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di youhavesavedme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part one. ***
Capitolo 2: *** Part two. ***
Capitolo 3: *** Part three. ***



Capitolo 1
*** Part one. ***


 
Part One.

Ero pallida, come se avessi sempre addosso la malaria e su quel pallore avevo dei grandi occhi verdi, e delle labbra fresche e rosse che ti potevano mangiare. Ero una piccolissima donna , tutta vestita di nero, con una forza di conoscenza dei propri pensieri e del loro valore. Ero cosciente di essere bella, di essere desiderata, certo, ma non mi  importava. Volevo essere io quella a distruggere, quella a dominare sugl’altri. Non desideravo affatto essere controllata da qualcuno, era una cosa che non sopportava. Ero perfida, mi piaceva far innamorare  i miei pretendenti, fargli immaginare un futuro insieme, per poi abbandonarli e lasciarli con solo una stupida illusione tra le mani. Ero convinta che la crudeltà fosse la virtù per eccellenza, l’unica via per sopravvivere in un modo che non sentivo mio, che non mi apparteneva . Non potevo vivere senza il piacere di vedere gli altri soffrire. Avevo una mente perversa, i pensieri malvagi. E per questo mio egoismo, avrei pagato presto le conseguenze. Infatti quell’episodio rovinò la mia vita, ma per colpa mia, colpa del mio odioso egoismo. E da quel giorno tutto cambiò.
I capelli color bronzo mi slittarono davanti agli occhi. Con un gesto infastidito li portai dietro alle spalle e sistemai i miei disegni in una cartellina rossa. Mi alzai dalla sedia con uno scatto veloce, facendola quasi cadere a terra e si affrettò a riporli dentro un cassetto. Controllai l’orologio e mi accorsi che dovevo uscire con Dominic, il mio migliore amico. Presi la sciarpa nera di cotone e il mio cappellino di lana dello stesso colore. Misi nella borsa il cellulare e le chiavi e uscii di casa. Una folata di vento mi invase il corpo scompigliandomi i capelli. il naso mi divenne immediatamente rosso e le labbra incominciarono subito a screpolarsi diventando ancora più scarlatte di quanto già non fossero. Erano le 16:30 ma il sole era quasi del tutto sparito a Londra. Mi guardai attorno notando Dominic su una panchina che maneggiava con il telefono.
“Dom”
Il francesino alzò la mano e mi fece segno di avvicinarmi. Dominc era diventato mio amico da subito. Ci conoscevamo da circa dieci anni e dovevo ancora capire come facesse a sopportarmi da così tanto tempo. Mi era stato sempre vicino e fu l’unico che mi aveva consolato nel mio orrendo passato, restandomi accanto e aiutandomi a rialzare. Non riuscivo a parlare del mio passato con nessuno, nemmeno con i miei genitori e per quanto in quel momento potessi nasconderlo,  rimasi colpita nel fondo del  petto con una ferita talmente profonda che sarebbe stata difficile da rimarginare. Ma Dominc era stato talmente amorevole e gentile con me da aiutarmi ad andare avanti e ad alzarmi ad una caduta fin troppo dolorosa per essere affrontata da sola. Scacciai quei pensieri e corsi verso di lui e lo salutai dando un bacio sulla sua guancia. Dominic mi guardò malissimo, così mi allontanai capendo il motivo della sua frustrazione.
“ Dom, ti sei ripreso dalla scorsa notte”
Dissi sorridendo e dandogli un pugno amichevole sulla spalla. Mi sedetti accanto a lui posando la borsa sulle mie gambe.
“Scarlett, non credere che io l’abbia dimenticato, quando mi sono svegliato volevo ucciderti”
Cominciai a ridere talmente forte da far uscire dalla mia bocca piccoli grugniti. Mi sbrigai a coprire la bocca con le mie mani, infastidita dal’orrendo suono che ne era uscito poco prima. Odiavo letteralmente quei maledetti cosi, ma a Dominic facevano sbellicare dalle risate, ma non in quel caso. Vidi il suo sguardo come infuocato e per poco non mi spaventai pensando di aver esagerato, ma capii che alla fine il mio amico non poteva prendersela davvero con me, quindi mi tranquillizzai. Decisi di cambiare totalmente argomento facendolo incavolare di più.
“Che vogliamo fare?”
“Scarlett! Ti rendi conto che mi hai ammanettato nel letto di una pazza scatenata? Non credere di passarla liscia!”
“Ma smettila! Lily, non è pazza! Le piace solo scherzare con il fuoco.”
Dissi toccando con l’indice la punta del suo naso. Squadrai per un attimo il suo volto. I capelli biondi platino incorniciavano il suo viso perfettamente, facendo un contrasto troppo grande con gli occhi neri e cupi. Mi riconcentrai sulla conversazione quasi immediatamente, aspettando una reazione del ragazzo di fronte a me.
“No,no. Lei è completamente matta, con la ‘m’ maiuscola”
Dominic, esagerò come al solito, alzando le mani al cielo in modo teatrale. Incominciandosi verso un pub, lo rincorsi come un cagnolino fa con il padrone mettendo la mia mano sulla sua spalla.
“Ma dai, non fare la vittima, ti ho fatto un favore enorme. Andavi a presso a Lily, da più di cinque mesi.”
“Andavo, hai detto bene! Mi hai fatto aprire gli occhi! È malata completamente. Non sembrava così quando l’ho conosciuta.”
“Così, come?”
“Così, sexy.”
Abbassò lo sguardo imbarazzato, e le sue guancie si tinsero di rosso.
“Aaah! Oddio ti piace! Ma io lo sapevo. A Scarlett non  sfugge niente caro Dom!”
Feci qualche urletto di gioia,  ma mi calmai notando l’espressione infastidita del mio amico.
“Okay, lo ammetto forse è un pochino matta, o forse era più ubriaca del solito tutto qui.”
“Ma sì, ma giusto un po’”
Disse quelle parole con una punta di sarcasmo e ironia che non poteva passare inosservata così, cercai di cambiare l’argomento per poi chiuderlo una volta per tutte.
“Dominc, finiscila andiamo a prendere qualcosa da qualche parte, sto morendo di fame. Ho la macchina dietro l’angolo”
“Okay, ma guido io. Tu sei un pericolo pubblico e non voglio morire giovane”
“Sei un deficiente”
Lo rimproverai fingendomi offesa, ma avevo la consapevolezza di ciò che stava dicendo. Ma ugualmente gli diedi un pugno sul braccio, stavolta leggermente più forte, e incrociai le braccia.
“E inutile che fai quella faccia, non so nemmeno come hai fatto a prendere la patente! Ammettilo, li hai corrotti, so che ne sei capace Scarlett”
“Dom!”
Il francese scoppiò a ridere rumorosamente, coinvolgendo anche me. Una volta deciso che avrei  guidato io andammo al nostro solito bar. I tavolini neri e rotondi, posti al di fuori del bar, erano lerci e rovinati, contornati da sedie di plastica su cui non mi sarei mai seduta. All’interno, invece il luogo era decisamente più carino e accogliente, ma restava ugualmente un posto poco curato. Le mattonelle beige avevano impronte di scarpe incise sopra e il grande lampadario con pendoli trasparenti riempiva il soffitto alto. I mobili erano intagliati in legno e i divanetti che erano all’angolo in pelle sembravano caldi e accoglienti. Le pareti erano di un rosso acceso che ti metteva in soggezione, come gl’occhi del ragazzo che avevano incominciato a fissarmi. Cercai di non girarmi verso di lui, così presi il braccio di Dominc portandolo su uno ei comodi divanetti.
“Perchè quel poliziotto mi sta fissando?”
Non feci in tempo a dirgli di non farlo che Dominc si girò notando lo sguardo del riccio intendo ad osservarmi.  Mi guardò cominciando a parlare piuttosto divertito.
“Forse, avrà visto come guidi e ora ti vuole arrestare”
“Sei un deficiente!”
Purtroppo alzai la voce di qualche tono, attirando l’attenzione su di noi. Portai istintivamente la mano avanti la faccia, per poi tossire qualche volta. il telefono di Dominc squillò e quest’ultimo se lo portò all’orecchio cominciando a parlare.
“Mia madre ha detto che devo badare a mia sorella, perché lei deve andare a fare delle commissioni”
Dominc cominciò a lamentarsi  e poco dopo cominciai anche io a supplicare che restasse lì con me.
“Per forza?”
“Per forza. E potresti prestarmi la macchina? La stronza ha detto che mi devo sbrigare”
“Emh, sì vai tu, io resto a prendermi qualcosa da bere. Poi tornerò a piedi”
“Okay ma stai attenta”
Dominic mi diede un bacio sulla guancia e dopo aver preso le chiavi dell’auto si avviò verso l’uscita.
In quel momento non ricordavo cosa combinai, ma bevvi molto, troppo. Gli occhi di quel dannatissimo  poliziotti erano ancora su di me, e la cosa cominciava a darmi fastidio. La testa mi girava e le gambe mi reggevano appena, volevo andare a casa ma non sapevo come. Mi sedetti su quel divanetto, intenta a cercare una soluzione quando una voce sconosciuta mi fece sussultare.
“Non credo tu sia in grado di ritornare a casa, o guidare”
“Questo lo dici tu”
Puntai il dito sul petto del poliziotto osservandolo per la prima volta per bene. Notai i suoi meravigliosi smeraldi verdi e la sua bocca a cuoricino, contornata da splendide fossette. I riccioli scuri gli ricadevano sul volto in una maniera dolce e a dir poco perfetta, mentre la sua divisa sembrava essergli stata disegnata addosso. Ma era fin troppo giovane per essere un poliziotto. Notai un gruppo di ragazzi che ridevano vicino al bancone assistendo alla scena. Forse erano suoi amici.
“Già lo dico io”
“E tu saresti?”
“Un polizotto”
“E allora?”
Era evidentemente scocciato di quel domanda e risposta così sperai che se ne andasse ma non lo fece.
“E allora se non la finisci di rispondere così ad un pubblico ufficiale, finirai nei guai”
“Togliti quell’espressione saccente dalla faccia perché non mi fai paura, spostati devo andare a dormire a casa mia.”
Il riccio mi prese la mano e mi fece alzare dal divanetto facendomi notare la sua altezza. Poggiai la mano sulla sua spalla mantenendomi in equilibrio. Cercai di non darlo a vedere ma ero veramente imbarazzata dalla situazione.
“E come? Ti divieto categoricamente di guidare la macchina e non sei nemmeno nelle condizioni di camminare”
“Ma io voglio andare a casa.”
Mi lamentai vergognosamente dondolandomi sui talloni. Sembravo una bambina ma in quello stato non capivo nemmeno con chi stessi parlando.
“Potrei accompagnarti io”
“No, io non ti conosco e non me la racconti giusta”
“Vorrà dire che dovrai dormire per strada”
“Ma sei un poliziotto vero?”
“Sì sono un poliziotto vero”
Arricciai il naso e chinai la testa da un lato. Forse dovevo fidarmi , non poteva farmi del male, insomma era un poliziotto. In quel momento non riuscivo a ragionare lucidamente, ma non sapevo che cosa fosse, ma quel riccio mi attraeva e così accettai il passaggio.
“Potresti dirmi il tuo nome almeno?”
“Sono Harry”
Cercai di sganciare la sua mano dal mio polso, ma non ottenendo risultati mi lasciai trasportare da Harry.
Passammo vicino  al gruppetto di ragazzi di prima e con un cenno della mano il moro li salutò.
“Ciao amici di Harry”
Feci una faccia a dir poco buffa  scuotendo il braccio come segno di saluto.
Una volta dentro la macchina Harry mi chiese dove abitassi, ma non ricordandomi la strada gli dissi qualche indicazione a caso, sperando si averne indovinata almeno una.
“Perché la macchina non è quella della polizia?”
“Non fare troppe domande”
Mi ammutolii all’istante cercando di non fare o dire più cose stupide. Gli stavo sembrando sicuramente una cretina, ma come biasimarlo. Harry si accostò in un luogo appartato facendomi scendere lentamente dall’auto con lui.
“Bene, ora concentrati. Sai dirmi quali di queste case è la tua?”
“Sì, nessuna.”
“Che vuol dire nessuna?”
“Vuol dire che io non mi ricordo dove abito”
Scoppiai a ridere in un malo modo e cominciai a toccare i miei capelli.
“La finisci? Vedi di trovare casa tua!”
“Ma se non so nemmeno in che quartiere stiamo”
“Senti ragazzina, ho già perso troppo tempo con te, cerca di ricordartelo”
“Ma non lo so. Non mi ricordo, non mi strillare contro”
Vidi Harry respirare lentamente, cercandosi di calmare. Non sapevo il perché, ma mi veniva da piangere avevo paura che si arrabbiasse e cominciasse ad usare le mani su di me. Ero terrorizzata.
“Bene, vorrà dire che per questa notte sarai mia ospite”
“Che cosa?”
Non ero in grado di capire cosa stesse succedendo, ma non volevo cacciarmi nei guai, volevo solo ritornare a casa mia, in un modo o nell’altro.
“Preferisci dormire in centrale?”
Iniziavo ad odiare quel tipo, ebbi una voglia irrefrenabile di mollargli un cazzotto sulla guancia, ma mi trattenni. Era pur sempre un poliziotto.
“Preferisco andare a casa mia, o di qualcuno che conosco, non a casa di uno poliziotto cretino”
“Scusa, cosa avresti detto?”
“Che sei un poliziotto cretino”
Vidi gli occhi di Harry infuocarsi , così feci qualche passo indietro, cercando di non inciampare sui miei piedi.
“Senti ragazzina, volevo essere gentile con te, ma non ci si comporta così con un poliziotto ‘cretino’”
Afferrò la mia spalla facendo combaciare la mia schiena con il suo petto. Mi sentii le guance calde, ma supposi che con il buio non si vedessero, o almeno ci speravo. Non volevo che mi toccasse doveva allontanarsi immediatamente. Volevo spostarmi, ma non ce la facevo, era come se non avessi il controllo delle mie gambe.
“Ti rendi conto che ti sei dato del cretino? E per favore smettila di toccarmi”
Mi girai poggiando le mie piccole mani sul suo petto largo, cercando di allontanarlo da me. Harry mi riprese il polso, cercando di riavvicinarmi a lui.
“Ho detto che non devi toccarmi! Allontanati!”
Cominciai a strillare spaventata e le lacrime cominciarono a scendere. Non ero cosciente di ciò che feci, il mio cervello non era in grado di dare ordini, ma cercai di scappare, cadendo a terra. Ero ridicola, sembravo una bambina malata, ma volevo ritornare a casa mia. Harry si affrettò ad avvicinarsi a me per aiutarmi ma io non glielo permisi, cominciando a strusciarmi il più lontano da lui.
“Ei, stai tranquilla, non voglio farti niente”
Harry si abbassò alla mia altezza incastonando i suoi due occhioni calmi e dolci nei miei spaventati e disorientati. Mi porse la mano incitandomi ad afferrarla.
“Mi prometti che mi riporterai a casa mia?”
Il mio tono di supplica e da bambina, fece ridere il poliziotto che aspettava ancora che gli prendessi la mano, ma cercai di rialzarmi da sola.
“Va bene. Ma non so ancora il tuo nome”
“Scarlett. Mi chiamo Scarlett”
“Bel nome”
Sorrisi e feci per dirigermi alla sua macchina. Entrai ma tempo un attimo e mi ero addormentata.
La mattina dopo, mi svegliai in un letto comodo e grande, ma non era il letto di casa mia. Non ricordavo nulla di ieri, al di fuori dell’incontro con Dominc. Cercai di ricostruire i fatti, ma non riuscivo proprio a capire come fossi finita in quel letto. Alzandomi sentii una fitta alla testa, che mi costrinse a chiudere gli occhi e a portarmi la mano alla fronte. Camminai lentamente, poggiando a tratti la mano sul muro. Dopo qualche tentativo fallito di trovare la cucina, entrai dentro ad una stanza che aveva tutta l’aria di esserne una.  Non capivo proprio che cosa avessi combinato, ma in quel momento la fame sovrastava tutta i miei pensieri. Mi avviai al frigo aprendolo. Mi abbassi per prendere qualcosa ma toccai con il mio sedere qualcosa dietro di me. Mi raddrizzai di scatto girandomi all’indietro. Quando vidi un ragazzo riccio avanti a me cacciai un urlo attaccandomi al frigorifero. Avevo messo il mio sedere sul cavallo dei pantaloni di uno sconosciuto.
O su quello che io credevo uno sconosciuto.
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Erica’s corner.
Bene, buongiorno a tutte le persone che hanno letto l’inizio di questa storia.
Ci tenevo a dire che ho cancellato e riscritto questo capitolo almeno 5 volte, ma ne è valsa la pena perché sono abbastanza fiera di quello che ne è uscito fuori.
Allora che ne dite? Solo nel primo capitolo sono successe un botto di cose, chissà che cosa succederà nei prossimi capitoli. Eheheh, chi lo sa. Ahahah. Ho scritto fino al quarto capitolo , quindi lo scoprirete presto. Di conseguenza aggiornerò spesso questa settimana.
Se volete lasciatemi una recensione, mi farebbe veramente piacere leggere i vostri commenti, e sapere se la mia storia vi sta piacendo o no.
Se volete anche pubblicizzare le vostre storie, e chiedere anche a me di pubblicizzarle, non c’è problema, anche perché sono in cerca di nuove storie.
Ringrazio tutti in anticipo e aspetto di leggere le recensioni, che spero siano tante ahahah, non vedo lora.
Alla prossima, bellissime.
Baci xx.

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Capitolo 2
*** Part two. ***


Part two.

Il riccio continuava a fissarmi e io a non capire chi fosse. Non facevo altro che chiedermi che cavolo avessi combinato la sera scorsa. Ero più che sicura di non esserci finita a letto, insomma, non ero più il tipo. Forse era un amico di Dom, o forse ero stata rapita. No aspetta che dico? Se fossi stata rapita adesso starei legata da qualche parte con il sangue che usciva dai polsi sgranocchiati dalle corde, ad implorare che mi lasciassero libera. Quindi non avevo la più pallida idea di dove fossi finita, ma l’avevo fatta grossa questa volta, fin troppo grossa. Il riccio si avvicinò a me incastonandomi tra il muro e il frigorifero e a questa mossa le mie gambe cominciarono a tremare dalla paura. Le sue grandi braccia mi tenevano imprigionata, impedendomi di muovermi. Le sue mani enormi si poggiarono ai lati della mia testa e io non seppi che cosa fare, sentendomi in trappola come non succedeva da tempo. Cercai di sfuggire da lui, ma la sua voce mi bloccò.
“Perché vuoi scappare Scarlett?”
Quando sentii uscire il mio nome dalle labbra del riccio, sentii un tuffo al cuore, non sapendo se spaventarmi di più o sollevarmi. Naturalmente mi sentii svenire.
“C-come sai il mi-mio nome?”
Borbottai ridicolamente, vergognandomi di me stessa, di come oramai affrontavo i problemi. Ero diventata insicura, timida, riservata. Non volevo vedere nessuno a parte Dom specialmente in questa situazione imbarazzante. Volevo solo ritornare quella di un tempo, la Scarlett sfacciata e sicura di se stessa, improbabile e divertente. Non quella sottospecie di gattino indifeso che ero diventata. Provai a ricompormi tossicchiando leggermente e alzando la testa, ma quando i miei occhi incontrarono quelli del moro, credetti di scoppiare e riabbassai immediatamente lo sguardo. Ridicola.
“Ma come non ti ricordi di ieri notte?”
“No, cioè, forse noi d-due”
Iniziai a cercare di darmi una spiegazione, ma non potevo aver fatto sesso con lui. Lo escludevo categoricamente. Ma nonostante fossi convinta di ciò diventai paonazza cominciando a torturarmi le dita e a mordermi insistentemente il labbro inferiore, facendolo quasi sanguinare. Volevo letteralmente sprofondare.
“No, non siamo andati a letto insieme”
“Ah”
Fu l’unica cosa che riuscii a dire, sentendomi sotterrare dall’imbarazzo, ma in un certo senso ero sollevata. Non ero del tutto fuori di testa. Ma dovevo comunque capire cosa ci facevo in quella casa.
“E allora perché sono qui?”
“È lunga da spiegare, ma ci proverò ugualmente.”
Quelle parole mi pugnalarono lo stomaco. Che cosa diavolo avevo combinato? Mi aveva spiegato velocemente come erano andate le cose la scorsa notte e rimasi a bocca aperta. Ero una totale imbecille. Ma cosa mi era saltato in mente? Poteva essere un maniaco! Non sapevo proprio che cavolo avevo pensato in quel momento. –ma si dai accettiamo passaggi dagli sconosciuti, cosa potrà mai accadere-. Che idiota.
“Per favore, spostati, devo andare a casa mia, fai finta che non sia successo niente e scusami.”
“Non mi è dispiaciuto, non c’è bisogno che ti scusi. È sempre un piacere dare un passaggio a delle belle ragazze”
Vidi il ragazzo spostarsi da davanti a me e spostarmi delicatamente lontana dal frigo. Prese un cartone del latte aperto e portò le sue labbra rosse fuoco ad esso. Ci furono degli attimi di totale silenzio, quando Harry con un gesto mi offrii il latte. Scossi la testa disapprovando, notando solo in quel momento che aveva solo i pantaloni della tuta che ricoprivano le sue gambe magre e slanciate, che lo rendevano affascinante e irresistibile. Il petto nudo lasciava vedere i suoi leggeri muscoli ricoperti da tatuaggi di tutti i tipi e le sue spalle eccessivamente larghe che dominavano sul suo corpo stupendo.
“Vuoi qualcosa da mangiare? Ho visto con piacere che curiosavi tra la mia roba”
“Oh scusami, io non volevo essere invadente, ma non mangio da ieri mattina, e sono veramente affamata. Mi divorerei un bue intero.”
Sorrisi leggermente e abbassai lo sguardo rendendomi conto della cavolata che avevo appena detto.
“Non si direbbe”
“Cosa?”
“Insomma sei uno scricciolo, non ti ci vedo a mangiare un bue con le tue manine”
Arrossii violentemente e cercando di non farlo notare al ragazzo dinanzi a me, girai leggermente la testa verso la porta, che non era mai stata così interessante fino a quel momento.
“Non mi sembra di aver detto una cosa imbarazzante, non c’è bisogno di arrossire”
“Per favore smettila”
“Perché? Sei così carina quando arrossisci.”
Quella situazione stava diventando fin troppo imbarazzante, non so fino a quanto avrei retto.
“Questa cosa è ridicola, insomma non ricordo nemmeno come ti chiami.”
“Agente Styles. Harry Styles”
Per poco non mi strozzavo con la mia stessa saliva. Aveva detto maresciallo? Io avevo dormito a casa di un agente? Tutto ciò non poteva essere veramente reale, non poteva essere realmente accaduto in una sola notte, per lo più a me.
“Mi stai prendendo in giro? Cioè stai scherzando?”
“Assolutamente no”
L’agente Styles, mi mostrò il suo distintivo e io non riuscivo veramente a credere a come tutto ciò potesse essere accaduto a me. Era fin troppo assurdo.
“Non ci posso credere. Sono un’emerita idiota, veramente scusami”
“Ti ho già detto che non ti devi scusare, non importa davvero”
“Sì che importa tu sei un poliziotto e io, io…”
“Tu?”
“Io non lo so. Non so veramente cosa mi è preso, di solito non bevo, non è da me, mi dispiace io non volevo”
“Non devi giustificarti solo perché sono un poliziotto, a tutti può capitare una giornata no, giusto? Ma ti dovrò comunque arrestare”
“Cosa?”
Harry scoppiò a ridere e io lo guardai confusa e preoccupata. Cominciavo a pensare che quel tipo non stesse bene. L’ansia si intrufolò dentro di me e volli solo scappare da quella strana situazione.
“Stavo-Stavo solo scherzando”
L’agente disse quelle parole tra una risata e l’altra e fermai il mio istinto omicida.
“Tu non sei una persona normale”
Cominciai a strillargli contro, ma quando provai a dargli un pugno sul braccio, mi bloccò la mano avvicinandosi pericolosamente a me. La sua faccia era a qualche centimetro di distanza dalla mia e il mio cuore sembrava volesse esplodere. Continuavo a sbattere i miei occhi velocemente e il mio respiro si affannava sempre di più. Lui sembrava tranquillo e io lo invidiai per la sua sicurezza e per la sua apparente indifferenza.
“Dovresti tranquillizzarti”
Harry scansò i miei capelli da un lato, avvicinò la sua faccia al mio collo e soffiò quelle parole con tale arroganza che metteva paura. Le sue labbra umide sfiorarono per qualche volta il mio collo candido e liscio, provocando in me scariche di brividi indescrivibili. Portò una mano sotto il mio mento costringendomi a guardarlo. Ero troppo agitata e non riuscivo a stare ferma, ma quando incontrai i suoi occhi, mi sentii immediatamente più serena. Non capivo come facesse ma Harry, aveva uno strano effetto su di me ed era capace di controllarmi con semplici mosse. Per esempio, in quel momento, mi aveva completamente in pugno, poteva chiedermi qualsiasi cosa ed io avrei accettato senza esitare. Volevo solo abbandonarmi tra le sue braccia e il fatto era abbastanza preoccupante, insomma lo conoscevo da qualche ora.
“Non voglio farti del male”
Era come se quelle parole mi avessero totalmente rassicurata, completamente annebbiata.
“Tranquilla”
A quel punti mi tranquillizzai del tutto. Rilassai il corpo fino a poco prima teso. Riuscii a lasciarmi andare e mi sentii un’altra persona. Più viva. Più sicura di se. Harry si stava comportando esattamente come un padre si comporta con la figlia, premurosamente e dolcemente, rassicurandola con parole amorose e gentili.
“Posso andare a casa?”
Quelle parole uscirono dalla mia bocca sussurrate talmente piano, che per un attimo pensai che Harry non mi avesse sentito. Ma come al solito ero in torto.
“Se vuoi”
Harry cominciò a strofinare il suo naso tra i miei capelli, accarezzando dolcemente i miei fianchi. Volevo che quel momento non finisse più ma sapevo che quella non era la cosa giusta da fare. Dovevo assolutamente ritornare a casa mia, se non volevo finire nei guai come mio solito.
“Harry, tu dovresti-dovresti”
“Dovrei?”
Il riccio alzò la testa e incastonò gli occhi nei miei, guardandomi con uno sguardo irresistibile e adulatorio. Mi sentii mancare dentro. Il suo naso si strofinava tra i miei capelli e le sue mani continuavano ad accarezzavano con delicatezza le mie curve.
“Sì... Beh insomma dovresti spostarti”
Ingoiai il groppo che avevo in gola a fatica e cercai di spostarlo da dinanzi a me con le mie fragile braccine. Lo sentii mugugnare qualcosa e lo vidi levarsi per farmi passare. Nonostante ciò non riuscii a muovermi come intrappolata da quell’uomo  possente. Ero ferma, immobile oserei dire. Volevo muovere le gambe ma il mio cervello non mi dava la capacità di locomozione. Ero in trappola, sì, ma non volevo assolutamente andarmene da qui.
“Allora?”
“Io, sì, ora vado”
Appena mi decisi a muovere i piedi mi accorsi che non ero vestita con gli abiti della scorsa notte.
“Harry, scusa, ma la mia roba?”
Mi guardai dal collo in giù e notando le mie gambe scoperte dal ginocchio in giù, avrei voluto scappare. Si vedevano notevolmente i milioni di lividi che le ricoprivano e mi vergognai in una maniera orribile, così cercai di coprirli incrociando le gambe. Sentii le lacrime agli occhi, ma mi imposi di non piangere, non questa volta, non davanti ad un poliziotto. Avrei dovuto dare troppe spiegazioni.
“Stai per piangere”
Più che una domanda quella sembrava un’affermazione e Harry aveva l’aria di chi ne voleva sapere di più.
“Io, no, assolutamente, voglio solo coprirmi dammi i miei vestiti per favore”
La mia voce mi tradiva, tremava, come me. Ero la persona più ridicola sulla faccia della terra e mi sentivo talmente stupida a mostrarmi così fragile davanti ad Harry. Chissà cosa stava pensando di me in quel momento.
“Sono di sopra, ma non te ne andrai via finche non mi spiegherai la causa di quelle ferite”
Il tono della sua voce era basso ed arrabbiato, ed io come al solito avevo paura. Paura di parlare, paura di affrontare la verità, paura di raccontare il mio passato. Paura di tutto,  ma non paura di Harry.
_

Erica’s Corner.
Buona sera  bellissime.
Eccoci qui con il secondo capitolo. Beh che ne dite?
Sarei molto felice di sapere le vostre opinioni quindi se vi va lasciatemi un commento. Mi fareste davvero contenta.
Volevo ringraziarvi per le 9 recensioni al primo capitolo!
Non so se siano poche o tante, ma mi hanno resa davvero fiera del lavoro fatto e del tempo impiegato.
Grazie di cuore a tutti.

P.s aggiorno o domani o dopodomani (DIPENDE DALLE RECENSIONI)
See you soon!
Baci,
Erica xx.

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Capitolo 3
*** Part three. ***


Part three.

Il mio sguardo era rivolto verso il basso, verso i miei piedi ricoperti da un paio di calzettoni grigi, posti sul pavimento gelido. Mi passarono per la mente le immagini di Harry che mi spogliava per mettermi un pigiama più comodo. Arrossii immediatamente portandomi le mani sul viso imbarazzata e con la voglia irrefrenabile di aver voluto assistere alla scena con i miei stessi occhi. Poteva sembrare strano, ma l’unica cosa che desideravo in quel momento era essere sfiorata dal suo tocco gentile e tranquillo. Harry era ancora lì dinanzi a me, che mi fissava in attesa di una mia reazione, o che semplicemente dicessi qualcosa. Così cercai di mettere in fila qualche parola per ottenere una frase sensata.
“Harry, per favore non sono niente, preferirei vestirmi e basta”
Lui guardò i lividi e le ferite sulle mie piccole gambe con un sguardo triste e disgustato, come se già sapesse tutto di me. Voleva assolutamente sapere come me li ero procurati, ma questi non ero affari suoi e io non gli avrei mai detto niente. O almeno credo. Alzò lo sguardo per incatenare i nostri occhi, e io volli solo abbandonarmi a lui e raccontargli tutto, raccontargli tutta la mia stupida storia, il mio insulso passato, ma non potevo. Mi ero promessa di non farne parola con nessuno che non fosse Dom, e avevo intenzione di rispettare questa mia decisione.
“Sono più che sicuro che il tuo ‘niente’ sia un qualcosa”
“Ma per qualche motivo ti devi impicciare dei miei affari?”
Harry sembrò pensarci su, come se non si aspettasse  una domanda del genere. Ma chi si credeva di essere? era convinto che avrei condiviso con il primo che passasse il mio passato, le mie sofferenze e i miei dolori? Perché se ne era convinto, si sbagliava di grosso. Avevo lottato con quei mostri per fin troppo tempo. Da un anno a questa parte avevo dovuto combattere con una vita troppo impegnativa e che non faceva per me. L’amore a volte poteva essere un orrore,come una spada conficcata proprio sulla schiena, una ferita che non ti aspetti di ricevere, imprevista, ingiusta.
“Sono solo curioso”
Harry scrollò le spalle senza preoccuparsi delle fitte di dolore che lentamente si stavano ricreando nella mia mente e nel mio petto. I ricordi cominciarono  riaffiorare e il mio corpo si sentii immediatamente debole e insignificante.
“Solo curioso?”-feci una piccola risata amara-“Ti credi di essere talmente speciale da poter sapere tutto su di me? Ma chi sei? Che vuoi da me?”
Il riccio mi guardò sorpreso, incapace di spiegarsi dove avessi trovato tutto quel coraggio. E ne rimasi stupita anche io, non mi ero arrabbiata e non avevo alzato così tanto la voce da troppo tempo. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, gl’occhi uscire leggermente fuori  dalle orbite e le labbra tremare dalla rabbia.
“Ei calmati ragazzina!”
“Non ti permettere di chiamarmi ragazzina va bene?”
Gli diedi uno spintone abbastanza forte e continuai a spingerlo per almeno tre o quattro volte. Volevo prendergli quel suo bel faccino e schiaffeggiarlo finche non sarebbe diventato rosso come il sedere di un babbuino. In quel momento lo odiavo, lo odiavo con tutto il cuore.
“Scarlett fermati!”
Harry strillò con tutto il fiato che aveva in gola e per un attimo ebbi paura di lui. Poggiò  le mani sulle mie spalle e cercò di tranquillizzarti.
“Non credere che dopo questa sceneggiata non voglia più sapere perché hai tutte queste ferite.”
“Ma ti senti? Io so a mala pena il tuo nome e tu vorresti sapere tutto di me? Ma sei letteralmente matto o cosa?”
Harry si allontanato lasciando dentro di me una strana morsa al petto, che mi portò a riavvicinarmi a lui. Harry mi trasmetteva degli strani sentimenti, inspiegabili. Qualche attimo prima lo volevo uccidere, ora lo volevo riempire di baci, cosa che non mi capitava da tempo con un ragazzo. Lo vidi che guardava fuori dalla finestrella della cucina. Mi misi dietro di lui facendolo girare verso di me, incitandolo a darmi una risposta, dato che sembrava preso da tutt’altra cosa.
“Harry mi risponderesti?”
“Senti sto facendo di tutto pur di non strillarti contro okay!?”
“Tutto questo è ridicolo. Ti conosco da qualche ora e tu vuoi sapere le mie cose?”
Harry mi guardava intensamente, deciso a non rispondere alla mia ennesima e identica domanda.
“Santo Dio Harry!”
Feci per salire di sopra per andare a prendere la mia roba ma la sua voce bassa e roca mi fermò.
“Scarlett?”
Mi voltai verso di lui, mantenendo comunque le distanze. Mi avrebbe fatto realmente impazzire quel ragazzo.
“Non sono un poliziotto.”
A quella affermazione sgranai gli occhi decisa ad andarmene una volta per tutte da questa casa.
“ Ho confermato le mie idee, tu sei malato!”
Stava ridendo sotto i baffi, come se sapesse che questa sarebbe stata la mia reazione. Non aveva intenzione di parlare e questo mi fece saltare i nervi uno ad uno. Era capace di tirare fuori la peggior parte di me, e il fatto che mi avesse mentito su una cosa del genere mi fece andare su tutte le furie. Mi diressi definitivamente al piano superiore con la certa intenzione di cambiarmi andarmene via da lui.
“Dove stai andando?”
Harry agganciò la sua mano al mio polso costringendomi a voltarmi verso di lui.
“Lasciami per favore.”
Stranamente lo fece e io mi andai cambiare. Una volta fatto ripiegai i vestiti che mi aveva dato gentilmente Harry e li poggiai sul letto. Sentii il moro parlare con qualcuno al piano di sotto e curiosa scesi. Con calma attraversai il corridoio per poi scendere tranquillamente le scale. Vidi Harry parlare al telefono, ma mi meravigliai quando capii che stava parlando con il mio cellulare con chissà chi. Questo Harry non era una persona normale. Corsi verso di lui togliendogli l’oggetto dalle mani. Attaccai senza nemmeno vedere chi fosse.
“Ma te gli affari tuoi proprio non te li sai fare?”
Il riccio mi sorrise e scosse la testa. Non so il perché ma quella visione provocò un sorriso anche a me.
“Chi era?”
Harry si guardò in torno prima di rispondere e questo mi fece agitare ancora di più.
“Era tua madre.”
Sentii le gambe cedere e il respiro farsi sempre più affannoso. Non avevo altro appoggio che le spalle di Harry alle quali mi aggrappai, in assenza di forza nei miei arti inferiori. Cominciai a respirare a stento e a tratti, vedendo il volto di Harry agitarsi, proprio come ero io. Mi prese uno dei soliti attacchi di panico che erano soliti impossessarmi di me.
“Mi-mia madre?”
“Sì ha detto che sta andando nel tuo appartamento. Ma stai bene Scarlett?”
“Harry devi assolutamente accompagnarmi a casa.”
Alzi lo sguardo per pregare il ragazzo dagli occhi verdi di farmi questo enorme favore. Sentii il naso pizzicarmi e le guancie andare a fuoco sentii la preoccupazione invadere le mie vene e le palpebre farsi pesanti e bagnate. Cercai con tutta me stessa di non sembrare debole agli occhi di Harry, prendendogli la mano e portandolo fuori.
“Scarlett aspetta, fammi mettere qualcosa in dosso.”
“Oh sì scusa.”
Abbassai la testa nervosamente torturandomi le unghie tra i denti. Non potevo più reggere un situazione del genere ero esausta. Perché proprio a me doveva capitarmi questa vita? Io non ero abbastanza forte per affrontarla. Mi venivano i brividi al solo pensiero che mia madre scoprisse il mio piccolo segreto, anche se chiamarlo piccolo segreto era un eufemismo.  Notai Harry aprire la porta invitandomi a dirigersi verso la sua macchina. In poco tempo eravamo arrivati a casa mia, grazie alle mie attente e specifiche indicazioni.
“Scarlett non credere che ogni volta che ti serva io ti darò un passaggio.”
Guardai Harry parcheggiare e io non potetti fare altro che guardarlo e sorridergli, capendo che si stava riferendo alla notte scorsa.
“Non ti preoccupare dopo oggi non mi farò più viva.”
“Oh ma io non ho detto questo.”
Il riccio ricambiò il sorriso e io lo incitai a scendere, proprio come feci io. Mi accompagnò davanti alla porta e salì le scale dietro di me. Fui felice del fatto che Harry non mi avesse fatto domande sul mio strano comportamento, ma ora doveva fermarsi e lasciare che risolvessi i miei problemi di sola.
“Harry dovresti  aspettarmi qui fuori.”
“Va bene zuccherino.”
Lo guardai divertita, con le sopracciglia inarcate, e gli occhi sorridenti.
“Zuccherino?”
“Sì. Credo che ‘zuccherino’ sarà il tuo nuovo soprannome.”
Scossi la testa alzando gli occhi al cielo e mi diressi verso la porta di casa mia. Tutta la tranquillità e la serenità che mi aveva dato Harry scomparse quando sentii qualcuno strillare dentro casa mia. L’ansia padroneggiò dentro di me e io non seppi come agire. Con un colpo secco di chiave entrai notando mia madre furiosa mentre teneva in mano la bambina. Vidi Harry curiosare da fuori con uno sguardo indagatore e confuso. Mia madre mi guardò sorpresa e arrabbiata, alzando in aria la ‘poppante’, come sicuramente l’avrebbe chiamata la giovane donna dinanzi a me. Sentii un tuffo al cuore e tutto quello che riuscii a dire furono due stupide parole.
“Ciao mamma.”


Erica's corner.
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