo trasferire Elizabeth un po’ più vicino, magari a distanza
di cavallo dalla città.»
«Trasferirsi non sarà un problema per lei?»
Edward fece spallucce. «Ci è abituata. Normalmente ogni pochi mesi ci
trasferiamo, così che la casa possa essere pulita e arieggiata. Adesso dormi,
Bella. Hai bisogno di riposo.»
«Ho più bisogno di te», sussurrò lei, passando una mano sul suo petto
nudo.
«Non possiamo!» sbottò.
«Che vuol dire, non possiamo?»
«Tu aspetti un bambino. È pericoloso, ed è un peccato.»
Involontariamente, la mente di Edward andò al peccato che aveva commesso con la
sua prima moglie, un peccato che non aveva ancora mai confessato. Aveva
giaciuto con sua moglie quando aspettava un bambino, e lei lo aveva perso due
giorni dopo.
Bella sorrise. «Non è pericoloso. Non per la mia specie, comunque. Perché
dovrebbe essere un peccato? Padre Jasper mi ha detto che Dio ci ha dato il
piacere del talamo nuziale per promuovere l’armonia tra l’uomo e la sua sposa.»
Jasper aveva sempre una strana filosofia. «Mi hanno sempre insegnato che
fornicare con la moglie è una cosa che si fa solo per fare bambini, quindi
indulgere quando lei non può concepire è un peccato.»
«Puoi confessarti domani a messa», disse Bella, e la sua testa scomparve
sotto le coperte. Non ci volle molto per convincerlo.
L’incoronazione fu fissata una settimana dopo che Edward e Bella erano
arrivati a corte, per il primo di ottobre. Tutta la città era occupata nei
preparativi e non c’era più una sola stanza disponibile nelle locande, per
qualsiasi cifra. I fuochi delle cucine della residenza reale ruggivano giorno e
notte mentre i cuochi preparavano i settemila centoventidue piatti che
sarebbero stati serviti al banchetto seguente e il consigliere della città
ammassava barili di vino e birra che avrebbero dovuto scorrere dalle fontane
cittadine. Tutto intorno alla città, il popolo faceva le prove per la parata
storica che si sarebbe tenuta mentre la processione della Regina avrebbe
serpeggiato verso l’Abbazia di Westminster.
Il giorno dell’incoronazione della Regina Maria albeggiò bello e
luminoso, un giorno perfetto che molti presero come presagio che il regno della
Regina sarebbe stato felice. Di sicuro Dio le stava sorridendo. Mentre
cominciava la processione, tutte le campane della città suonarono e i cannoni
spararono dalla cima della Torre.
La nuova Regina viaggiava su una lettiga aperta, tirata da sei cavalli
bianchi, i suoi capelli rosso scuro sciolti sulle spalle. Sopra vi indossava un
velo dorato e una corona tempestata di gemme così pesante che le affaticava il
collo e i muscoli delle spalle. Dietro di lei cavalcavano vari nobili di alto
rango che portavano lo scettro, il globo e la spada cerimoniale di Maria.
Bella e Edward erano seduti nella carrozza dietro la Regina, e nella
carrozza dietro la loro, c’era Anna di Cleves. Era l’ultima moglie superstite
di Enrico VIII. Era stato sposato con lei solo per pochi mesi prima di chiedere
l’annullamento, il che probabilmente aveva a che fare col fatto che al tempo
concupiva già Kathryn Howard. Anna era stata sveglia. Lei era d’accordo, ma
finse educatamente di avere il cuore spezzato a perderlo come marito. Per la
sua collaborazione, Re Enrico la ricompensò riccamente, garantendole proprietà
e una rendita sontuosa. Fu l’unica delle regine di Enrico a vivere una vita
lunga e felice.
Dietro di loro c’erano file infinite di nobili vestiti di gran gala. Le
strade erano fiancheggiate da borghesi festanti, venuti a vedere lo spettacolo,
bere vino e festeggiare l’inizio di un nuovo regno. Era la stessa cosa ad ogni
incoronazione; il popolo si aspettava sempre che il nuovo monarca gli rendesse
la vita migliore.
Le vie erano così affollate che la processione aveva problemi ad
attraversare la folla. Bella non aveva mai visto tanta gente tutta assieme. Era
attonita davanti allo spettacolo di migliaia di facce festanti, persone che
gettavano fiori sul percorso della processione, le case da cui pendevano
striscioni e bandiere. Il popolo festeggiava anche alla vista dei loro nobili
preferiti, e Bella stessa ricevette grida e benedizioni. Lei salutò e sorrise
timidamente.
La processione si fermò lungo la strada per guardare la parata storica.
Il Lord Sindaco di Londra fece dono a Maria delle chiavi della città. Vi furono
un paio di scene fortemente allegoriche in cui si paragonava Maria a Deborah, il
giudice donna descritto nella Bibbia e a Giuditta, la ‘salvatrice’ degli
Israeliti. Alcuni mercanti della città avevano eretto un arco e un giovane
ragazzo vestito come una regina veniva portato sul trono da ‘giganti’, e
ci fu un altro spettacolo memorabile di un angelo vestito in verde Tudor
sospeso su un’alta arcata che suonava una tromba. Alcuni le offrivano doni,
come una borsa piena di monete e un cuore d’oro con inscritte le parole ‘Il
Cuore del Popolo’, o una pergamena ornamentale che lodava le sue virtù.
Durante tutti i discorsi, le canzoni e le manifestazioni, Maria rimase benevola
e gentile, lodando gli sforzi del popolo. Bella quasi si appisolò dalla noia, a
dispetto del rumore, e Edward dovette scuoterla col gomito per farla stare
sveglia.
A Temple Bar si incontrarono con la Principessa Elisabetta, a cavallo di
fronte a un esercito di mille seguaci, tutti vestiti con i colori Tudor, bianco
e verde. Maria sgranò gli occhi quando vide il loro numero e rimase senza
parole per un momento. Elisabetta smontò dal suo cavallo, si inchinò
profondamente e fece un piccolo discorso sulla sua gioia all’ascesa della
sorella, facendo voto di essere una servitrice leale della Regina Maria. Maria
lasciò che restasse inginocchiata un po’ più a lungo di quanto strettamente
necessario, poi le concesse di alzarsi e la baciò. Il popolo ruggì la sua
approvazione a questa manifestazione di affetto familiare. Non potevano vedere
come si era tesa la bocca della Regina Maria, né come i suoi occhi fossero
diventati freddi.
Elisabetta rimontò a cavallo e lo spronò con i tacchi, svoltando per
cavalcare di fianco alla carrozza di Edward e Bella.
«Saluti, cugino!» disse lei. «A te e alla tua nuova bella moglie.»
«Oh, Bess, Bess, perché l’hai fatto?» mormorò Edward, gli occhi ancora
sulla truppa che si era unita alla processione come guardia d’onore.
«Per far vedere che potevo», disse Elisabetta semplicemente.
Edward non era mai stato astuto politicamente, ma perfino lui aveva
capito cosa significasse. Apparentemente, era un bel gesto, un residuo dei
giorni del feudalesimo, quando offrire al monarca un esercito ben equipaggiato
era considerato un grande dono. Ma Elisabetta voleva anche provare a sua
sorella la Regina che anche lei aveva i propri sostenitori. Lei era al momento
l’erede al trono, sempre una posizione pericolosa da sostenere, e voleva che
Maria sapesse che avrebbe potuto chiamare le sue truppe per difendersi, se
necessario.
Raggiunsero l’Abbazia e Maria fece con attenzione il suo percorso fino al
palco che era stato eretto così che il popolo potesse vedere la cerimonia
d’incoronazione. Il suo abbigliamento da incoronazione era talmente pesante che
non poteva camminare senza essere assistita. La Duchessa di Norfolk, un’altra
devota cattolica che era stata appena liberata dalla prigione, e Bella,
portavano il suo strascico.
Elisabetta, dietro di loro, portava una delle corone che Maria avrebbe
indossato durante la cerimonia. Borbottò al Duca di Noallis quanto fosse
pesante. «Immagino che ti sembrerà più leggera quando sarà sopra la tua testa,»
replicò lui. Elisabetta tenne gli occhi puntati di fronte a sé, facendo finta
di non aver sentito il commento, ma un sorrisetto le piegò le labbra. Era
tradimento immaginare la morte di un monarca, che era l’unico modo in cui lei
avrebbe mai potuto indossare quella corona.
Quando raggiunsero il fronte dell’Abbazia, Maria si adagiò sui cuscini di
velluto di fronte all’altare. Bella e la Duchessa di Norfolk abbassarono lo
strascico del vestito e si misero di lato, la loro parte finita, per il
momento. L’Arcivescovo pregò su Maria e poi le chiese se aveva intenzione di
sostenere le leggi d’Inghilterra. Maria era preoccupata che la formulazione la
costringesse ad obbedire alla Riforma protestante, quindi l’aveva cambiata,
giurando di sostenere le leggi “ giuste e lecite” della nazione.
Il coro cantò un inno latino di lode e Maria si alzò in piedi, assistita
da Bella e dall’altra Duchessa, e tutti andarono nel retro della chiesa, dove
era stato eretto uno schermo. Là, cambiarono Maria mettendole le vesti
dell’unzione, un semplice vestito di velluto porpora con una scollatura bassa.
Il porpora era il colore preferito di Maria, e lo indossava di frequente (come
monarca, era l’unica che aveva diritto di indossarlo), ma nessuno aveva il
coraggio di dirle che strideva orribilmente con la sua carnagione giallastra.
Quattro Cavalieri della Giarrettiera si fecero avanti e portarono un
panno sopra di lei e l’Arcivescovo Gardiner (lui stesso rilasciato recentemente
di prigione per ordine della Regina Maria) la unse con l’olio santo sulla
fronte, alle tempie, sul seno e sulle spalle. Maria non aveva voluto usare
l’olio delle chiese inglesi, che lei sentiva come contaminato dall’eresia
protestante, e l’aveva mandato a prendere in un paese solidamente cattolico.
Ritornò allo schermo e Bella e la sua attempata ma prode collega, la
rivestirono con le vesti di gala. Maria si mise poi in piedi di fronte al
trono, dove la spada cerimoniale le venne legata alla vita e un mantello rosso
bordato d’ermellino le fu poggiato sulle spalle. Le fu dato lo scettro e il
globo imperiale e poi sedette sul trono di legno intagliato di Sant’Edoardo. Fu
incoronata prima con l’antica corona portata da sant’Edoardo il Confessore, poi
con la corona Imperiale (poiché governava più di una nazione) e poi con la più
piccola, più leggera corona che era stata fatta appositamente per lei.
Maria passò di nuovo il globo all’Arcivescovo e prese nella mano lo
scettro della Regina, più piccolo di quello del re, con una colomba d’oro in
cima. Era la prima monarca femmina d’Inghilterra, a meno che non si contasse il
breve e disastroso regno di Matilda (e quasi nessuno lo faceva), così ebbe le
insegne regali del re e della regina.
Bella era stanca della cerimonia, e questa andava avanti ancora e ancora.
Il coro cantava, i chierici predicavano e pregavano. Il pubblico, quando
richiesto, gridava sì, avrebbe avuto Maria come propria Regina. Fu recitata
un’intera messa cattolica e Bella provò con tutte le forze a non agitarsi.
Contava le ore passate dal movimento dei raggi del sole sul pavimento della
chiesa. Provò a farci un piccolo gioco: il sole avrebbe raggiunto la dama
vestita di blu prima che l’Arcivescovo finisse di parlare?
Uno alla volta, i nobili si fecero avanti a garantire la propria lealtà.
Elisabetta, come erede, fu la prima, seguita da Edward e Bella. Mentre si
inginocchiava, all’improvviso Edward si rese conto di essere terzo in linea di
successione per il trono, un pensiero che lo sconcertava grandemente. Era
qualcosa che probabilmente avrebbe dovuto realizzare ben prima, ma lui non
aveva ambizioni per il trono, quindi non era una cosa cui pensava molto. Non
era strano che le sue stanze avessero avuto tanti visitatori la settimana
prima. E le signore erano state così gentili e amichevoli con Bella, ammirando
la sua devozione nell’astenersi dalla carne tutta la settimana. Qualcuna
l’aveva addirittura copiata.
Non lasciarono l’Abbazia per il banchetto fin dopo le cinque del
pomeriggio. A Bella facevano male i piedi ed era affamata, ma temeva che il
banchetto non avesse tanti piatti di verdura da offrirle. Erano seduti alla
tavola alta con la Regina. L’Arcivescovo Gardiner sedeva nel posto d’onore alla
sua destra e la Principessa Elisabetta era alla sua sinistra, ma un po’ più
lontano lungo il tavolo. Edward e Bella sedevano con Elisabetta, cosa che a
Bella piaceva perché Elisabetta era un conversatrice arguta e poteva essere
molto affascinante. Lei evidentemente credeva che avere Edward dalla propria
parte fosse un bene, e così era cordiale e amichevole con lui, e molto gentile
con Bella, che sedeva silenziosamente, ascoltando suo marito e la cugina che
chiacchieravano. Elisabetta si tolse un anello dal dito e lo passò a Bella,
come ‘ricordo’ dell’occasione. Edward ebbe tempo di pensare Oh, ti
prego, fa’ che non ringrazi Elisabetta per la ‘pietra lucente’ prima
di sentire Bella ringraziare educatamente e timidamente, esprimendo la propria
gratitudine. Fece scivolare l’anello nel dito sorridendo e poi allungò il
braccio per ammirarlo.
Durante la seconda portata, un cavaliere entrò a cavallo nell’atrio e
lanciò il suo guanto di sfida, chiedendo se c’era qualcuno che contestava il
diritto di Maria al trono. Nessuno parlò. Come era consuetudine, Maria gli
mandò il suo calice prezioso pieno di vino. Era, secondo Bella, la cosa più
interessante successa da ore. Oh, quando sarebbe finita?
Il banchetto andò avanti nella serata, portata dopo portata. Bella, lo
stomaco pieno di porri e pastinaca, cominciò ad appisolarsi. Edward si chinò
verso la Regina. «Vostra Maestà, posso per favore essere scusato? Le condizioni
di mia moglie la affaticano.» Maria sorrise teneramente a Bella, che si era
afflosciata su un fianco come un fiore appassito. «Sei un buon marito, cugino»,
disse lei. «Sì, porta a letto la povera bambina.»
Non appena si mise in piedi, facendo alzare una Bella assonnata al suo
fianco, Courtenay scivolò intorno al tavolo verso Elisabetta e cominciò
sottilmente a flirtare con lei, attento a non essere evidente e offendere
Maria. Se non poteva sposare la Regina, avrebbe provato con l’erede della
Regina. Edward alzò gli occhi al cielo. Elisabetta flirtava di rimando, ma
Edward sapeva che disprezzava Courtenay. Ma Elisabetta aveva già imparato che
poteva guadagnarsi dei preziosi alleati temporanei, facendo finta di essere
interessata al matrimonio con lui. La politica, come sempre.
Quando raggiunsero l’atrio, Edward prese in braccio Bella, attento al
guardinfante, e portando per il resto della strada la moglie assonnata. «Allora,
mia piccola selkie», disse lui piano. «Come ti è sembrata l’incoronazione?»
«Lunga», disse Bella.
Edward rise. «Era qualcosa da vedere, però, no? È una storia che un
giorno potrai raccontare a nostro figlio, che hai visto una Regina unta e
incoronata.»
Bella sbadigliò. «Immagino che tu abbia ragione. È qualcosa che sarà
ricordato per centinaia di anni in futuro. Maria sarà una buona Regina,
Edward?»
«Io di certo spero di sì», disse Edward. «Penso che lei intenda esserlo.
Mi ha detto ieri che non ha intenzione di costringere nessuno a tornare alla
fede cattolica. Ha detto che il suo prossimo passo sarà cercare un marito.»
Un domestico era alla porta della camera, e la aprì quando li vide
arrivare. Un altro aspettava dentro con una candela accesa. Anche a un’ora così
tarda, nessuno poteva farsi trovare dal Duca a dormire. Svestirono in fretta
Edward e Bella e poi furono congedati.
Si accoccolarono vicini nel letto. Bella appoggiò la testa sulla spalla
di Edward. «Perché Maria vuole sposarsi alla sua età?» chiese Bella.
«Vuole avere un erede oltre Elisabetta», disse Edward brusco. «Un erede
cattolico.» Baciò la fronte di Bella. «Dormi adesso, amore. Dobbiamo alzarci
per la messa all’alba.» Poi ridacchiò, perché Bella si era già addormentata.
Note storiche
-
Il “girdle” (tradotto cintura ingioiellata) era una cintura che scendeva
lenta sulla vita e aveva una lunga falda che pendeva davanti alla gonna. Se
cercate su Google il “Ritratto della giovane Elisabetta I” troverete
un’immagine della Principessa Elisabetta adolescente con una gonna rossa, in
mano un libro, che indossa un “girdle” con le perle.
-
Ho alterato un po’ la linea temporale riguardo all’incoronazione.
L’incontro con Elisabetta avvenne in realtà quando Maria entrò a Londra, ma il
suo significato fu lo stesso. A Maria fu anche dato il cuore d’oro quando entrò
per la prima volta a Londra. Rimase a St.James Palace per la maggior parte del
tempo prima dell’incoronazione, trasferendosi nella Torre la notte prima, come
era tradizione per i monarchi la notte prima della loro incoronazione.
-
Il commento del Duca di Noallis è apocrifo.
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/9/The-Selkie-Wife
Capitolo 9
Ci fu una grande quantità di mugugni quando la Regina Maria designò
Edward nel suo consiglio. Molti sentivano che le loro famiglie avrebbero dovuto
avere l’onore, dato che la duchessa di Cullen era stata designata dama di
corte, e gli altri consiglieri temevano di essere rimpiazzati da altri di sua
scelta, invece che accettare il consiglio così com’era, ereditato dal regno del
fratello. Più precisamente, molti di loro avevano firmato i documenti che
proclamavano regina Jane Grey.
Ma Maria era determinata a cominciare il suo regno con una nota di
riconciliazione. Dichiarò un’amnistia generale per quelli che avevano sostenuto
Jane Grey, a maggior sollievo dei suoi consiglieri, specialmente quelli
protestanti che si aspettavano un’accusa di tradimento bella e buona.
Nei giorni successivi, Edward e gli altri consiglieri furono occupati ad
impostare il nuovo governo, designando i funzionari preferiti di Maria ai vari
uffici e impieghi. Bella passò la maggior parte del tempo con la Regina, e a
Edward mancava moltissimo. Si era abituato in fretta ad averla al suo fianco e
si ritrovava, un paio di volte al giorno, a voltarsi per commentare qualcosa,
rendendosi conto che lei non era con lui. Si vedevano soltanto ai pasti e
quando andavano a letto, ed erano spesso troppo stanchi per fare altro che
accoccolarsi l’uno vicino all’altra e addormentarsi esausti.
Quattro giorni dopo l’incoronazione, Maria convocò il suo primo
Parlamento. Uno dei suoi primi atti fu dichiarare valido il matrimonio dei
propri genitori e se stessa legittima. Era un argomento delicato con molte
implicazioni, la più importante delle quali era che se Maria era legittima, non
lo era la Principessa Elisabetta. Edward immaginò che Elisabetta sarebbe stata
piuttosto sconvolta quando l’avesse saputo, ma del resto, probabilmente già
sapeva che Maria stava progettando questo. Elisabetta pensava come un maestro
di scacchi, sempre quattro mosse avanti ai suoi avversari, con piani di emergenza
per ogni mossa che avrebbero potuto fare.
Rimase invece scioccato e sconvolto dalla parte seguente della
legislazione: eliminare tutte le riforme protestanti di suo fratello e
riportare la Chiesa Inglese a ciò che era stata sotto suo padre. Edward si sentì
tradito; Maria gli aveva detto che aveva intenzione di lasciare la Chiesa così
come l’aveva trovata. Si alzò e uscì prima ancora che il dibattito cominciasse.
Lei avrebbe vinto, naturalmente. Era raro che un monarca fosse contestato.
Andò a trovare Bella, che stava rapidamente diventando il suo rifugio da
tutte le tempeste della vita. La trovò fuori dalle camere del Parlamento,
aspettando con le altre signore di scortare di nuovo la Regina nelle sue
stanze. Si fermò e la guardò per un momento, l’orgoglio che gli riempiva il
petto. Era bellissima, perfettamente abbigliata come una nobildonna inglese,
mentre condivideva il telaio da ricamo con Susan Clarencieux, un’altra delle
dame di corte preferite di Maria. Non c’erano difetti nei suoi modi o nella sua
condotta, e finora la corte aveva accettato le sue piccole ‘eccentricità’.
Questa splendida donna era sua, e per qualche miracolo, lo amava come lui amava
lei. Era un uomo fortunato, pensò.
«Bella», chiamò. Lei alzò gli occhi e lo vide, un sorriso le illuminò il
volto. Si alzò, andò verso di lui e gli diede un bacio leggero sulla bocca, il
modo inglese di salutare gli amici, il coniuge e i pari.
«Che c’è che non va?» disse lei piano.
«Non qui», le rispose. «Andiamo a passeggiare nei giardini. La regina
resterà in Parlamento ancora per un po’. Uno dei paggi ci avvertirà quando avrà
di nuovo bisogno di te.»
Bella gli parlò della sua giornata mentre camminavano per i lunghi
corridoi di Westminster Palace verso l’uscita. Era stata a messa tre volte con
la Regina e poi Susan aveva letto da Lo Specchio dell’Anima Peccatrice,
un poema in prosa della regina Margherita di Navarra. Era un cupo, triste sfogo
di auto umiliazione di una donna che vedeva se stessa come una sciagurata
peccatrice. Bella era stata contenta quando erano passati alla musica,
ascoltando Thomas Thallis, uno dei musicisti della Cappella Reale, suonare e
cantare la sua nuova composizione Puer Natus Est, un pezzo che non era
ancora completo, ma che stava scrivendo in onore della Regina Maria.
Raggiunsero i giardini e una relativa privacy, anche se alcuni domestici
li seguivano a rispettosa distanza. Finché tenevano le voci basse, non potevano
sentirli. Edward, con la voce che tremava di rabbia, parlò a Bella della
legislazione proposta dalla Regina.
Bella non sembrò sorpresa. «Edward, dovevi aspettartelo.»
Lui scosse la testa. «Mi ha mentito. Non più di quattro giorni fa
mi ha detto che non avrebbe costretto nessuno ad andare a messa, ed eccola che
sta tentando di restaurare la vecchia chiesa.»
«E a proposito della supremazia papale?» chiese Bella.
Edward era impressionato. O Jasper o i pettegolezzi di corte avevano reso
Bella ben informata sui problemi religiosi. «Non toccheranno quell’argomento. I
lord sono molto preoccupati. Se Maria ci riporta all’autorità del Papa,
dovranno restituire tutte le ricchezze e le terre che sono state confiscate
quando i monasteri sono stati soppressi.»
Bella rise piano. «Questa non è religione, questo è denaro.»
«Questo, e il fatto che noi inglesi abbiamo un’avversione innata verso il
dominio straniero. Una buona parte dei cattolici in questa nazione non ha
problemi col fatto che il monarca sia il capo della chiesa. Ritornare a come
erano le cose sotto suo padre è un compromesso.»
Bella rimase in silenzio per un po’. «Mi dispiace che tu sia ferito,
Edward.»
«Semplicemente non capisco perché non mi abbia detto la verità.»
Bella prese il labbro tra i denti. «Forse lei intende solo ripristinare i
servizi religiosi alla maniera cattolica, ma non costringerà nessuno ad
andarci, se non vuole.»
Edward si fermò e prese la mano di Bella tra le sue. «Questo è uno dei
motivi per cui ti amo tanto. Tu provi sempre a pensare il meglio delle
persone.»
«Non sono abituata alle bugie e ai bugiardi», confessò Bella. «Noi selkie
non possiamo mentire. Immagino sia facile mentire con le labbra, ma come si può
mentire con la mente?»
«Voi potete vedere l’una nella mente dell’altra?»
Bella annuì. «È così che comunichiamo. Quando ci tocchiamo, la nostra
mente si apre all’altro. È per questo che non abbiamo bisogno di parole-nome;
possiamo vedere le immagini.» Disegnò un piccolo cuore all’interno del polso di
lui con la punta delle dita. «Vorrei poter vedere nella tua mente, ma tu mi
blocchi.»
«Sono solo io, o è così con tutti gli umani?»
Lei sorrise tristemente. «Posso vedere nella mente di tua figlia, e che
mente interessante è. Sembra che io possa leggere i bambini, ma quando
diventano adulti … Penso che forse si blocchi quando la gente comincia ad
accumulare segreti. Costruisce muri dentro cui tenerli, muri dietro cui si
nasconde.»
«Mi dispiace,» disse lui, perché era tutto quello che gli veniva in mente
di dire. Lui aveva segreti e muri e aveva cominciato ad acquisirli a un’età
terribilmente giovane. Non ricordava come era stato essere spensierato e
innocente, se mai lo era stato.
Avevano raggiunto la riva del fiume. Bella guardò l’acqua e i suoi occhi
si intristirono.
«Non è come il mare, vero?» commentò lui.
Lei scosse la testa. «È così sporco.»
Nel Tamigi defluivano i canali di scolo, dove la gente svuotava i vasi da
notte e anche il Fleet River, che vi si gettava all’altezza del Ponte dei Frati
Neri. Il Fleet era adesso impraticabile per le imbarcazioni per via delle
montagne di immondizia che vi venivano scaricate dalle case, dalle concerie e
delle macellerie lungo la banchina, e la sua puzza sopraffaceva l’odore di
incenso delle chiese vicine. Animali morti e perfino cadaveri finivano nelle
sue torbide profondità.
«Quando avevi detto che c’era un fiume vicino al palazzo, avevo pensato
di nuotare», disse Bella. «Ora capisco perché mi hai detto che non avrei
voluto. Perché le persone fanno questo all’acqua?»
«Porta via i rifiuti per loro», spiegò Edward. «Immagino che ogni uomo
pensi che un vaso da notte non corrompa molto in una simile massa di acqua, ma
quando molti uomini pensano la stessa cosa …»
«Se fossi la Regina, voterei una legge che non permetta di sporcare il
fiume», disse Bella.
Edward si lanciò in avanti prendendola per le spalle. Si guardò attorno
per assicurarsi che nessuno l’avesse sentita. «Bella, non devi mai dire
questo.»
«Perché?»
«Perché è tradimento immaginare la morte della Regina, e tu potresti
avere il trono solo se morissero sia la Regina Maria che la Principessa
Elisabetta.»
Comprensione e qualcosa vicino all’orrore si allargarono negli occhi di
Bella. «Tu sei terzo? Veramente? Siamo così vicini?»
La voce di Edward era sinistra. «Io sono il figlio della sorella maggiore
di Enrico VIII. La successione va da Maria a Elisabetta, poi io e mia figlia, e
poi le sorelle Grey, Jane Grey, Catherine Grey e Mary Grey. Dopo, immagino
Courtenay.» Rabbrividì. «Ma penso che preferirei vedere l’Inghilterra rasa al
suolo e la terra cosparsa di sale piuttosto che vedere quel bellimbusto
arrogante da qualche parte vicino al trono.»
«Alcuni dicono che Maria lo prenderà per marito.»
Edward scosse la testa. «Non sposerà un inglese. Mostrare un simile
favore a un’unica famiglia sopra le altre causerebbe una ribellione, e Maria
non disonorerà il suo sangue sposando qualcuno al di sotto di lei. Sposerà un
re, senza dubbio.»
«Ma anche questo causerà un conflitto,» disse Bella. «Hai appena detto
che gli inglesi non sopportano il dominio straniero.»
Edward annuì. «Ci sono già molti mugugni. Ma il consiglio sente che deve
sposarsi. L’idea di una donna che governa da sola è assurda.»
Bella inclinò la testa. «Perché?»
«Perché … perché sì», farfugliò Edward. «Una donna ha bisogno della guida
di un marito. E inoltre non va bene per la salute di una donna restare nubile.
È per questo, dicono, che Maria ha tante emicranie e problemi femminili.»
Bella rise piano. «Voi della terra ferma avete un sacco di idee strane.»
«Vostre Grazie?» Un giovane paggio si avvicinò e si inginocchiò. «Sua
Maestà ha lasciato la camera del Parlamento e ha chiamato le sue dame.»
«Di nuovo al lavoro», disse Edward, facendo a Bella un debole sorriso.
Prese di nuovo la mano di lei e le disegnò un cuore sul dorso, come lei aveva
fatto prima sul suo polso. Questo la fece sorridere mentre tutti e due
tornavano ai loro doveri.
Courtenay era considerato da molti, in privato, il più grosso imbecille
d’Inghilterra. Si pavoneggiava, si vantava, si atteggiava, ma più problematica
di tutto era la vena vendicativa dentro di lui. Cercava la rivalsa per ogni
affronto mai fatto a lui o alla sua famiglia, e aveva una folla crescente di
scagnozzi che lo trattavano come se avesse già il globo e lo scettro. E il
matrimonio sembrò ancora più probabile quando Maria premiò i suoi anni di leale
servizio (qualcuno diceva semplicemente il suo leale cattolicesimo) con il
titolo di Conte di Devonshire e gli diede un enorme diamante dalla collezione
di gioielli di suo padre.
Bella aveva paura di lui. Una volta l’aveva stretta all’angolo nella
galleria e le aveva detto cose che lei non aveva capito del tutto, ma dalla sua
espressione sapeva che erano delle oscenità. Non l’aveva toccata, ma Bella si
sentiva sporca solo per aver avuto i suoi occhi su di sé. C’era qualcosa di
profondamente sbagliato in quel giovane e se Maria non avesse messo in chiaro
che non l’avrebbe sposato, lei avrebbe dovuto parlarne. Non disse nulla a
Edward dell’incidente perché sapeva che l’avrebbe solo reso rabbioso, senza
poter fare niente senza attirare la collera dei nobili e probabilmente di Maria
stessa.
Alcuni scusavano il comportamento di Courtenay. Dopotutto, era stato in
prigione dall’età di dodici anni e a dispetto dei suoi molti difetti
caratteriali, c’erano molti nel consiglio che spingevano Maria a prenderlo come
marito. Lui era l’ultimo dei Plantageneti, “l’ultimo ramoscello della rosa
bianca”. Maria aveva già scritto a suo cugino, l’Imperatore Carlo V,
chiedendo consiglio su chi avrebbe dovuto sposare, poiché era sempre stata
incline ai parenti di sua madre per i consigli. Ma doveva affrontare la
pressione sia da parte dei membri del consiglio sia da parte della madre di
Courtenay, una delle sue dame di corte, che dormiva nel letto con lei. Non solo
questo, ma anche il suo amato e altamente considerato Cancelliere Gardiner la spingeva
a sposare Courtenay perché non sopportava l’idea che sposasse uno straniero.
Si vociferava che Elisabetta stesse complottando con Courtenay,
informazione che era stata riportata con entusiasmo a Maria dalle sue dame, a
molte delle quali non piaceva Elisabetta in via generale, dato che la vedevano
come una pericolosa rivale per il trono di Maria. Maria non era incline a
crederlo. Voleva amare la sua sorella più giovane, anche se a volte Elisabetta
lo rendeva difficoltoso.
Elisabetta aveva ‘declinato’ di presenziare a messa con la Regina
Maria, nonostante i numerosi ‘inviti’ della Regina. Si presentava a corte
vestita nel sobrio bianco e nero delle pie fanciulle protestanti, un libro di
preghiere sempre tra le mani. Le concessioni al suo status erano nella
ricchezza delle stoffe del vestito e il fatto che lasciasse i capelli sciolti,
fluenti sulle spalle, fino ai fianchi, un fiume di lava rosso-oro, una
pettinatura associata alla gioventù, alla verginità e … alle regine.
Elisabetta era sempre conscia altamente dell’immagine che proiettava.
Per come la vedeva Maria, l’unità familiare non si poteva raggiungere se
Elisabetta presentava se stessa come una specie di icona protestante,
un’alternativa alla Regina Cattolica. Maria cominciava ad essere frustrata, i
sentimenti feriti, e come sempre, i sentimenti feriti la portavano alla rabbia.
Bella provò a intervenire più gentilmente possibile, ma Maria rimase ferma:
Elisabetta doveva presentarsi a messa o affrontare la sua furia.
Elisabetta ebbe sentore di questo, volò nella camera privata di Maria e
si buttò a terra davanti alla Regina, singhiozzando di cuore, i suoi capelli
rosso-oro come una cortina intorno a lei. La rabbia di Maria evaporò mentre
faceva alzare la sorellina e la prendeva tra le braccia. «Elisabetta, cosa ti
tormenta così?»
«Sei arrabbiata con me», pianse Elisabetta.
«Sto provando ad essere paziente, Elisabetta, ma io voglio la mia
famiglia alla messa.»
Il labbro inferiore di Elisabetta tremò. «I-io … io non so cosa fare!»
«Cosa intendi?»
«Io non so cosa fare a messa.» Altre lacrime rigarono le guance di
Elisabetta. «Io non sono stata cresciuta nella vecchia religione, sorella. Non
ne so nulla.»
«Oh, Elisabetta …» disse piano Maria. Asciugò le lacrime dalle guance di
Elisabetta con un fazzoletto che teneva nella manica. «Oh, povera cara …»
«So che mi vuoi con te, ma come posso andare al servizio religioso di una
religione di cui non so nulla? Tormenterebbe la mia coscienza, fingere.»
«Capisco», disse Maria sorridendole e riavviando i capelli dorati dalla
fronte della sorella.
«Potresti … forse … darmi dei libri da leggere?» chiese Elisabetta
timidamente. «Per vedere se la mia coscienza mi permetterà di convincermi?»
«Certo, mia cara! E farò in modo che tu riceva anche un’istruzione in
merito. Forse Padre Jasper. Bella parla così bene di lui e di quanto le abbia
insegnato sulla fede.»
«Grazie, sorella», si entusiasmò Elisabetta. Saltò in piedi e
praticamente balzò via dalla stanza. Vide Bella vicino alla porta e le strizzò
l’occhio.
Bella scosse la testa. Che razza di commedia. Quando raccontò la storia a
Edward quella sera, lui rise di cuore. «Bess è una fanciulla scaltra», disse. «Ma
Bella, ti prego, non metterti tra di loro. Lascia che Elisabetta combatta le
sue battaglie. Non vuoi che Maria pensi che stai prendendo le parti di
Elisabetta contro di lei.»
Bella sospirò. «Non posso farne a meno, Edward. Non voglio vedere Maria
soffrire, e Elisabetta mi piace. Penso che a volte faccia arrabbiare Maria per
piccole cose che potrebbero essere spiegate se solo parlassero faccia a faccia,
invece che parlare tramite altri.»
«Credimi, Elisabetta sa esattamente
cosa sta facendo. Lei non si mette neanche le calze la mattina senza pensare a
tre modi di girarlo a suo vantaggio politicamente. Di certo non invidio il
compito di Jasper di provare a convertirla alla vecchia fede. Scommetto uno
scellino che alla fine sarà lei a convertire lui.»
Pochi giorni dopo, Edward ebbe il permesso dalla Regina di visitare Jane
Grey nella Torre. Da quello che aveva sentito, la povera ragazza aveva pochi
visitatori. Perfino sua madre, occupata a ingraziarsi la Regina, aveva
sostanzialmente buttato la figlia ai lupi per salvarsi la pelle, ed era stata
proprio lei in primo luogo a costringere la figlia ad accettare la corona.
Edward odiava Frances Grey, che era il tipo di persona che ti faceva chiedere
perché Dio permettesse che certa gente avesse dei figli.
Presero una chiatta sul fiume fino alla chiusa della Torre e passarono
sotto l’inferriata. Bella rabbrividì quando la vide, perché le sembravano i
denti irregolari di qualche mostro primordiale, pronto a divorare chi entrava
passando sotto. Immaginò che fosse vero. Erano pochi quelli che entravano
volontariamente nel suo stomaco, e pochi quelli che ne uscivano vivi.
Bella si era preparata a trovare Jane in un’umida cella di prigione, ma
la stanza in cui stava la regina-dei-nove-giorni era in realtà piuttosto bella.
Aveva una grande finestra che lasciava entrare una gran quantità di luce
naturale, mobilio che si conveniva al suo rango e una pila di libri. In realtà
Jane era piuttosto soddisfatta.
«Dovrei, forse, ringraziare la Cugina Maria», disse Jane a Edward, il
tono ironico. «Non ho mai avuto tanto tempo per leggere.»
Edward guardò attorno la piccola stanza e notò orologi su quasi ogni
superficie. Jane li collezionava, anche se Edward si era sempre chiesto dove
avesse trovato i soldi per acquistare degli articoli così incredibilmente
costosi. Ne indossava perfino uno, una piccola tavoletta piatta tempestata di
pietre preziose, a forma di libro, che aveva un piccolo orologio all’interno.”
«Stai bene, Jane?» chiese Edward. «C’è qualcosa che posso farti avere?»
«No, ho tutto quello che mi serve. Molto più di quanto meriti. Master
Partridge è gentile con me, e ho qui con me anche la mia governante Ellen.»
Fece un gesto verso la donna anziana che ricamava silenziosamente in un angolo.
«Mi hanno perfino dato due domestiche, la signora Tilney e la signora Jacob, e
sono entrambe molto buone con me.»
Guardò Bella curiosa. «Questa è la tua nuova moglie, Edward? Ho sentito
che ti sei risposato.»
«Questa è Bella, Jane, mia moglie.»
Jane sorrise, e questo illuminò il suo piccolo viso ordinario. «La ami!» esclamò.
«Lo vedo.»
«Sì, è così,» replicò Edward, prendendo la mano di Bella nella sua mentre
le faceva un piccolo sorriso.
Jane sospirò. «Vi invidio tutti e due.» Suo marito, Guildford, era un
petulante marmocchio viziato, il tipo di persona che rimane un bambino fino a
quando l’età gli imbianca i capelli. Quando Jane si era rifiutata di incoronare
re suo marito, la madre di lui, furiosa, aveva ordinato a Guildford di smettere
di visitare il letto di Jane, anche se come tutti e due avessero pensato che
questa fosse una punizione, era un mistero.
«Sei devota alla vera fede?» chiese Jane a Bella.
«Um … quale delle due?» rispose Bella.
Edward sospirò. Risposta sbagliata. Jane si lanciò in una lezione
sugli errori della Chiesa Cattolica e provò a fare accettare a Bella un libro
sulla religione protestante, che Bella, per fortuna, rifiutò. «Posso leggere,
ma non molto bene», confessò Bella. «Temo che mi ci vorrebbe fino al Giorno del
Giudizio per finire di leggere un libro così grosso.»
«Edward può leggerlo per te», insisté Jane.
«La vita di corte ci tiene troppo impegnati per poter leggere, Jane»,
disse Edward. «Magari un’altra volta.»
Jane sembrò delusa ma ringraziò Bella e Edward per la loro visita.
«Prega, Bella», disse Jane. «Dio ti mostrerà la vera strada verso la sua
grazia.»
«Quella povera bambina», disse Bella dopo che avevano raggiunto il Green
fuori. Guardò da sopra la spalla e vide Jane alla finestra, le fece un cenno
con la mano e ne ricevette uno di rimando. «La sua fede è l’unica passione che
ha nella vita.»
«E l’unica che probabilmente avrà mai, se rimane sposata con quello
sfacciato.» Edward fece un cenno col capo verso la torre Beauchamp, dove era
tenuto Guildford.
«Possiamo mandarle dei libri?» chiese Bella. «Penso che è la cosa più gentile
che possiamo fare per lei.»
Edward considerò. «Dobbiamo prima mostrare la selezione a Maria», disse.
Salirono sulla chiatta per il viaggio di ritorno al palazzo. «Abbiamo il
resto della giornata libero», le ricordò Edward. «Cosa ti piacerebbe fare?»
«La vorrei passare tra le tue braccia, se posso fare a modo mio», disse
piano Bella.
«Ci si può organizzare», sorrise Edward.
Note storiche
-
La legittimità di Maria (o mancanza della stessa). Quando Enrico VIII
accettò il fatto che non avrebbe avuto altri figli, ristabilì Maria e
Elisabetta nella linea di successione, ma non ripristinò mai la loro
legittimità. Erano entrambe, tecnicamente, bastarde. Enrico aveva annullato il
suo primo matrimonio con la madre di Maria, Caterina d’Aragona, e poi aveva
annullato il suo matrimonio con la sua sostituta, Anna Bolena, prima di farla
decapitare (il che fa emergere lo stesso punto interessante già visto con
Kathryn Howard: se le donne non erano mai state legalmente moglie del re, come
potevano essere giustiziate per adulterio?). Alcuni studiosi ritengono che la
“cortesia” di Enrico di far venire uno spadaccino dalla Francia per decapitare
Anna invece di usare l’ascia del boia della Torre fosse dovuta al fatto che lei
aveva acconsentito all’annullamento.
-
La povera Mary ( o Marie) Grey era considerata la donna più brutta a
corte. Era molto piccola e con la schiena storta. Sia lei che la sorella
Catherine fecero infuriare la Regina Elisabetta sposandosi con uomini al di
sotto del loro rango senza permesso. Mary fu messa agli arresti domiciliari con
suo marito fino alla morte di lui, cinque anni dopo. Il marito di Catherine fu
mandato fuori del paese per un affare non correlato e lei non confessò il
matrimonio finché non fu incinta di otto mesi. Sfortunatamente, l’unico
testimone del suo matrimonio era morto e lei aveva “perduto” tutta la
documentazione che provava che fosse legalmente sposata.(Ci si domanda se fosse
stata rubata da qualcuno che voleva eliminarla come potenziale erede al trono).
Elisabetta imprigionò Catherine e suo marito nella Torre, ma i carcerieri
presero in simpatia la coppia e lasciavano che si incontrassero privatamente.
Elisabetta fu regalmente incazzata quando Catherine rimase incinta di nuovo.
Separò la coppia, portò via il nuovo bambino e fece annullare il matrimonio di
Catherine contro la sua volontà, rendendo i figli illegittimi e quindi
inammissibili alla successione (ironico venendo da una donna che sedeva sul
trono dopo essere stata resa bastarda dal suo stesso padre). Catherine morì
cinque anni dopo, senza aver mai più rivisto suo marito. Questa storia dolorosa
illustra quanto la Regina Maria fosse stata gentile e generosa quando scoprì
che Edward aveva sposato Bella.
-
La parola “megrim” veniva usata sia per descrivere un’emicrania che un
attacco di depressione, entrambe cose di cui soffrì Maria per tutta la vita.
-
Lady Jane Grey aveva veramente una collezione di orologi nei suoi alloggi
alla Torre: cinque orologi da tavolo, compreso un “alarum” clock (una sveglia
con suoneria) e quattro orologi da tasca che le erano stati dati “per mandato”.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/10/The-Selkie-Wife
Capitolo 10
«Ho una sorpresa per te», sussurrò Edward all’orecchio di Bella.
Era scivolato nella camera privata della Regina quasi inosservato, si era
insinuato dietro sua moglie e si era chinato su di lei per sussurrare. Bella
sobbalzò con un grido soffocato. «Oh! Edward!» Si voltò e gli sorrise, felice
come sempre di vederlo, ma a lui mancava la vivacità nei suoi occhi.
Le ultime due settimane erano state via via più difficili per Bella. Le
mancava l’oceano, anche solo afferrare il suo odore nell’aria o vedere le sue
onde grigie e increspate dalla finestra. Le mancava il richiamo degli uccelli
marini. Le mancava Elizabeth, ed era preoccupata che fosse rimasta affidata
alle cure insensibili di Rosalie. E le mancava Edward, perché sembrava che gli
unici momenti in cui lo vedeva era quando passavano per i corridoi o tardi la
notte, quando finalmente veniva a letto, troppo stanco per fare altro che darle
un bacio veloce prima di cadere in un sonno profondo e senza sogni, solo per
ripetere il ciclo il giorno successivo.
Bella, in qualità di dama di corte della Regina, era sempre a
disposizione per le esigenze di sua maestà. Andava nelle stanze della Regina
prima dell’alba per aiutarla a vestirsi, un processo assurdamente lungo che
coinvolgeva numerose persone che erano impegnate a passare ogni singolo
indumento a quelli che avevano poi l’onore di sistemarlo sul corpo della
Regina. Perfino le più intime funzioni corporee erano compiute con un pubblico
e con l’assistenza dei domestici.
Poi la messa. Poi nella camera privata della Regina dove lei attendeva
agli affari del regno, le dame a suonare piacevole musica di sottofondo o a
leggere o a ricamare silenziosamente quando aveva un incontro con questo o con
quel funzionario. Poi di nuovo la messa. Se non fosse stato per lo stress,
Bella poteva essere morta di noia.
La tensione stava crescendo a corte. La Regina Maria credeva che la
verità del Cattolicesimo fosse così ovvia che chiunque vi fosse introdotto si
sarebbe prontamente convertito, e così la sua rabbia cresceva, mentre la
Principessa Elisabetta continuava ad essere assente alla messa, settimane dopo
che le erano stati dati i libri e le lezioni private con Padre Jasper, che,
come previsto da Edward, si erano trasformate in dibattiti bonari su punti
della teologia così esoterici che Edward non riusciva neanche a seguirne le
descrizioni di Jasper. Jasper, avendo quasi istantaneamente rinunciato alla
speranza di farne una convertita, si divertiva immensamente durante le sue ore
con Elisabetta, ma doveva riferire a Maria che nessun progresso era stato
fatto, cosa che di sicuro non lo divertiva.
Edward era stanco e irritabile per via del carico dei suoi impegni al
consiglio. Maria stava imponendo nuovi dazi commerciali per provare a
migliorare l’economia inglese, ma i nobili che possedevano i monopoli di quelle
importazioni, resistevano, e continuavano a tentare di far abbassare i dazi su
altre merci. Si sentiva come Sisifo, ammise con Bella, a spingere eternamente
un masso su per la collina solo per vederlo rotolare giù ogni volta quando era
vicino all’obiettivo.
«Una sorpresa?» ripeté lei. «Che tipo di sorpresa?»
Lui le fece un sorriso e si chinò a sussurrarle nell’orecchio. «Dovrai
solo seguirmi e scoprirlo, no?»
Bella si alzò in piedi e mise da parte il telaio da ricamo. Non le era
sfuggito il sorriso cospiratore passato tra la Regina e Edward e fu contenta
che i due sembrassero tornati in termini amichevoli. La Regina Maria aveva
notato la freddezza di Edward verso di lei e il suo esagerato formalismo che
indicava la sua distanza emotiva da lei dopo l’introduzione della sua
legislazione religiosa e alla fine l’aveva preso da parte.
«Perché sei adirato con me?» chiese lei, e la mascella di Edward era
caduta dallo stupore, perché pensava che fingesse ignoranza, che era qualcosa
che non credeva avrebbe mai fatto Maria.
«Tu mi hai mentito», rispose lui. «Mi hai detto che intendevi
lasciare la religione così com’era e non avresti forzato nessuno contro la
propria coscienza.»
Maria si torceva le mani. «Questo era prima che sapessi a che punto
fossero arrivate le cose, Edward. Tu non capisci. È terribile. C’è una
tale confusione. I preti di una chiesa possono dire una cosa e quelli della
parrocchia vicina possono dirne un’altra. Il popolo non sa cosa credere. Tutti
si stanno facendo idee proprie, anche se non sono eruditi come i nostri padri
della chiesa. Che razza di Regina sarei se lasciassi il mio popolo perduto e in
pericolo di perdere la sua anima immortale? Io non ti ho mentito, Edward, te lo
giuro. Semplicemente non ero completamente informata della situazione.»
«Ed Elisabetta?» chiese cupo Edward. «Tu hai detto che non avresti
forzato nessuno contro la propria coscienza, eppure trascini Elisabetta dal suo
letto di ammalata per attendere messa nella tua cappella.»
Pochi giorni prima, la corte era stata deliziata dallo spettacolo di
Elisabetta che arrancava andando a messa, lamentandosi rumorosamente per tutto
il tragitto, dicendo che stava male e chiedendo a una delle sue dame di
massaggiarle lo stomaco. Si era acquietata durante la funzione, ma aveva
mantenuto un’espressione da martire dolente per tutto il tempo. La storia
diffusa dai suoi partigiani protestanti fu che Elisabetta alla fine era stata
costretta ad andare a messa come ordinato dalla sorella, ma l’aveva trovata
così disgustosa che era stata male di stomaco.
«Non era malata», arguì Maria. «Ho mandato i miei stessi medici a
vederla, e non hanno trovato niente che non andasse in lei!»
«E i medici sono sempre capaci di diagnosticare un malessere,
Vostra Maestà?» Inarcò un sopracciglio, perché Maria aveva sofferto lei stessa
molti malanni che erano stati ascritti semplicemente all’isteria dai suoi
perplessi dottori.
Maria assottigliò gli occhi. «Tu non sei uno stupido, Edward. Tu sai che
non vuole convertirsi.»
«Già, lo so. Ma credo anche che lo stress del tuo malcontento può causare
i suoi problemi di stomaco. Io le darei il beneficio del dubbio, come te un
tempo.»
Maria indietreggiò. Lei era stata influenzata dai partigiani cattolici
che sussurravano continuamente dicerie nel suo orecchio, e lo sapeva.
Adesso, sorrideva gentilmente a Edward e alla sua sposa, gli occhi un po’
nostalgici mentre guardava l’evidente legame d’affetto tra i due. Ci era voluta
un’ora di discussione, ma alla fine lei e Edward avevano raggiunto un accordo,
e la ‘sorpresa’ di Bella era parte di quell’accordo.
«Dove stiamo andando?» chiese Bella, mentre lui la portava lungo i
corridoi del palazzo. Si incontrarono con Alice, che aspettava sulla porta, la
faccia tirata in un sorriso malizioso. Alice conosceva il segreto, ma non
parlava. «Traditrice», le disse Bella e Alice ridacchiò.
«Vedrai», era tutto quello che diceva in risposta alle sue domande.
C’erano tre cavalli sellati, fuori, le briglie di ognuno tenute da uno
stalliere in livrea, e altri stallieri erano di fianco in attesa di scortarli.
Due di loro assisterono Bella e Alice per montare in sella. Bella era ancora
nervosa vicino ai cavalli, ma alcune cavalcate pomeridiane con Edward nelle
ultime settimane le avevano insegnato come stare in sella all’amazzone su
quella placida giumenta marrone. Edward spinse i talloni nella sua più vivace
cavalcatura, che teneva sotto controllo quando avrebbe voluto rompere in un
allegro galoppo, e partirono, chiacchierando socievolmente mentre cavalcavano.
Edward includeva Alice nella conversazione e sembrava che gli piacesse come
piaceva a Bella. Bella continuava a cercare indizi sulla loro destinazione, ma
Edward continuava a darle solo quel piccolo, misterioso sorriso.
La città si diradava, gli edifici sempre più rari e distanti e si mescolava
ormai con la campagna. «Dove siamo adesso?» chiese Bella.
«Hampstead Heath», rispose Edward. «Vieni qui vicino un momento.» Tirò
fuori un pezzo di stoffa dalla manica e lo legò sugli occhi a Bella. «Ho preso
io le tue briglie», disse. «Devi solo tenerti.»
Bella si aggrappò al pomo della sella. Il movimento del cavallo sembrava
peggiore senza poter vedere, ma vi si afferrò come una lappola. Pochi minuti
dopo, Edward fece fermare i cavalli e le sue mani le rimossero con gentilezza
la benda. «Guarda», disse piano. Seguì la direzione del suo sguardo e vide una
casa di fronte a loro alla fine di un viale. Una bella casa padronale di pietra
grigia, non grande come quella al mare, ma lo stesso massiccia e imponente, con
un grande e ondulato prato verde. Edward fece scendere Bella di sella. «È nostra,
amore. Maria ha dato il suo permesso. Vivremo qui invece che al palazzo, e
andremo in città ogni mattina.»
Bella era completamente senza parole. Guardò intorno la campagna
incontaminata e inalò un profondo respiro di aria fresca che profumava di erba.
Le si riempirono gli occhi di lacrime e sperò che Edward potesse vedere
sul suo viso quanto l’aveva fatta felice, perché le parole semplicemente non le
venivano.
«E poi c’è la parte migliore», disse Edward.
La porta si aprì e una figuretta corse fuori, strillando do gioia.
«Padre! Bella! Padre!»
«Elizabeth!» gridò Bella. Andò di corsa verso la bambina e la prese tra
le braccia, facendola girare finché non le vennero le vertigini e caddero a
terra ridendo. Edward si unì a loro, sedendosi sull’erba accanto alla sua sposa
che rideva e piangeva e a sua figlia che chiacchierava. Elizabeth gli strisciò
in grembo e lui le prese il viso con la mano, guardandola negli occhi dolci e
ardenti. La sua cuffia si era messa di traverso e le pendeva su un orecchio, e
i suoi ricci ribelli ne uscivano. Somigliava così tanto a sua moglie che il
cuore gli fece male per un momento, ma rifiutò di accogliere i pensieri che
aleggiavano ai bordi della sua mente.
I domestici erano riuniti a rispettosa distanza, guardando lo spettacolo
bizzarro di un Duca seduto sull’erba con la sua Duchessa e sua figlia.
«Va’ a mostrarle il resto», gli disse Alice. «Io porterò dentro Elizabeth
e vi aspetterò.»
Edward aiutò Bella ad alzarsi (con quel vestito ingombrante non c’era
modo che potesse alzarsi da sola). Lui le prese la mano e lei avrebbe potuto
saltare di gioia. «Edward, questo è … non ho parole. Sono così felice. È bellissimo
qui fuori.»
«Guarda.» Edward indicò in una direzione e Bella poté vedere la guglia
della Old St.Paul’s.
«Siamo così vicini alla città, eppure sembra di essere nel cuore della
campagna», disse Bella piano.
Camminarono verso il retro della casa e Bella boccheggiò. Di fronte a lei
c’era un’aiola ornamentale con un intricato disegno, ma quello che attirò i
suoi occhi fu il fiume che la costeggiava, l’acqua limpida e scintillante. Non
era molto profondo, né largo, ma era comunque un fiume. Bella emise un singulto
tremante e premette le dita sulla bocca. «Ed io posso …?» cominciò, la voce
tesa per le lacrime.
«Sì, Bella, puoi nuotare qui, se ti piace.» Esitò per un momento. «Io non
so se devi nuotare nell’acqua salata per essere felice, e so che le alghe non
crescono nel fiume, ma …»
Bella lo interruppe con un bacio appassionato, avvolgendogli le braccia
al collo così strette che quasi lo strangolò. Stava proprio piangendo, adesso,
le lacrime le rigavano la faccia e il corpo era scosso dai singhiozzi. «Se ne
avessi mai dubitato, questo mi mostra quanto mi ami», disse alla fine.
«Avevo paura per te», confessò lui. «So che hai detto che la tua
gravidanza ti protegge con una magia potente, e che non puoi languire, ma
avresti potuto essere triste. Io voglio che tu sia felice, Bella.»
«Io sono felice», disse lei. Anche se il fiume non era così grande come
avrebbe voluto, il fatto che lui si curasse così tanto di quello che lei
desiderava e di quello di cui aveva bisogno, le riscaldava il cuore. Non
avrebbe potuto chiedere un marito migliore. Perfino gli uomini selkie non erano
normalmente così premurosi, perché tendevano a essere egocentrici e si
distraevano facilmente. «Grazie, Edward. Non potrò mai ringraziarti
abbastanza.»
«Ringrazia anche la Regina», disse Edward. «Le ho detto che tu anelavi la
campagna e questa è stata la sua soluzione. Questa casa è un suo dono.»
«Oh, Edward», sospirò Bella. «Ti vuole veramente bene, anche se non
sempre te lo dimostra.»
Lui sorrise. «Vuole bene anche a te, Bella. Ha detto che hai un cuore
gentile.»
«Anche lei ce l’ha. E tutte le dame la amano.»
Molto più tardi, Edward avrebbe riflettuto su quelle parole e ponderato
la contraddizione di una donna molto amata da chi le stava attorno che era
capace di causare tanto dolore e distruzione. Ma al momento, lui e Bella
potevano essere felici, sicuri dell’affetto della Regina e con la loro amata
famiglia attorno a loro, come la Regina voleva che fosse la sua.
Tornarono in casa insieme, mano nella mano. Alice aspettava
nell’ingresso, seduta su una panca, Elizabeth appollaiata sul suo ginocchio.
Elizabeth strillò di nuovo quando vide Bella e corse verso di lei, saltellando,
le braccia aperte, chiedendo nel linguaggio universale dei bambini di essere
presa in braccio. «Questa è la nostra nuova casa!» disse a Bella. «E tu puoi
vivere qui con me! Alice ha detto così.»
«Be’, se lo dice Alice dev’essere vero», replicò Bella, e baciò la
guancia morbida di Elizabeth. Elizabeth ridacchiò e nascose la faccia nel collo
di Bella. Indossava un vestitino di broccato blu, le maniche ricoperte di
rosette che avevano al centro uno zaffiro. Sul corpetto rigido, aveva appuntata
una spilla, una spilla che portava un ritratto in miniatura di sua madre, e la
perla fissata sulla sua cuffia era simile a quelle cucite sulla sua gonna.
«Penso che tu sia cresciuta almeno trenta centimetri da quando ti ho
visto l’ultima volta, e il tuo peso è aumentato almeno di cinque chili»,
dichiarò Bella.
Elizabeth ridacchiò di nuovo e poi batté le mani. «Andiamo a vedere la
mia stanza!»
«Tuo padre vuole mostrarci tutta la casa», disse Bella. «Poi ti prometto
che andremo nella tua stanza.»
Al piano terra, il pavimento era di pietra liscia e piastrelle colorate
con delle stuoie di giunco e perfino alcuni preziosi tappeti sparpagliati qua e
là, invece dei giunchi sciolti che venivano ancora usati in alcune case. La
prima stanza in cui entrarono era la sala, dove erano sistemati lunghi tavoli
con delle panche per i pasti. L’alto tavolo era posto su una pedana e aveva
spazio per venti commensali, ed era coperto per tutta la lunghezza da un
tappeto tessuto con dei motivi a foglia di vite. Le seggiole di Bella e Edward
erano poste sotto un piccolo baldacchino quadrato ricamato con lo stemma dei
Cullen. Oltre la sala c’erano le cucine, la dispensa, la cantina e tutte le
altre aree dove i domestici lavoravano per rendere confortevole la vita dei
loro padroni. Edward non si offrì di mostrarle a Bella, ma lei era curiosa e si
fece la nota mentale di portare Alice ad esplorare, più tardi.
A sinistra c’era la sala di ricevimento con un grande camino e delle
credenze dove i piatti d’oro e l’argenteria del Duca erano in mostra quando non
erano in uso. Gli ospiti si incontravano e si mescolavano in questa stanza dopo
la cena. Una grande seggiola per Edward e una più piccola per Bella erano in
cima a pochi gradini, sotto un baldacchino che faceva il paio con quello della
sala. Una piccola area schermata alla loro sinistra era dove suonavano i
musicisti, e c’era spazio per danzare, se il duca l’avesse desiderato.
Dietro questa stanza ce n’era una più piccola cui ci si riferiva come
salotto d’inverno. Più facile da scaldare, le pareti pannellate ricoperte di
arazzi, questa stanza era per il relax familiare, o per i pasti in privato
quando l’avessero preferito. Le finestre disegnate a diamante guardavano verso
il fiume.
In fondo c’era una piccola cappella di pietra che conteneva le tombe
della famiglia che aveva vissuto qui prima di loro. Il suo splendore cattolico
era stato già ripristinato usando una parte dell’arredamento della cappella di
Edward a casa. Questo portò alla mente una domanda e gli occhi di Bella
guizzarono verso Edward, ma la domanda ebbe immediatamente una risposta quando
entrò una figura con una tunica nera. Padre Jacob.
Lui la spaventava. Bella poteva anche non riuscire a leggere le menti
degli adulti, ma non servivano sensi speciali per avvertire la malignità che
emanava da lui. «Vostre Grazie», disse lui, gli occhi che perforavano Bella.
Voleva abbassarsi dietro Edward e nascondersi, ma si mantenne ferma, pur
tenendo il viso voltato dall’altra parte.
«Padre Jacob, confido di trovarvi bene», disse Edward educatamente.
«Sto bene, vostra grazia. Spero di vedervi di più in questa nuova
cappella di quanto non vi vedessi nella vecchia. Ora che la Vera Fede è stata
restaurata, possiamo celebrare apertamente. Stavo giusto dicendo l’altro giorno
al Vescovo Gardiner che viviamo davvero tempi benedetti.»
Edward capì immediatamente dove voleva arrivare Padre Jacob. Conosceva
Gardiner e avrebbe riferito la sua mancanza di partecipazione, e Gardiner
avrebbe a sua volta riferito alla Regina. «Sì, benedetti», ripeté Edward e prese
Bella per il braccio. «Siamo stanchi del viaggio e ci uniremo a voi per la
messa del mattino.»
«Speravo nel piacere della vostra compagnia per la cena, nelle mie stanze»,
disse Padre Jacob. Non guardò Bella per includerla nell’invito.
«Ahimè, siamo così esausti che faremo cena nelle nostre stanze e ci ritireremo
presto, ma forse un’altra volta.»
«E’ strano, no, come un viaggio così breve possa essere tanto stancante?»
disse Padre Jacob, il tono beffardo.
«Mm. Specialmente quando uno è oberato dagli affari del consiglio»,
rispose Edward, un’eco tagliente sotto la superficie delle parole.
Padre Jacob riconosceva il ghiaccio sottile quando lo vedeva. «Sì,
certamente. Vi lascerò al vostro riposo. Vostra grazia.» Si inchinò e arretrò
per la stanza, ma prima di chiudere la porta dietro di sé, i suoi occhi pugnalarono
di nuovo Bella e lei sentì alzarsi i peli del collo.
Edward scosse la testa come a togliersi di dosso dei brividi anche lui.
«Vecchio corvo ciarlatano», borbottò. «Se non fosse per quella promessa che ho
fatto a Mary …»
Bella gli mise una mano sul braccio. «Non lasciare che ti infastidisca.
Ti prego, torniamo ad esplorare la nostra nuova casa. Non voglio ombre che
oscurino questo giorno felice.»
Edward le sorrise. «Seguimi, amore.»
Al piano di sopra c’erano le stanze da letto, la grande camera del Duca
alla fine del corridoio con l’enorme letto già sistemato all’interno. Bella
boccheggiò deliziata a vederlo già lì, con tutto il mobilio già sistemato,
inclusa la cassapanca chiusa di Edward dove stava la sua pelliccia. Doveva aver
traslocato tutto in fretta questa mattina, in segreto, dopo che lei era andata
per i suoi doveri di corte.
La stanza era anche più confortevole di quella della magione al mare. I
muri erano pannellati, il che aiutava a tenere la camera calda d’inverno, e
aveva un paio di finestre che, aperte, creavano uno scontro d’aria d’estate. I
camini erano spenti, anche se a corte si stava abituando a dei piccoli fuochi.
Semplicemente non poteva evitarlo in un ambiente così gravido di pettegolezzi.
Le «eccentricità» di Bella non avevano bisogno di essere messe ancora più in
risalto come sembrare un’anima peccatrice impaurita dal fuoco.
Invece del bagno, la stanza aveva un piccolo ripostiglio in cui era una
specie di seggiolino. Era una specie di seggiola ornata con un buco nella
seduta appollaiata su un grande vaso da notte. La seduta era imbottita di velluto
rosso con artigli dorati ai bordi della tappezzeria. Bella era ansiosa di
usarla, solo per la sensazione di lusso che le avrebbe dato l’esperienza.
A Emmett era stata data una stanza al piano di sotto, anche se non era
ancora arrivato. Bella sorrise con gentilezza a Edward quando glielo fece
notare, orgogliosa che accettasse suo fratello nella sua casa, anche se non era
ancora pronto a riaccettarlo nel suo cuore.
La camera di Elizabeth era dall’altra parte del corridoio rispetto alla
loro, cosa che Bella apprezzava, non avendo mai compreso l’abitudine di mettere
i membri della famiglia in ali diverse della casa. Bella si bloccò quando vide
Rosalie inginocchiata davanti al baule di Elizabeth, che tirava fuori delle
camicie fresche di bucato. Rosalie incontrò i suoi occhi con uno sguardo cupo e
vuoto e le fece un inchino poco entusiasta. Bella rispose con uno sguardo
storto e si fece anche un’altra nota mentale di parlare con Edward sul fatto di
trovare una governante appropriata per Elizabeth una volta che fosse
completamente svezzata. I bambini Tudor erano allattati fino a cinque anni, ma
a Elizabeth sembrava piacere il cibo solido e non vedeva motivo di ritardare
ancora lo svezzamento completo.
La bambola che Bella aveva fatto per Elizabeth aveva il posto d’onore sul
suo letto. Vide qualche altro giocattolo sparpagliato per la stanza e sorrise a
Edward, che doveva averlo ordinato quando si era reso conto che sua figlia non
aveva giocattoli. Bella sapeva che i bambini nobili non avevano la stessa
infanzia spensierata che avevano i bambini selkie, ma voleva che Elizabeth
avesse almeno un po’ di tempo per giocare. Non sopportava il pensiero che
Elizabeth crescesse come la povera, mesta Jane Grey.
Elizabeth mostrò loro tutto della sua nuova stanza, compreso il nuovo
seggiolino dietro un paravento nell’angolo. Ci si mise sopra per mostrare il
suo uso, tamburellando i piedi sul davanti squadrato.
«Cosa pensi, Padre?» chiese saltando giù dalla seduta e correndo verso
Edward.
«Penso che se ti piace la casa potremmo restare qui per un po’», disse
Edward solenne.
Elizabeth considerò un momento e poi il suo viso fiorì in un sorriso. «Mi
piace!»
«E’ deciso, allora. Adesso, amore, credo che tu debba andare a nanna.»
Elizabeth si lamentò un po’, ma Edward rimase fermo, con gentilezza.
Bella la svestì della camicia e la mise nel grande letto, la bambola stretta al
braccio.
«C’era una volta un topo che voleva andare sulla luna», disse Bella, e
Elizabeth si accoccolò per sentire la storia a occhi spalancati, che pian piano
diventavano sempre più pesanti, nonostante i suoi sforzi per restare sveglia
fino alla fine. Si addormentò poco dopo che il topo aveva raccolto i semi per
pagare il passerotto che l’avrebbe portato lassù.
Bella si alzò con attenzione dal letto, le rimboccò le coperte al mento e
chiuse le cortine del letto.
«Sei così brava con lei,» si meravigliò Edward. «Rosalie non riesce mai a
metterla a dormire senza una piccola tempesta.»
Rosalie non disse nulla, gli occhi pungenti puntati al pavimento. Edward
prese il braccio di Bella. «Vieni, mia signora moglie. C’è un’altra cosa che
voglio mostrarti.»
«Sì? Dov’è?» Bella lo seguì nel corridoio.
Edward si voltò e camminò all’indietro, attirandola nella porta di fronte
a quella di Elizabeth. «È la nostra camera», disse lui.
«Sono ansiosa di vederla», disse Bella, gli occhi che brillavano d’amore
per quest’uomo, un amore così grande che le sembrava le stirasse il cuore di
due taglie. Traboccava, riscaldando tutto il suo essere.
Lui si appoggiò contro la porta, guardandola con gli occhi socchiusi. «Devo
chiamare Alice perché mi spogli?» chiese Bella, tirando lentamente,
maliziosamente i suoi lacci.
«No», disse lui, tirandola contro di sé. «Ho ancora il mio coltello, se
ce ne fosse bisogno.» Poi le prese la bocca con una fame a stento trattenuta.
Bella gemette, intrecciando le dita nei suoi capelli selvaggi, premendo più che
poteva il corpo contro quello di lui. Lui abbassò il braccio e tirò su la sua
gonna, la mano che scavava sotto i pesanti strati di stoffa fino ad arrivare
alla sua carne soffice. Lei boccheggiò contro le sue labbra, i fianchi che si
muovevano involontariamente per seguire le carezze delle sue dita.
«Non posso aspettare», mugolò. La voltò, tirandole la gonna alla vita
mentre la sollevava. Bella gli avvolse le gambe ai fianchi, ansimando per
l’eccitazione. Le loro bocche si incontrarono selvaggiamente in una tempesta di
labbra e lingue e denti che mordevano. Lui allungò una mano tra i loro corpi e
si tirò via calzamaglia e conchiglia, piantandosi dentro di lei con una spinta
dura e improvvisa che li fece gridare entrambi.
«Oh, Cristo, ti ho fatto male?» boccheggiò lui.
«No, di più», ringhiò lei. «Di più.»
Edward decise subito che qualunque cosa volesse la sua piccola moglie
selkie, l’avrebbe accontentata.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/11/The-Selkie-Wife
Capitolo 11
La luce della luna luccicava sull’acqua come un letto di diamanti. La
testa scura di Bella ruppe la superficie e Edward rilasciò il respiro che stava
trattenendo, che uscì come una nebbia nell’aria fredda. Sapeva che non poteva
annegare, ma ogni volta che si tuffava lui aspettava con ansia che riapparisse.
Era tardo ottobre e c’era brina sull’erba. Edward era meravigliato della
tolleranza di Bella per l’acqua fredda, eppure lei non sembrava mai notare il
freddo. Durante l’estate, poco dopo l’acquisto della casa, qualche volta lui
era andato in acqua con lei, e Bella gli aveva insegnato a nuotare, ma era
stato costretto a smettere un mese prima, incapace di sopportare il freddo. Ora
restava seduto sulla riva e la aspettava, come sempre, con dei vestiti asciutti
e una coperta, che era più per il suo conforto che per quello di lei.
Lei emerse dall’acqua, masticando delle radici di giunco di palude, che
lei affermava le piacessero quasi come le alghe. Edward le portò una camicia
asciutta che lei infilò dalla testa e poi le avvolse la coperta attorno alle
spalle. Silenziosamente, tornarono in punta di piedi verso casa, passando dalla
scalata posteriore verso la sicurezza della loro camera senza essere visti.
Edward rabbrividì un po’ mentre si spogliava della sua camicia e andò a
scaldarsi davanti al fuoco, tenuto basso per evitare di disturbare Bella che
ancora preferiva restare dalla parte opposta della stanza. Si sedette sul letto
e cominciò a pettinarsi i lunghi capelli scuri. Edward lasciò il camino, non
più così interessato a riscaldarsi, e si mise seduto di fianco a lei. Prese il
pettine e continuò lui. Se qualcuno gli avesse detto un anno fa che avrebbe
tratto così tanto piacere a pettinare i capelli di una donna, gli avrebbe detto
che era matto.
Fece scivolare una mano davanti al corpo di lei, appoggiandola sull’addome
leggermente dilatato. «Spero che non farai venire un raffreddore al bambino.»
Lei voltò la testa e gli sorrise. «Non temere, lui è al sicuro e al
caldo.»
«Lui?»
Lei fece spallucce. «O lei.»
«Oh», disse dopo un momento. «Pensavo che magari l’avevi scoperto.»
Lei scosse la testa. «Da questo punto di vista siamo uguali alle donne
umane. Lo sappiamo quando nasce il bambino.» Mise una mano su quella di lui. «So
che se si vuole un maschio, la donna dovrebbe stare lontana dai cibi freschi e
umidi come la frutta e la verdura.»
Edward ridacchiò. «Penso che siamo destinati ad avere una figlia,
allora.»
«Ti disturberebbe?»
Quello che lo disturbava era il pensiero che lei potesse non restare con
lui per sempre, ma almeno avrebbe avuto questa parte di lei, un figlio loro da
amare. «Non se somiglia a te», disse lui con leggerezza.
«Penso che mi piacerebbe se nostro figlio ereditasse i tuoi capelli rossi
Tudor.»
«Purché abbia i tuoi occhi», rispose lui. «Bella, c’è qualche possibilità
che nostro figlio sia selkie?»
Lei scosse la testa. «Solo due selkie possono avere un bambino selkie,
Edward.»
«Ricordo che me lo hai detto, ma noi siamo stati nell’acqua …»
«Questo non cambia ciò che sei, così come stare sulla terraferma non
cambia ciò che sono io.»
Non sapeva se era sollevato o deluso. Quando lei aveva descritto
l’infanzia selkie, sembrava così idilliaca, giocare tra le onde, spensierati e
innocenti, assecondati e amati da ogni adulto, non come la sua educazione
rigida e fredda, la maggior parte della quale trascorsa seduto a una scrivania
a imparare lingue di paesi in cui non sarebbe mai stato, sapendo che sarebbe
stato battuto se avesse avuto un rendimento scarso. Tracciò un cuore sulla
pancia di lei. Bella aveva cambiato così tanto la sua prospettiva. Lui aveva
desiderato una relazione più calda con sua figlia, ma non aveva saputo come
fare finché lei non glielo aveva mostrato, finché lei non aveva sciolto il
ghiaccio intorno al suo cuore.
Adesso incoraggiava sua figlia, ma non esigeva. Lasciava che giocasse e
trovava che questo migliorava i suoi risultati scolastici. E la guida amorevole
di Bella rendeva Elizabeth più obbediente rispetto alla paura delle punizioni
fisiche. Adesso voleva compiacere suo padre perché lo amava, non perché lo
temeva.
Bella aveva aperto tutto un mondo
nuovo davanti a lui, un mondo che era sempre stato lì, ma che lui era troppo
cieco per vedere.
La sera dopo, Bella non era tornata per l’ora in cui Edward aveva
lasciato la sessione del consiglio in cui si era dibattuto all’infinito la
questione del matrimonio della Regina con minimi progressi. Ognuno difendeva i
propri candidati e la discussione andava avanti a vuoto finché a Edward venne
voglia di sguainare la spada.
Edward era deluso, avendo aspettato con ansia di passare la sera con
Bella. Pensava che fosse a casa, dato che a corte gli era stato detto che la
Regina era malata e non riceveva visite, quel giorno. In realtà non era falso,
la Regina si era preoccupata per problemi di stomaco e palpitazioni.
Una nota gli arrivò con un messaggero poco dopo che era entrato
nell’ingresso, mentre passava i suoi guanti da cavallo a un domestico che li
portò via per pulirli e passarvi della polvere. Aprì il foglio piegato e
sigillato con la cera, trovando la scrittura a malapena leggibile di Bella sul
foglio. Scriveva foneticamente, come molti di quei tempi, ma questo combinato
con la sua scrittura maldestra rendeva il tutto molto difficile da leggere.
«Edward , duck di Calen
Mio siniore marito, io resto con sua Majesta la Regina, ke
prega nela sua capela e desia ke nessuna di noi deva partire fino che a finito.
Non più te al momento, mio amato, perke manca tempo, ma vorrei me nelle bracia
del mio amore. Scrito in kuesto mercoledì in San Giacomo ale oto. Tua finke
dura la mia vita, Bela Calen.»
Lui sospirò e posò la lettera. Maria stava pregando per la proposta che
le era giunta da suo cugino (a cui lei stessa era stata un tempo fidanzata),
l’Imperatore Carlo V, di sposare suo figlio, Filippo di Spagna. Per quanto
affermasse pudicamente che poteva felicemente vivere vergine la sua vita,
dedicata al suo popolo, Maria aveva sempre desiderato un marito e dei figli.
Dal punto di vista personale, il problema che presentava questa accoppiata
particolare, era che il marito suggerito era di undici anni più giovane della
Regina e si diceva che fosse sessualmente promiscuo, avendo generato una scia
di figli bastardi. Maria era preoccupata della sua lussuria, anche se cercava
di articolare tutto questo con delicatezza. Le discussioni sui ‘doveri
coniugali’ di sua madre si erano sempre espresse in termini di
sopportazione delle attenzioni di un marito per il bene della nazione, e
sebbene sua madre le avesse insegnato che bisognava chiudere gli occhi e
ignorare , Maria non voleva un marito che avesse amanti e sue rivali nella sua
stessa corte.
Le sue lavandaie divennero ricche, essendo pagate e corrotte da tutti,
dai valletti agli ambasciatori, per rivelare se la Regina fosse ancora
mestruata e quindi idonea al matrimonio. Perfino Edward e Bella erano stati
avvicinati, ma Bella era indifferente alle ‘pietre lucenti’ che le
venivano offerte per avere notizie e Edward era indignato che gli fosse richiesto
di spiare. Tutti, dalle lavandaie alle domestiche che cambiavano le sue
lenzuola ai medici che la avevano in cura, giuravano che avesse ancora i suoi
corsi, anche se un po’ irregolari. Anche se questo poteva spiegarsi col fatto
che non fosse sposata a un’età così avanzata. Il suo delicato sistema
semplicemente non si rassegnava a una vita di castità.
Più Maria pensava al matrimonio, più sembrava piacerle l’idea. Bella
osservava sorpresa come diventasse pian piano meno la zitella regale e più una
svolazzante e ridacchiante ragazza. Un ritratto di Filippo, del rinomato
artista Tiziano, le era stato inviato e lei passava le giornate a gingillarsi e
sospirare su di esso. Era mezza innamorata di lui senza mai averlo neanche
visto.
In cuor suo, Bella pensava che il principe non fosse così bello come
diceva Maria. Stava in piedi davanti a un tavolo coperto di rosso, vestito per
metà della sua armatura. La sua carnagione era pallida e aveva una barbetta
rada lungo la mandibola, e labbra piene sotto baffi sottili. La sua conchiglia
era fallica, sporgeva in alto da sotto il pettorale dell’armatura. Solo su una
cosa Bella era d’accordo con Maria: l’uomo aveva delle gambe molto belle sotto
la liscia calzamaglia color crema.
Prima di entrare nella cappella, quella sera, Maria aveva chiamato da
parte Bella, cacciando tutte le altre dame, anche se tutte si sarebbero di
sicuro sforzate di ascoltare. Una volta Bella aveva aperto una porta e una
montagna di dame le era caduta addosso, perché erano tutte appoggiate contro la
porta con l’orecchio premuto sul legno.
«Bella, posso farti alcune … alcune domande di … be’ … natura personale?»
La faccia giallastra della Regina era chiazzata di rosso in modo allarmante. «Tu
sei la mia parente femmina più prossima, dopo tutto, a parte Jane Grey, e
ovviamente non posso andare a parlare con lei di questo.» Maria torceva il
fazzoletto tra le mani.
Bella aspettò.
«È solo che … io … mia madre non ha discusso molto … certi aspetti del
matrimonio con me.» La voce di Maria divenne un sussurro.
Bella non riusciva proprio a capire perché gli umani trovassero il sesso
un argomento tanto imbarazzante. «Potete contare sulla mia discrezione», le
assicurò Bella.
«Non è questo, è solo che … Bella, io sono vecchia. Sono una
vecchia zitella prosciugata e lui è un giovane uomo nel fiore degli anni. E se
io … gli ripugnassi?»
«Maria, il vostro corpo è ancora quello di una donna giovane», disse
Bella con onestà. «Non c’è nulla in esso che potrebbe generare repulsione in un uomo.» Maria
era un po’ sottile, in un periodo in cui le donne in carne erano lo stile
favorito di bellezza, ma era ancora soda e giovanile quando molte donne della
sua età avevano partorito molti figli e le loro figure mostravano il
logoramento.
«Lui ha esperienza», sussurrò Maria, come se fosse una tragedia.
«È stato già sposato e ci sono anche delle storie che mi sono state
riferite.»
«Da quelli che vogliono che sposiate Courtenay?» disse Bella secca. «Sono
certa che hanno fatto in modo che ogni brandello di pettegolezzo giungesse alle
vostre orecchie, che fosse vero o no.»
La voce di Maria divenne così bassa che Bella doveva sforzarsi per
sentirla. «Com’è?» La sua faccia aveva superato lo stadio del rosso ed era
adesso porpora quasi quanto la sua veste.
«Con un uomo gentile è una gioia», rispose Bella. «Ma, vostra maestà, non
dovete essere timida con lui. Dovete dirgli cosa vi piace, e fare uno sforzo
per compiacere anche lui. Se mostrate entusiasmo e propensione a compiacere, è
più che probabile che lui vi offrirà lo stesso e troverete una grande delizia
nel letto coniugale.»
Maria annuì pensierosa. «L’ambasciatore spagnolo dice che ha una natura
buona e gentile.»
Bella pensò che l’ambasciatore spagnolo avrebbe detto a Maria che era
centauro se avesse pensato che quello fosse ciò che si voleva sentir dire.
Nessun uomo poteva mai essere all’altezza del modello di virtù che lei si era
costruita nella sua mente.
«Devo pregare», disse Maria, torcendo di nuovo il suo fazzoletto. Si
avviarono verso le porte della cappella, che due valletti aprirono per loro,
inchinandosi al passaggio della Regina. Lei si inginocchiò su un cuscino di
fronte all’altare e chinò la testa sulle mani giunte. Anche Bella si sistemò su
un cuscino, preparandosi mentalmente a una lunga attesa. La preghiera era un’altra
cosa che non capiva. Nella religione selkie, il dio del mondo udiva ogni
pensiero, e loro non avevano bisogno di fermarsi o assumere posizioni
particolari perché lui ascoltasse. Lo veneravano giocando sotto il sole e tra
le onde, danzando e facendo l’amore, perché la loro gioia rendeva felice il
loro dio. Le funzioni sulla terra le sembravano molto severe al confronto.
Alla fine la Regina sollevò la testa
e disse a uno dei domestici di convocare l’ambasciatore spagnolo. Un mormorio
attraversò quelli che stavano guardando, che si chiedevano cosa avesse deciso
la Regina. Quando questi arrivò, Maria si alzò in piedi e mise una mano
sull’altare, davanti al tabernacolo che conteneva le ostie e giurò solennemente
che avrebbe sposato Filippo di Spagna.
A casa, Edward stava preparandosi a mettere a letto sua figlia, avendo
deciso che non dovesse aspettare oltre per Bella. Non chiamò Rosalie. Invece
fece cenno alla cameriera di mettere a posto i giocattoli e i libri di
Elizabeth. Cominciò a svestire la bambina. Elizabeth stava pazientemente con le
braccia alzate.
Mentre la spogliava, chiacchierarono della giornata. Elizabeth aveva
imparato un’altra canzoncina alla spinetta e Edward le sorrise, orgoglioso che
imparasse così in fretta. «Sei una brava bambina.»
«Non sono una brava bambina», disse triste Elizabeth. «Faccio piangere
mia madre in cielo.»
Edward era basito. Ma come diamine era venuta fuori con un’idea del
genere? «Cosa intendi, Elizabeth?»
«Perché amo la mia nuova mamma Bella. Questo intristisce la mia vera
mamma perché io dovrei amare solo lei.» Elizabeth prese il piccolo ritratto in
miniatura appuntato sul suo corpetto e lo inclinò così da poter guardare il
volto di sua madre. «Mi dispiace, Madre. Non essere triste.»
«Chi ti ha detto questo, amore?»
«Me l’ha detto la balia», disse Elizabeth. «E lei ha detto …» Elizabeth
si mise una mano sulla bocca, come se si fosse all’improvviso ricordata che non
avrebbe dovuto parlare di questo.
«Cosa?» chiese Edward, mantenendo la voce più gentile possibile, anche se
dentro era furioso con Rosalie per quello che aveva fatto. «Puoi dirmi tutto.
Lo sai, vero? Non mi arrabbierò con te.»
Queste ultime parole furono come togliere il tappo da un barile. Le
parole di Elizabeth vennero fuori così in fretta che inciampavano l’una
nell’altra. «Ha detto che anche tu la stai rendendo triste. Perché ami Bella,
non ami mia madre e Bella è cattiva per essersi fatta amare al posto suo.»
A Edward era sempre stato detto che gli adulti devono fare un fronte
unito con i bambini, senza mai contraddirsi per non indebolire l’autorità l’uno
dell’altro, ma riusciva a malapena a contenere la sua furia. «La balia si
sbaglia, amore. Tua madre non è triste perché ami la tua nuova madre. Lei vuole
che tu sia felice e vuole che Bella si prenda buona cura di te, come farebbe
lei se fosse qui.»
Elizabeth lo guardò scettica, ma era stata cresciuta bene e non avrebbe
mai messo in discussione le affermazioni di suo padre.
«Io sono stato sposato con tua madre e la conoscevo meglio di chiunque.
Rosalie non l’ha mai neanche incontrata.»
Questo stupì Elizabeth. «La balia non ha mai incontrato mia madre?»
ripeté, la confusione in lotta con la speranza. Voleva così tanto credere che
le sue emozioni fossero accettabili.
«Elizabeth, ti giuro che tua madre è felice che tu abbia un’altra madre
da amare. La balia si sbaglia», disse Edward fermamente e il visetto di
Elizabeth si aprì a un enorme sorriso. Buttò le braccia al collo di suo padre.
«Dormi bene, piccola», disse baciandole la guancia paffuta. Alzò le coperte
perché Elizabeth si infilasse sotto.
«Verrà B … la madre a raccontarmi una storia?»
«Non stasera. È ancora nella cappella con la Regina, ma sono sicuro che
te ne racconterà una domani prima del tuo sonnellino.»
Questo sembrò soddisfare la bambina che si accoccolò sotto le coperte
stringendo la sua bambola. Edward la baciò e lasciò la stanza. Il suo corpo
tremava per lo sforzo di trattenere la rabbia. Chiuse piano la porta della
camera di sua figlia e si diresse verso Rosalie che sedeva nel corridoio, ricamando
alla luce di una candela. «Sei congedata dai servizi per mia figlia», disse
secco. «Ti voglio fuori entro domattina.»
Lei non alzò neanche lo sguardo. «Non posso andarmene, vostra grazia.» Un
piccolo ghigno apparve sulle sue labbra e lui combatté l’urgenza di
strapparglielo dalla faccia.
«Ti darò il tuo stipendi per tutto l’anno», ribatté Edward. «Ne avrai
abbastanza per prenderti un carro che ti porti a casa dei tuoi.»
«No, vostra grazia. Io porto l’erede
di vostro fratello. Intendiamo sposarci appena otterrà il permesso della
Regina.»
Edward trovò Emmett nel salone, seduto davanti al camino con i piedi
appoggiati sulla grata. Edward fece un gesto verso una delle savonarole lungo
il muro e un domestico corse a sistemarne una vicino a suo fratello. Edward si
sedette pesantemente mentre il domestico di ritirava accanto al muro. «Ho
appena parlato con Rosalie», disse.
«Te l’ha detto, allora?» Emmett prese un sorso dalla bottiglia di brandy
francese che aveva in mano.
«In nome di Dio, Emmett. Rosalie?»
Emmett fece spallucce. «Ero ubriaco e lei era disposta. È venuta nella
mia camera poco dopo che ci siamo trasferiti in questa casa.»
«Chi va a letto ubriaco non può generare che una femmina » recitò
Edward. «Perché mai al mondo vorresti sposarla?»
«Sto cercando di fare ciò che è giusto, come tu mi hai sempre detto di
fare. Ho deflorato una vergine di buona famiglia e l’ho messa incinta. È solo giusto
che la prenda per moglie.»
Edward si strofinò la faccia. «Hai parlato con la Regina?»
Emmett trasalì. «Ieri. Non era proprio compiaciuta.»
«Immagino di no. Ha dato il suo permesso?»
«Sì. Ci sposeremo la prossima settimana. Rosalie non ci è molto
inferiore. Suo nonno era un conte, e sua madre era una dama di corte di Jane
Seymour.»
Edward sospirò. «E quando pensavi di dirmelo?»
«A cose fatte.»
«E il Conte di Hale?»
«Gli ho scritto di chiudere con le negoziazioni. Non dovrebbe avere
problemi a trovare un altro marito per sua figlia.»
«Se porterà via Alice da Bella, le spezzerà il cuore», disse Edward.
«Questo doveva succedere presto comunque.» Emmett posò la bottiglia vuota
sul pavimento vicino alla seggiola. «Ho sentito che hanno trovato un marito per
lei, il Barone Tyler.»
Edward rabbrividì. «Povera ragazza.» Il Barone Tyler aveva già avuto tre
mogli, tutte morte entro un anno dal matrimonio, la prima di parto, la seconda
si febbre e la terza in uno strano incidente a cavallo. E si diceva che tutte e
tre fossero state felici di morire per sfuggirgli, perché era un uomo rozzo e
malvagio, che picchiava i domestici, i cani e i cavalli quasi di frequente
quanto picchiava le sue mogli.
«Sei certo che questo è quello che vuoi?» chiese Edward.
«No», rispose Emmett. «Ma è quello che devo fare.»
«Allora ti auguro il meglio, fratello,» disse Edward. «Ma non voglio che
si prenda più cura di Elizabeth. Ha riempito la testa della bambina di
stupidaggini su …» si interruppe, incapace di dire il nome di sua moglie in
presenza di suo fratello. «Le ha detto che sua madre piangeva in cielo perché
Elizabeth ama Bella.»
«Quando sarà mia moglie, farò in modo che tenga la lingua sotto
controllo, te lo assicuro», promise Emmett.
Sentì un rumore e si voltò, vedendo che i domestici aprivano la porta a
Bella. Lei scese nella sala togliendosi i guanti mentre una cameriera le toglieva
il mantello. Alice la seguì dentro e prese il mantello, portandolo in camera di
Bella per sistemarlo. «Mi dispiace di essere arrivata così tardi», disse Bella
a Edward mentre lui si avvicinava per un bacio.
Il domestico che aveva preso la sedia per Edward ne prese un’altra per
Bella, che sorrise e annuì in ringraziamento. Vide i tizzoni ardenti nel camino
e tirò un po’ più indietro la sua seggiola. «La Regina è finalmente arrivata a
una decisione», disse Bella a Edward. «Ha giurato di fronte all’ostia che
sposerà Filippo di Spagna.»
«Ci sarà un altro matrimonio», disse Edward. «Emmett e Rosalie si sposeranno
la prossima settimana.»
«Oh.» Bella sbatté gli occhi. «Congratulazioni?» A giudicare dalla
smorfia sulla faccia dei due uomini non era sicura che fosse la cosa giusta da
dire.
Emmett annuì. «Grazie.»
Edward decise di non dire a Bella del barone Tyler, non finché non
l’avesse saputo Alice stessa. Lascia che le due si godano il tempo che è
rimasto loro da passare insieme senza nuvole all’orizzonte. D’altra parte la
negoziazione del contratto poteva anche naufragare, specialmente se il Barone
Tyler si fosse imbattuto nella prospettiva di una dote maggiore.
«Rosalie è stata congedata dal nostro servizio», disse Edward a sua
moglie. «Ha detto a Elizabeth che amare te faceva piangere sua madre in cielo.»
Bella boccheggiò. «Quella povera bambina. Mi chiedevo perché mi chiamasse
per nome invece che ‘madre’.»
«La Regina si è offerta di prenderla come dama di compagnia», disse
Emmett. «E a me ha dato un incarico nel Consiglio di Greencloth, anche se credo
che sia più per tenerci sott’occhio che per onorarci.»
«Non posso immaginare perché», disse Edward secco. «Comunque sia, desidero
la tua felicità, Emmett.» Si alzò e tese la mano a Bella per farla alzare.
Emmett abbaiò una risata senza allegria. «Felicità», disse scuotendo la
testa. «Non la merito né me la aspetto.»
Note storiche
-
Bulrushes (giunco di palude) è quello che gli americani chiamano
cattails (tifa). Le loro radici e la parte bassa dello stelo sono commestibili,
e anche piuttosto buone, mi hanno detto.
-
L’ortografia della lettera di Bella viene direttamente dalle lettere
trascritte di Elisabetta I, Anna Bolena, Kathryn Howard, Enrico VIII e Maria I.
Le lettere “i” e “j” erano intercambiabili. Tradotto in ortografia moderna, la
lettera di Bella dice, “ Mio signor marito, rimango con sua maestà la Regina
che sta pregando nella sua cappella. Non sono con voi, al momento, mio amato,
per mancanza di tempo, ma io desidero me stessa nelle braccia del mio tesoro.
Scritto in St.James alle 8.” E sì, “duck” (anatra) era l’ortografia usata per
“duke” (duca), che ci crediate o no. Guardate il ritratto di Henry FitzRoy, il
figlio illegittimo di Enrico VIII. Dipinte sullo sfondo ci sono le parole “ The
Duck off (sic) Richemod (sic)”. I Tudor non incontrarono mai una parola che non
potevano pronunciare in modo strano. Ma un aspetto interessante di questo è che
ci dà delle preziose informazioni su come venivano pronunciate le parole ( ad
esempio “am” faceva evidentemente rima con “tame”) e come erano posti gli
accenti in quel tempo. Come ha detto uno studioso dei Tudor, probabilmente
sarebbero suonati parecchio come un gruppo di burini che provavano a fingere un
accento inglese.
-
Il Consiglio di Greencloth era sostanzialmente l’ufficio finanziario
della Regina e prendeva il nome dal drappo verde che tradizionalmente ricopriva
il tavolo su cui lavoravano. Esiste ancora oggi come parte della casa reale e
si incontrano ancora a un tavolo coperto di verde.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/12/The-Selkie-Wife
Capitolo 12
Una tempesta si preparava. Bella lo sentiva nelle ossa.
Non appena la notizia della scelta del marito di Maria si diffuse, lei
perse molta della benevolenza che aveva ottenuto alla sua ascesa. Il popolo
odiava l’idea di uno Spagnolo che governasse, una delle poche cose su cui
concordavano cattolici e protestanti. Gli inglesi erano piuttosto xenofobi e
erano in molti ad incoraggiare quel sentimento. Ogni pochi anni scoppiava una
rivolta anti-stranieri, a Londra, perché i ‘forestieri’ venivano
accusati di qualunque cosa, dalla mancanza di lavoro alla diffusione della
peste.
Gli inglesi potevano tollerare che un re sposasse una principessa
straniera per la ricchezza e gli alleati che avrebbe portato alla loro terra,
ma il marito di Maria non sarebbe stato un semplice consorte. Per la legge
inglese, un marito prendeva possesso di tutte le proprietà di sua moglie.
L’Inghilterra stessa sarebbe stata la dote di Maria.
La nonna di Maria, Isabella di Castiglia, aveva governato autonomamente a
fianco di suo marito, Ferdinando II d’Aragona, ma questo era stato dimenticato
dal popolo, che credeva sarebbe stato Filippo a governare. Avrebbe addirittura
potuto scegliere di esercitare la sua ‘tirannia maritale’ e trascinare
Maria in Spagna, a governare da là, e l’Inghilterra non sarebbe più stata altro
che una provincia della Spagna. Maria, alla sua età avanzata, sarebbe potuta
morire di parto, lasciando che il regno fosse governato da Filippo in nome di
suo figlio.
Forse se Filippo fosse stato conosciuto come un più nobile carattere, il
matrimonio poteva essere tollerabile per gli inglesi, ma quello che avevano
sentito di Filippo non era promettente. Si diceva che fosse pomposo e cafone, e
gli inglesi erano convinti che con i suoi modi lascivi avrebbe offeso e
maltrattato la loro Regina ostentando le sue amanti di fronte a lei. Un
pamphlet con un titolo piuttosto pesante cominciò a circolare: “Un
Avvertimento per il Continente d’Inghilterra delle orribili pratiche del re di
Spagna nel regno di Napoli e le miserie che quel nobile Reame ne ha tratto.
Perché tutti gli uomini inglesi possano comprendere il flagello che scenderà su
di loro se il Re di Spagna ottiene il Dominio in Inghilterra.”
Il Parlamento stava ancora lavorando sulle proposte legislative di Maria,
e la volta successiva che si presentò di fronte a loro, la implorarono di
riconsiderare. Lei doveva sposarsi, naturalmente, perché una donna non
poteva sostenere da sola il peso degli obblighi di una monarchia, ma certamente
Courtenay, un inglese e l’ultimo dei Plantageneti, sarebbe stata una scelta
migliore.
Maria era oltraggiata. Il Parlamento non aveva mai provato ad interferire
nella scelta del coniuge di suo padre, replicò lei, e anche la donna più umile
del regno poteva scegliere chi sposare.
A questo, tutte le donne nella galleria si scambiarono degli sguardi. La
maggior parte di loro era stata sposata a uomini scelti dal loro padre, e non
avevano avuto altra scelta che obbedire. La povera Jane Grey era stata
picchiata quando aveva provato a rifiutarsi di sposare Guildford Dudley, un
evento non raro quando le donne provavano a esercitare la ‘scelta’ che
Maria pensava che avessero.
La Regina divenne un po’ melodrammatica via via che parlava, affermando
che se fosse stata costretta a sposare un uomo che non aveva scelto sarebbe
morta nel giro di tre mesi, lasciando la nazione in condizioni peggiori di
quelle attuali, senza un erede (a parte Elisabetta, che lei non menzionò). Se
ne andò con alterigia dalla Camera, Bella e le altre dame al seguito. Il
Vescovo Gardiner, cancelliere di Maria, arrivò nelle sue stanze poco dopo di
lei e la implorò di riconsiderare l’idea di sposare Courtenay.
Maria era esasperata. «Perché siete così tanto suo partigiano?»
«Siamo stati imprigionati nella Torre insieme», disse Gardiner. «Abbiamo
passato molto tempo insieme e lo conosco molto bene. È un ottimo giovane e
sarebbe un marito eccellente per voi.»
Maria alzò le mani. «Volete che sposi un uomo solo perché in prigione vi
siete affezionato a lui?»
«Conosco la sua natura, e sarebbe un buon re. Lui è …»
Maria lo interruppe. «È al di sotto di me. Non sposerò un uomo al di
sotto del mio rango.» La voce di Maria era ferma, risoluta e Gardiner piegò la
testa sconfitto.
«Come desiderate, vostra maestà», disse piano e se ne andò,
un’espressione pensierosa in faccia.
«Sarebbe un terribile re», sbottò Bella. Istantaneamente si pentì
della sua uscita. Courtenay avrebbe saputo cosa aveva detto e avrebbe voluto
vendicarsi. Non era uno da lasciar passare un affronto, vero o immaginato,
senza intervenire.
Maria ridacchiò. «Tendo ad essere d’accordo. E comunque, il mio cuore è
per Filippo.»
Non parlava solo la sua determinazione, pensò Bella. La sua espressione
sognante era quella di una donna alle prese col suo primo amore. Bella pregò
silenziosamente che le sue speranze non finissero con un mal di cuore. La
Regina aveva così bisogno di qualcuno da amare che la amasse di rimando.
Maria aveva sperato di trovare questo in Elisabetta, ma le cose andavano
male tra loro. Elisabetta pensava prima di tutto alla politica, non alle
emozioni, e Maria era il suo opposto. Invece che passare il tempo nelle stanze
di sua sorella, Elisabetta era sempre in giro per la corte, a coltivare
amicizie, fare alleanze e a costruirsi un sostegno tra i lord protestanti. E
nonostante i bei vestiti e il rosario prezioso che Maria le aveva inviato,
Elisabetta vestiva sempre nel sobrio bianco e nero delle fanciulle protestanti,
i suoi capelli lucenti l’unica macchia di colore.
Dalla finestra, Bella intravide la Principessa Elisabetta che passeggiava
nel giardino, come soleva fare. Bella si precipitò verso la Regina. «Vostra
Maestà, posso essere scusata per un attimo?»
Maria fece un cenno di assenso con la mano e Bella corse verso la porta.
Un valletto le diede il suo mantello e Bella se lo buttò sulle spalle. Alice
corse dietro di lei. «Non fate tardi per la messa, vostra grazia!» le disse
dietro la Regina.
«No, vostra maestà!» rispose Bella. Trottò per i corridoi del Palazzo
velocemente quanto glielo permettevano i suoi corsetti, e uscì nel giardino. La
Principessa Elisabetta passeggiava su uno dei viali di ghiaia, leggendo un
libro mentre camminava. Le sue dame la seguivano, chiacchierando e
spettegolando piano. Bella accelerò sul sentiero finché fu di fianco a Elisabetta
e si piegò in un inchino. «Vostra Altezza.»
Elisabetta sorrise e chinò la testa in risposta. «Vostra grazia.»
Sbrigate le cortesie, Elisabetta abbassò la voce. «Voglio parlarti. Perché non
ci sediamo un momento?»
Condusse Bella a una panca sotto un piccolo albero e fece un gesto con la
mano alle dame, indicando loro di allontanarsi un po’, dando l’illusione di un
po’ di privacy. Bella guardò Alice e alzò una mano. Le dame di Elisabetta
esaminarono criticamente Alice, chiedendosi se valeva la pena farsela amica,
considerata la relazione di lady Cullen con la Regina. La sua stella stava
sorgendo o tramontando? Sembrava che alla Principessa Elisabetta piacesse Lady
Cullen, ma con Elisabetta non si poteva mai sapere. Era amichevole perfino con
quelli che disprezzava perché non si poteva mai sapere quando una relazione
avrebbe potuto fare comodo.
«Non ho avuto la possibilità di farti visita da un po’», disse Bella. «Vieni
raramente nelle stanze di Maria.»
«Come preferisce la Regina, immagino.» Elisabetta posò il libro sulla
panca vicino a sé.
«Mi manchi.»
Elisabetta sorrise alla piccola Duchessa, per la sincerità che brillava
in quei suoi enormi occhi scuri. «Anche tu mi sei mancata, ma ho sentito che
era meglio … assentarmi per un poco.»
Si avvicinò un po’ di più a Bella. Quando parlò, la sua voce era così
bassa che Bella la sentiva a malapena. «Bella, ti dirò una cosa e tu non devi
farmi domande. Capisci?»
Bella annuì.
«Penso che dovresti andartene per un periodo. Spingi tuo marito a portare
via te e la tua figlioletta da Londra. Torna a Cullen Hall o in un’altra delle
sue proprietà. Più lontano è, meglio è. Di’ alla regina che ci sono problemi
nelle sue proprietà che richiedono la vostra presenza. Dille quello che vuoi.
Ma prendi la tua famiglia e vattene.» Elisabetta si alzò in piedi e le fece un
gran sorriso. «È ora di andare a messa, vostra grazia.»
Bella si alzò e la seguì dal giardino di nuovo nel palazzo. Aveva lo
stomaco annodato. Cosa sapeva Elisabetta? Perché dovevano lasciare Londra? La
Regina era in pericolo? Bella si morse le labbra per non sbottare con tutte le
domande che le frullavano in testa.
Mentre camminavano verso la cappella, Elisabetta conversava piacevolmente
di banalità. Bella immaginò che fosse interessante, perché Elisabetta era sempre
una conversatrice brillante, ma non riusciva a seguirla, data la turbolenza che
aveva in mente al momento.
Il vestibolo fuori della cappella era affollato e i domestici di
Elisabetta, che si erano riuniti a loro al suo ingresso a palazzo, dovevano
gridare per liberare la strada e usare il personale d’ufficio per spingere di
lato quelli che si affollavano troppo vicino alla Principessa.
«Tradimento!» gridò qualcuno.
Elisabetta gelò. Il colore scomparve dal suo viso. Ondeggiò come un
albero al vento e le sue dame immediatamente la circondarono per afferrarla se
fosse svenuta.
«Chi l’ha detto?» chiese il cameriere di Elisabetta nel silenzio che era
caduto come una lama. Passò un lungo momento prima che uno dei cortigiani si
facesse avanti. Aveva l’aria imbarazzata. «Mi dispiace, vostra altezza. Era
solo uno scherzo diretto al mio cameriere per la sua smemoratezza.»
Elisabetta boccheggiò, tremando violentemente.
«Portatela nelle sue stanze», ordinò Bella alle sue dame. «Ha bisogno di
stendersi.»
Guardò mentre le dame della Principessa Elisabetta la portavano quasi di
peso per il corridoio.
Quella notte, parlò con Edward dell’avvertimento di Elisabetta. La sua
faccia si incupì. «Manderò te e mia figlia a Cullen Hall, se lo desideri, ma io
non posso andarmene. Ho delle responsabilità qui e non posso abbandonarle, e
neanche la Regina, se avesse bisogno di me.»
«E il mio posto è al tuo fianco.»
Edward rimase in silenzio per un lungo momento. «Almeno siamo stati
avvertiti.»
«Ma avvertiti di cosa?»
Edward sospirò. «Vorrei saperlo. Ma
temo che lo scopriremo abbastanza presto.»
Il matrimonio di Emmett era previsto per metà mattina, e lui era già
ubriaco quando Edward e Bella andarono a trovarlo dopo aver fatto colazione
nella loro stanza con un pasto leggero di pane, formaggio e birra.
«Emmett, bevi così presto la mattina?» lo rimproverò Bella.
«Veramente non ho mai smesso da stanotte», replicò Emmett. Si alzò e
allargò le braccia, barcollando un po’, e i domestici cominciarono a vestirlo
con gli ornamenti da sposo sulla camicia e la calzamaglia che già indossava.
«Sembra che tu vada a un’esecuzione piuttosto che a un matrimonio,»
commentò Edward. «Andiamo, non sarà così male. Non siete la prima coppia che
dovrà imparare come andare d’accordo. Molti matrimoni felici cominciano così.»
«Non ho scelta,» disse Emmett, come a ricordarlo a se stesso. «Ho preso
la sua innocenza e le ho messo dentro un bambino.»
Bella lo fissava. «Cosa? Emmett, Rosalie non era una vergine», disse
Bella. «Non so da dove ti venga questa idea, ma lei era una balia. È stata
sposata e ha avuto un bambino. Non te lo ricordi?» Sapeva che gli uomini
tendevano ad evitare i discorsi sulle funzioni corporee delle donne, ed
evitavano completamente tutto quanto riguardava il parto come ‘faccende di
donne’, ma di sicuro sapeva cosa faceva produrre latte a una donna.
Emmett si passò la mano sui capelli, un gesto così simile a quello di suo
fratello che a Bella fece male un po’ il cuore. «Io non … immagino che non stessi
pensando. Lei ha detto …»
«Cosa ha detto?»
«Ha detto che faceva male», disse Emmett brusco, le guance arrossate
dalla colpa.
Bella considerò. «Se non era stata con un uomo per anni, può essere stato
un po’ disagevole per lei.»
Edward scosse la testa. Aveva lasciato passare senza pensarci il commento
di Emmett sulla deflorazione di una vergine, e adesso si sentiva lui stesso
confuso. Se la prese con il fatto che aveva troppe cose in testa. «Alla fine,
non ha importanza. Lei è di buona famiglia, e se Emmett ha concepito un figlio
con lei è giusto che la sposi.»
Seguirono un Emmett dall’aria infelice per il corridoio verso la
cappella. Bella non poteva fare a meno di farsi delle domande su quanto aveva
detto. Rosalie intendeva approfittarsi del suo stato di ubriachezza per
costringerlo, col senso di colpa, a un impegno che avrebbe dovuto onorare anche
quando la sua mente si fosse schiarita abbastanza da pensarci? Dire che
intendevi sposare qualcuno davanti a testimoni costituiva fidanzamento
giuridicamente vincolante, che era vincolante quasi come il matrimonio stesso.
Un fidanzamento precedente che non fosse stato discusso dalla chiesa costituiva
motivo di nullità. Era la scusa che Enrico VIII aveva usato per sbarazzarsi di
molte delle sua mogli.
Rosalie aspettava nella cappella con Padre Jacob, le teste chinate vicine
in conversazione. Lei indossava il suo vestito migliore, una veste di lana
color ruggine con una scollatura quadrata che era stata modificata con
l’inserimento di tessuto che formava un alto collare come era di moda. Emmett
non la guardò, ma la sua espressione, mentre guardava Padre Jacob era di
evidente disgusto.
Padre Jacob lesse i voti dal Libro delle Preghiere Comuni. «Vuoi
tu avere questa donna come tua sposa, per vivere insieme come Dio ordina nel
santo stato del matrimonio? La amerai, la conforterai, la onorerai in salute e
in malattia? E abbandonando tutto il resto, le sarai fedele finché morte non vi
separi?»
Ci fu una lunga pausa prima che Emmett dicesse, «Sì.»
«Vuoi tu avere quest’uomo come tuo sposo, per vivere insieme come Dio ordina
nel santo stato del matrimonio? Gli obbedirai e lo servirai e sarai con lui in
salute e in malattia? E abbandonando tutto il resto, gli sarai fedele finché
morte non vi separi?»
Rosalie non esitò. «Sì.»
«Chi dà questa donna a quest’uomo?»
«Io», rispose Edward, che era stato incastrato in questa funzione semplicemente
perché non c’era nessun altro a farlo. Edward prese la mano di Rosalie nella
propria e la offrì a Padre Jacob, che la prese dalla mano di Edward e la mise
nella mano di Emmett. Emmett si voltò verso la sua sposa e recitò, in tono
morto e monotono, «Io prendo te, Rosalie, come mia sposa, per tenerti e
proteggerti da questo giorno in poi, nel bene e nel male, in ricchezza e in
povertà, in salute e in malattia, per amarti e onorarti finché morte non ci
separi, secondo il santo ordine di Dio, e prometto di esserti fedele.»
Lei ripeté i voti, sorridendo mentre lo faceva.
Non c’era stato tempo di comprare a Rosalie una fede, ma ne occorreva una
per il rito. Riluttante, Edward aveva aperto la sua cassetta dei gioielli che
erano stati della sua prima moglie e scelse un anello semplice, piccolo, con un
rubino nel centro. A Bella non importava se lui dava via alcune delle pietre
lucenti, ma lui era seccato.
Ora, Emmett stava mettendo l’anello di Mary al dito di Rosalie e
recitava, «Con questo anello io ti sposo; con il mio corpo ti venero, e con
tutti i miei beni ti doto. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
santo. Amen.»
Sentire «Amen» normalmente significava che la funzione era finita. Bella
si rianimò mentre Padre Jacob li dichiarava marito e moglie, ma lui, poi, andò
avanti a recitare due salmi, e poi fece un sermone sugli scopi e i simbolismi
del matrimonio. Bella mosse i piedi indolenziti nascosti sotto la gonna. Non
sarebbe mai finita?
Emmett e Rosalie presero la comunione e poi, finalmente, fu finita.
Emmett mollò la mano di sua moglie come se fosse un sasso rovente e lasciò la
cappella, probabilmente cercando un po’ di solitudine e una bottiglia. Rosalie
guardò Bella, il mento alzato e un sorriso compiaciuto di trionfo sulle labbra.
Bella avrebbe voluto ringhiarle contro, ma Rosalie era parte della famiglia,
adesso, e andava trattata come tale.
Bella strinse i denti ma mise in
mostra un bel sorriso. Sembrava che la vita sulla terraferma presentasse
continuamente nuove sfide.
Il Natale a Palazzo quell’anno fu sottotono, ma a casa del Duca di
Cullen, tutto era brillante e festoso. Era il primo Natale di Bella e Edward
voleva che fosse un periodo magico per lei. L’intera casa era decorata con rami
di pino e i cuochi avevano superato se stessi con vassoi e vassoi di leccornie
festive. Per la gente dell’era Tudor, le festività cominciavano la vigilia di
Natale e continuavano fino alla Dodicesima Notte. Anche se alcune tradizioni
come il ‘Vescovo Ragazzo’ o il ‘Lord del Malgoverno’ erano cadute
in disuso, si mantenevano alcune usanze, come le ciotole di vino speziato e il
ceppo di Natale.
Bella e Edward andarono nella foresta vicino alla loro casa per cercarne
uno. Doveva essere un ceppo abbastanza grande da bruciare per tutta la
lunghezza delle festività, da Natale alla Dodicesima Notte, ed era tradizione
che tutti gli abitanti della casa cercassero nel bosco fino a trovare il tronco
perfetto. Bella però aveva insistito che era troppo freddo perché Elizabeth
uscisse e Emmett e Rosalie non avevano lasciato le loro stanze dal giorno del
matrimonio. Elizabeth aveva pianto delusa, ma la promessa di Alice di adornarlo
poi con fiocchi colorati una volta portato dentro, un poco la calmò. Bella le
aveva lasciate sedute sul pavimento della sua camera, a modellare nastri di
seta in decorazioni festive.
Bella aspettò che Edward le desse le spalle, raccolse una palla di neve e
la tirò alla sua testa ignara. Lui si voltò guardandola per un attimo
completamente scioccato, uno sguardo che lentamente si trasformò in un sorriso
quando non poté più resistere alla malizia sulla faccia di lei. I domestici che
li seguivano portando le torce, rimasero a bocca aperta di fronte all’audacia
di lei.
«Ti insegno io ad aggredire tuo marito!» ringhiò lui e prese anche lui
una palla di neve.
«Mi arrendo, mi arrendo!» strillò Bella.
«Non basta. Devi essere punita per la tua insolenza!» Le sorrise con
intenzione, aggiungendo altra neve alla palla che stava facendo.
Bella si voltò e scappò alla velocità che le permettevano gonne e
corpetti. Aveva indossato il vestito più semplice che aveva per la camminata
nella foresta, ma lo stesso non era adatto per correre attraverso un bosco
innevato.
Edward le corse dietro, gridando che quando l’avrebbe presa le avrebbe
fatto il solletico fino a farla strillare. I domestici si agitarono e si
guardarono l’un l’altro, perché non sapevano se avrebbero dovuto seguirli o no.
Il Duca e sua moglie indulgevano in strani comportamenti, ormai da mesi. Almeno
una volta al mese ai domestici veniva ordinato di allontanarsi dalla camera del
Duca e veniva loro detto di portare i loro giacigli nella camera di sua figlia.
Tutti loro si chiedevano cosa lui e sua moglie non volessero far sapere ai
domestici e le speculazioni a volte erano sfrenate.
Bella inciampò in una radice nascosta sotto la neve e cadde a faccia
avanti su un mucchio di neve. Edward fu al suo fianco in un istante,
sollevandola con attenzione. «Bella! Per il respiro di Dio, stai bene?»
«Perfettamente», gli assicurò, e lo spinse sulla schiena, sedendosi su di
lui con un sorriso malizioso sulla faccia. «Ora ti ho dove ti voglio», fece le
fusa lei. «Ora che ti ho catturato, umano, devi pagare un pegno per essere
liberato.»
«Gioielli?» offrì lui.
Lei scosse la testa.
«Terre?»
Lei scosse la testa di nuovo.
Lui sospirò. «Non mi rimane che la mia umile persona.»
«Questo basta», sussurrò Bella e si chinò per baciarlo.
«Vostra grazia?»
Le loro teste ruotarono e trovarono il loro maggiordomo a pochi passi, le
mani strette nervosamente.
Bella si alzò, togliendosi la neve dalla gonna. «Io … er … sono caduta»,
borbottò Bella. «Sua grazia stava controllando che non avessi ferite.»
«Lode a Dio che non ne abbia trovata nessuna», disse Edward, piamente.
«Ed… Mio signor marito, guarda!» disse Bella indicando.
Un enorme ceppo era a poca distanza, appena dietro a dove erano rotolati
sulla neve.
«Perfetto!» dichiarò Edward. «Torniamo a casa, mia signora moglie, prima
che ti prenda un raffreddore.» I domestici corsero a prendere il ceppo scelto
da Bella, e il maggiordomo li ricondusse a casa, facendo brillare d’oro la neve
con la torcia.
Non appena tornati a casa, Bella chiamò Alice perché la aiutasse a
cambiare il vestito, ma non si vedeva da nessuna parte. Perplessa, Bella l’andò
a cercare e la trovò nella sala grande, seduta con Jasper di fronte al camino.
Erano così presi dalla loro conversazione che non notarono Bella che si
avvicinava. «Buonasera», disse lei.
«Buonasera, vostra grazia», replicò sereno Jasper, ma Alice sobbalzò e
aveva un’aria colpevole.
«Alice, mi serve aiuto con questo vestito bagnato», disse Bella. Poteva
anche chiamare un’altra cameriera per farsi assistere, ma era estremamente
curiosa di sapere perché Alice avesse reagito come se fosse stata pescata a
fare qualcosa di sbagliato. Stava parlando con Jasper, dopotutto. Alice era
cresciuta protestante (così come Bella, avevano detto alla Regina), e Jasper la
istruiva sulla religione cattolica.
La faccia di Alice rimase rossa per tutto il tragitto fino alla camera di
Edward. Cominciò a slegare i lacci di Bella senza una parola.
«Alice, che c’è?» dovette chiedere Bella.
«N-niente», balbettò Alice.
Bella aspettò.
«Oh, va bene, te lo dirò, ma devi promettermi di non dirlo a nessuno.»
«Lo giuro.»
«Io ho una certa … passione per Padre Jasper.»
«Ma lui è …»
«Sì, lo so», disse Alice.
La religione protestante sotto il giovane re aveva permesso ai preti di
sposarsi, ma Maria aveva re-istituito il celibato per il clero e ridotto allo
stato laico tutti i preti che si erano rifiutati di rinunciare alla loro moglie
e ai loro figli. Vedere degli ex preti senzatetto chiedere l’elemosina per il
pane per i loro figli era una cosa che spezzava il cuore e era diventato anche
troppo comune.
«È un uomo così gentile, Bella,» disse piano Alice. «Non credevo che un
uomo potesse essere così gentile. E che mente brillante! Aspetto con ansia le
nostre lezioni perché non mi stanco mai di parlare con lui. Vorrei solo …» Le
sue parole si spensero perché non aveva senso desiderare cose che non potevano
cambiare.
Bella sospirò. «Vorrei avere una soluzione da offrirti.»
La porta si aprì ed entrarono diverse cameriere, aspettando di prendere
l’abito bagnato di Bella. Alice finì silenziosamente di slacciarlo e poi lo
fece passare sopra la sua testa. Probabilmente era rovinato. La stoffa non
avrebbe dovuto bagnarsi. Si chiese se avrebbe potuto avere dei ‘vestiti da
gioco’, vestiti che poteva mettersi da sola e che non richiedessero
corpetti. Da questo punto di vista, le donne contadine erano fortunate.
La cena quella sera fu un’occasione festosa. Bella era grata a Maria che
aveva lasciato che restasse a casa, a Elizabeth fu permesso di cenare in sala,
quella sera, sedeva in braccio a Bella battendo le mani deliziata dallo
spettacolo. Strillò davanti a una torta che era stata fatta a forma di Gesù
bambino nella mangiatoia, e trovò la testa di cinghiale arrostita molto
divertente.
Edward aveva ingaggiato un buffone che danzava, faceva giochi e scherzi,
e un menestrello che intonava carole natalizie. Bella non conosceva le parole,
così lei e Elizabeth guardavano soltanto, apprezzando in silenzio. Venne fuori
che suo marito aveva una bella voce da baritono che fece venire i brividi a
Bella e si ripromise di farlo cantare ancora per lei, in privato.
Alla fine del pasto, tutti gli abitanti della casa mangiarono pezzi da
una grande torta che aveva un singolo fagiolo all’interno, cucinato assieme.
Chiunque trovasse il fagiolo nella propria fetta di torta avrebbe avuto un anno
fortunato, e lo trovò Edward, quasi spaccandosi un dente quando lo morse. Tutti
applaudirono quando lo mise in alto, dopo averlo estratto dietro un tovagliolo
che gli aveva passato un domestico inginocchiato.
Quella notte, dopo essersi svestiti e aver tirato le cortine del letto,
Edward mise la mano sotto il cuscino e la tirò fuori nascondendo qualcosa. «È tradizione
dare dei regali a Capodanno», disse lui. «Ma io ti do il mio regalo stanotte perché
non posso più aspettare.»
Fece cadere l’oggetto sulla mano di Bella. Era un ovale d’oro con un
grande diamante al centro, attaccata a un perno simile a un cappio, ricoperto
di rubini. Edward vide che lei non capiva cosa fosse, così allungò la mano e lo
aprì per lei.
All’interno c’erano le miniature di due ritratti dipinti su uno sfondo di
un blu brillante. Il ritratto di Edward era a destra e quello di sua figlia a
sinistra. Elizabeth teneva la bambola che Bella aveva fatto per lei.
«Li ha dipinti Hans Holbein», disse Edward. «Era l’artista di corte che
ha dipinto i ritratti di Re Enrico e delle sue mogli.»
«Era?»
Edward annuì. «È morto di peste il mese scorso. Queste probabilmente sono
le ultime cose che ha dipinto.»
«La peste!» Bella era allarmata. «Pensavo si diffondesse solo nei mesi
d’estate.»
«D’estate è più comune, ma può succedere in ogni momento.»
Bella rabbrividì, pensando quanto fosse fortunata che Edward e Elizabeth
non fossero stati infettati. Queste miniature avrebbero potuto essere il loro
ultimo ricordo.
«Grazie», disse lei piano. «Sono bellissimi e li terrò sempre come un
tesoro.»
«Vuoi posare per un ritratto per me?» chiese Edward.
Bella sbatté gli occhi. «Io?»
Lui ridacchiò. «Sì, tu, ragazza zuccona.»
«Se vuoi», acconsentì lei.
«Preferisco avere la cosa reale, ma
un ritratto sarebbe …» Edward si interruppe. Non voleva dire ad alta voce il
motivo per cui voleva quel ritratto. Non voleva neanche pensarci, ma qualche
istinto profondo gli diceva che il loro tempo insieme poteva essere breve.
Emmett si presentò con Rosalie alla messa di Natale e Bella notò che la
Regina dava loro delle occhiate penetranti e sospettose. Bella chinò il capo e
si chiese cosa poteva essere. Sembrava che fosse circondata da mille piccoli
misteri come questo ogni giorno e non si poteva mai sapere quando una piccola
incongruità potesse trasformarsi in un problema maggiore più avanti.
Rosalie si inchinò profondamente e fece alla Regina un sorriso dolce che
la Regina non ricambiò. Maria si dilungò il minimo indispensabile in
convenevoli e poi si allontanò, le labbra strette. Bella si chiese perché Maria
avesse dato a Rosalie il posto di dama di corte se non le piaceva affatto, ma
immaginò che seguisse la stessa linea di pensieri che aveva seguito lei dopo il
matrimonio: Rosalie adesso era membro della famiglia della Regina Maria, ed
essi erano pochi e preziosi.
Quando raggiunsero le stanze della Regina, Bella notò qualcosa sul
pavimento, un foglio di carta che era stato ripiegato fino a farne un
quadratino. Lei lo spiegò e boccheggiò.
«Cos’è, lady Cullen?» chiese Maria.
Bella strinse il pezzo di carta nel pugno. «Nulla, Vostra Maestà.»
«Fammi vedere.» Maria tese la mano.
«Vi prego, vostra maestà», implorò Bella. «Non guardatelo. È … orribile.»
Maria schioccò le dita, la mano ancora tesa. Bella riluttante le diede il
foglietto. Maria lo distese e anche lei boccheggiò. Era un crudo (nel vero
senso della parola) disegno con delle parole minacciose, e affermava che gli
inglesi non avrebbero tollerato un re spagnolo e che ci sarebbe stata una
rivolta, se necessaria a fermare tutto questo. Dovette essere doloroso vedere
se stessa ritratta come una vecchia strega scheletrica che Filippo avrebbe
scopato solo se prima si fosse messa sul corpo una mappa dell’Inghilterra.
Bella vide le lacrime agli angoli degli occhi di Maria, ma lei era la Regina, e
si mise addosso, con qualche sforzo, il suo mantello di dignità.
«Dove è stato trovato, lady Cullen?»
«Era sul pavimento, vostra maestà.»
«A chi appartiene?» chiese Maria, ma naturalmente nessuno rispose. Maria
marciò verso il camino e vi buttò dentro il foglio. Le fiamme riverberavano
nelle sue lacrime.
Note storiche
-
Durante il regno di Elisabetta vi furono rivolte anti-stranieri nel
1563, 1571, 1576, 1584, 1586, 1592 e 1595.Quella del1517 fu scatenata da un
predicatore nei cui sermoni si dichiarava che Dio aveva stabilito i confini di
tutte le nazioni e che gli artigiani stranieri rubavano il lavoro agli
artigiani inglesi.
-
Alcuni di voi possono aver notato che chiamo Elisabetta Tudor
“Principessa” durante la storia, anche se il suo titolo, a quel tempo, era
semplicemente “Lady Elizabeth”, ed era così da quando suo padre l’aveva
dichiarata bastarda. La ripristinò nella successione quando si rese conto che
non avrebbe avuto altri figli, ma non le restituì mai la sua legittimità né il
titolo. Ho pensato che sarebbe stato più facile distinguere le due Elisabette
di questa storia chiamandola “Principessa”, dato che anche la figlia di Edward
è “Lady Elizabeth”.
-
“Il vescovo ragazzo” e “Il lord del Malgoverno” erano due soggetti di
basso rango scelti rispettivamente per fare il vescovo e il re. Il vescovo
dirigeva le cerimonie in chiesa ( Enrico VIII mise fuorilegge questa pratica,
ma alcune chiese l’hanno mantenuta fino ai giorni nostri) e il Lord del
Malgoverno diventava capo della casa per tutto il giorno, durante il quale faceva
scherzi, faceva richieste stravaganti alla sua “corte” e in generale indulgeva
in uno spensierato casino. La Regina Maria non lo permetteva nella sua corte.
-
Hans Holbein morì nel 1543, ma io ho esteso la sua vita di 10 anni per
questa storia perché era un meraviglioso artista di ritratti e mi piace
immaginare come sarebbe stato un ritratto di Holbein del Duca di Cullen e sua
figlia. Holbein probabilmente non morì di peste; fu probabilmente qualche tipo
di infezione che lo uccise.
-
I voti del matrimonio sono dal Book of the Common Prayer del
1559
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/13/The-Selkie-Wife
Capitolo 13
La Regina quella sera stava facendo un bagno prima delle baldorie della
Dodicesima Notte. Le cameriere avevano portato una vasca rotonda di legno e
l’avevano piazzata davanti al camino. La vasca era stata foderata di teli e
riempita di acqua calda profumata portata dalle cucine. Maria si era avvicinata
alla vasca indossando la camicia, che avrebbe tenuto anche nell’acqua, a ragione
della sua modestia. Fu solo dopo che Maria era entrata in acqua che Susan
Clarencieux si rese conto che nessuno aveva portato i teli per far asciugare la
Regina quando avesse finito. Bella andò nel corridoio per chiamare una delle
domestiche quando vide i teli poggiati su una seggiola. Andò a prenderli e si
voltò per tornare nelle stanze della Regina quando andò a sbattere contro
Courtenay. Bella boccheggiò leggermente e indietreggiò di un passo. «Chiedo
perdono, mio lord. Non vi avevo visto.»
Lui rimase in silenzio, gli occhi che brillavano di malignità.
«Vi prego scusatemi», sussurrò Bella e provò a girargli attorno per
correre verso la porta. Lui fece subito un passo di lato bloccandogli il
passaggio.
Bella gelò, tremante. «Fatemi passare, Lord Devon.»
«Non credo», biascicò lui. «Vi siete fatta un nemico potente, vostra
grazia.»
Lei alzò il mento. «Ma mi sono fatta amici ancora più potenti.»
Lui assottigliò gli occhi. «Quanto pensate che durerebbe nel consiglio
quel vostro marito, se io parlo contro di lui?»
Osava minacciare il suo Edward? Le selkie erano creature di natura
gentile e tendevano ad essere timide, ma minacciate un bambino o una persona
amata in loro presenza e loro si trasformeranno da agnelli in leoni. «Più a
lungo di quanto durereste voi se io vi pestassi come vi meritate», sibilò
Bella.
Courtenay era scioccato. Si aspettava di ridurre la Duchessa tremante e
in lacrime. L’ultima volta che l’aveva messa all’angolo era arrossita e si era
ritratta, e questo gli aveva fatto pensare che fosse un bersaglio facile per le
intimidazioni. Aveva pensato di poterla spaventare abbastanza da farsi aiutare
da lei nei suoi nuovi piani, ma lei stava di fronte di lui, gli occhi
fiammeggianti, a minacciarlo come avrebbe fatto un uomo. Non poteva stupirsi di
più se le fosse cresciuta un’altra testa.
«O vi togliete dal mio cammino o vi sposterò io, e non vi prometto che lo
farò in modo gentile.» La voce di Bella era bassa e minacciosa e Courtenay
sentì una fitta di paura. Si spostò di lato, la mascella pendente da qualche
parte vicino al petto.
La guardò passargli accanto ed entrare nelle stanze della Regina,
chiudendogli la porta in faccia. Lui rimase lì per un momento, sconvolto,
chiedendosi se questo era davvero accaduto. Davvero una donna aveva
avuto la meglio su di lui, Edward Courtenay, Conte di Devon? La rabbia gli
bruciò le budella. Lei avrebbe rimpianto questo giorno, giurò.
Bella lasciò cadere l’involto di teli tra le braccia di Susan Clarencieux
e si ritirò verso la finestra, a guardare fuori il cielo aranciato della sera,
prendendo profondi respiri per calmarsi. Doveva parlarne a Edward, e sperava
che non si sarebbe arrabbiato per il modo in cui aveva parlato a suo cugino.
Sapeva che a Edward non era mai piaciuto Courtenay, ma lei di certo non aveva
migliorato la situazione perdendo le staffe. Se fosse stata calma e avesse
chiesto scusa avrebbe potuto ammorbidirlo. Invece adesso aveva un nemico
dichiarato. La stella di Courtenay poteva essere in declino, dato che Maria
aveva scelto di sposare Filippo, ma aveva ancora molti alleati.
I divertimenti, quella sera, cominciarono con una masque. Queste erano
piccole opere teatrali organizzate dai membri della corte, con costumi
elaborati e scenografie, con trame leggere e pesanti allegorie. La masque di
quell’anno, scritta e diretta dal Maestro delle Feste, George Ferrers, era
Abbondanza, Generosità e Liberalità che vincevano su Carestia, Bisogno e Miseria.
Bella, come dama di Maria di più alto rango, dopo la Principessa Elisabetta,
che non partecipava, recitava l’ambito ruolo di Abbondanza. Aveva un costume
ricamato con le braccia della regina sul corpetto e una cornucopia che
traboccava, sulla gonna, con i frutti della terra. Ci sarebbe stata una finta
battaglia tra le forze della povertà e le forze della ricchezza che
naturalmente sarebbe finita con il pesante simbolismo del regno di Maria
trionfante sulle avversità, che avrebbe riportato un periodo di grandi raccolti
e gioia in tutta la nazione.
Bella non invidiava il povero George Ferrers. Era un affabile gentiluomo,
uno scrittore la cui creatività era sprecata in questi piccoli spettacoli,
incaricato dell’esasperante lavoro di fare da pastore alle ridacchianti dame di
corte, più interessate al gossip che non alla regia dei loro ruoli. Ogni prova
era sembrata più caotica della precedente, ma quando si arrivò alla recita,
tutto andò liscio, e la scena finì con Bella che veniva incoronata con una
ghirlanda di spighe di grano, con piccole cibarie di cera sparpagliate sulla
sua circonferenza e portata via su una lettiga dalle dame che cantavano.
La corte applaudì educatamente mentre gli attori uscivano dalla sala,
solo per ritornare, poco dopo, ancora in costume, a godersi il banchetto.
Master Ferrers aveva ingaggiato un acrobata che danzava su un filo tirato tra
le travi del soffitto e fece dei trucchi comici che fecero ridere la Regina
fino a stringersi le mani sui fianchi.
Tra un boccone di cavolo e uno di spinaci, Bella si chinò verso Edward e
gli raccontò del confronto avuto con Courtenay. Lui mantenne l’espressione
attentamente impassibile, perché erano osservati, ma Bella vedeva gli zigomi
arrossarsi per la rabbia.
«Non sei arrabbiato con me, vero?» chiese Bella.
«No, Bella, non sono arrabbiato con te, anche se, come hai notato tu
stessa, questo non migliora la situazione.» Sospirò. «Immagino che fosse
inevitabile. Courtenay voleva che sostenessi la sua richiesta alla regina e io
mi sono rifiutato. Nella sua testa, se non sei suo partigiano, sei suo nemico.
Dovremo semplicemente stare in guardia e attenti a ogni sua macchinazione. Fortunatamente
per noi, la sottigliezza non è mai stata il suo forte.»
Dopo la fine della cena, la corte fu radunata fuori, verso una tenda
eretta sul campo del tennis, riscaldata da bracieri sparpagliati qua e là.
Diverse piccole piattaforme, con seggiole dorate ricoperte di fine velluto otto
baldacchini, erano state sistemate per i nobili di più alto rango. Edward
condusse Bella a uno che aveva il loro stemma. I loro domestici, inclusa una
Alice piuttosto eccitata, erano seduti su sedie alla base della piattaforma.
«Che cos’è il tormento dell’orso?» chiese Bella a Edward. Alice le aveva
detto cosa stavano per vedere ma non aveva potuto chiederle di cosa si
trattasse prima di mettersi seduti.
«Aspetta e vedrai», disse Edward scherzosamente.
Mentre parlava, fu portato un orso sul campo e Bella strillò. Sperava che
dopo l’evento avrebbe potuto andare ad accarezzarlo; le piacevano gli orsi.
Purtroppo non ce n’erano rimasti molti nella foreste d’Inghilterra. La maggior
parte erano in cattività, adesso, ma Bella ricordava un tempo in cui spesso li
incontrava mentre giocava nella foresta.
Il muso dell’orso era coperto da una museruola di metallo, fermata dietro
la sua testa, e le sue enormi zampe erano state coperte da guanti imbottiti. Il
conduttore aveva attaccato una pesante catena al suo spesso collare di ferro e
l’aveva fissata a un grosso palo di legno nel mezzo dello spiazzo, prima di
rimuovere i suoi guanti e la sua museruola. Il conduttore si allontanò e l’orso
si mosse intorno oziosamente, esplorando fin dove gli consentiva la catena.
Bella sentì l’abbaiare dei cani sempre più forte e osservò mentre un paio
di servitori in livrea entravano nella tenda, trascinati dai cani che tiravano
i loro guinzagli. Eressero una barriera e tolsero i guinzagli, e i cani
eccitati vi si ammucchiarono contro, incespicando e tendendosi verso l’orso
confuso.
Vi fu uno squillo di tromba e la barriere fu lasciata cadere. I cani
caricarono verso l’orso, balzando in avanti, ringhiando, mordendo. Attaccato su
tutti i lati, l’orso girava in circolo, colpendo i cani con gli artigli,
ruggendo.
Bella emise un piccolo grido di orrore e si premette una mano sulla
bocca. Alice rise e batté le mani. Uno dei cani volò via e il pubblico diede un
«ooh!» collettivo.
«Bella?» Gli occhi di Edward erano preoccupati. Lei spostò lo sguardo
sulla Regina, che chiaramente trovava divertenti gli sforzi del povero orso di
non essere fatto a pezzi.
«Non posso …» provò Bella, e poi balzò in piedi. Fuggì, scappando via
dalla tenda veloce quanto glielo permetteva il suo vestito pesante e il
corpetto stretto.
«Bella!» la seguì Edward. «Stai male? È il bambino?»
Alice era dietro di lui, la preoccupazione che combatteva con la
delusione sul suo viso. Le dispiaceva perdere lo spettacolo.
«Non posso guardarlo», sussurrò Bella. «Quel povero orso! E i poveri
cani, anche!»
Edward sbatté gli occhi, scuotendo la testa confuso. «Non capisco.»
Come poteva farglielo capire? Era cresciuto in un mondo dove non si
considerava il dolore di un animale più di quanto si considerassero i
sentimenti di una pietra su cui si metteva il piede. Uno dei cani guaì forte e
Bella trasalì mettendo le mani sulle orecchie.
«Non posso», disse con voce strozzata.
Una domestica con la livrea della Regina emerse dalla tenda e si inchinò
profondamente. «Vostra grazia, la Regina desidera sapere se la Duchessa sta
male.»
«Sì», disse Edward. «Non sta bene. Chiedo umilmente scusa a sua maestà,
ma devo portarla a casa.» Attento al guardinfante di Bella, la prese in braccio
e si avviò verso le porte del palazzo, dove di solito erano i suoi mezzi di
trasporto. «Chiama una portantina», disse Alice, che adesso sembrava allarmata
dal pallore di Bella. Si precipitò a cercare un lacchè.
La portantina della Regina stessa fu portata davanti a loro, portata da
dodici lacchè, tre per ogni lato. «La Regina ha mandato la sua lettiga», disse
loro il lacchè mentre si inchinava, il tono abbastanza impressionato da
informarli, se non se ne fossero resi conto, che questo era un grande onore.
«Date a sua maestà i miei rispetti per la sua benevolenza», disse Edward,
depositando Bella sui cuscini di velluto. Lui e Alice salirono dietro di lei.
Bella lottò contro un attacco di vertigini mentre la lettiga veniva sollevata.
«Mi dispiace», disse piano Bella, conscia delle dodici paia di orecchie
intorno a loro. «Non potevo guardare. Era troppo orribile.» Vedeva che Alice e
Edward non capivano, ma Edward voleva assecondarla. Le donne gravide avevano
delle fisime, dopotutto, e i mariti sapevano che dovevano evitare che le loro
mogli fossero turbate, perché non ne risentisse il bambino che portavano.
Ma lei non riusciva a smettere di pensare a quei poveri animali. Le
lacrime rigavano lentamente il suo volto.
«Ti prego, non piangere, Bella», disse Edward. Le prese il viso tra le
mani, asciugandole le lacrime con i pollici. «Ti prego … mi spezza il cuore
vederlo.»
Lei cercava di ingoiare le lacrime, sbattendo gli occhi.
«Pensa questo: passeremo la serata con Elizabeth. Giocheremo a Filetto.
Ti piacerebbe?»
Bella sorrise. Poteva anche non
capire perché fosse turbata, ma le stava offrendo quello che sapeva che la
divertiva di più, passare tempo con sua figlia, la loro figlia, per
cercare di farla sentire meglio. Come poteva non sorridere?
La mattina successiva, stavano facendo colazione nella loro stanza quando
un domestico annunciò che la Principessa Elisabetta era venuta in visita. Bella
ingollò il resto della sua birra e stava ancora masticando una crosta di pane
mentre scendevano le scale. L’appetito di Bella era notevolmente aumentato con
la gravidanza.
La Principessa Elisabetta era nella sala grande, vicino al camino, quando
entrarono. Indossava un severo abito da cavallo nero, i capelli legati sotto una
piccola cuffia sbarazzina. «Buon giorno, vostre grazie», disse loro mentre si
inchinavano.
«Buon giorno, vostra altezza», dissero Bella e Edward simultaneamente.
Elisabetta ridacchiò. «Ah! Il matrimonio! Condividete tutto, incluse le
parole.» Si mise seduta su una delle seggiole e Bella fu costretta a sedersi
più vicina al fuoco di quanto avrebbe voluto, ma Edward ebbe abbastanza
considerazione da porsi tra lei e le fiamme. Edward fece cenno ai domestici di
allontanarsi e loro si misero tutti dall’altra parte della stanza.
Le formalità furono abbandonate non appena non ci furono più orecchie
indiscrete.
«Sono uscita a cavallo stamani e ho pensato di fermarmi per vedere come
stavi, Bella.» Elisabetta faceva girare oziosamente il suo frustino tra le sue
lunghe dita bianche. Elisabetta era molto vanitosa delle sue belle mani e
spesso le metteva in mostra in questo modo.
«Sto molto meglio, grazie.»
«La Regina ha offerto di mandarti il suo medico personale a visitarti»,
disse Elisabetta.
«Non è necessario», replicò Bella in fretta. «Solo qualche problema di
stomaco, comune tra le donne che aspettano un bambino, mi è stato detto.»
Elisabetta annuì. «Glielo dirò al mio ritorno.» Fece una pausa. «Penso
che dovresti restare a casa e non andare a corte, oggi, tanto per essere certi
che non capiti di nuovo.»
Edward si chinò in avanti, perché sapeva che il suggerimento non era
dovuto alla salute di Bella. «Che novità?»
«La Regina pubblicherà il contenuto del contratto di matrimonio, oggi»,
disse Elisabetta. «Spera che rendendo pubblici i termini del contratto il
popolo sarà meno … preoccupato. Gira voce che Filippo sia già in cammino con un
esercito di diecimila spagnoli, con altri ottomila tedeschi al seguito.»
Edward non aveva fatto parte della speciale squadra di ambasciatori che
avevano negoziato il trattato, ma sapeva che Elisabetta aveva spie ovunque e
probabilmente aveva conosciuto i termini dell’accordo prima della Regina
stessa. «Qual era l’accordo?»
«Filippo sarà designato Re e firmerà la legislazione e i proclami
unitamente alla Regina, ma non ha poteri sull’esercito d’Inghilterra o sul
nostro tesoro, quindi non potrà trascinarci nella sua rovinosa guerra contro la
Francia. Se la Regina muore senza figli, il potere sovrano di Filippo finisce.
Se c’è un figlio, gli è fatto divieto di portare via dalla nazione il bambino o
Maria senza l’espresso consenso del Parlamento, e tu sai quali siano le
probabilità per questo.»
«Ma il figlio potrebbe ereditare il trono di Spagna», disse Edward.
«Dovrebbe governare da qui, almeno fino alla sua maggiore età», disse
Elisabetta. «L’Imperatore Carlo V ha mandato a Maria un bellissimo diamante
come regalo di fidanzamento, come avrebbe dovuto fare Filippo, ma ho
sentito che ha messo il broncio per i termini del contratto.»
Rimase in silenzio mentre un domestico si avvicinava per portare dei
bicchieri di birra. Il calice più bello di Edward, d’oro tempestato di gemme,
quello che aveva ricevuto come dono di nozze dal padre di Elisabetta, fu
offerto alla Principessa, essendo il più bello destinato alla persona di rango
più alto. «È molto bello», commentò lei.
«Grazie.» Edward prese dei più umili calici d’argento per sé e per Bella.
Non appena furono di nuovo soli, Elisabetta rivolse la sua attenzione a
Bella. «Quali sono i tuoi progetti per la giornata?»
«Andrò alla Torre per portare dei libri a Jane Grey, e poi andrò a
palazzo. Perché me lo chiedi?»
«Ho parlato con la Regina stamani, e le ho fatto una richiesta che mi ha
accordato.» Elisabetta prese un sorso della sua birra e voltò lo sguardo verso
Edward. «Cugino Edward, adesso ti sto chiedendo di fidarti di me.»
Edward annuì.
«Io mi ritirerò ad Hatfield House e porterò Bella e la piccola Elizabeth
con me.»
Bella prese un respiro improvviso e si voltò verso Edward con la protesta
che stava per uscire dalle sue labbra.
«Bess …» disse lui, prendendo la mano di Bella tra le sue.
«È per il meglio.» Elisabetta lo guardò dritto negli occhi. Un lungo
sguardo passò tra loro prima che Edward sospirasse e annuisse.
Si voltò verso Bella. «Vai con Bess, Bella. Prendi Alice e nostra
figlia.»
«Cosa? Io non capisco. Perché?»
«Ricordi quello che ti ho detto in giardino riguardo al fare domande?»
disse piano Elisabetta. «Io non voglio mentirti, Bella, ma se insisti a fare
domande, dovrò farlo. Capisci?»
«Io non voglio andare. Senza offesa, Elisabetta.»
«Nessuna offesa», disse Elisabetta seccamente. «Non sarà per molto,
Bella, te lo prometto.» Si alzò. «Partiremo in mattinata. Fai la tua visita a
Jane, ma dopo vieni subito a casa. Aspettami per domani verso le dieci.» Diede
a Edward e Bella un bacio leggero sulle labbra e se ne andò, chiamando il suo
lacchè mentre usciva dal portone.
Bella si voltò verso Edward, gli occhi pieni di lacrime. «Non voglio
andare», ripeté.
«Bess non ti avrebbe chiesto di andare se non fosse importante, Bella.
Devi. Ti prego.»
«Tu sarai in pericolo?» chiese lei.
Edward la prese tra le braccia. «Non preoccuparti per me. Sono al sicuro
come può esserlo ogni uomo di questi tempi.»
Ma questa non era una gran sicurezza.
Bella aveva cambiato idea a proposito della visita a Jane, ma Edward
aveva insistito che andasse e aveva aggiunto un po’ di senso di colpa per
assicurarsi che lo facesse. «Quella povera ragazza probabilmente non ha avuto
nessuno a farle visita nel periodo di Natale», disse.
Bella impacchettò i libri che aveva acquistato per Jane. Li aveva già
mostrati alla Regina Maria, che aveva dato la sua approvazione. Erano alcuni
testi scientifici e di matematica, ed uno che era sicura sarebbe piaciuto a
Jane, sui meccanismi interni degli orologi.
Dato che Edward non voleva più che Bella cavalcasse per via della sua
gravidanza, Bella dovette prendere una portantina fino al fiume e poi una
chiatta fino alla Torre, un viaggio lungo in modo irritante, quando lei aveva
già voglia di tornarsene a casa. La guardia della Torre, Master Partridge,
dovette esaminare i libri prima che Bella li portasse a Jane, e questo voleva
dire che doveva sfogliare ogni pagina per assicurarsi che non ci fosse inserita
una lettera o non ci fosse un messaggio scarabocchiato ai margini. Bella
sbatteva il piede mentre aspettava. Quando le fu finalmente permesso di entrare
nella stanza di Jane, la ragazza sembrò deliziata di vederla.
«Come state, vostra grazia?»
«Cugina è l’unico titolo che voglio che tu usi», le disse Bella,
dando a Jane l’abituale bacio sulle labbra e abbracciando il suo corpo piccolo.
Anche Bella era piccola, come umana, ma Jane aveva decisamente la taglia di una
bambina.
«Cugina Bella sia, allora», concordò Jane. «Non vuoi sederti?»
Bella si accomodò su una seggiola e appoggiò il pacco di fronte a Jane. «Buon
Natale, anche se un po’ in ritardo.»
«Il tempo vuol dire poco qui dentro», disse Jane. Aprì il pacco e lanciò
uno strilletto di gioia da ragazzina. Oh, Bella! Grazie!» Prese il libro sugli orologi
e sospirò di piacere. «Sei davvero molto premurosa. Dimmi, come stanno Edward e
Elizabeth?»
Questo ricordò a Bella il viaggio che avrebbe dovuto fare l’indomani e la
sua faccia crollò.
«Che c’è che non va?» chiese Jane allarmata. «Sono malati?»
«No, niente del genere», disse Bella. «È solo che sto per trasferirmi in
campagna per un po’.»
«Finché sarà nato il bambino», annuì Jane. «Non devi essere triste,
Bella. È molto più salubre la campagna. Lo sanno tutti. Una volta finito il tuo
confinamento potrai tornare a casa.»
Non corresse Jane riguardo ai motivi. «È solo che mi mancherà tanto
Edward.»
Jane sorrise, gli occhi dolci e sognanti. «Questo te lo invidio davvero,
Bella. Tu hai qualcosa che è molto raro e molto prezioso. Dio deve di certo
favorirti.»
«Forse quando Guildford sarà più vecchio …» La voce di Bella si spense
perché non le sembrava giusto offrirle false speranze. Da quello che aveva
sentito di Guildford, semplicemente non era una persona gradevole, e
probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Jane diede un colpetto sulla mano a Bella. «Sei gentile a provarci»,
disse, «ma io non credo di poter sperare nella felicità su questa terra. La mia
ricompensa sarà in cielo.»
Nessuna ragazza di sedici anni dovrebbe guardare alla morte. «Il bello della
vita è che cambia sempre», disse Bella.
«Questo è vero. Ho sentito che la Regina Maria intende mandare presto
anche me in campagna.» Le labbra di Jane si storsero in un sorriso obliquo. «Però
il mio signor marito sarà alloggiato separatamente.»
«Probabilmente desidera impedirti di fare altri pretendenti al trono.»
«Un sentimento con cui concordo di vero cuore», disse Jane. «Non porterei
mai un altro figlio in questa famiglia.»
«Mi dispiace, Jane», disse Bella. Come molte selkie, credeva che la
maternità fosse una gioia e si rammaricava del fatto che Jane non ne avrebbe
mai fatto esperienza.
«A me no.» Jane fece un gesto verso gli scaffali di libri, verso i suoi
orologi che ticchettavano nel silenzio, contrassegnando i quieti momenti della
sua vita. Bella guardò dalla finestra il dolce sole invernale filtrare
attraverso gli alberi scheletrici. I corvi, abitanti tradizionali della Torre,
beccavano l’erba in basso. Come doveva essere per Jane, che non poteva correre
fuori e giocare sotto gli alberi se gliene veniva voglia? Il suo mondo era
ristretto a queste stanze, e lei diceva di essere contenta, ma non c’era una
parte di lei che voleva essere una normale ragazzina, e ballare, ridere,
flirtare? ‘Contenta’ era ciò a cui ti conformavi se non potevi avere
gioia?
Quando uscì, non andò direttamente a casa come l’aveva istruita
Elisabetta. Invece andò a Palazzo e trovò la Regina che scriveva lettere nel
suo ufficio. «Lady Cullen», disse con un sorriso. «Sono felice di vederti in
salute.»
«Grazie, vostra maestà.»
«Come è andata la tua visita con Jane?»
«Piuttosto bene, vostra maestà. Sta bene e a suo agio con i suoi libri, e
aspetta con gioia una quieta vita in campagna.»
«Anche tu te ne stai andando in campagna», commentò la Regina. «Mia
sorella sta lasciando la corte e ha chiesto che tu, specificamente, vada con
lei ad Hatfield.»
Bella sospirò. «Così mi hanno detto.»
La Regina infilò la penna nel calamaio. «Vieni qui, Bella», disse piano.
Le indicò uno sgabello vicino alla sua seggiola e Bella si appoggiò dopo aver
sistemato con attenzione le sue gonne. Come Duchessa, le veniva offerta di
solito una seggiola, quindi non era tanto pratica a sistemarsi il guardinfante
per accomodarsi su una seduta così bassa. «Devo chiederti qualcosa, qualcosa
che sono sicura non vorresti fare, ma è necessario.» Sospirò e si strofinò gli
occhi come se le facessero male, e miope com’era, forse era così. Elisabetta è
… Elisabetta è l’obiettivo dei cospiratori.»
«Non è in pericolo, vero?» chiese Bella allarmata.
«Non più di chiunque altro abbia sangue reale. I cospiratori mirano ad innalzarla,
non a farle del male.»
«Oh», disse Bella. «Oh! Intendete …»
«Sì, vogliono vederla al mio posto. Quello che ho bisogno che tu faccia,
Bella, è controllarla per me. Dimmi chi le fa visita, chi le scrive. Tutto
quello che sembra sospetto. Hai capito?»
Il cuore di Bella affondò. «Sì, vostra maestà.»
«Grazie, Bella.» Maria sorrise e le baciò la fronte. «Puoi andare. Sono
certa che avrai molte cose da preparare.»
Alice era agitata quando Bella tornò a casa. Stava spiegando ai domestici
quali vestiti, quali gioielli e quali cappelli imballare sia per la Duchessa
che per sua figlia. Ed era molto infelice. Jasper non le avrebbe accompagnate a
Hatfield. Alice lo chiamava “andare a seppellirsi in campagna”, ed era depressa
di dover perdere sia il luccichio della corte che la profonda ‘amicizia’
col confessore di Bella. Bella provò ad essere cordiale, ma voleva
semplicemente tutti fuori dalla sua camera, così da poter passare un po’ di
tempo con Edward, pochi, preziosi ultimi momenti prima di essere separata da
lui per una quantità indeterminata di tempo.
Non dormì quella notte, e non pensava che avesse dormito neanche lui. Si
tennero stretti nel buio, entrambi desiderando parole che confortassero
l’altro, parole che non vennero.
Provò a non piangere quando arrivò la portantina di Elisabetta davanti
alla lunga serie di bagagli e mobili. Provò a non aggrapparsi a lui quando le
diede un ultimo abbraccio.
«Ci vedremo presto, Bella», disse con le lacrime che gli brillavano negli
occhi. «Te lo prometto.»
Lei lo baciò. «Ti amo.»
«E io amo te. Stai al sicuro.» La aiutò a salire sulla portantina e le
loro mani si strinsero un ultimo momento prima che la portantina fosse portata
via.
La piccola Elizabeth giocava con la sua bambola, imperturbata dal fatto
di trasferirsi in un’altra casa, qualcosa che aveva fatto già tante volte nella
sua breve vita. Alice, di fianco a lei, era lugubre come uno che porta un
feretro. Solo la Principessa Elisabetta, rilassata vicino a Bella, aveva
un’aria tutta allegra.
«Per i denti di Dio, se separarsi è così deprimente, sono contenta di non
essermi mai innamorata», disse lei.
«Probabilmente non ti succederà», disse Alice laconica. «Sei troppo
egoista.»
Elisabetta rimase a bocca aperta per un attimo e poi scoppiò a ridere. «Penso
che potrei tenerti con me», disse lei. «Tu sei come lo schiavo che Cesare
teneva dietro di sé sul cocchio durante la parata del trionfo, che gli
sussurrava continuamente all’orecchio ‘Ricordati che sei mortale’.»
Ridacchiò tra sé per un momento prima di guardare Bella. «Come è andata la tua
visita dalla Regina?»
«Come sai queste cose?» chiese Bella leggermente irritata.
«Ho i miei metodi», replicò Elisabetta con disinvoltura. «Quindi ti sono
stati assegnati doveri di spionaggio, vero? Ti avevo detto di non andare. Non
avrebbe potuto chiedertelo se fossi andata dritta a casa come ti avevo detto di
fare.»
Bella sbatté gli occhi basita. «Non c’era nessuno vicino a noi che poteva
sentire quello che mi ha detto. Come fai a saperlo?»
Elisabetta fece spallucce. «Perché è quello che avrei fatto io.»
Note storiche
-
La masque recitata per il primo Natale del regno di Maria non è
ben descritta nei documenti esistenti. L’ho ricostruita col poco che si sa
usando il plot di masque simili.
-
Il tormento dell’orso fu in realtà tenuto a Hatfield per il divertimento
di Elisabetta
-
Il contratto di matrimonio fu in realtà reso pubblico il 14 di gennaio.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/14/The-Selkie-Wife
Capitolo 14
Bella avanzò furtiva come un ladro nella casa buia, trasalendo ogni volta
che scricchiolava una tavola. Dalla finestra vedeva il primo tocco dell’alba. I
domestici si sarebbero svegliati presto e doveva sbrigarsi a rientrare nella
sua camera prima che qualcuno la vedesse. Fece ancora una smorfia mentre
un’altra asse
strideva. Non era stata a Hatfield abbastanza a lungo da imparare quali
erano le assi che scricchiolavano, così da poterle evitare. Salì lentamente le
scale, tenendosi più possibile vicino al muro, mordendosi il labbro. C’era
quasi …
La scorsa settimana aveva esplorato le terre di Hatsfield e aveva
scoperto un laghetto non lontano dalla casa. Non era molto grande, né profondo,
ma aveva soddisfatto il suo desiderio di nuotare una volta spezzata lo strato
di ghiaccio che lo ricopriva.
Entrò nella sua stanza e sospirò di sollievo. Alice era ancora
profondamente addormentata sul suo giaciglio (la ragazza dormiva come se fosse morta)
e la piccola Elizabeth era acciambellata nel letto, il pollice in bocca. Bella
oltrepassò Alice in punta di piedi e andò verso il suo armadio per prendere una
camicia asciutta.
«Dove sei stata?»
Bella sobbalzò e per poco non gridò. «Oh, Santi, Bess!» sibilò, la voce
bassa per non svegliare Alice e la piccola Elizabeth. «Mi hai spaventato a
morte.»
Elisabetta inarcò un sopracciglio. I suoi occhi passarono sui capelli
gocciolanti e sulla camicia che era quasi trasparente per le chiazze bagnate. «Cosa
sei stata a fare, Bella?»
Bella strascicò un po’ i piedi. «Ti ricordi quando mi hai detto di non
farti domande perché non volevi mentirmi?»
Elisabetta sospirò. «Dimmi questo: mio cugino sa di cosa si tratta?»
Bella annuì, sollevata. «Se gli dici quello che hai visto stanotte, ti
dirà che sa cosa stavo facendo e che approva. Perché sei qui, comunque?»
«È venuto un messaggero», disse Elisabetta. «C’è una sollevazione in
Kent.»
«Una sollevazione? Intendi una ribellione?» Bella sgranò gli occhi e
dovette sedersi sul letto perché le sue ginocchia sembravano aver perso tutta
la loro forza.
«Thomas Wyatt ha raccolto un esercito di oltre quattromila uomini», disse
Elisabetta cupa. «Il Duca di Norfolk è stato mandato con un contingente di
truppe di Maria per fermarli, ma Norfolk ha dovuto ritirarsi di nuovo nella
capitale quando la maggior parte dei suoi soldati ha disertato per unirsi a
Wyatt.»
Bella piagnucolò e il terrore trasformò il suo viso in una maschera
bianca. Lei era stata in Scozia durante il cosiddetto ‘Brutale
Corteggiamento’ (Rough Wooing), quando Enrico VIII aveva cercato di
costringere la Scozia a consegnare la Regina di Scozia bambina perché fosse
cresciuta in Inghilterra e poi sposata al figlio di Enrico. Non avrebbe mai
dimenticato la puzza dei villaggi bruciati, le urla delle donne stuprate, i
pianti patetici dei bambini trapassati da lame senza pietà. Guardò la bambina
che dormiva e a cui pensava come sua figlia, e provò disperatamente a pensare
dove poteva portarla per tenerla al sicuro.
«Bella, basta», disse Elisabetta tagliente. «Hatfield è sicura.»
Era per questo che Elisabetta l’aveva portata qui? Sapeva cosa stava per
accadere?
Elisabetta alzò una mano. «Non chiedere. Sappi solo che tu sei al sicuro
e che Edward è al sicuro.»
«Chi è Thomas Wyatt, e perché sta facendo questo?»
«È il figlio di un uomo che scriveva poesie d’amore a mia madre», disse
piano Elisabetta. «Ha passato del tempo in Spagna, e ha visto cos’è
l’Inquisizione. Ha paura che Filippo la porti nei nostri lidi.»
Bella aveva evitato la Spagna da quando la nonna della Regina Maria,
Isabella di Castiglia, aveva espulso tutti gli ebrei dalla nazione, vietando
loro di prendere con sé denaro o proprietà di valore andandosene. A quelli che
volontariamente si convertirono al cattolicesimo fu consentito di restare, ma i
conversos divennero gli obiettivi favoriti dell’Inquisizione. Le selkie
si riferivano alla Spagna come ‘La terra che brucia’ e ne stavano alla
larga. Poteva capire perché Wyatt temesse che le stesse cose potessero succedere
in Inghilterra, ma di sicuro Maria non avrebbe permesso una cosa simile. Di
sicuro …
«Dovevano esserci delle sollevazioni contemporanee in altre zone, ma
quelle sono fallite. Courtenay è stato arrestato.»
Bella boccheggiò. «Davvero?» Questa era la notizia migliore che Bella
avesse sentito da mesi.
«Si stava incontrando con alcuni capi ribelli. Gardiner ha saputo del
complotto, ha chiesto a Courtenay e lui ha confessato tutto. Il suo piano era
detronizzare mia sorella in mio favore e poi costringermi a sposarlo.»
Bella rabbrividì. «Dio non voglia. Oh, Bess, cosa facciamo?»
«Aspettiamo», rispose Elisabetta. «È la
cosa che so fare meglio.»
Edward seguì la Regina dalla Sala delle Corporazioni, dove aveva appena
fatto un travolgente discorso, implorando il suo popolo di difendere il suo
governo. Aveva detto che si stava sposando non certo per la lascivia del corpo,
ma per lasciare un erede che governasse quando lei non ci sarebbe stata più. Se
avesse pensato per un solo momento che il suo matrimonio sarebbe stato un male
per il suo popolo, aveva giurato, sarebbe morta vergine. Giurò che non sarebbe
fuggita da Londra, ma che avrebbe versato il proprio sangue in difesa del
popolo che amava teneramente come una madre ama i suoi figli.
Fu magnifico. Edward vide in lei la spina dorsale d’acciaio che aveva
ereditato da sua madre e da generazioni di regine prima di lei. Non si sarebbe
piegata. Non si sarebbe arresa. Non aveva paura perché sapeva di essere
la sovrana scelta da Dio, quella destinata a riportare l’Inghilterra tra le
braccia della Chiesa e niente su questa terra poteva fermarla.
Il popolo nella Sala gridò «Dio salvi la Regina Maria!»
Adesso tornavano a Westminster, Edward aveva implorato Maria di andare
alla Torre, ma lei aveva fede nei suoi soldati. Maria voleva che il popolo la
vedesse, che vedesse che non aveva paura e che era certa della sua lealtà.
Edward non era altrettanto sicuro. Aveva raddoppiato le sue guardie del corpo,
pagando di tasca sua quando il resto del consiglio era troppo indaffarato per
destinare i fondi, perché erano tutti occupati a battibeccare su di chi fosse
la colpa dei disordini: Gardiner per le nuove politiche religiose, o i
consiglieri per aver sostenuto la scelta di Maria di sposare Filippo.
Teneva la mano sulla spada mentre camminava. La gente era allineata lungo
le strade per festeggiare e lanciare benedizioni alla Regina, ma Edward vide
molte facce cupe e rabbiose tra la folla. Questa rivolta, la prima volta che un
esercito si avvicinava alle porte di Londra dai tempi del Medioevo, era segno
di una corrente sotterranea profonda di malcontento, qualcosa che Edward
pensava che la Regina dovesse ascoltare, ma lei andava dritta per la sua strada
senza tentennamenti.
Aveva emanato un proclama secondo cui sarebbe stata usata clemenza ai
ribelli purché deponessero le armi e ritornassero alle loro case entro
ventiquattro ore. Edward non poté fare a meno di ricordare un proclama simile
emanato da suo padre, che poi uccise i ribelli che gli si erano arresi. Se lo
sarebbero ricordato anche i ribelli, e avrebbero pensato che la loro unica
speranza di sopravvivenza sarebbe stata rovesciare la Regina?
I cannoni della Torre erano puntati verso l’area della città dove i
ribelli erano entrati, ma Maria si rifiutava di farli sparare, per paura di
uccidere cittadini innocenti. Intorno alla città, i ponti levatoi erano alzati,
i cancelli sbarrati e le barricate costruite. La popolazione terrorizzata si
era chiusa in casa e un silenzio inquietante era sceso su Londra, come se fosse
congelata nel freddo di febbraio.
Edward era profondamente grato che Bess avesse portato Bella a Hatfield.
Altrimenti adesso sarebbe stata nel gruppo delle terrorizzate dame della
Regina, che tremavano e piangevano e pregavano per la salvezza. Edward non
sapeva ancora quanto sarebbe diventata forte questa ribellione. Se Wyatt fosse
riuscito a convincere il popolo della città a sollevarsi contro Maria, Edward
avrebbe avuto il dovere di proteggerla con la sua vita.
I ribelli si avvicinavano ad ogni ora e Westminster era dritta sulla loro
strada. Quando una freccia colpì uno dei difensori alla periferia delle loro
linee, uno dei capitani di Maria non aspettò altre vittime prima di caricare
verso le stanze della Regina. Edward lo seguì, perché c’era sempre la
possibilità che ci fossero traditori anche nei loro ranghi.
Fece irruzione nelle stanze della Regina gridando che erano sotto
attacco. «Alla chiatta! Dobbiamo portare via la Regina Maria!»
Maria non batté ciglio, nonostante le sue dame urlassero di paura e si
aggrappassero l’una all’altra con braccia tremanti. «In preghiera!» ordinò la
Regina. «Tutte voi! Pregate e avremo presto notizie migliori.»
Le dame singhiozzanti caddero in ginocchio, giungendo le mani. «Ave
Maria, piena di grazia, il Signore è con te …»
Il Signore era con la Maria che faceva pregare le sue dame? Anche Edward
si fece il segno della croce e si chinò su un ginocchio, tenendo l’altro alzato
nel caso dovesse all’improvviso saltare in piedi per proteggere la Regina. Ma
la sua preghiera era per Bella. «Fa’ che sia al sicuro, ti prego Signore,
fa’ che sia al sicuro.»
«Wyatt è preso!”» urlò qualcuno. «È finita! Wyatt è stato catturato!»
Edward si alzò in piedi. «Che notizie?» chiese.
Wyatt era riuscito ad arrivare fino a Ludgate, ma non era riuscito a
oltrepassare i difensori. I suoi soldati avevano disertato, lasciando Wyatt
sconsolato seduto di fronte a una locanda, con solo una manciata di soldati
leali con lui. Si era arreso quando si erano avvicinati gli uomini della
Regina. La ribellione era finita prima di cominciare, con davvero poco
spargimento di sangue. Wyatt era stato arrestato e condotto alla Torre. Con lui
c’era Henry Grey, padre di Jane Grey, che aveva nutrito la speranza di
rimettere Jane sul trono dopo la deposizione di Maria, ma avrebbe accettato
Elisabetta se i suoi compagni di cospirazione non si fossero rivelati
trattabili. Era a casa sua che si erano incontrati per la prima volta i capi
ribelli. Quando si era saputo che Wyatt aveva dato il via alla sollevazione,
lui era partito in fretta e furia per le sue tenute in campagna, e quando le
indagini avevano puntato verso di lui, aveva indotto il guardiano del parco a
nasconderlo. Passò due giorni in un albero cavo prima che il guardiano del
parco lo consegnasse per una ricompensa maggiore.
Questo è il problema di fare affidamento sui ribelli, pensò Edward. Non hanno nessuna
lealtà.
Andò nelle sue stanze, le stanze che
lui e Bella dividevano quando erano troppo stanchi per andare a casa. Si stese
sul letto, completamente vestito, e appoggiò la testa dal lato di lei.
Immaginava di poter ancora sentire vagamente il suo odore, l’odore fresco e
pulito dell’oceano che sembrava aderire alla sua pelle di seta. Presto,
promise a se stesso, e cadde in un sonno profondo, sognando Bella tra le sue
braccia.
«Courtenay è implicato con una delle vostre dame, maestà», disse il
Cancelliere Gardiner alla Regina la sera successiva. «Lady Cullen.» Fece
ricadere la testa come se la notizia lo turbasse, ma non era così. Non gli era
mai piaciuta Lady Cullen ed era preoccupato della sua crescente influenza sulla
Regina.
«Lady Cullen?» ripeté la Regina, gli occhi sgranati per lo shock.
«Questo non è possibile, mio lord. Quella ragazza non ha un briciolo di
malizia.»
«Sua cognata, Rosalie, Viscontessa Lisle, conferma che Lady Cullen si è
incontrata con lui due volte in luoghi appartati.»
«Non ci credo», disse Maria piatta. «E non mi fido di Lady Rosalie. Ho
sentito molto su di lei, e non a suo credito.»
«Vostra maestà, voi sapete quanto Lady Cullen sia vicina alla
Principessa Elisabetta …» la voce di Gardiner si spense, come se questo
pezzetto di informazione fosse sufficiente ad implicarla.
«E cosa mi dite di Elisabetta?» chiese la Regina. «Sono state trovate
delle prove?»
«Courtenay non la coinvolge, ma voi sapete che è innamorato di lei,
quindi naturalmente proverebbe a proteggerla.» Gardiner stava provando
ostinatamente a minimizzare il coinvolgimento di Courtenay, come se avesse
offerto spontaneamente delle preziose informazioni. Voleva che questa fosse
dipinta come una sollevazione protestante per mettere Elisabetta sul trono. «Abbiamo
intercettato una lettera di Wyatt alla Principessa in cui delineava i suoi
piani.»
«Wyatt ammette che lei ha partecipato?» chiese insistente la Regina.
«Lo farà», promise cupo Gardiner.
Ma non lo fece. Gardiner usò le torture più crudeli che avevano, ma Wyatt
continuò a rifiutarsi di implicare la Principessa nel complotto. Gardiner era
frustrato per questo, ma insisteva con Maria che la lettera da sola era
sufficiente a provare che Elisabetta sapesse del complotto.
Maria sospirò. «Le chiederò di tornare a Londra.»
«Se non lo fa, saprete che lei è la
causa di tutti questi guai», disse Gardiner.
Bella ed Elisabetta erano nella camera da letto e ricamavano la copertina
di un libro per Maria. Elisabetta aveva talento con l’ago e spesso faceva dei
regali ai suoi amici e alla sua famiglia. Chiacchieravano mentre lavoravano e
la piccola Elizabeth giocava con alcuni giocattoli della Principessa che erano
stati presi in soffitta.
«Cos’è?» chiese Elisabetta. «L’hai sentito?»
Bella piegò la testa. «No, non … Aspetta! Sì, lo sento.» Sbatté gli occhi
verso Elisabetta. «Soldati?»
Perché sembravano proprio quello, decine di stivali che marciavano in
formazione.
«Cazzo», disse Elisabetta. Saltò in piedi e cominciò a strapparsi il
vestito di dosso. «Aiutami, Bella!»
Bella la aiutò, anche se non aveva idea del perché Elisabetta si stesse
spogliando. Buttò il vestito e il guardinfante nell’armadio e chiuse la porta.
«Kat!» tuonò Elisabetta. Kat Ashley era stata la governante della
principessa fin da quando lei era bambina, e adesso era la sua più leale
domestica e amica. Kat era una donna paffuta e amichevole, fieramente
protettiva con ‘la sua bambina’ e una volta appurato che Bella era una
vera amica di Elisabetta, aveva preso anche lei sotto la sua ala.
Kat era senza fiato per la corsa quando irruppe nella camera. «Bess, ci
sono …»
«Lo so. Porta una bacinella d’acqua e un panno, svelta. Sono
terribilmente malata.» Elisabetta infilò le braccia in una veste da camera e
saltò nel letto, tirandosi le coperte fino al mento.
Kat fece una cosa stranissima. Mise le mani nella cenere del camino e
passò con attenzione il grigio sulla pelle di Elisabetta. Quando ebbe finito,
Elisabetta sembrava pallida e tirata, e se Bella non avesse saputo come stavano
le cose, avrebbe pensato che Elisabetta fosse a un passo dalla morte.
«Siedi, Bella!» sibilò Elisabetta e Bella si rimise in fretta sulla
seggiola, riprendendo in mano la copertina a cui stava lavorando. Provò a fare
qualche punto, ma le mani le tremavano troppo.
Quei passi pesanti entrarono in casa e Bella inspirò all’improvviso. Kat
ritornò di corsa nella stanza con l’acqua e il panno, mettendo il panno umido
sulla fronte di Elisabetta e collocando il suo ampio didietro su una sedia
vicino al letto di Elisabetta.
Tre uomini entrarono nella stanza di Elisabetta senza bussare o
annunciarsi. «Principessa, io sono Sir Aro.» Era alto e ossuto e sembrava
decisamente poco amichevole mentre chinava brevemente la testa.
«Sir Riley,» disse il secondo uomo. Era giovane, con capelli bruni
morbidi e un esile tentativo di baffi ricopriva il suo labbro superiore. Si
chinò educatamente, e con una certa grazia.
Il terzo si chinò leggermente e disse, «Sir Laurent.» E a Bella sembrò il
più spaventoso di tutti, perché i suoi occhi erano freddi come il Mare del
Nord, spietati e crudeli.
«Siamo qui per scortarvi indietro dalla Regina, di gran carriera»,
dichiarò Aro.
«Saluti, miei lord», gracchiò la Principessa. Sembrava lottare per tirare
fuori le parole. Si leccò le labbra e Kat le toccò gentilmente col panno umido.
«Vorrei tanto rivedere la mia amata sorella, ma sono troppo malata per
viaggiare.»
«Oh, la mia povera bambina», gemette Kat. Si tirò il grembiule sulla
faccia e cominciò a singhiozzare.
«Chiamate un dottore», ordinò Aro a Riley. «Chiamatene due.»
Si mise seduto sulla seggiola che Elisabetta aveva occupato fino a
qualche minuto prima. Diede un’occhiata al lavoro di ricamo in mano a Bella con
un piccolo ghigno, e poi guardò la bambina che giocava tranquilla, senza
preoccuparsi dell’agitazione degli adulti intorno a lei. Bella era scioccata
dal suo comportamento irrispettoso, sedersi in presenza di una Principessa
senza esserne invitato, l’inchino appena accennato, il basso rango delle
persone mandate a prendere la Principessa.
La piccola Elizabeth gli offrì un giocattolo, che lui non prese. La
fissava, ma la piccola Elizabeth non era intimidita. «La Principessa è molto
malata», disse lei.
«Lo vedo», disse Aro, un accenno di sarcasmo nella voce.
La stanza divenne silenziosa. Kat bagnava la fronte della Principessa e
le sussurrava parole rilassanti. Ogni tanto, la Principessa si muoveva
irrequieta sotto le coperte e dava un gemito di fastidio. Kat provava a
calmarla, a tenerla ferma.
Sir Riley rientrò, seguito da due uomini con le borse. Tutti e due
andarono dritti dalla ragazza nel letto e si chinarono. «Vostra altezza?
Possiamo visitarvi?»
Elisabetta si leccò le labbra e aveva la voce rauca e spezzata quando
rispose. «Sì.»
In pochi istanti, uno dei due si pronunciò, affermando che i suoi umori
erano squilibrati e aveva bisogno di un salasso. L’altro decretò che erano
necessari una purga e un vescicante per attirare fuori i veleni dannosi che
aveva assorbito. Tutti e due, comunque, giudicarono che fosse in grado di
viaggiare. Elisabetta li squadrò e rifiutò il vescicante e la purga, ma permise
a uno di loro di farle un piccolo taglio nell’avambraccio e drenare una coppa
di sangue in una ciotola d’argento.
Kat protestò che avrebbero dovuto imballare e impacchettare tutto. Non
potevano riportare Elisabetta al palazzo senza vestiti e senza mobili. Sir Aro
esalò un sospiro irritato ma accondiscese.
Kat si muoveva lenta come una lumaca, quando voleva, e aveva una scusa
molto convincente per ogni ritardo. Ma la sera successiva, tutto il processo di
preparazione alla partenza non era ancora finito. Sir Aro perse la pazienza e
ordinò a Sir Laurent di portare la Principessa floscia alla portantina che
aspettava fuori; i domestici potevano finire di imballare e poi seguirli.
Elisabetta era pallida in modo allarmante quando Sir Laurent la pose
sulla portantina. Bella salì al suo fianco e le prese la mano. «Sembra che tu
stia veramente male», le disse.
«È così», disse Elisabetta. «Non mi aspetto che questo viaggio finisca in
modo piacevole.»
«Perché? Non hai fatto niente di male. Ho fatto quello che mi ha chiesto
la Regina e ti ho guardato, e non ho niente da riferire. Sei stata a messa
nella tua cappella almeno una volta al giorno. Hai giocato con la piccola
Elizabeth e hai spettegolato con Alice. È tutto quello che hai fatto.»
Elisabetta ridacchiò. «Mi fai sembrare molto noiosa.»
«Noiosa va bene», disse Bella. «Noiosa è sicuro.»
Alice salì sulla portantina con loro, tenendo la piccola Elizabeth su un
braccio e la scatola dei gioielli della Principessa nell’altro. C’era sempre
una piccola sensazione di vertigine quando i lacchè alzavano i pali e
cominciavano ad avanzare, i loro piedi che colpivano ritmicamente il suolo
gelato. Le dame tennero le cortine tirate e avevano una grossa coperta a
coprirle, ma stavano tutte rabbrividendo.
Bella non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ contenta per il
viaggio. Avrebbe rivisto Edward presto. Ma quella felicità la faceva sentire un
po’ sleale. Elisabetta era spaventata. Bella pensava che probabilmente stava
male davvero con tutta la paura e la preoccupazione.
«Maria ti ama,» le offrì.
«Ama di più la sua corona e la sua chiesa», replicò Elisabetta. «Non
esiterà se penserà che io minacci l’una o l’altra.»
La distanza era di sole diciotto miglia, ma il viaggio durò sei giorni. Elisabetta
continuava a far fermare la portantina per correre di lato alla strada e
vomitare. Quando diventò troppo debole per correre, Bella la aiutò ad
arrancare. Aveva un aspetto orribile. La sua pelle era cerea e i suoi occhi
opachi e apatici.
«Bess, non possiamo andare avanti così», le disse Bella quando Elisabetta
ordinò di fermarsi per la giornata, a metà mattina, a una locanda lungo la
strada, perché l’ondeggiare della portantina le dava troppa nausea per
continuare. Bella era esasperata, anche se cercava in tutti i modi di essere
paziente. Aro sembrava sforzarsi di non picchiare Elisabetta e anche l’educato
Sir Riley cominciava ad essere teso per i continui ritardi.
«Bella, se la tua vita sarà mai in pericolo, allora capirai», le disse
Elisabetta. «Farai di tutto per avere un altro giorno … un’altra ora … e anche
solo un altro minuto.»
Elisabetta pensava che avessero delle prove della sua partecipazione alla
ribellione? Bella avrebbe tanto voluto chiedere, ma non lo fece. Voleva essere
onesta quando avrebbe detto che non aveva visto o sentito niente di sospetto,
niente che avrebbe potuto implicare Elisabetta.
«Gardiner mi disprezza», disse Elisabetta. «Sai che mi ha seguita nelle
mie stanze dopo che avevo chiesto alla Regina il permesso di andarmene? Mi ha
dato una lezione molto severa sulle mie carenze morali, e ha detto che sapeva
che la mia conversione era insincera.»
«Non credo ci sia nulla che tu possa fare per convincerlo.»
Elisabetta si sedette sul letto. Era la stanza migliore che la locanda
aveva da offrire, ma era molto semplice. Uno stretto letto al centro, il
materasso di crine. Elisabetta aveva ordinato ai domestici (che li avevano
facilmente raggiunti con i carri pieni degli averi di Elisabetta) di non
montare il suo letto in questa stanza, perché aveva paura che si infestasse di
pulci. Lei e Bella avrebbero dormito sul materasso bitorzoluto con la piccola
Elizabeth tra loro, e Alice e Kat su un pagliericcio sul pavimento al loro
fianco.
«Ho detto loro che stavo considerando di emanare una dichiarazione
pubblica che la mia conversione e la mia presenza alla messa erano libere da
coercizione e completamente volontarie.»
«Lo farai?»
Elisabetta sbuffò. «No.» Diede uno schiaffo a una pulce che era atterrata
sul suo braccio. «Anche Renard mi odia.»
L’ambasciatore spagnolo. Maria prendeva i suoi consigli molto seriamente,
vedendolo come un tramite con i suoi parenti spagnoli, ed ora col suo promesso.
«Be’, io non ti odio e Edward non ti odia. La Regina tiene in considerazione
anche le nostre opinioni.»
«Probabilmente perché siete le uniche persone che conosce che non
vogliono nulla da lei. Né terre, né titoli, né nomine politiche …»
«Tu cosa vuoi?» chiese Bella, sedendosi accanto a lei e grattandosi un
morso di pulce sul dorso della mano.
«Io voglio vivere tranquillamente in campagna», disse Elisabetta.
«Senza intrighi?» rise Bella. «Appassiresti e ti porterebbe via il
vento.»
Elisabetta si girò un anello nel
dito. «A volte mi chiedo com’è per le donne contadine. La loro preoccupazione è
portare abbastanza cibo a casa per le loro famiglie. Semplice e diretto. La mia
è tenere la testa attaccata al collo, mentre cerco di blandire i miei
partigiani ma senza offendere quelli che hanno potere di vita e di morte su di
me. Ricordi quell’acrobata da Maria, la Dodicesima Notte, quello che danzava
sul filo? Io mi sento così. Non è che mi piaccia, Bella. È quello che
devo fare per sopravvivere. E ogni tanto, sogno una vita in cui la mia
sopravvivenza dipenda semplicemente dall’avere un po’ di pane.»
Raggiunsero il palazzo la sera tardi. Alice prese in braccio la piccola
Elizabeth addormentata e disse che l’avrebbe portata negli appartamenti di
Edward e Bella finché fossero stati pronti per andare a casa.
Con sorpresa di Bella, Elisabetta non fu portata alle sue ricche stanze.
Invece le fu mostrata una piccola, angusta stanza con uno stretto letto e un
tavolo con una sedia di legno, e le fu detto di aspettare “il piacere di sua
maestà.” Elisabetta barcollò a quelle parole e Bella la aiutò a sedersi.
Sentì la porta chiudersi, ma non il rumore della serratura.
«Bella, vai», disse Elisabetta quando ebbe recuperato la capacità di
parola. «So che vuoi vedere Edward.»
«Non ti lascio così!» protestò Bella.
«Kat starà con me.» Elisabetta fece un gesto di congedo con la mano. «Vai.
Parla con Edward e parla con la Regina. Dille quello che hai visto a Hatfield.»
«Odio tutto questo, Bess», disse Bella. «Odio stare in mezzo a voi due.
Voglio bene a entrambe.»
«Anch’io ti voglio bene. Ora vai da tuo marito.»
Bella aprì la porta. C’erano due guardie, una per lato, ma lei le guardò
a malapena mentre passava. Si chiese se le sarebbe stato permesso di tornare e
sperò di sì.
Andò direttamente nelle stanze della Regina e trovò Maria seduta al suo
grande tavolo che firmava documenti. «Lady Cullen!» esclamò. Bella fece un
profondo inchino e Maria la fece alzare col tradizionale bacio sulla fronte. «Come
sei stata, mia cara? La campagna sembra farti bene.» Guardò la pancia
leggermente arrotondata di Bella e un po’ di nostalgia balenò nei suoi tratti.
«Prego, siediti.» Le indicò una seggiola a fianco del suo tavolo e Bella si
sedette. “ Devi essere esausta del viaggio. Hai già visto Edward?”
«No, vostra maestà. Speravo che poteste dirmi dove trovarlo.»
«Temo che sia a una sessione del consiglio, ma sono sicura che verrà da
me non appena finito.» Giunse le mani e guardò Bella attentamente. «Ti è
piaciuto il soggiorno con mia sorella?»
«Sì, molto, ma gli appartamenti dov’è alloggiata adesso …»
Maria alzò una mano. «Ti prego, dimmi cosa hai visto a Hatfield.»
«Non ho visto nulla», disse Bella, provando a trattenere la foga
della sua voce. «Abbiamo giocato a carte. Abbiamo ricamato. Abbiamo giocato con
mia figlia. Siamo andate a messa. Abbiamo spettegolato su delle banalità. In questo
periodo, ha ricevuto due lettere, una da Padre Jasper, per vedere se aveva
progredito negli studi religiosi, e l’altra da voi.»
«Lei sapeva che la stavi osservando», disse Maria.
«Certo che lo sapeva, ma non c’era niente da nascondere. Sono stata in sua
compagnia dall’alba al tramonto e non ho visto nulla che potesse offendervi o
causarvi dei danni.»
Maria si strofinò gli occhi. «Ha ricevuto una lettera dai cospiratori,
Bella.»
«Lei ha scritto a loro?» chiese Bella.
Maria scosse la testa. «Non che noi si sappia, ma le lettere potrebbero
essere state distrutte.»
La porta della camera della Regina si aprì all’improvviso e Edward marciò
dentro, gli occhi che balenavano di rabbia. Vide Bella e si addolcì un po’. La
prese tra le braccia e poi si rivolse alla Regina. «Tu non andrai davvero fino
in fondo, vero?»
La Regina sembrò sapere esattamente di cosa stava parlando. «Renard dice
che Filippo non verrà nel mio regno fin quando ci sarà pericolo dagli altri
aspiranti al trono.»
Edward lasciò Bella e cadde in ginocchio. «Vostra maestà, io vi imploro
di non farlo. Punite quelli che hanno provato a metterla sul trono. Mandatela
in esilio. Ma vi prego, non giustiziate Jane.»
Bella boccheggiò. «No!»
Gli occhi della Regina Maria si riempirono di lacrime. «Se ci fosse un
altro modo di eliminarla come minaccia, non lo farei.»
Edward pensò in fretta. «Se si convertisse, se non fosse più un simbolo
della regola protestante, ti fermeresti?»
Maria pensò per un momento poi annuì. «Sì, sì lo farei. Se puoi farlo,
Edward, salva la vita e l’anima della bambina.»
Edward sospirò e si alzò in piedi. Abbracciò Bella e nascose il viso nel
suo collo. Un brivido lo attraversò.
«Andiamo a casa», disse Bella. «Andiamo a casa.»
Note storiche
-
La storia registra due differenti versioni del discorso di Maria nella
Sala delle Corporazioni. Una registrata da John Proctor, che ne fu testimone e
scrisse un libro sulla ribellione più avanti quell’anno, e una registrata da
John Foxe. Gli storici tendono a favorire il primo.
-
Elisabetta in quel periodo era in realtà a Ashridge, ma mi piaceva di
più Hatfield. Rivendico la licenza artistica.
-
Salassi, purghe e vescicanti furono usati fino all’inizio del XX secolo.
Si credeva che gli umani avessero quattro umori, sostanze prodotte dagli organi
del corpo: bile nera, bile gialla, flègma e sangue. Se uno di questi veniva
prodotto troppo o troppo poco, il paziente si ammalava. Il medico doveva
scoprire di quale di questi umori si trattava e prescrivere una “cura” che
avrebbe riportato il corpo in equilibrio. Il vescicante era un impasto denso
con all’interno un irritante che causava vesciche sulla pelle, e si credeva che
questo portasse all’esterno le sostanze cattive. La purga era un preparato che
causava vomito o diarrea, con lo steso obiettivo del vescicante: liberarsi di
qualunque cosa avesse sbilanciato gli umori.
-
La storia per cui Maria sarebbe stata d’accordo a non giustiziare Jane
se si fosse convertita, probabilmente è apocrifa. Sappiamo che mandò un
confessore (in questa storia, Padre Jasper) per provare a convertire Jane, ma
probabilmente era solo il tentativo di Maria di salvare Jane dalle fiamme
dell’inferno, che credeva fosse il destino di qualunque non-cattolico. Anche se
Jane si fosse convertita, il suo destino sarebbe stato probabilmente lo stesso.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/15/The-Selkie-Wife
Capitolo 15
Alice e la piccola Elizabeth si addormentarono sulla strada di casa ma
Bella e Edward non avevano sonno affatto. Bella si sentiva come se avesse
masticato una noce di Betel, anche se Edward non avrebbe saputo cosa fosse, nemmeno se avesse
provato a descriverla.
«Perché?» chiese Bella. «Io non capisco. Maria aveva detto di recente che
avrebbe mandato Jane in campagna.»
Edward si pizzicò la radice del naso, un’abitudine di quando era
stressato. «Gardiner vuole che la ribellione appaia come una sollevazione
protestante contro la regola cattolica, una ribellione con l’obiettivo di
rimettere Jane sul trono. Ora che Maria ha pubblicamente annunciato il suo
matrimonio, il consiglio e Gardiner l’hanno sostenuta, quindi non vogliono
ammettere che il popolo, sia cattolico che protestante, si sia ribellato per
fermarla.»
«Ma perché Jane dev’essere giustiziata?» Bella abbassò la voce, sempre
consapevole dei domestici che portavano la lettiga.
«Perché è un simbolo», disse Edward, e la sua voce era stanca e sorda. «Lei
rappresenta la regola protestante, ma ancora più importante, ha pochi
sostenitori. È un capro espiatorio, Bella. La più innocente di tutti noi,
eppure deve morire per ciò che suo padre e altri hanno fatto.»
«Filippo ha veramente detto che non verrà in Inghilterra a meno che Maria
non faccia giustiziare Jane?»
Edward alzò le mani in aria. «Renard sa che Maria vuole Filippo, così la
manipola. Quell’uomo è un fanatico e pensa che Maria sia stata fin troppo
clemente. Se il regno diventasse veramente instabile, no, non verrebbe, ma il
paese non è instabile, almeno, in nessun modo che la morte di Jane possa
sistemare.»
«Edward, cosa faremo? Jane è fanatica quanto Maria quando si tratta di
fede. Non si convertirà solo per salvarsi la vita.»
«Ha sedici anni», disse Edward. «Non vuole morire.»
«Non ne sono sicura», replicò Bella. «L’ultima volta che l’ho vista, mi
ha detto di come non avrebbe trovato la felicità su questa terra, ma solo in
cielo.»
«Possiamo guadagnare un po’ di tempo, comunque.” Edward si passò le mani
tra i capelli. “ Magari Maria cambierà idea.»
Bella sospirò. «Edward, ti risulta che Maria abbia mai cambiato idea su
qualcosa?»
«No», ammise Edward. «Ma c’è una prima volta per tutto. Ora, dimmi cosa è
successo con Elisabetta.»
Bella gli raccontò, cominciando la storia con la richiesta di Maria di
spiare Elisabetta. Non ricordava se glielo avesse detto o no prima di partire,
ma a giudicare dalla sua espressione, era più un ‘no’.
«Non avrebbe dovuto chiederti una cosa del genere», disse Edward, il tono
indignato.
Gli disse del loro viaggio, e lui rimase stupito quanto lei del basso
rango dei cortigiani mandati a prendere Elisabetta, così come del modo rude in
cui era stata trattata. Quando lei gli disse degli appartamenti che gli erano
stati dati a palazzo, lui per poco non fermò la portantina ordinando ai
portatori di tornare indietro.
«Edward, no», lo fermò Bella con gentilezza. «Non c’è niente che puoi
fare stanotte. Probabilmente la Regina è già a letto e si arrabbierebbe se la
svegliassi per questo.»
«Bella, è sbagliato», protestò lui. «È una principessa di sangue
reale. Perfino i prigionieri nella Torre vengono trattati meglio.»
«Qualche settimana fa ho sentito Maria dire a Jane Dormer che Elisabetta
somiglia a suo padre, Mark Smeaton.»
Edward roteò gli occhi. «Lo fa ogni volta che è irritata con Elisabetta.
Chiunque abbia gli occhi vede che è figlia di Enrico VIII. Bess gli somiglia
più di Maria.»
«Domani penseremo a questi problemi», disse Bella. «Ma per stanotte, voglio
mio marito tutto per me.»
Edward non fece discussioni.
Ma al mattino, Maria si rifiutò di parlare di sua sorella. Edward provò
due volte a tirare fuori l’argomento e fu respinto entrambe le volte, quando la
Regina disse che non desiderava discuterne e diede a Edward uno sguardo freddo
e arrogante. Gardiner, quella serpe, si chinò e sussurrò all’orecchio della
Regina, senza mai staccare gli occhi da Edward e lo sguardo della Regina
divenne ancora più freddo. Dopo ciò, Edward aveva lasciato la stanza, irritato,
deluso e disgustato.
Incontrò Bella fuori dalle loro stanze. La baciò e si guardò attorno.
«Dov’è Padre Jasper?» Sarebbe dovuto andare con loro a fare visita a Jane Grey,
dopo aver fatto un così buon lavoro a convertire Elisabetta, pensò
Edward acidamente, ma non si vedeva da nessuna parte. Vide il loro codazzo di
domestici, una donna che portava una pila di libri per Jane, un altro che
portava una pesante pelliccia per coprire la Duchessa se avesse avuto freddo
sulla portantina o sulla chiatta, e un altro con un cesto di prelibatezze per
la Duchessa se le fosse venuta fame durante il viaggio (l’appetito di Bella
cresceva a vista d’occhio con l’avanzare della gravidanza).
Bella arrossì e balbettò.
«Bella?»
«Lui è … um … è con Alice.»
Edward si accigliò confuso. «Deve confessarsi?»
«No, non credo», replicò Bella, le parole lente e esitanti.
«Bella, che c’è?» Edward cominciava ad essere impaziente. C’erano troppi
segreti nella sua vita e non voleva che ce ne fossero anche tra lui e sua
moglie.
Bella abbassò la voce per evitare di essere sentita dai domestici che li
guardavano con avido interesse. «Loro … Edward, non hanno fatto niente di male.
È importante che tu capisca questo. Ma c’è un … affetto tra loro.»
«È un prete!» Edward era scioccato.
«È un uomo, prima», disse lei con gentilezza.
Edward scosse la testa. «Bella, tu non capisci. Se la Regina ne avesse
sentore …»
«Non hanno fatto nulla di male!» insisté Bella testarda. «Si incontrano.
Parlano. Tutto qui.»
«Quanto spesso?»
«Quasi ogni giorno», ammise Bella. «Veniva spesso in visita ad Hatfield.»
Mentre Edward non poteva vedere sua moglie, Jasper era libero come un
uccello di andare a Hatfield e corteggiare una delle dame di Bella. Sentì una
fitta di risentimento che cercò di scacciare. Ognuno ha il proprio posto nella
vita, ricordò a se stesso. «Dove sono?»
«Nella nostra camera privata.»
Lui emise un lamento, spingendosi i palmi sugli occhi. Anche lui aveva un
segreto, e Bella poteva ascoltarlo insieme ad Alice e Padre Jacob.
Bella seguì Edward dentro, torcendosi le mani, un’abitudine nervosa che
aveva preso dalla Regina. Trovarono Alice e Padre Jasper seduti davanti al
camino, le ginocchia che quasi si toccavano, con le teste chinate vicine in
conversazione. Alice saltò in piedi quando li vide avvicinarsi e fece un profondo
inchino. «Vostre grazie», squittì.
Jasper si alzò e si inchinò, la sua aura di calma imperturbata. «Che
piacere vederti di nuovo. Edward, vero?» Inclinò la testa di lato e strinse gli
occhi, come se non riuscisse a ricordare. «Ah, sì, ora ricordo. Ero il confessore
di un giovane uomo che ti somigliava un po’. È da parecchio che non lo vedo, in
quel senso, però.»
«È solo che non ho abbastanza peccati da molestarti confessandoli», disse
Edward con un sorriso.
«Allora non stai vivendo appieno la vita», replicò Jasper. Si voltò verso
Bella e si chinò sulla sua mano. «Vostra grazia, leggiadra come sempre.»
«Grazie, Padre Jasper», replicò Bella.
«Ho delle notizie che riguardano tutti voi», disse Edward, e tutti
gelarono e trattennero il fiato. Annunci come questo raramente erano buone
notizie. Aspettarono, guardandolo interrogativi.
«Ho sentito che tuo padre sta negoziando un matrimonio per te, Alice.»
La faccia di Alice divenne bianca, come le nocche che stringevano la
spalliera della seggiola. Jasper, da parte sua, apparentemente non reagì. «Con
chi?» chiese lui.
«Il Barone Tyler.»
Alice sedette, o, più accuratamente, cadde sulla sedia. Un respiro
tremante fu l’unico suono che emise. Bella si accucciò al suo fianco,
prendendole la mano. «Non ne sapevi niente?»
Le labbra di Alice erano di un terribile colore blu-grigio. «Mio padre non
mi ha scritto di questo, no.» Bella capì quello che Alice non aveva aggiunto:
suo padre non le aveva mai scritto per tutto il periodo in cui era stata al
servizio di Bella, anche se Alice aveva rispettosamente scritto a lui ogni
settimana.
«Chi è il Barone Tyler?» chiese Bella. «Non credo di averlo incontrato.»
«No, non lo hai incontrato», disse Edward.
«E di questo devi essere grata, Bella», disse Jasper. «Santi, preferirei
vederla promessa al Diavolo stesso.»
Edward e Alice boccheggiarono a questa blasfemia, ma Bella lo guardò con
comprensione. «Edward, tu sei il Duca. Trovale un partito più adatto, in
fretta, prima che suo padre la dia a questa deplorevole … creatura.»
«Farò quello che posso», disse Edward, «ma non posso promettere che lui
sarà d’accordo.»
La porta si aprì e Emmett entrò. Edward alzò un sopracciglio perché non
si era annunciato, ma annuì in segno di saluto. Lui e Emmett non erano tornati
alla relazione calorosa e stretta che avevano prima che Edward scoprisse il
tradimento di lui, e forse non vi sarebbero mai tornati, ma almeno riuscivano a
comunicare senza rancore da parte di Edward.
«Fratello, hai un momento?» chiese Emmett.
Edward sospirò. «Altre cattive notizie?»
Emmett considerò. «Non ne sono sicuro.»
Edward alzò impaziente una mano in aria. «Avanti, tira fuori.»
«Gardiner ha parlato con Padre Jacob. Non so bene perché, ma di certo non
a nostro beneficio.»
Edward gemette. «Quand’è l’ultima volta che sei stato a messa, Emmett?»
Emmett ci pensò. «Non me lo ricordo. Il mio matrimonio conta?»
Edward gemette di nuovo. «Emmett, per il bene di tutti noi, devi farlo.»
«Io non sono un Papista», disse Emmett strusciando i piedi. «Non riesco a
fingere bene come te, Edward. Uhh, chiedo scusa, Padre Jasper.»
Jasper ridacchiò. «Nessuna offesa, figliolo.»
«Rosalie va a messa in continuazione», offrì Emmett. «Questo conta?»
Edward chiuse gli occhi. Indicò prima Padre Jasper e poi Emmett. «Tu,
vieni con me. Tu, vai a messa.» Si avviò alla porta a passo di marcia.
«Adesso?»
Edward girò sui tacchi.
«Ci penso io!» cinguettò Bella. Saltò sulla sedia vuota, colpì Emmett
dietro la testa e poi scese.
«Ow!» si lamentò Emmett.
Bella prese a braccetto Edward e andarono verso le porte del palazzo.
Dovevano sbrigarsi, o avrebbero perso l’onda di marea sul Tamigi e avrebbero
dovuto prendere una portantina, molto più lenta, per andare alla Torre
«Hai pensato a cosa le dirai?» chiese Bella a Edward mentre salivano
sulla chiatta.
«Ho intenzione di dirle la verità», disse Edward. «Deve sapere quanto è
pericolosa la sua situazione. Le daremo un giorno o due per pensarci e
scommetto che al nostro ritorno sarà più disponibile alla conversione.»
Trovarono Jane seduta a un tavolo, gli ingranaggi interni di uno dei suoi
orologi sparsi davanti a lei, il libro sugli orologi al suo fianco. Brillò
quando vide Edward e Bella. «Cugini!» disse. «Che piacevole sorpresa.» Ignorò
completamente Padre Jasper, che si mise seduto su uno sgabello vicino al camino
ed osservò.
«Non così piacevole come pensi, Jane», replicò Edward, dandole un bacio
leggero sulle labbra prima che lo facesse anche Bella. «La questione è grave,
veramente.»
Jane sbuffò. Poi ridacchiò. Poi scoppiò in una risata travolgente e quasi
cadde dalla sedia, lacrime di ilarità che le rigavano le guance mentre Bella e
Edward la guardavano basiti.
«Scu-scusate», boccheggiò lei. «Solo che … l’esecuzione, una questione grave!»
(la parola “grave” significa anche tomba-ndt) E scoppiò di nuovo a ridere.
«Te l’hanno detto, allora?» chiese Edward quietamente. Scansò una pila di
carte e si mise seduto su una sedia con i braccioli, lo fece senza pensare,
cercando automaticamente la seggiola che spettava al suo rango, come era stato
programmato fin dalla sua infanzia. Bella sedette vicino a lui su una seggiola
più bassa. Cercò di mettersi il più possibile comoda. Sedersi, con la sua
pancia sempre più grande e il corpetto era una tortura.
«Sì, me l’hanno detto», disse Jane. Non sembrava turbata dalla notizia.
«Tu non devi morire, Jane.» Edward si chinò in avanti e appoggiò le
braccia sulle ginocchia. «Parlerò con la Regina di lasciare la corte. Potrai
venire vivere con Bella e me, e goderti i tuoi libri. Cullen Hall ha una grande
biblioteca e possono mandarmi dei libri …»
«Grazie, cugino. Sembra bello. Ma io non posso negare la mia fede per
allungare di qualche anno la mia vita.»
«Qualche anno! Jane, tu non hai che sedici anni! Potresti vivere per tre
volte questo numero prima di mettere il primo capello grigio.»
«Esageri un po’, immagino.»
Edward sospirò. «Sento i miei primi capelli grigi arrivare adesso,
infatti. Parlerai almeno con Padre Jasper?»
Jane sorrise. «Se questo ti fa felice, cugino, farò quello che chiedi. Ma
comprendi bene che non ho scelto la mia fede per ignoranza della sua
controparte.»
«Voglio salvarti, Jane, non lo capisci? Hai vissuto a malapena e già
butti via la tua vita.»
Jane si alzò e gli mise una mano sulla spalla. «Non lo faccio alla
leggera, cugino. Capisco ciò che non avrò. Ogni volta che guardo te e tua moglie,
so quello che non avrò.»
Edward trasalì. Anche se la Regina si fosse convinta a risparmiare la
vita di Jane, le sue possibilità di avere un matrimonio felice e amorevole
erano quasi nulle. La Regina non avrebbe mai più permesso a Jane di sposarsi
dopo aver giustiziato Guildford. Non avrebbe mai rischiato la nascita di un
bambino che sarebbe stato un altro pretendente al suo trono.
Fu abbastanza per mandare fuori strada Edward per un momento. Per cosa
stava salvando Jane? Una vita agli arresti domiciliari con solo i suoi libri
per compagnia mentre ascoltava i suoi orologi ticchettare ogni arido secondo?
Poteva attirare Jane perché il suo tempo quieto a leggere era l’unico tipo di
felicità che avesse mai conosciuto, ma a Edward faceva male il cuore pensando a
quanto fosse vuoto.
Disperato, Edward disse, «Jane, perfino la Regina Maria ha abiurato quando
la sua vita era in gioco.»
Jane inclinò la testa. «Dovrei rispettare questo, Edward?»
Non aveva risposte per questo.
Jasper parlò nel silenzio. «Lady Jane, le nostre fedi non sono così
differenti. Entrambi preghiamo lo stesso Gesù, da cui scaturisce la nostra
salvezza. Tutto il resto sono inezie.»
Jane scosse la testa. «Quelle inezie sono peccaminosa idolatria.»
Edward all’improvviso ridacchiò. «Ricordi quell’estate a Newhall, Jane? Stavi
camminando lungo il corridoio dietro Lady Wharton e le chiedesti perché si
inchinava quando passava davanti alla porta della cappella.»
Gli occhi di Jane brillarono. «Sì, me lo ricordo. Le chiesi se la
Principessa Maria fosse là dentro, e lei mi disse, ‘No, io mi inchino a colui
che mi ha fatto’.»
«Intendeva l’Ostia», spiegò Jasper quando Bella apparve confusa.
«I Papisti credono che Dio sia fisicamente presente in quel pane», disse
Jane sprezzante. «Io le chiesi come poteva il pane essere Colui che ci ha
fatto, se era stato fatto dal fornaio.»
Edward non poté fare a meno di ridere a quel ricordo. «Oh, come si offese
Maria quando lo seppe!»
«Mi aveva regalato una collana di granato il Natale precedente. Il Natale
dopo ebbi un paio di guanti.» Jane soffocò una risata.
Edward prese tra le sue la mano di Jane. «Ti prego, Jane. Prendi in
considerazione ciò che ha da dirti Padre Jasper. Promettimelo.»
Jane annuì. «Prometto che lo prenderò in considerazione.» Ma Edward
vedeva la negazione nei suoi occhi, sospirò e scoccò un’occhiata a Bella.
«Resterete per cena?»
«Ne saremmo felici», rispose Edward.
Il pasto fu servito nella piccola stanza adiacente. Il tavolo era coperto
con un lussuoso tappeto turco. E Jane aveva tre domestici che si prendevano
cura di lei, come se fosse ancora la Regina. Il suo servitore personale si
incaricò di servire e tagliare la carne. I cibi era probabilmente più semplici
di quelli cui era abituata Jane, ma erano ben conditi e deliziosi. Bella
mangiò delle belle porzioni di porri e pastinaca, al momento i suoi preferiti.
«Ma tu non hai preso carne,» protestò Jane quando vide il contenuto del
piatto di Bella. «Hai bisogno di carne per il bambino. Vuoi avere un maschietto
in salute, no?»
Edward fece spallucce. «Lei desidera le verdure», disse. «Ed è pericoloso
non accontentare le voglie di una donna gravida.»
Jane rise piano. «Tu probabilmente sei abbastanza vecchio da ricordare la
storia della terza moglie di Re Enrico, Jane, che voleva quaglie grasse quando
era gravida del Principe.»
Edward annuì. «Dovette mandare a cercarle per tutta la Francia e la
Regina Jane continuava a lamentarsi che non erano abbastanza grasse. Devo
ringraziare Dio che tutto quello che vuole la mia Bella siano verdure.»
«Finché non diventerà difficile trovarle, col freddo», lo avvertì Jane.
Edward a questo non aveva pensato. C’erano ancora delle verdure
conservate dalla raccolta, ma andando avanti l’inverno, sarebbe stato più
difficile averle. Avrebbe dovuto mandare a cercarle sul Continente, pensò. Gli
venne un’idea: avrebbe fatto cercare dei portingales (arance dolci importate da
Ceylon dai mercanti portoghesi, da cui il nome-ndt). Per quel che ne sapeva,
Bella non li aveva mai mangiati, e sembravano una cosa che potesse piacerle.
«Quando nascerà il bambino?» chiese Jane.
«Ho concepito in settembre, quindi conta tre mesi indietro, e direi
intorno a giugno o i primi di luglio, credo», rispose Bella.
«Spero di vederlo», disse piano Jane.
«Lo vedrai», dichiarò Edward, la voce ferma e risoluta.
Ellen, la balia di Jane, scoppiò in lacrime e corse via dalla stanza, la
faccia nascosta nel grembiule.
«Sperava di essere la balia dei miei figli», disse Jane, a nessuno in
particolare. «Edward, ti assicurerai che ci si prenda cura di lei, se …»
Jane non finì la frase, non ce n’era bisogno.
«Lo farò», disse Edward fermo. «Sia la mia piccola Elizabeth che il
nostro nuovo bambino avranno bisogno di una persona amorevole che si prenda
cura di loro.»
«Grazie», sussurrò Jane. Cercò di scacciare le lacrime e subito tornò a
una calma compostezza. Non avrebbe pianto per il suo destino, ma per quello
della sua amata balia doveva lottare contro le lacrime.
Edward perse l’appetito. Guardava giù
il suo piatto finché Bella gli prese la mano. Speranza, gli sillabò.
Maria diede loro solo una settimana, e poi dichiarò la situazione senza
speranza. Jane non si sarebbe convertita e sia Renard che Gardiner insistevano
perché si procedesse con la sentenza.
Edward implorò. In ginocchio, implorò, ma Maria non vacillò. Jane si
frapponeva tra Maria e quel matrimonio che lei voleva così disperatamente, e
probabilmente aveva convinto se stessa che la ribellione era stata unicamente
opera dei protestanti che si raccoglievano intorno a Jane.
«Deve essere fatto», disse a Edward, anche se le lacrime le brillavano
negli occhi. «Non ho scelta. Potresti non neutralizzare la sua minaccia, anche
convertendola. Jane ha firmato questa condanna a morte prima che i documenti
arrivassero nelle mie mani.» Maria prese la sua penna e scrisse Marye, the
Quene, e le spalle si Edward si abbassarono. Era finita. Non c’era altro
che potesse fare.
Andò a casa quella sera, sconfitto, già in lutto per la giovane cugina.
Bella lo strinse senza parlare nel loro letto. Nessuno dei due dormì quella
notte.
Uscirono di casa prima dell’alba, entrambi vestiti di scuro, come si
conveniva all’evento che andavano a presenziare. Padre Jasper li aspettava
fuori vicino alla portantina. Anche gli uccelli erano silenziosi, quella
mattina, notò Bella, una mattina gelata in un silenzio profondo e inquietante
mentre salivano sulla portantina. Mattoni caldi avvolti nella flanella erano
posti dentro per il loro comfort e Edward armeggiò con il mantello che copriva
Bella per paura che prendesse freddo. Bella, che poteva rompere lo strato di
ghiaccio di un lago per nuotarci dentro, lo lasciò fare. Era qualcosa a cui lui
poteva rimediare, e pensava che in questo momento ne avesse bisogno.
Arrivarono alla Torre all’alba e non appena attraversarono il cancello,
si trovarono immediatamente di fronte la vista dei carpentieri che martellavano
indaffarati preparando il patibolo. Una balla di fieno era lì vicino. Le tavole
del patibolo ne sarebbero state ricoperte per assorbire il sangue, ma quelle
stesse tavole erano già macchiate da tutte le vite che vi erano state perse
sopra. Su quelle stesse tavole erano morte Anna Bolena e Kathryn Howard. Bella
rabbrividì passando lì vicino e alzò gli occhi verso la finestra di Jane, e la
vide lì, che guardava la costruzione. Sorrise e fece un gesto di saluto con la
mano quando vide Bella.
Jane era vestita con un semplice vestito nero, la schiva fanciulla
protestante fino alla fine. Baciò Bella e Edward e poi si sedette di nuovo al
tavolo per finire le dediche che stava scrivendo sul suo libro di preghiere. «Bella,
questo lo darò a te … fuori. Ti chiedo di fare in modo che venga dato a mio
padre.»
«Lo farò», promise Bella.
«Hanno riportato qui il corpo di Guildford», disse Jane, mentre la sua
penna grattava alacremente. «È stato giustiziato all’alba sulla collina di
Tyburn. Ieri sera aveva chiesto di vedermi un’ultima volta, e glielo avevano
permesso, ma ho pensato che fosse meglio rifiutare. Era molto emotivo,
secondo quello che ho sentito.»
Jane finì di scrivere e rimise la penna nel calamaio. Usò un po’ di
sabbia per asciugare l’inchiostro e poi lo soffiò via con gentilezza dalle
pagine. Chiuse il libro e ne accarezzò la copertina. Alzò lo sguardo su Edward
e Bella, gli occhi pieni di compassione. «Non siate tristi, cugini, vi prego.
Un momento di dolore e sarò felice per sempre. Ci riuniremo in cielo, lo so.
Dio ti perdonerà per esserti conformato, Edward. Il tuo cuore è fedele al
nostro credo.»
«Jane, c’è ancora tempo», disse Jasper. «Puoi ancora salvarti. Una nota
alla Regina …»
Lei gli sorrise con gentilezza. «Grazie, Jasper. Tu sei stato così
gentile con me, in questa settimana, e la mia fede è stata rafforzata da te. Ma
non vedi che io sto per essere salvata? Sto per essere salvata dai miei
giorni disgraziati e mandata verso le ricompense del paradiso. La mia casa in
cielo sarà una magione con molte stanze, perché la mia fede non ha mai
vacillato.»
«Ti prego, permetti a me e a Bella di costruire un annesso contro i suoi
muri, quando arriveremo», scherzò Edward, anche se la sua voce era instabile e
i suoi occhi brillavano di lacrime trattenute.
Jane ridacchiò e gli prese le mani. «Vi amo entrambi per ciò che avete
tentato di fare per me. Bella, voglio che tu abbia i miei orologi, e Edward, ti
prego, aggiungi i miei libri alla tua biblioteca. Mi piace l’idea che vostro
figlio un giorno li scopra sugli scaffali.»
Edward accettò, anche se sapeva che la maggior parte di essi sarebbe
stata bruciata dopo la sua morte, quelli che contenevano idee ‘eretiche’,
La Bibbia Inglese di Jane, Il suo Libro delle Ore, stampato prima che
Maria mandasse indietro gli orologi e ordinasse che tornasse in uso quello dei
tempi di suo padre. Edward non era neanche sicuro che Bella avrebbe potuto
mantenere la sua promessa di dare al padre di lei il libro che portava Jane.
Jane guardò oltre loro, dalla finestra. Una folla si era assiepata
intorno al patibolo terminato e il carnefice era intento a cospargere di paglia
le assi. Del velluto nero era stato attaccato ai bordi, una cortesia per il
rango di Jane, anche se la sua famiglia era stata spogliata dei titoli
nobiliari. Per legge, avrebbe dovuto essere giustiziata sulla collina di
Tyburn, come Guildford, ma Maria le aveva garantito la misericordia minima di
un’esecuzione privata nella Torre. Edward pensava che fosse più per contenere
eventuali discorsi protestanti, che Jane avrebbe potuto fare, verso un pubblico
più piccolo, ma Edward sapeva che le sue parole si sarebbero comunque diffuse
ovunque.
«C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, e il giorno della
nostra morte è migliore del giorno della nostra nascita.» Jane alzò
il libro delle preghiere e guardò il Conestabile della Torre, Sir John Bridges,
che attraversava il Green verso gli alloggi. «Voi due siete stati dei veri
amici, per me, e prego che Dio invii la sua benedizione su di voi.»
Bridges entrò, e la sua faccia diceva che Jane si era fatta molti amici
tra i custodi della Torre. «Siete pronta, mia lady?» chiese con voce gentile.
«Sono pronta», disse Jane con un sorriso. «Vi ringrazio per le tante
gentilezze che avete avuto nei miei confronti, sir John.»
Edward prese il braccio di Jane e Bella camminò vicina dall’altro lato.
La signora Ellen e le altre governanti che avevano servito Jane, li seguirono
soffocando il loro pianto nei fazzoletti.
Jane leggeva dal suo libro delle preghiere mentre camminava, ma non girò
mai la pagina e Edward pensò che i suoi occhi erano semplicemente fissi sulle
parole, così da non dover guardare il patibolo più del necessario. Il carnefice
era al centro del patibolo vicino al ceppo. Indossava pantaloni e un
giustacuore di cuoio, sopra una camicia nera. Un cappuccio nero copriva il suo
volto, con due buchi tagliati sugli occhi. L’ascia che avrebbe usato era ai
suoi piedi. Allungò una mano quando Jane si avvicinò al bordo del patibolo per
aiutarla a salire. Edward sollevò Bella e poi salì dietro di lei, dando poi una
mano a Padre Jasper che era impacciato dalle sue vesti. Poi rimase ad assistere
la balia Ellen e le altre domestiche che avevano servito Jane nella Torre. Il
pubblico apprezzò la vista del Duca di Cullen, il nobile di più alto rango del
paese, che assisteva domestiche di bassi natali, ma le donne stesse erano
inconsapevoli dell’onore. Tutte loro singhiozzavano forte nell’aria fredda e
silenziosa.
Edward condusse Bella sul retro del patibolo insieme agli altri. Jane era
in piedi da sola davanti al ceppo. Tremava, forse per il freddo, forse un po’
per la paura, ma il suo contegno era calmo e sereno, come se fosse in chiesa.
Il boia si inginocchiò davanti a lei. «Mi perdonate?» chiese.
«Sì, sir, vi perdono molto volentieri», disse Jane. «Vi prego, uccidetemi
in fretta.» Fece un gesto verso Ellen, che si avvicinò per dargli un sacchetto
di monete, il tradizionale obolo che veniva dato per assicurarsi una morte
rapida.
Si voltò verso il pubblico e la sua voce piccola e dolce risuonò in
quell’immobilità. «Buona gente, io sono venuta qui a morire e secondo la legge
sono stata giustamente condannata. Gli atti di tradimento verso Sua Altezza la
Regina sono contro la legge, ed io ho acconsentito ad accettare il trono. Ma io
non l’ho mai chiesto o desiderato, e di questo ho le mani pulite. Di fronte a
Dio e di fronte a voi, buona gente cristiana, prego che tutti voi siate
testimoni che muoio come una vera donna cristiana, e spero di essere salvata
per mezzo di niente altro che la pietà di Dio, nel merito del suo unico figlio
Gesù Cristo. E confesso, quando ho conosciuto la parola di Dio, l’ho trascurata
lo stesso, amando me stessa e il mondo, e per questo merito questa punizione
per miei peccati. E ancora, rendo grazie a Dio per avermi dato il tempo di
pentirmi. E ora, buona gente, mentre sono viva, vi prego di assistermi con le
vostre preghiere.»
L’ultima frase sottolineava la fede protestante di Jane, che rifiutava la
nozione del Purgatorio e le preghiere per i morti. Si voltò verso Sir Bridge e
chiese, «Posso recitare un Salmo?»
Lui annuì, e Edward notò che aveva gli occhi umidi.
Jane aprì il libro, ma non aveva bisogno di leggere mentre recitava il
Salmo cinquantuno in inglese. « Abbi pietà di me, o Signore, secondo
la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato …»
La sua voce morì dopo le ultime parole, e per un lungo momento, sembrò la
ragazzina spaventata, perduta e senza speranza che era. Jasper si avvicinò e
ripeté il Salmo in latino, e questo, in qualche modo, sembrò dare a Jane la
forza di cui aveva bisogno. «Grazie, Padre Jasper», mormorò. «Spero che ci
incontreremo ancora in cielo.»
Si voltò e diede le poche cose che aveva in mano ai suoi amici sul patibolo.
Premette il libro tra le mani di Bella e sussurrò, «Fino a quando ci
rincontreremo», prima di spostarsi verso Ellen, la balia che era stata con lei
tutta la vita e che adesso l’avrebbe vista morire. Diede in mano a Ellen un
fazzoletto, di cui Ellen aveva dolorosamente bisogno in quel momento, e diede i
guanti che portava alla signora Jacob, una delle donne che si erano prese cura
di lei.
Tornò al centro del patibolo e cominciò a togliersi il vestito, perché i
vestiti del condannato erano un altro tradizionale pagamento per il boia. Il
vestito era stato allacciato lento dietro, per poter essere rimosso con
facilità, ma le mani tremanti di Jane non riuscivano ad aprirlo. Il boia si
avvicinò per assisterla, e Jane lo allontanò. Un debole, distante sorriso le
affiorò sulle labbra, come se sentisse di spogliarsi del mondo insieme con il
vestito. L’ultima cosa che si tolse fu il copricapo di velluto nero, coperto di
perline nere lucide. Sotto, i suoi capelli erano stati acconciati in alto sulla
testa, per lasciare scoperto il collo sottile. Rimase in piedi a rabbrividire
con la camicia e la sottoveste, il biancore niveo in sorprendente contrasto con
la desolata, grigia mattina.
Bella si avvicinò con la benda che le era stato dato da Sir John quando
l’attenzione di Jane era altrove. Avrebbe dovuto essere Ellen a fare questo, ma
Ellen non era in condizioni di fare altro che piangere. Bella sorrise a Jane, e
Jane chiuse gli occhi prima che Bella le mettesse con gentilezza la benda e
gliela legasse dietro la testa. Bella era in qualche modo confortata, sapendo
che l’ultima cosa vista da Jane sarebbe stato il sorriso amorevole di uno dei
suoi amici. Arretrò fino al suo posto a fianco a Edward e lui le mise un
braccio alla vita.
Jane sentì lo scricchiolio del cuoio mentre il boia prendeva posto e gelò.
«Me la … toglierete prima che io mi stenda?» chiese con voce tremante.
«No, mia lady», promise il boia.
Il loro scambio aveva fatto dimenticare a Jane in che punto fosse sul
patibolo. Si inginocchiò lì dov’era, invece di andare avanti e inginocchiarsi
di fronte al ceppo. Allungò le mani alla cieca, cercandolo. «Dov’è? Cosa devo
fare? Dov’è?» La sua voce, che era stata ferma e forte fino a quel punto, si
spezzò e tremò.
Edward si lanciò in avanti. «Ti aiuto, Jane», sussurrò. Lei emise un
respiro violento che suonò come un singhiozzo. «Muoviti in avanti, verso di me»,
le indicò Edward, e Jane obbediente andò avanti sulle ginocchia, facendo
scricchiolare la paglia, finché Edward poté mettere le sue mani sul ceppo. Lei
rilasciò un altro violento respiro quando lo toccò, metà singhiozzo, metà
sollievo, forse perfino in parte una risata. Edward arretrò e prese la mano di
Bella, stringendola più forte di quanto intendesse, ma Bella non fece un fiato.
Le piccole mani bianche di Jane si mossero sulla forma del ceppo, poi vi
si chinò sopra, appoggiando il mento nella depressione. «Signore, alle tue mani
affido il mio spirito. Signore, alle tue mani affido il mio spirito …» Tolse le
mani, con un po’ di sforzo e allargò le braccia in fuori, il segnale per il
boia che era pronta. Le parole divennero più rapide. «Signore, alle tue mani
affido il mio spirito. Signore, alle tue mani-»
L’ascia cadde. Le braccia di Jane ricaddero flosce sul patibolo.
Bella si voltò, nascondendo il volto nel petto di Edward. Lui la tenne,
disegnando cerchi sulla sua schiena per calmarla, i suoi stessi occhi
pietrificati dal piccolo corpo di sua cugina. Il torso scivolò di lato,
pompando sangue sulla paglia e gocciolò tra le tavole per finire, come una
macabra pioggia, sulla pietra sottostante.
Il boia sollevò la testa di Jane per i capelli. «Così periscono tutti i
nemici della Regina. Guardate la testa di un traditore.» Recitò le frasi
convenzionali, ma nelle sue parole mancava la convinzione.
«Dio salvi la Regina Maria», disse sir Bridges, ma la folla rimase
silenziosa. «Dio salvi la Regina Maria», ripeté più forte, e la folla mormorò
in risposta.
«Per favore, possiamo andare via?» chiese Bella. «Per favore?»
«Sì, possiamo andare», disse Edward. Scese dal patibolo, evitando la
pozza di sangue che si allargava. La folla si aprì per loro. Trovarono Alice
all’imbarcadero che li aspettava vicino alla chiatta, gli occhi fissi sul
fiume. Non era stata capace di guardare. Non conosceva molto bene Jane, ma il
suo cuore tenero non sopportava di essere testimone della sua morte.
«Ricorda quello che hai visto qui, oggi», disse Edward a Bella. «Ricordatelo
bene. Un giorno Maria ti chiederà di questo, e voglio che tu le racconti ogni
singolo momento. Voglio che tu glielo descriva così bene che le bruci nella
memoria. E spero che lo porterà con sé per il resto della sua vita.»
Note storiche
-
Mark Smeaton era uno degli uomini accusati di adulterio con la madre di
Elisabetta, Anna Bolena. Essendo l’unico borghese tra i supposti amanti di
Anna, Mark fu probabilmente torturato. Fu anche l’unico che confessò, ma la sua
confessione poteva facilmente essere smontata se qualcuno fosse stato veramente
interessato alla verità in proposito. Lui “ammise” di essere stato a letto con
la Regina in determinati luoghi e date in cui lei poteva provare di essere
altrove, e una delle date era subito dopo che Anna aveva partorito.
Probabilmente a causa della sua “cooperazione” nel confessare, Mark fu
decapitato, invece che essere squartato, che era la morte tradizionale data ai
traditori.
-
Il commento di Jasper sulle “inezie” si basa su qualcosa che Elisabetta
disse dopo essere salita al trono: “ C’è un unico Cristo, Gesù, un’unica
fede. Tutto il resto è una disputa sulle inezie.”
-
“Portingales” erano arance dolci. Le arance amare, importate da
Siviglia, venivano comunemente candite. I portingales venivano importati da
Ceylon dai mercanti portoghesi, da cui il nome.
-
Quando Jane non riuscì a trovare il ceppo, i suoi domestici e i suoi
amici gelarono, insicuri su cosa fare. La storia registra che un membro del
pubblico che assisteva saltò sul patibolo e la aiutò. Si legò da sola la benda,
perché i suoi domestici non erano in condizioni di assisterla. Deve esserci
voluta una gran dose di coraggio a restare così composta di fronte al crollo
emotivo dei propri amici. In questa storia, ho dato a Jane Bella e Edward ad
assisterla, il tipo di amici che avrei voluto avesse la povera ragazza.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/16/The-Selkie-Wife
Capitolo 16
Bella era quieta e riflessiva quando lei e Alice uscirono per andare a
corte, la mattina successiva. Edward si era rifiutato recisamente di andare e
aveva detto a Bella di scusarlo perché stava male, se le avessero chiesto della
sua assenza. Non era una bugia. Stava male nel cuore, male nel profondo della
sua anima per quello che era successo alla sua povera, piccola cugina nel nome
dell’opportunità politica.
Bella non andò nelle stanze della Regina quando entrò nel palazzo, ma
decise di andare a vedere la Principessa Elisabetta, che continuava ad essere
prigioniera nella sua stanzetta, una cella, a voler essere precisi, da quando
era stata riportata a palazzo. Nel periodo che avevano passato a tentare di
salvare Jane, Bella non aveva avuto il tempo di fare visita ad Elisabetta e si
sentiva piuttosto in colpa per questo.
Lei ed Alice girarono l’angolo e boccheggiarono contemporaneamente.
Elisabetta era portata per il corridoio da un grosso gruppo di guardie della
Torre in livrea. Teneva la testa alta, ma la sua faccia era bianca come latte e
i suoi occhi guardavano in distanza, oltrepassando Bella senza il minimo
accenno di riconoscimento.
Kat Ashley seguiva il gruppo, con le lacrime che le rigavano il viso
incontrollate. «Kat!» gridò Bella afferrandole il braccio.
Kat sbatté gli occhi e sembrò notare Bella per la prima volta. «Vostra
grazia», disse inchinandosi.
«Kat, in nome del cielo, cosa sta succedendo? Dove stanno portando Elisabetta?»
«Alla Torre, mia lady», rispose Kat.
Bella si sentì come se le avessero dato un pugno. «No», disse con voce
piccola.
«Volevano portarla ieri, ma Bess ha citato una legge per cui tutti i
soggetti nobili accusati di tradimento hanno il diritto a una petizione al
sovrano. La Regina ha rifiutato di vederla, come aveva rifiutato di vederla
ogni volta che glielo ha chiesto questa settimana. Allora le hanno lasciato
scrivere una lettera alla Regina, ma le ci è voluto così tanto che quando aveva
finita, l’onda di marea era passata e non hanno potuto portarla alla Torre.
Dicono che la Regina fosse rabbiosa per il ritardo.»
Proprio da Elisabetta, pensò Bella, e ricordò quanto le aveva detto la
Principessa, sull’estorcere un giorno in più, un’ora in più …
«Perché non portarla via terra allora, se erano così ansiosi?» chiese
Bella.
«Temono che la folla la veda passare per la strada sulla via della
Torre, e possa esserci un’altra sollevazione.» La voce di Kat era bassa e cupa.
Vide le guardie ed Elisabetta diretti verso le porte del palazzo. «Mia lady,
devo andare.»
«Vengo con te», disse Bella.
«No!» gridò Alice. «No, Bella, non farlo!»
«Vai a casa», la istruì Bella. «Più veloce che puoi, e di’ tutto a Edward»,
disse Bella in fretta.
«No, Bella!» Alice provò ad afferrare Bella, ma lei gentilmente allontanò
le sue mani.
«No, vai da Edward!»
Bella e Kat si precipitarono per il corridoio dietro le guardie e fuori
dal portone in tempo per vedere Elisabetta sollevata da una delle guardie e
caricata sulla chiatta, quando si rifiutò di camminare.
«Mettete giù le mani dalla persona della Principessa Elisabetta!» urlò
Kat, scioccata e furiosa che un borghese avesse osato toccare una Principessa
di sangue reale. Marciò verso la guardia in questione e lo colpì sulla testa
col ventaglio. Lui sembrò stupito, ma provò a rispondere. «Signora Ashley …»
«Non osare rispondermi, John Knollys!» gridò Kat. «Conosco tua madre. E
sta’ sicuro che saprà del tuo comportamento oltraggioso, oh sì, che lo saprà!»
Elisabetta ghignò e Knollys abbassò la testa con aria mortificata.
«Sali», ordinò Kat a Bella, e Bella obbedì, riconoscendo la Voce
dell’Autorità quando la sentiva. Salì sulla chiatta solo per essere bloccata da
Knollys. «Ho istruzioni di portare solo la Principessa Elisabetta e le sue
dame.» Bella si erse in tutta la sua altezza e lo guardò gelida in faccia. «Io
sono la Duchessa di Cullen. Come osi presumere di potermi dire dove posso
andare?»
E con sua grande sorpresa, funzionò. Lui fu immediatamente contrito. Si
abbassò su un ginocchio chinando la testa. «Le mie scuse, vostra grazia. Non vi
avevo riconosciuto. Vi prego, perdonatemi, vostra grazia.»
Bella sorrise con dolcezza. «Ma certo che vi perdono.» E lui arrossì come
uno scolaretto sorpreso a guardare una ragazza carina.
Lei andò a sedersi a fianco di Elisabetta, ma Elisabetta le diede di
gomito e sussurrò, «Mettiti dietro, Bella. Voglio che la gente possa vedermi da
tutti i lati.» E così Bella si ritrasse sotto il baldacchino a fianco di Kat,
che spiegò una pesante pelliccia su Bella, rimboccandola alle spalle.
«Non devi prendere freddo», mormorò Kat.
Bella accettò queste cure per conto terzi. Se Kat non poteva prendersi
cura di Elisabetta, si attaccava all’obiettivo adatto più vicino.
Un uomo sul retro della chiatta cominciò a battere su un tamburo, il
suono appositamente attutito per evitare di attirare troppo l’attenzione. I
rematori allineati ai lati cominciarono a vogare a ritmo con esso. Le insegne
reali erano dipinte sui lati della chiatta, quindi non c’era da sbagliarsi sulla
figura che sedeva al centro, la schiena dritta come una tavola e il mento
alzato, i luminosi capelli rosso oro che brillavano alla luce del sole che
cercava di insinuarsi tra le nuvole che si stavano raccogliendo. La gente
indicava e correva sulle rive del fiume a guardar passare la chiatta.
«Forse, mia lady, sarebbe meglio se vi spostaste sotto il baldacchino?»
implorò Knollys. Erano state date loro istruzioni specifiche di essere il più
discreti possibile, ed Elisabetta era vistosa quanto si può esserlo, i suoi
capelli brillanti come una fiamma che attirava l’attenzione di chiunque
passasse.
«Sto bene qui», disse Elisabetta nel suo tono più altezzoso e lui si
ritirò sconfitto.
«Gardiner l’ha interrogata», mormorò Kat, tenendo bassa la voce così che le
guardie non potessero sentire. «E’ stato da lei notte e giorno per provare a
farle ammettere di essere parte della ribellione. Ha torturato Wyatt finché
quell’uomo era quasi morto ma non è riuscito a fargli dire che Elisabetta
aveva avuto a che fare con la sollevazione.»
«Non posso credere che si sia arrivati a questo», disse piano Bella.
«Io sì», replicò Kat. «Maria ha sempre creduto il peggio di Bess.»
Bella scosse la testa. «Le vuole bene.»
«Come voleva bene alla piccola Jane?»
Bella spostò lo sguardo. Vide persone sulle banchine che salutavano la
chiatta e delle deboli grida di benedizione per la Principessa.
«Quello, là fuori, è quello che la condanna e la salva allo stesso tempo»,
disse Kat, facendo un gesto verso la folla che gesticolava.
Si avvicinavano alla Torre, la sua cupa massa grigia si stagliava sopra
la linea dell’acqua. Nuvole scure di tempesta rotolavano in cielo e la pioggia
cominciò a battere sul ponte della chiatta.
«Aspettate!» gridò Elisabetta. «Mi state portando al Cancello dei Traditori!»
Il suo atteggiamento calmo e regale iniziò a incrinarsi e cominciò a tremare.
«È solo il cancello sull’acqua», cercò di calmarla Bella. «Edward ed io
l’abbiamo usato ieri quando siamo sbarcati.»
«Io non sono una traditrice!» gridò Elisabetta. «Non entrerò lì! Non ci
entrerò!»
Il vogatore non prestò attenzione, dirigendo la chiatta sotto l’arcata.
La pioggia cadeva più forte, adesso, ed Elisabetta era fradicia fino alle ossa,
rabbrividiva per il freddo e la paura. I capelli erano appiccicati alla sua
testa e l’acqua le gocciolava dalla faccia. Se c’erano lacrime, erano celate.
«Sua madre è morta tra queste mura», disse piano Kat. «Ha avuto l’incubo
di essere trascinata in questo posto come prigioniera fin da quando era
bambina.»
Urtarono contro l’imbarcadero e altre guardie si materializzarono per
aiutare a far attraccare la chiatta. Un uomo vestito di velluto nero venne
verso di loro. «Vostra altezza.»
«Sir John!» esclamò Bella.
Bridges sbatté gli occhi e sorrise leggermente a Bella. «Non avrei mai
pensato di rivedervi così presto, vostra grazia.» Si inchinò profondamente alla
Principessa, che era gelata sulla sua seggiola in mezzo alla chiatta, e poi a
Bella.
«Su, vieni Bess», disse Kat, e il suo tono brusco da ‘niente
stupidaggini’ fece alzare in piedi Elisabetta. Sir John le prese la mano e
praticamente la trascinò giù dalla chiatta sul camminamento lastricato. Le
ginocchia di Elisabetta cedettero e si sedette pesantemente sui gradini che
portavano su fino al livello del suolo.
«Ecco il suddito più leale che sia mai stato su questi scalini. Lo dico
di fronte a Dio.» La pioggia diluviava su di lei, e Bella pensò che mai aveva
visto una cosa così dolorosa, una Principessa d’Inghilterra seduta fuori nella
pioggia come un cucciolo abbandonato.
Bridges si accovacciò davanti a lei. «È meglio se venite dentro, vostra
altezza. Vi ammalerete se rimarrete seduta qui fuori.»
«Meglio qui fuori che dentro, perché Dio sa dove andrò, una volta
entrata.»
Bella trasalì, perché sapeva che Elisabetta si riferiva alle camere di
tortura negli oscuri recessi sotto la Torre, le celle umide dai muri viscidi e
i topi …
Bridges alzò lo sguardo. «Lady Cullen, mi considerate un uomo onesto?»
«Sì», disse Bella. «Siete stato buono con la povera Jane.»
Bridges tese una mano a Elisabetta. Gli occhi di lei guizzarono verso
Bella, e Bella annuì. Elisabetta prese la sua mano e gli permise di trarla in
piedi. Lui si tolse il proprio mantello e glielo mise intorno alle spalle.
Elisabetta gli fece un piccolo sorriso di ringraziamento e lui la condusse
verso i suoi appartamenti. Elisabetta si immobilizzò quando vide che il
patibolo su cui era morta la povera Jane era ancora lì, lo stesso patibolo dove
sua madre aveva perso la vita. Elisabetta sbiancò e vacillò ma Kat le afferrò
il braccio prima che potesse svenire. «Abbi forza, Bess», le sussurrò. «Ci sono
persone che ti guardano.»
Con uno sforzo, Elisabetta ingoiò il suo terrore.
Le guardie della Torre erano allineate lungo il percorso, non per via
degli ordini, ma perché volevano vedere la Principessa. Erano fermi nella
pioggia a dare il loro tributo con la loro presenza e il cuore di Bella si
scaldò alla loro gentilezza.
«Dio salvi vostra altezza!» Una volta
data la voce da un’anima coraggiosa, la cantilena fu ripresa dall’intera fila.
Elisabetta entrò nella Torre Campanaria sotto una pioggia di benedizioni forte
come la pioggia che cadeva dal cielo.
Elisabetta non avrebbe dovuto preoccuparsi. Il suo alloggio era piccolo
ma confortevole, caldo e asciutto, con un grande camino e tre finestre.
Occupava il primo piano della Torre Campanaria, quindi la forma della stanza
era rotonda. Il fuoco crepitava nel focolare e Bella soffocò il bisogno di
scappare via. I mobili e gli altri averi di Elisabetta che non gli era stato
permesso di portare nella sua cella al palazzo, erano stati sistemati qui, così
Elisabetta poteva avere almeno il conforto delle sue cose intorno a sé. Il suo
grande, morbido letto era lì, dalla parte opposta del camino, e gli scaffali
erano pieni dei suoi libri.
Elisabetta era quasi blu e batteva i denti. Kat andò immediatamente nel
guardaroba a prendere dei vestiti asciutti e le altre due domestiche
cominciarono a spogliare Elisabetta dei panni fradici.
«Anche tu, Bella», ordinò Kat e una delle cameriere lasciò Elisabetta e
cominciò a spogliare la Duchessa.
«Non ho delle cose asciutte con me», protestò lei.
«Puoi metterti qualcosa di mio», offrì Elisabetta.
Bella rise. «Sei almeno quindici centimetri più alta di me», disse.
«Allora sarai un nano ben vestito», disse Elisabetta e Bella tirò un
sospiro di sollievo che Elisabetta si fosse calmata abbastanza da scherzare.
Bella le sorrise in risposta e permise alle cameriere di toglierle i
vestiti e rivestirla con le cose di Elisabetta. Kat aveva conservato alcuni
vestiti di Elisabetta di quando era più giovane, e trovarono che calzava
perfettamente il vestito che Elisabetta aveva indossato per il ritratto che
aveva fatto per suo fratello, anche se la gonna era comunque troppo lunga per
le gambe più corte di Bella.
Bella sentì del trambusto fuori e guardò dal piccolo oblò della porta. «È
Edward», sospirò di sollievo.
Bella aprì la porta e parlò con le guardie che gli sbarravano il passo.
«Lasciatelo entrare.»
Le guardie si inchinarono verso di lei, ma non spostarono le picche
incrociate. «Mi dispiace, vostra grazia, ma i nostri ordini sono che la
Principessa non può ricevere visitatori.»
«Io non sono un visitatore. Sono qui per conto della Regina», disse
Edward. I suoi uomini si fecero avanti, le mani alle spade che portavano ai
fianchi.
«Fate largo al messaggero della Regina», disse Edward.
Tra la minaccia degli uomini di Edward, il suo rango, e il suo sguardo
imperioso, le povere guardie erano sopraffatte. Scostarono le picche e Bella si
lanciò tra le braccia di suo marito.
«Sono venuto appena ho saputo.» La abbracciò stretta. «Perché sei venuta
qui, Bella, perché? Per l’amor di Dio …»
Bella lo tirò dentro dalla pioggia e poi si abbracciarono di nuovo. «Voglio
picchiarti e voglio baciarti», disse nei suoi capelli, che erano slegati e le
scendevano sulle spalle perché potessero asciugarsi.
«Non puoi fare tutte e due le cose allo stesso tempo», disse Bella. «Ti
consiglio di sceglierne una.»
Scelse il bacio.
«Salute, messaggero della Regina», disse Elisabetta mentre il bacio andava
avanti, il tono ironico. «Mi sbagliavo nella mia assunzione che ci fosse una
sorta di … be’ … messaggio per me?»
Edward si staccò da Bella con qualche sforzo. «Non sono buone notizie,
Bess. Ti terrà qui, indefinitamente. Voleva mandarti in una casa in campagna
controllata da un cortigiano leale, ma nessuno si è presentato volontario per
l’incarico, tranne me, e non ha voluto darmi una motivazione per il rifiuto
della mia offerta.»
«Parla di questo con Filippo», disse Elisabetta.
«Filippo? Il Filippo di Maria?» ripeté Edward.
«Sì, il Principe di Spagna. Parla di questo, prima che puoi.» Elisabetta
si sedette su uno sgabello vicino al fuoco e Kat cominciò a spazzolarle i
capelli.
«Gardiner sta spingendo in consiglio per un disegno di legge per
diseredarti.»
«Puoi bloccarlo?»
«Non per molto. Renard dice che ha le prove che intendevi fortificare
Donnington e che hai nascosto lì le armi per aiutare la ribellione.»
«Donnington?» ripeté Elisabetta. «Dove?»
«È una delle tue proprietà, minore, una che tu dubito abbia mai visto.»
Elisabetta scosse la testa. «Non ricordavo neanche di possedere quella
casa.»
«Be’, è tua, e Renard dice che avevi intenzione di trasferirti lì da
Hatfield.»
Elisabetta alzò in aria le mani. «Anche se fosse, e allora? Non sono
libera di muovermi nelle mie case come voglio? Maria non ha ristabilito la
legge che dichiara che il tradimento deriva da azioni fatte, non pensieri o
parole? Quali azioni possono provare che io ho fatto?»
«Nessuna, finora», disse Edward.
«Edward! Lo dici come se pensassi che troveranno qualcosa.»
«La definizione di ‘prova’ dipende dalle opinioni e i desideri di
quelli che cercano.» Si guardò attorno nella stanza. «Mi dispiace di lasciarti
in queste difficili condizioni, Bess, ma intendo portare mia moglie a casa con
me.»
«Immaginavo», concordò Elisabetta. «Vieni a trovarmi appena puoi.»
«Farò quello che hai chiesto, e tutto quello che è in mio potere per
tirarti fuori di qui il prima possibile», promise Edward.
Elisabetta le sorrise malinconica. «Lo so, ma Edward, non rischiare la
tua vita per la mia.»
«Lei non ti giustizierà», disse Edward. «So che non lo farà.»
Bella desiderò poterci credere.
La loro portantina attendeva fuori del cancello principale e vi salirono
sopra rabbrividendo nel freddo della sera. Bella dovette tirare le gonne più su
del solito perché erano troppo lunghe. Una volta dentro, Edward tirò le cortine
e prese sua moglie tra le braccia con fiera passione. Baciò Bella finché lei
non fu stordita e senza fiato.
«Sciocca, sciocca ragazza», disse riempendole il viso di baci. «Sono così
arrabbiato con te.» Bacio. Bacio.
«MI dispiace, Edward, ma non potevo lasciarla andare da sola. Era così
spaventata.»
Bacio.
«Ti prego, perdonami.»
Bacio.
«Ti perdono.» Bacio. «Non puoi farne a meno.» Bacio. «Sei
una creatura dal cuore leale.» Bacio. «Ma devi pensare al nostro
bambino, Bella.» Bacio. «Cosa ne sarebbe stato di lui se non avessero permesso
che lasciassi la Torre?» Bacio.
Le sue mani scivolarono sulle caviglie di lei e cominciò a salire tirando
su la sua gonna. Bella si morse il labbro per evitare di mugolare. Gli occhi di
lui erano caldi, socchiusi, di un verde brillante, e guardarli inviò un fulmine
attraverso di lei, fino al punto in cui la sua mano era appena arrivata.
«Edward», disse Bella.
«Shh», disse lui. Le coprì la bocca con la sua. «Ho bisogno di te,
adesso, Bella.» Spostò il corpo su quello di lei, armeggiando tra loro per
aprirsi i vestiti. Nel processo, la sua mano strusciò sulle parti sensibili di
lei e poi cominciò ad accarezzarla in lenti cerchi mentre entrava dentro di
lei, e lei si inarcò, la bocca aperta in un grido che non osò liberare.
«Shh», sussurrò di nuovo. «Dobbiamo essere molto silenziosi e quasi
immobili. Non fare un suono o smetto.»
La mente stordita di Bella aveva ancora abbastanza cognizione da
meravigliarsi di come il suo Edward rispettoso e compassato si fosse
trasformato, dalla cautela esageratamente delicata a fare l’amore in una
portantina in movimento. Era una prima, per lei, e non aveva dubbi che fosse
una prima anche per lui. Il respiro di lei si impennò e lui fece una pausa. «Questo
era un suono», sussurrò con le labbra all’orecchio di lei. «Ti darò un
avvertimento, ma la prossima volta mi fermo.»
Si muoveva lentamente, profondamente, mantenendo quel ritmo regolare con
la sua mano. Bella morse la spalla del suo farsetto mentre un orgasmo, profondo
e lento come le sue spinte, pulsò attraverso di lei. Lui boccheggiò, incapace
di durare oltre sentendo il corpo di lei che gli si stringeva attorno, e si
afflosciò appoggiandosi su di lei per un momento. Si tirò indietro per
guardarla negli occhi. «Ti amo, Bella.»
«E io amo te», disse Bella. «Con tutto il mio cuore, ti amo.»
«Non lasciarmi», sussurrò lui. «Ti prego, Bella. Promettimelo.»
Lei esitò. Non era il tipo di promessa che si poteva fare.
«Lascia perdere», disse lui, abbassando le palpebre per nascondere il
dolore, e rotolò sulla schiena. Si sistemò gli abiti e tirò giù le gonne di
Bella.
«Edward …»
«Ti prego», disse lui. «Non discutiamone. Non posso sopportarlo, in
questo momento.»
Lei rimase in silenzio, ma rotolò in
modo da appoggiare la testa sul suo petto. Ascoltò il battito regolare del suo
cuore mentre lui le accarezzava i capelli.
Thomas Wyatt fu giustiziato al mattino. Bella e Edward non presenziarono.
Nel suo discorso dal patibolo, giurò davanti a Dio che la Principessa
Elisabetta non aveva nulla a che fare con la ribellione. Le voci dicevano che
la notte precedente alla sua esecuzione sua moglie fosse stata mandata ad
implorarlo di implicare Elisabetta in cambio di una pensione per lei e i suoi
dieci figli. Wyatt rifiutò, così come si era rifiutato quando era stato
torturato.
Dopo la sua morte, il suo corpo fu squartato e i pezzi furono inchiodati
in giro per la città come avvertimento per gli altri. Il suo cadavere fu
accompagnato da quelli degli ufficiali che avevano disertato quando erano stati
mandati contro le forze di Wyatt. Furono trascinati via dalle loro case e
furono impiccati su forche improvvisate a fianco delle porte delle loro case.
Si disse che quella primavera, tutta Londra puzzava di carne marcia.
Con un’ampia maggioranza, il consiglio decise che non potevano liberarsi
di Elisabetta senza un processo, e semplicemente non c’erano abbastanza prove,
anche per gli standard lassi di quel tempo, per condannarla. Soprattutto per il
ripristino di Maria della legge sul tradimento che prevedeva azioni manifeste.
E così. Elisabetta avrebbe aspettato in un limbo finché non avessero trovato
abbastanza prove (sia Renard che Gardiner affermavano che ce n’erano già più
che abbastanza) o un leale cortigiano che l’avesse tenuta volontariamente come ‘ospite’
nella sua casa.
Maria era eccitata come una ragazzina. Filippo sarebbe arrivato presto, e
dopo tutto questo tempo, le aveva finalmente mandato una lettera e un dono di
fidanzamento, una grossa perla a forma di lacrima che pendeva da un fermaglio
gioiello. Nel frattempo, lui aveva scritto al consiglio (firmandosi
arrogantemente Philippus Rex, come se fosse già il re), ma non si era
mai preoccupato di scrivere alla sua promessa, che lui continuava a chiamare
sua ‘Zia’ quando scriveva a suo padre. Maria aveva ripetutamente
tormentato Renard perché gli mandasse un messaggio in cui gli diceva che lei
avrebbe gradito una lettera, dato che non le sembrava appropriato scriverle per
prima.
Ogni mattina, sospirava sopra il suo ritratto. Bella, guardando tutto
questo, era di volta in volta imbarazzata per la Regina e arrabbiata. Mentre lei
si gingillava sul ritratto del suo futuro marito, sua sorella languiva nella
Torre preoccupata per la sua stessa vita.
Nelle prime settimane, Maria negò a Bella il permesso di visitare
Elisabetta, e sembrava offesa e risentita che Bella semplicemente glielo
chiedesse. Bella si rifiutò di fare giochi con lei. Maria avrebbe dovuto
conoscerla abbastanza, ormai. Il fatto che adesso Elisabetta fosse in disgrazia
con la Regina, non era, secondo l’opinione di Bella, un motivo per abbandonarla
al suo destino solitario. Non sarebbe stata come uno di quegli untuosi
leccapiedi che cambiavano la propria lealtà a seconda degli umori della Regina.
Alla fine, Maria glielo concesse. «Va bene, vai», sbottò. «Ma riportami
tutto quello che dice.»
Bella era scioccata, ma non si mise a discutere.
Trovò Elisabetta relativamente di buon umore. Bridge era gentile con lei
e le dava, all’interno della Torre, tutta la libertà che poteva. Le era
permesso passeggiare fuori, intorno al perimetro delle mura. Ogni giorno, un
ragazzino si presentava al cancello per portarle dei fiori, e aveva fatto
amicizia con Robert Dudley, il fratello di Guildford. Lui aveva tutto il
fascino e la grazia che a Guildford mancava, e dal modo in cui ne parlava la
Principessa, Bella sospettò che Elisabetta si fosse presa una cotta per lui.
Bella aveva pensato che Maria sarebbe stata compiaciuta di sapere che
Elisabetta stava bene, e fu solo dopo aver riportato tutto alla Regina che
scoprì quanto Maria potesse essere meschina. Le passeggiate quotidiane di
Elisabetta furono abolite e il ragazzino che le portava fiori fu arrestato e
interrogato su quali fossero i suoi motivi e gli fu chiesto se avesse mai usato
i fiori per far avere messaggi alla Principessa.
Bella rimase costernata quando seppe tutto questo (le fu negato di nuovo
il permesso di visitare Elisabetta, quindi le notizie la raggiungevano solo
come voci di corridoio).
«Vostra Maestà, perché?» chiese a Maria un pomeriggio che era
riuscita a farla parlare di questo. Nell’ultima settimana, lei aveva
rabbiosamente cambiato discorso ogni volta che usciva il nome di Elisabetta, ma
oggi, Bella l’aveva sentita aggiungere, riluttante, il nome di sua sorella
nelle preghiere alla cappella.
«Lei mi ha tradito», disse Maria. «Io volevo amarla come una sorella, ma
lei mi ha tradito. Tutti mi avevano detto di non fidarmi. È troppo simile a sua
madre, dicevano tutti, un’intrigante, una bugiarda, un Giuda. Ma io non ci
credevo. Bene, ho imparato la mia lezione! Quella ragazza non è altro che una
serpe nell’erba, in attesa di colpire.»
«Oh, vostra maestà, no …» provò a protestare Bella.
Gli occhi di Maria si assottigliarono. «Mi sono state dette alcune cose …
preoccupanti anche su di voi, vostra grazia.»
Bella dentro diventò di ghiaccio. Provò a parlare ma non uscì parola.
Furono interrotte da un messaggero alla porta. «Vostra maestà, una
lettera per voi.»
Gli occhi di Maria si illuminarono. «Dal Principe Filippo?»
«Sì, vostra maestà.»
La Regina strillò come una ragazzina e ricompensò il messaggero
generosamente. Ruppe ansiosamente il sigillo e scansionò le parole della
lettera. Bella vide la sua delizia svanire, rimpiazzata dallo smarrimento e poi
dalla rabbia. Alla fine lasciò cadere la lettera in grembo.
«Maestà, che c’è che non va?»
«È riuscita in qualche modo a prendere Filippo nella sua dannata rete», disse
Maria. La sua voce si spezzò e gli occhi le si riempirono di lacrime. «MI ha
scritto per dirmi che devo rilasciarla subito. È l’unica lettera che mi ha
mandato in due mesi. Non mi scrive, e quando lo fa, è per parlarmi di Elisabetta.»
Sputò l’ultima parola e poi accartocciò la lettera nel pugno.
«Vostra maestà, mi dispiace …»
«Lasciami», disse Maria piano.
«Vostra maes…»
«Ho detto lasciami!» scattò Maria. Fissava il ritratto di Filippo
come se avesse qualche risposta. Bella si alzò e si inchinò alla schiena di
Maria e lentamente andò verso le stanze che erano riservate a corte per lei e
Edward.
Edward arrivò poco dopo che Bella era entrata nella loro camera da letto
e si stese sul letto completamente vestito. Lei le aveva mandato un messaggio
dicendogli di venire appena possibile perché era veramente persa e non sapeva
cosa avrebbe dovuto fare. Quando arrivò, si stese vicino a lei e lei gli disse
quello che era appena successo nelle stanze della Regina.
«È gelosa», disse Edward. «La sua popolarità sta crollando, mentre quella
di Elisabetta cresce ogni giorno. Vuole così tanto essere amata, Bella, e pensa
che Elisabetta le stia rubando qualcosa, le stia rubando l’affetto del suo
popolo, il tuo. E adesso, Filippo ordina di liberare Elisabetta.»
«Perché l’ha fatto? È per questo che Elisabetta ti aveva detto di
contattarlo?»
Edward annuì. «Lui sa che è improbabile che Maria abbia un erede, e anche
se l’avesse, potrebbe morire di parto. Elisabetta rimane l’erede al trono, e
lui vede l’opportunità di coltivare una relazione con lei. Renard dovrebbe
digrignare i denti.»
«Lei si sta comportando come un bambino viziato», disse Bella.
Edward sospirò. «È alle prese col primo amore e non pensa con chiarezza
in questo momento. Niente sta andando come lei aveva sperato. Filippo non gioca
al fidanzato innamorato, il popolo brontola sulle sue riforme religiose ed è
ostile al suo matrimonio. Crede che sua sorella l’abbia tradita, eppure per
qualche ragione, tutti la amano. Maria non lo capisce.»
«Odio tutto questo», disse Bella. Rotolò di lato e appoggiò la testa sul
petto di Edward. «Odio stare qui. Non capisco questi giochi che dovrei giocare.
Non potremmo andare a casa? A casa a Cullen Hall?»
«Ci proverò, Bella, ma non credo che ci lascerà andare.» Le mise attorno
un braccio e Bella si rese conto che era l’unico posto in cui si sentiva ancora
al sicuro.
Note storiche
-
Amanti dei Tudor, perdonatemi gli spintoni che ho dovuto dare al
calendario. Jane fu giustiziata i primi di febbraio e Elisabetta non fu portata
alla Torre fino a marzo.
-
La lettera scritta da Elisabetta a Maria è conosciuta dagli storici come
“La Lettere della Marea”. Sul retro, sotto il messaggio a sua sorella,
Elisabetta segnò delle righe sulla carta, così che nessuno potesse falsificare
una confessione sopra la sua firma.
-
I soldati in realtà gridarono “Dio salvi vostra grazia”. “ Vostra
grazia” era il titolo usato per i reali, incluso il monarca. Re Enrico VIII fu
il primo ad usare “sua maestà”.
-
Sir John Bridges era il Luogotenente della Torre, non il Conestabile, ma
io ho combinato varie figure in un unico personaggio.
-
Elisabetta viene descritta come “alta”, ma i vestiti che ci sono
arrivati suggeriscono che fosse più o meno 1,63.
-
Il ritratto cui mi riferisco è di Elisabetta adolescente, con una gonna
rossa e forse la famosa collana “B” di sua madre.
-
La perla che Filippo diede a Maria è conosciuta come “La Peregrina” e
appartenne per ultima all’attrice Elizabeth Taylor, regalatale da suo marito
Richard Burton, che la comprò per lei a un prezzo intorno ai trentasettemila
dollari. Il 15 dicembre 2011 è stata venduta a un compratore sconosciuto per
oltre undici milioni di dollari. Il ricavato è andato a una associazione contro
l’’AIDS, come da lei stabilito.
-
Alla famiglia di Wyatt fu data una buona pensione quando Elisabetta salì
al trono, e diede indietro a sua moglie anche alcune delle sue proprietà.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da
Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/17/The-Selkie-Wife
Capitolo 17
Bella andò alla Torre pochi giorni dopo, avendo ottenuto da Maria un
permesso a denti stretti. La sua rabbia verso Elisabetta si era un po’
raffreddata, e a Bella piaceva pensare che fosse un poco a causa sua e di
Edward. Bella e Edward avevano avuto qualche cena privata con la Regina (‘privata’
era un termine relativo, dato che c’erano almeno venti domestici nella sala),
in cui avevano blandito Maria e l’avevano indotta al ‘perdono’ verso la
sorella, dato che lei era assolutamente convinta della colpevolezza di
Elisabetta. Edward ricordò a Maria i pochi anni di Elisabetta. Era una ragazza
di solo vent’anni, che aveva avuto per tutta la vita solo consiglieri
protestanti. Non aveva avuto il beneficio di essere allevata come Maria.
Uno dei più grandi difetti di Maria era che non riusciva a vedere le cose
dalla prospettiva degli altri. Per lei, la verità era così ovvia che chiunque
non fosse d’accordo con la sua opinione sulle cose, doveva farlo per
ostinazione, o in alcuni casi, per malvagità. Erano state emesse le nuove
monete che Maria aveva fatto disegnare. Portavano il motto latino che Maria
aveva scelto per sé: Veritas, Temporis Filia, “ Verità, Figlia del
Tempo”. Era un incapsulamento perfetto di ciò che credeva, che le verità del
cattolicesimo, la saggezza del suo matrimonio, tutto ciò in cui credeva, si
sarebbe rivelato come verità nel tempo.
Bella ebbe il permesso di andare e venire come voleva nella Torre.
Sorrideva e salutava sempre Bridges, quando lo vedeva. Sapeva che stava facendo
tutto quello che era in suo potere per rendere confortevole la cattività di
Elisabetta.
Quel pomeriggio, andò prima nella cappella di St.Peter ad Vincula, dove
era stata seppellita Jane. Edward era stato riluttante a darle tutti i dettagli
della sepoltura di Jane, e una volta che li aveva sentiti, aveva capito perché.
Non c’era stato nessun funerale, le aveva detto lui alla fine. Il corpo della
povera Jane era rimasto dove era caduto sul patibolo, solo con la camicia e la
sottoveste, per quattro ore, mentre tutti cercavano di scoprire cosa avrebbero
dovuto farne dei suoi resti. Non era stata data nessuna istruzione. Forse sua
madre, l’unico membro della sua famiglia ancora in libertà, voleva prendere
Jane per seppellirla nella sua casa d’infanzia a Bradgate? Forse Maria voleva
che fosse seppellita secondo il suo rango? Se doveva essere seppellita nella
cappella con le altre anime sfortunate che erano perite qui, bisognava ottenere
un permesso speciale da Maria, che era ancora Capo della Chiesa, anche se lei
disprezzava il titolo. Inoltre la cappella era cattolica e Jane era una
protestante che non poteva essere seppellita in terra consacrata. Alla fine,
nessuno aveva reclamato i suoi resti. Alle sue dame, infine, fu dato il
permesso di prendersi cura del suo corpo, fu infilata in una cassa di legno e
seppellita nella cappella vicino all’altare.
Bella aveva portato un fiore per ognuna delle persone che riposavano
sotto il pavimento con Jane: Anna Bolena, Kathryn Howard, Thomas More, Margaret
Pole … Lasciò un fiore per ognuno, in una fila ordinata. Bella pensava che Jane
fosse in buona compagnia con Thomas More, e le piaceva immaginarseli, seduti,
nell’aldilà, a discutere di teologia, come Jane aveva fatto con Jasper.
Aveva portato con sé un sacchetto di sabbia da spargere sulle loro tombe,
una tradizione selkie. Doveva aiutare i morti a connettersi con il mare,
l’origine di tutta la vita. Dato che nessuno aveva onorato Jane con preghiere o
letture mentre veniva interrata, Bella ne disse una delle sue. Sperava che Jane
capisse la sincerità del suo intento, anche se non era diretta al Dio in cui
lei credeva in maniera tanto fervente, ma le selkie credevano che la morte
liberasse l’anima dalle sua catene terrene, le nozioni preconcette, i
pregiudizi e le idee sbagliate. Jane avrebbe potuto vedere cosa c’era nel suo
cuore.
Bella versò la sabbia dal sacchetto nella sua mano e soffiò piano,
mandando i granelli sulle pietre del pavimento tutto intorno all’altare.
Sorrise e si voltò per andarsene, e vide Sir Bridges sul portone che la
guardava in modo strano. Gelò per un attimo. L’aveva vista spargere la sabbia?
Bella non sapeva bene come avrebbe potuto spiegarlo, forse come un rituale
delle sue terre lontane del Nuovo Mondo, ma se lui l’avesse vista come una cosa
anticristiana?
Finì che non disse nulla, semplicemente piegando il capo educatamente
quando gli passò vicino. Lui rispose con un profondo inchino e fu tutto. Bella
rilasciò un respiro tremante e andò dritta verso la Torre Campanaria dove era
alloggiata Elisabetta. Era così intenta nella sua missione che andò a sbattere
dritta contro l’uomo che stava attraversando il prato.
«Oh, chiedo scusa», boccheggiò Bella. «Non vi avevo visto, mio lord.»
Era giovane e bello, con occhi scuri e capelli ricci. Lui le fece un
sorriso disinvolto. «No, l’unica cosa che stavate guardando era la punta delle
vostre scarpe. Robert Dudley, al vostro servizio, Madame.» Si tolse il cappello
e fece un inchino aggraziato, quasi come se stesse per mettersi a danzare.
«Oh. Il fratello di Guildford», disse lei, e immediatamente avrebbe
voluto ritirare le parole. Bella, non imparerai mai a controllare la
tua lingua?
Lui sorrise. «Lo sono, ma non usatelo contro di me. E voi sareste?»
«Oh! Io sono Bella. La Duchessa di Cullen.»
Lui sgranò gli occhi. «Ohhh, la principessa indiana che ha sposato il
cugino Edward.»
Bella arrossì.
Il sorriso malizioso di lui si addolcì quando vide che lei era davvero
agitata. «Chiedo perdono, piccola Duchessa. Sono abituato ad allenarmi con Bess
e non ho pensato a rinfoderare gli artigli.»
«Bess?» chiese, il tono un po’ incredulo. «Voi avete familiarità?»
Lui rise. «Mio padre dice che la mia impertinenza mi costerà la testa un
giorno di questi. Se capita, spero che sia per essere sfacciato con una bella
ragazza.»
«I-io devo andare,» disse Bella e fece per oltrepassarlo.
Lui girò sulla strada di lei, come se stesse danzando. «Aspettate solo un
momento, vi prego, piccola Duchessa. Vorrei che portaste un messaggio alla
Principessa per me.»
Bella esitò. Maria voleva Elisabetta guardata a vista per evitare che
ricevesse messaggi. Aveva fiducia che Bella si attenesse alle regole, che era
il motivo per cui le aveva dato un così ampio permesso (Maria pensava anche che
Bella avesse una buona influenza su Elisabetta).
«Solo il verso di una poesia», disse lui facendo spallucce disinvolto.
«Oh, va bene.» Che male poteva esserci in questo?
«Ditele, I am but a deer, stalked in your wood/ Early
summer pomegranates, I’d taste if I could. (Non sono che un cervo inseguito nella tua foresta/ le
melegrane della prima estate, le assaggerei se potessi)
Bella ripeté le parole nella sua testa. «Va bene. Buona giornata a voi,
mio lord.» Stavolta, quando gli passò accanto, lui si voltò semplicemente a
guardarla andar via, un piccolo sorriso in faccia.
Chinò la testa con un sorriso alle guardie alla porta e loro aprirono per
lei. Entrò, sbattendo gli occhi per aggiustarli nella fioca luce all’interno.
«Bella!» La Principessa Elisabetta era acciambellata su una seggiola e
leggeva un libro, i piedi tirati su di fianco. Si alzò quando Bella entrò nella
stanza e la baciò leggermente sulle labbra. «Come stai? Mio Dio, sei più grassa
ogni volta che ti vedo.»
Bella rise. «Con quella tua lingua d’argento andrai lontano, Elisabetta.»
«Siedi, siedi», offrì Elisabetta. Tornò alla sua seggiola, infilando un
dito tra le pagine del libro per tenere il segno. «Come sta mia sorella?»
«Languisce su Filippo, ancora. E la gente sta diventando inquieta, per
questo, così lei è diventata molto suscettibile nel percepire gli insulti. Ho
sentito ieri che un gruppo di bambini giocava a “La Regina contro Wyatt”, e
c’era uno dei ragazzi che faceva il Principe Filippo, che alla fine della scena
veniva catturato e impiccato.»
«Tutto per scherzo, naturalmente.»
«Sì, certo, ma il povero ragazzo è rimasto quasi strangolato perché il
suo cappio finto non era finto abbastanza. Ma non è questo il punto della
storia. Maria ha sentito questa storia e ha fatto arrestare il povero ragazzo e
i suoi genitori, e il ragazzo è stato frustato.» E con ‘frustato’ Bella
non intendeva che il ragazzo era stato preso a sculacciate. Una lunga frusta
intrecciata e annodata alle estremità era stata usata sul ragazzo. Avrebbe
portato le cicatrici per il resto dei suoi giorni, sempre che non fosse morto prima
per le infezioni nella sua cella.
«Non è possibile che l’abbia fatto!» disse Elisabetta indignata.
Bella annuì.
Bess si strofinò la fronte. «Ho provato a parlargliene. Non capisce che
un monarca deve corteggiare l’amore del popolo. Non puoi pretenderlo come se ti
fosse dovuto o punire in questo modo lo spregio.»
«Ci sono un sacco di cose che ho provato a spiegarle», confessò
Bella. «Ma lei è in uno stato d’animo più indulgente, adesso. Forse se tu …»
«Non farò una falsa confessione per lei, Bella», disse Bess tagliente. «Non
ho fatto nulla di sbagliato e non chiederò il suo perdono per colpe che non ho.
Dio sa se ne ho già abbastanza di vere. Lei va dichiarando che se io confesso
mi abbraccerà di nuovo come una sorella, ma Bella, sta mentendo. Io non so se
sta mentendo solo a me o anche a se stessa, ma se io confessassi lei ci si
avventerebbe subito sopra e penserebbe Vedi, ho sempre avuto ragione su di
lei. Non mi perdonerebbe. Me lo farebbe pendere sulla testa per il resto
dei miei giorni e lo userebbe come scusa per fare in modo che io non veda più
la luce del giorno. Lo renderebbe pubblico in tutte le corti straniere,
probabilmente lo pubblicherebbe in forma di pamphlet in modo che tutta
l’Inghilterra lo legga, e lei potrebbe dire a se stessa che lo fa solo perché
il popolo veda quanto è misericordiosa verso qualcuno che ha confessato atti di
tradimento, ma in realtà sarebbe perché lei ha un desiderio segreto, profondo
dentro di sé, di vedermi sottomettermi a lei, come lei un tempo si è sottomessa
a nostro padre, negando l’autorità del Papa per sfuggire agli arresti
domiciliari e tornare nelle buone grazie del monarca. E lo farebbe per provare
a sgretolare la mia popolarità. Ma questo le si ritorcerebbe contro, e lei
finirebbe più smarrita e arrabbiata di prima.»
Bella scosse la testa. «Non finirà mai di stupirmi come tu possa vedere
così tante sfumature di intrigo in una volta sola.»
«Tutti abbiamo i nostri talenti», disse Bess con un sorriso. «Io posso anche
tradurre la poesia greca.»
«Oh, ora che ci penso. Mi ero quasi dimenticata», disse Bella schioccando
le dita. «Ho un messaggio per te da Robert Dudley.»
Il sorriso di Elisabetta si gelò. «Davvero?»
«Oh, solo il verso di una poesia», disse Bella. «Sai come diventano
sciocchi i giovani uomini con le belle ragazze.»
Bess inclinò la testa. «Sì, sì certo. Di che si tratta?»
Bella ripeté il verso che le era stato detto. «Non ho riconosciuto la
poesia», disse lei.
Elisabetta guardò il fuoco pensosa. «Nemmeno io. Comunque, come sta tuo
mari…» Si immobilizzò, gli occhi sgranati mentre un suono terribile raggiungeva
le sue orecchie: il calpestio ritmico di stivali. Il tintinnare delle spade e
il rumore metallico delle armature, più forte a ogni secondo.
Elisabetta si alzò, la faccia completamente bianca, gli occhi scuri
enormi nella faccia ossuta. Bella pensò che non era mai stata tanto simile a
sua madre, Anna Bolena, come in quel momento. I suoi occhi si appuntarono su
Bella. «Prega per me», disse. «Perché penso che stanotte morirò.»
Kat Ashley lasciò cadere il suo telaio da ricamo. Emise un gemito e si
torse le mani, e Alice sembrava volesse strisciare sotto il tavolo.
«No!» Bella afferrò Elisabetta in un abbraccio, come se potesse
proteggerla con il suo piccolo corpo.
La porta si aprì, i cardini scricchiolarono. «Principessa Elisabetta,
prego, venite con me.»
Elisabetta sibilò nell’orecchio di Bella, «Chiama Edward!» e la spinse
via. Drizzò le spalle magre e uscì dalla porta, la testa alta, regale come
tutte le regine che avevano calcato quella via.
Ma non stavano portando Elisabetta al patibolo. La stavano portando fuori
dalla Torre. Fuori dai cancelli, fu presentata a Sir Henry Bedingfield, che era
stato intendente per la madre di Maria, Caterina d’Aragona, e quindi aveva
impeccabili credenziali di lealtà. Aveva fatto venire una portantina per la
comodità di Elisabetta. Quando Kat fece per salire dietro alla sua signora, fu
fermata. Le sue stanze erano state perquisite ed erano stati trovati dei
pamphlet anti-cattolici. Con ciò, era congedata dal servizio della Principessa.
Bella non aveva mai visto Elisabetta piangere, ma mentre Kat veniva
portata via, la donna che l’aveva cresciuta come una figlia ed era stata al suo
fianco attraverso tutte le tribolazioni, lei pianse. Pianse come se il cuore le
si stesse spezzando, ma fu forte abbastanza da frenarsi dopo qualche momento.
«Vai con Bella», istruì Kat, sorridendole attraverso le lacrime. «Lei ha
bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. È perfino abbastanza sciocca da
andare alla Torre a visitare chi è accusato di tradimento.»
Bella pensò ironicamente che casa sua stava diventando un rifugio per
domestici ribelli. Ellen, la balia di Jane, si era trasferita da loro e si era
assunta la cura della piccola Elizabeth, e la bambina la amava già. E per
Ellen, insegnare a una bambina allegra e felice (come Jane avrebbe dovuto
essere) la aiutava a superare il lutto.
Maria aveva dato istruzioni che la Principessa Elisabetta fosse guardata
a vista, ma trattata come l’Altezza Reale che era. E così Elisabetta partì per
il suo viaggio a Woodstock, un casino di caccia reale, con tutta la pomposità
di un trasloco reale. Bella la guardò andare con un sospiro e poi si voltò
verso Kat. «Andiamo a casa.»
Alice e Kat si guardarono l’un l’altra, dubbiose. «Non hai intenzione di
andare a corte, oggi?» chiese Alice.
Bella scosse la testa. «Voglio solo andare a casa.»
I nobili non facevano mai i loro pacchi. Semplicemente lasciavano una
casa e arrivavano in un’altra per trovare tutte le loro cose già sistemate
all’interno. Le centinaia di domestici che venivano impiegati facevano in modo
che questa magia accadesse dietro la scena. Kat, anche se non era una nobile,
avrebbe avuto ben presto tutte le sue cose impacchettate e trasportate nella
casa del Duca e della Duchessa di Cullen.
«A cosa stavi pensando con quei pamphlet, Kat?»
A Kat vennero un po’ le lacrime agli occhi. «Non erano anti-cattolici.
Erano solo dei trattatelli protestanti.»
«Tutto quello che non è cattolico, è anti-cattolico, di questi tempi»,
disse Alice.
«La mia povera bambina, là fuori tutta sola …» sussurrò Kat. «Volevo solo
un po’ di conforto dalla mia fede. Li avrei bruciati, una volta finito di
leggerli.»
«Sei fortunata a non ritrovarti con un’accusa di eresia», le disse Alice.
«Quando arriverà Filippo, le cose peggioreranno per i protestanti. Almeno,
questo è quello che dice Padre Jasper.»
Bella era curiosa. «Ti ha detto perché?»
Alice scosse la testa. «Deve essere stato uno dei suoi …» si interruppe e
guardò Kat.
«Puoi anche dirlo. Kat è una statua di pietra, quando si tratta di tenere
un segreto.»
«Lui ha questi … presentimenti», disse Alice a Kat. «E ha quasi sempre
ragione.»
Kat non sembrava minimamente turbata all’idea di un prete che poteva
prevedere il futuro. «Conoscevo un uomo così quando ero piccola», commentò Kat.
«Mi disse che la mia bambina sarebbe stata la Regina d’Inghilterra. Io risi,
naturalmente, ma … forse lui non intendeva una bambina della mia carne, ma la
bambina del mio cuore.»
I portatori fermarono la portantina proprio di fronte alla casa, ma le
donne dovettero comunque correre sotto la pioggia per entrare. Si preannunciava
una primavera molto umida. Bella sperava che smettesse di piovere presto così
che gli agricoltori potessero seminare i loro campi. Entrò in casa e chiese
alla giovane cameriera di toglierle il mantello e preparare una stanza per
Kat.
«Bess starà bene», le disse Bella e le diede un bacio sulla guancia. «L’hai
cresciuta bene. È forte ed astuta. Scommetto che metterà Bedingfield a testa in
giù legato mani e piedi prima che lui se ne renda conto.»
Kat le fece un piccolo sorriso e disse con sincerità, «Grazie, vostra
grazia.»
«Riposati», ordinò Bella. «Ne avrai bisogno se hai intenzione di
rincorrere la giovane omonima della tua signora.»
Quando entrò nella camera da letto, trovò Ellen e la piccola Elizabeth
che giocavano con i suoi gioielli. Ellen stava abilmente insegnando a Elizabeth
della matematica semplice chiedendole quante collane stesse indossando. «E se io
ne tolgo una, quante saranno?»
«Cinque!» esclamò la piccola Elizabeth.
Bella rimase gelata per un momento. Non le importava che giocassero con i
gioielli. Quello che la preoccupava era che la scatola dei gioielli era
nell’armadietto di Edward, quello che teneva chiuso. Quello che conteneva la
sua pelliccia.
Andò velocemente all’armadietto e lo aprì. Emise un piagnucolio soffocato
quando non la vide. «Signora Ellen!» chiamò. Provò a mantenere la voce calma e
regolare. «C’era un pezzo di pelliccia, qui. L’avete presa voi?»
Ellen pensò per un momento. «Oh, sì, Elizabeth voleva usarla per fare un
mantello per la sua bambola.»
«Non l’avete tagliata, vero?» sussurrò Bella sbiancando. La sua pelliccia
non aveva protezioni soprannaturali. Quando non era in mano sua, era
semplicemente un ordinario pezzo di pelliccia, vulnerabile ai danni come
qualunque altro.
Ellen si rese conto alla fine che Bella era preoccupata a morte. «Oh, no,
vostra grazia. Nessun danno. La vado subito a prendere.»
Bella si sedette sullo sgabello lasciato vuoto da Ellen. Sentiva le
ginocchia molli. Elizabeth lasciò i gioielli per il suo nuovo passatempo
preferito, accarezzare il ventre rotondo di Bella. La sua gravidanza era andata
abbastanza avanti da potersene andare in giro con vestiti allacciati molto
lenti, il che era molto più confortevole.
«Buonasera, bambino!» disse Elizabeth alla pancia di Bella. Aspettò, e
dopo un momento fu ricompensata da un colpetto contro le sue mani. Strillò
deliziata.
«Quanto manca prima che possa vedere il bambino?» chiese a Bella, come
faceva quasi ogni giorno. Elizabeth era ancora un po’ confusa sul concetto del
tempo.
«Ancora un po’», disse Bella.
Elizabeth considerò. «Domani?»
Bella scosse la testa. «Di più.»
Ellen ritornò con la pelliccia di Bella in mano. «Mi dispiace che vi siate
preoccupata, vostra grazia», disse. «Non sapevo che fosse qualcosa di
importante.»
«Per favore, rimettetela nell’armadietto», disse Bella. Lei non poteva
toccarla finché non le fosse stata restituita volontariamente. Se avesse
provato, le sua mani l’avrebbero attraversata come se la pelliccia fosse stata
di fumo. Ellen la ripose nell’armadietto.
«È una bellissima pelliccia, vostra grazia», disse Ellen. «Avete
intenzione di farne qualcosa? Un cappello, forse?»
Bella fece un sorriso tirato. «Forse.»
«Dove sono le mie due ragazze preferite?» chiamò Edward dalla porta.
Elizabeth strillò e corse da suo padre con le braccia tese. Lui la prese su e
la baciò con una risata. Bella si sollevò dallo sgabello e camminò verso Edward
(forse dondolò è più accurato). Lui la baciò. «Ho una sorpresa per te»,
disse. «Ho parlato con la Re…» si interruppe quando notò lo sportello
dell’armadietto aperto e gli strati di collane su sua figlia.
Guardò Bella con una strana espressione in faccia. «Hai aperto
l’armadietto?»
«No, mio signor marito. Quando sono venuta a casa era già aperto e la
piccola Elizabeth stava giocando con le pie… con i gioielli.»
Ellen era inorridita. Si inchinò profondamente. «Chiedo perdono, vostra
grazia. Non sapevo che alla bambina non fosse permesso giocare con le gemme.»
«Non sono arrabbiato», le assicurò Edward. «Voglio solo sapere come è
successo. Era aperto quando siete entrata?»
«L’armadietto era socchiuso, mio lord. Elizabeth ha tirato fuori la
scatola e ha cominciato a giocare con le gemme, così ho pensato che le fosse
permesso, o non sarebbe stata così audace.»
Edward sorrise a sua figlia. «Ti piace giocare con i gioielli di tua
madre?»
«Sì!» rispose Elizabeth con enfasi. Prese una delle collane e la alzò
perché prendesse la luce. «È bella!»
«Sì, molto bella. Chi ha giocato con te con le gemme l’ultima volta?»
Elizabeth si mise in bocca una perla pendente e la rosicchiò un momento
prima di rispondere. «La balia», disse alla fine. «Io e la balia abbiamo
giocato.»
«Ah», disse Edward come se questo desse risposta a un grande e lieto
mistero. «Sei una brava bambina, amore. Ma adesso è meglio che metti via queste
cose prima che qualcuno ti scambi per la Regina e ti porti a Whitehall!»
Elizabeth ridacchiò ma permise a Ellen di portare via tutta la massa dei
gioielli e di portarla in camera sua.
«Rosalie ha la chiave del mio armadietto», disse Edward. «Probabilmente
l’ha rubata ad Emmett.»
«Perché dovrebbe usarla per far giocare Elizabeth con i gioielli?»
«Probabilmente per tenerla occupata mentre lei cercava qualcos’altro.
Cosa stesse cercando, questo non lo so.»
«Pamphlet, come quelli che hanno trovato nella stanza di Kat?»
Dovevano averne già parlato in consiglio, perché sapeva a cosa si
riferisse. «Forse. Il primo passo sarà chiedere a mio fratello quando ha
smarrito le sue chiavi.»
«Ellen ha visto la mia pelliccia. Elizabeth ci ha giocato.»
Edward era inorridito. «Non è rovinata, vero?»
Il cuore di Bella si sciolse. L’Edward che aveva incontrato il primo
giorno della sua prigionia sarebbe stato preoccupato che sua figlia si fosse contaminata
con qualche magia pagana o qualcosa di questo genere. Ma adesso la sua
preoccupazione era per l’integrità della pelliccia e, per estensione, per la
sicurezza di lei. Doveva pensare di ridargliela, prima o poi, o non sarebbe
stato così preoccupato che fosse rimasta intatta. Se Bella non l’avesse già
amato, quella sua preoccupazione l’avrebbe spinta ad amarlo perdutamente.
Una delle amiche selkie di Bella, anni prima, era stata catturata da un
uomo che aveva bruciato la sua pelliccia. Rimase intrappolata nella vita sulla
terraferma, vita che fu misericordiosamente breve. Aveva languito fino alla
morte nel giro di pochi mesi.
«È a posto», lo rassicurò lei. «Ti amo, Edward.»
Lui le fece un sorriso dolce. «Ti amo anch’io, Bella, e ti amerò sempre.»
Le sorrise e poi sbatté gli occhi. «Per i denti di Dio, mi stavo dimenticando
della sorpresa per te.»
«Cos’è?»
Lui si chinò finché il suo naso toccò quello di lei. «Ce ne andiamo a
casa.»
Bella boccheggiò. «Cosa intendi …» cominciò.
«Intendo che lasciamo la corte e torniamo a Cullen Hall. La Regina ci ha
dato il permesso di andarcene fino al suo matrimonio. Probabilmente potrai
partorire a casa e …»
Bella strillò eccitata come una ragazzina buttandogli le braccia al
collo. «Andiamo a casa! Andiamo a casa!»
Lui rise e la prese su finché il viso di lei fu all’altezza del suo. «Sì,
amore mio. Andiamo a casa.»
Note storiche
-
La storia che Jane Grey sia stata lasciata sul patibolo per quattro ore
ci arriva dai rapporti dell’ambasciatore francese. Potrebbe non essere vero (io
spero che non sia vero). Inoltre, non si sa con sicurezza, in realtà, dove sia
stata seppellita Jane Grey. La cappella della Torre sembra probabile, ma, come
ho sottolineato anche nella storia, quella era una cappella cattolica, al tempo,
e non ci sono registrazioni che una richiesta di dispensa perché Jane vi fosse
seppellita sia stata presentata o esaudita. Non ci sono rapporti contemporanei
sulla sua sepoltura. C’è una relazione contemporanea di qualcuno che dichiarava
di aver visto i corpi di Jane e Guildford caricati su un carro e portati via
dalla Torre, forse alla chiesa dove fu sepolto il padre di lei, vicino Tower
Hill (la chiesa fu distrutta durante la Battaglia d’Inghilterra). Quando furono
eseguiti degli scavi nel pavimento di St.Peter ad Vincula, nel 1870, furono
trovate delle ossa che furono attribuite ad Anna Bolena, a suo fratello e a sua
cognata (la spregevole Lady Rochford), ma nessun resto che fosse attribuibile a
Jane Grey. In aggiunta alle difficoltà di identificazione in un periodo di
poche o nulle competenze forensi, c’era il fatto che la cappella era stata
usata come chiesa parrocchiale e un sacco di gente vi era stata sepolta dentro.
Presumibilmente, molti resti erano stati tolti perché il terreno potesse ospitare
nuovi occupanti. Il rapporto degli scavi è chiamato Notifica delle Persone
Storiche Seppellite nella Cappella di St.Peter ad Vincula nella Torre di
Londra, ed è disponibile nella sua interezza in Google Books. È una lettura
interessante, in senso macabro.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/10/The-Selkie-Wife
Capitolo 18
Bella era arrabbiata con Edward, e lui non sapeva come rimediare alla
situazione.
Il tempo che avevano passato insieme nell’ultimo mese e mezzo, da quando
erano tornati dalla corte, era stato il più felice del loro matrimonio. Edward
non aveva ricominciato con il giro giornaliero delle sua proprietà, lasciando
tutto nelle mani del suo intendente. Aveva ricordato a se stesso che doveva
vedere cosa era stato scoperto a proposito dell’elemosiniere, e poi l’aveva
prontamente dimenticato, di nuovo.
Suo padre ne sarebbe stato oltraggiato, ma a Edward non importava.
Passava le giornate con sua moglie e sua figlia, scatenandosi e giocando
chiassosamente come non aveva mai fatto prima, neanche quando era bambino. Non
aveva mai conosciuto una vita spensierata. Bella le stava mostrando com’era, e
lui aveva scoperto che gli piaceva davvero molto.
Bella gli insegnò come divertirsi, vedere ogni oggetto come un potenziale
giocattolo. Una coperta poteva diventare un castello se la drappeggiavi tra due
seggiole. Bella sarebbe stata la Principessa, con una mescola come scettro e
una corona di carta sulla testa, e Edward sarebbe stato il drago ruggente,
combattuto con successo da Elizabeth in veste di cavaliere coraggioso, che
portava una scopa come lancia.
Pensava con malinconia che i domestici dovevano pensare che fosse
diventato matto, ma ogni volta che sentiva Elizabeth ridere e vedeva brillare
gli occhi di Bella, sapeva che ne valeva la pena. E anche se non voleva
ammetterlo neanche con se stesso, stava archiviando memorie. Bella gli aveva
giurato che il parto non era pericoloso per le selkie come per le donne umane,
ma non poteva dominare la profonda paura nel suo cuore, la paura di perderla
come aveva perso la sua prima moglie. Aveva l’incubo di partecipare al funerale
di Bella, di vederla in un letto scossa dalla febbre, sapendo che non c’era
nulla che potesse fare per salvarla. Lei aveva il sonno leggero e lo svegliava
quando cominciava ad agitarsi e gemere, ma dopo, tutto quello che lui poteva fare
era aggrapparsi a lei e nascondere il viso nei suoi capelli. Parlarne a voce
alta gli avrebbe attribuito una terribile realtà che lui non poteva sopportare.
Passavano la maggior parte del tempo nelle loro stanze, perché la pioggia
cadeva costantemente, quasi ogni giorno. Era la primavera più umida a memoria
d’uomo e ci si avvicinava all’estate senza che ci fosse una pausa nel maltempo
che permettesse agli agricoltori di seminare. La paura dei contadini cresceva
ogni giorno, gonfiandosi come il diluvio che si spargeva per le terre. Sapevano
che un raccolto povero avrebbe significato la fame, per loro.
Bella convinse Edward a comprare un grosso deposito di grano, che fu
stoccato nei granai, così che non ci fosse fame nelle sue terre. Ridacchiò
quando pensò a come avrebbe reagito a questo suo padre. Se non fosse già stato
nella tomba, probabilmente ci sarebbe rimasto stecchito per un colpo
apoplettico all’idea che Edward spendesse soldi per sfamare contadini inutili.
Avrebbe approvato l’acquisto del grano, ma solo per tenerlo in modo da poter
estorcere prezzi enormemente gonfiati quando la gente avrebbe visto i propri
figli piangere per la fame. Questo era un altro cambiamento che Bella aveva
portato in lui: vedere il denaro come un modo per migliorare la vita di tutti
nelle sue terre, piuttosto che un mezzo per glorificare ulteriormente il nome
di famiglia con esibizioni di ricchezza.
La notte precedente, erano sgattaiolati sulla spiaggia col favore del
buio così che Bella potesse nuotare in mare, la prima volta da quando erano
arrivati a casa. Per quanto fossero felici insieme, Edward sapeva che lei agognava
ancora quello che chiamava le Acque Infinite. A volte la trovava alla finestra,
a fissare le onde grigie, gli occhi tristi e distanti.
Edward la aspettò sulla spiaggia, infelice nella pioggia costante che
inzuppava il mantello fradicio che indossava sopra la testa, ma sorrideva ogni
volta che vedeva come era felice Bella a giocare tra le onde. La sua gravidanza
l’aveva resa lenta e impacciata sulla terra, ma nell’acqua era aggraziata e
veloce. Guardava, sforzando gli occhi nel buio e il vento gli portò due suoni:
l’abbaiare di una foca e il grido deliziato di Bella. Edward si alzò e si
asciugò la pioggia dagli occhi. Una testa uscì sulla superficie dell’acqua
vicino a quella di lei, il piccolo, lucido profilo di una foca. Bella le mise
le mani in testa e chiuse gli occhi. Edward sentì un irrazionale scatto di
gelosia. Voleva correre in acqua e portarla via, correre a casa con lei tra le
braccia e urlare a tutti quelli che incontrava che lei era sua e nessuno
poteva portargliela via.
Ci fu un lungo momento tra le due. Bella aprì gli occhi e accarezzò la
testa lucida. La foca appoggiò il corpo contro quello di lei, un gesto che
perfino Edward poteva giudicare come di affetto, e poi scomparve sotto le onde.
Bella guardò per un momento e poi si voltò verso la spiaggia, verso la
sua nuova casa sulla terraferma. Emerse dall’acqua, il suo corpo d’alabastro
che brillava alla luce della luna, il ventre rotondo e maturo.
«Hai visto?» chiese, gli enormi occhi scuri che luccicavano. Il suo
sorriso brillava e lui si sentì piccolo e meschino per essersi risentito alla
sua gioia.
«Ho visto. Un tuo amico?» Edward forzò fuori le parole. Sarebbe stato
felice per lei, decise, anche se questo lo uccideva.
«Mia sorella», disse Bella. «Erano tutti preoccupati per me. Continuavano
a ritornare a questa spiaggia sperando di vedermi, di sapere come stavo.»
«Cosa le hai detto?» chiese Edward.
Bella sorrise e gli accarezzò la guancia. «Che sono felice. Che ho un marito
che è gentile e amorevole.»
«Ero geloso», ammise lui. «Avevo paura che in qualche modo ti portasse
via da me.»
Lei sorrise dolce. «Io non posso andarmene», gli ricordò.
Lui spostò lo sguardo. Non voleva sentirsi come se la stesse tenendo qui
per forza. Voleva fingere che lei stesse qui con lui per sua volontà. Ma quella
era la verità, no? Non le avrebbe ridato la sua pelliccia perché aveva paura
che lei avrebbe scelto di andarsene, per tornare dal suo primo amore, il mare.
Lei sobbalzò e inspirò all’improvviso. Prese la mano di lui e se la mise
sul ventre nudo. «Senti. Il bambino sta scalciando.»
«Devi essere vicina al tuo tempo», disse lui. Era la prima settimana di
giugno, ora, e una donna umana sarebbe stata in procinto di partorire.
Lei scosse la testa. «Altre tre settimane, ancora.»
Lui era stupito. «Lo sai con precisione?»
Lei sorrise. «Certo, è naturale.»
Lui scosse la testa. «Le donne umane non lo sanno.»
«Davvero? Perché non prestano attenzione a quello che dice loro il
corpo.»
Lui sospirò. «Non si può più evitare. Devi andare al tuo confinamento.»
«Confinamento? Cosa intendi?» chiese.
Lui sospirò. Non le sarebbe piaciuto. «Andiamo nella nostra stanza e te
lo spiegherò.»
Una volta che furono asciutti e sdraiati nel loro letto, lui provò a
darle la notizia più gentilmente possibile. Circa un mese prima del parto, si
supponeva che una lady ‘prendesse la sua camera’, dove lei e le sue
cameriere sarebbero vissute in isolamento fin dopo il parto e dopo la
benedizione di lei.
Le donne si attenevano più fedelmente alle regole codificate da Margaret
Beaufort, la bis-bisnonna di Edward, a seconda di quanto permettevano le
circostanze economiche. I ricchi seguivano le istruzioni alla lettera con zelo
superstizioso, fino alla taglia, al numero e all’imbottitura dei cuscini sul
letto. Lui aveva già ordinato che fosse preparata la stanza e se Bella aveva
notato il viavai dalla stanza che non veniva usata, non aveva detto niente.
I muri e perfino il soffitto erano coperti con ricchi arazzi, quelli con
scene romantiche e felici, perché le donne incinte non dovevano avere sotto gli
occhi figure brutte e tetre. Perfino il buco della chiave era coperto, per
chiudere fuori il mondo. Solo l’arazzo alla finestra rimaneva sganciato, così
che le donne potessero spostarlo quando volevano avere luce. Il pavimento era
coperto da spessi tappeti e il materasso re-imbottito con lana fine, con un
altro materasso più sottile appoggiato sopra. Al letto venivano aggiunti
quattro cuscini, due lunghi e due quadrati. Veniva sistemato un altare per le
preghiere, e un fonte battesimale, nel caso il bambino stesse per morire e
avesse bisogno di un battesimo immediato. A nessun uomo era permesso di entrare
nella stanza una volta che la donna era stata chiusa dentro.
«Devo stare lì per un mese e tu non puoi neanche farmi visita?»
«Posso mandarti dei messaggi,» offrì lui.
«Non lo farò!» scattò Bella.
«Bella, avrai Alice e Kat a farti compagnia, libri e musica. Dovrebbe
essere un periodo piacevole e riposante per prepararti al parto.»
«Non lo farò!» ripeté lei.
«Bella, tu devi.»
«No!» Venne fuori come un guaito, e Bella si coprì la faccia e cominciò a
singhiozzare.
Questa volta, non poteva lasciare che le sue lacrime lo facessero
vacillare. Ci fu prima una piccola cerimonia fuori della porta della stanza.
Padre Jacob disse messa e poi a Bella fu data una coppa di vino speziato. Fece
una smorfia al sapore e alzò lo sguardo per vedere Rosalie che la guardava
intenta mentre lei finiva tutto il contenuto della coppa. Poi Padre Jacob
recitò una preghiera perché Dio mandasse a Bella ‘la buona ora’ e poi le
donne vennero mandate dentro, per non essere più viste fino alla nascita del
bambino. Bella strinse la mano di Edward finché fu possibile. Lui disegnò un
cuore nel palmo di lei e vi chiuse sopra le dita. Alice la tirò dentro la
stanza e chiuse la porta.
«Come ti senti, Bella?» chiese Rosalie.
«Bene, grazie», rispose Bella, la voce un po’ instabile. «E tu come te la
passi?» Le chiacchiere tra i domestici, le aveva detto Alice, erano che Emmett
avesse picchiato Rosalie quando aveva scoperto che aveva rubato le sue chiavi,
ma era stato attento a non ferirla per non fare del male al bambino che
portava. Rosalie non si era vista per giorni, dopo, e quando era riemersa, era
dolcemente educata con Bella. Non sapeva quale minaccia o allettamento avesse
usato Emmett, ma era un sollievo non avere più gli occhi di Rosalie che la
pugnalavano con odio ogni volta che guardava in direzione della donna.
Bella era gentile di natura e non portava rancore a Rosalie. Sperava che
potessero almeno andare d’accordo. Aveva già abbastanza nemici tra i membri
della corte. Non gliene serviva un altro in casa. Provava ad essere amichevole
quando era possibile, ma finora Rosalie aveva freddamente respinto i suoi
sforzi.
«Sto bene», rispose Rosalie. «Vogliamo giocare a Noddy? Lady Alice,
volete favorirci suonando il liuto, così che possiamo avere musica mentre
giochiamo?»
A Bella non piacevano i giochi di carte ma accettò perché era la prima
volta che Rosalie la invitava a un’interazione con lei. Rosalie evidentemente
pensava che Bella fosse sofferente o che stesse per partorire da un momento
all’altro, perché continuava a chiederle come si sentisse e l’espressione nei
suoi occhi faceva pensare a Bella che stesse aspettando qualcosa. Quando si
ritirarono, quella sera, Rosalie sembrava delusa.
La mattina successiva, Edward mandò una nota con la colazione. In fondo,
aveva disegnato un cuore. Bella scoppiò in lacrime. Si rifiutò di mangiare e
durante il giorno ebbe continui attacchi di pianto da cui nulla sembrava
distrarla. Pianse così forte e così a lungo che le donne cominciarono ad
allarmarsi. Avrebbe fatto male al bambino se non si fosse calmata.
«Chiama Edward», ordinò Kat.
«Ma non può venire qui!» protestò Alice.
«Piangerà fino ad ammalarsi se non lo faremo. Lo porteremo nella stanza privata,
non in quella da letto.»
«Se succede qualcosa al bambino sarà sulla tua testa», la avvertì
Rosalie.
Kat odiava Rosalie. Bella non le aveva chiesto nulla in proposito, ma dal
primo momento che si erano incontrate era scaturita tra loro l’ostilità. «Così
sia», le rispose secca Kat. «Vai a chiamare il marito di sua grazia.»
Rosalie arruffò le penne. «Manda una delle cameriere.»
Kat la fissò. «Sto mandando te. Vai adesso o desidererai averlo
fatto.»
Rosalie abbassò gli occhi e si alzò in piedi. Uscì dalla stanza senza
un’altra parola e Bella guardò Kat con malcelata ammirazione.
Dopo pochi minuti, sentì la voce di Edward nell’altra stanza e corse da
lui, le lacrime che le rigavano il viso. «Non posso farlo, Edward», pianse. «Mi
dispiace ma io non posso stare tre settimane senza vederti, sapendo che sei
nella stessa casa, chiusa in quella stanza lontana da te.»
«Mi dispiace, Bella», disse lui. «A
volte ti chiedo troppo. Devo prestare più attenzione alle tue parole.» Bella
gli strisciò in braccio e appoggiò la testa sul suo petto. Inalò profondamente,
assaporando quell’odore che era unicamente di Edward e quelle braccia che le
davano quel conforto che solo lui poteva offrire.
Quella sera, lui e Bella si separarono più facilmente, perché lui le
promise che sarebbe tornato il mattino dopo. Le aveva portato qualcosa da
mangiare per cena, ma la sua Bella non poteva essere ordinaria.
«Voglio del porridge», aveva dichiarato. «Una grande, fumante scodella di
porridge.»
La domestica a cui Edward aveva dato l’ordine lo guardò come se le avesse
chiesto una scodella piena di fango. «Porridge, vostra grazia?»
«Sì, porridge», ripeté lui. «Questo è quello che desidera, e deve
averlo.»
Il cuoco stesso chiese di vedere Edward, e lo incontrò nel corridoio
mentre chiudeva la camera di Bella dietro di sé. «Ci sono problemi?»
«Io … io volevo solo una conferma … di … ciò che mi è stato detto …»
«Lei vuole il porridge», disse Edward. «Tu sai come si fa, no?»
«Ma, vostra grazie, è un cibo da contadini.»
«Non mi importa un accidenti. Lei lo vuole. Preparalo per lei o trovati
un’altra casa in cui servire.»
Poteva riderci sopra, adesso, ma era stato molto frustrante, al momento.
Era nella sua camera da letto e i domestici lo stavano spogliando quando
Emmett entrò, la fronte aggrottata per la preoccupazione. «Fratello, devo
parlarti. Da solo.»
Edward fece uscire i domestici e si mise seduto sul bordo del letto. Non
vedeva mai Emmett, tranne quando era nei guai, una situazione che Edward stesso
aveva concepito, ma era stanco di associare suo fratello con i problemi. «Che
c’è?»
«Dopo che mi hai detto che Rosalie aveva rubato le mie chiavi, ho deciso
di cercare nelle nostre stanze mentre lei è confinata con Bella, per vedere se
aveva preso qualcos’altro. Ho trovato questo.»
Gli mostrò un involto di carta marrone. Edward lo esaminò. Sembrava il
tipo di confezione che usavano gli speziali. Edward comprava a volte della
polvere per il mal di testa dallo speziale che serviva il palazzo, e di norma
venivano dispensati in involti di carta come questo, arrotolati alle estremità
per evitare che ne uscisse il contenuto. Nelle pieghe di questo c’erano tracce
di piante verdi.
«Guarda di lato, la scritta,» disse Emmett.
Edward non aveva notato la scritta, per come era sgualcita la carta.
Quando la vide, rimase gelato dallo shock. Menta pulegio. Era un’erba
largamente conosciuta che provocava aborti. «Stava provando a liberarsi del
bambino?» chiese a Emmett.
«Non lo so», disse Emmett cupo. «Ma
stai sicuro che quando lascerà la camera di Bella lo scoprirò.»
Bella aveva ragione sulla data del parto. Ogni giorno Edward andava a
farle visita e di solito finiva per restare tutto il giorno. Questo causò un
piccolo scandalo e le voci si diffusero velocemente in tutto il sud
dell’Inghilterra. Ricevette molte lettere da nobili che lo rimproveravano per
aver rotto la tradizione e anche una severa lezione da Padre Jacob, ma lui
semplicemente non poteva stare lontano. Usava la scusa che Bella era affranta
ed era più salutare per il bambino se lui la accontentava, ma in realtà,
accontentava se stesso.
Che faceva tutto il giorno prima di avere Bella? si chiedeva. Aveva con
riluttanza ripreso le redini della proprietà, ma non c’era molto che
richiedesse la sua attenzione. I campi erano allagati, quindi non c’erano
colture da seminare. La maggior parte della popolazione se ne stava in casa
come lui e si chiedeva i motivi di quel tempo orribile. Qualcuno diceva che era
il dispiacere di Dio per l’imminente matrimonio della Regina Maria.
Il ventiduesimo giorno che passava nella sua camera, Bella alzò gli occhi
dal gioco di backgammon che stava giocando e dichiarò che il bambino stava
arrivando. Dopo questo, tutti i demoni dell’inferno non avrebbero potuto
trascinarlo via dal suo fianco, anche se le donne erano scioccate di avere un
uomo nella stanza da parto. Era la prima volta che tutte loro sentivano di una
cosa simile.
Bella fu spogliata e lasciata in camicia, poi posta sulla seggiola da
parto. Era stata intelligentemente disegnata per essere ripiegata diventando
piatta, così da poter essere trasportata facilmente, e aveva un buco nella
seduta. Bella si sedette e si mise a suo agio. La levatrice si versò dell’olio
sulle dita e le infilò nel buco sotto la sedia. Bella trasalì al suo tocco e
Edward le strinse la mano per confortarla.
«Quasi pronta, vostra grazia», disse la levatrice. «Sembra che sarà un
parto veloce.»
Bella ripiegò le mani sulla pancia e aspettò. Tutti la fissavano,
sembrando sempre più sbalorditi man mano che il tempo passava. Bella si chiese
cosa stesse facendo di tanto incredibile. Avrebbe voluto un libro da leggere.
«Non è cristiano», sibilò Rosalie. «Il dolore del parto è la punizione
per il peccato di Eva. Che stregoneria è questa?»
«Avete … avete dei dolori, vostra grazia?» si avventurò la levatrice.
Bella considerò. Sentiva le contrazioni che la attraversavano, ma non
poteva dire che fossero dolorose.
Edward, col pretesto di aggiustarle la seggiola, le sussurrò all’orecchio.
«Sì, dille di sì. Le donne umane hanno parti molto dolorosi. Bella,
devi gridare e lamentarti.»
«Oh, sì, dolori orribili», disse Bella.
«Non ho mai visto partorire con una tale forza d’animo», si meravigliò la
levatrice. Mise di nuovo le mani sotto la sedia. «Adesso! Spingete, vostra
grazia. Spingete!»
Bella ci diede un po’ dentro. Quando cominciò a spingere, gemette e
gridò, e dovette essere convincente perché perfino Edward sembrò cominciare a
preoccuparsi.
«Vedo la testa! Solo un altro po’, vostra grazia!»
Una pesante ondata la attraversò e sentì qualcosa che scivolava via dal
suo corpo. Gridò per la sorpresa e riecheggiò il vagito del suo bambino. La
levatrice alzò il bambino tra le sue braccia e controllò velocemente il
corpicino. «È un maschio!» annunciò. Si voltò verso Edward raggiante. «Avete un
figlio, vostra grazia. Un figlioletto bello, sano e forte.»
Bella rise anche se aveva gli occhi pieni di lacrime. La levatrice lavò
il bambino in una bacinella di vino rosso caldo mentre Alice e Kat si occupavano
di Bella. Fu lavata e cambiata con una camicia pulita, e aiutata a rimettersi a
letto. Edward si era steso al suo fianco, gli occhi pieni di lacrime di gioia.
«Grazie, amore mio. Dal profondo del mio essere e dalle vette della mia anima,
grazie.» La baciò con gentilezza, le sue labbra una carezza delicata come ali
di un angelo.
La porta sbatté e Bella sobbalzò. Rosalie era uscita senza una parola.
Bella sperava che stesse solo correndo a dare la notizia a Emmett, ma temeva
che Rosalie fosse arrabbiata. Quel bambino significava che lei non sarebbe mai
stata la Duchessa.
Edward le prese il viso tra le mani. «Lascia perdere», le disse. «Questo
è un giorno di gioia.»
La levatrice aveva finalmente finito e il bambino fu messo tra le braccia
di Bella. Aveva ereditato i capelli di suo padre, rosso Tudor e indomabili, e
aveva gli enormi occhi scuri di Bella. lei pensò che non aveva mai visto niente
di più bello. Un’ondata di amore feroce la attraversò, potente come la marea
dell’oceano. Alzò lo sguardo su Edward e seppe che sentiva la stessa cosa. Le
loro mani si incontrarono e si strinsero sulla piccola creatura che giaceva tra
le braccia di sua madre, un voto silenzioso, una dichiarazione senza parole.
Note storiche
-
“Noddy” è uno dei giochi di carte più antichi di cui si ha notizia, e ce
ne sono infinite varianti. Essenzialmente, il giocatore aveva tre carte per
ogni mano e doveva combinarle in sequenza per segnare punti. Il vincitore era
il giocatore che raggiungeva il punteggio di 31.
-
L’dea che il bambino potesse essere danneggiato nel ventre da immagini
disturbanti viste dalla madre rimase fino all’epoca vittoriana. Le deformità di
Joseph Merrick, “The Elephant Man” furono attribuite al fatto che sua madre era
stata spaventata da un elefante al circo mentre era incinta di lui.
-
Il fonte battesimale era una triste necessità: circa un quarto di tutti
i bambini moriva subito dopo la nascita e un altro quarto non superava
l’infanzia.
-
Abortire usando erbe come la menta pulegio o la ruta era legale fino al
“risveglio”, cioè la prima volta che si sentiva il bambino muoversi. Prima del
“risveglio” era largamente considerata una semplice purga del ventre per
“provocare i termini” ( mestruazioni).
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/19/The-Selkie-Wife
Capitolo 19
Edward e Bella caddero in un sonno leggero, il bambino nel letto in mezzo
a loro. Tutti e due si svegliarono quando cominciò a fare dei vagiti leggeri.
Bella lo prese su e aprì l’allacciatura della sua camicia. Mise il capezzolo
nella bocca del bambino e lui si attaccò avidamente. Edward non poté fare altro
che guardare con meraviglia quel bellissimo spettacolo, un momento intimo e primitivo,
che non aveva parole per descrivere. Non poteva neanche cominciare a esprimere
i sentimenti che crescevano dentro di lui. Voleva piangere e ridere e baciare
Bella ma anche cadere ai suoi piedi in adorazione. Aveva così torto quando
aveva insistito per una balia, così torto a tentare di privarla di un legame
così dolce.
Bella alzò gli occhi su di lui e sorrise con tenerezza. Gli fece cenno di
avvicinarsi così lui si mise seduto e le fece scivolare un braccio dietro le
spalle. Allungò la mano per toccare il bambino e poi la guardò rapidamente,
forse per un permesso, forse per un incoraggiamento, non lo sapeva. Quando lei
annuì, passò incerto un dito sulla guancia di suo figlio, meravigliandosi alla
morbidezza della sua pelle.
Il bambino agitò le braccine paffute e questo gli ricordò che andava
fasciato prima possibile perché i suoi arti crescessero diritti. E poi c’erano
gli annunci da inviare e il battesimo da organizzare … tante cose. Ma adesso,
voleva godersi questo momento con sua moglie e suo figlio.
Prese un braccio tra le mani ed esaminò la piccola mano del bambino,
meravigliandosi delle piccole dita. Quando toccò il palmo del bambino, la sua
mano di chiuse intorno al suo dito in una presa sorprendentemente energica.
Bella lo passò all’altro seno. Si attaccò, ma beveva più lentamente,
sbattendo lentamente gli occhi, assonnato.
«Ne ha preso abbastanza?» si preoccupò Edward. «Mi è stato detto che il
bambino non dovrebbe bere il latte sottile, che non nutre in modo appropriato.»
Bella rise piano. «Il tuo popolo ha delle strane idee.» Strofinò il naso
sulla testa lanuginosa del bambino e lo baciò. L’amore nei suoi occhi era
potente.
«Bella, è meglio che tu non ti attacchi troppo», disse Edward con
riluttanza. «Potrebbe non …» Fece una pausa, non volendo neanche dare voce alle
sue paure.
«Non è malato né debole», replicò Bella. «È un buon bambino.»
«Sì, ma molti bambini non …» Quasi la metà dei bambini Tudor era morto
prima dell’età adulta.
Bella scosse la testa. «Noi selkie abbiamo bambini sani e forti, protetti
dalla magia della nostra razza. Ma non mi fido ad affidarlo alle cure di nessun
altro.»
«Bella …»
«È mio», disse con fierezza. «Kat e Alice possono assistermi, ma
non lo manderò lontano come fanno tanti del tuo popolo. Dove va lui vado io.»
Edward si arrese. Poteva solo sperare che la Regina capisse, ma anche se
non fosse stato così, nessun potere terreno avrebbe potuto strappare quel
bambino dalle braccia di Bella.
Il bambino finì di mangiare e Bella se lo mise sulla spalla. Le diede dei
colpetti gentili sulla schiena finché lui fece un rutto sorprendentemente
rumoroso.
«Ben fatto, figliolo!» disse lui divertito. «Tuo zio, il Re Enrico, ne
sarebbe rimasto impressionato.»
«Vuoi tenerlo?» chiese Bella.
Edward sentì un po’ di panico all’idea. Aveva tenuto Elizabeth qualche
volta quando era bambina, ma era fasciata e accuratamente avvolta nelle coperte.
Suo figlio indossava solo un pannolino e sembrava molto fragile e vulnerabile.
Bella si mise seduta e con attenzione mise il bambino tra le braccia di
Edward. Lui guardò giù a quel visetto e a quei grandi occhi scuri che lo
esaminavano solennemente e fu sopraffatto dalla meraviglia che lui e Bella
potessero aver creato questo stupefacente piccolo essere.
Decisero di chiamarlo Edward, ma il suo battesimo fu l’unico momento in
cui quel nome venne mai usato. Sua sorella, la piccola Elizabeth, gli fornì il
nome che avrebbe usato per tutta la sua vita, anche dopo che fu dimenticato da
dove venisse. Elizabeth, per qualche ragione, aveva problemi a pronunciare il
suo nome, e lo chiamava «Eh’ward», lasciando cadere alla fine la prima sillaba
per chiamarlo “Ward”. Ben presto, tutta la famiglia cominciò a chiamarlo così e
lui divenne “Ward”.
Oltre duecento persone parteciparono al battesimo, che si tenne nella
Sala Grande. Bella non c’era; non era stata ‘benedetta’ ancora, una
cerimonia che segnava il rientro di una donna in società, la sua purificazione
dal parto. Lei era delusa. Le donne contadine venivano benedette non appena
stavano abbastanza bene da alzarsi, ma Padre Jacob l’aveva castigata per la sua
“fretta indecorosa” e aveva insistito che aspettasse le due settimane
tradizionali.
Prima del battesimo, Bella ebbe la sua ‘seduta’. Fu vestita con un
abito di velluto rosso, bordato di zibellino e fatta sedere appoggiata a un
mucchio di cuscini, i capelli scuri sciolti sulle spalle. Ward era stato posto
in una culla foderata di cuscini di velluto, sotto una copertina di seta
bordata di una stoffa intessuta d’oro (questo era stato occasione di una
piccola discussione perché Bella pensava che la stoffa d’oro fosse troppo
ruvida per stare vicino alla pelle del bambino, ma su certe cose Edward era
irremovibile; il bambino era nipote di un re). Così schierati, le porte della
camera furono aperte per ricevere il flusso di visitatori e doni che arrivavano
per rimarcare a gioiosa occasione. Ogni nobile del ducato di Edward venne a
offrire il proprio tributo e a fare la cerimoniale promessa di lealtà al nuovo
erede.
La Principessa Elisabetta aveva mandato la sua veste di battesimo perché
il piccolo la indossasse, e Edward e Bella pensarono che fosse un gesto molto
toccante, anche se la regina Maria mise un po’ di broncio perché non avevano
chiesto di usare la sua. Il regalo di battesimo di Maria fu un grande gesto.
Diede a Ward la Contea di Portland, che era rimasta vacante dopo che il vecchio
conte era morto senza un erede, titolo e terre tornati alla corona. La nota che
mandò con la lettera accennava in modo palese al fatto che avrebbe voluto che
lei e Filippo fossero nominati padrini, e così fu fatto. I loro rappresentanti
fecero le loro veci alla cerimonia di battesimo.
La lettera di Maria conteneva anche la notizia che il suo matrimonio si
sarebbe tenuto alla fine di luglio e si aspettava che Bella e Edward tornassero
a corte prima di allora. Il tono era molto più felice rispetto a quello della
lettera che Elisabetta aveva mandato insieme alla veste di battesimo, la prima
lettera che le era stato permesso di scrivere ai suoi cugini da quando era
stata rilasciata dalla Torre.
Era stata portata a Woodstock, un casino di caccia reale che era stato
praticamente dimenticato dai tempi di Enrico VIII. Era così in rovina che
Elisabetta non poteva neanche occupare la casa padronale. Doveva vivere nella
casa del custode, il che, diceva, le faceva ricordare i suoi alloggi alla Torre
con rimpianto. Scriveva con umorismo e leggerezza, ma Edward leggeva tra le
righe che era infelice. Chiudeva la lettera con il verso di una poesia a
proposito della costanza di fronte alle avversità, al che Bella scosse la testa.
«Lei e Robert, sempre a citare oscure poesie.»
Edward, che stava soffiando pernacchie sulla pancia di suo figlio
facendolo sgambettare e tubare, alzò lo sguardo e la guardò con curiosità.
«Cosa intendi?»
«Quando l’ho visto alla Torre mi ha chiesto di riferire il verso di una
poesia a Elisabetta, ma era troppo oscuro perfino per lei.»
«Te lo ricordi?»
Bella pensò per un lungo momento. » I am but a deer, stalked in your
wood/ Early summer pomegranates, I’d taste if I could.» (Non sono che un cervo cacciato nella
tua foresta/ le melegrane della prima estate, le assaggerei se potessi)
Edward rise. «Non è una poesia, Bella. È un codice. ‘Stalked in your
wood’ … Woodstock. Deve
avere origliato dove sarebbe stata trasferita. Stava cercando di rassicurarla
che non le sarebbe stato fatto del male. Guarda però, io non me lo sarei
immaginato se non sapessi già dove l’hanno portata.»
«E le melegrane?»
«Le melegrane sono il simbolo della Spagna. Le sta dicendo che Filippo
arriverà all’inizio dell’estate. Come potesse sapere questo nella Torre non
riesco proprio a capirlo, perché noi lo aspettavamo in maggio e abbiamo saputo
del ritardo solo più tardi.»
«E assaggiarle?»
Edward sorrise. «Forse le sta dicendo che lui vorrebbe essere fuori per
il matrimonio, o forse sta semplicemente flirtando, o potrebbe riferirsi a
Persefone intrappolata negli inferi per aver mangiato i semi della melagrana.
Non lo so.»
Lei scosse la testa. «Scommetto che Elisabetta ha capito almeno venti
sfumature diverse di significato. Robert è stato scaltro, inducendomi a portare
il messaggio in quel modo. Sono felice di non averne mai parlato di fronte alla
Regina. A quest’ora avrebbe la mia testa in un secchio.»
«La Regina è troppo eccitata per l’arrivo di Filippo per preoccuparsi di
sua sorella», disse Edward.
Bella sospirò. «Vorrei che non dovessimo tornare là. Siamo stati così
felici, qui. Non possiamo neanche tornare alla nostra casa di Hampstead Heath.»
La Regina era stata convinta dai suoi ministri che sarebbe stato saggio
celebrare il matrimonio fuori Londra. Questo era così malvisto dal popolo che
perfino chi sembrava dall’aspetto avere origini spagnole veniva aggredito per
strada. Quindi, la Regina si sarebbe sposata nella Cattedrale di Winchester e
la corte avrebbe preso residenza nel palazzo di Wolvesey.
«Sto facendo cercare una casa adatta da affittare per noi», offrì lui.
Lei lo baciò sulla guancia. «Sei dolce. Ma non staremo là tanto a lungo.»
«Se dobbiamo portare nostro figlio con noi, dobbiamo alloggiare fuori
dalla corte. Potrebbe ammalarsi con i miasmi che ristagnano nelle stanze.»
Bella vedeva che Edward si avviava a diventare un genitore iperprotettivo e le
sue preoccupazioni gli avrebbero fatto venire i capelli grigi, se non stava
attento, ma lui era sceso a un compromesso, permettendole di portare il figlio
con loro, quindi anche lei doveva essere flessibile e lasciare che prendesse
tutte le precauzioni che riteneva necessarie.
«Volevo chiederti una cosa», disse lui. «Non so come ti sentiresti in
proposito.»
«Di che si tratta?»
«So che sei preoccupata per il fidanzamento di Alice con il Barone Tyler.
Stavo considerando di chiedere alla Regina il permesso di prometterla a Ward.»
«Alice e Ward? Ma ha quasi vent’anni più di lui!»
«Non dovremo arrivare davvero al matrimonio», disse Edward. «Sarebbe
semplicemente per darle la nostra protezione. Ward potrà chiedere un
annullamento quando avrà l’età. Questo significherebbe che probabilmente Alice
non si sposerà mai, perché sarebbe vecchia come è adesso la Regina
all’annullamento del fidanzamento, a meno, naturalmente, che non trovi un
partito adatto nel frattempo e voglia essere liberata. Volevo chiedere la tua
opinione prima di interpellare la Regina.»
«Oh, Edward, penso che sia un’idea meravigliosa!»
«Discutine con Alice e vedi cosa ne pensa. Io lo chiederò alla Regina
dopo il matrimonio, quando sarà di buon umore.»
«Spero che sia buono», disse Bella. «Ho paura di quello che succederà
quando arriverà Filippo. Come reagirà a una sposa abbastanza vecchia da essere
sua madre, a cui ha sempre pensato come una zia?»
«Vorrà compiacere suo padre, quindi la tratterà con decenza, ne sono
sicuro.»
«Maria vuole che la ami come lei già ama lui.»
La faccia di Edward divenne cupa. «Temo
per l’Inghilterra, se resterà delusa.»
Quella sera Edward si sedette a cena di umore più allegro rispetto a
prima. Questa era l’ultima sera in cui avrebbe dovuto cenare senza Bella al suo
fianco. Sarebbe stata benedetta la mattina dopo, appena prima di partire per
Winchester. Il suo intendente aveva trovato loro una casa adatta, anche se
costava una fortuna. Tutta la città di Winchester era gremita, straripante di
nobili, gente che voleva vedere la piccola parata fino alla cattedrale,
mercanti che avevano portato le loro merci da vendere alla folla. Delle tende
erano state erette fuori della città, ma Edward si era rifiutato anche di
prenderle in considerazione, non importava quanto fossero lussuose alcune di
quelle tende. Suo figlio doveva stare al sicuro dietro dei muri, lontano dai
pericolosi vapori dell’aria notturna.
Emmett venne a tavola e si sedette, facendo un gesto per avere del vino
prima ancora di sedersi. Alzò un dito per dire al cameriere che teneva la
brocca di aspettare, ingoiò il primo bicchiere e se lo fece versare di nuovo.
Edward fece una smorfia dentro di sé. Quindi questa era una di quelle
notti.
«Rosalie ha chiesto se può usare le camere della signora per la sua ‘seduta’»,
disse Emmett.
Edward fece spallucce. «Non vedo perché no. A Bella non dispiace, ne sono
sicuro. Non usa mai quelle stanze. Quindi tu e Rosalie resterete qui finché non
partorirà?»
«Già», disse Emmett. «È già dispiaciuta che il suo confinamento le farà
perdere il matrimonio della Regina.»
«Le hai chiesto di … quella cosa che hai trovato?» chiese Edward,
consapevole delle orecchie dei domestici.
«L’ho fatto», rispose Emmett, e schioccò le dita per avere ancora da bere.
«Lei afferma che era qualcosa che aveva pensato di prendere prima … be’, prima
che io raddrizzassi la situazione. Dice che ha buttato le erbe nel fuoco.»
«Tu le credi?»
«Io non credo a nulla di ciò che dice quella donna», disse Emmett piatto.
«Ma non posso provare che le cose stiano diversamente. Lei è ancora gravida.»
«Sei certo di questo?»
Emmett annuì. «La vedo nuda quasi ogni sera.» E poi, quasi a se stesso,
disse, «Da quel punto di vista, almeno, andiamo d’accordo.»
Edward aveva ancora abbastanza dei suoi vecchi modi compassati e
rispettabili da arrossire un po’ a questa affermazione. Gli venne in mente una
cosa. «Potrebbe essere che intendesse usarle su qualcun'altra?»
Emmett fece spallucce. «Una delle cameriere, forse? Non ho sentito
pettegolezzi sulla gravidanza di qualcuna di loro, ma immagino che sia
possibile.» Dopo tutto, le domestiche facevano di tutto per tenere queste
notizie lontane dalle orecchie dei loro datori di lavoro. Una domestica ‘immorale’
con la pancia che cresceva poteva trovarsi in mezzo a una strada.
Dopo cena, Edward aiutò Emmett a tornare nelle sue stanze, perché non
stava in piedi. «Questo deve finire, fratello», gli disse Edward.
Emmett incespicò fino al suo armadietto per prendere un’altra bottiglia e
si lasciò cadere sulla seggiola di fronte al fuoco. «Non ho nient’altro»,
replicò. «Tu … tu hai Bella, una brava donna che ti ama. Io non ho nessuno,
niente che mi faccia andare avanti e niente da aspettarmi dal futuro.» Sorrise
leggermente. «Vai avanti. Non preoccuparti per me. Non lo merito né lo voglio.»
«Voglio che tu sappia una cosa, Emmett. Io ti perdono.»
La bottiglia cadde dalle mani di Emmett e si infranse sul camino, ma lui
non si mosse. Fissava Edward, gelato.
«Ti perdono perché capisco adesso cosa deve essere stato per te», disse
Edward. «Se Bella fosse stata la moglie di mio fratello … non so se avrei avuto
la forza di resisterle.» Si voltò, lasciò la stanza e richiuse piano la porta
dietro di sé.
Sarebbe salito a vedere se Elizabeth era ancora sveglia, decise. Era rimasto
a cena fino a più tardi del solito e si era intrattenuto con un menestrello
piuttosto che tornare al suo letto vuoto e freddo. Immaginò che fosse un
piccolo assaggio di quello che sentiva Emmett, e forse questo era ciò che gli
aveva dato la spinta finale di cui aveva bisogno per perdonare suo fratello.
«Mio Lord, possiamo fare una parola?» Padre Jacob uscì dall’ombra e a
Edward venne quasi un infarto. La sua faccia bianca sembrava galleggiare
nell’oscurità dove le sue vesti nere si mescolavano con le ombre.
«Chiedo perdono», mormorò. «Non intendevo spaventarvi.»
«Va bene», disse Edward, provando a calmare le palpitazioni del suo
cuore. «Che c’è, Padre?»
«Devo parlare con voi riguardo a Lady Cullen. Potremmo andare nella
cappella dove possiamo avere un po’ di privacy?» Fece un cenno da sopra la
spalla verso i domestici che seguivano Edward a discreta distanza. Edward
avrebbe preferito farsi togliere un dente, ma sapeva che aveva evitato Padre
Jacob più a lungo che poteva. Se era ancora in corrispondenza con Gardiner, le sue
scarse presenze alla messa e la sua mancanza di interesse nelle materie
spirituali potevano arrivare alle orecchie della Regina. Si sforzò di sorridere
e seguì il prete.
L’ostia era conservata sull’altare e quindi questo era illuminato dalle
candele. Il prete giovane della cappella era inginocchiato sul pavimento di
pietra di fronte all’altare, facendo la veglia. Si alzò in piedi, si fece il
segno della croce e lasciò la cappella non appena vide entrare Padre Jacob con
Edward. C’era una panca in una nicchia vicino alla tomba dei genitori di Edward
e Padre Jacob gli fece cenno di sedersi. Edward osservò le immagini scolpite di
sua madre e suo padre, statue di marmo, distese sul sarcofago, entrambi con le
mani giunte in preghiera. Pensò che l’immagine di suo padre somigliava davvero
poco all’uomo, mentre invece lo scultore aveva fatto un meraviglioso lavoro con
la somiglianza di sua madre, almeno per quanto Edward riuscisse a ricordare.
Stava diventando sempre di più un’ombra nella sua mente, mentre passavano gli
anni. Non l’aveva conosciuta bene quando era in vita e adesso non c’erano
ricordi felici che potesse riportare alla mente, solo gli incontri serali in
cui veniva convocato di fronte a loro per recitare le sue lezioni, i palmi umidi
di sudore ansioso.
«Era da un po’ che volevo parlare con voi», disse Padre Jacob. «Ora che è
coinvolto anche un influenzabile bambino, è necessario che io vi dica quello
che penso in proposito. Io non credo che Lady Cullen sia una madre adatta per
vostro figlio.»
«Cosa?» sbottò Edward. «Questo è ridicolo. Perché mai dite una cosa
simile?»
«È una donna di misera condotta morale, mio lord, per quanto mi addolori
dirlo.»
«Questo è falso», scattò Edward. «Bella è una persona dal cuore gentile,
amorevole e intelligente, esattamente le qualità che desidero abbia mio
figlio.»
«La prima qualità che dovreste desiderare in un figlio è che sia un buon
cristiano», ribatté il prete. «E tutta la gentilezza del mondo non
salverà un’anima pagana il Giorno del Giudizio. Il vostro primo dovere, come
padre, è badare all’istruzione morale di vostro figlio. La gentilezza lo
trasformerà in una creatura pigra e intemperante, preoccupata solo del piacere
della carne. Il vostro stesso padre …»
«Non è come io voglio essere», disse Edward. «L’influenza di Bella mi ha
reso un cristiano migliore di quanto fossi prima. Migliore con quelli che mi
circondano, migliore con le persone che dipendono da me, più caritatevole …»
Padre Jacob scosse la testa. «Siete diventato confuso. Per esempio, il
grano che avete acquistato …»
«Un’idea di Bella», asserì Edward.
«Non ne dubito», disse Padre Jacob sprezzante. «Lei vi induce ad ignorare
l’ordine sociale stabilito da Dio. Se un contadino è affamato, questa è la
volontà di Dio, che lo istruisce attraverso la sofferenza. Comprare cibo per
loro gli permetterà di evitare il loro giusto castigo e li incoraggerà a
diventare pigri. Perché lavorare se possono essere nutriti senza farlo? Li
porterete alla rovina spirituale. Il denaro che avete sprecato in quel grano
poteva essere usato dalla Chiesa in maniera migliore.»
«Oh, certo, un altro candelabro d’oro per l’altare di certo servirà ad
alleviare le sofferenze dei poveri», sputò Edward e poi sentì lo stomaco
gelarsi. Non doveva dire una cosa del genere. Dio Santo, non avrebbe dovuto
dirlo. Si insultò in mille modi per aver perso la pazienza.
Ma Padre Jacob non gli rispose furiosamente. La sua espressione si
ingentilì e la sua voce divenne dolce e suadente. «Non lo vedete? Questa è la
confusione che ha portato dentro di voi. Le nostre chiese sono la casa di Dio e
devono essere degne di Lui. La bellezza all’interno può indurre un peccatore ad
entrare e sentire il messaggio, e anche se quel candelabro d’oro non riempirà
la pancia di un povero, potrebbe finire per salvare la sua anima. Salvare le
anime è molto più importante che alleviare le sofferenze transitorie. I dannati
soffriranno dolori assai peggiori nel mondo che verrà, ve lo assicuro.»
«È tutto?» chiese Edward.
«No, ma dovrebbe essere già abbastanza per voi per sapere che dovreste
mandare vostro figlio lontano dalla sua influenza. So anche di certe sue …
impudicizie. Di cui so che voi siete a conoscenza.»
Sapeva delle nuotate notturne di Bella. Era l’unica cosa possibile a cui
poteva alludere. «Non so cosa intendete.»
«Mio lord, io ho visto …»
«Se voi vedete delle cose, Padre Jacob, forse voi stesso avete bisogno di
una purificazione spirituale.» Edward si alzò. «Non parleremo più di questo.»
«Ma, vostra gr…»
«Non parleremo più di questo», ringhiò Edward.
Padre Jacob gli afferrò il braccio, e la sua disperazione era evidente,
per osare mettere le mani sulla persona di Edward. «Mio lord, ci sono accuse di
certe … azioni innaturali. Non ha sentito dolore nel parto. Solo una strega …»
«Come osate?» disse Edward, la voce tonante e gelida. «Dimenticate con
chi state parlando? Se pronuncerete ancora quella parola riferita a mia moglie,
rimpiangerete la vostra calunnia. Ero con mia moglie quando ha partorito. Ha
sofferto come ogni donna comune, ma ha una tolleranza maggiore rispetto a molte
altre.»
«Il fatto che voi foste lì parla della sua innaturale influenza su di
voi. A causa di lei voi vi comportate in modo bizzarro, mio lord. Sono restio a
provocare la vostra rabbia, ma qualcuno deve dirvi queste cose, qualcuno deve
mostrarvi cosa vi sta accadendo, prima che sia troppo tardi.»
«Considerate il vostro dovere in proposito completamente compiuto», disse
Edward freddamente. «Voi resterete qui quando la mia famiglia ritornerà a
Londra. Non vi manderò via per la promessa che ho fatto alla mia prima moglie,
ma non tentatemi di nuovo con la mia ira, Padre Jacob, perché in futuro non
sarò così generoso.»
Quando il Duca se ne fu andato, Padre Jacob cadde in ginocchio di fronte
all’altare. «Dove ho sbagliato?» si lamentava. «Cosa devo fare ora?»
Non ci volle molto prima che gli
arrivasse la risposta.
La Regina abbracciò e baciò Bella quando la vide. «Mi sei mancata tanto!
Come sta il tuo bambino?»
«Vivo e vegeto, vostra maestà», disse Bella.
«Sia lode a Dio.»
«Certo, e possa mandare a voi la stessa cosa», replicò Bella. Era quello
che Maria voleva di più al mondo, non solo per mantenere un cattolico sul
trono, ma per avere una famiglia. Un marito affettuoso, un figlio affettuoso,
proprio come lei ricordava la sua infanzia prima che quella ‘strega’ di
Anna Bolena distruggesse tutto.
Filippo sarebbe arrivato la sera successiva, e Maria aveva cambiato idea
già tre volte su cosa indossare. Tutte le sue scelte erano del suo colore
preferito, porpora, anche se Bella aveva provato con gentilezza a indurla verso
un rosso o un rosa, più lusinghieri con la sua carnagione. Bella era in piedi
al suo fianco sulla piattaforma che era stata costruita fuori di palazzo
Wolvesey. Teneva la mano della Regina, ed era gelata, tremante nella sua. «Prendete
dei respiri profondi, vostra maestà», sussurrò Bella. L’ultima cosa di cui
avevano bisogno era che la Regina svenisse.
Sentirono i cavalli prima di vederli. La maggio parte del seguito di
Filippo stava arrivando separatamente. Era stato avvertito da suo padre di
tenere un basso profilo per quanto possibile, così stava portando solo novemila
nobili, domestici e soldati con lui, e mille cavalli, e centoventicinque navi.
Non era strano che gli inglesi si sentissero invasi, anche se i soldati, come
da accordo di matrimonio, non potevano sbarcare.
C’erano già stati alcuni conflitti. Gli spagnoli potevano essere
arroganti e xenofobi quanto gli inglesi, e molti di loro erano risentiti per il
loro ‘esilio’ in questa piccola e fredda isola che loro vedevano come lo
stagno del mondo. Lo scontro di culture era inevitabile. Il Conte di Derby per
poco non causò un incidente internazionale quando tentò di baciare la Duchessa
d’Alba per salutarla.
Maria emise un pigolio. «Oh, Bella, lui è qui! È qui!»
Filippo cavalcava davanti alla lunga parata, appollaiato su un cavallo
bianco, come un principe delle favole. (Il cavallo era placido, perché lui
cavalcava male, e l’armatura era ornamentale, perché non era bravo neanche
nella giostra). Gli occhi di Maria brillavano e tremava da capo a piedi. Questo
era l’inizio della sua favola, ne era convinta. Avrebbe avuto una famiglia
affettuosa e l’Inghilterra sarebbe tornata alla Vera Fede e il regno sarebbe
stato felice e prospero come nelle memorie dorate della sua infanzia.
Filippo smontò e camminò verso la Regina. Era pallido, biondo e aveva una
testa sproporzionatamente grossa rispetto alla corporatura piuttosto piccola.
La mascella Asburgo protrudeva più di quanto indicasse il suo ritratto, ma a
giudicare dallo sguardo di lei, era l’uomo più bello che Maria avesse mai
visto.
Si inchinò impacciato, ma Maria era affascinata. Se lui era rimasto in
qualche modo deluso dall’aspetto di lei, ebbe abbastanza grazia da nasconderlo.
Le parlò in spagnolo e lei rispose in un misto di latino e francese. Lei aveva
imparato lo spagnolo da piccola da sua madre, ma non lo parlava da così tanti
anni che le mancava la sicurezza per provare. Bella parlava molte lingue umane
e lo capiva perfettamente, ma non si offrì di tradurre. Edward le aveva detto
che non avrebbe potuto spiegare come lo conosceva.
Filippo e Maria entrarono all’interno e si sedettero sotto il
baldacchino, chiacchierando piuttosto amabilmente. I nobili si tenevano
indietro per dare loro l’illusione della privacy, e Bella vagava tra di loro,
alla ricerca di Edward. Lui non era stato con i consiglieri che avevano
incontrato Filippo sull’Isola di Wight poco dopo che era sbarcato, prima che
partisse per incontrare la sua sposa a Winchester. Maria aveva voluto che suo
cugino restasse con lei. Aveva molte domande sul matrimonio e su ciò che un
uomo vuole dalla sua sposa e Edward aveva risposto alle sue domande il più
onestamente possibile. Parlò invece con Bella riguardo a quello che chiamava
“il lato fisico del matrimonio”, qualcosa che la rendeva ancora parecchio
nervosa.
Individuò una testa di capelli rosso-bruni nell’angolo della stanza e
sospirò contenta. Edward. Lui si voltò leggermente e si appoggiò contro un
pilastro di pietra, e per un momento, lei rimase dov’era, semplicemente
godendosi la vista. Non era l’unica donna della sala ad aver notato quanto
fosse bello. Lei sorrise quando una donna gli si avvicinò e provò a flirtare
solo per essere seccamente respinta. Suo. Solo suo, così come lei era solo sua.
Attraversò la folla verso di lui e quando lui la vide la sua faccia fu
riscaldata da un sorriso che diventava sempre più grande mentre lei si
avvicinava. Si baciarono, con dolcezza, attardandosi un po’ più a lungo di un
normale bacio di saluto. «Come se la stanno cavando?» le chiese lui, facendo un
gesto con la testa verso Maria e Filippo. Sapeva che l’udito di Bella era più
acuto di quello di un umano, e probabilmente aveva udito l’intera conversazione
tra il Principe e Maria.
«Bene come si ci poteva aspettare, suppongo», disse Bella. «Stava
provando a insegnargli come dire ‘Buonanotte a tutti i miei lord’ in inglese
quando sono andata via.»
Come a un segnale, Filippo si alzò e disse, «God ni hit»
Furono le uniche parole inglesi che avrebbe mai pronunciato.
Note storiche
-
Il colostro, o “latte sottile” è il latte che viene prodotto per primo
dalla madre, ed è pieno di anticorpi che costruiscono il sistema immunitario
del bambino. La saggezza popolare del tempo diceva che andava scartato finché
alla donna non fosse montato il “vero latte”.
-
Il punto di vista ufficiale della Chiesa cattolica è sempre stato che il
“churching” (tradotto benedizione) fosse solo una cerimonia per rendere grazie,
ma era convinzione comune al tempo che il parto fosse in qualche modo “sporco”
e che dopo una donna dovesse essere ritualmente purificata.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/20/The-Selkie-Wife
Capitolo 20
In un mondo perfetto, la mattina del matrimonio della Regina avrebbe
dovuto sorgere luminosa e soleggiata per riflettere l’eccitamento e la gioia,
ma così com’era ormai da mesi, la pioggia diluviava costantemente. Maria era
imperterrita e un baldacchino di tela fu sistemato in fretta. I suoi
gentiluomini lo avrebbero portato per ripararla mentre lei camminava per il
breve percorso che l’avrebbe portata alla cattedrale. Anche il popolo che era
venuto a guardare lo spettacolo non sembrava spaventato dalla pioggia. Erano
già tutti allineati lungo la strada, fradici fino alle ossa, aspettando di
intravedere la Regina. I venditori circolavano tra la folla, vendendo castagne
arrosto, souvenir e cianfrusaglie.
Erano le sette del mattino e Maria era già vestita con l’abito bianco e
porpora che avrebbe indossato per il matrimonio. La sera prima aveva mandato a
Filippo un vestito da sposo di velluto bianco ricamato in oro, e adesso si era
ricordata di non aver mandato neanche un gioiello da portare insieme. Diede a
Bella una scatola di legno intagliata contenente una spilla con un enorme
rubino e dei diamanti e le disse di portarla al principe.
Bella percorse i corridoi, Alice al seguito, diretta all’entrata del
palazzo. Il principe era stato alloggiato nella casa del decano, poche porte
più giù della casa che avevano affittato Edward e Bella. Mentre camminava, la
sua mente andò a Ward, pensando a come poteva svignarsela per qualche minuto
per tornare alla loro casa in affitto per allattarlo. Il seno le faceva già
male, che secondo lei, era il modo della natura di farle sapere che il bambino
era affamato. Decise che avrebbe consegnato la spilla e poi sarebbe andata un
po’ dal suo bambino. Probabilmente la Regina non si sarebbe neanche accorta che
era stata via più del necessario.
Forzare la portantina in mezzo alla folla era come nuotare
controcorrente. Bella era dispiaciuta per i poveri portatori che dovevano
urlare e spintonare. Le grida di “Fate largo alla Duchessa” non si sentivano in
mezzo al chiacchiericcio eccitato della folla. Alice aveva paura dentro la
portantina; una folla così la spaventava. Alla fine riuscirono ad arrivare alla
casa del decano e Bella aspettò finché il ciambellano aprì la porta prima di
precipitarsi dentro con Alice.
Di sopra, trovò che la porta di Filippo era socchiusa. Sbirciò dentro e
vide che Filippo era stato quasi completamente vestito dai suoi gentiluomini.
«Sembra più vecchia di come mi avevano detto», disse lui. «E anche più
flaccida di quanto mi aspettassi. Non è grassa, ma la sua carne è floscia.
Avete notato che non ha sopracciglia?»
«Sopportate, vostra maestà», disse uno dei gentiluomini. «Non è così male
come avrebbe potuto essere.»
Filippo guardò giù al suo abito da sposo con disgusto. «Spero che questi
siano gli ultimi vestiti che mi manda. La donna ha un gusto orribile. Nessuna
regina dovrebbe essere vestita così male, anche se è inglese.»
I gentiluomini ridacchiarono alla sua battuta. Quelli del Continente
amavano prendersi gioco della moda inglese.
Bella bussò alla porta. Uno dei gentiluomini aprì. Bella si inchinò e
spiegò in inglese che aveva un dono per il Principe dalla sua sposa. Il Principe
le lanciò un’occhiata. «È quella piccola creatura che teneva la mano della
Regina ieri quando sono arrivato. Chi è, comunque?»
«Duchessa di Cullen, vostra maestà. Credo che il suo nome cristiano sia
Isabella, come la vostra santa nonna .»
«Che dici Reynard? Dovrei provarci con lei? Avrò bisogno di un’amante o
due per tirare avanti fino a quando tornerò al mondo civilizzato.»
Bella tenne gli occhi fissi sulla porta e lottò contro il rossore
rabbioso che minacciava di invaderle le guance. Era contenta che Alice non
capisse lo spagnolo.
L’ambasciatore spagnolo la studiò criticamente e poi si voltò di nuovo
verso il Principe. «Non questa. Suo marito è di rango troppo alto. Vostro padre
vi ha raccomandato discrezione, vostra maestà.»
«Peccato», commentò il Principe. «Ha proprio quello sguardo che dice che
dovrebbe essere selvaggia sotto le coperte. Comunque, aprite la scatola.
Vediamo cosa mi ha mandato la mia leggiadra sposa.»
Uno dei gentiluomini sollevò il coperchio e mostrò l’enorme rubino,
circondato di diamanti, su un letto di velluto bianco. Bella pensò che sembrava
una macchia di sangue fresco e rabbrividì.
Filippo gli diede un’occhiata. «Dovrei indossarlo, dici? Pensavo di
mettere quel set di diamanti che avevo comprato prima di partire.»
«Credo che sarebbe prudente», lo avvertì Reynard.
«Va bene», disse Filippo con riluttanza, senza dissimulare. «Mandate pure
via la piccola Duchessa con qualche messaggio su quanto sono grato e simili.
Reyes ti ha detto cosa vuole la Regina come anello di matrimonio? Una semplice
fascetta d’oro. Ha detto che vuole che il suo anello sia come quello delle “fanciulle
di un tempo” o qualche scemenza del genere.»
I gentiluomini risero.
Reynard si rivolse a Bella in inglese. «Sua altezza desidera esprimere la
sua gratitudine per il bellissimo gioiello, che indosserà vicino al suo cuore
per l’amore che porta alla Regina.»
Bella s’inchinò. «Lo dirò a sua maestà. Grazie, mio lord.» Uscì dalla
stanza arretrando, perché Filippo si aspettava già di essere trattato come un
re, e si ritirò nel corridoio. Le faceva male il cuore per la povera Maria, che
qui non avrebbe trovato quell’unione d’amore che aveva sognato.
Invece di risalire sulla portantina per la piccola distanza fino alla
casa che avevano in affitto lei e Edward, Bella e Alice camminarono, un’impresa
più ardua di quanto si potrebbe immaginare. Dovevano tenere sollevate le gonne
pesanti per evitare che si infangassero e saltavano di pietra in pietra per
cercare di tenere pulite le loro pantofole. Bella si rimproverò per essersi
dimenticata di portare un paio di soprascarpe. Sembrò una vera e propria
vittoria quando alla fine arrivarono alla casa.
Edward era ancora a casa e lo trovò nella loro camera da letto con il
bambino. Era steso di fianco con Ward appoggiato su un cuscino vicino a lui,
tutti presi a giocare a nascondino (bau settete). Kat insisteva che quando Ward
sorrideva era solo una smorfia per via dei gas. Diceva che i bambini erano
ciechi fino a che non avevano qualche mese, una teoria che Bella non riusciva a
capire, dato che chiunque avesse guardato con un po’ di attenzione, avrebbe
visto che gli occhi del bambino lo seguivano.
Sorrise quando vide Bella sulla porta. «Credo che Ward abbia già capito
questo gioco. È molto intelligente, nostro figlio.»
Bella si sedette sul letto, tolse le spille dalla pettorina e si aprì il
corpetto. Edward alzò il bambino e glielo mise con gentilezza tra le braccia
quando lei ebbe aperto il vestito. Lei sospirò di sollievo quando il bambino
cominciò a bere.
«Vorrei avere un quadro di voi ritratti proprio così,» disse Edward. «Una
madonna col bambino. C’è una bellezza e una serenità in questo che è quasi
santa.»
Bella passò il bambino all’altro seno e Edward mise un dito sulla mano
del bambino. La presa stretta di Ward lo rassicurava sempre che era forte e in
salute. Adesso aveva così tanto da perdere, e il pensiero lo spaventava.
«Dov’è la piccola Elizabeth?» chiese Bella. «Speravo di vederla prima di
tornare al palazzo.»
«Sta facendo un sonnellino», disse Edward dispiaciuto. «Possiamo
svegliarla.»
«No, lasciala dormire.»
Edward le diede una lunga occhiata indagatrice. «Sembri rattristata da qualcosa.»
«Ho sentito per caso il Principe parlare con i suoi gentiluomini
stamattina. Ha detto delle cose poco gentili sulla Regina.»
«Dagli tempo, Bella. È possibile che nasca un affetto tra loro.»
«Lo spero», disse Bella. «Maria ne ha bisogno. Tanto.»
Lasciarono Ward alle cure di Kat. Nonostante tentasse di tenere il suo
comportamento brusco da ‘niente scemenze’, si sciolse quando le misero
il bambino in braccio. Tubava con lui e lo solleticava sotto il mento per
vedere quella ‘smorfia da gas’. Bella e Edward si scambiarono un sorriso
segreto alle sue spalle.
Tornarono insieme al palazzo. La Regina si stava agghindando con la
frenesia dell’ultimo minuto, il viso colorito e gli occhi brillanti di
eccitazione. Come Bella si aspettava, non aveva notato quanto ci avesse messo
Bella a tornare dalla sua commissione. Bella le riportò le graziose parole di
ringraziamento per il suo dono e la Regina arrossì di piacere. «Lui è tutto
quello che ho sempre sperato», si entusiasmò Maria. Maria, che una volta aveva
chiamato se stessa “la donna più infelice della Cristianità” stava
finalmente per avere quel suo principe delle favole che aveva tanto desiderato.
Per lei, ogni pezzo stava andando al suo posto.
Si dice che ogni sposa sia bella il giorno del suo matrimonio, e Maria
non fece eccezione. Il rosa delle sue guance e lo scintillio dei suoi occhi la
facevano sembrare almeno dieci anni più giovane, in quel momento. Bella portò
il suo strascico mentre entravano nella cattedrale e il Conte di Derby
camminava davanti a lei portando la spada del monarca. Dall’altro lato si
incontrarono con Filippo. Uno dei nobili spagnoli stava davanti a lui con una
grossa pergamena che portava il sigillo dell’Imperatore. Il contenuto della
pergamena fu letto ad alta voce all’assemblea: l’Imperatore dava a suo figlio i
regni di Napoli e Gerusalemme, così che Maria sposasse un suo pari, un re nel
suo pieno diritto.
Il Vescovo Gardiner, cancelliere di Maria, celebrò la cerimonia. Essendo
morto il padre di lei, Edward fu uno del trio di nobili che dava la sposa, in
nome di tutta l’Inghilterra. Maria venne meno alle condizioni concordate dal
contratto di matrimonio e fece voto di essere «compiacente e obbediente» a
Filippo anima e corpo e gli conferì tutti i suoi beni terreni. Molti si
sarebbero chiesti più tardi se fosse stato un errore di traduzione, ma Filippo
fece voto di conferirle semplicemente i suoi beni mobili. E così era
fatta. Filippo diventava re d’Inghilterra e Maria diventava Regina di Napoli e
Gerusalemme, regni che non avrebbe mai visto.
Bella e Edward scivolarono via dal banchetto di matrimonio appena fu
decentemente possibile. Non erano interessati ad assistere alla cerimonia del
letto, che sapevano sarebbe stata imbarazzante e disagevole per la povera
Regina. Meno testimoni c’erano, meglio era, secondo Edward.
Fecero i loro saluti e Maria baciò la
fronte di Bella quando questa si alzò dal suo inchino. Bella sorrise in
risposta. La Regina sembrava felice, una cosa che Bella non aveva mai
visto. Sperava solo che durasse.
Edward dichiarò che la mattina successiva sarebbe stata dedicata alla sua
famiglia. La Regina non teneva corte, avrebbe passato i prossimi giorni in
isolamento. C’era stato un piccolo incidente quella mattina quando un
contingente di nobili spagnoli si era presentato alla porta della camera della
Regina. Le dame erano scioccate e avevano detto che non era decente visitare
una donna la mattina dopo la sua notte di nozze. I nobili provarono a spiegare
che era tradizione in Spagna salutare il monarca e la consorte nel loro letto
la mattina dopo il matrimonio, ma non parlavano inglese e le dame non
riuscirono a capire i loro accenti pesanti quando provarono con altre lingue.
Filippo si era alzato presto, secondo le voci di corridoio, aveva detto
Alice. Si era alzato alle sette e aveva lavorato alla sua scrivania fino
all’ora della messa (cui aveva assistito due volte quel giorno) e adesso stava
visitando i luoghi storici intorno a Winchester, inclusa una visita per vedere
la tavola rotonda di Re Artù. Edward probabilmente sarebbe dovuto andare con
lui, ma lui era molto più interessato a passare del tempo con la sua famiglia
che ad accattivarsi il favore del nuovo marito di Maria.
Ward era steso su una coperta sul pavimento in mezzo a loro, indossando
solo un pannolino. Elizabeth stava giocando con lui a un gioco che avevano
inventato. Lei teneva tese le mani e aspettava che lui le calciasse, facendo
uno strillo deliziato ogni volta che lui faceva contatto. Edward era steso
appoggiato a dei cuscini, le mani allacciate alla vita di Bella, che stava
contro di lui.
«Penso ancora che dovremmo fasciarlo», disse lui. «Altrimenti i suoi arti
non cresceranno dritti.»
«Stupidaggini», disse Bella. «È perfetto così com’è. Se fosse fasciato
non potrebbe muoversi come sta facendo ora.»
Questo era vero. I bambini fasciati avevano gli arti avvolti saldamente
ed erano confinati da una stretta coperta che li avvolgeva. Perfino le loro
teste erano fissate con delle fasce di lino.
Edward scosse la testa. Bella come genitore aveva idee molto strane, come
permettere al bambino di stare steso su una coperta nudo tranne che per un
pannolino lento, che lei diceva avrebbe prevenuto quegli sfoghi cutanei che
piagavano tanti bambini e a volte causavano infezioni fatali. Doveva ammettere
che finora, Ward sembrava molto più felice e in salute di quanto fosse
Elizabeth alla sua età.
Le voci sul loro strano comportamento avevano cominciato a circolare e
qualche volta a Edward era stato chiesto dai suoi pari di queste «pratiche
pagane». Chiaramente l’opinione generale era che Bella stesse rischiando la
vita di suo figlio lavandolo ogni giorno, lasciando la sua pelle nuda all’aria
e lasciando che i suoi arti crescessero a caso. Kat li difendeva strenuamente,
anche se in privato si chiedeva se fosse saggio quello che Bella stava facendo.
Kat insisteva che gli arti di Ward erano così perfetti che non aveva bisogno
dell’assistenza delle fasce come i bambini di altri, chiaramente inferiori.
La scandalosa insistenza di Bella ad allattare il bambino da sola si trovò
una sorprendente partigiana: la Regina stessa. Questo richiamava la sua parte
sentimentale. Dichiarò che le “mogli di un tempo” allattavano i loro
bambini e che Bella andava lodata per come si dedicava al suo bambino. Del
resto, tutti sapevano che i vizi e i difetti caratteriali di una balia potevano
essere trasferiti con il latte, così come era possibile trasferire delle
malattie.
La corte ritornò a Londra una settimana dopo il matrimonio. Gli ultimi
giorni furono pieni di feste, masque, giostre e danze, a cui Bella e Edward non
parteciparono molto. La distratta Regina era così appassionatamente innamorata
del suo nuovo marito che probabilmente non avrebbe notato se l’intera corte
fosse svanita nel nulla.
Sfortunatamente, la casa di Hampstead Heath era troppo lontana perché
Bella potesse tornare per allattare Ward, e quindi il bambino doveva essere
portato al palazzo durante il giorno. Kat controllò che i domestici pulissero e
preparassero la stanza per lui. I muri, i pavimenti e perfino il soffitto furono
strofinati con l’aceto, la stanza fu sottoposta a fumigazioni e fittamente
coperta di arazzi per tenere fuori i sudici miasmi della corte. Edward fece
perfino venire Padre Jasper a benedirla («Non si sa mai» disse lui
imbarazzato). A nessuno, tranne Kat e Alice, era permesso entrare in quella
stanza.
Bella amava quella stanza. Ben presto divenne il suo quieto ritiro in cui
poteva scappare dal rumore e dai drammi meschini della corte e accoccolarsi con
il suo bambino. Appena Edward poteva scappare dai suoi doveri, la raggiungeva e
si stendevano insieme con il loro bambino in quel bozzolo quieto e sicuro dove
niente era importante tranne la loro famiglia.
Poche settimane dopo il matrimonio, Bella tornava dall’aver allattato
Ward e trovò la Regina nella sua stanza che piangeva di fronte all’altare. «Vostra
maestà! Che c’è che non va?»
«Non c’è niente che non va», sussurrò Maria. Si voltò verso Bella e le
prese la mano. «Voglio che tu sia la prima a sapere. Credo di essere gravida.»
Bella boccheggiò. Le lavandaie corrotte avevano informato tutta la corte
che la Regina non mestruava, ma lei era sempre stata irregolare nei suoi corsi.
La mattina precedente si era svegliata con un po’ di nausea, ma era qualcosa da
aspettarsi dopo i sontuosi banchetti di ogni sera. Le chiacchiere circolavano,
ma Bella aveva imparato a non crederci molto.
«Oggi mi sono consultata con i miei
medici», confessò Maria. «Anche loro credono che sia così. Oh, Bella, io …»
Maria scoppiò in lacrime e Bella si comportò come un’amica, non una suddita.
Prese la Regina tra le braccia e la tenne stretta mentre singhiozzava di gioia.
Quella sera Maria decise di avere una cena privata con la sua famiglia
nei suoi appartamenti. Filippo declinò di unirsi a loro perché aveva un
incontro con i suoi consiglieri, o almeno così aveva detto. Edward prese
l’occasione per affrontare l’argomento delle prospettive di matrimonio di Ward.
«Avrei scelto una moglie per lui, col permesso di vostra maestà, naturalmente»,
disse lui.
Maria finì di masticare e la sua domestica le asciugò le labbra. Alzò la
sua coppa di vino. «Ah sì? A chi avresti pensato?»
«Alice Brandon. È la figlia della sorellastra del Conte di Hale.»
«La dama di compagnia di Bella?» La Regina riabbassò il bicchiere senza
bere. «Perché?»
«È di una buona famiglia», replicò Edward. «Suo padre ha delle terre
vicino alle mie al nord. Vorrei unire le nostre due famiglie.»
«Perché non una delle figlie del Conte? Sua moglie ne ha appena partorita
un’altra.»
«Sono affezionato ad Alice e penso che sarebbe una buona moglie per lui.»
«Ma è di quasi venti anni più vecchia di lui!» disse la Regina, undici
anni più vecchia di suo marito, con disapprovazione.
Edward non poteva dirle che il fidanzamento era solo una finta per
proteggere Alice dal barone Tyler. Per Maria il matrimonio era un impegno sacro
e si sarebbe gravemente offesa all’idea che qualcuno lo usasse in modo così
insensibile. «Sua madre ha partorito un figlio sano a quarantadue anni,» disse
Edward. Omise di dire che era morta nel processo. «Se sposiamo Ward a lei a
quindici anni, lei ne avrebbe solo trentacinque.»
«No, Edward, questo è assurdo. Se vuoi riunire le tue proprietà con
quelle del Conte, scegli una delle sue figlie più giovani, non una cugina che
passerà la gioventù aspettando che lui cresca.»
«Cugina …»
«No.» La sua voce era ferma. Edward si allungò sulla sedia, sconfitto.
Alice aspettava con Ward in braccio quando lasciarono le stanze della
Regina quella sera. «Glielo hai detto?» chiese Edward a Bella a voce bassa, per
non essere sentito.
Bella scosse la testa. «Con tutto quello che è successo me ne sono
dimenticata.»
«Bene», disse Edward. «Ne sarebbe solo delusa ora. Per il respiro di Dio,
Bella, non so cosa fare adesso. Ci ho pensato all’infinito e non riesco a
trovare un altro accoppiamento adatto per lei.»
Alice li incontrò in mezzo alla stanza e trasferì con attenzione Ward tra
le braccia di Bella. Tutti e due gli baciarono la testina lanuginosa.
«Bella.» La Regina chiamò dalla porta. «Portamelo qui, per favore. Non ho
ancora incontrato il membro più giovane della mia famiglia.»
Bella portò Ward alla regina che allungò le braccia per prenderlo. Bella
era leggermente allarmata, perché non aveva mai visto Maria tenere un bambino,
specie non fasciato, ma Maria lo prese tra le braccia e gli tenne la testa come
un’esperta. «Non essere così angosciata», disse Maria a Bella. «Io mi sono
presa cura della mia sorellina, Elisabetta, ricordi?»
Ward afferrò La Peregrina, la perla che Filippo aveva dato a Maria come
dono di fidanzamento, e se la infilò in bocca. Maria rise piano. I suoi occhi
erano umidi di nostalgia. «Oh, quanto vorrei che tu fossi mio, bel bambino»,
disse lei.
«Ne avrai uno tuo a tempo debito», le disse Edward.
Maria tolse la perla dalla bocca del bambino. «Sì», disse lei. «Dio mi
ricompenserà per aver fatto la sua volontà, riportando questo regno a ciò che
deve essere, e l’Inghilterra di nuovo alla Vera Fede. Sono davvero benedetta.»
Baciò il bambino sulla testa e lo ridiede alla madre.
Le lacrime brillavano nei suoi occhi.
«Non ci aspettano che tempi felici, e ringrazio Dio di questo.»
Quell’umida primavera divenne all’improvviso un’estate calda e secca.
Quel poco che era stato piantato nei campi appassì sotto il sole spietato. La
raccolta di quell’autunno fu la peggiore a memoria d’uomo. L’angoscia afferrò
il popolo d’Inghilterra e i prezzi del cibo aumentarono vertiginosamente in
anticipo sulla carestia che sarebbe arrivata.
In novembre, Maria restituì ufficialmente l’Inghilterra all’ordine
cattolico, e per ottenere questa riunificazione, i funzionari ecclesiastici
concordarono che fosse permesso ai nobili tenersi le terre e le proprietà che
erano un tempo appartenute alla chiesa prima che Enrico VIII sciogliesse i
monasteri. Il Cardinale Reginald Pole, figlio dell’amata amica di Maria, Margaret,
ritornò in Inghilterra dopo che il Parlamento ebbe annullato la sua condanna e
la perdita dei diritti civili, e servì come legato papale, ricevendo la
sottomissione dell’Inghilterra e assolvendo il Paese dai suoi peccati.
Incontrò Maria e Filippo sui gradini del palazzo di Whiteall e salutò la
Regina con le parole, «Ave, piena di grazia, il Signore è con te: tu sei
benedetta fra le donne.»
«Quello è stato il momento in cui l’ho sentito la prima volta», ripeteva
sempre Maria quando raccontava agli altri questa storia. «Ho sentito muoversi
il bambino nel mio ventre.» Il simbolismo biblico non passava inosservato,
neanche negli ascoltatori.
«Spero ardentemente che non chiami il bambino Gesù», disse Edward quella
sera, mentre erano nel loro letto.
«Edward!» boccheggiò Bella, quasi ridendo mentre gli metteva una mano
sulla bocca. Perfino lei la riconosceva come un’eresia. «Shh! I domestici
possono sentire.»
«Sono sicuro di non essere l’unico a cui è venuto in mente», disse
Edward, e poi girò Bella sulla schiena con un sorriso. «Tu sei una donna
cattiva e disobbediente perché hai provato a far tacere tuo marito. Dovrò
punirti.»
«Prego», boccheggiò Bella mentre le mani di lui scorrevano sul suo corpo.
«Ecco una brava ragazza», fece le fusa lui. «Accetta il tuo castigo,
potresti trarne profitto.» Le prese le mani e gliele mise sopra la testa. «Non
puoi muoverti. Non un movimento, capito?»
Lei sbatté gli occhi. Doveva resistere all’urgenza di annuire.
«Oh, tu sei una brava ragazza», disse approvando. «Credo che ti meriti
una ricompensa per questo.» La sua testa sparì sotto le coperte e Bella si
morse il labbro. Non riusciva a vedere la differenza tra castigo e ricompensa;
erano entrambi un piacere delizioso.
Note storiche
-
I titoli per esteso di Maria e Filippo erano: “ Filippo e Maria, per
grazia di Dio, Re e Regina d’Inghilterra, Francia, Napoli, Gerusalemme e
Irlanda, Difensori della fede, Principi di Spagna e Sicilia, Arciduchi
d’Austria, Duchi di Milano, Borgogna e Brabante, Conti di Asburgo, Fiandre e
Tirolo.” Anche se il padre di lei aveva rotto con la chiesa cattolica,
manteneva ancora il titolo di Difensore della Fede, datogli dal Papa
quando scrisse un trattatello teologico che argomentava contro le posizioni di
Martin Lutero, e conteneva anche un’appassionata difesa dell’autorità papale.
Enrico non aveva scoperto che il Papa non doveva avere autorità sul suo regno,
finché non gli disse di “no” su qualcosa che voleva. La pretesa sulla
Francia era ancestrale, datando indietro fino ai tempi di Giovanna d’Arco;
Calais era l’unico pezzetto di Inghilterra rimasto sul suolo francese.
-
La cerimonia del letto implicava di spogliare la coppia fino a lasciarli
in camicia (nel caso di Maria e Filippo, indossavano anche una gran quantità di
gioielli) e aiutarli ad andare a letto. Si chiamava un prete per benedire il
letto e aspergerlo con l’acqua santa e chiedere a Dio che il matrimonio fosse
fruttuoso. Poi gli sposi venivano lasciati soli a consumare il matrimonio (o
soli come potevano essere i nobili, comunque). A seconda delle persone
coinvolte, la cerimonia del letto implicava anche un sacco di scherzi, vino e
lazzi osceni, ma quella di Maria deve essere stata un occasione più solenne e
rispettosa. E ugualmente, come pensava Edward, deve essere stata molto
imbarazzante per la natura pudica di Maria.
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/21/The-Selkie-Wife
Capitolo 21
Emmett arrivò a casa a Hampstead Heath a metà novembre. Con lui c’era la
sua bambina appena nata, chiamata Margaret come la madre di Rosalie, ma Rosalie
non c’era.
«Ha avuto un parto difficile», disse Emmett dopo che si erano scambiati i
saluti e si erano sistemati nella stanza privata di Edward e Bella. I due
bambini erano stati messi nella grande culla di Ward vicino al camino, tutti e
due addormentati. Emmett aveva messo l’involto fasciato che era la sua bambina
a fianco di Ward e Ward aveva toccato curioso le coperte che coprivano tutto
tranne la faccia di lei prima di addormentarsi al suo fianco.
«È quasi morta», continuò Emmett. «Ci sono voluti due mesi prima che
riuscisse ad alzarsi dal letto, e dopo, qualcosa era cambiato. Era …
melanconica, suppongo. Non so come altro descriverlo. Quando le ho detto che
sarei tornato a corte, ha detto che voleva restare a Cullen Hall. La Regina ha
dato il permesso, e ho pensato che nessuno di voi due avrebbe obiettato al
fatto di non averla qui.» Emmett si chinò dalla sedia e guardò nella culla per
controllare la sua bambina per la decima volta.
«La prima volta che ho visto Margaret, ho finalmente capito», disse
Emmett piano. «Avevano pensato che sarei stato dispiaciuto perché era una
femmina. Avevano quasi paura di dirmelo, ma poi la levatrice me l’ha portata e
…» Emmett si bloccò, chiaramente non trovando le parole.
«Hai un bell’aspetto, Fratello», disse Edward. «Sembri … felice.»
«Sono felice», replicò Emmett. «E sto bene. Non ho bevuto un goccio da
quando ho tenuto in braccio mia figlia per la prima volta.»
A Edward cadde la mascella. «Davvero?»
«Davvero. Ero malato … malato a morte, pensavo. Padre Jacob mi aveva dato
l’estrema unzione.»
«Perché non mi hai cercato?» chiese Edward.
Emmett scosse la testa. «Non volevo che mi vedessi in quel modo, che
vedessi come mi avevano portato in basso i miei peccati. Ma Dio è stato
misericordioso, e adesso ho la mia Maggie.»
«È bellissima», la lodò Edward.
«È il mio miracolo», disse Emmett. «Non posso spiegarlo. Ho guardato il
suo visetto la prima volta che l’ho tenuta in braccio e mi sono vergognato per
ciò che ero diventato. Volevo essere degno di lei, essere il padre che merita.
So che non mi crederai, e ti capisco, perché non ci crederei neanch’io, ma per
me è cambiato tutto, Edward.»
Edward rimase in silenzio per un lungo momento. L’uomo che sedeva dinanzi
a lui era un uomo che non vedeva più da quasi tre anni. Gli occhi di Emmett
erano brillanti e svegli, non cisposi e annebbiati. Le sue mani non tremavano
più e non aveva più addosso odore di alcool stantio. Sembrava … sveglio
per la prima volta in anni. «Ti credo, fratello, e sono felice di riaverti.»
«E Rosalie?» chiese Bella.
«Non lo so.» Emmett si passò la mano tra i capelli, che erano lunghi come
Bella non li aveva mai visti, una zazzera scura di ricci. «Qualcosa è cambiato
anche per lei, il giorno che è nata Maggie. Tutti gli indovini che aveva
ingaggiato giuravano che avrebbe avuto un maschio. Dopo il suo lungo e
terribile travaglio, ha partorito una bambina e questo sembra averla spezzata
come non avevano fatto i dolori e il travaglio. Non l’ha tenuta in braccio, non
ha neanche voluto guardarla. Io ho provato. Ho pensato che se avesse visto come
era bella e perfetta Maggie, avrebbe cambiato idea, ma lei si e è voltata
dall’altra parte. Voleva che mandassi Maggie lontano a vivere con una balia, ma
io mi sono rifiutato, e lei mi ha detto di tenere semplicemente Maggie lontano
da lei. Ha perfino bruciato tutti i bei vestiti che aveva ricamato per il
bambino, perché ha detto che erano per nostro figlio. È come se pensasse
che Maggie le abbia portato via quel figlio.»
«Alcune donne hanno una tristezza dell’anima, dopo che è nato il bambino»,
disse Bella. «Forse Rosalie è una di loro. Ma migliorerà. Conosco delle erbe
che potrebbero …»
«Lei è ammalata nell’anima, ma non è colpa della bambina», disse Emmett
piatto. «Gliel’ho detto prima di andare via: avrà il mio anello e il mio nome,
ma io non voglio avere niente a che fare con lei. Non sono crudele e non la
metterò da parte, ma non sarò più un marito per lei.»
«È cambiata dopo che l’hai picchiata?» chiese Bella.
«Picchiata? Non l’ho mai picchiata», disse Emmett stupito. «Ti ha detto
che l’ho picchiata?»
«Ho sentito delle voci dai domestici …»
Lui scosse la testa. «Ho minacciato di tagliarle i fondi e toglierle i
gioielli e lei ha pianto per giorni, ma ti giuro che non ho mai alzato una mano
su di lei. Minacciare di portarle via il denaro era già una punizione
sufficiente. Penso che avrebbe preferito essere picchiata che minacciata di
perdere la sua indennità.» Emmett sembrava disgustato dall’avidità di Rosalie.
«Mi dispiace di averla portata nella nostra famiglia, Bella.»
«Sono sicura che debba esserci un motivo se lei …»
Edward rise piano. Prese sua moglie dalla seggiola, se la mise in grembo
e l’abbracciò forte. «Questa è la mia Bella, sempre a provare a pensare il
meglio delle persone.»
«Penso che sia triste e spaventata», disse Bella. «Questo porta le
persone a fare cose che normalmente non farebbero.»
«Come quello che la Regina ha fatto alla Principessa Elisabetta?» chiese
Edward cupo. Non aveva mai completamente perdonato Maria per aver mandato
Elisabetta a Woodstock. Si rifiutava di leggere le lettere di Elisabetta o di
ascoltare le sue lamentele sulle sue condizioni di vita, e si rifiutava di
discutere la situazione con Edward. Erano a un punto morto: Maria aveva detto
che non avrebbe riaccettato Elisabetta a corte a meno che non ammettesse la sua
colpa e implorasse il suo perdono, ed Elisabetta non aveva nessuna intenzione
di confessare qualcosa che dichiarava di non aver fatto.
«Bess tornerà a corte presto», disse Bella. «Avevo intenzione di dirtelo
prima, ma me lo sono dimenticato con tutta l’eccitazione per l’arrivo di
Emmett. Filippo ha detto a Maria di far ritornare a corte Bess, così che sia
presente alla nascita del bambino.»
Emmett e Edward si scambiarono uno sguardo. «Cosa ha detto Maria?»
«Non era molto contenta, ma obbedirà ai desideri di suo marito.» Questo
era un modo leggero di metterla. Dopo che Filippo aveva lasciato la stanza,
Maria era scoppiata in lacrime e Bella e Susan Clarencieux avevano fatto il
possibile per calmarla, per paura che facesse male al bambino. Filippo veniva
raramente nelle stanze della Regina, e una volta che veniva, era per ordinarle
di riportare Elisabetta a corte, proprio come quella lettera che aveva a lungo
desiderato e che alla fine riguardava Elisabetta. Bella e Susan avevano detto a
Maria che era naturale per un marito cercare di ricucire gli strappi nella
famiglia di sua moglie, ma Maria non accettava queste banalità lenitive.
«Lui pensa che sia saggio avere l’erede al trono a portata di mano in
caso Maria muoia di parto», disse Edward. E Bella temeva che questa fosse la
conclusione cui era arrivata anche la Regina.
Si sentì un gemito dalla culla, e le orecchie di madre di Bella capirono
subito che non si trattava di Ward. Si avvicinò alla culla mentre Emmett
sollevava Margaret e la cullava gentilmente tra le braccia parlandole piano, ma
Margaret piangeva sempre più forte.
«Ha fame», gli disse Bella. Non conosceva la voce di Margaret bene come
quella di suo figlio. Riusciva a capire dal pianto di suo figlio quando aveva
fame, o era bagnato, o voleva solo essere preso in braccio. Il pianto di
Margaret le sembrava proprio il pianto ‘dammi da mangiare’.
«Alice, chiama la balia», comandò Emmett. Alice, che sedeva in fondo alla
stanza, parlando piano con Padre Jasper, si alzò e si inchinò, anche se aveva
un’espressione un po’ seccata per essere stata distolta dal suo prezioso tempo
con Jasper.
«No, Alice, non ti preoccupare», disse Bella. «Posso allattare io
Margaret.»
Tutti sembrarono sconvolti all’idea.
Bella rise. «Perché no? Ne ho tanto.»
«Sei una duchessa, non una balia», disse Edward.
Bella cercò di evitare di alzare gli occhi al cielo. Le donne selkie
spesso lasciavano i loro bambini alla cura di un’altra madre mentre erano fuori
a nuotare, e se il bambino aveva fame, quelle donne lo nutrivano, così come
avrebbero fatto per il proprio figlio, e se una madre selkie si perdeva,
un’altra avrebbe preso suo figlio per nutrirlo e crescerlo che se fosse il
proprio. Questa gente aveva costumi così strani quando si trattava di
allattamento. Avrebbero assunto un’estranea per dare latte ai loro bambini, ma
una parente che si offriva di farlo urtava la loro sensibilità.
«Mi conosci meglio di quanto tu conosca la balia», disse Bella ad Emmett.
«Sai che sono sana e che non ho vizi che posso passare alla tua bambina.»
Edward sorrise e le sussurrò all’orecchio, «Magari uno o due …»
Lei ridacchiò e gli baciò la guancia.
Tra le braccia di Emmett, Margaret continuava a lamentarsi. Ward
piagnucolò e si preparò a cominciare un pianto di simpatia. Bella prese
Margaret dalle braccia di Emmett e si ritirò in un angolo quieto e in ombra.
Per prima cosa tolse alla bambina tutti gli strati di coperte e se ne mise una
sulla spalla per pudore mentre si apriva la pettorina. Margaret si attaccò con
entusiasmo. Emmett stava ancora vicino alla culla e sembrava ansioso. «So che
Bella può fare meglio della balia, ma mi sembra …»
«Lo so», disse Edward. «Ma se lei vuole farlo, non vedo che male ci sia.»
Prima di ridare Margaret a suo padre, Bella controllò il pannolino e vide
che aveva un orribile sfogo. «Oh, poverina.» Andò alla sua cesta e prese una
crema che aveva fatto per Ward, nel caso avesse avuto un’eruzione cutanea,
fatta con consolida e camomilla e la applicò sulla pelle arrossata e irregolare
della bambina.
«Non può indossare questi», disse Bella, tirando le fasce che avvolgevano
gli arti della bambina.
«Meglio non discutere di questo con lei», avvertì Edward quando Emmett
aprì bocca.
«Ma verrà storta!» protestò Emmett. Margaret tubò e mosse le sue gambette
e le braccia libere all’aria.
«Ward non è stato fasciato e sta crescendo dritto.»
«Tu non vuoi che soffra per queste infiammazioni, vero?» disse Bella. «La
povera piccola soffoca sotto tutti questi strati!»
Emmett si arrese, proprio come aveva
fatto Edward, in parte perché era incantato dalla gioia di Margaret a quella
libertà, e in parte perché conosceva il cuore di Bella e sapeva senza dubbio
che non avrebbe fatto nulla che avrebbe potuto danneggiare un bambino. Lei
incontrò gli occhi di Emmett e sorrise con gentilezza e poi guardò giù i bambini,
e Emmett seppe che Margaret aveva appena guadagnato un’altra madre.
«Vostra grazia?»
Bella aveva appena lasciato la cerimonia di ringraziamento a St.Paul, per
il ‘risveglio’ della Regina, e stava andando verso la sua portantina con
l’idea di tornare ai suoi appartamenti per nutrire i bambini quando la voce la
bloccò. Non riconobbe l’uomo che si era inginocchiato di fronte a lei. Il vento
soffiava le foglie secche sul selciato intorno a lui, che tremava leggermente,
ma Bella non pensava fosse per il freddo.
«Sì», disse semplicemente.
«Vostra grazia, sono Edward Askew. Il marito di mia sorella, Thomas Kyme,
è l’elemosiniere del vostro signor marito.»
Bella riconobbe vagamente il nome, ma non aveva mai incontrato
l’elemosiniere di suo marito, che viveva nel villaggio vicino a Cullen Hall.
«Capisco. Cosa volete da me?»
«Mia sorella, Anne, è stata cacciata di casa da suo marito. Non aveva un
posto dove andare, così è venuta da me, ma io vivo in una delle locande vicino
alla corte e il mio padrone di casa non mi permette di tenere una donna nelle
mie stanze, anche se è mia sorella. Speravo che poteste prenderla al vostro
servizio, mia lady. È una donna onesta e lavoratrice che vi servirà bene e con
lealtà.»
«Perché suo marito l’ha cacciata?»
Askew esitò. «Loro … loro differiscono nella fede, vostra grazia. Anne è …
della chiesa riformata. Vi prego, vostra grazia. Non usate la sua fede contro
di lei. Padre Jacob mi ha suggerito di parlare con voi. Dice che siete una
donna dal cuore gentile e che le vostre porte sono aperte a coloro che hanno bisogno.»
Bella era stupita, perché non aveva mai sentito Padre Jacob dire qualcosa
di buono di lei ed era sorpresa che avesse suggerito un’assistenza a un
protestante. «Questi sono tempi pericolosi per chi non si conforma», disse
piano Bella.
«Vi prego, vostra grazia», implorò lui. «Ha perso la sua casa e i suoi
figli.»
Il cuore di Bella faceva male. Una donna non aveva diritti sui suoi
figli. Se Kyme voleva, poteva vietare a Anne di rivedere i suoi figli per
sempre. Bella provò a immaginare il dolore che avrebbe sentito se Edward le
avesse portato via Ward e le si riempirono gli occhi di lacrime. «La aiuterò»,
disse. «Portala a casa nostra domani e parla con Kat Ashley per un posto per
lei. E io farò in modo che il mio signor marito parli con Kyme.»
«Grazie, vostra grazia», disse Askew. Una lacrima gli scivolò sulla
guancia. «Non potete capire quanto io vi sia grato.»
Bella gli sorrise e continuò per la sua strada verso le sue stanze.
Intendeva dare al suo bambino un bacio extra e anche ad Edward. Ogni giorno,
qualcosa le faceva capire come lui fosse straordinariamente buono con lei. Lei
e Alice camminarono in silenzio, entrambe perse nei propri pensieri, e questo
probabilmente fu il motivo per cui Filippo e i suoi gentiluomini non le
notarono.
«Almeno vi siete risparmiato di condividere il letto con il vecchio cane,
adesso», disse uno di loro e Filippo rise.
«Te lo dico io, ci vuole la forza di Dio per bere da quella coppa»,
disse Filippo esagerando un brivido.
Le lacrime bruciarono negli occhi di Bella. Quando era in presenza di
Maria, Filippo era sempre molto educato. Si lanciava anche in qualche frase
romantica, di tanto in tanto. Maria pensava che l’amasse, e pensava che fosse
felice del matrimonio. Bella sperava che Maria non scoprisse mai come Filippo
la schernisse alle spalle.
Alice vide dall’espressione di Bella che il re doveva aver detto qualcosa
di orribile, ma ebbe abbastanza tatto da non chiedere. Aprì la porta della
camera di Bella e Bella corse dentro, il caldo, sicuro piccolo mondo che condivideva
col suo bambino. Trovò Kat seduta sul letto con Ward e Margaret, che faceva
dondolare su di loro una collana di pietre preziose perché la toccassero con le
loro manine. Ward sembrava divertirsi veramente a questo gioco perché squittiva
deliziato, e Margaret sembrava contenta di guardare, attratta dal brillio delle
gemme.
«Tutto bene?» chiese Kat a Bella.
Bella prese su Ward e lo baciò sulle guance paffute. «Meglio, adesso»,
disse. Si slacciò la pettorina ed aprì il corsetto con un sospiro di sollievo.
Il seno le aveva fatto male tutto il giorno per quanto era stretto nella stoffa
rigida. Mise Ward nell’incavo del braccio e lui cominciò a bere avidamente. Era
un po’ difficile prendere Margaret con l’altro braccio, ma ci riuscì, e
Margaret non ebbe bisogno di aiuto per attaccarsi.
Kat girava lì intorno controllando se sui mobili ci fossero tracce di
polvere. Stava prendendo molto sul serio la sua posizione di governante e le
povere ragazze erano terrorizzate di lasciare della polvere da qualche parte.
«Avrai una nuova cameriera in casa», disse Bella. «Si chiama Anne ed è la
moglie di Kyme.»
«Ho sentito di lei», disse Kat e Bella ne fu sorpresa.
«Davvero?»
«Già, una delle cameriere della cucina è sua cugina o qualcosa del
genere. Qualche giorno fa parlava con le altre ragazze della povera Anne. Sua
sorella era la fidanzata di lui e quando è morta Anne è stata costretta a
sposarlo al posto di sua sorella. Diceva che Kyme è così fanatico che al
confronto Maria sembra un’apostata. Quando Anne si è rifiutata di partecipare
ai suoi incontri sulla Bibbia, lui l’ha buttata fuori di casa, aspettandosi che
tornasse sui propri passi. Invece lei è venuta a Londra. Le ragazze della
cucina dicevano che stava cercando di divorziare.»
«Un divorzio?» Bella era atterrita. «Askew non ha detto niente del
genere!»
«Probabilmente pensava che non ne sarebbe uscito nulla. È improbabile che
gli ecclesiastici lo concedano. Non ha motivi.»
Bella si sentì a disagio. «Forse non avrei dovuto darle un posto qui in
casa. Pensi che Edward sarà arrabbiato con me?»
Kat scosse la testa. «La casa è il territorio della moglie. Voi assumete
chi volete. Non vi preoccupate. Starà nel sottoscala. Se non volete, non la
vedrete mai.»
Era tardi quella sera quando Edward ritornò dai lavori del consiglio.
Bella scese le scale per salutarlo e i domestici portarono il piatto che Bella
aveva fatto tenere in caldo in cucina. Si sedette al tavolo e mangiò come se
non avesse visto cibo tutto il giorno. Alla fine si appoggiò allo schienale,
soddisfatto. «Grazie, Bella. Come stanno i bambini?»
«Elizabeth era un po’ agitata stasera. Voleva aspettarti, ma l’ho fatta andare
a letto alla solita ora.»
«E i piccoli?»
Bella sorrise, toccata. «Tutti e due bene. Margaret è nella sua culla
nella stanza di Emmett e Ward sta dormendo nel nostro letto, al momento. Era
così adorabile accoccolato sul tuo cuscino che non l’ho spostato.»
«Sei sicura che allattare tutti e due i bambini non ti affatichi troppo?»
chiese lui ansioso.
«Ne sono sicura. Sto molto bene.»
Se la mise in grembo. «Mi preoccupo per te.»
«Lo so. Ma Edward, te lo giuro, sto bene. Te lo direi se così non fosse.»
Lui le strofinò il naso sul collo. «Sei stata a nuotare di recente? Vuoi
andare stanotte?»
Glielo disse con gentilezza, ma gli occhi di lui erano stanchi. «Forse
domani», disse.
«Come è stata la cerimonia di ringraziamento?» chiese lui.
«Lunga», replicò Bella e lui rise.
«Nessuno dei vestiti della Regina le si chiudeva sulla pancia, quindi è
andata in chiesa con i lacci lenti. È stato un piccolo scandalo, ma io penso
che alla Regina piaccia mostrare la sua bella pancia.»
«Sembra stare meglio di quanto l’abbia mai vista», commentò Edward. «La
rotondità le dona e ha un bel colorito.
«È felice», disse Bella. «Questo rende ogni donna più bella. Vorrei solo
…»
«Cosa?»
«Filippo non è il Principe perfetto che crede lei.»
«Come se non lo sapessi», disse Edward cupo. «Questo è il motivo per cui
ho fatto così tardi stasera. Il Parlamento ha confermato la riunificazione con
Roma. Il Papa è di nuovo Capo della Chiesa d’Inghilterra, ma i nobili sono
stati attenti ad includere una clausola che assicuri che nessuno di loro debba
restituire le terre e le proprietà che avevano incamerato quando Re Enrico ha
distrutto i monasteri. La Corona restituirà la porzione che ancora controlla,
che è una perdita di entrate che possiamo a malapena permetterci. Tutto fatto
ordinatamente e rapidamente, ma Gardiner voleva fosse inserita una clausola
nell’atto che creasse Filippo reggente in caso Maria morisse di parto. Il
consiglio e il Parlamento alla fine hanno assentito, ma Filippo doveva andare a
infilare la sua scucchia Asburgo in materia, e ha chiesto un’incoronazione.»
«Vuole essere incoronato? Ma io credevo che il contratto di matrimonio …»
«Appunto.»
Bella emise un lamento. «Maria non ha detto nulla di questo. Lui la deve
star assillando in proposito.»
«Quando? Va a farle visita a malapena, o almeno così si dice a corte.»
«È molto occupato», disse Bella automaticamente. Ed era vero. Filippo si
comportava come co-governante di Maria. Firmavano insieme le leggi e Filippo la
aiutava con le faccende amministrative, anche se Maria era quella che alla fine
prendeva le decisioni. Maria aveva perfino emesso nuove monete che portavano
entrambi i loro profili e non solo quello di lei.
«Il consiglio è fuori controllo», disse Edward piatto. «Le fazioni si
spintonano per il potere, lottano costantemente e si pugnalano alle spalle. Mi
meraviglio che si riesca a fare del lavoro. E ritornando all’autorità del Papa,
non è stata una mossa popolare. L’Imperatore sta spingendo Filippo a prendere
il controllo, assicurandosi che Maria sembri quella con tutto il potere. E Pole
insiste che adesso che è stata restaurata la chiesa, dobbiamo reinserire le
leggi sull’eresia.»
Bella impallidì. «Ha il supporto necessario?»
«Potrebbe averlo», ammise Edward.
«Parlerò con Maria», disse Bella. «So che non vorrà fare del male al
popolo. Di sicuro non lascerà che avvenga.»
«Prego che tu abbia ragione», replicò Bella. «Con tutto il cuore e l’anima,
prego che tu abbia ragione.»
Note storiche
-
Gli appassionati dei Tudor noteranno che il periodo di Anne Askew è
precedente a quello di questa storia, ma era un personaggio affascinante e i
problemi che affrontò erano ancora attuali durante il regno di Maria. Reclamo
la licenza artistica.
-
E’ riportato che i cortigiani di Filippo chiamassero veramente Maria
“old bitch” ( vecchia cagna), ma non nell’accezione che ha oggi di donna
sgradevole. Intendevano proprio la femmina del cane.
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/22/The-Selkie-Wife
Capitolo 22
Ora si canta, ora è primavera, le preoccupazioni esiliate
La nostra virtuosa Regina è vivificata da un bambino
Ora l’Inghilterra è felice, felice davvero,
che Dio nella sua bontà fa prosperare il suo seme,
perciò preghiamo, non ce n’è mai stato più bisogno
Dio fa prosperare Sua Altezza, Dio le mandi il suo buon
favore.
Quanta buona gente è stata a lungo disperata,
che la sua piccola Inghilterra mancava del giusto erede,
ma ora la piccola calendula è fiorita,
l’Inghilterra trionfa senza più cure.
I nostri dubbi dissolti, le nostre fantasie accontentate,
il matrimonio è gioioso, da molti lamentato:
e tanta è l’invidia, come stolti si pentono
di errori e terrori che hanno inventato.
Dio faccia prosperare Sua Altezza in ogni cosa,
il Suo nobile sposo, nostro re fortunato:
e quel nobile fiore piantato scaturisca,
Amen, dolce Gesù, cantiamo col cuore.
Bella applaudì col resto del pubblico quando la ballata finì. La Regina
Maria, seduta sul trono accanto a Filippo, arrossì e chinò la testa, orgogliosa
e intimidita da quel tributo musicale. La ballata cominciava a diventare
popolare tra la gente, o almeno così avevano detto a Bella, e lo stampatore
aveva fatto una bella somma vendendone le copie.
Maria era seduta sul trono a destra, situazione che aveva provocato
un’accalorata discussione tra i servitori di Maria e quelli di Filippo. Lui era
il Re, sostenevano i partigiani di Filippo, e doveva sedere nel posto
tradizionale del re. Maria era la Regina per suo diritto, replicavano i
sostenitori di lei, e Filippo era il consorte. Il problema fu risolto quando
Maria entrò nella sala delle udienze e si lasciò cadere sul trono a destra
senza altre discussioni.
Ora si era alzata in piedi, il ventre gonfio che rendeva impacciata la
sua piccola figura. «Buona notte, miei lord e mie lady.» Inclinò la testa e
tutta la sala si chinò all’unisono. Bella la seguì dalla sala attraverso le
stanze private fino alla camera da letto. Non appena ebbero un po’ di privacy (quanta
poteva averne la Regina), Maria sospirò pesantemente. «Sono stanca e desidero
ritirarmi», disse. Alzò le braccia per farsi spogliare.
«Vostra maestà, avete di nuovo indossato quei tacchi», la rimproverò
Bella. «Le vostre povere caviglie devono fare molto male.»
Maria ridacchiò un po’, come faceva sempre quando Bella la rimproverava
in questo modo. Maria non aveva avuto nessuno che si preoccupasse del suo
benessere personale per tanto tempo. Ogni volta che aveva una governante o una
dama di compagnia affettuose, suo padre trovava un modo per mandarla via, o perfino,
nel caso della Contessa Pole, di giustiziarla. Maria adesso aveva di nuovo
intorno i suoi amici, ma la maggior parte erano in soggezione del suo status di
regina per rimproverarla come faceva Bella.
«Ti giuro che non lo farò più», disse Maria con enfasi e alzò i piedi uno
alla volta per farsi togliere le scarpe. «Credo di aver finalmente imparato la
mia lezione.»
Maria aveva una passione per la moda e i bei vestiti, ma non molto buon
gusto. Sembrava credere che più fosse vistosa e ingioiellata meglio fosse. I
tagli e i colori dei vestiti erano spesso più adatti a donne più giovani e
tutti quei gran gioielli facevano venire in mente a Bella la piccola Elizabeth
che giocava con la scatola dei suoi gioielli. Bella aveva rinunciato a provare
a spingerla verso un vestiario più adatto e sottotono. Se Maria avesse saputo
come Filippo e il resto del seguito spagnolo deridevano il suo guardaroba, ne
sarebbe stata schiacciata.
Il contratto di matrimonio aveva proibito a Filippo di designare alcun
domestico spagnolo nella sua casa. Tutti gli impieghi erano stati dati a
inglesi cattolici, ma Filippo aveva portato lo stesso un’intera squadra di
domestici spagnoli e ora aveva problemi a pagare due seguiti interi così
massivi. Aveva cominciato ad accennare a Maria che avrebbe gradito avere doni
in denaro invece dei vestiti che gli mandava. Quella sera Maria gli aveva
mandato un farsetto ingioiellato che lui aveva ‘dimenticato’ di
indossare. Se Maria era rimasta delusa quando l’aveva visto arrivare vestito
diversamente, non ne aveva dato segno.
Questo era essere una regina, pensava Bella. Sorridere con grazia anche
quando sei addolorata. Maria aveva imparato bene la lezione da sua madre,
Caterina d’Aragona, che era stata garbata con Anna Bolena, la donna per cui suo
marito voleva divorziare dopo venti anni di matrimonio. Aveva trattato Anna
come trattava tutte le altre dame, anche se il suo cuore sembrava spezzarsi.
«Vostra maestà, il re è qui», annunciò uno dei domestici.
«Oh!» Maria si sistemò i capelli e si guardò, inorridita di essere solo
in camicia e sottoveste. «Prego, ditegli di aspettare un momento» disse alle
sue dame. «La mia vestaglia, presto.»
La veste di seta fu presa dal suo guardaroba e portata a Maria in tutta
fretta. Per una Regina, era un indumento semplice, una seta gialla ricamata di
fiori in fili d’argento. Mentre Maria veniva vestita, Bella prese una spazzola
e gliela passò veloce tra i capelli, ammirandoli nel frattempo. Maria aveva
ancora dei bellissimi capelli, un color castagna scuro con riflessi rossi,
senza fili d’argento a rovinarne la bellezza. Le arrivavano oltre i fianchi in
morbide onde. Non appena il vestito fu abbottonato, disse con calma, «Potete
farlo entrare», ma era colorita ed eccitata.
Filippo si chinò e Maria fece lo stesso. «Mio lord», disse lei. «È bello
che siate venuto a farmi visita.»
«Vengo con notizie di mio padre», disse Filippo. «La guerra con la
Francia si sta intensificando con rapidità.» Le diede una lettera e lei la
lesse.
«Capisco», fu tutto quello che disse.
«Ho ordinato che una nave dalla Spagna sia messa a mio disposizione.
Intendo andarmene in primavera, non appena il tempo mi permetterà di navigare.
Guiderò le truppe di mio padre in battaglia.»
Maria sbiancò. «Dovete andare?» sussurrò. «Non sarete qui per la nascita
del nostro erede.»
«Devo a mio padre il mio dovere di figlio», disse Filippo. «Vi confesso
che per anni ho desiderato condurre una campagna militare. Sarà la mia prima
opportunità di acquistare o perdere prestigio. Gli occhi di tutti saranno
puntati su di me.»
«Capisco», ripeté Maria.
«È tutto», disse Filippo. Fece un breve inchino e se ne andò.
Maria si sedette pesantemente su una seggiola. Aveva gli occhi vitrei per
lo shock e tremava violentemente. «Lasciatemi», ordinò.
«Vostra maestà», provò Bella con voce gentile e suadente.
«Ho detto lasciatemi», ripeté
Maria con una voce che non lasciava spazio a discussioni. Bella e le altre dame
si inchinarono e si diressero verso la camera privata. Bella si voltò a
guardare la Regina, che all’improvviso sembrava di dieci anni più vecchia,
curva, con le braccia strette attorno a sé. Emise un lamento flebile di dolore
e Bella chiuse piano la porta. Maria aveva bisogno della sua privacy, perché in
questo momento era una donna affranta, non una Regina.
L’inverno di quell’anno fu durissimo e il freddo e la carestia presero il
tributo dal popolo. Nessuno contava più quanti morivano di fame, quanti bambini
morivano perché le loro madri affamate non avevano latte, quanti, indeboliti,
soccombevano alle malattie. Le preghiere salivano a Dio: perché venivano
puniti? Quale peccato aveva fatto l’Inghilterra per scontentare Dio? Perché la loro
nazione era maledetta?
Era così freddo che il fiume dietro la casa di Hampsted Heath gelò.
Sembrava che Edward si preoccupasse che Bella non potesse nuotare più di quanto
se ne preoccupasse lei stessa. Bella sentiva quasi di non averne bisogno, per
come era felice con Edward e i bambini. Emmett, adesso che era sobrio, era
allegro e giocoso. Riusciva ad alleggerire l’umore in ogni stanza. Sua figlia
sembrava aver guarito le ferite del suo cuore. Ed era così bravo con i bambini
che riusciva a dare a Bella e Edward un sacco di tempo per stare soli nella
loro camera.
Un pomeriggio, Bella si svegliò da un sonnellino e trovò una strana
ragazza nella sua stanza, che spolverava l’armadietto nell’angolo dove era la
pelliccia di Bella. Si allarmava sempre quando qualcuno si avvicinava là, e
doveva aver fatto qualche rumore perché la ragazza sobbalzò e si voltò.
«Oh, mi dispiace di avervi svegliata, vostra grazia.» Sprofondò in un
inchino e sbirciò rapidamente il volto di Bella con un espressione piena di
ansia.
«Non ti agitare», disse Bella. Si mise seduta e si stirò. «Probabilmente
era comunque ora che mi alzassi. Che ora è?»
La ragazza controllò l’orologio sulla cappa del camino, che un tempo era
appartenuto a Jane Grey. «Appena passate le quattro, vostra grazia.»
«Le quattro? Oh, maledizione!» Bella saltò giù dal letto. «Volevo dormire
solo per un momento. Come ti chiami?»
«Anne, vostra grazia. Anne Askew.»
«Oh!» Bella la studiò curiosa. Così questa era la giovane donna che era
stata buttata fuori di casa per via della sua fede. Bella l’aveva citata a
Edward e gli aveva chiesto di parlare con suo marito, Kyme, per vedere se si
poteva fare qualcosa. Edward si era dato un colpo sulla fronte quando lei
l’aveva menzionato perché si era dimenticato di parlare lui stesso con Kyme a
proposito delle sue elemosine e di come venivano distribuite. Aveva scritto una
lettera e l’aveva spedita il giorno prima. Avrebbero saputo qualcosa nel giro
di una settimana, sempre che il messaggero non fosse sviato lungo la strada.
Anne torceva lo straccio tra le mani. Lo sguardo curioso di Bella la
innervosiva. «Vorrei ringraziare vostra grazia per la gentilezza di avermi dato
un posto nella vostra casa», disse Anne.
«Mi sono molto dispiaciuta quando ho sentito che tuo marito non ti lascia
vedere i tuoi figli», disse piano Bella. «Non posso immaginare il dolore che
proverei se fossi nella tua stessa situazione.»
Anne drizzò le spalle alzò il mento. «Sto soffrendo per la mia dedizione
a Gesù», disse lei. «E lui mi ricompenserà in cielo.»
Bella abbassò la voce, memore che i muri avevano orecchie nelle case dei
nobili. «Non hai paura? È illegale adesso attendere a qualunque servizio religioso
che non sia la messa.»
Gli occhi di Anne brillarono. «Oh, vostra grazia, se dobbiamo soffrire
per la nostra fede, così sia. Il nostro destino è nelle mani di Dio.»
«Anne, devo avvisarti, le cose andranno peggio», disse Bella.
Ieri era nella camera di Maria quando il cardinale Pole e il vescovo
Gardiner erano venuti per una visita. Qualcuno li aveva convocati, pensando che
potessero rianimare gli spiriti della Regina, risollevarla dalla depressione in
cui era caduta dopo l’annuncio di Filippo. Adesso era anche preoccupata per
l’imminente nascita del bambino. C’era una possibilità molto reale che morisse
nel processo. Disse che si chiedeva che sorta di regno avrebbe lasciato a suo
figlio.
Invece di creare pacifico ordine e uniformità nella fede, come aveva
inteso Maria, il ritorno dell’Inghilterra all’ovile papale sembrava aver
rafforzato la fede protestante. Le funzioni protestanti si tenevano nelle
soffitte e nei sotterranei. Gruppi di studio sulla Bibbia, come quello a cui
apparteneva Anne, erano ovunque.
Ai tempi di Enrico VIII, il re aveva pensato che sarebbe stata una buona
idea pubblicare la Bibbia in inglese così che fosse disponibile per tutto il
popolo, non solo per quelli abbastanza acculturati da conoscere il latino. Con
suo orrore, la gente aveva cominciato ad avere delle opinioni su quale dovesse
essere l’interpretazione della Bibbia e così aveva abrogato la legge e l’aveva
sostituita con un’altra che diceva che nessuno al di sotto del rango di
gentiluomo poteva leggere la Bibbia, e mai le donne, di alcun rango. Ma la
nuova legge di Enrico fu inutile, come soffiare su una candela dopo che è cominciato
un incendio. La Bibbia Inglese fu copiata, stampata in segreto e fatta entrare
clandestinamente da paesi stranieri, sempre di più di anno in anno, a dispetto
dei tentativi di fermarla.
Il vescovo Gardiner squadrò Bella e si voltò dal suo inchino. Bella non
sapeva cosa avesse fatto per offendere Gardiner, ma lui sembrava detestarla e
aveva sdegnato tutti i suoi tentativi di apertura amichevole. Edward le aveva
detto che il vescovo trattava lui alla stessa maniera negli incontri del
consiglio. Nel caso di Edward, pensava che fosse perché aveva discusso contro
il ripristino delle leggi sull’eresia, e Edward suggerì che forse gli era
sgradita Bella per associazione.
Il cardinale Pole allungò la mano verso Maria e lei gli baciò l’anello.
Fece il segno della croce su di lei benedicendola prima che si rialzasse in
piedi. «Vostra maestà, mi rattrista vedervi in questo stato», disse scuotendo
la testa.
«Sta andando tutto in pezzi», disse Maria. «Io non capisco. Solo ieri ho
sentito di un’aggressione a un prete da un gruppo di dissidenti. Gli hanno
tagliato il naso, Padre. Hanno alzato le mani su un uomo di Dio e gli hanno
fatto violenza.»
«Voi avete permesso alle erbacce di soffocare ciò che avevate piantato
nel vostro giardino», disse Pole. «Quando l’Inghilterra si è riunita alla
Chiesa, ho gettato i suoi peccati nel Mare della Dimenticanza. Ognuno aveva la
possibilità di ricominciare nuovamente. Invece questi … dissidenti sono
tornati al loro peccato come un cane al suo vomito.»
Maria arretrò mentalmente alla metafora biblica. Le veniva facilmente la
nausea in quei giorni.
«Dio vi ha dato la Corona per un motivo, vostra maestà. La vostra vita è
stata risparmiata per riportare l’Inghilterra tra le braccia della Chiesa, di
nuovo nella luce della Vera Fede. Non può esserci opera più iniqua contro la
nazione di quella che alberga in tali persone, e nessun tipo di tradimento può
essere paragonato al loro: minando le vere fondamenta di questa nazione, aprono
una porta a ogni tipo di vizio e malvagità.»
«Avete visto cosa è accaduto quando i Protestanti si sono ribellati con
Wyatt», aggiunse Gardiner. «Hanno impiccato trecento preti!»
Anche Bella aveva sentito quella storia, ma nessuno sapeva il nome di
questi preti che si supponeva fossero stati impiccati.
«Dio non permetterà a questa nazione di prosperare fino a quando non
avrete sradicato questo male», disse Pole. «Solo per questa ragione Dio vi ha
salvato da giorni pericolosi. Vostra nonna, Isabella, vide il pericolo di
questi atteggiamenti eretici. E attraverso i suoi sforzi, la Spagna è diventata
una nazione possente, benedetta da Dio, prospera e sicura.»
Maria guardò avanti e indietro tra i due uomini. Bella una volta aveva
sentito Pole descrivere Maria come una donna dalla debole volontà, come tutte
le donne, e qui, di fronte a entrambi, Gardiner e Pole, sembrava vacillare.
«Devo pregare per questo», disse lei.
«Vostra sorella è ancora una minaccia», la avvertì Gardiner. «I
Protestanti potrebbero insorgere a suo favore se continueranno a rafforzarsi.»
Era una minaccia attuale: si aspettava che Elisabetta arrivasse al palazzo da
un momento all’altro.
«Pregherò per questo», ripeté Maria. Dalla fermezza del suo tono, i due
capirono che la loro udienza era finita. Dopo che se ne furono andati, Bella vide
negli occhi di Maria la più spaventosa delle cose: speranza.
Adesso, lei cercava di avvertire la ragazza che era stata buttata fuori
di casa per il suo dissenso religioso. «Hanno intenzione di ripristinare le
leggi sull’eresia», disse ad Anne. «Gardiner guiderà una speciale commissione
per trovare e incriminare eretici.»
«Non ho paura», disse Anne. «Oh, se solo potessi farvi capire, vostra
grazia. Quelli che vivono con Gesù nei loro cuori non hanno paura. Chiedete al
fratello del vostro signor marito. Lui ve lo dirà.»
«Emmett?» sbottò Bella. «Emmett è un protestante?»
«Sì, vostra grazia. Ha ospitato degli studi biblici a Cullen Hall. Non
vedete in lui un uomo cambiato da quello che conoscevate un tempo?»
«Sì, ma io pensavo … sua figlia …»
Anne annuì. «È così che è cominciato, vostra grazia. Il Signore opera per
vie misteriose, e in questo caso, ha operato attraverso una bambina per
risvegliare un uomo che stava annegando nel vizio e nel peccato.»
Bella si mise seduta sul letto, stordita. Doveva parlare con lui, pensò.
Doveva avvertire Emmett di quello che stava arrivando.
«Se volete partecipare, vostra grazia, c’è un incon …»
«Stop!» gridò Bella. «Non dirmi di più. Anne, io sono una delle dame di
compagnia della Regina. Se mi fa delle domande, non posso mentire.»
«E io non ve lo chiederei», disse Anne con gentilezza. «Il Signore si
prenderà cura di noi, vostra grazia.»
In Anne, Bella vedeva una donna
fervente nella sua fede come Maria lo era nella sua. Quando un ferro ne avesse
incontrato un altro, altrettanto forte, cosa sarebbe successo? Uno dei due si
sarebbe spezzato.
Edward non sapeva se era stato coraggio o stupidità, ma quando Edmund
Plowden si alzò e chiese, «Chi è con me?» Edward si era ritrovato in piedi e le
sue labbra formarono la parola, «Io», prima che la sua mente avesse il tempo di
elaborare.
Sentì l’improvviso inspirare di centinaia di persone. Il Duca di Cullen
si era messo con Plowden? Il cugino della Regina stessa, che le era vicino come
un fratello? Esplosero dei sussurrii frenetici. Edward li ignorò. Il suo cuore
martellava così forte che poteva sentirli a malapena.
Plowden gli fece un sorriso di gratitudine. Aveva rischiato il collo,
oggi, e tutti e due potevano ancora essere mandati al patibolo, ma entrambi
pensavano che stare in piedi per ciò che credevano fosse giusto.
La legislazione sull’eresia di Maria era arrivata in Parlamento e Plowden
si era alzato di fronte a loro e con voce chiara e forte si era rifiutato di
votare. Plowden era un fervente cattolico, ma pensava che le leggi sull’eresia
fossero sbagliate, sia legalmente che eticamente. Prima di diventare membro del
Parlamento, Plowden era stato un avvocato, e Edward pensò che doveva essere
stato anche maledettamente bravo, a giudicare dal discorso appassionato che
tenne. Alla fine, fece l’unica cosa che poteva fare per fermare il processo,
almeno temporaneamente: si rifiutò di votare. Edward aveva ammirato sia il suo
coraggio che la sua convinzione. Quell’uomo si stava gettando sulla spada,
forse anche letteralmente. E poi, quando aveva chiesto chi fosse con lui,
Edward si era alzato. Lui non era membro del Parlamento, ma poteva dargli
almeno un sostegno simbolico.
Ci fu un lungo silenzio dopo che Edward si era alzato, e lui pensò per un
momento che solo lui e Plowden si sarebbero opposti alla volontà della Regina.
E poi si udì un’altra voce, «Io!». Dopo questa, anche altre voci si unirono una
dopo l’altra, degli uomini erano in piedi per tutta la sala. Alla fine, si
alzarono in trentotto. Il Procuratore Generale urlò che li avrebbe accusati
tutti di oltraggio, ma loro rimasero in piedi, silenziosi, con coraggio.
La convocazione della Regina arrivò prima di quanto Edward si aspettasse.
Era appena entrato al palazzo che un messaggero gli si inginocchiò davanti. Lui
si voltò verso il suo servitore e gli disse, «Se non dovessi tornare, dite a
mia moglie che la amo.»
Si tolse il Collare di Esse, la spessa catena d’argento con anelli a
forma di esse che denotava il suo ufficio. Era appartenuto a suo padre,
ricordò, ricompensa per i suoi servigi al re, molto tempo prima che fuggisse
con la sorella del re. Edward l’aveva ereditata, ma non l’aveva mai indossata
fino a quando non si era unito al consiglio di Maria. Quando entrò nella camera
della Regina, la posò sulla scrivania.
«Mi dimetto», disse.
Gli occhi di Maria si riempirono di lacrime. «Oh no, Edward, ti prego!
Non devi farlo. Sono arrabbiata per quello che è successo oggi alla sessione
del Parlamento, ma non così arrabbiata. Capisco perché l’hai fatto. Sia
tu che Bella siete persone dal cuore tenero.»
«Non posso farlo», le disse Edward. «Non lo farò. Tu ricordi Thomas More,
Maria?»
«Certo che sì», disse Maria. «Era il Cancelliere di mio padre.»
«Cosa gli disse quando si tolse il suo collare?»
Le lacrime rigarono le guance di Maria. «Disse, ‘Sono un servitore
leale del re, ma Dio viene prima’.»
«Cugina … Maria … non posso porre il mio sigillo su qualcosa che ritengo
sbagliato.»
Maria prese in mano la catena. «Capisco. Capisco meglio di chiunque.
Possiamo non essere d’accordo, Cugino, ma rispetto che tu faccia quello in cui
credi.» Strinse la catena nella mano. «Tieni questa, ti prego. Per tuo figlio.
Appartiene a suo nonno, e deve averla.» Cercò di frenare le lacrime e gli fece
un sorriso debole. «Permetterai a Bella di servirmi?»
«Almeno finché arriverà il bambino», promise Edward. «Poi torneremo a
casa per un po’, con la licenza di vostra maestà.»
Lei annuì. Edward le diede un rapido bacio sulla guancia e poi si inchinò
profondamente.
Tornò a casa. Andò dalla sola persona che voleva vedere, alle braccia che
desiderava lo stringessero. Prese il cavallo dalle stalle del palazzo e lo
spinse al trotto. Una volta lasciate le strade di città, spronò il cavallo al
galoppo. Le finestre si aprivano e la gente sbirciava per vedere chi martellava
la strada come se avesse i cani dell’inferno alle calcagna. Rallentò un po’
mentre si avvicinava a casa, per lasciar raffreddare il cavallo e per evitare
di allarmare Bella.
Si stava preparando ad andare a letto, pensò. Sarebbe stata in vestaglia
e avrebbe prima messo a letto Elizabeth con una delle sue storie selkie (non
sembravano finire mai) poi sarebbe andata nella stanza di Emmett a controllare
Maggie, che era una bambina così buona, dormiva già tutta la notte, e poi si
sarebbe messa a letto col piccolo Ward tra le braccia, e lì avrebbe aspettato
Edward, a volte addormentandosi prima che lui arrivasse, ma sempre salutandolo
con quel sorriso dolce che amava tanto.
La trovò, come si aspettava, nel loro letto, ma non stava tenendo il bambino
e non era in vestaglia. Era gloriosamente, deliziosamente nuda, i capelli
l’unica cosa a coprirla. Lui le mise una ciocca dietro l’orecchio e le baciò il
collo, mordicchiando piano la sua pelle dolce.
«Edward», sospirò lei. Gli sorrise e rotolò. Gli aprì le braccia, e fu un
invito a cui non poté resistere. Di solito ci volevano più o meno quindici
minuti ai domestici per svestire Edward. Con l’aiuto del coltello, era nudo in
meno di un minuto.
La sensazione della sua pelle calda e morbida contro la sua … niente era
paragonabile a questo, e guardando nei suoi enormi occhi scuri, sentiva che
poteva vedere tutte le vie alla profondità della sua anima, che erano uguali a
quelle di lui. Il suo bacio era sfumato di disperazione, ma lei sembrava
capire. Fu veloce e fu selvaggio, primario. Quando la sentì pulsare intorno a
sé, questo lo mandò oltre il limite, in quella pura beatitudine che solo lei
poteva dargli.
Rotolò sulla schiena così che lei fu sopra di lui. Stavano ancora
entrambi cercando di riprendere fiato quando lui disse, «Mi sono dimesso dal
consiglio.» Le raccontò di essersi alzato con Plowden e il misto di euforia e
terrore che lo aveva attraversato, sapendo che stava dichiarando molto di più
che la sua disapprovazione verso le leggi sull’eresia.
«Sono orgogliosa di te», disse lei semplicemente. «Cosa succederà a
questi trentotto uomini?»
«Il Procuratore Generale ha fatto una gran cagnara sul fatto di accusarli
di oltraggio, ma dubito che lo farà veramente. Anche Plowden si è dimesso; non
so se qualcun altro lo seguirà a questo riguardo.»
«Ti sei battuto per ciò che è giusto,» disse Bella. Si voltò in modo da
poterlo guardare, guardarlo profondamente negli occhi come lui aveva guardato
prima in quelli di lei. «Qualunque cosa accada, possiamo entrambi essere
orgogliosi di questo.»
Note storiche
-
La ballata all’inizio della storia, intitolata La Ballata della Gioia,
fu scritta da William Ryddaell tra il novembre del 1554 e l’agosto del 1555.
-
L’indumento che Filippo “dimenticò” di indossare: questo in realtà
avvenne al banchetto di nozze di Maria, quando lei mandò a Filippo una
sopravveste fatta in stile francese, in panno d’oro (sottili fili d’oro intrecciati
ai fili della stoffa e tessuti insieme in teli), con disegnati il simbolo della
Spagna, le melegrane e il simbolo dell’Inghilterra, la rosa, fatti con perle
coltivate e perle d’oro. Aveva per bottoni diciotto giganteschi diamanti. Il
principe non l’indossò, lasciandolo nella sua camera. Anni dopo, questo fu
incluso in un inventario delle vesti del Principe. Lui aveva scritto una nota a
margine al suo fianco: “ Questo mi è stato dato dalla regina perché lo
indossassi nel pomeriggio del nostro giorno di nozze, ma io ho pensato di non
indossarlo perché mi sembrava troppo ornato.”
-
Edmund Plowden si alzò davvero insieme ad altri trentotto membri del
Parlamento contro le leggi sull’eresia e si dimise per protesta quando le leggi
furono approvate. Era non solo un brillante avvocato, ma aveva fatto anche la
scuola medica (come era allora) ed era qualificato sia come medico che come
chirurgo. Quando Elisabetta divenne Regina, lo voleva come Lord Cancelliere, ma
lui declinò perché avrebbe dovuto convertirsi alla fede Anglicana e si
rifiutava di essere parte di un’amministrazione che perseguitava membri della
sua stessa religione. Elisabetta lo rispettò.
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Capitolo 23 *** capitolo 23 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato
scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete
trovare la versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/23/The-Selkie-Wife
Capitolo 23
La primavera arrivò lentamente quell’anno, come se
l’inverno fosse riluttante a lasciare la sua presa di ghiaccio sulla terra.
Bella sentì il suo spirito innalzarsi quando vide i primi fiori comparire
sull’erba tenera. Le era sembrato che l’inverno non dovesse mai finire, che
tutto il mondo sarebbe rimasto bloccato nel gelo.
Bella era deliziata quando la Principessa Elisabetta
tornò al palazzo e venne a visitare lei e Edward nelle loro stanze a corte, la
mattina dopo il suo arrivo. Era pallida in modo allarmante, non solo il pallore
di chi ha passato mesi al chiuso, ma un pallore malato.
«Bess, è bello vederti di nuovo», disse Edward. Lei si
alzò con un sorriso e allargò le braccia. Edward la strinse in un abbraccio e
posò un bacio leggero sulle sue labbra.
Bella fece lo stesso, studiandola criticamente. «Non
hai un bell’aspetto.»
«Vedo che è una buona cosa che io sia tornata», disse
Elisabetta. «Hai passato troppo tempo con quella sfacciata della piccola
Brandon.»
«Stai bene, Bess?»
«Meglio di prima», replicò Elisabetta. «La casa era
fredda, umida, piena di correnti d’aria. Non c’era una finestra che si
chiudesse a dovere e penso che ogni porta fosse stata messa su con in mente il
massimo passaggio d’aria. Anche il camino non tirava, così il fuoco era poco e
fumoso. Ugh. Non era adatta né agli uomini né alle bestie.»
«Sei stata trattata bene?» chiese Edward. Il suo tono
aveva una nota dura che a Elisabetta non sfuggì. Il tono di lei era
accuratamente leggero quando replicò.
«Sir Henry Bedingfield è un eccellente carceriere. Se
avessi io dei prigionieri li manderei da lui per farli rigare dritto, te
l’assicuro. Seguiva le sue istruzioni alla lettera ma con me è stato buono per
quanto gli era permesso. Ha provato a far fare delle riparazioni ai suoi
domestici e, oh, che spettacolo è stato! Penso che la maggior parte di loro non
sapesse da quale parte usare il martello.» Sorrise. «Ora, dov’è quel vostro
bambino?»
Bella la portò alla loro camera da letto dov’erano
Ward e Margaret per il loro sonnellino di metà mattina. Elisabetta inclinò la
testa. «Non so se ne sei al corrente, ma qui ce ne sono due.»
Bella rise. «Quella a destra è mia nipote, Margaret.»
«Oh, giusto. La moglie di Emmett era gravida. Avrei
dovuto scrivergli per fargli le mie congratulazioni.»
«Puoi farlo di persona», disse Edward. «Ha detto che
sarebbe venuto a corte stamani per vederti.»
Elisabetta inarcò un sopracciglio. «Sul serio?»
«Sì, sul serio. Ha messo da parte la bottiglia. È un
uomo nuovo, Bess. Non ci crederai quando lo vedrai.»
Elisabetta si mise seduta sul letto e guardò i
bambini.
«Puoi prenderlo in braccio, se vuoi», le offrì Bella.
«Oh no, non ce n’è bisogno», disse in fretta
Elisabetta.
«A Bess non piacciono i bambini», disse Edward.
«Non è che non mi piacciano», disse lei. «È solo
che … non sono brava con loro.»
L’omonima di Elisabetta fu portata nella stanza da
Kat. Gli occhi di Elisabetta si riempirono di lacrime quando vide Kat, e si
alzò in piedi. Rimase lì per un momento, in silenzio, e poi si lanciò tra le
sue braccia. Singhiozzò come una bambina mentre Kat le strofinava piano la
schiena per calmarla.
La piccola Elizabeth guardava questo dramma un po’
allarmata, chiedendosi chiaramente se ci fosse qualcosa per cui anche lei
dovesse piangere. Le tremò il labbro. Bella andò da lei e le prese la mano. «Ti
ricordi tua cugina, Elisabetta?» chiese lei. «È una Principessa! Lo sapevi?»
«Una vera principessa?» ripeté Elizabeth, guardando la
donna piangente un po’ dubbiosa.
«Una vera principessa», confermò Bella. Elisabetta si
era ritratta da Kat e si stava asciugando la faccia col fazzoletto che le aveva
passato Kat. Diede a Elizabeth un piccolo sorriso lacrimoso. La piccola Elizabeth,
che era stata addestrata all’etichetta sia da Kat che da Ellen, si inchinò.
Bess prese i lati della sua gonna e fece un piccolo
inchino. «Saluti a voi, Lady Elizabeth», disse.
«Abbiamo lo stesso nome», annunciò Elizabeth con
gravità.
«È così», disse Bess.
«Quello è mio fratello», disse Elizabeth indicando
Ward. «Sarà duca, un giorno.»
«Be’, speriamo che quel giorno venga il più tardi
possibile», disse Bess. «Posso riavere indietro Kat al mio servizio?»
La piccola Elizabeth si accigliò. «Lei ti appartiene?»
Bess nascose un sorriso. «Sì, ce l’avevo prima io. Ce
l’ho da quando avevo la tua età. Ma io sono andata via e ho dovuto lasciarla, e
mi manca moltissimo.»
«Va bene, allora», disse la piccola Elizabeth. Si
voltò verso Kat. «Tu vai con la principessa, adesso.»
«Sì, mia lady», replicò Kat chinando la testa.
«Io posso tenere Ellen, vero? E Alice?» Elizabeth
guardò suo padre per una conferma.
«Sì, puoi tenere Ellen e Alice.»
Bess, Bella e Edward tornarono nella stanza privata,
così che Elizabeth potesse fare il suo sonnellino. Alla piccola Elizabeth non
piaceva l’idea di essere lasciata con i bambini mentre le persone interessanti
lasciavano la stanza, ma fu addolcita dalla promessa di Bella di raccontarle la
storia di come era nato l’inverno (Persefone e i semi delle melegrane) e così
si decise ad andare a letto.
«Le notizie erano scarse», confessò Bess dopo che si
erano messi seduti (se Bess si chiese perché non c’era fuoco nel camino, non ne
diede segno). «Perfino la mia biancheria veniva controllata alla ricerca di
biglietti che potevano essermi mandati clandestinamente.»
«Ma sono sicuro che li ricevevi in un altro modo»,
disse Edward.
Bess strinse le labbra con sussiego. «Se anche fosse,
non ti dirò mai come.»
Edward rise. «Quanto mi sei mancata, Bess. Sei una
boccata d’aria fresca.»
«Ho sentito che c’è qualcun altro che desidera un po’
d’aria fresca», replicò Bess.
«Già, Filippo vuole andarsene in primavera», disse
Bella. «Per combattere la guerra di suo padre contro la Francia.»
«È un ragazzino che vuole giocare alla guerra», lo
schernì Bess. «Suo padre non è stupido. Probabilmente la cosa più vicina a
comandare un esercito che farà mai, sarà addestrare soldati nel cortile del
palazzo.»
«Addestrare* soldati, hai detto?» disse Kat.
Elisabetta arrossì e si coprì la bocca con la mano. «Kat!
Eleva un poco la mente dalle fogne, donna!»
Bella guardò Edward perplessa, il che fece ridere
tutti ancora di più. «Te la spiego dopo», le promise lui.
«Mia sorella deve avere il cuore spezzato», commentò
Bess.
«È così», confermò Bella, la voce triste. Più di
tutto, avrebbe voluto che il marito di Maria fosse in grado di ricambiare
l’amore di lei. Anni dopo, si trovò a chiedersi se le cose sarebbero state
diverse per l’Inghilterra, se lui l’avesse fatto.
«La gravidanza va bene?»
«Bene come ci si potrebbe aspettare», disse Bella. «Si
stanca facilmente e ha spesso le nausee. Questo è stato un inverno difficile
per lei. Lei è … melanconica.»
«Non lo siamo tutti?» ribatté Bess. «Le nuove leggi
sull’eresia hanno reso molte persone melanconiche. Emmett deve guardare bene i
suoi passi. Sta attirando l’attenzione delle persone sbagliate.»
Edward trasalì. «Cosa?» Bella gli aveva detto quello
che Anne Askew le aveva rivelato sui gruppi di studi biblici di Emmett ma
Edward non l’aveva presa molto sul serio. Suo fratello aveva avuto interessi di
breve durata in passato e aveva pensato che gli studi biblici fossero un’altra
delle sue fantasie passeggere.
«So che Gardiner lo sta tenendo d’occhio», continuò
Bess. «Non credo che abbia detto niente alla Regina, ma sarà meglio che tu dica
ad Emmett che c’è un Giuda nel loro gruppo. Lui è un Pari, e la sua copia della
bibbia è in latino, quindi non ha ancora violato la legge, ma è meglio che controlli
la lingua.»
La porta si aprì e Emmett entrò. Indossava una
sopravveste di pelliccia di coniglio. Le gocce d’acqua che erano sopra
brillavano come diamanti. «Dov’è la mia Bessie?» muggì.
Elisabetta ridacchiò come una ragazzina e gli corse
incontro. Lui la strinse tra le braccia e la fece volare in cerchio, le sue
gonne e i suoi capelli rosso-oro che svolazzavano. Elisabetta rise e lo baciò.
«Oh, Emmett, mi sembra un secolo!»
«Lo è», confermò Emmett. «Bess, te lo giuro, diventi
più bella ogni volta che ti vedo. Vuoi sposarmi?»
«Sei già sposato», le ricordò lei.
«Oh, dannazione», fece schioccare le dita Emmett. «Posso
prenotarti nel caso mia moglie mi lasci, come mi merito ampiamente?»
«I nostri figli distruggerebbero il mondo», ridacchiò
Bess.
«Probabile», concordò Emmett. «Lo prendo come un sì.»
«Se non finirai sul rogo prima», disse Edward. «Emmett,
ti rendi conto che Bess ha sentito delle tue attività mentre se ne stava
imprigionata a Woodstock?»
Emmett sbatté gli occhi. «Ah, io … uh …»
«Cugino, tu devi essere più circospetto», gli disse
Bess. «Il mio affetto per te mi spinge a dirti che saresti molto più al sicuro
se ti conformassi.»
Emmett scosse la testa. «Non posso. Non posso negare …»
«Stop», ordinò Edward. «Non dirci nient’altro, niente
che ci possa essere chiesto più avanti. Mi ucciderebbe dover testimoniare
contro il mio stesso fratello.»
Emmett annuì. Edward sperò solo che il messaggio fosse
stato ricevuto e che Emmett lo prendesse seriamente come meritava. Con le
dimissioni di Edward dal consiglio, aveva di fatto rimosso ogni motivazione
perché Gardiner gettasse discredito su di lui, ma Emmett doveva guardare i suoi
passi e non attirare l’attenzione del Vescovo.
«Fino ad ora, Maria è stata saggia a
imprigionare solo quelli che parlavano più forte», disse Bess «ma temo che non
si fermerà qui, specialmente perché il ‘problema’ sta crescendo.» Bess
scosse la testa. «Mia sorella dice che lei morirebbe volentieri per la sua fede
e prega i santi martiri, ma non capisce che gli altri possono avere la loro
fede rafforzata per lo stesso motivo.»
La messa di Pasqua nella cattedrale di St.Paul aveva
la vecchia tradizione di lasciare l’ostia, nella sua pisside, nel sepolcro il
Venerdì Santo e tirarla fuori la mattina di Pasqua, accompagnata dalle grida
«Lui è Risorto! Non è qui!» Ma quando il prete aprì la pisside per rivelare
l’ostia all’interno, quel grido divenne scandalosamente vero: qualcuno aveva
rubato l’ostia. Il prete fissava la pisside vuota, interdetto. Qualcuno nel
pubblico ridacchiò. Un’altra voce si aggiunse a quella e poi i muri
echeggiarono delle risate di tutta la congregazione.
Maria era oltraggiata quando sentì questa notizia e
Gardiner non cercò certo di calmarla. «Avete visto le atrocità che state
permettendo che crescano nel vostro regno?»
Maria si morse il labbro. «Riguardo agli eretici,
voglio che a tutti sia data l’opportunità di pentirsi e riconciliarsi con la
Vera Chiesa, ma se si ostinano, la loro punizione deve giungere con rapidità,
ma senza crudeltà, e con imparzialità. Il popolo deve vedere che non sono
condannati senza una giusta causa. Ho deciso che un membro del consiglio dovrà
essere presente ad ogni esecuzione e voglio che tutto sia accompagnato da una
buona predica.»
«Come desidera vostra maestà», disse Gardiner con un sorriso.
Si inchinò e si voltò per andarsene. Bella, che era appena entrata nella stanza
portando Ward tra le braccia, arretrò di fronte all’odio bruciante che vide
nello sguardo che le diede.
«Ecco il mio nipotino!» disse Maria. Aveva deciso di
chiamarlo così per mancanza di un termine migliore per descrivere il figlio del
cugino. «Grazie per avermelo portato, Bella. E lo porti da sola?»
Bella sorrise. «Trovo che stia meglio tra le mie
braccia che in quelle di una cameriera.»
Maria le sorrise di rimando. Trovava toccante la
devozione di Bella a sua figlio. Le ricordava la sua stessa madre che, anche se
non aveva mai portato in braccio o allattato un bambino da sola, era molto
affettuosa con Maria.
«Sta diventando così grande!» esclamò Maria. Bella lo
mise sul letto e Maria si mise seduta vicino a lui e ridacchiò quando Ward si
mise prontamente in bocca un piedino, mordicchiandosi le dita calzate.
«Facciamogli un ritratto in questa posa», suggerì
Maria. «Quando sarà il momento del matrimonio, potremo mostrarlo alla sua
potenziale sposa.»
«Lo attaccheremo nella sala grande», disse Bella con
un gran sorriso.
Tutte e due risero e Ward si unì a loro gorgogliando.
Era un bambino paffuto e felice e la Regina era chiaramente molto presa da lui.
«Somiglia tanto a suo padre quando era bambino», disse Maria. «Sua madre, mia
zia, lo portava a Ludlow a farmi visita, qualche volta. Oh, Bella, non vedo
l’ora di avere il mio.»
«L’estate arriverà presto, vostra maestà», disse
Bella.
Maria si accarezzò la pancia, qualcosa che faceva inconsciamente
durante il giorno. «Vorrei che Filippo fosse qui quando arriverà il bambino.
Sopporterei molto meglio i dolori del parto se sapessi che lui è sotto lo
stesso tetto, e che se … succedesse qualcosa … lui sarebbe qui a proteggere mio
figlio.»
«Maestà, voi sapete che Edward proteggerebbe vostro
figlio con la sua stessa vita se fosse necessario. Non sarà mai senza
protezione, anche se Filippo non sarà presente.»
«Devo solo provare più duramente»,
mormorò. «Provare più duramente a compiacere Dio e mio marito.»
Quando Maria convocò Edward pochi giorni dopo, lui
sapeva che non poteva essere niente di buono. L’umore del regno era cupo, anche
se la dolce bellezza della primavera fioriva tutto attorno. La malattia del
Sudore** stava imperversando e il popolino, indebolito dalla carestia, stava
morendo in massa.
Fu portato nella sua stanza privata, dove lei stava
scrivendo seduta alla sua scrivania. Le dame erano sparpagliate per la stanza.
Una suonava il liuto mentre Susan Clarencieux leggeva ad alta voce Lo
Specchio di un Anima Peccatrice.
«Signore, lasciateci», disse Maria. Tutte si alzarono
immediatamente e si inchinarono, dirigendosi nella stanza di ricevimento, in
attesa di essere richiamate.
«John Hooper rifiuta di abiurare», disse Maria mentre
infilava la penna nell’inchiostro.
«Hooper … non è il Vescovo di Gloucester?»
«Durante il regno di mio fratello», replicò Maria. «È stato
spogliato del vescovato dopo che io ho ripristinato i diritti della chiesa. Ha
rifiutato di allontanare sua moglie e si rifiuta di riconoscere l’ostia come
vero corpo di Cristo.»
Questo già bastava a mandarlo al rogo come eretico.
Edward si mise seduto dove lei indicava e si strofinò quel punto teso tra le
sue sopracciglia. «Pensavo che l’avessi fatto arrestare per appropriazione
indebita di fondi», disse Edward. Quello che Edward aveva sentito era che
Hooper si era rifiutato di pagare le decime al Papa, e aveva invece speso i
soldi per i poveri del suo distretto.
Hooper era stato un vescovo popolare che aveva preso
molto sul serio i suoi doveri. Con sua grande sorpresa, aveva scoperto un
disturbante livello di ignoranza tra i preti della parrocchia: meno della metà
di loro conosceva tutti e dieci i Comandamenti o sapeva recitare il Padre
Nostro in inglese, una situazione che lui aveva deciso di rettificare, ma si
era guadagnato molto risentimento da parte di quelli che dovevano soddisfare i
suoi duri, esigenti standard educativi. Inoltre, a maggior scandalo di ognuno,
aveva preso sul serio i voti di povertà e usava l’opulento palazzo vescovile
come qualcosa di simile a un ristorante per i poveri, servendo pasti in vari
turni finché ogni persona affamata che si presentava alla sua porta era stata
sfamata, e la povertà a Gloucester era tale che la fila dei bisognosi era
continua.
«Abbiamo assistito ai suoi sermoni in cui negava la
dottrina della chiesa», continuò Maria. «Il suo processo è stato …
controverso.» Le parole di Maria erano un eufemismo. Le sue repliche alle
domande che gli venivano poste erano state una difesa eloquente della fede
protestante ed era diventato un dibattito dottrinale, piuttosto che un vero
processo. Divenne così accalorato che gli altri membri del clero nella sala
urlarono per soffocare le sue risposte eretiche. Dopo essere stato dichiarato
colpevole (un risultato del processo mai messo in dubbio) era stato condannato
a tornare a Gloucester per essere bruciato di fronte al popolo che aveva un
tempo amministrato come vescovo.
«Ho dato ordine che un membro del consiglio sia sempre
presente alle esecuzioni», disse Maria. «Vorrei che tu andassi e mi facessi
rapporto. Puoi portare Bella con te, se vuoi. Potrebbe essere un bene per voi allontanarvi
un po’ dalla corte.»
«Io mi sono dimesso dal consiglio», le ricordò Edward.
«E tu ricordi perché mi sono dimesso.»
«Edward, ti prego, questo è importante», lo implorò
Maria. «Questo è il primo. Voglio qualcuno di cui mi fido che mi riporti le
cose come stanno veramente. Guarda la folla, studia il loro comportamento per
vedere se tutto questo fa la giusta impressione.»
Edward si inginocchiò, chinando la testa. «Cugina, io
ti supplico di non farlo. Ti costerà l’amore del tuo popolo.»
«Io servo l’Inghilterra, ma servo Dio prima», disse
parafrasando le parole di Thomas More. «Che profitto trarrebbe il paese se per
avere l’amore del mio popolo gli permettessi di cadere nell’errore e
nell’eresia? Un padre non può rifiutarsi di castigare suo figlio per paura di
perdere il suo amore. Se lo farà, suo figlio cadrà in dolorosi peccati. La sua
anima sarà perduta per la codardia di suo padre.»
«Ci sono altri modi …»
«No.» Maria scosse la testa. «Gli è stata data ogni
opportunità di ritrattare. Voglio che porti questo con te.» Prese la pergamena
che aveva appena firmato e gliela mise in mano. «Questo è il mio perdono reale.
Daglielo quando raggiungerà il rogo. Forse prenderà quest’ultima opportunità di
salvare la sua anima. Edward, ma non lo vedi? Cosa sono pochi momenti di dolore
terreno in confronto all’eternità del fuoco dell’inferno? Lui non ha messo in
pericolo solo la sua anima, ma anche quella del popolo semplice che ascoltava i
suoi sermoni quando vestiva i panni di vescovo!»
Edward si alzò. «Posso dirtelo adesso quale sarà la
reazione, Cugina.»
«Vai e guarda», disse Maria. «Ti prego, Edward. Fallo
per me. Non te lo chiederò di nuovo.»
Doveva crederle quando lei non aveva mantenuto tante
promesse in passato? Voleva ricordarle che aveva cominciato a governare con la
promessa di non costringere nessuno a partecipare alla messa. Edward si chinò e
lasciò la stanza. Trovò sua moglie nelle loro stanze che allattava il bambino.
Lei vide l’espressione della sua faccia e si allarmò. «Edward! Che c’è?»
«Dobbiamo andare a veder bruciare il primo eretico»,
disse lui.
Bella posò il bambino sul letto e si alzò. Lo strinse
tra le braccia ed esalò un respiro tremante.
Gloucester era oltre cento miglia da Londra. Bella e
Edward non viaggiarono con tutto il seguito; solo Alice, padre Jasper e uno dei
servitori di Edward, che funse anche da conduttore, vennero con loro. Avevano
dovuto portare anche i bambini, a maggior ansia di Edward. Trovare una balia in
così poco tempo era molto difficile e bella era preoccupata che il latte le
andasse via se non avesse allattato per tanto tempo. Edward si strappò quasi i
capelli per lo stress, preoccupato che gli scossoni del loro veicolo sulle
strade tortuose potessero in qualche modo fare male ai bambini, o che potessero
essere esposti al Sudore che imperversava per tutto il paese. Comunque i
bambini, uno appoggiato in grembo a Bella e l’altro ad Alice, sembravano
godersi il viaggio. Bella giocò con Ward a nascondino, un gioco che sembrava
non stancarlo mai.
Per tutta la strada, Alice chiacchierò con Padre
Jasper e lui la ascoltava con rapita attenzione. La prima notte, quando presero
la stanza a una locanda sul cammino, Bella disse a Edward, «Ora so perché dice
che è un grande conversatore! Non fa altro che ascoltarla blaterare.»
«Dice di più quando pensa che nessuno lo ascolti»,
disse Edward.
Bella inclinò la testa. «Oh?»
«Sì, proprio ‘Oh’», disse Edward. «È preso di lei. Lo
conosco da tutta la vita e questa è la prima volta che lo vedo avvicinarsi così
tanto a qualcuno. Per lui sarà terribilmente difficile quando lei se ne andrà.»
«Suo padre sta continuando a negoziare?»
Edward annuì. «Mi dispiace, Bella. Ci sto ancora
provando, ma non riesco a trovare un accoppiamento che suo padre possa
accettare. Deve essere dello stesso rango del Barone Tyler, o di più, e deve
essere disposto ad accettare la sua piccola dote. Se lei fosse di rango più
alto, potrei fare qualcosa. Per i denti di Dio, ho anche pensato di corrompere
qualcuno, ma non riesco a trovare nessuno che sia adatto.»
Bella sospirò. «Capisco. Quando pensi che sarà?»
«Entro il prossimo anno, probabilmente.»
Bella rabbrividì. «Continua a provare», lo implorò. «Anche
uno dei nobili spagnoli della corte di Filippo sarebbe meglio.»
«Ci proverò,» promise Edward.
La mattina che arrivarono a Gloucester era freddo e
ventoso. Era la mattina dell’esecuzione e loro avevano a malapena fatto in
tempo, perché una delle ruote della loro carrozza si era spezzata. Edward aveva
intenzione di prendere una stanza e lasciare lì Bella mentre presenziava da
solo all’esecuzione. Non poteva chiedere a Bella di guardare la sua più grande
paura.
Ma la folla si era già assiepata attorno al rogo e lo
sceriffo locale, Lord Chandois, stava leggendo ad alta voce al popolo le
accuse. Più tardi fu stimato che c’erano presenti settemila persone, ma di
sicuro è un’esagerazione. Comunque, era stato fatto in un giorno di mercato, il
che aumentava il pubblico, e la gente viaggiava sempre per miglia pur di
assistere a un’esecuzione.
L’enorme folla assiepata intorno al rogo era un gruppo
allegro. C’era un’atmosfera da carnevale, perché le esecuzioni erano sempre
piacevoli, considerate un divertimento per tutta la famiglia. Dei bambini
piccoli sfrecciavano tra le gambe degli adulti, come conigli nel bosco, ridendo
e strillando. I venditori passeggiavano tra la folla mostrando la merce:
castagne arrostite, pasticcio di carne, birra (versata in una coppa comune e
bevuta sul posto) e programmi stampati contenenti le accuse e la confessione
dell’accusato.
Si pensava che le pubbliche esecuzioni fossero un
deterrente per attività criminali simili, ma non sembrava mai funzionare a quel
modo. Un criminale con una vena di coraggio poteva diventare un eroe popolare,
specialmente i criminali “romantici” come i pirati e i banditi. Delle
ballate venivano spesso composte in loro onore, a maggior rammarico delle
autorità. E ogni anno, il numero degli stessi crimini saliva costantemente.
Il conduttore urlò e il popolo fece largo per il Duca
e la Duchessa di Cullen, inchinandosi mentre la carrozza passava di fronte alla
folla. Il conduttore si fermò di fianco all’impalcatura, dove gli occupanti
potevano vedere una vista completa di ciò che sarebbe accaduto.
Edward si voltò verso sua moglie e disse in fretta, «Vai
alla locanda. Resta lì finché non torno.»
Bella scosse la testa. «Il mio posto è al tuo fianco.»
«Bella, tu non dovresti guardare questo. È …
orribile.» Ricordava ancora il primo rogo che avesse mai visto, di una donna
accusata di aver ucciso il proprio marito con il veleno. Aveva sentito le sue
grida nei suoi incubi per anni. Aveva fatto una profonda impressione su di lui,
e lui non aveva l’intensa paura del fuoco che aveva lei.
«Il mio posto è con te», disse lei con fermezza.
Guardò gli occhi lucenti di lei e la amò ancora di più (se era possibile) per
il suo coraggio e la sua lealtà. Sapeva che lo angosciava partecipare a tutto
questo, mettere silenziosamente il sigillo di approvazione del Duca di Cullen
su questo atto, e non voleva lasciarlo a soffrire da solo.
Edward lasciò la carrozza e salì sull’impalcatura.
Chinò la testa davanti a Lord Chandois. «Mio lord, il perdono della regina, se
ritratterà.» Aveva messo la pergamena in una lunga scatola di legno
rettangolare per paura che si spiegazzasse o fosse danneggiata nel viaggio.
Lord Chandois mise la scatola sullo sgabello che stava ai piedi del rogo.
Il Vescovo fu portato sul palco. Non gli era permesso
fare un discorso pubblico per paura che usasse l’ultima possibilità per
diffondere ancora di più la sua eresia. Gli era permesso pregare e
inginocchiarsi sul palco con le mani giunte. Lo sceriffo vide un uomo nel
pubblico che trascriveva le sue parole per i posteri, e una delle guardie lo
portò via dopo aver sequestrato le sue carte.
Un uomo uscì dalla folla e Bella riconobbe Sir
Bridges, della Torre. Si avvicinò al palco e si inginocchiò sul bordo. «Vi
ricordate di me?» chiese al Vescovo. E con grande sorpresa, Bella vide che
aveva il volto rigato di lacrime.
Il Vescovo sorrise. «Sì, mi ricordo. Fosti portato di
fronte a me, anni fa, con l’accusa di adulterio.»
«Già», disse Bridges, e la sua voce si spezzò. «Mi
rimproveraste aspramente, vostra eccellenza. E avete fatto di me un uomo diverso
da quel giorno in poi. Volevo dirvi questo.»
«Grazie», disse il Vescovo con gentilezza.
Fu spogliato del farsetto e della calzamaglia. Rimase
in piedi, di fronte alla folla, quest’uomo che un tempo aveva vestito i panni
di un vescovo, con la sola camicia, cercando di non rabbrividire al vento
freddo, temendo che questo fosse scambiato per paura. Lo portarono al rogo. La
scatola di legno che conteneva il perdono della Regina era appoggiato là. Lord
Chandois aprì la scatola per mostrargli la pergamena all’interno. «Dovete dire
solo poche parole», disse lui non senza gentilezza.
«Se avete pietà della mia anima, andatevene con questa»,
disse lui voltando la testa, come se quella vista potesse essere troppo
allettante. Alzò lo sguardo su Edward e vide l’espressione sul viso del Duca.
Lui annuì e poi fece a Edward un sorriso gentile. Edward prese la scatole e la gettò
sul retro del carro, incurante di dove finisse. Risalì all’interno della
carrozza e mise un braccio alla vita di Bella. Bella mise la mano sopra quella
di lui.
L’uomo addetto alla torcia si inginocchiò di fronte a
lui e chiese il suo perdono.
«Per cosa?» chiese il Vescovo.
«Io sono quello designato ad accendere il fuoco,
vostra eccellenza», gracchiò lui.
«Non fai nulla che mi offenda», rispose il Vescovo. «Dio
perdoni i tuoi peccati. Fai quel che devi, e ti prego di uccidermi in fretta.»
Il Vescovo prese alcuni legnetti e li baciò prima di
rimetterli alla base della pira. Prese su due piccoli fasci di legnetti e se li
mise sotto le braccia e poi salì sulla pila di legna accatastata intorno a lui
e mise le spalle al palo. Una banda di ferro gli fu stretta sul petto. Mentre i
carnefici gliela stringevano, dava istruzioni a quelli che mettevano i legnetti
per l’accensione, indicando punti che erano stati tralasciati. Tre piccole sacche
di polvere da sparo furono messe sul suo corpo, una in mezzo alle gambe, e le
altre due sui fascetti che aveva sotto le braccia. L’intento era pietoso, erano
posti lì per esplodere una volta raggiunti dal fuoco e porre fine così alle
sofferenze della persona bruciata.
Da dietro, Bella sentiva Alice respirare rumorosamente
e il gentile mormorio di Jasper. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
Il Vescovo pregava ad alta voce, le mani unite al
mento. Bella vide un lieve tremito in quelle mani, ma la voce era ferma. Le
torce vennero abbassate sulla legna. Il fumo salì, troppo fumo. La legna era
umida e il vento allontanava il fuoco dal Vescovo. Un’altra folata di vento e
le piccole, misere fiamme si spensero. Altra legna piccola fu aggiunta, ma non
bastava. Quando l’accesero nuovamente, il Vescovo cominciò di nuovo a pregare.
Le fiamme crebbero, facendosi strada verso di lui. Lui
cominciò a ripetere in continuazione la stessa frase, «Signore Gesù abbi pietà
di me! Signore ricevi il mio spirito!» più forte e più veloce mentre le fiamme
crescevano intorno alle sue gambe. Il vento di nuovo le allontanò da lui e la
sua voce divenne rauca di agonia mentre le sue gambe venivano arrostite dal
fuoco che aveva cominciato ad affievolirsi di nuovo invece che crescere. La
puzza ripugnante di carne bruciata cominciò a riempire l’aria. Alice emise un
piccolo lamento, subito interrotto dalla sua mano sulla bocca. Bella si sentiva
così male, così fiacca, così completamente annichilita dall’orrore che non
riusciva a fare altro che aggrapparsi ad Edward come se terra si fosse aperta
sotto di lei e lui fosse il suo unico supporto.
Ci fu un sibilo mentre la sacca con la polvere da
sparo tra le gambe del Vescovo si accendeva, ma bruciò senza esplodere mentre
il vento allontanava le fiamme dal suo corpo. «Per l’amor di Dio, buona gente,
datemi più fuoco!» gridava. «Oh Signore Gesù abbi pietà di me …»
Altra legna fu gettata sul fuoco, raccolta in fretta
dalle case vicine, rami caduti, tutto quello che poteva bruciare. Un contadino
lì accanto cominciò a prendere bracciate di paglia dal suo carro e a buttarle
sul fuoco. La gente accorreva per aiutarlo. Furono di nuovo abbassate le torce
e le fiamme si alzarono. Lui continuava a ripetere la sua preghiera, sempre più
forte fino a gridare, fino a urlare, fino a che la sua voce fu zittita da una
gola bruciata e una lingua gonfia, ma ancora formava le parole, anche se la sua
faccia si anneriva e le sue labbra si erano ritratte sulle gengive, lasciando
al loro posto un orrendo ghigno. Il suo braccio si alzò e si colpì al petto,
come a provare a costringere il suo cuore testardo a smettere di battere. Colpì
il pugno contro il petto finché il braccio si staccò, e poi alzò l’altro, ma
quando si colpì contro il petto, il braccio si bloccò sulla banda di metallo
che stringeva al palo il suo corpo. Crollò in avanti, il suo tormento
finalmente giunto al termine.
Edward guardò la folla. Molti piangevano apertamente.
Al rogo dell’avvelenatrice, la gente aveva applaudito e aveva schernito le
grida di lei, ma non vedeva nessuna giovialità adesso. La folla era così
silenziosa che si potevano sentire i crepitii e i sibili del fuoco. I bambini
erano attaccati alle gambe delle madri. Il venditore di programmi ricordo buttò
il resto della sua merce tra le fiamme.
Il prete che era stato ingaggiato per parlare
all’evento si alzò e cominciò un sermone sull’eresia del Vescovo, i suoi gravi
errori dottrinali, e la folla cominciò a disperdersi. Visto che stava perdendo
il suo pubblico, il prete alzò la voce e divenne più animato, le sue parole
divennero più allarmistiche, ma uno alla volta, tutti voltarono le spalle e
semplicemente si allontanarono.
Sul retro della carrozza, Alice singhiozzava. Bella
sbirciò dietro e la vide tra le braccia di Jasper. La teneva e la cullava, gli
occhi chiusi. Mentre Bella guardava, lui si chinò e le premette le labbra tra i
capelli, sull’orlo della sua cuffia.
«Vai,» disse Edward al suo conduttore. «Vai … e
basta.»
* Il verbo to drill
significa ‘addestrare, fare le esercitazioni’ ma anche ‘trapanare,
perforare’. Da cui la “metafora” non tanto sottile
** Il cosiddetto “Sudore
Inglese”, o malattia del sudore, era un misterioso morbo altamente
contagioso che colpì l’Inghilterra prima e poi l’Europa con una serie di
epidemie per poi scomparire misteriosamente. La causa rimane sconosciuta
Note storiche
-
L’uomo che parlò con il Vescovo delle sue accuse di adulterio fu in
realtà Sir Anthony Kingston, che era Conestabile della Torre, ma io ho
combinato il suo personaggio con quello di Bridges, in questa storia.
-
Il Vescovo Hooper fu bruciato in febbraio, non in primavera come in
questa storia. Sfortunatamente, gli orrendi dettagli della sua esecuzione sono
accurati, presi dal rapporto trascritto da un testimone oculare.
-
L’ultima grande epidemia del Sudore fu quella del 1551 (il regno di
Maria vide molte altre, diverse febbri epidemiche) ma io l’ho usato in questa
storia perché è un argomento molto interessante. Gli storici moderni e gli
scienziati non sanno ancora di cosa si trattasse. Sono state indicate
molte malattie diverse, ma nessuna sembra adattarsi esattamente ai sintomi.
Bizzarramente, sembrava che colpisse solo gli inglesi, almeno per le prime
cinque o sei epidemie. Durante l’epidemia del 1528, questa si diffuse nel
Continente, uccidendo migliaia di persone. Quell’anno, Anna Bolena si ammalò e
quasi ne morì. Immaginate come sarebbe stata diversa la storia se fosse
successo.
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/24/The-Selkie-Wife
Capitolo 24
Bella si svegliò urlando da un incubo, quella notte. Edward si mise
seduto e la prese tra le braccia, dove lei singhiozzò spaventata e inorridita.
Lui sapeva che probabilmente sarebbe successo, per questo aveva messo tutti e
due i bambini a dormire nella stanza di Alice, ma il rumore aveva svegliato il
locandiere e sua moglie, che adesso stavano bussando alla porta.
«Vostra grazia! Vostra grazia!»
Edward si liberò con gentilezza dall’abbraccio di Bella e gridò che
sarebbe arrivato in un momento. Si infilò la vestaglia mentre andava ad aprire.
A giudicare dalla preoccupazione nelle loro voci, i locandieri non se ne
sarebbero andati finché non avessero visto Bella con i loro occhi e non si
fossero assicurati che stava bene. La moglie del locandiere portava una
candela, con la mano a coppa intorno alla fiamma mentre camminava. La appoggiò
sul tavolo vicino al letto. «State bene, vostra grazia?» chiese.
Bella stava ancora piangendo ma annuì. «Non era che un incubo, signora.
Chiedo perdono per aver disturbato il vostro riposo.»
«Vi affliggono spesso, vostra grazia? Volete che vi porti una pozione per
dormire?»
Bella si asciugò le lacrime. «No … I-Io ho visto il Vescovo Hooper
bruciare, oggi.»
Il locandiere e la moglie si scambiarono uno sguardo. «È stata una cosa
terribile,» mormorò il locandiere. Decise che aveva già detto troppo e chiamò
con un cenno sua moglie. «Lasciamo che le loro grazie tornino a letto.»
«Dite una preghiera», disse la moglie a Bella. «È la cosa migliore per
tener lontano i brutti sogni.»
«Farò così, grazie», rispose Bella.
Chiusero la porta dietro di loro e la stanza fu di nuovo nell’oscurità,
tranne la luce argentata della luna che filtrava dalla piccola finestra. Edward
si tolse la vestaglia e la lasciò cadere a terra. Scivolò nel letto e strinse
Bella al petto, non solo per confortare lei, ma anche se stesso, sentendo il
bisogno della pelle calda di lei contro la sua. Lei si accoccolò contro di lui,
le lacrime che ancora rotolavano sulle sue guance, brillando nella luce fioca e
tirò su piano col naso.
«Ho sognato che eri tu», disse lei. Edward le baciò la fronte. Era così
da Bella temere di perdere quelli che amava più di quanto temesse per se
stessa. Ogni lacrima che scendeva era come un ago nel cuore di lui.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo, oggi», disse
Edward.
«Mi dispiace che anche tu abbia dovuto vederlo», replicò lei. «Nessuno
dovrebbe vedere una cosa simile, perché una cosa simile non dovrebbe mai
succedere. Maria avrebbe dovuto vederla. Se l’avesse vista, non firmerebbe mai
più una condanna a morte per un eretico.»
Lui sospirò. «Probabilmente direbbe che Dio ha prolungato le sue
sofferenze come avvertimento per tutti quelli che la pensavano come lui.»
«Io non capisco perché», protestò Bella. «Che le loro anime siano
ricompensate o punite. Perché è così importante per lei?»
«Tu mi hai detto quello che hai sentito che le dicevano Gardiner e Pole.
L’eresia è un crimine contro l’ordine sociale che è stato decretato da Dio. È un
crimine contro lo stato così come contro l’anima.»
«Ho così paura, Edward.» Bella tremava così forte che il letto cigolava.
Lui cercò di calmarla come poteva, ma che poteva dirle? Non poteva dirle che
era al sicuro, che la sua famiglia era al sicuro. Gardiner li odiava. Era in
qualche modo fiducioso che l’affetto della Regina verso Bella l’avrebbe
protetta a meno che le accuse contro di lei non fossero estreme, e Bella
avrebbe ‘abiurato’ subito, che era quello che la Regina affermava di
volere. Ma non poteva mentirle, neanche per calmare le sue paure, e dirle che
l’ombra del rogo non sarebbe mai calata su di loro.
Pensava alla sua pelliccia, chiusa al sicuro nel suo armadietto della
casa di Hampstead Heath (per sicurezza, lui aveva aggiunto all’interno un’altra
scatola più piccola, di cui lui solo aveva la chiave). Se lo spettro del rogo
fosse apparso all’orizzonte, le avrebbe ridato la pelliccia, decise. Meglio
perderla in mare per sette anni che perderla per sempre. E alla sua moglie
tremante che lentamente scivolava di nuovo nel sonno, lui fece una promessa
silenziosa: non sarebbe mai bruciata. Anche se avesse dovuto toglierle la vita
lui stesso, non l’avrebbe mai fatta soffrire così. Era un pensiero ripugnante,
un pensiero che mandava immagini orribili nella sua mente che facevano venir
voglia anche a lui di piangere, ma non poteva permettere che un destino simile
si abbattesse sulla sua dolce moglie selkie.
Quando salirono sulla carrozza la mattina dopo, trovarono Alice e Jasper seduti
uno da una parte uno dall’altra. Alice guardava fuori del finestrino come se
trovasse le galline che beccavano nel cortile uno spettacolo affascinante, e
l’espressione di Jasper era di preoccupazione e leggera perplessità. Il piccolo
viso di lei era bianco come una perla e i suoi occhi erano rossi come se li avesse
strofinati con la sabbia, ma la sua mascella era stretta, come se avesse
raggiunto un qualche tipo di decisione e fosse determinata ad agire di
conseguenza.
Il viaggio fu silenzioso, ognuno preso nei propri pensieri. Bella e
Edward parlarono un po’, intrattennero un poco i bambini meglio che poterono
,ma l’atmosfera nella carrozza era di silenzioso dolore. Qualcosa era andato
perduto, in questo viaggio, e nessuno di loro sapeva bene cosa fosse, né come
potesse essere recuperato.
Bella e Edward erano formali e dignitosi, quando tornarono a corte, e
andarono insieme ad affrontare la Regina, avendo bisogno l’uno della forza
dell’altro. Trovarono Maria che giocava a carte con le sue dame, mucchietti di
monete e carte che riportavano note di credito per grosse somme al centro della
tavola. Maria amava giocare, ed era pessima a farlo. Nei giorni in cui era una
principessa che viveva con l’avaro appannaggio che le passava il suo padre
arrabbiato, aveva perso più di un terzo del suo patrimonio al gioco. Adesso
stava ridendo mentre aspettava la mano che avrebbe svelato il vincitore. Per
fortuna, Maria perdeva con grazia. Ridacchiò mentre Frances Grey si prendeva
tutte le sue vincite.
Edward odiava poche persone; non era nella sua natura portare rancore e
aveva una disposizione gentile, ma odiava sinceramente Frances Grey. Lei era la
madre di Jane, no, la donna che aveva partorito Jane. Non c’era nessun istinto
materno o emozione in Frances. Sia suo marito che sua figlia erano stati
giustiziati dopo la Ribellione di Wyatt, e Frances aveva passato il tempo a
salvarsi la pelle. Aveva allegramente gettato sua figlia ai lupi, la figlia che
aveva malmenato e costretto con le minacce ad accettare prima di sposare
Guildford e poi la corona, e adesso era annoverata tra i leccapiedi di Maria.
Edward non la guardò neanche e si inchinò alla Regina.
«Vostra maestà, la mia signora moglie ed io siamo tornati per fare
rapporto.»
«Stasera, più tardi, forse», disse Maria distratta dalla mano successiva.
«Bella, vuoi fermarti a giocare?»
«No, vostra maestà», replicò Bella. «Temo di essere davvero scarsa nei
giochi di carte.»
«Questo farebbe di te una eccellente aggiunta al nostro tavolo!»
ridacchiò Frances.
«Se sua maestà non ha bisogno di me, io non indugerei», disse Bella.
«Vai pure», disse Maria con un sorriso. «Sono sicura che sarai stanca del
viaggio. Ci vediamo domani mattina alla messa.»
Bella e Edward si inchinarono e arretrarono dalla stanza. La faccia di
Edward era dura e la sua pelle arrossata in modo allarmante. Si passò una mano
tra i capelli e Bella vide che tremava. Quando lui la abbassò, lei gliela prese
e la strinse.
«Non era preoccupata delle impressioni della folla», disse Edward con
amarezza. «Voleva solo che andassi così che la mia presenza dicesse alla folla
che il Duca di Cullen appoggiava tutto questo.»
«Tu lo avevi sospettato», gli ricordò Bella. Lui ne aveva parlato durante
il viaggio e aveva considerato di partecipare in maniera anonima, vestito con
un abbigliamento semplice, come un gentiluomo di campagna, ma il ritardo dovuto
alla ruota spezzata aveva eliminato questa opzione. La carrozza con il suo
stemma dipinto di lato si era fermato proprio di fianco al palco. Il cugino
della Regina, il rappresentante della Regina.
Edward guardò gli enormi occhi scuri di sua moglie e la sua rabbia svanì.
«Andiamo a casa», disse lui. A casa, dove potevano fingere per un po’ che il
resto del mondo non esistesse. L’avrebbe portata a nuotare, stanotte, decise
lui, e poi l’avrebbe riportata in camera dove avrebbe baciato via l’acqua dalla
sua pelle e lasciato fuori tutto tranne loro due.
«A casa», fu d’accordo Bella.
Lasciarono il palazzo da una delle uscite laterali, quella che portava al
giardino di aiuole. Bella vide la Principessa Elisabetta camminare con le sue
dame, leggendo un libro. Mentre guardava, un gruppo di uomini la raggiunse,
spagnoli, a giudicare dai vestiti. Quello che era in testa arrivò spavaldamente
a grandi passi all’altezza di Elisabetta. Chinò la testa scura verso di lei e
Bella boccheggiò quando vide chi era: Filippo.
Sia lei che Edward guardarono. Elisabetta inclinò la testa civettuola e
sorrise a qualunque cosa stesse dicendo Filippo, e poi chinò la testa,
arrossendo dolcemente e sbattendo le ciglia sugli occhi, i begli occhi bruni di
Anna Bolena.
«Andiamo a casa», ripeté Bella voltando
le spalle a quella vista. «A casa.»
La mattina Alice stava vestendo Bella quando sentirono bussare alla porta
della camera. Anche se era un’ora prima dell’alba, Bella sperò che fosse Ellen
con la piccola Elizabeth. Non era riuscita a vederla la sera prima perché la
bambina era già addormentata quando erano arrivati a casa. Invece, era Anne
Askew. «Vostra grazia, posso parlarvi?»
«Vieni», disse Bella. Alice, che stava cucendo le maniche di Bella, si
interruppe e le diede uno strano sguardo che lei non seppe interpretare.
Anne si inchinò profondamente. «Vostra grazia, desideravo chiedervi, dato
che voi siete stata testimone … Il vescovo Hooper ha abiurato?»
Bella scosse la testa. «No, non l’ha mai fatto.»
Anne sembrò sollevata. «Pensavo che non fosse nulla, ma si erano diffuse
delle storie per screditarlo. Dicevano che avesse abiurato la notte precedente
per paura delle fiamme ma che poi era ritornato a …» diede un’occhiata a Alice
e rettificò le parole che stava per dire. «… era ritornato alla sua eresia la
mattina successiva.»
«Non posso parlare per le sue azioni della notte precedente, ma non c’è
stata nessuna abiura mentre io ero presente», disse Bella.
«Ha sofferto così tanto», rifletté Anne, e i suoi occhi brillavano come
se il Vescovo Hooper fosse diventato all’improvviso uno dei suoi eroi.
«Sì, ha sofferto», disse Bella bruscamente. Rinunciò a ogni finzione. «Non
ho le parole per descriverlo. Ti prego, non fare nulla che possa portarti in
simili circostanze.»
Anne sospirò. «Vostra grazia … Bella, voi non capite. Dio lo ha premiato
con la corona del martirio. La ricompensa per i suoi pochi minuti di sofferenza
su questa terra è oltre la nostra immaginazione. In questo momento, lui è alla
destra di Gesù, e gli sono state dette le parole che ogni cristiano dovrebbe
desiderare di sentire: Ben fatto, mio fedele buon servitore. ( Matteo
25:21 La parabola dei talenti ndt) Quante anime saranno salvate dalle fiamme
eterne dell’inferno a causa delle sue sofferenze terrene?»
A Bella si riempirono gli occhi di lacrime. «Se l’avessi visto, non
percorreresti un cammino che possa portarti a questo.»
Anne sorrise con gentilezza e diede a Bella un fazzoletto. «Allora forse
è meglio non farlo.»
Dopo che se ne fu andata, Alice andò alla cassetta dei gioielli di Bella
per scegliere i pezzi per la giornata. Ci passò le mani in mezzo
svogliatamente, il che disse a Bella più di tutto il resto che qualcosa non
andava. Normalmente Alice era deliziata di scegliere i gioielli per Bella.
Prese su una spilla, apparentemente a caso. Aveva il viso pallido e stanco e le
sue dita armeggiarono per appuntarla al centro del corpetto di Bella.
«Stai bene, Alice?» chiese Bella.
Alice le fece un sorriso senza significato, più una smorfia, che un
sorriso. «Sto bene, Bella.»
«Hai parlato poco durante il viaggio di ritorno», la pungolò Bella. «E
non hai neanche rivolto la parola a Padre Jasper.»
La replica di Alice fu così bassa che Bella quasi non la sentì, nonostante
il suo udito selkie. «Cosa?»
«Ho detto che non posso metterlo in pericolo», ripeté Alice. «Bella, io
so che quello che stiamo facendo è sbagliato. Noi non parliamo per il mio
benessere spirituale. Noi parliamo l’uno con l’altro, passiamo del tempo insieme,
perché ci sono … dei sentimenti tra noi. Lui non ne ha mai parlato, ma io so
che lui si sente verso di me come io mi sento verso di lui, e non è una cosa
che un prete dovrebbe sentire. Io lo sto tentando. Lo sto tentando verso il
peccato, il che può concludersi con lui legato al rogo con una banda di ferro
sul petto. Io l’ho visto, Bella. Quando il Vescovo stava bruciando, ho visto
Padre Jasper al suo posto.»
«Alice», disse Bella. La prese tra le braccia. Non poteva dire ad Alice
che si sbagliava.
Alice appoggiò la testa contro la spalla di Bella. «Lo amo troppo per
metterlo in pericolo.»
Bella non disse nulla. Strinse Alice più forte.
«Mio padre mi ha scritto», disse Alice, la voce sorda. «Mi sposerò in
autunno.»
Bella chiuse gli occhi. Cercò qualcosa
di positivo da dire, qualcosa che facesse sentire meglio Alice, ma non c’era
niente. Non c’era proprio niente.
Dopo la messa nella cappella della Regina, Edward e Bella si incontrarono
con lei nelle sue stanze private.
«Hai un aspetto migliore, stamattina,» disse lei. «Ieri la stanchezza del
tuo viaggio mi aveva fatto preoccupare per te.»
«Non era il viaggio, vostra maestà», disse Edward.
La penna di Maria si bloccò sui documenti che stava firmando. «No?»
«È stata una cosa terribile, vostra maestà, e non sono sicuro che la
folla abbia ricevuto il messaggio che intendevate inviarle.»
Adesso era preoccupata. «Cosa è successo?»
Edward descrisse l’esecuzione dall’inizio alla fine, con voce calma e
distaccata. Aveva scelto le parole che avrebbe detto la notte precedente,
lavorandoci nella sua mente finché era stato soddisfatto e sicuro che avrebbe
capito tutta la crudeltà e l’orrore. «È stato tra le fiamme per tre quarti
d’ora, prima di morire», disse Edward. «La folla piangeva per lui, vostra
maestà.»
Maria tamburellò le dita sulla scrivania. «Forse è stato un errore farlo
ritornare a Gloucester dove era stato così popolare», rifletté lei.
«Vostra maestà, le sue sofferenze avrebbero fatto piangere una statua di
pietra», sottolineò Edward. «Non sarebbe cambiato nulla se fosse successo qui a
Londra.»
«E il sermone?» chiese lei.
«Non so», disse Edward. «La folla si è dispersa che era a malapena cominciato.»
Maria prese una nota su un foglio pulito di pergamena. Edward era
frustrato. Bella cercò di assisterlo. «È stato orribile, la cosa più orrenda
che abbia mai visto.»
«Oh, Bella», disse la Regina. «Non puoi lasciare che la tua mente sia
governata dal tuo cuore tenero. Vorrei che nessuno dovesse soffrire così, ma mi
forzano la mano. Se solo abiurassero e rifiutassero la loro eresia! Potremmo
tutti gioire come fratelli e sorelle in Cristo.» Guardò l’orologio sulla sua
scrivania. «C’è poco tempo. Ho un incontro con mia sorella tra pochi minuti.»
Bella si sentì frustrata che la conversazione finisse prima che riuscissero
a far capire Maria, ma era contenta che Maria avesse accettato di rivedere
Elisabetta dopo tanto tempo. «Sono lieta che le abbiate dato un’udienza. So che
le siete mancata molto, vostra maestà.»
La Regina strinse le labbra ma non disse niente. Bella la aiutò ad
alzarsi e lei e Edward la seguirono nella sala delle udienze, dove lei si mise
seduta sul trono. C’era una tenda vicino alla pedana del trono che nascondeva
una porta che conduceva all’atrio fuori della camera privata della Regina.
Bella la vide ondeggiare e notò un paio di scarpe che sbucavano da sotto, e si
irrigidì allarmata. Era un assassino? Una spia? Si insinuò di lato e mosse la
tenda per dare un’occhiata. Scioccata, vide che era Filippo, ma lui non la
notò. Sembrava ascoltare con attenzione il mormorio della folla di cortigiani
che si era riunita, ognuno sperando di avere un’udienza con la Regina. Bella
sgattaiolò giù per riunirsi a Edward di fronte al pubblico.
«Filippo è nascosto là dietro», gli sussurrò.
«Cosa?» rise Edward e scosse la testa.
Una voce chiamò forte, «La Principessa Elisabetta!»
La stanza si fece silenziosa e tutti si inchinarono mentre passava
Elisabetta. Era vestita con semplicità, come sempre, nel suo sobrio
abbigliamento da ragazza protestante, i capelli luminosi sciolti sulle spalle.
Si fermò a rispettosa distanza dal trono e si inginocchiò. Maria non la invitò
ad alzarsi.
«Dio protegga vostra maestà», disse Elisabetta.
Maria assottigliò gli occhi. Era terribilmente miope e questo rendeva il
suo sguardo penetrante, il che, involontariamente, intimidiva le persone. «Vorrei
poter credere che tu lo intenda veramente.»
«È così,» protestò Elisabetta. «Sono una sincera e leale suddita di
vostra maestà, qualunque cosa altri possano dire.»
«Non hai voluto confessare la tua colpa, ma la verità verrà fuori», la
avvertì Maria.
«E quando non emergerà nulla, lo stesso non vi chiederò nulla, né perdono
né favori.» Elisabetta incontrò gli occhi di sua sorella e chinò di nuovo il
capo quando non vi trovò altro che ostilità. «Desidero solo riavere un posto
nel vostro cuore come sorella amorevole.»
«Ti stai lamentando di essere stata punita ingiustamente.»
«No, vostra maestà, non lo direi mai a voi, né ad altri. Ho portato il
fardello della vostra rabbia e della vostra sfiducia, e continuerò a portarlo
se non riuscirò a convincervi di essere una vostra sincera e leale suddita, e
che lo sarò fino alla morte.» Le lacrime brillarono negli occhi di Elisabetta e
le rigarono il volto. «E che sono la vostra amorevole sorella, anche se voi non
mi credete.»
Maria chiuse gli occhi. Bella vide la sua gola che si muoveva, come se
avesse un groppo che cercava di deglutire. Si alzò, dondolando sui piedi, e se
ne andò senza un’altra parola. Dopo che la porta fu chiusa dietro di lei,
Elisabetta si rialzò, un’espressione pensierosa sul viso.
Bella sapeva che avrebbe dovuto seguire la Regina come le altre dame, ma
rimase indietro. Filippo aprì la porta dietro la tenda, a giudicare da come
questa si gonfiò, e fece il giro fino ad arrivare all’entrata principale della
sala delle udienze, come se fosse appena arrivato. Andò dritto verso
Elisabetta, che era adesso circondata da una manciata di cortigiani. Molte
persone copiavano ciò che faceva il monarca: chiunque fosse in disgrazia veniva
ostracizzato, ma si era diffusa la chiacchiera che Filippo stesse provando a
far accettare da Maria di nuovo Elisabetta a corte e alcune anime coraggiose
che credevano che il re potesse influenzare la Regina a questo fine, stavano di
nuovo cercando, provvisoriamente, l’amicizia della Principessa. Elisabetta non
si lasciava imbrogliare dalle lusinghe o dall’interesse improvviso, ma era abbastanza
astuta da usarli a suo favore.
Fece a Filippo un sorriso dolce e timido, il cuore di Bella affondò di
fronte all’interesse evidente nell’espressione di lui. Era solo politica,
corteggiare la principessa che avrebbe avuto il trono se Maria e il suo erede
fossero morti nel parto? O era genuinamente attratto da Elisabetta? Bella non
lo sapeva, e immaginò che non avesse importanza. Aveva fiducia che Elisabetta
non sarebbe andata oltre; Elisabetta era troppo intelligente per rischiare
qualunque cosa che aumentasse la rabbia di sua sorella nei suoi confronti, ma
senza dubbio avrebbe usato a suo vantaggio l’interesse di lui.
Quell’interesse non passò inosservato neanche agli altri cortigiani.
Bella vide mani che si alzavano a nascondere i sussurri e occhi taglienti
seguire ogni mossa della Principessa. Altre chiacchiere sarebbero fiorite da
questo incontro, Bella lo sapeva. Filippo si stava guadagnando la fama di
sciupafemmine, ma se era vero, era abbastanza sveglio da tenere le sue attività
lontane dalle dame della corte. Gli inglesi disprezzavano questo evidente
interesse per le donne comuni e alcuni pensavano che fosse il suo modo subdolo
di vendicarsi di Maria per avergli rifiutato la sua sospirata incoronazione.
Circolava una piccola filastrocca in rima: «The baker’s
daughter in her gown / is better than Queen Mary without the crown». (La figlia del fornaio in camicia da
notte è meglio della Regina Maria senza la corona.)
Bella pensava che Maria non sapesse
di questi pettegolezzi, ma non poteva esserne certa. Susan Clarencieux probabilmente
avrebbe sentito come un suo dovere informare la Regina, credendo che una moglie
abbia il diritto di sapere delle attività del proprio marito. Bella poteva solo
sperare che la cosa non si diffondesse così tanto e che una volta che la voce
del flirtare di Elisabetta con suo marito avesse raggiunto le sue orecchie,
Maria si fidasse abbastanza di Filippo da respingerla. Altrimenti, Elisabetta
sarebbe finita in un posto che le avrebbe fatto pensare a Woodstock come un bel
ricordo.
Bella e Edward avevano avuto la piccola speranza che la storia della
morte orribile del Vescovo Hooper avrebbe fermato i roghi, ma la lezione che ne
ricavò Maria fu che il sermone andava fatto prima del rogo, così da
assicurarsi che la folla lo avrebbe ascoltato, e che bisognava portare più
legna sul posto. Gli eretici pentiti furono usati per portare la legna per
quelli che non l’avevano fatto, e a volte la famiglia stessa dell’eretico era
obbligata ad aiutare a portare legna per bruciare la persona che amavano.
Pamphlet sediziosi circolavano, onorando il coraggioso martirio dei
giustiziati e condannando la Regina. Questo rese solo Maria più determinata a
estinguere l’eresia che infettava la sua terra allo stesso modo dell’epidemia
del Sudore.
Quando tornarono dalla messa, pochi giorni dopo l’incontro di Maria con
Elisabetta, Maria trovò uno di quei pamphlet sulla porta della sua camera da
letto, piazzato in modo così preciso che era ovvio che era stato messo lì per essere
trovato. Maria lo lesse e poi silenziosamente lo passò a Bella. Riportava la
descrizione del rogo, a Guernsey, di una madre e delle sue due figlie adulte.
Una delle figlie aveva denunciato per furto una donna del posto e per
rappresaglia, la ladra l’aveva accusata di eresia. Le autorità locali avevano
esaminato non solo l’accusata, ma anche sua madre e sua sorella, ed erano tutte
e tre state trovate colpevoli di eresia. Erano state bruciate insieme. Una
delle figlie era incinta e mentre bruciava, aveva partorito. Uno dei presenti
era corso avanti e aveva salvato il bambino dalle fiamme prima che riportasse
delle lesioni, ma lo sceriffo aveva strappato il bambino dalle braccia dello
spettatore e lo aveva ributtato tra le fiamme. Il testo si concludeva con una
preghiera perché la Regina Maria aprisse gli occhi, o che Dio finisse i suoi
giorni.
Bella lasciò cadere il pamphlet e si coprì la faccia con le mani. Pensò al
piccolo Ward … No! Forzò la sua mente lontano da tutto questo.
«Lo so», disse Maria, dolendosi con una Bella inorridita. «Osano
immaginare la morte della Regina, pregare per questo!»
«Quel povero bambino», sussurrò Bella.
Maria spostò il pamphlet con il piede. «Non devono biasimare me per
questo.»
«Di certo lui non era un eretico!» pianse Bella.
«Non sarebbe stata bruciata se avesse confessato la sua gravidanza»,
disse Maria. «Avrebbero aspettato fino a dopo la nascita del bambino, per
quanto illegittimo. La sua morte è colpa di sua madre.»
«Ma lo sceriffo …»
«Era la volontà di Dio che bruciasse con sua madre, o sarebbe nato prima
che sua madre fosse giustiziata.»
Bella si sentì mancare il fiato, come se le avessero dato un pugno.
Ondeggiò sui piedi e per un attimo il mondo si fece grigio.
«Prendetela!» gridò Maria e le sue dame corsero ad assistere Bella. «Stendetela.
Mettetela sul mio letto. Qualcuno chiami un medico.»
Qualcuno le aprì il corpetto e allentò i lacci del corsetto.
«Dov’è mia moglie?» Bella sentì la voce di Edward e si sentì sollevata.
«È svenuta, vostra grazia», gli disse Susan Clarencieux.
Poi sentì la voce di Maria. «Edward, è possibile che aspetti un bambino?
Questo spiegherebbe perché si è comportata tanto stranamente in quest’ultima
settimana.»
Edward non rispose. Raggiunse Bella e si mise seduto sul letto vicino a
lei. Le prese la mano. «Bella, amore.»
«Edward, sei venuto … sto bene. Spero che non ti abbiano allarmato.»
«Non è per questo che sono venuto», disse Edward. «Bella … si tratta di
Ward.»
«Cosa? Cosa c’è?» boccheggiò Bella.
Il viso di Edward era cupo, venato dal dolore che sapeva stava arrivando.
«Bella … ha il Sudore.»
Note Storiche
-
L’incontro tra Maria ed Elisabetta fu alle dieci di sera, non nel primo
pomeriggio come qui raccontato. Elisabetta era spaventata dalla improvvisa
convocazione e implorò le sue dame di pregare per lei prima di andare dalla
Regina, una visita da cui temeva di non ritornare. Incontrò Maria nella sua
camera da letto, e, sì, Filippo era nascosto dietro la tenda (“un panno” come
registrano le cronache storiche)
-
La storia del rogo di Guernsey sfortunatamente è vera. Durante il regno
di Elisabetta, lo sceriffo fu portato di fronte a lei dopo essere stato
dichiarato colpevole di omicidio per aver ributtato il bambino tra le fiamme.
Disse che il bambino condivideva l’eresia della madre mentre era dentro il suo
corpo. Elisabetta lo graziò.
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Capitolo 25 *** capitolo 25 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/25/The-Selkie-Wife
Capitolo 25
«Non può essere malato!» protestava Bella mentre correvano a casa. «Dovrebbe
essere protetto dalla mia magia!»
Gli stallieri delle scuderie del palazzo avevano dato a Edward un cavallo
diverso da quello con cui era arrivato. Quel cavallo era coperto di sudore e
ansimava per lo sfinimento. Questo era fresco e ansioso di correre. Edward
spinse gli speroni, sempre più forte per farlo andare più veloce. Pregava che
nessuno gli si parasse davanti perché non avrebbe mai potuto sterzare in tempo.
Qualcosa di caldo colpì la sua mano. Le lacrime di Bella. Ma non c’era
tempo per confortarla, impegnato come era a ottenere la massima velocità dalla
sua cavalcatura. Imboccò il viale della loro casa e scese buttando le briglie
allo stalliere. Fece scendere Bella dalla sella e diede al cavallo una pacca di
ringraziamento prima di prendere la mano di Bella e trascinarla in casa. Le
gambe più corte di lei non erano abbastanza veloci, così lui la prese tra le
braccia e fece le scale tre alla volta. Spalancò la porta e depositò Bella sul
pavimento, a fianco del loro bambino che giaceva nel letto.
Bella si sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla fronte. Il
povero bambino era inzuppato di sudore, pallido e si agitava debolmente nel
delirio. Bella tolse le coperte in cui era avvolto e premette l’orecchio sul
suo petto. Il cuore batteva rapido, troppo rapido, frullando come le ali di un
uccello in trappola.
«Il medico dovrebbe arrivare presto», disse Ellen. «Avvolgetelo di nuovo,
mia lady. Non fategli prendere freddo.»
«Portatemi una tinozza di acqua fredda», ordinò Bella, ignorando il suo
consiglio.
Ellen guardò il Duca per avere una conferma. «Qualunque cosa chieda», le
disse Edward. «Fallo. In fretta.»
«Annacqua un po’ di vino», disse Bella a Edward. «Finché sarà appena
rosa. E mi servirà un panno pulito.»
Lui andò alla brocca del vino e fece come lei chiedeva, portando un
calice pieno e il panno richiesto, uno dei suoi fazzoletti fresco di bucato.
Bella ne intinse l’angolo nel vino annacquato e lo mise in bocca al bambino.
Non appena quell’umidità toccò le sue labbra, il bambino cominciò a succhiare
impaziente la stoffa bagnata. Bella glielo tolse, lo intinse di nuovo e lo
portò ancora alla sua bocca. «Il povero bambino è così assetato,» mormorò
Bella.
Ellen ritornò insieme a una cameriera che portava la richiesta tinozza di
acqua fredda. Bella tolse a Ward tutti i vestiti e lo immerse lentamente
nell’acqua. Ellen boccheggiò per l’orrore.
«Dobbiamo abbassare la sua temperatura,» spiegò Bella. «Sta bruciando di
febbre.»
«Ma lo shock …» protestò Ellen. «Non può essere sano fare un bagno quando
si è così malati!»
Bella scosse la testa. «È la cosa migliore, per lui. Vai, Ellen, vai da
Elizabeth.»
«Ma …»
«Vai», ordinò Edward. Venne fuori più rude di quanto intendesse ed Ellen
sgranò gli occhi. Fece un inchino frettoloso che lui non vide e corse alla
porta.
«Io non capisco», disse Bella, prendendo l’acqua nella mano a coppa e
versandola sulla testa di Ward. Il suo inquieto agitarsi era cessato, ora che
era nell’acqua fredda, ma si lamentava piano, un suono che pugnalava il cuore
di Edward. «Dovrebbe essere protetto. Questo non doveva succedere. Perfino
Margaret dovrebbe …» La sua voce si spense e altre lacrime le rigarono le
guance.
«Sei stata così infelice in questi ultimi giorni», disse Edward. «Vicina
ad ammalarti tu stessa per l’ansia e la paura.» Prese un altro dei suoi
fazzoletti e lo passò a Bella. lei gli lanciò uno sguardo di ringraziamento, lo
mise nell’acqua e poi sulla testa di Ward. «Forse la tua magia è più debole
quando sei così angosciata, così lontana dal mare …»
Lei scosse la testa perplessa. «Non ho mai sentito una cosa simile.»
Prese il fazzoletto caldo dalla testa di Ward e lo intinse di nuovo nell’acqua
fredda.
«Hai mai sentito di una selkie a corte? Una selkie che vede un uomo
bruciare?»
«No», ammise lei. «Non l’ho mai sentito.» Sapeva quanto il dolore e la
paura potessero essere pericolosi per la sua razza. L’orrore di quella
situazione poteva aver fatto vacillare la sua magia? Era colpa sua?
Si sentì rumore di zoccoli sulla ghiaia. Edward guardò fuori della
finestra. «Deve essere il medico.»
«I vostri medici possono fare qualcosa per questa malattia?»
Edward scosse la testa. Il dolore adombrava il suo viso. Questo era il
motivo per cui si era ripromesso mille volte di non attaccarsi troppo a suo
figlio, ma il cuore non aveva ascoltato la testa.
«Conosci una donna esperta di erbe?» chiese Bella.
«Posso trovarla. Di certo ce n’è una al villaggio.»
«Dille che ho bisogno di corteccia di salice bianco.»
«Per cosa?» Edward sembrava perplesso.
«Abbassa la febbre», replicò Bella. «Ti prego, Edward. Fai in fretta.»
Edward baciò lei e poi il bambino e corse via nel corridoio. Piombò addosso
a una delle cameriere. «Chiedo perdono, vostra grazia», boccheggiò la ragazza,
anche se la colpa era stata di lui.
«Ragazza, corri al villaggio e prendi della corteccia di salice bianco
dalla donna delle erbe», ordinò. «Vai subito, più veloce che puoi.» Prese delle
monete dalla borsa che portava sotto il farsetto e gliele mise in mano, senza
curarsi del valore.
«Sì, vostra grazia», replicò lei e fece un inchino veloce prima di
affrettarsi alla sua commissione.
Lui tornò da Bella e dal bambino, che era dove voleva stare. «Ho mandato
una cameriera», disse lui quando lei gli diede un’occhiata interrogativa.
«Bella, morirà?» chiese Edward, la voce bassa e rauca per il dolore.
«Se riesco a tenere bassa la febbre, può ancora farcela,» disse Bella.
«Cosa posso fare?» chiese Edward. L’impotenza che sentiva si aggiungeva
alla sua angoscia.
«Stai qui per me», replicò Bella. Aveva le lacrime agli occhi. «Ho
bisogno della tua forza.»
Non sapeva quanto fosse forte. Voleva scoppiare a piangere, buttarsi sul
pavimento e implorare Dio di non prendersi suo figlio, voleva gridare e
strapparsi i capelli, anticipando il suo dolore. Ma se Bella aveva bisogno che
lui fosse forte, lo sarebbe stato. Avrebbe fatto qualunque cosa per superare
con lei questa crisi.
La cameriera tornò più in fretta di quanto si aspettassero, portando una
coppa tra le mani. «Vostra grazia, mi sono portata avanti e ho fatto il tè
secondo le istruzioni della donna sapiente», disse lei.
«Grazie, Anne», disse Bella con gratitudine. Provò la temperatura e trovò
che era abbastanza tiepido perché il bambino potesse berlo.
«Ho aggiunto miele per coprire il sapore», continuò la ragazza.
«Anne?» chiese lui. «Ti chiami Anne?»
«Sì, vostra grazia, Anne Askew.»
Ah, ora ricordava: il suo elemosiniere, la moglie di Kyme, la donna che
era stata cacciata via per il suo credo protestante. Vagamente, ricordò che non
aveva avuto ancora una risposta alla sua lettera. «Grazie, signora Askew»,
disse lui. Intinse il panno nel tè rosso e lo diede al bambino. Il piccolo Ward
fece una smorfia, ma era abbastanza assetato da accettarlo.
Il medico arrivò subito dopo e rimase inorridito trovando il paziente seduto
in una tinozza di acqua. «Per tutti i santi, donna, lo ucciderai!» sbottò prima
di recuperare il senso dell’appropriatezza. «Vostra grazia», disse. «Non va
bene inzupparlo in questo modo. I suoi pori si apriranno ad ogni sorta di umori
cattivi. Deve essere messo a letto e va fatto un salasso. E non dovreste dargli
niente da bere! Cos’è questo?» Prese in mano la coppa prima che Bella potesse
fermarlo e annusò il contenuto. Fece una smorfia e arretrò.
«Tè di corteccia di salice», disse Anne Askew. «Abbassa la febbre.»
«Ridicolo!» biascicò il medico. «Probabilmente state avvelenando il
bambino con qualche sudicia mistura da streghe!»
Bella non lo degnò di uno sguardo. «Lasciate pure andare il medico. Le
sue arti non possono fare alcun bene, qui.»
«Lo ucciderete», la avvertì il medico. «Segnate le mie parole, vostra
grazia. Se continuate così, sarà morto all’imbrunire. Erbe e bagni invece che
giusti medicamenti!» Scosse la testa incredulo. Si voltò verso Edward per avere
man forte. «Vostra grazia, so che la Duchessa è nuova alla civilizzazione, ma
non potete rischiare la vita di vostro figlio con queste pratiche pagane!»
«Vattene!» scattò Bella. «O chiamerò un domestico che ti butti fuori.»
Il dottore la guardò gelido, gravemente insultato da un tale trattamento
irrispettoso. Se ne andò con passo pesante dalla stanza e Anne Askew chiuse la
porta dietro di lui.
«Vostra grazia», disse a Bella. «Dovreste aggiungere del vino anche
all’acqua del bagno. La renderà più rinfrescante per lui.»
«Un suggerimento eccellente», disse Bella. Edward prese la brocca e versò
il vino nella tinozza. «Questo è il bagno più costoso che farai mai, figliolo»,
disse affettuosamente al bambino. «Lavato nel vino francese più pregiato che
si possa ottenere!»
Bella premette le labbra sulla fronte di Ward. «È più fresco.»
«Dio sia lodato», sussurrò Edward. Aveva paura di sperare. Per tutta la
strada fino alla corte, aveva provato a prepararsi al peggio. Il Sudore non
solo era mortale, ma quando lo prendevano i bambini le speranze erano ancora più
esigue.
La testa di Ward si inclinò, come se dormicchiasse.
«Non lasciarlo dormire!» esclamò Edward, dando dei colpetti sul viso del
bambino per tenerlo sveglio. «Se quelli che hanno il Sudore si addormentano,
non si svegliano più.»
«Edward, gli farà bene», disse piano Bella. «La febbre si è abbassata e
ha bisogno di riposo per guarire.» Lo tirò su dalla tinozza e lo avvolse in un
lenzuolo per asciugarlo. Si mise su una seggiola e tenne il bambino tra le
braccia, canticchiando piano per lui. Quando si risvegliò, provò a fargli
prendere un po’ di latte, ma sembrava che fosse troppo stanco e debole per
prenderne molto.
Per tutta la notte, Bella e Edward rimasero col bambino, raffreddandolo
nel bagno di acqua e vino quando la temperatura si alzava di nuovo e
somministrandogli altro tè. Le candele si consumarono e furono sostituite da
Anne, che rimase al loro fianco per tutta quella infinita, orribile notte. Fece
ciò che era necessario e passò il resto del tempo in preghiera.
All’alba, la febbre sparì e Edward cadde in ginocchio in una preghiera di
gratitudine, singhiozzando di sollievo. Sarebbe vissuto. Suo figlio sarebbe
vissuto. Se lo ripeteva nella mente come una gioiosa litania.
Bella allattò Ward, poi si stesero nel loro letto con il bambino in mezzo
a loro. Edward non riusciva a trattenere le lacrime. «Pensavo che l’avremmo
perso,» confessò.
«Forse la mia magia lo protegge ancora, in una certa misura», disse
Bella, dimenticando che Anne era ancora nella stanza. Edward guardò la donna,
ma lei sembrava non aver sentito. Stava mettendo a posto tutte le cose che
erano state usate durante la notte. Vuotò la tinozza fuori della finestra e la
portò via mettendoci dentro i panni e le coppe.
«Grazie, Anne», disse Edward. «Grazie per la tua assistenza e per le tue preghiere.»
«Sono stata felice di aiutare, vostra grazia. Voi e vostra moglie mi
avete dato una casa quando nessun altro voleva aiutarmi.» Sorrise e fece un
inchino. «So che non siete della mia fede, ma voi siete un vero cristiano,
vostra grazia.»
«Grazie», disse lui di nuovo. «Vai e riposati un po’, Anne.»
Quando la porta fu chiusa dietro di lei, Edward si distese e baciò sua
moglie. La baciò con amore, e con gratitudine e con gioia. Le accarezzò il viso
col dorso delle dita. «Dobbiamo andare via», disse lui. «Dobbiamo andare a
casa. Devo riportare te e Ward a Cullen Hall, dove potrete essere tutti e due
in salute e felici.»
«Presto», promise lei. «La Regina va al confinamento la prossima
settimana, e dopo che il principe o la principessa sarà nato, potremo andare
via.»
«Non vedo l’ora», disse lui.
La corte si spostò nel palazzo di Hampton Court, dove la Regina aveva
deciso di avere il suo confinamento. Avrebbe voluto andare a Windsor, ma si era
ritenuto che fosse troppo lontano da Londra, anche se le vere ragioni erano
rimaste inespresse. Se Maria moriva, Re Filippo voleva avere il controllo della
capitale, e il pericolo di disordini nel paese stava crescendo. All’ultimo
rogo, la folla aveva gridato contro i magistrati e c’era stata un’agitazione
tale che essi avevano temuto per la propria vita. I soldati si erano sollevati
e armati e Maria aveva convocato dei cortigiani leali perché portassero i loro
eserciti privati, come sua sorella Elisabetta aveva fatto una volta alla sua
incoronazione.
Filippo stava tentando di prendere le distanze dai roghi il più
possibile, preoccupato che se gli spagnoli ne fossero stati incolpati, si
potesse innescare un’altra ribellione a tutti gli effetti. Aveva fatto fare un
sermone al suo cappellano che denunciava i roghi, e non era l’unico a cercare
di scaricare le colpe. Gardiner aveva scritto un giorno che non erano opera sua
e che era stato castigato per essere troppo indulgente, e il Vescovo Bonner,
che si era guadagnato il soprannome di “Bonner il Sanguinario” perché
presiedeva a Londra, dove si tenevano la maggioranza dei processi, continuava a
dichiarare di eseguire gli ordini.
Hampton Court non era solo uno dei palazzi più belli della Corona, era
anche uno dei più moderni. Era stato costruito dal cardinale Wolsey durante il
regno del padre di Maria, ma quando Re Enrico venne a visitarlo, fu così
apertamente invidioso del suo splendore che il Cardinale ritenne prudente
offrirglielo in tutta fretta come “dono”.
La cerimonia consueta venne tenuta fuori delle stanze della Regina, e lei
bevve la coppa di vino speziato prima di entrare con le sue dame, inclusa
Bella, a cominciare l’attesa dell’arrivo del bambino. Alle dame erano state
date istruzioni rigide, dal medico della Regina, di non menzionare cose
spiacevoli e turbare la Regina. Mentre guardava fuori dall’unica finestra
scoperta della camera, Bella si chiese se Maria avesse notato la colonna di
fumo che si innalzava in città dai roghi che erano ormai quasi quotidiani.
I giorni passavano con agonizzante lentezza. A Bella fu permesso tornare
a casa la sera, dato che aveva un bambino ancora convalescente dal Sudore (poteva
aver drammatizzato appena un po’ il suo recupero, perché adesso Ward stava
perfettamente, ed era tornato ad essere il bambino sano e felice che era prima di
ammalarsi). E benché lei non lo sapesse, anche Filippo si sentiva come lei:
ogni giorno sembravano mille anni. Era impaziente di andarsene, ma suo padre
gli aveva imposto di aspettare fino alla nascita dell’erede. Se fosse stato
all’estero quando Maria avesse partorito e lei fosse morta durante il parto,
non sarebbe stato in grado di mantenere il suo dominio.
I medici avevano previsto che la Regina avrebbe partorito l’ultima
settimana di aprile, ma la settimana designata arrivò e passò senza che Maria
avesse le doglie. I medici annunciarono che la Regina, donna “spirituale”,
doveva aver fatto un errore sul tempo del concepimento. Il bambino sarebbe
arrivato verso la fine di maggio o i primi di giugno. Messe quotidiane furono
celebrate perché il parto fosse sicuro e processioni di cittadini in preghiera
marciavano intorno al palazzo. Maria le guardava passare dalla finestra, ma
invece di essere felice per queste toccanti dimostrazioni di affetto e lealtà,
Maria era melanconica. Nessuno l’avrebbe ammesso con lei, ma Maria aveva la
profonda e inquietante sensazione che qualcosa fosse sbagliato. In privato,
confessò a Bella che non sentiva muovere il bambino da settimane. Bella era
impallidita a questa notizia, e non aveva potuto mentire a Maria e offrirle banalità
lenitive come facevano le altre dame. Aveva semplicemente stretto la Regina
mentre piangeva e le aveva promesso di pregare per lei.
Maria passava la maggior parte del giorno seduta su un cuscino sul
pavimento, le ginocchia tirate sul petto. Non voleva sentire la musica, aveva
detto. Non voleva che leggessero per lei e non voleva sentire i pettegolezzi,
non voleva neanche pregare al suo altare. Frances Grey non riusciva nemmeno a
farla giocare a carte. Bella sedeva a fianco della Regina sul pavimento e le
offriva il conforto più semplice. Le teneva la mano. E aspettavano.
Il 30 di aprile si diffuse la voce che la Regina aveva partorito un
principe sano e tutta Londra si scatenò, aprendo le botti di vino che erano
state messe da parte a questo scopo e facendo grandi falò. A dispetto della
recente impopolarità di Maria, tutta l’Inghilterra si rallegrò per la nascita
del principe. Come Elisabetta aveva una volta detto a Bella, il popolo venerava
un sole nascente, non un sole al tramonto. Ogni nuovo erede veniva pensato come
un nuovo inizio, una nuova partenza, un’altra possibilità per l’Inghilterra di
tornare ai giorni di gloria e prosperità. Ma poi, il palazzo corresse la
notizia. La regina non aveva ancora partorito. Il popolo, privato del
divertimento e della speranza, ritornò in casa borbottando.
Fuori, le piogge erano ricominciate, come l’estate precedente, e il tempo
era singolarmente freddo. I contadini piangevano guardando i loro campi fangosi
restare a maggese per un’altra stagione di semina.
Dentro il palazzo, i cortigiani aspettavano. Molte volte, Maria disse che
sentiva dei dolori e i medici e le levatrici venivano convocati in tutta fretta
solo per andarsene poche ore dopo quando i dolori svanivano senza nessun
travaglio. Filippo inviò richieste in tutta Europa per assicurarsi prestiti per
finanziare i propri piani militari contro la Francia, ma trovò ben pochi
disposti a prestare denaro, e quelli che trovò pretendevano un interesse del
venticinque per cento o più. Maria passava ore alla sua scrivania scrivendo
lettere che annunciavano la nascita di suo figlio, lasciando la data e il sesso
del bambino in bianco, per riempirlo più avanti. Ne scrisse una al Cardinale
Pole in cui diceva che Dio aveva aggiunto la nascita di un principe a tutti i
doni che le aveva concesso. Giaceva sulla sua scrivania, in attesa di essere
inviata una volta che il miracolo fosse finalmente avvenuto.
E i roghi continuavano. A Londra si diffuse la voce che la Regina Maria
aveva dichiarato che suo figlio non sarebbe nato finché non avesse bruciato
fino all’ultimo eretico. C’erano piani per una sollevazione, ma il re e il
consiglio mandarono in tutta fretta le truppe a sciogliere qualsiasi
assembramento nelle strade.
Maggio passò. Il ventre turgido di Maria cominciò a sgonfiarsi, e le
levatrici le dissero che era un segno sicuro che stava per partorire. In un
raro pomeriggio di sole, Maria guardò fuori della finestra e vide Filippo
passeggiare con la Principessa Elisabetta in giardino. Le loro teste erano
inclinate l’una verso l’altra. Formavano una splendida coppia, entrambi
giovani, vibranti, sani. Maria lasciò ricadere l’arazzo e si stese sul
suo letto, ordinando che le cortine fossero chiuse intorno a lei. Bella lo fece
per lei. Mise con gentilezza una mano sul braccio della Regina e Maria si voltò
a guardarla con lo strazio evidente negli occhi.
I medici dissero che alla fine di giugno la Regina avrebbe partorito. Lo
spirito di Maria affondava sempre più in basso. Passava ore a piangere sul suo
libro di preghiere mentre il suo addome si appiattiva e il suo seno smetteva di
produrre latte. La sua gravidanza appassiva, così come appassivano le poche
colture nei campi d’Inghilterra.
Poi dissero alla fine di luglio.
Le voci abbondavano e Edward ne parlava a Bella quando veniva a casa la
sera. Si diceva che Maria avesse dato alla luce un grumo inanimato di carne, o
che il bambino era morto e stavano cercando un rimpiazzo da far passare come
erede. Bella la mattina piangeva perché doveva tornare in quella stanza triste,
con la sua culla vuota, e la sconsolata Regina che cominciava a rendersi conto
che c’era qualcosa di terribilmente, terribilmente sbagliato.
Ad agosto, Hampton Court puzzava di immondizia e di rifiuti umani
accumulati. La corte doveva spostarsi ogni pochi mesi per l’accumulo di
sporcizia e rifiuti di così tante persone, specialmente d’estate, così che il
palazzo potesse essere “addolcito” tra un uso e l’altro. Un pomeriggio,
Gardiner e Pole si presentarono nelle stanze private della Regina e Maria si
incontrò con loro dopo aver detto a tutte le dame di lasciarli. Che degli
uomini fossero ammessi nelle stanze di confinamento, ancorché preti, era scioccante.
Stava succedendo qualcosa. Le dame sussurravano tra loro, cercando di capire
cosa mai poteva essere. Molte si avvicinarono a Bella, la confidente della
Regina, ma lei non aveva nulla da offrire loro.
Quando se ne andarono, le dame tornarono lentamente nella stanza privata,
preoccupate di quello che avrebbero potuto trovare. Maria aveva gli occhi
rossi, ma disse solo che dovevano fare i bagagli, perché stavano partendo,
sarebbero andati a Oatlands. Gran parte della corte non avrebbe potuto seguirla
perché quella era una residenza molto piccola, un modo comodo di sbarazzarsi di
tutti i tirapiedi che erano venuti a corte ad aspettare la nascita. Bella prese
l’occasione per chiedere di poter tornare a casa, a Cullen Hall.
«Potresti … potresti portare Ward a trovarmi prima di andare via, per
favore?» chiese Maria, e la voce le si spezzò.
Singhiozzò mentre lo teneva in braccio, ridendo tra le lacrime alla sua
massa di indisciplinati capelli rosso-bruni (così simili a quelli di suo
padre) e poi lo mise nella culla che era stata costruita per il principe
d’Inghilterra. Una placca d’argento sulla copertura portava una poesia:
The child which thou to Mary, O Lord of might
hast send
To England’s joy, in health preserve-keep and
defend!
( Il bambino che a Maria , o Signore potente, hai mandato per la gioia
dell’Inghilterra, difendi e mantieni in salute)
Maria lo cullò, canticchiando piano una ninna nanna spagnola che doveva
aver imparato da sua madre. Ward tubò per lei, agitando le braccia paffute.
Avrebbe avuto un anno il mese successivo. Tre giorni prima aveva fatto i suoi
primi passi a casa con Edward e Alice presenti, e Bella si era risentita con
Maria per averla tenuta lì, facendole mancare una cosa così importante. Ma
adesso, quel risentimento era svanito. Guardava una donna dal cuore spezzato
baciare il suo bambino e sollevarlo dalla culla. Lo tenne ancora un momento
prima di ridarlo a Bella, le lacrime che le rigavano il viso inosservate. Maria
aveva pianto un oceano di lacrime negli ultimi mesi. Bella era sorpresa che ne
avesse ancora.
«Mi sta lasciando, Bella», disse Maria. «Filippo se ne andrà alla fine
del mese e non riesco a farmi dire quando tornerà. Resterai con me, ti prego,
finché non se ne sarà andato? Potrò sopportarlo meglio se avrò con me la mia famiglia.»
Si premé una mano sul ventre piatto. «Susan Clarencieux e una delle levatrici
mi hanno detto che dovrei essere solo di sei mesi, adesso, e il bambino nascerà
a novembre.»
«Vostra maestà, non c’è nessun bambino», disse Bella con tristezza.
«Sono solo un mucchio di leccapiedi. Adesso vedo che tu sei l’unica che è
sincera con me, Bella.» La Regina si alzò e baciò Bella sulla fronte. «Resta
con me solo per un altro po’, e poi potrai andartene a casa a Cullen Hall.»
A dispetto di tutto, Bella non poté negarsi. Abbracciò Maria e tornò a
casa nella residenza di Hampstead Heath per dirlo a Edward. Lui era frustrato
per il ritardo, naturalmente, ma cosa poteva fare? Insistere adesso avrebbe
ferito i sentimenti di Maria e questo lo avrebbe resa rabbiosa, perché questo
era il modo in cui reagiva sempre al dolore emotivo.
La Principessa Elisabetta venne a trovare Bella il giorno prima che tutti
partissero. «Vado a casa, a Hatfield», disse lei. «La Regina mi ha finalmente
dato il permesso.» Senza nascite imminenti e nessun pericolo per la Regina,
era prudente permettere a Elisabetta di partire.
«È per il meglio», disse Bella. Vide Filippo, in piedi dietro una delle
finestre, che guardava giù ad Elisabetta.
Elisabetta fece guizzare gli occhi in direzione di lui. «Sì, hai
ragione,» disse. Abbracciò Bella. «Mi mancherai. Perché tu e Edward non venite da
me a Hatfield questa estate?»
«No, Bess, vogliamo andare a casa», replicò Bella.
Elisabetta annuì. «Va bene, lo capisco. Scrivimi, promesso?»
«Promesso», le disse Bella, e con un ultimo abbraccio, Elisabetta se ne
andò.
L’ultima settimana di agosto, seguirono la Regina di nuovo a Londra, dove
intendeva prendere una chiatta che la portasse lungo il fiume fino a Greenwich.
Da lì, Filippo avrebbe preso la sua nave. Il popolo si affollò per sbirciare
nella portantina di Maria mentre veniva portata per le strade, perché era
girata la voce che in realtà fosse morta e Filippo lo stesse nascondendo finché
non si fosse assicurato che il suo dominio in Inghilterra fosse consolidato.
Maria sorrise a quelli che la applaudivano e la benedivano, perché a dispetto
di tutto, lei era ancora la loro regina.
Gardiner ottenne una risposta diversa. La folla rimase in silenzio mentre
lui passava, né molti si inchinarono alla croce che portava di fronte a sé, e
questo lo fece infuriare. Bella lo sentì dare ordini ai suoi
servitori. «Segna quella casa! Quell’uomo, va portato davanti
agli ispettori. Non ho mai visto tanti eretici! Non un inchino davanti alla
croce o un grido di “Dio salvi il re e la Regina”. Bene, insegnerò loro a fare
tutte e due le cose, lo giuro sulla mia vita!»
Bella chiuse gli occhi. Non aveva abbastanza eretici da bruciare, senza
raccogliere persone a caso dalle strade?
Filippo convinse Maria che non avrebbe dovuto prendere la chiatta per
Greenwich con lui, poiché vedeva che stava già lottando per mantenere la
propria compostezza di fronte al popolo. Lui le baciò la mano e salì sulla
chiatta, e Maria avrebbe potuto protestare , ma aveva la gola troppo chiusa
dalle lacrime trattenute.
«Vostra maestà, andiamo dentro, lontano da occhi indiscreti», la pregò
Bella.
Maria fece un suono soffice e inarticolato di dolore e si fece guidare
come una bambina nel palazzo fino alle sue stanze. Corse alla finestra per
un’ultima occhiata, e forse Filippo la vide, perché si tolse il cappello e
salutò nella sua direzione. Ora che se ne stava andando, poteva anche essere
galante, pensò acidamente Bella. Non aveva passato un solo momento in privato
con Maria da quando lei era andata nella sua stanza in aprile. Non aveva
parlato della improvvisa scomparsa della sua gravidanza con lei; sembrava voler
fingere che nulla era successo. E una Maria disorientata aveva preso spunto da
lui.
«Mi ha salutato!» gridò gioiosa.
«Sì’, vostra maestà, vi ha salutato», disse Bella, e il cuore le faceva
male che un tale piccolo gesto da suo marito rendesse felice la Regina. Ma poi
la chiatta scomparve alla vista e Maria cadde sulla sua seggiola come una
marionetta con i fili tagliati. Lacrime silenziose le rigavano il viso.
Abbracciò Maria e fu vaga sul suo ritorno a corte, ma Maria era così
assorbita dal suo dolore che Bella non pensò che l’avesse notato. Diede a Maria
un bacio sulla guancia e uscì dal palazzo verso la portantina in attesa. Non
appena uscì dall’edificio, si sentì più leggera, come se una cappa pesante e
scura di paura e dolore fosse scivolata via dalle sue spalle. Avrebbe potuto
cantare, saltare, ballare per la strada. Sarebbero andati a casa! Di nuovo al
mare, dove avrebbe potuto essere vicina al suo elemento, lontano dalla corte
soffocante, con le sue gelosie, le sue pugnalate alla schiena e le sue mille
regole sconcertanti.
I carri stavano per essere caricati quando arrivò a Hampstead Heath.
Edward era fuori. Alice era vicina a lui, con Ward in braccio. Il suo
matrimonio sarebbe stato tra due settimane, e Alice aveva perso peso
nell’ultimo mese, peso che a malapena poteva permettersi di perdere. Sembrava
che un colpo di vento avrebbe potuto portarla via. Forse, quando sarebbero
stati a Cullen Hall, Bella avrebbe potuto aiutarla … in qualche modo.
Edward sorrise a Bella e la prese tra le braccia. Di fronte a tutti i
domestici, la baciò profondamente e Bella ridacchiò. «Andiamo a casa!» disse
lui, e furono le parole più dolci che Bella avesse sentito da mesi.
Note storiche
-
La corteccia di salice contiene acido salicilico, componente
dell’aspirina. È usata a tutt’oggi dagli entusiasti dei rimedi naturali. Non
dovrebbe ovviamente essere data a nessuno sotto i due anni di età, ma nella
situazione di Bella, non c’erano altri farmaci conosciuti che riducessero la
febbre. Il vino nell’acqua era il solo modo per purificarla. L’igiene era
sconosciuta e i pozzi erano a volte contaminati dalla vicinanza di immondizie
e scarichi fognari (e in alcuni casi, cimiteri!). L’alcool uccideva almeno
alcuni batteri e rendeva l’acqua più sana da bere. L’esistenza dei germi era
ancora sconosciuta, ma dare ai bambini del vino annacquato era una pratica
comune al tempo, sapendo che era più sicura dell’acqua semplice, anche se non
sapevano perché.
-
Il libro di preghiere di Maria esiste ancora. Quando il libro viene
aperto, si apre alla pagina che riporta la preghiera per il parto sicuro di una
donna incinta, che è pesantemente chiazzata e macchiata di lacrime.
-
Maria potrebbe aver sofferto o di un cancro alle ovaie o di una
gravidanza isterica (pseudogravidanza). Le donne che soffrono di questo hanno
ogni apparenza della gravidanza. Il livello dei loro ormoni può essere così
elevato da ingannare un test di gravidanza. Il loro addome si gonfia come se
aspettassero davvero un bambino, il loro seno può produrre latte e tre quarti
delle donne che soffrono di questo dichiara di aver sentito il bambino muoversi
dentro di sé.
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/26/The-Selkie-Wife
Capitolo 26
Rosalie Cullen, Viscontessa Lisle, era stesa sul suo letto e ascoltava
cadere la pioggia. Non lasciava il suo letto da … erano giorni o settimane,
ormai? Non ne era più sicura. Passava ogni giorno come aveva passato il
precedente: ascoltava la pioggia e giocava svogliatamente con i gioielli
sparpagliati vicino a lei sulle lenzuola. Una volta li aveva bramati, aveva
agognato e ambito la loro tangibile ricchezza, ma adesso erano la sua
punizione, il suo marchio di Caino. Era per queste cose che aveva venduto la
sua anima.
Durante il parto, aveva pensato che sarebbe morta, e adesso desiderava
che fosse stato così. Sembrava preferibile morire, non assolta, e andare
all’inferno come meritava piuttosto che vivere ogni lungo giorno del resto
della sua vita con questa colpa che le mangiava l’anima. Quando aveva guardato
il viso di sua figlia, un’ondata di gelido orrore l’aveva travolta e l’enormità
di ciò che aveva fatto l’aveva indotta a ordinare di portare via la bambina.
Non poteva guardare in quegli occhi innocenti e non poteva toccare qualcosa di
così puro con le sue mani sudice. Era meglio che Emmett prendesse la bambina e
se ne andasse. Nulla di buono poteva venirle da una madre come lei, questo era
sicuro.
Anelava a un’assoluzione, ma non poteva confessarsi. I suoi peccati non
erano qualcosa che le avrebbe procurato qualche preghiera in più e una notte di
digiuno. Se avesse detto a Padre Jacob cosa aveva fatto, l’avrebbe consegnata
al tribunale ecclesiastico e sarebbe bruciata, e per quanto orrendo fosse
vivere col pensiero di essere destinata alle fiamme dell’inferno, non aveva
desiderio di replicarlo qui sulla terra.
Prese una collana di diamanti e la lasciò pendere dalla sua mano. Prendeva
la luce, quella poca che entrava dalle finestre con quel cielo nuvoloso,
luccicando come fuoco e ghiaccio. Per questo, hai dannato te stessa,
pensò.
Era tutto quello che pensava di volere quando era una ragazzina con un
vestito cencioso, troppo piccolo per le sue forme che crescevano. Suo padre,
che stava senza dubbio arrostendo anche lui nelle fiamme dell’inferno, aveva
perso al gioco ogni penny della sua rendita e quando ebbe finito quelli, aveva
svenduto tutti i beni della dote di sua madre, e quando ebbe finito quelli,
aveva svenduto tutte le terre senza vincoli ereditari, e quando ebbe finito
quelle, cominciò a prendere prestiti su quello che era rimasto.
La loro povertà era aumentata ogni anno. Tutti i loro servitori, tranne
la balia di sua madre che era rimasta per affetto, se ne erano andati perché
non pagati. Il castello divenne sempre più sporco e andò in malora per mancanza
di manutenzione finché alla fine solo il primo piano era rimasto abitabile. La
madre di Rosalie era stata dama di compagnia della sorella di Re Enrico, prima
del matrimonio. Il padre di Rosalie aveva preso il gioielli e le perle dei
vestiti di corte di sua madre uno ad uno, e poi aveva venduto anche la stoffa.
Uno di questi, sua madre lo aveva tagliato per fare un vestito a Rosalie, i cui
vestiti erano stati allargati quanto possibile per stare sul suo corpo che
cresceva, ma adesso le cuciture sembravano scoppiare. Suo padre aveva battuto
sua madre per quello “spreco”, così tanto che lei era morta dopo aver
prolungato i suoi dolori per due settimane e poi lui, lui stesso, era morto per
una caduta dalle scale da ubriaco in un bordello, poche settimane dopo,
lasciando sua figlia in miseria.
Uno degli uomini a cui suo padre doveva dei soldi si offrì di condonare
il debito se lei l’avesse sposato. Rosalie aveva scritto una serie di lettere
sempre più disperate alla famiglia di sua madre, parenti che non aveva mai
incontrato, implorando per pietà di poter vivere in una delle loro case, ma non
ottenne mai risposta. Accettò la proposta di lui. Era questo o la povertà. Non
ci volle molto perché desiderasse di aver scelto la povertà.
Suo marito era un uomo brutale, avaro come suo padre, e le dava a
malincuore ogni penny per riempirsi la pancia, denaro che avrebbe piuttosto
speso in vino, puttane e giochi di carte. Pensò che sarebbe diventata più
preziosa e produttiva ai suoi occhi restando incinta, e che lui l’avrebbe
trattata un po’ meglio, per il bene del bambino, ma non fu così.
Il bambino ( il cui nome Rosalie non riusciva a fare neanche nella sua
testa) era stato l’unico brandello di felicità del suo matrimonio. Rosalie
l’aveva amato fieramente dal primo momento in cui l’aveva guardato. Suo marito
non voleva pagare una balia, ovviamente, così Rosalie l’aveva allattato, una
cosa che avevano imparato assieme, così come aveva dovuto imparare ogni
aspetto della cura di un bambino per prove ed errori, dato che non le era
permesso avere amiche che potessero consigliarla. Nonostante le sue cure
impacciate, il bambino cresceva bene e pensò che finalmente Dio avesse avuto
pietà di lei e le avesse dato un po’ di luce nella desolata oscurità della sua
vita.
Non intendeva appiccare il fuoco. Si era svegliata nella notte dopo aver
sentito uno strano rumore e aveva acceso la candela per scoprire che lo
zoticone ubriaco era rotolato sopra il bambino nel sonno. Suo figlio era morto.
Le sue mani si erano allentate per lo shock e l’orrore e la candela era caduta
sul pavimento. Quando la candela colpì i vimini, secchi e pieni di rifiuti,
dato che lui si era rifiutato di spendere dei soldi per prenderne di nuovi, il
fuoco si diffuse così in fretta che lei ebbe a malapena il tempo di
precipitarsi fuori della porta, figurarsi provare a svegliare l’uomo
incosciente che probabilmente l’avrebbe picchiata per essere stata così
sventata con la candela.
La moglie del prete locale ( si era ancora ai giorni del giovane re
protestante) l’aveva presa con sé, la povera vedova senza figli che non aveva
nulla tranne la sua cenciosa sottoveste addosso. Fu tramite i suoi sforzi che
Rosalie ebbe la possibilità di vendere l’unica cosa che le era rimasta: il suo
latte. All’inizio allattò i bambini del villaggio per pochi pence e, oh, come
odiava quei bambini, risentita per le loro guance paffute e in salute, e per il
modo in cui le loro madri potevano comandare Rosalie e darsi delle arie per
come lei era caduta in basso. Fu quel risentimento che fece cominciare Rosalie
a usare altre parti del suo corpo con i mariti delle donne, e guadagnava più
con quello che ad allattare i loro marmocchi.
Qualcuno la denunciò allo sceriffo. Il suo sangue nobile le permise di
non essere arrestata per prostituzione, ma dovette dirlo al prete, che la
rimproverò e la costrinse a confessare il suo comportamento “osceno e
indecente” alla sua congregazione e a fare atto di penitenza. A Rosalie non
dispiaceva più di tanto, sbattere tutto in faccia alle mogli con la scusa di
cercare il perdono, e ne aveva tratto un’immensa soddisfazione.
Il prete pensò che sarebbe stato meglio mandarla fuori dalla comunità
prima che un contingente di mogli rabbiose la impiccasse. Aveva spinto sua
moglie ad usare le sue conoscenze per trovare a Rosalie un lavoro in una casa
nobile, più lontano era, meglio era. Sua moglie era imparentata alla lontana
con il maggiordomo del Duca di Cullen, e sapeva che lui stava cercando una
balia che provenisse da un buon ambiente. Rosalie non sapeva quanto fosse
“buona” la sua famiglia, ma la sua linea di sangue era accettabile, almeno.
La moglie del prete l’aveva abbracciata mentre si preparava a partire e
le aveva detto che questo era l’inizio di una nuova vita. Rosalie aveva deciso
che sì, lo era, e non sarebbe mai più stata povera, qualunque cosa avesse
dovuto fare. Qualunque cosa. Originariamente, la sua idea era stata di diventare
l’amante del Duca, ma lui era così intorpidito dal dolore della morte di sua
moglie che non l’avrebbe notata neanche se fosse stata nuda nel suo letto.
Aveva cominciato ad odiare il nome santificato di quella moglie perché quella
donna aveva avuto tutto quello che Rosalie non poteva sognare di avere: la
sicurezza finanziaria, un titolo, vestiti e gioielli da regina. Sperava che in
un anno o due si sarebbe liberato dal dolore, ma prima che le sembrasse avesse
recuperato abbastanza da fare una mossa verso di lui, una nuova duchessa era
apparsa dal nulla, e in occasione del loro primo incontro, quando Rosalie era
così arrabbiata per l’arrivo della nuova Duchessa che se la stava prendendo con
la bambina, aveva capito che quella piccola donna con gli enormi occhi scuri
non era una con cui scherzare.
Così aveva abbassato le sue mire sul fratello ubriacone del Duca. Aveva
paura di lui, anche se sembrava che il bere non lo incattivisse. Aveva sentito
un paio di cameriere ridacchiare tra loro mentre discutevano delle sue qualità
maschili. A quanto pareva, era un amante generoso. A Rosalie non importava del
piacere della carne, ma le importava della manciata di monete che si diceva
desse alle donne che lo compiacevano.
La prima volta che avevano giaciuto insieme, il visconte era stato rude
quasi come quello zoticone ubriaco di suo marito, e Rosalie era rimasta
terrorizzata. Dopo, lui era contrito, e quando qualche settimana dopo si rese
conto di essere gravida, sperò che lui le desse del denaro per sbarazzarsi del bambino.
Invece, l’aveva sorpresa offrendosi di sposarla. Rosalie aveva pensato che la
vita non avrebbe più potuta stupirla, ma evidentemente non era così. Gli aveva
detto che avrebbe dovuto assicurarsi il consenso della Regina prima di
considerare una cosa simile. Non voleva finire di nuovo in miseria con un
marito nella Torre.
E poi, Rosalie ebbe tutto ciò che voleva. Forse, Dio ascoltava veramente
le preghiere delle donne, dopo tutto. Emmett era ricco, titolato e disposto a
darle tutto quello che voleva. Perfino l’aspetto dei “doveri coniugali” era
migliorato e Rosalie non si sarebbe di certo mai aspettata di godersi quello.
Comprò dei gioielli, che le sembravano l’investimento migliore. Ricchezza
mobile, facile da nascondere, se necessario. Se fosse stata attenta poteva
vivere dei ricavati della vendita anche solo di qualcuno di quei pezzi, per
tutto il resto della vita, ma non le sembrava mai abbastanza. Non importava
quante monete nascondesse sotto le tavole del pavimento, non importava quanti
gioielli avesse nella sua cassetta, la fredda memoria di una pancia vuota e di
stanze non riscaldate la perseguitava e doveva avere di più, di più,
come una barriera tra lei e la povertà.
Rosalie odiava la nuova Duchessa di Edward, la odiava con la stessa
intensità con cui aveva odiato suo padre e suo marito. Anche se sapeva, da
qualche parte dentro la sua testa, che quel sentimento era illogico, sentiva
che Bella la stava deliberatamente allontanando da quella sicurezza di cui
aveva disperatamente bisogno.
Provò a procurarle più guai possibile, compreso spettegolare col prete
sulle strane abitudini della Duchessa. Pensava che la donna fosse segretamente
una protestante, basandosi su alcune domande che aveva origliato mentre faceva
a Padre Jasper, ma non era riuscita a trovare nessun libro condannabile quando
aveva cercato nella camera da letto del Duca.
Come Emmett l’avesse scoperto, non lo sapeva, ma era livido per questo e
sapeva come instillare il terrore nel suo cuore: la minacciò di tagliarle la
rendita e vendere i gioielli. Rosalie aveva pianto per giorni, con la paura di
finire come era finita sua madre.
Non riusciva a smettere di pensare che sarebbe stata più al sicuro
se Emmett fosse stato il Duca. Non lo sarebbe mai diventato se la piccola
strana moglie di Edward avesse partorito il bambino. Si travestì quindi meglio
che poteva e andò al villaggio a comprare ciò di cui aveva bisogno. Aveva dato
alla Duchessa molto più di quello che le aveva detto fosse necessario la donne
delle erbe (nutriva la speranza che la duchessa morisse insieme al bambino) ma
nulla era accaduto e, naturalmente, il bambino era un maschio. Alcune donne,
come la madre di Rosalie, provavano per anni e avevano molte gravidanze prima
di riuscire finalmente a fare un figlio e questa donna ce l’aveva fatta al
primo tentativo.
Nel breve periodo tra il parto di
Bella e il suo, aveva tramato e complottato, ma non appena arrivò la sua
bambina, tutto questo era svanito e la vergogna ne aveva preso il posto.
Incombeva su di lei come una cappa di piombo, un male da cui non riusciva a
guarire. Avrebbe volentieri dato indietro i gioielli, la sua scorta di denaro,
ogni cucitura dei suoi indumenti e sarebbe tornata alla sua vita di povertà e
fame se questo avesse portato via l’agonia della colpa. Ma non c’era perdono
per lei. Non per la sua razza.
Il viaggio di ritorno di Bella e Edward a Cullen Hall fu lungo e
disagevole. Le strade erano quasi impercorribili. Ogni giorno, il carro
affondava fino alle assi nel fango e l’intero convoglio doveva fermarsi ad
aspettare che fossero attaccati altri buoi per liberarlo.
La pioggia continuava a cadere sulla terra già fradicia ed era
inusualmente freddo. Sarebbe stato conosciuto come “l’anno senza estate” nei
decenni a venire. Edward e Bella erano rannicchiati insieme dentro la
portantina. Le cortine erano state rimpiazzate da tela cerata ma ugualmente
raffiche di vento arrivavano all’interno. Il maggiordomo di Edward aveva
suggerito di trovare una locanda lungo la strada e fermarsi fino a che il tempo
non fosse migliorato, ma Edward aveva replicato che se avessero fatto così,
probabilmente avrebbero aspettato per sempre.
«Già, Dio ha inviato una maledizione sull’Inghilterra,» disse il
maggiordomo, e poi i suoi occhi si sgranarono per la paura di aver detto
troppo.
Ma il maggiordomo non era l’unico a pensarla così. Per tutto il paese, la
gente discuteva e dibatteva su quale messaggio stesse inviando loro. La Regina
lo prese come il messaggio che non aveva fatto abbastanza per soffocare
l’eresia. I protestanti dicevano che quel tempo era la prova che Dio
disapprovava il regno di Maria.
Bella non era una che vedeva messaggi mistici negli eventi naturali. La
sua preoccupazione era per la gente della proprietà Cullen. Avevano comprato
più grano durante la primavera, ma sarebbe bastato per evitare che la sua gente
morisse di fame? Anche i capi di bestiame e le pecore stavano diminuendo, dato
che gli animali affamati non avevano prodotto piccoli durante la primavera.
Ed era preoccupata per Alice, che sembrava stare sempre più male a ogni
miglio che si avvicinavano a Cullen Hall e al suo destino come sposa del Barone
Tyler. Il matrimonio si sarebbe tenuto là e il Barone aveva fatto capire a
Edward che sarebbe stato disponibile a lasciare sua moglie al servizio di
Bella, se a lui, a lui stesso, fosse stato dato un incarico abbastanza alto
nella casa di Edward. Edward rabbrividì al solo pensiero, ma si sarebbe messo
d’accordo con l’uomo se Bella fosse stata felice di tenere Alice con sé.
Le due donne si accostarono ai preparativi per il matrimonio di Alice
come se fosse un funerale e questo gettò una cappa sul loro ritorno a casa. Il
cuore di Edward si librò quando vide la casa vicino al mare. Non si era reso
conto di quanto amasse quel posto finché non era stato costretto a lasciarlo
per la corte. La prima notte dopo il loro ritorno, Bella andò a nuotare nelle
sue amate Acque Infinite. Costrinse Edward a restare in casa dove era caldo e
asciutto e tornò splendente di salute e felicità, una felicità che durò fino al
mattino successivo, quando vide il volto pallido di Alice. Due giorni dopo,
Alice era troppo malata per lasciare il letto e Edward scrisse al Conte di Hale
che il matrimonio doveva essere rimandato. Il Conte gli rispose, con un post
scriptum in fondo dello stesso Barone Tyler, che diceva che il matrimonio si
sarebbe celebrato come previsto, anche se il prete fosse dovuto stare al
capezzale della sua sposa per ascoltare i voti.
Il mattino del matrimonio di Alice era freddo e triste, con una pioggia
che il vento faceva martellare contro le finestre. In uno scambio di ruoli,
Bella aiutò Alice a vestirsi con uno dei suoi vestiti, che era stato
risistemato per le forme più piccole di Alice, il vestito con le costellazioni
che aveva dato il via a quella moda quando era stato indossato dalla prima
moglie di Edward. Alice non avrebbe mai potuto permettersi niente di così
grandioso, e tutti avrebbero visto che Alice era stata onorata dalla Duchessa,
che le aveva dato una veste così ricca del suo stesso guardaroba.
Alice pianse continuamente da quando si alzò. Bella tenne in alto il
prezioso specchio di Edward così che Alice potesse vedersi e lei toccò
scioccata la sua faccia pallida e tesa. Non si era resa conto di quanto il suo
malessere avesse influenzato i suoi tratti fino a quel momento. «Sembro un
fantasma,» disse.
«Stupidaggini,» disse Bella con fermezza. «Sei bellissima, Alice.»
Alice provò a sorridere, e invece scoppiò in singhiozzi. La sera prima
era andata nelle stanze di suo padre (era venuto a stare a Cullen
Hall la notte prima del matrimonio) per implorarlo di riconsiderare, ma il suo
maggiordomo aveva aperto la porta e l’aveva informata freddamente che suo padre
non riceveva ospiti.
Scesero nella cappella insieme, e Bella ricordò dolorosamente la sua
camminata con Jane Grey verso il patibolo. Alice aveva drizzato le piccole
spalle come aveva fatto Jane e camminava con la stessa quieta dignità. Aveva
trattenuto le lacrime. Adesso era il momento di fare il suo dovere.
Tutta la piccola nobiltà locale e i nobili erano venuti a vedere il
matrimonio. Vestiti al loro meglio, erano tutti in fila secondo il rango. Bella
si guardò intorno ma non vide Rosalie. Nessuno l’aveva vista da quando erano
tornati. Non aveva mai lasciato la sua stanza e Emmett era già andato là a
farle visita. Bella aveva bussato alla sua porta la sera prima e aveva detto
alla cameriera che aveva risposto che Rosalie era la benvenuta la mattina dopo
alla funzione, ma la cameriera aveva scosso la testa, anche se aveva detto che
l’avrebbe comunicato a Rosalie.
Bella sapeva che non le sarebbe piaciuto il Barone Tyler, ma anche se non
avesse mai sentito della sua brutale crudeltà, probabilmente l’avrebbe odiato
per lo sguardo che diede alla sua sposa, come se si assicurasse che fosse
quella giusta, prima di voltarsi sprezzante. Alice camminò con compostezza, ma
la sua faccia era bianca come un lenzuolo. Teneva gli occhi su Padre Jasper,
come se lui fosse l’unica cosa che la mantenesse in piedi. E forse era così.
Lui cominciò la funzione, la faccia calma e impassibile, anche se i suoi
occhi brillavano stranamente. Parlò degli scopi e del simbolismo del matrimonio,
la voce calma e sicura, ma poi avvenne qualcosa di strano.
«Pertanto, se c’è qualcuno che può mostrare …» Padre Jasper si bloccò,
come se la voce gli si fosse strozzata in gola. Portò il pugno alle labbra e si
schiarì la gola.
«Pertanto se c’è qualcuno che può mostrare una giusta causa …» La sua
voce si spense e chiuse gli occhi. Le parole successive vennero fuori come se
gli fossero strappate con la forza: «… per cui non possono legalmente essere
uniti …»
Nella cappella tutti guardavano. Qualcuno sussurrava.
Padre Jasper barcollò per un momento e Edward si precipitò per prenderlo
se fosse caduto, ma Padre Jasper all’improvviso riprese la sua compostezza. La
sua faccia cambiò come se un sole fosse sorto dentro di lui. Andò all’altare e
si tolse la stola. La baciò e l’appoggiò con gentilezza. Poi alzò il braccio e
si tolse il collare. Lo tenne stretto nella mano per un momento prima di posare
anche quello.
Ora tutti stavano sussurrando. Che stava succedendo?
«Padre Jasper?» chiese Edward.
«Solo ’Jasper’, adesso.» E con questo, Jasper si lanciò in
avanti. Afferrò la sposa, se la mise in spalla e corse via come il diavolo.
Gli occupanti della cappella si guardarono stupidamente l’un l’altro per
un momento. Poi il Barone Tyler emise un barrito e corse dietro Jasper e Alice.
Bella uscì come per correre anche lei dietro a loro e il Barone Tyler inciampò
sul suo piede, finendo scompostamente a terra con un grugnito. «Oh, chiedo
perdono, mio lord!» boccheggiò Bella, mettendosi una mano sulla bocca come
inorridita, in realtà per nascondere il suo sorriso.
Il padre di Alice urlò il suo nome e partì anche lui. Saltò sul Barone
prono a terra e corse attraverso la casa. Tutti gli ospiti del matrimonio
corsero dietro di lui, seguendo lo spettacolo con avido interesse.
C’era un cavallo fuori, di fronte alla casa, tenuto da uno stalliere.
Jasper saltò in sella e si mise Alice in grembo. Prese le redini in una mano e
avvolse l’altra intorno ad Alice, tenendola fermamente contro di sé. E poi si
chinò e la baciò prima di piantare i talloni nei fianchi del cavallo. Il focoso
cavallo ruppe subito al galoppo.
Bella e Edward si bloccarono davanti alla casa proprio mentre Jasper e
Alice raggiungevano il viale. Il padre di Alice rimase lì in piedi,
boccheggiando come un pesce fuori dall’acqua.
«Fermateli!» ruggì il Barone Tyler.
«Come?» chiese con leggerezza Edward.
«Prendete un altro cavallo!» urlò il Barone Tyler allo stalliere. «Di chi
era quel cavallo?»
«Mio», disse Edward. «E ahimè, era il più veloce dei miei.»
Il Barone Tyler lo guardò a bocca aperta. «Cosa faceva, qui sotto la
pioggia?»
«Intendevo fare una cavalcata dopo il matrimonio», disse Edward.
«Con questa pioggia?»
Edward fece spallucce. «Non mi dà fastidio.»
«Era Volvo?» chiese Emmett. Nella mano teneva un pezzo della torta
nuziale e masticava mentre guardava.
«Già», disse Edward.
Emmett scosse la testa. «Allora non lo prenderete mai. Che peccato.»
Diede una pacca sulla spalla al Barone. «Meglio che cerchi un’altra moglie.» E
con questo, caracollò di nuovo in casa.
«Dov’è il mio cavallo?» urlò il Barone. «Dov’è il mio cavallo?»
Bella lottava per non ridere, ma i suoi occhi brillavano allegri. «Sapevi
che sarebbe successo?» chiese a Edward in un sussurro.
Lui ridacchiò. «No, ma ci speravo. E potrei anche aver lasciato un
cavallo qui fuori, in attesa, giusto in caso che, e le borse della sella
potrebbero anche contenere del denaro e una lettera di raccomandazione del Duca
di Cullen.»
«Dove andranno?» chiese Bella.
«Dovranno lasciare il paese», disse Edward, e la sua voce era tinta di un
po’ di tristezza. «Forse in Germania o in un altro paese protestante.»
«Mi mancherà», disse Bella. «Ma sono felice per lei.»
Edward baciò sua moglie e lei sussurrò, «Grazie.»
Mentre ritornavano in casa, Bella alzò lo sguardo e vide Rosalie alla
finestra. Non appena vide che Bella guardava nella sua direzione, si ritirò.
Note storiche
-
Quello che è accaduto al bambino di Rosalie in questa storia, era
purtroppo una cosa abbastanza comune ai tempi. Le famiglie povere spesso
dormivano in un unico letto, per tenersi al caldo, più che altro. I fuochi
venivano normalmente coperti la notte, per paura che qualche scintilla potesse
appiccare il fuoco e anche per risparmiare. D’inverno doveva essere molto
freddo nelle loro case. Inoltre, una culla con relative copertine e materassi
era qualcosa che solo le famiglie più ricche potevano permettersi. Ancora nel
1894, 1000 neonati all’anno morivano a Londra, soffocati da un adulto che era
loro rotolato sopra. Ricerche più attuali ritengono che alcune di queste morti
fossero attribuibili alla ‘sindrome della morte in culla’, ma sui numeri c’è
ancora dibattito.
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/27/The-Selkie-Wife
Come promesso, vi comunico che ho iniziato
a pubblicare una nuova storia, sempre sul fandom di Twilight. Si chiama “Contractually
Bound”, credo che vi piacerà. Buona lettura.
Capitolo 27
Quella desolata estate continuò, fredda e umida, ma per gli occupanti di
Cullen Hall fu l’estate più felice di cui avessero memoria. Bella e Edward
passavano i giorni insieme, con i loro bambini, e migliorando le condizioni
delle loro proprietà.
Una delle prime cose che fece Edward al suo ritorno, fu convocare Kyme,
il suo elemosiniere. L’espressione di Kyme era colpevole e ostile fin
dall’inizio. «Non la riprenderò indietro,» sbottò non appena si mise seduto
sulla seggiola che Edward gli aveva offerto.
Edward inarcò un sopracciglio. «Prego?»
«Perdono, vostra grazia», borbottò. «Non intendevo essere irrispettoso.»
Edward non aveva inteso la mancanza del suo titolo onorifico. «Stai parlando
di tua moglie Anne?»
«Già, Anne Askew, come si fa chiamare lei. Quella donna caparbia si è
rifiutata di prendere il mio nome di famiglia, quando ci siamo sposati.» Era
ovviamente un punto dolente per lui. «Vi avverto, vostra grazia, il suo
carattere non avrà una buona influenza sulla Duchessa.»
«Sembra una donna onesta, timorata di Dio», disse Edward.
Kyme scosse la testa. «È un’eretica, vostra grazia, e una donna testarda
e disobbediente. Temevo la sua influenza sui miei figli.»
Edward capì cosa intendesse dire Kyme. Una moglie disobbediente,
un’eretica, era una violazione dell’ordine sociale, una donna che rifiutava il
vero fondamento della vita cristiana. «È una cosa molto crudele tenere una
madre lontana dai suoi figli.»
Kyme si accigliò. «È quello che merita per il suo spregio.»
Edward sospettava che Kyme tenesse i figli lontani dalla madre come
punizione, non perché temesse la sua influenza su di loro, e le parole di Kyme
gli avevano semplicemente confermato tutto questo. «Forse una visita in tua
presenza», provò.
«No!» scattò Kyme. «Li vedrà solo se si sottomette a me e si pente della
sua malvagità.»
Edward sospirò dentro di sé. Non c’era altro che potesse fare. Kyme aveva
ogni diritto di fare con i propri figli quello che voleva, e Edward non poteva
interferire. A casa sua, un uomo era re, e le sue regole avevano l’ultima
parola. «Ora, gli affari per cui ti ho convocato. Hai ricevuto la mia lettera?»
«Non avete avuto la mia risposta?» chiese Kyme, e Edward vide che stava
mentendo. Non poteva dire cos’era, forse un cambiamento sottile nel suo
comportamento, ma vedeva che Kyme era stato disonesto ed era spaventato per
questo.
«No, non l’ho ricevuta.»
«Le mie scuse, vostra grazia. Forse il messaggero …» La voce di Kyme si
spense.
«Non importa. Forse è meglio se ne parliamo di persona.»
Kyme contorse il bordo del suo farsetto. «Volentieri, vostra grazia.»
Anche questa era una bugia, notò Edward con un po’ di divertimento.
«Avete i documenti che vi ho chiesto?»
Kyme si era attaccato alla storia che aveva dato gran parte delle
elemosine di Edward all’ospizio della parrocchia, condotto da suo cugino,
Peter di Lansby. Edward gli aveva chiesto conto di come erano spesi i fondi e
i due uomini sembravano molto riluttanti e nervosi in proposito.
«È una domanda semplice», disse Edward con leggerezza.
«Non avete mai chiesto niente di simile, vostra grazia.» Se Kyme non
avesse smesso di stropicciare il farsetto lo avrebbe rovinato.
«Be’, va bene, lo sto chiedendo adesso. È semplice. Come sono state spese
le mie elemosine?»
«Er … um … in vari modi, vostra grazia. Spese e simili.»
«Quali spese?» insisté Edward.
«Non lo so!» esplose Kyme. «Sono sicuro che mio cugino abbia usato bene i
fondi.»
«Ho mandato mio fratello a visitare l’ospizio. Ha detto che era un
disastro.» Emmett era rimasto costernato, in effetti. Non c’erano abbastanza
letti e neanche abbastanza spazio in terra per dei giacigli, e molti dei
residenti dormivano seduti appoggiati alle panche. Era sporco, e Emmett aveva
detto che la puzza si sentiva dall’altra parte del villaggio. Le finestre
incrostate di sporcizia avevano vetri rotti riempiti di stracci e il tetto
perdeva sulle teste dei poveri occupanti.
Kyme adesso si era specializzato a torcere le nappe dei passanti sopra i
bottoni, chiamati “alamari”, sul davanti del suo farsetto. «I poveri, vostra
grazia, sono sporchi nelle loro abitudini. Distruggono tutto. Rubano. Non hanno
nessuna cura e …»
«Dovrebbero esserci fondi in abbondanza per sostituire e riparare tutto
ciò che va perso o si rompe», disse Edward con leggerezza.
Kyme arrossì, per la rabbia o l’imbarazzo. Edward non sapeva decidersi.
Forse tutt’e due. «È una casa di poveri, vostra grazia. Non un palazzo.»
«Cosa pagano i fondi se nessuno fa le riparazioni?»
Kyme biascicò qualcosa e Edward si alzò in piedi. Era stanco di questa
farsa. «Ho l’impressione di sapere esattamente dove finiscono i fondi. Indossi
un farsetto davvero pregiato, e ho il sospetto che se andrò a fargli visita,
scoprirò che tuo cugino ne indossa uno ancora più fine. Cerca lavoro in
un’altra casa, Kyme. Non ho bisogno di un elemosiniere che distribuisce le mie
elemosine non più lontano delle sue tasche.»
Kyme si chinò rigidamente, gli occhi pieni di odio. Lasciò la stanza e
Edward sospirò. Si sedette sulla sua seggiola e si strofinò le tempie
doloranti. Aveva bisogno di Bella. Aveva bisogno della sua dolcezza gentile,
della sua calma.
Guardò il mucchio di carte sulla sua scrivania. Tutte dovevano essere
lette e firmate, e andavano prese delle decisioni. Domani, decise. Tutto
poteva aspettare fino a domani. Sapeva che se suo padre lo avesse visto dal
cielo, si sarebbe tirato i capelli oltraggiato dalla negligenza di suo figlio.
E a Edward non importava.
Trovò sua moglie nella stanza della piccola Elizabeth. Stava insegnando
ai bambini le lettere, anche se il suo metodo era inusuale. Raccontava loro una
storia e ogni volta che i bambini riconoscevano correttamente una parola che
cominciava con quella lettera, dava loro un pezzo di marzapane, il dolce
preferito di Elizabeth. Piccoli come erano, Ward e Margaret non erano così
bravi ancora a quel gioco, così Elizabeth suggeriva loro le risposte, cosa che
Bella faceva finta di non notare, e poi strillavano e balbettavano, battendo le
manine paffute quando Bella infilava loro un pezzetto di marzapane in bocca.
Sorrise quando vide Edward e gli fece cenno di unirsi a loro. Lui fece
qualche scandaloso tentativo di indovinare per far ridere sua figlia, e lei
ebbe pietà e condivise con lui il pezzetto di marzapane che si era guadagnata.
Bella mise a dormire i bambini per il loro sonnellino e andò con Edward
nella loro stanza. «Sembri preoccupato,» commentò lei.
«Ho incontrato Kyme», disse. «L’ho licenziato.»
Bella annuì. «Non abbiamo bisogno di qualcuno che distribuisca le nostre
elemosine per noi. Possiamo farlo da soli.»
«Tutti hanno un elemosiniere», disse lui. «Eliminerei un incarico che è
esistito nella casa del Duca di Cullen per trecento anni.»
Lei scosse la testa. «Non capirò mai voi umani e la vostra fissazione per
le tradizioni. Solo perché una certa cosa è stata fatta in un certo modo per
generazioni, non significa che dovrà essere fatta per sempre in quel modo.»
Edward cercò di trovare le parole per spiegarsi, la grande catena di
ranghi e funzioni che formavano la loro società. «La nostra casa dovrebbe
essere più grande, impiegare centinaia di persone, invece che la decina o poco
più che abbiamo. Tu dovresti avere almeno cinque o sei dame di compagnia:
contesse, baronesse, marchese, dame che a loro volta avrebbero le loro dame,
mogli di cavalieri e della piccola nobiltà, e queste stesse dame avrebbero a
loro volta dei servitori. Giù fino alle cameriere del retrocucina e i ragazzi
dello spiedo in cucina.»
Bella trasalì. «Non ho mai pensato che la nostra mancanza di grandeur e
cerimonie fosse qualcosa che danneggiava la nostra gente. Dovremmo …»
Edward scosse la testa. «No, Bella. Ho scoperto che preferisco la vita
più semplice, ma questo risveglierà qualche risentimento.»
«C’è un modo in cui possiamo cambiare …»
«Bella, dobbiamo stare attenti a non attirare attenzione», la avvertì
Edward. Lei trasalì e lui desiderò non aver detto nulla. Lei aveva ancora gli
incubi sui roghi. «Stiamo già facendo dei cambiamenti che causeranno una
quantità di chiacchiere.»
La gente già discuteva dell’acquisto di grano di Edward per il secondo
anno di seguito, e del fatto che avesse sospeso gli affitti ai suoi contadini
fino a quando fossero in grado di seminare e raccogliere come sempre (Edward
disse ironicamente a Bella che la sua gente sarebbe stata meglio se fosse
andato avanti e avesse chiuso i campi e allevato pecore, dopotutto. Col tempo
freddo, probabilmente avrebbero avuto un raccolto di lana eccezionale). Teneva
i contadini inattivi e i lavoratori occupati con le riparazioni agli edifici
nelle sue terre, inclusi i casolari dei paesani.
«Scendo al villaggio, oggi», disse Bella. Si mise seduta sul bordo del
letto.
«Cosa devi sistemare?» disse scuotendo la testa con un sorriso storto.
«Sapevi che il mulino è rotto da tre anni? Gli abitanti del villaggio
devono portare il loro grano per sette miglia, fino al villaggio vicino, per
farlo macinare.»
«Hai parlato con John Miller?»
«L’ho fatto. Ha detto qualcosa a proposito di qualcosa di rotto o roba
così.»
«Ottima informazione, mia cara. Bene, dovremo farlo riparare.»
Lei gli sorrise e quel sorriso da solo valeva il costo della riparazione
del mulino. Bella si interessava sinceramente della gente delle sue terre e
probabilmente era la prima Duchessa di Cullen nella storia della famiglia a
conoscere gli abitanti del villaggio per nome e ad informarsi sulle loro
famiglie, la loro alimentazione, i piccoli drammi della loro vita.
L’inconveniente era che le dame della loro classe sociale cominciavano a
ritrarsi, come se l’associazione di Bella con gli abitanti del villaggio la
contaminasse in modo indelebile. Bella non aveva neanche notato la loro
assenza, ma Edward sì, ed era preoccupato, anche se non abbastanza da limitare
le attività di lei.
«Ho visto Padre Jacob», disse lei. «Era là a dare l’estrema unzione alla
vecchia vedova Lettie.»
Lui provò a ricordare chi fosse e non ci riuscì. «Mi dispiace di sapere
che sta morendo», disse lui.
«Ma no. Almeno una volta al mese si mette in testa che sta morendo di
qualunque starnuto o dolore che ha, ma è dura come il cuoio. Ho il dubbio che
sopravvivrà a tutti noi.»
«Ha parlato con te?»
Lei scosse la testa. «Si comporta stranamente, negli ultimi tempi.»
Edward pensava la stessa cosa. Erano stati a messa tre volte la settimana,
da quando erano tornati, sedendo nello stanzino di famiglia, una piccola stanza
nel retro della cappella. Gli occupanti erano nascosti da uno schermo di legno
intagliato e Edward, come suo zio Re Enrico, usava quel tempo per recuperare
tempo con i suoi documenti. Teneva un orecchio al sermone e cercava di non far
frusciare troppo le sue carte.
Dalla restaurazione della Chiesa, i sermoni di Padre Jacob si erano
lentamente trasformati in istrioniche invettive contro i peccatori che vedeva
tutto intorno a sé. Non faceva nomi – non osava tanto – ma mentre sbraitava di
puttane e donne che si accompagnavano col diavolo, aveva sempre gli occhi fissi
sullo stanzino ducale dove sedeva Bella. E dopo la funzione, Padre Jacob
salutava calorosamente Edward, ma si comportava come se Bella non esistesse.
Per la sua vita, Edward non riusciva a capire come Bella avesse offeso
Padre Jacob. Quale peccato pensava che avesse commesso? Bella era modesta,
aveva il cuore gentile (non lo aveva detto lo stesso Padre Jacob quando aveva
mandato da lei Anne Askew?) e si comportava in modo perfettamente appropriato
in pubblico. Se non avesse detestato tanto parlare con quel prete, Edward ne
avrebbe discusso con lui, ma aveva deciso che, alla fine, non aveva importanza
che Padre Jacob odiasse Bella o no.
Bussarono alla porta e Edward disse di entrare. Una delle cameriere entrò
timidamente, con gli occhi fissi al pavimento. Edward la intimidiva un po’.
«Vostragrazia», sbottò, dicendolo come se fosse un’unica parola. «È venuto
un messaggero con una lettera». La teneva nella mano che tremava leggermente.
Bella la prese con un sorriso. «Grazie, Janet», le disse. Prese una
moneta da un cassetto e la diede alla cameriera. «Per favore, da’ questa al
messaggero. Puoi andare.»
La ragazza fece un inchino e si precipitò fuori della stanza. Bella diede
la lettera a Edward poco interessata, ma rimase a bocca aperta per la delizia quando
lui la aprì ed esclamò, «Per i denti di Dio, è di Jasper!»
«Cosa dice? Cosa dice?» gridò Bella, saltellando per la curiosità.
«Dice che hanno attraversato Calais e intendono dirigersi a Ginevra dove
c’è una comunità di protestanti inglesi in esilio.» Edward fece una pausa e
continuò, una smorfia leggera che gli tirava le labbra.
«Cosa?» chiese Bella.
«Jasper è sempre Jasper», disse Edward scuotendo la testa. «È turbato per
aver tradito il suo voto a Dio.»
«Ma Anne mi ha detto che il celibato dei preti non è ordinato nella
Bibbia.»
Edward impallidì. «Bella! Stai imparando la fede protestante?»
Bella sembrò imbarazzata, anche se ovviamente non capiva perché. «Le ho
solo fatto qualche domanda, Edward. Non lezioni, come quelle che mi dava Padre
Jasper.»
Edward si sforzò di mantenere calma la voce. «Bella, domande come quelle
sono pericolose di questi tempi.»
«Mi dispiace», disse con la faccia cinerea. «Ero solo curiosa.»
«Capisco. Ma, ti prego Bella, non discutere di queste cose con nessuno a
parte me. Neanche con Emmett, capito? Io amo mio fratello, ma temo per il
sentiero che sta percorrendo.»
Lei annuì. «Come vuoi tu.» La paura del rogo le avrebbe fatto dire di sì
a qualunque cosa, e il cuore di lui ne fu addolorato. Una creatura come Bella
non avrebbe mai dovuto vivere nella paura.
«Ma per rispondere alla tua domanda, non è importante che il celibato
clericale sia ordinato da Dio o no. Jasper ha fatto quel voto e , per lui, è
sacro.»
«E lo ha infranto per Alice», disse lei piano. «Spero che non si risenta
mai con lei per questo.»
Lui scosse la testa. «Alice non gli ha fatto fare nulla. Ha preso da solo
quella decisione; dice molto chiaramente che si prende la piena responsabilità
per questo. Ma lo tormenta ancora. Secondo la sua fede, non potrà essere
perdonato finché non rifiuterà il suo peccato e tornerà al gregge.»
«Pensi che potrebbe diventare protestante? Alice lo era fino a che la
Regina Maria non ha restaurato la Chiesa. Lei può insegnargli tutto in
proposito.»
«No, non credo. Non cambierebbe la sua fede solo perché l’altra gli
permette di fare ciò che vuole. Non è protestante nel cuore, piuttosto un cattolico
errante, e si sente colpevole ad accettare l’ospitalità della comunità
protestante.»
«Potremmo andare a far loro visita?»
Edward esitò. «Non so, Bella. Forse un giorno, ma sai che la regina non
apprezzerebbe che noi viaggiassimo per fare visita a un prete scomunicato. E
Alice, una donna scandalosa a tutti gli effetti. Il suo fidanzamento doveva
essere annullato prima che il suo matrimonio con chiunque possa essere
riconosciuto. Per quanto riguarda la Chiesa, lei è un’adultera.»
«Mi manca», confessò Bella. «Anne è amichevole, ma non è … be’, non è
Alice, immagino.»
Edward non disse nulla. Prese Bella
tra le braccia e la strinse, l’unico conforto che poteva offrirle.
«Vostra grazia.»
Bella udì una voce che non sentiva da più di un anno, da quando Ward era
nato. «Rosalie?»
Bella era in soffitta, a cercare tra i bauli di abiti che erano stati
immagazzinati lì dalla famiglia di Edward. Troppo vecchi per essere rielaborati
in nuovi indumenti, ma troppo buoni per essere buttati via, quei vestiti erano
semplicemente stati messi via. Bella li stava smistando per vedere se qualcosa
poteva essere usato per rivestire i poveri del villaggio, ma molti di quelli
erano fatti di stoffe che violavano le leggi suntuarie.*
Si spolverò le mani e si alzò, voltandosi verso la cognata. Rosalie le
fece un profondo inchino. Bella la fece alzare e le disse, «Non devi essere
formale con me, Rosalie. Chiamami Bella, o sorella, se la cosa ti garba.»
«Di questo non sarò mai degna», disse Rosalie. «Bella, io devo dirti … io
… ti ho offeso.» La voce era bassa, e guardava ferma il pavimento mentre
parlava.
«È tutto dimenticato,» disse Bella. «Dispiace anche a me. Ho perso le
staffe il giorno in cui ci siamo incontrate, e l’ho sempre rimpianto.»
Rosalie scosse il capo e fece un gesto sprezzante con la mano. Bella
sentì un suono strozzato e le spalle di Rosalie cominciarono a tremare. Bella
la prese tra le braccia e Rosalie scoppiò in singhiozzi. Strofinava la schiena
a Rosalie mormorando parole che la calmassero.
Rosalie si liberò dal suo abbraccio e corse via dalla soffitta, le sue
scarpe che battevano pesantemente giù per le scale.
Bella la guardò andare via e si chiese se avrebbe dovuto seguirla.
Sospirò. Gli umani erano così strani, con le loro esplosioni emotive. Bella
pensò che probabilmente tutto questo era dovuto alla repressione. Non era
salutare.
Anne tornò nella soffitta con una grossa cesta vuota. «Era la Viscontessa
quella che per poco non mi butta giù dalle scale?»
«Già», sospirò Bella.
Anne considerò un attimo poi fece spallucce. Prese su il mucchio di
indumenti che Bella aveva messo da parte.
Bella si chiese se Rosalie avesse già parlato con Emmett, o se era andata
nella nursery a vedere sua figlia. Ellen probabilmente la stava svegliando dal
suo sonnellino proprio adesso. Ieri Margaret aveva chiamato Bella “mamma”,
come Ward, e a Bella aveva fatto male il cuore a doverla correggere.
Qualunque fosse il fardello nel cuore di Rosalie, Bella sperava che se ne
liberasse. Le vite umane erano così brevi, troppo brevi per passarle nel dolore
e nel rimpianto.
Anne canticchiava un inno mentre scuoteva e piegava i panni.
«Anne?»
«Mmh?»
«Emmett … Emmett è ancora un membro della vostra congregazione?»
Anne sorrise. «Lo sapresti se partecipassi anche tu.»
Bella le diede uno sguardo di rimprovero. «Lo sai che non è possibile.»
«Immagino di no, col vostro stesso cappellano a capo del Tribunale
ecclesiastico locale.»
Bella la guardò a bocca aperta. «Cosa?»
«Non lo sapevi? È stato incaricato da Gardiner in persona.»
Bella scosse la testa. Un tribunale ecclesiastico qui? La nausea le salì
in gola e il cuore le martellò nelle orecchie.
«Anne, puoi finire tu, qui, per favore?» chiese accennando al baule
aperto.
«Certo, Bella. Stai male?»
«È solo che …» Bella barcollò e dovette sedersi in fretta su una vecchia
seggiola di legno. Sentiva un tintinnio sordo nelle orecchie. Prese dei respiri
profondi quanto le permetteva il suo corpetto.
Anne le passò sul viso un panno umido. Bella non si era neanche resa
conto che fosse uscita per andare a prenderlo.
«Tu hai tanta paura», le disse piano Anne. «Bella, se solo tu avessi
fiducia in Dio …»
Bella si passò il panno umido sulla fronte sudata.
«Non capisci, Bella? Loro possono causare il dolore del corpo, ma non
possono conquistare la tua anima. Non possono toglierti la cosa più
importante.»
«L’unica cosa importante per me è la mia famiglia», disse Bella. «E
possono togliermela con solo poche parole.»
«Ti riunirai a loro in Paradiso», replicò Anne. «Dove non ci saranno
lacrime …»
Bella mise una mano sulla spalla di Anne. «Io voglio stare con loro qui.
Voglio vedere i miei figli crescere.»
Alla menzione dei figli, Anne trasalì e le lacrime tremarono tra le sue
ciglia. «Io so che li vedrò di nuovo. Lo so.»
E silenziosamente si strinsero l’un
l’altra nell’oscurità polverosa.
Bella era nella nursery a giocare con i bambini quando arrivò Edward, il
pomeriggio successivo. Bella guardò la sua faccia e disse ai bambini con tono
falsamente allegro di continuare a giocare con Ellen mentre lei parlava col
loro padre.
Chiuse la porta della camera da letto dietro di sé e vi si appoggiò sopra.
Dentro si sentiva gelare. «Si tratta di Alice e Jasper?» chiese, e si stupì di
come la sua voce suonasse calma e sicura.
«No, Bella, non Alice e Jasper», disse Edward. Le prese la mano tra le
sue. «È Anne, Bella. È stata arrestata per eresia.»
Note storiche
-
Lo “spit boy” ( il ragazzo dello spiedo) era il ragazzo che stava vicino
al fuoco e girava la manovella dello spiedo perché si cuocesse omogeneamente.
Era uno degli incarichi più bassi in una casa nobile, ma c’era sempre la
possibilità di una promozione quando il ragazzo cresceva. Alcune case avevano
degli spit-dogs ( cani dello spiedo), piccoli cani che correvano su una pedana
mobile per girare lo spiedo, e il lavoro del ragazzo era assicurarsi che i cani
continuassero a correre.
*Le leggi suntuarie erano leggi che
regolavano il modo di vestirsi e obbligavano determinati gruppi sociali a
indossare segni distintivi. Per cui un povero non poteva indossare certe stoffe
o colori che erano propri della nobiltà (ndt).
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
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Capitolo 28
«Arrestata?» ripeté Bella. Camminò incerta fino al letto e si mise
seduta. Sembrava che l’aria nella stanza fosse stata risucchiata e Bella
faticava a prendere respiro.
«A quanto pare, se lo aspettava», disse Edward, e la sua voce sembrò a
Bella triste e raggelante come la pietra di una cripta. «Ha lasciato una nota
per te. Uno dei domestici l’ha trovata nella sua stanza dopo che l’avevano
presa.» Lui gliela porse me lei non fece il gesto di prenderla. Guardava con
gli occhi vuoti il foglio piegato.
Edward si sedette vicino a lei e la aprì. La lesse ad alta voce. «Vostra
grazia, la vostra gentilezza e cura per me non potrò mai ripagarla.
Anche se non siete della mia fede, so che sarete benedetta e ricompensata da
Dio per le vostre molte virtù. Siate forte nel Signore, mia carissima amica, e
sebbene mi rattristi separarmi da voi, so che ci incontreremo di nuovo in un
posto migliore. Sapevo bene che questo giorno sarebbe venuto. Ho più nemici che
capelli in testa, ma, con l’aiuto di Dio, non mi vinceranno mai. La vostra
amica, in questa vita e nella prossima, Anne Askew.»
«È datata la settimana scorsa», disse Edward.
«Cosa ha fatto?» gridò Bella. Non riusciva ancora a capirlo, per quante
volte Edward glielo avesse spiegato. Era incomprensibile per lei che una
persona come Anne Askew fosse così pericolosa da dover morire per proteggere il
regno.
«La stessa cosa che la sciocca e confusa ragazza ha sempre fatto, Bella.
Guida gruppi di studio sulla Bibbia e incontri di preghiera nel villaggio.
Prego solo Dio che non sia coinvolto anche Emmett.»
Bella sbatté gli occhi e due grosse lacrime le scivolarono sulle guance.
«C’è niente che possiamo fare?»
Edward le mise un braccio attorno alle spalle tremanti e se la tirò al
fianco. «Padre Jacob intende interrogarla nella cappella tra una settimana. È stata
portata a casa dello Sceriffo Swan, quindi per ora starà bene; Swan e sua
moglie sono persone gentili. Io sarò presente all’interrogatorio.»
«E io posso…»
Lui scosse la testa. «Meglio che tu ne stia fuori, Bella. Non so per
quale motivo, ma non piaci a Padre Jacob e la tua presenza non aiuterebbe
Anne.»
Bella rilasciò un sospiro tremante. «Non possiamo permettere che le
faccia del male.»
«Non può», le assicurò Edward. «Se Padre Jacob la trova colpevole di
eresia, dovrà deferirla a un tribunale superiore per il processo. Non
preoccuparti per ora, Bella. Anne è sveglia quasi come Bess. Può cavarsela.»
Bella appoggiò la testa sulla spalla di Edward. «Non sopporto tutto
questo», disse.
Edward sentì una fitta di paura come uno stiletto gelido allo stomaco. La
magia selkie di Bella, che l’aveva protetta durante la gravidanza, cominciava a
svanire. Un po’ ne era rimasta mentre allattava Ward, ma poteva cadere nel
languore se fosse stata troppo stressata. Edward non sapeva come fermare tutto
questo.
A cena, quella sera, Emmett era triste e silenzioso. Spostava il cibo nel
piatto ma ne mangiava poco, come Bella. I domestici sapevano che Bella
rifiutava il cibo quando era infelice o stressata, ma Emmett era famoso per il
suo prodigioso appetito che rimaneva costante anche nei momenti peggiori della
sua vita, quindi vederlo mettere da parte il cibo invece che mangiarlo e
chiederne ancora, era davvero una cosa notevole. Quelli che guardavano si
chiedevano se avessero dovuto chiamare i loro amici per essere testimoni del
fatto, perché di certo non ci avrebbero creduto quando glielo avessero detto.
Bella cedette alle preghiere di Edward e mangiò della pastinaca al burro,
ma sembrava non essere così sicura che sarebbe rimasta giù. Quando la cena
finalmente finì, Edward si rivolse a suo fratello. «Emmett? In camera mia, per
favore.»
Emmett annuì, e a giudicare dalla sua espressione, si aspettava questa
convocazione.
Si sedettero vicino al camino vuoto. Edward fece uscire i domestici dalla
stanza e tenne la voce bassa, perché sapeva che tutti avevano l’orecchio
premuto sulla porta. L’arresto della dama di compagnia di Bella era un buon
materiale di pettegolezzo.
«Emmett, immagino che tu abbia sentito cosa è successo a Anne.»
«Già.» Tutto l’essere di Emmett sembrava afflosciato dal dolore. «È la
notizia sulla bocca di tutti.»
«Rispondi a questo, fratello, e non te lo chiederò più: quanto sei coinvolto
in questa situazione?»
«Abbastanza da bruciare al suo fianco, se dovesse succedere», disse
Emmett.
Bella lanciò un piccolo grido di orrore e si portò una mano alla bocca.
Edward la prese dalla sua seggiola e se la mise in grembo, avvolgendole le
braccia attorno come se con questo potesse proteggerla dalla sua paura.
«Io ti ho avvertito, Bess ti ha avvertito», disse Edward, la voce che
tremava. «Per tutti i santi, Emmett! Perché corteggi il pericolo? Pericolo non
solo per te, ma anche per la nostra famiglia.»
«Tutto quello che posso dirti, fratello, è che ne avevo bisogno.» Emmett
si passò una mano sulla faccia. «Non devi preoccuparti. Non tradirò te o Bella.
Te lo giuro.»
Edward sospirò. «Che stupido. Nessuno può giurare che resisterà alla
tortura.»
«Io sono un nobile», argomentò Emmett. «Per legge, non possono
torturarmi.»
Edward scosse la testa. «Sei davvero uno stupido. Possono fare quello che
vogliono. Ricordi Lady Rochford?»
Emmett sbatté gli occhi. «Jane Parker, la cognata di Anna Bolena?»
«Già, proprio lei. Quando fu accusata di aver aiutato la Regina Kathryn
Howard ad incontrare segretamente il suo amante, finse di essere pazza perché
la legge diceva che i pazzi non potevano essere giustiziati. Così il Re fece
passare una nuova legge che permetteva di giustiziare i pazzi e la fece
decapitare.»
Emmett trasalì. «Sì, ora ricordo.»
I tre rimasero seduti in silenzio,
ognuno sentendosi impotente e terrorizzato per coloro che amava, ognuno
desiderando di soffrire lui stesso pur di risparmiare gli altri. Ognuno sapendo
che non c’era nulla da fare se non aspettare… sperare… pregare.
Bella sedeva vicino alla finestra e guardava fuori le rabbiose onde
grigie che si schiantavano contro le rocce sotto la casa. La pioggia colpiva i
vetri e i tuoni rombavano in distanza. Le selkie amavano le burrasche. Quando
le onde salivano in alto, loro le cavalcavano come piccole barche, buttate
verso il cielo per poi ricadere nel mare in tempesta. Ricordò che una volta si
era imbattuta in un naufragio, il vascello di legno trascinato troppo vicino
alla spiaggia dove si era fracassato sulle rocce. Lei e sua sorella avevano
portato i marinai dal mare alla spiaggia, uno ad uno (Bella rimase sbalordita
nell’apprendere che la maggior parte dei marinai non sapeva nuotare). E dopo,
si erano tuffate verso il fondale marino a giocare con tutte le cose che erano
uscite dalla nave spezzata. Era molto giovane, a quei tempi, e aveva
un’esperienza limitata con il mondo umano e i tesori la affascinavano. Non
sapeva, allora, che gli umani uccidevano per il metallo lucente e le pietre
brillanti che loro gettavano senza cura, né sapeva che le persone morivano
perché possedevano dei libri che diventavano eretici in base all’opinione del
monarca.
Non riusciva a smettere di pensare a Anne. L’interrogatorio ci sarebbe
stato l’indomani e Edward aveva promesso di fare tutto quello che poteva. Ma al
ritorno, le avrebbe detto che avrebbero messo Anne al rogo? Era un destino che
non avrebbe augurato alla peggiore persona al mondo, neanche all’uomo che aveva
distrutto la pelliccia della sua amica per non farla scappare, figuriamoci ad
Anne.
Appoggiò la testa al vetro e desiderò poter pregare come facevano gli
umani. Loro credevano che il loro dio fosse coinvolto in ogni aspetto della
vita umana e che potesse essere influenzato a cambiare il corso degli eventi
dalle preghiere. Il suo dio era come un sorvegliante della natura. Guardava le
sue creature ma non interveniva a controllare le loro azioni.
Desiderava che Padre Jacob avesse una sua moglie selkie. Aveva bisogno
d’amore più di qualunque persona avesse incontrato Bella, inclusa la Regina
Maria. Diversamente da Maria, aveva permesso alla sua inedia emotiva di
trasformarlo in una persona miserabile. Forse era ormai andato troppo avanti e
avrebbe rifiutato l’amore anche se gli fosse stato dato. Ricordava a Bella un
lupo in cui si era imbattuta in un bosco la cui zampa era stata presa in una
trappola. Bella aveva tentato di liberarlo, ma ogni volta che si avvicinava
quello provava a morderla. Alla fine il lupo era svenuto per la perdita di
sangue e Bella lo aveva liberato e si era presa cura della povera zampa
maciullata. Quando si era svegliato, l’aveva leccata con riconoscenza, gli
occhi imbarazzati che sembravano chiedere scusa.
Se Padre Jacob fosse stato liberato da qualunque trappola lo stesse
facendo soffrire, avrebbe smesso di scatenarsi con tutti quelli che gli stavano
intorno? Bella non lo sapeva. Non capiva veramente il male; per lei, era follia
causata dalle situazioni.
Su questa linea di pensieri, le venne in mente un’altra creatura ferita.
Si alzò e andò verso le stanze di Rosalie, stanze che legittimamente
appartenevano alla Duchessa, aveva detto Emmett, come se lei dovesse essere
offesa dall’occupazione di Rosalie. Bussò alla porta ma non attese risposta.
Entrò e trovò Rosalie stesa sul letto, circondata dai gioielli, con indosso una
sottoveste macchiata. Rosalie sbatté gli occhi, come se fosse insicura che
fosse realmente Bella o solo un’apparizione con la sua faccia.
Bella si fece posto buttando da parte i gioielli e si sedette sul letto.
«Qualunque cosa ti preoccupi, Rosalie, è qualcosa a cui possiamo porre
rimedio.»
Rosalie scosse la testa. «Questo è qualcosa a cui non si può rimediare.»
La sua voce era bassa e roca per il poco uso, e i suoi capelli biondi erano
annodati e arruffati. Sembrava più un cane randagio che una Viscontessa.
«Be’, allora hai del lavoro da fare», disse Bella.
Rosalie si accigliò confusa. «Cosa?»
«Se non puoi essere perdonata, devi passare la vita a fare ammenda.
Andiamo.» Bella si alzò. «Su.»
«Cosa?»
«Su. Alzati da quel letto. Hai del lavoro da fare.»
Bella si alzò dal letto e si rivolse a una delle cameriere di Rosalie che
se ne stava silenziosa nell’angolo. «Portate un bagno caldo per la
Viscontessa.»
La cameriera rimase a bocca aperta e guardò Rosalie. «Non guardare lei»,
disse Bella. «Io sono la Duchessa. Fa’ quello che ti dico.»
La cameriera si inchinò profondamente e corse alla porta. Bella prese una
spazzola dal tavolo di Rosalie. La usò per indicare una seggiola. «Siedi.»
Rosalie sedette. Avevo lo sguardo di uno che si è appena svegliato da un
sogno folle e non è ancora convinto di essere tornato alla realtà.
Bella affastellò tutti i capelli di Rosalie in una mano e cominciò a
spazzolarli dal fondo.
«Non faresti questo se sapessi quanto ti ho fatto torto», disse Rosalie,
la voce sorda e piatta come una pianura spazzata dal vento.
«Bene, allora dovrai essere molto occupata», disse Bella seccamente. «Se
hai fatto dei terribili torti, allora devi al mondo una gran quantità di bene
per rimediare.»
Due cameriere entrarono portando una grande vasca ovale di rame.
Coprirono il pavimento con una spesso telo bianco e ci misero sopra la vasca.
Rivestirono la vasca con un lenzuolo mentre altre due cameriere entravano con
dei secchi di acqua fumante che buttarono nella vasca. «Portate una brocca di aceto
caldo per i suoi capelli,» disse loro Bella.
Dopo che la vasca fu riempita da una serie di cameriere, Bella afferrò il
bordo della sottoveste di Rosalie per togliergliela dalla testa. Rosalie vi si
aggrappò. «Non posso fare il bagno nuda!»
«Oh, non essere sciocca», replicò Bella. «Quando è bagnata, questa è così
trasparente che è come non indossare nulla. Salta dentro, prima che si
raffreddi.»
Rosalie si arrese e Bella le tolse la camicia. Si sedette obbediente nella
vasca e due cameriere cominciarono a strofinarla. Bella lavò lei stessa i
capelli di Rosalie, cosa che sbalordì le cameriere. Le passò l’aceto caldo tra
i capelli mentre li risciacquava. «Questo li renderà lucidi e morbidi», disse a
Rosalie.
Quando la Viscontessa riemerse, l’acqua era sudicia e la sua pelle di
nuovo di un salutare rosa. L’avvolsero in un lenzuolo per asciugarla e la
fecero sedere davanti al fuoco, cosa che Bella sopportò per il bene di Rosalie.
Le avevano detto tante di quelle volte che gli umani si ammalavano se restavano
bagnati, che aveva cominciato a crederci. Spazzolava i capelli di Rosalie
canticchiando una canzone d’amore selkie. Le cameriere versarono l’acqua negli
stessi secchi in cui l’avevano portata e quando la vasca fu abbastanza leggera
da essere trasportata, la portarono fuori della stanza, insieme alle lenzuola e
ai teli.
Bella continuava a spazzolare i capelli di Rosalie, fermandosi di tanto
in tanto per sciogliere un nodo. Ci volle un po’ prima che si rendesse conto
che Rosalie stava piangendo silenziosamente. Bella si morse il labbro,
chiedendosi quello che doveva fare e alla fine decise di continuare
semplicemente a spazzolare.
«Mia madre mi spazzolava i capelli così», disse Rosalie. «Diceva che i
miei capelli erano i più belli che avesse mai visto.» La sua voce tremava e si
spezzava per l’emozione.
«Amavi molto tua madre», commentò Bella.
«Sì, l’amavo molto. Tua madre è ancora viva, Bella?»
«Sì.» Bella pensò a sua madre, ora probabilmente in qualche caldo posto
tropicale, a russare su qualche roccia assolata, e sorrise a quell’immagine
mentale.
«Credevo che perdere mia madre fosse la cosa peggiore che mi fosse mai
capitata», disse Rosalie. «Finché non ho visto me stessa per quello che ero
veramente. Quello è stato il momento peggiore della mia vita.»
«Puoi cambiare», disse Bella. «Se non ti è piaciuto quello che hai visto,
sii qualcun altro, cammina su un sentiero diverso.»
«Come?» Rosalie fece una risata priva di allegria.
«Te lo farò vedere», disse Bella.
Rimasero in silenzio per un lungo momento. Bella continuò a spazzolarle i
capelli. Una volta asciutti, divennero onde di morbido oro scintillante. La
madre di Rosalie aveva ragione sulla loro bellezza. Che peccato che le donne
umane dovessero legarli e nasconderli, una volta sposate!
«I capelli di mia madre erano un po’ più scuri», rifletté Rosalie. «E
aveva dei riccioli che le ho sempre invidiato.»
«Le sel… Il mio popolo dice che Dio era a corto di materiale quando ha
fatto i capelli biondi. Aveva usato la terra per fare capelli come i miei, il
fuoco per i capelli rossi come quelli di Edward, e quando arrivò al tuo colore,
allungò un braccio, prese qualche pezzetto di sole e lo filò come seta.»
Rosalie sorrise lievemente. «Non mi stupisce che Elizabeth ti pregasse
per farsi dire le tue storie prima di andare a letto.»
«Anche a Margaret piacciono», disse Bella con gentilezza. «Sono sicura
che amerebbe che tu le raccontassi delle storie.»
Rosalie scosse la testa. «Sii tu sua madre. Io non posso. Merita di
meglio che me.»
Bella non insisté. Rosalie non era ancora pronta, ma se il piano di Bella
avesse funzionato, lo sarebbe stata presto. Intrecciò i capelli di Rosalie e
fece un passo indietro. «Ecco. Tutto fatto.» Fece un cenno alle cameriere. «Vestitela.
Qualcosa di semplice, mi raccomando.»
Rosalie fu infilata e cucita dentro un vestito di velluto rosa. «Molto
bene.» Bella alzò lo specchio di Edward. Rosalie si toccò le guance come se non
avesse visto il suo riflesso per lungo tempo. E sembrava diversa, più magra,
gli occhi vuoti per la disperazione.
Bella la spinse fuori dalla porta e per le scale. Aveva chiamato la
portantina che era fuori ad aspettarla, i portatori che stavano pazientemente
in attesa nella pioggia scrosciante. Bella e Rosalie infilarono un paio di
zeppe sulle loro pantofole e con attenzione uscirono fuori, protette dalla
pioggia con un piccolo baldacchino, tenuto dai portatori, come una piccola
volta con un’asta ad ogni angolo. Bella sorrise a tutti loro e salì, e Rosalie
scivolò dietro di lei. Fu alzata, e la portantina cominciò il suo gentile,
familiare ondeggiamento. Bella si contorse sui cuscini finché si trovò a
proprio agio.
«Dove andiamo?» chiese Rosalie.
«Al villaggio», rispose Bella. «Ho un compito per te.»
«Bella, io non voglio…»
«Non ha importanza quello che vuoi», la interruppe Bella. «Hai detto che
hai fatto degli errori. Bene, ora devi rimediare.»
Rosalie si morse il labbro e annuì, gli occhi bassi.
La portantina si fermò di fronte all’ospizio dei poveri. I portatori
ripresero il baldacchino per loro e arrancarono dentro sotto la sua protezione.
Bella odiava le zeppe, aveva sempre paura di cadere e rompersi l’osso del
collo. Rosalie barcollava accanto a lei, quindi forse aveva lo stesso problema.
Bella si afferrò alla sua spalla per bilanciarsi e Rosalie ridacchiò, la prima
risata genuina che avesse sentito da lei in… quanto tempo? Forse mai.
Dentro l’edificio era tutto un fervere di attività. Emmett era al centro
della stanza, un fascio di carta nella mano, stava dirigendo i riparatori
mentre lavoravano. Edward gli aveva dato il compito di riparare l’ospizio e lui
l’aveva preso in modo entusiastico. L’edificio era stato ristrutturato e, se la
pioggia fosse mai cessata, intendevano espanderlo e costruire un dormitorio su
due piani.
Tutti gelarono quando la Duchessa e la Viscontessa entrarono nella
stanza. Tutti si abbassarono in inchini e riverenze. Bella fece cenno di
alzarsi, ma i suoi occhi erano su Emmett e Rosalie.
Emmett sembrava non respirare da quando sua moglie era entrata. Poi si inchinò
e Rosalie fece lo stesso. «Cosa fai qui?» le chiese lui. La sua voce era calma
e piatta e priva, con sollievo di Bella, di ostilità.
«Non ne sono sicura», disse Rosalie con un sorriso timido.
«È la nostra nuova insegnante», disse Bella.
Bella era rimasta costernata che i bambini piccoli lavorassero come
adulti, all’ospizio. Secondo le regole dovevano, e di certo erano abituati, a
lavorare insieme ai loro genitori quando c’era del lavoro. Turni di dodici ore
non erano inusuali. E così Bella aveva decretato che il lavoro dei bambini
sarebbe stato lavoro di scuola. A quanto pareva, una volta imparate le lettere
avrebbero potuto essere impiegati come copisti, ma Bella non si aspettava che
questo fosse un obiettivo realistico. Ma bambini che imparavano a leggere e
fare dei semplici conti, avrebbero avuto prospettive maggiori di impiego in
futuro. Alcune delle signore del villaggio avevano tenuto le prime lezioni, ma
adesso i bambini avrebbero avuto un’insegnante tutta per loro.
Rosalie sembrava sgomenta.
«Tu eri la governante della piccola Elizabeth e le insegnavi le lettere.
Puoi fare la stessa cosa con più bambini.»
«Ma loro sono…» la voce di Rosalie si smorzò.
«Popolani? Sì, lo sono. Tu hai detto che il tuo peccato è grande, quindi
anche il tuo compito sarà grande. Non ha forse detto il tuo Gesù ‘Qualunque
cosa farete all’ultimo tra voi, lo farete a me’?» Bella non era sicura di
aver citato correttamente, ma questa era la sostanza.
«Il mio Gesù?» disse Rosalie inarcando un sopracciglio.
«Il Gesù di tutti», disse Bella, allargando le mani esasperata. Andò
nella stanzetta laterale che fungeva da aula per i bambini e la donna del
villaggio che era tenuta ad insegnare quel giorno, alzò lo sguardo grata. Era a
malapena istruita lei stessa, e stava annaspando in quel compito.
I bambini videro la Duchessa e si affrettarono a inchinarsi. Molti di
loro non avevano mai visto un nobile, neanche da lontano, e quindi guardavano
apertamente meravigliati. Bella fece loro un piccolo inchino di rimando. «Bambini,
questa è la Viscontessa Lisle. Vi insegnerà lei, ora. Potete chiamarla ‘Lady
Lisle’.»
Si voltò e diede a Rosalie un bacetto sulla guancia, dicendole
significativamente, «Al lavoro.»
Rosalie annuì. Andò a una seggiola
vicino a un piccolo tavolo. Prese la lavagnetta. Bella sorrise e chiuse la
porta.
Il pomeriggio successivo, Bella si costrinse a tenersi occupata. Era
preoccupata da morire per Anne e per quello che stava avvenendo
all’interrogatorio, ma provava a pensare ad altro ogni volta che la mente le
andava lì, ma era come cacciare le mosche ad un picnic.
La sera prima, Edward l’aveva portata a nuotare, insistendo quando lei
aveva esitato, come se pensasse che era una medicina che l’avrebbe rafforzata
per la prova a venire. Si assicurò anche che trovasse delle alghe fresche e
succose. Quando era tornata sulla spiaggia, vide che aveva disegnato un grande
cuore sulla sabbia, e quel dolce, piccolo gesto fu per lei più importante che
la nuotata stessa.
Bella passò la giornata esplorando i più profondi recessi della soffitta,
cercando roba che potesse essere riusata per gli abitanti del villaggio. Lavorò
duro, trascinando fuori casse e ceste dove la luce era migliore. Ignorò le
allarmate proteste delle cameriere che volevano che chiamasse un domestico per
spostare qualunque cosa la Duchessa volesse spostare. Bella pensò che doveva
sembrare strano a gente abituata ai nobili che non si riempivano neanche il
loro stesso bicchiere.
Tolse un lenzuolo e fece un piccolo grido quando trovò lì un uomo in
piedi. Rise piano quando si rese conto che era solo una vecchia armatura.
«Di mio nonno», disse Edward dietro di lei. «Re Enrico VII. Potrebbe
essere stata di suo padre prima di lui. Mio nonno era un tirchio.»
Bella gli mise le braccia al collo. «Edward, sono così contenta di vederti.»
Lui sorrise. «Anche le cameriere. Avevano paura che fossi impazzita a
trascinare in giro tutte queste casse.»
C’era una vecchia panca sotto la finestra e Edward vi portò Bella. Lei si
guardò intorno e non vide nessuna delle cameriere. Edward doveva averle mandate
via. «Che è successo?»
«Padre Jacob ha rilasciato Anne, ma le ha ordinato di tornare da suo
marito», disse Edward. «Come sospettavo, è stata troppo intelligente per dargli
risposte dirette che avrebbe potuto usare per condannarla.»
Bella sospirò sollevata. «È finita?»
«Temo di no, Bella. Lei non vorrà tornare da Kyme e lui non la riprenderà
indietro se lei non abiura la sua fede. Sarà richiamata per essersi rifiutata
di obbedire agli ordini della Chiesa. E Dio la aiuti se stavolta non riuscirà a
superare in astuzia il suo esaminatore.»
Note storiche
-
I marinai spesso non sapevano nuotare, come nota Bella. Si pensava che
se la loro nave affondava, era meglio affogare rapidamente che prolungare
l’agonia e morire per l’esposizione o la disidratazione nel mezzo dell’oceano.
-
Le “chopines” (tradotto zeppe) erano delle scarpe molto elevate a
spessore unico.
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Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/29/The-Selkie-Wife
Capitolo 29
Anne ritornò a Cullen Hall, e anche la sua faccia era serena come sempre,
i suoi occhi erano cerchiati dalla stanchezza. Bella scese le scale e diede a
Anne un abbraccio feroce.
«Mi hai spaventato a morte!» la rimproverò Bella.
«Le mie scuse, vostra grazia,» disse Anne ironica. «Proverò a non farmi
arrestare di nuovo.»
Bella la abbracciò di nuovo e non disse niente. Secondo Edward, un altro
arresto era inevitabile, a meno che non riuscisse a convincere Kyme a
riprenderla indietro. Era là che era andato oggi Edward. Kyme era con suo
cugino, Peter di Lansby, e Edward aveva detto a Bella, prima di partire, che
avrebbe offerto di nuovo a Kyme il suo incarico di elemosiniere se avesse riaccettato
Anne.
«Ma lei non vuole tornare da lui!» protestò Bella.
«Deve,» disse Edward con una smorfia. «E’ l’unico modo di salvarla.
Gliene parleremo sottolineando il fatto che riavrà indietro i suoi bambini.
Kyme può trasferirsi qui, a Cullen Hall. Non devono condividere le stesse
stanze, purché stiano sotto lo stesso tetto.»
Ma Kyme fu inflessibile. Avrebbe riaccettato Anne solo se si fosse
sottomessa a lui e avesse abiurato la sua eresia. Edward tornò a casa deluso e
frustrato. Neanche l’accenno sottile a una bustarella aveva reso Kyme più
malleabile.
«Non so cosa fare,» disse Edward a Bella, più tardi quella sera, quando
erano a letto. «Anne non ritratterà per salvarsi la vita. Non lo farà neanche
per i suoi figli.»
Bella non capiva. Lei avrebbe giurato qualunque cosa gli avessero chiesto
per riunirsi alla sua famiglia. Erano solo parole. Che importanza potevano
avere?
Si sentì bussare alla porta della camera da letto e una delle cameriere
si precipitò dal suo giaciglio per rispondere. Bella sentì i gemiti non appena
la porta fu aperta e si infilò la sua camicia che era rimasta in fondo al
letto. Uscì da dietro le cortine. Una Ellen sconcertata stava tenendo la mano
della piccola Elizabeth mentre la ragazzina singhiozzava istericamente, la
faccia rossa per lo sforzo.
«O santi! Che succede, piccola?» chiese Bella accucciandosi di fronte
alla piccola Elizabeth, che immediatamente le buttò le braccia al collo e
singhiozzò contro i suoi capelli.
«Un brutto sogno, vostra grazia,» disse Ellen. «Non avrebbe smesso di
piangere se non vi avesse visto. Vi prego, perdonate per aver disturbato il
vostro riposo.»
«Fuoco,» singhiozzò Elizabeth. «T-tu eri n-nel fuoco, madre.»
«Non importa,» Bella rassicurò quieta Ellen e le fece cenno di andare.
Ritornò a letto, dove Edward aveva rimesso in fretta la sua camicia, e si
sedette sul bordo con la piccola che piangeva. La cullò tra le braccia e
canticchiò per lei finché Elizabeth si calmò. Bella fece stendere Elizabeth a
fianco di suo padre e strisciò carponi sul letto. I domestici erano tornati a
dormire. Il loro respiro e il battito leggero della pioggia sulla finestra
erano gli unici suoni nella stanza immobile.
«Cosa hai sognato che ti ha tanto turbato?» chiese Edward a Elizabeth.
Lei aveva il pollice in bocca e aveva gli occhi enormi nella piccola, pallida
faccia mentre li guardava con solennità.
«Fuoco,» disse Elizabeth. Tirò fuori il pollice dalla bocca ma lo lasciò
lì vicino, aspettando di rimetterlo in bocca. «Fuoco ovunque. La madre
era nel fuoco.»
Bella rabbrividì e se la mise più vicino. Un sogno così avrebbe fatto
piangere anche lei, probabilmente.
«Chi ti ha parlato del fuoco?» chiese Edward. Gli occhi di Elizabeth si
sgranarono e si rimise in bocca il pollice.
«Chi è stato?» chiese lui con insistenza. Elizabeth piagnucolò e nascose
il volto contro il petto di Bella.
«Edward,» disse piano Bella.
«Voglio sapere chi le ha riempito la testa di storie sui roghi,» disse
Edward. I suoi zigomi erano arrossati per la rabbia e i suoi occhi brillavano
come gemme, freddi e duri.
«Edward, basta,» disse Bella. I suoi grandi occhi scuri lo pregavano
silenziosamente.
Edward si arrese. L’avrebbe scoperto più tardi, quando la bambina non
fosse stata così sconvolta. E chiunque l’avesse sconvolta così l’avrebbe pagata
cara.
Bella accarezzò i riccioli scuri di Elizabeth. «Sei pronta a tornare nel
tuo letto?»
«No!» gridò Elizabeth e si aggrappò a Bella come se sentisse che la stavano
gettando nella terra dei brutti sogni.
«Va bene, amore,» disse Edward, sforzandosi di rendere la sua voce calma
e rilassante. «Puoi restare qui.» Tirò le coperte fino al mento di Elizabeth.
Lei sbadigliò e rimise in bocca il pollice, addormentandosi nel momento in cui
chiuse gli occhi.
«Povera bambina,» mormorò Bella.
«Compiangi quello che le ha riempito la testa con queste cose, quando lo
troverò,» disse Edward cupo.
«Edward, può averle sentite ovunque. I roghi sono sulla bocca di tutti.»
Adesso ne bruciavano anche tre o quattro insieme e i tribunali ecclesiastici
comminavano condanne ogni giorno.
Edward sembrava contrariato, ma disse. «Immagino di sì. Ma mi fa male al
cuore vederla così sconvolta per cose che non può capire.»
«Non posso capirle neanch’io.» Bella guardò giù alla piccola che dormiva
e la commiserò per dover crescere in un mondo così incerto.
«Voglio proteggerla da tutto questo,» rifletté Edward. «Ma non so come
fare.»
«Lo so,» disse Bella. «Sei un buon padre, Edward.»
Edward accarezzò i riccioli di sua
figlia. «Solo da quando tu sei arrivata.»
Pochi giorni dopo, Bella tornò con la portantina all’ospizio. Edward
aveva una domanda per Emmett riguardo alla gestione della proprietà. Aveva
detto a Bella ciò che voleva sapere, ma era così complicata – qualcosa che
aveva a che fare con contratti d’affitto e tasse – che lei aveva rinunciato
alla speranza di memorizzarla, e aveva detto che avrebbe solo detto a Emmett di
incontrarsi con Edward nel suo ufficio. Voleva vedere come andava la
ristrutturazione, comunque. Era passata una settimana da quando era stata lì
l’ultima volta.
Ieri era stato giorno di udienze per Edward e Bella. Erano diventate
molto più vaste da quando il Duca e la Duchessa avevano cominciato a
interessarsi maggiormente alle loro proprietà e adesso le persone si sentivano
più sicure ad avvicinarli con i loro problemi. Sembrava che più facessero, più
ci fosse da fare. Venivano così tante persone che la Duchessa adesso teneva la
sua corte in una stanza quasi in disuso cui tutti si riferivano come la
galleria dei ritratti, perché dipinti degli antenati di Edward ricoprivano le
pareti, tutti austeri e rigidi nei loro abiti tempestati di gemme. Un ritratto
dello zio di Edward, Re Enrico VIII, aveva il posto d’onore sul muro dietro una
piccola pedana dove era posta la seggiola simile a un trono di Bella, e sopra
la sua testa c’era un piccolo baldacchino di velluto rosso, ricamato con lo
stemma di Edward. Bella avrebbe preferito condurre la cosa in modo più
semplice, ma i domestici temevano per la sua dignità. Quando andava al
villaggio, normalmente prendeva un tavolo al pub e mangiava pane e la
giustamente famosa zuppa di porri della moglie dell’oste mentre le donne la
avvicinavano informalmente per parlare dei loro bisogni. La meraviglia di
vedere la Duchessa tenere sulle ginocchia il bambino di un contadino e
lasciarlo masticare i suoi gioielli era svanita e i domestici insistevano con
Bella che doveva ricordare loro il suo rango e l’omaggio che le era dovuto,
altrimenti non l’avrebbero rispettata come avrebbero dovuto.
Dall’altra parte della portantina, Anne sedeva con una cesta di piccole
scarpe. Guardando tra i conti della casa, Bella aveva scoperto che Cullen Hall
aveva un suo calzolaio. In qualche modo, era stato dimenticato; Edward disse
che non riusciva a ricordare di aver mai ordinato o riparato da lui un paio di
scarpe, ma suggerì che forse qualcun altro in casa poteva aver usato i suoi
servizi. Bella trovò il calzolaio in un polveroso negozietto vicino alle
stalle, dove faceva briglie e selle per cavalli, in mancanza di altro da fare.
Bella lo aveva messo a fare scarpe per bambini, perché ne aveva visti tanti
scalzi al villaggio, ed era contenta del risultato. L’uomo aveva talento, e
aveva cucito estrosi disegni sulle scarpe che di sicuro sarebbero piaciuti ai
bambini.
I portatori lasciarono la portantina davanti all’ospizio dei poveri ed
eressero il baldacchino per la pioggia. Anne aiutò Bella a mettersi le zeppe e
la aiutò mentre scendeva dalla portantina e saliva le scale. Notò che fuori
l’edificio aveva bisogno di essere ridipinto, ma non era possibile farlo finché
non fosse cessata la pioggia.
Dentro trovò Emmett che vagava tra i tavoli controllando i residenti che
lavoravano. Facevano canestri, sceglievano stoppa, ricamavano fazzoletti,
piccoli oggetti che potevano essere venduti per sostenere i costi di
manutenzione dell’ospizio. Il calzolaio aveva offerto di insegnare il suo
lavoro agli uomini (doveva ricordare di dirlo a Emmett) e quando avesse smesso
di piovere e avessero costruito l’altra ala, potevano imparare la carpenteria.
Lei le diede il messaggio poi andò all’aula e sbirciò dentro. Trovò
Rosalie seduta sul pavimento, circondata dai bambini e con un bambino in grembo
che leggeva loro una storia dalla Bibbia. I bambini erano silenziosi e rapiti.
«Una cosa sorprendente da vedere, eh?» disse piano Emmett. Era salito
dietro di lei e stava guardando dalla fessura della porta la moglie tutta
presa, l’espressione pensierosa.
«Sì, davvero,» replicò Bella.
«Qualunque cosa tu le abbia detto, Bella, non posso che meravigliarmi dei
risultati. Non insegna soltanto. Sta facendo molto per il villaggio, usando i
suoi stessi fondi.» Nella voce di Emmett c’era un accenno di orgoglio. «All’inizio
avevano paura ad avvicinarla, perché ricordavano la sua lingua tagliente, ma è
cambiata, Bella. Non ci avrei creduto se non l’avessi vista.»
«Anche tu sei cambiato,» disse Bella. «Forse dovreste vedere se le
persone che siete adesso possono andare d’accordo.»
«L’ho trattata male,» disse Emmett, e scosse la testa. «Ero uno stupido
ubriacone, che la ignorava di giorno e la usava come una puttana di notte.»
«Sì, e lei era egoista e crudele. Avete molto da rimediare, l’uno con
l’altro.» Bella fece una pausa e poi prese la mano di lui nella sua. «Emmett,
tua figlia ha bisogno della sua famiglia. Devi a Margaret almeno un tentativo.»
Una campana suonò nella stanza principale. «Ora di cena,» disse Emmett,
ma non si mosse né distolse gli occhi da Rosalie. Dietro di loro, i lavoratori
pulivano i tavoli così da poterli usare per il pasto.
Rosalie chiuse il libro e disse ai bambini che avrebbero continuato dopo
cena. Diede il bambino a una delle ragazzine e i bambini scapparono via dalla
porta sparpagliandosi per cercare i propri genitori. Rosalie vide Emmett e
Bella e fece un inchino. Emmett si inchinò a lei. «Mia lady, mi chiedevo se
volessi unirti a me per la cena alla taverna.»
Rosalie arrossì ma annuì. Lui le offrì il braccio che lei prese
timorosamente. Guardò Bella che spalancò gli occhi per lei e le fece cenno di
andare.
«Puoi usare le mie zeppe,» offrì Bella.
«Non ce n’è bisogno,» disse Emmett, e prese Rosalie in braccio come se
pesasse non più di un bambino. Rosalie strillò e gli mise le braccia al collo.
I residenti guardavano, la cena momentaneamente dimenticata. Tutti
sapevano che il Visconte e la Viscontessa erano sposati, naturalmente, ma li
avevano visti raramente parlare l’uno con l’altra. Le mascelle caddero mentre
tutti guardavano Emmett che la portava fuori del portone. Poi qualcuno fischiò
e Emmett si fermò per fare un gran sorriso da sopra la spalla. Rosalie arrossì
e tutta la stanza esplose in risate bonarie e applausi e qualche battuta salace
fu lanciata, per buona misura.
Non ritornarono dopo cena, così Bella prese in carico la classe fino alla
fine dell’orario di lavoro, qualche ora dopo. Aiutò a trovare le giuste scarpe
per quelli che non ne avevano e mise le altre in serbo in un armadio per
distribuirle poi nel villaggio. Ricordò una cosa che voleva controllare: come
tenevano le nuove fodere per i letti. Le aveva fatte fare con una pesante
stoffa di canapa e voleva vedere se erano resistenti come sperava. Nessuno
doveva più dormire sul pavimento nudo, ma mentre si diffondeva la voce di quali
fossero le condizioni qui, ogni giorno arrivavano più persone. Presto avrebbe
dovuto far fare più fodere, ma se non duravano, avrebbe dovuto scegliere
un’altra stoffa. Durante il giorno, i materassi venivano impilati in una
stanzetta.
Mentre si avvicinava, sentì una voce femminile. Era stata così impegnata
a pensare a Rosalie e Emmett che non si era accorta che Anne non era più con
lei. La voce veniva da una delle stanzette, la porta parzialmente chiusa. Bella
sbirciò all’interno.
Anne stava parlando a un piccolo gruppo di donne che sedevano sui
materassi in semicerchio intorno a lei. «E’ giusto che nelle nostre preghiere
chiediamo a Dio di iscrivere sulle nostre fronti il vero significato della
Comunione. Perché San Paolo dice, La lettera uccide; lo Spirito dà la vita.
Notate bene il sesto capitolo di Giovanni, dove tutto si applica alla fede:
notate anche il quarto capitolo della Seconda Epistola di San Paolo ai Corinzi,
e alla fine troverete che le cose che possiamo vedere con i nostri occhi sono
temporali, ma quelle che sono invisibili sono eterne. Io trovo nelle Scritture
che Cristo prese il pane e lo diede ai suoi discepoli dicendo, Prendete,
mangiate, questo è il mio corpo che sarà spezzato per voi; intendendo che
il suo stesso corpo sarà spezzato e il pane era solo un simbolo o sacramento.
Usò lo stesso tipo di parabola quando disse che avrebbe distrutto il Tempio e
in tre giorni l’avrebbe ricostruito, intendendo il suo stesso corpo come
tempio, come scrive San Giovanni, e non il tempio di pietra. Quindi il pane non
è che una rimembranza della sua morte, o un sacramento di ringraziamento, dove
noi ci uniamo a lui in una comunione di amore cristiano. Sfortunatamente, ci
sono molti che non percepiscono il vero significato di tutto questo.»
Anne sorrise al suo pubblico, ma il cuore di Bella martellava così forte
che temeva sarebbe scoppiato. Negare che la comunione era letteralmente il
corpo e il sangue di Cristo era sufficiente ad accusare una persona di eresia.
Se una di queste donne l’avesse denunciata … Doveva fermare tutto questo. Bella
spinse la porta. Le donne boccheggiarono quando videro Bella e si misero in
piedi, il senso di colpa scritto in faccia, mentre si chinavano in profonde
riverenze.
«Anne, dobbiamo andare,» disse Bella. Avrebbe fatto finta di non aver
sentito niente e sperò che quelle donne facessero altrettanto.
Andarono alla porta e Bella alzò un piede dopo l’altro così che Anne
potesse infilarle le zeppe e poi sostenne Bella per aiutarla a scendere le
scale fino alla portantina.
Quando furono dentro al sicuro con le cortine tirate, Bella le disse, «Anne,
tu stai corteggiando la morte con le tue parole.» La paura era ancora dentro di
lei, facendole annodare lo stomaco e battere il cuore.
«Il mio tempo potrebbe essere breve,» disse Anne. «Devo raggiungere più
anime possibile nel tempo che mi rimane.»
«O santi, Anne, solo leggere la Bibbia a loro-»
«Io non l’ho letta,» la interruppe Anne, con un sorrisino. «L’ho
memorizzata. E’ contro la legge leggerla, ma non recitarla.»
Bella la fissò. «Tu hai memorizzato la Bibbia?»
«Solo il Nuovo Testamento,» disse Anne, come se questo sminuisse
quell’adempimento. «Sapevo , quando Maria è salita al trono, che ci sarebbe
stato impedito di leggere le Scritture, così mi sono adoperata per questo, e
con l’aiuto di Dio, ho ricordato le parole.»
Bella era impressionata, ma doveva tornare all’argomento pertinente. «Anne,
io non voglio perderti. Quello che hai detto là- se Padre Jacob lo viene a
sapere, ti trascinerà di nuovo di fronte al Tribunale.»
«Il mio destino è nelle mani di Dio,» disse Anne. «Lui ha comandato ai
suoi discepoli di andare per il mondo e diffondere il vangelo, e questo è ciò
che devo fare.»
«Io devo dire a Edward quello che è successo, e lui si arrabbierà che tu
usi l’ospizio come la tua chiesa,» la avvertì Bella.
Anne annuì. «Certo che devi dirglielo. Sei sua moglie, dopotutto, e non
devono esserci segreti tra voi. Oh, Bella, avrei voluto che Dio avesse ritenuto
opportuno darmi un marito come il tuo. Ma forse se l’avesse fatto, io sarei
rimasta in casa come una moglie contenta invece che diffondere la sua parola.»
«Ho visto molti matrimoni cominciati in circostanze infelici che si sono
poi trasformati in unioni d’amore,» disse Bella.
«Tu volevi sposare Edward?» chiese Anne inclinando la testa curiosa.
«No,» ammise Bella. «All’inizio no. Non volevo una vita così,» disse
indicando il vestito ingioiellato.
Anne sorrise. «Ma sembra che tu abbia trasformato la tua vita da Duchessa
in quello che desideravi.»
«In un certo senso,» Bella stuzzicò le perle sulle sue maniche. «A me
piacerebbe vivere in una casetta vicino al mare, solo Edward e i nostri figli,
senza domestici e senza nessuno che osservi tutto quello che facciamo.»
Anne rise con leggerezza. «Questa è una vita che non esiste per nessuno.
Siamo tutti parte della catena della società, ordinata da Dio.»
Bella non disse nulla. Una delle perle era allentata, pensò, e la tolse.
Se la rotolò tra le dita con aria assente.
«Ho visto arrivare il messaggero reale, stamani,» disse Anne.
«Già. Portava una lettera della Regina,» rispose Bella. «Le sue lettere
sono dure da leggere. E’ la più infelice delle donne.» Le lettere erano sempre
chiazzate di lacrime. Maria era sola, e accennava ampiamente al fatto che
avrebbe desiderato che Bella e Edward tornassero a corte, ma non l’aveva ancora
ordinato. Si aspettavano che succedesse da un momento all’altro.
La lettera conteneva anche la “triste notizia” che il loro cugino
Courtenay era morto, anche se, quando aveva letto quella parte della lettera,
Edward aveva detto che Maria e la madre di lui erano probabilmente le uniche
persone che avrebbero versato una lacrima per la sua dipartita. Maria, che
ancora si rifiutava di riconciliarsi con sua sorella a meno che lei non
“confessasse”, sentiva che la sua famiglia si rimpiccioliva e Edward disse che
probabilmente era più costernata per questo di quanto non piangesse veramente
quel pomposo cretino.
Dopo il suo coinvolgimento nella ribellione di Wyatt, Maria era stata
costretta a punire Courtenay, e aveva scelto di “esiliarlo” sul Continente, che
in realtà si rivelò per lui essere un lungo viaggio di piacere. Non aveva
confiscato le sue proprietà né il suo titolo, e quindi lui poteva godersi
l’ospitalità dei nobili europei, che lo ospitavano per paura di offendere sua
cugina, la regina d’Inghilterra.
Maria aveva ricevuto un rapporto dall’ambasciatore inglese a Venezia che
dichiarava che Courtenay aveva contratto una febbre per aver preso la pioggia
mentre era fuori a caccia col suo falco e non aver tolto subito i suoi vestiti
bagnati. E come per ogni morte di un uomo giovane, apparentemente sano, c’era
il sospetto dell’avvelenamento, ma nulla poteva essere provato. Bella
privatamente pensò che era più probabile che fosse morto di malfrancese, che
si diceva avesse contratto.
«Il Re tornerà presto?»
Bella scosse la testa. «Lei gli scrive quasi ogni giorno, implorandolo di
tornare, ma lui continua a rimandare con delle scuse.» Da una lettera della
Principessa Elisabetta, avevano sentito che Maria era sconvolta per le voci
delle sue infedeltà e aveva ordinato che il ritratto su cui aveva tanto
sospirato prima del matrimonio fosse staccato, incapace di sopportare di
guardare la sua immagine mentre il suo cuore era a pezzi.
«Spero che se ne resti in Spagna, al posto suo!» sputò Anne. «E’ stato
lui che ha portato questa turpe Inquisizione ai nostri lidi.»
Bella scosse la testa. «La colpa non è solo sua,» disse Bella. «Maria
pensa che i cattivi raccolti siano segno del dispiacere di Dio che lei non
abbia ancora ripulito il paese dall’eresia. E più va avanti, più ferma diventa
la sua convinzione.»
«Un giorno tutto questo sarà riparato,» promise Anne. «E allora saranno i
papisti a finire sul rogo.»
«Io vorrei che nessuno affrontasse quel destino,» disse Bella
brusca. «La coscienza di un uomo dovrebbe essere tra lui e Dio.»
Anne sbatté gli occhi. «Tu non credi nell’eresia?»
«Io non credo che sia mio compito decidere cosa costituisca eresia.»
«Bella, c’è un modo giusto e un modo sbagliato,» arguì Anne. «L’eresia si
diffonde se non è tenuta sotto controllo. Le menti ingenue-»
«Devono essere giudicate da Dio e da Dio soltanto,» disse Bella
definitivamente. Anne aprì la bocca per dire qualcos’altro e poi lasciò
perdere. Bella immaginò che quello che aveva detto probabilmente era eretico in
sé e per sé e sperò che i portatori non avessero sentito, ma poi stancamente
lasciò andare quel pensiero. Era stanca di tutto questo, stanca di guardarsi
continuamente le spalle, di ricordare che c’erano domestici in ogni stanza, con
l’orecchio pronto a raccogliere materiale per pettegolezzi.
Arrivarono a casa e vi fu di nuovo la routine delle zeppe. Odiava quelle
cose, ma sapeva per esperienza che le gonne diventavano fastidiosamente pesanti
se si inzuppavano d’acqua agli orli. Una volta dentro, Bella scalciò via le
zeppe e si avviò alle scale. Voleva vedere i bambini. Voleva vedere i loro
innocenti privi di intrighi e pregiudizi. Voleva giocare un po’, fingere di non
avere pensieri, ma quello che vide quando aprì la nursery la fece bloccare.
Emmett e Rosalie erano seduti fianco a fianco sul letto nobiliare di Ward
(come figlio di un Duca, Ward aveva un enorme letto con un copriletto intessuto
d’oro e cortine di velluto rosso ricamate con lo stemma di famiglia. Si usava
di rado; Ward normalmente dormiva in un piccolo giaciglio, a meno che Bella non
volesse fare un sonnellino con lui). Margaret era in braccio a Rosalie.
Le lacrime rigavano le guance di Rosalie. Emmett allungò la mano e con
gentilezza le asciugò e poi attirò il viso di Rosalie verso il suo per un bacio
così tenero e dolce che anche a Bella venne voglia di piangere. Si ritirò,
inosservata dalla coppia e dalla bambina, che masticava allegramente uno degli
alamari della sopravveste di suo padre.
Fu con un saltello e un sorriso in faccia che Bella chiuse la porta e si
avviò alla stanza della piccola Elizabeth.
Note storiche
-
“Ticks” ( le “fodere”) erano una specie di materassi, sostanzialmente
delle fodere riempite di fieno o ( per i ricchi) di piume.
-
Le parole di Anne sono prese da due lettere che lei scrisse, leggermente
modificate per una questione di leggibilità.
-
“Malfrancese” era come veniva chiamata al tempo la sifilide. Il
“trattamento” era a base di mercurio, sia ingerito che applicato esternamente.
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Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/30/The-Selkie-Wife
Capitolo 30
Bella dormiva profondamente al suo fianco, ma Edward era completamente
sveglio. L’ansia gli annodava le budella e la sua mente era un turbinio
vertiginoso di pensieri. In situazioni come questa, di solito lui camminava, ma
la pioggia frustava contro le finestre e rendeva questa opzione decisamente
spiacevole. Poi, come un raggio di luce che irrompe tra le nuvole, si rese
conto di dove doveva andare e cosa doveva fare.
Scivolò fuori dal letto. Bella borbottò qualcosa e la sua mano corse al
materasso alla ricerca di lui. Edward fece un mucchio delle coperte
approssimativamente della sua taglia e lo spinse verso di lei. Lei si accoccolò
contenta contro il mucchio. Edward ridacchiò piano e si infilò la camicia e poi
la vestaglia.
Il fuoco si era trasformato in carboni aranciati. Non lasciava mai che i
domestici facessero un gran fuoco, perché, anche dopo tutto quel tempo, Bella
si sentiva a disagio col fuoco nella stanza. Prese un ramoscello dal cesto
sotto il camino e lo appoggiò sui carboni finché si accese. Con quello accese
con attenzione una candela e poi lo buttò nel camino. Lentamente, con
attenzione, superò i domestici che dormivano e scivolò via dalla stanza, la
mano a coppa sulla fiamma della candela per proteggerla dagli spifferi.
Fece un giro nella stanza dei bambini per controllarli e trovò che
dormivano sodo tutti quanti. Guardò la piccola Elizabeth, i riccioli scuri sul
cuscino, il pollice in bocca e si rese conto che era tempo di cominciare a
cercare un marito per lei. Il suo matrimonio era stato deciso più o meno alla
sua età. A volte ci voleva un po’ per trovare un accoppiamento adatto,
soprattutto perché il numero dei nobili di lignaggio abbastanza alto era
deplorevolmente piccolo. Se solo la Regina Maria avesse avuto un figlio…
Sospirò. Maria avrebbe avuto quarant’anni il prossimo anno e un principe era
improbabile, specialmente con Filippo che continuava a rimandare il suo ritorno
in Inghilterra. Odiava l’idea di far sposare Elizabeth con un forestiero, ma
sembrava che non avesse scelta.
Sua nipote Margaret dormiva sul giaciglio vicino a lei. Elizabeth era
molto attaccata a Margaret e spesso la si trovava che la portava in giro come
una bambola vivente. Aveva insistito che Margaret si spostasse nella sua stanza
e aiutava Ellen a prendersi cura di lei. Tollerava Ellen, ma non Rosalie. Era
molto gelosa delle nuove attenzioni di Rosalie verso Margaret e faceva il
broncio ogni volta che Rosalie giocava con la “sua” bambina.
Probabilmente doveva parlare con Emmett perché cominciasse ad arrangiare
un matrimonio anche per Margaret. Ma Emmett era occupato in questi giorni,
stava corteggiando Rosalie. Ne parlava tutto il sud dell’Inghilterra, perché
chi aveva mai sentito di una cosa tanto assurda come corteggiare la propria
moglie? Il Visconte aveva dichiarato che lui e la Viscontessa si erano sposati
prima di conoscersi in modo appropriato, quindi adesso la corteggiava come una
fanciulla di cui si fosse invaghito, con l’intento dichiarato di farla
innamorare di lui. Edward scosse la testa e ridacchiò. Emmett a volte aveva
delle strane idee, ma non c’era dubbio che Rosalie fosse compiaciuta dal
corteggiamento di Emmett. Arrossiva come una ragazzina ogni volta che lui
entrava nella stanza.
Edward entrò nella stanza di Ward, scavalcando la guardia addormentata
nel corridoio (e facendosi la nota mentale di rimproverarlo per la sua mancanza
di diligenza). Ward non dormiva spesso lì. Bella di solito preferiva avere il
bambino nella loro camera. Era steso sul suo piccolo giaciglio a fianco
dell’enorme letto nobiliare. Ellen aveva detto a Edward che il “grande letto”
spaventava Ward per qualche ragione, e non ci dormiva mai volentieri, a meno
che sua madre non dormisse insieme a lui. Ellen non capiva, ma Edward sì.
Ricordava come il suo stesso letto gli sembrasse massiccio e terribile, come
una caverna o le fauci di qualche bestia che aspettava di divorarlo. Non era
riuscito a dormire con le cortine chiuse fino a dieci anni.
Si accucciò a fianco del bambino e posò in terra il candeliere. Rimboccò
le coperte che Ward aveva scalciato via e gli allisciò i capelli morbidi.
Quella piccola testa avrebbe portato un giorno la corona ducale, e sulle sue
spalle avrebbe pesato il fardello di condurre le proprietà. Sperava solo di
trovare a Ward una moglie solidale e disponibile come Bella, ma sapeva che
questo era improbabile. Bella era speciale, non solo perché era una selkie, ma
per via del suo cuore caldo ed espansivo che tentava sempre di fare felici
quelli che le stavano intorno.
Tornò nel corridoio e scese le scale. C’era un unico domestico sveglio
nell’atrio che si alzò in tutta fretta quando vide il Duca che si avvicinava.
«V-vostra grazia,» balbettò, e si inchinò. Essendo assegnato alla guardia
notturna, non aveva mai incontrato il Duca e nessuno della sua famiglia, e non
si aspettava che questo succedesse.
«Puoi tornare al tuo posto,» gli disse Edward con un gesto della mano.
«Non mi occorre assistenza.» Si lasciò dietro il giovane uomo che lo guardava
sbalordito. Un giorno avrebbe detto ai suoi nipoti che il Duca di Cullen aveva
parlato con lui.
Edward andò alla galleria dei ritratti dove Bella teneva corte e si fermò
davanti al dipinto di suo zio, il re. Enrico era in piedi, nella sua posa
caratteristica con i piedi piantati larghi, i pugni sui fianchi, gli strati di
velluto e pelliccia del suo farsetto e della sopravveste che facevano sembrare
le sue spalle larghe un metro. Sulla destra, suo figlio, il giovane Re Edoardo,
provava a mimare la stessa posa nel suo ritratto, e c’era qualcosa di terribilmente
triste nel vedere quel magro, fragile ragazzino che provava a portare le enormi
scarpe di suo padre.
«È andato tutto in pezzi, zio Hal,» disse lui. «L’Inghilterra sta
annegando nel pantano che tu hai creato…» Se Enrico non avesse ridotto in miseria
il paese costruendo palazzo dopo palazzo… Se Enrico non avesse spezzato il
cuore e lo spirito di sua figlia…
Protese la candela e illuminò il ritratto doppio di suo padre e sua
madre. Tutti e due erano vestiti di velluto nero coperto da migliaia di perle.
Sua madre teneva un piccolo globo nella mano, simbolo del breve periodo come
Regina di Francia. Lui ridacchiò. Non permetteva che mai nessuno lo
dimenticasse. A corte, era sempre stata conosciuta come “la Regina Francese”,
ben dopo essere stata dimenticata dai francesi stessi. Non c’era un ritratto
della moglie successiva di suo padre, Catherine Willoughby, e si chiese se non
fosse infastidita dal fatto di non essere stata immortalata in questo modo come
parte della famiglia. Come il giovane re, aveva anche lei faticato per provare
a portare delle scarpe troppo grandi per lei? Aveva solo quattordici anni
quando aveva sposato suo padre, ma aveva provato ad essere una buona Duchessa,
e si era interessata attivamente dei suoi nuovi “figli” e della loro educazione.
Nella luce fioca della sua tremolante candela, vedeva più antenati della
parte di suo padre, estendersi via via fino al suo bis-bisnonno, John Brandon.
Dalla parte di sua madre, c’erano ritratti dei Beaufort, dei Woodvilles e
alcuni dei Tudor, ma i Tudor erano una famiglia gallese di parvenu, senza
illustri antenati abbastanza notevoli o ricchi da essere immortalati in
ritratti. Un giorno, pensò, anche il suo ritratto e quello si Bella sarebbero
stati appesi lì, per meravigliare i loro discendenti, come lui guardava adesso
i suoi avi, da lungo tempo morti, ma non dimenticati.
Bella gli aveva detto un paio di volte che il suo sogno per loro e i loro
figli, era vivere in una piccola casa in riva al mare, senza nessuno che li
osservasse, responsabili solo di se stessi. Ma questa galleria dimostrava
perché questo non sarebbe stato mai possibile. Aveva dei doveri verso la sua
linea di sangue, sia per i suoi antenati che per i suoi discendenti. Aveva la
responsabilità del titolo e delle proprietà che andavano con quello, e quella
di passarle a suo figlio in condizioni migliori di come le aveva ricevute. Era
questo il dovere che gli era stato inculcato dalla nascita.
Continuò, facendosi strada per la casa buia finché raggiunse la sua
destinazione: la cappella. Fu sorpreso di trovarla vuota: l’ostia, esposta nel
suo ostensorio d’oro e di vetro, non avrebbe mai dovuto essere lasciata da
sola. Immerse le dita nell’acqua santa e si segnò. Andò per la navata fino
all’inginocchiatoio davanti all’altare. Guardò l’Eucarestia e pensò a quanti
erano morti per come chiamare quel pezzetto di pane, e tutte e due le parti di
questa disputa, sentivano che il sangue versato nel suo nome, compiaceva Dio.
Forse era stato influenzato dalle opinioni di Bella, ma pensava che Dio sarebbe
stato più compiaciuto dal suo popolo che viveva delle buone vite, piuttosto che
vederlo morire per la dottrina.
Chinò la testa e cercò una preghiera appropriata, ma le parole non
venivano. Provò con un Ave Maria ma si bloccò all’improvviso quando un’altra
preoccupazione attraversò il suo sentiero mentale. Ricordò quello che Padre
Jasper, no, solo Jasper, adesso, aveva detto una volta della preghiera. «La
vera preghiera non è una recitazione formale,» aveva detto. «Quando
apri il tuo cuore a Dio e parli con lui come stai parlando con me,
allora è quando sentirai la sua voce nel tuo cuore.»
E così fece Edward. Aprì la sua mente e riversò le sue paure, le sue
ansie e le sue preoccupazioni. Sperava che l’Onnipotente trovasse un senso nei
suoi pensieri ingarbugliati, ma soprattutto, ripeteva in continuazione «Ti
prego, non portarmi via Bella.» Sentiva che poteva resistere a tutto tranne
che a questo.
Sentì un suono leggero dietro di sé e si voltò. Padre Jacob era lì, la
faccia di un rosso bruciante e la colpa scritta in faccia. Qualunque cosa
stesse facendo, invece che stare con l’ostia, ne era imbarazzato. Edward fece
finta di non notarlo. Fece il segno della croce e si alzò. «Buona sera, Padre
Jacob.»
«Buona sera, vostra grazia,» disse Padre Jacob. «Mi dispiace di aver disturbato
la vostra preghiera.»
«Avevo finito,» disse Edward.
«Vi prego, restate un momento e parlate con me,» disse Padre Jacob.
Per una volta, a Edward non dispiacque. Aveva delle domande per il prete.
Padre Jacob camminò con Edward fino alla panca di marmo tra le due tombe dei
genitori di Edward e entrambi si misero seduti. Padre Jacob aprì la bocca per
parlare ma Edward lo bloccò. «Ditemi, perché avete mandato Anne Askew nella
nostra casa quando Kyme l’ha buttata fuori?»
«Pensavo che sarebbe stata disobbediente e distruttiva per la vostra casa
e che vi avrebbe insegnato la lezione sui pericoli del dare rifugio a simili
persone,» disse Padre Jacob. «Prima Ellen, la balia di Lady Jane, a cui avete
addirittura affidato la cura dei vostri figli! Poi quella odiosa Kat Ashley,
tutte e due segretamente protestanti, ne sono sicuro! Al tempo, non sapevo
quanto fosse profonda l’eresia della signora Askew. Sia io che Kyme pensavamo
che fosse solo insolente, che è stato il motivo principale per cui gli ho consigliato
di cacciarla di casa.»
Edward lo guardava. «La Chiesa, tramite voi, gli ha detto di cacciarla
fuori e adesso minaccia di punirla se non ritorna?»
«Credevamo che lo shock di essere fuori casa sarebbe stato sufficiente a
farla scendere a più miti consigli,» spiegò Padre Jacob. «Ma è una donna
ostinata e testarda. Speravo che quando aveste notato i suoi difetti, avreste
visto anche i vizi nella vostra stessa moglie.»
«Non ho mai capito perché voi odiate Bella così,» disse Edward. «Dov’è il
vizio in lei? Si comporta come dovrebbe una donna cristiana. E’ modesta, obbediente
e cattolica nella fede.»
Padre Jacob scosse mestamente la testa. «Voi non lo vedete. Non c’è
nessuno più cieco di chi si rifiuta di vedere. La situazione con Kyme è un
ottimo esempio. Voi l’avete congedato perché non vi piaceva come distribuiva le
elemosine, e adesso date in mano i fondi, che dovrebbero andare alla chiesa, a
vostra moglie. Nella sua vanità e arroganza, pensa di sapere come va
speso il denaro meglio di uomini sapienti.»
«Se non vi basta la decima che passo alla chiesa non avete che da dirlo e
l’aumenterò.»
«Non è questo il problema,» insisté Padre Jacob. «Lei pensa di essere in
grado di giudicare chi merita assistenza.»
«E’ caritatevole con tutte le persone per amore di Cristo.»
«Molti mi diranno in quel giorno, “Signore, Signore, non abbiamo noi
profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato demoni e fatto nel tuo nome
molti miracoli?” E allora dichiarerò loro, “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi
da me, voi tutti, operatori di iniquità”. Non tutti i buoni lavori sono per
la gloria di Dio, e non tutti quelli che operano così sono veri cristiani. E
adesso ha trascinato in questo anche la Viscontessa, entrambe a correre per il
villaggio, sfregiando la dignità dei loro titoli accompagnandosi a plebei,
dando sostegno a peccatori e blasfemi.»
Edward alzò le mani. «Non c’è nulla che possa dire per convincervi, non è
vero?»
«No,» disse Padre Jacob. «Non quando ho esperienza personale della sua
depravazione.»
Edward era sbalordito. «Cosa intendete?»
Padre Jacob tossì e borbottò qualcosa nel pugno. Edward colse la parola
“stregoneria” e il suo cuore perse un colpo. «Padre, vi giuro sulla mia anima
immortale che Bella non è una strega. E se non la smettete con questa
persecuzione senza fondamento, vi farò sostituire come cappellano.»
Padre Jacob mise una mano su quella di lui. «Figliolo, ascoltatemi, vi
prego. È solo per l’amore che ho per voi che dico queste parole. Io temo per la
vostra anima. Quella donna vi ha sprofondato così tanto nella depravazione che
non riuscite più a vedere la luce.»
Edward si alzò. «Vi ho detto…»
«Vi ho visto in mare con lei,» disse Padre Jacob.
Edward si risedette pesantemente sulla panca, come se le sue ginocchia
avessero perso la forza. Padre Jacob sorrise, perché adesso aveva tutta
l’attenzione del Duca. «Non so come vi abbia indotto a fare una cosa così
scellerata e pagana, ma l’ho visto con i miei stessi occhi.»
Edward riusciva solo a guardare nel vuoto mentre la sua mente correva.
Sentiva ancora la voce di Padre Jacob ronzare alla periferia della sua mente,
ma non ci badò. Provò a costringersi a calmarsi. Doveva pensare con chiarezza.
Doveva decidere-
Si alzò di nuovo. «Voi non avete visto niente.»
Padre Jacob rimase a bocca aperta. «Vostra grazia, io so cosa ho v…»
Gli occhi di Edward brillavano di una cattiveria letale. «Voi. Non.
Avete. Visto. Niente. Vi siete sbagliato. Non parlerete mai più di questo.
Avete capito? Odierei dovermi lamentare con mia cugina, la Regina, dei vostri
modi licenziosi.»
Si era inventato l’ultima parte, ma Padre Jacob era impallidito e si era
piegato leggermente, come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. «C-come
f-fate…»
Edward fece un gesto con la mano e provò a fingere di essersi aspettato
quella reazione. «Non importa. Quello che importa è che nessuno crederebbe alle
parole di un prete che ha infranto i propri voti.»
Si voltò e lasciò la cappella, il
cuore un po’ alleggerito dal fardello della paura. La mattina successiva,
avrebbe dato a Emmett l’incarico di trovare le prove della cattiva condotta di
Padre Jacob. Edward immaginò che dovesse avere un affaire con una donna del
villaggio, e se era così, Emmett sarebbe riuscito a scovare il segreto.
Ringraziò Dio mentre tornava nella sua stanza, Dio che gli aveva mandato una
notte insonne e Dio che gli aveva fatto venire l’idea di andare alla cappella,
così che potesse scoprire quella piccola informazione che poteva essere la
salvezza di tutti loro.
L’autunno arrivò e nessuno se ne accorse, perché il tempo era lo stesso,
freddo, tetro e umido. L’unico cambiamento era nel calendario. I contadini
raccolsero quel poco che era stato seminato, quello che non era marcito nella
terra, e valeva a malapena lo sforzo. L’Inghilterra ebbe un brivido collettivo
e si preparò per un altro inverno di carestia e malattie.
Anche se non potevano saperlo, i raccolti miseri erano responsabili di
molte delle malattie infettive che li affliggevano. Non c’era cibo per i
parassiti nella campagna, così si ammassavano nelle città per mangiare gli
scarti e rifiuti umani che riempivano le strade. Erano state le pulci che
avevano diffuso la peste. E le persone indebolite dalla fame, stipate nelle
affollate abitazioni dei poveri, cadevano come mosche.
Quei fortunati che vivevano nelle terre del Duca di Cullen inviarono una
preghiera di ringraziamento, perché non avrebbero visto i loro figli morire di
fame, quell’inverno. Edward aveva di nuovo importato bastimenti di grano e i
granai erano pieni. Il loro fu uno dei pochi villaggi che fece quell’anno una
festa della raccolta, e furono mandate più preghiere, di tutto cuore, per il
benessere del Duca e della Duchessa che della Regina stessa.
La prima settimana di ottobre, Edward ricevette una lettera mentre lui e
Bella facevano colazione nella loro camera. Lei stava dando a Ward un po’ del
suo porridge. Al bambino piaceva veramente, e Edward l’aveva presa in giro,
dicendo che doveva aver ereditato quel gusto da sua madre, perché di certo a
nessuno del suo sangue nobile era mai piaciuto qualcosa di così plebeo.
«È dalla moglie di mio padre,» disse sorpreso dopo aver esaminato lo
stemma impresso nella ceralacca. Non si era riferito mai a Catherine Willoughby
come “madre”. Bella capiva perché: sarebbe stato difficile usare quel termine
con una ragazza della tua età, una ragazza che ti aspettavi avesse sposato tuo
fratello. Catherine si era risposata, l’ultima volta che Edward aveva sentito,
ed era stata anche una cosa piuttosto scandalosa, perché aveva sposato uno dei
suoi domestici. Aveva cercato di ottenere un titolo per lui dalla Regina Maria,
ma questa aveva rifiutato.
Ward voltò la testa e giocosamente rifiutò il boccone successivo, così
Bella gli fece il solletico finché aprì la bocca per ridere e lei gli in filò
dentro il cucchiaio. «Come mai ti scrive?» chiese Bella. Che lei sapesse, non
aveva mai ricevuto prima una lettera da lei.
Edward lesse silenziosamente per un momento e poi disse a Bella, «Il suo
cappellano, Hugh Latimer, è stato arrestato l’anno scorso e sarà giustiziato
questo mese. Lei sta fuggendo sul continente. Probabilmente teme che possa
ritrattare all’ultimo momento e fare i nomi di quelli che la pensano come lui.»
Un altro rogo. Bella aveva perso l’appetito.
«Povero Latimer! Non riusciva a piacere a nessuno,» disse Edward buttando
la lettera sul tavolo. «Si era rifiutato di accettare alcune delle leggi
religiose di Re Enrico, così era stato imprigionato, poi è stato liberato da
suo figlio quando il Re è morto, e poi ributtato in prigione dalla Regina
Maria.»
Fu Bess che fornì i dettagli nella sua lettera successiva, fatta passare
clandestinamente in una piccola cesta di mele. Bess mandava delle lettere
amichevoli e casuali usando un messaggero, ma sapeva che ogni lettera inviata
per vie normali veniva intercettata e copiata per la Regina, e così quelle
lettere erano sempre pie, piacevoli e insignificanti. Edward raramente si
preoccupava di leggerle. Erano le lettere che Bess inviava clandestinamente che
contenevano le informazioni importanti. Venivano fatte uscire da Hatfield
attraverso la sua rete di spie e consegnate al Duca in cestini o barili, o
piegate nella cesta della biancheria, in una memorabile occasione, una lettera
era stata infilata nella bocca di un pesce. Dopo averle lette, Edward le
bruciava immediatamente. Anche se non contenevano niente che potesse essere
considerato tradimento (Bess non era abbastanza stupida da mettere per iscritto
qualcosa di pericoloso), il solo fatto che lui ricevesse delle missive segrete
dalla Principessa era abbastanza per provocare la rabbia della Regina.
Bess scrisse che Latimer era stato bruciato insieme a un altro Vescovo
protestante, Nicolas Ridley. Erano stati incatenati al palo, schiena contro
schiena. «State di buon animo, Master Ridley,» sembra che avesse detto Latimer.
«Comportatevi da uomo. Per grazia di Dio oggi accenderemo una candela in
Inghilterra, così luminosa che confido non si estinguerà mai.»
Latimer era morto rapidamente, per via della borsa di polvere da sparo che
aveva legata al collo, ma il povero Ridley aveva sofferto orribilmente. Il suo
ben intenzionato cognato, aveva impilato dei fasci per accendere tutto intorno
a lui, ma questo tolse ossigeno al fuoco e si trasformò in un lento arrostire.
Aveva gridato e si era agitato mentre le sue gambe venivano consumate dal
fuoco, ma il suo torso (e la sacca di polvere da sparo intorno al suo collo)
restava intatto. «Non brucio! Signore abbi pietà di me, lascia che
arrivi il fuoco. Non brucio!» Alla fine, una delle guardie spinse con la
picca nel mucchio di frasche e rimestò, e finalmente le fiamme presero vigore,
alte e violente. Ridley con avidità spinse il suo torace nella vampa e le sue
sofferenze furono terminate dalla polvere da sparo.
Edward non raccontò questo a Bella, che aveva già troppi incubi riguardo
ai roghi. Ma le ultime due righe della lettera gli gelarono il sangue. Bella,
che poteva leggerlo meglio di chiunque, gridò, «Che c’è Edward? Dimmelo!»
«Gardiner è malato,» disse lui. «Sta morendo, secondo Bess.»
Bella si mise una mano davanti alla bocca e i suoi occhi incontrarono
quelli di lui in un orrore senza parole. Ward sbatté il cucchiaio sul tavolo,
perché voleva ancora porridge, ma i suoi genitori non lo notarono. Maria
avrebbe preso molto male la morte di Gardiner. Avrebbe voluto la sua famiglia
con sé nel momento del dolore. Il loro tempo a Cullen Hall stava per finire.
Edward buttò la lettera di Bess nel fuoco e tutti e due la guardarono
piegarsi e annerirsi nelle fiamme.
Note storiche
-
La citazione di Matteo 7:22 recitata da Padre Jacob viene dalla versione
della Bibbia Douay-Rheims, una Bibbia Cattolica in inglese pubblicata nel 1582
-
Ridley passò i suoi ultimi minuti a scrivere una lettera alla Regina.
Quando era stato Vescovo di Londra, aveva disposto dei contratti di locazione
sulle sue terre, che erano state ora confiscate. Implorava che ai locatari
fosse permesso di restare o che fosse loro rifuso il denaro degli affitti,
tramite i beni confiscati di Ridley. Maria ignorò la sua preghiera. Ma
Elisabetta la ricordò, e corresse quell’ingiustizia durante il suo primo
Parlamento.
-
Catherine Willoughby, la matrigna di Edward in questa storia, era una
fervente protestante. Era estremamente colta e molto ricca di suo. Sostenne
editori di letteratura protestante e fu amica intima dell’ultima moglie di
Enrico VIII, Katherine Parr. Fu lei che prese con sé la bambina della Regina
dopo che Katherine morì; esiste una lettera in cui lei chiede dei fondi al
consiglio del re, per aiutarla a sostenere i costi della bambina, che in quanto
figlia della Regina, andava cresciuta in uno sfarzo enormemente dispendioso.
Perfino la ricchezza di Catherine non era sufficiente. E’ l’ultima traccia
storica della vita della bambina, che si presume che sia morta intorno ai due
anni.
-
“Non c’è nessuno più cieco…” Questo detto è attribuito a John Heywood
nel suo Dialogue of Proverbs, 1546. Fu lui che inventò molti dei
nostri proverbi, come “Roma non fu costruita in un giorno” e “A caval donato
non si guarda in bocca.”
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Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/31/The-Selkie-Wife
So che da tempo non rispondo ai vostri
commenti. Sappiate che, comunque li leggo sempre e mi fanno immensamente
piacere. Purtroppo non ho molto tempo e preferisco usarlo per le traduzioni,
spero mi scuserete. Grazie a tutti.
beate
Capitolo 31
Gardiner morì verso la metà di novembre e i messaggeri della Regina
arrivarono subito dopo. La Regina, in termini non dubbi, “chiedeva” loro
di tornare a corte, in una lettera tutta chiazzata di lacrime. Maria voleva la
sua famiglia con sé per Natale, ma prometteva di essere una ben triste vacanza.
Bella pianse quando Edward glielo disse.
Insieme, camminarono verso la spiaggia e si sedettero sulle rocce, vicino
al posto in cui Edward aveva visto per la prima volta Bella, nuda sotto il
sole, con altre due fanciulle selkie. Rimasero in silenzio a lungo. Bella
appoggiò la testa sul petto di Edward, ascoltando allo stesso tempo i due suoni
che amava di più: il ribollire delle onde e il battito vigoroso del cuore di
lui.
«Mi sento come se non dovessi mai più vedere le Acque Infinite», disse
lei meditabonda. «Questo sembra un addio.»
«Le rivedrai. Te lo giuro.» Una brezza leggera si levò e gli arruffò i
capelli e sentì dei brividi sul collo. Ricordò che non si facevano promesse
alla leggera al popolo magico. E ricordò anche un’altra promessa che le aveva
fatto due anni prima (era davvero passato tanto tempo?), una promessa che lo
faceva disperare quando ci pensava.
«Che succede se ci rifiutiamo di andare?» chiese lei.
«Chiedi a Bess», disse lui con una breve risata. «Mi sembra che tu fossi
lì quando ha mandato delle guardie armate a ‘scortare’ la Principessa al
palazzo. E poi… Lei ne sarebbe ferita, e quando Maria è ferita, diventa
rabbiosa. Non sarebbe un bene per noi cadere in disgrazia.»
«È arrabbiata con Filippo, pensi?»
«Forse, ma non c’è nulla che possa fare. Così, piange e prega. È sola e
sente di non avere alleati. Bess mi dice che il consiglio e il Parlamento sono
in tumulto e Maria non riesce a controllarli. Ha presentato delle leggi per la
perdita dei diritti civili dei protestanti che sono fuggiti sul Continente,
ordinando il loro ritorno o la confisca dei loro beni, e nessuna è riuscita a
passare. Ci sono dei battibecchi tali alle camere che Sir Bridges - te lo
ricordi dalla Torre? - li ha chiusi a chiave dentro e si è rifiutato di
lasciarli uscire finché non avessero votato.»
«Maria deve essersi arrabbiata.»
«Infatti. Ha chiuso Sir Bridges per una settimana nella sua stessa Torre,
ma non ha potuto fare nulla per le proposte di legge.»
«Io amavo Maria», disse piano Bella. «È una donna che ha così tanto
bisogno d’amore… Anne l’altra settimana mi ha detto una storia della Bibbia,
sul Faraone e Mosè. Dio indurì il cuore del Faraone, ha detto Anne, così che
non permettesse agli Ebrei di lasciare l’Egitto. Non riuscivo a non pensare a
Maria. Perché il suo cuore è diventato così duro? Non pensavo fosse capace di
tutto questo, Edward.»
«Non lo so», confessò Edward. «Non l’avrei creduto neanch’io.»
Emmett e Rosalie viaggiavano con loro. Emmett voleva restare perché non
aveva ancora trovato l’amante di Padre Jacob o prove della sua licenziosità che
aveva quasi ammesso con Edward. Ma la lettera della Regina li aveva menzionati
specificamente, quindi non c’era modo di evitarlo. Seguirono la portantina di
Bella e Edward nella carrozza, che dava ai bambini un po’ di spazio per giocare
e rendeva il viaggio meno difficoltoso per loro.
I carri furono riempiti con i beni della loro casa e la carovana si mise
in viaggio per Londra, triste come la processione di un funerale. Bella giaceva
nella portantina contro il petto di Edward e piangeva silenziosamente, il suo
spirito che affondava sempre più ad ogni miglio. Vedeva che lui si preoccupava
per lei, ma non riusciva a nascondere i suoi sentimenti. Sembrava disonesto.
Anne viaggiava sul carro insieme alle altre domestiche e predicò felice
per tutta la strada fino a Londra. Bella era sicura che avesse convertito
qualcuno, a giudicare dalle facce frastornate ma eccitate di alcuni di loro, ma
i domestici sapevano essere discreti. Purché si fossero formalmente conformati,
il Duca e la Duchessa non avevano mai fatto domande sulla loro fede personale.
Arrivarono e trovarono il palazzo in subbuglio. Chissà perché, le loro
stanze erano state assegnate a un membro della famiglia Howard, il figliastro
del Duca di Norfolk, che era oltraggiato ad essere messo fuori dal Duca e dalla
Duchessa di Cullen. Due delle regine di Enrico VIII erano state Howard (anche
se tutte e due decapitate) e quindi sentivano che la loro famiglia (e quindi
loro) dovesse avere la precedenza. La materia fu aspramente dibattuta dai
domestici che erano arrivati per sistemare le stanze del Duca e della Duchessa
prima del loro arrivo, e arrivarono quasi alle mani prima che il maggiordomo di
palazzo sistemasse la faccenda assegnando al Duca e alla Duchessa un
appartamento che era stato riservato per il seguito di Filippo (dato che non si
attendeva il ritorno del re prima che la corte si spostasse in un altro
palazzo). Quegli appartamenti erano considerati più prestigiosi perché erano
più vicini a quelli della Regina. Gli Howard erano furiosi; se si fossero
spostati quando glielo avevano chiesto, sarebbero stati loro ad essere promossi
agli appartamenti più vicini alla Regina. E con ciò, Bella e Edward acquisirono
nuovi nemici senza neanche sapere quello che era successo.
Non solo questo, ma una nuova cospirazione era venuta alla luce. Henry
Dudley, il fratello di Robert Dudley (quello che aveva dato a Bella la “poesia”
da portare a Bess) era fuggito dall’Inghilterra e viveva ora in Francia, dove
stava raccogliendo denaro per equipaggiare un esercito per l’invasione
dell’Inghilterra, con l’intento dichiarato di fare alla Regina Maria quello che
lei aveva fatto alla Regina Jane. I francesi, che si aspettavano che la Regina
entrasse in guerra con loro, assieme a suo marito, da un momento all’altro, lo
sostenevano apertamente. E, come era venuto fuori, la cospirazione era ben
conosciuta da molti membri del consiglio, alcuni dei quali avevano dato la loro
tacita approvazione e anche finanziamenti. Ogni traditore che veniva scoperto
portava ad altri cinque e ce n’erano così tanti che non potevano punirli tutti;
non ci sarebbe rimasto governo.
Dato che i loro appartamenti non erano ancora pronti al palazzo, Bella e
Edward mandarono Rosalie e Emmett con i bambini alla casa di Hampstead Heath e
andarono dritti nelle stanze della Regina, dove stava tenendo corte nella
camera privata. Il primo sguardo di Bella alla Regina la fece boccheggiare, e
fu felice di poter nascondere la sua faccia in un profondo inchino. Maria
sembrava invecchiata di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista. Maria
fece alzare Bella con un bacio sulla fronte. «Cugini, mi rallegra tanto vedervi»,
disse.
«Rallegra anche noi vedere voi, vostra maestà», replicò Edward chinandosi
di nuovo.
«Venite», disse loro Maria, e li portò nella sua camera da letto. Le sue
dame seguirono. Bella sorrise e salutò con la mano Susan Clarencieux e Jane Dormer.
Susan rispose al saluto, ma Jane Dormer la guardò con aperta ostilità. Il cuore
di Bella affondò. Che c’era adesso? Provò a cercare tra i suoi ricordi se
poteva aver in qualche modo offeso Jane o qualcuno dei suoi amici e non trovò
nulla. Decise di andare per le spicce e chiedere direttamente a Jane quale
fosse il problema, non appena ne avesse avuto la possibilità. Non aveva
intenzione si stare a questo gioco.
Bella li invitò a sedersi vicino al fuoco. Edward, sempre premuroso,
prese la seggiola più vicina al fuoco e allontanò leggermente quella di Bella
col pretesto di porgerla a lei.
«Sembrate felici», disse Maria malinconicamente.
«Lo siamo», replicò Edward. Prese tra le sue la mano di Bella. «Dio mi ha
benedetto con una moglie degna e due figli in salute.»
«Degna davvero.» Maria guardò Bella di traverso. Anche la sua vista
sembrava essere peggiorata. «Ho sentito delle tue opere di carità.»
Edward si irrigidì, pronto a difenderla, ma Maria sembrava genuinamente
interessata. Bella chiacchierò per un po’ di quello che avevano fatto lei e
Rosalie, la ristrutturazione dell’ospizio e l’impiego dei poveri per il lavoro
nelle proprietà.
«Tu vai in mezzo a loro?» chiese Maria. «Tu stessa?»
«Certamente.»
Maria sbatté gli occhi e si allungò sulla spalliera. «E tu, Edward. I
bastimenti di grano che hai acquistato non erano per il tuo profitto.»
«No», ammise Edward. «Ma quando sarà il momento della semina, la prossima
primavera, i contadini e i braccianti saranno vivi e vegeti e pronti al
lavoro.»
La Regina ridacchiò. «Vuoi che sembri che tu l’abbia fatto per praticità,
Edward, ma io so che l’hai fatto perché hai il cuore tenero.» Gli agitò davanti
il dito. «Ti conosco troppo bene perché tu possa imbrogliarmi.»
«Non ci proverei mai», disse Edward con sincerità.
La Regina capì. Sbatté rapidamente gli occhi scacciando le lacrime. «Voi
due siete stati i miei amici più leali», disse lei, il tono basso e rauco. «Non
mi curo di quello che dicono di voi…»
«Chi ha parlato a nostro discredito?» chiese Edward.
Maria fece un gesto con la mano. «Non ha importanza, cugino. Non do
nessun credito. Hai sentito dell’ultimo complotto contro di me?»
Edward non si permise di esitare. «Qualcosa, cugina, ma io non presto
molta attenzione ai borbottii circa i disordini.»
«È Elisabetta», disse Maria. Le lacrime le rigarono le guance. «Lo so.»
Bella si chinò verso di lei. «Vostra maestà…»
«Non difenderla!» gridò Maria rabbiosa, e Bella arretrò. Maria ammorbidì
un po’ il tono quando si accorse dell’effetto. «Non ti agitare, Bella. Io non
ti biasimo. Tu sei fiduciosa e lei è molto carina*. Lei è sempre al centro di
tutto, e tesse la sua tela come un ragno. Vuole strappare la corona dalla mia
testa tagliata. Oh, sì, è intelligente, e copre bene le sue tracce, ma la
verità viene sempre fuori, alla fine.»
«Spero che sia così», disse piano Bella.
Il Natale a corte fu una faccenda priva di gioia, quell’anno. Anche la
masque fu solenne. Le decorazioni di pino, di agrifoglio e di vischio
sembravano flosce e pallide e perfino il ceppo sembrava bruciare cupamente. A
Hampstead Heath Bella e Edward si assicurarono che il Natale fosse allegro per
i bambini, con giochi e musica (Rosalie era molto dotata con la spinetta) e
dolci. Bella aspettava con impazienza Capodanno perché aveva un regalo per Edward
ed era impaziente di svelarlo.
Quel mattino svegliò presto Edward e lo trascinò per le mani nella loro
camera privata. Lui inciampò, assonnato, sbadigliò e si lamentò bonariamente
per quanto fosse presto. «Guarda», disse lei, e indicò sopra il camino.
Solo per l’espressione sulla sua faccia ne sarebbe valsa la pena. Guardò
il regalo, poi di nuovo lei, e poi ancora al suo regalo e la sua faccia si aprì
in un gran sorriso.
Era un ritratto di Bella con i due bambini. Bella era seduta su una
seggiola, con un vestito di velluto rosso ricoperto di un ricamo in tessuto
d’oro. Intorno al collo aveva un filo di perle con un grosso pendente d’oro a
forma di C al centro. Elizabeth era in piedi al suo fianco, con indosso un
abito identico, gli occhi grandi e solenni, rigida nei suoi ornamenti. Nella
mano di Elizabeth c’era una rosa Tudor. Ward era seduto in grembo a Bella, e al
centro del suo vestito di velluto rosso scuro aveva appuntata una spilla con lo
stemma dei Cullen sovrastato dalla corona ducale, un’invenzione dell’artista
per mostrare il rango delle persone ritratte.
Era un bellissimo dipinto, fatto nello stile di Hans Holbein da John
Bettes il Vecchio. Aveva catturato la cremosa, quasi luminescente qualità della
pelle di Bella con un dolce accenno di rossore sui suoi zigomi. Si vedeva a
colpo d’occhio che Ward era suo figlio, perché condividevano gli stessi occhi
scuri ed espressivi. Bella aveva una mano avvolta intorno a lui, un gesto che
sembrava di cura e protezione, mentre l’altra mano era sulla spalla di
Elizabeth, come ad avvicinarla per un abbraccio.
«Ti piace?» chiese piano Bella. «Non ero tanto sicura su come avesse
ritratto Elizabeth. Credo che abbia provato a farla somigliare a me.»
Edward non riusciva quasi a parlare. «È…
è bellissimo», disse. «Esattamente quello che volevo.» Questa era la sua
memoria su tela, ma gli faceva anche male guardarla, perché sapeva che un
giorno l’avrebbe guardato con nostalgia e avrebbe ricordato la sensazione di
quella pelle, il tocco di quelle labbra come petali rosa. Sarebbe stato tutto
quello che avrebbe avuto.
«Vostra maestà, una lettera dal re!» Jane Dormer introdusse il
messaggero, che si inchinò e porse la lettera sigillata.
Bella odiava sentire quelle parole, perché già prevedeva la stessa serie
di eventi: Maria avrebbe preso la lettera con mani tremanti, gli occhi
brillanti di eccitazione. Sarebbe stata quella in cui annunciava il suo ritorno
in Inghilterra? Sarebbe stata quella in cui aveva scritto le parole amorevoli
che lei voleva leggere?
I suoi occhi l’avrebbero scandagliata ansiosamente e poi la sua faccia
sarebbe crollata. Nello spazio di qualche minuto, sarebbe invecchiata di dieci
anni. Avrebbe allargato le mani e la lettera sarebbe caduta al suolo come una
foglia morta. Poi la Regina avrebbe nascosto la faccia nelle mani e avrebbe
chiesto alle sue dame di andarsene. Questo era l’indizio per Bella per alzarsi
e andare al suo fianco. Appena chiusa la porta, appena da sola e al sicuro,
Maria sarebbe scoppiata in lacrime. Bella l’avrebbe stretta e cullata come si
fa con i bambini quando hanno gli incubi, o quando si sbucciano un ginocchio
cadendo in giardino. Avrebbe tanto voluto che fosse qualcosa di così semplice,
con la Regina, ma non c’era nulla che lei potesse fare per migliorare le cose.
Lei gli scriveva ogni notte. Bella la vedeva alla sua scrivania con la
sua veste da notte, riversare il suo cuore in quelle lettere implorandolo di
ritornare da lei. Ultimamente, con tutti quei disordini, le parole avevano
preso una sfumatura disperata.
Le infrequenti risposte di Filippo erano fredde, professionali e brevi.
Suo padre aveva abdicato a causa della salute malferma e aveva dato a Filippo
il regno dei Paesi Bassi. Una volta nelle Fiandre, scrisse a Maria che non
poteva andarsene di lì perché doveva aspettare la sua investitura formale della
corona. Poi doveva viaggiare per il paese per instaurare la sua autorità con il
popolo. E poi doveva aspettare suo padre, che gli stava dando la successione del
regno di Spagna, ma al momento le sue mani erano troppo rovinate dalla gotta
per poter firmare. E poi doveva aspettare una visita di stato dal re e dalla
regina di Boemia.
E così andava. Accennava con forza che sarebbe tornato non appena avesse
avuto la data della sua cerimonia d’incoronazione, per essere incoronato Re
d’Inghilterra con tutta l’autorità e i titoli che derivavano da questo. Se
anche lei avesse voluto, anche solo per riaverlo, il Parlamento non avrebbe
considerato di votare per darle il denaro per una tale stravaganza, per un re
che era decisamente impopolare. Solo per ottenere un piccolo aumento delle
tasse per coprire delle spese di base della corona, aveva dovuto promettere che
non avrebbe dato quei soldi a Filippo e tutti si erano infuriati quando Maria
aveva prontamente destinato una decima di un sesto della rendita annuale del
governo a Roma. Chiedere un aumento delle tasse e poi dare via decine di
migliaia di sterline sembrava oltraggioso a molti dei membri del Parlamento, e
quasi la metà di loro aveva votato contro. Molti di quelli che avevano
manifestato apertamente il loro scontento furono buttati nella Torre.
Mentre Bella teneva la mano a Maria che piangeva, diede un’occhiata alla
lettera sul pavimento. Una singola pagina, a faccia in su. Filippo chiedeva che
gli mandasse il resto del suo seguito spagnolo e tutto il mobilio dei suoi
appartamenti nei Paesi Bassi. C’erano voci che Filippo stesse lavorando
duramente per imparare la lingua dei Paesi Bassi; durante i suoi anni in Inghilterra
non si era preoccupato di imparare una sola parola di inglese. Né era indicata
una breve visita, concludeva rapidamente.
E, secondo le voci, stava vivendo una vita allegra nei Paesi Bassi. Dava
feste a tutte le ore della notte, bevendo, giocando e gozzovigliando. Poteva
lasciare una festa alle prime ore del mattino e presentarsi non annunciato in
casa di nobili, svegliare i residenti e ordinare di essere intrattenuto da
loro. Non sorprendeva che la sua popolarità nei Paesi Bassi non fosse molto più
alta che in Inghilterra.
L’inviato che Maria gli aveva mandato in dicembre non le aveva detto del
palese interesse di Filippo verso una dama della sua corte, madame Denali. Lui
non si preoccupava di nasconderlo, ma l’inviato ebbe pietà di Maria e non ne
parlò quando tornò in Inghilterra, ma, naturalmente, le voci erano state più
veloci di lui. Una diceria può fare due volte il giro del mondo prima che la
verità si sia infilata le scarpe.
Maria rifiutò di crederci, così come si rifiutava di credere a tutte le altre
chiacchiere. Alzava il suo mento regale e faceva finta di essere cieca e sorda,
come deve una sposa reale. Si muoveva per la corte con serena compostezza. Ma
da sola nella sua camera, con Bella, piangeva con tutto il suo cuore spezzato.
«Devo provare più duramente. Devo provare più duramente a
compiacere Dio e mio marito.»
Perché queste parole mandavano un
brivido gelido alla schiena di Bella?
L’Arcivescovo Cramner era l’uomo che Maria incolpava di aver distrutto
l’Inghilterra, di aver distrutto quella perfetta età d’oro in cui i suoi
genitori erano felicemente sposati e lei era la loro amata principessa.
L’Arcivescovo aveva sostituito il cardinale Woolsey, che non era riuscito, dopo
sette lunghi anni, ad ottenere per il re l’annullamento dalla madre di Maria,
Caterina d’Aragona. Con Cramner (e un piccolo aiuto da Anna Bolena, che fece
passare alcuni pezzi di letteratura riformista) il re decise che doveva essere
lui a capo della chiesa inglese, non il Papa. Cramner aveva garantito al re
l’annullamento che agognava e aveva firmato la dottrina della nuova Chiesa
d’Inghilterra. Aveva incoronato regina Anna Bolena, battezzato sua figlia
Elisabetta, ed era stato uno dei padrini della Principessa. Quattro anni dopo,
aveva raccolto l’ultima confessione di Anna Bolena prima dell’esecuzione, e
proclamato il suo matrimonio col Re nullo e non valido, rendendo
automaticamente la sua figlioccia, la Principessa Elisabetta, una bastarda.
Era alla sua mano che Enrico VIII si era aggrappato mentre stava morendo
ed era stato lui a celebrare il rito funebre per il figlio di Enrico, Re
Edoardo VI, dopo i pochi anni del suo regno. Quando Maria era salita al trono,
lui ammonì gli altri riformatori di lasciare l’Inghilterra finché erano in
tempo, ma lui rimase. Non ci volle molto perché Maria lo spedisse nella Torre
con l’accusa di tradimento.
Cramner aveva già avuto un processo, ma al tempo Maria non aveva ancora
restaurato formalmente la religione cattolica in Inghilterra, e lui era un
cardinale, dopotutto, messo in quella posizione dal Papa stesso. Per soddisfare
la legalità, si fece un altro processo a Roma, usando le trascrizioni del primo
processo. Fu dichiarato colpevole e spogliato della carica arcivescovile prima
di essere consegnato alle autorità secolari perché fosse eseguita la sentenza.
Guardò Latimer e Ridley bruciare dalla balconata della sua prigione.
Pole gli offrì clemenza se avesse ritrattato. Inviò a Cramner una lunga e
prolissa lettera illustrando i suoi reati: «Voi avete corrotto le Scritture,
avete spezzato la comunione dei santi, ed ora io vi dico cosa dovete fare.
Questo è quello che Cristo e la chiesa vi dicono, tramite me (se seguissi la
mia inclinazione e parlassi in mio nome, direi qualcosa di completamente
differente. Con voi non parlerei affatto)… Voi vi appellerete alle Scritture
per rispondermi. Siete così vano, allora, così stolto da credere che fosse
compito vostro scoprire il significato di quelle Scritture che sono state nelle
mani dei padri della Chiesa per tanti secoli?
Voi avete diviso il re dalla moglie con cui viveva da venti
anni; l’avete diviso dalla chiesa, la madre comune dei fedeli; e da quel
giorno, per tutto il regno, la legge è stata calpestata, le persone sono state
punite con la tirannia, le chiese depredate, i nobili uccisi uno dall’altro…
per il vostro profitto avete negato la presenza del vostro Signore e vi siete
ribellato contro il suo servo, il papa. Possiate voi vedere i vostri crimini.
Possiate voi sentire l’enormità del vostro bisogno di misericordia. Ora,
perfino ora, attraverso la mia bocca, Cristo vi offre quella misericordia; ed è
con la speranza appassionata che sono vincolato a sentire per la vostra
salvezza, che aspetto la vostra risposta alla chiamata del vostro Padrone.»
Cramner accettò quella misericordia. Abiurò. Sei documenti gli misero
davanti, sei documenti firmò. Confessò che aveva peccato contro Re Enrico e la
sua legittima moglie, Caterina d’Aragona. Lui aveva causato l’annullamento, da
cui peccato, eresia e crimine contro Dio erano spuntati nella forma della nuova
Chiesa Inglese. Ammise di essere un blasfemo, un persecutore dei giusti e che
aveva aperto il vaso di Pandora delle false dottrine che erano dilagate per
tutto il paese, alcune delle quali lui, in persona, aveva diffuso, insegnato,
predicato e scritto. Aveva peccato contro i vivi con false dottrine, e aveva
peccato contro i morti virtuosi ponendo fine alle messe che venivano dette un
tempo per le loro anime.
Lui si sottomise e ritrattò, ma non venne nessun perdono. Un mese passò
senza una parola, giorno dopo giorno si trascinava senza l’arrivo di un
messaggero, e poi fu l’alba del giorno della sua esecuzione, freddo e piovoso.
Cramner fu portato fuori di fronte all’enorme pubblico che si era assiepato.
Lui era in piedi, rabbrividendo nella sola camicia, a gambe nude su una piccola
impalcatura davanti a loro. la folla non sapeva cosa aspettarsi. Molti
pensavano che Cramner avrebbe confermato la sua abiura di fronte a loro e
avrebbe accettato il perdono della Regina (alcuni si chiedevano dove fosse la
cassetta contenente la pergamena del perdono. C’era sempre una cassetta
appoggiata da qualche parte, in bella vista perché l’accusato e il pubblico
potessero vederla, ma non si vedeva nulla). Il palo era stato eretto e le
fascine vi erano impilate attorno (forse solo per un effetto drammatico,
dicevano alcuni, sentendosi un po’ più a disagio).
Il prevosto di Eton, Master Cole, era stato scelto per fare il sermone. «Amici
miei, sono venuto davanti a voi, oggi, prima per spiegare perché quest’uomo,
l’ex- arcivescovo Cramner, verrà giustiziato…»
Un fruscio di disapprovazione e confusione attraversò la folla. Non era
giusto, sussurrava qualcuno. Ha ritrattato! Ha ritrattato! Per la legge
della Chiesa, quelli che ritrattavano venivano risparmiati! Anche quelli tra
loro che odiavano Cramner per aver distrutto monasteri e reliquie erano
sorpresi e turbati.
Cole era un oratore eccellente. Il pubblico rimase appeso a ogni sua
parola. La prima ragione per cui Cramner non era stato risparmiato, spiegò, era
l’enormità del suo crimine. Tutti i tumulti degli ultimi venti anni erano colpa
sua. Aveva ingannato il re mettendo da parte la sua legittima moglie (non fu
colpa del re, si affrettò ad aggiungere Cole, poiché era stato traviato da
uomini malvagi). Da solo, quest’uomo aveva alterato la faccia della Chiesa
d’Inghilterra. Era lui che aveva creato le dottrine blasfeme, ed era rimasto
ostinatamente nella sua eresia: difendendola, scrivendone, predicandola, fino a
quell’ultima ora in cui aveva ritrattato.
C’erano anche altre ragioni, disse Cole, ragioni private, che il
pubblico non conosceva e non aveva bisogno di conoscere, ma il nome di
Caterina d’Aragona fu accennato, e fu ovvio che quelle ragioni private
avevano molto a che fare con l’amara rabbia di lunga data di Maria per
l’allontanamento di sua madre e l’umiliazione subita da Maria stessa per mano
di suo padre.
Da ultimo, notò Cole, tanti cattolici di valore erano stati giustiziati:
Thomas More, il Vescovo Fisher e tanti altri… la morte di Cramner avrebbe
riequilibrato la bilancia.
Poi Cole scivolò nel tradizionale sermone da patibolo e ammonì il
pubblico a fare attenzione al suo esempio, un uomo un tempo potente trascinato
nella polvere dalla negazione della Vera Fede. La folla mormorò, sussurrò,
teste si voltarono, inquieti spostamenti di piedi. Cole sapeva che li stava
perdendo e temette per la sua carriera se avesse permesso alla folla di
diventare teppa. Si voltò verso Cramner, allora, e indirizzò a lui la parte
successiva, dicendo che Cramner doveva rallegrarsi, perché Dio lo aveva
ricondotto a casa, e di prendere conforto dalle Scritture, dal ladro a fianco
di Gesù sulla croce, a cui Lui disse Oggi tu sarai con me in Paradiso.
A Cramner avevano detto che avrebbe avuto l’«opportunità» di fare la sua
ritrattazione di fronte a un pubblico a una funzione religiosa, e lui aveva già
scritto un discorso e lo aveva sottoposto ad approvazione. Adesso gli era stato
dato il pulpito e una copia del discorso da leggere al pubblico. Cominciò a
leggere il testo come era stato preparato. Con una preghiera per la salute e la
fertilità della Regina e del Re, con l’esortazione alla folla ad evitare il
peccato e ad amarsi l’un l’altro come fratelli e sorelle, ma poi deviò dalla
strada e disse che il peccato che lo turbava di più era la ritrattazione che
aveva firmato.
Un mormorio attraversò la folla.
Annunciò che i libri che aveva scritto, gli scritti che adesso avrebbe
dovuto condannare, contenevano le sue vere opinioni sui Sacramenti. Alzò la
mano e disse che siccome era la parte con cui aveva peccato, sarebbe bruciata
per prima. Poi accusò il Papa di essere l’anti-Cristo e fu tirato via dal
pulpito prima che potesse continuare.
E così fu bruciato, e mantenne la parola di spingere la mano nel fuoco
prima che tutto il resto di lui fosse arso.
Maria prese la notizia della sua ritrattazione della ritrattazione
dell’ultimo minuto, come la prova che bruciarlo fosse la cosa giusta da fare.
Dopotutto, l’uomo aveva provato di essere un eretico e che non aveva veramente
abiurato. Ma per Bella, questo spezzò l’ultimo frammento di affetto che aveva
per la Regina. Guardò Maria con orrore e dovette lottare per non vomitare.
Quella notte pianse tra le braccia di Edward. Erano intrappolati qui con
un mostro, un’ipocrita che cambiava la legge come le garbava, e nessuno era al
sicuro.
Nessuno.
Note storiche
-
In realtà fu Sir Anthony Kingston a costringere il Parlamento al voto,
ma io ho unito lui a Sir Bridges in questa storia, per evitare confusioni.
-
* “cute” ( carino) in origine significava arguto, sveglio.
Probabilmente è una contrazione di “acute”.
-
Bonner pubblicò la confessione scritta di Cramner, insieme alle altre
ritrattazioni, come se fossero il vero resoconto di quello che Cramner disse
alla sua esecuzione.
-
“Madame Denali”… il nome della donna era in realtà “Madame d’Aler”. Non
ho resistito.
|
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Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/32/The-Selkie-Wife
Capitolo 32
«Come sto?» Maria Tudor, Regina d’Inghilterra, girò su se stessa per
mostrare il suo semplice abito di lana color ruggine. L’orlo della gonna salì e
l’illusione di una plebea fu rovinata dal pizzo e i ricami della sottogonna e
dalle scarpe fini e delicate che indossava.
Bella le sorrise. «Molto carina», ed era vero. La semplicità e il colore
del vestito donavano alla carnagione e alla corporatura di Maria. Sembrava
quasi bella senza colori vistosi e i quintali di gioielli che indossava di
solito.
Jane Dormer guardò storto Bella. Non era affatto contenta dei progetti di
Maria per la giornata, e non si preoccupava di nasconderlo. Anche lei vestiva
semplicemente, indossando un normale abito blu, i suoi riccioli incontrollabili
stretti sotto un copricapo.
Dal loro ritorno a corte, Bella e Rosalie avevano preso sotto la loro ala
il villaggio di Hampstead Heath. Non era parte del ducato di Edward e quella
non era la loro gente, ma Rosalie era diventata dipendente dalle piccole gioie
che otteneva aiutando gli altri e ben presto Bella si era unita a lei nelle sue
incursioni nella piccola città.
La voce era arrivata alla Regina, ovviamente, e Maria aveva convocato
Bella e Rosalie quel pomeriggio. Si erano guardate con terrore silenzioso quando
il messaggero era arrivato; nessuna delle due si aspettava di dover andare a
corte quel giorno per attendere alla Regina, e questa richiesta di presenza da
parte sua non era di buon auspicio. Bella aveva baciato i bambini (Edward era
fuori quel giorno, a comprare un nuovo cavallo) e aveva drizzato la schiena.
Pensò a Bess e al coraggio che aveva mostrato di fronte alla Regina e provò ad
imitarla, al meno al di fuori. Dentro di sé tremava, era sgomenta e avrebbe
voluto nascondersi. Non era tagliata per gli intrighi e la politica.
Ma quello che Maria voleva era andare al villaggio con loro. Bella pensò
che Rosalie sarebbe svenuta per il sollievo quando la Regina spiegò loro perché
le aveva mandate a chiamare. Maria si era fatta prestare un vestito da una delle
cameriere e aveva tirato su i capelli sotto un semplice copricapo. Guardò Bella
e Rosalie criticamente. «È così che andate là?»
Bella indossava un vestito di velluto nero ricamato con delle perle. Era
un abbigliamento “semplice” per lei. Lei e Rosalie non avevano mai
tentato di camuffarsi come stava ora facendo la Regina.
«Ah, cosa mi tocca fare», sospirò. «Andiamo, allora.»
La portantina si fermò alla casa di Edward e Bella. La Regina insisté per
andare a piedi da lì, cosa che stupì Bella. Non aveva mai visto la Regina
camminare se non dalle sue stanze alla cappella. Ma a Maria sembrava piacere.
Si fermò perfino a cogliere qualche fiore di campo. Dietro di loro caracollava
un manipolo di robuste guardie con la livrea da palazzo, che cercavano di
sembrare poco appariscenti, fallendo miseramente.
Nella piazza del villaggio, alcuni ragazzi stavano giocando, tirandosi
una palla fatta di scarti di pelle. Atterrò nella polvere vicino ai piedi di
Maria e uno dei ragazzi corse a prenderla. Si bloccò di fronte a lei. «Scusi,
signora.»
Maria alzò la gonna di qualche centimetro e calciò la palla. Ridacchiò
mentre lo faceva. Il ragazzo le fece un gran sorriso e corse dietro alla palla.
Continuarono per la loro strada e Maria si fermò al pozzo del villaggio
dove una donna si affannava per mettere il secchio sul giogo che aveva sulle
spalle. «Lascia che ti aiuti,» disse Maria. «Bontà divina, è pesante!»
«Grazie tante, signora», le disse la donna.
«Rosalie, prendi l’altro secchio», ordinò la Regina. «Bella, porta la sua
cesta. Buona donna, come pensavi di poter portare tutto questo a casa con te?»
«Pensavo di tornare a prendere il resto, ma vi ringrazio di avermi
risparmiato il lavoro.»
Seguirono la donna fino ai margini del villaggio, a una piccola casetta.
Bella sentì Rosalie prendere un respiro improvviso, ma quando si voltò con aria
interrogativa, lei allontanò lo sguardo. Sembrava in preda a qualche malessere,
la faccia pallida e le mani tremanti mentre stringeva la cesta.
Un gruppetto di bambini lavorava intorno alla casa. La donna aveva delle
aiole di erbe per tutta la proprietà, fino alla casa, e un orto dall’altra
parte. Tre dei bambini toglievano le erbacce e schiacciavano insetti tra le
dita. Un altro bambino, un maschio, stava usando un grosso mortaio e schiacciava
grano o noci. Seguirono la donna in casa e trovarono due ragazze che
lavoravano, una mescolava un tegame sul fuoco, l’altra schiacciava piante in un
piccolo mortaio di legno.
La casetta era piacevole. I mazzi di erbe ad essiccare sulle travi
addolcivano l’aria. Era una casa piccola, senza finestre e buia, ma ben tenuta.
Un bambino dormiva su una tavola appesa al muro.
«Sono tutti tuoi?» chiese Maria, guardando i bambini.
«Sì, signora. Sei sono vivi, due li ho seppelliti.»
«Dov’è tuo marito?»
«Andato, purtroppo. È morto di apoplessia un giorno nei campi, non molto
dopo che era nato questo», fece un cenno verso il bambino che dormiva. Bella
avrebbe voluto prendere il bambino e liberargli le gambe e le braccia dalle
fasce.
«Quanti anni hai?» chiese Maria. Si mise seduta vicino al tavolo, dalla
parte opposta alle ragazze col mortaio. Rosalie e Bella sedevano sul grande
letto contro la parete opposta. Bella sperava sinceramente che non ci fossero
pulci.
La donna considerò. «Quaranta, più o meno, dovrei fare i conti. Forse di
più, ma non ne sono sicura.»
«E hai appena avuto un bambino…» disse piano Maria. Il desiderio era
evidente nella sua voce.
«Sì, l’ho chiamata Maria , per via della Regina, la povera ragazza.»
Gli occhi di Maria si affilarono. «La Regina, dici? Perché la chiami ‘povera
ragazza’?»
La donna schioccò la lingua. «Avesse voluto Dio che avesse sposato un
inglese, che l’avrebbe trattata bene. Ma lei aveva nel cuore lo spagnolo, la
famiglia di sua madre, e guarda cosa è successo.»
«Frena la lingua», disse Jane. «Non dovresti parlare con questa
familiarità della Regina.»
«Immagino di no, ma tutti noi piangiamo per la Regina. Si era detto da
prima che si sposassero che lui non l’avrebbe rispettata. E adesso si dice che
lui abbia pubblicamente una puttana, una certa Madame Denali, adultera due
volte, quella maledetta, perché ha tradito anche suo marito, con il Re.»
«Non si può dar credito alle chiacchiere», disse Maria con fermezza.
«Sì, ma nessuno può dire che avere gli spagnoli da noi sia stato a nostro
beneficio. Non hanno causato altro che discordia.»
Jane Dormer fece un piccolo suono di protesta. Lei era innamorata di un
duca spagnolo e voleva sposarlo, ma la Regina non glielo aveva permesso. Aveva
detto che nessun uomo era abbastanza per Jane.
«Non è il sangue spagnolo che la Regina dovrebbe tener caro, ma quello
inglese. La nostra Bess è puramente inglese, grazie a Dio.»
La faccia di Maria si tese, ma non rimproverò la donna come Bella temeva.
Cambiò argomento. «Come te la cavi senza un marito?»
«I semplici* che vendo ci procurano il pane», rispose la donna. «Dio
provvede.» Guardò per un lungo momento Rosalie, che teneva il viso voltato ed
era rimasta in silenzio per tutta la visita. «Voi mi sembrate familiare,
signora», disse la donna. «Ci siamo già incontrate?»
«Non credo proprio», disse Rosalie, e la sua voce era più profonda del
solito.
«Mmm. Giurerei…»
Maria si alzò e così fecero le sue dame. Guardò i vestiti rattoppati
delle ragazze e i loro piedi nudi, prese la borsa dalla tasca e ne trasse alcune
monete. «Questo ti aiuterà per un po’. Se vorrai mandare i ragazzi a scuola,
pagherò per loro, e se preferirai mandarli per un apprendistato, ti aiuterò.»
La donna era sbalordita. «Signora, non so come ringraziarvi.»
Maria sorrise. «Lo sguardo sulla tua faccia mi basta. Jane, scrivi i loro
nomi per me.» Si avviò verso la porta.
«Signora, per favore, vorreste dirmi il vostro nome, così che possa
pregare per voi?»
La Regina si fermò un attimo sulla porta. «Mi chiamo Maria», disse, e
uscì.
Bella e Rosalie seguirono semplicemente Maria mentre andava di casa in
casa, parlando con quelli che incontrava. Verso i confini del villaggio,
incontrarono un minatore che portava un sacco di carbone sulle spalle.
«Un carico pesante», notò Maria. «Dovreste avere un carro per questo
lavoro.»
«Una volta l’avevo», replicò il minatore. «Mi è stato portato via da
alcuni uomini della Regina quando spostavano la corte. Mi hanno detto che mi
avrebbero pagato, ma non l’hanno fatto»
Maria gli diede uno dei suoi sguardi in tralice. «È vero quello che stai
dicendo?»
«Sì, giuro che è vero.»
Maria sbatté gli occhi rapidamente. «Sai di altri che sono stati trattati
male dalla corte della Regina?»
«Quasi tutti i contadini», rispose il minatore. «Loro maledicono i
funzionari di corte alla taverna, quando bevono. Già, quelli arrivano come
locuste, arraffando polli e grano e bestiame, e quello che pagano non è mai
sufficiente a rimpiazzare quello che portano via. Alcuni di loro nascondono le
loro cose quando vedono arrivare gli uomini della corte.»
«Jane, stai scrivendo?» chiese Maria.
Jane tirò fuori i fogli dal piccolo scrittoio portatile e cominciò a
scrivere le lamentele del minatore. Maria gli chiese i nomi, e alcuni il
minatore li ricordava, ma le disse di andare alla taverna e ne avrebbe sentiti
molti di più. Maria gli diede una manciata di monete, e poi andò alla taverna,
le guardie silenziose alla porta.
La Regina d’Inghilterra entrò nella taverna e si guardò attorno
incuriosita. Non era mai stata in un posto del genere. Il soffitto era basso e
non c’erano finestre che facessero entrare la luce. L’unica illuminazione
veniva dalle candele accese sui tavoli occupati. La stanza puzzava di fumo di
legna, birra acida e corpi non lavati. La Regina andò dritta nel gruppo più
nutrito di uomini e si mise seduta per parlare con loro. Jane Dormer era in
piedi al suo fianco, lo scrittoio aperto sul tavolo, prendeva nota mentre Maria
dettava. Gli uomini si guardarono l’un l’altro, ma diedero voce alle loro
lamentele. Il nome che usciva più di frequente era quello di Lord Rochester
come ‘capo dei ladri’. Era il sovrintendente della sua Casa, incaricato
di assicurarsi gli approvvigionamenti necessari alla corte.
Bella e Rosalie stavano dall’altra parte della stanza mentre Maria
parlava con gli uomini. Bella accettò un boccale di birra, ma in tutto il cibo
c’era della carne, tranne il pane e burro che lei e Rosalie si stavano
dividendo. Rosalie aveva preso un pasticcio di manzo che diceva fosse
delizioso.
«Penso sia la prima volta che parla con la sua gente», disse piano Bella.
Guardava mentre l’ostessa portava a Maria un boccale di birra che Maria buttò
giù allegramente. «Penso che probabilmente è anche la prima volta che beve da
un boccale di legno.»
«Molte prime», disse Rosalie. «Oh, Bella, spero che lo faccia più spesso.
Pensa a tutto il bene che potrebbe derivarne.»
«Aspetta la prima volta che qualcuno denigrerà la Chiesa a una sua
udienza», rispose cupa Bella. Non vedeva più Maria nella stessa luce. Prima,
Maria era una donna ferita, disperatamente in cerca d’amore, forse fuorviata,
ma ben intenzionata. Quello che vedeva ora era un mostro col volto di una
donna, una creatura senza onore né lealtà. I roghi di Guernsey avrebbero dovuto
dirglielo, pensò Bella. Avrebbe dovuto capire con chi aveva a che fare. Se
avesse avuto la sua pelliccia sarebbe andata a cercare una Strega del Mare che
lanciasse un incantesimo vincolante sulla Regina.
Era quasi buio quando la Regina fu finalmente pronta per tornare a casa.
La portantina reale fu portata al villaggio perché erano tutti troppo stanchi
per tornare a piedi, e fu allora che la maggior parte delle persone si rese
conto di chi fosse la visitatrice.
La portantina si fermò a casa di Edward e Bella per lasciare Rosalie e
Bella. Mentre scendevano, Bella vide Edward sulla porta che le guardava. Aveva
la faccia bianca ed era aggrappato alla porta come se avesse bisogno di
sostegno. Si inchinò educatamente alla Regina, ma mantenne la presa.
Non appena entrarono a casa, Edward afferrò Bella in un abbraccio feroce.
Le baciò tutto il viso mentre parlava, scandendo ogni parola. «Oh, Bella,
grazie a Dio», sussurrò. «Grazie a Dio. Pensavo avessero preso anche te… grazie
a Dio sei salva.»
«Che è successo?» gridò Bella.
«Anne è stata arrestata di nuovo», disse Edward. «L’hanno presa a un
incontro di studi biblici. Ed Emmett…»
La voce di Rosalie era piccola. «Emmett?»
Edward chiuse gli occhi. «Anche Emmett è stato preso.»
Rosalie barcollò. «No.»
«Mi dispiace, mi dispiace veramente.» Edward soffocò un’imprecazione. «Glielo
avevo detto. Quel dannato stupido.»
Rosalie barcollò verso le scale, una mano davanti a lei come se fosse
cieca. Trovò il caposcala e lo usò per appoggiarsi prima di crollare sulle
scale. «Non può essere. Non può.»
«Dove li hanno portati?» chiese Bella.
«Sono entrambi di sangue aristocratico. Li hanno portati alla Torre.»
«Dobbiamo andare a Londra», disse Bella. «Possiamo affittare qualcosa lì
vicino. Avrà bisogno del nostro aiuto, Edward. E anche Anne.»
La voce di Edward era gentile, ma ferma. «Bella, devi accettarlo. Non c’è
speranza per Anne. Forse riusciremo a tirare Emmett fuori di lì, ma lei non cederà.
Lo sai che non lo farà.»
Bella arretrò mentalmente. «Ma la bru…» non riusciva neanche a dire la
parola.
Lui le baciò la fronte e appoggiò la
guancia sulla testa di lei. La tenne stretta, come se sentisse che avrebbero
potuto strappargliela dalle braccia in ogni momento. «È così, Bella. Che Dio
l’aiuti, penso sia quello che vuole.»
Era il cuore della notte, ma la casa di Hampstead Heath era illuminata e
ronzava di attività frenetiche. I domestici impacchettavano per il Duca e la
Duchessa, lo stretto necessario, li aveva istruiti il Duca. Misero sotto chiave
le cose di valore che non portavano via e coprirono con drappi tutti i mobili
rimasti.
Bella prese Ward e lo avvolse in una coperta. L’aria della notte era
piena di miasmi pericolosi, le avevano detto, pericolosi per i fragili umani
come suo figlio. Lo portò alla portantina. Edward seguiva con la piccola
Elizabeth su un braccio e Margaret nell’altro. La piccola Elizabeth si
strofinava gli occhi e si lamentava per essere stata svegliata, ma suo padre
non rispose. Rosalie si trascinava dietro, pallida come un fantasma.
Salirono sulla portantina e Edward bussò sul soffitto per far sapere ai
portatori che erano pronti ad andare. Bella era tra le braccia di Edward e si
aggrappava ai suoi figli. Stavano andando verso l’ignoto, forse rischiando la
loro stessa vita, e il futuro dei loro figli se fossero stati loro stessi
accusati e privati dei diritti.
La piccola Elizabeth si era accoccolata con Margaret. Qualunque fosse il
loro futuro, Bella sperava che sarebbero rimasti assieme. Ebbe l’orribile
visione dei suoi figli sparpagliati tra lontani parenti, che li avrebbero
sentiti come fardelli per il costo che avrebbe richiesto mantenerli come
richiedeva il loro rango.
Dovevano davvero farlo? Dovevano rischiare tutto per Emmett? Sapeva che
Emmett avrebbe ordinato loro di salvarsi e lasciarlo al suo destino, ma come
potevano fare una cosa simile? Il male si era presentato alla loro porta e
aveva strappato via uno di loro. Potevano rannicchiarsi per la paura e lasciare
che il male facesse il suo corso, che portasse via uno della loro famiglia
senza combattere?
Inclinò la testa per guardare Edward e lui si chinò per baciarla. Aveva
così paura. Era così orribilmente spaventata. E non c’era nessuno che potesse
aiutarli. Nessuna arma sicura contro questo male.
Uno degli amici di Edward aveva una casa libera vicino a Tower Hill e
Edward gli aveva spedito una nota, avanti al loro convoglio, per chiedere se
poteva affittarla per un periodo indefinito di tempo. L’assenso arrivò nel
momento stesso in cui loro arrivavano alla casa, e il messaggero recava la
chiave.
Bella scelse una piccola stanza al piano di sopra per i bambini e i
domestici tirarono fuori i giacigli per loro. Diede ad ognuno un bacio e
rimboccò loro le coperte. «Torno presto,» disse lei.
«Madre, cose c’è che non va?» chiese la piccola Elizabeth.
Non voleva che i bambini sapessero. Non voleva causare ancora altri
incubi, o far sapere ai bambini che il loro mondo non era così sicuro come loro
immaginavano. «Io e tuo padre andiamo a fare visita a un amico» disse lei.
«Dormi, adesso, amore.» Elizabeth sbadigliò e strinse Margaret al petto. Bella
uscì dalla stanza, fermandosi a dare loro un’ultima occhiata prima di chiudere
la porta.
Di sotto, i domestici lavoravano alacremente sistemando i mobili e
cercando di rendere la casa familiare. Bella sorrise loro, toccata dai loro
sforzi. Doveva dire a Edward di dar loro un bonus.
Edward aspettava nell’ingresso quando scese le scale. Le prese la mano e
gliela baciò. «Mia amata sposa», disse piano. «Devo provare a dirti più spesso
quello che significhi per me. Tu sei il mio mondo, Bella. Tu sei il mio tutto.
E io ti amo più di quanto pensavo fosse possibile.»
Lei gli mise le braccia al collo. «Questo non è un addio», gli disse lei.
«Lo so, ma nel caso…»
Uscì con lui verso la portantina in attesa. Rosalie era già dentro. Non
era neanche scesa per entrare in casa. Era troppo impaziente di andare da
Emmett. Non parlò per l’intero viaggio, anche se a volte, i suoi occhi erano
chiusi e le sue labbra si muovevano, come se pregasse.
La portantina attraversò le strade mentre il sole sorgeva all’orizzonte.
Londra si stava svegliando. I vasi da notte venivano svuotati dalle finestre, e
quelli educati urlavano «Gardyloo!»** prima di svuotare il contenuto.
Lavoratori e apprendisti si affrettavano per le strade verso le loro botteghe,
banchi e venditori cominciavano a tirare fuori le loro merci e le prostitute
tornavano a casa, finito l’orario di lavoro. Mentre si avvicinavano alla Torre,
Bella vide persone sulla riva del fiume, che frugavano nel fango alla ricerca
di qualcosa di valore.
Quasi arrivati al cancello della Torre, Bella vide emergere una figura
familiare. «Sir Bridges!» gridò.
«Bella?» Sir Bridges era così sorpreso che tutti i pensieri di titoli e
inchini erano momentaneamente dimenticati. «Da dove venite?»
«Siamo qui per visitare mio fratello», disse Edward.
Sir Bridges scosse la testa. «Non siete stati a palazzo stasera?»
«No.»
«Potete portarmi a vedere la Regina?»
«Immagino di sì», disse Bella. «Ma perché?»
«Devo vedere la Regina», insisté Sir Bridges. «Vi prego, vi porterò a
vedere il Visconte appena torniamo, ma io devo vedere la Regina.»
Bella fece un gesto verso la portantina. «Venite.»
Salì, e Edward ordinò ai portatori di andare al palazzo il più
velocemente possibile. «Ora», disse lui con quella che Bella pensava come la
sua ‘Voce da Duca’, una voce autorevole, a cui si doveva obbedire.
«Ditemi di cosa si tratta.»
«Vostra grazia, io so a malapena cosa dire. Io…»
«Cominciate dall’inizio», ordinò Edward.
Bridges chiuse gli occhi. «Hanno portato dentro la signora Askew con
vostro fratello, ma mentre lui è staro mandato a un confortevole alloggio, Anne
è stata portata nei…» Si fermò e si strofinò le tempie. «Sono venuti il Vescovo
Bonner e il Cardinale Pole. Mi hanno ordinato di metterla sulla ruota, vostra
grazia.»
Bella ricordava con nauseante chiarezza quando Edward aveva detto a
Emmett che avrebbero cambiato la legge perché fosse loro permesso di torturare
quelli di sangue nobile. Per quello che ne sapeva, la legge non era cambiata,
ma Anne la stavano comunque torturando.
«L’ho messa sulla ruota una volta, ma quando è svenuta mi sono fermato.
Non potevo torturare una donna, e di sangue aristocratico, per di più. Gli ho
detto che era sbagliato e che non l’avrei più fatto, così Bonner ha buttato via
la tonaca e l’ha fatto lui stesso. Devo andare dalla Regina. Lei li fermerà. So
che lo farà.»
«Perché?» gemette Bella. «Perché le stanno facendo del male?»
Bridges incontrò i suoi occhi. «Vogliono che faccia il nome dei compagni
di fede, vostra grazia. Nobili compagni di fede. Hanno provato a farle
ammettere che voi eravate una delle sue seguaci.»
«Io?» disse debolmente Bella.
«Sì, Bonner e Pole sono convinti che voi siate segretamente un’eretica.»
Belle emise un debole suono, quasi un guaito e nascose il volto nel collo
di Edward.
«Non hanno in mano abbastanza da accusarvi», continuò Bridges. «Per questo
speravano che lei vi accusasse. Gardiner ha provato a costruire un caso contro
di voi fin da quando siete diventata dama di compagnia della Regina. Uno dei
preti della vostra parrocchia era un suo amico e aveva fatto delle… accuse.»
«Padre Jacob», disse Edward. Si sentiva nauseato, nauseato fin dentro
l’anima. Sapeva che a Padre Jacob non era mai piaciuta, ma non avrebbe mai
immaginato che sarebbe arrivato al punto di volerla uccidere.
«Sir Bridges, perché non mi avete detto prima tutto questo?» chiese
Bella.
«Perché non sapevo se eravate colpevole», disse lui. «Potevate essere
un’eretica. Ma li ho visti là dentro, provare a costringere la signora Askew a
dire il vostro nome, che fosse vero o no, e mi sono reso conto che non stavano
cercando di liberare la nostra terra dall’eresia. Stavano cercando di eliminare
un nemico.»
«Lei cederà», disse Edward con voce sorda.
Bridge scosse la testa. «Non ne sono sicuro.»
La portantina si fermò alle porte del palazzo e Bridges saltò giù. Bella
e Edward scesero più lentamente. Bella non voleva vedere la Regina. Non voleva
parlare con lei. Voleva correre a casa con Edward e nascondersi a Cullen Hall.
Maria sapeva delle sue accuse? A questo si riferiva quando aveva detto che non
si curava di chi parlava male di lei?
Bella prese un profondo respiro e drizzò le spalle. Doveva solo sperare
che l’affetto che Maria aveva per lei fosse sufficiente a salvarla. Lei e
Edward entrarono insieme nel palazzo, la mano nella mano.
Note storiche
-
Maria andava veramente in mezzo alla gente come descritto, Jane Dormer
al suo fianco a prendere nota dei bisogni delle persone che incontravano.
Raramente veniva riconosciuta. Pagò la scuola a bambini poveri e predispose per
apprendistati. Strapazzò a dovere anche Rochester quando scoprì che non pagava
appropriatamente per le vettovaglie e gli disse che doveva pagare tutto il
dovuto entro la mattina successiva.
-
* “Semplici” era il nome con cui venivano chiamate le erbe officinali.
Erano viste con sospetto e disprezzate dalla comunità medica. Le sole erbe, o
quasi, che medici e chirurghi usavano, erano i “vescicanti”, pozioni che
provocavano vesciche sulla pelle che “portavano fuori” gli umori cattivi.
-
** “Gardyloo” probabilmente viene dalla frase francese “Garde
l’eau”, ovvero “Attenti all’acqua!”
-
Anne Askew fu torturata perché Gardiner (sì, lui) voleva che facesse i
nomi della Regina Katherine Parr e di Catherine Willoughby (la matrigna di
Edward in questa storia). Anche con Enrico ormai morente, si continuava a
intrigare e complottare per deporre la sua sesta Regina.
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Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
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Capitolo 33
Bella e Edward si affrettarono lungo i sinuosi corridoi del palazzo, Sir
Bridges dietro di loro. Rosalie era rimasta nella portantina. Non aveva dato
loro nessuna spiegazione, ma Bella sapeva perché. Non aveva pazienza per questa
deviazione.
Raggiunsero gli appartamenti della Regina e furono annunciati. «Voi chi
siete?» chiese il maggiordomo a Sir Bridges, ritenendolo, per i suoi vestiti
rustici, una persona di basso ceto.
«Sir Bridges, luogotenente della Torre», disse Bella gelando il
maggiordomo con lo sguardo.
«Sir…» cominciò lui, ma Bella lo interruppe.
«Dov’è la Regina?» chiese. Maria non era sul suo trono, anche se quelli
che ciondolavano nella sala erano ancora chinati verso quello, quando
passarono, un segno dell’autorità reale di per sé.
«È a messa, vostra grazia.»
«Maledizione,» borbottò Bella. «Venite, Sir Bridges. Da questa parte.»
La Regina stava uscendo dalla cappella mentre Bella, Edward e Sir Bridges
si avvicinavano. Sir Bridges si buttò in ginocchio mentre Bella e Edward si
inchinarono.
Maria sbatté gli occhi e li guardò di traverso, con quello sguardo
penetrante che sgomentava chiunque non la conoscesse. «Sir Luogotenente?»
chiese. Bella era impressionata che se lo ricordasse.
«Sì, vostra maestà», disse lui.
La Regina guardò Bella e Edward confusa. «Cosa vi porta da me?»
«Mi trovo nella necessità di essere perdonato da voi, vostra maestà»,
disse Sir Bridges. «Ho rifiutato di adempiere ai miei doveri.»
«In che modo?»
«Il Vescovo Bonner e il Cardinale Pole mi hanno ordinato di mettere alla
ruota un prigioniero, ma io non posso più farlo», continuò Sir Bridges. «Non
posso torturare una donna, e per di più di sangue gentile. Dato che io mi ero
rifiutato, il Vescovo Bonner ha mandato lui stesso la ruota.»
«Una donna?» Guardò Bella, come alla ricerca di una conferma.
«Sì, vostra maestà», continuò Bridges. «Una certa signora Anne Askew.»
«Bella, è la tua cameriera!» esclamò Maria.
Bella annuì. Non si fidava della sua voce, a parlare.
«Maestà, voi dovete impedire tutto questo,» disse Edward. «Il popolo penserà
male se una donna viene…»
«Non presumere di potermi dire ciò che devo fare, cugino», disse Maria
tagliente.
Edward si chinò. Bella vedeva la vena pulsare di lato alla sua gola. «Le
mie scuse, vostra maestà.»
Maria sembrava offesa. «Ritornate ai vostri doveri, Sir Bridges», disse
lei. «Avete il mio perdono per il vostro rifiuto.»
Sir Bridges lanciò un’occhiata al viso di lei e le sue spalle si
afflosciarono. Si inchinò e arretrò per il corridoio, lasciando Edward e Bella
da soli con la Regina e Jane Dormer.
Jane ghignò a Bella. «Ho sentito di quella donna», disse. «La chiamano la
Fiera Evangelista.»
«Te ti chiamano ‘il ghiro’», disse Bella. «Anche questo nomignolo è azzeccato?»
La faccia di Jane si imporporò e i suoi occhi lanciavano coltelli a
Bella. O non sapeva che le cameriere la chiamassero così alle spalle o era
furiosa che Bella lo avesse menzionato. Bella non lo sapeva, e al momento non
poteva importarle di meno.
«Il cardinale deve avere delle buone ragioni per fare ciò che sta
facendo,» rifletté Maria.
Edward prese un profondo respiro. «Vostra maestà, possiamo parlare in
privato?»
Maria fece un gesto verso il corridoio vuoto. «Siamo soli, Edward. E puoi
dire tutto di fronte a Jane.»
Edward non aveva tutta la fiducia in Jane che sembrava avere la Regina,
ma non aveva molta scelta. Doveva fermare tutto questo, in un modo o in un
altro. «Ha preso di mira la mia famiglia, vostra grazia.»
Maria sbatté gli occhi rapidamente. «Cosa?»
«Emmett era con lei quando è stata presa. Anche lui è stato arrestato, e
langue nella Torre mentre parliamo. Bonner ha interrogato Anne a proposito
della fede di Bella.»
«Bella?» Maria scosse la testa. «No, questo è ridicolo. Deve essere stato
ingannato da voci di persone oziose e confuse. Niente paura, cugino. Vedrò io.»
Bella rilasciò il respiro che inconsciamente aveva trattenuto. «Vostra
maestà, posso essere esentata dal vostro servizio per oggi?»
Maria fece un gesto con la mano. «Andate. Ma stai attento con tuo
fratello, cugino. Temo possa essere stato ingannato dall’eresia, e se questo è
vero, non puoi fidarti di lui. E quella sua moglie…» Maria arricciò il
naso. «Sapevo che c’era qualcosa che non andava in lei!»
Bella scosse la testa confusa. «Cosa ha fatto la Viscontessa?» Ieri Maria
era stata gentile con Rosalie quando erano andate al villaggio. Cosa era
cambiato?
Maria si guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad
ascoltare. «Avevo sentito delle voci, naturalmente. È per questo che l’ho
designata come una delle mie dame, così da poterla tenere sott’occhio. Non
avrei lasciato mettere le corna da becco alla carne della mia carne. Ma ora lo
so per certo. Mi hanno dato il rapporto stamani. Il prete della sua parrocchia
è stato bruciato come eretico, e gli sono state fatte delle domande su di lei
prima dell’esecuzione. Ha testimoniato che era stata svergognata come puttana
di fronte all’intera congregazione. Era lo scandalo del villaggio, e così la
moglie del prete la mandò via.»
«Una puttana?» chiese Edward. «Intendete che lei…»
«Vendeva il suo corpo!» sibilò Maria.
Povera Rosalie! Pensò Bella. Cosa l’aveva portata a una tale disperazione?
«Emmett vorrà scacciarla, naturalmente», disse Maria. «Ho già parlato col
cardinale. Ci aiuterà a velocizzare l’annullamento.»
«Parlerò con lui», disse Edward. Sembrava frastornato.
Bella si inchinò profondamente. Maria le prese la braccia e la fece rialzare
con un bacio sulla fronte. «Dio sia con te», disse, e sorrise affettuosamente a
Bella. Bella le rese il sorriso, ma non il sentimento. Finora, la Regina
credeva alla sua ortodossia, ma per quanto tempo se Banner e Pole avessero
lavorato a persuaderla del contrario? Maria si fidava di Pole in tutto e per
tutto.
Presero una chiatta sul fiume dal palazzo verso la Torre. Bella ricordava
quel lungo e doloroso viaggio con Bess, con i suoi luminosi capelli Tudor che
fluttuavano, come una bandiera per il popolo perché sapesse quanto le stava
accadendo.
Passarono sotto il Ponte di Londra, sempre un’impresa rischiosa quando la
marea rifluiva. Si creavano delle rapide attorno ai pilastri del ponte e era
necessaria una certa abilità per guidare la chiatta attorno a queste. A volte
una chiatta veniva presa dalle rapide e si schiantava contro il ponte, andando
in pezzi e scagliando gli sfortunati occupanti nel fiume.
«Emmett!» gridò Rosalie.
Bella aveva paura di guardare, spaventata di seguire la direzione del
dito di Rosalie fino alla testa mozzata di Emmett su una picca, lungo il ponte
insieme alle altre, come ammonimento ai traditori. Ma Rosalie indicava la
strada che fiancheggiava il fiume. Bella vide una testa di ricci scuri che
svettava di quasi un piede sul resto della folla, e gridò, «Ferma! Fermate la
barca!»
Il vogatore la guardò come se fosse diventata matta. «Emmett!» gridò
Rosalie mettendo le mani a coppa intorno alla bocca. Il capo-voga, che batteva
sul tamburo per dare il ritmo ai rematori, la aiutò picchiando sul tamburo in
modo da attirare la sua attenzione. «È là! È fuori! Accosta la barca!» gridava
Bella.
«Vostra grazia, non c’è approdo…»
«Non mi importa! Portaci a riva!»
«Fa’ quello che dice», confermò il Duca.
La grossa chiatta era difficile da manovrare. Dopo qualche minuto , i
vogatori a remare impacciati e il timoniere a lavorare col suo palo,
riuscirono a dirigere la chiatta verso l’argine. Rosalie saltò nella distesa di
fango sulla riva del fiume. Perse una delle sue scarpe, risucchiata dalla
melma, ma continuò a correre a riva gridando il nome di Emmett. Gli uomini
sulla chiatta la guardavano a bocca aperta, e un giorno avrebbero detto ai loro
bambini che avevano visto una Viscontessa correre scalza nel fango sull’argine
del Tamigi.
Edward mise un braccio alla vita di Bella e saltò con lei, spingendo sul
bordo della chiatta con le sue gambe potenti, muscolose per gli anni a
cavalcare e giostrare. Cercò di evitare più fango possibile e fece in modo di
tenere entrambe le scarpe. Posò Bella sulla solida terra e corsero da Rosalie
sullo spazio erboso tra l’argine e la strada.
Emmett li aveva visti e si stava dirigendo verso di loro. Si incontrarono
sull’erba e si abbracciarono tutti e quattro.
«Emmett, idiota, grazie a Dio sei libero», disse Edward. Diede un pugno a
Emmett sulla spalla mentre allo stesso tempo lo abbracciava. «Tu incosciente,
avventato testa vuota!»
«Ti hanno fatto del male?» pianse Rosalie. Gli passò le mani sulle
braccia come ad assicurarsi che fosse tutto intero. «Emmett, Emmett, oh Dio, ti
amo.»
L’espressione scioccata di Emmett si trasformò in gioia. «Davvero? Oh,
Rosie, davvero?»
«Davvero, davvero», singhiozzò lei. «Ti amo così tanto.»
Emmett la sollevò da terra finché i loro visi furono allo stesso livello,
e poi la baciò, la baciò con una passione selvaggia che fece boccheggiare i
curiosi che si erano assiepati.
La rimise giù e le asciugò le lacrime dalle guance col polsino del suo
farsetto di velluto. I suoi occhi brillavano. «Ti amo, Rosalie, Viscontessa
Lisle. Ti amo con tutto il mio cuore e la mia anima, fino all’ultimo respiro
del mio corpo.» La baciò di nuovo al suono degli applausi e gli evviva dei
rematori e della folla. Rosalie si rese conto alla fine che avevano un pubblico
e arrossì, chinando la testa. Emmett la prese tra le braccia e fece un cenno
verso la strada. «Andiamo in quella taverna laggiù, così potremo sederci e
parlare.»
Dentro, Emmett ordinò una birra leggera e una ciotola di spezzatino, il
suo appetito robusto anche nella peggiore delle crisi. Bella e Edward
ordinarono birra dal servile proprietario, che avrebbe cambiato il nome della
taverna in «Le braccia del Duca» appena dopo la loro visita, per ostentare il
fatto che la sua osteria aveva ospitato la nobiltà.
«Come mai sei libero?» chiese Edward, dopo aver indotto con gentilezza il
proprietario a lasciarli in pace con le loro birre e con il pasto di Emmett.
Lui e sua moglie sarebbero rimasti in piedi al tavolo a riempire i boccali ad
ogni sorso se non avessero insistito, il più gentilmente possibile, che non
avevano nessuna necessità di quel servizio. Bella diede alla moglie dell’oste
alcune monete e le chiese di andare a comprare delle scarpe per Rosalie.
Emmett posò il suo boccale. Arrossì leggermente e inchiodò lo sguardo al
tavolo. «Ho giurato che ero un buon cattolico che riconosce ognuno dei
sacramenti. Mi hanno interrogato, ma io ho insistito che concordavo in tutto e
per tutto con la chiesa. La mia Bibbia è in latino, quindi non ho infranto
alcuna legge. Tutto quello che hanno contro di me è che ero presente
all’incontro. E nessuno poteva testimoniare che avessi detto qualcosa di eretico.»
«Hai fatto bene», disse Edward.
«Troveranno qualcuno», disse Emmett, disegnando col dito in un po’ di birra
che era caduta sul tavolo. «Se dovranno cercare sul serio, troveranno qualcuno.
E allora dovrò ammettere tutto o dargli del bugiardo. Ho già giurato il falso,
il che già mi mette a disagio con la mia coscienza, ma giurare che un altro
uomo sta dicendo il falso…» Emmett scosse la testa. «Io sono un codardo, e
probabilmente sarò dannato per aver negato il mio Signore, ma non condannerò un
altro per aver detto la verità.»
«Tu non hai negato il tuo Signore.» Bella mise la mano sulla sua. «Come
dice Bess, c’è un unico Gesù, il resto sono dispute sulle inezie.»
Edward abbassò la voce. «Tu pensi che Bess sia contenta di andare a
messa? Ovviamente no. Ma restare vivi è più importante.» Abbassò la voce ancora
di più, finché fu solo un sussurro che faticavano a sentire. «Il vento può
cambiare.» Era tradimento immaginare la morte del monarca, e anche se Maria
aveva riportato la definizione di tradimento a ciò che era prima che suo padre
cadesse sotto l’incantesimo di Anna Bolena, avrebbe comunque potuto essere
decapitato se qualcuno avesse origliato quelle parole.
«Se avessi più coraggio…» rifletté Emmett.
«Allora che faresti? Moriresti per come chiamare un pezzo di pane?
Lasceresti una vedova e una figlia senza padre? Ti faresti confiscare titolo e
terre e le lasceresti senza un penny?»
Emmett gli scoccò uno sguardo tagliente. «Tu non le abbandoneresti.»
Edward sospirò. «Certo che no. Ma le prospettive di matrimonio di tua
figlia sarebbero molto peggiori senza la sua dote. E Rosalie …»
Rosalie sussurrò, «Tu non puoi lasciarmi, Emmett. Non puoi.»
Edward all’improvviso ricordò l’ultima parte della conversazione con la
Regina. «Ho delle cattive notizie che dovrei condividere con voi.»
Tutti e due lo guardarono con occhi imploranti. Non sapeva se speravano
che ne parlasse più tardi o se speravano che dicesse loro che, di qualunque
cosa si trattasse, lui l’avrebbe sistemata per loro. Lui si passò la mano tra i
capelli, incerto su come dirlo. «Rosalie, certe… spiacevoli…» La sua voce si
spense mentre guardava Bella alla ricerca di aiuto.
«Rosalie, la Regina sa della tua vita al tuo villaggio natale,» disse
Bella. «Si aspetta che Emmett chieda l’annullamento e sta provando a
facilitarlo.»
Rosalie fissò Bella per un momento e poi i suoi occhi rotearono
all’indietro. Svenne, e avrebbe sbattuto la faccia sul tavolo se Emmett non
l’avesse presa in tempo. Le diede dei colpetti sulle guance ceree. «Per la
croce, Bella! Cosa ci può essere di così orribile?»
La moglie dell’oste era appena tornata con le scarpe per la Viscontessa.
La vide afflosciarsi e strillò allarmata. Prese un panno che aveva bagnato
nell’acqua e una fiala di aceto da dietro il banco. Bella accettò il primo ma
declinò la seconda, sapendo che era meglio che Rosalie si svegliasse
naturalmente piuttosto che traumatizzarla con la puzza di aceto nelle narici.
Accettato il panno umido e allontanata la moglie dell’oste, passò con
gentilezza il tessuto fresco sul viso di Rosalie. «Ha avuto tempi difficili,
Emmett», disse piano Bella. Emmett la guardava senza espressione e poi
lentamente capì quello che Bella gli stava dicendo. Guardò la moglie esanime
prima con shock, poi con orrore, poi con pietà. Bella era contenta che Rosalie
fosse svenuta, perché avrebbe potuto fraintendere quella reazione.
«Non mi meraviglia che fosse così avida», disse Emmett, come se i pezzi
del mosaico fossero andati tutti al loro posto. Diede di nuovo un colpetto alla
sua guancia e Rosalie cominciò ad aprire gli occhi. Gemette piano. Sembrò
confusa per un attimo e poi gelò, la faccia bianca di terrore.
«Emmett? Oh, Dio, Emmett… avrei dovuto dirtelo, ma non potevo. Io…»
«Shh», disse lui. «Rosalie, non mi importa. Be’, voglio dire, mi
importa, perché mi dispiace che tu abbia dovuto passare tutto questo, ma
questo non cambia quello che sento per te. Sei mia moglie e mia moglie
resterai.»
Rosalie si aggrappò a lui. «Non mi odi?»
«No.» Le fece un piccolo sorriso. «Preferirei che non lo facessi di
nuovo, ma non intendo accusarti per quello che hai fatto prima che fossimo
insieme. Anch’io non sono stato un campione di castità.»
«Voglio cambiare», sussurrò Rosalie. «Non voglio essere la persona che ero
prima che nascesse Margaret.»
«C’è sempre perdono per coloro che lo chiedono, Rose. E la persona che
sei adesso? Sono orgoglioso di avere una donna così gentile e generosa come mia
Viscontessa.»
«Tu non sai tutto!» pianse lei. Guardò Bella e Edward per includere anche
loro. «Nessuno di voi lo sa! Non potrò mai rimediare a questo! Mai!»
«Allora continua a lavorarci», disse
Emmett. «Ancora meglio, ci lavoreremo insieme.»
Era quasi mezzanotte, una notte di novilunio, buia e silenziosa. Londra
dormiva tranquillamente. L’unico suono era l’acqua che lambiva le scale di
pietra mentre una donna con un mantello e incappucciata si avvicinava al
cancello della Torre, la faccia nascosta dall’ombra. Aveva due bambini per
mano. Sir Bridges aprì il cancello e senza parlare la fece entrare. Passarono
sul Green come fantasmi, i passi silenziosi sull’erba.
Sir Bridges aprì una semplice porta di legno e la donna scivolò dentro.
Scesero i gradini di pietra illuminati dalle torce e andarono lungo l’umido
corridoio a volta fino a fermarsi di fronte a un’altra porta. Questa aveva una
piccola fessura al centro e una piccola finestra con le sbarre in cima. Lui la
aprì ed entrarono.
Anne Askew giaceva su un mucchio di paglia nell’angolo, con indosso solo
la sottoveste. L’avevano spogliata prima di metterla sulla ruota e non le
avevano mai ridato i vestiti. Trasalì alla luce e voltò il viso verso il
pavimento. Non poteva neanche alzare il braccio per schermarsi gli occhi, ma le
avevano comunque incatenato la caviglia al muro, come se potesse scappare.
Bella tirò indietro il cappuccio e spinse avanti i bambini. «Anne,»
disse. «Anne, guarda.»
Anne guardò. Sbatté gli occhi. Sbatté gli occhi di nuovo. E poi un
morbido grido angosciato le uscì dalla gola.
I due bambini fecero per correre dalla loro madre, ma Bella li trattenne.
«Ascoltatemi» disse. «Vostra madre è ferita. Dovete stare molto attenti con
lei.»
Tutti e due i bambini annuirono. Si avvicinarono e si inginocchiarono.
«William», sussurrò Anne. «Martha. Venire tutti e due, datemi un bacio.»
I bambini obbedienti baciarono la loro madre sulla guancia. Anne sorrise
tra le lacrime. «Pensavo che non vi avrei mai più rivisti, in questo mondo. Oh,
Martha, sei così bella. E tu, William, bontà divina, sei proprio un bellissimo
gentiluomo.»
I bambini si sedettero sul pavimento a fianco alla loro madre e la
aiutarono a recuperare tutto ciò che le era mancato da quando era stata buttata
fuori di casa. Kyme, c’era da dire a suo credito, non aveva evidentemente
tentato di avvelenare le menti dei figli a proposito della loro madre. Aveva
detto loro che la madre era in visita da amici. Si erano lamentati della sua
assenza, ma per il resto sembravano in salute e ben curati. Bella cercò di
restare il più possibile discreta durante la piccola riunione familiare.
Dopo il processo di Anne, Bella aveva mandato due dei domestici di Edward
a prendere i figli di Anne. Lei era la Duchessa e aveva il diritto di convocare
chiunque alla sua presenza, dalle sue terre. Così aveva mandato un ordine
scritto perché William e Matha Kyme si presentassero nella sua casa di Londra.
Kyme non poteva rifiutarsi di mandarli. Venne anche lui con loro, e anche se
Bella era sicura che sapesse cosa aveva intenzione di fare, non fece obiezioni.
Erano arrivati in serata, poco prima… appena in tempo.
«Bella», disse Sir Bridges dalla porta. L’aveva avvertita che sarebbe
stata una cosa breve.
«Mi dispiace, bambini, ma dobbiamo andare adesso. Baciate vostra madre e
salutatela.»
«Vi amo tutti e due», sussurrò Anne mentre uno alla volta la
abbracciavano piano. «Vi amo tanto. Non permettete a nessuno di dirvi il
contrario.»
«Ci manchi, madre», disse Martha. «Torna a casa presto, ti prego.»
Tutto quello che fece Anne fu un vago sorriso, mentre le lacrime le
rigavano il volto e li baciava entrambi un’ultima volta. Sir Bridges li portò
nel corridoio.
«Grazie, Bella. Dal più profondo del mio cuore, ti ringrazio», disse
Anne. Aveva il petto pesante e tremava per lo sforzo di non singhiozzare.
Bella si sedette a terra vicino a lei e tirò fuori il cesto che portava
in un braccio. Conteneva una coperta e un cuscino. Stese la coperta sul corpo
spezzato di Anne e le infilò il cuscino sotto la testa, più gentilmente
possibile.
«È quasi finita», disse Anne. Sarebbe stata bruciata la mattina .
«Sì», disse Bella con la gola stretta. «Quasi finita.»
«Ti prego, non piangere per me, Bella.» Anne si voltò per guardare Bella
negli occhi.
«Mentre venivo qui, ho pensato alla notte che sei stata in piedi con me e
Edward, quando Ward aveva il Sudore. Non so se ti ho mai ringraziato per quello
che hai fatto per noi quella notte.»
«Mi avete ripagato molte volte di più, Bella, e soprattutto il regalo
straordinario che mi hai appena fatto, portandomi i miei figli, perché li
potessi vedere un’ultima volta. Dio ti benedica per questo. Tu non sai…» la
voce di Anne si spezzò. «Tu mi hai dato una casa e mi hai permesso di seguire
la mia coscienza. Il tempo con te è stato il più felice che abbia mai avuto. Io
non so cosa sei, ma sei una delle creature più prodigiose di Dio.
Bella sussultò. Anne sapeva. In qualche modo lo sapeva. «Sono una selkie»,
confessò.
«Ah», disse Anne con una piccola risata. «Sapevo che eri troppo buona per
essere umana.»
Bella tirò fuori una bottiglietta. «Voglio che tu beva questo», disse. «Quando
vorrai tu. Basta solo mezz’ora, senza dolore.»
La mano di Anne si avvolse intorno alla bottiglietta. La nascose sotto la
paglia. «Per favore, non venire,» le disse.
«I-io non voglio che tu ti senta sola.»
«Bella, io non sono mai sola.» Anne le sorrise, attraverso le lacrime che
le brillavano negli occhi. «Spero di vederti in cielo, un giorno.»
«Ci vedremo ancora», promise Bella. Si chinò e baciò la guancia ad Anne.
«Addio.»
«Addio.»
Bella si alzò e si rimise il cappuccio sulla testa, il suo viso scomparve
nell’ombra. Si fermò sulla porta per un ultimo sguardo e poi salì lentamente le
scale per riunirsi a Sir Bridges e ai bambini.
Edward la aspettava nella casa in affitto. Mancava qualche ora all’alba,
ormai. Andò dritta tra le sue braccia ed emise un singhiozzo tremante. La tenne
stretta nella sua afflizione, sostenendola quando le sue ginocchia cedettero
per la forza dei suoi singhiozzi e le diede l’unico conforto che poteva: il suo
amore.
«Voglio andare a casa», disse lei mentre salivano verso la loro camera.
«Non possiamo», disse lui, e lei sentiva quanto lo addolorasse
doverglielo negare.
«Odio tutto questo!» gridò Bella. «Odio tutto questo e odio lei!»
Ci voleva un sacco perché una selkie odiasse qualcuno, perché la loro
natura era gentile e tentavano sempre di trovare il buono negli altri, di
capire quando il dolore o la paura rendevano crudeli le persone, cercavano di
far guarire, di aiutare, di dare e di amare. Odiava quella sensazione. Era come
avere un sassolino bollente dentro il cuore, un nucleo bruciante di odio, e
sapeva che se non fosse riuscita a toglierlo di lì, si sarebbe fatto strada
fin dentro la sua anima.
Rimasero a letto fino a tardi, il mattino dopo, fino a dopo che Anne fu
portata al rogo su una sedia e incatenata sul posto perché il suo corpo
spezzato non poteva stare in piedi, fino a dopo che il fumo fu scomparso dal
cielo chiaro di primavera.
Note storiche
-
Sir Anthony Kingston (Bridges in questa storia) corse da Enrico VIII per
dirgli della tortura di Anne. Enrico graziosamente perdonò Kingston per aver
rifiutato l’ordine del suo cancelliere (Wriothesley) di mettere Anne alla
ruota, ma non diede ordine di fermare la tortura. Wriothesley, Bonner e
Gardiner si fermarono solo dopo aver storpiato Anne. Bonner provò a giocare al
poliziotto buono/poliziotto cattivo, parlando con gentilezza ad Anne dopo che
era stata scaricata sul pavimento (dove rimase, perché i suoi arti erano stati
strappati dalle articolazioni e non poteva quindi stare in piedi) cercando di
convincerla ad abiurare. Quasi ci riuscì. Verbalmente, Anne concordò su una
dichiarazione accuratamente vaga che Bonner pensava potesse essere accettabile,
ma quando gliela portò da firmare, lei prese la penna e scrisse in fondo che
lei credeva alla dottrina cattolica solo fintanto che concordava con la Bibbia.
Bonner furioso se ne andò sbattendo la porta.
-
L’aceto portato dalla moglie dell’oste veniva usato come i sali per far
riprendere dagli svenimenti.
-
I nomi dei figli di Anne Askew sembrano persi nella storia. Alcuni
libri, scritti secoli dopo la sua morte, affermano che avesse un figlio di nome
William, che ho scelto di usare in questa storia, ma il sesso o il nome del
secondo figlio è sconosciuto. Ho scelto che il secondo figlio fosse una
femmina, di nome Martha, come la sorella di Anne, che era quella che avrebbe
dovuto sposare Kyme, ma morì prima del matrimonio. Anne aveva un’altra sorella,
Jane, che era grande amica di Charles Brandon e Catherine Willoughby (il padre
di Edward e la sua matrigna in questa storia). Si dice che Isaac Newton
discendesse dalla sua famiglia.
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Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/34/The-Selkie-Wife
Capitolo 34
Edward si svegliò, boccheggiando, il petto madido di sudore. Guardò il
letto dalla parte di Bella e la vide che dormiva, coperta solo dai lunghi
capelli. Con gentilezza le scostò le ciocche dal viso e gliele mise dietro le
orecchie. Doveva guardarla per qualche attimo.
Fece dei profondi respiri, cercando di calmare il cuore che gli
martellava nel petto. Solo un sogno. Solo la sua mente che giocava con le sue
più grandi paure mentre dormiva. Scivolò fuori dal letto e si mise la
vestaglia, poi andò silenziosamente alla finestra. La aprì, rischiando i miasmi
della notte, ma aveva bisogno di un po’ d’aria fresca. Si sentiva soffocare.
La notte scorsa era stato il rogo. Aveva svegliato mezza casa con le sue
urla e poi l’aveva stretta così forte tra le braccia che lei aveva piagnucolato
a disagio. Stanotte, l’aveva vista languire a morte, ma stavolta, portarla
nell’acqua del mare non era servito a rianimarla, e lui aveva guardato i suoi
occhi vuoti e morti e sapeva che l’aveva uccisa lui, come se l’avesse fatto con
un coltello.
La situazione che si trovava a fronteggiare era intollerabile. Non sapeva
cosa fare, tranne pregare, e lo faceva un sacco in quei giorni. Perfino Maria
aveva notato la sua nuova devozione, perché era facile trovarlo nella sua
cappella nei giorni in cui Bella serviva a corte.
Per fortuna, c’era una luce all’orizzonte. Tramite Bess, aveva trovato e
ingaggiato due investigatori. Lei aveva giurato che se c’era anche un granello
di polvere su Padre Jacob, loro l’avrebbero trovato. Il prete andava zittito, e
a meno che Edward non volesse ucciderlo (qualcosa che in realtà aveva
considerato, ma non poteva scrollarsi di dosso l’idea che mettere la mano su un
uomo di chiesa, anche se vile come Padre Jacob, fosse un peccato mortale),
l’unico sistema era screditarlo prima che potesse rivelare quello che aveva
visto. Per fortuna finora, l’amore che Padre Jacob dichiarava di avere per lui,
lo aveva tenuto quieto. Ma per quanto?
Maria non avrebbe permesso loro di lasciare la corte. Era terribilmente
sola e spaventata anche dalla propria ombra, convinta che traditori e assassini
fossero in agguato ad ogni angolo. Aveva anche dichiarato che uno dei suoi
cappellani aveva tentato di ucciderla, ma nessuno di loro era stato arrestato o
interrogato in proposito, così Edward si chiedeva quanto fosse vero e quanto
fosse l’immaginazione di una donna angosciata e addolorata.
In quei giorni Maria lasciava raramente le proprie stanze, e aveva
ridotto il numero delle dame cui era permesso stare con lei. Erano rimaste solo
Bella, Jane Dormer e Susan Clarencieux, le sue dame più fidate. Alle cameriere
era permesso entrare a pulire solo quando Maria era nella cappella, il che
accadeva almeno cinque volte al giorno.
Solo a Edward e a un altro gentiluomo era concesso entrare nei suoi
domini privati. Maria aveva accennato a nominarlo per qualche posizione, ma lui
le aveva detto che non aveva bisogno di essere un funzionario della sua corte
per passare del tempo con sua cugina. In realtà, voleva stare con sua moglie,
che non aveva scelta in proposito. Maria era rimasta molto toccata dalla sue
parole e si era messa a piangere dopo averlo fieramente abbracciato.
Maria era tutta presa dal proprio dolore, ma era ancora abbastanza
percettiva da notare che qualcosa era cambiato tra lei e Bella, che era
cresciuta una distanza tra loro a cui Maria non sapeva come mettere riparo.
Bella si scusava dicendo che non stava molto bene, il che era la verità, se si
considerava quanto costasse quell’odio al suo spirito. Nel mondo di Maria,
l’affetto e la lealtà era qualcosa che si comprava, e così riempiva Bella di
regali: gioielli, vestiti del suo stesso guardaroba, libri di preghiere,
perfino un appezzamento di terra che era stato confiscato al Barone Tyler per
tasse non pagate (senza la dote di Alice, il Barone era in difficoltà
finanziarie). Bella doveva accettarli, e indossarli, anche (tutti e due
ricordavano come si fosse arrabbiata Maria quando Bess non aveva indossato i suoi
doni) e Maria era smisuratamente contenta di vedere Bella nei suoi vestiti,
quasi come una madre che veste la figlia col proprio abito da sposa. Almeno,
rifletteva Edward, Bella poteva indossare quei colori vivaci e fare una bella
figura.
Dire che Bella era infelice era un eufemismo. Lottava contro il peso di
quel piccolo, bruciante nucleo di odio che aveva preso posto nel suo cuore e
pensava che avrebbe quasi preferito languire che sentirsi così. Almeno, nel
languore, il suo cuore e il suo spirito sarebbero rimasti intatti. Si sentiva
inquinata da quell’emozione aliena e desiderava liberarsene in qualche modo, ma
sembrava che diventasse ogni giorno più forte, a dispetto dei suoi sforzi per
capire, per perdonare.
Non molto tempo prima, Bella aveva pensato che sarebbe andata da una
strega del mare per un incantesimo vincolante, se avesse avuto la sua
pelliccia. Ora pensava che era stato un desiderio di male. Molte streghe del
mare non consideravano di lanciare un tale incantesimo a causa dell’oscurità che
evocava. Era una cosa pericolosa, un desiderio di male. Se applicato a una
persona col cuore puro, il desiderio di male si ripercuoteva per tre volte su
chi lo aveva inviato. Bella non temeva che questo avvenisse, ma sapeva che solo
l’intento era sufficiente a spingerla verso una pericolosa oscurità.
Si era svegliata, adesso, mentre la brezza che proveniva dalla finestra
aperta gonfiava le cortine del letto e le solleticava la pelle. Trovò il letto
vuoto al suo fianco. Povero Edward! Era raro per lui passare una notte di sonno
tranquillo, in questi ultimi tempi. Il suo spirito era trascinato in basso
dalla paura e dalla disperazione. La addolorava vederlo così. Aveva avuto un
così breve periodo di felicità dopo essersi liberato dallo schiacciante dolore della
morte della sua prima moglie. Ed ora, aveva un fardello più pesante di prima.
Si alzò. «Edward?» disse piano.
«Sono qui, amore», replicò lui. «Vieni a vedere la luna con me. È bellissima,
stanotte.»
Bella trovò la sua vestaglia tra le lenzuola spiegazzate e la infilò,
allacciando gli alamari mentre scivolava via dal letto. Edward le mise un
braccio sulle spalle quando si avvicinò e entrambi si voltarono verso la bianca
sfera che brillava nel cielo. Argento e ombra tingevano il fiume e gli alberi
allineati sull’argine.
«La mia balia una volta mi disse che era fatta di formaggio fresco»,
disse Edward.
Bella rise piano. «Noi selkie diciamo che è ricoperta di neve, un mondo
freddo dove dimorano le anime di coloro che non possono rinascere.»
«Rinascere?»
Lei pensò al modo migliore di spiegarlo. «Noi non crediamo che le anime
vadano in posti come il paradiso o l’inferno dove restano per sempre. Noi
torniamo in un altro corpo e viviamo un’altra vita, ma quelli che sono gravati
dal male restano nelle Terre del Ghiaccio fino a quando capiscono in cosa
mancano. La tua gente crede che morire sia meglio che la vita, ma il nostro dio
vuole che i suoi figli vivano e amino in questo mondo che lui ha creato per
noi.»
«Mi piace,» disse Edward. Pensò alla sua povera piccola cugina, Jane
Grey, e sperò che fosse rinata in una famiglia di genitori amorevoli, piccola
nobiltà, magari, dove potesse essere educata di nuovo, ma le fosse permesso
avere un matrimonio d’amore, piuttosto che un espediente politico.
Probabilmente i suoi pensieri erano peccaminosi, ma non gliene importava.
«Noi troviamo di nuovo quelli che abbiamo amato,» disse piano Bella, gli
occhi fissi ancora sulla fredda luminescenza della luna. «Rinasciamo sempre
vicino a loro. Questa è una delle grazie di Dio per i suoi figli. E le nostre
anime le riconoscono istantaneamente, anche se non ci rendiamo conto perché ci
sentiamo così attratti o attaccati a quella persona.»
«Potremmo essere stati insieme prima, noi?» chiese Edward. Ricordò come i
suoi occhi si fossero fissati su di lei il giorno che la vide per la prima
volta, e come avesse cercato la pelliccia della donna dai capelli di zibellino
che aveva catturato la sua attenzione, tra le tre selkie che giocavano sulla
spiaggia.
«No, io credo che il nostro sia un nuovo amore, una nuova connessione»,
disse Bella. «Ho conosciuto altre selkie che cercavano la loro anima-cuore
perduta. Sentono sempre che manca qualcosa e non riposano finché non la
trovano.» Si voltò verso di lui e gli mise le braccia al collo. «Io non sapevo
che mi mancasse qualcosa finché non ti ho trovato. Adesso so che il mio cuore
non sarà mai più completo se tu non sarai al mio fianco.»
Lui la baciò, perché le parole non
erano abbastanza.
Era la settimana santa di Pasqua e Maria adempì a tutte le antiche
cerimonie che non si erano più viste dai tempi di suo padre. Il giovedì santo
lavò i piedi a quarantuno povere donne, una per ogni anno della sua vita (quei
piedi erano già stati lavati, strofinati e profumati tre volte da altri, prima
che la Regina si avvicinasse). Bella e Jane Dormer la assisterono. Bella teneva
la bacinella d’argento e Jane Dormer portava la brocca di acqua profumata.
Avevano entrambe degli asciugamani di lino sulla spalla, per rimpiazzare ognuno
di quelli che Maria usava per asciugare i piedi quando aveva finito.
Diede a ognuna delle povere donne una borsa contenente quarantuno penny,
insieme a dei doni e nuove vesti e scarpe. La donna più vecchia e più povera
ricevette la ricca veste porpora che Maria indossava durante il lavacro. Le sue
mani nodose accarezzarono il velluto con espressione di meraviglia, come se
fosse la cosa più morbida che avesse mai toccato.
Il venerdì santo, strisciò in ginocchio fino alla croce per baciarne la
base, come i monarchi d’Inghilterra avevano fatto per mille anni, finché l’età
e la malattia di suo padre non avevano interrotto la tradizione, e suo fratello
si era rifiutato di riesumare la pratica “papista” nel suo regno. Dopo Maria
distribuì gli anelli da spasmo, anelli d’oro e d’argento
benedetti dalla Regina (erano resi ancora più potenti dal fatto che Maria era
un monarca consacrato con l’unzione di suo diritto) e poi si incontrò con i
sofferenti di scrofola o, come era conosciuta, “il male dei re”. Si credeva che
il semplice tocco di un monarca unto potesse curare la malattia, e Maria aveva
assunto questo ruolo, premendo le mani spavaldamente sulle piaghe e pregandovi
sopra. Dopo, toccava le piaghe con quattro monete d’oro, bucate per essere
indossate in una collana come talismano. Maria era considerata particolarmente
santa, e così i suoi anelli e le sue benedizioni erano assai ambiti.
Con la primavera, il mare era di nuovo sicuro per navigare, ma lo stesso
il re non ritornava. Scrisse che il suo indovino gli aveva rivelato che
sarebbe stato in grande pericolo se si fosse trovato in Inghilterra durante il
1556, e finché non fossero stati trovati i traditori della Cospirazione di
Dudley, non si sentiva al sicuro a tornare.
«Un altro regalo», disse Edward mentre entrava in camera da letto pochi
giorni dopo la Pasqua.
Erano delle pezze di stoffa, di lana fine, tinte di un blu profondo.
Nella sua mente, Bella le destinò immediatamente ai poveri del villaggio. «Chi
è questa ‘Lady Tyler’ e perché continua a mandarmi della roba?» Ieri era stata
una cesta di dolci, il giorno prima ancora era stato un libro di preghiere
magnificamente decorato, con un’iscrizione a mano sulla copertina che lodava le
virtù di Bella.
«È la moglie del barone Tyler», disse Edward.
«Quell’uomo terribile che avrebbe dovuto sposare Alice?» chiese Bella. «Ha
trovato un rimpiazzo, eh?»
«Già. Gli ci è voluto un po’ per far annullare il suo fidanzamento con
Alice, ma alla fine ha preso moglie. È in difficoltà finanziarie, però. Lei non
aveva una dote grande come quella di Alice, e ha dovuto fare delle robuste
‘donazioni’ alla chiesa per accelerare il processo per liberarsi così da
potersi sposare.»
«Ma perché Lady Tyler manderebbe delle cose a me?»
Edward cercò nella cesta di stoffe e trovò una lettera. «Ah… Vediamo.
Scrive che tu sei conosciuta come una delle dame più gentili di Maria… la tua
bontà è conosciuta in lungo e in largo… la tua bellezza esteriore si abbina solo
alla bellezza della tua anima… Tralasciamo questa parte, che dici? A meno che
tu non ti stia godendo i complimenti.»
«Vai pure», disse Bella ironicamente. «La sta prendendo un po’ larga,
no?»
Lui guardò la lettera per un momento. «Ti prega di ottenere per lei
un’udienza con la Regina. Il Barone Tyler è stato arrestato. Era stato accusato
di aver preso parte alla Cospirazione di Dudley, ma è stato rilasciato subito
perché non c’erano prove a suo carico. Sfortunatamente, è lo stupido che ha
detto, in presenza di orecchie poco amichevoli, che quando ‘la sua vicina di
Hatfield’ fosse salita al trono, le avrebbe restituito le terre che aveva
perduto e gli avrebbe dato abbastanza soldi da pagare i suoi debiti.»
Bella trasalì. «Ha immaginato la morte della Regina.»
«Esattamente. Il babbeo.» Edward buttò la lettera sulla cesta. «Che dici,
moglie? Lady Tyler pensa che può convincere la Regina a rilasciarlo se ottiene
un’udienza con lei.»
«Mi sorprende che lo voglia libero», disse Bella. Sospirò e strofinò un
pezzo di lana tra le dita. Ce n’era abbastanza per fare vestiti nuovi per tutti
i bambini dell’ospizio di qui. «Immagino che non ci sia niente di male a
parlare con Maria per lei.»
Quel pomeriggio, mentre tornavano dalla cappella della Regina, Bella
tirò fuori la difficile situazione di Lady Tyler con Maria. Gli occhi della
Regina si ammorbidirono di compassione quando Bella spiegò che Lady Tyler
chiedeva un’udienza solo per impetrare il caso di suo marito.
Non aveva ancora finito quando arrivò un messaggero. Si inginocchiò di
fronte alla Regina e le porse la lettera sigillata. «Dal re, vostra maestà.»
Bella soffocò un sospiro. Il ciclo ricominciava. Gli occhi di Maria si
illuminarono e lasciò cadere una manciata di monete sul palmo del messaggero.
Tolse ansiosamente il sigillo e la sua faccia lentamente crollò. Bella non
aveva bisogno di leggerla per sapere cosa conteneva. Un’altra scusa di Filippo.
«Dio a volte manda cattivi mariti a buone donne», disse piano Maria, e
Bella seppe che non parlava solo di Lady Tyler. Seguì Maria nella camera da
letto e aiutò silenziosamente la Regina a svestirsi. Maria si metteva sempre a
letto dopo quelle missive, e oggi non faceva eccezione.
Per un’altra settimana Lady Tyler continuò a mandare regali e lettere
lusinghiere e speranzose, ma la Regina era sigillata nelle sue stanze, non in
condizioni di avere udienze con nessuno, e Lady Tyler alla fine dovette tornare
a casa, delusa.
Mentre era nel suo isolamento, la Regina continuava a fare il suo lavoro,
per quanto poteva tra gli attacchi di depressione che la tenevano a letto per
giorni. Bella era sempre più impaziente con la situazione e provò ad assisterla
come poteva, sistemando i documenti sulla sua scrivania in mucchietti in modo
che il poco tempo che Maria passava alla scrivania, fosse più produttivo
possibile: il mucchietto al centro era la routine, cose che avevano
semplicemente bisogno della firma della Regina, quello sulla destra erano le
cose urgenti che necessitavano dell’attenzione della Regina (e l’opinione di
Bella su quello che andava incluso in quel mucchio era a volte diversa da
quella del consiglio), il mucchietto sopra ancora erano petizioni e richieste
del popolo, la pila alla sinistra era corrispondenza estera dagli altri
monarchi, rapporti degli ambasciatori e simili.
Fu durante questa sistemazione che arrivò il messaggio del consiglio che
informava la Regina che alcuni domestici della Principessa Elisabetta erano
stati arrestati. Bella considerò per un attimo di gettare il messaggio nel
fuoco, ma con riluttanza lo consegnò alla Regina quando emerse dal letto il
pomeriggio successivo.
«Lo sapevo!» sibilò Maria. «Non c’è un intrigo in cui quella ragazza non
sia coinvolta!»
«Maestà, non c’è nessuna prova del coinvolgimento della Principessa», le
disse Edward.
«Certo che no», disse Maria tirando su col naso. «È troppo sveglia per
mettere qualcosa per iscritto.»
A Bella venne un’idea e il suo cuore cominciò a martellare
selvaggiamente. «Avete bisogno di qualcuno che la controlli, qualcuno di cui
possiate fidarvi.»
Maria annuì. «Ma chi? Chi potrei mandare, da poter essere sicura che sia
onesto con me?»
Bella prese tra le sue la mano della Regina. «Io potrei andare, se lo
desiderate. Credo di essere l’unica tra i vostri servitori a piacerle e di cui
si fidi.»
«Oh, ma Bella, mi mancheresti tanto…»
«Lo so», disse Bella con dolcezza. «Ma Hatfield non è così lontano.
Potrei venire in visita ogni volta che lo desiderate.»
La Regina sospirò. «Di certo vorresti portare Edward con te.»
Bella annuì. «Vostra maestà sa com’è dura essere separati dal proprio
sposo.»
Maria trasalì, ma concordò. Il cuore di Bella galoppava nel petto. La
speranza a volte può essere una cosa terribile. «Ci penserò», disse lei.
Poco meno di una settimana dopo, Maria ricevette una lettera da Filippo.
Stavolta la sua reazione furono lacrime tempestose di rabbia, piuttosto che di
dolore. Bella la lesse dopo che la Regina l’aveva gettata a terra e si era
diretta a passo di marcia nella sua stanza da letto. Freddo e professionale,
come se scrivesse a uno del consiglio invece che a sua moglie, Filippo ordinava
a Maria di cessare ogni investigazione sulla Principessa. Andava lasciata in
pace.
Maria avrebbe obbedito, come una moglie devota, ma questo le faceva
bollire il sangue. Bella pensò che forse poteva alla fine deviare la rabbia
verso suo marito, il che sarebbe stato un sollievo dopo tutte quelle lacrime e
quella depressione. Almeno, quando era arrabbiata, Maria era energica.
Filippo le aveva detto che non poteva toccare la Principessa Elisabetta,
ma poteva punire i suoi domestici. Erano stati mandati alla Torre insieme agli
altri traditori. L’astrologo di Elisabetta, John Dee, era sfuggito a malapena
da un’accusa di stregoneria quando un uomo lo accusò di lanciare incantesimi
maligni su Maria, e in seguito i figli dell’accusatore furono colpiti da una
malattia che li rese ciechi.
Maria posò il rapporto su Dee e si voltò verso Bella. «Vai», disse. «Hai
ragione. Mi serve qualcuno fidato che guardi mia sorella.» Sputò
l’ultima parola come se fosse un’imprecazione.
Gli occhi di Bella si riempirono di lacrime, lacrime di speranza e
sollievo e gioia, ma Maria le prese come un segno che Bella avrebbe sofferto il
fatto di allontanarsi da lei. Maria la baciò e sorrise. «Attenzione alle tue
stesse parole, Bella. Puoi tornare ogni volta che vuoi.»
Edward abbracciò Maria e le promise di scriverle ogni giorno, riportando
le attività di Elisabetta. Fu difficile restare per tutto il resto della
giornata con la Regina quando sarebbero voluti correre a casa e ordinare di
caricare subito i carri. Quella sera, quando furono finalmente liberi di andare
a casa, Edward e Bella si inchinarono e arretrarono dalla stanza educatamente e
poi cominciarono a correre come pazzi non appena la porta fu chiusa. Nella loro
stanze, fecero una pausa per un bacio appassionato e gioioso prima che Edward
ordinasse ai domestici di impacchettare tutto.
Non aspettarono i carri con le loro cose, e neanche la portantina con
Rosalie e Emmett con i bambini e Ellen. Presero i cavalli più veloci dalle
scuderie di Edward e partirono la mattina successiva per Hatfield. Corsero per
campi e boschi, ignorando le strade quando una via più diretta li avrebbe
guidati più velocemente, facendo tutte le venti miglia in un unico giorno.
Mentre si avvicinavano alla casa, videro una figura seduta sotto un enorme
quercia, che leggeva. Al rumore degli zoccoli che si avvicinava rapidamente, si
alzò, e Bella vide i capelli rosso oro sciolti sulle spalle. Bess!
Bess era lì, gli occhi scuri e sgranati per la paura, finché i cavalieri
furono abbastanza vicini da essere riconosciuti. «Bella! Edward! Per la sottana
di Dio, mi avete spaventato quasi a morte!»
Bella saltò giù dal suo cavallo esausto e afferrò Bess in un fiero
abbraccio. Bess rise e le diede un bacio schioccante sulle labbra. «Cosa vi
porta qui, cugini?»
Edward baciò Elisabetta e abbracciò insieme sua cugina e sua moglie. «L’estate
scorsa ci avevi invitati a stare qui. Spero che l’invito sia ancora valido.»
«Siete più che benvenuti!» dichiarò Bess. «Ma come siete riusciti ad
andarvene dalla corte?»
«Siamo venuti a spiarti!» disse Bella allegramente. «Quindi assicurati di
fare qualcosa di sospetto di tanto in tanto per giustificare la nostra presenza
continua qui.»
«Io faccio sempre qualcosa di sospetto», disse Bess ironicamente.
«Ma tutti questi arresti recenti hanno davvero dato una stretta alla mia rete
di spie.»
«Mi chiedo perché non hai scritto», le disse Edward. «Ho cercato invano
in ogni pesce che arrivava nella nostra cucina.»
Bess rise. «Dovrò scrivere più spesso. L’immagine di te che cerchi nella
gola di ogni pesce è troppo divertente.»
Quando i bambini arrivarono, la sera seguente, con Emmett e Rosalie,
festeggiarono con un banchetto nella sala da pranzo privata di Bess. Bess passò
anche un po’ di tempo con i bambini. In risposta al sopracciglio inarcato di
Edward, Bess spiegò, «Adesso parlano e camminano. Molto più interessanti di
prima.»
Quella notte, dopo che tutti furono andati a letto, Edward si unì a Bella
per una nuotata nel lago di Hatfield. E proprio come la notte che era stato
concepito Ward, unirono i loro corpi sotto la luce argentea della luna, una
celebrazione primaria della vita e della speranza.
Per il resto delle loro vite, Bella e Edward avrebbero pensato a Hatfield
come un luogo felice dove i loro cuori e le loro anime stanche potevano andare
per ristorarsi. Mentre i giorni e le settimane passavano, Bella era di nuovo
felice, e quel nucleo bruciante di odio nel suo cuore cominciò a raffreddarsi.
Anche se non scomparve, era almeno sopportabile, adesso, e non sentiva più
l’oscurità aggrapparsi alla sua anima.
I giorni ben presto diventarono una routine. La mattina Edward aiutava
Bess nell’amministrazione delle sue proprietà mentre stavano nella loro
stanzetta per la messa del mattino. Poi, lui e Bess uscivano per una cavalcata
selvaggia attraverso le terre di lei, mandando i cavalli a rotta di collo,
saltando staccionate e tronchi caduti, attraversando boschi e campi. Bella non
li accompagnava perché la velocità la spaventava un poco. Li mandava a
divertirsi e restava con i bambini. Di solito Elisabetta attendeva ai suoi
studi di lingue dopo cena, corrispondendo in diverse lingue con studiosi di
tutta Europa; ma adesso si era impegnata nell’educazione della piccola
Elizabeth, che sembrava essere presa di lei riguardo all’acutezza mentale. La
piccola Elizabeth era quasi spaventosamente intelligente e Edward disse una
notte, mentre erano a letto, che era una vergogna che la piccola Elizabeth non
potesse ereditare il suo titolo. Sarebbe stata una straordinaria Duchessa di
Cullen.
Nel tardo pomeriggio, facevano quello che gli andava. Elisabetta di norma
passava il tempo leggendo e si poteva vedere spesso seduta su una coperta sotto
la sua quercia preferita con un libro in mano. Ward amava sgattaiolare vicino e
avventarsi su di lei. Bess scoppiava a ridere e si rotolava nell’erba con lui,
un’altra schermaglia nella loro infinita Guerra del Solletico.
Bella e Edward spesso passeggiavano insieme, mano nella mano, per le
stradine polverose o lungo i campi. Edward era preoccupato per i raccolti. Era
dall’inizio della primavera che non pioveva e il caldo cominciava ad essere
opprimente. Le nuove piante languivano sotto il sole cocente.
«È come se Dio avesse ascoltato le nostre preghiere di fermare la pioggia
la scorsa estate e avesse accontentato la nostra richiesta», sospirò Edward. «Adesso
dobbiamo pregarlo di farla ritornare ma ricordandosi di chiedere di farlo con
moderazione.»
«Penso che dovremo comprare altro grano», disse Bella.
Lui le sorrise. «Questo tuo hobby di sfamare i poveri sta diventando
costoso, mia signora moglie.»
Bella gli mise le braccia al collo. «Ti ripagherò.»
«Mmm. Cosa offri?»
«Gioielli? Qualche vestito del guardaroba della Regina?»
«Non basta.»
Lei fece finte di sospirare. «Allora non mi resta che la mia umile
persona.»
«D’accordo», disse lui, e la baciò.
Il rumore di qualcuno che si schiariva la gola li interruppe. Bess era
seduta sul bordo superiore della recinzione dietro di loro. «Voi due non
potreste almeno aspettare di essere fuori vista dalla casa prima di
cominciare?» disse lei.
«Ah, Bess, capirai quando ti sposerai», rispose Edward. «Almeno, lo
spero.»
Bess fece spallucce. «Io non mi sposerò mai, quindi devi spiegarmelo. Usa
parole semplici.»
«Oh, Bess, tu devi sposarti!» protestò Bella. «Vuoi un erede, no?»
Quelle parole erano ai margini di un territorio pericoloso. Bess guardò
intorno alberi e campi, come alla ricerca di orecchie che avrebbero potuto
carpire le loro parole.
«Bella, non posso», disse Bess. «Non farò l’errore di Maria, portando un
re straniero a comandare gli inglesi. È una cosa che loro odiano in via
generale. Perfino se Filippo fosse stato un gran re, avrebbero comunque
detestato il suo sangue straniero. E io non voglio rischiare di perdere l’amore
del mio popolo. È il più grande patrimonio che può avere un governante. E non
posso sposare un inglese. Se mostrassi un favore a una famiglia nobile rispetto
alle altre, scoppierebbe una guerra civile.»
«Dicono che Lord Robert Dudley stia cercando di ottenere l’annullamento
con sua moglie Amy, per poterti sposare», disse Bella.
Bess rise. «Non potrei mai sposare Robert», disse lei. «Siamo troppo
simili. E per quanto lo ami, devo ammettere che sarebbe un terribile re.»
«Tu lo ami, Bess?» chiese Bella.
«Tanto quanto possa amare qualcuno», disse Bess vivacemente. Saltò giù
dalla recinzione. «Ora, quello che vi ero venuta a dire. Ho appena ricevuto una
lettera da… un amico. Non crederete a quello che ha fatto l’Arcivescovo Pole.»
Il giorno dopo il rogo di Cramner, Pole era diventato Arcivescovo di
Canterbury. Lei aveva bisogno di un alleato in quella importante posizione, ma
la conseguenza fu che lui dovette abbandonare la corte per assumere le sue
funzioni. E lo fece con zelo, prima mandando dei commissari ai college di
Oxford per requisire e bruciare tutti i testi eretici e le Bibbie, e in uno dei
più bizzarri atti del regno di Maria, mise alcune chiese sotto editto perché
avevano all’interno sepolti degli eretici, in terreno consacrato.
«Ha riesumato il corpo della moglie di Peter Martyr e l’ha messo sotto
processo», disse Bess, metà divertita metà inorridita. «Sfortunatamente per
loro, non sono riusciti a trovare testimoni che l’avessero udita dire qualcosa
di eretico, dato che lei non parlava inglese. Ma l’hanno dichiarata eretica in
base al fatto che era stata una monaca prima di convertirsi alla fede
protestante ed era morta scomunicata dalla chiesa. Il suo corpo è stato buttato
su un mucchio di letame.»
Edward rabbrividì. Come cristiano, credeva nella resurrezione della carne
dei credenti quando Gesù fosse ritornato e aveva pietà della povera Catherine
Martyr, che sarebbe tornata alla vita su un mucchio di merda.
«Diventa ancora più ridicolo, se puoi crederci,» disse Bess. «Le chiese
di St. Mary e St. Michael sono state messe sotto editto, perché vi erano sepolti
due riformatori. Ha convocato i morti ad apparire di fronte al tribunale, e
quando loro testardamente sono rimasti nelle loro tombe, li ha dichiarati
eretici ostinati e ha bruciato pubblicamente i loro corpi.»
Bella era a bocca aperta. Bess gliela chiuse con la punta delle dita sul
mento. «Ingoierai una mosca», la avvertì.
«Ma è matto?» chiese Edward.
«Spesso penso che tutto il mondo sia diventato matto», replicò Bess. Si
chinò per raccogliere alcuni fiori di campo e cominciò ad intrecciare i loro steli.
«Bess, quando sarai regina…»
«Bella, attenta a quello che dici», disse Bess tagliente.
Bella prese un profondo respiro. «Tu devi fermare tutto questo», disse. «Persecuzione
genera persecuzione. Quando tu… devi fermarlo. Ci saranno quelli che vorranno
vendetta, ma tu devi mettere fine al ciclo, Bess. O non finirà mai.»
«Farò quello che posso, ma non finirà finché i cuori delle persone non
vorranno che finisca.»
Questo era quello che temeva Bella.
Note storiche
-
Maria aveva quarant’anni, al tempo, ma per il modo in cui i Tudor
calcolavano l’età, era entrata nel suo quarantunesimo anno.
-
La storia di Lady Tyler è in realtà quella di Anne Talbot, Lady Bray.
Apparve a corte, come racconta questa storia, facendo doni e tentando
disperatamente di ottenere un’udienza con la Regina. Maria sentì della sua
situazione critica e disse quella frase a proposito dei “cattivi mariti”, ma
sembrò dimenticare tutto di Lady Bray quando ricevette una lettera da Filippo
che metteva un’altra scusa per il suo mancato ritorno. Si chiuse nelle sue
stanze ad affliggersi. Lady Bray tornò a casa delusa. Suo marito rimase in
prigione fino ad aprile dell’anno successivo. Dopo essere stato rilasciato,
andò volontario con i soldati che Filippo richiamò per la guerra contro la Francia.
Morì per le ferite riportate nella Battaglia di Saint Quentin quel novembre.
-
Gli studi di lingue in cui Elisabetta si cimentava erano unicamente per
il suo diletto, anche se, naturalmente, avevano in aggiunta il beneficio di non
aver mai bisogno di un traduttore, che avrebbe potuto non trasmettere a dovere
le sfumature di una dichiarazione. Una delle sue attività preferite era la
“doppia traduzione”. Traduceva un documento in un’altra lingua e poi lo metteva
da parte per un po’, poi lo traduceva in una seconda lingua e alla fine di
nuovo in inglese, per confrontarlo con l’originale e vedere quanto
corrispondesse. Già, Bess era una nerd.
-
Edward non avrebbe potuto lasciare il titolo a sua figlia perché il suo
patrimonio era inalienabile. Ciò significa che era legalmente obbligato a
lasciare il titolo al figlio maggiore. Tutto quello che era sua proprietà
personale (al contrario dei beni del ducato, come per esempio i gioielli della
duchessa) poteva lasciarlo a chiunque volesse.
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Capitolo 35 *** Capitolo 35 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/35/The-Selkie-Wife
Capitolo 35
Primavera 1557
Bella e Bess stavano danzando quando arrivò il messaggero della Regina.
Bess era una ballerina atletica, che saltava e girava come una selkie nel mare.
Bella era la partner di ballo che Bess preferiva, perché era infaticabile e
forte abbastanza da sollevarla in gagliarde e lavolte (danze rinascimentali)
senza fine.
«Non è giusto che io debba sempre fare l’uomo,» brontolò Bella. «Tu sei
più alta. Potresti fare tu l’uomo, tanto per cambiare.»
«Io sono la Principessa», la schernì Bess. «E quindi scelgo», disse
mostrando la lingua a Bella.
«Allora ti pesterò i piedi,» la avvertì Bella.
Ballavano nella sala grande, l’unica stanza abbastanza grande da dare
spazio per i salti e i giri della danza. Le loro scarpette di pelle
sussurravano sul pavimento di piastrelle bianche e nere, mentre i muri
pannellati di quercia e il soffitto a volta facevano risuonare
meravigliosamente la musica suonata dalla piccola orchestra di Bess.
Edward leggeva. Non gli interessava molto la danza, con grande disappunto
di Bess. La piccola Elizabeth sedeva con Margaret e Ward su una coperta stesa
sul pavimento vicino a dove il padre leggeva su una seggiola vicino alla
finestra. Avrebbero dovuto essere a lezione, ma il loro nuovo precettore, un
uomo gentile e attempato raccomandato loro da Robert Ascham, aveva un terribile
mal di denti. Bella si chiedeva quanto dovesse peggiorare ancora prima che
l’uomo trovasse il coraggio di toglierlo e farla finita.
Le finestre erano aperte e la brezza profumata di fiori aveva la dolcezza
fresca dell’inizio della primavera. Erano da Bess da quasi un anno, ormai, e
Bella si era innamorata di Hatfield. La pensava come casa sua, ed era qui, in
questa bella campagna con le persone che amava, che il suo cuore era guarito.
Il veleno dell’odio era scomparso.
I raccolti dello scorso autunno erano stati magri, ma dopo un inverno
mite, l’Inghilterra pregava che Dio avesse misericordia, e che quest’anno
fosse la fine della carestia. E finora, il tempo era stato buono. La primavera
è sempre un tempo di speranza e rinnovamento e il mondo si risveglia dal suo
freddo sonno invernale e tutto ricomincia di nuovo.
«Bess», disse tagliente Kat Ashley. Bess le roteò vicino, riconoscendo il
tono e seguì il cenno di Kat verso la finestra. Un singolo cavaliere, con la
livrea della Regina, stava trottando lungo il viale.
«Oh, merda», disse Bess. Si voltò verso i musicisti e fecce un cenno con
la mano. Questi si fermarono a mezza nota e cominciarono a mettere a posto gli
strumenti.
Una delle dame passò a Bess un calice di vino e lei lo buttò giù
assetata. Bella andò a sedersi con suo marito alla finestra, lui le mise un
braccio alla vita e se la mise in braccio per una coccola e un bacio.
Sapeva che stava cercando di distrarla per non farla preoccupare. Dal
giorno in cui erano arrivati, Bella si aspettava che Maria mandasse un
messaggero con una lettera, pregandoli (o ordinando loro) di ritornare. Il
pretesto di spiare Bess era pian piano svanito. Adesso erano ufficialmente
membri della casa di Elisabetta, Edward come intendente e Bella come dama di
compagnia, anche se il suo incarico nella casa di Maria era ancora tecnicamente
valido e aveva perfino ricevuto da Maria il suo stipendio per quell’anno. Bella
avrebbe voluto restituirlo, ma Edward le aveva detto che probabilmente era
meglio non portare la questione all’attenzione della Regina.
Bess si comportava bene, o almeno faceva finta. Non faceva o diceva mai
niente in loro presenza che potesse provocare un conflitto nella loro lealtà,
cosa che Edward apprezzava profondamente. Sapeva, naturalmente, che Bess aveva
connessioni ed era informata, e che ne sapeva probabilmente più della Regina e
del consiglio di quello che stava succedendo in Inghilterra.
«Madre, posso portare Maggie e Ward in giardino?» chiese la piccola
Elizabeth.
«Puoi, ma non tardare. La cena è tra meno di un’ora.» Bella la baciò
sulla guancia e la mandò fuori proprio mentre il messaggero entrava.
Si inginocchiò di fronte alla Principessa finché non gli fu detto di
alzarsi. «Vostra altezza, sono stato inviato ad informarvi che sua maestà verrà
per una visita alla fine della prossima settimana.»
Elisabetta sbatté gli occhi, ma non perse un colpo. «Dite a sua maestà
che sono umilmente grata che voglia visitare la mia casa e che aspetto con
impazienza il suo arrivo.» Gli diede una moneta e lo mandò nelle cucine a
ristorarsi prima del viaggio di ritorno.
Si lasciò cadere su una seggiola e piegò le mani in grembo. «Tu che dici,
Kat?»
Kat stava già facendo una lista. «Banchetto, naturalmente. Metteremo su
gli arazzi di Antiochia nella sala…»
«Ugh, odio quella roba orrenda», brontolò Bess, «ma va pure avanti.»
«Niente masque», disse Kat. «Non le piacciono più le frivolezze di
quel genere.» Picchiettò con la penna il labbro inferiore. «Un tormento
dell’orso forse. E… perché non vedi se puoi avere i bambini del coro di St.Paul
a cantare per lei?»
«Idea eccellente.» Bess sosteneva finanziariamente il coro dei bambini ed
era spesso invitata a sentirli cantare, e li aveva avuti una o due volte ad
Hatfield ad esibirsi. I bambini la adoravano, anche se Bess era ancora
impacciata con i bambini, a parte quelli della famiglia.
Guardò Bella per avere un’idea e la sua espressione fu sufficiente per
farle capire cosa stava pensando. «Tu non devi per forza andare al tormento
dell’orso», disse alzando gli occhi al cielo.
Bess non riusciva a capire la sensibilità di Bella verso gli animali.
Bess amava cacciare e Edward spesso la accompagnava, tutti e due cavalcando a
rotta di collo nel bosco, seguendo il latrato dei cani che avrebbero spinto la
preda nella loro direzione. Bella di solito si nascondeva in casa, perché se li
vedeva arrivare con un cervo morto scoppiava a piangere e Bess se ne andava
alzando le mani in aria con un sospiro esasperato.
«Perché viene qui?» chiese Edward.
«Probabilmente per dirmi di persona che Filippo sta tornando», disse
Bess.
«Il re?» chiese Bella stupidamente.
Bess inarcò un sopracciglio. «Conosci un altro Filippo?»
«Pensavo che non sarebbe mai ritornato», ammise Bella. «È passato più di
un anno e mezzo.»
«Ha bisogno di soldi», disse Bess senza mezzi termini. «E spera di
convincere la Regina e il consiglio a dichiarare guerra alla Francia.»
«Ma Maria gli ha mandato dei soldi pochi mesi fa,» protestò Bella. Maria
aveva costretto i nobili, incluso Edward, a farle un prestito per un totale di
centocinquantamila ducati, che aveva mandato a Filippo insieme a un pugno di
soldati che era riuscita a ingaggiare.
«Ora che il Papa si è schierato con i francesi, andrà tutto peggio»,
predisse Bess.
Il papa che aveva riaccolto l’Inghilterra nella chiesa era morto e il
nuovo papa odiava Filippo, poiché aveva sostenuto un diverso candidato per il
papato e aveva lottato per lui senza successo, corrompendo e mercanteggiando
con i cardinali votanti. Il papa che avevano eletto, Paolo IV, era lunatico e
si teneva i rancori come i mendicanti si tengono i penny. Il papa sosteneva la
Francia nella guerra, e in un gesto di pura malignità verso la moglie del suo
nemico, aveva ordinato al cardinale Pole di andare a Roma. Pole era il legato
papale, un incarico che era sempre stato dell’Arcivescovo di Canterbury, e il
papa aveva il potere di richiamare il proprio legato in ogni momento, ma non
era mai successo prima. Maria era devastata. La sua lettera a Bella era così
chiazzata di lacrime da essere quasi illeggibile. Stava ancora inviando
suppliche al papa per provare a fargli cambiare idea, e anche il suo
ambasciatore a Roma lo stava implorando.
«Si è semplicemente resa conto che le difese del nostro paese sono deplorevolmente
deboli. Se io fossi…» Bess si interruppe e prese un profondo respiro. «Il
confine tra Inghilterra e Scozia è virtualmente indifeso.»
La giovane Maria Stuarda, regina di Scozia, era fidanzata al giovane
principe di Francia, ed era sfuggita al “rude corteggiamento” di Enrico VIII
per vivere con lui. I francesi avevano un fedele alleato nella Scozia e se
avessero deciso di invaderla da lì, l’Inghilterra sarebbe stata devastata.
Maria aveva dichiarato che ogni inglese con un reddito superiore alle
mille sterline all’anno doveva fornire sedici cavalli, con armatura da
battaglia sia per il cavallo che per il cavaliere, insieme a trenta archi
lunghi e faretre di frecce. Il resto del popolo si sarebbe armato come poteva,
con verghe, spade e bastoni.
«Vorrà festeggiare il suo arrivo e immagino che ci chiederà di tornare
tutti a corte.»
Bella si sentì come se lo stomaco le cadesse alle ginocchia. «Oh no…»
sussurrò.
Edward l’abbracciò e le diede un bacio sulla tempia. «Sapevamo che saremmo
dovuti tornare prima o poi», le ricordò. «Siamo stati qui più a lungo di quanto
mi aspettassi, a dire la verità. Se non fosse stata così occupata con le
rivolte e a raccogliere denaro, sono sicuro che ci avrebbe già richiamati.»
Bella poggiò la testa contro il petto di Edward. Non voleva che il loro
idillio finisse. Non voleva tornare a quel nido di vipere della corte.
«Ringrazio Dio per il tempo che abbiamo avuto», le disse Edward. «Il
periodo più felice della mia vita.»
Lei gli sorrise. «Lo dici ogni volta che ce ne andiamo dalla corte.»
«Ogni volta è meglio», replicò lui.
Hatfield fu messo sottosopra per l’arrivo della Regina. Fu costruita una
piccola corte per il tormento dell’orso, con della sabbia, alti muri e un palo
al centro. Bella non poteva neanche guardarlo senza pensare ai pali dei roghi
che aveva visto.
Nella sala grande furono sistemate file e file di tavoli, con il “tavolo
di testa”, dove si sarebbero sedute la Regina e Bess, al capo della stanza dove
era stata eretta in fretta una piccola pedana. I piatti più fini vennero tirati
fuori dai magazzini e posti sulle credenze per essere ammirati dai commensali.
Tutta la casa fu pulita da cima a fondo e decorata con arazzi e dipinti.
Bess si spostò dalla camera da letto migliore a una più piccola, dove il suo
mobilio era così stipato che si passava a malapena per la stanza.
Bella sentiva già l’ansia salire. La notte prima dell’arrivo della
Regina, non riuscì a dormire. Edward russava piano al suo fianco e lei scivolò
dal letto più silenziosamente possibile per non svegliarlo. Non funzionò. Lui
le prese il polso e i suoi occhi si aprirono. Le sorrise, e questo le fece
martellare il cuore nel petto, quel sorriso dolce mentre sbatteva lentamente
gli occhi, assonnato.
«Vai da qualche parte?» le chiese.
«A nuotare», disse Bella. Gli tolse i capelli dalla fronte. «Torna a
dormire, tesoro.»
Lui sbadigliò. «No, vengo con te.»
Lei non fece discussioni. Lo voleva con sé. Si chiese se poteva indurlo
ad andare in acqua con lei. Forse era troppo freddo per lui? A volte era
difficile per lei capirlo, dato che non sentiva le cose come gli umani.
Ebbe la sua risposta quando lui lasciò cadere la sua veste da notte ed
entrò in acqua al suo fianco.
Era così bello, così naturale, essere fuori sotto le stelle, ascoltando i
grilli e le rane, l’acqua fredda tra i capelli mentre si tuffava verso il
fondo. Nuotò per un po’ con alcuni pesci, poi si rese conto che aveva lasciato
Edward tutto solo lassù. Nuotò verso di lui, fece scivolare le mani sui suoi
piedi, dietro i polpacci, poi sulle sue cosce. Seguì con le labbra le mani
sulle sue cosce e poi verso qualcosa di molto più interessante. Sentiva i suoi
gemiti anche sott’acqua. Lui intrecciò le mani nei suoi capelli fluttuanti e la
invitò a prenderlo più profondamente. I suoi movimenti divennero involontari e
fu allora che la riportò in superficie per un bacio selvaggio di passione, di
amore, di adorazione.
Questa era una cosa delle loro vite che non sarebbe mai cambiata,
rifletté Bella mentre lui la portava sulla riva e la faceva stendere sulla sua
veste da notte. La loro passione era una costante, e anche dopo quasi quattro
anni, ancora non era mai abbastanza. Una volta che lui aveva superato l’idea
che potesse spaventarla o farle male con la sua intensità, aveva scatenato il
crudo, primordiale amante dentro di lui, una natura selvaggia che faceva il
paio con quella di lei.
Dopo, rimasero distesi quieti uno nelle braccia dell’altro, guardando il
cielo notturno.
«Bella?»
«Mm?» Alzò la testa dal suo petto per guardarlo negli occhi. «Che ne diresti
di avere un altro bambino?»
Lei considerò. «Vorrei avere altri bambini, ma non se devo stare a corte.
Non voglio respirare quell’aria avvelenata mentre porto il mio bambino.»
Sapeva che non stava parlando dei miasmi, ma del veleno degli intrighi,
del tradimento e della cattiveria.
«Capisco», disse, ma non nascose la sua delusione.
«Vieni», disse lei. Si alzò e si mise la veste da camera. «Dobbiamo
tornare dentro. I domestici della Regina arriveranno tra poco a preparare per
la visita.»
Lui annuì, si mise seduto e si infilò anche lui la sua veste. Bella si
inginocchiò vicino a lui. «Non ho detto no», disse. «Solo non adesso.»
Lui la baciò. «Lo so, amore. È solo
che sento che la vita di corte mi sta privando di molte cose che vorrei, e non
posso fare nulla.»
Tutta la casa fu svegliata presto dai tonfi, i colpi e lo sferragliare
dei carri che venivano scaricati. Non c’erano abbastanza stanze per tutta la
corte, perciò molti si erano spostati verso il villaggio ad affittare alloggi o
avevano piantato tende intorno ai prati di Hatfield.
Bella e Edward fecero colazione presto e poi andarono a messa con Bess,
che sembrava anche lei mezza addormentata. Almeno il cappellano di Bess era un
tipo gradevole, che capì il suo pubblico assonnato e fece una funzione molto
veloce.
Bella non aveva incontrato il nuovo cappellano di Cullen Hall, nominato
dopo la disgrazia di Padre Jacob. Non conosceva tutti i dettagli, ma si
trattava di una donna del villaggio che giurava che lei e Padre Jacob fossero
sposati, e doveva aver qualcosa che dimostrava le sue parole, perché Padre
Jacob era stato spretato. Ma ogni volta che veniva fuori l’argomento, Edward
sembrava molto a disagio e non sembrava voler incontrare i suoi occhi. Bella
sapeva che Edward non avrebbe mai approvato qualcosa di falso, ma sembrava
sospettare che gli investigatori che aveva ingaggiato fossero stati piuttosto… zelanti
nei loro sforzi.
Videro la portantina della Regina da una finestra mentre lasciavano la
cappella. «Eccola,» disse Bess con voce piatta. Si fermò per un attimo e chiuse
gli occhi. Le sue labbra si mossero in una preghiera silenziosa. Baciò il suo
libro delle preghiere e il suo rosario e li diede a una delle dame, e poi fece
un gran sorriso. Se Bella non l’avesse conosciuta così bene, avrebbe pensato
che Bess fosse deliziata dall’arrivo della sorella.
In novembre, Bess aveva fatto una visita di una settimana alla sorella a
Somerset Palace. L’invito era stato esteso su spinta di Filippo, che aveva più
o meno ordinato a Maria di riconciliarsi con Bess o almeno fare in modo che
così sembrasse all’esterno. La popolarità della Principessa Elisabetta stava
crescendo, non solo in Inghilterra, ma anche tra i monarchi d’Europa, che la
vedevano, de facto, come l’erede della corona inglese e tendevano incerti
rametti di ulivo e offerte di amicizia.
Avevano detto a Bella che Maria aveva un brutto aspetto, ma Bella non era
preparata per la vecchia, fragile donna che scese dalla portantina. Se non si
fossero tutti profusi in inchini e riverenze, non avrebbe saputo chi era
quella donna. Fu felice che il suo inchino le nascondesse il viso, perché era
certa che lo shock fosse visibile.
Maria aveva borse gonfie e scure sotto gli occhi e il suo viso aveva
nuove rughe, profonde linee d’espressione e solchi sulla fronte. Era bianca e
magra, quasi emaciata. Si era ingobbita. La sua pelle sembrava allentata e
perfino i lobi delle sue orecchie cedevano sotto il peso dei suoi orecchini
ingioiellati.
Bella non lo sapeva, ma la depressione della Regina era “trattata” dai
suoi dottori mediante salassi quotidiani dal braccio o dal piede, nel tentativo
di drenare qualunque umore cattivo stesse causando la melanconia della Regina.
Come risultato, era debole e pallida, e il vestito color porpora brillante la
faceva apparire itterica.
«Bella!» gridò Maria, e oltrepassò sua sorella per salutare prima la
Duchessa di Cullen. Fu un affronto che fece stringere la mascella a Bess.
«Vostra maestà», rispose Bella, e Maria la fece alzare con un bacio alla
fronte. «Oh, mia cara, stai così bene!» disse Maria. «La vita di campagna ti
si confà.»
«È così, vostra maestà.»
«Elisabetta.» Maria si voltò a guardare sua sorella, ancora chinata nella
sua riverenza. Se Elisabetta non avesse fatto tanto esercizio danzando, i
muscoli delle su gambe le avrebbero fatto male e avrebbero tremato, a tenere la
posizione così a lungo. Maria la lasciò così ancora un momento e poi la fece alzare,
anche lei con un bacio. «Come stai, sorella?» chiese.
«Molto bene, vostra maestà», rispose lei.
«Bene, andiamo dentro. Mi sto disseccando.»
«Ho appena ricevuto un eccellente vino del Reno, se vostra maestà vuole
assaggiarlo.»
«Suona bene.»
Il dialogo tra le due sorelle fu molto educato. E rimase in quel modo.
Nessun calore tra loro, ma quello probabilmente non sarebbe mai tornato. Bella
vide Maria dare un’occhiata alla collana che indossava Bess: la famosa collana
di perle di sua madre con il pendente a forma di B. Bella si chiese se era
stata una cosa intenzionale e poi dovette nascondere un sorriso. Ma certo
che era intenzionale. Tutto quello che faceva Bess aveva una quantità di
motivazioni e sfumature. Si chiedeva solo perché Bess avesse voluto ricordare
Anna Bolena a Maria proprio quel giorno. Sembrava una provocazione, ma Bess
probabilmente avrebbe potuto spiegarle almeno dieci modi in cui ne avrebbe
beneficiato.
Al banchetto, Maria mandò a Bess dei bocconcini scelti dal suo stesso
piatto, un segno di grande favore, dopo lei ed Elisabetta tornarono dal
tormento dell’orso con le risate negli occhi. Ascoltarono il coro dei bambini e
a Maria si riempirono gli occhi di lacrime alla bellezza della voce di uno dei
bambini, che cantò da solo accompagnato da Bess alla spinetta. Chiunque non le
conoscesse bene come Bella avrebbe detto che le sorelle si erano riconciliate
ed erano di nuovo una famiglia affiatata. Ma Bella vedeva la rigidità nelle
loro posture, le vere espressioni dietro la maschera.
Bess, Edward e Bella furono invitati nelle stanze della Regina per
discutere “cose private” e Bess lanciò uno sguardo a Bella come dire, «Visto?
Te l’avevo detto.» La seguirono su per le scale, anche se Maria dovette
fare una pausa per riprendere fiato e appoggiarsi contro la ringhiera. Fu
brusca e irritata quando le chiesero se stava bene o aveva bisogno di qualcosa.
Scacciò via le loro mani preoccupate e marciò per gli scalini rimanenti, anche
se diventava più pallida a ogni passo. Bella sapeva che era perché non voleva
apparire debole di fronte a Bess.
Maria aveva un fuoco ruggente in camera da letto. Aveva freddo? L’aria della
sera mordeva un po’, ma quello era un fuoco per una gelida notte d’inverno.
Edward si sedette sulla seggiola più vicina alla fiamma e Bella gli scoccò uno
sguardo grato, incantata come sempre dalla sua considerazione.
Maria non perse tempo con il suo annuncio. «Il mio signor marito tornerà
alla fine del mese. Desidero che siate tutti a corte quando arriverà.»
Bess chinò la testa. «Come comandate.»
Gli occhi di Maria lampeggiarono di rabbia. Si voltò da sua sorella e si
rivolse a Bella. «Mi siete mancata, Lady Cullen.»
Bella sorrise. «Sarete deliziata che il re sia di ritorno.» Non poteva
ricambiare il sentimento perché odiava mentire, così scelse la distrazione, e
funzionò a meraviglia.
«Gli ho detto che doveva venire via e basta, perché ci sarebbe sempre
stata un’altra crisi che richiedeva la sua immediata attenzione. Questo è il
prezzo di essere un governante. Non finisce mai.» Maria sembrava compiaciuta
del suo ritorno, ma non era quell’emozione selvaggia che avrebbe avuto un anno
fa.
Bella annuì. Bess aveva le copie di tutte le lettere di Maria al re. Come
e perché, Bella non lo sapeva, ma nel tempo il tono era diventato sempre meno
emotivo e più disperato sugli aspetti pratici. Lei aveva bisogno dell’ aiuto di
lui.
L’ultima che Bella aveva visto, giaceva una mattina sulla scrivania di
Bess. Non era da lei lasciare la corrispondenza in giro dove ognuno poteva
leggerla, e così Bella la prese in mano con l’intenzione di nasconderla dentro
la scrivania, ma le parole avevano catturato la sua attenzione.
Era indirizzata all’Imperatore, e la nota a margine diceva che non
l’aveva mai ricevuta perché Maria gliela aveva spedita a Bruxelles, e lui era
già ripartito per la Spagna quando era arrivata. L’Imperatore Carlo V era
sicuro che il suo tempo stesse per finire e voleva morire nella sua terra
natale, ma voleva anche assicurarsi che il dominio di suo figlio fosse
garantito.
«Desidero chiedere perdono a vostra maestà per l’audacia di
scrivere a voi in questo momento, e umilmente vi imploro, dato che vi siete sempre
compiaciuto di agire come un vero padre per me e per il mio regno, di
considerare la difficile situazione in cui questo paese è caduto … A meno che
si giunga a qualche rimedio, non solo io, ma persone più sagge di me, temono il
grande pericolo che ne deriverà.»
Piccole rivolte punteggiavano il paese. Più ne bruciava, più spavaldi
sembravano diventare i protestanti. Bonner aveva di recente pubblicato la
ritrattazione di Cramner (ma non la parte in cui la rigettava una volta saputo
che sarebbe bruciato ugualmente). I predicatori protestanti chiamavano
arditamente bugiardi Maria e Bonner e copie del suo vero discorso sul patibolo
vennero stampate e gli investigatori di Maria non riuscirono a determinare
dove. Provò a far approvare una legge per cui ogni materiale stampato doveva
essere prima approvato dalla Regina, ma questo non fermò la faccenda. Quando
andava nella sua cappella, spesso trovava il corridoio disseminato di pamphlet.
Ne aveva trovato uno con una caricatura di lei dipinta come una vecchia strega,
che allattava un serpente con su scritto “Spagna” al seno rinsecchito. Aveva
pianto per giorni.
Non riusciva a capire, aveva scritto a Bella. Stava andando tutto in
pezzi. Il regno d’oro che aveva immaginato non si era mai materializzato.
L’Inghilterra non era saltata gioiosamente di nuovo tra le braccia della
chiesa. Peste e carestie dilagavano per le sue terre anno dopo anno. Suo marito
non solo non l’amava, ma evitava del tutto la sua compagnia. Il suo consiglio
era in tumulto e non aveva controllo sul Parlamento.
E la Principessa Elisabetta! La addolorava pensare che «la figlia
illegittima di una criminale che era stata punita come pubblica puttana» fosse
considerata l’erede al trono e fosse amata più di lei, la cui discendenza era
giusta, legittima e regale.
Dove aveva sbagliato? Come aveva scontentato Dio? Era forse perché
l’eresia non solo era ancora in agguato nelle sue terre, ma sembrava crescere?
La cosa più triste, nell’opinione di
Bella, era che Maria era seduta adesso di fronte a una giovane donna che
avrebbe potuto rispondere a quasi tutte le sue domande, e avrebbe potuto darle
ottimi consigli per riguadagnare il controllo, rimediando a un’economia
selvaggiamente fluttuante e ristabilendo la pace. Ma Maria non l’avrebbe mai
ascoltata, la figlia di una sgualdrina decapitata, probabilmente lei stessa
segretamente un’eretica e quasi certamente una traditrice.
Maria non andò ad aspettare la nave di lui al molo, né l’aspettò fuori
del palazzo come aveva fatto la prima volta che l’aveva incontrato, quel giorno
in cui l’aveva visto su un cavallo bianco con un’armatura scintillante.
Stavolta, lo incontrò nel palazzo, nella sua sala delle udienze, seduta
sul trono. Lui entrò e andò sulla pedana. Le prese la mano e chinandosi ne
baciò il dorso. Maria tenne lo sguardo dritto davanti a sé mentre lo faceva.
Salì i pochi gradini e si sedette sul suo trono, e insieme ricevettero
ospiti e ambasciatori. Non era una riunione romantica, neanche particolarmente
amichevole, ma Maria era determinata a mantenersi regale e dignitosa. Farsi
ridere dietro da tutta Europa era stato doloroso, ma almeno alla fine si era
tolta i paraocchi.
I nobili di Spagna che erano ritornati con Filippo (neanche lontanamente
vicini ai novemila nobili e domestici che lo avevano accompagnato la prima
volta che era venuto in Inghilterra) furono presentati a sua maestà, inclusa
una certa Madame Denali.
Maria gelò quando fu annunciato il suo nome. La donna si avvicinò e fece
una riverenza al Re e alla Regina.
«Madame Denali?» ripeté lei. La donna lo prese come il segno che poteva
rialzarsi e sorrise alla Regina. Era giovane. Era carina. E tutta Europa diceva
che era l’amante del Re.
«Mia cugina, Duchessa di Lorena», mormorò Filippo, e il sorriso della
donna si allargò un pochino. Bella era sicura che da un momento all’altro
avrebbe fatto l’occhiolino al Re.
Maria aveva la faccia bianca come gesso e non guardò in direzione di
Filippo. Sapeva che anche “la puttana” sarebbe arrivata, naturalmente. Il suo
nome era apparso sulla lista dei cortigiani che sarebbero arrivati con il Re, e
per cui sarebbe stato riservato un alloggio al palazzo. Maria non aveva idea di
dove metterla. Aveva chiesto a Bella, ma lei non aveva più esperienza di lei in
proposito. Se l’avesse messa nelle stanze vicino al Re, sarebbe sembrato che
avallasse la situazione. Se l’avesse messa nelle stanze dalla parte opposta del
palazzo, il re avrebbe potuto arrabbiarsi che stesse provando a rendere
difficoltose le visite alla sua amante. Alla fine si arrivò a un compromesso e le
vennero date le stanze al piano terra del palazzo, di fronte ai giardini, né
vicino né lontano, e con un ingresso privato, così che Filippo potesse essere
discreto quando andava a visitarla. Sperava che fosse discreto.
Le regine facevano finta di non vedere le amanti dei loro mariti. Maria
aveva guardato sua madre per anni sopportare Anna Bolena come dama di
compagnia, ben sapendo che Anna aveva intenzione di soppiantarla. Era rimasta
sempre educata e dignitosa, pur desiderando schiaffeggiare la faccia ghignante
di Anna.
E ora, il suo stesso marito le aveva presentato la sua amante, e si
aspettava che la ricevesse, per garantire alla sua presenza una ratifica
ufficiale perché potesse unirsi alla vita sociale del palazzo.
Maria sbatté rapidamente gli occhi. «Saluti, Madame Denali. Do il
benvenuto alla cugina del re.»
«Grazie, vostra maestà», disse Madame Denali, ma si rivolgeva a Filippo
quando parlava, gli occhi che promettevano cose maliziose e l’accenno di un
sorriso sulle labbra. Arretrò, e Filippo guardò l’ondeggiare dei suoi fianchi.
Bella, più tardi, pensò a quello come al momento in cui il cuore della
Regina si spezzò definitivamente. L’ultimo brandello di illusione morì, e con
quello, la maggior parte delle sue speranze e dei suoi sogni. E a dispetto di
tutto, non poté fare a meno di aver pietà di lei.
Note storiche
-
I bambini di St.Paul erano bambini presi dalle varie chiese per la loro
abilità a cantare. Il vicario aveva il potere, sostanzialmente, di sequestrare
i bambini quando voleva. Venivano messi a vivere nella elemosineria, vicino
alla chiesa, due per letto in un piccolo dormitorio.
-
Un ducato aveva il valore facciale di 44 sterline (2010 dollari). Aveva
all’interno circa 3,5 grammi di oro, quindi valeva più di cento dollari solo
come valore di metallo.
-
Filippo portò veramente con sé una donna che si pensava fosse la sua
amante, sua cugina, la duchessa di Lorena (in questa storia Madame Denali) al
suo ritorno in Inghilterra. Maria ebbe problemi per dove sistemarla e come
trattarla, ed è riportato che alla fine la cacciò via in un accesso di gelosia.
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Capitolo 36 *** Capitolo 36 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/36/The-Selkie-Wife
Capitolo 36
Bella sedeva al tavolo alto con Maria, dopo cena, e guardavano i
ballerini. La regina stringeva la sua coppa così forte che le sue nocche erano
bianche, e Bella era lieta che fosse d’oro e non una di quelle nuove coppe di
vetro veneziano.
Filippo e Madame Denali erano circondati dagli altri ballerini, inclusi
Bess e Edward (che Bess aveva più o meno trascinato sulla pista da ballo) ma
gli occhi di Maria erano incollati a suo marito mentre roteava e sollevava sua
cugina.
Tutta la corte era incantata da Madame Denali. Il re le mostrava
apertamente il suo favore e così tutti i cortigiani si accalcavano intorno a
lei. Il giorno dopo il suo arrivo, indossava un vestito con maniche che si
fermavano al gomito, con una stoffa fine e trasparente che continuava fino al
polso. Alla fine della settimana, la nuova “Manica alla Madame Denali” si
vedeva per tutta la corte. Maria disse che era volgare e immodesta, così le sue
dame rimasero con le piene, solide maniche di stile inglese.
Madame Denali era acculturata. Aveva viaggiato molto. Era intelligente,
consigliera fidata di re e principi. Era giocosa e divertente. I suoi capelli
erano di un soffice miele-castano e sebbene il suo naso fosse un tantino lungo e
il mento ritratto, molti non lo notavano perché la loro attenzione era attirata
dai suoi brillanti occhi bruni e dalle labbra inarcate, quasi sempre arricciate
maliziosamente. Le sue guance rotonde avevano le fossette quando sorrideva, il
che succedeva spesso.
La Regina la odiava.
Si era seduta alla destra di Maria durante il banchetto, il posto
d’onore, normalmente riservato a Edward a meno che non ci fosse un nobile di
più alto rango in visita alla corte. Maria riuscì a malapena ad essere cordiale
con Madame Denali, ma la donna non sembrò notare alcuna ostilità e chiacchierò
di ameni pettegolezzi sui reali che conosceva e sulle corti che aveva visitato.
Disse che era molto grata per la graziosa ospitalità di sua maestà, perché
aveva sempre desiderato visitare l’Inghilterra. Filippo le aveva promesso che
l’indomani l’avrebbe portata a fare un giro per vedere i luoghi e aspettava con
ansia la festa di caccia che Maria aveva organizzato per lei.
Maria mangiò molto poco e parlò ancora meno. Bella voleva chinarsi dietro
Madame Denali e pregare Maria di mangiare ancora qualche boccone. I salassi
continui ordinati dai suoi medici erano il motivo per cui era troppo debole per
ballare. Aveva bisogno di rinforzarsi con cibo e riposo. Bella sapeva che non
stava facendo né l’una né l’altra cosa.
I ballerini rotearono lontano dai loro partner. Filippo e Madame Denali
si separarono, le braccia allungate, le mani che scivolavano sulle maniche
l’uno dell’altra fino ad indugiare alla punta delle dita. Filippo si riaccostò
e la sollevò mentre lei saltava. Lei scivolò lentamente lungo il corpo di lui.
I loro sguardi erano allacciati.
Il vino sciabordò nella coppa di Maria.
C’era solo una piccola misericordia. Madame Denali non era diventata un
membro permanente della corte, e Maria non avrebbe dovuto subire l’umiliazione
di essere costretta ad accettarla come dama di compagnia, come sua madre aveva
dovuto un tempo sopportare Bessie Blount, Maria Bolena, Madge Shelton e Anna
Bolena, una parata di amanti sempre scelte dal re tra le dame di sua moglie.
Madame Denali era qui perché Filippo voleva che Bess sposasse il Duca di
Savoia. Dato che era l’unica erede di sua moglie, sempre più evidentemente
malata, Filippo voleva assicurarsi che l’Inghilterra restasse saldamente sotto
il suo controllo nel caso Maria morisse. Aveva pensato che se c’era una persona
in grado di convincere Bess al matrimonio, sarebbe stata Madame Denali.
Il Duca di Savoia era cugino di Filippo e governatore dei Paesi Bassi. Le
sue terre erano state confiscate dai francesi e quindi aveva buoni motivi per
sostenere Filippo nella sua guerra contro di loro. La promessa di
restituirgliele da parte di Filippo, ne aveva fatto un suo fedele alleato, un
marito perfetto per Bess, agli occhi di Filippo. Sperava di mandare Bess nei
Paesi Bassi insieme a Madame Denali.
Bess, nel suo modo indiretto, aveva già declinato quell’accoppiamento e
Maria aveva concordato di cuore, anche se era materia di speculazione se
l’avesse fatto per proteggere sua sorella da un matrimonio che non voleva o
semplicemente in spregio a Madame Denali.
Bella si chiese se Maria sapesse dei regali che Madame Denali aveva
mandato a Bess e decise che no, probabilmente non lo sapeva. E probabilmente
non sapeva neanche dei loro incontri segreti, anche se il soggetto del Duca di
Savoia veniva accuratamente evitato, tecnicamente, se mai Maria avesse dovuto
scoprirle.
«Mi piace Madame Denali», aveva confessato Bess con aria imbarazzata.
Bess si sentiva come se dovesse odiarla per semplice lealtà di famiglia, ma
Madame Denali l’aveva conquistata con il suo spirito e il suo fascino. Erano
molto simili, pensò Bella, entrambe dotate di un’intelligenza affilata,
politicamente astute, di buone letture, e condividevano un oltraggioso senso
dell’umorismo.
I ballerini si allontanarono ancora dai loro partner. Filippo fece
scivolare le dita all’interno del braccio di Madame Denali. Il suo indice
accarezzò gentilmente la pelle del polso di lei e si infilò per un attimo sotto
il polsino. Mentre si ritraevano, Madame Denali disse qualcosa e lui scoppiò a
ridere. I ballerini sobbalzarono e si fermarono mentre tutti lo guardavano
sbalorditi. Nessuno alla corte inglese l’aveva mai sentito ridere.
«Va avanti da quasi dieci anni», le aveva detto Bess. «Lui voleva
sposarla, ma altri accoppiamenti erano politicamente più benefici.
Dicono che fosse imbarazzante il modo in cui lui la seguiva di corte in corte,
sempre portandole doni sontuosi.»
Come Maria era un tempo andata dietro al suo disinteressato marito, pensò
Bella. Perché Filippo non aveva avuto compassione di Maria e non le aveva
mostrato un po’ di gentilezza, dato che sapeva come ci si sentiva di fronte a
un amore non corrisposto? E poi era veramente amore quello che sentiva lui?
C’erano molte altre a cui dedicava la sua attenzione quando Madame Denali non
era alla sua corte.
Filippo sollevò di nuovo Madame Denali e poi la riabbassò in quella
scivolata lenta e sensuale, gli occhi eccitati e brillanti.
Maria sbatté la coppa sul tavolo. «Basta!»
I musicisti gelarono a metà nota e i ballerini si fermarono. Tutti
fissavano la Regina.
«Sono stanca e desidero ritirarmi,» disse, la voce fredda come il vento
artico.
Filippo sembrava voler protestare e arrossì di rabbia quando si rese
conto che non poteva. Sua moglie aveva il potere, qui. Con la faccia tesa dalla
rabbia, Filippo seguì Maria fuori dalla sala, con le loro dame e gentiluomini
dietro di loro. Alcuni nobili spagnoli ridacchiarono.
Seguirono la Regina alla sua camera da letto e cominciò il complicato
processo della svestizione di Maria e Filippo. Lei andò a letto con la sua
sottoveste e lui con la sua camicia. Entrambi erano stesi rigidamente uno da
una parte e uno dall’altra del letto quando le cortine furono tirate. Maria
congedò tutti i domestici.
Bella andò a cercare Edward. Era ancora nella sala grande, su una seggiola
vicino alla finestra e parlava con Bess, che era appoggiata casualmente contro
la parete. «Eccoti», disse Bess. «Pensavo di venire da voi a Hampstead Heath,
stasera. Edward e io volevamo giocare a scacchi. Giocherai col vincitore?»
Bella scosse la testa. Non era brava a scacchi, non come Bess, che aveva
passato la vita a pensare due tre mosse avanti.
Bess chiacchierò di cose senza importanza mentre andavano a casa sulla
portantina, consapevoli delle orecchie che li circondavano, ma i suoi occhi
dicevano che aveva qualcosa di importante da dire. Questo rese Bella molto
tesa.
Quando entrarono in casa a Hampstead Heath, incontrarono Rosalie che
stava scendendo le scale, la sua grossa pancia gravida che la precedeva. Scese
lentamente verso di loro, tenendosi stretta al corrimano, dato che non poteva
più vedersi i piedi.
«Per le ossa di Dio, Rosalie», disse Bess meravigliata. «Ogni volta che
ti vedo sei il doppio. Sei sicura di non avere una portantina lì, invece
che solo un bambino?»
«Mi sto prendendo tanti di quei calci al fegato da pensare che siano più
che un paio di piedi», gemette Rosalie. Si mise la mano alla schiena e si
stirò. Bess la abbracciò e diede una piccola pacca sulla sua pancia.
«Dov’è Emmett?» chiese Bella.
«Mi andava un po’ di pane col miele. È andato a prendermelo in cucina.»
Emmett aveva preso molto seriamente l’avvertimento che a una donna incinta va
dato ogni cibo che desidera, altrimenti rischiava il bambino che portava.
La stanza di Rosalie era stata preparata con attenzione per lei e sarebbe
andata al confinamento molto presto. Bella aveva trovato degli arazzi con scene
della storia d’amore preferita di Rosalie, quella di Eros e Psyche. Costavano
una fortuna, ma Bella pensò che ne valeva la pena, se avessero fatto felice
Rosalie durante il mese che avrebbe passato in quella stanza. Rosalie non li
aveva ancora visti, e Bella era tutta eccitata per la sorpresa.
Lei e Rosalie avevano lavorato insieme per fare una veste da battesimo
degna del nome dei Cullen, riccamente coperta di ricami e piccole perle di
fiume. Erano rimaste sorprese quando nessuno era riuscito a trovare le vesti da
battesimo di Edward o Emmett e nessuno sapeva se ci fosse una veste di famiglia
che venisse tramandata di generazione in generazione. Così decisero di farne
una, e il bambino di Rosalie sarebbe stato il primo a indossarla. Bella aveva
ricamato lo stemma di famiglia sul retro della veste, così che tutti avrebbero
saputo a chi apparteneva
Emmett arrivò dalla cucina portando il piatto con il pane e miele per Rosalie.
Sembrava molto fiero di se stesso, come se avesse ucciso un drago andando in
cucina con i suoi piedi a prendere qualcosa. Vide tutti nell’ingresso e
aggrottò la fronte. «Riunione di famiglia?» chiese. «Guai in vista?»
«Ci sono sempre guai», sospirò Bess.
Andarono nel salotto d’inverno, un piccolo soggiorno sul retro della casa
che era chiamato così perché era piccolo e pesantemente pannellato, così che la
stanza era calda e accogliente d’inverno. Kat Ashley arrivò mentre si sedevano,
portando delle coppe di vino. Bella si chiese quando Bess le avesse detto di
portarle e poi scosse la testa. Kat semplicemente sembrava sapere di
cosa aveva bisogno la sua signora in ogni momento, anche se non avevano parlato
per tutto il giorno.
«Cos’è stavolta?» disse Emmett stancamente. «Non sono andato a nessun incontro
di preghiera. Lo giuro.»
«Non si tratta di quello», replicò Bess. «Ho parlato con Madame Denali.
Se ne va alla fine del mese.»
«Grazie a Dio», disse Edward di cuore. «Penso che andrò al manicomio se
dovrò ancora vedere Maria digrignare i denti per tutto un altro ballo.»
«Questo era l’argomento iniziale della conversazione. Si è resa conto che
sta creando un vero problema. Maria probabilmente non sarà così sensibile alle
richieste di Filippo, se lei resta qui.»
«Ma forse questa è una buona cosa», disse Rosalie. «Noi non vogliamo che
la Regina accetti di entrare in guerra con la Francia.»
«Sì, ma abbiamo bisogno anche che gli affari dell’Inghilterra vadano avanti»,
disse Bess. «Ricorda, gli atti del Parlamento devono essere approvati da tutti
e due. C’è un arretrato di lavoro che Filippo deve sbrigare in questo viaggio,
e non credo che gli andrà tanto di lavorare se sua moglie gli scocca sguardi di
morte dall’altra parte della scrivania. La sua permanenza qui sarà breve.»
Nessuno fu sorpreso dall’ultima rivelazione. Un tempo, Maria aveva
creduto che se ne sarebbe andato per poco tempo a sistemare i suoi affari nei
Paesi Bassi e poi sarebbe tornato a vivere con lei in Inghilterra per il resto
delle loro vite. Adesso, cominciava a capire che la casa di suo marito era
oltremare e lui si sarebbe fermato solo per brevi visite, quando la sua agenda
glielo permetteva.
Bella pensò all’imbarcazione che Maria aveva tenuto pronta per il momento
in cui avesse saputo che Filippo era pronto per tornare in Inghilterra. Era
rimasta alle foci del Tamigi, in attesa che la Regina desse l’ordine di
partire. Quando esauriva le scorte, il capitano risaliva il fiume fino ai
docks. Questa procedura si era ripetuta molte più volte di quanto si
aspettassero, e alla fine la nave era stata ancorata per riparazioni. Lo scafo
stava marcendo ed era ricoperto di crostacei. Dopo questo, Maria non ordinò più
che tornasse alla foce in attesa. Anche le sue speranze erano marcite.
«Quando se ne va?» chiese Bella.
«La prima settimana di giugno, più o meno,» disse Bess, e sorseggiò il
suo vino.
«La Regina lo sa?»
«Ovviamente no. Filippo non vuole passare il suo tempo qui annegando in
un diluvio di lacrime. Aspetterà fino all’ultimo momento per dirglielo.»
Sembrava così crudele … e pietoso allo stesso tempo.
«Non andare a dirglielo, Bella», l’avvertì Bess. «Non ti dirò le cose, se
non posso fidarmi di te.»
«Non glielo dirò», disse Bella, e sollevò il mento. «Non ho mai tradito
la tua fiducia.»
«E credo che non lo farai mai.» Bess alzò la sua coppa in un brindisi.
Bella guardò oltre lei la finestra, da cui poteva vedere lo scintillio
dell’acqua del piccolo fiume. Desiderava essere lì, adesso, in quel mondo
freddo e silenzioso, libera dalle preoccupazioni, trasportata dalle correnti
gentili. Qui era portata da correnti che non capiva, correnti che cambiavano
direzione all’improvviso, che portavano le persone contro scogli che non
vedevano nell’oscurità.
Prese la mano di Edward. Edward, il
suo unico rifugio. Ma era fragile. Poteva essere tolto loro in ogni momento.
L’unica cosa che potevano fare era tenersi stretti e pregare.
Meno di due settimane dopo, Bella era nella stanza da letto della Regina,
e la aiutava a spogliarsi per la notte.
Erano state due settimane difficili per la Regina. Aveva guardato suo
marito e la sua corte danzare intorno a Madame Denali e Maria fluttuava ai
margini della sua stessa corte. Bella capiva la ragione. Madame Denali aveva
portato qualcosa che a corte non si vedeva da anni: divertimento. Le sue
risate e la sua giocosità mostravano, come un doloroso contrasto, quanto
triste e austera fosse diventata la corte di Maria.
Maria era come la corda di un arco troppo tirata. Ogni giorno la sua
tensione cresceva di un grado e ne stava soffrendo anche la sua salute. Le sue
emicranie erano ritornate e spesso doveva ritirarsi per rimanere stesa al buio
nella sua camera, seguita e schernita dal rumore attutito di risate e musica
che echeggiava per i corridoi.
Prima o poi si sarebbe spezzata, e Bella temeva quello che sarebbe potuto
succedere.
Il messaggero che aveva mandato a cercare il re era tornato. Maria stava
mettendo la veste da notte. «Allora? Dov’è?»
Il messaggero balbettava. «V-vostra maestà, i-il re è … um … il re non è
p-pronto a ritirarsi, ancora.»
«Dov’è?» ripeté Maria. I suoi occhi si assottigliarono. Il messaggero
cominciò a tremare.
«L-lui … um …»
«Dove. È.» La voce bassa e roca di Maria era un ringhio.
«È negli appartamenti di Madame Denali», disse il messaggero tutto d’un fiato.
Maria si voltò e uscì dalla stanza con passo pesante, lasciando il
messaggero sbalordito dietro di lei. Le dame di Maria le andarono dietro,
scioccate di vedere la Regina lasciare la propria stanza in vestaglia. La
regina era sempre stata troppo modesta per farsi vedere in un abbigliamento
così intimo dalla corte, anche se altri monarchi, incluso suo padre, ricevevano
gli ospiti nelle loro vesti da notte. I suoi capelli scendevano dal suo
semplice copricapo di lino in una treccia un po’ inargentata sulle spalle, e
sobbalzava alla forza del suo furioso passo di marcia.
Il rumore delle risate la salutò ancora prima che le porte della stanza
fossero aperte. Filippo era al centro di un anello di cortigiani, una benda
sugli occhi, le braccia tese in fuori. Madame Denali gelò quando vide Maria
entrare, gli occhi sgranati nel vedere la faccia della Regina, chiazzata di
rosso per la rabbia. Tutto intorno a loro i cortigiani si inchinarono
profondamente, sperando che la rabbia della Regina non ricadesse sulle loro
teste.
La mano di Filippo strusciò Madame Denali e lui esclamò, «Presa!» in
spagnolo. Non sembrava aver notato che le risate si erano interrotte e passò la
punta delle dita sul suo viso. «Chi può essere? Non sono sicuro…» Fece
scivolare le mani a stringere i suoi seni. «Ah! Madame Denali! Riconoscerei
ovunque queste paperelle!» Si tolse la benda e guardò sua cugina e poi ne seguì
lo sguardo fino alla porta, dove stava sua moglie, tremante di furia.
La guardò impassibile e inarcò un sopracciglio. Maria indossò il mantello
gelido della dignità reale, la spina dorsale d’acciaio che aveva ereditato da
generazioni di regine della sua linea di sangue. «Desidero ritirarmi», disse.
Le chiazze rosse avevano dato il via a un arrossamento generale che aveva portato
la sua faccia a un’allarmante sfumatura scarlatta.
«Allora ritirati!» scattò Filippo.
Gli occhi di Maria divennero due fessure scintillanti. «Desidero
ritirarmi», ripeté e tutti nella stanza sentirono un brivido gelido nel sangue
a quella voce. Filippo non fece eccezione, ma si rifugiò nella rabbia. Buttò a
terra la sua benda e uscì a passo di marcia dalla stanza.
Gli occhi di Maria lo seguirono finché non scomparve nel corridoio e poi
si voltarono verso Madame Denali. Le sue labbra erano arricciate per il
disgusto, ma Madame Denali non si lasciò intimidire. Alzò il mento e guardò la
Regina diretta negli occhi. Anche il suo era sangue di re.
«Tu te ne andrai dalla mia corte», disse Maria.
Madame Denali annuì. «Partirò alla fine del mese.»
«Tu te ne andrai adesso», disse Maria. «Stanotte.»
Si sentirono dei respiri improvvisi. Madame Denali guardò Maria ancora
qualche momento prima di replicare «Come desiderate.»
Maria non disse nient’altro. Si voltò
e uscì dalla stanza. Bella e le altre dame la seguirono stordite. Maria le
congedò sulla porta della sua camera da letto e Bella andò alla portantina per
andare a casa. Per una volta, pensò, sarebbe stata lei a dare a Bess una
notizia, invece che il contrario.
Jacob, non più Padre Jacob, aveva trovato rifugio in un fienile bruciato.
Parte del locale era ancora intatto e lui era riuscito ad arrampicarsi sul muro
di pietre fatiscenti e si era rannicchiato lì, all’interno di tre muri e una
parte di tetto. Aveva visto che il luogo era stato usato da altri vagabondi, ma
adesso lo aveva dichiarato suo.
Come era arrivato a quel punto? La strega lo aveva distrutto,
costringendolo al peccato e portandolo sempre più in basso. Tutto quello che
aveva a questo mondo era una camicia di lana grezza e un paio di pantaloni da
lavoro di canapa, gli indumenti che la chiesa gli aveva restituito quando
l’aveva solennemente spogliato dei suoi paramenti liturgici.
Aveva trovato un sacco di tela e vi aveva messo le cose che aveva
raccolto lungo la strada: un tappeto che una ragazza stava sbattendo su un
filo, e quando lei era stata richiamata per un momento, lui lo aveva preso; un
pasticcio di carne che si stava raffreddando su un davanzale; una piccola forma
di formaggio che aveva visto quando aveva preso il pasticcio.
Rese grazie a Dio per quelle cose che aveva messo sul suo cammino. Il
tappeto lo avrebbe tenuto al caldo in quello squallido posto e Dio aveva
provveduto al cibo. Non lo considerava rubare. La gente doveva sfamare i servi
di Dio, ma lui era stato ingiustamente scacciato, e la gente non lo capiva.
L’incantesimo della strega non era mai svanito nonostante i digiuni, le
autoflagellazioni, le notti insonni in preghiera. Aveva abusato del proprio
corpo come un adolescente che avesse appena scoperto i piaceri della carne.
Aveva addirittura abbandonato l’ostia di notte per quello (e il Duca lo aveva
sorpreso a farlo!) Invece che mitigare la sua empia lussuria, questo lo aveva
solo infiammata di più. Ma non poteva fermarsi. Ogni volta che chiudeva gli
occhi la vedeva, la sua pelle pallida che luccicava alla luce della luna come
una perla.
Considerò le Scritture: Se il tuo occhio destro ti offende, strappalo
via. Non credeva che Gesù intendesse che i suoi servi dovessero accecarsi o
tagliare le proprie membra. Doveva intendere che andava strappato via il
peccato. E l’unico modo in cui poteva farlo era spegnendo il fuoco che la
strega aveva acceso nei suoi lombi.
Andò dalla puttana del villaggio. Somigliava perfino un po’ alla strega.
Vestito con quegli abiti da lavoro, non pensava che l’avrebbe riconosciuto. (Di
certo non l’aveva mai vista nella cappella). La pagò per una notte e la ragazza
si guadagnò ogni pence. Si era sentito un po’ colpevole, al tempo, per essere
stato così rude, ma era solo una puttana e sicuramente abituata a un tale
trattamento. L’unica richiesta strana che le aveva fatto, era stata di aprire
le imposte della finestra così da poter vedere sulla sua pelle brillare alla
luce della luna. Ma quella donna non brillava, e questo, per qualche ragione,
lo aveva reso più rabbioso e rude di quanto avrebbe dovuto.
La visitò altre due volte. Lo fece pagare di più, in quelle occasioni,
perché, disse, dopo che lui aveva finito con lei, non era in condizioni di
avere altri clienti per un paio di giorni. Lui sospettò che mentisse, forse
provando a lusingarlo per le sue misure o il suo vigore, ma in realtà non gli
importava. I soldi non erano un problema.
Dopo quella terza visita, pensò di aver finalmente esorcizzato la
maledizione della strega. Per qualche mese, riuscì a tornare alla sua vecchia
routine senza distrazioni. E poi era divampato di nuovo, a oltranza. Ritornò
dalla puttana altre tre volte nell’anno successivo. Sei volte in tutto, come
aveva confessato agli esaminatori.
Ma loro gli avevano messo davanti un documento con la sua firma in cui la
chiamava “moglie”. Sapeva che non gli avevano creduto quando aveva detto loro
che non aveva mai visto prima quel documento. Il documento, unito al fatto che
aveva giaciuto con quella donna come un uomo fa con sua moglie, era sufficiente
a renderli legalmente sposati.
I preti che rinunciavano alle proprie mogli e si pentivano, venivano
ricondotti nella chiesa, ma per essere perdonato avrebbe dovuto convenire che
lei fosse davvero sua moglie, e questo non l’avrebbe mai fatto. Lui proveniva
da un’eccellente famiglia, che non avrebbe imbrattato concedendo il suo nome a
una comune puttana, anche se solo per il breve periodo necessario a rinunciare
a lei.
Così gli avevano strappato i suoi paramenti e l’avevano scacciato. Non
avrebbe potuto essere reintegrato senza il permesso del papa, e il nuovo papa
era così ostile agli inglesi e agli spagnoli che aveva ordinato a tutti loro di
lasciare Roma. Non avrebbe guardato con benevolenza un prete inglese che si
rifiutava di ammettere il proprio peccato.
Era difficile non provare risentimento. Vescovi e cardinali avevano
apertamente delle amanti, e i loro figli (a cui ci si riferiva educatamente
come “nipoti”) raggiungevano spesso alti uffici all’interno della chiesa
stessa. Bastava vedere i Borgia, il padre un papa, suo figlio fatto vescovo a
quindici anni, sua figlia sposata a lord e duchi per interesse politico. Il
Vescovo di Winchester aveva perfino autorizzato un bordello nelle terre di
palazzo, le cui occupanti erano chiamate “le oche di Winchester”.
Passò lunghe ore in preghiera, aumentando gradualmente il tempo finché
si trovò a pregare per tutto il tempo di veglia, seguendo il comandamento delle
Scritture, “Prega incessantemente”. Capiva adesso perché Dio avesse
permesso che fosse spogliato del suo ufficio. Questo lo aveva purificato
spiritualmente. Non essere più focalizzato sulla vita spirituale degli altri
lo liberava verso una più profonda comunione con lo Spirito Santo. Parlava con
Dio costantemente.
E a un certo punto, Dio cominciò a rispondergli.
Era stato quando era malato, con la febbre alta, che l’aveva sentito per
la prima volta. E forse Dio aveva avuto bisogno di colpirlo con la malattia per
avere tutta la sua attenzione. Più tardi, si rese conto che era quasi morto di
quella febbre, ma aveva alla fine purificato la sua mente al punto che poteva
sentire La Voce. E La Voce gli aveva assicurato che sarebbe stato riaccolto
nella chiesa, incaricato di un alto ufficio e stimato per la sua purezza
spirituale.
E la strega sarebbe bruciata.
Oh, sì, sarebbe bruciata.
Note storiche
-
“Madame Denali” è Cristina di Danimarca, Duchessa di Lorena. Era cugina
di primo grado di Filippo, considerata bella, erudita e colta. Servì come
reggente di Lorena e fu consigliera di molti monarchi d’Europa. Quando era
un’adolescente, Enrico VIII prese in considerazione l’idea di sposarla dopo la
morte della terza moglie Jane Seymour. Si dice che Cristina abbia fatto una
battuta dicendo che se avesse avuto due teste, una delle due l’avrebbe di certo
messa a sua disposizione. L’affetto che Filippo le mostrava venne rimarcato da
molti, al tempo. Le faceva doni esagerati e cercava di convincerla ad unirsi
alla sua corte, oppure visitava quelle dove era lei appena possibile. Le
attuali famiglie reali di Svezia, Danimarca e Norvegia discendono da lei.
-
Filippo era un tipo arcigno che non sembra avesse un gran senso
dell’umorismo. Secondo le descrizioni del tempo: “Si è fatto un nome per
l’arroganza”. L’ambasciatore veneziano scrive: “Il suo aspetto
severo e scontroso lo ha reso sgradito agli italiani, odiato dai fiamminghi e
detestato dai tedeschi.” Uno dei biografi di Cristina scrive: “Parla
poco in pubblico e raramente sorride. Durante l’anno che passò a
Bruxelles, si dice che nessuno l’abbia mai visto ridere, tranne in un’unica
occasione, quando con tutta la corte guardò (uno spettacolo con) un
orso che suonava un organo (…) e dei gatti sfortunati, legati per le
code, riempivano l’aria di grida discordanti. Alla vista di queste
immagini grottesche (Filippo) rise fino alle lacrime.” In questa
storia, Filippo ha riso un’altra volta, di fronte ai suoi gentiluomini, a spese
di sua moglie, ma la corte non ne è stata testimone.
-
I bordelli erano tecnicamente illegali, a Londra, ma la legge raramente
veniva fatta rispettare. Le “Oche di Winchester” vivevano in un pezzetto di
terra conosciuto come “liberty”. Era esentata dalle leggi della città,
sostanzialmente come un piccolo regno per suo conto.
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Capitolo 37 *** Capitolo 37 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/37/The-Selkie-Wife
Capitolo 37
Rosalie andò al suo confinamento una settimana dopo. Quando vide gli
arazzi, pianse sulla spalla di Bella come se il cuore le si stesse spezzando, e
disse che aveva avuto torto così tanto su di lei, che non era proprio la
reazione che Bella sperava. La prese con gli umori lacrimevoli della gravidanza
e si limitò a dei colpetti sulla spalla di Rosalie, dicendole che era
perdonata.
«No», disse Rosalie con un sorriso lacrimoso. «Non potrò mai essere
perdonata, ma come mi hai detto tu, passerò il resto della mia vita a cercare
di rimediare.»
Bella non aveva idea di cosa avesse fatto Rosalie di così orribile. Senza
dubbio era stata meschina quando Bella era arrivata, ma lei non le serbava rancore
per questo.
Il confinamento di Rosalie significava che Bella era dispensata dalla
corte per tutta la durata. Bella passò un bel po’ di quel tempo con Edward e
con i bambini. Rosalie aveva deciso di imitare Bella, permettendo a Emmett di
entrare nelle stanze attigue alla sua, cosa che aveva fatto scuotere la testa a
tutti i domestici (e a Bess) e borbottare che non si sapeva dove stava andando
il mondo.
Alla fine della prima settimana di giugno, Bess scese all’argine del
fiume dove Edward e Bella erano stesi su una coperta, uno nelle braccia
dell’altro, riconoscendo delle forme nelle nuvole che guardavano in alto. Bess
sedette vicino a loro e guardò su la nuvola che Bella aveva appena dichiarato
somigliare a un orso.
«Sembra più un tasso, direi», disse Bess pensierosa. «Guarda che scucchia
lunga.»
«Lunga quasi come la tua», la prese in giro Edward.
«Ho in mente di cambiare il tuo incarico da intendente a spazzacamino»,
lo minacciò Bess.
«Potrebbe piacermi», sussurrò Edward all’orecchio di Bella. «Sembra che
abbia una certa affinità con spazi stretti e oscuri.»
Bella rise e gli diede uno schiaffo giocoso sulla spalla. Come era
diventato diverso Edward, dall’uomo strettamente controllato e distaccato che
aveva rubato la sua pelliccia. Quell’uomo non si sarebbe mai steso sull’argine
con lei e non avrebbe mai sprecato la giornata a guardare passare le
nuvole. Quell’uomo non avrebbe mai fatto una battuta maliziosa e sorriso a sua
moglie quando lei le avesse dato uno schiaffo per questo.
«Non voglio sapere niente», disse Bess. «Comunque, ero venuta qui con
delle notizie.»
«Cos’è stavolta?» sospirò Edward. «Filippo ha trovato una sostituta di
Madame Denali?»
Bella sbuffò. «Magari. Almeno mi lascerebbe in pace.»
«Ti sta ancora assillando?»
«Mi ha chiesto di sposarlo.»
«Di nuovo?» chiese Edward. «Forse gli farebbe bene ricordare che ha già
una moglie.»
«Non pensa che Maria vivrà ancora a lungo», disse Bess abbassando la
voce. I loro domestici erano piuttosto lontani, seduti anch’essi su una coperta
sul prato, ma quelle erano parole pericolose.
«Potrebbe avere ragione», disse Bella. «Non sta affatto bene.» Sembrava
che ogni parte della Regina le desse guai, in quei giorni. La testa le faceva
male, gli occhi le bruciavano, i denti si erano allentati e le dolevano, il suo
respiro era affannoso, lo stomaco bilioso, e le sue giunture erano infiammate
da quella stessa gotta che aveva afflitto sua madre. In risposta, i dottori
aumentavano i salassi e le davano purghe per far uscire dal suo corpo gli umori
cattivi. Le purghe la lasciavano ancora più debole e pallida, e questo faceva
raddoppiare ancora i loro sforzi.
«Non sono venuta a discutere la salute della Regina,» disse Bess. «Sono
venuta a dirvi che il consiglio ha ceduto e ha dichiarato guerra alla Francia.
Hanno usato il pretesto che la Francia ha sostenuto la Cospirazione di Dudley.»
Edward emise un lamento. Era una notizia che si aspettava ma che temeva.
Con Filippo al suo fianco, la Regina si sentiva più sicura. Quando il consiglio
aveva rifiutato la sua richiesta, aveva minacciato i consiglieri di
sostituirli con altri che l’avrebbero accettata. Questo aveva fatto cambiare
loro idea, in fretta.
«Filippo ha ordinato la vendita di terre e proprietà della Corona per
raccogliere il denaro che gli serve», disse Bess, e a questo la sua voce era
amara e risentita. Filippo non era l’unico a pensare che la Regina non sarebbe
rimasta ancora a lungo in questo mondo, e Bess stava già pensando
all’Inghilterra come sua. «Edward, vorrà che tu vada a comandare alcune delle
loro forze.»
«Non lo farò», disse Edward. «Non sono un generale. Non so nulla di
tattiche militari.»
«Neanche gli altri che lei sta nominando», disse Bess. «A questo punto,
penso che prenderebbe chiunque abbia letto una biografia di Cesare.»
«No», disse Edward, la voce ferma. «Non lo farò. Non lascerò la mia
famiglia per essere un leader incompetente per una causa in cui non credo.»
Bess annuì. «Ho le persone giuste per dirle che tu non saresti una buona
scelta e che sei necessario qui.»
«Grazie», disse Edward.
Bess guardò verso il fiume, l’espressione meditabonda. «Me ne andrò per
un po’. Anna di Cleves è malata e voglio essere con lei quando…» Bess si
interruppe mentre la sua voce si spezzava.
Anna di Cleves era l’ultima moglie sopravvissuta di Enrico VIII, una
principessa che aveva sposato per cementare l’alleanza con la Germania come
cuscinetto contro la Spagna e la Francia, che avevano allora formato
un’alleanza. Per il loro primo incontro, decise di farle lo scherzo che lo
divertiva tanto con Caterina d’Aragona. Si vestì come un contadino e si
precipitò nella sua camera. Caterina aveva sempre fatto finta di non
riconoscerlo e aveva danzato con lo “straniero” o lo aveva privilegiato di un
nastro del suo vestito. Anna veramente non lo riconobbe e fu decisamente
allarmata da questo grasso, rozzo contadino che tentava di baciarla.
Enrico era uscito pesantemente dalla stanza e aveva rimesso le sue vesti
regali. Anna fu profondamente imbarazzata e il re umiliato dallo sguardo di
orrore e disgusto sul viso di lei quando aveva tentato di baciarla. Lui andò
avanti ugualmente col matrimonio, ma dichiarò che era così brutta e il suo seno
così cadente che non poteva consumare l’unione per la repulsione. Si affrettò
ad aggiungere che non c’era niente che non andava nella sua virilità dato che
aveva “sogni bagnati” ed era certo di poter adempiere con qualcun'altra. Volle
un immediato annullamento. L’alleanza tra Francia e Spagna era sfumata e lei
comunque non era più necessaria.
Anna non era una bellezza, ma non era neanche brutta. Divenne “brutta”
solo quando Enrico disse che lo era. Non appena lo disse, tutti i cortigiani
concordarono e lo consolarono come un pover’uomo imbrogliato che era stato
indotto a un’unione non voluta con una megera ripugnante.
Quando Anna vide gli uomini del re arrivare per lei, svenne, certa che la
stessero portando alla Torre per essere decapitata, ma in realtà essi portavano
le carte per l’annullamento, che lei si affrettò a firmare, anche se,
educatamente, esclamò che era addolorata di perdere un così buon marito. Data
la sua cooperazione, Enrico la rese molto ricca e dichiarò che sarebbe stata
conosciuta come la sua “amata sorella”.
Di tutte le mogli del Re, fu l’unica che visse una vita felice. Dopo che
non era più sua moglie, il Re scoprì che Anna gli piaceva parecchio. Anche
tutti i suoi figli la amarono, specialmente Elisabetta. Anna era spiritosa e
vivace e così esperta nella politica europea che una volta il re disse che
avrebbe voluto poterla nominare sua consigliera. Non si risposò mai, né rivide
mai la sua terra natale, ma la sua vita in Inghilterra fu confortevole e
felice, ed ebbe molti amici.
«Spero che si riprenda», disse Edward, ma Bess sorrise tristemente.
«Non credo che sia possibile, a questo punto, cugino, ma io spero la
stessa cosa. Per favore, dite a Rosalie che mi dispiace che non sarò qui per il
suo momento felice.»
Bella era piuttosto sicura che Elisabetta avrebbe comunque trovato
qualcosa per evitare di essere presente al momento del parto. Lei annuì e si
alzò per baciare leggermente Bess sulle labbra. «Glielo dirò. Torna a casa
presto, Bess.»
La seguirono in casa invece di riprendere il loro posto sulla coperta. I
bambini si sarebbero svegliati presto dal loro sonnellino, e Bella aveva
promesso di giocare con loro nella sala grande al loro risveglio. Edward si
unì a loro e si ritrovò a fare la parte dell’orso affamato, rincorrendo i
bambini a quattro zampe. Quando li acchiappava e li portava nella sua tana
sotto il tavolo, la piccola Elizabeth, come un cavaliere coraggioso, doveva
andare a salvarli.
Bella era senza fiato dalle risate quando la cameriera entrò nella
stanza. La cameriera non era con loro da molto tempo, e vedendo il Duca che
ruggiva sotto il tavolo con le mani piegate ad artiglio, e la Duchessa su una
sedia, imprigionata nella torre, in attesa che la piccola Elizabeth
sconfiggesse l’orso e la salvasse, pensò che il Duca e la Duchessa fossero un
tantino matti. Edward prese tra le braccia la piccola Elizabeth con un ringhio
feroce e fece finta di morderle la spalla. La piccola Elizabeth strillò e
ridacchiò.
La cameriera odiava doverli interrompere, ma era necessario. «Vostra
grazia?» Fece un inchino. «Il tempo di Lady Lisle è arrivato.»
«Buon Dio!» esclamò Bella saltando giù dalla sedia. Baciò velocemente i
bambini e il marito e corse su per le scale verso la camera di Rosalie.
La levatrice era già arrivata e aveva già preparato la sedia da parto.
Incoraggiava Rosalie a camminare per la stanza, anche se doveva fermarsi ogni
volta che arrivava il dolore. Aveva le braccia poggiate sulle spalle di due sue
cameriere.
«Camminare», disse Kat scuotendo la testa. «Non ho mai sentito niente di
simile! Dovrebbe restare distesa sul letto per risparmiare le forze.»
«Ignorala», l’avvertì la levatrice. «Ho fatto nascere più bambini di
quanti possa contarne. Fidati. Renderà il parto più veloce.»
Rosalie non replicò. Era arrivata un’altra contrazione e stava
trattenendo il respiro.
«No, devi respirare profondamente», le disse Bella. «Profondamente ma
velocemente.» Le fece vedere come e Rosalie prese il ritmo con lei finché la
contrazione passò.
«Vi prego, sedete sulla seggiola, mia lady, e permettetemi di vedere i
vostri progressi.»
Bella le prese la mano e Rosalie gliela strinse trasalendo quando la
levatrice le mise dentro le dita. «Manca poco,» disse allegramente la
levatrice. «State andando proprio bene, mia lady.»
«G-grazie.» La sua fronte era madida di sudore e Bella bagnò un panno
nell’acqua che era vicino alla levatrice. Bagnò con l’acqua fredda il viso di
Rosalie. Il suo respiro usciva in piccoli singhiozzi spaventati e i suoi occhi
erano dilatati dalla paura. Il suo ultimo parto era stato difficoltoso e temeva
di dover di nuovo sperimentare qualcosa di simile.
«Non aver paura, Rosalie. Sta andando tutto come deve, e presto avrai il
tuo bel bambino da amare.» Fece a Rosalie un occhiolino cospiratore e le disse
sussurrando ad alta voce, «Speriamo che il poveretto non somigli a Emmett.»
Rosalie rise, una risata interrotta dalla contrazione successiva. Bella
la incoraggiò a respirare rapidamente fino a che non fosse passata. «Vedi? Va
tutto bene. Non ci vorrà molto. Respira con me e tieni la mia mano. Non ti
lascio andare.»
«Vorrei poter sopportare come te», disse Rosalie. «Non si vedeva neanche
che avevi i dolori, eri così serena fino a quando il travaglio non è diventato
più difficile.»
Bella aveva sempre odiato mentire, e non era neanche così brava. «Non
volevo che Edward si preoccupasse.»
Rosalie strinse i denti quando arrivò un’altra ondata di dolori. Afferrò
la mano di Bella e ansimò pesantemente.
Partorire era un duro lavoro per gli umani, rifletteva Bella mentre le
contrazioni diventavano più frequenti. Poi dissero a Rosalie di spingere. Lei
si sforzò, la faccia rossa e sudata. Bella le bagnò ancora il viso e le parlò,
mentre la levatrice la calmava con parole dolci di elogio. Un’ultima spinta e
un gemito spezzato di Rosalie, e il bambino scivolò tra le mani della
levatrice.
Invece del vagito di un neonato, il silenzio riempì la stanza.
La faccetta del bambino era blu, il cordone legato stretto intorno al
collo. La levatrice lo sciolse in tutta fretta, ma il neonato non si muoveva.
Lo scosse piano poi gli dette una pacca sul sedere, ma non reagì.
«Cosa c’è che non va?» gridò Rosalie. «Il mio bambino! C’è qualcosa che
non va con il mio bambino?»
«Mi dispiace, mia lady,» disse con semplicità la levatrice.
Rosalie diede un grido strozzato e cercò di alzarsi dalla seggiola. Le
cameriere corsero a tenerla ferma. «No, mia lady, non potete muovervi, ancora!»
Bella prese il bambino dalle braccia della levatrice e premette
l’orecchio sul suo petto. Poi fece una cosa stranissima: chiuse il naso del
bambino, mise la bocca sulla sua e soffiò il respiro dentro di lui. Lo fece per
tre volte, poi si sentì un tossicchiare del bambino che si trasformò in un vero
e proprio vagito.
«Dio sia lodato», boccheggiò la levatrice sbalordita. Si fece il segno
della croce e poi si strinse le mani alle guance, scioccata.
Rosalie singhiozzava, le braccia allungate. Bella avvolse il bambino
furioso, la cui faccia stava tornando a un rosa salutare, in un panno di lino e
lo diede a sua madre.
«Grazie, Bella,» sussurrò lei. «Oh, Dio … Grazie.» Baciò e ribaciò la
testolina del bambino. «Grazie.»
«Cosa avete fatto?» chiese la levatrice impressionata.
«La mia casa è vicino al mare», spiegò Bella. «Ho visto degli annegati
ricevere in questo modo il respiro e sopravvivere, sempre che il cuore batta.»
La levatrice sbatté gli occhi e scosse la testa leggermente, meravigliata.
«È incredibile», disse. Poi si ricordò che aveva ancora del lavoro da fare e
tornò da Rosalie, aiutandola ad espellere la placenta, poi tagliò il cordone.
Rosalie fece per un attimo resistenza quando la levatrice le prese il bambino
per lavarlo nel recipiente di vino rosso che era in caldo vicino al camino.
«Grazie, Bella», disse Rosalie con fervore. «Tu hai salvato il mio
bambino dopo che io ho cercato di portarti via il tuo.»
Bella inclinò la testa confusa. «Cosa intendi?»
Ma Rosalie non rispose. Singhiozzava così forte che la seggiola sotto di
lei vibrava. Bella le avvolse le braccia intorno e la tenne stretta mentre
piangeva. Sperava che Rosalie non avesse di nuovo quella tristezza dell’anima
che l’aveva afflitta dopo la nascita di Margaret.
Bella aiutò la levatrice a lavare Rosalie, a metterle una camicia pulita
e a metterla a letto col suo bambino (aveva deciso di allattarlo, come aveva
fatto Bella), prima di andare nella camera di Emmett. Lo trovò che faceva
avanti e indietro, la faccia bianca e tesa. Non appena la vide, corse verso di
lei e la prese per le spalle. «Rosie sta bene? Dimmelo!»
«Sta bene», lo rassicurò. «Hai un bellissimo maschietto.»
«Un maschio?» ripeté. «Un figlio? Ho un figlio? Ho un figlio!» Si
voltò verso Edward, la faccia aperta in un enorme sorriso. «Ho un figlio!»
«Sì, ho sentito», disse Edward, un sorriso divertito sulle labbra.
«Congratulazioni, fratello.»
«Posso vederla?» chiese Emmett ansioso.
Bella pensò che fosse una buona idea, data la melanconia di Rosalie. «Vai.
Sono sicura che ne sarà contenta.»
Edward stava osservando sua moglie con attenzione. Dopo che Emmett ebbe
chiusa la porta dietro di sé, chiese a Bella piano, «Che c’è?»
Bella scosse la testa. «Qualcosa di strano che ha detto Rosalie, ma
probabilmente era solo confusa per il parto.»
Lui annuì. «Le donne dicono strane cose in quel momento, o almeno così ho
sentito.»
Sì, probabilmente era questo. Non sapeva cosa stava dicendo. Bella si
accoccolò contro il petto di Edward.
«Ho dovuto costringerlo a non bere», disse Edward. Tolse a Bella il suo
copricapo e le sciolse i capelli. Gli caddero sulle mani come una cascata
scura, e lui accarezzò quelle ciocche lucenti. Sembrava che lo calmasse. «Era
così spaventato. Aveva avuto un parto difficile, l’ultima volta ed era terrorizzato
di poterla perdere. È una cosa orribile sentirsi così impotenti.»
Bella si accoccolò ancora più vicina. C’erano così tanti pericoli a
questo mondo che non potevano essere combattuti: la politica, la malattia, il
parto… Ognuna di queste cose poteva portarti via ciò che avevi di più prezioso.
«E allora dobbiamo, ogni giorno, essere grati di ciò che abbiamo.»
«Io lo sono,» le disse Edward. «Ogni giorno, io ringrazio Dio di averti
trovato su quella spiaggia. Non potrò mai lasciarti andare, Bella. Mi dispiace.
So che te l’ho promesso…» Si interruppe e chiuse gli occhi. «Semplicemente non posso.
Ho troppo bisogno di te.»
Lei stava per spiegargli il Vincolo che si creava facendo una promessa al
popolo magico quando bussarono alla porta. Edward sospirò e mise in piedi
Bella. «Avanti.»
«Una lettera per voi, vostra grazia», il messaggero si inginocchiò di
fronte a Edward e gli diede la lettera. Bella andò alla scrivania e prese una
moneta per l’uomo. Lo ringraziò e lo spedì alle cucine per un pasto prima del
viaggio di ritorno.
«È di Jasper,» disse Edward. «Lui e Alice hanno una figlia e l’hanno
chiamata come te.»
«Gentile da parte loro. Una bambina! Alice deve essere così felice.
Jasper si è rappacificato col fatto di aver lasciato la chiesa?»
Edward lesse il resto del testo. «Non dice niente, ma non sembra tetro
come l’ultima volta che ha scritto, quindi forse sta venendo a patti con…
senti un po’, ha già saputo dell’espulsione di Madame Denali dalla corte.»
Bella pensò che a un certo punto la doveva smettere di stupirsi della
velocità a cui viaggiavano i pettegolezzi, eppure questo non smetteva mai di
sbalordirla.
«Deridono Maria in tutta Europa», disse Edward. «Jasper dice che ha visto
una vignetta di una strega smunta che scaccia dal palazzo con la scopa una
bellezza formosa.»
Lei sperò che Maria non la vedesse mai, ma sapeva che era inevitabile.
Ben presto sarebbe stata costretta a confrontarsi con questo. Le persone le
infilavano questi pamphlet dove non poteva evitare di vederli, nel suo libro
delle preghiere, sotto il cuscino, sulla seggiola, attaccati nella porta del
suo guardaroba … Non poteva sfuggirli, così come non poteva sfuggire alla dura
verità che aveva perduto l’amore del suo popolo, che più duramente provava a
soffocare l’eresia, più questa prosperava, e che il suo amore per il suo marito
infedele l’aveva resa lo zimbello d’Europa.
Maria era una regina, e nelle sue
vene scorreva il sangue di generazioni di reali, un pedigree che risaliva
indietro di secoli. Teneva il mento alto e le spalle dritte in pubblico, ma
nella sua camera da letto buia e solitaria, piangeva come una bambina smarrita,
mentre ogni sogno che aveva avuto si trasformava in cenere intorno a lei.
Rosalie venne benedetta due settimane dopo il parto. Chiamarono il
bambino Charles, come il padre di Emmett e Edward. Quando Emmett seppe di come
Bella avesse salvato il piccolo Charles, le chiese di essere sua madrina, e
naturalmente, Edward accettò il ruolo di padrino.
«Vorrei avere un onore più grande da offrirti», le disse Emmett.
«Siate una famiglia felice, Emmett, e questo mi onorerà più di qualunque
titolo», rispose Bella.
Emmett annuì. Lui e Rosalie stavano per tornare a Cullen Hall ora che il
bambino era nato e Bess aveva detto che voleva tornare a Hatfield. Bella
invidiava a tutti loro quella libertà, ma anche quella aveva un prezzo.
Maria era rimasta profondamente offesa, l’anno precedente, quando Emmett
aveva rifiutato la sua offerta di un annullamento rapido del suo matrimonio
con quella sua moglie malfamata, e aveva bandito Rosalie dalla corte. Aveva
minacciato di annullare comunque il matrimonio e accusarlo di fornicazione, ma
Emmett aveva coraggiosamente tenuto il punto. Amava Rosalie, aveva detto alla
Regina, e le aveva mentito spavaldamente dicendo che l’aveva sposata sapendo
del suo passato. Cristo aveva perdonato Maria Maddalena, le aveva ricordato, e
Rosalie aveva già scontato la sua pena, quindi, perché non perdonare anche lei?
Ma La Regina non era dell’umore di perdonare.
Che fosse il confinamento di Rosalie che glielo aveva ricordato, o che
fosse motivata dal bisogno di soldi di suo marito, nessuno di loro lo sapeva,
ma la settimana prima aveva privato Emmett del suo titolo e delle sue terre.
Edward aveva in silenzio acquistato le proprietà per unirle alle sue, perché
non voleva vedere le terre che erano state di loro proprietà per generazioni
andare a qualcun altro. Qualunque fosse la ragione, Edward era disgustato dalla
malignità di Maria.
Adesso loro erano semplicemente “Lord Emmett” e “Lady Brandon”, anche se
la maggior parte delle persone li chiamavano ancora Lord e Lady Lisle. Emmett
non si preoccupava di correggerli. Non gli importava molto di avere o meno un
titolo, ma gli dispiaceva della perdita per il suo figlioletto, che sarebbe
stato conosciuto solo come “Master Brandon”.
Dato che Edward non poteva restituire le terre a Emmett, gliele diede da
gestire, con un salario identico al rendimento annuale delle terre stesse.
Emmett aveva le lacrime agli occhi quando Edward glielo aveva detto, e si erano
abbracciati, il passato ora perdonato, la ferita tra loro completamente
guarita. Jasper ne sarebbe stato felice, quando l’avesse saputo, pensò Edward.
Edward e Bella guardarono il convoglio di carri scomparire nella distanza
e poi tornarono in casa tenendosi per mano. «Charles è un bambino bellissimo»,
disse Edward, e Bella sentì una punta di nostalgia nelle sue parole.
Gli mise le braccia al collo. «Se la Regina ci lascia andare dopo la partenza
del Re, forse potremmo cominciare a pensare ad averne un altro anche noi.»
«Gliene parlerò», promise lui, e poi una luce maliziosa si accese nei
suoi occhi. «Possiamo fare pratica, intanto?»
Bella fece finta di pensarci. «Non lo so. Sono abbastanza sicura di
sapere come si fa.»
«Ma ci sono dei modi che non abbiamo ancora provato», protestò Edward.
Passò le dita sulla sua gola, fino allo scollo a V del suo vestito.
«Oh, va bene», disse Bella con un sospiro drammatico. «Non vorrei aver
dimenticato come si fa quando sarà il momento.»
Lui la prese sulle braccia, attento al suo guardinfante, e andò per il
corridoio verso la loro stanza.
«Vostra grazia!» chiamò uno dei domestici.
«Non adesso», disse Edward. «A meno che qualcuno non sia sul letto di
morte, può aspettare.»
Il domestico sorrise vedendo il Duca con la Duchessa tra le braccia. «Sì,
può aspettare.»
Arrivato, gettò Bella, con attenzione, sul letto (voleva giocare a fare
il rude, ma non riusciva ad essere veramente rude con lei, non era nella sua natura).
I fianchi di lei erano sul bordo, con le gambe che penzolavano. Le tirò su la
gonna e la accarezzò dietro le cosce nude. «C’è un difetto in questa
posizione,» gli annunciò lui.
«Mm?»
«Non posso vederti il viso.» Andò al suo armadio e lo aprì con la chiave
che aveva sempre intorno al collo (non voleva più rischiare che
chiunque potesse girare intorno alla pelliccia di Bella di nuovo). Prese il suo
prezioso specchio e glielo passò. «Giralo verso di me. Ancora un po’. Così.» La
sua voce si irruvidì quando vide il calore negli occhi socchiusi di lei. «Perfetto.»
La sua mano scoprì che lei era eccitata quanto lui, ma non bastava. La
voleva selvaggia, voleva che urlasse, voleva che fosse frenetica come si
sentiva lui.
Si fece strada appena dentro di lei, così lentamente che lei mugolò di
frustrazione, così lentamente che lei provò a spingere i fianchi indietro, ma
lui la prese e la tenne con le mani, una a tenerla ferma e l’altra a scivolare
davanti per accarezzarla in lenti circoli, accompagnamento dei suoi movimenti
lenti dentro di lei.
«Oh, Dio, ti prego», implorò lei, e lui non sopportò di sentirla
supplicare. Spinse forte dentro di lei e ottenne le grida che voleva, anche se
dovette distogliere lo sguardo dallo specchio, per evitare di perdere il
controllo troppo presto.
Dopo, lui si sentì deliziosamente prosciugato, come se avesse riversato
tutto, il suo cuore e la sua anima, la sua mente e il suo corpo dentro di lei.
Crollò sul letto boccheggiando alla ricerca del respiro. Bella si tolse ogni
pezzo di vestito che riusciva a raggiungere e poi chiese assistenza a lui per
il resto. Strisciò sul letto con lui, gloriosamente nuda, avvolgendosi al
corpo di lui ancora vestito.
Forse Maria sarebbe stata così
occupata dalla guerra che non le sarebbe dispiaciuto se fossero andati via,
pensò Edward. Questo era quello che voleva: caldi e pigri pomeriggi in cui
sonnecchiare con la sua bella moglie selkie al suo fianco. Promise che sarebbe
accaduto presto, a qualunque prezzo.
Le cronache cinesi l’avrebbero chiamata “Stella Scopa”. Gli inglesi la
chiamarono presagio, un segno dello scontento di Dio, un avvertimento della
peste imminente o perfino della fine del mondo. Bella fece spallucce e disse
che era una stella cometa. Ne aveva viste tante.
Era la prima cometa che Edward vedeva e ne rimase meravigliato.
«Cosa pensi che sia?» Edward e Bella erano sulla spiaggia dopo una
nuotata notturna. La corte aveva seguito la regina e il re a Dover, dove lui si
sarebbe imbarcato l’indomani per tornare nei Paesi Bassi. Bella aveva pianto di
gioia quando aveva rivisto il mare per la prima volta dopo più di un anno. Le
nuotate notturne nel fiume erano divertenti e rinfrescanti, ma nulla si poteva
paragonare a giocare tra le onde e trovare alghe fresche e succose.
Erano stesi sulla schiena dopo che lei era tornata alla spiaggia, e
guardavano il cielo notturno. Bella aveva appoggiato la testa sul cuore di
Edward e il suo battito sembrava accordarsi con la cadenza del mare, una ninna
nanna che la immergeva in bei sogni. Quando lei parlò, la sonnolenza era
evidente nella sua voce. «Le selkie dicono che le stelle a volte si sentono
sole o si innamorano di un’altra stella e così si spostano nel cielo per stare
insieme.»
A Ginevra, un uomo di nome John Knox prese la cometa come segno del
dispiacere di Dio e pubblicò un pamphlet dal titolo piuttosto ingombrante «Il
primo squillo di tromba contro il mostruoso regime delle donne». Per il
protestante Knox, non solo Maria era un’eretica, ma permettere a una donna di
governare era un insulto a Dio, una sovversione dell’ordine naturale per cui
Dio aveva fatto le donne sottomesse agli uomini per via della loro intrinseca
inferiorità in intelligenza e saggezza.
«Mi piace la sua metafora, qui», ridacchiò Bella quando lei e Edward ne
lessero una copia che avevano trovato nella cappella temporanea della Regina.
«Mettere una corona sulla sua testa è indecoroso come mettere una
sella su una mucca ribelle. Non vedo l’ora di farlo vedere a Bess.
Probabilmente marcerà dritta su Ginevra e andrà a torcergli il collo.»
«Non possiamo tenerlo», le disse Edward. «E in ogni caso, scommetto che
Bess l’ha già letto.» Prese il pamphlet e lo buttò nel camino, assicurandosi
che fosse completamente consumato prima di tornare a letto con Bella. Aveva il
sospetto che la loro stanza fosse frugata, perché a volte trovava delle cose
fuori posto, inspiegabilmente. Anche l’armadietto che conteneva la pelliccia di
Bella era stato aperto, e lui sapeva per certo di averlo sempre chiuso a
chiave.
Al mattino, l’intera corte andò ai dock per salutare il re mentre si
imbarcava sulla sua nave. Stupì tutti quando fece la cosa più gentile che
avesse mai fatto per la Regina da quando erano sposati: la baciò leggermente
sulle labbra prima di voltarsi e salire sulla nave.
Maria premette la punta delle dita contro le labbra e le si riempirono
gli occhi di lacrime. Un anno fa, due anni fa, la sua azione l’avrebbe mandata
in una frenesia di gioia e speranza. Ora, sembrava solo renderla triste.
La nave alzò le vele e scivolò fuori del porto tra le grida festanti di
quelli che erano sulla spiaggia. Per molti di loro era vero entusiasmo, e
festeggiavano vedendolo lasciare le spiagge dell’Inghilterra. Maria rimase sul
dock, guardando silenziosamente finché la nave di suo marito scomparve
all’orizzonte.
Non l’avrebbe rivisto mai più.
Note storiche
-
A proposito dei titoli: ‘Brandon’ è il nome di famiglia di Edward in
questa storia. Suo padre era Charles Brandon, Duca di Cullen (nella realtà era
Duca di Suffolk). Il secondo figlio di un duca poteva avere uno dei titoli
secondari del duca, ma senza questi, sarebbe stato semplicemente “Lord Emmett”.
Rosalie, d’altra parte, sarebbe stata “Rosalie, Lady Brandon”. Non avrebbe mai
potuto chiamarsi “Lady Rosalie”, perché non era nata con il titolo.
Le figlie di un Barone , o più alto rango, avevano il titolo di cortesia di
“Lady Nome di Battesimo”, ma quelle che diventavano lady in virtù di un
matrimonio, erano chiamate “Lady Cognome”.
-
La cometa in realtà apparve ad ottobre. Io l’ho spostata all’estate.
-
John Knox pubblicò il suo pamphlet contro il “Mostruoso regime delle
donne” nell’estate del 1558. La sua frase sulla “mucca ribelle” è stampata
nell’appendice dell’edizione del 1878, in una lettera alla regina Elisabetta,
riferendosi a Maria di Guisa, che servì come reggente di sua figlia Maria,
regina di Scozia.
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Capitolo 38 *** Capitolo 38 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/38/The-Selkie-Wife
Capitolo 38
Anna di Cleves morì poco meno di due settimane dopo la partenza del re.
Bess era devastata. La lettera che mandò a Bella era chiazzata di lacrime quasi
come quelle che riceveva da Maria.
Maria ordinò che fosse posta nell’Abbazia di Westminster, il corpo vicino
all’altare maggiore. Né Maria né Elisabetta furono presenti, perché il
protocollo reale lo proibiva, ma si assicurarono che avesse un funerale degno
di una Regina d’Inghilterra. Anna fu portata nell’abbazia su un magnifico carro
funebre coperto di stoffe fini, maglia d’oro e velluto, che fu fermato di
fronte alla tomba non ancora finita, dopo che la bara dentro era stata
sigillata. Delle enormi candele bruciavano giorno e notte e un effigie di cera,
abbigliata con uno degli abiti di Anna, vi era stata posta sopra.
Quella notte, dei monaci si introdussero nell’abbazia e rubarono tutte le
stoffe dal carro funebre e il vestito dall’effigie, che fu fatto a pezzi e
sparpagliato a terra. Bess si infuriò quando lo seppe e chiese a Maria di fare
qualcosa, e anche se Maria rispose che avrebbe investigato, non ne venne fuori
nulla.
Bess sbraitò e si infuriò per questo quando tornò a casa ad Hampstead
Heath. Bella pensava che l’inazione di Maria rendesse Bess più rabbiosa della
stessa spoliazione del carro funebre. Così chiese, e ricevette, il permesso di
lasciare la corte, non potendo sopportare di guardare Maria senza farsi bollire
il sangue dalla rabbia.
Al mattino, Bella e Edward portarono i bambini a corte. Maria aveva detto
che era tempo che le fossero formalmente presentati, un atto che li rendeva
sostanzialmente parte della vita di corte, politicamente e socialmente
rilevanti. Bella non voleva, ma non aveva scelta. Questo era la vita a corte:
non avere scelta.
Oltrepassarono il gruppo di cortigiani che aspettavano il loro turno per
essere presentati, perché il Duca e la Duchessa avevano la precedenza.
Aspettarono sulla porta di essere chiamati e Bella tentò un’ultima volta di
sistemare i capelli di Ward. Sbucavano fuori dal piccolo copricapo come se non
avessero mai fatto conoscenza con un pettine.
Edward ridacchiò. «Stai combattendo una battaglia inutile, mia cara.»
Ward aveva tre anni, adesso, una miniatura di suo padre, con i suoi capelli
rosso Tudor ingovernabili e la linea decisa della mascella, ma i suoi occhi
erano quelli di Bella. Mentre entrava nella sala delle udienze, tenendo la mano
della sorella più grande, quegli occhi erano enormi e solenni. Indossava un
piccolo farsetto ingioiellato con una sopravveste rifilata in zibellino,
calzamaglia e una piccola conchiglia ( su cui aveva dato piccoli pugni e aveva
ridacchiato per tutto il tempo che erano stati sulla portantina) e una spada in
miniatura gli pendeva di lato.
La piccola Elizabeth indossava una miniatura del vestito di Bella, seta
bianca coperta di rosette di maglia d’oro, ognuna con una grossa perla al
centro. La pesante sottoveste ricamata era coperta di motivi variegati con
perle più piccole. I suoi riccioli scendevano liberi sulle sue spalle da sotto
il copricapo.
«Il Duca e la Duchessa di Cullen, il Conte di Portland e Lady Elizabeth!»
annunciò il banditore di Maria mentre entravano.
Ward saltellò un po’, ma camminò con fermezza fino al centro della sala
dietro i suoi genitori. Bella si chiese cosa pensasse della foresta di
cortigiani che erano allineati di lato, tutti a guardare, qualcuno a
sussurrare, qualcuno guardando storto, alcuni incantati e sorridenti, ma tutti
con gli occhi su di lui.
Bella e Edward fecero un profondo inchino di fronte alla Regina, e i
bambini fecero lo stesso. La piccola Elizabeth aveva fatto pratica col suo
inchino decine di volte e lo eseguì perfettamente. Ward si colpì allo stomaco
con l’elsa della piccola spada e inciampò. Qualcuno ridacchiò tra il pubblico.
Lo sguardo di Maria era morbido e tenero. «Prego, portateli più vicini.»
Bella li spinse entrambi verso i gradini della pedana. Maria scivolò dal
suo trono e si sedette in cima ai gradini, un’azione che provocò sussulti
scioccati nella sala. La Regina semplicemente non faceva queste cose di fronte
alla sua corte. Doveva favorire moltissimo i bambini, decisero i cortigiani, e
qualcuno già pensava a doni o approcci che potessero far sentire i bambini
obbligati verso di loro, una volta adulti, quando avessero preso posto alla
corte.
«Ciao, Ward,» disse piano la Regina. «L’ultima volta che ti ho visto eri
così piccolo.» Gli baciò la fronte. «Oh, quanto vorrei che tu fossi mio.» I
suoi occhi brillarono di lacrime mentre si ritraeva.
«Non piangere, Regina,» disse Ward. Mise la mano in tasca e prese un
pezzo di arancia candita ricoperto di garza, probabilmente sgraffignato dalla
cena della sera prima, e glielo offrì. Maria lo prese con un sorriso e se lo
mise in tasca. Si voltò verso la sorella di Ward.
«Lady Elizabeth … mio Dio, siete cresciuta. Siete bellissima.»
«Grazie, vostra maestà.» Elizabeth si inchinò di nuovo.
Maria la fece rialzare e la baciò sulla fronte come aveva fatto con Ward.
«Come vanno le vostre lezioni, Lady Elizabeth?»
Elizabeth si lanciò in una spiegazione dei suoi studi, ma fu interrotta
da suo fratello.
«Ho una spada,» disse Ward a Maria, indicandola. «Ma il padre l’ha legata
così che non possa tirarla fuori. Sono stato cattivo.»
Le labbra di Maria si contrassero. «Cosa hai fatto?»
«Non dovevo tagliare le cortine del letto,» disse Ward. «Così è legata fino
a che non sarò responsabile.»
«Capisco. Tuo padre ha ragione, naturalmente.»
Bella vide le spalle della piccola Elizabeth abbassarsi per la delusione,
perché la Regina sembrava più interessata a suo fratello. Era una lezione
dolorosa che stava lentamente imparando: la gente preferiva i maschi alle
femmine. Tutti tranne i suoi genitori sembravano pensare a una ragazza educata
alla stregua di un cagnolino addestrato: divertente, ma alla fine senza nessun
valore.
I cortigiani alla fine cominciarono a chiacchierare tra loro quando fu
evidente che Maria avrebbe continuato a parlare con i bambini. Non c’era
niente di interessante in questo, nessun segreto da carpire, nessuna opzione
diplomatica rivelata, nessuna informazione da poter usare come ricatto.
Fu solo quando la Regina disse alla piccola Elizabeth, «Sarai presto
pronta per il matrimonio», che l’attenzione dei cortigiani fu di nuovo
catturata. La figlia del Duca avrebbe avuto sicuramente un’enorme dote ed era
quinta in linea di successione per il trono.
«Io non voglio sposarmi», dichiarò la piccola Elizabeth. «Voglio restare
nubile come Zia Bess.»
Maria ridacchiò. «Cambierai idea, come ho fatto io, piccola. Il
matrimonio è quello che Dio destina alle donne, a meno che non siano chiamate
dalla chiesa.»
La piccola Elizabeth aprì bocca per
replicare, ma l’attenzione della Regina era già tornata su suo fratello.
Quella sera, Bella spazzolava i capelli di Maria dopo che si era svestita
per andare a letto. Anche Bella stava sbadigliando ed era pronta per tornare a
casa tra le braccia di Edward. Lui e Maria avevano avuto una lunga
conversazione quel pomeriggio e Bella era ansiosa di sapere cosa si erano
detti. Finora Maria non le aveva detto niente.
«Bella?»
«Sì, vostra maestà?»
«Non ho i miei corsi da quando il re è partito.»
A Bella mancò il respiro. Maria si mise le mani sulla pancia, e Bella
vide che era leggermente gonfia.
«Vostra maestà …»
«Credo di essere gravida», disse Maria, e c’era un bagliore testardo nei
suoi occhi. «Solo un mese. Aspetterò ancora un po’, finché sentirò muoversi il
bambino, prima di dirlo a Filippo, ma volevo che tu sapessi.» Prese la
spazzola dalle dita lasse di Bella e la strinse nella mano con fermezza.
«Voglio che tu legga questo.» Passò a Bella un foglio piegato.
«Ritenendo di essere gravida, in legittimo matrimonio con il mio
amatissimo marito e Signore, sebbene in buona salute, ma conoscendo il grande
pericolo decretato da Dio per ogni donna nel parto, ho pensato fosse una
buona cosa per l’ordine all’interno del mio regno, dichiarare le mie ultime
volontà e testamento…»
Lasciava la corona a suo figlio, con Filippo come reggente fino al
raggiungimento della maturità, ma non diceva nulla di cosa sarebbe successo se
il bambino fosse morto con lei. Bella rilasciò il respiro che stava
trattenendo.
Edward le aveva detto che la sua segreta paura era che Maria provasse a
fare quello che aveva fatto suo fratello, che avrebbe lasciato la corona a
Edward come erede cattolico. Edward non sapeva cosa avrebbe fatto Bess in
questa situazione, e non voleva saperlo. Aveva scritto una rinuncia ai
suoi diritti al trono, di cui lui e Bella portavano una copia ovunque
andassero. Nel caso che.
Continuò a leggere. A parte i regolari lasciti ad amici e famiglia, e
messe da celebrare per la sua anima, chiedeva che una tomba degna fosse eretta
in sua memoria e che il corpo di sua madre, Caterina d’Aragona, fosse riesumato
dalla sua umile tomba e riseppellito vicino a lei, in una tomba onorevole per
suo conto.
A suo marito, lasciava il diamante che l’Imperatore le aveva mandato come
dono di fidanzamento, e diceva, «Lascio a sua maestà l’amore dei miei
sudditi, che è più prezioso di ogni gioiello o di ogni eredità.»
Lei chiuse gli occhi. Oh, Maria, tu non puoi lasciare in eredità ciò
che non è tuo. Guardò il viso di Maria per provare a determinare se fosse
una piccola stilettata per lui o uno scherzo, anche se includere uno dei due in
un testamento era strano, ma il viso di Maria era solenne.
«Dovreste parlare con Edward di questo», le disse Bella.
«Io voglio parlare con te.»
Bella posò il foglio. «Cosa desiderate che vi dica, vostra maestà?»
Maria fece una risatina che sembrava quasi un singhiozzo. «Desidererei
che qualcuno fosse onesto con me, per cambiare.»
«La gente ha paura di essere onesta con voi, maestà.»
Maria sbatté gli occhi. «Sono una simile tiranna?» chiese. «L’ho visto in
mio padre. Era circondato da persone che gli davano ragione ogni volta che
parlava. Sì, avrebbe dovuto lasciare quella che era sua moglie da vent’anni per
una comune sgualdrina. Sì, doveva rompere con mille anni di tradizione
cristiana e negare l’autorità del papa. Sì, doveva costringere ogni uomo in
Inghilterra a giurare che la Grande Puttana era l’unica vera Regina e che lui
era a capo della chiesa. Sì, doveva decapitare la donna per cui aveva messo da
parte sua moglie. Sì, sempre sì.”
«Quelli che gli dicevano di no finivano come Thomas More», disse Bella. «Credeva
che qualunque cosa volesse doveva essere la volontà di Dio che si manifestava
tramite lui.»
Maria trasalì. Bella immaginò che chiunque voglia pensare che quello che
vuole fare sia quello che vuole anche Dio, specialmente i monarchi.
Maria girò la semplice fascetta d’oro che aveva al dito. «Ero così
felice. Ti ricordi, Bella? Il giorno del mio matrimonio. È stato il momento più
felice della mia vita. Sembrava che Dio mi stesse sorridendo e che tutto
sarebbe tornato come prima che quella strega facesse a pezzi il nostro paese.
Ma adesso mi guardo intorno e le cose sembrano peggiori di prima che salissi al
trono e non so perché…» la voce di Maria si spezzò e si passò le dita
sotto gli occhi per asciugare le lacrime.
«È come se il suo fantasma mi perseguitasse, schernendomi, ancora al
lavoro per distruggere tutto quello che tento di costruire. E so che se morirò
di parto e il mio bambino non mi sopravvivrà, la figlia di Anna Bolena disferà
tutto quello che ho fatto per provare a mettere ordine in questo paese.»
«Se non altro, abbiate fiducia che la Principessa Elisabetta vuole il
meglio per l’Inghilterra. Ama la sua terra e la sua gente e credo sinceramente
che abbia buone intenzioni.»
«La sua intenzione è di portare il nostro popolo alla dannazione», sibilò
Maria. «Se dovesse governare dopo di me, tu credi che continuerà il mio lavoro
per ripristinare la chiesa? Seguirà le mie istruzioni per i lasciti
testamentari ai monaci e alle monache? Pagherà le messe per la mia anima?»
«Mi piace credere che sarà così gentile da seguire i vostri desideri»,
disse Bella.
«Tu pensi sempre il meglio delle persone, Bella. Io ho imparato ad
aspettarmi il peggio.» Maria allungò il braccio e prese la mano di Bella. La
pelle di Maria era fredda e viscida, e lei tremava leggermente. «Te ne vai,
vero?»
«Col permesso di vostra maestà.»
Maria le lasciò la mano e prese il nastro di uno dei suoi polsini. «Tu
non sei fatta per la vita di corte. Ti vedo quando torni da casa tua, la tua
pelle è di un rosa salutare e i tuoi occhi vivaci, ma più stai qui più
appassisci, come un fiore privato del sole. Io sono egoista, Bella. Vorrei
tenere le persone che amo al mio fianco, ma non posso più tenerti qui. Ti amo
abbastanza da volerti felice, anche se significa lasciarti andare.»
Bella abbracciò la Regina e Maria chiuse gli occhi, come assaporando la
sensazione delle braccia di un’altra persona che la stringevano. Bella pensò
come fosse triste che Maria fosse stata così poco abbracciata nella vita.
«Anche Jane Dormer mi lascerà», disse piano Maria quando lei si ritrasse.
«Le ho dato il permesso di sposare il Duca di Feria quando ritornerà la
prossima volta col re.»
Bella sentì una pugnalata di pietà al fatto che Maria credesse che ci
sarebbe stata una prossima volta.
Maria si accarezzò l’addome. «Ritornerai per il mio confinamento?»
chiese.
Bella annuì. «Tornerò.»
Maria la guardò fermamente per qualche secondo. «Tu non credi che ci sia
un bambino, vero?»
«No, maestà, non ci credo.»
Una fiamma lampeggiò negli occhi di Maria, ma parlò con calma. «Allora ti
sorprenderò.»
«Spero che lo facciate.» Abbracciò di
nuovo Maria. «Spero che lo facciate.»
Il cuore di Bella cantava di gioia. Tornavano a casa! Finalmente a casa!
Edward ordinò che la casa di Hampstead Heath venisse chiusa, perché non
sarebbero tornati a corte per molto tempo, o forse mai.
La loro ponderosa carovana di carri e domestici e guardie a cavallo
attraversò la campagna. La gente correva dai campi a salutare mentre passavano,
perché il Duca e la Duchessa erano ben conosciuti e amati per il loro cuore caritatevole.
Alcuni più coraggiosi correvano fino alla portantina, gridando le loro
privazioni e Edward dava sempre delle monete ai portatori da dare loro.
La portantina arrivò davanti a Cullen Hall, dove Rosalie e Emmett stavano
aspettando. Rosalie aveva il suo bambino, Charles, tra le braccia, e corse a
baciare Bella non appena scese dalla portantina. «Oh, Bella, mi sei mancata
tanto!»
«Mi si mancata anche tu, Rosalie. Oh mio Dio, Charles è cresciuto!»
«Sono sempre stata la miglior balia della parrocchia!» si vantò Rosalie
mentre lo dava da tenere a Bella. Era paffuto e in salute, e non era fasciato.
Aveva i capelli biondi di Rosalie, ma il viso era puro Emmett. Il suo sorriso
sdentato le ricordò quello che aveva visto sulla faccia di Emmett mentre
osservava orgoglioso suo figlio.
«È molto grasso», lo lodò Ellen, ed Emmett era raggiante al complimento.
Si pensava che i bambini grassi fossero più resistenti e ben tenuti. Charles
afferrò la collana d’oro e granato di Bella e se la infilò in bocca.
La piccola Elizabeth strillò di gioia quando vide Margaret. Aveva preso
male la loro separazione, e la riunione fu gioiosa. La piccola Elizabeth
sembrava vedere Margaret come la combinazione di una figlia e di una
sorellina.
Entrarono insieme in casa e Emmett li portò nel salotto d’inverno. Ellen
portò di sopra nelle loro camere i bambini eccitati.
«È arrivata per voi una lettera di Bess», disse Emmett dopo che si furono
seduti al tavolo rotondo. Non c’erano domestici nella stanza e così versò lui
due bicchieri di birra per Bella e Edward, e poi si versò per sé un po’ di
birra leggera. Rosalie aveva una coppa di vino del Reno. In un piatto di fronte
a loro c’era formaggio, pane e carne fredda e Edward lo assalì. Per Bella
c’era una porzione di pastinaca al burro, tenuta in caldo sulla pietra. Il loro
convoglio aveva dovuto fare una pausa inaspettata la sera prima, per riparare
una ruota rotta e aveva dovuto passare la notte in una locanda molto misera che
non aveva altro da servire se non arrosto unto di montone e pane stantio. Bella
non aveva potuto mangiare, e Edward non aveva voluto.
«Cosa vuole?» chiese Edward con la bocca piena di pane. Presumeva,
correttamente, che Emmett l’avesse letta.
«Voleva dirvi della vittoria a Saint Quentin. Da quello che dice, Maria è
orgogliosa come se avesse condotto lei la battaglia. Vede questo come una
rivendicazione, come la prova che portare in guerra l’Inghilterra sia stata una
buona cosa. È felice perché è stata una vittoria rapida e decisiva, senza
grande spargimento di sangue, ma alcune truppe del re hanno appiccato il fuoco
alla città e l’hanno bruciata completamente. Con le persone ancora dentro.»
Bella chiuse gli occhi. Ancora fuoco legato al nome di Maria.
«Lei non sa di questa parte, secondo Bess», aggiunse Emmett. «Ma questa è
la rivelazione davvero interessante: la Spagna e il papa sono in trattative di
pace.»
«Bene, allora la guerra finirà prima di fare altri danni alla nostra
terra», disse Bella.
Edward scosse la testa. «La Spagna e il papa possono comporre le loro
controversie, ma noi abbiamo ancora una guerra dichiarata con la Francia.»
«Il re di Francia ha detto che sa che non è colpa di Maria», disse Emmett
speranzoso. «Ha incolpato Filippo di averla tirata dentro.»
«Questo non significa che metterà da parte le armi», gli disse Edward. Si
passò una mano tra i capelli e espresse una preghiera silenziosa, che ora che
Filippo li aveva trascinati in questa guerra, non li lasciasse ad avere a che
fare con la Francia da soli. «Temo che i guai non siano finiti.»
Emmett sbuffò. «Cominci a sembrarmi fatalista come il Predicatore Jacob.»
«Chi?»
«Il tuo vecchio cappellano. Lo chiamano Predicatore Jacob, adesso, da
quando gli hanno tolto il sacerdozio. Gira per le campagne ammonendo la gente
che il ritorno di Cristo è imminente, come prova quella cosa luminosa nel
cielo, e la terra deve essere purgata dal peccato prima che arrivi o pagheremo
tutti per aver dato rifugio ai nemici di Dio. Si sta guadagnando un seguito
rispettabile.»
Edward sentì un brivido gelato alla spina dorsale. Jacob era ancora
pericoloso? Era una situazione che necessitava di attento esame.
Quell’autunno, il raccolto fu abbondante e il popolo d’Inghilterra gioì.
Alla fine, sembrava, Dio mostrava un po’ di misericordia alla loro povera terra
assediata. I contadini celebrarono con feste e falò. Il tempo della fame era
finalmente finito. Con grande sorpresa del popolo, Bella e Edward
presenziarono alle loro feste e alle loro danze, e la Duchessa ballò davvero
con alcuni degli agricoltori, dopo aver imparato i vivaci, semplici passi, così
diversi dalle danze solenni della corte.
Edward la guardava volteggiare da ballerino a ballerino, e batteva le
mani col resto del pubblico, tenendo il tempo con la musica. I capelli di lei
si erano liberati dalle forcine e scendevano dietro di lei come una cascata, la
sua faccia era arrossata dalle risate. Vedeva il brillio dei suoi occhi anche
dall’altra parte della stanza, e seppe che non sarebbero mai potuto tornare
indietro. Non credeva, a questo punto, che Maria li avrebbe puniti se si
fossero rifiutati, ma lui avrebbe resistito, se ce ne fosse stato bisogno.
Perché era così, che Bella doveva essere, accesa di allegria, tra gente
che la amava per l’anima gentile che era.
I festeggiamenti per la raccolta continuarono fino a Natale. I bambini
erano adesso abbastanza grandi da uscire con Edward e Bella alla ricerca del
ceppo di Natale, anche se Ward annaspava nella neve, finché suo padre lo prese
in braccio e lo portò attraverso il bosco oscuro.
Edward aveva il vago ricordo di suo padre e sua madre che lo portavano
qui, e quanto gli fosse sembrato magico, un bosco incantato illuminato dalle
torce, le luci che si muovevano mentre tutti cercavano il ceppo perfetto.
Voleva che i suoi bambini avessero ricordi come quello. Natale era ancora più
bello se si dedicavano a farlo godere ai bambini.
Bella li introdusse allo “slittamento”, qualcosa che Edward non aveva mai
fatto. Si era fatta costruire dal carpentiere una larga tavola con il bordo
frontale rialzato, e con quella lei e i bambini scivolavano giù per la collina
coperta di neve. Dopo averlo fatto la prima volta insieme a loro, i bambini lo
fecero da soli senza paura, anche se Elizabeth fu avvertita di stare attenta
con Maggie e Ward. Lei scoccò loro uno sguardo indignato, come se fosse stata
insultata dall’insinuazione che avrebbe mai permesso che il suo fratellino e
“la sua bambina” potessero farsi male.
Mentre giocavano, Edward guardava come Elizabeth aiutava suo fratello
quando ne aveva bisogno, e come lo rimproverava, anche, quando ce n’era
bisogno. Lo confortava sapere che Elizabeth sarebbe stata sempre il prode
difensore di suo fratello, ma non avrebbe esitato a dirgli quando sbagliava. La
prossima generazione era sulla buona strada, e Edward era così orgoglioso di
loro che si sentiva scoppiare.
Nel mondo di fuori, Il Nuovo Anno cominciò solennemente quando i francesi
diedero un colpo devastante al morale degli inglesi. Presero la città di
Calais, l’ultimo pezzo di territorio inglese in terra di Francia e sul
continente, una città che gli inglesi avevano tenuto per quasi duecento anni.
Come gran parte dell’Inghilterra, era poco difesa, anche se Maria aveva
cominciato in fretta a fortificarla, appena dichiarata la guerra. Troppo
poco, troppo tardi.
Maria era umiliata. Come monarca, fu il momento peggiore del suo regno e
la ferì tanto quanto l’umiliazione che aveva sofferto come donna: la sua
gravidanza isterica e le infedeltà di suo marito.
Ma lì, nelle terre Cullen, tutto andava bene, nel loro piccolo mondo,
riparato dalle tempeste, un regno di amore e felicità.
Bella aveva detto a Edward che aveva promesso di ritornare per il
confinamento della Regina, ma da quello che Bess gli aveva scritto, sembrava
che nessun preparativo fosse stato fatto. Questa volta, solo Maria credeva di
avere un bambino nel ventre gonfio. Febbraio passò, e poi marzo, e si arrivò a
giugno senza una parola da Maria, che era terribilmente addolorata, scriveva
Bess, perché il papa, ancora maligno, aveva spogliato il Cardinale Pole del suo
status come legato papale e gli aveva ordinato di andare a Roma ad affrontare
le accuse di eresia. Ma Pole era troppo malato per viaggiare, e Maria era
devastata dal fatto che stesse morendo, e poi era stata di nuovo spezzata dalla
notizia che l’Imperatore era morto.
In luglio, Bella andò nello studio di Edward. Senza parlare, gli prese la
mano e se la mise sulla pancia.
Lui lasciò cadere la penna e la guardò, con la bocca aperta, il cuore che
martellava nel petto.
«Davvero?» chiese.
«Davvero», disse lei. «La Regina non mi chiederà di tornare per ora, e ho
pensato che saresti stato contento se… » le parole si spensero, rese incerte
dallo sguardo stupito sul viso di lui.
Lui si alzò barcollando dalla sua sedia, la abbracciò e la baciò come se
il destino del mondo dipendesse da quello. Bella ansimava quando lui si
ritrasse.
«Davvero?» chiese di nuovo, e stavolta vedeva lo scintillio di gioia nei
suoi occhi.
«Davvero», rispose lei.
Lui nascose il viso nel collo di lei
e pianse.
«Sento che dovrei stare con lei», disse Bella, la voce bassa così che
solo Edward la potesse sentire.
Erano a letto e Edward le stava spazzolando i capelli dopo una delle loro
nuotate notturne. Erano soli nella stanza, come sempre nelle notti in cui
andavano alla spiaggia, ma quelle erano comunque parole pericolose.
Tutti sapevano che Maria stava morendo, ma nessuno ne parlava. Bess
diceva che Maria era scarna e debole, solo pelle e ossa, e il suo addome si era
di nuovo appiattito, come nella precedente “gravidanza”. Una febbre
intermittente faceva arrossare la sua pelle, e aveva cominciato ad andare a
letto sempre prima e ad alzarsi sempre più tardi, fino a restare sveglia solo
poche ore al giorno.
In settembre, Madame Denali negoziò un armistizio tra Francia e Inghilterra,
senza che la Regina lo sapesse. Filippo fu d’accordo a ritirare le forze
inglesi dalla Francia, abbandonando il poco che avevano guadagnato, in cambio
della restituzione del Ducato di Savoia. La guerra era finita, e l’Inghilterra
era la grande sconfitta.
In ottobre, Maria accettò alla fine il fatto che non c’era un bambino
nella sua pancia, e aggiunse un codicillo alle sue volontà: Giacché Dio non
ha mandato frutto né eredi nel mio corpo, ho pensato bene, sentendomi al
momento debole e malata nel corpo, che il mio compito debba essere eseguito
dai miei sudditi a correggere la mia volontà e testamento…
A questo punto, non riuscì a nominare la Principessa Elisabetta sua
erede. Il massimo che riuscì a fare fu dire che il suo desiderio era che il
trono fosse ereditato in accordo con le leggi della nazione. La figlia di Anna
Bolena, La Grande Puttana, avrebbe avuto il trono d’Inghilterra.
Mandò Jane Dormer a Hatfield, a
estorcere tre promesse alla Principessa Elisabetta: che avrebbe difeso la fede
cattolica, che si sarebbe presa cura dei domestici di Maria e che avrebbe
pagato i suoi debiti. Elisabetta accettò. Mentì, così come Maria aveva mentito
quando aveva detto che non avrebbe costretto nessuno ad andare a messa.
Elisabetta poteva dire a se stessa che aveva mentito per blandire una donna
morente, ma aveva mentito comunque.
Alla fine di ottobre, Bella stava preparando dei vestiti caldi da
distribuire ai poveri quando uno dei domestici entrò nella stanza, tremante,
gli occhi bassi al suolo.
«Che c’è?» gridò Bella, l’agitazione che le stringeva la gola. Si
trattava di Edward? Oh, no, non Edward!
«Charles Swan è qui per vedervi, vostra grazia.»
«Chi?» chiese Bella, la fronte aggrottata per la confusione.
«Lo Sceriffo, Charles Swan, vostra grazia.»
Oh, sì, lui. Una volta aveva arrestato Anne Askew. «E cosa vuole mai?»
Bella mise da parte la pila di indumenti e scese di sotto. Alla porta del
grande atrio, si fermò, non comprendendo quello che vedeva. Charles Swan aveva
portato un contingente di guardie armate con sé, e marciavano verso di lei come
un solo uomo.
«Bella, Duchessa di Cullen?» chiese Charles Swan. Era un uomo alto, bruno
come uno spagnolo, con capelli neri come l’inchiostro. La faccia era
impassibile mentre parlava.
«Sapete chi sono», disse Bella. «Ci siamo già incontrati.» Anche se
brevemente, lui avrebbe dovuto ricordarsi di lei.
«Io vi arresto in nome della Regina con l’accusa di stregoneria e
eresia.»
Note storiche
-
Le effigi erano statue delle persone morte, fatte in cera o legno, il
più possibile somiglianti al deceduto. Quelle di cera erano spesso fatte con le
maschere funebri della persona. (Dopo la morte, cospargevano di stucco la
faccia e ne facevano un calco). Le effigi della madre e del padre di Enrico
VIII sono ancora nell’Abbazia di Westminster. Quella si sua madre, Elisabetta
di York, è sorprendentemente realistica.
-
Anna di Cleves non fu l’unica regina di Enrico VIII ad avere problemi
dopo il funerale. Il corpo di Caterina Parr fu sepolto nella cappella di
Sudeley Castle, ma nei successivi duecento anni, la cappella andò in rovina.
Verso la fine del 700, i proprietari, curiosando per le rovine, trovarono la
bara di Caterina e la aprirono. Fu riportato che il suo corpo era in condizioni
quasi perfette. I proprietari tagliarono alcune ciocche dei suoi capelli e
richiusero la bara. Fu riaperta diverse volte nei decenni successivi da curiosi
che volevano dare un’occhiata all’ultima moglie di Enrico. Nel 1790, degli
ubriachi aprirono la bara e tirarono fuori il corpo di Caterina, danzarono con
lei, ( e si dice che uno di loro la baciò sulle labbra!) e poi la seppellirono
di nuovo a testa in giù. Quando la bara fu aperta di nuovo nel 1817, di
Caterina era rimasto solo lo scheletro. La cappella fu ricostruita e a Caterina
fu data una bella tomba in cui ancora adesso risposa.
-
Alcune fonti riportano che Maria fece riesumare e bruciare il corpo di
suo padre. Enrico ebbe una grande e impressionante tomba disegnata per lui,
usando parti della tomba del cardinale Wolsey, che era stata confiscata dopo la
sua caduta, ma non fu mai terminata. Nelle sue ultime volontà, Maria ordinò che
fosse costruita una tomba appropriata per lei e sua madre, ma non nominò suo
padre, che secondo alcuni è prova che veramente aveva distrutto il suo corpo.
Comunque, i vittoriani amavano disseppellire le celebrità e dare un’occhiata
nelle loro bare. Nel 1813, la cripta sotto il pavimento della cappella di St.
George, dove erano seppelliti Enrico VIII e Jane Seymour, fu aperta. Scrissero
di aver visto uno scheletro con la barba.
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Capitolo 39 *** Capitolo 39 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/39/The-Selkie-Wife
Capitolo 39
Bella sedeva su un mucchietto di paglia nei sotterranei del torrione
della guarnigione. La stanza era piccola, vuota di tutto tranne quella
spolverata sottile di paglia contro il muro. La puzza le aveva fatto venire i
conati, quando l’avevano spinta dentro. Il prigioniero precedente aveva
lasciato dei rifiuti nell’angolo; non c’era vaso da notte.
Le pietre del muro erano viscide di umidità e muffa. Erano coperte di
date e nomi intagliati. Alcuni intagli erano piuttosto elaborati, includevano
versi e bordi fioriti. Quella di fronte a lei non era stato finito, e Bella
trovava preoccupante il modo improvviso in cui il verso si interrompeva, a metà
parola. Provò davvero a non immaginare perché l’uomo non avesse finito la sua
poesia, ma la sua mente continuava a tornarci sopra, qualunque cosa fosse
accaduta, l’aveva preso di sorpresa.
L’unica luce veniva da una piccola fessura con le sbarre, in alto. Da
quella, riusciva a vedere un pezzetto di cielo azzurro. Era aperta all’aria e
d’inverno il vento freddo sarebbe sceso verso lo sfortunato prigioniero. Ma lei
di certo non sarebbe stata qui, per l’inverno, vero?
Vero?
Portò le ginocchia al petto e le abbracciò. Rabbrividì, anche se non era
freddo. Era paura. In tutta la sua lunga vita, non era mai stata spaventata
come adesso.
Edward non aveva mai sentito parole più orribili di queste: «Bella è
stata arrestata.»
La sua più grande paura, parole che avevano caratterizzato i suoi incubi,
parole che resero le sue ginocchia così deboli che cadde, lentamente, sulla
ghiaia del sentiero. Invece che cercare di farlo rialzare, Emmett, che era
quello che gli aveva detto quelle orrende parole quando Edward era tornato da
un breve viaggio che aveva intrapreso per preparare una sorpresa per Bella, si
inginocchiò vicino a lui.
Non può essere. Non può essere.
«Fratello.» Emmett mise il braccio intorno alle spalle di Edward. «Devi
calmarti e pensare razionalmente, adesso.»
Aveva ragione. Edward spinse via con uno sforzo la nebbia del panico.
Prese dei profondi respiri e poi disse, «Portami da lei.»
«Ho i cavalli pronti,» disse Emmett, e aiutò suo fratello a rimettersi in
piedi. «Non so se ti permetteranno di vederla. La tengono nel torrione della
guarnigione.»
Fece un gesto e gli stallieri portarono loro i cavalli. Edward salì in
sella e spinse i talloni nei fianchi del cavallo. Il cavallo era della linea di
sangue di Volvo, il più veloce delle sue scuderie, eppure gli sembrava che
andasse a passo di lumaca. Edward lo spinse al massimo, volando per la stretta
via a pieno galoppo. I contadini saltavano di lato mentre li oltrepassava.
Alcuni si facevano il segno della croce e invocavano benedizioni; la notizia
dell’arresto di Bella si era diffusa in fretta.
Edward bloccò il cavallo sudato di fronte al torrione e saltò giù. Caricò
oltre le due guardie al portone senza neanche un’occhiata nella loro direzione.
Il conestabile era seduto al suo tavolo, stava mangiando montone arrostito.
Edward non si preoccupò neanche di lui, benché l’uomo saltasse su dalla sua
sedia al passaggio del Duca.
«Vostra grazia!»
Edward infilò la piccola scala a chiocciola che scendeva e si ritrovò
davanti a due guardie, spalla a spalla, che presidiavano la porta di legno che
portava alle celle.
«Fatemi passare», comandò.
«Vostra grazia!» Il conestabile gli tenne dietro per le scale di corsa.
Il passo dei pesanti stivali di Emmett si sentiva dietro di lui.
«Lo dirò solo un’altra volta», avvertì Edward. «Fatevi da parte o ve ne pentirete.»
Le due guardie si guardarono tra loro e poi guardarono il conestabile.
Edward fece un verso disgustato e poi allungò il braccio per aprire il fermo
della porta. Una delle guardie fece il gesto di fermarlo ma Edward lo inchiodò
con uno sguardo gelido. «Oseresti allungare una mano sul Duca di Cullen? Il
cugino favorito della Regina e della Principessa?»
L’uomo arretrò e Edward aprì la porta. Dentro era buio, umido e orribile.
Non era posto per tenere neanche un cane, figuriamoci una Duchessa. Edward
prese una torcia dal muro. Emmett gliela prese, perché le sue mani tremavano
troppo. Camminarono insieme verso le celle. Una fila di porte erano allineate
da entrambi i lati dello stretto corridoio.
«Bella?» chiamò.
«Edward?» Sentì il suono più bello del mondo: la voce di sua moglie e
vide le sue dita bianche e magre aggrappate alle sbarre della finestrella della
porta. Corse alla porta e fece per aprirla. Chiusa a chiave.
Si voltò verso il conestabile che era dietro di loro e si torceva le
mani. «Apritela.»
«Vostra grazia, ho avuto istruzioni…»
«Apritela!» gridò Edward.
Il conestabile si affrettò ad obbedire. Prese l’anello di chiavi dalla
cintura e aprì con mani tremanti. Edward lo spinse da parte nella fretta di
aprire la porta. Bella gli buttò le braccia al collo e singhiozzò.
Edward la strinse così forte da fare male, ma lei rispose stringendolo
altrettanto forte. «Oh, Dio, Edward, io non…»
«Shh.» Le baciò il viso, le baciò le guance, le labbra, la fronte, le
palpebre umide. «Shh.»
«Lei non dovrebbe essere qui», scattò Emmett. «È una Duchessa. Come osate
trattarla così?»
Il conestabile deglutì rumorosamente. «Mi è stato dato ordine…»
«Di rinchiuderla in una fogna?»
«Sì, mio lord. Il mandato di arresto diceva che doveva essere ‘tenuta
a piacere del Vescovo’ e il Vescovo Bonner ha ordinato che fosse tenuta
nella guarnigione.»
Bonner. La Regina stava morendo e Bonner vedeva questa come l’ultima
opportunità di distruggere la donna che odiava. Presto la Principessa
Elisabetta avrebbe preso il trono e i roghi sarebbero cessati, quindi doveva
muoversi in fretta. Bonner, che era stato così vicino a Gardiner, che a sua
volta era stato amico di Padre Jacob. Bonner, che aveva bruciato Anne e adesso
voleva bruciare Bella. Edward chiuse gli occhi e la strinse mentre
singhiozzava.
«Avete mezz’ora per trovarle un appartamento adatto di sopra», disse
Emmett.
«Ma, mio lord, ci sono solo le mie stanze, di sopra!»
«Allora sarà meglio che vi troviate un altro posto in cui stare mentre
lei è ‘tenuta a piacere del Vescovo’», disse Emmett, e la sua voce era
così fredda e velata di minaccia che il conestabile corse di sopra ad eseguire
gli ordini.
Edward portò Bella lentamente per le scale, e la fece sedere al tavolo
del conestabile, dove era rimasto il pasto non finito. Edward, disgustato, spazzò
via la ciotola dalla tavola, che si frantumò al suolo. Si mise seduto a fianco
di sua moglie e le mise un braccio intorno alle spalle. Lei tremava ancora come
un coniglio stretto all’angolo, la faccia bianca come cera.
«Chi ha osato lanciare un’accusa simile contro di lei?»
«Non lo so», disse Emmett mentre si sedeva dall’altra parte del tavolo. «Il
mandato era firmato dal Vescovo Bonner. Dalle voci che ho raccolto, intende
venire da Londra per sovrintendere lui stesso il processo in tribunale.»
«Possiamo corromperlo?» chiese Edward senza mezzi termini.
Emmett scosse la testa. «Penso di no. È un uomo zelante, non un avido.»
«Lo farò sapere alla Regina. Lei fermerà tutto questo. Vedrai. Lei ti
vuole bene, Bella, e non lascerà che ti facciano del male. Te lo giuro. Te
lo giuro.»
Un refolo di vento spazzò la stanza. Una promessa fatta al popolo magico,
un vincolo che accettava volontariamente e consapevolmente. Lei appoggiò la
testa sul suo petto e lui le tolse il copricapo per poterle accarezzare i
capelli.
«Bella, che succede se infrangi una promessa fatta al popolo magico?»
«Muori», sussurrò lei.
Lui la baciò sulla testa. Se fosse
stato costretto a infrangere questa promessa che le aveva fatto, non avrebbe
comunque voluto continuare a vivere.
Bonner arrivò due giorni dopo, con tutta la pompa e lo splendore di un
principe. Il suo seguito riempì il piccolo villaggio, requisendo case,
confiscando mucche e maiali e quasi tutti i polli del villaggio per
alimentarsi.
Il Vescovo fu grandemente dispiaciuto di sapere che il Duca risiedeva con
la Duchessa nel torrione della guarnigione, ma finora non era mai capitata la
situazione in cui un coniuge restava volontariamente imprigionato con
l’accusato, e quindi non c’erano regole che lo proibissero.
Bonner aveva sperato di trovare la Duchessa sporca e terrorizzata, facile
da spezzare e costringere a una confessione. L’aveva accusata sia di
stregoneria che di eresia dopo aver raccolto le sue prove, tanto per essere
sicuro. Con l’eresia avrebbe potuto abiurare e non era sicuro che sarebbe
riuscito a bruciare una Duchessa che avesse ritrattato, ma con la stregoneria
non era così facile cavarsela.
Aveva progettato di interrogarla senza fretta il giorno dopo il suo
arrivo, ma il Duca insisteva che voleva essere presente ad ogni interrogatorio,
il che significava che non avrebbe potuto picchiarla o intimidirla. Il Duca
aveva anche detto che aveva scritto alle sue cugine, sua maestà e la
Principessa, quindi Bonner sapeva che doveva cominciare in fretta il processo.
Il tribunale era composta da tre preti della zona: i Padri Webber, Cope e
Dwyer. Dwyer aveva rimpiazzato Padre Jacob dopo la sua caduta in disgrazia (Bonner
in realtà non aveva creduto a Jacob quando questi aveva affermato di essere
stato incriminato con false prove, ma aveva finto di assecondarlo) e Bonner non
era sicuro della lealtà di Dwyer, al momento. Da quello che aveva sentito, era
uno che aveva preso seriamente il suo voto di povertà, era cortese e amato dai
suoi parrocchiani, e aveva un contegno assai gentile, tutti segni che Bonner
non trovava incoraggianti. Il verdetto del collegio doveva essere unanime.
Bonner non voleva davvero riportare la Duchessa a Londra per processarla di
nuovo, se non avesse avuto qui il verdetto che voleva, ma avrebbe potuto non
avere scelta.
Il Duca, aveva saputo la notte prima dell’inizio del processo, aveva
ingaggiato sia un avvocato che un teologo. All’accusato non era permesso avere
un proprio collegio di difesa, ma l’avvocato avrebbe potuto interrompere il
procedimento se Bonner si fosse allontanato troppo dalla legge, e il teologo
era il Vescovo di Carlisle, un uomo profondamente rispettato ed estremamente
colto. Bonner digrignò i denti frustrato.
Il processo finì per tenersi all’aperto, nella piazza del villaggio.
Talmente tanta gente voleva essere presente che nessuno degli edifici vicini
avrebbe potuto contenerla (e Edward si rifiutò in via di principio di far
mettere piede a Bonner a Cullen Hall). Bonner avrebbe preferito un procedimento
più piccolo e riservato, ma i giudici gli rammentarono che lo scopo di questi
interrogatori era quello di educare il popolo, che poteva esso stesso avere in
sé delle eresie.
Il primo chiamato a testimoniare fu Sir Bridges, luogotenente della
Torre. Era riluttante a testimoniare e le parole gli furono estratte a forza,
ma alla fine ammise che aveva visto la Duchessa nella cappella della Torre
mentre lasciava dei fiori sulla pietra, sembrava pregare e poi soffiava della
polvere sul pavimento vicino all’altare maggiore.
«Era sabbia», disse. «Quando le donne pulirono, videro che era della
comune sabbia.»
«Voi sapete che era ‘comune’?» chiese Bonner dalla sua seggiola al
tavolo dei giudici. I giudici sospirarono internamente, perché Bonner aveva
praticamente preso in consegna il procedimento e sembrava che la loro funzione
fosse poco più che una formalità.
«Io non so nulla», ammise Bridges. «Ho solo visto che era sabbia.»
Solo uno dei giudici prendeva nota. Gli altri si guardavano attorno
perplessi. Di certo era uno strano comportamento, ma non avevano mai sentito di
stregonerie che implicassero spargere sabbia sul pavimento di una cappella.
Mentre se ne andava, Sir Bridges diede a Bella uno sguardo di scusa e le
si inchinò profondamente. Lei gli fece un piccolo sorriso e un cenno con la
testa. Non poteva biasimarlo; era ovvio che non voleva aggiungere la sua voce a
quella degli accusatori.
Il successivo fu il dottore che era stato convocato quando Ward si era
ammalato di Sudore. Testimoniò che la Duchessa aveva dato al bambino delle
pozioni e gli aveva fatto dei bagni, quando invece il piccolo avrebbe avuto
bisogno di salassi e di essere avvolto in coperte. Era stato un miracolo,
dichiarò il dottore, che non l’avesse ucciso.
Il pubblicò sussurrò. Non credevano che una madre, specialmente una
amorevole come Bella, avrebbe tentato di fare del male al proprio figlio, come
sembravano implicare le parole del dottore. Ma questo era, una strega: una
donna maligna dai desideri perversi che avrebbe trucidato il suo stesso figlio,
al servizio del diavolo.
Una cameriera, che Kat Ashley aveva licenziato per aver rubato,
testimoniò che il Duca e la Duchessa scacciavano tutti loro dalla camera da
letto almeno una volta al mese. Nessuno sapeva cosa facessero in quei momenti,
ma era una cosa così strana che tutti quelli che lavoravano per loro la
rimarcavano.
Immediatamente dopo di lei, il Predicatore Jacob fu chiamato a
testimoniare. Con la faccia contorta dall’odio, testimoniò che la Duchessa lo
aveva stregato dopo che lui l’aveva colta a nuotare nel mare. Non menzionò la
presenza di Edward.
«Nuotare?» ripeté Bonner. «Stava nuotando?»
«Sì, con nient’altro addosso che la sua pelle», dichiarò Jacob.
Ci furono trasalimenti e risolini tra il pubblico, alcuni dei quali
deducevano che tipo di “maleficio” avesse lanciato la nudità di Bella sul
prete. Jacob divenne rosso di furia e si guardò intorno con aria feroce.
«Quella donna è male», sputò. «L’ho saputo dal primo momento che
ho posato lo sguardo su di lei. Ha trascinato il Duca nel suo bizzarro e empio
comportamento, salvando i peccatori dalla loro giusta punizione. Le loro terre
sono state le uniche a non essere assediate dalla peste e nessuno del loro
popolo è morto per la carestia che Dio ha mandato. Questo è innaturale.»
Ci furono sibili dal pubblico, molti dei quali erano di persone che il
Predicatore Jacob pensava dovessero essere morte. E chi aveva mai sentito di
una strega che salva le persone?
«Hanno dato rifugio ai peccatori, come quella detestabile Anne Askew.
Prima di essere bruciata per eresia, ha cercato di diffonderla qui, in questo
villaggio. Alcuni di voi l’hanno sentita parlare. Oh, sì. Io conosco i nomi di
molti che erano presenti ai suoi incontri.» Guardò intorno il pubblico, i suoi
occhi che sceglievano persone che avevano ascoltato Anne predicare, che erano
state presenti alle sessioni di studio della Bibbia e la paura pugnalò i cuori
di molti, che temettero di essere i prossimi ad essere processati per eresia.
Emmett strinse forte la mano di Rosalie, ma il suo viso rimase
impassibile anche mentre gli occhi del Predicatore Jacob si fissavano nei suoi.
Rosalie rabbrividì, il respiro veloce.
«La Duchessa l’ha nominata sua dama e non provò a correggere il suo
comportamento, anche quando ne fu pienamente consapevole. Lei volontariamente
permise a una sua serva di diffondere discordia e nozioni eretiche.»
Ellen fu la successiva. Pianse per tutto il tempo in cui rimase al banco
dei testimoni, e come Sir Bridges, fu difficile tirarle fuori le risposte. Ma
testimoniò sulle inusuali e (per molti) non cristiane pratiche di allevamento
dei bambini. Giocare con loro quando avrebbero dovuto dedicare quel
tempo a insegnare pie lezioni, permettere loro di non essere fasciati e
lasciarli svestiti. Viziarli con l’affetto, che come tutti sapevano, poteva
portare un bambino sulla via della dannazione più di qualunque altra cosa.
Stava rovinando quei bambini, dichiarò Bonner, mettendo le loro anime in
pericolo mortale. Ellen ammise che non aveva mai visto la Duchessa picchiare
uno dei bambini e questo provocò un sussulto generale nel pubblico. “Quelli
che risparmiano la frusta”, citò Bonner, “odiano i propri figli”.
Poi Bonner chiamò Anne Riley. Lei non fu riluttante a condannare Bella.
Era anzi impaziente di farlo. Qualche anno prima, disse, si era ammalata mentre
era incinta. La Duchessa le aveva portato del cibo, e dopo che lo aveva
mangiato, aveva partorito un bambino morto. Lacrime di rabbia le bruciavano
negli occhi.
Bella ebbe pietà di lei, perché la donna aveva ovviamente bisogno di
incolpare qualcuno per poter gestire il suo dolore. Anche a lei si riempirono
gli occhi di lacrime, che ricacciò indietro, per paura che i giudici le
prendessero come un segno di colpevolezza.
Per provare la testimonianza precedente, fu chiamata la donna delle erbe.
Prima testimoniò che aveva dato della corteccia di salice a Anne Askew, la
quale le disse che era per il Conte di Portland quando aveva avuto il Sudore.
Cominciò a spiegare che riduceva la febbre, ma Bonner la interruppe e le chiese
dell’altra pozione.
«Una donna venne da me», disse lei. «Era velata e ho solo intravisto il
suo volto.»
«Cosa comprò?» chiese Bonner.
«Menta pulegio.»
Sussurri e piccole grida eruppero dal pubblico. Bonner sorrise
trionfante.
«Ma non posso giurare che fosse la Duchessa», insisté la donna.
«È tutto.»
«Non l’ho vista veramente bene. Potrebbe…»
«È tutto», scattò Bonner. «Sei congedata.»
I mormorii nel pubblico divennero sempre più forti, anche dopo che uno
dei giudici sbatté il suo martelletto chiedendo silenzio. Bonner sorrideva. Il
tumulto era significativo.
Emmett avrebbe ricordato i momenti successivi per il resto della sua vita
con orribile, cristallina chiarezza. Sua moglie si alzò e parlò ad alta voce,
perché si sentisse sopra tutto il vociare.
«La Duchessa non comprò la menta pulegio», disse. «La comprai io.»
Cadde all’improvviso il silenzio, come se il rumore fosse stato tagliato
da un’ascia. Rosalie tremava, ma aveva un sorriso sul viso, uno strano sorriso,
come se si fosse liberata di un terribile fardello. «Io comprai l’erba per
avvelenare la Duchessa e uccidere il suo bambino. Avrei dovuto sapere che Dio
avrebbe protetto una donna così buona e virtuosa dalla mia malignità, perché
l’erba non le nocque, e neanche al bambino nella sua pancia.»
Bonner la guardò a bocca aperta. «Tu ammetti la stregoneria?»
Rosalie annuì. «Sì. Sua grazie è completamente innocente di tutte le
accuse. Sono io la responsabile di questi atti malvagi.»
«Rosie…» sussurrò Emmett. «No, Rosie, no…»
«Sono stata io.» Le lacrime brillarono negli occhi di Rosalie, ma quel
sorriso, felice, sollevato, quasi eccitato, era ancora sul suo viso. «Sono
responsabile di tutto.»
«Tu hai ucciso il bambino di Anne Riley?» Questo era Padre Webber, la cui
penna gocciolava inosservata sul foglio.
Rosalie esitò per un momento, poi annuì. «Sì. Bella è innocente. Non
posso farla pagare per i miei peccati.»
Bonner si voltò verso lo Sceriffo, la cui bocca era aperta in una
perfetta “O” come quella della maggior parte di quelli che stavano guardando
questa svolta negli eventi. «Arrestala», ordinò. «Portala alla guarnigione.»
«NO!» ruggì Emmett. Sfoderò la spada. «Ucciderò chiunque alzi una mano su
di lei!»
Rosalie gli mise la mano sulla guancia e lo fece voltare verso di lei.
«Emmett, rinfodera la tua spada.»
«Ma Rosie…»
«Mettila via», disse lei con fermezza. Gli accarezzò il viso. «Lascia che
lo Sceriffo faccia il suo dovere. Ho meritato questa punizione e la accetto
volentieri.»
«Mia lady?» Charles Swan si inchinò ad entrambi. «Mia lady, prego, venite
con me.»
Rosalie accarezzò Emmett un’ultima volta e poi si voltò per seguire lo
Sceriffo fuori dalla corte riunita. Emmett emise un singhiozzo guardandola
andare via, come se fosse inchiodato dov’era.
«La corte è aggiornata. Ricominceremo domani.»
Bonner si voltò verso Padre Cope, che
aveva fatto l’annuncio, come per obiettare, mentre tra il pubblico scoppiava il
pandemonio.
Le guardie avevano rinunciato a provare a tenere la Duchessa nella sua
“cella”. Il Duca aveva fatto delle tali minacce (e sembrava intenzionato a
metterle in pratica) che le avevano dato la libertà di girare per la torre
della guarnigione come preferiva, tranne il magazzino delle armi, che era
tenuto chiuso, e in cui Bella non aveva nessun interesse ad entrare.
Rosalie era stata chiusa in una cella nei sotterranei. Quella notte, dopo
che tutte le guardie se n’erano andate, tranne le due alla porta esterna, bella
prese una cesta con dentro delle cose e si avviò alla scala a chiocciola di pietra.
La porta di Rosalie non era chiusa a chiave. Non ce n’era bisogno, dato
che la sua caviglia era incatenata al muro. Sedeva su sottile strato di paglia,
fresca, ma appoggiata sul vecchio, umido giaciglio arruffato dell’occupante
precedente.
«Bella,» disse sorpresa.
«Alzati», le disse Bella. Stese uno spesso panno di tela sulla paglia, e
poi sopra una coperta. Poi aggiunse un piccolo cuscino.
«Perché fai questo?» chiese piano Rosalie. «Ho tentato di uccidere Ward,
Bella. Ho tentato di uccidere anche te.»
«Lo so.» Appoggiò la cesta vicino al nuovo letto di Rosalie. Conteneva
una caraffa di birra e del cibo avvolto in tela cerata.
«Ringrazio Dio per il miracolo che ha fatto sì che non funzionasse»,
disse Rosalie. «Bella, mi dispiace tanto. Avevo troppa paura ad ammetterlo con
te, prima, perché sapevo che il mio rimorso non significava nulla. Non ho
rimediato a ciò che ho fatto. Niente poteva rimediare. Ma adesso posso. Hanno
la loro strega. E quando vedranno che non sei eretica, ti lasceranno andare.»
«Rosalie, tu sai cosa ti faranno.»
Le lacrime brillarono negli occhi di Rosalie, ma sorrise. «Tu non
capisci. Anch’io sono libera, adesso. Il mio cuore e la mia anima erano neri di
peccato. Non avrei mai potuto essere veramente felice, sapendo quello che avevo
fatto, e per cui non avrei mai potuto essere perdonata. Ma ora posso. Mi sento
leggera, come se potessi volare in cielo come una piuma nella brezza.»
Prese la mano di Bella nella sua. «Ora devo chiederti un favore, anche se
so che non merito che odio e disprezzo da te. Ti prego, ti scongiuro, prenditi
cura di Emmett, Margaret e Charles. Tieni i miei figli come se fossero tuoi, e
amali per me. Tu un tempo sei stata la madre di Margaret, quando io non potevo
esserlo. Vorresti farlo di nuovo?»
«Lo farò.»
«Emmett.» La voce di Rosalie si spezzò.
«Questo sarà molto duro per lui.» Era un eufemismo. Emmett era devastato.
Era così impazzito che Edward aveva ordinato di chiuderlo in una delle stanze
degli ospiti, con un domestico presente continuamente, per paura che si facesse
del male.
«Lo so.» Rosalie tracciò un nome intagliato, con la punte delle dita. «Questo
è il mio più grande rimorso. Quasi desidero che non ci fossimo innamorati, per
risparmiargli tutto questo. Ma per due anni, ho avuto l’amore. È più di quello
che molte donne hanno in una vita intera.»
Bella si chinò e baciò Rosalie. «Voglio che tu sappia che ti perdono.»
Un singhiozzo tremante eruppe da Rosalie. Si premette la mano sulla
bocca.
«Mi mancherai», disse Bella, e una lacrima le rigò la guancia. «Sei
diventata come une sorella, per me, e ti voglio bene. Ti voglio bene e ti
perdono.»
«Non me lo merito.»
«Ma io te lo offro lo stesso.» Bella frugò nella cesta e tirò fuori una
bottiglietta.
«Cos’è?» chiese Rosalie. La prese in mano e la girò, guardando il
contenuto lattescente che si muoveva nel vetro.
«È pietà. Tienila con te, sul tuo corpo. È veloce e indolore.»
«Grazie.» Baciò Bella e la abbracciò un’ultima volta. «Addio, Bella.
Sorella mia. Amica mia.»
Il processo di Rosalie fu una pura formalità. Ammise tutto. Ammise di
accompagnarsi col diavolo, di causare la morte di bambini e animali da
fattoria, di rovinare i raccolti e di aver stregato la Duchessa inducendola a
strane azioni. Forse aveva anche ammesso di aver causato anni di poveri raccolti
e la carestia, Bella non lo sapeva. Rosalie sembrava aver deciso che se era
destinata a bruciare, avrebbe provato a salvare più gente possibile, ammettendo
un’ampia gamma di azioni che potevano essere attribuite ad altre “streghe”.
Tre giorni dopo, la portarono al rogo. Era floscia e immobile ancora
prima che finissero di incatenarla al palo. Una bottiglietta cadde dalla sua
mano, inosservata, in mezzo alle fiamme.
«Fiat justitia!» gridò Bonner mentre accendevano il fuoco. Sia
fatta giustizia.
Note storiche
-
Il Vescovo di Carlisle è esistito veramente. Il suo nome era Owen
Oglethorpe e fu nominato in quell’ufficio nel 1557. Quando Elisabetta divenne
Regina, nessuno dei vescovi anziani volle officiare la sua incoronazione. Il
Vescovo di Carlisle fu l’unico che accettò il compito, ma fece infuriare
Elisabetta durante la funzione quando innalzò l’ostia (un gesto che i
protestanti rifiutavano). Elisabetta uscì dalla stanza pestando i piedi.
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Capitolo 40 *** Capitolo 40 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/40/The-Selkie-Wife
Capitolo 40
10 Novembre 1558
«Devi andare, Edward. Non hai scelta.»
Edward era nella stanza al piano nobile con l’avvocato che aveva
ingaggiato per assistere Bella, Richard Edwardes. Entrambi avevano una coppa di
birra, intatta sul tavolo di fronte a loro.
«Non posso lasciarla», replicò Edward. «È terrorizzata, e ho paura che…
possa fare male al bambino.»
Edward non poteva spiegare quali fossero realmente le sue paure. Bella
rischiava di perdere il loro bambino. La magia che proteggeva le selkie quando
aspettavano un bambino era fiaccata dalla disperazione e la paura che
peggiorava ogni giorno che il processo si trascinava. Era più che il semplice
languore per il mare. Questo era terrore e dolore che colpiva la sua anima più
profonda. Ieri lei aveva trovato del sangue, ed ora la preoccupazione per il
bambino aveva aggiunto altra ansia. Non poteva immaginare cosa sarebbe successo
se fosse rimasta sola.
Avevano provato ad “appellarsi alla gravidanza” per ritardare il
processo. Sia per la chiesa che per la legge civile, una donna incinta non
poteva essere giustiziata. Ma le levatrici mandate a esaminarla erano state
ampiamente corrotte da Bonner, e avevano giurato che non era gravida.
«Perderai il bambino e anche lei, se non vai», disse senza mezzi termini
Richard. «Prima o poi la imbroglieranno fino a farle confessare l’eresia. Lei
non è una teologa. Non capisce neanche la metà delle cose che le chiedono.»
«La mia lettera…»
«La Regina non deve averla ricevuta, o a quest’ora avrebbe risposto.
Edward, te lo dico di nuovo: non hai scelta. Io cercherò di tirarla per le
lunghe quanto posso, per darti il tempo di andare e tornare, ma tu devi andare
adesso, Edward. Devi.»
Edward annuì riluttante. Bevve il contenuto della sua coppa e salì la
scala di pietra fino alla piccola camera da letto che consideravano loro. Aveva
fatto portare il loro letto da Cullen Hall e qualche mobile e arazzo nella
speranza che avere intorno delle cose familiari la confortasse un po’.
Bella era stesa sul letto, ma non dormiva. Lui pensava che non avesse più
dormito da quando Rosalie era stata bruciata. Aveva gli occhi profondamente
cerchiati e aveva il viso pallido e teso. Nella mano aveva il ritratto in
miniatura di Ward e della piccola Elizabeth. Le mancavano terribilmente i
bambini, ma aveva rifiutato l’offerta di Edward di portarli lì a farle visita.
Non voleva che venissero in quel terribile posto, o sapessero quello che le
stava succedendo.
Si inginocchiò di fianco a lei e le prese la mano. «Bella, io devo…» Le
parole si spensero, nell’incertezza di come dirglielo.
«Lo so. Ho sentito.» Il suo udito selkie era molto più sensibile di
quello umano.
«Dirò a Emmett di venire qui e stare con te», disse Edward.
Bella scosse la testa. «Lascialo stare. È troppo colpito per pensare a
me.»
«Forse ne ha bisogno.» Un compito, qualcosa per allontanare la sua mente
da Rosalie.
Dopo il rogo, Emmett era sceso sul luogo e aveva raccolto tutte le ceneri
dentro una borsa. Normalmente questo non era permesso, per paura che fossero
fatte reliquie di pezzi di ossa non bruciate e simili, ma Emmett aveva
silenziosamente estratto la sua spada quando la prima guardia si era avvicinata
e l’uomo si era ritratto in fretta quando aveva visto la luce negli occhi di
Emmett.
Aveva messo la borsa in una pregiata bara di quercia, intarsiata di
argento e avorio, l’aveva portata nella cripta sotto la cappella e aveva
ordinato una elaborata tomba di marmo bianco con sopra una effigie di Rosalie,
le mani unite in preghiera.
Alle persone giustiziate sul rogo non veniva data sepoltura; questo era
uno degli scopi dei roghi, distruggere i resti mortali, distruggere ogni parte
della persona in modo che non potesse essere onorata di una sepoltura
cristiana. Questo non distolse Emmett dai suoi piani. I resti di Rosalie
avrebbero riposato con i nobili antenati dei Cullen, onorata come ogni altro
membro della famiglia, e Emmett avrebbe riposato vicino a lei quando il tempo
fosse venuto.
Edward temeva che suo fratello sarebbe finito a giacere sotto quella
effigie di marmo troppo presto. Il suo dolore era terribile da vedere. Era
passata solo una settimana dalla morte di Rosalie e il dolore aveva già
lasciato un marchio su di lui. Cercava di perseverare per il bene dei suoi figli,
ma era chiaro che il suo cuore non c’era più. Edward era terrorizzato dalla
consapevolezza che poteva vedere il fantasma del suo stesso futuro guardando
suo fratello.
Edward si stese dietro Bella e si tirò contro la forma leggera di lei.
Mise una mano sul loro bambino e nascose il viso tra i suoi capelli. «Non
voglio andare», disse. «Ma Richard ha ragione. Devo. Non credo che Maria abbia
avuto la mia lettera. Vorrei poter mandare Emmett, ma Maria potrebbe rifiutarsi
di vederlo. Non gli ha mai perdonato di non aver messo da parte Rosalie. Io
sono l’unico che può convincerla a intervenire.»
Si aspettava lacrime, e si era preparato a sentirla implorare di restare,
ma lei guardò semplicemente il ritratto dei loro bambini.
La tirò gentilmente per una spalla fino a farla distendere sulla schiena
di fianco a lui. Studiò il suo viso, come a memorizzarne la forma e i contorni
e poi posò un bacio sulle sue labbra, gentile, amorevole e dolorosamente dolce.
Bussarono alla porta e lui si accigliò. Non aveva ancora mandato a
chiamare Emmett, quindi chi poteva essere? Estrasse il pugnale dalla cintura e
se lo portò alle spalle mentre apriva la porta.
«Kat Ashley!» esclamò sbalordito. «Cosa ci fai qui?»
«Anch’io sono felice di rivedervi, vostra grazia», disse Kat con un
sorrisino. «Mi ha mandato Bess. Ha ricevuto la vostra lettera.»
«C’è qualcosa che può fare?»
Kat esitò. «Ci sta provando. Ma non ha il comando su nessuno, non
ancora.»
Sapeva cosa intendeva Kat. Probabilmente stava chiedendo favori e facendo
velate minacce su quello che sarebbe avvenuto una volta salita al trono, ma
molti credevano ancora che Maria potesse recuperare. In molti pregavano per un
miracolo che preservasse la vita della Regina e tenesse la bastarda eretica
lontana dal trono.
«Comunque, ci sono io adesso», disse Kat. «E mi prenderò cura di voi,
Bella. Ma guardatevi, stesa lì a dispiacervi per voi stessa. Su! Fuori da quel
letto! Vestitevi e scendete di sotto. C’è una zuppa di verdure in caldo, e voi
la mangerete.»
Edward baciò sua moglie un’ultima volta. «Ti amo, Bella. Ascolta Kat, per
favore, e prenditi cura di te stessa mentre io non ci sono. Saranno solo pochi
giorni.»
«Cercherà di uccidermi mentre tu non ci sei», disse Bella cupamente.
«Emmett ti proteggerà.»
«Con la mia vita, se è necessario», disse Emmett dalla porta. Allo
sguardo sorpreso di Edward, aggiunse, «Richard mi ha detto
che avevi bisogno di me e io sono arrivato subito. Vai, Edward. Vai dalla
Regina. Finiamola con quest’incubo. Non sono riuscito a impedire che prendessero
la mia Rosie, ma che io sia tre volte dannato se li lascerò prendere anche
Bella.»
Edward lo abbracciò. «Ci sarà una resa dei conti», gli promise.
Emmett annuì. «Vai adesso. Il tuo cavallo aspetta qui fuori, e ti ho
anche messo nella borsa della biancheria pulita.»
«Grazie.» Edward si voltò un’ultima
volta a guardare Bella e poi chiuse la porta dietro di sé.
Bella si ritrovò infilata in un vestito e seduta al tavolo di sotto prima
ancora di capire cosa stesse succedendo. Kat le piazzò di fronte una ciotola di
zuppa di porri.
«Mangiate», ordinò, e mise un cucchiaio dentro la ciotola.
«Kat, non posso. Non ho fame.»
«Non vi ho chiesto se avete fame», disse Kat. «Vi ho detto di mangiare.
Quel bambino ha bisogno di cibo, anche se pensate che a voi non serva. Quindi
mangiate.» Kat si mise seduta dall’altra parte del tavolo, le braccia
incrociate sul seno poderoso e aspettò.
Bella prese il cucchiaio e prese un sorso di zuppa, poi un altro, poi un
altro, finché la ciotola fu mezza vuota. «Non posso più mangiare.»
«Credo che scoprirete che potete mangiarne ancora», disse Kat. «Se non
mangiate tutto, vi farò una zuppa con la carne, domani.»
Bella rabbrividì e riprese il cucchiaio, determinata a finire il resto,
anche se le faceva venire la nausea. Le starebbe proprio bene, a Kat, pensò petulante,
se dovesse pulire dopo che sono stata male per aver mangiato troppo. Si chiese
se Kat fosse così prepotente anche con Bess, e si rese conto che probabilmente
era proprio così. E Bess era ben più testarda di Bella, quindi, quante
possibilità aveva Bella di vincere con Kat?
Una volta che Bella ebbe mangiato, Kat mise mano alla vittima successiva.
Trascinò al tavolo un Emmett mugugnante, letteralmente, con la mano che
afferrava il davanti del suo farsetto. Lo spinse su una sedia come aveva fatto
con Bella e gli mise davanti una ciotola. Lui e Bella si scambiarono uno
sguardo dolente, ma come aveva fatto Bella, anche lui cedette e mangiò la sua
zuppa.
«Tutti e due voi avete bambini», li rimproverò Kat. «Vi comportate da egoisti,
lasciandovi andare come state facendo. Be’, non sotto i miei occhi. Voi due vi
prenderete cura di voi stessi, e affronteremo questa crisi insieme. Capito?»
Bella e Emmett mormorarono il loro
assenso. Kat non aveva dato loro nessuna scelta.
Edward cavalcò energicamente, spingendo il cavallo al massimo della
velocità. Quando il povero animale fu completamente esausto, si fermò a una
scuderia per sostituirlo con un altro; quest’ultimo era una vivace femmina
araba. Aveva il cuore di un campione e quasi si uccise per andare alla velocità
che lui desiderava. Quando si fermò di nuovo al cambio di cavalli, le diede una
pacca di gratitudine e ordinò che fosse comprata dalla scuderia e mandata a
Cullen Hall, dove sarebbe stata apprezzata e coccolata.
Il viaggio sembrava infinito. Non si fermò né per dormire né per
mangiare. Mangiò quello che Emmett gli aveva messo nelle sacche della sella,
del formaggio duro e del pane. Arrivò al palazzo tremando per lo sfinimento, ma
andò dritto di corsa nelle stanze della Regina.
Mentre correva per i corridoi, notò che riecheggiava solo silenzio. Le
bandiere innalzate sopra il palazzo indicavano che la Regina era nella
residenza. Ma allora perché tutte le stanze erano vuote? Gli unici domestici
che oltrepassò nei corridoi erano parte di quelli personali della casa di
Maria. Dov’erano le centinaia di cortigiani che lottavano e bisticciavano ogni
giorno solo per intravedere la Regina mentre passava? Dov’erano i domestici di
alto rango che avevano corte a loro volta?
Raggiunse le stanze private e trovò Jane Dormer seduta sugli scalini
della pedana del trono che parlava con uno spagnolo. Quando vide Edward saltò
in piedi, la faccia rossa, vergognosa di aver trattato il trono in modo tanto
irrispettoso.
«Dov’è la Regina?» chiese lui.
«Nel suo letto, dove è stata per tutta l’ultima settimana», disse Jane.
Edward si guardò intorno meravigliato. Non aveva mai visto quella sala
vuota, prima. Anche nel cuore della notte, c’era sempre viavai di gente. Senza
il colorito trambusto dei cortigiani, vedeva quanto fosse squallida e
malandata. Gli angoli erano striati di piscio e il pavimento era incrostato di
sporcizia. Gli arazzi erano sudici, come se tante mani li avessero usati come
asciugamani.
«Dove sono tutti?» chiese.
«Hatfield», sputò Jane, come se la parola avesse un sapore cattivo nella
sua bocca.
Edward scosse lentamente la testa. I cortigiani avevano abbandonato la
Regina morente per la Principessa che l’avrebbe rimpiazzata, già manovrando per
una posizione intorno al nuovo trono. Sperò che Maria non lo sapesse.
«Solo i veri amici sono qui, adesso», disse Jane.
«E questo è un vero amico?» chiese alzando il mento verso lo
spagnolo.
«Questo è il Duca di Feria. Ci sposeremo presto.» Jane arrossì.
«Congratulazioni.»
«Io sono il rappresentante del Re in questo… difficile momento», spiegò
Feria.
«Un vero peccato che il re non sia potuto venire a confortare la sua
moglie morente», replicò Edward. Si voltò, congedando il Duca e facendo
colorire anche lui. «Devo vedere immediatamente la Regina, Jane. È sveglia?»
«Sua maestà non può essere disturbata», disse Jane.
«Mi dispiace ma devo insistere. Le ho mandato una lettera riguardo una cosa
ma non ho ricevuto risposta.»
Gli occhi di Jane brillarono di allegra malignità. «Ah sì? Avete mandato
una lettera? Temo che sua maestà non l’abbia mai ricevuta. Ora, se volete
tornare tra qualche giorno, forse si sentirà abbastanza bene da ricevere
ospiti.»
«Come intendi provare a fermarmi?» chiese Edward educatamente.
Jane sembrò stupita, come se avesse pensato che la sua parola sarebbe
stata sufficiente a negargli l’accesso. Stava ancora cercando una risposta
quando lui si allontanò. Le guardie alla porta non gli diedero più che
un’occhiata mentre entrava. Si fece la nota mentale di dar loro una mancia quando
fosse uscito.
La stanza da letto di Maria era buia e silenziosa come una tomba. Tutte
le finestre erano coperte e l’unica luce veniva da un’unica candela sul suo
comodino. Illuminava la figura di Susan Clarencieux, seduta vicino al letto
della Regina. Aveva un panno umido profumato con cui tamponava la fronte della
Regina. Due preti stavano ai piedi del letto, borbottando preghiere.
La stanza era fumosa per l’incenso bruciato con l’intento di coprire
l’odore di malattia, ma Edward lo stesso ebbe dei conati alla puzza sottostante
di sudore di febbre stantio e vomito. Si avvicinò al letto dalla parte di Susan
e guardò giù la pallida, esile forma della Regina. La Principessa Elisabetta
non aveva esagerato nella sua lettera. Maria sembrava uno scheletro avvolto in
una pelle sottile come un bisbiglio.
«Maria?» disse lui. Sedette sul letto e le prese la mano. «Maria, mi
senti?»
«Filippo?» gemette lei.
«No, non sono Filippo, sono Edward.»
Maria sorrise, stirando le labbra secche e screpolate. «Edward… il mio fratellino.»
Si assopì di nuovo, col sorriso ancora sulle labbra.
«È così da giorni», disse Susan. «Ha dei momenti di lucidità, ma sono
sempre più rari e distanziati.»
«Oh, no.» Se Edward non fosse stato seduto, sarebbe caduto sulle
ginocchia. «Maria! Maria!» le dava dei colpetti sulla mano. «Oh Dio, Maria, ti
prego.»
«Questo non funziona. Dovete solo aspettare.»
Edward si mise le mani nei capelli. «Non posso aspettare.»
C’era compassione negli occhi di
Susan. «Non avete scelta.»
Un altro giorno. Emmett si sedette lentamente e si strofinò gli occhi.
Ogni mattina, la prima cosa che faceva era rotolare in cerca di Rosalie. E ogni
mattina si rinnovava l’agonia di sapere che non era lì e non ci sarebbe stata
mai più.
Dormiva su un giaciglio ai piedi del letto di Bella. Kat Ashley dormiva
nel letto di fianco a lei. Lui si alzò e guardò Bella per un lungo momento.
Voleva odiarla, perché era per salvare la vita di lei che Rosalie aveva
rinunciato alla sua. Voleva odiare suo fratello perché aveva la felicità di svegliarsi
ogni mattina vicino a sua moglie. Ma non poteva. Rosalie aveva creduto che
Bella andasse salvata.
Gli era stato permesso di farle visita. Non sapeva quali corde Edward
avesse tirato o quali minacce avesse fatto, perché normalmente a un prigioniero
condannato non erano concesse visite; potevano solo scrivere delle lettere per
dare l’addio alle persone che amavano.
Era sceso in quel sotterraneo che era un’umida fogna (non avevano
permesso a Bella di condividere i suoi appartamenti con Rosalie, per quanto
avesse implorato) e aveva visto un lato sconosciuto di sua moglie. Nonostante
l’esecuzione incombente la mattina successiva, sembrava leggera e felice,
libera di un fardello che lui non sapeva che avesse. Gli ricordò come doveva
essere apparso lui agli altri dopo la sua conversione.
Aveva tenuto la sua mano e avevano pianto insieme, le loro lacrime che si
mescolavano mentre si baciavano e si toccavano e parlavano piano, parole che
non avrebbero avuto significato per nessun altro, ma evocavano ricordi condivisi.
Lui doveva aver detto qualcosa di amaro nei confronti di Bella, ma lei lo
aveva fermato, e gli aveva detto che se non fosse stato per Bella, lei non
sarebbe mai diventata la donna che lui aveva amato. Lei avrebbe nuotato ancora
in un mare infinito di odio e amarezza, e lui avrebbe ancora cercato
un’assoluzione nel fondo di una bottiglia.
Disse che era stato il suo peccato a portarla fin lì. Pagava con la sua
vita per le vite che aveva provato a prendere. Era difficile pensare che la sua
Rosie avesse fatto cose simili, ma era testimonianza di quanto fosse cambiata
dalla persona che era. Ma non poteva fare a meno di chiedersi quanto questo
fosse il suo peccato, il peccato di aver rubato la moglie di suo
fratello. Era forse per giustizia che lui adesso stava perdendo la sua?
Rosie gli aveva detto che non doveva pensare questo, che doveva
ringraziare Dio per i due anni di gioia che avevano avuto, ma Emmett non si
sentiva tanto di ringraziare, in quel frangente.
Bella disse il nome di suo fratello nel sonno, girandosi. La sua sottoveste
si tese sulla pancia e lui vide il piccolo rigonfiamento dove stava crescendo
il suo nuovo nipote, un bambino che Bella poteva perdere per la paura e lo
stress emotivo che stava sopportando. Le selkie non erano toccate dal tempo o
dalle malattie, ed erano protette da una magia potente, ma la disperazione, la
paura e il dolore uccidevano la loro magia. Per quanto forti e senza età,
potevano essere distrutte dal tallone d’Achille della loro fragilità emotiva.
Non sapeva proprio come avrebbe potuto aiutarla, così gravato com’era dalla
sua stessa disperazione e del suo dolore, ma Edward gliela aveva affidata e lui
avrebbe fatto qualunque cosa per tenerla al sicuro e in salute finché lui fosse
tornato.
Mentre i giorni scivolavano via, il poco sonno che Bella riusciva ad
avere, era piagato dagli incubi. Edward non ritornava. Nessuna parola da lui,
nessuna lettera rassicurante per spiegare perché fosse ancora via. Maria aveva
imprigionato anche lui? Si era ammalato, era rimasto ferito? La Principessa
Elisabetta l’aveva catturato per paura che reclamasse il trono? C’erano
centinaia di cose orrende che potevano essere accadute, e ogni volta che Bella
chiudeva gli occhi, ne vedeva una.
Era diventata piagnucolosa come Maria, a dispetto degli sforzi di Kat di
tenerla occupata e le spiegazioni rassicuranti suggerite da Emmett.
L’avvocato che suo fratello aveva ingaggiato, Richard Edwardes, aveva
fatto in modo che il processo fosse ritardato ancora un giorno, e poi c’era
stato il giorno del santo, una giornata di vacanza durante cui non si poteva
tenere la corte. Poi, la mattina in cui la corte si era riunita per riprendere,
il Vescovo di Carlisle se ne era uscito con una domanda a Bonner su un oscuro
punto teologico che era venuto fuori durante il processo che richiese giorni di
ricerche per una risposta.
Bonner digrignava i denti frustrato. Aveva provato a chiudere il caso già
due volte, solo per sentirsi dire da quegli stolti dei giudici che non aveva
provato nulla e che l’avrebbero dichiarata non colpevole se il processo fosse
finito lì.
Se lui l’avesse trovata colpevole, poteva bruciarla anche se avesse
abiurato. Era sicuro di poterlo fare. Charles Swan avrebbe eseguito i suoi
ordini se lo avesse minacciato di accusare lui stesso di eresia.
Fino a luglio, Cramner era stato l’unico eretico ad essere bruciato dopo
l’abiura. Ma verso la fine dell’estate, quella politica era stata cambiata
senza preavviso. Un uomo, in Hampshire, aveva ritrattato quando era stato
portato al rogo, e aveva firmato i documenti che gli offrivano mercé. Lo
sceriffo, sir Richard Pexall, gli aveva concesso il perdono, ma poi era
arrivata una lettera dal consiglio in cui si diceva che la Regina era
arrabbiata perché aveva risparmiato un eretico condannato. Fu ordinato che
l’esecuzione procedesse e lo sceriffo fu buttato in prigione, ma se il
prigioniero persisteva nel suo rinnovato impegno verso la fede cattolica, gli
veniva offerta la compagnia di un prete all’esecuzione.
Ma il popolo inglese cominciava a ribellarsi in modo allarmante ai roghi.
Prima di lasciare Londra, Bonner ne aveva bruciati tredici tutti insieme,
persone trovate a presenziare degli incontri di preghiera protestanti. Ce
n’erano altri sei che dovevano morire l’indomani, ma le dimostrazioni del popolo
furono così allarmanti che Bonner aspettò che fosse notte per bruciarli.
Aveva sperato di aver già bruciato Bella, a questo punto, ma i giudici
erano testardi e ogni giorno li portava più vicini alla morte della Regina e
all’incoronazione di Elisabetta. L’aria crepitava di tensione. Sembrava che
tutta l’Inghilterra stesse trattenendo il respiro, come se aspettasse le
parole: «La Regina è morta! Lunga vita alla Regina!».
Alla fine , il processo ricominciò. Bella era seduta di fronte al tavolo
dei giudici. Bonner camminava avanti e indietro davanti a lei, un fascio di
fogli in mano cui spesso faceva riferimento. Aveva evidentemente passato quel
periodo di pausa a trovare domande cui era certo che Bella avrebbe risposto in
modo non corretto. Chiese a Bella se era in stato di grazia, con un largo,
trionfante sorriso in faccia. Emmett e Kat si scambiarono uno sguardo
spaventato.
Si erano inventati un sistema per aiutare Bella nell’interrogatorio. Se
la risposta alla domanda era “sì”, Kat avrebbe sternutito o tossito. Se era
“no”, sarebbe stato Emmett a fare un verso. Ma questa era una domanda per cui
entrambe le risposte sarebbero state sbagliate. Se Bella avesse risposto che sì,
lo era, sarebbe stata blasfema, affermando di conoscere la mente di Dio. Se
avesse risposto di no, avrebbe ammesso di essere una peccatrice non salvata.
«Padri, devo obiettare.» Il Vescovo Carlisle. «Nessun mortale può dare
risposta a questa domanda.»
I giudici conferirono brevemente e poi Padre Cope emise la loro sentenza:
non si poteva rispondere alla domanda, e quindi andava scartata. Bonner era
furioso, gli zigomo rossi e gli occhi brucianti di odio mentre fronteggiava
l’accusata.
Tornò all’argomento dell’ostia, chiedendole di nuovo se credeva che fosse
letteralmente il corpo e il sangue di Cristo dopo la consacrazione, e con
esattezza quando questa trasformazione miracolosa avvenisse. Bella rispose che
credeva nella transustanziazione, ma non sapeva esattamente quando questo
cambiamento avvenisse.
«Quando il prete la benedice, credo», disse lei. «Non lo so con
sicurezza.»
«Voi non lo sapete», ripeté lui, voltandosi a guardare i giudici. «Una
delle pietre angolari della nostra fede e voi non lo sapete.»
«Mio signor Vescovo, non sono che una semplice donna», disse Bella, supplicando
che comprendessero. «Io credo agli insegnamenti della chiesa, ma non sono
istruita come voi.»
«E cosa accade all’ostia se rimane intatta?» chiese lui. «Rimane il corpo
di Cristo?»
«I-io penso di sì…»
«E che succede se un pezzo dovesse cadere a terra e fosse mangiato da un
topo, sciocca donna?» scattò lui. «Cosa succederebbe al topo?»
«Non lo so. Cosa pensate che gli accadrebbe?»
«Io dico che il topo è dannato!» gridò lui.
«Oh, povero topo», sbottò Bella.
Il pubblico, che aveva seguito con sguardi increduli questo bizzarro
scambio, scoppiò a ridere. Se qualcuno di loro aveva creduto che Bella fosse
un’eretica, all’inizio del procedimento, il comportamento sempre più eccentrico
del Vescovo e le domande a trabocchetto avevano messo a tacere questo sospetto.
Bella non era un’eretica. Non era in disaccordo con nessuna delle posizioni
teologiche della chiesa, anche se in alcuni casi era evidente che non le
capisse.
«Ci aggiorniamo al pomeriggio», disse padre Dwyer, e i giudici si
alzarono.
«Pensi di sfuggire alla giustizia», sibilò Bonner a Bella. lei si
rannicchiò sulla sedia. «Ma non sarà così. Giuro che ti guarderò bruciare.»
«La tua malignità sarà purgata dalla terra», aggiunse il Predicatore
Jacob. Era strisciato dietro di lei. Bella gridò e saltò in piedi arretrando
dai due. Si guardò intorno alla ricerca di Emmett, di qualcuno che potesse
proteggerla da quei due. Ma Padre Cope stava parlando con Emmett e Kat non si
vedeva da nessuna parte. La malvagità emanava da loro in ondate calde.
«Tu hai provato a distruggermi», disse il Predicatore Jacob, «ma vedrai.
Il male non trionfa mai sugli uomini di Dio.»
«Io non sono il male», implorò Bella. Lacrime calde le rigavano le
guance. «Non lo sono! Non sono tua nemica!»
«Signor Vescovo!» chiamò Padre Dwyer. «Predicatore Jacob. Venite. C’è qualcosa
che dobbiamo discutere.»
Bella gridò e si aggrappò al suo addome. Delle gocce di sangue
picchiettarono la polvere ai suoi piedi.
Bonner sorrise. «Adesso sappiamo che
non aspetta un bambino.»
17 Novembre all’alba
Con mano tremante e insicura, la Regina firmò la grazia che Edward le
aveva portato. Marye the Quene. Fu l’ultima volta che scrisse quelle
parole.
Avrebbe voluto correre via dalla stanza e saltare sul suo cavallo, ma non
poteva lasciarla ora. Aveva passato sette giorni nella sua stanza, cercando di
afferrare i pochi momenti di lucidità per dirle quello che Bonner stava facendo
a Bella. La notte scorsa era riuscito finalmente a farsi capire e lei aveva
accettato di firmare il perdono. Edward lo aveva scritto in fretta su un pezzo
di pergamena che aveva trovato sulla sua scrivania e le aveva passato una penna
già intinta nell’inchiostro.
La mano di Maria cadde di lato e la penna cadde al suo fianco sul letto.
«Dille… dille che le voglio bene. Lei è la sorella che avrei voluto. E tu,
cugino mio… avrei voluto che fossi mio fratello. Che gran re saresti stato!»
«Non voglio», disse lui con fermezza. Si guardò intorno per assicurarsi
che tutti l’avessero sentito con chiarezza. Non voleva che si dicesse che con
l’ultimo respiro Maria gli avesse offerto la corona.
Maria ridacchiò piano. «Quelli che vogliono normalmente non
dovrebbero esserlo.»
«Padre Embry è pronto a cominciare, vostra maestà», disse Jane Dormer.
«Procedete», disse Maria. Furono le sue ultime parole.
La messa cominciò. I partecipanti erano tutti concentrati sul prete.
Edward era l’unico che guardava la Regina, e vide il suo ultimo respiro lasciarla
in un basso sospiro, proprio nel momento in cui il prete alzava l’ostia. Lui le
prese la mano e la baciò, poi lasciò la stanza.
Corse per i corridoi verso le porte del palazzo, dove aspettava il suo
cavallo. Aveva dato ordine che un cavallo fosse pronto per lui in ogni momento,
così da poter partire non appena avesse avuto in mano la grazia. Alla sua corsa
si unirono ben presto altri, anche loro a correre verso i loro cavalli. Uno di
questi portava in mano l’anello nuziale di Maria, prova che la Regina era
morta. Le loro strade si divisero davanti al portone del palazzo. Edward incitò
il cavallo verso Cullen Hall e gli altri spronarono i cavalli verso Hatfield,
ognuno sperando di essere il primo a dare la notizia alla Principessa
Elisabetta.
Le campane della chiesa cominciarono a suonare a morto e i cannoni sulle
mura della Torre spararono. La notizia si propagò come un incendio, e Edward
dovette scartare tutti quelli che affluivano sulla strada al grido di «La
Regina è morta!»
Mentre raggiungeva la periferia della città, il fumo stava già
raggiungendo il cielo. Questa volta, non era fuoco acceso sotto i piedi degli
eretici, ma falò accesi per i festeggiamenti.
La Regina è morta! Lunga vita alla Regina!
Note storiche
-
Secondo alcune voci, Richard Edwardes era un figlio illegittimo di
Enrico VIII. C’è probabilmente un po’ di verità nell’affermazione che sua
madre, Agnes Blewitt, fosse una delle amanti di Enrico. Al di là delle leggende
familiari, non c’è prova che i due si siano mai incontrati. Richard aveva una
laurea in legge presa a Oxford, ma non esercitò mai. Fu ministro durante il
regno di Edoardo VI, dimissionato durante il regno di Maria e reintegrato
durante il regno di Elisabetta. Fu nominato alla cappella reale per
sovrintendere ai bambini cantori. Divenne poeta e drammaturgo di una certa
fama. È piuttosto interessante che oggi i discendenti di Edwardes siano in
causa perché reclamano una gran parte di Manhattan (incluso Wall Street,
Broadway e la zona dove sorgeva il World Trade Center), che a loro dire,
spettava loro come eredità.
-
Le domande di Bonner sono domande che furono fatte a Giovanna d’Arco e
Anne Askew nei loro processi per eresia. La domanda sul topo, che possiamo dire
che è una delle domande più stupide che siano mai state fatte a un
processo per eresia, fu fatta dal podestà in uno degli interrogatori di Anne
Askew. La sua risposta, “Ahimè, povero topo!” fece scoppiare a ridere tutto il
pubblico in modo incontrollabile.
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Capitolo 41 *** Capitolo 41 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/41/The-Selkie-Wife
Capitolo 41
«Portala dentro», disse Kat.
Emmett portò Bella dentro la porta. Bella stava piagnucolando per il
dolore e la paura. La portò per la scala a chiocciola fino alla stanza da
letto. Con gentilezza la appoggiò sul bordo del letto e le tolse la pettorina,
facendo volare le spille in tutte le direzioni.
«Le mie scuse, sorellina», disse. Cominciò a slacciarle il vestito. «Ma non
è il momento per il pudore.»
«Ci penso io», disse Kat. «Tu devi correre dalla donna delle erbe. Dille
che ho bisogno di serpentina, foglie di lampone, corteccia di viburno… dille
quello che sta succedendo a Lady Cullen e portami tutto quello che ha. In
fretta.»
Uscì dalla porta e Kat cominciò a svestire Bella, slacciando il suo
corpetto. Canticchiava piano mentre lo faceva, delle ninne nanne dolci che
cantava alla Principessa Elisabetta quando era malata, da bambina.
«Kat?»
«Mmm?»
«Perderò il bambino?» Bella mise la mano protettivamente sulla pancia.
«No, se riuscirò a impedirlo», disse Kat brusca. «Ecco qua. Stenditi. Hai
dei crampi?» Spogliò Bella e le mise una sottoveste pulita. Appallottolò
l’altra velocemente, così che Bella non potesse vedere il sangue e allarmarsi.
«Un po’», disse Bella mordendosi il labbro.
«Quanto forti? Peggio dei tuoi corsi mensili?»
Bella non sapeva cosa rispondere. Le donne selkie non sanguinavano come
le donne umane.
Kat vide la sua confusione e le diede un colpetto sul braccio. «Lascia
stare. Stenditi qui e riposati un momento. Torno subito.»
Portò una pietra calda avvolta in un panno e la mise sullo stomaco di
Bella, e mise un altro asciugamano sotto di lei. Gli occhi di Bella pizzicavano
di lacrime trattenute all’implicazione di quel gesto.
«Ora non ti agitare», disse Kat. «È solo per vedere se continui a
sanguinare. Devi calmarti, Bella. devi rilassarti. So quant’è difficile adesso,
ma devi stare più calma possibile.»
Bella provò con forza a regolare il suo respiro in modo che fosse lento e
profondo. Un tempo aveva conosciuto un monaco, in Catai, che le aveva insegnato
la meditazione, e cercò di spingersi in quello spazio vuoto e sereno.
Non funzionò. Voleva Edward. Aveva bisogno di Edward. Aveva
bisogno che la stringesse, aveva bisogno della forza delle sue braccia, della
luce d’amore nei suoi occhi. Queste erano le uniche cose che potevano calmare
la sua anima. Il suo compagno si era allontanato dal suo fianco, che era già di
per sé una cosa assai stressante per una selkie. In aggiunta a tutte le altre
angosce che stava sopportando, le faceva venire voglia di scappare e
nascondersi.
Bonner la spaventava. Solo raramente nella sua vita aveva incontrato
persone che erano puro male. Molti di quelli che facevano cose odiose erano,
come il Predicatore Jacob, dei pazzi scatenati, oppure solo fuorviati, come
Maria. Bonner era del raro tipo che godeva delle sofferenze degli altri. E
voleva farle del male. L’aveva giurato.
Sentì il rumore della porta di Emmett che ritornava e Kat corse di sotto.
Sentì uno scricchiolio di carta.
«Avrai subito le tue medicine, bimbo,» sussurrò Bella carezzandosi
l’addome, come per coccolare il bambino all’interno. La pietra calda sembrava
aver un poco mitigato i crampi.
Poco dopo, Kat le portò una coppa fumante. «Bevi questo adesso», disse
Kat.
Bella prese la coppa con attenzione e bevve. Il sapore era orrendo, ma lo
bevve in fretta quanto lo permetteva il calore. Mentre beveva, Kat si sedette
al suo fianco e le tolse le mollette dai capelli. Glieli spazzolò mentre
canticchiava piano. Le fece pensare a sua madre, che faceva la stessa cosa.
«Ho sonno», disse Bella.
«Lo so. Ti fa bene riposare, e le erbe ti aiuteranno. Stenditi, adesso.»
Bella le diede la coppa vuota e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi.
Edward. Dov’era? Il dolore nel suo cuore era peggiore dei crampi.
Fiocamente, come da una distanza, sentì Kat entrare e la sentì che
sostituiva la pietra ormai fredda con una calda.
E poi… era un sogno? Sentì le braccia di Edward intorno a sé e la sua
voce dolce nelle orecchie. Si accoccolò contro di lui e sospirò contenta. Anche
se era un sogno, la rendeva felice.
Si svegliò e immediatamente le mani andarono alla sua pancia. Sentiva
ancora quella fiammella di vita dentro di sé. Un singhiozzo di sollievo le uscì
dalle labbra.
«Il sanguinamento si è fermato», disse Kat. Bella alzò lo sguardo e la
vide seduta vicino al letto che ricamava.
«E ho altre buone notizie. Guardate dietro di voi.»
Bella si voltò e vide Edward al suo fianco, e lacrime di gioia le
pizzicarono gli occhi. Allungò una mano ma Kat la fermò.
«Non lo svegliate», le disse. «Non dorme da giorni.»
«Pensavo fosse un sogno», sospirò Bella. «Non posso credere che sia
veramente qui!»
«Già. Con il perdono della Regina in mano.»
«Ha scoperto perché la Regina non ha risposto alla sua lettera?»
«Non l’ha mai ricevuta. Bella… mi dispiace dovervelo dire, ma Maria è
morta.»
Bella la guardò. Il dolore le strinse la gola e trasformò le sue lacrime
in lacrime di cordoglio.
«So che l’avete amata.»
«Sì», disse Bella. «Ma quell’amore si era trasformato in odio quando ho
visto quello che faceva, ma alla fine, era rimasta solo pietà. È stata davvero
la donna più infelice della Cristianità, e questo le ha fatto fare cose
orribili. Non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe stata se solo avesse
avuto quell’amore che voleva.»
«Bess ha detto la stessa cosa. Quando Bess era piccola, Maria è stata
come una madre, per lei, gentile e amorevole. Questo mi impressionò, perché sembrava
che Maria non incolpasse dei peccati di Anna Bolena sua figlia. Dopo
l’esecuzione di Anna, il Re era molto avaro con l’appannaggio della casa di
Bess, e alla povera bambina che cresceva sfuggivano in fretta i vestiti, e non
aveva denaro per sostituirli. Maria cuciva dei vestitini per lei, ricamandoli
con le sue stesse mani. Ma poi Bess crebbe. E divenne una minaccia per Maria,
con la sua mera esistenza.»
«E tutti gli intrighi di Bess non hanno aiutato», disse Bella ironica.
«Mai fu detta parola più vera.» Kat mise da parte il suo ricamo e si
alzò. «È l’ora della tua prossima dose. Come ti senti?»
«Meglio», rispose Bella e si accoccolò più vicina a suo marito.
Quando si svegliò di nuovo, era Edward seduto vicina a lei, con un foglio
tra le mani.
«Edward!» gridò sedendosi.
«No, Bella, devi stare a letto per qualche giorno, ancora», le disse. «Stenditi.
Devi riposare e riprendere forze.»
«E il processo?»
«L’ho fatto rimandare per la tua malattia.»
«Ti prego, vieni vicino a me», disse lei.
Lui posò il foglio e scivolò sul letto vicino a lei. Lei gli si accoccolò
contro. «Puzzi di cavallo.»
Lui ridacchiò. «Meglio così che come puzzavo dopo essere stato per sette
giorni seduto al capezzale di Maria. Avevo paura di lasciarla, paura che avesse
uno dei suoi momenti di lucidità e io non avessi l’opportunità di parlare con
lei. Il mio cavallo ha perso un ferro, così ho dovuto fermarmi in una locanda e
aspettare che il maniscalco lo riferrasse. Nel frattempo mi sono dato una
lavata veloce, altrimenti ti assicuro che non mi avresti fatto entrare nella
stanza.»
«Ti farei entrare anche se puzzassi come una puzzola morta», disse lei. «Mi
sei mancato tanto, e avevo paura che ti fosse successo qualcosa di brutto.»
«Devo dirti una cosa importante: ho spedito a Bess la rinuncia ai miei
diritti al trono. Né io, né nessuno dei miei eredi potrà ereditare la corona.»
Lei annuì. «Sono contenta che hai mandato la rinuncia. Ora Bess potrà
vederci come amici e famiglia, e non come rivali attorno a cui potrebbe
formarsi una ribellione.»
«È per questo che l’ho fatto», disse lui. «Io non credo che Bess abbia
avuto a che fare con la Rivolta di Wyatt o la Cospirazione di Dudley. Lei
sapeva, di questo sono sicuro, non c’è un passero che colpisca una finestra
in Inghilterra senza che Bess lo sappia. Ma non credo che abbia partecipato ad
alcun complotto. Non aveva importanza. Lei era colpevole solo per essere un
simbolo attorno a cui il popolo poteva raccogliersi.»
«Fermerà i roghi?» chiese Bella.
«Ci sta lavorando. È col consiglio giorno e notte. Ha ordinato a Bonner
di tornare a Londra, ma lui temporeggia. Presenterò la grazia quando si
riuniranno tra tre giorni. Questo dovrebbe mettere fine a questa farsa.»
Per la prima volta in due settimane, il cuore di Bella si alleggerì. La
speranza fu come un raggio di sole che sbucava tra le nubi.
Bussarono alla porta e Kat entrò portando un vassoio con una ciotola di
zuppa di verdure fumante. Bella aveva mangiato più zuppa nell’ultima settimana
che in tutte le sue vite messe insieme, ma non poteva negare di sentirsi
meglio. Kat aveva aggiunto alle zuppe delle erbe per rinforzare l’utero. Non
rendevano sempre la zuppa più appetibile, ma l’avevano davvero rafforzata.
Senza la prepotenza di Kat, probabilmente sarebbe scivolata nel pantano della
disperazione cui né lei né il suo bambino sarebbero sopravvissuti.
Dopo aver messo il vassoio sulle ginocchia di Bella, quest’ultima la
afferrò in un grande abbraccio. Kat rimase stupita, ma l’abbracciò di rimando.
«Grazie, Kat. Grazie dal più profondo del mio cuore.»
Kat sembrava un po’ agitata. «Oh, non è niente.»
«Abbiamo un debito con te che non potremo mai ripagare», disse Edward.
«Siate solo buoni con la mia Bessie»,
replicò Kat. «Lei ha bisogno d’amore, proprio come Maria, solo che non lo
mostra.»
Tre giorni dopo, la corte si riunì. Bella era seduta di fronte ai
giudici.
«State bene, vostra grazia?» chiese Padre Webber.
«Abbastanza bene», replicò Bella. Si mise una mano sulla pancia
arrotondata. Kat aveva insistito che non indossasse il corpetto per un po’,
perché era convinta che costringesse il bambino, e quindi indossava un semplice
vestito lento di velluto nero.
Bonner prese il fatto che non avesse abortito come un ulteriore prova
della sua colpevolezza. «Tutti noi l’abbiamo vista che stava perdendo il
bambino. Con pozioni e incantesimi ha mantenuto la sua empia progenie nel suo
ventre quando stava per essere scacciata via dalle parole di santi uomini.»
«Un bambino che le vostre levatrici affermavano non ci fosse», notò Padre
Cope.
Bonner arrossì e borbottò qualcosa a proposito di sciocche donne e come
potessero essere facilmente ingannate.
«Certo, una bella borsa di monete può far perdere di vista i fatti»,
disse Edward. Si alzò dalla sua seggiola e Richard Edwardes si alzò con lui.
«Avete qualcosa di valido da aggiungere a questo procedimento, vostra
grazia?» chiese Bonner con malizia.
«Sì, ce l’abbiamo. Bella è stata perdonata da sua maestà la Regina.»
Edward si avvicinò a grandi passi ai giudici e aprì la grazia firmata da Maria
sul tavolo di fronte a loro.
La faccia di Bonner divenne di un rosso allarmante. Mosse la bocca per un
momento poi gli venne un’idea e un ghigno gli contorse le labbra. «La Regina
Maria è morta,» disse. «Quel perdono non ha valore.»
I giudici si scambiarono degli sguardi, insicuri sugli aspetti legali
della questione. Il cuore di Edward affondò. Tutto quello che aveva passato, la
separazione da Bella nel momento peggiore della vita di lei, era stato tutto
per niente? Richard Edwardes fece per argomentare, ma fu interrotto da Kat.
«Io ho il perdono della Regina Elisabetta!» disse ad alta voce. Si alzò e
tirò fuori un foglio dal corpetto e lo sventolò verso il tavolo dei giudici. La
larga firma di Elisabetta, «Elisabetta R» con i suoi ghirigori era visibile da
dove sedeva Bella.
«È stata graziata da due Regine», disse Padre Cope. «Propongo di
sospendere immediatamente il procedimento.»
«La Regina non è a capo della Chiesa!» protestò Bonner. «La Regina Maria
ci ha riportato all’autorità del Papa. La Regina non ha il potere di sospendere
un tribunale ecclesiastico!»
«Ma può sospendere gli aspetti civili», disse Charles Swan. Si alzò dalla
panca e si avvicinò. «I tribunali ecclesiastici passano i condannati alle
autorità civili per la pena. Con la grazia di due Regine, io non posso
infliggere alcuna pena, anche se voi la condannaste.»
«Ben detto», disse Padre Cope. «Io non trovo eresia in questa donna, a
dispetto di due settimane di interrogatori. Padre Dwyer?»
Dwyer annuì. «Concordo. Questa donna non è colpevole. Padre Webber?»
«Non colpevole.»
«Con ciò, la corte è aggiornata. Siete libera di andare, vostra grazia,
con le scuse della corte.»
«Grazie», disse Bella. Era felice di essere seduta, perché le sue gambe
avrebbero potuto cedere per il sollievo.
Edward prese le due grazie e se le mise nel farsetto, nel caso che, e
sollevò sua moglie dalla sedia con un grido di gioia. Bella rise e lui si chinò
per baciarla. Emmett gli diede una pacca sulle spalle e Kat corse ad
abbracciarli entrambi.
Bonner era scarlatto per la rabbia. Si avvicinò con passo pesante al
Predicatore Jacob, che era completamente accasciato, le spalle basse,
sconfitto.
«Come sei riuscita ad avere la grazia così in fretta?» chiese Edward a
Kat. Avevano cominciato ad avviarsi verso casa, senza preoccuparsi di aspettare
un cavallo o una portantina. Bella gli sorrise, il primo vero sorriso dal
giorno in cui la avevano arrestata.
«Io… l’ho portata con me quando sono venuta qui», ammise Kat, facendo
lunghi passi come Edward. «Bess l’ha scritta prima che io partissi.»
«Prima di essere davvero Regina», notò Edward.
Kat arrossì un poco. «Be’… tecnicamente credo di sì.»
Edward scoppiò a ridere e lo spirito di Bella si innalzò a quel suono
allegro. «Andiamo a casa», disse lei.
«Le parole più belle che abbia
sentito in due settimane», disse lui, e la baciò di nuovo.
Quella notte, solo nel buio, illuminato da un’unica candela, il
Predicatore Jacob si inginocchiò sul suo letto e pianse. Non capiva perché Dio
avesse permesso che questo accadesse. Come poteva il male trionfare sui buoni
uomini? Come avevano potuto i giudici non vedere il male che emanava a ondate
da quella donna? Erano stati essi stessi stregati? Aveva sempre pensato che
Padre Dwyer fosse un sant’uomo, ma doveva essersi sbagliato.
Oh, come protegge i suoi, il demonio, pensò Jacob.
Era ospite nella stanza di uno dei suoi seguaci. Lui non aveva una sua
casa, proprio come Cristo e gli Apostoli. Lui vagava per le terre, diffondendo
la parola e accettava sempre volentieri l’ospitalità di qualche suo seguace.
Adesso aveva sempre un tetto sopra la testa e abbastanza da mangiare. Forse
quel lusso lo aveva rammollito, allontanandolo dalla Voce.
Si tolse la veste nera (un altro dono di un seguace) e il cilicio che
aveva sotto. Prese la frusta dal baule ai piedi del letto e si inginocchiò
davanti alla croce sul muro. Prese rapidamente il ritmo familiare. Spalla
sinistra, spalla destra, spalla sinistra, spalla destra. Ci volle un po’ per
mondare il suo corpo dal lusso e le comodità, molto dopo che le gocce di sangue
avevano cominciato a cadere al suolo.
Scivolò in quello stato quasi di trance in cui il dolore diventa
distante, quasi periferico, come una mosca che ronza contro una finestra.
Questo era il punto a cui era dovuto giungere, nel suo delirio febbrile, quando
l’aveva sentita la prima volta, la Voce di Dio. E non avrebbe fallito a
guidarlo, ora.
Voltati, gli disse la Voce.
Vide il disegno sul muro dietro di lui, formato dalle gocce di sangue che
erano schizzate dalle corde della frusta. Sembravano quasi una croce… Era il
segno di ciò che stava cercando?
Lasciò cadere la frusta e la risposta arrivò. Capì, con improvvisa,
spettacolare chiarezza che la strega era stata preservata dalla mano della
giustizia della Regina come dono per Jacob. Sarebbe stata la sua mano ad
ucciderla.
Pianse di nuovo, ma di gioia, stavolta. Che onore gli aveva riservato
Dio! La strega sarebbe bruciata, e sarebbe bruciata per mano sua.
Aspettò che Dio gli dicesse come
farlo, e non rimase deluso.
All’alba, Edward si alzò dal letto e baciò Bella sulla guancia.
«Dove vai?» borbottò lei. «È presto…»
Lui ridacchiò mentre si metteva la camicia. «Sì, è presto, torna a
dormire. Ho un piccolo progetto a cui sto lavorando. Sarò a casa per pranzo.»
«Sola?» disse lei, e lui vide come sgranava gli occhi.
«No, non sei sola. Emmett è qui con te.»
Questo sembrò tranquillizzarla. Bella si rotolò nel letto e si
riaccoccolò tra le coperte.
Per Bella, era un giorno indaffarato. Aveva parecchie mansioni
amministrative riguardanti la casa che si erano accumulate in sua assenza,
conti da pagare, ordinazioni di forniture per la casa, liste di inventario da
controllare e altri compiti noiosi che erano necessari per il buon andamento
della casa. Si chiedeva come avessero fatto prima che ci fosse lei, perché
sembrava che tutti dipendessero da lei per qualcosa.
Una volta sistemate queste cose (o quantomeno averle messe sotto
controllo), lasciò la camera da letto diretta alla nursery per giocare con i
bambini, come aveva promesso loro la sera prima. Le erano mancati terribilmente
e voleva passare del tempo con loro dopo cena, ma aveva bisogno di passare
anche del tempo con suo marito.
Non potevano fare l’amore, ma potevano baciarsi e toccarsi e venerarsi il
corpo l’un l’altro. Era come se avesse sete della sensazione della carne di lui
contro la sua, e anche solo le coccole, i baci, i tocchi leggeri appagavano
quel bisogno, intrecciando nuovi fili nel suo logoro stato emotivo.
Si diresse al corridoio e i suoi sensi affilati colsero odore di fumo.
Allarmata, corse per trovare la fonte e vide la parte posteriore del corridoio
in fiamme. Un arazzo sulla parete si era incendiato e le fiamme lambivano
impazienti il soffitto di legno al di sopra.
Il suo istinto di selkie prese il sopravvento sulla sua mente nel panico.
Si voltò e corse, corse più veloce che poteva per il corridoio e poi giù per le
scale fino all’atrio e fuori dal portone fin sul prato. Da fuori, vide che le
fiamme avevano inghiottito tutta la parte posteriore della casa. Le assicelle
di legno del tetto stavano bruciando.
Si voltò per guardare il gruppo di persone sul prato. I domestici stavano
ancora cercando di tirare fuori le cose di valore, cercando di salvare il più
possibile della ricchezza dei Cullen, ma a lei non importava delle cose. Le
importava delle persone.
Vide con sollievo che Ward, Charles e la piccola Elizabeth erano seduti
per terra ai bordi del gruppo, gli occhi sgranati e spaventati. Emmett
attraversò il gruppo dirigendosi verso di lei. «Dov’è Maggie?» chiese, la
faccia bianca dalla paura.
Gli occhi della piccola Elizabeth si riempirono di lacrime. «Non lo so.
Non l’ho vista.»
«Dov’era quando l’hai vista l’ultima volta?» chiese Bella.
«Nella nursery.»
Bella prese un profondo respiro e si precipitò, prima di aver tempo di
cambiare idea e prima che Emmett potesse fermarla. Corse di nuovo dentro la
casa in fiamme, quando ogni suo istinto le diceva di fuggire di lì, il più
lontano e il più velocemente possibile.
Il fumo riempiva l’ingresso e Bella corse su per le scale, già tossendo,
dati i suoi sensibili polmoni da selkie. Staccò il velo da dietro il suo
copricapo e se lo mise sul naso.
Corse per il corridoio e vide con orrore che i muri esterni della nursery
erano già in fiamme. La sua mente le diceva di essere pratica: era improbabile
che Margaret fosse ancora viva, là dentro, ma non aveva scelta. Doveva provare,
anche se le possibilità erano esigue.
Caricò verso la porta della nursery in fiamme e calciò. Si aprì di
schianto e lei si precipitò nella stanza. Fuoco. Niente altro che fuoco. La sua
gonna si incendiò e lei la colpì in fretta con le mani. Agonia. Le sue gambe
stavano bruciando. Se avesse pensato con più chiarezza, avrebbe potuto salvarsi
da ulteriori danni, ma Bella era nel panico. Anche le sue maniche si
incendiarono mentre colpiva la gonna e lei urlò mentre il fuoco avviluppava le
sue braccia in un bagliore di rovente agonia. Un pensiero razionale le entrò
alla fine nella mente e strappò i lacci della sua gonna e ne balzò fuori, poi
strappò le maniche finché riuscì a sfilarsele dalle braccia. La sua sottoveste
era bruciacchiata, ma non in fiamme. Il dolore le fece venire la nausea e
barcollare. Bella sbatté forte gli occhi e provò a concentrarsi. Avanti.
Schivò pezzi di intonaco che cadevano e assi in fiamme. Vide il lettino
di Margaret nell’angolo. Il fuoco non l’aveva ancora raggiunto. Si chinò
ignorando l’agonia nelle sue gambe e vide Margaret che vi si nascondeva sotto.
Tirò un sospiro di sollievo e la tirò fuori prendendola tra le braccia.
Margaret gridò quando vide le ustioni di Bella. Bella aveva cercato con
attenzione di ignorarle. Ma i bambini avevano ancora una mente aperta, che le
selkie potevano leggere e Margaret stava proiettando immagini allarmanti di…
Bella chiuse in fretta la connessione.
«Ti ho preso Maggie», disse lei. «Ora ce ne andiamo di qui.»
E poi il mondo divenne nero.
La sorpresa per Bella che Edward stava preparando quando era stata
arrestata, stava venendo proprio bene. Solo più tardi gli venne in mente che
entrambe le tragedie erano avvenute mentre lui stava lavorando a quello, e
amaramente desiderò non averla mai lasciata, neanche per quelle poche ore.
Mentre cavalcava verso casa, vide qualcosa di strano nel cielo blu
brillante del tardo autunno. Uno spesso pennacchio di fumo saliva in aria.
Troppo grande per provenire da un falò. Sperò che non stesse bruciando qualcosa
nel villaggio. Con un oscuro presentimento, spinse il cavallo più veloce. Più
si avvicinava e più sembrava che fosse in direzione di Cullen Hall. Il suo
stomaco si annodò per l’ansia e spronò il cavallo a un galoppo furioso. Troppo
vicino a Cullen Hall. E poi, con un nauseante senso di orrore che non avrebbe
mai dimenticato per tutta la vita, si rese conto che era Cullen Hall.
I suoi domestici facevano avanti e indietro sul prato. Stavano ancora
correndo nella casa per tirarne fuori tutte le cose di valore che potevano
salvare dal fuoco. Non c’erano assicurazioni di quei tempi. L’intera fortuna di
un nobiluomo poteva essere stipata in casa, sotto forma di oro, gioielli,
arazzi e abbigliamento, e poteva essere persa in un istante, lasciando in
povertà un’intera famiglia.
Portò il cavallo dritto sul prato e la calca dei domestici gridò di
sollievo nel vederlo. Balzò giù dal cavallo quando vide suo fratello e i
bambini raggruppati, corse da loro e li abbracciò uno dopo l’altro. La piccola
Elizabeth stava singhiozzando, aggrappata al fratello come a un’ancora di
salvezza. «Dov’è Bella?» chiese Edward.
«È tornata dentro», disse Emmett. Aveva uno sguardo vuoto e stordito,
completamente confuso dallo shock.
Era tornata dentro per cercare di salvare la sua pelliccia? Edward si
guardò intorno in fretta e vide il suo armadietto vicino a dei bauli.
«Perché? Perché è tornata dentro?» chiese.
«Maggie è ancora là», disse la piccola Elizabeth, che singhiozzava così
forte da riuscire a parlare a malapena.
«Dove?» Edward la afferrò per le spalle. «Le hai detto dove?»
La piccola Elizabeth annuì. «Stava dormendo nella nursery.»
La sua sposa selkie, così terrorizzata dal fuoco, era corsa dentro una
casa in fiamme per salvare una bambina che non era neanche la sua. Lui le andò
dietro, non poteva fare altro. Sentì delle grida dietro di sé, che lo
avvertivano di non andare, che lo imploravano di non andare, ma lasciarla sola
ad affrontare la sua più grande paura era impossibile.
Il fumo era così denso che la visibilità era ridotta a poco più di un
metro. Edward si annodò il fazzoletto su bocca e naso e strisciò per l’atrio
verso le scale. Grazie a Dio il fuoco era partito dal retro della casa.
Fece le scale e corse per il corridoio. Il fuoco si riversava su tutta la
parte superiore del soffitto. Sarebbe stato bellissimo da vedere, se non fosse
stato raccapricciante. Le pareti stavano bruciando emanando un calore intenso.
Boccheggiò alla ricerca di aria che non c’era.
Girò verso la loro camera da letto invece di andare avanti verso la porta
della nursery. Strisciò per la stanza, notando in una parte distante del suo
cervello che i domestici avevano fatto davvero un buon lavoro a portar via le
cose di valore.
Aprì la porta che comunicava con la nursery appena in tempo per vedere il
Predicatore Jacob che colpiva alla testa Bella con un bastone. Cadde sul
pavimento e Margaret ruzzolò via dalle sue braccia. Strisciò sotto il letto
mettendosi il pollice in bocca.
Jacob si mise a danzare gioioso intorno al corpo prono di Bella,
ridacchiando. «La strega brucerà! La strega brucerà!»
Edward si alzò in piedi e corse verso di lui, la furia che gli faceva
vedere rosso.
Edward non aveva mai combattuto a mani nude. Come tutti i gentiluomini
era stato addestrato a tirare di spada, ma niente che potesse aiutarlo in una
situazione del genere. La sua mente era vuota di tutto tranne l’istinto
primario di fare male a quell’uomo malvagio. Tirò un pugno verso la faccia di
Jacob e fortunatamente gli prese il naso col dorso del pugno; se l’avesse preso
direttamente, probabilmente si sarebbe rotto una mano.
Jacob barcollò ma recuperò in fretta. Anche lui tirò un pugno a Edward,
ma questo balzò di lato prima che riuscisse a colpirlo. «Osi alzare la mano su
un uomo di Dio?» gridò Jacob.
Edward si precipitò contro di lui e lo spinse contro il muro, il gomito
contro la gola, come aveva visto fare a Bella contro Rosalie, tanti anni fa.
«Tu non sei un uomo di Dio», sibilò. «Tu sei un tirapiedi di Satana.»
Jacob sembrò genuinamente ferito dal commento di Edward. Lottò per
liberare il collo dal braccio di Edward. «Sei così accecato da quella donna
demoniaca!»
Edward tirò un pugno nella pancia di Jacob. Sentiva come se l’istinto
stesse guidando i suoi movimenti, adesso. Quando Jacob si piegò su se stesso,
alzò il ginocchio e lo colpì in viso. Jacob cadde a terra, ma afferrò Edward
alla vita e lo trascinò giù con sé. Si cimentarono per un lungo, silenzioso
momento, lottando per il predominio. Jacob buttò Edward sulla schiena e gli
avvolse la mano alla gola. Edward lottava, ma cominciava a vedere delle macchie
scure.
Bella. Doveva salvarla. La vide stesa lì, così immobile, con indosso solo la
sua camicia e la sua sottoveste, e la sua mente andò alla povera Jane Grey,
vestita alla stessa maniera mentre era sul patibolo. Bella si era ustionata
gravemente per prendere Margaret. Doveva salvarla.
Con uno sforzo possente, con l’ultima energia rimasta nel suo corpo a
corto di ossigeno, Edward sbatté via Jacob da sopra di sé. La testa di Jacob
colpì il baule ai piedi del letto, piegandosi bruscamente di lato. Si afflosciò,
ma i suoi occhi erano ancora aperti. Pieni di panico. «Edward! Non posso
muovermi!»
Edward si rimise in piedi barcollando, dolorante, con le vertigini.
Guardò Jacob.
«Ti prego! Non posso muovermi!»
Dev’essersi spezzato la spina dorsale, pensò Edward. «Non senti nulla?»
chiese Edward. Lo calciò con violenza nello stomaco. «Questo lo senti?»
Jacob emise un lamento acuto e la sua faccia si serrò in una smorfia.
«Sì, oh Dio, ti prego! Aiutami!»
Edward andò verso il letto e tirò fuori Margaret dal suo nascondiglio.
«Attaccati alla mia schiena,» disse provando a sembrare allegro e disinvolto.
«Facciamo un giro a cavalluccio!» Margaret nascose la faccia nel suo collo e lo
afferrò in una stretta strangolatrice. Strinse le gambe alla vita di lui e lo
afferrò saldamente.
Edward sollevò Bella, cercando di non toccare le sue ustioni, per non
provocarle altro dolore. Si avviò alla porta.
«Edward! Edward! Ti prego! Non lasciarmi qui!»
Edward si fermò e si voltò. Jacob fissava la porta che comunicava con la
nursery. Era in fiamme adesso e le stuoie di giunco vicine cominciavano a
fumare. Jacob giaceva lì, impotente, guardando il fuoco avvicinarsi, sempre più
vicino, finché cominciò lentamente a consumarlo.
Edward non riusciva a pensare a una fine più adatta per lui.
Portò Bella e Margaret di sotto il più in fretta possibile, e poi fuori
all’aria aperta. Margaret tossiva violentemente per il fumo. Emmett la prese e
la strinse così forte che la bambina strillò.
«Grazie, fratello. Oh, Dio, grazie.»
Edward aprì il suo armadietto e tirò fuori la piccola scatola chiusa. La
portò con sé mentre scendeva per il ripido sentiero che portava alla spiaggia,
dove posò Bella sulla sabbia.
Lei aprì gli occhi, e lui trasalì al dolore che vi vide dentro. Le
ustioni avrebbero richiesto lunghe e dolorose settimane per guarire, oppure lui
poteva darle quello che le occorreva per guarire istantaneamente e liberarsi
dal dolore.
“Avrei dovuto farlo prima”, disse a se stesso. “Ma ero troppo egoista per
lasciarla libera.”
Aprì la piccola scatola e ne tirò fuori la sua pelliccia. Era calda nelle
sue mani, come una cosa vivente. La premette nella mano di lei. «Te la restituisco»,
disse, in caso un annuncio simile fosse necessario.
Un refolo di vento solleticò i capelli dietro il collo. Aveva mantenuto
la sua promessa.
Bella singhiozzò. «No…»
«Mettila, amore mio. Devi guarire. Non sopporto il tuo dolore.»
«Ma…»
«Lo so», disse lui. Si passò una mano sulla faccia e la trovò umida di
lacrime. «Lo so. Ti amo troppo per vederti soffrire. Mettila, amore. Mettila e
sii libera.»
Con un singhiozzo, lei la posò di lato, anche se desiderava
disperatamente fuggire da quel dolore. Lui gliela rimise in mano. «Bella, ti
imploro, ti prego.» Se avesse potuto prendere il suo dolore, l’avrebbe fatto
volentieri, ma non poteva continuare a guardarla soffrire.
Lei ebbe un brivido improvviso e poi mise la pelliccia. In un batter
d’occhio, una piccola foca scura era dentro i vestiti di Bella. Si contorse per
provare ad uscirne. Edward la aiutò. Così aggraziate nell’acqua, ma impacciate
sulla terra.
Lui la prese in braccio e la portò verso il mare, entrando in acqua fino
a che gli arrivò ai fianchi. La abbassò con gentilezza nelle onde. I suoi
enormi occhi scuri, gli occhi di Bella, anche in questa forma lo guardavano con
dolore. «Vai», le disse. «Vai al mondo cui appartieni. Io ti amo, Bella.
Ricordatelo, ti prego. Ricordati che il mio cuore ti appartiene. Lo stai
portando via con te.»
Lei si tuffò sott’acqua e riemerse a poca distanza. Lanciò un terribile
grido di angoscia.
«Ti amo. Va’. Sii felice.»
Guardò l’acqua dopo che la sua testa era scomparsa sott’acqua. Rimase lì
finché le sue gambe divennero torpide per il freddo. Alla fine si voltò e si
avviò verso casa, le rovine ancora fumanti di Cullen Hall.
Note storiche
-
“Catai” era come era chiamata al tempo la Cina, una terra misteriosa
conosciuta solo attraverso gli scritti di Marco Polo. Molti storici moderni
ritengono che Polo in realtà non visitò la Cina, ma abbia basato i suoi scritti
su dicerie e leggende che aveva sentito da altri viaggiatori.
-
“Elizabeth R” era il modo in cui Elisabetta firmava ogni documento, dove
R stava per Regina. Diversamente dal padre, dal fratello e dalla sorella, non
permise mai al consiglio di fare un timbro in legno con la sua firma. Il timbro
era una copia incisa della firma che veniva premuto sulla carta e poi tracciata
con l’inchiostro sull’impronta lasciata. Insisté per firmare personalmente
tutto quanto, un modo per accertarsi che nulla uscisse col suo nome che lei non
volesse. Alcuni studiosi ritengono che il testamento di Enrico VIII non sia
stato firmato da lui personalmente, ma stampato e poi passata con l’inchiostro
dopo la sua morte.
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Capitolo 42 *** Capitolo 42 ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/42/The-Selkie-Wife
Capitolo 42
Molti pensavano che Edward, Duca di Cullen, fosse diventato matto dopo la
morte di sua moglie.
Il Duca aveva trasferito la sua famiglia nella Dower House. Cullen Hall
era solo rovine; l’unica parte che era sopravvissuta era il salotto d’inverno e
la cappella. Tutti si aspettavano che il Duca ripulisse il sito dai ruderi e
cominciasse a ricostruire, ma i mesi passavano e l’unica cosa che faceva il
Duca era camminare ogni giorno fino alla spiaggia. E lì rimaneva per ore,
camminando lungo la battigia o sedendo sulle rocce fino al tramonto del sole.
Emmett stava un poco meglio, ma era andato a corte quando la Regina
Elisabetta gli aveva scritto, richiedendo la sua presenza. Gli aveva restituito
il titolo e inoltre aveva anche dato a suo figlio una baronia. Secondo le
lettere che Kat e Bess gli scrivevano, Emmett stava lentamente uscendo dalla
sua angoscia e tornando al mondo dei vivi. Se c’era qualcuno che poteva
aiutarlo, queste erano Kat e Bess.
Il Duca si era rifiutato di parlare di ciò che era successo a Bella dopo
che aveva portato via dalla casa il suo corpo terribilmente ustionato, perciò
tutti avevano presunto che fosse morta per il fuoco, o poco dopo per le
ustioni. Fu pianta molto. Il popolo avrebbe desiderato un funerale, così da
poter porgere i propri rispetti. Alcuni portarono fiori sulle ceneri di Cullen
Hall, e un gentiluomo della piccola nobiltà locale pagò silenziosamente perché
fosse messa una placca di ottone in sua memoria sul muro dell’ospizio dei
poveri.
Edward parlava al mare. Sapeva che Bella non era lì, ma non poteva farne
a meno. Le mancava così tanto che si attaccava a qualunque connessione, non
importa quanto esigua. Ogni giorno le parlava di quello che facevano i bambini,
come andavano le opere pie che lei aveva fondato, gli ultimi pettegolezzi della
corte… tutte cose che le avrebbe detto se fosse stata con lui, perfino qualche
storiella che l’avrebbe fatta ridere e le avrebbe fatto brillare gli occhi.
La sorpresa che aveva preparato per Bella era il ritorno di Jasper e
Alice. Desiderava che avesse visto la coppia insieme, perché sapeva che le
avrebbe dato gioia vedere la sua amica così felice, e la loro bella bambina,
chiamata come lei, in suo onore.
Jasper adesso era ministro della chiesa Anglicana e nuovo cappellano di
Cullen Hall, e Alice era il nuovo bullo in famiglia, adesso che Kat era tornata
dalla Regina Elisabetta. Era lei che costringeva Edward a mangiare, controllava
le sue bevute e gli ordinava di andare a letto quando si faceva troppo tardi la
sera.
Lui sapeva che stava bevendo troppo, e temeva di cadere in quella
trappola come Emmett, ma era l’unico sistema per riuscire a dormire. Alice era
decisamente paziente, e sedeva e ascoltava Edward straparlare su tutte le cose
che erano successe a Bella da quando lei e Jasper erano fuggiti. Si svuotava di
tutti i suoi ricordi e le sue angosce mentre svuotava i suoi bicchieri di
birra.
Si rese conto una sera che stava parlando della pelliccia di Bella e gelò
a metà parola, gli occhi sgranati.
«Non ti agitare», gli disse Alice mettendo una mano su quella di lui. «So
cos’è Bella. Jasper me l’ha detto.»
«Te l’ha detto?»
«Non devono esserci segreti tra marito e moglie», replicò Bella.
Sveglia. Documenti. Mangiare. Scendere al mare e parlare con Bella.
Mangiare. Bere. Dormire. Ripeti. Aveva sette anni di questo, da sopportare.
Sette anni di vuota, miserabile esistenza.
E se non fosse tornata allo scadere dei sette anni? A dire la verità, sei
anni, nove mesi e ventiquattro giorni, Edward teneva il conto. Singhiozzò di
questa paura con Alice, una sera in cui era ubriaco, e lei disse che era certa
che Bella sarebbe tornata. Lei amava Edward e Alice sapeva che sarebbe tornata
non appena avesse potuto. Bella era sveglia, disse Alice. Di sicuro avrebbe
trovato il modo di aggirare l’incantesimo che la teneva lontana da lui.
Edward scese alla spiaggia e andò a sedersi dove aveva visto per la prima
volta Bella, gloriosamente nuda nel sole, i capelli scuri di zibellino fluenti
sulla roccia sotto di lei. L’aveva catturato nel momento in cui l’aveva vista,
pensò. Era Bella che aveva guardato, notando a malapena le altre due fanciulle
selkie che giocavano con lei sulla battigia.
Era quello che sperava stesse facendo adesso, giocare al sole da qualche
parte, ridente e spensierata. Forse in una di quelle calde terre esotiche che gli
aveva descritto. Edward si strinse un po’ di più la sua sopravveste. Qualche
fiocco di neve volteggiava nell’aria rigida e le pietre dove sedeva erano scivolose
per il ghiaccio. Sapeva che Alice temeva che potesse scivolare e cadere,
sbattere la testa, e svenire, annegando prima che qualcuno si rendesse conto di
ciò che gli era successo. Le aveva promesso di stare attento, ma sapeva di
essere troppo preso dai suoi ricordi per badare ai suoi passi. Era solo per
misericordia di Dio che non si era ancora fatto male.
Si sistemò su una delle rocce preferite, quella che aggettava sul mare.
Se guardava abbastanza a lungo nelle sue profondità, a volte immaginava di
vedere il suo viso.
«Ciao, amore», disse. «Ward ha di nuovo chiesto di te, stamani. Alice ha
cambiato discorso. Ho paura che cominceranno a pensare che ci sia qualche
vergognoso segreto.»
Avevano detto ai bambini che Bella era “via”. Anche se il mondo di
fuori credeva che Bella fosse morta, non poteva sopportare di dire questo ai
suoi figli. Margaret ricordava Bella che la portava via dal fuoco, ma
nient’altro oltre questo. Forse il ricordo di ciò che aveva visto, Bella
aggredita, la lotta tra lui e il Predicatore Jacob, era semplicemente troppo
traumatizzante per lei da accettare. Lui non cercò di farla ricordare. Ci sono
cose che è meglio dimenticare.
«Mi chiedo se hai sentito cosa è successo al Vescovo Bonner. Sembravi
sapere così tante cose del mondo umano, la prima volta che sei venuta da me,
quindi immagino che tu lo sappia. Ha rifiutato di riconoscere Bess come capo
della chiesa, così il consiglio l’ha imprigionato. L’hanno trovato morto sul
pavimento la mattina dopo. Gli si è rotto un vaso sanguigno in gola ed è si è
soffocato nel suo stesso sangue. Una fine adatta per “Bonner il Sanguinario”,
penso. Quello che mi chiedo è se questo ha qualcosa a che fare con la promessa
che ti aveva fatto, la promessa di vederti bruciare, una promessa che non ha mantenuto.
Ho sentito che non hanno potuto neanche fargli un servizio funebre perché
temevano che il popolo lo disseppellisse e ne disonorasse il corpo. Lo hanno
seppellito a mezzanotte e poi segretamente hanno spostato la tomba in un altro
luogo.
La Regina Bess mi ha mandato un’altra lettera chiedendomi di andare a
corte», continuò Edward, la voce bassa. «Pensa che mi aiuterà, come ha aiutato
Emmett. La sua corte è un posto allegro, mi hanno detto, con musica, balli e
feste. Dev’essere molto diverso da com’era con Maria. Ma non potrei
sopportarlo.
Mi chiedo del nostro bambino, Bella. Lo terrai con te o me lo manderai?
Nelle leggende, le spose selkie mandano le loro sorelle a portare i bambini
umani ai loro padri. Non riesco a immaginare che tu faccia una cosa così,
perché ami i tuoi figli, ma devo dirti che io spero che tu lo faccia. Avere
qualche contatto con te, anche solo incontrando le tue sorelle, sarebbe…»
La sua voce si spezzò. «Per il respiro di Dio, Bella, mi manchi così
tanto. È come se metà del mio cuore mi fosse stata strappato dal petto,
lasciando una ferita aperta che non guarisce. Non posso vivere senza di te; mi
limito ad esistere. Emmett è l’unico che capisce, perché anche il suo cuore non
c’è più. Forse lui potrà riprendersi. Spero che ci riesca. Ma io, io so che non
potrò mai guarire.
So che tu non potrai tornare da me per sette anni, ma se potessi anche
solo vederti… anche da lontano. Io… Bella, io non credo che sopravvivrò a
questo.»
Le lacrime gli scorrevano sulle guance e cadevano nell’acqua sottostante.
Le sue spalle erano scosse dalla forza dei suoi singhiozzi.
La settima lacrima cadde nell’oceano diffondendo dei piccoli cerchi, poi
una testa scura sbucò nel punto dove era caduta. Edward gelò per lo shock. Una
testa di capelli scuri emerse e poi enormi occhi scuri, e poi Bella stava
uscendo dal mare, la pelliccia nella mano. Il suo corpo risplendeva, intonso
dalle cicatrici delle ustioni, la pancia leggermente rotonda.
«Bella?» sussurrò. «Sei davvero tu?» Era diventato matto sul serio, stavolta,
immaginando di vedere ciò che desiderava vedere di più al mondo? Se era così,
era una pazzia meravigliosa, e lui sperava che durasse.
«Sì, Edward, sono davvero io.» Bella allungò la mano e gli accarezzò la
guancia.
«Come può essere?» chiese, afferrando le braccia di lei, come se temesse
che questo miracolo finisse.
«Edward, come fa una fanciulla a chiamare un amante selkie?»
«Versa sette lacrime nel mare», disse lentamente, la voce morbida di
meraviglia mentre comprendeva cosa lei intendesse.
«Hai spezzato l’incantesimo», disse, sorridendo tra le lacrime che le
brillavano negli occhi.
«Perché non me l’hai detto?» chiese lui.
«Lo sapevi già. Se io ti avessi detto di farlo non avrebbe funzionato,
perché le lacrime non sarebbero venute dal tuo cuore.»
Le mise la mano sulla pancia. «Il nostro bambino?»
«Forte e in salute», disse Bella. «Lui o lei nascerà alla fine di
aprile.»
Lei prese la sua mano e vi mise la pelliccia. «Amore mio, sai cosa
succede quando una selkie dà la sua pelliccia a qualcuno?»
«No.» Questa era una parte della leggenda che non gli avevano mai detto.
«Succede che lega il suo cuore e la sua anima a quella persona per
l’eternità. Io sono tua, Edward. Per sempre.»
«Io non sono immortale come te. Invecchierò e morirò.»
«Io invecchierò come te», disse lei. «E quando tu lascerai questa vita,
comincerai quella successiva. Le nostre anime si ritroveranno e saremo di nuovo
insieme. Vita dopo vita, per sempre.»
Si tolse la sopravveste e la mise sulle spalle di lei. Insieme,
attraversarono le rocce affilate fino alla spiaggia e poi su per il sentiero.
Bella sospirò quando vide le macerie annerite della loro casa, ma poi gridò
deliziata alla vista della Dower House. Non era ordinaria, perché nulla nella
vita di un Duca può esserlo, ma era la cosa più vicina al sogno di lei che lui
poteva offrirle.
La loro casetta vicino al mare.
Note storiche
-
Molte tenute avevano una Dower House, una residenza più piccola, ma
sempre grande, pensata per le suocere. Per esempio, se Bella sopravvivesse a
Edward, diventerebbe la Vedova Nobile e, nel momento in cui Ward si sposasse, verrebbe
mandata a vivere in quella casa, così che la nuova Duchessa di Cullen possa
subentrare a Cullen Hall.
-
Il Vescovo Bonner morì nel 1569. Il destino che io gli ho riservato, fu
in realtà quello di un uomo di nome rev. Nicholas Noyes, uno dei carnefici nei
Processi delle Streghe di Salem. Sarah Good gli disse appena prima di essere
impiccata che lei non era una strega, e se l’avesse uccisa, Dio gli avrebbe
dato sangue da bere. Morì circa venti anni dopo di un’emorragia alla gola che
lo fece annegare nel suo stesso sangue.
Alla sua
incoronazione, Bess rifiutò di permettere a Bonner di baciarle la mano. Come
Enrico VIII, Bonner negò l’autorità papale, ma mantenne vedute cattoliche
conservatrici, e così quando salì al trono un governante protestante, si
rifiutò di prestare il Giuramento di Supremazia. Passò gli ultimi anni della
sua vita dentro e fuori dalla prigione, accusato di celebrare ancora messa. La
moderazione di Elisabetta è ben illustrata in questo caso. Se fosse stato un
ministro protestante a celebrare spavaldamente funzioni durante il regno di Maria,
sarebbe stato bruciato in quattro e quattr’otto. Bonner non capiva l’ostilità
nei suoi confronti e una volta disse (presumibilmente con la faccia seria) “
Dicono di me che cerco il sangue, e mi chiamano ‘Bonner il Sanguinario’, mentre
Dio mi è testimone, non ho mai ricercato il sangue di un uomo in tutta la mia
vita…”
|
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Capitolo 43 *** Capitolo 43 - Epilogo ***
“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa
Bryan e tradotto in italiano da beate
A questo indirizzo potete trovare la
versione originale
https://www.fanfiction.net/s/7598322/43/The-Selkie-Wife
«Vostra grazia?»
Edward alzò lo sguardo dai documenti sulla sua scrivania. «Mm?»
Una cameriera si inchinò. «La vostra signora moglie, vostra
grazia. È arrivato il momento.»
Edward saltò in piedi così in fretta che fece cadere la sedia.
Lasciò la scrivania e si precipitò alla porta. La cameriera si scansò dalla sua
strada appena in tempo per non essere travolta. Guardò il Duca mentre faceva le
scale tre alla volta nella sua impazienza. I suoi datori di lavoro erano strane
persone, ma erano anche le più felici che conoscesse.
Edward corse nella loro camera. Bella era andata al confinamento
solo pochi giorni prima, il massimo della concessione che avevano dato alla
tradizione, e l’aveva fatto restando semplicemente nella loro camera, invece
che crearsi una stanza solo per lei. La levatrice aveva schioccato la lingua di
fronte a questo e guardava le pareti con intenzione, come se lo incolpasse
della mancanza di arazzi. Lui avrebbe voluto dirle che non avrebbe badato a
spese per la sua amata moglie, se lei glielo avesse permesso, ma questo era
quello che aveva voluto Bella, e quello che lei voleva otteneva.
Il ritorno di Bella era stato salutato con gioia dalla famiglia e
da tutta la comunità. Il rifiuto di Edward di discutere dell’argomento, aveva
lasciato un’opportunità per il suo ritorno, anche se questo non era stato il
suo specifico intento. La spiegazione che diede fu che Bella era stata mandata
in un convento per essere assistita dalle monache finché fossero guarite le sue
lesioni, che era una pratica piuttosto comune al tempo, e comprensibile.
Naturalmente il Duca voleva aspettare per vedere se le sue ustioni sarebbero
guarite bene e se avrebbe perso il bambino. Se fosse rimasta sfigurata o troppo
menomata per averne un altro, sarebbe stata silenziosamente lasciata in
convento, messa da parte per un’altra moglie.
Entrò in camera e trovò Bella al davanzale della finestra che
annusava i fiori e rimase sulla porta a guardarla. Alice le incombeva
ansiosamente vicino, per paura che fosse colpita da una contrazione e avesse
bisogno del suo supporto, ma Bella svolazzava di fiore in fiore come un
folletto dei boschi, apparentemente non influenzata dal fatto di essere in
travaglio.
«Volete che faccia cosa, vostra grazia?»
«Voglio che trapianti i fiori in ciotole, così potremo portarli
dentro.» Bella aveva sospirato delusa all’idea di chiudersi nella sua camera
lontano dai fiori della dolce primavera. Così, Edward se n’era uscito con
un’idea: se Bella non poteva uscire nella primavera, avrebbe portato dentro la
primavera per lei.
Il giardiniere lo aveva guardato come se fosse diventato matto e
Edward aveva ridacchiato. «Vivranno, così, no?»
«Oh, sì, vivranno, vostra grazia, ma… perché?» Sperò
che il Duca non si arrabbiasse per la sua presunzione nel chiedere, ma lui non
aveva mai sentito una cosa simile e non ne capiva il fine.
Edward gli aveva spiegato cosa voleva e guardando intorno alle
decine di ciotole e vasi che ricoprivano ogni superficie piatta, traboccanti di
fiori colorati che profumavano l’aria, pensò che ci era riuscito.
Bella gli fece un gran sorriso quando lo vide e corse da lui per
un bacio, Alice sempre ansiosa al suo fianco.
«Oh, Edward, grazie!» disse Bella e gli buttò le braccia al collo.
«Sono così belli! Non avrei mai pensato a portare in giardino dentro casa! Come
sei ingegnoso!»
Lui era raggiante alle sue lodi. Dopo avergli dato un bacio sulla
guancia, si voltò ad accarezzare i morbidi petali di seta di un giglio.
«Pensi di riuscire a farla sedere?» chiese Alice. Si torceva le
mani per l’ansia.
«Quando sarà pronta», replicò Edward. «Fidati di lei, Alice.» Era
tutto ciò che poteva dire con le orecchie della levatrice tese verso di loro.
«La levatrice dice che il secondo figlio è più facile, e più
veloce. Ho paura che farà cadere il bambino direttamente sul pavimento.»
Edward rise. «Non aver paura, non succederà, te lo assicuro.»
«Camminare aiuta a far scendere il bambino», concordò la
levatrice. «Non vi preoccupate, Lady Alice.»
Alice era troppo preoccupata per correggere il titolo. Edward la
tirò da parte. «Non devi agitarti così. Bella conosce il proprio corpo…»
Fu interrotto quando Bella si immobilizzò e li guardò. Sul suo
naso c’era un punto giallo di polline. «È il momento», annunciò.
Edward la aiutò a salire sulla sedia da parto e le sussurrò
nell’orecchio, «Non dimenticarti di gridare.» Le lasciò la macchia gialla sul
naso, perché era adorabile.
Bella gemette a ogni spinta e abbinò il suo respiro con quello di
Alice. Alice le teneva la mano e le passava un panno umido sulla fronte. Le
pulì la macchia di polline prima che Edward potesse obiettare. Lui teneva
l’altra mano di Bella e sussurrava parole di lode e incoraggiamento. Non ci
volle molto. Nel giro di mezz’ora, il bambino scivolò tra le mani della
levatrice, urlando a un volume e con un vigore impressionanti.
La levatrice sospirò. «Una femmina, vostra grazia.» Il suo tono
era dolente, perché di norma i padri delle femmine erano molto delusi, e non
aggiungevano mai una mancia al normale compenso. Passò la bambina ad Alice,
dopo aver annodato e tagliato il cordone, così che la potesse lavare nella
bacinella di vino caldo.
La levatrice era rimasta stupita che la Duchessa avesse solo una
cameriera. Normalmente, decine di donne affollavano la stanza del parto, alcune
ingaggiate solo come “pettegole” per raccontare storie alla madre in
attesa, per distrarla dai dolori del parto. Fu ancora più scioccata di vedere
il Duca stesso nella camera, stupita che un uomo volesse vedere il parto di sua
moglie, ma di certo non era così spavalda da dirgli che non poteva.
«Una femmina», ripeté Edward, e non poté trattenere l’enorme
sorriso che gli apparve in faccia. «Abbiamo una figlia!» Avrebbe voluto
prendere su Bella dalla seggiola e farla girare in un girotondo gioioso.
La levatrice sembrò capire il suo intento. «Non ancora, vostra
grazia. Avrò finito con lei in un attimo.»
«Bella, è bellissima», annunciò Alice, alzando la voce per farsi
sentire sopra gli strilli indignati della bambina. «Ha i tuoi occhi. E la
tempra di suo padre, a quanto pare.»
«Ti prego sbrigati, voglio tenerla», pregò Bella.
La levatrice finì di fare ciò che doveva e fu deliziata quando il
Duca la ricompensò con una borsa di monete d’oro. Per quanto fossero strane
queste persone, non ne avrebbe parlato con nessuno. Guardò sgomenta mentre il
Duca sollevava gentilmente la sua sposa dalla seggiola da parto e la portava
nel letto. Lui salì di fianco a lei e Alice pose la bambina lavata e vestita in
mezzo a loro. Tutti e due tubarono con la bambina e esaminarono le piccole dita
delle mani e dei piedi deliziati. La levatrice poté solo scuotere la testa
stupefatta. Nessuno ci avrebbe creduto, pensò, anche se avesse deciso di
raccontare una simile storia.
Alice aiutò la levatrice a raccogliere le sue cose e poi la
allontanò garbatamente dalla stanza, seguendola e chiudendo la porta dietro di
sé.
«Non ho mai visto niente di simile», disse la levatrice
meravigliata. «Una tale contentezza all’arrivo di una femmina!»
«Il Duca ama tutti i suoi figli», disse Alice, un po’ sulla
difensiva.
La levatrice scosse la testa. «Non ho detto che è una cosa
sbagliata. È solo una cosa che si vede raramente, tutto qui.»
Alice sorrise. «Loro sono speciali», concordò. Accompagnò la
levatrice al portone e poi al suo cavallo. Jasper, che era appena ritornato dal
suo giro quotidiano del villaggio, la aiutò con galanteria a salire in sella.
«Il bambino è arrivato, allora?» chiese mentre la levatrice se ne
andava.
«Sì, una femmina», rispose Alice. «La bambina più bella che abbia
mai visto.»
Jasper scosse la testa. «Non bella come nostra figlia, perché lei
somiglia tutta a sua madre.» Prese Alice tra le braccia e le diede un bacio
sotto l’orecchio, un punto che la faceva sempre rabbrividire. Lei lo guardò
negli occhi quando lui si ritrasse. Lui la guardò di rimando con negli occhi
null’altro che amore, senza quell’ombra di senso di colpa che lo aveva
tormentato così a lungo. Quando erano tornati in Inghilterra, il padre di lei
aveva fatto una petizione alla chiesa perché il suo matrimonio venisse
annullato, ma una nota veloce da Edward alla Regina Elisabetta aveva risolto il
problema. Ripudiati entrambi dalle rispettive famiglie, lei e Jasper non
avrebbero mai avuto loro proprietà o un titolo da far ereditare ai loro figli,
ma erano felici, qui a alla Dower House (all’insaputa di entrambi, Edward stava
facendo costruire una casa per loro vicino alla chiesa del villaggio, dove
Jasper teneva le funzioni quando non era alla cappella della famiglia Cullen).
«Ti ho mai detto grazie per avermi rapito?» chiese lei.
Lui ridacchiò. «No, non credo.»
Lei
lo prese a braccetto. «Allora ritiriamoci nelle nostre stanze, dove potrò farlo
come si deve.»
«Mi piacerebbe chiamarla Maria», disse Bella. Accarezzò la fine
peluria rossa sulla testa di sua figlia. La bambina si era appisolata mentre
prendeva il latte, e Bella la mise tra le braccia di suo padre, mentre lei
chiudeva la scollatura della fine camicia che indossava.
«Perché?» Edward diede dei colpetti sulle spalle della figlia,
finché fece un bel rutto, poi la rimise stesa tra le sue braccia.
«Per la Regina, che un tempo è stata mia amica», disse Bella. «Questa Maria
sarà felice. Questa Maria avrà un padre che la ama e la coccola. Questa Maria
avrà un marito che la adorerà e dei bambini da amare. Questa Maria realizzerà
il suo potenziale e non dovremo mai chiederci come avrebbe potuto essere. E
anche per tua moglie, perché tu l’hai amata profondamente, un tempo, e ci ha
dato l’altra nostra bellissima, brillante ragazzina.»
«Dio solo sa da dove ha preso quell’intelligenza», disse Edward,
la voce bassa e aspra. «Di certo non da suo padre.»
Edward raramente menzionava la vera discendenza di Elizabeth.
Bella appoggiò la testa sulla sua spalla. «È un dono che ci è stato fatto. Non
dobbiamo sprecarlo, o darlo a qualcuno che non sappia apprezzarlo.»
Edward non disse nulla per un momento. Era già da un po’ che aveva
preso in considerazione la selezione di un marito per Elizabeth, ma aveva
pensato con mentalità dinastica, pensando di trovarle un marito degno della sua
linea di sangue. Quello che Bella stava proponendo, un matrimonio d’amore, era
impensabile nel loro mondo. Non erano più pretendenti al trono, ma erano sempre
i nobili di più alto rango della nazione. Di certo Bess non avrebbe mai
permesso per Ward o Elizabeth un matrimonio al di sotto della loro posizione.
Provò a trovare un modo di dirlo a Bella con gentilezza, ma le
parole non venivano. Lei non gli prestava attenzione, al momento, tutta presa
dalla loro nuova bambina. Prese una delle piccole mani di Maria e se la stese
sul palmo, meravigliandosi alla differenza di taglia. Il cuore di lui faceva
male al pensiero che quella bambina innocente non avrebbe mai conosciuto
l’amore che condividevano i suoi genitori perché lui era troppo legato alle
convenzioni da permettere a sua figlia di seguire il suo cuore.
Allungò il braccio per toccare la piccola mano distesa sul palmo
di sua moglie. «Lo prometto», disse. «Si sposeranno per amore, o non si
sposeranno affatto. Io non combinerò le loro unioni.»
Bella gli sorrise e lui la baciò, con dolcezza e a lungo. Si
accoccolarono vicini, la loro bella bambina tra di loro, felice, al sicuro e
amata, come sarebbe stata per il resto delle loro vite insieme.
FINE
Anche questa storia si è
conclusa. Ringrazio, anche a nome dell’autrice, tutti coloro che l’hanno
seguita. Un grazie particolare a quelli che hanno commentato i capitoli: anche
se non ho risposto, tutte le recensioni sono state lette e apprezzate.
Alla
prossima
beate
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