Survive

di aaaeiamalive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

7 Dicembre 1941.

Nessuno dovrebbe vedere gli orrori della guerra.

Non lo auguro a nessuno.

Dopo un bombardamento pensavo che tutto fosse grigio e che piovesse a dirotto... Eppure dopo essere sopravvissuta all'attacco di oggi ho potuto vedere che su Pearl Habor c'era un sole splendente, un sole talmente caldo che mischiato alla temperatura del sangue ustionava.

Oggi ho medicato, salvato e visto morire molta gente all'ospedale attaccato e quasi semi-distrutto.

La mia migliore amica oggi è morta in seguito allo scoppio di una bomba a meno di cento metri dal nostro posto di lavoro. Anche lei era un'infermiera della marina. Aveva una bella vita davanti a se, una bella vita con Liam, il suo fidanzato, non che uno dei pochi piloti dell'areonautica sopravvissuti.

Non scorderò mai il suo viso e le sue lacrime mentre gli comunicavo della morte di Caroline, così si chiamava. Non scorderò mai Caroline, ne il suo affetto incondizionato per me, non voglio dimenticarmi nulla di lei... nemmeno la sua morte.

Penso che la morte faccia parte della vita, ma oggi ha raggiunto oltre duemila persone che avevano ancora tanto da vivere... e io sono fortunata a poter vedere che su Pearl Harbor stasera c'è ancora un tramonto, nonostante il fumo ancora alto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Jennifer's POV Gennaio 1941, Stato di Washington DC. Mai avrei pensato che mi sarei arruolata in marina, eppure... Ero in quell'ospedale, a decidere dell'idoneità dei piloti dell'aeronautica americana. In quel periodo, i controlli erano sempre più frequenti, per via di una possibile dichiarazione di guerra e il clima tra me e le mie colleghe, non che amiche era molto teso... Beh, tutte le mie amiche ad eccezione di Caroline, lei non riusciva a rimanere seria per più di 10 minuti, anzi, ogni sera quando tornavamo al nostro alloggio mi parlava di quanto affascinanti fossero alcuni piloti a cui aveva concesso o meno l'idoneità. -Jennifer, si sposti al settore 5.- mi disse la mia superiore. Fantastico, gli esami della vista. Erano un controllo veloce e sbrigativo, ed io non ero molto rigida; tutti i piloti riuscivano a leggere le lettere della tabella oculistica. -Sissignora.- le risposi ubbidiente. L'unica cosa che detestavo da sempre dell'ospedale e della marina era l'ossessivo e costante regolamento sugli abiti bianchi. Detestavo il bianco da quando i miei genitori erano morti, ma quello era un mio problema. M'incamminai dal mio settore, il terzo, fino al quinto in meno di cinque minuti e passando in mezzo ad una folla di uomini che Caroline avrebbe definito bellissimi. Erano vestiti con dei semplici calzoncini ed una maglia. Naturalmente bianchi. Mi sedetti alla scrivania che si trovava di fronte ad una delle tre tabelle oculistiche. La scrivania era fatta di legno, un legno scheggiato e consumato dal tempo. Aveva un plico di fogli, alcune cartelle e sicuramente dei documenti che avrei dovuto compilare sistemati in pila, sulla destra e i timbri per constatare il successo o il fallimento del pilota alla mia sinistra. Appena dietro di me c'era quello strano apparecchio per gli occhi di cui non avevo mai imparato il nome. Gli uomini iniziarono ad arrivare in una massa rumorosa ed allegra. -ESIGE SILENZIO IN UN OSPEDALE!- gridò un medico che passava dalle mie parti. Ridacchiai silenziosamente. Uno di quei tanti che era stato appena ripreso si fece avanti. Aprii il primo cassetto della scrivania e ne estrassi quello che io chiamavo benda a bacchetta. Era una semplice bacchetta con una circonferenza sull'estremità che se poggiata sull'occhio t'impediva di vedere. L'appoggiai davanti a lui sulla superficie della scrivania e lui la prese. Allungai un braccio verso di lui. -Di che cosa ha bisogno signorina?- mi domandò confuso. Alzai il viso su di lui. -Magari, della sua cartella clinica.- gli risposi accennando un sorrisetto ovvio. -Legga l'ultima riga, per favore.- Cercai il foglio su cui dovevo compilare gli esiti del controllo. -K, U, D, F, L, T, R, Y.- disse senza nessuna difficoltà. Dopo avergli chiesto di leggere la prima riga e la terzultima con entrambi gli occhi lo congedai con un timbro positivo. Dopo quasi mezz'ora in cui i controlli erano molto noiosi, ma per fortuna altrettanto sbrigativi, mancavano ancora due uomini. -Il prossimo.- dissi dopo aver congedato il terzultimo uomo. Allungai la mano in cerca della cartella clinica, la quale mi venne data un attimo dopo accompagnata da una voce chiaramente non americana. -A lei, signorina.- disse. Mi trattenni dall'alzare lo sguardo verso di lui e aprii la sua cartella clinica. La foto in bianco e nero venne da me osservata con molta attenzione. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, o almeno la sua scheda me la raccontava così. Il suo nome era Niall Horan ed era un tenente dell'aeronautica, arruolatosi nell'esercito 3 anni prima. Aveva quasi 23 anni. -Legga l'ultima riga, perfavore.- gli dissi cercando il foglio del controllo che stavo sostenendo. Lui ripetee le stesse identiche lettere che stavo sentendo da mezz'ora, ma il modo in cui parlò era troppo veloce, come se le avesse imparate a memoria. -Ho un'ottima vista.- commentò. Alzai lo sguardo verso di lui. La foto non rendeva affatto giustizia al suo bel viso. I capelli erano di un biondo opaco, incenerito e gli occhi... Beh, gli occhi del tenente Horan erano i più profondi ed intriganti che avessi mai visto, di colore blu marino. -Non corra troppo tenente. Mi legga la prima riga, ora.- gli dissi riportando la mia attenzione sui fogli che mi raccontavano di lui. -B...C, ehm mi scusi, intendevo G ed H.- Non vedeva bene... Alzai di nuovo gli occhi su di lui. -Rilegga l'ultima riga, ma due lettere si e una no, per piacere.- Il tenente Horan portò la sua attenzione sulla tabella alle mie spalle per la terza volta mentre io portai la mia di nuovo sui fogli. -A...M...- iniziò sbagliando. Avevo capito il suo problema: invertiva le lettere. -M, A!- disse in un bisbiglio il compagno dietro di lui. Alzai il mio viso e lo guardai con aria dispiaciuta. Feci per parlare, ma lui fu più veloce di me, -So che potrebbe sembrarle una menzogna, ma io ci vedo benissimo.- -Mi dispiace tenente Horan, ma l'areonautica esige dieci decimi.- lo interruppi intrecciando le mie dita sulla scrivania. -Signorina, io ho delle difficoltà con le lettere ma la mia vista non ha alcun problema.- mi disse con tono allarmato dalle mie parole facendo un passo avanti. Sospirai. Non volevo negargli l'idoneità per così poco... Dopo tutto non era la prima persona che incontravo con un problema simile. -Prima torni un po' a scuola poi venga di nuovo qui a fare il controllo.- replicai veramente dispiaciuta. Niall fece un altro passo verso la mia scrivania e si chinò leggermente verso di me. Appoggiò una mano sulla cartella clinica. -Guardi i miei esiti a scuola, la prego.- mi disse. Sospirai nuovamente prima di prendere un angolo dell'oggetto per aprirlo. -Negli orali sono eccellenti, ma negli scritti sono appena indispensabili.- gli dissi quando terminai di leggere. -Comunque è stato promosso. Non tocca a me?- mi chiese un ragazzo dalla voce roca. Portai la mia attenzione si di lui. Aveva i capelli ricci e gli occhi color giada; era alto e palestrato. -No, aspetti il suo turno pilota.- gli dissi con voce determinata. -La legge americana dice che chi stenta a leggere, non può essere un buon pilota ma signorina, ma la mia scheda dice che sono il migliore in questo ospedale.- replicò indicando nuovamente i fogli che stavo ormai leggendo da dieci minuti. -Signorina, la supplico: non mi tolga il distintivo. Non sono i manuali che ci aiutano a volare... Sono destrezza e velocità a farci diventare un tutt'uno con l'aereo che comandiamo- mi disse con occhi supplichevoli. -Jennifer, dopo aver finito si sposti al settore sette.- mi disse la mia superiore mentre passava di lì. Annuii svelta riportando poi la mia attenzione sul tenente Horan. -La prego...- mi sussurrò. Sospirai nuovamente prima di riaprire la cartella clinica. -Spero di fare un favore al paese in vista di una seconda guerra mondiale...- gli dissi timbrando un "Approvato" sul suo foglio. Chiusi la scheda e la restituì al tenente. -Il prossimo.- dissi al ragazzo riccio e dagli occhi luminosi che prima mi aveva interrotta in difesa dell'altro. Mi diede la scheda. -L'ultima riga?- mi domandò prima che io potessi parlare. -Lei è fastidiosamente impertinente tenente.- affermai aprendo la scheda. -E lei è così bella che fa male guardarla signorina Herondale.- replicò lui. Alzai di scatto lo sguardo. Il tenente aveva disegnato sul volto un sorriso malandrino, contornato da due fossette perfette. Il suo sorriso... L'avevo visto solo su un bambino, quando anch'io lo ero ancora. Non avevo più dubbi su chi fosse. -Credo che la sua vista sia più malmessa di quella del suo amico, tenente Styles.- gli risposi prima d'intimargli di leggere. Harry Styles... Suo padre era amico del mio quando entrambi erano ancora in vita. Io ed Harry eravamo amici da bambini ma non lo vedevo da quando avevo 12 anni e si trasferii in Tennessee. Era sempre stato un bel ragazzino, ma in quel momento avevo davanti a me un affascinante uomo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Harry's POV

Era il 20 Novembre 1918.
Mia madre mi teneva per mano mentre andavamo verso la stazione ferroviaria della cittadina.
Mio padre e quello della mia amica Jennifer, stavano tornando dalla guerra. Avevo fatto i capricci perché non volevo lasciare la mia casa... Ma alla mamma era bastato nominare Jennifer per farmi cambiare idea.
Jennifer era una bambina bellissima.
Aveva gli occhi color cielo e onde nere per capelli; il suo viso era dolce e sempre sorridente nonostante tutto.
-Mamma, sta tornando papà?- le domandai.
Lei mi sorrise.
-Sì tesoro. Sta per tornare.-
Mi disse con gli occhi lucidi.
In quel momento non capii il motivo della sua commozione, avevo solo 7 anni.
Solo ora, se ci ripenso capisco quanto i miei genitori si siano amati.
-HARRY!- mi chiamò una voce.
La voce di Jennifer.
Mi voltai immediatamente.
Riconobbi i suoi occhi luminosi tra le tante gambe degli adulti che affollavano la stazione e sorrisi.
Indossava un cappotto blu, ma era una taglia in più del suo piccolo corpo perciò le stava molto lungo. Era buffa, ma comunque bella.
-JENNY!- esclamai lasciando la mano di mia madre per correre verso di lei.
Quando fummo abbastanza vicini Jennifer mi buttò le braccia al collo.
-Harry, torna il mio papà! Torna il mio papà!- mi esclamò nell'orecchio.
-Torna anche il mio. Mi aveva promesso che quando sarebbe tornato mi avrebbe insegnato a volare.- le dissi abbracciandola a mia volta.
Vidi la mamma di Jennifer comparire alle sue spalle con un sorriso dolce sulle labbra.
Jennifer le assomigliava tanto.
Avevano gli stessi tratti somatici, lo stesso colore degli occhi e la medesima corporatura minuta.
-Anche io voglio imparare a volare!- esclamò lei interrompendo il nostro abbraccio. Io però non le lasciai la mano.
-Impareremo insieme. Te lo prometto.- le dissi allungandomi per darle un bacio sulla guancia.
Jennifer si strinse nel cappotto arrossendo.
La madre di Jennifer, che fino a quel momento era rimasta ad osservarci, la prese per mano.
-Sei stato un vero gentiluomo Harry.- si complimentò sorridendo.
Io continuai a sorriderle di rimando.
Una mano di posò sulla mia spalla, quella di mia madre probabilmente.
Mi voltai, convinto di trovare la sua mano, ma non era mia madre.
Era mio padre, il quale cadde sulle ginocchia per raggiungere più o meno la mia altezza.
-PAPÀ!- esclamai abbracciandolo.
Lui mi strinse a se.
Mi era mancato tanto.
-DESMOND!-
Mia madre gridò il nome di mio padre, il quale si alzò sollevando anche me per cercare il viso di mia madre.
Quando la vide a meno di un passo da noi allungò una mano verso di lei.
Lei la prese e papà l'attirò a lui.
L'abbracciò piangendo, anche se in realtà tutti e due erano in lacrime.
-Hai volato tanto papà?- gli chiesi.
Lui rise.
-Sì, ho volato tanto.- mi rispose mettendomi a terra.
Mia madre non lasciava la sua mano... Nemmeno io avrei voluto lasciare quella di Jennifer. Ma lei dov'era?
Mi guardai intorno, ma non incontrai nulla di lei.
-La vedrai domani, Harry. Ora anche lei starà salutando il suo papà.- mi disse mia madre allungando una mano verso di me.
La presi.
-Di chi stai parlando Anne?- le domandò mio padre raccogliendo la sua sacca da terra.
-Della figlia di William.- gli rispose lei.
Mio padre cambiò espressione e guardò prima mia madre e poi me tristemente.
Io non capii, ma mia madre si coprii la bocca con una mano scoppiando a piangere sul petto di mio padre.
Dopo qualche minuto mio padre si chinò alla mia altezza e mi mise una mano sulla spalla.
-William Herondale è morto.- mi disse piano, come se avesse paura che per l'infinito dolore che ero certo Jennifer stesse provando avrei potuto crollare anch'io.

Non vedevo Jennifer Grace Herondale da dieci anni ed era incredibile come la sua bellezza fosse aumentata nel loro corso.
I capelli neri, mossi che una volta erano sempre raccolti in una treccia, quando la rividi erano raccolti in una mezza coda.
Riconobbi immediatamente la luminosità candida dei suoi occhi durante il controllo della vista.
-Il prossimo!- gridò abbastanza forte cosicché la potessi sentire da dietro la tenda.
L'avevano spostata al settore delle iniezioni e dei controlli respiratori.
-Jenny.- la chiamai.
Lei alzò gli occhi confusa.
Non aveva riconosciuto la mia voce... Ma ricordavo bene di essere l'unico a chiamarla "Jenny".
-Non ti vedo da dieci anni e ora due volte in un giorno?- mi domandò sorridendo.
Dio, Jennifer era la donna più bella che avessi mai visto.
Stava trasferendo dentro ad una siringa il liquido dell'iniezione.
Aveva una gamba accavallata all'altra e la postura era diritta.
-È ironico, non credi?- mi chiese.
-Fin troppo.- replicai avvicinandomi al lettino accanto al carrello dei medicinali.
Lei rise lievemente.
-Beh, preparati al l'iniezione.- mi disse mentre si alzava dalla sedia accanto al carrello.
Eseguii il suo ordine.
Mi voltai verso il lettino dandole le spalle.
Appoggiai la cartella clinica davanti a me e mi abbassai leggermente i calzoncini così da permetterle di non avere problemi.
Appoggiai le mani al bordo opposto del letto.
Jennifer mi alzò leggermente la maglia e mi disinfettò quella piccola parte di pelle su cui avrebbe lavorato.
Aveva un tocco leggero e delicato.
-Brucerà un po'.- mi avvisò prima di affondare l'ago nella mia pelle.
Strinsi un po' il bordo del letto ma era un dolore sopportabile.
-Alla fine sei riuscito a diventare un pilota.- commentò per distrarmi.
-Sì. Sai che era il mio sogno da sempre.- le risposi.
-Tuo padre sarà fiero di te.- replicò.
-Più mia madre ad essere sincero.- le risposi di nuovo ridendo un po'.
Lei rise con me.
-Come sta tua madre?- le domandai.
Jennifer sospirò.
-È morta quasi un anno fa.- m'informò in un sussurro estraendo l'ago dalla mia pelle.
Mi voltai per vederla in viso, il quale accennava un sorriso dispiaciuto.
-Mi sono arruolata dopo la sua morte.- mi confessò scrollando le spalle.
-Hai sempre avuto un talento per la medicina.- replicai alzando un angolo della bocca in un sorriso.
-E tu per le cose pericolose.- disse mettendosi nelle orecchie i lati dello stetoscopio.
Ridacchiai prima di sedermi sul lettino.
-Dovresti toglierti la maglia.- mi disse in modo professionale mentre scriveva un appunto sulla mia scheda.
Tolsi l'indumento e spostai le targhette della collana da militare sulla schiena.
Jennifer si avvicinò.
Sussultai al contatto con la superficie metallica dello stetoscopio.
-Respira profondamente un paio di volte, per favore.- mi disse spostando velocemente il suo sguardo dal mio viso al mio petto.
-Sei apposto.- mi disse dopo qualche minuto allontanando lo stetoscopio sul carrellino.
Prese la mia scheda e scrisse qualcosa mentre mi rimisi la maglia.
-Ecco a te.- mi disse allungandomi la scheda.
Presi il suo polso anziché quell'insieme di fogli e l'attirai dolcemente verso di me.
Le sorrisi.
-Harry?- mi chiamò.
-Una volta anche a te piacevano le cose pericolose di cui hai parlato.- le dissi osservando gli angoli della sua bocca alzarsi in un sorriso.
-Avevamo 12 anni, Harry.- replicò lei facendo un passo indietro.
Le lasciai il polso mentre ridacchiai.
-Beh, arrivederci signorina Herondale.- la salutai incamminandomi verso la tenda.
-Tenente Styles?- mi richiamò.
-Sì?- le dissi voltandomi.
-Non lasci passare altri dieci anni prima che la riveda.- terminò la frase sorridendomi.
-Non ne ho intenzione signorina. In questi dieci anni mi sono mancati i suoi sorrisi.- le risposi prima di andarmene.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Jennifer's POV

Maggio 1922, Alabama.
Era il mio migliore amico e come ogni pomeriggio, dopo scuola andai alla sua fattoria.
-HARRY!- lo chiamai correndo attraverso un campo per raggiungere gli edifici.
Vidi Harry affacciarsi alla finestra più alta della casa, dove stava la sua stanza.
-ARRIVO JENNY!- mi rispose da quella prima di correre giù.
Dopo pochi minuti comparve fuori dalla porta un Harry sorridente.
Indossava una maglietta bianca e i suoi soliti pantaloni cachi rotti sulle ginocchia.
Gli sorrisi di rimando spostando la mia treccia dietro la mia spalla sinistra.
-Allora, che ti va di fare oggi?- mi domandò avvicinandosi.
-Aereo?- gli chiesi indicando l'interno della stalla.
Lui annuii contento prima di iniziare a correre.
-Non vale! Aspettami!- gli gridai prima di seguirlo.
Harry rise. 
Mi piaceva la risata di Harry, era contagiosa.
-Sei lenta!- mi prese in giro mentre sorpassava l'entrata della stalla.
-Hai barato!- esclamai quando lo raggiunsi.
Lui rise di nuovo.
L'aereo del padre di Harry era molto fiabesco, almeno per me.
Era rosso acceso ed aveva due posti.
Io ed Harry stavamo benissimo in uno solo seduti l'uno accanto all'altra.
-Ieri io e papà abbiamo volato.- mi disse avvicinandosi ad una delle due ali.
-Com'è stato?- gli chiesi seguendolo.
-Meraviglio Jenny...- mi rispose arrampicandosi sull'ala.
-Non sai quanto t'invidio.- replicai sospirando.
Harry mi allungò una mano per aiutarmi a salire sull'ala.
Mi guardò dispiaciuto.
-Ieri ho anche decollato da solo. Era la prima volta che papà me lo lasciava fare da solo... È stato difficile.- continuò.
-Immagino. È pesante?- gli chiesi.
-Si, è uno sforzo enorme far alzare da terra questo ammasso di metallo.- replicò facendomi ridere.
-Credi che se sapessi come fare... Potrei farlo alzare anch'io?- gli chiesi un po' in imbarazzo.
Harry si voltò a guardarmi.
-Jenny se tu sapessi volare nello stesso modo in cui lo sogni... Potresti andare ovunque.- mi rispose sorridendo.
Gli sorrisi di rimando prima di abbracciarlo.
Harry mi strinse.
-Grazie.- gli sussurrai all'orecchio.
Harry sciolse il nostro abbraccio.
-Facciamo un patto, va bene?-
Io annuii.
-Io ti prometto che un giorno voleremo insieme, anche più di una volta...- iniziò.
I miei occhi si illuminarono e sorrisi ad Harry come non avevo mai fatto prima.
Da quando mio padre era morto non avevo più avuto nessuna speranza di volare... Nemmeno una.
Mia madre aveva esplicitamente detto ai genitori di Harry di non farmi avvicinare nemmeno all'aereo, ma loro erano stati comprensivi con me.
Capivano che era l'unico modo che avevo per essere in qualche modo vicina all'uomo che mi era stato portato via.
-...se tu ora mi dai un bacio.- terminò sorridendo malandrino.
Io diventai rossa dall'imbarazzo.
-Cos'è un bacio in confronto a questo?- gli chiesi indicando l'aereo.
-Cos'è questo aereo in confronto a te?- mi rispose con un'altra domanda prendendomi la mano.
-Jenny, ti avevo promesso che avremmo imparato insieme a volare, ricordi?- mi chiese di nuovo.
Io annuii. Quel giorno era tristemente indimenticabile per me.
-Non ho potuto mantenere la mia parola per quello che successe a tuo padre, ma voglio davvero che tu mi dica che ti fidi delle mie parole.- replicò serio.
Sospirai.
-Mi fido.- gli dissi prendendogli l'altra mano.
Harry fece un passo verso di me è io uno verso di lui.
Era più alto di almeno 10 centimetri perciò mi allungai sulle punte dei piedi per guadagnare qualche centimetro di altezza in più.
Harry si abbassò lievemente e avvicinò sempre di più il suo viso al mio. 
Presi coraggio e dopo aver chiuso gli occhi lo baciai.
Dopo pochi attimi mi lasciò le mani e mi abbracciò per i fianchi mentre io gli circondai il collo con le braccia.
Era una strana ma bella sensazione quella delle sue labbra morbide sulle mie.
Mi ero sempre chiesta, dopo quel bacio se Harry avesse mai baciato qualche ragazza della scuola prima di me, ma mi piaceva pensare che avesse voluto riservare il suo primo bacio a me perciò avevo preferito non saperlo.
-Ti prometterei altre cento volte di farti volare pur di rivivere questo momento ancora e ancora...- mi sussurrò alle labbra prima di baciarmi di nuovo.
-Allora promettimelo.- gli dissi io.
-Te prometto.- replicò.

Quella fu una delle ultime volte in cui lo vidi... Si trasferì in Tennessee qualche settimana dopo.
Harry non mi mentii dicendo che ci saremmo rincontrati, ma mi promise che se avesse realizzato il suo sogno di diventare un aviatore avrebbe sempre pensato a me.
Sapere che Harry non mi avrebbe mai dimenticata, che avrebbe sempre pensato a me sulle nuvole era una consapevolezza che per una bambina era incomprensibile, ma per una ragazza adolescente no.
Perciò perdonai Harry per la promessa non mantenuta e mi rassegnai all'idea di volare in posti inesplorati del cielo solo nei miei sogni.
Quando però lo rividi all'ospedale, nascosi di provare una gioia immensa.
In un modo o nell'altro potevo sentirmi più vicina al cielo stesso... Forse perché Harry aveva mantenuto la sua parola e non mi aveva dimenticata, o forse perché mi aveva fatto piacere rivederlo, non lo sapevo.
Continuai a pensare a lui nei giorni seguenti ai controlli.
Ma non pensavo solo a lui, ero rimasta colpita anche dal modo in cui il tenente Horan mi aveva chiesto di non negargli di volare.
Perchè avrei dovuto? Non sarebbe stato giusto, visto che io non avrei voluto fare nient'altro se non volare.
-Jennifer? Oggi sei più sulle nuvole del solito. Hai capito cosa ti ho chiesto?- mi domandò Caroline mentre ci stavamo avvicinando sempre di più all'ospedale.
-Scusa Caroline.- le dissi imbarazzata.
Lei mi sorrise dolcemente.
-A chi pensi di più?- mi domandò.
Ovviamente le avevo raccontato di entrambi.
-Non lo so... Forse ad Harry.- le risposi scuotendo il capo.
-Beh vorrei poter dire "parli del diavolo e spuntano le corna"... Ma non è il caso.- replicò poi accelerando il passo distanziandomi.
Aprii la bocca per dirle qualcosa, ma qualcun altro attirò la mia attenzione.
Sulle scale dell'ospedale era seduto un uomo in uniforme.
I capelli biondi e i profondi occhi azzurri avevano già attirato la mia attenzione giorni prima.
Mi avvicinai a lui.
-Si ricorda di me?- mi domandò alzandosi.
Gli sorrisi.
-Sì, cosa fa qui, tenente?- gli domandai.
-Non mi ha dato modo di ringraziarla.- iniziò scendendo di uno scalino per raggiungermi.
-Io... Vorrei sapere perché ha scelto di non scartarmi quando era liberissima di farlo.- mi disse togliendosi il cappello.
-Anche mio padre era un pilota. Aveva il suo stesso problema con le lettere, ma è ben ricordato per il modo in cui volava e non per la sua mancanza nel campo della lettura.- gli spiegai.
-Ora capisco. Non si deve sentire in colpa signorina, le garantisco che sono un ottimo pilota.- replicò sorridendomi.
La modestia era proprio una dote che agli uomini mancava.
-Se lei ha un difetto, tenente, è senza dubbio la sua smisurata modestia.- gli dissi.
Lui ridacchiò.
-No signorina, se io ho un difetto è la mia smisurata sincerità.- ribatté.
La conversazione si stava facendo molto interessante. Dovevo andare a lavorare, ma ero così attratta da lui e dai suoi modi che mi sarei volentieri offerta di fare il doppio turno per farmi perdonare del ritardo.
-Me ne dia una prova.- lo sfidai salendo di tre scalini per eguagliare la sua altezza.
-Penso che sia un bene che le belle donne siano stupide.- iniziò, - Ma allo stesso tempo penso che sia bello avere al mondo dei rari tipi di donna come lei, signorina. Belli ed affascinanti nel pensare.- terminò mettendosi il cappello.
Si voltò e iniziò a scendere le scale senza darmi nessuna possibilità di controbattere.
-Tenente?- lo chiamai.
-Sì, signorina?- mi chiese tornando a guardarmi.
-Non mi ha ancora ringraziata.- commentai.
Lui rise.
-La ringrazio di cuore.- mi rispose.
Be' sì, era sincero fino ad un certo punto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Jennifer's POV

Non ebbi più nessuna notizia ne da parte di Harry ne tantomeno da parte del tenente Horan per un mese.
Nel frattempo, Caroline aveva conquistato  il tenente Liam Payne.
Avevano una relazione stabile da un mese e Liam mi piaceva molto come persona.
Rendeva Caroline felice come non mai e lei non faceva altro che parlarmi di lui!
Erano molto romantici, a parer mio.
Liam però era tornato alla scuola di addestramento due settimane prima e aveva invitato Caroline, me e tutte le nostre amiche a festeggiare l'ultimo sabato sera di quel freddo Febbraio nello stato di Washington, a New York.
Ovviamente avevamo accettato tutte.
Quel sabato quando ci trovavamo in viaggio da quasi due ore, Veronica domandò a Caroline come lei e Liam si fossero conosciuti.
Trovavo la loro storia molto buffa.
Liam aveva subito adocchiato la mia amica, la quale si trovava nel settimo reparto a fare le iniezioni.
Lui l'aveva già fatta, ma pur di andarle a parlare ne fece un'altra.
Diventava sempre più sfacciato mentre flirtava e Caroline affondò in modo poco delicato l'ago ogni volta che diceva qualcosa.
-Tu sei stata perfida!- esclamai.
-Quando controllai la sua scheda e vidi che non era la sua, ma quella di un altro soldato, dovevate vedermi! Ero sconvolta!- ci raccontò Caroline ridendo.
-Be' ma che ti ha detto dopo?- le domandò Katie.
-Ha iniziato a parlare in modo strano, dovuto all'iniezione. Mi chiese se avevo intenzione di accettare un invito ad un appuntamento e io rifiutai.- continuò.
-Ma come?!- domandò Margaret.
-Era praticamente drogato Maggie! Confidavo nel fatto che si sarebbe dimenticato delle sue parole una volta finito l'effetto del medicinale.- spiegò Caroline.
-Invece?- le chiese Isabelle.
Caroline le guardò tutte prima di sorridere compiaciuta.
-Invece la sera dopo è venuto ad offrirmi dello champagne per scusarsi della sua pessima figura sulle scale dell'ospedale.- iniziò, -Quando aprii la bottiglia, però si colpi il setto nasale ed iniziò a sanguinare!- ci raccontò.
Iniziammo tutte a ridere.
Caroline me l'aveva raccontato almeno cento volte da quando era successo, ma non riuscivo a non ridacchiare al pensiero di un Liam così sbadato.
-Oh mio dio! Poverino!- esclamò Katie.
-Be' l'ho fatto sdraiare sulle mie gambe  e gli ho messo della neve sul naso per fermare il sangue.-
La voce di Caroline era candida mentre raccontava il finale amoroso.
-Liam mi disse " La sua bellezza, signorina, sta allietando i miei occhi in questo istante"... E a quel punto l'ho baciato.- terminò sorridendo felice.
-Caroline... È la cosa più romantica che io abbia mai sentito!- esclamò Veronica.
Io sorrisi a Caroline quando mi guardò.
-Questo è il mese più romantico di tutta la mia vita!- ci disse sorridendo.
-Ti aspetta una vita romantica!- replicò Maggie.
Una vita... Non potevamo sapere.

Harry'POV
Io e Niall ci ritrovavamo seduti nell'ufficio del maggiore Doolittle per aver disubbidito agli ordini ed aver dato una prova di esibizionismo agli altri tenenti... O almeno, questo era quello che aveva detto lui per aver quasi fatto scontrare due aerei prima di virare prontamente.
Dopo il discorso che era sempre solito farci quando combinavamo azioni di quel tipo, anzi che lasciarci andare con una punizione ci disse di sederci.
Era una cosa strana.
-Devo darvi una notizia.- iniziò.
Pregai con tutto il cuore che si trattasse di una notizia dall'Inghilterra.
Non fremevo all'idea di farmi ammazzare, ma era il mio sogno pilotare un caccia da combattimento.
-Gli inglesi vi hanno accettato nella squadriglia Eagle.- ci disse.
Io e Niall ci guardammo.
Aveva una strana espressione, quasi come se disapprovasse...
-Partite domani,- il maggiore guardò Niall,- sempre se non avete cambiato idea.- terminò.
Mi guardò.
-Sono pronto a partire signore.- gli dissi.
Niall si appoggiò allo schienale della sedia sospirando rumorosamente.
-Io ho cambiato idea signore.- disse dopo  un po'.
Il maggiore lo guardò con comprensione.
-Posso chiederti il perché?- gli disse.
Niall si alzò.
-Volenti o meno presto saremo costretti a giocare un ruolo importante in questa maledetta guerra signore. E se ho la possibilità di scegliere... Scelgo di morire combattendo per l'America.- gli spiegò.
Il maggiore alzò un angolo della bocca in un sorriso annuendo.
-Con permesso.- replicò il mio amico congedandosi.
Quando Niall si chiuse la porta alle spalle il maggiore parlò.
-Non essere deluso dal suo ragionamento.- 
-Come potrei non esserlo?- gli domandai.
-Fai in tempo a decidere anche tu di non partire.- replicò alzandosi ed infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
Sospirai.
Come sarebbe stata la guerra? Soprattutto, sarei sopravvissuto senza Niall?
-Lei cosa farebbe?- domandai al maggiore.
-Per esperienza Styles, la guerra non è una bella avventura.- iniziò voltandosi verso la finestra che dava sulla pista di decollo del campo di addestramento.
-Ma io andrei. Andrei perché vorrei essere qualcuno in questa guerra mondiale.- continuò.
-Per essere formale, però devo chiederti di restare per ciò che ha detto il tuo amico. Presto saremo in guerra e gli Stati Uniti avranno bisogno dei loro piloti migliori.- terminò voltandosi di nuovo per guardarmi.
Non sapevo cosa fare, cosa pensare... Volevo diventare qualcuno, volevo guidare uno di quei dannati aerei con tutto me stesso... Ma avevo anche paura.
Paura di morire per niente, per un mio sogno mascherato da catastrofico incubo.
Volevo dire al maggiore che non sarei andato in Inghilterra. Che avrei fatto come Niall e sarei andato a Pearl Harbor... Ma le parole non facevano altro che morirmi in gola, perciò decisi di dirgli le uniche cose che ero in grado di rispondergli.
-Andrò a combattere in Inghilterra.-
~.~.~
-Perchè non mi hai detto niente?-  gli domandai.
-Perchè ho preso la decisione sul momento.- mi rispose continuando a guidare.
Stavamo andando alla stazione ferroviaria di Manhattan a prendere le infermiere che venivano dallo stato di Washington.
Tra quelle ragazze si trovava la fidanzata di Liam e in angolo remoto del mio subconscio speravo che sarebbe venuta anche Jennifer.
-Perché hai deciso di andare a combattere?- mi chiese Niall in modo cauto.
-Perché non mi ci vedo a fare l'istruttore di volo alle nuove reclute.- gli risposi.
Niall scosse il capo con disappunto.
-Consideralo un addestramento per quando NOI saremo in guerra!- gli dissi alzando il tono di voce.
-ADDESTRAMENTO?! HARRY, LÀ C'È LA GUERRA!- Mi urlò addosso arrabbiato.
-Per l'amor di Dio, Niall! Voglio pilotare un caccia da combattimento, non andare ad abbronzarmi a Pearl Harbor!- replicai.
La nostra squadra sarebbe stata trasferita a Pearl Harbor, nel Pacifico.
Non che l'idea di andare alle Hawaii facesse così schifo, ma non faceva per me.
-Pensala come ti sembra più giusta, ma è a Pearl Harbor che c'è il vero addestramento, non in Inghilterra!- replicò parcheggiando e uscendo di fretta dall'auto.
Eravamo proprio di fronte alla stazione.
Raggiungemmo Liam, Luke e Michael che  scesero assieme ad altri tenenti dalle loro auto.
Ci dirigemmo verso l'edificio.
Fuori era già buio e la stazione era illuminata solamente dai lampioni posti ai lati dei binari.
Seguivamo tutti Liam, io e Niall in prima fila dietro di lui.
-È lei.- ci disse prima di iniziare a camminare verso la sua fidanzata.
Una donna, molto bella dai capelli biondi e una corporatura minuta ma desiderabile stava camminando verso di lui.
Era la scena da film più romantica a cui avessi mai assistito dopo il mio primo bacio.
Il fumo della locomotiva ce li lasciava intravedere mentre parlavano sorridenti.
Non potevo vedere Liam, ma ero convinto che quella donna riflettesse sulle sue labbra il sorriso del mio amico.
Dopo un attimo lei gli gettò le braccia al collo prima di baciarlo.
Le infermiere dietro di loro, dalla parte di lei, esplosero in un coro di versetti esaltati... Tutti tranne una che invece si fermò solo a sorridere e a guardarli con un'espressione dolce sul viso.
Era Jennifer.

Jennifer's POV
"Com'era possibile che i suoi occhi fossero così brillanti anche da quella distanza?
Com'era possibile che non riuscissi a smettere di guardarli?
E com'era possibile che fossi così sicura che lui del stesse pensando la stessa cosa dei miei?
Come potevano gli occhi essere incatenati ad altri occhi e non capirsi?"
Quel tipo di domande mi ronzava in testa da tutta la sera.
Eravamo in un locale jazz e nonostante i miei pensieri, mi stavo divertendo.
Stavo ballando con Katie e Veronica da una decina di minuti quando entrambe mi vennero portate via da due piloti amici di Liam.
Stavo per voltarmi e tornare al nostro tavolo, ma Harry si manifestò davanti a me.
-Permetti?- mi domandò allungandomi la mano.
Mi stava davvero chiedendo di ballare?
-Con molto piacere.- gli risposi prendendo la sua mano.
Harry mi attirò più vicina al suo corpo.
Mi circondò la vita con il braccio sinistro.
Io non ero piccola e minuta come Caroline, anzi avevo un fisico abbastanza formoso rispetto al suo, ma a differenza di Harry sembravo molto molto piccola.
Iniziammo a ballare a ritmo di musica.
Appoggiai la mia testa sulla sua spalla e Harry mi avvicinò ancora di più a lui.
Abbassò la testa.
La sua bocca era vicino al mio orecchio e potevo sentire il respiro caldo che emanava sulla mia pelle e tra i miei capelli.
-Non so cosa dire Jenny.- mi disse ridacchiando.
Sorrisi, anche se non poteva vedermi.
-Io nemmeno, ma è un bel momento... Non abbiamo bisogno di parole.- gli risposi in un sussurro.
-Hai ragione, ma mi sento in dovere di trovare qualcosa da dire.- replicò ridacchiando.
-Dovere, dovere, dovere... Dov'è finito l'Harry di una volta?- gli domandai allontanandomi più lontano per guardarlo.
-Oh, non credere, sono sempre io.- replicò lui sorridendomi.
Mi soffermai ad osservare le sue fossette.
Erano cresciute con lui, più profonde.
-Dio quanto sei bella...-
Abbassai lo sguardo lusingata.
-Grazie.- sussurrai.
-È bello vedere che arrossisci ancora.- commentò.
Gli sorrisi e portai un braccio a circondargli il collo.
-È bello vederti di nuovo.- replicai contenta.
Mi sorrise.
-Ti ricordi di quel giorno sull'ala dell'aereo di mio padre? Quando eravamo dei dodicenni?- mi chiese sorridendo.
Annuii.
-Come potrei dimenticare quel giorno?- gli domandai a mia volta.
-Non mi hai mai detto cosa pensasti di quel bacio.- mi disse accennando un sorriso malandrino.
-Non me l'hai mai chiesto.- gli risposi mordendomi appena il labbro inferiore.
-L'ho appena fatto.- ribadii.
Ridacchiai. In effetti non era cambiato molto nei suoi comportamenti sfacciati dall'ultima volta che l'avevo visto.
-Era il mio primo bacio.- iniziai.
Harry alzò un angolo della bocca in un sorrisetto misto al compiacimento e misto alla felicità.
-E non ne ho nessun altro con cui poterlo confrontare, perciò... È stato molto bello e anche romantico.- gli risposi.
Piegò la testa di alto e un cipiglio comparve evidente sulla sua fronte.
-Sono l'unico uomo che tu abbia mai baciato?- mi chiese quasi incredulo.
Annuii.
-È sbagliato che mi piaccia questo fatto?- mi domandò sorridendo appena, senza fossette.
Sorrisi timidamente.
-Non lo so.- gli risposi scuotendo il capo.
-Immagino di no se per te sono importante.- gli dissi a voce bassa, come se sperassi non fosse in grado di sentire le mie parole.
-Sei importante per me Jenny. Lo sei sempre stata.- mi rispose serio guardandomi negli occhi.
Gli occhi smeraldini di Harry erano sempre stati molto luminosi, ma quando mi guardava sembravano brillare.
Forse era solo una mia impressione, ma erano davvero bellissimi.
-Tu non sei da meno.- replicai appoggiandomi di nuovo sulla sua spalla.
Lo sentii ridacchiare.
Passarono istanti che a me sembrarono infiniti e avrei voluto continuassero con la loro infinità, ma Harry mi sussurrò le parole più preoccupanti che una donna potesse mai sentirsi dire.
-Ho bisogno di parlarti.-
Alzai la testa dalla sua spalla e lo guardai in attesa.
-Non qui. Usciamo?- mi chiese.
-Va bene.- gli risposi voltandomi.
Harry venne al mio fianco e mi prese per mano prima di farci strada attraverso le persone che si trovavano in pista.
Prese il mio soprabito prima di uscire e me lo mise sulle spalle.
Lo ringraziai mentre apriva la porta.
-Prego.- mi rispose accennando un sorriso, senza fossette.
Mi sedetti sul muretto di fianco all'entrata del locale imitandolo.
-Deve essere una cosa preoccupante se ci metti tanto a dirmela...- commentai per rompere il silenzio che si sarebbe creato ulteriormente se non avessi detto nulla.
Sospirò prima di guardarmi dritta negli occhi.
In quel momento più che mai i suoi occhi erano indecifrabili.
-Parto volontario.-
Quelle parole, assieme alla sua occhiata furono la pugnalata dritta al cuore più forte che avessi mai preso.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non sapendo cosa dire la richiusi e guardai in basso.
Mi morsi il labbro inferiore scuotendo leggermente il capo.
Sentivo gli occhi inumidirsi ma piangere davanti a lui era l'ultima cosa che ero intenzionata a fare.
-Jenny di qualcosa.- mi chiese in un'affermazione dopo un po'.
Alzai il mio sguardo.
Una lacrima mi rigò il viso mentre i suoi occhi si riempivano di tristezza guardandomi.
-Perchè continui ad andartene da me?- gli chiesi con voce spezzata.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Mentre leggete ascoltate queste canzoni:
Say Something - A Great Big World and Christina Aguilera
Over Again - One Direction
Harry's POV
-Perchè continui ad andartene da me?- mi chiese con voce spezzata.
Gli occhi azzurro chiaro di Jennifer stavano sfumando in un celeste deluso.
Ricordavo bene la particolare sfumatura di blu scuro che avevano assunto dieci anni prima, quando le dissi che mi stavo per trasferire in Tennessee.
Erano un colore perso e vuoto, non allegro e chiaro come sempre. 
Mi ripromisi che non li avrei mia più rivisti in quel modo... Ma ero pessimo nel fare promesse e nel mantenerle.
-Non scelgo di andarmene da te.- le dissi avvicinandomi di più a lei.
Era l'ultima cosa che volevo fare quella di separarci ancora.
-Scelgo solo di realizzare il mio sogno.- continuai.
La sua espressione divenne incredula.
-Persino ai sogni esiste un limite, Harry. Sai volare, puoi volare quanto vuoi qui in America... e scegli di andare a farti ammazzare nel posto più pericoloso che esista al mondo?!- mi domandò scuotendo la testa in modo frenetico.
-Ma perchè la vedete tutti sotto questo punto di vista?! Perchè pensate tutti che morirò?!- le domandai alzando la voce e alzandomi anche dal muretto.
-Perché sarà così!Sai da quanti piloti è composta la RAF?! Non più di un centinaio mentre il governo nazista ne ha a disposizione più di cinquecento!- iniziò a gridarmi addosso.
-Anche se tornassi, potrai solo dire di essere un sopravvissuto! E quello che io ti chiedo è: perché? A quale scopo scegli di sopravvivere quando hai la possibilità di vivere?- terminò con gli occhi pieni di lacrime e dolori che stava provando a trattenere.
-Jenny, è tutta la vita che sogno di pilotare un caccia da combattimento e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.- provai a spiegarle mentendo un tono di voce sostenuto.
Lei si alzò dal muretto sospirando e, finalmente,lasciandosi rigare il viso dalle lacrime
-No,- scosse freneticamente il capo, -non sapevo di questo tuo desiderio. Io sapevo solo della voglia di due bambini di scappare via volando.- terminò tristemente.
I suoi occhi erano persi, blu come non li avevo mai visti.
No, no, non volevo questo!
-Tornerò.- le dissi prendendole la mano destra.
Jennifer sospirò e poi si morse il labbro inferiore scuotendo leggermente il capo.
I suoi occhi oltre a farsi scuri stavano piangendo.
-Non sei mai stato bravo a mantenere le promesse, Harry.- replicò lei a voce bassa.
Le presi anche l'altra mano e l'attirai più vicina a me.
-Hai ragione, hai maledettamente ragione.- replicai portandomi le mani alla nuca.
-Ma ciò non significa che non proverò a mantenere questa promessa : tornerò. Te lo prometto.- le ridissi mentre mi slacciavo dal collo la collana di mio padre.
Lei mi guardò confusa accigliandosi.
-Voltati.- la istruì gentilmente.
Lei fece come le dissi molto lentamente.
Le passai la collana davanti a gli occhi prima di allacciarla .
Il suo sguardo cadde sul gioiello e si voltò immediatamente riconoscendolo.
-No, questa no.- mi disse scuotendo freneticamente il capo.
Le sorrisi.
-Puoi tenerla.- replicai con una nota amara di allegria.
-Così avrai sempre qualcosa di 'mio' con te.- continuai accarezzandole una guancia con la mia mano fredda.
Jennifer mise una mano sul ciondolo e lo strinse in un pugno assieme al tessuto smeraldo del suo soprabito.
Abbassò la testa.
-È triste avere qualcosa di tuo quando io vorrei semplicemente avere te.- mi disse in un sussurro.
Sospirai abbracciandola e stringendola a me.
Appoggiai il mento sulla sua testa.
-Sarai sempre con me Jenny. Il cielo ha il colore dei tuoi occhi e io te lo giuro su Dio: non passerà neanche un istante in cui non penserò a tornare da te.- le dissi tra i capelli.
-Non ti chiedo di prometterlo o giurarlo, ti chiedo solo di non fare di queste tue parole una menzogna dalla quale uscirei distrutta.- mi disse lei abbracciandomi a sua volta.
-Una volta ti fidavi senza esitare delle mie parole.- le dissi sospirando.
-Era prima che mi spezzassi il cuore.- mi rispose lei spezzando il mio.
-Scusa. Ho appena capito che suono ha un cuore che va in frantumi.- replicai in un sussurro.
Jennifer iniziò a singhiozzare così tentai di stringerla ancora più forte a me.
Era così piccola e fragile e non volevo che pensasse sarei morto per il semplice fatto che il mio destino era LEI.
Ma se non fosse stato così?
Se fossi morto davvero, come pensavano tutti?
-Mi prometti una cosa?- le chiesi allontanandola da me per vedere il suo bellissimo viso dolce e momentaneamente triste.
Le alzai il mento, costringendola a guardarmi, anche se i suoi occhi mi stavano congelando il cuore.
-Nel caso morissi... Voglio che tu mi prometta che starai bene, che ti rifarai una vita finita questa guerra e che... per diamine ti prenderai anche cura di Niall!-
Jennifer si prese il labbro inferiore tra i denti e chiuse gli occhi.
Respirò l'aria a pieni polmoni prima di allontanarsi di uno o due passi da me.
-Te lo prometto.- mi disse riaprendo gli occhi gonfi e rossi per il pianto.
Le sorrisi debolmente.
Lei ricambiò alzando appena gli angoli della bocca.
Si portò di nuovo la mano al petto, cercando il mio ciondolo.
Ci giocherellò un po' punzecchiandosi le dita delicate.
-Harry?- mi chiamò ad un certo punto alzando lo sguardo.
Aveva gli occhi celesti.
-Voglio che anche tu abbia qualcosa di 'mio'...- mi disse facendo un passo verso di me.
Le sorrisi e le presi la mano.
-Va bene.- concordai annuendo.
Jennifer mi sorrise appena avvicinandosi di più fino a quando tra noi non ci fu più nessuna distanza.
Allungò una mano sotto la mia mascella, sul mio collo.
Aveva le dita appena intrecciate ai miei capelli sulla nuca.
Mi guardò un attimo, dritto negli occhi prima di allungarsi verso l'alto e attirare il mio viso al suo.
Quando la mia fronte era appoggiata alla sua parlò.
-Ti prometto qui, sulle tue labbra, che quando tornerai ti darò tutto il mio cuore, così da poter ricominciare tutto da capo.- sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra, le quali si fiondarono desiderose sulle sue dopo aver udito quella parole.
Ero follemente innamorato di lei, del suo sorriso, dei suoi occhi, della sua bocca, delle sue curve, della sua voce, del suo modo intelligente di rispondere alle mie parole, di arrossire ai miei complimenti, del suo corpo che s'incastrava così bene al mio in un abbraccio, ero follemente innamorato persino del modo in cui piangeva.
Jennifer era l'innocenza fatta persona, ma per me era un peccato che non avrei mai confessato nemmeno in fin di vita.
La sua mano lasciò la mia per affogare tra i miei ricci insieme all'altra che fino a poco prima era sotto la mia mascella.
Io l'avvicinai ancora di più a me per i fianchi, solo per circondarli poco dopo in un abbraccio.
Le nostre lingue stavano scrivendo il seguito di quel nostro goffo bacio di dieci anni prima.
Non ero un grande amante della lettura, ma la bocca di Jennifer era un libro che non mi sarei mai stancato di leggere. Come avrei potuto?
Dopotutto avevo aspettato quel seguito per dieci anni.
-Non andartene.- mi sussurrò sulle labbra, in modo sconfitto a causa della risposta che stavo per darle.
-Non posso.- dissi scuotendo leggermente il capo.
Jennifer pianse appoggiando di nuovo le sue labbra alle mie.
-Ma posso tornare.- continuai prendendole il viso tra le mani per asciugarle le lacrime.
-Si sa che tra inferno e paradiso la via più facile è quella che porta al primo.
La mia via per tornare da te sarà difficile, ma se tu sarai la chiave del mio paradiso sono disposto a partire da questo momento ad affrontare le strade infuocate dell'inferno.- 
-La tua decisione ti porterà ad affrontare l'inferno... E ciò che ti sembrerà impossibile sarà il fatto che, anche se lontana, lo affronterò anch'io.- mi rispose sospirando.
-Non voglio ferirti di nuovo.- le dissi sospirando anch'io.
-Sarà una ferita da fuoco che dovrò sopportare.- replicò lei sicura.
Non mi ero mai ritenuto egoista, ma avevo così tanto da darle ancora, così l'unica cosa 
che le stavo chiedendo era il tempo di tornare, anche se poteva costarle una sofferenza immensa.
-Non avrei mai dovuto citare le fiamme.- le dissi sorridendo in modo amaro.
-Non potevi. Stavi bruciando.-

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