La Via dei Ciliegi

di Yasha 26
(/viewuser.php?uid=285515)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una piccola preghiera ***
Capitolo 2: *** Vicino alla verità? ***
Capitolo 3: *** Rimorsi di coscienza ***
Capitolo 4: *** Consapevolezza. ***
Capitolo 5: *** Una nuova famiglia. ***
Capitolo 6: *** Ascoltare l'urlo sordo del cuore... ***
Capitolo 7: *** Dolci chiarimenti. ***
Capitolo 8: *** Vivere per esser felici. ***



Capitolo 1
*** Una piccola preghiera ***


          



Questa storia è coperta dal diritto d'autore, in quanto registrata a mio nome, pertanto è vietata la sua riproduzione totale o parziale sotto ogni sua forma; il divieto si estende a citazioni, estratti, personaggi da me inventati. Occorre pertanto l'autorizzazione espressa, scritta e sottoscritta dall'autrice.
In caso contrario, saranno presi provvedimenti legali.
Grazie.







 
Sono in ritardo, accidenti! Come ho potuto riaddormentarmi dopo aver spento la sveglia? Se non mi do una mossa, chiudono i cancelli!
Infilo velocemente i miei collant super coprenti bianchi e la gonna, il tutto saltellando per la fretta. Dovrei mettere il dolcevita sotto la camicia della divisa scolastica, ma c’è davvero troppo caldo oggi, malgrado siamo a fine ottobre. Come faccio? Trovato! Metto il foulard verde!
Finalmente vestita, passo al trucco, come sempre il più coprente possibile, con tanta matita nera, correttore, fard e rossetto. Spazzolo i capelli, che getto davanti al viso per coprirlo più che posso. Mi guardo allo specchio e credo vada bene così, non si nota nulla nemmeno oggi.
Scendo di corsa in cucina per preparare la colazione.
-Daiki! Non ti sei ancora alzato, dormiglione?- lo richiamo per la terza volta.
-Sì, eccomi sorellona.- risponde. sbadigliando.
-Ecco la colazione piccolo. Mangia in fretta, così voliamo a scuola!- dico, mentre butto giù la mia.
-Sorellona mi fa male la testa. Posso restare a casa oggi?- chiede con tono mesto.
-NO, NON PUOI!- esclamo con troppa enfasi, facendolo sobbalzare.
Il visino si rattrista e mette su quel piccolo broncio tipico dei bimbi quando stanno per piangere.
-Cioè, scusa fratellino, volevo dire che… non puoi restare a casa quando io non ci sono, lo sai.- cerco di spiegargli, addolcendo il tono.
-Lo so, ma io sto male.- insite lui, stringendomi il cuore.
-Facciamo così, ti porto ugualmente all’asilo, se starai troppo male, dici alla maestra di chiamarmi, ok? Chiama me però, non a casa, intesi?- chiedo preoccupata.
Lui annuisce e si alza senza finire la sua colazione. Ha l’aria abbattuta, segno che non sta molto bene, ma non posso proprio farlo restare a casa se io sono a scuola, e mi è impossibile saltare le lezioni oggi, per via di alcune verifiche. Se me le perdo, sono nei guai!
Mettiamo entrambi le scarpe, pronti per uscire, ma prima…
-Papà, noi andiamo!- lo avviso da dietro la porta della sua camera.
-Non fare tardi!- urla con voce ancora impastata dal sonno.
-No, saremo di ritorno per le cinque.- confermo, fiondandomi fuori casa finalmente.
Corro a perdifiato con Daiki in braccio, per far prima. Caspita, comincia a pesare adesso! Ha da poco compiuto cinque anni, non è più come quando era piccolo e lo tenevo tranquillamente con un braccio. Ora non me ne bastano due!
Arrivo all’asilo sfinita. Lascio Daiki alle maestre, con la raccomandazione di chiamarmi subito se sta male, poi mi fiondo nuovamente per strada, verso la mia scuola. Quanto detesto questo istituto. O meglio, chi lo frequenta!
 
-Eccola! È arrivata “Pippi calzelunghe”!- mi sbeffeggia il primo coglione della giornata appena entro in classe. Non rispondo, come sempre. Mi siedo al mio banco, ignorando le risate di tutti, pregando che anche questa giornata voli il più velocemente possibile.
-Ehi, non prenderla in giro Abe! Almeno oggi ha i calzettoni bianchi invece che fucsia, come ieri. Sembra meno scema così!- interviene un altro babbeo, ma ignoro anche lui.
-Sento delle belle risate. È arrivata la sfigata? Oh eccola, infatti! Buongiorno cozza! Anche oggi truccata come una troia, vedo.- prorompe quello che è lo stronzo per eccellenza: Hiro Watanabe.
 
Da quando ho messo piede in questa scuola, non fa altro che prendermi in giro a causa del mio abbigliamento. E’ il ragazzo più popolare dell’istituto e gli altri gli vanno dietro, imitandolo e prendendomi in giro a loro volta. Non ho amicizie qui, mi stanno tutti lontano, credendomi chissà che, ma se pensano che così facendo inizierò a frignare e a deprimermi, si sbagliano di grosso! Ho problemi decisamente peggiori di due bulletti che mi fanno scherzi e mi chiamano cozza o troia. Essere emarginata da loro non fa altro che aiutarmi a mantenere la facciata che ho costruito, ciò che voglio loro vedano, e non vedano soprattutto.
 
-Allora, maschera mal riuscita di Halloween, non rispondi?- continua lui, dando un calcio al piede della mia sedia e spostandola.
-Watanabe, perché non riesci proprio a lasciarmi in pace cinque minuti della tua vita? Non hai di meglio da fare che sprecare il tuo tempo con me?- chiedo sbuffando.
-E perdermi questo divertimento? No grazie, preferisco tormentarti, sfigata!- afferma, tirandomi via la sedia e facendomi finire per terra, gambe all’aria, mentre tutti ridono divertiti.
Ecco che le calze coprenti tornano nuovamente utili!
Come faccio sempre in questi casi, mi rialzo, senza fiatare, senza emettere alcun verso di dolore e senza versare le lacrime che lui vorrebbe. Mi rimetto seduta tranquillamente e apro il mio libro d’inglese perché la prima ora riguarda quella materia. Lui sta per dire altro, forse stizzito dal mio mutismo e dalla mia indifferenza, ma l’ingresso del professore lo zittisce.
-Signor Watanabe, vada a sedersi, cortesemente. Non ha sentito il suono della campanella o era così impegnato a corteggiare la signorina Tanaka da non averla sentita?- lo riprende il professore.
Oh no professore! Così mi mette nei guai più di quanto già non sia!
Mi volto a guardare Watanabe, il suo viso è livido di rabbia mentre prende posto qualche fila più dietro. Povera me! Va bene che non mi feriscono i suoi insulti, ma i suoi schiaffi fanno abbastanza male quando gli gira, e quelli preferisco evitarli!
 
Le ore di lezione passano veloci. Alle quattro, finalmente, posso tornare a casa. Mi stupisce non vedere in giro Watanabe, temevo me l’avrebbe fatta pagare cara per oggi. Tanto meglio. Prendo le mie cose ed esco dalla scuola. Arrivo all’asilo trovando Daiki addormentato. Povero piccolo, deve stare davvero male. Lo porto a casa in braccio, arrivando stanca morta in camera sua, dove lo metto a letto. In casa non ho trovato nostro padre, sarà uscito. Dopo aver fatto i compiti, vado a preparare la cena, una semplice zuppa di miso, non possiamo permetterci altro dato che papà non lavora.
All’ora di cena lui ritorna puntuale, sedendosi a tavola senza neanche salutarmi. Cominciamo bene!
Porto la zuppa a Daiki in camera sua. Preferisco non farlo scendere in cucina, sia per come sta sia per altro. Servo la zuppa e mi siedo, iniziando a mangiare.
-Questa brodaglia fa schifo! Quanto sale ci hai messo?- urla improvvisamente mio padre, facendomi sobbalzare.
-A me non sembra salata papà, forse è la tua boc…- nemmeno il tempo di finire la frase che me la getta addosso, prendendomi in pieno sul braccio destro, col quale sono riuscita a pararmi almeno il viso, prima che mi ustionasse.
-Osi contraddirmi puttana? Non solo mantengo te e quel moccioso, ma per sdebitarti non sei nemmeno in grado di cucinare una zuppa?! Siete totalmente inutili!- mi urla in faccia, dopo avermi afferrato e sollevata per la maglia.
La puzza di alcool che esce dalla sua bocca è talmente nauseante che volto il viso disgustata.
-Scusami papà! Hai ragione, la zuppa è salata! Te ne preparo subito un’altra!- tento io, anche se invano.
-Mi è passata la fame!- dice prendendomi a schiaffi e lanciandomi verso il tavolo, contro il quale sbatto la schiena, finendo a terra dolorante.
Resto immobile a terra, rannicchiata su me stessa, conscia che se provassi ad alzarmi continuerebbe a picchiarmi, peccato che stasera non vada come al solito, infatti si sfila la cintura dai pantaloni ed inizia a colpirmi ovunque.
-Papà…mi dispiace! Scusami ti prego! Basta! Fermati!- lo imploro tra le lacrime, con le braccia avvolte al viso e alla testa.
-Zitta, brutta stronza! Dovevate morire tu e quel moccioso, non lei! Non la mia amata Sakura! Dovevate morire voi, inutili parassiti! Lei era un’ottima cuoca! Lei si prendeva cura di me! Era la mia vita!- sbraita, accecato dalla rabbia, mentre mi colpisce le gambe e il fianco, ancora e ancora.
Il rumore delle cinghiate è perfino più doloroso del colpo che ricevo ogni volta. Piango e prego che la sua furia si plachi in fretta, non potendo far altro.
La tortura finisce quando non sento neanche più il dolore dei suoi colpi. Lo vedo andar via, borbottando qualcosa d’incomprensibile, asciugandosi gli occhi. Deve aver pianto. Come sempre.
Resto rannicchiata sotto il tavolo, non so per quanto, scossa dalle lacrime.
Anche per oggi sono viva.
 
Ecco…le vedi Hiro Watanabe? Sono queste le uniche lacrime che mi concedo ogni maledetto giorno della mia vita, e che non dedicherò mai a te! Ed è così dal giorno in cui la mamma è morta di cancro. Da allora  mio padre, per il dispiacere, ha iniziato a bere per dimenticare, riversando poi su di me il suo dolore.
La mia vita procede così da quattro anni e così sarà per altri tre, fino a quando non sarò maggiorenne e porterò via con me mio fratello, denunciando nostro padre per tutto il male che ci sta facendo, ma adesso no, non posso far nulla. Se parlassi con qualcuno, lo arresterebbero e porterebbero me e Daiki in un istituto. Lui è ancora piccolo e sono sicura sarebbe subito adottato, venendo allontanato da me. No! Non posso permetterlo! Ho giurato alla mamma, poco prima che morisse, che mi sarei presa cura di lui, che gli avrei fatto da mamma, oltre che da sorella maggiore. Devo solo avere pazienza e sopportare, sperando che quel bastardo non mi uccida nel frattempo.

Ho provato a comprenderlo, a giustificarlo i primi tempi. Mi dicevo che aveva perso la donna che amava e che, forse, era normale reagisse così, poi col tempo, e le botte sempre più frequenti, ho iniziato a odiarlo. Avevo quattordici anni e Daiki appena uno quando la mamma è morta. Era suo dovere prendersi cura di noi, non il contrario. Da quel giorno si è riversato tutto su di me, dalla gestione della casa a crescere Daiki. Viviamo di quel poco che mamma e papà avevano messo da parte con anni di duro lavoro, prima che accadesse tutto, ma quei soldi sono quasi finiti, quindi dovrò trovare un lavoro per mantenerci, e questo sarà un grosso problema per me. A chi lascerò mio fratello quando non sarò in casa? Non lo lascio di certo con quella bestia, potrebbe ucciderlo. Finora l’ho protetto, ma se lavorerò e sarò assente, come potrò proteggerlo?
-Sorellina che hai? Stai male?- mi chiede Daiki, cogliendomi di sorpresa.
-Daiki, che ci fai qui?- gli chiedo, tentando di alzarmi senza gemere dal dolore.
-Ho portato la ciotola vuota. Era buonissima la zuppa!- dice sorridendo e facendo sorridere anche me. Il suo sorriso e il suo benessere sono quelli che mi fanno andare avanti, o non so dove sarei adesso. Sicuramente lontano da questa casa!
-Ne sono felice piccolo. Ora fila a lavarti i denti e poi a nanna.-
-Vado! Notte Keiko!- esclama abbracciandomi per la vita, provocandomi un dolore atroce.
-Buona notte fratellino.- gli sorrido, trattenendo le lacrime.

Ripulisco la cucina meglio che riesco e mi rifugio nella mia camera. A fatica tiro da sotto il letto una cassettina piena di pomate, unguenti, fasce, disinfettanti e quant’altro per il primo soccorso. Mi spoglio il più delicatamente possibile, osservando il mio braccio completamente bordò e già pieno di vesciche, dovute all’ustione con la zuppa bollente. Ci spalmo su una crema per le ustioni e poi fascio il tutto, mordendomi le guance a sangue per non singhiozzare dal dolore. Mi guardo allo specchio per vedere dove passare altra crema e disinfettare le nuove e vecchie ferite. A volte avrei la tentazione di fare un bagno nell’acqua ossigenata per far prima, peccato non me ne possa permettere tanta. Quando finisco, sembro una mummia con tutte le bende che ho addosso. Ho il corpo martoriato grazie a quel maledetto. Vado a lavarmi il viso, struccando tutta la matita colata con le lacrime e rivelando altri segni, ancora violacei, ricordo dei pugni che mi ha dato cinque giorni fa. Beato il trucco e chi l’ha inventato! Senza i fiumi di matita e fondotinta che uso, tutti noterebbero i segni. Meglio passare per una sgualdrina che rischiare di finire in istituto e perdere Daiki. Stessa utilità hanno calze e dolcevita, coprono i segni altrimenti visibili da tutti. Porto le calze anche in pieno agosto e durante le lezioni di attività fisica. Soffro terribilmente con tutta questa roba addosso, ma che altro posso fare?
Capisco che il mio modo di conciarmi da adito agli insulti, lo noto da sola quanto sono stramba e ridicola, forse anche io mi definirei una sgualdrina vedendomi da fuori e non con gli occhi gonfi di dolore.
Purtroppo il primo difetto dell’essere umano è quello di giudicare dalle apparenze, etichettando la gente senza conoscere il perché dei loro gesti.
Quando esco dal bagno passo dalla camera di mio fratello. Come speravo l’ha chiusa a chiave, come gli raccomando ogni giorno. Sono perfino costretta a dormire con la porta chiusa, visto ciò che è accaduto qualche settimana fa. Quel giorno credevo davvero sarei morta, se non per le percosse per un infarto sicuramente. Fortuna che mi sono difesa o…basta! Non pensarci più Keiko! Ricorda sempre che quel maledetto non era in sé, rimane sempre tuo padre.

Padre…ma posso ancora definirlo tale?

Mi chiudo in camera e mi stendo, solo che le cinghiate fanno malissimo, da qualunque parte mi giri bruciano, per non parlare del braccio che sembra stia andando a fuoco. Pulsa in modo assurdo. Fa più male adesso che prima.
Mi alzo, mettendomi seduta, cercando una posizione in cui sento meno dolore. Fosse facile! Mi volto verso la foto sul comodino e la prendo tra le mani. Ritrae me e la mamma sedute al parco, sotto una distesa immensa di ciliegi in fiore. Sembra che la nonna ci abbia azzeccato chiamandola Sakura.*
“La Via dei Ciliegi” l’ha soprannominato lei quel posto, nel parco Ueno. Conservo ancora il ramo essiccato che le portai prima che morisse, proprio nella stagione dell’Hanami.* Quando lo vide sorrise, felice di rivedere per un’ultima volta quel delicato fiore di così breve durata, esattamente coma la sua vita, finita troppo presto a soli trentacinque anni.
Da allora, quando voglio stare da sola a pensare a lei, mi rifugio proprio nella sua Via dei Ciliegi , restando ore ed ore seduta sulla stessa panchina su cui era solita sedersi lei. Durante tutto il periodo dell’Hanami ricopro la sua tomba di fiori di ciliegio, sperando possa esserne felice.
I miei pensieri vengono interrotti dalla musica proveniente dal piano inferiore, ovviamente è papà che mette a palla le musiche che ascoltava con mamma. Un tempo mi faceva pena, ora provo solo disprezzo per lui. É soltanto un egoista! Anche io e Daiki soffriamo per mamma, ma a lui non è mai importato. Si crede la vittima della situazione, quando le vere vittime siamo io e mio fratello. A molta gente muore il coniuge, ad alcuni anche i figli ,che è peggio, ma non reagiscono così, ubriacandosi e picchiando i figli. Ormai la morte di mamma è una scusa per bere, perché gli piace e ne è dipendente. Non riesco più a provare compassione, ho smesso quando mi ha rotto la gamba a forza di calci e l'ho odiato del tutto quando mi ha rotto anche tre costole l'anno successivo.
No, non provo pietà per lui, è solo un bastardo! Perché non si è ammalato lui, invece di mamma? Perché devo subire tutto questo da colui che dovrebbe amarmi e proteggermi? Come può un padre tentare di strangolare la figlia?
Lo rinnego come padre, è solamente l'uomo che odio di più al mondo!
 
La notte passa lunga ed interminabile, tra lacrime e sospiri. Non ho chiuso occhio. Almeno oggi non farò tardi, vediamone il lato positivo.
Mi preparo come sempre con calze coprenti, foulard e tantissimo trucco.
Ho male ovunque. Le calze mi premono sulle ferite, facendomi bruciare la pelle. Il braccio non lo sento quasi più invece, e non credo sia un buon segno. Ho preferito non cambiare le bende, non me la sono sentita, lo farò quando torno.
Dopo aver accompagnato Daiki all'asilo vado a scuola anch’io. Vediamo cosa si inventa oggi Watanabe per offendermi. In classe stranamente non c’è, magari oggi non viene, speriamo! Visto che fino ad ora di pranzo nessuno mi ha rotto le scatole, decido di pranzare su in terrazzo. Peccato che appena varcata la soglia ho una brutta sorpresa: Watanabe è qui che dorme come se nulla fosse, ma vedi te, salta le lezioni per dormire! Eh sì che ha buoni voti anche. Se volessi potrei dargli una botta in testa in questo momento, se la meriterebbe. Per sua fortuna però, odio la violenza. Credo sia anche comprensibile.
Decido di andarmene silenziosamente per non farmi sentire, purtroppo però, il destino mi è sempre avverso e dietro di me ritrovo due ragazzi, amici di quell’idiota, che mi sbarrano il passaggio.
-Guarda chi abbiamo qui! Sei venuta per disturbare Hiro, non è così?- dice uno di loro ad alta voce, così che l’interpellato si svegli.
-Ero venuta qui per mangiare tranquilla, ho visto lui e ho girato i tacchi. Non voglio disturbare nessuno. Fatemi passare.- chiedo, cercando di farmi largo tra di loro.
-Eh no mia cara ! Ora che sei qui rimani a farci compagnia!- esclama il mio incubo scolastico.
-Avrei di meglio da fare che farvi compagnia, Watanabe.- rispondo stanca.
-Tipo?- chiede lui.
-Tipo… gli affari miei! Spostatevi!- dico ai due imbecilli, fermi davanti la porta del terrazzo.
-Immagino cosa devi fare…- afferma sicuro, con quel suo solito ghigno spocchioso.
-Non è difficile intuirlo avendo il pranzo tra le mani.- sostengo, scuotendo la testa.
Che imbecille!
-Questo è ciò che vuoi far credere tu. Lo so cosa nascondi sotto quei vestiti…- ripete, avvicinandomisi pericolosamente.
-Non…non so a cosa ti riferisci…- dico preoccupata.
Come può aver capito tutto? Non si vede assolutamente nulla. Certo, compio dei movimenti come se fossi un bradipo agonizzante, ma non credo che da questo si intuisca che vengo picchiata. Oh mamma, proteggimi tu!
-Invece lo sai! L’ho scoperto perché ti vesti in modo così ridicolo anche se fuori ci sono trenta gradi e perché usi tutto questo trucco. Confessa…sei una cazzo di emo! Ti copri le braccia per non far vedere i tagli!- dichiara soddisfatto.
Eh? Mi ha scambiato per una emo? Davvero? Do quest’impressione? Beh, il trucco dark ci sta, in effetti. Mi viene quasi da ridere però. Sia per la grossa cazzata sparata sia per il sollievo di non essere stata scoperta.
-Allora? Non rispondi? Sei così sconvolta da non avere parole?- incalza, aspettando forse che scoppi in lacrime?
-Devo deluderti mi sa, il tuo intuito da profiler ha fatto cilecca. Ti conviene cambiare lavoro.- rispondo, trattenendo le risate.
Mi rivolge uno sguardo omicida. Devo averlo fatto infuriare parecchio mi sa. Forse era meglio se stavo zitta! Lo vedo estrarre un coltellino dalla tasca, mentre gli altri due dietro di me mi afferrano per tenermi ferma.
-Ehi aspetta, che intenzioni hai?- chiedo spaventata, provando a divincolarmi.
-Ti consiglio di stare ferma se non vuoi farti davvero male.- minaccia, avvicinandosi al mio braccio sinistro col coltello.
-No! Lasciatemi! Aiuto! Aiutooo!- inizio a strillare, però mi tappano subito la bocca.
Chiudo gli occhi terrorizzata, non voglio vedere cosa sta per farmi. Aspetto solo di sentire anche questo nuovo dolore, che però non arriva. Sento solo il lacerarsi della manica della divisa.
Riapro gli occhi, osservando la camicia strappata fino alla spalla…ma che…
-Tzè! In questo braccio non c’è nulla. Vediamo l’altro!- ghigna, portando il coltello verso il polsino della manica destra.
No! Qui c’è la fascia che copre l’ustione! Se toglie la benda la vedrà!
-No! Ti prego fermati!- provo a supplicarlo, inutilmente visto che anche la manica destra fa la fine dell’altra.
-Oh oh…una fascia! Scommetto ci sono i tagli sotto!- afferma convinto, tagliando anche quella, ma la benda si è quasi del tutto attaccata alla mia pelle, quindi inizia a tirarla via, provocandomi un dolore inimmaginabile.
-Lasciami! Ti supplico, basta!!!- piango disperata, mentre chiazze di sangue appaiono dalla pelle lacerata.
-Ma che cazzo…che hai combinato?- chiede incredulo, osservando la benda tra le sue mani.
-Ti prego…ti prego…- singhiozzo solamente, sentendo come se il braccio stesse per staccarsi. Il dolore è talmente forte che le gambe mi cedono, ma i due che mi tenevano ferma mi reggono prontamente. Mi sento svenire. Aiuto!
-Che facciamo Hiro?- gli chiede uno di loro.
-Io…non lo so…-
-Portiamola in infermeria.- suggerisce l’altro.
Infermeria? Dottore? Medicazione…quindi via i vestiti!
-NO! No, in infermeria no! Sto benissimo! Lasciatemi andare, vi prego!- li supplico, ritrovando la forza nella disperazione.
-Tu devi essere completamente pazza! Come puoi dire di stare bene? Tra un po’ ti si vedono i muscoli da quanto sono profonde le ferite. Che accidenti hai combinato per ridurti così?-
-Mi sono solo bruciata con del brodo, nulla di che, passerà.- gli spiego, provando a fermare le lacrime mentre i due ragazzi mi liberano dalla loro stretta.
-Nulla di che? Hai un’ustione di secondo o terzo grado e per te è nulla?-
-Senti, sono affari miei se ho un’ustione anche da quinto grado! Ho detto che sto bene. Voglio solo che mi lasci in pace. E’ così difficile da capire Watanabe?-
-Non esiste un’ustione da quinto grado, si fermano al quarto. Comunque ok, fai quel cazzo che ti pare, sapessi che m’importa! Andiamocene ragazzi.- dice agli altri, lasciandomi finalmente sola.
Per stavolta l’ho scampata dall’essere scoperta, ma devo disinfettare subito le ferite o sarò nei guai, guai davvero seri. Non è la prima volta che mi ritrovo a curare delle ustioni, ma non sono mai state così estese. Accidenti!
Aspetto sul terrazzo che suoni la campanella che segna la fine della pausa pranzo, nel frattempo cerco di calmare il battito furioso del mio cuore. Il dolore è terribile. Mi assicuro che non ci sia più nessuno nei corridoi e mi fiondo al mio armadietto dove tengo delle bende e una casacca di riserva. Quell’imbecille me l’ha rovinata, come farò adesso a fare cambio quando quest’altra si sporcherà? Dovrò richiederne un’altra. Quanto ti odio Watanabe! Tu sia dannato, insieme quel maledetto di mio padre! Sembra che il genere maschile ce l’abbia con me, anche se non ne capisco il motivo!
Rifasciato il braccio metto la divisa ed esco dal bagno. Inutile ritornare in classe adesso, tanto vale che me ne vada fingendo un malore. Dopo aver ottenuto il permesso dal preside esco, decidendo di andarmene nel mio posto preferito. Non voglio tornare a casa.
 
Non siamo nella stagione della fioritura dei ciliegi, però mi piace ugualmente starmene seduta qui, sotto questi imponenti alberi che sembrano guardarmi e, in un qualche modo, proteggermi. Certo non mi proteggono da pugni e calci, ma dall’impazzire per davvero sì. Mi tengono coi piedi per terra. Questo luogo è l’unico sottile filo con mia madre, l’unico filo di lucidità che mi tiene ancorata in questo mondo.
Alzo la testa per guardare tra le fronde degli alberi, mosse dal leggero vento autunnale.
-Mamma...- la chiamo, sperando mi senta  -mamma ti prego, aiutami, o non arriverò viva ai vent’anni*. Ti prego, proteggimi da quel mostro ancora per un po’. Dammi la forza di resistere.- le chiedo nuovamente in lacrime, unendo le mani in una piccola preghiera.

Persa in quella dolorosa richiesta d’aiuto, non mi accorgo di qualcuno che mi osserva, nascosto fra i cespugli. Qualcuno che un giorno potrebbe salvarmi da tutto questo…mandato da me come in risposta alle mie implorazioni.
 







 
Note: (vi prego leggetele ^_^)
*In Giappone la maggiore età si consegue a venti anni. In questa storia ho lasciato questo particolare, rimanendo fedele alle leggi giapponesi.
*Il nome Sakura significa fiore di ciliegio. I sakura sono anche gli alberi di ciliegio.
*L’Hanami è una festa tradizionale giapponese, che consiste nell’osservare la fioritura degli alberi di sakura, nel periodo che va da inizio aprile fino a metà di maggio. I giapponesi, di giorno, usano fare dei picnic proprio sotto questi bellissimi alberi la cui tonalità varia dal bianco al vermiglio, dipende dalle varietà di sakura. Vi è anche la versione notturna di festeggiamenti, quella prende il nome di Yozakura. Quelli della mia foto sono sakura rosa intenso, di una varietà nata da alcuni incroci, quindi non da frutti. Se non conoscete questa usanza eccovi alcune foto ^_^
Hanami di giorno  ->  QUI
Yozakura di notte  ->  QUI
Parco in piena fioritura QUI
 
Salve ^_^ sì sono sempre quella che scrive con ambientazioni giapponesi XD in attesa di pubblicare anche qui Odio il giapponese antico, vi propongo questa storia dai temi abbastanza attuali e delicati, decisamente diversa da quella sopracitata, ma vi informo che non tratterò in modo troppo approfondito gli argomenti che leggerete.
La storia nasce dalla foto di quei ciliegi che vedete in copertina ^^ da lì ho costruito tutta la storia in base a ciò che ci vedevo (sì se state pensando che mi manca qualche rotella avete ragione XD ormai è risaputo questo)
Per chi mi segue di la, non temete, sono a lavoro ^_^ abbiate pazienza e arriveranno tutti gli aggiornamenti. Pubblicare questa versione non richiede tanto sforzo oltre una veloce correzione di errori e di nomi.
Detto questo vi saluto e spero che questa storia possa piacere anche qui ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Vicino alla verità? ***


          





Non la sopporto! Dannata stupida ragazzina! Per una volta che sono gentile, lei s’incazza pure!
E’ la ragazza più antipatica dell’intero liceo. Sempre sulle sue, non da mai confidenza a nessuno. Ha sempre quell’aria da “io sono superiore a voi feccia, quindi statemi alla larga”. Mi fa una rabbia! Chi si crede di essere?
E pensare che quando l’ho conosciuta, il primo giorno di scuola, mi era pure piaciuta, ma tutte le volte che ho provato a parlarle mi ha sempre snobbato, con una scusa o con l’altra.
Sciocca boriosa, presuntuosa e pure stronza! Odio essere ignorato, soprattutto quando ci faccio una figura di merda, quindi a mali estremi, estremi rimedi. Perseguitarla è il modo migliore per vendicarmi dell’indifferenza che rivolge sempre a tutti. Non l’ho mai vista fare amicizia con nessuna ragazza. È sempre da sola. Dobbiamo farle proprio schifo. Beh la cosa è reciproca! Non la sopporta nessuno, sta sui coglioni all’intero istituto. Poi, come cavolo si concia? Sembra uscita da un circo. Forse nemmeno una bagascia si concia così come lei per andare a battere. E sì che quando non si truccava era pure carina.
 
-Mi spieghi perché continui a maltrattare quella ragazza? Essere ignorato ti brucia così tanto? Che le hai combinato stavolta?- sono quasi assalito dal solito rompicoglioni, non appena rientro in classe.
Gli altri due devono aver raccontato quello che è accaduto in terrazza. Inutili cagasotto! Prima mi seguono come ombre e poi se la fanno addosso.
-Chiudi la bocca Shinji, o ti ci ficco un pugno dentro!- replico infastidito.
-Devi prima riuscirci, sono più forte di te!- sghignazza lui.
-Non sarò cintura nera come te, ma i pugni so darli, quindi taci!- gli intimo, guardandolo minaccioso.
Fare karate non lo rende certo imbattibile, come crede lui. Soprattutto quando sono di pessimo umore, quindi meglio non provocarmi.
-Non hai comunque risposto alla domanda. Perché ti diverti così tanto a maltrattarla? Le tue “vallette” mi hanno raccontato cos’hai combinato in terrazzo. Ti sembrano modi di comportarsi, stupido imbecille?!- ripete, dandomi uno scappellotto dietro al collo.
-Juro e Kenji non sono le mie “vallette”, mi rispettano solamente, idiota! Comunque non vedo cosa importi a te di quel faccio e a chi lo faccio!-
-In quanto tuo fratello maggiore m’importa eccome! Devi finirla di perseguitare quella Tanaka, prima o poi ti finirà male! Pensa se in questo momento fosse andata dal preside a raccontare che trattamento le hai riservato. Potrebbero espellerti, stupido!-
-Dannazione… non ci ho pensato.-
-Perché, sei in grado di pensare?-
-Piantala! Il fatto di avere due anni più di me non ti da il diritto di offendermi. Soprattutto considerando che sei stato bocciato già due volte!- gli ricordo, nel caso lo avesse scordato.
-Può darsi faccia schifo nello studio, ma almeno non faccio disperare mamma, come te! Se prima di parlare collegassi il cervello alla lingua, forse non faresti tanti casini. Vai a cercarla e chiedile scusa, prima che ti sbattano fuori una volta per tutte!-
-Non ci penso proprio! E poi, dove dovrei cercarla?-
-In direzione, no?! Vai e sbrigati, o preparati a non vedere più la luce del giorno e una linea Wi-Fi per anni, se ti espellono.-
In effetti, la prospettiva di essere messo in punizione, soprattutto ora che non sono più un bambino, non mi piace per niente.
-E che palle!- sbuffo, andando a cercarla, chiedendo prima il permesso al professore appena entrato.
La cerco in direzione, ma non la vedo. L’ufficio del preside è chiuso però, che sia già dentro?
-Ehi Kaede, sa se nell’ufficio del preside c’è una ragazza vestita e truccata strana?- chiedo alla segretaria, amica di mia mamma da una vita.
-Una certa Keiko, per caso?-
-Sì proprio lei.- affermo preoccupato. Quindi è davvero venuta qui. Mi sa che sono nei guai!
-E’ passata cinque minuti fa per dire che tornava a casa, non stava molto bene. Per caso la conosci? E’ una tua amica?-
-Diciamo. Ha solo chiesto il permesso per andar via?- chiedo più sollevato.
-Sì, perché? E’ successo qualcosa?-
-No no, ero solo curioso. Senta Kaede, non è che potrebbe farmi un grandissimo favore?-
-Sentiamo prima quale…-
 
Non so perché, ma ho deciso di cercarla ugualmente, anche se non mi ha denunciato al preside. Kaede mi ha firmato un permesso per uscire un’ora. Non dovrebbe essere molto lontana, quindi dovrebbe bastare. La cerco nei dintorni della scuola, finché la vedo. Noto che si è cambiata la divisa che le ho tagliato. La teneva nell’armadietto? Tipa strana!
Sta prendendo una strada diversa da quella che le vedo fare solitamente quando torna a casa. Da quello che so, vive non lontano da qui in un vecchio tempio, e non si trova certo nella direzione che sta prendendo. Dove starà andando?
La seguo, cercando di non farmi vedere. Prende strade e stradine secondarie, per arrivare infine al parco Ueno. Che accidenti c’è venuta a fare qui? Non stava male?
Si addentra per i viali alberati, dove la seguo, poi si siede su una delle panchine. Mi avvicino cauto, nascosto tra i cespugli. Resta immobile a guardare il nulla, davanti a sé, poi alza la testa per guardare interessata fra gli alberi. Che ha visto? Vi guardo anch’ io, ma vedo solo degli alberi spelacchiati che perdono foglie a causa dell’autunno.
-Mamma...- le sento pronunciare, così mi volto verso di lei, rimanendo sorpreso nel vederle gli occhi pieni di lacrime.
In questi anni ho provato in ogni modo a farla piangere, a farla cedere e ad implorarmi di lasciarla stare, ma non l’ha mai fatto. Se stamattina ha pianto è stato per un dolore non causato da me, ma dall’ustione. E questo mi fa ancora più rabbia!
-…mamma ti prego, aiutami tu, o non arriverò viva ai vent’anni anni. Ti prego, proteggimi da quel mostro ancora per un po’. Dammi la forza di resistere.- prega, in un fiume di lacrime, che mai avrei creduto di vedere.
Che significa? Non crede arriverà viva alla maggiore età? Perché? E poi a chi si riferisce con “mostro”? A me forse? Crede voglia ucciderla? No, mi sembra improbabile. Se fosse spaventata da me reagirebbe diversamente quando la maltratto, invece, quelle volte, sembra del tutto assente, come se le scivolasse tutto addosso. Non è mai sembrata intimorita da me, anzi, direi il contrario.
A chi può riferirsi allora? E poi quella scottatura? È un posto insolito su cui gettarsi maldestramente brodo bollente. Dalla spalla in giù. Teneva per caso la ciotola in bilico sulla testa? Se versi un liquido caldo ti scotti le mani, o le gambe, se ti casca la pentola, ma tutto il braccio…e poi con un’ ustione del genere perché non è andata in ospedale? Ha perfino rifiutato d’essere visitata in infermeria.
Quella Tanaka nasconde qualcosa, ed io voglio scoprire cosa! Magari trovo il modo di poterla ferire sul serio, perché le semplici offese non funzionano. Ci vuole qualcosa di maggior impatto emotivo.
Preparati Tanaka…presto sarai lo zimbello di tutto l’istituto! Così la pianterai con quell’atteggiamento di superiorità del cazzo!
Hiro…sei un genio!
 
 
Il giorno dopo, fingo non sia accaduto nulla e le dedico sempre quei tre o quattro insulti, così per non dare nell’occhio. Quando esce da scuola la seguo passo passo, spiando ogni suo movimento. Lo stesso faccio la mattina presto quando esce da casa, e così via per altri giorni.
Finora non ho scoperto nulla. Ha una vita molto noiosa. Porta il fratellino all’asilo e poi viene a scuola, quando esce va a riprenderlo e ritorna a casa. Da quello che ho capito non ha una vita sociale nemmeno fuori dal liceo, ed è strano per una ragazza della sua età. Le uniche uscite che fa sono per andare al supermercato ed in farmacia. Che ci andrà a fare così spesso nell’ultima, poi? Ogni volta esce con un sacchetto pieno di roba, ma la cosa strana che ho notato, è che cambia sempre farmacia, non va mai nella stessa. Non è che si droga di farmaci? Ciò spiegherebbe molte cose.
Ho scoperto che la madre è venuta a mancare quattro anni fa, quindi in casa ci sono lei, il fratello ed il padre, che non ho mai visto. Non l’ho mai notato entrare o uscire in nessuno degli orari in cui seguo Tanaka. Forse lavora di notte. Vuol dire mi apposterò anche la notte, magari al venerdì e al sabato visto che non c’è scuola il giorno dopo.
Devo scoprire che combinano in quella casa, perché di sicuro qualcosa succede. Me lo sento!
Forse quella pazza tiene il padre segregato in cantina, legato da qualche parte e lo picchia anche, e tutti quei farmaci serviranno per curargli le varie ferite. Oppure, cosa più credibile, è malato e lei lo cura, ma ciò non spiegherebbe il suo comportamento assurdo. La mia prima ipotesi che fosse una emo è sfumata subito, quindi perché conciarsi in quel modo ridicolo? Mi farà diventare pazzo!
 
E’ pomeriggio, quando prendo le chiavi della moto per andare a vedere cosa fa quella stramboide, quando mia madre mi chiama.
-Tesoro, stasera viene papà a cena, non uscire.- mi avverte lei.
-Col cazzo! Proprio perché quello stronzo viene, io scappo via!- dico, facendo per uscire di corsa,
-Ancora questa storia? Non essere così offensivo quando parli di lui! E’ tuo padre, e merita rispetto!- mi rimprovera lei.
-Rispetto? Parli di rispetto, mamma??? Ti ha forse “rispettata” quando ti tradiva? Ti ha per caso “rispettata” quando ti ha confessato che la sua amante era incinta? Ha “rispettato” te ed i suoi figli quando se n’è andato a vivere con quella sgualdrina? Non mi pare proprio! Quindi perché io dovrei rispettare lui? Eh?- esclamo furioso, sottolineando più volte quella maledetta parola…rispetto!
-Ciò che è accaduto tra me e lui non deve riguardarti. Non ti ha mai fatto mancare nulla anche se è andato via. Ha sempre mantenuto il suo ruolo di padre, sia fisicamente che economicamente. Capisco tu sia ferito, ma questo non giustifica il tuo odio nei suoi confronti.-
-Come puoi difenderlo? Che donna sei? Accetti il tradimento senza batter ciglio? Lo inviti anche a cena come se nulla fosse. La bella famigliola allargata. Già che ci sei, invita a cena la sua amante, magari le cose a tre vi piacciono!- sputo velenoso, beccandomi subito dopo un suo schiaffo.
-Come ti permetti? Adesso stai esagerando ragazzino! Finora ho avuto pazienza perché comprendevo il tuo dolore, ma adesso hai superato ogni limite! Da oggi le cose in questa casa cambiano. Hai finito di fare i tuoi comodi. Per cominciare stasera non esci, anzi non uscirai per un bel po’, tranne che per andare a scuola. Quando verrà tuo padre ti comporterai come si deve, sedendoti a cena con noi e conversando civilmente, o insieme le uscite dimenticati cellulare, computer, Xbox e paghetta. Sono stata chiara?- sbraita furente. Allora qualche emozione ce l’ha?! La credevo peggio del granito, data la sua impassibilità a tutto!
-Più che capirmi mi hai psicanalizzato grazie al tuo lavoro del cazzo! Se avessi svolto il tuo ruolo di madre, invece di quello di psicologa e assistente sociale, forse non saremmo a questo punto! Odio la tua passività, odio il tuo lasciarti trattare da zerbino senza obiettare mai, odio la tua indifferenza quando ne parli! Sei mia madre, accidenti! Non credi sia normale che come figlio detesti il modo in cui ti ha trattata? Non dico tu debba lanciargli i coltelli quando lo vedi, però mi è inaccettabile vederti seduta allo stesso tavolo con lui a conversare amabilmente come se nulla fosse, quando sai che finito qui tornerà tra le braccia della sua amante e della nuova famiglia che ha creato con lei. Ok la civiltà, ma tu esageri! Vuoi togliermi tutto? Fallo, ma io continuerò a detestare l’uomo che mentre ci sorrideva come se fosse felice di stare con noi, si scopava una ragazzina con la metà dei suoi anni, mettendola pure incita. Fingi pure che tutto questo sia normale mamma, ma non chiedere a me di fare altrettanto!- replico, ignorando le sue urla ed uscendo ugualmente.
Fanculo anche lei!
Come fa a sopportare una situazione del genere? La bella famiglia del cazzo! Apparenze che sono più importanti da mostrare, rispetto ai propri sentimenti!
La odio! Esattamente come odio mio padre! Ha rovinato la nostra famiglia, se n’è andato di punto in bianco, dicendo che aveva una nuova famiglia a cui pensare. Già… e quella vecchia? Non serviva più ovviamente.
Mamma dice che non ha mai fatto mancare la sua presenza come padre. Certo, venire a cena al fine settimana vuol dire fare il padre?! Dov’è quando Shinji ha i tornei regionali di karate? Dov’è quando organizzo delle serate per suonare la chitarra elettrica, che LUI ha insistito per comprarmi? Dov’è quando la scuola organizza feste in cui si porta la famiglia? Dov’è per le festività? Dove cazzo è quando ho bisogno di un suo consiglio come uomo? Semplice, con la sua nuova famigliola felice e le sue due nuove figliolette. Noi non contiamo più, tranne che per una cena.
Sfreccio veloce con la mia inseparabile moto, attraversando la città ed ignorando anche i semafori. Almeno questo mi rilassa un po’.
È già buio da un pezzo, vediamo che fa la sfigata. Pensare a come maltrattare quest’altra invertebrata è l’unica soddisfazione che ho. Pure questa Tanaka, come può sopportare tutto quello che le faccio senza batter ciglio? Le donne stanno diventando tutte prive di carattere? Troverò il modo di farla piangere davanti a tutti, questo sfizio non me lo toglierà nessuno. Devo solo trovare il suo punto debole e sarà fatta!
 
Che palle! Ho passato diverse ore a spiare la casa di Tanaka, ma non ho notato alcun movimento strano, tranne quando lei è uscita a gettare l’immondizia. Così, con le scatole piene, me ne ritorno a casa.
È tutto buio e silenzioso. Temevo avrei trovato mia madre alzata ad aspettarmi per farmi la ramanzina.
-Dove sei stato finora?- chiede Shinji sbucando dalla sua stanza.
-In giro.- rispondo vago.
-Hiro, sono le tre di notte! Cosa combini a quest’ora?-
Ok, ho sbagliato persona, non è mamma a farmi la predica, ma mio fratello.
-Né bevo né mi drogo se è questo che pensi, credo si noti dalla mia lucidità, no?- gli faccio notare scocciato.
-Vero. Allora mi spieghi che fai?-
-Te l’ho detto, solo un giro per schiarirmi le idee.-
-Va bene, ho capito. Vedi di non combinare guai, intesi?- raccomanda perplesso.
-Sì sì, ho capito!- sbuffo spazientito.
-Papà c’è rimasto male quando non ti ha trovato.- mi informa, senza che nessuno gli abbia chiesto nulla.
-Sapessi quanto me ne importa!- alzo gli occhi al cielo, infastidito dalla notizia non gradita.
-E neppure di nostra madre t’importa? Quando sei andato via è scoppiata in lacrime per le cattiverie che le hai detto. Non avresti dovuto.- mi rimprovera severo.
-Lei ha ciò che ha voluto. Si trova in questa situazione perché lo vuole lei.-
-Non è giusto farglielo pesare così!-
-Così come non è giusto che mi costringa a fingere di volere papà nella mia vita. Lui non vuole me, ed io non voglio lui. Semplice no?- ribatto irritato.
-Ti sbagli Hiro! Non è affatto così!- insiste, provando a convincermi.
-Senti, ho sonno, vado a dormire. Notte!- lo saluto defilandomi subito, così da non dovermi subire ancora la paternale da lui.
Non m’importa se mancavo al mio caro paparino. Anzi, forse capisce che si prova quando aspetti qualcuno che sai non verrà!
Mi butto a letto, distraendomi e pensando ad una strategia per avvicinarmi a Tanaka in altri modi diversi dal pedinamento, o non arriverò mai a nulla.
Penso e penso, ma non mi viene in mente nulla, oltre al sonno. Continuerò a pensare domani mi sa.
 
-Che peccato, oggi Tanaka non è venuta. Strano da parte sua che non salta mai un giorno. Avevo voglia di divertirmi un po’.- sbuffa Juro al mio fianco, mentre osserviamo le ragazze giocare a palla a volo.
Passatempo decisamente migliore che correre con gli altri e stancarmi inutilmente.
Comunque è vero, quella tipa non ha mai saltato un giorno di scuola. Che avrà avuto da fare per non venire? Ho tutta l’intenzione di scoprirlo!
-Ehi capo, dove vai?- chiede l’altro imbecille, Kenji, quando vede alzarmi.
-Vi ho detto e ripetuto che non sono il capo di nessuno, idioti!- sbotto irritato, andandomene senza dare spiegazioni. Non vedo perché dovrei.
Passo da Kaede fingendo un forte dolore allo stomaco e chiedendo di potermene andare. Ottenuto il permesso mi precipito a casa della stramba. Mi apposto dietro un grosso albero del suo giardino quando la vedo uscire da casa. Fa qualche passo, per poi arrivare ad una panchina, su cui si siede. Sta parlando con qualcuno al telefono e tiene una busta di piselli congelati sulla testa. Avrà sbattuto? È per questo che non è venuta a scuola oggi? Per una leggera botta alla testa?
-Yoko, tranquilla. Non ho bisogno di nessun dottore. Ti ho detto che sto bene.- dice, togliendo dalla fronte la busta e rivelando una grossa chiazza violacea.
Deve aver preso una bella botta mi sa.
-Sì, lo so anch’ io, ma non posso, lo sai…- sospira, come rassegnata.
Ora che la guardo meglio, vedo che non ha un filo di trucco. I capelli sono raccolti in un’alta coda che le lascia libero il viso, sempre coperto da essi. Ha un viso che sembra di porcellana. Gli occhi, senza tutta quella matitaccia nera, mostrano delle splendenti iridi azzurro/grigio, che non avevo mai notato. Sembra un’altra.
E’…è…davvero bella!
Ma siamo sicuri che sia la stessa Tanaka che sta ogni giorno in classe con me?
Non ho più seguito la sua conversazione tanto ero preso dal guardarla. Accidenti! Chiude la chiamata e poggia il telefono sulla panchina in legno.
-Sorellina! L’acqua bolle!- la chiama quello che riconosco essere suo fratello.
-Eccomi!- risponde alzandosi e rientrando in casa. Noto che ha scordato il cellulare sulla panchina. Mmmh…come non approfittarne?
Lo prendo e scorro sulla rubrica per vedere che numeri ha, ma la trovo quasi vuota. Ha solo il numero della scuola, dell’asilo, del fisso di casa e di quella Yoko con cui parlava. E quello del padre? Dei nonni? Della famiglia in generale? Amici, anche solo conoscenti? Non parla con nessuno quella ragazza? E’ ancora più stramba di quello che credessi. Asociale fino al midollo!
Dal suo cellulare digito il mio numero e mi chiamo, così che mi rimanga memorizzato. Poi, non so perché e cosa mi spinga a farlo, memorizzo il mio numero nella sua rubrica. Potrei chiamarla in modo anonimo per romperle le scatole, però, preferisco veda il mio numero, non voglio certo nascondermi.
Stando attento che non corra a riprendersi il cellulare, entro nella gallerie delle foto, ma quella che vedo sullo schermo non sembra neanche lei. C’è una ragazza sorridente, con in braccio un bambino che l’abbraccia felice. Non l’ho mai vista sorridere da quando la conosco. Sono quasi tutte foto con lei ed il fratellino. In alcune è truccata, in altre no. Ci sono foto anche di una ragazza, suppongo sia Yoko. Scorrendo ancora le foto ci sono immagini di una donna molto bella, dall’aria dolce e amorevole, la madre immagino, ma ancora nessuna del padre. Non è che è morto anche lui e la sfigata non ne denuncia la morte per non finire in un istituto? Magari lo tiene dentro al congelatore, come nei film. Questo è da scoprire assolutamente!
All’improvviso il cellulare inizia a suonare tra le mie mani, mostrando la scritta “casa”. Forse sta cercando il cellulare chiamandosi col numero di casa per sentirlo squillare. Lo riposo sulla panchina e mi nascondo nuovamente, finché non la vedo correre in giardino.
-Ecco dove l’avevo lasciato. Potevo anche mettere sottosopra casa, non lo avrei trovato di certo.- dice, mettendoselo in tasca e rientrando.
Guardo il suo numero sul mio cellulare. Sarà molto divertente da adesso in poi!
 
 
                                                                ******************
 
 
Oggi sono costretta a restare a casa. Ho un mal di testa atroce.
Anche ieri sera, per cambiare, papà se l’è presa per qualche sciocchezza. Pur non avendomi propriamente picchiata, mi ha dato uno spintone che mi ha fatto perdere l’equilibrio, finendo col battere la testa contro il bracciolo della poltrona. Fortuna che non sono finita addosso al tavolino di vetro poco più avanti e che non fosse qualcosa di spigoloso, o non sarei più tra i vivi. Però la botta ha fatto male ugualmente, accidenti! Non ho chiuso occhio e sono mezza morta di sonno.
Ho fatto restare in casa anche Daiki. Non me la sento proprio di uscire. Però, già che sono a casa di mattina, potrei chiamare Yoko. Mi manca. A causa del fuso orario non ho mai tempo di sentirla se non la domenica.
Quando mi ha detto che i suoi genitori dovevano trasferirsi a Los Angeles, mi sono sentita smarrita. Allontanarmi dalla mia migliore amica è stato il secondo dolore più grande dopo la morte di mamma. Solo i Kami sanno quanta solitudine provo da quando se n’è andata. Era come mia sorella. Era un gran conforto averla vicina.
Comunque basta pensieri tristi su! Che ore saranno in California adesso? Qui sono le undici del mattino, meno diciassette ore di fuso orario… da le sono le sei di sera. Perfetto! Inoltro la chiamata.
-“Keiko! Che succede? Tutto bene? Dove sei???”- risponde ansiosa al secondo squillo. Che velocità, ma sta col telefono dietro???
-Ehi, ciao anche a te amica mia. Sono felice anch’ io di sentirti.- ironizzo divertita, mentre le sento tirare un sospiro di sollievo alla mia battuta.
-“Non è divertente! È insolito sentirti durante la settimana! Ci sentiamo solo la domenica. È normale mi preoccupi sentirti di mercoledì. Non sei a scuola?”-
-Lo so hai ragione scusa, non volevo prenderti in giro. Comunque no, sono a casa oggi. Ho un po’ di mal di testa, così ne ho approfittato per sentirti.- le spiego, mettendo su l’acqua per preparare il pranzo.
-“Mal di testa? Causato da cosa stavolta?”- chiede con voce nuovamente preoccupata.
-Bracciolo della poltrona. Mi è andata bene tutto sommato, ho solo un livido sulla fronte. Sono atterrata sul morbido!- scherzo per sdrammatizzare, mentre prendo un pacco di piselli surgelati per darmi un po’ di sollievo dal dolore. Il ghiaccio l’ho finito tutto ieri sera.
-“Hai battuto la testa? Keiko, devi correre in ospedale! Potrebbe essere pericoloso.”- esclama allarmata.
-Macché…è solo un bernoccolo. Sparirà in due o tre giorni, non preoccuparti.- la rassicuro guardando il giardino assolato, dalla finestra della cucina.
Ho voglia di prendere una boccata d’aria. Tanto al tempio non viene mai nessuno. I cento gradini da fare per salire qui su pesano troppo ai fedeli. Buon per me che non ho bisogno di agghindarmi come al solito.
-“Invece insisto che è meglio se vai in ospedale! E se il mal di testa fosse dovuto da una commozione? Devi farti visitare!”-
-Yoko, tranquilla. Non ho bisogno di nessun dottore. Ti ho detto che sto bene.- le ripeto sedendomi su una panchina del giardino.
-“Ma se sei rimasta a casa per il mal di testa vuol dire che è forte. Ci sei andata anche con mezzo braccio ustionato senza fare una piega! Anche se era qualcosa di relativamente morbido potresti esserti fatta più male di quello che pensi. La testa è delicata Keiko.”- insiste preoccupata.
-Sì, lo so anch’io, ma non posso, lo sai.-
-“So solamente che quella bestia finirà con l’ucciderti…ed io non sono lì ad aiutarti!”- dice con voce incrinata.
-Mi aiuti eccome Yoko. Anche se non sei qui, mi aiuta sentirti e sapere che mi vuoi bene. Per quanto riguarda lui…tranquilla, so difendermi.- mento per tranquillizzarla.
Sì, posso difendermi, ma fino ad un certo punto. La sua forza non è nemmeno paragonabile alla mia che sfiora lo zero spaccato.
-“Come vorrei venire a prendere te e Daiki e liberarvi da quell’essere!”-
-Mi basta sapere che i tuoi saranno disposti ad ospitarci quando sarò maggiorenne. Tranquilla che me la cavo amica mia. Presto mi avrai tra i piedi a chiederti di farmi visitare la famosissima città degli angeli.-
-“Ed io sarò felicissima di farti da cicerone!”-
-Ora ti saluto Yoko. Vado a preparare il pranzo. Speriamo che quel folle rientri più tardi possibile.-
-“Ok Keiko. Ci sentiamo domenica?”-
-Non devi nemmeno chiederlo, ovvio che sì. A domenica.- chiudo dopo gli ultimi saluti.
Devo tenere duro e aspettare. Poi la mia vita cambierà, lontano da qui, lontano da lui, lontano da Watanabe e da tutti quelli che mi danno il tormento.
“Pazienza…prova ad avere solo un po’ di pazienza, abbi solo un po’ di pazienza” cantano i Take That. Ed io devo farmi forte di questa…la pazienza!
-Sorellina! L’acqua bolle!- mi chiama Daiki.
-Eccomi!- rispondo rientrando per cuocere le verdure per il pranzo.
Poco dopo cerco il cellulare per vedere che ore sono, ma non lo trovo. Dove l’ho lasciato? Mi arrendo dopo dieci minuti di ricerche, così decido di farlo squillare, chiamandomi col telefono di casa. In giro non lo sento suonare, com’è possibile se l’avevo tra le mani fino a poco fa? Poi finalmente un’illuminazione.
-Ecco dove l’avevo lasciato. Potevo anche mettere sottosopra casa, non lo avrei trovato di certo.- dico a me stessa, prendendo il cellulare dimenticato sulla panchina e rientrando.
 
Per fortuna papà non si è fatto vedere tutto il giorno. Sono le nove di sera e decido di farmi un bagno per rilassarmi. Il mal di testa c'è ancora, ma domani andrò comunque a scuola. Non mi piace assentarmi.
Nemmeno il tempo di infilare un piede in acqua e il cellulare squilla. E chi sarà mai a quest’ora? Yoko non di certo. Corro a leggere sul display e quasi mi viene un colpo per il nome che vi leggo.
-TUUUUU! Come accidenti fai ad avere il mio numero? Ma soprattutto…perché accidenti il tuo numero è memorizzato sul mio cellulare????- sbraito furiosa.
Quando ha messo le mani sul mio telefono? E perché non me ne sono accorta prima? Lo avrei visto in rubrica stamane, quando ho chiamato Yoko.
-“Ehi, ciao cozza! Non dovresti lasciare il cellulare incustodito. sai?! Il mondo è pieno di maniaci.”- sghignazza divertito, lo stronzo.
-Watanabe, cancella subito il mio numero!- gli urlo incazzata nera.
Adesso inizia a scocciarmi seriamente! Più lo ignoro e non gli do corda, peggio sembra essere! Adesso mi tormenta pure per telefono! La cosa peggiore è che se ha messo mano sul mio cellulare…è stato qui! Mi avrà vista senza trucco?
-“Perché dovrei cancellarlo? L’ho preso proprio per romperti le scatole.”- dice tutto soddisfatto.
-Peccato per te che io possa semplicemente spegnere il telefono e mandarti al diavolo! Smettila di tormentarmi, accidenti!-
-“Oh oh…ma come mai così intraprendenti stasera? Sei sempre un agnellino quando mi stai davanti, e per telefono mi diventi aggressiva? ”-
-Ti faccio notare che a scuola stai sempre accompagnato dai tuoi leccapiedi. Io da sola cosa potrei fare?-
-“Piantala Tanaka! Tu non reagisci perché non vuoi, non perché ci sono gli altri. Anzi, a volte mi viene da pensare che ti piaccia essere maltrattata, magari sei masochista.”- se la ride nuovamente il babbeo.
-Certo! La mattina mi alzo con la voglia delle tue vessazioni, Watanabe! Visto che è così che la metti, domani ci facciamo quattro chiacchiere. Non permetterti mai più di venire a casa mia. Oltre che teppista sei diventato anche stalker vedo, ma fintanto che si tratta di me ok, ma a gironzolare a casa mia non ti ci voglio!- sbraito fuori di me.
Qui non deve venirci! Questo bastardo sarebbe capace di spiattellare tutto quello che succede, mettendomi in guai seri per il puro piacere di farmi del male. E’ la guerra che vuole? L’avrà!
-“Nascondi forse qualcosa, Tanaka? O non capisco il perché di tanta rabbia così tutto di botto.”- sostiene furbo.
Maledizione a me e al mio caratteraccio!
-Non nascondo nulla! Semplicemente non voglio averti tra i piedi anche a casa, mi basta ed avanza a scuola.- provo a spiegare.
-“Non me la dai a bere. Tu nascondi qualcosa, sfigata, ed io ho tutta l’intenzione di scoprire cosa.”- afferma serio, abbandonando l’aria da buffone avuta finora.
Non so più che rispondere. Mi ha presa alla sprovvista. Senza pensarci due volte gli chiudo il telefono in faccia. Mi ha scoperta! Sa che nascondo qualcosa e non mi darà pace finchè non scoprirà cos’è.
Come faccio adesso? Che faccio???
 
 
-Watanabe!- lo chiamo minacciosa appena entro in classe, dirigendomi spedita verso il suo banco.
-Cozza, vuoi un anticipo di quello che ti darò alla pausa pranzo per aver osato sbattermi il telefono in faccia?-
-Non mi fai paura, pallone gonfiato! Finora ti ho sopportato, ma adesso mi hai scocciato. Cancella il mio numero di cellulare e soprattutto non avvicinarti mai più a casa mia!-
-Sennò? Mi picchi? Che paura!!!- mi sbeffeggia, facendo ridere tutti i presenti.
-Non uso la violenza come invece fai tu, ma la gente potrebbe pensare che lo fai perché ti sei innamorato di me…non credi?- sostengo furba, colpendolo sul vivo.
Ferire il suo orgoglio vale più di ogni violenza fisica. Questo è ciò che ho capito di questo ragazzino viziato che non vuole altro che attirare attenzioni su di sé. E come avevo supposto, i suoi occhi diventano furiosi, fulminandomi con collera.
-Maledetta puttana!- esclama alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia, afferrandomi velocemente per il collo. Ok, forse mi sono lasciata andare troppo, presa dalla rabbia di saperlo troppo vicino a me.
Con una forza che non credevo avesse, mi stende di schiena sul banco, stringendo il mio collo con una mano sola. Ha la mano decisamente più pesante di papà.
-Osa mancarmi un’altra volta di rispetto, come oggi, e non vedrai l’alba di domani.- ringhia minaccioso ad un soffio dal mio viso -Mi schifa anche solo l’idea di averti accanto, figuriamoci pensarti come innamorata. Non devi nemmeno scherzarci su, capito, brutto scorfano?!-
La sua mano non stringe molto, non vuole soffocarmi, solo spaventarmi, ma ci sta riuscendo benissimo, così non mi resta che annuire solamente, sconfitta ancora una volta da qualcuno più forte di me. Alla mia resa molla la presa, lasciandomi finire seduta per terra a riprendere quel po’ di fiato di cui mi aveva privata. All’arrivo del professore sono già seduta al mio banco, a testa bassa e a massaggiarmi il collo. Almeno questi segni al collo non dovrò coprirli avendoli visti tutti.
La giornata sembra essere più lunga del solito. Quando le lezioni finalmente finiscono, mi fiondo per strada per riprendere mio fratello dall’asilo, ma per tutto il tragitto i miei occhi non fanno che piangere. Non tanto per Watanabe, ma perché non sono affatto in grado di difendermi, né da lui né da mio padre, e questo mi fa rabbia!
Vorrei tanto avere la forza che ha quel dannato e picchiarci papà, sbatterlo fuori casa e dirgli di non farsi mai più vedere. Solo allora potrei ritornare ad essere “normale”, senza trucco, vestiti strani e carattere asociale, e forse gli altri proverebbero un po’ più di rispetto per me, lasciandomi quantomeno in pace, ma non ne sono in grado, non ne ho la forza. Sono una stupidissima e debole femmina incapace anche solo di dare uno spintone.
 
I giorni passano sopportando le angherie di Watanabe a scuola e le batoste di mio padre a casa. Non ho più un attimo di tregua. Mi sembra mi manchi il respiro. Le mie forze iniziano a vacillare. Se prima, con Watanabe, erano casi sporadici, adesso i suoi soprusi sono diventati giornalieri.
Sono sfinita, mentalmente e fisicamente. Spesso me lo ritrovo dietro, a spiarmi per capire cosa nascondo. Non so più che fare. Sono esasperata! Morirò di infarto così!
-Ehi sfigata! A fare spesa?- sento provenire alle mie spalle, proprio dalla sua fastidiosissima voce.
Parli del diavolo…
Non gli rispondo nemmeno e mi avvio fuori dal supermercato dopo aver pagato.
-Cos’hai comprato di bello? Fammi vedere!- dice, togliendomi il sacchetto dalle mani.
Ormai è una persecuzione. E non posso nemmeno protestare.
-Ma che schifo! E’ solo verdura!- si lamenta, rimettendomelo bruscamente tra le mani.
Già, solo verdura, solo questo posso permettermi.
-La verdura fa bene Watanabe. Soprattutto al cervello. È un male che non ti piaccia.-
-Stai insinuando che sono un idiota?- dice bloccandomi per un braccio. Però, la battuta l’hai capita imbecille. Così scemo non sei allora.
-La mia era solo un’osservazione. Se hai la coda di paglia non è colpa mia. Lasciami, devo andare a casa.- dico provando a liberarmi.
-Non fare la saputella con me, mocciosa. Non sono stupido come credi. Quindi stai buona e non provocarmi se non vuoi farmi arrabbiare.- minaccia nuovamente, lasciando la presa del mio braccio e continuando a seguirmi.
-Hai intenzione di seguirmi fino a casa mia?- chiedo esasperata.
-Può darsi…- risponde vago.
Quanto lo odio!
Ci fermiamo ad un semaforo, rosso per i pedoni, aspettando scatti il verde, ma ogni volta ci vuole un’eternità in questo tratto di strada.
Sbuffo, guardandomi in giro, poi il mio sguardo si ferma sulla lucetta rossa del semaforo, che guardo come ipnotizzata. Mi ricorda tante cose, prima tra tutte la luce delle sirene delle ambulanze che osservavo ogni giorno dalla finestra della camera d’ospedale di mia mamma. Purtroppo la sua camera era vicina l’entrata del pronto soccorso.  Ricordo che mi diceva che di notte non riusciva a dormire, oltre che per il suono assordate delle sirene, era la luce che entrava ad infastidirla maggiormente. Come avrei voluto portarla via da li. Nella mia fantasia da ragazzina, immaginavo di portarla nel suo posto preferito, e di lasciarla spegnersi sotto i suoi amati ciliegi, ma papà me lo ha impedito. Era lui a comandare, esattamente come ora.
-Tanaka!- mi sento chiamare, abbandonando i miei pensieri, mentre il clacson di un’auto mi si avvicina rapidamente.
Mi volto appena, ritrovandomi non so come per strada, con una macchina che avanza verso di me a folle velocità. Neanche il tempo di realizzare il tutto che mi ritrovo stesa per terra, sul petto di Watanabe, ma che accidenti…
-Sei impazzita? Che diavolo ti è saltato in mente, razza di stupida! Non hai visto che era ancora rosso?- mi sbraita contro, mettendosi seduto. Lo guardo confusa, ma che è successo? Perché ero per strada?
Mi osservo stesa sul marciapiede, con la gente intorno a noi che guarda e mormora, finchè non scatta il verde ed ognuno va per la sua strada.
-Ehi, mi hai sentito? Parlo con te, imbecille!- continua ad urlare, strattonandomi per un braccio.
-Perché…ero per strada?- chiedo ancora confusa.
-E lo chiedi a me?! Ad un tratto ti sei messa ad attraversare col rosso. Se non ti avessi afferrato appena in tempo, quell’auto ti avrebbe investita. Controlla che sia verde prima di passare, dannata! Mi hai fatto prendere un colpo!- spiega terribilmente arrabbiato.
Assimilando quello che ha detto, cioè che stavo passando tranquillamente credendo fosse verde, un dubbio mi assale…
-Io…sapevo che c’era ancora il rosso…- mi dico ad alta voce, realizzando così la gravità del mio gesto.
-Tu…cosa???- esclama ancora più furioso, ma poco mi importa.
Il cuore inizia a galopparmi veloce nel petto. La gola sembra stringersi improvvisamente. Che stavo facendo? Che cosa stavo per fare?
Fiumi di lacrime mi appannano la vista. Watanabe parla ma io non lo sento. Non mi interessano le sue imprecazioni. Voglio solo fuggire. Fuggire via da qui. Ed è ciò che faccio. Mi alzo e scappo via, correndo ad una velocità che non sapevo mi appartenesse.
Stavo per lasciare Daiki da solo. Mia madre non mi perdonerà mai…e nemmeno io!
 
 
                                                                    *********************
 
 
Sono ancora immobile, fermo come uno stoccafisso a guardare il punto in cui è fuggita. Che accidenti è successo?
Era ferma accanto a me ad aspettare il verde, quando l’ho vista scendere il marciapiede e camminare con tranquillità verso la strada. Mi è balzato il cuore in gola quando ho visto quell’auto arrivarle quasi addosso, ed è stato istintivo afferrarla per un braccio e tirarla via il più velocemente possibile, finendo insieme per terra.
Perché tanta premura per salvarle la vita? Che importa a me? Senza contare che potevo restarci secco anch’io se non fossi riuscito a tirarci via in tempo, ma vederla lì, mi ha attanagliato lo stomaco. Ciò che è peggio, è quello che ha detto: lei sapeva che c’era ancora il rosso. Ciò vuol dire che lo ha fatto volontariamente? Voleva uccidersi? No, non posso crederlo. Per quale motivo dovrebbe farlo?
Tutto questo non fa altro che incuriosirmi sempre di più!
Guardo a terra e vedo la busta della spesa. Per fuggire non l’ha neppure presa.
Mi è appena venuta una bella idea!
 
 
-Sì? Chi è…tu, Watanabe???- esclama dopo aver aperto la porta.
-Hai dimenticato questa.- le mostro subito la borsa della spesa.
-Ah…ti ringrazio. Sei stato…gentile.- dice prendendola perplessa.
-Chi è sorellona?-
-Nessuno Daiki. Sto venendo, aspettami.- dice al fratello.
-Non credi che meriti almeno un ringraziamento per averti salvata?- affermo, facendomi largo ed entrando a forza in casa, mentre lei è distratta dal fratello.
-Ehi! Chi ti ha dato il permesso di entrare in casa mia? Esci subito!- strilla furiosa, ma la ignoro e gironzolo per il soggiorno.
-Mi hai sentito Watanabe? Fuori!- insiste ancora.
-Sorellona perché gridi?- chiede suo fratello sbucando dalle scale.
-Ciao piccoletto!- lo saluto.
-Ciao! Sei un amico della mia sorellona?- chiede interessato, correndomi incontro.
-Ehm…diciamo. Tu sei Daiki, non è così?- gli chiedo abbassandomi alla sua altezza.
-Sì sì. E tu come ti chiami?-
-Hiro.- rispondo sorridendogli.
Mi sarebbe piaciuto avere un fratello più piccolo, peccato mio padre abbia fatto delle inutili femmine, e con un’altra donna per giunta!
-Bene, ora che le presentazioni sono finite vai via!- ritorna alla carica la sfigata.
-Sai Tanaka, mi è venuta fame. E visto che ti ho riportato la spesa, ed affermi che le verdure fanno bene al cervello, potresti anche sdebitarti invitandomi a cena, non credi?- la provoco, autoinvitandomi.
-Che cosa? Ma come ti…-
-Sì sì che bello! Fai restare il tuo amico sorellona! Almeno non siamo soli per mangiare.- la interrompe il fratello.
-Se  torna papà però…-
-Lui non c’è…dai…- insiste ancora il fratello.
-Non dirmi che non sai cucinare Tanaka, e hai paura di farci una figuraccia.- la punzecchio ancora e beccandomi un’occhiataccia.
-Sorellona ti prego!-
-Ti odio Watanabe!- mima con le labbra prima di allontanarsi in cucina con la spesa.
Chi tace acconsente, no?
 
 
-Però, sai che cucinate così, le verdure non sono affatto male? Quasi quasi direi che mi piacciono.- ammetto  sincero, mangiandole senza la solita nausea. Evidentemente è mia madre che le cucina da schifo.
-Davvero? Che bello…mi sento realizzata adesso!- ironizza guardandomi con sguardo truce.
-La mia sorellona è bravissima a cucinare. Solo che possiamo mangiare solo verdure perché non ci sono i soldi per la carne o per il pesce.- rivela il fratello, lasciandomi sorpreso.
Non hanno soldi? Il padre non lavora forse?
-Daiki! Non si dicono queste cose agli estranei!- lo rimprovera con tono aspro la sorella. Il bambino la guarda dispiaciuto, per poi abbassare lo sguardo alla sua ciotola. Era necessario urlargli contro così?
-Scusami sorellona. Non lo faccio più.- dice quasi in lacrime.
-Ehi piccoletto, non piangere. Non fare caso a tua sorella, le gira sempre male. Tieni questa, quando si è giù non c’è niente di meglio della cioccolata.- gli dico passandogli una barretta di cioccolato che avevo in tasca.
-Davvero? Posso prenderla?- chiede prima guardando me, poi sua sorella.
-Sì, puoi prenderla.- acconsente lei, sospirando.
-Grazie Hiro-chan! Ti voglio tanto bene!- esulta, correndo ad abbracciarmi. È felice per così poco? E poi come diavolo mi ha chiamato??? Lo vedo correre a sedersi in salotto per godersi la sua cioccolata, come se fosse qualcosa di raro che merita tutta la sua attenzione, mah.
-Grazie…- dice gentile la sorella, per poi alzarsi a sparecchiare.
-Per cosa? Per averti salvato la vita, la cena o per la cioccolata?- chiedo curioso ed ironico.
-Per tutti e tre!- sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Mi dici da quant’è che non mangia un pezzo di cioccolata tuo fratello?- mi viene istintivo chiederle.
Perché poi? Che diamine mi interessa? Sono venuto qui per scoprire cosa nasconde, non perché al moccioso brillano gli occhi per una scemenza che mangio ogni giorno!
La vedo pensarci su, ma fa sul serio? Sta davvero pensando alla domanda idiota che le ho fatto?
-Era il giorno del suo compleanno, un anno fa.- ammette con rammarico.
-Dici sul serio? Mi prendi in giro?-
-Non vedo perché dovrei Watanabe.-
Non credo alle mie orecchie! Io alla sua età avevo le tasche piene di caramelle e cioccolatini!
-Perché?- chiedo solamente.
-Mi pare che mio fratello sia stato abbastanza esaustivo poco fa, no?- risponde guardandomi con ovvietà.
Non hanno soldi. Non hanno davvero i soldi per comprare una caramella ad un bambino?
Ho come l’impressione che il segreto di questa ragazza sia molto più serio di quello che credessi.
Resto ancora qualche ora a casa sua, giocando col fratello ad uno di quei stupidi giochi presenti nel mio cellulare. In tutto questo tempo la sorella mi ha guardato con sguardo omicida. Ha paura se provo a toccarla, ma non abbassa mai lo sguardo intimidita. È l’essere più assurdo che abbia mai conosciuto! Del padre invece nemmeno l’ombra, e sono già le nove di sera.
-Il vostro papà non viene a casa per mangiare?- chiedo al bambino mentre Tanaka non c’è.
-Dipende. A volte sì, a volte no, ma la sorellona è più felice quando non c’è.- risponde lui, continuando a giocare .
-Perché?- provo ad insistere, premendo sulla sua ingenuità.
-Perché lui è cattivo con lei e le fa sempre…-
-Daiki! È ora di andare a letto! Saluta Hiro e fila a dormire.- lo interrompe la sorella, con lo stesso tono usato per rimproverarlo a tavola.
Accidenti non poteva aspettare un altro minuto? Avrei potuto scoprire tantissime cose!
-Va bene. Ciao Hiro-chan! Spero che mi vieni a trovare presto presto!- mi saluta con un abbraccio ed un sorriso, che ricambio.
-Scommettici nanerottolo. Mi devi la rivincita per avermi battuto!-
Quando il fratello va a dormire lei mi si para davanti furiosa.
-Che stavi cercando di fare prima?-
-Quando?-
-Mentre non c’ero!- precisa ancora più arrabbiata.
-Non so a che ti riferisci.- dico facendo il finto tonto.
-Lo sai eccome! Lo hai detto tu stesso oggi che “non sei uno stupido”. Smetti di curiosare nella mia vita, smetti di fare domande inopportune e personali a mio fratello, smetti di seguirmi. Hai una tua vita, vivila!-
-A proposito di oggi, mi dici che accidenti avevi intenzione di fare?- le chiedo, ignorando le sue parole.
-I…io…nulla. Ero solo distratta. Tutto qui…- balbetta, perdendo la sicurezza di prima.
-Certo, sei molto convincente Tanaka. Comunque per stasera ti accontento e vado via. Ho un po’ di cose da fare, ma non credere smetterò di darti il tormento. Ormai è il mio miglior passatempo.- le rivelo divertito.
-Perché? Che ti ho fatto per meritare questo trattamento? Perché non puoi lasciarmi in pace?- chiede rattristandosi.
Una delle poche volte in cui abbassa lo sguardo di fronte a me. Ottimo!
Mi avvicino e le sollevo il mento, in modo da guardarla dritta negli occhi, quasi lucidi.
-Perché ho deciso così dal primo giorno che ti ho vista, Tanaka. Sei il mio giocattolino contro la noia.-
Con queste semplici parole vado via, senza aspettare possibili imprecazioni.
 
Certo che questa ragazza è ancora più enigmatica di quello che pensassi. Si mostra forte, ma non lo è. Ha paura, ma non capisco di cosa. Mi sfida con lo sguardo, ma poi si ritira. Però, invece di starsene una volta per tutte al suo posto mi risfida nuovamente. Non riesco proprio a comprendere cosa le passi per la testa. Ha paura di me, ma allo stesso tempo non ne ha.
Una cosa che ho capito è c’entra suo padre.
Questo gioco sta diventando molto interessante!
 
 








Salve gente ^_^ rieccomi col secondo capitolo. Siete felici eh ? ^_^   ( Cricricricricri....le cicali in sottofondo mi dicono che non siete poi tanto felici XD )
Sicuramente qualcuno avrà pensato “esagerata, contro il bracciolo della poltrona che vuoi farti?” Eh…lo so per esperienza. Se lo becchi in caduta con la tempia fa male T^T tantissimo male. 
Ambulanze con luce rossa? Eh sì, in Giappone le ambulanze hanno la luce rossa e non blu come da noi ^^ 
Ultima cosa…serve dirvi che Daiki usa frasi infantili e grammaticalmente scorrette avendo solo quattro anni? No vero? ^^’
Ok non ho altro da dirvi quindi vò...
Baci baci Faby <3 <3 <3 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Rimorsi di coscienza ***


-Ti odio! Ti odio! Ti odioooooo!!! Tu sia dannato Watanabeeeeeee!!!!!!!!!!!!!- continuo ad urlare con la faccia schiacciata contro al cuscino, dopo averlo anche picchiato, poveretto.
Non sono mai stata così fuori di me come oggi. Ci voleva pure la scusa di avermi salvato la vita per mettermelo dentro casa. Dannazione!
Comunque, ancora non capisco cosa sia accaduto di preciso davanti quel semaforo. Io non avevo certo intenzione di uccidermi. Non potrei permettermi questo lusso, purtroppo. Però è quello che sembrava stessi per fare, anche se inconsciamente.
Spero non mi capiti mai più una cosa del genere. Non posso essere egoista e pensare a me stessa. Prima di tutti viene Daiki. Devo crescerlo come solo la mamma avrebbe saputo fare, gliel’ho promesso. Non posso sottrarmi a quella promessa……
 
 
 
 
 
“-Bambina mia, non sai quanto mi spiace farti passare tutto questo. Perdonami.- dice lei piangendo.
-Non dirlo neanche, mamma! Non ho nulla da perdonarti. Non è colpa tua.- la rassicuro, asciugandole gli occhi, dato che lei non ne ha più la forza.
-Resta il fatto che sto distruggendo la tua adolescenza.- continua triste.
-Non stai distruggendo nulla. È solo un momento. Ne sono sicura! Presto ti rimetterai e uscirai da questo maledetto ospedale, e ritornerai a casa con me, Daiki e papà. Devi solo avere fiducia.-
-Keiko, sappiamo entrambe che non uscirò viva da questa camera. Il momento si avvicina e non possiamo fermarlo.-
-No! Non dirlo! I dottori si sbagliano! Ti rimetterai grazie alle nuove cure. Noi abbiamo ancora bisogno di te. Io ho bisogno di te! Ti prego, non ti arrendere!- la supplico in lacrime.
Lo so. Lo so che sta morendo. La vedo spegnersi ogni giorno di più, ma le preghiere ai Kami e le speranze non mancano! Sono sicura che non mi toglieranno la mia mamma. Non possono!
-Ascolta, figlia mia, devo chiederti un favore. So che è ingiusto da parte mia chiederti un così grande sacrificio, ma solo tu puoi aiutarmi a morire serena.- inizia seria, prendendomi la mano e stringendola quel po’ che riesce.
-Tutto quello che vuoi mamma.-
-Prenditi cura di Daiki. Crescilo come se fossi sua madre, oltre che una sorella. Educalo, curalo quando starà male, insegnagli a parlare, a camminare, abbi pazienza con lui, stagli vicino quando ne avrà bisogno, festeggia i suoi compleanni, come se io fossi con voi, sempre col sorriso. Ti prego Keiko…- mi supplica, guardandomi dritta negli occhi.
Crescere io Daiki? Perché lo chiede a me? C’è papà. Perché devo farlo io, quando anch’ io ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me?
-Mamma io…non so se ne sarò in grado. Ho solo quattordici anni. Non so come crescere un bambino di pochi mesi. Non so cosa significhi essere madre. Come farò? E poi c’è papà…- do voce alle mie perplessità.
Che può fare una ragazzina di quattordici anni per crescere un bambino di neppure un anno?
-Tuo padre non ne sarà in grado. L’ho capito in questi giorni, osservandolo al mio capezzale. Non ne avrà la forza, almeno non i primi tempi. E’ troppa la disperazione nei suoi occhi. So che quello che ti sto chiedendo è una grandissima responsabilità, ma ti conosco, sei una ragazza forte Keiko, lo sei sempre stata. Solo tu puoi prenderti cura di tuo fratello quando io non ci sarò più, e purtroppo temo dovrai fare lo stesso con tuo padre. Sii forte per me, bambina mia, e per tuo fratello. Promettimelo!- insiste disperata.
-Va bene mamma. Te lo prometto. Mi prenderò cura di Daiki, qualunque cosa succeda.- le prometto con un peso sul cuore.
-Ti ringrazio figlia mia.- dice sorridendo tranquilla.
Mi siedo accanto a lei ed inizio a raccontarle la mia giornata a scuola, mentre la vedo addormentarsi serena.
Crescere Daiki come fossi sua madre…ne sarò mai in grado?
Vi prego Kami, risparmiateci tutto questo. Fate un piccolo miracolo per la mia mamma. "
 

 


 
Quali vane speranze le mie.
La mamma è morta proprio quella sera, poche ore dopo averle fatto quella promessa, come se aspettasse solo quello per andarsene.
Ogni volta che ci penso sto malissimo. Fino alla fine ho sperato in un miracolo. Purtroppo nessuno ha raccolto le mie preghiere, oggi come allora. Ho comunque mantenuto quel giuramento, prendendomi cura di mio fratello.
Peccato non sia rimasto nessuno a prendersi cura di me da quel giorno.
Insieme a mia madre ho perso anche “Keiko”. Chissà che ne è stato di quella ragazzina allegra e spensierata che passava le sue giornate con le amiche, a fare tutti gli sport più assurdi, a suonare il pianoforte e a cantare a squarciagola. Credo sia morta insieme a sua madre, in quella camera d’ospedale, quattro anni fa.
A volte mi fermo a pensare che se papà non avesse reagito annegando il dolore nell’alcool, forse avremmo una vita diversa. Non dico felice, ma tutti e tre insieme avremmo potuto andare avanti. Invece eccoci qui, dopo quattro anni, con una vita disastrata e priva di senso. Almeno la mia.
Il mio unico scopo è crescere mio fratello, e dopo? Ci sarà un dopo per me? Sinceramente neanche m’importa più.
Tutta la rabbia di poco fa scivola via, lasciando posto alla solitudine, alla disperazione, al vuoto totale che mi circonda.

Sono sola. Completamente sola.

Non che io abbia fatto molto per farmi qualche amico, ma neanche gli altri hanno fatto nulla, giudicandomi solamente come la strana dell’istituto. Sinceramente, gente così come amici non li voglio.
Mi stringo su me stessa, abbracciandomi, unica posizione che mi da conforto, lasciandomi andare ad un sonno pieno di incubi confusi e senza senso logico, con fiumi microscopici, scale senza fine, topi che mi assalgono e altre cose senza capo né coda. L’unica cosa che riesco a distinguere in tutta quella confusione è la figura di mia madre, che mi abbraccia e poi va via, lasciandomi, purtroppo, nuovamente da sola.
 
 
-Buongiorno cozza sfigata!- mi accoglie “caloroso” come sempre Watanabe, che ignoro bellamente come al solito, sedendomi al mio posto.
Due mesi! Due stramaledettissimi mesi che Watanabe è diventato la mia ombra. Non lo sopporto più! Ovunque mi giri lui è tra le scatole. Mi chiama al telefono perfino la notte, per il solo piacere di svegliarmi, così sono costretta a spegnerlo. Finirò col lanciargli iettature di ogni sorta. Mi ha rotto!
E ovviamente mai una volta che sia non dico gentile, ma quantomeno non offensivo. L’unica cosa buona che ogni tanto fa è darmi qualche dolcetto per mio fratello, anche se ne ignoro il motivo. A volte temo sia avvelenato, ma dopo averlo assaggiato, facendo da cavia, lo do a mio fratello più tranquilla.
Almeno una cosa positiva però c’è, mio padre sembra essersi dato una calmata, o meglio, continua ad ubriacarsi e a picchiarmi, però meno rispetto prima, e non mi fa neanche poi così male. Forse tutto quell’alcool ha iniziato a corroderlo dentro, facendolo marcire una volta per tutte nel suo vomito acido, che mi costringe a pulire dalle sue lenzuola. Lo spero! Avesse solamente il buon gusto di aspettare tre anni prima di tirare le cuoia!
-Buon giorno ragazzi. Da oggi avrete un nuovo compagno nella vostra classe.- ci informa il professore di storia appena entrato, attirando tutta la nostra attenzione.
Un nuovo compagno? Che meraviglia! L’ennesimo coglione che si divertirà a prendermi di mira.
-Prego signor Kobayashi. Si presenti.- lo invita l’insegnante.
Entra un ragazzo dalla bellezza incredibile, alto, capelli neri e occhi di un insolito color marrone/rossiccio.
-Salve. Il mio nome è Nobuo Kobayashi. Mi sono da poco trasferito a Tokyo a causa del lavoro dei miei genitori. Piacere di conoscervi.- si presenta, inchinandosi.
-Può sedersi vicino la signorina Tanaka, lì in terza fila.- lo avverte il professore, notando il banco vuoto vicino al mio.
Evviva, lo avrò vicino ad insultarmi. Meglio di così…
-Salve Tanaka.- mi saluta sorridendo.
-Salve a te Kobayashi.- ricambio, sorridendo a mia volta. Almeno nel salutare sembra educato.
Le ore volano e arriviamo alla pausa pranzo. Non mi sono portata nulla oggi, così resto nella classe ormai vuota a ripassare qualche materia, aspettando la prossima ora.
-Non mangi?- mi chiede il nuovo arrivato, rientrando in classe.
-No, non ho molta fame.- rispondo semplicemente. Diciamo più che altro che non avevo nulla da portarmi, quel che c’era l’ho dato a Daiki, ma questo non lo dico certo ad uno sconosciuto.
-Non dirmi che sei a dieta?- chiede nuovamente.
-No, non sono a dieta.-
-Non sei una tipa di molte parole, eh?- scherza, sedendosi accanto a me. Sta cercando di fare conversazione con me o sta già iniziando a prendermi in giro?
-Diciamo che solitamente a scuola non parlo mai molto.-
-Sì, mi è giunta voce.-
-Eh? Che significa?- chiedo curiosa.
-Mi hanno detto di non rivolgerti la parola perché sei una persona strana, asociale e scorbutica.-
-Ah…capisco. Allora perché se ti hanno detto così, stai parlando ugualmente con me?-
-Perché odio la gente che mi dice cosa devo fare. E poi, se non vorrai parlarmi, sarai tu a dirmelo.- replica tranquillo.
-Non credo di avere motivo per non parlarti, almeno finché non comincerai anche tu a deridermi.- spiego triste.
-Deriderti? Perché dovrei?-
-Lo fanno tutti.- rispondo sospirando.
-Perché?-
-Perché? Non lo so il perché. È così da quando ho messo piede in questa scuola.-
-Mi spiace. Devi sentirti sola senza amici.-
Sapessi quanto!
-Ci sono abituata.-
-Beh, se vuoi, io posso essere tuo amico. Mi stai simpatica!- esclama sorridendomi.
-Ti sto simpatica? Come, se nemmeno mi conosci?.- gli faccio notare. Non sarà che lo mandano gli altri, per prendersi gioco di me?
-Non so perché, però, il tuo modo d’essere mi intriga. Il trucco, l’abbigliamento, di certo sei un tipo singolare.-
-E questo non ti disturba?-
-No, perché dovrebbe? Anzi, le cose strane sono più interessanti di quelle normali.-
-Chi ti dice io sia strana, scusa? Solo per il mio modo di conciarmi?- chiedo indispettita.
Odio essere definita strana anche dal primo venuto!
-Affatto, lo dico per il tuo isolamento. Si vede sei una persona diffidente.-
-Sei uno psicologo per caso?- ribatto accigliata.
Mi conosce da meno di mezza giornata e crede di conoscere tutto di me?
-No. Semplicemente capisco le persone. Allora Keiko, ti va di essere mia amica?- chiede allungandomi la mano.  Lo guardo qualche istante, indecisa e titubante.
-Ok, Nobuo.- rispondo stringendogli la mano, e sperando non sia un nuovo trucco di Watanabe per spillarmi informazioni.
 
Con mia immensa gioia, Nobuo si è dimostrato un ragazzo molto simpatico, tranquillo e gentile. Parliamo spesso, certo non del mio “problema”, però sto iniziando a confidarmi con lui di alcuni miei stati d’animo.
Da quando c’è lui poi, Watanabe ha poco spazio per le sue angherie dato che Nobuo mi è sempre vicino. Si limita solo agli insulti verbali, sempre contrastati dal mio amico comunque. Certo è strano che Watanabe si arrenda o si faccia mettere i piedi in testa da altri, ma alla fine a me che importa?! È bello essere difesa ogni tanto!
 
 
-Certo che se potesse difendermi anche a casa non sarebbe male.- mi dico ad alta voce, mentre medico gli ennesimi colpi di mio padre.
Ho parlato troppo presto a quanto pare, visto che stasera era più incavolato del solito. Forse perché oggi sarebbe stato l’anniversario del matrimonio con mamma. Come sia riuscito a ricordarlo è un mistero, fatto sta che ha sfogato su di me la rabbia, tanto per cambiare. Mi ha picchiata solo perché ho detto a Daiki di andarsene nella sua camera. Ha iniziato a sbraitare che volessi tenerlo lontano da lui, che intuito! Nonostante il cervello spappolato da tutte le porcherie che ingurgita, ogni tanto qualcosa ricorda e capisce. Ovvio che voglia tenerlo lontano dalle sue grinfie, o lo ucciderebbe con un pugno. Comunque, da quando gli importa di suo figlio? Mah.
Spero solo non mi abbia rotto nulla, perché il dolore alla schiena è insopportabile.
Mi faccio un’iniezione di antidolorifico alla meno peggio. Non avendo nessuno che può farmela devo arrangiarmi da sola anche in questo. Dopo qualche ora, il dolore diminuisce un po’, grazie anche agli impacchi di ghiaccio. Almeno riesco a dormire un po’.
Il giorno dopo mi faccio un’altra iniezione. Non fa miracoli, ma aiuta parecchio, rendendo i movimenti meno impacciati. Almeno riesco a camminare eretta.
Purtroppo oggi Nobuo non verrà a scuola perché ha preso l’influenza. Dopo la scuola andrò a portargli gli appunti delle lezioni di oggi. Non abita molto lontano, per fortuna. Qualche minuto di strada riesco a farlo.
-Tanaka, oggi niente guardia del corpo?- mi blocca una voce, prima di entrare in classe.
-Che vuoi Watanabe?- sbuffo, girandomi a guardarlo spazientita.
-Io? Nulla. Sono solo curioso di sapere dove tieni quell’imbecille che ti porti dietro come un cagnolino da guardia.-
-Nobuo non è il mio cane da guardia! È solo mio amico!- rispondo irritata.
-Io la vedo diversamente. Lo vedo sempre attaccato alle tue gonne. Anzi, forse ci sta pure sotto alle tue gonne.- insinua maligno.
Sotto le mie gonne? Sta insinuando che io e Nobuo facciamo… no, questo è troppo!
-Come ti permetti? Qui l’unico che sta sotto le gonne sei tu, che sei il peggior puttaniere della scuola che si porta le oche nello stanzino delle scope! Degno posto per quello che ci fai!- ribatto più incazzata che mai, complice anche il dolore che mi tormenta.
-Guarda guarda, stai attenta a chi mi scopo e dove. Interessante. Immagino ti piacerebbe trovarti al loro posto, sfigata.- si vanta l’idiota, che ha frainteso il mio insulto, come se me ne importasse nulla di quello che fa.
-Sinceramente, Watanabe, piuttosto che venire a letto con te, preferirei rotolarmi nuda in un campo di ortiche!- gli rispondo stizzita, ignorando il suo ennesimo insulto ed entrando in classe, lasciandolo come un ebete.
Pensarmi a letto con lui non è nemmeno l’ultimo dei miei pensieri! Non lo farei neppure se fosse l’ultimo uomo sulla Terra. Lo odio troppo! Mai! E ripeto…MAI!!!
 
 
Come stabilito prima, dopo scuola vado a trovare Nobuo.
-Ciao Keiko, ma cos’hai? Sei più pallida di me che ho la febbre.- chiede il mio amico.
Non devo avere una bella cera mi sa. La schiena fa un male terribile. Vorrei solo gettarmi per terra e dichiararmi morta.
-Solo stanchezza, tranquillo. Tu invece? Come ti senti?- chiedo mentre mi accomodo.
-Sto meglio, grazie. Non è che quel bastardo ti ha fatto qualcosa, approfittando del fatto che non ci fossi?- insiste preoccupato.
-No no. E’ stato tutto tranquillo.- mento per non farlo arrabbiare.
Certo non posso dirgli che Watanabe lo ha definito cane da guardia. Riguardo all’insinuazione che io e lui stiamo insieme, lo tengo per me. Sarebbe imbarazzante raccontarglielo.
Perché poi, dovrei imbarazzarmi con Nobuo? Forse perché è il primo amico maschio che ho. Chissà.
-Sicura? Guarda che me ne accorgo quando menti. Ti viene una fossetta qui…- dice sorridendo, sfiorandomi delicatamente la fronte con un dito, mentre io arrossisco.
Il cuore inizia a battere forte per la sua vicinanza. Perché?
-Beh…ecco…io…- balbetto come una sciocca. Che mi prende?
-Sei tutta rossa.- mi fa notare, mentre io arrossisco ancora di più. Non sono abituata a queste gentilezze da parte di qualcuno. Forse è questo.
-Keiko?- mi chiama lui, così alzo la testa, che tenevo bassa per l’imbarazzo.
-Sì?- chiedo curiosa, ma lui non risponde, si avvicina al mio viso e mi da un leggero bacio sulle labbra.
Sgrano gli occhi per la sorpresa. Mi sta baciando? Nobuo mi sta baciando?
-Grazie per avermi portato gli appunti.- mi dice quando si stacca, continuando a guardarmi dolcemente.
Il mio primo bacio. Ho appena avuto il mio primo bacio! Ok, non un bacio “vero”, ma sempre di un bacio si è trattato.
-Pre…prego.- rispondo imbarazzata fino alla punta dei capelli.
Lui da un’occhiata ai miei appunti, chiedendomi ogni tanto qualcosa, ma io rispondo a monosillabi, avendo la testa da tutt’altra parte, precisamente a ciò che ha fatto cinque minuti fa. Nobuo, invece, sembra così tranquillo.
Vorrei chiedergli che significato avesse quel bacio, ma ho paura. Paura che non mi piaccia la sua risposta, e paura che invece possa piacermi. Ed io? Io come lo considero quel bacio? Di sicuro come qualcosa di pericoloso. Non posso permettermi che qualcuno si avvicini a me così. E se me ne innamorassi? Se scoprisse di mio padre? Mi lascerebbe? Lo denuncerebbe? Lo picchierebbe?
Oh Kami, quanti pensieri!
-Ora vado. Mio fratello sta per uscire dall’asilo.- dico notando l’ora.
-Ok. Grazie ancora per gli appunti. Credi riuscirai a portarmeli anche domani, o sarebbe chiederti troppo?-
-Certo che verrò, nessun problema.- lo rassicuro.
-Ne sono felice. Ciao Keiko, a domani.- mi saluta, avvicinandosi nuovamente a me, ma lasciandomi un bacio sulla fronte e non sulle labbra, come prima…peccato.
Peccato? Ho detto peccato? Ok, io sto impazzendo!
-A domani. Ciao Nobuo.- lo saluto ancora imbarazzata.
Accidenti, che figuraccia ho fatto? Devo essergli sembrata una bambina che arrossisce per nulla. Beh, un bacio non è esattamente nulla. Forse per lui era un semplice modo per ringraziarmi. E’ così. E’ sicuramente così.
Ora finiscila con le fantasie Keiko! Le cose belle non fanno per te. Quindi stai coi piedi per terra e fila da Daiki, l’unica cosa a cui devi pensare.
 
 

                                                           **********************
 
 

Stramaledetto scorfano a due gambe! Questa me la paga cara! Non avrebbe dovuto affermare davanti a tutti che piuttosto che fare sesso con me, preferirebbe rotolarsi tra le ortiche. La farò pentire amaramente!
È le ortiche che vuole? Bene…le avrà!
Il giorno passa veloce. Quando torno a casa trovo quello che cercavo in fondo al cassetto. È un regalo, se così possiamo chiamarlo, di mio padre, ottenuto grazie al suo lavoro di poliziotto. Non ho mai saputo che accidenti farci, ma adesso lo so eccome!
Speriamo che quel leccapiedi di Kobayashi non venga neppure domani. Quanto mi sta sui coglioni! Da quando è arrivato sta sempre appresso a quella cretina! Non li sopporto! Con me faceva tanto la difficile, con lui invece è tutta smielata e sorridente, ma le farò sparire quel sorriso dalle labbra. Parola di Hiro Watanabe!
 
Aspetto con ansia il giorno successivo. Preparo minuziosamente il mio piano, anche grazie all’aiuto dei due imbecilli che mi porto dietro. Aspetto davanti l’entrata della scuola l’arrivo di Tanaka, per attuare la prima parte del piano. Quando finalmente arriva, faccio segno ai due idioti di nascondersi.
-Sfigata! Oggi sei più ridicola del solito con quelle calze. Sembri un cocomero! Con le calze rosse e la divisa verde sei perfetta.- la sbeffeggio come mio solito.
-Ah ah ah. Che battuta divertente Watanabe. Molto divertente.- risponde sarcastica, facendo per superarmi ed entrare.
-Aspetta un po’, tu!- la fermo, afferrandola per un braccio e vedendole fare una smorfia di dolore. Che esagerata! Non l’ho nemmeno stretta con forza!
-Cosa vuoi Watanabe?-
-Non sei stata affatto carina ieri con la tua affermazione sul fare sesso con me. Hai ferito il mio povero cuore!- fingo offeso, recitando in modo teatrale.
-Da quando avresti un cuore?- sorride ironica.
Ridi pure. Non sai quello che ti aspetta!
-Da ieri direi. Quindi devi pagare cara la tua offesa.- la informo, facendo segno agli altri di avvicinarsi con il secchio che gli ho dato prima.
-Certo, ti serviva la scusa per maltrattaaaaaahhh!!!- urla, quando Juro ed Kenji, alle sue spalle, le gettano addosso diversi litri di sciroppo alle fragole, terribilmente appiccicoso e dal nauseante odore dolciastro.
-Che schifo! Che roba è?- chiede confusa, cercando di togliersela dal viso.
-Delizioso succo di fragole, che ti consiglio di toglierti subito da dosso, prima che attiri mosche e formiche.- sghignazzo divertito.
-Ti odio Watanabe! Ti detesto!- urla con tono sprezzante.
-E perché? Ti ho fatto un favore, adesso hai tutto abbinato al colore delle calze ahahahahahha!-
-Tu sia dannato!- grida, correndo come un fulmine verso le docce della palestra, come speravo.
-Ha funzionato! Bravo capo!- si complimenta Juro.
-Non sono il capo di nessuno, imbecille!-
-Adesso che si fa? La seguiamo negli spogliatoi, eh?- chiede con una luce sinistra negli occhi. E non so il perché, ma la cosa mi fa incazzare parecchio.
-Tu prova anche solo a mettere un piedi lì dentro e ti rompo ogni singolo osso che hai in corpo! Sono stato chiaro?- lo minaccio afferrandolo per il colletto della camicia.
-Ma…ma io…pensavo che…- balbetta terrorizzato.
-Pensavi Cosa? Che ci saremmo divertiti con lei?-
-Veramente…anche io pensavo che…beh ecco…scusaci, abbiamo mal interpretato il tuo piano.- interviene l’altro stupido del fratello.
-Non mi pare di avervi mai dato modo di pensare che avremmo approfittato di Tanaka! Prenderla in giro è un conto, violentarla è un altro. Fate proprio schifo voi due! Sapevo foste idioti, ma anche porci mi mancava! Sparite dai miei occhi se non volete passare un brutto quarto d’ora!- ringhio minaccioso,
-Capo, ma noi…-
-“Ma” un cazzo! Sparite dalla mia vista ho detto!- insisto imbestialito come mai, andandomene. Per chi mi hanno preso? Soprattutto, che esseri ripugnanti sono loro?
Comunque non ho tempo adesso. Devo correre negli spogliatoi femminili, o la seconda parte del mio piano andrà in fumo.
Arrivato alle docce la trovo ancora intenta a togliersi di dosso quella roba appiccicosa. Mi avvicino, cercando di non fare rumore e nel frattempo prendo dalla tasca lo spray urticante che mi ha regalato mio padre. Non saranno ortiche, ma sempre pruriti e bruciori le porterà. Apro lo sportello della doccia, che copre appena il necessario e…
-Prendi Tanaka! Vediamo se questo ti piacerà più del farlo con...- me, avrei voluto dire me, ma ciò che vedo mi lascia paralizzato, con la mano ferma a mezz’aria e il dito bloccato sopra l’erogatore dello spray.
-Wa…Watanabe…- sussurra voltandosi con occhi sgranati, quasi terrorizzati direi.
-Che…accidenti…- balbetto, fissando il suo corpo nudo davanti i miei occhi, decisamente diverso da come lo immaginavo fino a poco fa.
Lei mi guarda come in trance, ancora più sconvolta di me.
-Fu…fuori…vai fuori! ESCIIIII!- inizia ad urlare, spingendomi lontano da lei e uscendo come una furia dalla doccia per prendere un asciugamano e coprirsi.
La seguo con lo sguardo, fissando la sua schiena prima che venga coperta del tutto, ma non osservo solo quella, guardo anche le braccia, le gambe, le spalle.
-PERCHE’ DANNAZIONE SEI QUI, WATANABE?!- sbraita con una tale rabbia da lasciarmi ancora più sorpreso.
Sta tremando. Gli occhi sono spalancati dal panico. L’espressione del suo viso è deformata in una maschera di pura collera. Se potesse sono sicuro mi ucciderebbe in questo stesso istante. E non certo perché l’ho vista nuda.
E’ la stessa Tanaka che conosco?
-Cosa sono…quelli?- chiedo come un idiota, indicandoli. So cosa sono quei segni dalle varie sfumature di rosso, viola, verde e nero. Ne ho avuti tanti dopo le classiche scazzottate tra ragazzi. Ciò che non capisco è perché ricoprano praticamente tutto il suo corpo.
Mi sento il cuore in gola. Di tutto mi aspettavo, ma non quello che vedono adesso i miei occhi.
-Non sono affari che ti riguardano! Vattene immediatamente fuori da qui!!!- sbraita infuriata, stringendosi al telo più che può.
Ovviamente non l’ascolto. Mi avvicino di più a lei per guardare meglio il suo viso struccato, notando anche lì gli stessi segni, ormai quasi del tutto sbiaditi.
E’ stata picchiata, e non una volta soltanto, ma da chi?
-Hai sentito che ho detto? FUORI!!!- continua ad urlare.
Nella mia mente si formano immagini di lei rannicchiata per terra, picchiata brutalmente, e la cosa mi manda il sangue al cervello! E’ vero che anch’io le ho dato qualche ceffone, ma non ci sono mai andato giù così pesante, e mai lo farei. Nemmeno quando l’ho spaventata prendendola per il collo ho stretto la presa, consapevole che avrei potuto farle male più del dovuto.
C’è solo una spiegazione a questi segni.
-E’ stato quel bastardo, non è così?- chiedo furioso, stringendo i pugni, gli stessi che presto gli andrò a stampare personalmente in faccia. Quell’idiota che le sbava dietro da giorni ormai, non può essere stato che quel dannato!
-Non so a che ti riferisci. Ora vattene!-
-Lo sai eccome! Parlo di questi!- insisto, tirandole via l’asciugamano, mentre lei cerca di coprirsi con le braccia.
-Chi è stato? Scommetto quel Nobuo, vero? Come diavolo hai potuto permettergli di ridurti così? Non hai un briciolo di amor proprio per te stessa? Non sei altro che una debole e stupida femmina, che per amore di un uomo sopporta tutto senza batter ciglio!- sputo velenoso, rivolgendomi forse più al comportamento remissivo di mia madre, che a lei.
Mi guarda sconvolta, senza rispondere. Quando poi sembra riprendersi, fa una cosa che mai mi sarei aspettato da una debole come lei, spiazzandomi del tutto…mi da uno schiaffo.
Porto la mano sopra la guancia, colpita con tutte le sue forze, e sento che inizia già a pulsare. Lei mi ha…schiaffeggiato? La stessa Tanaka che fino a poco fa si è lasciata maltrattare senza mai reagire?
-Come ti permetti? Come osi offendermi così, senza neppure conoscermi? Chi sei tu, per arrogarti il diritto di sputare sentenze? Dove trovi il coraggio di giudicare debole una donna che subisce i maltrattamenti di chi le sta vicino? Che ne sai di cosa si prova? Che ne sai del perché si è costretti a subire? Molte donne sopportano perché hanno paura di essere uccise, altre perché hanno paura di perdere i loro figli, oppure perché temono di finire in mezzo ad una strada! Nel mio caso ho paura di essere divisa da mio fratello. Mi spiace per te Sherlock, ma non è Nobuo a riservarmi questo trattamento da ben quattro anni, bensì mio padre! Colui che dovrebbe proteggermi dai tipi come te, colui che dovrebbe starmi vicino, colui che dovrebbe aiutarmi a crescere serena, colui che dovrebbe asciugarmi le lacrime quando piango. Invece…- si ferma, coprendo la bocca per fermare i singhiozzi che iniziano a scuoterla.
Resto pietrificato dalle sue parole e dalle innumerevoli lacrime che le scorrono addosso.
Non so che dire. Non so che fare. Resto solo immobile come un babbeo ad osservare le ferite e le contusioni, come se guardandole potessero sparire, perché frutto di una visione, ma non sono una mia fantasia, ci sono davvero, e sembrano non avere fine. Deglutisco a fatica immaginando il dolore che le causino. Come ho fatto a non accorgermene?
A questa mia domanda, arriva spontanea la conseguente risposta: li copriva!
Sono un coglione! Un emerito idiota! La consapevolezza di ciò che ho fatto mi arriva addosso con la furia di un macigno, schiacciandomi con la mia stessa coscienza. Come ho potuto farle questo? Cosa sono diventato? Guardo la bottiglietta dello spray, ancora tra le mie mani, e la getto via, stizzito e nauseato da me stesso.
-Adesso sarai felice di aver scoperto il mio segreto, no? Potrai andare a sbandierarlo ai quattro venti. Era per questo che mi perseguitavi, giusto?- riprende con un filo di voce, appena udibile. Non so che risponderle. Ha ragione. Ovviamente il mio silenzio è un assenso per lei.
-Bene Watanabe, ora sai a cosa servivano il trucco pesante, i dolcevita, i foulard, le calze e tutto il resto che usavo. Vai pure a raccontare ai tuoi amici che lo “scorfano sfigato” viene picchiata dal padre alcolizzato, impazzito dopo la morte della moglie! Vai a prenderti gioco di me, distruggendo quel briciolo di vita che mi resta! Fallo e sparisci per sempre dalla mia vista!- grida disperata, rannicchiandosi in un angolo del muro a piangere.
Una fitta atroce mi pervade il petto, per poi salire fino in gola, come una morsa che vuole strozzarmi.
Che ho fatto?
Se i sensi di colpa uccidessero, in questo momento sarei già stecchito. Vederla ridotta così, piccola e indifesa, in un angolo, come se aspettasse la morte…è straziante. Dovrei andarmene e lasciarla tranquilla, invece riprendo l’asciugamano e glielo poggio addosso, per coprirla e ridarle, almeno in parte, la dignità che le ho tolto.
Ha la testa nascosta tra le braccia, strette attorno le gambe, dondola nervosa, scossa dai singhiozzi. Non riesco a lasciarla così, da sola, in un lurido spogliatoio dove chiunque può vederla.
-Tanaka, forse è meglio che ti rivesti. Andiamo, ti accompagno a casa.- tento, ben sapendo che mi manderà al diavolo, invece non dice nulla, mi ignora.
-Tanaka…- provo ancora, ma niente. Ok, allora dovrò fare da me.
La prendo in braccio, pronto a beccarmi qualche insulto o qualche pugno, invece non fiata nemmeno, come se nemmeno si accorgesse che l’ho presa in braccio. La copro con altri asciugamani, e stando attento che nessuno ci veda la porto fuori, ma non posso certo portarla in braccio, mezza nuda, per la città.
Digito velocemente un messaggio all’unica persona che può aiutarmi a portarla via da qui, ed aspetto dietro la scuola. Sta ancora piangendo, mormorando frasi sconnesse contro il mio petto. Le tocco la fronte e noto che scotta. Dannazione! Come diavolo le è  venuta la febbre in nemmeno un’ora?

-Cos’è successo? Perché mi hai fatto saltare le lezioni? Ehi ma…che hai combinato?- chiede mio fratello appena arrivato con l’auto, notando Tanaka tra le mie braccia.
-Non ora. Aiutami a portarla a casa sua.-
-Mi auguro tu non le abbia torto un capello, Hiro!-
-Zitto e portami dove ti dico!- rispondo guardandolo male.
Quando arriviamo al tempio suono il campanello per vedere se il bastardo del padre è in casa, ma per fortuna non c’è. Apro, prendendo le chiavi dal suo zaino.
-Mi dici che le è successo?- chiede nuovamente Shinji, sospettoso.
-Non quello che immagini. Ora taci e aiutami a metterle qualcosa addos…no, lascia perdere! Meglio che non ti avvicini a lei.- dico ripensandoci.
-Eh? Che stai insinuando?-
-Che sei un maniaco che quando vede una donna perde la testa. Figuriamoci se la vede del tutto nuda.-
-Tutta…nuda? Andiamo a metterle un bel pigiama!- esclama allegro.
È il solito idiota!
-C’è poco da scherzare stavolta, Shinji! Credo sia praticamente svenuta. Guarda com’è ridotta.- gli dico mostrandogli una parte della schiena, ma senza scoprirla del tutto.
-Che accidenti le hanno fatto?- chiede, finalmente serio.
-Il padre si ubriaca e la picchia.- spiego solamente, per poi salire al piano di sopra ed entrare nella sua camera.
-E’ assurdo! Perché non lo ha denunciato? Dobbiamo dirlo a mamma e papà!- esclama, prendendo il telefono per chiamarli, e non so perché, qualcosa mi dice che è meglio di no, almeno finché non si sveglia.
-No, lascia stare. Se non l’ha fatto c’è un motivo. Chiediamole prima il perché. Fammi un favore, cerca delle garze, del disinfettante, delle pomate, tutto quello che trovi. Forse ci vorrebbe anche un antibiotico visto quanto scotta.- e qualcosa mi dice che non è stato solo lo stress emotivo a ridurla così.
La stendo sul letto e cerco tra i suoi cassetti qualcosa da metterle addosso. Prendo un pigiama con le pecorelle rosa, così infantile e diverso da quello che avrei creduto di trovare. Le metto un paio di slip e la giro a pancia in giù, scoprendole solo la schiena, martoriata da giganteschi ematomi. La pelle è caldissima, non solo per la febbre.
-Non ho trovato nulla in giro.- mi avverte rentrando in camera.
-Però qualcosa la terrà pure per medicarsi. A volte la vedevo uscire con buste piene dalla farmacia.-
-Hai visto sotto al letto?-
-In effetti no…-
Mi abbasso sotto al letto e trovo diverse cassette per il pronto soccorso. Ne apro una e vi trovo dentro una farmacia ambulante. Prendo un unguento per le contusioni e glielo spalmo su tutta la schiena e le braccia. Le scopro anche le gambe e la passo anche lì. Fasciarla del tutto è impossibile, quindi la ricopro velocemente per infilarle il pigiama.
-Perché ho l’impressione che la copri per non farmela vedere? Ne sei geloso?- mi punzecchia quell’idiota.
-No! Evito solo di violare ulteriormente la sua privacy, mostrandola ad un depravato come te!- chiarisco subito.
-Tu però intanto l’hai vista, anche troppo, eh?- sostiene malizioso.
-La vuoi piantare? Secondo te, dopo averla vista piena di lividi su tutto il corpo, il mio primo pensiero era quello di guardarla nuda?!- sbotto scocciato.
Non l’ho pensato nemmeno per un secondo. Prima sì, ammetto che quando ideavo il piano, qualche pensiero lo facevo, sono sempre un maschio insomma! Quando poi ho visto la sua schiena, tutto si è annullato nella mia testa. Nemmeno quando si è voltata di fronte ho guardato le sue forme, solo i segni. E mi sento così in colpa per quello che le ho fatto in questi anni. Giudicata e maltrattata solo perché tentava di nascondere lo schifo che le fa il padre. Aspetta, ora che ci penso…l’ustione al braccio, è stato suo padre! Gli ha gettato addosso il brodo bollente di proposito. Non riesco a crederci! Col rischio di deturparla per sempre. Guardandole il braccio infatti è ancora molto evidente la cicatrice della scottatura. E se l’avesse presa sul viso? Che bastardo! Come può picchiare così i figli? Figli? Accidenti, Daiki! Il fratello! Sarà già uscito dall’asilo?
-Shinji, stalle vicino, torno subito. E guai a te se osi anche solo sfiorarla con lo sguardo, capito?!-
-Ok gelosone! Ma dove devi andare proprio adesso?-
-A prendere il fratellino. Mi raccomando, non toccarla. E se viene suo padre dagli un pugno!-
Corro veloce fino all’asilo di Daiki. Lo trovo ad aspettare dietro i cancelli dell’asilo, da solo. Che accidenti di maestre ha che lo lasciano fuori da solo? Non hanno visto che Keiko non c’era?
Ehi…ma da quando mi rivolgo a Tanaka chiamandola per nome?
-Hiro!- esclama Daiki appena mi vede, correndomi incontro.
-Nanerottolo! Come va?- lo saluto prendendolo in braccio. Chissà se anche lui è stato picchiato.
-Come mai la sorellona non è venuta?- mi chiede preoccupato.
-Non sta molto bene, così ha mandato me per oggi.-
-E’ stato papà?- domanda subito allarmato.
-Daiki, cosa fa il tuo papà a tua sorella?- chiedo serio, per capire cosa sappia.
-Lui è cattivo con lei. Urla sempre e le fa la bua. Piange tanto lei. Io provo a difenderla, ma la sorellona mi manda sempre in camera mia.- dice triste.
-Anche con te papà è cattivo?-
-No, perché Keiko mi fa chiudere a chiave in cameretta e dice che devo stare la finché non me lo dice lei.-
Sentire queste cose mi gela il sangue, ma che essere ripugnante è? Anche se io farei meglio a stare zitto. Non sono certo migliore di quel mostro.
-La mia sorellona dice sempre che mancano tre anni e andiamo a Loaneleles. Così papà non le farà più bua.- riprende poi, mentre ci avviamo verso casa.
-Dove ha detto?- chiedo perplesso.
-Una città dove ci sono gli angeli dice lei.-
Una città dove ci sono gli angeli? Los Angeles? Perché vuole andare così lontano? Soprattutto, perché saperlo mi fa contorce lo stomaco?
-E perché vuole andare lì?-
-Ci vive Yoko!- risponde ovvio, come se io dovessi già conoscerla.
-Ah. E perché fra tre anni e non ci va subito?- indago ancora.
-Lei è piccola. Dice comanda papà, ma fra tre anni no.-
Intende che è ancora minorenne forse.

Quando arriviamo a casa trovo un pandemonio. Keiko sta lanciando oggetti contro mio fratello, che corre come un idiota da una parte all’altra, ma che succede?
-Sparisci brutto maniaco! Come sei entrato?- urla lei, afferrando una sedia, pronta per lanciargliela. Meglio fermarla prima che lo uccida, anche se sono convinto che se lo meriti!
-Aspetta Tanaka, calmati! E’ entrato con me, è mio fratello.- la chiamo, per attirare la sua attenzione.
-Tu? Che diamine ci fai qui? E perché c’era questo porco nella mia camera?- chiede inviperita.
-Ti avevo detto di non toccarla, brutto imbecille!- mi rivolgo a quell’idiota.
-Non ho fatto nulla! Le stavo solamente rimboccando le coperte!- si giustifica lui.
-E casualmente la mano ti è scivolata sul mio fondoschiena, eh?- ribatte Keiko. Ecco, lo sapevo!
-Shinji, è meglio che sparisci se non vuoi che ti uccida.- gli intimo minaccioso.
-Sparisci anche tu con lui, Watanabe! Non voglio depravati e prepotenti in casa mia!- inveisce anche contro me.
Come darle torto, maledizione!
-Io e te dobbiamo parlare prima che me ne vada.-
-Non me ne frega un accidente! Non voglio vedere la tua faccia Watanabe! Ormai sai cosa nascondo, quindi non ho bisogno di subire anche da te. Vattene fuori dai piedi!-
-Ti ho detto che prima dobbiamo parlare. Quindi non mi smuoverò da qui.-
-Ti conviene non insistere oltre. Non sembra, ma questa ragazza è la violenza fatta persona!- dice mio fratello, massaggiandosi la testa, per poi andarsene.
-Watanabe, ho detto vattene!- minaccia con sguardo truce, prendendo un posacenere, pronta per tirarmelo.
-Sorellona…- la chiama Daiki in lacrime. Ci eravamo dimenticati di lui.
-Daiki! Che c’è piccolo, perché piangi?- chiede la sorella avvicinandoglisi.
-Sembri papà! Anche tu sei cattiva ora? Fai anche a me come lui fa a te?- domanda piangendo.
Lei lo guarda prima sorpresa, poi dispiaciuta. Vederla così arrabbiata gli avrà ricordato gli atteggiamenti del padre, spaventandolo.
-No amore mio, scusami! Non sono cattiva come papà, tranquillo.- gli dice lei, abbracciandolo.
Resto a guardarla qualche istante mentre parla col fratello per calmarlo, poi prendo il telefono e mando un messaggio a mia madre per dirle che stasera non torno a casa, infine ordino tre pizze. Non conosco i loro gusti, quindi optò per la classica margherita.
Come se nulla fosse vado in cucina a preparare la tavola, ricordando dove tiene le stoviglie.
-Insomma, si può sapere che vuoi? Perché sei ancora qui?- chiede dopo aver mandato il fratello in camera a cambiarsi.
-Te l’ho già detto, voglio parlarti.-
-Io non ho altro da dirti. L’essenziale l’hai saputo, anzi lo hai visto. Non sei ancora soddisfatto? Vuoi continuare ad infierire?-
-Senti Keiko, mi dispiace terribilmente averti trattato in quel modo. Pensavo fossi solo stramba, non che avessi una vita così drammatica. Mi spiace.- ammetto dispiaciuto.
-Primo, non prenderti tante confidenze chiamandomi per nome. Secondo, dovrei credere che ti spiaccia avermi tormentata, offesa, picchiata, minacciata e derisa in questi tre anni? Vai a raccontarlo a qualcun altro, perché con me non attacca!-
Sbuffo rassegnato. Certo non può perdonarmi solo perché le chiedo scusa.
-Capisco ciò che provi, ma non era mia intenzione fare…-
-Capisci ciò che provo? Davvero?- mi interrompe, guardandomi torva  -E dimmi, Watanabe, sai che vuol dire vedere tua madre spegnersi giorno dopo giorno sotto i tuoi occhi, pieni di impotenza, dilaniata dal cancro? Sai cosa si prova nel vedere tuo padre ubriacarsi e poi prenderti a cinghiate, a calci, pugni, mentre ti trascina per casa, tirandoti i capelli? O ancora, vedertelo entrare in camera in piena notte, scambiandoti per la defunta moglie alla quale chiede di assolvere ai suoi “doveri coniugali”? Conosci il terrore che ti costringe a dormire con un occhio chiuso ed uno aperto, con un coltello sotto al cuscino? Sai cosa si prova nel crescere un bambino di un anno, da sola, gestendo casa, scuola, visite mediche, bollette e tutto il resto? Sai anche cosa significa non avere uno yen per comprare a tuo fratello almeno una caramella? Non credo proprio! Quindi scusami davvero se non credo che tu sappia cosa provo!- afferma nuovamente in lacrime, mettendomi a tacere anche questa volta.
No. Per mia fortuna non so cosa si provi con tutte le cose che ha elencato. Il mio unico problema è essere uno stronzo. Per il resto non so altro.
Il suono del campanello interrompe il pesante silenzio creatosi, distraendoci.
-Chi sarà?- chiede, asciugandosi le lacrime e andando ad aprire.
-Buonasera! Ecco le vostre pizze.- dice il ragazzo delle consegne.
-Pizza? Io non ho ordinato nessuna…-
-Sì, grazie. Ecco, tieni pure il resto!- intervengo io, interrompendola e pagando il fattorino, prendendo la pizza. Lei mi guarda con sguardo indecifrabile quando porto le pizze in tavola e chiamo il fratello per la cena.
-Che si mangia?- chiede allegro, annusando e guardando interessato il cartone.
-Pizza.- rispondo stranito. Dal cartone si capisce, no?
-E cos’è?- chiede, guardando me e la sorella.
-Non l’hai mai mangiata, nanerottolo?- chiedo, vedendolo scuotere la testa. Guado Keiko e la vedo abbassare la testa, come mortificata. Ovvio, non avrà avuto i soldi per portela prendere.
-E’ una buonissima ricetta italiana che sono sicuro ti piacerà.- spiego, evitando commenti. Taglio subito una fetta e gliela faccio assaggiare, vedendolo illuminarsi per la felicità.
-E’ buonissima sorellona!- esclama allegro, mentre ne addenta un altro morso, finendola velocemente.
-Ehi non correre così. Ce n’è quanta ne vuoi e non te la toglie nessuno.-
-Grazie Hiro!- mi ringrazia contento.
-Si può sapere cos’è questa storia? Cosa stai cercando di fare?- mi chiede lei a bassa voce per non farsi sentire dal fratello .
-Che sto facendo? Ho solo preso una pizza.-
-Non mi riferisco alla pizza, ma all’assurda gentilezza che mostri a mio fratello. Qual è il tuo scopo? Conquistare la sua fiducia e poi prendere anche lui in giro? Sappi che non te lo permetterò!-
-Rilassati, non sono così subdolo. Sono stato un vero stronzo con te, me ne rendo conto, ma non potrei mai essere così bastardo da prendermela con un bambino. Esattamente come non sarò così stronzo da andare in giro a raccontare tutta la tua storia. Sono stato solo…gentile, come ha i detto tu. Senza doppi fini. Ora sediamoci o le pizze si freddano.-
-Grazie ma non ho fame.- dice andandosene.
-Keioo non voe la piaza?- chiede Daiki con la bocca piena di pizza.
-Mangerà dopo. Nel frattempo tu finisci la tua.- dico facendogli una carezza sulla testa.
Quando il bambino mangia tutto lo accompagno a letto. Keiko si è chiusa nella sua stanza e non ne è più uscita. Devo prenderlo come un segno di fiducia nei miei riguardi se mi ha lasciato solo col fratello?
La raggiungo in camera, aprendo piano e vedendola seduta per terra, nella stessa posizione di oggi negli spogliatoi. Non sembra sentirmi, forse dorme. Mi avvicino a lei poggiandole una mano sulla spalla, ma quando lo faccio sussulta terrorizzata. Solo quando mi guarda il terrore va via, lasciando posto alla rabbia.
-Sei ancora qui tu?-
-Ti eri addormentata.- dico ignorando la sua domanda.
-Ma va?-
-Non sarebbe meglio se ti stendessi a letto?- le chiedo provando ad essere gentile.
-Non riesco a starci.- risponde stancamente.
-Immagino ti faccia male ovunque.-
-Il corpo guarisce, Watanabe. È il cuore che non si rimarginerà più.- dice triste.
-Mi spiace. Mi spiace davvero tanto Tanaka. Ti prego di credermi. Sono pentito per quel che ti ho fatto.-
-Ti sono bastate due macchiette rosse per pentirti? Bah…a saperlo te le facevo vedere tre anni fa, magari non diventavi così stronzo.- risponde nascondendo nuovamente la testa tra le gambe. Nel suo tono non ho sentito rabbia. Direi più dolore.
-So di apparire per nulla credibile. Non mi crederei neanch’io al posto tuo.- rido amareggiato.
Lei non risponde, se ne sta ferma in quella posizione. Stanco di stare in piedi mi siedo vicino a lei, ma quando lo faccio vedo sbucare qualcosa da sotto al cuscino. Quando capisco cos’è ripenso alle sue parole di prima. Cosa intendeva dire che suo padre l’aveva scambiata per la moglie? Che abbia tentato di…
Prendo il coltello da sotto il cuscino e lo osservo con dispiacere. Chissà cosa deve aver passato per arrivare a tanto.
-Rimettilo dov’era!- urla improvvisamente, cogliendomi alla sprovvista, facendomi scivolare il coltello e ferendomi un dito. Accidenti! Almeno se l’è scelto bello affilato!
-Ufffff…sei proprio un imbecille Watanabe! Quand’è che te ne vai e mi lasci in pace? Mi stai sporcando il pavimento di sangue!- sbuffa irritata, uscendo da sotto al letto una delle cassette del pronto soccorso. Prende una garza e ci versa sopra un disinfettante, prende il mio dito e lo stringe forte, avvolto nel cotone.
-Ahi! Mi fai male!- mi lamento guardandola male.
-Oh scusami. Non volevo!- dice ridendo, per poi stringere ancora di più. Lo fa apposta!
-Ahi ahi ahi! Lasciami il dito!-
-Che femminuccia che sei! Non ti vergogni? Io non ho mai fatto una piega quando mi facevi più male di questa sciocchezza.- dice togliendo la garza. Il sangue si è già fermato, così prende un cerotto e lo mette sulla ferita, ricoprendolo con del cerotto adesivo, non mancando di stringere più del dovuto anche stavolta.
-Grazie.- dico grato per il gesto, anche se mi ha fatto penare.
-Mica l’ho fatto per bontà d’animo. Mi stavi sporcando la stanza, e conciata così non ho voglia di pulire.-
-Scusami.- ripeto per l’ennesima volta. Sembra che nelle ultime ore non sappia far altro che scusarmi con lei.
La vedo prendere il coltello da terra e rimetterlo sotto al cuscino. Restiamo in silenzio a lungo. Sono io a spezzarlo con una domanda che mi frulla in testa già da un po’.
-Tanaka…prima…quando dicevi che tuo padre…è entrato di notte, nella tua camera…ecco…lui ti ha…- balbetto in difficoltà, lasciando la frase in sospeso.
Non so neanche più esprimermi senza sembrare un perfetto imbecille. Dannazione!
-Vuoi sapere se mi ha violentata? Così avrai un altro argomento per i tuoi amici?-
-No! Ti ho già detto che non ho intenzione di parlarne con nessuno! Volevo solo sapere se è giunto a tanto.-
Ovvio però che non lo viene a dire a me. Non sono un cazzo di nessuno per lei, perché dovrebbe confidarsi col suo peggiore nemico?
-Per tuo dispiacere no, mi sono difesa, quindi hai poco su cui fantasticare.- risponde sprezzante.
-La vuoi piantare? Ok, sono stato un bastardo, uno stronzo, un farabutto, quello che vuoi, ma non sono così meschino da provare piacere nel dolore altrui! Non ho chiesto per infierire su di te, ma solo per poterti aiutare!- sbotto stanco delle sue accuse. Lo so che ha ragione a non fidarsi, ma addirittura pensare che potrei gioire se fosse stata violentata dal padre…questo è troppo!
-Aiutarmi? Tu vuoi aiutarmi? Ed in cosa, sentiamo.-
-A liberarti da questa situazione! Non puoi vivere così.-
-Sono affari miei, Watanabe. Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, tantomeno il tuo, che sei uno dei miei problemi maggiori insieme mio padre.-
-Non più da oggi. Ti prego, permettermi di darti una mano, magari posso parlare con tuo padre e cercare di farlo ragionare.-
-Farlo ragionare dici? L’ultima volta che c’ho provato mi ha rotto tre costole. No grazie!-
-Allora denuncialo! O finirà col picchiare tuo fratello, o peggio, con l’ucciderti!- insisto preoccupato. Qui non c’è da scherzare! Quel bastardo ci va giù pesante. Un calcio dato al punto giusto e ci lascia la pelle.
-Non posso denunciarlo.- risponde mesta, perdendo nuovamente lo spirito battagliero.
-Perché?-
-Perché lo arresterebbero sicuramente, e a quel punto che ne sarebbe di me e Daiki? Darebbero mio fratello in adozione, ed io non posso permetterlo. Non me lo farò portare via da nessuno!-
-Non è detto che accada, magari adotterebbero entrambi.-
-Sì, certo! Credi troppo alle favole per poppanti, Watanabe. La vita non è una fiaba con il lieto fine. Non lo è mai, o mia madre sarebbe qui con noi, e mio padre non sarebbe quello che è. Purtroppo la realtà fa schifo. Inutile sperare in qualcosa che mai accadrà. Io ho smesso di credere e sperare già da parecchio. La mia vita è questa e non posso far altro che viverla, perseguendo lo scopo che mi sono prefissata quattro anni fa: crescere mio fratello. Il resto non ha importanza. Le mie sofferenze passano in secondo piano. E bada bene che il mio non è vittimismo, sono costretta a fare così. Ho una promessa da mantenere.- spiega, terminando l’ultima frase con immensa tristezza.
Chissà a che promessa si riferisce.
-Ci deve pur essere una soluzione.-
-Vai a casa Watanabe, te lo chiedo per favore.- mi prega stanca, per l’ennesima volta.
-E se tuo padre tornasse?- chiedo allarmato dal pensiero.
-E’ sicuro che ritornerà, è casa sua questa, vive qui. Comunque, io me ne starò chiusa nella mia camera, quindi mi è indifferente che torni o meno. Finché non ci vediamo siamo tutti felici.-
Forse è meglio non insistere oltre. Non mi vuole affatto tra i piedi e non posso obbligarla alla mia presenza, non più.
-Va bene, allora me ne vado. Se avessi bisogno d’ aiuto chiamami però, a qualunque ora!-
-Cos’è, da carogna ti stai trasformando in buon samaritano?- domanda accigliata.
-Non sono un buon samaritano. Mi sono solamente scontrato con una realtà che non conoscevo e che ho contribuito a peggiorare. Te lo ripeto ancora: ho capito di aver sbagliato. Mi sono comportato malissimo con te, senza neppure conoscerti, giudicandoti e tormentandoti per il tuo abbigliamento, senza sapere cosa nascondeva. Scusa.- ripeto mortificato.
-Forse non cogli il problema di fondo. Non si giudica qualcuno che non conosci dal suo abbigliamento. Adesso sei pentito perché hai scoperto cosa mi portava ad essere “stramba”, ma se anche non avessi avuto un motivo tanto serio, nessuno ti dava il diritto di prendermi in giro per il mio modo di vestire. Sei stato insensibile, scortese, maleducato e stronzo fin da quando mi hai conosciuta, e non ne ho mai capito il motivo.-
-Non mi pare che tu facessi molto per apparire simpatica! Quando ti ho conosciuta ti ho perfino chiesto di uscire, ma hai sempre rifiutato. Forse, se anche tu fossi stata meno stronza, più solare e aperta con gli altri, non saresti tanto emarginata. Non credi?- le dico stanco di essere sempre offeso senza potermi difendere. Anche lei ha le sue colpe in fondo!
La vedo fissarmi sbigottita, con la bocca spalancata dallo stupore. Forse è più sconcerto che stupore. Oh oh…forse questo potevo risparmiarmelo, soprattutto la parte in cui le ho rinfacciato che non è voluta uscire con me. Adesso penserà abbia fatto tutto per ripicca, perché mi ha rifiutato.
A ben pensarci, però, se fosse davvero quello il motivo delle mie ostilità nei suoi confronti?
Comunque sono fottuto! Ora chi la tiene più questa?









E rieccomi con un altro capitolo ^_^ 
Hiro finalmente conosce la verità, e forse inizia a conoscere anche un pò se stesso.
Che farà adesso? Davvero non dirà a nessuno ciò che ha scoperto? E Nobuo che ruolo avrà nella storia?
Se avrete voglia di scoprirlo, ci rileggiamo al prossimo cap ^_^
Baci baci Faby <3 <3 <3 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Consapevolezza. ***


-Non mi pare che tu facessi molto per apparire simpatica! Quando ti ho conosciuta ti ho perfino chiesto di uscire, ma hai sempre rifiutato. Forse, se anche tu fossi stata meno stronza, più solare e aperta con gli altri, non saresti tanto emarginata. Non credi?- risponde offeso, lasciandomi attonita.
Lo fisso sconcertata. Ha davvero dato la colpa a me per le vessazioni subite da lui e tutta la scuola in questi anni?
Mi ci vuole qualche minuto per assimilare ciò che ha detto. Sbaglio, o mi ha rinfacciato di averlo rifiutato? No…davvero…è cominciato tutto perché… ho ferito il suo orgoglio da troglodita?
Sono sconvolta, scioccata, esterrefatta, turbata, perplessa, e i Kamigami soli sanno quanti altri sinonimi potrei tirare fuori al momento, ma neanche se ripetessi le parole di un intero dizionario riuscirei a spiegare le sensazioni che mi si stanno agitando dentro. Tutto questo…per un rifiuto?
Ha contribuito a rovinarmi l’esistenza per un rifiuto. Non ci posso credere! Se non lo avessi sentito con le mie orecchie non ci avrei creduto. È addirittura più imbecille di quello che credessi!
-Forse è meglio che me ne vada.- prova a defilarsi, intuendo, forse, la colossale cazzata appena sparata.
-Eh no! Adesso resti qui e mi spieghi ciò che hai appena detto! Che significa che la colpa è mia? Eh?- lo blocco per un braccio prima che se ne vada.
-Niente, lascia stare. Nulla giustifica il mio comportamento. Ora vado.-
Se pensa di liquidarmi così, si sbaglia di grosso!
-Tu, non ti muovi di qui!- esclamo, correndo a chiudere la porta dell’ingresso a chiave. -Ora noi due ci facciamo un bella chiacchierata, Watanabe. In fondo volevi restare per questo, no?-
-Non mi sembra più il caso. E poi non mi pare tu gradisca molto la mia presenza, quindi…-
-Quindi un corno! Per stasera farò un’eccezione e sopporterò la tua faccia.-
-Ehi ragazzina, vedi di non tirare troppo la corda adesso!- minaccia, incupendo lo sguardo per intimorirmi.
-Non ho avuto paura di te prima, figurati adesso che hai scoperto il mio segreto. Tacevo e sopportavo per necessità.-
-Non m’ interessa! Non ho intenzione di dirti nulla, quindi togliti di mezzo e apri la porta!-
-No! Voglio capire perché hai reso la mia vita a scuola un inferno. Che c’entra il fatto che ho rifiutato di uscire con te?- chiedo andando dritta al punto. Lo vedo esitare nel darmi una risposta. Non riesco a crederci. È davvero questo il motivo!
-Lascia stare, ho capito. Il tuo silenzio è più che esaustivo, ma lascia che ti dica una cosa Watanabe, non ho  rifiutato di uscire con te perché non mi piacessi, ma uno che spunta all’improvviso con “ciao ti va di uscire?” non è certo ciò di cui avevo bisogno. Un farfallone che vola di fiore in fiore non mi serviva. Era il primo anno in cui mia madre era morta e in cui erano cominciati i problemi con mio padre. Non sapevo che fare, con chi parlare e se parlare. Ero solo una ragazzina spaventata. Poi sei arrivato tu, con la tua aria da conquistatore, e che credevi che facessi? Ti do ragione quando dici che mi sono volutamente isolata, ma l’ho fatto solo per paura che si scoprisse cosa accadeva in casa mia. Sentirti dire però, che ti sto antipatica perché non sono stata una delle tue bamboline usa e getta, proprio non lo accetto. L’antipatia a pelle esiste, ed era questo che pensavo provassi per me, ma non pensavo che lo facessi per ripicca. Mi hai reso la vita impossibile perché ho “ferito” il tuo orgoglio, non perché ti sembrassi strana. Non riesco ancora a crederci…- rivelo non arrabbiata, ma amareggiata, nel comprendere solo adesso tutto quanto.
Preferivo pensare che fosse nato tutto dal mio modo di vestire, dall’essere giudicata strana, ridicola o altro, ma non questo.
-Ascolta, Tanaka, io…- tenta di spiegare, ma lo interrompo.
-Lascia ti faccia una domanda: se fossi stata una delle troiette che ti sbatti nello sgabuzzino, mi avresti riservato lo stesso trattamento o mi avresti trattata come le altre?-
-Perché me lo chiedi? Ormai i fatti sono come sono.- risponde evitando la risposta, e la cosa mi fa ancora più rabbia.
-Certo, ma sono solo i miei “di fatti” a fare schifo! Non i tuoi. Vattene pure, ho saputo quello che volevo!- ribatto stufa, aprendo la porta e aspettando che se ne vada.
-Keiko…- tenta, chiamandomi ancora per nome e beccandosi un mio sguardo truce, finché si decide e se ne va fuori dalle scatole.
Finalmente sola, mi lascio scivolare per terra. Nemmeno il dolore che sento mi impedisce di poggiarmi con la schiena contro la porta, e piango. Piango perché sono stata scoperta, e perché parte del mio tormento poteva essere alleviato da quell’idiota, che a dir la verità mi piaceva anche, quando l’ho visto la prima volta, ma il suo approccio ha fatto davvero pena, altrimenti…chissà.
Fatto sta che mi ha tormentato per un rifiuto, neanche poi tanto voluto all’epoca.
Chissà che farà adesso. Lo dirà a qualcuno? Mamma ti prego, fagli tenere quella boccaccia chiusa!
Quando l’ho visto sbucare nelle docce, sarei voluta morire lì. Di tutto mi sarei aspettata, tranne che mi scoprisse così. Però, ora che ci penso, quell’idiota mia ha vista nuda! Porco! E poi, come sono arrivata a casa? Gli ultimi ricordi che ho si interrompono negli spogliatoi. Chi mi ha messo il pigiama? Lui?
Maledetto di un Watanabe! Perché hanno messo anche lui sul mio cammino già di per sé dissestato? Quanto lo odio!  Che poi, perché abbia pensato che i lividi me li avesse procurati Nobuo, resta un mistero. Perché ha pensato a lui? Oh cavolo! Nobuo! E’ vero, lo avevo dimenticato! Dovevo passare da lui dopo la scuola.
Ignorando il dolore, scatto di corsa verso la mia camera a prendere il cellulare. Lo guardo e vi trovo nove chiamate perse e tre messaggi, tutti di Nobuo. Maledizione a Watanabe! Meglio che lo chiami, forse si è preoccupato non vedendomi arrivare.
-“Keiko! Finalmente! Da dove sei sparita tutto il giorno?”- risponde la sua voce preoccupata.
-Scusami Nobuo. Non sono stata tanto bene e non sono andata neppure a lezione. Ho dimenticato di avvisarti. Mi spiace.- mi scuso mortificata, inventando una scusa.
-“ Ti ho chiamato un sacco di volte, ma non rispondevi. Mi sono preoccupato.”-
-Hai ragione, scusa, non ho sentito il telefono, ma sto bene, tranquillo.-
-“Questo lascia sia io a vederlo. Apri, sono dietro la porta di casa tua.”- dice, spiazzandomi.
-Se…sei qui fuori?- chiedo incredula, aprendo la porta e trovandomelo davanti, sempre con quel suo bellissimo sorriso.
-Ciao.- mi saluta, mentre tiene ancora il telefono all’orecchio, esattamente come me, che sento il suo saluto contemporaneamente all’eco del microfono.
-Ciao.- ricambio io, imbambolata come un’imbecille a fissarlo.
-Mi fai entrare? Disturbo?- chiede, chiudendo la chiamata e riponendo il telefono nella tasca dei jeans.
-No, vieni pure.- dico facendolo accomodare. -Come mai sei qui?- gli chiedo titubante.
-Perché ero preoccupato, così, in barba alla febbre, ho preso la moto e sono venuto a vedere che ti fosse successo per non essere venuta oggi.-
-Perdonami. Mi spiace averti fatto scomodare. Sono pessima, lo so...- ammetto rattristandomi.
Avrei dovuto pensare prima a chiamarlo, però mi era totalmente passato di mente.
-Non sei affatto pessima, e poi nessuno mi obbligava a venire, ma la paura è stata più forte di tutto.- dice avvinandosi e accarezzandomi la guancia, che va subito in fiamme al suo tocco. Perché mi deve fare questo effetto?
-Che ti è successo?- chiede con ancora una nota di preoccupazione.
-Un…po’…un po’ di febbre.- che poi non è nemmeno una bugia visto che ce l’ho per davvero.
-Lo sento, sei caldissima.-
-Ehm…già. Ti posso offrire un tè?- chiedo sempre più in imbarazzo.
-No, ti ringrazio piccola, non vorrei disturbare. E’ meglio se vai a letto. Volevo solo assicurarmi che stessi bene.- mi sorride ancora. Perché questo ragazzo deve sorridere sempre? Mi mette in difficoltà.
-Ti ringrazio per la premura.- rispondo un po’ tesa
Mi sento scossa, agitata. Non so il perché. Non sono per niente abituata a dei gesti gentili, da parte di un ragazzo poi.
-Ok io vado, compagna di influenza, ma prima…- s’interrompe, circondando la mia vita con un braccio e avvicinandomi a lui.
-…voglio il bacio della buonanotte. Stavolta un vero bacio.- precisa, avvicinandosi lentamente al mio viso, forse per darmi tempo di sottrarmi se lo volessi. Voglio? No, non voglio evitarlo.
Chiudo invece gli occhi, accogliendo le sue labbra, calde e morbide, che sfiorano con estrema lentezza le mie, come se volesse accarezzarle. Si poggiano e si allontanano, dandomi dei piccolissimi baci. Mi godo questa strana sensazione, finché sento la sua lingua scorrere delicata sul contorno della mia bocca. Per la prima volta in vita mia provo dei brividi che nulla hanno a che fare con quelli di terrore che sono solita provare. Sono piacevoli, rilassanti, anche se sento il cuore esplodere. E’ un mix di emozioni strane. Istintivamente porto le mani sulle sue spalle, mentre la sua mano libera sale sul mio viso, carezzandolo. L’altra mi tiene ancora stretta per la vita, come se temesse che scappassi. Non è ho la minima intenzione! E’ quando lo sento premere con maggior forza contro l’apertura della mia bocca che l’accontento, accettando quella dolce intrusione che va a cercare la mia lingua. La invita a seguirla, dove non lo so, ma non riesco a non inseguire la sua, rincorrendola e abbracciandola con sempre più trasporto. Quando poi la sua lingua sfiora il mio palato perdo del tutto la cognizione del tempo e dello spazio.
-Buonanotte, mia piccola Keiko.- dice quando si stacca dalla mie labbra, col respiro corto, come il mio.
-Bu…buonanotte…Nobuo.- rispondo ancora frastornata, mentre la sua mano lascia il mio viso. Lo vedo salire sulla sua moto e salutarmi con la mano prima di andare via.
Vado a letto con una strana ansia, non so dovuta a cosa, tuttavia scivolo velocemente nel sonno, privo di incubi, sognando invece un dolce bacio, anche se non vedo di chi.
 
 
 
                                                               *************************
 
 
 
-Dannazione!- urlo dando un calcio alla sedia della mia camera e facendola rovesciare
Come diavolo ho fatto a lasciarmi sfuggire quelle parole? Se prima mi odiava adesso mi vorrà morto. Accidenti!
Ha detto che non ha rifiutato perché non le piacessi, ma perché passava un brutto periodo. Certo, ora lo capisco. Ho mal interpretato tutto di lei, credendo fosse ciò che invece non è. Se non fossi stato così idiota, forse adesso non mi detesterebbe. Ma sì, in fondo a me che diamine importa cosa pensa di me? Le ho chiesto scusa e non le ha accettate, le ho proposto il mio aiuto e lo ha rifiutato. Quello che dovevo fare l’ho fatto, quindi fanculo, lei, suo padre e tutti quanti!
Passo una notte insonne, con la mente affollata di pensieri. Pensieri contraddittori in tutto. Già, perché se da una parte non me ne frega nulla di quello che accade a quella cretina, dall’altra mi sento in ansia. Mi sento come responsabile di qualcosa che so e che dovrei dire, per lei, per aiutarla. Se suo padre finisse con l’ucciderla? La cronaca è piena di notizie del genere e non c’è n’è una che finisca bene, ma se ne parlo, finiranno col rinchiudere lei ed il fratello. Che pena mi fa quel bambino. Sta crescendo senza una madre, con un padre assente, o fin troppo presente, dipende dai punti divista, ed una sorella che secondo me è mentalmente instabile, o avrebbe accettato il mio aiuto.
Perché non riesco a far finta di nulla?
-A che pensi già di prima mattina, fratellino?- chiede mio fratello, appena entrato in cucina.
-A nulla Shinji.- rispondo, sorseggiando la mia tazza di caffè italiano appena fatta, altrimenti chi sta in piedi oggi?!
-Mmmh…hai una faccia. Non capisco se preoccupata, gelosa o… innamorata!- mi prende in giro, usando un tono fastidiosamente mieloso.
-Non sono né preoccupato, né geloso o tanto meno innamorato, imbecille! E comunque fatti i cazzi tuoi!- sbotto, tirandogli il canovaccio umido addosso.
-Che caratteraccio! Volevo solo far conversazione. Mi sembrava avessi bisogno di parlare con qualcuno.-
-Non ho nulla di cui parlare. Non vedo perché dovrei.-
-Beh, qualcosa da raccontare ce l’avresti. Tipo, cosa è successo a Tanaka. Mi hai solo detto che viene picchiata dal padre, e poi? Perché eri con lei, mezza nuda, tra le braccia? Non è che le hai fatto uno dei tuoi scherzi di pessimo gusto e te ne sei pentito?-
Colpito e affondato!
-Ecco, appunto. Il tuo sguardo colpevole ha già risposto per te. Ciò che mi stranisce è perché ti senta colpevole. Cos’è, sei pentito per averle dato il tormento?-
-Devi per forza rigirare il coltello nella piaga? Non hai nessuna da andarti a sbattere, così lasci in pace me?-
-Sbattere, che brutta parola! Le mie arti amatorie non possono essere sintetizzate con una parola tanto squallida, ma in fondo sei troppo piccolo per capirlo.-
-E’ arrivato il filosofo! E sentiamo, come lo chiameresti tu? Non dirmi “amore” perché ti tiro il caffè caldo in faccia! Saresti un’offesa alla gente innamorata.-
-Attrazione fisica, piacere, trastullo, ma sbattere o scopata, sono termini orribili da usare per un fiore così delicato come lo è la donna.-
-Ma fammi il piacere! Me ne vado a scuola, che è meglio! Trastullo…bah!- rispondo scocciato dalle cazzate appena sentite.
Giunto a scuola mi vengono incontro “scemo e più scemo”, Juro ed Kenji. Che diamine vogliono? Ho già le palle che mi girano, meglio che non mi facciano arrabbiare oltre.
-Capo! Scusaci! Ti chiediamo perdono per la nostra stupidità!- dicono all’unisono, inchinandosi.
-Ripete a memoria due battute non vi farà certo apparire meno coglioni di quello che siete. Toglietevi dai piedi.- li evito sorpassandoli. Di gente così non so che farmene. Se ancora penso a cosa avrebbe voluto fare ieri, li strozzerei!
Mi siedo al mio posto, con le braccia incrociate, sbuffando ad ogni minuto che passa fino all’inizio della lezione. Non è venuta. Perché Keiko non è venuta oggi? Non sarà che forse, il padre…
-Professore, posso uscire un attimo?- chiedo il permesso.
-Vada pure Watanabe.-
Mi fiondo fuori dall’aula e prendo il cellulare, componendo il suo numero. Sono già al quarto squillo, ma ancora non risponde. Che sarà successo?
-“Pronto?”- risponde con voce flebile al sesto squillo, quando stavo già per correre a prendere la moto.
-Tanaka, stai male? Perché non hai risposto subito? E’ successo qualcosa?- domando agitato, forse in modo eccessivo.
-“Watanabe? Che ore sono? Oh no, cavolo! Non ho sentito la sveglia!”- urla, spaccandomi un timpano.
-E’ solo questo? Non è successo nulla?- chiedo più sollevato.
-“No, mio salvatore, non è accaduto nulla, quindi niente dame da salvare sul tuo bianco destriero. Semplicemente non mi sono alzata.”- sbuffa, ed io insieme a lei.
-Certo che potresti essere un po’ più gentile. Mi stavo solo preoccupando.-
-“Perché? Perché ti preoccupi per me, dopo quello che mi hai fatto?”-
Già, perché? Non lo so nemmeno io. Tutta questa storia mi ha agitato dentro. Mi sento scombussolato, ma il motivo non lo comprendo.
-Voglio solo essere gentile e farmi perdonare per quello che ti ho fatto.- il che è anche vero, ma sento che non è tutto, c’è dell’altro, ma cosa?
-“Che t’ importa se ti perdono o meno? Vuoi pulirti la coscienza?”-
-Anche.-
-“Non basta scusarsi, per farsi perdonare.”- sospira triste.
-Infatti le mie intenzioni erano quelle di aiutarti, ma tu non me lo permetti.-
-“E come vorresti aiutarmi, Watanabe? Dimmelo! Perché se davvero riesci a farlo, senza spedire me e Daiki in una casa famiglia e riuscendo a togliermi mio padre dai piedi, ti giuro che ti faccio una statua d’oro, oltre a passare ogni giorno della mia vita a ringraziarti, ma, a meno che tu ci riesca davvero, nessuno in questo mondo può aiutarmi.”- mi fa presente lei, nel modo più duro possibile, ovvero con la verità.
Ha perfettamente ragione. Come posso aiutarla?
-Potrei aiutarti essendoti…amico.- ma che diavolo ho detto? Perché mi sto mettendo l’orgoglio sotto le scarpe? Sto uscendo fuori di senno?
-“Ok. Dimmi che fine ha fatto il vero Watanabe, perché quello che conosco io è uno stronzo, che per anni mi ha maltrattata in ogni modo, fisicamente e psicologicamente, umiliandomi, offendendomi, punendomi oserei dire, poiché tutto è nato da un rifiuto ad uscire con lui, nemmeno voluto tra l’altro. Lo hanno rapito gli alieni, non c’è altra spiegazione! Quello vero mi starebbe già chiamando scorfano malmenato, o spiaccicato, o altre cazzate del genere.”-
-Si cambia nella vita, sai?-
-“Mah…se lo dici tu. Comunque tranquillo, non ti costringerò ad “espiare le tue colpe” avendo come amica una sfigata. So quanto ci tieni alla tua reputazione. Il mio collo lo ricorda ancora. Vivi la tua vita come se nulla fosse accaduto, e se vuoi davvero aiutarmi, tu ed i tuoi lacchè smettetela di tormentarmi. Solo questo ti chiedo.”- dice dura, rinfacciandomi, giustamente, la volta che la presi per il collo, rivolgendole parole terribili che ancora ricordo. Ed anche lei.
-Mi dispiace anche per quella volta. Non avrei dovuto.- mi scuso mortificato.
Non capisco cosa accidenti mi prenda nelle ultime ore. È come se fossi diventato idiota tutto di botto. Ci manca solo che mi metta a frignare come una femminuccia mentre le chiedo scusa. Però, è più forte di me. Se mi potessi prendere a pugni lo farei. Il peso di tutto quello che le ho fatto mi sta schiacciando, e non ne capisco il motivo. È come se si fosse rotto un equilibrio dentro di me.
Fare il duro, sbeffeggiarla e maltrattarla, erano un qualcosa che mi faceva stare bene, perché sapevo che ogni giorno potevo farle del male. Era un po’ come un legame che la teneva legata con il rancore. Ogni volta che mi vedeva entrare in classe alzava gli occhi al cielo, conscia di cosa l’aspettava. Ogni volta che io e gli altri la offendevamo era a me che rivolgeva parola, non a loro. Ogni volta era a me che lanciava sguardi carichi d’odio. Poi, seguirla, chiamarla, punzecchiarla e tutte le varie scemenze fatte finora, me la tenevano, come dire, vicina. Ecco è questo il termine giusto, vicina.
Inizio seriamente a pensare che l’unico motivo per cui lo facessi non fosse punirla per il suo rifiuto, quanto piuttosto occuparne totalmente i pensieri. “Non mi pensi in bene? Allora mi penserai in male!”. E’ questo che ho fatto.
Può essere solo una questione di orgoglio ferito?
-“Ehi! Insomma! Mi stai ascoltando? Guarda che butto giù!”- la sento chiamarmi infastidita.
-Eh? Non ho sentito che hai detto, scusa. Comunque d’accordo. Nessuno oserà mai più prenderti in giro, te lo prometto.-
-“Sarebbe già qualcosa. Ora se non ti dispiace tornerei a dormire, e tu dovresti tornare in classe, prima che il professore di turno ti metta qualche nota.”- mi avvisa lei. In effetti sto via da quasi un quarto d’ora, ma perché me l’ha fatto notare?
-Ma come, mi odi così tanto da preoccuparti che il prof mi metta in punizione?- le faccio notare divertito, sapendo di punzecchiarla.
-“Che? Io? Figurati quanto me ne frega! Anzi, sai che ti dico? Chiudo io, non capisco perché non lo abbia ancora fatto. Ciao!”- dice chiudendo bruscamente la chiamata.
Bah…che tipa! Comunque non sembrava scontrosa e arrabbiata come lo era ieri. Quasi quasi dopo la scuola vado a scocciarle un po’.
Rientro in classe e attendo che questa giornata pallosa finisca. Senza di lei non mi diverto.
Prima di andare a casa sua però, faccio un salto altrove.
 
 
 
                                                                              ***********************
 
 
 
-Mi spiace Daiki, non mi sono svegliata.- mi scuso, mentre gli preparo il latte, anche lui dormiva come un ghiro.
-Non fa niente sorellona. Poi papà non c’è.- risponde allegro.
Già è vero. Non lo vedo da tre giorni. Chissà che fine ha fatto. Speriamo stia bene. Non che sia preoccupata per lui, ma se gli accadesse qualcosa e lo trovassero morto sarebbe la fine per noi due. Potrebbe quantomeno gettarsi dentro al Fuji, li non lo ritroverebbe nessuno. Aaaah…vane speranze le mie!
La giornata trascorre veloce. Preparo il pranzo a Daiki e mi rimetto a letto a sonnecchiare ancora un po’, quando verso le diciassette suona il campanello. E che palle! Non vogliono proprio farmi dormire oggi.
Sbuffo scocciata, andando ad aprire, ritrovandomi una busta della spesa quasi spiaccicata in faccia.
-Ma che cavolo…-
-Ho portato la cena!- esclama quello che poi riconosco essere Watanabe, quando abbassa la busta.
-Che ci fai qui?- chiedo perplessa, guardando le altre tre buste per terra, vicino a lui.
-Te l’ho appena detto, ho portato la cena. Ora scusami ma devo sedermi! Trascinarmi quattro buste pesantissime, su, per cento gradini, è stancante!- si lamenta, infilandosi in casa mia e dirigendosi in salotto con le buste.
-Ma che…-
-Sai solo dire “ma che”? Un “grazie Hiro” sarebbe più gradito, o in alternativa anche un semplice “ciao”.- dice spaparanzandosi poi sul divano.
Sto ancora dormendo, o questo pazzoide è appena entrato in casa mia, senza permesso, buttandosi con poca grazia sul mio divano?
-Si può sapere che accidenti ci fai qui? E non rispondere che hai portato la cena!- lo precedo conoscendolo.
Conoscendolo? Da quand’è che conosco questo tizio io?
-Ti ho solo portato qualcosa da mangiare visto che la tua dispensa è praticamente vuota.- spiega lui, mentre lo ascolto stupefatta. Ha davvero fatto un gesto…gentile? Per me? Peccato che non mi intenerisca ugualmente!
-Ti ringrazio ma non posso accettare.-
-Cosa? E perché?-
-Primo: non sarebbe corretto accettare, non credo siano soldi tuoi, quanto dei tuoi genitori. Secondo: sarebbe un controsenso farlo. Ho anch’io il mio orgoglio, anche se mi hai rinfacciato di averlo perso. Quindi non posso accettare nulla da parte tua, non dopo quello che mi hai fatto.-
Lo vedo accigliarsi ed alzarsi furioso dal divano, per poi venirmi di fronte con aria a dir poco amichevole. Ok, ecco che ci risiamo, ora me le suona!
-Beh…”signorina sono tutta orgogliosa”, i soldi sono quelli miei, dato che mia madre mi passa un fisso mensile che posso gestire come meglio mi aggrada. Poi, vorrei ricordarti, che non ci sei solo tu in questa casa, c’è anche un bambino di cinque anni che col tuo orgoglio del cazzo non ci mangia! Quindi smuovi il culo, ingoia l’orgoglio e vai a preparare una bella bistecca a tuo fratello, che sono sicuro non ne mangia da mesi.- mi ordina con tono duro.
In effetti il suo discorso non fa una piega. Non ho nulla con cui ribattere, non c’è niente da mangiare e mio fratello viene sempre per primo. Fosse per me, preferirei morire di fame piuttosto che dargliela vinta e farmi rinfacciare che mi ha fatto l’elemosina, ma non posso davvero permettermelo con Daiki di mezzo, ed i soldi stanno per terminare ormai. Ingoio davvero l’orgoglio, insieme al nodo che mi è venuto alla gola. Vorrei piangere per questa umiliazione: accettare cibo dal mio peggior nemico, ma non gli darò questa soddisfazione. Sono sicura lo abbia fatto per questo, per mortificarmi ulteriormente per le mie incapacità nel mantenere mio fratello.
Chiudo gli occhi per calmare i battiti accelerati del mio cuore, li riapro, ignorando il suo sguardo su di me, e mi dirigo in cucina a sistemare quello che c’è nei sacchetti. E devo ammettere che c’è di tutto: latte, diversi tipi di carne, uova, biscotti, zucchero, scatolame, succhi di frutta, tutte cose che non posso comprare a mio fratello. Se non venisse da lui questo gesto, giuro correrei ad abbracciarlo, ma il suo intento non era certo quello di aiutarmi, quanto quello di farmi vergognare di me stessa. Bene, c’è riuscito!
-Sorellona ho fame! Mi fai il latte?- mi sento chiedere dal piano di sopra.
-Nanerottolo, vieni qui. Oggi niente latte!- lo chiama quell’antipatico.
-Hiro-chan! Sei qui! Che ci fai qui? Mangi con me e la sorellona di nuovo?- chiede mio fratello tutto allegro. Che ci troverà di bello poi in questo tizio, per essere così felice quando lo vede? Due regalini non fanno di qualcuno una brava persona, e lui di certo non lo è.
-Ti ho portato una cosa.- dice, prendendo dal sacchetto un pacchetto che non avevo ancora visto e da cui tira fuori diversi leccalecca.
-Cosa è?- domanda Daiki osservandoli.
Povero cucciolo mio, non gli ho mai comprato nemmeno quello. Piuttosto che sprecare soldi in dolciumi che cariano i denti ho preferito le cose più importanti, ma capisco bene che per un bambino un dolcetto ogni tanto ci vuole.
-Si chiama leccalecca. C’è di diversi gusti. Fragola e panna, cola, mela o agrumi. Scegline uno.-
-Mmmmmh…mela!-
-Ecco qui il tuo leccalecca alla mela.- dice aprendoglielo.
-E come si mangia?- chiede mio fratello, incuriosito dalla sua forma tondeggiante e dalla cannuccia che lo regge.
Sorrido, quando quello stupido di Watanabe ne apre un altro ed inizia a fare un mare di smorfie su come mangiarlo. Devo dire che coi bambini ci sa fare però. O forse non è così terribile come credevo, tranne che con me, ovvio.
Mentre preparo la cena, quei due stanno seduti sul divano a guardare dei programmi ridicoli alla tv, ridendo come scemi. Mi fermo a guardarli e penso, se Watanabe non fosse stato così cattivo con me, probabilmente sarebbe stato un buon amico, Daiki lo adora. Peccato che non lo sarà mai. Dimenticare ogni singola offesa è praticamente impossibile, e poi non avrei mai fiducia in lui, neanche adesso ne ho. Le persone non cambiano, purtroppo.
-La cena è pronta.- li avverto dopo aver messo i piatti in tavola. Anche stavolta Watanabe si è autoinvitato, ma non potevo certo lamentarmene.
-E’ buonissima sorellina!- esulta mio fratello mangiando un boccone di carne.
-Ti piace nanerottolo?-
-Sì sì. È davvero buona questa carne!- sorride felice, ed il mio cuore viene trafitto da mille pugnali. Cerco di trattenermi dal scoppiare in lacrime., stringendo i denti.
-Bene, vorrà dire che te la porterò più spesso, sempre che tua sorella non metta becco anche in questo.- sostiene guardandomi storto, aspettando una mia reazione, che però non avviene.
-Ok, se a Daiki piace e tu puoi permettertelo a me sta bene.- rispondo tranquilla, anche se dentro sto andando in ebollizione.
Mi rode ammetterlo, ma gliene sono grata. Per qualunque motivo lui lo faccia, ne gode mio fratello. Tu devi farti da parte Keiko, tu non conti, ficcatelo in questa testaccia dura! Daiki, Daiki e ancora Daiki! Dovessi fare le peggiori cose per mantenerlo, viene sempre prima il suo benessere!
 
Dopo aver cenato e ripulito tutto, mi concedo un momento di relax, mentre mio fratello e Watanabe chiacchierano di chissà che. Ormai li lascio fare, tanto quell’imbecille sa tutto. Sono le otto e mezza circa quando suona il campanello. E chi può essere? Certo che questa casa sta diventando parecchio trafficata!
-Aspettavi qualcuno?- chiede il babbeo quando vado per aprire.
-Un’asociale come me chi vuoi che aspetti?- ribatto, usando le sue parole preferite.
Lo vedo fulminarmi con gli occhi ma lo ignoro come sempre. Quando apro la porta rimango stupita nel trovarmi di fronte nuovamente…
-Nobuo…- sussurro stupita.
-Ciao principessa. Sono passato a vedere come stai.- spiega, dandomi un bacio, dapprima a fior di labbra, che poi cerca di approfondire.
-E tu che cazzo ci fai qui a quest’ora?- sento inveire alle mie spalle.
-Watanabe? Che ci fai tu, a casa della mia ragazza!- replica Nobuo, sottolineando l’aggettivo “mia” e stringendomi a sé per la vita.
La sua ragazza? Da quando sono la sua ragazza? Per un paio di baci sono diventata di sua proprietà?
 
 
 
                                                                              *********************
 
 
 
La sua che? Sta scherzando?
Mi trattengo a stento dal non colpirlo e spaccargli la faccia, soprattutto per il tono che ha usato. È qui da pochi mesi e si prende già tutte queste confidenze? Vederli baciare è stato nauseante, così tanto che rischio di vomitargli addosso, anche se, come idea non sarebbe poi tanto male in effetti.
-Si può sapere che ci fa lui qui, a casa tua, a quest’ora?- chiede nuovamente lui, con un tono che non mi piace per niente.
-Lui ha…-
-Ho cenato qui, problemi?- la interrompo, rispondendo al suo posto.
-Sì, è un problema! Soprattutto se si tratta di te. Non fai altro che tormentarla! Che vuoi da Keiko?-
-Io? Proprio nulla, ma se anche fosse, non vedo cosa importi a te!-
-Mi importa, perché adesso Keiko sta con me, e non ti permetterò di torcerle più un capello da adesso in avanti, o te la farò pagare. Sono stato chiaro? Ora sparisci!-
-Mi stai per caso minacciando, Kobayashi?- chiedo con tono di sfida.
-Non credere di farmi paura, Watanabe! Ci sto poco a cambiarti i connotati!- ribatte lui.
-Ehi ehi…voi due, finitela! Non mi sembra il caso di prendervi a pugni. Nobuo, non è successo nulla, tranquillo. E’ venuto solo per…deporre l’ascia di guerra. Sì. Non è così Watanabe?- mente lei, e non ne capisco il motivo.
-Già…- rispondo solamente, reggendole il gioco. Ho davvero chiesto di seppellire l’ascia di guerra, ma è lei che si rifiuta di farlo. Adesso, per fa calmare questo imbecille, si inventa che ero qui per questo?
-Non mi fiderei comunque! Keiko, te ne ha combinate di tutti i colori! Mi hanno raccontato che ha perfino tentato di strangolarti! Come puoi farlo entrare in casa tua? Potrebbe farti del male! E’ un delinquente!-
A quelle parole perdo la poca lucidità che ho, e avventandomi su di lui gli tiro un pugno, bello dritto in faccia. Non sono uno stinco di Santo, ma da qui a chiamarmi delinquente ne corre!
Finisce a terra come una femminuccia, ma quando si rialza, con uno scatto rapidissimo, riesce a restituirmi il colpo, prendendomi in pieno viso. Sto per colpirlo a mia volta ma…
-No, vi prego! Fermatevi!- chiede lei tra le lacrime, tremante come uno scricciolo.
Con uno sforzo immenso lascio lo stronzo che avevo appena afferrato per il colletto della camicia, spingendolo lontano da me.
-Ringrazia il cielo che non voglio vederla piangere ancora a causa mia, o ero io quello che ti cambiava i connotati!- lo informo, fulminandolo con gli occhi. Vedo lei raggiungerlo quando tenta di avvicinarsi nuovamente a me.
-Nobuo, ti prego basta! Finitela!- lo ferma lei.
-Ma sì! Non ne vale la pena. Sparisci Watanabe! Non avvicinarti mai più a lei, sono stato chiaro?- minaccia ancora, come se potesse farmi paura.
-Non sei nessuno per ordinarmi qualcosa. Solo Keiko può chiedermi di farlo!-
-Da quand’è che la chiami per nome?- chiede accigliato, più rivolto a lei che a me.
-Non credo abbia importanza. Ora, mi fareste il favore di smetterla di punzecchiarvi ancora? Anzi, andatevene a casa, così non portiamo ancora avanti questa lite ridicola!- risponde lei, infastidita.
-Io ero venuto per parlarti Keiko. Devo dirti una cosa importante.- le spiega il cretino.
-Me ne parlerai domani. Ora sono davvero troppo stanca.-
-Ok, come vuoi.-
-Vado a salutare tuo fratello e vado via.- l’avverto, rientrando in casa, sotto lo sguardo truce dell’imbecille.
In che accidenti di situazione mi trovo? Vengo qui per essere gentile ed aiutarla, e invece vengo quasi buttato fuori dal suo… “ragazzo”! Mi schifa anche solo nominarlo così, bleah!
Saluto suo fratello e vado via, lasciandola sola con quel Nobuo.
Arrivo a casa più nervoso che mai. Non so perché, quella ragazza riesce sempre a mettermi di malumore! Cerco di essere gentile e ne ricevo calci in faccia! Adesso ci mancava il “fidanzatino”. Fottetevi entrambi! Mi hanno rotto i coglioni! Meglio quando la maltrattavo, avevo più soddisfazione!
Il giorno dopo li vedo arrivare insieme a scuola. La rabbia è tale che spaccherei la faccia ad entrambi. Con me ha fatto tutta la difficile, con lui invece non ha trovato problemi. Ipocrita!
 
-Quei due se la intendono bene, vedo.- mi fa notare Shinji, mentre siamo fuori in giardino per l’ora di pranzo. I due piccioncini sono seduti sull’erba a mangiare felici, come spesso accade ultimamente. E lei, sorride. Non l’ho mai vista sorridere.
Mi da fastidio che sorrida a lui!
Mi da fastidio che non mi rivolga la parola quando c’è lui!
Mi da fastidio lui!!!
Se già è difficile parlarle quando è da sola, adesso che è sempre in compagnia di quell’inetto è quasi impossibile. Non mi piace quel tipo, non mi piace per niente! Le sta troppo addosso.
-Non mi piace quel Kobayashi.- do voce ai miei pensieri, mentre osservo lui prenderle la mano.
Dannato stronzo!
-Lo spero! Anche perché sono settimane che non ti vedo con una donna!- esclama l’ebete che ho accanto.
-Perché mamma ti ha fatto così scemo, Shinji? Non intendevo da quel punto di vista! Intendo che non mi piace il suo atteggiamento con Keiko!-
-Aaaaah…è quello che intendevi. Tranquillo fratellino, è normale che non ti piaccia vederlo con lei, la tua è normale gelosia.-
-Che???- mi volto a guardarlo confuso.
-Gelosia! A te Tanaka è sempre piaciuta, ma il suo rifiuto ti ha ferito. Da allora è un’ossessione per te farti notare da lei, anche usando gli stupidi mezzucci utilizzati finora. Adesso che c’è Kobayashi, tutte le sue attenzioni sono rivolte a lui solamente, e questo ti fa incazzare, ammettilo.-
-Io geloso? Ma fammi il piacere! Si è gelosi quando si è innamorati, e dicerto io non lo sono!-
-Non ne sarei così convinto al tuo posto. Se così non fosse, mi spieghi perché dalla rabbia hai spezzato le bacchette dopo aver visto Kobayashi prendere la tua “Keiko” per mano?- mi fa notare, mentre osservo le bacchette. Quando diamine le ho spezzate in due?
-Comunque fratellino, quand’è che Tanaka ti ha dato il permesso di chiamarla per nome? Eh? Scommetto mai. Però ti viene spontaneo chiamarla per nome perché…TI PIACE!.- se la sghignazza divertito.
-Shinji…vaffanculo!- sbotto irritato dalla sua completa idiozia.
Geloso di Tanaka perché ne sono innamorato, da tre anni? Ma figuriamoci! Non è neanche questo granché!
Avrà anche dei bellissimi occhi azzurri, più tendenti al grigio quando piange, avrà anche un fisico niente male, le curve erano tutte al punto giusto quando l’ho vista nuda, col senno di poi, passato lo shock, me la ricordo bene. Sembra anche essere più dolce di quello che in realtà credessi, almeno col fratello lo è. Sa anche cucinare bene, ha un carattere molto forte, anche se sotto sotto sono sicuro che sia una finzione, è molto fragile ma non vuole darlo a vedere. Ha bisogno di qualcuno che l’aiuti, che la protegga da quel bastardo del padre, ma non vuole ammetterlo. Se solo mi permettesse di aiutarla.
Comunque, no! Non ne sono innamorato! Basta! E’ assurdo anche solo pensarlo!
 
Passa qualche giorno e quei due sono sempre attaccati come la colla. Che schifo!
-Vieni da me stasera, i miei non ci sono. Mi piacerebbe stare un po’ da soli, noi due.- sento sussurrare alle mie spalle. Mi volto, e dietro di me, vicino ad un albero, ci sono Tanaka e quel dannato. Tendo le orecchie più che posso, sono curioso di sapere cosa si stanno dicendo.
-Non credo sia il caso. E poi non posso lasciare Daiki da solo.- risponde lei.
-Con lui c’è tuo padre, no? O forse non ti lascia uscire? Se è così puoi dire che vai a dormire da un’amica. Dai, ho tanta voglia di averti con me...tutta la notte.- le dice baciandola.
Sbianco, ascoltando l’ultima frase. Ci…ci va a letto? Non posso crederci! Brutta sgualdrina! Se la fa col primo che le sussurra due paroline dolci. La facevo diversa. Invece è esattamente come le altre!
A quanto pare il mio pensiero era giusto, solo io le sto sul cazzo, anzi no, lei preferisce stare su quello di Kobayashi!
Direi che ho sentito abbastanza, quindi vado via, ma col sorriso sulle labbra. Me la pagherà, non so ancora come, ma questa gliela faccio pagare cara!
 
 
 
                                                                              ************************
 
 
 
Rimango abbastanza scossa dalla lite tra Nobuo e Watanabe. Per fortuna quest’ultimo, con un briciolo di buon senso, se n’è andato, lasciando perdere.
-Che ci faceva lui qui?- mi chiede ancora Nobuo, massaggiandosi lo zigomo.
-Te l’ho detto. E’ venuto per mettere da parte l’ascia di guerra.-
Certo non posso dirgli che mi ha portato qualcosa da mangiare perché non ho soldi.
-Non mi fido. Non mi piace che ti giri intorno.-
-Perché?-
-Come perché? Dopo le vigliaccate che ti ha fatto, ti chiedi anche il perché? Quel tizio è pericoloso, non voglio ti stia troppo vicino.-
Non vuole? E chi è lui per deciderlo? E poi, perché si è definito il mio ragazzo? Meglio lasciar perdere inutili polemiche e liberarmi subito di lui. Temo che mio padre possa venire da un momento all’altro.
-Mi dici perché sei venuto?- gli chiedo facendolo accomodare, passandogli del ghiaccio.
-Volevo parlarti, ma quell’idiota ha rovinato il momento.- sospira sconfortato.
-Quale momento?-
-Keiko, ecco, volevo chiedertelo già da un po’, ma non sapevo come la pensassi. Poi, dopo il bacio di ieri, mi sono fatto coraggio per dirtelo…- balbetta imbarazzato.
-Dirmi cosa?-
-Dirti che…tu mi piaci Keiko! Vuoi diventare la mia ragazza?- mi chiede infine, lasciandomi sorpresa.
La sua ragazza? Io, la sua ragazza? Dice sul serio? Oh Kami! Non so che pensare, che rispondere. Nobuo mi piace, è vero, ma da qui ad essere la sua fidanzata, ne corre. E poi esserlo significherebbe “intimità”, ed io non posso permettermelo, vedrebbe tutti i segni sul mio corpo, come glieli spiegherei?
-Che mi rispondi?- domanda, notando il mio mutismo.
-Ecco io, non so se…-
-Io ti piaccio?- mi chiede a brucia pelo.
-Sì, mi piaci, ma…-
-Allora accetti!- esclama sorridendo felice, abbracciandomi. Io non ho neppure parlato! Ha fatto tutto da solo! Che ragazzo strano.
Però, ad esser sincera, non mi sento di dirgli no. Lui è sempre stato così buono con me, quando nessuno lo era. Mi ha perfino difeso da Watanabe. Si vede che ci tiene a me.  Posso lasciami sfuggire l’occasione di avere qualcuno al mio fianco, che mi ami e forse, protegga? Se fosse lui la risposta alle mie preghiere?
Per la prima volta voglio essere un po’ egoista e pensare anche a me stessa, decidendo di concedermi una possibilità con Nobuo. Forse non sarà l’amore della mia vita, anche se non è detto, ma non voglio dovermene pentire un giorno. Magari riuscirò anche a parlargli di mio padre, potrebbe consolarmi quando ne ho bisogno. Sì, in fondo glielo devo anche.
-Sì, accetto.- acconsento, anche se per lui era già scontato.
Dopo un lungo e anche piacevole bacio, si stacca per guardarsi intorno.
-Tuo padre non c’è?-
-Ehm…no. Torna tra qualche minuto da lavoro.- mento. In verità, non ho la più pallida idea di dove sia. Non è ancora tornato.
-Capisco, allora vado, così non rischi una sfuriata per esser stata trovata da sola col tuo ragazzo.- dice facendomi l’occhiolino e dandomi un altro bacio, prima di andarsene.
La notte passa tranquilla, papà non è tornato neanche oggi. Chissà dov’è.
 
Il giorno dopo, Nobuo, viene a prendermi in moto, così andiamo a scuola insieme.
-Posso chiederti un favore?- chiede, riponendo i caschi.
-Quale?-
-Non rivolgere la parola a Watanabe. Non voglio assolutamente vederti vicina a lui, capito?- dice con tono perentorio.
-Non “vuoi”? E’ un ordine?- domando accigliata.
-Cosa? No tesoro, figurati. La mia è una richiesta. Ho solo paura per te.- cerca di convincermi, anche se, non mi sembrava affatto una richiesta dal tono. O magari sono io che immagino le cose. Forse è anche colpa di mio padre e di quello che ho passato con Watanabe se stento a fidarmi di un uomo.
-Ok, non ci parlerò.- acconsento, vedendolo sorridere soddisfatto.
I giorni passano. Non posso dire di essere felice, ma serena sì. Mio padre non si è ancora fatto vivo, mi domando a questo punto se lo sia ancora. Volesse il cielo che fosse disperso senza che nessuno lo sappia, così da lasciare me e Daiki da soli, a vivere una vita dignitosa, finalmente. Io di certo non andrò a denunciarne la scomparsa.
Con Nobuo le cose diciamo che… vanno. Mi sembra un po’ troppo ossessivo su alcune cose, ad esempio se metto troppo eyeliner, se alzo le maniche della divisa scolastica, se parlo in privato con un professore, ma forse è normale. Sarà perché ci tiene a me, perché mi vuole bene. A parte questa gelosia devo dire che va bene, è sempre molto dolce, mi riempie di regali, ha sempre mille attenzioni per me. Mi fa sentire importante. Mi infastidisce solo il tono con cui a volte mi parla, mi sembra autoritario, ma se glielo faccio notare dice che non è vero.
-Keiko, vieni, voglio chiederti una cosa.- mi chiede, portandomi in giardino.
-Dimmi.-
-Vieni da me stasera, i miei non ci sono. Mi piacerebbe stare un po’ da soli, noi due.- dice, guardandomi in modo strano, che non saprei definire.
Comunque ha detto da soli? Intende forse dire che vuole…andare oltre i baci?! No no no no! Non posso! I segni ci sono ancora, li vedrebbe! E poi, a parte quelli, non me la sento proprio. Oh Kami, andarci a letto…no!
-Non credo sia il caso. E poi non posso lasciare Daiki da solo.- declino il suo invito con una scusa, che poi tanto scusa non è visto che Daiki rimarrebbe da solo per davvero.
-Con lui c’è tuo padre, no? O forse non ti lascia uscire? Se è così puoi dire che vai a dormire da un’amica. Dai, ho tanta voglia di averti con me...tutta la notte.- insiste, dicendo l’ultima frase con tono sensuale, o forse lui lo vede tale, a me sembra solo vizioso. Sto per rispondere, quando mi chiude la bocca con un bacio.
Eh no, stavolta gli rispondo! Non andrà come quando mi ha chiesto di diventare la sua ragazza, facendo tutto da sé. Questa è una cosa troppo grande per me.
-Nobuo…davvero, non è il caso.- ripeto, dopo essermi allontanata dal suo bacio invadente, che non ho neppure ricambiato.
-Perché?-
-Perché non me la sento. Scusa.- rispondo sincera.
-Sei la mia ragazza! Come puoi non voler fare l’amore con me?!- chiede alterandosi.
-Stiamo insieme da neanche un mese e già pretendi io sia pronta per venire a letto con te? Per chi mi hai presa, scusa?- sbotto furiosa.
-Ti prendo per la mia ragazza! E se non hai voglia di stare con me, evidentemente non ti piaccio abbastanza. Cos’è, c’è qualcun altro che preferiresti a me? Magari Watanabe…- sputa velenoso, lasciandomi sbigottita.
-Come, scusa?- chiedo incredula, guardandolo offesa. Lui nota la delusione e la rabbia con cui lo osservo e sembra calmarsi.
-Senti amore, scusami, non so che mi è preso. Forse è stata la gelosia a farmi parlare così, mi dispiace.- si scusa, prendendomi per mano.
-Gelosia? Per Watanabe? Sbaglio o sei tu quello che mi ha ricordato più volte il modo in cui mi ha trattata? Davvero, secondo te, potrei voler stare con un tipo del genere?- si è bevuto il cervello?
-Hai ragione piccola, perdonami, non volevo.- si scusa ancora, accarezzandomi.
-Mi hai offeso.- gli faccio presente.
-Scusami amore. Davvero non volevo offenderti. Mi spiace. Guarda…mi inginocchio ai tuoi piedi per chiederti perdono.- dice, inginocchiandosi davvero con fare teatrale. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Sembra davvero dispiaciuto.
-Ok, ma non dirlo più. L’unica spiegazione che devi farti andare per buona è che ancora non me la sento. Sei il mio primo ragazzo, non voglio affrettare i tempi, cerca di capirmi.- gli spiego più calma.
-Ok, rispetterò la tua scelta ed i tuoi tempi, che sia un mese o un anno.- dice dandomi un bacio sulla tempia, che però trovo fastidioso, forse perché sono ancora arrabbiata. Ci dividiamo quando lui torna in classe ed io invece vado in bagno, ho bisogno di rinfrescarmi un po’ il viso, e soprattutto di restare un po’ da sola.
Mi guardo allo specchio e ripenso alle sue parole, aspetterà i miei tempi. Perché mi suona così distorta questa frase? È come se fossi obbligata ad andare a letto con lui. E se non volessi? Se volessi arrivare vergine al matrimonio, che non ho certo in previsione tra un anno, come ha detto lui? Sembra avermi dato una scadenza.
Perché è tutto così complicato? Forse sono io che sono sbagliata. O forse è lui che lo è. O lo è tutta questa storia dello stare insieme. Speravo fosse diverso stare con qualcuno che ti vuole bene, ma diverso come, poi? Io non so nulla di amore. Conosco solo il dolore e la tristezza.
Persa nei miei pensieri, sussulto al suono della campanella. Meglio tornare in classe. Faccio per aprire la porta, ma indietreggio quando la vedo aprirsi.
-Vai da qualche parte, Tanaka?- chiede Watanabe, entrando velocemente e richiudendosi la porta alle spalle.
-Che cavolo ci fai nel bagno delle ragazze? Esci immediatamente!- ordino infastidita. Già ero incavolata di mio, ora ci si mette anche lui!
-Prima dobbiamo fare una cosuccia noi due.- dice, avvicinandosi a me con fare minaccioso. Arretro d’istinto, fino ad incontrare il lavandino. Che vuole fare?
-Vuoi picchiarmi di nuovo, Watanabe? E le tue scuse dove sono finite?- chiedo agitata, cercando però di apparire tranquilla.
-Picchiarti? Oh no, non mi darebbe soddisfazione. Diciamo che avrei dovuto pensare a questo già da molto…-
-“Questo” cosa?- domando sempre più nervosa, mentre si avvicina ancora.
-A scoparti!- risponde, azzerando in un secondo le distanze e baciandomi con forza, afferrandomi il viso in una morsa. Sgrano gli occhi sconvolta ed impietrita. Mi sta baciando?
-La…scia…mi!- provo a spingerlo via, voltando il viso di lato e premendo le mani sul suo petto.
-Lasciarti? Perché dovrei? Non mi sembra ti dispiaccia essere baciata mentre non te l’aspetti, no? Così come non ti spiace essere scopata dal primo che capita, come quel Nobuo!- sostiene perfido, afferrandomi con forza le braccia e bloccandomele dietro la schiena con una sola mano.
-Tu sei davvero pazzo, Watanabe! Io non vado a letto proprio con nessuno, ma se anche fosse non vedo che accidenti t’importi! Lasciami, oppure urlo!-
-Non credo ne avrai la possibilità!- afferma, bloccando nuovamente le mie labbra con le sue.
La sua lingua invade con prepotenza la mia bocca, e più tento di muovermi, più lui la spinge verso la mia. La sua presa sul mio viso è ferrea. Inutili sono i miei tentativi per divincolarmi, è troppo forte. L’altra mano stringe le mie tanto da farmi male. Mi tiro indietro col busto, più che posso verso il lavandino, rischiando quasi di spezzarmi la schiena, ma lui non si allontana di una virgola, anzi, è anche peggio, perché si ritrova quasi steso su di me. Blocca le mie gambe tra le sue, evitandosi il calcio che già avevo in previsione di dargli, maledizione! Non posso far altro che arrendermi alla sua irruenza.
Stranamente, quando sente che smetto di dimenarmi, rallenta il ritmo del bacio, così come diminuisce la stretta sulle mani. Sarei tentata di approfittarne per fuggire, ma non credo ne avrei il tempo, lo farei solo arrabbiare di più. E’ più agile di me, mi farebbe a pezzetti piccoli. La cosa più stupida che mi ritrovo a fare, però, non è stare ferma senza tentare la fuga mentre le sue mani lasciano del tutto la presa su di me, ma quella di non accorgermi di stare ricambiando il bacio! Non me ne sono neanche resa conto! Che accidenti sto facendo? È forse la paura a spingermi a farlo, come se assecondandolo possa calmarsi? Già paura…ma è questo che sto sentendo in questo momento? Le sue mani iniziano a scivolarmi addosso, però, per quanto non mi piacciano, m’infastidiscono meno del bacio che Nobuo mi ha dato prima, ma che mi prende? Perché glielo permetto? Perché non urlo? Potrei farlo. Potrei anche fuggire via, ma non lo faccio. L’unica cosa che fugge via è un singhiozzo, seguito da una lacrima, che poi diventano due, poi tre, dieci, un fiume. Solo in quel momento lui si ferma, staccandosi da me, come scottato. Riapro gli occhi, tenuti chiusi per non guardare, e lo vedo osservarmi col viso sconvolto, mentre uno strano senso di freddo e di vuoto mi colpiscono allo stomaco.
Ed ancora un altro singhiozzo mi invade la gola.
-Che sto facendo?! Keiko io non…scusami! Non volevo. Ti giuro che non volevo spaventarti così!-
Spaventarmi? Io non ero spaventata. Ed è questa consapevolezza a farmi accasciare a terra, scossa dalle lacrime. E se non si fosse fermato? Cielo, sentivo la sua erezione premere sulle mie gambe! Che razza di persona sono? Avrei dovuto avere paura, invece no.
-Keiko ti prego, perdonami! Non volevo farti del male! Non lo avrei mai fatto! Volevo solo…già che volevo? Non lo so neppure io. So solamente che vederti con quel tipo non mi piace, lui non mi piace. Perché stai con uno del genere?- mi chiede nervoso, inginocchiandosi vicino a me e spostandomi i capelli attaccati al viso  dalle lacrime. Perché mi fa una domanda del genere? Perché gli interessa? Perché mi ha baciata?
-Ci sto insieme perché è l’unico che mi abbia trattata da essere umano, nonostante le mie stranezze. Ecco perché.- spiego ancora scossa dal pianto.
-Quindi, lo fai per gratitudine? Sei impazzita? Non si sta con una persona solo per quello!-
-E che altra scelta avevo? Ti faccio notare che grazie anche a te, nessuno in questa scuola mi rivolge la parola, se non per offendermi! Nobuo è stato l’unico che non abbia fatto come gli hai ordinato, l’unico che mi abbia trattato da amica. Quindi evita di offenderlo, perché non mi sembra che tu possa permettertelo! Forse è un po’ strano nel dimostrarmi il suo affetto, ma almeno non mi chiama troia, sfigata, racchia, scorfano, cozza, non mi butta per terra, non tenta di strozzarmi e non mi strappa la divisa per controllare se mi taglio, così come non si intrufola negli spogliatoi o nei bagni delle ragazze!- rispondo stanca dei suoi giudizi, come se lui fosse migliore di altri.
Mi guarda senza fiatare per un po’, prova a dire qualcosa ma poi si blocca. Infine si alza e se ne va, senza aggiungere altro, lasciandomi in bagno da sola. E’ fuori di testa? Nemmeno ha risposto.
Che giornata da dimenticare! Negativa sotto ogni aspetto. Ritorno in classe distrutta, Watanabe non c’è.
Perché ho risposto a quel bacio così forzato, quanto…come potrei definirlo? Passionale? Sì, passionale. Oh Kami! Quella impazzita sono io! Mi sento la persona più volubile del pianeta in questo momento. Basta un semplice bacio per mandarmi in tilt il cervello?
Finite le lezioni mi allontano da Nobuo con una scusa. Averlo sempre attaccato come una sanguisuga inizia ad infastidirmi adesso. Quando sono tornata in classe mi ha fatto il terzo grado sul perché c’avessi messo tanto. Ho anche io bisogno dei miei spazi, santo cielo!
A casa, finalmente, mi rilasso un po’sul divano, mentre Daiki mangia delle patatine in busta che gli ha portato Watanabe qualche giorno fa. Proprio mentre penso a lui squilla il cellulare, mostrando il suo numero. Che accidenti vuole ancora?
-Che vuoi Watanabe?- sbuffo scocciata.
-“Ciao anche a te”.- dice sarcastico.
-Non sono molto in vena di scherzare, soprattutto dopo oggi. Perché mi hai chiamata?-
-“Sei ancora arrabbiata?”- chiede con evidente tono dispiaciuto. Ignoro la sua domanda, porgendogliene una io.
-Perché l’hai fatto?- domando solamente.
-“La verità?”-
-No, preferisco una bugia. Certo che voglio la verità!- imbecille, aggiungo mentalmente.
-“Volevo fartela pagare.”-
Eh?
-Pagare per cosa?-
-“Per esserti messa con Kobayashi.”- risponde sospirando.
-Per quale assurdo motivo, scusa?- chiedo arrabbiata. Che gli importa con chi sto? Vuole che lo lasci forse? Possibile gli stia così antipatica da volermi vedere infelice sotto ogni punto di vista?
-“Perché ne sono ge…”-
-Vieni amore mio! Questa è la tua nuova casa da oggi!- ci interrompe mio padre, spalancando la porta di casa ed entrando con accanto una donna dagli abiti succinti.
A quanto pare è vivo e vegeto, purtroppo!
Aspetta ma, sbaglio, oppure le ha detto che questa è la sua nuova casa?
-“Tanaka, hai sentito che ho detto?”- mi chiama Watanabe, ancora all’altro capo del telefono.
-Scusami, devo andare. Ti chiamo dopo.- chiudo velocemente, senza aspettare una risposta e mollando il telefono sul tavolino.
-Chi sarebbe la ”signora”?- chiedo indicando quella che sembra essere in tutto e per tutto una prostituta.
-Lei è la tua nuova mamma! Ti presento Akari!- biascica con tono alticcio, ondeggiando da un parte all’altra.
-Mi chiamo Honoka!- lo corregge lei, accigliata.
-Fa lo stesso, tesoro!- replica mio padre baciandola.
Sto per vomitare!
-Non m’ importa come si chiama. Di certo non sarà né la mia nuova mamma né tanto meno metterà piede in questa casa! Vada via per favore.- cerco di essere il più gentile possibile, date le circostanze.
-Come come? Tu vuoi comandare me, mocciosa? Ti ricordo che questa è casa MIA, piccola troietta! Anzi, mia cara Hanako, portala in giro con te, magari mi porta qualche soldo visto che scrocca vitto e alloggio insieme quel marmocchio malefico!-
-Mi chiamo Honoka ho detto!- lo corregge ancora.
Che scena patetica! Non ricorda neppure il nome della donnaccia che si porta non solo a letto, ma pure a casa!
-Papà…- sussurra mio fratello, mentre lo vedo piangere ferito. Come può chiamare così suo figlio? Lo odio! Lo detesto con tutto il mio cuore!
-Scordatelo! Non diventerò mai una puttana per portare soldi a te! Se mai dovessi farlo sarebbe solo per Daiki, non certo per mantenere un bastardo come te! E poi questa non è casa tua, ma casa di mamma, ereditata dai suoi genitori insieme al tempio! Tu non sei nessuno! Hai perfino il cognome di mamma.* Quello che deve sparire sei tu, insieme a questa donna!- sbotto furiosa. Mi sono stancata! Non ne posso davvero più! Adesso ci mancava solo la prostituta in casa!
-Quella che sparirà invece sarai tu, maledetta!- dice furente, avventandosi su di me e iniziando a prendermi a pugni, facendomi finire per terra.
-Sorellina!- grida Daiki, che vedo avvicinarsi.
-Vai…in camera tua!- gli urlo, mentre cerco di scansare i colpi. Per fortuna i suoi movimenti sono più lenti del solito, così riesco a rialzarmi e a scappare in cucina, dove mi insegue.
-Io me ne vado!- si defila quella donnaccia, che non pensa nemmeno a proteggere un bambino da questo pazzo, portandolo quantomeno in un’altra stanza.
Dannata anche lei!
-Credi che scappare, girando intorno ad un tavolo, ti serva a niente?- chiede divertito, mentre cerca di afferrarmi.
-Forse non serve, ma ti stanca!- affermo furba. Un sorriso malvagio si dipinge sulle sua labbra dopo la mia frase. Che intenzioni ha? Lo vedo scattare improvvisamente verso Daiki e sollevandolo per la magliettina.
-Lascialo subito, maledetto!- urlo spaventata, prendendo un coltello dal ceppo sul lavabo e ferendolo con mani tremanti al braccio, per fargli lasciare la presa.
Daiki cade a terra, ma sembra stare bene. Distratta da come sta mio fratello, però, non mi accorgo che quel maledetto mi sfila il coltello di mano, per poi conficcarmelo con forza sulla spalla. Il dolore è atroce e non mi permette di muovermi, così lui ne approfitta per afferrarmi il collo, iniziando a stringere con entrambe le mani, mozzandomi subito il fiato.
Cerco di bloccarlo, ma non ne ho le forze stavolta. Il mio braccio è bloccato dal dolore. Sento le mie pulsazioni aumentare di velocità contro le sue mani che stringono senza rimorso. Non può finire così. Non può!
-Keiko! Lasciala! Lasciala papà!- lo prega Daiki, afferrandolo per una gamba.
-Levati, moccioso del cazzo! Appena questa puttana crepa, penserò anche a te!- lo avverte, dandogli un calcio e facendolo finire contro al tavolino.
A queste parole, non so neanche io da dove traggo le mie ultime forze, ormai quasi priva anche della vista, appannata dalla mancanza d’aria, ma tolgo il coltello dalla mia spalla e colpisco lui alla gola. Sento la sua presa allentarsi, ma l’aria non fa ritorno in me. Riesco appena a vedere il mio povero fratellino corrermi incontro in lacrime, mentre mi accascio a terra, perdendo del tutto il contatto con la realtà.
Almeno lui è salvo. Sono riuscita a proteggerlo.
Sei fiera di me, mamma?
 
 
 
                                                               ***********************
 
 
Perché sono così dannatamente stupido? Perché?
Che mi è saltato in mente di vendicarmi, aggredendola in quel modo, nel bagno delle ragazze? Vendicarmi di cosa poi? Perché baciava il suo ragazzo? Sono proprio un imbecille! Anzi, sono davvero ridicolo! Ecco quello che sono! E più ci penso più temo che Shinji abbia ragione, ne sono geloso, ma perché? A me lei non piace minimamente. Non mi attrae. Non mi interessa!
Se fosse davvero così, però, perché quando l’ho sentita arrendevole, ho cambiato il modo di baciarla? Ho sperato con tutte le mie forze che ricambiasse, e così è stato, ha risposto al bacio, ma probabilmente non l’ha fatto perché volesse, quanto più per paura. Quando poi l’ho sentita singhiozzare mi si è spezzato il cuore. Ha fatto più male a me che a lei, mai mi sono sentito così meschino e vile. Neanche quando la prendevo in giro e la maltrattavo.
Questa volta ho oltrepassato ogni limite. Stavolta non potrò dire o fare nulla per chiederle perdono. Eppure, non riesco a fare a meno di prendere il telefono e chiamarla, per scusarmi ancora una volta, l’ennesima in queste settimane. Che mi sta succedendo? Se solo potessi parlarne con qualcuno, ma con chi? Shinji pensa solo a cambiare donna ogni sera come fossero calzini, mamma non capisce nemmeno se è innamorata o meno del suo ex marito, papà…beh lui non c’è. Devo capirlo da solo.
Al secondo squillo risponde, ma con tono decisamente infastidito.
-”Che vuoi Watanabe?”-
-Ciao anche a te.- rispondo sarcastico.
-“Non sono molto in vena di scherzare, soprattutto dopo oggi. Perché mi hai chiamata?”-
-Sei ancora arrabbiata?- le chiedo dispiaciuto, ma lei non dice nulla, rispondendo invece con un’altra domanda.
-“Perché l’hai fatto?”-
Già, perché l’ho fatto?
-La verità?-
-“No, preferisco una bugia. Certo che voglio la verità!”- risponde incavolata. Devo dirle davvero la verità? Sì, è meglio di sì. Tanto ormai, o la va o la spacca.
-Volevo fartela pagare.- dico sincero.
-“Pagare per cosa?”-
-Per esserti messa con Kobayashi.-
-“Per quale assurdo motivo, scusa?”- domanda irritata.
Ora mi manda a fanculo, sicuramente!
-Perché ne sono geloso! Geloso marcio per la verità! Non sopporto quando ti tocca, quando ti bacia, non sopporto il pensiero di saperti a letto con lui, odio le attenzioni che dai a lui, evitando del tutto me! Ecco, ora mandami pure al diavolo e prendimi per pazzo se non ci credi, però è così!- confesso tutto d’un fiato, liberandomi finalmente della verità.
M’ infastidisce saperla con un altro, perché vorrei saperla con me, accidenti! Possibile lo capisca solo ora che è di un altro?
Non sento provenire alcuna risposta da lei però, forse è rimasta scioccata. Come darle torto. Avrà capito che intendevo? È ancora al telefono?
-Tanaka, hai sentito che ho detto?- la chiamo perplesso, non è che ha messo giù?
-“Scusami, devo andare. Ti chiamo dopo.”- risponde solamente, chiudendo la chiamata senza darmi la possibilità di dire nulla.
Che…che modi sono? Io mi apro con lei, le dico ciò che non avrei mai osato dire a nessuno, e lei, mi butta giù il telefono così? Brutta stupida ragazzina! Ecco che si guadagna ad essere sinceri e con un cuore! Un calcio nel culo, ecco cosa! Chissà come se la starà ridendo adesso, quella dannata!
Bah…ma chi se ne frega in fondo?! Non starò certo qui a disperarmi per una come lei! Prendo le chiavi della moto e vado a trovare una delle mie “amiche”. Volendoci pensare, fa bene Shinji a scoparsele e basta, le donne sono buone solo a questo! Arrivato da lei mi fa entrare con un sorriso malizioso sulle labbra.
-Ciao Kotane.- la saluto, rubandole subito un bacio. A quest’ora in casa sua non c’è mai nessuno, ed io ne approfitto sempre. Sta bene anche a lei la cosa, vuole solo divertirsi, esattamente come me. Questa sì che è vita!
La spoglio senza tante cerimonie, a lei non servono. Sto quasi per entrare in lei, quando il mio cellulare inizia a squillare.
-Ignoralo.- mi chiede, sollevandosi per baciarmi. Lo ignoro e proseguo ciò che avevo cominciato, muovendomi dentro al suo corpo sempre caldo e pronto, ma il cellulare ritorna a squillare.
-E che palle! Spegnilo!- si lamenta lei, seguita da un mio sbuffo. Senza staccarmi dal suo corpo, allungo una mano verso i jeans vicino al letto, per prender il telefono e spegnerlo, ma il nome sul display mi fa tentennare. È Keiko, che vorrà?
-Lo vuoi staccare, cazzo?- si lamenta la ragazza sotto di me, ma ignoro la sua finezza e rispondo alla chiamata. Non riesco a non farlo. È più forte di me.
-Pronto?- rispondo cauto.
-“Hi…Hiro?! Aiutami! Aiuto ti prego!”- risponde una vocina in lacrime. Daiki?
-Daiki, sei tu? Che è successo?- chiedo allarmato, alzandomi velocemente, tra le lamentele della ragazza.
-“Non risponde, non risponde più! E’ tutto pieno di sangue! Aiutami!”- grida disperato, facendomi tremare alla parola “sangue”.
-Chi, non risponde più, Daiki?- domando agitato, vestendomi come capita con una mano e afferrando al volo le chiavi della moto.
-“Keiko! E’ morta come la mamma, vero? Mi ha lasciato anche lei! E’ tutta colpa tua papà! Colpa tua!”- strilla ancora il bambino, lasciandomi impietrito.
Keiko? Morta? No! Non può essere! Mi rifiuto di crederlo!
Sfreccio come un folle tra le vie della città, salendo perfino i marciapiedi per evitare il traffico. Ho il cuore in gola dalla paura. Quasi non respiro. Riesco a raggiungere il tempio praticamente subito. Percorro la rampa interminabile di scale senza quasi rendermene conto, e quando arrivo davanti la porta spalancata della sua casa, lo scenario che mi presenta difronte è agghiacciante: Daiki, con le mani e i vestiti sporchi di sangue, che piange disperato in mezzo ai corpi di sua sorella e di un uomo.
-Keiko!- grido disperato, precipitandomi al suo fianco. E’ terribilmente pallida e perde sangue dalla spalla, ma sul petto non vedo ferite.
-Hiro! E’ morta! E’ morta!- ripete il bambino, stringendosi alla sorella. La sola probabilità che possa avere ragione mi terrorizza! Non può essere morta! La prendo tremante tra le braccia, avvicinando l’orecchio al suo petto. Batte! Il cuore batte! Siano lodati i Kami!
-E’ viva, Daiki! Keiko è viva!- lo tranquillizzo. Devo sbrigarmi però, perde parecchio sangue. Che faccio? Se chiamo un’ambulanza la portano via, ma poi di lei e Daiki che ne sarà?
Ingoio l’orgoglio e chiamo l’unica persona che sicuramente può aiutarmi.
 
 
-Hiro!- lo sento chiamarmi quando mi raggiunge in casa  -…ma che diamine è successo?- mi chiede sconvolto,  vedendo ciò per cui l’ho chiamato.
-Papà, ho bisogno del tuo aiuto in quanto capo della polizia! Sta arrivando l’ambulanza per lei, il padre l’ha ferita e picchiata, è ancora vivo anche lui, purtroppo, ma devi aiutare il fratello. Se vengono i servizi sociali lo portano via! Ti prego, aiutaci!- gli chiedo accorato, sperando non rifiuti. Mi guarda confuso ed incredulo per qualche istante, come per pensarci, poi prendere il cellulare.
-Ok. Avrò bisogno di fare tante telefonate però, e avrò bisogno anche di tua madre.- afferma, chiamando lei per prima.
In breve tempo ci troviamo in ospedale. Mia madre ci ha raggiunti e adesso è con Daiki, a cui stanno medicando una ferita alla fronte. In quanto ottima assistente sociale, ma soprattutto grazie alle giuste amicizie, è riuscita a farsi nominare momentaneamente tutore legale sia Daiki che Keiko. Quest’ultima è stata trasferita d’urgenza in sala operatoria. Non ha mai ripreso i sensi da quando l’ho raggiunta, e la cosa mi terrorizza.
-Hiro!- mi chiama Daiki, correndomi incontro.
-Nanerottolo, come stai?- gli chiedo, prendendolo in braccio.
-Male. La mia sorellona sta bene?-
-Vedrai che starà bene.-
-Ho paura. Se… muore anche lei… io…io che faccio?- singhiozza tra le lacrime.
-Non rimarrai solo piccolo. Ci penseremo noi a te.- lo consola mia madre, accarezzandolo.
Lui si accoccola tra le mie braccia, forse lo fa sentire protetto il fatto di conoscermi. In breve tempo, complici la paura e la stanchezza, si addormenta.
-Lo porto a casa. Ha bisogno di cambiarsi e di riposare.- dice mia madre, prendendolo in braccio.
Mio padre si siede accanto a me, mettendomi una mano sulla spalla per farmi coraggio. Sono terrorizzato che possa accaderle qualcosa. Non so cosa le abbia fatto quel bastardo, sono terribilmente in ansia.
-Suo padre se la caverà con qualche giorno di ricovero. Non ha subito gravi danni. E’ stato fortunato che non gli sia stata recisa la carotide.-
-Purtroppo, direi. Se lo sarebbe meritato!-
-Non sta a noi decidere chi merita o no di vivere, figliolo.-
-Lui non lo merita di certo, papà! La picchia da quando la madre è morta quattro anni fa. Oggi ha tentato di ucciderla. Se c’è qualcuno che merita di morire è lui, non Keiko!-
-Non è detto che quella ragazza muoia. Prega affinché si riprenda ed esca da qui in fretta.- mi incoraggia.
-Hai ragione papà, grazie.- gli dico riconoscente. Averlo vicino in questo momento, mi è di conforto.
-Grazie a te per aver chiesto il mio aiuto, figliolo. Credevo di essere l’ultima persona a cui avresti chiesto qualcosa.-
-Sei l’unico a cui abbia pensato. Nonostante l’immensa rabbia che provo per te, per averci abbandonato, non posso negare a me stesso che quando ho bisogno d’aiuto il primo a cui penso è mio padre.- confesso sincero.
-Ne sono felice, figlio mio. Vuol dire che conto ancora qualcosa per te.-
-Tu hai sempre contato molto per me, papà. Però, mi sembra di essere io quello che per te conta poco.-
-Come puoi dire questo, Hiro? Ogni volta che vengo a cena tu scappi via!-
-E’ questo il problema, papà! Tu vieni solamente a cena, ma hai mai pensato che, magari, vorrei vedere una partita con te alla tv? Hai mai pensato che vorrei suonare quella maledetta chitarra che mi hai regalato mentre ci sei tu, che mi correggi dove sbaglio? Oppure che vorrei passare con te le festività? Che ti vorrei presente quando capisco di essere innamorato, ma non so a chi chiedere un consiglio? Una cena di due ore al sabato sera non mi basta! E mi infastidisce pensare che a te invece basti!- esplodo finalmente, sfogandomi e dicendogli ciò che mi passa in testa da quando se n’è andato.
-Hai ragione Hiro, mi dispiace. Ho sbagliato tutto come padre.- ammette dopo qualche minuto di silenzio.
-Ciò che non capisco è come tu possa aver cancellato la tua vecchia famiglia, in favore di quella nuova.-
-Io non vi ho cancellato! Siete i miei figli! Non potrei mai cancellare te e Shinji per niente e nessuno!-
-E’ quello che hai fatto però. Adesso vengono solo le tue figlie più piccole...-
-Hiro, ascolta, non vi ho abbandonato perché non vi volevo più bene. Con tua madre le cose andavano malissimo. Era sempre assente, sia fisicamente che mentalmente. Ha sempre trovato più importante il suo lavoro che me. Poi ho incontrato Sakuya, e con lei ho ritrovato l’amore. Per quanto riguarda le tue sorelle, non preferisco certo loro a voi, ma devi capire che sono ancora piccole e richiedono molte più attenzioni di te e Shinji, che ormai siete due giovani uomini. Perché non vieni a conoscerle? Loro chiedono sempre di te. Tuo fratello le ha già conosciute da un po’. Provaci anche tu.- mi chiede quasi implorante.
Conoscere le mie sorelle? Non è che me ne importi poi molto, ma gli devo un favore in fin dei conti.
-Ok. Quando Keiko starà bene le conoscerò.- prima di allora non ho intenzione di smuovermi da qui.
-Siete parenti della paziente Tanaka?- ci interrompe un medico.
-Si può dire che io sia il suo fratellastro, da oggi. Come sta Keiko?-
-La paziente ha riportato una profonda ferita da taglio alla spalla sinistra, che ha causato una grave emorragia, ma con una trasfusione confidiamo si riprenda in fretta. Ciò che ci lascia incerti, sono se le sue condizioni psicofisiche.-
-Che intende?- chiede mio padre, precedendomi.
-Dalle ecchimosi presenti sul collo della ragazza, abbiamo dedotto sia stata vittima di strozzamento, ciò ha danneggiato lievemente la trachea e la laringe, schiacciandole, così abbiamo effettuato una tracheotomia per migliorare la ventilazione. La compressione delle vie respiratorie ha causato, purtroppo, un’ipossia cerebrale, ovvero la mancanza di ossigeno alle cellule cerebrali. Non siamo in grado di stabilire per quanto tempo la corteccia sia rimasta sprovvista d’ossigeno. La nostra speranza è che il tempo sia inferiore ai cinque minuti, perché solo in quel caso non ci sarebbero complicazioni gravi. In caso contrario, dobbiamo aspettarci il peggio.- ci informa.
-Quanto tempo ci vorrà per capirlo?-
-Dipende dal risveglio della paziente e dalla sua risposta agli stimoli. Al momento non posso dirle di più. Mi spiace.-
Di tutto quello che ha detto, ho capito solamente che Keiko potrebbe avere dei problemi motori o di pensiero. Non può accaderle anche questo. Non lo merita! Non è giusto!
-Posso vederla, dottore?- chiedo ansioso.
-Può osservarla da dietro il vetro della terapia intensiva, ma non può entrarvi al momento. Ora vado. I miei colleghi vi terranno aggiornati.- ci saluta andandosene.
Mi precipito subito nel reparto di terapia intensiva indicatomi da un infermiere, ed eccola, è lì, piccola ed indifesa, stesa su un lettino dalle impersonali lenzuola bianche, così come bianche sono le luci, i muri, perfino i macchinari a cui è attaccata.
Il viso tumefatto, i segni sulle braccia lasciate scoperte per i fili delle flebo, quel tubicino che le esce dalla gola, rendono la scena ancora più straziante.
Poggio la fronte contro al vetro freddo, osservandola impotente. Vorrei correre da lei, stringerle la mano e dirle di sbrigarsi a svegliarsi, perché c’è suo fratello ad aspettarla.
Ed io con lui, ora lo so.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Una nuova famiglia. ***


 
 
Passano due lunghe settimane, ma Keiko non si è ancora svegliata.
I medici dicono che una possibile spiegazione sia che il suo corpo abbia bisogno di riposo, soprattutto per rimettere in sesto le cellule cerebrali danneggiate dall’ipossia. Sembra in coma, pur non essendolo. E’ solo tenuta prigioniera da un lungo sonno.
Nel frattempo, sia lei che Daiki, sono passati del tutto sotto la tutela legale di mia madre, che ne ha ottenuto l’affido. Suo padre non conta più nulla. Quando è stato dimesso dall’ospedale, lo hanno messo solamente agli arresti domiciliari da una sua amica. Che schifo! Invece di buttarlo in carcere a vita, se ne sta bello rilassato a casa, in attesa che Keiko si risvegli e racconti la sua versione dei fatti, per iniziare il processo.
Tutta la scuola ormai non parla d’altro. Adesso tutti hanno capito il perché del suo abbigliamento. In questi giorni Nobuo è venuto solo un paio di volte, lamentandosi perfino della mia presenza. Idiota! In quanto suo fratellastro, ho più diritto io, di stare qui, che lui. Che gli piaccia o no, io da qui non mi smuovo. Soprattutto adesso che mi permettono di entrare per qualche minuto a vederla.
-Sai Keiko, hai un fratello molto divertente. Ieri discuteva con Shinji su come si trattano le donne. Diceva che: “gli si deve voler sempre bene e non bisogna maltrattarle. Bisogna invece amarle e rispettarle, sempre e comunque.” Quello scemo di mio fratello gli ha risposto che le donne le ama, eccome, ma a modo suo. Ovviamente l’ho picchiato, però ci siamo stupiti nel vedere Daiki ridere allegro. Devi essere fiera di te, hai protetto non solo la sua vita, ma anche la sua psiche, almeno così dice mia mamma. Nonostante tutto, è un bambino allegro, sereno e vispo. Quanto ti deve essere costato però? Quante volte ti sei annullata per lui? Quante volte lo allontanavi dal pericolo, assorbendo tu, tutto quello che vi stava intorno? Che cieco che sono stato. Perché non l’ho capito prima che ragazza magnifica sei? Perché non ti sono stato vicino in questi anni? Sarà troppo tardi adesso?- chiedo sospirando, sperando, come uno sciocco, che riapra gli occhi e mi risponda che sono un coglione. Purtroppo però, li tiene ancora chiusi, persa in chissà quale sogno.
-Aspetti, signorina! Non può entrare così!-
-Non me ne importa un fico secco! Io entro, con o senza il suo permesso, e lei non me lo impedirà!-
Sento delle urla fuori dalla stanza, ma che succede?
-La prego, aspetti…-
Neanche il tempo di aprire la porta per curiosare fuori, ed un tornado mi travolge, facendomi quasi finire a terra.
-Keiko! Oh cielo! Che ti ha fatto? Rispondimi…- la chiama “il tornado”, che ad occhio e croce mi sembra Yoko, la ragazza delle foto.
-Signorina, la prego, esca! Non ha il permesso!- la insegue l’infermiera.
-Sei Yoko, vero?- mi faccio avanti.
-E tu chi sei?- domanda, guardandomi confusa.
-Hiro Watanabe, ma immagino tu sappia chi sono.-
-Brutto figlio di…che ci fai in questa stanza? Volevi per caso soffocarla? Esci subito!-
-Che dice signorina? E’ il fratello! Esca o chiamo la sicurezza!-
-Fratello un corno! Lui è solo uno stronzo testa di cazzo che ha maltrattato la mia amica! Come potete permettere che stia qui con lei, e per giunta da soli?- sbraita furiosa. Non so darle torto.
-Infermiera, la lasci restare. E’ un’amica.-
-Ma…-
-La prego, ci penso io, non si preoccupi.- insisto, buttandola quasi fuori.
-Se l’hai mandata via per intimidirmi, sappi che non funziona con me, bello! Perché non solo ti rompo tutte le ossa, ma te le faccio anche mangiare!- minaccia dura, con sguardo truce.
-Non ho intenzione di farle del male, devi credermi. Ed ho mandato via l’infermiera per lasciarti sola con lei. Volevi vederla, no?- rispondo calmo. In fondo merito tutto ciò che ha detto. Non posso replicare.
Mi guarda dritto negli occhi qualche istante, come per studiarmi. Dopo un po’ mi da le spalle, tornando al capezzale di Keiko, accarezzandole dolcemente il viso, che inizia a riprendere un normale colorito, mentre i segni lasciati dal padre vanno via.
-Keiko…come ha potuto? Come?- domanda piangendo. Io sto in disparte. Temo perfino si arrabbierebbe se aprissi bocca.
-Che le ha fatto?- chiede, quando i singhiozzi glielo permettono.
-Stando alle parole di Daiki, suo padre è arrivato in casa con una donna mezza nuda, una prostituta supponiamo, dicendole che sarebbe stata la loro nuova madre. Keiko l’ha mandata via, iniziando a litigare col padre. Il suo racconto è molto confuso, ma dai segni e le ferite su di lei, i medici e la polizia hanno ipotizzato che dopo averla picchiata e ferita con un coltello, l’abbia afferrata per la gola. Lei, per difendersi, è riuscita a colpirlo con lo stesso coltello, ferendolo al collo. Poi Daiki ha chiamato me, in lacrime, e sono corso da loro, trovandola priva di sensi.- spiego con ancora un nodo alla gola.
Se fossi stato lì, di certo non avrei sbagliato a colpire quel bastardo. Quel coltello glielo avrei piantato dritto nel cuore, così da essere sicuro che crepasse!
-Perché non si sveglia? E’ in coma?-
-No, per fortuna. I dottori dicono che ha bisogno di riposo. Si sveglierà quando sarà pronta per farlo.-
-Povera amica mia. Sapevo sarebbe finita così un giorno. Io lo sapevo! Avrei dovuto convincerla a denunciarlo. E’ colpa mia! Non ho saputo aiutarla, ed ora è qui, attaccata a delle stupide e rumorose macchine!- impreca, ricominciando a piangere, così mi avvicino, poggiandole una mano sulla spalla.
-La colpa non è tua, Yoko. Anch’io ho provato a convincerla a denunciarlo, ma la paura di perdere Daiki era troppo grande. Forse la colpa maggiore ce l’ho io. Avrei dovuto essere io a denunciarlo. Mio padre è il capo della polizia, mia madre un’assistente sociale, avrei dovuto parlare con loro di tutto questo, ma il mio stupido orgoglio me lo ha impedito, Se c’è un colpevole in tutta questa storia, sono io, non tu.- le spiego colpevole e dispiaciuto.
Lei mi guarda stupita, a bocca aperta, sicuramente disgustata. Avrei potuto aiutarla, ma sono talmente idiota che non l’ho fatto prima.
-Ora capisco perché l’infermiera ha detto che con lei c’era il fratello. Tua madre ha preso in affido lei e Daiki, non è così?-
-Sì.-
-Glielo hai chiesto tu?- domanda ancora. Perché vuole saperlo?
-Sì.- rispondo solamente. Ritorna a guardare Keiko, stringendole la mano.
-Le hai salvato la vita. Grazie.- dice in tono flebile, ma abbastanza udibile, malgrado il rumore dei macchinari.
-Io gliel’ho solo rovinata la vita. Non gliel’ho salvata.- ammetto più a me stesso che a lei.
-E’ vero.- afferma anche lei, per poi girarsi e tirarmi un ceffone, del tutto inaspettato. Resto a guardarla sorpreso. Un attimo prima piange disperata e mi ringrazia e l’attimo dopo sembra volermi uccidere con lo sguardo.
-Hai trasformato la sua vita scolastica un inferno! Non solo lo era a casa, ma anche al di fuori di quelle quattro mura maledette! L’unico posto in cui poteva provare a distrarsi, circondata magari da amici che le facessero fare due risate, era a scuola. Purtroppo c’eri tu ad impedirlo, maltrattandola e deridendola. L’hai ferita senza un motivo. Non lo dava a vedere per non darti soddisfazione, ma a me raccontava quanto le dispiacesse essere trattata in quel modo. Mi ripeteva che nella sua vita passata doveva essere una persona terribile per meritare un castigo del genere, odiata da tutti, da suo padre, da te, dall’intero istituto. Eppure lei è sempre stata una ragazza così dolce, sensibile, allegra, ma ora…ora non sa più cosa sia ridere. Siamo cresciute insieme; ho conosciuto la vera Keiko, quella sempre sorridente e spensierata, che adorava cantare anche se stonata come una campana, quella che amava farsi chilometri di corsa solo per vedere quanto il suo fisico reggeva, quella che mi costringeva pomeriggi interi a sentirla suonare al pianoforte provando a convincermi ad imparare anche io uno strumento, così avremmo messo su una band, ho conosciuto la Keiko che si emozionava per un film, quella che si fermava per strada ad accarezzare sorridente ogni singolo cane o gatto che incontrava, quella che adorava comprare stupidissime pietre colorate di cui non ho mai capito l’utilità, ma che per lei erano piene di significati. Le regalavi una pietra e lei era felice. Questa era Keiko!-  si ferma, voltandosi nuovamente verso la sua amica, per guardarla con dispiacere.  -Ora invece, è solo una ragazza distrutta, che non ha più voglia di vivere, perché lo sentivo quando parlavamo. Il suo unico scopo è stato crescere Daiki, ma di lei non è rimasto più nulla, si è annullata. Non ha più corso, non ha più suonato, cantato, ha perfino buttato la sua collezione di pietre. Keiko ha cessato di vivere. Perfino il suo aspetto è cambiato. È fatta praticamente pelle ed ossa, quando invece, quattro anni fa, era più in carne. Se solo non fossi stata costretta ad andarmene, le sarei rimasta vicino, invece è stata lasciata del tutto sola, anche grazie a te!- termina il suo discorso con astio, ferendomi come se al posto delle parole avesse usato un pugnale. Ogni parola è una stilettata al cuore.
Abbasso lo sguardo, colpevole. Lo so di averle fatto del male, ma non immaginavo fino a questo punto.
-Comunque, stranamente, sembra che il tuo cervello abbia subito un elettroshock, facendoti rinsavire. Non m’importa del perché tu lo abbia fatto, ma l’hai aiutata nel momento in cui ne aveva più bisogno, e se Daiki ha chiamato te vuol dire che si fidava. So che ha un ragazzo, ma non ha chiamato lui, perché?- chiede con tono più calmo.
-Non so risponderti, dovresti chiedere a Daiki del perché abbia preferito me a lui. Posso solo dirti che quel tipo non mi piace. So di essere il meno indicato per dirlo, però non mi ispira fiducia.-
-Capisco. Il piccolo sta a casa tua?-
-Sì. Se ne occupa mia madre, lo sta viziando in tutti i modi possibili.- dico sorridendo, pensando al nanerottolo e a quanto mia madre vi si stia affezionando, come fosse davvero figlio suo. Non la vedevo così radiosa da molto tempo.
-Dev’essere fatto grande ormai. Non lo vedo da molto. Da quando Keiko ha venduto il computer non li ho più visti. Vivere dall’altra parte del pianeta si è rivelato più terribile di quello che credessi.-
-Posso chiederti chi ti ha detto che Keiko era in ospedale?-
-Ho ancora parecchie amicizie qui, e la notizia di quello che è accaduto a Keiko gira per tutto il Kantō ormai. Appena l’ho saputo mi sono precipitata da lei.-
-Capisco. Senti, se vuoi, ti accompagno a casa mia, così puoi vedere Daiki.- le propongo per spezzare un po’ il ghiaccio, e sperando che nel frattempo non mi uccida.
-Grazie, ma non voglio disturbare.-
-Nessun disturbo. Sono sicuro che lo farai felice. Parla spesso di te, sai?-
-Davvero?-
-Già, soprattutto a mio fratello, da cui è meglio se stai alla larga comunque.- spiego, ricordando i suoi commenti affatto casti quando Daiki le ha descritto l’amica della sorella.
Sinceramente credevo che, in quanto bambino ancora piccolo, ricordasse in modo abbastanza distorto Yoko, dato che non l’aveva mai vista di persona, ma solo tramite webcam oltre un anno fa. Invece devo ammettere che non si sbagliava il nanerottolo, l’ha ben descritta. È una bellissima ragazza, con capelli ed occhi castani, alta, con delle belle forme devo ammettere, anche se un po’ esagerate per i miei canoni. Preferisco il fisico più minuto di Keiko.
Perché cavolo penso al corpo di Keiko adesso? Neanche potesse essere mio un giorno. Purtroppo.
-Che significa che devo stare alla larga da tuo fratello?- chiede curiosa.
-Lo capirai.- sospiro sconfortato dalla brutta figura che farà.
 
E come da previsione, giunti a casa…
-Brutto porco schifoso! Toccami ancora e ti stacco le mani! Capito?!-
-Non capisco il perché, hai un bel fondoschiena che chiede solo di essere toccaaaaaahiiiiiiii!!! Lasciami la mano! Me la stai spezzando! Ahi ahi ahi!- urla l’imbecille, mentre Yoko torce il suo polso, senza neanche sforzarsi. Forzuta la ragazza!
-Io ti avevo avvertito! Pervertito!-
-Yokoooo!- la chiama Daiki riconoscendola.
-Daiki! Piccolo mio! Aaah che bello che sei! Eri un cucciolino di appena un anno l’ultima volta che ti ho visto. Come stai?- gli chiede prendendolo in braccio, lasciando riprendere il respiro a mio fratello. Idiota!
-Io bene, ma la sorellona no.-
-Vedrai che si riprenderà.-
-Lo dice anche Hiro-chan.-               
-Hiro-chan?- ripete guardandomi perplessa.
-Mi chiama sempre così.- rispondo con una scollata di spalle.
È fastidioso essere chiamato “piccolo Hiro”, mi sembra di essere un cane così. Il chan si usa solo fra ragazze o tra bambini, come vezzeggiativo, ma vai a spiegarlo ad un marmocchietto così piccolo. Non comprenderebbe quanto mi senta ridicolo quando mi chiama così.
Yoko resta un paio d’ore a chiacchierare, soprattutto con mia madre, poi va via. Ha preso un periodo di vacanza dalla scuola, chiedendo alcuni permessi. Non so come abbia fatto ma c’è riuscita. I genitori le hanno dato il consentito di tornare in Giappone, ma solamente accompagnata dal fratello maggiore.
Nei giorni successivi, a Keiko viene tolto il respiratore artificiale e la cannula dalla gola. Dicono che adesso può respirare da sola. E’ un buon segno, no?
È l’alba, quando arriva una chiamata a casa, che ci avvisa che Keiko si è svegliata e chiede del fratello. Ci precipitiamo tutti in ospedale e la troviamo seduta, aiutata da un’infermiera, a bere un sorso d’acqua.
Siano ringraziati i Kami. Si è svegliata! Speriamo che stia bene!
 
 
                                                                              *****************
 
 
-Così gli ho detto: o tu lasci tua moglie e sposi me, oppure ti lascio! Sono stanca di aspettare i tuoi comodi!-
-E lui? Che ha risposto?-
-Ha detto che le parlerà questa sera. E mi auguro lo faccia, perché adesso non siamo solo noi due di mezzo, c’è anche il nostro bambino in arrivo.-
-Gli dirai di essere incinta se non lascerà sua moglie?-
-Ovvio che no! Me lo tengo per me.-
-Certo, fai bene.-
Che voci fastidiose, ma chi accidenti è che ha lasciato la tv col volume al massimo?
-Sinceramente sono stanca, Yui. Mette sempre la moglie al primo posto, e me al secondo. Dice che mi ama, però non lo dimostra.-
Certo, magari se evitavi di metterti con uno sposato non avevi questi problemi.
-Vedrai che col tuo ultimatum volerà tra le tue braccia, mandando al diavolo quella strega della moglie ahahahah.-
-Speriamo! Ahahahah.-
Basta, non riesco a reggerle oltre! Meglio che mi alzi per spegnere la tv. Voglio dormire!
Apro gli occhi, ritrovandomi davanti un soffitto strano, che non riconosco come quello della mia camera. È fatto di… pannelli?
-Oh cielo! Junko guarda, si è svegliata!- stridula una delle due voci che mi ha infastidita e che sembra vicina a me, e non proveniente dalla tv del salotto. Mi volto e vedo che è un’infermiera che tiene una flebo in mano, guardandomi spaesata.
-Vado subito a chiamare qualcuno!- risponde una seconda infermiera. Sono in ospedale o sto sognando? Provo ad alzarmi, ma l’infermiera mi ferma subito.
-No, stia ferma! Non può muoversi senza il parere dei medici. Stia giù, la prego.-
-Che mi è successo?- chiedo con difficoltà. Sembra mi manchi la voce. In effetti ho un bruciore terribile alla gola.
-Non ricorda cosa è accaduto?- chiede, ed io nego con la testa. Troppo dolore per parlare.
-Signorina Tanaka! Bentornata tra noi.- mi raggiunge un uomo, che mi pare di capire sia un dottore. Prende una piccola torcia dal taschino e me la punta negli occhi, che chiudo d’istinto. Mi vuole accecare questo idiota?
-Come si sente? Riesce a capire cosa le dico? Ricorda chi è?- mi chiede a raffica. A cosa dovrei rispondere per prima?
-Mi sento dolorante. Capisco cosa dice e so chi sono. Che mi è successo?- mormoro appena con la gola in fiamme.
-Non lo ricorda?-
-Se glielo chiedo vuol dire di no!- rispondo accigliandomi. Mi prende in giro?
-Sembra avere avuto un diverbio con suo padre. Non ricorda proprio nulla?-
Diverbio? Con papà? Ah…
-No, non ricordo. Cosa mi è successo?- anche se non ci vuole molto a capire che mi ha picchiato così tanto da farmi finire in ospedale. Di nuovo.
-Di questo ne parleremo a momento debito. Adesso dobbiamo controllare le sue capacità motorie. Riesce ad alzarsi?- chiede, così annuisco e mi metto seduta, anche se con difficoltà.
Mi fa fare strani movimenti, seguiti da altrettante domande ancora più strane. Alla fine mi sento la gola totalmente distrutta. Ho bisogno di bere.
-Mi brucia la gola.- lo informo, sperando sappia lenire l’inferno che sento.
-E’ perché le abbiamo fatto una tracheotomia. La gola è ancora irritata. Passerà nel giro di qualche giorno. Può bere un sorso d’acqua se vuole. Adesso è meglio chiamare la sua famiglia per avvisarla che si è svegliata.-
Solo alla parola “famiglia” ricordo una cosa che non avrei dovuto dimenticare.
-Daiki! Dov’è mio fratello?- chiedo allarmata.
-E’ in casa della famiglia affidataria che si sta occupando di voi. Vado subito a chiamarli.-
-Famiglia affidataria? Ma che…-
-Stia tranquilla, non deve agitarsi. Tra un po’ rivedrà il suo fratellino. Ora si metta comoda.- dice, rimettendomi velocemente a letto e allontanandosi. Che modi sono?
Passano una decina di minuti in cui cerco di fare mente locale, inutilmente, finché mi sento chiamare.
-Keiko!- esclama Daiki, correndomi in contro.
-Daiki! Stai bene?- chiedo ansiosa, abbracciandolo.
-Sì. Tu sorellona? Come stai?-
-Sto bene, sembrerebbe.- lo tranquillizzo accarezzandolo.
-Keiko, come ti senti?- chiede una donna che mi si avvicina.
-Bene, grazie. Lei è?- le chiedo, anche se intuisco già chi sia. Deve essere la donna a cui ci hanno affidato. Come mai non ci hanno messo in una casa famiglia? Che è successo? Sto per chiederlo, quando mi accorgo di una terza presenza nella stanza.
-E tu che ci fai qui, Watanabe?- domando stupita.
-Keiko, sono Kimiko Watanabe, la madre di Hiro e tutore legale tuo e di Daiki. Siete stati affidati entrambi a me dal tribunale dei minori, così non dovrete separarvi e stare in una casa famiglia.- mi informa lei, mentre io rimango con la bocca spalancata dallo stupore.
-Ma come…-
-Keiko, la signora Kimiko è buona e dolce come te, sai? Mi ha preparato un sacco di cose buone da mangiare in questi giorni. Ha detto che stiamo da lei finché non diventi grande, ma se vuoi possiamo stare anche quando sono grande io. Restiamo con loro? Ti prego!!! Hiro-chan e Shin-chan sono fortissimi!-
-Shin-chan…sarebbe?-
-Quel maniaco di mio fratello.- interviene Watanabe.
Guardo lui e la madre e mi chiedo…che diavolo sta succedendo qui?
 
 
 
                                                                ******************
 
 
 
-E tu che ci fai qui, Watanabe?- mi domanda sorpresa. In effetti, risvegliarsi e trovarsi me qui, capisco che sia insolito. Sto per risponderle quando mia madre mi precede.
-Keiko, sono Kimiko Watanabe, la madre di Hiro e tutore legale tuo e di Daiki. Siete stati affidati entrambi a me dal tribunale dei minori, così non dovrete separarvi e stare in una casa famiglia.- la informa mia madre, mentre vedo Keiko rimanere a bocca spalancata.
-Ma come…-
-Keiko, la signora Kimiko è buona e dolce come te, sai? Mi ha preparato un sacco di cose buone da mangiare in questi giorni. Ha detto che stiamo da lei finché non diventi grande, ma se vuoi possiamo stare anche quando sono grande io. Restiamo con loro? Ti prego!!! Hiro-chan e Shin-chan sono fortissimi!!!- le dice il nanerottolo, tutto allegro.
-Shin-chan…sarebbe?-
-Quel maniaco di mio fratello.- le spiego, ricordandole il giorno in cui l’ha conosciuto.
-Hiro! Ti sembra il modo di parlare di tuo fratello?- mi rimprovera mia madre.
-La colpa è sua. Quando ha conosciuto Keiko le ha toccato il sedere senza tanti complimenti. Come lo chiami uno così, se non maniaco?-
-Non è carino ugualmente!-
-Scusatemi, non vorrei interrompere ma, che ne è stato di…sapete chi.- ci chiede lei, preoccupata.
-E’ agli arresti domiciliari. Purtroppo lo hai scansato di poco dal tagliarli la gola, quel bastardo!-
-Hiro!- mi rimprovera ancora una volta mia madre.
-Potete spiegarmi che cosa è successo? Per cosa, di preciso, mio padre si trova agli arresti domiciliari, e come mai mi trovo affidata alla vostra famiglia?- chiede confusa.
Non ricorda che cosa è successo?
-Non ricordi cosa è accaduto con tuo padre?- le chiede mia madre, anticipandomi.
-No, nessuno vuole parlarmene. Ho solo capito che mi ha picchiato così gravemente da finire in ospedale, ma non ho capito cosa abbia fatto di preciso. Non mi sento nulla di rotto, a meno che non siano passate diverse settimane da quel giorno. A proposito, che giorno è oggi?-
-Oggi è il diciotto dicembre, tesoro.-
-Ha detto il diciotto? Io ricordavo fossimo a fine novembre.-
-Sei stata incosciente per tre settimane, ma forse è meglio sia mio figlio a raccontarti tutto. E’ lui che ti ha trovata e che ha chiamato i soccorsi. Io devo parlare coi medici adesso.- le dice mia madre, facendomi un occhiolino e mollandomi qui da solo con lei, essendosi portata via anche Daiki.
Che abbia capito che Keiko mi piace? E’ così evidente? Beh…ho passato ogni singolo giorno qui con lei, forse non ci voleva molto a capirlo. Sono io ad essere tonto mi sa.
-Com’ è riuscita ad avere l’affidamento mio e di Daiki con mio padre ancora vivo?- mi chiede Keiko, curiosa e stranita.
-Diciamo che ho chiesto aiuto alle persone giuste. Mia madre è una delle migliori assistenti sociali della città, mio padre invece è il capo della polizia. Grazie ai giusti contatti, sono state avviate immediatamente le pratiche per togliere la patria potestà a tuo padre, per trasferirle a mia madre, così tu e tuo fratello non finirete in istituto, ma verrete a vivere con noi.- spiego agitato.
Temo che la sola idea di avermi accanto anche in casa non le piacerà.
-Gliel’hai chiesto tu?-
-S…sì. Non volevo fossi divisa da Daiki. Era questa la tua più grande paura, no?- chiedo nervoso, vedendola annuire semplicemente.
-Quindi, mi stai dicendo che da adesso… siamo fratellastri?-
-Sì.-
Mi guarda più sconvolta che mai, ma non sembra volermi lanciare insulti, almeno per il momento.
-Tua madre ha detto che tu sai cosa è successo, che mi hai soccorsa tu, ma che accidenti mi è capitato stavolta? Ho battuto la testa forse?-
Prendo un bel respiro, ed inizio a raccontarle tutto quello che so, dalle parole di Daiki, da quello che ho visto e da ciò che hanno detto i medici. Lei mi ascolta impassibile, o almeno lo sembra, ma dubito che non stia provando odio e dolore in questo memento.
-Dunque, siamo arrivati a tanto…- dice atona.
-Lui nega ciò che ha raccontato tuo fratello alla psicologa che gli ha parlato. Dice che tu lo hai aggredito con un coltello e lui per difendersi ha reagito in quel modo, accecato dall’alcool, ma ovviamente non gli crede nessuno. Però è necessaria la tua testimonianza per sbatterlo in carcere. Ti prego Keiko, prova a ricordare cosa è accaduto quella sera! È importante per sbattere una volta per tutte quel bastardo dietro le sbarre!-
Si volta a guardarmi in modo strano, che non so decifrare. Forse vuole mi faccia i fatti miei? In effetti non sono nessuno per giudicare suo padre, lo so di non essere migliore di lui, ma dopo quello che le è successo, voglio solo che quel maledetto finisca in carcere. Se poi non vorrà nemmeno rivolgermi la parola, lo accetterò.
-Perché ti preoccupi tanto per me?- mi chiede di punto in bianco, cogliendomi di sorpresa. Non immaginavo certo questa domanda, quanto invece insulti. 
-Perché sei corso ad aiutarmi? Perché ti preme tanto che io ricordi cosa è successo? Perché hai chiesto ai tuoi genitori di aiutarmi? Perché…mi hai salvato la vita? Perché?- insiste, notando il mio mutismo.
-Perché… sentivo il bisogno di aiutarti. Per troppo tempo ho agito male nei tuoi confronti. Dovevo fare qualcosa per te, e l’unica che poteva valere più di un milione di scuse, era questa. Sono davvero dispiaciuto Keiko, non immagini quanto, ma spero che un giorno tu possa non dico perdonarmi, ma almeno smettere di odiarmi.- rivelo rammaricato.
Il suo odio è una cosa insopportabile per me. Prima non me ne fregava assolutamente nulla, ma ora, anche solo pensare i suoi occhi pieni di astio su di me, fa male.
-Ti ringrazio… Hiro.- sussurra, con voce incrinata dall’imminente pianto.
La guardo sorpreso. Mi ha ringraziato e chiamato per nome? Lo ha fatto davvero? Ha detto Hiro, non Watanabe?
-Di…di nulla.- rispondo impacciato. Non so come comportarmi. Non riesco a crederci! E’ un buon segno vero?
-Ora sono in debito con te.- ridacchia improvvisamente.
-In debito? Per cosa?- chiedo confuso.
-Tempo fa ti dissi che se riuscivi a liberarmi da mio padre, senza dividere me e Daiki, ti avrei fatto una statua d’oro, e che avrei passato la vita a ringraziarti. Tu ci sei riuscito davvero, quindi sono in debito di una statua.- mi spiega sorridendo, ma piangendo al tempo stesso.
-Keiko…- la chiamo, prendendole una mano, che mi sorprendo a ritrovare stretta alla mia. Non mi rifiuta.  Le lacrime le riempiono gli occhi, mentre inizia a singhiozzare senza sosta.
-Ti ringrazio. Grazie per mio fratello. Grazie per avermi aiutata. Grazie!- continua a ripetere, stringendo la mia mano.
Oso un gesto che spero non rifiuti, prendendola tra le braccia, tra le quali inaspettatamente si avvinghia disperata, piangendo e singhiozzando ancora più forte.
Sentirla stretta a me, come in cerca di protezione e sostegno, mi smuove qualcosa dentro. Mi si agita nel petto e nello stomaco, come se volesse uscire fuori, e più si muove, più mi rendo conto che sono i miei sentimenti a premere per uscire fuori, i miei sentimenti per Keiko. Se prima era un dubbio, adesso è una certezza, me ne sono innamorato.
Resta stretta a me per un bel po’, solo quando si calma la allontano appena, per prenderle il viso tra le mani ed asciugarle gli occhi. Ho una voglia matta di baciarla, ma non è davvero il caso. Non ora che sembra aver abbattuto le barriere contro di me.
-Ascoltami Keiko, ti prometto che quell’uomo non si avvicinerà mai più né a te né a Daiki. Adesso sei libera. Ritorna la ragazza spensierata che eri prima, quella di cui mi ha raccontato Yoko in questi giorni. Ritorna a sorridere.-
-Yoko, hai detto? Quando le hai parlato?- chiede sorpresa.
-La tua amica è qui. E’ arrivata appena ha saputo ciò che ti era successo.-
-Davvero è qui? Dov’è?- domanda ansiosa.
-Vado ad avvertirla che ti sei svegliata, così la vedrai subito.- le dico, vedendola annuire. Appena avvisata, Yoko è corsa come un fulmine in ospedale, tra le braccia della sua amica.
Decido di lasciarle da sole a chiacchierare e vado a cercare mia madre per avere notizie sulla salute di Keiko, anche se sembra stare più che bene.
Quando la trovo mi spiega che i medici le hanno riferito che Keiko ha rimosso ciò che è accaduto quella giornata, come per proteggersi dallo spiacevole ricordo di essere stata quasi uccisa dal padre. In concorde col medico ha deciso che l’aiuto di uno psicanalista non le potrà che essere d’aiuto, e lo credo anche io.
Finalmente dopo alcuni giorni, Keiko viene dimessa. Quando arriviamo a casa mia la vedo molto sorpresa.
-E’ una villa a tre piani! Caspita!-
-Non ce la passiamo male economicamente, ma non navighiamo nell’oro. I miei guadagnano bene, così possiamo permetterci questa casa.- le spiego divertito, prima che pensi sia la casa di qualche riccone famoso.
-Sorellona, hai la cameretta accanto alla mia e a quella di Hiro-chan.- le dice allegro il nanerottolo, che trotterella da una parte all’altra.
-Vieni cara, ti mostro la tua stanza.- mia madre la porta nella sua camera, arredata appositamente per ospitare una ragazza, visto che in casa l’unica donna era lei.
Da oggi inizia questa strana convivenza, che spero non si tramuti in un incubo. Non so perché, ma ho un brutto sentimento.
 
 
 
                                                               ***********************
 
 
Sono a casa Watanabe da un po’ di giorni, ma devo dire che mi trovo bene. Kimiko è una donna di una dolcezza immensa. Non fa che coccolare e viziare Daiki, lo apprezzo moltissimo.
Mi ha proposto di andare a fare il vecchio e sempre ristoratore shopping, anche se, sinceramente, non mi va di approfittarne. Ho accettato per lasciarla contenta, ma non le ho fatto spendere praticamente nulla oltre che per qualche maglioncino per Daiki. Lei invece ha comprato abiti su abiti per lei ed i figli. Si vede ci tiene molto.
Il mio rapporto coi fratelli Watanabe è abbastanza strano. Con Shinji è un continuo ridere, con Hiro un continuo chiedere. Chiedere, perché non capisco il perché abbia cambiato atteggiamento nei miei confronti. E’ diventato di una gentilezza quasi fastidiosa. È mai possibile che il senso di colpa lo abbia segnato a tal punto? E’ sempre attento ad ogni mio movimento, aiutandomi in ogni cosa in cui ho qualche difficoltà dato il dolore alla spalla, che ancora non passa del tutto. Non che la cosa mi dispiaccia, però, mi chiedo se posso davvero fidarmi della sua gentilezza o se lo fa per un secondo fine. Mi è ancora così difficile fidarmi, ed è sciocco dopo quello che ha fatto per me e Daiki, ma è più forte di me, non riesco ad essere del tutto rilassata in sua presenza. Mi sento sempre in tensione, come se una corrente invisibile mi passasse da una parte all’altra. Ogni volta che mi tocca per aiutarmi, mi sento fortemente in disagio. Mi sembra di prendere una scossa, che dalla mano mi attraversa il cuore. La sento irradiarsi prima velocemente e poi vorticarmi nel petto, dove vi rimane a lungo. Forse è paura? Ma paura per cosa? Qui non può più farmi del male. E allora perché, in sua presenza, mi sento in difficoltà?
Domani è Natale ed io mi sento abbastanza triste. Mi manca mia madre. Ricordo il periodo delle feste natalizie con lei. Ogni volta esagerava con le luci, illuminando a giorno il giardino. Il nostro tempio si vedeva anche a chilometri di distanza. Ero convinta che fosse possibile vederlo anche dallo spazio, temendo addirittura un’invasione aliena. Che sciocca che ero da bambina.
-Keiko, non vuoi prendere almeno un regalo a tuo fratello?- mi chiede Kimiko.
-La ringrazio ma non voglio approfittare oltre. E poi il regalo migliore mio fratello l’ha già avuto, ovvero il suo aiuto. Non so come ringraziarla. Capisco che occuparsi di altre due bocche in più non deve essere facile, ma le prometto che mi sdebiterò. Appena troverò un lavoretto provvederò ad aiutarla nella gestione almeno di Daiki.-
-Che cosa? Non pensarci neanche per sogno! Mi ha fatto piacere aiutarvi. Tu e tuo fratello avete portato una ventata di aria fresca nella mia casa. Sei come la figlia femmina che non ho mai avuto. Mi piacerebbe diventassimo amiche, ma finché ti senti solo un’ospite non sarà possibile. Non devi cercare nessun lavoro. Devi solo pensare a finire gli studi e a riprendere in mano la tua vita, poi il resto si vedrà. E ti prego, non darmi del lei, mi fai sentire così distante. Non voglio assolutamente prendere il posto della tua povera mamma, però non mi dispiacerebbe considerarti mia figlia. Permettimi di avviare le pratiche di adozione, così tu e Daiki entrerete a far parte davvero della mia famiglia. Ti prego…pensaci.- mi prega, lasciandomi sorpresa. Adottati dalla famiglia Watanabe?
-Ci penserò.- rispondo seria. Ho davvero bisogno di pensarci.
Tornata a casa trovo una sorpresa ad aspettarmi.
-Nobuo!- lo chiamo, trovandolo seduto in soggiorno, a guardarsi in cagnesco con Hiro.
-Oh Keiko! Quanto mi sei mancata!- mi corre in contro, abbracciandomi, sotto lo sguardo inceneritore del suddetto, ma che gli prende a quello stupido?
-Ti è mancata così tanto che la vieni a cercare solo oggi, dopo un mese.- borbotta infastidito.
-Fatti i cazzi tuoi, Watanabe! Era inutile stare tutto il giorno attaccato ad un vetro, come invece facevi tu. Al tuo contrario io non avevo sensi di colpa. Ho solo atteso che la mia principessa si sentisse pronta a tornare da me.- ribatte Nobuo, ma non so perché, la sua spiegazione mi stona tantissimo.
-Davvero stavi tutto il giorno con me, in ospedale?- domando a Hiro, inspiegabilmente curiosa ed attenta.
Lo vedo arrossire e poi sparire dietro la porta della cucina, ma che reazione è?
-Lascia perdere quell’idiota. Andiamo nella tua camera, così possiamo parlare un po’.- mi dice il mio ragazzo, ed io annuisco, anche se continuo a guardare la porta dietro cui è sparito quello stupido.
Arrivati in camera mia, Nobuo quasi mi assale per baciarmi, cogliendomi alla sprovvista. La sua lingua invade la mia bocca con urgenza, e la cosa non mi fa molto piacere.
-Nobuo, fa piano!- mi lamento, staccandomi da lui.
-Mi sei mancata tantissimo, Keiko. Non sai che paura ho avuto.- dice, ignorando le mie proteste e stringendomi con forza, facendomi male alla spalla.
-Lasciami! Mi fai male!- protesto infastidita.
-Ma io voglio solo stringerti amore mio, sentirti vicina a me.-
-Ed io voglio che mi lasci! Mi fa male la spalla, non lo capisci?- mi divincolo del tutto, guardandolo sconvolta, ma che gli è preso?
-Scusami tesoro, non volevo farti male. Non mi sono reso conto della forza con cui ti ho stretto. Mi perdoni?- mi chiede abbracciandomi più delicatamente.
Mi lascio abbracciare, più per dovere che per piacere, ma non ne capisco il motivo. È il mio ragazzo, però, mi infastidisce quando mi tocca. Cosa c’è di sbagliato in me? Perché reagisco così? Può mai essere la paura che anche lui possa farmi del male come mio padre? Non lo so. Sono così confusa. Una cosa che mi è chiara però è questa sensazione come di oppressione. Mi sembra familiare. Non è la prima volta che la provo tra le braccia di Nobuo.
Quando va via provo un senso di…liberazione? Sollievo? Non lo so neanche io.
La sera trascorre tranquilla. Hiro, durante tutta la cena, non mi ha quasi mai guardata in faccia, ma che gli prende a tutti? Perchè devo sempre avere a che fare coi pazzi?
 
Arriva il tanto temuto giorno di Natale. Ho sempre preferito non festeggiarlo da quando mamma non c’è più, però mi rendo conto di aver sbagliato, perché vedo Daiki elettrizzato nel fare l’albero con Kimiko e i suoi figli. Io me ne sto in disparte, con la scusa della spalla, ma la realtà è che non riesco a sorridere con loro. Non ce la faccio. Non ho un bel niente da festeggiare.
Mentre tutti sono occupati, io sgattaiolo via, rifugiandomi nella mia camera, a piangere.
Mi sembra che tutto il mondo ce l’abbia con me. Cosa avrò mai fatto di male per meritare una tale sofferenza? Lo so che poteva finirmi peggio, potevo essere divisa da mio fratello. Dovrei essere grata a Kimiko per essersi presa carico di noi, però, non è lo stesso che avere una famiglia tua. Una madre amorevole che ti accudisce, un padre premuroso che ti protegge. Non dovrei lagnarmi così, ma non riesco a fare il contrario. Non riesco a vedere tutti questi lati positivi. Sono libera adesso, ma solo dalle botte, perché i miei demoni non mi hanno lasciata, e mai lo faranno!
-Keiko…- sussurra una voce vicino a me. Non lo vedo, per via del buio, ma so già chi è, e quando poggia la sua mano sulla mia testa, mi è impossibile non aggrapparmi a lui, ricominciando un pianto senza fine. Non lo so cosa mi prende. Dovrei essere felice, ma non lo sono. Sto peggio di prima. Mi sento persa.
-Sshh, sta calma, non è successo nulla. Ora sei al sicuro, piccola mia.- dice con un tono per niente rassicurante, per poi portare le sue mani a stringermi il collo. Solo in quel momento lo guardo e mi accorgo che non è Hiro, come pensavo, bensì mio padre.
-Adesso vedrai che passa tutto, piccola mia, così non sarai più un problema per me. Non avresti dovuto denunciarmi, maledetta puttana!-
Le sue mani stringono, stringono forte. Mi manca l’aria, non respiro. Perché è qui? Com’è entrato? Aiutatemi! Qualcuno mi aiuti! Non riesco a reagire, sento il mio corpo pesante. Sento che sto per svenire.
-Hiro…Hiro, aiutami!-
Mi risveglio all’improvviso, col cuore in gola ed il respiro affannato. Non riesco a respirare. Mi fa male il collo. Stavo sognando? Era solo un sogno?
-Keiko! Che succede?- mi corre in contro un Hiro trafelato, dopo aver acceso la luce.
-Che…è successo?- gli chiedo a mia volta, confusa, e mezza accecata dalle luci.
-Mi hai chiamato chiedendo aiuto. Stai male?- chiede ansioso. L’ho davvero chiamato, ma in sogno credevo. Invece ho davvero chiesto il suo aiuto, perché?
-Mi dispiace. Ho avuto solo un incubo. Non volevo spaventarti.-
Lo vedo sospirare sollevato e sedermisi accanto sul letto.
-Ti va di dirmi cosa hai sognato?- mi chiede gentile, spostando dei capelli attaccati dal mio viso umido. Ho pianto? Lo guardo indecisa, poi gli racconto del sogno, omettendo il fatto che pensavo di trovarmi tra le sue braccia.
Non so perché ho sognato lui ed ho chiesto il suo aiuto. Possibile inizi a fidarmi così tanto da chiedere il suo aiuto? E perché non quello di Nobuo?
Credo di dover iniziare a pormi qualche domanda sia su lui che sul mio ragazzo, perché qualcosa non mi quadra, ma cosa?
 
 
                                                                              *******************
 
 
-Hiro…aiutami!- l’urlo di Keiko mi risveglia nel cuore della notte, facendomi balzare di corsa fuori dal letto.
Che è successo?
Spalanco la porta e accendo la luce, trovandola seduta sul letto, con una faccia terrorizzata.
-Keiko! Che succede?-
-Che…è successo?- domanda come spaesata.
-Mi hai chiamato chiedendo aiuto. Stai male?- chiedo preoccupato. Resta a guardarmi confusa per qualche istante, prolungando la mia ansia, poi finalmente parla.
-Mi dispiace. Ho avuto solo un incubo. Non volevo spaventarti.- spiega dispiaciuta.
Un incubo? Tutto qui? Si è trattato solo di un incubo? Sospiro sollevato nel saperla al sicuro. Per un attimo ho temuto che stesse male o addirittura che suo padre si fosse intrufolato in casa per farle del male.
-Ti va di dirmi cosa hai sognato?- domando, sedendomi accanto a lei, mentre le tolgo alcune ciocche dal viso umido di pianto. La vedo esitare, ecco ora mi manda al diavolo. In fondo resto sempre lo stronzo che l’ha maltrattata.
-Ho sognato mio padre che…che veniva ad uccidermi.- si decide a dirmi, con voce incrinata.
-Veniva? Qui?- le chiedo, e lei annuisce.
-Non accadrà mai! Non gli permetterò di rimettere le sue schifosissime mani su di te! Qui sei al sicuro. Non devi avere paura. Non ti farà mai più del male.- la rassicuro, asciugandole le ennesime lacrime che le bagnano il viso.
Quel bastardo deve pagare per ciò che le ha fatto, ma se non dovesse farlo ci penserò io stesso a toglierlo dalla faccia della terra. Non gli permetterò di farle di nuovo del male, mai!
-Grazie. Non so davvero perché lo fai, però, ti ringrazio.-
Perché lo faccio, dici? Perché ti voglio bene Keiko, ecco perché, e non so che darei per riappropriarmi di quelle labbra invitanti che hai. Sembra tu abbia cancellato anche quello che è accaduto nel bagno quel giorno, e forse è un bene.
La vedo sbadigliare, forse è meglio che la lasci riposare.
-Ti lascio dormire. Chiamami se hai bisogno.- le dico alzandomi dal letto, ma la sento afferrarmi per il braccio.
-Davvero lui non può entrare qui?- mi chiede preoccupata e anche spaventata. Ha l’espressione di un cucciolo impaurito, ed in fondo è questo che è.
-Certo che non può entrare. Se ci provasse suonerebbe l’allarme.- le spiego per rasserenarla.
-Ok.- dice poco convinta. L’incubo deve averla scossa molto più di quanto lei stessa si renda conto.
-Se vuoi, posso dormire qui con te, se hai paura.- azzardo, pentendomene subito. Adesso comincerà ad insultarmi.
-Io non ho paura! Scemo!- ecco, come previsto  -Però…- sussurra imbarazzata, diventando rossa.
-Però?-
-Però…ecco…mi renderebbe più tranquilla…saperti qui.- confessa abbassando il viso diventato bordò.
Mi…mi ha davvero chiesto di restare? Lo ha fatto sul serio? Questa è una grande conquista per me!
-Va bene, vado a prendere il sacco a pelo. Aspettami, bimba paurosa.- scherzo, vedendola imbronciarsi.
-Non sono una bimba paurosa! Imbecille!- si lamenta, mentre vado nella mia camera a prendere il sacco a pelo dall’armadio. Il fatto che mi voglia accanto vuol dire che inizia a fidarsi di me. E’ già un passo avanti.
Ritorno in camera sua e sistemo il sacco vicino al suo letto, infilandomici dentro.
-Non starai scomodo lì dentro?-
-No, non preoccuparti. È più comodo di quel che sembra. Ora fai la nanna.-
-Buona notte Hiro, e grazie.-
-Notte Keiko.- anche se il mio istinto mi dice di dirti “notte, amore mio”.
Ignoro questa stupida voglia e le do le spalle, meglio non guardarla o altro che dormire, vorrei fare ben altro.
 
Il giorno dopo sono il primo a svegliarmi. Keiko dorme serenamente e con il viso disteso, segno che non ha più avuto incubi. Mi avvicino piano al suo viso. La voglia di baciarla è tanta. Dorme profondamente, non si accorgerà se le rubo un bacio, facendo finta sia lei a darmelo.
Avvicino la mia bocca alla sua e vi poggio un delicato bacio. Le sue labbra sono così calde e morbide, vorrei non staccarmene più, ma sono costretto a farlo quando la sento muoversi. Mi allontano come un fulmine, mentre i suoi occhi pian piano si aprono. La vedo stiracchiarsi e sbadigliare, solo dopo si accorge di me nella stanza.
-Buon giorno. Dormito bene?- le chiedo.
-Sì, benissimo, grazie. Tu piuttosto, ti ho costretto a dormire in quel coso, invece che nel tuo letto. Mi spiace, scusami, non avrei dovuto.-
-Sono stato io a proporti di dormire qui, non mi hai certo costretto. E poi anche io ho dormito benissimo.- la rassicuro, vedendo il suo viso colpevole  -Comunque, la prossima volta, potrei dormire nel letto con te, così non starò a terra, no?- la provoco, per farla arrabbiare e toglierle quell’espressione dal viso, ma lei mi guarda solamente, abbassando la testa ed…annuendo? Ha davvero annuito? Ha capito la battuta a doppio senso?
La fisso sbalordito per un po’, mentre lei si alza ed inizia a rifarsi il letto, come se nemmeno avessi parlato, ma che diavolo le prende? La Keiko che conosco io mi avrebbe già tirato una sedia addosso, chiamandomi maniaco, idiota, stupido, imbecille e tutti gli appellativi che solitamente mi vomitava addosso piena di odio. Che cosa è cambiato?
-Keiko?- la chiamo stranito.
-Sì?- risponde, girandosi a guardarmi in attesa.
-Stai bene?- le domando guardandola negli occhi.
-Sì, benissimo, perché?-
-Così, mi sembravi assente.-
-Sono solo assonnata.- risponde, prendendo il sacco a pelo e ripiegandolo con cura.
Mah, sarà. Forse è solo una mia impressione. Non deve aver capito la battuta.
Dopo una doccia, mi vesto ed esco. Ho promesso a mio padre che il giorno dopo Natale avrei conosciuto le mie …“sorelle”. Mi fa strano chiamarle così. Finora sono sempre state “quelle lì” o “le sue figlie”. Oggi invece le conoscerò come… “sorelle”. Inutile, niente da fare, questo termine mi viene difficile da dire senza aprire una parentesi mentale. Forza e coraggio Hiro! Accontenti tuo padre e poi non le vedrai più!
Arrivato a casa sua, viene ad aprirmi lei, la sua compagna, Sakuya.
-Hiro! Non sai che piacere per me poterti finalmente conoscere!- mi accoglie sorridente, facendomi entrare.
Accidenti quanto è giovane! Avrà cinque o sei anni più di me. E devo anche ammettere che è davvero bella. Hai capito mio padre? Che furbo.
-Vieni, accomodati. Tuo padre non ha ancora finito il turno, ma a breve dovrebbe esser qui.- mi avverte, facendomi accomodare sul divano, dal quale toglie di fretta un centinaio di giocattoli.
Un po’ disordinata la ragazza. Mia madre mi avrebbe ucciso se avessi lasciato in giro tutti questi giochi.
-Se disturbo posso tornare tra un po’.-
-Assolutamente no! Non sei affatto un disturbo, anzi, piuttosto perdonami il disordine, quelle pesti mettono a soqquadro tutta casa.- spiega mortificata.
-Mamma, è arrivato?- chiedono all’unisono due bambine appena sbucate da chissà dove.
-Sì bambine, questo è vostro fratello Hiro. Hiro, loro sono Hana e Ayaka, le tue sorelline, come avrai capito.- me le presenta, mentre le piccole mi fissano incuriosite.
Sono sorelle gemelle, completamente identiche. Capelli nerissimi e grandi occhi nocciola come quelli di papà, ed esattamente come i miei. Neanche Shinji mi somiglia così tanto, lui ha preso da mamma. Mi fa uno strano effetto trovarmi di fronte queste due.
-Ciao fratellone! Io sono Ayaka!- si presenta la prima.
-Ed io sono Hana!- risponde la seconda, tutta sorridente.
Mi sento preso alla sprovvista, accidenti. Mi trovo senza parole. Sinceramente non lo immaginavo così questo incontro. Credevo non me ne sarebbe importato nulla, invece…
-Ciao piccole. Piacere di conoscervi.- dico loro, ritrovandomi a sorridere come un idiota.
-Abbiamo un altro fratellone! Evviva!- esclamano contemporaneamente ancora una volta.
In un lampo me le ritrovo abbarbicate al mio collo come due koala, e non posso far altro che sorridere ancora. Sono due scriccioli tenerissimi.
Mi trascinano nella loro camera, tutta arredata di un accecante fucsia, dove mi presentano, una ad una, le loro bambole. Mi invitano a prendere il tè dentro delle tazzine in miniatura piene di acqua di rubinetto e a mangiare una torta fatta di pongo, che nascondo velocemente dentro la felpa, fingendo di mangiarla. Iniziano anche a raccontarmi ciò che hanno appena imparato a scuola, ovvero il mito della creazione secondo il Kojiki. Hanno invertito tutti i nomi dei Kami, ma non ha importanza, le ho lasciate chiacchierare senza interromperle, facendomi due risate.
Hanno cinque anni, anche se ne dimostrano qualcuno in più. Sono sicuro andrebbero d’accordo con Daiki. Quasi quasi la prossima volta lo porto con me, se a Keiko non da fastidio.
Aspetta, ho detto la prossima volta? Ho già dato per scontato che ritornerò a vedere queste bambine? Bah, e pensare che non volevo vederle nemmeno oggi.
-Hiro, figliolo!- chiama mio padre, appena entra nella camera delle gemelle.
-Papà!- urlano loro, correndogli in contro.
-Ciao mie principessine. Avete tenuto buona compagnia a vostro fratello, vero?-
-Non lo so, chiediglielo a lui.- dice quella che credo sia Hana. Distinguerle è difficile.
-Già già, però rideva, quindi si è divertito!- risponde l’altra.
-Scommetto ti hanno raccontato la loro personalissima rivisitazione del Kojiki.- sostiene papà.
-Come lo sai?- chiedo sorpreso.
-Non fanno altro da una settimana, e credimi, ogni giorno cambia sempre versione!- dice scoppiando a ridere divertito.
Mio padre che ride così allegramente, non lo avevo mai visto. È una novità per me. Con me e con Shinji non era così, soprattutto perché noi due non eravamo come le gemelle. Non eravamo così spigliati e chiacchieroni. Già da piccoli, nostra madre ci faceva studiare sodo e tenere un certo comportamento, anche se con Shinji non è servito granché, nello studio fa schifo. Casa nostra era sempre in ordine, non c’era nulla fuori posto, al contrario di qui. L’atmosfera che regna qua dentro è decisamente diversa da casa mia, sembra più…accogliente. Sakuya non è la stronza approfittatrice che credevo, anzi, per la verità sembra una bambina. Ha degli atteggiamenti infantili per certi versi, e non credo sia esattamente per la giovane età. Mia madre, alla sua età, non la ricordo così. E’ sempre stata più posata e seria. Che sia questo ad aver attratto mio padre? La giovialità di Sakuya?
-Allora figliolo, come ti sono sembrate le tue sorelle?- mi chiede mio padre quando ci allontaniamo da loro.
-Due adorabili pesti.- ammetto sincero.
Sì. Mi piacciono quelle due.
-Hai notato come ti somigliano?-
-Già, e sinceramente non me lo aspettavo.-
-Hiro, io ho amato tua madre, così come ho amato stare con voi quando eravamo una famiglia. Però le cose cambiano, così come le esigenze. Non ho tradito tua madre perché non la rispettassi, è successo perché mi sono innamorato di Sakuya. Ho provato a resistere, ti giuro che c’ho provato, ma alla fine ho ceduto. Lei ha riportato in vita sentimenti che credevo perduti, un cuore che consideravo addormentato. Con lei mi sento vivo, e non perché abbia vent’anni meno di me.-
-L’ho capito. Ho capito a che ti riferisci. Sakuya è del tutto diversa dalla mamma. Non per questo però, dimentico che l’hai tradita, papà. Avresti potuto lasciarla prima, se non ci stavi più bene insieme.-
-Hai perfettamente ragione. Ho sbagliato in questo, ma cercavo di tirare avanti per te e Shinji. Non volevo lasciarvi. Purtroppo sono stato egoista, scegliendo infine la mia felicità. Potrai mai perdonarmi, figlio mio?- mi chiede dispiaciuto, con occhi pieni di sensi di colpa.
Sensi di colpa, come i miei nei confronti di Keiko.
-L’ho già fatto, papà.- confesso, mentre mi abbraccia grato.
Torno a casa con la promessa alle nane malefiche di ritornare presto a trovarle, magari domenica prossima.
Quando arrivo cerco Keiko, ma Daiki mi dice che è in camera sua a riposare. Alle sei del pomeriggio?
Busso alla sua porta, ma non ricevo risposta, così entro piano. La stanza è al buio, ma non mi serve la luce per capire che lei non sta dormendo, la sento singhiozzare. Accendo la luce e la trovo rannicchiata per terra, abbracciata alle sue gambe, tremante come una foglia.
-Keiko…- la chiamo piano, sedendomi accanto a lei. Non risponde, però i singhiozzi sembrano cessare.
-Dimmi.- risponde come se facesse finta di nulla.
-Keiko, che succede?-
-Nulla, perché?- chiede, con la testa ancora nascosta tra le braccia e le gambe.
-Stai piangendo.-
Non risponde, rimane solo immobile in questa posizione. Non resisto oltre e la prendo tra le braccia, stringendola a me, come quel giorno in ospedale, ed esattamente come allora la sento aggrapparsi a me, con forza e disperazione, mentre un nuovo pianto la scuote da capo a piedi.
C’è qualcosa che non va. Questa non è la stessa Keiko che mi teneva testa, non è la stessa ragazza che ha lottato con le unghie e con i denti per difendere il fratello.
-Ti prego, dimmi che hai. Cosa c’è che non va?- le chiedo preoccupato, prendendole il viso arrossato tra le mani, per guardarla negli occhi ricolmi di lacrime.
-Non lo so.- risponde, abbassando la testa.
Restiamo in silenzio ed abbracciati per molto, finché non la sento respirare rilassata. Si è addormentata. La stendo sul letto, coprendola con una coperta, e scendo in cucina, dove mia mamma prepara la cena.
-Ciao tesoro. Com’è andata da tuo padre?- chiede, mantenendo come sempre un’aria distaccata al riguardo.
-Tutto bene, poi ti racconto. Senti, hai notato qualcosa di strano in Keiko?-
-Strano in che senso?-
-Non lo so, la vedo diversa da come la conoscevo. Poco fa l’ho trovata al buio che piangeva, ieri notte invece ho dovuto dormire con lei perché aveva sognato che suo padre veniva ad ucciderla, ed era terrorizzata che potesse entrare davvero.-
-Mi sembra una reazione normale dopo quello che ha passato.- minimizza lei, ma io sento che non è normale affatto.
-No mamma, tu non capisci! La Keiko che conosco io, mi teneva testa quando la prendevo in giro, non piangeva mai, era sempre battagliera e lanciava fulmini dagli occhi. Ora, quella ragazza al piano di sopra, mi sembra solo l’ombra di quella che ho conosciuto. Non dovrebbe essere più serena ora che si è liberata del padre ed è qui, al sicuro?-
-Vedi tesoro, la cosa è molto più complessa. La tua amica ha tenuto duro per tutti questi anni, senza mai lasciarsi andare alle debolezze, perché se lo avesse fatto, esse l’avrebbero sopraffatta, non lasciandole la forza per proteggere il piccolo Daiki. Aveva innalzato attorno a sé un muro che tenesse a freno la sua fragilità, ma quel muro è stato spazzato via non solo da ciò che le ha fatto suo padre, ma anche da noi.- mi spiega lei, anche se non capisco.
-Che c’entriamo noi? L’abbiamo solo aiutata.-
-E’ questo il punto. Adesso che non deve più lottare per la sua vita e per quella del fratello, si è lasciata prendere dallo sconforto, perché sa che ora Daiki è al sicuro. Adesso dovrà passare un lungo periodo di lutto ed accettazione per lei, che è ciò che non si è potuta permettere da quando è morta la madre. E’ un mistero come quella ragazza sia riuscita a fare da madre, padre e sorella a quel bambino, alla sua età e nelle sue condizioni. Ha avuto una volontà di ferro, ma adesso che è tutto finito, quella stessa forza le si sta ritorcendo contro con tutta la sua crudeltà. Non ha mai pensato a se stessa in questi anni, ha sempre messo da parte il dolore per mostrarsi forte, ed ora ne paga le conseguenze.-
-In pratica stai dicendo che, non dovendo più lottare per sopravvivere, diventerà una povera depressa che vegeta su questa terra perché non ha più uno scopo per vivere?-
-Esagerato come al solito. Ovvio che sarà nostro dovere non farla diventare una “povera depressa”, Hiro. Dobbiamo starle accanto, aiutandola a riprendere in mano quella che era la sua vita prima che sua madre venisse a mancare, scatenando tutto quello che ne è seguito dopo, ma non bisogna forzarla, bensì lasciarle vivere questo momento con discrezione. Saprà uscirne. Ha un carattere molto forte, che prevarrà sul dolore. Bisogna solo darle tempo. Stalle vicino e spronala a fare qualcosa per tenersi occupata. Tu la conosci hai detto, cosa le piaceva fare? Cosa ama?-
Cosa le piaceva? Cosa ama? Stando a ciò che ha detto Yoko, lei amava cantare, suonare, amava gli animali, e le pietre. Ma certo! Lo so che devo fare!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ascoltare l'urlo sordo del cuore... ***


 
-Keiko? Keiko, svegliati.- mi sento chiamare, così apro gli occhi, venendo strappata dal sogno che stavo facendo, ma che non ricordo.
Di fronte a me trovo il viso di Hiro, chinato vicino al mio, che sorride. Per la prima volta, da quando lo conosco, mi fermo ad osservarlo meglio. È proprio bello! Soprattutto quando sorride così. Le sue labbra sorridenti hanno un che di ipnotico.
-Ben svegliata. Ti va di uscire con me?- mi chiede, cogliendomi di sorpresa, ed inspiegabilmente arrossisco come una scema. Mi sta chiedendo di uscire con lui o sto ancora sognando?
-U…uscire…con te?- balbetto confusa. Mi sta chiedendo… un appuntamento?
-Sì. Vorrei andare a vedere un negozio che ha appena aperto. Possiamo chiedere anche a Yoko e Shinji se vogliono venire. - spiega, spostandosi per farmi alzare.
Ha detto un negozio? Con Yoko e Shinji? Quindi, non è un appuntamento. Perché ne sembro dispiaciuta? Sto ammattendo?
-O…ok. Che negozio è?-
-Sorpresa! Vestiti, che avviso Yoko e mio fratello.- dice uscendo allegro.
 
Neanche mezz’ora dopo, siamo tutti e quattro fuori, ognuno con un atteggiamento abbastanza insolito. Io sto sulle mie, Hiro è attaccato al cellulare a fare chissà cosa, Shinji è in adorazione osservando il fondoschiena di Yoko, mentre quest’ultima ha un diavolo per capello ed un bastone in mano, pronto a colpirlo.
-Non capisco che cavolo ci fa questo imbecille perennemente in calore! Non potevi lasciarlo a casa, legato ad una catena?- si lamenta Yoko, guardando truce Hiro.
-Yoko, come sei crudele! Non sono certo un cane. Così mi offendi.-
-Hai ragione, i cani in calore sono migliori di te! Quando ne vedrò uno, gli porgerò le mie scuse per averlo paragonato a te!-
-Che ti ho fatto di male? Io ti venero!- piagnucola, allungando poi una mano verso il suo sedere.
-Ed io ti uccido!- sbraita furiosa, colpendolo in testa col bastone.
-Ahi ahi! Aiutami Hiro!- lo invoca lui, ma suo fratello è distratto dal cellulare. Sicuramente starà chattando con qualcuna delle ragazzette con cui si diverte. Poteva almeno avere il buon gusto di farlo in privato, e non mentre siamo fuori, dato che l’idea di uscire è stata sua. A saperlo me ne stavo a casa!
-Ne hai ancora per molto con quello stupido telefono? Se volevi chattare con le tue amichette, potevi farlo a casa, no?- sbotto alla fine, irritata come mai.
Si fermano tutti a guardarmi, Hiro confuso, Yoko e Shinji stupiti.
-Che c’è?- chiedo ancora più nervosa.
-Sei gelosa delle mie “amichette” per caso?- mi si avvicina beffardo e con un ghigno che cancellerei volentieri a suon di schiaffi.
-Gelosa? Io? Di te? Ma fammi il piacere! Mi infastidisce solo la tua maleducazione! E poi io sono fidanzata!-
-Mmh…sarà, ma il tuo tono sembrava quello di una fidanzata gelosa. Comunque, non stavo chattando, cercavo solo il negozio di cui ti avevo parlato, tramite Google Mapp. Guarda…- sostiene, mostrandomi il cellulare su cui figura una mappa delle vie appena fatte. Vengo colta da un profondo imbarazzo quando mi rendo conto che ho fatto una figuraccia. Aiuto, vorrei scomparire!
Riprendiamo il cammino in perfetto silenzio. Stranamente, Shinji e Yoko, hanno smesso con le loro scaramucce. Mi sento a disagio.
-Siamo arrivati, sembra.- si ferma, dopo una decida di minuti silenziosi ed imbarazzanti.
Alzo curiosa la testa sull’insegna, ed il mio cuore batte frenetico: “I Tesori della Terra.
-E’ quello che credo io?-
-Tu cosa credi che sia?- chiede lui, tutto sorridente.
-Un negozio che vende pietre e minerali da collezione?- azzardo insicura.
-Indovinato!- risponde, prendendomi per mano e portandomi dentro.
Rimango totalmente affascinata da ciò che vedo. Ogni scaffale del negozio riluce, grazie ai riflessi dei minerali esposti ed alle innumerevoli pietre colorate, burattate e non. È come entrare al centro della Terra ed essere avvolti dai suoi elementi più preziosi. Mi fiondo immediatamente a guardarli da vicino, incantata dal loro splendore, semplice ma ammaliante.
-Questo è Serpentino! Questa, invece, è Pietra di Luna, c’è anche l’Ossidiana Fiocco di Neve, l’Occhio di Tigre e…non ci credo! Questa è Pietra di Eilat! Una vera, e non una riproduzione con la Malachite e l’Azzurrite! Splendida!- esclamo estasiata osservandole da vicino. Questo posto è un paradiso!
-Noto di aver scelto bene il negozio, quindi.- sghignazza Hiro, soddisfatto.
-Lo hai fatto…per me?- domando stupita.
-So che ti piacciono le pietre, e così…eccoci.-
Mi volto a guardare Yoko meravigliata. Solo lei può averglielo detto. Mi sorride e poi ritorna a menare Shinji, che approfitta di ogni sua distrazione per toccarla.
Perché mai mi avrebbe portata qui? Forse, per distrarmi?
-Guarda questa come brilla. E’ carina!- afferma, prendendo un ciondolo di quarzo rosa a forma di cuore.
-Sì, è molto bella.- osservo anch’io, guardandolo meglio. Il quarzo rosa risplende tantissimo, come se dal suo interno si sprigionasse una luce propria, e non riflessa dall’esterno, anche se perfettamente lucido e levigato. Ha un fascino particolare.
-Ti piace?-
-Sì, è magnifica. Non sembra una di quelle pietre magiche degli anime? Guardala come brilla, magari al suo interno ci sono delle oscure forze in lotta tra di loro.- scherzo divertita.
-Caspita, che fantasia!- esclama ridendo, di me ovviamente.
-Ehi, dove lo porti?- chiedo appena lo vedo allontanarsi col ciondolo.
-A pagarlo subito, visto che ce n’è uno solo. Devo regalarlo.-
Che? Non avrà intenzione di prenderlo per qualche sua amichetta? Lo volevo io, accidenti! Purtroppo l’ha visto per primo. Pazienza. Troverò altro. Ritorno a guardare le pietre affascinata. Ne trovo tantissime che mi piacciono, ma hanno prezzi esagerati. Alla fine ripiego su un semplice Opale Arlecchino, così, per non andare via senza niente. E pensare che avevo tante di quelle pietre da riempirci tre scaffali di questo negozio.
-Rieccomi.- ritorna poco dopo, col pacchetto regalo che mette via in tasca. Se l’è fatto anche infiocchettare. Che schifo. Farebbe di tutto per portarsi a letto qualcuno.
Quando usciamo è quasi mezzogiorno. Non credevo di esserci stata così tanto lì dentro.
-Noi andiamo a prendere qualcosa da bere. Volete qualcosa?- chiedono Yoko e Shinji.
Loro che vanno insieme a prendere da bere? Ma se Yoko non vuole starci neanche a cento metri di distanza?!
-Io un’aranciata. Tu Keiko?-
-Un tea caldo alla pesca se non vi spiace.-
-Ok. Torniamo…subito.- sghignazza Shinji, allontanandosi con la mia amica.
-Che hanno quei due?- chiedo perplessa.
-Forse vogliono stare da soli.- ipotizza Hiro.
-Mi sono persa qualcosa?-
-No, non direi. Vieni, sediamoci un po’ mentre li aspettiamo.- lo guardo stranita, ma non replico, sono abbastanza stanca per la verità, così lo seguo verso la panchina vicina a noi.
-Tieni.- dice appena seduti, dandomi un pacchetto, quello con dentro il ciondolo in quarzo. Lo guardo stupita. Lo sta regalando a me? Perché?
-Lo hai…preso per me?- chiedo titubante.
-Veramente no, volevo indossarlo io, poi ho pensato che sembrerei troppo “gaio” con quello al collo.- ridacchia.
-Come?- mi sta prendendo in giro? Non ho capito.
-Certo che l’ho preso per te, stupida! Ti pare lo prendevo per me?-
Lo guardo imbambolata come un’idiota. Lo ha davvero comprato per me?
-Aprilo.- mi chiede, così lo spacchetto. Esco fuori il ciondolo, ma attaccato ad esso c’è una sottile collanina argentata.
-Questa la vendevano al bancone della cassa, così ne ho approfittato. Vuoi metterla ora?- io annuisco solamente, priva di parole.
-Girati.- dice, ed io eseguo, dandogli le spalle.
Mi scosta i capelli con una lentezza infinita, sfiorandomi la pelle, forse fin troppo sensibile, del collo. Il suo tocco mi provoca dei brividi lungo la spina dorsale, speriamo non lo noti! Indugia parecchio prima di chiudere il gancio della collana, o forse è a me che sembra così. Quando ha finito, sento sfregare nuovamente le dita su ogni centimetro di pelle scoperta della mia nuca, prima di abbandonarla, provocandomi nuovi brividi. Mi sento a disagio adesso.
-Ti sta benissimo, ho fatto bene a sceglierlo.- asserisce compiaciuto, mentre io sobbalzo nel trovarmelo improvvisamente davanti.
-Gra…grazie del pensiero. E anche per la passeggiata.-
-Di nulla. L’importante è che ti sia divertita oggi.-
-Tantissimo. Grazie davvero, per tutto!- lo ringrazio commossa, abbracciandolo e nascondendo le lacrime sulla sua spalla.
Non avrei mai pensato che potesse essere così gentile. Apprezzo molto il suo aiuto, anche se in passato mi ha fatto soffrire tantissimo, ma sembra davvero cambiato adesso, e devo ammettere di esserne felice. Forse potremmo diventare davvero amici, come avevo sperato anni fa. Capisco che anche il mio carattere asociale abbia contribuito a rendermi antipatica, ma non avevo molta scelta. Deve aver capito che non lo facevo perché mi sentissi superiore, quanto invece perché ne ero costretta.
Se solo la gente non fosse abituata a giudicare esternamente, forse non mi sarei neanche così tanto isolata, ma quando vedi che ti guardano strano, ti giudicano, puntandoti un dito contro senza sapere assolutamente nulla di te, ti chiudi maggiormente, tenendo tutti lontano, e credendo, erroneamente, che siano tutti uguali. E così finisci tu stesso per giudicare chi ti giudica, entrando in un circolo vizioso senza fine.
Avevo giudicato Hiro uno stronzo di prima categoria, violento, prepotente, maleducato, perfido e insensibile. E invece eccomi qui a ricredermi, solo perché essendo stata mal giudicata, io stessa ho giudicato male lui. Almeno una cosa positiva ne è venuta fuori dallo schifo di vita che facevo: ho trovato un buon amico.
 
 
 
                                                               *****************
 
 
 
Vederla fiondarsi tra le mie braccia, per ringraziarmi, mi ha dato fiducia. Forse ho qualche speranza per ottenere il suo perdono, e magari qualcosa di più. Se solo non ci fosse quel Nobuo tra i piedi! Doveva trasferirsi per forza qui? Nella nostra scuola, oltretutto? Fosse un buon fidanzato almeno, potrei anche accettarlo, ma non mi ispira alcuna fiducia. Non solo non mi piacciono alcuni suoi atteggiamenti, ma nemmeno il suo rapporto con Keiko. Quando è stata in ospedale ha solo saputo lamentarsi che io fossi lì, ma non ha minimamente pensato di restarci anche lui, a vegliare la sua ragazza. Quando poi è stata dimessa non le ha nemmeno dedicato tempo, in modo da distrarla. Il tutto, con la scusa che sta sotto il mio tetto e che non vuole vedere me. Che stronzata! Se le cose fossero inverse e lei fosse la mia ragazza, che vive con lui per necessità, me ne infischierei della sua presenza, anzi, starei tutto il giorno con lei per tenergliela lontano.
Chissà che direbbe se le confessassi che mi piace, anzi, che la amo. Fuggirebbe? Mi riderebbe in faccia? Mi crederebbe, soprattutto? Potrei provarci adesso magari. Yoko e Shinji non sono ancora tornati. Gli ho chiesto di dileguarsi qualche minuto per lasciarmi solo con lei. Potrei approfittarne.
-Senti, Keiko…io… volevo dirti una cosa importante.- comincio teso, allontanandola a malincuore dal mio abbraccio per guardarla negli occhi.
-Cosa?-
-Volevo confessarti che tu…ecco…che io sono…-
-Ma che bella scenetta! Avevo ragione a chiamarti puttana se ti sbaciucchi chi capita per strada! Tua madre si starà rivoltando nella tomba.- mi interrompe qualcuno alle nostre spalle. Mi giro subito a guardarlo e resto quasi paralizzato dalla sua presenza. L’ho visto una sola volta, ma tanto mi è bastato per riconoscerlo, e la frase di Keiko me ne da conferma.
-Papà…- sussurra terrorizzata.
-Papà un cazzo! Mi hai denunciato per qualche schiaffo. Sei una maledetta!- urla lui, attirando l’attenzione della gente. Puzza così tanto di alcool che mi viene la nausea.
-E tu che cazzo ci fai fuori casa? Sei agli arresti domiciliari!- intervengo io, parandomi di fronte a lui. Se non ci fosse tutta questa gente lo ammazzerei anche a mani nude!
-Come, la stronza dietro di te non sa che il mio avvocato ha fatto decadere le accuse, visto che non ricorda nulla?- se la ride divertito.
-Fottuto bastardo!-
-Preparati, principessina di papà. Quando riavrò la custodia tua e di quel moccioso frignone, me la pagherete cara! Contaci!- minaccia sicuro, ma credo abbia fatto male i conti.
-Tu prova a mettere anche solo un dito addosso a lei, o a Daiki, e ti ci spedisco io all’altro mondo! Bastardo!- lo spintono, allontanandolo da Keiko, che sta tremando come una foglia. Non l’ho mai vista così.
-Ah sì? E tu chi saresti? Quello che se la scopa, forse? Magari la paghi anche, questa cagna in calore!-
Se prima mi sono trattenuto, ora no, adesso è troppo! Gli tiro un pugno con tutta la rabbia che ho in corpo, facendolo finire subito a terra. Non che ci voglia molto visto che non si regge in piedi, ma questo non mi basta! Lo afferro per il colletto, rialzandolo e dandogli altri pugni.
-Lurido pezzo di merda! Questo è per averla quasi uccisa! Questo è per averla massacrata in questi anni! Questo per averla distrutta psicologicamente!- lo colpisco più volte in pieno viso, sempre con più forza, caricando ogni pugno con maggiore rabbia. -Questo, invece, per averla offesa adesso!- continuo, dandogli un calcio allo stomaco. E approfittando della sua posizione raggomitolata, gli sferro un calcio alla schiena. -Quest’altro è per Daiki!-
-Hiro! Che cazzo stai facendo?- mi ferma mio fratello, tirandomi via con forza.
-Lasciami Shinji! Lo voglio uccidere! Questo schifoso figlio di puttana non merita di vivere! Lasciami!-
-Se lo uccidi, sarai tu a finire in carcere al posto di questo farabutto! Calmati!-
-Ci finirò volentieri allora! Lasciami, idiota!- mi divincolo, per tornare a colpirlo ancora.
-Hiro…ti prego, fermati…- mi chiama Keiko, in un sussurro appena udibile. Mi volto a guardarla e la trovo accasciata a terra, in un fiume di lacrime, tra le braccia di Yoko.
-Ti prego…- insiste ancora, allungandomi una mano. Vuole che lasci perdere? Perché?
Mi giro a guardare lo stronzo ai miei piedi, si contorce dal dolore chiedendo aiuto. La voglia di proseguire fino a zittirlo del tutto è tanta, ma cerco di frenarmi, per lei.
-Ringrazia tua figlia se sei ancora vivo, ma osa soltanto avvicinarti a lei e ti uccido. Hai capito?!-
-S…sh…sì.- biascica a fatica, sputando sangue. Pure poco per i miei gusti!
Ritorno da Keiko, che ha ancora la mano tesa in mia direzione. La stringo forte nella mia e poi la prendo in braccio, anche perché non credo sia in grado di camminare. È troppo scossa. Si aggrappa a me, piangendo, mentre la riporto a casa. In lontananza sentiamo il suono di una sirena, forse qualcuno ha avuto pietà per quel maledetto, chiamando un’ambulanza.
 
-Siamo a casa, piccola. Come ti senti?- le chiedo preoccupato, adagiandola sul letto. Non mi guarda, non parla. Piange solamente.
-Ehi, cosa sono questi lacrimoni? Dov’è la ragazza battagliera che mi teneva testa? Quella che non versava mai una lacrima, qualunque cosa le facessi?-
-Non è mai esistita. Era un’altra persona…-
-Non era un’altra. Eri sempre tu, ma col coraggio di una tigre. Devi tirare ancora fuori gli artigli, Keiko. Non lasciarti andare così. Non versare più lacrime per lui, non le merita.- cerco di convincerla.
-Sono stanca di lottare. Non ne posso più.- afferma esausta, anche fisicamente.
-Invece devi. Hai ancora tuo fratello. Vuoi lasciarlo solo?-
-Adesso ha voi.-
-No! Noi siamo estranei per lui! Con tutto il bene che possiamo volergli, la sua famiglia sei tu! Ha bisogno di te. Vuoi lasciarlo solo? Ha già perso i genitori, vuoi che perda anche sua sorella?- provo a spronarla, alzando la voce, ma non risponde, si avvinghia al cuscino in cerca di protezione. Vorrei poter fare di più, però non so cosa. Decido di lasciarla riposare, ma proprio mentre sono quasi fuori dalla stanza, mi parla.
-Perché?- domanda.
-Perché, cosa?- chiedo avvicinandomi al letto.
-Perché non posso essere egoista, per una volta nella mia vita, e decidere cosa fare? Senza avere obblighi o rimorsi. La gente sceglie sempre le cose per me: crescere mio fratello, essere vittima di mio padre, essere lo zimbello della scuola e dei suoi bulli, essere fidanzata, essere quasi uccisa e poi salvata, essere affidata a terzi. Quando verrà il mio momento di scegliere? Quando potrò decidere io cosa fare?- chiede, con voce straziante, che lacera l’anima.
-Puoi scegliere da oggi, Keiko. Non hai più l’obbligo di crescere tuo fratello, almeno non da sola, non sei più costretta a subire violenze da tuo padre, non sei più lo zimbello di nessuno, l’essere fidanzata dipende sempre da te, la vita è un bene che i medici ti hanno restituito, non rinnegarla mai, essere affidata a mia madre puoi considerarla una cosa momentanea se non vuoi stare qui. Tutto il resto, adesso, dipende da te. Puoi decidere di tormentarti la vita nel dolore, oppure decidere di vivere la tua libertà finalmente. Dipende solo ed esclusivamente da te, ma non decidere di rinunciare alla vita, ti prego. Non farlo per niente e nessuno al mondo.-
Le parlo col cuore, perché non so cos’altro dirle, non so come aiutarla. Non sono uno psicologo come mia madre. Lei saprebbe cosa dirle e come spronarla. Mi sento così inutile.
-Hiro?-
-Sì?-
-Come l’hanno presa a scuola?- a scuola? E che c’entra adesso? Possibile tema il giudizio degli altri?
-Erano tutti stupiti dal fatto che nascondessi così bene il tuo dramma. Molti erano pentiti per il loro comportamento, e dicevano che appena saresti tornata a scuola ti avrebbero chiesto perdono. Altri invece ne erano indifferenti.-
-Capisco.-
-Qualunque sia la reazione degli altri quando ritornerai, infischiatene, come hai sempre fatto.-
-Altra cosa su cui sapevo mentire bene, evidentemente. Mi ferivano i commenti che giravano su di me, come quelli che fossi una sgualdrina da due soldi, ma ho sempre dovuto ingoiare la rabbia a la tristezza, perché avevo di meglio a cui pensare, tipo sopravvivere. Credo che tu mi veda in modo errato, Hiro. Non sono forte come può sembrare, ho dovuto fingermi tale. Capisci la differenza? È come l’intelligenza: c’è chi nasce con questo dono e c’è chi deve sgobbare ore per esserlo. Il secondo caso è il mio. Ho faticato per essere forte, alla fine ho ceduto, a quanto pare.-
-E allora ritorna a studiare.-
-Eh?-
-Ritorna a studiare per essere intelligente.- rispondo, utilizzando la sua stessa metafora.
-Potrei essere bocciata…-
-Ripeterai l’anno allora, finché non verrai promossa.-
-Sei insistente, lo sai?- afferma sorridendo, finalmente.
-Me lo hanno già detto.-
-Ci proverò.-
-Davvero? Non lo dici per darmi ragione, vero?
-No, ci proverò. Proverò a fare come dici. Però ho paura.-
-Paura di che?-
-Mio padre. E se riottenesse la custodia? Che ne sarà di me e Daiki?- riflette, rattristandosi nuovamente.
-Non la riotterrà mai. Ti ha quasi uccisa e noi proveremo che è così. E comunque non gli permetterò di toccarti, mai più!-
-Stavi quasi per ucciderlo oggi.-
-Ti sarebbe dispiaciuto?-
-Non per lui.- ammette.
-Per questo mi hai fermato? Ti sei preoccupata per me?- chiedo speranzoso che dica sì.
-Beh…sì. E’ normale, no? Adesso è come fossi mio fratello.- ah…fratello, certo. Che altro potevo essere per lei?
-Certo, adesso siamo come fratello e sorella.- constato deluso.
-Grazie per avermi difesa.-
-E’ questo che si fa con le sorelline più piccole, no?- mi sforzo di scherzare, anche se dentro, il sangue ribolle furioso.
-Guarda che abbiamo la stessa età!- si lamenta, imbronciata.
-Io sono nato cinque mesi prima di te, quindi sono più grande. E in quanto fratello maggiore, ti ordino di metterti a letto e riposare. Vengo a chiamarti per la cena.-
-Ok, grazie.- dice sorridendo e sdraiandosi.
Esco dalla sua stanza con la voglia di picchiare la testa contro il muro. Un fratello. È così che mi vede adesso? Un dannato fratello? Fanculo! Tutte vane speranze le mie! Ho bisogno di uscire, mi sento soffocare, soprattutto ho bisogno di sfogare su qualcuno tutta la mia frustrazione!
 
-Aaaah…sì! Hiro…più forte! Sì…così!- implora una delle tante troiette della scuola, di cui non ricordo neppure il nome e che mi sto scopando senza tanti complimenti, dentro al garage dei suoi genitori, inconsapevoli di quanto zoccola sia la loro cara figlioletta, piegata a novanta per soddisfarmi. Anche se di soddisfazione ne sto avendo ben poca. -Hiro…non resisto più…-
-Stai zitta! Tieni la bocca chiusa!- sbotto bruscamente al suo ennesimo richiamo. La sua voce è un fastidio! Come il coglione che sono, sto cercando disperatamente di immaginare Keiko al posto di questa ragazza insignificante, ma non funziona, soprattutto quando squittisce con quella vocina stridula. Non ci riesco, non ce la faccio!
-Mi piace quando… mi dai ordini! Farei di tutto… se me lo chiedessi!- ansima tra una spinta e l’altra.
-Allora stai zitta e non fiatare nemmeno!- le impongo come mi ha chiesto. Lei obbedisce, chiudendo finalmente quella boccaccia. Altre tre, quattro spinte, l’immagine di Keiko a riempirmi la testa, la sua voce al posto di quella dell’oca starnazzante, ed eccolo, un piacere che di appagante, però, non ha nulla. È una fitta dolorosa, dritta nell’anima, che mi trapassa da parte a parte, con la consapevolezza che mai potrò stringere lei tra le braccia, non nel modo che vorrei. Un fratello, sono solo un fratello acquisito!
Torno a casa più insoddisfatto di prima, con una rabbia dentro che non riesco a spiegarmi. Forse era maglio se me ne stavo a dormire! Tendo l’orecchio alla porta di Keiko, non sento nulla. Starà dormendo? La apro piano ed entro, facendo attenzione a non urtare nulla per non svegliarla. Nella stanza c’è poca luce, solo quella che entra dai lampioni fuori in giardino, ma tanto mi basta per vedere il suo viso.
Che darei per avere le tue attenzioni. C’ho provato in tutti i modi, anche inconsciamente, quando ti prendevo in giro. Prima ricambiavi i miei sentimenti con l’odio, ora con la gratitudine, ma non sono le cose che vorrei.
-Keiko, accorgiti di me. Guardami come semplice ragazzo, non come uno stronzo prepotente, e neppure come tuo salvatore.- le sussurro a fior di labbra, lasciandovi poi un delicato bacio sopra.
Sto diventando ridicolo, lo so. Peggio di una donnicciola innamorata, ma questa ragazza mi sta facendo uscire fuori di senno. Neppure io mi capisco, ma è questo che provo. E fa male.
E’ così che sto pagando il male che le ho fatto? Forse sì, e lo merito tutto.
 
 
 
                                                               *************************
 
 
Il viale è ricoperto da candidi petali di ciliegio. Cadono come leggiadri fiocchi di neve che ruotano su se stessi. Mi ritrovo a ballarvi in mezzo, volteggiando, mentre essi mi ricoprono. Il loro profumo riempie l’anima, la scalda e la protegge, ma c’è qualcos’altro che mi sta scaldando. Un abbraccio? Sì, è proprio un caldo abbraccio in cui mi lascio andare, a cui incateno il mio cuore. Mi rilasso fiduciosa, chiedendomi chi mi stia tenendo stretta a sé. Provo a voltarmi per capire chi ci sia dietro di me, a stringermi così dolcemente, ma non riesco a vederne il volto.
-Non puoi vederlo con gli occhi, ma col cuore.- sostiene una voce dal tono dolce e gentile, e che riconoscerei tra mille.
-Mamma? Mamma sei tu, vero?! Dove sei? Non ti vedo!- la cerco in quella distesa di fiori, che improvvisamente sembra aumentare sempre più. E’ come se volesse seppellirmi!
-Smetti di cercare guardando, Keiko. Ascolta l’urlo sordo del tuo cuore, bambina mia.-
-Che significa? Che intendi dire?- chiedo confusa e stordita, cercandola tra quella moltitudine soffocante di petali.
-Lo capirai quando sarà il momento. Sono fiera di te, tesoro mio, sei una donna ormai.- le sento dire, mentre una folata improvvisa porta via tutti i petali, lasciandomi da sola, in mezzo agli alberi totalmente spogli.
-Mamma? Mamma, dove sei? Aspetta, non andartene! Ti prego, ritorna! Mamma!- la chiamo in lacrime, correndo per il viale alberato, che lentamente sparisce sotto i miei piedi. Tutto trema, le immagini diventano distorte, come se scivolassero via da una parete di vetro bagnato. -No! No no no no! La Via dei Ciliegi sta svanendo? No mamma, ti prego! Ritorna qui!- continuo ad urlare disperata, accasciandomi a terra, incurante che tutto intorno a me si stia lentamente sgretolando.
Improvvisamente rieccolo, lo stesso calore di prima, due braccia che mi stringono e mi infondono uno strano senso di pace. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare, incurante di ciò che mi circonda.
-Keiko…- un dolce sussurro mi costringe ad aprire gli occhi. Mi ritrovo in quella che è la mia nuova camera in casa Watanabe.
-E’ tutto a posto. E’ stato un altro incubo.- mi rassicura qualcuno, abbracciandomi.
Questo calore, è lo stesso del sogno.
-Hiro?- lo chiamo ancora intontita.
-Sei al sicuro. Non preoccuparti.- annuisco, anche se non so neppure per cosa. Mi tiene stretta a sé, e a me sembra di andare a fuoco.
-Va meglio adesso?- mi chiede, scostandosi per guardarmi in faccia.
-Sì, ti ringrazio.-
-Allora vieni, la cena è pronta.- mi informa, staccandosi del tutto.
Provo una strana fitta all’altezza del petto. Che sarà? Agitazione forse. Sicuramente colpa di tutto lo stress di oggi.
Dopo cena sento Yoko al telefono, che ha chiamato per sapere come stavo. Passerà domani a trovarmi. Saluto tutti e metto Daiki a dormire, poi torno nella mia stanza. Passo quasi due ore a rigirarmi nel letto, pensando al sogno e alle parole di mia madre. Non riesco a capirle. Forse voleva darmi qualche indizio per ricordare quello che è accaduto con papà? Ascoltare l’urlo sordo del mio cuore, che significa? Il cuore urla? Uffa! Basta pensarci! Tanto non ricordo nulla facendo così. Meglio dormire.
 
I giorni passano, ed è tempo di ritornare a scuola. Dovrò affrontare una giornata per niente serena, già lo so, me lo sento. Kimiko dice che andrà tutto bene, ma io ho i miei dubbi. Sarà anche una brava psicologa, parlare con lei mi aiuta, ma decisamente non sa come la pensa un adolescente della mia età, lei è più brava coi bambini.
-Nervosa?- mi chiede Hiro, mentre giungiamo davanti ai cancelli.
-Molto.- ammetto.
-Non accadrà nulla, tranquilla. Ci sono io con te.- mi rassicura, stringendomi la mano.
Speriamo in bene.
-Keiko! Finalmente posso rivederti! Mi sei mancata tantissimo!- esclama Nobuo, venendomi in contro ed abbracciandomi, facendomi lasciare la presa della mano di Hiro, che vedo allontanarsi con sguardo cupo. Perché? Ogni volta che vede Nobuo sembra voglia ucciderlo. Gli starà antipatico perché mi difendeva da lui? Non lo capisco.
-Ciao Nobuo. Comunque, se ti mancavo, potevi anche venire a trovarmi.- gli faccio notare infastidita.
-Lo sai che Watanabe non mi sopporta, e la cosa è reciproca. Ogni volta che ci vediamo vorremmo azzannarci, e non dirmi che non lo hai notato.-
-Ma saresti venuto a trovare me, mica lui. Bastava che lo ignorassi.-
-Hai ragione, ma ho preferito evitare. Ora che ti sei ripresa però, possiamo recuperare il tempo perduto, magari cominciando da oggi. Che ne dici se finita la scuola andassimo a fare un giro?- chiede, avvicinando il viso al mio per baciarmi, ma istintivamente mi scanso.
-Non posso, mi spiace. Avrò molto da studiare per rimettermi in pari col programma.- e soprattutto ho paura di uscire, con mio padre libero.
-Allora vieni a studiare da me. Ti aiuto io...- dice mellifluo, dandomi piccoli baci ai lati della bocca. Tutto mi sembra il suo invito, tranne che un aiuto per lo studio.
-Ti ringrazio ma, si è già proposta la mia amica per aiutarmi.-
-Cazzo, Keiko! Non stiamo insieme da settimane, ma sembra non fregatene nulla! Cos’è, la vicinanza del tuo nuovo fratellastro ti ha allontanata da me?-
-Che c’entra Hiro adesso?-
-Lui c’entra sempre! Da quando ti ho conosciuta è sempre stato tra i piedi, e tu glielo hai sempre permesso! Comincio a credere che ti piacesse essere umiliata da lui, perché non fai altro che stargli attaccata!-
-Cosa stai insinuando, Nobuo? Parla chiaro!-
-Hai anche bisogno che te lo spieghi? Ti piacciono gli stronzi! Forse se ti legassi e picchiassi, mi ameresti alla follia, visto che a quanto pare è questo che cerchi in un uomo!- sentenzia con una cattiveria tale da colpirmi come uno schiaffo. Anzi, forse lo schiaffo avrebbe fatto meno male delle sue parole taglienti e velenose. Non lo avrei mai creduto così crudele. Le sue parole mi hanno ferito come non avrei mai creduto possibile.
-Complimenti, con queste parole sei rientrato anche tu nella categoria degli stronzi, peccato che a me non piacciano. Pensavo fossi diverso dagli altri ragazzi, invece sei tale e quale a loro. Mi hai rinfacciato qualcosa di cui non ho colpe. Non ho chiesto io di essere picchiata, ho dovuto subirlo senza potermi ribellare, ma grazie per avermelo ricordato.- replico delusa, con gli occhi pieni di lacrime.
-Keiko, non piangere. Mi spiace, non volevo dire quello che ho detto! Perdonami! E’ stata la gelosia a parlare per me.- cerca di consolarmi, provando a prendermi tra le braccia, dalle quali mi scosto fulminea.
-Gelosia immotivata la tua! Quando mai ti ho dato motivo di esserlo?-
-Tu no, ma Watanabe sì. Non mi piace come ti guarda e come ti sta addosso!-
-Ma se lui non mi calcola nemmeno! Gli faccio così schifo che per una semplice battuta mi stava per spezzare la schiena ed il collo, figuriamoci se potrebbe provare un interesse per me! Mi sta vicino semplicemente perché si sente in colpa per avermi trattata di merda in questi anni.-
-Sei troppo ingenua Keiko. Il suo non è uno sguardo da pentito, quanto da innamorato.-
Che? Ha battuto la testa? Sì, non c’è altra spiegazione! Nobuo è totalmente ammattito!
-Tu devi essere impazzito! Forse, in un mondo parallelo, Hiro potrebbe essere innamorato di me, ma di certo non in questo di mondo.- si è fumato il cervello, di sicuro!
-Se anche avessi ragione preferisco tu gli stia lontana. Non mi piace vedertelo così vicino.-
-Forse hai dimenticato che viviamo sotto lo stesso tetto! E comunque non prendo ordini da te, anche se sei il mio ragazzo! Mi hai stancato con le tue richieste assurde! Se non ti fidi di me, forse è meglio chiuderla qua!- dichiaro laconica. Mi sono scocciata di questi suoi attacchi di gelosia immotivata. Sono stanca di subire anche questo. Basta!
-Io non voglio chiudere con te. Keiko, io ti amo, non riesco a pensare di lasciarti.-
-Semmai sarei io a lasciare te, precisiamolo. E comunque, se vuoi che restiamo insieme, devi smetterla di dirmi cosa devo o non devo fare. Adesso Hiro è mio amico e fratello acquisito, che ti piaccia o no. Non lo eviterò perché sei tu a chiedermelo!-
-Va bene, va bene. Ho capito, ma almeno dedicami un po’ di attenzioni. Ti chiedo troppo anche con questa richiesta? Sei la mia ragazza, è normale voglia passare del tempo con te.-
-Ok. Allora dopo la scuola andiamo a prenderci qualcosa, ma ritengo l’argomento “Watanabe” chiuso. Siamo d’accordo?- acconsento infine. Ha ragione quando dice che gli dedico poco tempo, ma non è dipeso certo da me.
-Sta bene. Capitolo chiuso.- mi sorride, accarezzandomi una guancia.
Non ho per niente voglia di uscire. Non mi va, ma almeno questo glielo devo come fidanzata. E speriamo di non incontrare nessuno.
Per fortuna il resto della giornata trascorre tranquillo. Alcuni miei compagni di classe si sono scusati, altri sono rimasti indifferenti. E’ andata meglio di quel che temessi.
Alla fine delle lezioni vado con il mio ragazzo a prendere una cioccolata. Quando l’ho detto ad Hiro mi è sembrato restarci male, o forse è stata una mia impressione. Comunque le parole di Nobuo mi fanno riflettere. Hiro innamorato di me…ma no! Assolutamente assurdo anche solo pensarlo! Non dopo le “dolci frasi” che mi dedicava. Lui pensa io sia un cesso, uno scorfano. E a prova di ciò che penso, se n’è andato via insieme ad una ragazza tutta tette, dal trucco impeccabile e senza un capello fuori posto. È questo il suo genere evidentemente. Io non vi rientrerei mai.
Guardo il ciondolo che mi ha regalato, lo passo tra le dita, scaldandone la superficie fredda, e penso. Perché mai questa consapevolezza sembra ferirmi? Cosa importa a me del suo genere di donna? Forse la mia è invidia? Perché non mi ritiene una bella ragazza? Oh beh, bella non posso di certo definirmi, ma neppure uno scorfano.
Chi se ne importa, alla fine? Mi vado bene così come sono! Al mio ragazzo sembro piacere, solo questo deve importarmi. Sì, solo questo…
 
 
 
                                                               *************************
 
 
 
Stupida idiota! E’ solo una stupida! Come fa a preferire quell’imbecille di Kobayashi, che non l’ha per niente considerata in queste settimane in cui è stata male? Non lo sopporto! E pensare che dopo la scuola volevo portarla a fare un giro, in modo da distrarsi.
-Hiro?- mi sento chiamare.
-Che c’è?- chiedo sgarbato alla ragazza che mi ritrovo di fronte.
-Mi chiedevo… se ti andrebbe di ripetere l’esperienza dell’altra volta…- dice con tono malizioso, avvinandosi a me provocante.
-Tu…saresti?-
-Kaname! Hai già dimenticato il mio nome?- chiede accigliata.
Kaname? Non mi dice assolutamente nulla.
-Quella del garage!- precisa, notando la mia espressione interrogativa.
-Ah…ora mi ricordo!-
-Ho casa libera oggi. Ti va di farmi “compagnia”?- mi invita, riacquisendo il tono vagamente malizioso.
Me la sta servendo senza compimenti su un piatto d’argento. Che tipo. Di certo Keiko non lo farebbe mai. Ed ecco di nuovo il mio tarlo: Keiko, Keiko, sempre Keiko! Lei è a spassarsela con Nobuo, di sicuro! Non vedo perché io non dovrei.
-Perché no!- acconsento, prendendola bruscamente per la testa e baciandola con impeto.
C’è solo bisogno di zittire la rabbia in questo momento, che scarico interamente su questa bambola mal riuscita, perché al tatto si sente che ha le tette rifatte. Che schifo! E a guardarle il naso anche quello non scherza in quanto a ritocchi. Me la faccio andare bene ugualmente, non è certo la sua faccia o com’è fatto il suo corpo che mi interessa. Mi serve solo ciò che ha tra le gambe, poi può andarsene al diavolo!
-Hiro, mi fai male così!- si lamenta, provando a sottrarsi dalle mie spinte più forti.
-Ma come, l’altra volta mi pregavi e oggi ti faccio male?- ringhio quasi, afferrandola per i fianchi per non farla allontanare.
-Sì, ma non eri così rude.- starnazza, con quella vocetta così fastidiosa. L’avevo dimenticata!
-Che vuoi farci, sarà il tuo corpo ad incitarmi così.- mento magistralmente.
La mia frase le fa stirare il viso in una specie di sorriso mal riuscito, segno che è fiera del suo aspetto, così si rilassa, aprendosi maggiormente a me, che ne approfitto. Donne! Basta un falso complimento per fare allargare loro le gambe a chiunque!
 
Quando torno a casa trovo due volanti della polizia davanti il cancello. Che cosa è successo? Il primo pensiero va a Keiko. Mi precipito dentro più in fretta che riesco, rilassandomi quando la vedo seduta accanto a Shinji, che le tiene la mano mentre piange disperata. Mia madre invece parla con papà. Anche lui qui? Che diamine è successo?
-Hiro!- mi chiama mia madre appena mi vede.
-Che cosa è successo?-
-Figliolo, mi spiace così tanto, ma devo svolgere il mio dovere.- risponde mio padre, visibilmente dispiaciuto.
-Cosa? Di cosa ti scusa?- chiedo confuso.
-Hiro Watanabe, è in arresto per l’omicidio di Noboru Tanaka. Può avvalersi della presenza di un legale di sua fiducia.- pronuncia uno dei poliziotti, mentre un altro si avvicina per mettermi le manette.
-Che cosa? Che accidenti state dicendo?- domando disorientato.
-Ragazzi, potete evitare le manette. Mio figlio non fuggirà di certo.- li ferma mio padre.
-Papà, che sta succedendo?!-
-Mio padre, è stato trovato morto ieri sera. Credono sia stato tu.- mi spiega Keiko, scossa dal pianto.
-Che? Io? Assolutamente no! Non sono stato io! Papà, devi credermi!- lo prego sconvolto.
-Io ti credo, ma ci sono delle testimonianze che riferiscono che qualche giorno fa lo hai picchiato e minacciato di morte. Adesso che è morto, il primo sospettato sei tu.-
-Signor Watanabe, suo figlio lo ha fatto per difendere me, ma da qui a considerarlo un assassino ne corre. La prego, non lo arresti! Sono sicura che non sia stato lui ad uccidere mio padre, non ne sarebbe capace!- interviene Keiko, difendendomi.
-Lo so Keiko. Però mi è stato ordinato di arrestarlo dai miei superiori. Non dipende da me, purtroppo.-
-Non ci sono prove che sia stato io! Come accidenti può bastare una semplice frase per spedirmi in carcere, quando lui, con le prove di aver quasi ucciso Keiko, era libero? E’ assurdo!- sbotto furioso.
-Tranquillo tesoro, ho già contattato un ottimo avvocato che ti tirerà fuori. Sta per arrivare.- mi informa mia madre.
-Adesso dobbiamo andare, Commissario.- lo informa un agente.
-Sì. Andiamo figliolo. Ti prometto che farò il possibile per trovare il vero responsabile e riportarti il prima possibile a casa.-
Seguo mio padre e gli altri agenti in macchina, osservando dal finestrino casa mia che si allontana sempre più dalla mia visuale. Sembra una di quelle classiche scene da film; patetico!
Che ne sarà ora di me? Come proverò la mia innocenza?
Sono nei guai. Grossi, grossissimi guai!








 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Dolci chiarimenti. ***


Non è stato lui! No, non ci credo! Lo conosco abbastanza da sapere che non ucciderebbe così, a sangue freddo.
È anche vero che se quella volta non lo avessi fermato, lo avrebbe ucciso a calci, ma era stato provocato, lo aveva fatto per difendermi. Pensare però, che Hiro sia sgattaiolato via da casa sua, in piena notte, per andare a cercare il luogo in cui viveva mio padre, per ucciderlo poi a martellate sulla testa…no! Non lo crederò mai! Non è un assassino! Sicuramente è stato qualcuno che lo conosceva e aveva un conto in sospeso con lui. Magari non pagava il conto quando beveva, o non lasciava la mancia nei locali notturni dove passava le ore.
La donna che lo ospitava, quella prostituta che voleva portare in casa nostra, dice di essere tornata a casa dopo il “lavoro” e di averlo trovato morto. Non so chi lo abbia ucciso e di certo non posso dire che mi dispiaccia, era un maledetto stronzo, ma ciò di cui sono certa è che non sia stato Hiro.
- Mamma, che dice l’avvocato? - domanda Shinji, interrompendo i miei pensieri.
- Hiro continua a dichiararsi innocente, ovviamente. Dice che era in casa a dormire quando il signor Tanaka è stato ucciso. Però questo non basta a scagionarlo. Non è un alibi attendibile. Chiunque può dire di trovarsi a letto all’ora dell’omicidio, ed io purtroppo, in quanto sua madre, non posso testimoniare che sia effettivamente così, perché sono ritenuta di parte. Non so che fare, Shinji! Non so come aiutare il mio bambino ad uscire da lì. Sono tre giorni che è rinchiuso, ma io so che innocente! E’ una testa calda, a volte agisce d’impulso, ma mio figlio non è un assassino! - si dispera Kimiko, in lacrime, tra le braccia del figlio. Vederla così mi strazia.
- Mi sento così in colpa. Mi dispiace di aver rovinato la vostra famiglia, Kimiko. Mi dispiace davvero tanto. Avermi salvato la vita gli si è ritorto contro. Se non lo avesse fatto, adesso ci sarebbe mio padre in carcere, non Hiro…-  mi scuso amareggiata. E’ successo tutto a causa mia, per difendere e proteggere me. La colpa di tutto è mia.
- L’unico responsabile è quel bastardo che ti sei ritrovata come padre. Mio fratello ti ha salvata perché ci tiene alla tua vita, ma se pensi che fosse meglio essere uccisa piuttosto che salvata, non fai che rendere vano il gesto di Hiro. - replica Shinji, guardandomi male.
- Non era questo che intendeva dire. - mi difende Yoko, rimastami accanto.
- Lo so cosa intendeva, ma Hiro ha fatto ciò che ha fatto solo per lei. Se le sentisse dire che per non mettersi nei guai, avrebbe dovuto lasciarla morire, stai pur certa che sarebbe lui a restarne ucciso. E se non fosse così cieca, di sicuro lo avrebbe capito anche lei il perché delle sue azioni. - il perché delle sue azioni? Che intende dire?
- Shinji, non credi di esagerare adesso? Si sente già abbastanza in colpa per tutto quello che è accaduto! Non mettertici anche tu! -
- E’ proprio questo il punto, Yoko! Non deve sentirsi in colpa, perché le azioni di suo padre non possono e non devono ricadere su di lei! La mia famiglia l’ha accolta insieme a Daiki con piacere, e ciò che è accaduto non la rende certo colpevole ai nostri occhi. Fare la vittima, però, non sarà d’ aiuto, né a noi, né a se stessa, né tanto meno ad Hiro! - replica contrariato. E in fondo so che ha ragione. Ciononostante, non riesco a non sentirmi ugualmente colpevole.
- Ma trattarla così non l’aiuterà di certo a…-
- No, Yoko. Ha ragione lui. Capisco cosa intende. - la interrompo, prima che finiscano col litigare a causa mia.
- Ma Keiko…-
- Scusatemi, vado a riposare, ho un po’ di mal di testa. - mi congedo, fingendo di stare male.
Mi rintano nella mia camera. In realtà ho bisogno di pensare. Se la testimonianza di Kimiko non è valida perché è sua madre, la mia… come verrebbe vista? Non sono davvero sua sorella, anzi, sono anche la figlia della “vittima”, quindi dovrebbe valere qualcosa. Ci penso da quando è stato arrestato, ma ho sempre sperato che venisse rilasciato per insufficienza di prove, però, a quanto pare, non è così che funziona.
Se facessi ciò che ho in mente, avrei molto da perdere, davvero tanto, ma Hiro è più importante di me in questo momento. Ha fatto tanto in queste settimane e non è una cosa che posso ignorare per egoismo. Vedo mio fratello sprizzare felicità da tutti i pori, mangia come si deve, non gli manca nulla, sta bene qui con Kimiko, che lo coccola e vizia come avrebbe fatto nostra madre. E tutto questo lo devo a Hiro.
Ok, ho preso la mia decisione! Vada come vada, non torno indietro. Sto per fare qualcosa di grave, che va contro la legge, ma non mi importa. Hiro non è l’assassino di mio padre, ed io sto solamente tirando fuori dal carcere un innocente, in modo da indirizzare la polizia a cercare il vero assassino. Non che m’ importi, ma ne va della libertà di Hiro, quindi farò il possibile e l’impossibile per aiutarlo. Anche se sono sicura che mi odierà a morte per ciò che sto per fare.
 
- Signorina Tanaka, è davvero sicura di ciò che sta affermando? -
- Sì signore, sono sicurissima. -
- Lei sa che se dichiara il falso, potrebbe finire a fare compagnia al signor Watanabe, non è vero? -
- Non sto dichiarando il falso! Vi ho solo detto come stanno le cose! -
- D’accordo. Quindi, ricapitolando, dalle sue dichiarazioni si accerta che il signor Hiro Watanabe, la sera del 16 Gennaio, giorno in cui è stato rinvenuto il corpo della vittima, Noboru Tanaka, si trovava in sua compagnia, “intima compagnia” aggiungerei, all’interno della sua camera da letto, nella stessa abitazione del sospettato. E’ corretto, signorina? -
- Sì signore, è corretto. - ripeto per l’ennesima volta, divorata dall’imbarazzo per ciò che ho dichiarato.
Quando Hiro saprà che ho raccontato alla polizia che siamo stati a letto insieme, mi ucciderà! So che con me non vuole avere niente a che fare da quel punto di vista, ma che altra scelta avevo per liberarlo, se non dandogli un alibi?
- Per quanto tempo il signor Watanabe è rimasto con lei, signorina? -
- Tutta la notte. Dalla fine della cena fino alla mattina dopo. - come vorrei seppellirmi! Che vergogna!
- E avete dormito tutta la notte, dopo il vostro primo rapporto, o avete avuto altri contatti di natura sessuale? - chiede senza neanche un po’ di tatto, quest’imbecille! Perché doveva capitarmi lui e non qualcuno più sensibile?
Fatti forza Keiko! Vuole capire se menti o no, e soprattutto se Hiro era davvero con te o se potresti averlo perso di vista mentre dormivi. Hai già pensato ad ogni singola risposta, prevedendo ogni più stupida domanda! Coraggio!
- Non abbiamo dormito tutta la notte, ci sono stati altri momenti di…intimità. - sussurro imbarazzata fino alla punta dei capelli. Credo che andrò a fuoco o sarò vittima di infarto molto presto se continuo così!
- Bene, e quante volte? - chiede ancora, raggelandomi il sangue.
- Vice Sovrintendente, non crede che questa sia una domanda troppo confidenziale da rivolgere ad un’adolescente? Non penso che il numero delle volte sia attinente ai fini di determinare l’alibi, quanto piuttosto il tempo trascorso insieme. - interviene il padre di Hiro, presente anche lui. Grazie al cielo direi!
- Commissario Watanabe, vorrei ricordarle che si trova in questa stanza come semplice “accompagnatore” della ragazza, e non come elemento in servizio, considerando che l’indagato è suo figlio. Quindi la pregherei di non interrompermi nuovamente, o mi vedrò costretto a farla accomodare fuori. - lo riprende il suo capo. Stronzo! - Ritornando a noi, signorina Tanaka, sorvolando momentaneamente sulla precedente domanda, quante ore siete stati svegli e quante a dormire? - eh? Di solito, uno conta le ore? Boh, chi cavolo le sa queste cose! Io non sono mai stata con nessuno. Che accidenti rispondo?
- Non so dirle. Non ho passato il tempo a guardare l’orario, anche perché nella mia stanza non ho un orologio. Utilizzo quello sul display del cellulare quando voglio sapere che ore sono. - invento al volo. Vedo i suoi occhi assottigliarsi e guardarmi malamente. Questo vuole fregarmi. Non sono un genio, ma le sue domande sembrano fatte per farmi contraddire, ma non ci cado! Sono mezza morta dalla vergogna per ciò che sto facendo, ma non ho intenzione di mollare! Lo devo ad Hiro.
- Come può affermare di aver passato tutta la notte col signor Watanabe? Siete stati svegli a veder sorgere l’alba? Avrete pur dormite qualche ora, no? E’ assolutamente sicura che, in quel frangente, non sia rimasta da sola in camera, senza accorgersene? - eccola la domanda con cui vuole fregarmi.
- Hiro ha dormito, io invece no. Ero troppo tesa ed agitata, perché il giorno dopo sarebbe ricominciata la scuola, e temevo la reazione dei miei compagni di classe, a cui non sono mai andata a genio. - rispondo sicura, provando a non far trasparire dubbi o insicurezze dal mio tono. Non è facile convincere questo tizio.
- Quindi, lei sta dicendo di non aver dormito tutta la notte? Nemmeno mezz’ora? - chiede irritato.
- Soffro d’ insonnia. Soprattutto dopo quello che è accaduto con mio padre. Può chiede alla psicologa che mi segue. - rispondo tranquilla. Stavolta non ho nemmeno mentito. Dormire mi è difficile, mi sveglio talmente spesso che vorrei fosse subito giorno, per alzarmi.
- Psicologa che, guarda caso, è la madre dell’indiziato. -  constata sveglio e sospettoso. - Comunque sia, è sicura che il signor Watanabe non si sia mosso un solo minuto dal suo letto, a quanto pare. E’ un alibi di ferro il suo. - approva infastidito.
- Se sia un alibi di ferro, sta a lei deciderlo. Io ho solo detto dove si trovava Hiro quella sera, e non era di certo ad uccidere mio padre. -
- Perché si è decisa a riferirlo oggi, dopo quattro giorni, e non nell’immediatezza dell’arresto? -
- Perché…io ho già un ragazzo. Mi creava imbarazzo far sapere in giro che lo avevo tradito, ma non potevo permettere che Hiro pagasse per qualcosa che non ha fatto, solo per la mia reputazione, che dopo oggi ne verrà irrimediabilmente intaccata. Preferisco i giudizi della gente, che sentirmi in colpa per non aver detto la verità. -
Dopo la mia spiegazione sembra scrutarmi attento. Quest’uomo mette soggezione, o forse sono io che, avendo la coda di paglia, lo vedo così.
- Si suppone, quindi, che il signor Watanabe abbia sempre affermato di essere rimasto a casa a dormire, senza specificare dove e con chi, per salvare la sua reputazione? -
- Credo proprio di sì. -
- Va bene, signorina Tanaka, può andare adesso. Farò mettere agli atti le sue dichiarazioni. Commissario Watanabe, accompagni fuori la ragazza. - ordina atono, mentre rilegge e firma dei fogli.
- Andiamo Keiko, ti accompagno a casa. -
- La ringrazio. -
 
- Kimiko non sa che sei qui, vero? - mi chiede, una volta fuori dalla centrale di polizia.
- No. Non ho detto niente a nessuno. -
- Capisco. Hai fatto un gesto davvero nobile assumendoti una tale responsabilità. Lo sai? -
- Io…ho solo detto la verità. -
- Andiamo figliola, con me non serve fingere. So che tra te e mio figlio non c’è stato nulla. - mi spiazza.
- Ma…come può affermalo, scusi? -
- Perché mio figlio me lo avrebbe detto, o lo avrei anche solamente intuito dal suo sguardo. - spiega sorridendo. Che intende dire che lo avrebbe capito dal suo sguardo? Perché sono tutti così enigmatici?
- Non andrà a dirlo al suo superiore, vero? - chiedo preoccupata.
- No, non lo farò, anche se non è corretto, visto il mio lavoro, ma è pur sempre di mio figlio che si parla, e mi fido di lui. Se ha detto che è innocente, io gli credo, quindi grazie per ciò che hai fatto. Non immagino nemmeno quanto ti sarà costato, e credimi, te ne sono infinitamente grato. -
- Sono io che devo ringraziare lei e la sua famiglia. È grazie a voi se sono viva, soprattutto grazie a suo figlio. Gli devo la vita, e questo è forse l’unico modo che ho di ricambiare. -
- Ancora grazie di cuore, Keiko. - ripete commosso, abbracciandomi.
Speriamo che il mio gesto serva e che non sia stato vano. Già so cosa mi aspetta, soprattutto con Nobuo, ma pazienza. Non credo nemmeno sarà questa grave perdita. Preferisco starmene chiusa in casa, da sola, come ho sempre fatto. Riguardo agli insulti a scuola, beh, ci sono abituata a sentirli. Per loro sono sempre stata una poco di buono. Quelli che mi auguro di evitare, sono gli insulti di Hiro. Ricordo fin troppo bene le sue parole, le sue offese, i suoi gesti, le sue mani sul mio collo…
Speriamo in bene.
 
 
                                                                ****************
 
 
Quattro maledettissimi giorni passati in galera senza aver fatto nulla. Accidenti! Anche da morto fa danni quel bastardo!
Voglio uscire da qui! Voglio tornare a casa, voglio tornare da Keiko. Conoscendola si sentirà responsabile, maledizione! Che posso fare? Cosa??? Sono ore che mi scervello, ma non mi viene in mente nulla. Chi può avere ucciso quel maledetto? Se lo scoprissero, sarei scagionato subito!
- Watanabe, sei libero. Puoi andare. - mi informa un’agente, aprendo la cella.
- Come? - domando sorpreso, come caduto dalle nuvole.
- Hai un alibi. Non sei più sospettato. Ringrazia la tua ragazza! -
La mia che???
Seguo, senza altre domande, l’agente fino ad un ufficio, dove trovo mio padre ad aspettarmi.
- Hiro! Sei libero figliolo! - mi accoglie lui, abbracciandomi.
- Hanno trovato l’assassino? -
- No, Keiko ti ha fornito un alibi. -
- Lei che? -
- Ha dichiarato che quella sera eravate insieme. Puoi capire in che senso... -
- Cosa? No, non lo capisco il senso! Che ha fatto quella sconsiderata? - sbraito sconvolto.
- Vieni, è meglio parlarne fuori. - sostiene, guardandosi intorno in modo sospetto. Quando finalmente usciamo e siamo in macchina, mio padre mi racconta per filo e per segno ciò che ha fatto Keiko.
- Davvero ha fatto questo? Ma è impazzita?! Adesso tutti la additeranno per quello che non è! - esclamo incavolato.
- Sa a cosa andrà in contro, ne abbiamo parlato, ma ha preferito così, sicura anche lei, come me e tua madre, che tu fossi del tutto estraneo alla morte di suo padre. E’ stato un gesto ammirevole da parte sua e che non dimenticherò. - ammette commosso.
- Un gesto sconsiderato! La massacreranno quando si saprà. -
- E tu stalle accanto, più che puoi. Anche perché se ha fatto una cosa del genere non l’ha fatta per semplice gratitudine. -
- Che intendi dire, papà? -
- Che per me, quella ragazza, prova qualcosa che va oltre la gratitudine nei tuoi confronti, magari sbaglio. -
- Qualcosa di che tipo? - chiedo interessato.
- Sta a te scoprirlo, figliolo. -
Grande, prima tira il sasso e poi nasconde la mano.
 
Quando arriviamo a casa, trovo mia madre ad aspettarmi in lacrime.
- Hiro! Che bello riaverti a casa! - mi abbraccia, senza nemmeno farmi entrare.
- Così mi stritoli, mamma! -
- Scusami tesoro. È che sono così felice che sia tutto finito. -
- Non è esattamente tutto finito. - interviene mio padre.
- Per me sì! Chiunque sia stato ad uccidere quell’uomo, non m’ importa! Mi interessa che mio figlio sia scagionato. -  
- Dove sono gli altri? – chiedo, non vedendoli.
- Sono a scuola. Stamattina non sapevamo ancora che saresti tornato, io l’ho appena saputo dal tuo avvocato. Piuttosto, potevi anche dirlo che stavi con Keiko, soprattutto quella sera! - mi rimprovera severa.
- Non sto con Keiko, mamma. - rivelo rammaricato. Magari stessimo davvero insieme.
- Non capisco. Tuo padre ha detto che eravate insieme. Non sarete solo “amici di letto” vorrei sperare! -
Amici di letto… termine più antiquato non poteva usare.
- Non siamo nemmeno quello. - rispondo atono, entrando in cucina a bere un succo.
- Ma come… che significa? - chiede confusa, rivolta a mio padre.
- Che sia una cosa che rimanga tra queste quattro mura Kimiko, ma Keiko ha mentito. Nostro figlio e lei non erano insieme quella notte, ma lei ha dichiarato questo per fornirgli un alibi. - le spiega papà.
- Ma ha dichiarato il falso! E se lo scoprissero? -
- Io di certo non andrò in giro a smentirlo, mamma! Come credo né tu e né papà farete. Nessuno può smentirlo visto che mi trovavo a casa a dormire per i cavoli miei. Ho solo cambiato stanza in cui dormire… diciamo. -
- Ovvio che non aprirò bocca, però, prendersi una tale responsabilità… Quella ragazza mi stupisce ogni giorno di più. A forza di accollarsi tutte queste responsabilità, finirà con il restarne schiacciata. - dice pensierosa.
- Che intendi dire? -
- In questi anni, Keiko ha subito parecchie pressioni psicologiche. Ha avuto tutto sulle sue spalle fino a poche settimane fa. Questo periodo dovrebbe essere quello in cui sentirsi libera, invece si carica di altro peso. Hai idea di quello che accadrà appena si verrà a sapere che eravate insieme, senza che sia la verità tra l’altro? Soprattutto visto che è fidanzata. -
- La distruggeranno, lo so. -
- Dovremo starle molto vicino. Ne avrà bisogno. -
Quando lei e Shinji tornano, si stupiscono non poco di trovarmi a casa.
- Fratellino! Non ci credo… sei qui! Ma com’è possibile? Hanno trovato l’assassino? - chiede lui, abbracciandomi entusiasta, mentre Keiko se ne sta in disparte a testa bassa.
- Scusami, chiedi a mamma e papà. Io e questa signorina qui dobbiamo fare un discorsetto. - spiego solamente, mollando lì mio fratello che mi guarda confuso e trascinando Keiko in camera sua.
 
- Si può sapere che ti è saltato in mente? Ti rendi conto che se scoprissero che hai mentito arresterebbero anche te per falsa testimonianza? – esplodo, furioso al sol pensiero che ci sbattano davvero lei in carcere. Gli sono grato per ciò che ha fatto, ma ho paura delle conseguenze.
- Se nessuno di noi parla non lo scopriranno mai. Se eri davvero a casa nessuno può dire il contrario. -
- Certo che ero a casa! Dove avrei dovuto essere di notte? -
- Non so… magari da una delle tue tante ragazze… - sostiene sbuffando.
Sbaglio, o noto una punta di gelosia nelle sue parole?
- Non ero con nessuna ragazza. Ero qui, nella stanza accanto la tua. Però mi chiedo come tu possa essere sicura che non sia stato io, se non sai dove mi trovassi realmente. -
- Non importa sapere dov’eri. So che non sei stato tu, tanto mi basta. - afferma sicura.
- Perché ne sei convinta? -
- Perché il mio istinto dice che non sei un assassino che uccide a sangue freddo. E’ vero che stavi per ucciderlo quel giorno, quando lo abbiamo incontrato, ma eri stato provocato e comunque ti sei fermato. Dubito tu sia andato a cercarlo in piena notte, in casa della sua… bah, non so come chiamarla… amante? Puoi essere stato il peggiore dei miei tormenti a scuola ma non sei certo un assassino. – sostiene, guardandomi dritto negli occhi e riempiendomi il cuore di gioia. Si fida. Lei si fida di me, tanto da rischiare di mettere nei guai perfino se stessa. D’istinto la prendo tra le braccia, stringendola a me.
- Ti sono grato per la fiducia. Non sai nemmeno quanto questo significhi per me! Speriamo solo non lo vengano a sapere a scuola. Gestire quegli idioti non sarà facile, ma gli conviene stare al loro posto se non vogliono una testata sui denti. - soprattutto se oseranno offenderti. In quel caso non prometto di non uccidere davvero qualcuno, specialmente Nobuo. Una sola parola e gli cambio i connotati!
- Ah… beh… sì… speriamo non lo sappiano...  - risponde irrigidendosi e staccandosi dall’abbraccio. E ora che le prende?
- Ehi, tutto bene? - le chiedo, notando il pallore del suo viso.
- Benissimo. Scusami, è che ho mal di testa. Vorrei riposare un po’. -
- Ok… ti lascio riposare allora. Ci vediamo dopo. - la saluto uscendo dalla sua camera. Rimango stranito qualche istante, osservando la sua porta. Ho forse detto qualcosa che non andava? O magari aveva davvero mal di testa. Comunque, quando starà meglio le parlerò con più calma. Abbiamo molte cose di cui parlare e stavolta non ci sarà quel maledetto di suo padre ad interromperci.
 
 
                                                               ********************
 
 
“Speriamo solo non lo vengano a sapere a scuola. Gestire quegli idioti non sarà facile, ma gli conviene stare al loro posto se non vogliono una testata sui denti” ha detto così.
Ovviamente il suo unico cruccio è che lo scoprano a scuola. Sarebbe uno scandalo se si spargesse voce che è stato con me. Che mi aspettavo poi? Che mi ringraziasse? Mi ha solo aggredito con un “ma che ti è saltato in mente?” Non che volessi per forza un grazie, ma almeno un po’ di gratitudine per averlo tirato fuori da lì, sputtanandomi di fronte mezza nazione, perché si saprà, purtroppo. Anzi, non mi stupirei se già i tg ne stessero parlando. I giornalisti ci sguazzano in queste cose.
In queste settimane la mia vita è stata sbattuta su tutti i canali e giornali giapponesi. Tutti conoscono la povera e sventurata Keiko Tanaka, vittima della violenza del padre ubriaco. Però dalle prossime edizioni, i titoli cambieranno da sventurata a sgualdrina, e chissà quanti filmini mentali si faranno quegli imbecilli. Magari uscirà fuori un esercito di amanti, ma non m’ importa. Mi sento in pace con me stessa adesso. Ho ricambiato il favore ai Watanabe per aver accolto me e mio fratello tra di loro. Se Daiki è felice lo sono anch’io, anche se per tutti sarò una poco di buono. Mi spiace solo per Nobuo, che verrà considerato un “cornuto”. Se ne farà una ragione. Spero solamente che Hiro non sia troppo arrabbiato per quel che ho fatto, e comunque, perché dovrebbe interessarmi? L’ho aiutato! Dovrebbe solo essermi riconoscente!
Basta farsi tanti problemi, Keiko! Hai fatto la cosa giusta, che gli piaccia o no! Però, se è così, perché mi sento così triste? Perché sto piangendo senza nemmeno accorgermene?
 
Il giorno dopo avviene tutto ciò che avevo previsto ieri. A scuola non si parla d’altro. Hanno già saputo tutto. Appena varcato il cancello sono cominciati gli sguardi maliziosi e i vari mormorii. Non oso immaginare in classe.
- Lasciali perdere, si stancheranno presto. - mi rassicura Shinji, che mi sta accanto. Hiro non è con noi, ci siamo divisi appena arrivati perché è passato dal preside.
Ci avviciniamo alla mia classe, ma a metà strada incontriamo Nobuo, che non ha un’ espressione molto amichevole.
- Sei una puttana! - esclama, dandomi uno schiaffo così forte da farmi perdere l’equilibrio. Per fortuna Shinji mi afferra in tempo per non cadere.
- Keiko, tutto bene? - mi chiede preoccupato, ma annuisco solamente, troppo scossa per rispondere. Non mi aspettavo un tale colpo da lui.
- Bene, perché adesso devo spaccare la faccia a questo stronzo! - dichiara incavolato, allontanandomi e facendo per colpire Nobuo.
- No! Fermati Shinji! - lo blocco, tenendolo per un braccio.
- Ma sei impazzita? Ti ha picchiata e offesa, e non dovrei fargliela pagare? -
- No. Ha le sue ragioni in fin dei conti, lascia stare… ti prego. -
Non posso certo dargli torto se pensa ciò che ha detto. Davanti gli occhi di tutti l’ho tradito con Hiro.
- Almeno sai di essere una puttana in piena regola, brava! Ora capisco perché non volevi stare con me. Ti facevi scopare da quel bastardo di Watanabe! Mi fai schifo! Avevo ragione quando dicevo che per scoparti bisognava picchiarti e maltrattarti. Magari sei quel genere che ama le fruste e le manette. Peggio delle troie. Complimenti! - mi vomita addosso maligno.
- Ma dico… lo hai sentito?! Dovrei fargliela passare liscia? -
- Shinji, non fa niente. Andiamo in classe. - lo prego nuovamente, trattenendolo ancora per il braccio.
- Ok, come vuoi. -
- Ma che brava che sei Keiko! Con quel visino d’angelo tieni in pugno due fratellini. Te li scopi entrambi? A turno o contemporaneamente? - a queste parole non ho tempo di rispondere perché vedo solamente Nobuo crollare a terra, colpito da un pugno… di Hiro?!
- L’unica puttana che conosco è tua madre visto il figlio che ha partorito! Prova a ripeterle una cosa del genere e ti faccio a pezzi! - lo minaccia lui, mentre intorno a noi iniziano a radunarsi gli altri studenti, incuriositi dalla lite.
Hiro si volta a guardarmi e la sua espressione cambia da arrabbiato ad incazzato nero. Speriamo non se la prenda con me per le parole di Nobuo.
- E’ stato lui? - chiede al fratello, indicandomi. Si riferisce allo schiaffo suppongo.
- Sì. Volevo dargli una lezione, ma lei me lo ha impedito. - grazie Shinji, per la tua solidarietà!
- Vieni con me, Kobayashi. Adesso ci facciamo quattro chiacchiere! - lo informa, prendendolo di peso per un braccio mentre è intento a fermare il sangue che gli cola dal naso.
- Hiro aspetta! Che hai intenzione di fare? - lo fermo preoccupata. Ora come ora è pericoloso lasciarsi andare ad atti di violenza. Non credo che la polizia prenderebbe bene una denuncia contro di lui.
- Lo so a cosa stai pensando. Tranquilla, lo porto solo dal preside a spiegargli cosa è successo. Vai a metterci un po’ d’acqua fredda. Shinji, accompagnala tu. - ordina severo ad entrambi. Beh è stato solo uno schiaffo, non credo che sarà chissà cosa, esagerato.
Shinji mi accompagna in bagno, facendo attenzione che non ci sia nessuno dentro, essendo il bagno delle ragazze. Appena mi guardo allo specchio mi stupisco non poco del labbro spaccato e sanguinante, e del viso arrossato. Sono talmente abituata a prenderle, che non capisco neanche più quando uno schiaffo è leggero o meno. Shinji mi aiuta a tenerci un fazzoletto umido sopra, ma sinceramente ne farei anche a meno. Non fa neppure male. O meglio, non il male a cui sono abituata.
- Va un po’ meglio? -
- Sì. Ti ringrazio. E scusa se ci sei andato di mezzo anche tu. Mi dispiace. -
- Andato di mezzo in che senso? -
- Beh, Nobuo alludeva ad un possibile rapporto a tre. So che può essere mortificante, soprattutto per tuo fratello. -
- Non ti seguo. Mortificante, cosa? -
- Che si vociferi che abbiate una relazione con me. Mi spiace. - mi scuso mortificata.
- Cioè, fammi capire, ti spiace per noi se la gente crede che veniamo a letto con te? Dovrebbe essere il contrario guarda! Sei anche una bella ragazza. - afferma, anche se lo vedo abbastanza confuso.
- Non per Hiro. - sostengo dispiaciuta.
- E perché no? -
- Perché per lui non sono una gran bellezza, anzi, gli faccio proprio schifo. In questi tre anni non ha fatto altro che ripetermelo. So di non essere bella, quindi lo capisco il suo ribrezzo nei miei confronti. È sempre abituato a belle ragazze. Gli rovinerò la reputazione così… -
- Aspetta un po’… non è che il colpo ricevuto ti ha tramortito tanto da causarti una commozione cerebrale? O non mi spiego le tue parole, assolutamente senza né capo né coda! - esclama lui, con espressione indecifrabile.
- C’è poco da capire, Shinji. Tuo fratello era stato chiaro tempo fa: gli fa schifo anche solo l’idea di avermi vicino. Spero solamente che non sia arrabbiato con me. - spiego rattristandomi nuovamente.
Che diamine mi prende con questa tristezza del cavolo? Non ne ho motivo, dannazione! Dovrei solo essere arrabbiata, o meglio ancora: indifferente!
- Scherzi, vero? Ma non ti sei accorta che gli piaci? - chiede sbalordito, ma mai quanto me, nel sentire le sue parole.
- Ma che dici Shinji?! Si vede che non conosci bene tuo fratello! - io, piacere ad Hiro… ma quando?
- Secondo te, perché mio fratello ti sta così vicino? Solo per i sensi di colpa? -
- Non è così? - chiedo dubbiosa. In effetti me lo sono chiesta spesso anche io.
- Ti vuole molto bene, Keiko. Non lo vedi dalle attenzioni che ti rivolge? -
Hiro… che vuole bene a me? E poi, che tipo di bene? Come un’amica? Una sorella? Oppure come… una ragazza?
- Dovreste fare una bella chiacchierata voi due. Torniamo in classe ora, stanno per cominciare le lezioni. - mi avverte, scuotendo la testa. Che gli prende?
Quando usciamo dal bagno, però, quasi mi viene un colpo nel trovarmi davanti Hiro che si sbaciucchia con una ragazza, la stessa con cui l’ho visto andare via l’altra volta. Bene, adesso la parte della cornuta spetta a me, ed in tempo record direi!
Lo vedo il bene che mi vuole! Così tanto da rendermi ridicola davanti a tutti!
La rabbia è tale che vorrei urlare, ma mi trattengo, facendo dietrofront e andandomene, anche se non so dove. La campanella suona e tutti scompaiono nella loro classe, liberando i corridoi. Vago un po’ per l’immenso istituto, trovandomi nell’aula di musica, dove non sono mai entrata. C’è un pianoforte, in un angolo della stanza, sotto alla finestra. Da quanto non ne vedo uno. Mi avvicino con occhi lucidi per la gioia, e faccio scorrere leggero un dito sui tasti. Ha un bel suono, anche se è digitale, e non a coda con corde incrociate, come il mio vecchio pianoforte. Mi siedo sullo sgabello, osservandolo. Chissà se mi ricordo come si suona. Le note le ricordo tutte, la posizione delle dita anche, ma sì, perché non provare?
 
 
                                                               ****************
 
 
Che soddisfazione quando il preside ha sospeso quell’imbecille per una settimana! Mi sarò anche beccato un richiamo per averlo colpito a mia volta, ma ne avevo tutti i motivi per farlo, ed il preside l’ha capito, limitandosi al richiamo. È stato più soddisfacente questo che picchiarlo, almeno per una settimana non lo avrò tra i piedi!
Raggiungo Keiko e mio fratello nei bagni delle ragazze, per vedere come sta. Quel dannato ha osato toccarla malgrado le avessi promesso più volte che nessun altro l’avrebbe sfiorata. Se fossi stato presente prima, di certo non gliene avrei dato il tempo, ma se soltanto osa riprovarci, non gli finirà certo con una sospensione come oggi. Ringraziasse i Kami che sono appena uscito dal carcere e non voglio creare altri problemi ai miei, o lo avrei menato a sangue!
- Hiro! - mi sento chiamare, ma stavolta riconosco la vocetta sgraziata dell’ oca.
- Kotame?  -
- Kaname! - mi corregge stizzita.
- Ah già, Kaname. Che c’è? -
- Sono felice che ti abbiano scagionato! Lo dicevo io che era impossibile tu fossi un assassino! - esclama euforica, avvinghiandomisi addosso come un koala all’albero e baciandomi.
- Ehi! E staccati! - mi lamento, staccando questa sanguisuga e notando con la coda dell’occhio Keiko che va via, quasi di corsa.
- Bravo imbecille! Hai reso vane le mie parole! - si lamenta mio fratello.
- Che intendi dire? - chiedo confuso.
- Nulla idiota. Slinguazzati pure questa bambola siliconata mentre Keiko ci perde la faccia! - risponde, andandosene imprecando, ma che gli prende a quello scemo? Slinguazzarmi???
- Hiro, andiamo in un luogo più appartato. Ti farò dimenticare di aver fatto sesso con quella scialba ragazzetta. - ritorna alla carica l’oca. Solo alle sue parole intuisco ciò che ha detto Shinji. La gente penserà che Keiko sia stata una delle solite scopatine da una notte, e che la sto già sostituendo con la prossima. Si sentirà ancora più umiliata adesso!
- Dai Hiro… -
- Cazzo! E levati dai coglioni! Non mi interessi Kyoko, Kotame o come diamine ti chiami! Quindi piantala di venirmi dietro! Sei stata il divertimento di una notte, neanche poi così tanto piacevole. Quindi ora cercati un altro scopamico! Io sono impegnato! - dico scrollandomela di dosso e andando a cercare Keiko, anche se non so dove sia.
Quando suona la campanella inizia a regnare il silenzio, che viene però spezzato dal suono del pianoforte dell’aula di musica. Che sia…  
(se volete, ascoltate adesso la musica QUI , capirete i passaggi a cui si riferisce Hiro. ‘nda’)
Arrivo davanti l’aula di musica e la trovo lì, seduta al pianoforte, a suonare una melodia strana, mai sentita. Sembra dolce, ma anche furiosa. La vedo suonare col viso imbronciato, ed anche le sue dita sembrano volersela prendere col pianoforte, tanto scorrono veloci e potenti su quei tasti, quasi a sfogarsi su di loro, schiacciandoli con forza.
Entro silenziosamente, senza farmi sentire, così da non interromperla. Sembra molto concentrata. Resto ad osservala, mentre la prima cosa che vorrei fare è abbracciarla. Ha l’aria turbata, ma per quale motivo? È colpa mia? O colpa di Kobayashi? E che significano le parole di Shinji?
Il suono ritorna nuovamente calmo, carico di sentimenti contrastanti, o almeno è questo che mi arriva. Il suo corpo segue il ritmo delle mani e della melodia, che mantiene ancora un tono malinconico.
Quando sembra che la musica stia per finire, la sento ricominciare più dolce che mai, come se il suo cuore si fosse placato. Anche il suo viso si è disteso in un sorriso. Le dita scivolano leggere su note dall’impronta più soave e quasi romantica. Credo si sia calmata.
Finisce il pezzo ad occhi chiusi, come a godersi ogni nota finale, così come me, che l’ascolto.
- Non credevo fossi così brava. – mi decido a parlare, facendola sobbalzare.
- Hiro! Da quanto eri qui? - chiede sorpresa.
- Da quando hai cominciato, quasi. Cos’era quella melodia? -
- Nulla di particolare, qualcosa che devo aver sentito da qualche parte. - risponde vaga.
- Sembri arrabbiata. Ce l’hai con me? - tento cauto, sperando di non farla incavolare.
- Eh? No! Perché dovrei avercela con te? - risponde agitandosi e dandomi le spalle.
Ce l’aveva con me eccome, ma perché? Per Kaname? Possibile che… fosse gelosa?
- Ehi aspetta! Dove vai?! - la fermo quando la vedo uscire dall’aula.
- In classe, anche se di sicuro mi prenderò una bella nota per il tremendo ritardo. – spiega sbrigativa, andandosene del tutto e lasciandomi qui come uno stoccafisso.
Ma… ma… boh!
 
Il giorno dopo, sulla via per la scuola, noto che Keiko sta qualche metro più distanziata da noi, al contrario delle altre volte.
- Ma che cavolo le prende? - chiedo a Shinji, stranito da questo comportamento.
- A lei nulla. Che prende a te, razza di imbecille?! -
- Non sono io quello incazzato senza motivo! -
- Non credi sia un valido motivo vedere quello che dovrebbe essere il proprio ragazzo, quello per cui si è sputtanata davanti a tutti, sbaciucchiarsi un’altra? - spiega lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Ma noi non stiamo insieme, e neppure per gli altri. Sanno solamente che siamo stati a letto. Stop! -
- Magari lei preferirebbe si dicesse altro, tipo che: sì, ha tradito il fidanzato, ma perché innamorata di un altro, non perché è una che apre le gambe facilmente. La cosa assumerebbe un altro significato. -
- Ovvero, stai dicendo che dovremmo far credere di stare insieme? - domando confuso dal suo ragionamento.
- Non farlo credere, ma farlo per davvero. -
- Shinji, tu sei impazzito! Non c’è altra spiegazione! Stare insieme…c he cosa assurda! - per lei non esisto nemmeno!
- Quindi aveva ragione Keiko, quando diceva che ti fa schifo. Io credevo ti piacesse invece. Ora capisco. -
- Io non ho capito un bel niente invece! A che ti riferisci? Chi dice che Keiko mi fa schifo? -
- Lo dice lei, o meglio, ne è convinta. Dice che la credi un cesso ambulante, in parole povere. -
- Ma è scema? Non è assolutamente vero! - esclamo sconvolto, attirando l’attenzione sia di Keiko, davanti a noi, che di altri studenti.
- Ah no? Eppure mi ricordo che non facevi che offenderla, chiamandola cozza, cesso, scorfano e altri magnifici appellativi. - mi ricorda lui.
- Ma questo era prima, e lo dicevo solo per ferirla, per farla arrabbiare visto come si conciava, non perché lo credessi davvero. – specifico, abbassando la voce per non attirare ulteriormente l’attenzione.
- Peccato che lei sia convinta del contrario. E comincerei a chiedermi, al posto tuo, perché tiene tanto in considerazione il tuo parere verso il suo aspetto? A me non importerebbe nulla se una ragazza che non mi piace dicesse che le faccio schifo, a meno che non sia interessato a quella ragazza. E soprattutto, non sarei geloso vedendola con un altro. -
- Stai dicendo, che lei… prova qualcosa per me? -
Anche papà lo aveva detto, anche se non specificatamente.
- Io ti consiglio di parlarle, faccia a faccia. Ne avete bisogno. - mi consiglia lui, poco prima di entrare ognuno nella propria classe.
Durante la lezione, penso e ripenso alle parole di Shinji. Mi sembra una cosa impossibile che lei possa essere gelosa di me. E’ anche vero che molte volte si è mostrata come ingelosita, ma non l’ho mai presa sul serio. Potrebbe davvero dimenticare ciò che le ho fatto passare in questi anni, e iniziare a provare qualcosa per me? Sarebbe magnifico se così fosse! Devo parlarle!
 
Finalmente a casa, cerco un momento libero per parlare da soli, ma ogni volta qualcosa ci disturba. Mia madre, suo fratello, le liti tra la sua amica e Shinji, che a proposito, mi sembra se la intendano abbastanza, ogni momento è buono per punzecchiarsi per quei due. Comunque sia, è già ora di andare a dormire e non ho ancora potuto parlarle, ma nemmeno l’ora tarda mi fermerà stavolta! Dovessimo parlare tutta la notte, questa volta le dirò tutto! Se poi vuole mandarmi al diavolo, lo farà!
È quasi mezzanotte quando busso alla sua porta, a cui viene ad aprire già mezza addormentata.
- Che succede? - mi chiede sbadigliando.
- Possiamo parlare? -
- A quest’ora? Stavo per addormentarmi. -
- Sì, a quest’ora. È tutto il giorno che ci provo, ma ogni volta qualcuno ci interrompeva. -
- Potevi anche dirmelo domani, no? - replica accigliata.
- No, voglio farlo adesso! – esclamo, entrando nella sua stanza anche senza il suo permesso. Sbuffa e chiude la porta, andandosi a sedere sul letto.
- Ok, dimmi. -  dice annoiata.
- Perché sei arrabbiata con me? -
- Me lo hai già chiesto ieri. Non sono arrabbiata con te. -
- A me sembra di sì. - insisto. Stavolta non mollo la presa!
- Impressione tua. -
- Non è una mia impressione. Quando hai visto Kaname baciarmi, te ne sei andata incavolata. Perché? -
- Ma davvero hai la faccia tosta di chiedermi perché? Non hai visto la faccia degli altri? Poche ore prima si era saputo che io e te eravamo stati insieme, e l’attimo dopo ti vedono tra le braccia di quella Barbie mal riuscita. Non dico certo di far credere che stai con me, ma tenerlo chiuso nei pantaloni per almeno un’intera giornata ti costava tanto?! - sbotta infine, fissandomi infuriata come mai. Non posso crederci… è davvero gelosa! Shinji aveva ragione! Perché me ne accorgo solo adesso?
- Non sono stato io a baciarla. È lei che mi è piombata addosso. - spiego calmo. Voglio vedere dove arriva.
- Già, voleva violentarti magari! Ma per favore! -
- Perché non ci credi? Credi che non sia un assassino ma non mi credi se ti dico che non volevo baciarla? -
- Quello è un altro discorso. Un farfallone ed un assassino sono due cose diverse. Comunque a me non interessa! Non devi rendermi conto di nulla alla fine. Ho mentito per tirarti fuori dal carcere e basta, noi due non stiamo davvero insieme. E mai ci staremo...  – conclude, cambiando il tono arrabbiato di prima in uno deluso.
- Perché? -
- Perché cosa? -
- Perché affermi che non staremo mai insieme? Prevedi il futuro? -
- Non mi serve per sapere che sarà così. - risponde distogliendo lo sguardo dal mio.
- Ma cosa ti da la certezza che sarà così? -
- Non capisco il senso di questo giro di parole. Vieni al dunque Hiro, qual è il problema? -
- Il problema è che neghi di essere gelosa! - dichiaro lapidario. Mi sono scocciato di girarci intorno.
- Io, gelosa di te? Non vedo perché dovrei esserlo! -
Ostinata fino alla fine, eh? Allora cambiamo registro.
- Ah no? Peccato, perché io lo sono di te. - le confesso nuovamente, e stavolta sono sicuro che lo abbia sentito, non come quella volta, al telefono.
- Cosa hai detto? -
- Ho detto che sono geloso di te. Già una volta te lo dissi, per telefono, ma non credo tu lo abbia capito. Di certo lo hai rimosso, essendo accaduto il giorno in cui tuo padre ha tentato di ucciderti, lo stesso in cui ti ho baciata la prima volta, nel bagno delle ragazze. -
- Tu che? Mi hai baciata? Ma… io non ricordo nulla...  - dice confusa, portandosi una mano alle labbra.
- Non lo ricordi perché hai cancellato tutto di quel giorno, ma già da allora provo qualcosa per te, anzi, molto più di qualcosa. E credo di provarla da quando ti ho conosciuta. - le rivelo finalmente. Niente più giochi adesso. Voglio essere chiaro una volta per tutte!
- Tu… mi stai prendendo in giro, non è vero? Beh, sappi che non è divertente! - esclama irritata.
- Non ti sto affatto prendendo in giro! Perché dovrei? -
- Perché non mi hai mai sopportato! Non ti sono mai piaciuta! E, ok, mi hai aiutata, ma come tu stesso hai detto, lo hai fatto per i sensi di colpa, non perché ti piacessi. Altrimenti per quale motivo mi avresti reso la vita impossibile? Non ha senso ciò che dici! -
- Mi sono sentito in colpa, tuttora mi sento così, ma credimi se ti dico che non è solo quello che provo! Non sono i sensi di colpa ad avermi spinto a chiedere aiuto ai miei genitori, non sono stati i sensi di colpa a tenermi attaccato giorno e notte in ospedale, mentre eri incosciente, non sono i sensi di colpa ad avermi spinto ad abbracciarti, a baciarti di nascosto mentre dormi, a difenderti da tuo padre… che sì, avrei anche ucciso per proteggerti, se fosse stato necessario, ma non ho fatto nulla di tutto ciò per i sensi di colpa. – le spiego guardandola negli occhi, che vedo increduli. Così proseguo  - Era quello che credevo anch’io all’inizio ma ho capito che non era così nel momento in cui ho temuto di perderti. Lo so, sono un idiota, perché è dal primo giorno che ti ho conosciuta che mi sento attratto da te, ma ero troppo stupido per capirlo. Dopo il tuo rifiuto ad uscire con me, ne ho fatto una questione personale, non perché avevi ferito il mio orgoglio, ma perché ti volevo tutta per me, e se non riuscivo con le buone, ci sarei riuscito con le cattive. Avrei occupato ogni tuo pensiero con la mia presenza ingombrante, e così è stato. Peccato che mi si sia ritorto contro quando ho capito il significato delle mie azioni sconsiderate… -
- Quale significato? -
- Ti amo Keiko. Questo è l’unico significato di ciò che ho fatto. -
 
 
                                                               ******************
 
Non sto davvero avendo questa discussione con Hiro.
La sto sognando, non è così?
Lui non può… amarmi! È un’assurdità! Non riesco a crederci! Come può? No, è una bugia. Si sta prendendo gioco di me!
- Mi ami? Anche quando mi hai afferrata per il collo, stendendomi sul banco, dicendomi: “Maledetta puttana! Osa mancarmi un’altra volta di rispetto, come oggi, e non vedrai l’alba di domani. Mi schifa solo l’idea di averti accanto, figuriamoci pensarti come innamorata. Non devi nemmeno scherzarci su, capito brutto scorfano?!” – ripeto ogni singola parola con una stilettata al cuore, ma cerco di farmi forza - Lo dicevi perché mi amavi? Perdonami ma, mi risulta difficile crederlo. – concludo, alzandomi e dandogli le spalle. Ricordo l’odio nei suoi occhi. Non è vero che mi ama da quando mi ha incontrata. Non è vero…
- Ricordi ogni singola parola? -
- Ovvio che la ricordo. Mi hai ferita tantissimo quel giorno, oltre alla paura che mi hai fatto provare. -
- Perché ti ho ferita? – chiede, facendomi voltare.
- Cosa? Che domanda è? -
- Perché dici che ti ho ferita, dicendoti quelle cose? Cosa ti importava? -
- Non capisco dove tu voglia arrivare. - rispondo osservandolo curiosa.
- Pensaci… perché ricordi parola per parola di ciò che ti ho detto? E perché ci sei rimasta male? Nulla di ciò che ti ho mai fatto ti ha ferita, ma quelle parole sì, perché? -
Già, perché? A ben pensarci ha ragione. Quelle parole mi sono rimaste impresse come marchiate a fuoco sulla pelle, ma perché ricordo solo quelle frasi, e non le volte che mi faceva cadere, gli schiaffi che mi dava quando gli rispondevo e nemmeno i dispetti che mi faceva?
- Lo sai perché le ricordi, Keiko? - mi domanda avvicinandosi, forse troppo.
- Perché? - chiedo incerta, facendo un passo indietro, mentre lui avanza sempre più verso me. Proseguiamo così finché non mi trovo con le spalle al muro. Inizio a sentirmi nervosa, perché?
- Perché anche tu, già da allora, provi qualcosa per me, e lo dimostra la tua gelosia. Ammettilo. -  soffia ad un palmo dal mio viso, facendomi salire il cuore in gola.
- Io… non sono gelosa. E tu hai confuso i sensi di colpa con l’amore. Di sicuro! - insisto, ma più insicura rispetto a prima.
- Non sono sensi di colpa, dannazione! La voglia che ho di te mi sta uccidendo, Keiko! - urla arrabbiato, dando un pugno al muro, vicino al mio viso, facendomi sobbalzare, non so se per la paura o per altro  - Come diavolo devo fartelo capire? –
Le sue parole mi lasciano davvero sconvolta. Ha detto che ha voglia di me? Me??? Perché sentirglielo dire mi provoca uno strano malessere? Mi sento lo stomaco sottosopra, come se tutto il mio corpo si stesse ribellando contro di me. Mi fa male perfino il petto tanto galoppa il cuore. Sarà mica un infarto invece?
No, non essere stupida Keiko, sai cos’è, ma lo neghi, per paura. Paura di essere una goccia nell’oceano, una tra le tante, per lui.
- Non sono una di quelle bamboline che ti porti a letto, Hiro. Cambia le tue voglie, perché io non voglio rientrare nei tuoi giocattolini usa e getta. - rispondo triste.
- Lo so bene questo. Per questo voglio te. Dammi una possibilità Keiko, diventa la mia ragazza. Non ti voglio per una notte, ti voglio sempre! Solo tu e nessun’altra. Ho bisogno di te, come dell’aria che respiro. E’ sempre stato così, da sempre...  - mi supplica disperato, poggiando la fronte contro la mia.
Cosa faccio?
Che devo fare?
Posso fidarmi?
Cosa provo per lui?
Tante domande, troppe, mi affollano la mente. Mi sento confusa, stordita, incapace di connettere pensieri sensati.  Chiudo gli occhi, beandomi del suo profumo, a cui non avevo mai fatto caso. Mi piace, trasmette sicurezza, tranquillità, non è forte e fastidioso. Mi aiuta a pensare. E penso che ho paura, tanta, ma posso farmi condizionare la vita dalla paura?
Solo una frase riesco a pronunciare nel mare del caos in cui mi sento immersa…
- Non ferirmi… mai più! - gli chiedo in lacrime, conscia che le mie parole hanno un unico significato, che lui coglie subito.
- Te lo prometto! - mi giura, poggiando subito le sue labbra sulle mie, delicatamente. Mi allontana dalla parete, infilando una mano dietro alla mia schiena per stringermi a sé, mentre l’altra mano sale dietro la mia testa. Mi schiaccia contro il suo corpo, mentre le sue labbra iniziano a muoversi dolcemente sulle mie, lasciandovi delicati baci. Mentre mi lascio andare, ricambiando il suo abbraccio, mi sembra come di vivere un déjà- vu. Sono sensazioni che ho già vissuto. Piano piano ricordo frammenti scommessi di ciò che è accaduto, il che mi spinge a scostarmi da lui confusa.
- Keiko… -  mi chiama con tono deluso, pensando sicuramente voglia allontanarlo.
- Mi ricordo di questo… -  chiarisco subito, con le pulsazioni a mille. Mi ricordo di me schiacciata contro il lavandino, del suo bacio forzato al quale però ho risposto, della sua erezione contro la mia gamba, le sue mani che mi toccavano. Come accidenti ho fatto a scordarlo?
- Ti ricordi del bacio? -
- Sì, ma ho paura del resto. - confesso spaventata. Non voglio ricordare cosa è accaduto dopo.
- Non ricordarlo allora, non serve più. Lui non esiste più. - mi rassicura, asciugando la lacrima solitaria scappata dai miei occhi. Annuisco, e stavolta sono io a sporgermi per baciarlo, ma è lui a scostare me.
- Stai bene? - mi chiede preoccupato, notando un’altra lacrima.
- Voglio stare bene. Fammi stare bene… -  gli chiedo, con disperazione, mentre purtroppo tutti i ricordi riaffiorano uno dietro l’altro, come una reazione a catena che non riesco più a fermare.
Lo sa. Lui lo sa, lo vedo da come mi guarda, ma non aggiunge altro, ha capito che non voglio parlarne, così ritorna a baciarmi, ma lo fa con più impeto, premendo una mano sulla mia nuca per spingermi maggiormente contro le sue labbra, finché la sua lingua cerca un varco nella mia bocca. Lo ottiene subito, senza esitazione, e lo sento invadermi con urgenza, con fremente bisogno. Lo assecondo, ricambiando un bacio poco romantico, ma carico di passione. Ci baciamo per minuti interminabili, e che a me sembrano ore, sempre stretti l’uno all’altro. E mentre la mia mente inizia ad allontanare i ricordi spiacevoli, la sua mano scende verso il mio fianco, infilandosi sotto la maglia del pigiama. Il contatto della sua mano fredda mi fa venire la pelle d’oca, rendendomi più sensibile al suo tocco.
Dopo lunghe carezze, arriva su un mio seno, stringendolo con delicatezza, ma anche con fermezza. Lo massaggia, lo accarezza, stuzzicandolo nei suoi punti più sensibili. Un gemito mi sfugge incontrollato contro la sua bocca, mentre lo sento spostarmi dalla posizione in cui siamo. Urto contro qualcosa che intuisco essere il letto, sul quale mi lascio stendere. Lascia la mia bocca per scendere verso il collo, rubandomi altri gemiti.
Mi sento andare a fuoco, la testa è annebbiata, l’addome contratto come a bloccare qualcosa che mi sento nascere dentro. Parte dal ventre, per arrivare al cervello, facendomi perdere il contatto con la realtà, e più lui mi bacia, più sento questa sensazione. È desiderio? Sì, non può che essere questo. Mai, coi baci di Nobuo, ho provato simili sensazioni. Sentivo che era sbagliato stare con lui, ma non ne capivo il motivo. Il mio cuore, invece, sapeva già il perché.
Con un gesto rapido mi toglie la maglia, lasciando il mio petto nudo alla sua vista. Di colpo, le sensazioni di prima diminuiscono, sopraffatte dall’imbarazzo, ma non scompaiono. D’istinto, però, mi porto le braccia a coprirmi, mi sento a disagio. E’ la mia prima volta, mi sento in difficoltà.
- Non coprirti... sei così bella… - mi sussurra dolcemente.
- Hiro… per me… questa è… -  tento di spiegare imbarazzata che è la mia prima volta, però sono troppo agitata per farlo. Lui sembra intuirlo comunque. Mi sorride e mi da un leggero bacio.
- Tranquilla… farò piano. - mi rassicura, ricominciando a baciarmi, mentre allontana le mie mani per mettervi sopra le sue. E di nuovo il suo tocco, più deciso e mirato a farmi gemere ancora, mi riporta la stessa sensazione di poco fa: il desiderio. Lo voglio con tutta me stessa!
Passo dopo passo, carezza dopo carezza, il mio corpo e la mia mente si abbandonano a lui.
Ogni sospiro ha un senso.
Ogni frase ha un significato.
Ogni carezza ha un valore.
Adesso fa parte di me, e non potrei esserne più felice. Nemmeno il dolore scalfisce la gioia che sento tra le sue braccia, mentre mi ama, mentre mi ripete che sono solo sua, mentre mi stringe protettivo a sé, con la promessa silenziosa che si occuperà del mio cuore, e che non permetterà più a nessuno, nemmeno a se stesso, di ferirlo ancora. Ed è con questa promessa che mi abbandono serena al sonno, cullata dal calore del suo abbraccio. Quel calore che ho sognato e di cui adesso ne capisco il significato.
 
“Ascoltare l’urlo sordo del mio cuore” dicevi, non è vero mamma?
L’ho appena fatto, e quel grido invocava disperato il nome di Hiro, ma tu questo lo sapevi già, non è così?
Grazie per aver messo sulla mia strada questo stupidone, che tanto mi ha fatto soffrire, ma che tanto mi sta dando adesso. Grazie, perché mi hai sempre vegliato, anche se me ne accorgo solo adesso.
Non sono mai stata sola, e mai più lo sarò.








Salve ^_^ chiedo scusa per il ritardo nell'aggiornare.
Volevo informarvi che manca un solo capitolo alla conclusione della storia, quindi ringrazio coloro che hanno letto, seguito e recensito la storia ^_^ grazie ^_^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Vivere per esser felici. ***


 
- Every breath you take. Every move you make. Every bond you break. Every step you take. I’ll be watching you. -
Una musica assordante mi strappa dal piacevole sogno che stavo facendo. Che cavolo è? Proprio ora che sognavo di fare l’amore con Keiko, accidenti!
Irritato, e sul piede di guerra contro quell’idiota che rompe i coglioni con la canzone dei Police a quest’ora, apro gli occhi, stupendomi però, di non trovarmi nella mia stanza e nel mio letto.
- Scusami! La sveglia ha suonato proprio mentre ero in bagno! - esclama Keiko, che entra tutta trafelata a spegnere la musica dal cellulare. La guardo ad occhi sgrati, ricordando solo ora di essere nella sua stanza.
Non era un sogno! Non stavolta!
- Buongiorno! - mi sorride raggiante, piegandosi su di me per darmi un bacio.
- Sei proprio vera! - mi lascio sfuggire.
- Eh? -
- Non ho sognato quello che è accaduto stanotte, vero? - domando per sicurezza.
- Considerando che sei ancora nudo tra le lenzuola del mio letto, direi di no! - ridacchia allegra.
La osservo, trovandola quasi irriconoscibile dalla Keiko dei giorni scorsi, anzi, di questi anni. La tiro su di me, baciandola quasi con disperazione. Non riesco ancora a crederci!
- Se vuoi un bis, ti informo che non ne abbiamo il tempo. Dobbiamo andare a scuola. - dice affannata, quando ci separiamo.
- Che ore sono? -
- Le sette. -
- Che palle! - sbuffo infastidito. Avrei preferito di gran lunga stare abbracciato a lei tutto il giorno.
- Su, alzati! Così rifaccio il letto. -
- Sissignora! - rispondo alzandomi e cercando i miei vestiti, che trovo ben ripiegati sulla sedia.
- Ma da quanto sei sveglia? - chiedo curioso, notandola già vestita.
- Da un paio d’ore. -
- Perché? Non ti senti bene forse? - chiedo preoccupato.
- Fisicamente sì, se ti riferisci a quello… -  dice arrossendo.
- Quindi, qual è il problema? - non sarà pentita???
- Ho ricordato tutto, e non è affatto piacevole. - sospira triste.
- Mi dispiace. Vuoi parlarne? -
- C’è poco da dire. È praticamente ciò che ha raccontato Daiki, ma con l’aggiunta dei particolari. -
- Cosa posso fare per aiutarti? - le chiedo dispiaciuto nel vederla così abbattuta.
- Quello che hai sempre fatto: stammi accanto. - dice abbracciandomi.
- Sempre. - le assicuro, stringendola a me.
Non mi sembra ancora vero ciò che è accaduto. È qui, abbandonata tra le mie braccia, abbiamo fatto l’amore, ricambia i miei sentimenti, anche se in effetti non l’ha proprio detto espressamente, ma se così non fosse non si sarebbe concessa a me. Non è il tipo che lo fa tanto per. Però, ammetto che mi piacerebbe sentirle dire che mi ama, ma non la forzerò se non se la sente.
- So a cosa stai pensando con quell’espressione persa nel vuoto. - sostiene sorridendo.
- Espressione persa nel vuoto? E che pensavo, sentiamo… -  la sfido interessato.
- Vuoi sentirtelo dire! - afferma convinta. Possibile abbia davvero capito cosa pensavo?
- Cosa? -
- Quello che provo per te. -
Lo ha capito davvero. Non posso crederci! Può sembrare assurdo, ma la cosa mi fa piacere, perché vuol dire che sa leggermi dentro, come io ho imparato a fare con lei.
- E cosa provi per me? -
- Tu cosa credi che provi? -
- Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda! - le faccio notare indispettito.
- Hai ragione. Allora sarò più chiara, nel caso ne dubiti dopo stanotte… Ti amo Hiro! E ancora mi chiedo come sia possibile provare un tale sentimento dopo ciò che è accaduto tra di noi in questi anni. -
- Semplice! Ti sei innamorata di me il primo giorno che mi hai visto. La mia incommensurabile bellezza ti ha stregato subito e ne sei rimasta vittima anche negli anni successivi! - scherzo sollevato.
- Che sbruffone che sei! - ride allegra, ricambiando il bacio passionale che le do prima di lasciare la sua stanza e recarmi in bagno per una doccia.
 
Poco dopo siamo già per strada, diretti a scuola. Oggi siamo solo io e lei, Shinji non aveva voglia di venire, tanto per cambiare. Arriviamo all’istituto mano nella mano, cosa che tutti notano e di cui si stupiscono. Vedo Keiko a disagio, così le stringo con più decisione la mano, per farle capire di stare tranquilla. Nessuno oserà più offenderla da adesso in poi.
Arrivati in classe troviamo gli altri a parlottare tra di loro, ma quando vedono le mie occhiatacce si zittiscono all’istante.
- Hiro, allora è vero che adesso tu e Tanaka state insieme. - dice uno di loro.
- Sì Abe, Keiko è la mia ragazza adesso. - confermo, fiero di poterlo dire ad alta voce.
- Ma come, ti sei fatto mettere le catene al collo? E che ne sarà della tua fama da playboy che tutte ammiravano? -
- La lascio a chi ne è interessato, semplice, no? -
- Però… come siamo cambiati, “capo”. E pensare che prima non facevi che tormentarla. - sostiene Juro, con un tono che non mi piace per nulla. Dopo la storia della palestra non ci siamo più rivolti la parola.
- Già. Invece adesso te la scopi. Evidentemente quel giorno, negli spogliatoi, deve averti aperto “le porte per il paradiso” questa qui, anche se a guardarla non si direbbe, ma è da quel giorno che sei cambiato. Piacerebbe provare anche a me, dev’essere eccezionale se ti ha cambiato tanto! - gli da manforte Kenji.
- Tu prova anche solo ad avvicinarti a lei, Kenji, e non avrai più un cazzo per pisciare. Mi sono spiegato bene? - lo minaccio fronteggiandolo, ad un palmo dal suo viso.
- Che volgarità, amico! Tranquillo, non servono le minacce. Non siamo affatto interessati a lei, non rientra nei nostri canoni , quindi tienitela pure stretta. Andiamo fratello, abbiamo di meglio da fare. - dice Juro, prendendo il fratello sottobraccio ed andandosene. Stronzi! Ed io più di loro che li sopportavo.
- Scusami, hai perso i tuoi amici per colpa mia. - mormora Keiko, dispiaciuta.
- Stai scherzando, vero? Quelli ti sembravano amici? Bastardi del genere è meglio perderli che trovarli! Sediamoci ora, che sta per arrivare il prof. - la tranquillizzo, facendola sedere accanto a me dopo aver chiesto uno scambio di posti alla ragazza sedutami vicino.
La giornata passa tranquilla, Keiko al mio fianco sembra più serena. Stiamo per tornare a casa, quando la solita oca viene a cercarmi.
- Cosa vuoi Kaname? - chiedo infastidito, mentre Keiko sembra fulminarla con gli occhi.
- Ho sentito che ti sei messo con… questo sgorbio qui. Non è la verità, è così? -
- Credo che con la parola sgorbio volessi descrivere te stessa, vero Kaname? Comunque ti hanno informato bene, Keiko è la mia ragazza. Problemi? -
- Ma come puoi preferire lei a me? L’hai vista? E poi non credo saprebbe soddisfare le tue voglie, sembra una povera sfigata uscita dal Diario di Bridget Jones! - afferma velenosa. Sto per risponderle, quando Keiko mi anticipa.
- Stai insinuando che tu riusciresti a soddisfare tutte le sue voglie sfrenate? - le chiede, sotto il mio sguardo perplesso. Dove vuole arrivare?
- Ovvio che sì! - risponde sicura la bambola siliconata.
- Quindi ti stai dando della puttana, complimenti! - la sorprende Keiko, e me con lei.
- Cosa? Ma… come osi? - strilla Kaname, indispettita e paonazza di rabbia.
- Io non oso nulla, mia cara, sei tu ad aver fatto certe affermazioni. Comunque tranquilla, se avrò bisogno del manuale “Le Perfette Battone Di Strada”, per soddisfare il mio ragazzo, verrò a chiedertelo in prestito. Ora scusaci, abbiamo da fare! - dichiara Keiko, prendendomi per mano e trascinandomi via.
- Ehi fermati! Non serve che mi trascini così. - la blocco ormai fuori dall’istituto.
- Voglio tornare a casa. - risponde atona.
- Keiko, cosa c’è che non va? -
- Nulla. Cosa dovrebbe esserci… -  risponde voltandosi per non guardarmi. Che le prende ora?
- Mi dici cosa c’è? - insisto preoccupato, voltandola a forza verso me.
- M’ infastidisce sapere che sei stato con lei, e con la metà delle ragazze dell’istituto, ok? - mi spiega irritata.
- In pratica, sei gelosa. -
- Tu non lo saresti, sapendo che mezza scuola mia ha vista nuda e mi ha avuta nel suo letto? -
- No, per niente, perché li avrei già eliminati dalla faccia della Terra. - rispondo semplicemente.
- Ma va! Andiamo a casa, che è meglio! - mi prende a braccetto, con un nuovo sorriso ad irradiarle il viso.
- Sei bella quando sorridi. Non smettere mai. - le confesso dandole un bacio veloce sul naso. Lei sorride ancora di più, stringendosi a me.
Quando torniamo a casa, trovo mio padre ad aspettarci.
- Ti prego, non dirmi che hai altre butte notizie! - domando preoccupato, senza nemmeno salutare. L’ultima volta che è venuto qui mi hanno arrestato.
- No no, figliolo, anzi, ho una splendida notizia! Hanno trovato l’assassino del padre di Keiko. - dichiara soddisfatto.
- Davvero? A chi devo questo onore? - chiede Keiko, interessata.
- Alla prostituta che lo ospitava. Ha confessato dopo ore di interrogatorio. Tuo padre l’ha picchiata e lei si è difesa. È probabile le daranno le attenuanti per legittima difesa, quindi non rischia molti anni. -
- Capisco. Mi spiace per lei in fondo. - ammette triste.
- Ora non potrete smentirmi se dico che la questione è del tutto chiusa, giusto? - interviene mia madre, euforica.
- No Kimiko, direi proprio di no, ma, ragazzi, toglietemi un dubbio… -  
- Quale, papà? -
- Perché vi tenete per mano? Dovete dirci qualcosa? - sostiene malizioso. Vedo Keiko arrossire, così rispondo per entrambi.
- Ci siamo messi insieme. Per davvero stavolta. -
- In che senso? Non avrete… oh cielo! E le precauzioni le avete usate? Ragazzi miei, lo sapete che siete giovani per diventare genitori, non è così? - inizia isterica mia madre, mentre Keiko sembra volersi nascondere per l’imbarazzo.
- Kimiko, calmati. Non crederai che siano così stupidi, o che nostro figlio, prima di conoscere Keiko, abbia contato le nuvole nel cielo e le margherite nei campi, insieme alle sue amichette? - interviene mio padre. La cosa inizia a farsi sgradevole adesso.
- Hiro, hai una vita sessuale già così attiva? E non me ne hai parlato? - stridula scandalizzata.
- Mamma, ti sembra venga a raccontarti queste cose? -
- Ma tuo padre le sa! -
- Veramente non le ha dette nemmeno a me, ma sono stato giovane anch’io. - replica lui.
- Mi spieghi qual è il problema adesso? Quando hai saputo che ci sono andato a letto il giorno dell’omicidio di suo padre non hai battuto ciglio. Cosa cambia ora che l’abbiamo fatto per davvero? - ribatto infastidito. La morale viene a farmela adesso?
- Quella volta avevo altri pensieri per la testa, tipo tirarti fuori dal carcere. Non stavo a pensarci più di tanto quel giorno. E poi mi avevi detto che non era successo nulla, quindi ero tranquilla. E’ un male che una madre si preoccupi per i suoi figli? -
- Non è un male che ti preoccupi per noi, ma fidati, io e Keiko abbiamo la testa sulle spalle. Comunque ce ne andiamo in camera a studiare adesso! - taglio corto, trascinandomi via una Keiko del tutto ammutolita.
- Che vergogna! - esclama, nascondendosi la faccia tra le mani.
- Mi spiace, ma non darci troppo peso. Mia madre è fatta così. -
- Ma è stato umiliante. -
- Perché umiliante? Sei stata col ragazzo che ami, no? -
- Sì, però… spiattellarlo così… -
- Beh meglio! Così lo sanno tutti che sei mia! - affermo soddisfatto, stringendola a me.
- Che possessivo. -
- Sì, molto! Possessivo ed innamorato. -
- Mi piace di più l’ultima parola. -
Mai quanto piace a me, Keiko, mai quanto a me. Ora che stiamo insieme mi sento completo, come se non avessi cercato altro che questo negli ultimi tre anni. Mi prenderò cura di te, non ti lascerò mai sola e mai nessuno dovrà osare offenderti o toccarti. Sei un bene prezioso che è stato maltrattato fin troppo, purtroppo anche da me, ma saprò farmi perdonare. Mi impegnerò per regalarti una vita splendida, in cui non dovrà mancarti nulla. E’ una promessa!
 
 
                                                               *******************
 
I giorni passano, ognuno più bello del precedente. Hiro è di una dolcezza infinita. Non lo avrei mai creduto capace di tali attenzioni. Non mi sono mai sentita più felice di così. L’unica cosa che mi rattrista è che i giorni di vacanza a disposizione di Yoko stiano per terminare. Tra cinque giorni ritornerà a Los Angeles, ma chi mi sembra più giù di tutti è Shinji. E’ fatto musone. Ogni volta che la vede non prova neanche più a toccarla, come se avesse perso vitalità. Credo che gli piaccia molto, e non solo per il suo aspetto fisico.
- Hai notato che Shinji non ci prova più? - le chiedo, approfittando del fatto che siamo da sole a fare shopping.
- Già… -  risponde con aria dispiaciuta, mentre sorseggia mogia la bibita che abbiamo appena preso.
Qui gatta ci cova!
- Forse gli spiace che vai via. - azzardo, sondando il terreno.
- Appena me ne sarò andata approfitterà del sedere di qualche altra, quel maniaco! -
- E perché la cosa sembra infastidirti? - la punzecchio.
- Cosa? Ma che dici? Fastidio, a me? Affatto! -
- Allora perché stai torturando quella povera cannuccia da ore, guardando il vuoto? -
- Smettila Keiko! Non sono interessata a quel dongiovanni da strapazzo! Sarà anche bello, gentile quando vuole e sempre disponibile, ma non è un ragazzo di cui ci si possa fidare. Sono sicura che mi cornificherebbe con mezza città. -
- Oh Kami! Allora avevo ragione. Ti piace! C’hai pensato davvero! - esclamo sconvolta. Perché non me ne ha parlato?
- Non ho pensato a nulla, semplicemente perché non c’è niente da pensare! - nega decisa, anche se non credo sia la verità.
- Perché non gli dai una possibilità? Tutti possono cambiare. Vedi Hiro. E’ del tutto diverso dal ragazzo che era prima. - le spiego felice pensando a lui e a come sia cambiato.
- Hiro non è un porco patentato come il fratello. E comunque sto per andarmene. Non avrebbe senso provarci. - sostiene triste.
- Esistono vari modi per tenersi in contatto anche a distanza, sai? -
- Una relazione a distanza? Scherzi, vero? -
- Perché dovrei? Se fosse una cosa seria, nemmeno la distanza potrebbe allontanarvi. Vedi noi due, siamo più amiche di prima. -
- Ma è un’altra cosa! Ti immagini a chilometri di distanza da Hiro, tu? Senza potervi baciare, abbracciare, senza poter fare quello che una coppia fa? - mi domanda seria. In effetti ha ragione. Da quando stiamo insieme, Hiro dorme ogni notte con me. Mi piace troppo addormentarmi abbracciata a lui. Non sopporterei di averlo lontano per mesi e mesi.
- Quindi non hai intenzione di parlargli? -
- Non ho nulla da dirgli. Tra poco tornerò alla mia solita routine, come se nulla fosse successo. L’importante è averti rivista amica mia. - dice abbracciandomi.
- Anche per me è stato bello rivederti. Mi sei mancata tantissimo, e ancora di più mi mancherai quando andrai via. - confesso triste.
- Anche tu, ma i Watanabe hanno il computer, quindi adesso possiamo vederci ogni volta che vogliamo. Dai, non rattristarti! Questi giorni devi goderteli appieno. Dopo quello che hai passato ti meriti la felicità. -
- E posso assicurarti che lo so sono. Tanto. Mi sono scoperta innamorata senza neppure saperlo, ma quando l’ho capito e ho scoperto di essere ricambiata, mi è sembrato di toccare il cielo con un dito. Solo che ho paura. -
- Di cosa? -
- Le cose belle durano poco. -
- Non essere pessimista. Ormai la tua parte di tormenti l’hai avuta. Ora è il momento di godersela! -
- Speriamo sia come dici tu. -
 
- Che avete fatto oggi, tu e Yoko? Non è che hai comprato qualche bel completino sexy che posso toglierti coi denti? - soffia malizioso al mio orecchio, mordicchiandolo, mentre le sue mani iniziano a spogliarmi.
- No, ma non mi sembra tu ne abbia bisogno, nemmeno lo guardi il mio intimo. - ridacchio, mentre mi stende dolcemente sul letto.
- In effetti hai ragione. Devo imparare ad essere meno impaziente, ma che posso farci se mi fai andare il sangue al cervello quando ti bacio? -
- Quindi affermi che il tuo cervello non è in testa, almeno da quello che sento sulla mia gamba… -  lo prendo in giro, beccandomi un’occhiataccia.
- Non mi sembra ti dispiaccia tanto quando ci fai una “chiacchierata” col mio “cervello”! - puntualizza stizzito.
- Oh affatto! Mi piace intrattenere una lunga conversazione con questo bel cervellino qui. - sorrido maliziosa, prendendo l’oggetto dei nostri discorsi tra le mani per accarezzarlo.
- Oggi vogliamo fare le furbette, vero? - chiede mordendomi il labbro inferiore, mentre una sua mano si chiude sul mio seno.
- Io? No no… non oserei mai… -  rispondo in un sussurro, reso roco dal desiderio quando la sua mano scende verso la mia intimità.
- Meglio per te, o dovrei punirti. -
- Ma davvero? E come? - chiedo interessata, mentre si sistema meglio tra le mie gambe.
- Così! - mi mostra, entrando in me in un’unica e decisa spinta, che mi fa vedere le stelle, la Luna e tutto il firmamento.
 
- Devo fare la furbetta più spesso mi sa. - sospiro appagata, mentre sento il cuore riprendere il suo battito normale.
- Allora dovremmo cambiare il termine da furbetta a viziosetta. - scherza, ridacchiando contro il mio petto, al quale è appoggiato solo con la testa.
- Viziosa, a me? Chi è, tra i due, che ha avuto uno stuolo di amanti al suo seguito. Eh? -
- Solamente io. Anche perché non ti avrei permesso di fare lo stesso. -
- E come lo avresti impedito? Picchiando tutti? -
- Ovvio! Tu sei solo mia! -
- Diciamo, più che altro, che sei stato fortunato che abbia avuto il mio bel da fare, o non credo sarei stata tanto innocente. -
- Che intendi dire? Che saresti stata con altri, anche senza esserne innamorata? - chiede allarmato, guardandomi serio.
- Forse sì, o forse no. Difficile dirlo. - rispondo vaga, anche se conosco la risposta.
- Io sono convinto di no. Non è da te fare la facile. E poi aspettavi me! - borbotta infastidito.
- Quello è vero. - confermo.
- Come? -
- Aspettavo te, anche se non lo sapevo, per questo non sopportavo quando Nobuo mi chiedeva di più. Mi disgustava anche solo l’idea. -
- Per favore, evita di nominare quell’imbecille, o mi farai passare il sonno! L’ho sempre detestato! -
- Perché aveva il posto che avresti voluto tu? - lo punzecchio divertita.
- Anche! Ma soprattutto perché non mi è mai piaciuto. Ed i fatti mi hanno dato ragione. Ora basta parlarne, dormi, che domani c’è scuola. - ordina incavolato, facendomi sorridere per la gelosia che ancora prova.
- Nessuno avrebbe potuto prendere il tuo posto nel mio cuore, sappilo. - gli sussurro tra i capelli, baciandogli la fronte.
- Io, invece, ti cercavo nelle altre. Ci facevo sesso, ma immaginavo di fare l’amore con te. - mi confessa, guardandomi negli occhi.
- Davvero? -
- Sì. Anche tu avevi un posto nel mio cuore, perfino quando lo rinnegavo. -
- Mi fa piacere saperlo. - sorrido, accarezzandogli il viso.
- Ti ho mai detto che ti amo? - dice alzandosi e sovrastandomi ancora una volta, guardandomi dall’alto.
- Mmmh… non mi ricordo. Perché non mi rinfreschi la memoria? - lo provoco, sapendo che non aspetta altro.
- Con piacere. - acconsente, baciandomi ed alternando i baci ad un ti amo.
Mi addormento con un sorriso ebete sulle labbra, ma sono felice, ed è solo questo che mi importa. Daiki sta bene, io anche. Non mi serve nient’altro.
 
 
Gli ultimi giorni di vacanza di Yoko trascorrono veloci, purtroppo. S’è n’è andata da un paio d’ore, ma a me sembrano giorni. Daiki ha pianto tantissimo, ma quello più depresso è Shinji, e lo dimostra ogni giorno di più. Possibile che si sia innamorato davvero?
- Hiro, non ti sembra strano Shinji in questi giorni? - chiedo, ad una settimana dalla partenza della mia amica.
- Già. Non va nemmeno dietro alle belle ragazze ultimamente. - conferma anche lui.
- Questo è ancora più preoccupante. Secondo me è innamorato di Yoko. -
- L’ho pensato anch’io, in effetti, e lo trovo così strano. Mio fratello… innamorato. Vuol dire che sta per finire il mondo! Quindi, consoliamoci e amiamoci per il tempo che ci resta! - scherza, abbracciandomi e baciandomi con passione. Peccato siamo nel giardino della scuola e ci stanno osservando tutti, compreso Nobuo, che non mi rivolge più la parola. Non so dargli torto, ma ormai è un capitolo chiuso anche lui.
- Hiro! Davanti a tutti no, ti prego! E poi, hai sempre la testa a quello? - mi fingo scandalizzata.
- Soprattutto a quello! Guarda che devo rifarmi di tre anni di sesso poco soddisfacente per colpa tua! -
- Mia? E che colpa ho io se hai gli ormoni alle stelle? E comunque vorresti farmi credere che il sesso fatto prima di stare con me non era soddisfacente? Ma per favore, su! -
- Non dico che non mi piacesse, ma non mi completava. Sesso e amore stanno su due livelli totalmente differenti. Le sensazioni del fare l’amore con la ragazza che ami sono diverse. E se fossimo stati insieme già tre anni fa, avrei goduto appieno di questo piacere, ma la signorina qui presente ha rifiutato questo bellissimo ragazzo che le moriva dietro, costringendolo a ripiegare su ragazze insignificanti. -
- Se avessi accettato di uscire con te, quel giorno, sarei stata una delle tante voci da spuntare sulla tua lista. - replico contrariata.
- Sai, parlando seriamente, non credo saresti stata una delle tante. Ricordo che quando ti ho vista, ho pensato che fossi non solo bella, ma anche diversa dalle altre. Mi attiravi. Ti vedevo sempre seria, sulle tue. Pensavo: questa non è la solita ragazzetta che te la sbatte in faccia. Volevo conoscerti, prima di saltarti addosso, ma non me ne hai dato la possibilità. -
- Davvero hai pensato questo? -
- Perché dovrei inventarlo, sennò? -
- Mi dispiace, mi ero fatta la mia idea su di te, vedendoti passare da una ragazza all'altra. Però tu non hai fatto molto per smentirmi, provando ad insistere, spiegando che volessi conoscermi. - gli faccio notare.
- Pazienza dai, inutile rivangare il passato. Piuttosto, fatti perdonare ora, per avermi rifiutato all’epoca, giudicandomi male… -  ritorna alla carica, stringendomi a sé e facendomi sentire la sua voglia contro il mio ventre.
- Aaaah… santa pazienza! Che fidanzato pervertito che ho! Ti ricordi che siamo a scuola, vero? -
- I luoghi in cui avere privacy non mancano. - soffia al mio orecchio, portando le sue mani sul mio fondoschiena.
- Immagino tu li conosca tutti! Beh, scordatelo! Non mi infilerò nel miserabile sgabuzzino delle scope dove sei stato con le altre! Stasera, a casa, si vedrà! - dichiaro lapidaria. Ci mancherebbe anche che mi appartassi in giro per l’istituto con lui. Mai!
- Ma che noiosa che sei! Va bene! Ma stasera voglio gli extra per tutte le ore che ci vorranno per arrivarci. -
- Stasera avrai un pugno in testa se non la pianti! -
- Ehi! Hai per caso preso il posto della tua mica Yoko? - domanda accigliato.
- Tu hai forse preso il posto di tuo fratello Shinji? - ribatto irritata.
Ci guardiamo qualche istante, per poi scoppiare entrambi a ridere. Ci prendiamo per mano, camminando fino alla nostra classe e suscitando ancora gli sguardi curiosi di tutti. Si abitueranno mai a vedere il gatto ed il topo andare d’amore e d’accordo? Chissà.
 
 
                                                                ***********************
 
 
Dire che sono felice è troppo poco per descrive come mi sento in questi giorni. Non sono mai stato così soddisfatto della mia vita come oggi, che sto Keiko. Da quando è la mia ragazza è totalmente cambiata. Non vi è più un briciolo della ragazza che è stata in questi tre anni. E’ sorridente, allegra, spiritosa… è Keiko insomma! La vera Keiko che era un tempo. Mia madre dice che l’essere innamorata le ha dato nuova forza, una nuova voglia di vivere che stava lentamente perdendo. Purtroppo non ha dimenticato il suo passato, e mai lo farà. A volte, dopo le sedute con mia mamma, quando si apre con la psicologa, e non con la donna che l’ha accolta, la vedo giù di morale, segno che ciò che ha subito non verrà cancellato nemmeno da me, anche se vorrei. Così come non verranno mai cancellate le cicatrici sul suo corpo, che non sono molte, ma le ricordano costantemente ciò che ha vissuto.
Oggi è domenica e abbiamo deciso di fare una passeggiata, ma prima mi ha chiesto di accompagnarla al parco Ueno, anche se non capisco il perché.
- Tra un po’ i ciliegi saranno in fiore, finalmente. - sospira, guardando in alto, verso gli alberi, i cui rami iniziano a riempirsi di piccole gemme, che daranno vita a dei magnifici fiori rosati.
Mi sembra di riconoscere questo luogo però, Ma sì, è il luogo in cui l’ho vista piangere e pregare mesi fa.
- Quando gli alberi di sakura inizieranno a sbocciare, tutto questo viale verrà ricoperto da un tappeto di petali rosa, quasi rossi. - mi spiega lei, con tono triste.
- Non sono bianchi o rosa? - chiedo curioso. Conosco maggiormente quelli chiari.
- La varietà di questi ciliegi è capace di dare fiori color cremisi. Anche se ho notato che l’intensità cambia in base al clima. Ci fu un anno in cui era tutto talmente rosso, che mia mamma ipotizzò che la leggenda che racconta che sotto gli alberi di sakura vi siano seppelliti i morti, fosse vera. (*)-
- Ci credeva davvero? -
- No. Ovviamente scherzava. Sai Hiro, mia madre adorava questo luogo alla follia, malgrado sia una semplice viuzza alberata, come tante ce n’è, lei gli ha conferito il suo personale nome: La Via dei Ciliegi. Festeggiavamo i giorni dell’hanami sempre e solo in questo parco, in questo viale tanto caro a lei. E’ morta proprio in questo periodo, il suo preferito. Tra quattro giorni sarà l’anniversario della sua morte, ed io tornerò qui, tra i suoi amati ciliegi, strapperò un ramo fiorito, il più bello e rigoglioso di tutti, e lo porterò sulla sua tomba, sperando ne sia felce. - mi rivela, tra le lacrime.
Ora capisco perché quel giorno si trovasse qui; pregava la madre di aiutarla. Non resisto oltre e la stringo a me. Si lascia andare alle lacrime, piangendo disperata. La lascio sfogare senza fermarla, ma tenendola solamente stretta a me, per farle capire che le sono vicino. Quando si calma, prendo finalmente la parola.
- Fra quattro giorni torneremo a prendere quanti fiori vorrai per tua madre, poi glieli porteremo. Ricopriremo la sua tomba di fiori colorati e pregheremo per la serenità della sua anima. -
- Torneremo? Tu… verrai con me? - mi chiede sorpresa.
- Certo che sì, sempre che tu mi voglia, si intende. -
- Certo che ti voglio! Non sai cosa significhi questo per me! - dice più rasserenata, abbracciandomi con tutte le sue forze.
- Ora asciuga quelle lacrime e andiamo a fare un giro per distrarti. Non mi piace vederti piangere. - le dico, asciugandole le lacrime coi pollici.
- Ok. - acconsente più tranquilla.
Lasciamo quella che lei chiama la Via dei Ciliegi e la porto un po’ in giro. Passiamo il pomeriggio fuori, ritornando solo verso ora di cena. Dopo aver mangiato andiamo a dormire, ovviamente insieme, ma stasera voglio solamente tenerla stretta tra le braccia, senza aggiungere nulla di più. So che ancora pensa alla madre e non voglio invadere quello spazio che le dedica, distraendola con altro. Voglio, invece, farle sentire il mio amore, la mia presenza, la mia protezione. Voglio tenerla al sicuro anche dal dolore dei ricordi, e solo coccolandola come piace a lei so che si tranquillizzerà.
Adesso è stesa sul mio petto. Il suo peso su di me è quanto di più bello ci sia nella vita. Mi beo del suo profumo che mi riempie i polmoni, del suo caldo respiro che mi solletica la pelle, della sua mano poggiata placidamente sulla mia spalla, che ogni tanto si muove per carezzarmi. Momenti di tenerezza così intimi che mai con nessuna mi sarei sognato di passare, ma lei non è “nessuna”, lei è Keiko, la mia Keiko.
- Mi piace quando mi accarezzi così tra i capelli… -  mormora rilassata.
- Lo so. È per questo che ti faccio i grattini sulla testa. - le rispondo, baciandola lievemente sulla fronte.
- Grattini? Ma non sono un gatto! - si lamenta alzando la testa, mettendo su un finto broncio.
- Su questo avrei da ridire. A volte graffi. - soffio malizioso sulle sue labbra.
- Da… davvero? - chiede incredula.
- Oh sì. Mi lasci dei piacevoli ricordi, mia piccola gattina. - scherzo sorridendole.
- Mi spiace, scusami! Non me ne sono resa conto! -
- Non scusarti, a me piacciono. Vuol dire che faccio bene il mio dovere di fidanzato. - le rispondo ancora più malizioso.
- Beh, non ho termini di paragone per la verità. Però sì, quello che fai lo fai bene. - ridacchia, abbandonando finalmente l’espressione mogia di oggi.
- Ehi, è bene che tu sappia che non ci saranno altri termini di paragone. Intesi?! - l’avverto scherzando, ma realmente infastidito al sol pensiero che un altro uomo possa toccarla come ho fatto io fino ad ora. Lei è solo mia, non la lascerò mai. Nessun altro deve averla. Adesso è la mia ragione di vita, la parte che mi completa.
- Mai pensato di voler altri paragoni. - risponde seria, guardandomi negli occhi.
- Lo spero, perché mi uccideresti. - le confesso sincero, consapevole che senza di lei non saprei vivere.
Prima di morire però, ucciderei chi l’ha sedotta! Ma questo lo tengo per me, visti i precedenti di quando ho minacciato di morte qualcuno…
- Non ho intenzione di avere altri che te, Hiro. Se così non fosse, sarei già stata con chi sai tu. Certo non è stata una scelta consapevole, ma le occasioni, come sai, le ho avute, ma qualcosa mi fermava, mi bloccava. Con te invece è stato come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se stare con te significasse dare un senso a tutto. -
- Per me non sarebbe stato un problema se avessi avuto altri prima di me, ma lo confesso, sapere di essere stato il primo, e l’ultimo aggiungerei, mi rende pieno di orgoglio, non perché fossi vergine, non mi interessano queste cose, ma solamente perché aspettavi me, come se ti sentissi già legata a me. Mi spiace di non aver saputo fare altrettanto. - mi scuso dispiaciuto. Se c’è una cosa di cui non vado fiero adesso, sono le ragazze avute in questi anni, da quando c’è lei, ma sono un coglione, e mi pare di averlo ampiamente dimostrato, purtroppo.
- Lascia stare, meglio non pensarci dai, il passato non conta più. E’ il presente che dobbiamo guardare. Per quanto riguarda il futuro, è un’incognita, ma se restiamo insieme, innamorati come lo siamo oggi, non ci sarà nessun altro nelle nostre vite. - sorride dolcemente, poggiando nuovamente la testa al mio petto.
- Hai ragione. Ora è meglio dormire, è quasi mezzanotte. Buonanotte. - le auguro, baciandola fra i capelli.
- Notte a te, amore. - sussurra, già quasi addormentata, ed io sorrido, come ogni volta che mi chiama amore. Mi piace sentirmi chiamare così, mi riempie il cuore.
 
 
- Mamma, so che lo conosci meglio di me, ma voglio presentartelo ugualmente: questo è il mio ragazzo! Il ragazzo di cui tanto ti parlavo e che tanto mi faceva penare a scuola. Visto come cambiano le cose? Prima ti raccontavo delle sue angherie, oggi ti racconto di quanto lo amo, ma questo lo sapevi già. - le spiega, mentre sistema sulla tomba i fiori di ciliegio già perfettamente sbocciati che abbiamo colto stamattina al parco.
- Perché dici che lei già lo sapeva? - mi informo curioso.
- Perché ho fatto un sogno in cui mi diceva di guardare non con gli occhi, ma col cuore, e quando l’ho fatto… ho visto te. - mi rivela, arrossendo leggermente.
- Ah, quindi tua madre sa che stronzo io sia stato con te. - mormoro dispiaciuto.
- Se lo pensasse, non credo ti avrebbe messo sulla mia strada. Hai salvato la vita di sua figlia, forse anche per volere suo, chissà. A me piace pensare che sia così, che il suo spirito mi sia rimasto vicino e che vegli su me e Daiki. - dice sognante, accarezzando il nome di sua madre inciso sulla lapide, e che ho appena scoperto chiamarsi Sakura, come i fiori che tanto amava.
Restiamo qualche minuto, in cui Keiko parla con sua madre, raccontandole quanto adesso sia felice. È strano sentirla parlare con una lastra di marmo, ma capisco che sia un modo per sentirla ancora vicina. Forse anche io farei lo stesso, se al suo posto ci fosse mia madre.
Sono fortunato ad avere ancora i miei genitori. Che stupido sono stato nell’avercela con loro solo perché avevano divorziato. La cosa veramente importante è che loro siano presenti nella mia vita, anche se separatamente. Posso ancora godere del loro affetto, dei loro rimproveri, dei loro consigli. Sì, sono indubbiamente un ragazzo fortunato. E questa consapevolezza la devo a Keiko. E’ merito suo se adesso apprezzo ciò che ho, comprese le mie sorelline, che avrei preferito morte quando ho saputo di loro.
Ho tante colpe da espiare, ma spero di avere il resto della vita per farlo, soprattutto con Keiko, che adesso è nuovamente in lacrime. Mi spezza il cuore vederla così e non poterla aiutare, se non con un abbraccio, ma non ci sono parole che possano alleviare il dolore di sapere la tua famiglia persa, distrutta per sempre. La madre morta così presto, il padre violento e mezzo ammattito, il fratello che non sa cosa significhi avere una mamma, e lei che ha passato degli anni d’inferno. Questi dolori non possono scomparire, possono solo essere attenuati, ma rimarranno lì comunque.
Giuro, però, davanti la tomba di sua madre, che mi impegnerò con tutte le mie forze per renderla una donna felice. La felicità che voglio darle spero spazzi il dolore, almeno una parte.
- Ok, andiamo. Ci stanno aspettando. – dice, asciugandosi gli occhi e facendomi un sorriso, anche se forzato.
- Andiamo. - rispondo, alzandomi e aiutando lei a fare lo stesso.
Tenendoci per mano ritorniamo al parco Ueno, nella Via dei Ciliegi, dove festeggeremo l’hanami con tutta la famiglia, quindi anche con mio padre e la sua nuova compagna. Non so davvero come mia madre riesca a sopportare la vista di Sakuya e delle bambine. Non so se io al suo posto potrei sopportare l’uomo che mi ha portato via mia moglie. Solo ora mi rendo conto che ho sempre mal giudicato mia madre. Non è una smidollata che si piange addosso, è invece una gran donna, che per mediare e far stare i suoi figli col loro padre, sopporta anche questa umiliazione.
- Mamma… sei una gran donna, davvero! - esclamo ad alta voce per farmi sentire, sporgendomi poi per darle un bacio sulla fronte.
- Pe… perché? - chiede imbarazzata.
- Perché non è da tutte sopportare l’amante dell’ex marito ad una riunione di famiglia. - risponde Sakuya, con tono dispiaciuto. Si vede che si sente a disagio. In effetti non capisco come mio padre possa aver avuto questa stupida idea.
- Sai Sakuya, c’ho pensato molto in questi anni. Tu non mi hai tolto proprio nulla. Il rapporto con mio marito non andava più già da prima che entrassi nelle nostre vite, e di questo non posso incolpare solamente lui. Certo non mi sentirai mai dire che sia felice di essere stata lasciata perché tu aspettavi dei figlia da lui, perché così facendo hai portato via da casa il padre dei miei di figli, ma ora come ora credo che i ragazzi abbiano accettato la cosa, e se lo hanno fatto loro, sta bene anche a me. - spiega mia madre, guardando soprattutto me che avevo più problemi di Shinji ad accettare il loro divorzio.
Cala un silenzio agghiacciante, l’unico che sembra non accorgersene è Shinji, perso in chissà quali pensieri.
- Beh… che ne dite di parlare di… di… ehm… oh sì! Che farete una volta finita la scuola? Hiro, a te e Keiko mancano due anni, mentre a Shinji solo uno. Avete già pensato a qualcosa? - interviene mio padre, per spezzare il ghiaccio.
- Io credo che riaprirò il tempio di famiglia. Da quando mia madre è morta è rimasto chiuso al pubblico. Se lo riaprissi, magari grazie alle entrate delle offerte, potrei dare una sistemata anche alla casa. - spiega Keiko, cogliendomi di sorpresa.
- Vuoi riaprire il tempio? Da sola? - le chiedo.
- Non c’è nessun altro che possa farlo e Daiki è troppo piccolo. -
- Ma io ti aiuto lo stesso sorellona! - risponde il fratello.
- Tu devi andare a scuola. Quando sarai grande si vedrà-  replica la sorella.
- E’ ammirevole che tu voglia portare avanti la tradizione di famiglia. So che il tempio shintoista dei Tanaka ha diversi secoli alle spalle. - dice Sakuya.
- Sì. Credo appartenga alla mia famiglia dai tempi dal medioevo. Non me la sento più di abbandonarlo, adesso che posso scegliere. -
- Volevi lasciarlo? Come mai? -
- Perché volevo trasferirmi all’estero una volta maggiorenne, per scappare con mio fratello, ma adesso, che ho qualcosa che mi tiene legata qui, non ci penso più. Ho una nuova famiglia ora. - risponde Keiko, guardandomi e stringendomi la mano.
- Ti darò una mano al tempio tutte le volte che potrò. Promesso. - le prometto, ricambiando maggiormente la sua stretta.
- Tu Shinji? Che vuoi fare quando finirai l’anno scolastico? - chiede papà.
- Mi trasferirò a Los Angeles. - risponde risoluto, stupendoci tutti.
- Cosa? Ma… ma perché così lontano? - chiede mia madre, sconvolta. Io e Keiko ci guardiamo, già a conoscenza del perché voglia andare proprio a Los Angeles, ed è ciò che mio fratello spiega anche alla mamma.
- Ma sei impazzito? Trasferirti così lontano per una donna? E se lei non ti volesse? C’hai pensato? -
- Vorrà dire che ritornerò, mamma, ma devo almeno provarci. - risponde lui, più sicuro che mai.
- In questo caso, Shinji, sarebbe meglio che parlassi apertamente con Yoko. Credo che le farebbe piacere conoscere i tuoi “piani di conquista”-  ridacchia Keiko.
- Stai dicendo… che… che Yoko potrebbe accettare di stare con me? - chiede incredulo.
- Se abbandonassi del tutto le tue cattive abitudini con le donne, credo di sì. - afferma lei.
- Keiko, hai fatto di me l’uomo più felice del mondo! - esclama, saltandole quasi addosso per abbracciarla.
- Ehi ehi, giù le mani dalla mia ragazza! - brontolo, separandoli.
- Mica te la rovino, esagerato! La stavo solo ringraziando per la bella notizia. -
- Se mi ringraziassi togliendo la mano dal mio fondoschiena sarebbe meglio! - replica Keiko, pizzicandogli la mano che non avevo visto.
- Tuuuu… io ti uccido prima di arrivarci a Los Angeles! Brutto maniaco! - lo minaccio, alzandomi incazzato.
- Ragazzi, finitela! Tu Shinji, scusati con Keiko, e tu Hiro, calmati. Siamo qui per passare del tempo in famiglia. Sedetevi. - ordina nostro padre, mentre vedo Keiko ridere sotto i baffi.
- Non fa ridere! - borbotto infastidito.
- A me sì, sei buffo quando fai il geloso. - ridacchia ancora.
- A casa facciamo i conti. - le sussurro all’orecchio.
- E’ una minaccia? - chiede, sorridendo maliziosa.
- Esattamente. - rispondo, restando al gioco.
- Mi piacciono queste minacce. -
- Sapessi a me! - confesso, afferrandola per i fianchi e dandole un bacio.
- Prendetevi una stanza, per favore! Ci sono dei bambini! - esclama Shinji, mentre guardo le mie sorelle guardarmi confuse.
- Mamma, si stavano volendo bene come te e papà quando vi becchiamo da soli? - chiedono Hana ed Ayaka, all’unisono come loro solito, mentre Sakuya diventa più rossa di un pomodoro.
- I vostri genitori si “vogliono bene” mentre ci siete voi? Shun! Ti sembra un comportamento da genitori responsabili?! - strilla mia madre, facendo uscire nuovamente l’assistente sociale che è in lei.
- Ma che dici Kimiko?! Si tratta solo di baci. Cosa credi che facciamo di fronte a loro? - ribatte mio padre.
- Le tue figlie sembrano avere idee abbastanza chiare però. Ricordatevi che sono piccole, ed i bambini parlano molto, soprattutto con le maestre. Una frase del genere, davanti a loro, e non ci vorrebbe molto a trovarvi nei guai col tribunale dei minori! -
- Non ti sembra di esagerare, mamma? -
- No Hiro! Nel mio lavoro ne vedo troppi di casi del genere! Poi il mio è un consiglio, fate come vi pare ovviamente! Le figlie non sono le mie. - sbotta offesa.
- Mamma! - la richiamo io.
- Kimiko non essere… -
- No, ha ragione, Shun. La ringrazio del consiglio Kimiko. Vedremo di stare più attenti. - lo interrompe Sakuya, zittendo tutti col suo sorriso sincero, che colpisce anche mia madre.
- Di… di nulla. - risponde stupita. Credo si aspettasse una sua sfuriata.
La giornata passa in modo strano, ma tutto sommato in modo tranquillo. Keiko è rilassata e a me tanto basta. Quando torniamo a casa mi trascina di corsa nella sua camera.
- Ehi, che impazienti che siamo! Deduco tu abbia più voglia del solito. - ridacchio, prendendola in giro.
- Ma finiscila, stupido! Non avevo fretta per quello. -
- Ah… quindi non volevi me… -  rispondo, fingendomi imbronciato.
- Certo che ti voglio, ma dopo. Prima dobbiamo parlare. -
- Di che? - chiedo, ritornando serio.
- Tuo fratello. Di quello che ha detto oggi. Credi abbia intenzioni serie? - domanda preoccupata, ed in fondo la capisco. Sbuffo e mi siedo accanto a lei.
- Non ne sono sicuro, ma credo di sì. Non credo penserebbe a trasferirsi così lontano solo per una ragazza se non ne fosse innamorato. Temi possa far soffrire Yoko? -
- Già. -
- La tua amica mi sembra abbastanza capace da sapersi difendere. Se non lo vedrà seriamente interessato lo rispedirà in Giappone con un calcio volante alla Chuck Norris. - rido, pensando alla scena.
- Credo tu abbia ragione. - sorride anche lei, più tranquilla.
- Bene, ora che abbiamo risolto, direi di andare a nanna. - propongo, stiracchiandomi.
- Ma come, vuoi andare a dormire? - chiede sorpresa.
- A meno che la mia ragazza non si senta in vena di effusioni, non mi viene in mente altro che dormire. -
- Chi ti dice che non voglia? -
- Beh, non voglio certo ti senta forzata, ed oggi non è stata certo la giornata più felice della tua vita. -
- In effetti è vero, perché la giornata più felice della mia vita è stata quella in cui ci siamo dichiarati, ma anche oggi non mi è dispiaciuto. Mi sono sentita in famiglia, sono stata bene, malgrado tutto. Mi sono sentita parte integrante di qualcosa che non ricordavo come fosse fatta. Mi sono divertita. - mi spiega, sorridendo felice.
- Mi fa piacere saperlo, anche perché tu sei di famiglia ormai. E lo sarai per sempre. - affermo, baciandola e stringendola a me.
Sarai per sempre un membro della famiglia Watanabe, Keiko, sia perché tutti ti vedono come tale da quando sei entrata nelle nostre vite, sia perché diventerai presto mia moglie. Quando finiremo la scuola non aspetterò un minuto di più. I miei piani per il futuro non li ho rivelati oggi, perché l’unica cosa che vedo al momento è un futuro insieme, solo tu ed io. Il resto si vedrà, anche se un’idea me la sono già fatta sul lavoro che voglio fare.
Il mio unico punto fermo sei comunque tu, Keiko. Le scelte che farò d’ora in avanti saranno prese per te, per renderti felice. Ti amo più della mia vita stessa, e sono sicuro che così sarà finché avrò vita.
 
 
 
                                                **********************
 
 
-  Vi dichiaro marito e moglie. Potete andare. - ci congeda il sacerdote, andando via, seguito dalle due sacerdotesse che lo hanno seguito durante la cerimonia shintoista.
Fuori dal tempio ci attende il fotografo, per scattare le foto agli sposi, già messi in posa.
- Che bei ricordi, vero? - mi dice Hiro, stringendomi a sé.
- Già. Mi sembra ieri che al posto loro ci fossimo noi. -
- Eri la sposa più bella del mondo. Così incantevole, avvolta in quel kimono rosso dai ricami bianchi e delicati, che trattenermi dal farti mia in quell’istante fu una tortura. Non so quante volte durante il ricevimento ho pensato di trascinarti dove non eravamo visti. -
- Ti ci sarebbe voluta una vita per sollevarmi tutte quelle pesanti sottovesti. - ammetto divertita, al ricordo di quanta roba avessi addosso.
- E comunque, mi pare ti sia rifatto quando ho fatto il terzo cambio di kimono.(**)-  gli ricordo ammiccando.
- E’ vero, ma solo perché finalmente si erano tutti tolti dalle scatole ed eravamo soli in albergo. -
- Hiro, Keiko, venite! Tocca a voi e i bambini fare le foto! - ci chiama Kimiko.
- Arriviamo! - rispondo, prendendo Sakura dal passeggino e sperando di non svegliarla.
- Yuu, Hajime, venite a fare le foto con gli zii. - li chiama Hiro, distratti a fare chissà cosa.
- Eccoci papà! -
Prendiamo tutti posto accanto agli sposi, mentre guardo felice l’aria raggiante della mia amica.
- Aaaaah Keiko! Da oggi è come se fossimo davvero sorelle! - esclama abbracciandomi, ma stando attenta a Sakura.
- Lo siamo sempre state, Yoko. - le sorrido emozionata.
Le ho sempre voluto bene come ad una sorella, quindi il fatto di aver sposato Shinji mi è indifferente. Adesso abbiamo lo stesso cognome e facciamo parte delle stessa famiglia, ma per me è come fosse stato sempre così.
Posiamo per le foto, tutti sorridenti, più di tutti mio cognato, che sembra quasi avere una paresi talmente ride. Si vede che è felice, anzi, al settimo cielo.
Quando sei anni fa è partito per Los Angeles, non credevo sarebbe davvero riuscito a conquistare Yoko. Temevo non sarebbe stato alla sua altezza, farfallone com’era, ma ho dovuto ricredermi quando la mia amica mi ha confessato che, non solo ne era pazzamente innamorata, ma aveva perfino messo la testa a posto. Shinji aveva trovato lavoro lì, avevano preso una casa ed erano andati a vivere insieme. Il matrimonio è stato la ciliegina sulla torta per coronare il loro amore. Hanno atteso parecchio però. Io ed Hiro, invece, ci siamo sposati quasi subito la fine della scuola, sia perché lo volevamo già da prima, sia perché ero incinta di Yuu e Hajime.
Ero sconvolta quando la ginecologa mi disse: “complimenti signora! Sono due!”. Sì… complimenti, soprattutto al momento del parto! Momento terribilmente doloroso con doglie interminabili. La nascita di Sakura, invece, è stata meno traumatizzante, in poche ore era già tutto finito e stringevo la mia bambina tra le braccia, felice che fosse femmina e che potesse portare il nome di mia madre.
Mamma, quanto mi manchi. Non passa giorno in cui non pensi a te. Ora che sono madre anch’io, capisco la tua preoccupazione quando mi affidasti Daiki, prima di chiudere gli occhi per sempre. Spero di averti reso fiera del modo in cui sono riuscita a crescerlo, malgrado tutto. Io lo sono. Adesso è fatto grande. Ha undici anni ed è un ometto. Kimiko non gli fa mancare nulla. Devo molto a quella donna, per questo spero tu non ce l’abbia con me per aver dato il mio benestare a Daiki, quando mi ha chiesto se potesse chiamarla mamma, pur sapendo che la sua mamma fossi tu, ma era un bambino bisognoso di una madre. E per quanto l’abbia coccolato ed amato, ero solo la sorella. Capisco la sua voglia di chiamare “mamma”, la sento tuttora anch’ io.
Dei versetti mi richiamano al presente. Sakura si è svegliata.
- Ora della poppata, scusate. - mi allontano, lasciano i gemelli con Hiro e dirigendomi verso i bagni del tempio.
- Keiko, aspetta! Vengo con te! - mi chiama Yoko, raggiungendomi.
- Lasci tuo marito solo soletto? - scherzo io.
- Stava chiacchierando con suo padre. E poi vorrei vederti allattare Sakura. Disturbo? -
- Certo che no. Allora, dimmi, come ci sente da sposate? - chiedo, mentre mi scopro un seno per allattare la mia piccola. Che poi tanto piccola non è più. Ha cinque mesi, ma sembra molto più grande. Infatti inizia a pesare quando la tengo a lungo in braccio.
- Strana. Non so spiegarlo. Sento tante cose diverse. È un po’ come se non fossi io quella che si è sposata, devo ancora realizzare che da oggi sono Yoko Watanabe. - mi spiega emozionata, mentre guarda interessata Sakura.
- Lo capisco. Anche per me è stato così. -
- Ma che carina! Guardala come tiene la manina stretta al seno, come se avesse paura che la staccassi prima di finire il suo pasto. - osserva commossa, quasi piangendo. La guardo incuriosita da questa sua strana reazione. Non sarà che…
- Sei incinta? - chiedo senza giri di parole. Lei mi guarda stupita, come colta in flagrante.
- Perché lo pensi? -
- Perché guardi mia figlia con occhi di una madre. - le faccio notare, sorridendole. Lei resta ancora più sorpresa, poi si apre in un sorriso radioso.
- Sì. Sono incinta,-  ammette con le lacrime pronte a far capolino dagli occhi.
- Waaaaaa! E’ magnifico amica mia! - urlo felice, abbracciandola come posso con Sakura in braccio.
- L’ho scoperto qualche giorno fa. Sapessi quanto ho pianto quando l’ho saputo. -
- Shinji lo sa? -
- Non ancora. Glielo dirò stasera. -
- Sarà felicissimo. -
- Però… ho paura… -  ammette rattristandosi.
- Di cosa? -
- Della gravidanza, del parto. Mi terrorizza! -
- E’ inutile indorarti la pillola dicendoti che è tutto splendido splendente, perché non è così. La gravidanza ha momenti alternati da giorni tranquilli e felici, a giorni di strazio, tra nausea, vomito, mal di schiena, dolore alle gambe, alle ossa, insonnia, stanchezza incredibile, fiato corto, senza contare le smagliature, la pelle che tira e cambia, più altre robe estetiche che scoprirai. Il parto, poi, è comunque un’esperienza non facile da vivere, ma dopo, quando ti mettono il tuo bambino sul petto e tu lo vedi per la prima volta, lo senti piangere, tocchi le sue manine piccole piccole… dimentichi tutto, pensando che ogni singola sofferenza ne è valsa la pena per tenere tuo figlio tra le braccia. Certo, spera non siano due magari. A quanto pare i gemelli sono di famiglia. - rido per sdrammatizzare. Hiro ha due gemelli, suo padre anche, suo nonno idem. Spero almeno lei venga risparmiata, facendone uno per volta.
- Oh cielo! Invece di tranquillizzarmi mi sento peggio! Hai descritto qualcosa di orribile! - esclama sconvolta.
- E’ quello che è. E poi le gravidanze non sono tutte uguali. C’è chi sta male per tutti e nove i mesi, ma c’è anche chi non ha alcun disturbo, c’è chi soffre solo i primi mesi e chi solo verso gli ultimi. Non puoi fasciarti la testa prima di rompertela. E poi pensa che alla fine di tutto avrai un bel pupetto da stringere e coccolare. - provo a consolarla. Forse era meglio se stavo zitta.
- Suppongo di dovermelo far piacere ugualmente. - sospira, ma più serena.
Restiamo ancora un po’ a parlare, poi ritorniamo dagli altri.
- Doveva avere fame se ci hai messo tanto. - dice Hiro, prendendomi la bambina dalle braccia.
Sempre il solito. Ogni volta che Sakura è sveglia vuole tenerla lui. Fortuna che ho il giorno per stare con lei, mentre lui è a lavoro con suo padre. Ha deciso di entrare in polizia, sia per passare del tempo col padre, sia per difendere le donne dalla violenza degli uomini, infatti ha scelto la seconda divisione del Dipartimento di Sicurezza Ufficio Investigazione, che si occupa di violenza e abusi di ogni genere, sui minori e non. Inutile dire che la sua scelta riguarda ciò che è accaduto a me. Deve averlo scosso così tanto che vuole poter aiutare donne e bambini  in difficoltà. Sono così fiera di lui, di ciò che è diventato. Sento di amarlo ogni giorno di più.
Oggi, dopo sette anni dalla morte di mio padre, posso dire di essere finalmente felice. Ho una famiglia magnifica che mi ha accolta con amore, un marito splendido, dei figli in salute. Non chiedo altro alla vita, se non di lasciarmi con loro il più a lungo possibile, per non lasciare soli i miei bambini ed Hiro. Ciò che ho passato spero non lo provino mai i miei figli. Solo questo chiedo ai Kami, di non farmi lasciare troppo presto la mia famiglia.
 
- Mamma, ho sonno. - si lamenta Hajime, sbadigliando.
- Tra un po’ andiamo a casa, amore. -
- Anche Yuu sta per addormentarsi in piedi. - mi informa Hiro, mostrandomi il bambino appoggiato al suo braccio.
- Saranno vivaci, ma hanno pur sempre tre anni, e sono svegli dall’alba. Salutiamo tutti e andiamo. -
- Ok. - dice, prendendo Yuu in braccio, ormai del tutto crollato.
- Keiko, andate già via? - ci chiede Yoko, vedendoci alzare tutti.
- Sì, i bambini sono stremati. -
- Capisco. Ci vediamo domani amica mia. Grazie per prima! - mi dice abbracciandomi.
- Di nulla, e attenta a non bere molto. - l’avverto.
- Tranquilla. Ci vediamo. -
 
- Perché Yoko ti ha ringraziata? - mi chiede Hiro quando siamo a casa, ed automaticamente sorrido per la novità.
- Presto diventeremo zii, amore. - annuncio felice.
- Yoko è incinta? Ma come, mio fratello non mi ha detto nulla! -
- Non lo sa ancora. Yoko glielo dirà stasera. -
- Oh, chissà come la prenderà. Diceva di volersi godere a lungo la sua Luna di Miele. - sghignazza divertito.
- Perché non dovrebbe godersela? È incinta, mica malata. -
- Tesoro, quando ho saputo che aspettavi quelle due piccole pesti, avevo il terrore di toccarti. Temevo di far loro del male, senza volerlo. Lo stesso sarà per Shinji, almeno per i primi tempi. -
- Beh, invece di far faville, in questi giorni, farà solamente l’uomo innamorato, come hai fatto tu. -
- Vuoi dire che io non ho fatto faville? - chiede, aggrottando la fronte.
- Non quando ero incinta. - preciso, per non sminuire il suo ego. Ah… uomini!
- E quando non lo eri? - domanda, avvicinandosi provocante. So già dove vuole andare a parare.
- Non mi ricordo… -  mento, restando al gioco.
- Dobbiamo rinfrescare la tua memoria mi sa. - mormora con voce roca, iniziando a lasciarmi dei piccoli baci sul collo.
- Direi che hai ragione. - lo assecondo, già persa sulle sue labbra, stretta nel suo caldo abbraccio, che mai ha perso intensità, ma è diventato più ardente ogni giorno di più, come un fuoco alimentato dal nostro amore.
 
Ho lottato tanto per arrivare qui. Ho sempre cercato di fare del mio meglio e penso di esserci riuscita, ma so che la vita è una continua lotta. Non ci si può adagiare sugli allori, perché quando meno te l’aspetti, potresti trovare un ostacolo sulla tua strada ad impedirti il cammino.
Ma se c’è una cosa che ho imparato, è che nessun ostacolo, se affrontato nel modo giusto, può impedirti il passaggio. Nemmeno la morte. Sta a noi trovare la forza per superare le difficoltà, in quanto siamo noi stessi l’unico vero intralcio per trovare la felicità. I nostri profondi ed oscuri pensieri ci impediscono di raggiungerla, ma se li allontaniamo, ci sembrerà tutto normale, tutto al suo posto, senza scogli insormontabili.
Una vita normale… c’è qualcosa migliore di ciò?
 
 
 
 
 
Fine.
 




 
Angolo delle curiosità
 
*La canzone che sveglia Hiro è (per quei pochissimi che non la conoscono)  Every Breath You Take dei Police ^_^ che potrete sentire QUI
 
 
*Per i giapponesi, l’albero di ciliegio, è strettamente collegato alla morte, sia per le numerose leggende, sia perché usano comparare la brevità della vita di questo fiore con la vita umana.
Una leggenda narra:  “i petali del ciliegio un tempo erano bianchi come la neve. Ma ci fu un imperatore che decise di seppellire ogni guerriero caduto sotto un albero di ciliegio. Il colore dei petali divenne allora il rosa, perché ogni albero succhiava il sangue del guerriero morto.”
Oltre a questa versione, se ne trova anche un’altra: “ogni guerriero che riceve l'ordine di suicidarsi, deve farlo all'ombra di un albero di ciliegio, e farsi seppellire sotto di esso. L'albero ne succhia il sangue, e i suoi petali diventano rosa.”
Altre fonti storiche vogliono che il luogo dove venivano seppelliti i morti (ovvero il cimitero) fosse chiamato Sakura.
 

*Atra curiosità sui ciliegi: esistono centinaia di specie diverse, compresi gli ibridi. Ho cercato a lungo la varietà di quelli fucsia della foto, ma non li ho trovati. L’ipotesi più probabile è che siano della specie Prunus Subhirtella, ciliegi ornamentali per i giardini, e che appartengano alle varietà  yaezakura o ichiyo, visto che queste varietà danno fiori più scuri rispetto ai classici fiori bianco/rosa. Non essendone sicura non l’ho scritto nella storia ma nelle mie riflessioni personali  ^^’ (e quindi che azz ce lo dici a fare?  nd voi) (in effetti -_- nd me)
 
 
*Nel matrimonio tradizionale shintoista, la sposa cambia il colore del kimono tre volte. Bianco per la cerimonia al tempio (simbolo di un nuovo inizio col marito), bianco e rosso con ricami d’argento e oro, per il ricevimento (il rosso scaccia via gli spiriti maligni e rappresenta la felicità coniugale), colorato e vistoso per la sera (colori sgargianti che di solito portano solo le nubili, quindi sarà l’ultimo kimono appariscente che la sposa indosserà).
 
 
*In Giappone, l’Ufficio Investigazione (ci sono tantissimi Uffici, ma io vi parlo solo di quello che ci interessa conoscere ^^’) è composto da nove divisioni. Ognuna di essere si occupa di un reato in particolare. Quello scelto da Hiro è il secondo, come spiegato da Keiko ^_^
 

 
Ed eccoci giunti alla fine, quindi ai saluti. L’ultima parte del discorso fatta da Keiko credo meriti un attimo di riflessione da parte mia. Non sai cosa ti riserva la vita, oggi sei felice, domani chi lo sa, o magari viceversa.
Ciò che è sicuro è che gli ostacoli ci saranno sempre e comunque, sta a noi decidere se affrontarli o deprimerci e lasciarci andare  (io opto per la prima ^^’)
Ho dato un finale felice, ma sempre cercando di rimanere coi piedi per terra. Narrare una storia del genere senza renderla pesante e noiosa non è stata impresa facile, soprattutto mi sono trovata in difficoltà su come chiuderla. Avevo pensato a tanti ipotetici finali, alla fine ho optato per questo e spero di non avervi delusi ^_^  (in uno dei finali volevo far fuori l'allegra famigliola ^.^ ma credo avreste ucciso me se l'avessi fatto ^^')
Per quanto possa sembrare un lieto fine, tutto sommato non credo lo sia al 100%, almeno dal mio personale punto di vista. I ricordi di Keiko non svaniranno, così come il dolore per la perdita della madre che ancora continua a cercare nei suoi pensieri.
Non so, forse ho voluto analizzare troppo l’aspetto emotivo (cosa di cui non sono capace non essendo una psicoterapeuta ^^’)  e spero di non aver creato pastrocchi alla fine, rendendo il tutto pesante, incomprensibile, confuso ed assolutamente fuori dalla realtà. Ovviamente so che la realtà non è “ci diamo due baci e siamo felici” ma se avessi fatto tutto troppo reale, Keiko sarebbe morta il giorno in cui Hiro l’ha trovata priva di sensi (forse anche prima) perché è così la realtà, ahimè.
Va beh…smettendo il mio sproloquio palloso...spero di non avervi annoiato o delusi ^_^ e magari anche portati ad un piccolo momento riflessivo  “non scoraggiatevi quando la vita si fa dura”  e parlo per esperienza diretta, sulla mia pelle, non parlo tanto per parlare o per frasi fatte ^_^
Grazie a chi mi ha seguita e recensita (anche se siete in pochi. Ma dice il detto: pochi ma buoni ;) )

Alla prossima storia se vorrete ^_^
Baci Baci Faby <3 <3 <3 <3
  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3044970