Un Giro a Sinistra

di DaisyBuch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Grotta ***
Capitolo 2: *** La Driade Iris ***
Capitolo 3: *** Il Mito di Dafne - Parte 1 ***
Capitolo 4: *** Il Mito di Dafne - Parte 2 ***
Capitolo 5: *** Il Mito di Persefone - Parte 1 ***
Capitolo 6: *** Verso l'Oltretomba ***
Capitolo 7: *** Il Mito di Persefone - Parte 2 ***
Capitolo 8: *** Il Mito di Persefone - Parte finale ***
Capitolo 9: *** Il dio del Mare ***
Capitolo 10: *** Infatuazione ***
Capitolo 11: *** L'affronto di Niobe ***
Capitolo 12: *** Il Mito di Orfeo ed Euridice- Parte 1 ***
Capitolo 13: *** Il Mito di Orfeo ed Euridice- Parte 2 ***
Capitolo 14: *** Il Toro Bianco ***
Capitolo 15: *** Abbandono ***
Capitolo 16: *** Il Labirinto del Minotauro ***
Capitolo 17: *** Il Mito di Teseo e il Minotauro ***
Capitolo 18: *** Il Mito di Dedalo e Icaro ***
Capitolo 19: *** L'ennesimo tradimento ***
Capitolo 20: *** Il Mito di Aracne ***
Capitolo 21: *** Una decisione importante ***
Capitolo 22: *** Epilogo - Verso la fine.. ***
Capitolo 23: *** ...Di un nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** La Grotta ***


L’acqua limpida scorreva veloce tra i piedi di Athena, erano usciti a fare un giro turistico in barca, la sua famiglia ed altri turisti come loro. Era una giornata di sole spendente, l’ideale per visitare la città. La Grecia non era tra le sue mete ideali, preferiva un paese nordico ma si era ricreduta, la sua pelle avorio piano piano cominciava a prendere colore e i capelli biondi si tingevano di paglia ancora di più, a lei in realtà non importava niente aveva ancora quindici anni e per quanto potesse andare d’accordo con le ragazze della sua età lei si interessava per lo più ai libri e all’arte, anche per questo aveva appoggiato i suoi genitori per la Grecia. E’ una città così ricca di cultura, di storia, Athena stentava a credere che davanti a lei c’era una città ben visibile che molti anni prima era abitata da gente come lei, era assolutamente affascinante. Inoltre i suoi genitori amavano quel posto, suo padre era un ricercatore antico ovvero studiava gli antichi oggetti e scritture di tutti i tipi, invece la madre insegnava al liceo proprio il Greco antico ecco perché le avevano dato quel nome che a lei proprio non convinceva. -Signori e Signore questa grotta è molto antica, perciò qualsiasi gesto che potrà rovinare in qualche modo il patrimonio artistico verrà punito severamente, consigliamo dunque di non toccare le pareti, o graffiarle in alcun modo. Grazie.- Disse la guida in piedi sulla barca che parlava a ben dodici persone. La grotta sembrava molto piccola da fuori ma dentro era enorme, l’acqua era quasi trasparente in alcune zone e poteva vedere tutto il verde degli scogli sul fondale ed anche tutti i pesci colorati.
–Più avanti sarà possibile fare un bagno nell’acqua non vi preoccupate.- sorrise la guida che sembrava aver colto il desiderio di Athena. Attorno e sopra di lei le pareti erano tutte quante spigolose, non c’erano segni rupestri come aveva creduto lei e ne rimase delusa, più avanti però scorse un tempietto fatto di pietra e quando vide che la guida non aveva la minima idea di fermarsi contestò voracemente: -Ehi! E quello?- chiese Athena a voce alta per attirare l’attenzione della guida.
-E’ solo un tempio dedicato a Zeus, è fatto in avorio,- disse velocemente il ragazzo, -non è niente di importante e non ne sappiamo di più.- tagliò corto. Athena rimase molto contrariata da quest’affermazione, era importante e come. Mentre la guida continuava il suo discorso Athena lanciò uno sguardo all’altare su cui c’era scolpita la faccia di Zeus, riconoscibile dalla barba lunga e dallo sguardo severo, e mentre era davanti a lui le parve che lui avesse quasi acquietato lo sguardo, anzi, le parve proprio che avesse cambiato espressione. Athena sbarrò gli occhi e li sbattè più volte, l’altare era più distante dalla barca e non riusciva a vederlo bene come prima, ma adesso le sembrava che fosse tornato normale, o meglio che avesse avuto un’allucinazione. Pensò più volte che la poca luce e la sua grande immaginazione le avessero fatto inventare tutto, così si mise l’anima in pace e non si dette ulteriori spiegazioni. In fondo c’era una pozza d’acqua che rifletteva la luce e creava un’atmosfera bellissima, i turisti si fecero il bagno mentre Athena se ne stava tranquilla sulla barca a contemplare l’acqua ed accarezzarla con le dita.
-Tesoro vieni a farti un bagno!- le gridò la madre che sguazzava nell’acqua. Athena non le rispose, ma da lì a dieci minuti si stava già annoiando e sarebbero stati lì ancora per dieci o quindici minuti, perciò decise di farsi un bagno anche lei. L’acqua era incredibilmente tiepida e questo le dava un senso di sporco che non sopportava, fece un sorriso ai suoi genitori che parlavano con la guida ed altre persone e poi si immerse completamente quando si fu abituata a quella sensazione. Riemerse abbastanza lontano dalle due barche, proprio vicino alle pareti della grotta e vide un punto che luccicava all’interno di un buco. Con le mani cercò di infilare le dita e vedere di cosa si trattava ma non ci riuscì perché sebbene avesse delle dita sottili queste non entravano del tutto. Seguì l’apertura del buco con le dita e sentì che man mano che scendeva sotto l’acqua questo si allargava, così prese un respiro e si immerse per vedere di che cosa si trattasse. Una volta aperto gli occhi sotto l’acqua vide che la fessura era diventata una vera e propria conca che era anche abbastanza larga e la luce sembrava essere naturale. Incuriosita, Athena decise di riprendere un bel respiro e di entrarvi, ci passava benissimo e l’ossigeno che aveva incamerato era stato appena sufficiente per riemergere in superficie. Aprendo gli occhi una volta a galla vide un’enorme caverna con i soffitti molto alti e le pareti strette, si mise paura e decise di tornare indietro quando sentì una voce che la chiamava.        -Athena.- diceva la voce. Era roca e profonda, scandiva le parole così solennemente che la ragazza capì di non dover avere paura, così seguì il punto in cui le pareva che la voce fosse venuta. Cercò cautamente di ricordarsi il percorso e diede occhiate all’indietro per essere sicura, il passaggio durò nemmeno due minuti che Athena venne chiamata di nuovo: -Athena.- era sempre la stessa voce maschile che la chiamava, ma stavolta era più vicina, sembrava quasi accanto a lei.
Si girò furtivamente, forse qualcuno voleva farle uno scherzo, -Molto divertente papà.- azzardò Athena con il suo sorrisetto di sfida.
-Tieni, questo è destinato a te.- continuava la voce, e prima che la ragazza potesse capire di cosa si trattasse una luce forte le colpì gli occhi accecandola. Lei si coprì gli occhi con la mano e si spostò da quel getto di luce che sembrava provenire da un oggetto sulla roccia davanti a lei, guardò meglio e vide che si trattava di un anello con una pietra violacea sull’estremità, era proprio quello che rifletteva la luce? Athena si mise paura, una voce misteriosa che non sapeva da dove fosse venuta che le intimava di prendere un anello dicendo che era destinato a lei? Un bel po’ bizzarro. Prese l’anello tra le mani e ispezionò la pietra, non era molto levigata e aveva dei minuscoli frammenti nerastri e biancastri all’interno, invece la rifinitura e l’anello stesso che avvolgevano la pietra sembravano d’oro. Qualcuno doveva averlo lasciato lì, ammesso che ci fosse un’altra uscita o che fosse venuto dal buco in cui era entrata lei, controllò così le pareti intorno alla roccia e notò che non c’era nessuna apertura, provò a vedere se c’era del vento o della luce ma niente di niente. Decise di non prenderlo, sicuramente qualcuno l’aveva lasciato lì apposta.
–Grazie tante voce misteriosa, ma non indosso anelli.- disse e fece per andarsene. Non appena si fu girata sentì qualcosa cadere a terra, ed ebbe paura fosse proprio l’anello.
-Davvero esilarante.- sospirò la ragazza, tornando indietro e rimettendo l’anello sulla roccia, se ne stava andando di nuovo quando la voce la chiamò di nuovo.
-Fanciulla di poca fede, voltati.- disse con un tono più alto. Athena si voltò velocemente pensando che forse stava diventando matta, ma che quella voce era così reale che era meglio dargli ascolto invece di fare di testa sua. Ritornando con lo sguardo sulla roccia vide l’anello alzarsi nell’aria ed avanzare verso di lei. Athena rimase impietrita e pensò che qualcuno le stava veramente facendo uno scherzo..o forse era tutto reale? L’anello le volteggiava davanti e finalmente la ragazza tese la mano, e questo le ricadde delicatamente su di essa. -Mettilo.- ordinò la voce.
Athena tremante di paura si mise l’anello al medio destro. Silenzio, non sentì nulla di nulla per parecchi secondi. Beh l’anello non la faceva volare, purtroppo, non accadeva proprio niente di niente.
-Molto carino, grazie voce.- disse Athena e si sbrigò a toglierlo.
-Funziona solo con l’indice.- le suggerì la voce. Oh già, che stupida, come faceva a non saperlo? E poi funzionava come? Cambiò dito velocemente, spostando l’anello sull’indice destro, in quel momento, in meno di un secondo in cui vide tutto sfocato intorno a lei, lo sfondo dietro al campo visivo della mano su cui aveva poggiato lo sguardo cambiò. Si guardò intorno e la caverna era sparita, intorno a lei si erigevano colonne ben definite e proprio dietro di lei un’immensa distesa di acqua le accarezzava i piedi che toccavano una spiaggia morbidissima. Athena sbattè le palpebre parecchie volte, ma sapeva che quello che vedeva era reale; i suoi piedi avvertivano la sabbia umida e i suoi capelli si muovevano sinuosi spinti dalla brezza. Si voltò verso il mare, era limpido e calmo, i gabbiani solcavano il cielo sopra la distesa azzurro chiaro, non riusciva a vedere nient’altro davanti a sé. Si voltò a sinistra dove vide che tra le colonne di marmo c’era una via che risaliva la spiaggia. Athena era incredula, in quel momento non sapeva cosa dovesse provare. Paura? Meraviglia? Senza dubbio il suo era un miscuglio molto intenso di queste due. -Benvenuta, Athena.- disse la voce profonda di poco prima dietro di lei. Athena sobbalzò e si girò alla svelta, davanti a lei c’era un uomo poco più alto di lei, con lunghi capelli biondi e occhi scuri.
Athena non contraccambiò il sorrise cordiale dello sconosciuto davanti a lei.
-Dove mi trovo?- chiese guardinga.
-Sei ad Atene.- rispose pacato l’uomo.

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Capitolo 2
*** La Driade Iris ***


-Guardati intorno, questa è stessa terra e la stessa acqua che hai toccato poco fa.- sorrise ed alzò il braccio mostrandole il mare.
-N-Non è possibile, prima ero in una caverna.- la voce si faceva sempre più acuta.
-Con quell’anello sei tornata indietro.- spiegò l’uomo senza cambiare espressione, tutto ciò che diceva aveva in Athena un effetto ammaliante, forse era il modo di porsi o di parlare, o sicuramente entrambe le cose. Quella voce, che doveva essere la stessa di quella udita nella caverna ebbe di nuovo su di lei un influsso calmante, così la ragazza si tranquillizzò senza una logica spiegazione.
-Seguimi.- disse proseguendo verso la riva. Athena non dovette fare un grande sforzo per raggiungere il suo fianco, si muoveva in maniera molto lenta.
-Riconosci questa riva?-
-Non può essere quella dove mi trovavo poco fa.-
-Perché mai?- sembrava stupido, e rise tra se e se per l’osservazione della ragazza.
-Ci sarebbero state le barche delle guide attraccate al molo, o un molo. Oppure delle persone sdraiate sulla spiaggia.- si convinse Athena.
-Beh fanciulla, hai ragione,- sorrise, - ma questo posto è entrambi*. E’ la stessa ma non è la stessa, riesci a capire?- disse aprendo i grandi occhi e scrutandola.
-No..- il suo discorso era molto confuso e lui continuava a ridacchiare tra se e se.
-Capirai piano piano, non serve sapere tutto adesso.- sospirò guardando il cielo.
-Ho molte domande.- ammise la ragazza. Come era arrivata lì? Ma soprattutto, l’indicazione Atene era molto vaga dato che in un secondo si era come teletrasportata da un’altra parte, dove si trovava precisamente? I suoi genitori? Doveva aver paura? Dopo tutto era con un sconosciuto che le dava delle massime incomprensibili.
-Lo so, ma dovrai avere pazienza. Risponderò ad una domanda a tua scelta, solo una.- la ammonì serio.
Athena non aveva il coraggio di disubbidire, perciò scelse con cura la domanda che voleva porgli.
-Come sono arrivata qui?- chiese dopo pochi secondi di riflessione. Sperava che con quella domanda avrebbe ottenuto anche la risposta inversa, ovvero come andarsene.
L’uomo passeggiava con le mani dietro la schiena, ogni tanto guardava il mare, e dopo uno o due minuti le rispose pacato: -L’anello che hai trovato sulla roccia, messo all’indice e girato verso sinistra ti può trasportare qui. Tutto ciò che vedi è reale, è solo più vecchio di te. Di molti anni per dir di più.- rise ancora.
Aveva appena ammesso che era presente quando aveva trovato l’anello sulla roccia, perciò la voce doveva appartenere a lui. Di sicuro senza eco e dal vivo era molto diversa.
-Ma io non ho girato l’anello verso sinistra.- pensò ad alta voce la ragazza.
-L’hai fatto inconsapevolmente.- si fermò di colpo. -Bene, basta parlare adesso. Ne hai già abbastanza di questo posto?- chiese.
-Ho visto solo la spiaggia.Voglio solo essere sicura di poter tornare indietro quando voglio.- disse la ragazza, per adesso questo era una delle cose che le premeva di più sapere.
-Basta girare di nuovo verso sinistra l’anello. E’ semplice.- le rispose. La ragazza non si azzardò a dire niente, era come se lui le avesse risposto un’altra volta e aveva paura che potesse arrabbiarsi.
-Ora va, torna a casa. Appena sarai pronta potrai tornare quando desideri, ma ricorda che sei qui per uno scopo,- disse serio, -l’anello ti riporterà nel luogo dov’eri prima, ricordatelo bene.- finì di dire. La scrutò con i grandi occhi ancora una volta, la ragazza abbassò i suoi verso l’anello, doveva incamerare tutto ciò che le era appena stato detto, tutto ciò che stava vivendo. Quando li sollevò l’uomo era sparito, ma una strana sensazione le diceva che era ancora lì a sorvegliarla da lontano, perciò fece quello che le era stato detto, giro l’anello a sinistra e per una seconda volta vide tutto sfocato e si ritrovò nella caverna.
Si guardò intorno e fece un grande respiro, il cuore le batteva a mille ed era sollevata di essere lì.
Ancora sotto shock, decise di non fare storie e tornò indietro dai suoi genitori , poi si ricordò che tra il tempo che era stata dentro la grotta e il tempo in cui aveva “chiacchierato” con lo sconosciuto a…ad Atene, dovevano essere trascorsi ben più di quindici minuti, così corse verso la conca d’acqua dove prima si era immersa, si assicurò bene l’anello al dito e si tuffò nell’acqua.
Non appena fu riemersa a galla si era quasi strozzata con tutta l’acqua che aveva bevuto. Era ancora in ansia per quanto successo e temeva che i suoi genitori se ne fossero andati senza di lei, ma appena aprì gli occhi vide chiaro e tondo le barche davanti a lei, i suoi genitori che si stavano ancora facendo il bagno.
-Tesoro, l’acqua è splendida, non trovi?- rideva la madre di Athena. Così in quella frazione di secondo la ragazza si accorse che tutto intorno a lei era esattamente come prima, ed intendeva esattamente come prima. Il tempo si era fermato, niente si era mosso da quando lei era sparita sott’acqua.
-Tesoro? Tesoro stai bene?- le si avvicinò la madre preoccupata. Athena non connesse per alcuni secondi. Era tutto assurdo. Diede uno sguardo fugace alla mano: l’anello c’era ancora, e rifletteva la luce che emanava l’acqua. Fece un bel respiro con gli occhi chiusi e poi li riaprì, sorrise alla madre e risalì sulla barca.


Passò un giorno da quando usò l’anello l’ultima volta, aveva paura ad usarlo di nuovo, ma in quel momento era molto annoiata. Era nella stanza dell’hotel da sola, sua madre si era preoccupata e pensava che avesse avuto un calo di pressione dentro la grotta, perciò quel giorno ch faceva particolarmente caldo non le diede il permesso di uscire, però in quel momento era sera e i suoi erano andati a casa della zia di Athena, che non era in buoni rapporti con la madre. Lei viveva ad Atene, ma i suoi non ci andavano molto d’accordo, così avevano preferito affittare un hotel piuttosto che venir ospitati da lei.
Athena aveva già letto il suo libro, aveva finito di fare qualche esercizio dei compiti delle vacanze ed aveva setacciato tutti i canali della tv, ma niente. Una noia assoluta. Non ne poteva più, e l’idea dell’anello le balenava in mente da quella mattina, ma non voleva ammetterlo, la verità è che pensava sul serio di essersi immaginata tutto  e che la madre avesse ragione sul calo di pressione. Si sedette sul letto, di nuovo, e nel completo silenzio cominciò a toccare l’anello.
-Al diavolo, tanto non funziona.- si disse girando l’anello verso sinistra. Invece si sbagliava, si ritrovò sdraiata sulla spiaggia dove era stata l’altro giorno. Si guardò intorno e, segretamente felice, le cominciò a martellare il cuore nel petto.
-Diamine! No! No, no, no!- cominciò a salterellare. –Non  è reale, non può essere reale!- continuava a gridare con le lacrime agli occhi per la felicità. –E’ solo un sogno, stupida, purtroppo tutto questo non è reale!- urlava. –Svegliati!- si ordinava dandosi pizzicotti ovunque.
-Ehi, ehi! Cos’è tutto questo chiasso? Farai volare via tutta la fauna del luogo.- disse una voce che proveniva da dietro di lei. Si voltò velocemente, incredula per ciò che stava vedendo: una bambina che le arrivava appena al fianco con una tunica e le mani conserte che la guardava fisso e sbuffava.
-Che..chi sei tu?- chiese palesemente imbarazzata Athena.
-Sono Iris, sono stata mandata qui da Zeus in persona.- disse scostante. Zeus? Perché? Quel Zeus?
-Quanti anni hai?- chiese sconcertata Athena.
-Non penso sia la cosa più importante, o sbaglio?- le fece un sorrisetto. –Ti ho appena nominato Zeus, sveglia.- continuava. I suoi occhi celesti si alzarono verso l’alto come per dire “questa è un’incapace”.
-Nove, comunque. Ma cresco in fretta, seguimi.- diceva velocemente. Risalì la via sulla spiaggia che Athena aveva notato l’altra volta, e per essere piccola correva un gran chè.
-Perché ti ha mandato Zeus?- chiese ansante la ragazza, che cercava di starle dietro.
Questa notò che la ragazzina camminava sui fasci erbosi e sulla terra sparsi qua e la piuttosto che sulla sabbia, e notò anche di come questo le dava più velocità, poi osservando meglio vide che quando metteva i suoi piedi sull’erba questi sembravano quasi amalgamarsi con essa.
-Oh!- esclamò sia meravigliata sia spaventata Athena. –I tuoi piedi! Diventano verdi e marroni e sembrano attaccarsi al terreno quando cammini!-
-Sono una driade, che ti aspettavi?- le rispose lei.
-Una che?-
-Una driade…oh, dimenticavo che tu sei nuova. Sono una ninfa degli alberi.- le spiegò la ragazzina. Athena non poteva crederci e continuò a sgranare gli occhi, ammutolita. Seguì la ragazza fino al boschetto sopra la spiaggia. –Guarda.- disse la ragazzina sorridendo. Era in piedi in mezzo alla radura e agli alberi, e in pochi secondi le sue gambe diventarono tronchi dai piedi fino alle ginocchia, e i suoi lunghi capelli biondi diventarono rami corti, con fiori rosati qua e la. –Adorabile, vero?- rise compiaciuta. Athena non riusciva a credere ai suoi occhi. –E’ magnifico!- concordò la ragazza estasiata. Un po’ assurdo, ma magnifico.
-Ma.. ma io cosa c’entro con tutto questo?- chiese dubbiosa Athena.
-Tu devi aiutarci, devi aiutare tutti noi.- disse la bambina con un sorriso pacato.
-A fare cosa?- Cosa poteva mai fare per lei? Per loro? Era nell’antica Grecia, le sembrava chiaro, erano tutti dei, semidei..ninfe! Lei non era niente.
-Devi aiutare i personaggi dei miti a compiere la loro storia.- rispose sorridente.


 

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Capitolo 3
*** Il Mito di Dafne - Parte 1 ***


-Io? Ma perché io?- chiese confusa.
-Perché no.- fu la sua risposta. – Cominci a diventare noiosa con tutte queste domande, avanti devo farti conoscere Atene.- disse trasformandosi di nuovo in bambina, poi le strizzò l’occhio.
-Conosco già Atene, l’ho visitata.- disse Athena.
-Io voglio fartela conoscere, non visitare.- le sorrise.
Camminarono per il boschetto per un po’, c’erano molte radure e laghetti e anche molte altre driadi.
-Quelle cosa sono?- chiese Athena indicando un gruppo di giovani ragazze senza veli che erano intente a tuffarsi e ridere su un fiumiciattolo.
-Sono Naiadi, ninfe delle sorgenti. Andiamo.- disse e si diresse verso di loro. Queste avevano capelli di diversi colori, alcune turchesi, altre verde scuro, ed i loro occhi erano fluidi come l’acqua, non avevano iride ma solo la pupilla nera, inoltre il loro corpo era quasi trasparente ed erano quasi del tutto nude.
-Cas!- rideva soave la naiade seduta su una roccia sotto alla cascata, -E’ un satiro, non puoi dire sul serio!- continuava a ridere dolcemente insieme alle altre.
-Dolci Naiadi,- le interruppe Iris, loro si ammutolirono d’improvviso tutte insieme, girarono lo sguardo severo verso la bambina e poi lo acquietarono.
-Piccola Driade!- sembrava sorpresa la ragazza della roccia. –Cosa ti porta qui da noi?- chiese gentile continuando a lisciarsi i capelli.
-Sono giunta per farvi conoscere l’umana.- rispose Iris. –Queste sono Melissa, Cassidy, Tea e Lara.- le presentò Iris.
-Molto piacere.- disse Athena, indecisa se inchinarsi o meno, le ninfe erano comunque divinità nell’antica grecia, o no?
-Un’umana!- esclamò la ragazza dai capelli rossi che doveva essere Lara. –Per Zeus! Che bellezza!- urlò entusiasta e si materializzò sulla sponda del fiume vicino a lei.
-Sei vera? – chiese Lara toccandole con il dito il piede. Athena provò un senso di solletico e bagnato, era come se si fosse immersa il piede nell’acqua.  -Non ho mai visto un’umana da vicino!- continuava.
-Per tutti gli dei, Lara calmati,- alzò gli occhi al cielo Melissa, la ragazza sulla roccia con i capelli celesti.
-Che delizia!- dicevano all’orecchio le altre due, abbastanza forte che anche Athena potesse sentire.
-Che bella sorpresa che ci hai fatto, amica driade.- Melissa parlava a nome di tutte, e loro nel frattempo annuivano.
 –Noi siamo le naiadi, figlie del dio fluviale Peneo.- si presentò  solennemente. -Sei una bellezza per gli occhi, umana,- le sorrise Melissa, -ma dicci, cosa ti porta qui?- chiese inclinando la testa, col fare molto teatrale.
-Lei è qui per fermare la maledizione di Ade!- spiegò Iris. La cosa? Pensò Athena.
-Oh!- mormorii di sorpresa si diffusero tra le naiadi.
-Aspetta io..- provò a dire Athena.
–Ti aspettavamo da tanto!- la interruppe Cassidy.
-Sei la nostra salvatrice! Sembrano essere tutti confusi da quando il signore dell’oltretomba ha lanciato quel sortilegio!- annuì Tea, nel frattempo Lara continuava a bagnarle i piedi.
Athena voleva dire che si erano sbagliate, che lei non sapeva proprio niente, ma loro erano così meravigliate e gentili con lei, che si ammutolì.
-Questa è un’offerta da parte delle driadi e dell’umana, addio dolci naiadi.- disse Iris donandogli quello che sembrava miele e un cesto di frutta.
-Che gesto generoso!- osservarono Cassidy e Tea.
-Addio.- salutò Athena voltandosi.
-Aspetta!- si sentirono chiamare Iris ed Athena. La ragazza si voltò ed un’enorme figura alta, slanciata che si erigeva sulla superficie dell’acqua era davanti a lei, con le gambe nude che si univano in un tutt’uno con l’acqua del fiume.
-Non mi hai detto il tuo nome.-  obiettò Melissa. –Come potremo renderti omaggio senza sapere nemmeno chi sei?- si spiegò.
-Mi chiamo Athena.- le rispose. Melissa non disse niente, le altre sussurrarono delle cose all’orecchio.
-Piacere di averti conosciuta, Athena. Promettimi che aiuterai noi Naiadi.- le chiese con uno sguardo dispiaciuto.
-In cosa posso esservi d’aiuto?- chiese la ragazza misurando le parole e cercando di parlare in modo più solenne possibile.
-Nostra sorella Dafne, è stata colpita da una freccia di ferro. Nemmeno l’acqua delle nostre sorgenti è stata capace di alleviare le sue sofferenze.- disse con gli occhi tristi.
-E’ sicuramente opera di un dio.- riflettè ad alta voce Athena. Dafne.. Dafne.. sapeva di conoscerla, aveva letto qualcosa su di lei. Ma certo! Il mito di Dafne! Athena guardò nervosa Iris, in attesa di qualche sguardo d’intesa, ma lei sembrava pensierosa e confusa quanto le altre. Non ricordava affatto che quel mito sarebbe andato a buon fine. Non disse niente alle naiadi, e nemmeno ad Iris, loro non sapevano nulla.
-Posso vederla?- chiese Athena. Le Naiadi acconsentirono e portarono Athena dietro la cascata del fiume dove c’era una specie di caverna fatta di pietra, lì una giovane ragazza piangeva distesa sul terreno, dal suo volto scorreva una vera e propria scia d’acqua.
-Piange così da giorni.- affermò Lara.
-Poverina.- annuì Tea. Athena si avvicinò lentamente, e scorse la freccia grigia sul costato della ragazza.
-Sorella, forse abbiamo trovato chi potrà aiutarti.- si accostò a lei Melissa, accarezzandole i capelli.
-Oh sorelle! I miei capelli si stanno asciugando e stanno divenendo secchi!I miei occhi non smettono di versare tutta l’acqua rimanente in corpo, sto morendo.- singhiozzava.
-Gea e Peneo non permetteranno un simile sacrilegio!- la convinse Melissa.
-Chi è costei? E come può aiutarmi?- chiese continuando a piangere.
-Lei è l’umana.- le disse Cassidy. Athena si avvicinò cautamente, con Iris al suo fianco che la incitava e le dava sicurezza. –Ehm, naiade Dafne,- provò a dire Athena, -tenterò di estrarre la freccia. Proverai dolore, ma resisti.- le disse. Dafne dapprima diffidava da lei, ma poi acconsentì al suo aiuto.
-Duole molto?- chiedeva Dafne, mentre Athena afferrò la freccia con la mano destra. Fece un respiro profondo, non voleva farlo, ma non aveva scelta. Tirò con tutte le sue forze e la freccia venne via. Dafne urlò dal dolore, ma il suo costato, che prima era pelle secca, divenne di nuovo bagnato e giovane, i suoi capelli tornarono color biondo.
-Oh! Grazie umana! Non posso crederci!- si alzò dalla gioia Dafne. –Sto bene sorelle!- le sorelle l’abbracciarono e quasi non si formò un’altra cascata all’interno della caverna.
-Come posso ringraziarti?- chiese Dafne sorridente.
-Non devi!- sorrise Athena, che era quasi più felice di Dafne per aver affrontato quella situazione e per aver aiutato una ninfa! Forse non doveva per forza compiersi il mito.
-Ho un’idea sorelle! Invitiamola al rito di questa notte! Danzerai e canterai con noi, vedrai che delizie che ti faremo assaggiare!- saltò e schizzò acqua da tutte le parti.
-Volentieri!- acconsentì Athena contenta.
Athena ed Iris lasciarono la fonte più felici che mai, Iris era contenta che le relazioni tra le naiadi e le driadi dopo ciò sarebbero state ancora più salde ed amichevoli ed Athena aveva compiuto il suo compito.
Athena decise che dopo ciò, esausta per quell’avventura era ora di tornare a casa, accompagnò Iris nel boschetto insieme alle altre driadi, e proprio nel momento in cui stava per girare l’anello una voce la bloccò.
-Athena.- la chiamava. Si girò ed un’enorme nuvola densa, proveniente dalla pietra violacea del suo anello, si muoveva davanti a lei.
-Ma cos…- si chiese Athena. Una scia partiva dal suo indice destro e si ingrandiva in alto, sospesa a pochi centimetri da lei.
-Cosa sei?- chiese Athena.
-Io sono il Fato. Io regno su tutto il mondo, persino su tutti gli dei, nessuno mi è superiore. Io so tutto: passato, presente e futuro. – si presentò.
Buono a sapersi, pensò Athena. Che presentazione d’effetto.
-Piacere..?- disse timidamente Athena.
-Non puoi rivelare la fine dei miti, non puoi parlarne con nessuno in questo mondo. Loro non sanno come andrà a finire e non è compito tuo rivelarglielo.- disse severo.
-Non è quello che intendevo fare.- protestò.
-Eri indecisa, io lo so.- le rispose. In effetti era vero, ma non l’aveva fatto. –Le cose devono andare per la loro strada, tu devi solo aiutarli nei modi in cui ti è possibile fare, non potresti cambiare la loro storia in ogni caso, ma solo aiutarli a compierla.- finì di parlare e la nuvola viola di dissolse, rientrando nell’anello.
Athena, un po’ scioccata decise che ne aveva abbastanza per quel giorno, così senza darsi tante spiegazioni, girò l’anello a sinistra e riapparve sul letto dell’hotel.



 

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Capitolo 4
*** Il Mito di Dafne - Parte 2 ***


Da poco Athena aveva capito di potersi materializzare quando ed ovunque lei volesse, così invece di apparire sulla spiaggia, quella volta apparve davanti al boschetto di Iris. Voleva a tutti i costi andare al rito delle naiadi, inoltre non sarebbe stato gentile non presentarsi. Aspettò Iris, e dopo poco tornarono insieme alla sorgente. –Cos’è la storia della maledizione di Ade?- chiese Athena, che se lo chiedeva da molto.
-Mah, niente di che,- alzò le spalle la bambina, -il dio dell’oltretomba ha scatenato una maledizione, adesso nell’Olimpo si è creata una confusione cosmica e tutti si odiano, invece di vivere in pace e governare il mondo come facevano prima.-
Roba da poco. –Oh.- riuscì a dire Athena, attonita.
-E come ci è riuscito? Voglio dire, Zeus non può permettere una cosa simile, non è il più potente di tutti?- rise sarcasticamente Athena, facendo la voce grossa.
 Iris si fermò e la guardò severamente, -Taci! Zeus sa, e vede tutto e tutti. Potresti venire punita per le tue parole!- la sgridò. Sul fatto che Zeus sapesse tutto, Athena aveva qualche dubbio.
-Ed io sono solo una driade, mi è concesso sapere poco, di quello che succede sull’Olimpo nessuno qui sa qualcosa con certezza.- sussurrò. Nel frattempo erano giunte alla fonte, la radura era illuminata naturalmente dalla luce della luna, inoltre qualche lucciola volteggiava qua e la, rendendo l’atmosfera magica. Athena poteva udire il suono delle voci delle naiadi, che cantavano dolcemente e tanto bene, che la loro sembrava un’unica voce.
-Sorelle, abbiamo ospiti!- sorrise Melissa, dando il benvenuto alle due. Questa non indossava veli, cosa che mise Athena a disagio, ma vide che per loro era normale, anche le altre erano completamente nude.
-Tieni, Athena, e bevi!- disse porgendole quella che le ricordava vagamente una conchiglia. La ragazza guardò all’interno del recipiente, ma l’odore le bastò per capire cosa fosse: vino.
Le altre naiadi si avvicinarono per salutarla e parlare con lei, volevano quasi tutte ringraziarla per Dafne, quest’ultima era in splendida forma, ballava come non mai e cantava a perdi fiato.
-Oh, la mia salvatrice!- le disse con una voce entusiasta, la prese per mano e la tirò verso la cascata.
Athena non potè non bagnarsi tutta, l’acqua tutta via non era fredda, e si scaldò con l’atmosfera di festa, e soprattutto con il vino.
-Non potrò mai renderti il favore che mi hai fatto, tu mi hai dato salva la vita, dolce umana! Ma voglio presentarti una fanciulla che si è unita a noi proprio quest’oggi.- disse e la chiamò a sé, Athena non riuscì a cogliere il suo nome, ma non appena arrivò davanti a lei sentì che c’era qualcosa che non andava. Questa “fanciulla” le sembrava alquanto strana..
-Athena, togliti le vesti, sei una di noi questa sera, devi danzare!- Lara interruppe il filo dei suoi pensieri, che era abbastanza disordinato e flebile.
-Di solito indossate veli, o sbaglio?- azzardò Iris. Le naiadi, offese,  non diedero peso alle sue parole e non le risposero, tutte a parte Tea che si era avvicinata ad Iris, -Ce l’ha suggerito un uccellino.- spiegò strizzandole l’occhio. Athena non voleva togliersi un bel niente, ma dagli occhi minacciosi di Iris capì che non aveva altra scelta, doveva sia bere il vino e mangiare il capretto appena ucciso senza pietà davanti a lei, sia togliersi le vesti. La luce lunare faceva risaltare i seni maturi delle cinque fanciulle davanti a lei, che ballavano senza freni, ridevano, mangiavano e bevevano, Athena provò ad imitarle ma non ci riuscì per molto.
-Ehi, fanciulla, togliti i veli!- urlò Cassidy all’ospite che era stata presentata prima alla ragazza.
Questa, visibilmente a disagio, rispose di no e tornò sulla riva. Le Naiadi s’infuriarono ed imposero le loro regole alla nuova arrivata, questa continuava a dire di no, a sfuggire alle loro mani.
Melissa cominciò a bollire, nel vero senso della parola. L’acqua di cui il suo corpo era fatto cominciò a divenire rovente, tanto che sbuffi si levarono dalla sua pelle calda.
 –Ti abbiamo invitato al nostro rito, ingrata! Devi mostrarci rispetto!- esplose con furia, - Se non ti spoglierai, ti malediremo e ti infliggeremo una grave malattia!-
Athena si spaventò da quest’ira, tutto perché questa poveretta non voleva spogliarsi?
Questa piangeva, e cominciò a togliersi le vesti di dosso il più lentamente possibile.
-Io l’ho fatto per te, Dafne!- diceva alla ninfa, che nemmeno le dava ascolto. Dopo molte sollecitazioni, si tolse finalmente il vestito, che scoprì un petto senza seno.
-Non ha il seno!-esclamò orripilata Lara, -Povera fanciulla, ecco perché non voleva mostrarsi!- la compatì.
-Togli il resto.- lo ammonì severa Melissa. La fanciulla si tolse l’ultimo capo e tutte ebbero un sussulto.
-Oh!- un grido unanime si diffuse per la radura. Athena si voltò velocemente, imbarazzata da capo a piedi.
-E’ la cosa più brutta che io abbia mai visto!- osservò Iris disgustata, Athena accorse a coprirle subito gli occhi.
-Cara, lo dici adesso.- le rispose Cassidy, che aveva l’aria di saperla lunga.
-Cas! Ma che dici!- la sgridò Tea.
-Tu!- tuonò Melissa. –Ci hai mentito! Sei un uomo!- esclamò con tutto il disgusto possibile.
Le altre, che sembravano essersi rese conto della situazione, erano arrabbiate quanto Melissa.
-Traditore!- l’accompagnò Cassidy.
Iris, che sembrava spaventata, si avvicinò all’orecchio di Athena, -Gli uomini non sono assolutamente ammessi ai nostri riti.- sussurrò.
-Aspettate!- parlò l’uomo, -Il mio nome è Leucippo, e tutto ciò che ho fatto è dovuto a Dafne, io la amo, e questo era l’unico modo per starle vicino..- si spiegò.
-Non provo interesse per un uomo che per conquistarmi deve mentirmi!- urlò Dafne.
-Adesso la pagherai molto cara.- lo ammonirono.
Iris prese per mano Athena, - non sarà un bello spettacolo, andiamo.- Athena non parlò e seguì Iris senza fiatare. Sentì l’uomo urlare.
-Cosa gli stanno facendo?- chiese Athena. –Lo stanno uccidendo.- rispose calma, continuando a camminare.
-Cosa? Dobbiamo impedirlo!- si fermò la ragazza, ma Iris non le volle dare ascolto. Athena, decisa ad impedire quell’orrore, corse verso la sorgente.
-Athena, ti uccideranno!- le urlò Iris, nel tentativo di fermarla. Ma ad Athena non importava.
Corse più veloce che poteva, era senza fiato, ma quando arrivò alla fonte era troppo tardi. Le Naiadi sciacquavano il loro corpo sporco di sangue, una scia rossa scorreva sul fiume. Athena cadde in ginocchio. Non era possibile che avessero commesso un assassinio per così poco, non poteva essere, era così sconvolta che non riusciva nemmeno a parlare, ma quando Melissa e le altre ricominciarono a cantare sentiva che doveva dire qualcosa.
-Naiadi!- le chiamò e tutte si girarono smettendo di cantare. –Avete commesso un terribile errore, avete tolto la vita di un umano, ed adesso cantate come se niente fosse? Quell’uomo ha agito per amore, è forse un crimine tale da esser punito con la morte?- chiese loro. Nessuna fiatò eccetto Melissa che le rispose poco dopo. – La tua razza crede che non ci sia una conseguenza alle proprie azioni. La curiosità viene punita, come ogni eccesso, e lui sapeva bene il rischio che stava correndo.- rispose pacata.
-Non meritava la morte! Pensate anche alle vostre azioni..- ribattè Athena, quando venne interrotta da un urlo.
Tutte si voltarono, era una voce femminile. –Dov’è Dafne?- si allarmò Cassidy. Le altre ninfe si allarmarono e provarono a cercarla, si chiesero se fosse lei che stava urlando, poi si sentì un altro grido, più vicino.
-Dafne!- urlarono in coro le ninfe. –Dafne!-
Athena corse in direzione della voce che aveva sentito, accompagnata dalle Naiadi. Queste fuori dall’acqua avevano un aspetto umano, erano solamente più asciutte, il loro corpo non brillava d’acqua come nella sorgente. – Più tempo è fuori dall’acqua e prima morirà!- ricordò Tea alle altre. Si cominciò una ricerca frenetica quando, a diversi metri di distanza, Athena vide Dafne scappare da un uomo. Questo era molto alto e bello, ma soprattutto intorno a lui c’era una certa aura luminosa che lo faceva risplendere di luce propria. –Non scappare!- disse l’uomo rincorrendola. –Non voglio farti del male!-
-Ho già respinto la tua richiesta, non cambierò idea!- urlò Dafne, nascondendosi tra gli alberi.
-Io sono Apollo, dio del sole e dell’arte. Perché non vuoi sentir ragione? Perché respingi un dio?- esclamò stupito.
Athena stava per intervenire quando l’anello le strinse il dito, ricordandole che lei non doveva fare niente.
-Non ti voglio!- gli rispose. Più chiara di così non poteva essere.
-Dammi l’occasione di spiegarti..- la pregò Apollo, che cercava di aggirare gli alberi dove lei si nascondeva.
-Oh padre!- chiamò Dafne con gli occhi verso il cielo. –Ti prego vienimi in aiuto, ti supplico!- pregava la ninfa disperata. Apollo stava quasi per raggiungerla quando questa tutto d’un tratto, proprio in mezzo agli altri alberi, cominciò a trasformarsi in uno di essi. I suoi piedi scesero verso il basso, mettendo radici salde, il suo corpo si tramutò in tronco e divenne di colore marrone, le sue dita si allungarono e si diramarono, i suoi capelli divennero una chioma verde, e questa si tramutò in un alloro.
 Apollo l’aveva appena raggiunta, accarezzò le foglie, sconfitto. -Diventerai il mio simbolo.- le sussurrò.

 

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Capitolo 5
*** Il Mito di Persefone - Parte 1 ***


Athena rimase molto colpita da quegli avvenimenti, cercò di stare il più possibile alla larga dalle Naiadi, ed inoltre pensò più volte ad Apollo. Il modo in cui il suo corpo era circondato dalla luce, il modo in cui rincorreva Dafne senza sosta, come se fosse il suo unico obiettivo nella vita. Cupido aveva trafitto entrambi, sia Dafne facendola disinteressare a qualsiasi avance del dio, sia lui, facendolo innamorare perdutamente.
Era difficile per lei conciliare il tutto, aveva il doppio dei pensieri ed inoltre molte volte doveva mentire ai genitori. Quel giorno stavano visitando un paesino vicino ad Atene, c’erano molte bancarelle ed i suoi impazzivano per queste cose, lei invece era abbastanza annoiata da tutto quel fracasso, e disse ai genitori che si sarebbe fatta un giro da sola, invece Athena si mise dietro un angolo, tra le vie e girò l’anello.
Apparve sulla spiaggia, in quel momento non voleva essere da nessun’altra parte. La morte di quell’uomo, di Leucippo l’aveva sconvolta, anche se non avrebbe dovuto. Guardò le onde per molto tempo e si tranquillizzò un po’, ma dato che non aveva visto nient’altro di quello splendido posto, decise di passeggiare verso il bosco, o meglio, girarci intorno per non capire per sbaglio nelle fonti e nei fiumiciattoli dove avrebbe potuto incontrare le Naiadi. Decise perciò, davanti al bivio, di prendere la strada di destra che portava verso il basso, nella direzione opposta a quella del bosco.  Passeggiò per molto tempo, pensando e ripensando anche ad Iris, che era una sorta di guida per lei, guardò con molto stupore che a meno di un chilometro dal bosco il paesaggio intorno a lei si faceva freddo ed arido, il terreno non era florido come si era aspettata nonostante fosse piena estate. Vide un uomo in lontananza che lavorava la terra, decise di andargli incontro e chiedergli il perché di quella stranezza.
Appena lei si fu avvicinata a lui, questo sobbalzò appena e indietreggiò : -Oh bella fanciulla, assomigli ad una dea, ma la tua natura è tale?- chiese mentre le dita gli tremavano visibilmente, questo aveva il torso nudo e la parte inferiore del corpo avvolta da dei pantaloni vecchi e sporchi.
– Calmatevi buon uomo, sono di natura mortale.- sorrise Athena poggiandogli la mano sul braccio per rassicurarlo. Questo tirò un sospiro di sollievo e riprese a zappare.
-Perdonatemi, ma come mai il terreno è arido anche se siamo nella stagione estiva?- chiese gentilmente la ragazza. L’uomo la guardò stranito, non aveva evidentemente capito qualche termine. 
–Per Zeus, qui va tutto alla malora!- esclamò il vecchio, mostrando i denti che gli mancavano.
 –I raccolti sono più aspri, l’inverno duraturo! Dove andremo a finire!- imprecava. Athena era assai confusa, il clima che aveva incontrato prima era molto diverso, non le sembrava che nella radura fosse così rigido, né alla spiaggia. –Gli dei immortali vittime di un rapimento!- sussurrò il vecchio con fare cospiratore. Athena lo guardò sorpresa: un rapimento?
–Non ci è concesso sapere nulla, ma dicono che qualche donna, una dea dell’olimpo sia stata rapita da Ade!- Athena rimase basita da quella notizia, l’uomo le stava palesemente dicendo che l’inverno era durato così a lungo per quel motivo? La ragazza lo ringraziò e se ne andò, decisa a parlare con Iris, e sentiva in lontananza il vecchio che borbottava “santi numi che disastro”.

Iris era appesa con la testa all’in giù su un albero, intenta a dondolarsi avanti e dietro ridendo e scherzando con le sue amiche. –Iris, posso parlarti?- le chiese. –Certamente.- rispose rimettendosi seduta sull’albero.
-Da sole.- precisò la ragazza, dato che le altre driadi non si muovevano da lì.
-Che modi!- esclamarono le ragazze intorno a lei mentre si dileguavano scuotendo le belle chiome.
La driade sorrise e addentò una mela, -sono tutta orecchi.- rise.
-Ma che succede? Ho incontrato un vecchio che coltivava la terra e mi ha detto che c’è un inverno perenne che impedisce loro i raccolti!- spiegò.
Iris sputò la mela ch stava masticando, -sei andata dagli umani senza di me!- cominciò a piagnucolare. –Uffa! Proprio quando avevo il permesso ed una scusa per andarci, ti sei divertita senza di me!-
-Iris, non mi sono divertita, le persone muoiono di fame.- la sgridò.
Lei si asciugò le finte lacrime e cominciò ad annuire. –L’unico modo per saperne di più è andare al tempio della saggia Atena, lei potrà dirci più e consigliarci.
-Dov’è questo tempio?- chiese la ragazza, intenta ad andarci quel momento stesso.
-Tra gli umani.- sospirò Iris con aria sognante, appoggiando la guancia sulla mano.
-Beh? Non c’è tempo da perdere! Su, coraggio!- disse riprendendosi in meno di un secondo, Athena se la ritrovò dietro, le aveva afferrato il braccio e la trascinava in basso.
-Vacci piano.- brontolò la ragazza.
-Cos’è vacci piano?- chiese Iris, mentre riprendeva totalmente le sue fattezze quasi umane  e si copriva con una veste.
-Oh..ehm, niente, un modo di dire.- spiegò ridendo Athena mentre si incamminavano verso il tempio.
-Che strano.- sorrise anche lei. Il viaggio durò abbastanza, ma le chiacchiere bastarono a renderlo piacevole, non avevano fatto la strada che aveva fatto Athena prima, a quanto aveva scoperto, bastava scendere anche dal bosco, la pianura dov’erano situate le driadi e le naiadi era più in alto, lontano dagli uomini.
-Adesso ci dobbiamo nascondere.- disse con fare nostalgico. –Prima non era così, prima potevamo muoverci tranquillamente,-sospirò,- gli dei ovviamente no, loro non si fanno quasi mai vedere, ma noi potevamo, noi eravamo amici degli umani, e li proteggevamo in cambio di doni.-
Athena non volle mettere il dito nella piaga, quindi continuarono a camminare senza che lei chiedesse nient’altro.
Arrivarono nella città di Atene, ma non ci fu il tempo per restare a visitarla, Iris le fece fare una strada nascosta e poco trafficata perché temeva di essere riconosciuta. L’unica cosa a tradirla al momento erano le sue iridi, innaturalmente verdi e gialle insieme. Nonostante tutto, Athena anche a passo affrettato potè scorgere davanti a lei l’acropoli di Atene, altissima e tra le rocce, il che rendeva tutto più suggestivo. Il partenone governava tutta la polis, mentre il tempio di Atena Nike era posto nella zona Ovest. Un po’ meno suggestive erano le scale che dovevano fare per arrivare fin lassù.
-Quando servono gli ascensori non ci sono mai.- imprecò Athena.
-I cosa?- chiese Iris torcendo la testa di lato.
-Niente, niente.- scosse la testa la ragazza. Si rassegnò e cominciò quella lunga serie di scalini che sembrava non finire più, inoltre c’era molta gente che saliva e scendeva insieme a loro, che sembrava addirittura non notare nemmeno di fare le scale, tanta era la leggerezza che ci metteva.
-Siamo giunte, finalmente.- esclamò Iris, senza nemmeno far fermare la ragazza davanti al Partenone.
-La gente muore di fame, l’hai detto tu! Le visite di piacere le farai un altro giorno.-
Athena si rassegnò e si preparò ad entrare nel tempio di Atena Nike, che sorgeva proprio davanti allo strapiombo, questo aveva quattro colonne di ordine ionico davanti ed ai lati, ed inoltre nella pietra erano incisi dei bassorilievi con raffigurate delle battaglie. All’interno la statua dedicata alla dea era interamente di legno, e teneva quella che sembrava una melagrana in mano.
-E’ senz’ali.- sussurrò Iris, con lo sguardo serio, -Vuol dire che la dea non può più lasciare la polis.- le spiegò.
Athena si stupì di quante allegorie ci fossero dietro ad ogni cosa, comunque non si spiegava il perché della melagrana nella mano, ma tacque e s’inginocchiò come fece Iris.
-Oh saggia dea, siamo giunte dalla pianura delle divinità dei fiumi e dei boschi, per chiedere umilmente un saggio consiglio, mostrati se desideri aiutarci.- pronunciò queste parole con lo sguardo fisso verso il soffitto.
Athena aspettò interminabili secondi, e improvvisamente la statua di legno prese vita. Il colore scuro piano piano scomparve fino a diventare ceruleo, i capelli già castani presero delle sfumature più scure e la statua sbattè gli occhi e quando li riaprì questi divennero di un giallo intenso, con alcune scaglie nere all’interno. La statua brillava di luce propria, come Apollo era circondata da un’aurea dorata.
-Vi ascolto, giovane driade e giovane umana, parlate, e se potrò, vi aiuterò.- disse con voce melliflua.
-Grande Atena, i terreni muoiono, gli umani sono disperati, i raccolti non danno frutto e tutto diventa arido come in inverno.- spiegò Iris con un’espressione di dispiacere.
-Qual è la domanda driade?- chiese sprezzante Atena. La ragazza spalancò gli occhi in segno di stupore. La dea dell’intelligenza, Atena, non aveva forse capito la domanda? O non le importava niente? L’effetto che le sortì comunque non fu lo stesso di quello di Apollo, che a ben molti più metri di distanza la lasciò ammaliata ed al tempo stesso spaventata.
Iris boccheggiò appena, -Gli umani muoiono, e noi non sappiamo quali siano le cause di tutto ciò.- continuò.
-Io non ne so niente, e se sapessi qualcosa non è affar mio! Sono la dea dell’intelligenza, non mi occupo dei campi!- alzò la voce impertinente, e scomparve riducendo di nuovo la statua in un semplice tronco scolpito senza vita.



Nella via del ritorno, Athena non fece nessun commento ed Iris sembrava quasi sotto shock. Aveva gli occhi bassi e non aveva detto una parola per tutto il viaggio di ritorno, si vedeva lontano un miglio che era rimasta delusa dalla risposta di quella che doveva essere una delle dee che venerava di più.
-Ehm Iris, magari aveva esaurito le risposte per oggi.- la mise sul ridere la ragazza.
-Sai quanti sciocchi vanno a chiederle cose inutili,  lei deve sopportarli proprio tutti, forse oggi ne aveva abbastanza.- provò a dire. Ma la driade non rispondeva. Athena continuò a passeggiare con le mani dietro la nuca, erano quasi arrivate alla radura, quando videro poco più lontano al campo dove aveva incontrato il vecchio, la figura di una donna, accasciata sul terreno.  –Iris guarda!- la scosse tutta per ottenere la sua attenzione. Iris guardò con aria distratta la donna, e poi spalancò gli occhi, -Dobbiamo aiutarla! E’ Demetra!- le disse e fece per correre verso di lei.
Si avvicinarono cautamente alla donna, questa piangeva rumorosamente, l’aura d’oro intorno a lei emanava tristezza e scnforto da tutti i raggi. A poca distanza da lei, Athena venne invasa da un sentimento di abbandono e divenne così triste che le venne da piangere. –Dea Demetra, sono una giovane driade, confidati con me, perché piangi così?- chiese cautamente Iris. Si accasciò vicino alla dea ma non la toccò, a quanto pareva lei non provava l’emozione che invece aveva pienamente investito Athena.
Demetra, se Athena non ricordava male, la dea dei raccolti e dell’agricoltura, ma non sapeva niente di più su di lei.
-Mia figlia!- cominciò ad urlare e piangere insieme con una voce angosciante, tanto che ad Athena uscirono le lacrime senza che lei potesse controllarle. –Mia figlia Persefone è sparita!- piangeva. La ragazza provò una fitta al cuore e cominciò a singhiozzare. –E’ sparita!- continuava ad urlare. –L’ho cercata dovunque, non è da nessuna parte della terra. Lei non c’è più.-
 

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Capitolo 6
*** Verso l'Oltretomba ***


Athena dovette allontanarsi e riprendersi da quel dolore straziante, non appena si fu allontanata fino alla spiaggia la stretta al cuore diminuì e lei cominciò a calmarsi. La terra stava morendo perché Demetra, la dea dei raccolti e della fertilità aveva perso sua figlia. Fece dei respiri profondi, e quando riaprì gli occhi si trovò accanto l’uomo che la prima volta l’aveva accolta proprio lì.
-Salve.- la salutò. Athena balzò dall’altra parte.
-Oh. Mi hai spaventata.- disse. L’uomo rise.
-So cosa è accaduto, hai incontrato Demetra.- annuì tristemente. La ragazza non disse niente.
-E’ così da tempo, cerca la sua figliuola da settimane.- disse.
-E’ terribile.- convenì la ragazza, -Devo fare qualcosa, voglio aiutarla.- disse decisa.
-Oh oh, -rise profondamente l’uomo, -ma tu non puoi fare niente!-
-Beh, la terra sta morendo ed anche gli uomini di conseguenza, qualcuno dovrebbe cercare una soluzione.-
-Forse Zeus!- indovinò l’uomo.
-Già.- sbuffò la ragazza. Si mise a guardare le onde, e dopo alcuni minuti l’uomo la interruppe per l’ultima volta, -Ho una faccenda da risolvere, tieni d’occhio Iris.- la ammonì e scomparve. Athena, sconvolta com’era da quella sensazione di poco tempo prima, non si fece nessuna domanda, ma raggiunse alla svelta la driade.
-Dobbiamo aiutarla.- disse Iris leggendo le parole che aveva in mente la ragazza. Athena annuì, e sentì dentro di lei l’adrenalina che le saliva. Nessuno dovrebbe mai sentirsi così, lei l’aveva provato e non aveva nemmeno perso qualcuno sul serio, sapeva di dover far qualcosa ed era la cosa giusta.
-Io so dov’è.- disse con la determinazione negli occhi. Iris la guardò confusa e stupita allo stesso tempo.
-Com..- provò a dire, ma la ragazza la interruppe: -E’ nell’oltretomba.-
-Dimmi dove si trova, ci andrò da sola, non è il posto per una bambina.- disse.
-Senti un po’, prima di tutto sono una creatura mitologica, gli umani mi venerano come dea minore. Come seconda cosa, hai pochi anni più di me e io sono leggermente più preparata di te in.. diciamo tutto ciò che riguarda il mio mondo. Io vengo con te.- le rispose mentre i suoi capelli si trasformavano in rami alti per pavoneggiarsi. Athena schivò un ramoscello che le sfiorò il collo.
-Calmati.- riuscì a dirle. Effettivamente aveva ragione, dove poteva andare senza di lei? Era una bambina ma lei era un’umana, non poteva farcela da sola. –Certe volte sei irritante.- si arrese Athena.
-Io non mi prendo tutte queste libertà come fai tu.- ribattè di tutta risposta Iris.

Iris guidò Athena verso una delle entrate dell’oltretomba, che si trovava presso un lago.
-Come facciamo ad arrivarci?- chiese Athena sconfitta, a quanto diceva Iris era abbastanza lontano. In quel momento la driade le aveva portate sopra un alta pianura, dove si poteva vedere tutto il paesaggio.
-Possiamo camminare.. oppure..- Iris le fece l’occhiolino e fece un lungo fischio. Dopo alcuni momenti arrivò una leggera brezza che portava con sé un odore di vaniglia, e dal nulla si materializzò un cavallo azzurro.
-Ah!- urlò Athena spingendosi dietro le spalle della driade.
 –C-che diamine è.- tremava visibilmente.
-Sciocca, è un cavallo alato!- disse alzando in alto gli occhi, come se fosse scontato. Si avvicinò a lui, lasciando sola ed inerme la ragazza, gli accarezzò la cresta che sembrava piegarsi al suo tocco.
-Ma è sicuro?- Athena cercava di prendere tempo. Salire su un cavallo alato? Senza una cintura? Che si deformava al solo tocco? No grazie.
-Solido come una roccia! Sta a vedere.- disse e con un balzo saltò sopra al nulla. Infatti la brezza scomparve e Iris cadde letteralmente giù dalla collina, sotto la quale c’era uno strapiombo.
-Iris!- urlò Athena cercando di afferrarle la mano, quando vide che il cavallo era scomparso. Dopo alcuni secondi di sconcerto, vide il cavallo con Iris sopra che sbucavano dallo strapiombo.
-Scherzetto!- rise come una matta.
Athena aveva appena perso i suoi miseri quindici anni di vita. Tirò un sospiro di sollievo ed il suo cuore cominciò a battere di nuovo. –Stupida!- le gridò con tutta la voce.
-Dai, non ti agitare, salta su.- disse e le tese la mano. Athena mise le braccia conserte come una bambina, e dopo aver ripensato a Demetra decise di non pensarci e salire su quel cavallo.
-Si!- urlava di gioia Iris. Le sue braccia non erano minimamente attaccate a nulla, si teneva solo con le gambe. Litigarono per tutto il tragitto, Athena le diceva di reggersi e chiudeva contemporaneamente gli occhi. Ma verso la fine del viaggio, poco prima di planare sopra il lago, decise con un po’ di coraggio di aprirli. Questi le bruciavano per l’aria gelida che li investiva, ma l’orizzonte che si scagliava contro di lei era mozzafiato, le si fermò il cuore per la terza volta quel giorno. E provò un’emozione così intensa che si sentì grata e piena di orgoglio per aver affrontato quella paura e per non aver rinunciato: non avrebbe mai saputo cosa si sarebbe persa.
Atterrarono accanto all’acqua, il cavallo sfiorò con gli zoccoli la superficie e poi si posò delicatamente sul suolo arido. Iris lo congedò poco dopo avergli dato da mangiare ed averlo accarezzato un po’.
-Ora che si fa?- chiese Athena, non appena se ne fu andato il cavallo.
-Basta andare al centro del lago, e questo ti risucchia in una voragine.- le spiegò.
Prima di arrivare al lago c’era un pallido sole, nascosto tra i rami degli alberi, ma ora che erano davanti al lago la vegetazione che peggiorava ogni ora per il rapimento di Persefone, lì era ridotta al nulla. Sul lago aleggiava un’atmosfera cupa e macabra, tirava più vento di prima e non v’era un solo suono.
-Mette i brividi.- spezzò l’aria Athena. Adesso la voleva eccome la presenza di un cavallo alato, sapeva che le sarebbe tornato utile prima o poi.
-Andiamo.- disse Iris, che anche se si improvvisava eroina coraggiosa, cominciava a rallentare il passo e stare più vicino all’umana. –Ci siamo.- annuì seria. Fece ricrescere i rami al posto di ogni capello, e gli occhi brillavano intensamente di giallo. –Salta su, per gli umani questo è un comune lago, solo le creature divine possono accedervi camminandoci sopra. E’ un espediente che ha messo a punto Ade per tenere gli umani lontano dal regno dei morti.- Athena ascoltò in silenzio.
-Non reggerai mai il mio peso.-
-Posso farcela se per poco tempo.- rispose. Il lago era piuttosto piccolo ed insignificante, ma lei era comunque una bambina, decise di non controbattere per non farla arrabbiare di nuovo.
-Va bene.- disse e si aggrappò ai rami, che erano più o meno della sua altezza. Fece molta attenzione a non toccare l’acqua con i piedi, era una sensazione strana e non sapeva bene il perché.
-Che succede se tocco l’acqua?- chiese noncurante, scherzandoci macabramente sopra.
-Affoghi.- rispose tranquilla Iris. Athena spalancò gli occhi e si aggrappò più forte ai rami, ma le mani si facevano sudate.
 –Dannazione Iris, vuoi dirmelo prima?!- le tremava di nuovo la voce.
-Manca poco.- rispose con la voce spezzata dal pianto. Evidentemente stava facendo uno sforzo enorme. Finalmente arrivarono al centro esatto del lago, e dopo pochi secondi, un cerchio d’acqua si aprì intorno a loro, in basso Athena non riuscì a scorgere una luce, solo buio. E velocemente furono attirate nella voragine e sommerse dall’acqua del lago.

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Capitolo 7
*** Il Mito di Persefone - Parte 2 ***


Athena aprì gli occhi. Non era minimamente bagnata, ma una sensazione di panico la avvolgeva.
“Sono annegata?” si chiese. Tutto ciò che vedeva erano dei cunicoli bui e rocciosi, illuminati solamente dalla flebile luce di alcune candele che lievitavano. Si alzò da terra, e si guardò intorno.
-Iris?!- la sensazione di panico cresceva man mano che si voltava e non la vedeva da nessuna parte, e l’inquietante eco che produceva la sua voce non bastò a tranquillizzarla.
-Calma, sono qui.- disse sbucando da un cunicolo. Athena tirò un sospiro di sollievo.
-Che stavi facendo?- cercò di calmarsi.
-Cercavo Cerbero.- disse Iris volgendo lo sguardo al cunicolo alla sua destra.
-Chi?- il riflesso involtario di Athena che aveva prodotto spontaneamente quella domanda fu ben presto sorclassato dalla consapevolezza di essersi ricordata quel nome. Cerbero, il mastino a tre teste che sorvegliava l’entrata dell’Oltretomba. I brividi di Athena crebbero ancora di più.
-Dovremmo pensare ad un modo per aggirarlo, non cercarlo.- suggerì la ragazza, che nel frattempo si abbracciava da sola per il clima gelido.
-Cerbero è posto all’entrata, per controllare che i morti non escano e che i vivi non entrino.- spiegò con un’aria da sapientona.
-Si, allora?- chiese Athena.
-Beh, l’entrata è questa..ho controllato tutti i cunicoli a parte quello,- disse indicando quello di destra e non notando minimamente gli occhi rossi che si aprivano lentamente nell’oscurità. Ma non poteva essere Cerbero, aveva sei occhi, giusto?
-Ehm, Iris forse è meglio se..- provò a dire la ragazza con un filo di voce ma Iris la zittì, -odio essere interrotta umana. E’ vero che non portate il minimo di rispetto.- disse e poi continuò, -dicevo che ho controllato proprio tutte le vie e non c’è traccia di questo spaventoso cane gigantesco,- continuava a ciarlare.
–Iris.. dovresti proprio voltarti.- disse Athena con gli occhi spalancati per la paura.
-…voglio dire un cane gigantesco si vedrebbe o no? Io non sono mai stata qui però so che..- , altri due paia di occhi si aprirono lentamente e le parve che stessero fissando proprio loro. Athena sentì un sibilo, come se fosse passato un serpente vicino a loro, e un secondo dopo molti sibili tutti insieme. Il panico la invase, ne era certa: quello era Cerbero.
-Iris basta!- urlò. Iris seguendo lo sguardo di Athena si voltò, e vide un cane alto cinque metri più del normale che avanzava lentamente verso di loro, gli occhi rossi fissi sulla preda e migliaia di serpenti che spuntavano dal suo corpo al posto dei peli.
-Per Zeus! Corri!- urlò Iris e il cane cominciò ad abbaiare rincorrendole. Entrambe corsero verso il cunicolo più vicino, che sembrava essere anche quello più basso, Athena non vedeva niente ed il cuore le batteva a mille poiché sentiva gli artigli del mastino che stridevano correndo contro il suolo roccioso, e il suo ansimare mentre correva affamato dietro di loro. Athena non ce la faceva più, il fiato corto la constrinse a fermarla, mentre una morsa le stringeva la milza. –Athena perché ti fermi?- urlò Iris e rallentò.
-Corri, è dietro di te!- la avvertì tornando indietro per aiutarla. Athena si rialzò ma le faceva male la milza e non aveva più fiato, le bruciava la gola. –Cerca Persefone!- urlò con la voce roca e la gola che le faceva male. –Vai!- la incoraggiò. Iris non si muoveva da lì, anzi corse verso la sua direzione, Athena sentì il ringhio vicino e subito dopo la bava del Cerbero che le scorreva tra i capelli, strinse forte gli occhi e..
-Insomma! Cos’è tutto questo baccano?!- urlò una voce femminile all’improvviso, e Athena sentì una porta sbattere.
-A cuccia tu!- ordinò al cane, e questo fece un verso di dispiacere e si mise seduto. Athena aprì gli occhi e strisciò impaurita verso Iris, che aveva una faccia sconvolta.
-Non si può mai stare tranquilli qui, quante volte ti ho detto di lasciar perdere i morti?!- urlò la ragazza. Athena si voltò per guardarla, questa aveva dei lunghissimi capelli neri, con una sfumatura bluastra, gli occhi color ghiaccio ed un vestito violaceo. Il cane abbaiò in segno di disappunto, ma lei lo zittì di nuovo.
-Ti ordino di lasciarli in pace.- disse, senza nemmeno rivolgergli lo sguardo.
-Adesso vado al banchetto, non disturbare più, mi dai fastidio stupido cane.- fece un’espressione di disgusto e sbattè di nuovo la porta. Il Cerbero se ne tornò a cuccia, seguendo gli ordini di lasciarle in pace, e le ragazze si guardarono con aria incredula. –Era Persefone.- affermò Iris.
Athena non le chiese perché Iris non avesse avuto il coraggio di averle parlato o rivolto parola, era impaurita quanto lei quindi non fece cenno alla storia, disse solo: -dobbiamo raggiungerla adesso che sta andando al banchetto.-
-Dobbiamo trovare l’Acheronte, e dare un obolo a Caronte.- le spiegò. L’obolo era una moneta che veniva messa sotto la lingua dei morti, così da darla a Caronte per essere traghettati dall’atra parte del fiume Acheronte.
-Noi abbiamo l’..l’obolo?- chiese esitante.
-L’ho portato io.- disse facendole l’occhiolino. Caronte era un tipo un po’ inquietante ma era simpatico, per la breve durata del viaggio non fece altro che parlare di che noia avesse ogni volta a fare sempre lo stesso tragitto. Athena ed Iris lo compatirono, e lui non disse niente sul fatto che fossero vive, pensando che forse ce le avesse mandate Ade dato che avevano superato il Cerbero.
-Tante sorprese in una sola settimana,- sospirò,- anche la dea degli Inferi è ancora umana. Ma ho sentito che dopo il banchetto di oggi sarà morta.-disse e rise istericamente, come se fosse la battuta più divertente del mondo. Si riferiva senza dubbio a Persefone, se lei era ancora viva potevano ancora portarla sulla terra, ma dovevano sbrigarsi.
Non appena Caronte accostò la barca alla riva le salutò cordialmente.
–Dov’è la sala del banchetto?- gli chiese Iris prima di andare definitivamente.
-Oh, tutta avanti e poi a sinistra.- diede indicazioni e poi se ne ritornò dall’altra parte con tutta calma.
-Che strano tipo.- mormorò Iris, seguendo il corridoio. I suoni sordi dei loro passi rimbombarono per tutto il tragitto, ma finalmente arrivarono al bivio dove presero la strada di sinistra, sotto indicazione di un grande cartello, cui c’era scritto con delle ossa(molto probabilmente vere) δεῖπνον”.
-Che significa?- chiese Athena ad Iris, che spiegò: -E’ il banchetto delle prime tavole, o meglio, quello che voi umane chiamate rozzamente “cena”.- disse alzando il sopracciglio nauseata.
-Sai, sei troppo piccola per essere così altezzosa.- osservò la ragazza.
-Vedo che non tolleri un po’ di insegnamento.- sorrise perfida. –Adesso silenzio, stiamo per interrompere il banchetto, e Ade sarà molto arrabbiato.- disse impaurita. In punta di piedi strisciarono lontano dalla luce delle candele ed entrarono nella sala immensa dove si teneva la cena, le ragazze di nascosero dietro le tende blu scuro ed aspettare il momento giusto.
-Io questo non lo mangio.- diceva la voce impertinente di Persefone, seduta dall’altra parte del tavolo, al quale capo sedeva Ade con una mano scheletrica sopra gli occhi, in segno di disperazione. Ade aveva dei capelli nero corvino e degli occhi blu elettrico, la sua aura di luce intorno al corpo era sempre dorata ma emanava paura e inquietudine, Athena non potè fare a meno di sentirsi sola, persa e spaventata a morte, il terrore che Ade emanava la costrinse a restare pietrificata dietro la tenda, incapace di muoversi per la paura. Ma il signore dell’Oltretomba era senza dubbio in difficoltà di fronte al rifiuto e ai capricci della sua futura regina. Dall’altro capo infatti Persefone con le braccia conserte non voleva saperne di tutte le pietanze stranamente deliziose che erano poste sulla tavola, nonostante le ancelle la stessero letteralmente imboccando.
–Vi ho detto che questo schifo non lo voglio!- urlò rabbiosa, rovesciando tutto il piatto dell’ancella davanti a lei per terra.
-Ma cara, devi mangiare..- disse fintamente gentile Ade.
-Ho detto di NO!- urlò con tutta la voce che aveva, un suono stridulo ch costrinse Ade ad alzarsi, questo apparve davanti a Persefone e le alzò il mento con le unghie lunghe e nere, costringendola a guardarlo.
-Fanciulla, mi hai stancato, se non mangerai di tua spontanea volontà sarò io a costringerti.- le gridò esausto. Athena venne scossa da un brivido di terrore.
Lei di tutta risposta prese un altro piatto dal tavolo e lo rovesciò per terra. Ade visibilmente sconvolto dall’immaturità e dal poco rispetto che mostrava la futura regina dei morti si allontanò dal tavolo per pochi secondi,e molto probabilmente davanti gli apparve qualcuno che purtroppo Athena non riuscì ad intravedere data la posizione in cui era, quell’angolazione e l’incapacità di muoversi le toglievano la visuale. –Per tutti i mari, Zeus, mi hai spaventato.- disse sopreso.
-Fratello, poni fine a questo scempio e lascia andare la fanciulla che è qui senza la sua volontà.- disse autoritario. Con quell’influenza positiva e forte, Athena si sentì coraggiosa nell’animo e nel corpo, a tal punto che potè di nuovo muoversi. Era difficile, lei rimaneva terrorizzata, ma decise di non dare spago alla paura e di concentrarsi sulla sensazione positiva che emana il dio dei fulmini.
 Mentre Zeus e suo fratello discutevano, la ragazza decise di approfittarne per trovare l’attenzione di Persefone. Questa fece gesti con le mani,e solo quando le tirò un sasso sul piede questa la degnò di uno sguardo.
-Ma che fai?!- le chiese disgustata. –Non ce li voglio i morti mentre sto mangiando!- esclamò.
-Shh!- la zittì Iris. –Persefone, non assaggiare nulla, o rimarrai..- provò a dire Athena ma l’anello le bruciò il dito.
-Lo so bene cosa devo e non devo fare, non mi servono i consigli dei morti.- disse sprezzante, e si voltò di nuovo. Athena, arrabbiata, cercò di prendere di nuovo l’attenzione della ragazza ma nulla, questa la ignorava.
Ade smise di parlare con Zeus e tornò al banchetto.
-Senti senti, notizie dal mondo dei vivi, a quanto pare la terra sta morendo. Che peccato.- disse sarcastico, e si avvicinò verso la ragazza che nemmeno lo ascoltava.
-Mi ordinano di doverti lasciare, devi tornare di corsa di sopra.- sorrise falsamente.
Persefone sentendo queste parole si rallegrò impercettibilmente e con noncuranza rispose: -Ce l’hanno fatta a capire che io qua non ci voglio stare. Zeus mi sentirà prima o poi.- borbottò.
 -Mi sembra poco carino non mangiare nulla dopo tutte queste pietanze che ti ho fatto preparare, non credi? Tieni in conto che ti sto lasciando libera, perciò almeno concedimi di cenare con me.- sorrise trionfante. Persefone stupidamente adescò alla trappola.
-Io non ho realmente fame, il mio appetito è volato via in un soffio di Zefiro con tutti questi morti disgustosi.- sospirò.
-Solo questa melagrana, sai è il mio cibo preferito.- disse invogliandola. Ella, ne assaggiò sei chicchi e poi riposò il frutto sulla tavola. –Delizioso.- sorrise. –Ma adesso voglio andare!- gridò, e furono tutti risucchiati da un vortice.
 

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Capitolo 8
*** Il Mito di Persefone - Parte finale ***



Riapparvero dopo pochi secondi in una radura, Athena aprì gli occhi avvertendo il terreno duro sotto di lei, e capì di essere svenuta di nuovo. Iris era dietro di lei, sempre spaventata.
-Chi siete? E perché eravate nel mio regno essendo vive?- tuonò Ade, ma il suo potere non era forte quanto quando era negli Inferi. Athena si alzò ammirando lo spettacolo davanti a lei, una radura meravigliosa, e anche se stonava e non poco, Ade faceva parte di quel meraviglioso. Era un dio, e per quanto fosse il dio dei morti, era comunque una bellezza terribile, sublime, che fece rimanere Athena incantata. Persefone era appoggiata su una roccia e si guardava le unghie.
-Sono piena di cenere! Che orrore!- si lamentava.
Athena una volta in piedi, prese tutto il suo coraggio e si rivolse ad Ade, -Volevo salvare Persefone. Tu l’hai rapita ed io volevo riprenderla.- disse con un tono di voce che doveva essere quantomeno severo, ma non le riuscì alla perfezione. Ade si fece una macabra, isterica risata.
-Sciocca, non sei nient’altro che un’umana!- la rimproverò, e tutto il coraggio di Athena scomparve.
-Pensavi di prenderti gioco di me? Ade? Il dio dei morti?- adesso era molto arrabbiato.
“Stupida! Stupida! Ma che ti salta in mente?” Effettivamente l’idea suicida di Athena non era stata proprio una genialata.
-Tu, sei quell’umana che si è mezza in mezzo! Come ti permetti?!- disse ed apparve a meno di un metro di distanza da lei. L’emozione che provò la ragazza era indescrivibile, non era mai stata più spaventata di così, ogni parola che diceva suonava come una minaccia di morte, cosa che effettivamente era. Ma le sue parole.. nella testa di Athena queste seguivano un crescendo di inquietudine insopportabile, aveva il desiderio di scappare o tornare dai suoi genitori. Ma non lo fece, stette davanti a lui e si concentrò su qualcosa di migliore. Lei era scesa negli Inferi ed aveva affrontato il Cerbero per una ragazza che era stata rapita, lo avrebbe rifatto, ne era sicura, ed era fiera di questo.
-Era giusto.- la voce flebile dell’umana bastò appena perché Ade la sentisse.
-Non ha funzionato.- sorrise. – Ha mangiato della melagrana. Sei chicchi per l’esattezza, e se non fosse stato per voi due stupidi impiastri ne avrebbe mangiata di più, e sarebbe stata completamente mia.- spiegò.
 Persefone solo allora entrò nella conversazione.
–A cosa ti riferisci Ade?- chiese esausta, alzando lo sguardo dalle unghie.
-Sei mia.- i suoi occhi brillavano di follia. –Sei mia per sei mesi l’anno. Mia. Mia!- urlava e rideva insieme. Persefone lasciò cadere le braccia sui fianchi, come se fossero morte, e poi lo osservò con sguardo vano.
 –N..No, non è possibile, tu hai giurato, tu mi hai lasciata andare..- balbettava.
-No, cara moglie. Tu hai assaggiato la melagrana.- ribattè entusiasta. Athena ed Iris si guardarono sconfitte. Era comunque di gran lunga una sorte migliore di quella che aveva avuto Dafne.
Apparve Demetra, che corse verso la figlia e l’abbracciò. Questa aveva un’aria stanca, ma era comunque bella e perfetta. Madre e figlia si abbracciarono ma Ade non gli diede più che pochi secondi.
-Che spettacolo pietoso.- disse annoiato.
-Malfattore! Come hai potuto!- gli gridò contro Demetra.
-Attenta a come parli, non devi rivolgerti a me in questo modo, sei inferiore.- disse con uno sguardo di disgusto sul volto. –E non cantare vittoria.- l ammonì.
-Che accade?- chiese alla figlia, scompigliandole i capelli per guardarla bene in volto.
-Sono prigioniera, per sei mesi l’anno madre! Ho assaggiato della melagrana!- le spiegò col fiato corto.
-E’ così Ade? Per non star solo, ti prendi giuoco delle fanciulle? La tua disperazione è tale da arrivare a questi stratagemmi? Anche Cerbero ha una compagnia migliore della tua!- gli gridò furiosa, senza lasciare la figlia.
-Non puoi fare niente, lei è mia moglie adesso.-
-Perché lo decidi tu?-
-Esatto, mia cara.- sorrise. –Alla metà di Boedromione, lei sarà mia, e non potrai vederla.-rise a voce alta. *(mese attico che va da Settembre ad Ottobre)

E fu così, che vennero stabilite le stagioni. Demetra, che aveva sempre reso la terra fertile e rigogliosa in qualsiasi periodo dell’anno, nei sei mesi in cui la figlia non era presente con lei sulla Terra per la disperazione e la nostalgia faceva inaridire il suolo. Nei sei mesi in cui lei era con lei invece i fiori sbocciavano ed il sole tornava il protagonista della Terra. Da qui nacquero l’Autunno e l’Inverno, e di seguito la Primavera e L’estate.

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Prima di tornare a casa, distrutta ancora una volta emotivamente da quell’esperienza una nuvola violacea le apparve davanti, ma stavolta era lei che ne aveva bisogno.
-Oh Fato, qual è il mio compito se non posso fare niente per cambiare le cose? Dafne è morta, Persefone è costretta a stare sei mesi l’anno con il dio dei morti. A cosa servo? – la sua angoscia crebbe. La nuvola scura aveva lo stesso tono della volta precedente, non cambiava.
-Alla fine ti sembrerà tutto più chiaro. Devi avere pazienza, le risposte alle tue domande le troverai verso la fine del tuo viaggio.- le rispose. Ma la ragazza non sembrava trovare pace.
-Dafne non è morta, Dafne è un Alloro, è un bellissimo albero sacro al dio Apollo. Persefone avrà il piacere di stare con sua madre la metà del tempo che ha a disposizione. Non posso dire altro per confortare le tue pene, ma devi avere speranza.- disse e ritornò nella sua tana di pietra.

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Capitolo 9
*** Il dio del Mare ***


Athena se ne stava come al solito a guardare il mare dalla spiaggia. Stavolta era da sola, si stava prendendo un po’ di tempo per riflettere, ed il rumore rilassante delle onde la aiutava molto. Faceva caldo e il mare era agitato, non era tranquillo come sempre.. un’idea balenò nella mente della ragazza. Decise di tenersi la veste bianca che aveva indosso e buttarsi nell’acqua, avrebbe nuotato un po’ e poi il sole le avrebbe accarezzato la pelle, asciugandola piano piano. L’umana prese molta aria e fece un tuffo, l’acqua era incredibilmente più salata ma questo, seppur con alcuni momenti di lancinante dolore, non le impediva di continuare a tenere gli occhi aperti sott’acqua. Era limpidissima, riusciva a vedere ogni cosa, e soprattutto era già molto profonda.
 Salì a galla e prese un alto respiro profondo: voleva nuotare vicino al fondale stavolta.
Mentre ispezionava qualche conchiglia qua e la con incredibile curiosità sentì l’acqua spostarsi violentemente e vide qualcosa che si muoveva. Si girò per guardare meglio, ma non vide nulla. Risalì in superficie per riprendere aria dopo lo spavento, e decise che sarebbe stato meglio tornare sulla spiaggia, ma qualcosa la afferrò e la tirò giù senza che lei ebbe avuto tempo di prendere aria.

La ragazza si ritrovò in una bolla che era trasportata da qualcosa ad alta velocità sotto il mare, giù verso il basso. Le orecchie le stavano esplodendo e la poca aria che aveva nei polmoni stava finendo, non ce la fece più, stava per scoppiare e allo stremo, aprì la bocca e provò a respirare. Ci riuscì.
Ossigeno. Quella era una bolla di ossigeno, che stupida! Ed il terribile dolore alle orecchie era svanito. Intorno a lei da celeste quasi cristallino il paesaggio passò a blu scuro e poi a nero. La ragazza venne presa dal panico e cominciò ad urlare: -Aiuto! Ehi! Fatemi uscire!- nessuno le rispose, ed il suo viaggio continuò ancora per pochi minuti fino a che la bolla non si bloccò di colpo. Dietro la bolla, tra l’oscurità riuscì a vedere un enorme parete di pietra, dovevano essere a migliaia di metri sotto il mare. Da questa passò un filo di luce, e man mano la parete di roccia di aprì fino a scoprire un altro mondo: il castello del mare.
O almeno così l’aveva soprannominato Athena.
La bolla avanzò silenziosa verso un enorme struttura di madreperla, somigliava molto ad un castello gigantesco, pieno di fiori e di conchiglie giganti. La bolla si sollevò in alto in modo da vedere tutto il panorama: era una vera e propria città, con molti pesci e “semi-umani”. Questo castello irradiava luce da tutti i pori e finalmente la ragazza potè vedere chi trascinava la bolla.
-Spingi Irina!- diceva una ragazza pesce. Athena sbarrò gli occhi: sirene!
Questa aveva capelli lunghissimi ornati di perle e fiori, metà del suo corpo era  quello di un pesce, l’altra metà era umana.
-Mi dovrebbe aiutare Pras! Non doveva essere così complicato.- si scusò cordiale. Pras molto probabilmente era il delfino che era con loro, un enorme deflino grigio che al suono del suo nome fece un verso di affermazione.
-Dove mi state portando?- chiese Athena, e il rimbombo cupo nella bolla arrivò a malapena nelle orecchie delle sirene.
-Dove mi state portando?!- ripetè a voce più alta la ragazza.
-Dal re del mare. – sorrise benevola Irina.
-Io sono Alana.- ridacchiò l’altra. –E faresti bene ad esserci grate per tutto questo sforzo.- alzò gli occhi al cielo la sirena dai capelli verdi.
Chi ve lo ha chiesto, rispose a mente Athena.  Insomma era assurdo, perché diamine la stavano portando dal re? La bolla arrivò a destinazione: un’enorme sala tutta di marmo, con statue altissime e molluschi che camminavano di qua e di la, sembravano indaffarati. –Gentili sirene,- cominciò Athena,- perché mi portate dal re del mare?-
Le ragazze si portarono le mani alla bocca in segno di spavento.
-Oh no! Non siamo quello che pensi, non ti abbiamo rapita! Noi siamo buone!- esclamarono. Ne aveva abbastanza di sentir parlare di rapimenti.
-Non siete sirene?- chiese confusa.
-Oh no, siamo nereidi.- sorrisero. Tutti quei sorrisi le cominciavano a dar fastidio.  
-Capisco.. perché sono qui?- Arrivate al punto.
-Ecco il r..- stava spiegando Alana gesticolando, quando un enorme figura distinta spuntò nella sala dalla porta principale. Questo aveva un tridente in mano, dei capelli castani corti che ondeggiavano nell’acqua ed uno sguardo severo, accigliato, anche lui era metà pesce e metà uomo. Tutto intorno a lui splendeva di una luce dorata, nemmeno pochi secondi che Athena, nonostante la bolla da cui era potetta, venne invasa come uno tsunami da un’incredibile sensazione. Si sentiva incostante, indecisa, arrabbiata e triste, ma il suo respiro sembrava non tornare più da quando i loro occhi si erano incrociati. I suoi occhi. Erano un’immenso oceano a sé. Athena non sentiva, non vedeva nient’altro.

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Capitolo 10
*** Infatuazione ***


Cercò di ricomporsi mentre osservava lo spettacolo davanti a sé. Lui era Poseidone, il dio del mare. Il suo cuore cominciò di nuovo a battere, stavolta più frenetico, mentre lui si avvicinava verso la bolla.
Il dio non parlava, ammutolito nuotava calmo verso la bolla. Athena indietreggiò fino a sbattere contro la debole parete, che tuttavia non si ruppe.
 –Tu.. sei l’umana di cui mi ha parlato Zeus?- chiese, senza espressione in volto.
 Athena boccheggiò un po’ prima di rispondere decentemente: - Si..- sussurrò la ragazza con gli occhi verso il basso.  Si impose di comportarsi normalmente ma non le venne tanto bene, dato che non riusciva ad alzare la testa.
-Beh.. – disse il dio. Poi fece una lunga pausa. –Io intendevo conoscerti, ero curioso per via di come mio fratello ti aveva descritta.- spiegò attonito.
Cosa? –Io.. ehm.. non ho mai visto Zeus di persona.- affermò Athena con voce flebile. Sembrava esserle sparita del tutto.
-Oh.- disse Poseidone. –Ma certo.- annuì severo. Concentrata com’era sul regolarizzare il respiro, la ragazza di accorse tardi di quella strana emozione di sottofondo, sentiva altra agitazione, stupore.
-Bene.- si schiarì la voce dopo una pausa. –E’ tutto.- disse e congedò le sirene con un gesto. Queste si inchinarono ed andarono via ridacchiando.
-Vuoi fare un giro.. del palazzo reale?- chiese alzando il tritone verso la porta da cui era uscito. Athena senì crescere in lei di nuovo quella sensazione, il suo stomaco non riusciva a placarsi. Annuì silenziosa.
-Posso .. trasformarti in una Nereide.. o in un pesce se lo preferisci.- rise. Athena sorrise insieme a lui, ma non osò guardarlo, da quando incrociarono gli occhi per la prima volta lei non si azzardò più.
-Ma l’effetto potrà durare solamente alcuni minuti, poi sarai costretta a ritrasformarti in umana.- disse con voce dura, e la mente di Athena fu scossa dall’angoscia.
Athena, punta da quel dolore che era sicura avesse provato lui, alzò finalmente lo sguardo e parlò,
 -In questo modo sarebbe più semplice comunicare?- chiese con un vago accenno di un sorriso. Il cipiglio di Poseidone le provocava dispiacere. Questo venne scosso dalla voce di lei, che non si aspettava così chiara e limpida.
-Di certo.- affermò.
-Allora diverrò una Nereide.- decise Athena. Poseidone sorrise misterioso, come ad accettare una sfida, e puntandole il tritone contro  la bolla scoppiò e anche se per pochi secondi le sembrò di annegare, Athena si trasformò in una ninfa del mare.
La sua coda era molto lunga e colorata, una sfumatura arancione partiva dal suo ombelico e diveniva rossa vicino alle pinne, era tutta squamata tanto le ad un primo impatto le fece orrore. Poteva respirare grazie a delle branchie disposte dove prima erano i suoi fianchi, da quel punto in su era ancora completamente umana. La veste bianca che aveva prima le copriva quasi tutta la coda in quanto lunghezza, ma parlando di trasparenza era quasi del tutto inutile. La ragazza sciolse i capelli dalla coda, e provò a muoversi: era così diverso dall’utilizzare due gambe! Si sentiva una ritardata. Ma era una ritardata così felice, sentiva crescere in lei un’emozione di felicità assoluta, le piaceva così tanto nuotare figuriamoci da Nereide!
Cominciò a ridacchiare da sola e fare dei giri su se stessa, entusiasta. Il dio del mare che la osservava rideva insieme a lei, a vedere come gli occhi di lei brillassero per quella novità, che per lui non era nient’altro che quotidianità.
-E’ magnifico!- continuava a ridere. Poi si girò verso il dio del mare, e lui potè costatare tutta la sua bellezza: non c’era dubbio, era la fanciulla più affascinante e bella che avesse mai visto. Il mare venne scosso da una violenta e piacevole ondata di bollicine, che sulla pelle e sotto la veste di Athena si traducevano nella più piacevole delle sensazioni, questa ondata non accennava a dover finire.
Lei continuava a ridere e lui continuava a guardarla, e tutto il mare si comportava di conseguenza a quell’enorme e stupefacente emozione che il dio del mare non aveva mai provato in tutta la sua vita da immortale.
Lui la invitò a pranzo e mangiarono insieme delle alghe disgustose, ma a lei non importava niente. Lui continuava a fissarla come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto, lei era spontanea con lui, sempre mantenendo un certo contenimento. Cominciarono a parlare delle differenze del mare e della terra, fecero i pro ed i contro e lui le raccontò delle storie meravigliose del mare. Ma lei non poteva dirgli niente del suo mondo, e ascoltò paziente i suoi racconti arguti e divertenti. Ne restò incantata.
Nemmeno si accorsero che lei stava per diventare di nuovo un’umana. Il dio interruppe il discorso e glielo fece presente, l’effetto durava non più di quarantacinque minuti, e insistette ad accompagnarla verso la riva. Lui voleva fare sfoggio della sua carrozza reale, guidata da delfini argentei, ma lei insistette che non ce ne fosse bisogno, e continuarono a parlare durante il viaggio verso la superficie, non c’era nemmeno bisogno che qualcosa illuminasse l’oscuro fondale dell’oceano: la luce dorata del dio splendeva e permise loro di vedere qualsiasi cosa.
Mezzo centinaio di metri sotto il mare, Athena si trasformò all’improvviso, la sua coda si separò in due gambe che scolorirono fino a diventare rosa, e le branchie scomparvero lasciando la ragazza senza aria.
Poseidone la afferrò tra le braccia prima che essa potesse soffocare, nuotò velocemente verso la superficie e la portò verso l’ossigeno. La ragazza fece un enorme respiro per prendere l’ossigeno: per poco non era annegata, anche se sapeva che il dio non lo avrebbe mai permesso. Dopo essersi accertata di aver preso aria svenne, cullata dalle onde del Mare.


La ragazza si svegliò tempo dopo sdraiata sulla spiaggia, con l’acqua che le accarezzava dolcemente i piedi nudi, la veste ormai quasi completamente asciutta ed un grande mal di testa.  Confusa aprì gli occhi e li richiuse velocemente, colpita dai restanti luminosi raggi solari: era il crepuscolo. Si alzò a sedere e abbracciò le gambe appoggiando il mento alle ginocchia, le braccia e la schiena le facevano incredibilmente male. Mentre osservava il sole che scendeva ed il mare che ondeggiava spumoso davanti a lei, credette di non voler lasciare più quel posto, quel momento.
Tornò da Iris quando si stava facendo buio, camminava assorta nei suoi pensieri. Si era solo addormentata o era successo veramente? Il suo nome la tormentava e le faceva venire i brividi solo a pensarci.
La bambina era intenta a mangiare, come al solito, qualcosa.
-Ciao..-la salutò sognante la ragazza.
-Hai il volto scottato dal sole! Dove sei stata?- le chiese incredula la driade.
-Non lo so.- ammise la ragazza. Iris la guardò storta.
-Puzzi di pesce.- disse e fece una smorfia disgustosa. Questa era la prova per Athena: tutto ciò era successo.

L’umana restò sognante per molti giorni, Iris continuava a vederla strana ma non le chiese niente, le due girovagano senza meta, si distendevano sul suolo e poi si facevano un bagno in qualche laghetto. Ma non le venne nemmeno in mente di poter rientrare nell’acqua, il solo pensiero cominciava ad inquietarla giorno dopo giorno. Era un’illusa se pensava che Poseidone l’avesse aiutata per qualche motivo in particolare. Arrossì quando pensò a quella cosa, ed al suo nome. Le aveva solamente fatto vedere il palazzo, non voleva illudersi inutilmente.
-Ma insomma mi ascolti o no?- sbottò Iris. Ecco cos’era quel brusio di sottofondo, Athena non se ne era nemmeno accorta.
-Oh, ehm si. Scusami.-
-Dimmi cosa c’è che non va, sei strana. Nessuna battutaccia, nessun “salviamo il mondo!”,niente di niente santi fulmini! Cosa succede?- chiese con una faccia seria. L’aveva scoperta, rispondendole per l’ennesima volta no non avrebbe risolto niente.
Athena si chinò verso di lei, come ad una confidente. –Prometti che non lo dirai a nessuno, e non mi giudicherai.- le fece promettere. La ragazza, che era cresciuta notevolmente nel solo corso di una settimana, annuì severamente come fosse un patto di sangue.
Athena le raccontò tutto, per filo e per segno, ed aspettò con impazienza il giudizio della driade. Questa restò in silenzio per alcuni secondo prima di balbettare qualcosa e poi zittirsi di nuovo, ed alla fine articolò una frase.
-Tu mi stai dicendo.. che provi qualcosa per il dio del mare..?- suonava più come un’affermazione.
-No! Affatto! Ti ho solo raccontato..- provò a spiegare.
-Ma per favore! Le bollicine ti hanno dato alla testa!Athena lui è un dio! E non un dio qualunque, è il dio del mare..lui è.. è..bah.- si arrese. –Voglio solo avvertirti..- si spiegò.
Athena le disse che non c’era niente da temere, poiché tutto ciò era nella sua testa, e che lei non l’avrebbe sicuramente visto mai più.. dato che non sapeva come fare.
Iris non le disse niente, nemmeno che bastava bagnarsi il corpo perché lui comparisse davanti a lei se avesse voluto, o nemmeno che avrebbe potuto incontrarlo in forma umana dovunque. Non lo fece perché voleva proteggerla.

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Capitolo 11
*** L'affronto di Niobe ***


-Oh Tesoro, non hai mangiato niente. Stai bene?- si preoccupava la madre mentre erano a pranzo in un delizioso ristorantino francese.  Athena scosse la testa e ornò alla realtà: doveva concentrarsi.
-Ehm si.. mi sento di nuovo male. Un po’ di influenza forse? Sarebbe meglio che restassi nell’albergo.- disse di fretta colta improvvisamente da una voglia irrefrenabile di tornare ad Atene. La vecchia Atene, s’intende.
-M.. ma e la gita notturna?- balbettava la madre interrogativa.
 –Già. E’ proprio un peccato, mi dispiace moltissimo.- disse alzandosi dal tavolo. 
-Dovevano ancora portarci il dolce.- disse il padre e fece per alzarsi. Athena lo fermò subito.
-No no! Tranquillo vado da sola! L’albergo è a pochi metri da qui.- spiegò frettolosa, e con un bacio sulla guancia li salutò e scappò verso la camera. 
Non appena fu in albergo si pettinò per bene i capelli e li lasciò sciolti, sorrise timidamente allo specchio e girò l’anello verso sinistra per poi apparire nella radura dove aveva detto ad Iris il suo segreto.
Era diverso dal boschetto pieno di driadi e naiadi, questo era molto più tranquillo, era pieno di rose bianche e fiori rosa ed inoltre lì vicino c’era il laghetto. Athena si draiò sull’erba e cominciò a guardare le nuvole attribuendogli delle strane forme, ra più divertente con Iris.. ma era solo un’impertinente bambina, e non le serviva la sua compagnia, poteva benissimo bastarsi. Dopo un po’ che cominciava ad annoiarsi sentì delle voci e si alzò immediatamente per ascoltare meglio; si nascose dietro il tronco di un albero ed assistette alla scena. C’erano sette ragazzi, sicuramente umani, che ridevano e scherzavano con in spalla archi, faretre e lance. Athena non si fece vedere, rimase dietro il tronco per guardare meglio..e dopo alcuni istanti dall’alto volò una freccia che colpì uno dei sette, tutti quanti urlano: la freccia gli aveva oltrepassato il collo. Athena lanciò un urlo e si portò le mani alla bocca. Cosa stava succedendo? Dalle voci con cui chiamavano il ragazzo morto, l’umana capì che erano tutti quanti fratelli. Dopo pochi minuti di sconforto Athena si chiese se dovesse aiutarli  anche se non c’era più nulla da fare.. e proprio mentre stava per andare verso di loro per aiutarli ad issare il corpo sul cavallo altre sei frecce contemporaneamente volarono verso i fratelli e li uccisero tutti. Athena allora si fermò in preda all’orrore: sei frecce che centrano contemporaneamente il bersaglio.. dovevano nascondersi altrettanti uomini dietro gli alberi da cui provenivano le frecce. La ragazza indietreggiò ed aspettò alcuni secondi, poi decise che non le importava e che voleva provare a salvarne almeno uno che rantolava ancora. Corse verso di lui e con forza gli staccò la freccia dal cuore, ma notò con dispiacere che la punta era densa di una sostanza verdastra che doveva essere qualche specie di veleno: il ragazzo era spacciato. Mentre stava comunque tentando di tappare la ferita un piede spinse con forza sopra il petto del ragazzo, uccidendolo definitivamente. Athena balzò all’indietro dallo spaventoe finì  e guardò in faccia l’aggressore, che aveva tra le spalle un arco.
Era Apollo.
-Ma che fai?!- le ringhiò contro con espressione cattiva. I suoi capelli dorati erano incoronati dalle foglie di alloro e insieme alla veste gialla la sua luce era quasi accecante.
Non appena lo riconobbe Athena si alzò in piedi, -Li hai uccisi!- gli urlò contro con altrettanta ferocia.
-Attenta fanciulla! Sono il dio Apollo, modera le tue parole.- la ammonì severamente.
-Io parlo come mi pare!- sbottò la ragazza. Il dio la guardò incredulo.
-Prima Dafne, poi loro! Ma cosa ti dice il buon senso?!-  forse aveva leggermente esagerato, lo riconobbe quando vide la faccia del dio che al suono della parola “Dafne”  irrigidì completamente la mascella sbarbata. 
-Non osare nominarla.- disse guardandola dritto negli occhi. Athena era arrabbiata, furiosa.
-L’hai uccisa tu.- lo provocò. Lui fece un passo indietro con sguardo vacuo. Adesso la ragazza sentiva un dolore atroce al petto, un senso di vuoto… era terribile.
-Fatti da parte.- disse ignorandola e estrasse la freccia dal cuore del ragazzo.
-Dimmi perché l’hai fatto.- chiese Athena.
Apollo le riservò uno sguardo gelido, e dopo alcuni minuti in cui estrasse tutte e sette le frecce le rispose, - Vendetta.- disse risoluto, come se fosse la cosa più bella del mondo.
Ad Athena uscì un risolino. Lui si girò a guardarla, non aveva mai conosciuta un’umana tanto impertinente. Voleva punirla, le stava incredibilmente antipatica, ma quacosa gli diceva che aveva ancora voglia di sentire come la pensava.
-Non ridere.- le ordinò.
-Non ho mai sentito nulla di più stupido.- spiegò e mise le braccia conserte.
-Perché?- chiese curioso.
-Cosa mai avranno fatto per meritare la morte?- chiese sarcastica. Dopo che avevano ucciso Leucippo perché le aveva viste durante il rito la ragazza non poteva più stupirsi.
-La madre.. ha procurato un grave affronto alla mia.- era in piedi, con il busto girato e solo la testa che dava segno della presenza della ragazza a pochi metri da lui. Athena lo analizzò, era alto ma tuttavia i suoi tratti non sembravano superare in età un uomo di più di venticinque anni. I suoi occhi castani erano tra occhi più belli che lei avesse mai visto. Si creò un momento di tensione tra di loro. Entrambi in piedi l’uno davanti a l’altra, immobili a fissarsi. A metà tra odio e stupore.  Nessuno fece una sola mossa, la verità era che erano entrambi incantati e ancora incapaci di ammetterlo, poiché nessuno dei due era così maturo da capire cosa stava accadendo. Il dio si mosse per primo. 
-Devo andare.- annunciò sistemando l’arco e la cetra. 
-Impara ad essere più degna, la prossima volta.- disse seriamente mentre stava per andarsene.
“Che faccia tosta!”
-Alle persone verrà difficile portare rispetto ad una persona che agisce così immaturamente.- sbuffò la ragazza. 
Lui apparve pericolosamente davanti a lei, -e a me verrà difficile non ucciderti se continui ad agire in modo così immaturo.- Pur non volendo la bellezza di Apollo la colpì in pieno, ne rimase estasiata e disgustata allo stesso tempo.
-Santi numi Apollo, smettila di adescare le femmine.- lo sgridò una voce mascolina, forte. 
Una ragazza dai capelli corti e mossi apparve da dietro l’albero. Apollo come se si fosse scottato si allontanò velocemente da Athena. 
-E tu smettila di impicciarti Artemide.- ribattè.
-E’ anche umana. Potevi puntare più alto.- disse annoiata la dea mentre passava accanto all’umana. Artemide nella mitologia era la sorella gemella di Apollo, dea della caccia e della Luna.
Athena ribolliva di rabbia.
-Beh? Quanto ci hai messo ad ucciderli tutti?- sbuffò.
-Ho avuto un contrattempo.- disse riferendosi ad Athena. “Un contrattempo?!”
-Ho costatato che il legno d’acero è più veloce di quello di pino..- spiegò Apollo risoluto, e si misero a parlare di come uccidere meglio le persone.
Athena doveva dire qualcosa, non poteva più trattenersi.
-Dato che il vostro passatempo preferito è uccidere gli innocenti, io domando scusa e me ne vado altrove..- disse facendo un inchino e voltandosi, -dove posso rivolgermi a persone più intelligenti.- aggiunse sottovoce.
Artemide comparve davanti a lei, e sentì un enorme botta preceduta da uno schiocco che la buttò a terra. La dea le aveva appena dato uno schiaffo, e non uno qualsiasi. La ragazza non sentì da subito il dolore, era incredula e spaventata a terra ma l’adrenalina per ciò che era successo durò solo pochi secondi. Portò le dita alla guancia e vide colare del sangue.
-Sciocca umana! Come ti permetti?- aveva l’impressione che la dea non avesse finito, ma Apollo  la bloccò:
-Smettila di trastullarti con queste inezie, lì ci sono le altre sette figlie di Niobe.- le suggerì.
Artemide con uno sguardo disgustato la guardò e poi prese l’arco per andare ad uccidere le ragazze.
Apollo la guardò significativo, se lo era meritato ma era combattuto, aveva distratto la sorella per impedirle di aggredirla di nuovo. Ma lei si stava già rialzando per fermare Artemide: non avrebbe ucciso altre sette vite.
-Scappate!-urlò per avvertire le ragazze. La dea apparì scocciata di nuovo davanti a lei e le diede un pugno sulla pancia. Athena sputò sangue con un rigurgito e cadde a terra. 
-Vuoi morire?!- le urlò Apollo mentre tentava di tenere ferma la sorella.
-Artemide! Artemide è solo un’umana, lasciala perdere. Pensa alle figlie di Niobe! Pensa a nostra madre!- le ricordò, questa piano piano si calmò e non guardò più Athena come un bersaglio da colpire a tutti i costi: adesso il bersaglio era un altro.
La ragazza non riusciva nemmeno ad alzarsi, figurarsi impedire quella barbarie. Sentì uno schiocco di frecce, e poi le urla di altre sette ragazze che stavano morendo.
Niobe aveva osato vantarsi di essere più feconda di Latona, madre di Apollo e Artemide, poichè li aveva dato alla luce ben quattordici figli, mentre lei solamente due, e aveva preteso che a lei spettassero onori divini. Così Artemide ed Apollo si vendicarono uccidendoli tutti.

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Capitolo 12
*** Il Mito di Orfeo ed Euridice- Parte 1 ***


Apollo la issò sulle spalle e la portò al laghetto. Athena era sdraiata a terra, la guancia le bruciava terribilmente e si accorse che anche l’occhio aveva risentito dello schiaffo perché era molto gonfio.
Apollo le stava facendo degli impacchi d’acqua e glieli poggiava delicatamente sulla ferita, sembrava un gesto istantaneo in cui nemmeno si stava impegnando.
-Sciocca.- la insultava. –Sei proprio una stupida. La più stupida delle fanciulle.- Se ne approfittava perché lei non poteva parlare per rispondergli. Si addormentò molte volte  si risvegliò ogni volta che stava sempre meglio. Era di nuovo il crepuscolo e Apollo era seduto dall’altra parte del laghetto, bagnava le foglie di alloro con cura e poi se le ripoggiava in testa, non si era accorto che la ragazza lo stava guardando.
-Non dire a nessuno che ti ho aiutata, o ne pagherai le conseguenze.- la avvertì. Athena si era sbagliata, lui sapeva perfettamente che lei era sveglia, provò a parlare per rispondergli e stranamente ci riuscì, -Grazie.- disse. Lui con tutta la calma del mondo, con movimenti spontanei e sensuali camminò verso di lei e la guardò torva. –Bevi.- le ordinò. Athena bevve quella che le sembrava acqua, ma non doveva esserlo dato che dopo poche ore si era quasi del tutto ristabilita.
-Artemide è piuttosto manesca.- ammise. –Ma se la conosci fareste amicizia, siete molto simili.-
-Io non picchio la gente.- si difese, muovendo troppola bocca, che le fece male.
-Non le piacciono molto le femmine. Pensa di essere un uomo, vorrebbe essere un uomo. Ma non lo è.- spiegò pacato mentre guardava il tramonto.
-Questo glielo hai mai detto?- chiese piano.
-Lo sa.-
-Mi stai dicendo che sono un maschiaccio?- chiese.
-Un cosa?- aveva la faccia sbigottita.
-Che.. ehm.. somiglio a lei perché somiglio ad un uomo nei miei modi?- provò a spiegarsi. O le stava dicendo che somigliava a sua sorella fisicamente?
-Sei impertinente.- disse con aria superiore. –E non te lo puoi permettere.-
-Anche tu lo sei.- gli fece notare.
-Ma io sono bello e divertente. Tu no.- disse serissimo.
-Tu cosa?- ripetè a voce più alta ed esplose in una sonora risata, che fermò subito perché il graffio sulla guancia si stava squarciando di nuovo. Poi vide che lui la guardava interrogativa.
-Oh, si..ehm.. dovrei dire di si perché sei un dio, giusto?- ipotizzò. Lui la fissò sconvolto.
-Ti ho curato e questo è il comportamento che mi riservi?- esplose furioso e balzò in piedi.
-No.. ascoltami..- provò a dire ma lui la interruppe.
-Ho altro da fare che essere insultato da una ragazzina. E i prometto che se mi offenderai ancora ne prenderai altri mille di colpi!- disse e scomparve. Athena rimase allibita. Che prepotente viziato. Athena era troppo stanca e aveva troppi pnsieri per la testa, non fece in tempo nemmeno a pensare di alzarsi che si addormentò tra la morbida erba della radura, al chiaro di luna.


Il giorno seguente si svegliò di prima mattina, era scombussolata e la guancia le faceva più male che mai.
Si costrinse a strisciare verso il laghetto per farsi un bagno e sciacquare la ferita. Le venne in mente però che per disinfettare bene avrebbe dovuto utilizzare l’acqua salata del mare, così facendo pochi passi alla volta arrivò alla spiaggia e si buttò tra le onde. Queste la cullavano dolcemente, anche se sentiva il sale bruciarle tutta la faccia, sentiva l’acqua come una dolce carezza ma si convinse che fosse solo una sensazione. Arrivò un delfino vicino a lei che le sguazzò attorno.
-Ehi! – rideva Athena e lo schizzò. Ci giocò per altri minuti e poi sentì una voce provenire dalla spiaggia.
-Athena! Raggiungimi!- gridava Iris dalla riva.
La ragazza purtroppo salutò il delfino di malavoglia e tornò da Iris, si strizzò i capelli e finse di essere normale nei suoi confronti.
-A cosa devo tanta urgenza?- ok, non era andata un gran che, il tono scocciato si percepiva.
-Terribile! Euridice è morta!- piangeva disperata. Chi? Aveva i rami appassiti ed alcune foglie che le si staccavano ad ogni lacrima che versava. Athena superò i suoi problemi ed andò ad abbracciarla, la convinse così a sedersi sulla sabbia.
-Calmati, e raccontami.- la incitò massaggiandole il tronco della schiena. Lei smise di singhiozzare e si asciugò le guance.
- Euridice è una delle mie care amiche amadriadi,- tirò su col naso, -da lungo tempo ormai Aristeo bramava a tutti i costi le sue attenzioni, nonostante lei amasse  Morfeo. Mi è stato riferito che è..- si trattenne un attimo e poi scoppiò di nuovo a piangere, - è morta mentre tentava di sfuggirgli, morsa da un serpente.-
Il dolore di Iris poteva immaginarlo anche lei, ricordandosi della pietosa morte di Dafne, più o meno la stessa cosa che era successa ad Euridice. Assurdo il numero di morti da quando era arrivata. Impallidì a quel pensiero e pensò che doveva fare qualcosa a riguardo.
Aspettò che Iris si calmasse. –Ma tu stai sanguinando.- disse con gli occhi appannati e si avvicinò a lei.
-Ehm.. un brutto incidente.- ammise. Voleva evitare il discorso.
-Posso aiutarti.- propose ed avvicinò le sue dita al graffio. –La pianta a cui ho dato il nome ha proprietà curative.- spiegò. Fece scorrere il suo dito per tutta la ferita, come a chiudere una zip, e questa si cicatrizzò.
-Per tutti i fulmini, grazie!- Aveva appena detto per tutti i fulmini? Scosse la testa confusa.
-Morfeo ha pianto tutto il dì, senza mai smettere. Canta lamenti funbri, e tutto il bosco è in lutto.- ritornò al discorso.
-Cosa possiamo fare?- Athena cercava frenetica una soluzione, ma a parte impartire una bella lezione ad Aristeo non potevano fare molto.
-Potremmo uccidere Aristeo.- propose Iris quasi leggendole nella mente.
-Iris!- a sgridò. Se non ci fosse stata lei, insieme a quel gruppo di ninfe pazze lo avrebbero fatto eccome. La driade scoppiò di nuovo in lacrime, non sopportava di vederla così.
-Anzi, ci vendicheremo.- decise all’istante. –Arrabbiati. Non troppo però.- aggiunse saggia.
-Cosa intendi?- chiese confusa da quel cambio di piano.
-Aristeo viene venerato per..- Athena non seppe concludere la frase, aspettava lo facesse Iris.
-La pastorizia e l’apicoltura.- concluse lei. Bizzarro, pensò Athena.
-Fantastico.- Athena aveva in mente un piano.

Iris condusse la ragazza dagli alveari di Aristeo, e con un gesto molto immaturo e stupido le due, accompagnate da altre ninfe che rimpiangevano la morte di Euridice, li distrussero tutti quanti e fecero volare via tutte le api. Iris ed Athena fuggirono via, non smisero di correre fino a che non furono di nuovo sulla spiaggia. –Ti senti meglio?- chiese Athena speranzosa.
-Forse.- ammise con un sorrisetto soddisfatto,ma la tristezza nei suoi occhi rimaneva, e sarebbe rimasta.
-Iris!- una voce vellutata chiamò la driade.
-Che succede?- chiese preoccupata. Forse le avevano scoperte.
-Orfeo! E’ impazzito. Non vede più la ragione! Vuole scnedere nell’Erebo per trovare la sua sposa!- annunciò una driade amica di Iris.
Iris e Athena si guardarono sconcertate. Non poteva farlo.. o si?
Le due raggiunsero correndo Orfeo per fermarlo: Ade avrebbe applicato sicuramente un altro stratagemma! Ed Athena non voleva altri morti.
Videro Orfeo con un flauto in spalla che si dirigeva verso il lago dell’entrata degli Inferi, mentre cantava e piangeva.
-Fermati! Ade non ti lascerà mai tornare sulla terra!- provò a farlo rinsavire. Ma lui era addolorato e non sentiva spiegazioni.
-Bene. Se non vuoi rinunciare al tuo proposito verrò con te.- annunciò Athena. Orfeo non sembrava nemmeno averla sentita, continuò a camminare seguito dalla ragazza.
 

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Capitolo 13
*** Il Mito di Orfeo ed Euridice- Parte 2 ***


Per tutta la strada Athena provò a far cambiare idea ad Orfeo, lui nemmeno la ascoltava. Pianse per tutto il viaggio, e con Iris era durato molto di meno poiché loro avevano usufruito di un cavallo alato, mentre adesso stavano camminando. Iris era rimasta con le altre driadi, inoltre Athena ci era già stata (sempre che sarebbero riusciti ad entrare) quindi poteva lasciare al sicuro la sua amica.
 La ragazza non ce la faceva più, era esausta, era da almeno due ore che camminavano a passo spedito.
-Orfeo, ti supplico fermiamoci, devi mangiare. Altrimenti con quali forze speri di affrontare gli Inferi?- così lo convinse e i due si fermarono a mangiare qualcosa. Mise via il flauto per poco più che mezz’ora.
-Forse dovremmo riposarci..- provò a dire Athena. Lui non la degnò di uno sguardo.
-Apprezzo il tuo aiuto, ma non ti ho chiesto di vegliare su di me.- disse.
Ah si? –E come farai a sapere cosa ti aspetta? Io ci sono stata, io so indicarti la via. Senza di me ti perderesti.- la ragazza lo colpì di sorpresa, gli brillarono gli occhi e si sedette di nuovo per raccogliere informazioni. Quello sotto la castana e folta barba doveva essere l’ombra di un sorriso, le sue sopracciglia si distesero per un attimo.
-Dunque, parla.- chiese.
-Prima di tutto, l’entrata che conosco è aperta solamente agli immortali o ai semi-dei.- disse sottolineando il fatto che non sarebbero mai entrati. –Chi tocca l’acqua affoga.-
 Lui le fece segno di proseguire, forse non gli importava affogare?
-Dopodichè v’è da affrontare il Cerbero, un gigantesco cane a tre teste che sorveglia il passaggio.-
Lui non battè ciglio.
-Poi uno spaventoso traghettatore dal nome Caronte si assicurerà che tu l’avrai pagato e ti trasporterà dal terribile Ade, dio dei morti.- La voce di Athena suggeriva qualcosa di cupo, macabro.. ma Orfeo non sembrava impressionato.
-E’ tutto?- chiese impassibile.
-Ehm.. beh, si.- ammise la ragazza.
-Meraviglioso, si riparte.- annunciò alzandosi di nuovo. –Grazie delle tue indicazioni, quando io ed Euridice faremo ritorno ti ricompenserò.- disse e fece per andarsene.
-Ma.. ma.. io verrò con te.- balbettò Athena. Mentre Orfeo stava per ricominciare a suonare apparve una luce subito seguita dal corpo di Apollo. Lui non perse tempo, spostò violentemente ll’uomo che intralciava la sua strada e si diresse infuriato verso Athena.
–Come hai osato distruggere gli alveari e fatto fuggire le api di mio figlio Aristeo?-
Suo figlio Aristeo?! Quelle parole la stordirono per un po’ e Athena, suo malgrado, venne travolta da una sensazione di paura e rabbia, Apollo doveva essere veramente irato. Comprensibile.
Ma lei si continuava a focalizzare su un unico punto, -Tuo cosa?- chiese allibita. E’ vero, gli dei Greci avevano molti figli illegittimi ed erano noti per copulare tra di loro, ma non si aspettava che il dio del Sole così giovane  avesse già un figlio. Athena continuava ad essere stordita da quella notizia che il suo cervello si rifiutava di elaborare.
-Aristeo, dio dell’apicoltura, è mio figlio.- pronunciò solennemente. Ma non si dimenticò della sua rabbia.
-Cos’è che non comprendi sciocca fanciulla?- ringhiò vedendo che Athena lo guardava confusa.
-Io..ehm, no..- mentre tentava di articolare una frase di senso compiuto vide alle spalle di Apollo che Orfeo era ormai lontano e che non l’aveva minimamente aspettata.
-Oh dio Apollo, perdona la mia insolenza. Verrà ripagata con la mia morte. – disse, fece un inchino incerto e poi scappò verso la direzione di Orfeo. Apollo si materializzò davanti a lei bloccandole nuovamente la strada. Athena guardava al di là delle sue spalle, doveva assolutamente seguire Orfeo.
-Con la tua morte? Spiegati.- ordinò. Sapeva che non poteva liberarsi di lui facilmente, quindi gli disse che sarebbero scesi nell’Oltretomba e che lei sarebbe sicuramente morta, lui sembrava presa in contropiede, ma la lasciò andare senza molte storie.
Finalmente Athena raggiunse Orfeo con il fiatone. Fecero un’altra ora di cammino a passo spedito e finalmente furono arrivati davanti al lago.
-Bene.- disse sarcasica Athena, che si rese conto che avrebbe preferito mille volte stare a litigare con Apollo piuttosto che scendere di nuovo lì sotto.
-Come pensi di raggiungere il centro del lago?- chiese. Orfeo lasciò tutte le cose che aveva con sé sulla sabbia nera e rocciosa del lago, prese solo il flauto e cominciò a suonare senza risponderle. Quella melodia era lenta, erano all’inizio poche note e man mano che diventava più intensa queste si raddoppiavano, esprimeva tutto il dolore di Orfeo, tanto che nemmeno lui che stava suonando riuscì a trattenere le lacrime, Athena aveva versato le sue già dopo la prima strofa, sebbene avesse cercato con tutte le sue forze di contenersi. Magicamente dal flauto cominciarono a uscire delle parole, come se Orfeo stesse cantando a mente e questo le traducesse:

al cielo stellato
al profumo dei fiori
al vento, alla pioggia
Questa canzone io dedico a te
Che le Muse, e gli dei possano ascoltarmi
Alla dolce Euridice io regalo la mia vita
Possa io morire, e lei prendere il mio posto>


Lentamente le acque del Lago si fecero da parte e mostrarono una strada asciutta, dove i due sarebbero potuti passare. Orfeo smise di cantare ma continuò a suonare dolcemente, raggiunsero il centro e scomparvero verso il basso. Athena stavolta non svenne, e mentre la melodia le risuonava in testa cercava di svegliare Orfeo. Il Cerbero era minaccioso davanti a loro, stava per attaccare, la paura di Athena stava per prendere il sopravvento così da lasciare solo e privo di coscienza Orfeo. Ma questo si svegliò, e prima ancora di alzarsi prese il flauto e continuò a suonare. Il Cerbero si ammutolì, ascoltò la melodia e la ragazza era sicura che una delle tre teste avesse versato una lacrima, lui continuò a suonare fino a che il cane a tre teste non si addormentò profondamente. Poi le fece un cenno di intesa per fargli strada, e lei non aveva paura del mondo degli Inferi mentre era con lui, tutte le anime lo compativano, si univano ai suoi canti e cercavano tutti freneticamente Euridice. Caronte dopo aver traghettato loro aspettò con ansia il responso di quell’avventura e giurò di non traghettare più anime fino a che Ade non avesse concesso che Euridice tornasse in vita. Insomma L’Oltretomba si era fermato per lei. Una volta entrati nella sala vicino a quella del banchetto, solo molto più grande e molto meno accogliente, Orfeo ssmise finalmente di suonare.
-Oh Ade! Oh dio dei Morti! Dio degli Inferi, ti supplico! Fa che la mia sposa Euridice torni in vita sulla terra, non posso vivere senza di lei.- la sua voce si ruppe a quelle parole. Poi riprese il flauto e continuò a suonare fino a che Ade non sarebbe apparso davanti a lui:

che viver senza di lei,
I suoi capelli color del legno
I suoi occhi speziati di smeraldi
Lei mi rammenta il Sole
E’ il ricordo più bello che ho­>


Ade impietosito apparve davanti a lui. –Ancora tu?- chiese irato guardando Athena, non fece in tempo a riferirle altra parola che Orfeo si buttò ai suoi piedi.
-Ti supplico. Rendimi mia moglie.- piangeva. Athena si voltò nervosa dall’altra parte, era una scena straziante, anche Ade provava pena per lui.
-Taci!- disse con meno cattiveria del solito. –I tuoi canti e le tue melodie hanno angosciato tutti i morti, ebbene sia, ti rendo la tua sposa ma ad una condizione.- propose. “Ci risiamo”. Adesso Ade avrebbe fregato di nuovo Orfeo come aveva fatto con Persefone.
-Lei sarà la tua ombra, ti seguirà per tutto il viaggio di ritorno del mio regno, ma.. tu non dovrai voltarti fino a che non sarete sulla terra.- disse. –Se questo accadrà lei rimarrà qui.-
Orfeo ovviamente non se lo fece ripetere due volte, per lui era già fatta.
-Per tutti i morti, grazie signore delle tenebre.- lo ringraziò suonando per lui una canzone. E non appena uscì dalla sala Athena gli disse di non voltarsi: infatti Euridice era una nuvola di fumo grigio che aleggiava dietro di lui.
-C’è?- chiese ansioso.
-Si.- annuì Athena. –Ma ricorda di non voltarti.- gli ricordò. Lui per tutto il viaggio suonò un motivetto più allegro, salirono nuovamente sulla barca di Caronte e incontrarono di nuovo il Cerbero che continuava a dormire profondamente. In tutto quel tempo Euridice non disse una parola, fece solo un pallido sorriso ad Athena in segno di ringraziamento. Lui continuamente chiedeva conferma alla ragazza se la sua sposa fosse lì o meno, e aveva un’enorme desiderio di voltarsi per assicurarsene  ma ogni volta che succedeva Athena lo faceva sedere per riflette, lui si riprendeva da quella brama insopportabile e poi proseguivano il cammino.
Superato il Cerbero Orfeo, senza voltarsi, chiede indicazioni alla ragazza per uscire dall’Oltretomba.
-Io non lo so, l’ultima volta sono stata mandata dallo stesso Ade sulla terra. – ammise tristemente.
Orfeo sembrava confuso e cercò una via d’uscita, ma Athena vide in lontananza in uno dei tre atri un raggio di luce che disegnava il contorno di una porta. –Eccola!- esclamò Athena, la ragazza che non vedeva l’ora di uscire per la disperazione data dall’atmosfera di quel posto e per tutti i canti funebri e la situazione di Orfeo ed Euridice, corse verso i raggi di luce e provò ad aprire la porta.
 Orfeo la raggiunse raggiante, e proprio mentre Athena aveva girato il pomello per aprire la porta, lui non resistette più e si girò automaticamente per vedere la gioia dipinta sul volto di Euridice. Questa, che era veramente davanti a lui come l’aveva sempre vista, pianse una lacrima e con lo sguardo corrucciato si dissolse in un vapore informe che venne presto spazzato via. Orfeo cadde in ginocchio per la disperazione, gli occhi sbarrati che non riuscivano nemmeno più a piangere: il suo amore era morto, e lui non poteva più fare niente per riaverlo. Athena lo trascinò fuori dagli Inferi prima che lui vi rimanesse dentro, non appena la porta si chiuse lui cominciò a sbattere sopra i pugni urlando, ma questa si dissolse: erano nello stesso punto da dove erano partiti.
-No!- piangeva e gridava. Alla ragazza si spezzò il cuore, non poteva sopportare una scena simile, provò a consolare l’uomo ma questo si rivoltò contro di lei.
-E’ colpa tua!-  le urlava. –E’ colpa tua se l’ho persa per sempre!-
Athena era completamente scioccata, non aveva nemmeno la forza di correre via, e prima che svenisse per il dolore e le forti emozioni vide Apollo che la prese tra le braccia, -Vieni con me.- disse benevolo e la portò lontano.
 

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Capitolo 14
*** Il Toro Bianco ***


Athena stavolta si svegliò di nuovo sulla spiaggia, era il mattino seguente e potè godersi tutta l’alba. Tentò con tutta se stessa di non pensare a quello che era successo il giorno prima, ma non ci riuscì, la melodia di Orfeo risuonava ancora nelle sue orecchie. Il dolore di Athena stava diventando insopportabile, la ragazza provò una mossa disperata e si tuffò in mare in preda ai singhiozzi, almeno così avrebbe potuto nascondere le lacrime. Mentre urlava e piangeva sfogandosi sotto la superficie dell’acqua sentì qualcosa accarezzarle i capelli: era Alana. Athena le fece segno di salire a galla.
-Oh Athena, perché gridi?- chiese preoccupata la nereide. La ragazza non seppe darle una spiegazione precisa.
-Sono triste.- concluse. Alana continuò ad accarezzarle i capelli, -Non c’è rimedio alla tristezza a volte.- disse sconsolata, poi il suo volto si illuminò, -O forse si.- sorrise raggiante. I suoi occhi speziati di turchese si illuminarono gioia: era la creatura più bella che avesse mai visto. –Ti andrebbe un giro al castello?- chiese entusiasta.
-In realtà.. si.- ci ripensò la ragazza. Non vedeva l’ora, sarebbe stata di nuovo al castello e avrebbe di nuovo visto..tutto il popolo marino.
-Bene, allora ti trasformerò.- disse la nereide, ed in un secondo Athena aveva di nuovo preso forma di una nereide.
-Questa veste non ti si addice.- storse il naso. Le tolse sbrigativa il vestito che le copriva il corpo.
-Ma..ehm, non posso indossare qualcos’altro?- chiese timidamente, non se ne sarebbe certo andata in giro nuda. Alana, che invece come il resto delle altre creature lo era, la guardò confusa ma non si perse d’animo.
Prese due conchiglie dal colore giallo e gliele sistemò sul petto e queste le restarono attaccate senza muoversi. Alana le fece l’occhiolino e sorrise. Finalmente le due nuotarono parlando verso il castello e la nereide la accompagnò al palazzo per annunciare l’ospite.
-Aspetta.- le disse sorridendo e spostandole i capelli tutti da una parte, poi le attaccò un fiore rosso al lato della testa, incastrato sopra l’orecchio e i capelli.
-Così sei perfetta.- disse sorridendo e dandole un dolce bacio sulle labbra, che lasciò l’umana abbastanza sorpresa. Athena stava per entrare quando il mare venne scosso da una violenta ondata.
-Oh oh.- esclamò la nereide. –Qualcuno è più nervoso del solito oggi.-
-Beh, forse non dovrei..- Athena stava già per rinunciare.
-Si invece, vai!- la incoraggiò ridacchiando. La ragazza di ritrovò nell’atrio del palazzo del dio del mare. Era tutto di marmo bianco e di madreperla, milioni di fiori e alghe marine ornavano le scale e le colonne corinzie, altrettanti cavallucci marini e delfini scorrazzavano di qua e di la, era un’esplosione di colore e vitalità. Nuotò verso il piano superiore seguendo il percorso delle scale e tramite molti corridoi ed indicazioni bussò nella sala del trono. Produsse un suono sordo, ma le porte si aprirono da sole subito dopo e diedero sulla visuale di Poseidone seduto su un grande seggio dorato con in mano lo scettro.
Di nuovo Athena fu invasa dalla sensazione di indecisione e di perenne insoddisfazione, con continui cambi d’umore non appena si posarono gli occhi addosso a vicenda.
Lui si alzò dal trono e le sorrise. Lei con tutto il coraggio andò verso di lui e fece un inchino.
-Benvenuta.- disse.


Nemmeno cinque minuti che la stanza venne invasa da migliaia di consiglieri dall’aspetto di pesci e di tritoni.
-Non è stato sacrificato il toro bianco.- continuavano a dirgli. Lui preoccupato ed irato allo stesso tempo fece più volte scuotere il mare per le sue violente emozioni contrastanti.
-E che sia,- decise dopo un momento di riflessione, -che Pasifae partorisca una creatura mostruosa nata dal toro bianco.- annunciò e con immensa potenza prese in mano il tridente e lo sbattè con forza sul terreno. Questo emanò una luce dorata più intenda del solito e un raggio si elevò dalla punta al centro per finire verso l’alto. Dopodichè Poseidone con un cenno mandò tutti via.
Athena comprese che era un cattivo momento e si voltò imbarazzata per seguire tutti gli altri.
-No!- le ordinò lui fermandola. Lei sorrise piena di speranza. –Resta.- le disse.
Lei si girò lentamente e non appena lui scese dal trono lei lo sentì più vicino ed il respiro le mancò di nuovo.
-Posso andare se..- disse ma lui scosse la testa tanto severamente che lei non osò più parlare.
-Una faccenda di lontano tempo, ma di grande importanza. – disse solennemente, era preoccupato.
La ragazza non parlò per farlo proseguire con la sua spiegazione. Lui si muoveva inquieto, poggiando la sua attenzione su oggetti sempre nuovi, alla ricerca di qualcosa di impreciso.
-Un giorno molto lontano, si narra che mentre Europa era intenta a giocare con le sue ancelle le apparve un torello candido come la neve che altri non era che mio fratello Zeus. Questo la portò a Creta dove si unì a lei e poco dopo da questa unione nacquero MinosseRadamanto Sarpedone. Quando Zeus lasciò Europa, quest'ultima sposò Asterione, re di Creta, e poichè le loro nozze si rivelarono sterili, Asterione adottò i tre figli di Europa e li nominò suoi eredi legittimi. Alla morte del padre, Minosse rivendicò per se il trono di Creta  affermando che era il volere degli dei e mi pregò di fare uscire qualcosa dalle acque del mare con la promessa di offrirmelo poi in sacrificio a testimonianza del volere degli dei.- fece una pausa dove strinse i pugni. -Accolsi le preghiere di Minosse e feci uscire dalle onde del mare un magnifico toro bianco che valse a Minosse il regno di Creta,ma lui non me lo sacrificò mai, dicendo che esso era troppo bello per ucciderlo ed offrirmelo.- finì con gli occhi pieni di rabbia. Athena che era a pochi metri da lui sentì montare in lei un’ira feroce di distruzione, data dall’offesa subita, ogni azione era giustificata in quel momento. Si girò verso di lei col fare disperato, adesso era disperata anche lei. La cercava con gli occhi, cercava di capire se anche lei si sentisse così, e lei non poteva farne a meno, lei sentiva le stesse cose che provava lui.
-Chi è Pasifae?- chiese con la voce bassa.
-E’ la moglie di Minosse.- disse alzando lievemente il lato destro delle labbra, un sorriso amaro.
-Si, è terribile ciò che ho fatto.- trascrisse i pensieri d’orrore di Athena: il dio del mare aveva appena fatto concepire alla moglie di Minosse una creatura mostruosa, nata dall’ossessione di lei per il toro bianco che Minosse non voleva rendere al dio. Ed Athena sapeva come sarebbe andato a finire questa storia? Se non poteva fermarla perché non poteva venirne fuori?
-Ha recato una grande offesa al dio del Mare,- sospirò come se avesse dovuto farlo contro la propria volontà, -e deve essere punito.- concluse.
Era giusto? No. Athena doveva fermare quella barbarie? Si. Ma poteva? No, e soprattutto non voleva. Lei voleva stare dalla sua parte, voleva appoggiarlo, consigliarlo.
-Io devo confidarti che non ho fatto altro che cercarti questi giorni.- disse all’improvviso. Il mare si scuoteva dolcemente, ansioso. Athena arrossì e guardò subito in basso, stava per rispondergli.. aveva appena alzato lo sguardo e la lingua stava per formulare un altrettante dolce frase quando un orrendo pensiero le venne subito in mente.. il tempo. Quanto ne era passato? Athena guardò allarmata, tutto qullo che stava per dirgli si trasformò in un suono muto, in mille bolle di poco ossigeno che le uscivano dalla bocca: non aveva più le branchie.

 

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Capitolo 15
*** Abbandono ***



Nei pensieri di Athena c’era solo il panico, non aveva più aria.. e si trovava sul fondo dell’oceano. Stavolta sarebbe morta, provò  a nuotare, ma fece solo pochi metri poiché le pinne erano ormai svanite. Sentì l’acqua entrarle nei polmoni, agitava le mani agitata, provava ad urlare .. e piano piano la sua mente si annebbiava, ormai aveva inghiottito così tanta acqua da sentirsi pesante, il suo corpo si afflosciava verso il basso. Davanti a lei Poseidone era inerme, quando se ne rese conto non fece in tempo a portarla a riva perché lei era già svenuta.
La ragazza sentì qualche rumore di sottofondo che la turbava. Lei voleva solo dormire, ma adesso anche una strana luce si voleva infiltrare tra le sue palpebre non permettendoglielo. I suoni si fecero più acuti, ed adesso sentiva e distingueva le voci. Qualcuno le stava battendo forte il petto e poi le soffiava aria, una figura indistinta con dei capelli lunghi e lisci, ch dopo poco si fece sempre più chiara. Iris.
L’umana sputò fuori enormi quantità d’acqua, e l facevano male in modo incredibile tutta la parte superiore del petto e la testa e scostò Iris per non vomitarle addosso.
-Oh Apollo, hai ascoltato le mie preghiere.- sospirò la driade.
Apollo era ancora una figura indistinguibile per la ragazza, che aveva ancora gli occhi offuscati da tutti quella luce e dall’acqua, ma le era proprio vicino, mentre lei era incosciente.
-L’hai fatta annegare! Stolto che non sei altro.- gridò alle onde.
Con un turbinio il colore del mare si fece di un grigio scuro, e ne emerse Poseidone che con il tridente sovrastava tutta la superficie dell’acqua, -Moderna le tue parole, Apollo. Non osare offendermi anche tu, rispetta il dio del mare.- tuonò severo e scomparvero entrambi.
Iris svegliò Athena e la aiutò a riprendersi, erano sulla spiaggia tutte bagnate e Iris le diede un velo per coprirsi ed asciugarsi.
-Sono.. quasi morta.- disse dopo un po’. Iris le massaggiò la schiena, -mi hai spaventata.- ammise.
-Ero giunta a cercarti, ed ho visto qualcuno trascinare il tuo corpo sulla riva, dopodiché è scomparso.- raccontò. Era Poseidone ad averla trascinata sulla sabbia, Athena ne era sicura. Ma quello che non sapeva era che a salvarla era stato proprio un dio. Ma perché non aveva fatto niente? Perché non l’aveva salvata prima? Athena non riusciva a spiegarsi tutto ciò.


Era distesa all’ombra di un albero. Non avrebbe fatto il bagno per un po’, ne era sicura, o almeno non nell’acqua più alta di un metro. Iris era andata a prenderle del cibo, costringendola a restare seduta a riposare contro il suo volere. Lei poteva farcela benissimo, non le serviva che una ragazzina si prendesse cura di lei. Davanti a lei apparve all’improvviso il dio del mare. Pensò che fosse un’allucinazione, forse l’acqua le era entrata nel cervello, oppure era possibile?
Spaventata indietreggiò, ma aveva la schiena attaccata al tronco dell’albero, non poteva andare più indietro di così, provò ad alzarsi ma quando fece forza sulle braccia queste cedettero. Era proprio una rammollita.
-Athena.- pronunciò il suo nome gentilmente. La ragazza emise un mormorio di spavento.
-Ascoltami,- cominciò severo con uno sguardo angosciato, Athena venne invasa da una tristezza mai provata prima.. sapeva cosa stava per dirgli ancor prima che lo dicesse,- voglio scusarmi per aver quasi procurato la tua morte, non era mia intenzione. Io ero.. assorto da qualcos’altro. Ma credo sia chiaro ad entrambi che ciò non accadrà più, tu sei una fanciulla umana e come tale meriti di rimanervi, il tuo mondo è terreno, mentre il mio è marino. Apparteniamo a due mondi diversi che non hanno modo di incontrarsi se non per pochi minuti.- il suo tono era sempre lo stesso, austero ed indifferente, era dentro che stava scoppiando una guerra. Non la guardò nemmeno per un attimo.
-Ma..- Athena stava per rispondergli anche se il suono della sua voce era strozzato. Non poteva essere così avventato, potevano trovare una soluzione per..stare insieme. Ma lui scomparve di nuovo e lei scoppiò a piangere. L’aveva abbandonata due volte.

La ragazza ne aveva abbastanza, voleva un po’ di normalità, voleva tornare alla realtà e chiudersi in se stessa in un posto che almeno le era familiare. Così girò l’anello e tornò dai suoi genitori. Si levò l’anello e lo chiuse nel primo oggetto che le capitò a tiro, la sua borsa.. e non lo toccò per tre giorni interi, durante i quali non faceva che piangere e reprimere i ricordi. I genitori erano preoccupati, e le offrivano di tornare a casa una volta per tutte, lei gli aveva raccontato che era morta una sua conoscente e l’aveva appena saputo via messaggio. Una cosa terribile, ma non aveva fatto nomi, ed in parte era vero, anche se non erano proprio sue amiche sia Diana, che Persefone, che Euridice erano morte. Non era quella la causa del suo pianto, ma almeno non aveva detto una bugia. I suoi le avevano proposto di tornare prima, il soggiorno di tre settimane era quasi concluso, mancavano solo cinque giorni al loro ritorno ma potevano anticipare. Athena ci riflesse a lungo. Voleva tornare a casa, perché nemmeno lì nell’albergo si sentiva totalmente al sicuro ed aveva nostalgia, ma non era giusto andarsene così. Avrebbe per lo meno riportato l’anello al suo posto, così che un’altra ragazza o un altro ragazzo avrebbe potuto prenderlo, e poi voleva salutare Iris.
Il giorno dopo si fece forza ed uscì dalla stanza, anche perché avevano in conto una visita guidata e aveva deciso che quello stesso giorno sarebbe andata dalla driade e l’avrebbe rivista per l’ultima volta.
 

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Capitolo 16
*** Il Labirinto del Minotauro ***


Quel giorno la guida li portò in un’isola vicina ad Atene, ma quando Athena si accorse delle meta era troppo tardi.
-Ho il mal di mare!- era vero.
-Sapevi che era tra i posti che dovevamo visitare, non fare la bambina!- la sgridò la madre.
-E’ un bellissimo posto, ci staremo solo mezza giornata.- provò a convincerla il padre.
-E’ troppo!- protestò. I suoi la stavano letteralmente spingendo fuori dal letto.
-Athena smettila!- urlarono in coro. Sebbene la ragazza li avesse ignorati per un bel po’ non poteva farci niente, ormai la gita era organizzata e lei doveva andare a Creta.
Presero il traghetto in tarda mattinata ed arrivarono al palazzo di Cnosso, questo era gigantesco e letteralmente a pezzi, di cui alcuni anche colorati di rosso, come le colonne, e muri dallo sfondo blu in cui era dipinto un toro inferocito.
-Questo palazzo costituiva il centro politico, religioso ed economico dell’impero e fu costruito intorno ad un cortile dove si esibivano degli atleti che volteggiavano sui tori, animale sacro per i cretesi..- spiegava la guida, mentre il padre alzava continuamente la mano per precisare alcune cose, il che era imbarazzante. Athena cercò di ammirare il paesaggio ed interessarsi ma proprio non ce la faceva, era tutto stupendo ma era l’ultimo luogo dove voleva stare proprio perché il dio del mare glielo aveva menzionato prima di..quello. Athena scosse la testa per non pensarci, cercava solo un posto nascosto ed un attimo da sola per sparire e salutare Iris.
-La trama del palazzo era così complessa che viene addirittura descritto come labirinto nel mito del Minotauro e in quello del filo di Arianna..- continuava la guida. Athena rabbrividì al solo suono di quella parola, e mentre stavano passando davanti al dipinto per entrare nel vero e proprio palazzo Athena osservò irrequieta il toro, che le sembrava avesse allargato le narici. “Oh no”, pensò, “sta succedendo di nuovo!” Si riferiva al tempietto di Zeus sotto alla grotta, e non potè fare a meno di sorridere, anche se cambiò immediatamente espressione ricordandosi gli ultimi eventi. Entrarono in una stanza con un affresco appeso sopra la porta, che raffigurava delfini celesti.
-Si pensa che il palazzo di Cnosso sia stato ubicato proprio in quella posizione perché nei pressi del monte Ida, il luogo dove era vissuto Zeus e probabilmente Poseidone.- Athena sussultò vistosamente, tanto che molti dei turisti si voltarono a guardarla, ma lei scosse subito la mano in segno di non preoccuparsi.
-Infatti Minosse aveva pattuito con il dio del mare che quest’ultimo dovesse offrirgli un toro, ma Poseidone dopo averlo fatto maledì il re e fece nascere il Minotauro, una feroce bestia con il corpo di un uomo ma il volto di un toro.-
Falso! Era quasi tutto falso! La ragazza urlava dentro di sé indignata. La storia non era affatto quella e lei lo sapeva, così se ne andò per fatti suoi senza ascoltare la guida, il padre le diede il permesso dato che anche lui sapeva la vera versione della storia. Athena era ancora scossa per quello che aveva detto la guida, dato che l’aveva citato più volte, come se lo volesse fare fastidiosamente apposta.
La ragazza stava svoltando verso un corridoio interno, quando vide un filo rosso dietro l’angolo che si era come srotolato dal nulla, si guardò intorno per vedere se era stato lo scherzo di qualche bambino o di qualche guida ma non vide nessuno, così decise di seguire il filo riarrotolandolo. Questo la diresse in un vicolo cieco all’interno di tre mura, l’estremo del gomitolo indicava un messaggio scritto sulla sabbia:

Athena ci mise un po’ a convincersi che non poteva essere un caso, si chiese chi le avesse scritto ciò ma non aveva dubbi, era il tipo dalla voce misteriosa che l’aveva condotta anche alla caverna. Così prese forza e girò l’anello a sinistra. Le mura attorno a lei non scomparvero stavolta, si chiese se avesse funzionato o se forse non l’aveva girato nel verso giusto, lo straziante pensiero che quell’anello non fungesse più la angosciò così tanto che si pentì di non esserci tornata più spesso o di aver desiderato che tutto quello finisse. Mentre era incredula ancora a terra osservò meglio la pietra davanti a lei: sembrava quasi nuova, appena recisa.. non era circondata di polvere e di colore giallastro come quella di prima. Si girò e notò subito che attorno a lei c’era il vero palazzo di Minosse.. tutto intero, e che gli abitanti passeggiavano e parlavano tranquillamente. Athena si appiattì al muro, e notò la sua bianca tunica che svolazzava innocente, i suoi capelli erano cinti da un cerchietto che glieli portava indietro, si guardò un attimo le vesti e poi con molta calma uscì dal vicolo. Attorno a lei migliaia di colori diversi e di persone, adulti e bambini, scorrevano tra i corridoi del palazzo, si avvicinò verso le balconate per ammirare sotto di lei l’enorme labirinto ch si stendeva ai piedi del palazzo e ne restò ammaliata, era un paesaggio sublime.

Mentre era lì indisturbata che contemplava la bellezza e al contempo la terribile visione del labirinto, due uomini a torso nudo la presero per le braccia, due per ogni lato,e la alzarono di peso senza dargli troppe spiegazioni.
-Ehi!- gridò colta dallo spavento e senza pensare molto al vocabolario.
-Dove mi portate?- chiese, ma non ottenne risposte fino a che questi non la portarono nella stanza del trono che aveva visitato poco prima, solo che questa era molto più regale e..intatta.
Un uomo di tarda età, magro e con una specie di occhiali parve riconoscerla.
-Finalmente!- le disse sollevato scrutandola bene. Anche lei era sollevata, sicuramente chi l’aveva attratta con il filo verso il cunicolo doveva aver parlato con quest’uomo e gli aveva detto chi era.
-Io mi chiamo A..- la ragazza stava presentandosi quando lui la interruppe in malo modo.
-Non voglio sapere il tuo nome, giovane Ateniese, questo non ti risparmierà la condanna.- ammise scrivendo qualcosa.
-Cosa?- chiese confusa.
Lui non sembrava avere l’aria di volerle parlare o dare una minima spiegazione, infatti la condusse verso una sala con altre persone e la chiuse dentro. Contò sei ragazze e sette ragazzi.
-Sei la fanciulla che è scappata? Io non ti ho mai vista.- chiese dubbiosa una ragazza che la stava squadrando.
-Oh, dato che sei scappata, sarai la prima ad entrare nel labirinto,- disse l’uomo aprendo una fessura quadrata al centro della porta per parlarle. Athena non riusciva a capire minimamente cosa stesse succedendo, ma non ci mise tanto a fare due più due.
-qualche altro volontario?- rise a crepa pelle l’uomo, e si sentirono altre persone dietro la porta appoggiarlo nel suo sadico ridolìo.
-Io.- disse una voce rauca dalla prima fila. L’uomo, contrariato, non disse più una parola e chiuse la fessura lasciandoli alla debole luce di una finestra circolare posta nell’alto della stanza.
-Come ti chiami?- chiese Athena secca per confermare ogni suo dubbio.
-Teseo.- lui confermò i suoi temibili pensieri.

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Capitolo 17
*** Il Mito di Teseo e il Minotauro ***


Athena non parlò più. Tutti loro erano spaventati : erano i sette fanciulli e le sette fanciulle estratti a sorte per essere mandati a morire nelle fauci del minotauro. Ma perché lei era tra di questi? Qualcuno voleva che lei morisse? In quel preciso momento si chiese perché non ci fosse arrivata prima: era stato Ade, lui la voleva morta. La sua mente ribolliva di rabbia, e decise che gliel’avrebbe fatta pagare, lei avrebbe tentato con tutte le sue forze di non far morire per nulla al mondo quei tredici ragazzi con cui condivideva gli ultimi momenti di panico. Ma si ricordava chi era Teseo, e sapeva che in qualche modo li avrebbe portati in salvo, solo che non sapeva come. Ma soprattutto si accorse di non sapere perché erano in quella situazione.
-Perché solo gli Ateniesi devono essere sacrificati?- chiese a bassa voce a Teseo che era accanto a lei, concentrato a fissare il terreno. Temeva che la sua fosse una domanda troppo stupida e non voleva farsi sentire dagli altri.
-Perché il figlio di Minosse, Androgeo, morì per mano degli ateniesi poiché aveva vinto eccessivamente ai loro giochi disonorandoli, dunque Minosse decise di vendicarsi della città di Atene facendo inviare ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle come pasto al Minotauro, che si ciba di carne umana..- raccontò inquietantemente spuntandole alle spalle la ragazza che prima le aveva rivolto parola. Aveva anche alzato la voce apposta, per far sentire a tutti che lei non lo sapeva.
-Lo avevo chiesto a lui.- rispose seccata Athena. –Ma grazie.-
-Lo sanno tutti.- commentò la ragazza. “Se magari fossi Ateniese lo saprei” commentò sarcasticamente a mente.
-Qual è il progetto di fuga?- chiese Athena a Teseo. Doveva averne per forza uno, giusto? E loro dovevano essere compresi, quindi meglio studiare tutto subito.
-Due di noi entrano nel labirinto, in tal caso siamo noi due, - spiegò Teseo concentrato, -io uccido il Minotauro e tu cerchi di scamparvi.- conclude soddisfatto. Che razza di piano è? Lei dovrebbe andare a caso tra i corridoi sperando di non incontrarlo o in attesa che lui lo uccida?
-Non esiste.- ribattè Athena.
-Chi non esiste?- chiese dubbioso. La ragazza alzò gli occhi al cielo. “Il linguaggio, il linguaggio” si ricordava a mente.
Qualcuno aprì la fessura e si scorsero degli occhi marrone mogano, che con quella luce sembravano quasi rossi, era una donna. 
-E dunque Teseo e quella ragazza sono i primi due fanciulli che verranno sacrificati.- esordì ad alta voce, che suonava quasi infantile, forse aveva la sua stessa età o poco di più.
-Athena.- precisò la ragazza notando che Teseo non fece nemmeno lo sforzo di alzarsi da terra, si limitò a volgere lo sguardo verso di lei.
-Arianna.- mormorò rivolgendosi a lei. Lei gli fece segno di avvicinarsi mentre diceva alle guardie di lasciarla da sola, ma Athena potè sentire ugualmente tutto il discorso perché era a pochi centimetri da loro.
-Non so come salvarti, dolce amore mio.- gli ripeteva dispiaciuta. Athena cercò con tutta se stessa di non ascoltare la loro mielosa conversazione su quanto fossero importanti l’uno per l’altra. Puah. Stava aspettando la parte del filo, ma questa non arrivava.
-Devo andare. Uccidilo per me.- gli disse. Stava veramente per andare?! Doveva intervenire.
-Aspetta!- la fermò Athena e tutti si girarono a guardarla.
-Ho un’idea.- disse abbassando la voce, mentre Arianna e Teseo la guardavano interessati.
-Se hai con te qualcosa come un.. ecco tipo un…filo,- balbettò Athena, - potremmo tracciare un percorso all’interno del labirinto e trovare facilmente l’uscita.- propose. Inoltre stava aspettando che l’anello si stringesse attorno al suo dito o che bruciasse ma non successe niente di tutto ciò.
Arianna sembrava stupita e guardò Teseo in cerca di consenso.
-Potrebbe funzionare.- annuì Teseo.
Decisero che Arianna avrebbe portato un filo sufficientemente lungo davanti all’entrata e scappò via per paura che qualcuno l’avesse sentita.
-Grazie e non temere, gli Ateniesi attribuiranno a te l’ingegno dell’impresa se questa sarà compiuta.- disse Teseo rimettendosi seduto.
-Non voglio il merito. Inoltre sarai tu ad uccidere il Minotauro.- gli spiegò sedendosi vicino a lui.
-Come mai ti sei offerto volontario?- chiese Athena con delicatezza. Forse non voleva parlarne.
-Voglio mettere fine a questa barbarie, inoltre nella mia patria c’è qualcuno che mi aspetta.- sospirò nostalgico.
-I tuoi parenti?- chiese.
-Certo mio padre sarebbe fiero di me, ma c’è la fanciulla che amo.- confessò.
Ah. –Io pensavo che..- si fermò all’istante, non voleva interferire, -Nulla, nulla.- si zittì.
-Arianna?- sorrise. –Non è lei che amo.- si strinse le spalle. Fantastico, quindi stava usando Arianna per salvarli, il che dato che anche Athena era in quella situazione, si stava rivelando geniale. Ingiusto, ma non c’era altra via, così la ragazza annuì senza che lui avesse dovuto spiegarle le sue ragioni.
-Tu hai qualcuno che ti aspetta?- chiese all’improvviso, lei non se lo aspettava.
Ci riflesse un momento, era ovvio che non si riferiva ai suoi genitori.. e nemmeno ad Iris.
-Non penso di averlo mai avuto.- ammise. Lui la strinse in un abbraccio forte, si stavano facendo coraggio a vicenda.

Poche ore dopo, che sembravano giorni interminabili, si aprì per loro l’ultima volta quella fessura. E Athena ne era grata, forse poteva morire ma la sua scelta era preferibile a quelli degli altri ragazzi che, se la loro missione non fosse andata a termine, avrebbero aspettato tutto quel tempo vedendosi ogni volta diminuire. La ragazza rabbrividì e quando la fecero uscire dalla stanza allargò le braccia in modo tale che le guardie non dovessero strattonarla più di tanto nello scortarla fino al labirinto. Teseo e lei si guardarono intensamente, avevano entrambi l’adrenalina a mille ed erano spaventati ma non fiatarono.
Vennero scortati per il palazzo dove tutti potevano osservarli e Athena non mancò di guardare trucemente tutti quelli che non impedivano questa assurdità, dopodiché raggiunsero delle scale che portavano verso il basso, le seguirono fino a che non videro un cancello alto, fatto di spuntoni di legno che davano verso l’interno per non farli scappare. Athena sii lasciò sfuggire un gemito di paura, le guardie stavano aprendo il cancello e loro due si strinsero forte la mano, ancora una volta per infondersi coraggio. Li spinsero dentro e sentirono cigolare dietro di loro il cancello di legno che si chiudeva. Era un suono terribile. Athena si sentì in trappola, si sentì sola ed adesso come non mai voleva girare l’anello e tornarsene a casa.
Ci fu un suono assordante e metallico che rimbombò per molto tempo, era come se fosse il campanello che designava l’ora del pasto.. e forse era proprio quello.
 Aspettarono a lungo Arianna senza muoversi, pietrificati dalla paura e con le mani che gocciolavano sudore, ma finalmente sentirono un rumore di passi dietro di loro, il cancello era molto alto ma dall’estremità di esso cadde una matassa di lana.
-Addio.- sentirono dire dall’altra parte. “Confortante” pensò Athena, infatti Teseo nemmeno le rispose, legò strettamente il filo al cancello e prendendo un respiro profondo, i due cominciarono ad avanzare tra i muri del labirinto srotolando il filo. C’era un silenzio inquietante e tutti e due erano attenti a non fare rumore quando camminavano, quindi di parlare non ci pensavano minimamente gli basta comunicare a gesti, giusto il “Fermo” con l’alzare della mano, ed il destra e sinistra indicando la via. Dopo poco finalmente Teseo trovò la spada che aveva accuratamente nascosto Arianna per lui e la sguainò guardandola luccicare, ma qualcosa dietro loro si mosse. Sentirono qualcosa che sbuffava, qualcosa di tremendo e sentivano gli zoccoli sbattere sul terreno, prima con spaventosa lentezza e poi sempre più vicini e veloci. Teseo alzò la spada e strinsero le schiene, Athena non aveva nulla con cui difendersi così prese la pietra più appuntita che riuscì a trovare. Continuavano a girare su loro stessi per essere sempre attenti, e lo sentivano vicino, sentivano la puzza e l’odore raccapricciante di sangue rappreso.. sapevano che era dietro ad uno dei muri che li circondava. Questo si fece vedere dopo almeno un’ora, loro erano stanchi ma sempre attenti, ed era risaputo che a lui piaceva “giocare” con le prede prima di ucciderle brutalmente. Attaccò dal corridoio di sinistra, che sfortunatamente era quello davanti ad Athena, la ragazza in un secondo che le sembrò almeno un minuto contestualizzò la situazione: dapprima venne spaventata dall’aspetto del Minotauro, i suoi occhi neri e piccoli erano la cosa che la impauriva di più, si comportava completamente da bestia, aveva di umano solo il corpo perché vedendo come li aveva guardati notò in lui la scintilla d’ira, di follia, che lo spingeva a cacciare, a tuffarsi verso di lei. Poi pensò che sarebbe morta in modo doloroso, poiché lui non se la sarebbe certo pappata alla svelta, l’avrebbe torturata giocandoci un altro po’. Ed infine capì che voleva e doveva fare qualcosa, perché non voleva morire, lei voleva continuare a vivere.
-Teseo!- urlò acutamente presa dal panico, e mentre lui faceva un balzo verso di lei gli lanciò con tutta la forza che aveva la pietra che teneva tra le mani, che lo colpì sulla spalla che servì solo a contrastarlo leggermente.
Teseo ebbe il tempo di girarsi e ferì il Minotauro nello stesso punto dove Athena lo avevo colpito, la ragazza lo sentì ululare dal dolore, e nel frattempo prese un’altra pietra e si preparò a colpirlo di nuovo, stavolta lo prese alla testa, in mezzo alle corna e questo battè ritirata dietro il muro.

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Capitolo 18
*** Il Mito di Dedalo e Icaro ***


I due erano in allerta, erano entrati nel labirinto nel tardo pomeriggio e in quel momento era piena notte. Il Minotauro li attaccava di continuo, più o meno una o due volte all’ora e poi tornava a rintanarsi da qualche parte e tutto ciò era estenuante. Athena era tenuta sveglia dalla paura e dall’adrenalina, adesso il suo stato d’animo era più attento e insieme calmo del solito, aveva visto il minotauro, lo aveva attaccato e lo stava aspettando di nuovo ma sapeva cosa aspettarsi, perciò non vedeva l’ora che lui ci rifacesse di nuovo vivo.
-Stavolta morirà.- disse con cattiveria. Era stanca e ferita, e non dava retta più di tanto alla ragionevole clemenza che l’accompagnava di solito.  Il Minotauro l’aveva sbattuta a terra violentemente e le corna le avevano lacerato la coscia destra, per fortuna non era tanto profonda ma era molto estesa e sanguinava.
Nel frattempo lei aveva accuratamente collezionato molte pietre e aveva passato le ore ad affilarne qualcuna, non si erano mai lasciati, in quelle situazioni si sa che non ci si deve dividere.
-Ogni quanto i fanciulli nel labirinto?- chiese.
-Circa ogni quaranta giorni.- disse sedendosi.
Guardarono le stelle e lui le insegnò un po’ di cose che sapeva, diceva che tutti i fenomeni metereologici erano voluti dagli dei, poiché erano irati o estremamente felici. Athena pensò alle bolle, ma represse il ricordo.
-Non si vede da un po’.- ci pensò Athena dopo mezz’ora di silenzio. Dovevano tenersi svegli, fare i turni per quella notte era troppo rischioso.
-Forse dorme.- propose Teseo, la ragazza sorrise. I suoi capelli ricci e corti tra la bendana erano tutti impolverati.
-Forse ha dei sentimenti.- disse ancora guardando in alto.
-Tutti abbiamo dei sentimenti, i suoi sono solo più.. feroci.- Stavolta Teseo rise.
-Perché nessuno è degno di aspettarti?- chiese all’improvviso.
-Sono io a non essere degna di lui.- mormorò sommessamente.
-Come può essere? – si voltò verso di lei.
-Siamo troppo diversi.- spiegò.
Teseo rise più forte. –Posso confessarti un segreto al patto che tu non ne farai mai parola?- chiese.
-Ovviamente.-  Le strinse la mano di nuovo, dolcemente.
-Non mi aspetta una fanciulla a casa, bensì un fanciullo.- confessò. Ecco perché non poteva essere innamorato di Arianna.
-Perché dev’essere un segreto?- gli domandò.
-Ad Atene come in tutte le altre parti che io abbia raggiunto questo può avvenire solo su base di un percorso prima dell’età matura, come se fosse un percorso educativo. Dopodichè non è più concesso.- fece una pausa, -Se uccidessi il Minotauro mio padre Egeo mi darebbe la possibilità di stare con la persona che amo.- concluse.
-Lo uccideremo.- lo confortò Athena e lui sorrise speranzoso. Si sentì un guaito che li riportò alla realtà.


Era tarda mattina quando Athena si svegliò scomodamente con la schiena a pezzi.
-Eravamo d’accordo di tenerci svegli.- protestò Athena nervosa.
-Eri stanca e non ci ha attaccati, inoltre anche io ho dormito circa due d’ore. -
Ormai non si spostavano da quel punto da un po’ di tempo, così il minotauro poteva sapere dove fossero e li avrebbe attaccati subito,ma era insopportabile restare lì dentro ad aspettare.
-Ho un’idea.- disse Athena che stava perdendo tutta la sua dose di coraggio assassino di quella notte.
-Salgo sul muro, così posso vederlo dall’alto.- propose. A Teseo sembrava una buona idea così la issò sulle larghe spalle e la spinse in alto, lei si arrampicò e con un po’ di difficoltà per la coscia alla fine riuscì a raggiungere un equilibrio. Da lì il labirinto sembrava ancora più vasto ma non riusciva a distinguere i corridoi, così si mise in piedi per guardare meglio e vide qualcosa di molto strano, erano due uomini che stavano scappando in lontananza e venivano dalla loro parte. Il minotauro stava per raggiungerli così decise di aiutarli, -Voi!- li chiamò dall’alto.
Loro la guardarono come si guarda ad una divinità, e forse allora appariva tale.
-Sinistra! Adesso due volte a destra!- gli stava dando delle indicazioni per raggiungere lo spiazzo dove erano loro.
-Con chi stai parlando?- le urlò Teseo sconvolto.
-Ci sono due persone! Due uomini!- gli spiegò velocemente.
-Non è possibile, è troppo presto per altro cibo e solitamente giungono un uomo ed una donna.- protestò.
-Dritto e poi a sinistra.- urlò e scese dal muro con un balzo che impressionò il ragazzo.
I due arrivarono con il fiatone, avevano i pochi vestiti restanti stracciati ed erano sporchi ed impolverati.
Alla ragazza però brillavano gli occhi, non aspettava altro.. voleva ucciderlo, e li stava rincorrendo perciò sarebbe giunto a momenti e lei lo aspettò in prima linea, al lato dell’entrata del corridoio così da coglierlo di sorpresa con il suo pugnale improvvisato. Purtroppo per lei, le arrivò alle spalle e quasi la inchiodò con le corna se non fosse stato per Teseo che inflisse la spada sulla sua schiena, questo mugolò ancora. Athena si rialzò e prima che questo potesse riprendersi lo colpì ripetutamente al collo, ma questo non accennava a morire, lei continuò agguerrita con almeno altre tre pugnalate fino a che Teseo con la spada lo sgozzò e la sua testa le ricadde tra le braccia. Lei cadde sfinita a terra e riprese il fiato. Si guardarono distrutti ma contemporaneamente contenti: erano liberi, ed il prezzo era stato l’uccisione di un animale, e la cosa peggiore era che le era piaciuto ucciderlo. Adesso erano al sicuro e potevano tornare indietro, la ragazza assaporò quell’odore di felicità che era un misto di sangue, sudore e puzza di sterco. Si girò e notò che quei due non si vedevano da nessuna parte. –Dove sono andati?- chiese. Non potevano farli uscire così.
Teseo alzò le spalle. –Dobbiamo trovarli.- disse d’un tratto. Era stanca e voleva andarsene, non aveva proprio voglia di rincorrerli ma non poteva lasciarli lì. Teseo la guardò intensamente, era combattuto.
-Un’ora al massimo, poi andiamo.- Erano d’accordo. Decisero di andare insieme e portare con loro il filo per non perdersi, ma dopo mezz’ora la ragazza capì che avevano più possibilità se si fossero divisi, il patto era non allontanarsi più di una trentina di metri, ed in caso di salire sui muri per trovarsi, il filo lo avrebbe tenuto Teseo. Così Athena andò a sinistra e Teseo a destra, fortunatamente fu lei a trovarli dopo cinque minuti passati a chiamarli e a rassicurarli che il Minotauro fosse morto.
-E’ morto? Sei sicura?- chiese il biondo più giovane.
-Si.- affermò sincera. I due, uno più vecchio e l’altro più giovane si abbracciarono.
-Ora dobbiamo uscire!- si affrettò a dire la ragazza.
-Come?- chiese il vecchio.
-Conosciamo la via.- li rassicurò, ma mentre faceva segno di andare i due non la seguirono.
-Subito!- li incalzò, ma non si mossero. –Cosa succede?- chiese incredula.
-Faremo a modo nostro, ho costruito delle ali di cera per fuggire..- Oh oh. Athena stava per dirgli che non avrebbe funzionato, stava per suggerirgli del sole, ma l’anello le bruciò il dito.
-N..- provò a dire ma l’anello le si stringeva così tanto che vide il dito diventare viola.
Sapeva come sarebbe andata a finire, quelli erano Dedalo e suoi figlio Icaro, il padre aveva costruito il labirinto ma vi era rimasto intrappolato dallo stesso Minosse, così per scappare Dedalo costruì delle ali di cera per se e suo figlio ma questo si avvicinò troppo al sole, e la cera si sciolse facendolo precipitare in mare.
-Athena!- urlò Teseo da lontano. Lui aveva il filo, se lui se ne andava lei rimaneva lì dentro. Lottò contro se stessa perché la voce di Teseo la stava chiamando. Ma cosa poteva fare? Presa dal panico corse verso la voce e verso la salvezza.

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Capitolo 19
*** L'ennesimo tradimento ***


La ragazza tornò dai suoi genitori e spiegò loro di come aveva deciso di rimanere ad Atene con sua zia, avrebbe continuato il liceo ed imparato la lingua. Loro furono ovviamente scossi dall’improvviso cambiamento, e sebbene non fossero d’accordo alla fine rinunciarono perché Ahena gli aveva detto quanto desiderava stare, e che in ogni caso sarebbe potuta tornare indietro, se avesse voluto. Ma dopo quell’avventura con Teseo aveva capito che era quella la vita che voleva, lei cercava di aiutare le persone e e le servivano quelle scosse di adrenalina, tutto ciò che c’era in quel mondo sentiva che le appartenesse. Sentiva che lei doveva restare.
Ed inoltre aveva deciso una cosa, voleva incontrare di nuovo Poseidone. Ce l’avrebbe fatta, voleva solo parlargli per dirgli che lei non voleva che finisse così perché ciò che sentiva per lui sembrava reale, almeno voleva provarci.
L’ultimo giorno quando i suoi erano tutti intenti a fare le valigie lei si prese un attimo dopo aver passato tutta la notte insonne a pensare ad un discorso convincente, così, emozionata, girò l’anello e tornò ad Atene.

Come al solito approdò alla solita spiaggia, che le sembrava diversa stavolta: era più luminosa e felice. Forse perché sapeva che avrebbe vissuto lì da quel momento, in un modo o nell’altro. Prima di cercare Iris e di spiegarle la sua folle disavventura voleva toglierli il pensiero ed andare subito da Poseidone, era eccitata e senza respiro al solo pensiero che l’avrebbe rivisto. Così si tuffò in mare e chiamò a gran voce Alana.
-Oh, sei l’umana! Che dolce sorpresa.- canticchiò con voce melodiosa nuotando intorno a lei.
-Cosa posso fare per aiutarti?- rise con i capelli che si muovevano sinuosi tra l’acqua.
Athena le mimò di trasformarla in sirena, e così fece Alana, usando sempre lo stesso trucco delle conchiglie.
-Cosa hai intenzione di fare adesso?- chiese con gli enormi occhi limpidi che la fissavano dubbiosa.
-Non vorrai certo andare dal nostro Re!- esclamò non appena ascoltò il silenzio imbarazzato di Athena. La sua espressione era atterrita e mortificata, ma questo la ragazza non riusciva a vederlo.
-Ehm, avevo intenzione di salutarlo.- disse inventandosi una scusa.
-No.. questo non è il momento adatto.- scosse la testa violentemente. –E’ molto occupato, mi dispiace.- disse con lo sguardo basso e dispiaciuto.
Athena si insospettì. –Beh, la faccenda con il Toro Bianco è risolta, ed inoltre io ho bisogno di vederlo e certo troverà cinque minuti per me!- Athena evitò con cura di ripensare a tutta la storia del labirinto, indirettamente Poseidone l’aveva mandata in quell’inferno. Così Athena, decisa com’era, nuotò a seguito di Alana verso il Re, ma questa non la portò in fondo al mare.
-Dove stiamo nuotando?- chiese la ragazza stranita.
-Me l’hai chiesto tu, ricorda, umana.- sospirò triste e continuarono a nuotare fino a che giunsero poco lontano dalla solita spiaggia dove c’era un lembo di terra impelagato tra gli scogli. Alana le fece segno di non farsi vedere indicando la superficie ed Athena si acquattò pochi centimetri sotto il pelo dell’acqua, la sirena le condusse dietro uno scoglio così da poter vedere meglio. Ma non era proprio dove pensava di stare Athena, quello non era il castello .. seppure l’uomo bellissimo che camminava sulla terra ferma fosse proprio lui, Poseidone.
Athena incrinò leggermente la fronte, tentava di capire o di spiegarsi perché. Ma stette in silenzio con Alana al suo fianco che la fissava dispiaciuta. Poseidone camminava fieramente dietro ad una fanciulla, anch’essa umana, sembrava proprio che la stesse corteggiando. Lei faceva tutta la civettuola e lasciava cadere appositamente dei fiori che lui prontamente raccoglieva e le restituiva. La ragazza non riuscì a trattenere due silenziose lacrime che le scesero sulle guance, queste bruciavano sul suo volto, lei riusciva a sentire la vergogna che trasmettevano, era come se si stesse scottando. Ma non fiatò, guardò con attenzione la scena mentre il petto le si incrinava una seconda volta. Era una tortura guardare i loro occhi incrociarsi e promettersi delle cose, il loro tocco.. e successivamente un fugace bacio. Athena non ce la faceva più ma contemporaneamente i suoi occhi non si staccavano da Poseidone, era come ipnotizzata, voleva soffrire fino alla fine come se questo l’avrebbe poi portata a qualche serenità.
-Il suo nome è Anfitrite, si sposeranno.- annunciò tetra Alana.
Quindi il fatto che fosse stata via una decina di giorni aveva cambiato tutto, o forse lui non era mai stato minimamente interessato a lei?
-E.. ed è..umana?- chiese con la voce incrinata.
-E’ una Nereide, figlia di Nereo e Oceano.- rispose prontamente. Questo spiegava tutto, lei era come lui.  
 

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Capitolo 20
*** Il Mito di Aracne ***


La ragazza tornò a riva lentamente. Non c’era più niente da fare, si stava arrendendo. Sulla spiaggia incontrò Iris.
-Pensavo fossi affogata, o peggio, che te ne fossi andata!- esordì con le mani sui fianchi in segno di rimprovero.
-Non scherzare.- rispose colpevole Athena mentre si strizzava i capelli bagnati colmi di sale.
-Qualche novità?- cambiò rapidamente discorso.
-Oh no, però quest’oggi avrei gradito una passeggiata nella polis, è da molto che non frequento più gli umani.- alzò gli occhi al cielo.
-Pensavo li temessi.-
-Sono buffi.- ridacchiò Iris. I suoi capelli erano cresciuti a dismisura ed adesso era quasi più alta di lei.
-Wow, dicevi il vero quando mi dicesti che cresci velocemente.-osservò la ragazza.
-Noi driadi non invecchiamo dopo aver raggiunto i venticinque anni umani, e viviamo a lungo fino a che qualcuno non ci uccida, perciò siamo quasi immortali.- sorrise.
-Non ti dare troppi vanti.- scherzò l’umana.
-Bene, andiamo a visitare Atene.- decisero unanime.


Adesso che aveva raggiunto la sua “fase di completamento”, la driade non aveva bisogno di nascondersi poiché poteva facilmente simularsi umana: i suoi occhi speziati si coloravano di un anonimo nocciola quando voleva ed i suoi piedi non si confondevano più con delle radici.
-Adesso sono umana come te.- le disse poco prima di varcare la soglia della città.
-Non è una bella cosa.- mormorò Athena ricordandosi di Anfitrite, di cui durante il percorso aveva spiegato meglio la vicenda.
-C’è qualcuno che ti amerà, e non è amore quando ama uno solo tra i due.- disse saggiamente.
Athena la guardò interrogativa, -E tu cosa ne sai dell’amore?-
-Niente, ma guardo gli umani che si rincorrono felici nei boschi, che si sussurrano parole dolci, che si sacrificano..- aveva uno sguardo sognante che ad Athena faceva venire il voltastomaco.
-Sei una guardona!- la incolpò cedendo alle risate.
-Non conosco questo termine.- disse scocciata. Nel frattempo erano passate davanti a molte botteghe di artigianai, donne che compravano grano ed altro ancora, ma l’atmosfera sembrava più allegra del solito.
Tutti correvano di qua e di la, i bambini cantavano e sembravano tutti di buon umore. Athena ed Iris si guardarono interrogative e si avvicinarono ad un gruppo di donne riunitesi a parlare mentre tessevano.
-E’ stato il volere di Zeus!- esclamava felice una mentre tesseva sulla tela il dio che salvava Atene.
-Ma no, è stato merito di quel giovanotto..Teseo!- insisteva l’altra.
-Oh, che sarà accaduto?- chiese Iris  all’orecchio di Athena.  Ma lei lo sapeva benissimo.
-Scusate buona gente, quale miracolo divino è accaduto?- la voce della driade si impose strillante tra le chiacchiere delle vecchiette, che la guardarono sbalordite.
-Cosa sei, una straniera forse? Eppur i tuoi tratti non mi appaion tali!- risero tutte in coro.
-Attente a come..- la minaccia di Iris venne prontamente coperta da Athena, -Siamo partite per un breve periodo, dunque cosa è successo?- chiese mentre Iris ribolliva di rabbia. Queste divinità sono sempre troppo suscettibili.
-I dodici tributi di Atene! Quelli promessi al re Minosse per suo figlio, il Minotauro, sono stati riportati a casa, e c’è di più.. Teseo, un giovanotto figlio di Egeo, ha messo fine a questa crudeltà uccidendolo! I nostri figli sono salvi, non ci sarà più nessun sacrificio.- tutte ripresero a parlare di come secondo loro Teseo avesse ucciso il Minotauro, ma Iris era strabiliata.
-Tu non hai aiutato Teseo nella sua impresa, vero?- la prese da parte. Oltre che era cresciuta era diventata anche più furba.
-Beh..- Athena non era molto abituata a dire bugie.
-Athena, sei consapevole che..- provò a dire la driade, ma Athena ascoltava scioccata qualcos’altro.
-Povero Teseo, ha pagato caro il prezzo!- disse una signora anziana mugolando, e prima che Athena potesse intervenire una giovane fanciulla uscì fuori dalla casa e si inserì nella conversazione.
-L’importante è che non ci siano più fanciulli da uccidere,- disse una giovane riccia dai capelli neri ed arruffati che addentava una mela, -vedrete che bella tela che tesserò!- si vantava.
-Oh si Aracne, perché non ne cominci una, cara?-
-E secondo la tua opinione non l’ho già fatto? – esclamò alzando gli occhi al cielo, -Chi credi che io sia? Un evento di tal portata accade poche volte. Appena ne sono venuta a conoscenza ho iniziato il lavoro, ed è quasi finito.- disse soddisfatta.
-Le tue tele sono divine! Posso vedere il risultato di quest’ultima?- chiese una di loro adulandola.
-Quando sarà finito! E hai detto bene, divine. Le mie tele batterebbero anche la dea Atena, per quanto sono belle e definite.-
-Oh cara, non credo tu possa compararti alla dea Atena..- tutte annuirono in segno d’accordo.
-Eccome!- esclamò sdegnata. –Io sono migliore di lei. Mille volte di più.- insistette.
Iris la guardò allibita, -Io non credo che dovresti sfidare una dea di tal portata, attenta alla tua troppa sicurezza.- la ammonì.
-Io dico ciò che voglio, e questa è la verità.- mise le braccia conserte con espressione superiore.
Arrivò da dietro le spalle di Iris ed Athena una vecchia col bastone in mano, che tremolante si avvicinò verso di loro.
-Aracne, dovrai accontentarti di misurarti con me, la più brava tessitrice del Peloponneso. Ed assicurarti una vittoria di natura mortale.- gracchiò da sotto il mantello la vecchietta appena arrivata, che fece sobbalzare tutte quante.
Aracne di tutta risposta le rise in faccia. –Da dove vieni precisamente? E quando giungesti ad Atene? Perché misurarmi con una vecchia mortale quando io sono destinata ad essere migliore di una divinità?- continuò a mangiare la mela appoggiata allo stipite della porta con aria noncurante.
La vecchia, curva sotto il mantello, si rizzò in alto e scoprì il volto: era Atena.
I poveri indumenti sparirono ed insieme ad essi le rughe dal volto e gli altri segni di vecchiaia. I capelli castani splendevano sotto la coltre d’oro che emanava il corpo divino, mentre gli occhi erano sempre tinti d’oro con scaglie nere. La ragazza sentì l’ira della dea, e ne ebbe paura.
-Tu! Sciocca, infima umana! Pensi di poter competere con me? Una dea?- la voce rimbombò potente, e guidò Aracne all’interno della casa.
Iris ed Athena la seguirono. –Se è una sfida quella che vuoi, è ciò che avrai.- si pronunciò, e fece apparire la sua tela vicino a quella di Aracne, sfilandone tutto il disegno del Minotauro.
-Gareggerò con te, vedremo chi farà la tela migliore.- disse, ed Aracne ubbidiente e anche sicura di sé, si buttò a capofitto sul lavoro.
Le due iniziarono la sfida, continuando senza sosta a tessere, non smettevano mai e maneggiavano i fili velocemente. La dea era avanti di mandate, inoltre aveva dei movimenti sciolti ed assolutamente soprannaturali che non potevano competere con la natura umana di Aracne, ma la ragazza dal canto suo aveva la sicurezza e la dolcezza dei movimenti, mentre Atena era animata da un intento feroce di vittoria.
Un vasto pubblico si riunì nella stanza dove stava avvenendo la gara, tutti correvano a vedere la dea Atena e scoprire l’esito della sfida.
-Questa vicenda non finirà bene.- mormorò Iris preoccupata.
Dopo pochi minuti le tele furono finite, e le contendenti mostrarono al pubblico il loro lavoro.
La dea aveva illustrato delle scene che la raffiguravano mentre compiva grandi e magnanime opere ed i propri poteri, mentre la seconda pareva aver dipinto sulla tela una varietà di immagini raffiguranti gli dei dell’olimpo che esercitavano i loro poteri, tra intrighi amorosi ed inganni. Il lavoro di Aracne lasciò tutti senza fiato: era sicuramente la tela più bella che avesse mai fatto, tanto che le figure sembravano quasi venir fuori dalla tessuto. Non ci fu dubbio, quella dell’umana era la tela migliore.
Atena mostrò fiera la sua opera, ma non appena poggiò lo sguardo su quella di Aracne dovette riconoscerne la superiorità.
-Ebbene, fanciulla Aracne, non ci sono più dubbi, la tua tela è migliore della mia.- ammise. Il pubblico cadde in silenzio, nessuno esultava per paura di far irare la dea.
-Nessuna sorpresa.- esclamò la ragazza.
-Ma tu hai osato oltraggiarmi, hai osato prenderti gioco di me, sfidarmi e poi deridermi di fronte alla città che porta il mio nome.- tuonò all’improvviso, e tutti si impaurirono tanto che alcuni scapparono via.
-Come punizione a questo tuo oltraggio, se ritieni che quello che sai fare meglio di chiunque altro, anche di una dea, allora ti condanno a tessere per sempre, giorno dopo giorno,- si pronunciò. Aracne, che stava tremando, si riprese un attimo, non era evidentemente spaventata dalla possibilità di tessere tutti i giorni della sua vita.
-Hai peccato di ubris*, il peccato più grave in assoluto, e perciò ti condanno a tessere con le zampe e con le fauci: sarai trasformata in un ragno per il resto dei tuoi giorni!- le urlò infuriata. Aracne fuggì via dall’edificio, tentò di scappare pur sapendo che non ce l’avrebbe mai fatta. Proprio fuori sulla strada c’era un piccolo arbusto, dove la ragazza era andata ad incappare. La dea Atena alzò le possenti mani, la luce già dorata che la circondava divenne accecante e quando tutti aprirono di nuovo gli occhi e corsero fuori a guardare la dea era già scomparsa,  ed Aracne ridotta ad un misero ragno.


*Peccato di Ubrìs: Dal greco, il peccato di ubris significa “peccare di tracotanza”, avviene quando un umano reca una ingiustizia verso le divinità, un’offesa che reca umiliazione al dio/dea.

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Capitolo 21
*** Una decisione importante ***


Iris e Athena non sapevano proprio cosa dire riguardo il comportamento della dea dell’intelligenza. Insomma lei doveva rappresentare la saggezza, e quell’azione non era affatto saggia; trasformare una ragazza in un ragno solo perché era migliore di lei era un tantino esagerato. Inoltre non era la prima volta che reagiva in modo così “immaturo”, quando settimane prima erano andate a cercarla per un suo consiglio lei le aveva scacciate malamente. Dopo l’accaduto si avviarono silenziosamente fuori Atene, e ad Iris venne un’illuminazione.
-Devo renderti nota una notizia, e non ti piacerà affatto.- si fermò la driade, che nel frattempo aveva ripreso la sua forma reale. Iris fece fermare Athena e la fece sedere poco fuori dalla città, vicino ad una radura circondata da altri alberi. Athena non aveva più a paura di sentire cosa fosse successo, ormai quella sensazione era finita, niente poteva più sorprenderla o ferirla.. e a quanto sembrava la notizia della sua amica non era affatto piacevole.
-Dunque, ho delle cattive notizie sulle sorti di Teseo.- arrivò al punto. Athena chiuse gli occhi al suono di quel nome, sperò con tutte le sue forze che non fosse morto. Lo conosceva a malapena, ma aveva condiviso con lui un’avventura inverosimile: con lui era stata chiusa in un labirinto e si erano rivelati desideri, debolezze ed in un certo senso avevano visto tutto l’uno dell’altro. In certe situazioni non stai attento a ciò che sei, a come ti comporti o a come puoi apparire ad un’altra persona, sei semplicemente te stesso perché hai paura. E loro si erano accettati.. e non solo, erano diventati amici, si erano aiutati fino alla fine.
Athena aveva ancora gli occhi chiusi, ed Iris aspettava che lei li riaprisse.
“Non puoi chiudere gli occhi di fronte alle brutte situazioni, questo non cambierà nulla, non scompariranno.” Si ripeteva l’umana. Le servì molto coraggio per riaprirli, aveva paura che Teseo fosse morto e non voleva saperlo, ma come si ripeteva: doveva affrontare la situazione.
Finalmente li aprì. Lentamente. Abbattuta. Iris la guardò intensamente, e dopo un cenno di Athena continuò il suo racconto.
-C’è una fanciulla con cui fuggì subito dopo essere scappato da Creta, la figlia del re, Arianna, ma Teseo l’abbandonò su un’isola..poi arrivò Dionisio a soccorrerla, ma non credo che ciò ti interessi..- blaterava Iris.
-Vai avanti con Teseo.- ordinò Athena, che si stava consumando le dita a forza di storcerle.
-Comunque adesso v’è una nuova costellazione in onore della morte di Arianna,  il suo nome è “Corona Boreale” per la corona donata alla fanciulla dal dio Dionisio che..- continuava.
-Teseo!- la interruppe Athena, a cui dispiaceva per la morte di Arianna, ma le importava più della sorte del suo amico.
-Ad ogni modo, conosco i fatti poiché faccio parte delle divinità minori, gli esseri umani non sanno affatto queste decisioni divine. Poseidone, irato con l’eroe, ha mandato una tempesta verso la nave.. che ha distrutto alcune parti di essa.- Iris si fermò perché vide Athena tremare, ma lei le fece segno di continuare.
-Quando si issano vele bianche si indica vittoria, quando si issano vele nere si indica sconfitta.. o peggio, morte. Teseo non morì, ma Poseidone con questa tempesta lo obbligò ad issare quelle nere, ed Egeo suo padre, il quale prima era re di Atene, vedendo arrivare la flotta con le vele nere si suicidò pensando che suo figlio Teseo fosse morto combattendo.- concluse Iris, guardando preoccupata Athena.  La ragazza fissò con sguardo vuoto la driade, non sapeva se era più dispiaciuta per Teseo, contenta perché non fosse morto o arrabbiata con Poseidone. Come aveva potuto? Sapeva che lei era dentro il labirinto assieme a Teseo.
-Grazie per le tue parole.- la ringraziò benevola Athena.
-Teseo non è morto, e questo era il mio desiderio più grande.- ammise. –Ma non oso pensare al dolore della sua perdita, - fece una pausa e si alzò da terra, -l’unica cosa che voglio è parlare con il dio del mare e chiedergli spiegazioni.- disse decisa.




Athena apparì direttamente vicino ad Alana ed ad altre Nereiadi che non conosceva. La creatura del mare la trasformò immediatamente in una sua simile per farla parlare.
-Alana, conducimi ancora un’ultima volta dal dio del mare, e te ne sarò grata.- la supplicò. La Nereiade non chiese spiegazioni, le fece strada e la lasciò al castello.
Athena era così decisa e sicura che niente la spaventava più, voleva solo rivendicare il suo amico, o almeno provarci. Attese molto tempo, forse il dio del mare aveva troppo da fare con “Anfitrite” piuttosto che stare a parlare con un’insulsa umana.
Ma ecco che apparve davanti le porte, possente come al solito. Athena lo guardò e non sentì niente. Niente. Nemmeno l’indecisione o l’inquietudine tipica del dio, nessuna sensazione divina l’avvolgeva più, e nemmeno quella umana.
-Athena.- pronunciò il suo nome, facendolo rimbombare forte tra le pareti dell’enome stanza.
-Poseidone.- disse la ragazza con solenne indifferenza.
-Grazie per avermi accettata al tuo cospetto, devo farti presente una situazione molto urgente.- spiegò.
Lui rimase stupito da tanta cordialità, e anche dalla sua indifferenza nei propri confronti.
-Ebbene, parla.-
-Sono giunta a conoscenza delle tue severe decisioni riguardo al fanciullo Teseo,- disse avvicinandosi impercettibilmente, calma e senza paure.
Il dio si accigliò, non si aspettava che l’umana sarebbe giunta fin lì per parlargli di Teseo.
-Tanta è la tua noncuranza nei confronti dei sentimenti umani, e nessuno fa eccezione,- disse riferendosi a se stessa. –Non ho il volere di sprecare altre mie parole, il mio è un invito a pensare alle tue azioni, poiché come le divinità gli esseri umani hanno dei sentimenti che vanno rispettati. Io conoscevo Teseo, è stato il mio compagno in quella terribile avventura..-  stava proseguendo Athena a spiegare, quando il dio del mare la interruppe tuonando: -Il tuo compagno! Che amare parole, dette con così tanta superficialità.- la guardò colmo d’ira.
-Tu, sei tu che non hai rispetto per i miei sentimenti, dal momento che condividi i tuoi con quelli di un fanciullo qualsiasi, conosciuto solo per l’impresa del Minotauro!- urlò.
Era davvero una conversazione surreale. Poseidone le stava forse dicendo che era geloso di Teseo? Dunque non conosceva i sentimenti di Teseo per il ragazzo che amava?
-Teseo ama qualcuno, e quel qualcuno non sono io.- rispose calmissima Athena.
Poseidone tacque. Si era sbagliato, era possibile? O forse lei gli stava mentendo.
-Tu ti prendi gioco di un dio!- la rimproverò.
-Io non mento.- scandì bene le parole la ragazza.
 –Ed inoltre, io non provo alcun sentimento se non della sincera amicizia per lui.- spiegò Athena. –Il dolore che gli hai recato, la perdita di un padre.. non posso sopportarlo. E’ stato un atto empio e malvagio.- disse Athena, adesso era lei che rimproverava lui.
Poseidone parve rapprendersi ed Athena capì che era lui ad essersi sbagliato: pensava che tra lei e Teseo ci fosse qualcosa. Ma non le importava più.
-E’ tutto concluso, dunque. – disse quasi sorridendo. –Ci eravamo sbagliati. E’ possibile unire le nostre nature.. tu non ami Teseo, dolce fanciulla. Ed i miei sentimenti per te sono rimasti immutati.- disse.
Athena prese una decisione difficile, era ancora combattuta. Ma quella era la cosa giusta da fare.
-Tu hai sbagliato. Ed adesso dovrai pagarne le conseguenze.- disse Athena spietata.
-Egeo è morto. E con lui anche il mio amore, ma soprattutto, tutto il rispetto e l’affetto che nutrivo per te.-concluse Athena. Lo guardò un ultima volta e girò l’anello a sinistra.




 

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Capitolo 22
*** Epilogo - Verso la fine.. ***


[Nota: Questo capitolo è stato scritto prima del precedente, ma la storia continua con il mito di Amore e Psiche, questa parte è una delle ultime del primo volume.] ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- L’umana tornò da Iris, passarono tutto il tempo a mangiare, rincorrersi e giocare con le altre ninfe. Athena riscoprì quei momenti di serenità, dove tutto sembrava perfetto ed eterno. Era il momento migliore di qualsiasi altro, le ninfe erano dolcemente licenziose, danzavano, cantavano e si pavoneggiavano facendo scherzi agli umani, talvolta facendo finta di sedurli, e tra qualcuno di loro c’era anche qualche dio.
Apollo passava proprio da quelle parti, mentre Athena e le altre giocavano a nascondersi tra gii alberi della boscaglia; il compito più difficile era quello di Athena dato che le driadi si trasformavano semplicemente in arbusti.
-Così non è giusto!- gridava ridendo Athena, che si guardava attorno cercando di scoprire qualcuna tra le sue nuove amiche.
-Parli da sola?- Apollo sbucò da qualche parte, e la ragazza fece un salto per lo spavento.
-Per tutti i fulmini, mi hai spaventata.- ridacchiava guardandolo. Apollo era davanti a lei, con le sue vesti d’oro splendenti e l’aura divina che emanava come una lanterna, no.. come il sole. Lui era lucente come il sole. Athena restò senza fiato per un attimo, poi si accorsero entrambi che erano l’uno davanti a l’altra senza fiatare, e l’umana si convinceva che era perché lui aveva un influsso divino su di lei.
-La mia amica driade, mi ha riferito che sei stato tu a salvarmi dalle onde del mare.- ruppe il silenzio per prima. Ebbene, Iris le aveva raccontato che non era stato Poseidone a impedirle di affogare, come invece credeva la ragazza, e le raccontò anche di come Apollo si era adirato contro il mare, scomparendo poi prima che lei potesse riprendere coscienza. Apollo s i grattava la testa in evidente imbarazzo.
-Sono dei ringraziamenti? Dovresti costruirmi una statua per queste mie azioni generose.- alzò gli occhi al cielo.
-Beh..- Athena non staccò gli occhi da lui, fece un passetto indietro e si inchinò leggermente, -grazie.- disse sinceramente.  – E non preoccuparti, ti renderò molti doni. - rise.
-Non devi inchinarti, l’ho fatto di mia sponte. – le rispose. Athena non sapeva più cosa dirgli, ma per fortuna lui riprese il discorso.
-Ho saputo che sei stata vittima del minotauro, è stato un atto coraggioso.- ammise.
-L’ha ucciso Teseo, io non ho fatto nulla.- spiegò alzando le spalle. Altro silenzio imbarazzante.
-E Poseidone?- chiese infine Apollo  dopo quelli che sembravano secoli. Era lì che voleva andare a mirare, voleva sentire se all’umana interessassero ancora i sentimenti del re del mare, e se fossero ricambiati.
-Sta per sposarsi con Anfitrite.- sospirò, e si accorse che mentre lo stava dicendo non le importava più. Che fosse felice con lei, loro due non avrebbero mai avuto un futuro.
-A proposito di spose, tu non ne hai una che ti aspetta? – lo punzecchiò. Inoltre sapeva che gli dei erano molto indifferenti a questi legami coniugali, basti pensare che nemmeno un mese fa circa correva disperato dietro a Dafne, anche se non era proprio colpa sua.
-Ti riferisci alla madre di Aristeo?- chiese incredulo.
-Certamente.-
-Io non ho spose.- esclamò indignato.
-Non ancora!- sussurrarono ridendo gli alberi attorno a loro. Athena avvampò per l’imbarazzo, e Apollo si guardava intorno impettito.
Grazie a Zeus arrivò Ermes a salvare la situazione. Ermes era il messaggero alato degli dei, che riportava loro importanti notifiche, un po’ come un cellulare, pensò Athena.
Questo Ermes portava dei coturni con delle ali d’oro, aveva un mantello dietro le spalle e l’immancabile aura da dio che avvolgeva anche il mantello azzurro. Questo si avvicinò ad Apollo con fare cospiratore e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, Athena vide il volto di Apollo assumere un’espressione sbalordita e al contempo arrabbiata, e anche gli alberi attorno a loro tirarono un mormorio unanime di incredulità, così forte che Ermes si spaventò.
-Sono gli alberi.- sospirò Apollo. Ermes sembrava ancora più confuso.
-Sono tutti al corrente della notizia a parte me?- esclamò Athena, aspettandosi che qualcuno le dicesse qualcosa.
-Queste sono cose da dei.- le rispose Apollo, ringraziando Ermes e mandandolo via. Athena si sentì di nuovo esclusa da quel mondo  come era successo con Poseidone.
-Non dirò niente.- giurò l’umana guardando il dio del Sole supplichevole.
-Dovrei prima chiederlo a Zeus..- disse tra se e se Apollo pensieroso e impietosito dallo sguardo della ragazza.
-Ma io non conosco nessuno, a chi potrei dirlo se non alle driadi che ne sono già al corrente?- gli fece notare.
-Non sei una dea, nemmeno una semi-dea,- le fece notare, al che Athena si sentì profondamente offesa, - dovrai restare all’oscuro di questo empio atto.- concluse. Ma Athena non sentì crescere in lei una sorta di innata ubbidienza, ma solo frustrazione e rabbia. Qualcosa nel sistema dei-umani stava cambiando, decise che avrebbe parlato con la nuvola viola per ulteriori chiarimenti.
-Bene.- disse Athena con lo sguardo fisso verso il basso e le braccia conserte. Si stava comportando da bambina, però era stanca di essere esclusa ogni volta.. insomma Ermes non poteva aspettare di dire la notizia?
-Mi dispiace..ma non posso.- le disse Apollo, con una mano rivolta verso di lei.
Athena alzò lo sguardo e guardò la mano tesa verso di lei. Spostò lo sguardo verso Apollo, che la guardava in attesa, e tutta la sua rabbia svanì. Prese la mano di Apollo e la strinse. Restarono così per molto tempo, nessuno staccava gli occhi l’uno dall’altra, ed Athena provò una sensazione mai provata prima. Era diversa da quella che aveva provato con Poseidone, era più intensa e completa.
E lei lasciò per prima la stretta, aveva capito. Non era una dea, e non lo sarebbe mai stato, doveva capire ed accettare di non poter essere al corrente di tutte quelle cose, lei era solo un’umana. E le sarebbe bastato, il suo compito era quello di aiutare gli altri, e a lei piaceva molto come compito. Perciò se ne sarebbe restata al suo posto, andava bene. Inoltre in quel momento capì anche altre due cose, la prima che non era mai stata innamorata di Poseidone, era più un’ammirazione.. un’infatuazione. E la seconda era che si stava innamorando di un altro dio, e che non avrbbe mai potuto averlo, perché lui era un dio e lei un’umana.
Così decise di affrontare in modo maturo la situazione.
-Apollo, capisco la tua decisione. Non sono cose da umani, non mi riguardano. Ed ora che io ho accettato la tua decisione, chiedo a te di accettare la mia: che sia sempre ribadita la distinzione tra divino e umano, e che sia rispettata in tutte le sue sfaccettature.- abbassò lo sguardo mentre le sue speranze sfiorivano. Apollo sapeva benissimo cosa volevano dire le sue parole.
In quel momento le sue dita cominciarono a brillare leggermente, era reale o solo immaginazione? Athena, Apollo e le driadi attorno a loro guardavano la scena con il fiato sospeso. La mano cominciò ad emettere una luce fioca, e man mano che prendeva ad illuminare tutto il corpo questa si faceva sempre più brillante ed accesa, rivestì tutta la superficie di Athena, e lei era incredula. Apollo aveva la bocca spalancata dallo stupore e ammirava la trasformazione senza battere ciglio. Athena si sentì mille volte meglio, si sentì più forte e più buona, la sua mente si era allargata a dismisura, riusciva a cogliere particolari che prima le sfuggivano, elaborava le espressioni altrui, sentiva alcuni pensieri, guardava il vento muoversi ma soprattutto, vedeva tutto il mondo divino attorno a lei che prima non riusciva a realizzare.


 

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Capitolo 23
*** ...Di un nuovo inizio ***


Athena rimase senza fiato, anche dopo che la sua trasformazione fu completata.
-D..deve esserci un errore.- si convinse ammirando il mondo attorno a se.
Apollo la guardava folgorato, poi abbassò gli occhi a terra e capì tutto. Prima che potesse spiegarlo Iris andò verso Athena e la abbracciò. –Sapevo che c’era qualcosa di speciale in te.-  le sussurrò.
Quando Athena di disciolse dall’abbraccio vide dietro ai rami della driade una figura conosciuta..
-Tu.. sei colui che mi ha aiutata a giungere ad Atene.- realizzò. Era l’uomo che l’aveva condotta fino a lì e guidata verso l’anello.. ma adesso aveva un volto conosciuto. Più che conosciuto. Che stupida come aveva fatto a non capirlo?
-L’ho chiamato io.- fece notare Iris.
-Zeus..- esclamò Apollo meravigliato.
-Congratulazioni. Sei una dea adesso.- sorrise benevolo.
Athena era confusa. Non capiva più nulla di nulla.
-Non sei più legata alle tue sensazioni umane, lasciale andare.- le fece notare tranquillamente. Athena seguì di nuovo le sue indicazioni, liberò la mente e questa spaziò in ogni direzione, ripercorse velocemente all’indietro tutte le sue avventure, e anche prima.
Vide due dei architettare un piano malvagio, tramare contro il dio dell’Olimpo e sua figlia Atena.  Volevano uccidere la bambina, la dea dell’intelligenza e rimpiazzarla con Eris, la dea della discordia. Così che Zeus venisse distrutto dall’interno, dalla tua stessa bambina nata dal suo cranio. Così che Ade potesse prendere il dominio dell’Olimpo e distruggere una volta per tutte il dio dei fulmini. Ma il Fato fece in modo che la bambina non venisse uccisa, questa venne mandata in un’altra dimensione dove potesse essere al sicuro e affidata a due genitori, in modo tale che in un futuro sarebbe ritornata.
Il tempo si fermò. Le figure intorno a lei che la guardavano in silenzio smisero di respirare, e dal suo anello uscì una nuvola purpurea.
-Hai conosciuto il tuo destino. Ma ricorda che non puoi svelare l’altra dimensione, i due mondi devono restare separati.- disse la voce informe.
-Ma.. ma io non sono pronta, io non sono una dea, io..- Athena non sapeva cosa fare.
-Tu sei la dea dell’intelligenza. Una delle dee maggiori dell’Olimpo. Hai dimostrato coraggio e virtù lungo il percorso, e hai superato gli ostacoli che ti si sono posti davanti con arguzia e bontà. Tu sei una dea.- pronunciò.
-Ricorda cosa ti ho detto.- disse ed evaporò.
“Sono una dea. Sono Atena” pensò orgogliosa la ragazza.


-Eris va punita, e con lei anche Ade!- tuonò Zeus. Il cielo si fece scuro e minaccioso e le driadi corsero al riparo, tutte tranne Iris che rimase al fianco della sua amica.
-Io sono incredulo! Come abbiamo fatto a non accorgercene? – esclamava furioso Apollo che camminava avanti e indietro.
-Eravate tutti presi dalle vicende personali. Ma adesso la verità è svelata e giustizia sarà fatta.- si pronunciò Atena.
-Ade si pentirà di ciò che ha fatto, lo limiterò all’Oltretomba per molti.. moltissimi anni!- disse.
-Eris è una bambina priva di attenzioni, vuole a tutti i costi il potere.- spiegò Apollo ad Atena.
-La puniremo severamente. – le assicurò Zeus.
Athena era piuttosto pensierosa, tutto ciò voleva dire che lei era stata adottata.
-I tuoi genitori stavano per dirtelo poco prima di partire.- le lesse nel pensiero. Apollo non capiva di cosa stessero parlando, ma non poteva certo saperlo.
-La tua casa è qui. Se vorrai noi ti accoglieremo.- disse Zeus e con una scintilla scomparve.
Iris strinse un’ultima volta la mano di Atena e la lasciò da sola con Apollo.
-Resterai?- le chiese speranzoso. Atena potè vedere il suo desiderio negli occhi, e sentì che quella sensazione non era sparita.. non era affatto una sensazione umana.
-Appartengo a questo posto.- gli rispose e si presero di nuovo per mano.


Fine
 

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