Identity

di Anima90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 2: *** La scoperta ***
Capitolo 3: *** Decisioni ***
Capitolo 4: *** A.T.O.M. ***
Capitolo 5: *** Matrimonio suicida ***
Capitolo 6: *** Incidente ***
Capitolo 7: *** Lega degli Assassini ***
Capitolo 8: *** Broken Arrow ***
Capitolo 9: *** Resa dei conti ***
Capitolo 10: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 11: *** Green Arrow ***
Capitolo 12: *** Ricominciare a vivere ***



Capitolo 1
*** Sensi di colpa ***


Felicity quella mattina non aveva alcuna intenzione di alzarsi dal letto. Aveva trascorso il weekend rintanata nel suo appartamento, provando a tagliare il mondo esterno fuori da quella porta. Aveva bisogno di riflettere. Riflettere su quanto accaduto la scorsa notte.
Aveva fatto l’amore con Ray. Il suo capo. E la cosa strana è che le era sembrata una cosa così naturale, come se dovesse accadere in qualche modo. Come se il destino avesse in riserbo questo per loro da molto tempo. Nonostante ciò non riusciva a fare a meno di sentire una strana sensazione, piazzata lì alla bocca dello stomaco, come una sorta di fastidio che non andava via. No, forse fastidio non era la parola giusta per definirla. Proviamo con senso di colpa? Si, era decisamente senso di colpa.
Sei una donna single ed indipendente, e puoi fare quel che cavolo vuoi, Felcity” continuava a ripetere a se stessa, come un mantra.
Ma allora per quale motivo al mondo quella sensazione non andava via? Per quale motivo al mondo pensava di aver tradito Oliver Queen?
Al diavolo, Felicity. Lui ha rinunciato a te così tante volte. Non puoi lasciarti condizionare da lui in ogni cosa che fai”.
La cosa buffa è che poteva mentire a se stessa quante volte voleva, ma in fondo non le restava altro che questo: mentire. Mentire sul fatto che non le fregasse più nulla di Oliver. Sul fatto che non provasse più sentimenti per Oliver. Sul fatto che potesse andare avanti con la sua vita senza Oliver.
Eppure si era sentita così sollevata quando aveva ricevuto da Dig quel messaggio. Stavano bene, erano vivi ed erano tornati a casa da Nanda Parbat senza un graffio. Non le aveva dato altra spiegazione, rimandando il discorso all’indomani.
“Al diavolo!”
Con risolutezza sbucò fuori dalle coperte, pronta ad affrontare tutto ciò che quella giornata avesse in riserbo per lei. Avrebbe dovuto incontrare prima Palmer in ufficio, e poi Oliver (e tutti gli altri) al covo. Sarebbe stato un lungo lunedì, lo sentiva.
 
Il campanello dell’ascensore risuonava nel corridoio delle Palmer Technologies, avvisando dell’arrivo di Felicity al piano in cui era situato il suo ufficio. A volte faticava ancora a credere quanta strada fosse riuscita a fare da tre anni a quella parte. In fondo fino ad un anno fa quella stanza apparteneva a Oliver. Quella compagnia apparteneva ad Oliver.
“Buongiorno Jerry! Ti prego dimmi che una bella tazza di caffè macchiato con zucchero extra è sulla scrivania ad aspettarmi… Oggi ne ho bisogno come l’ossigeno!”
“Buongiorno a lei, signorina Smoak! Il suo caffè è lì, fumante, che l’aspetta.”                  
“Oh grazie al cielo, sei il migliore Jerry! Fortuna che abbiamo deciso di comprare una nuova macchinetta del caffè dopo che, sai, la precedente ha fatto una brutta fine… che peccato, era così carina, e colorata, e aveva tutti quei pulsantini che mi divertivo a schiacciare….”
Felicity si era persa come al solito in un fiume infinito di parole senza senso, lasciando Jerry interdetto . Non ci avrebbe mai fatto l’abitudine.
“Signorina Smoak?”
“Si?”
“Mi dispiace interromperla ma oltre al caffè c’è qualcun altro che la sta aspettando.”
“Ah si? E chi può mai ess…”
“Felicity! Che immenso piacere vederti! Sei una visione in questo triste e uggioso lunedì mattina!”
“Ray… ciao…” Felicity fu interrotta di colpo dal suo capo che le si avvicinò per sfiorarle le labbra. Davanti a Jerry e chissà chi altro. Lo avrebbe ucciso per quello, violentemente.
“Come siamo di… ehm… buonumore stamattina! Posso parlarti un secondo?”
Lo trascinò in ufficio sbattendo la porta alle loro spalle.
“Cosa ti salta in mente Ray? Hai per caso sbattuto la testa cadendo dal seggiolone quando eri piccolo? C’era Jerry lì fuori, pensi davvero che non lo dirà a nessuno? Oddio, oddio, oddio, ho sudato tanto per ottenere qualcosa di buono nella mia vita e ora tutti penseranno che sono la sgualdrina del mio capo, che ‘guarda caso’ mi ha nominato vice-presidentessa della sua compagnia… sono spacciata!”
“Oooh, non preoccuparti di Jerry, non dirà nulla.”
“Come fai ad esserne così sicuro?”
“Beh, diciamo che gli ho anticipato la tredicesima nella busta paga di quanto? 10 mesi? Terrà la bocca cucita, fidati di me… Cosa che vorrei tanto fare a te in questo momento…”
Si avvicinò, inesorabile, alle sue labbra, baciandola con dolcezza.
“Tapparti la bocca, intendo.”
“Ray… i doppi sensi sono la mia specialità, dovresti averlo capito ormai…”
“Oh si, la scorsa notte me l’hai fatto capire fin troppo bene…”


“Ray!!!! Contieniti!!! Siamo pur sempre a lavoro!!!”
Si allontanò infastidita, ma anche divertita, da quella situazione.
“Lo so, lo so, è che ormai non riesco più a farne a meno… stasera ci rivediamo? Mi sei mancata in questi due giorni. A proposito… che fine hai fatto? Pensavo ti fossi chiusa in un monastero in meditazione.”
“Più o meno… ho avuto parecchio da fare… da pensare… sai questa” si indicò la testa “non va mai in vacanza purtroppo…  Ad ogni modo, stasera mi sa proprio che dovrai rinunciare alla mia fantastica compagnia, Ray.”
“Non dire così, mi spezzi il cuore!”
“Vedi il lato positivo, potrai dedicarti al tuo altro passatempo preferito. In fondo la scorsa volta non ci hai pensato due volte ad abbandonarmi a letto per il tuo, ehm, giocattolino nuovo di zecca…”
“Spero non te la sia presa. Stavi dormendo così beata. Ma sai, quando un’idea geniale bussa alla tua porta non puoi fare altro che accoglierla. Scusami, non avrei mai dovuto lasciarti da sola, non dopo la nostra splendida notte insieme…”
“Oh, stai tranquillo, non sono così delicata come sembro. Sopravvivrò. E ora fuori dal mio ufficio, ho del lavoro da sbrigare!”
“Ma io…”
“Fuori! Non costringermi a chiamare la sicurezza!”
“Mi ero dimenticato quanto fossi stacanovista. Dovrò concederti più giorni di ferie mi sa….”
“Sai che non acconsentirei mai a niente di tutto questo.”
“Lo so… lo so…”
E canticchiando si avviò verso l’ascensore. Era davvero di buon umore. Come se si fosse liberato di un peso. Il pensiero di lui così felice la fece sorridere.
Si avvicinò alla scrivania e senza pensarci afferrò la penna rossa davanti a lei. La mente a volte era proprio una bastarda. Ti faceva rivivere tutto quello che avresti voluto tanto dimenticare nei momenti meno opportuni. Senza nemmeno avvisarti. Quel lunedì iniziato così bene si era appena guastato. Erano da poco passate le nove del mattino e Felicity avrebbe trascorso l’intera giornata pensando ad Oliver Queen. 



*NOTA DELL'AUTRICE*
Sono tornata con questa storia nuova di zecca, provando a raccontare quello che accadrà in questa stagione di Arrow da adesso in poi, soprattutto ai nostri adorati Olicity.
Spero di trovare il tempo di aggiornare la storia con continuità e soprattutto che il racconto sia di vostro gradimento :)
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** La scoperta ***


Oliver e Diggle raggiunsero il covo il prima che poterono. Erano ansiosi all’idea di dover informare il resto del team sui nuovi sviluppi di quella situazione così assurda: l’offerta di Ra’s, la decisione di Nyssa di risparmiare la vita a Thea nonostante le avesse detto la verità. Non riuscivano ancora a crederci.

“Oliver vedo degli strani movimenti fuori dal Verdant, un’auto che non conosciamo si è fermata a due isolati da qui. Vado a dare un’occhiata”.

Sapevano che ormai Ra’s e la lega non avrebbero più rappresentato una minaccia, almeno per il momento, ma la prudenza non era mai troppa.

“Vado io Dig, ho bisogno di fare quattro passi.”

“Come vuoi…”

Oliver attraversò le nuove misure di sicurezza installate dall’ARGUS all’ingresso del locale ed uscì all’aria aperta. Fece un respiro profondo e provò ad incamerare nei polmoni quanta più aria possibile. Aveva bisogno di scaricare un po’ di tensione.

Si avvicinò di soppiatto all’automobile sospetta, provando a non farsi vedere. Era troppo lussuosa per quel quartiere. C’era decisamente qualcosa che non andava.

“Ok… ci vediamo domani… Grazie del passaggio…”

In lontananza riuscì a distinguere una voce femminile. Si avvicinò ancora un po’ per cercare di darle un volto. Vide una ragazza poggiata alla portiera, bionda, con i capelli sciolti sulle spalle, che si avvicinava al finestrino… per fare cosa? Dare un bacio a qualcuno? Si, era decisamente un bacio quello. Si sforzò di identificare la persona al posto di guida ma era di spalle e il buio non aiutava.

Dopo di che fu un attimo. Un istante. E il sangue gli si raggelò nelle vene.
Successe tutto molto velocemente. L’auto mise in moto e la ragazza si voltò nella sua direzione.
Era Felicity.
Felicity aveva appena dato un bacio ad un tizio in una macchina e ora si stava incamminando verso di lui, o meglio verso il locale… Non riusciva a credere ai suoi occhi. Niente di tutto questo aveva un senso.

La ragazza gli passò accanto senza accorgersi di lui, era bravo a non fare rumore. Fin troppo.

“Ehi…”

Non era riuscito a trattenersi, il suo corpo aveva risposto semplicemente ad un riflesso incondizionato, indipendente dalla sua volontà.

“Oddio santissimo, Oliver, mi hai spaventata!”

“Scusa, non era mia intenzione. Ero giusto venuto a contr…”

Felicity non gli diede modo di terminare il pensiero che gli si buttò al collo in uno di quegli abbracci stritolanti che gli riservava ogni volta che tornava vivo da qualche missione suicida.
Oliver mai come quella volta ne fu sorpreso. Si aspettava tutto tranne che un abbraccio.

“E questo da dove sbuca fuori?”

“Sono solo felice di sapere che non sei morto, di nuovo”.

Come travolto da un’improvvisa presa di coscienza Oliver si ricordò di quello a cui aveva assistito pochi minuti prima e si allontanò da quel contatto. Felicity era troppo intelligente per non capire cosa fosse appena successo.

“Da quanto tempo sei qui, Oliver?”

“Da abbastanza tempo per vedere che porti gente nuova qui come niente fosse…”

“Da quanto stiamo insieme? Cioè non insieme, insieme… Da quanto lavoriamo insieme? Tre anni? E’ triste constatare il fatto che non hai ancora imparato a fidarti di me.”

“Lo sai che mi fido di te, ciecamente. Ma nonostante questo non riesco ancora a capire perché ti sia fatta accompagnare qui da un estraneo”.

“Beh, innanzitutto ho portato la mia auto a fare il tagliando… ma questo credo sia poco rilevante…”

“Fe-li-ci-ty!”

“Si, beh, poi…. Ehm…. Non è un estraneo Oliver. Lo conosci bene. E’ Ray. Ray Palmer.”

“Oh.”

La mente gli si annebbiò. Le parole gli rimasero bloccate in gola. Non era riuscito a dire, a pensare, a nient’altro che ad un mega, gigantesco OH.
Felicity lesse la delusione nei suoi occhi e il senso di colpa che già provava le scavò una voragine nel petto.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto scoprirlo così. Avevo intenzione di parlarvene io stessa, stasera.”

“Quindi tu e… Palmer…”
Gli occorse tutto l’auto-controllo acquisito in questi cinque anni per pronunciare quel nome senza lasciar trasparire tutto lo sdegno che provava nei confronti di quell'uomo.
“Fate coppia fissa? Si, beh, insomma… state insieme?”

“Non che debba dare conto a nessuno dei fatti miei, Oliver, ma si, stiamo insieme adesso.”

Oliver non riuscì a dire niente. Non era mai stato un tipo di tante parole ma quella situazione lo aveva praticamente privato di ogni capacità di formulare un pensiero di senso compiuto. Se non avesse conosciuto così bene il suo corpo avrebbe pensato di essere caduto in uno stato di shock.

“Spero che questa situazione non crei alcun tipo di imbarazzo tra di noi. In fondo tu hai fatto la tua scelta, io di conseguenza ho fatto la mia. Possiamo conviverci no?”
Felicity ripensò a quel “di conseguenza” che le era appeno uscito dalla bocca e si maledisse da sola per averlo detto.

“Non posso rinunciare a te, non adesso. Sai quanto tu sia importante per me… volevo dire… il tuo aiuto sia importante per me.”

“Come immaginavo. A proposito di questo… avrei un’altra piccola notizia da darvi… sai riguardo proprio al fatto di quanto sia importante il mio aiuto…”

“Che ne dici di iniziare ad incamminarci? Fa freddo qui fuori e stai iniziando a tremare. Ne parliamo con gli altri al covo”.

La verità era che Oliver non riusciva più a sostenere il suo sguardo e a fingere che quella situazione gli stesse bene. A fingere che quanto appena successo non avrebbe cambiato la situazione tra di loro. Inspiegabilmente gli tornarono in mente le parole di Slade:

Quante persone dovrà perdere Oliver Queen, per non essere più Oliver Queen?

Quanti modi di perdere una persona esistevano al mondo? La morte era solo uno di quelli, mai come adesso se ne stava rendendo conto.

“D’accordo. Dig e gli altri ci aspettano.”

Oliver la seguì, mantenendo tra loro la maggiore distanza di cui fosse capace.
Felicity non poteva ancora saperlo, ma gli aveva appena dato un motivo, IL motivo, per accettare l’offerta che aveva ricevuto. Se essere Oliver Queen voleva dire soffrire così tanto, non gli restava altro da fare che rinunciarvi.

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Capitolo 3
*** Decisioni ***


Nel covo c’era solo Diggle ad aspettarli. Il team arrow originale dopo mesi si ritrovò per la prima volta insieme, nella stessa stanza, senza nessuno dei nuovi componenti. Quel luogo ultimamente era diventato troppo affollato.
“Dig… grazie al cielo state bene!”
Felicity corse incontro all’amico riservandogli il sorriso più sollevato di cui fosse capace.
“Mi spiegate come diavolo avete fatto ad uscire vivi da lì? Non che non abbia fiducia in voi, non fraintendetemi, ma dopo l’ultima volta mi aspettavo, che so, qualche difficoltà in più.”
“Non le hai ancora raccontato niente?”
“Mmh?” Oliver riemerse dai suoi pensieri alla domanda che l’amico gli rivolse. “Non ne abbiamo avuto il tempo…”
Diggle gli lanciò un’occhiata interrogativa. Avvertiva una strana tensione nell’aria ma non riusciva a capire da cosa fosse dovuta. Cosa diamine era successo lì fuori?
“Raccontarmi cosa?”
Felicity aveva raggiunto la sua postazione e guardò curiosa e risoluta in direzione dei ragazzi in piedi davanti a lei.
“Ra’s ha fatto ad Oliver una proposta del tutto inaspettata.”
“Ti ascolto…”
“Gli ha proposto di prendere il suo posto.”
“E’ uno scherzo. Tra cinque secondi mi direte che è solo una battuta per prendermi in giro. Non è divertente, ragazzi. Per niente”.
“Come pensi che siamo riusciti ad uscire da lì senza un graffio? E’ la verità, Felicity, la pura e semplice verità.”
Felicity guardò preoccupata verso Oliver, non aveva ancora aperto bocca.
“Non dirmi che hai preso in considerazione una proposta simile? Potrei anche capire Malcom, seppur con grande difficoltà. Ma questo? Questo è decisamente su un altro livello. E’ follia, pura follia.”
“Perché no?” Oliver si avvicinò alla teca e fissò il suo costume da Arrow. “Forse dovrei diventare il nuovo Ra’s Al Ghul.”
“Amico, che ti salta in mente?”
“Pensaci Dig, risolveremmo in un solo colpo tutti i nostri problemi. Thea sarà salva, non avrò più bisogno di Malcom e voi non rischiereste la pelle ogni giorno per causa mia”.
Felicity perse la pazienza e si avvicinò a lui in pochi passi.
“Ma ascolti le parole che dici? Come puoi pensare che una cosa del genere risolva tutti i nostri problemi? Come puoi pensare che potrò mai acconsentire ad una cosa simile?”
“Non sono in cerca della vostra approvazione. Sono in grado di decidere da solo per la mia vita.”
“E non credere che non me ne sia resa conto, Oliver. Ma questo. Tutto questo. Non posso accettarlo, mi dispiace. E se credi anche solo per un momento che non mi opp..”
“CREDI CHE SIA SEMPLICE PER ME??? VEDERE LE PERSONE INTORNO A ME CHE VANNO AVANTI, CHE OTTENGONO QUELLO CHE VOGLIONO, CHE SONO FELICI DELLA LORO VITA? E IO BLOCCATO QUI, CHE NON RIESCO AD ANDARE NE’ AVANTI NE’ INDIETRO, CON LA PAURA DI FALLIRE DI NUOVO E DI CADERE GIU’ DA UN DIRUPO CON UNA SPADA CONFICCATA NEL PETTO! CHE NON RIESCO A TROVARE UN MOMENTO DI PACE. CHE SONO COSTRETTO A SCENDERE LETTERALMENTE A PATTI CON IL DIAVOLO PER SALVARE LE PERSONE CHE AMO!”
Oliver si rese conto troppo tardi di aver perso la calma e si sentì maledettamente in colpa per aver sovrastato Felicity con le sue grida.
Lei, dal canto suo, non si era allontanata da lui di un solo passo. Poteva provare ogni tipo di sentimento per quell’uomo ma non le avrebbe mai, e poi mai, fatto paura. Era una delle poche cose di cui era sicura nella sua vita.
“Lo sai che esiste un altro modo, lo hai sempre saputo.”
“No ti sbagli. Non ero io a saperlo. Ma tu.”
“Dig, ci lasci soli per cinque minuti?”
Si rivolse all’amico senza distogliere i suoi occhi da quelli di Oliver. Erano pericolosamente vicini e se ne stava rendendo conto solo in quel momento.
“Dimmi che non lo fai per quello che è successo lì fuori.”
Oliver distolse lo sguardo.
“Dimmi che non sei così idiota da accettare una proposta simile per un motivo così stupido. Ti prego. Non dopo tutto quello che hai passato e sacrificato per non essere più un assassino.”
“Non è il solo motivo. Non posso continuare a fare quello che faccio, a essere quello che sono, sapendo che lì fuori c’è qualcuno più forte di me in grado di battermi senza il minimo sforzo. Non voglio più provare quella sensazione. Mai più.”
Felicity parve non capire il senso quelle parole, la logica di quel discorso. L’anima di Oliver era troppo importante, non esisteva motivazione al mondo per cui valesse la pena rinunciarvi.
“Oliver, nessuno su questa terra è invincibile. Nemmeno tu. Lo so che hai sfidato la morte per così tanto tempo che quasi è diventato naturale per te farlo, ma la vita è imprevedibile. Non sai mai cosa ti riserverà. E alla fine ciò che conta davvero saranno i momenti in cui hai vissuto per davvero, e non quelli in cui hai solo provato a sopravvivere.”
“Forse non merito di avere una vita, non se così tante persone sono dovute morire perché potessi farlo.”
“Perché continui a farti questo? A punirti così? Oliver, potresti avere la pace che meriti, se solo non te ne privassi tu stesso.”
“Se c’è una cosa che i mesi scorsi mi hanno insegnato è che i momenti di pace, di felicità, hanno un prezzo”. La guardò con maggiore intensità. Si stava riferendo alla loro cena, al loro primo appuntamento, alla serata più bella e più spaventosa della sua vita. “E io non sono disposto a pagarlo. Non se ciò implica rischiare di perdere le persone a cui tengo di più”.
Felicity lo guardò rassegnata. Anche a lei i mesi scorsi avevano riservato una lezione importante: non sarebbe mai riuscita a far cambiare idea ad Oliver Queen. In fondo nemmeno la morte ci era riuscita.
“La cosa triste sai qual è?” Una lacrima le solcò il viso. “Una di queste l’hai già persa, senza nemmeno rendertene conto.”
Si voltò verso le scale del covo e raggiunse svelta l’uscita. Per quella sera ne aveva abbastanza, non sarebbe riuscita a sopportare oltre.
Oliver chiuse gli occhi, esausto, e li sentì riempirsi di lacrime. Se c’era una cosa di cui si era reso conto era proprio quella di averla persa, per sempre.

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Felicity varcò la porta del suo appartamento in lacrime. Con la vista annebbiata raggiunse a tentoni il bagno, senza nemmeno liberarsi del soprabito. Aveva un disperato bisogno di sciacquarsi il volto. E di bere un sorso d’acqua. I singhiozzi stavano facendo tremare il suo corpo da troppo tempo.

Stupido, stupido di un Oliver Queen. Quando imparerai a prendere una decisione sensata nella tua vita? Quando imparerai che avere una vita è meglio? Insieme a me magari…”

Si sentiva così patetica ad ascoltare i suoi stessi pensieri. Ma dovette rassegnarsi all’evidenza: era la pura e semplice verità. Non avrebbe mai perso del tutto la speranza. Nel profondo del suo cuore sapeva che non sarebbe mai riuscita a lasciarlo andare del tutto.
Il bip del cellulare la riportò sulla terra. Una strana trepidazione la colse. Che fosse… no, impossibile, non avrebbe cambiato idea così facilmente.

Mi sei mancata terribilmente stanotte. Domani preparati a rimediare, ti voglio tutta per me. Sogni d’oro. RP.”

Ma certo, Ray, come aveva fatto a dimenticarsene? Si sentiva una persona orribile in quel momento, lo stava trascurando, per chi poi? Per uno stupido zuccone che non avrebbe mai cambiato idea, che l’avrebbe sempre messa in secondo piano. Dall’indomani le cose sarebbero cambiate, le sue priorità sarebbero cambiate. Era stanca di sentirsi messa da parte, di non essere ascoltata, né tantomeno interpellata. Le sue opinioni contavano qualcosa, e le avrebbe riservate a chi aveva veramente voglia di ascoltarle.

“Da domani si cambia vita Felicity Smoak.”
O quanto meno ci avrebbe provato.
Pronunciò quelle parole ad alta voce, come ad autoconvincersene, e si preparò a passare l’ennesima notte in bianco.

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Oliver entrò nel loft provando a non fare rumore. L’ultima cosa che avrebbe voluto era svegliare Thea. Aveva bisogno di riposare dopo queste settimane così assurde per tutti, ma soprattutto per lei.
“Ollie, tutto ok?”
Non si aspettava di trovarla sveglia e fu colto di sorpresa. La raggiunse in cucina, mentre era intenta a prepararsi una camomilla.
“Speedy, che ci fai ancora in piedi? Credevo avessi bisogno di riposare”.
“Non riuscivo a dormire. E ti stavo aspettando. Non sei nemmeno tornato a casa che sei subito andato al Verdant, senza raccontarmi nulla.”
“Hai ragione, avevo delle cose da sistemare e dovevo confrontarmi con il resto del team”.
“E com’è andata?”
“Poteva andare meglio”.
Thea colse una punta di disagio nei suoi occhi. E di profonda sofferenza.
“Ti va di parlarmene?”
“Malcom è vivo. Per il momento. Ra’s lo tiene prigioniero e non ha intenzione di ucciderlo, o almeno non ancora.”
“Ok… e voi come avete fatto ad uscire vivi da lì?”
“Storia lunga. Te ne parlerò domani a mente fresca. E tu dovrai raccontarmi come diavolo ti è saltato in mente di consegnarti a Nyssa. Mi farai prendere un colpo un giorno di questi.”
“Mi sentivo troppo in colpa, Ollie. Dovevo rimediare e quello mi sembrava l’unico modo. Diciamo che Laurel e Roy  si sono trovati nel posto giusto al momento giusto. A proposito… hai saputo l’ultima? Nyssa si è proposta di allenare Laurel, ha visto in lei la stessa luce di Sara e vuole insegnarle a combattere come la sorella”.
“Roy mi ha accennato qualcosa. Laurel dovrà stare molto attenta, una volta intrapreso questo cammino di oscurità sarà difficile tornare indietro.”
Oliver si avvicinò a Thea per darle un leggero bacio sulla guancia.
“Sono felice che tu stia bene, Speedy”.
Le sorrise e si incamminò verso le scale. Aveva solo voglia di rintanarsi sotto le coperte.
“Ollie?”
“Si?”
“Cosa c’è che non va?”
Oliver perse il controllo sul suo corpo e sulle sue emozioni. Solo in quel momento si rese conto di tutto il tempo in cui si era sforzato di trattenere le lacrime. Imbarazzato, ma anche un po’ sollevato, si lasciò semplicemente andare. Thea corse verso di lui e lo strinse tra le sue braccia.
“Ollie… shhh… andrà tutto bene… shhh… non piangere”.
Rimasero così per un tempo che parve infinito, in silenzio, seduti sulle scale, l’uno tra le braccia dell’altra.
Fu Oliver a rompere il silenzio.
“Scusa Thea, non so cosa mi sia preso. Va tutto bene adesso.”
“Non va tutto bene, Ollie.”
“No. Ma forse un giorno andrà meglio.”
“Problemi di cuore?”
Oliver non parve credere alle sue orecchie. Come aveva fatto ad arrivarci?
“Non sono stupida, Oliver. E sono tua sorella, ricordi? Racconta… cos’è successo con Felicity?”
“Thea… come hai fatto…”
Oliver non sapeva se sentirsi più sbalordito, impressionato o terrorizzato.
“Ricorda che sono anche una ragazza. Queste cose le ragazze le sanno e basta.”
“Ho fatto un casino”.
“Puoi sempre rimediare.”
“Non questa volta, è troppo tardi. Lei è andata avanti con la sua vita.”
“E tu le hai creduto?”
“Fidati, è stata parecchio convincente.”
“Quando ami una persona la ami e basta. Puoi provare a prendere tutte le scappatoie che vuoi, ma quell’amore non va via così facilmente. E le ti ama, Oliver. Come tu ami lei.”
“A volte l’amore non basta Thea, non con la vita che facciamo.”
A quelle parole Thea non seppe dare una risposta. Sapeva che il fratello aveva ragione ma l’unica cosa che avrebbe voluto era vederlo felice. Più di ogni altra cosa al mondo.
“Sogni d’oro Speedy. E grazie, di tutto”.
“Ti voglio bene Ollie”.
Le parole di Thea ormai si erano annidate nel suo cervello e sapeva già che non gli avrebbero dato pace.
Lei ti ama. Come tu ami lei”.
Davvero l’amore non sarebbe bastato? Davvero lei lo amava nello stesso modo in cui lui amava lei?
Impossibile”.
Colto da quell’ultimo pensiero chiuse gli occhi e si perse nei suoi sogni irrealizzabili.
 
 

*NOTA DELL’AUTRICE*
Lo so, lo so, questo capitolo è tristissimo. Ma hey, teniamo a mente le parole del nostro capitano: “è sempre più buio prima dell’alba”.
Non credo che gli autori ci concederanno mai una scena come questa tra Oliver e Thea ma mi sono lasciata prendere la mano e non ho saputo resistere. :)
Spero di non annoiarvi con il prosieguo della storia, al momento ho tantissime idee su come continuarla e ho bisogno di un po’ di tempo per metterle insieme in maniera coerente e realistica, rispettando quanto più possibile tutti gli elementi che abbiamo a disposizione. Prometto di aggiornare il prima possibile e di non farvi aspettare troppo ;)
Grazie a chi ha recensito, seguito o anche solo letto questi capitoli. E’ importante sapere per me che sto proseguendo nella giusta direzione.
Baci, alla prossima :*

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Capitolo 4
*** A.T.O.M. ***


Il giorno della verità era arrivato. Felicity avrebbe dovuto informare i suoi amici delle novità riguardanti Ray e il progetto ATOM. Se aveva davvero intenzione di cambiare vita quello era il primo passo da compiere.
"Buongiorno team!"
Quella mattina trovò tutti riuniti al covo, Dig che si allenava con Roy, Oliver che faceva su e giù per la salmon ladder, Laurel che era passata per un saluto veloce prima di andare in tribunale. Felicity sapeva che quello era il momento perfetto, non capitava spesso di vederli tutti riuniti nella stesso luogo contemporaneamente.
"Lo sai che Oliver odia quando ci chiami così".
"Tranquillo Roy. Credo che Oliver non si sia nemmeno accorto del mio arrivo, quindi..."
In realtà Oliver aveva sentito il rumore dei suoi tacchi risuonare già dall'ingresso del verdant, avrebbe riconosciuto l'incedere della sua camminata a km di distanza. Stava semplicemente provando ad ignorarla con tutte le sue forze.
"Sono felice siate tutti presenti. Devo parlarvi di una cosa per me molto importante".
A quelle parole tutti posero fine alle loro attività e si avvicinarono alla ragazza. Tutti tranne Oliver, che con agilità atterrò sul pavimento ed iniziò ad asciugarsi il sudore dalla fronte.
"Nemmeno ci fossimo messi d'accordo Felicity, ho anche io una notizia da darvi. Riguarda me e Lyla"
"Oh amico non dirmi che divorziate di nuovo, non potrei sopportarlo, sono diventato il vostro fan numero, dopo la piccola Sara sia chiaro".
Tutti risero alla battuta di Roy. Tutti tranne Oliver, che continuava a rimanere in disparte, completamente tagliato fuori da quel momento di condivisione.
"Esattamente l'opposto, Roy. Io e Lyla abbiamo deciso di rinnovare le nostre promesse. La prossima settimana ci sposiamo, per la seconda volta".
"Oddio Dig sono così felice per voi, lo sapevo che alla fine glielo avresti chiesto, lo sapevo!!!"
Felicity non riuscì a trattenersi e corse incontro all'amico per abbracciarlo con gioia.
"John, sono davvero felice per voi. Da poco ho imparato a conoscervi ma so che lo meritate. Formate una splendida famiglia." Laurel nel pronunciare quelle parole abbassò lo sguardo, ripensando inevitabilmente ai problemi che stava attraversando in quel periodo con suo padre.
"Mentre eravamo a Nanda Parbat ho chiesto ad Oliver di farmi da testimone, se mai fossimo usciti vivi da lì".
All'unisono si votarono verso di lui, che era troppo concentrato ad affilare una freccia già troppo affilata di suo per degnarli anche solo di uno sguardo.
"Difficile che ci riesca, visto che sta per diventare il nuovo demone in persona".
Felicity non riuscì a trattenere il suo sarcasmo, voleva scuoterlo dall'apatia in cui era caduto, a costo anche di ferirlo con le parole.
"Sono riuscito a convincerlo a rimandare la decisione di qualche giorno, in fondo Ra's non gli ha dato una scadenza, può prendersi tutto il tempo che vuole".
"Amico, non so come fai ad assecondarlo in una follia simile. Laggiù vi siete bevuti il cervello, non c'è altra spiegazione. Non oso immaginare quanto sarà felice Nyssa quando lo verrà a sapere. Con chi credete che se la prenderà? Lo ripeto amico, vi siete bevuti il cervello".
“Dacci un taglio, Roy. L’ultima parola non spetta a noi, lo sai.”
Continuavano a parlare di Oliver come se non fosse nemmeno presente in quella stanza. E lui dal canto suo continuava ad ignorarli come se fosse completamente da solo.
"E tu cosa volevi dirci, Felicity?"
Laurel sembrò essere l'unica a ricordarsi della notizia annunciata dalla ragazza pochi minuti prima. La stessa Felicity parve essersene dimenticata per un momento.
"Oh si, certo, la notizia. Allora, da dove inizio? Mi sento sempre in imbarazzo quando devo raccontare qualcosa che mi riguarda che non so mai da dove iniziare..."
"Perché non provi dall'inizio? " Roy le si avvicinò, incuriosito ma anche impensierito da quello strano atteggiamento.
"Si, certo, dall'inizio. Allora voi tutti conoscete Ray, giusto?"
"Ray come Palmer? Il tuo capo?"
"Esattamente Dig. Ormai siete a conoscenza del fatto che lavori per lui, da quanto? Da 5 mesi, più o meno? Beh sono felice di annunciarvi che non è più solo il mio capo adesso."
"In che senso? È diventato anche il capo di qualcuno di noi?"
Felicity rise alla battuta di Roy. Quando ricevette come risposta un'occhiata interrogativa si rese conto che non era affatto una battuta.
"No Roy. Felicity sta tentando di dirci che Palmer è diventato qualcosa di più del suo capo."
Con Diggle non c'era mai bisogno di tante parole, era in grado di capire al volo qualunque cosa, soprattutto se si trattava dei suoi amici.
Felicity lanciò uno sguardo fugace in direzione di Oliver, che dal canto suo si sarebbe messo ad affilare anche la faretra pur di fingere di non prestare attenzione a quel discorso.
"Scusate, non capisco. Credevo che tu stessi con Oliver. Si, beh, insomma credevo che tu amassi lui".
A Felicity le si raggelò il sangue nelle vene. Laurel non poteva semplicemente evitare di fare l'avvocato delle cause perse per una benedettisima volta?
Diggle decise di correre in soccorso dell'amica, troppo imbarazzata per riuscire a rispondere.
"Non è così semplice come sembra, Laurel”. Poi si rivolse direttamente all'amica: “Sono felice per te. Se questo ti rende felice".
Felicity non trovò la forza per rispondergli. Come avrebbe potuto mentire al suo migliore amico guardandolo dritto negli occhi?  
Come se le avesse appena letto nel pensiero Diggle le sorrise, ma era un sorriso a metà, di quelli che non riescono a raggiungere gli occhi.
"C'è un'altra cosa di cui devo parlarvi".
"Ancora? Non dirci che stai per sposarti anche tu altrimenti dovremmo iniziare a chiamarci team sposati contro team zitelli incalliti!"
"Roy ma che ti salta in mente? Nessun matrimonio fidati, ma non se ne parla proprio, nemmeno lontanamente".
Oliver non riuscì a nascondere il ghigno di soddisfazione che quelle parole avevano provocato. Nessuno però sembrò accorgersene.
"Ray in passato aveva una fidanzata, Anna. È stata uccisa l'anno scorso da uno degli scagnozzi di Slade davanti ai suoi occhi, senza che potesse fare nulla per evitarlo".
"Oddio ma è terribile!"
"Si Laurel, e questo episodio lo ha segnato molto. Per mesi non ha fatto altro che desiderare di non sentirsi più impotente come quella sera. Ha deciso di sfruttare le sue illimitate risorse economiche e le sue straordinarie conoscenze informatiche e scientifiche per aiutare attivamente questa città e per onorare la memoria della sua fidanzata".
“Credevo avesse già fatto tanto per Starling City. Insomma il piano di ricostruzione, l’energia gratuita distribuita ai cittadini, le molteplici raccolte fondi.”
“Diciamo che vuole aiutare in maniera più concreta, scendendo in campo personalmente.”
Il team continuava a non capire dove Felicity volesse andare a parare, ma non Oliver. Il senso di quelle parole non gli sfuggì, gli suonarono pericolosamente familiari.
Decise di mettere da parte l'orgoglio e di chiedere conferma alla diretta interessata:
"Dimmi che non è come penso. Ti prego. Dimmelo."
"Di che stai parlando Oliver?"
Roy non ricevette dall'amico alcuna risposta. Era troppo impegnato a sostenere lo sguardo di Felicity per prestare attenzione al resto dei presenti. Per un istante parvero esistere solo loro due, con i corpi così distinti ma con le anime mai così vicine come in quel momento.
"Non è stata una mia scelta Oliver".
"È stata una tua scelta acconsentire ad aiutarlo però. Perché era questo di cui parlavi ieri sera nel vicolo, giusto? Lo stai aiutando in questa follia, vero?"
"Ho sempre saputo che fossi pieno di te, ma non pensavo fossi così egocentrico Oliver. Come puoi decidere quale crociata sia una follia e quale no? Qual è la differenza tra quello che fai tu e quello che vuole provare a fare lui?"
"La differenza è che io so quello che faccio! La differenza è che lui sarà così maldestro da finire ammazzato e così imprudente da far finire ammazzata anche te!!!"
Gli altri componenti del team si scambiarono occhiate preoccupate, avevano visto raramente Oliver così arrabbiato.
"Oliver quando ti metterai in testa che non sono una damigella in pericolo che deve essere salvata a tutti i costi? So salvarmi da sola, non ho bisogno di nessun cavaliere che mi protegga!"
Oliver cercò di ricomporsi, proseguendo a voce più bassa.
"In tre anni hai rischiato la vita troppe volte. Il conte, Slade, la bomba, il fidanzato psicopatico. Ed è successo nonostante sia stato attento, nonostante nessuno sia mai stato a conoscenza del legame che c'è tra di noi. Non ti rendi conto del pericolo a cui potrebbe esporti?"
"Non mi faccio troppe domande Oliver. A differenza tua penso a vivere invece di tentare di proteggere un'esistenza che alla fine dei conti non sarebbe nemmeno tale!"
Ci era riuscita ancora una volta. Lo aveva ferito di nuovo. Ma avrebbe continuato così per tutta la vita se poteva servire a riaverlo indietro.
"Non posso accettarlo, mi dispiace. Posso anche accettare che sia felice con lui, che ti faccia una vita con lui, ma non acconsentirò mai a mettere in pericolo la tua vita".
"Forse hai perso qualche passaggio, Oliver, ma non ho intenzione di prendere ordini da nessuno, tanto meno da te. E ora perdonatemi, ma ho del lavoro da sbrigare. Non aspettatemi stasera, ho bisogno di staccare un po’ da questo posto". Si rivolse agli altri mortificata: "Mi dispiace ragazzi."
Oliver la seguì con lo sguardo fino al momento in cui si chiuse la pesante porta alle spalle.
"Non perdetela di vista. Ci mancava solo Palmer e la sua missione del cazzo!"
Con tutta la  rabbia che aveva in corpo colpì il manichino, che all'istante si frantumò al suo cospetto. Recuperò la giacca di pelle e si incamminò verso l'uscita. Aveva bisogno di una boccata d'aria.
 
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“Roy, sei in posizione?”
“Si. E non sono solo”.
“Che vuoi dire? Hai bisogno di rinforzi?”
“C’è anche Oliver. Non si è mosso dal tetto dell’edificio di fronte alla Palmer Technologies. Non ha l’auricolare con sé, non penso mi abbia visto.”
“Sapevamo sarebbe andata così amico. L’ho capito da quando sono sceso qui giù e ho visto la teca vuota.”
“Si ma ancora non capisco il perché di tutto questo. Felicity sarà libera di stare con chi vuole.”
“Non è solo quello Roy. Per Oliver la salvezza di Felicity è tutto, ha sacrificato la sua stessa vita per lei, la sua stessa felicità.”
“Si lo so ma è stato lui a spingerla nelle braccia di un altro. Se solo non l’avesse respinta così tante volte.”
“Lo so, lo so. Diciamo che Oliver non è propriamente un campione negli affari di cuore. Deve sbatterci la testa. Toccare il fondo per poi risalire. Fino a quel momento non possiamo fare altro che assecondarlo e guardargli le spalle.”
“Ricevuto. Sono quasi le 19.00. Mi reco ai parcheggi sotteranei, Felicity dovrebbe arrivare lì a momenti.”
“Tieni gli occhi aperti.”
“Come sempre.”
 
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Oliver non sapeva nemmeno cosa ci facesse lì esattamente. Non aveva fatto altro che girare in moto senza una meta fin quando non si rese conto di aver raggiunto casa di Felicity. In quel preciso istante realizzò che il suo posto era altrove, appostato su di un tetto a sorvegliarla con indosso la tuta di Arrow. Solo così sarebbe riuscito a trovare un po’ di pace. Era tutto più semplice quando la sapeva al sicuro nel covo davanti ai suoi adorati computer. La notizia di quella mattina lo aveva stravolto, stava andando letteralmente fuori di testa.
Dal punto in cui si trovava riusciva ad avere una visuale quasi completa sul suo vecchio ufficio. La osservò lavorare infaticabile alla scrivania, rispondere a telefonate, battere alla tastiera, perdersi tra i suoi mille pensieri. Si rese conto che avrebbe potuto restare lì a guardarla per sempre, senza mai stancarsene.
Diede uno sguardo veloce all’orologio. Le 19.00. La vide recuperare il soprabito e la borsa, si sarebbe recata sicuramente nei sottorranei. Il luogo in cui le rivelò per la prima volta di essere Arrow. Lei non lo sapeva, ma gli costò molto prendere quella decisione. L’ultima cosa che avrebbe voluto era coinvolgerla in questa vita di oscurità e sofferenza. Ma non ne potè fare a meno, come non potè fare a meno di cercarla poco dopo aver fatto ritorno a casa. Voleva incontrare a tutti costi quella biondina con gli occhiali che qualche tempo prima era riuscita  a rubargli il primo vero sorriso dopo anni di dolore e di agonia.
Guardò in direzione dell’ufficio di Palmer e dopo poco la vide entrare. Non che si aspettasse qualcosa di diverso, ma fino all’ultimo momento aveva sperato che tirasse dritta senza fermarsi da lui. Dovette ben presto distogliere lo sguardo, guardarli insieme gli faceva male come la prima volta, se non di più.
La sua attenzione fu però richiamata da una strana luce proveniente dalla finestra. Che fosse il costume di Ray? Non riusciva a capire da dove fosse sbucato fuori, un attimo primo era vestito, un attimo dopo aveva preso le sembianze di…  robocop?!? Trovava tutto così ridicolo, dove credeva di vivere? In una navicella spaziale? Lo vide allungare il polso e colpire alcuni bersagli dall’altra parte della stanza. Sperò con tutto se stesso che avesse una buona mira. Se avesse anche solo sfiorato Felicity con uno di quei laser da strapazzo avrebbe passato il quarto d’ora più brutto della sua vita.
Finalmente la vide salutarlo e guadagnare l’uscita. Ne aveva abbastanza di quello spettacolo. Ma sarebbe stato disposto ad assistervi anche tutti i giorni se questo voleva dire assicurarsi che lei fosse al sicuro.
 
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Felicity raggiunse svelta l’automobile, aveva voglia di immergersi in un bagno caldo e rilassante. Per quanto Ray avesse fatto di tutto per farle tornare il sorriso ripensava continuamente alla discussione con Oliver di quella mattina. Non avrebbero mai trovato un punto di incontro, ormai dopo 5 mesi non le restava altro che rassegnarsi. Ma allora perché sentiva maledettamente la sua mancanza? Sentiva la mancanza dei suoi computer, di quel covo polveroso, persino della felce.
Che diavolo Felicity è appena il primo giorno, non puoi già arrenderti così”.
Aveva ragione, doveva pensare a se stessa e tirare fuori tutta la forza di volontà che aveva in corpo. Dal covo sarebbe passata l’indomani, avrebbero fatto meglio ad abituarsi alla sua assenza il prima possibile.
E tu? Ti ci abituerai mai?”
“Oh, al diavolo, stupida voce della coscienza. Dammi tregua una buona volta!”
Quando si rese conto di aver imprecato contro il volante lanciò delle occhiate furtive intorno a sé, sperando che nessuno fosse nei paraggi in quel momento. Mise in moto e si avviò verso casa.
Lungo il tragitto percepì una strana sensazione. Come se qualcuno la stesse seguendo.
“Ma cosa mi salta in mente? Inizierò ad avere le allucinazioni un giorno o l’altro”.
Dopo qualche minuto arrivò a destinazione. Parcheggiò e scese dall’automobile. Fu in quel momento che sentì il rumore di una motocicletta avvicinarsi al punto in cui si era fermata.
Non poteva credere ai suoi occhi.
Era Oliver. Era Oliver vestito da Arrow e l’aveva appena seguita come i peggiori stolker che aveva avuto la sfortuna di incontrare al college.
“Non c’è che dire, mi hai stupita, non credevo arrivassi a tanto.”
“Stai bene?”
“Si, Oliver, sto bene, nel caso non te ne sia accorto nei dieci minuti di tragitto dall’ufficio a casa mia. Oppure mi stai osservando da prima?”
Oliver si sentì colpevole e non rispose.
“Guarda, non voglio nemmeno saperlo. Ti offrirei un caffè ma non so quanto sia raccomandabile farmi vedere in compagnia di Arrow. Non vorrei mai che qualcuno scoprisse il legame che c’è tra di noi.
Oliver non sembrava avere alcuna intenzione di mollarla fin quando non l'avesse vista al sicuro tra le mura di casa sua. Lei dal canto suo percepiva la sua costante presenza dietro di sè, come un'ombra alle sue spalle. Iniziava a trovare questo atteggiamento decisamente inquietante.
“Che c’è Oliver? Non vorrei sembrare scortese ma ho davvero bisogno di rilassarmi per conto mio”.
“L’hai voluto tu Felicity. Non avrei mai voluto arrivare a tanto. Non dire però che non ti avevo avvisata.”
“E in che modo il fatto di avermi avvisata implicherebbe che sia d’accordo con tutto questo?”
Oliver alzò gli occhi al cielo esasperato. Doveva ammettere però che si stava divertendo a stuzzicarla e a farle perdere la pazienza.
Poi successe una cosa del tutto inaspettata. Entrambi si voltarono di scatto al rumore di un’automobile che accostava al marciapiede vicino.
“Oh, perfetto! Ci mancava solo questa stasera. Nasconditi, è Ray.”
Oliver per una volta fu battuto sul tempo. Ray, fraintentendo la situazione, li aveva raggiunti in pochi passi e con fare minaccioso si scagliò contro l'incappucciato.
“Sta lontano da lei!!! Non ti azzardare a toccarla!!!”
“Ray, sta tranquillo, non mi farà del male.”
Felicity si avventò contro di lui provando a placare la sua furia. Oliver dal canto suo non indietreggiò, non si sentiva minimamente minacciato da quel fenomeno da baraccone.
“Che diavolo ci fa lui qui? A casa tua?”
“Niente. Ha sbagliato indirizzo”.
Ad Oliver sfuggì un ghigno divertito, non riuscì a trattenersi.
“Cos’hai da ridere? Lascia in pace la mia ragazza o dovrai vedertela con me.”
“Stia tranquillo, mr. Palmer. La sua ragazza è al sicuro con me. Lo è sempre stata.”
Felicity lo fulminò con lo sguardo. Che gli saltava in mente?
“Che vuol dire, Felicity? Cosa sta tentando di dirmi questo delinquente?”
La ragazza rimase per una volta senza parole, Oliver l’aveva messa in una situazione difficilissima e ora non sapeva come uscirne.
Quel silenzio per Ray valse più di mille parole. Aveva dato conferma a tutti i suoi sospetti.
“Tu lavori per lui, non è così? Accidenti lo sapevo, l’ho sempre saputo. Tutte le lunghe storie che mi rifilavi come scuse, l’amico speciale di cui mi parlavi. E’ lui, non è così?”
“Ray, è complicato…”
“Lo sapevo che non potevo essere l’unico. Con quanti altri “eroi” ti intrattieni nel tempo libero, sentiamo?”
“Ehy, bada a come parli Palmer.”
“Altrimenti cosa?”
“Altrimenti ti faccio pentire di aver messo anche solo gli occhi su di lei in quel dannatissimo negozio di tecnologia.”
Ormai era diventato quasi un corpo a corpo, nessuno dei due aveva intenzione di tirarsi indietro, nè di interrompere il contatto visivo.
Felicity cercò di mettersi in mezzo e di portare la calma in quella situazione così fuori dal mondo. Come erano arrivati a quel punto? Era successo tutto troppo velocemente.
Il primo ad arrendersi, come prevedibile, fu Ray.
“Scusa, Felicity. Non so cosa mi sia preso. Non era mia intenzione mancarti di rispetto. Ero venuto solo a riportarti questa, l’avevi dimenticata nel mio ufficio, pensavo la rivolessi indietro”.
Le restituì la penna rossa da cui non si separava mai. Avrebbe scommesso tutti i suoi risparmi sul fatto che Oliver non si sarebbe lasciato scappare il significato di quel particolare oggetto.
“Grazie Ray. Ci vediamo domani in ufficio. Mi dispiace per tutto questo.”
“Stai tranquilla. Notte.”
E le diede un lieve bacio sulle labbra. Oliver si mostrò improvvisamente interessato alla punta dei suoi stivali e non distolse il suo sguardo da lì fino a quando sentì l’auto allontanarsi.
“Poi un giorno mi spiegherai cosa diavolo ti è saltato in mente.”
Felicity lo superò e gli sbattè la porta in faccia, con tutta la forza che aveva in corpo.
Oliver si incamminò verso la moto, non riuscendo a fare a meno di sorridere al pensiero di quella stupida penna rossa. Forse c’era ancora speranza.

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Capitolo 5
*** Matrimonio suicida ***


Nanda Parbat

“Padre! Come ha potuto farmi una cosa del genere?”
“Nyssa, non mi aspettavo che tu comprendessi la mia decisione.”
“Riguarda Sara, non è vero? Ha sempre rappresentato un problema per voi e tutta questa storia non vi è servita a fare altro che trovare il mio sostituto.”
“Non essere sciocca, figlia. Ta-Her-Al-Sa-Fer è stata uccisa, giustizia andava fatta.”
“Peccato che non abbiate permesso che venisse portata a termine”.
“L’assassino della tua amata in questo momento giace al cospetto di una griglia infuocata, patendo le pene che merita”.
“Non è stato lui a scoccare le frecce, è stata la piccola Queen. E suo fratello è stato così sfrontato da sfidarvi a duello pur di salvarla.”
“Oliver Queen ha mostrato un coraggio a cui non assistevo da molti anni, non biasimarlo per essere stato disposto a rischiare la sua stessa vita per il suo sangue.”
“Credevo di meritare la vostra eredità. Credevo di avervi onorata in tutti questi anni, di avervi obbedito con il dovuto rispetto. E cosa ottengo in cambio? Niente! Avete messo al di sopra di me uno sconosciuto che se ne va in giro a scoccare frecce tranquillanti senza avere il fegato di uccidere nemmeno una formica! Come riuscirà a diventare il capo della lega degli assassini se lui stesso non è più disposto ad esserlo?”
“Nyssa, non essere sciocca, conosci meglio di me il vero significato di quella parola”.
“Si, padre, lo conosco. Ma allo stesso modo so che da anni noi guardiani usiamo come arma l’omicidio. E non sarà certo Oliver Queen a cambiare le cose. Se mai riuscirete a convincerlo ad accettare la vostra proposta”.
"Oh, figlia, non preoccuparti di questo. Oliver Queen accetterà di buon grado la mia proposta. Di questo sono abbastanza sicuro”.
“Come fate ad esserne così certo? Non sarà semplice svuotarlo di tutti i sentimenti che lo rendono debole e vulnerabile. Se c’è una cosa che ho capito in questi mesi è che Queen non potrà mai fare a meno di amare. Perché è circondato da persone che lo amano a sua volta.”
“Ed invece sarà semplicissimo Nyssa. Non appena la sua stessa città, quella che profondamente ama e strenuamente difende, gli si ritorcerà contro, si inginocchierà al mio cospetto implorandomi di accoglierlo tra le mura di casa mia. Perchè non gli resterà altro posto dove andare".
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Starling City

Quella settimana era volata. Di certo i preparativi per il matrimonio di Diggle e Lyla avevano aiutato molto. Felicity si era divisa tra Ray ed il team, non prima di aver convinto Oliver a darle un po’ di tregua. L’ultima cosa che avrebbe voluto era rivivere una scena imbarazzante come quella avvenuta fuori casa sua. Avevano raggiunto un compromesso: avrebbe acconsentito a farsi scortare da Roy fino a casa ogni sera, ottenendo in cambio la dovuta privacy quando si trovava in compagnia di Ray. Per il momento ad Oliver andava bene così, anche perché Ray non aveva avuto molte chance di scendere attivamente in campo. Meglio che niente, era stata la conclusione di Felicity.
Fasciata in un lungo abito rosso attendeva che l’auto di Ray la venisse a prendere. Gli aveva chiesto di fargli da accompagnatore al matrimonio del suo migliore amico. Ray ne fu felicissimo. Stava provando a superare la questione “Arrow” e il fatto che Felicity non potesse in alcun modo parlargliene. Diciamo che questo invito aveva contribuito a migliorare la situazione tra di loro.
“Sei splendida Felicity. Il rosso ti dona”.
La ragazza arrossì, non sapendo cosa rispondere. Riservava quel colore a tutte le occasioni più importanti.
Tipo il primo appuntamento con Oliver.”
“Ti sembra il caso di metterti a pensare a una cosa del genere adesso?“
L’aveva detto ad alta voce?
“Come hai detto, perdonami?”
L’aveva decisamente detto ad alta voce.  
“Oh, niente, Ray… dicevo… che sono felice che tu sia il mio accompagnatore.”
“Non posso che esserne onorato”.
Felicity guadagnò il sedile del passeggero, impaziente di raggiungere il luogo della cerimonia. Si sentiva emozionata per i suoi migliori amici, e pronta a trascorrere una delle più belle giornate della sua vita.
 



“Speedy? Sei pronta?”
Oliver era stranamente nervoso, non aveva chiuso occhio al pensiero di dover affrontare il discorso del testimone davanti a tutti gli invitati. Era felice che Dig avesse scelto lui ma quella parte lo terrorizzava, letteralmente.
“Ma come siamo eleganti!”
Thea gli si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia.
“Thea, questo vestito è decisamente…. corto.”
“Cos’è, un altro modo per dirmi che sono uno schianto?”
“Si. Sei bellissima.”
“Andiamo. La tua 'più uno' è pronta ad accompagnarti al patibolo.”
“Ma come sei carina. Stavo già dando di matto senza bisogno delle tue battute simpatiche.”
“Tranquillo, fratellone. Cosa vuoi che sia un discorso davanti a 100 persone per un tipo loquace come te?”
“Thea, un’altra parola e ti rinchiudo nel loft. Con la forza".
"Ti voglio bene anch’io, fratellone…"
Oliver le sorrise divertito. Sentiva maledettamente la mancanza di quei brevi momenti di genuina spensieratezza.  
L’autista li fece accomodare nell'auto che li avrebbe condotti a destinazione. Oliver fece un respiro profondo, doveva farsi coraggio, il matrimonio del suo migliore amico lo stava aspettando.
 
 

Lyla percorse la navata, bellissima, con indosso un vestito bianco vaporoso che la faceva sembrare una  principessa. Felicity assistette sognante al resto della cerimonia, con Thea al suo fianco ed Oliver di fronte, in piedi sulla navata accanto a Diggle, elegantissimo nel suo abito scuro. Di una bellezza mozzafiato.
“Che splendida cerimonia. Si amano così tanto.”
Annuì alle parole della piccola Queen. Non avevano interagito molto da quando era entrata a far parte della vita di suo fratello, ma sentiva di volerle bene. Forse l’amore immenso che Oliver provava per lei aveva finito per infondersi anche al resto del team.
“Tutti meriterebbero di vivere un amore così bello. Sono fortunati.”
“Almeno tu hai una persona con cui viverlo. Sei già un passo avanti rispetto a me”.
Felicity rispose con un flebile sorriso quando la vide farle l'occhiolino. Voleva con tutta se stessa che le parole di Thea corrispondessero alla verità, ma sapeva che non era così. Chissà, forse un giorno avrebbe imparato ad amare Ray nel modo in cui amava Oliver. Ma era ancora troppo presto.
“Con i poteri conferitomi dalla Chiesa, vi dichiaro marito e moglie.”
Lyla e John si scambiarono un lungo bacio, sprizzando gioia da tutti i pori. Oliver li applaudì quasi commosso, insieme al resto dei partecipanti. Se non aveva la possibilità di vivere quelle emozioni in prima persona si sarebbe accontentato di provarle tramite il suo migliore amico. Con il tempo avrebbe imparato a farselo bastare.
“Congratulazione ragazzi, sono felice per voi”.
“Grazie, amico. Grazie davvero”.
Diggle lo tirò a sé e si lasciò andare ad un lungo abbraccio, immaginando per un istante che in realtà fosse Andy.
“Vorrei tanto che mio fratello fosse qui.”
Oliver non seppe rispondere. Gli diede una pacca sulla spalla sperando di infondergli tutto il conforto di cui era capace.
“E’ arrivato il momento del lancio del bouquet! Avvicinatevi ragazze, sono curiosa di sapere chi sarà la prossima!”
Ai piedi di Lyla si formò ben presto un capannello di invitate, ansiose di scoprire l’esito di quel lancio. Felicity rimase leggermente in disparte, trovava quell'usanza superata e senza senso. Come poteva un lancio di un bouquet decretare il momento in cui ti saresti sposata? Persa tra i suoi pensieri non si accorse che un mazzolino di rose rosse era appena atterrato ai suoi piedi. Sorpresa, lo raccolse con prudenza, come se fosse una palla avvelenata pronta a sputare fuoco da un momento all’altro. Le ragazze intorno a lei applaudirono contente.
Per un istante i suoi occhi cercarono quelli di Oliver, fissi su di lei già da parecchio tempo. Lui, imbarazzato, distolse immediatamente lo sguardo, come se fosse stato appena scoperto con le mani nella marmellata.
“Congratulazioni, Felicity! A quanto pare la prossima sarai tu.”
Laurel le si avvicinò e la abbracciò entusiasta. Felicity non riuscì a ricambiare con lo stesso trasporto.
“E’ un buon segno, no?”
“Oddio, non ho mai considerato questa usanza così, come dire, affidabile. Insomma, è solo un lancio di un bouquet!"
“Ti facevo più romantica, sai?”
“Sarà a causa del mio passato da nerd da strapazzo. Sono cresciuta tra microcip e hard disk, mica tra barbie e castelli delle principesse.”
“La fai sembrare quasi una cosa offensiva… adoravo i castelli delle principesse!”
Risero insieme, sorprendentemente complici. Non si sarebbe mai aspettata di legare così tanto con l’ex storica del ragazzo di cui era innamorata.
“Posso farti una domanda?”
“Se me lo chiede un procuratore distrettuale non posso risponedre di no”.
“Perché stai con lui? Si vede che non lo ami. Non quanto ami Oliver”.
“Perché con Oliver l’amore non basta, non basterà mai. Ray è tutto ciò che Oliver non è disposto ad essere. E poi a me ci tiene, parecchio”.
“Lo fai sembrare quasi un rimpiazzo”.
“Non è sempre tutto bianco o nero Laurel, esistono anche le sfumature. Non sono in grado di definire ciò che provo per Ray, non ancora almeno, ma posso assicurarti che è una persona importante per me”.
“Spero solo che non stia mentendo a te stessa. Sarebbe un errore”.
“Cosa sarebbe un errore?”
La voce di Ray alle sue spalle la fece sussultare.
“Ehm… sarebbe un errore trovarci qui e non approfittare di tutte le prelibatezze che ci offre il buffet”.
Lo spinse in direzione del banchetto, allontanandolo il più possibile da Laurel, che dal canto suo li salutò divertita con un cenno della mano.




La cerimonia proseguì scorrevole, tra balli, pietanze e lunghe chiacchierate. Il momento del discorso del testimone si avvicinava inesorabile, più passavano i minuti e meno Oliver si sentiva pronto. Quando capì che non avrebbe potuto rimandarlo oltre si alzò in piedi e richiamò l’attenzione degli invitati seduti ai vari tavoli.
“Ehm, ehm. Buonasera a tutti e grazie per essere presenti al matrimonio del mio migliore amico e della sua splendida compagna, Lyla”.
Un applauso partì spontaneo dalle retrovie. Oliver ne approfittò per prendere fiato.
“Quando Diggle mi ha chiesto di fargli da testimone, era l’ultima cosa che mi sarei aspettato uscisse dalla sua bocca. Ci eravamo cacciati in una situazione…. complicata.” a quelle parole Felicity, Roy, Thea e Laurel, seduti allo stesso tavolo, si scambiarono uno sguardo di intesa. “E nonostante questo non ha mai smesso di pensare per un secondo alle persone più importanti della sua vita: Lyla, e naturalmente la piccola Sara".
D’istinto si voltarono tutti a guardare il fagottino rosa che dormiva beato nel suo passeggino.
“John, so che il tuo sogno più grande era avere Andy al tuo fianco in questo giorno così importante, e non pretendo in alcun modo di prendere il suo posto. Ma lascia che ti dica una cosa. Sono felice che mi abbia dato l’opportunità di considerare te il fratello maggiore che non ho mai avuto. Il fratello maggiore su cui potrò sempre contare, quello che continuerà a darmi saggi consigli pur sapendo che non li ascolterò mai.” Felicity si sentì improvvisamente osservata. “Il fratello maggiore disposto a rischiare la sua stessa vita pur di aiutarmi e non lasciarmi solo. Non so se te l’ho mai detto Dig, ma ti voglio bene. Congratulazioni ragazzi!”
La sala esplose in una standing ovation del tutto spontanea ed inaspettata. Felicity dentro di sé si sentì orgogliosa dei suoi migliori amici, del profondo legame che avevano costruito in questi tre anni. Prima che se ne rendesse conto iniziò a piangere, non riuscendo a contenere l’emozione di quel momento.
Poco dopo fu costretta a raggiungere la toilette per ricomporsi, il trucco le si era completamente sbavato. Di ritorno incrociò Oliver, seduto da solo al bancone del bar. Senza soffermarsi troppo a pensare si avvicinò a lui.
“Hey”.
“Hey”.
“Gran bel discorso, testimone. Sono impressionata”.
“Doveva essere leggermente diverso. Preso dall’emozione ho dimenticato tutto e ho dovuto improvvisare”.
“Meglio così. Le cose inaspettate sono sempre le più belle”.
Si scambiarono uno sguardo magnetico, uno di quelli in grado di bucare lo schermo del cinema se fossero stati protagonisti di una commedia romantica.
“Come stai? E’ da un po’ che non ci fermiamo a parlare tranquilli”.
“Così. Pieno di pensieri”.
“Sai che puoi parlarmene ogni volta che vuoi".
Oliver la guardò incredulo. Dopo tutte le volte in cui aveva ignorato la sua opinione credeva che non avesse più voglia di ascoltarlo.
"Ho realizzato che non mi va di rinunciare a te. Sei troppo importante e il nostro legame deve prescindere da qualunque cosa sia accaduta o possa mai accadere tra di noi”.
"Anche tu potrai fare lo stesso, ogni volta che ne avrai bisogno".
“Cosa stai tentando di dirmi? Che potrò sfogarmi con te senza correre il rischio di vederti conficcare una freccia nella schiena di nessuno?"
“Prometto di contenermi, ma non assicuro niente”.
Si concessero una breve risata. Entrambi sentivano la nostalgia dei primi tempi insieme, quando tutto era più semplice, più naturale. Facile come respirare.
“Ecco dove ti eri cacciata!”
Ray Palmer aveva tante qualità, ma la migliore era sicuramente quella di intromettersi nei momenti meno opportuni.
“Signor Queen, che piacere rivederla! Complimenti per il discorso, è decisamente migliorato dall’ultima volta”.
Oliver lo salutò con un cenno del capo. Non era bravo nei convenevoli, soprattutto con le persone che non sopportava.
"Hey, Ray! Mi ero giusto fermata per complimentarmi anch’io con Oliver. Mi ha fatta commuovere".
Oliver non le stava prestando attenzione. Aveva notato una presenza decisamente inaspettata e stava iniziando seriamente a preoccuparsi. Felicity non potè fare a meno di notare il suo strano comportamento.
"Oliver? Che succede?"
Il ragazzo si rivolse direttamente a Palmer, con un tono di voce allarmato.
"Devi portarla via di qui. ADESSO!"
"Oliver, che diavolo succede?"
Il tono di voce di Felicity era diventato isterico.
"È arrivata la Waller. E non può essere un buon segno".
"Magari è passata a fare gli auguri a John e Lyla."
"Portandosi dietro Lawton e la Cutter?"
"Vuoi dirmi che c'è anche quella psicopatica?!?!"
Continuarono a parlare fitto tra di loro, tagliando Ray completamente fuori, come se nemmeno esistesse.
"Ehm. Ehm. Mi spieghereste cosa sta succedendo? "
Ray si sentiva decisamente di troppo, come se quel posto non gli appartenesse.
"Ray. Vai al parcheggio,  inizia a prendere l'auto. Io ti aspetto fuori tra cinque minuti".
In realtà Felicity stava solo provando a guadagnare un po' di tempo, voleva capire insieme ad Oliver cosa stava succedendo.
"Oh, ragazzi, fortuna che siete qui".
"Dig che ci fa qui la suicide squad?"
"Li ha portati la Waller con sé".
"Chi è l'obiettivo?"
"È stato rapito uno degli invitati, il Senatore Cray. Non penso gli rimanga molto tempo".
"Da chi è stato rapito?"
"Cray ha finanziato un' importante operazione per conto della ARGUS nella Repubblica di Kasnia. Secondo la Waller il rapitore è originario di lì e ha intenzione di vendicare lo sterminio della sua famiglia e del suo villaggio. Probabilmente lo torturerà fin quando non otterrà i nomi di tutte le persone coinvolte nell'operazione. E Oliver, è stata Lyla a guidarla".
"Non proseguire oltre. Vado a cambiarmi."
Oliver corse in direzione delle cucine, dove aveva nascosto il suo costume da arrow.
Felicity non era ancora riuscita ad aprire bocca. Era terrorizzata per Lyla. E per la piccola Sara.
"Oddio John, la piccola Sara!!!"
"Tranquilla, è al sicuro. È con Laurel e Thea. Roy dovrebbe essere qui a momenti".
Sentirono suonare un clacson in lontananza.
"È Ray, mi sta aspettando per portarmi a casa".
"Dovresti andare. Stai tranquilla, ce la caveremo".
Felicity non riusciva a stare tranquilla per niente. Avrebbe fatto qualunque cosa per dare una mano, anche l'impensabile. Corse verso l’auto e parlò a Ray dal finestrino.
"Ray, dimmi che hai con te quell'affare che comprime l'esoscheletro".
"ATOM, Felicity, si chiama ATOM. Si è proprio qui, perché? "
"Ho bisogno che lo indossi. Ho bisogno che tu dia una mano ai miei amici".
Ray non credeva alle sue orecchie. Aveva atteso da tanto quel momento ma ora che aveva concretamente l'occasione di mettersi in gioco se la stava facendo sotto.
Felicity non gli diede il tempo di rispondere. Era già corsa all'interno per aiutare come meglio poteva. Voleva dare una mano a coordinare le operazioni dal suo tablet. Era sicura che la Waller non aveva portato con sé l'intero equipaggiamento della ARGUS.
"TI AVEVO DETTO DI ANDARTENE DA QUI!!!"
Oliver, già vestito da Arrow, era furioso, e la trascinò per un braccio con la forza.
"Hey, Arrow, vacci piano. Così le fai male".
Un robot pluriaccessoriato gli stava puntando contro un laser che fuoriusciva dal polso sinistro.
"E tu chi diavolo saresti? "
Diggle e Roy avevano assistito increduli a quella scena.
"Sono ATOM. Sono qui per dare una mano".
"Ragazzi, non perdiamo tempo in inutili convenevoli. Io mi chiuderò nelle cucine e vi coordinerò, voi andate a fare il culo a questo bastardo, ORA!!!".
Felicity non perse tempo e munì tutti di auricolare. I ragazzi attesero in silenzio le sue direttive.
"Vedo deadshot in posizione sul tetto dell'edificio di fronte. La psicopatica si nasconde nel parcheggio, aspettando il segnale della Waller. Arsenal, serve copertura al piano di sopra. Dig, in giardino ci sono ancora invitati da mandare via. Arrow..." le faceva strano chiamarlo in quel modo "prendi la moto e segui le tracce che ha lasciato il rapitore, proverò a condurti da lui. Atom, attiva i razzi che hai dietro la schiena e segui Arrow ovunque vada, ho bisogno che gli copri le spalle".
"So cavarmela da solo, Felicity".
Oliver si sentì lievemente offeso dalla mancanza di fiducia che aveva in lui.
"Non protestare e fa come ti dico. Non sappiamo in quanti ne sono, nè quanto siano pericolosi. Di sicuro non sarà una passeggiata di salute se c'è la Argus di mezzo".
"Ti ho detto che so cavarmela da solo. Non ho bisogno che 'digimon' mi copra le spalle".
"La tratti sempre così? Metti sempre in discussione la sua parola? Non so sinceramente come abbia fatto a lavorare per te tutto questo tempo".
Oliver stava per perdere la pazienza. Se non avesse chiuso quella bocca gli avrebbe infilato i suoi stupidi laser nel posto in cui diceva lui.
"Smettetela, tutti e due. Non è il momento di litigare. Andate a trovare quel farabutto e fategli pentire di aver rovinato il matrimonio del mio amico. Adesso!"
Oliver raggiunse svelto la moto, Ray si mise in volo e provò a non perderlo di vista.
"Non mi avevi detto che questo fenomeno da baraccone sapeva anche volare".
"Hey, Arrow,  guarda che ti sento".
"E chi ti dice che me ne freghi qualcosa? "
Felicity provò ad ignorarli,  gli sembravano due bambini che facevano a gara a chi aveva il giocattolo più bello.
"Arrow, sono riuscita a rintracciare il cellulare del rapitore. Si chiama Kali Abdul, 27 anni. In questo momento si trova in un magazzino abbandonato tra la Amsterdam e la Quinta".
"Ricevuto".
Con una sgommata invertì la rotta in direzione dell'indirizzo procuratogli.
"Riesci a starmi dietro, Atom?"
Pronunciò quel nome con un tono sarcastico, come a prenderlo in giro.
"Spiegami una cosa, Arrow, la ringrazi mai per quello che fa per te? Senza offesa, ma ti faccio il tipo che pretende e pretende ma non ringrazia mai".
"Quanto e come ringrazio Felicity non sono affari che ti riguardano".
"Oh, invece si, non sai quanto mi riguardano".
"Ma volete concentrarvi? Giuro che se non la smettete interrompo le comunicazioni, poi ve la vedete da soli".
Nessuno dei due aprì più bocca fino a quando arrivarono a destinazione. Oliver attese che Ray atterrasse al suo fianco prima di fare irruzione nel magazzino.
"Kali Abdul, lascia andare il senatore, adesso!".
Oliver si avvicinò cautamente all'ostaggio, sanguinante e legato ad una sedia, tenendo la freccia puntata sul rapitore.
"Mi avevano parlato di uno strano tizio con il cappuccio che viveva da queste parti. Hai portato compagnia, vedo".
"Lascialo andare e arrenditi. Non hai scampo".
"Così come non hanno avuto scampo i miei amici, la mia famiglia, la mia tribù. Il mio villaggio raso completamente al suolo per far fuori un solo obiettivo. La vita di centinaia di persone sacrificata per far fuori un solo, dannatissimo, obiettivo!!!".
Puntò il mitra contro il Senatore, Oliver tese l'arco fino al limite.
"E questo signore continua a vivere senza fare i conti con la sua sporca coscienza, come se non avesse fatto nulla! Come se le sue mani non fossero sporche del sangue di centinaia di innocenti!!!"
"Quello che è successo, è una tragedia, e mi dispiace per te. Ma la vendetta, credimi, non ti darà pace. Ti farà sentire solo in colpa".
Ray percepì la profonda sofferenza con cui Arrow pronunciò quelle parole, e si rese conto di quanto la sua anima fosse danneggiata. Si chiese se quello sarebbe stato anche il suo destino.
"Abbiamo un problema.  Kali ha portato compagnia. Sono qui, confusi tra camerieri, inservienti e passanti.”
Ad Oliver si raggelò il sangue. Felicity era in pericolo e non avrebbe potuto fare niente per portarla in salvo.
“DIMMI CHI C’E’ CON TE!!! VOGLIO DEI NOMI, ADESSO!!!”
“Mi chiedevo quanto ci avreste messo a capirlo. Non ti darò nessun nome. Ti ricordo che sono io quello con il mitra. Ma posso darti un piccolo indizio: sono pronti a saltare in aria non appena gli darò il segnale”.
“Felicity, dovete andare via da lì!! Subito!!”
Oliver stava urlando, terrorizzato. Sperava che i suoi amici avrebbero fatto in tempo a trovare un posto in cui trovare riparo.
“Troppo tardi. Assam? Fai vedere a questa gente come si ottiene giustizia. ORA!!!!”.
Ray e Oliver sentirono tramite gli auricolari il rumore di un’esplosione. Ad Oliver tornò in mente l’immagine di Felicity riversa al suolo, con il volto sanguinante, priva di sensi. Fu come rivivere un deja-vu. La paura lo paralizzò.
“Felicity, Felicity, rispondi!!! Ti prego!!!”
Ray stava provando in tutti i modi a contattare la ragazza, pregando di ricevere una risposta, un cenno. Ma ci fu solo silenzio.
Oliver, mosso da una furia improvvisa, si avventò contro Kali ed iniziò a pestarlo a sangue. Lo avrebbe ammazzato di botte. Poco ma sicuro. Sentiva il mondo intorno a lui girare troppo velocemente, aveva la vista appannata dalle lacrime, le orecchie invase da un ronzio assordante.
Poi la sentì, una voce in lontananza, che gli pregava di fermarsi.
“Arrow… Arrow… fermati”.
Per un istante pensò fosse tutto frutto della sua immaginazione. Non si fermò.
“Oliver, ti prego, fermati!!! Così lo ammazzi!!”
Sentendosi chiamare per nome iniziò a riacquistare consapevolezza di sé, del luogo in cui si trovava. Di quello che stava facendo. Stava ammazzando di botte una persona. Stava ammazzando una persona.
“Basta, ti prego!! Sto bene!! Fermati!! Non ti permetterò di uccidere di nuovo a causa mia!! ”
Ray faticava a credere a quello a cui aveva appena assistito. Oliver era Arrow? Era disposto ad uccidere per Felicity? Lo aveva già fatto in passato?
Oliver finalmente riprese il controllo di sé. Si concentrò solo sulla voce che pronunciava il suo nome all’auricolare.
“Felicity… sei… sei tu?”
“Grazie al cielo, Oliver, si sono io! Sto bene! C’è stata un’esplosione al parcheggio di fronte e le comunicazioni si sono interrotte. Non so quanti civili siano stati coinvolti, ma secondo la Waller tutti i complici di Kali si trovavano lì in quel momento. Nessuno di loro ce l’ha fatta”.
“Gli altri?”
“Stiamo tutti bene, avevamo intuito il pericolo e ci siamo messi al riparo in tempo”.
Oliver pianse. Silenziosamente. Era convinto di averla persa e ora si sentiva sollevato come non mai in vita sua.
Ray si avvicinò e gli diede una mano a rialzarsi.
“Quindi… tu sei…”
“Shhh, ne parliamo dopo.”
Il Senatore Cray andava liberato e Kali consegnato ad Amanda. La missione non era ancora terminata.
 


Rientrarono il prima possibile alla base, non potendo fare a meno di notare la distruzione che l’esplosione aveva provocato.
Ray, liberatosi già dell’esoscheletro, corse incontro a Felicity e la abbracciò stretta.
“Grazie a Dio stai bene!! Ho avuto così paura per te!!”
Felicity si lasciò stringere senza dire una parola. Era concentrata su Oliver che la guardava sollevato a qualche metro di distanza. Provò a rassicurarlo con un cenno del capo. Ray non avrebbe mai potuto intaccare l’intesa che c’era tra di loro. Nessuno ci sarebbe riuscito.
“Che ne dici se ti porto a casa?”
“Dico che non vedo l’ora.”
Superarono Oliver, ancora travestito da Arrow, e si diressero all’automobile, sorprendentemente illesa nonostante l’esplosione vicina.
Per l’intero tragitto Felicity non aprì bocca. Sapeva di dovere a Ray molte spiegazioni, soprattutto dopo avergli rivelato senza volerlo l’identità di Arrow. Non sarebbe mai arrivata a tanto se non avesse avuto la convinzione che solo chiamandolo per nome Oliver avrebbe ritrovato se stesso. Era quella la chiave di tutto, la sua umanità.
Di nascosto gli scrisse un breve sms. Si sarebbe scusata meglio con lui l’indomani.
“Scrivi ad Arrow? Oppure dovrei dire ad Oliver a questo punto.”
“Scusa Ray, non avresti dovuto scoprirlo così. In realtà non penso nemmeno avresti dovuto scoprirlo. Non era il mio segreto da rivelare”.
“Però lo hai fatto ugualmente. Perché?”
“Sinceramente? Non ho pensato troppo alle conseguenze. Volevo semplicemente fermarlo”.
“Si, ma perché?”
“Come perché, Ray? Avresti voluto che ammazzasse di botte quell’uomo? Non lo avrei permesso per nessun motivo al mondo!”
“Ora puoi dirmelo Felicity, sei sempre stata vaga sull’argomento. Era Oliver l’amico che avevi perso? Quello per cui sei stata sconvolta per così tanto tempo? E non rispondermi con il solito ‘è complicato’. Non posso più accettarlo.”
“Cosa vuoi che ti dica Ray?”
“La verità. Cosa c’è tra di voi?”
“Niente. Siamo solo amici.”
“Cosa c’è stato tra di voi?”
“Non penso di essere tenuta a rispondere a questa domanda, Ray”.
“Pensi di no? Con questo cosa stai tentando di dirmi, che non conto abbastanza per te da saperlo?”
“Assolutamente no, che ti salta in mente? Quello che sto tentando di dirti è che il fatto che tu sia entrato a far parte della mia vita non implica che debba mettere in discussione i legami che ho instaurato prima di quel momento”.
“Si, se quei legami sono più profondi di quanto mi aspettassi. Ho visto la sua reazione quando ha creduto che fossi morta. Ha perso completamente la testa. E non venirmi a dire che non prova niente per te, posso essere arguto e brillante quanto vuoi, ma non sono uno stupido.”
Felicity non rispose. Era stanca e avrebbe tanto voluto che Ray non proseguisse oltre. Sapeva di dovergli delle spiegazione ma quella era diventata una seduta di psico-analisi.
“Cosa provi per lui? Anche la tua reazione è stata quella di una persona che ci tiene tanto, troppo.”
“Non lo so, Ray, ok? Non so cosa provo per Oliver. Ma so cosa provo per te. Sei un ragazzo splendido, che in poco tempo è diventato una delle persone più importanti della mia vita. L’unica cosa che devi sapere è che tra me ed Oliver non potrà mai esserci niente. E’ il mio partner e mi preoccuperò sempre per lui, qualunque cosa accada. Tutti qui.”
Felicity sapeva bene che il rapporto tra di loro era sempre stato più profondo di così. Ma sapeva anche che le cose non sarebbero mai cambiate. Era inutile far soffrire Ray per una cosa che non sarebbe mai potuta accadere.
Ray accostò davanti casa sua, era così presa dal discorso che non si accorse di essere già arrivata.
“Grazie del passaggio. Possiamo vederci direttamente domani in ufficio? Ho bisogno di riprendermi da questa giornata assurda”.
“Certo che si, stai tranquilla. Ci vediamo domani”.
Felicity fece per aprire lo sportello ma fu bloccata da Ray che la tirò a sé per baciarla.
“Non mi importa cosa Oliver abbia rappresentato o rappresenti ancora per te. Mi importa solo che ora sei mia, e che non so per quale misterioso motivo hai scelto me. Non ti lascerò andare così facilmente, signorina Smoak, non dopo aver capito cosa si prova a stare insieme a te”.
Felicity gli sorrise, si sentì fortunata ad avere al suo fianco una persona che ci tenesse a lei così tanto e che non smetteva di dimostrarle quanto fosse speciale.
Scese dalla macchina e iniziò a cercare le chiavi di casa nella piccola pochette. In quel momento la notifica di un sms illuminò lo schermo del suo cellulare. Era Oliver.
Stai tranquilla, capisco perché hai dovuto farlo. Al massimo sarò costretto a fare fuori Palmer, poco male. Scherzo.
PS: Grazie, tu sai di cosa.”
Si ritrovò a sorridere come una cretina davanti al telefono. Aveva fatto la cosa giusta. Lo scopo di Oliver poteva anche essere quello di salvare l’anima di Thea, ma Felicity avrebbe fatto tutto il possibile per salvare la sua.

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Capitolo 6
*** Incidente ***


"Forza Laurel, non riusciresti a far del male nemmeno a una formica con questa forza".
Laurel provò a colpire Nyssa mettendoci tutta la potenza che aveva in corpo ma la sua avversaria con maestria la schivò e la atterrò in due semplici mosse.
"Devo dirtelo, tua sorella mi faceva faticare di più".
Laurel, esausta, provò a rimettersi in piedi.
"Sono sempre stata quella più portata per la teoria tra le due".
"Ti fa onore che abbia voluto prendere il posto di Sara, ma se non migliori la tua tecnica non durerai un'altra settimana lì fuori".
La ragazza non le stava prestando molta attenzione. Si era allontanata per bere un sorso d'acqua. Ne approfittò per dare una sbirciatina al cellulare, sperando di trovarvi una chiamata del padre. Non aveva sue notizie da settimane.
"Spero davvero che sia una questione importante se hai dovuto interrompere il tuo allenamento".
"In realtà si tratta di mio padre. Non risponde alle mie telefonate da giorni. Mi incolpa di non avergli detto subito della morte di Sara. Credo che stavolta difficilmente riusciremo a recuperare".
"Unisciti al club allora".
"Guai in paradiso con tuo padre?"
Nyssa la guardò incredula per quell'accostamento di parole. Stava veramente parlando di paradiso riferendosi al demone in persona?
"È un modo di dire. Come per intendere che le cose si sono guastate. Sai che c'è? Lascia perdere, dimentica quello che ho detto".
"È difficile non avercela con tuo padre una volta che decide di rimpiazzarti con un perfetto sconosciuto".
"Mi dispiace Nyssa. Tuo padre ha sorpreso tutti con la sua proposta, soprattutto Oliver. A dirla tutta non capisco perché non gli abbia ancora detto di no".
"Non credere che mio padre gli lascerà margine di scelta. Non dimenticare di chi stiamo parlando".
Rabbrividì a quelle parole, pensando a quanto fegato avesse avuto Sara per entrare a far parte di una setta simile.
"Pausa finita. Preparati al secondo round. Stavolta non sarà così facile atterrarmi".
Nyssa si rimise in posizione ma le parole di Laurel ormai le si erano impresse nella mente. Se davvero il capitano Lance era così arrabbiato con la figlia da non rivolgerle più la parola, si chiese cosa sarebbe accaduto se avesse scoperto che Arrow in persona era coinvolto nell'omicidio di Sara. Avrebbe sfruttato quella carta a suo favore, sconvolgendo per sempre i piani di suo padre.
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Felicity si svegliò di buon ora e si preparò per andare a lavoro. Era stata con Ray a Central City per un paio di giorni. In teoria avrebbe dovuto solo accompagnarlo agli STAR labs per apportare miglioramenti all'esoscheletro, sfruttando le ineguagliabili capacità di Cisco. In pratica si era ritrovata coinvolta in un duello telematico all'ultimo sangue contro Brie Larvan, una giovane hacker che si faceva chiamare Bug-Eyed Bandit a causa della sua passione smisurata per i virus. E proprio grazie ai suoi potentissimi virus, i droni-insetto, era riuscita a mandare nel caos un'intera città e lo stesso Barry. Era servito l'aiuto di Ray per risolvere quella situazione complicata, ma alla fine, come al solito, tutti ne erano usciti vittoriosi. Tutti tranne la piccola hacker terrorista, ovviamente. In definitiva, rientrarono a Starling City con un bottino niente male: una nuova collaborazione per le Palmer Tecnologies con i laboratori STAR (dietro le insistenze del professor Stein, molto interessato al progetto ATOM), e un costume nuovo di zecca per Ray, più efficiente ed accessoriato del precedente, in grado di comprimersi ed espandersi in pochi secondi. Felicity dal canto suo era felice di aver avuto la possibilità di rivedere i suoi amici e si era aggiornata sulle ultime novità. Barry e Iris si erano baciati e Caitlin aveva finalmente ritrovato il suo Ronnie. Nota negativa? Aveva sentito maledettamente la mancanza dei suoi amici. Di uno in particolare, anche se imponeva a se stessa di non pensarci troppo per non sembrare patetica.
Era ancora in auto quando di istinto decise di invertire la rotta direzione The Glades. Il lavoro poteva aspettare. Il team no. Entrò nel covo e vide Oliver e Roy impegnati in un corpo a corpo. Non riusciva ancora a capire dove trovassero tutte quelle energie di prima mattina.
"Vi sono mancata? Perché a me questo covo polveroso è mancato terribilmente. Spero davvero di trovare i miei gioiellini come li avevo lasciati. In caso contrario potrei seriamente pensare di infestare i vostri cellulari con uno dei virus di quella pazza di Central City".
Oliver alzò gli occhi al cielo, incredulo del fatto che scherzasse in quel modo sull’accaduto. Non era mai stato d'accordo con il fatto che partisse da sola con Palmer. E come volevasi dimostrare si era trovata coinvolta in una situazione pericolosa, di nuovo. Senza che lui fosse presente per tirarla fuori dai guai.
"Tranquilla, i tuoi computer stanno bene. Non che abbiamo dovuti usarli molto, in questi due giorni c'è stata un'atmosfera surreale, un po’ come la quiete prima della tempesta".
"Non tiriamocela da soli, Roy. Siamo già abbastanza impegnati senza bisogno di altri guai a Starling City. A proposito, novità da Nanda Parbat?"
"Ancora niente, Ra's non sembra dare cenni di vita. Forse aspetta che faccia io la prima mossa. Oppure sta semplicemente attendendo il momento giusto per fare la sua".
"Hai preso una decisione? "
Felicity lo guardò con timore, aveva paura di sentire la sua risposta.
"Si. E al momento non ho intenzione di accettare. Sento che non può essere questa la strada giusta".
"Oliver Queen, pensavo che avessi la testa talmente tanto conficcata in fondo al tuo colon da non trovare più una via d'uscita. Felice di sapere che mi ero sbagliata".
Oliver le passò accanto e solo dopo averla superata sorrise. Non voleva darle anche quella soddisfazione. 
"Per quanto adori la vostra compagnia devo andare in ufficio, ho il lavoro di tre giorni accumulato sulla scrivania".
Oliver si diede un pizzicotto sulla pancia e decise di farle la domanda che tutti si aspettavano.
"Come l'ha presa Ray? Si, insomma, il fatto che io fossi Arrow e tutto il resto".
"Il fatto che tu fossi Arrow? Non malissimo, in fondo se lo aspettava. Tutto il resto? Meglio non parlarne".
Felicity lo vide gongolare e decise di correggere il tiro.
"Insomma, abbiamo chiarito tutto adesso, Ray è un ragazzo comprensivo e mi ha promesso che non mi farà problemi. Sa che ci tengo a lui e questa è la sola cosa che conta".
"Sono felice per voi".
Oliver si sforzò di dare una parvenza di sincerità a quelle parole. Che si aspettava, che quanto successo al matrimonio sarebbe bastato per togliersi Palmer dalle scatole? Ci voleva ben altro, era praticamente impossibile rinunciare a Felicity. Lo aveva sperimentato sulla sua stessa pelle.
"Ah, Oliver, Barry ha chiesto di te. Ci sono stati sviluppi con Iris, si insomma si sono baciati, ma lei sta ancora con Eddie ed è distrutto. Quando li ha visti uscire insieme a me e Ray stava per dare di matto. Mi ha chiesto di dirti che avevi ragione, non so in riferimento a cosa".
Oliver lo sapeva. Gli ornarono in mente le parole che disse a Barry prima di lasciare Central City. Ragazzi come loro non potevano ottenere la ragazza. Si sentì terribilmente dispiaciuto per lui, e per se stesso.
"Ad ogni modo, ci vediamo stasera. Cercate di asciugare il sudore dal pavimento che con questi tacchi rischierò di rompermi la noce del collo prima o poi".
Oliver la seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve del tutto dal suo campo visivo. Poi si concentrò su Roy davanti a sè, avrebbe sfogato un po' di tensione su di lui.
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Dipartimento di polizia di Starling City
 
"Capitano Lance, ha un minuto? "
"Nyssa, a cosa devo il 'piacere'?"
"Devo parlarle di una cosa importante, riguarda sua figlia".
Lance la guidò nel suo ufficio, chiudendosi la porta alle loro spalle.
"Laurel mi ha raccontato che ci sono problemi tra di voi."
"E io che pensavo volessi parlarmi di Sara. Cos'è, tu e Laurel siete diventate migliori amiche adesso? "
"Non dovete avercela con lei, non è colpa sua".
"Ti ringrazio per la considerazione, ma non credo che il rapporto che ho con mia figlia sia una cosa che ti riguardi".
"Sa con chi dovrebbe avercela in realtà? Con Arrow".
"Cosa vuoi dire?"
"Voglio dire che Arrow è coinvolto personalmente in questa vicenda".
"Spiegati meglio".
"È stata una persona molto vicina a lui ad uccidere sua figlia, e lui ha avuto la sfrontatezza di sfidare mio padre per questo, andando quasi incontro alla morte".
"Ciò non implica che sia stato lui ad ucciderla".
"È vero, ha fatto di peggio. Ha deciso di allearsi con la persona che ha architettato tutto, non consentendo alla lega di vendicare fino in fondo la morte di Ta-Her-Al-Sa-Fer".
"E perché mai avrebbe dovuto fare una cosa simile? Sara si fidava ciecamente di lui!"
"Il perché, capitano, lo conosce perfettamente. Equivale allo stesso motivo per cui dall'inizio non è mai riuscito  completamente a fidarsi di lui. Arrow è un assassino, un uomo che ha ucciso a sangue freddo decine di persone. È questa la sua vera indole, non l'eroe dall'animo puro che finge di essere adesso. Ora è toccato a Sara. La prossima persona a cui volterà le spalle chi sarà?”
"Laurel...."
"Arrow va fermato capitano, è pericoloso. Ora si sente con le spalle coperte grazie all'appoggio della polizia. Io direi che è arrivato il momento di fargliela pagare per i crimini che ha commesso".
"Non ho prove contro di lui. E anche se le avessi ho provato a catturarlo per più di un anno, è sempre riuscito a cavarsela".
"Vi assicuro che le prove le avrete presto. E che con il mio aiuto non vi sfuggirà".
Nyssa aveva già architettato un piano. Avrebbe massacrato dei poveri innocenti usando le stesse frecce di Arrow. Avrebbe fatto saltare la sua copertura. Avrebbe reso a suo padre le cose impossibili. Perché quella notte Starling City avrebbe finalmente dato un volto al vigilante, smascherando Oliver Queen una volta per tutte.
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Palmer Technologies
 
"Ray, sei pronto? Ci aspettano per quella riunione tra dieci minu.... Oddio, perché ogni volta che entro in questo ufficio ti vedo coperto solo da un asciugamano? "
"Oh, sei qui. Dannazione, è vero. La riunione. Me ne ero completamente dimenticato. Mi sono allenato tutto il giorno, sai com'è, con tutti gli eroi che ci sono in città devo tenermi in forma, non posso sfigurare".
"Ray, Oliver fa questo da anni, non puoi pretendere di avere il suo fisico dopo solo poche settimane di allenamento".
Si chiese se quelle parole fossero state in qualche modo offensive. 
"Certo.... il fisico di Oliver..."
"Non che io lo abbia visto, insomma non sto dicendo che non l'ho mai visto a torso nudo, ma non c'è mai stata occasione di farlo da vicino... come con te... Sai che c'è? Non fare caso alle mie parole. Sto blaterando come al solito".
"Quante volte dovrò ripeterti che non temo il confronto con Oliver Queen? Si, ammetto che all'inizio è stato un duro colpo per me accettare il vostro legame ma ora so che hai scelto me. E questo Oliver non potrà portarmelo via".
Felicity si lasciò baciare. Iniziava a sentirsi in colpa nei confronti di Ray. Si era data del tempo per capire se per lui potesse mai arrivare a provare quello che sentiva per Oliver, ma dopo tre settimane niente era cambiato.
"Ti aspetto in sala conferenze, non fare tardi".
Uscì dall'ufficio e si incamminò verso l'ascensore. Si sentiva stranamente tesa, come se qualcosa sarebbe successa da un momento all'altro. Quando le porte automatiche si aprirono vide un uomo davanti a sè, vestito totalmente di nero, con il cappuccio e il viso coperto da una maschera. Capì subito che si trattava di un componente della lega degli assassini. Tentò di scappare ma quell'uomo fu più veloce di lei. Sentì le narici inondarsi di uno strano odore. Cloroformio? Poco dopo perse i sensi e il mondo circostante divenne un'immensa voragine scura.
 
Quanto tempo era passato? Un'ora? Un giorno? Una settimana? Felicity fu svegliata dal dolore lancinante che sentiva ai polsi. La corda che la teneva legata alla sedia era troppo stretta, non le faceva circolare il sangue. Aprì gli occhi e riconobbe il parcheggio sotterraneo delle PT. Erano al livello più basso, quasi sempre inutilizzato.
"Ben svegliata, signorina Smoak".
"Chi sei? Cosa vuoi da me?"
"Il mio nome è Sarab. E sono qui per farti una proposta".
L’uomo si liberò del cappuccio e della maschera, mostrandole i suoi lineamenti orientali. Non lo aveva mai visto prima di quel momento.
"Una proposta? Perché mai dovresti farmi una proposta?"
"Il perché è molto semplice. Tu sei la persona più vicina ad Oliver Queen, quella che ha una maggiore influenza su di lui".
Oliver. Certo. Sarebbe corso a salvarla, come aveva sempre fatto. Non aveva nulla da temere.
"Appena Oliver saprà che mi hai rapita, perché credimi in qualche modo lo scoprirà, passerai un brutto quarto d'ora amico, inizia a prepararti psicologicamente".
"Ora capisco perché Oliver abbia così tanta considerazione di te. Sei una tipa tosta, non c'è dubbio".
"Perché diavolo parli come se lo conoscessi?"
Continuava a rivolgersi a lui con sfrontatezza. Forse per l'adrenalina che le circolava in corpo. Forse perché non vedeva nessuna arma puntata contro di lei. Forse perché sapeva che se questo Sarab avesse avuto veramente intenzione di ucciderla a questo punto sarebbe già morta.
"Perché lo conosco. Conosco Oliver da parecchio tempo. Da prima che facesse ritorno a Starling City".
Felicity iniziò a collegare i vari pezzi che aveva a disposizione, stralci di conversazioni con Oliver. Pur essendo sempre molto restio a raccontare quello che gli era accaduto negli anni lontano da casa, a volte la necessità di sfogarsi era semplicemente più forte di tutte le sue barriere.
"Tu sei Maseo, giusto? Oliver non ci ha detto molto ma ci ha raccontato che è solo grazie a te se è ritornato a casa sano e salvo".
"Il mio nome ora è Sarab. È stata Tatsu, la mia ex moglie, a salvarlo. Avevamo con lui un debito da saldare. Quando eravamo ad Hong Kong le ha salvato la vita. E noi abbiamo salvato la sua".
Hong Kong. A Felicity tornò in mente il loro primo appuntamento, le scelte difficili che Oliver aveva dovuto affrontare. Riguardavano anche Maseo e la sua famiglia? A volte si sorprendeva del fatto che fosse riuscito a sopravvivere a quei cinque anni di inferno.
"Grazie".
"Di cosa?"
"Di non averlo lasciato morire".
"Oliver è mio amico, signorina Smoak. Ed è per questo che ho intenzione di aiutarlo".
Maseo le si avvicinò e le liberò i polsi dalla morsa stretta della corda.
"Perché mi stai liberando?"
"Perché ora sai che non rappresento una minaccia per te. Come io so che non chiamerai Oliver per chiedergli aiuto".
"Potrei ancora farlo".
"Non se ti dico che la proposta che sto per farti gli salverà la vita".
Felicity si alzò dalla sedia per sgranchirsi le gambe. Solo in quel momento si rese conto di essere scalza.
"Ti ascolto".
"Devi fare in modo che Oliver accetti la proposta di Ra's Al Ghul".
"Cosa? Sei impazzito? E perché mai?"
"Perché una volta a Nanda Parbat lo aiuterò a sconfiggerlo".
"E come? Ti ricordo che ci ha già provato una volta ed è tornato a casa per il rotto della cuffia. Ra's Al Ghul è invincibile, e io non permetterò ad Oliver di rischiare di nuovo la sua vita. Troveremo un altro modo. Deve esserci un altro modo".
"Non esiste un altro modo, signorina Smoak. Ra's Al Ghul è forte, ma non invincibile. Oliver potrà batterlo,  perché in questo caso avrà con sè un'arma di cui l'ultima volta non disponeva".
"Pensi che gli basteranno arco e frecce per sconfiggere Ra's Al Ghul? È bravo, ma non fino a questo punto".
"Non sto parlando di arco e frecce, signorina Smoak. Sto parlando di voi. Dei suoi aiutanti. Dei suoi amici. Se Oliver vuole battere la Testa del Demone non può sperare di farlo da solo. Avrà bisogno del vostro aiuto. Del nostro aiuto".
"Quindi mi stai dicendo di mettere non solo a rischio la vita di Oliver, ma anche quella di tutti noi?"
"È l'unica possibilità che abbiamo al momento, temo".
"Ammettiamo per un secondo che io sia d'accordo con questa idea assurda. Come pensi che riuscirò a convincerlo? Non so se sei aggiornato ma ultimamente non mi da parecchio ascolto. Perché non gliene hai parlato direttamente tu?".
"Davvero non ti rendi conto del potere che hai su di lui? Quando Tatsu l'ha operato su quella montagna, è rimasto incosciente per quasi tre giorni. La prima parola che ha pronunciato riaprendo gli occhi è stato il tuo nome. Da quel momento ho capito quanto fosse profondo il legame tra di voi. Quanto fosse grande il suo amore per te".
Felicity rabbrividì. Sapeva che Oliver la amava, ma non credeva fino a questo punto.
“Le cose sono cambiate adesso. Credimi. Oliver non mi da ascolto come una volta”.
"Beh in quel caso gli daremo un incentivo abbastanza forte da spingerlo a consegnarsi a Ra’s volontariamente”.
"E quale sarebbe questo incentivo?"
"Se sapesse che la tua vita è in pericolo non ci penserebbe due volte a farlo".
"Lo ha fatto per Thea. Non so se arriverebbe a tanto per me".
"Thea è sua sorella. Tu sei l'amore della sua vita".
Felicity iniziò a pensare a tutte le implicazioni di quel piano. Se qualcosa fosse andato storto? Se Maseo avesse riposto troppa fiducia nei sentimenti che Oliver provava per lei? Avrebbe trovato la morte per mano di Ra's. Il solo pensiero la terrorizzava.
“Perché non andare direttamente lì, provando a cogliere Ra’s di sorpresa?”
“Non è così semplice come può sembrare. Avendo Oliver davanti a sé sarebbe concentrato interamente su di lui e questo darebbe modo ai tuoi amici di occuparsi indisturbati del resto della lega e darebbe modo a me di attuare il piano che ho in mente per sconfiggerlo”.
“Non ti importa del rischio che corri? Insomma, se Ra’s venisse a sapere che cospiri contro di lui ti farebbe fuori all’istante”.
“Ra’s mi ha privato di tutto. Dell’amore, della mia famiglia, della gioia di vivere. Non sono disposto a vedere Oliver fare la mia stessa fine. E se devo sconfiggere la Testa del Demone per evitarlo, lo farò”.
“Non credi di stare esasperando un tantinello le cose? Insomma, Oliver ha già fatto la sua scelta, non vuole unirsi a voi. E io sinceramente sono d’accordo con lui. Non si può semplicemente lasciare perdere e andare avanti?”
“E tu credi che Ra’s Al Ghul lasci perdere e vada avanti? Non si arrenderà fino a quando non raggiungerà il suo scopo. A costo di perseguitare tutte le persone che Oliver ama, solo per riuscire a strappare via dalla sua anima fino all’ultimo brandello di vita rimasto”.
“Perfetto, questo vuol dire che con le buone o con le cattive Oliver prima o poi dovrà diventare uno di voi”.
“Esatto. E a quel punto non sarebbe meglio avere un piano a nostra disposizione per provare ad estirpare il problema alla radice?”.
Quel discorso non faceva una piega. Non capiva per quale strano motivo ma sentiva di potersi fidare di quell’uomo. Conosceva Ra’s Al Ghul e i suoi punti deboli meglio di tutti loro messi assieme. Avrebbe parlato ad Oliver di quel piano. Certo i rischi che avrebbero corso erano parecchi, ma a quel punto non avevano più niente da perdere.
In quel momento sentì qualcuno fare irruzione nel parcheggio. Era Ray, vestito da Atom. Stava puntando il suo laser contro Maseo, che dal canto suo si infilò prontamente la maschera e si preparò al contrattacco.
"Lasciala andare o giuro che te ne farò pentire".
"No!!! Non farlo!!! Non mi farà del male, fidati di me!"
Fu troppo tardi. Felicity vide partire il laser in direzione dell'unica persona che avrebbe potuto salvare la vita di Oliver. Di istinto si lanciò lungo la traiettoria tracciata dal fascio di luce rossa, facendo da scudo a Maseo. Sentì un dolore lancinante all'addome, come se fosse stata travolta da un camion in corsa. Ben presto un liquido caldo le inzuppò la camicetta di seta. Era sangue? Si accasciò al suolo, stremata. Non riusciva più a distinguere l'ambiente circostante, sentiva le palpebre sempre più pesanti. Prima di lasciarsi andare all'inesorabile oblio, intravide una sagoma sopra di lei. Le stava stringendo la mano.
"Sei... sei tu?"
"Si sono io.... Mi dispiace così tanto.... Ora ti porto in ospedale, sta tranquilla. Starai bene".
"Oliver.... Oliver... non lasciarmi, ti prego".
Il cuore di Ray saltò un battito. Felicity aveva pronunciato il nome di Oliver. Avrebbe voluto ci fosse lui in quel momento al suo fianco.
"Ti prego, non lasciarmi.... io ti... ti..."
Prima che potesse terminare la frase perse i sensi. Ray la prese in braccio e la portò in ospedale nel più breve tempo possibile.
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Oliver quel giorno era più teso di una corda di violino. Come gli animali che riuscivano a percepire l'arrivo di una catastrofe naturale, sentiva che qualcosa di grosso stava per accadere. Ma non riusciva a capire cosa.
In quel momento lo schermo di uno dei computer si illuminò.
"Di che si tratta Dig?"
"Una segnalazione al distretto di polizia. Si parla di dieci persone uccise. Tutte con una freccia conficcata nel petto".
"Una freccia? Che storia è questa? Pensavo fosse finita l'epoca degli arcieri imitatori".
"Non si tratta di arcieri imitatori".
Era Laurel, che allarmata scese di corsa le scale del covo.
"Che vuoi dire?"
"Oliver, sei nei guai. Qualcuno sta provando ad incastrarti. Le frecce usate sono le tue. La polizia ti sta dando la caccia".
"E chi mai potrebbe avere un motivo valido per volermi incastrare?"
"Pensaci, Oliver. L'unica persona in grado di fare una cosa simile è Nyssa".
"Oddio... Nyssa..."
"Sai qualcosa che non sappiamo, Laurel?"
"Stamattina... abbiamo parlato dei problemi che ho con mio padre... del fatto che non mi rivolgesse la parola da settimane…. Non vorrei le fosse venuto in mente di usare la rabbia di mio padre contro di te".
Diggle guardò l'amico preoccupato. Oliver sapeva che quella teoria era più che plausibile, ma continuava a non comprendere il motivo per cui Nyssa si fosse spinta a tanto.
"Nyssa sa che non ho intenzione di accettare la proposta di suo padre. Non posso accollarmi la colpa delle decisioni prese da Ra's".
"Forse semplicemente non le importa. Forse è talmente accecata dalla rabbia da non capire chi sia il vero responsabile di questa situazione".
"Che facciamo adesso?"
Roy diede voce alla domanda a cui tutti stavano pensando in quel momento.
"Dobbiamo escogitare un piano. E dobbiamo farlo in fretta. Oliver, mio padre riverserà tutta la sua rabbia su di te. Dio solo sa Nyssa cosa gli ha raccontato. Lo conosco, non si fermerà fino a quando non ti vedrà marcire dietro le sbarre".
"Oliver, se la polizia ti cattura è la fine. Tutti verranno a sapere la vera identità di Arrow".
Nel momento di massima concitazione il cellulare di Oliver squillò. Numero sconosciuto.
"Con chi parlo?"
"Oliver, sono Ray... Ray Palmer".
"Che succede?"
"Si tratta di Felicity. Non sapevo chi altro chiamare. Vieni subito allo Starling General".
Oliver gli chiuse il telefono in faccia. La chiamata durò 5 secondi. I 5 secondi più lunghi della sua vita. Sentì improvvisamente il mondo crollare sotto i suoi piedi.
Senza dire una parola prese la giacca e le chiavi della moto. Prima che potesse fare un solo passo Diggle lo afferrò per un braccio.
"Chi era al telefono? Sei sconvolto amico, che succede? "
"Felicity. È in ospedale".
Oliver non riuscì a dire altro. Non senza rischiare di scoppiare a piangere davanti a tutti. Si liberò dalla presa senza aspettare una risposta, e corse via. Non c'era tempo da perdere.
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Oliver chiese all'infermiera alla reception il reparto in cui era stata portata Felicity.
"Signore, lei è un parente?"
"No, ma...."
"Se non è un parente non sono tenuta a darle questa informazione, sono spiacente".
"Glielo chiederò gentilmente per un'ultima volta, poi sarò costretto ad usare le maniere forti. In quale reparto è stata portata la signorina Felicity Smoak?"
"Oliver, sei qui. Non riuscivo a trovarti".
Ray lo raggiunse di corsa. Aveva l’affanno.
"Palmer, che diavolo è successo? Dov'è Felicity?"
I due si allontanarono per parlare senza il rischio di essere ascoltati. L'infermiera fece un sospiro di sollievo, aveva seriamente temuto per la sua incolumità.
"Eravamo a lavoro e Felicity è stata rapita, l'hanno portata nei parcheggi sotterranei, mi sono reso conto che qualcosa non andava, non aveva mai perso una riunione fino a quel momento e poi era appena venuta a chiamarmi quindi era strano non vederla in sala conferenze, così ho chiesto alla sicurezza di controllare e l'ho vista con quell'uomo, non ci ho pensato due volte e sono corso da lei vestito da ATOM e..."
"Quell'uomo? Quale uomo?"
"Non ho idea di chi fosse. Aveva un cappuccio nero e una maschera. Non lo avevo mai visto prima".
Oliver capì subito che si trattava di un componente della lega.
"Cosa le è successo? Cosa le hanno fatto?"
"Sono stato io a ferirla".
"Come, scusa?"
"Stavo puntando il laser contro quell'uomo e lei si è semplicemente messa in mezzo. Non so per quale motivo ma non voleva che gli facessi del male. Non sono riuscito a fermarmi in tempo. E’ in questa situazione per causa mia…"
Le parole di Ray lo colpirono come uno schiaffo in pieno volto. Era stato lui a farle del male.
"COSA DIAVOLO LE HAI FATTO?"
"L'ho colpita all'addome. Ha perso molto sangue ed è svenuta. Ora è in sala operatoria, penso abbia il fegato perforato. Non mi hanno detto altro".
Oliver aveva smesso di ascoltarlo. Vide davanti a sè l'immagine di Felicity riversa al suolo in una pozza di sangue. Non avrebbe mai voluto che le capitasse una cosa del genere. Non era per questo motivo se aveva deciso di starle lontano? E a cosa era servito?
"Oliver... io..."
Non riuscì più a controllarsi. Lo colpì come non aveva mai fatto con nessuno da sette anni a quella parte. Gli spaccò lo zigomo, sperava di averglielo quanto meno frantumato. Palmer si accasciò al suolo, gemendo per il dolore. Si portò la mano alla guancia, rendendosi conto dell'entità della ferita. Avrebbe avuto bisogno come minimo di qualche punto.
"Me lo sono meritato".
"Lo sapevo che prima o poi sarebbe finita nei guai. Lo sapevo che non sarebbe mai stata al sicuro con te".
"E credimi, Oliver, dovrò convivere con quello che è successo per il resto della mia vita. Ma dimmi una cosa. Quello che è successo quanto è diverso da tutto quello che ha passato stando con te? Non è la prima volta che si trova in una situazione di pericolo".
"La differenza, Palmer, è che io non le avrei mai fatto del male. Mi sarei lanciato da un palazzo di trenta piani piuttosto che farle del male".
"Sai che non avrei mai voluto farle una cosa simile. È stato un incidente".
“Un incidente che NON DOVEVA capitare!”
“Cosa avrei dovuto fare? Lasciarla in quel parcheggio con quell’uomo? A proposito, chi diavolo era quell’uomo? Che ci faceva con lei? Perché si è sacrificata per lui?”
“Non lo so, ok? In questo momento non so più niente”.
Nulla di quella storia aveva un senso per lui. Perché Felicity avrebbe dovuto sacrificarsi per un assassino? Non lo sapeva. Sapeva solo che aveva una gran voglia di piangere. E di abbracciare la sua mamma. In quel momento sentì la sua mancanza come non mai.
"Dobbiamo chiamare la mamma di Felicity, deve sapere cosa è successo alla figlia. Dille che è stata vittima di una rapina finita male, la forma della ferita dovrebbe corrispondere a quella di un coltellino serramanico".
Ray non potè fare a meno di notare la lucidità con cui Oliver aveva inventato una scusa plausibile che gli consentisse di non rivelare le loro identità segrete. Pensò a quanti anni di esperienza gli fossero serviti per diventare così bravo. Prese dalla tasca il telefono di Felicity. Selezionò il numero dalla rubrica e si preparò a dare a quella donna la notizia che avrebbe sconvolto per sempre la sua vita.
Oliver ne approfittò per prendere una boccata d'aria. Aveva bisogno di capirci qualcosa in quella storia. Doveva trovare la persona che aveva rapito Felicity, fino a quel momento non si sarebbe dato pace.
 
 


*NOTA DELL’AUTRICE*
Sarò sincera con voi, mi ero presa del tempo prima di continuare la storia sperando uscisse qualche spoiler in più sull’ep. 3x18 e seguenti, per tracciare in maniera coerente almeno le linee guida della vicenda. Poi ho pensato ai giorni che mancano alla messa in onda e ho capito che è troppo presto per ottenere anche solo la sinossi di questi episodi -non potete capire la soddisfazione nel constatare che la sinossi della 3x17 non si discosta di molto dal contenuto del capitolo precedente- *.*
Così ho preso coraggio e ho deciso di inventare di mio pugno quello che succederà da qui alla fine di questa stagione, essendo ben consapevole di non avvicinarmi nemmeno lontanamente alla genialità degli autori di questo telefilm e quindi a quello che realmente accadrà nella storia canon. Proverò comunque a collocare i pochi indizi che abbiamo a disposizione nella maniera più coerente possibile, cercando di farlo al meglio delle mie capacità. Spero di non aver inventato troppe castronerie e che la storia continui ad essere in ogni caso di vostro gradimento.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi e che non mi hanno abbandonata strada facendo. Grazie per le parole gentili che mi riservate. Ho deciso di dividere questo capitolo in due perchè mi rendo conto che non posso rifilarvi più di 15 pagine di word alla volta :P  prometto di terminare la seconda parte quanto prima.
Ecco sono diventata di nuovo prolissa. Scusate il papirozzo.
Alla prossima :*

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Capitolo 7
*** Lega degli Assassini ***


Nanda Parbat

“Oliver Queen, finalmente hai preso la tua decisione. Temevo che questo giorno non sarebbe mai giunto”.
Oliver guardò Ra's Al Ghul con aria di sfida, senza dire una parola.
“Che ne dici di sciogliere un po’ il ghiaccio e fare un po’ di conversazione? Conosci le origini della parola 'assassino’?”
“Non penso rientrasse tra gli argomenti di studio al liceo”.
Ra’s ignorò il suo sarcasmo e proseguì.
“Il termine deriva da Hasan-i Sabbah, imam della prima setta degli assassini, nata più di un millennio fa”.
“Lo scopo di questa lezione di storia?”
“Lo scopo, signor Queen, è conoscere le nostre tradizioni, il nostro passato, per imparare da esso e per non commettere gli stessi errori dei nostri antenati. Il termine assassino ha acquisito l’accezione di omicida solo molto tempo dopo, quando la setta ha iniziato ad avere come scopo l’uccisione mirata di personaggi politici di spicco”.
“Noto che questa abitudine non l'avete ancora persa”.
“Non uccidiamo a cuor leggero, signor Queen. Noi rimpiazziamo il male con la morte. Non proviamo gioia nel togliere la vita ad altri esseri umani. Il nostro è un compito ingrato, ristabiliamo la giustizia nel modo più feroce ma efficace possibile”.
“Ripeto, il punto di tutto questo discorso?”
“Il punto è che ti sei consegnato a me, ti dici disposto a diventare la nuova Testa del Demone, ma sembri non aver ancora compreso le implicazioni che questa scelta comporterà”.
“Perché non ti accontenti semplicemente di avermi qui? Non era questo che volevi?”
“Oh, non preoccuparti di quello che voglio io. Preoccupati di quello che succederà a te da questo momento in poi. Ho intenzione di strappare via dalla tua anima ogni singolo brandello di vita ancora rimasto, nonostante la profonda tragedia della tua esistenza. Fino a quando di Oliver Queen non resterà più niente, se non l’ombra di se stesso. Solo allora leggerò nei profondi meandri del tuo essere e capirò se hai davvero intenzione di prendere il mio posto. Se non ci sarà alcuna esitazione meriterai di diventare il nuovo Ra’s Al Ghul, degno discendente di Hasan.i Sabbah”.
“Sono già diventato l'ombra di me stesso, ho deciso tempo fa di rinunciare alla mia umanità".
“Non sai quanto ti sbagli, ragazzo. Hai lasciato a casa persone a cui tieni molto. Sono loro che ti tengono ancorato alla tua umanità. E fin quando resteranno in vita non riuscirai mai a lasciare andare del tutto la parte di te che ti rende Oliver Queen”.
“Non erano questi gli accordi. Mi avevi garantito che consegnandomi a te non avrei più dovuto preoccuparmi per loro”.
"Credi davvero ti abbia detto una menzogna? Unendoti a me non avresti più dovuto preoccuparti per loro, perché preoccuparsi vuol dire tenerci e tenerci vuol dire provare sentimenti. E a te, d'ora in poi, non sarà più concesso questo privilegio".
Si chiese se sarebbe mai stato in grado, un giorno, di dimenticarsi dell’amore che provava per Felicity, per Thea, per tutti. Si chiese se davvero Ra’s Al Ghul sarebbe riuscito a strappargli via anche gli ultimi brandelli di umanità rimasti. Ora come ora, riusciva solo a pensare a come si sentiva adesso. Una persona che avrebbe fatto tutto il possibile per evitare che le persone a cui teneva di più venissero coinvolte in quella storia. Sperava di guadagnare il tempo necessario per trovare una soluzione che non implicasse vedere i suoi amici morire.
“Le mie intenzioni sono sincere, Ra's. E te lo dimostrerò. Sarab sta cospirando contro di te. E’ un traditore. Non merita più il suo posto nella lega. Devi ucciderlo".
“Credevo volessi iniziare da piccoli passi, ma noto con piacere che non smetti mai di stupirmi, Najiha”.
“Cosa vuol dire?”
Sopravvissuto. D’ora in poi sarà questo il tuo nome, preparati a dire addio per sempre ad Oliver Queen”.

------------------------

Era passato un giorno dall'operazione e Felicity era ancora in ospedale. I medici non l’avrebbero dimessa prima di 72 ore. Si sentiva rinchiusa in una gabbia e per di più nessuno sembrava volerle spiegare bene cosa era accaduto in sua assenza. Si mantenevano tutti sul vago, per evitare che si preoccupasse inutilmente prima di essersi ripresa del tutto.
“Felicity per favore non insistere”.
“Dig non hai idea di cosa si provi ad essere costretti in una camera d’ospedale senza riuscire a fare niente di utile. Almeno raccontami qualcosa! Come stanno gli altri? Roy è ancora in galera?”
“Si, ma ci sta pensando Laurel. Non so a quale cavillo si appellerà per scagionarlo".
"Ci riuscirà Dig, è brava e sa quello che fa. Il nuovo covo invece? Tutto sistemato?”
“Sistemato è un parolone, soprattutto per quanto riguarda la parte tecnologica”.
“Mi piange il cuore, i miei poveri gioiellini sballottati da un posto all’altro senza ritegno”.
“Hey! I tuoi gioiellini sono salvi grazie al sottoscritto, dovresti baciarmi mani e piedi piuttosto”.
“Le mani, potrei pure. Ma i piedi? Bleah! Che cosa disgustosa!"
Dig alzò gli occhi al cielo. Si sentì sollevato. L'incidente non aveva scalfito la sua ironia ed irriverenza.
"Scusa Dig, è che mi mancano terribilmente. Mi mancate terribilmente”.
Oliver le mancava terribilmente, ma decise di non dirlo ad alta voce.
“Notizie da Oliver? Non che mi aspettavo venisse a trovarmi, so che ha cose più importanti da fare, ma ieri sera al telefono l’ho sentito… strano”.
Diggle cercò di mascherare la preoccupazione che provava in quel momento, Oliver non si era più fatto vivo nemmeno con loro.
“Sai com’è fatto Oliver, non è mai stato bravo a gestire queste situazioni umane. Sono sicuro che non vede l’ora di riabbracciarti”.
Felicity lo guardò dritto negli occhi. Non era una stupida, John era il suo migliore amico, sapeva che qualcosa non andava.
"Credi che c'entri qualcosa il mio rapimento? Potrebbe aver incontrato Maseo, sai com’è fatto, avrà dato di matto. Spero solo non abbia commesso qualche sciocchezza".
Felicity aveva raccontato tutto all'amico, compreso il piano che Maseo le aveva proposto per salvare la vita di Oliver. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, altrimenti sarebbe impazzita.
"Non preoccuparti, ok? Magari ha solo bisogno di un po' di tempo per riprendersi. Non è la prima volta che scompare così all’improvviso. Non giungiamo a conclusioni affrettate".
“Signorina Smoak? Il dottore sarà qui a momenti per un controllo, farà meglio a tenersi pronta”.
"Cerca di riposarti, ok? Noi ce la caveremo, come sempre”.
Le accarezzò la testa prima di incamminarsi fuori.
“A domani, Dig. Grazie per essere passato”.
Felicity si sentì improvvisamente sola. Le piaceva avere compagnia, la aiutava a scacciare i cattivi pensieri. Ma per quanto si sforzasse di distrarsi non riusciva ad allontanare la terribile sensazione che le stava scombussolando lo stomaco da quando aveva parlato al telefono con Oliver.  C’era qualcosa che non andava e lo avrebbe scoperto il prima possibile, aveva già lasciato passare troppo tempo.

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"Papà? Papà, per favore, fermati!"
Laurel corse incontro al capitano Lance. Sperava di riuscire a parlare con lui prima del processo.
"Papà, ti prego, dammi cinque minuti".
"Che vuoi Laurel? Problemi con la difesa del tuo migliore amico di maschera? "
"Lo sai che non è stato lui".
"So che dieci persone sono morte con una sua freccia piantata nel petto. Chi mi dice che non abbia ripreso le vecchie abitudini?"
"Non ha mai ucciso persone innocenti".
"SARA ERA INNOCENTE!"
Non riuscì a moderare il tono di voce. Laurel si tirò leggermente indietro, aspettando che il padre si calmasse.
"Papà... non è stato lui ad uccidere Sara..."
"È come se lo avesse fatto. Nyssa mi ha detto tutto. Ha sfidato suo padre pur di proteggere l'assassino di tua sorella e si è alleato con la persona che ha architettato tutto. È colpevole tanto quanto loro".
"È più complicato di così".
"Sai qual è la cosa triste? Prima lo avresti condannato come me, se non peggio. Hai sempre creduto nella giustizia. Hai sempre saputo distinguere il bene dal male. Sei cambiata Laurel, non ti riconosco più".
"Detto da uno che ha fatto arrestare un uomo innocente".
"Roy Harper? Il fatto che stai provando a scagionarlo è l'unico motivo per cui ti sto rivolgendo la parola. Fin quando continuerai a fare comunella con Arrow, il vero Arrow, dimenticati di avere un padre!"
Quentin si allontanò da lei prima che avesse il tempo di replicare. Non erano mai stati così distanti come in quel momento. Laurel si chiese se mai un giorno la situazione tra loro sarebbe migliorata. Cercò di ricomporsi, aveva una corte da affrontare, doveva tirare il suo amico fuori da quelle sbarre.

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Quei tre giorni sembrarono non passare mai. Fu solo dopo aver lasciato la sua camera d’ospedale che Felicity ricominciò finalmente a respirare.
Raggiunse con impazienza il suo appartamento. Non le era mai sembrato così bello. Come prima cosa si diresse al bagno, voleva sciacquarsi il viso e liberarsi di quello strano odore che le si era attaccato sulla pelle dopo una settimana trascorsa tra sala operatoria e terapia intensiva.
Le venne voglia di stendersi sul letto, non si era mai resa conto di quanto fosse comodo quel materasso. Chiuse gli occhi e percepì una strana sensazione, come se qualcosa fosse cambiato in sua assenza. Ancora distesa, ispezionò la camera da cima a fondo: l’armadio era semiaperto, così come lo aveva lasciato; c’erano i vestiti del giorno prima del rapimento sparsi in giro; la bottiglia d’acqua ancora sul comodino con accanto la felce…
Un momento. La felce?!? Che ci faceva la felce in camera sua?!? Si alzò di scatto e la raggiunse di corsa. Vide un biglietto sporgere dalla base del vaso.
La sua mente pensò subito ad Oliver. Era suo. Doveva essere suo.
Lesse quelle poche parole tutte d’un fiato.
Le rilesse, stavolta piano, scandendole bene. Voleva essere sicura di non averle immaginate.
"Volevo solo dirti che ti amo. O."
Sentì le farfalle nello stomaco. Oliver era stato lì. Le aveva portato la felce. E le aveva detto che l’amava. Di nuovo. Per un momento si sentì la donna più felice e fortunata del mondo. Era al settimo cielo.
Fin quando l’euforia non lasciò il posto al terrore.
Perché fare un gesto simile? Perché portare la felce a casa sua e non al covo? Perché lasciarle un biglietto e non parlarle di persona?
Il suo cervello stava collegando tutti i passaggi troppo in fretta, non era ancora preparata ad accogliere quel momento: il momento in cui avrebbe realizzato che Oliver con quel gesto le stava praticamente dicendo addio.
Le mani iniziarono a tremare, gli occhi si riempirono di lacrime. Non aveva bisogno di conferme. Lo sapeva, dentro di sé lo aveva sempre saputo. Oliver era partito per Nanda Parbat. Maseo aveva dovuto raccontargli del loro incontro, del piano e di tutto il resto. Conoscendolo non doveva averla presa bene, era per questo motivo se dall’inizio era previsto che fosse lei a parlargliene.
Si era consegnato a Ra’s Al Ghul pur di non rischiare che venisse usata come moneta di scambio. Per l’ennesima volta aveva messo la sua protezione al di sopra della sua stessa salvezza. Era un comportamento così… da Oliver.
Ma stavolta non avrebbe lasciato correre. Non avrebbe accettato passivamente le decisioni che ogni volta prendeva per entrambi. Poteva anche credere che la sua esistenza non avesse valore, ma per Felicity voleva dire tutto.  Avrebbe pensato ad un modo per tirarlo fuori di lì. Per riportarlo a casa. Dalla sua città. Dai suoi amici. Dalla sua famiglia.
Da lei.

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“E tu cosa diavolo ci fai qui?”
Nyssa fu colta di sorpresa. Era sicura che nessuno sarebbe stato in grado di scovare l'appartamento abbandonato in cui si era provvisoriamente sistemata.
“Sono venuta per parlarti. Ti prego non colpirmi”.
Felicity si coprí il volto con le mani, intimorita dalla freccia puntata contro di lei. Nyssa depose l’arma, infastidita ma anche incuriosita da quella visita inaspettata.
“Cosa vuoi, Felicity? Se sei venuta per Oliver ti dico già che non è qui”.
“Lo so che non è qui. Oliver è a Nanda Parbat”.
“Cosa? Credevo non volesse consegnarsi a mio padre”.
“Ha dovuto farlo, per salvarmi la vita”.
“Oliver Queen, il solito eroe generoso ed altruista”.
Felicity ignorò la nota di sarcasmo e disprezzo con cui Nyssa aveva pronunciato quelle parole.
"Lo sai anche tu che non è lui la persona destinata a prendere il posto di tuo padre”.
"Non è una decisione che spetta a me. Anche perché, detto francamente, di certo non avrei mai scelto una persona del genere come mio erede".
"Posso farti una domanda un po' personale?"
"Perché ho la sensazione che se anche ti dicessi di no me la faresti comunque?"
Felicity fece finta di non sentire e proseguì.
"Amavi Sara?"
Il cuore di Nyssa si fermò per un istante. Non si aspettava una domanda del genere.
"Certo che la amavo. Più della mia stessa vita".
“Se avessi avuto una possibilità, anche minima, di salvarla, cosa avresti fatto?”
“Mi sarei buttata al posto suo da quel dannatissimo tetto pur di salvarla!!!”.
Nyssa le diede le spalle, pensare a Sara la rendeva vulnerabile e non voleva che altre persone la vedessero in quello stato.
Felicity decise di procedere con delicatezza, comprendendo quel momento di difficoltà.
"Non serve che ti nasconda, riesco a leggere nei tuoi occhi l'immenso amore che provavi per lei... Mi dispiace tanto per la tua perdita, Nyssa".
Per qualche minuto calò il silenzio tra di loro. Si riusciva a sentire solo il rumore del traffico e delle sirene della polizia in lontananza.
“Sei la prima persona che me lo dice, sai? Che si dispiace per me. Tutti hanno sempre dato per scontato che la figlia del Demone non potesse provare sentimenti. Beh, non è così. Se solo sapessero il vuoto che sento dentro di me in questo momento, la voragine che squarcia il mio petto ogni singola ora, di ogni singolo giorno”.
Felicity ripensò al suo stato d'animo nel periodo in cui credeva che Oliver fosse morto. Era distrutta. Capiva come si sentiva Nyssa, lo aveva provato sulla sua stessa pelle. Con la sola differenza che Sara non era mai tornata indietro.
“Quando ho saputo che Oliver era morto il mio intero mondo è andato in pezzi, sentivo che non c’era più alcuna forza di gravità ad ancorarmi alla Terra. Credo di non essermi mai sentita così disorientata come in quel periodo. Vagavo senza una meta, tra casa e lavoro, fin quando un giorno non realizzai una cosa importante".
"Cosa?"
“Iniziai a vedere tutto da una prospettiva diversa. Capii che Oliver in realtà poteva continuare a vivere attraverso i miei gesti, i miei comportamenti, le mie decisioni. Bastava fare le cose che faceva lui, nel modo in cui le avrebbe fatte lui. Solo così avrei continuato a sentirlo vicino. Solo così avrei onorato la sua memoria”.
“Cosa stai tentando di dirmi, Felicity? Che non sto onorando la memoria di Sara? Che devo aiutare Oliver Queen per sentirla più vicina a me?”
“Vorrei solo che ti guardassi dentro e ti domandassi: sto facendo quello che lei avrebbe fatto? Quello che lei avrebbe voluto?”
“Sara avrebbe fatto di tutto pur di salvare le persone a lei care, inclusi Oliver e la sua famiglia. Aveva un cuore immenso. Ma io non sono Sara, Felicity. Non ho la sua bontà, la sua generosità, la sua purezza. Io sono un’anima tormentata, che non conosce perdono, né pietà. Mi stai chiedendo l’impossibile. Non aiuterò le persone che hanno rovinato la mia vita. E niente, tanto meno il ricordo di Sara, potrà farmi cambiare idea a riguardo. Mi dispiace”.
Felicity decise di non insistere. Non voleva sfidare la sorte. Ci aveva provato. In fondo sapeva già dalla'inizio che non sarebbe stato facile farle cambiare idea.
Prima di andarsene le disse un'ultima cosa.
“Se sei davvero un’anima tormentata come dici, mi spieghi per quale motivo il tuo cuore è in grado di provare così tanto amore?”
Senza attendere una risposta si chiuse la porta dell’appartamento alle spalle, e con essa anche la sola possibilità che aveva al momento di salvare Oliver. Ma non si sarebbe arresa, avrebbe trovato un altro modo. Ci doveva essere un altro modo.

-------------------------------

"Roy!!! Non lo avrei mai detto, ma mi sei mancato, amico”.
Diggle corse incontro al ragazzo, felice di rivederlo dopo così tanto tempo.
“Devi ringraziare Laurel. Dovevi vederla prima, ha sbaragliato l’accusa come niente fosse”.
“Ho seguito in tv. E’ riuscita a dimostrare che le frecce non sono state scoccate da Arrow trovando un testimone oculare attendibile. Mossa intelligente”.
“Già… ma l'unica cosa che conta è che sono libero adesso. Non mi sembra vero!"
"Dov'è il costume di Arrow?"
"Giusto... la polizia me lo ha sequestrato quando mi ha arrestato. Laurel sta provando a recuperarlo. A proposito, dov'è Oliver? Abbiamo molto di cui parlare. La città ormai crede che Arrow sia io, magari sarebbe meglio se evitassi di farmi vedere in giro per un po’... anche perché non credo che il capitano Lance si arrenderà così facilmente, continuerà a darci la caccia. Insomma come lo risolviamo questo casino senza di lui?"
“Amico, Oliver non si fa sentire nè vedere da giorni. Non ho la più pallida idea di dove sia...”
“Oliver è a Nanda Parbat”.
Felicity aveva appeno sceso le scale del covo, non potendo fare a meno di ascoltare la parte finale del discorso.
“Cosa?”
“Hai sentito bene Dig, Oliver è a Nanda Parbat. E se vogliamo salvarlo dobbiamo subito escogitare un piano per tirarlo fuori di lì".
"Calma, calma un secondo. Come fai ad esserne così sicura?"
Felicity gli mostrò la felce che Oliver aveva lasciato sul comodino di camera sua e gli fece leggere le poche parole che le aveva scritto per dirle addio.
"Sentimentale..."
“Sarà passato da casa mia prima di partire. Me lo sentivo che aveva incontrato Maseo... Lo sapevo che alla fine avrebbe commesso una sciocchezza..."
“Ehm, ehm. Scusate se vi interrompo, ma mi spieghereste di cosa diavolo state parlando?”
In quel momento Felicity e Diggle si resero conto che Roy non poteva avere la più pallida idea di quello che era successo mentre era in galera. Gli raccontarono per sommi capi di Maseo, del suo piano, del probabile incontro con Oliver e della sua conseguente decisione di consegnarsi.
“Mi sembra tutto così assurdo. Perché non parlarne con noi prima di partire?”
“Lo conosciamo, Roy. Non gli piace perdere tempo. Soprattutto quando si tratta di mettere a rischio la vita delle persone che ama”.
Diggle guardò in direzione Felicity, con gli occhi colmi di preoccupazione.
“Dobbiamo tirarlo fuori da lì. Adesso. Prima che sia troppo tardi”.
“Troppo tardi per fare cosa?”
Thea irruppe nel covo, John le aveva fornito indirizzo e codice di accesso, ormai anche lei faceva parte del team a tutti gli effetti.
I tre amici si scambiarono uno sguardo di intesa. Fu Felicity la prima a prendere la parola.
“Thea, non te lo chiederei se non fosse strettamente necessario, ma c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Dobbiamo andare a Nanda Parbat. Dobbiamo salvare Oliver”.
“Oliver è andato a Nanda Parbat? E’ impazzito? Vuole davvero prendere il posto di Ra’s Al Ghul?”
“Temo di si. E prima che avvenga Ra’s lo renderà irriconoscibile, lo forgerà a sua immagine e somiglianza, fino a quando della sua persona non resterà più niente. Non possiamo permettere che accada”.
“Sono con voi, la vita di mio fratello conta più di ogni altra cosa”
Mancava solo Laurel all’appello. Mai come in quel momento dovevano essere uniti, agire come se fossero una persona sola.
"Bene, mettiamoci all'opera ragazzi, Oliver ha bisogno di noi".

------------------------
 
“Fate entrare Sarab!”
Maseo venne trascinato per i polsi e fatto inginocchiare con la forza al cospetto di Ra’s Al Ghul. Oliver era in piedi, alla sua destra, vestito come un componente della lega. Era diventato uno di loro.
“Per anni sei stato mio fedele servitore. Cosa ti è successo? Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
Attesero una risposta che non arrivò.
“E’ stato Najiha ad informarmi. Non ti sei accontentato di riportarlo in vita la prima volta. Volevi fare le cose in grande, estirpare il problema dalla radice, annientare la Testa del Demone. Non credevo fossi così ingenuo, Maseo”.
Oliver non si aspettava che lo chiamasse per nome, il suo vero nome. Capì che non doveva restargli molto tempo, era il segno che per Ra’s ormai non faceva più parte della lega.
“Conta così tanto la vita di questo ragazzo per te?”
“Oliver è mio amico…”
“E’ tuo amico? Davvero? Consideri amica una persona che ti ripaga in questo modo?"
Ra’s Al Ghul rise. Di una risata terrificante, di quelle che ti mettono i brividi. Oliver lo guardò di sottecchi, odiava Maseo per quello che gli aveva fatto ma non credeva meritasse un’umiliazione simile.
“Non mi fai paura, Ra’s. Se devi uccidermi fallo, non è la morte che temo, esistono cose peggiori".
"E sentiamo, cosa ci può essere di peggiore della morte?"
"Diventare come te, ad esempio".
Oliver distolse lo sguardo, sapeva che quella frecciatina era indirizzata a lui.
"Quindi uccidimi pure, falla finita una volta per tutte".
“Non così in fretta, sciocco. Deciderò io quando dovrai esalare il tuo ultimo respiro. Prima di quel momento farai quello che ti dico. Se non vuoi vedere Tatsu fare la tua stessa fine”.
Oliver sbiancò. Voleva bene a Tatsu. Non aveva mai creduto che Ra’s la coinvolgesse in quella storia.
“Lei non c’entra niente con quello che ho fatto. Non ha nessuna colpa”.
“Credi davvero che sia uno stupido, non è così? Quando la finirai di offendere senza alcun ritegno la Testa del Demone? So che è stata lei ad aiutarti in quella baita. Se quella donna ancora respira è solo perché mi ha fatto un piacere a tenere in vita Najiha. Ma potrei sempre cambiare idea”.
Oliver capì che la situazione poteva degenerare da un momento all’altro. Temeva la prossima mossa di Ra’s. Da lui ci si poteva aspettare di tutto, lo aveva appena realizzato.
“Sapete che c’è? Ne ho abbastanza di questo parassita, incapace di portare rispetto verso chi lo ha accolto tra le sue braccia e trattato come un figlio. Najiha, a te l’onore”.
Porse ad Oliver la sua spada.
“Non vedevi l’ora di dimostrarmi che le tue intenzioni erano serie. Beh quale momento migliore di questo. Dimostrami che ho riposto la mia fiducia nella persona giusta. Dimostrami che sei pronto a dire per sempre addio ad Oliver Queen. Uccidilo, e non sarò più costretto a far del male alla tua famiglia".
In quel momento vide davanti agli occhi il viso del suo migliore amico, Tommy. Ripensò al voto che aveva fatto per onorare la sua memoria, affinché potesse diventare una persona migliore, quella che il suo amico avrebbe desiderato che fosse. 
Ripensò a Felicity, alla profonda delusione che le avrebbe provocato. Aveva sempre creduto in lui più di chiunque altro, lo aveva sempre spronato a diventare l'eroe che vedeva in lui prima ancora che lui stesso se ne rendesse conto.
Sapeva però di non avere altra scelta. Se il prezzo per salvare la vita dei suoi amici era rinunciare alla sua anima non ci avrebbe pensato due volte a pagarlo.
Impugnò la spada è si posizionò di fronte a Maseo.
“Dì a Tatsu che la amo. E che mi dispiace".
Non fu sorpreso di sentire quelle parole. Sapeva quanto Maseo amasse sua moglie, nonostante la lega, nonostante Ra's. Si chiese se in futuro sarebbe stato forte abbastanza da fare lo stesso.
Puntò la spada verso il suo amico, e si preparò a trafiggere il suo cuore.
 


*NOTA DELL’AUTRICE*
Finalmente ho trovato il tempo di aggiornare la storia. Più avanti vado e più diventa difficile per me sbrogliare questa enorme matassa che io stessa ho contribuito a creare. Spero che nel frattempo continuerete a seguirmi, anche perchè l’happy ending si avvicina :)
Non so quanti capitoli ci separano dalla fine ma posso dirvi che non ne mancano molti, siamo quasi giunti alla resa dei conti.
P.s: Hanno appena rilasciato la sinossi della 3x18, come immaginavo non mi sono avvicinata nemmeno lontanamente a quello che avverrà, ma meglio così, vorrà dire che questo fantastico telefilm continuerà a stupirmi come ha sempre fatto, gli autori sono dei piccoli genietti e sono sicura che non ci deluderanno ;)
Grazie grazie grazie a chi mi legge, mi segue e soprattutto recensisce, non sapete la gioia che mi date *.*
Alla prossima! :*

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Capitolo 8
*** Broken Arrow ***


Oliver continuava a tremare. Sentiva che le gambe avrebbero ceduto da un momento all'altro. Palmer aveva ragione, non era la prima volta che Felicity si era trovata in una situazione di pericolo, ma le conseguenze non erano mai state così gravi. E se non ce l’avesse fatta? Non poteva sopportare anche quella batosta, non era abbastanza forte.
Era da solo, seduto sui gradini dello Starling General. Percepiva presenze confuse camminare di fianco a lui, superarlo con agilità, correre dai loro cari che probabilmente rischiavano la vita. Non riuscì a provare empatia per nessuno di loro. Il dolore che stava vivendo in quel momento era incomparabile con quello di chiunque altro, perché nessuno era in grado di amare una persona nel modo in cui lui amava Felicity.
Percepì una vibrazione nella tasca del giubbotto. Era John. Fu solo in quel momento che si rese conto di essersi completamente dimenticato di informare i ragazzi sulle condizioni di Felicity.
“Dig?”
“Amico, hey, come sta Felicity? Ci sono novità?"
“E’ in sala operatoria, con il fegato spappolato probabilmente”.
“Oh mio Dio, com'è successo?”
“Le dinamiche non sono chiare. Pare fosse stata rapita da uno della lega, Ray è corso in suo aiuto ed è rimasta vittima di uno dei suoi laser, cercando di proteggere l’uomo che l’aveva rapita”.
“E’ stato uno dei laser di Ray a ferirla? Giuro che se lo acchiappo in giro…”
“Ci ho già pensato io”.
“Spero gli abbia dato una bella lezione, quel robot da strapazzo, con cosa crede di avere a che fare? Con dei giocattoli? Aaaaa ma se lo incontro che gli combino, giuro che gli farò patire le pene dell'inferno....”
“Dig?”
“Si?”
“E se non dovesse farcela?”
“Ehy, ehy, ehy… non devi assolutamente pensare ad una cosa simile. Felicity è forte, è tosta, se la caverà. Come ha sempre fatto”.
Oliver crollò definitivamente. Iniziò a piangere come un bambino.
“Ricordi quando si prese una pallottola per salvare Sara? Ha sempre detto di essere fiera di quella cicatrice tutta sua. Ora ne avrà un’altra da mostrare con orgoglio, pensa a  quanto gongolerà, dovremo sorbirci le sue chiacchiere su questa storia per almeno un mese”.
Diggle cercò di sdrammatizzare e in parte ci riuscì. Oliver non potè fare a meno di sorridere al ricordo di quella meravigliosa ragazza che non perdeva occasione di mostrare il suo infinito coraggio.
“Devi credere in lei, Oliver. Lei ha sempre creduto in te, anche nelle situazioni più difficili”.
“Sai qual è l’unica cosa a cui riesco a pensare al momento?”
“Ti ascolto.”
“Al fatto che non è servito a niente”.
“Cosa non è servito a niente?”
“Allontanarla da me per tenerla al sicuro, per essere in grado di proteggerla senza che perdessi la concentrazione. Non è servito a niente”.
“Ci sei arrivato amico”.
“Si è avvicinata a Palmer andando incontro a pericoli ancora più grandi. Non poteva mettersi insieme al benzinaio sulla quinta?”
“Difficile, Oliver. Ha sempre avuto gusti particolari in fatto di uomini. E’ innamorata di te, come biasimarla?”
A quelle parole sentì il suo cuore battere più velocemente. Era innamorata di lui, lo aveva sempre saputo, e lui in cambio le aveva dato solo rifiuti e delusioni.
“Avevo questa ragazza davanti a me, pronta a sostenermi, ad incoraggiarmi, a darmi tutto l’amore del mondo, e io non ho fatto altro che respingerla!”
“Puoi sempre rimediare”.
“E’ troppo tardi DIg”.
“Te l’ho già detto, ce la farà, non dubitare di questo”.
“Non parlo dell’operazione”.
“Parli di quell’idiota di Palmer? Se c’è una cosa che so per certo è che Felicity ti aspetterà sempre. Non importa quanto imponga a se stessa di essere forte, indipendente, solo per non darti soddisfazione. Ti ha aspettato pur avendo la certezza che fossi morto. Credi davvero che abbia smesso di farlo una volta che sei tornato vivo da lei?”
“E’ colpa mia Dig. E’ sempre stata colpa mia. Se non mi fossi ostinato dall'inizio ora non si troverebbe a lottare tra la vita e la morte. Riesco a rovinare tutto ció che di bello mi capita nella vita. Cosa diavolo ho che non va?”
“Se c’è un’altra cosa che so per certo è che a Felicity i martiri non piacciono. Quindi se vuoi riprendertela devi smetterla di esserlo, Oliver, una volta per tutte. E’ una donna forte, che prende da sola le sue decisioni. Non trattarla come una povera vittima sacrificale, non se lo merita”.
“Sai che non intendevo questo”.
“Non tormentarti il cervello. Per una volta nella tua vita agisci, senza pensare troppo alle conseguenze. Prenditi la felicità che meriti. I rischi si corrono anche stando con il benzinaio sulla quinta. Non possiamo avere sempre il controllo di tutto”.
Ad Oliver tornò in mente la situazione complicata in cui aveva lasciato i suoi amici prima di correre in ospedale.
“Come ve la state cavando lì? Ci sono novità?”
“Non benissimo, Oliver. La situazione sta degenerando. Laurel è andata a parlare con Nyssa, sperando di convincerla a cambiare idea. La polizia ha tappezzato la città di tue foto, di Arrow intendo, promettendo una cospicua ricompensa a chiunque ti consegni al dipartimento. C'è il caos in strada, tutti aspettano che ti faccia vivo e che commetta un passo falso. Ma non è questa la notizia peggiore”.
“Cos’altro c’è?”
“Non so se ho interpretato bene le intercettazioni, ma pare che la polizia stia rintracciando il luogo in cui è situato il covo".
“Come ci sono riusciti?”
“Ricordi l’informatico da strapazzo che fornì alla Cutter le coordinate del Verdant? A quanto pare ha generato un algoritmo in grado di calcolare il tempo impiegato da te per raggiungere le varie scene del crimine, triangolando approssimativamente la posizione di partenza. Non so in che modo, ma la polizia è riuscito a procurarsi quell'algoritmo. Non ci metteranno molto a rintracciare la posizione esatta in cui ci troviamo”.
“E cosa ci fate ancora lì? Vai nell’armadietto dove ci sono le pistole, troverai la chiave del secondo covo, quello in cui tu e Felicity mi recuperaste l’anno scorso. Portate quante più attrezzature possibili con voi, disattivate i database, insomma ripulite come meglio potete, il più in fretta possibile”.
“Sai che questo è solo un palliativo, vero?”
“Lo so Dig, ma al momento sono in grado di gestire un solo problema alla volta”.
“Tu cosa farai?”
“Io non ho intenzione di muovermi da qui. Devo trovare l’assassino che ha rapito Felicity, ho bisogno di risposte. Non fate affidamento su di me. Dovrete cavarvela da soli”.
“Ricevuto”.
Oliver sapeva che Diggle avrebbe capito, se fosse successa a Lyla una cosa del genere si sarebbe comportato allo stesso modo.
“Fate attenzione e tenete gli occhi aperti”.
“Anche tu, amico. Se ci sono novità chiama”.
Oliver chiuse la telefonata. Era esausto, la situazione con la polizia era solo la ciliegina sulla torta in quella assurda giornata. Cercò di ricomporsi e si rimise in piedi, aveva intenzione di perlustrare un po’ la zona. Voleva esaminare il luogo del rapimento, trovare indizi che lo conducessero dall’uomo che Felicity inspiegabilmente aveva voluto salvare. Doveva tenere la mente impegnata, altrimenti sarebbe impazzito.
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Donna Smoak raggiunse l’ospedale di Starling City in meno di un’ora. Ray le aveva messo a disposizione uno dei suoi jet privati per velocizzare il viaggio da Las Vegas. Era seduto in sala d’attesa quando la vide superare di corsa la porta di ingresso.
“Signora Smoak?”
“Oh, signor Palmer, grazie a Dio sei qui… Dov’è mia figlia, come sta?”
“L’operazione è terminata. E’ ancora grave ma stabile. L'hanno appena spostata nel reparto di terapia intensiva”.
“Come è successo?”
“Come le ho spiegato per telefono, è stata vittima di una rapina. L’hanno accoltellata a livello del fegato. Ha perso molto sangue ma sua figlia è una donna forte, si rimetterà”.
Donna scoppiò a piangere tra le sue braccia. Ray si sentì terribilmente in colpa a mentire così deliberatamente davanti alla mamma della donna con cui stava, ma non aveva altra scelta se voleva mantenere le loro identità segrete tali.
“Posso vederla? Ho bisogno di vedere mia figlia. Ho bisogno di vedere che sta bene”.
“La accompagno dall’infermiera. Al reparto possono accedere solo i familiari. Io aspetterò qui”.
“Grazie, signor Palmer. Grazie dell'aereo, di tutto”.
“Era il minimo che potessi fare. E la prego, mi chiami Ray”.
“Come preferisci, Ray. Ti farò avere presto sue notizie.”
Con quelle parole si diresse nel corridoio che portava al reparto di terapia intensiva. Se Donna avesse saputo la verità su quanto accaduto alla figlia l’ultima cosa che avrebbe fatto era ringraziarlo. Tormentato da quel pensiero si lasciò cadere di nuovo sulla scomoda sedia della sala d’aspetto, attendendo con ansia notizie di Felicity.
 
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"Dig, allora, come sta Felicity?"
"Si rimetterà, Roy, sta tranquillo. Dobbiamo sbrigarci a ripulire questo posto. La polizia non ci metterà molto a trovarci".
"Stavo pensando.... no lascia perdere, Oliver non me lo consentirebbe mai".
"Oliver non è molto disponibile al momento e non lo sarà per parecchio tempo, quindi se ti è venuta un'idea che possa tirarci fuori da questa situazione è il momento di dirla".
"Il capitano Lance sa chi sono".
"Lo so che sa chi sei, due anni fa passavi più tempo alla stazione di polizia che a casa tua".
"No, non intendo questo. Sa che sono Arsenal".
"Gli hai detto che sei Arsenal?!?"
"No, certo che no. Lo ha capito da solo. In effetti non mi spiego come non abbia ancora capito che Oliver è Arrow..."
"Vai avanti Roy".
Diggle non si era fermato un attimo da quando aveva attaccato al telefono con Oliver, stava tentando di ripulire quel posto di armi, frecce, computer e dispositivi vari.
"Se mi consegnassi alla polizia al posto di Oliver, vestito da Arrow, la città otterrebbe quello che vuole. Il capitano mi arresterà per quelle dieci uccisioni e poi mi smaschererà".
"A quel punto capirebbe che non sei tu il vero Arrow".
"Esatto, perché sa che in realtà sono solo il suo aiutante! Ma questo la gente non può saperlo, e il capitano sarà costretto a stare al gioco per non metterseli contro. Se anche smascherasse la presa in giro, tutti inizierebbero a considerare il suo più un accanimento personale che una vera e propria ricerca della giustizia".
"Così andrai in galera Roy".
"Beh si, questa è l'unica parte negativa del piano. Ma hey, abbiamo a disposizione un procuratore distrettuale, riuscirà prima o poi a tirarmi fuori da lì".
"Devo ammettere che è un piano folle, ma è l'unico che abbiamo al momento. Quindi si fa a modo tuo. Prendi il costume di Oliver. Si va in scena".
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Oliver aveva raggiunto in moto la Palmer Tecnologies. Si era recato al livello più basso dei parcheggi sotterranei, esattamente nel luogo in cui era avvenuto il rapimento.
La prima cosa che notò fu una sedia posta al centro della stanza. C'erano due pezzi di corda poco distanti, con cui le avevano probabilmente legato i polsi. Sulla destra cerano un paio di scarpe col tacco. Erano le preferite di Felicity, non se ne sarebbe mai liberata di sua spontanea volontà.
Poi finalmente lo vide. Un uomo nascosto dietro uno dei piloni, quasi mimetizzato con il buio circostante.
"ESCI FUORI, TI HO VISTO, INUTILE CHE CONTINUI A NASCONDERTI!"
Oliver gridò mettendoci tutta la rabbia che aveva in corpo.
"Oliver... sono io".
"Maseo?!? Che cosa ci fai tu qui?"
Fu colto di sorpresa. Tutti si sarebbe aspettato meno che lui.
"Come sta la signorina Smoak?".
"È viva, fortunatamente. Ma aspetta, non capisco... come sai che si è fatta male? Eri qui quando l'hanno rapita? Hai visto chi è stato? Da quello che ho capito è un componente della lega".
Maseo si fece coraggio, non sapeva quale reazione aspettarsi dall'amico, ma doveva fare chiarezza in tutta quella situazione.
 "Sono stato io a rapirla".
"Che diavolo stai dicendo?"
"Hai capito bene".
"Si... ma perché?"
Oliver era incredulo.
"Per salvarti la vita".
"E in che modo rapirla e farla finire quasi ammazzata mi avrebbe salvato la vita?!?"
Iniziò ad alzare il tono di voce, stava perdendo la pazienza.
"Non avrei mai voluto che la signorina Smoak si facesse del male".
"E ALLORA NON AVRESTI DOVUTO METTERLA IN QUESTA SITUAZIONE, TANTO PER COMINCIARE!"
Era furioso, si sentiva pugnalato alle spalle da quello che considerava uno dei suoi più cari amici.
"Avevo un piano. La signorina Smoak era d'accordo. Poi la situazione mi è sfuggita di mano. Mi dispiace Oliver".
"Di che piano stai parlando?"
"Non avrei dovuto essere io a parlartene, ma immagino che questo imprevisto abbia stravolto ogni cosa".
"Non ti azzardare, Maseo. Non ti azzardare a definire questo terribile incidente un imprevisto!"
Oliver stava puntando il dito contro di lui, con fare minaccioso.
"Pensavo di essere tuo amico, dannazione!".
"Lo sei, Oliver. È per questo che sono disposito a tutto pur di aiutarti. Quella povera ragazza è finita in ospedale solo perché potessi salvarti la vita".
"Quella povera ragazza è finita in ospedale perché sei stato un incosciente, ecco perché! E di che razza di piano stai parlando? "
"Avevo chiesto alla signorina Smoak di convincerti ad accettare la proposta di Ra's"
"E perché mai? Non hai combinato tutto questo casino per salvarmi? Perché farmi andare incontro a morte certa?"
 "Faceva tutto parte del piano. Consegnandoti a lui ci avresti dato l'unica possibilità di coglierlo di sorpresa. Nel frattempo i tuoi amici si sarebbero occupati della lega e io di tutto il resto".
"E Felicity cosa c'entrava in tutto questo?"
"Era l'unica a cui avresti dato ascolto".
"Maseo..."
"So quanto la ami Oliver. I tuoi sentimenti per lei traspaiono da ogni tuo comportamento".
"Hai usato i sentimenti che provo per lei solo per portare a termine il tuo stupido piano?!?"
"Si, se è l'unico modo che ho per salvarti".
"Non credere che le avrei dato ascolto tanto facilmente. Consegnarmi a Ra's Al Ghul non è un'opzione al momento. Hai fatto male i tuoi calcoli".
"In realtà avevo pensato anche a questa possibilità. In quel caso ti avrei convinto a consegnarti a lui in un altro modo".
"Quale altro modo?"
"Avrei portato Felicity con me a Nanda Parbat, suggerendo a Ra's uno scambio".
"Tu sei malato, cosa ti dice il cervello?!? E se qualcosa fosse andato storto? Sai che avrebbe potuto benissimo finire ammazzata da un momento all'altro!!! Chi ti ha autorizzato a pensare anche solo per un secondo che mettere a rischio la sua vita fosse un'opzione da prendere in considerazione? "
Oliver era furioso, sconvolto.
"Vattene. Da questo momento ti  voglio fuori dalla mia vita. Come deciderò di risolvere questa situazione non saranno più affari che ti riguardano".
"Oliver, sappi che non mi arrenderò. Quindi se non ti atterrai alla prima parte del piano, che non implica alcun coinvolgimento per Felicity, passerò direttamente alla seconda. E a quel punto non devo dirti io quello che succederà".
"Mi stai mettendo con le spalle al muro, Maseo. Perché mi fai questo? Non credo di meritarmelo, non dopo tutto quello che ho fatto per la tua famiglia".
"Farò tutto quanto in mio potere per eliminare l'uomo che vuole rovinare la tua vita. E che ha già distrutto la mia".
"Non voglio essere aiutato da una persona come te. Preferirei morire piuttosto che essere aiutato da una persona come te".
"Allora temo di non avere altra scelta".
Oliver si avvicinò a Maseo, trafiggendolo con lo sguardo. Voleva che assistesse da vicino a tutta la delusione che stava provando in quel momento.
"No, ora ti dico io qual è la sola scelta che ti resta. Ti conviene scappare, Maseo, scappare molto lontano. Perché ora che mi hai costretto a consegnermi a Ra's Al Ghul non mi atterrò a nessuno dei tuoi stupidi piani. Gli dirò che stai cospirando contro di lui, e solo dopo aver assistito alla tua morte per mano sua, mi preparerò a prendere il suo posto".
"In questo modo Felicity si sarà sacrificata invano".
"Non azzardarti anche solo a pronunciare quel nome. Non ne sei degno. E ora sparisci e non farti rivedere mai più da queste parti".
Oliver si sentì svuotato. Solo pochi minuti prima aveva intravisto uno spiraglio di luce, aveva iniziato a prendere seriamente in considerazione la possibilità di stare con Felicity, di vivere a pieno i sentimenti che provava per lei. Convinto che gli stessi rischi che correva con lui poteva correrli con chiunque.
Ma aveva solo ingannato se stesso. Felicity si era sacrificata per lui. Era quasi morta perché lui potesse salvarsi. Fin quando avesse fatto parte della sua vita sarebbe stata in pericolo, doveva farsene una ragione. Ma non lo avrebbe più permesso, non dopo quanto successo quella notte. Il mondo poteva continuare anche senza di lui. Poteva avere un senso anche senza di lui. Ma non senza Felicity.
 
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Donna in un primo momento poté vedere sua figlia solo attraverso il finestrone della sua camera. Aveva tanti tubicini attaccati al corpo e un sondino che le consentiva di respirare. Sembrava così indifesa in quel letto decisamente troppo grande per lei.
Felicity si risvegliò dall'anestesia solo un'ora più tardi. Non c'erano state complicazioni dall'operazione ma era ancora molto debole. Alla mamma fu concesso di salutarla solo per qualche minuto. Aveva bisogno di riposare.
"Oh amore mio, come stai?"
Felicity si sforzò di sorriderle. Voleva tranquillizzarla. E poi era felice di vederla.
"Mamma! Tranquilla, sto bene".
Solo in quel momento si accorse di quanto fosse roca la sua voce.
"Ricordi cosa ti è successo?"
Andò in panico. Non sapeva cosa dirle. Scelse la via più semplice: finse di essersi dimenticata tutto, aspettando che fosse lei a raccontarle l'accaduto.
"In realtà no..."
"Hai ragione tesoro, devi essere ancora parecchio sconvolta. Hanno tentato di rapinarti, tu hai provato a difenderti e ti hanno conficcato un coltello nell'addome".
Un coltello. Davvero?!? Pensò che chiunque avesse inventato quella storia avrebbe potuto applicarsi di più.
"Hanno dovuto operarti d'urgenza, ma secondo il dottore ti rimetterai completamente. Quando il tuo amico mi ha chiamata..."
"Hai parlato con Oliver??? Oliver è qui???"
"Oliver... Queen? No, tesoro, non credo di averlo visto. Mi ha contattata Ray Palmer, il tuo capo. È stato lui il primo a trovarti e a portarti in ospedale. Non si è mosso da qui nemmeno per un secondo, è molto preoccupato per te. C'è qualcosa che devo sapere per caso?"
"Non è il momento mamma".
Oliver non c'era. Era convinta che fosse fuori ad aspettare che si risvegliasse. Ed invece chissà se era stato informato dell'accaduto.
"Vuoi che te lo chiami? Sono sicura che gli concederanno qualche minuto per salutarti".
"No mamma, ti prego, non dirgli ancora che mi sono svegliata".
Stava andando in panico. Non si sentiva pronta ad affrontare Ray in quel momento. Non dopo quello che aveva realizzato quando aveva pensato di essere sul punto di morire.
"Che succede, Felicity? Sai che qualunque cosa sia, puoi dirmela..."
"Oh, mamma, ho fatto un casino!"
"Sei mia figlia, era inevitabile che ne combinassi uno prima o poi".
"Questo è un casino bello grosso".
"Di che si tratta? Per caso c'enta qualcosa il bel moretto in sala d'attesa? O il biondino che speravi di trovare al suo posto?"
"Mamma..."
"Ti conosco, Felicity. Sei mia figlia. Sei un libro aperto per me. Per non parlare degli anni di esperienza che ho in fatto di uomini. Ti ho mai detto che alla tua età feci sesso in uno stanzino dell'ospedale con uno specializzando? Aveva un sederino così adorabile che..."
"MAMMA!!!"
Felicity la guardò scandalizzata.
"Cosa c'è?  Ho avuto i miei momenti anch'io. È una cosa naturale dopotutto. Ma torniamo a te, cosa ti preoccupa?"
"Io e Ray stiamo insieme".
"Ma tu sei innamorata di Oliver".
"La smetti di leggermi nel pensiero? Non è divertente..."
"È così evidente tesoro. Ogni volta che ci sentiamo, o sei con lui o parli di lui. Quando vi ho visti insieme per la prima volta ho notato una strana connessione tra di voi, come se foste due calamite che si muovono l'una in funzione dell'altra. Sono cose che non puoi controllare. È la stessa magia che univa me e tuo padre".
"Non me ne avevi mai parlato".
"È perché non ce n'è stata mai occasione. Hai sempre portato rancore nei suoi confronti per quello che ci ha fatto. E anche io. Ma quello che c'era tra noi, non lo dimenticherò mai".
"Hai mai capito perché?"
"Perché cosa?"
"Perché ci ha abbandonate".
"Ho sempre pensato lo abbia fatto per proteggerci dalla vita che aveva intenzione di condurre. Di una cosa sono sicura: non ci ha lasciate perché non ci amava. Al contrario, credo che ci amasse troppo, più del necessario".
Quelle parole le suonarono terribilmente familiari. Era quello che faceva Oliver con lei, tutto il tempo. Proteggerla e amarla più del necessario.
"Devi seguire il tuo cuore, Felicity. Sempre. Hai un cervello geniale ma in queste cose devi metterlo da parte. Altrimenti sarai condannata ad una vita di infelicità".
"Ti sentivi felice? Si insomma, eri felice con lui?"
"Felice è riduttivo. Mi sentivo completa".
Le parole della madre la aiutarono a sbrogliare la matassa che si era creata nel suo cuore. La soluzione era una sola: doveva ascoltarlo e seguire il percorso che aveva già tracciato per lei. Solo in questo modo si sarebbe sentita felice. Completa.
"Vado a chiamarti Ray?"
"Lo faresti per me?"
"Certo che si, tesoro. Spero solo che quando lo scaricherai non rivorrà indietro lo smartwatch, mi piace troppo questo affarino".
"Mammaaaaaaa!!!"
"Lo so, lo so, è un momento tragico per te e devo fare la persona seria".
Le diede un bacio sulla fronte prima di lasciarla sola.
"Ti voglio bene tesoro".
"Ti voglio bene anch'io mamma".
-----------------------------
Tutto era andato secondo i piani. La polizia aveva fatto irruzione nel covo un attimo dopo che Diggle e Roy riuscissero a portarsi dietro le cose più importanti e distruggere il resto. Rimasero solo scartoffie, due manichini per l'allenamento, una stana sbarra per gli addominali e un mainframe che per quelle domensioni poteva benissimo appartenere al Verdant per quanto ne sapevano. Non avevano alcuna prova che colegasse in alcun modo quel luogo ad Arrow. L'algoritmo non bastava in tal senso. Il covo restava ad ogni modo compromesso, gli agenti non lo avrebbero perso di vista per un po' di tempo.
Come da copione, Roy, travestito da Arrow, si era consegnato volontariamente alla polizia, ponendo fine ai disordini in strada. Quando il capitano Lance lo liberò della maschera e del cappuccio rimase sorpreso nel vedere Roy. Era stato incastrato. Sapeva di essere con le spalle al muro, non avrebbe potuto tirare troppo la corda con quella storia senza rischiare rivolte contro la stessa polizia. Roy fu comunque arrestato e costretto a passare l'intera notte in cella, attendendo che Laurel lo tirasse fuori di lì al più presto.
Nel frattempo Diggle aveva cercato di sistemare alla meglio il nuovo covo. Non era grande quanto il precedente ma avrebbe garantito a tutti loro un posto sicuro dove stare. Era più di quanto sperava.
Oliver, dal canto suo, non diede cenni di vita. Non aveva intenzione di informare nessuno della sua decisione. Lo avrebbero sicuramente ostacolato,  facendogli solo sprecare tempo prezioso. Tempo in cui Felicity rischiava di essere di nuovo rapita e  consegnata a Ra's Al Ghul.
Chiamò Ray per informarsi sulle sue condizioni. Aveva bisogno di sapere che stava bene, che ce l'aveva fatta. Qualche minuto più tardi Diggle gli inviò un sms per raccontargli del piano con cui avevano aggirato la minaccia della polizia. Sembrava preoccupato del fatto che non avesse potuto vestire i panni di Arrow per un po' di tempo, senza sapere che ormai non ce ne sarebbe stato più bisogno. Arrow non esisteva più. E ben presto non sarebbe esisito più nemmeno Oliver Queen.
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Ray bussò alla porta, quasi con timore di disturbare. Felicity se ne accorse e lo invitò ad entrare.
"Entra pure".
"Hey... come ti senti?"
"Direi stordita. Penso mi abbiano imbottito di antidolorifici, e su di me non hanno propriamente un effetto 'curativo' ".
"Mi dispiace, Felicity. Dal profondo del cuore".
"Non è colpa tua, Ray. Non sei tu che hai deciso di lanciarti nella traiettoria di un laser possibilmente mortale".
"Perché hai fatto una cosa del genere?  Se volevi testare l'efficacia del mio costume potevi usare i clown che ho nel mio ufficio".
Felicity scoppiò a ridere. Se ne pentì immediatamente, i punti le provocarono un dolore lancinante.
"Non posso proprio parlatene, Ray, mi dispiace. È una..."
"...lunga storia, lo so".
"Ti avevo promesso di non dirtelo più. Scusami, sono una frana".
"Ti stai davvero scusando tu con me? Per questa sciocchezza? Felicity, sei così perfetta da farmi sentire ancora più in colpa di quanto non mi senta adesso".
"Non sono affatto perfetta, Ray. A questo proposito devo parlarti di una cosa importante. Riguarda noi due".
"Lo so".
Felicity non si fermò, voleva fargli quel discorso tutto d'un fiato, col timore di non trovare più il coraggio necessario per parlargli.
"Non possiamo continuare a stare insieme. Non senza che ti prenda in giro. Sei una persona splendida e non meriti di stare con una persona che sta con te mentre pensa a un altro".
"Lo so".
"Sono una persona orribile, ti ho solo illusa per tutto questo tempo. Non ti chiedo di perdonarmi ma non posso più continuare a prenderti in giro così, non te lo meriti e io mi sento così stupida in questo momento per averti..."
"Felicity, lo so!"
Ray le mise la mano su una spalla cercando di richiamare la sua attenzione. La ragazza smise immediatamente di parlare.
"Lo so, ok? L'ho sempre saputo in realtà. Volevo semplicemente continuare a negare l'evidenza, a vivere nell'illusione che avessi scelto veramente me".
Felicity non seppe cosa rispondere. Era rimasta spiazzata da quelle parole.
"La verità è che la tua scelta è stata sempe Oliver, e sarà sempre Oliver. Ami lui Felcity, e provi per lui quello che non riusciresti a provare mai per nessun altro. Non sarò io ad imbrigliarti in una storia che non ti rende felice. Meriti di trovare la tua felicità. La stessa felicità che ho provato io quando ero con Anna. Meriti di trovare la tua Anna, la perfetta metà della mela."
Felicity iniziò a piangere. Si stava trattenendo da quando si era risvegliata dall'anestesia.
"Non sentirti in colpa perché non riesci a provare dei sentimenti che cerchi in tutti i modi di imporre a te stessa".
"Ray, mi dispiace così tanto".
"Non esserlo. Sii felice di aver finalmente trovato la tua strada".
"Tu cosa farai?"
"Io? Credo che mi trasferirò. Il professor Stein mi aveva proposto di seguirlo a Seattle per completare il progetto Atom. Credo proprio che aprirò lì una filiale della Palmer Tecnologies".
"Che fine farà la sede qui a Starling?"
"Oh, sarà in buone mani. In ottime mani oserei dire. La lascio a te, Felicity. So che la gestirai anche meglio del sottoscritto".
Felicity rimase senza parole. Sentiva di non meritarsi tutto questo. Lo stava scaricando e cosa otteneva in cambio? La sua azienda. Non poteva crederci.
"E io che mi aspettavo rivolessi indietro l'orologio di mia madre".
"Felicity Smoak. Così mi ferisce nel profondo. Lo sa che sono un signore, non mi permetterei mai di fare una cosa simile".
Le sfuggì una sorriso. Anche se le cose tra di loro non si erano concluse per il meglio sapeva che avrebbe potuto contare sempre su di lui. Aveva trovato un buon amico.
Ray le si avvicinò per darle un bacio sulla guancia.
"Le nostre strade si dividono qui. È stato un privilegio conoscerti, resterai sempre una piccola grande donna dalle capacità eccezionali".
"Grazie, Ray. Potrai sempre contare su di me. Se avrai bisogno di far risorgere un altro hard-disk (letteralmente) dalle ceneri o far funzionare un microchip sai già chi chiamare".
Ray decise di dirle un'ultima cosa prima di salutarla definitivamente.
"Oliver è stato qui prima, non che ne vada fiero ma il segno che ho sullo zigomo è opera sua".
"Ahi. Mi dispiace, ha avuto sempre un po' di problemi nel controllare la rabbia".
"Diciamo solo che non sapevo nemmeno si potessero dare cazzotti così forti. Era parecchio preoccupato per te, mi ha chiamato poco dopo esserti svegliata. Voleva sapere se stavi bene. Insomma, volevo solo avvisarti, nel caso ti stessi domandando di lui".
"Grazie Ray".
Non appena rimase da sola si allungò immediatamente sul tavolino vicino alla ricerca del suo cellulare.
Compose il numero di Oliver. Lo conosceva a memoria. Uno, due, tre, quattro squilli. Partì la segreteria.
Decise di ritentare.
"Pronto?"
"Oliver, sono io, Felicity".
"Come stai?"
"Imbottita di antidolorifici ma per il resto bene".
"Bene".
"Ti disturbo? Dove sei?"
"In realtà stavo per fare una cosa importante, quindi..".
"Aaaah, oook, scusa. Non credevo di disturbarti".
"Nessun disturbo, tranquilla".
"Allora ci sentiamo domani?"
"Ci sentiamo domani".
Agganciò senza aggiungere altro.
Felicity si raggelò. Aveva appena ricevuto un'altra pugnalata, questa volta al cuore. Cosa diavolo era appena successo? Non riusciva a spiegarselo. Sapeva solo che qualcosa non andava. Che qualcosa in Oliver non andava.
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Oliver riagganciò e scagliò il cellulare contro il muro, frantumandolo in mille pezzi.  Non avrebbe dovuto rispondere, ma era stato più forte di lui. Doveva assicurarsi che stesse bene. Voleva ascoltare la sua voce, per un'ultima volta. Sentiva la sua forza di volontà vacillare ogni minuto che passava, e quella telefonata non aveva certo migliorato la situazione.
Si decise a fare un'ultima cosa prima di partire per Nanda Parbat. Se non poteva dirle addio di persona avrebbe trovato un altro modo per farlo.
Raggiunse il Verdant nel più breve tempo possibile. Sapeva che John l'aveva lasciata lì, era sicuro che non avesse nemmeno fatto caso a lei, preso dall'ansia di impacchettare tutto e andare via. Scese le scale e la vide. Intatta e bellissima, al suo solito posto. 
La felce. La loro felce. Quella che Felicity gli aveva regalato per rendere quel posto più curato. Quella contro cui aveva lanciato ghiaccio e medicazioni, mosso dalla più cieca gelosia.
Quella che rappresentava un po' il loro rapporto, in grado di fiorire anche nei luoghi più oscuri.
La prese con sé e partì in direzione dell'appartamento di Felicity. Entrò dalla finestra provando a non fare rumore.  Andò dritto in camera sua e la poggiò sul comodino. Solo in quel momento si rese conto di non essere mai entrato in quella stanza. Era già stato a casa di Felicity, anche se lei non lo sapeva, la scorsa estate, quando fu rapita dal seguace di Blood. Ma in quell'occasione non ebbe certo modo di soffermarsi per un giro di perlustrazione.
Diede un'occhiata in giro: c'erano foto di lei al college, in un'insolita versione punk; foto di lei insieme alla madre, bellissima come la figlia. Non potè fare a meno di notare un'importante assenza tra i suoi ricordi, un'assenza che probabilmente l'aveva segnata più di quanto desse a vedere. Quella di suo padre.
Andò alla ricerca di un foglio e di una penna. Non si aspettava che Felicity fosse così disordinata. Pensò che tra il lavoro in azienda e quello al covo semplicemente non aveva tempo per tenere in ordine la casa.
Vide un pezzetto di carta fuoriuscire da un libro ai piedi del letto. Paura di amare. Sorrise pensando a quanto si addicesse alla loro situazione. Su un tavolino vicino vide la penna rossa, quella da cui non si separava mai. Scrisse poche parole. Prima di andarsene le rilesse per un'ultima volta.
"Volevo solo dirti che ti amo. O."
Ora poteva partire. Ora si sentiva pronto a lasciarla andare, per sempre.
 
 

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Capitolo 9
*** Resa dei conti ***


“Dig, sei in posizione?”
“Ci sono, Felicity. Vedo tre componenti della lega all’ingresso, ho bisogno di qualcuno che mi guardi le spalle”.
“Laurel?”            
“Ci penso io”.
“Roy, Thea, tenetevi pronti ad entrare non appena ne avrete l’opportunità. Mantenete gli occhi aperti e ricordate con chi avete a che fare”.
“Lo sappiamo. Non è che ora ci stresserai parlandoci per tutto il tempo nell’auricolare, vero?”
“Scusa, Roy, se mi preoccupo per voi. Scusa se sono terrorizzata dal fatto che un gruppo di assassini potrebbe infilzarvi come spiedini da un momento all’altro”.
“Felcity?”
Per la prima volta Thea partecipò alla conversazione. Sapeva che non era quello il solo motivo per cui era terrorizzata.
“Stai tranquilla, lo porteremo in salvo. Devi fidarti di noi”.
Aveva ragione. Doveva fidarsi dei suoi amici se voleva che il piano andasse in porto. Non doveva fare altro che guidarli e coordinarli al meglio dal capanno abbandonato tra le montagne di Nanda Parbat che avevano reso la loro nuova base operativa.
“Ok, ragazzi, andiamo a riprenderci Oliver, una volta e per sempre. Al mio tre. Uno, due…”
“TRE!”
Gridarono all’unisono, come se fossero una persona sola, e si lanciarono in quella pericolosa missione di salvataggio.
John, aiutato da Laurel, colse di sorpresa gli assassini a guardia dell’ingresso, che in pochi minuti furono messi KO. Roy, seguito da Thea, che per l’occasione aveva indossato il costume nero del padre, irruppe nell’edificio preparandosi ad attuare la seconda parte del piano. Liberare Merlyn. Era stata una sua idea, alla quale Felicity in un primo momento si era opposta strenuamente, per poi realizzare che a quel punto non avevano altra scelta. Per battere Ra’s Al Ghul avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile. Oliver non si era mai trovato in pericolo come in quel momento, e lei avrebbe venduto letteralmente la sua anima al diavolo pur di salvarlo.
“Dig? Roy e Thea sono dentro. Raggiungili e guidali alla prigione. Laurel, seguili e assicurati che non abbiate compagnia. Da questo momento in poi sono cieca, dovrete cavarvela da soli”.
Felicity si sentì impotente. Odiava quella parte del piano. Una volta all’interno non avrebbe più potuto aiutarli. Non c’erano telecamere a Nanda Parbat, né sistemi informatici da poter hackerare. Non le restava altro che aspettare e pregare che tutto si risolvesse per il meglio.
“Mantenete accese le comunicazioni, se qualcosa va storto devo assolutamente saperlo”.
“Felcity, ricordati della promessa che mi hai fatto”.
John era stato molto chiaro. Qualunque cosa fosse successa, qualunque, non avrebbe dovuto lasciare la base per nessun motivo al mondo. Se le fosse accaduto qualcosa Oliver non glielo avrebbe mai perdonato.
“Dig, è lì che lo tengono rinchiuso?”
Roy li interruppe prima che potesse rispondere. Felicity gliene fu estremamente grata.
“Si. Dovrebbe essere dietro quella porta. Andiamo”.
Lungo tutto il tragitto tennero gli occhi aperti, attendendo l’arrivo degli altri assassini da un momento all’altro. Era solo questione di minuti prima che la voce del loro arrivo si spargesse.
“Fate attenzione, l’ultima volta che sono stato qui insieme ad Oliver ci hanno teso una trappola. Assicuratevi che non ci siano sbarre che cadono dal soffitto”.
“E io che credevo che questo posto fosse antiquato”.
Thea diede a Roy uno scappellotto. Sceglieva sempre i momenti meno opportuni per scherzare.
“Guardatemi le spalle mentre vado a liberarlo”.
“Diggle, ci penso io. Siete in questa situazione anche per causa mia. Se qualcosa va storto è giusto che sia io a correre il rischio”.
“Thea…”
“Senti, so che Ollie è il tuo migliore amico. So che se dovesse succedermi qualcosa probabilmente non ti rivolgerebbe più la parola. Ma è una decisione che spetta a me. E sono pronta ad assumermene tutte le responsabilità, nel bene o nel male”.
Felicity annuì silenziosamente. Dovevano smetterla di trattarle come bamboline di porcellana pronte a frantumarsi alla prima folata di vento. Oddio, non che a Thea bastasse una folata di vento per frantumarsi. Ma non era questo il punto. Dovevano lasciarle libere di decidere della propria vita. Ne aveva abbastanza di questo discorso della protezione, per una volta voleva fossero in grado di proteggersi da sole.
“Fa’ attenzione”.
La piccola Queen si avvicinò con cautela al prigioniero. Era legato per i polsi ad una sbarra, con i piedi che penzolavano su di una griglia infuocata. Stava letteralmente patendo le pene dell’inferno.
“Malcom…”
“Thea… Thea… sei tu?”
“Si, sono io”.
“Che… che… ci fai qui?”
Era stremato, pronunciò quelle poche parole in un sibilo.
“Sono venuta a liberarti. Abbiamo bisogno di te”.
“Per fare cosa?”
“Per uccidere Ra’s Al Ghul.  Devi aiutarci a salvare mio fratello”.
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Due terzi del piano erano stati appena portati a termine e degli altri assassini non c’era ancora traccia. Iniziarono a temere che volessero sfruttare il momento di maggiore vulnerabilità per fare la loro mossa.
“Ora inizia il difficile. Ricordate l’obiettivo principale: portare Oliver in salvo. Non accontentatevi di mettere Ra’s fuori combattimento. L’unico modo che abbiamo per sconfiggerlo è ucciderlo”.
“Sempre se riusciremo a metterlo fuori combattimento”.
Tutti fissarono Roy, fulminandolo con lo sguardo.
“Che c’è? Sono sicuro che l’avete pensato anche voi”.
“Lo so che più che una missione di salvataggio sembra tanto una missione suicida, ma Oliver non ci avrebbe pensato due volte a fare lo stesso per ognuno di noi”.
Le parole di Felicity diedero ai ragazzi lo sprono di cui avevano bisogno. Se c’era una persona per cui valeva la pena rischiare la vita era Oliver.
Si mossero con cautela, cercando di non fare troppo rumore. Quasi smisero di respirare per non attirare l’attenzione. Sbirciarono dalla porta socchiusa quello che stava accadendo all’interno. Videro Oliver impugnare  una spada e puntarla contro un uomo inginocchiato di fronte a lui.
Diggle non ci mise molto a collegare ciò che sarebbe successo di lì a poco.
“Oh porca…”
“Dig? Che succede?”
Felicity non ricevette alcuna risposta e iniziò seriamente a preoccuparsi.
“Dig dimmi che succede. Ti prego…”
“Oliver, sta puntando una spada contro un uomo, credo che stia per….”
Poi ci fu solo silenzio. Le comunicazioni si interruppero inspiegabilmente.
Felicity andò in panico. E se fossero stati catturati? O peggio, uccisi? Non poteva continuare a restare al sicuro in un capanno mentre i suoi amici erano lì fuori rischiando la pelle per mano di chissà chi.
Come se non bastasse le tornarono in mente le parole di Diggle. Oliver stava puntando una spada contro qualcuno. Ra’s sapeva che quello era il primo pezzo di umanità da sacrificare. Avrebbe ucciso quell’uomo, buttando all’aria gli ultimi due anni della sua vita. Non poteva accettarlo. Lo avrebbe fermato prima che fosse troppo tardi.
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Oliver decise di non soffermarsi troppo a pensare. Temeva di non trovare più il coraggio per portare a termine quello che doveva fare. Si preparò a togliere la vita al suo amico, ma fu interrotto da alcuni componenti della lega, che in quel momento fecero irruzione nella stanza. Erano in compagnia di altre cinque persone.
Ci mise un po’ a riconoscerle. Erano i suoi amici. Malcom. Sua sorella. Che diavolo ci facevano lì?
“Guarda guarda chi abbiamo. I tuoi amici, Najiha. Ti vogliono così bene da esserti venuto a salutare fin qui. Ma che dolci”.
Oliver rabbrividì. Gli si annebbiò il cervello. Per un momento riuscì solo a pensare al fatto che se mai fossero usciti vivi da lì li avrebbe uccisi con le sue stesse mani. Erano impazziti?
“CHE DIAVOLO CI FATE VOI QUI?”
“Non arrabbiarti con loro. Mi hai implorato di risparmiarli così tante volte che ho sempre riposto troppa poca fiducia nel loro coraggio. Felice di sapere che mi sbagliavo. Portateli da me”.
Tutti e cinque furono fatti inginocchiare alla sinistra di Ra’s, con le armi degli assassini puntate costantemente su di loro.
Oliver era sconvolto. Aveva fatto di tutto per non coinvolgerli in quella situazione e loro decidevano di offrire le loro vite a Ra’s su un piatto d’argento? Si sentì tradito dalla sua stessa famiglia.
“Pensavate di essere riusciti ad entrare a Nanda Parbat indisturbati, non è così? Se siete giunti fin qui è solo perché io volevo che accadesse. Vi stiamo osservando dal vostro arrivo, inclusa la biondina che avete lasciato in quella bettola abbandonata”.
Felicity? Anche lei era qui? Ad Oliver si mozzò il fiato in gola. I suoi occhi non furono in grado di nascondere il terrore che stava provando in quel momento. Ra’s lo guardò compiaciuto, aveva appena realizzato quanto quella ragazza contasse per lui.
“Bene. Vi spiegherò quello che succederà. Vedrete Najiha togliere la vita a questo traditore. Poi vi sacrificherete affinchè possa diventare la persona che è destinata ad essere: la nuova Testa del Demone, degno discendente di Hassam-i. Sabbah”.
Non avevano scampo. Oliver lo sapeva. Se anche si fosse rifiutato ci avrebbe pensato Ra’s ad ucciderli, e una volta finito sarebbe stato il suo turno. Gli avrebbe trafitto il cuore con la sua spada. Erano spacciati.
“Forza. Fai vedere ai tuoi amici cosa sei in grado di fare. Non vorrai mica deluderli?”
Thea iniziò a piangere, silenziosamente. Laurel distolse lo sguardo, non voleva vedere Oliver diventare di nuovo un assassino. Roy e Diggle si scambiarono uno sguardo pieno di sconforto, sapevano che a quel punto non c’era altra via d’uscita.
Maseo chiuse gli occhi, si preparò ad accogliere quel momento. Sperava che la morte fosse indolore e che lo liberasse finalmente di tutti i suoi tormenti.
Senza sapere che quel momento non sarebbe mai giunto.
“OLIVER! NON FARLO!”
Tutti si voltarono in direzione della voce che aveva pronunciato quelle parole.
La voce che Oliver avrebbe riconosciuto anche se si fosse trovato dall’altra parte del mondo.
La voce di Felicity.
Si rese conto che il suo peggiore incubo era appena diventato realtà.
“Oliver, ti prego. Non farlo”.
Si avvicinò a lui con cautela, cercando di riprendere fiato. Non pensava di essere ancora così debole per l’operazione.
“Lo sai che sei migliore di così”.
Ra’s era estasiato da quello che stava succedendo. Gli sembrava di assistere ad una telenovela. Decise di mettersi comodo e di godersi lo spettacolo.
“Non capisci, devo farlo”.
“Perché te lo dice lui?”
Felicity lanciò a Ra’s Al Ghul uno sguardo colmo di disprezzo. Odiava quell’uomo dal profondo delle sue viscere.
“Quando mai hai dato ascolto a quello che ti dicono gli altri?”
Oliver non sapeva come uscire da quella situazione. Doveva fare di tutto per convincere Ra’s che Felicity non contasse niente per lui. Altrimenti avrebbe usato lei per prima come arma contro di lui.
“Sei sempre stata una spina nel fianco. Vedo che non hai ancora perso questa abitudine”.
Quelle parole furono per Felicity peggio di un cazzotto nello stomaco. Per la prima volta dall’inizio della missione, ebbe paura di essere arrivata troppo tardi. Gli erano davvero bastati solo tre giorni per perdere completamente la sua umanità? Non poteva crederci.
“Se non vuoi farlo per me, fallo per Tommy, per i tuoi genitori. Fallo per te stesso. Non buttare all’aria gli ultimi due anni della tua vita”.
Oliver voleva che si fermasse. Stava per crollare. Percepiva lo sguardo attento di Ra’s fisso su di lui, aspettando solo che commettesse un passo falso.
“Per due anni non ho fatto altro che starti a sentire, mi hai riempito la testa con tutti quei discorsi sulla morale, sull’umanità, sull’eroismo. Sei tu ad avermi reso debole. Vulnerabile. E guarda dove siamo ora. Non ti permetterò di avere ancora questo potere su di me. Non più”.
Davvero la stava incolpando di quello che era successo? Felicity si i sentì svuotata. Tra tutte, era quella la cosa che avrebbe potuto ferirla di più. Sapere che Oliver considerava lei la causa delle sue sofferenze.
“Oliver…. Ti prego…”
“Non pregarmi, non servirà a niente”.
Iniziò a sentire i suoi occhi riempirsi di lacrime. Più andava avanti e meno riusciva a credere che quelle parole appartenessero veramente a lui. Era completamente un’altra persona. Che fine aveva fatto Oliver, il suo Oliver? Non lo sapeva, non sapeva più niente ormai. L’unica cosa di cui era certa è che non si sarebbe arresa fin quando non lo avesse ritrovato.
Senza dire una parola si avvicinò a lui, colmando in pochi passi la distanza che c’era tra loro. Con accortezza gli liberò il viso dal cappuccio nero. Quel colore non gli donava quanto il verde. Lo guardò con incanto, erano passati tre anni e non si era ancora abituata alla sua bellezza.
Oliver provò a restare impassibile. Non era facile averla così vicina e fingersi completamente indifferente. Sentì due mani piccole e delicate accarezzargli il volto. Era un tocco così confortante. Dopo giorni di gelo riuscì finalmente a sentire un po’ di calore. Di istinto chiuse gli occhi.
“Oliver… guardami…”
Si sforzò di riaprirli. Con la sua mente era già volato altrove, immaginando di trovarsi insieme a quella ragazza in un luogo completamente diverso,  sognando di abbandonarsi a quel dolce contatto, così da trovare finalmente un po’ di pace.
“Scusami… non avrei mai voluto che niente di tutto questo ti accadesse… e sapere che è stata anche colpa mia mi distrugge…”
Oliver si sentì maledettamente in colpa. Per tentare di allontanarla aveva scelto la bugia più dolorosa per lei. Inspiegabilmente si ritrovò a pensare a quanto e a come avrebbe dovuto scusarsi con lei per quello che le aveva appena fatto.
“E’ vero, sono stata una spina nel fianco, ti ho reso debole e vulnerabile, ma Oliver se l’ho fatto è solo perché senza che nemmeno me ne rendessi conto mi hai reso parte della tua vita, mi hai permesso di conoscere la parte più profonda e nascosta di te, quella che hai sempre custodito gelosamente”.
Felicity prese fiato per un istante prima di continuare.
“La parte di te di cui mi sono perdutamente innamorata”.
Dig, Roy, Laurel e Thea si guardarono sorpresi. Non si aspettavano che Felicity si dichiarasse in quella circostanza.
“La verità è che ti amo, Oliver. Ti amo da sempre. E sappi che non mi arrenderò fino a quando non sarò riuscita a portarti via di qui, costi quel che costi”.
Oliver non disse niente, lasciò che fossero i suoi occhi a gridare tutto l’amore che provava per lei. Avrebbe voluto baciarla in quel momento, lasciarsi andare a quel sentimento che ora aveva la certezza essere reciproco. Per un secondo si concentrò solo su di lei, come se il mondo circostante avesse smesso di esistere. Come se fossero finalmente soli, liberi di amarsi nel modo in cui avrebbero voluto.
Ma purtroppo non erano soli. Ci pensò Ra’s a spezzare l’incantesimo che la confessione di Felicity aveva creato.
“Bene, bene, bene. Devo essere sincero, non assistevo a una scena così straziante da tempo”.
Si avvicinò pericolosamente a Felicity. Oliver senza pensarci troppo la spinse via e si ritrovò faccia a faccia con il Demone.
“Alla fine hai ceduto. Mi chiedevo quanto tempo ci avresti messo”.
“Non azzardarti a torcerle un capello”.
Le parole di Oliver suonarono particolarmente minacciose.
“Altrimenti cosa mi farai, ragazzo? Mi ucciderai?”
“No, non lo farà. Perché ti ucciderò io, Padre”.
La voce di Nyssa risuonò fiera in tutta la stanza. Felicity sorrise, non era mai stata così felice di vederla.
La sua prima mossa fu liberare Maseo, che corse immediatamente dagli amici di Oliver. Insieme, riuscirono a mettere fuori combattimento i cinque assassini che fino a quel momento li avevano tenuti immobilizzati.
Ra’s, colto di sorpresa, indietreggiò, richiamando al suo cospetto i restanti componenti della lega.
“Uccideteli. Tutti.”
La battaglia era appena iniziata. Laurel aiutò Roy ad infilzare con le frecce tranquillanti quanti più uomini possibili. Malcom lottò al fianco di Thea. Era ancora debole, ma anche sorprendentemente determinato a tenerla in vita. Diggle non si unì subito a loro, aveva un altro compito da portare a termine: portare in salvo Felicity.
“Andiamo, ti porto fuori di qui”.
“No Dig, non vi lascio, voglio darvi una mano”.
Oliver, ancora vicino a lei, la tirò a sé per un braccio.
Prima che potesse dire altro la baciò. Un bacio che aveva atteso da tanto tempo, praticamente da sempre. Uno di quelli con cui riuscivi a raggiungere l’anima di un’altra persona e a connetterti ad essa, come per magia. Cercò di trasmetterle con quel bacio il turbinio di emozioni che provava in quel momento, l’amore, la pace, la felicità che solo lei era in grado di dargli. Si trovavano esattamente al centro dell’inferno ma non riusciva a fare a meno di sentirsi felice. Doveva voler dire questo amare una persona, quella che sai essere giusta per te, che ti fa sentire completo.
Brividi iniziarono a pervadere il suo corpo quando realizzò che le loro lingue si stavano toccando, intrecciandosi in una danza inesorabile. Si eccitò, inebriato da quel contatto così profondo che per troppo tempo si era negato. Avrebbe voluto sovrastarla e farla finalmente sua. Unirsi a lei in ogni modo umanamente possibile. Ma la voce della sua coscienza gli suggerì che non era quello il momento giusto. Avevano ancora una battaglia da combattere, una guerra da vincere.
Controvoglia, impose al suo corpo di staccarsi dalle sue labbra. Indugiò per qualche secondo sull’espressione sognante di Felicity, sui suoi occhi ancora chiusi, impreparati ad accogliere l’inesorabile realtà.
“Non pensi di aver fatto già troppo l’eroina per oggi, signorina Smoak?”
“Ti amo Oliver”.
“Ti amo anch’io”.
Diggle, fingendosi disgustato da quella scena, decise di interromperli una volta per tutte e si caricò Felicity di peso sulla spalla.
“Avrete tutto il tempo del mondo per continuare con queste smancerie. Potreste per favore ritrovare la concentrazione?”
“Portala fuori di qui, Dig”.
“E tu metti un punto a questa storia, una volta e per sempre”.
Oliver annuì. Raggiunse Nyssa e Maseo, preparandosi a sconfiggere l’origine di tutte le loro sofferenze. Ra’s Al Ghul stava per vivere gli ultimi istanti della sua lunga vita.
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“E così ti sei dichiarata finalmente”.
Diggle, con ancora Felicity in braccio, stava raggiungendo di corsa l’uscita, sperando che tutti gli assassini in quel momento fossero impegnati a difendere Ra’s.
“Sono sembrata patetica, vero? Oddio che figura, mi sono resa conto troppo tardi che non eravamo soli”.
“Felicity, niente di quello che è uscito dalla tua bocca oggi è stato patetico. Hai salvato la vita di tutti noi, inclusa quella di Oliver”.
“Beh, se non fosse arrivata Nyssa…”
“So che le hai chiesto tu di aiutarci. Non sei la sola che è in grado di rintracciare il gps di un cellulare”.
Felicity si sporse dalla spalla dell’amico e lo guardò incredula.
“Dovevo immaginarlo. Non mi hai perso di vista nemmeno per un momento, non è così? Sempre questa mania di proteggere le persone…”
“Sono o non sono una guardia del corpo?”
Non riuscì a fare a meno di sorridergli. Era fatto così, gli voleva bene anche per quello.
“Dig, potresti mettermi giù? Ce la faccio a camminare, davvero”.
“Non esiste. Una volta arrivati al capanno ti metterai seduta e resterai ferma lì, tre giorni fa hai subito un’operazione importante, sei ancora debole”.
“Perché ho come l’impressione che se anche provassi ad oppormi non mi lasceresti altra scelta?”
“Perché è la verità”.
Felicity decise di non sprecare fiato inutilmente e si lasciò condurre a destinazione. Stava smaltendo tutta l’adrenalina che il suo corpo aveva prodotto nell’ultima mezz’ora. Sentì improvvisamente le forze abbandonarla, iniziò a vedere solo macchie sfuocate intorno a sé. Prima che se ne rendesse conto perse i sensi. Svenne tra le braccia del suo migliore amico.
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Quando Felicity si risvegliò non aveva idea di dove si trovasse. Era distesa su una superfice scomoda e un odore di… vecchio invase le sue narici. Provò ad aprire gli occhi, sfidando la fastidiosa luce al neon che proveniva dal soffitto.
“Hey… finalmente”.
Oliver. Era la sua voce. Iniziò ad acquisire consapevolezza dell’ambiente circostante. Si trovava nel capanno abbandonato tra le montagne di Nanda Parbat. Ma cosa più importante c’era Oliver accanto a lei. Ce l’aveva fatta.
“Sono svenuta come una femminuccia vero?”
Lo vide sorridere. Le stava stringendo la mano. Ebbe come la netta sensazione che non si era allontanato da lì nemmeno per andare in bagno.
Provò ad alzarsi ma sentì la testa girare come se fosse appena scesa dalle montagne russe.
“Hey, hey, hey. Non così in fretta. Hai bisogno di riposare”.
Oliver la tirò giù e Felicity non oppose resistenza, anche perché non ne avrebbe avuto la forza.
“Cos’è successo lì dentro?”
“I ragazzi insieme a Malcom hanno messo la lega fuori combattimento. Io, Nyssa e Maseo abbiamo stanato Ra’s. Si era nascosto in un cunicolo sotterraneo. Abbiamo lottato contro di lui, tre contro uno. Si è difeso bene ma alla fine abbiamo prevalso, eravamo più forti. Nyssa lo ha trafitto con la sua stessa spada, diventando a tutti gli effetti l’erede del Demone, il titolo che le spettava da sempre”.
“Quindi è finita? Possiamo tornare a casa adesso?”
“Beh, ci sono ancora alcune cose da sistemare, tipo il mio rilascio e quello di Malcom… ma direi di si, è finita”.
Felicity pianse, era l’unico modo che aveva per scaricare la tensione accumulata negli ultimi giorni.
“Ce l’hai fatta, Oliver. Lo sapevo che ce l’avresti fatta”.
“Non ce l’avrei fatta senza di te”.
Oliver le accarezzò la testa, cercando di consolarla. Odiava vederla piangere.
“Hey, voi due, la smettete di fare i piccioncini?”
Roy urlò dalla parta opposta della stanza, rovinando quel momento sul più bello.
“Giuro che al prossimo allenamento ti rompo una gamba, Roy”.
Scoppiarono tutti a ridere, felici e sollevati che il peggio ormai era passato.
“Ollie?”
Era Thea. Si era avvicinata a loro.
“Mi lasceresti un secondo sola con lei?”
Felicity fu sorpresa da quella richiesta. Ogni volta che si trattava della sorella di Oliver non sapeva come comportarsi. Tra di loro c’era sempre un alone di disagio che non riusciva a spiegarsi.
“Non metterci troppo”.
Oliver si congedò dandole un bacio leggero sulla fronte e riservandole uno dei suoi sorrisi più belli.
“Hey”.
“Vieni pure Thea. Scusami, è che hai un fratello iper-protettivo. Ma questo lo sai già. Ovvio che lo sai già. In fondo ha rischiato la vita per te, come fai a non sapere quanto sia iper-protettivo…”
Le parole presero come al solito il sopravvento. Sempre avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa prima o poi.
“Volevo solo ringraziarti”.
“Ringraziarmi? E di cosa?”
“Per tutto quello che hai fatto lì dentro. Non eri obbligata a farlo, ma hai messo comunque a rischio la tua vita per lui. Grazie”.
“Thea, amo tuo fratello, non avrei potuto fare niente di diverso. Non devi ringraziarmi”.
“Quindi… si beh… siamo diventate cognate adesso?”
Thea si sentì leggermente imbarazzata a farle quella domanda. Tendeva sempre a fare un passo indietro quando si trattava della vita privata di suo fratello.
“Dici? Oddio non ne ho idea… insomma, io so che mi ama, lui sa che lo amo… ma non so se possiamo considerarci veramente una…. coppia… sai com’è, con tuo fratello non si può mai sapere”.
Felicity divenne paonazza. Si sentì come un’adolescente alla prima cotta. Totalmente inadeguata ed impreparata.
“Sta tranquilla. Ollie ti considera la sua fidanzata da un pezzo. Da un anno forse. E’ solo che ha i suoi tempi, ci mette un po’ a realizzare le cose”.
Thea aveva ragione. Oliver era sempre stato un playboy da strapazzo, anche nei primi due anni in cui lo aveva conosciuto. Quest’anno si era comportato diversamente. Certo, aveva rinunciato a stare con lei per proteggerla, ma non per questo aveva intrattenuto relazioni con altre donne. Le aveva detto di amarla, più di una volta, e aveva continuato a considerarla l’unica donna per lui, nonostante tutto.
“Cosa ne pensi? E’ importante per me sapere che tu sia d’accordo”.
“Ti preoccupi di quello che possa pensare io? Sei perfetta per lui, Felicity. Non l’ho mai visto così innamorato in vita sua. Credo che abbia trovato la persona giusta. E ora auguriamoci solo che non rovini tutto come suo solito”.
Le ragazze scoppiarono a ridere, felici e sorprendentemente complici.
Felicity si sentì improvvisamente completa, aveva finalmente ottenuto tutto quello di cui aveva bisogno. Tutto quello che aveva sempre desiderato.
Cercò gli occhi di Oliver dalla parte opposta della stanza. Si sorrisero. Non vedevano l’ora di tornare a casa. Di viversi. Di amarsi. Di passare il resto della loro esistenza insieme.
 
*NOTA DELL’AUTRICE*
E finalmente i nostri eroi ce l’hanno fatta! *Grida di giubilo si sollevano dalla platea*
La minaccia di Ra’s è stata sconfitta una volta per sempre, grazie soprattutto a Felicity. E’ stata sempre lei la chiave di tutto, la sola in grado  di riaccendere l’umanità che ancora c’è in Oliver, di tirare fuori la luce che ancora ha dentro di lui.
A questo capitolo ne seguirà un ultimo (credo) in cui racconterò le vicende che avverranno una volta tornati a Starling City. Oliver e Felicity hanno ancora tanto da dirsi, da confessarsi… poi non vedete l’ora che approfondiscano finalmente il loro rapporto, non è così? Dopo un anno sarebbe anche ora :)
Spero che abbiate gradito il modo in cui ho deciso di concludere questa storia. Io sono abbastanza soddisfatta del risultato finale :D
Un bacio immenso, alla prossima! :* 

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Capitolo 10
*** Un nuovo inizio ***


Per quanto il jet della Palmer Technologies fosse comodissimo e super accessoriato, il viaggio di ritorno da Nanda Parbat fu massacrante. Più di dieci ore di volo separavano la catena montuosa di Hindi Kush da Starling City e per quasi tutto il tempo Felicity dormì tra le braccia di Oliver. Era stata una settimana faticosa per lei, prima l'operazione, poi il forte stress emotivo del giorno precedente. Si sentiva stremata, ma finalmente serena.
Oliver dal canto suo non fece altro che guardarla dormire e accarezzarle i capelli, aveva passato troppo tempo lontano da lei e ora aveva intenzione di recuperare. Ripensò a quanto le cose fossero cambiate in così pochi giorni. Ora che Nyssa aveva preso il comando della Lega, aveva deciso di rilasciarlo come atto di riconoscenza. Malcolm non aveva avuto la sua stessa fortuna, era rimasto a Nanda Parbat, intenzionato ad espiare i suoi peccati. Combattere al fianco della figlia gli aveva fatto capire quanto la amasse e quanto desiderasse meritare il suo perdono, realizzando così che era arrivato il momento di pagare per i suoi crimini, una volta per tutte. Stava a Nyssa ora decidere cosa farne di lui, pensare al modo più opportuno con cui punirlo per aver ucciso la sua amata Sara.
Maseo era stato nominato braccio destro della Testa del Demone, avrebbe aiutato Nyssa a rifondare la lega e a rimodernare le antiche regole osservate da quella particolare comunità. Gli era stata concessa l'opportunità di incontrare Tatsu per un'ultima volta, così da dirle addio e lasciarla andare per sempre. Il dolore per la perdita di Akio non gli avrebbe mai consentito di ritornare con lei, nonostante il profondo amore che provava nei suoi confronti. Si era preso anche del tempo per raggiungere il team nel capanno abbandonato, li ringraziò sentitamente per quell'impresa senza precedenti. Si rivolse soprattutto a Felicity, riconoscendo il suo infinito coraggio e soprattutto il suo grande cuore. Sorrise nel vederla accanto a Oliver, sapeva che era la sola persona in grado di ritenere l'umanità che ancora albergava in lui. Con Oliver non ci fu un vero e proprio chiarimento, si salutarono con un semplice cenno del capo. La ferita era ancora troppo fresca e ci avrebbe messo un po' a risanarsi.
"Hey..."
Felicity mugugnò infastidita, non aveva alcuna intenzione di aprire gli occhi. Stava facendo un sogno bellissimo: Oliver la teneva tra le sue braccia e la stava accarezzando.
"Hey, bella addormentata, siamo quasi arrivati".
A quelle parole spalancò gli occhi, totalmente in panico. Non stava sognando, era la realtà.
"Oliver?"
"Ti aspettavi di trovare qualcun'altro?"
Non riuscì a nascondere la delusione che la strana reazione di Felicity  gli aveva provocato.
"Oddio no! Che ti salta in mente? È che stavo facendo questo sogno bellissimo, con te che mi accarezzavi e mi sussurravi parole dolci all'orecchio. Era un sogno così perfetto, aveva superato anche le migliori fantasie che di solito faccio su di te... Ok, questo non dovevo dirlo, non dovevo proprio dirlo...."
Oliver sorrise, non potendo fare a meno di notare il lieve rossore comparso sulle sue guance. Adorava quando si imbarazzava per la sua stessa sbadataggine.
"Non era un sogno, Felicity".
"Era tutto vero?"
"Tutto vero".
"Non ci sono telecamere nascoste o qualche missile pronto ad esplodere da un momento all'altro?"
"Felicity..."
"Si, lo so, lo so, sono petulante al limite del fastidioso, ma scusami se fatico a crederci... aspetto questo momento da tre anni praticamente... ecco ora oltre che petulante ti sembrerò anche patetica, forse dovrei tirarmela un po' di più ma non ci posso fare niente sono fatta cos..."
Oliver le tappò la bocca nel bel mezzo del discorso, baciandola con vigore. Un po' perché non resisteva più, un po' perché i suoi timpani iniziavano a chiedere pietà.
"Parli sempre così tanto appena sveglia?"
"Parlo così tanto in ogni momento della giornata, dovresti saperlo ormai".
"Beh, considerato che è la prima volta che ti svegli tra le mie braccia..."
"Vero, non ci avevo pensato".
"La prima di tante volte".
"E’ per caso una minaccia, signor Queen?"
"Solo se dici di no".
"Mmmh... decisione difficile... quanto tempo ho per pensarci?"
Oliver, divertito, si finse offeso e iniziò a farle il solletico pizzicandole i fianchi. Risero fino a farsi mancare il fiato, ubriachi dell'amore che provavano l'uno per l'altra.
----------------------------
"Ed ecco l'umile dimora Smoak. Accomodati pure, fa come se fossi a casa tua".
Varcarono la soglia dell'appartamento di Felicity. Sapeva che Oliver non scherzava sull'aereo ma non credeva avesse intenzione di trasferirsi da lei quella sera stessa.
"Scusa il disordine, in questi giorni non sono stata molto a casa".
"Stai tranquilla, è perfetta".
"Preparo qualcosa per cena. Rinfrescati pure, il bagno è in fondo al corridoio, la mia camera subito a sinistra... ma questo lo sai già, che stupida".
Oliver distolse lo sguardo, colpevole.
"Non avrei dovuto entrare in casa tua come un ladro, scusami".
"Quando la smetterai di sentirti in colpa per ogni cosa? Non devi scusarti, Oliver. È stato il gesto più bello che abbia ricevuto in vita mia".
"Dici davvero?"
"Dico davvero".
Si avvicinò e iniziò ad accarezzargli il volto, seguendo la forma della barba. Oliver chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel dolce contatto.
"Non sapevo fossi così romantico".
"Non lo sono in realtà. Solo che con te mi riesce... naturale".
"Oliver Queen, mi stai dicendo che sono diversa da tutte le donne che hai amato nella tua vita?"
"No".
"Ah..."
"Ti sto dicendo che sei l'unica che abbia mai amato davvero".
Felcity non seppe cosa dire. Erano rari i momenti in cui restava senza parole. Senza pensarci troppo si avventò sulle labbra di Oliver, cogliendolo inpreparato. Un'improvvisa urgenza la investì, come se avesse fame di ogni centimetro del corpo del ragazzo che aveva davanti. Voleva fare l'amore con lui. Voleva fare l'amore con Oliver Queen. Voleva che tutte le sue fantasie diventassero finalmente reali.
Iniziò a dargli leggeri morsi sul collo, compiaciuta di sentire Oliver gemere di piacere ad ogni suo tocco. Ce l'aveva in pugno. Gli sfilò la t-shirt in una sola mossa e ricominciò a baciarlo, con ancora più insistenza, ancora più desiderio. Le sue mani iniziarono ad esplorare quel corpo che ormai conosceva meglio del suo, ma col quale non aveva mai avuto un contatto così ravvicinato. Prese le mani di Oliver e le condusse sulla scollatura della sua camicetta, voleva che gliela sbottonasse.
"Felicity..."
Non si fermò. Se non voleva spogliarla lo avrebbe fatto da sola. Iniziò dal primo bottone. Imbarazzata, continuò a baciarlo, cercando conforto in quel contatto ormai divenuto familiare.
"Felicity... ferma..."
Oliver le bloccò le mani prima che andasse oltre.
"Che succede? Sto sbagliando qualcosa?"
Si sentì leggermente umiliata a porgli quella domanda ma non riusciva a trovare un altro motivo valido per cui fermarsi.
"No, fidati, non stai sbagliando assolutamente niente".
"E allora cosa c'è che non va?"
"È che..."
Oliver si voltò dandole le spalle, senza trovare il coraggio di continuare. Felicity lo costrinse a guardarla.
"Che hai, Oliver? Cosa ti preoccupa?"
"È che... ho paura di farti male".
Felicity scoppiò a ridergli in faccia.
“Cosa?!?”
"Non c'è niente di divertente...."
"Niente di divertente?!? Credi che sia fatta di cristallo per caso?!?"
Non riusciva a smettere di ridere. Provò a riprendere fiato inspirando ed espirando a brevi intervalli di tempo.
“No dico sul serio Oliver, da dove esce questa storia assurda?”
“Meno di una settimana fa ti hanno aperto la pancia in una sala operatoria. Dubito che la ferita si sia già rimarginata…”
Vero. L’operazione. Felicity se ne era completamente dimenticata. Ora che ci pensava percepiva un leggero fastidio a livello della ferita, segno che la cicatrice si stava ancora formando.
“Aspetta, aspetta, aspetta... Per caso mi stai dicendo che non potremo fare l’amore fin quando non mi toglieranno il punti?!?”
“Esatto”.
“Oliver… Non avverrà prima di due settimane!!! Non puoi farmi questo, non puoi pretendere che aspetti tutto questo tempo!!!”
Stava piagnucolando come una bimba di tre anni. Aveva atteso quel momento da una vita, e ora se ne usciva con questa storia. Non poteva crederci.
“Non esiste che rischi di farti del male solo per soddisfare il mio piacere. Non permetterò che accada, fine del discorso”.
In quel momento Felicity si rese conto che l’iper-protettività di Oliver era semplicemente un difetto di fabbrica che non poteva essere aggiustato.
“Non riuscirò in nessun modo a farti cambiare idea, non è così?”
“Già…”
Felicity sbuffò e si diresse in cucina. Oliver quando ci si metteva riusciva ad essere più testardo di un mulo. Lo sapeva bene ormai.
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Erano seduti ai piedi del divano, sgranocchiando le chips prese al Big Belly Burger. Avevano optato per il fast-food non appena Felicity si era resa conto di non aver fatto la spesa.
“Ma dai, vuoi dire che non te ne eri mai accorto?”
Si stavano raccontando aneddoti risalenti ai primi tempi della loro conoscenza, divertiti ed estremamente rilassati.
“Davvero! Non dico che ero cieco, insomma notavo che stavi ore a fissarmi durante gli allenamenti, ma non avrei mai detto che all’epoca fossi già innamorata di me. Credevo ti piacesse Dig, in verità…”
Felicity sputò nel bicchiere la coca che aveva appena sorseggiato.
“Questa è la cosa più ridicola che abbia mai sentito in vita mia”.
“Perché no, scusa? Vi vedevo così affiatati, tu eri molto più aperta con lui di quanto non lo fossi con me”.
“Non che mi permettessi mai di aprirmi con te più di tanto…”
Oliver fissò il vuoto. Aveva ragione, non aveva fatto altro che respingerla per la maggior parte del tempo che avevano trascorso insieme. Si ripromise di non permettere che accadesse ancora. Avrebbe fatto di tutto per modificare quella parte di sé.
“E tu, quando hai capito di esserti…. si insomma… innamorato di me?”
“Mmmh, non credo sia avvenuto in un momento preciso, sai? Mi sono innamorato di te lentamente, e poi tutto in una volta”.
“In che senso?”
“Ricordi quando non riuscivo a capire come battere Slade e su quella torre mi dicesti che credevi in me?”
“Si, me lo ricordo”
“Quando mi hai abbracciato ho realizzato che ero innamorato di te. Ma non è successo in quel momento, erano stati tutti gli avvenimenti che ci avevano condotto fino a lì a farmi innamorare di te… Il tuo consiglio di non uccidere più, il Conte, il viaggio in Russia, l’arrivo di Barry, la storia con Sara... Quindi si, è successo lentamente, e poi tutto in una volta”.
A Felicity venne la pelle d’oca. Credeva che Oliver avesse realizzato di amarla solo dopo aver sconfitto Slade, non aveva mai capito che quel primo ti amo fosse vero per lui.
"Mi dispiace, Felicity".
"E di cosa?"
"Di averti detto quelle cose a Nanda Parbat. L'ho fatto solo per provare ad allontanarti, ma un istante dopo me ne ero già pentito".
Felicity sentì una fitta al petto, ricordando il dolore che aveva provato in quel momento.
"Sta tranquillo, non ho creduto a quelle parole nemmeno per un momento".
Mentì. Non voleva che si sobbarcasse anche quell'ennesimo senso di colpa.
"Farò finta di crederci, dimentichi che sei una pessima bugiarda".
"Detto da te poi, mister poker face in persona".
Oliver le tirò una chips, giusto al centro della fronte. Aveva mira anche in quelle cose.
"Hey!"
Felicity, indispettita, gliela ritirò indietro con troppa forza. Andò a finire dall'altra parte della stanza, senza riuscire a sfiorarlo nemmeno per sbaglio. Non soddisfatta afferrò il cuscino del divano e stavolta riuscì a colpirlo, in testa. "Hey!" Oliver ci mise un po' prima di reagire e di restituirle il favore. Andarono avanti così ancora per qualche minuto, usando qualunque cosa gli capitasse a tiro e che non potesse fare male.
Ad un certo punto, senza un motivo apparente, si fermarono. Si fissarono negli occhi per qualche secondo, penetrando l'uno l'anima dell'altra, come erano soliti fare. Poi scoppiarono a ridere. Passò un po' di tempo prima che riuscissero a fermarsi.
"Mi erano mancati sai?”
“Cosa?”
“Momenti così, io e te tranquilli, spensierati, senza il peso e la preoccupazione di qualche cattivo pronto a radere al suolo Starling City”.
“Non che ne abbiamo vissuti tanti di momenti così, ma si, sono mancati anche a me".
“Ricordi quando ti portai la brandina nel covo? Volevo farti una sorpresa e alla fine mi sono fatta quasi tutti gli scalini rotolando come un sacco di patate”.
“Senza sapere che ero già lì, a gustarmi la scena”.
“Vogliamo parlare della tua reazione? Sei corso da me tutto preoccupato, senza capire cosa fosse successo, e soprattutto perché fossi stata travolta da un materasso grande il doppio di me!”
“Diciamo che sono uno specialista nel rovinare le sorprese. Non credo di averti mai ringraziato a dovere per quel regalo. Grazie”.
Si allungò e le sfiorò le labbra con delicatezza, trattenendola a sé per qualche secondo. Non si sarebbe mai abituato al piacere che ogni suo bacio gli provocava.
“Sai che i primi giorni riuscivo a sentire il tuo profumo ogni volta che mi addormentavo?”
“Davvero??? Oddio al negozio lo provai, per vedere se era comodo, ma non pensavo che il mio profumo fosse rimasto attaccato. Effettivamente mi ci rotolai sopra per parecchio tempo, avrei dovuto immaginarlo..."
“Era un incubo, credimi. Era un po’ come se ti avessi a letto con me senza che in realtà ci fossi. Però quando è andato via ho iniziato a sentirne la mancanza”.
“Beh, signor Queen, le assicuro che non dovrà mai più sentire la mancanza del mio profumo”.
Felicity si sporse in modo che le annusasse il collo. Indossava un top scollato senza reggiseno, stava tentando di sedurlo in tutti i modi, ci avrebbe provato fin quando non avesse ceduto.
Oliver affondò la fronte sulla sua spalla, sconfitto. Provò a ricomporsi, era difficile mantenere il controllo in quelle circostanze. Si appellò a tutta la forza di volontà che aveva in corpo.
“Andiamo a dormire, il jetleg inizia a farsi sentire”.
“E va bene, nonno Oliver”.
Sbuffò rumorosamente mentre veniva caricata in braccio come una principessa.
Oliver rise. La baciò e non si staccò da lei fin quando non raggiunse la camera da letto. Era euforico al pensiero di dormire al suo fianco per la prima volta. Con lei era tutto nuovo, tutto magico, tutto bellissimo. Tutto dannatamente perfetto.
 
*NOTA DELL'AUTRICE*
Ed eccoci arrivati alla prima parte dell'epilogo della mia storia. Sono stata un po' cattivella lo so, vi prego non odiatemi. Prometto di farmi perdonare con il prossimo capitolo, che con ogni probabilità concluderà questo bellissimo viaggio che abbiamo fatto insieme *una lacrimuccia solca il mio viso*
Per quanto riguarda la parte in cui Oliver parla del momento in cui si è innamorato di Felicity, i crediti vanno tutti alla fantastica Jbuffyangel, blogger su tumblr che scrive delle cose fantastiche riguardo l'olicity ed Arrow in generale. Se non la conoscete ancora (anche se ne dubito) passate dal suo blog, merita davvero :)
Che dire, prometto di aggiornare il prima possibile. Grazie sempre per le recensioni fantastiche che mi scrivete, siete davvero troppo carine *.*
Alla prossima, un bacio immenso :*
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Green Arrow ***


Le ultime due settimane trascorsero velocemente. Oliver e Felicity erano sempre più affiatati ed inseparabili, avevano vissuto praticamente in simbiosi sulla loro nuvoletta rosa personale, isolandosi quasi del tutto dal mondo esterno. Oliver si era ormai trasferito in pianta stabile a casa Smoak ed insieme avevano trascorso quasi tutto il tempo rinchiusi in quell'appartamento, coccolandosi e stuzzicandosi come due piccioncini in luna di miele. Rari furono i momenti in cui si erano concessi una visita al covo: Oliver al momento non poteva scendere in campo attivamente perché Arrow era ancora perseguitato dalla polizia. Ben volentieri aveva accettato di farsi sostituire dai suoi altrettanto validi collaboratori, erano lontani i momenti in cui non voleva che nessun altro si unisse alla sua crociata. Non che ci fosse parecchio da fare in realtà, era come se con l'avvicinarsi dell'estate i criminali fossero andati in vacanza. O semplicemente, dopo aver sconfitto una minaccia del calibro di Ra's Al Ghul, i problemi quotidiani di Starling City sembravano una barzelletta.
"Nooo, ti prego... altri cinque minuti..."
"Oliver, sai che devo tornare a lavoro. Dopo tutti questi giorni di malattia immagino il casino che mi aspetterà".
"Licenziati, no? Malcom ha lasciato a me e Thea tutte le sue proprietà, un modo per sopravvivere lo troveremo".
Felicity non gli aveva ancora detto nulla dell'attuale posizione che ricopriva alla Palmer Technologies ora che Ray era partito. Aveva intenzione di cedere ad Oliver la vecchia compagnia di famiglia e proprio quella mattina doveva incontrare Walter per rivedere le ultime formalità. Voleva fargli una sorpresa.
"Sai che adoro il mio lavoro. Non potrei mai accettare di fare la mantenuta".
"Si, ma so che adori anche me. Ed io ti sto chiedendo di rinunciare al tuo lavoro in cambio di un'intera giornata a letto insieme al sottoscritto, che ti farà questo...."
Le diede un lieve bacio sulla bocca.
"E questo..."
Scese fino all'incavo del collo.
"E questo..."
Raggiunse i seni e li sfiorò delicatamente con le labbra.
Felicity arrossì. Non avevano ancora fatto l'amore ma in quei giorni avevano iniziato ad esplorare approfonditamente i reciproci corpi, lasciandosi andare a contatti sempre più ravvicinati, a cui lei non si era ancora del tutto abituata.
"Oliver..."
"Che c'è?"
"Lo sai che non vorrei mai uscire da questo letto... soprattutto se provi a convincermi così..."
"Ma?"
"Ma... se anche non volessi andare a lavoro dovrei comunque uscire di casa. Oggi ho appuntamento dal dottore, ricordi?"
Finalmente avrebbe potuto mettersi definitivamente alle spalle tutta la storia dell'operazione. Di quella brutta esperienza sarebbe rimasta solo una cicatrice, nemmeno troppo grande.
Oliver, come ridestatosi, le accarezzò la pancia con delicatezza. Stando con lei aveva perso la cognizione del tempo. Erano davvero già passate due settimane?
"A che ora hai appuntamento?"
"Oggi pomeriggio alle 14.00".
"Facciamo così. Pranziamo insieme e poi ti accompagno in ospedale".
"Oliver... non è necessario, davvero".
"Avrai bisogno di un po' di supporto morale, visto che sarai circondata da aghi..."
Felicity rabbrividì. Odiava gli aghi.
"E va bene. Ma solo perché se uno di quegli affarini malefici decidesse di prendere vita e di attaccarmi avrò bisogno che il mio eroe personale sia lì a difendermi".
"Mi assicurerò personalmente che quegli affarini malefici non si avvicinino a te nemmeno per sbaglio".
"Bene".
Oliver, ancora sopra di lei, iniziò a baciarle il viso con dolcezza.
Felicity accennò una sorriso.
"Cosa?"
"Sono solo felice che tu sia il mio eroe personale".
"Lo sono sempre stato, Felicity. Tuo più di chiunque altro".
La ribaciò, questa volta sulle labbra, con sempre maggiore insistenza. Felicity chiuse gli occhi, completamente in balia di lui. Andarono avanti così ancora per qualche minuto.
"Ora può andare, signorina Smoak".
"Credo proprio che resterò qui, sai?"
"Vai. E ti prometto che stasera riprenderemo esattamente da questo punto".
Le sussurrò quelle parole all'orecchio, facendole venire la pelle d'oca.
"Mi farai impazzire un giorno di questi, signor Queen".
"È più o meno questo l'intento".
Oliver la liberò ritornando con agilità dalla sua parte del letto. Si poggiò su di un fianco, rivolto verso di lei. Non si sarebbe perso lo spettacolo di quelle gambe seminude per nessuna ragione al mondo.
Felicity si mise in piedi, non potendo fare a meno di sentirsi lusingata e leggermente compiaciuta di avere gli occhi di Oliver fissi su di lei. Si infilò le calze ricamate, con il suo solito fare maldestro. Prese dall'armadio un tubino blu elettrico, cui abbinò un paio di decolté avorio. Si diede una spazzolata veloce ai capelli ed una passata leggera di trucco.
"Domani scelgo io cosa devi metterti, mi sa che devo eliminare qualche gonna un po’ troppo corta da quell'armadio".
"Quanto sei esagerato, uomo delle caverne".
Oliver le rivolse un sorriso sardonico.
"Davvero non riesci a capire quanto sei sexy, non è così?"
"In verità no. E il fatto che tu mi trova per qualche strano motivo attraente continua ad essere un enorme mistero per me".
"Beh, ti assicuro che non sei solo attraente, sei maledettamente attraente. E mi dispiace per la concorrenza, ma ora sei solo mia".
"Mi assicurerò che la concorrenza lo sappia allora. Non vorrei mai che i miei tremila spasimanti rischiassero di ritrovarsi una freccia infilzata in un ginocchio".
"Ecco, brava".
"Stavo scherzando, Oliver".
"Io no. Per niente".
Felicity alzò gli occhi al cielo. Non pensava che Oliver fosse così geloso. Sinceramente non ne comprendeva il motivo, ma decise di godersi quella parte di lui inedita e, perché no, anche un po' buffa.
Prima di prendere il soprabito gli si avvicinò, salutandolo con un lungo bacio sulle labbra. Sapeva già che, anche se solo per poche ore, le sarebbe mancato da morire.
"Ci vediamo a pranzo".
"Buona giornata, amore".
Felicity si sentì finalmente pronta ad affrontare la giungla che la attendeva fuori da quella porta.
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"Quindi mi sta dicendo che basta far mettere ad Oliver una firma qui e l'azienda sarà di nuovo sua?"
"Esatto. Il signor Palmer ti ha praticamente ceduto per intero le sue quote di maggioranza, rendendoti amministratrice delegata a tutti gli effetti. Se vuoi cederle a tua volta ad Oliver non dovrai fare altro che mettere una firma qui e dire a lui di fare lo stesso".
Felicity, senza pensarci troppo, appose la sua firma su quel foglio di carta.
"Farò in modo che Oliver firmi, stasera stessa".
"È molto generoso da parte tua, Felicity".
"Questa azienda appartiene da sempre alla famiglia Queen, ed è giusto che torni ai suoi legittimi proprietari".
Walter le sorrise, non potendo fare a meno di celare l'ammirazione che provava nei suoi confronti.
"Signorina Smoak?"
"Dimmi Jerry".
"Le ricordo che ha appuntamento con il signor Queen tra cinque minuti".
Felicity chiuse l'interfono, leggermente in imbarazzo.
"Sono felice che Oliver abbia una persona come te nella sua vita".
"Mi creda, il piacere è interamente mio".
"Non riesco ancora a credere che sei riuscita a fare tutta questa strada in così poco tempo. Ricordo ancora quando tre anni fa Oliver mi chiese di trovargli una ragazza bionda con gli occhiali che lavorava in azienda".
"Un momento, come faceva a sapere che una ragazza bionda con gli occhiali lavorasse alla Queen Consolidated?"
"Non ne ho la più pallida idea. Temo che dovrai chiederlo direttamente alla persona che incontrerai al prossimo appuntamento".
Felicity gli sorrise, ancora scossa dalla notizia che aveva appena appreso. Era sicura che Oliver fosse capitato nel suo vecchio ufficio per caso.
"Grazie, signor Steel. Non ce l'avrei mai fatta senza di lei".
"Grazie a te per avermi coinvolto ancora nella vita di Oliver. Lui e Thea sono come figli per me, e ci sarò sempre per loro e per le persone che sono a loro vicine".
Era un uomo eccezionale, estremamente generoso e disponibile. Felicity si sentì fortunata a poter contare su di una persona come lui.
Il campanello dell'ascensore annunciò l'arrivo di Oliver al pianerottolo su cui era situato il suo vecchio ufficio. L'ultima volta che era stato lì aveva vissuto uno dei momenti più tristi della sua vita. Felicity non sapeva che una sera di qualche mese fa aveva assistito per sbaglio al suo bacio con Ray, né lui aveva alcuna intenzione di dirglielo. Non voleva più riaprire il discorso Palmer, era solo grato del fatto che fosse partito lasciando campo libero, una volta per tutte.
"Walter, che piacere rivederti".
Felicity approfittò del fatto che Oliver si fosse trattenuto in corridoio per nascondere il contratto nel cassetto della scrivania. Non era ancora arrivato il momento di mostrarglielo.
"Oliver, ti trovo in forma. Sono felice di averti incontrato, è passato tanto tempo. Come vanno le cose?"
"Mai andate meglio".
"C'entra qualcosa la signorina nell'ufficio qui accanto, per caso?"
Oliver si chiese se davvero fosse così evidente. Ce l'aveva scritto in fronte di essere perdutamente innamorato di lei?
"Sono stato inopportuno, perdonami. In ogni caso sono felice per te, e sono certo di parlare anche per Moira".
Ad Oliver vennero immediatamente gli occhi lucidi. Sentiva ancora terribilmente la mancanza della mamma.
"Grazie Walter, di tutto".
Felicity assistette in disparte all'abbraccio che i due si scambiarono. Era così fiera di Oliver, di tutti i progressi che aveva fatto negli ultimi tre anni.
Quando rimase solo, lo raggiunse, preparandosi a pranzare insieme al suo fidanzato.
------------------------------
 
"Credo che non mi abituerò mai alla quantità di patatine fritte che assumi quotidianamente".
"E io non mi abituerò mai alla quantità di cibo verde scuro che assumi quotidianamente".
"Si chiamano verdure, Felicity. Dovresti provarle ogni tanto".
"No grazie, roba troppo salutare per me".
Oliver rise. Era incorreggibile.
"Come mai hai incontrato Walter stamattina?"
"Mmmh, nessun motivo in particolare, dovevo chiedergli qualche consiglio".
"Qualche consiglio? E su cosa?"
Felicity odiava mentirgli. Decise di raccontargli solo parte della verità, per non rovinare la sorpresa di compleanno che aveva in mente per lui. In quel momento si chiese se Oliver ricordasse che il giorno dopo era il suo compleanno.
"Ti ho raccontato che Ray è partito, no?"
"Grazie al cielo!"
Felicity lo ignorò.
"La sua intenzione era quella di aprire una nuova filiale a Seattle. E così ha lasciato la sede di Starling City a me".
Oliver rimase di sasso.
"E tu me lo dici così?"
"In che modo dovevo dirtelo?"
"Beh non so, magari non in un ristorante e magari non facendo passare quindici giorni prima di farlo, dal momento che siamo stati insieme praticamente 24 ore al giorno".
Si stava arrabbiando. Felcity non si aspettava una reazione del genere.
"Mi spieghi cosa c'è da innervosirsi? Pensavo saresti stato felice per me".
"Lo sarei anche, se non fosse che il tuo ex ti ha praticamente regalato un'azienda e tu non ti sei degnata nemmeno di informarmi".
"Non è questa gran cosa, Oliver".
"Non è questa gran cosa? Ti rendi conto che non ti libererai mai di lui? Che prima o poi verrà a chiederti di restituirgli il favore?"
"Ma cosa ti salta in mente? Sei paranoico".
"Sono anche paranoico adesso. Mi sa che vivi nel mondo delle fiabe, le persone non fanno mai niente per senza niente, prima te lo metti in testa e meglio è".
"Quindi il problema è che mi fido degli altri? Che sono così ingenua da pensare che una persona veda in me un potenziale tale da decidere di affidarmi un'azienda, senza per forza averne un tornaconto personale? Beh, Oliver, preferisco essere mille volte ingenua che patologicamente diffidente".
"Sai che c'è? Il tuo ragazzo patologicamente diffidente se ne va. Ci vediamo in ospedale, ho bisogno di schiarirmi un po' le idee".
Felicity era sconvolta. Il solo motivo per cui gli aveva tenuto nascosta quella cosa era per fargli una sorpresa. Si chiese se avesse preso la giusta decisione. Di sicuro non si aspettava che Oliver reagisse così male, era stata una doccia fredda per lei.
Fece mettere tutto sul suo conto e andò via. Ad Oliver sarebbe passata prima o poi, o al massimo gliel'avrebbe fatta passare lei, con le buone o con le cattive.
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Oliver giunse allo Starling General un quarto d'ora prima dell'appuntamento. Odiava fare tardi e così cercava di anticiparsi in qualunque circostanza.
Felicity arrivò solo dieci minuti dopo, perfettamente in orario e tremendamente ansiosa per la mini operazione che doveva affrontare. In realtà le avrebbero solo dovuto sfilare i punti e controllare se la ferita si fosse rimarginata bene, ma per lei questo era già abbastanza spaventoso.
"Sei già qui".
"Lo sai che odio fare tardi".
Si chiese per quanto tempo ancora le avesse portato il muso.
"Andiamo?"
Oliver la seguì, in silenzio, fino allo studio del dottore che doveva visitarla. Lo stesso che aveva eseguito l'operazione.
"Sigorina Smoak, prego si accomodi. E lei dovrebbe essere il signor Palmer se non vado errato".
Felicity pensò che il tempismo del dottore non poteva essere migliore di così.
"In realtà sono il signor Queen, Oliver Queen".
"Oh, mi scusi. Errore mio".
Il dottore guardò Felicity, mortificato per quella gaffe.
"Che ne dice di procedere, dottore? Sa com'è, quest'ansia mi sta distruggendo".
"Non ha motivo di essere ansiosa. Sono sicuro che prima che se ne renda conto avremo già finito".
Si distese sul lettino, dopo essersi abbassata il vestito fino alla vita. Oliver la marcò stretta, era arrabbiato con lei ma non per questo avrebbe perso di vista il dottore. Soprattutto dopo l'impressione che gli aveva fatto.
"Oh, benissimo. Direi che la ferita si è perfettamente rimarginata".
"Cosa deve fare con quelle?"
Felicity guardò terrorizzata il paio di forbici che il dottore stava puntando verso di lei.
"Queste? Le userò per tagliare via i punti residui che non sono caduti autonomamente. Non sentirà dolore, glielo assicuro".
Strinse gli occhi così tanto da farsi arricciare le palpebre. Oliver le afferrò la mano, solo lui poteva capire quanto fosse impaurita in quel momento.
"Fatto".
Spalancò gli occhi sorpresa.
"Di già?"
"Le avevo detto che non avrebbe sentito nulla. La cicatrice è grande, ma regolare. Purtroppo le resterà il segno, spero non sia un problema".
"In realtà no. Mi piacciono le cicatrici".
Oliver scosse il capo, in realtà si stava riferendo alle sue di cicatrici. Non avrebbe mai compreso del tutto il suo debole per quei segni che gli sfiguravano il corpo.
"Bene. Il mio lavoro è terminato. Le consiglio di tenere il fegato periodicamente sotto controllo. Non dovrebbero esserci ripercussioni, ma come si dice in questi casi, la prudenza non è mai troppa".
Felicity non avrebbe mai più potuto condurre una vita pienamente normale. Oliver avrebbe odiato Palmer per questo fino alla fine dei suoi giorni. Ne era certo.
La aiutó a rivestirsi, abbottonandole la cerniera.
"Grazie dottore. Di tutto. Mi ha salvato la vita".
"Dovere. Arrivederla signor Queen, felice di averla conosciuta".
Si congedarono con una stretta di mano e si incamminarono verso il corridoio.
"Come stai?"
"Sollevata, in realtà. Non pensavo fosse così veloce".
"Sei stata molto coraggiosa".
"Beh si... ce l'avrei fatta anche senza te che mi stringevi la mano, ma grazie comunque per averlo fatto".
Oliver sorrise. Era praticamente impossibile avercela con lei per troppo tempo.
"Mi dispiace, ok?"
Felicity si fermò. Era difficile sentire Oliver pronunciare quelle parole.
"Dispiace anche a me, Oliver. Avrei dovuto parlatene prima".
"Non è questo il problema in realtà, è che quando c'è Palmer di mezzo non ragiono più".
La ragazza si mise di fronte a lui, prendendogli le mani.
"Ora sto per aprire un discorso che abbiamo sempre rimandato, ma che è giusto affrontare una volta per tutte".
"No, ti prego, non farlo".
"Senti, so che non vuoi sentir parlare di Ray neanche per sbaglio, che lo odi a morte per quello che mi ha fatto e che non so per quale strano motivo hai paura che cambi idea e che da un momento all'altro torni correndo da lui. Ma non possiamo andare avanti se c'è questo fantasma che incombe su di noi. Non è meglio liberarsene una volta per tutte?"
Oliver alzò gli occhi al cielo. Rassegnato.
"Ok. Ti ascolto".
"Devi capire che se ad un certo punto ho preso in considerazione la possibilità di stare con Ray è solo perché tu continuavi a respingermi, senza volerne sapere di lasciarti andare e di vivere quel sentimento che dicevi di provare. Mi amavi, ma in realtà non permettevi a te stesso di farlo per davvero. Così ho cercato in Ray quello che tu non eri disposto a darmi".
Oliver distolse lo sguardo, sentendosi un cretino per averla praticamente spinta tra le braccia di un altro uomo.
"Ma poi ho realizzato che per quanto anche lui volesse aiutare gli altri, diventare a modo suo un eroe come lo sei diventato tu... nonostante avesse con te moltissime cose in comune, in realtà gli mancava l'elemento fondamentale".
"Quale?"
"Il fatto che non eri tu, sciocchino. Se mi sono innamorata di te non è mai stato per quello che fai, nè per come lo fai. Ma per quello che sei. Amo Oliver Queen, non il simbolo che rappresenta. Amo la tua persona, quella che rientra distrutta al covo dopo una missione e che prende doppio caffè la mattina per svegliarsi, e non la maschera che indossi. È bene che te lo metta in testa il prima possibile, perché credimi nessun uomo su questa terra potrà farmi cambiare idea a riguardo".
Oliver le afferrò il viso e la baciò. Proprio come la prima volta, esattamente nello stesso posto. Allora aveva paura di non trovare il modo di far combaciare le due parti di sé, la persona e la maschera. Ora aveva finalmente capito che la chiave per riuscirci era Felicity, l'unica che gli aveva ricordato di essere un uomo, prima che un eroe. L'unica che gli aveva dimostrato che le due cose potevano perfettamente convivere, se solo avesse trovato il giusto equilibrio. Grazie a lei era riuscito a diventare qualcosa di più di un eroe, qualcosa di più di Arrow. Era riuscito a diventare un supereroe, Green Arrow.
La luce di quella nuova consapevolezza li avvolse, in un'atmosfera quasi surreale, paradisiaca. Sentirono di poter volare fino a toccare il cielo con un dito. Di poter essere felici fino a farsi scoppiare il cuore. Doveva voler dire questo amare da morire una persona, non poteva essere altrimenti.
 
 
*NOTA DELL'AUTRICE*
Aaaaaaaah lo so, lo so, vi sto facendo patire peggio del KGB ma credetemi non lo faccio apposta! È che ci sto prendendo così gusto a raccontare le vicende degli olicity da fidanzati che scrivo e scrivo senza fermarmi, trovandomi poi costretta  a rimandare sempre il finale che ho in mente per questa storia.
Spero ugualmente di avervi intrattenuta. Io mi sto divertendo moltissimo ad immaginarli insieme, vorrei tanto che per la fine di questa stagione ci regalino momenti simili, ce li meritiamo dopo una stagione di patimenti :)
So che ormai non mi crederete più (un po' come la storia di a lupo a lupo) quindi non vi dirò nient’altro se non.... al prossimo capitolo :P :*

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Capitolo 12
*** Ricominciare a vivere ***


Felicity doveva trovare a tutti i costi il modo di liberarsi di Oliver per il resto del pomeriggio. Aveva organizzato una festicciola a sorpresa per lui al Verdant. La polizia, per il tempo in cui il locale era stato messo sotto sequestro, aveva provato a trovare qualche prova tangibile che collegasse quel luogo ad Arrow, ma con scarsi risultati. Da qualche giorno tutto era tornato alla normalità.
"Roy? Grazie a Dio hai risposto subito".
"Che succede? Perché bisbigli?"
"Io e Oliver siamo ancora in ospedale, ho appena terminato la visita. È in bagno ora".
"Non che sia in alcun modo interessato all'attività intestinale di Oliver..."
"Ho bisogno che lo tenga impegnato per tutto il pomeriggio. Non posso lasciare Thea da sola ad organizzare tutto".
"Ricevuto. Lo porto con me in una concessionaria, così mi faccio consigliare sul modello di moto da comprare".
"Ottimo. Ricorda che ti devo un favore".
"Me lo segno. A stasera".
Riagganciò un attimo prima che Oliver la raggiungesse.
"Chi era?"
"Ehm... Jerry... devo tornare di corsa a lavoro, è un'emergenza".
"E i nostri programmi per oggi? Io e te in un letto a riprendere quello che avevamo lasciato in sospeso stamattina?"
"Dovranno aspettare. Mi dispiace Oliver, in azienda c'è bisogno di me".
Felicity gli diede un bacio veloce e corse via senza lasciargli il tempo di obiettare.
"E io che pensavo che il compito degli amministratori delegati fosse appunto quello di delegare".
Gli squillò il cellulare.
"Roy, dimmi, che succede?"
"Dove sei?"
"Allo Starling General, perché?"
"Mi accompagni a scegliere la moto? Ho visto tremila modelli e sono in alto mare".
"Perché non lo chiedi a Dig?"
"Perché oggi doveva tenere Sara. E perché non ci vediamo da secoli, devi smollarti un po' da quella donna amico. Da quanto non passi un po' di tempo per conto tuo?"
Effettivamente da quando erano tornati a casa non si era staccato da Felicity nemmeno quando era passato dal covo. Forse gli avrebbe fatto bene trascorrere un pomeriggio diverso, anche per arrivare a sentire un po' la sua mancanza.
"E va bene. Cinque minuti e sono da te".
 
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"Che ne dici di una bella Ducati? La 889 è leggermente vintage ma è il top. E poi i motori italiani sono una garanzia".
"Non lo so... pensavo a una Honda, più leggera e maneggevole, ma comunque veloce".
Stavano valutando tutti i modelli disponibili nel salone, individuando per ciascuno i pro e i contro. Quando si resero conto che erano già trascorse quasi due ore dal loro arrivo, decisero di fermarsi per una pausa caffè.
"Allora. Aggiornami. Come vanno le cose in mia assenza?"
"In realtà bene, non c'è molto da fare. Poi dopo l'esperienza a Nanda Parbat siamo diventati tutti più uniti, più complici. Otteniamo risultati con il minimo sforzo".
"Laurel come se la cava?"
"È migliorata tanto, le lezioni di Nyssa hanno dato i loro frutti".
"Sono contento. Almeno non rischierà di farsi male ogni volta che scende in campo".
"Anche Thea si è integrata bene... so che non sei d'accordo ad averla nel team, ma è brava Oliver. Riesce a fare veramente la differenza. Ti sta sostituendo degnamente".
"Lo so che è brava, Roy. Ma si tratta di mia sorella, non potrò mai essere del tutto d'accordo a vederle rischiare la vita tutti i giorni. Non ce la faccio. Il fatto che ci sia tu a tenerla d'occhio mi fa stare più tranquillo".
"A proposito di questo.... devo dirti una cosa".
"Dimmi".
"Ecco... si... si tratta di me e Thea. Siamo tornati insieme".
Oliver non fu sorpreso da quella notizia. Non avevano mai smesso di amarsi e ora che non c'erano più segreti tra loro non esisteva più alcun motivo che li tenesse separati.
"Meglio tu che qualcun'altro, Roy. Ma non rilassarti troppo, ti tengo d'occhio".
Oliver finse uno sguardo minaccioso, lasciando Roy interdetto per qualche secondo.
Poi scoppiò a ridere.
"Scherzo, stai tranquillo, sono felice per voi".
Roy buttò fuori tutta l'aria che aveva trattenuto fino a quel momento.
"E chi l'avrebbe detto che saresti diventato simpatico".
"Lo sono sempre stato in realtà. Nei rari momenti in cui non facevo prevalere la versione noiosa di me".
"Ti fa bene stare con Felicity. Sarò sincero, sentiamo tutti la vostra mancanza al covo, ma siamo contenti per voi. Non ne potevamo più di vedervi separati ed infelici".
Oliver gli diede una pacca sulla spalla. Sapeva che stava dicendo la verità. Lui e Diggle in particolare avevano assistito alla nascita di quel sentimento, e durante i momenti più difficili erano stati vicini ad entrambi, senza bisogno di tante parole.
"Grazie amico, lo apprezzo molto".
"Quindi ora cosa farai? Appenderai il cappuccio al chiodo?"
"In queste due settimane sono stato tentato diverse volte dal prendere questa decisione. Stare con Felicity, immaginarmi un futuro con lei, mi ha fatto accantonare per un po' l'idea di continuare ad essere Arrow".
Roy lo ascoltò con attenzione, senza interrompere.
"Ma poi ho capito che non posso semplicemente tornare indietro. Non posso fare finta di niente quando ormai ho la consapevolezza di poter aiutare concretamente questa città. Devo semplicemente trovare un altro modo per farlo. Un modo che non sia distruttivo per la mia persona e che mi permetta di conciliare i due lati di me, trovando il giusto equilibrio".
"E sarebbe?"
"Beh innanzitutto farmi aiutare da voi. Riconoscere che ormai questa crociata è diventata vostra tanto quanto mia. Mollare un po' la presa su tutte queste responsabilità, così da trovare il tempo di vivere anche come Oliver Queen".
"Amico, devo proprio dirtelo, sono così felice che finalmente ci hai dato un taglio con tutte quelle stronzate sulla doppia personalità. Credimi, iniziavi ad inquietarmi".
Oliver scoppiò a ridere, non potendo fare a meno di ripensare al fatto di essersi ostacolato da solo per tutto quel tempo. Si sarebbe risparmiato un sacco di sofferenze inutili se solo fosse giunto prima a quella conclusione.
"Allora, andiamo a scegliere o no questa moto? Sarai stanco di farti scorrazzare da Thea in giro".
"Andiamo".
Roy sorrise, grato per quel fratello maggiore che la vita gli aveva donato.
 
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"Wow".
Felicity entrò al Verdant e non potè fare a meno di notare che era diventato più verde del solito. C'erano palloncini e festoni di quel colore sparsi in giro per tutta la sala, frecce di cartone che penzolavano dal soffitto e un tavolo allestito con tutti i regali per Oliver da parte loro.
"E tu sei riuscita a fare tutto questo in meno di un giorno?"
"Dici che ho esagerato? So che compie 30 anni e non è più un bambino, ma ha sempre avuto un debole per festoni e palloncini".
"È proprio vero che le persone non si finiscono mai di conoscere..."
"Allora? Che ne pensi?"
"Penso che è tutto perfetto. E penso che Oliver è fortunato ad avere una sorella come te".
Thea le sorrise soddisfatta. Si fidava del giudizio di Felicity e se a lei piaceva sarebbe piaciuto anche a Oliver.
"Una cosa in realtà l'ho fatta anch'io. Sono passata in pasticceria a ritirare la torta. Tre piani pieni zeppi di panna e cioccolato, trent'anni si compiono una volta nella vita".
"Lo sai  che Oliver non mangia cioccolato da almeno due anni, vero?".
"Ecco perché era sempre così triste, tutta colpa delle endorfine. Ma stasera ci penso io a lui, per una volta che rinuncia a quelle verdure disgustose non viene la fine del mondo".
Thea scoppiò a ridere divertita, erano una coppia davvero ben assortita.
"Il tuo regalo? Dammelo che lo metto nel mucchio".
Felicity aveva intenzione di fare una sorpresa a tutti quella sera, nessuno sapeva ancora niente dei piani che aveva in mente per l'ex azienda della famiglia Queen e quindi del regalo che avrebbe fatto ad Oliver.
"In realtà l'ho lasciato in ufficio. Passo a prenderlo più tardi. Andiamo di là, ti do una mano con il buffet".
Si diressero nelle cucine, apprestandosi a preparare tartine e tramezzini di tutti i gusti.
"Dove hai lasciato mio fratello? Non è che si presenta qui e ci rovina la sorpresa?"
"Tranquilla, è con Roy. Mi ha promesso che lo avrebbe tenuto lontano da qui fino a stasera".
Thea arrossì leggermente sentendo pronunciare il nome di Roy.
"C'è qualcosa che devo sapere?"
"In che senso?"
"Boh, ho nominato Roy e sei diventata rossa".
La piccola Queen si sfiorò il volto con il dorso delle mani. Effettivamente sentiva le guance lievemente accaldate.
"In realtà tu e mio fratello non siete gli unici a fare coppia fissa ultimamente".
"No. Aspetta. Non ci credo. Vuoi dirmi che tu e Roy..."
"Si, io e Roy".
"Ma è fantastico, Thea! Ci avrei scommesso che prima o poi sareste tornati insieme".
"È avvenuto tutto molto naturalmente, come se in realtà non ci fossimo mai lasciati".
"Conosco la sensazione, credimi. Sono veramente contenta di questa notizia, ve lo meritate, davvero".
Le ragazze si sorrisero, sinceramente felici l'una per l'altra. Avevano entrambe trovato la loro dimensione, il loro posto nel mondo, al fianco degli uomini della loro vita.
 
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Il piano prevedeva che Oliver e Roy fossero invitati a casa di Dig per cena. Laurel, prima di raggiungere il Verdant, avrebbe dovuto informarli di un problema sorto al locale riguardo i permessi della polizia. Si sarebbero così recati al luogo della festa senza che Oliver sospettasse nulla.
Nel frattempo Lyla, lasciata la piccola Sara con la babysitter, avrebbe raggiunto le altre per attendere insieme l'arrivo del festeggiato.
"Allora ragazze ho sentito Roy, arrivano tra cinque minuti".
"Bene, sta per salirmi l'ansia".
"Sta tranquilla, Felicity. Oliver lo apprezzerà moltissimo".
Lyla provò a calmarla accarezzandole la schiena.
"Lyla ha ragione. Tu e Thea gli avete organizzato una bellissima festa, sono sicura che non si aspetta niente di tutto questo".
"Grazie ragazze, è il primo compleanno che festeggiamo insieme, come una vera e propria coppia intendo. Voglio che sia tutto perfetto".
Laurel le sorrise. Non si era creato nessun imbarazzo tra di loro, per quanto fosse la ex storica di Oliver. Questo dimostrava che entrambi erano pianamente andati avanti con le loro vite e avevano voltato pagina.
"Sento il furgone di Dig. Thea, spegni le luci. Mi raccomando, silenzio assoluto".
I tre ragazzi fecero ingresso al Verdant, guardandosi intorno.
"Roy, ma sei sicuro che Laurel ti ha detto di venire qui? Non c'è nessuno, è tutto buio...."
"SORPRESA!!!!"
Le luci si accesero, una miriade di coriandoli colorati invasero l'ambiente circostante.
Oliver in un primo momento rimase immobile, come paralizzato per lo stupore. Come aveva fatto a dimenticarsi del suo compleanno?
"Non ci posso credere..."
"Auguri amico!!!"
"Buon compleanno!"
Roy è John gli diedero qualche pacca sulla spalla e a turno lo abbracciarono.
"Auguri Ollie!"
"Buon trentesimo compleanno!"
"Grazie Laurel! Lyla e tu che ci fai qui? Non eri a cena con noi fino a dieci minuti fa?"
"Devi ringraziare le signorine alle mie spalle, tutta opera loro".
Oliver vide Thea e Felicity scambiarsi uno sguardo complice. Si avvicinò a loro.
"Dovevo immaginarlo che mi stavi nascondendo qualcosa".
"Vuoi dirmi che non ti eri accorto di nulla? Non è che ti si sono guastati i sensori di pericolo immediato?"
"Ah ah ah, ma che simpatica".
Oliver la tirò a sé e la baciò a lungo. Non erano mai stati separati per tutto quel tempo e le era mancata da impazzire.
"Buon compleanno, amore".
"Grazie".
Si guardarono negli occhi come erano soliti fare, escludendo il resto del mondo per qualche secondo.
"Hey, piccioncini?"
Non si mossero di un centimetro.
"Terra chiama Olicity. Terra chiama Olicity".
"Ti sento, Speedy. E poi con che razza di nome ci hai chiamato?"
"Olicity. Oliver più Felicity. Lascia perdere, è una cosa stupida".
"A me piace, in realtà".
"Non avevo dubbi".
Oliver alzò gli occhi al cielo divertito. Si avvicinò alla sorella per abbracciarla.
"Non posso credere abbiate organizzato una cosa del genere. Sono senza parole. Grazie".
Thea lo strinse forte, provando ad infondergli tutto l'amore che provava per lui.
"Ora arriva la parte divertente. Devi scartare i regali".
Felicity fu colta da un'ansia improvvisa, il momento della verità era vicino. Sperava solo che Oliver non reagisse male come al ristorante.
"Questo è da parte mia e di Lyla".
Dig gli consegnò un pacchettino rettangolare, incartato rigorosamente di verde.
"Poi un giorno mi spiegherete perché avete scelto tutti questo colore".
Scoppiarono tutti a ridere. Oliver non era solito fare battute, ma le poche che faceva erano divertenti ed argute.
"Wow. Un tablet pluriaccessoriato".
"Dal momento che ora hai un'hacker per  fidanzata, abbiamo pensato di introdurti una volta per tutte nel fantastico mondo della tecnologia".
"Questo si che è parlare, amico".
Felicity diede il cinque a John e Lyla, complimentandosi con loro per la scelta.
"Ora tocca al mio! Credo proprio che ti piacerà..."
"Un nuovo casco per la moto, è bellissimo!"
"Vista la brutta fine che hai fatto fare al vecchio, ho pensato te ne servisse uno nuovo".
"Quale brutta fine?"
Felicity non sapeva nulla di quella storia. Di quando Oliver, sconvolto per la notizia di lei in ospedale, aveva dato un calcio al suo vecchio casco, ammaccandolo irrimediabilmente.
"Ah perché non glielo hai ancora raccontato? Diciamo solo che hai un fidanzato con qualche problemino a controllare la rabbia".
"Roy, ricordi il discorso che ti ho fatto oggi?"
"Si".
"Ecco, sto per rimangiarmelo".
"Lo dicevo io, problemi a controllare la rabbia…"
Felicity diede a Roy un colpetto dietro la testa, si divertiva un mondo a vedere quei due provocarsi a vicenda.
Laurel si fece avanti e consegnò ad Oliver il suo regalo.
"Questo è da parte mia. Non è niente di speciale, Ollie. Ho pensato che ora che sei in vacanza forzata potresti approfittarne per recuperare qualche film".
"I più grandi capolavori di Stephen King. Wow!"
"So che ti piace il genere, quindi..."
"È un bellissimo regalo, grazie".
Felicity non gli avrebbe mai permesso di guardare nessuno di quei film in sua compagnia. A meno che non l'avesse tenuta stretta tra le sue braccia e coperto gli occhi per tutto il tempo.
"Questo invece è da parte mia. Tanti auguri Ollie".
"Pensavo che fosse la festa il tuo regalo, Speedy".
"Non essere sciocco. Spero ti piaccia".
Era una cornice con una foto della famiglia Queen al completo, c'erano Moira e Robert giovani ed innamorati, che tenevano in braccio i loro due figli, sorridenti e bellissimi.
"Ma questa è la foto che ci scattarono in montagna! Il primo e unico Natale trascorso fuori casa. Fu una vacanza perfetta, la ricordo ancora".
"Ollie, so che quest'anno riguardo questo argomento ho vacillato spesso e volentieri. Spesso ho smarrito la retta via, messa alla prova da avvenimenti più grandi di me. Ma  ora finalmente lo so. Sarete per sempre voi la mia sola ed unica famiglia".
Oliver quasi si commosse, travolto da tutte le emozioni di quella sera. L'unica cosa che aveva sempre desiderato era di non dover mai rinunciare a sua sorella. Con quel gesto Thea gli aveva appena dimostrato che non sarebbe mai potuto accadere.
"È il più bel regalo che potessi farmi".
Felicity fu grata a Thea per aver compreso le paure del fratello e per averle messe a tacere con quello splendido regalo.
"Manca all'appello solo Felicity".
"Si dai Fel che gli hai regalato?"
"Niente che tu possa scroccare come tuo solito, Roy".
L'amico le fece la linguaccia. Felicity si avvicinò al tavolo per recuperare la busta portalettere che aveva nascosto tra i regali.
"Non dirmi che già divorziate?"
"Dig, stasera tu e Roy avete mangiato pane e simpatia?”
Oliver la raggiunse incuriosito.
“Cos’è?”
"Aprila".
Ci mise un po' per leggere tutto. Dopo aver finito si concesse un'altra ripassata veloce, per essere sicuro di aver capito bene.
"Che significa?"
"Significa, Oliver, che finalmente riavrai quello che ti spetta. Quello che è sempre appartenuto a te e alla tua famiglia. Basta solo che metti una firma qui".
Tutti gli altri rimasero in silenzio, non capendo bene cosa stesse accadendo.
"No, non posso accettare. Non esiste. Questo è veramente troppo".
"Se ho accettato le quote di Ray è solo perché un giorno potessi restituirle a te. Quel posto ti appartiene Oliver, si tratta dell'azienda che porta il nome della tua famiglia, ed è giusto che ritorni ad essere gestita da un Queen".
Finalmente le cose iniziarono a farsi più chiare. Felicity stava facendo in modo che la Queen Consolidated ritornasse ad Oliver.
"Io... io.... Non so veramente cosa dire".
"Basta che dici di sì".
"Oddio sì! Sì per tutta la vita!"
Oliver la prese in braccio e la fece girare, tra gli applausi dei presenti. Si sentì in colpa per essersi arrabbiato con lei a pranzo, ma si ripromise di farsi perdonare in qualche modo.
“E io che pensavo di avergli fatto un bel regalo".
"Taci, Roy".
Thea, ancora commossa, gli diede un calcetto nello stinco, facendolo zittire di colpo.
"Ragazzi, io veramente non so cosa dirvi se non grazie. È il più bel compleanno della mia vita. Vi voglio bene".
Oliver si sentì fortunato a ricevere così tanto affetto da persone meravigliose quali erano i suoi amici. Non avrebbe potuto desiderare una famiglia migliore.
 
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Felicity trascinò Oliver giù per le scale del vecchio covo, approfittando del fatto che gli altri stessero chiacchierando in tutta tranquillità seduti al bancone del Verdant. Spinse la manopola del contatore verso l’alto e finalmente fece luce in quell’ambiente buio e polveroso.
“Che ci facciamo qui? Devo ricordarti che si tratta della mia festa? Il festeggiato non dovrebbe stare tutto il tempo con i suoi ospiti?”
“Beh, tecnicamente sono i miei ospiti dato che ho organizzato io la festa. E poi tranquillo, nemmeno si accorgeranno della nostra assenza. Ho come l’impressione che il bourbon scelto da Thea li abbia resi eccessivamente alticci…”
“Dici che sono già ubriachi?”
“Ma hai visto Roy come ballava sui tavoli? Sono decisamente già ubriachi”.
“Non mi hai detto ancora cosa ci facciamo qui…”
“Beh, signor Queen, siamo qui perché devo darle il suo regalo”.
“Pensavo già me ne avessi fatto uno…”
“Diciamo che questo è un regalo speciale, un bonus da parte di una ragazza che sai, ti ama più della sua stessa vita”.
Felicity, ammiccante e terribilmente seducente, iniziò ad avvicinarsi a lui.
“Ah si? E questa ragazza sarebbe?”
Oliver, divertito ma anche eccitato da quella situazione, decise di stare al suo gioco, tirandola a sé e mettendo le sue braccia intorno alla sua vita.
“Mmm… vediamo… Bionda, occhiali scuri, alta il giusto, non eccessivamente bella ma intelligente…”
“Deve esserci un errore. Credevo che la ragazza a cui ti stavi riferendo fosse bellissima”.
“Punti di vista. Diciamo che la bellezza non è proprio il suo punto di forza”.
“E quale sarebbe il suo punto di forza?”
“La sua parlantina, naturalmente. Senza dimenticare la sua simpatia. Poi è un fottutissimo genio, insomma è arrivata seconda alla gara nazionale di informatica a soli 19 anni, si è laureata al MIT…”
“Una ragazza davvero notevole”.
“Grazie per averlo notato”.
Si sorrisero, entrambi consapevoli del deja-vu. Con la mente tornarono indietro a due anni prima, quando Felicity, pur non facendo ancora parte del team, veniva coinvolta da Oliver nella sua missione, usando tutte le scuse più assurde che potesse trovare.
“E cosa dice questa ragazza, posso baciarla o ha ancora qualcos’altro da dire? Non vorrei mai interrompere la sua parlantina”.
Erano sempre più vicini, occhi dentro occhi, bocca dentro bocca.
“Avrebbe tante ma tante altre cose da dire, ma potrebbe essere disposta a fare un’eccezione...”
Oliver non se lo fece ripetere due volte. Iniziò a baciarla con desiderio, quasi mangiandole le labbra. Felicity si accese immediatamente, e ricambiò con altrettanta veemenza. Le lingue si incontrarono ben presto in una voragine di piacere ed intimità. Le mani, frenetiche, iniziarono a farsi strada tra i corpi di uno e dell’altra. Oliver si sfilò la maglietta, consentendo a Felicity di contemplare la perfezione di quel corpo a cui non si sarebbe mai abituata.
Senza perdere il contatto con le sue labbra, iniziò a sbottonarle la cerniera del vestito, che cadde sul pavimento con un rumore sordo. Felicity indossava una sottoveste di seta che lasciò Oliver senza fiato.
“Che c’è?”
“C’è che sei perfetta”.
Felicity sorrise con compiacimento. Sperava che Oliver la trovasse sexy nell’intimo che aveva scelto per l’occasione.
Continuarono a baciarsi, a toccarsi, fin quando, accorgendosene a mala pena, si ritrovarono distesi l’una sull’altro su quella che fino a qualche settimana fa era la postazione informatica di Felicity.
La ragazza si liberò della sottoveste, permettendo ad Oliver di estasiarsi alla vista dei suoi seni perfetti. Glieli toccò, accarezzò, le stuzzicò i capezzoli, fino a farle venire la pelle d’oca. Felicity prese iniziativa e gli sbottonò i pantaloni. Non vedeva l’ora di fare l’amore con lui, e sapeva che per Oliver valeva lo stesso, poteva constatarlo con i suoi stessi occhi.
“Non sai da quanto aspettavo questo momento”.
“Più o meno da quanto lo aspettavo io probabilmente”.
Si sorrisero perdendosi l’uno negli occhi dell’altra. Oliver la penetrò con facilità, i loro corpi combaciavano alla perfezione, come se fossero fatti apposta per stare insieme. Andarono avanti per un tempo che parve infinito, provocandosi a vicenda gemiti e brividi di puro godimento. Ad un certo punto, si persero l’una negli spasmi dell’altro, raggiungendo l’apice del piacere all’unisono. Entrambi pensarono che fare l’amore non era mai stato così bello, così estasiante, così perfetto.
“Ti amo Oliver”.
“Io di più”.
Come se riuscissero a trovare l’ossigeno solo grazie al respiro dell’altro, ricominciarono a baciarsi, senza avere la forza di fermarsi, né la voglia di farlo. Felicity sentì Oliver indugiare con le dita sulla cicatrice che si era procurata un anno prima dietro la schiena.
“Non è niente Oliver, solo un piccolo segno”.
“Non permetterò che ti accada mai più”.
“E anche se dovesse accadere Oliver, promettimi che non te ne prenderai la colpa. Non puoi riuscire a proteggermi in ogni circostanza. Devi accettare il fatto che fin quando mi unirò a te nella tua crociata un minimo di rischio potrò sempre correrlo, nonostante tu faccia di tutto per evitarlo. Ricorda che fin quando farai parte della mia vita io sono felice, e questo mi basta. Ti prego, Oliver, promettimi che ti ricorderai di queste parole”.
“Ti prometto che ci proverò”.
“Beh… è già qualcosa”.
Felicity gli sorrise con dolcezza e si distese al suo fianco.
“Avrei dovuto portare un pleid, si gela qui sotto”.
Oliver, come a rispondere ad una sua tacita richiesta, la avvolse con le sue braccia, provando a riscaldarla con il calore del suo corpo.
“Va un po’ meglio?”.
“Decisamente”.
Rimasero in silenzio per un po’, godendosi quel momento di assoluta pace e tranquillità.
“Stamattina Walter mi ha detto una cosa strana…”
Oliver, incuriosito, rivolse lo sguardo verso di lei, incitandola a continuare.
“Mi ha detto che tre anni fa, quando sei tornato a casa, gli chiedesti dove poter trovare una biondina con gli occhiali che lavorava in azienda. Solo che non ha senso, insomma io e te ci siamo incontrati per caso nel mio ufficio, no?”
Aveva capito a cosa si stava riferendo. Non aveva mai trovato l’occasione giusta per raccontare a Felicity del loro primo vero incontro. Pensò che fosse arrivato il momento di farlo.
“In realtà ci siamo incontrati per caso, ma non in quella circostanza”.
“Non ti seguo…”
“Due anni prima che facessi ritorno a casa venni a Starling City insieme a Maseo per conto di Amanda Waller. Fummo incaricati di portare a termine una missione”.
“Cosa? Sei stato a Starling durante il periodo in cui tutti ti credevano scomparso? Come hai fatto a non farti notare in giro?”
“Beh, le complicazioni non sono mancate, ho spiato la mia famiglia di nascosto, i miei amici, rischiando anche di farmi scoprire, ma ne valse la pena”.
“E io cosa c’entro in tutto questo? Nemmeno sapevi chi fossi a quei tempi”.
“Il mio compito era quello di accedere nel database della Queen Consolitated. Mi infiltrai di notte, convinto che nessuno restasse a lavoro fino a tardi. Ero nell’ufficio di mia madre quando sentii il campanello dell’ascensore risuonare per il corridoio. Mi nascosi immediatamente in sala conferenze, aspettando che quella persona, chiunque fosse, riguadagnasse l’uscita”.
Felicity non fiatò, completamente assorbita da quel discorso, attenta ad ogni minimo particolare.
“All’improvviso sentii una ragazza parlare. Pensai fosse al telefono, o che al massimo avesse compagnia. Mi sporsi a guardare e mi resi conto che in realtà stava parlando da sola. Guardava la mia foto e ripeteva quanto fossi carino e quanto era un peccato che fossi morto”.
“Oddio no, non ci credo”.
“Ed è in quel momento che ti vidi per la prima volta. La biondina con gli occhiali che è riuscita a strapparmi il primo vero sorriso dopo tre anni di sola agonia e sofferenza. Dal quel giorno non mi dimenticai più di te e mi dissi che se mai un giorno fossi riuscito a tornare a casa sano e salvo avrei dovuto cercarti e presentarmi. Volevo conoscerti, aveva voglia di capire cosa ci fosse di tanto speciale in te da riuscire ad illuminare la giornata ad un perfetto sconosciuto”.
“Sai questo cosa vuol dire vero?”
“Cosa vuole dire?”
“Che siamo destinati a stare insieme, da prima ancora che ci conoscessimo”.
A Felicity scese una lacrima. Non riuscì a trattenerla. Oliver se ne accorse e si affrettò ad asciugargliela. Odiava vederla piangere.
“Hey… hey… perché piangi?”
“Perché sono felice, Oliver. Perchè mi hai detto che sono riuscita ad illuminarti quella giornata tanti anni fa, ma la verità è che tu hai illuminato la mia vita, l’hai resa migliore. Hai reso me una persona migliore”.
Oliver la baciò con dolcezza. Aveva ragione. Erano destinati a stare insieme, lo sapeva anche lui, perché insieme erano migliori, piuttosto che presi singolarmente. Riuscivano ad essere l’uno la spalla dell’altra, l’uno la forza dell’altra. Erano in grado di portare la luce nelle loro vite solo standosi vicini.
La amava, come non aveva mai amato nessuno in tutta la sua vita, e ora che finalmente l’aveva ritrovata non se la sarebbe lasciata scappare, mai più. Voleva trascorrere al suo fianco il resto della sua esistenza, e glielo avrebbe dimostrato innamorandosi di lei giorno dopo giorno, facendola sentire l’unica donna della sua vita, la sola che contasse davvero.
Era questa la sua nuova missione, rendere migliore la vita di entrambi. Perchè erano legati da un filo invisibile, rendere felice lei voleva dire rendere felice anche se stesso. E per la prima volta si sentì di meritare tutta quella felicità, di meritare tutto quell’amore. Per la prima volta si sentì invincibile, fin quando Felicity avesse fatto parte della sua vita sarebbe stato in grado di superare ogni sfida, ogni battaglia. Fin quando fosse rimasta al suo fianco avrebbe finalmente imparato cosa voleva dire vivere. E sinceramente, non vedeva l’ora.
 
 
*NOTA DELL’AUTRICE*
Ecco che un lacrimuccia solca il mio viso. Sarò sincera con voi, credo proprio che tutto questo mi mancherà maledettamente. Mi mancherà questa storia, mi mancherà immaginare Oliver e Felicity insieme, ma soprattutto mi mancherete voi. Voi che mi avete tenuto compagnia fino ad oggi, che non mi avete mai abbandonata e avete continuato a seguirmi, non perdendo occasione per riempirmi di parole e pensieri carinissimi. Atw, Felicity Queen, Mici 71, MoCridhe, noellisnoparty, eldialice e tutte le altre: il mio GRAZIE più grande va a voi, senza di voi questo breve ma intenso cammino non sarebbe stato lo stesso.
Spero di tornare presto con una nuova storia, al momento penso mi godrò le puntate di Arrow fino al finale di stagione (a proposito la 3.16 è stata a dir poco EPICA *.* ), ma come si suol dire mai dire mai, magari l’ispirazione mi coglierà quando meno me l’aspetto.
Vi mando un bacio immenso e vi ringrazio ancora una volta.
Vostra,
Anima90.

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