Back in Washington DC

di Giulia 96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let's go Home ***
Capitolo 2: *** Check up dal dottore ***
Capitolo 3: *** Intanto sull'aereo... ***
Capitolo 4: *** Washington ***
Capitolo 5: *** Prima devo riprendermi. ***
Capitolo 6: *** I'm finally back! ***



Capitolo 1
*** Let's go Home ***


Il ritorno a Washington DC fu molto difficile, mi ero ormai arresa al fatto di essere morta e tornare a vivere mi sarebbe costato molto, come potevo affrontare tutti quanti, soprattutto Tony, come potevano perdonarmi, dopo aver messo in dubbio la loro fiducia?
 
Let’s go Home!”
 
Gibbs si avvicinò a me, prese il posto di McGee e insieme ci dirigemmo verso l’elicottero di salvataggio…
Le mie gambe non volevano collaborare per quanto mi sforzassi di muoverle, le strisciavo faticosamente una dopo l’altra, il dolore era troppo…
 
“…possiamo rallentare?” dissi con un filo di voce...
“Siamo quasi arrivati Zee, un ultimo sforzo” mi rassicurò Tony…
 
La sua voce, il mio Tony, come ho potuto non fidarmi di lui, come potevo ora sistemare tutto, sarebbe tornato tutto quanto come prima o non ci saremmo più parlati?...Mi concentrai sul cercare di mettere un piede dopo l’altro, ora era l’unica cosa alla quale potevo dare attenzioni, per il resto era semplicemente ancora troppo presto, non ero pronta a provare ancora dolore, non ora…non era il momento…
Finalmente raggiungemmo l’elicottero, il quale partì subito appena saliti a bordo.
Gibbs mi fece sedere su un sedile, mi appoggiai allo schienale e guardai fuori, il campo di Saleem si faceva sempre più piccolo…la testa mi scoppiava, il corpo mi doleva, l’unica cosa che volevo fare era dormire, recuperare un po’ di forze prima di dover rivolgermi a qualsiasi persona…
 
“Ziva?” mi girai per vedere Gibbs porgermi  una bottiglietta d’acqua, la presi e bevetti un sorso, tanto per bagnarmi un po’ la gola…
 
“Zeva, tra una ventina di minuti atterreremo in una base americana, lì riceverai cure mediche, intanto cerca di riposare.”
 
Annuii, Timmy e Tony ormai si erano come pietrificati, erano fermi nella stessa posizione da quando eravamo partiti, non smettevano di fissarmi…cercai di chiudere gli occhi per riposare un po’, ero al sicuro, e il sonno mi portò via…
 
“Ciao Ziva! Vieni con me” disse Tony.
 “Arrivo Tony!”.
Uscimmo dalla mia cella, ma Saleem era lì ad aspettarci e con un colpo di pistola uccise Tony.
“Ora non arriverà più nessuno!”.
 
“NO!”
“Zeva, calmati, era solo un sogno, sei in salvo, nessuno ti farà più del male…”
Ero tutta sudata, non poteva essere un sogno, era tutto così reale…
“Tony…Tony…”
“Tranquilla Ziva, stiamo tutti bene, DiNozzo e McGee si sono addormentati, tra qualche minuto atterreremo, bevi un sorso d’acqua su, respira…”
 
Stavano tutti bene, e allora perché quel sogno mi sembrava ancora così reale, il sangue, Saleem, il suo ghigno…era morto, Tony era morto, eppure lo vedevo là, dormire beatamente… Cercai di fare mente locale, Tony, McGee e Gibbs mi hanno salvato, Saleem è morto e ora torniamo a Washington
 
ANGOLO AUTORE:
Se vi piace come inizio continuo ;) 

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Capitolo 2
*** Check up dal dottore ***


Come preannunciato da Gibbs dopo pochi minuti atterrammo, mi sentivo più distrutta che prima, ma volevo scendere da sola, non volevo far pesare la mia presenza a nessuno, soprattutto a coloro che mi avevano salvata…Tony e McGee erano appena scesi, quando Gibbs si avvicinò a me per aiutarmi:
 
“Ce la faccio Gibbs…” mormorai…
“Non m’importa se pensi di potercela fare Ziva… finché un dottore non ti visita e mi accerta che sei in buone condizioni continuerò ad aiutarti…”
 
Non obbiettai, anche perché avevo veramente bisogno di un aiuto, ma non potevo esternare la mia vulnerabilità troppo apertamente, dovevo cercare di trattenere il dolore…
Mi aiutò ad alzarmi e nell’ appoggiare tutto il mio peso sulle gambe persi  l’equilibrio, Gibbs mi prese quasi subito e senza dire niente decise di sostenere lui il mio peso portandomi fuori dall’elicottero…
 
“Andiamo da un dottore Ziva, dopo torniamo a casa.”
 
Mi accompagnò all’interno di una piccola tenda, era piccola ma sufficientemente grande per contenere un lettino sul lato sinistro, con un mobiletto sul fianco e un piccolo tavolo, che fungeva da scrivania…mi si avvicinò un uomo sulla cinquantina, vestito da militare, mi porse la mano, io non mi mossi di un centimetro, lo stavo ancora squadrando e non volevo affidarmi a lui, non lo conoscevo…
 
“Piacere Ziva, sono il Dr. Cooper, vieni controlliamo se ci sono danni gravi, dopo potrai tornare dai tuoi compagni, cercherò di non metterci molto, poi potrai partire per Washington, ma prima facciamo un veloce checkup.”
 
Non volevo che un estraneo mi visitasse, non volevo che Gibbs venisse poi a sapere dal dottore quali fossero i miei danni fisici, lo guardai e mi rassicurò con un cenno del capo, mi fece sedere sul lettino e uscì dalla tenda chiudendola, lasciandomi così, sola con il dottore…
Il Dr. Cooper fu il più discreto possibile nel controllare ogni mio danno fisico, mi disinfettò e fasciò le ferite meno gravi e le altre le aveva lasciate da parte…
 
“Per queste hai bisogno di qualche punto, sono troppo profonde, rimarrebbero delle brutte cicatrici, non sentirai nulla, userò un po’ di antidolorifici, faremo presto…”
“Non voglio antidolorifici.”
“Ok.”
 
Sapevo benissimo che gli antidolorifici in posti di guerra erano pochi e venivano utilizzati di rado e per casi estremi e io non ero di sicuro un caso estremo, potevo sopportare qualche punto dopo tutto quello che avevo passato…e poi con qualche punto magari sarei riuscita a tornare in me, magari mi avrebbero svegliata da quel mio “stato”…dovevo tornare a vivere, ma i miei pensieri erano vuoti, non riuscivo a pensare a cose positive, mi terrorizzava tutto, anche il fatto di tornare a Washington, cosa avrei fatto una volta tornata? Dove avrei vissuto? Non avevo più una casa, non avevo più un lavoro, cos’avrei fatto? Nel mentre la mia testa era impegnata in questa sua paranoia il mio corpo riusciva a sentire ogni punto messomi dal dottore, era doloroso, ma sopportabile perché il dolore provato non sembrava nemmeno il mio da quanto era distante per me, ero troppo concentrata sul … DOPO.
 
“Ziva, ho fatto, non hai danni permanenti, ma non devi sottovalutare il tuo stato di salute, devi cercare di introdurre piano piano gli alimenti, consuma molti pasti di piccole portate, devi bere molto ma a piccoli  sorsi e non tutto in un colpo, ci vorrà del tempo prima di poter tornare alla normalità, ma ci tornerai … i punti potrai farteli togliere tra 1 settimana circa, poi sarà il tuo dottore a dirti se sarà ora o no per farlo.”
 
La normalità… una parola senza significato, qual’era la normalità, meglio, quale sarebbe stata?
Mi rimisi la maglia e i pantaloni, Gibbs chiamò il Dr. Cooper un attimo fuori dalla tenda e si misero a parlare di me, non ero mica sorda, ero soltanto ferita, comunque meglio, avrei potuto sentire tutto …

“Come sta dottore?”
 
Gibbs sembrava molto turbato, era preoccupato per me, ma avrebbe superato il fatto che avessi messo in dubbio Tony?...
 
“Beh, difficile a dirsi, Gibbs, fisicamente recupererà tra un mesetto anche più, ha qualche costola inclinata e molte ferite d’arma da taglio di cui alcune molto profonde, è molto debilitata e denutrita, dal suo stato fisico direi che non camminava ormai da 6 settimane, diciamo che siete stati fortunati nel trovarla viva … invece per lo stato mentale dipende tutto da lei, ha dovuto subire molte ingiustizie mentre era in prigionia, non tutti riescono a riprendersi dopo mesi di cattività, diciamo che adesso è in stato confusionale e shock, come è normale che sia, non ho trovato modo di parlarle, perché in primis ha bisogno di riposare e addirittura parlare la stancherebbe ulteriormente … consiglierei dunque di farla riposare il più possibile e di farla seguire da qualcuno, non deve rimanere sola, ha bisogno d’aiuto … e di parlare.”
 
Non dovevo restare sola? E con chi sarei stata? Con una specie di baby-sitter post traumi? No, non sarei stata con nessuno, e fine del discorso … e per la precisione sono circa quasi 7 settimane e mezzo che non riuscivo più a camminare, ormai mi trascinavano da un interrogatorio a un altro, da un abuso all’altro sollevandomi di peso … Questo dottore non capiva nulla di me, non avrei mai parlato, avrei lasciato tutto alle spalle, o almeno è quello che avrei provato a fare …
Detto ciò Gibbs entrò nella tenda.
 
“Andiamo Ziva, l’aeroplano ci aspetta …”



ANGOLO AUTORE:
Ce la farà la nostra Ziva e tornare quella di sempre? 
Tornerà alla normalità?
Chi si prenderà cura di lei ora che non ha più nulla?

Vi piace? Secondo voi come andrà a finire?
Tony le parlerà? L'aiuterà? Cosa più importante se questo dovesse accadere, lei accetterà il suo aiuto?

Al prossimo capitolo ragazzi, e grazie per leggere le mie storielle ;) 

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Capitolo 3
*** Intanto sull'aereo... ***


Salimmo sull’aeroplano e mi soffermai a guardare Tony, non mi aveva ancora guardata, si aspettava sicuramente qualcosa da me …
 
“You though that I was dead?”
“Yep!”
[…]
“Tony, why are you here?”
“Couldn’t leave without you… I guess…”
 
I ricordi della mia prigionia tornavano come flashback mandati in onda ogni volta che battevo le palpebre …
Chiusi gli occhi, cercai di dormire, volevo riprendermi, dovevo ancora metabolizzare il tutto, erano successe troppe cose in poche ore, avevo di fronte a me 15 ore di volo per poter capire tutto l’accaduto …
Non avrei mai pensato di sopravvivere … “adesso sei qui Ziva, devi affrontare tutto, ma non tutto insieme, una cosa per volta, passo dopo passo …” cercai di auto convincermi che ero viva, ma qualcosa dentro di me si era spento e non si sarebbe più risvegliato …
No, non gliel’avrei permesso, Saleem mi aveva mostrato l’oscurità, ora IO dovevo riuscire a vedere la luce …
 
“You show me down… but I want fall”
 
“Ehi Ziva, stai dormendo?” chiese sottovoce Tony avvicinandosi a me …
 
Non sapevo se rispondergli o meno, cosa gli avrei detto, cosa mi avrebbe chiesto, ma qualcosa mi disse che dovevo provarci a riallacciare con lui, ma non era il momento, ero troppo esausta, magari dopo aver dormito un po’ avrei provato a parlare con lui … Si allontanò nello stesso modo con il quale si era avvicinato.
Mi lasciai andare, riuscii ad addormentarmi pensando a Tony, a come avrei potuto scusarmi con lui, perché un semplice scusa non sarebbe bastato, io stessa non l’avrei accettato …
 
“Talk to me!”
“Say something!”
“Tell me everything you know about NCIS!”
 
NO!”
 
Mi svegliai di soprassalto, Tony corse da me e mi prese per mano …
 
Sei in salvo adesso, non ti preoccupare, tranquilla, siamo tutti qui, sono qui …”
 
Erano tutti qui, eravamo tutti qui, Tony era qui … nonostante tutto, nonostante tutti era con me …
Come potevo relazionarmi con lui?
Avevo appena fatto preoccupare tutti quanti per quel mio sogno, tutti gli sguardi erano puntati su di me, McGee, Gibbs e Tony, tutti ad aspettare una qualche risposta da parte mia …
 
“Sto … bene …” no, non stavo bene ed era troppo ovvio quindi riformulai …
“Starò bene … grazie Tony.”
“Ok …”
 
Non si meritava di essere liquidato così, ma non potevo nemmeno utilizzare la carta “sto soffrendo, devi perdonarmi” non potevo farli preoccupare più di quanto già non fossero …
Decisi quindi di non dormire più e di pensare ad occhi chiusi, questo avrebbe fatto sì che nessuno venisse da me preoccupato per qualche mio incubo o meglio “ricordo” …
Pensare, pensare, a cosa dovevo pensare, qual’era il mio pensiero ponderante in quel momento, avevo molte cose alle quali donare la mia attenzione, il dolore fisico, una cosa primaria secondo il mio corpo che urlava dolore da ogni parte, ma non per la mia mente, no, era una cosa secondaria … una cosa di sicuro importante era il fatto che mio padre non si era neanche degnato di provare a salvarmi, ma forse pure questa non poteva essere considerata una cosa degna di molte attenzioni, mio padre mi aveva ordinato di uccidere Ari … no, non avrei sprecato forze per pensare a lui, altro argomento chiuso, bene, eravamo già a due argomenti chiusi … Tony, si, dovevo pensarci su, e molto, dovevo mettere in chiaro molte cose con me stessa prima di parlare con lui …
Tony, era il mio partner, ha sbagliato a mettere in dubbio la mia persona solo perché uscivo con Rivkin, in fondo pensavo di amarlo, non sapevo che fosse un sotterfugio di mio padre per tenermi controllata, e soprattutto non pensavo che Michael potesse mentirmi, pensavo che Tony fosse geloso, invece voleva soltanto proteggermi perché aveva scoperto tutto quanto su di lui …
 
“You still owe me a reason …” (Penserà Tony)
 
Ma cosa dirgli? Non pensavo di uscire viva dalla Somalia, ormai da molto non pensavo più a molte cose, ero morta da molto e ricordarli avrebbe incluso tornare alla realtà, quindi alla vita …
Tirai un respiro profondo, e non riuscii a trattenere un urlo di dolore, Gibbs si avvicinò subito, cercai di respirare ma sembrava che la costola inclinata avesse toccato un polmone, mi risultava alquanto difficile, se non quasi impossibile prendere aria, incrociai le braccia e premetti leggermente sulle costole doloranti di destra, almeno avrei distorto il mio “cervello” dal dolore interno e si sarebbe concentrato sul dolore esterno, un gemito uscì dalla mia bocca, la cosa non aveva aiutato, mi doleva sempre di più internamente, il mio respiro si fece irregolare e sempre più veloce, mi stavo preoccupando, di colpo il dolore mi fece ricordare tutte le torture passate e ciò non aiutava a calmarmi, Gibbs mi prese per le spalle, mentre io continuavo a muovermi in cerca d’aria.
 
“Ziva! Ziva!” era decisamente preoccupato, e questo mi aiutò a calmarmi, non potevo farli preoccupare a qualsiasi mio movimento o suono …
“Mm?” era l’unica risposta che riuscivo a dare, ma dovevo fargli capire che ero cosciente, perché da quando era partito il dolore non avevo più riaperto gli occhi …
“Ziva cosa succede!?” intervenne Tony.
“F-fatico … a … r-respirare …”
“Come fatichi a respirare Ziva?!” urlò disperato Tony.
“DiNozzo devi tenerla calma, non agitarla con la tua agitazione, ne ha già abbastanza da sola! Ora Ziva, riesci a dirmi perché fatichi a respirare?” nel frattempo Tony si allontanò …
 
Non risposi subito, non riuscivo, dovevo riprendermi dopo aver sprecato quel poco ossigeno che avevo per parlare, cercai di appoggiarmi allo schienale, tenni gli occhi chiusi e un’altra fitta mi fece cadere nell’oblio … 


ANGOLO AUTORE:
Sono troppo presa da questa storia che ho deciso di continuare a scrivere nonostante le molte cose da fare, le idee mi venivano di continuo e  non potevo non buttare giù ciò che stavo pensando, quindi eccoci qui con un nuovo capitolo! XD
Ho pensato di usare qualche frase presa da delle canzoni, secondo me ci stanno bene, aspetto vostri consigli, secondo voi è carino così? ;)
Un bacio a tutti, al prossimo capitolo, spero vi sia piaciuto.
Giulia 96. 

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Capitolo 4
*** Washington ***


La testa mi esplodeva, il petto bruciava, ma finalmente riuscivo a respirare, aprii piano gli occhi per vedere che ero coricata su due sedili con una mascherina d’ossigeno, Gibbs era seduto in fianco a me assieme a Tony e McGee, erano tutti concentrati sul mio stato di salute, feci per togliermi la mascherina per parlare ma Tony mi fermò.
 
“Ziva, meglio che tu la tenga ancora per un po’, hai appena avuto un attacco, ti abbiamo tagliato le bende che avevi sul petto, in modo che tu potessi respirare meglio…”
 

Perfetto, oltre ad averli fatti preoccupare per il mio “attacco” ora avevano visto tutte le mie ferite, come odiavo quella situazione, aspettai qualche minuto poi decisi di mandare a quel paese la mascherina e fare da sola, ormai stavo meglio e di sicuro non sarei riuscita a riposare o tranquillizzarmi con quella roba addosso, la tirai via e la buttai per terra, cercai di mettermi seduta, nonostante il mio corpo fosse contrario, quindi decisi di mettermi in una posizione semi seduta, rimasi ad occupare 2 posti, ma almeno non ero coricata e potevo vedere un po’ in giro e non il solito soffitto dell’aereo…
 
“Come stai?” Domandò Gibbs.
“Meglio…”
“Te la senti di mangiare o bere qualcosa?”
“Bere, grazie…”

 
Tony mi portò una bottiglietta d’acqua, bevetti qualche sorso e chiusi gli occhi, mandare giù l’acqua mi faceva male, ma allo stesso tempo ero contenta, finalmente avrei potuto bere o mangiare a mio piacimento, senza dover patire la fame o la sete, era una cosa normale, certo, ma dopo tanto tempo di anormalità, la normalità era diventata estranea a me, dovevo solo riabituarmici… Sorrisi e pensai alla nuova mia normalità.
 
Una volta atterrati mi fecero sedere su una sedia a rotelle e ci incamminammo verso il solito edificio, mi mancava vederlo, non avrei mai pensato di poterlo rivedere, ma prima di poter pensare ad altre cose Abby mi corse incontro e mi abbracciò…
 
“Abby, lasciala respirare!” disse Gibbs con un sorriso e aggiunse “andiamo da Ducky adesso.”
 
Salimmo in ascensore per dirigerci verso l’obitorio, che cosa buffa, io ero convinta di morire e adesso mi trovavo in obitorio, ma non come cadavere, che ironia…
 
“Vieni qui Ziva, vediamo cosa posso fare per farti star meglio, grazie Gibbs”
 
Detto questo mi lasciarono con il Dr. Mallard, feci per alzarmi, non riuscivo ancora a stare in piedi da sola quindi mi appoggiai prima alla sedia e poi al tavolo dove mi sedetti poi…
 
“Allora Ziva, dovrei chiederti se per piacere ti togli la maglia…”
 
Mi sfilai la maglia, nel farlo si aprirono alcune ferite e mi sporcai le bende di sangue, Ducky se n’era accorto e procedé subito, mi tirò via tutte le bende e mi disse di farmi prima una doccia, in modo tale da potermi poi curare e lasciare su le bende per un po’, mi fece rimettere la camicia e mi portò alle docce, chiamò Abby in modo tale che potesse aiutarmi, non voleva mettermi troppo in imbarazzo nell’essere aiutata da un uomo, solo che conoscendo Abby sarebbe stato meglio se mi avesse aiutato qualcuno di meno emotivo…
 
“Vieni Zee, ti aiuto io a sfilarti i pantaloni, tu siediti pure, ci penso io… ”
 
La doccia l’avrei fatta nel bagno per i disabili, così sarei potuta restare seduta senza problemi di caduta, mentre Abby aprì l’acqua notai che il suo sguardo era già perso, dopo aver visto tutte le mie ferite, botte e tagli avrà capito ben o male ciò che avevo subito in quei tre mesi… dovevo parlarle, dovevo cercare di rassicurarla… ma come… non sapevo nemmeno io come rassicurarla, stavo ancora cercando di capire io stessa che ero stata salvata…
 
“Brucerà un po’…” disse mettendomi l’acqua tiepida addosso.
 
Strinsi i denti, ogni goccia d’acqua che s’infiltrava nelle ferite era insopportabile, mi bruciava tutto il corpo, e il getto d’acqua sulle costole era ancora più doloroso, abbassai lo sguardo verso le costole inclinate e solo allora mi resi conto di come era ridotto il mio corpo, non avevo un colore roseo, il mio corpo era pieno di macchie, tra il viola, rosso e verde, ma nel punto più doloroso era addirittura nero, mi resi conto che qualsiasi cosa avrei detto per rassicurare Abby, il mio corpo l’avrebbe soltanto più convinta del contrario, per non parlare di tutte le ferite, ne avevo di tutti i tipi e lunghezze…
 
“Adesso passiamo lo shampoo Zee…”
 
Mi stava lavando e io non riuscivo a parlare, non riuscivo neanche ad annuire ero rimasta alquanto scioccata nel vedermi, cercai di ricompormi e provai a sfregarmi i capelli da sola, ma dopo aver notato che faticavo a tirar su le braccia per via delle costole lasciai stare, tanto ad Abby piaceva aiutare…
 
“Non fa tanto male … come potrebbe sembrare …” decisi di mentire per il suo bene o non avrebbe più chiuso occhio pensando a quanta cattiveria esisteva nel mondo…
“Spero tanto che sia la verità Zee, non riesco ad immaginarmi neanche quello che hai dovuto passare per ricevere tutto questo, cioè, si, lo immagino ma dico…”
 

Forse per entrambe sarebbe stato meglio il mio silenzio, mi tornarono alla mente molti ricordi, cercai di scacciarli ma fu inutile, sembrava che fossi tornata indietro, non riuscivo più a sentire Abby, ma vedevo soltanto Saleem, piano piano sparì dalla visuale la doccia e mi ritrovai di nuovo nella mia cella, mi stavano picchiando con calci e pugni, ero raggomitolata in un angolo e loro continuavano a picchiarmi senza sosta, non volevo mostrare loro la mia debolezza ma mi sfuggì di bocca un “BASTA!”.
 
Urlare mi fece tornare alla realtà e vidi lo sguardo spaventato di Abby su di me… aveva appena finito di lavarmi e non sapeva se quel basta fosse rivolto a lei per ciò che aveva detto o per ciò che aveva fatto…
 
Scusa Abbs…”
“E di cosa? Vieni che ci asciughiamo…”
 

Decisi di non parlare più, almeno finchè non mi sarei riuscita a controllare, non potevo far si che i miei ricordi prevalessero sul presente…
Tornai da Ducky con una tunica da ospedale addosso, dopo la doccia, mi sentivo molto meglio, Abby mi aiutò a sistemarmi sul tavolo e dandomi un bacio sulla fronte uscì.
 
“Allora mia cara, controlliamo un po’ queste tue ferite…”
 
Mi fece spogliare della “tunica” e mise su ogni ferita del disinfettante, “ricucì” le ferite che per errore si erano aperte e mise sopra una crema cicatrizzante in modo tale che guarissi prima, nel resto del corpo mi mise una crema per sfiammare, in modo tale che le botte si sarebbero riassorbite il più presto possibile…
 
“Questa crema per le botte la devi mettere ogni giorno, o appena ti svegli o prima di andare a dormire, ti aiuterà, vedrai, ora guardiamo un po’ queste costole...”
 
Detto ciò prese la sua macchinetta a raggi X e controllò le mie costole, io stessa vedendo le immagini vidi che non vi era nulla di preoccupante.
 
“Bene Ziva, da quello che si vede dai raggi X hai 3 costole inclinate, nulla che non si possa risolvere con del buon riposo, una costola è leggermente più inclinata delle altre e se respiri a pieni polmoni potrebbe provocarti molto dolore perché va a premere sul polmone e la stessa pressione del polmone contro la costola sai anche tu che fa male… quindi ti consiglio di respirare con calma e cerca di non agitarti se dovessi sentir male, per qualsiasi cosa non esitare a chiamare…”
 
Finito il discorso mi mise delle bende nuove per evitare che entrasse sporco nelle ferite e fu il momento della domanda che speravo non mi avrebbe mai fatto nessuno…
 
“Ziva, non vorrei essere indiscreto o invadente… ma devo saperlo per poterti aiutare…
Hanno … abusato di te?”

 
Cosa dire, era un dottore, da alcuni lividi aveva già capito che la risposta era si, pure Abby se n’era accorta anche se non aveva detto niente…
 
“Che rimanga tra noi…” dissi annuendo piano…
 
Controllò che non fossi incinta e con mio sommo piacere non lo ero, mi porse dei vestiti puliti e con gran gioia finalmente potevo uscire dall’obitorio…
 


ANGOLO AUTORE:
Scusate se vi ho fatto aspettare molto, il prossimo capitolo è già in fase di sviluppo ;) 

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Capitolo 5
*** Prima devo riprendermi. ***


Uscii dall’obitorio facendomi aiutare da Ducky, volevo ritornare ad utilizzare le mie gambe che più le avrei tenute ferme, più sarebbe diventato impossibile rimetterle in uso, quindi mi ritrovai fuori dall’obitorio sola, perché avevo appena rassicurato Ducky che ce l’avrei fatta senza il suo aiuto, anche se lui stesso sapeva che non ce l’avrei fatta, sapevo che non avrebbe obiettato, poi erano solo pochi passi fino all’ascensore non di più, dovevo usare tutta la mia forza di volontà…
Mettere un piede dopo l’altro era dura, mi aiutavo con il muro, la strada non era molta, ma per me sarebbe stato un traguardo riuscire ad arrivare a destinazione senza aiuto, mi doleva tutto, ma non potevo ad ogni cosa richiedere l’aiuto di tutti, neanche lavarmi riuscivo a farlo da sola, almeno un po’ di soddisfazione nel fare quattro maledetti passi fino a quell’ascensore! Beh, la cosa si dimostrò alquanto fattibile e mi stupii di me stessa, premetti il tasto dell’ascensore, sempre restando appoggiata al muro ed entrai.
Avevo male ovunque, ma allo stesso tempo ero soddisfatta, la doccia mi aveva veramente riportato al mondo, finalmente mi sentivo pulita, certo, i quintali di crema messami da Ducky mi faceva sentire un pochino appiccicosa, ma finalmente tutto lo sporco se n’era andato ed era un passo in avanti verso il cambiamento.
I pantaloni che portavo mi calzavano a pennello tranne per il fatto che fossero leggermente larghi sui fianchi e la felpa, beh, la felpa era enorme, sarà stata una felpa della misura di quelle di Tony, mi sentivo finalmente comoda, poi d’improvviso le porte dell’ascensore si aprirono e mi ritrovai proprio l’oggetto dei miei pensieri davanti.
 
“Ehi Zee!”
“Tony…”
“Come va?”
“Meglio... credo…”
“Stai da me stanotte?”
 
Come da LUI? E lo chiedeva così, su due piedi?
 
“Mm, ok… ”
 
Non potevo dimostrarmi troppo sconvolta, avrei di certo preferito andare con Abby o con Gibbs, ma non con Tony, di sicuro avrebbe voluto chiarire tra noi la faccenda lasciata in sospeso, beh, come minimo glielo dovevo dopo che aveva fatto i salti mortali per salvarmi…
 
“Perfetto. Andiamo allora. Ho già salutato gli altri anche da parte tua, sapevo che non avresti resistito al mio fascino!”
 
Come, subito? Perfetto… neanche il tempo di metabolizzare la cosa…
Cominciai ad avere mal di testa, nel frattempo Tony aveva schiacciato il pulsante -1 per arrivare ai garage, si girò verso di me e notò il mio cambiamento, si preoccupò e si abbassò in modo da potermi guardare negli occhi e con una dolcezza innata mi domandò cosa avessi…
 
“Testa…”
 
Non avevo molta voglia di dialogare, d’altra parte ero distrutta, premetti le  mani sulle tempie e Tony fece una cosa che mai mi sarei aspettata, mi prese e mi fece appoggiare al suo petto, mi tenne così finchè l’ascensore non si aprì, mi trovavo in una situazione abbastanza strana, ma in quella posizione dovevo ammettere che stavo meglio…
 
Salimmo in macchina e come sempre non poteva mancare la musica:

 
This time I wonder what it feels like
To find the one in this life
The one we all dream of
But dreams just aren't enough
So I'll be waiting for the real thing.
I'll know it by the feeling.
The moment when we're meeting
Will play out like a scene straight off the silver screen
So I'll be holding my breath
Right up to the end
Until that moment when
I find the one that I spend forever with.

Aveva deciso di mettere il mio schienale leggermente inclinato in modo tale da stare più comoda e in posizione distesa, intanto mi ascoltavo la musica e chiusi leggermente gli occhi, mi resi conto che la canzone non proveniva dalla radio, bensì dal CD di Tony e la cosa mi stupì, perché aveva scelto proprio quella canzone? Forse mi stavo facendo troppi viaggi mentali, ma anche il gesto in ascensore, l’invitarmi a casa sua, la preoccupazione che ho sentito nella sua voce in aereo, insomma e quel:
 
“Couldn’t live without you, I guess.”
 
Tutto mi faceva pensare che molto probabilmente c’era di più che semplice amicizia…
Chiusi gli occhi e pensai al fatto che finalmente avrei potuto chiarire con lui e che probabilmente mi avrebbe perdonata, ma dovevo trovare il momento adatto, prima dovevo pensare a riprendermi… 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Bene ragazzi, so che è cortino, ho pensato di finire così per creare più suspance e darvi intanto un continuo alla vicenda XD
Ok, non uccidetemi XD
Ps: la parte di canzone, in macchina di Tony, è tratto da “Gotta be Somebody”, pensavo fosse semplicemente perfetta per la scena :D
Un bacio,
Giulia.
 
 

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Capitolo 6
*** I'm finally back! ***


Ciao a tutti, in primo luogo vorrei scusarmi con tutti voi per la lunga attesa, in verità l'avevo pronto da molto tempo, ma non mi piaceva e l'ho cambiato più volte, spero di non essere stata troppo sbrigativa e che vi piaccia, sappiatemi dire cosa ne pensiate, accetto tutto anche le critiche, mi servono (sperando che non ci siano) per migliorare ;) 
Un bacio a tutti e buona lettura!

NCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCISNCIS


Mi risvegliai nel letto di Tony tutta dolente, avevo mal di testa per la fame e così decisi di alzarmi per dirigermi in cucina, appoggiai le gambe per terra e provai ad alzarmi, riuscivo a stare in piedi anche se ero appoggiata al bordo del letto per sostenermi, decisi quindi di provare a camminare, provavo dolore, ma finché non avrei provato a camminare di nuovo non ci sarei mai riuscita… neanche il tempo di fare il primo passo che entrò Tony.
 
“Mi sembrava di aver sentito che eri sveglia Ninja! Dimmi cosa ti serve così posso aiutarti.”
“Avrei fame” risposi con una voce rauca.
“Ok, questo tuo desiderio posso esaudirlo, preparo la cena, se intanto ti accomodi sul divano io finisco di cucinare.”
 
Mi accompagnò sul divano e mi accese la TV, neanche la stavo guardando, ero più presa nel riflettere sulla mia condizione fisica…
 
“A tavola!”
 
I giorni passarono serenamente, il mattino mi dedicavo alla ginnastica e piano piano riuscii a tornare a camminare senza bisogno d’aiuto, un traguardo vero e proprio, certo ero ancora indolenzita ma mi stavo riprendendo… era la notte il problema maggiore, quando chiudevo gli occhi non riuscivo a non sognare la mia prigionia, non riuscivo a dimenticare e tutte le notti mi svegliavo di soprassalto con Tony al mio fianco che cercava di tranquillizzarmi…
 
“It’s just a dream…”
“No, it’s not… I’m fine Tony, really…”
 
Erano ormai passate poco più di due settimane e da qualche giorno ormai vivevo in un mio appartamento e non mi ero fatta viva con nessuno quindi decisi di vestirmi e andare a trovare Gibbs, anche perché era sabato mattina e l’avrei di sicuro trovato a casa…
Una volta trovatami di fronte alla sua porta d’ingresso mi resi conto che probabilmente dormiva ancora, erano le 5 del mattino, decisi di entrare comunque, ormai ero arrivata…
 
“Pensavo che mi avresti lasciato qualche minuto in più per finire il caffè, ma a quanto pare sei già qui Ziva, cosa succede?”
“Non riuscivo a dormire quindi ho pensato di passare per salutare…se vuoi torno dopo…”
“No no, sono sveglio, vieni avanti, sediamoci.”
 
Eravamo seduti in cucina attorno al piccolo tavolo per fare colazione, vi appoggiò sopra la tazza del caffè  e cominciò a parlare…
 
“Ho sentito DiNozzo in questi giorni e mi ha detto che non hai mai parlato dell’accaduto, anzi, mi ha detto che non hai mai parlato in generale, tutto ok?”
“Sto bene…” farfugliai nella pancia.
“Non è star bene andare in casa della gente alle 5 del mattino perché non si riesce a dormire…hai bisogno d’aiuto Zee…”
 
Ma insomma e cosa pensa che stia cercando a casa di mio padre?
 
“È difficile…” più che difficile è anche doloroso…
“Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile…hai bisogno di parlarne con qualcuno…”
“Voglio solo dimenticare…”
“Non serve a niente Ziva tenerti tutto quanto dentro, lo capirai, prima o poi esploderai, è meglio prevenire e curare subito…se hai bisogno di compagnia la mia porta è sempre aperta lo sai…”
“Si…”
“Con Tony come sono andate le cose?”
“Devo trovare il modo di chiarire con lui…non sono riuscita a parlargli…”
“Non è l’unico con il quale tu debba chiarirti…”
“Anche per questo sono qui…per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me…”
“Voglio che tu mi risponda sinceramente Ziva, tuo padre ti ha detto di uccidere tuo fratello per ottenere la mia fiducia?”
“Si…”
“Allora qui le cose non vanno bene…”
“Ma io non l’ho ucciso perché mi è stato ordinato! Io l’ho ucciso perché fino all’ultimo pensavo che fosse innocente, era mio fratello! Poi… quando ho capito… non potevo permettergli di uccidere ancora un innocente, Gibbs, era mio fratello e tu non eri niente!”
 
Scoppiai in lacrime, non volevo piangere ma mi sentivo a terra.
Tra un singhiozzo e l’altro Gibbs mi abbracciò, ripetendomi più volte che era tutto ok, riuscii dopo poco a calmarmi e decisi di andare da Tony per poter chiarire anche con lui…
 
“Ciao Tony…”
“Ziva! Che piacere vederti, entra!”
“Ho bisogno di parlarti…”
“Entra e parliamo, vuoi qualcosa per fare colazione?”
“No grazie, ho già mangiato a casa prima di uscire…”
 
Ci sedemmo sul divano e iniziai il discorso…
 
“Se puoi non interrompermi, voglio essere il più chiara possibile… non ti ho ancora ringraziato per essere venuto in mio soccorso mentre ero in Somalia…e soprattutto non ho avuto il coraggio di chiederti scusa per come io mi sia comportata con te, tu mi hai sempre protetta, hai sempre cercato di proteggermi e io ti ho ripagato dicendo a Gibbs che non potevo fidarmi di te, mi pento di come mi sono comportata…e volevo scusarmi, so che anche le mie più sincere scuse non possono compensare al torto che ti ho causato, ma mi sentivo in dovere di dirtelo…anche perché tu per me hai sempre fatto molto anche in queste settimane sei stato semplicemente perfetto, hai rispettato il mio silenzio senza fare domande e te ne sono davvero grata…insomma io…”
 
Non ebbi il tempo di finire che Tony mi mise un dito sulla bocca in segno di tacere e mi baciò sulla fronte…
 
“Ti avevo già perdonata quando avevo deciso di venire a prenderti per portarti di nuovo da me, cioè per portarti di nuovo a Washington…”
“Grazie…” lo abbracciai intensamente e il mio abbraccio fu ricambiato.
 
Passarono altre settimane e finalmente gli incubi durante la notte cominciarono a scemare anche perché avevo deciso di tornare da Tony e con il suo aiuto riuscii a tornare quasi in me, andai a parlare con Vance per sentire se potevo tornare a lavorare all’NCIS come agente federale e non come figlia del Mossad e dopo vari giorni ottenni anche quello. Era tutto tornato alla normalità, Abby mi aveva rimproverato del mio comportamento con Tony e quando le spiegai che gli avevo chiesto perdono e che avevamo deciso di vivere ancora per un po’ insieme in modo tale che mi aiutasse con i miei incubi, mi abbracciò calorosamente.
Insomma ,tutto era tornato alla normalità e finalmente potevo dire a me stessa:
 
“I’m Back in DC.”
 
 

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