Il ragazzo che aspettavo.

di Giusi Scognamiglio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 30 ***
Capitolo 32: *** 31 ***
Capitolo 33: *** 32 ***
Capitolo 34: *** 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo speciale ***
Capitolo 36: *** Capitolo speciale #2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 1

 Il sole entrò dalla finestra della mia camera, svegliandomi prima ancora che la sveglia suonasse, con quel fascio di luce che mi arrivò dritto negli occhi. Mi alzai e andai in bagno, intenzionata a lavarmi e ad andare a scuola. Cercavo di sopravvivere senza piangere, anche se era praticamente impossibile, visto che non andavo d’accordo quasi con nessuno.. e c’era chi non mi faceva ‘stare bene’. Mi lavai e mi vestii con il primo jeans e la prima felpa che trovai nell’armadio.
Scesi le scale e feci colazione.
  «Buongiorno papà.» Gli baciai la guancia, mentre aspettavo che il mio caffèlatte fosse pronto. Vivevo sola con lui da quando mia madre era scappata via con l’amante, precisamente 13 anni fa, io avevo 4 anni quando lei si creò un'altra famiglia, con un altro uomo.. mio padre provò più volte a rintracciarla ma niente.. non volle sentir parlare di me.. e sinceramente nemmeno io di lei.
  L’ultima frase che disse fu: “Eric Gomez, non cercarmi mai più.”
   «Buona giornata tesoro.» Mi disse porgendomi la tazza,
la presi e andai a scuola. Entrai in macchina, accesi il motore e mi avviai. Ringraziavo mentalmente ogni giorno a mio padre, per avermi iscritta all’auto scuola, appena compii 17 anni, mesi fa feci l’esame definitivo e appena fui promossa, mio padre assieme a mia zia mi regalarono una macchina di seconda mano, non male.
Arrivai a scuola, e come ogni mattina, cercai di evitare “quel gruppo”. Ma ovviamente.. io non passavo mai inosservata ai loro occhi.
  «Uh, guardate chi c’è!» Esclamò una ragazza, la ragazza del come dire.. il capo gruppo? Si chiamava Miley, l’aveva data praticamente a tutta la scuola.. ogni sua relazione era durata si e no 1 minuto, giusto il tempo di una sveltina nei bagni della palestra. Adesso però sembra che questa relazione duri.. forse perché stava con un puttaniere come lei. Il suo ragazzo si chiamava Justin.. Justin Bieber. Era un diavolo, con una faccia d’angelo. Cercai di far finta di non aver sentito la sua esclamazione e quindi di entrare a scuola ma purtroppo.. il dolore dei miei capelli tirati mi fece venire il mal di testa e mi fece capire soprattutto che la troia mi aveva raggiunta.
  «Quando io ti chiamo devi venire, ok?» Disse Miley a denti stretti.
Avevo paura, ovviamente. Erano in 3.. io ero sola, ovviamente. Ma il mio carattere ereditato.. da mia madre? mio padre? mi faceva rispondere ogni volta. Ed era per quello che poi mi prendevano a botte, perché rispondevo sempre e non riuscivo a stare zitta alle loro provocazioni, insulti e offese. Ma era più forte di me.
  «Non sono un cane o una troietta come te!» Esclamai, buttandomi i capelli all’indietro facendo sì che se li avesse voluto afferrarli di nuovo si sarebbe dovuta esporre di più, ma in questo modo io l’avrei potuta spingere. Ebbene sì, la mia giornata scolastica la passavo nel cercare i modi per evitare loro, evitare le loro botte, evitare le loro parole contro le mie.
  «Non ti azzardare mai più!» Sentii la guancia pizzicare a causa del violento schiaffo, cercai di ricambiare ma Justin mi prese le braccia e me le bloccò dietro la schiena, mentre Miley ripetutamente mi prese a cazzotti sullo stomaco, in quel momento mi sentivo un sacco da box.
Ryan il 3° del gruppo si godeva la scena, riprendendo con il cellulare. Come ogni volta. Justin mi lasciò andare, facendomi ricadere a terra come un mucchio di spazzatura. Miley mi diede un ultimo schiaffo e Ryan mi rise per ultimo in faccia. Mi alzai sentendo la morte dentro. Mi faceva male da morire lo stomaco, mi faceva male tutto dentro e quello che mi faceva ancora più male era la strafottenza della gente, loro mi guardavano, provavano pena per me ma non si azzardavano ad avvicinarsi. Come biasimarli però.. avrebbero picchiato anche loro sennò. Mi rimisi in sesto entrando in classe.
  Le prime tre lezioni passano veloci, alla quarta arrivai in ritardo a causa di Miley che mi aveva chiuso a chiave nel bagno. Ed ovviamente oltre alla sua risata da papera in calore dovetti sopportare anche il rimprovero del prof:
  «Gomez! Non uscirai più in bagno nella mia ora!» Mi urlò, mentre uscii in corridoio e andai all’armadietto intenzionata a posare i libri e ad andare a casa. “No!” Justin era proprio lì, appoggiato su di esso, le braccia incrociate al petto. Aspettava me. Era da solo però, quindi mi avvicinai. Decisi di prenderlo con le buone, non si sa mai.. ogni diavolo dentro di sé hanno qualcosa di buono.
  «Per favore, puoi spostarti dal mio armadietto?» Chiesi guardando in basso. Le mie converse non erano mai state così interessanti.
  «Non fare la leccaculo con me, Sel.» Sbottò lui.
  «Ma si può sapere cosa volete da me?» Chiesi, lui non rispose ma mi sorrise beffardo. Mi tirò i capelli all’indietro e avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
  «Mi piace farti del male.» Sussurrò sorridendo nuovamente per un secondo, per poi ritornare serio serissimo. «Però dobbiamo parlare.» Mi congedò così, andando via. Lasciandomi con la curiosità che fa male più di quella tirata di capelli. “Dobbiamo parlare.”
Quella frase aveva così tanto potere, quella frase mi fece scavare nel cervello per ore, tentando di capire e di studiare ogni mia mossa passata “Cos’ho fatto? Di cosa vuole parlare?” Pensai, mentre entrai in macchina e mi incamminai verso casa.
Misi le chiavi nella serratura e assunsi la faccia sorridente, tipo come una maschera. Mio padre non sapeva niente, non gli avevo detto che erano ormai 4 anni che vivevo in un inferno violento.
  «Ciao papà.» Lo salutai, mentre mi sedetti a tavola per pranzare.
  «Com’è andata a scuola?» Domandò affettuoso, porgendomi il piatto di pasta.
  «Come sempre.» Risposi. Mio padre lavorava alla mensa scolastica all’asilo, come cuoco, preparava anche il nostro pranzo lì così una volta arrivato avremmo pranzato subito. Dopo il pranzo e dopo aver studiato indossai la tuta e andai a correre, si poteva dire che per me quello era il momento più bello della mia giornata, se non addirittura della mia vita. Indossai le cuffie del mio ipod e la musica alta mi riempì la testa. Avete presente i drogati? Sì, quelli che non vivono se non si fanno una canna? O quelli che amano la nutella a non finire? Beh io ero più o meno così nei confronti del mio ipod.. come dire.. toglietemi tutto ma non la mia musica.
Ritornai a casa, erano le 20:00 orario di cena. Non avevo voglia di mangiare, al parco c’erano tutte quelle coppiette sdolcinate. Quelle che si ripetevano ‘ti amo’ ad ogni sguardo seguito da un bacio.
  “Gelosia.” Non era la parola esatta, ma era la prima che mi venne in mente. Ero gelosa, invidiosa di loro, del loro amore, così apparentemente vero, puro.
   Mi limitai a dare la buona notte, a fare una doccia e sprofondare nel letto. “Dannazione!” Esclamai mentalmente, ogni volta che facevo qualche sforzo tipo piegarmi per prendere un oggetto caduto mi faceva un male cane lo stomaco. A causa di Miley, il solo pensiero mi fece innervosire tutta. A volte non mi sentivo sicura nemmeno a casa mia, avevo paura che mi spiassero e che sbucassero all’improvviso assieme a Justin e Ryan. Mi addormentai così, piena di paura ed ansia, soprattutto per il giorno dopo.
 Mi svegliai di soprassalto, erano le 7:15. Avevo sognato per la 10 volta di seguito Justin e le sue mani, che mi facevano del male. Mi alzai dal letto e come ogni mattina mi lavai e mi vestii per poi scendere e fare colazione.
  «Selena oggi continuo il turno con Sarah, ti dispiace?» Chiese mio padre, porgendomi il caffèlatte.
  «No, per niente.» Gli sorrisi, non avevo mai chiesto direttamente a mio padre se avesse voluto frequentare qualche donna. Dopo la mamma per quanto ricordassi non l’avevo visto con nessun’altra.
  «Lei ti piace?» Domandai di punto in bianco, lui sorrise pensandoci. Annuì dopo un po’:
   «Sì, lei mi piace.»
Andai a scuola, sorseggiando per strada il mio caffèlatte e ascoltando un po’ di musica alla radio, entrai nell’istituto e arrivai in classe. Fortunatamente senza incontrare quei 3. Ma ovviamente ‘parlando’ del diavolo spuntano le corna. Justin, Miley e Ryan si erano iscritti nel mio stesso corso di fisica. Mi sedetti in un angolo della classe pregando che non mi vedessero ma non si può avere tutto dalla vita.
  Vidi Justin sorridere in modo malvagio, Miley gli strinse la mano e lui tolse subito lo sguardo dal mio. Ryan invece.. beh quello stronzo si sedette accanto a me. Per attirare la mia attenzione mi toccò un gomito, ed io mi girai verso di lui.
  «Hey cosa brutta, tieniti pronta per Justin.» Mormorò.
 «Come? Che significa?» In quel momento mi sentii congelare il sangue, quella frase l’avevo già letta in un libro, e subito dopo la ragazza venne violentata, ovviamente non pensavo che Ryan leggesse libri ma quella frase mi spaventò. Aveva un senso perverso.. Lui rise capendo il mio disagio e non risponse alla mia domanda. Ed io rimasi impallidita per tutta la lezione. Justin mi faceva ancora più paura adesso.. e se prima volevo solamente evitarlo, adesso non volevo nemmeno più respirare la sua stessa aria per paura che mi facesse del male.
Era pomeriggio inoltrato, mi ero addormentata sul divano mentre leggevo un libro. Mi alzai e controllai l’orario, 19:00. Mio padre non era ancora rientrato. Mi lavai la faccia e indossai la tuta, decisa ad andare a correre, non saltavo mai un pomeriggio. Ci tenevo a tenermi in forma, almeno per il mio fisico nessuno si era mai lamentato. Misi le cuffie e iniziai a muovermi velocemente per tutti gli isolati fino ad arrivare al parco.
La musica pop usciva dalle mie cuffie e mi davano movimento in più nella corsa.
  «Selena!» Sentii chiamarmi da lontano, tolsi una cuffia e mi guardai attorno alla ricerca di quella voce. Me ne pentii all’istante. Era Justin, era sulla sua macchina proprio dietro di me, che ero quasi all’entrata del parco.
  «Sali in macchina.» Ordinò.
  «Justin non ti bastano le torture che mi fai a scuola? Lasciami perdere adesso. Ti prego.» Dissi ignorandolo e ricominciando a correre verso l’entrata. “Ti prego, vai via.” Ripetei mentalmente, mi ricordai le parole di Ryan. “Tieniti pronta per Justin” sperai che qualcuno lassù ascoltasse le mie preghiere. Ma niente.
 Lui fece una sgommata ed io mi arrestai all’istante, per evitare che mi travolgesse con la macchina.
  «Ma sei impazzito!» Urlai, lui rise. E fece un gesto con le mani per indicarmi di salire. Mi arresi e salii.
   «Oh finalmente. Se mi stai a sentire e fai quello che ti dico non ti farò del male.» Disse normale.
   «Mi hai forse preso per una puttana? Per le tue esigenze sessuali devi andare da Miley, con me hai sbagliato persona.» Sbottai tentando di riaprire la portiera, volevo andare via da lui. Justin rise e di scatto mi chiuse la portiera, fermandomi il polso. Quel contatto fisico così innocuo mi spaventò più del normale. E lui lo notò.
  «Tranquilla. Non si tratta di sesso. Non ti scoperei mai, a costo di farmi amputare il pisello.» Sputò con disgusto, guardandomi male.  Mi distrusse ancora di più l’autostima.. anche se di quella ormai non ce n’era più traccia dentro di me.
  «Justin cosa vuoi da me?» Lo guardai fisso negli occhi.
  “Oh santo cielo..” i suoi occhi.. erano meravigliosi. Non li avevo mai notati, ovviamente non lo guardavo negli occhi quando mi menava. Ma avrei dovuto farlo, se avessi saputo dell’esistenza di quei occhi mi ci sarei persa dentro più volte. Avrei sopportato il dolore per quei occhi meravigliosi, color nocciola.. castano dorato.. sembravano caramello fuso.. Erano bellissimi.
 Scostai la testa ritornando sulla terra. “No, no..” Mi bloccai mentalmente. Mi ero lasciata in quegli occhi e adesso odiavo ancora di più la mia esistenza. Lui era una persona cattiva. Non doveva piacermi niente di lui. NO.
  «Devi far finta di essere la mia ragazza.»
Non potei non ridere. Lui mi guardò stranito.
  «Assolutamente no! E poi tu una ragazza ce l’hai.» Ribadii,
 «Non presenterei mai quella troia a mia madre.»
Oh bene almeno una cosa era certa, lui sapeva che Miley era una troia di prima categoria.
  «E allora perché proprio io?» Domandai.
  «Non mi va di affidarmi ad un'altra ragazza che non conosco.»
  «Ma tu non mi conosci!» Esclamai,
  «Lo so. Ma almeno so che farai esattamente tutto ciò che ti dico sennò i nostri incontri mattutini diventeranno anche pomeridiani.» Sorrise fiero di se. “Ma che pezzo di merda.” Piegò la testa di lato, guardandomi in silenzio, aspettando una mia risposta.
  «Adesso so anche dove vai a correre il pomeriggio..» Aggiunse provocando la mia paura. Era un ricatto, uno schifoso ricatto. Ovviamente sapevo che dovevo accettare. Non avevo altra scelta. Abbassai lo sguardo, da quegli occhi dolcemente malvagi.
  «Okay.» Dissi quasi in un sussurro «Posso sapere il perché?»
  «Ryan ha detto ha mia madre che sono fidanzato, lei vuole conoscere assolutamente la mia fidanzata adesso.. Ma se porterò Miley a casa mi ammazzerà..» Mormorò.
  «E con Miley come la mettiamo?» Domandai,
  «L’ho mollata. Di lei non me ne fotte un cazzo, la uso solo quando mi prudono le palle e voglio scopare.» Sputò acido.
  Mi paralizzai dalla volgarità della frase.
 «Potresti essere meno volgare?» Chiesi, lui rise di gusto, battendo anche le mani. Abbassai lo sguardo sulle mie mani, sentendomi improvvisamente intimidita da quella risata.
  «Sei proprio una pivella, scommetto che non hai mai baciato un ragazzo.. e sei pure vergine.» Rise ancora.
  «Tu non sai niente.» Dissi, cercando di fargli capire il contrario ma aveva perfettamente ragione, si notava tanto? Abbassai lo sguardo nuovamente. Non avevamo mai parlato al di fuori della scuola, beh in verità non avevamo mai parlato in generale. Si limitava solamente a usare la mani. E poi pensandoci parlare con lui non era così male.. a parte l’offendermi. Scesi dalla macchina sotto il suo sguardo attento.
  «Senti.. ok, accetto.»
  Lui sorrise compiaciuto facendo spallucce.
 «Passo a prenderti stasera alle 21:00. Incomincia già ad avvisare tuo padre.»
  «Stasera?!» Esclamai.
 «Stai dicendo qualcosa?» La sua voce era bastarda.
 «No..no.. scusa, ci vediamo stasera.» Mormorai triste.
  “Sottomessa.” Non era la parola esatta, ma la prima che mi venne in mente. 


Allora, cosa ve ne pare come inizio?
Cosa ne pensate? Siate sinceri. 
RECENSITE ed io continuo. 
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(X)


 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 2
Pensavo e ripensavo cosa dire a mio padre.
“Hey papà ceno dalla mia (finta) suocera.” E lui di sicuro mi avrebbe chiedo chi fosse il ragazzo, la famiglia, gli anni di lui, il suo nome, se avessi già fatto sesso, in pratica sarebbe staccato subito il terzo grado. “Hey papà stasera esco con un ragazzo.” No, non andava bene. “Papà stasera esco con una mia amica.” Ma io non avevo amiche.. entrai dentro, esasperata. Non sapevo che fare. Andai in cucina, trovai mio padre e la famosa Sarah. Lui vestito in modo formale, lei con un bellissimo abito con la schiena scollata.
  «Mi sono persa qualcosa?» Domandai rivolgendomi a mio padre. Li sentii sorridere.
  «Lei è mia figlia, Selena.» Disse mio padre gentile indicandomi.
  «Buona sera.» Sarah, sorrise.
  «Tanto piacere Selena, io sono Sarah.» Mi porse la mano, che afferrai e strinsi piano. Lei era bellissima, aveva un’aria familiare. La guardavo di sottecchi, mentre uscivo dalla cucina.
  «Vi lascio soli, buona serata.»  
Erano le 20:30, mi infilai nella doccia. “Come dovevo vestirmi? Casual? Elegante?” Sentii il cellulare vibrarmi, ci trovai la risposta alla mia domanda. Era Justin.
Non sapevo come avesse ricevuto il mio numero, probabilmente aveva sedotto quella della segreteria o l’aveva semplicemente minacciata.
Da: numero non salvato.
Sono Justin, stasera indossa un vestito,
 andiamo al ristorante. Sii puntuale.
Ti invierò un messaggio quando sarò sotto casa tua,
non fare tardi o saranno guai!

Salvai il suo numero con un nome non poco adatto a lui.
  “Stronzo” era perfetto. Aprii l’armadio con il panico dentro e fuori, non indossavo un vestito dal giorno della mia comunione.. o almeno credo. Cercai meglio e ne trovai uno. “Uh.” Pensai, l’avevo indossato al matrimonio di mia zia Selly. Era rosso chiaro, di pizzo. Aveva brillanti piccoli rosso scuro su tutta la superficie invece sulla vita aveva una fila di brillanti più grandi tutti vicini da formare una cintura. Lo stesi sul letto, adesso toccavano alle scarpe. Presi le stesse che indossai al matrimonio, quelle nere. Mi aggiustai i capelli e mi truccai. Cercai di non sbagliare, mettere l’eye-liner era sempre un impresa, poi abbinai il rossetto al vestito. Indossai il vestito e le scarpe. “Wow.” Camminai avanti e indietro un paio di volte per tutta la camera, portare i tacchi non era stato mai, per me, una fantastica esperienza. Alle 21 precise il telefono vibrò.
Da: Stronzo
Sono di sotto, scatta!

Ma quanto poteva essere stronzo? Non solo mi costringeva ad essere la sua ragazza, ma era anche tragicamente sgarbato. “E adesso che dico a mio padre?”
 «Un bel niente.» Sussurrai fra me e me.
Aprii la porta,
  «Papà!?» Lo chiamai dal piano di sopra.
  «Si?»
  «Io vado a dormire, per favore non disturbarmi, sono distrutta ci vediamo domani, notte, ti voglio bene. Notte anche a te Sarah.» Mentii chiudendo la porta a chiave. Sarei uscita per la finestra e saltata giù dal tettuccio del garage. “Oddio.” Mentire in quel modo mi diede una scarica di adrenalina pazzesca.
  Aprii piano la finestra senza far rumore, anche se al piano di sotto non si sarebbe sentito in ogni caso. Vidi Justin vicino l’auto, indossava una giacca giallo scuro, una t-shirt bianca e un jeans nero a cavallo basso, con le supra bianche e oro. “Non male.” Pensai per quanto potesse essere bastardo e stronzo, il suo stile non era male.
Uscii piano restando sul tetto, richiusi la finestra e saltai sul tettuccio del garage. Gettai le scarpe giù, attirando l’attenzione di Justin che mi stava aspettando impaziente, con le braccia incrociate.
  «Che cazzo fai?» Domandò.
  «Shh!» Lo zittii. Era una di quelle cose di cui avevo già incominciato a pentirmi. Pregai mentalmente che Justin non guardasse sotto il vestitino, anche se ne dubitavo visto il maiale che era. “Menomale che avevo indossato il completo di pizzo”.
   «Dai su salta, ti prendo io!» Sussurrò Justin.
  Così saltai.
Mi aspettavo seriamente le sue mani attenuare la mia caduta, ma col cazzo. Cadetti in avanti e mi sporcai un ginocchio. Sentii subito dopo la risata di Justin echeggiare per tutto l’isolato.
  «Coglione!» Mi alzai di scatto, lui continuò a ridere.
  «Belle mutandine!» Confessò continuando la sua risata.
  «Okay, io ci rinuncio.» Offesa, presi le scarpe da terra e mi avviai sulla piccola scaletta nascosta tra le rampicanti, tentai di risalire sul tettuccio. Avevo intenzione di non andarci a quella cazzo di cena, mi avrebbe umiliata ogni secondo e non l’avrei sopportato. E oltre tutto avrei dovuto mentire per tutto il tempo ed io odiavo farlo.
  «Hey no.» Si fece serio, mi raggiunse e mi prese per un polso, facendomi girare verso di lui. «Non rido più.» Aggiunse, facendo il gesto della cerniera lampo sulle labbra, quella volta risi io.
  «Sei uno stronzo.» Lo spinsi, lui ritornò in un lampo serissimo e strinse la presa del mio polso.
  «Dobbiamo andare.» Enunciò a denti stretti.
Mi lasciò il polso ed entrammo in macchina.
  «Perché tu puoi ridermi addosso ed io no?» Domandai più a me stessa che a lui.
  «Zitta.» Mi ammutolì.
Era come se fosse circondato da un muro, come se avesse paura di ‘abbassare la guardia’, come se avesse paura di far entrare qualcuno dietro quel muro, dove probabilmente c’era il vero lui.
Il viaggio fu particolarmente silenzioso, a parte lo stereo con le canzoni di Michael Jackson. Aprì bocca solo per darmi un fazzoletto per lasciarmi pulire il ginocchio. Justin si accese una sigaretta.
  «Non sapevo fumassi..» sussurrai, non rispose. «Posso aprire un po’ il finestrino?» Domandai, il fumo non lo sopportavo. Non rispose di nuovo. Lo aprii lo stesso.
Arrivammo fuori al ristorante dopo 5 minuti di macchina. Si chiamava “Ristornate California.”
Era abbastanza bello ed elegante. Non c’ero mai stata.
  «Allora. Cosa devo sapere?» Domandai, sistemandomi i capelli, specchiandomi su piccolo specchietto della macchina.
  «Ci siamo conosciuti un anno fa al parco, ci siamo subito innamorati.» Pronunciò l’ultima parola con un po’ di disgusto, sbuffai.
  «Senti Justin è difficile per te quando lo è per me. Non pensare che stia morendo di felicità, ci metterò tutta me stessa per risultare più naturale possibile.»
   «Ti stringerò la mano un paio di volte, non fare la solita faccia da vittima del cazzo, sii naturale.» Mi raccomandò.
  «Te l’ho appena detto, io ci provo.»
Lui annuì.
  «E finiscila con ‘sti capelli, sei il cesso lo stesso.» Mormorò uscendo dall’auto, gettando il mozzicone a terra, calpestandolo. E fu così che la mia piccolissima autostima fece la fine di quel povero mozzicone. Andammo all’entrata.
 «Pronta?» Domandò.
Annuii incerta: “Ero pronta?”
Sentii la mano di Justin arrivare alla mia, e le sue dita piano annodarsi alle mie. Sentii una piccola scossa percorrermi tutta la schiena, appena le sue dita fossero ben salde alle mie.
  “Oh, cazzo. E quello cos’era?” Pensai. “Cos’era quella scossa?”
Mi preparai psicologicamente a tutto questo,
prendendo una bella boccata d’aria.
  «Tavolo Bieber.» Disse al caposala.
  «Da questa parte.» Rispose lui, portandoci in un’altra sala.
Sentii l’adrenalina in corpo quando piano ci avvicinammo ad un tavolo non molto lontano da quell’altra sala dove vi erano due persone, una donna con un vestito color pesca e ci capelli castano chiaro ricaduti in un lato e un uomo in giacca e cravatta. “Wow avevano preso la cosa estremamente sul serio.”
Justin mi strinse la mano per farmi capire che era ora. La donna sorrise a trentadue denti alla nostra vista e si alzò dal tavolo. Era una bellissima donna, con due occhi profondi. “Adesso capisco da chi hai preso.” Pensai, guardando velocemente Justin.
  «Buona sera!» Esclamò sorridente.
  «Ciao mamma.» Justin l’abbracciò, lasciandomi (finalmente) la mano. E poi abbracciò l’uomo, «Hey zio!» Si schiarì la voce,
  «Mamma, zio John lei è.. Selena, la mia ragazza.»
Lei sorride di nuovo e mi porse la mano,
  «Io sono Pattie e lui è mio fratello John.» la strinsi piano.
  «Tanto piacere.» Sorrisi.
Incominciammo a cenare, ovviamente tutta l’attenzione era su di me ed io mi sentivo oppressa più che mai.
  «Quanti anni hai?» Chiese Pattie, addentando un boccone di carne.
  «17» Risposi semplicemente, risultando calma. Mentre dentro avevo i nervi a mille.
  «E da quanto tempo state insieme?» Chiese,
  «Un anno, ci siamo conosciuti al parco.» Dissi, ricordando le parole di Justin nella macchina.
  «Sei così bella Selena.» Confessò Pattie sorridendo. Sembrava felice, veramente felice. E mi dispiaceva però per lei, lei non sapeva che tutto questo era una falsa, tutto.
  «Grazie.» Sussurrai quasi, abbassando lo sguardo. Non ero abituata per niente ai complimenti, li odiavo ansi, ogni volta che ne sentivo uno, era cosa se il mio cervello si rifiutasse di crederci.. e infatti io non ci credevo.
  «Sai sono felice che Justin abbia messo la testa a posto finalmente, ha quasi 19 anni e voglio il meglio per lui. Vive da solo e mi dispiace vederlo ritirarsi da solo. Adesso invece ci sarai tu.» Sorrise.
  «Io non..» strinsi la mano di Justin, sotto al tavolo. Non sapevo che rispondere.
 «Mamma non l’ho mai portata a casa.» Mormorò Justin serio, la madre sgranò leggermente gli occhi.
  «Ah. Io pensavo che..»
  «Pensavi male.» Aggiunse subito Justin serio, io sorrisi imbarazzata. Anche se ero anche felice che Justin avesse messo bene in chiaro la cosa, almeno così non avrebbe pensato che io fossi stata a letto con lui.
  «Mamma, zio, vado a fumare una sigaretta..» Enunciò Justin alzandosi dalla tavola, mi porse la mano «Sel tu vieni con me?» Mi sorride, guardandomi con quei due occhi profondi come il mare.
 Afferrai la mano e lo seguii, sentendo lo sguardo della madre seguirmi fino all’uscita.
  «Sta andando bene..» sussurrai.
 «Sì.» Rispose secco, lasciandomi subito la mano una volta fuori al ristorante e fuori dallo sguardo della madre. Justin fumava la sua bella sigaretta immerso in chissà quale pensiero ed io mi giravo i pollici, mentre congelavo per il venticello che buttava. Justin sembrò notarlo.
  «Tieni la mia giacca.» Sussurrò, «Non affezionarti troppo ai miei gesti, solo che.. non voglio che ti prendi un raffreddore.. sei già pessima così.»
  “Oh, ma grazie.”
  «Non la voglio.» Sbottai, strofinandomi le braccia per riscaldarmi.
  «Indossala, e non fare la stronza.» Disse serio, inchiodandomi con lo sguardo, l’afferrai e la misi piano. Il suo profumo mi invase le narici prima ancora che la prendessi. Era così fresco e buono. Mi venne voglia di affondare il naso dentro la giacca e aspirare forte.
  “Ma che cazz..” Mi bloccai mentalmente, era strana la piega che avevano preso i miei pensieri e fortunatamente li fermai in tempo.
  «Dopo me la ridai e cerca di non sudare, non voglio la tua puzza sulla mia roba.» Con la voce arrabbiata mi smerdò ancora una volta.
  «Ti prego Justin..» Sussurrai.
  «Cosa?» Mi guardò.
  «Non fare così.»
Lui rimase in silenzio, ma poi riparlò:
  «Non posso farci niente se ti odio.»
  «Allora perché non fai fare questa messa in scena a qualcun’altra?!» sbottai nuovamente, alzando la voce. Lui sgranò leggermente gli occhi guardando dietro di me.
  «Sta venendo mia madre!» Sbottò, gettò velocemente la sigaretta a mi infilò la lingua in bocca.
  “Infarto.” Non era la parola esatta, ma la prima che mi venne in mente. Mi stava per venire un infarto. Il suo gesto così veloce, violento e dolce allo stesso tempo mi scoppiò in petto. Le sue labbra calde massaggiano le mie, mentre con le mani mi afferrò la testa. Rimasi paralizzata, non sapendo cosa fare. Cercai di contraccambiare quel bacio, ma con scarsi risultati. Ero una pessima baciatrice. Cercai di muovere la lingua attorno alla sua e sembrò funzionare. Sapeva di fumo.. e di.. Justin? Era un buon sapore. Sapeva di buono.
  La tosse finta di Pattie ci fece staccare.
Frastornata dall’improvviso bacio, sorrisi. Ero imbarazzatissima. Justin continuava a guardarmi come per comunicarmi qualcosa.. qualcosa che non riuscii a capire.
  «John ha pagato il conto. Possiamo andare a casa mia a prendere un caffè o un gelato.» Propose Pattie prendendo le chiavi della macchina nella borsa, porgendole allo zio di Justin.
  «Zio! Avevo detto che l’avrei pagato io!» Esclamò Justin,
  «Sarà per la prossima volta.» Sorrise e andò nel parcheggio.
 Eravamo di nuovo soli.
  «Fai schifo a baciare.» Sputò dopo un po’.
  «Wow bravo, adesso vuoi un applauso?»
Lui non rispose. «Cosa provi ad umiliarmi per ogni cosa?» Chiesi retoricamente.
  «Niente, te lo dico così magari cambi.» Strinse la mascella.
 «Non cambierò mai e ne tanto meno per te!» esclamai, lui sorrise. «Cazzo ridi.»
 «Sei buffa quando cerchi di fare la dura.» Aprì la macchina e salì.
Non si degnava nemmeno di aprirmi la portiera, ma che uomo di merda. «Stronzo.» sussurrai.
  Mentre eravamo in macchina guardai l’orario.
Erano le 23:50. «Oh cazzo!»
  «Cosa c’è?» Domandò Justin.
  «E’ tardissimo devo ritornare a casa!»
  «Ma mia madre voleva che andassimo..»
  «Non posso, ti prego, portami a casa.» Pregai. Lui rallentò e fece immersione, imprecando sotto voce.
Mi riportò a casa e scesi dalla macchina togliendomi le scarpe.
  «Questa me la pagherai.» Disse.
  «Signor Bieber di ‘sto cazzo, non è colpa mia se non ho 18 anni e vivo ancora con mio padre.» Mormorai facendo spallucce, lui rise.
  «Sei una stronza.»
  «Ti ringrazio, notte.» Lo salutai, chiudendo la portiera.
Lui non rispose, accese il motore andò via.
Risalii piano sul tettuccio sbucciandomi anche un ginocchio, entrai in camera, indossai subito il pigiama e mi struccai per poi mettere un cerotto sulla piccola ferita che bruciava un po’. Avevo dimenticato di ridare la giacca a Justin, la piegai e la misi sulla scrivania.
 Scesi le scale per controllarle mio padre.
Dormiva beato nel suo letto. Sembrava felice. Chissà com’era andata la sua serata. Risalii le scale e mi infilai nel letto. Sentii il cellulare vibrare subito dopo.
Da: Stronzo.
  Spero tu sia rimasta illesa nel risalire sul garage,
mi servi per mia madre, hai dimenticato di darmi la giacca, cazzo.
Ci vediamo domani a scuola.
   Notte, stronza. E stai attenta alla mia giacca.

Decisi di risponderlo.
A: Stronzo
Per tua sfortuna mi sono fatta male un ginocchio.
Da: Stronzo
Sei un caso perso, notte.

“Sei un caso perso.” Nuovo insulto da aggiungere alla lista.

BUON NATALE A TUTTI.!
COSA NE PENSATE DI QUESTO CAPITOLO?
RECENSITE E CONTINUO U.U
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Capitolo 3
*** 3 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 3

 
Mi alzai in ritardo, erano le 8:00 e la campanella sarebbe suonata alle 8:20, improvvisamente divenni flash, mi lavai in un secondo e mi vestii. Non feci nemmeno colazione, salutai mio padre e schizzai fuori. Non volevo fare tardi, però.. arrivai fuori scuola in ritardo, grazie ad un traffico immenso. Quindi i cancelli erano chiusi.
  «Cazzo!» Mormorai. «Hey Thomas, puoi aprire?» Domandai al bidello che stava fuori all’ingresso. Lui scosse la testa.
  «Scusami, ma la campanella è già suonata da un pezzo.» Enunciò, entrando dentro. Ero costretta ad entrare alla seconda ora, meglio così avrei saltato la lezione di greco.
Andai un po’ al parco, mi sedetti su una panchina e incominciai a guardare il cielo. Era cupo, le nuvole erano nere.
  «..penso che fra un po’ pioverà.» Abbassai istintivamente la testa, era Justin.
Era di fronte a me con le mani in tasca e il ciuffo abbassato.
  «Sì..sì,infatti.» Confermai la sua ipotesi.
  «Perché non sei a scuola?» Chiese,
  «Potrei farti la stessa domanda.» Risposi. Lui sorrise,
  «La mia sveglia mi ha tradito.» confessò sedendosi accanto a me.
  «Wow, si è messa d’accordo con la mia allora!» Scherzai.
Io non riuscivo a capirlo, era un bipolare del cazzo. Perché adesso sembra così cortese con me? Mi sorrideva e parlava con una voce serena.. mentre di solito mi insultava e diceva volgarità.
  «Che pensi?» Chiese fissandomi.
Non risposi. Continuavo a fissare a terra, era strana quella domanda. Io stavo pensando lui. Com’era possibile? Avrei dovuto dirgli la verità? No, assolutamente avrebbe pensato che mi stesse incominciando a piacere quando invece non era assolutamente vero!
  «Hey guardami.» Ordinò.
E lo feci, perché sinceramente non mi era mai stata fatta richiesta migliore.
Solo che avevo paura.. dei suoi occhi. Così profondi e intensi, lo guardai e quel colore si mescolò con il mio. Sentivo il suo sguardo nel mio. Mi persi nuovamente in esso. “Basta” Pensai, ma intanto non toglievo i miei occhi dai suoi.
  «..ho dimenticato di portarti la giacca.» Sussurrai, distraendomi o almeno ci provavo. Lui fortunatamente guardò altrove, e quindi mi liberai da quelle catene immaginarie che mi bloccavano ogni volta.
  «Oggi passo da te a riprendermela.» Propose,
  «No. Non venire.» Risposi, lui mi guardò corrucciando la fronte.
  «Oggi andrò a correre, ci rivedremo qui.» Dissi, lui annuì e si alzò.
  «Vado a farmi un giro, ci vediamo oggi.»
  «Non entri alla seconda ora?» Chiesi, lui scosse la testa.
  «No, non mi va. Oggi mi sento particolarmente bene e se entro a scuola mi intossico.
Comunque stai attenta a Miley. Vuole ammazzarti di botte.»
  «Uh, che novità!»
Lui rise: «Ha saputo che stai con me.»
  «Ma noi non stiamo insieme, almeno non veramente.» Mormorai subito, lui alla mia risposta sembrò innervosirsi.
  «Lo so, lei non sa che è tutto finto. Non dirglielo, lo dirà in giro.» Andò via, lasciandomi con un nuovo peso addosso. Mi sarei dovuta occupare anche di Miley, cosa le avrei detto? Si capiva che io e Justin non stavamo assieme! Io lo odiavo, lui altrettanto! Uff, mi alzai e mi diressi a scuola, mentre piano incominciò a cadere la pioggia.

Il rumore della mia faccia spiaccicata sull’armadietto fu talmente forse
che attirò l’attenzione anche di chi stava nel corridoio accanto.
  «Puttana io ti ammazzo!» Miley era rossa dalla rabbia, appena mi aveva visto entrare non aveva esitato a lanciarsi addosso, mi aveva afferrato i capelli e mi aveva scaraventato sugli armadietti.
   «Non stiamo insieme!» Urlai, ma lei non la bevve.
 «Ah no!? E queste?» Dalla sua tasca cacciò il cellulare, erano delle foto. Di me e Justin, fuori al ritornante, con le mani intrecciate ed io con la sua giacca.
  «Non significano niente..» Sussurrai.
Lei rise nervosa e poi mi saltò addosso, caddi a terra di spalle. Mentre mi abbondai a quella rissa, era una battaglia già persa. Non potevo vincere. Chiusi gli occhi senza reagire, sentivo i suoi calci arrivarmi allo stomaco, le sue mani tirarmi i capelli e i suoi insulti arrivare a raffica su di me, come se anche essi fossero dei schiaffi in piena faccia. Sentii una voce femminile intromettersi ma poi.. niente.
  Molto probabilmente svenni dal dolore, perché quando riaprii gli occhi ero in infermeria. Indolenzita dappertutto.
  «Hey Jennifer.» Chiamai l’infermiera che era di spalle.
Lei si girò di scatto.
 «Signorina Selena come ti senti?» Mi accarezzò una guancia, mi scansai al suo tocco. Lei sembrò offendersi.
  «Mi fa male.» Sussurrai come per scusarmi.
  «E’ stata sospesa per 3 giorni quella stronzetta.» Su una sedia accanto a letto, che prima non avevo notato, c’era una ragazza. Si alzò e venne vicino a me, come per controllarmi.
  Era minuta e ben proporzionata. Aveva i capelli biondo scuro.
  «Oh bene.» Risposi, guardandola.
  «Io sono Ariana.» Mi porse la mano. Feci per alzare il braccio per ricambiare ma era fasciato.
  «Ma che cazz..» Sussurrai.
  «E’ slogato, non è rotto.» Rispose Jennifer alla mia domanda non espressa.
  «Cazzo..» Mormorai.
  «Tieni, sono degli antidolorifici. Ti ha ridotto proprio male..» Aggiunse guardandomi da capo a piede.
  Lo alzai piano, non lo sentivo.
  «Posso sapere perché non hai reagito?» Domandò Ariana,
non risposi. Infondo non lo sapevo nemmeno io.
  «..sarebbe finita peggio.» Scesi dal lettino e andai verso la porta, prendendo i medicinali di Jennifer.
   «Grazie.» Sussurrai, lei sorrise.
 «Ciao Ariana.» Dissi e andai via.

Guardai il mio riflesso nello specchio del bagno, avevo il viso pieno di lividi, sotto al mento, sull’occhio e per lo più un labbro gonfio. Il braccio mi faceva malissimo e dello stomaco non ne parliamo.
Con la mano tremante, presi un bicchiere di plastica e lo riempii d’acqua, presi un antidolorifico e lo ingoiai bevendoci su.
  Improvvisamente pensai a mio padre.
  “Merda!” Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto?
Di sicuro mi avrebbe cambiato scuola. “No..” Pensai, non volevo farlo. Ero abituata qui ormai. Mi piaceva la biblioteca, i lavandini fra i corridoi, il mio armadietto pieno di insulti, per non parlare del coro della squadra delle cheerleader. Mi piaceva anche se non lo mostravo.. Prima di andare a casa passai per la segreteria, pregai in tutte le lingue del mondo a Shiva che non chiamasse a casa per avvisare mio padre.
Quando ritornai a casa cercai di evitare il contatto diretto con mio padre, ma ovviamente era una cosa impossibile.
Vidi i suoi occhi sgranare:
  «Piccola cos’è successo?» Chiese, si avvicinò subito e mi accarezzò il capo. “Emh…”
  «La squadra di football.» Mentii «Si stavano allenando, ero andata con una mia amica sugli asfalti e sono scivolata, ha piovuto un po’stamattina quindi le scale erano bagnate.. sai come sono goffa papà.» Farfugliai, lui sorrise.
  «Sì, sei goffa.» Rise, «Beh però ti sei conciata proprio male..» mormorò, toccando i lividi sul mio viso..
   «Pranziamo?»

Dopo pranzo salii di sopra, ovviamente non potevo andare a correre, non riuscivo nemmeno a camminare, a stento riuscii a salire le scale per arrivare in camera. Così mi feci un bagno caldo, come piace a me.
  Riempii la vasca e accesi alcune candele, feci la schiuma nell’acqua e presi uno dei miei libri a caso nella libreria. Mi spogliai e mi raccolsi i capelli, erano puliti. Mi avvolsi attorno al braccio fasciato una busta, per non far bagnare la garza. Entrai piano nella vasca, la mia pelle fredda e indolenzita a contatto con l’acqua calda era un sollievo piacevole. Sentii le cellule del mio corpo rilassarsi.
  Avevo preso il libro 50 sfumature di Grigio.
 “Mh..” Pensai, “Libro piccante.”
Però dopo tutto il loro modo di.. ‘accoppiarsi’ la loro storia d’amore era fantastica. Lui un uomo che non sapeva amare, lei che glielo insegnò, si ritrovano improvvisamente innamorati e questo è qualcosa di unico. Il modo in cui lui iniziò ad amarla incondizionatamente, lei che non viveva senza lui. I loro baci, all'improvviso quello che facevano non era solo sesso estremo, ma la voglia di unirsi. Di sentirsi una cosa sola nel modo più estremo possibile. A distrarmi dalla lettura era mio padre che bussò dalla porta della mia camera.
  «Cosa c’è?» Chiesi alzando la voce per farmi sentire.
    «C’è un tizio che ti vuole!»
 Mi paralizzai nell’acqua.
  «Esco subito.» Avevo capito chi era. Uscii all’istante dall’acqua, mi asciugai e indossai subito l’intimo e una tuta. Mi tolsi la busta dal braccio e presi la giacca di Justin.
  Scesi le scale (zoppicando) e uscii fuori.

  Justin era sui gradini del mio ingresso si alzò appena mi vide.
  «Cosa vuoi? Cosa ci fai qui?» Dissi fredda. Come si permetteva di bussare così alla mia porta, di presentarsi senza preavviso. Adesso avrei dovuto dare spiegazioni a mio padre.. avrei dovuto mentire di nuovo. 
  «Ciao anche a te.» Disse, con un leggero sorriso sulle labbra.
Era calata la sera, quindi accesi le luci in giardino. Justin appena mi vide sgranò gli occhi.
  «Cosa cazzo hai fatto?» Lo vedi stringere i pugni.
  «Secondo te?» Chiesi, lui non rispose aveva capito di chi si trattava. «Senti Justin, lasciamo perdere tutto ok?» Lui mi guardò senza dire niente. La rabbia dal suo volto andò via e rimase impassibile e fu ancora più difficile per me capire quello che provava in quel momento.
  «Che vuoi dire?» Sussurrò.
  «Quello che stiamo facendo è una cosa più forte e grande di me, non ce la faccio più fisicamente e mentalmente. Ogni giorni vivo nella paura e nell’ansia che dietro l’angolo ci sia Miley, Ryan e.. tu! Che mi smerdate e mi ammazzate di botte.» Chiusi la porta alle mie spalle per non far origliare a mio padre.
  «Non ti tocco più.» Disse lui alzando le mani.
  «No! Non è vero! Questa cosa non finirà mai Justin!» Sentii le lacrime salire in superficie, la gola era in fiamme. Volevo scoppiare in un pianto isterico. «Continua questa messa in scena con qualcun’altra, magari che ti vuole bene davvero.» Lui mosse la testa,
  «No..» sussurrò
  «Si!» Esclamai.
  «Quindi mi stai lasciando?» Chiese,
  «Noi non siamo mai stati insieme!» Urlai, lui si allontanò un po’, guardandomi. «Prendi la tua giacca..» Gliela porsi.
Lui non si mosse, non la voleva prendere.
  Ritornò serio, ritornò Stronzo.
  «Sai che mi costringi ad essere ancora più cattivo..» Disse.
  «Cosa fai? Mi ammazzerai? Okay, mi farai solamente un favore enorme. Non mi interessa niente. Tanto non ho niente da perdere.»
Gli gettai la giacca addosso ed entrai.
   Mio padre era sulle scale.
  «Chi era?» Chiese.
  «Nessuno.» Esatto, lui non era nessuno.
Che sciocca che ero stata a pensare anche solo per un momento che lui per me potesse essere qualcuno. Lui era nessuno.
  Solamente un mostro senza anima. Ed io che volevo ‘cambiarlo’, volevo provare a fargli capire che dicendo parolacce e volgarità e ad essere un bullo non serviva a un cazzo. Ma lui era solo un animale, un essere senz’anima. “Come si può pensare di poter insegnare qualcosa ad un animale, avrei dovuto addestrarlo!”

Mi rinchiusi in camera mia. Mi stesi sul letto e mi abbandonai. Piansi, tutto anche l’anima. Piansi perché ero fragile, perché ero testarda, sciocca, brutta, antipatica, piansi perché capii che per me Justin era diventato qualcuno. Un amico? No, conoscente..? forse. Un amore? Mai. Rifiutavo il pensiero di lui, ma il mio corpo lo voleva vicino. “Mettetevi d’accordo!” Pensai, soffiandomi forte il naso. Mi faceva male tutto dentro e fuori. Justin e la sua gang, si stavano prosciugando tutta la mia felicità, anche se non ce n’era tanta. Avevano deciso di distruggermi la vita dal momento in cui mi avevano visto entrare nella scuola 4 anni fa.

Andai in bagno e mi lavai la faccia. Decisi di cambiare. Ricambiare con la stessa moneta, da quel giorno sarei diventata qualcuno da rispettare e forse da amare.
  Così il mattino seguente, mi svegliai e mi vestii. Indossai un comodo jeans e una maglietta aderente. Mi legai i capelli con il codino e mi truccai un po’, anche se un po’ addolorante e addolorata, andai a scuola. Avevo tolto la fascia anche se il braccio ad ogni sforzo mi faceva male. Miley non c’era. Justin era vicino alle scale, aveva di nuovo la giacca di pelle. Ogni volta che la indossava era arrabbiato ed era violento.
Mormorò qualcosa sul mio conto, ed io gli andai vicino.
  «Cosa cazzo vuoi?» Chiesi, lui si mise sulla difesa. «Qualche problema Bieber?»
 «Wow hai deciso di cacciare gli artigli eh?» Voleva prendermi il mento fra le mani, ma evitai il suo tocco.
  «Non toccarmi!» Esclamai,
  «Uh, che paura.. fai tanto la dura perché non c’è Miley? Guarda posso benissimamente mandarti in infermeria anch’io.» Sorrise beffardo.
  «Provaci.» Lo provocai, in un secondo sentii un pugno allo stomaco, lo ignorai e a mia volta gli tirai un pugno dritto sul naso, del sangue gli scese a gocce piano sulla giacca. Si buttò addosso, caddi di schiena, lui era su di me. Mi teneva ferma.
  «Sei una grande puttana lo sai?» Disse, e intanto alcune gocce di sangue mi caddero sul volto.
«Lasciami andare.» Sbottai a denti stretti.
  «Oppure?»
Feci scivolare la gamba sotto di lui, e gli diedi una ginocchiata fra le gambe. «Oppure questo!» esclamai,
  «Cazzo!!» Justin si accasciò a terra, e si strinse fra le gambe.
   «Toccarmi un'altra volta e te le strapperò invece di darti le ginocchiate.» Minacciai, Ryan cercò di avvicinarsi ma lo fulminai con lo sguardo. «Salva il tuo amichetto.» 

Ta-da *alza le mani per fare scena*
Che ve ne parte? 
CONTINUO SOLAMENTE SE RECENSITE. U.U

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Capitolo 4
*** 4 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 4

 
  «Perché adesso hai reagito in quella maniera?» Quando entrai a scuola c’era Ariana, che aveva visto la scena.
  «Perché sono stanca.» Risposi seria, continuando a camminare. Presi un fazzolettino dalla tasca e mi pulii le gocce di sangue. Lei mi seguì.
  «Senti Sel..»
  Mi fermai e mi voltai verso di lei. «Non offenderti ma.. mio padre ha una palestra qui in città, potresti iscriverti al corso di autodifesa.. sai non si sa mai.» Disse cordiale.
  “Mmh.. non era una cattiva idea.”
  «Potremmo andarci insieme..» Proposi, abbandonando la serietà.
Lei sorrise e annuì: «Dammi il tuo numero, ti contatto.»
Mentre mi avviavo in classe sentii la voce metallica rimbombare nel corridoio: “La signorina Gomez è pregata di venire in presidenza.”

  «Cosa!!» Esclamai e la mia voce si alzò di qualche ottava, guardavo il preside come se fosse uno scherzo della natura. Mi aveva appena detto che avevo preso una nota in comportamento perché avevo usato la violenza a scuola.
  «E Miley? Justin?! A loro non li chiamate in presidenza!?» Stavo per alzarmi e schiaffeggiare anche il preside, sentivo praticamente la rabbia crescermi dentro.
  «Loro ricevono note tutti i giorni.. non posso chiamarli in continuazione in presidenza.» Rispose lui a mo di spiegazione.
  Lo guardai torva, «Sapete che usano la violenza anche su di me?» Sputai acida. Lui annuì. «Ed è per questo che abbiamo sospeso la signorina Cyrus.» Spiegò nuovamente. “Wow, mi ha aiutato parecchio proprio.” Pensai sarcastica.
  «E comunque il signor Cyrus, il padre della ragazza è un imprenditore importantissimo, e soprattutto colui che ci fornisce gli attrezzi scolastici, come lavagne e banchi.» Aggiunse.
  “Ah ecco.” Perciò Miley non veniva mai bocciata o richiamata, era una raccomandata del cazzo.
  Strinsi i pugni.
  «Posso andare ora preside?» Chiesi.
Lui annuì: «Se si ripeterà un caso del genere, sarò costretto a riferirlo ai tuoi genitori, signorina Gomez.» Enunciò: «Buona giornata.»
Uscii dalla presidenza, e improvvisamente tutta la mia rabbia si trasformò in tristezza e repulsione per me stessa.
Non potevo diventare da un giorno a l’altro ‘quella dura’. Quella che sapeva tenere testa a quelli come Justin.. no. Non potevo.
Era una cosa più potente di me e soprattutto non adatta a me.
 Come infatti, entrai nel bagno e piansi fino a consumare le lacrime. Ero di nuovo ritornata ad essere quella fragile, quella che se la tocchi come un dito si spezza e non fa rumore. Io non potevo essere quella forte. Io ero fragile dentro.  

Era domenica mattina, mio padre mi aveva a malincuore svegliato presto. Il motivo? Avremmo pranzato da Sarah. Non mi aveva ancora detto chiaramente che era la sua ‘fidanzata’. Ma dal modo in cui si comportavano pensavo proprio di si.
  «Indossa quel vestitino a fiori, ti si addice molto.» Disse mio padre, mentre emozionato si abbottonava la camicia.
  «Okay.» Lo tirai dall’armadio, era casual e mi piaceva. Indossai i tacchi e finii di prepararmi. Mio padre bussò alla porta.
  «Sei pronta? Forza dobbiamo andare!»
Mi passai un velo di lucidalabbra e scesi giù.
  «Allora ci sarà anche la sorella, non la conosco voglio fare bella figura quindi.. si gentile.» Aveva i nervi a mille.
  «Sono mai stata scortese?» Domandai leggermente offesa.
Lui sorrise: «Mai, però sai.. volevo avvisarti.»

Prima di andare da Sarah, passammo per un enoteca, mio padre aveva pensato che andare lì a mani vuote non fosse un bella cosa. Così comprò un ottimo vino.. Abbastanza costoso. Disse che era il preferito di Sarah. Arrivammo, nell’isolato in cui viveva era circondato da ville, e anche la sua casa poteva definirsi tale. Aveva un giardino bellissimo, con rose ovunque. Sulla veranda aveva un altalena, mi venne voglia di sedermi lì a sorseggiare cioccolata calda e magari a leggere un libro.
  «Forza, andiamo.»

  Scendemmo dall’auto ed entrammo.
Sarah era impeccabile, indossava un vestito azzurro, i capelli lunghi gli ricadevano in un lato, portava tacchi color panna abbinati a gli orecchini.
  «Ciao tesoro.» Sarah con un sorriso smagliante baciò a stampo mio padre, poi mi baciò una guancia. “Ok, sono fidanzati.” Pensai. «Da questa parte, vi presento mia sorella.»
  Entrammo in cucina, era di spalle. Indossava un vestito aderente, rosa chiaro, con dei sandali. Sembrava l’avessi già vista da qualche parte. Quando si girò.. riconobbi subito chi fosse.
 “Ti prego, pavimento!! Apriti e ingoiami adesso!!” Urlai mentalmente. Ero paralizzata. “Sono fottuta!”
  «P-Pattie.» Sussurrai fra me e me, lei sorrise e venne vicino,
  «Oh, Selena! Tutto bene?» Chiese, avvolgendomi in un dolce abbraccio, rimasi spaesata.. “Oh merda.” Pensai, quindi c’era anche Justin con lei. Mi maledii mentalmente per essere venuta, anche se mio padre non mi aveva dato altra scelta. Ma adesso lei avrebbe detto a mio padre che ero la ragazza di Justin, dal modo in cui Pattie mi aveva abbracciata significava che Justin non le aveva detto che era finita tutta quella messa in scesa.
  «Vi conoscete?» Chiese Sarah, guardando mio padre.
  Annuii piano.
 «E’ la ragazza di mio figlio.» Enunciò dopo un po’ Pattie con così nonchalance, mio padre mi sgozzò con lo sguardo, e intanto il pavimento non si apriva..
  «La ragazza di suo figlio?» Mio padre non voleva crederci, aveva lo sguardo di uno che aveva appena visto un fantasma.. o tipo, mi guardava di tanto in tanto e pian piano mi ammazzava con quei occhi. Pattie sorrise:
  «Sì, a proposito adesso lo chiamo. Comunque piacere, io sono Pattie.» Porse la mano a mio padre, che con così tanta delusione (che solo io potevo captare) la strinse piano.
  «Piacere, io sono Eric.» Pattie sorrise e alzò un dito come per dire, torno subito. La vidi aprire la porta sul resto, quella che affacciava al giardino posteriore. La sentii parlare:
   «Justin, che coincidenza, la figlia del fidanzato di Sarah è la tua fidanzata.» Esclamò lei con felicità.
   «Selena è qui?»  Quando udii la voce di Justin mi girai di spalle alla porta, non volevo guardarlo in faccia, il nostro ultimo incontro era stato a scuola, quando gli avevo frantumato le palle e il naso. E quello ancora prima era stato fuori alla mia porta, quanto gli avevo detto che volevo finire tutto, finire di fare finta. Ma a quanto pare lui non gli aveva detto niente a Pattie. Non aveva messo fine a un bel niente. “Cazzo.”
  «Cavolo quant’è piccolo il mondo!» Esclamò sorridente Sarah, mentre mio padre sforzò un sorriso. Lei sembrò capire il suo disagio e infatti lo trascinò via. Sperai con tutta me stessa che Sarah avrebbe messo una buona parola contro la mia.
  «Ti mostro il griardino.» Gli disse ed erano usciti subito fuori, lei mi lanciò un occhiata come per dire ci-penso-io.
Pattie aveva preso il cellulare,
  «Io chiamo John dovrebbe venire anche lui.» Eravamo solo io e lui. Ed io ero ancora di spalle, e non volevo guardarlo. Sentivo il suo respiro dietro di me, anche lui non proferiva parola, anche lui non sapeva cosa dire. Vidi con la coda dell’occhio che Pattie ci stava spiando. Sbuffai mentalmente.
  «Non hai avvisato tua madre.» Sussurrai diventando seria e girandomi a testa alta verso di lui. “Oh mamma.” Era bello, bellissimo. Indossava un pantaloncino a tuta, bianco, con fantasie nere, una maglia bianca a mezze maniche e scritte nere, aveva un cappello e le solite supra. Portava gli occhiali da sole, e questo per me fu un vantaggio così guadarlo in faccia non sarebbe stato un problema.
  «No.» Disse «Decido io quando finirà.»
Sorrisi, «Che stronzo che sei.»
  Lui annuì come per confermare.
 «Sono un perfetto stronzo.» Sorrise.
Mi prense improvvisamente il volto fra le mani e si tolse gli occhiali. “Cazzo.” Era come se usasse i suoi occhi contro di me, come se percepiva il mio disagio di ogni volta e tutto quello che riuscivano a provocarmi quei banali occhi. Chi aveva detto che gli occhi azzurri erano i più belli? Lui li aveva castano dorato eppure non c’era di più bello al mondo. Il suo sguardo penetrò nel mio, perforandolo quasi. Aveva le pupille dilatate e questo rendeva lo sguardo ancora più ‘pericoloso’. Mi sentii bloccata al suolo, le sue dita passarono sull’incavo del mio collo, su e giù.
   Guardò la mia pelle, pallida e morbida.
  «Ogni volta che tiravo su col naso, sentivo dolore..» Confessò in un sussurro, «..e quel dolore mi ricordava te.» concluse, con un leggero sorriso nella voce bassa. «Tregua?» Chiese dopo un po’.
    «Tregua.» Sussurrai dopo un po’, soddisfatta però del fatto che  gli avevo provocato quel dolore al naso. E una parte di me era felice anche del fatto che lui mi ricordava ogni volta.

  Ero soggiogata completamente da quei due occhi. Avevo deciso di perdonarlo. Perdonare il suo essere stronzo allo stato puro, perdonare la sua violenza, ma soprattutto perdonare quei occhi che ogni volta mi ammazzavano pian piano con così tanta delicatezza che lui normalmente non aveva.
  Lo vidi piegare la testa di lato e poggiare piano le sue labbra sulle mie. Non riuscivo a muovermi, a scansarlo. Una parte di me non voleva quel bacio, mentre l’altra.. beh l’altra stava ricambiando il suo gesto. Mi baciò piano, senza lingua. Un bacio non volgare, lento e dolce. Mi meravigliai, infatti, di quella improvvisa dolcezza che mi arrivò ad ondate. La sua mano mi accarezzava il capo. Si staccò piano da me e mi guardò. Sembrava volesse dirmi qualcosa ma richiude la bocca e rimane in silenzio.
  Rientrò Pattie, seguiti da Sarah e mio padre.
 «Ho una fame da lupi.» Confessò Sarah, «Pranziamo?»

Il pranzo era squisito e abbondante, John e mio padre parlavano di sport, Pattie e Sarah di vestiti. Mentre io mi sentivo l’asociale della situazione. 
  «Io esco a farmi una sigaretta.» Enunciò Justin.
E noi a tavola annuimmo.
  «Vai anche tu, tesoro.» “Pattie non ti fai cazzi tuoi?” Le chiesi mentalmente. In un certo senso mi sentii obbligata dalle sue parole, non volevo andarci ma cedetti e lo seguii.

  «Che fai, mi segui?» Justin era seduto sull’altalena, fumando.
  «Tua madre mi ha costretto.» Confessai sedendomi accanto a lui.
Cacciò il cellulare dalla tasca, che vibrò, e lesse un messaggio.
  Non potei non leggerlo.

Da: Miley
Riesco ancora a sentirti fra le mie gambe.
Stanotte è stato fantastico, come ogni volta.
Buongiorno amore.


Tossii, involontariamente, strozzandomi quasi con la mia saliva.
  “Cos’era quella che sentivo?” Mi pulsava il cuore, “Rabbia? Gelosia?” Per un nano secondo optai per la seconda. Ma pensai che era meglio, per me, rimanere con il beneficio del dubbio.
 «Ficca naso.» Mi accusò Justin, con un leggero sorriso.
   «Il tuo cellulare si trova a pochi centimetri dal mio viso, è impossibile non leggere.» Risposi a mia difesa, lui annuì.
  «Tu sei vergine?» Domandò di punto in bianco.
  «Ti interessa?» Risposi con una domanda, ovviamente a lui avrei detto il contrario. La verità era che ero vergine fin dentro le ossa.
   «E’ per parlare.» Mormorò, gettando il mozzicone di sigaretta a terra. Poi riportò l’attenzione su di me.
  «Ci sono tanti argomenti, tipo.. non dovresti fumare.» Buffai giù, tentai di essere sempre gentile, ricominciando tutto daccapo, come se io e lui non ci conoscessimo e quello fosse il nostro primo appuntamento. Lui soffocò una risata.
  «Fumo raramente. Lo faccio quando sono nervoso.» Ammise.
  «E perché lo sei adesso?» Chiesi leggermente incuriosita.
  «Ti interessa?» Rispose con la mia stessa domanda, di prima. E non potei non ridere. “Un punto per te, Bieber.”
  «Non.. sei.. male come persona infondo.» Sussurrò quasi, lo disse con tanto peso nelle parole. Quella frase mi risultò così sforzata.
  «Oh, grazie mi hai salvato la vita.» Ironica, lui rise.
  «Sul serio.» Mi guardò. «Però.. ti prego non fraintendere niente, tra me e te non ci sarà mai niente. Almeno non da parte mia.»
   «Perché pensi che mi possa innamorare di te? lo dici ogni volta!» Esclamai, mi faceva ridere. Era vero: era bello e tutto, ma il mondo non girava tutto attorno a lui.
  «Lo fanno tutte prima o poi.» Mormorò vanitoso.
  «Tutte ma non io.»
Lui mi guardò di nuovo, «Lo spero.»
  «Con Miley? È seria la cosa?» Chiesi, lui scossa la testa.
 «Assolutamente no. Te l’ho detto mi piace solo scoparla.»
Rimasi in silenzio. «..io.. ho amato tempo fa.» Aggiunse dopo un po’, sembrò che volesse scusarsi in qualche modo. «Ho amato con tutto me stesso.» Sussurrò, lo guardai. «Ma lei mi ha distrutto il cuore e adesso.. non riesco a innamorarmi, ci ho provato con Miley ma niente.. nessuna riesce a darmi quello che mi dava lei.» Ebbi la sensazione che quelle parole non uscissero dalla sua bocca, come se quelle parole erano pensieri pesanti che sfuggivano da sole, che parlavano da sole.
  «Poi lei è andata via. Ha incontrato lui. Ed io sono rimasto solo
 “Almeno tu hai amato, sei stato amato.” Avrei voluto dirgli, “Io non sono mai stata innamorata, non so nemmeno cosa sia quel sentimento.” Pensai.
  «Ci soffri ancora?» Chiesi,
 «Non più. Però il pensiero mi rattrista.» Ammise, poi sbuffò. «E’ strano come.. no..» sembrava confuso, voleva dire cose che nemmeno lui comprendeva. Era confuso e triste. Ed io in qualche modo mi sentivo la causa, e mi sentivo in dovere di farlo stare bene.
  «Oh, andiamo. Il mondo è pieno di persone straordinarie, vedrai che un giorno incontrerai qualcuna speciale che amerai di nuovo.» Sorrisi, lui sembrò sperarci.
  «E’ tantissimo tempo che non faccio l’amore.» Confessò.
«Beh almeno scopi.» Scherzai, lui rise di gusto.
Presi in considerazione l’idea che Justin soffrisse di un disturbo della personalità. Prima è gentile, poi terribilmente stronzo.
  Però mi piaceva. Non lui, la situazione.
Presi in considerazione l’idea che lui potesse essere un amico, almeno.
Ritornammo a casa, mio padre non aveva intenzione di parlarmi. A casa lui andò a prepararsi per poter uscire di nuovo con Sarah, mentre io mi rinchiusi in camera a leggere un giallo. Dopo essermi lavata e aver indossato uno dei miei pigiama preferiti. Era celeste con le nuvolette tutte attorno alle gambe.

  Da: Stronzo.
Uh, la secchiona sta leggendo ahahah!

Sprofondai nel letto. Come sapeva cosa stessi facendo?

Il secondo dopo mi arrivò un altro messaggio.

Da: Stronzo.
Bel pigiama comunque.
Sembri un cane bastonato.


Lo risposi.

A: Stronzo.
Dove cazzo sei?


Il secondo dopo sentii bussare alla finestra. Mi alzai piano e andai ad aprire. Justin era seduto sul tettuccio. Era salito probabilmente dalla scaletta vicino al garage. Dove ero scesa io l’altra volta.
   «Cazzo fai qui?» Chiesi spaventata. Andai a chiudere la porta a chiave.
 «Ero solo a casa.. e mi chiedevo: “Andiamo a rompere il cazzo a Selena!”» Confessò con un sorriso stupido.
Ed eccolo lì, di nuovo il Justin stronzo, quello che se appena parli ti mozza la lingua e te la fa ingoiare. “BIPOLARE CURATI!”
  «Oh bene, sai che se ti scopre mio padre ti ammazza?» Domandai.
Lui scese dalla finestra, entrando in camera e si appoggiò sul letto. Guardandosi attorno.
  «E’ uscito con mia zia. L’ho visto prima.»
  «Ah.. non l’ho sentito uscire.» Sussurrai abbassando lo sguardo. L’idea che stavamo solo io e lui, nella mia camera, lui sul mio letto mi rendeva un po’.. vulnerabile.
  «Non ha preso bene il nostro ‘fidanzamento’.» All’ultima parola fa il gesto delle virgolette con le mani.
  «Esatto.» Ammisi, sedendomi accanto a lui. «Non gli nascondo mai niente, di solito, quindi il fatto che sia stata Pattie a dirlo lo ha sconvolto e distrutto.» Confessai. Lui annuì.
  «Sarebbe stata tipo la reazione di mia madre se le avessi presentata Miley.. o forse anche peggio.» Mi guardò «Penso che mi avrebbe tolto la casa.. o la macchina.. o mi avrebbe mandato direttamente sotto i ponti.» Aggiunse.
  «Wow che esagerato!» Esclamai, lui rise.
Io proprio non riuscivo a capire perché Justin adesso sembrava un ragazzo così cortese e amichevole. “Forse si fa condizionare da Ryan e Miley?” Pensai con un po’ di disprezzo.
   «Hai intenzione di rimanere a lungo?» Chiesi dopo un breve silenzio. Mi sentivo estremamente a disagio. Non solo lui era entrato in camera mia in un modo furtivo e improvviso, ma io mi trovato anche in pigiama, struccata e con i capelli legati in una coda scombinata. 
  «Perché? Devi già dormire?» Chiese.
  «No ma.. ci saranno tante altre cose che dovrai fare perché stai perdendo tempo con me?» Dissi, lo vedi annuire.
  «Hai ragione sto perdendo tempo, avrei dovuto baciarti appena sceso dalla finestra.» Sbottò velocemente, per poi avvolgermi in un improvviso bacio. Lo ricambiai, e pure con piacere. Non sapevo il motivo.. forse quella frase così spontanea e dolce.. o il modo in cui l’aveva detto velocemente per poi baciarmi subito...
  Mi ritrovai stesa sulla schiena e lui sopra di me. La sua lingua era scivolata nella mia bocca dolcemente ed io tentai di ricambiare quel bacio. Sembravo migliorare. Lui mi accarezzò il viso, le mie mani erano dietro la sua nuca, gli accarezzavo i capelli. Erano morbidi.
  Mi tirò con un braccio più sopra, adesso la mia testa era sul cuscino e lui era perfettamente fra le mie gambe. Ed ovviamente già pronto.
All'istante mi ricollegai alla terra e capii quello che stava succedendo.
   «Aspetta.» Lo respinsi. Lui mi guardò confuso. «Che c’è Miley non era a casa?» Chiesi, diventando improvvisamente acida. Il suo sguardo si fece cupo e diede conferma alla mia domanda.
  «E allora?» Chiese.
  «Allora non pensare che io sia una troia come lei! Non sono la seconda scorta di nessuno, se ti prudono le palle grattatele!» Sclerai diventando di botta volgare e furiosa. Lui rise.
  «Chi ti dice che voglia scoparti?» Chiese, ed io gli feci notare la posizione in cui eravamo e anche il suo ‘amichetto’ sveglio fra le sue gambe. «Stavamo solo limonando.» Rispose a sua difesa.
  «Okay, adesso basta. Vai via.» Sputai offesa. Lui si alzò dal letto all’istante. E alzò le mani.
  «Va bene.» Prese il cellulare dalla tasca e scrisse un veloce messaggio, per poi ricevere subito una risposta.
   «Ma che stronzo.» Non potei non resistere nel dargli un sonoro schiaffo. Lui si toccò la guancia, ritornando serio.
   «Ma per chi cazzo mi hai preso!?» Urlai «Mi hai preso per una stupida? Sei venuto qui per scoparmi, ma hai avuto un bel due di picche e adesso vai da lei, da Miley!» Mi sentii offesa dentro.
   «Non costringermi a riempirti di botte anche qui.» Mormorò a denti stretti, mentre strinse i pugni.
  «Fallo, avanti! Ma stavolta chiamerò la polizia.» Sbottai, mentre sentii le lacrime della delusione salire.
  «Non fare la bambina!» Sputò ed io gli mollai un altro schiaffo, la guancia diventò rossa e questa volta, capii che l’avevo fatto davvero male. Mi saltò addosso ed io caddi di schiena a terra, mi tirò i capelli e mi schiaffeggiò un paio di volte.
  «Non ti permettere mai più.» E mentre lo disse, gli mollai altri schiaffi pesanti. Lui si alzò e andò vicino alla finestra. «E questa sarebbe dovuta essere la nostra tregua?» Chiese, mentre gli scese del sangue dal labbro spaccato.
  Io mi rialzai e mi sistemai i capelli.
  «Se questa è la tregua non oso immaginare quando finirà.» Proferì.
Lui mi guardò con disprezzo, come se stesse guardando qualcosa di veramente schifoso. «Sei una stronza, perciò.» Disse,
  «Sei uno stronzo, anche tu.»
   Uscì dalla finestra, senza dire niente. Avevo veramente esagerato, con le parole e le mani. Ma non mi interessava, lui mi aveva nuovamente picchiato, ma fortunatamente ho saputo tenergli testa anche stavolta.
   «Non ti auguro una buona notte perché non voglio che tu ne abbia una.» Confessò,
  «Va bene, figlio di puttana.» Lo spinsi in avanti e lui cadde sul tettuccio. Chiusi velocemente la finestra lui si alzò e mi innalzò un bel dito medio. Io gli mandai un bacio per fare la stronza, chiusi le tende e poi mi rimisi nel letto, ricominciando a leggere il mio libro.  


Okay, volevo dirvi che se sono sembrata troppo 'minacciosa' mi dispiace, non era mia intensione.
Ci tengo a precisare che il mio 'CONTINUO SE RECENSITE' non era una minaccia,
schezarvo. Ma a quanto pare qualcuno non l'ha capito. 
Vi chiedo nuovamente scusa.
- Cosa ne pensate?
RECENSITE (SE VOLETE) 
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Capitolo 5
*** 5 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 5

 
La mattinata a scuola passò velocemente. Justin e Miley non c’erano.
C’era solo Ryan che quando mancavano i due faceva il leccaculo.
Dopo scuola Ariana mi chiamò. Saremmo andate in palestra.
  «Allora mi vieni a prendere fuori al parco? Per favore.» Mi chiese,
  «Va bene.» Risposi. Mi avrebbe fatto bene un bel pomeriggio in palestra e frequentare un corso per autodifesa.
Preparai il borsone, ed entrai in macchina. Con mio padre? Ancora nessuna parola.
  Accesi il motore e arrivai fuori al parco. Ariana aveva i capelli raccolti in una coda stretta e alta.
Indossava una tuta nera e delle converse. Bussai con il clacson per farmi notare.
   Lei mi vide e agitò la mano.
  «Ciao!» Urlò sorridendo.
Sforzai un sorriso.
  «Hey, come va?» Entrò nell’auto.
  «Bene, sei pronta a fare a botte?»

Ero caduta al tappeto per la decima volta.
Il coach mi urlò nuovamente: “Concentrazione!” ed mio mi alzai, sistemandomi la coda.
  «Pensa ad un tuo nemico, ammazza di botte il tuo avversario!»
Io guardai il ragazzo di fronte a me, strinsi il paradenti con la bocca e mi aggiustai i guanti. “Ok, pensa ad un nemico.” Chiusi gli occhi e quando li riaprii l’immagine di Miley e Justin mi scoppiò nel cervello. Incominciai a dare pugni e calci, nel modo in cui il coach aveva spiegato, sentivo che sto andando bene. Sentivo il fuoco dentro le vene. “Sei una puttana!” L’eco delle loro voci nella mia mente mi diede ancora più forza. Miley, Ryan e Justin. La mia rovina. Pensavo e ripensavo e quell’immagine nel cervello non andava via.
  «Brava, bravissima!» Mi incitò l’allenatore. «Continua così.»
Il mio avversario andrò al tappeto. Ed io avevo vinto.

   «Sei stata grandiosa!» Ariana negli spogliatoi mi sorrise, mentre si asciugava la schiena nuda seduta sul lavello dell’enorme bagno.
  «Mmh.. grazie.» Indossai l’intimo dopo aver asciugato i capelli e misi il jeans e la maglia e aspettai Ariana.
  «E’ un tipo forte tuo padre.» Mormorai, rimettendo a posto nel borsone. La sentii sorridere.
  «Sì. Ha iniziato a insegnarmi l’autodifesa da quando ero piccola. Mi disse: “La vita è imprevedibile. E tu devi essere pronta a tutto.”» Ariana parlava così fieramente di suo padre.
  «Che cosa carina.» Dissi, sforzando un sorriso.
   «Sel..» Ariana attirò la mia attenzione. «Qual è il tuo problema? Perché ti odi? Dovresti vivere la vita serenamente.» Disse, come se avesse visto in me qualcosa di incomprensibile.. Eppure mi sembrava di non aver mai detto ad alta voce i miei pensieri. Ero brava a nascondere qualsiasi cosa. Deglutii e la guardai.
  «Io non vivo, sopravvivo.» Sputai a denti stretti. Tutto quello che avevo dentro era rabbia. Verso di me e gli altri.
  «Perché?» Chiese.
 «E’ una storia lunga che non sto a raccontarti.»
Avevo intenzione di avere un buon rapporto con lei, ma non sapevo se mi sarei potuta fidare. Qui tutti deludono tutti. Qui tutti fanno del male.
  «Okay.» Sembrò non offendersi, si alzò dal lavello e prese il borsone. «Mi accompagni a casa?»
Annuii ed uscii dallo spogliatoio.
Fuori ad aspettarmi c’era.. “oddio come si chiamava?”  il mio ‘avversario’.
  «Posso parlati un momento?» Mi chiese, guardai Ariana.
  «Okay ti aspetto in macchina.» Disse lei, facendomi l’occhiolino.
   «Probabilmente non ricordi nemmeno il mio nome..» Farfugliò il ragazzo dagli occhi verdi e i capelli scuri. “esatto.” Pensai.
  «Perspicace.» Scherzai, lui rise.
  «Ma vorrei chiederti di uscire. Quando sei libera?»

   Ero ritornata a casa, ero sfinita.
Avevo accettato l’appuntamento di Robert. Ci avevamo scambiato anche i numeri. Ed una volta in macchina, Ariana mi aveva fatto il terzo grado. Lei sembrava così cortese e sincera. Mi era piaciuto passare del tempo con lei. Era la prima volta che avevo un’amica femmina.. o meglio che avevo un’amica.

 Mio padre era seduto sul divano e guardava un canale anonimo.
  «Ciao.» Sussurrai quasi, non mi aveva rivolto la parola da quando eravamo venuti dalla cena da Sarah. E mi mancava, tanto.
  «Ci sono problemi?» Chiese. Io scostai la testa. «Bene. Allora vai in camera tua e non disturbare.» Era freddo, sin dentro al cuore. Era profondamente deluso e stava a me risaldare il tutto.
  «Oh andiamo! Papà!» Esclamai, lui tolse lo sguardo dal televisore e mi guardò. «Parlami!»
  «Non ho niente da dirti.. a differenza tua io le cose le dico, non le nascondo.» Disse. Sembrava un bambino in piena crisi.
  «Te l’avrei detto..» Mentii. Quando avrei voluto dirgli la verità, dire: “Hey papà ma è tutto finto.. è per far felice la madre di Justin! E’ una messa in scena!.” Ma non mi avrebbe creduto.
  «Ah sì?» Si alzò dal divano e mi venne contro. «Quante altre cose mi nascondi?» Chiese.
  «Papà io non ti nascondo un bel niente!» Urlai quasi e, giuro, stavo per mettermi a piangere. O meglio. Stavo già piangendo.
  Lui sbuffò e abbassò lo sguardo.
  «Non piangere ti prego..» Questa volta il suo tono di voce era più dolce. «In fondo avrei dovuto aspettarmelo.. hai 17 anni.. sei grande ormai.. per un ragazzo.. e per il mondo.»
  «Sì certo.» Sussurrai quasi a me stessa, singhiozzando. Io non ero pronta per un bel niente. Mi sentivo fragile e inutile.
  «Vieni qui.» Mi prese e mi strinse a se, in quell’abbraccio potei sentire il suo perdono, il suo bene e il suo tutto nei miei confronti.
  «Perdonata?» Sussurrai, mentre singhiozzavo ancora.
  «Perdonata.» Rispose e mi baciò il capo.

Ritornai in camera e studiai. Non aprivo un libro da tempo, sarebbero iniziate le interrogazioni e per non rischiare la bocciatura avrei dovuto impegnarmi un po’ di più.Infatti, come le settimane successive, studiai e passai tutte le interrogazioni. Senza vedere nemmeno l’ombra di Justin e Miley.
Stavo iniziando a uscire tutti i pomeriggi con Ariana. Se la mia vita avesse continuato in questo modo mi sarebbe quasi piaciuta.

Era lunedì, la sveglia era suonata ed mio mi svegliai e mi preparai per andare a scuola. Sarei passata a prendere Ariana, lei aveva la macchina dal meccanico e fortunatamente viveva a pochi isolati da me, quindi non mi costava niente accompagnarla a scuola con me.
  «Ieri Frank si è rifatto vivo.» Disse prendendo il cellulare, mentre eravamo nel parcheggio della scuola. Mi aveva praticamente raccontato la storia della sua vita in una sola settimana, ci eravamo legate in così poco tempo.
  «Ti ha scritto un messaggio?» Lei annuì, e me lo lesse. «Wow.. è pessimo!» Risi, lei si stringe nella spalle e annuì. «Beh cos’hai intenzione di fare?» Domandai, prendendo la mia borsa.
  «Lo ignoro, basta è finita. Non voglio sentirlo più.. e poi questo sabato ci sarà una festa, ho intenzione di conoscere qualcuno.» Sorrise e sbatté le mani. Io risi. «Ovviamente tu verrai con me!» Mi rivolse un sorriso a 32 denti. Io agitai la testa e uscii dall’auto ridendo come se mi avesse appena detto una battuta. Lei mi seguì con l’aria frustrata.
  «Assolutamente no!» Alzai le mani come per tirarmi indietro. Lei mi guardò:
  «Ma hai 17 anni o no? Non fare la vecchia!» Esclamò,
  «Ah.. ma io dovrei uscire con Robert.» Dissi, salvandomi in calcio d’angolo. Avrei chiamato Robert e gli avrei chiesto di uscire, pur di non andare a quella festa. Lei mi guardò di sottecchi:
  «Questa me la paghi.» Rise e si diresse verso l’entrata.
 “Uh, questa l’ho già sentita.”

La lezione di letteratura inglese prevedeva nel leggere ‘Romeo e Giulietta’. La professoressa avrebbe organizzato anche una commedia per studiare così a fondo quella storia d’amore. La spiegazione della prof venne interrotta dal bussare alla porta.
  «Avanti.»
  «Buongiorno prof. Ho un permesso dalla segreteria, mi hanno concesso di entrare a quest’ora.» Justin entrò in classe e porse il permesso alla prof. Abbassai la testa schiaffeggiandomi mentalmente. “Fa che non mi noti, fa che non mi noti.”
   «Bene accomodati pure.» 
Justin prese posto e la professoressa continuò la spiegazione.
   «Come dicevo, oltre studiare la storia volevo anche organizzare una commedia fra di voi, ragazzi. Vorrei proprio una vera e propria scena al teatro qui a scuola.»
Mentre la prof spiegava, mi vibrò il cellulare, lo sfilai piano dalla tasca senza farmi notare.

Da: Stronzo.
Chi non muore si rivede..


Alzai lo sguardo e Justin mi stava fissando con un sorriso idiota.

A: Stronzo.
Infatti, peccato che tu non sia morto.


Sorrisi per la mia risposta epica, Justin continuava a fissarmi ma stavolta era serio, tremendamente serio. Per un secondo mi si gelò il sangue. La campanella suonò ed io mi alzai risistemando i libri in borsa.
  «Allora ragazzi continueremo a parlare del saggio la prossima settimana, buona giornata.» Disse la signora Swins.
  Justin mi aspettò fuori alla porta.
  «Vedo che il tuo modo di rispondere non è cambiato.» Aveva le braccia incrociate al petto. Lo ignorai ed andai verso il mio armadietto, aprendolo. Lui lo richiuse violentemente. Mi paralizzai.
  «Ma ti sei fottuto il cervello!?» Urlai, lui rise.
 «Quando parlo devi ascoltarmi!» Sputò dopo un po’,
 «Che cazzo vuoi?» Chiesi.
 
 Erano le 20:35. Justin era in ritardo. Mi aveva ‘chiesto’ di andare a casa sua, che sarebbe venuta sua madre a trovarlo. Ovviamente la sua ‘richiesta’ fu accompagnata da un bello schiaffo sonoro dopo aver dato una risposta negativa.
  «Non puoi dirmi di no.» Mi aveva detto prima di andare via.
Mio padre adesso sapeva dove stessi andando, quindi non mi feci scrupoli. Mi preparai e mi vestii. Indossando un vestitino comodo color verde acqua e dei semplici tacchi.
  La macchina nera di Justin era fuori al viale.
Entrai in macchina.
  «Merda Bieber, potresti essere più puntuale la prossima volta?» Chiesi, anche se speravo che non ce ne fosse stata più una. Ma ne dubitavo.
   Lui mi ignorò e partimmo verso casa sua.

Me l’aspettavo.. diversa. Non so tipo una casa da bullo, con graffiti ovunque, muri neri, divani con popcorn incastrati di chissà quanto tempo fa, bottiglie di birre ovunque, mutandine di ragazze. Invece no.
   Mi aprì la porta, e stavolta fece passare prima me. Quella casa profumava di fresco, di pulito. Proprio come la giacca di Justin. Era grande e moderna, mi piaceva. Notai che la tavola in salone era già apparecchiata. Ma non vidi Pattie, corrucciai la fronte.
 «Mia madre mi ha inviato un messaggio, ha avuto un contrattempo con lo zio. Quindi farà un po’ tardi.. tu fai.. beh, accomodati pure.» Mormorò, si tolse la giacca e lo vidi andare in cucina, dove afferrò un calice dalla credenza e si versò del vino rosso. C’era un silenzio tombale, fra di noi e nella casa. Potevo sentire il vino scendere giù per la gola di Justin. Io mi sedetti sul divano, ferma ad un posto tentando di non disturbarlo.
  «Tutto bene?» Chiese, poggiandosi sulla soglia della porta della cucina. Annuii. Lui si avvicinò e si sedette accanto a me. «Non ti ho chiesto se ne volevi perché.. beh immagino che tu non beva.» Fece spallucce.
 «Esatto.» Risposi, confermando la sua ipotesi. Lui poggiò il calice vuoto sul tavolino di vetro di fronte a noi e mi prese il mento. Poi mi baciò, così. Come se fosse una cosa normale, come se fossi la sua vera ragazza. Mi scansai istintivamente dalle sue labbra.
  «Vuoi baciarmi per caso?» Chiesi,
  Lui si stringe nelle spalle: «Non posso?»
  «Non senza un motivo. Non sono la tua bambola.» Risposi seria. Ma per chi mi ha preso? Pensa di potermi usare a suo piacimento? Col cazzo, “Bieber non hai capito proprio un cazzo.”
   «Beh hai dimostrato di esserlo visto che sei venuta fin qui.» Sbottò, facendo spallucce.
   «Mi hai schifosamente ricattato.» Proferii calma, lui non rispose e mi guardò con uno sguardo indecifrabile. Mi sentivo paonazza. Lo volevo vicino, ma contemporaneamente tremendamente distante.
  Si alzò e si accese una sigaretta, si sedette su una poltrona più in la.
Aveva la sigaretta accesa fra le labbra, fissava il pavimento poi mi guardava e poi aspirava. E ad ogni suo tiro toglieva a me un po’ di respiro. Mi strinsi nelle gambe, sentendo brividi lungo la schiena.
  «Mio padre si è rifatto vivo.» Mormorò, quasi a se stesso, lo guardai. «Vuole conoscermi.» Aggiunse, aspirando di nuovo. Una nuvola di fumo era sulla sua testa, per un momento quella nuvola sembrava lo specchio dei suoi pensieri, confusi.
  «Hai intenzione di andarci?» Chiesi.
 Lui annuii piano. «Voglio vedere da che persona provengo.» Mormorò ancora. Spense la sigaretta e si alzò.
  «Tua madre l’hai più vista?» Scostai la testa.
  «Hai provato a rintracciarla?» Scostai la testa di nuovo;
  «Mio padre ci ha provato.» Confessai dopo un po’. «Voleva riprovare a ricomporre il puzzle della mia famiglia, ma non ci è riuscito. Mia madre non vuole sentir parlare di me.»
  «Benvenuta nel mio mondo.. mi meraviglio come mio padre voglia parlarmi. Fino a poco tempo fa se mi vedeva per strada faceva finta di non conoscermi.» Disse. «A volte mi sento così solo..» Confessò stavolta. «Anche con tutto questo..» Fa un gesto per indicare la casa, «.. anche con le fighe che mi porto a letto la sera.. io mi sento così solo..»
Come potevo spiegargli che mi sentivo anch’io allo stesso modo senza far fraintendere niente? Come potevo spiegarmi che mi sentivo più tragicamente ‘legata’ a lui dopo questo? Mi aveva confessato una cosa inconfessabile per uno come lui. Si era aperto a me. “Forse è stato il vino?” Mi chiesi,
  «Io..» Sussurrai, attirando il suo sguardo su di me, «Vorrei dirti che non sei solo, ma so che sarà inutile.» Mormorai, lui aggrottò la fronte. «Anche perché quando io considerò te qualcuno, tu scapperai o
non mi cercherai proprio più, nemmeno per questa messa in scena,
e a quel punto io avrò salvato te.. ma chi salverà me?»  

Salve gioie :)
prima di tutto vi ringrazio veramente di
cuore per le recensioni, siete davvero dolcissimi e apprezzo molto 
il fatto che voi amiate questa storia, davvero.. è per me una spinta in più.
Allora cosa ne pensate? Ve gusta sto capitolo?
RECENSITE,
se volete. 



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Capitolo 6
*** 6 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 6

Era sabato pomeriggio, Ariana mi bombardava di messaggi e decisi di chiamarla.
  «Hey rompi palle!» Sorrisi per telefono, mentre mettevo a posto un libro nella libreria.
  «Hey! .. Aspetta non sono una rompi palle!» Esclamò, fingendosi offesa. «Stasera allora uscirai con quel tizio della palestra?» Domandò, la sentivo masticare qualcosa di croccante.
  «Mmh, sì..» Me n’ero dimenticata, cazzo. Però era sempre meglio che andare a quella dannata festa dove probabilmente tutti avrebbero bevuto e fatto cose sporche.
  «Che indosserai per l’occasione?» Chiese, stavolta la sentii bere.
  «Senti quando hai finito di ingozzarti come una porca per telefono ne riparliamo ok?»
La sentii ridere e per poco non si affogò. «Passo a prenderti? Così mi aiuti a vestirmi..» Proposi.
 
Camminavo lungo la riva aspettando l’arrivo di Robert, anche se potevo cogliere la sua sagoma da lontano.
Arianna mi aveva consigliato un vestito a stile impero che non sapevo di avere e degli stivali,
che avevo levato sennò sprofondavo nella sabbia.
  «Buona sera!» Robert arrivò e mi baciò delicatamente la guancia.
  «Ciao!» Esclamai, ricambiando il saluto.
  «Sei.. sei fantastica stasera!» Fece un gesto per indicarmi, ed io non potei non arrossire.. anche se non confermavo il suo pensiero.
Dopo aver passeggiato per tutta la spiaggia, per tre volte, andammo a cenare.
  «Quindi tu hai origini italiane?» Domandai ingoiando un altro pezzo di bistecca. Lui annuii e bevve.
  «Mio padre è italiano e mia madre è americana.» Confermò.
 “Mmh bello, un italo-americano davvero non male.” Pensai.
  «Parlami un po’ di te, andiamo!» Sorrise. Sbuffai ormai arresa.
  «Beh.. mia madre è andata via di casa da quando avevo 3 anni? Boh, ero piccola. Vivo da sola con mio padre che si vede con un'altra donna, Sarah. Io ho 17 anni e frequento college qui in città.» Mormorai velocemente, “La mia vita è noiosa e poco interessante.” Pensai.
  «Capisco.. hai mai visto tua madre?» Chiese,
  «No.» Risposi «Non ricordo com’è, non la riconoscerei se la incontrassi.» Mormorai, finendo di mangiare.

Mi riaccompagnò a casa.
  «Grazie per la serata.» Dice sorridendo.
Lo guardai: «Grazie a te.» Era stata veramente una bella serata, piacevole e divertente.
Niente a confronto a come erano state quelle con Justin, piene di ansia, paura, insulti e odio.
  «Ti va se continuiamo a vederci?» Domandò.
  «Ma certo.» Sì, ero convinta. Mi piaceva. Il modo in cui mi trattava e come mi sentivo quando stavo con lui, mi piaceva. Mi sentivo calma e rilassata. Lui sorrise, accese il motore.
  «Beh ci vediamo in palestra.» Dissi, lo salutai ed uscii dall’auto e lo guardai andare via.
Senza nemmeno il tempo di arrivare vicino alla porta due tipi vestiti in nero mi presero con violenza e mi trascinarono in macchina, coprendomi gli occhi con una benda. Non ebbi nemmeno il tempo di urlare, o di capire bene la situazione. Era stata tutta una questione di secondi.
  «Siamo sicuri che è lei?» Una voce nuova parlò con un tono irritato e nervoso. Nessuna risposta. Mi tremavano le gambe incredibilmente. Avevo una paura matta, sentivo le mie tempie pulsare, la mia gola era secca e non riuscivo a parlare.
  “Oddio!”
  «Se è per il pacchetto di gomme che ho rubato in terza media.. scusa, non volevo.» Balbettai a malapena mentre sparavo cazzare per la paura. Sentii ridere tutti.. mi spostai un po’
«Non muoverti!» Mi urlò di nuovo quella voce, ritornando seria. Mi paralizzai all’istante. Sentii un qualcosa di freddo vicino al collo e sprofondai nel sedile, realizzando cosa fosse.
  «Non muoverti se non vuoi una bella coltellata nello stomaco.» E a quelle parole divenni di pietra. Cercai di non muovermi troppo, nemmeno per respirare. E intanto quella lama fredda rimase lì. La benda mi pizzicava, volevo strofinare gli occhi ma tentavo di non muovermi. Era tutto silenzioso. Sentivo solamente i loro respiri e i rumori dei miei pensieri. Dopo un po’ il veicolo si fermò e sentii due braccia strattonarmi. «Avanti cammina!» Ordinò di nuovo quella voce. A malapena riuscii a muovermi, tremai e caddi, inciampando nel vestito lungo. Due braccia mi rialzano violentemente.
  «Ma che cazzo!»
   Mi bloccai, e sentii il rumore del coltellino automatico aprirsi, sbiancai. «Mi dispiace rovinare questo bel visitino.» La sua frase fu seguita dal rumore del tessuto lacerarsi. Mi aveva tagliato tutta la gonna e restai praticamente con le gambe scoperte e istintivamente mi coprii e sentii alcune risate soffocante.
Mi sentivo nuda, umiliata.
  “Cosa vogliono da me!?” Camminavo, mentre quella domanda mi bruciava in testa. Un braccio mi portò verso di lui e non potei non seguirlo. Tentai di non inciampare anche se adesso era impossibile. Non avevo più i tacchi. Ero scalza e camminavo su dell’erba.
  «Dove siamo?» Mi sfuggì.
 «Meno sai meglio è.» Rispose un nuova voce. Decisi di non protestare anche se la voglia di sapere mi sta sbranando viva.  Questa volta sentii il pavimento freddo, il rumore di alcune chiavi e una porta aprirsi. Venni legata ad una sedia, e mi tolsero la benda.
   Ci misi un po’ ad abituarmi. La luce forte di quella stanza così vuota mi accecò quasi. Sbattei le palpebre velocemente tentando di far andare via la vista annebbiata. Di fronte a me si rivelò un ragazzo. Abbastanza robusto con un filo di barba che gli ricopriva il mento. Mi stava guardando con un leggero sorriso sulle labbra.
   «Ciao dolcezza.» Le sue mani mi accarezzavano delicato il viso, e se a me mi girava lo stomaco. “Non toccarmi!” Vorrei urlargli, “Lasciatemi andare!” Ma avevo deciso di ingoiarmi la mia lingua lunga e stare zitta, per non complicare ulteriormente le cose.
  «Siamo sicuri allora che è lei?» Sbucò un altro ragazzo, con una cicatrice sulla guancia. Quello di fronte a me annuì.
  «Bene. Adesso lo chiamo e gli do la bella notizia.» Disse il tizio con la cicatrice, mentre si allontanava e chiudendo la porta.
“Chiamare chi!?” Mi sentivo la gola bruciare per le lacrime che stavo trattenendo. “Non piangere.” Mi ripetevo, per non dare la soddisfazione allo stronzo che mi ritrovavo di fronte.
Lui prese una sedia e si sedette.
   «Sei davvero bella..» Disse. Una volta che eravamo da soli, «Bieber se le sa scegliere le ragazze..» aggiunse con disprezzo.
  “Justin? Lui centra con tutto questo?”
  «Non sono la ragazza di Justin!» Mi affrettai a dire, come se questo potesse salvarmi dalla situazione. Lui mi ignorò. Cazzo, una parte di me sapeva che Justin centrava in tutto questo. Ma la colpa era anche mia, mi ero finta la sua ragazza non pensando alle conseguenze. Lui non era un bravo ragazzo! Il ragazzo mi ignorò e si sporse verso di me, sentii le sue mani passare dalla mia guancia alle labbra, per poi scendere fino al mio seno e sulla mia gamba sinistra. Le sue dita mi accarezzavano lentamente la pelle.
 «Basta..» Sussurrai a denti stretti. Lui sorrise.
  «Perché?» Chiese continuando la sua tortura stavolta sull’altra gamba.
Alzai la voce. «Basta, basta toccarmi!»
Lui la smise e mi fissò per un lungo tempo.
  «Sono un tipo che fa le cose al contrario.» Mormorò dopo un po’, lo guardai confusa. «Mia madre da piccolo diceva, non drogarti. Ed io lo facevo. Mio padre mi diceva non andare a puttane, ed io lo facevo. Mi piaceva l’idea di prenderli per il culo.» Continuò ancora.
  «Quindi?» Domandai respirando a fatica. Ero legata in modo stretto, avevo la corda attorno ai polsi e alla pancia.
  «Quindi?» Lui rise. «Tu mi hai detto basta. È come una sfida per me. Adesso ti faccio vedere io.» Si alzò e mi snodò piano. Poi mi alzò in modo violento e mi tolse del tutto il vestito. Restai in intimo e in un secondo realizzo la sua idea.
  «No!» Urlai, strattonandolo via da me. Ma lui si riprese subito e mi trascinò dall’altra parte della stanza. Dove c’era un letto che non avevo notato. Lo sentii ridere, mentre con una tirata di capelli che per poco non mi strappava via anche il cranio, mi fece cadere come uno straccio, proprio sul letto.
   Si mise sopra di me, bloccandomi i polsi ai lati della testa.
  «Sei una tipa dura eh?» Nel dirlo mi sputò in faccia, e per poco non vomitavo tutto quello che avevo mangiato. Tentai di toglierlo da dosso, ma non ci riuscivo e intanto la paura ritornò a paralizzarmi i muscoli dal momento in cui sentii la sua eccitazione torturarmi il ventre.
  «No! Ti prego no!» Urlai.
  «Steph!» Lui urlò un nome, e subito dopo il ragazzo di prima si precipitò dentro. Appena mi vide sgranò gli occhi.
  «Non era previsto questo Mark!» Esclamò, paralizzandosi.
«Fanculo il piano e passami la corda, leghiamo questa puttanella al letto e facciamoci vedere come siamo uomini.» Disse a denti stretti, e intanto scoppiai in lacrime, mentre implorai ancora una volta che lui si fermasse. Ma niente.
Il ragazzo esitò ma poi venne con la corda.
  Mark si alzò dal letto, dopo avermi legato stretta, e aprì un cassetto. Prese una siringa e dei preservativi. Mi paralizzai.
  Senti gli occhi bruciare dal trucco sciolto e dalle lacrime salate, la gola mi faceva male a causa delle grida forti ma inutili.
   «Non ti sentirà nessuno è inutile!» Mi aveva urlato quando con aggressività mi legava i polsi alla tastiera del letto.
  «Cosa vuoi fare?» Chiese Setph, Mark rise.
   «Guarda e impara.» Mark prense la siringa e gli diede dei colpetti, facendo schizzare fuori un po’ di quel liquido. «Spero solo per il tuo fidanzato non si arrabbi quando capirà che mi sono preso una fetta della sua torta.» Ma che metafora di merda.
  Lui si avvicinò al braccio e sentii l’ago affondare nella mia pelle.  Mark stava iniettando tutto, tutta quella merda. Improvvisamente il rumore forte della porta aprirsi gli fa cadere la siringa dalle mani e iniettare il liquido solo a metà. Justin era sulla soglia della porta, con l’aria di uno che aveva la rabbia fin nelle unghia dei piedi. Si avvicinò in un secondo a Steph e lo atterrò con un solo pugno, procurandogli probabilmente un’altra cicatrice, sul naso.
  «Mark Williston.» Disse a denti stretti. «Sapevo che c’eri tu sotto tutta sta merda.» Lui rise.
   «Justin Bieber, sapevo che saresti venuto. Non mi deludi mai.» Lasciò il mio braccio. Justin mi lanciò uno sguardo, uno di quelli con lo stupore negli occhi. Non mi aveva ancora notato in quel modo. Praticamente nuda, legata a letto e mezza drogata. Le mie palpebre si stavano facendo pesanti e mi sentivo debole, inutile. Justin riguardò Mark. Io non riuscivo ad aprire bocca.
  «Cosa le hai fatto?!» Urlò, stringendo forte i pugni.
Mark rise. «Le ho fatto vedere quanto sono uomo.» Disse, facendogli credere di avermi violentato. «Anche se è stata dura.» Ammise.
  “Bugiardo!” Volevo urlargli, ma non ci riuscivo. Sentivo pian piano la realtà abbandonarmi, gli occhi pesanti che piano si chiudevano.
  «Figlio di puttana!» L’offesa di Justin fu accompagnata da un pugno rumoroso alla bocca, Mark reagì e vidi Justin a terra che si rialzava velocemente. Poi niente. Poi buio.
Poi? La quiete dopo la tempesta.


Okay non ho riletto il capitolo, quindi se ci sono errori : SCUSATEMI 
ps: auguri per il nuovo anno a tutti :') 
pss: se volete : RECENSITE 



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Capitolo 7
*** 7 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 7

 
   «Hey, Selena apri gli occhi, svegliati!» Leggeri schiaffi mi fecero aprire gli occhi. Ero a casa di Justin, sul suo divano con addosso la sua giacca. Mi strinse forte con le braccia, per non farmi cadere dopo il mio veloce movimento, pensando di essere ancora legata lì. Ci misi un po’ per riprendere lucidità e ricominciare a parlare.
  «Cos’è successo?» Domandai, lui mi guardò e mi tolse una ciocca di capelli dalla fronte.
  «Li ho sedati.. credo.. gli ho sparato nelle vene due belle siringe piene di quella roba.» Confessò con disprezzo, aveva del sangue nel lato della bocca, e un graffio sulla guancia. Dopo quel piccolo silenzio mi resi conto che ero fra le sue braccia e mi allontanai subito, coprendomi istintivamente il corpo.
  «Non posso credere che ti abbia toccata..» Sussurrò con voce tremante, portandosi le mani al viso.
   «Justin..» Richiamai la sua attenzione, accarezzandogli piano dietro al collo, il suo sguardo mi accarezzava quasi:
   «Lui non mi ha proprio toccato.» Confessai. E lo sentii visibilmente riprendersi.
  «Sul serio? Pensavo che..»
  «Ha mentito, voleva provocarti.» Dissi.
  «Mi dispiace così tanto.» Mormorò, «E’ colpa mia, non avrei mai voluto mischiarti in questi affari.» Confessò.
  «In questi affari? Mi spieghi cosa voleva?»
  «Prima ti serve un bel bagno caldo per riprenderti del tutto.» Disse alzandomi dolcemente dal divano, «Ti presto una mia tuta e una maglia.» Disse. Dov’era finito lo stronzo che conoscevo? Adesso c’era un dolce ragazzo, bello da far schifo, anche  con i vestiti sporchi e del sangue sulla faccia, adesso c’era un ragazzo in grado di proteggermi. Mi alzai e barcollai un po’.. ma annuii alla sua proposta allettante. Aveva ragione un bel bagno caldo mi ci voleva proprio.

  «Ho chiamato mia madre, le ho detto di chiamare tuo padre e di avvisarti che resti qui a dormire.» Disse Justin, mentre era fuori alla porta e aspettava che finissi di vestirmi. Indossai velocemente il suo pantaloncino e aprii la porta.
  «Cosa!?» Sbottai, lui rimase in silenzio. «Non posso rimanere qui!» “Oddio mio padre mi ammazzerà.”
  «Sono le 3 del mattino, e non ho benzina in macchina non posso accompagnarti.» Disse lui,
   «Vado a piedi.» Mi affettai a dire.
  Lui mi fermò all’istante. «Per una volta nella tua vita puoi non essere così tragicamente testarda e starmi a sentire?»
  «L’ultima volta che l’ho fatto mi sono ritrovata a farti da finta fidanzata, legata ad un letto di un pazzo psicopatico e mezza nuda.» Mi pentii immediatamente delle mie parole, dopo aver notato la sua espressione rattristarsi. «No, ok, ho esagerato.» Mi sedetti sul letto.
 «E comunque non potresti mai farti vedere così da tuo padre.» Disse dopo un po’, «Hai i miei abiti e delle occhiaie da paura. Si spaventerebbe e vorrebbe delle spiegazioni.» Mi diedi un occhiata allo specchio, aveva ragione cazzo. Mi arresi e sprofondai nel letto. Si stese accanto a me, reggendo la testa con una mano, e restò a guardarmi. Oh, cavoli come era difficile stargli dietro. Cambiava umore al scrocchiar di dita.
   «Perché.. cambi così all’improvviso?» Chiesi, non resistendo più.
   «Come?» Chiese confuso, corrucciando la fronte.
  «Prima sei tutto un odio, hai voglia di uccidermi e lo capisco sai.. poi invece mi salvi e sei dolce. E mi tratti beh.. bene.» Farfugliai, insicura delle mie stesse parole.
  «Ti ricordo che ho un cuore.. sai? Anche se non sembra..» Farfugliò. «Mi ha fatto male.. vederti.. in quel modo.» Confessò, sentendo un suo sospiro subito dopo.
  «Perché?»
  «Oh Selena, sto provando a capirlo anch’io..» Si alzò dal letto. «Ci sono tantissime cose che vorrei dirti. Ma che ancora non ho capito.» Confessò, mi alzai anch’io con lui. «Per adesso meglio non sapere niente. È meglio per me e per te..»
  “Merda. MA IO VOGLIO SAPERE!”
  «Posso abbracciarti?» Chiese. Ed io sbiancai a quella richiesta, ma annuii piano. Uff, Justin l’enigma. Si, questo nome era fantastico per lui. L’avrei chiamato così anche sul mio cellulare..
 «Ma ti sei drogato anche tu per caso?» Scherzai, lui rise e mi tirò nel suo improvviso abbraccio. Mi strinse forte contro il suo petto come se avesse paura che da un momento all’altro qualcuno avrebbe potuto portarmi via di nuovo. Sentii che ai suoi abbracci mi ci potevo abituare, sentii anche i battiti del suo cuore, rincorrere i miei, poi i nostri respiri, che si sovrapposero, così lentamente, come se fosse una cosa dannatamente normale, le sue labbra morbide accarezzavano le mie, e fu in quell’attimo che ebbi come l’impressione che qualcosa stava cambiando.
Non sapevo dove, non sapevo come, non sapevo perché.  
  Non riuscivo a spiegarlo. Ma sentivo il cuore accelerare come se stessi facendo una corsa velocissima. Non sapevo cosa stava succedendo dentro di me e nessuno poteva spiegarlo. Nemmeno io. Ci staccammo piano, come in un film, i suoi occhi mi fissano, increduli. E come sempre, quei due occhi mi bloccarono al suolo.
  «Io.. scusa.» Sussurrò.
Non lo risposi e piano sentii la mia bocca sorridere, così come lui.
Mi stesi sul letto, infilandomi sotto le lenzuola che profumavano di fresco e di lui. Sentii il suo profumo avvolgermi e abbracciarmi.
Justin mi guardò per un lungo istante.
Si alzò e andò in bagno, per poi aprire la doccia e lavarsi. Sprofondai il viso nel cuscino.
Mi venne in mente una poesia di Catullo.

Io odio e amo. 
Come fai, mi chiedi. 
Non so, sento che avviene e che è la mia tortura.


“La mia tortura.” Pensai. “E’ la mia tortura”.
Odiare era un sentimento inconfondibile. Ma adesso lo sentivo strano, diverso. Non lo riconoscevo. “Justin è la mia tortura.” Pensai nuovamente. Mentre ripetevo in mente quelle piccole strofe di Catullo, “Lo odio, lo amo.” Sussurrai. Tra tanti pensieri mi addormentai, sognando il mio eroe che mi salvava dall’uomo cattivo.

L’odore del caffè appena fatto mi svegliò e aprendo piano gli occhi mi ritrovai Justin di fronte, con un vassoio in mano.
  «Mi stavi fissando?» Chiesi, strizzandomi gli occhi.
  «Ero indeciso nel svegliarti.» Rispose, porgendomi il vassoio con sopra acqua, latte, caffè e biscotti al cioccolato. Presi dell’acqua e incominciai a sorseggiarla. «Sei così carina quando dormi.» Aggiunse, guardando fuori dalla finestra e per poco non sputai acqua dalle narici. “Cosa? Mi aveva appena fatto un complimento?” Non risposi, lui sembrò notare la mia strana espressione.
 «Grazie per questo..» Dissi, indicando la colazione. Lui sorrise e annuì sedendosi sul bordo del letto. Probabilmente era appena uscito dalla doccia, profumava di menta. Aveva ancora le punta dei capelli, dietro il collo, ancora bagnati. Volevo affondare il naso dell’incavo del suo collo e prosciugarlo, assaporare il suo odore per poi baciarlo fino a fargli uscire il sangue dalle labbra. “Oddio”. Mi bloccai. Sgranando leggermente gli occhi, “Cosa cazzo sto pensando?” Mi schiaffeggiai mentalmente.
  «Tutt’ok?» Chiese Justin «Non ti piace la colazione?» Aveva notato la mia espressione.
  «No, assolutamente. Mi piace.» Sorrisi per rassicurarlo e lui si addolcì. “Cosa cazzo sei?” Pensai, era così tragicamente bello, non potevo negarlo. E solo adesso me ne stavo accorgendo. Un fascio di luce gli arriva sugli occhi, risaltando i suoi occhi così profondi, guardavano fuori dalla finestra, quanto mi sarebbe piaciuto leggergli dentro, comprendere tutto quello che soffocava. Tutti i suoi pensieri verso di me, che non mi diceva. Anche le cose brutte, ma volevo saperle. Il mio sguardo scese fino alla sua bocca, “Oh quella bocca.” Quella bocca che avevo avuto il piacere di baciare più di una volta, così morbida, così esperta. Era perfetta, il labbro inferiore leggermente più grande di quello superiore. Mi venne in mente il bacio di stanotte, improvviso, dolce, lento, nuovo. Era diverso dall’ultimo, così brutto e indesiderato. Da quel bacio, così nuovo, avevo sentito qualcosa di fantastico, come se dentro di me si fosse acceso un campanello dall’allarme. “Chissà cosa pensa lui al riguardo.” Pensai, finendo l’ultimo biscotto e finendo di bere il latte. Per poi passare al caffè. «Avanti..» dissi interrompendo i miei pensieri, Justin mi guardò. «Mi spieghi perché ieri sono stata presa in ostaggio?» Ci scherzai su, sorridendo un po’. Lui piegò leggermente gli angoli della bocca in un piccolo sorriso.
  «Beh.. io e Mark abbiamo lavorato insieme.. lui era il mio capo.» Disse, abbassando lo sguardo sulle sue mani, «Ho mollato tutto, non volevo più continuare con quella merda. Erano ormai anni che non lo vedevo. In questi anni aveva provato a rintracciarmi ma lo evitavo. Lui voleva che io ritornassi a lavorare per lui, ritornassi a spaventare le persone, a minacciarle con una pistola, a drogarle e a lasciarle lì senza sensi per poi derubarle di tutto.» La voce gli tremò ed io rabbrividii. “Oddio era un criminale”.
  «Decisi di smettere per varie ragioni, la polizia mi aveva beccato una volta e stavo quasi per andare in galera e poi perché.. ho incontrato una persona.. che..» Si fermò. E mi guardò. Per un momento pensai che quella persona fossi io, ma era praticamente impossibile, ci siamo sempre odiati. O almeno lui ha sempre odiato me.. e poi non avrebbe nessun motivo contro di me.
  «Comunque lui mi rivuole con lui, vuole che io ricominci a sporcarmi le mani con soldi sporchi e puttane dappertutto.» Continuò.
 «E cosa centro io?» Domandai.
  «Qualcuno gli avrà detto che eri la mia “ragazza”» Fece le virgolette con le dita, «E quindi ti ha rapito. Ha pensato che quello era l’unico modo per arrivare a me, di persona.»
Fu in quel memento che capii tutto.. Justin si alzò dal letto e riprese il vassoio vuoto, dirigendosi verso le scale e in quel momento il mio cellulare vibrò.

  Mi alzai dal letto e lo presi dalla mia borsa, che non so come era arrivata fino a qui. «Pronto?»
  «Selena! Oh santo cielo amore mio..» era mio padre, aveva la voce di chi aveva dormito si e no 4 minuti.
  «Papà, Pattie ti ha avvisato che rimanevo qui?» Domandai, dirigendomi in bagno.
 «Sì, piccola mia. Ti prego torna a casa.» Mormorò con tanta dolcezza nella voce. Pensavo fosse arrabbiato, ma invece no. Aveva accettato la situazione, il mio ‘fidanzamento’ e quindi non aveva detto niente a proposito di farmi rimanere qui.
  «Ma hai dormito stanotte?» Chiesi,
 «Non tanto.. dai torna a casa e invita anche il tuo amoroso voglio conoscere il ragazzo che ha fatto innamorare mia figlia.» E così mi congedò. Staccò la chiamata e io rimansi con il cellulare incollato all’orecchio. “Voglio conoscere il fidanzato che ha fatto innamorare mia figlia.” La sua frase mi era arrivata dritto dentro. Non era del tutto corretta però.
  Non ero innamorata.. o almeno credo. È incredibile come una persona più cambiare idea da un momento all’altro..
 “Ma cosa sta succedendo a queste persone?” Da un momento all’altro tutti sembravano cambiati almeno un po’ con me.   

  «Io vado a casa.» Dissi scendendo le scale con la mia borsa fra le mani. Lui era sul divano che stava bevendo un caffè.
  «Ti accompagno, Sali in macchina.» Propose gentile alzandosi quasi subito.
 «Ma avevi detto che non avevi benzina.» Mormorai ricordandolo, lui sembrò imbarazzato.
  «Diciamo che non volevo andassi via ieri notte.» Confessò, guardandomi dritto negli occhi. “Oh.” Mi si mozzò il fiato, qualcosa stava cambiando anche dentro di lui, ero sicura.
  «Mio padre vuole che vieni a pranzare da me.» Mormorai, lui sorrise e accettò la proposta.
Arriviamo fuori casa mia, scesi dall’auto e tentai di non inciampare nelle scarpe enormi di Justin, visto che le mie erano in chissà in che posto lurido insieme a Mark e Steph.

  «Vengo tra 10 minuti.» Disse, per poi ripartire una volta assicurato che fossi dentro casa. Aveva insistito nell’andare a comprare qualche dolce per non venire a pranzo a mani vuote.
  «Papà sono a casa!» Gridai non vedendolo in cucina, lui sbucò dal salone e alla mia vista si bloccò.
  «Sei confusa sulla tua natura di donna?» Chiese ridendo, indicando i miei abiti e le mie scarpe. Avevo la tuta di Justin e le sue scarpe l’unica cosa di femminile era la mia borsa. Risi.
   «Oh beh..»
  “Trova una scusa, adesso.” Mio padre dal ridere passò dall’essere estremamente serio, come se qualche improvviso pensiero gli avesse pugnalato la mente.
  «Sei andata a letto con lui, Sel?»
  Sbiancai e sprofondai nel suolo.
  «Cosa? No!» Urlai, lui si sedette  e tentò di mantenere la calma.
  «Andiamo amore, parlami so che sembra imbarazzante ma sono tuo padre, dal momento che tua madre è andata via adesso devi parlare con me di queste cose.» Il suo tono era delicato e tentava di convincere più se stesso che me.
  «Papà, ascolta lettera per lettera: IO. NON. SONO. ANDATA. A. LETTO. CON. NESSUNO.» Mormorai piano, facendo uno strano gesto con la mano, almeno in questo modo avrebbe capito una volta per tutte che ero vergine, cazzo.
   Lui si alzò dalla sedia.
  «Ti credo, ma adesso togliti questi abiti.»
Annuii e mi incamminai in camera. «E Justin?»
  «Arriverà fra poco.»

Dopo aver tolto a malincuore l’odore di Justin dal mio corpo e aver ripiegato in modo perfetto i suoi abiti, mi tolsi anche i suoi boxer, visto che il mio intimo era nel suo cestino dei panni sporchi, e indossai una mutandina e un reggiseno per poi infilarmi una maglia e un jeans con le mie amate converse. Mi truccai un po’, per nascondere quelle bruttissime occhiaie e mi alzai i capelli in uno chignon disordinato.
  «Selena! C’è Justin!» Mio padre mi chiamò dal piano di sotto ed io finii velocemente di lavarmi i denti e mi precipitai giù. Justin era sulla soglia della porta, si era cambiato indossava un jeans e una maglia con su scritto COLD (freddo) anche se ultimamente di freddo, dentro non ne aveva. Reggeva fra le mani un pacco di dolci e una piccola rosa. Mi venne in contro, porgendomi la rosa rossa mentre foggiava un bellissimo sorriso.
  «Questa è per te.» 

Eccomi di nuovo qua, cosa ne pensate?
Recensite se volete. Io vi aspetto. 
Baci :) 


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Capitolo 8
*** 8 ***


 
Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 8

 
Amore: sentimento di affetto vivo, trasporto dell’animo verso una persona o una cosa.

  Sembrava strano ma quando Justin mi diede quella rosa mi ero sentita più..viva. Esatto, mi ero precipitata al piano di sopra e avevo preso il dizionario, avevo cercato la parola ‘amore’. Ti spiegava cos’era l’amore.. ma non c’era scritto sul dizionario qual’erano i suoi sintomi o se c’era una cura.. “dannazione.”
  In inglese si dice ‘ to fall in love’. Che alla lettera significa.
‘Cadere nell’amore.’ Esatto, io ero proprio caduta e mi ero pure spaccata la faccia.
Ero proprio caduta sulla soglia dell’amore. Mi sentivo innamorata più dell’idea di esserlo che di lui. Era strano, buffo.
  “Confusione.” Non era la parola esatta ma la prima che mi venne in mente. Avevo confusione nel cuore, proprio. Sì nella mente e nel cuore. Da un momento all’altro mi faceva stare bene e contemporaneamente male. Certo innamorarmi di un criminale non era previsto per me, ma era capitato. Solo in quel momento capii cosa significasse la frase: “All’amore non si comanda.”
 All’amore non si comanda e basta. Ti prende alla sprovvista, quando mento te l’aspetti, quando stai leggendo un libro e sei applicata, quando stai mangiando, l’amore ti colpisce forte, fa pieno centro con la sua freccia violenta e delicata allo stesso tempo, dritto nel cuore. L’amore lo trovi quando smetti di cercare.. anche se nel mio caso.. io non avevo cercato un bel niente.
   Justin era salito in camera mia poco dopo la mia scoperta. Mi guardò e sorrise.
   «Sei scappata via..» Sussurrò, sedendosi sul letto.
  Guardai il dizionario ancora aperto fra le mani e lo richiusi subito, posandolo sulla scrivania.
  «Dovevo verificare una cosa.» Risposi piano, sedendomi accanto a lui. Adesso che ero ‘consapevole’ dei miei sentimenti confusi, vedevo Justin con occhi diversi. Avevo ‘nascosto’ dentro una scatola della mia testa, tutte le brutte azioni che mi aveva fatto, tutte le parolacce, gli insulti, gli schiaffi, le avevo bloccate, fermate, arrestate, in poche parole l’avevo perdonato. Ero riuscita a perdonare lui, adesso dovevo perdonare me stessa.. Justin non avrebbe mai ricambiato ovviamente quindi ci sarei rimasta male, troppo. Dovevo perdonarmi per questo quindi.
  «Ti devo chiedere una cosa, un consiglio più che altro.»
  «Ma certo, tutto quello che vuoi.» Risposi incrociando le gambe, lui si grattò la tempia e prese un respiro profondo.
  «Mi piace una ragazza..» Sussurrò, sorridendo leggermente imbarazzato. “Oddio.” Un briciolo di speranza mi schiaffeggiò la mente. “Sta parlando di te.” Sussurrò una piccola voce nel mio cuore. “Magari..” Pensai.
 «Quindi?» Domandai in un sussurro, il mio cuore si stava mangiando l’ossigeno dei miei polmoni.
“Oh cazzo, l’amore ti devasta.”
  «Vorrei conquistarla, anche se tutt’ora penso sia una cosa impossibile, lei è bellissima, quando sono con lei mi sento un uomo migliore e non un criminale..» Più continuava a parlare, più mi sentivo chiamata in causa.
  «Con lei mi sono confidato le ho detto del mostro che ero e non è scappata via.» Aggiunse dopo un po’.
“L’hai fatto.” Pensai sorridendo leggermente. “Non sono scappata.” 
  «Beh, dalle attenzioni, invitala ad uscire, e dille tutto quello che provi, vedi che ricambierà in pieno.» Risposi sorridendo, lui sospirò.
  «Lo spero.» Mormorò.
  «Organizzale una cena a casa tua, una cena a lume di candela.» Aggiunsi, lui annuì come per prendere appunti mentalmente.
  “Wow, sto organizzando il mio primo appuntamento.” Sorrisi mentalmente.
  «Dovrei cucinare io o..» Chiese.
«Cucina tu, anche sei sarai pessimo lei apprezzerà il tutto.»
Lui sorrise a trentadue denti e mi abbracciò.
   Poi mi guardò dritto negli occhi e pensai:
  “Sì, questo è l’oceano in cui voglio annegare.”

Justin dopo pranzo andrò via, era tutto felice se n’era andato dicendo:
  «Organizzerò l’appuntamento questa sera stessa, corro a casa per vedere cosa cucinare.»
Ed io ero tipo: “Oh sì. Corri, ci vediamo stasera.”
Mio padre aveva praticamente cambiato l’opinione di Justin, adesso gli piaceva. Ovviamente non sapeva che stavamo insieme per finta.. “Ma tranquillo papà, fra poco lo saremo davvero.” Pensai ridendo come una psicopatica mentre entrai nella doccia e mi insaponai tutta.

Era ora di cena, avevo praticamente il cuore a mille, lo sentito pulsare persino nelle mie orecchie. Non riuscivo nemmeno a concentrarmi sul libro Romeo e Giulietta che avevano assegnato per scuola, l’amore era troppo forte. Scesi dal letto e controllai il telefono, nessun messaggio. “Cazzo.” La mia sicurezza stava incominciando a vacillare. “E se non ero io la ragazza di cui parlava?” Andai avanti e indietro per tutta la stanza, torturando con le dita il bordo della collana che avevo abbinato alle scarpe, che avevo abbinato al vestito. “Esatto.” Ero già pronta, nel caso Justin mi avesse chiamato, ritornai in bagno e mi controllai il trucco e i capelli. Mi sistemai in un po’ l’angolo degli occhi, la matita stava incominciando a sciogliersi.. poi il cellulare vibrò.

  Da Justin l’enigma:
Vieni a casa mia? Ti aspetto. 


Mi venne uno spasmo e mi precipitai in macchina, finalmente ero felice per davvero. Avrei persino fatto l’amore con lui se ce ne fosse stata l’occasione, ma prima dovevo sussurrargli che anch’io provavo tutte quelle cose per lui.
Forse in quell’oceano che era nei suoi occhi io ero su una barca, dove non potevo annegare.. e lui era con me.
 
Scesi dall’auto e bussai.
Lui aprì la porta sorridendomi e avvolgendomi in un abbraccio.
  «Grazie mille che sei venuta.» Mi sussurrò all’orecchio, mi prese per un braccio e mi portò in salone.
  «Ho pensato che.. visto che mi hai aiutato in tutto questo e mi hai dato coraggio nel conquistare la ragazza che mi piace beh.. volevo fartela conoscere.» Mormorò lui sorridendo felice.
 «Cosa?..» Sussurrai. Una ragazza mozzafiato uscì dalla cucina, avvolta da un bellissimo vestito rosso sangue aderente, il colore dei suoi capelli era tipo come il colore degli occhi di Justin, lui si avvinò a lei e le stampò un dolce bacio. “Ed io?”
Beh.. io ero distrutta.

Ma quale oceano con la barca, lui mi aveva appena spinta ed io stavo annegando con tutti i panni.
Ero un passo dal paradiso, ma avevo sbagliato porta ed ero precipitata nell’inferno.
Li guardavo e tutto quello che volevo fare era scomparire, evaporare, squagliare, disintegrare, non esistere.
  «Selena.. lei è Kristen, ti ho già parlato di lei..» Spiegò, poi mi fece l’occhiolino e mi fece capire che era ‘lei’ la famosa ragazza che gli aveva spezzato il cuore. Era lei che era scappata via con l’amico per poi lasciarlo solo. “Ma che cazzo fai!” Avrei voluto urlargli,
  “Lei ti ha tradito, io non lo farei mai!”
Kristen sorrise e mi tese la mano, che presi piano e la strinsi, resistendo agli impulsi di prenderla e farle la mossa che avevo imparato al corso di autodifesa. Le avrei spezzato la schiena se l’avessi fatto. Sentivo la delusione, la rabbia e la tristezza circolarmi al posto del sangue. Che sciocca che ero stata a innamorarmi di lui, ero stata una stupida.
La convinzione fotte tantissimo.
  «Beh congratulazioni..» Sforzai un sorriso, «..beh adesso vi lascio alla vostra serata, ciao.» sussurrai quasi, dirigendomi verso la porta ed entrando in macchina, due minuti dopo venne Justin.
  «Hey..» Entrò in macchina, «Stai bene?» Chiese,
  “No, porca di quella troia.”
 «Ma certo, Justin.» Menomale che era buio nella macchina e lui non poteva vedere i miei occhi pizzicati dalle lacrime.
  «Beh non sembra.» Affermò. “Da quando notava tutte queste cose?” Pensai ingoiando il nodo di lacrime.
  Lo sentii sospirare.
  «Perché sei vestita così? Hai un appuntamento anche tu?» Chiese, tentando di cambiare discorso. “Credevo di averlo.”
  «Sì.» Mentii. «Con Robert.» Mormorai,
 «Mmh.» Mugolò. «Buona serata allora.» Disse freddo quasi, andando via e lasciandomi con la macchina immersa dal suo profumo.

  Aprii la porta di casa, papà aveva finito di mangiare e si stava grattando la pancia come un gorilla buttato sul divano e sorseggiava un birra in lattina.
  «Io non ho fame, vado a letto.» Mormorai, lui non disse niente e annuì. Salii in camera, mi spogliai e mi infilai nel letto. “Stupido amore.” Pensai.
  Stupido dizionario, anche! Lì sopra ci dovrebbe essere scritto come curare questa merda!
O almeno ci dovrebbe essere quell’asterisco, come nelle pubblicità o tipo sui prezzi, quell’asterisco che è tipo
“Attenta e leggi qui.” Sul dizionario dovrebbe esserci quel fottuto asterisco con su scritto: “Attenzione l’amore fotte.”

Ciaoo a tutti, come va?
Cosa ne pensate di questo capitolo? 
RECENSITE, se vi va, baci alla prossima.
pss: ma vogliamo parlare dello spot di Justin di Calvin Klein????!!!!!!


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Capitolo 9
*** 9 ***


Il ragazzo che aspettavo
Capitolo 9.

 
Era Venerdì mattina, ed ero in ritardo a scuola. Erano giorni ormai che nei compiti non valevo più un cazzo, non riuscivo a dormire e ne tanto meno a studiare. Justin mi cercava, mi chiamava ma non rispondevo, così come nei messaggi. Una mattina si era presentato fuori casa con il preteso di portarmi a scuola, ma mi ero data per malata.. non sarei riuscita a stare nella sua macchina, accanto a lui senza scoppiare a piangere. Lui era il mio primo amore e la mia prima delusione d’amore. A mio padre ovviamente non gli avevo detto niente, lui sapeva ancora che stavamo ‘insieme’.

Miley e Ryan si erano fidanzati. Camminavano in corridoio mano nella mano e non parlavano nemmeno più con Justin. E nemmeno con me. “Wow forse ho ritrovato la pace.” Pensai, quando incrociai Miley nel bagno e lei non aprì bocca. Kristen si era trasferita nella nostra scuola e vederla nei corridoi mentre baciava il ragazzo che doveva essere il mio.. faceva male. Prima o poi tutto hanno una delusione d’amore, però, che cazzo.. per me non era troppo presto?

  Scesi dall’auto e andai vicino al cancello, fortunatamente, ancora aperto e corsi verso l’armadietto.
  «Prima o poi mi dirai perché non mi parli più,vero?» Justin era appoggiato all’armadietto accanto al mio. Incrociai il suo sguardo profondo e fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia. “Ma quanto mi manchi.” Pensai e non risposi, non sapevo che dire.
  «Andiamo, guardati.. ma dormi la notte?» Chiese.
  «Non penso siano affari tuoi.» Mormorai portandomi i libri al petto per contenere il loro peso.
  «Sono affari miei invece. Dimmelo.» Ordinò.
  «Ultimamente non riesco a dormire come si deve.» Confessai, avviandomi in classe.
  «Mi dici cosa c’è sotto?» Chiese.
“Tu.”
  «Magari la prossima volta, faccio tardi a lezione.» Dissi, continuando a camminare.
Lui prese un foglio dalla tasca e poi mi raggiunse.
  «Abbiamo lo stesso corso adesso!» Esclamò,
  «Non ti sede vicino a me.» Sputai.
  «Sì che lo faccio.» Sorrise lui entrando in classe e sedendosi al mio banco.
Combattuta mi accomodai accanto a lui. Dove continuava a guardarmi e a lanciarmi occhiate dolci.
 «Allora ragazzi, occhi si sceglieranno i ruoli per la commedia ‘Romeo & Giulietta’. Il copione è semplice e piccolo.» Spiegò la prof, mentre si accomodò alla cattedra e aprì il registro. Incominciò a dare i vari ruoli e tutti sembravano soddisfatti. Mancavano solo i ruoli di Romeo e Giulietta.
 La prof subito scelse Justin per interpretare Romeo,
  «Non deludermi, Bieber!» Disse, ormai mancava solo Giulietta ed ovviamente ero rimasta solamente io e un’altra mia compagna invalida sulla lista.. e supponevo avesse scelto me.

  «Professoressa.. buongiorno, scusate il ritardo ma sono nuova e ancora faccio fatica a trovare le classi, io sono Kristen, Kristen Stewart.» La ragazza di Justin entrò in classe, sfogliando la sua bellezza e schiaffeggiandomi con la sua autostima.. mi feci minuscola, mentre sentii Justin irrigidirsi sul banco con un sorriso leggero sulle labbra.
   «Si accomodi pure signorina Stewart, stavamo assegnando i ruoli per la commedia ‘Romeo & Giulietta’.» Ripeté la prof.
  «Amo quel libro.» Confessò lei prendendo posto.
 «Bene, allora lei sarà la protagonista.»

La campanella suonò ed io schizzai fuori classe, correndo subito in bagno. Lasciai scendere le lacrime che erano scese senza una ragione precisa. Ariana non c’era oggi a scuola e questo faceva ancora più schifo, volevo stare con un amica e confidarmi di tutto, di buttare quell’ancora pesante che mi tratteneva al suolo e risalire in superficie. Kristen aveva portato via in pochissimo tempo tutto quello che stavo costruendo da una vita quasi! Adesso lei avrebbe interpreto Giulietta e quindi sarebbe dovuta rimanere il pomeriggio a fare le prove con Justin. “Fanculo.”
  Mi asciugai le lacrime e ritornai in corridoio al mio armadietto.

 «Com’è andato il tuo appuntamento?» Chiese Justin mentre venne vicino a me e mi aiutò con i libri.
  «Quale appuntamento..? ah!» Mi ricordai della bugia che gli avevo detto: «Bene, benissimo ansi..» mormorai.
  «Ma quindi non potrai venire da mia madre? Sai a lei non le ho detto ancora niente lei non sa di Kristen.» Disse,
  «Tu perciò continui ad essermi amico? Per paura che io vada da tua madre e spifferi tutto?» Domandai leggermente su di giri, lui mi guardò confuso. «Portaci la tua ragazza da tua madre!» Urlai, lui divenne cupo e poi serio.
 «Ti calmi?» Sbottò.
 «No! Ti rendi conto che sei ritornato con una stronza che tempo fa ti ha spezzato il cuore andando con il tuo amico!?» Chiesi, lasciando cadere anche le lacrime e sputando, così, alla cazzo i miei pensieri.
  «Cosa?» Era confuso.
  «Mi hai capito bene!» Esclamai.
   «Le persone commettono errori.» Disse subito.
  «Il lupo perde il pelo ma non il vizio, Justin svegliati! Pensa un po’ perché si è rifatta viva dopo tutto questo tempo, vuole qualcosa da te! Non farti mettere i piedi in testa.» Buttai lì e andai via. Forse avevo esagerato, forse dovevo farmi i fatti miei. Ma chi se ne fregava.

Indossai la tuta dopo aver finito i compiti e andai a prendere Ariana, per andare in palestra. A causa di uno stupido ragazzo non dovevo buttar via la mia vita restando chiusa in camera a prosciugare le mie lacrime, quindi mi rimisi in gara.
  «Hey! Come stai?» Ariana con un sorriso stampato in faccia entrò in macchina e mi abbracciò subito.
  «Sto bene..» mormorai, «Tu piuttosto ci sono novità?

Per tutto il tempo in palestra mi aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo alla festa, confessandomi anche di aver fumato e limonato con tre ragazzi diversi.
  «Però non mi sento in colpa!» Esclamò, alzando le mani felice.
Beata lei, aveva lasciando andar via Frank, il ragazzo che amava e si stava riprendendo. Lei era forte, non era me.
  «Hey dolcezza.» Robert venne vicino e mi abbracciò.
 “Ah si tu.” L’avevo quasi dimenticato. Ero talmente presa da Justin che avevo dimenticando tutto quello che non riguardava lui.
  «Robert!» Lo salutai, «Come va?»
  «Bene.» Sorrise. «Stasera mia sorella da una festa.. ti va di venire?» Domandò, guardandomi con aria supplichevole.
  «Ma certo!» Esclamai. Mi ci voleva proprio una serata diversa. Poi si rivolse ad Ariana
  «Vieni anche tu.» Mi fece l’occhiolino e andò via.
  «Uh!» Ariana felice batté le mani.
  «Ci divertiremo un mondo vedrai.»

Robert venne a prendere me e ad Ariana avevamo indossato per l’occasione entrambe un vestito con i tacchi. Io avevo raccolto i capelli in una treccia alta, mentre Ariana li aveva lisciati. 
  «Ci sono già tante persone a casa, mia sorella ha invitato anche il fidanzato ma sua madre non lo sa che ha il ragazzo quindi non ditelo.» Ci avvisò Robert.
  «Sua madre?» Chiesi,
 «Beh lei è la compagna di mio padre.. è la mia matrigna.» Confessò.
 «Capisco. Beh ricevuto, non diremo che tua sorella è fidanzata.» Mormorai. «Quanti figli siete?» Chiesi.
  «Solo io e mia sorella. Io vengo dalla ex moglie di mio padre, mentre mia sorella proviene dalla mia matrigna.» Spiegò lui.

Arrivammo fuori casa sua. E la musica si sentiva già dal retro.
  «Mi raccomando divertitevi.» Sorrise lui.
Scendemmo ed entrammo in casa. C’era gente ovunque, Ariana mi strinse la mano per paura che potessimo perderci.
  «Io vado a prendere da bere, aspettate qui!» Urlò Robert a causa della musica alta. Ci sedemmo su un divano trovato per caso e aspettammo Robert.
  «Wow quanti bei ragazzi che ci sono!» Ariana si guardò attorno trovando la sua preda.
  «Uh guarda c’è Justin!» Urlò all’improvviso e il mio cuore perse un battito. L’avevo censurato, facevo di tutto per non pensarlo e lui si presentava ovunque io fossi. Mi girai verso di lui, era con Kristen.
  «Non mi interessa.» Mormorai ad alta voce. Lei fece spallucce,
  «Beh io vado nella mischia a trovare qualcuno da baciare, ci vediamo dopo Sel, tu lavorati Robert.» Sorrise e andrò via.

Andai alla ricerca di lui. Ariana aveva ragione, dovevo ‘lavorarmelo’. Perché Justin doveva spassarsela ed io no?
Robert era in cucina, con una donna forse la matrigna.
  «Robert balliamo?» Dissi sorridendo, la donna si girò, spalancò gli occhi e lasciò cadere i bicchieri di vetro frantumandoli. «Tutt’ok?» Chiesi, Robert aggrottò la fronte e si avvicinò alla donna che continua a fissarmi come se fossi uno scherzo della natura.
   «Cosa ci fai con lei Robert?» Chiese piano, senza togliere lo sguardo dal mio. A quelle parole mi misi sulla difensiva, Robert chiuse la porta e la musica adesso era meno intesa e permetteva di farci sentire meglio.
  «E’ la ragazza con cui esco.» Confessò lui ed io arrossi.
 “Siamo usciti solo una volta, finocchio.” Pensai sorridendo.
   «Fuori da casa mia.» Mi disse, facendo uno strano verso con il braccio. «Mamma sai bene?» Robert le toccò un braccio io non sapevo che dire. «Non devi uscire con lei, non devi vederla mai più!» Urlò, «E tu fuori da casa mia!» Urlò di nuovo.
  Mi ritrovai paralizzata.

Improvvisamente entrò Kristen in cucina, «Mamma è tutto ok qui?» Chiese.
“MAMMA?! Robert è il fratello di Kristen!!??”
  «Piccola torna di la. Divertiti.» Mormorò la signora.
  «Ma si può sapere cosa succede?» Domandò lei, passandosi una mano fra i capelli.
  «Selena..» Oh.. la donna conosceva il mio nome.
Ed io in quel momento sbiancai. «Io sono tua madre.»

Ciao a tutte!
Come va? Che ne pensate del capitolo? 
Recensite, se volete. Susu. 


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Capitolo 10
*** 10 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 10

 
Non so se ero più scioccata per aver scoperto che Kristen era la sorella di Robert, e la mia sorellastra o perché la madre di Kristen era mia madre. Forse per entrambi.
Mi paralizzai al suolo, il mio respiro era a mille e mi pizzicava la gola dalle lacrime che avrei voluto versare.
  «Cosa?» Mi uscì dalla gola. Lei si avvicinò a me, cercando di toccarmi il capo e accarezzarmi. Ma d’istinto mi scostai.
  «Selena..» Sussurrò dolce,
 «Mamma..» sputai acida.
«Mi dispiace.» Mormorò, portandosi le mani in grembo. «Ma con Eric non ero felice. Io non amo più tuo padre.» Confessò. Quelle parole risuonarono come coltelli che mi tagliarono a metà.
 «Mi hai abbandonata..» Sussurrai, abbassando lo sguardo. Avevo la vista offuscata a causa delle lacrime che minacciavano di scendere e rigarmi il viso. «Te ne sei andata via.. lasciandomi da sola.»
  «C’era tuo padre.» Difese lei.
 «Pensi che per me sia stato facile? Ritornare a casa e non trovare l’affetto di una madre. Eravamo famiglia a metà.»
  «Mi dispiace, ma io non ero felice.»
  «E così hai deciso di non far felice me per far felice te.» Dissi. Strinsi i pugni e ingoiai la bestemmia che avrei voluto dire.
  «Non dire niente a tuo padre.» Sussurrò.
  «Ma certo che no. Lo farei del male. Io non sono egoista come te.»
  «Adesso vai fuori di qui.» Disse piano, guardai Robert che era senza parole,
Kristen che mi guardava senza proferire parola.
  «Ma ovvio. Tanto per me sei come morta.»

Uscii fuori da quella casa, aspirando forte e rigettando indietro le lacrime. Poco dopo venne Kristen e Robert.
  «Selena..» Mi chiamò lei.
  «Quindi sei mia sorella.» Enunciai con disgusto. Lei annuì grattandosi la tempia. «Beh, ci sentiamo allora.»
  «Aspetta..» Mi fermò prendendomi per un braccio. Mi guardò per un lungo istante e poi mi lasciò andare. La guardai andare via.
Un po’ mi assomigliava. Solo che lei aveva più autostima di me quindi sapeva gestire meglio la sua bellezza. Robert rimase con le mani in tasca a guardarmi.
 «Non vuoi uscire più con me?» Domandò. Ci pensai un po’.
  «No.» Confessai. Come potevo continuare a uscire con un tizio la cui madre era la mia? La cui sorella era la mia? Tecnicamente sarebbe stato come uscire con un fratellastro. Rabbrividii al pensiero.
 «Mi dispiace.» Aggiunsi, lui annuì.
  «Anche a me. Ma ti capisco, beh ci vediamo in palestra.» Mormorò andando via. Mi tolsi i tacchi, anche se ero in mezzo alla strada,
 “dannazione.” Non avevo il passaggio, era stato Robert ad accompagnarmi. Chiamai Ariana, ma non rispose. Quindi mi sedetti un po’ sul marciapiede.
  “Casino totale.”
Era il termine giusto e il primo che mi venne in mente.

La mia vita era ufficialmente una bomba nucleare per i neuroni. Il mio cervello, la mia mente era talmente incasinata che nemmeno i malati di ordine potevano mettere apposto.
 Mi arrivò un messaggio da Justin.
  Ti accompagno io a casa.
 
  Accettai, anche se questo significava restare a guardare fuori al finestrino tutto il tempo per non piangere e non pensarlo. Avevo avvisato Ariana con un messaggio, dicendole che stavo andando a casa. Justin era stato gentile ad offrirmi il passaggio.
  «Wow che casino.» Disse, mentre accese il motore.
 «Esattamente.» Mormorai. Mi sentivo in dovere di chiedergli scusa, di dirgli che mi dispiaceva per non averlo più calcolato, di averlo risposto male quando lui con me si comportava benissimo.
   «Ti chiedo scusa.» Sussurrai.
Lui mi guardò, «Mi sono comportata di merda con te. Quando non te lo meritavi nemmeno, solo che.. mi ha mandato su tutte le furie vederti con lei, di nuovo, dopo tutto il male che ti ha fatto.» Confessai.
  «Ti perdono.» Rispose semplicemente.

Arrivammo fuori casa ed io scesi dalla macchina.
  «Buona notte.» Mormorai, lui mi guardò e mi prese per un polso, attirandomi a se, facendomi ricadere di nuovo sul sedile dell’auto.
  «Non andare via da me.» Disse, per poi riaccendere il motore, facendomi uscire e andare via.
Rimasi senza parole. “Non andare via da me.” Che significava? Io non me ne stavo andando da nessuna parte, stavo semplicemente andando a casa. Perché ci teneva così tanto a me? Ogni volta che Justin mi confessava qualcosa scappava via, perché? Mi spogliai e mi struccai infilandomi nel letto.

Mi avevano assegnato il ruolo di narratrice. Avrei dovuto narrare vari frasi dal libro, mentre gli attori recitavano sul palco. Era una noia mortale passare il sabato pomeriggio a scuola, mentre avrei potuto passarlo a correre nel parco. Eravamo a finale delle prove, la scena dove i due innamorati si davano l’ultimo bacio prima di lasciare il mondo per sempre.
  «Avanti signorina Gomez.» La prof diede il via ed io lessi la prima frase.
  «Queste gioie violente hanno fini violente.
Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco,
Che si consumano al primo bacio
.» Narrai piano, alzai gli occhi e guardai la scena. Justin che si avvicinava piano a Kristen, la cingeva i fianchi, la guardava negli occhi, la piegava in un lato e la baciava piano. Distolsi immediatamente lo sguardo prima che le loro labbra si fossero toccate. Ariana mi venne vicino e sorrise piano.
  «Oddio, da come li guardi sembra che tu ci stia male.» Mormorò, rosicchiando un salatino.
 «Ma no, solo che la parte doveva essere mia.» Mentii, ma sì che ci stavo male, cazzo. Ci stavo da schifo.

  Le prove erano finite, Justin mi aveva salutato con un cenno del capo prima di andare via con Kristen. Ariana non sapeva niente di quello che era successo quella sera a casa di Robert. E non volevo nemmeno dirglielo, lei aveva già i suoi problemi non volevo aggiungere i miei. Entrai in macchina e mi diressi a casa.
  Mi chiamò Pattie: «Hey Pattie!» Misi il vivavoce mentre mi sistemavo la cintura.
  «Tesoro, come va? Ti sto disturbando?» Chiese dolce,
  «Assolutamente no. Sto bene, lei?» Chiesi, uscendo dal parcheggio della scuola.
  «Anch’io, mi stavo chiedendo. Domani sarà il compleanno di Justin, fa 19 anni. Volevo organizzargli una festa a sorpresa, mi stavo chiedendo.. tu sei la ragazza, no? Quindi ti va di aiutarmi?»
  Frenai al semaforo rosso. “Cazzo.”
 «Ma certo. L’aiuterò senz’altro.»


Ciao a tutte, come va?
NON HO RILETTO IL CAPITOLO
QUINDI SE CI SONO ERRORI, PERDONATEMI. 

Cosa ne pensate? Recensite. 
ps: ho creato un video su 'Cinquanta sfumature di Grigio'
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Capitolo 11
*** 11 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 11

 
Continuavo a pensare che non era stata una buona idea accettare tutto questo. Accettare di preparare una festa a sorpresa per Justin. Non era stata una buona idea continuare a fingere sulla nostra relazione alla madre. Ma intanto, incollai l’ultimo palloncino e sistemai i bicchieri sul tavolo imbandito di patatine e rustici. Mi sistemai i capelli dietro l’orecchio e andai verso Pattie. Con noi c’era: suo zio Josh, suo cugino Herl e Pattie aveva insistito nell’invitare mio padre e Sarah. “Oddio.” E intanto continuavo a pensare che l’idea non era stata per niente buona.

  «Sta venendo!» Sussurrò Pattie, sentendo il rumore della sua auto spegnersi. Ci mettemmo tutti dietro al muro, spegnemmo le luci e aspettammo. Sentimmo la porta aprire velocemente, e sbatterla subito dopo.
  «Sorpresa!» Urlammo all’unisolo.
Ma quello a sorprendersi qui, non era solo Justin ma anche noi. Una volta sbucati fuori scovammo Kristen e Justin che stavano per fare l’amore davanti ai nostri occhi. Lei era praticamente mezza nuda fra le sue braccia, Justin con il suo rossetto sbavato sulle labbra e la maglia a mezz’aria, e il pantalone sbottonato e visibilmente eccitato.. Sbiancai. 
  «Porca puttana.» Sussurrò a denti stretti. Risistemandosi il pantalone e la maglia in un nano secondo. Incrociò i miei occhi e notò il mio disagio.
  Indietreggiai, uscendo dal raggio di tutti quei occhi puntati verso di me e verso di Justin, prima l’uno e poi l’altro.
  «E tu saresti il ragazzo di mia figlia?» Mio padre con voce offesa incominciò a proferire parola e a spezzare quel silenzio così lungo e straziante.
  «Posso spiegare.» Mormorò Justin, Kristen si rivestì subito e si sistemò i capelli. «Meglio che io vada.» Disse per poi lasciare la casa. “Stronza.” Avevo voglia di spezzarla in due, ma che schifo di ‘sorella’ che avevo.
  Pattie con le lacrime agli occhi stava per esplodere.
  «Aspetta.. fermi tutti.» Dissi, catturando nuovamente gli occhi su di me. Mi avvicinai a Justin, ero pronta a dire a tutti che fra di noi non c’era mai stato niente. Che era stato tutto finto sin dall’inizio.
   «Papà, Pattie.» Mi riferii soprattutto a loro. «Tra me e Justin non c’è mai stato niente. Mai.» Enfatizzai.
  «Che significa!?» Sbottò Pattie,
 «Quello che ho appena detto, Justin mi ha chiesto di far finta. Non voleva deluderla e portare a casa un'altra ragazza che non le sarebbe piaciuta.» Spiegai a Pattie.
  «Quindi ci avete mentito.» Aggiunse mio padre.
  «Esatto, e ci dispiace.» Disse Justin.
Mio padre prese per mano Sarah e si avviò alla porta.
Josh e gli altri uscirono fuori. Rimanemmo solamente io, Justin e Pattie. «Justin.. prendi pure le tue cose. Vai via da qui.»
  «No!» Urlai, e Pattie mi uccise con lo sguardo.
  «Non provare a proteggerlo!» Mi urlò. Mi ammutolii.
 «Selena.. va via.» Disse Justin salendo le scale, con lo sguardo arrabbiato e deluso allo stesso tempo.
E intanto.. io continuavo a pensare che non era stata una buona idea.

Ritornai a casa, mio padre era incazzato con me. Per averlo mentito doppiamente. Infatti avrebbe passato la notte da Sarah, addirittura.
  Avevo chiamato Ariana, e l’avevo fatta venire a casa mia.
Le avevo spiegato tutto, avevo lasciato scorrere le lacrime, le urla. Mi ero liberata di tutti i pesi che mi tenevano incollata al suolo.
  «Ci sono io qui.» Mi aveva sussurrato Ariana, per poi abbracciarmi dolcemente. «Ti ringrazio.» Risposi per poi calmarmi.
  Sarebbe rimasta a dormire da me, almeno così non sarei rimasta sola. «Buona notte.» Disse per poi addormentarsi sulla branda che avevo sistemato accanto a letto. «’Notte.» Mormorai, per poi sprofondare nel letto anch’io.

Il rumore di botte sul vetro mi fece svegliare. Aprii piano gli occhi e il buio della mia camera mi avvolse. Ariana dormiva, riuscivo a sentire il suo respiro regolare. E quel rumore al vetro era ancora lì, stavolta più forte. Scesi dal letto e per poco non mi venne in colpo. Mi avvicinai alla finestra e la aprii, facendo attenzione a non svegliare Ariana. «Cosa cazzo ci fai qui!?» Esclamai in un sussurro.
  Justin non rispose. Si teneva stretto un fianco. Lo strascinai in bagno, chiusi la porta e accesi la luce.
  «Oh santo cielo!» Esclamai stavolta ad alta voce. «Cosa cazzo hai fatto Justin!?» Chiesi, lo guardai. Era tutto sudato, stava soffrendo troppo. Le sue mani erano praticamente rosse del suo stesso sangue, gli alzai la maglia e il mio respiro mi si bloccò in gola. «Oh mio dio.»
  Il fianco di Justin aveva un graffio profondo che partiva dal ventre fin dietro la schiena. «A-aiutami.» Balbettò, con la voce rotta dal dolore.
  «Come te lo sei fatto!?» Chiesi, non rispose, non riusciva a parlare. Mi vestii in un secondo e lo trascinai in macchina. Scrissi un veloce messaggio ad Ariana e mi diressi all’ospedale. “Menomale che non c’era mio padre in casa”. Pensai, una volta che ero in sala d’attesa. Poco dopo venne l’infermiere.

  «Il tuo amico sta bene, gli abbiamo messo 13 punti, è un taglio un po’ profondo ma fortunatamente non ha toccato gli organi interni.» Spiegò l’infermiere. Tirai un sospiro di sollievo.
  «Posso vederlo?» Chiesi, lui annuì e mi portò in stanza.
Justin era sul letto. Con gli occhi socchiusi, ma sembrava stare meglio. «Hey.» Mormorò salutandomi.
  «Justin..» Sussurrai, cercando di non piangere. «Mi spieghi cos’è successo?» Domandai, sedendomi su un lato del letto.
  «Grazie per avermi salvato la vita.» Mormorò.
 «Io non ti ho salvato la vita, ti ho solamente portato all’ospedale.»
  «Hai pur sempre fatto qualcosa per me.. tu per me ci sei sempre.» Disse, con ancora la voce tremante. «Mark si è rifatto vivo.» Aggiunge dopo un po’. Sbiancai.
 Mark, quel pezzo di merda che mi aveva rapita.
  «Cos’è successo di preciso?» Domandai.
Lui sorrise e abbassò lo sguardo. «Avevi ragione, cazzo..» Borbogliò.
  «Che vuoi dire? Justin spiegati!» Sbottai.
 «E’ solo una stronza..» Aggiunge. «Solo una stronza.» Ripeté.
E capii che si stava riferendo a Kristen. «Ho scoperto che era ritornata con me perché voleva trascinarmi nella trappola di Mark. Volevano uccidermi.» Strinse i pugni. Ed io deglutii rumorosamente. Sentii brividi pesanti lungo la schiena.
  «Il ragazzo per cui mi ha lasciata, quel mio ‘amico’.. sta nella banda di Mark. Lei si voleva vendicare assieme a loro per aver fatto del male a Mark e a Steph.» Spiegò. «Hanno usato lei come esca perché sapevano che sarei andato con lei. Che sarei ricaduto fra le sue braccia..» abbassò lo sguardo e spirò forte. «Avevano ragione cazzo, lei era stata così importante per la mia vita.. non potevo lasciarla andare via di nuovo. Comunque lei mi ha portato dietro ad un pareggio, poi sono sbucati Mark e Steph con dei coltelli e..» si fermò.
  «E cosa Justin?»
  «Hanno tentato di uccidermi, Mark mi ha preso quasi subito, Steph invece è scappato via con Kristen. Mi sono accasciato a terra non riuscivo a muovermi.. però poi Mark è scappato via e mi ha lasciato lì.» Concluse.
  «E sei venuto da me.» Aggiunsi io.
Lui annuì. «Non sapevo dove altro andare.» Mormorò.
   «Tranquillo.» Lo calmai, avvicinandomi al suo volto lasciandoci una carezza. «Non riesco a capire come hai fatto a trovare le forze per salire sul mio tettuccio.» Ridacchiai, per sdrammatizzare.
  «Tu. Tu sei la mia forza. Sapevo che mi avresti aiutato, questo mi ha dato carica.» Sussurrò sorridendo.
  «Cosa sono io?» Chiesi e il secondo dopo fecero irruzione nella stanza Pattie, Sarah e mio padre. Ariana avrà letto il messaggio e li avrà avvisati. “Sono la sua forza.” Pensai “La sua forza.” Sorrisi fra me e me. Forse un briciolo di speranza c’è ancora.


Un po' cortino eh? Perdonatemi.
Recensite, e fatemi sapere qualcosa al riguardo.
Su :) Aggiornero' a breve. 


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Capitolo 12
*** 12 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 12

 
Quando mi svegliai il mio collo era dolorante così come la schiena. Ero rimasta tutta la nottata in ospedale, mi ero addormentata sulla sedia ed era stato orrendo. Non mi sentito più il culo.
  Pattie e Sarah discutevano su cose personali, mio padre non c’era.
«E’ andato a prendere la colazione.» Disse Sarah, rispondendo alla mia domanda inespressa.
Justin dormiva ancora, con quella sua espressione angelica. Colsi l’occasione per analizzare meglio il suo profilo, così dannatamente perfetto. Il naso leggermente all’insù, le labbra carnose a cuore. Mi piaceva da morire.
Mi alzai ancora un po’ dolorante nella schiena e gli stampai un bacio. Chi se ne fregava se ero sotto gli occhi di Pattie e Sarah, chi se ne fregava se Justin si fosse svegliato proprio nel momento in cui lo stavo baciando. Ma lo volevo. Lo desideravo, anche se lui non desiderava me.
  «Selena stai bene?» Chiese Pattie, guardandomi con la fronte corrucciata.
  «Sto benissimo.» Mormorai, mordendomi il labbro e resistendo all’impulso di baciare di nuovo Justin.
  «Perché l’hai fatto?» Chiese ancora.
«Ecco la colazione tesoro.» Mio padre mi evitò la risposta a quella domanda «Grazie!» Sorrisi e presi il cornetto e il caffèlatte.
  «Papà io..»Volevo chiedergli scusa, per tutto ma lui non me lo permise. «Ne riparleremo più tardi tesoro.» Disse baciandomi la fronte, per poi andare verso Sarah.

Ritornammo a casa, Justin si era risvegliato e Pattie aveva insistito con il mandarmi a casa e lasciarli da soli, anche se desideravo rimanere con lui. Sarah e mio padre mi chiesero di sedermi sul divano perché era una cosa importante che dovevano dirmi.
  «Tesoro, come sai.. io e Sarah stiamo insieme da un bel po’..» mio padre strinse la mano di Sarah come per prendere forza, lei lo sorrise e lui continuò. Sapevo dove voleva arrivare, cose voleva dire.
  «Ok. Sono d’accordo.» Risposi subito,
  «Sai almeno cosa volevo dirti?» Mio padre ridacchiò.
 «Sì, Sarah viene a vivere da noi.» Dissi, alzandomi dal divano.
Mio padre mi fermò. «No. Siamo noi a cambiare casa.»
  «Cosa?! Che stai dicendo papà?» In quel momento diventai seria, serissima.
«Ci trasferiamo a Londra!» Esclamò con un sorriso mentre io scoppiai a piangere.
  «Ma ti sei fottuto il cervello!?» Urlai in preda alle lacrime, io non potevo lasciare Los Angeles, la mia città, la mia scuola, la mia casa, la mia amica, il mio.. Justin! Io non potevo tutto quello che ero riuscita a crearmi. «Non parlarmi in questo modo Selena!» Urlò lui.
  «Quanto hai intenzione di partire?» Chiesi,
 «Fra due settimane.» Rispose lui. «Quando il liceo finisce.»
  «Non puoi costringermi a partire!» Risposi urlando. Sarah, andrò in cucina lasciandoci da soli. «Si che posso non sei ancora maggiorenne.»
  «Ti sei perso un dettaglio caro papà fra 2 giorni è il mio compleanno!» Sbottai, lui si grattò la tempia non sapendo che dire.
   «E comunque dove andresti a vivere?» Chiese.
  «Da sola? Qui?» Cercavo disperatamente una soluzione, anche se non sembrava così giusta.
  «Ne riparleremo più tardi tesoro, ho sparato il colpo grosso, sei confusa. Tranquilla le cose si risolveranno.» Fa per andare in cucina ma lo fermai. «Papà sappi che io da qui non mi muovo.»
Lui non rispose e andò in cucina.

La doccia dovrebbero classificarla come un’altra meraviglia del mondo, cazzo. La doccia è fantastica. Soprattutto quando sei stressata, entri nella doccia e l’acqua funge tipo da purificatore, ti lava di tutti i problemi almeno solo nell’arco in cui impieghi a fare la doccia. Infatti, quando uscii dalla doccia e mi vestii l’angoscia di tutto mi ritornò addosso. Io non volevo partire e non volevo nemmeno rimanere da sola qui, senza mio padre.
  “Le cose si risolveranno.” Aveva detto papà, lo speravo.
Mi avvicinai al calendario e contai i giorni. 14.
Se mio padre ed io non saremmo arrivati a un compromesso entro questi giorni, sarei andata via con lui.
Segnai una X sul giorno del trasferimento, sperando con tutto il cuore che per me quel giorno non sarebbe mai venuto.

Effetti collaterali.
Cercavo disperatamente quali erano gli effetti collaterali dell’amore. Cercai su internet. C’era scritto: “La delusione è uno dei tanti effetti collaterali dell’amore.” Infatti, un po’ ero delusa. Delusa da me stessa per non essere abbastanza per Justin. Mentre per me lui era troppo. Mi distesi sul letto e sprofondai il viso sul cuscino. Mi venne in mente il primo ‘appuntamento’ con Justin. Oddio, all’ora non provavo assolutamente niente per lui. Non sapevo nemmeno c’era l’amore. Anche se.. una leggera scossa mi percosse la schiena quando le nostre mani per la prima volta si toccarono. Ero così stupida.. non riuscivo dare un nome a quella cosa. Solo adesso, invece, capii il tutto. Io provavo qualcosa per lui, provavo qualcosa per lui sin dall’inizio. Solo che nemmeno io lo sapevo.
 
Mi alzai dal letto e inviai un messaggio a Justin.
A Justin l’enigma:
Hey come stai?


Ricevetti risposta dopo 15 minuti di straziante attesa.

  Da Justin l’enigma:
Sto meglio, sono a casa.
Ti va di venire? Sono solo.


Infilai subito le scarpe, presi le chiavi della macchina e mi avviai.
  «Papà io vado da Justin.» Avvisai, uscendo prima che potesse dire qualcosa o fermarmi.
Accesi il motore e mi avviai a casa sua.
Mi arrivò un altro messaggio.

Da Justin l’enigma:
Non bussare, non posso muovermi per venirti ad aprire.
Ci sono le chiavi sotto lo zerbino.


Le presi e aprii la porta. Salii velocemente le scale e andai in camera sua, dove c’era lui senza maglia sotto le lenzuola. La ferita aveva una fascia enorme.
  «Sei già qui?» Spuntò un sorriso.
 «In carne ed ossa.» Feci spallucce. Lui spostò il lenzuolo e mi fece gesto di stendermi accanto a lui. Esitai un po’.. ma poi mi tolsi le scarpe e mi stesi accanto a lui. Mi cinse un braccio attorno al collo cosicché adesso avevo la testa appoggiata sul suo petto. Sentivo il suo cuore. Aspirai forte il suo odore. Così naturale e delicato.
  «Non riesco a capire perché sei così disponibile nei miei confronti.» Mormorò accarezzandomi piano il capo. Quando avrei voluto dirgli la verità. Digli “Hey Justin, io provo qualcosa per te, ma no qualcosa da niente, qualcosa di forte. Più forte di me e te messi insieme.” Ma non ci riuscivo. Infatti ignorai la sua frase e sorrisi leggermente.
   «Ed io non riesco a capire perché prima mi ammazzavi di botte mentre adesso mi accarezzi dolce.» Dissi io. Lui si bloccò e tolse la mano. Me ne pentii subito delle mie parole.
  «Non capiresti..» sussurrò più a se stesso che a me.
  «Farò uno sforzo..» Lo incitai.
Non rispose. Mi portò una mano sul viso, con il pollice seguì la riga del mio profilo, fino ad arrivare alle labbra. Chiusi piano gli occhi, assaporando il suo tocco.
  «Selena..» mi chiamò lui.
«Sì?» Mugolii.
   «Sei bella.» Confessò.
E spalancai gli occhi velocemente. Lui sembrò spaventarsi, e infatti ritirò la mano. Non me l’aspettavo, per niente.
  “Ha detto che sono bella.” Pensai piangendo dentro.
  «G-grazie.» Balbettai. Lui sorrise. E mi uscì: «Anche tu.»
Lui ridacchiò: «Lo so grazie.» Scherzò.

Era ora di pranzo, mi alzai dal letto e mi misi le scarpe.
  «Vuoi che ti prepari qualcosa?» Domandai.
Lui scostò la testa in segno di negazione.
  «Mia madre arriverà a momenti.» Disse, annuii.
 «Allora io vado, per qualsiasi cosa devi chiamarmi, ok?» Dissi, prendendo le chiavi della macchina.
  «Suona come un ordine.» Rise lui.
  «O una minaccia.» Scherzai.
Mi avvicinai a lui nel letto con l’intenzione di stampargli un bel bacio sulla guancia. Ma mi girò violentemente il volto verso le sue labbra, e mi diede un sonoro bacio sulle labbra. Uno di quelli che fanno rumore, uno di quelli che non ti aspetti, uno di quelli che ti arrivano dritto al cuore. “Oh.” Lo guadai dritto negli occhi, mi specchiai in quelle due pozze profonde.
  «Grazie.» Sussurrò.
Sorrisi imbarazzata e andai via,
sentendo le guancie prendere fuoco. 

Ta-da! Rieccomi qua!
Vi sono mancata?
Certo che no *che domande* :') 
Allora cosa ne pensate?
Visto che è piccolo il capitolo aggiornerò stesso domani se solo
mi date soddisfazioni nelle vostre recensioni aahha #JOKE
Buona lettura, a presto. 


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Capitolo 13
*** 13 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 13

 
  «Buon compleanno!!»
Mi svegliai di soprassalto. Mio padre aveva fatto irruzione nella mia camera con la colazione a letto.
  «Oh, cazzo.» Mi portai una mano al cuore, «Non si svegliano le persone così!» Dissi ridendo un po’ per la situazione.
  Lui mi stampò un bacio sulla fronte.
  «La mia donna.» Mormorò, porgendomi la colazione.
   «Ho solamente 18 anni.» Feci spallucce e addentai il cornetto.
Era il mio 18esimo compleanno eppure non avevo programmi per la giornata, non amavo festeggiare. Ma se fossi stata ‘costretta’ mi sarebbe piaciuto anche solo passarlo in famiglia. Beh, come ‘famiglia’ intendevo: Ariana, Sarah, Pattie, mio padre. Al massimo Josh. Mi alzai dal letto, dopo aver finito di mangiare e andai in bagno, facendomi un doccia e shampoo. Sarei dovuta andare lo stesso a scuola, anche se era il mio compleanno.
Mi preparai e scesi le scale.
 «Papà mi dai qualche soldo, devo fare benzina.» Sorrisi,
  «Stasera vuoi fare qualcosa in particolare?» Chiese, porgendomi i soli. «Non so.. ti farò sapere. Buona giornata a lavoro.» Mormorai e andai via. Mi fermai dal benzinaio.
  «Il pieno.» Enunciai al benzinaio.
  «Vieni qui a fare benzina?» La voce di Justin mi fece voltare di scatto. Lui entrò in macchina. «Sì.» mormorai. E lui sorrise compiaciuto. «Anche tu?» Domandai.
  «Io qui ci lavoro.. di solito dopo scuola.» Disse, «Beh mia madre è la proprietaria.» Aggiunse dopo un po’.
  «Ti sei ripreso vedo.» Notai contenta.
 «Sì adesso cammino!» Rise lui, alzando le mani.
  «Beh, non vieni a scuola?» Chiesi,
  «Mi daresti un passaggio?»

Spensi il motore una volta nel parcheggio della scuola ed io e Justin entrammo dentro all’istituto. Sotto lo sguardo di tutti.
  «Perché ci fissano?» Domandai, stringendomi al petto la cartella dall’imbarazzo. «Ignorali, come faccio io.»
Arrivammo al mio armadietto. Miley era lì.
  «Justin.» lo chiamò, lui era accanto a me.
 «Hey.» Fece cenno con la testa per salutarla.
  «Ho saputo cosa ti hanno fatto.» Disse lei con tono triste.
«Sto bene adesso.» Rispose subito lui come se non volesse più avere a che fare con lei. «Cosa fai ora mi eviti?»
  «Okay mi sento di troppo, Justin ci vediamo dopo.» Mormorai, lui mi sorrise. «Ma certo, ti messaggio dopo.» Rispose, accarezzandomi il capo. Sentii uno strano verso uscire dalla gola di Miley ma la ignorai e andai in classe.
Non sapevo cosa c’era e c’è stato fra loro due e non volevo immischiarmi.
Avevo ancora paura di Miley e le sue mani pesanti.

Era l’ultimo giorno delle prove, questo pomeriggio stesso la commedia sarebbe iniziata. Justin non mi aveva ancora massaggiato dall’incontro con Miley e questo mi rattristò un po’.
  Entrai nel teatro della scuola, pronta a posizionarmi con il microfono dietro le quinte e a partire con la frase di apertura.
  «Hey Sel.» Justin indossava il vestito di Romeo, aveva il ciuffo abbassato e stringeva fra le mani uno strano cappello.
  Non riuscii a trattenere una risata.
 «Stai ridendo di me?» Chiese lui leggermente divertito.
  «No, non mi permetterei mai.» Scherzai, lui fece il finto broncio.
 «Comunque la prof mi ha mandato a dirti che Kristen..» fa una strana smorfia «Non c’è. Quindi devi sostituirla tu.»
Mi paralizzai, cosa? «Hai seguito le prove, sai le battute e cosa devi fare in scena quindi..»

Mancavano 10 secondi all’apertura del sipario. Avevo mandato un veloce messaggio a mio padre per informargli della mia improvvisa recita.
Avevo indossato un vestito antico, come lo portata Giulietta,
mi avevano legato i capelli in una treccia e mi avevano truccato un po’.
Ero in panico, fin dentro le ossa.
   La musica partì, il sipario si aprì. Era ora di andare in scena.


Ricordai fortunatamente tutte le battute, e ogni posizione. Justin era impeccabile mentre si muoveva in quel suo vestito e recitava la sua parte. Eravamo arrivati alla scena del bacio, quella fra i due innamorati prima di morire.
  Justin si avvicinò fingendosi addolorato: «..occhi prendete il vostro ultimo sguardo, braccia prendete il vostro ultimo abbraccio..» si fermò di fronte a me, i suoi occhi mi trapanarono il cuore, mi sfiorò il viso con una mano e per un momento pensai che non stia veramente recitando. Che l’amore di cui parlava veniva dal suo cuore e non da un copione. «..e voi labbra, voi che siete la porta del respiro. Suggellate un leale bacio, contratto con la morte che tutto rapisce.»
  Mi poggiò piano le labbra sull’angolo della bocca.
Un bacio finto, falso. Ma vero agli occhi del pubblico. Ci rimasi quasi male. Il pubblico scoppiò in un applauso e il sipario si chiuse.
  Le nostre labbra erano ancora incollate, il suo profumo era ancora nella mia bocca. Sentii sussurrare ‘scusami’ sulle mie labbra. E dopodiché la sua lingua entrò nella mia bocca, avvolgendosi alla mia, velocemente. Mi schizzò il sangue in testa.. “Oh. Justin.” Era capace di far andare in tilt il mio organismo.. le nostre labbra scocciarono, e lui mi guardò: «Non sono riuscito a resistere.»

  «Buon compleanno! Sei stata fantastica!» Ariana mi avvolse in un abbraccio stretto quando ritornai dietro le quinte.
 «Oh, grazie.» Sorrisi.
 «Che farai stasera? Dai una festa?» Domandò ansiosa e felice.
 «Mi dispiace deluderti..» sorrisi «Ma no. Non amo le feste.» mormorai, l’ultima volta che ero andata ad una festa scoprii di avere una sorella che odiavo e incontrai mia madre.. ah, e stavo per vedere l’amore della mia vita scopare una che non ero io.
  Lei fece il broncio. «Ma puoi venire da me e festeggiare guardandoci un bel film strappalacrime e mangiando pop-corn.» Proposi, le si illuminano gli occhi! «Ma certo!»
  Andai nel camerino per prepararmi e lei mi fermò:
  «Ah.. quel bacio era vero eh?» Mormorò.
Annuii. Sentendomi un po’ imbarazzata. Lei mi lanciò uno sguardo come per dire: io-e-te-dobbiamo-parlare.

Aspettavo Ariana mentre preparavo il film alla tv e i pop-corn. Avevamo casa tutta per noi, avevo chiesto a mio
padre di passare il mio compleanno come volevo io senza fare schiamazzo.
  Mi sedetti sul letto, presi un libro per ammazzare il tempo e aspettare Ariana.
  Il cellulare mi vibrò.

Da Justin l’enigma:
Possibile mai che ogni volta che vengo da te,
ti trovo sempre con un libro in mano?


Sorrisi chiudendo il libro e andai vicino alla finestra.
  «Hey.» Sorrise mozzafiato.
«Ciao.» Mormorai, lui entrò in camera. Indossava una t-shirt aderente e un jeans. «Buon compleanno.» Sorrise porgendomi una bustina. La afferrai contenta e l’aprii subito.
 Al suo interno c’era un bracciale color miele. Con tanti campanellini brillantinati. «Si chiama ‘il richiamo degli angeli’.» Mormorò, agitando uno dei campanellini con il dito. “Wow.” Era meraviglioso.
   «Tu sei un angelo.» Sussurrò quasi.
Il mio cuore perse un battito. «Nel senso che sei una brava persona.» Si affrettò a dire, come per scusarsi. Gli buttai istintivamente le braccia al collo e lo strinai forte.
  «Grazie.» Farfugliai con la faccia sotto il suo collo.
   Lui sorrise e contraccambiò l’abbraccio.
Mi sedetti sul letto, Justin mi aiutò a mettere il bracciale. Dovrei dirglielo che forse mi trasferirò lontano da qui? Qualcosa mi diceva di non farlo, come se non volessi deluderlo. Lui mi guardò e sbottò un sorriso. «Nessuna festa per il tuo compleanno?» Chiese, scostai la testa in segno di negazione. «Non amo festeggiare.» Risposi, e mi innervosii un po’ ricordando la festa a sorpresa.
  «Capisco. Stai aspettando qualcuno?» Domandò indicando il film premuto in pausa e i pop-corn. E per un attimo immaginai che nel suo tono c’era gelosia.
  «Sì.» Risposi, lui abbassò lo guardo e si alzò
   «Allora ti lascio alla tua serata.» Mormorò.
 Mi sentivo in colpa. Perché?
  «Grazie.» Farfugliai lui aprì la finestra e andò via.

Ariana piangeva disperata soffiandosi il naso, io trattenni le lacrime. Se avessi pianto non mi sarei più fermata. Strinsi fra le mani il bordo della maglia che mi aveva regalato lei, trattenendo ancora le lacrime.
  «Ma è morto!» Esclamò lei riferendosi al protagonista del film strappalacrime che stavamo vedendo. Avevo scelto ‘Remember me’.
Uno dei film più romantici e drammatici che avessi mai visto.
  Era la scena finale, quella dove lui muore.
  «...lo so benissimo...» il narratore leggeva l’ultima frase prima della fine del film: «...ti voglio bene, mi manchi tanto e ti perdono.»
  Non ci riuscii e scoppiai in lacrime, il film finì e iniziarono i titoli di coda. E improvvisamente mi resi conto che non stavo più piangendo per il film. E Ariana se ne accorse.
  «Sel stai bene?» Domandò gentile, accarezzandomi la testa. Alzai lo sguardo, aveva il naso rosso per le soffiate di naso e ancora gli occhi lucidi. «Ho la faccia di qualcuno che sta bene?» Mormorai con un po’ di sarcasmo. Lei abbozzò un sorriso.
  «Andiamo sfogati, ti puoi fidare di me.» Aveva ragione, di lei mi potevo fidare. E così lo feci, sputai il rospo che avevo dentro da troppo tempo. «Mi sono innamorata di Justin.» Enunciai e sentirlo ad alta voce mi fece sentire una fitta al cuore.
  Lei mi guardava dolce per farmi continuare e continuava ad accarezzarmi. «Ma non gli interesso.» Conclusi facendo il riassunto di tutta la merda che avevo dentro al cuore.
  COME HO FATTO A INNAMORARMI? Com’è successo?
La tristezza si trasformò in rabbia e incominciai a imprecare sottovoce, torturando il bracciare di Justin che avevo al polso, facendolo tintinnare in continuazione. Come se quel tintinnio potesse chiamarlo, attirarlo e lui potesse sbucare da un momento all’altro nella mia camera. Afferrare il mio volto e baciarmi fino a farmi sanguinare le labbra e farmi morire senz’aria.
  «Stupido bracciale!» Sussurrai. Agitandolo ancora.
 «Te l’ha regalato lui?» Chiese lei, annuii.
   «Non so cosa dire.. non conosco tanto Justin. Quindi.. però quello che posso consigliarti è: non arrenderti.»
  «Non pensavo di farlo.» Mentii. Io mi ero già arresa, dal momento in cui avevo capito che stavo combattendo con qualcosa più grande di me. «Bene, se una cosa ti fa stare così bene non può essere sbagliata.» Sorrise lei. Abbracciandomi.

Mi asciugai il naso e gli occhi. “Wow.” Mi sentivo più libera. Mi ero sfogata con la mia migliore amica e sentivo di potermi fidare.
Le avevo pregato di non dirlo e lei aveva promesso.
  «Comunque.. fra 13 giorni.. dovrei trasferirmi.» Confessai.
Lei sbiancò. «No!» Esclamò «Non andare via!» e per poco non mi rimisi di nuovo a piangere.
  «Nemmeno io lo voglio, mio padre e la compagna hanno acquistato casa la. Vuole portarmi con lui ma io non voglio.» Dissi, lei aveva lo sguardo triste.
  «..fai la scelta giusta.» Mormorò, con la voce rotta.
  «Oh, non piangere Ari!» Esclamai, facendo un sorriso per sdrammatizzare, lei mi abbracciò forte.
  «Solo che.. sono qui da poco tempo e non ho mai avuto un’amica vera come te. Eh.. adesso tu vai via.. eh..» Si fermò e mi strinse forte.
  «Ma io non me ne sto andando, almeno non se prima non trovo un compromesso con io padre.» Dissi. Lei sembrò pensarci.
  «Hai 18 anni. Potresti vivere qui da sola.. con me!» Esclamò felice. Anche se a me sembrava un idea assurda.
  «Andiamo Sel! Siamo maggiorenne entrambe, il liceo è quasi finito fra un po’ inizieremo a lavorare potremmo dividere il prezzo delle spese. Ed io potrei darti la metà del fitto ogni mese!» Sorrise.
  «Devo parlarne con mio padre..» Mormorai. Pensandoci bene l’idea non era male. Lei mi abbracciò di nuovo.
  «Speriamo bene!» Incrociò le dita. E batté le mani, felice. 


Ciaoo, come va? Che ne pensate? 
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Capitolo 14
*** 14 ***


 
Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 14.

 
  «Andrai al college dopo il liceo?» Chiese lei, mentre mi aiutava a preparare l’impasto per fare le creeps.
Erano le 22 ci venne a entrambe un improvvisa voglia di creepes. Mio padre ancora non era rientrato.
  «Beh penso che proverò a fare domanda al college qui in città.» Mormorai, lei lanciò un fischio.
  «E’ difficile entrarci, sai?» Chiese, annuii.
  «Certo che lo so, ma si trova vicino casa quindi..è comoda.»
  «Hai già preparato la domanda?» Chiese, annuii nuovamente.
 «Anche tu andrai lì?» Domandai, preparando la prima creeps mettendoci la nutella sopra. Lei annuì.
  «Tieni. A te il primo assaggio.» Sorrisi e lei addentò la creeps e in segno di approvazione alzò il pollice sorridendo.

  «Buona notte!» Salutò lei di nuovo, entrando nella sua macchina. Era un maggiolino rosso, che carina.
Entrai in casa. Mio padre era ritornato da poco era sul divano che si toglieva le scarpe.
  «Passato un buon compleanno?» Chiese. Annuii, girandomi i pollici. Volevo parlargli di quello che avevamo discusso io e Ariana prima, riguardo al trasloco. «C’è qualcosa che vuoi dirmi, Selena?» lui se ne accorse. Annuii di nuovo.
  «Riguardo al trasloco.. beh pensavo che..» lui mi ammonii subito, alzando una mano. «E’ tardi, vai a dormire, ne riparleremo poi.»
Leggermente offesa salii le scale andai in camera mia e sprofondai nel letto addormentandomi quasi subito.

  «Selena devo parlarti.» Justin era sulla soglia della porta.
Il ciuffo ben fonato. Indossava una camicia di lino e un pantalone della tuta grigio.
Le converse a piede e stringeva fra le mani una piccola margherita. Mi alzai dal letto, fissandolo incredula.
Era bello, bellissimo. Era visibilmente nervoso.
  «Dimmi Justin.» Enunciai, e la mia voce risultò meravigliata, ipnotizzata.
Lui si mise di fronte a me, esitando. Mi scrutava con quei due occhi profondi. Aveva il respiro irregolare,
come se mi stesse svelando uno dei suoi più grandi segreti.
  «Mi sono innamorato di te.» Pronunciò quelle parole con gli occhi chiusi, come se avesse paura della mia reazione.
Un sorriso ebete mi schiaffeggiò la faccia, sentendomi improvvisamente felice dentro.
  «Selena ti prego dimmi che mi ami.» Disse. La sua voce era una preghiera, un sussurro.
Quei due occhi ritornarono dentro i miei paralizzandomi al suolo.  Feci per gettarmi fra le sue braccia,
che tendevano verso di me, ma caddi a terra alzai lo sguardo ma Justin non c’era più, io ero sola.

Mi svegliai sul pavimento, accanto al mio letto. Mi faceva male la testa a causa della caduta. “Cazzo, stavo sognando.”
Erano le 7. Ed io avevo sognato Justin.. e le parole che avrei tanto voluto sentirmi dire nella realtà. Mi alzai e andai in bagno odiando ogni secondo della mia esistenza, di nuovo.

Justin non c’era a scuola. Ed ovviamente la parte insicura e negativa di me pensò subito che gli fosse successo qualcosa, o che stesse di nuovo male. Ariana ed io dopo scuola andammo in palestra, io e Robert non ci scambiammo nemmeno una parola, solo un piccolo saluto. «Penso che questo sia il mio ultimo incontro non voglio venire più in palestra.» Dissi, fermandomi. «Ovviamente senza offesa.» Aggiunsi subito dopo. E senza chiedere spiegazioni Ariana annuì gentile: «Come vuoi.» Sorrise.

Dopo l’allenamento andai in portineria e pagai tutte le lezioni che avevo frequentato e andai in macchina dopo aver salutato Ariana.
Nel guidare incominciai a ripensare a Justin. “Chissà come sta..” e nel pensarlo andai a casa sua. Fermandomi con l’auto, vicino al suo viale. Scesi e mi avvicinai alla porta.
   Bussai e lui aprì subito.
 «Selena! Cosa ci fai qui?» sembrava un po’ a disagio. Era a petto nudo e aveva la porta socchiusa come se non volesse farmi vedere dentro.
  «Ti ho disturbato?» Chiesi e subito dopo, Miley venne verso di lui, stringendolo in un abbraccio. Sbiancai. Lei era in mutande con solamente la maglia di Justin addosso.
  «Oh.. scusa. Ci vediamo.» Mormorai subito, andando via. Lui provò a fermarmi ma lo ignorai. La gola mi pizzicava e gli occhi si fecero subito imperlati di lacrime salate che scesero appena mi chiusi in camera mia. “CAZZO!” Urlai dentro di me.
Appena stava andando tutto per il verso giusto, qualcosa sbucava da dietro l’angolo e rovinava tutto. Lui era ritornato nelle grinfie di Miley. “Ma non stava con Ryan?!” Bah..
Mi addormentai fra i miei singhiozzi, stringendo al petto il suo bracciale e la piccola rosa ormai secca che mi regalò.

Mancavano 3 giorni all’esame finale.
Queste settimane erano passate subito, come una fumata di sigaretta. Io e Justin non avevamo avuto più contatti dall’ultima volta a casa sua con Miley. Mi aveva inviato solo quella sera un messaggio per scusarsi, ma lo avevo ignorato. Ci salutavamo solamente a scuola.. ma niente. Miley invece aveva iniziato di nuovo a importunarmi ma ovviamente ‘stavolta sarei stata capace di rispondere a tono.
  Uscii di scuola e andai alla mia auto.
Stavo spargendo voce in giro che mi serviva un lavoro, un tizio di un risto-pub mi aveva devo che avrebbe chiamato. Ero felice per questo, finalmente non avrei dovuto chiedere più un soldo a mio padre. Riguardo all’appartamento e il trasferimento aveva accettato la mia condizione a patto che ogni due mesi andassi a trovarlo. Ariana stava incominciando già a portare alcune delle sue cose da me. Io avevo già in mente di cambiare stile della casa. Infatti stavo mettendo qualche solo da parte e anche lei.
  Entrai in macchina e prima che potessi chiudere la porta qualcuno mi chiamò.
  «Selena.» La voce di Justin attirò la mia attenzione. Mi girai e lo guardai. «Sì?» Il mio tono era gentile. Non ce l’avevo con lui, i miei sentimenti non erano ancora cambiati, per quanto potessi scappare via da lui e stargli lontano, loro erano sempre lì. Nel mio cuore.
  Uscii dall’auto.
  «E’ da un po’ che non mi parli.» Mormorò poggiando le mani sul vetro. «Non abbiamo niente da dirci Justin.» Dissi, ed era vero. Di cosa dovevamo parlare? Di Miley!? Di noi? Ah no, noi non eravamo un noi. «Ma.. da quella volta che sei venuta da me.. io..»
  «Justin perché vuoi darmi spiegazioni?» Chiesi, «Noi non siamo fidanzati.» Dissi, nello stesso tono in cui lo ripeteva sempre lui quando all’inizio fingevamo alla madre. Lui sembrò offendersi.
  «Lo so ma..»
 «Ma cosa Justin.» Lo incitai, leggermente irritata da questa conversazione fastidiosa.
   «Mi manchi.» Disse piano. Ed io dovetti resistere all’impulso di urlargli in faccia che mancava tanto anche a me, tanto da far schifo.
  Ma gli sorrisi gentile.
 «Ti va di uscire qualche volta? Prima degli esami.» Propose lui.
Mi si congelò il sangue. «E’ un appuntamento o cosa?» Scherzai.
  «Un appuntamento.» Mormorò lui. Per un momento pensai di accettare ma mi ricordai di Miley. Lui barcollava tra me e lei. Come l’ultima volta che venne da me perché Miley non era a casa. Ribollii di rabbia al ricordo. «Cosa c’è hai litigato con Miley?» Domandai. Lui mi guardò confuso ma poi disse: «Ma io e lei non stiamo insieme.» Sbottò. E a me sfuggì una risata squallida. Lui si fece cupo. «Lo sai.. ti ho detto mille volte che tra me e lei c’è solo sesso.»
  «Non riesco a capire perché torni da me, se poi ogni volta vai via.» Farfugliai e feci uno strano gesto con la mano. E questo fece tintinnare i campanellini del bracciale. Lui sorrise ed io nascondo subito il polso nella tasca della felpa.
  «L’hai tenuto.» Sussurrò.
 «Non vedo il motivo per vuoi debba buttarlo.» Rispondo guardando dappertutto ma non i suoi occhi.
  «Oh Selena.. ci sono tantissime che dovrei dirti..» Sussurrò, portando la sua mano sulla mia guancia, sfiorandola appena. «.. ma non ho il coraggio di dirle.» Aggiunse dopo un po’.
  Lo guardai negli occhi. In quelle due chiazze color miele. Che mi guardava a sua volta. “Oh Justin..” anche io avevo dentro tantissime cose da dirgli, ma che non avevo il coraggio.
  «Okay.» Farfugliai. «Accetto il tuo invito, passa a prendermi questa sera alle 20 non fare tardi sennò cambio idea. Ciao Justin.» Mormorai entrando in macchina. Lui sorrise e andrò via.
«Piccola che vuoi mangiare a cena?» Chiese mio padre, mentre frugava nel frigo. «Oh, papà io esco stasera.» Mormorai, prendendo un bicchiere dalla credenza e lo riempii d’acqua. Ero già pronta erano le 19:50. Avevo indossato un jeans e le mie adorate converse nere, sopra una felpa semplice grigia. Sorseggiai l’acqua.
  «Con chi?» Chiese diventando serio.
 «Justin.» Risposi, finendo di bere mettendo il bicchiere nel lavandino. Lui mi guardò leggermente irritato.
  «Ancora lui!» Esclamò.
 «Oh, andiamo papà! Stavolta è tutto vero. E poi andiamo semplicemente a mangiare una pizza tutto qui, non aspettarmi alzato ho le chiavi..» Mormorai.
Lui si rassegnò e annuì. «Non fare tardi.» Si limitò a dire.

Scoppiai in una risata fragorosa quando Justin finì di raccontare una barzelletta, lui rise a sua volta. Avevamo appena finito di mangiare le nostre pizze. Ed io ero sazia fino sotto le unghia. Improvvisamente fra di noi calò un silenzio. Justin mi guardò da sotto le ciglia, mentre si torturava le mani dal nervosismo? Imbarazzo?
  «Andiamo a fare una passeggiata?» Proposi per rompere il silenzio ormai insopportabile fra di noi. Lui annuì, chiamò il cameriere e pagò il conto. Adoravo il modo in cui si era vestito. Aveva un jeans scuro e sopra una camicia a quadri blu e nera. Il profumo che emanava era nuovo. Più intenso e più fresco allo stesso tempo.
  Mi prese la mano e andammo al parco. Era ormai calata la sera. Nel parco c’erano solamente alcune coppiette un po’ ovunque che si baciavano dolcemente. Un po’ li invidiavo. Loro avevano un amore corrisposto, felice. E probabilmente dopo sarebbero andati a casa e avrebbero fatto l’amore. Tutti, nessuno escluso.
  «Sei uscita più con quel tizio?» Chiese.
 «Chi, Robert?» Lui annuì.
 «No. Non eravamo.. adatti.» Mormorai.
 «Come va il fianco?» Chiesi io.
 «Bene grazie. Sono andato a fare vari controlli perché temevo che la ferita si stesse infettando. Infatti lo era. Ma l’hanno disinfettata appena in tempo. Adesso è ok. Non mi fa male nemmeno più.» Sorrise compiaciuto. «Sono contenta per questo.» Sorrisi anch’io.
Ci sedemmo su una panchina sotto un lampione che emanava una luce fioca. Nel parco c’erano alcune lucciole che svolazzavano nel buio. «Ti volevo chiedere grazie e scusa.» Sussurrò lui, guardandomi.
 «Per cosa?» Lo guardai confusa.
 «Per tutto. Ti ho fatto del male di nuovo con la storia di Miley.» Farfugliò. Come faceva a saperlo? Oh beh forse l’evidente crollo morale che avevo avuto in macchina quando ero praticamente scappata via da loro. «Tranquillo è passato.» Sbottai gentile.
  «E ti volevo chiedere grazie per essere ancora qui, accanto a me dopo tutto questo.» Mormorò.
  Sorrisi. Lui mi prese velocemente il volto fra le mani e mi baciò. Dolcemente, lentamente, le sue labbra si muovevano sulle mie e le mie automaticamente ricambiavano quel bacio. Mi scoppiò tutto dentro. Una serie di emozioni senza nome mi circolavano nelle vene, la sua lingua era attorno alla mia, così dolce e esperta. Eravamo come le altre coppie, sulle altre panchine, unite in questa danza con la bocca che speravo non finisse mai.
  «Fai l’amore con me.» Sussurrò lui sulle mie labbra. Io mi irrigidii. “Oddio.” Improvvisamente mi sentii divisa a metà. Una parte di me lo voleva, mentre l’altra pensava che era questo il suo scopo. “Fai l’amore con me”. Quella proposta echeggiava nella mia mente. Voleva fare l’amore con me, non sesso. Questo dava un punto alla parte positiva di me. Ma la paura e l’ansia diedero cinque punti alla parte negativa, antipatica e insicura di me.
  “Voglio realmente fare l’amore con lui?
Posso farlo? Devo farlo?”


*colpo di tosse* 
Signore, rieccomi qua.
Cosa ve ne pare? SU, RECENSITE.


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Capitolo 15
*** 15 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 15

 
Camminavamo a passi lenti lungo il corridoio per arrivare alla sua camera. Passammo per una camera dove c’era un pianoforte.
  “Oh, lui suona il piano?” Improvvisamente nella mia mente immaginavo una scena di me e lui, magari dopo aver fatto l’amore, io appoggiata con la testa sulla sua spalla e lui che suonava qualche dolce melodia. Arrivammo alla sua camera. Lui aprì piano la porta, con la mano libera mentre con quell’altra teneva stretta la mia. Accese la bajour e la luce arancia illuminava gran parte della stanza. Il copri letto era dello stesso colore del mare, le pareti erano color panna. Rimanemmo per un po’ a fissarlo.. sentivo l’imbarazzo dipingermi il viso. Fra di noi c’era un silenzio che faceva rumore. Potevo sentire il mio stesso battito, pulsarmi nelle orecchie.
  Io non l’avevo mai fatto, Justin non lo sapeva.
Lui piano mi riprese a baciarmi, mentre con le mani mi accarezzò il viso. Sotto il suo tocco la mia pelle prese fuoco. “Oddio.” Cosa stava succedendo al mio corpo? Improvvisamente non lo sentivo più mio. Sembrava posseduto da queste nuove emozioni, sensazioni. La pelle delicata di Justin toccava la mia, e più lo faceva più dentro di me cresceva il desiderio di qualcosa. Qualcosa che avevo censurato. Nella mia mente si accese un vortice di domande. “Sono pronta davvero? Mi farà male? Dopo averlo fatto mi lascerà andare via?” Ero nel panico interione. Le sue mani mi tolsero lentamente la felpa, ed io gli sbottonai alcuni bottoni della camicia. Era come se fosse tutto al rallentatore, lui mi fece stendere piano sul letto. Non riuscivo ad aprire bocca, sembrava così dolce, così esperto. Mi tolse piano le scarpe e le calze. Poi ritornò a baciarmi. Le nostre labbra scocciavano ad ogni bacio leggero, sentivo il calore del suo corpo sopra al mio.
  “Non fare l’imbambolata!” Mi rimproverai mentalmente, quindi allungai le braccia verso di lui, finendo di sbottonare la camicia, facendola cadere lungo le braccia. Oddio, era meraviglioso, divino.
Di una bellezza unica. Sembrava un dio greco, qualcosa di perfetto, era bello come una vista mozzafiato sul mare, come una stella cadente, come un fiore appena sbocciato. Era bello. E in quel momento era mio. Le sue forti braccia, ricoperte di tatuaggi mi tenevano stretta a lui. Justin si tolse velocemente le scarpe e i calzini poi le sue mani arrivarono sul bordo della mia maglia sfilandomela dolcemente. Mi guardò il seno e sentii l’imbarazzo scoppiarmi dentro, lui sorrise. Se ne accorse.
  «Sei bellissima..» Sussurrò. La sua voce risuonò come una dolce melodia erotica che rivelata tutte le sfumature della lussuria. Mi sentivo desiderata e per la prima volta in vita mia, mi sentivo bene con me stessa. Era tutta una cosa nuova per me. Tutto. Mi sentivo così strana, in senso positivo, provavo una sensazione piacevole nel basso ventre. Nella parte più oscura di me, che nemmeno io conoscevo. Justin afferrò l’orlo della coperta e la tirò, infilò una mano sotto la mia schiena e mi alzò con un rapido gesto, adesso eravamo sotto le coperte. La schiena nuda al contatto con le lenzuola fresche mi fece rabbrividire. Lui sorrise ancora sulle mie labbra. Mi spogliò tutta, facendomi scivolare lentamente gli slip, lungo le cosce.
  Premette il suo ventre contro il mio, per farmi sentire quanto fosse già eccitato. I suoi occhi erano due pozze di caramello fuso, lucidi e pieni di carnalità. Con le mani gli toccai i fianchi, mentre lui avvolse le mani su entrambi i seni. Gemetti.
  Gli tolsi i boxer e dalla sua gola fuori uscì un gemito quando lo sfiorai con la mano. Oddio, sembrava metallo avvolto nella seta. Era duro ma contemporaneamente morbido. Ed era caldo. 
Mi morsi il labbro. “Perché improvvisamente desideravo tanto baciare tutto il suo copro?” Ogni centimetro, ogni angolo di pelle. Bello come il paradiso. La bocca di Justin passò dalle mie labbra a sotto il collo, fino ad arrivare fra i miei seni. Inalò forte.
  «Hai un profumo incredibile, Selena.» Mormorò e con le labbra mi fece il solletico. «Mi manda in estasi.»
  “Oh.” Era una cosa bella quella che aveva detto.
Mi sentivo amata, cazzo. Mi sentivo desiderata, come non mai.
Justin alzò il braccio e dal cassetto, vicino al letto, estrasse un preservativo. Sentivo l’ansia crescere dentro, man mano che le intenzioni erano più chiare. Guardai di nuovo fra le gambe di Justin.. era.. enorme.. come poteva .. “Calmati.” Mi urlai mentalmente, e riportai il mio guardo sul suo. Aveva le pupille dilatate, ed era estremamente attraente. I suoi occhi si mischiarono ai miei come se anche loro stessero facendo l’amore.
  «Sei. Così. Bella.» Enfatizzò ad ogni bacio sul mio collo. La sua bocca arrivò di nuovo fra i miei seni. Con una mano me lo stuzzicò e con la bocca lo lambiva e intanto una scossa di piacere impossessava del mio corpo, partendo dal seno e arrivando sotto l’ombelico, proprio . Le mie mani erano nei suoi capelli, li tirai appena un gemito non controllato fuoriuscì dalla mia gola. “Oddio.” Era divino. Lui ansimò quando gli tirai di nuovo leggermente i capelli, le sue mani scivolarono lungo i miei fianchi, con le dita fece cerchi attorno all’ombelico fino ad arrivare al pube. Mi paralizzai e lui sembrò notarlo. «Non avere vergogna..» Sussurrò, con la voce dolce come il miele. «Non avere vergogna.» Ripeté, avvolgendomi in un bacio lussurioso. Le sue dita arrivarono.. lì. Sul mio sesso.
  E piano scivolarono dentro. “Oh. Mio. Dio.”
Non trattenni un urlo e lui sorrise, mi faceva male un po’. Sentivo me.. pulsare attorno le sue dita.
 «Wow.» Mormorò lui con una strana espressione, muovendo le dita dentro e fuori. Le sensazioni erano troppo. Mi stavano assalendo, sentivo tutta la concentrazione del mio corpo proprio lì. Attorno alle sue dita, che si muovevano lente, impercettibilmente avanti e dietro.
  «Sei pronta..» Sussurrò, più a lui che a me.
 “E’ ora.” Pensai. Cazzo, lui era perfetto allo stato puro.
Soprattutto nudo, Justin era una visione angelica. Si posizionò dolcemente fra le mie gambe, dopo aver messo la protezione.
  «Alza le ginocchia.» Ordinò dolcemente.
  «Presto sarai mia.» Pronunciò quelle parole con così tanto desiderio nella voce e molto lentamente e dolcemente mi possedé. “Oddio!” Lanciai un gemito rumoroso, e chiusi di occhi godendomi quella sensazione di pienezza. Era come un invasore nel mio corpo. Era come una lama di lava che mi tagliava in due. Lui si spinse in profondità, dalla sua gola fuoriuscì un gemito rumoroso e violento, e questo fece aumentare l’eccitazione che era in me.
  «Sei strettissima..» Sussurrò, corrucciando la fronte. Lui indietreggiò ed io in quell’istante sentii una fitta fra le gambe, in quella parte profonda, lui spalancò gli occhi e si fermò all’istante.
Justin, con gli occhi ardenti e spalancati, guardò verso il basso e poi verso di me. Mi prese velocemente il visto fra le mani e mi costrinse a guardarlo negli occhi. «Perché non me l’hai detto!?» Chiese alzando leggermente la voce, e intanto non si azzardava a muoversi da dentro di me.  «Non.. non volevo che ti fermassi.» Farfugliai, cercando di non piangere per le troppe emozioni. La sua espressione passò dall’essere preoccupato a rilassato e dolce. Rimase in silenzio per un po’. La sua mano addolcì la presa e mi accarezzò dolcemente la guancia. «Avrei fatto tutto diversamente..» Mormorò, la sua mano scese in basso, sfiorando con un dito l’interno della mia gamba. C’era del sangue.
   «Sarei stato più dolce.» Mormorò fra se e se.
Guardando le dita sporche.
 “Di più di così!?” Pensai. Era dolce allo stato estremo. Io non riuscivo a dire niente. Era come se avessi perso il contatto cervello-bocca. Lui si addolcì, baciandomi la fronte. Ed io sorrisi.
  «Vuoi continuare?» Chiese dopo un po’, annuii convinta.
 «Dimmelo se ti faccio male.» Disse e incominciò a muoversi molto lentamente, quasi impercettibile. Si poggiò con i gomiti a entrambi i lati della mia testa, come per fare possessivo. «Oh. Selena..»
Incominciai ad abituarmi a quelle spinte, lente e strazianti. Gli avvolsi, con una gamba, la vita, per farlo aumentare di velocità. Lui sorrise e incominciò a muoversi più veloce, fino a far diventare la cosa frenetica ed eccitante allo stato puro. I miei fianchi andarono in contro a quelle spinte in automatico e intanto, come una bolla dentro di me, sentivo gonfiare il piacere.
  Le spinte diventavano sempre più veloci e intense, Justin si spingeva sempre più in profondità, per poi riuscire e rientrare di nuovo, ancora. Non potevo non gemere, forte.
  Le labbra di Justin morsero le mie. Forte, quasi facendomi male.
I muscoli delle gambe fremettero, si irrigidirono e un esplosione di piacere arrivò ad ondate per tutto il mio copro. Arrivai.
E non potei non urlare. Così come Justin, che si bloccò dentro di me, urlando il mio nome e sprofondato sopra di me sfinito.
Mi sentii appagata e svuotata, rilassata e soddisfatta. Capii finalmente di cosa tutti parlavano. Di quale esperienza fantastica era sulla bocca di tutti.
  «Resta stasera.» Mormorò con il fiato corto, cullandomi per un po’ fra le sue braccia, con ancora l’affanno e la fronte imperlata di sudore. Scivolò lentamente fuori da me ed io trasalii a quel gesto. Lui si stese al mio fianco. Rimanemmo così, in silenzio, per un tempo indefinito, senza dire niente. La sua mano mi accarezzava il ventre, tracciando cerchi lenti. “Ti amo di più.” Pensai mentalmente, abbassando lo sguardo verso Justin. Aveva gli occhi chiusi, con un dolce sorriso sulle labbra, il viso rilassato, gli sfiorai dietro la nuca con la mano i morbidi capelli, lui alzò la testa e la poggiò sul mio petto. «Sento il tuo cuore..» sussurrò a voce bassa e quasi non udibile. Sorrisi fra me e me. “Che batte per te.” Avrei voluto dirgli. Ma mi trattenni, non avrei mai voluto rovinare quel momento.. con parole non adatte.
  «Era un sacco di tempo che non facevo l’amore..» Sussurrò, “Oh.” Justin aveva fatto l’amore con me.. forse mi amava? Per un momento pensai che stesse già dormendo e quindi quella frase l’aveva detto così.. in quella fase dormiveglia. Non risposi, mi rilassai con ancora il suo tocco dolce sulla mia pelle e ci addormentammo così, con i nostri corpi uno contro l’altro. Con ancora l’odore dell’amore appena fatto, i nostri respiri e le parole non pronunciate nell’aria.

Quando mi svegliai il sole non era ancora nel cielo. E Justin non era al mio fianco. Nel spostarmi sentii una leggera fitta nel basso ventre. Mi bloccai. E automaticamente la mia mente tornò a prima. Al modo in cui i nostri corpi si erano così deliziosamente uniti, in un modo così naturale ma a me sconosciuto. E poi.. dio, non avrei mai pensato che dopo questo mi sarei sentita così bene. Appagata, rilassata.. non l’avrei mai immaginato. MAI. E sinceramente non avevo mai pensato Justin in quel senso. Certo sentivo che lo volevo, ma non riuscivo a capire in che modo. Finché le sue parole al parco non uscirono dalla sua bocca in un modo così dolce e naturale.
  “Fai l’amore con me.” Inizialmente avevo pensato che fosse solamente un pazzo, un maniaco. Ma pian piano quella proposta si fece strada nella mia mente e analizzandola capii che forse non era una cosa brutta.
   Scesi piano dal letto, intenzionata a trovare Justin, e non fu difficile farlo. Dolci note provenivano dalla stanza del pianoforte. La porta era socchiusa e da quella piccola fessura fuori usciva una luce fioca. Presi la camicia di Justin a terra e la indossai, così come i miei slip. Da dietro il muro sbirciai un po’. E intanto quelle note stavolta diventarono un po’ più svelte. Vidi il profilo perfetto di Justin. Aveva gli occhi chiusi, e la testa rivolta verso i tasti. Con la fronte corrucciata e il ciuffo che gli ricadeva sugli occhi. Indossava solamente i boxer. Mi porsi più avanti, e nel farlo feci rumore vicino alla porta. Justin si bloccò subito, aprì gli occhi e mi guardò.
Mi sentii come una bambina scoperta a rubare caramelle. Mi sorrise dolcemente ed io piano entrai in stanza. «Non volevo svegliarti.» Sussurrò quasi, come per non distruggere il silenzio.
  «Non l’hai fatto..» Mormorai, arrivando accanto a lui, che mi fece cenno di sedermi al suo fianco. «Che stavi suonando?» Chiesi.
  «Comptine D' un Autre Ete  di Amelie.» Rispose lui dolce. Portandosi le mani in grembo.
  «Me la risuoni?»
Lui sorrise e annuì. Le sue dita ritornarono sui tasti. Wow. Che dolce sinfonia. Appoggiai la testa sulla sua spalla. Proprio come l’avevo immaginato prima. Chiusi gli occhi. Abbandonandomi a quelle dolci note che danzavano nel silenzio. Spostai un po’ la testa, con il naso sfiorai la pelle di Justin. Aspirai forte. Il suo profumo era inebriante.
La melodia finì e Justin si voltò verso di me con un leggero sorriso sulle labbra. «Prima.. è stato..» Farfugliò lui un po’ imbarazzato
 «Perfetto.» Conclusi io, sorridendo. Con le dita mi tracciò il labbro inferiore, poi abbassò la testa e mi baciò. La sua lingua cercò la mia, mentre le mani arrivarono sui miei fianchi, mi prese in braccio e mi fece sedere su di lui. Nel farlo la camicia si aprì rivelando il mio seno nudo. Mi coprii all’istante. Lui sorrise, ancora sulle mie labbra.
  «Non dei essere imbarazzata.. hai un corpo fantastico.» Mormorò sorridendo. Io risi. Era buffo come prima mi considerava un sacco della spazzatura, mentre adesso beh.. aveva fatto l’amore con me.
  «Ricordi cosa mi dicesti quando eravamo nella tua auto e mi hai chiesto di far finta di essere la tua ragazza?» Chiesi, ricordando la sua frase: “Non ti scoperei mai, al costo di farmi amputare il pisello.” Lui mi guardò per un istante e poi capì. 
  «Non lo pensavo davvero.» Mormorò in sua difesa.
 “Sì certo.. come no..” «Davvero.» Aggiunse.
  «Non devi scusarti per quello. È acqua passata.» Dissi, non rimuginandoci troppo. Lui annuì.
  «Selena.. promettimi una cosa.» Sospirò guardandomi, annuii sorridendo. «Quando usciremo da qui. Quando domani ti riaccompagnerò a casa, non far finta che non sia successo niente. Io ti voglio nella mia vita.»
Per poco non mi si fermò il cuore nel petto.
“Io ti voglio nella mia vita.” Quella frase mi era arrivata come una dolce carezza al cuore. “Oh, sì. Justin. Anch’io.” Avrei voluto dire. Ma ancora una volta non riuscivo a dire niente. Lo sorrisi, stringendolo in un dolce abbraccio e poi baciandolo dolcemente.
  “Sì. Justin. Anch’io.” Ripetei in mente.
  «Ritorniamo a letto?» Propose dopo un po’. Con un malizioso sorriso sulle labbra. “Oddio.” Quella proposta mi sapeva di un secondo round. Annuii mordendomi il labbro, già eccitata all’idea di lui, di nuovo, con me. Uniti. Nel vero senso della parola. Lui mi prese deliziosamente in braccio ed io ridacchiai come una bambina.
 E pochi minuti dopo lui era perso in me, di nuovo. 


Rieccomi qua. Che ne pensate? 
ACCETTO TUTTE LE CRITICHE. 

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Capitolo 16
*** 16 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 16

 
Mi svegliai con il sole che illuminava tutta la stanza. Per un momento immaginai che avevo sognato tutto.
Me, Justin, l’aver fatto l’amore, la sua frase “ti voglio nella mia vita.”. Ma poi mi accorsi che Justin era avvinghiato a me.
Le sue braccia mi tenevano strette mentre aveva la testa appoggiata sul mio petto. Mi mossi a malapena per non svegliarlo, e guardarlo dormire. Aveva il volto rilassato, sembrava un bambino, con quel suo naso perfetto e quelle labbra estremamente morbide e carnose.
Alzai una mano per sfiorargli i capelli dietro la nuca. Erano morbidi. Lui, però, si svegliò.
  «Ciao.» Mormorò guardandomi da sotto le ciglia.
 «’giorno.» Sorrisi, lui si staccò da me, e mi avvolse in un abbraccio. Pelle e pelle. Eravamo ancora nudi.
Ed ovviamente mi sentivo ancora imbarazzata. «Ti vado a preparare la colazione, fai pure una doccia se vuoi.»
Mormorò con le labbra sulle mie. Mi misi in braccio a lui, infilando le mani nei suoi capelli. «Oppure dopo..» mormorò ancora.

Non avevo mai fatto sesso al mattino.. o meglio, non avevo mai fatto sesso nemmeno la sera, prima di ieri. O meglio ancora, non avevo mai fatto sesso. E penso che il sesso in generale sia fantastico. Soprattutto se fatto con la persona che ami.. Justin era amabile. Oddio, quanto lo amavo. Ero innamorata fin dentro le ossa.
  “Io amo Justin Bieber.” E adesso che gli avevo donato la mia verginità lo amavo ancora di più. Ed io mi sentivo più speciale.
Mi feci una doccia veloce, indossai il reggiseno e presi un baio di boxer dal cassetto di Justin. Non volevo usare di nuovo i boxer di ieri, mi vestii e scesi al piano di sotto.
  Era deliziosamente a petto nudo, con un pantaloncino della tuta.
 «Spero ti piacciono bacon e uova.» Disse lui porgendomi il piatto. Annuii, mi sedetti sullo sgabello e
incominciai a mangiare e ammirare Justin muoversi per la cucina e mettere a posto.
  Poi si sedette di fronte a me e bevve il suo caffélatte.
  La porta bussò.
 «E’ mia madre.» Disse lui alzandosi e andando ad aprire.
  «Buongiorno tesoro.» Pattie era fantastica nei suoi jeans e la maglia rosa pallido. Aveva i capelli legati in una coda e fra le mani aveva una busta della spesa.
Justin rimase in silenzio analizzando la reazione della madre appena mi vide. «Mi sono persa qualcosa?»
Chiese poggiando sul bancone della cucina la busta della spesa.
   «Buongiorno Pattie.» Sorrisi io, lei dolcemente si tolse la felpa e la poggiò sul bancone. «Hai dormito qui?» Chiese.
Annuii. “Okay.” Mimò con le labbra. Mettendo a posto la spesa.
  «Io vado a mettere le scarpe e ritorno a casa.» Dissi, salendo le scale Justin mi seguì.
  «Hey.. ci rivedremo vero?» Chiese quasi ansioso.
 «Ma certo.. anche se vedo che tua mamma non è tanto entusiasta di noi due. So che non stiamo insieme ma..»
  «Le parlerò. Tranquilla.» Disse bloccandomi con un abbraccio.
Sorrisi, e misi le scarpe. «Justin cambia le lenzuola prima che tua madre le veda.» Le indicai e Justin trattene un sorriso.
C’era una macchia di sangue sopra. Lui si avvicinò a letto e tolse le lenzuola portandole in bagno e infilandole nella lavatrice.
  «Fatto.» Sorrise.
  «Svuota il cestino.» Mormorai notando che aveva gettato lì la protezione dopo averla usata. Lui sorrise e annuì.
  «Lo farò dopo, adesso ti accompagno a casa.» Mormorò dandomi un veloce bacio sulla tempia.

Cosa succederà adesso? Perché mi sento così dannatamente bene?
Per la prima volta ero felice di essere me. Ero felice di essere Selena Gomez. Ero improvvisamente passata dall’essere triste e insicura a felice e normale. Cosa succederà con Justin? Dentro di me speravo che anche lui prima o poi potesse provare qualcosa. Qualcosa di forte, come il mio.
  «Ma cosa ti è passato per la testa?» Mio padre fermò il mio viaggio mentale entrando nella mia stanza con la faccia ricoperta di schiuma da barba.
  «Buongiorno papà.» Sorrisi.
Lui inarcò un sopracciglio. «Cos’è successo?» Chiese. Io sorrisi, diamine perché avevo un sorriso ebete?
 «Niente, sto bene. Sono viva. Ora continua a farti la barba.» Mormorai. Lui rimase per un momento in silenzio ma poi andrò via.

Niente dura per sempre.
Ero di nuovo con la testa fra le mani. Chiedendomi se andare a letto con Justin fosse stata la scelta giusta. Io conosco così poco di lui.
Siamo stati settimane senza parlarci, senza avere un contatto fisso.. e poi puff  ritorna e mi chiede di uscire.. ed io ci vado a letto.
Ho sbagliato? Questa domanda mi tormenterà a vita.
  Mi ritrovai a guardare il calendario.
Mio padre andrà via. Ariana avrebbe vissuto con me. Ed io avrei dovuto trovare un lavoro.
E’ buffo come la tua vita può cambiare da un momento all’altro.

Il pomeriggio Arianna venne a casa, e finì di portare la sua roba. Mentre mio padre aveva già incominciato a preparare alcune delle sue valigie. «Farai la brava quando sarò via?» Chiese, con la voce leggermente tremante. “No, non piangere.”
  «Io sono brava.» Sorrisi, per rassicurarlo.
Lo aiutai con la roba, a cena venne anche Sarah. Lei era frenetica, felice per il trasferimento. Aveva già preparato tutto.

Il giorno seguente feci l’esame a scuola. L’ultimo esame della mia vita al liceo. Avevo l’ansia a mille, Ariana mi stringeva la mano mentre attendavamo il nostro turno.
  «Andrà tutto bene.» Mormorò per consolarmi. Anche se il tono della voce tradiva le parole.

Finito l’esame per festeggiare andammo al bar.
  «Hai già inviato la domanda al college?» Chiese Ariana, sorseggiando il suo drink. Annuii, lei sorrise.
  «Anch’io. Entro oggi dovremmo ricevere la risposta!» Batté le mani contenta. «Speriamo bene..» mormorai.
Ad Ariana non gli avevo detto niente di me e Justin.. volevo farlo, ma non sapevo come dirglielo. Anche se desideravo confidarmi con lei..
  «Ari.. sai..» farfugliai, guardando i cubetti di ghiaccio nella mia coca cola. «Cosa?»
  «Sono andata letto con Justin.» Sussurrai quasi, lei rimase a guadarmi a lungo. «Per la prima volta..» aggiunsi.
  «State insieme?» Chiese. Scostai la testa.
 «La tua prima volta?» Feci si con la testa.
  «Com’è stato?»
  «Bellissimo.» Farfugliai leggermente in imbarazzo.
   «Beata te, la mia prima volta è stata pessima.» Disse aspra.
“Wow. Lei non era vergine?”
  «Ero mezza ubriaca ad una festa.. l’unica cosa positiva è che l’ho fatto con chi amavo davvero.» Disse.
  «Beh anch’io.» Mormorai. Lei mi guardò.
  «Tu lo ami?» Chiese, come se ancora non l’avesse capito.
  «Sì.»

Ogni volta che mi confidavo con Ariana poi mi sentivo bene. Che cazzo, quella ragazza faceva miracoli.
Ritornai a casa e il cellulare squillò.
  «Signorina Gomez?»
  «Salve, sono Jamie Dornan il proprietario del risto-pub in città sei passata giorni fa per un lavoro, ricordi?» Mormorò il tizio al telefono. «Oh, sì! Salve.» Sorrisi,
  «Beh ti metto in prova per una settimana, puoi iniziare la settimana prossima. Parleremo del resto quando verrai, ci vediamo alle 7 in punto fuori all’entrata del risto-pub. Buona serata.»
Avevo un sorriso da un orecchio all’altro, quando ero andata al risto-pub quel ragazzino dietro la cassa sembrava prendermi in giro,
  «Ti farò chiamare dal proprietario.» Aveva mormorato con tono stancante, ed io non l’avevo preso nemmeno sul serio, invece “wow.” Io ho un lavoro!

Improvvisamente mi arrivò un messaggio di Justin.
Dalla punteggiatura.. sembrava arrabbiato, e anche tanto.
  “NOI DUE. DOBBIAMO PARLARE, SUBITO.”

Ciao, come va? Cosa ne pensate?
Susu, recensite.
Aggiorno appena posso :)
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Capitolo 17
*** 17 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 17

 
Per cercare di ignorare la sua ‘quasi minaccia’ da messaggio di Justin, mi stesi sul letto, prendendo il primo libro che mi era capitato fra le mani. “Chissà cosa vorrà..” La parte più insicura di me prese il sopravvento all’istante: e se mi ha solo usata e adesso vuole dirmelo? E se è arrabbiato perché non gli sono piaciuta a letto?
 
Merda, rabbrividii al pensiero.
  «Stai per trasferiti e non mi hai detto niente!» Le urla forti di Justin mi fecero venire il mal di testa all’istante e mi strapparono violentemente dai miei pensieri insicuri. Balzai fuori dal letto.
 “Ah ecco il suo problema.”
Lo vedi scendere dalla finestra aperta con il volto quasi rosso dalla rabbia. Avrei voluto urlarli a tono che io non stavo andando proprio da nessuna parte ma quello che mi uscì fu una risata nervosa.
Lui si arrabbiò di più.
  «Che cazzo di ridi? Sono venuto a saperlo da mia zia che state per traslocare. Che cazzo!» Urlò di nuovo.
  «Perché sei arrabbiato?» Chiesi, rimanendo impassibile. Non volevo dirglielo che non partivo, volevo vedere la sua reazione.
  «Me lo chiedi? Siamo andati a letto insieme! Mi hai solo sfruttato quindi? E quella promessa? Avevi detto che saresti rimasta nella mia vita mentre adesso te ne stai andando!!» Urlò.
Mi alzai dal letto. Adesso basta, come si azzardava a parlarmi in quel modo? «Adesso tu ti calmi ok?!» Urlai.
Lui si azzittì. Poi mi afferrò violentemente le braccia, fece per dire qualcosa ma si stette zitto.
  «Perché mi tratti sempre di merda!? Me lo dici una volta per tutte?» Chiesi di punto in bianco, «Prima fai il dolce, andiamo a letto, poi vieni qui e mi sputi la tua rabbia addosso!» Urlai nuovamente.
  Lui rimase in silenzio. Come se sapesse la risposta ma non volesse dirmela. «Perché Justin?» Chiesi nuovamente.
Lui rimase in silenzio, a guardarmi. Ma poi andò via, lasciandomi con la immagine di quei occhi profondi, tristi e arrabbiati, nella mia mente.

La sveglia mi svegliò alle 6 e 30 in punto. Avrei dovuto accompagnare mio padre assieme a Sarah all’aeroporto. Li aiutai a caricare i bagagli in macchina. Mio padre era felice e al tempo stesso triste per me e per lui. Era felice che ero avevo trovato un lavoro, che avrei vissuto da sola da donna indipendente, ma anche triste perché non sarei stata più sotto il suo stesso tetto e sotto la sua protezione.
  «Mi mancherai un mondo..» Mi disse avvolgendomi in un abbraccio appena arrivammo all’aeroporto. «Anche tu papà.» Mormorai, trattenendo le lacrime. Lui mi strinse più forte.
  «Perderai l’aereo, incomincia ad andare al metal detector. Io vado a prendere l’ultima valigia.» Dissi, ingoiando il nodo di lacrime.
Lui annuì tirando su col naso.

Ritornai all’auto e presi l’ultima valigia e mi avviai all’ingresso quando Justin mi bloccò improvvisamente.
  «Sel.. finalmente, pensavo fossi già andata via!» Justin aveva l’affanno mentre era di fronte a me mezzo sfinito. Come se avesse fatto una corsa lunghissima. «Justin cosa ci fai qui!?» Chiesi.
Improvvisamente mi venne dentro di nuovo la rabbia, ripensando al modo in cui mi aveva trattato. «Ti cercavo.» Rispose.
  «Io non parlerò più con te finché non mi dirai che problemi hai nei miei confronti!» Sputai.
Lui si avvicinò un po’, si passò una mano fra i capelli. Nervoso.
  «Vuoi sapere perché ti facevo del male? Vuoi proprio saperlo?» Chiese ormai al culmine dell’esasperazione. «Sì, cazzo!» Urlai quasi. Lui fece un respiro profondo e si passò le mani fra i capelli di nuovo.
   «..tu assomigli molto a Kristen..» Mormorò piano tentando di mantenere la calma. “Che cazz.. che significava?”
 «E’ mia sorella.» Risposi rimanendo impassibile, poggiai la valigia a terra e mi portai le mani sui fianchi.
  «Ma prima non lo sapevo.» Enunciò a mo di scuse. «Quando lei è andata via, quando mi ha spezzato il cuore ed io continuavo ad amarla ancora, ti ho incontrato a scuola. Esattamente 5 anni fa. Oddio quando ti ho incontrato mi sei scoppiata dentro peggio di una bomba atomica. All’improvviso. Ma ti facevo del male perché per me era come se stessi facendo del male a lei. Tu le assomigliavi così tanto.. nel suo modo di camminare, di aggiustarsi i capelli e di parlare. Solo che tu eri più fragile di lei, lei sapeva tenermi testa. Sapeva contenermi tu no. Tu mi facevi perdere le staffe e sai perché mi facevi arrabbiare così tanto? Perché non mi calcolavi. Non mi pensavi, mi ignoravi e cazzo io ti volevo, Selena! Non puoi mai immaginare il dolore acuto che provavo nel volerti e non poterti sfiorare. Non poter assaggiare il profumo delle tue labbra e magari fare l’amore con te. Quando stavi con me mi sentivo una persona migliore, sentivo di poterti proteggere da tutti e da tutto persino da me stesso. Poi.. dio, la prima volta che mi hai abbracciato ho sentito che avrei potuto abituarmici. Ed è lì che ho capito che ero fottuto di nuovo. L’amore mi aveva incastrato di nuovo. Non riuscivo a toglierti dalla testa, dio. Tu sei così bella, dolce, altruista. Mi hai accettato subito anche se continuavo a farti piangere a farti del male, anche se continuavo ad essere un uomo di merda, un criminale che faceva del male alle persone. Tu mi hai accettato. Mi sono sentito felice e al sicuro con te al mio fianco. Ti prego Selena.. Non lasciarmi, non andare via.» Le sue parole arrivarono a raffica nel mi cuore. Schiaffeggiandomi quasi. “Oh Justin.” Lo guardavo e lo vedevo perso quasi, con il dolore che si leggeva in quelle due pozze profonde. Adesso sapevo la verità. Adesso sapevo quello che aveva dentro in tutte le sue sfumature. “Oh Justin.” Ripetei mentalmente.
  “Oh il mio Justin.” Sorrisi, lui pensava che me ne stessi andando. Invece no. Ma le parole non uscivano. Il contatto cervello-bocca era rotto. Non riuscivo a dire “Hey Justin, ma io non vado da nessuna parte. Queste valige sono di mio padre che mi sta aspettando.” Esatto, io non sarei andata da nessuna parte, non senza di lui.
  «Pensi realmente che Ryan avesse detto a mia madre che ero fidanzato? Era una stronzata! Solo che era l’unica scusa per averti accanto, nella mia mente io e te eravamo veramente una coppia.. dio com’eri bella con quel vestito rosso quella sera.. eri bella, ed io non l’accettavo. Continuavo a criticarti.. dio, sono una merda.»
Abbassò lo sguardo mettendosi le mani in faccia.
  Ero senza parole. Muta. La lingua si era scolta. Il mio cuore sembrava un alfabeto muto, bumm, bumm, bumm.
Come se volesse comunicare anche lui, confessare tutto anche lui.
  «Parlami Selena.» Ordinò con dolcezza nella voce.
  «Cosa vuoi che ti dica?» La mia voce tremava, a ritmo con il mio cuore che minacciava di stapparmi il petto e mettersi a ballare la samba di fronte a Justin.
  «Voglio che mi dici che mi perdoni..» Sussurrò rialzando lo sguardo, avvicinandosi di più a me.
  «Voglio che mi dici che ti amo, come io amo te.»

So che è corto, ma mi faro' perdonare.
su cosa ne pensate? <3 

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Capitolo 18
*** 18 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 18

  «Ti amo.» Ripeté.
E il mondo sembrò fermarsi, per un tempo infinito, lasciando quelle due parole fluttuare nell’aria, arrivare a me, e accarezzarmi le labbra e darmi un dolce bacio. Chiusi gli occhi, assorbendo tutto l’amore che sentivo. Quando li riaprii il mondo sembrava ripartire, nell’asse giusto. Justin mi guardava, si teneva le mani in grembo.
  Sembrava letteralmente terrorizzato.
  «Oh Justin..» E le parole mi uscirono come un sussurro. Mi avvicinai a lui, sfornandogli la guancia con la mano. I suoi occhi mi guardano e la testa si inclinò piano sul mio tocco.
  «Io ti amo.» Mormorai, fino ad arrivare con le labbra alle sue. Fino a fargli sentire con quel bacio che io ero sua, lo ero sempre stata. Le sue braccia mi strinsero forte, mentre le sue labbra si aprirono per lasciar passare la sua lingua che dolcemente si unì alla mia. Era fantastico. In quel bacio c’era tutto. Tutto quello che avevo dentro e che si mescolava deliziosamente con quello che aveva lui.
  Ero felice. Felicissima. Finalmente.

L’espressione di Justin nel comprendere che io non stavo per partire era stata .. epica? Forse. Stava quasi per mettersi a piangere.
  Mi aveva stretta in un abbraccio e aveva affondato il suo naso nei miei capelli. «Oh.. pensavo..»
  «Shh..» gli poggiai un dito sulle labbra. «Sono qui.»

Ritornai a casa, avevo il naso rosso per le lacrime versate e il naso soffiato più volte. Avevo accettato il fatto che avrei vissuto da sola, senza mio padre ma mettere in pratica il tutto adesso mi dava un po’ di ansia e tristezza. Ariana era sul divano che mordicchiava del pane tostato. Justin entrò dentro.
  «Quindi.. adesso vivrai da sola con lei?» Disse, Ariana era talmente fissata a guardare la tv che non aveva notato Justin.
 Annuii. Tirando di nuovo su col naso. «Piccola non piangere..» mormorò, accarezzandomi. “Okay..” mi auto convinsi mentalmente.
Mi avvolse in un abbraccio e sinceramente quello era veramente la cosa che avevo più bisogno in quel momento. Era come se le cellule del mio corpo rispondessero in automatico al contatto della sua pelle. Mi prese dolcemente in braccio, passando velocemente il salone e salendo le scale.
  «Vuoi fare l’amore?» Chiese, con un sorriso sulle labbra. Avevo la testa nell’incavo del suo collo. Lì il suo profumo era più intenso.
  «Sì.» Farfugliai, tirando su col naso. «Così poi sto meglio.»

Era come se adesso la mia giornata era illuminata da una luce diversa. La scuola era finita, e quando mi svegliai era quasi ora di pranzo. Il mio letto profumava di Justin. Era stato così dolce ieri notte, aveva fatto l’amore con me, di nuovo e poi mi aveva cullato fra le sue braccia e mi aveva fatto addormentare. Peccato che non era con me al risveglio, ma solo un suo messaggio a telefono.
Da Justin l’enigma:
Mi sono innamorato di te. Cazzo.
Ti ho guardata dormire per tutta la notte,
perché sei bella come un angelo,
Selena. Il mio angelo.
Buongiorno.


Mi sciolsi a quel messaggio, e decisi di cambiare nome al numero di Justin.. Non più “Justin l’enigma” ma.. “Il mio Justin”.
  Scesi le scale. Ariana era già vestita, con la sua tuta nera e il top bianco. Anche se era sportiva era sempre bella, anche con quei buffi codini. Stava cacciando dal forno una teglia di biscotti.
  «Ma buongiorno sporcacciona!» Ariana sorrise maliziosa appena mi vide. Poggiando vicino alla finestra il vassoio.
  «’giorno.. sporcacciona?» Risi.
 «Tu e Justin.. eh? Vi ho sentiti.» Ammise, sorridendo. Indicò con l’indice i biscotti, ne presi uno.. e soffiai sopra per farlo raffreddare.
  «Oh.. non volevo disturbarti..» Mormorai a mo di scuse, spezzando il biscotto e portandolo alla bocca. Era delizioso.
  «Tranquilla, tanto mo che andrò a college penso che mi porterò a casa molti ragazzi.» Confessò, addentando il biscotto.
  «Ah si?» Scoppiai a ridere. «Usate precauzioni.» Scherzai, risalendo le scale.


Mi feci una doccia e shampoo. Quando uscii dalla doccia mi sentivo rinata. Merda, l’acqua calda sapeva fare miracoli. Mi vestii indossando un jeans e un top blu e un cardigan. Mi alzai i capelli in una coda alta e indossai le mi converse. Dopo essermi truccata un po’.
  «Selena!! E’ arrivato il postino!!» Esclamò Ariana da sotto, scesi subito. Ariana aveva fra le mani due buste, presi quella a nome mio e la aprii velocemente leggendo il contenuto.
  «Cazzo..» sussurrai. Ariana invece era contenta.
  «Sono entrata!!» Urlò lei,
 «Io no.» Mormorai. Lei si placò subito. «Mi dispiace..» sussurrò avvolgendomi in un abbraccio.
  «Mi dispiace, piccola.» Avevo riferito a Justin la notizia, era incredibile come dopo ogni suo abbraccio io stessi bene. Era capace di comandare il mio umore. «Tu andrai al college?» Chiesi,
lui fece no con la testa. «Aiuterò a tempo pieno dal benzinaio. Mia madre vuole dare a me l’attività.» Disse con un filo di fierezza nella voce. «Che bella cosa, Justin!» Sorrisi, lui annuì.
  «Eh già.»  Mormorò con tono fiero. Mi prese fra le braccia e mi cullò. Mi aveva portato in un posto che lui definiva ‘il mio posto segreto’. Aveva confessato che veniva qui quando voleva stare bene e doveva riflettere sulle cose. Eravamo in cima ad una collina, ad un ora di macchina da casa mia. La luce del pomeriggio illuminava l’intero prato ricoperto di fiori, io ero beatamente stesa fra le braccia di Justin che mi baciava delicatamente il capo di tanto in tanto.
  “Immobilità.” Non è la parola esatta, ma la prima che mi venne in mente.
   Desideravo tantissimo rimanere così per sempre, fra le braccia del ragazzo che amo, con il sole che ci illumina e ci riscalda.
  «Non abbiamo definito la nostra relazione..» Mormorò lui, interrompendo i miei pensieri.
  “Oh.” «E cosa siamo?» Chiesi, le sue braccia mi strinsero un po’ di più, affondò il naso fra i miei capelli e aspirò forte.
  «Tu sei mia.» Disse con tono possessivo. Tipo come un bambino e il suo giocattolo. Ridacchiai, e lui mi si rilassò.
  «Adoro questo suono..» Mormorò.
 «Che suono?» Chiesi, ridacchiando di nuovo.
  «Questo. Amo sentirti ridere. È il suono più bello.»
Mi si squagliò il cuore. “Oh..” Quelle parole era dolci come caramello fuso e cioccolata. Mi girai e mi misi a cavalcioni su di lui, i suoi occhi erano di fuoco. Ardevano nei miei. Lo baciai e lo strinsi a me. Era mio, come io ero sua.
  «Sono tua..» Farfugliai sulle sue labbra. Lui sorrise e annuì.
Quella mia frase aveva definito il tutto. Lui era il mio ragazzo e io ero la sua ragazza. Niente di più bello al mondo. Io e lui. 


SCUSATE IL RITARDO, SONO SUPER OCCUPATA.
ECCOVI IL CAPITOLO, ALLA PROSSIMA.
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Capitolo 19
*** 19 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 19

 
Era lunedì mattina, quando mi svegliai alle 6 per andare a lavorare. Mi alzai e mi vestii velocemente dopo una doccia. Indossai un jeans comodo e una t-shirt nera. Misi le mie adorate converse e mi diedi un po’ al trucco, mettendo solamente un po’ di matita e mascara, mi pizzicai le guancie per darmi un po’ di colore. Inviai velocemente un messaggio a Justin.

  Sono andata a lavoro.
Buona giornata, Justin.
Tua S.


Scesi di sotto e feci colazione. Ariana dormiva e feci attenzione a non fare rumore mentre scendevo le scale. Presi le chiavi dell’auto e mi avviai in città. Arrivai fuori al risto-pub alle 7 in punto. Era ancora chiuso, quando uscii l’auto e mi avvicinai all’entrata il ragazzo dell’ultima volta aprì il locale e mi fece entrare.
  «Jamie arriverà oggi. Mi ha detto che sei in prova e devo insegnarti un po’ come muoverti qui.» Il ragazzo dai capelli neri si avvicinò ad un interruttore e accese le luci.
  «Jamie?» Mormorai, leggermente imbarazzata dalla situazione. Ero all’in piedi al centro della sala, fa i tavoli di legno laccato.
   «Il proprietario, mio fratello.» Disse lui. “Ah, il tipo che mi ha chiamato.” Pensai.
 Annuii. «Dai su a lavoro, al mattino andai al bar.» Indicò un punto del locale dove c’era un bancone. «Poi il pomeriggio prenderai le ordinazioni ai tavoli.» Spiegò lui. Mi girai attorno per contemplare il locale. Era grande, dall’altra parte della sala c’era un piccolo palcoscenico e altri tavoli. «Fra un po’ arriverà anche Ros. L’altra barista, lei ti spiegherà come muoverti.»

A metà mattinata la zona bar era piena zeppa di gente che chiedeva caffè in continuazione. Conoscevo già bene come farli, così come i cappuccini. Ros me l’aveva insegnato in 5 minuti. Ross aveva una cotta per Jamie, il proprietario. Lo si capiva dal modo in cui lo mangiava con gli occhi.  Ma come biasimarla. Era veramente un bel pezzo l’uomo. Aveva 25 anni.
  Muscoloso, altro, occhi grigi, capelli mossi. E labbra scolpite così come il naso all’insù. Era veramente bello.
E vogliamo parlare della sua voce? Era intensa e molto convincente.

Alla pausa pranzo chiamai Ariana.
 «Come va il lavoro?» Chiese, mentre la sentivo masticare qualcosa.
  «Va tutto bene, per il momento niente di anormale.» Mormorai, mangiando un biscotto.
 «Okay, adesso torno a preparare il programma.» Farfugliò lei.
  «Eh?»
 «Sai al college, sto scrivendo una lista su tutte le cose che devo fare, i corsi da frequentare, le persone che devo conoscere..»
  «E tu pensi che vada tutto secondo i piani?» Chiesi.
  «No. Niente va come te l’ho aspetti.»

Quella frase in qualche modo mi colpì, e infatti mi diede da pensare per tutto il tempo a lavoro. Come se in parte quella frase mi riguardasse. Come se stesse per succedere qualcosa.. la voce di Jamie, mi riportò alla realtà. Mi chiamò nel suo ‘ufficio’ che si trovava nel retro del risto-pub.
Era una semplice camera con una scrivania e un pc.
  «Mi piace come lavori.» Affermò lui, «Ti sono bastati 5 minuti per imparare ad adattarti. E questo è una cosa che ammiro nelle persone. Sei assunta. Domani alla stessa ora.» Disse secco.
  «Grazie..» farfugliai.
  «Ti vanno bene 350 dollari al mese?» Chiese.
Annuii. Lui prese un foglio dal cassetto. Wow tutto così velocemente. Mi porse la penna ed io firmai il foglio di assunzione.
  «Grazie ancora.» Mormorai.
Lui mi guardò da sotto le lunghe ciglia con i suoi occhi grigi.
  «E’ un piacere.»

Quando uscii dal lavoro i piedi praticamente non me li sentivo. Jamie, prima che andassi a casa, mi chiese e mi informò di alcune cose. Il mercoledì era festa, e il sabato mezza giornata. Poi mi chiese fotocopie dei miei documenti per completare l’assunzione a posto. Ogni giorno avrei avuto lo spacco di 4 ore, sufficienti per ritornare a casa fare una dormitina e ritornare a lavoro.
  Ritornai a casa alle 21, le ore di spacco le avevo passate nel risto-pub, facendomi spiegare da Ros altre cose che non avevo ancora capito.

  «Dio i miei piedi..» mormorai, gettandomi sul divano. Mi tolsi le scarpe e incominciai a massaggiarli. Ariana era in cucina, pronta a mettere a tavola la pasta e formaggio che aveva preparato. Cazzo, senza di lei morirei di fame. Fra praticamente tutto lei, pulizia di casa, cucinare..
  «Ari..» dissi, richiamando la sua attenzione, mentre mangiava silenziosa. «Stavo pensando.. non voglio che mi paghi metà dell’affitto, qui fai praticamente tutto tu. La spesa, faccende di casa, cucini.. quindi.. mi sembra inutile..» farfugliai. Lei sorrise.
  «Okay, come vuoi.» Si alzò e mise il suo piatto vuoto nel lavandino. Ariana mi dava l’impressione di una ragazza che aveva sempre navigato nell’oro. “Beata lei.”

Uscii dalla doccia e mi vestii indossando il pigiama.
  Mi chiamò Justin.
  «Sel, com’è andata a lavoro?» Chiese.
Mi stesi sul letto, chiudendo gli occhi. «Bene. Non male come primo giorno. Mi hanno trattato bene, mi piace il mio lavoro.» Farfugliai, mentre mi dimenavo nel letto per trovare una posizione comoda. E nel farlo caddi a terra, sentii Justin ridere.
  «Non riesci nemmeno a stare ferma nel tuo letto?» Chiese, cogliendomi alla sprovvista. “Ma che..” Mi alzai e vidi Justin vicino alla finestra. La aprii e lui entrò.
  «Sai che adesso puoi anche usare la porta principale? Come tutti i comuni mortali.» Scherzai, lui ridacchiò.
  «Mmh, mi piace sorprenderti.» Disse, per poi prendermi in braccio stendendomi sul letto. Mi strinse in un abbraccio, affondando il naso fra i miei capelli. Ero praticamente schiacciata sul materasso, con il suo peso addosso. Mi teneva stressa e non riuscivo a muovermi.
  «Finalmente.. era tutta la giornata che volevo farlo..» farfugliò, baciandomi la tempia più volte. «Adoro il tuo profumo, Selena.» Confessò serio. Per poi avvolgermi in un bacio lento e dolce. Il mio corpo rispose a quel bacio infiammandosi. Sentendo già l’eccitazione scorrermi al posto del sangue, ricambiai il bacio con più foga.
Cazzo, dopo una giornata di lavoro stancante mi ci voleva proprio. Rotolammo sul letto, adesso io ero a cavalcioni su di lui, le sue mani suoi miei fianchi. Mi tolsi la maglia, lui spalancò gli occhi.
  «Oh Selena..» Sussurrò quasi, le nostre labbra ritornarono ad essere una cosa sola. Le sue mani mi accarezzavano deliziosamente la schiena, le mie gli tolsero la felpa e la t-shirt. Mi alzai e mi tolsi i pantaloni del pigiama, fino a spogliarmi completamente. Sentii Justin deglutire rumorosamente. «Avanti.. spogliati.» Mormorai, infilandomi sotto le lenzuola, lui si alzò e si spogliò completamente. Ed io ammiravo il suo corpo completamente nudo, infilarsi di nuovo nel letto. Ogni volta che vedevo quella parte del corpo, di Justin, nuda.. mi veniva voglia di baciarla.. «Stenditi, voglio provare una cosa.» Sussurrai, lui lo fece in silenzio. Incominciai a baciargli l’addome, l’ombelico fino ad arrivare.. lì. Coprii i denti con le labbra, e lo lambii. Per tutta la sua lunghezza. Alzai lo sguardo e le labbra di Justin formarono una perfetta “O”, l’avevo stupito. E dentro di me festeggiavo.. e intanto continuavo il gesto. Lui tentò di dire qualcosa, ma si fermò e gemette. Più volte. Ma poi mi fermò, prendendomi per le spalle. Mi guardò dritto negli occhi. «Oh Selena, quanto avrei voluto che tu continuassi, ma in questo preciso momento voglio solamente sprofondare dentro di te e dimenticare il mondo fuori.»
  Prese la protezione che aveva nel pantalone, se la mise e ci rigirammo nel letto. «Alza le ginocchia.»
Mormorò, lo feci e dopo un secondo, mi sentii piena. Piena di lui.

Mi svegliai pronta per andare a lavorare. Mi sentivo carica. Justin era avvinghiato a me nel letto, nel guardarlo così strepitosamente nudo mi venne in mente l’amore fantastico che facemmo la scorsa notte. Mi alzai e andai in bagno. Dopo una doccia veloce ed essermi truccata e vestita a dovere, uscii dal bagno. Justin era sveglio.
  «Piccola.. a lavoro eh?» Chiese, annuii.
  «Beh anch’io devo andarci, ti accompagno io?»

Dopo la colazione preparata gentilmente da Justin, andai a lavoro.
  «Vengo a prenderti quando hai le ore di spacco? Andiamo a mangiare qualcosa a casa mia.» Propose Justin, gentile.
  «Okay, ti chiamo.» Risposi, scendendo dall’auto.
  «Ciao, piccola. Buona giornata.» Mormorò, baciandomi dolcemente.

Mi alzai i capelli e andai dietro il bancone del bar, dopo aver salutato tutti. Jamie non c’era.
  «Hey Ros, come va?» Chiesi, era venuta un po’ in ritardo, aveva l’affanno. «’giorno Sel, la sveglia ha fatto capricci, ho fatto tutto di fretta. Spero che Jamie non si arrabbi..» Farfugliò, alzandosi i capelli in una coda. «Tranquilla, non è ancora venuto.» Risposi, lei cacciò un sospiro di sollievo.
  «Lui ti piace eh?» Chiesi, pentendomene subito.
Lei annuì, rassegnata. «Si vede tanto?»
Sorrisi, «Mmh.. diciamo un pochino.» Scherzai, lei rise.
  «Merda, ma guardalo, è uno schianto! E’ praticamente il sesso in persona.» Mormorò sorridendo. Io risi, lei aveva praticamente gli occhi a cuore quando parlava di lui.
  «Non pensi che sia troppo grande per te?» Domandai.
 «No.. ho 20 anni, sono maggiorenne può andare bene.» Disse, concentrandosi sulle ordinazioni che arrivarono.
  «L’amore non ha età.» Farfugliai, prendendo le ordinazioni anch’io.
    «’giorno.» Salutai un cliente.
 «Un caffè latte.» Disse. E incominciai subito a farlo.
La giornata era monotona, le stesse persone di ieri venivano a fare colazione e poi andavano a lavoro.

Rieccomi qua, che ve ne pare? 
Susu recensite.
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ps: vi ho mai detto quanto amo quest'uomo? 
 

 

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Capitolo 20
*** 20 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 20


All’ora di spacco Jamie mi chiamò in ufficio.
  «Ciao Sel, stiamo andando al parco, a fumarci una sigaretta,vieni?»
Mi penetrò con quel suo sguardo grigio, inchiodandomi al suolo.
  “Oh merda.” Quest’uomo era davvero attraente. E qualcosa dentro di mi fece accettare. «Okay.»
Mormorai. «Anche se non fumo, vengo lo stesso.» Aggiunsi, lui rise.
  «Okay, posa il grembiule.» Ordinò, uscendo dall’ufficio.
 
“Merda, Justin!”
   Lo chiamai velocemente, mentre aspettavo Ros e Taylor uscire dal locale. Taylor era il fratello di Jamie,
anche se non si assomigliavano per niente Justin rispose subito.
  «Sel, ti vengo a prendere?» Chiese subito.
 «Oh, Jò scusami ma qui vanno tutti al parco a fumarsi una sigaretta, non posso non accettare. Mi farò perdonare,
vienimi a prendere stasera quando esco da lavoro.» Dissi.
  Lui sbuffò, «Va bene, piccola. Fai attenzione, a stasera.»

Presi un panino dalla cucina del risto-pub prima di andare al parco, e lo mangiai strada facendo. Arrivammo tutti al parco,
Ros non smetteva di togliere gli occhi da dosso a Jamie, e Taylor invece sembrava un asociale del cazzo.
  Ci sedemmo su una panchina tutti quanti, tutti a fumare. Tranne me. «Ti piace il locale?» Chiese Jamie, interrompendo il silenzio.
  Annuii, sentendomi un po’ imbarazzata.
  «E lo staff?» Chiese di nuovo.
  «Siete tutti gentili con me.» Sorrisi, lui mi lanciò una lunga occhiata. Come se volesse comunicarmi qualcosa.
  «Ros, tu da quanto tempo lavori qui?» Chiesi per rompere il ghiaccio. «Mmh, un paio di anni.» Rispose gettando a terra la sigaretta finita. «Io vado a bere alla fontana..» si alzò Ros.
  «Mi fai compagnia Sel?» Chiese.

  «Ho paura che Jamie sia attratto da te.» Sputò lei con un po’ di amarezza, dopo aver bevuto. Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. «Cosa? Ma che stai dicendo!» Esclamai, lei alzò le mani per farmi abbassare la voce. Ma la ignorai.
  «Jamie non è attratto proprio da nessuno, ne tanto meno da me. Ho 18 anni cazzo, mi sembra un po’ improbabile.» Dissi, lei mi guardò per un po’. «Beh lo spero, sono anni che ci sto dietro, non permetterò che una novellina me lo rubi.»
  «Ma ti ascolti quando parli?» Chiesi, «Una novellina? A me?»
  «Io lo amo.» Disse per difendersi.
  «Beh sono problemi tuoi, dovresti provarci invece di sbavarci dietro, no? Non puoi nemmeno accusare me per una cosa non vera.»
Lei sembrò riprendere la ragione.
  «Scusami..» Sussurrò. «Solo che sono gelosissima, lo amo davvero tanto ed è terribilmente frustrante il fatto che lui non se ne accorge nemmeno.» La capii all’istante. Anche a me è capitato con Justin. Io l’amavo e lui non se ne accorgeva nemmeno.
  «Tranquilla.» Le accarezzai una spalla. «Fa niente.»

 Ritornammo a lavoro, e incominciai a prendere le ordinazioni ai tavoli. Improvvisamente entrò Ariana con un ragazzo, lei mi strizzò l’occhio. Mi avvicinai al loro tavolo, porgendogli il menù.
  «Ma che bella cameriera che abbiamo qui.» Scherzò lei, ridendo.
  «Ciao Ari.» La salutai il ragazzo ci guardava. «Sel, lui è Jack. Jack lei è Selena, la mia coinquilina.» Mi salutò con un cenno del capo.
  «Okay, volete ordinare?»

Ariana sembrava davvero presa da quel ragazzo, e anche lui di lei. Già mi piacevano. Gli portai le ordinazioni e poi ritornai a gli altri tavoli. Dopo il lavoro, alle 20.30 chiamai Justin, per farmi venire a prendere. Alle 21 chiudemmo il risto-pub, e aspettai fuori Justin.
  «Vuoi un passaggio?» Jamie, gentile venne vicino a me.
  «No, tranquillo. Grazie lo stesso.» Risposi, Ros ci lanciò una rapida occhiata ma poi si diresse verso la sua macchina.
  «Insisto, ti do un passaggio.» Jamie ripeté gentile di nuovo, in quel momento venne Justin. E appena vide Jamie scese dall’auto.
  «Amore.» Venne vicino e mi baciò la tempia per fare possessivo. Facendomi scivolare un braccio dietro la schiena, accarezzandomi dolcemente il fianco. Jamie ritornò serio.
  «Justin ti presento, Jamie. Il mio capo.» Dissi, si strinsero la mano, poi Justin strinse di più la presa attorno alla mia vita, attirandomi di più a sé. “Ma che..?”
  «Okay, allora a giovedì.» Disse serio Jamie, salutando me e poi Justin. Salimmo un macchina.
  «Perché mi è sembrato una gara a chi fa pipì più lontano?» Chiesi sarcastica, notando l’odio istantaneo appena Jamie e Justin si erano guardati. «Mmh. Davvero?»
  «Justin hai fatto il possessivo.» Dissi,
  «Non posso?» Chiese, sbuffai. Odio la gelosia inutile.
  «Andiamo piccola, non arrabbiarti solo perché ho mostrato a quell’uomo che sei mia.» Disse, e questo mi diede ancora più sui nervi, a volte mi faceva sentire come se fossi un oggetto.
  «Domani niente lavoro eh?» Chiese, annuii.
 «Bene, vieni da me?» Annuii di nuovo.
  «Hai intenzione di non parlare?» Annui nuovamente, lui sorrise.
  «Bene. Allora quando arriveremo a casa, faremo l’amore?» Sorrisi, per il modo dolce in cui lo disse. Annuii di nuovo.
  «Oh, piccola mia.» Mi accarezzò il volto.
  «Allora a casa mi farò perdonare.»

Ero sfinita. Appena arrivati a casa, avevamo mangiato, avevamo fatto l’amore nella doccia e adesso che ero beatamente nel letto accanto a Justin sentivo la stanchezza nelle ossa proprio.
  «Stanca?» Chiese dolce lui, annuii. Lui sorrise, mi strinsi a lui che mi stava dolcemente accarezzando i capelli. E questo mi fece addormentare in un attimo. «Ti amo, piccola.» Sussurrò Justin.
  “Anch’io.” Avrei voluto rispondere, ma il sonno prese il sopravvento.
 
Occhi grigi, occhi grigi mi fissavano. Mentre non riuscivo a muovermi.
Ero nell’ufficio del capo, ero dell’ufficio di Jamie.
Ero nuda. Con le spalle a muro. Occhi gridi mi fissano.
Le sue mani mi tenevano stretta con le spalle al muro, mi sentivo piena, piena di lui.
Mi sentivo eccitata. Jamie continuava a spingere, molto lentamente.
Ed io non mi muovevo, non reagivo. Quei occhi erano penetranti, profondi, grigi.
  «Adoro il tuo essere piccola. Fragile.» Mormorò lui a denti stretti,
mentre continuava a spingere, stavolta aumentando il ritmo.
   «Ti adoro.» Aggiunse. Arrivando con un grido.

Ed io mi svegliai.
Ero nel letto di Justin. Era tarda mattinata.
Justin non c’era.
  “Oddio ho appena sognato Jamie.
Ho appena sognato che facevo sesso con il mio capo!!”
Mi percorse un brivido lungo la schiena.
  “E se Ros avesse ragione?” Mi domandai, alzandomi dal letto.
“No. Non penso. Diamine lavoro lì solamente da due giorni! E anche se fosse io ho Justin.” Pensai. Scesi le scale. C’era anche Pattie.
   «Buongiorno tesoro.» Mi salutò mentre preparava qualcosa ai fornelli. «’giorno Pattie, dov’è Justin?» Chiesi,
  «Eccomi.» Justin sbucò dal salone, venne vicino e mi baciò. Io mi paralizzai. “Pattie?”
  «Lo sa. Gliel’ho detto.» Sussurrò. Mi addolcii.
   «Ho deciso che ogni mercoledì non andrò a lavoro, per stare con te.» Disse lui felice. Dio, era bellissimo. Aveva il ciuffo abbassato una canotta bianca e i pantaloni della tuta.
   «Non sei costretto a farlo.» Risposi, lui fece il finto broncio.
  «Non sei felice?» Chiese scherzando.
  Io risi: «Ma certo!» mi prese in braccio e mi portò sopra nella stanza del pianoforte.

Ritornai a casa. Ariana era ancora a letto e a giudicare dalla scia di abiti lungo il tragitto nella sua camera, non era sola.
  Incominciai a preparare qualcosa da mangiare a pranzo.
  «Justin cosa ti piacerebbe mangiare?» Chiesi, lui sorrise.
  «Te!» Scherzò,
  «Sul serio!» Lo rimproverai, scherzando.
  «Pasta al formaggio?» Propose. 

 
Mmh.. volevo aggiungere solo una piccola cosa.
Perché nessuno recensisce più? D:
Mi piacerebbe avere la vostra opinione su tutto.. ma ricevo solo pochi (2) commenti.
Ci resto male.. çç 

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Capitolo 21
*** 21 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 21

 
«Quando torni da lavoro, ti racconterò tutto.» Mi aveva urlato Ariana dalla sua camera, quando mi aveva sentito uscire per andare a lavoro.
Erano passate due settimane, da quando avevo incominciato a lavorare. Con Justin sembrava funzionare, Ariana si portava dal college, iniziato ormai da una settimana, ogni ragazzo diverso ogni sera. Si divertiva un mondo.
  «Ma certo!» Sorrisi, sgattaiolando in macchina. Ero in ritardo, non mi capitava mai.
Ma fortunatamente Jamie arrivava sempre ore dopo all’apertura, lui era il proprietario.
 
Mi alzai i capelli nella mia solita coda e mi misi il grembiule.
  «Oh Sel, devo dirti una cosa importantissima!!» Esclamò Ros, appena mi aveva visto entrare dietro il bancone dal bar.
  «Sono tutte orecchie!» Scherzai, lei sorrise.. e prese un respiro profondo. Poi alzò lo guardo e mi guardò:
  «Sono incinta!» sorrise. “Wow!”
  «Oddio, che bella cosa!!» L’abbracciai. Lei mi strinse forse, e tirò su col naso. «E’ di Jamie?» Le feci l’occhiolino.
Lei fece no, con il capo. «Ma pensavo gli avessi chiesto di uscire la settimana scorsa.» Mormorai.
  «L’ho fatto, infatti. Ma non ha accettato.» Farfugliò con un mo di tristezza nella voce.
«Subito dopo quella sera ho conosciuto un ragazzo, Chris, oddio mi ha fatto dimenticare di Jamie in un secondo.. e poi.. beh..» Sorrise e si toccò la pancia.
 «Come sono felice per te!» Esclamai, «Però mi dispiace che con Jamie non sia andata bene..»
  «Non era destino.» Rispose semplicemente.

All’ora di pranzo, non smettevo di essere felice per Ros, aveva un aria diversa. Sembrava rilassata e felice per la prima volta.
  “Merda, dovrei andare a farmi una visita ginecologia..” Pensai, il ciclo mi veniva regolarmente, ma una visita non faceva male a nessuno.
Quindi frugai nell’agenda del cellulare e chiamai il medico per fissarmi un appuntamento con una ginecologa privata.
  «Va bene questo mercoledì?» Chiese il medico,
  «Va benissimo.» Risposi, era anche il mio giorno libero quindi sarebbe stato perfetto. Avrei chiesto a Justin di accompagnarmi.

Dopo il lavoro, ritornai a casa.
La mia giornata era diventata dannatamente motoria.. sempre le stesse cose. Lavoro-Cibo-Justin(sesso)-Ariana-Letto. Era da un po’ che non andavo a correre.
  Infilai le chiavi nella serratura e entrai dentro. Ariana era sul divano, stava studiando.
  «’sera.» La salutai, andando dritto in cucina per preparare la cena.
  «Ciao, Sel. Ho già cucinato, ho messo sotto al forno il polpettone.» Mormorò.
  «Grazie.» Farfugliai, addentando il cibo in un secondo. Era squisito, Ariana cucinava benissimo.
  «Studi?» Chiesi, lei annuì.
  «Ma ho quasi finito.. fra un po’ ci sarà una festa al locale qui in città avevo intenzione di andarci..» Disse, e poi mi guardò.
 Oh no.
  «Conosco quello sguardo..» Mormorai, lei sorrise. «Non verrò alla festa, scordatelo.» Lei mise il broncio.

Non sapevo come mi avevo fatto strascinare fino a quel dannato locale. Avevo chiamato Justin e non sapevo nemmeno lui perché aveva accettato.
  «Amore, tranquilla. Lavori sempre, ti meriti una serata tutta per te fra amiche.» Aveva detto. Anche lui era stanco del lavoro, e a volte mi chiamava per dirmi che andava con i suoi amici a giocare.
  Quindi, io e Ariana camminavamo suoi tacchi alti avvolte nei nostri vestitini attillati. Pronte a far baldoria.. o meglio,lei era pronta.
Ci sedemmo al bar.
  «Due tequila!» Urlò lei a causa della musica. Il locale si chiamava, ‘Shades’. Era bello. Con le luce soffiate e tavoli disposti a cerchio, nel mezzo un enorme spazio per ballare. In un angolo c’era un dj che ci dava dentro con la musica house.
  Il barman ci porse le ordinazioni e la tracannai senza pensarci, non avrei dovuto pensare. Sennò me ne sarei andata direttamente a casa, visto che io non bevevo e soprattutto non frequentavo feste.
  «Ariana!!» Un giovane ragazzo tutto jeans e camicia arrivò al bancone e abbracciò la mia coinquilina.
  «Luke!» Sorrise, ricambiando l’abbraccio.
  «Sei bellissima come sempre.» La fece scendere dallo sgabello e la fece dare un giro su se stessa, Ariana sembrava lusingata dalla sua attenzione.
«Sei qui da sola?» Chiese, e mi sentii in dovere di agitare la mano avanti a i suoi occhi, che non smettevano di fissare la scollatura di Ariana.
  «No, è con me.» Farfugliai, lui mi guardò.
  «E’ la mia coinquilina, Selena.» Spiegò Ariana, lui annuì.
E mi strinse la mano. «Tu noi vai al college?» Chiese.
  «No, io lavoro.» Spiegai. Lui annuì nuovamente.
  «Beh, ti va di ballare?» Chiese ad Ariana, che ovviamente accettò senza battere ciglio. E mi ritrovai così, da sola.

  «E il tuo ragazzo? L’hai lasciato a casa?» Una voce familiare attirò la mia attenzione. In un primo momento pensai che a farmi sentire quella voce fossero la tequila e i due shot di vodka alla fragola subito dopo. Mi sentivo un po’ brilla.
Girai la testa e vidi Jamie, in piedi con le mani in tasca vicino al bancone. Aveva l’aria di uno straricco dentro i suoi pantaloni e la sua camicia di lino bianca.
  «Oh.. ciao,Jamie.» Farfugliai, tentando di riprendere lucidità.
  «Allora? Non hai risposto alla mia domanda.» Replicò gentile.
  «Emh.. no.. sono qui con un’amica.» Spiegai, rispondendo alla sua domanda. Lui annuì e si sedette accanto a me.
Mentre io con lo sguardo cercavo di trovare Ariana nella folla.
  «Che c’è.. ti stai dando all’alcool?» Scherzò, ridacchiai. E la mia risata mi sembrò perfettamente di una qualche ubriaca di strada.
Terrificante. «Emh. No, mi annoio semplicemente.» Farfugliai, lo sentii sorridere.
  «Beh, se accetterai di ballare con me, ti leverò la noia da dosso.» Propose serio ma allo stesso tempo dolce.
«Sempre se il tuo ragazzo me lo permette.» Aggiunse subito.
  «O-okay.» Sorrisi. E presi la sua mano che era tesa e attendeva la mia. Quella sua proposta era sembrata così allettante.
Jamie mi trascinò sulla pista da ballo.. e incominciammo a ballare.
  «Allora che ci fai qui?» Chiesi,
  «Qui? Ballando con te? o in questo locale?» Scherzò,
  «Andiamo.. in questo locale, no?» Ridacchiai.
  «Beh. Il locale è mio. Sono venuto a dare un occhiata e puff, eccoti qua.» Disse. “Ah, anche questo e suo!? Big money Jamie eh?”
  «Capisco..»
L’odore di Jamie era forte, profumava di un qualche dopobarba costoso. Era fresco e mi arrivava dritto nel naso.
Lo guardavo e ammiravo il mento con un accenno di barba, il naso dritto un po’ all’insù, le labbra sottili, e quei occhi grigi che facevano paura.
  Però sembrava gentile, almeno con me.
Non dimostrava i suoi 25 anni, sembrava un giovincello con i soldi che si godeva la vita. Anche se da come me ne aveva parlato Ros durante il lavoro, Jamie si era fatto in quattro per aprire questi risto-pub e locali in città.
  «Sei sposato?» Chiesi per distruggere il silenzio, anche se non ce n’era a causa della musica forte.
  «No, sono solo.» Mormorò con un leggero sorriso sulle labbra. Mi fece girare su me stessa e ritornò poi a muoversi a ritmo di musica e io lo seguivo.
  «Con Justin? La cosa funziona?» Domandò, annuii sorridendo.
Paragonai mentalmente Justin e Jamie. Due uomini completamente diversi. A partire dall’età. Jò 19 e Jamie 25.. nel pensare tutte quelle cose capii che nel profondo.. ero io quella attratta da Jamie.. forse Ros intendeva anche questo. Ovviamente non avrei mai tradito Justin, mai. Solo che quando stavo con Jamie mi sentivo sotto una luce diversa. Mi sentivo osservata da dentro.

Non avevo mai bevuto così tanto in vita mia,
oltre alla tequila e alla vodka si aggiunsero anche vari cocktel con dentro alcolici con il nome sconosciuto.
Beh, io non li conoscevo. Mi girava pienamente la testa, anche Jamie aveva bevuto ma lui sembrava reggere
l’alcool molto meglio di me. Lui era perfettamente in grado di restare in piedi per più di 10 minuti,
io al 3 minuto dovevo già sedermi per riprendere fiato. Lo sento farfugliare qualcosa al telefono,
dopodiché mi prese la mano e mi trascinò fuori dal locale. Non riuscivo nemmeno a formulare una frase,
vidi una macchina arrivare. “Ah, mi sta accompagnando a casa.”

Mi svegliai con il ronzio del mio cellulare nella borsa. Mi svegliai a malapena,
soffocandomi con il cuscino. “No, mi fa male la testa!”
Urlai mentalmente, come se quel pensiero potesse far smettere al mio cellulare di squillare.
Mi alzai mantenendomi suoi gomiti, con ancora gli occhi chiusi. “Uff.”
  La testa mi pulsava da far schifo e mi sentivo lo stomaco sotto sopra. Non avrei dovuto mai bere in quel modo.
 “Maledetta Ariana!” Pensai, appena sentii il vomito salire lungo la gola.
Lei era la causa di tutto quel mio malessere. Presi una bella boccata d’aria. “Non devo vomitare, non devo vomitare.”
Mi ripetevo mentalmente, massaggiandomi la pancia, il ronzio del cellulare smise e io tirai un sospiro di sollievo.
Non volevo alzarmi dal letto. “Niente lavoro, oggi. Jamie si fotte.” Pensai.. “..oh cazzo,  Jamie!”  
Spalancai gli occhi, ricordando lui la sera prima.
  “Merda!” Mi alzai di botto dal letto, notando una cosa sconvolgente..
  «Oh cazzo..» Sussurrai, i miei occhi erano ben spalancati.. e addirittura il vomito era scomparso..
   «Questa non è la mia camera!» 

Ta-da *alza le braccia per fare scena*
Sorprese? Cosa ne pensate? 

SUSU SONO ESTREMAMENTE CURIOSA
DI SAPERE COSA NE PENSATE DI QUESTO! 


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Capitolo 22
*** 22 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 22

 
Presi immediatamente lucidità con la mentre. Per cercare di capire cosa cazzo era successo la notte prima cercando di fare mente locale.
  «Okay: Lavoro, Ariana, festa e.. Jamie!» Scesi alzai dal letto, merda! La mia testa pulsava come se stesse ancora in quella discoteca, il mio vestitino era perfettamente piegato su una sedia all’angolo della camera, quindi io ero praticamente in intimo. “Merda, merda, merda!”
 Il mio cervello divenne un generatore di domande e parolacce.
 «Cosa cazzo è successo ieri notte?»
 «Chi cazzo mi ha portato qui?»
 «Dove cazzo Jamie?»
Ma la domanda più importante era:
  «Sono andata a letto con lui?»
Guardai l’orario, era tardi. Troppo tardi per andare a lavoro.
Vicino al comodino c’era un biglietto.

Grazie della bella serata, nel mobiletto del bagno troverai un aspirina,
prendila pure se non riuscirai a sopportare il mal di testa dal post-sbornia al tuo risveglio.
- Jamie.


Perché questo biglietto mi faceva sentire una sgualdrina?
“’Bella serata’ Ma che cazzo ho fatto la notte scorsa?” Mi avvicinai alla borsetta che era vicino al vestitino, il mio cellulare era bombardato da messaggi e chiamate perse. Tra qui anche molti da parte di Justin. Mi vestii velocemente e andai a casa.

  «Porca troia Selena!» Ariana era sul divano. Sembrava in piena ansia, sorseggiava del te e aveva ancora del trucco sul volto, della sera prima. Ma nonostante tutto era bellissima.
  «Ieri sera sei scomparsa, mi hai fatto prendere uno spavento, ho saltato il college per trovarti, ho chiamato anche Justin, lui è furioso con te!» Esclamò lei.
  «Non gli avrai mica detto che non ho dormito qui!?» Urlai quasi, lei si accigliò per un momento.
  «Certo che no! Ma mi sono spaventata così come lui, gli ho spiegato che..» La fermai. Il mio mal di testa non riusciva a sopportare nient’altro. Mi accasciai a terra.
  «Oh Ariana..» sussurrai, prendendomi la testa fra le mani. Come potevo spiegare ad Ariana e a Justin una cosa che nemmeno io riuscivo a capire?
Il mio cervello era domato dalla fatidica domanda senza risposta.
  “Cos’ho fatto con Jamie? cos’ho fatto con Jamie? cos’ho fatto con Jamie? cos’ho fatto con Jamie?” Fra la disperazione totale e la paura dell’ignoto c’era anche rabbia. “Perché cazzo ho bevuto ieri sera? Perché cazzo ho accettato di ballare con Jamie!?”
  «Ti darò spiegazioni, quando anch’io saprò qualcosa perché Ariana, sinceramente non ricordo niente di ieri sera.» Spiegai, in quel momento ero solamente intenzionata ad andarmi a fare un bagno, mangiare, prendere qualcosa per il mal di testa e andare a parlare con Jamie.. anche se il pensiero che dovevo rincontrarlo e parlargli di ieri sera mi sapeva di un mix di ansia, paura e tristezza allo stesso tempo. Volevo sapere, ma contemporaneamente avevo una paura matta di farlo. “E se mi dice che abbiamo passato la notte insieme?”
  Merda, superai Ariana velocemente, che mi guardava con gli occhi di una che aveva pianto e che non aveva chiuso occhio, e mi diressi nel bagno.

Ero uscita dalla mia casa, come nuova, la medicina mi stava quasi facendo effetto, e il sandwich che avevo mangiato mi aveva anche dato un po’ più di forze. Mi avevo legato i capelli in uno chignon e avevo indossato una tuta comoda e le scarpe da ginnastica, nel caso sarei dovuta scappare dall’ufficio di Jamie. “Non si sa mai.”
  Accesi il motore, ma improvvisamente Justin entrò nella macchina.
Non aveva l’aria del Justin dolce, colui che faceva l’amore con me, aveva l’aria del Justin stronzo quello che mi picchiava e mi insultava ogni secondo. Ci mancava solamente che indossasse la sua giacca di pelle nera.
  «Dove credi di andare?» Il suo tono era serio, freddo. Talmente freddo che mi fece rabbrividire. Sentii l’impulso di mentire:
  «’giorno amore, cavoli ho avuto una serataccia, stavo andando a lavoro.» Sorrisi a finale per risultare più credibile.
  «A lavoro? a quest’ora?» “Wow quando mai Justin è stato così .. attento?” Mi guardava fisso, senza togliere quelle pozze da me, mi guardava e aspettava una risposa.
  «Ieri ho bevuto troppo, Jò. Mi sono svegliata tardi e stavo andando a lavoro per non fare arrabbiare Jamie e dargli spiegazioni.» Mentii di nuovo. “No, cazzo, stavo andando lì perché chiedergli se abbiamo scopato!!” Nel profondo del mio cuore sapevo che con lui non ci avevo fatto sesso, forse perché non ricordavo di averlo fatto quindi.. questo mi faceva sentire pulita.
  Justin continuò a pugnalarmi con quel suo sguardo ma poi si addolcì «Amore non bere, se poi devi stravolgerti la giornata.»
Tirai un sospiro di sollievo, era di nuovo il Justin dolce.

Non andai a lavoro, Jamie poteva aspettare. Adesso volevo solo stare con Justin e rilassarmi mentalmente e dimenticarmi solo almeno per un secondo che la notte scorsa mi ero ubriacata e avevo dormito con uno sconosciuto.. o quasi. Uff, com’era frustante non sapere niente. Fare le cose e non ricordarsele.
  Andammo a casa di Justin, aveva detto che mi doveva dire una cosa importante.
  «Ho incontrato mio padre.» Confessò, appena fummo sul suo divano abbracciati, a mangiare cioccolatini. Lo guardai come per farlo continuare. «E’.. come me. Ha anche lui dei tatuaggi.» Mormorò sorridendo a malapena.
  «Dove l’hai incontrato?»
 «Mi ha chiamato ieri per un appuntamento. Ricordi che te ne avevo già parlato?» Annuii, «Beh mi ha detto che ha anche ricominciato a parlare con mamma e riappacificare i rapporti. Sembra un tipo simpatico.. ha detto che non mi ha parlato per tutto questo tempo perché in parte era mia madre che non voleva e in parte era lui, che aveva paura di incontrarmi. Non era pronto..»

Il pomeriggio passò velocissimo, quando stavo con Justin il tempo sembrava scorrere più velocemente. Justin mi riaccompagnò a casa dopo aver pranzato da lui. Quando entrai dentro Ariana mi stava aspettando: «E’ arrivato un tipo che ti cercava..» Mormorò con uno strano tono. «Ha detto di chiamarsi Jamie..» aggiunse, e mi si congelò il sangue.  «Ha detto qualcosa?» Chiesi con la voce che lasciava trasparire ogni mia singola emozione.
 «Stai bene?» Chiese, scostai la testa. “No. Merda. Non è evidente?”
 «Mi spieghi vero cos’è successo adesso?» Disse, come se lei sapeva che le cose non andavano nel verso giusto.

Gli raccontai tutto, lasciandomi andare in un piano isterico pieno di paura, gli avevo detto che mi ero svegliata nel letto del mio capo,
il mio 25enne capo, e che avevo bevuto troppo e non ricordavo se ci ero andata a letto o no.
Lei aveva ascoltato tutto senza fermarmi. Annuiva e mi lasciava parlare.
  «Vorrei parlargli e chiedergli spiegazioni..» sussurrai.
  «Ma sei attratta da lui?» Chiese. Quella domanda mi rimase per qualche secondo sotto shock.
  «Beh.. è un bell’uomo l’hai visto con i tuoi occhi..» Mormorai.
Lei annuì per confermare. «Ma appunto è un uomo, è troppo grande.» Aggiunsi.
    «Vai da lui, parlagli. Chiarisci tutto. È la cosa migliore.»
  «E se mi dice che abbiamo passato la notte insieme?» Sbiancai al pensiero.
  «Troveremo una soluzione.»

Ciao come va? :)
Fatemi sapere cosa ne pensate. 
Vi aspetto. 
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Capitolo 23
*** 23 ***


Il ragazzo che aspettavo. 
Capitolo 23

 
Andai al pub, Ros era dietro il bancone e nel vedermi si illuminò quasi:
«Hey, Selena tutto bene? Perché non sei venuta stamattina?» Chiese, non la risposi.
La ignorai con un gesto della mano facendogli capire che avevo cose più importanti da fare.
 Taylor come sempre era in silenzio nella sua zona a pulire i tavoli.
Andai dritta nell’ufficio di Jamie. Aprii la porta senza bussare e me la chiusi alle spalle. Lui era a telefono.
Indossava una tuta grigia e una t-shirt bianca aderente. Era bellissimo. Nel guardarmi sgranò un po’ gli occhi:
   «Hey Mark ti richiamo fra un po’.» Mormorò per poi staccare subito. «Sai.. mi hanno insegnato a bussare alle porte prima di entrare quando avevo 5 anni.» Disse calmo, poggiando il telefono sulla scrivania.
«Dobbiamo parlare.» Enunciai, cercando di non lasciare trasparire le mie emozioni tramite la voce.
  Mi sedetti sulla sedia di fronte a lui. Lui piegò leggermente la testa di lato aspettando che io parlassi.
  «Passato il mal di testa?» Chiese premuroso.
  Lo ignorai, il suo essere gentile mi faceva innervosire.
  «Cos’è successo ieri sera?» Domandai, lui sembrò sorpreso dalla mia domanda.
  «Perché vuoi saperlo?»
  «Se mi ricordassi qualcosa non starei qui a chiedertelo.» Replicai calma.
  «Dunque non ricordi niente..» Mormorò per chiarire.
Annuii. Il mio respiro si fece accelerato e tentai di calmarmi passandomi entrambe le mani sulle cosce. Lentamente. Come per massaggiarmi e lasciar scivolare via il nervosismo. Lui si sfregò il mento con le dita.
  «E cosa vuoi sapere in particolare?» Domandò.
O diamine quest’uomo rendeva le cose più difficili.
  «Tutto.» Mormorai.
  «Bene.. sono venuto a fare una controllata nel mio locale. Tu eri lì da sola, mi sono avvicinato e abbiamo ballato.» Disse.
  “Fine e qui ci siamo, questo lo ricordo anch’io.” Pensai.
Lo guardai per farlo continuare. «Poi ti ho portato a casa mia..» Pronunciò quelle parole in uno strano modo, come per farmi stare in agonia. “Merda Jamie, sputa il rospo!”. «Eri molto.. fuori di te.» Disse. «Non ho mai bevuto in vita mia, non sono aiutata all’alcool.» Dissi a mia difesa. Lui annuì. «Lo so.»
   Avrei voluto chiedergli come lo sapesse. “Chissà quante cazzate ho detto con la bocca.” Non ero responsabile delle mie azioni.
  «Comunque.. arrivati a casa mia, hai.. iniziato a cantare.» Sorrise a quel ricordo. «Hai una bella voce comunque, complimenti.»
  «Sai cosa me ne faccio dei tuoi complimenti?» Mormorai sarcastica, lui si finse offeso.
  «Oh, ma che dolce che sei.» Disse ironico.
  «Vai avanti.» “Mi dispiace per te Jamie, ma non riesco a trovare niente di divertente in tutto questo!” Gli urlai contro, mentre lui aveva un sorriso sulle labbra.
  «Poi ti sei spogliata.. e un altro complimento per te, Selena, hai un corpo fantastico..» Questa volta la sua voce non era sorridente.. era bassa, vellutata e sapeva di lussuria. “Merda.”
 «Okay, domanda..» Dissi fermandolo. Mi dimenai sulla sedia, ed ecco arrivare la domanda da un milione di dollari.
  «Siamo andati a letto insieme?» Chiesi. Restando impassibile. I suoi occhi si dilatarono a vista d’occhio. Come se avesse ricordato qualcosa di piacevole per lui. La sua bocca si piegò in un leggero sorriso. «Allora?»
  «Credimi..» farfugliò. «Se ti avessi scopato non saresti in grado di camminare.» Lo disse nel modo più stronzo ma ed erotico allo stesso tempo. “Oh.” Era un gran sollievo sapere che io e lui non avevamo combinato niente ma all’udire quelle sue parole chiusi istintivamente le gambe sentendo un piacevole brivido accarezzarmi il corpo in un secondo.
  «Avrei voluto.» Aggiunse dopo un po’.
  «Mi dispiace per te.» Dissi alzandomi dalla sedia. «Grazie per la sincerità.» Mormorai, adesso avevo voglia di andare via. Scappare e dire ad Ariana che non era successo niente. “Wow” Ero pulita.
Quel pensiero mi ridiede 10 anni di vita, mi sentivo bene con me stessa. Finalmente.
  «Però.. la tua lingua ci sa fare.» Confessò.
“Bam.” Il colpo finale. Mi bloccai sul posto. Merda.. forse.. non ero così tanto pulita.
  «Mi hai baciato.» Mormorò. «Sei davvero brava a farlo pensavo che per una della tua età..»
  «Basta Jamie.» Lo fermai. «E’ solo un bacio.»
Lui annuì per confermare. «Peccato..» Mormorò.
   «Ci vediamo domani allora.» Dissi,
lui annuì. «Oggi sei giustificata per la tua assenza a lavoro.» Farfugliò, ritornando improvvisamente ‘il capo’.
Annuii. «Grazie. A domandi.» Ripetei.

Ritornai a casa. Nonostante non fossi andata a letto con Jamie, mi sentivo una palla al piede. “Diamine.” Potevamo andare a letto se avessi prolungato il bacio, menomale che mi ero addormentata..
  Ariana aspettava proprio me.
  «Allora com’è andata?» Chiese.
 «Niente sesso.. solo un bacio.» Confessai, lei fece un gesto con la mano: «Ah, niente di grave. Dimentica tutto e non ubriacarti più.»
Mormorò e mentre lo diceva mi più mi sentivo in colpa. Anche per questa piccolezza.. beh infondo era solo un bacio.

Quando ritornai di sopra analizzai tutte le frasi di Jamie.
 “Se ti avessi scopato non saresti in grado di camminare.”
 “Avrei voluto.”
 “Però la tua lingua ci fare.”

Merda.. quell’‘avrei voluto’ mi aveva fatto uno strano effetto. Come se una parte di me, quella irragionevole e irresponsabile, lo voleva.
  Certo Jamie era estremamente attraente, ma non potevo non pensare che se fosse successo qualcosa con lui non ci sarebbe stato amore, almeno non da parte mia. Il mio cuore non era nel mio petto, ce l’aveva Justin. Lui era il mio amore.
 
«Oh finalmente!» Esclamai appena vidi Justin entrare in camera mia. L’avevo chiamato in fretta e furia. Sentendo improvvisamente voglia di lui.. e di dimostrare quando l’amavo. Non gli avrei mai detto quello che era successo con Jamie, per un piccolo errore commesso nell’inconsapevolezza.. dell’alcool.
   «Selena.» Sussurrò con voce ardente e bassa. Anche lui aveva voglia di me, lo sentivo. E lo vedevo, anche, dal modo in cui mi aveva afferrato subito appena entrato dalla porta.
  Justin mi gettò sul letto, con un rapido abbraccio, lui si addentò su di me, le sue mani mi accarezzavano la pelle, i miei erano nei suoi capelli. «Piccola.» Mormorò, baciandomi sotto al collo. Mi spogliò subito, ed io spogliai lui.
   Mi aprì le gambe e si infilò nel mezzo, per poi scivolare in me.
Lanciai un gemito appena arrivò a fondo. “Cazzo.”
  Questa sensazione mi faceva sentire bene ogni volta. Com’era possibile? Una parte di me si domandava se l’avessi fatto con Jamie avessi provato le stesse sensazioni. “Boh.” Meglio rimanere nel dubbio. Justin incominciò a muoversi più veloce, stuzzicandomi il seno. Era ancora straordinario ai miei occhi vedere come eravamo estremamente compatibili, come ci univamo così.. bene.
 
Mi infilai nella doccia, dopo aver ammirato il profilo di Justin rilassato e addormentato nel mio letto.
Era deliziosamente nudo e amavo ogni centimetro di lui. L’acqua calda mi lavò di tutto lo stress di quella giornata.
Facendomi sentire ancora meglio, dopo quell’orgasmo fatale di poco prima.
 Uscii e mi vestii, preparando la cena.

Ero di nuovo in quella casa, di nuovo da Jamie. Ma stavolta ero cosciente. “Io so che sono qui.”
Quel pensiero mi fece paura. Ero arrivata lì all’improvviso, entrando in macchina, imboccandomi nel traffico.
Ero di nuovo in quella casa, di nuovo da Jamie.
  «Vieni qui.» Jamie era nudo. Completamente.
Ed era bello, attraente. «Avanti, vieni qui.» Ordinò.
  Mi avvicinai piano, sentendo improvvisamente le gambe di gelatina.
Mi sentivo Icaro, stavo camminando troppo vicino al sole, stavolta mi sarei bruciata.
E infatti, ero nuda sul suo letto, lui ci andava pesante, lui però era bravo, io avevo caldo, caldissimo. No..

Rieccomi, allora...
cosa ne pensate?
VORREI DARVI UNA PICCOLA NOTIZIA. 
- FORSE SCRIVERO' UN SECONDO LIBRO DI QUESTA STORIA.
Ma vi ripeto, non è sicuro al 100% perché non vorrei annoiarvi
con la stessa storia e le stesse persone çç 


....ma quanto amo quel sorriso. 
PS: WATTPAD: X 
pss: Ho tradotto le due interviste che Justin 
ha fatto da Ellen. 
Se volete vederle ecco i link:
-  PRIMA INTERVISTA. 
- SECONDA INTERVISTA.

 

 

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Capitolo 24
*** 24 ***


Il ragazzo che aspettavo.  
Capitolo 24

 «NO!» Lanciai un urlo, aprendo violentemente le palpebre.
Ero nel mio letto, fortunatamente, niente Jamie, niente sesso.
  Justin si era svegliato a causa del mio urlo. «Scusami.» Mormorai.
 «Ho avuto un incubo.» Aggiunsi. Lui mi accarezzò la guancia e poi ritornò a dormire. Erano le 4 del mattino.
  “Oddio.” Quel sogno mi aveva spiazzata. Quel Jamie stava prendendo il sopravvento nella mia vita, stava diventando qualcuno.
 “NO..NO!” Scacciai quel pensiero. “NIENTE JAMIE!” Mi urlai mentalmente. Mi alzai dal letto e inspiegabilmente non riuscivo a camminare.
“Oddio.” Mi vennero i brividi.
  «Se ti avessi scopato non saresti in grado di camminare..» Sussurrai. E nel ricordare quella frase, dentro di me si accese l’ansia.
Ed una piccola parte di me non voleva andare a lavorare, e soprattutto non voleva incontrare Jamie.

  Avevo detto a Justin che dovevo andare dal ginecologo per un controllo. Il suo viso aveva perso un po’ di colore appena gliel’avevo detto. «Tranquillo, non sono incinta.» Lo rassicurai, ridendo calorosamente per la sua faccia pallida.
  «Ti accompagno io. A che ora?» Propose gentile,
  «Vienimi a prendere quando ho le ore di spacco a lavoro.» Uscii dall’auto e lo baciai. Entrando nel locale e immergendomi nel lavoro, cercando di evitare Jamie.

Taylor era alla solita postazione, Ros era un po’ arrabbiata con me per il modo in cui non l’avevo calcolata quando ero andata da Jamie.
Quindi in silenzio, ognuno svolgeva il proprio lavoro.
Più tardi nel pomeriggio all’ora di pranzo, mi incamminai man mano a casa di Justin, ignorando lo sguardo di Jamie e soprattutto la sua proposta nell’andare nel parco tutti insieme come l’ultima volta..
  “Chissà cosa sta facendo Justin..” Pensai, imboccando il suo viale. Mi aveva inviato un messaggio con su scritto che non poteva venirmi a prendere.. chissà perché..
  Justin era affacciato alla finestra del piano di sopra, stava fumando.
Presi il cellulare e lo chiamai.
  «Selena!» Esclamò lui con dolcezza.
  «Jò, che stai facendo?» Domandai, guardandolo di sottecchi da sotto casa, lui non mi aveva visto. Dun’tratto si fece cupo.  
  “Ma che..” C’era qualcosa che non andava, mi stava nascondendo qualcosa. “Ma cosa?” Mi chiesi,
  «Emh.. sono appena tornato dal lavoro, sono un po’ stanco.» Mormorò con uno strano tono di voce.
  «Mmh.. capisco..» Mormorai anch’io. «E’ tutt’ok?» Domandai.
Lui non rispose subito. «Justin..?»
  Lo guardai, stava guardando dentro.. stava ascoltando qualcuno. Lui non era solo. Il mio cuore stava incominciando a pompare più velocemente. Sentivo che stava per succedere qualcosa di estremamente spiacevole. E infatti..
  «Amore ti devo lasciare, ti vengo a prendere quando esci da lavoro.» Riattaccò senza aspettare una mia risposta. 
  E poi.. guardai Justin.. e una ragazza. Lui le sorrideva.
Mi accasciai a terra. Sentendomi improvvisamente persa, come se la terra sotto i piedi si stesse frantumando. “Oh..” Mi portai una mano al cuore. Mi sentivo tradita. Umiliata. Sfruttata.
  “Il mio Justin.. no..” Respiravo a fatica, cosa mi stava succedendo?
Chi era quella ragazza?.. Era bella, bellissima. Sembrava una modella uscita da una rivista. Aveva i capelli lunghi castani che gli ricadevano a onde perfette sulla schiena, indossava un top.. intimo. Aveva anche un bel seno.. Justin sembrava stare bene in sua compagnia. La ragazza aveva un bel sorriso. Io non ero niente a confronto a lei..
  “Dio! Chi sei!? Stai lontana dal mio Justin!!” Gli urlai mentalmente, lanciando di nuovo uno sguardo ai due .. ovviamente non mi sarei fatta notare. Justin la prese in braccio, sentii un gridolino arrivare alle mie orecchie. Strinsi i pugni.
  La delusione si trasformò in rabbia. “Mi hai tradita eh?” Era ovvio che Justin se la fosse portata a letto, andiamo! Lui infilava il pisello ovunque! Me ne andai, evitando una scenata, e ritornai al parco. Dove Jamie, Ros e Taylor parlavano tranquillamente.
  «Hey Sel.. tutto bene?» Chiese Ros, notando il mio cambiamento d’umore. “NO! Il mio fidanzato mi tradisce!”
  «Sto bene.» Risposi secca. Lei ritorno alla conversazione con Taylor, Jamie mi guardava. Con quello sguardo intenso che faceva paura. Uno di quelli sguardi che ti fanno tremare le gambe.
  Lui piegò leggermente la testa di lato e mi invitò a parlare in privato. «Okay.» Mormorai, allontanandomi da Ros e Taylor.
  Incrociai le braccia.
  «Tutt’ok? Cos’è successo?» Chiese, con un tono autoritario.
  «Cosa ti fa pensare che sia successo qualcosa?» Risposi con una domanda. Lui accennò un sorriso e sospirò.
  «Sei uscita dal locale con bel sorriso sulle labbra. Adesso sei qui.. e sembra che un demone ti stia mangiando viva.» “Wow.” Jamie ci sapeva fare con le parole. Mi morsi il labbro inferiore, cogliendo la verità in quella frase.
  «Complicazioni.» Risposi semplicemente.
Lui guardò l’orologio. «E’ ora di andare a lavoro.» Enunciò alzando un po’ la voce per farsi sentire anche da Taylor e Ros.
  «Ah senti Jamie..» Lo fermai, lui mi guardò. «Per favore mi daresti un passaggio a casa dopo il lavoro?»

Tutto stava procedendo secondo i piani. “Sì, sono una stronza.” Pensai, mentre finii il turno e mi preparai per entrare in macchina di Jamie. Avrei dato un bel palo a Justin. Sì. “Sono una stronza.” Ripensai fra me e me. Avrei ricambiato semplicemente con la stessa moneta. Lui era andato a letto con lei.. ed io ci sarei andata con Jamie.. se ce ne fosse stata l’occasione. Andai in bagno mi sciolsi la coda e mi feci prestare da Ros i suoi trucchi che portava sempre con se. «Ti fai bella per Jamie?» Scherzò lei. “Mmh.. forse.” Sorrisi fra me e me. Non la risposi, mi misi un po’ di matita e il mascara per poi il lucidalabbra e un po’ di colore sulle guancie.
 
Jamie mi aprì la portiera ed io entrai. Mi congratulai mentalmente per aver indossato il mio jeans preferito. Era bello stretto. 
  La macchina profumava di Jamie, era un bel profumo fresco e leggero. Jamie si mise alla guida e partì.
  «Dove ti porto?» Chiese dolcemente. Con un leggero sorriso sulle labbra. Imitando Jack in Titanic.
  «Non su una stella..» Scherzai, lui rise. Quella risata coinvolse anche me. Lo guardai, aveva un filo di barba sul volto, ed era bello da morire. Era l’opposto di Justin. Justin era biondo e chiaro, lui era bruno con i capelli marrone scuro e gli occhi grigi.
  «Vuoi venire da me?» Chiese, cambiando il tono di voce. Era bassa e seducente. “Okay.. merda.” Ce l’avrei fatta? Sarei stata in grado di tradire Justin?

La casa di Jamie era perfettamente come me la ricordavo. E improvvisamente ebbi un flashback, ricordando il sogno di stamattina. “Oh..” Jamie si tolse la giacca e la ripiegò in ordine, appoggiandola sull’enorme divano che aveva in salone. Poi tolse la mia, e la mise accanto alla sua.
  «Posso offrirti qualcosa da bere?» Chiese gentile. Annuii,
  «Ti va bene vino?» Chiese di nuovo. Annuii nuovamente. Erano le 21 di sera. “Merda l’appuntamento con il ginecologo!” Ricordai, presi il cellulare dalla tasca e scrissi come promemoria di richiamare il medico per un altro appuntamento domandi. Poi inviai velocemente un messaggio a Ariana con su scritto che non sarei venuta a cenare a casa.
  Da: Ariana.
Dove sei allora?

Ad Ariana:
..non da Justin.

Risposi semplicemente, riportando attenzione a Jamie che era ritornato in salone con due calici di vino rosso.
Buttai giù qualche sorso. Era delizioso.
  «Okay.. cosa ti va di fare?» 
 


Ciaoo rieccomi. 
Cavoli, ragazze ho visto il film 50 SFUMATURE DI GRIGIO.
E' davvero... intenso... 
Allora,cosa ne pensate del capitolo? 
Illuminatemi u.u

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Capitolo 25
*** 25 ***


 Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 25
 
La serata stava scorrendo liscia, Jamie era veramente simpatico e di buona compagnia.
A pare in alcuni momenti che sapeva veramente mettermi a disagio.
Tipo quando faceva doppi sensi, o quando mi inchiodava con quelle due pozze oscure chiamate occhi. 

  Ero al terzo calice di vino, accompagnato dalla cena che aveva appena finto di mangiare.
Un’altra cosa che avevo capito era che era ricco sfondato. Aveva una donna delle pulizie e anche un’autista. 
La donna ci aveva gentilmente preparato la cena: pasta con le vongole; bistecca e insalata. Era stato tutto semplicemente delizioso. 
  Jamie mi lanciava sguardi e sembrava volermi parlare con gli occhi. Peccato, che non riuscivo a decifrare niente.
  Erano le 23:15. Jamie mi aveva spiegato che oltre a Taylor aveva anche una sorella, Rosalia. Io gli spiegai che non avevo una madre e che mio padre era andato a vivere a Londra con la nuova compagna, e quindi vivevo da sola. 
  «Si sta facendo tardi..» Mormorai, lanciando uno sguardo al telefono. Lui annuì per confermare.
  «Non voglio che vai via.» Ammise. Mi bloccai. “Oh.” Per qualche strana ragione nemmeno io volevo andare via. Sorrisi e lui ricambiò io sorriso piegando leggermente la testa di lato e curvando gli angoli della bocca. «Devo andare in bagno..» Farfugliai, volevo guardare il mio aspetto allo specchio, e prendere un po’ lucidità. Quel vino era un po’ pesante e stavo per sentire i primi effetti nella non-coscienza. 
  Jamie me lo indicò gentile ed io mi avviai, sentendo il suo sguardo su di me. 
  Avevo gli occhi lucidi, e le guancie leggermente arrossate. Per il resto, il trucco era ancora intatto (stranamente). Sentivo l’adrenalina in corpo, come se lui avesse già previsto cosa avrei fatto. 
  Ritornai di la, Jamie non c’era.
  «Vuoi giocare a nascondino?» Scherzai, alzando la voce per farmi sentire. Quell’appartamento era enorme sembrava una galleria d’arte. Era moderno e tutto all’ultima moda. Sembrava tutto costoso. Jamie non si mosse, ma lo sentii sorridere. Probabilmente era in cucina. 
  «Mmh. Okay.» Scherzò lui a sua volta.
 «E se ti trovo che succede?» Flirtai con lui, facendo il gioco più arduo. Lo sentii sorridere di nuovo. 
  «Mi dai un bacio.» Propose lui. 
  “Oh.. okay..” «Va bene.» Accettai la ‘sfida’. 
  «Okay..» Disse lui: «Se non mi trovi sono dietro la porta.»
Mi incamminai piano verso di lui, era dietro la porta della cucina, come previsto, aveva un sorriso trionfale sulle labbra.
  «Sei sleale.» Mormorai, lui rise. Mi avvolse la vita con un braccio attirandomi a lui. 
   «Allora?» Strinse la presa, attirandomi ancora più vicino a lui.
   «Dov’è il mio bacio?» Chiese, sorridendo ma allo stesso tempo con la voce bassa e sensuale. 
  Mi alzai sulle punta, per arrivare al livello delle sue labbra. Ma volevo fare la difficile, quindi mi scansai e gli stampai un bacio sulla guancia. Sentendo i piccoli peli pizzicarmi le labbra. Lui fremette.
  «Anche tu sei sleale.» Sussurrò. 
Risi. «Adesso ti faccio vedere io!» Disse, prendendomi improvvisamente in braccio, lanciai un urlo. 
  «Jamie!» Urlai, mi portò al piano di sopra nella sua camera. “Oddio.” Mi stese sul letto e si mise sopra di me, mettendomi le mani ai lati della testa. 
 «Dammi il mio bacio.» Disse con tono serio, ma scherzoso. 
  Scostai la testa, «Cosa mi dai in cambio?» Chiesi.

Ero nuda sotto di Jamie, proprio come nel mio sogno.. stavo aspettando Jamie che indossasse la protezione. “Diamine.” Mi schiaffeggiai mentalmente.
Quel bacio ci aveva portato a questo. Ci aveva portato al spogliarci in due secondi e a desiderarci. Jamie ci sapeva fare e come. 
  Dopo aver messo a posto il tutto, ritornò su di me, mi lasciò una scia di baci lungo tutto il collo fino ad arrivare fra i seni. Sentivo la sua barba pizzicarmi e il desiderio divorarmi tutta.
  «Jamie..» Lo chiamai, la mia voce era una supplica. «Ma non stiamo sbagliando?» Chiesi. Lui non rispose si limitò a fare un ruggito nella gola. 
  «Non dovrei scopare il mio capo, no?»
  Lui alzò la testa e mi guardò. Fermando la sua dolce tortura.
  «Dove vuoi arrivare Selena?» Chiese.
  «Voglio solo che mi rispondi.»
  «No, Selena, non stiamo sbagliando. Tranquilla, scopa pure il tuo capo quanto vuoi..» Mormorò sorridendo. Un sorriso che non coinvolse gli occhi. 
  Non risposi. “Fanculo.” Infondo ero qui, nel suo letto, anche a causa di Justin per fargliela pagare. “Oh ma che stronza che sono.” Mi dissi, ma stavolta non ne ero più tanto orgogliosa.
Iniziai ad assecondare i baci di Jamie.. stavolta ero cosciente, stavolta avrei ricordato tutto. E forse i sensi di colpa sarebbero stati più pesanti dell’ultima volta!
 “Oh diamine!” 
Lentamente Jamie scivolò dentro di me ed io lanciai un urlo. 
  “Wow.” Che sensazione di pienezza. Merda.. avevo tradito Justin. Una parte di me voleva piangere fino a perdere i sensi, mentre l’altra ne era felice. “Adesso saprai come mi sono sentita!” Urlai mentalmente. 
Sentivo il suo respiro mozzato ad ogni spinta veloce, incominciai ad andare in contro a quelle spinte, fino ad arrivare al culmine. 
Fino ad arrivare e basta.

Erano le 3:32 quando lasciai quella casa.
Quando Jamie mi aveva riportato a casa, quando io avevo rifiutato la sua offerta di rimanere da lui.
  «Ci vediamo giovedì allora.» Disse, ritornando serio.
 «Okay. Notte Jamie.» Uscii dall’auto, sentendomi improvvisamente senza emozioni. Ero vuota.. probabilmente come le palle di Jamie dopo quell’orgasmo. “Cazzo.”
  Quando rientrai in casa, Ariana era addormentata sul divano con un libro sulla faccia. Glielo tolsi e lei si svegliò subito.
  «Che ore sono?» Chiese, guardandomi vestita.
 «E’ tardi vai a letto.» Farfugliai.
  «Dove sei stata?»

Non potevo resistere al 3 grado di Ariana. Anche se era assonnata era sempre avida di informazioni. Le avevo detto che ero appena tornata da casa di Jamie, dopo una bella scopata. Jamie aveva ragione.. camminavo un po’ goffamente. 
  Ariana sgranò gli occhi all’udire la mia confessione.
  «E Justin?» Domandò.
Mi arrabbiai, sentendo il suo nome.
  «Mi ha tradita, l’ho visto.. è per questo che sono andata da Jamie.» Dissi. «Che stronza!» Esclamò un po’ divertita.
 «Lo so!» Esclamai anch’io.
  «E adesso con Justin?» Chiese..
 «E’ finita, Ariana, è finita.»


Okay, quando ho scoperto che avevo cancellato il libro, mi sono odiata a morte. 
Volevo uccidermi. Ma fortunatamente, ho scaricato un programma
(Recuva) che mi ha recuperato il file cancellato.
Adesso, sono felice e non voglio più uccidermi xD 
  Allora, cosa ne pensate?
Siate sinceri. Accetto le critiche. 


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Capitolo 26
*** 26 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 26.

 
Avrei passato la mia giornata libera lontano da Jamie e Justin.
I due uomini che erano entrai nella mia vita come una folata di vento violenta e avevamo spiazzato tutto.
Mi ero autodistrutta.
 
  I primi sintomi dei sensi di colpa si stavano manifestando.
Mi sentivo mancare l’aria ogni volta che ricordavo Jamie, soprattutto quando camminavo che mi sentivo strana.. beh lì.
Avevo richiamato il dottore, e infatti, mi stavo avviando da lui, mentre tentavo di non rispondere alle chiamate di Justin e ai messaggi. Me ne stava mandando uno dietro l’altro. Era furioso perché non ero all’uscita dal lavoro, probabilmente aveva capito che andata via con Jamie. E poi era anche preoccupato.
  Mi aveva scritto:
Dobbiamo parlare.

Ma non avevamo niente da dirci.. o meglio, io non avevo il coraggio di farlo. Dopo la visita pagata un po’ cara, il medico mi aveva detto che stavo bene e che se avessi voluto avrei potuto prendere la pillola del giorno dopo, ma avevo ignorato tutto scappando (quasi) via dall’imbarazzo da quello studio.
  Quando ritornai a casa, misi in ordine tutto.
Lavando casa da cima a fondo e cambiando anche l’ordine di alcuni immobili nel salone e nella mia camera.
Quella di Ariana non l’avevo toccata.. non volevo invadere la sua privacy.
  Avevo anche preparato il pranzo, la mia coinquilina sarebbe arrivata a momenti dal college.
Aveva scelto di non aderire all’uso del dormitorio, visto che aveva casa vicino e anche perché era un inutile spreco di soldi, e perché aveva più spazio e privacy qui.

La mia pasta al pomodoro era squisita, così come il secondo. Ariana aveva ripulito via i piatti in pochi minuti.
  Indossava un top verde e un jeans con le ballerine.
  «Come va a scuola?» Domandai per iniziare una conversazione,
  «Bene, i prof sono.. accettabili e i ragazzi anche.» sorrise.

Il pomeriggio, più tardi, chiamò mio padre.
  «Oh papà!» Esclamai sentendo la sua voce.
  «Tesoro! Come va la tua vita da donna indipendente?» Sembrava radioso e veramente felice. “Almeno lui..” Pensai.
  «Tutto bene.» Esitai a rispondere. Avevo voglia di piangere.. mi mancava più di quando mi aspettavo.
  «Amore ti sembra prematuro se ti chiedo di venirmi a trovare? Mi manchi, e poi.. io e Sarah abbiamo deciso di sposarci!» Esclamò dopo un po’ sentendo il suo sorriso in un sussurro.
  «Oddio! Sì!» Urlai dalla gioia, e iniziai a piangere..  
  «Tesoro, perché piangi?» Il suo tono di voce cambiò: «Tutto bene con Justin? E il lavoro? Amore mio non farmi preoccupare!» Farfugliò.
  «Oh papà.» Iniziai a singhiozzare, volevo scappare via. Da tutti, anche da me stessa.. se solo fosse stato possibile.
  «Amore vieni qui, parti il prima possibile prenditi una vacanza se per te è troppo.» Mugolò con la voce tremante anche lui.
  «Ci penserò papà. Ci penserò.» Ripetei.
  «Va bene –Eric!- Amore ti devo lasciare, fammi sapere se vieni. Un bacio.. ti voglio bene.» Sentii la voce di Sarah chiamarlo,
  «Certo papà, ti voglio bene anch’io..» Mugugnai ancora in singhiozzi.
  «E non piangere!» Esclamò prima di riattaccare.
Ariana entrò in camera con un bel sorriso e appena mi vide si fece cupa.
  «Hey Sel..» Si sedette accanto a me. «Tutto bene?»
Le lanciai uno sguardo torva. “Ti sembra forse che sto bene!?” Esclamai dentro di me. «Parlami.. su.»
  «Ariana.. io.. uff.» Non riuscivo a dire niente, ero in preda ad una crisi. Stavo piangendo per tutto quanto.
Volevo parlarle, ma non sapevo da dove iniziare.. e sputai la prima cosa che mi venne in mente e che probabilmente mi faceva più male.
  «Oh Justin.. mi ha tradita!» Urlai quasi, esplodendo in un pianto esagerato, forse.. mi faceva male la gola a furia di singhiozzare, urlare e lacrimare al tempo stesso. Ariana mi ascoltava senza fermarmi, come sempre e da brava amica mi consolava.
  Io le spiegai tutto, che ero andata fuori casa di Justin, ma l’avevo visto con un'altra, e che poi la sera ero andata da Jamie.
  «Oh Selena vieni qui.» Mi avvolse in un abbraccio caloroso, ed improvvisamente smisi di piangere. “Diamine..” Era proprio quello che desideravo.

Mi svegliai di soprassalto: “Cavoli mi sono addormentata!” . Mi alzai dal letto e controllai l’orario. 22:35.
Sentivo delle voci provenire dal piano di sotto, aprii la porta piano e scesi le scale.
  Non me lo sarei mai aspettata.
Jamie era lì. Con la mano sinistra infilata nella tasta dei jeans mentre con l’indice della mano destra faceva girare le chiavi dell’auto. Avevo i capelli spettinati che gli ricadevano sulla fronte e uno sguardo grigio e cupo. Guardava Ariana probabilmente arrabbiato.
  Sbirciai prima di scendere.
  «Sta dormendo! Lasciala in pace ti ho detto!» Ariana era ferma davanti a lui con le braccia incrociate al petto, come se non volesse farlo passare. Jamie sbuffò.
  «Ho bisogno di vederla.. ti prego.» Sembrava esasperato, probabilmente era qui da molto tempo e Ariana non si decideva a farlo salire. “Cosa vuole?” Era la prima domanda che mi si accese nella mente. Avanzai di passo, facendo scricchiolare il parquet ed entrambi alzarono lo sguardo. “Santo cielo.”
  Jamie mi inchiodò al suolo. Lessi in quelle due pozze il desiderio che aveva per me, si riprese visibilmente nel vedermi e quasi gli si illuminò il viso.
  «Selena..» La sua voce era un dolce sussurro, scesi le scale. Ariana ci guardava impassibili, senza una parola. Probabilmente anche lei aveva captato cosa c’era fra di noi.. qualcosa senza nome.
  «Se non lo vuoi, lo sbatto subito fuori.» Disse Ariana, ritornando in sé. “Se non lo vuoi..” Come se fosse un oggetto.
  «Tranquilla..» Mormorai, e intanto non riuscivo a distogliere lo sguardo da Jamie. Lui mi guardava a sua volta.
  «Posso salire?» Chiese avvicinandosi a me, sfiorandomi con le dita della mano al guancia. “Oh.. Jamie..”

Salve, rieccomi.
Che ve ne pare?
:) recensite se vi va' :) 


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Capitolo 27
*** 27 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 27

 
Nel risalire nella mia camera, Jamie aveva lasciato una scia del suo profumo per tutta casa.
Era una cosa inebriante che probabilmente anche Ariana aveva percepito.
  Jamie si era accomodato sul mio letto, guardandomi ancora in silenzio.
  «La tua coinquilina è pesante eh?» Domandò ironico dopo un po’.
Sorrisi: «Un po’.» Mormorai.
  Lui abbozzò un sorriso, lo guardai come per farlo sputare il rospo.
  «Io..Selena..» Esitò prima di parlare.
Jamie sembrava diverso, era uscito dalla sua veste da ‘capo’. Adesso era un semplice 25enne.
  «Okay..» Si alzò dal letto e si mise di fronte a me, fece un respiro profondo, poi parlò: «..ho 25 anni. Sono stato con tante ragazze, alte, basse, bionde, brune.. con tutte una storia da una notte. E basta. Proprio come quella con te, le inviato a uscire e poi le portavo a casa..» Spiegò. “Ma perché?” Mi sentivo leggermente offesa, come se io fossi entrata in quella sua lista segreta.
  «Selena, non sono un tipo romantico.. quindi ti sto comunicando con parole decisamente dal cuore, senza giri di parole e romanticismo..» Continuò.
  «..perché mi stai dicendo questo?» Domandai.
Lui alzò lo guardo verso di me. “Santo cielo.” Ma perché avevo questa fissa per gli occhi? Precisamente per quelli di Jamie e di … Justin.. “Oh Justin..” Non mi aveva proprio rintracciata.. forse era arrabbiato .. o semplicemente se la sta passando con quella “modella da rivista”. Strinsi i pugni a quel ricordo e riportai l’attenzione a Jamie.
  «Perché ti sto dicendo questo?» Lui scoppiò in una risata, nervosa.
Lo guardai torva: «Potrei risponderti in tantissimi modi, Selena.» Disse, «Perché da quando sei entrata nel mio locale mi hai schiaffeggiato il cuore, perché i tuoi occhi mi accarezzano ogni volta che mi guardi, perché non riesco a toglierti dalla mente, perché da quando ti ho visto non conosco nessun’altra più bella di te, perché mi sento inutile se non sei con me, perché amo il tuo modo di camminare, perché amo i tuoi occhioni, l’espressioni che fai quando non capisci qualcosa, come parli con i clienti, dio amo osservarti lavorare..» sputò tutto di un fiato. Ed io rimasi senza parole.
  «Perché da ieri sera non faccio altro che odorare il mio cuscino con il tuo odore, perché non riesco a togliermi dalla mente il tuo copro nudo sotto al mio, perché i tuoi baci mi fanno impazzire..» Continuò.
“ODDIO.” Era una dichiarazione o cosa?
  «Jamie è stato semplicemente sesso.» Mormorai. I suoi occhi si fecero cupi.
  «Merda..» Sussurrò.
  «Jamie..?» Lo chiamai.
Si era seduto di nuovo sul letto, si era passato più volte le mani nei capelli. Aveva sbuffato e imprecato sotto voce.
  «Per me non era semplice sesso..» Confessò.
Mi paralizzai di nuovo. Diamine.
  «Jamie io..» Volevo farlo riflettere, era impossibile che dopo solamente un paio di settimane di lavoro, e una semplice scappatella lui nutriva qualcosa per me.
  «Com’è possibile? Non mi conosci nemmeno..» Mormorai.
Non sapevo veramente cosa dire, sapevo solamente che tutto questo era sbagliato e semplicemente assurdo.
  Lui mi guardò di nuovo.
  «So quello che sento. Non ho mai provato niente prima d’ora.» Disse.
  «Ed è proprio per questo che molto probabilmente sei confuso, forse è solamente un infatuazione.. forse è per via di ieri, forse proprio perché non hai mai provato niente prima d’ora adesso stai sbagliando tutto.» Dissi, cercavo di fargli trovare il punto della situazione. Lui scostò la testa sussurrando un sorriso come se stessi dicendo grandi cazzate..
  «O.. forse è perché ti amo.» Confessò.
Mi fermai all’istante, sbiancai e cercai di assimilare bene le parole. Per capire magari un significato nascosto, tutto diverso da quello che veramente definivano quelle paroline. Ma niente. Quelle parole dette così, avevano quel significato specifico. “Lui mi ama.”
Presi un bel respiro mantenendo la calma: “Questo è pazzo.”
  «E’ impossibile Jamie. Non mi conosci.» Ripetei calma, anche se la mia voce mi era uscita troppo stridula.
 Improvvisamente lui mi prese le mani fra le sue,
  «Okay forse hai ragione, non ti conosco, non ci conosciamo.. ma io ti amo. Credimi, nessuno mai è riuscita a darmi, nei miei 25 anni di vita, tutte quelle emozioni che mi hai dato tu. Che ho provato con te, solo quella notte.» Confessò di nuovo.
 «Conosciamoci. Ti darò il mondo Selena, basta solo che mi accetti.»
 «Tu non sai cosa stai dicendo!» Esclamai.
 «Sì che lo so! Ti prego.. una possibilità.» Sussurrò.

Il mattino seguente mi svegliai con l’impressione di non aver vissuto la vita correttamente, di aver sbagliato qualcosa e di conseguenza adesso tutto mi stava andando di traverso.. anche la mia saliva dopo aver lavato i denti.
  «Hey!» Ariana corse in camera mia, probabilmente perché mi aveva sentito tossire forte, dandomi dei colpi dietro la schiena. Smisi ti tossire e mi guardai allo specchio. Occhi troppo grandi, troppo pallida, troppa tristezza per un solo viso.
  Dov’era finita la mia felicità?
Nel profondo del mio cuore sapevo che la mia felicità aveva ancora un nome: Justin. Ma purtroppo quel nome era infangato di parole finte e tradimenti.
  «Hey!? Tutt’okay?» Ariana mi scrocchiò le dita davanti agli occhi. ed io sbattei le palpebre per la sorpresa.. “Merda.” Pensai, mi ero persa in uno dei miei viaggi mentali.
  «Tu rimugini troppo, amica mia..» Mi rimproverò dolcemente mettendosi le mani sui fianchi, la guardai senza dire niente.
  «Ti ho sempre detto che devi vivere la vita con serenità.. i problemi e le paure di solito sono tutte qui dentro..» Si picchiettò la mente con un dito. «..tutte nella mente.» Continuò.
  «Ha detto di amarmi! Capisci in che condizione sono?» Sputai, minacciando quasi con la mia voce di riscoppiare a piangere come la notte scorsa, quando Jamie se n’era andato lasciandomi la stanza piena del suo profumo.. che senz’altro non faceva che peggiorare le cose.
  «Sì ho capito, ignoralo!» Consigliò.
  «Ci vuole coraggio.. Ariana.. io non ce l’ho.» Dissi, vendendo già offuscato.
  «Oddio, ti prego non piangere tesoro..» Mormorò.
 E quella frase fece traboccare il vaso, pieno di lacrime, e incominciai a singhiozzare fino a farmi venire il mal di testa.
  Mi accasciai sul pavimento del bagno, Ariana era la mio fianco che mi cullava dolcemente.. «Sshh..» Mi accarezzava il capo.
  «Calmati..» Sussurrò dolce.
  Fu in quel momento che realizzai il tutto.
E ancora una volta sotto tutto questo, l’artefice era lui. Justin sapeva comandare il mio umore anche a distanza.. anche telepaticamente, con la forza del pensiero, con semplici parole.. o in questo caso.. con il silenzio. Erano tre giorni, tre dannati giorni senza di lui, non si era fatto sentire eppure mi mancava.. la sua voce, il suo tocco.. Mi mancava tutto, tutto.
Ariana mi cullava e tutto il mio corpo si rese conto che desiderava qualcun’altro al suo posto, desiderava Justin.. “Oh il mio Justin..” Pensai, singhiozzando più forse bagnando tutto il mio pigiama e quello di Ariana.
  «Mi manca.» Confessai, dopo un po’. Calmandomi.
  «Lo so.» Rispose. Ed era ovvio, no? Una perfetta amica sapeva leggerti dentro senza aver bisogno di parlare. Lei era l’unica cosa buona che avevo. In quel momento.
  «Ma mi ha tradita..»
 «Tutti sbagliano.» Le sue risposte erano secche, veloci, eppure così sincere e dannatamente sagge. Mi alzai dal pavimento, riportando di nuovo il mio volto allo specchio. Avevo gli occhi rossi per le lacrime, e il naso arrossato.
  «.. io devo prepararmi per andare a lavorare..» Mormorai. La mia voce sembrava una di quelle pazzoidi rinchiuse in manicomio.
  «Ed io devo andare al collage.» Disse lei, lanciandomi un dolce sguardo. Fece per andarsene: «Ah Selena..»
 La guardai, «Non rimuginare troppo.»

Mi muovevo dietro al bar con lo sguardo abbassato, evitando quello di tutti.
Ros non si azzardava a parlarmi, aveva captato il mio malumore le uniche cose che mi chiedeva era di servire i tavoli.
  Jamie era arrivato a lavoro, come ogni giorno un po’ più tardi di noi. Indossava una tuta blu scuro e una maglia bianca.
Con le converse. Mi si bloccò il cuore, quando per quel nano secondo che alzai lo sguardo,
lui mi stava guardando con quella sua luce nuova negli occhi. Era sempre bello, bellissimo.. ma non lo sentivo mio.
 

Ciao, come va?
Recensite se volete :)
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Capitolo 28
*** 28 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 28

 
  «Tesoro..» Mio padre, all’ora di spacco, era felice di sentirmi. L’avevo chiamato perché era l’unica persona con cui parlare,
visto che con Justin erano praticamente 72 ore che non lo sentivo, e Ariana era a scuola.. mentre Jamie.. beh lui volevo evitarlo.
  «Papà.» Mormorai, poggiandomi con la testa contro il muro del bagno del locale.
  «Come va a lavoro? che stai facendo?» Chiese,
 «Sono nelle ore di spacco..» Farfugliai.
  «Allora ci hai pensato?» Chiese riferendomi alla sua offerta di andare via da qui per due mesi. L’offerta era così allettante.
  Dovevo solo parlarne con Ariana.
 «Sì.» Mormorai..
   «Allora?» Chiese.

  «Due mesi?» Jamie sgranò il occhi. Ero sulla soglia del suo ufficio, gli avevo chiesto il permesso di andare via per due mesi,
volevo andare da mio padre.. e stare lontano.. da Justin e da lui.
  Annuii per confermare. «Sì, due mesi.»
  «Sono tanti.. beh, nel frattempo farò occupare il tuo posto.» Disse. Annuii. «E’ giusto.» Confermai.
  Improvvisamente  lui cambiò di nuovo, il suo tono di voce cambiò, il suo sguardo cambiò.
Si alzò dalla sedia e chiuse la porta, trascinandomi dentro il suo ufficio. “Oh no.”
  Mi prese violentemente il volto fra le mani e mi guardò negli occhi:
  «Non puoi scappare da me.. non puoi, io ti troverò.»
  «E’ una minaccia?» Risposi, con al voce tremante e incapace di muovermi. Le sue labbra formarono una curva.
  «No.» Il suo pollice mi accarezzò il labbro inferiore, che stavo accidentalmente azzannando quasi, dal nervosismo che emanava questa situazione. Lui me lo tolse dalla presa.
  «Sei così bella, ed io ti amo.» Sussurrò.
Chiusi gli occhi. Quelle parole se dette dalla persona giusta potevano farmi fare i salti di gioia.
Ma in quel momento, volevo solamente cacciarle via. Era veleno per me.
   Jamie, oh Jamie.
Come dovevo fare con lui? Forse dovevo dargli veramente un'altra possibilità? Forse.. o forse no.
Cosa dovevo fare? Cosa? Cosa? Cosa? Riaprii gli occhi, lui mi stava scrutando, con una strana luce dei suoi occhi. ‘Merda’. Mi amava veramente.
  Mi liberai di lui, lentamente, togliendogli le mani dal mio volto.
Lui in silenzio mi guardò uscire dalla porta. Lo sentii sbuffare. Stava soffrendo. E faceva male sapere che ero io la causa.

Ritornai a casa, Ariana prima di aprire la porta mi trattenne in salone.
  «Ariana cosa c’è?» Chiesi. Era nervosa, si capiva dal modo in cui agitava in continuazione l’anello che aveva al dito. E girava per la stanza.
 «C’è Justin di sopra che ti sta aspettando.» Disse tutto di un fiato, velocemente. Mi si bloccò il respiro in gola.
  «Che ci fa qui?» Chiesi.
 «Ha detto che vuole parlarti, forse sa che l’hai tradito.» Mormorò. Sbiancai. Salii le scale velocemente, con il cuore in gola e le gambe di gelatina. Quando aprii la porta della mia camera lui era lì. Sul letto, aveva una maglietta nera e i jeans. I capelli ben fonati e lo sguardo fisso sul pavimento. Sembrava molto nervoso e teso.. quando entrai in camera il suo sguardo si posò su di me.
  “Cristo.”
I suoi occhi, quei due occhi.
Erano la mia morte.
  «Justin.» Sussurrai, con l’incredulità nella mia voce.
Lo sentii respirare rumorosamente, le sue mani arrivarono al suo ciuffo, tirandolo dal nervosismo. Imprecò sottovoce.
  «E’ più difficile di quanto pensassi..» Sussurrò. Si alzò dal letto,
  «Cosa ci fai qui?» La mia voce era un misto di odio e amore.
Sentivo la repulsione, nel ricordare il suo tradimento.
Sentivo l’amore, che mi scoppiava forte in petto.
  Solo adesso notai che con sé aveva un pacchetto. Era blu scuro.
  «Questo è per te..» Disse, arrivando a passo lento vicino alla scrivania e poggiarcelo sopra. Poi notò sul comò più in la, la famosa rosa che mi regalò ormai tutta secca e rovinata..
  “Proprio come in nostro amore.” Mi venne da pensare, ma respinsi via il pianto isterico che aveva accompagnato quel pensiero.
 Non dissi niente, rimasi in silenzio a guardarlo, aspettando che fosse lui quello a parlare di tutto. Toccò anche il bracciale, vicino alla rosa, nel farlo fece tintinnare i campanellini e lo sentii soffocare una risata nervosa e malinconica. Poi riportò il suo sguardo a me.
  «Perché non ci siamo sentiti più?» Chiese.
E quella domanda mi spiazzò.
  “Perché tu mi hai tradito.. perché ti ho tradito.”
  «Non lo so..» Mormorai.. e intanto l’atmosfera della stanza stava cambiando. Stavo trovando difficile respirare. Oddio, Justin si avvicinò un po’ e fece un movimento con il braccio, per passarsi una mano fra i capelli, e nel farlo sentii il suo profumo.
 Oddio. “Non piangere.” Mi dicevo, “Non piangere.” Mi ripetevo.
Ma più guardavo quel principe azzurro-principe nero, più volevo scoppiare in lacrime. Perché l’avevo tradito? Perché lui mi aveva tradito? Oh.. dio, solo in quel momento riuscii a capire che avevo sbagliato.. di brutto. Avevo perso qualcosa di veramente speciale. Qualcosa di veramente unico. Dio, quanto l’amavo.
Più lo guardavo e più mi rendevo conto che lui, per me, era l’amore in persona. Il mio amore.. perduto.
 «Mi sei mancata..» Sussurrò. Chiudendo per un momento gli occhi.
   «Sì.. sì che mi sei mancata..» sussurrò con la voce più bassa stavolta. Come per rispondere ad un suo pensiero. Quando riaprì gli occhi.. erano lucidi.. “Oh no.”
  Forse anche lui era stato male quanto me.
Forse mi amava ancora..
  «Justin io.. mi dispiace.» Farfugliai, con la voce che risultò troppo stridula a causa del nodo in cola. Quel dannato nodo di lacrime.
  «Dispiace anche a me.» Disse, guardandomi. «Tutti commettono errori no?» Chiese, annuii.
  «So che lo sai.. so che mi hai visto..» Sussurrò ancora.
  «Justin io..» Mi morivano le parole in gola.
Ma sapeva che l’avevo tradito? Sì o no?
Ariana aveva detto che lo sapeva, ma come faceva?
  «Sshh..» Mi azzittì alzando un dito. «Non so cosa mi sia successo, mi ha tentato, mi ha sfidato e siamo andati a letto, solo una volta!» Alzò le mani, poi richiuse gli occhi e fece una strana smorfia, e respirò a fondo. Come se stesse cacciando via un brutto pensiero.
Ed io in quel momento mi sentivo male, più di prima, sentirmi dire direttamente, letteralmente, che ero stata tradita, faceva più male. Faceva male, male. Tanto male.
  «Io volevo chiamarti.. ma non sapevo che dire. Volevo parlarti ma non sapevo da dove iniziare, quali parole usare. So che ti ho fatto del male di nuovo, come sempre..» Disse.
 “Come sempre..” Ripetei, mentalmente. E intanto mi pizzicava la gola per le lacrime trattenute, mi faceva male il petto per la voragine che si stava aprendo. Mi faceva male tutto. Anche l’anima.
  Forse andare da mio padre, mi avrebbe fatto bene.
  «Selena, ho sofferto ogni secondo. Non pensavo ne sarei stato capace. Non pensavo che l’amore avesse questo potere...»
  Si avvicinò. Ed io sussultai.
Lui lo notò, ma ignorò la mia reazione. Mi sfiorò con le dita calde la mia pelle. “No.. no..” Mi addentai il labbro, per non piangere.
  Il suo tocco.. era tanto tempo che.. “Oh.” Mi sfiorò le labbra, le sue dita si muovevano sulla mia pelle. Come se stesse tracciando una mappa, passarono al collo, dietro al collo, alle orecchie.. poi di nuovo sulle labbra. Lasciando una scia di fuoco, chiusi gli occhi.
Sì, mi stavo abbandonando a lui, al suo tocco, stavo deponendo le mie forze, mi stavo lasciando andare. Tutto per Justin. Per il mio amore. Le sue dita arrivarono sull’orlo della mia camicetta.
Sbottonò i primi due bottoni e poi si fermò. Ed io aprii gli occhi.
Mi stava fissando. Con  le labbra socchiuse e rosse, gli occhi che inspiravano lussuria.
  «Anche tu mi sei mancato.» Mormorai. Lui piegò la testa di lato, sorridendo leggermente. «Tanto anche.. e mi è mancato questo..» indicai le sue mani. «Questo.» Sfiorai con indice le sue labbra.. adesso la sua bocca stava sorridendo. Un sorriso che non coinvolse gli occhi. Gli occhi ardevano di passione.
Questo per lui era il suo modo di farsi perdonare.. forse poco adatto, forse efficace.
  «Sì?» Propose in un sussurro. Chiedendomi il permesso se continuare o no. Lanciando quella proposta in aria. I suoi occhi erano due pozze scure. Un po’ mettevano i brividi..
  “Sì?” La risposta sembrava così semplice eppure la più difficile.


Salve, come va?
Ecco il capitolo.
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Capitolo 29
*** 29 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 29 

 
  Ma certo che sì. Cento volte sì.
Mille volte sì. Un milione di volte sì.
Anche se sarebbe stato come fare cento,
mille o un milione di sbagli in uno.
Sapevo perfettamente che il nostro era uno sbaglio.
Ma un bellissimo sbaglio. Lo sbaglio migliore del mondo..
  «Sì.» Risposi. E lui continuò. Le sue mani finirono il suo lavoro, e ne iniziarono un altro. Ci stendemmo sul letto e mi misi su di lui. E affondai le mani nei suoi capelli respirandone forte il profumo. Lui mi strinse a se. «Piccola..» Mi sussurrò, contro la mia bocca. Con quelle labbra deliziosamente carnose e calde. Fece scivolare le mani sulla schiena e mi strinse ancora una volta.
  “Oh..” Sentivo il calore del suo corpo concentrato in una sola parte. Lo sentivo sotto di me. In tutta la sua potenza.
  «Ti voglio.» Mormorò.
“Anche io, Justin. Anche io.”

 E ci liberammo subito dei nostri vestiti, sentendo la necessità di essere una cosa sola. Sentendo la voglia improvvisa di essere posseduta, legata a lui, nell’unico modo più soddisfacente che esisteva. Il calore del suo copro contro il mio, era come la droga. Droga, droga pesante quella che ti danneggia dentro. Justin l’aveva fatto. Mi aveva danneggiato. Ero tutta per lui, solo per lui. Ero nata apposta per questo. Il mio destino era questo. Stare con lui, per sempre. Ero diventata masochista a causa sua. Avrei preferito sopportare il dolore per lui, avrei sopportato la morte per lui.
  “Oh il mio Justin.”

Le sue mani mi impugnavano stretta la vita, le mie gambe erano avvolte alla sua vita, erano ben salde. Per accoglierlo completamente dentro di me. Fino in profondità. Lo strinsi più forte e nel farlo, nella gola di Justin fuoriuscì un ringhio di piacere. E questo non fece altro che eccitarmi. Scivolava, in ogni sua spinta.
  «Più forte..» Farfugliai con il fiatone e lui mi accontentò.
E dentro esultavo: “Sì.. così..”. Strinsi ancora le gambe, come se in qualche modo potesse entrare anche la sua anima dentro di me, unirsi alla mia, e fare anch’esse l’amore. Le mani di Justin mi tennero stretta a se, scivolando sotto la schiena, e alzandomi il bacino. Lui si mise in ginocchio, per aumentare la potenza delle spinte. Fregandomi deliziosamente quella parte sentibile del mio corpo. Contro il suo.
   «Oh Selena, la mia Selena..» Le sue mani, mi accarezzarono il volto, mentre quell’ultima e possente spinta ci portò a entrambi nel mondo del puro piacere. Arrivammo entrambi, con un ringhio soffocato dal bacio subito dopo. Justin mi aveva afferrato la bocca subito in un leale bacio passionale, soffocando le mie grida di piacere e strozzare anche le sue.

Quando riaprii gli occhi nella mia stanza c’era buio. Ed io avevo caldo. Justin era aggrappato a me, coprendomi il seno con un braccio possessivo. Lui era coperto solo fino al bacino, lasciando praticamente tutta la sua schiena scoperta. Mi liberai della sua stretta e andai in bagno. Accesi la luce e socchiusi la porta, per non dare fastidio a Justin. Quando mi specchiai mi venne voglia di piangere.
  Mi resi conto che ero di nuovo, in qualche modo, sul punto di partenza. Non avevamo risolto niente.
Forse non dovevo andare da mio padre, questo avrebbe solamente peggiorato le cose. Sarei scappata via dai miei problemi anziché affrontarli.
E questo era errato.
  Ritornai in stanza e mi avvicinai al pacchetto che aveva portato Justin. Accesi la bajour sulla scrivania e aprii il pacchetto.
  Il contenuto al suo internò mi mozzò in fiato.
Era il segno dell’infinito, che formava in qualche modo un cuore. Era una collana. La più bella che avessi mai visto, girai il ciondolo e notai che dentro c’erano incise le nostre iniziali. Mi portai il ciondolo alle labbra e lo baciai.
  «Ti piace?» Sentii un brivido lungo tutta la schiena, sentendomi improvvisamente come una ladra nella mia stessa camera. La voce di Justin mi aveva colta alla sprovvista.
  «Lo amo.» “Ti amo.”
Lo sentii sorridere. E scendere dal letto fino ad arrivare a me, le sue mani calde mi accarezzarono il collo e poi mi sfilarono da mano la collana, per poi farmela scivolare lungo il petto e chiuderla attorno al collo. Poi Justin si abbassò per arrivare all’altezza del mio petto e mi diede un bacio, proprio dove ricadeva il ciondolo, poco sopra lo storco dei seni.

Il mattino seguente mi strappò da tutto.
Dall’incredibile felicità che avevo provato improvvisamente restando tutta la nottata nuda rannicchiata vicino Justin, dalle sue braccia, dal calore e la comodità incredibile nel mio letto e dalla mia felicità.
Justin era ritornato un cubetto di ghiaccio appena si era vestito e aveva abbandonato la mia casa. E inevitabilmente contemporaneamente io avevo abbandonato me stessa.
Quando andai a lavoro, non si fece sentire per tutta la giornata.
Jamie non mi aveva nemmeno lui degnato di uno sguardo, e da parte sua, questo era un bene. Ma quando ritornai a casa Ariana mi aveva detto che Justin era passato, ma aveva avuto un improvviso impegno quindi era ritornato via. A quell’informazione dovetti richiedere maggiore sforzo per non elaborare ipotesi, inerenti al suo impegno. Anche se la voglia di sapere mi stava sbranando le budella.
  Ariana mi scrocchiò due dita davanti agli occhi, quando mi resi conto di essermi persa in uno dei miei viaggi mentali rimanendo con la forchetta a mezz’aria fissando il vuoto.
  «La pasta ormai è fredda.» Disse Ariana, guardandomi.
  «Ah? Eh..» Ritornai in me e diedi un occhiata al piatto che era praticamente intatto davanti a me. «Solo che.. non ho fame.» Mugugnai.
  «Come va con Justin?» Chiese lei,
  «Domanda di riserva?» Scherzai leggermente.
  «Beh almeno scovi il lato scherzoso della cosa..» Disse lei.
 «Non ho altra scelta. Ariana.» Mi alzai dalla tavola. «Non ho altra scelta dal momento in cui non posso far altro che piangere.»
  «Ma ieri sera mi sembrava di.. sentire.. che andava tutto bene.»
  «Anche a me sembrava così.» Dissi.
«Ma ti ha regalato una collana.» Mi fece notare.
  «..sì.. probabilmente non è niente.» Feci un respiro profondo e scagliai la bomba, con la speranza che tutti, tranne lei, si sarebbero fatti del male. «Io vado via, Ariana.» Comunicai, lei sbiancò.
  «Cosa?» Si alzò anche lei dalla tavola. Avvicinandosi un po’ a me, con uno strano guardo e uno strano comportamento come se fossi un animale selvatico, pericoloso. Che lei doveva assolutamente addomesticare. Rabbrividii.
   «Vado da mio padre, per un po’.. io..»
 «Per quanto tempo? Quando? Perché?» Chiese.
  Non potei non ridere, «Eh mi chiedi perché?!» sbottai. Lei si incupì.
   «Serena scappare via dai problemi non è una soluzione.» Disse lei, stringendo i pugni, rimanendo sulle difensive, sfoggiando la sua saggezza. 
  «Lo so, ma non ho altra scelta. Non posso andare avanti così.» La mai voce era incredibilmente impassibile, metteva i brividi persino a me stessa.
  Ariana, fece gli occhi lucidi.
  «Farai soffrire anche me..» Balbettò quasi. «Mi sento anche io parte dei tuoi problemi.. io..» La avvolti in un abbraccio.
Lei non era per niente, lei non faceva per niente parte dei miei problemi. Lei di solito era quella che mi aiutava a risolverli.
  «No, non devi sentirti così. Sono io il disastro qui.»
  «Quindi hai deciso? Sei sicura?» Singhiozzò lei.
  «Sì, Ariana. Io devo andare.»

Salve, ultimamente ho l'umore sotto i piedi. 
Boh, non so perché: comunque che ve ne pare?
Mi sembra anche inutile scriverlo, tanto nessuno mi caga çç

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Capitolo 30
*** 30 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 30

Il mattino seguente il cielo era grigio e cupo, il tempo fuori (per ironia della sorte) rispecchiava esattamente come mi sentivo dentro.
Quando arrivai a lavoro, Jamie mi chiamò nel suo ufficio e dovetti avere più autocontrollo delle altre volte, per non scoppiare in lacrime quando mi sfiorò il viso in una dolce carezza.
  Mi faceva male.
Una parte di me avrebbe voluto ricambiare il tutto, ma lo trovato impossibile dal momento in cui ogni pezzetto di me apparteneva a Justin. Jamie mi diede l’addio, ed io mi dimisi dal lavoro. Non sapevo con precisione quando sarei partita, ma qualcosa dentro (il mio schifosissimo sesto senso per le cose brutte) mi diceva che sarebbe mancato poco. Questioni di giorni.. o di ore.
  Quando ritornai a casa, Justin mi stava aspettando sulla soglia delle scale. Con qualcosa da dirmi. Ariana era a scuola, e non sapevo come aveva fatto ad entrare, ma mi dissi che in quel momento quello non era il problema maggiore.
  «Cosa vuoi Justin?» Gli chiesi con la voce che chiedeva pietà. Ero veramente al limite. Non riuscivo a sopportare niente. Nemmeno l’amore della mia vita, che era sulle scale con le mani in tasca, il ciuffo abbassato e una giacca di pelle –quella giacca di pelle-.
  «Mi dispiace per non essermi fatto sentire.» Mormorò.
Sbuffai. «Fa niente.» Mormorai, stanca di tutto e salendo le scale. Lo sentii seguirmi.
  «Justin ma che ci facciamo ancora insieme?» Sbottai improvvisamente. Lui mi guardò confuso e non disse niente.
  «Tu mi hai tradito, io ti ho tradito. Basta. Finiamola.» Dissi, nel sentire quella frase la sua espressione mutò.
  Aveva fatto bene ad indossare quella giacca di pelle. Perché in quel momento Justin mi sembrava perfettamente quello di un tempo.
  «Cosa?» Urlò, avvicinandosi a passo rapido vicino a me, troppo vicino. Riuscivo a sentire il suo alito caldo sul mio volto. Era diventato rosso dalla rabbia e si era formata una vena sul collo.
  «Mi hai tradito!?» Sbottò nuovamente. Mi feci improvvisamente piccola piccola, sentendomi indifesa e inutile.
  «Non..non lo sapevi?» Balbettai. “Dannazione!” In quel momento volevo veramente sprofondare nel suolo e marcire all’inferno.
  «Come facevo a saperlo? Non sono un mago, cazzo! Ma tu mi hai tradito! Come hai potuto!?» Urlò nuovamente. E quel tono mi innervosì parecchio.
  «Ma ti ascolti? Justin anche tu l’hai fatto!! Anche tu mi hai tradito!» Urlai al suo stesso tono, sentendomi scendere le lacrime ingovernabili lungo le guancie. Lui si ammutolii.
  «Basta! Basta!» Continuai «Non possiamo più stare insieme! Non possiamo se ogni volta provo dolore! Justin!» Urlai.
  Lui voleva parlare ma lo fermai con la mano. «Finiamola qua.» Mi sfilai la collana avanti ai suoi occhi, che seguivano attenti i miei movimenti, e gliela porsi. Lui non la prese.
  «Mi hai regalato una collana con il segno dell’infinito. Cosa significa?» Chiesi. «Le nostre infinite contraddizioni? I nostri infiniti tradimenti? Il mio perdonarti all’infinito?»
Lui si schiarì la gola con un colpo di tosse prima di rispondere:
  «Che ti amerò per sempre.» Rispose semplicemente.
«Questo significa.» Aggiunse.

Justin mi accompagnò all’aeroporto.
Aveva provato in tutti i modi a fermarmi. Aveva provato persino a fare l’amore con me. Ma non cedetti stavolta. Ero sicura di me.
Il significato di quella collana mi aveva spiazzato come una folata di vento. Ma mi ero ricomposta subito dopo, rendendomi conto che ormai il danno era fatto e che non potevo (ma volevo) ritornare indietro. Lo sguardo assente di Justin mi accompagnò fino allo sportello. La sua mano teneva la mia valigia mentre quell’altra stretta la mia. Aveva insistito per farlo..
  «Non lasciarmi ti prego..» Mormorò di nuovo, con la voce tremante per le lacrime che tratteneva.
  «Justin, ti prego. Devo andare.» Dissi. Lasciando nascosto in uno scatolino nella mia mente tutto il rancore.
  «No, non devi.» Ribatté lui.
  «Ne abbiamo parlato, ti prego.» Risposi di nuovo.
Cercavo di guardare dappertutto ma non verso di lui, avrei potuto cambiare idea se l’avessi fatto; sarei stata travolta dall’emozioni.
  E Justin continuava a fissarmi, ignorando il fatto di avere gli occhi colmi di lacrime e il volto pallido dal dolore.
  «Voglio venire con te.»
 «Justin io non voglio che tu venga con me.»
 «Che farai senza di me?» Chiese Justin dopo un po’.
   «Mangerò, forse di meno.»
  «E poi?»
   «Piangerò, forse di più.» Risposi, guardando i suoi grandi occhi.
Due pozze color nocciola, che mi fissavano. Dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Forse era vero, l’anima di Justin in quel momento stava male.. e stavo male anch’io.
Strinse i pugni e abbassò quei meravigliosi occhi.
  «Non avresti mai dovuto incontrarmi.» La sua voce divenne un sussurro, quasi impercettibile. «Non avrei mai dovuto innamorarmi.» Aggiunse. Non risposi e lo sentii sbuffare.
   «Ma come facevo a non innamorarmi?» La sua voce adesso era arrabbiata. E ormai anche i miei occhi stavano imitando i suoi. Stavo per piangere.
  «Dai, vai via. Non perdere il tuo tempo con me.» Sussurrai.
   «Che importa? Adesso non ho più ragione per vivere.»
Il suo tono di voce era arrogante, frustrato. Come se stesse cercando di farmi sentire in colpa e farmi cambiare idea.
Ma no, la colpa era sua!
   «E’ colpa tua.» Dissi, rivelando il mio pensiero ad alta voce.
I suoi occhi mi inchiodano, ed io mi sentii visibilmente a disagio.
Mi appoggiò le mani sulle spalle, e quel tocco così caldo mi fece stranamente rabbrividire.
  «E’ colpa di entrambi.» Disse, guardandomi dritto negli occhi.
E scandendo bene tutte le parole.
Chiusi gli occhi e ammisi che aveva ragione.
  «Allora ricordati di me quando fuori c’è il sole.» Suggerì.
 Abbassai lo sguardo, triste. “Il mio sole..”
  «Fallo anche tu, Jò.» Singhiozzai, nel mio pianto silenzioso lasciandomi sfuggire il nomignolo con cui lo chiamavo prima.
Lui lo notò e si irrigidii per poi rilassarsi.
  «Se ti bacio ricordo meglio.» Propose.
Ma mi irrigidii io. Le nostre guance si sfiorarono con le lacrime incastrate fra le ciglia, e le sue mani tremarono nei miei capelli come quando si raccoglie un oggetto prezioso caduto a terra che non si era rotto, e la sua fronte premette forte sulla mia come per schiacciarmi i pensieri. La voce metallica stava annunciando il mio volo.
  «Eccolo lì. Mi sa che devo..» Sussurrai.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, e il calore che mi accarezzava la pelle. Le sue mani mi tennero ferma la testa.
    «Si. Devi..» Rispose, ansimando quasi.
Però desideravo quel bacio. Più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sarebbe stato l’ultimo ricordo di lui. Di noi.
Ma lui si scostò, mi impedì quel ricordo. E mi diede un ultima carezza per poi fare un passo indietro e lasciarmi con la sensazione di essere abbandonata e fredda. Guardai i suoi occhi per l’ultima volta.
  «Justin promettimi una cosa..» Dissi, era la cosa migliore. Per me e per lui. Lui mi guardò ed io continuai: «Non contattarmi, non rintracciarmi. Mai più, dovrà essere come se non fossi mai esistito.»
  «Promesso.» Rispose subito Justin. «Mai ricorderò di te quando tornerò a casa e non mi sentirò più a casa senza di te.»
  Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le sue labbra premettero sulla mia fronte e mi lasciarono piangere.
  La voce metallica insisteva sulla mia partenza.
E per la prima volta da quando avevo preso la decisione di partite, adesso non ne ero tanto convinta. Lo vidi allontanarsi fra la folla, una ragazza guardandomi con il biglietto fra le mani mi trascinò, quasi, nell’aereo. L’avevo veramente fatto? Avevo veramente lasciato l’uomo della mia vita? Le lacrime ormai scendevano libere.  «Justin!» Urlai con tutta la forza che avevo in corpo. Per guardarlo un ultima volta prima di andare via. Si girò e mi regalò un sorriso fievole, un sorriso spento, una di quelli che ti fa salire tanta tristezza.
I suoi occhi erano gonfi e rossi. Mi accovacciai a terra facendo cadere il biglietto dalle mia mani. Guardai verso di lui.
   «Ti amerò per sempre.» Sussurrai, consapevole del fatto che non mi avrebbe mai potuto sentire. La ragazza dalla divisa verde, mi venne vicino e mi aiutò ad alzarmi.
  «Sta bene?» La sua voce squillante mi fece vibrare gli occhi.
  «Sì.» “No.”
Mi accompagnò al mio posto. E capii. Capii che avevo perso una parte di me, capii che quando sarei ritornata niente sarebbe stato lo stesso. Niente. Mi portai le ginocchia al petto, girandomi dalla parte del finestrino per ignorare le occhiatacce della gente. Mi feci ricadere apposta i capelli davanti agli occhi per coprirmi, quanto avrei voluto coprire anche il dolore che mi bruciava dentro.
   Il dolore che provavo non era assolutamente paragonabile a nessun altra cosa al mondo. “E’ colpa mia, è colpa mia, è colpa mia.” Mi dondolai sulle ginocchia. “E’ colpa mia.” Era diventata una cantilena nella mia mente. Non riuscivo a smettere di recitare quella frase.
Avevo sbagliato, mi sentivo la morte dentro divorarmi l’anima. Questa volta non sarei più stata felice. Mai più.
  Quello era l’errore più grande della mia vita. 


Scusate l'assenza, ma ho avuto la febbre..
quindi non sono riuscita proprio a collegarmi çç
Buona lettura , e recensite! 


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PS: è uscita la nuova canzone di Justin e ho fatto la traduzione 
potete trovare il video qui : x


 

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Capitolo 31
*** 30 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 30

Il mattino seguente il cielo era grigio e cupo, il tempo fuori (per ironia della sorte) rispecchiava esattamente come mi sentivo dentro.
Quando arrivai a lavoro, Jamie mi chiamò nel suo ufficio e dovetti avere più autocontrollo delle altre volte, per non scoppiare in lacrime quando mi sfiorò il viso in una dolce carezza.
  Mi faceva male.
Una parte di me avrebbe voluto ricambiare il tutto, ma lo trovato impossibile dal momento in cui ogni pezzetto di me apparteneva a Justin. Jamie mi diede l’addio, ed io mi dimisi dal lavoro. Non sapevo con precisione quando sarei partita, ma qualcosa dentro (il mio schifosissimo sesto senso per le cose brutte) mi diceva che sarebbe mancato poco. Questioni di giorni.. o di ore.
  Quando ritornai a casa, Justin mi stava aspettando sulla soglia delle scale. Con qualcosa da dirmi. Ariana era a scuola, e non sapevo come aveva fatto ad entrare, ma mi dissi che in quel momento quello non era il problema maggiore.
  «Cosa vuoi Justin?» Gli chiesi con la voce che chiedeva pietà. Ero veramente al limite. Non riuscivo a sopportare niente. Nemmeno l’amore della mia vita, che era sulle scale con le mani in tasca, il ciuffo abbassato e una giacca di pelle –quella giacca di pelle-.
  «Mi dispiace per non essermi fatto sentire.» Mormorò.
Sbuffai. «Fa niente.» Mormorai, stanca di tutto e salendo le scale. Lo sentii seguirmi.
  «Justin ma che ci facciamo ancora insieme?» Sbottai improvvisamente. Lui mi guardò confuso e non disse niente.
  «Tu mi hai tradito, io ti ho tradito. Basta. Finiamola.» Dissi, nel sentire quella frase la sua espressione mutò.
  Aveva fatto bene ad indossare quella giacca di pelle. Perché in quel momento Justin mi sembrava perfettamente quello di un tempo.
  «Cosa?» Urlò, avvicinandosi a passo rapido vicino a me, troppo vicino. Riuscivo a sentire il suo alito caldo sul mio volto. Era diventato rosso dalla rabbia e si era formata una vena sul collo.
  «Mi hai tradito!?» Sbottò nuovamente. Mi feci improvvisamente piccola piccola, sentendomi indifesa e inutile.
  «Non..non lo sapevi?» Balbettai. “Dannazione!” In quel momento volevo veramente sprofondare nel suolo e marcire all’inferno.
  «Come facevo a saperlo? Non sono un mago, cazzo! Ma tu mi hai tradito! Come hai potuto!?» Urlò nuovamente. E quel tono mi innervosì parecchio.
  «Ma ti ascolti? Justin anche tu l’hai fatto!! Anche tu mi hai tradito!» Urlai al suo stesso tono, sentendomi scendere le lacrime ingovernabili lungo le guancie. Lui si ammutolii.
  «Basta! Basta!» Continuai «Non possiamo più stare insieme! Non possiamo se ogni volta provo dolore! Justin!» Urlai.
  Lui voleva parlare ma lo fermai con la mano. «Finiamola qua.» Mi sfilai la collana avanti ai suoi occhi, che seguivano attenti i miei movimenti, e gliela porsi. Lui non la prese.
  «Mi hai regalato una collana con il segno dell’infinito. Cosa significa?» Chiesi. «Le nostre infinite contraddizioni? I nostri infiniti tradimenti? Il mio perdonarti all’infinito?»
Lui si schiarì la gola con un colpo di tosse prima di rispondere:
  «Che ti amerò per sempre.» Rispose semplicemente.
«Questo significa.» Aggiunse.

Justin mi accompagnò all’aeroporto.
Aveva provato in tutti i modi a fermarmi. Aveva provato persino a fare l’amore con me. Ma non cedetti stavolta. Ero sicura di me.
Il significato di quella collana mi aveva spiazzato come una folata di vento. Ma mi ero ricomposta subito dopo, rendendomi conto che ormai il danno era fatto e che non potevo (ma volevo) ritornare indietro. Lo sguardo assente di Justin mi accompagnò fino allo sportello. La sua mano teneva la mia valigia mentre quell’altra stretta la mia. Aveva insistito per farlo..
  «Non lasciarmi ti prego..» Mormorò di nuovo, con la voce tremante per le lacrime che tratteneva.
  «Justin, ti prego. Devo andare.» Dissi. Lasciando nascosto in uno scatolino nella mia mente tutto il rancore.
  «No, non devi.» Ribatté lui.
  «Ne abbiamo parlato, ti prego.» Risposi di nuovo.
Cercavo di guardare dappertutto ma non verso di lui, avrei potuto cambiare idea se l’avessi fatto; sarei stata travolta dall’emozioni.
  E Justin continuava a fissarmi, ignorando il fatto di avere gli occhi colmi di lacrime e il volto pallido dal dolore.
  «Voglio venire con te.»
 «Justin io non voglio che tu venga con me.»
 «Che farai senza di me?» Chiese Justin dopo un po’.
   «Mangerò, forse di meno.»
  «E poi?»
   «Piangerò, forse di più.» Risposi, guardando i suoi grandi occhi.
Due pozze color nocciola, che mi fissavano. Dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Forse era vero, l’anima di Justin in quel momento stava male.. e stavo male anch’io.
Strinse i pugni e abbassò quei meravigliosi occhi.
  «Non avresti mai dovuto incontrarmi.» La sua voce divenne un sussurro, quasi impercettibile. «Non avrei mai dovuto innamorarmi.» Aggiunse. Non risposi e lo sentii sbuffare.
   «Ma come facevo a non innamorarmi?» La sua voce adesso era arrabbiata. E ormai anche i miei occhi stavano imitando i suoi. Stavo per piangere.
  «Dai, vai via. Non perdere il tuo tempo con me.» Sussurrai.
   «Che importa? Adesso non ho più ragione per vivere.»
Il suo tono di voce era arrogante, frustrato. Come se stesse cercando di farmi sentire in colpa e farmi cambiare idea.
Ma no, la colpa era sua!
   «E’ colpa tua.» Dissi, rivelando il mio pensiero ad alta voce.
I suoi occhi mi inchiodano, ed io mi sentii visibilmente a disagio.
Mi appoggiò le mani sulle spalle, e quel tocco così caldo mi fece stranamente rabbrividire.
  «E’ colpa di entrambi.» Disse, guardandomi dritto negli occhi.
E scandendo bene tutte le parole.
Chiusi gli occhi e ammisi che aveva ragione.
  «Allora ricordati di me quando fuori c’è il sole.» Suggerì.
 Abbassai lo sguardo, triste. “Il mio sole..”
  «Fallo anche tu, Jò.» Singhiozzai, nel mio pianto silenzioso lasciandomi sfuggire il nomignolo con cui lo chiamavo prima.
Lui lo notò e si irrigidii per poi rilassarsi.
  «Se ti bacio ricordo meglio.» Propose.
Ma mi irrigidii io. Le nostre guance si sfiorarono con le lacrime incastrate fra le ciglia, e le sue mani tremarono nei miei capelli come quando si raccoglie un oggetto prezioso caduto a terra che non si era rotto, e la sua fronte premette forte sulla mia come per schiacciarmi i pensieri. La voce metallica stava annunciando il mio volo.
  «Eccolo lì. Mi sa che devo..» Sussurrai.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, e il calore che mi accarezzava la pelle. Le sue mani mi tennero ferma la testa.
    «Si. Devi..» Rispose, ansimando quasi.
Però desideravo quel bacio. Più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sarebbe stato l’ultimo ricordo di lui. Di noi.
Ma lui si scostò, mi impedì quel ricordo. E mi diede un ultima carezza per poi fare un passo indietro e lasciarmi con la sensazione di essere abbandonata e fredda. Guardai i suoi occhi per l’ultima volta.
  «Justin promettimi una cosa..» Dissi, era la cosa migliore. Per me e per lui. Lui mi guardò ed io continuai: «Non contattarmi, non rintracciarmi. Mai più, dovrà essere come se non fossi mai esistito.»
  «Promesso.» Rispose subito Justin. «Mai ricorderò di te quando tornerò a casa e non mi sentirò più a casa senza di te.»
  Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le sue labbra premettero sulla mia fronte e mi lasciarono piangere.
  La voce metallica insisteva sulla mia partenza.
E per la prima volta da quando avevo preso la decisione di partite, adesso non ne ero tanto convinta. Lo vidi allontanarsi fra la folla, una ragazza guardandomi con il biglietto fra le mani mi trascinò, quasi, nell’aereo. L’avevo veramente fatto? Avevo veramente lasciato l’uomo della mia vita? Le lacrime ormai scendevano libere.  «Justin!» Urlai con tutta la forza che avevo in corpo. Per guardarlo un ultima volta prima di andare via. Si girò e mi regalò un sorriso fievole, un sorriso spento, una di quelli che ti fa salire tanta tristezza.
I suoi occhi erano gonfi e rossi. Mi accovacciai a terra facendo cadere il biglietto dalle mia mani. Guardai verso di lui.
   «Ti amerò per sempre.» Sussurrai, consapevole del fatto che non mi avrebbe mai potuto sentire. La ragazza dalla divisa verde, mi venne vicino e mi aiutò ad alzarmi.
  «Sta bene?» La sua voce squillante mi fece vibrare gli occhi.
  «Sì.» “No.”
Mi accompagnò al mio posto. E capii. Capii che avevo perso una parte di me, capii che quando sarei ritornata niente sarebbe stato lo stesso. Niente. Mi portai le ginocchia al petto, girandomi dalla parte del finestrino per ignorare le occhiatacce della gente. Mi feci ricadere apposta i capelli davanti agli occhi per coprirmi, quanto avrei voluto coprire anche il dolore che mi bruciava dentro.
   Il dolore che provavo non era assolutamente paragonabile a nessun altra cosa al mondo. “E’ colpa mia, è colpa mia, è colpa mia.” Mi dondolai sulle ginocchia. “E’ colpa mia.” Era diventata una cantilena nella mia mente. Non riuscivo a smettere di recitare quella frase.
Avevo sbagliato, mi sentivo la morte dentro divorarmi l’anima. Questa volta non sarei più stata felice. Mai più.
  Quello era l’errore più grande della mia vita. 


Scusate l'assenza, ma ho avuto la febbre..
quindi non sono riuscita proprio a collegarmi çç
Buona lettura , e recensite! 


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PS: è uscita la nuova canzone di Justin e ho fatto la traduzione 
potete trovare il video qui : x


 

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Capitolo 32
*** 31 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 31.

Il sole di Londra, fortunatamente, mi strappò dal mio incubo.
  Ultimamente sognavo sempre: posti luridi, aeroporti, occhi color nocciola ed io.
Che correvo da qualcuno o scappavo da qualcuno.
Non lo capivo.

Mi svegliai e andai in cucina, Sarah era già sveglia e arzilla, mi aveva proposto di andare a fare shopping, e non potei rifiutare. Mio padre non me l’avrebbe perdonato.
  Lui entrò in cucina dopo di me, con ancora i capelli con la forma del cuscino. O qualcosa di simile.
  «’giorno, fanciulle.» Mi diede un bacio sul capo, per poi arrivare da Sarah e baciarla la fronte.
  «Ho appena preparato il caffè, amore.» Disse Sarah, riferendosi a mio padre. Lui sorrise e afferrò la tazza che Sarah gli aveva teso.
Sembravano veramente due innamorati. Felici. E stupendi.
Avrei voluto pure io una storia d’amore così sincera e.. adulta.
  Si lanciavano occhiate amorose e li invidiavo.
Perché.. fino a poco tempo fa anche io e Justin lo facevamo.

  «Allora.. cosa ti piacerebbe acquistare?!» Entusiasta Sarah, mi aveva portato in un centro commerciale enorme. Con negozi ovunque. C’erano tantissime persone e nell’aria si respirava un aria profumata e fresca.
  Passammo mezza giornata alla ricerca di qualcosa di carino per me. Ma ero troppo cocciuta. E non riuscivo a trovare niente che mi convincesse.. e sinceramente non riuscivo nemmeno a capire perché Sarah ci tenesse così tanto.
  «Ci sarà una sorpresa per te!» Aveva confessato di punto in bianco, sputando via il rospo trattenuto per troppo tempo.
  Mi incuriosii.
 «Di cosa si tratta?» Domandai.
Lei scostò la testa e fece il gesto della bocca chiusa.
 «Ma almeno quando ci sarà?» Domandai.
Lei sorrise. «Stasera! L’organizzata un paio di giorni dopo il tuo arrivo, ti vedevo e vedo.. così giù di morale. Quindi..»
  «Okay. Ho capito.»
Apprezzai subito il suo gesto.
Anche se non avevo la minima idea di cosa avesse architettato già mi avrebbe fatto stare meglio, me lo sentivo.
  E improvvisamente, il mio umore migliorò.
Lei sembrò notarlo.

Quando ritornammo a casa, avevamo praticamente svaligiato tutto il centro commerciale.. o meglio Sarah l’aveva fatto.
Io avevo solamente preso un semplice vestitino e un paio di scarpe nuove.
  Mio padre aveva preparato il pranzo, e dal modo in cui sorrideva e si lanciava occhiate furtive a Sarah, capii che lui sapeva.. cosa lei aveva organizzato e questo non faceva che aumentare la mia ansia e la mia curiosità.
Il pomeriggio passò velocemente. Ed io mi svegliai di soprassalto dal divano, ritrovandomi il libro aperto sulla faccia.
Sarah era di fronte a me con un sorriso di trionfo sul viso, per un momento mi spaventai e la guardai torva.
  «Vai a prepararti.»
 


Lo so, è cortissimo.
Ma aggiornerò prestissimo.! 
Non avrete nemmeno il tempo di sentire la mia mancanza.
AHAHAH scherzo çç 

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Capitolo 33
*** 32 ***


Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 32

Il mio vestito era bello lungo, aveva anche un leggero strascico.
Me l’aveva comprato Sarah insieme a un paio di scarpe. Era stata ancora una volta troppo generosa e simpatica.
  «Spero ti piacerà quello che organizzato.» Mormorò con una nota di nervosismo, mentre apriva la macchina.
  «Papà? Non viene?» Avevo già una mezza idea di cosa mi aveva preparato.
Una bella cena tutti e tre, ricordando i bei momenti in qualche bel ristorante lussuoso di Londra. Mi piaceva l’idea.
Anche se adesso questo mio pensiero si stava sfumando, visto che Sarah mi rispose che papà non sarebbe venuto.
E che non sarebbe rimasta nemmeno lei. Allora la mia mente ancora una volta elaborò qualcosa.
  “Forse mi porta in discoteca..” Pensai.
Ma rifiutai il pensiero, ero vestita troppo elegante.
  “Forse mi farà conoscere qualche sua amica.”
E questa idea mi sembrava più probabile.
Facemmo un viaggio di 5 minuti.
Sarah incominciava a manifestare i primi segni di insicurezza e nervosismo.
Incominciando a picchiettare le dita sul volante e prendendo boccate d’aria di tanto in tanto.
  Accostammo in un parcheggio di un ristorante di Londra.
Era parecchio lussuoso ed elegante. Anche da giudicare l’entrata tutta d’oro illuminate da belle luci.

  «Aspetta qui.» Disse Sarah, una volta entrati dentro.
Era tutto dannatamente luminoso e luccicante. Sarah entrò in una sala e la vidi parlare da dietro la grande porta di vetro, con il capo sala.
Dopodiché tornò da me.
  «Okay..» Mi venne vicino e mi sistemò i capelli dietro le orecchie.
  «Goditi la serata.. se non te la senti invece di rimanere una volta scoperto, chiamami e ti vengo a prendere.»
Lei sorrise leggermente per poi baciarmi la fronte e sussurrarmi che ero bellissima.
Ma la curiosità mi fece farfugliare un saluto e correre subito in sala.
  In un primo momento non capii. Mi guardavo attorno con aria dispersa, sentendomi improvvisamente piccola,
in quella enorme sala. Era tutto di colore oro e bianco.
Tutto luccicante e luminoso, tutto elegante e lussuoso.
C’era anche un orchestra in un angolo a suonare il violino e pianoforte. Mentre la gente mangiava il buon cibo e si godeva la musica. Alzai lo guardo, le centinaia di luci ricoprivano il soffitto, dando un effetto ancora più brillante.
  «Signorina Gomez?» Un giovane cameriere dagli occhi blu mi venne vicino con aria gentile ed educata.
  «Sì?» Farfugliai. Abbassai lo sguardo dal soffitto sentendomi in imbarazzo, lo vidi trattenere un sorriso.
  «Da questa parte, prego.» Mi indicò gentile la strada. Pensavo sarei rimasta in quella sala, ma invece più in fondo,
c’era un’altra porta di vetro. Il giovane cameriere mi aprì la porta e mi fece passare.

Andammo in un'altra sala, più piccola. Molto più piccola.
Ospitava solamente un tavolo. Al centro. La luce era più fioca a causa delle candele. L’atmosfera lì era più romantica e tranquilla.
Più rilassante anche. C’erano migliaia di rose a decorare la stanza e a dare un tocco più vintage, ma elegante.
L’odore delle rose mi accarezzò il naso, facendomi prendere un’altra boccata d’aria.
  Fu lì poi che notai il tutto e capii la causa del nervosismo di Sarah e della sua frase:
“Se non te la senti di rimanere una volta scoperto, chiamami e ti vengo a prendere.”
Anche se sapevo che non sarei riuscita più a scappare.
Non stavolta, non di nuovo.

  «Justin.» La mia voce era un sussurro incredulo.
Il cameriere ‘scappò’ dalla stanza lasciandoci soli, chiudendo la porta e stroncando la musica dell’altra sala.
Adesso c’era il silenzio. Anche nella mia mente.
  Lui era in piedi vicino a una candela non troppo lontano dal tavolo. Fra le mani.. aveva una rosa.
Aveva il ciuffo abbassato e indossava giacca e cravatta. Mi sentii improvvisamente male. Con la voglia di accasciarmi a terra, piangere e urlare.
  L’ombra di un sorriso gli sfiorò le labbra. Quelle bellissime labbra. Morbide e carnose. Che un tempo erano mie.
  Si avvicinò a passo lento, come se avesse paura della mia reazione.
Quella stringeva la rosa che aveva fra le mani, fino a fargli cadere alcuni petali. I suoi occhi non smettevano di guardare i miei.
  «S-Selena.» Mi era mancata la sua voce. Tanto. Come mi era mancato lui. Mi allungò la rosa che afferrai a stento.
Io ero paralizzata al suolo, incapace di muovermi.
Quell’uomo era troppo per me. Era diventato troppo.
Lo amavo troppo, mi mancava troppo.
  Alzò una mano per accarezzarmi la guancia.
Chiusi gli occhi.. sentendomi improvvisamente come in un sogno. 

Ciau, beh, buona lettura.
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Capitolo 34
*** 33 ***


 Il ragazzo che aspettavo.
Capitolo 33

 
Non stavo sognando. Non era un sogno.
Lui era lì, con me. Che mi accarezzava il viso. Quando riaprii gli occhi, il suo sguardo era addolcito.
E le sue labbra formavano un perfetto sorriso. Perfetto come lui.
  «Ciao.» Mormorò ancora.
 «Ciao.» Si staccò da me, e sentii un senso di abbandono. Ma lo respinsi e finalmente camminai fino a raggiungere la sedia, che lui, gentilmente mi scostò. «Grazie..» Farfugliai.
  «Come stai?» Chiese, una volta seduto.
“Come sto?” Non potei non ridere.. visto che gli ultimi tempi senza di lui mi erano sembrati un inferno. «Sto bene. Dài.» Risposi.
  «Sei.. sei bellissima.» Sussurrò, guardando le sue mani.
Mi sciolsi, «Grazie.» Lui sorrise.
Improvvisamente entrò un cameriere con un carrello e sopra vari vassoi coperti. «Ho ordinato io anche per te.. spero non ti dispiaccia..» Mormorò.
«Per me va bene, grazie.» Farfugliai.

Dopo le prime portate, che mangiammo in silenzio, decisi io di parlare per prima. Si stava facendo tutto troppo pesante da sopportare.
  «Perché sei qui?» Chiesi semplicemente. Mentre guardavo il piatto con dentro il dessert. Sentii letteralmente il suo sguardo posarsi su di me. 
  «Andiamo.. non è chiaro?»
  «Non per me.» Risposi. Portandomi alla bocca una cucchiaiata di dolce. Lui mi guardò chiudendo leggermente gli occhi, piegando la testa da un lato. “Sì. Justin, hai capito bene.”
Gli dovevo far passare un brutto quarto d’ora. Rendendogli ogni risposta molto più difficile. Per me, quella sarebbe stata una piccola vittoria.
  «Oh.. Selena..» Sbuffò con un sorriso.
Alzai un sopracciglio per farlo continuare.
 «Abbiamo sbagliato entrambi. Siamo ragazzi, era prevedibile. No?» Era serio, adesso il buon umore non c’era più sul suo volto.
 «Sono stato uno stupido sin dall’inizio.. quando ti facevo del male fisico.. e quanto te ne ho fatto sentimentalmente. Non volevo. Io capisco che sbaglio dopo. Dopo che ci penso. E mi sento uno stupido. So che ho perso completamente la tua fiducia, ma di certo non starò lì con le mani in mano a farmene una ragione. No. Devo riaverla indietro.» Si alzò dal tavolo e mi venne vicino, spostando la sedia. Si inginocchiò. Ed io sgranai gli occhi.
  «Justin non..»
 «Sshh.» Mi mise un dito sulle labbra, scuotendo la testa, ridendo.
   «Non è quel tipo di proposta.» Mi rassicurò.
Lanciai un sospiro di sollievo.
  «Di sicuro ci ricapiterà di farci del male a vicenda, non di tradirci di nuovo, sia ben chiaro. Ma ovviamente ci saranno nuovi ostacoli, sia nella mia, che nella tua di vita. Ma adesso sono qui.. e..» Prese dalla tasca una collana. Quella collana con l’infinito.
  “Che ti amerò all’infinito.. questo significa.” Nel ricordare quella frase, sentii le lacrime offuscarmi la vista. Sbattei le palpebre più volte per rigettarle indietro. Anche se sembravo avere scarsi risultati.
  «E ti sto chiedendo di affrontare quegli ostacoli con me. Selena.»
Il suoi occhi alzarono lo sguardo verso il mio, vedevo che tremava dal nervosismo. E vedevo anche che mi amava. Come io amavo lui.
 «Oh, Selena io ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ti prego, ritorniamo insieme. Come una volta, questa volta per sempre.» Disse, e si morse il labbro temendo la mia reazione.
In quel momento mi passò davanti agli occhi tutto quello che eravamo stato, quello che avevamo fatto, che avevamo passato.
Tutto. Ed ovviamente lo amavo.
Gli afferrai il volto fra le mani e lo baciai, forte.
Con così tanta foga e così tanto amore. Era mio, sì, mio.
E stavolta lo sarebbe stato per sempre.
  Affondai le mani nei suoi capelli, lui mi prese per la vita e mi fece avvolgere le gambe attorno a lui. Prendendomi in braccio e continuando quel bacio così violento e dolce allo stesso tempo.
  «Io ti amo, cazzo.» Disse, staccandosi per prendere aria.
Ridacchiai, affondando la testa nell’incavo del suo collo e godendomi la sensazione dell’amore che aveva per me. Dell’amore così forte che percepivo. «Ti amo anch’io.» Farfugliai, aspirando l’odore forte di lui che tanto mi era mancato. Mi strinse forte a se, facendomi sentire finalmente bene, con me stessa e con il mondo. Mi sentivo protetta e sicura. Finalmente.

Ritornammo a Los Angeles dopo una bella vacanza in famiglia a Londra.
Salutai in lacrime mio padre e abbracciai felicemente Sarah.
  Quando fummo atterrati scendemmo dall’aereo mano nella mano.
Avremmo affrontato la vita così, d’ora in poi.
Scavalcando gli ostacoli che ci rendevano ogni volta sempre più forte.
  Continuammo ad amarci.
Sempre. Per sempre.
 
Fine. 

 
Vabbe.. questa è la fine. 
Ci rivedremo presto con una nuova storia,
ps: a breve pubblicherò capitoli speciali in cui narra Justin. 

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Capitolo 35
*** Capitolo speciale ***


PRIMO INCONTRO CON SELENA.
Justin Bieber.
(5 anni prima.)
“Dove sei adesso che ho bisogno di te?”
Lei inviai l’ennesimo messaggio. “Oh..Kristen.”
Mi aveva lasciato. Era scappata via. Ed adesso mi sentivo solo.
Solo con un cuore distrutto e la mente a pezzi.
L’estate era ormai finita. Fra pochi giorni sarebbe iniziata la scuola e a me proprio non andava di incontrare gente nuova,
di conoscere nuove facce.. che pian piano mi facevano dimenticare la sua. Oh. Quelle labbra.. “Oh Kristen.”
Sospirai portandomi una mano al petto. Dentro di me ero consapevole del fatto che non sarei più stato in grado di amare,
che non avrei permesso più a nessuna di trattarmi in questo modo. Di giocare con i miei sentimenti manco fosse una partita a calcetto.
Mai più. Mi alzai e mi infilai nel letto.
  Basta, niente più Kristen.

Mi svegliai improvvisamente.. dopo un incubo, forse. Il cuore mi martellava il petto e la testa mi faceva male tantissimo.
Ovviamente l’artefice era stato anche l’alcool della sera prima. Accanto a me c’era una ragazza nuda, che dormiva.
Puzzava di alcool ed era sporca di vomito su tutto il viso. “Disgustoso.”
  Non ricordavo quasi niente della sera prima.
A parte Ryan che organizzava una festa a casa mia. Toccai la spalla della ragazza e la svegliai.
  Lei mi guardò con gli occhi colmi di sonno.
 «Vai a casa.» Le dissi, con tono brusco gettandole addosso i vestiti.
Lei si alzò barcollante e andò via.

Ero diventato il ragazzo ‘stronzo’ da quando Kristen mi aveva lasciato.
Ero diventato ‘quello da una notte’ quando l’amore mi aveva fottuto. Quando Kristen mi aveva fottuto.
Se n’era andata via con il mio migliore amico! Lasciandomi cornificato e basta. Quando lo scoprii mi cadde il mondo addosso.
Ed ebbi la sensazione che il mio cuore stesse morendo pian piano.. «Cazzo.» Imprecai sottovoce. Il ricordo di lei mi provocava ancora dolore. Lei era bellissima.. sapeva tenermi testa.
Sempre con quel suo sorriso solare, e i suoi lunghi capelli perfetti.
Profumava di gelsomino, ed io l’amavo così tanto.

Cacciai via il pensiero di lei, uscendo dalla doccia e avviandomi a scuola.
Era il primo giorno, dopo la lunga estate.
Quando scesi le scale pensai: “Oh cazzo.”
La mia casa era un cesso enorme. C’erano bicchieri, coriandoli, e cibo ovunque.
  «Ti dimenticherai di quella puttana, vedrai!» Mi aveva detto Ryan, dandomi una pacca sulla spalla. Ci avevo creduto.
Eppure.. lei era sempre lì. Come un punto fisso nella mia mente.
Nessuno l’avrebbe portata via da me.

Era diventato come un spirito, lei infestava il mio cuore.

Scesi dall’auto, e mi avviai a scuola.
  «Justin!» La voce di Ryan mi fece voltare.
Teneva un braccio attorno al collo di una ragazza.
  La ragazza sembrava molto.. ‘aperta’ in tutti i sensi.
 «Hey Justin lei è Miley, Miley lui è Justin.»
La ragazza mi porse la mano dalle unghia curate ed io la strinsi.
  «Tanto piacere.» Mormorò con la voce stridula, masticando in modo disgustoso una gomma.
Ryan la guardava ammaliato, mentre lei ammirava il mio pacco.
  Sbuffai ed entrai a scuola.

Entrai nella classe assegnata e presi posto. Il più lontano possibile da tutti, non volevo vicino nessuno.
E sembrava che le persone l’avessero capito dal mio sguardo,
visto che mi evitavano cambiando banco appena posavano gli occhi su di me.
Tutti l’avevano capito. Tranne lei.

  «K-Kristen?» Sussurrai, con la voce che tradiva ogni mia emozione.
La ragazza misteriosa camminava guardando il pavimento, stringendo al petto una borsa di pezza grigia.
I lunghi capelli lisci ricaduti in un lato e il corpo snello e formoso avvolto da una tuta grigia e nera. Era bellissima. Eppure così ingenua.
Sembrava che stesse in un mondo tutto suo, ascoltava musica da un solo auricolare e sembrava insicura nella sua stessa camminata. Si avvicinò al mio banco, e si sedette piano. Non azzardava a guardarmi e questo mi scatenò un emozione strana senza nome.
  La fissai per un tempo infinito. Quella ragazza assomigliava a Kristen. E questo me la fece odiare e ad amare al primo istante.
  Ebbi un tuffo al cuore quando il suo sguardo mi notò dopo un po’.
Due occhioni si mi mischiarono ai miei, ed io ebbi la sensazione che lei potesse travolgermi dentro.
Capire quanto facevo schifo e quanto stavo male. Arrossì. Ed io sorrisi. Come un idiota.
Sentendomi improvvisamente attratto da lei. Il rossore dell’imbarazzo le colorava dolcemente il viso, quel viso così puro e ingenuo.
  Sembrava che tutto il mondo stesse andando a rallentatore.
Tutto il mondo era bianco e nero, tranne io e lei.
Mi aveva fatto un incantesimo. Questo era sicuro.

La lezione iniziò ed io non potei non staccare gli occhi da quel profilo così perfetto. Sembravo un drogato.. o un maniaco.
E lei in tanto mi ignorava, mi ignorava con tutta se stessa. Con così tanta naturalezza. Come se io non esistessi.
Era la prima volta che non facevo effetto a una ragazza. E questo accentuò la mia rabbia verso di lei. Quella rabbia che mi faceva male. Male davvero.

Mi promisi che non dovevo più lasciare che le persone mi facessero del male.
Che l’amore non doveva più approfittarsi di me.
  E così, incominciai ad odiare quella ragazza.
A odiarla nel profondo.
  Facendole del male. 

Che dite, continuo? U_U
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Capitolo 36
*** Capitolo speciale #2 ***


 
(Appuntamento)
4 ANNI DOPO.

 
Avevo raccontato a Ryan quando quella ragazza mi condizionava la vita, e quando assomigliasse a Kristen.
Anche lui l’aveva notato, ma non me l’aveva detto perché da bravo amico voleva farmela dimenticare.
Anche se era diventato un compito più arduo.
  Lei le assomigliava così tanto.
Si chiamava Selena. Selena Gomez. Era un nome delizioso per una ragazza deliziosa.
Erano passati 4 anni, da quanto le rendevo una vita un inferno, 4 anni da quanto quel segreto mi divorava dentro.
E mi faceva odiare ancora più me stesso.
  Ormai ogni notte andavo a dormire sapendo già che in sogno l’avrei incontrata. L’avrei baciata e ci avrei fatto l’amore. Ogni notte mi svegliavo con l’uccello in fiamme e l’immagine di lei nuda davanti a me. Dio quanto la odiavo.

Passai a prenderla in giusto orario, dopo averle mandato un messaggio.
Avevo sedotto quella della segreteria, quella giovincella dai capelli sempre raccolti, per farmi dare il suo numero.
Mi aveva detto con quella sua voce stridula:
   «Non possiamo rivelare i numeri di nessuno.»
Ma appena le sfiorai con le dita le labbra e l’avevo complimentata un po’, era caduta nella mia ‘trappola’. Balbettandomi il suo numero.
Nel ricordare il modo in cui mi fissava con quei due occhi spalancati mi fece scoppiare in una risata malvagia.
 
Aspettavo con le braccia al petto, fuori dal suo giardino.
Poi un rumore attirò la mia attenzione e delle scarpe gettate dall’alto caddero nel l’erba. Alzai lo sguardo e lei era sul piccolo tettuccio.
  «Che cazzo fai?» Domandai,
  «Shh!» Mi azzittì e questo mi fece rabbia.
Dall’alto le riuscivo a vedere sotto la gonna, quel completino intimo di pizzo. Me lo fece diventare duro in un paio di secondo.
  “CAZZO.” Imprecai mentalmente.
  «Dai su salta, ti prendo io!» Le dissi, ma non l’avrei presa. La odiavo troppo. E dovevo farla soffrire.
  Ero malato lo so, malato di lei.
Così un cespuglio di capelli neri cadde in modo goffo in ginocchio. E non potei non ridere. Per il modo in cui i capelli le erano ricaduti su gli occhi e il suo viso nel vedere che non c’ero io ad attenuare la sua caduta. Ero stronzo, lo so. Ma sapevo anche che non si sarebbe fatta tanto male.
  «Coglione!» Esclamò. “Lo so.” Pensai.
«Belle mutandine!» Dissi stuzzicandola ancora di più. Le lessi la rabbia sul volto. E il divertimento troncò in un istante.
  «Okay, io ci rinuncio.» Visibilmente offesa, raccolse le scarpe e fece per andarsene. “NO.”
  «Hey no.» La presi per un polso. Toccai la sua bella pelle morbida, e resistetti all’impulso di far scivolare la mano lungo il braccio accarezzandola dolcemente. Così la tenni bel stretta. «Non rido più.» Le dissi. Lei prese un respiro: «Sei uno stronzo.» Mi spinse come per scherzare. E ancora una volta mi diede fastidio.
Mi dava fastidio perché assomigliava così tanto a Kristen. A lei che mi aveva fatto così male. «Dobbiamo andare.» Enunciai.
  «Perché tu puoi ridermi addosso ed io no?»
  «Zitta.» L’ammutolii.
Era una gran bella domanda, la cui risposta non era semplice.

Accesi il motore e ci avviammo. Per me la ragazza al mio fianco era un gran bel mistero. Mi provocava odio e amore.
Anche se l’amore era effimero. Non potevo amarla seriamente. Semplicemente lei mi ricordava il mio gran VECCHIO amore.
E risvegliava quelle poche tracce che erano rimaste in me. Mentre l’odio.. beh l’odio era costante.
L’odio aveva preso il posto dell’amore. Accesi una sigaretta per attenuare i pensieri, lei mi fece un paio di domande che ignorai.

Dopo cena uscii fuori per fumare un po’ e mettere in ordine i miei pensieri. Lì dentro mi sentivo troppo sotto pressione.
Selena si stava comportando bene.. anche se la vedevo un po’ tesa.. beh come biasimarla. Era accanto a me, in silenzio.
Una folata di vento arrivò e la fece tremare.
  «Tieni la mia giacca.» Le dissi. Non volevo che prendesse freddo. Lei si stupì della mia proposta e frenai i suoi pensieri. «Non affezionarti troppo ai miei gesti, solo che non voglio che ti prendi un raffreddore, sei pessima già così.» Sapevo di essere un gran figlio di puttana. Ma non potevo farci niente.
  «Non la voglio.» Rispose cocciuta. E quanto avrei voluta prenderla a schiaffi.
  «Indossala e non fare la stronza.» La incitai. Lei la prese e la indossò. La rilassarsi e annusare furtivamente il mio profumo.
  “Le piace? Le piaccio?” La seconda domanda mi si illuminò nel cervello. “Beh ovvio, tu piaci a tutte.” Mi dissi.
  «Dopo me la ridai e cerca di non sudare, non voglio la tua puzza sulla mia roba.» La smerdai ancora una volta.
  “Soffri, piccola, soffri.” Canticchiai mentalmente. Anche se una parte di me.. la desiderava.
  «Ti prego Justin..» Sussurrò.
 «Cosa?» Sbottai.
   «Non fare così.» “Così come?” Come uno stronzo? Beh scusami tanto, ma tu assomigli a una certa stronza che mi ha fottuto e adesso devo fartela pagare.
“Ok?Ok!” Sapevo che il mio ragionamento era da malato, ma non potevo farci niente. Per l’ennesima volta.
Io la odiavo. Tanto.
  «Non posso farci niente se ti odio.» Pensai ad alta voce.
  «Allora perché non fai fare questa messa in scena a qualcun’altra?» Sbottò improvvisamente, bella domanda.
Improvvisamente venne mia madre e il primo impulso che mi venne.. fu di baciarla.

La sentii irrigidirsi fra le mie mani e sulla mia bocca.
Non sapeva baciare. “Ovvio.” Ma adoravo la sua bocca. Era morbida. Proprio come me la immaginavo.
  “Chissà se anche la tua pelle, in quella parte intima è così morbida.” .. mi lasciai fuggire un pensiero tutt’altro che odioso e andammo via.

Il mattino seguente mi svegliai bene, e non volevo andare a scuola. Infatti non ci andai, non volevo incontrare ne Miley ne Selena.
Ma ovviamente l’ironia del momento non mi sfuggì quando incontrai Selena proprio al parco. Ma mi sentivo bene, con me stesso.
Stranamente, e non sentii l’impulso di offenderla o altro.

La fissai da lontano per un po’. Un bel po’. Era seduta su una panchina. E guardava le sue scarpe. Probabilmente aveva saltato anche lei la scuola o aveva fatto tardi.
  Adesso che la ammiravo bene, non assomigliava così tanto a Kristen. Forse il modo in cui portava i capelli.. ma .. niente. Solo questo. Mi avvicinai piano, con le mani in tasca, notando come lei, che adesso guardava in alto, le nuvole nere in cielo.
  «Penso che fra un po’ pioverà.» Mormorai sedendomi al suo fianco. Lei sobbalzò piano. E confermò.
  Le chiesi cosa ci facesse lì, e infatti, come avevo pensato, aveva fatto tardi e aspettava che suonasse la seconda ora. Poi improvvisamente non parlò più. E la vidi in piena crisi mentale. Stava rimuginando, lei lo faceva sempre. Me ne accorgevo.
Ogni volta che pensava si formava una piccola ruga fra le sopracciglia..
  «Che pensi?» Le chiesi, lei guardava a terra..
  “Cosa stai pensando bellissima fanciulla dai capelli bellissimi?”
  «Hey guardami.» Le ordinai, lei subito mi guardò.
  «Ho dimenticato di portarti la giacca.» Mormorò, e sembrò una scusa.
E infatti, quando le dissi che sarei passato a riprendermela lei negò. «No, non venire. Oggi andrò a correre, ci vediamo qui.» Disse.

Ci speravo. Per qualche starno motivo io ci speravo. 


Rieccomi, sono stata occupatissima!! 
Se ci ripenso mi riviene di nuovo tutto lo stress! D: 
Comunque, che ne pensate?

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