Volevo solo vedere lui

di kk549210
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Patente e libretto, signora ***
Capitolo 2: *** Lo stalker ***
Capitolo 3: *** Una sveltina? ***
Capitolo 4: *** Ció, è una spacciatrice! ***
Capitolo 5: *** Volevo solo vedere lui ***



Capitolo 1
*** Patente e libretto, signora ***


Volevo solo vedere lui
 
NdA: Questo racconto è ispirato a una storia vera, i cui personaggi sono stati cambiati e rimescolati con altri che non c’azzeccano proprio nulla e che, nel bene o nel male, mi è capitato di incrociare sul mio cammino sotto forma di “persone” oppure con frammenti extra-vaganti della mia fantasia/ parrhesìa. Come diceva Hemingway, per quanto afferma l’immortale Gabo in non ricordo quale suo scritto giornalistico –cito a braccio-, tutto quello che scrivo fa capo alla mia esperienza, ma se dicessi da dove traggo ispirazione, gli avvocati mi starebbero addosso per querelarmi e farmi a pezzi.
 
 
 
L’agente di Polizia Municipale bussò al vetro della Nissan Micra.
-Patente e libretto, signora! – fece risoluto.
La donna seduta all’interno dell’autovettura si chinò a radunare i documenti richiesti. Mise mano al cassetto portaoggetti e rovistò nell’ampia borsa di Prada alla ricerca del portafogli.
-Eccoli – accennò con un timido sorriso. Quel vigile urbano appena sceso dalla motocicletta d’ordinanza le metteva addosso un non so che di inadeguatezza. Il volto olivastro, la barba corta ma curatissima, le mani grandi dalle dita lunghe e affusolate che rovistavano nei suoi documenti, nella sua vita. Sarebbe stato anche un gran bel ragazzo, se non fosse stato lì a indagarla con fare inquisitorio.
“Carino, però. Un Johnny Depp, però con i capelli corti…” si disse, pensando maliziosamente che avrebbe fatto un pensierino a quel bell’esemplare in divisa, se le sue energie non fossero già state concentrate su un altro obiettivo.
-Signora, è da molto che è ferma qui? – chiese l’agente togliendosi gli occhiali da sole.
“Mmm, che begli occhioni scuri ha il vigile di turno” si disse lei. Una pensata stupida, sì. Ma quell’intervento della Polizia Municipale la faceva sudare freddo e quindi doveva trovare un diversivo per distrarsi. Non stava commettendo nessuna infrazione, perché allora era arrivato quella sorta di Terminator a controllarle i documenti? Quella era una strada di periferia, senza uscita per giunta, e lei non stava certo infrangendo i limiti di velocità. Era ferma, e in quella zona non c’era il divieto. Né il famigerato Piano Sosta, entrato da pochi mesi in vigore, che spingeva gli automobilisti venuti da fuori – per rabbiosa protesta, o forse, per malcelata taccagneria- a rimanere piantonati dentro le loro autovetture con il motore acceso a guisa di rapinatori in trepidante attesa dei complici con il malloppo.
-Saranno un paio di minuti, agente – rispose, cercando di mantenere la calma. Era una fandonia colossale, perché in verità era lì da un’ora buona. E per fortuna che quello lì non l’aveva beccata sul fatto, mentre scattava foto all’oggetto delle sue brame con una Canon Eos tutt’altro che poco appariscente.
-Ah! – fu l’unica osservazione del vigile urbano.
La giovane conducente della Micra si sentì come stretta in una morsa. E se l’avesse multata? No, non c’erano gli estremi per una sanzione. Non stava facendo nulla di male, non aveva compiuto nessuna infrazione all’onnipotente e famigerato Codice della Strada.
-Non mi sembra che qui ci sia il divieto di sosta… – si giustificò titubante. Meglio misurare le parole. Gli uomini in divisa sono molto suscettibili e il rischio di una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale non piace a nessuno. Specie in una piccola città di provincia, dove la stragrande maggioranza del corpo di Polizia Municipale è formato da clericoraccomandati senz’arte né parte. E con una coda di paglia lunga sei metri, per giunta.
-No, signora. Ma gli abitanti di questa strada hanno segnalato al Comando la presenza costante di questa autovettura. Charlie Zulu 435 Zulu Bravo… è questa la sua targa?
“Come li odio quando giocano con il codice internazionale. Neanche fossero i Marines americani in mezzo al deserto dell’Afghanistan…”      
-Sì – disse lei schiarendosi la voce. Non poteva certo esprimere ad alta voce i suoi pensieri. L’ego del pulotto belloccio sarebbe precipitato a livello fogne e lei si sarebbe dovuta cercare un buon avvocato. Con lo stipendio interinale che scivolava di quando in quando nelle sue tasche, non era certo il caso.
-Signora, – fece l’agente restituendole i documenti – è tutto a posto. Ma per il futuro le consiglio di non soffermarsi così insistentemente davanti a private abitazioni. Potrebbe essere denunciata per violazione alla legge sulla privacy. Non si sa mai come possono reagire gli abitanti di un quartiere residenziale…
-Grazie per l’avvertimento… buona giornata!
Senza nemmeno rispondere, il poliziotto si era già rimesso occhiali e casco ed era rimontato in sella, rombando via con ben poche cerimonie. Un gran bell’esempio di urbanità, non c’è che dire!
Anche la giovane automobilista decise che era meglio lasciare il campo. Lui, lo avrebbe rivisto l’indomani.   
     

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Capitolo 2
*** Lo stalker ***


C’era ancora una mezzoretta prima di iniziare il turno, e Marta decise di andare a piedi. Era una giornata primaverile appena tiepida, con un aleggiare di vento leggero e piacevolmente capriccioso. Dopotutto, la Farmacia Comunale n. 2 distava poco più di un chilometro, e la dottoressa Valli, tutte le volte che le era possibile, preferiva le sue gambe a qualsiasi altro mezzo di trasporto. E poi, camminare la aiutava a distrarsi dalle preoccupazioni che le avevano imbigito la vita.  
Il portone del piccolo condominio si era appena chiuso alle sue spalle, quando Marta scorse sulla strada una piccola auto color grigio metallizzato. La Micra. Quella solita macchina. Quella che “erano già tre settimane” –a detta delle vicine di casa più curiose – che sostava lì davanti, in quel breve tratto di strada senza uscita dell’anonimo quartiere residenziale. All’inizio, la farmacista non l’aveva neppure notata: da qualche tempo la strada, non molto distante dal centro storico, aveva cominciato a riempirsi come non mai. “Un’ondata di taccagneria collettiva”, dovuta probabilmente all’istallazione dei parchimetri in tutta l’area dentro le mura. Poi un particolare aveva richiamato la sua attenzione: il conducente sembrava seguire un preciso schema, quasi un rituale maniacale. La Micra compariva infatti tutti i giorni a cadenza fissa: poco prima delle otto di mattina, intorno all’una e la sera, tra le sei e mezzo e le sette. Rimaneva ferma all’altezza del civico 8 per circa una ventina di minuti – qualche volta anche mezzora – e poi se ne ripartiva. La Rosa, l’inquilina del piano terra che aveva una vocazione più spiccata per lo spionaggio che per la maglieria, era puntualissima nel registrarne tutti i movimenti e a comunicarli all’intero vicinato. Era giunta addirittura ad osservare che non si trattava di un’auto semplicemente parcheggiata, poiché la conducente – era una donna, anzi una ragazza giovane, ne era certa - rimaneva seduta al suo posto per tutto il tempo.   
Non era detto che quella sosta così anomala celasse per forza intenti criminali. “Non c’è nulla di male”. Ma Marta sentiva dentro di sé una forte inquietudine che, nonostante i suoi sforzi per ricacciarla via e concentrarsi su pensieri positivi, sogni e progetti, cresceva sempre più oppressiva. “Via, non c’entra nulla con me” si andava ripetendo. Quella persona poteva essere lì per i più svariati motivi, o anche per pura, folle casualità, o per affezione a un luogo che di ameno non aveva quasi nulla, a parte la schiera di pini marittimi sul ciglio della strada. Ma gli SMS al suo cellulare, le chiamate che da due mesi tempestavano il suo telefono di casa, ad ogni ora del giorno e della notte, erano un dato oggettivo. Una presenza indesiderata e inopportuna  - i messaggi si limitavano al “Buongiorno” o a un “Ciao, Marta!” e le chiamate erano del tutto silenti-, ma sempre più inquietante. “Intanto può fare una denuncia contro ignoti, signora” le avevano detto i Carabinieri. “Non si può fare nulla, signora. Vede, tutte le chiamate e gli SMS partono da telefoni pubblici. Capisce, potrebbero essere anche più persone” era stato il deludente risultati delle indagini sui suoi tabulati telefonici.
La Valli non sapeva se ritenersi vittima di uno stalker in piena regola o di un semplice seccatore incallito che non conosceva né il buonsenso né le regole fondamentali del vivere civile e della buona creanza. Era arrivata quasi a sperare che il suo indesiderato interlocutore cominciasse a contattarla per via digitale, lasciando così una traccia che le consentisse di fare una denuncia più circostanziata alla Polizia Postale e così di levarselo di torno. Ma chi poteva essere a volerla importunare in quel modo così insistente? Esaminando la sua vita, la sua famiglia e le amicizie, non trovava nessuna falla. Mario, suo figlio, era ormai adulto e si era trasferito a Bologna per lavorare alla Ducati. “Con un nonno e uno zio meccanici, non mi poteva che capitare un ingegnere”. E da Giancarlo si era separata quando il bambino era piccolo. Tra loro i rapporti si erano sempre mantenuti amichevoli, tanto che non avevano neanche sciolto legalmente il matrimonio. Avevano semplicemente preso atto che non aveva funzionato e lui se n’era tornato ad abitare a Cesena, la sua città natale, dove faceva il commercialista. E una ventina d’anni prima un male cattivo se l’era portato via. Marta non aveva un grosso giro di frequentazioni, anche perché il suo carattere schietto e spesso un po’ polemico e rude a volte fungeva da vera e propria barriera selettiva. Quasi giunta alla boa della piena maturità, poteva contare su un piccolo gruppo di amici con cui condividere interessi, gioie e dolori.  
-Ciao, dada Matta! – la chiamò una vocetta infantile che la distrasse dalle sue cogitazioni.  
Sul marciapiede, stava arrivando Michele, il bambino che abitava sul suo stesso pianerottolo.
-Ciao, bellissimo – lo accarezzò lei, sorridendo al padre del piccolo in segno di saluto.
-Ti piace il mio disegno? – chiese lui con gli occhietti che sprizzavano gioia.
-Certo!
Quella birba era davvero speciale. Un autentico raggio di sole anche in quel periodo così cupo. Una sorta di nipotino surrogato, visto che Mario, girafemmine incallito, non accennava a volersi accasare.
  

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Capitolo 3
*** Una sveltina? ***


-Sofi, muoviti o vai a scuola a piedi! E la giustificazione per il ritardo non te la firmo!
 
Tutte le mattine era una mezza tragedia: schiodare la figlia maggiore dallo specchio era più difficile che predisporre il piano di bonifica dei rii pedemontani. Quelli che l’incuria dei sempre più numerosi abitanti delle colline aveva trasformato in discariche a cielo aperto. E così l’ultima pioggia abbondante della stagione si era trasformata in una vera propria alluvione, che di disastro idrogeologico non aveva nulla. Nel mefitico lezzo del fango che aveva travolto case campi animali automobili,  Sante Cristofori sentiva l’odore nauseabondo del senso civico ormai putrefatto, dell’abuso edilizio, del denaro pubblico sperperato e della catena interminabile di corruttele e deleghe a un sottobosco inestricabile di politicanti e portaborse.
Un occhio all’orologio. “Mannaggia alla miseria! Già le sette e venticinque… e alle nove devo essere in Regione. Rimarrò sicuramente bloccato in tangenziale”. Ma per fortuna dopo qualche minuto Sofia  decise di comparire finalmente all’orizzonte.
-Puoi guardarti anche tutto il giorno allo specchio… tanto quel brufolo non se ne va! – la canzonò Luca, che dall’alto dei suoi augusti undici anni sfoggiava ancora una liscia e vellutata epidermide da bambino.
Sofia lo fulminò con lo sguardo. Agguantò lo zainetto e la sacca di ginnastica - “Che palle, oggi ci tocca andare alla palestra dell’Artistico, in mezzo a quei cannaroli. E mi sa che tornando a casa prenderò anche l’acqua”  - e seguì docilmente il padre.
Negli ultimi tempi, Sante si sentiva come dentro un frullatore al massimo dei giri, come se la sua vita stesse diventando sempre più complicata e ingestibile. Gli anni passavano, senza sconti, – aveva da poco spento le prime cinquanta candeline – e tutto sembrava come sfuggirgli di mano. E non solo sul lavoro: riusciva a passare sempre meno tempo con Annalisa, anche lei fagocitata da una professione molto impegnativa, e i figli stavano inesorabilmente crescendo. Con quanta nostalgia gli ritornavano alla mente i due piccoli toparini che erano stati. E proprio perché ormai la sua esistenza gli sembrava sempre più un mosaico di tasselli disomogenei, egli amava molto quei piccoli frammenti di giornata che passava con Sofia e Luca, anche se spesso doveva pagare lo scotto di essere degradato da padre a tassista.
 
 
-Babbo! – fece il ragazzino appena furono usciti sulla strada – Hai visto che c’è di nuovo quella macchina?
-Quale, Luca? – chiese il padre.
-La Micra.
-Sarà qui per una sveltina… - osservò Sofia senza staccare gli occhi dallo smartphone. Quella mattina c’era l’interrogazione di fisica ed erano appena  arrivati gli ultimi schemi della Bea. Lei in fisica aveva nove, mica rischiava il debito!
-Che dici! – fece Sante fingendosi scandalizzato. A dire il vero, aveva pensato lo stesso le sere prima, notando quella persona ferma in auto. Dopotutto, non era un mistero che la loro strada era stata, soprattutto in passato, teatro di appuntamenti per coppiette più o meno clandestine. “Strano orario, però, per fare l’affare…”
-No no,  per me è una scema che non sa usare il GPS  e continua a finire in questa strada chiusa… - congetturò Luca, avendo già notato che l’automobilista era donna.
-Cosa fa, il gioco dell’oca? L’ho vista anche ieri all’una… - ribatté Sofia – No, secondo me si è innamorata di babbo, e fa la posta per vederlo…
Sante non riuscì a trattenere una risata.
-Sì, sì… La Rosa ha detto che ha anche una macchina fotografica! – aggiunse il figlio minore, convintissimo.
 “Se lo ha detto il Gazzettino del quartiere…”
-Se viene qua per me, è meglio che vada da un oculista bravo – fece divertito il padre.
-Ma no, babbo! Lo dicono anche le mie amiche che somigli a George Clooney!
-Sì, il George Clooney di Cassanigo!
-E’ vero… anzi, perché non vai a parlare con la Maretti così la smette di massacrarmi in fisica? Guarda che ha un debole per te – disse Sofia.
- Va bene. Se il prossimo mercoledì riesco a sganciarmi dal lavoro per un’oretta, vado dalla prof e sfodero tutto il mio fascino… - rise Sante. Erano quei piccoli momenti di scherzo con i suoi ragazzi che in un certo senso lo ricaricavano.
-Evvai!
-Ciao babbo, buona giornata! – disse il bambino.
-Ricordatevi che oggi mamma fa il turno lungo. Dopo la scuola dovete andare dalla nonna…
-Sì, babbo. Ho preso anche il vocabolario per fare la versione.
- A stasera, allora! 

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Capitolo 4
*** Ció, è una spacciatrice! ***


“Una drogata! Una spacciatrice! Una che passa di qua tre volte al giorno e sta ferma per mezzore intere davanti alla nostra casa è senz’altro una poco di buono. Ció, perché non va a lavorare? Sarà una che fa la vita… e guadagna 500 euro alla volta! Mica una come noi donne oneste che ci spacchiamo la schiena da una vita. Oh povera me, la mia artrosi oggi m’ammazza… Se non muoio oggi non muoio più. Ció, che fa adesso quella? Si mette pure a bere? No no, quella lì è una poco di buono… una ubriacona drogata che adesca i bambini.”
 
 
La Rosa rastrellava nervosamente il giardinetto condominiale antistante la piccola palazzina.
 
 
“Se non ci penso io a tenere pulito, figurati i vicini. La Valli pensa solo a uscire con gli amici, ci credo, è una divorziata. Che scandalo! Due anni insieme e poi si lasciano… Comodo così! Ció, questi giovani non hanno più valori. Il figlio va e viene e si porta sempre dietro un branco di motociclisti delinquenti. I Cristofori, poi? Il marito si atteggia a padreterno, poveretta la dottoressa che si è presa un uomo così. Lei che è tanto carina e mi viene anche a fare il prelievo a casa. Peccato che lavori così tanto, poverina, di questo passo i suoi figli diventano drogati… quella Sofia mi piace poco, per me va già con i ragazzini!   
Ció, tutta ‘sta piuma dei pioppi  sembra una nevicata peggio di quella del ’56… l’anno che mi sono sposata con il mio Alfonso, pace all’anima sua. Allora sì che erano bei tempi, e le ragazze non se ne andavano in giro in macchina a pedinare gli uomini. Ma cosa fa quella? Non se ne va ancora… Ma non si sarà mica innamorata di Giuseppe? Che bellino Giuseppe, sembra quell’attore della televisione, quello che fa la fiscion con Anna Valle. Ma vuoi che sia innamorata di Giuseppe, che ha quel figlio mongolino?  No no, è una spacciatrice di droga. Bisogna dirlo ai Carabinieri, fare denuncia, il comitato di quartiere, pagare una guardia privata. Ma ecco che arriva l’Annalisa. Adesso ce lo dico.”
 
 
-Buongiorno, Rosa!
-Buongiorno, dottoressa… come sta? – fece l’anziana donna per mostrarsi cortese. In fondo, le era comodo trovarsi recapitata la ricetta rossa direttamente in buchetta, senza dover fare la fila dal medico condotto.
-Sa com’è, è stata una lunga notte… – rispose la vicina che non aveva affatto voglia di fare conversazione.
-  Ha visto quella macchina? È ancora là davanti. Dobbiamo fare qualcosa!
-Non saprei – fu la laconica replica di Annalisa.
-Ma come? Non si preoccupa per i suoi figli?
-E perché dovrei? Non mi sembra che faccia niente di male…
-Quella è una spacciatrice di droga! – insistette la Rosa puntellandosi sul manico del rastrello come per dare forza alla sua accusa.
-Ma no, cosa dice… ora però mi scusi…
 
Dopo dodici ore di guardia notturna in rianimazione, Annalisa Martini desiderava solo buttarsi un po’ sul letto. E fare una bella anestesia alla sua ottuagenaria vicina, o meglio alla sua turbolingua che, stranamente, godeva di una perfetta salute in contrasto con un quadro clinico tipico di quell’età. Non se ne poteva più di sentire parlare di quella macchina. La Micra stava diventando una sorta di ossessione collettiva, e l’unico lato positivo era che il mistero dell’identità del conducente era riuscito a distogliere suo figlio Luca dai videogiochi.  
     
NdA: Ció è un intercalare tipicamente romagnolo carico di mille (e nessuna) valenze semantiche. 

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Capitolo 5
*** Volevo solo vedere lui ***


-No, Michele. La figurina del Grande Puffo no! Per quella a scuola ne tiro su almeno dieci… però se vuoi ti posso dare questa di Puffetta. Ti piace Puffetta?
-Sì – un largo sorriso illuminò il visetto del bambino, scoprendo l’ultima finestrella che si era aperta nella sua bocca. Il topolino dei denti gli aveva fatto un gran regalo, questa volta. E con quanto orgoglio lo aveva mostrato a Luca. Ci credo, era una Ferrari Testarossa! Michele Sarti cercava sempre l’approvazione di Luca Cristofori, il suo eroe. Lui sì, che era grande, faceva già la quinta! Per fortuna quel giorno le maestre gli avevano dato poco compito e così Annalisa lo aveva lasciato salire da lui.
-La Sofi dice che su feisbuc le mamme dei miei compagni fanno gli scambi delle figurine – osservò Luca “Altro che figurine, mia sorella su feisbuc ci va per guardare i ragazzi nudi” – Ma io preferisco contrattare di persona – proseguì, raccogliendo e rimescolando il mazzo sul tavolo del terrazzo. Giuseppe li aveva momentaneamente parcheggiati lì, per non doversi barcamenare tra due bambini carichi come molle che gli saltavano attorno mentre era intento in cucina – Tu che ne dici, Michele?
L’amichetto non rispose. Luca alzò distrattamente gli occhi dalle carte e vide che l’altro si era alzato dalla sedia e ora, impettito contro la ringhiera del terrazzo, stava fissando la strada. Il mistero della Micra aveva galvanizzato anche lui, e Luca lo aveva prontamente promosso vicecommissario. Dopo meno di un minuto, Michele ruppe il silenzio, con la foga l’orgoglio l’entusiasmo del primo marinaio che grida “Terra!”.
- Luca, Luca, ci sono i carabbigneri! Sono venuti ad arrestare la donna della Micra!  
E con il braccio indicò tutto fiero l’automobile scura con la riga rossa che si affiancava alla misteriosa visitatrice.
Anche Luca si sporse dal terrazzo per guardare la scena. Chissà, forse avrebbero circondato la macchina in quattro-cinque, con il mitra, e costretto la pericolosa criminale a scendere con le mani in alto. E poi se la sarebbero caricata in macchina, spingendole giù la testa come nei telefilm americani. Oppure, se non si fosse voluta arrendere, l’avrebbero crivellata di colpi. Cavoli, una sparatoria sotto casa non capita  tutti i giorni! Ci sarebbe stato un bel po’ da parlare, a scuola…  i compagni avrebbero voluto sapere tutti i particolari da lui, testimone oculare di un inseguimento della Polizia! Altro che le puntate del commissario Montalbano!
-Bambini, venite, è pronta la cena! – disse Giuseppe affacciandosi dalla porta-finestra.
-Papi, aspetta… ci sono i carabbigneri… - replicò il figlioletto  puntellandosi forte alla ringhiera con mani e piedi.
-I carabinieri?
-Sì, per la donna della Micra – aggiunse Luca tutto soddisfatto – Ora la arrestano!
-Ancora con questa storia? – fece il padre un po’ seccato – Venite, bambini, non sono affari nostri…
“Accidenti” pensò Michele.
“Che sfiga” contrappuntò nella sua mente il giovane Cristofori.
La tanto attesa spaghettata con peperoni e salsiccia s’era fatta di colpo insipida e la Coca Cola amara come il fiele, ma i due dovettero rientrare in cucina per consumare la cena, con l’allegria di due galeotti che si siedono a desco per l’ultima volta prima di salire sulla forca. La porta-finestra, richiudendosi alle loro spalle, pose fine a una brillante carriera di detective appena intrapresa, condannandoli all’oblio della bigia mediocrità.
 
 
 
 
-Denuncia per stalking presentata in data 27 zero due 2015 da Landi Rosa, residente in via Boccaccio 27, a carico di Santini Marialucia, nata a Ravenna…
Le parole del maresciallo risuonavano remote e ovattate, come se non fossero nemmeno reali. Quella che era presente e viva, acuta e bruciante, era la delusione.  
“Stalking? Io volevo solo vedere lui. E lui non s’è nemmeno accorto di me”.   
 
 
 
 
NdA: Ecco cosa può succedere a chi si apposta sotto casa del sosia di Neri Marcorè. Grazie di cuore a tutti i lettori e recensori!

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